Blind Fate

di AlexiaLil
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1 ***
Capitolo 2: *** Cap 2 ***
Capitolo 3: *** Cap 3 ***



Capitolo 1
*** Cap 1 ***


Era tutto iniziato quasi come un gioco di una ragazzina benestante e amata dalla sua famiglia, amante dei libri e decisamente viziata. Stanca della vita mondana che i genitori le facevano vivere, sognava di vivere avventure in ogni parte del mondo. Sognava di viaggiare in luoghi sconosciuti, incontrare sempre persone diverse e vedere creature che mai aveva visto prima. Sognava di diventare una guerriera e di combattere battaglie su battaglie. Il padre, famoso mercante, ogni volta che tornava da un viaggio le raccontava delle città enormi e meravigliose che visitava. Beh decisamente i suoi racconti avevano alimentato l'immaginazione e la passione della ragazzina come legna secca nel fuoco. Di ritorno dall'ennesimo viaggio, il padre le portò come souvenir un oggetto particolarmente esotico. Una frusta chiodata con tre lembi all'estremità. Quando la madre obbiettò per il regalo decisamente pericoloso, l'uomo la rassicurò semplicemente sussurrandole che era un arma decorativa e che non avrebbe potuto fare male a nessuno nemmeno volendo, cercando di non farsi sentire dalla figlia che si rigirava l'oggetto con gli occhi che le brillavano di meraviglia. Le piaceva particolarmente. Sentiva un affinità speciale con quell'oggetto, e ora tutte le sue fantasie dipingevano quella frusta come compagna inseparabile. Quella stessa notte, sgattaiolo senza farsi sentire nel retro della villa dove viveva, e con in mano la sua nuova amica cominciò ad agitarla facendola schioccare rompendo l'aria e il silenzio della notte. Una volta. Due volte. Tre volte. Continuava ad agitarla in continuazione immaginando di combattere contro chissà quale bestia. Un altro colpo e l'arma si illuminò di una luce brillante ed ammaliante. All'improvviso un boato. Alzo gli occhi immediatamente al cielo. Nessun temporale in vista. Un altro boato. Si guardò intorno aspettandosi di trovare un mostro di chissà quale genere, ma niente. Il nulla. Un terzo boato. Guardò la sua nuova frusta. I boati sembravano provenire da quell'oggetto. Senza saperne il motivo strinse la presa sul manico e con l'altra ne toccò l'estremità. Un'altra luce, ma decisamente più intensa ed abbagliante della precedente, la costrinse a chiudere gli occhi per qualche secondo. E quando li riaprì la sorpresa fu immensa. Davanti a lei si ergevano maestose tre tigri. Ne era rimasta affascinata. Così maestose e potenti. Semplicemente affascinanti. Inconsciamente si avvicinò alle tre fiere cercando di toccarle. Provò a toccarne una, ma appena la mano fu abbastanza vicina da sfiorarle il muso, questa ruggì minacciosa . Un ruggito talmente forte da far tramare il cielo e le stelle che vacillavano quasi fossero state terrorizzate da quel suono. Lucy si scosse leggermente impaurita ma non mosse la mano dal punto in cui era se non per avvicinarla ancora di più. Una ragazzina decisamente intrepida. O forse semplicemente stupida. Le toccò il muso rugoso a causa dell'espressione di minaccia che quella bestia le stava mostrando. “Siete Stupende”. Fu l'unica frase che uscì dalle labbra della ragazzina. Le altre tigri si avvicinarono alla ragazza annusandola, quasi ad imprimersi il suo odore nella mente, per poi accucciarsi ai suoi piedi. Solo quella difronte sembrava rimanere battagliera, pronta ad azzannarla al minimo segno di pericolo. Rimasero in quella posizione per un tempo indefinito. Il tempo sembrava essersi congelato. Forse erano passati pochi minuti o forse delle ore. Alla fine la terza vide la mano che non smetteva di accarezzarle il muso e si accucciò. La ragazza si voltò verso la villa per precauzione, non voleva che nessuno scoprisse il suo nuovo segreto, e vide le luci delle stanze accendersi. Probabilmente i servitori o i suoi genitori si erano svegliati e l'avrebbero scoperta. Si girò verso le tre bestie che aveva appena visto, ma quando fu girata completamente, queste erano sparite. Corse in casa e poi velocissima in camera sua per evitare di farsi vedere gironzolare per il cortile e la casa a quell'ora tarda. Arrivata in camera si infilò velocemente sotto le coperte, ma la sua mente era ancora fuori, in quel cortile e a quel bizzarro incontro.
I giorni si seguivano e notte dopo notte la ragazzina usciva di nascosto per allenarsi segretamente e cercare di comunicare con quelle tre nuove amiche che il destino le aveva fatto incontrare. Mentre si allenava con la frusta immaginava di combattere scontri epici, battaglie mortali e di uscirne sempre vincitrice. Quelle sue battaglie immaginarie non la soddisfacevano, ma mai del tutto. Mancava quel qualcosa di reale. Quel qualcosa che la sua mera fantasia non era capace di darle. Una notte dopo averle evocate sentì per la prima volta la loro voce. Non attraverso le orecchie perché non muovevano le fauci, ma nella sua testa. Ne era decisamente rimasta allibita, tanto da dimenticarsi dell'allenamento di routine e passare tutto il tempo a disposizione a parlare con loro. Un estraneo avrebbe visto tre enormi bestie e un ragazzina sedute vicine in silenzio, ma loro comunicavano, si iniziavano a conoscere. Quella notte la giovane scoprì la vera storia delle tre fiere, imparò i loro nomi e quali fossero i loro compiti in battaglia. Le due tigri più mansuete si chiamano Zira e Kira. A comando del proprio padrone si trasformavano i due guanti artigliati e donavano, una volta indossati, una sovrumana forza fisica, agilità felina, riflessi e sensi acuti da cacciatore. La terza, la pià aggressiva delle tre, quella con cui la giovane aveva avuto quel primo incontro un po' movimentato, si chiamava Darya. Il suo compito era quello di fare da cavalcatura e di combattere al fianco dell'evocatore aumentando notevolmente le proprie dimensioni. Beh per essere una semplice “arma decorativa” non era niente male.
I giorni continuavano a susseguirsi e il bisogno di avventura della giovane si faceva sempre più presente e difficile da soddisfare. La sua fervida immaginazione non era più sufficiente. Voleva la realtà. Quella notte, dopo aver lasciato un bigliettino sopra il suo letto, aver preso un sacchetto di monete dall'ufficio del padre e qualche vestito, e con una sacca in spalla scappò. “vado a vivere la mia vita, non preoccupatevi. Vi voglio bene.” scrisse su quel pezzo di carta. Alla prima Città vicina barattò i suoi vecchi abiti con alcuni decisamente più adeguati per una vita di avventure, e armata di abiti più comodi, calzature adeguate e la sua frusta continuò il suo viaggio. La sua prima avventura non tardò ad arrivare. Stava vagando verso la sua prossima meta, quando un ombra le passò sopra la testa e un rumore sordo riempì il silenzio di quella radura alle sue spalle. Si girò curiosa. Un drago dalle dimensioni notevoli le si era parato davanti. Corpo enorme,una coda lunga e possente, scaglie verde scuro, quattro zampe armate di artigli taglienti come rasoi ,due ali possenti sul dorso e fauci dentate con lingue di fuoco che ne uscivano dai lati. La giovane sentì l'adrenalina scorrerle nelle vene, l'eccitazione salire e goccioline di sudore caderle lentamente dalle tempie. Tutto mentre sul suo volto si era dipinto un sorriso eccitato. Decisamente una ragazzina stupida o folle. Evocò le sue tre amiche e cominciò lo scontro non tirandosi indietro nonostante le dimensioni decisamente imponenti del nemico. Zira e Kira si trasformarono subito in guanti e Darya si ingrandì. Colpi di frusta e ruggiti riecheggiavano nella radura rompendo quella quiete quasi idilliaca. La giovane colpiva con la frusta e con gli artigli mentre il drago cercava di colpire quel fastidioso grillo che lo colpiva e schivava i suoi tentativi di ucciderla. Decisamente noiosa era anche la tigre che gli impediva di colpire la giovane quando faceva un passo falso e che lo colpiva con artigli e zanne. Stanco del prolungarsi dello scontro, si fermò, troppo convinto di se e gonfiò il petto pronto per lanciarle una vampata di fuoco ed incenerirle. Errore fatale. Per il drago ovvio. Quasi fossero in sincronia, Darya gli si avventò al collo azzannandolo e la giovane usò gli artigli per trafiggergli la gola. Il lucertolone cadde a terra provocando un tonfo sordo, proprio come quando era arrivato. L'unica differenza è che ora era senza vita. Soddisfatta dello scontro e quasi del tutto incolume, solamente con pochi graffi grazie all'aiuto di Darya, Zira e Kira, rimase ferma accanto alla carcassa dell'essere, vedendo quel sangue grigio, simile all'argento fuso colargli copiosamente dalle ferite. Era soddisfatta della sua prima vera battaglia. Appagata dalla stanchezza che sentiva e assuefatta dall'adrenalina che aveva provato. Guardo le sue mani, ora prive delle sue compagne, sporche del sangue del drago. Ne portò una alle labbra leccando via il sangue, con una luce quasi sinistra negli occhi. Quel sapore decisamente unico le aveva dato una nuova scarica di adrenalina. Aveva trovato l'avventura adatta a lei. Uccidere i draghi e quello era solo uno dei molti che avrebbe ucciso.

LE LEGGENDE LA RICORDERANNO COME LUCY L'AMMAZZADRAGHI

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Capitolo 2
*** Cap 2 ***


I commensali in quella locanda, tanto rozzi e rumorosi quanto incresciosamente stupidi, non le toglievano gli occhi di dosso o meglio, squadravano da capo a piedi il suo corpo, dal suo formoso seno alle gambe toniche, stretti in semplici abiti di cotone e inserti di pelle.
Roba di buon gusto, non c’era a che dire – dopotutto, era cresciuta negli agi e nei bei vestiti – ma certamente poco conosciuta e abbordabile da quelle parti, in cui sostavano principalmente mariti fedifraghi e prostitute di strada, qualche viaggiatore di passaggio come lei e abitanti dei villaggi vicini.
Era da pochi anni che Lucy si era messa in viaggio, richiamata da una voce che prometteva adrenalina ed emozioni ma si era abituata in fretta a quella nuova vita, armata di arguzia, frusta, magia e per buona parte da un intrepido desiderio di mettersi alla prova.
E qualche ubriacone troppo curioso non era certo un problema per lei, avvezza ad altri tipi di lotte. Ma stufa di sentirsi quegli occhi slavati lungo la schiena, propensa più che mai a godersi quel sidro corretto in pace, voltò lentamente il capo dietro di sé, scostando appena la mantella blu notte e sfiorando la frusta arrotolata e legata alla cinta, gli occhi socchiusi che sfidavano quelli stolti.
 
Avanti, chi vuole soffrire? Sembravano domandare.
 
L’ovvia reazione fu che ogni uomo lì dentro dotati, a quanto pareva, di un certo istinto di sopravvivenza, occhieggiarono all’improvviso con rinnovato interesse le gonne rattoppate delle prostitute o i propri boccali di birra leggermente annacquata.
<< Attenta ragazzina, a chi rivolgi certe occhiate >> le disse il locandiere, mentre puliva di malavoglia il pavimento dai resti del pranzo di un cliente accasciato lì accanto.
<< So badare a me stessa, grazie dell’interessamento >> rispose disinteressata, sorseggiando la sua bevanda ormai tiepida.
<< Si vede. E come mai una così giovane donna se ne va in giro armata? >>
<< Ogni donna dovrebbe farlo, di questi tempi. Ma non sono affari che la riguardino, mi pare >> rispose educata, posando bicchiere e monete sul bancone; a interrompere quello scambio di battute, però, furono le chiacchiere lugubri di due viandanti a due sgabelli di distanza, delle quali l’orecchio allenato della ragazza captò poche ma interessanti parole:
<< Quella bestia immonda >> digrignò i denti il più vicino, la sacca da viaggio posta fra lui e il compare, mentre addentava quel pezzo di pane e formaggio come se non mangiasse da giorni << se ne sta lì, bella accucciata sul ciglio di quel monte, pronta a divorarti se solo osi passare per il sentiero che lo costeggia >>.
Lucy si avvicinò di soppiatto ai due, incuriosita da quella bestia che tanto irritava i viaggiatori.
<< Di che bestia parlate, signore? >>
 I due viaggiatori sobbalzarono leggermente alla sua voce, girandosi straniti verso di lei, in piedi dietro i due:
<< Alla larga ragazza, non è storia per una donna >> ridacchiò l’amico, bevendo il suo liquore.
<< Questo spetterebbe a me deciderlo, signore, se sia o no una storia adatta alle mie innocenti orecchie >> sibilò la ragazza, stanca di sentirsi continuamente dire di poter o non poter fare certe cose, o sentire certi discorsi, o fare certi lavori.
 
L’avesse vista combattere, si sarebbe rimangiato tutte le sue maschilistiche parole a suo di frusta.
 
<< Abbiamo visto un drago, su uno spiazzo di una montagna qui vicino, a sud, a meno di una giornata di cammino >> interruppe il battibecco l’altro viandante, dopo aver adocchiato la frusta di Lucy << E’ molto territoriale e non appena sente o intravede quelli che reputa intrusi, che siano umano o no, vola giù in picchiata pronto a liberarsene. Noi siamo scampati per un pelo alla sua furia >>.
<< E’ così terribile, questo drago? >> domandò Lucy.
<< Sì, molto. Ho sentito racconti terribili sul suo conto. E’ un solitario, attacca briga persino con i suoi simili, e caccia nelle fattorie o nelle foreste reali, incurante di tutto e tutti. Non ha paura dei soldati, né di cacciatori >>.
<< Bene, grazie per … aver condiviso la sua storia con una giovane suggestionabile >> e lanciò un’occhiata di scherno al suo compare, che la guardava in tralice fin dall’inizio.
Poi s’incamminò verso l’uscita, seguita dagli occhi sgomenti del viandante e del locandiere, che aveva ascoltato tutta la storia:
<< Dove staresti andando, ragazza? >>
<< A caccia di lucertole >> e sbatté la porta dietro di sé, chiudendo lì dentro i mormorii e le risate di derisione.
 

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Capitolo 3
*** Cap 3 ***


Arrivare a quella montagna, infestata dal famoso drago, non si era rivelata una gran fatica, soprattutto se si aveva a disposizione lo spirito magico di una tigre che correva tanto veloce da tagliare il vento e l’aria; le zampe possenti di Darya e i suoi artigli letali si spingevano con forza sul sentiero polveroso, grattavano il terreno lasciando dietro di sé una scia di polvere e solchi d’impronte appena accennate e nonostante la forza che i suoi muscoli mettevano nel galoppare, pareva volasse, tanto era svelta.
Lucy sarebbe arrivata anche molto prima alla sua destinazione ma aveva voluto deviare per un bosco vicino per far scorta di acqua e cacciare della piccola selvaggina, recuperare le forze e far riposare la sua amica cavalcatura – non voleva di certo ritrovarsi i suoi canini sulla giugulare per averla “sfruttata” a quel modo -. In quel momento camminava sola per quelle lande verdi e desolate in prossimità del monte, da cui immaginava si potesse godere una vista fantastica dei territori circostanti, un orizzonte mozzafiato in cui le nuvole della sera parevano ricoprire le colline tondeggianti; un ottimo rifugio per un drago territoriale come quello da cui poter controllare e sovrastare ciò che reputava suo per istinto e diritto di razza.
Prima ancora di incontrarlo e già sentiva le mani tremare dalla voglia di bagnarsi del sangue di quella creatura arrogante e di immergersi in una battaglia mortale.
Pregustava l'adrenalina che avrebbe provato, il sangue della bestia che oramai come rito aveva cominciato a leccarsi via dalle mani. Quel sapore e quell'odore unico le dava un senso di eccitazione che la faceva tremare, le faceva inumidire gli occhi e le imporporava il volto e la faceva sentire accaldata. Ogni volta ne rimaneva quasi assuefatta. Era un giusto premio per l'uccisione dell'avversario.
L’ebbrezza della sfida, sentire quelle scaglie dure e lucenti essere frantumate dal suo potere, quell’ammasso di muscoli e carne esser lacerato dal suo guanto di lame che prometteva una fine dolorosa e l’odore ferroso del caldo sangue argentato dei draghi la mandava in estasi; aveva affrontato altri draghi prima di questo, che sospettava essere, fra i più feroci e orgogliosi in circolazione della sua razza, ma non aveva certo timore.
Lei cacciava gli esseri come lui.
Era più di un mestiere, più di un passatempo poco signorile, più di una scelta di vita.
Era il suo più vero e completo essere.
Passeggiare sul filo della propria esistenza, in bilico fra vita e morte, sicura di sé ma con la consapevolezza che una mossa azzardata potesse spazzare via, letteralmente, i suoi anni da vivere nel mondo con un colpo di artigli.
Che delizioso potere avevano, l’adrenalina e il richiamo del sangue, di incoraggiarla verso l’ignoto imprudente.
 
Si ritrovò presto di fronte al sentiero montuoso che, senza l’impedimento del drago, portava all’altro lato del monte, a pochi chilometri da un’enorme radura nascosta da una fitta boscaglia alta, il cui lago, si diceva, risplendeva della luce del Sole e della Luna, illuminando i dintorni di un chiarore magico, come se mille fatine e lucciole si fossero unite in danze silenziose.
Almeno questa era la diceria.
E per vedere con i propri occhi se quel fantomatico luogo fatato esistesse o no, arrivare in cima al monte e ridiscenderlo dall’altro lato erano l’unico modo e l’unica via da prendere.
Non ci teneva granché ad ammirare un simile panorama, non era il tipo di donna alla ricerca di spazi romantici in cui perdersi in fantasticherie sentimentali.
Ma comunque, quello sprazzo di verde magico rimaneva un irraggiungibile sogno per i più, se quel drago poltriva nei dintorni, un guado intransitabile per normali viaggiatori.
Lucy alzò gli occhi sull’immenso monte, ripido e scosceso, attorno cui serpeggiava un percorso non proprio dei più stabili, leggermente franoso ma abbastanza largo da essere attraversato senza per forza di cosa ruzzolare ai piedi della montagna, rimettendoci l’osso del collo e molto altro per strada; da lì si intravedeva bene lo spiazzo in cui il drago aveva nidificato, sicuramente all’ingresso di una caverna e decise di non chiamare a sé Darya per il momento.
Risparmiare il suo potere per lo scontro era la cosa migliore da fare.
Decise di accamparsi per la notte vicino al fianco del monte, sotto una sporgenza di roccia grigia che sembrava abbastanza compatta da non crollarle sulla testa nel sonno; non accese un fuoco e trangugiò silenziosamente le bacche raccolte nel bosco e pane e formaggio comprati nel villaggio della taverna da cui era partita.
Le stelle e lo spicchio di Luna appese al cielo non riflettevano abbastanza luce da illuminare i paraggi – “Ma” si disse “meglio così che avere un bersaglio luminoso sulla testa” -; il luogo, comunque, era ammantato da un vago silenzio sinistro e nemmeno il drago aveva dato segno di trovarsi lì.
Per un millesimo di secondo l’idea che i due viandanti le avessero dato indicazioni sbagliate di proposito la fece arrossire di collera – se lo sarebbe aspettata, codardi e incapaci come li aveva inquadrati - ma, ripensandoci, diede una motivazione diversa a quel silenzio innaturale, in cui nemmeno il frinire di grilli e cicale osava avventurarsi, nonostante la stagione estiva: quale animale con un briciolo d’istinto di sopravvivenza sarebbe mai stato il vicino di tana di un drago spietato e pronto a far man bassa di carne?
Aveva fatto caso solo in quel momento – non prima, troppo presa dal pensiero della sua frusta che calava sulla membrana di un’ala – di non aver incontrato altre persone o attraversato villaggi anche di sole quattro case nel suo tragitto.
Quel drago aveva fatto davvero tabula rasa di ogni essere vivente nei dintorni?
Appoggiò il capo sulla sacca da viaggio e, il viso rivolto al cielo buio e le mani in grembo, si fece catturare dal sonno lentamente … le orecchie tese in attesa di battiti d’ali.
 
Alle prime luci dell’alba s’incamminò nuovamente e salì per la via con calma, mano sulla frusta a chiodi sfrangiata e attenta a dove metteva i piedi – sarebbe stato i colmo se, arrivata ad una buona altezza, fosse precipitata giù, morendo ancora prima di essersi data battaglia con quella bestia feroce -. Drizzò le orecchie, attenta a scovare ogni minimo rumore – un fruscio sospetto, un grattare di artigli, un sassolino che ruzzolava giù per il pendio – e andò avanti, mantenendosi addossata alla parete rocciosa.
 
Lucy si esaltò quando, arrivata nei pressi della tana del drago, alle sue orecchie giunse dalle profondità della caverna il suo ronfare bestiale e calmo. Il suo respiro di zolfo fuoriusciva in un venticello rovente dall’ingresso della tana e Lucy tossì, inalando quello sbuffo che la investì, scottandola appena; sguainò la frusta ed entrò a passo deciso ma cauto, riparandosi il viso con un braccio guantato fino al gomito.
La caverna era buia, ma non umida come ci si potrebbe aspettare in condizioni normali: i fumi e il corpo caldo del drago asciugavano l’aria e l’umidità interna, rendendo il luogo secco e l’aria pesante da inspirare. La luce esterna faticava ad arrivare così in profondità ma Lucy poté distinguere nelle ombre una sagoma imponente accucciata in mezzo all’antro: la cacciatrice immaginò soltanto quanto quelle squame potessero brillare sotto la luce solare, se già con il suo debole barlume schiariva il corpo muscoloso dell’essere. Riposava su un ammasso di ossa e rami bitorzoluti e cespugliosi, il capo posato sulle zampe anteriori armate di artigli che sembravano sciabole della miglior fattura, le ali ammansate sulla schiena e la coda che circondava il corpo.
 
Lucy sapeva che disturbare un drago mentre sonnecchiava beato era la cosa più insensata e assolutamente rischiosa da fare, ma lei si faceva beffe del pericolo e, soprattutto, non si preoccupava delle fauci munite da infinita schiera di zanne letali leggermente aperte che si ritrovò di fronte.
Sferzò l’aria con un gesto secco e veloce della frusta, lo schiocco che riecheggiò per la grotta e vide l’animale schiudere di scatto gli occhi, le iridi gialle e le pupille ristrette che puntarono la ragazza sfrontata che osava disturbare il suo sonno.
 
<< Ben svegliato lucertolone. E’ ora di giocare >>.

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