L'Uccisore Di Draghi

di Alex18
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO SECONDO ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO QUARTO ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO SESTO ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO OTTAVO ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO DECIMO ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


 
CAPITOLO PRIMO
 
Era una perfetta giornata di sole. Il cielo riluceva chiaro, gli uccellini cinguettavano spaventati e gli animali del bosco scappavano in ogni direzione per non essere falciati dalla coda irta di spine del drago viola.
L’armatura del cavaliere che lo stava cacciando a tratti splendeva, mentre in altri punti era opaca e ricoperta di fango secco, fino all’elmo riccamente decorato che gli celava il volto.
Per tutta la notte, e buona parte del giorno, aveva inseguito quel drago viola, flessuoso, incredibilmente veloce, ma il cavaliere non era stanco. Aveva una grossa spina, proveniente dalla bestia, piantata nel braccio, nell’unico punto in cui la sua armatura non lo proteggeva, e il veleno gli scorreva lento nelle vene, ma non aveva perso animo. Combatteva con furore, mulinando la sua spada d’argento, ferendo il drago senza alcuna pietà. La creatura era in agguato, la sua coda alzata pronta a colpire, il muso basso e gli artigli che si stringevano convulsamente nel terreno.
Attaccò.
Il cavaliere era pronto, aveva spinto il drago ad indietreggiare fino ad un punto preciso della foresta, dove gli alberi si facevano più fitti. Lo squamoso non aveva più fuoco da sputare, e non poteva volare, con le sue povere ali rotte e ferite. Il cavaliere saltò, spingendo con tutta la forza che aveva, con le gambe pesanti per l’armatura, contro il tronco dell’albero più vicino. E mentre le fauci del drago si aprivano per farlo scivolare intero nella sua gola, il cavaliere gli piantò la spada in mezzo agli occhi gialli, mentre l’alito bollente della bestia lo investiva e il suo urlo disumano gli forava le orecchie coperte dall’elmo. Girò con forza la spada nella carne, vide la vita lasciare gli occhi e il corpo del drago, che si accasciò al suolo, tenendo ancora il cavaliere mollemente fra le sue fauci, incastrato perfettamente tra due enormi denti. Il cavaliere grattò il palato viscido della creatura, finché non riuscì a liberarsi. Poi strappò, facendo zampillare ovunque il sangue nero del drago, che sfrigolava e bruciava l’erba lì intorno, la spada dalla testa della bestia.
Sospirò rassegnato, perché se non era già uno sporco lavoro, il suo, lo diventava certamente a questo punto. Cavò gli occhi al cadavere, gli strappò alcuni denti e con perizia si adoperò per staccare alcune squame. Estrasse diverse boccette di veleno dalle sue spine, e mescolando una di queste con la saliva che colava dalla ruvida lingua molle del drago si curò la ferita al braccio, che guarì rapidamente, mentre tutto il veleno che gli circolava ancora in corpo diventava innocuo.
Poi si appoggiò, finalmente, sfinito, con le sole forze bastanti per togliersi l’elmo ed addormentarsi, contro un albero. E mentre dormiva, ed i suoi occhi azzurri erano chiusi, una leggera carezza di vento scompigliò i lunghissimi capelli scuri del cavaliere, ed un raggio di sole gli si posò sulla guancia come un bacio, illuminandogli la piega delle labbra piene e femminili. Femminili come il suo viso ed il suo corpo, come le sue forme nascoste dall’armatura maschile, perché uomo doveva fingersi per uccidere draghi e rivendere le loro parti del corpo. Viveva bene, riccamente, ma non aveva qualcuno con cui condividere la sua fortuna. Si sentiva vuota e persa. La sua esistenza non era felice.
Voleva trovare la forza per cambiarla.
 

 
NOTA DELL’AUTRICE
Grazie lettore! Se sei arrivato fin qui, vuol dire che hai letto il resto e hai portato un sorriso alla mia giornata. Spero che il primo capitolo sia piaciuto, perché avrei intenzione di continuare e sviluppare il personaggio della protagonista e dell’ambiente in cui vive.
Buona giornata.
 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO SECONDO ***


~~CAPITOLO SECONDO

Quando lei si svegliò, la luna si stagliava alta nel cielo nero trapunto di luminosissime stelle, e rendeva misteriose e ancor più buie le ombre che facevano da strascico agli alberi.
Si rimise l’elmo, estrasse da sotto la sua armatura gli stracci che l’aiutavano a stare più comoda in quella forma dalle spalle troppo larghe e vi posò con cura all’interno le parti del drago, annodandone poi insieme le estremità. Partì così, con i suoi fagotti, dopo aver recitato una breve preghiera, con la mano sul cuore, per lo spirito del drago.
Andava dritta verso Arzenis, che distava meno di una giornata di cammino, dove avrebbe riscosso la taglia e avrebbe venduto gli organi che iniziavano a puzzare per primi. Si concesse un breve momento per farsi sopraffare dal desiderio di non dover nuocere a quelle creature così maestose, che amava profondamente, ma non c’era altro modo. Uccidere draghi era tutto ciò che la faceva andare avanti.
Heon, la sua casa, era a cinque giorni di cavallo. Non c’era tempo da perdere.

La fatica era pressante.
La fame era dolorosa.
Il sole era caldo.
Ma le porte di Arzenis erano davanti al cavaliere dall’armatura lucente, dopo che lo sporco aveva lasciato la sua presa ferrea sul metallo, e non c’era uomo, donna o bambino che non girasse la testa per una seconda occhiata a quello che credevano un baldo giovane valoroso. E c’erano le vocine sussurrate, di chi pensava che quell’uomo lucente non avesse orecchie.
- Ma che cialtrone, s’è mai visto un vero cavaliere senza il suo destriero? –
- Non sei informato! Quell’uomo è certamente colui che ha ucciso il drago della foresta di Mimnim! –
- Tu dici? –
- Io dico, e dico bene! –
E poi, in un batter d’occhio, era già inginocchiata in fronte al sovrano, che la pregava di sposare sua figlia come ricompensa per la liberazione dal flagello del drago.
- Mio signore, la ringrazio per la sua benevolenza, ma non voglio approfittare della sua enorme generosità, quindi la prego solamente di poter riscuotere la taglia ch’era sulla testa della creatura viola. –
- Acconsento alla tua richiesta, nobile cavaliere. Domani ti farò trovare tutto il tuo oro pronto, ma farò volentieri preparare una stanza per te, in modo che tu abbia la possibilità di soggiornare comodamente nel castello. Arzenis ti deve molto. – E la congedò con un gesto stizzito della mano, che mal si addiceva al suo modo gentile di parlare. Il cavaliere si inchinò e seguì un servitore ch’era magicamente comparso nella sala.
La stanza in cui la condusse era sontuosa, riccamente decorata, ma non si soffermò sui particolari. Chiuse la porta di legno pesante, notando con disappunto che era priva di serratura, si tolse l’armatura e cenò con i viveri che erano stati preparati semplicemente sul tavolo di legno massiccio. Quando ebbe finito, trascinò le coperte, ricche di inutili decori, a terra e si coricò sopra di esse, essendo, contro il freddo, bastanti la casacca e le brache consunte che indossava sotto l’armatura, si distese poco confortata dal debole spessore del tessuto contro la dura pietra fronte alla porta. Non le fu difficile assopirsi, era stanca dalla lunga camminata, annoiata dal solito comportamento dei nobili e frustrata per avere un carattere troppo sospettoso per fidarsi a rimanere a dormire sul morbido letto.
Ma la sua diffidenza le aveva molteplici volte salvato la vita, e lo fece pure quella notte, la notte in cui cominciò davvero la sua storia.

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


~~CAPITOLO TERZO

Il sicario arrivò nel mezzo della notte.
Probabilmente aveva già pianificato tutto, dal momento in cui sarebbe entrato con il suo passo felpato nella stanza all’attimo finale in cui avrebbe calato il suo micidiale pugnale sulla vittima. Ma non andò così, affatto. La porta sbattè contro il corpo del cavaliere addormentato sul pavimento, e in un attimo, il sicario, che avrebbe dovuto compiere silenziosamente il suo omicidio, fu morto. La sua testa cadde sulle pietre, imbrattandole con il sangue che colava ovunque, copioso, denso, rosso come la furia che dominava il cavaliere.
Le sue dita aderivano all’elsa della spada, la stringevano con rabbia.
Indossò l’armatura in modo approssimativo, solo per coprirsi il corpo ed il viso e poi, con l’arma in una mano e la testa del sicario nell’altra, camminò nei corridoi bui finché non trovò la sala del trono, immersa nella pesante oscurità.
Dietro ad uno spesso tendaggio rosso, in un punto leggermente nascosto fa le colonne, si intravedeva una debole striscia di luce. Si diresse spedita verso quel faro, sicura che quella stanzetta laterale non potesse contenere altro che i consiglieri del sovrano, pronti a vedere il sicario tornare con la notizia della morte del cavaliere.
Non si preoccupò nemmeno di scostare le tende, si fece direttamente strada fra esse strappandole con la spada, per entrare nella camera appena illuminata da alcune gocciolanti candele.
Dieci paia di occhi la fissarono. Si sentì colpita da quegli sguardi, come se potessero passare oltre la sua armatura e vederla, davvero, per quella che era.
Ma non è possibile, sciocca! Dimentica chi sei, ricorda solo cosa sei capace di fare.
Gettò la testa del sicario sul tavolo attorno al quale erano raccolti i consiglieri, impregnando le loro carte di sangue, e poi alzò il viso, in modo da ampliare leggermente il raggio ristretto in cui potevano spaziare i suoi occhi, dietro la visiera, per ammirare l’espressione terrorizzata del sovrano in persona.
Lo vide aprire la bocca e raccogliere il fiato, ma lo fermò con una mano guantata prima che potesse proferir suono, e disse, con la voce metallica: - Mio signore, io uccido draghi. Un drago è forte come cinquanta uomini, quindi cosa, di grazia, le fa pensare che nello stesso tempo che lei impiegherebbe per chiamare qui delle guardie io non potrei uccidere tutti i presenti e poi combattere con i pochi difensori che vi sono rimasti? – L’uomo chiuse la bocca, sgranando gli occhi, e poi la riaprì, con scarsa convinzione, per ribattere, ma il cavaliere lo interruppe nuovamente: - Pensa davvero che io sia così stupido? È ovvio che questo è per voi un periodo di guerra, e tutte le vostre forze sono impegnate al fronte, quindi vi sono pochissime guardie a proteggere il castello, ed è inoltre ovvio che cercate di apparire ricchi quando in realtà la crisi e la povertà della guerra vi stanno inesorabilmente logorando. Quindi vi pongo nuovamente una domanda: di grazia, perché avete posto una così alta ricompensa all’uccisione del drago se poi sapevate di non poterla pagare? –
Il sovrano annusò nuovamente un po’ di tutta quell’abbondante puzza che aveva sotto il naso e gonfiò il petto, prima di ribattere: - Il drago stava peggiorando le nostre condizioni. Avevo bisogno che sparisse, ed ero convinto che poi far sparire anche colui che avrebbe raggiunto il mio obbiettivo sarebbe stato facile, ma mi sbagliavo, evidentemente. – Concesse alla donna. – Ho una proposta da farti, o nobile cavaliere, in modo che tu lasci il regno in pace. Ti posso consegnare dei cavalli e la più bella fra le mie serve, in modo che tu possa ripartire ben equipaggiato, e la promessa che qualunque tuo discendente che si presenterà alla mia corte facendo il tuo nome, verrà trattato come un re, anche dai miei discendenti, continuando questa tradizione per secoli. –
Il cavaliere sospirò, annoiato e stanco per il suo sonno interrotto.
- Ma cosa le impedirà mai di non tener fede alla sua promessa? Questo regno è in rovina, si sta trascinando nella terra con le sue stesse mani, e non mi interessa nulla che venga da lei, Sire. Tuttavia è chiaro che non potrò ottenere il mio pagamento, quindi pretendo almeno un buon cavallo e il permesso di rimanere qui finché non sarò riuscito a racimolare abbastanza denaro per comprarmi i viveri necessari per il viaggio. –
- Naturalmente. – L’uomo la congedò con un breve cenno del capo, e lei passò la notte nei suoi alloggi, seduta contro la parete, gli occhi spalancati fissi sulla porta, i nervi tesi che scattavano appena il minimo zampettìo di topi le giungeva alle orecchie. E dopo che, con il sorgere del sole, ebbe venduto ad ottimo prezzo le parti del drago, avendo così a disposizione quasi quanto le era stato promesso per uccidere la bestia, e ebbe preparato tutto ciò che occorreva per il viaggio, entrò nella stalla in cui le avevano promesso ci sarebbe stato quello che aveva chiesto. Non era sicura che quel disgustoso uomo avrebbe mantenuto la parola, ma decise di sperare. Davanti a lei v’erano due maestosi cavalli bruni, già sellati, e su uno di essi sedeva, la gonna elegante sparsa sul pelo dell’animale, una bellissima donna.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO QUARTO ***


~~CAPITOLO QUARTO

La donna non era troppo minuta, ma comunque piccola e delicata. La sua pelle abbronzata si intonava perfettamente ai capelli che le ricadevano fino alle spalle, in dolci boccoli neri, incorniciando il suo viso tondo su cui spiccavano due grandi occhi scuri, che brillavano non appena il minimo raggio di sole gli andava a colpire.
Un uomo stava in piedi accanto ai cavalli, e il cavaliere non ci mise molto per riconoscerlo come uno dei consiglieri che si trovavano nella stanza in cui era entrata furiosa, portando la testa del sicario in mano. All’improvviso rammentò che quel miserabile uomo che governava su quell’infelice terra le aveva promesso anche una serva, ma si ricordava per certo di aver ribattuto che le sarebbe bastato solamente un cavallo, e diede voce ai suoi pensieri.
- Come ho già espresso esaurientemente al sovrano, non ho bisogno di null’altro che non sia un cavallo. – E, per enfatizzare il concetto, andò verso l’animale e lo caricò con le provviste, per poi issarsi, appesantita dall’armatura, sulla sua groppa.
- Il sovrano tuttavia insiste che voi prendiate la sua serva. – Ribattè il consigliere, con la sua disgustosa voce nasale e i suoi occhietti furbi che scattavano da una donna all’altra.
- Non intendo intraprendere il mio viaggio con qualcuno che ne farebbe volentieri a meno e tantomeno vorrei costringerlo, e per di più non ho mai chiesto una serva. –
Voltò il viso e fece per proseguire, ma si irritò immensamente quando di nuovo l’uomo la interruppe, avvicinandosi velocemente per sussurrarle, ridacchiando come se stesse cospirando insieme al cavaliere: - Quella è una brava donna, mio nobile cavaliere, e il sovrano insiste che la portiate con voi per deliziarvi della sua presenza, in modo che non sentiate il bisogno di confidare a qualcuno che il mio signore tende a… Diciamo, a non mantenere le promesse. –
Deliziarmi della sua presenza?
Il cavaliere guardò dall’alto del suo cavallo il piccolo omuncolo che si torceva le mani sotto di lei, e capì.
Ma certo, che sciocca son stata, questa è una donna da letto, non certo una semplice serva. Non accettare il dono potrebbe sembrare sospetto, per un uomo, e forse portando via questa povera ragazza riuscirò a darle una vita più dignitosa.
- E sia, ma solo se la dama acconsente. – Si girò per incontrare gli occhi della diretta interessata, e desiderò di poter togliersi l’elmo e gettarlo a lato, per guardare senza ostacoli quel viso scuro, come quello di una semplice contadina, ma dalla pelle liscia ed i modi eleganti di una nobile. Il cenno di assenso della donna la riscosse, e senza dire una parola uscì dalla stalla, senza fermarsi per accertarsi di essere seguita, dirigendosi al passo verso la strada che doveva percorrere per arrivare ad Heon, durante quei cinque giorni di cavalcata che l’aspettavano.

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


~~CAPITOLO QUINTO

Avanzavano in silenzio. Il cavaliere non osava rivolgere la parola alla dama, ed essa rimaneva silenziosa mentre lo seguiva. Tenevano i cavalli al trotto, in modo da non affaticarli eccessivamente ma nemmeno di procedere con troppa calma. Non un suono ruppe la quiete che regnava sul loro sentiero in mezzo al bosco. Era largo e ben segnato, di scura terra battuta che migliaia di frequentatori avevano plasmato, eppure non incontrarono anima viva per tutto il tragitto.
Al crepuscolo, il cavaliere fece dirottare il suo cavallo, portandolo ad inoltrarsi nella foresta appena più fitta, per allontanarsi quanto bastava dal sentiero. Si lanciò una fugace occhiata alle spalle, per avere conferma di essere seguita, e vide la donna stringersi al collo dell’animale, per non rischiare di cadere, essendo impossibilitata a stringersi con le gambe intorno al suo corpo perché cavalcava all’amazzone. Quando furono ragionevolmente lontani dal sentiero, il cavaliere fermò la bestia, per poi scendervi e cominciare a posare a terra i pesi che aveva fissato sulla sua sella. Lo legò strettamente ad un albero, chiedendosi se avrebbe visto la sua compagna di viaggio affiancarla per fare lo stesso. Ma il suo udito fine non la sentì muoversi e, quando si voltò per accertarsi che fosse tutto a posto, realizzò che la donna non sapeva nemmeno scendere da cavallo. Si guardava intorno spaesata, valutando la caduta che avrebbe compiuto se si fosse semplicemente lanciata giù dalla bestia. Il cavaliere le si avvicinò, tendendo le braccia verso di lei, e con un sorriso grato essa si lasciò scivolare, per essere prontamente afferrata e posata a terra con delicatezza. A quel punto non fu più in grado di mantenere il silenzio e lo frantumò:
- Grazie, cavaliere. Ci accamperemo qui? – Voleva continuare, tempestarlo di domande, ma si trattenne, mossa dal terrore di contrariarlo.
- È così. Purtroppo non mi aspettavo di avere compagnia, tantomeno femminile, quindi dovrete dormire sul terreno, anche se non si addice ad una dama. – Il cavaliere le voltò le spalle, per legare anche il secondo cavallo, e lei rimase sola, a chiedersi perché quell’uomo misterioso la intrigava tanto quanto la spaventava. Lo raggiunse, camminando malferma sulle due dolenti ed affaticate gambe, quando lo vide sedersi ai piedi di un albero, appoggiarvi la schiena e, la mano posata sulla spada, rimanere immobile.
Si guardò intorno, imbarazzata, senza sapere cosa fare. Poi azzardò:
- Dormite? –
- Era quello che avevo intenzione di fare. –
- Con l’armatura? –
- Certamente. –
- Siete un cavaliere in tutto e per tutto, vero? –
- Certamente. –
Cadde il silenzio, finché la donna, ancora in piedi, non riprese:
- Non siete un uomo molto loquace. –
- No, affatto. Ma voi avete molte domande da pormi. –
- Non lo nascondo, mi incuriosite. –
- Perché mai? –
- Perché anche se in modo tanto distaccato, mi state trattando con una gentilezza che non ho mai ricevuto da altro uomo. –
- Gli uomini sanno essere crudeli. –
- Voi no? -
- Non amo esserlo. –
Un nuovo silenzio cadde intorno a loro, ma più leggero, come fiocchi di neve che si posano sulla terra senza produrre il minimo suono, e poi si sciolgono, spandendosi intorno.
- Se posso, qual è il vostro nome? –
Il cavaliere si trovò impreparato. Non esisteva un corrispondente maschile per il suo nome, quindi inventò:
- Elliam. Ed il vostro? –
- Brianna, come quello di mia madre. –
Il cavaliere non le rispose, così Brianna cominciò a raccontare senza incoraggiamento, e gli parlò della sua vita.

 

 

NDA
Giusto perché lo sappiate, il nome del cavaliere è nato con la pronuncia con l’accento sulla prima vocale, ovvero Èlliam, ma potete fare come vi piace di più, tanto non lo userà ancora per molto ;)

PS: Grazie a tutti voi che leggete, non sapete quanto mi rendete felice. Un ringraziamento speciale a dracofonte per la playlist sul cavaliere! Bellissima!

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Capitolo 6
*** CAPITOLO SESTO ***


~~CAPITOLO SESTO

- Sono nata e cresciuta ad Arzenis. Non l’avevo mai lasciata, prima d’ora. Appena compii dodici anni, mia madre morì, e mio padre, non sapendo come curare le tante bocche da sfamare che gli erano rimaste, vendette me ed i miei fratelli. Finii così a fare la serva al castello, e lavorai molto.
Poi, mentre gli anni passavano, diventai graziosa, e gli uomini al castello non mancarono di osservarlo. Fui picchiata, molteplici volte, perché mi rifiutavo di giacere nel loro letto. Poi un giorno, mentre pensavo che ormai il mio stesso sangue mi avrebbe soffocato, arrivò il mio sovrano. Mi trovò… Come disse? Deliziosa. Ma a lui non potevo certo negare il piacere della mia presenza.
Era geloso di me, mi custodiva possessivamente, e si beava della mia presenza come un bambino in fronte ad una montagna di dolci. Avrei dovuto lamentarmi? Sentivo un’incredibile solitudine, ma almeno la sentivo. Poi il regno cadde in crisi, e lui covava una sempre più crescente frustrazione, e una sempre più cocente gelosia nei miei confronti. Ma, sciagurata me, non me ne accorgevo! Poi fui picchiata anche da lui, accusata di tradirlo. Come se ne fossi stata capace, chiusa a chiave in una torre!
Da quel momento non ebbe più il coraggio di guardarmi in viso, e così, eccomi qua, a parlare sfrontatamente, come non ho mai smesso di fare, con un uomo a cui sono stata data per fare esattamente ciò che mi provocò sofferenza.
In certi momenti non mi importa di nulla, in altri mi invade il terrore di commettere uno sbaglio. –
Con quell’ultima frase, Brianna si zittì. Il silenzio tornò per l’ennesima volta su di loro.
- Gli uomini sanno essere crudeli. – sussurrò infine Elliam.
- Questo l’avete già detto. –
- Gli uomini sanno essere crudeli, rudi, privi di logica, immensamente ipocriti, approfittatori e disgustosamente egoisti. –
- Questo mi piace già di più. Ma non vi sentite voi pure ipocrita, ad insultare il vostro stesso sesso? –
Il cavaliere rise. Quella ragazza dalla parlantina fluida, che dava voce a tutto ciò che le passava per la mente, senza curarsi di etichetta o delicatezza! Avrebbe provato pena, e sicuramente avrebbe anche perso ogni interesse, per lei, se si fosse vergognata della sua storia, o se l’avesse raccontata con le lacrime agli occhi e la voce che tremava. Ma non era così. Trovò in lei una bellezza del tutto diversa da quella estetica, e ne fu soddisfatta.
- No, effettivamente, non ho nemmeno un rimasuglio di ipocrisia sul fondo dell’armatura. –
Anche Brianna rise, una risata forte, che sembrava non appartenere al suo corpicino, ma che le scuoteva le ciocche scure e le illuminava gli occhi.
Quando aveva cominciato a raccontare, si era seduta davanti ad Elliam, per notare le sue reazioni. Era rimasto immobile, un vero soldato, tanto da farle credere che si fosse totalmente assopito. Quando aveva concluso il suo racconto, con quell’ultima riflessione, allora finalmente aveva notato le sue dita guantate stringersi con una piccola convulsione intorno all’elsa della spada, su cui la sua mano restava diligentemente posata, per poi rilassarsi immediatamente dopo, tanto velocemente da farle nascere il dubbio di esserselo inventata.
Di lì a poco Brianna annunciò che il cielo era abbastanza nero per poter riposare indisturbata, e si coricò sulla terra umida, girandosi e rigirandosi mentre i sassi le si puntavano nelle costole, finché non cadde in un sonno esausto e profondo.
Il cavaliere la osservò finché il suo respiro non si fece regolare, e poi anche lui si assopì.

 

 


NDA
E finalmente iniziano a conoscersi. O meglio, Brianna inizia a farsi conoscere. È una gran chiacchierona! Per il cavaliere ci vorrà ancora un po’, è timido, il ragazzo. ;)
Grazie a tutti i lettori! Spero davvero che la mia storia vi piaccia.

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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo ***


~~CAPITOLO SETTIMO

Il sogno cominciava in una piazza.
Venditori che urlavano, bambini che sollevavano polvere ed ovunque tanta, tantissima confusione.
Lei correva, facendosi spazio fra la gente, mentre teneva le gonne sollevate per non inciampare. Si guardò indietro, spaventata. La stavano inseguendo, ed ormai erano vicini. Continuò a correre, facendo fatica a respirare, come se le stessero schiacciando l’aria fuori dal petto, e si voltò ancora una volta, senza fermarsi. Era spacciata. Non era mai stata molto veloce, ma le gambe le dolevano, e il terreno le tirava a sé con forza, finché non cedette, cadendo a terra. Però nessuno la aggredì. Alzò il viso, ed una mano forte era pronta per aiutarla a sollevarsi. La prese con gratitudine, strizzando gli occhi per l’abbagliante luccichio che emanava l’armatura del cavaliere. Lo guardò in viso, e le parve di scorgere, attraverso l’elmo, due profonde iridi azzurre.
Poi si svegliò.

Il sole era ormai già alto, e le ferì gli occhi. Tentò di alzarsi a sedere, ma i suoi muscoli si ribellarono. Si era addormentata con un braccio sotto il corpo, che le aveva dolorosamente schiacciato il petto, e le gambe erano pesanti per la faticosa cavalcata del giorno prima.
Si ricordò il sogno, e si agitò pensando che i suoi incubi la stessero inseguendo anche nel mondo reale. Ma dopo poco, mentre cominciava a ritrovare lucidità, ragionò che ovviamente non era stato il sogno a causare i suoi dolori, ma i suoi dolori che avevano condizionato l’andamento del sogno.
Certo. Doveva solo calmarsi e poi alzarsi in piedi.
E così fece, malferma sulle gambe, cercando con lo sguardo il cavaliere, che non era più seduto accanto a lei. Chissà se possedeva davvero quegli occhi incredibilmente cristallini?
Un rumore la fece voltare, con un sorriso già pronto per illuminare Elliam, ma dietro di lei non stava camminando il suo cavaliere. Indietreggiò, spaventata. Una dozzina di uomini, grossi, sporchi, con disgustosi ghigni dipinti sul volto, la circondarono. Poi, l’uomo che le stava difronte, a cui mancavano parecchi dei suoi gialli denti, spalancò gli occhi, e stramazzò al suolo.
- Elliam! – Brianna non riuscì a contenere l’entusiasmo, quando lo vide comparire, sebbene fosse solo un uomo contro un gruppo di banditi.
Tutti loro si scaraventarono contro il cavaliere, aggredendolo simultaneamente, per quanto glielo permettesse lo spazio fra un albero e l’altro. Ma Elliam era veloce, preciso, freddo, e i pochi assalti che la sua spada non riusciva a parare erano resi inefficaci dalla sua armatura. Più di uno schizzo di sangue lasciò il suo segno sul vestito ricamato di Brianna, ma lei non si preoccupò. Era piena di speranza. Sperava che Elliam rimanesse illeso e sperava che, dopo averla salvata, non si comportasse come il sovrano, rivendicando il suo potere fisico e psicologico su di lei.
Il cavaliere affondò brutalmente la spada nel petto dell’ultimo uomo rimasto, facendola scivolare fin quasi all’elsa. Morì velocemente. Estrasse la lama dal suo corpo e si voltò per controllare che Brianna non avesse riportato alcun danno, e la vide finire la sua corsa verso di lui con un salto, per arrivare a gettargli le braccia al collo. Rimase decisamente interdetto per alcuni secondi, ma quando sentì il sangue viscido che portava Brianna a scivolare sempre più in basso, alzò il braccio libero, per reggerla con quanta più delicatezza l’armatura gli consentisse.
- State bene? – Le chiese, preoccupato.
- Ovviamente! Mi avete salvato la vita! –
- Mi dispiace. –
- E di cosa? – Brianna era confusa. Sentiva gratitudine verso l’uomo, eppure non le sembrava certo una buona giustificazione per il suo comportamento! Gettarsi fra le braccia di uno sconosciuto, uno sconosciuto capace di ucciderla, non era cosa da fare. Avrebbe potuto semplicemente ringraziarlo, lodarlo per la sua bravura, o ancora svenire per la preoccupazione, come si addiceva alle dame di corte. Perché dava tanta fiducia a quel cavaliere senza volto? Perché? Perché?
- Credevo che accamparci in questo punto fosse sicuro, ma eravamo troppo vicini al sentiero, maledizione. – Di colpo Elliam le lasciò andare la vita, posandola con gentilezza ma decisione al suolo, e si diresse furioso verso i cavalli.
Brianna non poteva accertarsi che quello fosse davvero il suo stato d’animo, ma la sua postura, accentuata dall’armatura, ed i suoi passi sbattuti le fecero temere che fosse così. Improvvisamente ebbe paura. Restò ferma, ad osservarlo, mentre preparava tutto in fretta, e non ebbe più dubbi. La sua rabbia sembrava filtrare dagli spiragli dell’elmo come rosso fumo, per andare a formare una densa nube sopra la sua testa. Le porse una mano, da lontano, e lei si affrettò a raggiungerlo. Si fece aiutare a salire sul cavallo, e poi lo seguì in fretta fuori dal bosco, per tornare sul sentiero. Si chiese dove i briganti avessero lasciato i loro destrieri ed i loro averi, ma non disse nulla. Rimase muta, tremante, a fissare la schiena di Elliam finché il sole, da appena sorto, non fu proprio sopra le loro teste, caldo, bollente, mandava i suoi raggi estinguendo quasi tutte le ombre.
- Siete arrabbiato con me? – Sussurrò timidamente.
- Cosa? Io? Cosa vi fa pensare che sia arrabbiato? – Il cavaliere rispose dopo alcuni attimi. La sua voce grondava furia.
- Non saprei. – Rispose, stretta nelle spalle, Brianna.
- No, comunque, non sono arrabbiato con voi. –
- E allora a chi indirizzate… -
- A me. – La interruppe lui, senza lasciarla finire. Si era già abituato alle sue persistenti domande.
- A voi? E perché mai? –
- Perché è stata colpa mia, ho sbagliato, e sarebbe potuta finire molto peggio. –
- Non mi sembrava uno sbaglio particolarmente grave. Anzi, non mi sembrava nemmeno… -
- Non è importante! Ho sbagliato! –
- Ma a tutti capita di sbagliare!
- NO! IO NON POSSO. PERMETTERMI. DI SBAGLIARE! – E con quello sfogo, che rimbombò intorno a loro, addensando l’aria, tutti i tentativi di discorso di Brianna caddero.
Era scioccata, e pure ammaliata, da quella nuova parte del suo carattere che aveva scoperto. Ma la paura era scomparsa. Non era arrabbiato con lei, anzi, pareva avere un suo personale e chiuso modo di vivere quel sentimento, restando in silenzio con se stesso, senza distruggere la prima cosa che gli capitava a tiro. Possibile che non le avrebbe fatto del male? Brianna c’era abituata. Più rabbia c’era, più dolore arrivava. Non l’avrebbe quasi trovato ingiusto. Si era comportato gentilmente, e non l’aveva nemmeno sfiorata, durante la notte.
O meglio, lei non sapeva di essere stata sfiorata delicatamente da un dito del cavaliere, che le toglieva una ciocca di capelli dalla fronte. Si era svegliata presto, ed aveva visto Brianna agitarsi nel sonno. Poi, quando si era acquietata, le si era avvicinata, per poterla guardare senza il disturbo dell’elmo. All’improvviso però, aveva avuto il sentore che si stesse per svegliare, così era scappata velocemente nel bosco, per pensare, e riallacciarsi l’elmo con calma. E lì aveva visto i cavalli. Dodici grosse bestie, senza i loro padroni. Ed era stata tutta colpa sua. Aveva scelto male dove accamparsi, ed aveva sbagliato. Aveva avuto una debolezza, ed aveva sbagliato. Si era allontanata, ed aveva sbagliato. E gli sbagli portano al fallimento. Perché era così stupida? Perché? Perché?

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Capitolo 8
*** CAPITOLO OTTAVO ***


CAPITOLO OTTAVO
 
Brianna si aspettava di passare nuovamente il tempo in silenzio. Aveva parlato molto la sera prima, in parte perché le era mancato farlo per tutta la giornata, ma anche per farsi conoscere, e creare una sorta di confidenza fra lei ed Elliam, per non essere costretta a tacere imbarazzata. Però, il cavaliere, aveva troncato ogni suo tentativo di calmarlo con le parole, e si era ritrovata a vagare con la fantasia.
Avevano superato il bosco, che adesso appariva alle loro spalle come una grande massa verde che si ammucchiava ai piedi del tozzo castello in pietra di Arzenis, ma non avevano lasciato il sentiero. Ora era più largo, una grossa striscia di terra su cui incontravano numerosi viandanti, alcuni a piedi, soli, vestiti di stracci, altri a cavallo e, spesso, in gruppo. Quando accadeva, il cavaliere indietreggiava, per mettersi al fianco di Brianna, fra lei e la confusionaria mischia di amici, o l’ordinato avanzamento di nobili che lo salutavano con un educato cenno del capo. E subito dopo avanzava di nuovo per farle strada, senza degnarla di uno sguardo. La dama stava iniziando ad innervosirsi.
  Intorno a loro non v’erano altro che campi coltivati, non ancora mietuti, spazzati dal vento, ma pur sempre monotoni e piatti campi, e il comportamento sostenuto di Elliam la confondeva. Faceva il protettivo, e si era calmato, rispetto a quando si erano rimessi in viaggio, ma la trattava come se fosse stata colpa sua.
Colpa di cosa, tanto per sapere?
Brianna non aveva fatto nulla. E poi restava in silenzio. Perché restava in silenzio?
Era ovvio che non fosse particolarmente loquace, e non certo logorroico come Brianna, ma sembrava che nemmeno respirasse, rigido sul suo cavallo. Dannato lui. Le riempiva i pensieri di ansia ed incertezza, eppure la gratitudine per essere stata salvata non s’era ancora spenta. Ed era così curiosa di lui! Tanto da farle dimenticare che non conosceva nemmeno la meta del loro viaggio.
Alzò lo sguardo verso le lontane colline all’orizzonte, chiedendosi se le avrebbero raggiunte entro sera. Altrimenti, dove si sarebbero fermati a dormire? Era ovvio che non potevano piazzarsi in mezzo ad un campo.
Tutte quelle domande.
Prese un grande respiro, decisa a provare a parlare, anche se avrebbe dovuto quasi urlare per farsi sentire dal cavaliere, dal momento che conosceva solo due comandi per il cavallo: avanti e fermo. Non sapeva certo come aumentare il passo e poi rallentarlo nuovamente per affiancare Elliam, tanto meno in rapida successione. Espirò e poi inspirò di nuovo e, mentre apriva la bocca, vide il cavallo del cavaliere rallentare per permettere al suo di avvicinarsi e lo stesso cavaliere dire con la sua voce metallica:
- Mi perdoniate, mia signora, per la mia sgarbatezza. –
Brianna, per la prima volta in vita sua, non ebbe parole. Restò con la bocca aperta, sorpresa, lieta e vagamente scioccata dal cambiamento improvviso del suo compagno di viaggio. Nessuno le aveva mai chiesto perdono in modo tanto gentile, e sicuramente non l’aveva mai chiamata “mia signora”, dal momento che il suo compito era solo servire. Cercò le parole con cui ribattere, ma proprio mentre stava per uscire da quello stato sorpreso, il suo cavallo si impennò, nitrendo selvaggio, e la disarcionò con forza. Non ebbe il tempo di urlare, ma quando atterrò violentemente sulla schiena avrebbe voluto riuscirci, se il dolore non le avesse mozzato il fiato in modo tanto brutale. Vedeva solo i contorni delle figure che la circondavano ed erano oscurati, confusi, e le sembrava che non ci fosse modo di fermare il loro girare ininterrotto se non chiudere gli occhi, ma con il buio rotto da veloci sprazzi di luce la inondava ancor più la sensazione che la sua testa si fosse staccata dal corpo, per rotolare via lungo i campi.
Due duri oggetti freddi le si posarono sulle guance, e si ritrovò ad essere felice che qualcuno le avesse recuperato il capo. Non sarebbe stato molto facile camminare senza averlo sulle spalle.
Aprì timidamente gli occhi, e la silhouette luminosa del cavaliere si stagliò più chiara davanti a lei, mentre tutte le immagini riprendevano lentamente fuoco.
- Brianna? Brianna? –
Cercava di rispondergli, ma le mancava il fiato.
- Brianna, mi sentite? Brianna? –
- Sì… - Ansimò lei, piano, tanto lievemente da essere certa di non essere stata sentita.
- Grazie al cielo! State bene? –
- No… - Sospirò lei, ma si sentiva felice che il mondo avesse smesso di ruotare incontrollabilmente e doveva ammettere che, dopo il colpo iniziale, non sentiva un dolore eccessivo o disabilitante.
- Mi dispiace, il cavallo è… Sta agonizzando, devo ucciderlo. È malato e soffre molto. –
Brianna annuì. Non sentiva un particolare amore per la bestia, ma le dispiaceva comunque per lui. O per lei. Ne sapeva davvero poco, di cavalli.
Alzò leggermente il volto, per seguire con lo sguardo Elliam, che si era accucciato accanto al corpo accasciato dell’animale, con la spada alzata. La calò, veloce, preciso, freddo, e la sofferenza non fu più nel corpo di quel povero essere. Poi, rinfoderando la spada, con una mano sul petto e il capo chino, ritornò ad occuparsi di lei.

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Capitolo 9
*** Capitolo Nono ***


CAPITOLO NONO
 
Elliam l’aveva aiutata a riprendere fiato, prima che Brianna insistesse per ripartire. Non sentiva quasi più dolore, ma non vedeva l’ora di mettersi a dormire nel letto che il cavaliere le aveva assicurato ci sarebbe stato nella locanda, nascosta appena dietro una collina in lontananza, in cui aveva programmato di fermarsi. Brianna era appoggiata con la schiena contro il petto del cavaliere, mentre le sue braccia la cingevano per tenere le briglie del cavallo rimasto. Procedevano lentamente, mentre il sole moriva alle loro spalle, per non affaticare l’animale appesantito dalle provviste e da loro due insieme. Brianna sentiva dietro di sé la postura rigida di Elliam, che non interrompeva il silenzio se non per chiederle regolarmente se si sentiva bene o se desiderava che facessero una sosta, ed esitava a cominciare un discorso, avendo il sentore che lui stesse sentendosi a disagio. Dopo alcuni ulteriori momenti di quiete, mandò, in modo molto poco femminile, al diavolo le sue preoccupazioni e parlò:
- Non vi preoccupiate della vostra sgarbatezza, in ogni caso, vi avevo già perdonato prima che ve ne rendeste conto. – Fece riferimento alle scuse che le erano state rivolte, prima che il cavallo stramazzasse al suolo. Avevano dovuto lasciare il corpo sulla strada, mentre le mosche andavano ad attaccarlo. Aveva la schiuma alla bocca e gli occhi aperti iniettati di sangue. Brianna era rabbrividita al solo vederlo e aveva cercato di togliersi l’immagine dalla mente. Le ricordava i corpi dei briganti che ancora giacevano nella foresta.
Elliam saltò quando la sentì parlare, ma si rilassò immediatamente dopo, e sorrise al sicuro nel suo elmo, dove non poteva essere vista. Era sicura che il silenzio non sarebbe durato ancora per molto.
- Grazie. Ne sono lieto. – Rispose. Brianna sorrise ed andò dritta alla domanda che le premeva davvero.
- Però, perché non vi spogliate mai dell’armatura? –
- Questa non è una domanda a cui risponderò. –
- Perché? –
- Se vi svelassi perché non voglio rispondervi, sareste informata di una parte della risposta stessa. –
- Anche questo è vero. – Vi fu una breve pausa, in cui Brianna si chiedeva se il cavaliere fosse irritato. Non le pareva.
- Posso continuare a farvi domande? –
- La smettereste se io ve lo imponessi? –
- Certo. Per qualche tempo, poi... –
- Forza, allora, tutto ciò che vi viene in mente. –
- Bene, allora. “Elliam” è il vostro vero nome? –
Il cavaliere rise. Quella donna era incredibile! Non aveva mai incontrato qualcuno di simile a lei, ma non poteva certo darle troppa confidenza, anche se lo avrebbe trovato decisamente liberatorio, poter confessare a qualcuno la sua vera storia. Desiderava davvero non mentire a Brianna, ed infondo, quello era solo un nome. Che male poteva fare?
- No, in effetti non lo è. –
- AH! Ne ero sicura. Qual è? –
- … -
- Capisco. Il corrispondente femminile? – Il cavaliere rise ancora, non si poteva trattenere.
- È davvero importante? “Elliam” non vi piace? – Ribatté poi.
- No, per carità, non è questo. Ma è certo che mi piacerebbe che voi vi lasciaste andare. –
Non ottenne risposta.
- Allora, come fate a tenere addosso quell’armatura? So che sono incredibilmente pesanti, quindi come fate anche solo a salire a cavallo? –
- Temprata nelle fucine migliori, con fuochi nati dalle esalazioni più pure, resistente a qualsiasi urto, ed incredibilmente leggera. Il meglio, per un Uccisore di Draghi! Soprattutto se può pagare una grande somma. Sarei morto, se non fosse stato per questa armatura. Le devo la vita! –
Brianna rise del suo tono fiero ed orgoglioso.
- Mi raccontate qualcosa del vostro passato? –
- No. –
- Oh, suvvia! – Pregò lei. Ed il cavaliere rispose, senza potersi controllare. Non avrebbe potuto resistere a quella ragazza.
- Sono nato ad Heon, che si dà il caso sia esattamente dove ci stiamo dirigendo ora. –
- Va bene. E poi? I vostri genitori? Fratelli o sorelle? – Brianna non riusciva a contenere l’entusiasmo e la felicità per essere così vicina ad ottenere finalmente delle risposte concrete.
- Mia madre era ricca di famiglia, e mio padre lo era diventato grazie ai suoi fiorenti affari. I loro genitori gli combinarono il matrimonio, sebbene l’una fosse aggraziata e giovane, mentre l’altro solo un uomo dal pessimo carattere ed incredibilmente inacidito dal gusto acre della vita. Non si sono mai amati. Ci provarono, a convivere felicemente, e per qualche tempo, immediatamente dopo il matrimonio, ci riuscirono. Poi nacqui io, e rovinai tutto. Non ebbero altri figli. –
- E adesso? – Chiese ancora Brianna, in un sussurro. Il cavaliere non aveva un tono particolarmente triste, mentre raccontava, ma si sentiva nella sua voce metallica, ancor più smorzata dall’elmo quando si affievoliva, la presenza dei ricordi e dei rimpianti, e dovevano fargli molto male, per essere così evidenti. –
- Mia madre è morta. Non ho idea di dove sia mio padre. –
- Perché non lo cercate? –
Il cavaliere stava per mentirle. Voleva farlo, perché non aveva mai rivelato apertamente a nessuno la sua storia, e nessuno doveva saperla, se non quelli che già la conoscevano, perché c’erano stati. Non seppe mai come, con la voce grondante di immensa rabbia, sputò la cruda realtà.
- Perché, se lo trovassi, lo ucciderei. -
Brianna era scioccata. Chi poteva commettere un omicidio simile? Uccidere il sangue del proprio sangue? Era orribile!
- E perché mai dovreste fare una cosa tanto immonda? – Si sentiva scottare la pelle. Come aveva potuto pensare che il cavaliere fosse una buona persona? Gli uomini si assomigliavano tutti, e lei lo sapeva. Come aveva fatto a non scorgere quella malvagità in lui?
- Per vendetta. Lui ha ucciso mia madre. –
Brianna ormai non respirava più. Se le era sembrato disgustoso meditare contro il proprio genitore, ora non provava altro che ammirazione. Chiunque tentasse di vendicare la propria madre, anche uccidendo il padre, che a sua volta era stato tanto crudele, non poteva meritare altro. Ammirava la forza del cavaliere, e sapeva come si sentiva. Anche lei aveva cercato un colpevole da distruggere, quando la malattia le aveva strappato via una persona così importante, ma a differenza del cavaliere, per lei non c’era nessuno contro cui accanirsi. Poteva biasimarlo?
Il cavaliere sospirò. Perché le aveva raccontato tutto? Ora si sarebbe dovuta sorbire prima le sue grida scioccate, poi le sue più sincere condoglianze, ed infine un lungo discorso, fatto con voce estremamente condiscendente, accompagnato dagli sguardi che si danno ai bambini quando gli si deve insegnare un’importante lezione, che diceva che “la vendetta non è la risposta” e che “devi saper perdonare”.
- Se è così, allora credo che sia molto nobile volere vendetta, e che vostro padre si meriti una morte non meno orrenda di quella che volete riservargli, anche se trovo ancora che uccidere il proprio genitore sia decisamente malvagio. –
Il cavallo si fermò improvvisamente. Brianna era convinta di aver detto qualcosa di sbagliato, ma non poteva certo rimangiarsi le parole! Ci credeva fermamente, e non trovava nulla di rimproverabile nella rabbia del cavaliere. Sentì il rumore metallico dei suoi movimenti, e le mani del cavaliere lasciarono le redini, mentre le sue braccia le si avvolgevano intorno alla vita. Per un terribile attimo ebbe paura, una forte e tempestosa paura, che l’uomo la volesse picchiare o scaraventare giù dal cavallo. Poi sentì, sul capo, la leggera pressione fredda del suo elmo, e si rese conto che la stava abbracciando. Un abbraccio duro e scomodo, ma sincero. Brianna sorrise, poggiando lentamente le mani su quelle guantate del cavaliere. Non osava muoversi di più, con la paura di spezzare troppo presto quel momento.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NDA
Mi scuso per la lunga attesa, ma sono stata davvero troppo occupata ultimamente! Conto di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo presto, anche se non saprei dire una data esatta, perché deve iniziare la action! Voglio solo ringraziarvi davvero tanto e dal profondo del cuore per leggere/seguire/recensire la mia storia e farvi sapere che mi rendete davvero felice!

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Capitolo 10
*** CAPITOLO DECIMO ***


CAPITOLO DECIMO

 

Brianna era seduta su una panca sporca, e mangiava da un piatto sporco, posato su un tavolo ancora più disgustosamente sporco, una minestra torbida e fredda, che le dava una sensazione incredibile di sporco. Si sentiva a disagio, in tutto quel lerciume che si aggrappava fermamente ad ogni superficie della locanda. Aveva pareti e pavimenti di legno, che puzzavano come se parecchi uomini ubriachi vi avessero dormito, sbavando e sudando ovunque, e poi avessero deciso che per pulire serviva il pelo di un cane bagnato, con il suo caratteristico odore non proprio freschissimo. La confusionaria massa di persone però si teneva lontana dal suo tavolo, lanciandole di tanto in tanto occhiate impaurite. Il cavaliere se ne stava seduto dritto in fronte a lei, la mano sul pomolo d’argento della spada. Non mangiava, solo per non doversi togliere l’armatura, Brianna ne era sicura, sebbene lui avesse ripetuto che era perché non aveva fame. Quando erano entrati e avevano chiesto alloggio, un brutto ragazzo con i capelli incollati al viso e la casacca sporca si era avvicinato a lei, e dapprima era stato solamente gentile, poi aveva cominciato a lanciarle occhiate lascive, sempre più vicino, sempre più vicino, finché Brianna non aveva potuto indietreggiare ulteriormente, e allora il cavaliere era intervenuto, dissuadendo dall’idea di essere troppo vicini alla dama tutti gli uomini nel raggio di venti miglia. Questa era la causa della calma che si poteva gustare, decisamente molto più buona della zuppa.
- Questa brodaglia è disgustosa. – Ribadì ancora, ingoiandone finalmente l’ultimo sorso.
- Come se non si fosse capito dalla vostra espressione. – Rise il cavaliere.
- Perché tu non mangi? – Rispose Brianna, le sopracciglia aggrottate, leggermente offesa.
- Pensavo di avervelo già detto. – Sentiva ancora l’ilarità nella voce dell’uomo.
- Non ti credo. E poi, perché continui a darmi del “lei”? – Chiese, alterandosi.
- Non posso? – Quello ridacchiava ancora. La stava prendendo in giro?
- No. – Disse, con durezza.
- Va bene, chiedo venia, Brianna. –
- Come sei irritante! – Esplose lei, i pugni stretti sotto il tavolo. Voleva fargli volare via quell’elmo con uno schiaffo, ma dubitava che ci sarebbe riuscita. Il cavaliere spostò il busto leggermente indietro, e Brianna vide la sua sorpresa nella sua postura, ma avrebbe voluto poterla vedere sul suo volto.
- Che cos’ho fatto? – Era scioccato, lo sentiva dalla sua voce. Quel suono metallico che le dava sempre la sensazione di essere vicinissima a scoprire il mistero della sua identità, ma che appena smetteva le lasciava il vuoto nelle mani, perché non riusciva ad afferrare la risposta abbastanza in fretta.
- Proprio nulla! – Ringhiò, sbattendo i gomiti sul tavolo.
In quel momento, un uomo molto più intrepido degli altri, si avvicinò ai due, dondolando sulle sue tozze gambette, tormentandosi le mani con nervosismo.
- Sir? – Chiese, guardando il cavaliere, con la voce che tremava.
- Ha qualcosa da dirmi, signore? – Il cavaliere gli si rivolse senza voltare il viso verso di lui. L’omuncolo sembrò perdere fiducia nella sua capacità di interloquire.
- Sì, S-Sir, vede… E-Ecco, i nostri raccolti sono… Uhm… Sono m-maledetti. Ogni anno, ecco, proprio d-durante q-questo periodo, il, vede, il drago che dorme nella grotta della c-catena montuosa di Strang, non… Uhm… Non molto lontano da q-qui, lui, insomma, lui vola f-fino a noi e poi, ecco, distrugge i campi. I-Io, insomma, n-noi contadini, sì, ecco, pensavamo che l-lei fosse un… Sa, un Uccisore di Draghi, e allora… P-Pensavamo che lei potesse, sì insomma, potesse… - E mentre l’omuncolo si perdeva nelle sue parole, un lungo suono, stridulo, acutissimo, che penetrava nelle orecchie e arrivava fino al cervello, risuonò ovunque. Appena finì, il cavaliere scattò in piedi, la spada sguainata in una mano ed un pugnale nell’altra, sebbene Brianna non sapesse da dove lo avesse preso, e le gridò: - Resta qui! Ferma! – Per poi correre all’esterno, quasi totalmente avvolto nelle tenebre. Per la ragazza fu esattamente come un invito a seguirlo. Si precipitò fuori, insieme alla folla spaventata dei clienti della locanda, e le si strinse il cuore nel vedere il cavaliere, così piccolo ed indifeso, avanzare veloce contro la bestia volante. Era orrendo, con il corpo viscido e lungo come quello di un serpente, ricoperto di squame rosso fuoco, che lo facevano spiccare nell’oscurità ancora non totale. Possedeva solo le zampe anteriori, munite di lunghissimi artigli rilucenti, neri, che scintillavano come i suoi occhi, e delle ali talmente grandi da costituire la maggior parte della massa del suo corpo che, dopotutto, non era enorme com’era sembrato inizialmente. Era ricoperto di scivoloso muco rossastro, che schizzava ovunque appena si muoveva o spalancava le fauci, per lanciare contro il cavaliere il suo grido. Brianna si aspettava che l’uomo venisse incenerito dal fuoco in un batter d’occhio, ma quello non smetteva di avanzare dritto di fronte alla belva, come senza paura. Il drago stava affondando gli artigli nel terreno, rivoltando la terra e strappando le radici delle piante quasi pronte per il raccolto, mentre la sua lunga coda le frustava e distruggeva a suon di colpi. Dunque era così che rovinava il lavoro dei contadini? Non usava il fuoco? Sembrava che il cavaliere lo avesse intuito, da come stava fermo, ben piantato, a guardare il drago negli occhi.
Brianna invece faceva scattare lo sguardo da un combattente all’altro, che si studiavano, ancora immobili, e in quel surreale silenzio, fatto di fiati trattenuti e minacce d’aria, le sembrò di sentire quasi il rumore del cervello del cavaliere, che macchinava a tutta velocità. Stava individuando i punti deboli dell’avversario. Se fosse stata lei, al posto suo? Cosa avrebbe pensato? Che quel drago non sputava fuoco, ma doveva avere delle ali poderose. E anche che doveva essere a digiuno di combattimenti con gli umani, visto come tutti per molti anni non avevano fatto altro che scappare, alla sua presenza, finché non ne afferrava qualcuno per poterselo mangiare.
- Ma certo! – Sussurrò Brianna, abbastanza forte per farsi sentire dai più vicini a lei. - Scusatemi, la creatura viene qui a nutrirsi di umani, vero? –
- Sì. – Rispose un uomo alla sua destra, dopo una breve esitazione.
- E allora perché distrugge anche il raccolto? –
Non ottenendo risposta, continuò: - Deve essere un fatto personale con voi! Viene per potersi sfamare, ma anche per rovinarvi il lavoro e mandarvi in crisi, e lo fa periodicamente! – Si guardò intorno, convinta che il suo ragionamento non facesse una piega, ma ottenne solo sguardi seccati che sembravano rimproverarle la sua pazzia.
- Non vi pare ovvio? Quello non è un drago! È una viverna! -
Si sentì un nuovo grido lancinante, e la bestia partì all’attacco. Si fiondò rapida e dritta come una freccia verso la testa del cavaliere, pronta a staccargliela, ma quello si buttò a terra, alzando la spada, e ferendo leggermente l’interno della zampa della viverna mentre quella gli passava oltre, strillando. Ma la bestia non cadde, e con un incredibile colpo d’ali si stabilizzò in aria, calando la sua viscida coda addosso al cavaliere, con tanta forza che quando colpì il terreno, esso tremò, mandando scosse che la donna, rotolata via appena in tempo, sentì riverberare nelle ossa e nell’armatura. Si alzò di scatto, pronta con le armi in mano, e conficcò la spada nella carne dura accanto a lei, facendola affondare fino all’elsa, mentre il maledetto lamento acuto della creatura si levava nel cielo. Alzò il braccio e, mirando alla membrana sottile che collegava l’ossatura delle ali della viverna, lanciò il coltello che stringeva nell'altra mano. Non vide se il colpo andò a segno, perché si piegò in tutta fretta per estrarre dallo spazio angusto in cui era ben legato, fra la sua gamba e lo schiniere di metallo, il secondo pugnale che possedeva. Era certa di avere del tempo, con la creatura ferita e confusa, ma sbagliò clamorosamente di calcolare quanto. Quella infatti si era già ripresa, ululando tutto il suo disappunto e, mentre estraeva, con la sua incalcolabile forza, la spada piantata nel terreno, che ancorava a quest'ultimo la sua coda, diresse un poderoso colpo di zampa contro il cavaliere. Le sue unghie stridettero sull'armatura, mandando scintille per lo sfregamento, e la donna volò lontano, atterrando scompostamente a terra, mentre l'elmo le volava via dal capo.
Per un momento, tutto sembrò fermarsi. Brianna si stringeva il petto, trattenendo il respiro, mentre il cavaliere non accennava a rialzarsi. Poi si lanciò nella sua direzione, senza curarsi delle deboli mani che cercarono di fermarla, o tantomeno della viverna sibilante dall'altra parte del campo, correndo nel buio sempre più fitto, a cui ormai i suoi occhi stentavano ad abituarsi. Era come saltare in profondi e sconosciuti pozzi neri, donandosi a braccia aperte alla fortuna, sapendo che si rischiava con così poco giudizio solo per raggiungere la luce alla fine del percorso. Un getto d'aria talmente potente da gettarla a terra si propagò per tutto il campo, mentre la viverna si alzava in volo, ma Brianna si rimise subito in piedi, senza girarsi a controllare cosa stesse succedendo, perché non molto lontano distingueva la figura scura del cavaliere, debolmente illuminata dalla luna, ancora a terra. Le gambe le cedettero, quando finalmente si trovò accanto al suo corpo. Non si concesse di pensare che fosse morto, ma non poteva vedere il suo petto alzarsi o abbassarsi, attraverso quella maledetta armatura. Era disteso su un fianco, dandole le spalle, e i riflessi argentati della luce notturna sembravano colare sui suoi capelli scuri, perfettamente lisci e lunghissimi, sparpagliati intorno al suo corpo. Lo girò con delicatezza, prendendogli il viso fra le mani, accarezzando gli zigomi pronunciati e le guance morbide, non ispide di barba come se le era immaginate, scendendo con le mani per tutto quel viso sottile, fino ad arrivare al mento, dove una piccola cicatrice bianca spiccava sulla pelle già pallida del cavaliere, e poi sul collo, non sapendo esattamente dove mettere le mani per sentire il battito. C'era un debole pulsare, e si aggrappò ala speranza che forse non tutto era perduto. Spostò una mano sotto il suo naso, per sentire se respirava, mentre con l'altra gli accarezzava ancora il collo. Era convinta ci fosse qualcosa di strano. Le sue labbra erano piene e dolci, non molto mascoline, e tutto l'insieme del suo viso era piuttosto grazioso. Non somigliava certo al virile ideale di cavaliere!
Sentì l'aria solleticarle le dita. Era vivo! Ma Brianna era inquieta, sentiva che c'era qualcosa che le sfuggiva, qualcosa che non era come doveva essere...
Accarezzò ancora la pelle morbida della gola, e il respiro le si mozzò in gola.
Non aveva il pomo d'Adamo. 

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Capitolo 11
*** Capitolo Undicesimo ***


CAPITOLO UNDICESIMO

 

All'improvviso, il cavaliere spalancò gli occhi, inspirando pesantemente, alla disperata ricerca di aria.

La mente di Brianna si svuotò completamente, e non riuscì più a pensare a nulla oltre che allo sguardo di cristallo del suo cavaliere, azzurro come un cielo senza nuvole. Cercò di aiutarlo a togliersi il torace dell'armatura, ma fece più danni che altro, ingarbugliando i legacci che avrebbe dovuto sciogliere.

Vide una mano fredda e metallica posarsi delicatamente sulle sue, e il cavaliere si alzò a sedere con fatica, respirando in fretta, ma guardando la ragazza con un sorriso. Brianna avrebbe voluto rispondergli nello stesso modo, ma non ci riuscì. Finalmente aveva davanti il suo viso, quello che aveva bramato di vedere per giorni, eppure non riusciva a sentirsi felice.

Un grido agghiacciante squarciò il buio, e ambedue le donne si voltarono in tempo per vedere la viverna artigliare il terreno, rivoltando le zolle coltivate, con gli scintillanti occhi d'onice puntati contro il cavaliere. Quello si alzò a fatica e, con uno slancio, afferrò la spada, che la viverna aveva scagliato a terra, fendendo l'aria in un volteggio per recuperare l'equilibrio, e si lanciò in un zoppicante attacco.

Brianna indietreggiò. Nel suo cuore però non v'era né paura né timore, perché vi albergava solo la rabbia per essere stata ingannata, tradita, vittima di una bugia. Una bugia enorme.

Vide i lunghissimi capelli della combattente, liberi e ribelli , per una volta, danzare come le fronde ondeggianti del volubile salice, pendenti sopra lo specchio d'acqua placida che era quella notte stellata.

Il mostro lanciò ancora il suo terribile urlo e il cavaliere corse dritto contro quell'orrendo muso squamoso, che si apriva per spalancare le fauci e mostrare gli acuminati denti giallastri che avrebbero masticato la donna, ma essa deviò velocemente percorso, gettandosi a terra con uno schianto che le mozzò il fiato e le fece dolere la schiena, già ben lesionata, e alzò la spada, infilzando il collo della creatura da sotto, per poi rotolare via mentre il sangue denso schizzava ovunque intorno a lei. La bestia urlò di dolore, dimenandosi spasmodicamente e appiattendo il terreno con le zampe, mentre il cavaliere cercava di schivarle al meglio, ma stava perdendo velocemente ed ininterrottamente fiumi di fluido, che macchiavano il terreno, rendendolo fangoso.

Brianna dovette tapparsi le orecchie per tamponare il verso di rabbia della viverna, che infine si accasciò a terra, perdendo i sensi. Il cavaliere la finì trapassandole il cuore, infilando la spada fra le squame più deboli del petto.

Poi si voltò.

Passò le dita nei capelli, scuri come inchiostro, lisci e dritti come la seta, tanto lunghi da farle da mantello, ed incrociò lo sguardo di Brianna, mentre quella cominciava a correre, tenendosi le gonne con una mano.

- Brianna... -

- COME HAI POTUTO?! - La serva le arrivò vicino, spingendo con le mani sul suo petto di metallo. - DIMMELO! COME HAI POTUTO MENTIRMI COSÌ?! -

- Brianna... -

- DIMMELO! - Spinse più forte, con le lacrime di rabbia agli occhi, tirando pugni a quello stupido pezzo di ferro che non si scomponeva nemmeno di un millimetro.

- Brianna, se tu mai dovessi rivelarlo a qualcuno... -

- NON LO DIREI A NESSUNO! NON MI IMPORTA NIENTE DI CHI TU SIA! VOGLIO SOLO... - Si interruppe per lanciare un grido di rabbia al cielo.

- Cosa? - Chiese il cavaliere. La ragazza lo guardò negli occhi, azzurri come un cielo senza nuvole. Cosa voleva? Voleva sapere perché quella maledetta donna si era presa gioco di lei fin dall'inizio! Ma la sua rabbia cominciava a scemare, mentre si rendeva conto di quanto fosse ingiusto arrabbiarsi con il cavaliere. Lei aveva nascosto a tutti la sua identità, e Brianna non era nessuno, assolutamente nessuno, per pretendere di essere messa al corrente del sotterfugio. La conosceva da poco, ma sapeva che non avrebbe fatto nulla, senza una ragione valida. Quindi dovevano esserci dei motivi, delle cause scatenanti che lei ignorava, per trasformare la sua intera vita in una bugia. E non poteva costringerla a rivelarglieli, o tanto meno arrabbiarsi con lei perché non l'aveva fatto. Lei non era nessuno. Eppure...

-Voglio sapere qual'è il tuo nome. - Rispose.

Il cavaliere le lanciò uno sguardo scioccato.

- Cosa? -

- Il tuo nome. Lo voglio sapere. -

- Non sei sconvolta perché io sono una donna? -

- DIMMI IL TUO NOME! -

- Selene. -

Brianna restò quasi sorpresa di riuscire ad udirlo, finalmente.

- Selene... - Assaporò il suono, il movimento delle sue labbra mentre formavano le sillabe, il luccichio negli occhi dell'altra mentre la sentiva pronunciarlo, e poi continuò: - ...Selene, sei stata davvero crudele a mentirmi, ma a me non importa quale forma tu abbia esteriormente. Mi interessa solo quella della tua anima. -

- Brianna... -

- Cosa? -

- Grazie. -

Selene aveva la voce commossa. Brianna prese quasi paura, nel vederla mostrare così chiaramente quell'emozione.

- Io... -

- Grazie. -

- Non ho fatto nulla! -

- Hai fatto molto di più di quanto avresti potuto. Grazie. -

- Sì. - Ribatté Brianna imbarazzata. - Ma forse è meglio che tu recuperi l'elmo. C'è già una folla di curiosi attorno alla viverna morta. -

 

E così passò la notte, fra feste in onore del cavaliere, con una Brianna tutta presa nel chiedere, a chiunque passasse, quale fosse la ragione della rabbia distruttiva che la viverna aveva contro quelle campagne, seguendo ancora le sue complesse teorie, e continue richieste, da parte della folla nella locanda, al cavaliere su quale fosse il suo nome, da dove venisse, dove fosse diretto e tanto altro ancora. E le storie che Selene si inventava! Brianna sarebbe rimasta ad ascoltarla per sempre e, ormai lo sapeva con certezza, l'avrebbe seguita ovunque.

 

 

 

 

 

NDA

Voglio scusarmi per l'indicibile attesa a cui vi ho sottoposti, ormai non vi ricorderete più di me! Chiedo venia. Sono un disastro.

Un enorme giganormico spaziale e galattico grazie a Rystie_00, senza la quale probabilmente sarei già morta sette volte e mezza. Ti voglio bene. Se avete tempo, date un'occhiata alle sue storie! Merita davvero.

Questo è un capitolo di svolta, le cose cambieranno d'ora in poi, e Brianna sarà sempre più curiosa di conoscere meglio il passato del cavaliere. Cosa accadrà?

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