Fire

di Coleottero
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il segreto ***
Capitolo 2: *** Prima della tempesta ***
Capitolo 3: *** L'ordine dei Roof Jumper ***
Capitolo 4: *** Il Cavaliere di Grifon ***
Capitolo 5: *** Piccione in fiamme ***
Capitolo 6: *** In punizione ***
Capitolo 7: *** Il gioco della fiducia ***
Capitolo 8: *** Occhi gialli, grigi e blu ***
Capitolo 9: *** Parole su carta ***
Capitolo 10: *** Creede ***
Capitolo 11: *** Questione di sguardi ***
Capitolo 12: *** Orme ***
Capitolo 13: *** L'ultima delle Battaglie del Cielo ***
Capitolo 14: *** Che il Natale arrivi in fretta ***
Capitolo 15: *** L'arma segreta ***
Capitolo 16: *** L'ospite a sorpresa ***
Capitolo 17: *** L'erede di Grifon ***
Capitolo 18: *** Fuliggine ***
Capitolo 19: *** Il patto ***
Capitolo 20: *** Il Babau ***
Capitolo 21: *** René vende, René lavora ***
Capitolo 22: *** Le buone maniere ***
Capitolo 23: *** Lanciata nel vuoto ***
Capitolo 24: *** Pasticcio! ***
Capitolo 25: *** Lacrime ***
Capitolo 26: *** L'inganno ***
Capitolo 27: *** La scissione ***
Capitolo 28: *** Mosche ***
Capitolo 29: *** Rivelazioni ***
Capitolo 30: *** Regenesis ***
Capitolo 31: *** Redivivo ***
Capitolo 32: *** L'asso nella manica ***
Capitolo 33: *** Higitus Figitus ***



Capitolo 1
*** Il segreto ***


Jenny sollevò gli occhi dal quaderno e incrociò quelli del nuovo arrivato, neri come il carbone. Un brivido la percorse e tornò subito a fissare la pagina bianca. Era certa di essere arrossita e sperò che nessuno se ne fosse accorto

-Ragazzi date il benvenuto a Tristan R. Jumper, che concluderà con noi quest'anno scolastico- annunciò con voce stridula la professoressa Mayer. Il ragazzo fece un cenno di saluto e osservò tutti i compagni uno ad uno. Poi si diresse verso quello che sarebbe stato il suo nuovo banco, spettava a lui scegliere. Quando Jenny vide che si stava sedendo proprio a fianco a lei, il suo cuore sembrò saltare un battito. Tristan non le disse niente. Non un "ciao", non un "come va", prese astuccio e quaderno e li mise da parte, incrociò le braccia sul banco e le usò come cuscini, affondando la faccia nelle maniche della felpa grigia troppo larga. La professoressa Mayer fece una smorfia ma per qualche motivo decise di non sgridarlo. La mattina passò in fretta e per tutto il tempo Jenny non fece altro che fissare il nuovo arrivato, che però non si mosse neanche di un millimetro. 
-Allora com'è?-
-È figo?-
-È simpatico? -
-Entrambe le cose?-

Jenny sbuffò davanti ai messaggi inviatele dalle amiche e rispose -È silenzioso- Fine della conversazione. Riflettè a lungo sullo strano ragazzo misterioso che la inquietava e incuriosiva allo stesso tempo e fece perfino qualche ricerca in internet. Non trovó niente, era un fantasma. 
Quella sera stessa le arrivò un messaggio da un numero sconosciuto "ciao" diceva. 
"Ciao chi sei?"
"Tristan"
A Jenny tremarono le mani "Perchè mi scrivi?" Non le venne in mente di chiedere come avesse avuto il suo numero.
"Ho bisogno di un favore. Niente di particolare, devi solo dire al professore della prima ora che sono assente per motivi di salute"
Era lì da solo un giorno e iniziava già con le assenze? Jenny rispose solo "Okay" e sperò in un "grazie" che non arrivò. 
Il giorno dopo fece come le era stato chiesto. Il cieco professor Cremly non fece domande, si limitò ad annuire. Jenny lo ringrazò mentalmente perché non sarebbe stata in grado di inventarsi scuse. Tristan mancò anche il giorno dopo. E quello dopo ancora. Mancò tutta la settimana. Allora Jenny decise di scrivergli. "Perchè stai assente?" 
La risposta le arrivò immediata "scusa, non sono affari tuoi"
Jenny si morse il labbro. No, non gli avrebbe più scritto. 

E invece il lunedì pomeriggio fu costretta ad infrangere questa promessa fatta a se stessa "La professoressa Mayer si sta arrabbiando. Ti conviene venire"
Silenzio. Silenzio. "Va bene ci sarò"
Jenny arrivò a scuola presto la mattina seguente e attese pazientemente l'arrivo del ragazzo. Suonò la campanella delle otto e lui non era ancora in classe. Il professor Cremly iniziò a spiegare senza neanche fare l'appello. Tristan arrivò alle otto e un quarto. Socchiuse piano la porta ed entrò silenzioso. Se non si faceva sentire dal professore cieco forse riusciva a scampare la nota per il ritardo. Gli passò davanti con passo felpato, ma quando sembrava essere riuscito a farcela, fece una smorfia si dolore e gli sfuggì un gemito. -Ah, il signorino Tristan! Piacere di conoscerla! Mi sento onorato dal fatto che lei oggi abbia deciso di degnarci della sua pesenza. Ed è anche arrivato con elegante ritardo! - lo prese in giro il professore di storia e sorrise -Ora che ci penso mi ricordo che ha anche una settimana d'assenza da giustificare e spero che almeno questa volta sia puntuale- Tristan sprofondò nella sedia e tirò fuori il materiale. -Come sapevi che era cieco?- sussurò Jenny. Per la prima volta Tristan le rivolse la parola di persona 
-Eh... me l'hanno raccontato-
-Allora? Ha con sè la giustifica?- chiese il professor Cremly. 
Il compagno di banco di Jenny annuì (anche se il professore non poteva vederlo) e prese il libretto delle assenze. Si alzò in piedi e con passo rigido si diresse alla cattedra. Lasciò lì il libretto e con una smorfia tornò a posto -Tutto bene?- chiese Jenny. -Sì - rispose lui seccato.
Passarono due ore tranquille e poi suonò la ricreazione
-Non esci?-
-No-
Jenny lo lasciò solo in aula e si acquattò in corridoio , nascosta dietro gli armadietti, per spiare i suoi spostamenti. Lei si definiva "una spia", ma il termine esatto era "stalker". 
Verso la fine della ricreazione finalmente lui si decise a muoversi e si diresse verso i bagni.
Jenny ebbe come un conflitto interno:
"Seguilo!"
"No, è il bagno degli uomini!"
"È molto sospetto"
"Ma cosa vuoi che faccia lì dentro!?"
"Ah non lo so! Per questo devi andare a vedere!"
"Manno!"
"Massì!"
Beh Jenny entrò nel bagno degli uomini in punta di piedi. Un po' perché non voleva fare rumore, un po' perchè il pavimento era lurido. Tristan era appoggiato al lavandino. Con movimenti meccanici si tolse la felpa. Jenny si tappò la bocca con una mano per non urlare. Tristan indossava una t-shirt tutta nera, che faceva risaltare la pelle chiara del ragazzo ma soprattutto le sue ustioni. Le braccia erano scorticate fino al polsi; erano evidenti segni di bruciature. Tristan le mise sotto il getto d'acqua fredda del lavandino e gemette. 
Jenny era una ragazza facilmente impressionabile e per lei vedere quelle ustioni fu un colpo nello stomaco. Non resistette e vomitò in un wc. Tristan la sentì e non esitò ad aprire la porta del gabinetto aveva di nuovo indosso la felpa 
-Cosa ci fai qui?? Nel bagno degli uomini??-
-Sto vomitando, non vedi? Questo era il bagno più vicino-
La tensione sulle spalle di Tristan si affievolì 
-Vuoi che chiami qualcuno?-
-No, grazie ora sto meglio -
Le ore passarono lente e pesanti, ma la mente di Jenny correva velocemente 
"Come ha fatto a ustionarsi così?" "Perchè non ha detto niente a nessuno?" "Ecco perchè non veniva a scuola! Se sta così male è colpa mia, che ho insistito che venisse...."
Alla fine delle lezioni Jenny si diresse a piedi verso casa, come tutti i giorni.

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Capitolo 2
*** Prima della tempesta ***


Il cielo era nuvoloso ma non faceva freddo. Jenny adorava questo tempo, il momento prima della tempesta. L'aria era carica di elettricità. Come faceva sempre, Jenny salì sul basso muretto arancione che percorreva la strada in tutta la sua lunghezza e giocò a rimanere in equilibrio. Era brava. Era da quando aveva cinque anni che, passando per quella strada, percorreva il muretto. Sua nonna le aveva insegnato una canzoncina che la aiutava a mantenere la concentrazione, non aveva mai sbagliato un passo. Alla fine del muretto scese con un salto e atterrò perfettamente, nonostante la cartella pesante. Le ci vollero due secondi per accorgersi che l'ombra che vedeva per terra non era sua. Si voltò di scatto e si ritrovò faccia a faccia con Tristan. -O-oh- si schiarì la voce -Ciao- -Ciao- Rimasero zitti lui con gli occhi puntati in quelli di lei, che con la faccia in fiamme tentava di non farsi catturare lo sguardo. -Per chi lavori?- chiese lui serio. Jenny sbattè le palpebre -Scusa?- aveva sentito bene? -Ti ho chiesto per chi lavori- ripetè lui con voce seria. -I-io ho quattordici anni, non posso ancora lavorare- -Smettila di mentire. So che lavori per qualcuno; chi? Grifon? Nightman?- -Non li conosco... sono delle aziende? - -E va bene. Si vede che gli sei molto fedele. Ma noi Roof Jumper sappiamo come farti parlare- E detta quest'ultima frase per Jenny insensata, Tristan esplose in un vortice di fuoco che la avvolse.

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Capitolo 3
*** L'ordine dei Roof Jumper ***


-Tristan mi hai sorpreso e deluso -
-Lo ammetto, mi sono sbagliato!-
-Ma non è da te-
-Lo so ma…-
-Shhhh! Si sta svegliando-
-Non è colpa mia se il suo fisico non sopporta gli Squarci-
-Shhhh!-

Jenny aprì gli occhi.
Le voci le erano arrivate ovattate e lontane, ma adesso che si stava riprendendo e stava mettendo a fuoco iniziava a rendersi conto di cosa aveva appena sentito  -Cosa sono gli Squarci?- chiese con voce flebile.
Il vecchietto incartapecorito che si ritrovava davanti scoccò un'occhiataccia a Tristan.
-Niente cara. Ti senti meglio?-
-Sì- si mise seduta -Come ha fatto Tristan? A fare quella cosa con il fuoco-
-Di cosa stai parlando tesoro? Fuoco? No, tu sei caduta da un muretto, hai picchiato la testa e hai perso i sensi. Questo ragazzo stava passando di lì, ti ha trovata e ha chiamato l'ambulanza-
Jenny sbattè gli occhi perplessa -No… io non sono caduta. Non cado mai-
-Beh, a meno che tu non ti sia addormentata sul marciapiede non vedo altre opzioni-
Jenny non polemizzò troppo, ma lei sapeva cosa aveva visto. 
Venne scortata a casa e lasciata davanti all'uscio.
Suonò il campanello e suo papà corse ad aprire -Jenny! Sei tu! Cielo quanto ci hai fatto preoccupare! Ma dov'eri?? Entra, entra- poi corse al piano di sopra facendo le scale quattro gradini alla volta -Tesoro! Jenny è tornata!-
"L'ospedale non ha avvertito i miei genitori? Forse non era un vero ospedale…ci avevo visto giusto, ma a questo ci penserò dopo, ora devo capire cosa raccontare" riflettè Jenny. Lo sguardo gli scappò fuori dalla finestra e vide che aveva piovuto.
-Jenny!- esclamò la mamma -Mi hai fatto stare tanto in pensiero! Dove sei stata??-
-Il fatto è che ha piovuto e mi sono dovuta riparare sotto una tettoia per non bagnare la cartella-
-Potevi fare uno squillo!-
-Eh… il cellulare mi è caduto in una pozzanghera, ma adesso funziona-
I genitori discuterono a lungo di questa faccenda ma poi il discorso si perse. 
Dopo cena Jenny scrisse un messaggio a Tristan "Io ti ho visto. So che non è stata la mia immaginazione"       
Il ragazzo non le rispose. 
Il giorno dopo era di nuovo assente. 
Jenny era infastidita. Lei sapeva quello che era successo, ma era così surreale che sarebbe bastato ancora poco per farle credere di essersi immaginata tutto.
Però non le faceva neanche male la testa… se l'avesse battuta ci sarebbe stato almeno un livido…
In quei giorni sua mamma venne sempre a prenderla in auto, temendo che l'accaduto che l'aveva fatta così preoccupare  potesse ripetersi. Ma dopo un po' che le cose andavano bene decise di lasciare tornare Jenny a casa da sola. 

Venerdì, Tristan tornò a scuola di venerdì. Con il disappunto dei professori. 
Jenny si disse di essersi quasi dimenticata di lui, ma in realtà non c'era stato giorno in cui non l'avesse pensato.
I giorni correvano veloci, il tempo le sfuggiva di mano, troppo concentrata sui suoi pensieri.
Lunedì, non si era quasi accorta del weekend, passato tra i libri e la tv. 
E proprio all'inzio di una nuova, stressante settimana, Tristan le rivolse di nuovo la parola -Ho pensato … che potrei accompagnarti a casa, se ti va - Jenny boccheggiò -Dici davvero??-
-Certo-
-Allora va bene!- rispose Jenny con la voce di un tono più acuta del normale.

Un paio di ore dopo stavano camminando a fianco a fianco sulla stradina percorsa dal muretto arancione, con i passi che rimbombavano tra le pareti esterne delle case.
Jenny portava il vocabolario di italiano in mano, non nello zaino, e lo stringeva così forte che le nocche erano sbiancate. Tristan si fermò -Ascolta… io so che ti ricordi cos'è successo, è importante che tu non lo dica a nessuno -
Jenny spalancò gli occhi e per poco non le scivolò di mano il dizionario  -Lo sapevo!- fece un saltino -Sapevo di non essermi immaginata tutto!-
-ehm…. Già. Non dirlo in giro, ok?-
-Aspetta, prima spiegami come hai fatto a fare quella cosa con il fuoco!-
Lui la fissò gelido -No-
E proseguì superandola. Lei si girò di scatto -Oh andiamo! Ho sempre voluto avere qualche potere magico! Voglio imparare anch'io-
-Questa- ringhiò lui voltandosi -Non è semplice magia. Sono segreti che l'ordine dei Roof Jumper si tramanda da secoli e NESSUNO al di fuori della famiglia ne è mai venuto a conoscenza-
-Aspetta… Tristan R. Jumper… R sta per Roof quindi. Ma che cognome stupido "saltatore di tetti"!-
Tristan grugnì -Parli tu, Riseson- si bloccò di colpo, con la bocca semiaperta.
-Che c'è, non è così male-
-No niente stavo pensando… no niente-
Jenny si imbronciò. Il suo comportamento era alquanto infantile, ma non le importava. -Ma uffa io voglio che mi spieghi tutto!-
-Ho introdotto questo discorso solo per chiederti di non parlarne-
-Non ne parlerò … se prima mi spieghi! Cos'è l'Ordine dei Roof Jumper di preciso?- Jenny sbattè un piede per terra. Partì una scintilla, ma nessuno se ne accorse.
-Nascondiamo agli occhi delle persone comuni verità che non accetterebbero e intanto andiamo alla ricerca della reincarnazione della Fenice, che però non siamo gli unici a cercare- Tristan si tappò con entrambe le mani la bocca ed imprecò, poi alzò gli occhi al cielo -Come.... come è possibile?!?! Io non volevo risponderti! Ecco, ora sono nei guai. Arriva Venius-
-Chi è?- 
Ci fu un tuono e l'aria davanti a loro iniziò ad incresparsi, come l'effetto del caldo in una giornata di sole.
Un vortice di fuoco prese vita dal nulla e scorticò la strada, sollevando pezzi di asfalto e ciottoli.
-Sono io- rispose con voce tonante un vecchietto che uscì dal turbine di fiamme.
Jenny lo riconobbe subito, si trattava del vecchietto che si era ritrovata davanti dopo essersi risvegliata in "ospedale ".
-Tristan- disse l'uomo con voce dura. 
​-M-mi dispiace davvero non volevo dire niente ma le parole mi sono scivolate fuori contro la mia volontà- balbettò lui.
-Non ti preoccupare, lo so. E so anche perchè, sono stato così cieco a non riconoscerla prima- Tristan lo guardò confuso e gli occhi dell'anziano scintillarono -L'hai trovata-

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Capitolo 4
*** Il Cavaliere di Grifon ***


Jenny era stata trascinata per le strade del paese dal vecchietto che camminava perfino più velocemente di lei, con Tristan a seguito che la tranquillizzava di tanto in tanto. -Niente Squarci per lei- borbottava di tanto in tanto l'anziano. -Ma dove stiamo andando?- -Nel Quartier Generale- rispose Tristan -A fare cosa?- -Devi venire messa al corrente di cosa sta succedendo e di cosa abbiamo bisogno che tu faccia per noi- Jenny rimase un istante zitta. Aveva così tante domande ma non sapeva da quale partire per prima. Fece per aprire bocca quando sentì sibilo tagliare il vento. A quanto pare non era stata l'unica ad udirlo, perchè Venius e Tristan si bloccarono. -Maledizione - mormorò Tristan a denti stretti. -Che succede?- domandò piano Jenny. Poi lo vide, anche se di preciso non sapeva di cosa si trattasse. Una figura stava piombando dal cielo verso di loro. Sembrava così potente… con un centro di gravità proprio, infatti attirava a sè le nuvole che la seguivano nella sua mortale picchiata. La "cosa" atterrò con uno schianto, crepando la strada e sollevando un gran polverone. Jenny sentì la presa dell'anziano farsi più salda. Una figura scura spuntò fuori dalla nube di polvere e si presentò altezzosa davanti a loro in tutta la sua grandezza. E nel silenzio che precede la tempesta, il cellulare di Jenny suonò. Lei imbarazzata lo afferrò con mano tremante e rispose -Mamma scusa mi sono dovuta trattenere a scuola, tornerò tardi. Ti devo lasciare, ciao- e chiuse la chiamata. Il mostro che si trovava davanti socchiuse gli occhi bianchi a due fessure. E rise. La sua risata era aspra, ma profonda. Ma guardando meglio… Jenny si accorse che non era lui a ridere. Ci fu un rumore metallico e un uomo in armatura scura scese dalla groppa dell'animale. Il viso del "cavaliere" era coperto da un elmo nero. Aveva uno strano modo di muoverso, rigido ma allo stesso tempo sciolto. Puntò entrambi gli indici verso Jenny e si rivolse a Venius -Sarebbe lei? Mi prendi in giro?- Il vecchietto nascose Jenny dietro di sè. Tristan si era avvicinato e sembrava teso. Il cavaliere nero vide che la ragazzina continuava a fissare il suo animale -Ti piace il mio grifone? Attenta, se lo guardi troppo a lungo negli occhi potrebbe decidere di mangiati - disse con una nota divertita nella voce. Spostò lo sguardo su Tristan -Oh andiamo, cos'è quell'espressione cupa? Siamo tra amici. Sono qui solo per lei, lasciate che la prenda e…- -Scordatelo- lo interruppe il ragazzo. Il tono di voce del cavaliere nero cambio e diventò calmo ma aggressivo -Speravo lo dicesti- E sferrò il primo attacco. Con uno scatto fulmineo srotolò dal braccio una catena, che in mano a lui iniziò ad ardere di fuoco nero; la usò come una frusta, puntando verso Tristan. Venius roteò su se stesso ad una velocità impressionante non solo per la sua età, creando un vortice d'aria che deviò il colpo. Poi afferrò Jenny per le spalle e la spinse verso Tristan -Portala al Quartier Generale, con il Cavaliere di Grifon me la vedo io, usa comunque uno Squarcio! Ormai è necessario- ordinò. Tristan afferrò Jenny per un polso e la tirò verso sè. La avvolse in un abbraccio protettivo e intorno a lui si creò il solito vortice di fuoco. Quando svanì, i due erano scomparsi. Il Cavaliere di Grifon osservò la scena pacato, poi ridacchiando disse a Venius -Davvero, bella mossa. Avete "salvato" la Fenice, per ora. E adesso credi che non ti ci vorrà molto a sconfiggermi …- rise, con voce roca - Mi dispiace, penso proprio che le cose andranno diversamente. Sono più forte dell'ultima volta- Spalancò le braccia e il vento iniziò come ad ululare. Il flebile sole venne completamente nascosto dalle nuvole. -Io sono Il Cavaliere di Grifon, cacciatore di taglie, e tu, Venius Roof Jumper, sei finito nella mia trappola- E comparvero. A centinaia. Sbucavano dalle nuvole grigie. In tutta la sua vita secolare, Venius non aveva MAI visto così tanti grifoni in una volta sola. Sentì un groppo in gola, poi una sensazione che era tempo che non provava e che quindi riconobbe a stento: paura. Il primo grifone gli atterrò davanti con uno schianto. Venius intrecciò le mani che iniziarono a bruciare -Non sarò preda facile- annunciò. Il Cavaliere di Grifon salì in sella al suo grifone -Tu sei uno, loro centinaia. Non c'è confronto- Afferrò le briglie e spronò l'animale a muoversi. Con un solo battito d'ali il grifone s'innalzò in cielo di una quindicina di metri. -Attaccate!- L'ordine rimbombò per tutto il cielo e i grifoni si gettarono contro il centenario, che respinse la prima ondata con un anello di fuoco. "Non una preda facile... non una preda" pensò lui, prima che la seconda ondata piombasse su di lui.

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Capitolo 5
*** Piccione in fiamme ***


Jenny si era ripresa dal viaggio nello Squarcio creato da Tristan. Ancora non capiva perchè perdeva sempre i sensi. La cioccolata calda era bollente e lei continuava a passarsi la tazza da una mano all'altra.Tristan ne aveva preparate tre . Una per lui, una per Jenny ed una per Venius, che però tardava ad arrivare. Il ragazzo sembrava preoccupato ma Jenny decise comunque di fargli qualche domanda -Ma chi è questo… Cavaliere di Grifon?- -Una canaglia. Il miglior cacciatore di taglie sul campo. E purtroppo, è al servizio di Grifon- -Che sarebbe?- -Un nemico da sempre dei Roof Jumper, dato che ci contendiamo da secoli la stessa cosa…- -Che sarebbe?- ripetè Jenny sempre più curiosa. -Una creatura immortale: la Fenice. Grifon la vuole usare solo per sè, assorbirne l'essenza per smettere di temere la morte. Questo però comporterebbe l'estinzione della creatura. Noi invece vogliamo proteggerla in quanto unica al mondo- -E io…. cosa ho a che fare con questa storia?- -A sentire Venius…- le fece capire che non era d'accordo -…tu saresti la reincarnazione della Fenice - Jenny lo fissò sbigottita da dietro gli spessi occhiali, poi scoppiò a ridere di una risata nervosa -Ma non dire sciocchezze- -Beh… si spiegherebbe perché ho percepito una strana aura intorno a te e ti ho creduto un'infiltrata nemica… e poi perchè ogni volta che mi fai una domanda non riesco a trattenere la verità- -Quest'ultima cosa che c'entra?- -Per spiegare ti dovrei parlare delle origini e delle Battaglie del Cielo, ma è meglio che ti racconti Venius questa storia, non appena tornerà - -Non pensi che se possedessi un qualche potere sovrannaturale me ne sarei accorta prima?- -Credo che prima i tuoi poteri fossero inibiti dalla forma umana in cui erano costretti a stare. Qualcosa si è spezzato quando ti ho trasportata con me attraverso il primo Squarcio, è come se avessi involontariamente premuto un pulsante di accensione- -Ah...- disse solo lei. -Se ho capito bene gli Squarci sono come... un teletrasporto?- -All'incirca- -Perche Venius non ne ha usato uno per fuggire con noi?- -Doveva distrarre il Cavaliere di Grifon abbastanza da non permettergli di mettersi sulle nostre tracce. Vedi, gli Squarci utilizzano una specie di flusso di energia che collega molti punti della Terra. Il fuoco mi permette di diventare energia ed entrare in questo flusso per farmi portare alla velocità della luce, e forse anche più, nel punto collegato con la Terra che ho bisogno di raggiungere. Gli uomini di Grifon hanno un potere simile, solo che loro invece di diventare energia, riescono a piegare essa alla loro volontà. Se dovesse cominciare un inseguimento in questo flusso, loro sarebbero in grado di spingermi fuori dal percorso senza neanche toccarci. Se ciò accadesse, mi ritroverei in un punto così alto e freddo dell'atmosfera che morirei di certo. Però il loro potere ha un raggio d'azione abbbstanza corto, un kilometro. Se riusciamo a passare il kilometro senza che uno di loro si sia inserito nel flusso, siamo salvi- Jenny storse la bocca -Dici che abbiamo fatto bene a lasciare che Venius combattesse da solo contro il Cavaliere di Grifon? Invece di fuggire non potevi aiutarlo?- -Noi abbiamo solo eseguito un suo ordine- Rimasero un istante in silenzio e finirono la cioccolata. -Non stiamo qui con le mani in mano però. Dai, vieni in cortile; verificheremo il tuo potenziale- annunciò Tristan saltando in piedi. -Il mio potenziale?- Tristan si avvió verso l'uscita senza rispondere e aprì un portellone che fece entrare molta luce e costrinse Jenny a socchiudere gli occhi -Aspettami!- Erano usciti in un cortile di cemento, circondato su due lati da un muro, dagli altri due dall'edificio. Manichini di paglia e stoffa erano disseminati per tutta la piana grigia. Alcuni piccioni giravano e beccavano i ciuffi di paglia qua e là, alla ricerca di cibo. -Ecco- -Cosa dovrei fare?- -Dai fuoco a un manichino- -Non ho nè accendini nè fiammiferi con me ….- -Intendo con i tuoi poteri- -Sempre che io li abbia…-sottolineò Jenny -Non so usarli- -Neanche un po'?- -Neanche un po'- confermò lei. Tristan abbassò gli occhi pensieroso -Per esercitare il controllo sul fuoco… devi collegarlo ad un ricordo. Deve essere qualcosa di forte, che ti ha causato un'emozione intensa che tu non dimenticherai mai- Jenny ci riflettè un attimo, poi rispose -Il Natale- -Il Natale non è….- -Aspetta, fammi finire. L'ultimo Natale mi sono arrivati pochi regali- Lui fece per interromperla di nuovo ma lei continuò -Ma non mi importava se erano pochi, la cosa che mi infastidiva era un'altra. Non erano impacchettati, neanche uno, e non c'erano i fiocchetti azzurri che mia mamma attaccava sempre al pacchetto, come se ai miei genitori non importasse più e non avessero voluto 'sprecare' tempo per me. Non c'era niente di quello che mi piaceva. Chi regalerebbe un libro di foto di fari ad una quattordicenne?? L'ha comprato mio papà per sè perchè sapeva non l'avrei usato. E non mi hanno filmato, ogni anno da quando ne ho memoria mi filmavano mentre aprivo i regali. Quest'anno no, è come se avessi perso importanza. Ma io voglio tornare piccola, quando la scuola era facile, potevo giocare tutto il pomeriggio con mia mamma, mio papà lavorava dal computer e ogni tanto scendeva a salutarmi, quando potevo salire sui gonfiabili, perchè a me piacciono ancora, quando mangiavo gelati ogni giorno in giardino sotto l'albero di pesche, quando tutti mi volevano bene perchè bastava loro solo un sorriso…- i suoi occhi erano lucidi. -Brava, la nostalgia brucia. Come ti senti?- -Sento una strana sensazione dove c'è il cuore... È cattivo segno? Sto per avere un infarto?- -No, no. Adesso devi buttare fuori tutto il fuoco che senti in quel punto. Immagina di avere una pallina di gomma in mano. Immagina di riversare lì tutta la nostalgia, trasferiscila dal cuore alla pallina. Ora, lanciala più lontano che puoi- Jenny strinse i denti e chiuse gli occhi e lanciò la pallina immaginaria. Riaprì gli occhi, uno alla volta. Fece un'espressione stupita: non sentiva più la sensazione fastidiosa. Tristan la guardava sorridendo -Ce l'hai fatta - Jenny sbattè di nuovo gli occhi. A una decina di metri da loro un manichino stava andando a fuoco insieme ad un piccione che era stato raggiunto dalle scintille e che ora correva in cerchio terrorizzato, con alcune penne in fiamme. -Benissimo, ora…- -Tristan!- qualcuno lo chiamò da lontano, chiunque fosse, stava correndo verso di lui. -Cosa c'è Oak?- -Ho cattive notizie. Si tratta di Venius-

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Capitolo 6
*** In punizione ***


-In che senso è scomparso!?- esclamò Tristan. -Abbiamo completamente perso le tracce di Venius. Ma forse sappiamo cosa è successo- Oak alzò entrambe le mani come a sottolineare il concetto. Jenny assisteva al dialogo zitta e in disparte. Il salone dove Oak, cugino di Tristan, li aveva condotti era ampio e mal illuminato, con un soffitto così alto che non si riusciva a scorgere. -Venite a vedere, sul tetto- disse il ragazzo. Tristan spinse piano Jenny verso di lui -Deve ancora imparare a...- -Va bene- si accigliò Oak e strinse Jenny a sè. I suoi occhi divennero completamente bianchi e i capelli iniziarono a fluttuare, senza gravità. Jenny non ebbe il tempo di domandare cosa stesse facendo, che Oak si diede una lieve spinta e in un'attimo si ritrovarono a sfrecciare verso l'alto; l'aria costrinse Jenny a chiudere gli occhi. Quando senti che l'ascesa era finita, li aprì piano per via della forte luce. Tristan aveva utilizzato uno Squarcio ed era arrivato lì un'istante prima di loro. Si trovavano in cima ad una torre alta come un grattacielo che sovrastava tutto il paese. -Com'è possibile che non l'abbia mai notata??- esclamò Jenny. -È merito di Sarah- Tristan indicò una ragazza con gli occhi chiusi, concentrata, seduta con le gambe incrociate sul bordo del tetto. -Lei si occupa della difesa del quartiere generale. Tiene attivo lo scudo di sicurezza e nasconde la torre da occhi indiscreti.- -Ciao- disse sommessamente Sarah senza aprire gli occhi. Oak si era accucciato sul bordo opposto a lei e stava guardando in basso, lontano. Tristan gli si avvicinò e Jenny lo imitò. Il cugino indicò un punto indistinto, ma Jenny riconobbe a malapena il muretto, perchè nascosto sotto tante ... -Piume. Ovunque- informò Oak. -Il Grifone era uno solo... anche se Venius l'avesse strigliato per bene, è impossibile che ne abbia perse così tante- osservò Tristan. -Cosa c'è là?- domandò Jenny facendo un cenno con la testa sempre verso il muretto. -Cosa intendi? C'è il muro, la strada le piume ...- -No... qualcosa di bianco. Attaccato al muretto, mi pare- Oak chiuse gli occhi e quando li riaprì erano di nuovo completamente bianchi -Ma che cosa impressionante, perchè lo fa?-sussurrò Jenny a Tristan, che rispose -Manda gli occhi avanti, per vedere più lontano, meglio, e a volte perfino in un futuro prossimo- Oak si voltò verso di loro, gli occhi di nuovo normali -C'è un biglietto. Tristan, meglio che tu vada a prenderlo. Ma stai attento- Il cugino annuì e scomparve nel solito vortice di fuoco. -Perchè non ci vai tu?- domandò Jenny. Oak scosse la testa e rispose- Ognuno di noi ha una specializzazione diversa - Jenny non capiva di preciso cosa intendesse, ma non ebbe tempo di domandarglielo perchè Tristan si rimaterializzò proprio in quel momento. Teneva tra le mani un pezzo di pergamena bruciacchiata. -Cosa c'è scritto?- chiese Jenny. -Niente, ma c'è un simbolo- sollevò il foglio. Stampato con inchiostro nero, uno stemma con disegnato dentro un grifone. Stettero fino a sera ad analizzare la situazione, e solo quando il sole cominciò a tramontare Jenny si rese conto di quanto si era fatto tardi. Dovette correre a casa, dove trovò una madre furiosa -HO CHIAMATO LA SCUOLA, NON ERI NEMMENO LÌ- -Forse hai chiesto a qualcuno che non era stato informato- -PERCHÈ IL CELLULARE È SPENTO??- -Oh, non me ne ero accorta- questa era la verità. -NON MI INTERESSA SEI IN PUNIZIONE. TRE GIORNI DI RECLUSIONE IN CAMERA TUA- -Quindi... niente scuola- -GIÀ - -E colazione, pranzo e cena a letto?- -PROPRIO COSÌ- Jenny scrollò le spalle -A me va bene- ed andò in camera sua, ma intanto stava già pensando ad un modo per uscire per raggiungere Tristan e Oak.

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Capitolo 7
*** Il gioco della fiducia ***


Jenny accese il computer. Le otto e trenta; normalmente sarebbe stata a scuola da un pezzo. Controllò facebook, ma non trovò nessuna notifica. Tamburellò con le dita sulla scrivania "Su, contattatemi" bisbigliò tra sè. In quel preciso istante l'aria si increspò verso il centro della stanza e uno Squarcio si aprì investendo Jenny con del vento caldo. Tristan si materializzò sul tappeto verdognolo della camera, la pelle fumante. -Cosa aspetti ad uscire?- Domanda -Ti ho anche inviato dei messaggi-. -La porta è chiusa, il telefono scarico e il caricabatterie è in un'altra stanza- ribattè Jenny. -Potevi almeno uscire dalla finestra. È stato complicato trovare una corrente per questa casa- -Mi dispiace, non lo sapevo… ma la finestra è al secondo piano, ti faccio notare- Jenny si passò una mano tra i capelli e si accorse che erano tutti aggrovigliati -Un secondo- esclamò, poi corse nel bagno collegato alla stanza e ne uscì pettinandosi i capelli ramati. Tristan fece una smorfia perplessa -Sul serio?- Jenny fece un sorrisetto imbarazzato e si infilò il pettine in tasca. -Su andiamo- Tristan aprì la finestra e le fece segno di uscire, poi si smaterializzò e riapparve a terra. Jenny si affacciò alla finestra e, a pochi metri da lei, incrociò lo sguardo di un Oak alquanto seccato. Stava fluttuando con le braccia incrociate e in viso un'espressione di disappunto -Ah finalmente!- -Bastava che bussassi alla finestra- -Dato che non sono natio di questa regione, non ho il permesso di avvicinarmi o di entrare nelle abitazioni del luogo. Eccetto il Quartier Generale, ovviamente- -Ovviamente- mormorò Jenny sovrappensiero. -Quindi che devo fare ora?- -Resta pure a fissarmi quanto vuoi- ribattè Oak. Jenny non colse l'ironia. -Devi saltare! Ti prendo io- sbuffò lui. Jenny si fece coraggio e salì con le gambe tremanti sul balconcino -P-prendimi eh?- Oak annuì e protese in avanti le mani. A quel punto Jenny si lanciò e il suo unico pensiero fu "ma che diavolo sto facendo?!". Oak non l'afferrò. Anzi, si fece indietro. Jenny iniziò a precipitare, con un misto di sorpresa e paura a deformarle il viso. -OAAAAK!- gridò con la voce più acuta e alta di due semitoni. Lui non si mosse. Tristan, a terra, nemmeno. "Non ho intenzione di morire come un insetto spiaccicato sul vetro" pensò Jenny stringendo i denti. E quando ormai si trovava a qualche centimetro da terra, quando non le restava più fiato per gridare, quando le lacrime avevano iniziato ad uscire copiose, un portale di fuoco si aprì sotto di lei e la inglobò, per poi richiudersi subito dopo. Tristan corse nel punto dove Jenny era scomparsa e iniziò a scavare con le mani, pensando fosse stata mandata in profondità, ma a pochi metri da lui un altro portale si aprì e Jenny venne letteralmente risputata fuori. Venne lanciata ad un metro da terra e in quel breve momento lei non fece altro che agitare le braccia, come per mantenere l'equilibrio. Poi ricadde a terra con un tonfo. Oak scese in volo e la raggiunse mentre Tristan la stava aiutando ad alzarsi. -COME VI È VENUTO IN MENTE!?- gridò Jenny scossa. Scrollò il braccio per far perdere la presa a Tristan e con l'altra mano gli diede uno schiaffo, poi andò da Oak e iniziò a prenderlo a pugni sulla spalla -Potevo morire razza di un… di un…- nessun insulto le sembrava abbastanza grande. Tristan le afferrò le spalle per tenerla ferma -Jenny, Jenny ascolta! Serviva per liberare il tuo vero potenziale!- -Il mio che…? A scuola dicono sempre che ho potenzialità ma non mi applico. Ma lo dicono a tutti- ribattè Jnny pensando d'un tratto ad altro. -Qua la situazione è simile. Ti ho visto molto… bloccata quando davi fuoco a quel manichino. La nostalgia è stato un buon inizio, ma utilizzare la paura… è stato decisamente un passo avanti Jenny decise di darsi una calmata e il respiro tornò regolare. -Sei più forte adesso, Jenny. Quel portale che hai creato…. Adesso che hai acquisito il potere di farlo, non avrai più difficoltà con quello- -Cioè non dovrò saltare ogni volta da una finestra?- -Esattamente- Jenny si allontanò qualche passo da Tristan e protese una mano verso casa sua. Un portale di fuoco dal diametro di due metri si aprì e contemporaneamente se ne aprì un altro vicino a lei. -Beh, questo potrebbe essere utile- commentò. Fece un saltino in avanti, nel portale vicino, e rispuntò da quello comparso sulla parete. Si mise a ridacchiare tra sè. Oak sbottò -Se hai finito di giocare, ci sarebbero delle questioni più urgenti da sbrigare. Vieni in cima alla torre del Quartier Generale, potrai fare conoscenza con la squadra di recupero. Abbiamo una missione da pianificare: Venius non aspetta che noi-

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Capitolo 8
*** Occhi gialli, grigi e blu ***


Non era stato difficile per Jenny raggiungere il Quartier Generale ora che sapeva utilizzare i portali, il problema era resistere alla tentazione di scappare via. In cima alla Torre non aveva incontrato altro che esseri bizzarri, ricoperti di scaglie, squame, piume, placche, o con tre, quattro, ma anche cinque braccia e gambe in più, dalla pelle che variava dal viola più scuro al giallo più chiaro, metà uomini e metà animali o con altre stranezze ancora. -N-noi dovremmo andare in missione con tutti questi...- Jenny abbassò la voce -...mostri?- Oak le lanciò un'occhiataccia, Tristan si limitò a roteare gli occhi -Sarah ha già selezionato coloro che fanno al caso nostro, questi sono solo alcuni candidati scartati- Jenny inghiottì la preoccupazione e continuò a seguire Tristan e Oak attraverso la folla di creature mistiche. Raggiunsero Sarah, che stava seduta come al solito ad occhi chiusi e con le gambe incrociate sul ciglio della torre. A fianco a lei c'era un gruppetto di quattro esseri che parlava tranquillamente tra loro. Il più grande di loro le dava le spalle. Era a torso nudo, forse perchè non aveva ancora trovato una maglietta taglia XXXXXXL. La schiena blu era puntellata di lucine e per un attimo a Jenny sembrò di stare fissando un cielo stellato. Come se avesse sentito il peso del suo sguardo, il bestione si girò, le braccia incrociate, gli occhi gialli e da rettile, i capelli, o meglio, gli aculei che fremevano in testa. Jenny si fece piccola piccola -S-salve- Gli altri tre membri del gruppetto si sporsero per vedere chi aveva parlato. C'erano due ominidi completamente grigi, un ragazzo e una ragazza, forse gemelli, che sembravano fatti di cenere. E forse era proprio così. L'ultimo membro invece... non si riusciva a scorgere molto di lui, era completamente avvolto da bende nere, che a tratti si confondevano con i vestiti, tranne per gli occhi, di un intenso blu elettrico, che si intravedevano nonostante il cappuccio calato in fronte. Il bestione blu la salutò con un cenno della testa, i gemelli di cenere sollevarono le mani in sincronia e strizzarono gli occhi grigi sorridendo mentre l'uomo con le bende nere rimase muto e immobile. -Ciao Jenny- disse Sarah -Per quanto preferiremmo non farti partecipare alla missione di recupero dato che sei preziosa per noi e inesperta, siamo costretti a fartene prendere parte- -Per quale motivo?- -È una regola. Se Venius è stato preso, la colpa è principalmente tua e di Tristan, quindi per le Leggi della Scintilla scritte dopo le Battaglie del Cielo, siete voi a dover rimediare. Con un supporto, si intende- informò Sarah voltandosi verso il gruppetto, come se potesse fissarlo anche tenendo gli occhi chiusi, poi aggiunse -Quindi siete tutti d'accordo nel partecipare?-. -Conosco Venius da quando ero alto così- intervenne il bestione blu segnando un'altezza con la mano che superava di almeno trenta centimetri Jenny -Potete contare su di me- I gemelli di cenere sorrisero e la ragazza parlò -Venius era grande amico dei nostri genitori, c'è sempre stato per loro. Ricambieremo noi il favore- Poi dopo un istante di silenzio, tutti si voltarono verso l'incappucciato perchè non stava dicendo niente. Non appena ebbe lo sguardo di ognuno puntato su di lui, si limitò ad annuire. Jenny rabbrividì. Quel tizio le ricordava l'inverno, la notte, il freddo, la morte. Quasi quasi preferiva il bestione blu. Si accigliò rendendosi conto che nei suoi pensieri continuava a chiamarlo "bestione blu" senza sapere il suo vero nome, così decise di chiederlo. L'omonide però sembrò sorpreso -Non sai chi sono io?- -Mm...no- -Ah- sembrava amareggiato, forse era qualcuno di importante -Io sono Trond Waage, gigante nano della Norvegia- Gigante nano? Ce ne sono di più grandi??? I gemelli di cenere si presentarono prima che Jenny potesse chiedere il loro nome -Io sono Evert Berg e questa è mia sorella Ann Berg- Jenny sorrise loro e poi puntò lo sguardo sull'incappucciato, il quale non disse niente, solo sostenne lo sguardo. Alla fine fu Jenny a distoglierlo per prima. I gemelli ridacchiarono e la ragazza spiegò -Lui è Heban. Non parla molto.- "Ho notato" a Jenny sarebbe piaciuto commentare. -Quindi è questa la squadra...- osservò Tristan -Interessante- -Quando si parte?- domandò impaziente Trond. -Stanotte. Capisco che i nostri poteri saranno indeboliti dall'assenza del sole, ma dovremo approfittare delle ombre- Jenny però alzò le mani interrompendolo -C'è un problema, o due: i miei genitori- -Manderò Oak a tenere sotto controllo la situazione, non si accorgeranno nemmeno della tua assenza- -Cosa facciamo fino al tramonto?- Sarah sorrise e intromettendosi rispose -Ci organizziamo-

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Capitolo 9
*** Parole su carta ***


-Aspettate, aspettate, aspettate- esclamò frettolosamente Jenny attirando su di sè gli sguardi infastiditi dei compagni di squadra -Quindi voi mi state dicendo che dobbiamo semplicemente fare irruzione nella fortezza di questo Grifon, che tra parentesi è uno spietato assassino, e che dobbiamo trovare le prigioni che potrebbero essere ovunque nel palazzo, il tutto per salvare il Roof Jumper più anziano e potente che però non è riuscito a combattere un semplice scagnozzo di Grifon?-
I membri del gruppo annuirono quasi all'unisono. Tutti tranne Heban, come al solito lui si limitò a fissarla con i suoi penetranti occhi blu. Jenny si battè una mano sul ginocchio, era solita gesticolare quando era agitata -Non vi sembra un po' una missione suicida?-
Evert ed Ann Berg si guardarono un istante, poi lei annuì e lui scosse la testa. Poi fecero viceversa. A quanto parte i gemelli erano alquanto indecisi. Tristan si limitò a guardare Jenny male, forse infastidito dal suo tono di voce, Trond si grattò la nuca (a quel punto Jenny si sorprese che non si fosse infilzato con i suoi stessi aculei) e poi le disse -Ascolta ragazzina, io sono Trond Waage, quindi andrà tutto per il verso giusto-
Jenny sollevò le mani al cielo esasperata -Ma che razza di spiegazione è??-
Organizzarsi? Nessuno lì sembrava conoscere il vero significato del termine.
Nelle poche ore che aveva passato con quelle persone, umanoidi o... quello che erano, si era resa conto che erano tutti completamente fuori di testa. Evert e Ann passavano a periodi in cui si completavano le frasi a vicenda a periodi in cui erano in disaccordo su tutto. Trond si credeva un Dio sceso in terra, a quanto pare da dove veniva lui era molto famoso e stimato. Heban era spaventoso perchè non faceva niente. Per un istante Jenny si era perfino chiesta se respirasse. Tristan non faceva che discutere in disparte con Sarah e non collaborava affatto e quindi Jenny si sentiva l'unica con un po' di buon senso e metodo. Perchè, insomma, cosa poteva fare un gruppeto così piccolo contro questo terribile Grifon del quale lei aveva tanto sentito parlare?
Si sentiva come a capo di un gruppetto di bambini che stava tentando di assaltare un camioncino dei gelati guidato da un killer. 
I membri del gruppo avevano iniziato a discutere tra loro per le solite sciocchezze, quindi Jenny urlò per sovrastare le loro voci -RAGAZZI!- 
calò un silenzio imbarazzante. Il coraggio che l'aveva spinta ad alzare la voce l'aveva abbandonata.
-Q-quindi queste ore di "riunione" sono servite per decidere che dovremo più o meno improvvisare?-
Tristan si avvicinò a lei, abbastanza vicino perchè lei gli riuscisse a vedere le cicatrici delle vecchie ustioni che comparivano appena da sopra il colletto della felpa -Ascolta, è inutile fare piani ora, ci sono troppi imprevisti, troppe variabili. Niente andrebbe come deciso e noi finiremmo nel panico. È questo il destino delle missioni notturne, è scritto nelle Leggi della Scintilla-
-È la seconda volta che li nominate, ma io non ho idea di cosa siano queste Leggi della Scintilla- ribattè Jenny seccata.
-Le Leggi della Scintilla!- intervenne Sarah prendendo parola, a quanto pare era preparata sull'argomento e non voleva perdere l'occasione di diffondere le sue conoscenze -In principio, i tre portatori delle Fenici crearono un libro, il libro del caos, della distruzione. Il suo nome era così potente, cosi denso di magia oscura, che anche solo pronunciarlo poteva portare alla devastazione più assoluta. Il nome era custodito al sicuro nei ricordi delle Fenici che lo usarono per spazzar via solo ciò che ritenevano fosse male. 
Non ci volle molto che esse ne persero il controllo e a quel punto capirono che non c'era equilibrio nè giustizia in quello che avevano fatto, ma non si poteva distruggere il libro della distruzione. Così i portatori crearono un altro libro, il libro dell'ordine, della pace. Il suo nome era così potente, così denso di magia buona, che anche solo pronunciarlo poteva far addormentare persone, animali e piante. Ma quello non era un sonno naturale, nessuno si risvegliava più, anche se era scientificamente vivo. 
Nonostante le buone intenzioni, anche questo libro era troppo pericoloso e presto sfuggì, come il primo, al controllo. 
Anche il suo nome venne costudito nei ricordi delle Fenici.
I due portatori che si offrirono di tentare di imbrigliare nuovamente il potere dei primi libri morirono poco tempo dopo i primi tentativi e le Fenici dovettero cercare dei nuovi portatori, troppo inesperti per trattenere minimamente il potere dell'ordine e del caos. 
Il terzo portatore quindi rimase solo, a cercare di rimediare al danno che lui e le altre Fenici avevano fatto.
Si rese conto che aveva bisogno di un aiuto, così creò i primi Roof Jumper. 
La nostra famiglia segue la Fenice da millenni perchè deve a lei la sua esistenza. Con l'aiuto del primo Roof Jumper, il terzo dei primi portatori rintracciò i libri dell'ordine e della distruzione e li unì insieme con un'unica parola magica, la terza parola impronunciabile che rimase nei ricordi dell'ultima Fenice originale.
Per fondere qualcosa bisogna utilizzare il fuoco, ecco perchè i due libri insieme, l'equilibrio, sono chiamati Leggi della Scintilla-
Jenny ebbe bisogno di un attimo per assimilare il tutto. Decise che avrebbe trattenuto la risata, per rispetto, però disse -Ma andiamo, e voi pensate davvero che due libri, parole su carta, possano essere così pericolosi?-
E poi i ricordi, ricordi non direttamente suoi, le tornarono alla mente come una secchiata d'acqua gelida. 
Un flash di pochi secondi che racchiudeva millenni di storia.
Ma in quei pochi secondi capì, capì che lei era la portatrice della terza Fenice originaria, quella che aveva assistito e contribuito alla creazione dei due temibili libri ma che era stata in grado di unirli per ristabilire l'equilibrio.
E d'un tratto, venendo a conoscenza dell'enorme potere che portava dentro, decise che l'idea di improvvisare non la spaventava più così tanto.

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Capitolo 10
*** Creede ***


I portali... in poco tempo Jenny era diventata brava ad usarli. Si spostava di paese in paese senza sosta.
Poco prima di partire dalla torre dei Roof Jumper, dopo aver salutato Sarah e Oak, aveva scoperto che c'erano diversi modi per utilizzare i flussi di energia: Jenny per diventare parte di un flusso apriva un portale, Tristan prendeva fuoco ed attraversava uno Squarcio, i gemelli si sgretolavano in granelli di cenere (la prima volta che Jenny li vide sparire così davanti ai suoi occhi, si spaventò), Heban sembrava fondersi con le ombre e Trond, beh, lui non era molto bravo ad inserirsi nel flusso e si faceva dare un passaggio dagli altri. 
Ognuno aveva la propria tecnica.
Tristan sembrava l'unico a sapere in che direzione andare e il gruppo lo seguiva. Non era facile per Jenny orientarsi, ma si era accorta che quando qualcuno utilizzava un flusso di energia, lasciava una traccia. Per questo sapeva esattamente dove si trovavano i compagni. Doveva stare attenta a non perderli.
Stava riflettendo sull'accaduto dell'ultima ora quando percepì un cambiamento nel flusso e capì che Tristan, e poi il resto della squadra, si era fermato. Jenny aprì un portale per uscire dall'energia senza fatica ma a causa dell'alta velocità con la quale si stava spostando, quando ne uscì non riuscì a mantenere l'equilibrio e rotolò per qualche metro. Erano capitati in un luogo roccioso, la pietra fredda sulla quale Jenny era caduta le aveva aperto un piccolo graffio sul ginocchio e procurato parecchi lividi. Trond, i gemelli e Tristan l'avevano fissata con disappunto ma con sua immensa sorpresa l'unico che si era degnato di aiutarla a rialzarsi era stato Heban.
E nell'afferrare la sua mano bendata da fasce scure, Jenny si accorse che non era poi fredda quanto credeva.
-Jenny, per favore, datti una mossa- le disse Tristan senza rabbia nella voce e guardandosi intorno. A giudicare dall'odore di salsedine e dalla brezza umida che gli scompigliava i capelli castani, si trovavano su una scogliera. Probabilmente se la luna non fosse stata nascosta dalle nuvole, sarebbe riuscito a vedere il mare.
Jenny gli si avvicinò con piccoli passi -Noi d-dovremmo andare lassù?- gli chiese indicando qualcosa alle sue spalle.
Tristan si voltò. Tutti erano stati distratti dalla parete di buio oltre la scogliera e nessuno si era ancora accorto della torre piena di guglie che si stagliava in cima ad un promontorio divorato dal mare. Sembrava principalmente in stile medievale ma allo stesso tempo rinascimentale se non in un certo punto anche greco. Era come se ogni piano avesse un pezzetto di storia con sè. -Per il sesto pollice di Fithz!- esclamò Trond a bocca aperta. 
A quanto pare non l'esclamazione non suonò strana solo a Jenny perchè tutti si voltarono a fissarlo straniti.
Jenny poi tornò a rivolgere la propria attenzione alla torre illuminata da file e file di fiaccole, ma anche lanterne e neon. -È fisicamente impossibile che sia ancora in piedi- commentò -La base della struttura è piccola e man mano che si sale con lo sguardo i piani si fanno sempre più grandi. Potrebbe cadere al minimo soffio di vento-
Con un tempismo da brividi una ventata d'aria più forte delle altre le spazzò i capelli.
-Dobbiamo muoverci- annunciò Ann. Evert annuì per dirsi d'accordo,
-Sì, proseguiamo. Mi sembra di aver visto un sentiero abbastanza nascosto, tra quelle rocce. Prendiamo quello-
Tristan si incamminò per primo, i muscoli testi pronti a scattare. 
Il sentiero era invaso da pietre ricoperte di muschio e viscide, Jenny rischiò un paio di volte di scivolare. 
Non capiva perchè gli altri sembravano essere statiesentati da tali figuracce.
-Tristan?- sussurrò ad un certo punto, ricordandosi di alcuni pensieri.
-Cosa c'è?- rispose lui senza voltarsi.
-Mi sono venute in mente due domande...-
-È inutile che tu mi chieda il permesso di farmele, anche se volessi non riuscirei a trattenere la verità, ricordi?-
-Giusto. Allora, prima di tutto, perchè non ci siamo trasportati direttamente dentro la torre?-
-Semplicemente perchè non ci sono flussi che la collegano-
-Ah, non ci avevo pensato-
-La seconda domanda?- chiese sbrigativo Tristan.
-Sì, ecco, la seconda domanda: perché Grifon vuole proprio la mia fenice? Che fine hanno fatto le altre due?-
-Quella di cui sei portatrice, è l'unica fenice completa, anche se al momento è dormiente. Possiede le tre parole impronunciabili, di distruzione, ordine e unione. Solo venendo a conoscenza di esse, Grifon riuscirebbe ad assorbire la fenice e diventare immortale.
Delle due fenici incomplete, so solo che una è dall'altra parte del mondo mentre l'altra, quella che si era occupata del libro della pace, è morta-
Jenny sbarrò gli occhi -Io credevo che non potessero morire!-
Tristan scosse la testa -Non è così facile, ma proverò comunque a spiegarti. Al momento della creazione dei due libri, parte di loro si ancorò alle prime due fenici ed esse divennero rappresentanti del loro potere. Ora, devi sapere che per risorgere dalla cenere, le fenici hanno bisogno di un combustibile, il quale viene creato inconsciamente dagli uomini. La fenice legata al libro della distruzione ha bisogno di una qualsiasi forma di guerra, le basta anche un semplice litigio tra bambini. La fenice che si è occupata del vincolamento dei due libri ha bisogno che nel mondo ci sia unione, non importa di che genere. Si può passare dall'unione tra due persone a quella tra latte e caffè, basta che si crei un legame. La fenice legata al libro dell'ordine ha bisogno, come combustibile, della pace. Che sia sulla Terra o anche solo nella testa di una persona. 
Ma per un periodo troppo lungo il nostro pianeta è rimasto senza pace e allora la Fenice, dopo la morte dell'ultimo portatore, non è riuscita a rinascere-
Jenny rimase silenziosa per qualche secondo silenziosa a riflettere sulla spiegazione di Tristan, poi domandò -Hai detto che la fenice dell'unione è dormiente, non pensi che continuare ad attingere ai suoi poteri potrebbe risvegliarla?-
-È quello che spero che accada. Con la fenice in pieno possesso dei suoi poteri, Grifon verrebbe spazzato via in un attimo-
Jenny ripensò a quel breve flash di ricordi che aveva avuto al Quartier Generale dei Roof Jumper e alla grande energia che l'aveva pervasa. Fece per fare un'altra domanda quando Trond sibilò -Fermatevi ragazzi, sento odore di grifone-
-È normale, ci stiamo avvicinando ad un covo pieno di grifoni- commentò Evert.
-No, è più vicino-
-Credo si stia riferendo a me- la voce stridula proveniva da una figura incappucciata accucciata su una pietra più alta delle altre. Tristan automaticamente strinse i pugni, che lentamente vennero avvolti da una sottile patina infuocata -Vattene, Creede- ordinò con voce ferma.
-Chi è Creede?- sussurrò prontamente Jenny.
-Non è il momento per le domande, piccola- replicò Trond mettendo una grande mano sulla spalla di Jenny e nascondendola dietro di sè.
-Io sono Creede- ribattè la figura incappucciata alzandosi in piedi, il profilo smilzo che si stagliava contro la luce delle fiaccole -Ma per gli amici, il taglia gole-

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Capitolo 11
*** Questione di sguardi ***


-Grifon ti ha cacciato anni fa, non lavori più per lui quindi non hai motivo di ostacolarci- osservò Ann ignorando completamente la sua presentazione.
-Errore, Grifon ha capito che è stato uno stolto a mandarmi via e ora siamo di nuovo soci. Quindi, non vi permetterò di passare- Creede completò la frase con un enorme sorriso che Jenny riuscì a scorgere nel buio perchè vagamente argentato. Il taglia gole balzò giù dal masso, il mantello di piume di grifone, l'odore che Trond aveva sentito, che sventolava appena durante la discesa. Tristan non perse tempo e scagliò una vampata di fuoco verso Creede, il quale, appena atterrato, la deviò facilmente con un semplice gesto della mano.
Trond spinse Jenny verso i gemelli -Tenetela al sicuro, qui il passaggio è troppo stretto e potrei farle male per sbaglio io stesso-
-Ehi! Posso aiutare anch'io!- protestò Jenny cercando di reprimere la paura.
-Non dire sciocchezze- la richiamò Evert tirandola per un polso per allontanarla dallo scontro che stava prendendo vita tra Tristan e lo scagnozzo di Grifon.
-Heban, tu avvicinati. Credo che qui ci sarà bisogno anche di te- ordinò Trond con tono autoritario. D'un tratto aveva perso tutta l'aria arrogante che aveva avuto fino a quel momento e gli aculei che gli spuntavano dalla testa fremevano, forse esternando il suo desiderio di togliere a Creede il ghigno dal volto.
Ann ed Evert si fecero da parte per farsi superare da Heban e poi trascinarono Jenny giù per la stradina dalla quale erano arrivati.
-Cosa c'è, ragazzino? Le bruciature hanno ricominciato a farti male? Vuoi che chiami i tuoi genitori per farti dare un bacetto di consolazione? Ops, non posso. Loro non ci sono p...- 
Jenny aveva sentito la stridula voce di Creede che, ormai lontano da lei, tentava di stuzzicare Tristan.
La parte finale della sua frase però era stata mozzata da un tremendo boato accompagnato da una scarica di scintille che Jenny potè vedere perfino a quella distanza.
-Forza, entriamo in questa grotta, per sicurezza- le disse Evert facendole distogliere lo sguardo dai resti dell'esplosione.
Mentre camminava nella caverna umida, con le gocce che a volte le cadevano sul viso lentigginoso, Jenny si ritrovò a pensare a ciò che aveva sentito dire pochi istanti prima da Creede. I gemelli erano silenziosi, forse preoccupati dell'esito che avrebbe potuto avere la battaglia, ma Jenny non riuscì a trattenersi dal fare domande -Ann, Evert, Tristan come si è procurato le ustioni che gli arrivano fino al collo?-
I gemelli si paralizzarono, bloccati nell'atto di fare un passo, e poi meccanicamente voltarono la testa l'uno verso l'altra. A quel punto iniziò uno scambio di sguardi del quale Jenny non riuscì a cogliere niente.
Infine, Ann sospirò e mormorò -È giusto che lei impari, hai ragione- poi si voltò verso Jenny e prese un sospiro rassegnato -Devi sapere che utilizzare l'energia diventando parte di essa, non è semplice come può sembrare-
A Jenny sarebbe piaciuto dire "A me non sembra tanto semplice" ma preferì non interrompere.
Evert continuò il discorso della sorella -Ci sono delle regole e dei limiti da rispettare. Tra parentesi, è tutto scritto nelle Leggi della Scintilla. Tristan, non molto tempo fa, ha infranto una regola durante un difficile scontro. Certo, se non l'avesse fatto avrebbe perso e di conseguenza sarebbe morto, ma ha dovuto pagare a caro prezzo la sua sopravvivenza-
Ann riprese in mano la storia -Vedi Jenny, quando utilizzi troppa energia, e mi riferisco al fatto di usarla per giorno e notte senza pause, il tuo corpo di abitua ad essere parte di essa e si dimentica la sua vera forma, ovvero quella umana. Quando però, allo stremo delle forze, non riesci più a governare l'energia e cerchi di liberartene, il corpo si oppone perchè perdendo quell'energia è convinto di perdere la sua vera forma. Corpo e mente, scontrandosi, generano un'autocombustione dell'individuo-
-Prendi fuoco, ecco- ribadì Evert temendo che la sorella non si fosse spiegata bene.
-È questo che Tristan ha fatto? Ha esagerato?-
-Proprio così. Ma ripeto, se non avesse utilizzato l'energia tanto a lungo sarebbe morto-
-Come i suoi genitori?- azzardò Jenny. Le facce sorprese di Ann ed Evert la fecero sentire ancora più a disagio per la sua insensibilità.
-Cosa sai dei suoi...- inziò a dire Ann in un sussurro, quando d'un tratto venne interrotta da un tuono seguito da un urlo animalesco e delle richieste disperate di aiuto.
-Oh santo cielo, sono Trond e Tristan! Li riconosco!- esclamò Evert impallidendo d'un tratto.
Jenny iniziò a marciare nella direzione dalla quale erano venuti -Se hanno urlato significa che hanno ancora la testa attaccata al collo, ma chissà per quanto! Dobbiamo sbrigarci-
Ma i gemelli di cenere non si mossero.
-Beh? Che aspettate!?- li riprese Jenny, impaziente.
-Trond ci ha ordinato di andare al sicuro- rispose con un sussurro Ann, incrociando lo sguardo del fratello prim che lui lo abbassasse.
-Non siate vigliacchi! Avete paura? Bene! Restate qua. Io vado, per quanto poca possa fare- Jenny quasi stava gridando, il viso paonazzo. Non tollerava che i gemelli stessero abbandonando in tal modo i loro amici.
Si diresse verso l'uscita della caverna da sola, ma durante il tragitto sentì uno scalpiccio dietro di sè, segno che i gemelli la stavano seguendo. Trattenne un sorriso di soddisfazione ed uscì nella notte.
Cercò di essere silenziosa e percorse per l'ennesima volta il sentiero tra le rocce. Alla torre di Grifon aleggiava ancora la calma, possibile che nessuno di fosse accorto della battaglia?

Ma dov'erano finiti tutti? Non si vedeva neanche l'ombra di Creede.
Jenny per un attimo credette di aver sbagliato strada.
Poi svoltò una curva e trovò i compagni, ma forse avrebbe preferito continuare a vagare, persa, per la scogliera piuttosto che ritrovarsi davanti a tale scena:
Tristan era sdraiato a terra in una posizione scomposta, che fosse morto o solo svenuto Jenny non ne aveva idea;
Trond sembrava essere stato parzialmente assorbito da un masso, il viso spuntava appena mentre le mani erano libere fino agli avambracci e, a parte gli occhi, pareva non riuscisse a muovere nient'altro;
Heban era stato arpionato per la spalla sinistra ad un albero fradicio da un aculeo argenteo lungo almeno quanto Jenny e si stava dibattendo per sfilarlo e liberarsi.
Creede ancora non si vedeva.
Quello che doveva essere un -Oh- sorpreso uscì strozzato per l'angoscia dalla gola di Ann.
Heban, sentito il gemito, puntò lo sguardo sui tre della squadra rimasti in gioco e subito smise di lottare per sradicare l'aculeo dalla spalla, ma solo per iniziare a gesticolare. 
-Ma cosa...- troppo tardi Jenny capì che Heban stava ordinando di andare via da lì.
-La sai una cosa buffa?- la voce apparteneva sicuramente a Tristan ma lui non si era mosso, non aveva schiuso le labbra. Ad aver parlato era stato l'uomo smilzo dal mantello di piume di grifone che se ne stava seduto su una sporgenza con le gambe a ciondoloni. 
-La cosa buffa è che da piccolo mi prendevano in giro per la mia voce stridula- Creede parlò di nuovo, ma questa volta con la voce di Trond. 
Poi usò quella di Jenny, che in bocca a lui stonava -Eppure io la trovo fantastica- concluse infine con un largo ghigno argentato.

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Capitolo 12
*** Orme ***


-Come hai fatto, insomma... - Jenny boccheggiò -Come hai fatto a batterli? Eri in svantaggio numerico!-
-Non è importante come ho fatto, l'importante è che io mi sia divertito- replicò Creede ricominciando a parlare con la sua voce normale. Ann fece un tremulo passo davanti a Jenny -Beh il gioco finisce qui. Lasciaci in pace-.
Creede rise e per un attimo Jenny credette che qualcuno stesse graffiando le unghie su una lavagna.
Il taglia gole saltò giù dalla roccia sulla quale era appollaiato e sussurrò -In pace, eh?-
poi iniziò a sfregare le mani tra loro e quasi subito Jenny si accorse che una pioggerellina di polvere nera aveva iniziato a caderene. 
-Ma cosa stai...- cominciò a dire Evert, ma Creede non gli lasciò finire la frase; portò le mani chiuse a coppa vicino al viso e poi soffiò con forza: la polvere nera ne uscì come in un'esplosione, la quale investì in pieno solo Evert. 
In un attimo il ragazzo di cenere si pietrificò, avvolto da uno strato nero e rigido. 
Ann restò per qualche secondo a bocca aperta e Creede le concesse quella breve tregua solo perchè si stava divertendo troppo.
-Fuori uno- bisbigliò tra sè e sè. 
Ann strinse i denti, spinse Jenny ancora più indietro e poi unì le mani. La roccia sotto i piedi di Creede gorgogliò e si trasformò in magma. Per un attimo Jenny gli lesse in viso paura. 
Poi Creede, con un salto, scartò di lato e una volta fuori pericolo tornò a ghignare maligno. 
Ann non gli diede tempo di contrattaccare, sollevò il braccio destro verso il cielo, gli occhi che luccicavano infuriati. Un fulmine rosso scaturì dalle nuvole, diretto verso Creede, ma il taglia gole, fu letteralmente più veloce della luce.
Con un movimento fluido, deviò il fulmine e lo rigirò contro Ann, la quale non fece in tempo a spostarsi.
Venne scaraventata oltre gli scogli, poi giù per la scogliera.
Jenny, che fino a quel momento non aveva potuto fare altro che osservare, urlò -Ann!-.
Sparava di sentire la sua voce, sapere che stava bene, ma nessuno rispose. 
Erano rimasti in gioco solo lei e Creede.
-E così- iniziò a parlare lui, sicuro di avere tutto il tempo del mondo -Tu sei la portatrice della Fenice a conoscenza delle tre parole segrete- fece un passetto in avanti e la studiò con sguardo critico. Una smorfia disgustata gli si dipinse sul viso appuntito 
-A me sembri solo una tremante ragazzina. Potrei liberarmi di te adesso, all'istante, sai?-
Jenny digrignò i denti e strinse i pugni, la rabbia che cominciava a montargli dentro. 
"Tu solo provaci" pensò furente. Poi però qualcosa alle spalle di Creede, che stava continuando a parlare, attirò la sua attenzione e la rabbia evaporò.
-Sei fortunata che servi da viva, al mio padrone. Mi limiterò a portarti da lui- concluse Creede con un tono rattristato ma tradito dal ghigno perfido. Jenny si concentrò profondamente e delle scintille iniziarono a saltellare sul palmo delle sue mani.
-Oh, ma che brava- commentò sarcastico Creede, notandole -E adesso che farai? Hai intenzione di accenderci dei fiammiferi?-
Jenny cercò di temporeggiare ancora -Pensavo usarle per carbonizzarti per bene, invece-
Creede scoppiò a ridere e la sua risata rimbombò tra le pietre della scogliera. 
E mentre rideva, dalla bicca spalancata si levò verso il cielo una lunga lingua di fuoco nero che schioccò come una frusta.
Jenny ebbe un tremito di paura e il piccolo fuocherello che era riuscito a far nascere sulle sue mani, si spense.
Creede contorse la lingua infuocata e la fece sibilare verso Jenny con la chiara intenzione di afferrarla.
Jenny chiuse gli occhi e si portò le mani davanti al viso, per proteggersi da un colpo che non arrivò.
Riaprì gli occhi lentamente e si dovette sforzare per trattenere il sorriso davanti all'espressione di stupore e terrore che si era dipinta sul viso di Creede, il quale fissava paralizzato la sua lingua mozzata che si contorceva ora a terra come un serpente; il taglia gole emise un gemito stizzito.
Jenny aveva ancora gli occhi puntati su Heban, il quale stringeva con forza l'aculeo argenteo che dopo tanti sforzi era riuscito a sradicare dalla sua spalla e che aveva utilizzato per tagliare la lingua a Creede. Il suo tempismo era degno di nota. 
Se Jenny non avesse preso tempo, lui non sarebbe riuscito ad avvicinarsi di soppiatto alle sue spalle. 
L'uomo dalla voce strudula ebbe appena il tempo di spalancare gli occhi e rendersi conto dell'accaduto che Heban fece scattare l'aculeo verso di lui, creando uno squarcio sul suo sottile collo.
Creede emise un verso strozzato, una specie di urlo soffocato dal gorgoglio del sangue, poi gli si rovesciarono gli occhi e lui ricadde in avanti, morto. Ironicamente, il taglia gole era stato parzialmente decapitato. 
Heban lasciò cadere a terra l'aculeo che, ancor prima di toccare terra, si disintegrò in tanti granelli di polvere nera. La stessa sorte accadde al cadavere di Creede. Non rimase niente a testimoniare la sua presenza, nè impronte, nè orme, solo il campo di battaglia.
Jenny si avvicinò in corsa verso Heban, che con gli occhi strizzati in un'espressione sofferente, si stava analizzando il punto in cui era stato trapassato da parte a parte.
-Sei stato grandioso! Ma la ferita ti fa tanto male?- e nel dire questo, gli scostò la mano dalla spalla per vedere il foro ed evenutalmente aiutare. Non si era accorta che le bende nere che solitamente avvolgevano la mano dell'incappucciato si erano strappate. E quando Jenny toccò la pelle delle sue nocche pallide come la luna, l'incappucciato provò a ritrarsi, ma fu troppo tardi: la ragazza era stata ricapultata nel passato, nei ricordi di Heban.

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Capitolo 13
*** L'ultima delle Battaglie del Cielo ***



Il bambino dai capelli corvini e gli occhi di un meraviglioso blu intenso si avvicinò a Jenny. 
La fissò intensamente ma allo stesso tempo non la vide, poi ritornò nel prato di papaveri dal quale era arrivato. 
Si guardava intorno spaesato, coglieva un papavero, tornava a gironzolare senza meta, poi coglieva un altro fiore.
"Non avrà più di otto anni" osservò Jenny. 
Il profumo dei papaveri la stordiva, non riusciva a preoccuparsi del perché fosse lì e soprattutto di dove si trovasse, riusciva solo a guardarsi intorno e ad ammirare i fiori rossi. 
Un urletto la raggiunse, il bambino era arrivato in cima ad una collinetta e ora stava guardando giù per l'altro versante con gli occhi sbarrati. 
Jenny, incuriosita, lo raggiunse. Mentre saliva, i papaveri le solleticarono i polpacci. 
Arrivata in cima, seguì lo sguardo del bambino fino a valle e lì vide il caos. 
Uomini in armature scure tempestavano il cielo a cavallo di grifoni dalle piume nere e violacee. 
Tali cavalieri, piombavano come falchi verso terra e poi risalivano in aria con una preda, una persona, tra gli artigli. 
Temibili e invincibili. 
Jenny dovette rimangiarsi l'ultima parte del pensiero, perché vide una fiammata scarlatta scaturire da terra e incenerire due grifoni (e i loro cavalieri) in un colpo solo. Le persone che combattevano da terra e che scagliavano fasci di fuoco erano chiaramente in svantaggio numerico, ma combattevano con coraggio.
Il bambino con i capelli neri lasciò cadere a terra il mazzo di fiori che aveva raccolto e fece per correre giù dalla collina, verso la vallata di terra bruciata dove si stava tenendo la battaglia. 
Jenny allungò un braccio per fermarlo ma la sua mano trapassò la spalla del bambino, come se lei fosse un fantasma. Non ebbe il tempo di sorprendersi della cosa che una voce familiare sopraggiunse 
- E' un bel prato fiorito, non trovi?-
La voce apparteneva ad un uomo anziano che stava risalendo la collina, verso di loro. 
Il bambino bloccò la sua corsa e tornò indietro. Si rivolse al signore -Sì, lo è- 
L'uomo con il viso in parte nascosto da una sciarpa di lino, sorrise amabilmente con gli occhi 
-E non pensi sarebbe un peccato se gli accadesse qualcosa di male?-
-Credo... credo di sì- rispose il piccolo, perplesso.
-Allora non abbandonarlo a se stesso, sii il guardiano di questi fiori- continuò l'anziano.
-Ora non posso Venius, laggiù si stanno uccidendo a vicenda. Devo aiutare- ribatté il bambino con una serietà che nessuno alla sua età dovrebbe avere.
Jenny sgranò gli occhi verso l'uomo che corrispondeva al nome di "Venius".
Era quel Venius? Il gracile vecchietto che lei aveva conosciuto?
I capelli grigi, non bianchi, e l'assenza di alcune rughe intorno agli occhi l'avevano disorientata, ma dopo che ebbe incrociato il suo sguardo sveglio, gentile ma allo stesso tempo determinato, non ebbe dubbi. 
-No, Heban- Venius tornò a guardare il bambino che a quanto pare era Heban all'età di otto anni (Jenny si chiese se questo significava che lei si trovava nel passato) -Loro li aiuterò io, tu devi prenderti cura dei fiori-
-Ma i fiori non sono persone!- esclamò il bambino, d'un tratto arrabbiato.
-Però hanno riposto la loro fiducia in te, per questo non sono fiori qualsiasi. E' questo che la Fenice fa per noi, ci protegge anche se ai suoi occhi dovremmo essere insignificanti, e lo fa perché contiamo su di lei. La sua protezione è ciò che ci aspettiamo-
Heban aprì la bocca per replicare, poi però ammutolì. Jenny si chiese come aveva fatto a diventare così silenzioso, con il tempo.
Le rughe intorno agli occhi di Venius si incresparono -Bravo bambino- disse arruffando ad Heban i capelli come pece, poi continuò -Ora devo andare ad aiutare la mia famiglia-. 
E detto questo, si volatilizzò in una vampata di fuoco.
Il bambino sospirò e si sedette sull'erba con le gambe incrociate, gli occhi rivolti verso la battaglia che infuriava distante. Jenny seguì il suo sguardo e vide una seconda vampata infuocata apparire in mezzo al disastro. 
Seppe che era lì che Venius si era appena materializzato. L'anziano non perse tempo a guardarsi intorno, con un semplice gesto della mano incenerì un nugolo di grifoni che aveva preso di mira una donna impegnata a combattere a terra contro un cavaliere disarcionato dal suo animale. Poi Venius si girò e persino a quella distanza Jenny capì che stava parlando con qualcuno vicino a lui. I due fecero una specie di accordo, perché quando il secondo uomo iniziò a fluttuare verso il cielo, incurante dell'inferno che infuriava, Venius sembrava sapere esattamente cosa stava per succedere. 
La ragazza non fece in tempo a realizzare cosa stesse accadendo, che la persona sospesa in aria, con i grifoni che le volavano a fianco senza riuscire a colpirla, aveva iniziato a brillare di luce propria. 
Per un attimo in cielo ci furono due Soli. 
Poi un'esplosione di fuoco e fiamme avvolse tutto, le nuvole si tinsero del colore dei papaveri. 
L'onda d'urto non sfiorò Jenny, che al momento era incorporea, ma spazzò all'indietro i capelli di Heban, il quale assisteva impassibile alla scena.
Jenny dovette strizzare gli occhi per guardare il cielo infuocato, la luce era troppo forte. Per un istante, le sembrò di notare qualcosa di enorme muoversi tra le fiamme. 
Cos'era? Un'aquila? Un falco? Solo mentre l'esplosione iniziava a ritirarsi lasciando cadere resti di grifoni e cavalieri carbonizzati, capì che si trattava di una Fenice.
L'uomo che aveva dato vita all'esplosione era scomparso. 
Jenny si rese conto che probabilmente si trattava di un portatore che aveva liberato tutto il potere della Fenice, forse la Fenice stessa, per salvare i Roof Jumper, che di generazione in generazione l'avevano sempre servita. 
Jenny sentì una strana sensazione pervaderle il petto, ma non era orgoglio per il potere che portava dentro di sé, piuttosto era... paura.
Heban si rialzò in piedi e sollevò il viso verso l'alto.
Jenny spostò lo sguardo su di lui e per un attimo le sembrò invecchiato di colpo, i capelli d'un tratto ingrigiti. 
Poi si rese conto che non solo i suoi capelli erano diventati grigi;
una cenere leggera come neve aveva iniziato a cadere su di lui.
Sui papaveri.
Il prato rosso fuoco divenne grigio e spento.

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Capitolo 14
*** Che il Natale arrivi in fretta ***


Dimentichiamoci un istante della squadra presso la Torre di Grifon, di Jenny intrappolata nei ricordi di Heban, e spostiamo la nostra attenzione al Quartier Generale e alle difficoltà che Sarah e Oak stavano affrontando nel mentre. 

-Vacci tu!- 
L'esclamazione di Oak rimbombò per le pareti del Quartier Generale.
-Sai che non posso abbandonare la mia posizione- replicò Sarah voltandosi verso di lui, pur tenendo ancora gli occhi chiusi.
-Beh allora chiama qualche cugina o parente vicino, io mi rifiuto- ribattè Oak, rosso in viso.
-Oak ragiona; meno gente coinvolgiamo meglio è. Sarai tu a prendere le sembianze di Jenny-
Il cugino divenne lagnoso -Ma non possiamo semplicemente dire che la scuola ha trattenuto Jenny anche per la notte?-
Perfino con gli occhi chiusi, Sarah sembrò lanciargli un'occhiataccia -Jenny in teoria è in punizione, non ci è andata a scuola!-
-No?-
-No-
Oak gemette e brontolò qualcosa che Sarah l'interpretò come una resa -Perfetto!-
Prima che Oak avesse il tempo di protestare, Sarah fece un movimento fluido con la mano e tagliò l'aria prima facendo un semicerchio, poi tracciando una linea.
Il simbolo luccicò per qualche secondo tra loro due, sospeso, poi svanì.
Mentre Oak iniziava a mutare, Sarah staccò uno specchio dal chiodo alla parete muovendosi con una sicurezza impressionante, visto il fatto che al momento non poteva vedere cosa stava facendo o dove stava andando.
-Che ne dici?- chiese lei appoggiando lo specchio davanti ad Oak che ora era uguale a Jenny, forse poco più alto. 
Lui si passò una mano sui lunghi capelli, poi si schiacciò le guance rosee facendo una faccia buffa, infine provò a sorridere e poi a rattristirsi.
-Sono identico a lei! Non capisco come tu abbia fatto, dato che non l'hai mai vista-
Sarah fece un sorriso soddisfatto e sollevò le spalle in un atteggiamento di falsa modestia.
-Ora devo pensare a come fare per la voce, uhm ... - Sarah si appoggiò un dito sulle labbra con fare pensieroso, poi esclamò -Ah!-
Scese di corsa le scale (in qualche modo riuscì a non cadere) e quando tornò, reggeva in mano un cofanetto.
Jenny, no, Oak con le sembianze di Jenny, sollevò un sopracciglio -Sono quello che penso? Ma non erano illegali?-
Sarah sventolò la mano come per scacciare il suo commento ed aprì il cofanetto -Forza, prendine una. Caramella Mielina, sai già come funziona-
Poco convinto, Oak allungò la mano con le unghie smaltate e prese uno degli ovetti color miele dal cofanetto. 
Lo mise in bocca ed iniziò a masticare, ripensando intanto alla voce di Jenny. 
Quando deglutì, Sarah aspettò entusiasta che Oak parlasse.
-F-funiziona?- disse lui, con la voce identica a quella di Jenny -Funziona!- e rise.
Sarah gli fece un sorriso -Bene! Adesso sbrigati e raggiungi i suoi genitori-
Oak fece una corsetta e si portò al centro della stanza. Mentre si preparava per partire, canticchiò qualche parola di una canzone rock. Si interruppe solo per commentare -Cavolo, quanto è stonata!- e poi sparì, diretto verso la casa di Jenny. Sarah sospirò con mezzo sorriso impresso sul viso solitamente sognante e tornò a sedersi a gambe incrociate sul bordo della torre del Quartier Generale. -C'è aria di neve- mormorò pensierosa tra sè.

-Jenny, la situazione è seria. Io e tuo padre siamo furibondi; dov'eri finita??-
La madre di Jenny stava rimproversando Oak con le sembianze della figlia e lo squadrava con sguardo serio.
-A-a scuola, mamma- balbettò Oak intimorito.
-Eri in punizione! Perché ci sei andata comunque?- insistette il padre intromettendosi nella conversazione.
-Dovevo andarci perchè... Sto... Dando ripetizioni ad... Un ragazzo- inventò Oak.
La madre perse l'espressione seria e lo sguardo si addolcì -Come si chiama?-
Oak disse il primo nome che gli venne in mente -Ehm... Tristan. È nuovo- 
La madre lanciò un'occhiata divertita al marito, che ricambiò, la rabbia evaporata, poi chiese -È carino?-
Oak arrossì fino alla punta dell orecchie di Jenny -C-Credo-
-E ti piace??- azzardò la mamma. Oak non resistette e scattò in piedi rosso come un peperone -No!! Ora... vado in camera mia-
-Va bene, buona notte tesoro- disse la madre di Jenny.
Oak ebbe un tuffo al cuore. Forse può sembrare banale come dettaglio, ma nessuno aveva più dato la buonanotte ad Oak dal trasferimento dei suoi genitori. Erano anni che non li vedeva e, faceva fatica ad ammetterlo, gli mancavano.
Salì le scale scricchiolanti e svoltò a sinistra, poi si ricordò che la camera teoricamente avrebbe dovuto trovarsi a destra.
I genitori di Jenny lo seguirono con lo sguardo e mezzo sorriso impresso in viso fino a quando lui non si richiuse la porta alle spalle.
Li sentì confabulare allegri. 
-Che pettegoli- mormorò lui tra sé e sé . Poi fece un giro della stanza, diede un'occhiata al bagno e infine andò a buttarsi sul letto, però iniziò ad annoiarsi. Riuscì ad accendere la radio che stava trasmettendo canzoni degli anni 90', poi un oggetto attirò la sua attenzione: il computer di Jenny.
Oak non aveva mai provato ad usarne uno, Venius gli aveva spiegato che computer, cellulari o oggetti elettronici interferivano con il flusso di energia e che quindi era meglio non possederne.
Il ragazzo però ne era sempre stato incuriosito quindi decise che, visto che non aveva niente da fare, poteva anche provarlo. Armeggiò con i cavi e i tasti e faticò a trovare il pulsante di accensione. Quando ci riuscì dovette soffocare un gridolino entusiasta. 
Cautamente prese il mouse e lo mosse in cerchio; la freccietta bianca sullo schermo seguì il movimento.
Iniziò a cliccare sulle icone che lo ispiravano di più: una grande F bianca in un quadratino blu, una sfera azzurra circondata da una volpe che sembrava fuoco...
Poi provò a premere un pulsante sulla tastiera e il computer si spense, ma non fu l'unica cosa a smettere di funzionare.
La radio perse il segnale e si sintonizzò su una sequenza disturbata, poi si zittì, le luci ebbero un calo di tensione e si creparono; questo accadde all'intero quartiere: una dopo l'altra, le case rimanevano senza corrente elettrica.
-Okay, cos'ho combinato?- si domandò Oak preoccupato, convinto di essere la causa del blackout.
Un filo di aria invernale scostò le tende e Oak rabbrividì, un po' per il freddo, un po' perchè inquietato dal silenzio innaturale. 
Guardò fuori dalla finestra, ma non c'era nessuno per strada.
Un rumore attirò la sua attenzione: qualcuno stava salendo le scale. 
Oak pensò automaticamente ai genitori di Jenny, poi però si accorse che non potevano essere loro, i passi lenti appartenevano sicuramente a qualcosa di più grosso e pesante. 
Un'insolita sensazionendi paura lo invase e capì che doveva scappare.
Non poteva aprire uno Squarcio, non passavano flussi di energia per la casa di Jenny. 
Oak si alzò in piedi silenziosamente e si avvicinò alla finestra, che iniziò a sollevare lentamente, temendo di fare rumore.
Chiunque stesse salendo le scale, adesso era al secondo piano. 
Oak mise una gamba fuori dalla finestra proprio nel momento in cui la cosa che si stava avvicinando aveva girato  il pomello della porta e l'aveva trovata chiusa.
Oak percepì la sua presenza fredda e per un istante smise di preoccuparsi per se stesso e pensò ai genitori di Jenny; sperò stessero bene. 
Forse fu questo il pensiero che lo distrasse, perchè quando la porta esplose e lui venne catapultato in giardino, non riuscì a fare niente per frenare la caduta.
In tutti i modi in cui aveva immaginato di morire, cadere da una finestra con l'aspetto di un'altra persona non l'aveva mai preso in considerazione.
Eppure ora si trovava disteso nell'erba umida della notte, il collo spezzato e il proprio sangue che lo soffocava.
Qualcosa piombò giù dall'appartamento devastato e impattando con il suolo spazzò l'erba e gli scostò i capelli dal viso. I passi pesanti fecero tremare la terra, ma Oak non riuscì a vedere di chi si trattasse, i suoi occhi riuscivano solo a puntare verso l'alto, verso il cielo.
Le stelle che si intravedevano fra le nubi circondavano una particolare luna rosso sangue, quella notte, ma Oak non ci fece caso perchè piccoli cristalli gelidi avevano iniziato a punzecchiargli la pelle.
È strano, ma lì, disteso in un prato, con il freddo che si insinuava fin nelle ossa, Oak si chiese quanto mancasse a Natale. 
Sperò che mancasse poco, perchè aveva deciso che avrebbe finalmente scritto gli auguri ai suoi genitori.
Il suo ultimo pensiero fu rivolto alla bellezza della neve.

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Capitolo 15
*** L'arma segreta ***


-Jenny! Jenny!-
La ragazza aprì gli occhi che il suo nome era stato solo bisbigliato. Si sentiva la testa pesante come un macigno e fece fatica a mettersi a sedere. Sentì un tocco leggero dietro alla schiena: qualcuno la stava aiutando a tirarsi su. 
-Heban- farfugliò iniziando a scostarsi i capelli dagli occhi. 
-No, sono io, Tristan-
Jenny alzò lo sguardo e sorrise -Sei vivo!-
-Certo. Stai bene?- le rispose lui con noncuranza, tendendole la mano per aiutarla.
-Sì, sono solo un po' stordita ma cosa... cioè...-
-Per farla breve- la interruppe Tristan, con il suo immancabile tono schietto -Quando hai sfiorato Heban, sei stata rispedita nel passato, nei suoi ricordi, come riflesso di te stessa. Il fatto che tu non gli possa scorgere un solo centimetro di pelle scoperta serve per evitare incidenti come questo. Hai assistito all'ultima delle Battaglie del Cielo, quella decisiva. Il portatore della Fenice ha sacrificato molto quel giorno, forse sei stata mandata proprio in quel momento perché è quello a cui la Fenice è più legata-
-Uhm... okay, ma... Tu intanto come sai tutte queste cose?-
-Heban mi ha aiutato a riprendere i sensi e mi ha spiegato cos'è successo-
-Ha parlato??- domandò Jenny iniziando a rimettersi in piedi; Tristan scosse la testa -No, non può-
-Ma io l'ho sentito... cioè, nel passato parlava- insistette Jenny. 
Tristan spostò lo sguardo a qualche metro di distanza; l'incappuciato, ora con la spalla fasciata, era concentrato su un incantesimo per liberare Trond dalla roccia.
-Venius è l'unico che sa perchè non parli, ma quando deve mantenere un segreto è più muto di Heban- mormorò Tristan. Jenny puntò gli occhi sulla roccia che stava iniziando a sciogliersi, circondata da un alone bluastro. Trond si stava divincolando per uscire dalla pietra fusa e intanto gli sfuggiva qualche bizzarra imprecazione.
D'un tratto Jenny si ricordò che mancava qualcuno -Ann!? Evert!? Loro dove sono? Come stanno??- 
Tristan la guidò verso un albero rinsecchito sulle cui radici giacevano due figure immobili.
Una era Ann, coperta dalla felpa di Tristan e con un lungo taglio (che sembrava trasudare magma) che dalla fronte raggiungeva il mento. L'altro era Evert, ancora paralizzato dalla testa ai piedi.
-Abbiamo recuperato Ann, che alla caduta è riuscita ad evitare gli scogli ma ha comunque preso una brutta botta. 
Evert invece non abbiamo idea di come liberarlo da questo strato di magia nera... ma forse Ann lo saprà-
-Dobbiamo aspettare che si svegli quindi?-
-Assolutamente no, non possiamo perdere tempo. Non appena sarà libero, Trond dovrà fare un incantesimo di protezione su di loro, così almeno noi potremo proseguire-
-Li lasciamo qui da soli??-
-Per forza!- replicò Tristan scrollando le spalle. A Jenny l'idea non convinceva molto, dopotutto se erano caduti nella trappola, la colpa era sua. Trond si liberò con un ultimo sforzo dalla pietra fusa e Heban abbassò le mani, ritirando così l'incantesimo. La roccia tornò solida.  
-Trond, incantesimo di protezione sui gemelli- ordinò sbrigativo Tristan. 
Il gigante nano si rimise pesantemente in piedi e scrocchiandosi rumorosamente le nocche si avvicinò all'albero rinsecchito sotto il quale si trovavano i due. A pochi metri da loro, iniziò a contrarre muscoli delle braccia e a Jenny sembrò diventare ancora più grande. Pareva sul punto di dare un poderoso pugno all'aria, ma quando sollevò le mani, non lo fece per colpire. Le avvicinò alla bocca, prese fiato e poi soffiò con tutte le sue forze, sembrava stesse suonando una tromba invisibile. Il suo fiato però uscì di getto, gelido. 
Per un attimo si creò una tempesta di neve controllata che avvolse a cupola Ann, Evert, ma anche l'albero. Quando Trond smise di soffiare, la neve era diventata un ghiaccio sottile, che si vedeva solo se si faceva attenzione e grazie ai riflessi delle torce lontane. In qualche modo, nascondeva completamente Ann ed Evert.
I gemelli erano ancora lì, nessuno li aveva spostati, ma lo scudo che era stato creato li nascondeva anche alla vista.
Tristan esaminò il lavoro, poi sorrise -Ben fatto Trond. Ora muoviamoci- e si incamminò verso la Torre di Grifon seguito da Heban. Il gigante nano del Nord fece andare avanti Jenny e chiuse la fila.
Mentre camminava, Jenny tenne gli occhi puntati sulla Torre. Quella struttura dondolava e cigolava al vento ma sembrava finta, surreale. Non si vedeva nessuno, nè sulle mura in alto nè sul pontile a terra, ma era come se fosse viva. Ogni pietra, trave, asse emanava un'aura potente, quasi avesse pensieri propri. 
E Jenny si sentiva osservata, dalla Torre; il suo sguardo la trapassava da parte a parte, sentiva che non poteva nasconderle nulla. Per quei mattoni intrisi di magia che stavano così al di sopra di tutti, lei era solo una formica.
-Ci siamo- mormorò Trond a disagio. Jenny si riscosse e si guardò intorno spaesata. 
Non si era resa conto di aver camminato fino a lì, al ponte levatoio che permetteva di attraversare la voragine che circondava la Torre (la quale ora era ancora più grande e imponente). 
Jenny si sentì le gambe molli e con un groppo in gola, una paura che non sapeva spiegare, disse -E se io vi aspettassi fuori?-.
Heban si limitò a scuotere la testa lentamente, anche lui con gli occhi puntati sulla Torre. Tristan distolse lo sguardo e le rispose -Sai che le Leggi della Scintilla non lo permettono- poi aggiunse -So che percepisci anche tu che questa torre ha qualcosa di strano e spaventoso; so che questa paura si sta insinuando nella tua mente e che vuole impedirti di proseguire. Anche noi la stiamo provando, non siamo immuni a questa magia. 
Per prendere coraggio, aggrappati ad un ricordo forte, il sentimento che hai provato in quell'occasione deve sconfiggere la paura-. 
E Jenny pensò agli insetti, lei ne era terrorizzata, e a quella volta che trovò uno in camera, un ragno nero e peloso. Perché stava alimentando la paura? Per un attimo si dimenticò perché aveva riportato alla mente proprio quel ricordo. Poi, continuando a pensare a quell'episodio, si ricordò che per cacciare il ragno aveva chiamato la mamma, che però ne aveva paura anche più di lei. 
Sua mamma saltò sul letto ed iniziò a gridare a Jenny di schiacciare quel ragno e coraggiosamente la figlia fece un tentativo, ma quando l'insetto iniziò a zampettare sulla parete rinunciò e spaventata salì sul letto con la madre. 
Rimasero bloccate per ore, fino a quando il papà non rientrò a casa. Lui le prendeva tuttora in giro per quella faccenda.
A Jenny scappò una risatina; tutto sommato era stato divertente. 
Aveva parlato molto con sua mamma (tenendo d'occhio il ragno) e aveva scoperto che se voleva era anche simpatica. 
Rise di nuovo e la Torre cigolò, dondolando pericolosamente. Sentì vagamente Tristan sussurrare -Continua così-, non si era accorta di essere ormai arrivata a metà del ponte. 
Rise di nuovo e la Torre tremolò, come un illusione nel deserto. Jenny superò il ponte con il sorriso sulle labbra e una nuova consapevolezza: l'arma segreta da usare contro la paura è la risata.
Venne raggiunta sull'altra sponda da Tristan e Trond (quest'ultimo si spostava improvvisando degli strani passi di ballo).
Heban però rimase bloccato, gli occhi inespressivi ma i pugni stretti.
-Forza Heban!- lo incitò Tristan -Abbiamo...-
D'un tratto il terreno davanti ai tre tremò e quattro soldati di pietra si staccarono da una parete armati di spade e mazze chiodate. Si incamminarono verso di loro a passo di marcia, facendo sobbalzare i sassolini sul terreno.
-...bisogno... di te- concluse Tristan con un groppo in gola.
Ogni ricordo allegro evaporò.

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Capitolo 16
*** L'ospite a sorpresa ***


Trond sgretolò il primo soldato di pietra sganciando un poderoso pugno, ma non fece in tempo ad aprire bocca per vantarsene che un secondo guerriero lo aveva già placcato. Nel frattempo il terzo e il quarto soldato di roccia si erano precipitati contro Tristan e Jenny, la quale non aveva idea di cosa fare. Mentre Tristan divideva in due perfette metà il primo nemico, la ragazza provò ad evocare almeno una sfera di fuoco per tenere a larga il secondo, ma non riuscendo a controllare le proprie emozioni, il tentativo sfumò in tante innocue scintille.
-He-Heban!- balbettò quando il guerriero si avvicinò a lei di altri due passi, ma l'incappucciato era ancora troppo lontano per aiutarla. Aveva fatto progressi, era a metà del ponte, ma la paura emanata dalla Torre ancora lo frenava, era impossibile che arrivasse in tempo. I frammenti del primo soldato mandato in pezzi da Trond iniziarono a rotolare gli uni verso gli altri e il guerriero si riassemblò da solo, mentre le due metà del terzo soldato si fusero insieme.
-Ma sono indistruttibili!- esclamò rabbioso Trond mentre si scrollava dalla schiena il secondo soldato. Tristan invece riuscì a spingere il quarto giù dal fossato, ma il terzo ormai incombeva su Jenny. Il ragazzo si voltò pronto a scattare in soccorso ma non ne ebbe modo: un vortice di fulmini precipitò tra Jenny e il soldato di pietra e quando la luce si spense era comparso un uomo. Essendo l'ospite a sorpresa di spalle, Jenny non riuscì a capire chi fosse, ma riuscì comunque a vedere come distrusse il guerriero: con un solo colpo, e definitivamente stavolta. L'energia sprigionata dall'attacco fece fare due passi indietro a Jenny, Tristan invece aveva un'espressione decisamente sbalordita. Rimasero qualche secondo paralizzati a fissare il nuovo arrivato, fino a quando Trond, il quale si era ritrovato ad affrontare due guerrieri tutto da solo, esclamò -Scusate! Se qualcuno avesse voglia di salvare anche me io non mi offendo...- Tristan scosse la testa per riprendersi dalla sorpresa e si lanciò contro uno dei soldati, mentre invece l'uomo comparso dai fulmini si limitò a schioccare le dita per ridurre in polvere l'ultimo rimasto. Con un solo nemico da affrontare, Tristan e Trond riuscirono ad avere la meglio su di lui. Jenny, che si vergognava per essere stata totalmente inutile, aveva tenuto gli occhi sbarrati tutto il tempo e, rendendosene conto, si costrinse a sbattere le palpebre. Non fece caso al fatto che Heban, con le gambe tremanti, era finalmente riuscito a raggiungerli, e si diresse provando del timore reverenziale verso lo sconosciuto che li aveva aiutati. -Mi fa piacere vedere che hai deciso di unirti a noi- stava dicendo Tristan al signore, il quale stava ancora volgendo le spalle a Jenny. Lei si bloccò. Il suo amico conosceva quell'uomo potente? Prese coraggio e gli picchiettò con due dita sulla spalla. Il signore misterioso si girò con calma e nel frattempo Jenny trattenne il respiro.
Quando lo vide in viso non riuscì a trattenersi dall'esclamare -Tu???- Il professore Cremly sembrò scoccarle un'occhiataccia nonostante gli occhi ciechi velati -E va bene, se vuoi fuori da scuola diamoci pure del 
tu. Ma in classe ricordati l'educazione-.
Jenny arrossì imbarazzata -Ehm, sì mi scusi- poi la sorpresa ebbe di nuovo il sopravvento -Lei è un Roof Jumper??-.
Il professore però scosse la testa -No, no. Io non sono uno di loro, io sono stato l'ultimo Portatore, prima di te. Ho liberato la Fenice durante l'ultima delle Battaglie del Cielo, ma una piccola parte del suo potere mi è comunque rimasta incollata-. Jenny sentì il suo cuore fare una capriola. Il professor Cremly, una tra le persone più ordinarie tra gli insegnanti, era colui che, da quanto la ragazza aveva visto dai ricordi di Heban, su consiglio di Venius aveva sprigionato un'energia così potente da incenerire tutti i grifoni in battaglia con i rispettivi cavalieri. Jenny lo ammirava, si pentì di tutte le volte che con i compagni si era presa gioco di lui. Heban si avvicinò ondeggiando appena, con un movimento quasi febbrile, e gli tese cortesemente la mano. Jenny stava per informarlo della cecità del professore, quando questi incredibilmente strinse la mano ad Heban ricambiando il saluto e disse -E' un bel po' che non ci si vede, caro Heban-.
L'incappucciato annuì per dirsi d'accordo, il professore però disse anche -Stai ancora tremando, prova a concentrati su un ricordo divertente per combattere la paura che fa provare la Torre di Grifon-. Poi l'attenzione di tutti venne attirata da Tristan che aveva ripreso in mano il suo ruolo di capogruppo-Perfetto, ora abbiamo più possibilità di riuscire nell'impresa. Muoviamoci!-. Si diresse verso il portone d'ingresso, batté le mani una volta e poi le posizionò ognuna su un'anta. Dal nulla, due fiamme gemelle si sprigionarono agli angoli in basso della porta e poi risalirono gli stipiti fino a quando non si incontrarono, fondendosi insieme. A quel punto Tristan diede una lieve spinta al portone che, ricadendo con un tonfo verso l'interno della Torre, a giudicare dall'urlo strozzato schiacciò qualcuno che era lì di guardia.
-Mai sentito parlare di entrata discreta?- borbottò il professor Cremly. Trond raggiunse l'ingresso e procedette per primo. Dopo qualche passo diede il "via libera" e il resto del gruppo entrò nella Torre.
-Perché non c'è nessuno per i corridoi?- chiese Jenny sorpresa. La cosa sembrava preoccupare anche gli altri.
-E' davvero strano- osservò Trond drizzando la schiena -Mi aspettavo di dover affrontare orde di nemici con i miei potenti pugni-. A Jenny sfuggì un sorriso divertito, poi tornò a concentrarsi sulla situazione. Man mano che avanzavano verso il centro della torre, iniziarono a sentire un rumore ripetersi regolarmente, come il battito di un cuore. Il pavimento in pietra nera e lucida mandava bagliori verdastri verso il soffitto alto e a specchio, rendendo l'atmosfera più cupa. Ad illuminare l'ambiente, solo delle flebili torce accese con fuoco violaceo. Alla fine del corridoio, quattro rampe di scale, ognuna fatta di un materiale diverso, tre che salivano, una che scendeva.
-Non ho idea di dove possano trovarsi le prigioni, ci conviene dividerci- propose Tristan.
-L'ultima volta che l'abbiamo fatto non è andata un granché bene.- replicò Jenny, appoggiata da Trond che annuiva energeticamente.
-Questa volta invece credo che convenga- intervenne il professor Cremly -La Torre sembra essere piuttosto deserta e non abbiamo tempo da perdere-.
Heban fissò prima Jenny e Trond, poi Tristan e il professore, infine decise di schierarsi dalla parte di questi ultimi.
-Va bene, ci dividiamo, ma io non... non voglio andare da sola- sbuffò Jenny.
-Meglio che Cremly venga con te, sarà sicuramente in grado di proteggerti, se necessario- commentò Trond passandosi l'indice sul mento con fare pensieroso.
-E' deciso- confermò il professore -Ci rivediamo fuori tra non più di un'ora. Forza, Venius non è lontano-.

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Capitolo 17
*** L'erede di Grifon ***


-Era lo squittio di un topo quello che ho sentito??- esclamò Jenny. Il professor Cremly alzò lievemente le spalle -A me sembrava qualcosa di più grosso-, Jenny rabbrividì. Stavano scendendo le uniche scale che portavano verso i sotterranei e l'aria era sempre più densa di umidità. Era un freddo che filtrava attraverso i vestiti, fin nelle ossa. Lungo la parete erano state scavate profonde nicchie sbarrate da lunghi spuntoni di ferro arrugginito. -Anche se abbiamo preso entrambi il vaccino contro il tetano, evita di tagliarti- commentò il professore cieco.
-Come ha...?- Jenny non finì di fare la domanda che Cremly stava già rispondendo
-L'odore di ruggine è molto forte-. 
Jenny continuò a scendere in silenzio. Poi, rallentando il passo, chiese -So che sto per fare una domanda un po' insensibile, ma... Lei, professore, ha perso la vista nel... Nel momento in cui si è liberato del potere della Fenice?-
Il professore continuò a camminare, non sussultò né si voltò, e quando rispose la voce aveva un tono neutrale -Non ti hanno parlato molto di cosa significhi essere un Portatore, vero?-
Jenny scosse la testa e allora Cremly raddrizzò le spalle come faceva ogni volta che in classe doveva spiegare qualcosa di nuovo -Essere un Portatore può essere considerato un grande onore o... Una grande maledizione. La Fenice, ogni volta che trova un nuovo Portatore, deve scegliere dove stanziarsi: nelle mani, nella testa, nei polmoni, nei muscoli... 
Ovunque. Nel mio caso, si trovava negli occhi. 
Quando l'ho liberata, nell'andarsene ha danneggiato principalmente quello che al tempo si poteva definire "il suo alloggio"-.
Jenny annuì pensierosa -Ma come si fa a scoprire dove...?-
Il professor Cremly si fermò di colpo, facendola bloccare a sua volta e zittire. -Ho sentito qualcosa, aspetta un attimo qui-
Poi scese gli ultimi gradini e girò un angolo. Jenny aspettò con il cuore in gola per qualche minuto. Quando il professore tornò, aveva in aria strana. -Tutto a posto?- domandò Jenny studiandolo con lo sguardo. Cremly annuì -Non era niente-, poi si avvicinò ad una cella alla base delle scale. Abbassò le palpebre ed inspirò, concentrato. Riaprì gli occhi lattiginosi con uno scatto e gli spuntoni di ferro si ripiegarono su loro stessi, come foglie rinsecchite. Ora il passaggio era libero.
-Venius è qui?- domandò Jenny sporgendosi appena verso l'interno della cella. 
-No, è da tutt'altra parte-  rispose il professore. Jenny, perplessa, voltò la testa verso l'insegnante, il quale ricambiò lo sguardo, cosa impossibile dato che gli occhi velati normalmente non lasciavano mai trasparire nemmeno un barlume di vita. Jenny capì che c'era qualcosa di strano, Cremly non avrebbe mai potuto vederla, mentre in quell'istante sembrava la stesse fissando. Non fece in tempo a dire qualcosa o anche solo a scostarsi che il professore le diede uno spintone che la fece cadere nella cella. Gli spuntoni si srotolarono e tornarono a fare da sbarre alla nicchia. Jenny si rialzò subito in piedi -Cosa diavolo sta facendo, professore!?- esclamò.
Il cieco sogghignò ed iniziò a mutare, le carni malleabili come il pongo.
Mentre cambiava d'aspetto, disse con tono sprezzante -Non sono il tuo inutile professore, ragazzina. Gentile da parte dei tuoi amici metterti in squadra con qualcuno che non può vedere-. Jenny arretrò di qualche passo quando vide cos'era apparso al posto del professore. Un ragazzo a petto nudo e con dei tatuaggi di rune antiche su ogni centimetro di pelle si stava lisciando le piume delle grandi ali nere da grifone. I capelli rossi come fuoco gli ricadevano sulla fronte lasciando il vista solo il sorriso sbieco. 
-Cos'hai fatto a Cremly?- domandò Jenny arrabbiata, ma anche preoccupata.
Il ragazzo si lisciò l'altra ala e, cercando invano di trattenere un ghigno, con noncuranza rispose -Oh, lui sta benissimo. Ho solo pensato che non gli sarebbe dispiaciuto riposare un po'-.
Jenny si avvicinò a grandi falcate alle sbarre, arrabbiata per il tono da sbruffone del ragazzo -Non so chi tu sia né come tu abbia fatto a battere il professore, ma fammi subito uscire di qui- ringhiò.
Il ragazzo scoppiò a ridere, poi si diede una calmata e replicò -Pensi davvero che visto che me l'hai chiesto con aria minacciosa io ti lasci uscire? A quanto pare, sei anche meno sveglia di quanto pensassi. Che tu esca o meno, non ho fatto fatica a sconfiggere il vecchio, non mi ha nemmeno sentito arrivare, figuriamoci se tu possa comportare un problema- poi si allontanò dalle sbarre scostandosi i capelli dagli occhi dall'iride bianca e, spalancando le braccia, concluse -Niente può essermi d'intralcio poiché io sono Moiry...- fece una pausa melodrammatica -... l'erede di Grifon.- 
e sparì in un turbinio di polvere e piume.

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Capitolo 18
*** Fuliggine ***


-Stupido pollo troppo cresciuto!- urlò Jenny dando inutilmente un calcio ad una delle sbarre. Lo spuntone di ferro vibrò appena. Jenny pensò che non sarebbe riuscita ad uscire da dove era entrata; doveva trovare un'altra strada. Per la prima volta da quando era in quella cella, si guardò intorno. 
Polverose ragnatele penzolavano dal soffitto roccioso irregolare mentre il suolo era ricoperto da foglie secche dall'origine sconosciuta, dato che lì non c'erano alberi da cui avrebbero potuto cadere. La luce soffusa era data dalle torce di fuoco violaceo che avevano illuminato fino a quel momento il suo percorso, ma un paio degli angoli della cella restavano bui, la luce respinta, quasi intimorita, come un gatto che evita l'acqua. Jenny strizzò gli occhi sperando di vedere qualcosa senza doversi avvicinare troppo, ma quando mise a fuoco quello che stava scrutando, fece qualche passo indietro, inorridita. Ciò che sulle prime era sembrato un grosso ramo nodoso, si rivelò essere un braccio umano con annessa una mano rinsecchita dai polpastrelli anneriti. Sicuramente, nascosto nel buio, c'era anche il resto del corpo del prigioniero morto in cella. Jenny restò a fissarlo per qualche secondo, pensando al da farsi. Poi, presa una decisione, allungò una mano fuori dalla cella e riuscì ad afferrare una torcia. Con uno strattone, la sradicò dal suo sostegno e la portò nella cella con sé. Stringendo il paletto che sosteneva la fiamma fino a farsi sbiancare le nocche, avanzò con passo incerto verso l'angolo dal quale si intravedeva la mano; forse il defunto aveva qualche oggetto utile con sé, al momento della morte. L'aveva quasi raggiunto quando qualcos'altro attirò la sua attenzione. 
La torcia illuminò di sfuggita la parete sul fondo della cella e Jenny la notò per caso, grazie ad un guizzo dell'occhio. Quando posò nuovamente lo sguardo sulla parete, ma con più attenzione, la fiamma violacea iniziò ad ardere con meno intensità e a Jenny sembrò di sentire qualcuno bisbigliare. Si avvicinò automaticamente di qualche passo alla parete.
Il muro roccioso era completamento ricoperto da parole scritte con il carbone, ma nonostante la diversità del carattere o, addirittura, della lingua, Jenny capì comunque che dicevano tutte la stessa cosa:

"E forse il fuoco non è solo sinonimo di morte
Forse il fuoco può portare nuova vita
Dalle ceneri la Fenice può risorgere
Ma c'è un problema:
è solo una bambina".

Questa frase era stata scritta e riscritta sino allo sfinimento, come una sorta di cantilena.
I bisbigli aumentarono d'intensità e sembravano quasi urla private del suono. Jenny, con il cuore a mille, sentiva che erano solo nella sua testa e infatti, quando spaventata si sfiorò l'orecchio, i sussurri cessarono di colpo. Il silenzio che cadde nella cella era diverso da quello di prima,  ora si sentiva la presenza di tante anime in insopportabile attesa. 
"Ma in attesa di cosa?" si chiese Jenny interrompendo il flusso dei suoi pensieri. E in quell'istante un'impulso (anche se sembrava una vera e propria spinta) la fece avvicinare alla parete. A quel punto, esitante , la ragazza appoggiò l'indice della mano libera sulla prima lettera di quella che si potrebbe definire una profezia e la lettera si illuminò, come se magma  puro avesse iniziato a scorrerle dentro, rendendola viva. Jenny fece scorrere due dita sul resto della frase scritta con caratteri chiari e cubitali e le lettere brillarono, rosse, ed esalarono piccoli sbuffi di fuliggine. Infine, una dopo l'altra, si staccarono dalla parete leggere come piume e sottili come foglie, ma luminose come il cuore pulsante di un vulcano. 
Come rispondendo ad un comando, anche tutte le altre lettere si accesero ed iniziarono a separarsi dalla parete. Jenny arretrò, non credendo ai propri occhi. Le lettere, che ormai non componevano più alcuna frase, iniziarono a vorticarle intorno, leggere, apparentemente innocue. La ragazza appoggiò la torcia sulla pietra, lontana dalle foglie secche, e poi, incuriosita, toccò una "A" ondeggiante. 
In una frazione di secondo, in seguito al suo tocco, tutte le lettere si trasformarono in fuliggine, tutte tranne una "H" scritta con un carattere pieno di ricciolini e svolazzi. La lettera rimasta cominciò la sua ascesa, come se si fosse d'un tratto ricordata dell'esistenza della forza di gravità, e Jenny, paralizzata per la sorpresa, non poté fare altro che fissarla affascinata. L'elegante "H" si depositò delicatamente sul palmo della mano destra si Jenny e lì si unì con la pelle, diventando un tutt'uno con la ragazza, la quale preoccupata constatò che quel segno assomigliava spaventosamente ad un tatuaggio, cosa imperdonabile per i suoi genitori. Si rese distrattamente conto di essere talmente ricoperta di fuliggine da sembrare uno spazzacamini, poi studiò la lettera con sguardo incuriosito e chiese a voce alta, come se rivolta ai sussurri, -E adesso?-. Quasi in risposta alla sua domanda, la mano iniziò a formicolarle e a diventare sempre più calda. Jenny la tese impulsivamente verso le sbarre e una vampata di fuoco, la più grande che fosse mai stata in grado di evocare, si sprigionò abbattendosi sugli spuntoni e fondendoli completamente. La ragazza sbattè gli occhi basita, poi si guardò il palmo ancora fumante e mormorò tra sè -Beh, comodo!-. 
Poi uscì dalla cella facendo attenzione a non sfiorare il metallo bollente e fece per dirigersi verso le scale, ma si ricordò del professor Cremly, che era laggiù, da qualche parte. Per un attimo pensò che se avesse risalito le scale senza nemmeno cercarlo, avrebbe potuto dire addio la sue infernali verifiche. Poi si rese conto che la vita di una persona vale molto più di qualche brutto voto a scuola ed iniziò a vagare per i sotterranei. 
Avrebbe dovuto cercare il professore da sola.
O almeno, così credeva.

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Capitolo 19
*** Il patto ***


Jenny camminava con passo felpato per i corridoi tetri scrutando con lo sguardo ogni cella. Tante erano vuote, ma più si spingeva in profondità, più presenze avvertiva. Era difficile vedere i prigionieri, spesso se ne stavano acquattati nelle ombre; beh, tranne quando erano così grandi da occupare tutta la cella. Man mano avanzava, incrociava lo sguardo di creature sempre più strane, da demonietti con la bocca cucita a serpenti umanoidi dagli occhi rossi. Molte di loro Jenny le aveva viste solo sui libri di favole, di altre invece non ne aveva mai sentito parlare. Al suo passaggio, non emettevano un solo suono.
Alcuni carcerati avevano un compagno di stanza. La ragazza si sorprese nel passare  davanti ad una gabbia con un mastodontico Minotauro con un corno spezzato e un anello arrugginito al naso messo in coppia con un gracile bambino-rana con un gilè e un cappellino. 
Stava per sorpassarla quando il bambino-rana parlò, la voce profonda ma fastidiosa che tradiva il suo aspetto -Ehi umana ragazza! Umana ragazza?- gracchiò. Jenny si fermò di colpo e tornò indietro di qualche passo, tenendosi comunque distante dalle sbarre.
-Tu umana ragazza?- domandò l'umanoide inclinando la testa con fare curioso.
-Sì, sono un'umana- rispose Jenny sorpresa dalla domanda.
-Ahhh benone, benone! Umana ragazza libera rana e toro?- continuò il prigioniero con un gran sorriso. 
-Uhm...- borbottò Jenny perplessa -No-.
Il sorriso da orecchio a orecchio della rana si rovesciò -Perché no?-
-Perché potreste essere pericolosi. E poi non voglio attirare l'attenzione- replicò Jenny prudente.
-Noi pericolosi? Noi no pericolosi, noi amici!- replicò la rana. In quell'istante il Minotauro sbuffò, il fiato caldo che condensava per il freddo nella cella, e poi emise un breve muggito rivolto alla rana, la quale rispose -Mu? moo moo- in pessimo mucchese. 
-Che cosa ha detto?- domandò Jenny curiosa.
-Cosa? Beh lui dice che aiuta te se vuoi.- l'umanoide aveva la voce più stridula di prima, se possibile, e stava forzando un sorriso gentile. 
Jenny rifletté che due alleati le sarebbero stati d'aiuto, soprattutto uno muscoloso come il Minotauro. Non si fidava, ma pensò che una volta mostrato loro cos'era in grado di fare, avrebbero evitato di tradirla.
-E va bene, io vi libero e voi mi aiutate- annunciò Jenny seria -Abbiamo un patto?-.
La rana allargò ulteriormente il sorriso e strizzò gli occhi -Accordo? Sì, promesso-.
Quindi Jenny si posizionò più vicina alla cella e consigliò ai due di farsi indietro. Sollevò la mano con l'H impressa sul palmo e in una frazione di secondo, senza neanche bisogno di concentrarsi, una vampata di fuoco avvolse gli aculei di ferro della cella e li sciolse. La rana saltello fuori dalla cella particolarmente allegra -Potente umana ragazza! Davvero tu solo umana ragazza? Beh, io saluto umana ragazza- 
ed iniziò ad avviarsi nella direzione da cui proveniva Jenny. La ragazza rimase un attimo spiazzata -Ma come...? Dove vai!? Hai promesso di aiutarmi!-. Il Minotauro uscì a passi lenti e pesanti, calpestando insofferente il ferro bollente, e rivolse uno sbuffo a Jenny; poi raggiunse l'uomo rana che se ne stava andando a piccoli balzi allegri. Jenny non pensava che avrebbero avuto il coraggio di abbandonarla così, ma una volta constatato che si sbagliava, stava già per fermarli quando il Minotauro la sorprese. Invece che camminare via a fianco del compagno di cella, lo afferrò per le spalle con una sola mano e, tra le sue proteste gracidanti, ritornò da Jenny. Arrivato di fronte a lei mugghiò -Promessa- tracciandosi con l'indice una X all'altezza del cuore. 
-Promessa? Tu fatto accordo, io no. Promessa tra voi- replicò lamentosa la rana. Il Minotauro emise uno sbuffo minaccioso e la rana si zittì.
L'uomo toro la lasciò andare controllando con la coda dell'occhio che non tentasse di scappare.
Jenny fece un sorriso sbieco e tese la mano 
-Piacere, io sono Jenny-
Il toro gliela strinse e fu incredibilmente delicato -Moo...Ettore, il Minotauro-
La rana sbuffò e roteò gli occhi, poi fece un sorriso tirato -Io? Io sono René, ma sono conosciuto come la Rana dalla Bocca Larga- e strinse la mano a Jenny, lasciandole quel viscido muco che ricopre tutte le rane.
"Eww" pensò disgustata la ragazza.
-Allora- esordì, asciugandosi nel frattempo la mano sui jeans -Stiamo cercando il mio insegnante, il professor Cremly. Non so cosa gli sia successo, so solo che un ragazzo-pollo molto antipatico gli ha fatto qualcosa-
-Ragazzo-pollo? Noi visto ragazzo-pollo sì, poco fa. Tu parli di Erede di Grifon. Andava di là- disse René indicando un tunnel particolarmente buio. 
Jenny ebbe l'impulso di farsi indietro. Insomma, la coscienza la spingeva ad andare in soccorso del proprio insegnante, ma per quanto la paura la spingesse a rinunciare, la morale glielo impediva. Con un enorme sforzo fece qualche passo verso il tunnel oscuro. 
Un alito di vento che odorava di marcio le scostò un ciuffo di capelli dal viso. 
-P-per fortuna tu sei grande e grosso- balbettò rivolta ad Ettore, il quale però rispose -Io pacifista-. René sospirò -Lui? Se combattente, noi non qui-
Jenny prese un respiro e iniziò a sfregare tra loro le dita della mano destra, fino a quando delle piccole fiammelle presero vita sulle punte delle falangi. 
"Avventurarsi in un corridoio buio in compagnia di una rana chiacchierona e un toro pacifista?" Pensò tra sé Jenny "E così sia".

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Capitolo 20
*** Il Babau ***


In quel corridoio, le torce con il fuoco viola emanavano una luce più tenue e rendevano difficile scrutare all'interno delle celle. Si intravedevano occhi curiosi brillare nel buio e seguire Jenny, Ettore e René con lo sguardo.
Si sentivano sibilati e ringhi che facevano accapponare la pelle. Ogni tanto, una mano ricoperta da pelo o squame o altro ancora, sporgeva dalle sbarre spaventando Jenny e facendola allontanare di qualche passo. 
La rana dalla bocca larga era stranamente silenziosa, troppo impegnata a far guizzare gli occhietti gialli su qualsiasi cosa si muovesse. Il Minotauro, invece, si spostava con passo pesante e sguardo fisso in avanti, concentrato a non inciampare sul terreno inadatto ai suoi zoccoli. Ad un certo punto, a Jenny parve di sentire un flebile nitrito, timido e triste. Si avvicinò cautamente ad una cella pur restando a distanza di sicurezza. 
-Cosa fa ragazza umana? Cosa fa?- domandò visibilmente preoccupata la rana. Jenny non rispose, strizzò gli occhi per vedere nel buio. Ci fu un leggero scalpiccio, poi il prigioniero della cella si avvicinò abbastanza agli aculei metallici per permettere alla luce di illuminarlo. 
Jenny si portò una mano alla bocca quando vide gli occhioni tristi di un tenero unicorno bianco con il corno perlaceo mozzato. 
-Oh, poverino!- esclamò dispiaciuta Jenny allungando una mano per fargli una carezza sul muso. L'animale le si accostò, lasciandosi accarezzare. La rana però cacciò un grido e si portò le mani verdognole sugli occhi nell'istante in cui l'unicorno spalancò la bocca piena di denti appuntiti e seghettati per scagliarsi contro le sbarre nel tentativo di addentare Jenny. 
Quando scostò le zampine dalla sua visuale, vide con sollievo che l'amico metà uomo e metà toro aveva scostato la ragazzina in tempo e la stava tenendo sollevata a distanza di sicurezza. L'unicorno carnivoro, rimasto a bocca asciutta, si ritrasse con disappunto nelle tenebre.
-Stupida umana ragazza! Stupida! Perché pensi unicorni abbiano corno? Perché infilzano umani ragazzi! Stupida!- gracidò isterico René. 
Jenny era rimasta scossa dall'accaduto e quindi si limitò a balbettare -P-proseguiamo-.
Camminarono per ore, o forse solo per qualche minuto, difficile percepire il tempo scorrere lì sotto. Poi René riaprì bocca -Cerchiamo umano signore? E umano signore ha capelli grigio topino?-
-Sì- rispose Jenny.
-Occhi bianchi?- domandò Ettore. 
-Sì- ripeté la ragazza.
-È lui?-  chiese infine René fermandosi davanti ad una cella e indicandone il prigioniero. Jenny seguì con lo sguardo la direzione indicata dalla rana dalla bocca larga fino ad incrociare gli occhi spenti del professor Cremly, legato ed imbavagliato. -Sì!- esclamò Jenny. René allora sorrise -Bene! Io? Io rana felice! Ciaaao- e si incamminò per tornare da dove erano venuti. Ancora una volta il Minotauro la riacchiappò 
-Non vuoi lasciare da sola qui ragazza umana, vero?- brontolò. 
-Lasciare sola? Lei con umano signore. Oh andiamo! Noi aiutato abbastanza!-. 
Ettore non accettò repliche e costrinse la rana a restare. Poi mugghiò a Jenny -E ora?-. 
Lei si passò una mano tra i capelli 
-Credo di poter...- lasciò cadere la frase per dare una dimostrazione. Distese il braccio con l'H tatuata e azzardò qualche passo verso la cella. Ad un certo punto, senza alcuna apparente spiegazione logica, una paura intensa la pervase, a tal punto da costringerla ad arretrare. Immagini orribili e spaventose le erano sfrecciate davanti agli occhi.
- Quale problema ora? Quale?- domandò lagnoso René. Jenny stava aspettando che la paura provata le scivolasse via prima di rispondere, quando qualcun altro lo fece al posto suo -Temo sia colpa mia-.
Alcune delle ombre sembrarono staccarsi dalle altre e avvicinarsi alla luce, per permettere di distinguere di cosa si trattasse. Un uomo dalla pelle di un grigio chiarissimo ma i capelli corvini, neri quanto i vestiti ed il mantello, e un'espressione desolata negli occhi scuri profondi come pozzi, si fece avanti con un breve cenno del capo. -Mi presento, mi chiamo Babau, ma forse avrete già sentito parlare di me come l'Uomo Nero-. 
René fece un saltino e provò a svignarsela, ma poi si limitò a nascondersi dietro al Minotauro. 
-Oh, piccolo amico dalla bocca larga- sibilò mellifluo l'Uomo Nero, lasciando intendere sia che ormai l'aveva visto, sia che in realtà non erano affatto amici -Dimmi, hai ancora l'oggetto del nostro baratto?-
René spuntò timidamente da dietro Ettore e gracchiò spaventato -Oggetto? Oooh no, perso oggetto. René non ha più oggetto-.
Babau fletté le lunghe dita e se le portò al mento in un'espressione accigliata, poi però fece un sorriso, gradevole quanto quello di una vipera -Sai, non è stato per niente carino da parte tua imbrogliarmi così-.
 Jenny, che non conosceva i trascorsi, seguiva il discorso alquanto confusa.  L'Uomo Nero continuò -Allora facciamo questo: tu mi fai uscire di qui e io non friggo le tue cosce di rana, d'accordo?-. René congiunse le mani e, assumendo un tono pragmatico, commentò 
-D'Accordo? In realtà no, cosce di rana sicuro salve se tu non esci. Uomo Nero sta lì-. Jenny si voltò di scatto verso la rana -Ma noi dobbiamo aprire la cella, c'è il mio professore lì!-.                                                                          
-Professore? Spiacente, spiacente- farfugliò René sventolando una mano e lasciando intendere che non se ne parlava. Ettore prese un sospiro, il fiato caldo scostò i capelli di Jenny, e poi si rivolse a Babau -René accetta-. La rana strillò ma il Minotauro le tappò la bocca. L'Uomo Nero fece un sorriso volpesco. Aveva appena stipulato un accordo, che a René non piacesse non era un problema suo. -Bene, allora mi faccio indietro- mormorò, allontanandosi quindi lentamente dalle sbarre. Passò a fianco al professor Cremly, che per un istante sbarrò gli occhi, attanagliato dalla stessa paura irragionevole che aveva colpito Jenny. Non appena Babau si fu allontanato di ancora qualche passo, il professore si riprese e respirò profondamente. A quanto pare, l'Uomo Nero era la causa del terrore. Jenny si avvicinò alle sbarre ed allungò la mano con l'H impressa. Iniziò a concentrarsi e, in una frazione di secondo, una fiammata incandescente scaturì dal suo palmo. La vampata stava funzionando, le fiamme stavano sciogliendo le sbarre, ma poi accadde qualcosa di inaspettato: le lingue di fuoco iniziarono a scurirsi, fino a diventare nere. Era come se le ombre della cella stessero filtrando nell'energia di Jenny. Lei quindi tentò di arrestare il potere, ma l'oscurità glielo impediva, come se avesse incatenato il fuoco. E poi l'energia della ragazza iniziò a venire consumata, buio che bruciava il fuoco stesso. In condizioni normali, Jenny si sarebbe chiesta come ciò fosse possibile, ma quelle non erano condizioni normali, perché insieme all'oscurità iniziarono a raggiungerla anche emozioni come paura e rabbia incontrollabili, emozioni non sue. Nel panico, stava provando ad allontanarsi dalle sbarre quando, procurandole un dolore acuto alla testa, una cascata di parole la travolse.
Se doveva essere un mostro, sarebbe stato il migliore. La paura stessa avrebbe generato il panico e, nella confusione, nessuno l'avrebbe vista strisciare nell'ombra. 
Ancora una volta, non si trattava di pensieri suoi.

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Capitolo 21
*** René vende, René lavora ***


L'Uomo Nero le stava entrando nella testa. Jenny iniziò a non vederci più, le ombre ormai le avevano invaso anche visuale quindi, con un ultimo, terrorizzato, urlo, si gettò all'indietro, fuori portata, spezzando il legame che si era instaurato. Cercò di restare sveglia, ma il colpo era stato forte, quindi perse i sensi. Nei pochi istanti in cui rimase svenuta, ebbe modo di fare diverse considerazioni che al momento ritenne incredibilmente intelligenti, ma che, una volta svegliata, persero ogni collegamento logico. 
Quando riaprì gli occhi, si ritrovò a pochi centimetri dal il faccione verdognolo di René. -Ehi? Ragazza umana sveglia! Sveglia!- trillò lui saltellando. 
-Ah, per fortuna- commentò la voce calda del professor Cremly.
Jenny si rialzò lentamente, con una sgradevole sensazione di nausea che le attanagliava lo stomaco. Ettore le diede una mano. O meglio, viste le dimensioni, le afferrò l'intero braccio. 
Lei si guardò intorno un po' spaesata, poi ricordò tutto quello che era successo negli ultimi minuti e puntò lo sguardo verso il buio della cella, ora con le sbarre fuse. Due occhi luccicavano, vispi. 
-Sono spiacente per l'accaduto. L'aura che trasmetto è una cosa al di fuori del mio controllo- disse con voce neutra, affatto dispiaciuta. 
-L'aura?- chiese Jenny confusa. 
-Te lo spiego mentre raggiungiamo gli altri- intervenne il professore -Andiamocene da qui ora, è troppo pericoloso-.
Cremly si avviò sulla strada del ritorno, trovandola incredibilmente senza aiuti di alcun tipo. Gli altri del gruppetto stavano per seguirlo quando la voce melliflua del Babau intervenne 
-Se permettete... Vorrei venire con voi-. Il professore si fermò e, calmo, chiese -Per quale motivo?-. L'Uomo Nero uscì completamente dalle ombre, in corridoio, seppur tenendosi a distanza del gruppetto. Alla luce delle fiaccole, il Babau non faceva più tanta paura. Era solo un uomo alto e smilzo dalla pelle bianca come un teschio e due occhi magnetici, profondi. Indossava un completo nero come i suoi capelli che terminava con un lungo mantello. Quando però aprì bocca, la voce sibilante fece rabbrividire Jenny -Voglio solo augurare sogni d'oro a chi mi ha rinchiuso in cella-. René guardò terrorizzato Cremly, il quale lo ignorò e puntò gli occhi lattiginosi in quelli del Babau. E annuì. 
L'insolito gruppetto di incamminò nella direzione dalla quale Jenny era arrivata, in cerca dell'uscita. Il Babau camminava silenziosamente parecchi metri dietro di loro, René si faceva guardare le spalle da Ettore e Jenny era al fianco del professore. Dopo qualche minuto di silenzio, Cremly esordì 
-Prima mi hai chiesto cosa fosse l'aura, giusto?-. Jenny annuì curiosa. 
-Beh, come tutto qui, si tratta di energia. L'aura è ciò che ci rende diversi. Ci identifica, è ciò che siamo, chi abbiamo deciso di essere e, soprattutto, come gli altri ci vedono dal momento in cui nasciamo a quello in cui moriamo. Se una persona perdesse l'aura, non verrebbe riconosciuta nemmeno da un genitore. Non è un'energia facile da influenzare, principalmente perché è composta da opinioni e pensieri altrui. Quella dell'Uomo Nero è composta da leggende tramandate in migliaia di anni che lo dipingono come un essere crudele e spaventoso. Così è diventato. L'aura... si adatta. Ma ricorda Jenny, nessuno nasce cattivo. Normalmente, la risata cancella ogni paura, ma quando il terrore è radicato da millenni, lei da sola non basta per spazzarlo via-.
Jenny si lanciò automaticamente un'occhiata alle spalle. Sperava di essere stata furtiva, ma incrociò subito lo sguardo inquietante del Babau, quindi si affrettò a distogliere il suo. 
Per non pensare alle sgradevoli sensazioni che le trasmetteva, decise di distrarsi parlando con quella chiacchierona della rana dalla bocca larga. 
-Ehi, René- mormorò.
-Cosa c'è, ragazza umana?- chiese lui facendo schizzare gli occhietti su Jenny.
-Perché conoscevi già l'Uomo Nero? E cosa gli hai fatto per farlo arrabbiare?-
-Io? Io rana venditore. René vende, René lavora- rispose la rana come se stesse ripetendo uno spot pubblicitario, poi continuò -A volte baratto anche. Baratto equo? Lo decide il cliente questo. Uomo Nero barattato Oggetto Segreto per Sabbia di Sogni. Io però l'avevo presa da un cugino che l'ha presa dalla nonna di un amico che l'ha presa dalla sorella di una mongolfierista che l'ha presa dall'amica di una pescivendola la quale era moglie di un uomo che era in loschi affari e che l'aveva rubata. Ma uno di questi ha imbrogliato! Qualcuno sabbia normale ha consegnato, quindi io barattato mucca per sabbia per niente. Ma io questo non sapevo quando barattato con Uomo Nero- René alzò la voce per sottolineare quest'ultimo dettaglio -E adesso? Ora Uomo Nero rivuole Oggetto Segreto che lui diede a me per baratto, ma io non lo possiede più!- concluse René sconsolato.
-E in cosa consiste l'Oggetto Segreto?- domandò curiosa Jenny.
-In cosa? Shhhhh! È un segreto!- bisbigliò René portandosi le mani davanti alla bocca, senza però riuscire a coprirla tutta.
-Questo l'ho capito!- sbuffò Jenny. 
René scosse la testolina -Capito? Affatto, umana ragazza sciocchina. L'Oggetto Segreto è un segreto!-.
Il professor Cremly zittì tutti, interrompendo la loro conversazione. Allungò una mano sulla serratura chiusa del portone in cima alle scale che portavano fuori dalle prigioni e la fece saltare. Il gruppetto superò la porta silenziosamente, anche se per poco Ettore non vi rimase incastrato. Raggiunsero il centro del salone principale, le fiaccole che bruciavano di fuoco violaceo ad illuminare il percorso. 
E d'un tratto, una folata di vento gelido le spense tutte. I riflessi verdognoli del pavimento impedirono che il salone cadesse nel buio totale. Anche se non si vedeva molto, tutti si voltarono verso l'Uomo Nero, che seppur a distanza, nelle ombre aveva ripreso a fare incredibilmente paura. Lui però si strinse nelle spalle -Io non ho fatto niente- disse calmo. Una voce proveniente da un punto indistinto del salone tuonò -Infatti sono stato io!-. Jenny la riconobbe perché odiosa e arrogante quanto quella dell'Erede di Grifon. Ed effettivamente proprio lui, dalla parte opposta del salone, prese fuoco tanto da illuminare l'intero ambiente. Spalancò le ali nere. 
-Che melodrammatico- commentò Jenny roteando gli occhi. In quell'istante, Heban, Tristan e Trond arrivarono uno dopo l'altro (e di corsa) dalle scale che avevano scelto di prendere. Affannato, Tristan iniziò a dire -Cremly, Venius è... è...- ma non riuscì a finire la frase da quanto aveva il fiatone. 
-Venius è mio, ora-  concluse al posto suo l'Erede di Grifon, scostandosi dagli occhi un ciuffo di capelli rossi e scoprendo due iridi completamente gialle con due fessure verticali come pupille. Dopodiché, Venius comparve in mezzo al salone in un turbinio di fiamme. Nonostante il sollievo provato di primo impatto, Jenny si accorse subito che c'era qualcosa di strano: Venius puntava verso di loro. 
Prima che lei riuscisse a formulare la domanda, l'anziano le stava già dando la risposta -Mi dispiace, figlioli, ma tutto è energia, anche ognuno di voi. Chi possiede l'energia... ha il potere-. 
Quindi Moiry domandò allegro, come se stesse dicendo qualcosa di incredibilmente divertente -E indovinate chi controlla l'energia del vecchio?-. 
Jenny si portò una mano sulla bocca, sbalordita -Oh, no!-.
Il Babau si rivolse freddo a René
-Ed ecco chi ha preso l'Oggetto Segreto-.

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Capitolo 22
*** Le buone maniere ***


Per una volta, Jenny aveva seguito il filo del discorso senza porsi domande; forse perché era troppo distratta dalle fiamme che ancora avvolgevano Venius, poiché stavano assumendo una sgradevole gradazione di colore sempre più scura. Moiry ridacchiò 
-Non potete battere la saggezza millenaria di questo vecchio-
-Anziano- tossicchiò Ettore.
-Come prego?-
-Si dice anziano. "Vecchio", come lo stai dicendo tu, è dispregiativo. Le buone maniere, insomma!- .
Jenny guardò il Minotauro meravigliata. Non credeva fosse in grado di formulare una frase così complessa. Fino a quel momento aveva praticamente mugghiato e basta!
La voce dell'Erede di Grifon divenne più acuta, come quella di un adolescente isterico -Beh DEVE esserlo, stupido caprone!-
-Sii gentile- continuò Ettore -Sii gentile o ti pentirai di avere i capelli rossi-.
-Immagino che le corna stiano premendo sul tuo piccolo cervello, per farti dire tali scemenze- osservò Moiry. A proposito di corna, Jenny notò che quelle di Ettore si stavano ingrossando. Il pelo del manto si stava allungando, rimanendo però con un estremo sospeso, come in assenza di gravità. René si mise una mano davanti alla bocca -Ettore? Ettore si sta arrabbiando. Tolgo mantella, sennò si rompe-. Si fece sollevare dal maestro Cremly per raggiungere l'altezza del collo del Minotauro, i cui occhi erano stati completamente invasi dal colore rosso. Jenny ricordò tutte quelle voci che dicevano che i tori impazzivano per quel colore. 
Nel tempo che René impiegò per slacciare la mantella, Moiry impartì a Venius -Dai, vecchio, attacca-. 
-Si dice "anziano"- ripeté Ettore l'istante prima di partire in una corsa sfrenata verso l'Erede di Grifon, lasciando René di stucco, ancora con in mano la mantella. 
Anche Venius, come gli era stato ordinato, partì all'attacco, correndo proprio verso Ettore.
Ma quando i due si raggiunsero e uno scontro diretto sembrava ormai inevitabile, il Minotauro si lasciò cadere a terra. Per la rincorsa presa, scivolò avanti di parecchi metri, schivando così un potente pugno di Venius, che sorrise, felice di aver fatto cilecca. Ettore si rialzò e riprese a correre verso Moiry, che sembrò impallidire. Ettore ce l'aveva in pugno.
Ma poi qualcosa andò storto. Dopo aver mancato Ettore, Venius non era rimasto lì impalato ed aveva iniziato ad inseguirlo. Era parecchio veloce, tanto che raggiunse il Minotauro e addirittura lo superò. Spiccò un salto, lo afferrò per il corno buono e, grazie allo slancio preso, lo tirò verso il basso, fino a quando il corno non toccò il pavimento. A quel punto Venius mollò la presa e si scansò. Il corno di impuntò nel marmo ed Ettore cadde rovinosamente a terra, raggiungendo rotolando l'ormai sorridente Erede di Grifon. Le corna tornarono alla loro dimensione normale e i peli della folta pelliccia si accorciarono, afflosciandosi di nuovo sotto l'effetto della gravità. 
René cacciò un urletto mentre Jenny si voltò e si rivolse al resto della squadra -Dobbiamo intervenire!-. Gli altri si riscossero dalla sorpresa e si scambiarono una serie di sguardi per verificare che fossero tutti pronti. Non avrebbero attaccato uno alla volta, sarebbe stato stupido. Stavano per avanzare quando una voce sibilante intervenì -Se vi può interessare, avrei un consiglio-. Tristan individuò a fatica chi aveva parlato, tanto si mimetizzava tra le ombre, e poi esclamò con un moto di terrore -TU cosa ci fai qui!?-.
-Voglio solo vendicarmi di chi mi ha rinchiuso, nient'altro. Ora, se mi prestaste un attimo della vostra attenzione...-. 
-Assolutamente no. Anzi, vattene. Non ci faremo guardare le spalle da un mostro- iniziò a ringhiare Tristan, sempre più adirato. Jenny, ancora una volta, non poteva capire, non conoscendo i trascorsi. Heban si avvicinò come per supportare Tristan, ma invece gli cinse le spalle e in qualche modo lo addormentò. Poi lo fece sdraiare a terra e infine fissò l'Uomo Nero, in attesa del consiglio. Nessuno protestò, avevano davvero bisogno di una buona idea e non era il momento adatto per inimicarsi il Babau. Lui sorrise di sbieco -Immagino che voi cercherete di non fare del male a Venius, ma la cosa non sarà reciproca. Il mio consiglio è di lasciare agire me; da solo, perché non so lavorare in squadra, non ci ho mai provato. Avendo posseduto l'Oggetto Segreto per molti anni, conosco il suo punto debole. Io libererò Venius senza torcergli un capello, ma in cambio non dovrete intervenire qualsiasi cosa io faccia per vendicarmi su Moiry-. 
-Perché dovremmo intervenire dopo tutto quello che ha fatto?- domandò Trond. 
Gli occhi del Babau scintillarono -Perché siete i "buoni" della situazione e quelli come voi non sanno evitare di impicciarsi, se vedono accadere qualcosa che ritengono sbagliato-. Heban guardò tutti i compagni negli occhi, per capire chi fosse d'accordo o meno con la proposta. Non riuscì a leggere negli occhi lattiginosi di Cremly e lui non disse niente per far capire la sua posizione. Heban e l'Uomo Nero si strinsero la mano per sigillare l'accordo. -Vai tu? Allora veloce! Veloce!- esclamò René spazientito. Il Babau lo ignorò e si incamminò verso l'Erede di Grifon, che si era accucciato per esaminare l'unico corno integro di Ettore, probabilmente riflettendo se prendersi anche quello o meno. Quando notò l'Uomo Nero, si drizzò in piedi e, con un gesto della mano, ordinò a Venius di andare a contrastarlo. Visto che il Babau procedeva con calma, neanche Venius ebbe fretta di raggiungerlo. 
Ad ogni passo, l'oscurità sembrava condensarsi intorno all'Uomo Nero, diventando qualcosa di tangibile. Lui sbarrò sempre più gli occhi e le pupille si rimpicciolirono, mentre sulle sue labbra iniziò a nascergli un sorriso crepato da venature nere che crebbe, crebbe fino a raggiungergli quasi le orecchie. Era spaventoso. Ma Venius non si fermò, non poteva. Non smise di avanzare nemmeno quando l'aura dell'Uomo Nero lo investì in pieno, facendogli provare una paura tale da sentirsi le gambe molli, da desiderare di svenire per non sentire più niente. Ogni passo si faceva sempre più pesante, difficile da compiere, e quando arrivò davanti all'Uomo Nero, si paralizzò. Il fuoco che lo avvolgeva si era fatto sempre meno intenso, sarebbe bastato un soffio per spegnerlo, come una candelina di compleanno. Il Babau inclinò appena il busto in avanti e bisbigliò qualcosa all'orecchio di Venius, il quale sbiancò, sbarrò gli occhi (che si rovesciarono) e svenne. 
Jenny sussultò e si chiese cosa gli avesse detto. 
Il Babau afferrò Venius per le spalle prima che cadesse e lo poggiò delicatamente a terra, senza scottarsi. Poi rivolse la sua attenzione all'Erede di Grifon, il quale si era fatto sempre più nervoso, e gli disse 
"Oh, io lo so di cosa hai paura".

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Capitolo 23
*** Lanciata nel vuoto ***


Jenny si chiese se l'Uomo Nero non stesse fluttuando, da quanto rapidi e silenziosi erano i suoi passi. Moiry, in preda al panico, scagliò qualche sfera infuocata contro di lui, ma lo mancò sempre. Non che lui si spostasse per schivarle, ma le sfere venivano deviate dall'oscurità stessa, come se ne avessero paura. Alcune raggiunsero il gruppetto, ma bastò qualche gesto del professor Cremly per farle evaporare. -Trond- esordì il professore -Mentre il Babau distrae Moiry, va' a recuperare Ettore. Heban, tu prendi in braccio Tristan, non svegliarlo. Io recupererò Venius. Jenny, René- fece una pausa, pensieroso -Voi... voi non fatevi notare. Dobbiamo uscire di qui ora-. 
Jenny sapeva di non poter essere di molto aiuto, ma René proprio non se l'aspettava. Fu strano vedere la rana dalla bocca larga con la bocca spalancata, miracolosamente senza parole. 
Mentre la squadra sgattaiolava verso l'uscita, Uomo Nero aveva quasi raggiunto un Moiry sempre più terrorizzato. L'Erede di Grifon tentava di mascherare la paura sforzandosi di mantenere il sorriso, ma gli angoli della bocca gli tremavano per lo sforzo e le pupille verticali si erano assottigliate moltissimo. La fiamma delle sue sfere infuocate diventò tremula fino a quando non si spense del tutto. Sulle dita di Moiry, ormai prendevano vita solo innocue scintille, niente di più. Il Babau ora era arrivato così vicino, che ne prese una tra indice e pollice e la spense. A Moiry cedettero le gambe e ricadde a terra, il cuore che martellava nel petto, travolto dalla paura che il Babau trasmetteva. L'Uomo Nero piombò su di lui come un corvo e gli conficcò le dita artigliate nel petto, strappandogli un urlo che ignorò. 
-Te lo chiederò una volta sola: cosa avete fatto ai miei incubi quando mi avete preso?- sibilò l'Uomo Nero. 
Jenny lo sentì e si bloccò, interrompendo la fuga. Di cosa stava parlando? Neanche Moiry sembrava averne idea e glielo balbettò. Al Babau quella risposta non piacque affatto, così iniziò a mutare. Le ossa sporgenti delle mani e delle palle spalle crebbero, gli occhi si infossarono e delle lacrime nere cominciarono a colare senza freni. Per qualche istante, il Babau troneggiò sull'Erede di Grifon in quella forma mostruosa. Poi, tutto si riassestò. Le spalle tornarono al loro posto, stavolta più larghe, meno ossute, la postura cambiò e anche l'altezza, che si ridusse, mentre le lacrime nere scivolarono via lasciando il posto ad un nuovo viso, sconosciuto per Jenny, ma non per Moiry, che si ritrasse ulteriormente, scoprendo così di avere le spalle al muro e nessuna possibilità di fuga. I lineamenti del viso dell'uomo che aveva preso il posto del Babau, erano duri, decisi. Gli occhi bianchi dalle pupille verticali erano sormontati da due sopracciglia cespugliose.
-Moiry- esordì colui che ormai dell'Uomo Nero aveva solo i vestiti -Cosa stai facendo?- continuò con tono di rimprovero.
-P-papà io... Io...- balbettò Moiry sbatacchiando le ali confuso e nervoso. Tutta la sua spavalderia era scivolata via in quegli ultimi minuti.
"Papà?" Rifletté Jenny "Se Moiry è l'Erede di Grifon, allora quello...". 
Sì, quello era Grifon, ma solo di aspetto. La mente restava dell'Uomo Nero, che aveva il potere di trasformarsi nelle peggiori paure di chiunque, abilità ereditata dal padre Molliccio*.
-Perché te ne stai lì sdraiato? Alzati- ordinò intransigente "Grifon". Moiry incespicò e poi riuscì a rimettersi in piedi. Il padre fece una smorfia -Ma come ti sei ridotto? Guardati, una gallina spennata!-. 
-Ma mi hai lasciato tutto solo a...-
-Non mi interrompere- ringhiò Grifon, poi fece una smorfia -Maleducato; sei solo una grande delusione per me-.
Jenny vide le ali di Moiry afflosciarsi sulle sue spalle. Lui aprì la bocca per ribattere, ma poi la serrò e abbassò gli occhi. 
Lo sguardo di Grifon si addolcì ed egli diede al figlio due pacche sulla spalla -Su, potresti rendermi leggermente più orgoglioso se mi dicessi che ne hai fatto degli incubi dell'Uomo Nero. Conducimi da loro, è arrivato il momento di utilizzarli-. Moiry annuì lievemente, ma poi si bloccò e, resosi d'un tratto conto di qualcosa, sussurrò -È già passato-.
Il Babau con le sembianze di Grifon, aggrottò la fronte -Come, prego?-
-Parlo del momento. È già passato, mio padre ha già utilizzato gli incubi e, se non lo sai, significa che tu non sei lui- sbraitò l'isterico ragazzo alato, di nuovo fuori di sé. E in quell'istante, il viso di Grifon si crepò; si ridusse in pezzi e frammenti di faccia caddero a terra, sbriciolandosi, fino a rivelare il vero volto dell'Uomo Nero. Sembrò di vedere un vaso di porcellana andare in frantumi a rallentatore. La cosa parve dolergli parecchio, ma non uscì neanche un gemito dalle sue labbra nere. Il Babau tornò alla sua statura originale, cioè molto alto ma smilzo. Gli occhi erano ancora inquietanti quanto prima, ma ora Jenny, oltre alla rabbia, vi leggeva anche preoccupazione.
Ciò che seguì, accadde in una frazione di secondo: Moiry, iracondo per essere stato ingannato, arretrò di qualche passo ed iniziò a bruciare di un nuovo fuoco, più intenso, mentre l'Uomo Nero strinse le mani intorno all'oscurità ed essa su plasmò e addensò fino a creare una falce; il Babau chiuse gli occhi per pochi brevi istanti e quando li spalancò, erano velati. Mormorò tre parole soltanto, a Moiry -Io ti uccido- e si abbatté come una furia sull'Erede di Grifon. Jenny capì che fino a quel momento si fosse trattenuto, nonostante fosse stato già sufficientemente spaventoso. Ma adesso il vero mostro si stava facendo vedere e Jenny trovò che fosse più spaventoso in forma simile a quella umana piuttosto che di bestia deforme. Lei non voleva che qualcuno morisse, anche solo stare a guardare l'avrebbe resa complice di un'omicidio. Così, quando l'Uomo Nero alzò la falce prima di calarla su Moiry, lei fece due passi decisi e stese davanti a sé la mano con l'"H" tatuata. Un vortice di fiamme scaturì con una potenza micidiale. Percorse tutto lo spazio che lo separava dal Babau e, cogliendolo di sorpresa, lo scaraventò con forza contro una parete. Jenny ritrasse la mano e si morse il labbro, timorosa di aver esagerato. L'Uomo Nero si rialzò subito in piedi, barcollò per qualche passo, boccheggiò e poi ricadde a terra, privo di sensi. 
Moiry scoppiò in una risata isterica, le fiamme intorno a lui divamparono  e, solo allora, Jenny si rese conto di aver fatto una gran cavolata. Aveva perfino fallito nel "non farsi notare"! Quindi chiamò preoccupata Cremly -Professore? Temo di aver combinato un guaio-. L'uomo dagli occhi lattiginosi, nonostante avesse quasi raggiunto il portone attraverso il quale gli altri della squadra erano sgattaiolati via, si bloccò. Poi sospirò e si voltò. Il calore sprigionato da Moiry lo investì in pieno viso, nonostante la distanza, quindi disse -A maggior ragione dobbiamo andarcene! Dov'è Babau? Non importa; Jenny, affrettati-. 
"Davvero non importa?" si domandò lei, lanciando un'occhiata verso l'Uomo Nero, fragile, ora che svenuto. Anche se stava agendo a quanto pare per scopi personali, li aveva comunque aiutati. Insomma, aveva liberato Venius! Jenny con la coda dell'occhio vide anche che Moiry si stava come sovraccaricando. La pietra dai riflessi verdognoli del pavimento si era fusa intorno a lui. Il fuoco delle torce era attratto dalle sue vampate, come se avessero un centro gravitazionale proprio. Jenny, per raggiungere il Babau, avrebbe dovuto tenere costantemente sotto controllo il suo lato sinistro, cioè dove si trovava la minaccia.
Ma cos'avrebbe fatto, raggiunto l'Uomo Nero? Come avrebbe fatto a superare la sua aura, il suo scudo di paura? 
Pensando a ciò, compì un tremolante passo indietro e fece per avviarsi verso il portone. 
Uno strappo, un male intenso proprio sul cuore però le tolse il fiato e la costrinse a fermarsi. Lei non capì bene cosa fosse quella sensazione, forse senso di colpa, ma di certo capì che non avrebbe potuto continuare a vivere felicemente, con quel dolore sul cuore.
Jenny allora girò sui tacchi e partì in un'improvvisata, folle corsa verso l'Uomo Nero, la paura in persona. Se prima aveva fatto una stupidata, quella le sembrò anche più grande. Avrebbe voluto fermarsi, poiché una volta partita in corsa, aveva iniziato a provare il terrore che si prova quando al buio si manca uno scalino, ma le gambe le si muovevano da sole per compiere quella pazza azione potenzialmente suicida.
Con l'adrenalina che la percorreva tutta donandole supporto e il cuore che le dava il tempo come un tamburo, il suo unico, banale, pensiero fu -Forse è questo che provano i paracadutisti, lanciati a velocità stratosferica nel vuoto-.



*Il molliccio è una creatura mutaforma (resa celebre da J.K. Rowling nella saga di Harry Potter) che puó assumere le sembianze e di ció che spaventa di piú il mago che lo avvicina. (Non si conosce l'aspetto di un Moliccio quando è solo, ma si sa che è facile trovarli in posti bui, come vecchi armadi o cantine).

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Capitolo 24
*** Pasticcio! ***


Per fortuna Moiry non notò Jenny durante la sua corsa, era troppo impegnato a dare in escandescenze, letteralmente. Lei raggiunse l'Uomo Nero in pochi secondi, non era molto distante, ma si fermò a qualche metro da lui con una sensazione sgradevole che iniziava ad attanagliarle lo stomaco. Si disse che in quel momento non c'era motivo di avere paura del Babau e cercò di far prevalere la ragione sull'istinto di scappare; ma si sa, la paura è spesso irrazionale e non è controllabile da pensieri logici. Quindi Jenny non smise di provarne, ma si fece comunque coraggio e, grazie alla sua determinazione (testardaggine, secondo i genitori), la accettò tra le sue emozioni. Così riuscì ad avanzare fino a trovasi a pochi centimetri dall'Uomo Nero.
Jenny osservò che era scosso da lievi tremiti e tentò di scacciare il pensiero che ciò potesse significare qualcosa di pericoloso. Si chinò a scatti, i denti stretti, e cinse le spalle del Babau per provare a tirarlo su. Riuscì ad alzarlo di pochi centimetri ma ancora lui non si risvegliava, la testa ciondolante. 
Come avrebbe fatto una ragazzina poco sportiva come Jenny a sollevare un uomo adulto di due metri? 
In effetti, prima di partire al soccorso, lei non si era chiesta come avrebbe fatto a trasportarlo, principalmente perché non immaginava di arrivare fino a quel punto. 
Riadagiò l'Uomo Nero a terra, lo prese per le braccia ed iniziò a trascinarlo. Il mantello nero aiutava a far scivolare il corpo sul marmo, facilitando le cose a Jenny. Il problema arrivò quando il marmo finì, trasformato in un fiume di magma per colpa di Moiry. Ormai dell'Erede di Grifon si distinguevano solo le ali, che spuntavano appena dalla sfera di fuoco dalla quale era avvolto, i vaghi contorni del corpo e le pupille verticali. Jenny incrociò il suo sguardo e rabbrividì, perché proprio in quell'istante percepì che di lì a poco, tutta l'energia concentrata da Moiry sarebbe sfuggita al suo controllo. Il fuoco era alimentato dall'ira che lui stava provando perché, come succede sempre con la rabbia, quando se ne prova troppa, finisce per disperdersi, colpendo anche chi non dovrebbe.
Jenny si inginocchiò e strinse il mantello dell'Uomo Nero per la paura; era colpa sua se sarebbero morti entrambi. In quel momento il Babau riaprì gli occhi, lo sguardo leggermente velato e confuso, la voce rauca -I miei incubi. Dove sono i miei incubi?-. -Non so perché ti importino tanto, ma tra pochi istanti non... Non potremo più preoccuparci di niente; mai- balbettò Jenny, terrorizzata all'idea di morire.
L'Uomo Nero si tirò su a sedere, troppo spaesato per prestare attenzione a Moiry 
-Tu non capisci, io devo trovarli! Gli incubi sono ... i miei tre bambini-. 
Jenny sbarrò gli occhi per la sorpresa. Cos'aveva fatto!? Con il suo gesto impulsivo, aveva condannato a morte un padre i cui figli erano da qualche parte in pericolo. Chi altri sarebbe andato a salvarli? Non poteva permettere che un'intera famiglia, per quanto bizzarra, venisse distrutta per colpa sua. Il peso sul cuore l'avrebbe seguita fin nell'oltretomba, in qualche modo. Jenny chiuse gli occhi e si concentrò, e in quel momento più cose accaddero contemporaneamente. Moiry cacciò un urlo animalesco, primordiale, straziante, e tutta l'energia che aveva accumulato in quegli interminabili minuti si liberò. Essa fuse e incenerì tutto quello che trovava sul suo percorso e lo stesso avrebbe fatto al Babau e Jenny, se non fosse che lei, grazie ad un'intensa concentrazione e un piccolo aiuto da parte della Fenice, aveva appena scoperto una sua nuova capacità. 
Nell'istante in cui l'onda di energia si liberò, Jenny sparì, portando con sé l'Uomo Nero. 

Per qualche secondo, non capì nemmeno lei dove fosse finita. Avrebbe potuto dire di essere in uno Squarcio o in uno dei suoi portali, ma Tristan le aveva chiaramente detto che non c'erano flussi di energia che collegassero la Torre di Grifon con qualsiasi altro luogo. 
Eppure lei sentiva di essere in uno di essi. 
Era lì e galleggiava nell'energia, senza sapere da che parte andare. La luce di "ovunquesitrovasseJenny" si rifletteva come in uno specchio negli occhi scuri dell'Uomo Nero, attenuando notevolmente la sua espressione da psicopatico serial killer con i sensi di colpa. 
-Siamo in un limbo?- domandò lui guardandosi intorno. -Intendi se siamo morti? Beh, può darsi-. -No, non significa ... - l'Uomo Nero lasciò la frase in sospeso e drizzò le spalle -Hai sentito anche tu?-. Jenny scosse la testa, non aveva sentito assolutamente niente. Solo in quell'istante si rese conto che le orecchie del Babau erano diverse dalle sue; più appuntite agli estremi, simili a quelle di un elfo. Forse sentivano anche meglio.
Ma proprio mentre si poneva questo interrogativo, Jenny udì ciò a cui si riferiva l'Uomo Nero: una voce incredibilmente stridula, ma conosciuta, che diceva "Ragazza umana! Dove è ragazza umana?". 
Jenny riconobbe René e, afferrato l'Uomo Nero per un polso, si slanciò nella direzione dalla quale proveniva la voce. 
Le sembrò di fare un paio di capriole nella luce che faceva da pareti alla specie di tunnel luminoso nel quale si trovava, prima di capitombolare nella realtà. Quando il terreno smise di ondeggiarle davanti ai suoi occhi, si rese conto di più cose: 
la prima, che non era effettivamente morta;
la seconda, che una rana isterica la stava assaltando. -COSA SALTATO IN TESTA A RAGAZZA UMANA!? PASTICCIO, PASTICCIO, PASTICCIO!-. 
-Calma René! È tutto a posto ora- balbettò Jenny, presa alla sprovvista. 
In quell'istante però, un'enorme esplosione mandò in frantumi tutto il piano terra della Torre dalla quale erano appena usciti, liberando lingue di fuoco che mandarono in pezzi le finestre. 
Tristan, allo scoppio, si risvegliò con un sussulto ed Heban perse la presa su di lui, lasciandolo ricadere a terra. -Ahi- mugugnò il ragazzo dalle mille cicatrici. 
-Ma Moiry è ... Insomma è...?- iniziò a chiedere Jenny.
-Esploso? Morto? Può darsi, capita quando ci si arrabbia troppo; però non possiamo saperlo per certo- le rispose il professor Cremly. 
Il gruppetto si soffermò a osservare le fiamme che avvinghiavano la base del nemico. Presto sarebbe sopraggiunto qualcuno e a quel punto avrebbero dovuto andarsene.
L'Uomo Nero si alzò in piedi con il suo solito atteggiamento pacato e tutti, che fino a quel momento erano stati troppo distratti per provare paura, si allontanarono di qualche passo. Tutti tranne Jenny, che aveva imparato ad affrontarla. Il Babau schiuse le labbra, come se stesse per dare una risposta che avrebbe chiarito ogni dubbio, ma le cose non andarono così: mollò uno schiaffo dritto sulla nuca di Jenny ed esclamò controllando a fatica il tremito nella voce -Come diavolo ti è venuto in mente di attaccare me!?-. 
Jenny fece per giustificarsi, quando il professor Cremly annunciò -A dopo i litigi e le spiegazioni, ora ci conviene andare-.
-Al Quartier Generale! Vero?- strillò René come Batman avrebbe potuto dire "alla bat-caverna". Heban sospirò, gli mise una mano sulla spalla e lo trascinò con sé in un viaggio per le ombre. 

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Capitolo 25
*** Lacrime ***


Nonostante Jenny stesse trasportando qualche tonnellata di Minotauro svenuto attraverso un portale, era felice di tornare al Quartier Generale. Aveva bisogno di un posto dove sentirsi al sicuro, dove non avrebbe più dovuto continuamente guardarsi alle spalle. 
Durante il viaggio, fece attenzione a non perdere la presa sul corno di Ettore. Per fortuna non c'era bisogno che lo sollevasse; i portali facevano tutto il lavoro. 
Il maestro Cremly sarebbe arrivato più tardi perché era andato a recuperare i gemelli Ann ed Evert Berg.
Il problema arrivò quando finalmente giunsero in città: il portale più vicino al Quartier Generale distava circa mezzo chilometro e Jenny non aveva idea di come avrebbero fatto a trasportare l'enorme amico privo di sensi.
Anche se Trond non l'avrebbe mai ammesso, trasportare il Minotauro anche solo per pochi metri l'aveva sfinito.
Jenny stava giusto per domandare ai compagni se avessero in mente una soluzione, quando si accorse che c'era qualcosa di strano che serpeggiava tra gli edifici, anomalo, che non avrebbe dovuto essere lì: il silenzio. 
-È una mia impressione, o questa città ha qualcosa che non va?- domandò l'Uomo Nero strizzando gli occhi per via della luce che filtrava attraverso le nuvole. 
Tristan replicò scortese -Anche se così fosse, non sarebbe affar tuo- e si incamminò verso il Quartier Generale senza aspettare nessuno. 
René si grattò la testolina -Voi andate al Quartier Generale. Io? Io resto con amico Ettore-. René non aveva avuto una cattiva idea, quindi il gruppetto si divise. 
Trond rimase con René per controllare che Ettore stesse bene, il Babau seguì a distanza di pochi metri Heban, Jenny e un imbronciato Tristan. 
Chi si avviò per raggiungere la torre nel cuore della città, si rese presto conto che quel silenzio apparteneva a qualcosa di più di una semplice giornata tranquilla. I palazzi e la vita normalmente brulicante delle strade, erano stati cristallizzati nel momento in cui il sole autunnale era iniziato a calare. Niente da quel momento si era più mosso. 
Scene di vita quotidiana come un bambino che si dondolava su un'altalena o un'anziana che sceglieva le mele più mature al mercato, erano state paralizzate, come fotografie. 
-Il... il tempo si è fermato?- azzardò Jenny, passando la mano davanti agli occhi di un uomo al quale stava scivolando il telefono di mano. Heban si guardava intorno con gli occhi sbarrati, incredibilmente agitato. 
-Non dire sciocchezze- sbottò Tristan -Il tempo in senso assoluto è l'unica cosa non si può in nessun modo fermare, ma chi è soggetto al tempo, sì. Non so che razza di potere abbia causato tutto ciò, ma ti assicuro che non è da sottovalutare-. 
-Se permetti, io forse so di chi si tratti- commentò il Babau, cupo.
-Non mi interessano le tue congetture- sbottò Tristan accelerando il passo. 
Jenny invece rallentò e aspettò che l'Uomo Nero la raggiungesse così da potergli chiedere -Si può sapere perché Tristan è tanto arrabbiato con te?-. L'espressione del Babau rimase vaga e lui si limitò a rispondere -Abbiamo avuto una discussione, una decina di anni fa-. 
-Riguardo ... ?- insistette Jenny sollevando leggermente un sopracciglio. Il Babau sospirò silenziosamente, rassegnato al dover fornire delle spiegazioni alla ragazzina che, in caso contrario, gli avrebbe dato il tormento per tutto il viaggio -Sarò breve. Tristan ha assistito alla cattura dei suoi genitori. Per i successivi tre anni, io sono tornato a fargli visita ogni volta che tentava di sognare, per non fargli dimenticare alcun dettaglio della vicenda e aggiungendone personalmente qualcuno-.
A Jenny ci volle qualche secondo per assimilare la frase, dopodiché esclamò -Ma è un gesto orribile!-. 
Il Babau non poté che stringersi nelle spalle -Questione di punti di vista; i miei incubi si divertivano un mondo, lo facevo principalmente per loro-. 
L'indignazione di Jenny calò di poco -Ti riferisci ai tuoi figli?-. 
L'Uomo Nero annuì leggermente con un'espressione indecifrabile, come se il bene che provasse nel confronto dei suoi bambini lo mettesse in imbarazzo e gli rovinasse la reputazione.
Jenny approfittò di quel momento per scusarsi seriamente di non aver tenuto fede ai patti ed averlo attaccato durante la sua battaglia contro Moiry, ma poi qualcuno attirò la sua attenzione -Jenny- Tristan aveva appena svoltato un angolo e il tono era urgente -Devi venire a vedere-. La ragazza si affrettò a raggiungere l'amico e quando svoltò l'angolo si bloccò in modo tale da sembrare anche lei pietrificata con il resto della città. 
Davanti alla vista della sua casa sfasciata, non poté che contemplare le tegole sbriciolate, le assi spezzate, i muri abbattuti e le finestre infrante. Riusciva a scorgere un pezzo di quella che era camera sua, ma il resto era stato ridotto in macerie al punto da essere irriconoscibile.
Heban si incamminò verso il giardino senza staccare lo sguardo da tutta quella distruzione.
Jenny osservò i poliziotti che stavano ispezionando la zona ed in mezzo ad un gruppetto di loro, notò due visi più che familiari. 
Un enorme macigno sembrò sollevarsi dal suo petto, permettendole di tornare a respirare normalmente: i suoi genitori stavano bene.
Erano stretti in un abbraccio e piangevano. 
Alcune lacrime si erano fermate prima di toccare il suolo.
Jenny non li aveva mai visti in quello stato e saperli sofferenti le fece venire gli occhi lucidi. 
-Stanno guardando un punto in particolare- commentò Tristan, seguendo il loro sguardo puntato su un furgoncino dell'ambulanza. 
Heban fu il primo a notare una barella poggiata all'interno. 
Chiunque vi fosse sopra, era coperto da un velo bianco, segno che ormai era deceduto.
Mentre tutti si avvicinavano all'ambulanza incuriositi e con un groppo in gola, Heban afferrò con due dita i lembi del lenzuolo e iniziò a scostarlo, svelando che si celava sotto.
-Ma questa... questa...- balbettò Tristan totalmente spiazzato.
Jenny concluse con un filo di voce -Sono io-.

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Capitolo 26
*** L'inganno ***


-Come è possibile?- balbettò Jenny alzando gli occhi dal proprio cadavere e aspettando risposte. -Io... io non...- mormorò Tristan, lasciando poi cadere la frase.
Heban fu il primo a riprendersi dalla sorpresa e ad agire. Si srotolò le bende dalle mani scoprendo la punta delle dita e poi esitò un istante prima di poggiare i polpastrelli sulla fronte della Jenny morta. Quando le sue pallide dita entrarono in contatto con la sua fredda pelle, accadde un fenomeno che fece sobbalzare Jenny: il cadavere aprì gli occhi ed iniziò a sussultare. 
-Cosa sta facendo?- domandò la ragazza, impressionata. 
-La sta riavvolgendo, per capire cosa è successo- spiegò il Babau.
Le cose però presero una piega ancora più strana: la defunta iniziò a mutare. Nemmeno Heban si aspettava una cosa del genere, sicché si allontanò con uno scatto quando vide che sul lettino non giaceva più Jenny, ma Oak. 
-O-Oak? Heban, cos'hai fatto?- balbettò Tristan confuso, ma l'incappucciato non avrebbe potuto dargli una spiegazione nemmeno se fosse stato in grado di parlare. 
-Ehi, cugino?- chiamò Tristan scrollando lievemente Oak per una spalla. Ma gli occhi erano spenti sul suo viso privo di ogni traccia di vita.
Tristan retrocedette di qualche passo. Distolse lo sguardo al corpo esanime del cugino e annunciò -Più di così non puoi riavvolgere, Heban. Sono successe troppe cose a questo corpo perché le ricordi. Se Oak è morto, abbiamo a disposizione un nuovo Squarcio. 
Sono sicuro che ci sarà d'aiuto e, se lui vuole, ci mostrerà cos'è successo-.
-Io non sto capendo- intervenne Jenny, alzando lo sguardo a fatica da Oak.
-Gli Squarci sono tunnel di energia, come ti ho già spiegato. Il collegamento di energia nasce quando a qualcuno che ne possiede molta non serve più- replicò Tristan con tono neutro. 
Jenny non approfondì l'argomento; sentiva che l'ostentato tono deciso del compagno serviva ad evitare che la voce gli si incrinasse. Lui non poteva permettersi di scoppiare in lacrime, la missione non era ancora finita. Dopotutto, era la guida. 
-Heban, Jenny, andiamo- ordinò lui. Il Babau fece per aprire la bocca ma Tristan lo interruppe con durezza -Tu no. Ci raggiungerai a piedi- e sprezzante aggiunse -Tanto la strada la conosci-. 
L'Uomo Nero non replicò, ma distolse lo sguardo. Offeso, seccato, pentito, chi poteva dirlo? Difficile decifrare un'espressione sul volto della Paura. 
Per Jenny fu facile capire che nonostante la perdita subita, il risentimento di Tristan nei confronti del Babau non stava vacillando.
Tristan non indugiò oltre; lanciato un ultimo sguardo al cugino, aprì uno Squarcio e scomparve. Heban fece un cenno al Babau, prima di lasciarsi assorbire dalle ombre. Jenny aprì il suo portale a testa bassa, cercando di ignorare lo sguardo penetrante dell'Uomo Nero, e sparì nel nuovo tunnel di energia. 
Lì scoprì cos'era successo ad Oak. Ebbe accesso ai suoi ricordi più recenti, proiettati sulle pareti del tunnel come film. Lo osservò sostituirsi a lei per non far notare la sua assenza ai suoi genitori e poi assistette all'attacco di un misterioso nemico del quale non riuscì a distinguere il volto. L'ultima immagine che vide, fu il cielo; poi non ci furono più ricordi. 
Il tunnel di energia finì e catapultò Jenny in un salone della torre dei Roof Jumper. Non fece in tempo a rimettersi in piedi che una potente scossa fece tremare tutto, facendo cadere dalle pareti alcuni antichi arazzi. 
-Cosa sta succedendo!?- strillò, guardandosi intorno. -Non ne ho idea- replicò Tristan, avanzando a tentoni verso un portone. Aveva le guance rigate dalle lacrime, segno che la sua parte umana aveva preso il sopravvento sul suo ruolo da distaccato guardiano della Fenice. Heban gli si avvicinò per sbirciare oltre il portone, ma alla successiva scossa si appiattì contro una parete, tremante. Era la seconda volta che Jenny lo vedeva manifestare un'emozione intensa e per la seconda volta era paura. Nonostante avesse avuto occasione di vedere un frammento del suo passato, sentiva di sapere ancora ben poco sulla storia dell'incappucciato.
Dei passi risuonarono nel corridoio e Tristan fermò la persona in corsa, un ragazzo fatto di pezzi di stoffa cuciti tra loro -Cosa sta succedendo qui?-
-Non hai saputo? Siamo sotto attacco!-
-Da parte di chi?-
-Pare che Grifon e Blukroma si siano alleati. Non so cosa li abbia convinti a collaborare-
-Un obbiettivo comune?-
-Un nemico comune- corresse Sarah, sopraggiungendo in quel momento -Patchwork, va' in cima alla torre ad aiutare gli altri. Di loro mi occupo io-. Patchwork fece un cenno con la testa e riprese la sua corsa. Sarah si rivolse al gruppetto spaesato -Il rapimento di Venius era solo una strategia per attirarvi alla Torre di Grifon, così da non avervi a proteggere il Quartiere Generale. Dato che sia Grifon che Blukroma desiderano possedere la Fenice, ho motivo di credere che stiano cercando di sfruttarsi a vicenda ma senza realmente aiutarsi- poi pur avendo gli occhi chiusi domandò -Dove sono gli altri? E dov'è Oak? Pensavo vi avrebbe scortato fin qui-
Il gruppetto rispose in fretta alla prima domanda, mentre per la seconda a Tristan ci volle più tempo per soppesare le parole.
Quando Sarah venne a conoscenza dell'accaduto, si voltò verso una rampa di scale e incrociò le braccia -Quando Blukroma scoprirà di non aver ucciso la Portatrice per colpa di Grifon, ci saranno dei dissapori. Ma ora seguitemi, abbiamo qualcuno da vendicare-.

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Capitolo 27
*** La scissione ***


Il gruppetto stava salendo in corsa le scale a chiocciola per raggiungere la cima della torre, dove si stava combattendo la vera battaglia. Da piccole finestre si potevano intravedere esplosioni di energia di ogni colore e forma che facevano tremare il Quartier Generale. 
Heban era rimasto indietro e procedeva con una lentezza esasperante. 
Jenny bloccò la sua corsa e andò a recuperarlo -Devi sbrigarti, c'è sicuramente bisogno anche di te, di sopra-. Nel dire questo, gli afferrò una mano per tirarlo e spingerlo a darsi una mossa, ma non aveva notato che Heban non aveva avuto il tempo di riavvolgersi le bende intorno alle dita dopo aver riavvolto il cadavere di Oak; perciò, non appena le loro mani entrarono in contatto, Jenny venne trasportata nel passato di Heban, come era già successo. 

Questa volta non si ritrovò in un campo di papaveri, ma nel salone principale del Quartier Generale, lo riconobbe. Lì Venius era seduto ad un tavolo con tre anziani e ... un giovane professor Cremly.
Stavano discutendo pacatamente, ma la tensione era tangibile. Jenny colse qualche parte del discorso di uno degli anziani, che ricordava a tutti che l'esercito di Grifon era vicino. La ragazza si rese conto che doveva trovarsi in ricordi più antichi degli ultimi ai quali aveva assistito, perché l'ultima delle Battaglie del Cielo non era ancora avvenuta.
Capì anche che per essere ricordi di Heban, lui doveva essere lì, da qualche parte. Dopo qualche secondo passato a cercarlo con lo sguardo, lo vide a fatica tanto era mimetizzato con le ombre, intento ad origliare la conversazione. Jenny si avvicinò a lui e lì rimase ad osservare la scena. 
Venius si alzò in piedi ed annunciò -Ebbene, Dan ha parlato chiaro, senza giochi di parole: qualcuno dei nostri presto ci tradirà. Per nostra fortuna, sappiamo anche chi. Ma io sono dell'idea che il futuro possa essere cambiato, quindi voto no per l'assassinio precoce del non-ancora traditore-, detto questo si risedette. 
A turno le persone al tavolo si alzarono per annunciare il proprio voto. Due dei tre anziani condannarono colui che un giorno li avrebbe traditi, ma che al momento era innocente. 
Si ritrovarono in una situazione di pareggio e la presa di posizione del professor Cremly avrebbe deciso le sorti del futuro traditore. 
Lui si alzò in piedi -Io voto no, e aggiungo che voi che avete votato per l'omicidio di un bambino non siete migliori dei grifoni che combattiamo- poi si rivolse a Venius -Il futuro può essere cambiato, ma il destino non può essere evitato. Dobbiamo comunque prendere provvedimenti. In questi anni dobbiamo impegnarci perché se mai un giorno Heban dovesse schierarsi dalla parte di Grifon, lo faccia nei nostri interessi.-. 
Heban? Era lui che questo Dan aveva individuato come traditore? Jenny lanciò un'occhiata al bambino nascosto tra le ombre.
Non si era mosso, ma aveva corrucciato la fronte e teneva lo sguardo basso. 
-E' estremamente importante che non venga mai a sapere di questa conversazione né della previsione fatta da Dan; potrebbe fargli dubitare di noi- concluse il professor Cremly.
Jenny vide il piccolo Heban sgusciare fuori dalla sala servendosi della protezione delle ombre e, mentre si incamminava per seguirlo, sentì un anziano dichiarare -Si assicurerà Venius che Heban non prenda mai decisioni importanti, come tradirci. Lo porterà tra i papaveri, dove dimenticherà come si fa a parlare, perderà il potere di esprimersi, il suo carattere forte, un'opinione sulle cose, e non sarà più un pericolo-. Jenny corrucciò la fronte e si affrettò a raggiungere il piccolo Heban, che si era allontanato alla svelta da quella sala dove si era discusso del suo diritto di vivere. 
Non c'era molta gente per il Quartier Generale, ma il bambino con i capelli neri fu piuttosto schivo con i presenti. Dopo qualche rampa di scale, raggiunse quella che doveva essere la sua camera e lì si chiuse. Jenny sgusciò dentro appena in tempo. 
Heban si sedette sul letto e si mise le mani tra i capelli, pensieroso. Dopo qualche minuto, borbottò tra sé e sé -Non andrò tra i papaveri- e si rialzò in piedi. Andò a frugare in una cassa alla ricerca di qualcosa e Jenny vide di cosa si trattava solo quando la trovò: due piccole ampolle, una riempita di una poltiglia rossa, l'altra di una poltiglia blu.
Heban versò la sostanza rossa nella mano destra e quella blu nella sinistra, poi appoggiò le ampolle una di fianco all'altro, aprì le dita ad artiglio e tracciò cinque linee rosse sulla destra del suo viso e cinque linee blu sulla sinistra. Infine, separò l'una dall'altra le due ampolle e lo stesso iniziò ad accadere con le sue due metà. Il bambino si contorse e si divise, fino a quando nella stanza non ci furono due piccoli Heban, uno con gli occhi blu, uno con gli occhi rossi. Quello con gli occhi blu prese un respiro tremante, stancato dallo sforzo di quella magia, e poi fece un gesto preciso verso l'Heban dagli occhi rossi, colorandoglieli di blu, così da essere indistinguibili. 
-Ora- disse ansimante -Tu andrai con Venius al campo di papaveri. Io fuggirò via-. 
La sua metà però sorrise e rispose -No. Io non voglio andare tra i papaveri quanto te. Perciò ci andrai tu-. 
Sul primo Heban si dipinse un'espressione di sgomento -C-cosa? No! Ti ho creato proprio per evitarlo!-. 
-Ti sbagli, io ho creato te per evitarlo- replicò la seconda metà. 
La prima metà non fece in tempo a ribattere che qualcuno bussò la porta e, senza aspettare il permesso, la aprì. 
Venius, entrando nella stanza, non vide mai il risultato dell'incantesimo di scissione di Heban, perché la seconda metà si era già data alla fuga. -Dobbiamo andare in un posto- disse l'anziano. 
-No, non voglio! Ho perso un... devo cercare un... insomma...- ma Heban sapeva che non poteva lasciar intendere né che aveva origliato la conversazione né che aveva perso una sua metà. O meglio, che lei si era data alla fuga.
Venius non aveva tempo da perdere per ascoltare i discorsi inconcludenti di un bambino, perciò lo afferrò per la mano e lo portò via. Jenny si affacciò alla finestra della camera e dopo pochi minuti vide le metà di Heban procedere in direzioni differenti: una con Venius, diretta verso i papaveri, l'altra dalla parte opposta, nella direzione dalla quale sarebbe sopraggiunto l'esercito di Grifon. 
E allora capì che il destino si sarebbe comunque compiuto, nonostante le precauzioni prese per evitarlo.

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Capitolo 28
*** Mosche ***


Jenny riaprì gli occhi, di nuovo nel presente, e si mise seduta. Sperò di non essere rimasta priva di sensi per più di qualche secondo. Tristan e Sarah avevano continuato la loro salita senza accorgersi che lei ed Heban erano rimasti indietro. 
Lui le si era allontanato di qualche passo, per quanto la stretta rampa lo permettesse, e la fissava con sguardo offeso. 
-Mi... mi dispiace- balbettò Jenny, rendendosi conto di essere venuta a conoscenza di un grande segreto, senza permesso. Heban non la aiutò a rialzarsi, la evitò e ricominciò a salire le scale, riavvolgendosi per bene le bende intorno alle dita e paralizzandosi ad ogni scossone. Jenny si rimise in piedi e lo seguì mantenendo le distanze. Quando raggiunse la cima della torre, le urla della battaglia la disorientarono per qualche istante, poi riuscì a mettere a fuoco la situazione. Tutti i Roof Jumper e i loro alleati stavano combattendo contro grifoni, cavalieri, mostri che Jenny aveva sempre ritenuto mitologici e una vera e propria legione di meduse umanoidi armate fino ai denti. 
Una gigantesca oca con un grembiule da infermiera volava in cerchio al di sopra della battaglia e arrivava in soccorso di ogni Roof Jumper che sembrava averne bisogno. 
Due individui controllavano lo svolgersi della battaglia senza intervenire, tenendosi a distanza e dando a volte dei segnali ai guerrieri.
Uno dei due Jenny lo riconobbe, poiché era stata la più grande paura di Moiry: Grifon.
L'uomo baffuto seguiva con sguardo superbo il combattimento. Persino a quella distanza, Jenny notò gli occhi dalle iridi bianche.
L'altro individuo era una donna mai vista prima con un lungo vestito azzurro ricoperto da perline luccicanti: probabilmente Blukroma.
L'esercito della donna non riusciva ad avanzare fino a dove si trovava il gruppetto grazie all'ultima barriera di Sarah, che però si volatilizzò ad un semplice gesto della signora dall'aria austera, permettendo ai suoi soldati medusa di avanzare. 
Nel momento in cui lo scudo si infranse, Sarah aprì gli occhi e fece scaturire un'onda di energia che disintegrò i nemici più prossimi.
Poi abbassò lo sguardo, gli occhi di un viola incredibile -Non ci sono più difese-. 
Tristan alzò leggermente il mento, per sembrare più sicuro di quanto in realtà non fosse, e replicò -Non voglio arrivare al punto di averne davvero bisogno. Possiamo batterli-.
Detto ciò, si incamminò verso la fine del tetto, pronto a lanciarsi (letteralmente) nella battaglia. 
-Amico mio!- salutò il Cavaliere di Grifon, atterrando pesantemente sul tetto del Quartier Generale, crepando tegole e cemento. Tristan si fermò ad un passo dal parapetto e sibilò -Non chiamarmi così-. 
Il Cavaliere avanzò di qualche passo con atteggiamento spavaldo -Oh, non stavo parlando con te, ma con lui- e fece un cenno verso Heban, il quale si irrigidì. L'incappucciato voltò poi la testa con uno scatto verso Tristan e lo fissò come per chiedere un permesso. 
Quando il ragazzo dalle cicatrici nascoste annuì, Heban si scagliò contro il Cavaliere di Grifon senza lasciargli il tempo di dire altro.
Sapendo che l'amico si sarebbe occupato di quel nemico, Tristan poté tuffarsi nella battaglia, al di là del cornicione, seguito da Sarah. 
Jenny rimase sola, ma non restò con le mani in mano. Sfruttando come meglio poteva il potere della Fenice, riuscì ad abbattere numerosi nemici; come mosche. Ma ad ogni cattivo abbattuto, ce ne era sempre un altro pronto a prendere il suo posto. 
La ragazza lanciò di sfuggita un'occhiata ai suoi compagni. Tristan inceneriva un cavaliere dopo l'altro, saltando di grifone in grifone, senza mai fermarsi a riprendere fiato; Sarah scioglieva i soldati medusa in una poltiglia gelatinosa, tenendoli lontani dal tetto; Heban era concentrato in uno scontro alla pari con il Cavaliere di Grifon, dove avrebbe perso chi si sarebbe distratto o stancato per primo. 
Quella guerra sarebbe potuta andare avanti per giorni tanto era alla pari, perché i nemici erano in numero maggiore, ma non combattevano secondo precise tecniche come invece facevano i Roof Jumper; erano uno sciame disordinato. 
Jenny sentiva già le braccia farsi pesanti e, distratta dalla stanchezza, non vide arrivare un fulmine blu scagliato contro di lei. 
Lo notò con la coda dell'occhio e, nella frazione di secondo che la separò dall'impatto, ebbe modo di sentire i capelli rizzarsi in testa per la certezza che sarebbe morta.
Fortunatamente, prima che il fulmine potesse raggiungerla, Roof Jumper le si parò davanti appena in tempo per deviarlo e poi tornò alla battaglia.
Qualcosa si scosse in Jenny; tutte quelle persone stavano rischiando la vita e combattendo per lei, o meglio, per la Fenice che portava dentro. D'un tratto ricordò la frase che aveva sentito dire da Venius ad Heban, la prima volta che era stata nei suoi ricordi: "E' questo che la Fenice fa per noi, ci protegge, e lo fa perché noi contiamo su di lei". Fino a quel momento le cose non erano andate così, Jenny si era sentita un peso per il gruppo. 
Beh, non lo sarebbe più stato! 
Da quel momento combatté con una forza nuova. 
Pur restando concentrata nell'impedire che i nemici atterrassero sulla torre, notò una piccola medusa fluttuante raggiungere Blukroma e avvicinarsi al suo orecchio per riferirle un messaggio. 
L'espressione della donna variò quasi impercettibilmente, poi lei si voltò verso Grifon e gli pose una domanda. Per via della distanza, Jenny non riuscì a sentire cosa si stessero dicendo, ma quando Blukroma e Grifon puntarono contemporaneamente lo sguardo su di lei, con un brivido si rese conto che l'argomento della loro conversazione era il fatto che fosse ancora viva.
Grifon cercava di rimanere impassibile, ma Jenny poteva immaginare ogni suo pensiero.
Il principale doveva essere stato: "perché la ragazzina è qui e non in una delle mie carceri?". 
Blukroma invece assottigliò gli occhi, probabilmente chiedendosi; "perché la ragazzina è ancora viva?".
E mentre tra i due iniziava una discussione pacata che però lasciava trapelare l'aumentare della rabbia, Jenny si impegnava a salvare l'oca infermiera dall'attacco di un soldato medusa a cavalcioni di un grifone.
Fece il salto più grande che ebbe mai fatto e, arrivata alla quota dell'oca, si rese presto conto che la gravità aveva smesso di avere effetto su di lei. Non ebbe il tempo di stupirsene, si fiondò subito contro il nemico che minacciava l'oca e lo disintegrò. L'oca la guardò, le fece un cenno di ringraziamento e tornò alla sua mansione di infermiera. 
Jenny rimase sospesa lassù, anche perché non aveva idea di come tornare giù.
In quell'istante avvenne un fatto che avrebbe cambiato le sorti di quella guerra: arrivarono i rinforzi.

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Capitolo 29
*** Rivelazioni ***


Una voragine nera si aprì nel cielo limpido e un vento freddo che ricordava i più grigi cimiteri spazzò i capelli di Jenny. Poi da voragine, l'oscurità divenne vortice, una famelica bocca che si avvicinava alla cima del Quartier Generale. Quando la polvere nera si dissipò, una figura scheletrica si erse con le spalle strette avvolte in un lungo mantello nero. I guerrieri smisero per un attimo il combattimento, distratti da quella nuova minaccia; o salvezza, dipendeva dai punti di vista. Perfino il Cavaliere di Grifon interruppe l'attacco ad Heban.
-Se mi aveste fatto venire con voi, avrei potuto risparmiarvi l'entrata di scena melodrammatica- commentò il nuovo arrivato. -Babau!- esclamò Jenny non riuscendo a trattenere un sorriso; aveva già visto di cos'era capace, quindi le possibilità di vittoria erano aumentate notevolmente. Tristan, in groppa ad un grifone dal quale aveva scacciato il cavaliere, gli scoccò un'occhiataccia. 
L'Uomo Nero si guardò intorno e studiò la situazione, poi volse gli occhi su Blukroma e Grifon. Inclinò leggermente la testa, come in ascolto di qualcosa. 
Era così concentrato che Jenny si chiese se lei non si stesse perdendo qualche suono in particolare. E d'un tratto il Babau scattò. 
Si mosse come una vipera, serpeggiando tra le fila nemiche avvolto da una cortina nera. Dove passava, i soldati medusa si ingrigivano e afflosciavano. I cavalieri venivano completamente privati delle loro energie e poi schiacciati dal peso delle loro armature. Restavano come gusci vuoti e, al minimo ciondolare dei loro grifoni fiaccati, cadevano di sella, nel vuoto sotto di loro. Sarah perse l'espressione sorpresa e si aprì in un sorriso.
Il Babau decimava l'esercito di Grifon e Blukroma di secondo in secondo e proprio mentre le cose stavano andando finalmente per il verso giusto, si aprì un secondo portale che le rese ancora migliori.
Ne uscirono il maestro Cremly, Venius, Trond, Ettore, Renè e i fratelli Berg, che erano stati guariti.
Di certo non si aspettavano di trovare il nemico alle porte di casa, ma seppero reagire bene.
Non ci fu bisogno di spiegazioni, i nuovi arrivati contribuirono alla difesa del Quartiere Generale. Dopo qualche minuto, le sorti della battaglia erano state rovesciate: i Roof Jumper, avevano una concreta possibilità di vittoria.
Fu in quell'istante, quando i cuori si stavano riempendo di nuova speranza, che Grifon decise che quel che stava vedendo non gli piaceva più. 
-Babau- tuonò. Per la seconda volta, i guerrieri di entrambi le parti si bloccarono. Solo due di loro continuarono il combattimento: Heban e il Cavaliere di Grifon.
L'Uomo Nero ritornò nella sua forma umanoide atterrando sul tetto della Torre e attese di sentire cosa aveva da dirgli Grifon.
-Ho sentito che mio figlio Moiry non ti ha rivelato cosa ne ho fatto dei tuoi Incubi- il Babau si sforzò di rimanere impassibile, ma sussultò quasi impercettibilmente. 
Grifon continuò -Per una volta, non è stato una delusione per me. Mi spingo a dire che è morto con onore. È arrivato il momento che tu sappia dove sono-. Con lentezza melodrammatica, Grifon iniziò ad alzare il braccio per indicare il luogo. Venius fece un passo avanti ed esclamò -No! Non deve scoprirlo! Qualcuno fermi Grifon!-. Sarah fu la prima a reagire all'ordine di Venius, ma Blukroma glielo impedì facendo un semplice gesto della mano, che scaraventò la ragazza giù dalle scale della Torre.
In quel momento Jenny notò che il Cavaliere di Grifon era accasciato a terra, davanti ad un Heban piuttosto arrabbiato che stava unendo le mani per sferrargli il colpo finale.
Lei tornò a concentrarsi sul Babau e, se possibile diventare più pallidi del bianco, lo vide sbiancare, poiché Grifon stava puntando la mano guantata proprio verso il Cavaliere di Grifon.
All'inizio Jenny non capì. Com'era collegato il Cavaliere con gli Incubi dell'Uomo Nero? Ma, guardando meglio, vide l'armatura del Cavaliere deformarsi e tre visi intrappolati in qualche modo nel metallo nero, premere per uscire. Heban non li notò, troppo concentrato nella preparazione del colpo mortale, e attaccò.
Il Babau si interpose tra lui e il Cavaliere. O meglio, tra lui e i suoi figli.
Afferrò i polsi di Heban e lo bloccò fino a quando l'incantesimo non si spense, consumando le energie all'incappucciato e bruciando le mani dell'Uomo Nero. 
Jenny rabbrividì, consapevole che le cose stavano prendendo una brutta piega; Venius si portò le mani tra i capelli bianchi e gemette per la preoccupazione.
Heban non ebbe il tempo di riprendersi dalla sorpresa o di recuperare le forze, che l'Uomo Nero lo spinse lontano, con un impulso di energia oscura. Per poco l'incappucciato non cadde dal tetto; rimase accasciato sul ciglio, dolorante.
-M-mi dispiace- mormorò il Babau distogliendo lo sguardo senza perdere la posizione di difesa che aveva preso nei confronti del Cavaliere. Blukroma scoppiò a ridere, forse divertita dal conflitto interno che Grifon aveva creato, e la battaglia riprese.
Tristan saltò via dal grifone che lo teneva in volo e atterrò sul tetto -Tu!- ringhiò, puntando un dito verso l'Uomo Nero. Le cose che avrebbe potuto dirgli erano talmente tante che non ne riuscì a dire nessuna, perciò scelse qualcun altro su cui indirizzare la propria rabbia: Jenny.
-"Fidiamoci dell'Uomo Nero"! Brava Jenny, sei la ragazzina più stupida e ingenua che io abbia mai incontrato!-
Lei balbettò qualcosa di incomprensibile, presa alla sprovvista. 
-Sai, mi secca davvero che sia tu la Portatrice. Poteva essere chiunque, CHIUNQUE! Ma non te, dannazione!-
-Tristan!- lo richiamò Venius.
-Ah, zitto nonno! Sei la persona più falsa che io conosca. Tieni tutti i segreti per te, non me ne parli mai. Sai, ho visto l'H impressa sulla mano di Jenny. So chi è l'unica persona che può avergliela data-
Venius serrò la mascella. A quel punto Tristan realizzò un'altra importante cosa da dire e una lacrima gli sfuggì -E tu sapevi, non è vero? Sapevi dove tenevano mio padre. Troppo rischioso andare alla Torre di Grifon per salvare lui, ma non per salvare te. Non è vero?-. 
Jenny solo allora capì che la cella nella quale era stata rinchiusa alla Torre e dove aveva ricevuto il simbolo, era la stessa dov'era morto il papà di Tristan, in attesa di soccorsi che non sarebbero mai arrivati. Si chiese dove fosse stata portata la madre. 
La furia del ragazzo iniziò a deformarlo. Bolle di energia nascevano sotto pelle per poi spegnersi. Stava letteralmente ribollendo dalla rabbia.
-Tristan, devi calmarti- provò ad intervenire il maestro Cremly, ma venne ignorato.
-Non è vero?- ripeté lui in un sibilo, sempre rivolto a Venius. L'anziano tacque.
Un'altra lacrima scivolò fuori dagli occhi di Tristan, ma non fu l'unica cosa a sfuggire al suo controllo. Tutta l'energia accumulata si liberò, un po' com'era successo a Moiry. L'unica cosa che le impedì di dissiparsi in una gigantesca esplosione, fu la volontà di Tristan, che, nonostante la rabbia, non voleva che qualcuno dei suoi amici si facesse male.
Jenny non poté che restare a guardare, travolta da un senso di colpa misto ad una sensazione d'impotenza.
Fu in quel momento che Ettore lanciò René.

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Capitolo 30
*** Regenesis ***


René atterrò in cima alla nuvola temporalesca che altri non era che Tristan e lì vi rimase attaccato. 
-René!- urlò Jenny a pieni polmoni. Cosa diamine stava facendo quella ranocchia?
Ma lui non rispose. Strinse le sue piccole mani di rana intorno a dei filamenti di nuvola particolarmente densi e iniziò a dirottare la nube di energia verso l'Uomo Nero.
Il groviglio di luce e nebbia si abbatté sul Babau con una potenza immensa. Lui tese le dita ossute in avanti ed evocò una foschia oscura sulla quale Tristan si abbatté sprigionando lampi e scintille, fino a quando non la infranse.
L'Uomo Nero ne fu investito e riuscì a reggersi in piedi solo per qualche secondo, poi fu spazzato via. Superato quell'ostacolo, l'energia si fiondò completamente contro il Cavaliere di Grifon. E l'armatura iniziò a creparsi.
-René!- chiamò Ettore, preoccupato.
-Lo porto io via da lì- intervenne il maestro Cremly, ma i lampi sprigionati dall'impatto gli impedirono di avanzare oltre.
L'armatura del Cavaliere si frantumò e i pezzi furono scagliati in tutte le parti. Due urla sovrastarono le grida della battaglia: quella di un disperato Uomo Nero, di un padre, accasciato a terra in una pozza di sangue scuro, con lo sguardo ancorato ai cocci dell'armatura, e quella del Cavaliere di Grifon, che senza armatura altri non era che ...
-Heban?- osservò Jenny, con voce flebile e gli occhi sgranati puntati sul Cavaliere, che di aspetto era identico all'incappucciato.
-Non chiamarmi così- ringhiò lui, rialzandosi a fatica, traballando. 
-Oh cielo- mormorò Venius alla vista di un secondo Heban. 
L'originale invece era ancora sul ciglio della torre, ma si stava già puntellando sui gomiti per rimettersi in piedi. 
Gli occhi del Cavaliere persero il colore blu e diventarono rossi. E a quel punto Jenny capì.
Le tornarono in mente gli ultimi ricordi di Heban che aveva visto, dove lui bambino, per sfuggire a provvedimento del campo di papaveri, praticava in segreto un incantesimo di scissione.
L'Heban dagli occhi rossi era quello che aveva fatto ciò che era stato predetto da Dan Roof Jumper, si era unito all'esercito di Grifon e lì era stato nominato Cavaliere.
-Il destino si è compiuto, alla fine- parlottò Jenny, soprappensiero. Si riscosse quando sentì un gemito poco lontano appartenente a Renè, il quale era stato sbalzato sin lì dallo scontro.
Mentre lei si affrettava a prestargli il primo soccorso, più cose accaddero contemporaneamente. 
Stanchi come non mai e quindi completamente privi di poteri, i due Heban avanzarono con pesantezza l'uno contro l'altro, per continuare il combattimento, stavolta corpo a corpo. 
Sollevarono i pugni opposti, erano l'uno il riflesso dell'altro. ma nell'istante in cui si sfiorarono, una sfera di luce scaturì e li inglobò per poche frazioni di secondo.
Quando si spense, non c'erano più due Heban, ma uno solo, con un occhio rosso e uno blu. 
Le due vite erano tornate una. 
La fusione dei due Heban si strinse la testa tra le mani, mentre la mente si riempiva di nuovi ricordi e le bende si scioglievano rivelando un viso pallido composto da un puzzle incompleto, che pezzo dopo pezzo stava tornando integro.
Heban non si sarebbe più trascinato dietro il passato, ora era lì e i ricordi sarebbero rimasti sempre e solo suoi.
Nel frattempo, Grifon e Blukroma si erano disposti l'una di fronte all'altro e avevano iniziato a salmodiare un canto antico, una specie di richiamo. Tenevano una cordicella nera stretta tra le mani. Alla fine della terza strofa, il terreno iniziò a tremare; 
qualcosa di grosso e spaventoso si stava avvicinando al Quartiere Generale.
Trond, dopo aver fracassato la testa gelatinosa di un soldato medusa, drizzò la schiena stellata e scrutò l'orizzonte, cercando di vedere la nuova minaccia in arrivo. Gli aculei sulla testa, fremevano, percependo il pericolo. 
-Venius- chiamò a gran voce -È meglio che tu venga a vedere-.
L'anziano polverizzò un ultimo grifone e poi si avvicinò al gigante nano cobalto. 
Per prima cosa, notò i corvi. A migliaia, si levavano in volo per fuggire terrorizzati. E poi vide il mostro.
La voce gli morì in gola e, quando ne riprese il controllo, era incerta e tremula -Trond, vedi quella cordicella che Blukroma e Grifon tengono tra le dita? Va presa. È il Segreto che controlla il Townda che sta arrivando. Riferisci agli altri e poi agisci-.

La situazione stava degenerando ma Jenny era preoccupata per altro: René stava morendo. Che fare? Che dire? 
-Sciocca rana, ci hai aiutato ma ci stai rimettendo troppo. Hai compiuto un gesto di grande coraggio mentre io sono restata stupidamente a guardare- mormorò lei.
 -A guardare? Ma tu sei qui con me. Oh vorrei anche Ettore qui con me. Ma adesso tu. E Tristan dice giusto: ragazza umano davvero stupida. Ma Tristan dice anche sbagliato: ragazza umana perfetta per portare Fenice. Perfetta perché non lascia René solo ora. Ora- concluse con un ultimo singhiozzo, poi la presa sulla mano di Jenny si fece più lenta e l'espressione più calma. Le palpebre si abbassarono. 
La ragazza si asciugò le guance umide dalle lacrime con il dorso della mano. Non conosceva da molto René, ma gli ultimi momenti passati in sua presenza erano stati sufficienti per confermare che fosse una brava rana. Accadde però, che due lacrime di Jenny davvero insolite gli caddero sulla fronte verdognola. Sembravano raggi di sole sotto forma di gocce di pioggia. Come questo fosse possibile, Jenny non lo sapeva. Fatto sta, che queste due gocce luminose iniziarono ad espandersi fino a quando non ebbero avvolto completamente René. Mentre era cristallizzato nel bozzolo di luce, Ettore trovò il tempo per sopraggiungere pesantemente in corsa. -Cosa succede al mio amico?- chiese, confuso.
-Non ne ho la minima idea- parlottò Jenny, allontanandosi di qualche passo.
Il bozzolo iniziò a riaprirsi da solo, come un fiore, ed ogni strato mostrava una parte di storia, di passato: il passato di René.

Un bel ragazzo biondo, ricciolo, appartenente di sicuro al medioevo (cosa deducibile dai vestiti), si stava allontanando da una città in completa confusione. Topi e ratti avevano invaso strade e i tetti. Non si poteva uscire di casa, che un brulicante tappeto peloso investiva l'imprudente. Ma un dolce suono di flauto fece placare la confusione. Nella città tornò la calma; il silenzio spezzato solo dalla musica dello strumento a fiato. 
Il ragazzo, senza fermarsi, commentò tra sé e sé, con un sorrisetto furbo e soddisfatto -Oggi? Oggi ho barattato qualcosa-. Si rigirò tra le mani un cappello dalla tesa larga, decorato con una piuma e se lo ficcò in testa.
Ma in quel preciso istante, il flauto stonò per via dell'ancia lavorata poco bene e la città ripiombò nel caos.
Renè si strinse nelle spalle e fece una smorfia -Ops. Beh, ora è un problema loro, giusto?- e accelerò il passo. Era a metà del sentiero quando in uno sbuffo di fumo apparve un mago dalla lunga barba bianca e una tunica blu -RENÉ- tuonò.
-Oh c-ciao zio. Tutto bene?- balbettò il ragazzo, preso alla sprovvista.
-Questo è stato il tuo ultimo imbroglio da umano. Hai truffato troppe persone, me incluso! Per questo motivo, lascerò decidere alla malandata bacchetta che mi hai rifilato quale sarà la tua punizione-
-Aspetta, io non...- ma il ragazzo non poté dire nulla in sua difesa, perché era ormai stato trasformato in una gracidante ranocchia con un bel cappello blu piumato.
Il mago allora ridacchiò e si portò la bacchetta all'orecchio, come per sentire cos'avesse da dire -Ahh, ahah! Allora è questo che è stato deciso per te: tornerai umano solo quando farai un'azione completamente altruista, che non riguarderà minimamente i tuoi interessi. Un gesto buono. Che non ti passi neanche nella testolina: "questo mi gioverà" o "questo invece è a mio svantaggio". Inoltre, non sarà tuo il giudizio su quali azioni saranno o non saranno altruiste. Ti dovrà venire dimostrato, con un abbraccio, una stretta di mano, qualsiasi cosa. Quando tornerai al tuo vero aspetto, sarò felice di farti visita, nipote. Fino ad allora, addio-. Il mago sparì come se ne era andato e René rimase una sbigottita rana dalla bocca larga sola nel bosco.

Il ricordo finì e il bozzolo si sgretolò. Un ragazzo dai riccioli biondi si mise a sedere.
Si guardò le mani, non più verdi e viscide, e si toccò il viso, adesso di nuovo umano. Ettore mugolò sorpreso. Il ragazzo, René, colui che non era più rana, si voltò verso Jenny e commentò con voce calda, non più stridula -Incredibile; credevo accadessero solo nei libri queste cose!-. Un livido violaceo gli copriva parte del viso, ma grazie al nuovo fisico più forte, il colpo che aveva preso sotto forma di rana non era più mortale. Jenny ed Ettore si lanciarono un'occhiata, senza parole. Poi il Minotauro stritolò in un abbraccio l'amico.
Jenny rise davanti alla scena, poi tornò seria e si rialzò in piedi per capire cosa si era persa nel mentre.

Tristan non era più una nube temporalesca, ma era accasciato a terra, completamente privo di energie. Sarah stava tornando su dalle scale, premendosi una mano sulla fronte. Cremly sterminava soldati nemici come una macchina, senza stancarsi o fermarsi. Venius e Trond cercavano di aprirsi un varco fino a Grifon e Blukroma con l'aiuto dei fratelli Evert.
Heban si stava rialzando in piedi, ma per chi avrebbe combattuto ora che il Cavaliere faceva parte di lui? 
-Heban, devi aiutarmi- rantolò ad un certo punto l'Uomo Nero, barcollando verso il ragazzo- Io so solo distruggere, ma ho bisogno di qualcuno che ripari. Ripara l'armatura, così che io possa riavere i miei Incubi-.
Il ragazzo dagli occhi di un colore diverso si voltò verso il Babau senza proferire parola. Lo guardò, poi spostò lo sguardo sui cocci dell'armatura. Jenny trattenne il respiro, chiedendosi per chi avrebbe scelto di agire.
Heban tese le mani in avanti ...

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Capitolo 31
*** Redivivo ***


I pezzi dell'armatura tremarono e poi si avvicinarono gli uni agli altri, come dei magneti. Jenny trasse un respiro di sollievo. L'Heban che conosceva, la parte buona, aveva prevalso sull'altra. L'armatura stava tornando integra e l'Uomo Nero la scrutava in cerca dei visi dei suoi bambini. Ad un certo punto un urlo terrorizzato squarciò l'aria -JENNY! DIETRO DI TE!- Sarah stava indicando qualcosa alle spalle della ragazza. 
Jenny sbarrò gli occhi e si paralizzò, senza avere il coraggio di voltarsi. Un respiro caldo le scompigliò i capelli e fu seguito da un ringhio basso e gutturale. Un'ombra si allargò sempre più e solo a quel punto Jenny riuscì a smuovere le gambe, che sembravano diventate piombo, e a guardarsi alle spalle. 
Un umanoide alto quasi due volte il Quartiere Generale, si ergeva in tutta la sua imponenza sulla battaglia in corso. A tratti era ricoperto di alghe e coralli, a tratti di lava non ancora solidificata del tutto, come se si fosse staccato da un'isola in mezzo all'oceano. Non aveva un vero e proprio naso, ma più sfiatatoi che ad ogni suo respiro emettevano un lugubre suono che sembra un coro sommesso di più voci che invocavano "Townda. Townda. Townda...". Tanti giganteschi sonagli di conchiglia risuonavano al ritmo del canto, scandendo le parole. La battaglia tra soldati medusa, Cavalieri e Roof Jumper continuava nel completo silenzio; nessuno voleva attirare l'attenzione dell'antico mostro.
-Townda- abbaiò Grifon, stringendo con forza la cordicella nera -Cattura la Portatrice. Mi serve viva. Tutti gli altri nemici ... puoi mangiarli-. Gli angoli della smorfia della creatura di curvarono leggermente verso l'alto, in un raccapricciante sorriso, e la sua mano ricoperta di corallo calò verso i guerrieri. 
Sarah capì troppo tardi che era a lei che il mostro puntava e, quando le ruvide dita la chiusero nella loro stretta, rimase senza fiato e non riuscì nemmeno a cacciare un urlo.
Townda la inghiottì tutta intera.
-S-Sarah- sussurrò Tristan incredulo, che aveva ripreso i sensi giusto in tempo per vederla venire divorata. 
Jenny non disse nulla; serrò la mascella e non si mosse. Mentre Townda allungava di nuovo la mano nella battaglia per pescare qualche altro spuntino, Venius, Trond, i fratelli Evert e il maestro Cremly venivano intrappolati dai tentacoli velenosi delle forze di Blukroma. 
Townda si sbagliò e divorò un cavaliere con tanto di armatura, ma, pur rendendosi conto dell'errore, non si fermò.
Per la gioia di Grifon, finalmente si concentrò verso l'obbiettivo principale: la Portatrice.
Iniziò a calare la gigantesca mano verso un'immobile Jenny, alla quale Venius urlò invano di fuggire. 
Le dita incrostate di salsedine erano a pochi metri dalla ragazza quando il potere della Fenice si sprigionò; si distaccò da Jenny, ma in qualche modo le rimase comunque legato. 
L'accesso al Sapere di migliaia di anni contenuto nei ricordi che la Fenice stava mettendo a disposizione di Jenny, le permise di avere una chiara visione della situazione e anche di un piano per volgerla a suo vantaggio.
Spiccò un balzo sovrumano sul dorso della mano del Townda e, ad una velocità strabiliante, partì in corsa lungo il suo braccio, evitando i pericolosi sonagli. 
-Cosa sta facendo?- domandò Cremly, incuriosito. Fu Venius a rispondere -Ha liberato la Fenice, proprio come avevi fatto tu anni e anni fa-. Il professore deglutì -In seguito a quell'esperienza, sono diventato cieco poiché la Fenice risiedeva negli occhi. La domanda ora è: dov'è contenuta la sua?-.

Jenny correva, correva e si lasciava alle spalle il vento. La mano con l'H tatuata la teneva stretta a pugno perché sentiva un sottile filo che partiva dal palmo e la collegava alla Fenice; era come un bambino che tira un acquilone.
I suoi passi veloci scavavano fosse sulla pelle del mostro, tanto erano potenti. Grazie alla Fenice, sapeva che doveva dar fuoco allo sfiatatoio sul viso del mostro per eliminare il Townda. Ci sarebbe riuscita; per Sarah, per Oak, per tutti quelli che Grifon aveva fatto soffrire. 
Raggiunse la spalla della creatura e da lì iniziò ad arrampicarsi sul viso, di appiglio in appiglio.
Nonostante la distanza, grazie ai sensi acuiti colse un vociferare allegro, dal tetto della Torre.
In situazioni normali, da quella distanza lei non avrebbe potuto vedere cosa stava accadendo. Ma in quel momento, la sua vista era potente quanto quella di un'aquila. Lanciò un rapido sguardo verso il basso, giusto in tempo per osservare l'Uomo Nero ricongiungersi con i suoi tre Incubi. Poi lui alzò lo sguardo, sollevato, ed incrociò quello di Jenny. Riassunse un'aria grave e indicò ai suoi bambini Ettore e René. I bambini zampettarono nella loro direzione e l'Uomo Nero tornò oscurità. Si condensò intorno ad Heban e insieme rilasciarono nell'aria un'abnorme quantità di energia, quanto quella che sarebbe stata liberata al decesso di tre persone, abbastanza per permettere l'apertura di portali. Era una magia mai testata prima, un'innovazione.
Poi partirono in corsa verso Grifon e Blukroma perché dovevano assolutamente recuperare la cordicella nera che legava Townda al nemico. Nel frattempo, Tristan si stava rialzando. La stanchezza sembrava voler prevalere e la scomparsa di Sarah l'aveva devastato. Pur iniziando a consumarsi per lo sforzo, aprì uno squarcio per raggiungere Jenny.
La ragazza, che si era distratta a guardare cosa stessero facendo gli altri, per poco non venne schiacciata dalla mano del Townda, che calò su di lei come una persona fa per schiacciare una zanzara. Jenny si lasciò cadere di qualche metro, per evitarla. Tristan le comparve a fianco. Si guardarono, senza dir nulla, più seri che mai. E poi, insieme, con un'energia immensa colpirono Townda alla base del collo.
In quel preciso istante, un'altra forza si fiondò contro stesso punto, ma dall'interno.
Quando la pelle, la roccia, il corallo e qualsiasi materiale che rivestiva il Townda si squarciò, Sarah, salva, ricadde fuori. Era tornata alla vita.
Allo stremo delle forze, aveva involontariamente, ma fortuitamente, combinato un attacco con Jenny e Tristan, riuscendo così ad uscire dalla gola del mostro.
A quanto pare inghiottirla tutta intera, senza masticarla, era stato un errore.
Townda scosse il capo, dolorante. Grande com'era, ci voleva del tempo prima che gli ordini dal cervello arrivassero ai muscoli; per questo era così lento.
Tristan raggiunse Sarah, la cinse in un abbraccio, fece un cenno a Jenny e sparì in uno Squarcio. Jenny aprì uno dei suoi portali e tornò sul tetto della Torre, dove Heban e l'Uomo Nero stavano facendo una strage.
Ogni Roof Jumper, ogni alleato, cercava in tutti i modi di raggiungere Grifon.
Solo quando mancava ormai poco perché Heban lo raggiungesse, capirono che non erano né lui né Townda il vero pericolo.

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Capitolo 32
*** L'asso nella manica ***


-Basta così!- tuonò Blukroma. I suoi soldati medusa sussultarono, si voltarono verso di lei ... ed iniziarono a disperarsi. 
Blukroma tese un braccio verso di loro e chiuse ad artiglio la mano dalle lunghe unghia smaltate. 
Il suo esercito di prosciugò, letteralmente. Ogni umanoide azzurrognolo o grigiastro si svuotò completamente e di lui rimase solo la sottile pellicola che fungeva da pelle. Accartocciati a terra, i resti sembravano sacchetti di plastica. 
Tutta l' energia era stata assorbita dalla loro comandante, che bloccò due attacchi consecutivi di Heban e l'Uomo Nero e, senza difficoltà, li scaraventò indietro da dove erano venuti. Cremly, liberato poco prima proprio da loro, accorse in loro soccorso. Jenny ammise di aver sottovalutato Blukroma. 
La donna commentò -Speravo di non dover ricorrere a questo. Avevo impiegato mesi per trovare tutti quei soldati. Oh beh-. 
Solo la medusa gigante grazie alla quale rimaneva sospesa in aria e la piccola fluttuante che le aveva fatto da messaggera si erano salvate, ma per una valida ragione. Infatti, quando la piccolina le si avvicinò, le consegnò qualcosa: un secondo Segreto.
-Grifon, caro, potresti gentilmente ordinare ai tuoi cavalieri di farsi da parte?-
L'ordine rimase sospeso nell'aria ma Grifon non si mosse. Una gocciolina di sudore gli colò dalla fronte.
-Ora- insistette Blukroma con tono duro.
Grifon non riuscì a contrastare il Segreto che pesava sulla sua volontà e fece come gli era stato detto.
-Aspetta, tu controlli Grifon?- domandò sconcertato René, nascosto dietro ad Ettore.
Lei squittì -Proprio così, anche se non da molto. È stato difficile tagliare la cordicella in due senza che se ne accorgesse. Ora che ho fatto fare il grosso del lavoro a lui, posso approfittarne per tenere la Fenice tutta per me-. E detto questo, tese entrambe le braccia di fronte a sé. Così facendo, scavò una spaccatura in mezzo al tetto del Quartiere Generale e disintegrò chiunque si trovasse sulla sua traiettoria. L'attacco giunse in un battibaleno da Jenny, che però si limitò ad aprire una mano per bloccarlo. Doveva stare attenta a non aprire quella stretta a pugno, altrimenti nulla avrebbe impedito alla Fenice di liberare tutto il suo potere.
Liberare tutto il suo potere...
Ma certo! Jenny si stupì di non averci pensato prima. Avrebbe fatto la stessa cosa che Cremly aveva fatto anni prima, durante l'ultima delle Battaglie del Cielo, avrebbe utilizzato il suo asso nella manica. La ragazza però non poteva sapere cosa il professore aveva dovuto sacrificare.
Blukroma sollevò la mano che stringeva la cordicella che controllava il Townda, il quale era concentrato a fissare incuriosito il cratere che Sarah gli aveva creato nel petto, e gli ordinò di scacciare i Roof Jumper e i loro alleati, che la stavano infastidendo. L'Uomo Nero non poteva in alcun modo sciogliere il legame del Segreto che legava il Townda o Grifon alla donna perché era troppo potente e lui troppo debole. Si limitò quindi a proteggere René e i suoi bambini, mentre Ettore accorreva in aiuto dell'oca gigante, ora nel mirino della creatura. I Roof Jumper si risvegliarono dalla sorpresa e provarono a reagire. Eliminarono uno alla volta i cavalieri di Grifon, che senza un comandante non sapevano come difendersi.
Blukroma invece non prestò attenzione agli attacchi di Venius, Cremly, Trond e i fratello Evert. La sua aura era talmente forte da tenerli lontani da sola. La donna puntò i suoi occhi cobalto in quelli di Jenny e, mentre filamenti azzurrognoli si intrecciavano dietro di lei creando psichedelici mandala, sferrò il suo attacco. 
A quel punto, Jenny aprì la mano che teneva stretta a pugno. Il tatuaggio si illuminò mentre faceva da ponte per permettere alla Fenice di uscire dalla Portatrice e catapultarsi nel mondo reale.
"H", l'iniziale del luogo nella quale la Fenice era rimasta fino a quel momento: heart, il cuore.

La Fenice sprigionava calore e luce sufficienti per sciogliere chiunque si fosse trovato sulla sua strada. Era quasi impossibile guardarla, si rimaneva abbagliati. La creatura spalancò le fauci ed emise un verso stridulo che fece tremare la città e aprì parecchie crepe anche sul Townda, poi si levò in volo.
Trapassò il gigantesco mostro da parte a parte, allargando il cratere che già questi aveva nel petto. Il Townda iniziò a cadere. 
Senza voltarsi, la Fenice aprì alle sue spalle e sopra i tetti delle case un gigantesco portale che trasportò il Townda in mezzo all'oceano, dove si addormentò, tornando isola. 
La Fenice, che non poteva resistere a lungo nel mondo materiale senza un Portatore, stava già iniziando a consumarsi. Assottigliò gli occhi e si fiondò contro l'incantesimo di Blukroma, infrangendo i mandala. 
La donna, terrorizzata, si voltò e fece per comandare alla medusa gigante che le permetteva di fluttuare a distanza dal Quartiere Generale di allontanarsi da lì, ma non fece in tempo: la Fenice la divorò tutta intera. Passò poi a fianco a Grifon, paralizzato dal terrore di morire, ma non riuscì a sbarazzarsi anche di lui perché il tempo stava per scadere. Lanciò uno sguardo a Venius, lo salutò chinando appena il capo e poi si dissolse nell'aria. Da qualche parte, nel mondo, era appena nato un nuovo Portatore.
Ma non furono di gioia le grida che seguirono la sconfitta del nemico, perché il cuore di Jenny aveva smesso di battere nell'istante in cui la Fenice l'aveva abbandonato.

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Capitolo 33
*** Higitus Figitus ***


Tristan provò a chiamare Jenny, ma non gli uscirono parole dalla bocca, solo un rantolo davanti alla certezza che la ragazza fosse morta.
René aggirò Ettore e corse da lei. La situazione ora si era invertita, ma la magia non sarebbe arrivata in soccorso della ragazza. A meno che...
-Zio! Non sono più rana, ma essere umano! Zio! Non sono più rana, ma essere umano!- esclamò René. 
Trond si grattò una tempia e commentò -Ehm, René è impazzito, se vi può interessare-.
Ettore però strizzò gli occhi -No, guarda-.
A pochi passi da René, la realtà sì increspò, come l'asfalto in una giornata calda.
-Nipoteee!- tuonò il mago dalla lunga barba bianca -Ne è passato di tempo eh? Non pensavo ci avresti impiegato secoli, ma tutto è bene quel che finisce bene-. 
L'uomo si sistemò gli occhiali sul naso e si guardò intorno spaesato, per poi puntare lo sguardo sull'espressione afflitta di René, accucciato a fianco a Jenny. 
-Ragazzi mio, cosa...- iniziò a domandare il mago.
-Non c'è tempo, devi aiutarla, per favore!-
-Oh beh, io... non posso intervenire in queste faccende- parlottò -D'altra parte, tempo fa mi intromisi per evitare che tu combinassi altri pasticci. Quindi penso si possa fare uno strappo alla regola-. Si avvicinò a Jenny e agitando la bacchetta iniziò con -Bibbidi, bobbidi... No, aspetta; non era questa la formula-. Si grattò una tempia, concentrato, e poi agitò tre volte la bacchetta, borbottando tra sé e sé l'incantesimo. Alla terza, il petto di Jenny sussultò e lei ricominciò a respirare.
I suoi compagni lanciarono un grido di gioia e le si raccolsero attorno, aspettando il suo risveglio. Tutto eccetto Tristan e Sarah, che avevano trascinato Grifon sul tetto e lo stavano punendo per tutto quello che aveva fatto passare loro. Oak andava vendicato. 
Dopo l'ennesimo pugno, Grifon si rimise in piedi barcollando e, con il sangue che colava da un angolo della bocca e gli occhi pesti, balbettò -Aspettate, aspettate! Avete ragione, mi sono comportato malissimo nei vostri confronti- poi sorrise e il tono diventò minaccioso -La prossima volta farò in modo che voi due in particolare non ne usciate vivi-. 
E in quel preciso istante, un silenzioso grifone calò dall'alto e afferrò per le spalle il suo padrone, portandolo via dalla rabbia di Tristan e Sarah, i quali, stremati dalla battaglia, non poterono che restare a guardare il loro nemico sfuggirgli un'altra volta.
Venius si avvicinò ai due e mise loro una mano sulla spalla -Non preoccupatevi. L'avete conciato per le feste, immagino che non lo vedremo per un bel po'-.
Nel frattempo, lo zio di René si era fatto da parte e si era fermato ad osservare la città dall'alto. 
Cremly lo raggiunse e lui commentò - Pare che abbiate ancora un problema da risolvere. Il tempo in città è stato fermato-
Il professore annuì -Mi dai una mano a farlo ripartire?-. Il mago sorrise -Speravo tanto che me lo chiedessi-. Mago e professore si misero uno a fianco all'altro, sollevarono le braccia ed esordirono con ...
"Hockety Pockety Wockety Wack 
Abra Cabra Dabra Da 
E il tempo a scorrere riprenderà 
A posto tutto ritornerà
Higitus Figitus Figitus Sbum 
Presti-Digi-Torium!"
E mentre il tempo nella città ripartiva, Jenny aprì gli occhi e sobbalzò. 
-Ah, ben tornata- le dissero all'unisono i fratelli Berg. Ettore mugghiò mentre René la aiutò a rialzarsi. L'Uomo Nero, portandosi appresso i suoi bambini, in un mormorio le chiese 
-Per caso... ricordi qualcosa del momento successivo alla tua morte?-
Jenny ci rifletté un attimo e poi scosse la testa.
-Come pensavo- commentò il Babau, prima di allontanarsi dal gruppetto. 
-Quindi... abbiamo vinto?- domandò Jenny. Heban stava per rispondere quando Trond gli si parò davanti e fletté i bicipiti -Sì, grazie alla mia maestosa potenza!-.
-Ovviamente- borbottò Jenny sorridendo.
Poi un pensiero improvviso le passò per la testa -I miei genitori! Devo assolutamente tornare da loro, far sapere che sto bene!-
Heban sgusciò da dietro Trond e le disse -Non ti preoccupare, il professor Cremly e Merlino stanno sistemando tutto. Casa tua, il povero Oak, le assenze a scuola. Sarà come se non fosse mai successo nulla-
Jenny abbassò lo sguardo -E se... anche io iniziassi a dubitare di questa avventura?-
-Non temere, potrai venire a trovarci quando vuoi. E poi, come il professore Cremly ha conservato alcuni dei suoi poteri dopo che la Fenice l'ha abbandonato, così hai fatto tu. Prova ad aprire un portale verso un luogo in cui desideri andare-.
I suoi amici si fecero da parte e Jenny tese una mano in avanti. Non senza sforzo, riuscì ad aprire un portale. René le prese una mano e sorrise. 
Insieme, si lanciarono nel portale, diretto nel luogo dove Jenny desiderava più di ogni altra cosa tornare: casa.



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