What to do with all this Blue?

di Lope_Rask
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [TAREK 1] Sei solo stato sfortunato, ragazzo. Tutto qui. ***
Capitolo 2: *** [TAREK 2] Inganni di Cartapesta ***
Capitolo 3: *** [TAREK 3] Il suo piano era quasi riuscito, il mio cammino era quasi terminato. ***
Capitolo 4: *** [TAREK 3.1] Davanti agli occhi, nello spazio. ***
Capitolo 5: *** [TAREK 3.2] Wondering, wandering. ***
Capitolo 6: *** [TAREK SPIN OFF] Cambia, prima che sia troppo tardi. ***
Capitolo 7: *** [TAREK 3.3] Still roaming. ***
Capitolo 8: *** [TESSLA 1] Diario Digitale 020813 ***
Capitolo 9: *** [TESSLA 2] Diario Digitale 310713 ***



Capitolo 1
*** [TAREK 1] Sei solo stato sfortunato, ragazzo. Tutto qui. ***


"Quindi, quando nomino Tessla Spiegel tu fai.. Esatto, fai quella faccia lì. Però mi dici che la "Tes" sul tuo cellulare, quella alla quale ho risposto io, non è lei."

 

Sedeva Tarek con le braccia incrociate sul bordo dello schienale di una sedia sgangherata, le gambe protese in avanti, le maniche arrotolate sui gomiti e una sigaretta sgualcita che pendeva dalle labbra.

Con aria annoiata, dopo aver pronunciato quelle parole, si passava una mano fra i capelli spettinati.

 

"Cioè, lo capisci da te che non posso crederti, no? Ormai mi hai raccontato tante belle cose ma non quello che ti ho chiesto. Dimmi di lei, ho risposto in tua vece al suo messaggio, lo sai, e mi ha detto che si trova sulla Terra.

E' fantastico come sfuggano delle informazioni così importanti proprio nei momenti peggiori, mi sento affascinato da queste dinamiche. Forse sono segnate proprio dal destino, altrimenti è la sfortuna."

 

Faceva una pausa per trarre un tiro di fumo biancastro e continuare.

 

"No, nel suo caso, è solo fortuna. Io sono il meglio per lei. Sarà parecchio arrabbiata con me, per averla lasciata a quel modo, tutto questo tempo. Che ti ha detto? Te ne ha parlato?"

 

Glenn osservava quei modi gelidamente quieti e si chiudeva in un ostinato silenzio. I polsi cominciavano a dolere, così come le gambe, legate saldamente. Erano ore che sedevano l'uno di fronte all'altro e Tarek mostrava una pazienza incrollabile, fredda e meccanica, inquietante ai suoi occhi.

 

Il suo errore, lo riconosceva ora, il prigioniero, era stato mostrarsi immediatamente ostile a quello che, un tempo, era stato il più grande alleato di Tessla, ma dopo le recenti rivelazioni che le erano state fatte e che gli aveva riferito, aveva agito d'istinto, insultando quel cane e non calcolando che le dimensioni della sua follia e noncuranza potevano essere ben maggiori di quelle che aveva pensato. Aveva creduto che tutto fosse rimasto legato al passato, che una persona dopo la prigione, l'ibernazione, un amore ricambiato ed una voluta fuga sarebbe cambiata. Invece tutto ciò che leggeva in quegli occhi ametista, luminosi e acuti, era un'elevata determinazione a raggiungere uno scopo e un totale disinteresse nei confronti degli ostacoli che avrebbero potuto frapporsi fra lui e la meta.

 

Tarek rimaneva in silenzio a guardarlo, senza mutare espressione. Gli stava logorando i nervi, in qualche modo lo metteva fortemente a disagio, instillava un tremito di timore in lui con quel solo sguardo. Aveva avuto modo di rapportare quegli occhi con quelli di Tessla e decidere che tutto il calore fosse andato a quelli cerulei di lei ma ora non riusciva a tacera ancora. Doveva trovare un modo di uscirne, un modo intelligente, un modo credibile. Era una guerra di menti e non era affatto certo di poter ingannare l'uomo che aveva difronte.

 

" Se mai incontrerò questa ragazza, le chiederò di te. Quella sul mio telefono è un'altra persona. Non hai parlato con chi credi tu."

 

Aveva bisogno di altro tempo. Altro tempo sì. Non sarebbe stata credibile una semi confessione ora. Sapeva che si sarebbe diretto comunque sulla Terra, Tarek, e lui doveva fare in modo di mandarlo verso morte certa.

 

Mentre Tarek si alzava e chiedeva qualcosa a degli uomini sparsi in quello strano hangar, capiva cosa doveva fare, aveva avuto un'illuminazione, sapeva cosa dire. Doveva solamente trovare il momento giusto.

 

Tornavano da lui Tarek e un altro, un tipo dall'aria assente, totalmente asservito all'altro e comandato a bacchetta. Non riconosceva l'attrezzo che stavano portando, non ne riconosceva neanche la minaccia, ma molto presto avrebbe compreso ancora una volta il significato del detto "l'apparenza inganna".

 

"Glenn, sei una persona intelligente, ma lo sono anch'io. Certo, ce ne saranno tante altre che si chiamano come lei, ma tu, quando senti il suo nome mi fai capire che la conosci. E' così evidente che è disarmante il fatto che ti ostini a negare. Mi sento un po' sottovalutato e preso in giro. Ti giuro che non ricorro mai a questi metodi, ma stavolta è qualcosa di troppo, troppo importante, e non posso permettermi di perdere altro tempo, lo capisci, vero?"

 

Si era abbassato Tarek, piegandosi sulle gambe e reggendosi sulle punte dei piedi, gli avambracci poggiati sulle ginocchia e le mani lasciate pendere verso il basso. La sigaretta non c'era più.

L'altro uomo gli slegava le gambe e le metteva dentro una sorta di grosso stivale e poi, senza preavviso, quelle due grosse mani gli afferrarono le cosce e le divaricarono, in modo da creare spazio fra i polpacci imprigionati nell'involucro metallico. Ma di spazio libero, dentro quel contenitore, ce n'era veramente poco. Un attimo dopo un paletto venne incuneato fra le ginocchia, poi conficcato attraverso la svasatura dello stivale e spinto verso il basso. La scorza legnosa raschiò contro la pelle, graffiandola fino alle caviglie da sopra il tessuto dei pantaloni.

Glenn avvertiva a quel punto un intenso formicolio ai polpacci e le gambe iniziarono a pulsare come se le vene fossero impossibilitate a pompare sangue e stessero per esplodere.

 

"Adoro il Medioevo, Glenn. In realtà adoro tutta la storia, ma il Medioevo.. Un periodo così creativo, ricco di particolari innovazioni, di luci ed ombre."

 

Glenn provava a dibattere i piedi ma si accorgeva di non avere lo spazio per farlo.

 

"Dimmi, guidami da lei. Non negare più. Se proprio vuoi fare qualcosa, dimmi che non vuoi darmi indicazioni, ma non offendere la mia intelligenza ancora." Si fermava Tarek, in quella posizione e poi si risollevava in piedi, guardandolo dall'alto in basso mentre l'altro uomo rimaneva fra loro due.

 

Glenn si risolveva di dare ragione all'altro. Non aveva senso, lo sapeva ormai da ore che lui la conosceva.

 

"La cosa bella è che non ti rendi conto che, se la troverai, troverai in lei più odio per te di quanto tu possa immaginare. Stai torturando me, eppure, fra i due, quello col destino peggiore, credo sia tu, Tarek."

 

Un'espressione interessata si dipingeva sul viso di Tarek.

 

"Devo mancarle davvero molto allora."

 

Si illuminavano quegli occhi, mostrando ora a Glenn tutto il calore che avevano nascosto prima. Un calore che solo quell'amore ossessivo riusciva a risvegliare, in un modo malsano, dannoso.

 

"Sbrigati, dimmi dove trovarla, sono impaziente di raggiungerla."

 

Il silenzio di Glenn sarebbe durato solo qualche secondo, poi avrebbe sputato altro veleno su lui, ma Tarek era stato sincero, si era fatto davvero impaziente e spingeva l'altro a divaricare di nuovo quelle cosce e conficcare un secondo paletto fra le ginocchia, sempre rivolto verso l'interno dello stivale. Non c'era più spazio per altro.

 

Poi si avvertì un nuovo rumore, un raschio metallico sul pavimento, uno spostamento d'aria e mentre la parola "martello" affiorava nella mente di Glenn, un colpo calava violento e faceva svuotare i polmoni con un grido all'ostaggio. Un grido violento che gli aveva fatto flettere il volto in avanti e poi stringeva forte i denti, come a voler contenere il dolore.

Facendosi largo fra carne ed ossa il paletto si era fatto strada per troppi centimetri schiacciando ogni cosa che avrebbe intralciato il suo incedere.

 

"NO! NO! Basta, ti dirò da chi trovarla, basta!"

 

Le serviva più vivo, o almeno ancora in grado di muoversi sebbene non fosse proprio sicuro di avere ancora l'osso di una gamba totalmente sbriciolato. Ansante, con gli occhi sgranati, reclinava il capo indietro e lanciava un nuovo grido quando il paletto veniva estratto con un gesto secco dalla carne.

 

"Così. Sei una persona intelligente. Sei solo stato sfortunato ad incontrare proprio me, ragazzo, non pensarci. Ed ora, sono tutt'orecchi, Glenn."

 

In gola sentiva il sapore metallico del sangue tanto violento era stato quel primo grido ma adesso era risoluto, con un piano ben definito che sperava avrebbe funzionato. Lo avrebbe portato vicino a lei, lo sapeva, ma forse, quello, sarebbe stato il suo ultimo viaggio.

Gli occhi si facevano lucidi mentre la buona fede si univa comunque a una sensazione di fallimento, di tradimento, sebbene le intenzioni fossero delle migliori.

I pantaloni si bagnavano e tingevano del suo stesso sangue ed il volto sbiancava mentre parlava.

 

"La troverai da un uomo, Bahlmoràl Melbourne.

Le cose delle quali li ho forniti.. Sono per loro, per un moto sovversivo che stanno guidando. La Terra è in pericolo.. E lei si è schierata."

 

"E quel Wade che ha nominato? Dove lo troverò questo Bahlmoràl?"

 

Traeva alcuni respiri profondi, dolorosi, come se ogni boccata d'aria rinnovasse il dolore.

 

"Non potrai non trovarlo. E' sulla bocca di tutti adesso.. L'ultima volta è stato avvistato a New York. Lei lo avrebbe raggiunto a breve. Con Wade.. Che è il suo compagno, ora."

 

In quel momento, gli occhi di Tarek, scattavano, un singolo, breve guizzo. Poi si spegnevano di nuovo, calmi, mentre si guardava la punta delle scarpe e teneva le labbra serrate, saggiando quelle confessioni che infine erano arrivate. Anche lei in un messaggio aveva parlato di un momento di crisi sulla Terra. In qualche modo, le informazioni combaciavano.

Portava le mani in tasca, estraeva un'altra sigaretta e un accendino e procedeva con un nuovo primo tiro.

Serrava la mascella dopo aver espirato quelle nuvole lattiginose e poi rilassava le spalle.

 

"Partiamo immediatamente. Tu, provvedi a fermare l'emorraggia a questo qua, poi chiudilo da qualche parte. Confido nelle doti naturali di rigenerazione di un uomo. Buona guarigione, Glenn."

 

Un gesto distratto con la mano e le labbra sottili si tendevano in un'espressione assorta, così come gli occhi.

 

 

L'ultima cosa che vedeva Glenn di Tarek era la linea delle spalle che da ben dritta ora si era fatta appena ricurva, sotto il peso dei suoi pensieri.

 

Il prigioniero, dolorante, ancora ansante, chiudeva gli occhi, lentamente, cercando di concentrarsi sul respiro, di dimenticare tutta la sofferenza e confidando nel fatto che, probabilmente, senza scrupolo, una volta che Tarek avrebbe raggiunto Bahlmoràl, perché non dubitava certo che lo avrebbe fatto, sarebbe stato orribilmente e velocemente ucciso da questo.

Sì, un modo efficace per eliminare due esseri malvagi, a volte era quello di metterli l'uno sulla strada dell'altro.

 

Glenn confidava che quello fosse proprio uno di quei casi.

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Capitolo 2
*** [TAREK 2] Inganni di Cartapesta ***


Stando a quanto aveva detto Glenn, sulla Terra doveva essere in corso un qualcosa di catastrofico, una ribellione, una sommossa o quant'altro. 

Ciò che Tarek invece aveva scoperto una volta giunto sul posto era ben altro:

L'uomo verso il quale era stato indirizzato, Bahlmoràl Melbourne, altri non era se non colui che teneva sotto scacco il mondo intero, minacciando l'estinzione della razza umana per mezzo di armi la cui potenza aveva provato distruggendo un'intera città.

Parlando con varie persone aveva saputo del discorso che aveva fatto al mondo, andato in onda su tutti i canali simultaneamente, aveva persino avuto modo di riguardare il video.

Le conclusioni alle quali era giunto lo avevano fatto sorridere di soddisfazione: la Tes che conosceva Glenn si trattava per certo della sua Tessla, solo lei si poteva circondare di persone in grado di elaborare un piano persino sotto tortura.

Quel Glenn aveva provato ad indirizzarlo direttamente verso quell'uomo pericoloso, nell'intento di mandarlo a morire per mano di quello. Era un sorriso di soddisfazione quello che si delineava sul volto di Tarek.

Ora era posto davanti ad un bivio: o cercare comunque quell'uomo perché, in qualche modo, il nome di quello era affiorato alla mente di Glenn non solo perché era apparso alla televisione ma anche perché era maggiormente coinvolto con Tessla, oppure lasciar perdere tutto dato che poteva trattarsi solamente di una trappola e trovarsi così, di punto in bianco, senza una traccia. A quel punto sarebbe dovuto tornare da Glenn e continuare il suo pacato interrogatorio. 

Aveva scosso il capo a quel pensiero. La seconda possibilità sarebbe stata contemplata solo nel momento in cui sarebbe stata totalmente esaurita la prima pista.

 

Le ricerche quindi continuavano e non erano poi così difficoltose, anzi. La famiglia Melbourne sembrava godere di una certa nomina in determinati ambiti. Era numerosa e potente. E possedeva un'enorme sede in Italia.

Musica per le sue orecchie.

 

Il viaggio riprendeva, l'inganno di Glenn era stato scoperto, ma non sarebbe stato punito per questo, no, lui non era quel tipo di persona. Se aveva calcato la mano solo qualche giorno prima era stato perché aveva un'urgenza impellente di conoscere l'ubicazione di lei. Ma ora che ci era vicino poteva godersi la sua caccia al tesoro e poi, con calma, avrebbe escogitato un modo per farla pagare a quel ragazzo scaltro. Un modo subdolo che lo avrebbe prepotentemente danneggiato. In realtà, un'idea già si delineava nella sua mente, ma la scacciava, intento a tornare alla nave e a prepararsi psicologicamente per il suo nuovo viaggio, incrociando le dita di incontrare quell'uomo e conoscere, infine, dove trovare la sua preda.

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Capitolo 3
*** [TAREK 3] Il suo piano era quasi riuscito, il mio cammino era quasi terminato. ***


"Morte, non essere troppo orgogliosa. Se anche qualcuno ti chiama terribile e possente, tu non lo sei affatto: perché quelli che pensi di travolgere, in realtà non muoiono, povera morte, né puoi uccidere me."

 

 

Glenn, il caro Glenn aveva azzardato quella manovra e quasi, quasi il suo piano era riuscito.

Dopo avermi indicato Bahlmoràl come la via per raggiungere Tessla deve essersi sentito molto scaltro, sì, deve aver creduto di essersi sbarazzato di me, avrà intimamente festeggiato, seppure con una gamba fuori uso. Eppure eccomi. Sopravvissuto in una maniera rocambolesca a quell'uomo e all'altro pazzo. 

Loro sapevano dei miei occhi, dei nostri occhi, ma non ne conoscevano i poteri. Nè li conosceranno.

Traggo un sospiro di sollievo e respiro di nuovo.

Grazie all'intervento di Jil siamo riusciti a scappare, anche se abbiamo dovuto sacrificare una nostra nave primaria, ed ora dobbiamo continuare la nostra ricerca. Adesso dovrò farmi indicare qualcosa da Glenn, sì, per fortuna ho ancora lui. Il mio caro amico parlerà, ho anche qualche cosa da dirgli riguardo le brave persone che mi ha fatto incontrare.

 

Per il resto.. Hanno parlato di clonazione grazie ad alcune mie cellule che ora possiedono. Non me ne preoccuperò. Non esiterei ad uccidere un me stesso che mi si presentasse davanti, ma se possiedono anche quelle di Tessla.. No, io non potrei mai uccidere lei. Mai. Ho rischiato una volta e la mia mente è stata rovinata da quell'incidente. Non potrei neanche fingere di farlo. La consolazione è che non potranno mai capire come sfruttare ciò che ho e, semmai riuscissero a ricreare qualche copia, non se ne farebbero nulla.

La soddisfazione però non compensa l'angoscia che mi provoca il pensare di trovarmi di fronte una Tessla da uccidere.

 

Ah, clonasse quel Wade. In quel caso sì che sarei libero di muovermi a piacimento.

Ma la vita non è così facile per i Cowboy dello Spazio, no?

Eh già.

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Capitolo 4
*** [TAREK 3.1] Davanti agli occhi, nello spazio. ***


"Apri gli occhi e le stelle scorrono accanto a questo enorme finestrino. Come deve sentirsi un uomo davanti a tanta grandezza? C'è poco da fare, quello che è stato creato, tutto, tutto costituisce il paradiso. Poi l'inferno ce lo abbiamo dentro noi, ne sentiamo l'odore. Ecco perché mi sveglio e mi stupisco di non essere morto, di essere ancora vivo, di non essermi lasciato sopraffare da questo abisso che mi costituisce. 
Non so se sia così per tutti o è solamente una mia prerogativa, rimane il fatto che mi sono svegliato ora, neanche troppo riposato, e questo cielo infinito che vedo scorrere sopra la testa mi sembra troppo grande, troppo davvero per pensarlo tutto.
A che serve? Tanto poi ci pensa il fato a riunirci, a ricollegarci. Anche se ci troviamo alle estremità della galassia, se l'imponente, brutto e cattivo fato decide, sei spacciato, ti porterà dritto dritto dove vuole lui."

Interrompeva questi pensieri pacati, pronunciati mentalmente con un tono quieto, lento, per muovere con morbidezza una mano in alto, sopra al suo viso, come una navicella in volo lontano con sfondo quelle stesse stelle che stava osservando.
Un sospiro.

"Un viaggio sicuro. Non sbaglierebbe mai la rotta. Ed ecco che le storie procedono, le vie si riuniscono. Per una conclusione? Per un inizio? Sarà comunque tutto parte di un nuovo sogno dal quale vorremo essere risucchiati.. O svegliarci."

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Capitolo 5
*** [TAREK 3.2] Wondering, wandering. ***


Girare a caso, lo faccio da una vita. Cammino, avanzo, incontro gente, finisco nei guai, ne esco, ricomincio da capo. E' una routine, il caso mi ha sempre guidato e io non ho mai rifiutato i numeri che ha fatto uscire o il rosso a una ruolette. Qualche volta gli ho bestemmiato contro, qualche volta ho gridato, ma alla fine me ne sono fatto una ragione, ho rimboccato le maniche e sono andato avanti, ancora ed ancora. Non mi sono mai aspettato che i mutamenti venissero spontaneamente, non ho mai creduto nei miracoli, ho preso in mano le varie situazioni sin da bambino, da quando vidi per la prima volta cosa significa vivere e morire.
E' forse da allora che non so cosa sia la mia esistenza, se un errore del fato o qualcosa di fortemente necessario. Ma, se sono ancora qui, o possiedo una tale forza d'animo da sconfiggere il fato, o, fra le ipotesi che ho elencato prima, la seconda è quella giusta.
Fatto sta che, ancora una volta, per un nuovo motivo, sono in viaggio. Fra volti vuoti, insipidi, ostili o magari anche piacevoli, i miei passi si fanno strada, riecheggiano quasi al loro ritmo consueto. Temo di essere un abitudinario, un uomo complicato che, a suo modo, desidera una vita semplice. O forse solo una vita.
Nella cattedrale della mia mente ho dipinto affreschi belli in un modo terribile, vividi e veritieri. Adesso mi sto preparando per il prossimo.

Procedo così, per le vie del mondo con un nome sulle labbra ed uno nell'anima. Devo trovare quell'uomo che mi condurrà alla mia meta, è il momento di scovare delle piste e seguirle. Tutte. 
Oltre che abitudinario, temo di essere anche metodico e scrupoloso. Non mi piace avere noie, meglio essere preparati e raggiungere i propri scopi il più in fretta possibile, senza esitazioni o inutili indugi.

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Capitolo 6
*** [TAREK SPIN OFF] Cambia, prima che sia troppo tardi. ***


Un passo, due, dentro quel pub capitato sul suo percorso. L'animo sconvolto, spaccato, ardente e pulsante dentro un corpo rigidamente mantenuto insieme dove muscoli e tendini sono tesi assieme nel tentativo di tenere tutti i pezzi uniti, incollati e non far esplodere il tutto sotto un grido fragoroso come un tuono.
Passi all'interno di quel locale pieno di gente senza senso. Quanti volti inutili, quanti sorrisi ebeti.

"Si guardano a vicenda, le persone, provano a dirsi qualcosa, ma i loro occhi non sanno parlare così come i loro cervelli non sanno pensare."

Sedeva al bancone con questi pensieri. Le gambe a poggiare sul poggiapiedi e a battere un ritmo nervoso ed inesistente. Una birra. Allentava il colletto della camicia, la cravatta, e poggiava gli avambracci sul legno.
I sorsi scendevano ghiacciati e, come la sorpresa, come la delusione, si facevano spazio lungo la gola per poi giungere roventi allo stomaco.
Occhi chiusi che si riaprivano di scatto, furiosi sulla mascella tremante e serrata dall'ira. Le iridi ametista correvano tutt'attorno fino a trovare il più idiota degli uomini, dei ragazzini anzi, quello che non riesce a legare il cuore, che lo lascia andare correre, parla senza misurare le parole, senza curarsi del prossimo né di ciò che accade. Il classico noncurante stolto con i lineamenti da pagliaccio, guidato dal suo modo tronfio di fare indotto da una società senza valori.

"Dio, ma fai sul serio? Guardati. Sei patetico, un ragazzino che non sa cosa significa neanche quello che sta dicendo, che non pensa, assimila immagini e suoni come gli animali e che, in meno di loro, possiede dei sensi poco sviluppati, da uomo lento e inutile, indegno. Non posso toglierti il respiro, ma sappi che lo farei perché mi fai rabbia. Mi fa rabbia che tu viva e che quella biondina dagli occhi verdi abbia una cotta per te. Non te lo meriti neanche uno sguardo come quello. Vergognati, ragazzino, vergognati."

E quello ovviamente, da bravo animale, rispondeva affilando i denti da latte e le unghie troppo deboli. Rimboccava le maniche, si faceva avanti, emetteva versi striduli di vendetta e rivalsa rendendo solamente più palese ai suoi occhi quanto inguardabile fosse.

Spostava gli occhi ametista verso quella ragazza bionda della quale aveva fatto menzione che ora era arrossita in una maniera adorabile, che era imbarazzata ed impaurita e a lei si avvicinava solamente per darle le spalle e frapporsi fra lei e quello che, come tanti, non si era mai evoluto dal grado di scimmia.

"Guardalo, compie gesti senza senso, le sue parole confermano ciò che ho detto io e fanno coppia col vuoto che si nota nei suoi occhi. Lo vedi? Tu lo guardi meglio di ogni altro eppure sei la più annebbiata fra gli osservatori. Guardalo bene questo ragazzino, non vale un secondo del tuo tempo, non vale uno dei tuoi sguardi, non vale le tue guance arrossate. NON VALE NIENTE!"

Una mano era scattata avanti e lo aveva afferrato per il collo, rapidamente, con un movimento fluido e, con altrettanta facilità, lo aveva spinto contro un tavolo. Quel ragazzo era la personificazione di qualcun altro che non valeva nulla.

Lo guardava con tutto l'odio possibile mentre si rialzava fra quei bicchieri che aveva rovesciato.

"Dite che sono pazzo? Siete pazzi voi che passate del tempo con uno del genere che non si regge in piedi eppure porta un coltello svizzero in tasca. NON SAI CAMMINARE, CREDI DI POTER ATTACCARE BRIGA CON QUALCUNO? Di poter DIFENDERE qualcuno?! Rimani a terra, fra i cocci, ragazzino."

Con il piede calcato sul suo sterno lo spingeva di nuovo a terra e portava le mani in tasca.

"Cambia, prima che sia troppo tardi. Così fai veramente schifo."

Detto ciò, voltava le spalle a tutto e tutti ed usciva dal locale.
Sul bancone, i soldi per la sua birra, gelida come il dolore, rovente come la rabbia.

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Capitolo 7
*** [TAREK 3.3] Still roaming. ***


Suadente la voce lontana del peccato e del desiderio, suona come un blues improvvisato in buio bar. Sussurra quell'uomo da lontano, ammantato di mistero, sogghigna, adorno di sottile fascino che gli occhi emanano senza che lo vogliano, senza che lo sappiano. Va avanti, passo dopo passo, al suo ritmo, spezzando la quotidianità, sconvolgendo l'ordinario, scombussolando l'animo di chi guarda la sua semplice ed ombrosa essenza.
Mani in tasca, un pensiero nella mente, un battito a scandire il tutto.
E noncuranza.
Noncuranza per il mondo, pagine su pagine voltate alla prima parola, perché inadatte, perché non all'altezza, perché faticose, perché stupide, perché mai, mai, mai giuste, no.
Di passo in passo ride di sé senza che le labbra lo mostrino, senza che gli occhi allontanino una nostalgica malinconia che ha deciso di abitarli.
Non gli importa.
Niente di più di questo.
Ma gli importa di non fermarsi mai.
Mani in tasca, un pensiero nella mente, un battito a scandire il tutto.
E' la personificazione della notte, e come tale avanza, silenzioso, ovunque, impalpabile. Inarrestabile.

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Capitolo 8
*** [TESSLA 1] Diario Digitale 020813 ***


Tarek. Sono volata lontano con lo SwordFish, ho bisogno di riordinare le idee. Questa notte ho visto qualcosa di assurdo, totalmente fuori da ogni schema, un qualcosa col quale non avrei mai creduto di avere a che fare un giorno. Si tratta di sovrannaturale, Tarek, e me ne terrò ampiamente fuori. E' al di sopra di ogni mia possibilità e poi.. Poi non voglio vedere tutte quelle morti, non voglio sapere che ci siano. 

Tarek, quella persona ha visto i miei occhi.. Ma non ha la minima idea di chi io, noi, siamo. Tanto meglio e poi, ci siamo scambiati un segreto, non dirà a nessuno la mia particolarità, stai tranquillo.

 

Piuttosto, vorrei ora mi tranquillizzassi tu. Ti basterebbe così poco. Sento ancora quella paura paralizzarmi. E' stato così strano. Così terribile l'aura quella persona che, eppure, dopo, ha avuto del riguardo.

Non ha senso, no? Eppure sento che c'è l'umanità non ha ancora ceduto del tutto alla "bestia". Non so che termini usare perché non conosco davanti a cosa mi trovo.Comunque non deve importarmi, giusto?Sono fuori città, sto guardando il cielo estivo. 

Devo tenermi fuori da queste storie, infatti gliel'ho detto, non mi vedrà più. Penserò al resto dei lavori qua attorno con Glenn e mi fermerò a parlare semper con te, così come faccio ora. Quel campo non mi appartiene, deve rimanere relegato nei libri, nelle favole, nelle storie surreali o negli incubi.

 

Tarek, fammi il favore di essere vivo e tornare, davvero. So che è da te stupire in questo modo. Quegli occhi ametista non possono averti ucciso..

 

Rimango qui in silenzio, contemplando le immagini che ho visto e cercando di convincermi di averle sognate. Non era reale, l'universo è quello che conosciamo, non sovverte le sue leggi, non così tanto.

 

See you space cowboy.

 

Diario Dubbioso Digitale 020813, chiudo. 

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Capitolo 9
*** [TESSLA 2] Diario Digitale 310713 ***


Tarek..

Sai, ho fatto mio il tuo SwordFish, come ogni altra cosa, come il tuo cognome e, allo stesso modo di tutto il resto, me ne prendo cura. Gli parlo ogni tanto, sai? Credo di annoiarlo un po', in fondo, lo aggiorno su come mi sento, su quello che dovremo fare. Però a volte ho modo di portarlo a vedere il cielo, così come facevi tu. Sgranchisce le sue ali metalliche e credo provi un po' di nostalgia quando il mio piede calca di più sul pedale. Sicuramente gli manchi. Manchi molto anche a me. Adesso rideresti. Mi troveresti seduta in una maniera poco signorile, ma che importa?, qui, al tuo posto, a guardare attraverso la capsula trasparente, un cielo luminoso, che non vuole saperne di lasciare spazio alla notte. Voglio la notte, sì. Questa mia affermazione fa riaffiorare ricordi.. Protendo una mano verso questo vetro e, non appena le punte delle mie dita lo sfiorano, freddo, ricordo quante volte ti ho visto cercare i soldi per doverlo riparare, ancora e ancora. Quante volte ti ha salvato la vita da proiettili molesti. Tarek, hanno rincorso in tanti i tuoi occhi, molto spesso senza sapere che eri tu, una volta di troppo, invece, riconoscendoti.

 

Che nostalgia.

Voglio raccontarti di qualcosa, vorrei raccontarti di tutto ma, ogni volta, ogni volta avverto salire questo groppo alla gola perché non potrò sentire la tua risposta pungente, perché non potrò arrabbiarmi se non risponderai e non potrò rimanere stupita quando, magari tempo dopo, mi dirai qualcosa di perfetto, dimostrandomi che mi avevi ascoltata, avevi pensato a me e avevi ben presente cosa dire, per me, solo per me. 

Tarek, sai, dopo di te, io, ho cercato di rifarmi una vita. Ho amato un altro uomo. Oh, che tu sia vivo o morto, secondo me questo lo immaginerai. Perché mi conosci bene. Perché io, senza di te, ero incredibilmente debole. No, anzi, non ero nessuno, non avevo nemmeno un nome.

Quando ho amato quell'uomo, avevo bisogno di poter contare su qualcuno, di poter calibrare i miei movimenti grazie al parere di una persona esterna. Io, avevo perso completamente l'orientamento. Stavo vivendo nel mondo reale? Non sapevo se fossi viva o meno. E quel periodo poi, ha incontrato una nuova fine.

 

"Hard Luck Woman", già. 

Senti, Tarek, che ne dici di tornare? Io sono qui, lo SwordFish, la tua casa è laggiù, non l'ho data via. E' tutto come l'hai lasciato tu.. Eppure è tutto diverso, perché proprio tu, che rendevi.. Che rendi.. Peculiare ognuna di queste cose, non ci sei.

Ahah, per fortuna lo SwordFish non può parlare, mi avrebbe già ripresa, ma sicuramente sta pensando di cacciarmi. Prima che c'ho avvenga e io rimanga a piedi così lontana dalla mia attuale base, sarà il caso che ci dia un taglio.

 

Questo diario lo sto concludendo con le lacrime agli occhi, patetica. Ma anche così nostalgica da volerti dedicare un saluto speciale:

 

See you space cowboy, someday, somewhere.

 

Potrei anche concludere così ogni mia nuova pagina, che ne dici? Ma sì. Ti andrà bene. Un giorno riascolterai tutto questo.

 

Diario Digitale 310713, chiudo. 

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