Il girasole impazzito di luce

di questomondomistastretto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ragazzo dimenticato ***
Capitolo 2: *** Restare in contatto ***
Capitolo 3: *** Il primo morso ***



Capitolo 1
*** Il ragazzo dimenticato ***


Cap. I:

« Ehi Cole » esordì il Toro, appoggiando pesantemente il boccale sul tavolo in legno e guardando il ragazzo con occhi sorridenti « adesso che sei uno di noi a tutti gli effetti, dovresti decisamente darti una sistemata ». Cole inclinò appena la testa, mantenendo la sua espressione immutata. « Sì, insomma… » continuò il qunari « comprarti dei vestiti, darti una lavata, tagliarti i capelli… darti una lavata » sottolineò, senza porsi troppi problemi e scoppiando in una fragorosa risata.
« Toro! » la voce acuta dell’Araldo sovrastò quella della Furia, senza tuttavia interrompere il suo divertimento.
« Scusa capo, lo dico per il suo bene »
Cole si voltò verso Varric, quasi il suo fosse ormai un riflesso incondizionato.
« Si potrebbe fare » disse il nano, guardandolo negli occhi con un sorriso rassicurante « cosa ne pensi, ragazzo? Potremmo tirarti a lucido e farti luccicare più delle brillanti chiappe di Andraste »
« Va bene » asserì il giovane, stavolta volgendo il suo sguardo verso l’Inquisitore. Galadriæl gli sorrise dolcemente.
Il Toro si schiarì rumorosamente la voce ed alzò in alto il boccale. « Un brindisi al nuovo Cole, dunque! » propose, alzandosi « che possa godere appieno delle gioie e dei piaceri di una vita mortale! » soffocò una grassa risata nell’idromele e diede una forzuta pacca d’amicizia a Cole, quasi rovesciandolo sulla tavola.
 
La serata non si prolungò per molto, i membri dell’Inquisizione non reggevano l’alcool e presto o tardi si ritrovarono quasi tutti scomodamente addormentati sul tavolo della taverna. Solo il Toro di Ferro continuava a bere incurante dei suoi compagni sopiti tra i fumi dell’idromele. Galadriæl si alzò a fatica dalla panca, aspettando che il mondo smettesse di girare prima di azzardarsi a compiere il primo passo verso la porta. Raggiunse l’uscita e vide Cole seduto sul muro in pietra, con lo sguardo perso chissà dove.
« Va tutto bene, Cole?  »
« Sì, » rispose, continuando a fissare il vuoto « sono tutti felici per me. Lo sono anche io. È bello essere qui »
L’elfa lo raggiunse, fermandosi a pochi passi dal muro. Avrebbe voluto sedersi accanto a lui, ma farlo avrebbe significato volare giù e piombare su una delle tende dell’infermeria senza nemmeno rendersene conto.
« Stai male? » le domandò di colpo il ragazzo, questa volta voltandosi per guardarla.
« Mi gira solo un po’ la testa » confessò « non reggo granché l’alcool »
Ricordò per un momento le serate passate intorno al fuoco, all’accampamento dalish. L’alcool era severamente vietato, poiché portato dagli umani e distribuito di contrabbando tra gli elfi. Solo una volta un suo fratello se l’era procurato, ma non appena la Guardiana ne era venuta a conoscenza aveva immediatamente provveduto a liberarsene. Inutile dire che era scoppiato il finimondo.
« Dovresti riposare. Ti accompagno. » Cole si alzò con un unico, fluido movimento e la condusse ai suoi alloggi. I gradini di Skyhold non le erano mai sembrati così numerosi.
« Grazie » disse l’Araldo, lasciandosi cadere pesantemente sul letto « non so se ci sarei arrivata, da sola »
« Mi fa piacere aiutarti »
Galadriæl sollevò a fatica le pesanti coperte e ci si infilò sotto, incurante dei vestiti: ci avrebbe pensato il giorno dopo. Alzò lo sguardo e vide Cole in piedi davanti a lei.
« Ѐ stata una lunga giornata, dovresti andare a dormire anche tu » proferì con un filo di voce, lasciandosi sprofondare nel cuscino e chiudendo gli occhi.
« Io non dormo » fu l’ultima cosa che sentì prima di addormentarsi profondamente.
 
La mattina seguente quasi tutti i membri dell’Inquisizione lamentavano un forte e martellante mal di testa. Galadriæl ringraziò la grande e misericordiosa Mythal per averle risparmiato una tale tortura.
Si recò da Josephine per aggiornarsi sulle ultime alleanze e seguì il Comandante Cullen nell’addestramento delle nuove reclute. Vedere così tante persone dedicarsi spontaneamente alla causa la riempiva di orgoglio.
« Ma dove ti eri cacciata? Ti ho cercata per tutta Skyhold! » Varric le corse incontro come un bambino pieno di buone novelle.
« Che succede?  »
« Seguimi, voglio farti vedere una cosa »
Senza indugiare, l’Araldo lo seguì verso l’ala ovest del palazzo osservando divertita l’euforia incontenibile del nano. Giunsero davanti ad un portone in legno e Varric lo spalancò con aria solenne. La stanza era piccola ed angusta, un unico spiraglio nelle mura in pietra fungeva da finestra e le macerie ai piedi delle pareti lasciavano immaginare la sorte che spettava al locale. L’unico arredamento presente era un tavolino in legno con le gambe mangiate dai tarli, affiancato da due sedie che avevano subito lo stesso triste destino.
« Oh per gli Dei…  » esclamò l’elfa, ridendo divertita. In piedi, al centro della stanza, Cole agitava freneticamente la testa nel tentativo di scansarsi i capelli bagnati dal volto.
« Gli ho fatto un bagno di un’ora e mezza ed ho mandato casacca e cappello a lavare e rammendare. L’Alto Comandante gli ha prestato dei vestiti, i miei non gli stavano »
Non poté fare a meno di immaginarsi Cole con addosso i vestiti del nano ed a stento trattenne un sorriso.
« Restano da tagliargli i capelli, allora » affermò avvicinandosi al ragazzo e spostandogli i capelli dalla fronte. Si ritrovò improvvisamente a disagio nell’essere osservata dai suoi enormi occhi azzurri.
« Da asciutti non mi davano fastidio » si lamentò lui, aggrottando appena le sopracciglia.
« Lo so ragazzo, lo so » affermò Varric « ma non sarebbe poi tanto male riuscire a guardarti negli occhi mentre ti si parla, sai? Adesso troviamo qualcuno che ci sappia fare e vedrai che tutta Skyhold cadrà ai tuoi piedi »
« Potrei tagliarglieli io » propose l’elfa, lasciando il nano interdetto « nel clan non avevamo parrucchieri, ci arrangiavamo tra di noi. Ed io me la cavavo piuttosto bene con le forbici »
« Beh, se Cole è d’accordo io non ho nulla in contrario »
Il ragazzo annuì e prese posto sulla sedia in legno. Solo allora Galadriæl notò che appoggiati sul tavolo vi erano già forbici e pettine.
« Allora è deciso, al resto penso io. Grazie mille, Varric »
Il nano si congedò e chiuse alle sue spalle il pesante portone in legno.
 
La ragazza prese le forbici in mano e si avvicinò a Cole. Ignorò il disagio che percepiva sentendo il suo sguardo puntato addosso e si concentrò sui capelli quasi bianchi del suo amico.
« C’è qualche taglio in particolare che vorresti? »
« Non ci avevo mai pensato, prima d’ora » rispose lui « sono solo capelli »
« Varric non ha tutti i torti » si chinò accanto a lui, iniziando ad accorciare i capelli che gli ricadevano ribelli sul collo « hai degli occhi molto belli, è un peccato non poterli vedere »
« Anche tu »
Si fermò un attimo, avvertendo l’imbarazzo scaldarle le guance. Era un complimento? Improvvisamente la stanza le sembrò diventare terribilmente piccola.
« Grazie » sussurrò, non troppo convinta. Riprese a concentrarsi sulle ciocche ribelli del ragazzo, liberandogli la pelle albina del collo ed accorciando i capelli che incorniciavano il viso. Prese una corposa ciocca ed iniziò a sfilacciare con mæstria, lasciando poi i capelli ormai quasi asciutti ricadere sulla fronte bianca.
« Scusami » asserì all’improvviso lui, interrompendo il suo flusso di pensieri.
« Non hai nulla di cui scusarti, Cole »
« Sì invece. Ti sto mettendo a disagio. Non volevo. »
Galadriæl si accovacciò davanti a lui ed appoggiò gli avambracci sulle sue ginocchia, sospirando appena. Era dannatamente vero.
« No, scusa tu » gli disse « sono io a sentirmi a disagio senza motivo »
Cole la guardò dall’alto in basso, inclinando appena la testa come per concentrarsi meglio.
« Ѐ perché sono diverso, vero? Sono più umano. Non lo percepisco solo io. Lo senti anche tu. Io lo so. »
L’Araldo si fermò un attimo a pensare su ciò che le era appena stato detto. Fin da quando lo aveva incontrato nell’Oblio, sapeva di potersi fidare di lui. Demone o spirito, non importava: Cole era sempre ciò che vedeva, un ragazzo pallido, travagliato dalla sofferenza altrui e spesso incompreso. Voleva solo aiutare, lei l’aveva sempre saputo, ma effettivamente adesso era diverso. Cole era diverso. Non capiva se tale percezione fosse una concreta conseguenza alla sua magia, ma Galadriæl non riusciva più a prevederlo come prima. Vi era come una barriera, una barriera fatta di carne ed ossa. Adesso che Cole era più umano, il suo corpo era più vivo che mai.
Gli tolse i capelli tagliati di dosso, lasciandoli cadere a terra inermi. Lo guardò in viso e si stupì di quanto fossero enormi e spaventosamente celesti i suoi occhi.
« Anche tu sei diversa » le disse, con tono razionale ed immutato « Risplendi, sei quasi accecante. Bruci e sfrigoli incessantemente, scotti. Non riesco a guardare oltre, prima sì. Ora sento caldo »
Lo vide portarsi una mano al petto. Le lunghe dita affusolate afferrarono la maglia bianca e lisa che gli aveva prestato Cullen, stropicciandola.
« Caldo? » domandò l’elfa, senza capire.
« Sì, qui » si sporse verso di lei e le afferrò il polso, portandole la mano sotto la sua « scotta quando ci sei. Quando ti avvicini. »
Il petto di Cole non scottava affatto. Si protrasse appena verso di lui, senza capire, finché non sentì il cuore che gli batteva nel petto. Sentì il ritmo dei suoi battiti aumentare e la mano di Cole stringere, quasi lo spaventasse.
« Sono le emozioni, Cole? Sono quelle che ti spaventano? »
« Non ne ho paura. È piacevole, ma non capisco » chinò il capo, fissando per un momento le loro mani « perché succede con te ma non con Varric? »
Oh, beh. L’elfa sorrise, a metà tra il divertimento e l’imbarazzo. Come poteva spiegarglielo? Ma soprattutto, cosa poteva significare? Proprio in lui?
« Non te lo so dire » rispose. Ed era vero. La confusione che aveva in testa era decisamente troppa, provare a dare una risposta avrebbe solo peggiorato le cose.
Il ragazzo la guardò quasi con un velo di delusione negli occhi, dopodiché repentinamente si alzò in piedi e le poggiò una mano sul petto, distendendo il palmo. Galadriæl arrossì di vergogna, ma lo lasciò fare. Sapeva che non c’era malizia in quel gesto. Solo curiosità e tanta, troppa impulsività.
Lo osservò sgranare gli occhi ed avvicinarsi al suo viso quasi sorridendo.
« Succede lo stesso a te »
La ragazza restò in piedi davanti a lui senza dire nulla. Per un secondo volse lo sguardo verso la porta in legno, pensando ad una qualsiasi scusa per andarsene e dimenticarsi di tutta quella faccenda. Combattere draghi o giganti non era un problema, ma affrontare quell’inaspettato discorso la faceva sentire con le spalle al muro.
Cole ritirò la mano e si allontanò in tutta fretta, quasi tutto il disagio dell’elfa scaturito da quella sua domanda gli fosse piombato addosso all’improvviso.
« Non era mia intenzione spaventarti » sussurrò, aggrottando appena le sopracciglia. Portò una mano alla sua fronte, pensando di farle dimenticare, ma poi ricordò. Non poteva più.
Sospirando affranto le passò accanto silenziosamente ed uscì, seguito dal tonfo sordo della porta in legno. Galadriæl si portò istintivamente la mano sul petto, poggiandola sui seni morbidi. E tornò a respirare.

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Vorrei premettere solo due cose: per scrivere questa storia mi sono rivista decine e decine di volte le scene dedicate alla missione di Cole, nel renderlo più umano o più spirito, quindi spero di non aver commesso errori almeno nel riferirmi a certe cose... qualora l'avessi fatto, avete il permesso di sgridarmi >:)
E soprattutto, per quanto possa suonare strano, ho reso l'elfa Lavellan un po' sociopatica, perchè è così che mi piace immaginare gli elfi dalish: in armonia con la natura, introversi e sociopatici. Ogni critica sarà più che gradita, soprattutto perché confesso di non essere convinta al 100% di questa storia qui... vi ringrazio di aver letto e vi invito a recensire per farmi sapere cosa ne pensate ^^' Al prossimo capitolo!
 
 

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Capitolo 2
*** Restare in contatto ***


Il cielo sopra Skyhold era così grigio da confondersi con le alte mura in pietra; le nuvole scure cariche di pioggia sorvolavano i possenti bastioni, minacciando un lungo e chiassoso temporale.
Cole non si era più fatto vedere e Galadriæl era attanagliata dai sensi di colpa. Non voleva che se ne andasse, per nessuna ragione. Avrebbe voluto dirglielo di persona, ma nonostante il ragazzo avesse perduto parte delle sue abilità di spirito, lei in cuor suo sapeva che se non voleva essere trovato, cercarlo non sarebbe servito a nulla.
 
Quella sera, dopo l’abituale ritrovo alla taverna con il Toro e le sue Furie, un bagliore improvviso squarciò il cielo aprendo le danze ad una pioggia fitta e violenta. Il rombo che seguì spaventò i cavalli, i cui nitriti arrivarono fino all’altra parte di Skyhold. Galadriæl si mise a correre verso l’entrata principale della roccaforte, coprendosi goffamente la testa con gli avambracci e salendo i gradini due a due, con grandi falcate.
Si voltò e rimase a guardare il cielo improvvisamente in tempesta.
« Vedo che quest’acquazzone ha colto impreparata anche te » la voce calda di Varric la colse di sorpresa. Il nano si stava strizzando le maniche della giacca, lasciando trapelare tutto il suo disappunto per la situazione.
« Già »
« …cos’è quell’aria colpevole, Inquisitore? » le domandò a bruciapelo, inarcando un sopracciglio.
« Non ti sfugge proprio niente eh, Varric? »
« Mica per nulla faccio lo scrittore, mia cara » proclamò, rigonfio d’orgoglio « è per Cole? »
Lo guardò. Davvero scrivere rendeva le persone così perspicaci?
« Sono preoccupata, tutto qui »
« Non penso esista qualcuno al mondo in grado di comprendere quel ragazzo fino in fondo… » il nano volse lo sguardo verso di lei, abbozzando un sorriso rassicurante « ma so che lui è qui per aiutare, e dubito se ne andrà finché non avrà portato a termine il suo compito »
Seguì un lungo momento di silenzio, in cui entrambi restarono a guardare l’infuriare del temporale sulle grigie mura di Skyhold. Varric aveva ragione, Cole non sarebbe mai andato via così. Probabilmente aveva solo bisogno di un momento per lui.
« Ora non resta che capire la ragione per la quale ha deciso di “prendersi una pausa” » concluse il nano, guardandola con un sorriso beffardo stampato in volto.
« Io vado a letto, Varric. Buona notte  » si congedò in tutta fretta, inquietata dall’improvvisa sagacia del suo amico e convinta più che mai di non voler condividere con lui l’assurdo discorso che aveva avuto con Cole qualche giorno prima.
Raggiunse i suoi alloggi ed accese il camino, godendo del piacevole scoppiettare della legna e del leggero tepore che iniziò ad asciugarle la pelle bagnata. Si tolse i vestiti umidi e rimase a scaldarsi davanti al fuoco.
Il tamburellare della pioggia sul tetto era così prepotente da sovrastare il rumore del suo stesso respiro. Raccolse le vesti da terra e le appese accanto al camino, indossò la veste di puro cotone orlesiano e sciolse la coda che portava ogni giorno, lasciando ricadere piacevolmente i capelli alle spalle.
Prima che potesse sdraiarsi sotto le calde coperte di lana un lampo illuminò il cielo, palesando la figura sul terrazzo appena fuori camera sua. Si precipitò alla vetrata, riconoscendo subito la larga sagoma del suo smisurato cappello. Abbassò la maniglia e nel momento in cui si affacciò le parole le morirono in bocca.
Cole sollevò lentamente il viso verso di lei, i vestiti completamente fradici. Le gocce di pioggia ricadevano lungo i lembi del cappello, precipitando accanto ai suoi piedi.
« Posso entrare? »
Galadriæl si scostò e lo lasciò passare, richiudendo il temporale fuori dalla sua stanza.
« Ero preoccupata, Cole! » gli tolse il cappello inzuppato d’acqua e lo appese accanto ai suoi vestiti « dove sei stato?! »
Quanto era rimasto lì fuori? Persino i suoi capelli erano fradici.
« A cercare una risposta » le disse semplicemente.
« Una risposta a cosa? »
Le prese il polso con delicatezza ed il contatto con la sua pelle fredda la fece sobbalzare. Cole poggiò la sua mano sul petto, come aveva fatto giorni prima.
Tu-tum, tu-tum, tu-tum
Fu allora che l’elfa capì: se lei si limitava a sprofondare nell’infantile sensazione d’imbarazzo che i discorsi di Cole avevano scaturito in lei, lui semplicemente non aveva idea di cosa stesse affrontando. Era uno spirito divenuto umano ed in quanto tale avrebbe dovuto legare con ogni conseguenza che ciò comportava, senza avere idea di cosa si trattasse. Emozioni comprese.
«Tuttavia… » iniziò, spostandosi dalla pozzanghera che aveva avuto origine ai suoi piedi « non credo di averla compresa appieno. Ho bisogno di più tempo »
Galadriæl lo guardò senza sapere cosa dire. La penombra della stanza faceva apparire i suoi occhi di un blu così scuro da ricordarle il cielo notturno delle estati trascorse col clan nella foresta di Brecilian. Intenso e senza stelle.
« Ti lascio dormire. Mi dispiace averti fatta preoccupare, non era mia intenzione. »
Lo osservò riprendere il cappello ed incamminarsi verso la porta, ma non voleva che se ne andasse. Voleva aiutarlo, glielo doveva, anche se non aveva idea di come fare.
« …potresti restare » disse, senza sapere bene da dove le fossero uscite quelle parole 
« Intendo, se lo volessi. Potresti restare »
« Ma io non dormo » fu la sua risposta.
Si strinse nervosamente le mani e pregò che Cole non avesse la brillante idea di leggerle la mente proprio in quel momento.
« Sei più umano, ora. Dovrai iniziare a provarci prima o poi »
Il ragazzo guardò per terra per qualche secondo, quasi si fosse preso un momento per riflettere, dopodiché si tolse il cappello e lo posò nuovamente accanto al camino, ancora acceso e caldo.
« Cosa dovrei fare? »
Galadriæl lo guardò spaesata.
« Cosa si fa per dormire? » domandò nuovamente lui, volgendo lo sguardo verso lo spazioso letto al centro della stanza.
« Direi che dovresti iniziare col toglierti i vestiti bagnati e metterti un pigiama » rispose, notando quanto suonasse strano dover spiegare come dormire. Ma si fece forza e si ripromise di non evitare nessuna delle domande che Cole gli avrebbe posto, temendo che potesse sparire per chissà quanti giorni ancora per capire cosa fossero un paio di pantofole.
« Cos’è un pigiama? »
Ecco, appunto.
« Ѐ il vestito con cui si dorme » spiegò, afferrando i lembi della sua veste per mostrargli un più che ovvio esempio « aspetta, provo a vedere se trovo qualcosa di adatto a te » aprì le immense ante in legno di noce e si mise a cercare una qualsiasi cosa che potesse stare al ragazzo. Scartati due maglioni di lana pesanti e mezzi mangiati dalle tarme, trovò quello che sicuramente non era un pigiama di classe, ma era senza alcun ombra di dubbio un qualcosa di taglia maschile – ed era già tanto. Raccolse maglietta e pantaloni dal cassetto e glieli porse.
« Tieni, cambiati o prenderai il raffreddore » e si voltò, notando la disinvoltura con cui il ragazzo aveva iniziato a levarsi i vestiti bagnati senza preoccuparsi della sua presenza. Decise di rimandare il discorso sulla pudicizia a situazioni più consone e mise gli indumenti gocciolanti di Cole ad asciugare accanto ai suoi.
Prese posto nel letto e lui la seguì, imitando i suoi gesti come un bambino. Una volta sdraiati l’uno accanto all’altra, Galadriæl notò che nonostante l’assurdità della situazione, averlo così vicino non le appariva fuori luogo, anzi. Le sembrava naturale.
Si voltò verso di lui e Cole fece lo stesso, girandosi sul fianco destro.
« Adesso chiudi gli occhi e non pensare a niente »
Lo osservò obbedire senza dir nulla e, soffermandosi a guardarlo per un attimo, si accorse di quanto fossero profonde e scure le sue occhiaie, tanto da arrivare a sfiorargli gli zigomi. Poco sotto, le guance scavate donavano al viso un aspetto ancora più spigoloso e le labbra sottili erano di un rosa così pallido da parere quasi disegnate.
Provò ad immaginare come dovesse essere il suo aspetto prima che lo spirito stesso di Cole lo rendesse… Cole. Prima che la fame ed il buio lo consumassero.
 
« Lo rinchiusero nelle segrete della Forca, ma se ne dimenticarono. E lì morì di fame »
 
Allungò spontaneamente una mano verso il suo volto, completamente assorta nei suoi pensieri, ma il ragazzo spalancò gli occhi prima che le esili dita dell’elfa lo raggiungessero. Si bloccò, senza sapere come giustificarsi.
« Stai pensando troppo. Non riuscirai a dormire, così » sussurrò lui, volgendo lentamente lo sguardo da lei alla mano sospesa tra di loro.
« Hai ragione » ammise, sorridendo imbarazzata.
Cole, senza proferir parola, sollevò a sua volta una mano e con molta insicurezza portò i loro polpastrelli a toccarsi. Lo lasciò fare, carpendo che per lui era qualcosa di nuovo: riusciva a leggerglielo negli occhi, nell’espressione assorta del viso e persino nei movimenti un po’ impacciati.
Allargò il palmo portando le loro mani a congiungersi completamente. Le dita lunghe ed ossute del ragazzo sovrastavano le sue, facendole apparire ancora più fini. La sua pelle era ruvida, inspessita dai lunghi combattimenti che aveva vissuto - poteva sentire i calli alla base delle falangi sfregare sulla sua mano. 
« Buona notte » le disse semplicemente, chiudendo gli occhi in un’espressione placida e rilassata.
«Buona notte, Cole »
 
« Giunsi per aiutare, ma quando arrivai… era troppo tardi.
Così divenni lui.
Cole. »

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Confesso che mi è scappato da ridere nel rileggere "scrivere rende le persone perspicaci" :'D
In ogni caso, ringrazio di cuore tutti coloro che hanno recensito, mi avete riempito il cuore di gioia! Spero di non aver deluso le vostre aspettative, effettivamente il capitolo è un po' corto, ma conto di aggiornare al più presto col prossimo... beh, vi abbraccio *3*
Al prossimo capitolo, dunque! <3

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Capitolo 3
*** Il primo morso ***


Il mattino seguente Galadriæl si svegliò da sola. La cosa non la stupì, non si aspettava di trovare Cole addormentato al suo fianco, in ogni caso. Guardò il pigiama abbandonato sulle lenzuola stropicciate accanto a sé e sorrise.
 
Fu un’altra giornata piena d’impegni, per l’Inquisizione. Al Consiglio di Guerra era emerso che il prossimo, terribile passo di Corypheus sarebbe stato assassinare l’Imperatrice Celene, e Josephine aveva caldamente consigliato di prendere parte al ballo in maschera organizzato a Palazzo d’Inverno.
« Chissà cosa penserà delle mie orecchie a punta l’alta borghesia dell’Orlais… »
« Aspetta di sentire cosa diranno su di me, capo! » aveva detto  il Toro incrociando le possenti braccia, ed in quel preciso momento Galadriæl  aveva deciso che sì, sarebbero andati insieme a sentire cos’avevano da dire di loro i rigonfi bigotti orlesiani.
 
« Cassandra, Il Toro di Ferro e… Cole?! » sbottò Josephine, prendendo nota dei membri che avrebbero rappresentato l’Inquisizione a Palazzo. La punta della matita le si spaccò di netto.
« Esatto » rispose semplicemente l’elfa, prendendo la divisa rosso scarlatto che avrebbe indossato la sera stessa.
« Non sarebbe megl–  »
« Avanti Josie, stai tranquilla » cercò di rassicurarla, notando il suo sguardo inquieto « vedrai che andrà tutto bene »
Prese congedo e si recò ai suoi alloggi per cambiarsi.
« Che il Creatore ci aiuti… » esclamò la ragazza, rimasta da sola ed ancora visibilmente scossa dalla decisione dell’Inquisitore. Avrebbe dovuto fare un lungo e corposo discorso a tutti, nella speranza che servisse a qualcosa.
Nonostante il pessimo presentimento di Josephine, l’Inquisizione riuscì a salvare la vita all’Imperatrice Celene e a porre fine al folle complotto messo in atto dalla cugina. Mai e poi mai avrebbero anche solo sospettato che Florianne avesse potuto allearsi con Corypheus. Galadriæl  non ne fu felice, ma una volta giunti allo scontro tutto quello che poté fare era porre fine alla vita della Duchessa. Ancora una volta, Il Gioco aveva avuto la meglio.
 
 
« Non capisco nemmeno io » Cole la raggiunse sulla terrazza, le dita a rincorrersi freneticamente e lo sguardo basso. Gli pesava non indossare il suo cappello, lo faceva sentire così visibile. « sarebbe più facile dire la verità »
« Già. Eppure è così che si divertono. È così che funziona, il Gioco »
« Un gioco non dovrebbe far male – sorrisi, gioia, braccia solide e morbide – il tempo, tempo che si ferma – non importa adesso »
Cole si sporse dal terrazzo, lo sguardo volto verso il suolo « …questa sera riesco a sentire i tuoi pensieri urlare » continuò, e Galadriæl  lo guardò come punta sul vivo « non è colpa tua. Non poteva finire diversamente, era ciò che volevano. Qualcuno doveva morire. Loro lo volevano »
« C’è sempre un’alternativa, Cole »
L’elfa sospirò profondamente, quasi a rilasciare tutta la tensione accumulata durante quell’interminabile serata. Sapeva che non aveva colpe per il folle piano di Florianne e per la sua morte, tuttavia era sicura che agendo diversamente, magari non sarebbero dovuti giungere a tanto. Magari.
« Ti chiedo scusa per ieri notte » iniziò improvvisamente Cole, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. Sapeva che l’aveva fatto apposta e gli era grata per questo. « voglio dire, se non sono rimasto »
« Sei riuscito a dormire almeno un po’? »
« Non credo, ma è stato bello stare lì » sulle labbra del ragazzo comparve un sorriso appena accennato « ti muovi e parli molto nel sonno »
« Oh per Andraste, dici sul serio? » domandò, voltandosi repentinamente verso di lui.
« Sì »
Galadriæl  si portò una mano alla fronte e rise, nell’immaginarsi la scena.
« Mi lascerai provare anche stanotte? » il suo tono di voce era così leggero ed innocente che le parve cancellare ogni possibilità di imbarazzo tra di loro.
« Certo, tutte le volte che vuoi » si risollevò dalla balconata, e Cole fece lo stesso « Adesso però torniamo a Skyhold, ne ho abbastanza di questo posto. »
 
Quella sera Galadriæl  aspettò a lungo prima di coricarsi, ma Cole non si presentò. Escludendo che potesse essersene dimenticato, si domandò se avesse fatto o detto qualcosa di sbagliato, ma non trovando risposta decise di rimandare la questione a l’indomani mattina, possibilmente rivolgendo la domanda al diretto interessato.
Si sdraiò comodamente nel largo letto della sua stanza, avvertendo le braccia dolere ad ogni movimento. Era stata davvero una lunga, lunghissima giornata. Chiuse gli occhi, sfinita, e sprofondò in un piacevole sonno ristoratore.
La mattina seguente non furono i tiepidi raggi del sole a svegliarla: avvertiva un’ombra, come una presenza davanti a sé, ma il dormiveglia non le permetteva di realizzare pienamente se stesse ancora dormendo o se fosse sveglia. Fu solo quando si impose di aprire gli occhi ed abbandonare completamente il mondo dei sogni che ciò che stava percependo la fece sobbalzare nel letto.
« Buongiorno, Cole » sussurrò con la bocca ancora impastata ed il tono leggermente infastidito.
Il ragazzo era letteralmente accovacciato al di sopra di lei, i piedi nudi saldamente poggiati ai lati del suo corpo supino e le gambe piegate. La sagoma del suo cappello oscurava completamente la vetrata principale della stanza, mantenendo il viso dell’elfa all’ombra ed il suo in controluce.
« Non volevo ti svegliassi » disse, lo sguardo basso, quasi si sentisse colpevole « stavi sognando – osservavo, in silenzio, non volevo interrompere »
Provò a concentrarsi su quale sogno avesse fatto durante la notte, ma più ne rincorreva il ricordo, più questo sembrava sfuggirle ed allontanarsi dalla sua mente.
« Corri e non hai bisogno di guardare dove vai, conosci già la strada – i tuoi fratelli te l’hanno insegnata. Amavi fare colazione con loro sul Vhenadahl »
« Le foreste dei Liberi Confini sono più rigogliose che mai in questo periodo dell’anno » lo interruppe, lo sguardo perso nei ricordi.
« Ti mancano »
« Sì, molto »
Gli occhi di Cole si incupirono improvvisamente « vorrei poterti aiutare »
« Non ho bisogno d’aiuto, Cole. Sono felice di portare questi ricordi con me » e le sembrò di parlare più a sé stessa, che al suo amico.
Il ragazzo rimase in silenzio a guardarla per un lasso di tempo che le parve infinito e Galadriæl  non poté fare a meno di domandarsi come facesse a restare in equilibrio in quell’assurda e sicuramente scomoda posizione così a lungo.
Improvvisamente scese dal letto con l’agilità di un felino e dopo essersi rimesso le scarpe si avviò con passo veloce verso la porta.
« Dove stai andando? » gli domandò, la voce ancora rauca dal sonno. Ma non ottenne risposta. Sospirò rumorosamente, decidendo di lasciar perdere lo strambo comportamento di Cole e si convinse ad iniziare l’ennesima, lunga giornata. Indossò la veste e legò i capelli, finché ad un certo punto la sua attenzione non fu attirata da delle rumorose imprecazioni provenienti dal cortile.
« Te l’ho già detto, grugnoso maiale, non sono stata io! »
Galadriæl  si sporse dal terrazzo per capire cosa stesse succedendo.
« Vieni qui ragazzina, questa è la volta buona che te le taglio quelle dannate orecchie a punta! »
Quando riuscì ad individuare la bionda testa di Sera inseguita dal grosso - nonché armato di mattarello - fornaio di Skyhold, l’Araldo ringraziò di cuore Cassandra per il suo ennesimo intervento tempestivo. La Cercatrice riportò tutti al proprio posto, prendendo in mano la situazione meglio di quanto sarebbe riuscita a fare lei stessa, ne era sicura.
Rise divertita per la scena e si voltò per raggiungere la sala principale, ma la figura di Cole appena dietro di lei la fece saltare dallo spavento.
« Cole, accidenti..! » inveì, portandosi istintivamente una mano al petto, ma vedendo il sacco di juta che il ragazzo teneva in mano tralasciò le imprecazioni e cercò di capire perché ne uscisse del fumo.
« Questo aiuterà » le disse semplicemente, porgendole il bottino.
 
Galadriæl  capì fin dal primo morso perché Sera avesse la malmostosa abitudine di rubare la prima infornata dei biscotti al cioccolato del fornaio. Erano ancora caldi e si scioglievano deliziosamente in bocca.
« Grazie, Cole » entrambi seduti sul muretto dell’ampia terrazza, osservavano tutta Skyhold che pian piano si metteva in moto sotto i loro occhi « da qui il panorama è persino migliore che dal Vhenadahl  »
« Sono felice di averti aiutato » rispose semplicemente lui, con le gambe a sovrastare il vuoto « stai meglio, ora » la sua non era una domanda, ma un’affermazione.
« Ho anche io dei ricordi – ricordi pungenti, pesanti, premono nella testa e sul petto – so come ti senti. L’ho imparato, ma è tardi ora »
« Tardi? » gli domandò, con la bocca piena.
« Sì. Non possiamo più dimenticare » la sua voce si fece improvvisamente rauca e profonda, fino a diventare quasi un sussurro.
« Non hai avuto bisogno di farmi dimenticare, prima. Eppure adesso sto bene, grazie a te »
Lo sguardo di Cole sembrò illuminarsi all’improvviso ed i suoi immensi occhi azzurri incontrarono i suoi, lasciandola per un breve, impercettibile momento senza respiro.
« Hai ragione » sussurrò lui « imparerò anche questo »
Galadriæl  infilò la mano nel caldo sacco di juta, prendendo un altro biscotto. Erano ancora tiepidi.
« Tieni, prova ad assaggiarne uno » gli propose, porgendoglielo.
« Io non mangio »
« Dagli almeno un morso, fallo per me »
Cole inclinò appena la testa, non carpendo appieno il motivo per il quale le avrebbe fatto piacere una banalità del genere, ma allungò le dita ossute ed afferrò il dolce, portandolo davanti al viso. L’elfa si rese conto che il ragazzo non sapeva bene come comportarsi; non aveva problemi a scagliarsi contro un orso nelle Terre Centrali, o a conficcare i suoi pugnali nella coriacea carne del Cavalcatempesta della Sacra Pianura, eppure adesso era lì, a guardare un biscotto le cui gocce di cioccolato gli avevano reso appiccicose le dita. Galadriæl  sorrise e vide un po’ di sé stessa in quel ragazzo pallido e dai vestiti strani.
Cole aprì la bocca e diede il primo, insicuro morso. Il biscotto si sbriciolò sotto i suoi denti, riempiendogli le labbra di briciole. L’elfa non disse niente, restò in silenzio a guardarlo.
Lo vide masticare piano, indeciso e mandare giù. Dopo un lasso di tempo interminabile, Cole avvicinò di nuovo le labbra al biscotto, dandogli questa volta un morso più deciso. Galadriæl  non poté fare a meno di sorridere, nel vederlo finire il dolce e suggere le dita per togliere le ultime tracce di cioccolato.
« Ne vuoi un altro? » gli domandò semplicemente, senza riuscire a guardarlo negli occhi a causa dell’enorme cappello.
« Sì, grazie »
 
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Il Vhenadahl  è l’albero sacro degli elfi che si vede nell’Enclave elfica in Origins; sono abbastanza convinta che, nonostante si tratti di una “credenza” degli elfi di città, anche i dalish abbiano una visione sacra degli alberi (persino più ampia, a mio avviso), quindi non trovando nulla in internet che mi soddisfacesse a riguardo, ho deciso deliberatamente di adottare il vhenadahl come albero sacro per tutti gli elfi, senza fare distinzioni. Questo per incentivare la mia campagna sociale contro il razzismo elfico. ;D
 
Per quanto riguarda Sera ed i biscotti, sono sicura che durante la storia con lei ci siano degli episodi in cui compaiono dei biscotti col cioccolato, ma non avendo mai approfondito la relazione (è tutta colpa di Solas, giuro!) non sono certa dei riferimenti che ho messo. Spero di essere stata abbastanza attinente, nel caso mi rifaccio alla vostra esperienza.
E vi ringrazio per la lettura, in particolar modo Black Friday i cui commenti mi danno la carica ahah!
A presto!

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