LE CRONACHE DELLA MAGIA- LA PROFEZIA DEI SETTE

di Vittory7
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** LO SPECCHIO ***
Capitolo 2: *** LA SPIA ***
Capitolo 3: *** L'ORACOLO ***
Capitolo 4: *** SI AVVERA IL QUINTO AMMONIMENTO ***
Capitolo 5: *** IL RITUALE PER IL RICHIAMO DI SANGUE ***
Capitolo 6: *** LA BIBLIOTECA DEI 100 ***
Capitolo 7: *** FRIDA ***



Capitolo 1
*** LO SPECCHIO ***


La pioggia scrosciante si abbatteva contro le vetrate delle finestre del castello, creando un ticchettio a dir poco inquietante. “Strano”, pensò il re guardando la pioggia attraverso le finestre e corrucciando il mento. Il Re Perla Bianca aveva ormai 421 anni anche se il suo aspetto era quello di un trecentenne; il suo viso ovale, le sue labbra spesse e scure, come la sua carnagione, gli occhi verdi brillanti, quasi smeraldi, il naso non troppo grosso e i lineamenti ben definiti gli conferivano una grande autorità e fiducia nelle sue capacità. Era forte e potente, molto. Adorava avere sotto controllo tutto l'universo bianco, di cui lui era il re, per questo non aveva mai tempo per sé: quel poco che glie ne restava lo dedicava alla moglie, le voleva bene, l'amava veramente, nonostante la differenza di età e le sue origini. In quel momento si concentrava sulla pioggia. Lui non voleva che piovesse: non ce n’era alcun bisogno, non era la stagione delle piogge; eppure la pioggia non cessava, se si concentrava riusciva a calmare la forza con cui le gocce d’acqua cadevano, ma bastava che non ci pensasse e il temporale tornava forte come prima. “Strano”. Pensò di nuovo il re , trovandosi però ripetitivo. Solitamente bastava volerlo e il tempo cambiava ai suoi ordini: una parola, persino un pensiero e la pioggia avrebbe dovuto fermarsi. “C’è qualcosa di più”, ipotizzò il re,” l’ultima volta che piovve senza il volere di un Re Perla Bianca fu alla vigilia della guerra dei cent’anni, lo riporta il Re Atrox “Il Codardo” nel suo libro “La guerra impossibile”.... E’ preoccupante, credo mi tocchi verificare se davvero succede qualcosa di insolito” pensò con immenso rammarico. Non voleva parlagli, lo infastidiva, anche solo sentire il suono della sua voce metallica; l’ultima volta che gli aveva parlato era stato per chiedergli il riscatto di due sudditi ed era finita molto male…. Ma gli toccava, almeno per il bene del suo popolo… Il re si girò rapidamente e cominciò a procedere a passo svelto, sebbene controvoglia, verso la sala che più odiava, quella dello Specchio. Percorse a grandi passi un grosso salone sfarzosamente arredato e fu allora che notò una nuvoletta che aleggiava sul tavolo; il re si avvicinò e la nuvoletta si dissolse in un tuono. Il Re guardò il grosso tavolo da pranzo e raccolse un biglietto che vi giaceva. “E’ innaturale. Non riesco nemmeno io” recitava il biglietto. Per la prima volta in quella giornata un lieve sorriso si dipinse sul volto stanco del re. Sapeva che il Ciclone del Tempo se ne sarebbe accorto subito, anche se erano solo le 6 del mattino. Il Re mise il biglietto in una tasca della sua lunga veste bianca e proseguì attraverso una porta, come se non ci fosse, poiché non aveva nessuna voglia di fermarsi ad aprirla. Salì una scalinata coperta da un tappeto bianco e poi svoltò a destra. Arrivato dinanzi all’entrata di una sala senza porta si fermò con noncuranza. –Mefnp Macpi. Noifi Ibrceci? (Salve Sire. Vuole entrare?) - chiesero all’improvviso all’unisono le candele ai lati dell’entrata. –Eircia efrcadibra rcinecda zabebga e nia dobari mifi ziffe dae eicmibe?(Potrei altrimenti trovarmi dinanzi a voi munito solo della mia persona?)- rispose il re. Le fiamme delle candele passarono dal rossastro al bianco e il re si stupì di essersi ricordato la parola d’ordine, “Strano” pensò per la terza volta da quella mattina. Non se la ricordava mai, soprattutto poiché non voleva trovarsi in condizione di doverla usare. Il Re attraversò l’entrata e si guardò intorno: era proprio come l’ultima volta, buia, tetra; tutte le pareti della piccola stanza erano tappezzate di stoffa nero sangue; tutte, tranne che per una piccola parte occupata da uno specchio snello ed alto. Il Re si era fermato proprio di fronte ad esso. Abbassò il cappuccio della sua lunga veste e guardò torvo lo specchio. – Canifera i defi, liede af roi masbici! (Rivelati o male, chiama il tuo signore!)- E rimase con lo sguardo puntato allo specchio in un’espressione alquanto determinata ed impaurita insieme per alcuni minuti, poi una luce bianca illuminò lo specchio ed una figura nera e incappucciata apparve in esso, o meglio dall’altra parte. –Salve….. E’ parecchio che non ti facevi vivo, cos’è che ti preoccupa a tal punto da farti arrivare a chiedere a me consiglio?- Un lungo ed amaro sorriso sorse sulle ispide labbra che avevano appena pronunciato quelle parole. Il Re ne fu infastidito all’istante, ne furono la prova le sue labbra che si contorsero in una smorfia. - Ti chiedo, semplicemente, l’immensa cortesia di dirmi se anche da te c’è….. qualcosa di strano…..- Il sorriso beffardo dell’ombra si spense poco a poco…. – Da me…. è da due ore che il cielo è limpido, il sole splendente e non riesco a cambiare nulla…. Stavo venendo anche io a consultarti…-. Una ruga spuntò sulla fronte del re e si andò ad addossare a quelle che già corrucciavano il suo volto centenario che divenne, se era possibile, ancora più preoccupato. -Mi duole dire che mi tocca consultare l’oracolo….- Ma il volto d’ombra si infuriò in preda alla rabbia -No! Te lo proibisco EVANDOR!- Alla pronuncia del suo nome il re divenne davvero allarmato, si sporse in avanti, afferrò le estremità dello specchio e gridò:- Come hai saputo il mio nome? COME?- Ma lo specchio era di nuovo vuoto. Passati diversi minuti, il re era ancora lì ansimante; una goccia di sudore gli imperlava la fronte e scendeva verso la guancia sinistra, come la pioggia attraversava i vetri delle finestre. I suoi pensieri erano confusi, annebbiati, amareggiati. Come aveva fatto il Re Perla Nera a conoscere il suo nome? Ma il Re si convinse mentalmente che quello non era affatto il momento opportuno per preoccuparsi anche di ciò, così si mise in cammino verso l’oracolo.

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Capitolo 2
*** LA SPIA ***


Il Re Perla Bianca era ormai quasi arrivato e stava percorrendo un lungo corridoio che collegava le segrete al resto del castello, quando il Primo Ministro allarmato gli corse incontro. Era un uomo abbastanza giovane, aveva trecentosettanta anni, era piuttosto robusto ma non molto alto ed indossava come al solito il suo abito da cerimonia preferito, giallo e blu, con uno sfarzoso merletto intorno al collo; il centro del capo era raso mentre una corona di capelli grigiastri glielo circondava, aveva degli occhi minuti ma in continuo movimento, come se sapessero di essere piccoli ma confidassero nella loro curiosità per rimediare, curiosità che li accomunava al loro possessore. -Maestà! Maestà!- cominciò a gridare già da lontano. -Shhh!- fu la risposta del re, - Non gridare o sveglierai tutto il castello, compresa mia moglie! E lei non approverebbe mai ciò che sto per fare...- - Cos'è che sta per fare sua maestà?- fu la domanda incerta e timorosa del Ministro. Il re stava per rispondere quando emise un sospiro e calò il capo. Il Primo Ministro comprese all'istante la profonda preoccupazione che affliggeva il Re. -Non starà per caso pensando di consultare l'oracolo, vero? Lo sa che è pericoloso: ogni volta che viene consultato si sprigiona un enorme potere, se il suo corpo non è predisposto potrebbe morire nell'istante stesso in cui viene pronunciata la profezia e...- -Ti prego- lo interruppe il Re,- conosco i rischi e ho deciso di affrontarli, per il bene di tutti. Ma proprio perché potrei morire vorrei che mi accompagnassi, così la profezia non verrà pronunciata invano.- Il re concesse un istante al ministro per pensare. -Va bene. La accompagnerò.- -Grazie…- mormorò il re, probabilmente non infondendo in quella parola la gratitudine che avrebbe voluto. -Va bene, va bene, mi ringrazierai meglio dopo con un bel bicchiere di quel pregiato Strongato che comprammo insieme due secoli fa!- disse tutto pimpante il Primo Ministro. Sul viso del re spuntò di nuovo un buffo sorriso che però si perse in un attimo: -Va bene. Ma ora andiamo o rischiamo di incontrare qualcuno.- detto questo si incamminò velocemente verso le segrete, ma diversamente da come pensava il Ministro, il Re si fermò a destra dell’entrata delle segrete, si girò, diede uno sguardo d’intesa al suo amico e, rigiratosi, appoggiò la mano ad un grosso mattone abbastanza in alto; chiuse gli occhi e disse:- Ze ridei icdea ridori, ze di mia mreri liaomi eaó kif misbi, ra ecisi canifera: bi iix camisbi! (Da tempo ormai temuto, da me sei stato chiuso, ma or che amaro è il mio più bel sogno, ti prego rivelati: ne ho bisogno!)- Così all'improvviso apparve una porta di luce azzurra sui mattoni. -Entra pure- disse con gentilezza il Re oltrepassandola come se il muro non esistesse, subito imitato dal suo amico ministro. Oltrepassato il muro, si estendeva un lunghissimo corridoio bianco. "Ma un bianco strano" notò subito il ministro che era abituato al bianco, poiché era il colore del loro pianeta. E non aveva torto. -Non concentrarti sul colore. Può farti impazzire, arretrare, scappare. È fatto apposta per respingere i visitatori indesiderati.- lo avvisó il Re, -Ma... facciamo così che è meglio- e schioccate le dita il corridoio si tinse di verde.- Ecco, và decisamente meglio!- Il volto del re si rilassò un momento per poi tornare subito all'espressione preoccupata che gli era ormai tanto familiare. Il Re proseguì e così anche il Ministro. * * * -La pagherà cara! Vuole consultare l'oracolo? E sia! Ma sconterà la pena con la sua stessa vita!- Sbraitava e gridava il Re Perla Nera seduto sul suo tetro trono rivolgendosi alla moglie che indossava solo una leggera sottoveste e, stesa sul letto, lo osservava con una faccia tra il divertito e l'assonato. Il re perla nera era un uomo giovane e attraente, era alto e magro, aveva una carnagione olivastra, i capelli nero pece contornavano il suo bel viso ovale e asciutto, il naso non troppo lungo dava un senso di austerità, le labbra carnose ti ipnotizzavano e si sposavano benissimo con i suoi occhi di un colore tra il rosso e il nero che incantavano e ammaliavano chiunque vi posasse lo sguardo; indossava una lunghissima veste nera decorata in rosso sangue, al collo appesa una Perla di un nero assoluto; la mano destra tempestata di anelli dalle gemme scure, mentre un bracciale d'oro circondava il polso sinistro. -Ma che problema c'è?!- ribatté lei per poi aprire la bocca in un grosso sbadiglio. La regina era invece di media statura, la pelle scura, un corpo invidiabile; le sue labbra erano sottili ed i suoi occhi castano scuro, il nasino piccolo e all'insù, le ciglia lunghe e folte, la voce attraente. –E’ con lui, otterrà la profezia, lo ucciderà e userà un frammento nero per ritornare qui, allora per che cosa ti stai disperando?- Gli occhi del re si iniettarono di sangue :- Ma come, non capisci? Potrebbe andare tutto storto da un momento all'altro! Potrebbe scoprirlo, ucciderlo, radunare un'armata e venire qui col frammento a distruggerci! Quello ne sa una più del diavolo!- -Beh, veramente il cattivo sei tu- osservò divertita la donna ed il Re scoppiò in una fragorosa risata. - Ecco perché ti ho sposata- disse il re mentre si avvicinava alla moglie,- sai sempre come tirarmi su di morale- e raggiuntala la baciò con un ghigno. –Dai, adesso pensa a me e dopo, se c'è ne sarà bisogno, ma io confido in nostro figlio, ci preoccuperemo insieme.- disse la regina appoggiandosi di lato sul letto in una posizione alquanto maliziosa. - E va bene- rispose il re sorridendo,- sai sempre come convincermi- e la raggiunse in un istante. * * * Il Re Perla Bianca percorreva la lunga scalinata verde diretto verso il grande altare che risiedeva al centro dell'immensa sala bianca, seguito dal Primo Ministro che camminava a scossoni, asciugandosi di tanto in tanto il sudore dalla front e con uno stupendo fazzoletto arancione che aveva estratto dalla tasca della giacca. Il Re si girò per sorridergli ma appena ebbe visto ciò che il ministro faceva, il suo volto si fece cupo per poi tentare maldestramente di sorridere; il re si girò preoccupato: i suoi sospetti erano reali: quello che lo seguiva non era affatto il suo amico, il Primo Ministro, era un impostore , probabilmente una spia nera... Ma doveva reggere il gioco, non poteva batterlo da solo, non se quello era talmente potente da poterlo ingannare nel suo stesso palazzo, doveva chiedere aiuto: continuando a percorrere la scalinata, il Re schiacciò un piccolo rubino incastonato in uno dei bracciali che gli adornavano il polso. Il rubino si frantumò in una sottilissima polvere che scomparve prima di essere vista dall'impostore. I soccorsi sarebbero arrivati in circa 15 minuti guidati dalla polvere rossa. Non potevano materializzarsi lì, poiché quel luogo aveva le massime protezioni magiche, protezioni di una potenza al di fuori di qualsiasi mago. Poteva quindi solo procedere come se tutto fosse normale: dovevano chiedere una profezia all'oracolo.

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Capitolo 3
*** L'ORACOLO ***


I prati verdi, il chiarore lunare, la fioca luce delle lucciole, l’abbaiare dei cani, il quasi ormai assente cinguettio degli uccelli che lasciava spazio a poco a poco al chiurlare dei gufi ed al zillare delle cavallette erano gli ingredienti del suo paesaggio preferito, e li aveva lì, dinanzi ai suoi occhi; era molto che desiderava rivivere tutto ciò, le mancava essere umana, le mancavano i paesaggi australiani, o almeno credeva. Non ricordava niente di quando era piccola, ma qualcosa le diceva che tutto ciò era molto familiare e che lo doveva aver vissuto, almeno una volta. Claire guardava le stelle ardenti nel cielo, le ambiva, le adorava, desiderava avere almeno un po’ della loro libertà: da quando era regina non aveva mai molto tempo per sé, certo aveva l’amore di Evandor, non che non le bastasse, ma aveva come la sensazione di avere bisogno di qualcos’altro, qualcosa che lui non poteva darle in grande quantità: TEMPO. La Regina emise una risatina un po’ isterica: “Tempo? Da quand’è che ho bisogno di tempo? Ho appena passato i duecento anni e vivrò almeno per altri trecento, che cosa dico!” si ritrovò a pensare la Regina. Una stella cadente attraversò il cielo e Claire la seguì subito con lo sguardo, involontariamente, ammaliata dalla sua bellezza. Chiuse gli occhi, trasse un profondo respiro ed espresse un desiderio: “Vorrei sapere chi ero..”. Trasse un altro profondo respiro ed aprì gli occhi, ma quello che vide non le piacque per niente: era seduta , nel suo letto. “Maledizione! Era solo un sogno… ” Pensò alquanto triste e amareggiata. Ma distolse immediatamente i suoi pensieri quando si accorse della nuvola di polvere rossa che le aleggiava intorno. Un pensiero, veloce, come un lampo, un’enorme preoccupazione; “Evandor è in pericolo!” Scese dal letto con un balzo, schioccò velocemente le dita e in un bagliore si cambiò d’abito, da una leggera e sottile sottoveste azzurra alla sua veste da battaglia: il tessuto era leggerissimo: intreccio di essenza di Salice; una gonnellina corta bianca, un top azzurro da cui scendevano due fili sottili che lo collegavano ai lati della gonnellina; portava dei polsini blu, i lunghi capelli biondo chiari erano coronati da un sottile diadema d’oro bianco al cui centro era incastonata una perla , bianca, così come quella del bracciale, dell’anello, del ciondolo e degli orecchini. Delle bellissime ballerine bianche, le sue preferite, quelle con cui correva in giardino, rendevano giustizia ai suoi sottili e aggraziati piedi. La regina pensò in un secondo al dafarsi: avrebbe diviso la nuvola di polvere: metà l’avrebbe condotta dal re in pericolo e l’altra metà avrebbe chiesto soccorso alle guardie; “SI! E’ l’unica cosa da fare, se vado io a chiamare le guardie, potremmo arrivare tardi e poi, io potrei aiutarlo benissimo da sola, sono anche più potente di lui in fondo… “ Si ritrovò a pensare in un solo istante di pura adrenalina la regina, e in altrettanto tempo disse rivolta alla nube:-Mieeceri, né e liadeci eaori a Libzolada ze Evandor Mills! (Dividiti, va a chiamare aiuto e conducimi da Evandor Mills!). - Pronunciato il nome del Re, metà della nuvola di polvere rossa sembrò reagire e cominciò a muoversi, oltrepassò la porta della stanza da letto e, sempre più velocemente, cominciò a guidare la Regina mentre l’altra metà si era già smaterializzata con un tonfo sordo. * * * Finita l’immensa scalinata ormai bianca che non sembrava avere una fine, i due si dirigevano verso il grande altare che risiedeva al centro dell'immensa sala bianca in cui erano sbucati. Al centro dell'altare vi era un trono apparentemente vuoto che in realtà aveva in sé un grosso mistero: sembrava vuoto poiché l'oracolo che vi era seduto era vestito con una lunghissima tunica che copriva tutto il corpo di bianco, compresa la faccia, coperta da un velo bianco che ricadeva dal cappuccio... ma non era tutto, l'oracolo era incatenato all'altare con delle robuste catene d'oro bianco, l'unico materiale in grado di tenere a bada la magia nera. - Benarrivati- disse l'oracolo con un tono alquanto annoiato,- Ce ne avete messo di tempo...- I due si fermarono e l'oracolo continuò, -So cosa volete, ora vi darò una profezia, la più potente e pericolosa degli ultimi 5000 anni, e poi voi ve ne andrete e mi lascerete qui ed io tornerò a passare i millenni seduta su questo scomodissimo pezzo di marmo bianco, durante i quali non avrò alcuna distrazione se non il profondissimo bianco che ricopre ogni cosa in questa, dio solo sa quanto grande, sala! - Il re ed il falso ministro non poterono che scambiarsi un occhiata col palese significato di :"È matta" quando l'oracolo continuò:-Ma visto che le mie previsioni sono molto più rosee e mi aspetta un futuro molto più divertente, vi accontenterò subito- Il corpo dell'oracolo si drizzó, gli occhi coperti dal velo emanarono una luce intensa e l'oracolo parló con una voce possente e penetrante:- Sette perduti per vecchi castighi. Del mondo nero si vedranno gli intrighi. Lo scudo di terra sarà tentato a cadere, Da chi o da che cosa non si potrà prevedere. Il castigo millenario sarà giunto alla fine, E il prigioniero sarà condotto alle colline. Lo scettro reale cadrà sotto i piedi, E Il suo più caro amico gli darà degli eredi. Il dolore stizzoso della regina Porterà all'uccisione della donna marina. Solo I sette il pericolo potranno affrontare: Nelle loro mani il mondo si dovrà affidare. Ma ascoltami bene se io ti dico che quando le cose mal si metteranno non sarà di certo il tuo amico a cadere nel proprio inganno.- Nei momenti in cui la terribile profezia veniva pronunciata, i due spettatori smisero persino di respirare. Il Re comprendeva a poco a poco le nefaste parole, soprattutto le più dolorose... Ma magari tutto ciò sarebbe accaduto tra cento, forse duecento anni… - No.- disse l'oracolo sicuro, interrompendo i pensieri del re,- avverrà tutto nel giro di... 10 anni… al massimo.- Il re fu spiazzato da quelle parole e per quanto odiasse l'oracolo e non credesse in quanto era stato detto non poté che sentirsi perso, triste e dispiaciuto.

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Capitolo 4
*** SI AVVERA IL QUINTO AMMONIMENTO ***


Il Re e l'impostore rimasero alcuni minuti in silenzio a rimuginare sui versi della nefasta profezia che incombeva su tutti loro. "Ma al momento" notò il Re," c'è qualcosa di più imminente di cui mi devo preoccupare: cosa devo fare con quello?". Il Re lanciò un occhiataccia alla spia, che per fortuna sembrò non accorgersene. -Sua maestà-, lo chiamó l’impostore, interrompendo i suoi pensieri. -Potrebbe raccontarmi la storia dell'oracolo? So che è proibito parlarne, ma ormai siamo qui e...- - Va bene- fu l'inaspettata risposta, dopotutto era una buona occasione per prendere tempo e aspettare i rinforzi. - È dalla creazione che la natura cerca il suo equilibrio, perciò per ogni pericolo ci deve essere un modo per affrontarlo. Fu così che nacque il primo oracolo più di 50000 anni fa, prima ancora che l'universo magico si separasse in quello nero e in quello bianco e quando si parlava ancora la lingua madre. Il primo oracolo, come tutti quelli successivi, fu una donna. Già da piccola mostrò doti straordinarie in tutti i campi della magia, ma la sua dote più potente venne alla luce quando predisse che da lì a cinque anni sarebbe cominciato un decennio di carestia. La piccolina salvò l'intero universo magico e quando crebbe ebbe numerose figlie, ognuna col suo dono. Grazie ai loro poteri le donne e le loro discendenti salvarono molte vite e smascherarono molte streghe e stregoni; fu così che i cattivi del tempo decisero di sterminarle, loro e la loro progenie. Fu un colpo duro per tutti e per millenni i cattivi e le catastrofi scorrazzarono piuttosto liberamente. Ma quando 17356 anni fa, l'universo si divise, la natura fece un altro regalo, ma poiché i maghi si erano separati, la natura dovette separare i doni ed inoltre, contrariata per la loro scelta, fece in modo che ogni mille anni nascesse in uno dei due universi un oracolo immortale, crudele se nasceva nell'universo bianco, buono se nell'universo nero. Questo oracolo arrivato all'età di 150 anni non sarebbe più cresciuto, sarebbe rimasto giovane in eterno. Purtroppo gli oracoli, che fossero buoni o crudeli erano stati dati in dono all'umanità per avvertirla e proteggerla dal male, ciò vuol dire che gli oracoli non possono predire come fermare il bene. Per questo tutti gli oracoli buoni nati finora nel mondo nero sono stati decapitati da bambini, l'unico modo per poterli uccidere. E purtroppo a molti di loro è toccata la stessa fine anche in questo universo, poiché essendo molto potenti e malvagi, nonostante predicessero per il bene, nulla poteva fermarle dal compiere il male. Lei,- continuò indicando la donna seduta difronte a loro con lo sguardo,- nacque a Broomstock, su Aquos 1198 anni fa ed il reggente del tempo, re Humphrey il condannalumi, la rinchiuse qui e maledì, pagando il prezzo dell'incantesimo con la sua vita e quella della sua intera famiglia, le predizioni dell'oracolo che sarebbero così costate la vita dei reggenti dei due universi. Fu un gesto estremo ed incompreso, tutt'oggi; così il mio predecessore, Max il condottiero, riunì i più potenti maghi del tempo e con loro ridusse la pena: da allora le predizioni rilasciano un’enorme quantità di energia che uccide all’istante chi è troppo stanco o vecchio per sopportarla. -Finito il racconto, un lungo momento di silenzio regnò in quel luogo. -Beh, grazie, davvero tante grazie per avermi svelato la storia degli oracoli, ma ora passiamo alle cose serie- disse con un ghigno beffardo l'impostore. -Tu sai che io non sono chi fingo di essere, ma non sai chi sono... Beh, sua maestà, mi presento: sono il Principe Perla Nera, dalle mie parti soprannominato “Lo Strappacuori”. Ma prima che ti racconti tutto, vorrei sapere cosa mi ha tradito... - - Il fazzoletto ed ancor prima lo Strongato... Quando hai frugato nei ricordi del ministro probabilmente non hai analizzato la smorfia che fece quando lo comprammo, poiché non gli piaceva affatto, mentre il fazzoletto era della sua defunta moglie: ci tiene molto e non lo avrebbe mai usato per asciugarsi il sudore, lui è un risoluto totale.- Il volto del principe sembrò pensieroso, - Ah, capisco; la prossima volta sarò più attento. Ora tocca a me parlare, in fondo sono un gentiluomo. Stanotte da noi c'è stata la luna piena e così si è aperto un varco. Trovatolo sono arrivato, con un colpo di fortuna, proprio al castello, di preciso sono comparso nelle cucine. Mentre ero lì, ho sentito dei passi, così mi sono nascosto; i passi che avevo sentito erano quelli del Primo ministro, gli ho teso un agguato e l’ho assuefatto col mio braccialetto di erbe della mezzaluna. Poi ho cambiato le mie sembianze nelle sue, ho tramutato i miei vestiti nei suoi e ho analizzato tutti i suoi ricordi. Stavo venendo a chiamarti con qualche scusa quando ti ho incontrato, da lì in poi conosci la storia.- Il Re non era troppo sorpreso, si aspettava qualcosa del genere: il ministro era un golosone, ma era piuttosto contento che il suo amico non fosse morto. Ora doveva prendere solo altro tempo. – Qual è il tuo scopo? Uccidermi? Non credo ci riuscirai, non dimenticare che sei nel mio palazzo. Qui la mia magia è troppo per chiunque. - Il Re mosse le mani intorno a se ed eresse delle difese magiche, erano forti, ma non si aspettava che durassero a lungo, lo "Strappacuori" era indubbiamente più potente di lui, ma non poteva permettersi di sembrare scoraggiato, impaurito o addirittura debole. Doveva almeno fingersi sicuro di se. - Il mio intento era quello di scoprire la profezia, non me ne faccio niente della tua morte. E poi sono venuto qui per recuperare mia madre. Claire.- "Dannazione! Lo sa!" - Non sembri sorpreso- continuò il principe che fu però interrotto da un rumore. I due si volsero in direzione di esso e con immenso dispiacere del Re, ma per la oscura gioia del principe, dal tunnel sbucò la Regina in veste da battaglia. Claire rivolse uno sguardo pieno d'amore verso il marito ed uno d'assoluto odio verso quello che pensava fosse il ministro. Poi s'avvicinò al primo, penetrando con facilità le barriere che aveva eretto per poi rafforzarle e stringersi a lui in un abbraccio amorevole. - Tesoro-, cominciò lui, - Non è il ministro, è il principe perla nera, “Lo Strappacuori”. - e le raccontò di come egli era giunto fin lì. La regina era palesemente infastidita dalla possibilità che qualcuno dell'universo nero penetrasse con tanta facilità nel loro castello e prendesse il posto della persona più fidata che ci fosse. Non voleva che il nemico avesse tutta questa libertà di infastidirli. Poi, niente di meno, che quel qualcuno fosse il principe perla nera e che fosse talmente potente da riuscire a mascherare il suo aspetto in un luogo in cui la magia era fortemente contrastata per tutto quel tempo. Nel frattempo il re era sollevato dall'arrivo della moglie e confidava di battere il principe col suo aiuto ma, allo stesso tempo, sperava tanto che per guadagnare tempo il principe non parlasse alla regina di ciò che ella non ricordava più. Il principe era sorpreso: non capiva come il re avesse potuto chiedere aiuto e temeva che presto sarebbero arrivati altri soccorsi, c'era una sola soluzione: doveva prendere tempo e sapeva come fare. -Salve Claire. È una sorpresa inaspettata vederti, ma alquanto felice. - disse beffardo il principe. Il volto della regina parve turbarsi ma al tempo stesso incuriosirsi altamente. Uno dei punti deboli della regina a volte era proprio la curiosità, ed il principe lo sapeva, per questo aveva colto l'opportunità al volo. - Bene, bene... Papà aveva ragione: tuo marito ti ha cancellato i ricordi e li ha riempiti con menzogne e vuoto, non è forse così?- La regina si voltò verso il marito, lo guardò bene e capì che il principe non stava raccontando menzogne, così si sciolse dall'abbraccio. - Ma, visto che sono qui, perché non facciamo un po' di luce sulla faccenda?- Il sorriso pieno di cattivi propositi del principe si allargò, - Cominciamo dal principio, sei d'accordo? Allora, facciamo bene i conti... Era quello per gli uomini il 1797. Come era solito da millenni e fino al 1801, anche se i nostri universi erano separati, da entrambi era possibile raggiungere il pianeta abitato più vicino: la terra. Maghi, maghe, streghe e stregoni tendevano a recarcisi molto spesso, le streghe e gli stregoni spinti dalla loro sete di potere e per spingere gli uomini a compiere il male, i maghi e le maghe per cercare di contrastarli. Fu così che mio padre si recò in Australia, a Melbourne dove risiedeva segretamente un uomo che stava ideando il progetto della bomba atomica. Mio padre si recò li per aiutarlo ma arrivato lo trovò privo di ricordi: gli erano stati rubati da lui!- continuò indicando con l'indice destro il re, - Così, essendo ormai inutile, mio padre lo uccise, ma fu sorpreso nello scoprire che in realtà l'ideatrice del progetto era la moglie dell'uomo, una donna assai crudele quanto sentimentale. Mio padre non poté che innamorarsene follemente, al punto da giacere con lei, e lei dopo nove mesi gli diede uno splendido figlio mentre lui le conferì parte dei suoi poteri rendendola una strega. Il re perla bianca era geloso di mio padre e riteneva un immenso pericolo il progetto della strega, così la rapì, la porto qui è le rubo i ricordi rimpiazzandoli con altri. - La regina aspettava zitta, sperando immensamente di non essere la strega del racconto, di non aver mai commesso atrocità e di non essere stata lei l'ideatrice della bomba terrestre più potente mai costruita. Mai come allora desiderò che il suo più grande desiderio non si avverasse. Ma non sempre ciò che speriamo è la realtà, anzi, spesso nella realtà riscontriamo i nostri più grandi timori. - Esatto, quel bambino sono io e quella donna sei tu, madre. - Disse il principe alla regina. Lei spalancò gli occhi e si girò cercando conforto dal marito, conforto che ottenne senza problemi. Il re la abbracciava intensamente accarezzandole altrettanto lentamente i capelli. Lo Strappacuori nel frattempo guardava la regina proprio come un figlio guarda la madre che scomparsa, dopo tanto tempo viene ritrovata ma non sa di trovarsi dinanzi al figlio. Così, con la regina sconvolta ed il re occupato ad aiutarla, il principe perla nera si avvicinò silenziosamente all'oracolo che nel frattempo aveva ascoltato tutto. Il principe spezzò con facilità le catene d'oro bianco per rimpiazzarle con altre di roccia. Prese le loro estremità e se le legò strette al polso destro. Lo sguardo del re fu attirato dal rumore. Il principe gli sorrise e disse: -Ecco che ora si avvera il quinto ammonimento: "il castigo millenario sarà giunto alla fine". Ci vedremo presto , Madre." - e si dissolse in una nuvola di fumo nero che sparì in un istante.

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Capitolo 5
*** IL RITUALE PER IL RICHIAMO DI SANGUE ***


Il re e la regina rimasero alcuni lunghi istanti in silenzio, abbracciati; la regina posava il suo capo sul petto del marito e l'unico rumore che le era percepibile nell'immenso silenzio erano i cuori che battevano forte. Quello della regina per rabbia e quello del re solo per preoccupazione: cosa avrebbe pensato ora di lui? Gli avrebbe lasciato raccontare bene la storia? L'avrebbe ascoltato? Lei d'altro canto pensava: “Saprò mai realmente chi ero? Avrò commesso del male? Come mai non mi ha mai detto nulla? Ha pensato che avrei potuto dimenticare l'amore che provo per lui solo perché mi ha trasformato dall'ideatrice di macchine per distruzione di massa alla maga buona più potente del regno? O anche l'amore che provo per lui è frutto di un incantesimo?” All'ultimo pensiero, Claire si discostò da Evandor e si mise in cammino: non le importava che tra qualche ora avrebbe avuto da fare, per il momento voleva solo andare in camera sua e dormire un po' in pace, senza preoccupazioni e magari tornare a sognare quei bei paesaggi che ora era sicura fossero più veri di ciò che stava vivendo: una vita non sua. Evandor cominciò a seguirla, triste in volto, a passo deciso nonostante la stanchezza e la preoccupazione. Nel lungo tunnel incontrarono le guardie che visto finito il pericolo, ma preoccupate dalla possibilità di un altro ospite indesiderato, andarono ad occupare i propri posti ed aumentarono la sorveglianza. Claire ed Evandor arrivarono presto alla fine del tunnel e sbucarono alla destra delle entrate per le segrete. Lei fece un passo, senza voltarsi; gli dava le spalle. Lui le posò una mano sulla spalla destra, ma lei ne fu infastidita all'istante. - Per favore, lasciami ritirare nelle mie stanze: voglio riposare, ne parleremo dopo-. Lui capì e riposta la mano fece giusto in tempo a vederla smaterializzarsi in un lampo di luce grigia. " La luce è grigia… E’ arrabbiata, confusa e probabilmente stanca, spero tanto che mi ascolterà". Poi si girò verso l'entrata segreta nel muro di mattoni. - Non c'è più ragione che questo luogo esista.- E chiusi gli occhi, il tunnel che avevano appena attraversato, l'immensa sala bianca e il trono e le catene all'improvviso non furono più. *. *. * Claire spuntò dal nulla materializzandosi nella sua seconda camera da letto. Aveva le finestre aperte, un'aria fredda, di dopo tempesta, entrava e pervadeva il piccolo ambiente. Le pareti erano azzurre, l'armadio bianco, il comodino ed il comò in legno di acero. Lei invece era triste, lievi lacrime solcavano il suo volto. Avrebbe voluto sprofondare nelle sue angosce, ma doveva lavarsi e prepararsi poiché il regno aveva bisogno di lei, e lei non poteva permettersi il lusso di mostrarsi debole e angosciata. S'incamminò verso la stanza comunicante dove lavò via le preoccupazioni nel piccolo laghetto, con i suoi olii preferiti, o almeno le accantonò da parte. Doveva momentaneamente dimenticarsi di ciò che era accaduto o non avrebbe potuto adempire pienamente ai suoi doveri. *** -No, per favore. Farò qualunque cosa; sarò un servitore fedele!- supplicava in ginocchio il re perla bianca mentre il re perla nera lo teneva per il collo. Erano sulle colline della morte e Evandor stava per morire, come era giusto che fosse. Il male doveva dominare: il male vinceva e non solo per una volta, da allora in poi avrebbe vinto per sempre. Il re perla bianca ne era cosciente e per questo cercava di prendere tempo. Evandor guardò il suo nemico negli occhi e poi, dopo un solo istante, nel suo sguardo non ci fu più vita...- Toc! Toc!- Il re perla nera si svegliò di soprassalto. Il suo viso divenne furibondo: avrebbe voluto gustarsi la vittoria almeno per un po’, anche se solo in sogno. Coprì il suo corpo e quello della sua regina con un sottilissimo lenzuolo, diede uno scossone alla moglie, che si svegliò, e disse: -Avanti!-. Quello che vide gli fece assaporare un dolcissimo senso di vittoria, esattamente come nel sogno. Uno stregone di bell’aspetto, alto, con un fisico asciutto, occhi verde scuro e penetranti, capelli neri e lisci, lunghi quasi fino alle spalle, labbra carnose e rosse, un naso dritto e prorompente, entrava dalla porta portando in catene l’oracolo con un ghigno sognante dipinto sul volto, ghigno che si presentò subito anche sul volto del padre. Il Principe Perla Nera indossava i suoi vestiti preferiti: un pantalone nero, con una cintura rosso sangue, delle scarpe eleganti e scure, una camicia nera a righe rosse e sottili, con i risvolti sulle maniche ed il colletto abbassato; la camicia era aperta abbastanza da permettere agli altri di intravedere il fisico asciutto e con un accenno di muscoli che tanto affascinava le giovani streghe. Al braccio destro portava un bracciale d’oro al cui centro era incastonata una perla nera. - Madre, Padre- disse il principe chinando il capo ad ogni parola, - come vedete, vi porto buone notizie.- Così il principe raccontò cosa era accaduto dopodiché il re perla nera rivolse la sua attenzione all’oracolo e le chiese:- Qual è il tuo nome?- -Kaceli- ella rispose. *** - Io qui vi convoco, o 10 e potenti cicloni, e dei quattro pilastri di rovi, mi protendo a servire.- Il re e la regina erano seduti sui loro bianchissimi troni, adornati da storie di vita e di gioie, intarsiate in un azzurro finissimo. Dinanzi a loro, nel lucente bianco del pavimento, tre cerchi concentrici di luce si accesero, nel primo, il più grande, si disegnarono 10 stemmi in 10 cerchi più piccoli: un cuore rosa, una foglia verde, un cristallo azzurro, un pezzo di grigio acciaio, un pugno marrone, una spirale viola, una sole dorato, un cervo bianco, un tuono giallo e una bolla azzurra; nel secondo cerchio, quello centrale, si materializzarono 4 basse colonne, su ognuna si materializzò qualcosa: una enorme goccia d'acqua, una roccia, un mini uragano e una fiamma cromatica. La regina si girò verso il re e gli sorrise: amava il rituale per il richiamo di sangue dei potenti cicloni e dei quattro pilastri. Verso l'ultimo cerchio, il più piccolo, si indirizzò il re e, arrivatovi, alzò le mani e protese le braccia verso il cielo, la bianca perla che portava al collo si illuminò e ad un tratto la sua luce dominò ogni cosa: l'attimo dopo la luce era svanita ed al posto dei simboli e delle colonne vi erano i 10 cicloni e i 4 pilastri. -Salve- cominciò il re, e salutò tutti chinando il capo ogni volta; finito di nominarli, essi si inchinarono e a turno onorarono il loro re con un saluto. Finiti i convenevoli la regina disse:- Scusatemi, io vado ad occuparmi delle questioni giornaliere, discuterà con voi mio marito- detto questo fece un inchino e se ne andò dalla sala del trono. Gli ospiti si alzarono e fu Paul, il ciclone dei metalli, a parlare per primo: -Mio Re, cos'è che vi turba?- Evandor cominciò a camminare ansiosamente avanti ed indietro fino a fermarsi per dire rivolto agli ospiti: - Farò molto più che dirvelo: ve lo mostrerò.- Il re s'incammino fino al centro della sala dove, arrivato, chiuse gli occhi e aprì bene le mani, in modo che i palmi fossero ben indirizzati verso l’esterno. Una sottile onda di energia dorata si espanse in modo circolare dal re verso gli altri, che colpiti, chiusero gli occhi e vissero in un momento l'intera vicenda che aveva afflitto la notte passata. Quando i presenti riaprirono gli occhi, un misto di sensazioni ed emozioni si presentò sui loro volti, ora sconvolti, ora arrabbiati, ora amareggiati; mentre il re si accasciò sul terreno e si sedette in un tonfo. Rievocare quei ricordi lo aveva riportato al dolore provato. Intanto i presenti non osavano parlarne, ma si lanciavano sguardi che traducevano bene, forse anche meglio delle parole, ciò che stavano provando. Il re si alzò e riassunse la solita aria ferma e autoritaria, e tornò a sedere sul trono.

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Capitolo 6
*** LA BIBLIOTECA DEI 100 ***


- Mio re, vi prego di scusare la mia sfrontatezza nell'affrontare una situazione del genere con una così sconsiderata leggerezza. - Paul, il viso dolente, il corpo stanco. Paul era un mago alto e giovane, era il ciclone dei metalli da quasi 10 anni ormai; indossava un jeans lacerato, ed una canottiera grigia e stretta che metteva in risalto i suoi muscoli, e sulla quale c’era scritto a caratteri cubitali:”Harte ist macht!” (Durezza è potenza!); i suoi occhi grigi e profondi erano esattamente dello stesso colore dei capelli, i quali scendevano sul lato sinistro in un ciuffo; al collo portava il simbolo del suo potere: una collana in acciaio che terminava con un pendente rappresentante due barre d’acciaio nero tenute insieme da una barra di oro bianco. -Oh, non hai assolutamente niente di cui tu debba scusarti, mio amico. So che non era tua intenzione ravvivare ricordi dolenti . Ma ora c'è una cosa più importante di cui dover discutere: dobbiamo realizzare un piano per trovare e portare qui questi "sette perduti per vecchi castighi" che presumo siano sette maghi o maghe che vivono sulla terra, in mezzo agli ABIRICBA (Lett.: ineterni, esseri privi di magia). E soprattutto trovare il modo meno dispendioso possibile per sapere dove cercarli... Ho molte idee a riguardo, ma sono una più rischiosa delle altre e non voglio che qualcuno debba pagare per un mio piano che probabilmente andrà in fumo...- Il re era visibilmente provato, nel corpo e nell'animo. - Mio re, non disperate: da noi avrete tutto l'aiuto che vi sarà necessario. Sapete di poter contare su di noi. - Il re alzò il capo per guardare negli occhi chi aveva parlato, ma non per capire chi fosse: conosceva bene, forse troppo, quella voce, quel tono e quella totale fiducia e comprensione: era Angel, il ciclone dell'amore. Era una maga alta e snella, aveva i capelli lisci, bruni e lunghi fino al fondoschiena; gli occhi erano rosa, rosa perla, adornati da folte ciglia corte; indossava la veste ufficiale del ruolo che ricopriva, un top ed un pantaloncino corto rosa, pieni di brillanti che riflettevano la luce; al collo, come sempre, portava il simbolo e la fonte del suo potere, un ciondolo a forma di cuore. Angel era sempre stata molto vicina ad Evandor, ed erano fidanzati prima che lui si innamorasse di Claire, e molto probabilmente lei lo era ancora di lui: lo si leggeva negli occhi, diversi in sua presenza. - Grazie per le tue parole Angel. Sono confortanti come sempre. Ma qualcuno di voi ha qualche idea?- - Potremmo usare la biblioteca dei 100. La metà di noi può ancora andarci, non serve nemmeno che ci andiate voi . - una voce variabile: fu Cloud a parlare. Cloud era il ciclone del tempo, era il miglior amico di Evandor sin da quando erano bambini, in quel momento il suo viso mostrava ansia e preoccupazione che lo rendevano cupo, più cupo di quanto già non fosse; Cloud era un uomo con una corporatura forte, i suoi occhi cambiavano, a seconda del tempo; le sue labbra erano spesse e scure, ed i capelli di un nero intenso; indossava una stretta tunica grigia, al collo portava un ciondolo rappresentante un sole splendente, che, a seconda del tempo, si trasformava in una nuvola, un tuono o in un fiocco di neve. Il re pensò giusto un istante per controbattere:- Buona idea, ma credo che sarò io ad andarci per ovvi motivi.- Tutti sapevano a cosa il re si riferisse, ma il dolore che causava quel pensiero era troppo forte ed improvviso da sopportare, così tutti cercavano di reprimerlo in un piccolo angolino della propria mente facendo finta di non aver capito; nessuno osava guardare il re: si squadravano tra loro e tacevano, semplicemente. Il re capì all'istante che avevano compreso ma che fingevano il contrario: l'importante era che lo sapessero. Il re congedò i presenti e si diresse a grandi falcate verso la Biblioteca dei 100 saggi: vi si poteva entrare una sola volta nella vita, e vi si poteva sostare per una singola ora, ma in quell'ora, in quei soli 3600 secondi, si aveva accesso a tutti gli eventi passati, e a quelli futuri che Mideci concedeva di conoscere: visioni di indizi utili ma non troppo specifici. Alla biblioteca dei 100 saggi si arrivava attraverso un passaggio segreto nell'osservatorio, tale passaggio era protetto da una magia potente ed irremovibile: nessuno poteva parlarne. Il re salì due bianche rampe di scale ed, attraverso un'ampia volta, entrò nell'osservatorio: era una grandissima stanza di forma semicircolare, con al centro un grandissimo macroscopio per osservare l'universo attraverso il trasparente soffitto di cristallo. Le pareti erano tappezzate da due piani di vetrine in legno contenenti reperti o libri. I due piani non erano collegati: il piano superiore conteneva reperti di massimo valore ed importanza e solo chi indossava uno dei simboli del potere poteva arrivarci. Il re si fermò ad osservare la sala: non vi entrava da quando, duecento anni prima, era stato scelto come re perla bianca e aveva cercato la biblioteca dei 100 per ottenere delle risposte alle proprie domande, la maggior parte delle quali aveva trovato col tempo. Quel giorno non aveva mai trovato il passaggio segreto, né nessuno dei giorni successivi in cui ci aveva provato. Ora però la situazione era diversa, lui non cercava risposte per se stesso, doveva ottenerle per la salvezza dell'universo bianco: le sue sorti dipendevano dal suo successo o dal suo fallimento. Stavolta la motivazione era decisamente ciò che ci voleva per spingerlo ad essere più determinato. "Visto che chiunque può avervi accesso, la biblioteca dei 100 non può essere al piano superiore, ma dove diamine può essere?" Il re si guardó intorno per un po' e notò che le vetrine del piano inferiore avevano tutte un numero diverso di ripiani: uno, due, tre, poi otto, nove e dieci, e poi ancora ventidue, ventitré e ventiquattro... Il re si fermò ad analizzare la sequenza dei numeri e dopo vari tentativi capì l'equazione che li legava: La prima sequenza cominciava da uno e come le altre proseguiva per due numeri; la seconda sequenza cominciava con otto, ossia cinque numeri dalla fine della prima; la terza sequenza cominciava dodici numeri dopo la fine della seconda, quindi...... - Quattro!- Esclamò il re ad alta voce , alzandosi di scatto dalla sedia sulla quale si era seduto per riflettere. "Quattro più il numero di inizio della sequenza è l'intervallo dei numeri che vi è tra una sequenza e l'altra. Ma ora....?" Il re alzò lo sguardo e , stavolta, analizzò le vetrine del secondo piano notando che tutte erano suddivise in quindici ripiani, tranne una, che era divisa in quattro. Quindi, si incamminò verso la vetrina corrispondente al piano inferiore. Avvicinatosi, la aprì e ne prelevò il quarto libro del quarto scaffale da sinistra. Il re si aspettava di sentire un rumore, o di vedere una porta materializzarsi, ma nulla di tutto ciò accadde, così, in preda allo sconforto, chiuse la vetrinetta e tornò a sedersi. Sedutosi, si accorse di non aver riposto il libro che aveva prelevato, anzi, di averlo meccanicamente posato sul tavolo. Lo prese tra le mani e all'improvviso capì. Un sorriso, il primo quel giorno, rallegrò il suo volto e il libro giallo tra le mani riempì la sala di luce ed all'improvviso fu tutto bianco. -Ciao Evandor. Ti stavo aspettando.- Un tono pacato e gentile accolse Evandor, i cui occhi cominciavano ad abituarsi alla luce. Un'ombra, poi un immagine sfocata, poi la vista. Dinanzi ad Evandor vi era un uomo anziano, dai tratti gentili: un viso ovale, due occhi tranquilli, e le labbra sottili, come le sopracciglia. Indossava un lungo saio grigio che cadeva fino a coprirgli i piedi. L’uomo lo guardò con un’inconsueta comprensione, estranea anche al volto più maturo. -Salve- esordì Evandor ancora frastornato, inchinando il capo a mo’ di saluto; poi guardò l’uomo e con entusiasmo disse: -Non esiste nessuna prova, vero? Si può arrivare qui solo quando ce ne è realmente bisogno… Qualunque cosa avessi fatto sarei comunque qui ora, vero?- l’entusiasmo del re aumentava ad ogni affermazione. L’anziano signore sorrise ed Evandor capì di aver ragione, per poi tornare subito serio, così da chiedere: - Lei è Mideci, il Dio della conoscenza?- L’uomo anziano rise pacatamente. –Non so chi ti abbia raccontato queste fandonie, ma, caro mio, a questo mondo c’è un solo Dio, e quello, di sicuro, non sono io.- L’uomo corrucciò il viso e rise nuovamente:- Hai visto? Ho fatto la rima! Mi sto allenando per comporre delle poesie -. Evandor lo squadrò a fondo: stava scherzando o faceva sul serio? In quel momento solo di una cosa era certo: quell’uomo non era tanto sano di mente quanto pensava. –Ma allora, se non siete Mideci… qual è il nome che vi appartiene?- Il vecchio lo guardò con compassione:- Mio caro, il mio nome è perduto, nell’oblio da molti millenni, sin da quando venni scelto.- L’anziano uomo guardò Evandor, che di rimandò lo guardò come per dire ”scelto…..?”. –Ah! E’ vero! Nessuno conosce la mia storia…. Che sbadato.- Evandor ringraziò Dio che l’anziano signore avesse capito e lo guardò con curiosità per fargli intendere di voler conoscere la storia a cui aveva accennato. L’uomo si girò e si diresse verso una sedia, sedia che Evandor era sicuro non esistesse fino ad un attimo prima. Sedutosi, poi, rivolse un ampio sorriso ad Evandor e cominciò a raccontargli la sua lunga storia:- Erano 12000 anni fa, ed io non ero altro che un normale fanciullo, fino a quando non ottenni il consenso generale magico. Avrei dovuto scegliere una categoria in cui specializzarmi nella vita, ma ogni materia mi sembrava così affascinante e particolare, ed unica che non seppi proprio decidermi e, così, le presi tutte. Come oggi, anche allora le specializzazioni erano 17 (fuoco, acqua, terra, aria, flora e fauna, ghiaccio, metalli, tuono, tempo, divinazione, chimica, psiche, materia, magia bianca, magia nera, storia della magia, cosmologia ) ed io non feci altro che studiare per ben 15 anni, dopo i quali riuscii a conseguire la riconoscenza in ognuna di esse. Fui il primo a riuscire nell’impresa ed a quanto so, tutt’oggi sono studiato nei libri di storia della magia col nome di Ciedim, che altro non è l’anagramma di come oggi sono chiamato: Micedi. Ma nessuno di questi è il mio vero appellativo, ed ora te ne racconterò il motivo. Ahahah, Ho fatto di nuovo la rima!- disse ridendo nuovamente, poi tornò serio- ma adesso lasciamo perdere la poesia… Vista la mia poliedrica padronanza delle materie, venivo convocato ed interrogato per innumerevoli e noiosissime questioni riguardanti la matematica o la storia, o molto più semplicemente anche per sentenze morali. Questo ruolo non mi dispiaceva, ma purtroppo le vicende in cui era richiesto il mio aiuto erano troppe, ed il tempo a mia disposizione troppo poco: come ben sai, all’epoca non si viveva così tanto come oggi: gli elfi non erano ancora arrivati; così ad 84 anni sentii la morte avvicinarsi e nonostante mi fossi già arreso ad essa, i saggi del pianeta ritennero fosse uno spreco che così tanta conoscenza andasse perduta, così riunirono la loro magia e la utilizzarono per ridarmi la giovinezza, pagando il prezzo dell’incantesimo con le loro stesse vite. Io condussi la mia “seconda” vita nel miglior modo possibile, aiutando gli altri, per onorare la memoria di coloro che si erano sacrificati per non lasciarmi morire. Ma prossimo di nuovo alla morte, all’età di 150 anni, i 7 saggi dell’epoca proposero di ripetere l’incantesimo e di farmi, così, ritornare giovane. Ma io non volli e mi opposi: nessun altro avrebbe sacrificato la sua vita per me. Evidentemente, questo gesto colpì IRICBI, l’Eterno, che, un giorno, mi fece visita. Si, esatto, non guardarmi così e chiudi quella bocca spalancata! Dio mi fece visita sotto magee spoglie. Io ero a letto, e la mia vita aveva i minuti contati. Lui era un bell’uomo, di quella bellezza che non si può descrivere, né rappresentare: una bellezza semplicemente ed inequivocabilmente perfetta e divina. Si avvicinò a me e disse che mi avrebbe affidato un compito molto importante: da allora in poi avrei dovuto guidare tutti i maghi verso il bene e la salvezza tramite la buona condotta terrena a cui io avrei contribuito tramite i miei consigli. Protese la mano verso il mio viso e mi carezzò: in quel momento legò imprescindibilmente la mia anima al mio corpo, fu un tocco gentile, estasiante, mi donò la pace interiore e vietò al male di violare il mio animo. Finito il momento di estasi lui non c’era più. Mi alzai dal letto e riscoprii in me una forza che non mi era più propria da molti decenni ed alla quale avevo rinunciato con malumore. Con sorpresa scoprii che non solo la forza della giovinezza mi era tornata, ma anche l’aspetto: ero nuovamente un giovane bel mago in forze. Da allora aiutai chiunque ne avesse bisogno, senza invecchiare di un giorno, fino a quando un gruppo di perfidi stregoni era intenzionato a usarmi per i suoi nefasti scopi, così per farmi fuggire dal male e dai fini malvagi, l’Eterno mi si presentò ancora, mi salvò e mi segregò, nel senso buono della parola (se mai esista), qui, in questo luogo infinito in cui tutto ciò che immagino esiste ed in cui c’è una immensa biblioteca- e mentre pronunciava queste parole una biblioteca senza inizio né fine si materializzò al loro fianco- i cui libri raccontano di tutto ciò che è accaduto ed accade, dando, però, anche indizi che possono risultare molto chiari ed esaustivi su ciò che riguarda il futuro. Ma ora che conosci la mia storia, cosa ne vuoi fare del tempo che ti resta?-. Evandor sbiancò in viso: non ci aveva pensato… La storia era così interessante che si era dimenticato totalmente del limite di tempo di un’ora per vita da passare in quel luogo. Evandor scosse leggermente il capo, come per riprendersi, e si concentrò nuovamente. Evandor spiegò “al vecchio saggio” che era giunto lì per avere consigli sulla profezia e per sapere in quale luogo cercare i “7 perduti” sulla Terra. –Va bene, vediamo cosa posso dirti a riguardo- esordì lui. –Sappi che manderai 4 maghi e 3 maghe in Italia, fra sei giorni ed un’ora da adesso, “chi veglia sull’uomo” ti dirà dove, e troverai Vanessa, Petrache, Khalan, Ioan, Fritz, Acrisio e Viviano celati dalle risa e dal gran chiasso. Mi spiace ma non posso dirti altro. Ne sono dolente ma ora devi andare-. Il vecchio si alzò, la sedia sparì, e tutto cominciò ad allontanarsi da Evandor… Tutto stava per sparire, poche ultime parole gli furono rivolte: -Stà attento alla scuola, Evandor…. Mi dispiace molto…-.

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Capitolo 7
*** FRIDA ***


-Mio re! Mio re, svegliatevi!-. Un urlo fece rinvenire Evandor che giaceva steso sul pavimento del grandissimo osservatorio. I suoi occhi si stavano lentamente riabituando alla vista. Frida gli stava davanti, il suo viso quasi un tutt’uno con quello del suo re. Evandor scattò all’indietro all’istante, mentre Frida lo squadrava da cima a fondo per riuscire a capire il perché di quel gesto, non ritenendo quella vicinanza affatto indiscreta. Evandor, a debita distanza, si rilassò: sapeva che Frida era un po’ matta e strana, anche se sapeva il fatto suo… ed ora che ci rifletteva, si rendeva conto di quanto fosse bella. Aveva i capelli rosso spento, lunghi fino al seno, che in cima erano legati da un fiocco blu oltremare che legava un piccolo chignon. Il suo viso era ovale, ben definito; gli occhi grandi e rotondi, di un blu così profondo da riuscire a perdersi dentro; le labbra molto sottili, quasi inesistenti. Indossava degli stivali azzurri, con la pelliccia verde acqua, ed un vestitino che andava dall’azzurro al verde e che le lasciava nude le spalle e terminava poco prima delle ginocchia come in una gonnellina. Il collo era, ovviamente, adornato da un ciondolo: una splendida goccia d’acqua pura con i contorni dorati, il simbolo della vita. Frida era sempre stata una delle maghe più potenti ma soprattutto più incomprese di tutto l’universo magico: tutto era partito dall’abbandono da parte della sua famiglia, che la riteneva troppo strana, troppo diversa; Claire l’aveva trovata quando lei aveva solo 13 anni e l’aveva affidata a Zavada, che l’aveva cresciuta come una figlia. In quel momento il re ripensava agli avvenimenti che avevano segnato la vita di Frida, comprendendola pienamente e giustificandola per i suoi modi un po’ matti: in fondo era una delle maghe più altruiste, generose, comprensive e gentili che lui avesse mai conosciuto, e questo compensava più che a pieno la sua piccola pazzia. Frida gli sorrideva, in quel modo tra l’isterico e l’eccitato che solo lei sapeva comprendere a pieno; il re si alzò e Frida gli si avvicinò. -Siete riuscito a consultare Mideci?- Frida gli sussurrò all’orecchio. Di rimando il re le rispose con voce ancora più fioca: -Ma perché stiamo sussurrando?- -Perché le fabulle riferiscono solo ciò che sentono sussurrare, e solo a chi è necessario che sappia.- disse con un sorrisone stampato in faccia. Il re stava per ridere quando si rese conto che Frida non scherzava, così soffocò le sue risate in un goffo sorriso. Le fabulle sono creaturine mitiche: delle specie di fatine a batuffolo che altro non sarebbero che pezzettini dell’anima dell’Eterno, o almeno così dicono le leggende. Dicono anche che a queste creaturine piace ascoltare i discorsi sussurrati e riferirli a coloro che, conoscendoli, possano far del bene; insomma, una favola che si racconta ai maghetti la sera per farli addormentare. Eppure sembrava che lei ci credesse davvero, che per lei fossero reali quanto loro, quanto quello che accadeva, quanto l’amore e l’odio, quanto la gioia e la sofferenza, quanto le foglie ruvide e l’acqua fredda, quanto la morte e l’Eterno. Il re prolungò il suo sorriso: gli piaceva quella parte di Frida così innocente da credere anche alle favole, anche a quelle più inverosimili e fantastiche: la rendevano pura, molto diversa da molte altre maghe, molto più speciale. Al re tornò in mente che gli era stata rivolta una domanda, così rispose: -Ah, comunque si, sono riuscito a parlare con Mideci, o comunque egli si chiami. Mi ha detto che manderò 4 maghi e 3 maghe in Italia, fra circa sei giorni troveremo Vanessa, Petrache, Khalan, Ioan, Fritz, Acrisio e Viviano, Victor “celati dalle risa e dal gran chiasso”.- Frida ci pensò sù un pochino e poi esordì: - Arrivare sulla terra non dovrebbe essere un problema... Ma chi manderete lì mio Signore? Dobbiamo tener conto del fatto che probabilmente anche streghe e stregoni li stiano cercando, visto che la profezia è arrivata anche al re perla nera....- Il re si sorprese.... Non ci aveva affatto pensato! Non sarebbe stata una passeggiata: anche dall'universo nero si poteva arrivare con facilità sulla Terra.... Probabilmente, chiunque lui avesse inviato avrebbe incontrato qualche spiacevole "ostacolo", anche se solo lui sarebbe presto venuto a conoscenza del luogo dell’incontro, l’energia magica sprigionata dalla materializzazione di 7 maghi potenti in un sol luogo avrebbe di certo destato l’interesse del Re Perla Nera... Ora doveva solo decidere chi mandare e soprattutto preparare questi sette al mondo terrestre. -Va bene Frida!- Frida sorrise mostrando tutti i suoi lucidi denti, conosceva quel tono di Evandor: aveva appena ideato un piano e stava per impartire degli ordini, i quali erano quasi sempre geniali. -Si mio re! Ai vostri ordini!- disse lei con eccessiva enfasi, anche se il re sembrò non farci caso. - Vai da Enrik e Ian e dì loro che ho bisogno di tutto il materiale che possa prepararci a passare inosservati sulla terra; poi vai da Julio e digli di organizzare un torneo per oggi pomeriggio, iscrizioni libere, i 7 vincitori saranno coloro che parteciperanno alla missione.- -Subito mio re!- Frida scomparve in una specie di onda, come una di quelle che si abbattono sulla spiaggia. Il re sorrise ancora: Frida riusciva sempre a metterlo di buonumore. * * * Claire passeggiava nel labirinto del giardino, precisamente in quel meandro nascosto pieno di rose gialle, i suoi fiori preferiti. Ne stava accarezzando una, quando la rosa si raffreddò all'improvviso e Claire indietreggió, poi capì, senza voltarsi. -Ciao Zavada, non preoccuparti: non mi hai spaventata, solo.... colta impreparata.- Zavada le si avvicinò lentamente, senza far rumore, come la brina che pian piano si poggia sull'erba. Zavada le diede un bacio sulla guancia; Claire ne fu dapprima felice, poi dispiaciuta, poi infastidita. Non voleva rovinare i suoi rapporti con Zavada, che erano già abbastanza fragili, così le parlò, semplicemente, come se nulla fosse. -A cosa devo il piacere della tua compagnia?- chiese Claire. -Niente di particolare mia regina. Volevo solo chiedervi cosa ne pensate del torneo indetto dal re ed organizzato da Julio.- Claire si preoccupò: -Torneo? Quale torneo?- -Come mia regina... Non sapete nulla? Evandor ha consultato Mideci, che a quanto pare non si chiama Mideci, il quale gli ha detto di mandare 4 maghi e 3 maghe a prelevare i " 7 perduti per vecchi castighi ", così il re ha pensato di indire questo torneo per decidere chi debba recarsi in questa specie di “missione”, suicida, a mio parere.- Claire ascoltò con attenzione ogni parola, ogni sillaba e lettera e sorrise leggermente alle ultime. –Tu cosa hai intenzione di fare?- esordì la regina. –Mi sono già iscritta- disse con noncuranza. –Iscrivi anche me allora.- -L’ho già fatto Claire-. Alla pronuncia del suo nome Claire ebbe un sussulto; voleva girarsi, ne era pervasa dalla voglia, una voglia insensata e forse malsana. Allora lo fece, si girò, lentamente. E quando si fu voltata del tutto Zavada non c’era più, al suo posto solo della brina sull’erba. *. *. *. Il Ministro era steso sul suo letto, ancora in stato di incoscienza. –Adesso basta! CAMNISFAERA! (Risvegliati)- Una luce bianca risplendette per un attimo intorno al ministro che un secondo dopo diede segni di vita: le gambe si mossero, così come le palpebre, le quali lentamente si aprirono per scoprire i minuti occhi castani. Il Ministro si mise a sedere sul letto e pian piano metabolizzò le immagini che il suo cervello registrava intorno a sé: era nella sua camera, il re, Basmine e sua figlia Chanette gli stavano intorno. Chanette gli saltò al collo, abbracciandolo e riempiedolo di baci mentre gli altri due presenti tirarono un sospiro di sollievo. Chanette era una giovane maga, di circa 100 anni, era identica a sua madre: molto magra, non molto alta, con un viso piccolo e dai lineamenti delicati, i capelli castano chiaro e le maniere dolci e affettuose. –Che ne dici di lasciarlo riposare un po’ ora? Lo soffocherai dopo di abbracci.- Suggerì Basmine, convincendo così Chanette ad uscire dalla stanza. Basmine era il ciclone della Flora, era una bellissima maga: il suo corpo era caratterizzato da lineamenti gentili, era alta, aveva i capelli lunghi e castani, tenuti da un cerchietto fatto di legno e fiori gialli, il viso era ovale, il mento piccolo, gli occhi del colore dei capelli, le labbra rosa e sottili, il naso piccolo e le guance più in carne rispetto al resto del viso. Indossava la sua tenuta ufficiale: un vestito di fiori, tenuto insieme da steli e rametti che ben le si adattava al corpo gracile e alla pelle rosea e delicata. Al collo portava il simbolo del suo potere: un ciondolo rappresentante una piccola foglia verde, con i lineamenti della linfa ben evidenziati da un giallo vivido. Chanette uscì dalla stanza, così Evandor e Basmine rimasero soli col Ministro. Evandor aveva lo sguardo cupo, a metà tra il perso nel vuoto ed il concentrato. Si sentiva in colpa, terribilmente: era da molto che non ricevevano visite da streghe e stregoni, così aveva dimezzato i turni di guardia ed il numero delle sentinelle, che, mentre prima sorvegliavano ogni anfratto ed angolo del castello, adesso si erano ridotte a perlustrare solo le zone più frequentate. Ma, ovviamente, ora le cose sarebbero cambiate: erano in stato di massima allerta e Claire avrebbe ricostituito forse anche la guardia reale… -Evandor!- il Ministro fece sussultare il re. –Si! Scusami, sono sovrappensiero! Come stai, mio caro amico? Non appeno ho inteso che un impostore aveva preso il tuo posto ho temuto il peggio… Per fortuna non è nulla di grave.- -Nooooo! Nulla di grave!- esordì il ministro con tono al quanto ironico -Il principe perla nera ha solo eluso tutte le nostre difese, preso i miei ricordi e le mie sembianze, è venuto a conoscenza delle origini degli oracoli, della profezia, ha rapito l’attuale oracolo ed è ritornato sano e salvo dal suo caro paparino, da noi tanto amato! Assolutamente nulla di grave o di cui preoccuparsi!- Evandor lo squadrò bene: come faceva il ministro, che era rimasto addormentato fino ad ora, a conoscere cosa era accaduto? –Mi ha illustrato il suo piano prima di farmi addormentare.- rispose come se avesse letto i pensieri del re -Bel piano, davvero un bel piano. Sai Evandor, mi dispiace ammetterlo, ma è stato davvero un piano ben riuscito.- -Ho capito!- rispose irritato Evandor: sapeva della riuscita del piano, era lui che non era riuscito ad impedirla. Il ministro sospirò rumorosamente e chiuse gli occhi. -Necessiti di riposo, non preoccuparti, ci sono due bianchi a guardia della tua camera. Verrò a trovarti presto, o lo farai tu quando lo riterrai necessario- detto questo Evandor e Basmine uscirono dalla stanza e chiusero la porta. –Come ti sembra?- chiese il re alla sua fidata consigliera. –E’ stato un duro colpo per lui… Non ha più l’età per certe “sorprese” mio sire…- -Cosa mi consigli, Basmine?- -Lasciatelo riposare: le erbe della mezzaluna non hanno solo un effetto soporifero, colpiscono anche a livello cerebrale: la vittima tende ad alimentare le sensazioni e le ipotesi negative, che lo portano alla pazzia o al suicidio… Erano molto utilizzate dal governo dei 7 per le pene di morte, se somministrate in sufficiente quantità distruggono i neuroni… Ma non è questo il caso, mi basterà qualche incantesimo e preparato di salice rosa per far si che sia fuori da ogni pericolo: non preoccupatevi, me ne occupo io.- Detto questo si congedò con un inchino e tornò nella stanza dove riposava il ministro.

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