Sacrifici nell'ombra.

di Lara Ponte
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I- Il matrimonio ***
Capitolo 2: *** II - Vita di città ***
Capitolo 3: *** III - Cospirazioni ***
Capitolo 4: *** IV - Amore & Rancore ***
Capitolo 5: *** V - Esilio ***



Capitolo 1
*** I- Il matrimonio ***


Sacrifici nell'ombra.



Introduzione

 

Erano passati quasi cent'anni dall'ultima grande guerra. Il regno di Siaharas all'epoca ne era uscito distrutto e ci vollero quasi cinquant'anni, prima che raggiungesse nuovamente una situazione sociale ed economica appena accettabile. Rimaneva tutt'ora uno degli stati più poveri del continente orientale e per quanto avesse ricominciato a produrre beni di valore, venivano acquistati a cifre irrisorie. La sconfitta incassata era stata tale da lasciare ancora impresso nella memoria dei più anziani l'amaro ricordo delle ferite subite. L'attuale coppia reale non faceva mistero della propria brama di riscatto e vendetta. Uriel Zhares II, nipote del re sconfitto e la propria sposa Lorenis, con l'ausilio di una intricata rete di servizi segreti, cominciarono a rivolgere sempre più frequentemente, le loro attenzioni al vicino regno di Umkarat, devoto al Dio delle acque.

Nella capitale Asmiria, il re Gareth Orathio, terzo del suo nome, ignorava le continue provocazioni nelle terre di confine, deciso invece a proporre un trattato d'alleanza per garantire pace e prosperità per entrambi i regni. Inoltre il recente avvistamento di alcuni draghi nelle montagne centrali, non prometteva nulla di buono. Per come la vedeva il sovrano, bisognava essere del tutto privi di buon senso per ingaggiar battaglia in un momento del genere.

Tuttavia se il popolo poteva approvare tale scelta, consapevole delle atrocità di un nuovo conflitto, alcuni nobili invece erano del parere che fosse meglio marciare al più presto sui Siaharasini. Secondo loro infatti, la scelta migliore sarebbe stata quella di sconfiggerli una volta per tutte, saccheggiarne le miniere aperte di recente e annetterli come sudditi di seconda categoria.


 

Nonostante le tensioni accumulate nell'ultimo anno, nel regno di Umkarat permaneva ancora uno stato di pace, per quanto molti cominciavano a definirlo come “La quiete prima della tempesta”.

La maggior parte dei cittadini, conduceva la propria vita senza sospettare minimamente ciò che invece avrebbe potuto scatenare una sola mossa sbagliata di una qualsiasi delle parti coinvolte. Soprattutto nella capitale le questioni di confine sembravano lontane e di scarsa importanza.


 

I

Il matrimonio

 

La sala non particolarmente grande faceva apparire il banchetto nuziale stracolmo di ospiti. In realtà la lista degli invitati non superava le duecento persone. Era stata una cerimonia semplice, in una chiesetta nelle campagne a sud della capitale. Il locale scelto dalla famiglia della sposa era un albergo dalla buona reputazione sulla strada dei cervi, lungo le sponde del lago Asmur che dava il nome alla grande città di Asmiria. In quel momento le cameriere passavano i secondi piatti. La musica lieve di alcuni flauti e un'arpa accompagnavano discretamente il pranzo. Le danze vere e proprie sarebbero cominciate soltanto al calar del sole. La giornata era stata buia e nuvolosa fin dal mattino, data la poca luce che entrava dalle finestre si dovettero accendere i due lampadari di vetro appesi al soffitto e le numerose lampade ad olio alle pareti.

“Io... Non so davvero come ringraziarvi.” In uno dei tavoli più distanti da quello degli sposi, un giovane si rivolse timidamente ad uomo di quasi cinquantanni, ormai del tutto imbiancato dall'età ma dal fisico ancora prestante e ben curato.

“Ma non devi!” Rispose ripulendosi piano una goccia di sugo a bordo della bocca. “Ho solo pensato che magari, portandoti qua con noi qualcuno avrebbe potuto riconoscerti.”

A quelle parole il ragazzo si guardò attorno, ma nessuna della facce presenti sembrava causargli una benché minima sensazione. Erano passate già tre settimane da quando quel mercante lo aveva trovato sulla via delle rose privo di coscienza. Stava rientrando a casa dopo un lungo viaggio di lavoro e senza pensarci due volte lo aveva soccorso, offrendogli ospitalità fino al giorno in cui avrebbero fatto luce sull'accaduto.

Il suo risveglio infatti fu una brutta sorpresa per tutti, il giovane non ricordava nemmeno il proprio nome. Aveva passato ore davanti ad uno specchio, vedendoci soltanto un pallido sconosciuto con un volto dai lineamenti ordinari: capelli lisci castani che arrivavano alle spalle, occhi verdi, qualche traccia della leggera barba tagliata da poco.

Gli abiti che indossava invece erano di fattura straordinariamente pregiata. Velluto nero per i pantaloni, pelle di capretto gli stivali. Il farsetto grigio con ricami realizzati con fili bagnati in oro vero. La mantella da viaggio in morbida pelliccia di volpe, sfortunatamente era strappata proprio in un punto dove probabilmente doveva esserci lo stemma della casata cui apparteneva.

Theodore Norathus, dotato da sempre un ottimo fiuto per gli affari, aveva accolto quello sconosciuto nella propria casa, nella speranza che una volta risolto il mistero, la famiglia di lui si dimostrasse generosa nel ringraziarlo del piccolo disturbo. Nel caso invece si fosse rivelato pericoloso lo avrebbe cacciato o affidato alle 'cure di qualche amico speciale'. Di quelli che non fanno domande quando chiedi loro di seppellire un corpo.

Nonostante i suoi timori quel giovane aveva dimostrato un carattere allegro e tranquillo. Per quanto non ricordasse nulla del proprio passato, si comportava in modo impeccabile ed era sempre gentile con ogni persona che abitava la sua grande tenuta: dalla servetta delle pulizie al siniscalco che gestiva gli affari quando lui era assente. Evidentemente era stato educato come si deve. Portarlo al matrimonio della figlia di suo cugino era un modo come un altro per cercare qualcuno che potesse essere d'aiuto nel rintracciare le sue origini.


 

“Padre, se non vi dispiace accompagnerei Alster a salutare gli sposi.” Una giovane ragazza, vent'anni appena compiuti, aveva interrotto il discorso appena iniziato. I suoi capelli ondulati, di colore castano dai riflessi rossi, erano stati acconciati per l'occasione in modo semplice. Una mezza coda per liberare il viso dalle ciocche ribelli che terminava in una lunga treccina che si appoggiava sul resto dei capelli tenendoli ordinati dietro la schiena. Il vestito rosso scuro con ricami azzurri su sfondo bianco nella parte superiore, metteva in risalto i suoi grandi occhi blu dall'aria forte e determinata.

La moglie di lui, lady Eleanor si voltò facendogli un cenno di approvazione, mentre i due fratellini di dieci ed dodici anni, seduti accanto, giocavano litigando per l'ultimo pezzo di pollo croccante.

Theodore rispose ricambiando quel sorriso e lasciò che i due ragazzi si allontanassero dal tavolo.


 

“Come mai avete deciso di chiamarmi proprio Alster?” Chiese il giovane mentre seguiva la sua accompagnatrice.

“Una vecchia storia di eroi...” Rise lei “Se vuoi te la racconto”

“Volentieri!”

“Ci proverò!” Cominciò dopo essersi seduti in un divanetto vicino a una vetrata colorata. “Sembra che cinquecento anni fa, Alster Valimar generale della casta delle lame, assieme ai suoi soldati, ricacciò indietro un esercito invasore. Si racconta che lottò con tutte le sue forze, fino a stramazzare al suolo un istante dopo aver salvato la vita del principe. Secondo la leggenda al suo risveglio aveva perso completamente la memoria. Passò quindi il resto dei suoi giorni presso il tempio dell'acqua in veste di servo dell'oblio, aiutando e confortando i fedeli, soprattutto quelli afflitti da problemi simili al suo. La cosa buffa in tutta la faccenda fu che nonostante tutto, non dimenticò affatto come si tenesse in mano una spada e i ladri, che anche all'epoca non mancavano, finirono col pensarci due volte prima di tentare di rapinare il sacrario. Ciò spinse gli alti sacerdoti alla decisione di far addestrare i novizi più prestanti anche come guerrieri e così nacque l'attuale ordine dei Difensori dell'acqua.”

“Non capisco perché nessuno lo abbia cercato. Quell'uomo non aveva una famiglia? Degli affetti?”'...E io?'

“Magari erano stati uccisi durante la guerra! Se vuoi toglierti la curiosità, nella biblioteca di casa dovrebbe esserci il libro con la storia completa.”

“E' un'idea...”

“Accidenti! Meglio che ci sbrighiamo!” Esclamò lei all'improvviso. “Se cominciano coi rituali, ci toccherà aspettare una vita!”


 

“Che bello rivederti Kyrase! Saranno passati sei mesi dall'ultima volta.” Salutò la sposa quando i due si avvicinarono al tavolo. Indossava un magnifico abito azzurro, il colore sacro del Dio delle acque, mentre il velo che le copriva la parte di dietro dell'acconciatura era dorato in onore della 'Madre del sole', divinità minore cui la loro famiglia era molto devota. In quel momento suo marito si era allontanato per salutare alcuni amici che non potevano trattenersi.

“Alla fine ci incontriamo solo per le feste di famiglia!” Scherzò Kyra dopo averla abbracciata.

“Vero... E questo bel fusto chi sarebbe?” I suoi grandi occhi nocciola non nascosero minimamente l'intenzione maliziosa di quella domanda.

“E' quello che vorremmo sapere tutti!” La cugina nel rispondere le diede di nascosto un pizzicotto sul fianco, mentre Alster leggermente in imbarazzo non riuscì a proferire parola e fu lei a riprendere a nome suo.

“Lo abbiamo soccorso sulla strada, ma ha perso la memoria. Mio padre da bravo patriota ha deciso di chiamarlo Alster!”

“L'eroe smemorato, giusto? Oh dei...”Sospirò “...la storia non me la ricorderò mai. Ad ogni modo io mi chiamo Saretha, piacere di conoscerti. Spero che ti riprenda al più presto.”

“Piacere mio, vi ringrazio tantissimo per l'augurio.”

“Finalmente ce l'ho fatta!” Ad intromettersi nell'allegro terzetto fu lo sposo. Se anche non avesse proferito parola, la sua statura gigantesca, avrebbe comunque annunciato a tutti il proprio arrivo. Non solo era più alto della media degli uomini del regno, possedeva delle spalle tali da farlo apparire come una fortezza vivente. Moro nella pelle e nei capelli cortissimi, durante i momenti di tranquillità non incuteva terrore soltanto grazie ad un sorriso solare e contagioso. La sua carriera nell'esercito era stata scontata fin dai primi mesi: dopo nemmeno un anno era diventato ufficiale e tra una settimana sarebbe dovuto partire verso le montagne a fare un sopralluogo sulla situazione.

“ Immagino che quella vecchia volpe di Sam non voleva staccarsi...” Scherzò la moglie.

“Mi ha costretto a promettergli di diventare patrono delle sue nozze. Che noia tutte queste cerimonie!”

A quelle parole Kyra scoppiò a ridere. Nonostante avesse quasi trentanni e fosse considerato da tempo un uomo fatto, Ser Louis era ancora tale e quale a come se lo ricordava da bambina. Stava per accostarsi a salutarlo, quando subito si sentì suonare una campanella. Il 'Maestro delle feste' richiamava l'attenzione di sposi ed ospiti per gli ultimi rituali, così i due ragazzi li lasciarono tornare ai loro doveri sociali.


 

“Non sembra proprio che siate parenti soltanto alla lontana...”

“Quand'eravamo bambine abitavamo accanto. Anche se è più grande di me, considero Saretha la migliore tra tutte le mie cugine.”

I giovani un po' in disparte osservavano da lontano il rito del dono.

'...I Due che Oggi sono diventati Uno e Domani daranno vita a Molti siano nuovamente benedetti in questo giorno...'

Le parole del celebrante si sentivano bene, ma nemmeno tutte quelle preghiere sembravano suscitare la minima emozione in Alster, che come sempre osservava tutto come fosse la prima volta. Ad un certo punto, quando il maestro sollevò una delle ampolle rituali, ebbe un forte giramento di testa e per un istante fu chiara nella mente l'immagine di un tavolo di legno su cui erano disposte tante ampolle simili a quella e svariati strumenti da laboratorio.

“Che succede?” Kyra si accorse subito del breve mancamento.

“Non è nulla... quel tipo di ampolla.” farfugliò confuso “Sono sicuro di averne visto delle altre.”

“Era ora che iniziassi a ricordare qualcosa!” Sorrise lei. “Come stai?”

“Tutto bene. Ora non posso fare a meno di chiedermi cosa fosse tutta quella roba...” Mormorò dopo averle spiegato ciò che aveva appena ricordato.

“Magari la tua è una famiglia di alchimisti. Questo spiegherebbe i tuoi bei vestitini!”


 

Per quanto Alster cercasse di essere gentile con tutti allo stesso modo, apprezzava molto, forse troppo, il modo in cui Kyrase si comportava con lui. Dopo il capofamiglia era stata la seconda persona a fargli visita durante la convalescenza per portargli una tisana; era entrata nella sua camera accompagnata dalla madre, ricordava benissimo come fin da quel primo momento cominciarono a chiacchierare come se si conoscessero da una vita. Era l'unica a non prendere troppo seriamente il suo stato e riuscire sempre a farlo sorridere. Anche se non poteva esserne certo, gli piaceva pensare che avessero pressapoco la stessa età e lei, cosa più importante, era fortemente convinta che la sua amnesia sarebbe svanita in breve tempo.

'Comincio a crederci anch'io...' Si disse Alster con un certo sollievo.

 


 

Pensieri a mezz'aria...

 

Per prima cosa, vi ringrazio per aver cominciato a leggere la mia storia.
Devo però segnalare che in realtà è un edita di vecchia data.
Nata alla fine del lontano 2013 per partecipare a questo Contest* (nel quale si era piazzata seconda.)
Inizialmente l'avevo pubblicata con un altro titolo (Lama intrisa di memoria) , ma oggi ho deciso di modificarlo con uno che mi sembra più idoneo. -spero!- ;)

* http://freeforumzone.leonardo.it/d/10626959/Het-slash-femslash-mi-va-bene-tutto-purch%C3%A9-sia-costruttivo/discussione.aspx

(In breve la traccia diceva che il/la protagonista doveva recuperare i propri ricordi un po' per volta...)

Sfortunatamente non ho più avuto notizie dalla giudic-ia.

Immagino che grossi contrattempi le abbiano impedito di continuare a frequentare il sito ed il forum di EFP.
Pazienza: Cose che capitano. Come dico sempre, non sta a me di sentenziare ;)

 

Ma torniamo al presente.

Quest'anno, avendo deciso di iscriverla ad un altro Contest,** -dove erano accettate le edite, l'ho rimossa dalle pubblicate per cercare di revisionarla e sistemarla meglio... e come spesso mi capita, anche questo mese mi è successo di tutto, quindi alla fine non so se ne sia venuto fuori un gran lavoro... :P

**
http://freeforumzone.leonardo.it/d/11031927/Trick-me-deceive-me-Fantasy-Soprannaturale-/discussione.aspx/1

 

E va beh...

Ora la smetto di stressare con le scuse e vi ringrazio ancora una volta per aver letto il mio racconto.

A breve pubblicherò anche gli altri capitoli.

A presto.

Salutoni.

Lara XD

 

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Capitolo 2
*** II - Vita di città ***


II

Vita di città


 

La villa dove abitava la famiglia Norathus occupava una buona fetta della nuova zona residenziale a est della città. Quasi dieci anni prima il Re, visto il continuo aumento della popolazione, emanò un editto con cui espandeva le mura di diverse decine di ettari. Almeno la metà del nuovo terreno fu prontamente acquistato dalle famiglie più abbienti smaniose di trasferirsi. Alcuni nobili invece, famosi per la loro eccentricità, avevano fatto a gara su chi realizzasse l'edificio più originale e sfarzoso; il risultato fu quello di ottenere un quartiere dalle tinte e forme più disparate, a tratti grottesco. Il poco rimasto di quella lottizzazione fu dedicato alla costruzione di palazzi adatti ad ospitare più famiglie, negozi e altri servizi di pubblica utilità.

La casa di Theodore, circondata da quasi tre ettari di terreno, ospitava forse il più bel giardino della città. Dato che era un uomo pratico, oltre alla sua dimora, vicino al cancello d'accesso della tenuta aveva fatto costruire il magazzino per le merci e gli alloggi dei dipendenti: dalla servitù alle guardie private.
L'edificio principale era una villetta molto semplice di tre piani, lui per primo infatti era solito criticare le stravaganze architettoniche ostentate dai propri vicini, per come la vedeva era stato soltanto uno spreco di tempo e denaro. Considerava anche la sua dimora fin troppo grande, ma come aveva insistito il suo progettista '...non poteva permettersi né di fare brutta figura con gli ospiti e i clienti né tanto meno di mancare di spazio in caso di necessità'.

Al piano terra vi erano la cucina, tre bagni di cui uno adibito a lavanderia, diverse sale, un grande studio ed una biblioteca alla quale si poteva accedere sia dal salottino più piccolo che dallo stesso studio. Al secondo c'erano le camere della famiglia più due stanze per gli ospiti, altri bagni ed uno studiolo di dimensioni ridotte. Nell'ultimo piano, il sottotetto, c'era un immenso solarium, dove erano sistemati da un lato una grande voliera colma di uccellini esotici e dall'altra un acquario affiancato da una piccola serra.

A pochi metri dal maniero c'era infine una dependance che ospitava la suite riservata agli ospiti più illustri. Ad Alster, dato che sospettava fosse di nobili origini, aveva assegnato proprio quegli alloggi. Da quando la sera prima, di ritorno dalla festa aveva raccontato di aver avuto un primo, seppur piccolo ricordo era diventato di ottimo umore: sembrava proprio che la sua generosità sarebbe stata ripagata a breve.
Trascorse la mattina quasi interamente nello studiolo del secondo piano a mettere in ordine i libri contabili. Una volta risolta la situazione di quel ragazzo, doveva organizzare il matrimonio per la figlia maggiore e scegliere il collegio dove presto avrebbe mandato i ragazzi.
'E' così sbagliato volere il meglio per la propria famiglia?'

Quella sera aveva appuntamento con alcuni esponenti di spicco della nobiltà, non solo della città, ma dell'intero regno. Doveva loro una risposta e il dubbio sulla sua scelta, ancora non lo aveva del tutto abbandonato.


Per fortuna la mattina si concluse in fretta.
Alster si era attardato a letto fino quasi all'ora di pranzo e si presentò a tavola giusto a tempo prima che si iniziasse a servire le portate.

“Scusate la mia assenza a colazione, non stavo troppo bene. ” Disse dopo aver salutato, mentre prendeva posto tra i più piccoli e il capofamiglia.

“Immagino che la celebrazione di ieri sia stata abbastanza faticosa.” Theodore non era uomo da offendersi per una simile pochezza.

“Perché quella faccia triste?” Domandò subito Kyrase.

“Credo di aver avuto degli incubi...” Rispose l'altro visibilmente in imbarazzo. “Sembra destino che non ricordi bene nemmeno quello che ho sognato.”

“Dopo pranzo direi di fare una bella passeggiata in città! Vedrai che uscire ti farà bene”

“Ma non dovevi ricamare?” A porre quella domanda era stata la moglie del mercante. Non parlava quasi mai e dedicava quasi tutto il suo tempo libero prestando servizio al Tempio.

“Se anche salto un giorno, non penso di poter peggiorare più di così!” Scherzò allegramente la ragazza.

“Vi accompagnerà Steffan. Quando arrivate al quartiere mercantile, mi fate la cortesia di consegnare una lettera a Mr. Hoser.” Per quanto detestasse quell'uomo, gli doveva dei soldi e tanti anche. Sperava che la vista del suo migliore mercenario lo spingesse a saldare al più presto il proprio debito.

“Consideralo fatto!”



Prima di uscire, Alster e Kyrase dovettero indossare dei soprabiti pesanti. Quell'anno l'autunno sembrava aver ceduto il passo direttamente all'inverno, tutto faceva pensare che le nevicate sarebbero arrivate con largo anticipo. Trovarono Steffan, il capitano della guardia di famiglia, che li aspettava all'uscita della villa. Sopra la divisa di cuoio imbottito aveva una cappa nera tra le più spesse e dato che per strada non erano ammesse le armi, si portò dietro uno dei loro migliori cani da difesa. Shirta era un incrocio ben riuscito tra un cane da pastore ed un lupo delle nevi, a seconda della situazione poteva essere il più docile dei cuccioli o la più letale delle belve. La sua fedeltà era tale da farle rifiutare perfino il cibo che non provenisse dalla mano dei suoi padroni. Non appena vide Kyra le scodinzolò attorno tutta contenta, fino a quando lei si chinò ad accarezzarla, poi osservò il loro ospite con diffidenza, come aveva fatto fin dal primo giorno.

“A quanto pare non le piacerò mai!” Scherzò lui.

“Sarà meglio incamminarci subito...” Li esortò la guardia.

Lasciò andare avanti i ragazzi, mentre lui e la lupa li seguivano a qualche metro di distanza.


 

Mentre percorrevano un viale alberato, Kyra decise improvvisamente di fare tappa in una pasticceria dotata di una saletta d'accoglienza.

“Non fate quella faccia voi due!” Disse “Con questo tempaccio, qualcosa di caldo e due dolcetti ci faranno bene.”

“Sembra che io dovrò aspettarvi fuori: quel cartello dice che Shirta non può entrare” Dichiarò il capitano puntando l'indice di fianco alla porta-vetrina di legno.

“Che sbadata, non lo avevo proprio visto! ...cercheremo di sbrigarci” Si scusò la giovane trascinandosi dietro Alster.

“Lo hai fatto apposta vero?” Domandò in modo ironico lui, dopo averla osservata bene. Aveva capito da subito che la ragazza stava mentendo, ma anziché accusarla trovò più giusto scoprirne le ragioni.

“Avevo bisogno di confidarmi, in privato. Spero che Steffan non se la prenda a male.”

Si erano accomodati in un tavolino accanto ad una finestra che dava su un piccolo piazzale, dove la guardia seduta in una panchina, aveva lasciato il cane libero di correre e giocare in tutta libertà. Una cameriera era stata da loro appena arrivati ed in quel momento era già di ritorno con le ordinazioni: due fette di torta e delle tisane calde.

“Stamattina io e Theodore abbiamo parlato a lungo...” Annunciò mentre si scostava dal viso una ciocca di capelli.

“Un momento! Perché adesso non lo chiami 'padre'?”

“Non è il mio vero padre. Ha sposato mia madre, rimasta vedova, quando avevo appena tre anni.”

“Non ne avevo idea...”

“Ovvio che non potevi certo saperlo! Nonostante tutto ha cercato di svolgere al meglio il proprio ruolo. Ormai però... è già da due anni che stiamo litigando sul mio futuro. Sono quasi arrivata ad odiarlo!” Rabbia ed amarezza incendiavano il suo sguardo in un modo che Alster non aveva mai visto.

“Vuole farmi sposare un mostro! Non è né bello né gentile, ma è figlio del più ricco venditore di preziosi che ci sia in questa dannata città!”

A quelle notizia il ragazzo avvampò, si sentiva pervaso dalla stessa rabbia di lei, rimase senza parole, mentre il suo cuore dopo aver perso un battito ora gli martellava in testa fuori controllo. Fu allora che si rese conto della cosa più importante. 'Non voglio perderla!' L' unico pensiero concreto.

“Non so cosa dire.” Era dura cercare di controllarsi, ma doveva.

“Non dire niente.”

“Vorrei aiutarti...” Balbettò incerto.

“Forse potresti farlo se recuperassi la memoria. Dovresti saperlo che il mio patrigno ti aiuta solo nella speranza che tu sia ricco di famiglia...”

“Si l'ho capito, me lo ha anche detto apertamente. Probabilmente è convinto che solo la ricchezza possa dare la felicità...” Aveva passato molte ore nella biblioteca della casa, ma in nessuno di tutti libri letti, c'era scritto che il denaro da solo bastasse. In molte storie era stata proprio l'avidità a diventare la rovina di intere famiglie e nazioni.

“Tu mi piaci” Disse lei all'improvviso. “Fino a qualche tempo fa il mio sogno era quello di diventare la prima donna medico di questo regno. Ora invece... Preferirei mille volte sposarmi con te che con quell'altro.”

A quella confessione così diretta e sincera, avrebbe voluto prenderle la mano con delicatezza, ma proprio allora la guardia si era avvicinata alla finestra facendo loro segno di sbrigarsi.

“Io...credo di amarti.”
Rivelò sottovoce, senza nemmeno rendersi conto di ciò che aveva appena pronunciato. Si guardarono negli occhi e lei non poté fare a meno di cambiare colore. Dopo essersi scambiati un sorriso, riuscirono a riprendere un atteggiamento normale appena un secondo prima di tornare all'aperto, non sarebbe stato saggio destare sospetti nella loro scorta. Per farsi perdonare l'attesa, la ragazza regalò al mercenario un sacchetto di dolcetti al miele ancora caldi di forno.
Come da programma conclusero la passeggiata dopo aver consegnato la lettera e tornati a casa, Lady Eleanor li accolse per la cena ricordandogli che il padre si sarebbe attardato fuori con alcuni amici importanti.


 

Finito di mangiare, Alster prima di recarsi alle proprie stanze, come sempre fece sosta in biblioteca. Vi era andato per cercare il libro sull'eroe di cui aveva il nome in prestito, invece gli cadde l'occhio su un testo che illustrava i più comuni strumenti musicali. Decise subito che sarebbe stato la sua lettura prima di addormentarsi.
Mentre lo sfogliava provava una strana sensazione di nostalgia. Senza rendersene conto, quand'era arrivato al capitolo sulle chitarre, la sua mano sinistra muoveva le dita nell'esatta posizione degli accordi al solo leggerne i nomi. Quando alla fine decise di abbandonarsi al sonno, una melodia risuonava nella sua testa, era certo di averla suonata egli stesso centinaia di volte: un motivetto dolce e allegro che lo fece sorridere.


 



 

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Capitolo 3
*** III - Cospirazioni ***


III

Cospirazioni


 

Lord Risenhall, organizzatore della serata, sedeva divertito coi suoi compagni al tavolo della saletta privata di una vecchia taverna, trasformata di recente in un locale per bene. Alla sua destra Ser Kenin sorseggiava una tazza del nuovo infuso di colore scuro, appena importato dai paesi dell'ovest e diventato di gran moda in tutti gli ambienti. Era uno dei pochi che riuscisse a berlo la sera, senza avere dopo nessun problema a prender sonno. Alla sua sinistra invece Lady Vanderfields, spizzicava con uno stecchino alcune olive salate avanzate da una ciotola d'argento là accanto. Theodore Norathus invece se ne stava composto sorseggiando un calice di vino rosso, aspettando il suo turno per prendere la parola.

L'età media del gruppetto si aggirava sui cinquanta, il più anziano Ser Kenin arrivava quasi a sessanta mentre la Lady che li accompagnava, una cugina di Risenhall coi suoi trentanove anni appena compiuti era la più giovane, nonché la più ambiziosa. Nessuno di loro era vestito in modo particolarmente sfarzoso, le tinte dei loro abiti variavano dal marrone al grigio scuro, colori anonimi per non attirare l'attenzione. Quella riunione sembrava in tutto e per tutto una banale cena tra vecchi compari. Avevano chiacchierato a lungo di affari e pettegolezzi. Le voci sui draghi si facevano di giorno in giorno più insistenti, tuttavia nessuno tra loro riteneva ci fosse nulla di fondato. Concordavano invece si trattasse di una qualche messa in scena ad opera di qualche mago dotato di scarso senso dell'umorismo. Verso la fine della serata infine l'argomento si era spostato sulle pressioni ai confini da parte del regno rivale e dell'eventualità che potesse scatenarsi a breve un conflitto.

“Lo sanno tutti che il nostro Re non ha le palle per attaccare quegli sciagurati!” Si lamentò Ser Kenin a voce bassa.

“Finirà col rovinare il nostro regno. Anche mio padre lo dice sempre...” Fu il commento della donna.

“Ed è proprio per questo che è nostro dovere intervenire.” Sottolineò Lord Risenhall. “Possiamo contare su di voi o avete cambiato idea?” Chiese rivolgendosi al mercante.

“Per il bene del regno farò tutto ciò che mi chiederete, avete la mia parola.”

“Perfetto: era quello che volevamo sentire. Vedrete che dalle nostre decisioni di oggi, nascerà finalmente un impero degno di tale nome!” Era difficile stabilire se nello sguardo di quel uomo vi fosse più avidità o semplice brama di gloria.
 

***

 

In quello stesso momento, in una piccola sala avvolta nella penombra una candela nera si accese all'improvviso. La fiamma incantata, di un colore azzurro brillante, era impossibile osservarla da vicino senza avere fastidi alla vista. Un uomo poco più che quarantenne sedeva su una poltrona accanto ad un caminetto acceso. Quella luce attirò subito la sua attenzione, in realtà aveva sperato fino all'ultimo che non si accendesse mai. Si alzò lentamente spostandosi dal viso una ciocca di capelli lisci castani, che erano finiti sull'occhio sano; quello destro lo aveva perso da tempo. Si accostò alla mensola dove brillava il piccolo lume e si mise a riflettere qualche momento. 'Le predizioni sono risultate esatte.'

In quel momento un giovane adepto, con indosso una tonaca nera fin troppo abbondante per il suo esile fisico, entrò nella stanza distraendolo dai propri pensieri.

“Buonasera signore, scusi per il disturbo. Mi manda Meyar, dice che vorrebbe parlarle.”

“Può raggiungermi anche subito.” Lord Ulrick Woodstone non amava farsi attendere, soprattutto in momenti come quello.

Poco dopo fece la sua comparsa una donna, non più giovane ma ancora molto attraente. Alla tonaca tradizionale preferiva abiti sobri di velluto nero, era l'unica cui fosse concesso scegliere da se i propri vestiti, le sue capacità sensitive e di preveggenza erano forse le più acute in tutto il continente. Lunghi capelli ricci dal colore dell'argento fuso, le coprivano tutta la schiena. Quel colore così chiaro e brillante era stata una conseguenza di una pozione provata da ragazza. Aveva voluto amplificare il suo potere e quello, dopo una settimana di totale incoscienza, alla fine era stato il prezzo minore. Nei primi tempi aveva anche provato a ricolorarli ma tutte le tinture scomparivano in poche ore, tuttavia il contrasto di colori che si venne a creare tra quei capelli evanescenti e i grandi occhi, quasi del tutto neri, contribuì a creare la sua leggenda.

“Quell'uomo ha fatto la sua scelta...” Annunciò al capo appena arrivata.

“Ho visto e non sono disposto a tollerarla!” Il suo unico occhio verde, si posò sulla candela. Un semplice pensiero e una folata di vento arrivata dal nulla la spense. 'Quegli stolti non hanno idea di cosa sia una guerra. Attaccare Siaharas scatenerebbe subito le potenze del Sud e quelli del Nord, che non aspettano altro, correrebbero subito in nostro aiuto. In men che non si dica, l'intero continente finirebbe devastato dalla portata del conflitto...'

“Presto dovremo richiamare Edward...”

“Vuoi procedere subito o domani?” Domandò lei.

“Due giorni. Voglio vedere se il sigillo continua ad indebolirsi da solo. Era da tempo che cercavo un modo per mettere alla prova la sua volontà e per ora sono rimasto soddisfatto.”

“E tuo figlio, non potrà mai essere di meno da te!”

“E' per questo che sono in pensiero, ho paura di come reagirà quando sarà tornato.”

Ripensò a quand'era ancora un ragazzino. Non era stato semplice addestrarlo nell'arte della magia e delle lame. Il suo potere si era manifestato troppo precocemente ed il piccolo aveva reagito come fosse una specie di maledizione. Egli in veste di maestro dovette imparare ad accettare i suoi tempi senza calcare troppo la mano, non era certo il talento a mancargli. Eppure, ogni volta che gli lasciava un momento libero lo trovava sepolto nei libri o a suonare il primo strumento gli capitasse sotto mano.

Da adolescente, una decina di anni prima, ebbero una grossa discussione sul perché dovesse per forza essere lui ad ereditare 'Quel ruolo'. Si concluse solo dopo giorni di pazienti spiegazioni sull'importanza della loro gilda; per quanto alcuni aspetti apparissero macabri e stomachevoli agli occhi della maggior parte della gente comune. Erano Maghi, ma anche Negromanti. 'Conoscere la vita e la morte...' Alcune delle parole scritte nel loro giuramento di servire e proteggere i popoli.

'Ha preso troppo da sua madre...' Si disse. A volte si pentiva di non aver dato al figlio un'altra figura materna, tuttavia era stato troppo innamorato di lei per pensare di risposarsi. La stessa Meyar ci aveva provato un paio di volte, senza ottenere alcun risultato.

'E' perché sono sterile che non mi vuoi?!' Gli aveva urlato in faccia una sera d'estate, dopo avergli lanciato addosso un vaso. All'epoca erano entrambi trentenni ed Edward poco più che un bambino. Per fare la pace, la accompagnò alla tomba della sua Arianna. 'Non riuscirò mai ad amare nessun altra. E lei che desideri come rivale?' Le aveva domandato pazientemente, guardando il giovane viso ritratto nella lapide. Dal giorno lei seppellì l'ascia di guerra e col tempo tornarono ad essere buoni amici e confratelli.

“Piuttosto, prima che mi dimentichi. Cosa puoi dirmi sui draghi?”

“Non molto. I miei poteri sono limitati nei loro confronti, tuttavia se può essere d'aiuto, almeno per ora non ho avvertito nessuna intenzione negativa.”

“Se siamo fortunati, devono essere i 'Figli dell'argento'. Di solito quelle creature preferiscono rimanere neutrali nei confronti della razza umana.”

“Meglio. Se non altro abbiamo un problema di meno.” Cercò di rincuorarlo la veggente mentre si allontanava.
 

***
 

Poche ore dopo Theodore faceva il suo rientro a casa. Le uniche persone ancora sveglie quando entrò nella villa erano due guardie che facevano il turno notturno ed il siniscalco, intento a leggere a lume di candela nella grande biblioteca. Dopo averli salutati raggiunse la moglie nelle proprie stanze. La trovò addormentata con con in braccio un libro di sermoni. Dopo tutti quegli anni non aveva ancora capito se la sua fosse vera devozione o solo una radicata abitudine, ad ogni modo era una brava donna, questo non poteva negarlo.

Faticava a prendere sonno, perché nel profondo del suo animo si sentiva turbato, eppure in qualche modo la sua mente si ostinava a convincerlo che ciò era stato deciso fosse la cosa giusta da fare. I nobili avevano già un piano. Quando l'attuale Re non sarebbe più stato in grado di governare, Lord Risenhall avrebbe fatto sposare il proprio rampollo con la maggiore tra le principesse1. Egli in qualità di Reggente, prima che il futuro erede al trono potesse far valere i suoi diritti, avrebbe conquistato il regno di Siaharas, portando in patria tesori tali da garantire prosperità per i prossimi duecento anni. 'Sarà davvero così semplice?' Si chiese.

La famiglia Norathus da generazioni riforniva il castello di ogni sorta di bene. Dai sacchi di frumento alla tappezzeria, fino ai gioielli. Lui in quanto persona fidata, aveva accesso diretto alle stanze regali, dove spesso riempiva personalmente gli armadi di nuovi abiti dopo aver ritirato quelli vecchi. Tra due settimane avrebbe effettuato la prossima consegna.



1) Re Gareth Orathio III aveva cinque figli, quattro femmine di cui due in età adulta e un neonato maschio ancora in fasce. La Regina era sopravvissuta per miracolo all'ultimo parto ed era tutt'ora di salute cagionevole.


 

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Capitolo 4
*** IV - Amore & Rancore ***


IV

Amore & Rancore


 

Il giorno seguente alla loro confessione, i due giovani non riuscirono quasi a vedersi. Lady Eleanor aveva sequestrato Kyrase di prima mattina per aiutarla a distribuire vestiti e provviste ai poveri nel quartiere del tempio ed erano tornate alla villa soltanto per l'ora di cena.

Fatta eccezione per i piccoli, tutti mangiarono in silenzio. Il mercante aveva uno sguardo serio e preoccupato e sua moglie pensò che qualcosa non andasse troppo bene negli affari. Lei per prima era abbastanza stanca dalla giornata appena trascorsa, inoltre conosceva bene suo marito, se avesse provato in quel momento a farlo parlare, avrebbe soltanto peggiorato il suo umore.

Quando le cameriere finirono di sparecchiare si ritirano tutti nelle rispettive camere. Kyrase invece decise di passare in cucina.

“Che accidenti vuoi a quest'ora!” Sbraitò un uomo alto e robusto, sentendo la porta che si apriva alle sue spalle. In quel momento era chino su una tinozza a ripulire una grossa pentola di rame.

“Scusa il disturbo Norbert, so che non è un buon orario...”

“Che mi venga un...!” Il cuoco, un uomo grosso e burbero, ora non sapeva come scusarsi per le sue maniere. “Mi perdoni lei signorina. Credevo fosse quell'impiastro di Kass.” Mentre parlava strusciò le mani callose sul vecchio grembiule che a stento gli copriva la pancia. Era un gesto automatico, lo faceva tutte le volte in cui si sentiva imbarazzato. “Cosa posso fare per lei?”

“Ero venuta a cercare una tisana. Non si preoccupi, faccio da me”

“E' rimasto un infuso all'arancia proprio nella vetrinetta lassù.” Disse indicando un mobile di fronte al grande cammino dove si cucinavano gli arrosti. Approfittò di quella pausa per asciugarsi il sudore dalla pelata con un panno logoro. Nella cucina a legna intanto bolliva una pentola di acqua pulita che sarebbe serviva per il restante delle stoviglie.

“Posso prenderne un po'?” Chiese la ragazza dopo averla indicata.

“Ma certo! Nessun problema.”

Dopo aver preparato la tazza, Kyrase salutò e andò via portandosela appresso. Arrivata in camera sua non indossò la vestaglia da notte, non aveva alcuna intenzione di mettersi a dormire. Si sedette al piccolo scrittoio vicino alla finestra e si mise a bere la tisana. Per poco si strozzò mentre sputava subito quel primo sorso. 'Che schifo... Ho dimenticato lo zucchero!'

 

Sempre più spesso si chiedeva se non fosse meglio fuggire di casa (magari prendendosi quanto le spettava del patrimonio) e cercare di realizzare il suo sogno piuttosto che fare la “Brava ragazza” sposando il partito scelto dal patrigno. Alla sola idea un brivido gelido le attraversò la schiena. 'Meglio morire di fame sotto un ponte!'

Poteva anche essere una pessima lady ma quanto ad erbe mediche ed anatomia, ormai ne sapeva più del loro vecchio guaritore. Era certa che anche da sola, avrebbe trovato un modo rispettoso per guadagnarsi da vivere. Si avvicinò alla finestra pensando ad Alster. Aprì un'anta e si sporse a guardare verso la dependance, sentiva il bisogno impellente di parlargli. Guardò un attimo l'orologio a pendolo vicino alla porta della camera, ricordò che a breve ci sarebbe stato il cambio turno tra le guardie e quello sarebbe stato il momento buono.

Quando fu tutto tranquillo, come aveva sempre fatto fin da piccola, spalancò del tutto gli scuri e uscì sul tetto. Aveva un po' di freddo ma non le importava. La luna quasi piena l'aiutò a trovare l'immenso albero rampicante che aveva usato mille volte come scala. Scese con leggerezza senza farsi notare e restando nascosta nelle ombre strisciò fino alla casetta poco distante.

'E se fosse addormentato?' Si chiese Kyrase dopo aver bussato piano alla finestra della sua camera. In quel momento si sentì stupida ed infantile, aveva agito senza pensare e probabilmente avrebbe fatto l'ennesima figuraccia. Invece il ragazzo aprì subito le imposte.

“Kyra?! Ma cosa...”

“Chiudi il becco e fammi entrare, fra poco ripassa la guardia!” Lo zittì saltando subito il davanzale per poi richiudere velocemente le ante.

“Non dovresti essere qui... eppure sono così felice di vederti!”

“Nemmeno tu riuscivi a dormire, vero?” Non era una vera domanda, la ragazza aveva visto che anche lui era ancora vestito di tutto punto. Si sentiva un po' in imbarazzo e per fortuna fu Alster a riprendere.

“Credo che dovremmo parlare.” Farfugliò, quando invece l'unica cosa che pensava era quella di abbracciarla e tenerla stretta a se. 'Follia...' Si disse, sforzandosi di mantenere la ragione.

“Non voglio più rimanere in questa casa...” Confessò lei, con gli occhi lucidi dalla rabbia.

“Ti rendi conto di cosa dici?”

“Tu non conosci Theodore. L'unico motivo per cui non c'è stata ancora la festa di fidanzamento è perché prima vuole risolvere il tuo mistero. Doveva incontrare la famiglia Galinar di ritorno dalle Alberne, ma lungo la strada ha trovato te. Non so se sia stata la mia benedizione o un'altra maledizione.”

“E tua madre?” Vedere la sua sofferenza era straziante, ma in quel momento non sapeva che fare.

“Lei crede sia arrivata l'ora che io metta la testa apposto!”

Anche se non conosceva bene quelle persone si rendeva conto che la ragazza diceva il vero. Lady Eleanor sembrava una donna semplice, nulla di strano che fosse convinta che la felicità per sua figlia fosse di fare un buon matrimonio. Ripensava a quanto s'erano detti l'altro giorno e ciò non fu certo d'aiuto. Forse anche lei ci pensò, perché nessuno dei due osava tirar su lo sguardo.

“Io... Potrei anche essere un delinquente. Ci hai mai pensato a questo?”

“Hai perso i tuoi ricordi, non il tuo cuore. Sono convinta che certe cose non cambino così facilmente...”

Senza rendersene conto si erano presi le mani e sugli occhi di lui comparve la debole traccia di una lacrima che voleva ricacciare indietro a tutti i costi. 'Perché mi sento così? Che diritto ho di fare questo?' Ogni tentativo di ragionare era perfettamente inutile. In quel momento erano troppo vicini e appena alzarono il viso si scambiarono un tenero abbraccio, poco più che fraterno.

“Cosa dovremmo fare?” Le chiese intuendo già cosa avrebbe risposto.

“Andare via insieme, tu e io... Non importa cosa sei stato in passato, ciò che ha importanza è quello che sarai da adesso in poi.”

A quelle parole il suo cuore riprese a martellare frenetico, ma questa volta arrivò anche un mal di testa tremendo. Il solo pensiero gli fece venire la pelle d'oca. Non aveva mai provato emozioni tanto forti, anche se aveva perso la memoria, era certo di questo. Tuttavia la sua coscienza, continuava a ripetergli che non poteva tradire così l'ospitalità appena ricevuta.

'E la mia di famiglia?' Ne ho ancora una ?' Si chiese. “Dammi ancora qualche giorno... vorrei prima ricordare. DEVO ricordare. Non ci siamo solo noi, lo sai. Magari da qualche parte ho anch'io una madre che mi cerca.” Nel momento in cui pronunciò la parola madre, ebbe un malore tale da costringerlo a piegarsi sulle ginocchia per non cadere.

“Alster!” Esclamò Kyra allarmata.

“Non è niente. Ora è meglio che torni in camera, prima che qualcuno si accorga della tua assenza.”

Non le diede il tempo di protestare, gli appoggiò l'indice sulle labbra e poi le sfiorò per un secondo con le sue.

'Ricorda presto!' Pensò lei, mentre con le guance ancora in fiamme, fuggiva via silenziosa com'era arrivata.
 

***
 

A notte fonda Alster continuava a sentirsi irrequieto. Troppi sentimenti si agitavano in lui facendolo rigirare da una parte all'altra del materasso. Alcune immagini avevano cominciato a riaffiorare nei suoi ricordi, ma ancora non riusciva a dar loro un senso. Quella frase, '...ciò che ha importanza è quello che sarai da adesso in poi', lo aveva tormentato da quando lei era tornata in casa. All'improvviso udì chiaramente nella sua testa una voce: la voce di un uomo che sapeva di conoscere fin troppo bene. 'Edward.... è tempo di ricordare.'

Si mise a sedere sorpreso di non provare alcuna paura. Una parte di se sapeva che sarebbe successo, era solo questione di tempo. Un sorriso malizioso apparve per un attimo sul suo volto. 'Finalmente, non ce la facevo più...' Ascoltò incredulo se stesso pronunciare quelle parole, chi era davvero? Si chiese mentre spostava lo sguardo verso il comodino in penombra, un raggio di luce lunare illuminava debolmente la stanza.

Continuò ad osservare fino a quando arrivò ciò che attendeva: un tenue bagliore azzurro nel quale apparve la forma di un pugnale. Dapprima si era manifestata trasparente come vetro fuso, poi acquisì lentamente una consistenza sempre più reale fino a diventare di metallo. Riconobbe subito la piccola e mortale Spina di Woodstone. Un'elsa d'argento di appena dieci centimetri cui era attorcigliata una decorazione a forma di serpente, che dalla bocca socchiusa liberava la lama: sottile acciaio rivestito di una patina d'argento incantato.

'Devi solo prenderla. E' tua di diritto' Disse la voce nella sua mente.

“Padre...” Sospirò il ragazzo chiudendo gli occhi.

Allungò la mano verso la piccola arma e prima ancora di toccarla, una valanga di ricordi si riversò nella sua testa, togliendogli il respiro. La prima cosa che mise a fuoco fu il volto di sua madre. In realtà era un'immagine sbiadita, perché era morta quando lui aveva appena sei anni. Ricordò subito l'amore che gli aveva trasmesso e le parole che gli ripeteva sempre 'Agisci sempre secondo coscienza'.

Ne aveva compreso appieno il significato durante l'adolescenza, se egli per primo non avesse potuto rimproverarsi nulla, nessun altro avrebbe dovuto metter naso sulle sue scelte. Ma in realtà non gli era mai stata data una gran possibilità di scegliere granché, almeno non fino a quel momento.


Il duro addestramento del padre lo aveva reso forte nel fisico e nella mente. Per padroneggiare le arti più semplici bastava un po' di concentrazione, ma per piegare la potenza degli spiriti elementali occorreva una volontà di ferro. Per lungo tempo il loro era stato un rapporto di odio e amore. Solo col senno di poi comprese che l'uomo Ulrick Woodstone, era stato costretto dal suo stesso senso del dovere ad agire secondo le regola del 'Fare quel che è giusto e non quel che si vorrebbe'.

Non se la sentiva di condannare la sua condotta ma continuava a pensare che Meyar sarebbe stata la scelta migliore per la successione alla guida della gilda.' Al diavolo la regola del sangue!' Imprecò tra se come faceva da ragazzo.


Osservava adesso le sue mani, alla destra reggeva il piccolo pugnale e teneva la sinistra col palmo rivolto verso l'alto. Per spezzare del tutto il sigillo che bloccava i suoi poteri e gli altri ricordi doveva solo fare una piccola incisione. 'Desidero davvero ricordare tutto quanto?' Domandò a se stesso.
Ricordava perfettamente la sua missione, sapeva cosa doveva fare e la cosa non gli piaceva.


 

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Capitolo 5
*** V - Esilio ***


V

Esilio


Poco prima dell'alba, Alster si avvicinò silenziosamente alla stanza di Kyrase e fece scivolare un biglietto sotto la porta. 'Ti aspetto al laghetto per le dieci.'. Lo aveva scritto in tutta fretta e si era ritrovato a firmare col suo vero nome, che dovette quindi barrare per scrivere a fianco quello con cui invece era conosciuto dalla famiglia. Non si preoccupò di nascondere l'errore, era certo che lei avrebbe capito.

Quella giornata si presentava migliore delle precedenti. Il vento aveva finalmente deciso di concedersi una pausa ed il sole era tornato a farsi vedere tra le nuvole. La ragazza, prima di uscire in giardino, raccolse i capelli in un'unica lunga treccia e indossò una giacca di lana leggera. Il piccolo specchio d'acqua si trovava nella parte posteriore della tenuta rispetto alla villa. Nonostante il sentiero lastricato, occorreva almeno un quarto d'ora prima di raggiungerlo. L'aria tra gli alberi era fresca, ma non fastidiosa, mentre arrivava notò che il ragazzo l'aspettava in piedi coi gomiti poggiati alla staccionata che costeggiava la riva.

“Quindi ti chiami Edward?” Chiese appena furono vicini.

“E' così infatti. Ieri ho ricordato ogni cosa...” Ma non c'era alcun trionfo nella sua voce.

“Ma è una notizia grandiosa! Perché lo dici a quel modo...” S'interruppe da sola all'improvviso, osservando meglio quello sguardo cupo e pensieroso: era evidente che doveva esserci sotto qualcosa di tremendo.

“Ciò che devo dirti non ti piacerà... non so nemmeno da dove cominciare.” Nel parlare aveva stretto a pugno la mano sinistra e ne era uscita fuori qualche goccia di sangue.

Lei la tirò bruscamente a se osservando il piccolo taglio. “Cosa hai fatto?” Chiese con un fil di voce.

“E' solo un graffio... non è quello che fa male.”

“Non girarci attorno, posso sopportare la verità.” Lo sguardo di lei si fece determinato.

“Sediamoci là” Propose indicando un albero riverso accanto a loro. “E' giusto che tu sappia tutto. Te lo devo in nome di ciò che provo per te. Ma quando avrò finito di parlare, probabilmente comincerai a odiarmi...e sarà un tuo diritto.” Ciò che doveva confessare era una vera tortura, probabilmente si sarebbe sentito meglio se invece dei ricordi gli fosse venuta la peste.

'Cosa può essersi di così terribile?' Si domandò mentre aspettava in silenzio.

“Il mio vero nome è Edward Woodstone. Sono l'unico figlio di Lord Ulrick. Sai di chi sto parlando?”

'Negromanti...' “Si” La sua risposta asettica fu accompagnata da un leggero cenno positivo del capo.

“E' da qualche tempo che la Gilda tiene sotto osservazione tuo padre ed alcuni nobili. Sono in combutta per destituire il Re. Lord Risenhall è la mente, Ser Kenin e lady Vanderfields i suoi occhi e le sue orecchie...”

“...e il mio patrigno sarà la sua mano?! E' quello che stai insinuando?!” Sapeva che la sua era un'accusa pesante, eppure aveva la sua logica. Tutti i mesi quell'uomo aveva accesso alle stanze del Re e se c'era qualcuno che poteva operare senza destare sospetti quello era proprio lui.

“Cosa sai della questione con Siaharas?” Domandò il ragazzo.

“Non molto. C'è tensione ai confini, continue incursioni e saccheggi da parte di truppe sparse. Tutte le volte pare che devastino un villaggio e poi spariscano come se nulla fosse accaduto.”

“Si chiama guerriglia. La coppia reale non può permettersi di aprire il conflitto in modo diretto. Quindi provocano continuamente il nostro Re, nella speranza che saranno i nostri eserciti a marciare per primi sul loro territorio.”

“Perchè?”

“In questo modo, gli stati del Sud sarebbero autorizzati a correre in loro difesa.”

“Non crederanno davvero che in tal caso, il popolo del Nord se ne starà con le mani in mano?! E' un odio antico e risaputo...” In quei pochi secondi anche Kyrase comprese tutto.

“Hai idea di quante vite sarebbero spazzate via in pochi mesi? E' per questo che la nostra Gilda ha deciso di intervenire. La pace è il bene più prezioso.”

“Non capisco, come ha fatto Theodore a farsi coinvolgere in tutto questo?” Per quanto avesse le sue idee non era mai stato un uomo tanto malvagio. Magari un po' approfittatore, ma da qui a tradire il proprio Re ne passava.

“Quella serpe di Risenhall è un ottimo oratore, inoltre è davvero convinto di essere dalla parte della ragione. Ha poi ottenuto la fiducia del tuo patrigno, facendo leva sulla sua avidità: gli ha offerto non solo denaro ma anche un titolo nobiliare e diversi possedimenti. Così quell'uomo adesso crede che il suo gesto, oltre ad arricchire le casse del futuro Reggente, garantirà benessere duraturo alla vostra famiglia.”

“Mia madre lo sa?” Domandò lei.

“Quella povera donna non sospetta nulla...” La tranquillizzò. Raccontò poi i dettagli del piano architettato dai nobili, scoperti grazie al potere di Meyar.

“...E se vi foste sbagliati?” Una parte di lei ancora non voleva credere a quello che le aveva appena ascoltato.

A quella domanda Edward abbassò lo sguardo. “Theodore Norathus ha fatto la sua scelta lo stesso giorno in cui noi abbiamo scoperto i nostri sentimenti. Mi dispiace.”

“Hai detto che avrei potuto odiarti... perché?” Immaginava quale sarebbe stata la risposta, tuttavia aveva bisogno di sentirlo dire da lui.

“Io sono qua per fermarlo. La mia perdita di memoria era causata da un incantesimo. E' stata un'idea di mio padre. Se avessi soltanto fatto finta, avreste potuto smascherarmi in qualsiasi momento. Ora invece tutti voi avete piena fiducia in me.” Non nascose la tristezza e l'amarezza che provava in quell'ammissione. Odiava la menzogna.

“Ma non era più semplice un attentato sulla strada anziché tutto questo?! Come hai potuto vivere sotto lo stesso tetto dell'uomo che adesso devi uccidere? Non siete meno infidi di quei nobili.” Si sentiva tradita e furiosa, eppure quel ragazzo le aveva appena confessato tutto di sua volontà.

Questa volta, lui ricacciò dentro le lacrime con un incantesimo. Edward il negromante sapeva bene come nascondere le proprie emozioni. La parte di se che invece era stata Alster voleva soltanto gridare, morire o fuggire lontano.

“E' quello che avrei detto anch'io.” Continuò con tono freddo. “Ma in quel momento il cerchio non era ancora chiuso. Tuo padr... Patrigno, poteva ancora dare risposta negativa alla richiesta dei cospiratori. Inoltre un attentato li avrebbe portati a scegliere qualche altro piano, magari più difficile da scoprire.”

“Quello che dici ha senso: ed io adesso dovrei odiarti, dovrei chiamare le guardie, dovrei... Che la Madre mi assista! La vita del Re è più importante di quella di un mercante traditore...” Gli occhi di Kyrase invece non si sforzarono di trattenere le lacrime, scendevano lentamente sulle sue guance, eppure rimaneva composta.

 

“Non ho scelto io questa vita...” Disse piano lui. “Devo completare quest'incarico 'per un bene superiore', come direbbero i più anziani tra noi. Ma non tornerò alla Gilda. Non dopo che ho conosciuto una vita normale.” 'Non dopo che ho conosciuto te...' In quel momento sentiva il vuoto dentro di se.

“Non voglio lasciarti.” Decise infine lei.

“Ma non è giusto! Non posso chiederti di essere complice di questo delitto. Quell'uomo è stato un padre per te!”

“Un padre che vuole rovinarmi la vita con un lurido matrimonio di interesse. Un padre capace di uccidere il proprio stesso Re! Non lo voglio un uomo del genere come padre, non più.”

“Cosa dirai a tua madre, allora?”

“Si consolerà con la sua fede” Rispose ricacciando indietro le lacrime.

“Ti rendi conto che quando tutto sarà finito, non potrai più... mai più tornare a casa. Non rivedrai più nessuno delle persone che ti sono care.”

“Ne sono consapevole.” Come era cosciente del fatto che non avrebbe mai trovato nessun altro capace di amarla con altrettanta sincerità. 'Non posso odiarlo...' “Chiedo solo una cosa in cambio.”

“Ti darò tutto ciò di cui sarò capace. Te lo prometto.”

“Voglio sapere se il tuo 'nobile padre' ha pensato ad un modo di punire anche Lord Risenhall e i suoi amichetti... O dovrà provvedere al più presto!”

“Lui personalmente e la nostra maga più potente si occuperanno di loro appena...” Fece una pausa deglutendo la sua stessa saliva, non riusciva a pronunciare quelle parole in sua presenza.

“...Appena avrai portato a termine il tuo compito.” Concluse seccamente lei.

 



Epilogo

 

Entro la mezzanotte del giorno successivo, i piani che minavano alla salute del Re furono sventati. Edward scelse di colpire il proprio bersaglio durante il sonno, fermò il suo cuore con un incantesimo e per tutti sembrò una semplice fatalità. Non poteva rivelare alla famiglia Norathu la verità sul proprio nome, ma disse di appartenere ad una nobile famiglia d'oltreoceano e nonostante le perplessità iniziali, lady Eleonor consentì alla propria figlia di partire assieme a lui.

Di tutti i cospiratori era rimasta in vita soltanto Lady Vanderfields, che tuttavia perse completamente il lume della ragione nel corso dell'anno successivo.


 

“Tutto quel che volevo da ragazzo era leggere e suonare...”Confessò Edward a Kyra, mentre si accomodavano nella cabina della nave su cui si erano appena imbarcati. 'Ora dovrò comunque usare la magia per proteggerci...' Avevano preso accordi con alcuni contrabbandieri per un passaggio verso il continente occidentale. Il piano era semplice: là avrebbero cambiato nome e cominciato una nuova vita.

Quando furono lontani dalla costa, si affacciarono al ponte. Lei tagliò via la propria treccia di capelli e la gettò in mare, la sua chioma fu presto raggiunta dalla Spina di Woodstone che scomparse in un bagliore di luce appena sfiorò la superficie dell'acqua.

In quello stesso momento, in alto nel cielo su due ali d'argento si librava un giovane drago che volse lentamente il proprio sguardo in direzione della nave.

 

 

***


 

Diversi giorni dopo Lord Ulrick non riusciva a darsi pace. Seduto a un tavolo della sala principale, osservava la piccola lama incantata piantata nel legno, con la sensazione che la propria sedia fosse disseminata da infiniti chiodi. Tutto ciò che temeva si era realizzato: Edward non era tagliato per fare il mago, figuriamoci il negromante. Ma il suo orgoglio era stato cieco e sordo a quella verità. Lo aveva addestrato per anni, sperando di avergli fatto capire l'importanza della loro missione, ma nonostante i mille tentativi per fare di lui la futura guida della Gilda, li aveva lasciati dopo aver completato con successo la prima missione.

In una mano stringeva il foglio che sanciva la sua condanna a morte per abbandono ed alto tradimento. Fu una decisione sofferta, ma votata dal Consiglio all'unanimità. A lui fu risparmiato di presenziare per quell'occasione: tutti sapevano bene che avrebbe votato seguendo La Regola, ma nessuno se la sentì di dover chieder quel sacrificio al proprio signore.

Nel momento in cui appose la firma su quell'atto, una sottile lacrima uscì lentamente dal suo occhio. Aveva garantito la pace di un intero continente ed aveva fallito come padre.

'Adesso dovrai lottare e fuggire per difendere la tua vita ed il tuo amore...'


 



 

Pensieri a mezz'aria...

Ed eccoci finalmente all'ultimo capitolo di questa breve long.
Alla fine, per tutta una serie di motivi, non sono riuscita a correggerla come avrei voluto
ma come già detto, non posso che fare appello al vostro buon cuore.
Mi fa un po' strano ripensare al periodo in cui l'avevo scritta per la prima volta.
Ricordo bene che avevo messo la dedica ai miei 2 bimbi, che come sempre
avevano fatto (e tutt'ora fanno) di tutto per impedirmi di scrivere al meglio... ;) LOL
Che ci posso fà? Inutile dire che al loro bellissimo sorriso perdono tutto XD

Ma torniamo alla storia.
Il finale aperto l'ho lasciato di proposito, perché un giorno mi piacerebbe
tornare a scrivere qualcosa su quei personaggi e il loro mondo.
Purtroppo non ho date certe, perchè al momento sto cercando di portare avanti
un'altra long... -_-

Per adesso vi ringrazio davvero tantissimo per essere arrivati fino alla fine.
Salutoni.
Lara.
A presto :D

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