Smile.

di Jules_Kennedy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quello nuovo. ***
Capitolo 2: *** Telefonate e misteri ***
Capitolo 3: *** Parco (parte prima) ***
Capitolo 4: *** Parco (parte seconda) ***
Capitolo 5: *** Il gioco è ricominciato. ***
Capitolo 6: *** Rivelazioni (parte prima) ***



Capitolo 1
*** Quello nuovo. ***


SMILE

Life is a mistery,
Everyone must stand alone
i hear you call my name, and it feels like.. home.
("Like a prayer", Jay Smith)
 
 
Shanks Red amava il caldo. L'estate era probabilmente uno dei periodi dell'anno che preferiva, tanto sole, mare, pace..

Beh, pace non proprio, considerando che l'estate portava con se, oltre che le zanzare, anche le vacanze, facendo si che il rosso si ritrovasse in casa quelle due pesti che erano i suoi figli, Sabo e Rufy.

Non che lui non adorasse stare con i suoi bambini, solo.. si faceva prendere troppo dai loro sogni e dalle loro aspirazioni, rischiando di sembrare più un terzo fratello che un padre vero e proprio. Si lasciava trasportare dalle loro fantasie, immaginando una vita colorata e avventurosa, sperando sempre di svegliarsi e ritrovarsi in quel mondo prodotto dalle fervide menti dei due bambini, assolutamente privo di preoccupazioni e responsabilità.

In fondo, era così che aveva sperato di vivere la sua vita, partendo per il mare. Poi aveva incontrato lei, e tutto era cambiato. Nel giro di pochi anni si erano ritrovati ad accogliere nella loro vita due piccoli miracoli, un moro piccolo ma pestifero, ed un biondo sdentato e furbo.

Non si poteva dire che vivesse di avventura, ecco, ma.. andava bene. Aveva trovato il suo equilibrio, e chi teneva tutto il castello in piedi era lei, Makino. L'unica donna che mai avesse amato nella sua vita. Se ne era accorto forse troppo tardi di ciò che davvero lei significasse nella sua esistenza, e in quella dei suoi figli.

La malattia se l'era portata via presto, troppo presto.

Da quando lei se ne era andata il rosso aveva dovuto fare i conti con la realtà dei fatti, ritrovandosi da solo a crescere due ragazzini iperattivi e mostruosamente famelici.

Lei sapeva come gestirli, lui andava semplicemente nel panico per ogni cosa.

Gli mancava davvero tanto, la sua Makino.

Si riscosse, passandosi una mano tra i rossi capelli. Non poteva sempre pensare al passato. C'era un presente a cui badare, ed era meglio iniziare a farci i conti.

Shanks si alzò dalla sedia della cucina dirigendosi verso il piano cottura, ghignando rassegnato.  I marmocchi stavano per arrivare, e lui avrebbe sfoderato il suo miglior sorriso per loro, come sempre.

E sopratutto, se non gli avesse fato trovare il pranzo pronto, l'apocalisse si sarebbe abbattuta sul mondo, quindi gli conveniva sbrigarsi.
Quando quei due avevano fame, non c'era tragedia che tenesse.
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-Appena papà ti vede ti fa fuori, poco ma sicuro!-
-Sta zitto Rufy, tu tieni la bocca chiusa e nessuno saprà niente. E poi se la sono cercata, volevano fregarti i soldi del pranzo!-
-Smettila, me la sarei cavata benissimo da solo!-
-Seh, come no. E poi perchè diavolo ti sei andato ad infilare nel cortile di quelli di terza, mi chiedo io?-
-Volevo conoscere il bambino nuovo, se ne stava solo in un angolo con un libro e allora ho pensato di andare a presentarmi..-

Sabo guardava suo fratello, cercando di non ridere del suo sguardo affranto. Rufy aveva tante qualità, ma di certo la lungimiranza non era tra queste. Ci credeva che suo fratello era davvero andato in mezzo alle belve di terza solo per conoscere quel ragazzino strano che si era appena  trasferito nella loro scuola, era una cosa da lui. Agiva senza pensare alle conseguenze, e anche se lo faceva a fin di bene, si metteva quasi sempre nei guai.
Lo aveva trovato infatti accerchiato da un gruppetto di bulli che sembravano pronti a spillargli fino all'ultimo centesimo a suon di botte, e così aveva deciso di agire. Si era scagliato contro gli aggressori armato del suo fidato bastone, riuscendo a mettere K.O quei prepotenti che volevano fregare Rufy.

Era andato tutto bene, finchè non era inciampato sulla gamba di uno di loro, finendo con la faccia a terra e con un grosso livido violaceo sulla tempia.

Che vergogna.
 
Probabilmente a suo padre avrebbe raccontato la verità, ma nessuno all'infuori di lui (e di Rufy, che vagamente aveva notato la dinamica dell'incidente) avrebbe dovuto scoprire che quel bollo violaceo era frutto di una stupida distrazione e non di un eroico combattimento a suon di cazzotti.
Assolutamente no, non se ne parlava.

-Ci credo Rufy, ma è meglio non dire nulla a papà. Se se ne accorge mi inventerò qualcosa, l'importante è che tu non tiri fuori l'argomento. D'accordo?-
Il piccolo moro gli rivolse un grande sorriso, annuendo convinto.

"Se la canterà." pensò il biondo, affranto e pronto ad affrontare l'interrogatorio di suo padre. Aveva anche fame, e sicuramente il fratello gli avrebbe fregato metà del pranzo, come faceva sempre.
"Dannato Rufy..." si disse sconsolato, gettando un'ultima occhiata al viso raggiante del fratello, voltando l'angolo per raggiungere casa.
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-Kidd, dannazione, muovi il culo e aiutami a preparare il pranzo!-

Stupido ragazzino. Stupido, stupido rosso ragazzino. Killer si voltò verso il moccioso stravaccato sul divano, e non ricevendo alcuna risposta da quella testa rossa, decise delicatamente di lanciargli un mestolo in testa, beccando perfettamente il bersaglio.

-Cazzo Killer, mi fai male!-
-Linguaggio porca puttana, Kidd!-
-Ma stai a sentire quello che dici tu piuttosto, biondo di sta ceppa!-
-Se non ti alzi immediatamente giuro che ti sequestro il gel, marmocchio.-

Il piccolo rosso si girò di scatto, fulminando il fratello con lo sguardo. Il gel no dannazione, tutto tranne quello! Già la giornata era stata stressante di suo. Aveva dovuto da fare da guida a quel pidocchio che si era appena trasferito nella sua classe, uno strambo con gli occhi da pazzo.. non si ci poteva mettere anche quell'idiota di suo fratello! E poi, aveva già un posto segreto dove tenere lo smalto e il rossetto viola che aveva rubato in un negozio,  in attesa dell'età per poterli indossare, e non aveva intenzione di  rinunciare all'unico privilegio che si poteva concedere.

Quel biondo sapeva che armi utilizzare contro di lui. Sbuffò sonoramente, imprecando tra i denti mentre si avvicinava a passo lento alla cucina.

Non che ci fosse tutta sta distanza tra le due stanze, considerando la dimensione esigua dell'abitazione. Quattro stanze, un'infinità di schifezze sparse per terra e un numero indefinito di poster metallari e band merchandise. Questa era la casa di Eustass Kidd e di suo fratello Killer, che a differenza del fratellino era un diciottenne ben impostato e con una capigliatura leonina tenuta ferma da un casco che gli copriva il viso perennemente.

A Kidd dava fastidio quello stupido casco. Dall'alto dei suoi otto anni capiva che suo fratello lo teneva per non far vedere a nessuno gli sfregi che gli costellavano il viso, ma non capiva il bisogno di tenerlo anche in casa, quando c'erano solo loro due.

Kidd ricordava perfettamente il giorno dell'incidente, il fuoco, il sangue.. Gli era rimasto solo Killer, e per puro culo. E quelle ferite le aveva viste più di una volta. Ci aveva fatto l'abitudine.
 
Il biondo si era ripreso lentamente dal trauma, sia fisico che morale, ritrovandosi con un fratello scontroso ed iroso da crescere. Se qualcuno gli avesse detto che quella sarebbe stata la sua vita, probabilmente Killer avrebbe tirato un cazzotto in faccia a quel coglione che aveva avuto il coraggio di sparare una minchiata del genere.
Eppure era li, a punzecchiare quel moccioso dai capelli rossi che lo aiutava a sistemare la tavola, guardandolo di sottecchi e lanciando frecciatine.

In fondo era quello il loro modo di comunicare. Strano, ma a loro andava bene così.
Anche se litigavano, Killer avrebbe dato la vita per proteggere suo fratello. E Kidd questo lo sapeva.
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L'orfanotrofio di Raftel non era poi un posto così schifoso.

C'erano tanti bambini di età diverse, e tutti con storie più o meno drammatiche, ma ci si sosteneva a vicenda. Ace ci aveva fatto l'abitudine ad avere a che fare con ragazzini della sua scuola che venivano presi e accompagnati dai rispettivi genitori senza starci male più di tanto, in fondo non avrebbe avuto senso lamentarsi.

Sapeva di non essere un orfano e che suo padre non era altro che un bastardo troppo occupato a vivere di sogni per preoccuparsi del proprio figlio, e la sua sistemazione attuale gli andava a genio. Voleva bene ai suoi fratelli dell'orfanotrofio, specialmente a Marco.

Lui senza dubbio era quello a cui Ace si era legato maggiormente. Era uno tra i più grandi, aveva sedici anni e una stranissima capigliatura bionda, simile ad un cespuglio. In realtà Ace litigava praticamente in continuazione con Marco, dato che il passatempo preferito del biondo sembrava fosse fargli saltare i nervi in qualsiasi maniera possibile. Tuttavia, quel giorno Ace era particolarmente giù.

La giornata era iniziata abbastanza male, considerando che gli avevano affibbiato un nuovo compagno di banco, un bambino nuovo e che sembrava anche piuttosto strano. Ad Ace piace starsene per i fatti propri, magari dando fuoco a qualche goccia di cancellino. E invece era li, a dividere il banco con il moccioso più strano che avesse mai visto. Un buffo cappello a macchie sulla testa, una pelle olivastra ma stranamente macchiata di bianco in diversi punti, e due occhi color grigio-blu, stranamente intensi. Ace aveva provato un'immediata tristezza nel guardare il ragazzino negli occhi. Dal canto suo quello non aveva fiatato, rivolgendo la sua attenzione esclusivamente al grande libro di scienze che portava sotto il braccio.
Al lentigginoso moro non poteva importare un granchè di quello che il suo nuovo compagno aveva intenzione di fare, lui era già abbastanza scosso così.

Già, perchè proprio quella mattina una delle persone a cui teneva di più a Raftel era stata adottata.

Non che Ace fosse scontento per Perona, anzi! Era felice che lei avesse trovato una famiglia con cui stare, qualcuno che le avrebbe voluto bene
veramente. No, ciò che gli faceva male era il modo in cui si erano salutati. O meglio, in cui NON si erano salutati.

Si, perchè Ace odiava gli addii, e non voleva farsi vedere abbattuto o triste da Perona, non voleva rovinarle l'atmosfera. Aveva optato per chiudersi in camera, attendendo che la bambina smettesse di bussare alla sua porta per convincerlo ad uscire per salutarlo, sentendo i suoi passi mogi allontanarsi giù per le scale. Lottando per non piangere.

E ora se ne stava li, seduto su quelle stesse scale da dove lei era andata via, forse verso una vita migliore. Nemmeno si accorse di Marco che si era portato vicino a lui, sedendosi al suo fianco.

-Non mi fare la predica, Marco. Io so come gestire i miei affari.-

Il biondo se l'aspettava una frase così. Nel linguaggio di Ace significava semplicemente "parla", ma il moro era troppo orgoglioso per chiedere a qualcuno di potersi confidare, e quello era l'unico modo che conosceva per comunicare. Sorrise Marco, cercando le parole giuste da dirgli.

-Sai, sembrano brave persone. I genitori adottivi di Perona, intendo. Lui ha degli occhi veramente strani, e lei.. beh, lei sembra davvero carina. A Perona brillavano gli occhi.-
-...hm.-
-Dai Ace, inutile che fai il bietolone insensibile. Ti manca, e manca anche a me. So che non lo ammetteresti nemmeno sotto tortura, ma a me certe cose non le nascondi. Sappi semplicemente che da quello che ho sentito (e non stavo origliando, semplicemente Oyaji parla ad un volume spropositatamente alto) frequenterà sempre la tua stessa scuola, quindi potrete continuare a vedervi. E se non ti bastasse, casa sua è a pochi isolati da qui.-
-..Davvero? Questo significa che potrò vederla?- chiese Ace, lo sguardo fisso sulle scarpe. Se si fosse fatto scoprire da Marco così rosso ed imbarazzato com'era al pensiero di rivedere Perona, probabilmente il biondo l'avrebbe preso per il culo a vita. E avendo solo otto anni, Ace sapeva che una vita sarebbe stata mortalmente lunga.

Senza ricevere una risposta, vide Marco alzarsi, dopo avergli tirato uno scalpellotto affettuoso sul collo. Rimase li il moro, tenendosi le ginocchia con le braccia.
Sorrise.
L'avrebbe rivista.
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-Cora-San, perchè devo andare a scuola? Quelle cose che spiegano gli insegnanti io le so già. Non vedo l'utilità di perdere tempo prezioso in un luogo inutile come la scuola.-

Lo stangone biondo fissò il bambino, seduto sul sedile del passeggero accanto a lui. Sorrise, perchè era quello che faceva sempre, sorridere.

-Sai Law, a scuola potresti conoscere altri bambini. E poi ti serve occupare il tuo tempo, in fondo non puoi passare tutto il giorno a letto in attesa della prossima visita medica. Non se ne parla. Tu andrai a scuola, che ti piaccia o no.- concluse ferreo Corazon, attendendo la tagliente risposta del nipote.

 Quel bambino aveva una lingua velenosa come poche, ma su Cora non aveva effetto. In fondo, lui sapeva come prenderlo, Law.

-Beh, non vedo perchè non posso stare a casa a studiare. Alla fine quei bambini sono dannatamente stupidi, e se tu li vedessi.. oh beh, ripensandoci, a te piacerebbero Cora-san. Tutti allegri e sorridenti, con i loro zainetti e le loro merende. Si, ti piacerebbero di sicuro.-
-Sono certo che tu abbia conosciuto qualcuno di interessante a scuola, Law, altrimenti non ti prenderesti la briga di raccontarmi così tanti dettagli di su loro. Avanti, sputa il rospo!- lo punzecchiò Cora, facendolo saltare sul posto  facendogli il solletico al fianco.
Il moro gli rivolse un'occhiata che doveva sembrare di odio puro, ma il biondo sapeva che a Law piaceva essere stuzzicato. Non lo avrebbe mai ammesso, ma era così. Sorrise fiducioso, riportando lo sguardo sulla strada.

-Beh, qualcuno l'ho conosciuto.-

"Bingo."

-E come si chiama?-
-In realtà ho conosciuto più di una persona. Beh, uno non è che l'abbia proprio conosciuto, ma si è avvicinato a me all'intervallo. Credo che si sia messo nei guai con alcuni bulli di terza, ma da quello che ricordo non gli è successo nulla.-
-Hm, capisco. Magari voleva fare amicizia.-
-Probabile, anche se era un marmocchio di prima, e credo che non ci avrei trovato nulla di interessante nel parlare con lui. Poi un altro moro lentigginoso ha cercato di attaccare bottone in classe, ma con scarso successo. Sembrava triste, ma non gli ho chiesto nulla, alla fine non sono fatti miei. E poi uno stupido bullo con i capelli rossi mi è stato affibbiato dalla prof di lettere per farmi fare un giro della scuola. Ti giuro Cora-san, se non fosse che quel tipo è il doppio di me credo che l'avrei ucciso.-
-Ah, e come mai?-
-Beh.. è antipatico, volgare, rumoroso e prepotente. Spero di non averci più nulla a che fare.-
-... Beh, Law, vedo che ti sei fatto un nuovo amico!- rise Cora.

E mentre lo diceva, sotto il tono scherzoso, Cora credeva davvero alle sue parole. Era davvero convinto che Law avrebbe trovato degli amici.
O meglio, lo sperava.
Perchè anche Law meritava di essere quello che era: un semplice bambino di otto anni.
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Perona sentiva il profumo di macchina nuova andarle alla testa, mentre il cuore le si alleggeriva man mano che si allontanava da Raftel. Non che l'orfanotrofio fosse un brutto posto, aveva incontrato persone stupende li, e un po' le dispiaceva lasciarle, anzi.

Ma stare li, in quella macchina, con i suoi nuovi genitori adottivi, era quanto di più bello avesse potuto sperare la piccola rosa.
A sette anni appena compiuti, aveva vissuto la sua intera vita tra le mura dell'orfanotrofio, diventando la sorellina minore dell'intero istituto. Ripensava con dolcezza a tutti coloro che in quegli anni l'avevano fatta sentire a casa, cercando di risollevarle sempre il morale e trattandola sempre come una principessa.

Tutti tranne lui.

Ace non era voluto uscire a salutarla, e la cosa le bruciava. Le bruciava maledettamente.

Perchè doveva essere sempre così testone e caparbio? Lei voleva solo salutarlo, dirgli che sarebbe vissuta poco lontano dall'orfanotrofio, così sarebbe potuta andare a trovarlo ogni volta che voleva, e che a scuola si sarebbero rivisti come se nulla fosse cambiato. A modo suo voleva rassicurarlo, anche se non era molto cerca sul perchè. Aveva visto lo sguardo triste che si era celato dietro al suo abituale sorriso, la sera in cui gli aveva detto (il primo dell'orfanotrofio a ricevere la notizia) che era finalmente stata adottata, che il suo sogno si era avverato. E aveva percepito con quanta forza Ace l'avesse stretta a se, quasi spaventato di poterla perdere.

Si sentì avvampare al solo pensiero di quell'abbraccio, e strinse il suo Kumachi ancora più forte, respirando profondamente.

-Perona, tesoro, va tutto bene?- chiese una ragazza bionda seduta a lato passeggero, sporgendosi verso di lei.

La rosa aveva sentito il suo nome, Cindry, o qualcosa del genere. Lei sarebbe stata sua madre. Sembrava una brava ragazza, con il chiaro viso illuminato da due grandi occhi nocciola, e un sorriso delicato che si accompagnava perfettamente al caschetto che le incorniciava il viso.

-Si, è che non esco spesso dall'orfanotrofio, quindi per me le strade sono nuove..- spiegò la piccola, sorridendo timidamente.
-Non preoccuparti, siamo quasi arrivati.-

Era stato suo "padre" a parlare.
A Perona era bastato uno sguardo per capire che l'uomo che era venuto a prenderla quella mattina era una persona speciale. Aveva un pizzetto curato e un bel paio di baffi, capelli ben sistemati e di un nero lucente, era molto alto e anche molto bello.
Ma quello che aveva completamente catturato la bambina era il suo sguardo, intenso e penetrante, con quei suoi occhi color ambra dorata, così grandi e apparentemente freddi, ma Perona ci leggeva dentro tanta bontà. In fondo se l'avevano adottata non potevano che essere brave persone.

-Dopo che ti avremo mostrato la casa, vorremmo portarti fuori per un gelato. Ti andrebbe, Perona?- chiese Cindry, sorridendo dolcemente. Perona annuì convinta, felice come una pasqua.
Si sentiva emozionata come non mai, pronta ad iniziare una nuova vita.

Non vedeva l'ora di andare a scuola, per raccontare ad Ace ogni cosa su quel meraviglioso pomeriggio.
Che per fortuna,  era appena iniziato.
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE
Uhm.. non so bene cosa mi sia venuto in mente. ç_ç So solo che vorrei gettarmi in questa impresa folle, in questa long che mi ispira davvero un casino. *^* Sinceramente ho avuto l'ispirazione da una fanart che ho visto oggi, e subito mi sono gettata a capofitto su questo primo capitolo, forse non molto attivo ma sicuramente introduttivo per far capire un po' attorno a chi gira la storia ^u^"
La scelta dei personaggi rispecchia la fanart, anche se alcune cose ho deciso di cambiarle u.u Fatemi sapere se vi piace e se vorreste vederla continuata, e in caso contrario, se avete qualche suggerimento o correzione, non siate timidi e fatevi avanti :3
Al solito vi aspetto, e spero davvero che questa idea possa prendere piede.
Un grande bacio, a presto! <3
 
Jules

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Capitolo 2
*** Telefonate e misteri ***


Telefonate e misteri 


-Suppongo che non mi spiegherai il perchè di quel livido, vero Sabo?-

Cavolo.

Pensava di averla scampata, considerando che a pranzo nessuno dei tre presenti (stranamente, nemmeno Rufy) avevano accennato a ciò che poteva essere successo quella mattina, facendo rilassare il biondo almeno fino alla fine del pasto, già abbastanza teso a causa delle continue ruberie che suo fratello praticava ai danni del suo già esiguo pasto. "Non se ne è accorto.. è anche più stonato di quanto pensassi!" ghignava tra se il Sabo, che, terminato il pasto, corse su per le scale insieme al fratello per godersi un po' di meritata lotta corpo a corpo nella stanza dei giochi.
Sembrava aver arginato il problema, ridendo di se stesso per essersi preoccupato inutilmente, quando la voce tranquilla di suo padre lo aveva fatto raggelare sul posto, dando adito a tutti i suoi timori.
 Si voltò, incontrando lo sguardo soddisfatto di suo padre, certo di aver colto nel segno.
Era arrivato il momento della verità.
-Beh, papà..- iniziò il biondo, raccattando scuse plausibili dagli angolini più nascosti della sua mente e scartando un'opzione dopo l'altra.
 
Non sarebbe servito.
 
-Oggi Sabo si è azzuffato con dei tizi che volevano rubarmi i soldi del pranzo, papi! Dovevi vederlo, dava bastonate a tutti, è stato fighissimo!! Anche se io non avevo bisogno di aiuto, me la sarei cavata benissimo da solo..- sbraitò infatti un eccitatissimo Rufy, chiarendo la situazione e svelando l'arcano mistero con un candore invidiabile.
 Sabo girò la testa lentamente lanciando uno sguardo raggelante al fratello, che capita l'antifona, si fece piccolo piccolo contro la ringhiera delle scale, sotto lo sguardo impassibile di Shanks.
 
-..Rufy.-
-Si, fratellone?-
-Non ti avevo detto di non fare parola di quello che era successo oggi?- chiese con calma glaciale il biondo, dando le spalle al padre.
-Ecco.. si.. ma dai Sabo, è stato davvero..-
 
-FIGHISSIMO!-
 
Un'esclamazione gioiosa aveva interrotto il battibecco tra i due fratelli, impedendo che si azzuffassero li sulle scale. Non vi erano dubbi su chi potesse essere stato a parlare, ma Sabo e Rufy decisero di verificare per essere sicuri di non esserselo immaginato. Sconvolti, si voltarono verso la voce che aveva pronunciato quell'ultima parola, incontrando lo sguardo emozionato del rosso, che li guardava sorridente.
 
Non era arrabbiato?
 
Reset.  Non poteva essere, si disse il Sabo, sbattendo le palpebre per essere sicuro di non aver preso un
abbaglio. Pensò di ripetere la scena e voltarsi nuovamente, credendo di trovare ai piedi della scala una scena totalmente diversa.
 
Eppure suo padre era li, con le mani sui fianchi e un  grande sorriso stampato in viso.
 
-Papà.. non sei arrabbiato?- chiese con voce tremolante il maggiore, alzando un sopracciglio interrogativo. Rufy guardava entrambi, senza dar segno di aver capito cosa fosse successo.  Quando mai.
 
-Arrabbiato? E perchè mai dovrei esserlo? Hai salvato tuo fratello dai bulli (non che ce ne fosse bisogno Rufy, non guardarmi in quel modo) e te la sei cavata solo con un bernoccolo sulla tempia. Non male direi!- chiosò il rosso, ridendo di gusto.  Sul viso di Sabo l'espressione perplessa lasciò spazio ad un grande sorriso, seguito a ruota dal fratello.
Si guardarono intensamente Shanks e il biondo, scambiandosi occhiate ben più eloquenti delle parole. Non vi era bisogno di discorsi complicati per comunicare a suo padre che si, sarebbe stato più attento la prossima volta, e che nonostante tutto, lui avrebbe sempre protetto suo fratello.
Shanks sembrava soddisfatto della reazione del figlio, congedandolo insieme al minore per tornare a svolgere le sue faccende.
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-Papà!-
-Si, Sabo?- rispose il rosso senza alzare lo sguardo dal lavandino dove stava risciacquando i piatti.
-Posso usare il tuo telefono? Devo fare una chiamata importantissima!-
-.. Certo, è nella tasca dei pantaloni. Devi chiamare chi penso io?-
-..Non sono affari tuoi papà!-
-Beh, divertitevi  alla casa sull'albero, e salutami..-
Non fece in tempo a finire la frase che già suo figlio era scappato su per le scale, per svolgere la sua chiamata "importantissima" con maggiore privacy.
 
Sospirò Shanks, continuando a strofinare le stoviglie. "Qualche volta quelli si fanno arrestare.." disse tra se e se, ridendo sommessamente al solo immaginare la scena.
 
Sabo corse a perdifiato su per le scale e si chiuse in bagno, temendo che Rufy potesse intercettare l'interlocutore dal suono della voce al telefono, strappandogli l'aggeggio di mano e impedendogli di parlare in santa pace con il suo socio.
 
Digitò i numeri che conosceva fin troppo bene, sperando che la chiamata fosse inoltrata subito. 
 
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-C'è una chiamata per te, ragazzino!-
 
Il moro si avviò verso la cornetta con fare svogliato, sbadigliando sonoramente. No, non era proprio giornata quella.
 
-Pronto?-
-Ace?-
-No, mia nonna.  Si sono io, che vuoi Sabo?-
-Sei sempre così allegro o ti è finita una spina sul sedere? Comunque preparati, che ti passo a prendere e andiamo alla casa sull'albero.-
-Non sono in vena, andate tu e Rufy, casomai vi raggiungo..-
-Non se ne parla, dobbiamo discutere di una cosa di importanza vitale e tu devi essere presente. E comunque Rufy non c'è, è appena andato a casa di Nami. Dovevano completare una ricerca.
-E' il primo giorno di scuola e già lasciano ricerche?-
-Lo sai come funziona in prima elementare, ti mettono subito sotto per farti capire chi comanda, e poi..-
-E poi arriviamo noi due che mettiamo una rana morta nella borsa della prof di matematica.-
-Vedo che hai capito l'antifona amico mio. Comunque sia, saremo da soli.
-Come ai vecchi tempi?-
-.. Già.
-Quindi vedi di muovere il tuo deretano e prendi l'attrezzatura!-
-Ma..-
-"Ma" un corno, preparati che arrivo.-
-Aspetta, ho detto che...Sabo?-
-....-
 
Aveva riattaccato.
 
Era sempre così, quando gli passavano le chiamate in orfanotrofio Ace sapeva che poteva essere solo Sabo a cercarlo, considerando che nessuno ei due possedeva un telefono cellulare o un computer.  Discutevano per un  po' lanciandosi frecciatine, e poi uno dei due attaccava il telefono per il solo gusto di immaginare la faccia sconvolta dell'altro.
 
Si avviò stancamente verso la sua stanza, sbuffando.
 
Perchè quel biondo lo cercava sempre nei momenti sbagliati? Okay, in realtà era stato Ace a fare amicizia con lui all'asilo, ma questo non significava che lui potesse decidere della sua intera esistenza!
 
E poi da quando c'era Rufy, Ace non riusciva più a dire no alle folli richieste di Sabo (specialmente sotto le pressanti richieste di quel piccoletto che lo venerava) finendo sempre per mettersi nei guai insieme a quei due fratelli che lo trattavano praticamente come uno della famiglia.
Sorrise, pensando a Shanks e a come lo aveva accolto in casa sua, trattandolo alla pari dei suoi figli.
 
Si riscosse, cercando di concentrarsi su ciò che sarebbe successo di li a poco. Ripensò alle parole di Sabo, meditando attentamente. Che cosa poteva esserci di così importante da discutere subito dopo pranzo, interrompendo la tradizionale "lotta post pasto"  che Sabo e Rufy facevano praticamente da quando avevano acquisito facoltà motorie?
 
E sopratutto, perchè suo "fratello" aveva deciso di incontrarlo da solo, senza Rufy?
 
-Spero che sia una cosa importante, altrimenti è la volta buona che lo abbatto, quel biondo sdentato..- borbottò tra i denti Ace raccattando il suo bastone (gemello di quello che possedeva il biondo) e avviandosi verso la finestra.
 
Sogghignò, pensando a come da anni ormai eludeva i controlli dell'orfanotrofio sgattaiolando via dalla finestra e arrampicandosi lungo il muro per rientrare in tutta calma poco prima della chiamata per cena.
 
Si calò giù velocemente, già di buon umore e tremendamente curioso.
Forse quella giornata non avrebbe fatto poi così schifo.
 
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DLIN-DLON.
 
-Cora-san, la porta.- 
-Quante volte ti ho chiesto di chiamarmi zio Cora, Law?-
-Con questa sono 196.-
-E tu non intendi cambiare idea, giusto?-
-Non al momento.-
 
Perchè Cora si ostinasse a farsi chiamare zio non riusciva proprio a concepirlo, Law. Alla fine a lui andava bene un nome come un'altro, non era importante.
Alzò lo sguardo annoiato dal libro che si stava godendo, guardando l'alta figura del biondo muoversi verso la porta, dietro alla quale qualcuno di molto insistente ci teneva a far notare la propria presenza.
 
Si rituffò nelle parole dell'atlante anatomico che Cora gli aveva regalato per il suo compleanno, ignorando la conversazione che l'uomo stava avendo con chiunque si fosse preso la briga di andare a trovarli. Ciò non accadeva quasi mai, a meno che..
 
Non fece in tempo a partorire quel pensiero che due figure si lanciarono su di lui, atterrandolo e facendogli cadere il libro dalle mani, sotto lo sguardo divertito di Corazon.
 
-Sorpresa!!-
-Shachi, non credo che sia una sorpresa se ci ha visti entrare.-
-Oh, dai Pen! Sii almeno un po' nella parte!-
-.. Oh, e va bene! SORPRESA!-
 
-VI DISPIACEREBBE ALZARVI DA SOPRA DI ME, PER PIACERE?-
 
I due intrusi si scostarono dal suo piccolo corpicino, schiacciato sotto il loro peso, per sedersi di fronte a lui e godersi la sua espressione incazzata.
 
Law se lo sentiva che quei due idioti sarebbero venuti a rompere. Era nella natura di Penguin e Shachi essere dannatamente fastidiosi e rumorosi, e sopratutto, fissati con quegli scherzi del cavolo.
Si rimise il cappello in testa e freddandoli con un'occhiata gelida, chiese con molto candore che diavolo ci facessero li  due stangoni di diciotto anni, la cui occupazione più consona sarebbe dovuta essere a drogarsi o a correre dietro alle ragazze. Considerando i soggetti, di studiare non se ne parlava.
O almeno, questi erano i piani che i due amici avevano condiviso con lui durante l'estate, immaginando estasiati come sarebbe stato poter finalmente avere accesso alle ragazze del quinto anno e all'erba "di quella buona", a detta di Pen.
 
-Oh beh fratellino, non potevamo mica festeggiare il nostro primo giorno di scuola senza di te!-
-Già, lo sai che se non ci sei tu non ci divertiamo..-
-E a che cosa vi servirei io, di grazia?-
Stava perdendo la pazienza, e la minoranza d'età non era un problema contro quei due. Sapeva bene come confonderli con le parole, ed era pronto ad utilizzare tutte le sue armi contro i loro buoni propositi.
I suoi monologhi mentali di morte furono tuttavia interrotti da Cora, che salutati i due ragazzi, intrattenne con loro una conversazione stupida quanto inutile.
 
"Perchè?" si chiese il moro, riprendendo posto a sedere sulla sua poltrona, cercando di ignorare i nuovi arrivati per rivolgere la sua attenzione al libro.
Si, il libro.
 
DOVE DIAVOLO ERA FINITO IL SUO LIBRO?
 
Non fece in tempo a dare risposta ai suoi interrogativi che Penguin si parò davanti a lui, con il suo prezioso atlante tra le mani. Aveva uno sguardo indecifrabile, e sotto la visiera del cappello, Law sapeva che i suoi occhi erano estremamente divertiti.
 
-Dammi il mio libro.-
-Solo se vieni al parco con noi.-
-... sei un ricattatore. Non ci vengo al parco, non ne ho voglia.-
-Beh, allora vorrà dire che andrò con Shachi a prendermi un bel gelato e poi magari.. ti porteremo un panino.-
 
Panino.
 
Quella parola lo fece rabbrividire di disgusto, scatenando le risate sommesse di Pen, che conosceva il suo punto debole e sapeva come sfruttarlo contro di lui.
-Allora, Law? Verrai con  noi o te ne starai qui ad aspettare il tuo panino?- chiese mellifluo il corvino, scambiandosi un'occhiata di intesa con Shachi e Cora che lottavano per non scoppiare a ridere.
 
Si sentì in trappola, ma non aveva scelta.
Tutto tranne il pane.
 
-Verrò con voi, dannazione. E voglio un gelato a quattro gusti!- si lamentò il piccolo moro, prendendo la giacca ed avviandosi verso la porta di casa, senza salutare Cora se non con un gesto della mano piuttosto stizzito.
 
-Sta tranquillo Law, anche cinque gusti!-
-Magari al gusto di pane..-
-FINITELA!-
 
_________________________________________________________________________________
 
Cora vide la piccola figura del nipote scomparire dalla porta, tirando un sospiro di sollievo. Ringraziò la celerità con cui i due ragazzi avevano risposto al suo messaggio, accogliendo la richiesta di portare Law lontano da casa per qualche ora.
 
Tornò al tavolo della cucina, rileggendo per l'ennesima volta quelle parole che da quando quella missiva era arrivata, gli rigiravano in testa come una trottola impazzita.
 
"Ti aspetto alla villa, Corazon. Non deludermi."
 
La rabbia montò nel biondo, che si avviò fuori dall'abitazione stringendo convulsamente le chiavi della macchina. Ringraziò mentalmente l'assenza di Law, ingranando la marcia e immettendosi per strada, sperando di terminare quanto prima quell'incontro sgradevole a cui stava per presenziare.
 
Non avrebbe permesso a nessuno di fare del male a Law, e se per proteggerlo avrebbe dovuto riaprire ponti con il passato ormai recisi da anni, lo avrebbe fatto.
 
Respirò profondamente, ripercorrendo quella strada che la sua memoria conosceva fin troppo bene.
 
__________________________________________________________________________________
 
Killer e Kidd avevano pochi modi di passare il tempo insieme civilmente e senza aggredirsi verbalmente e fisicamente, e uno di questi era la boxe in tv.
 
Nonostante la differenza di età, i due amavano quello sport così coraggioso e cruento alla follia, seguendo con ansia le gesta dei loro pugili preferiti.
 
Il match che passava alla tv si stava svolgendo tuttavia senza particolari colpi di scena, cosa che innervosì Killer parecchio, mentre Kidd sembrava semplicemente annoiato.
 
Quel pomeriggio stava passando anche fin troppo tranquillamente, quindi Killer ringraziò mentalmente il telefono che si mise a squillare, pregando perchè qualcuno lo salvasse da quella noia mortale.
Sbloccò il telefono pigramente, mentre se lo portava all'orecchio.
 
-Pronto?-
-DOVE SEI?!-
-Ciao anche a te Heat, e comunque sono a casa idiota, dove dovrei essere?-
-DEVI VENIRE AL PARCO. SUBITO.-
-E perchè dovrei, fata turchina di sto cazzo? Sai bene quanto io odi il parco, e poi dovrei portarmi anche il moccioso, quindi non se ne parla.-
-Beh quello non è un problema, qui è pieno di mocciosi.-
 
-MOCCIOSO A CHI?!- sbraitò il rosso, scattando sul divano e rivolgendo sguardi carichi di odio al fratello e a chiunque si trovasse dall'altra parte della cornetta.
-Tu sta zitto Kidd, sono al telefono!- disse infastidito il biondo, facendo cenno al fratello di chiudere la bocca.
-Scusa Heat, dicevi?-
-C'è il pinguino.-
 
Killer perse un paio di battiti a sentir pronunciare il suo nome, respirando profondamente per calmarsi.
 
Si erano lasciati da poco con Penguin, e ancora a Killer la cosa non andava giù. Non lo avrebbe ammesso mai, ma ancora a quello stronzo ci teneva, e tanto.
Perso com'era tra i suoi pensieri, non si accorse nemmeno del cuscino che gli arrivò dritto in faccia, risvegliandolo bruscamente dalle sue riflessioni e facendolo incazzare come non mai.
Avrebbe ucciso Kidd se non fosse stato per Heat, che dall'altra parte del telefono gli aveva intimato per l'ennesima volta di sbrigarsi ad andare al parco, facendolo distrarre e impedendogli di acchiapparlo per i capelli e menarlo fino all'indomani.
 
-Arrivo Heat. E mi porto anche il MOCCIOSO.- sibilò tra i denti, chiudendo la chiamata senza aspettare la risposta del suo amico (che probabilmente non sarebbe arrivata.)
Tempo un secondo ed i due fratelli erano per terra a menarsi di brutto, tirandosi i capelli e insultandosi con termini su cui forse è meglio sorvolare.
 
Estenuato, Kidd dovette ammettere la sconfitta. In fondo suo fratello era il doppio di lui, ma gli bastava averlo messo in difficoltà e avergli strappato una ciocca di capelli per sentirsi soddisfatto e gongolante. Killer sembrava però distante, e questo il rosso lo capì subito. Avevano litigato come al solito, ma Killer non si era pavoneggiato di averlo schiacciato come una formica come faceva sempre, limitandosi a rimetterlo giù e a guardare fuori dalla finestra con aria assente.
-Oggi niente formica?- chiese Kidd, spazientito dall'assenza di reazioni del biondo.
-Già. Preparati, andiamo al parco.- sentenziò Killer, con un tono che nonostante il carattere riottoso del rosso, non ammetteva lamentele di alcun tipo. Il bambino sbuffò,  prese il gilet di pelle e si infilò gli occhialoni da aviatore sulla testa per tenere ferme le ciocche ribelli che gli cadevano sul viso, avviandosi verso la porta di casa preceduto dal fratello.
Non aveva nemmeno varcato la soglia di casa che la voce di suo fratello lo bloccò.
 
-Kidd?-
-Che vuoi?-
-... ti ho schiacciato come una formica.-
 
Ghignò di gusto il rosso, ignorando quelle parole e progettando vendetta contro il suo biondo fratello.
Sicuramente quell'escursione al parco di sarebbe rivelata più divertente del previsto.
 
_______________________________________________________________________________________
 
-E quindi questo è Kumachi?- chiese Drakul Mihawk, stringendo la mano di Perona mentre si avviavano verso il centro del parco cittadino, rivolgendole di tanto in tanto qualche occhiata apprensiva.
 
Adorava quella bambina alla follia, e gli erano bastati un pranzo ed un gelato per fargliela amare ancora di più. Aveva un modo così delicato e curioso di mangiare, portandosi piccoli bocconi alla bocca e dando sempre una piccola parte del suo cibo all'orsetto che teneva stretto al petto, che a detta della bambina, si chiamava Kumachi ed era il suo compagno di giochi.
Non che Mihawk fosse un tipo particolarmente affettivo, ma quella bambina aveva il potere di stregarlo e di renderlo.. quasi umano.
 
L'aveva fatto per Cindry, in realtà. Sapeva quanto la sua compagna desiderasse un figlio, e la notizia di non poterne avere uno naturalmente l'aveva distrutta. Lo vedeva Drakul come la sua donna gli stava scivolando tra le mani, consumandosi lentamente come un moncone di candela.
 
E così aveva deciso.
 
L'aveva portata all'orfanotrofio, godendosi il suo sorriso mentre le rassicurava che non si sarebbero arresi, e che avrebbero avuto un figlio a tutti i costi, naturale o meno che fosse.
Appena entrati erano stati accolti dal rettore della struttura, un tale Edward Newgate, un omone gioviale e sorridente, che li aveva condotti nella stanza dove i più piccoli giocavano durante le ore pomeridiane.
 
Non c'era stato bisogno di parlare, per capire che la loro bambina era in quella stanza, seduta ad un tavolino con un ragazzino moro e lentigginoso, mentre serviva del the invisibile per loro due e per il suo inseparabile orsacchiotto.
 
Non avrebbe saputo spiegare perchè proprio lei. Istinto, destino, qualsiasi cosa fosse, li aveva condotti li per prendersi cura di quella bambina dagli occhi neri come la pece e con quella cascata di riccioli rosa che le incorniciavano il viso.
 
Drakul era felice, anche se non si sarebbe detto oservandolo da fuori. Aveva insistito per portare Perona a prendere un gelato da solo, per cercare di avere un contatto con lei che non fosse facilitato dalla presenza angelica della compagna, capace di fargli amare anche i sassi.
No, lui avrebbe dovuto affrontare i suoi blocchi emotivi e aprirsi alla piccola di sua spontanea volontà.
L'avrebbe fatto per Cindry, ma sopratutto per Perona.
 
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-A Kumachi piace il parco, anche se non ci veniamo spesso..- disse la bambina sovrappensiero, più a se stessa che al padre che le stringeva la mano mentre camminavano sotto dei grandi alberi, diretti al parco giochi.
Le emozioni che quella giornata le stava regalando non smettevano di susseguirsi, riempiendo il piccolo cuore della rosa che sprizzava gioia ad ogni passo.
Tutto attirava la sua attenzione, dalle grida dei ragazzini agli uccellini che passavano sopra la sua testa,  in un vorticare di suoni e colori che si imprimevano nella sua mente.
 
Camminavano da un po' di tempo, quando finalmente giunsero alla zona dove vi erano le giostre per bambini. Cavallucci, strutture per arrampicarsi, trottole e una casetta sull'albero.
 
Nel vederlo, Perona quasi cadde a terra. Si fermò di scatto, preoccupando il padre che si era inginocchiato accanto a lei chiedendole se andasse tutto bene.
Perona non sentiva le parole di Drakul, perchè la sua attenzione era completamente concentrata su un ragazzino con un cappello arancione da cowboy che si arrampicava per raggiungere la casa sull'albero, seguito da un biondo con un cappello a cilindro.
 
Non sperava di vederlo, forse aveva paura.
Ma non appena i suoi occhi incontrarono quelli di Ace, un sorriso spontaneo si formò sul suo viso, illuminandolo.
 
Si, quella giornata si stava facendo decisamente movimentata.
E Perona sperò con tutta se stessa che non finisse mai.
 
 
 
ANGOLO AUTRICE
Eeeeed eccomi qui, per la gioia di chi aspettava il capitolo e anche perchè non me la sentivo di pubblicarlo stasera. Davvero, l'esperienza di ieri mi ha insegnato che pubblicare la sera danneggia la salute xD
E quindi vediamo finalmente un po' di azione, e anche qualche mistero qua e la..
E sopratutto... KILLER x PENGUIN *q* (ancora Kidd e Law son piccolini, lasciamoli crescere che poi mi divertirò anche con loro u.u)
E chi sarà il misterioso interlocutore di Cora?  *telenovela brasiliana mode on*
 
Insomma, spero che il capitolo vi possa piacere e che il prossimo non arrivi troppo in ritardo. ^^
Ringrazio chi ha letto e recensito il primo capitolo, e al solito, un grande bacio e alla prossima! <3
 
Jules
 

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Capitolo 3
*** Parco (parte prima) ***


Al parco (parte prima)
 
 
-Nami, solo uno!-
-No Rufy, mangeremo i biscotti solo quando avremo finito di studiare.  Usopp, potresti leggere il paragrafo dieci per favore?-
 
-Lo farei Nami, ma Franky ha appena deciso che il mio libro si trasformerà in un'arma di distruzione!-
-E' UN SUUUUUUUUUUUPER AEREOPLANO RINFORZATO!-
-Aereoplani, aereoplani!!-
 
-... Sanji, almeno tu potresti finirla di litigare con quell'inutile testa verde?-
-Ma Nami-swan, il marimo qui presente ha osato dire che le mie sopracciglia sono stupide!-
-Perchè lo sono davvero, biondo ingessato.-
-Yohohohohohoho, Zoro-san sei uno spasso!-
 
Nami lo sapeva che era stata una pessima idea.
 
Cosa diavolo le era passato in mente? Quei casinisti dei suoi amici non erano fatti per stare tutti insieme in una stessa stanza, non se l'intento del pomeriggio era quello di studiare in pace e tranquillità.
No, quelli piuttosto distruggevano la casa e se ne vantavano pure, e considerando l'assenza di sua madre Bellemere e di sua sorella Nojiko, Nami sapeva già su chi sarebbe ricaduta la colpa del disastro.
 
No, pessima idea. Non gliel'avrebbe permesso.
 
La piccola rossa guardò i ragazzini seduti al tavolo con lei, passandoli in rassegna a uno a uno con uno sguardo a metà tra l'annoiato e l'infastidito.
 
Rufy si era appena alzato, cercando per l'ennesima volta di trafugare i biscotti che Bellemere teneva sul frigo, aiutato da Usopp (un ragazzino bugiardo fino al midollo e con un naso stranamente lungo) e Chopper, un castano piccolo e con un'enorme voglia blu sul naso.
 
Franky, un energumeno che nonostante avesse solo otto anni sembrava averne almeno tredici, si era messo in piedi sul tavolo, mettendo in bella mostra i pantaloncini TROPPO CORTI con la sua solita posa "SUPER" (per chi non ne fosse a conoscenza, tale posizione prevedeva le braccia alzate sopra il capo e le mani giunte a pugno, con il busto leggermente inclinato e le gambe oscenamente spalancate).
 
Dall'altro lato della cucina Zoro e Sanji, rispettivamente il verde ed il biondo, se le davano di santa ragione per l'ennesima cavolata sotto lo sguardo divertito di Brook, un ragazzino magro da far paura e con una capigliatura afro spropositatamente grande per la sua stazza.
In sintesi, un gruppetto piuttosto strambo e MOOOLTO vivace.
 
Nami decise che era arrivato il momento di prendere il controllo, e alzandosi dalla sedia con un gesto teatrale, in nemmeno dieci secondi aveva assestato un bel pugno sulla testa di Sanji, Zoro, Rufy, Usopp e Franky, risparmiando Chopper e Brook per paura di ucciderli.
Si sedettero tutti al tavolo, rivolgendo scuse doloranti alla piccola rossa, che soddisfatta, riprendeva a leggere quello che aveva interrotto.
 
Si insultavano e picchiavano, ma in fondo si volevano bene. Nami e Zoro erano amici sin dall'asilo, e la loro strana combriccola si era formata gradualmente negli anni, annettendo personaggi sempre più singolari e pazzi almeno quanto loro.
Sorrise la rossa ripensando a quando quegli uragani si erano abbattuti sulla sua vita, stravolgendola completamente.
 
-Ehi Nami.-
 
L'interpellata si riscosse, cercando di mantenere la calma e raccogliendo le forze per stendere il moro seduto accanto a se una volta per tutte, se avesse detto l'ennesima stupidata. Tutta la dolcezza di quei ricordi si era dissipata istantaneamente, riportando la rossa alla ben più fastidiosa realtà.
 
-Che c'e Rufy?-
-E se dopo aver finito ce ne andassimo al parco a prenderci un gelato gigante?- chiese il moro dopo un po', con occhi luccicanti.
 
Non era per niente in programma.
-Rufy, io non credo che..- iniziò Nami, accorgendosi del silenzio che era calato a tavola. Si voltò leggermente, maledicendosi per ciò che stava per fare.
 
Tutti  la fissavano, in attesa della sua approvazione. Sembravano entusiasti all'idea di poter uscire di casa e divertirsi sotto il sole, ma nessuno aveva il coraggio di fiatare. I pugni di Nami facevano davvero molta paura.
 "Doveva essere un pomeriggio di studio.." si disse la rossa sconsolata, sbuffando alla vista degli occhi dolci che i suoi amici le stavano rivolgendo, sperando di intenerirla. Solo Zoro non aveva sembrato prestare attenzione alla discussione, riverso sul tavolo e con una bollicina al naso.
 
Stava dormendo.
 
La cosa infastidì non poco Nami, che decise di sfogare tutta la sua rabbia sulla testa inerme del verde, il quale dolorante si risvegliò dal suo sonno interrompendo il silenzio estatico che si era venuto a creare, in attesa che la padrona di casa decidesse sul da farsi.
 
-Che diavolo succede? Perchè mi hai colpito??- si lamentò il bambino, rivolgendo occhiate di fuoco alla rossa.
Lei sorrise subdola, issandosi sul tavolo per attirare l'attenzione già alta di tutti i presenti al tavolo.
 
-HO DECISO!- esclamò raggiante, godendo degli occhi supplicanti che si erano posati su di lei.
 
-Andremo al parco... E i gelati li pagherà tutti Zoro!- disse raggiante, ridendo per la reazione scontata del verde, che cercò di fermare i festeggiamenti dei suoi amici per chiarire che non avrebbe comprato il gelato a nessuno, men che meno ad una che lo aveva svegliato picchiandolo. Mentre tutti erano troppo impegnati a gioire e a prepararsi Nami si chinò sul verde, rimanendo inginocchiata sul tavolo e con la faccia a pochi centimetri di distanza da quella dell'amico. Ghignò sinistra, avvicinandosi all'orecchio bucherellato dell'amico.
 
-Mi dispiace Zoro, ma qualcuno deve pagarmela visto che il mio tranquillo pomeriggio di studio è saltato a causa vostra. E visto che stavi dormendo, fregandotene della lezione, sarai tu a pagarne le spese.- sussurrò malefica, estasiata dall'espressione allibita di Zoro.
 
Si allontanò velocemente, scendendo dal tavolo e facendo segno a tutti di prepararsi per uscire, mentre rivolgeva un'ultima occhiata al verde, ancora seduto sulla sua sedia e sconvolto come non mai.
 
SI stranì, Nami.
Se non si fosse trattato di quel testa di legno di Zoro, la piccola avrebbe giurato di averlo visto arrossire.
______________________________________________________________________________________
 
Law in realtà non detestava il parco così tanto come si ostinava a fare credere. Quello che lo irritava erano le persone.
Si, quegli stupidi esseri umani che sembravano capaci di catalizzare la loro attenzione verso cose talmente futili e sciocche, che Law credeva gli si sarebbero sciolti gli occhi per il fastidio. Ad ogni modo, almeno c'era un lato positivo nel girare per il parco accompagnato da quei due scalmanati che lo avevano tirato fuori di casa praticamente a forza: il gelato.
 
Il piccolo moro era infatti un goloso cronico, e non aveva problemi ad ammetterlo. Certo, a volte questa sua debolezza finiva per ritorcerglisi contro, ma alla fine chi se ne frega, il gelato è più buono di un libro.
ECCOME SE LO E'!
Si stava gustando con calma il suo cono al pistacchio e nocciola, mentre si guardava attorno con aria annoiata. Aveva perso di vista Penguin e Shachi, ma la cosa non lo preoccupava più di tanto. Li avrebbe ritrovati senza dubbio in quello sputo di parco, e perchè no, magari l'essersi allontanato gli conveniva pure.
 
Si avviò verso uno spiazzo erboso meno affollato e seminascosto dagli arbusti, sedendosi sull'erba e tenendosi le ginocchia al petto. Voleva starsene un po' da solo, Law. Non aveva ancora ripensato a tutto quello che gli era capitato quella mattina, specialmente al suo incontro con il buzzurro dai capelli rossi.
 
Che volgare, sboccacciato e grezzo tipo che era, quell'Eustass Kidd! Non aveva fatto altro che insultarlo e dargli spallate, mollandolo nel bel mezzo della visita dicendogli che si sarebbe potuto arrangiare da solo, accompagnando le sue parole con un bel dito medio. Law non si era fatto impressionare dalla spavalderia dell'energumeno, rispondendo al gesto con altrettanta veemenza ed allontanandosi tranquillamente. Nemmeno gli importava di sentirlo sbraitare dietro di se. Anzi, la cosa lo aveva divertito oltremodo.
 
Law ghignò ripensando alle urla del rosso, dando un'altra leccata al suo gelato. Non si era accorto che qualcuno era appena arrivato a disturbare quell'oasi di pace in cui era immerso, troppo perso nei suoi pensieri, fino a che non vide un piede sfrecciargli davanti il viso, scaraventando il suo cono gelato ormai quasi sciolto nell'erba poco distante.
Il moro si voltò appena, rivolgendo a chiunque avesse avuto l'ardire di disturbarlo un'occhiata che avrebbe fatto rabbrividire anche i morti.
In quello Law se la cavava piuttosto bene, essere inquietante era la cosa che gli riusciva meglio. Si trovò davanti un ragazzino grassoccio e con due occhi insignificanti e stupidi.  Aveva il moccio al naso, e rideva come se gli avessero appena raccontato la barzelletta migliore della sia vita.
 
Gliel'avrebbe fatta passare la voglia di ridere, Law ne era sicuro.
Fece per alzarsi, posando lo sguardo oltre il moccioso e notò (non senza un briciolo di apprensione) che il suo assalitore non era da solo, ma se la rideva insieme ai suoi spocchiosi amici con la puzza sotto il naso, vestiti di tutto punto e con un'espressione di sdegno che fece venire la nausea al bambino. Cercò una via di fuga con gli occhi, consapevole che con la sua stazza minuta avrebbe perso in uno scontro fisico, sebbene sapesse che mettendo insieme i cervellini bacati di quegli idioti non ci avrebbe fatto nemmeno metà del suo.
 
Stupida magrezza infantile.
 
-Ehi, moccioso, non vai a riprendertelo il tuo gelato?- lo provocò il moccoloso, riscuotendolo dai suoi pensieri bruscamente e spingendolo a terra, facendolo finire con la schiena contro l'erba.
-Perchè non vai a prendermelo tu? E magari nel frattempo te ne vai anche al diavolo.- sibilò velenoso Law, ghignando nonostante la situazione di svantaggio palese in cui si trovava. L'avrebbero potuto picchiare a sangue, ma lui avrebbe sempre risposto a tono. Non ce la faceva proprio a trattenersi, e in ogni caso non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa da un'idiota qualunque.
La sua risposta non piacque per niente al bullo, che incitato dai suoi amici gli rifilò una pedata dritta nel fianco, mozzandogli il fiato, e poi un'altra e un'altra ancora.
Law nemmeno rispose, sapeva che non avrebbe potuto vincere contro di loro.
Semplicemente, si limitò a ghignare senza sosta, guardando il ragazzino con fare omicida mentre tentava si proteggersi dai colpi.
Faceva male, ma non avrebbe mollato.
 
In fondo, ci era abituato.
 
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-Kidd, io vado da Heat. Tu vedi di non perderti e cerca di non ammazzare nessuno, chiaro? Altrimenti..-
-Si, lo so, mi sequestri la mia roba! Sei palloso Killer, perchè non te ne vai?-
-...Formica.-
-Barbie.-
-Anna dai capelli rossi.-
-Rapunzel.-
-.. TU, PICCOLO SGORBIO! VIENI QUI CHE TI FACCIO VED..-
 
 Non fece in tempo a terminare la frase Killer, che già Kidd se ne era andato via correndo, facendogli la linguaccia e mostrandogli il dito medio. Il biondo rimase allibito, appuntandosi mentalmente di darle di santa ragione a suo fratello quando quell'interminabile pomeriggio sarebbe finito.
 
 Rise di gusto il rosso, sapendo bene che Rapunzel era il soprannome più detestato da suo fratello.
 Corse finchè non si trovò ad una distanza accettabile da Killer, appoggiando le mani alle ginocchia per riprendere fiato.
Il parco era gremito di gente, ma a Kidd non fregava nulla. Lui aveva già in mente il suo obiettivo, avviandosi con passo sicuro verso  la piazzetta dei giochi. Pregustava già il piacere di svitare i cavallucci a dondolo, le giostre girevoli e quanto di meccanico ci fosse in quel posto, per poter aumentare la sua collezione di pezzi di ricambio.
Sebbene preziosissima per il rosso, quella "collezione" altro non era che un ammasso di scarti metallici e pezzi non funzionanti, che il ragazzino si divertiva a rimontare e a studiare.
Prese in mano il cacciavite, giocherellando con l'elsa dell'utensile mentre si guardava attorno. La giornata era piacevolmente fresca e soleggiata, richiamando in quel piccolo fazzoletto di terra l'intera popolazione di Sabaody.
 
Bambini, adulti, chiunque avesse voglia di godersi quell'insperata giornata di marzo si trovava li, chi passeggiando, chi semplicemente standosene al sole a godersi il tepore.
Notò in lontananza una bambina che non aveva mai visto in giro, camminare mano nella mano con il padre mentre ondeggiava la sua chioma rosa al vento, ridendo per qualcosa che probabilmente il rosso non avrebbe mai scoperto.
Sorrise Kidd, ripensando a come anche a lui piaceva fare passeggiate con sua madre, quelle poche volte in cui lei se la sentiva e stava bene. Camminavano per ore senza una meta, mentre il rosso le raccontava tutto quello che avrebbe costruito una volta diventato grande, felice dell'approvazione che la madre ci metteva nel commentare tutte le sue idee.
Un nodo si formò nel suo stomaco, mentre gli occhi iniziarono a farsi sempre più lucidi. Kidd non pensava mai ai suoi genitori, perchè quando si era visto strappare via da loro tutto quello che era riuscito a fare era soffrire in silenzio, un po' per se stesso, e un po' per non far intristire ancora di più Killer che nell'incidente ci era andato molto più fregato di lui.
 
Ricacciò indietro le lacrime, inghiottendo un boccone amaro e rinchiudendo i suoi pochi ricordi in un angolino nascosto della sua memoria, dove non avrebbero fatto più male.
 
Ci pensava raramente a sua madre, e ogni volta che succedeva non poteva non sentirsi così.
Gli mancava da morire, e nulla avrebbe cambiato la realtà.
 
Si accorse dopo un tempo indefinito di essersi allontanato dal sentiero che conduceva verso il parchetto giochi, ritrovandosi in una zona del parco che non aveva mai visitato.  Una serie di arbusti fitti coprivano l'ingresso di una piccola radura, dove sembrava che qualcuno stesse giocando. Decise di avvicinarsi, più per noia che per altro, sbirciando da dietro un tronco.
 
Ciò che vide lo stranì e non poco.
 
Un gruppo di mocciosi della scuola per riccastri di Sabaody, la Marijoa, incitavano un grassone col moccio al naso mentre pestava a pedate un ragazzino, che non sembrava nemmeno provare a opporre resistenza.
Scrutò meglio la vittima di quegli idioti, sgranando gli occhi. Aveva già visto quello stupido cappello a macchie, e anche se non poteva vederlo in faccia il fastidio che aveva provato la mattina si fece sentire con tutta la sua forza.
Non c'erano dubbi, quello era lo stupido Trafalgar Law.
 
Hm.
Il rosso ci pensò un attimo, chiedendosi qualcosa di molto ovvio. 
CHE CAVOLO CI FACEVA LI TRAFALGAR LAW? 
Ma sopratutto, perchè diamine non si difendeva? Kidd sentì prudere le mani, con un inspiegabile voglia di prendere a pugni quel branco di fessi.
Erano senza dignità.
Lui era uno che faceva a botte spesso, non si poteva proprio definire un santo, ma sapeva che non aveva senso accanirsi contro qualcuno che non poteva difendersi (o che perlomeno nemmeno ci provava).
Guardò ancora il corpicino di Law che si contraeva ad ogni pedata,  e in un momento, si rese conto di quello che doveva fare.
 
Non seppe mai il perchè di quel gesto folle, ne mai se lo chiese.
Sapeva solo che doveva agire.
Decise di uscire dal suo nascondiglio, scrocchiandosi le nocche e ghignando sinistro.
Ci sarebbe stato da divertirsi. 

 


ANGOLO AUTRICE
Ce l'ho fatta *^* mi sento trooooppo felice. Volevo pubblicare qualcosa, ma dato che il capitolo del parco è molto importante ho deciso di dividerlo in parti. 
Quindi non preoccupatevi, i prossimi capitoli arriveranno presto (spero), e se non dovessi farcela domani, li pubblicherò stanotte stessa u.u 
P.s, quanto è carino Kidd che va a salvare Law? :'3
Okay basta, sclero finito. xD Al solito vi aspetto al prossimo capitolo, e mi scuso se questo è un po' esiguo, ma mi rifarò con il prossimo, promesso :D 
un bacio, Jules <3

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Capitolo 4
*** Parco (parte seconda) ***


Parco (parte seconda)
 



 
Chiunque si fosse trovato a passare vicino all'entrata del grande parco di Sabaody in quel momento sicuramente avrebbe sentito le parole che un certo biondo di nostra conoscenza stava borbottando tra se, camminando a passi veloci verso un punto indefinito della distesa verde.
Sarebbe anche potuta sembrare una scena comica vista il soggetto, che dietro al casco a righe masticava insulti manco fossero caramelle.
Per l'incolumità di chiunque gli passasse accanto, era tuttavia più sicuro deviare e non incrociare il suo sguardo.
Probabilmente, da dietro i forellini del casco, avrebbe potuto incenerire qualcuno.
 
Killer si avviò furioso a passo spedito verso il carretto dei gelati, sicuro di trovarci Heat a fissare la teca colorata del gelataio, senza comprare nulla.
Era parecchio strano il turchese, questo l'aveva sempre pensato. Non fu infatti una sorpresa scorgere una massa di capelli azzurri spuntare da dietro l'insegna del piccolo chiosco, fluttuante nella brezza di marzo ed oscenamente lunga.
Killer si avvicinò all'amico, sorridendo più tranquillo e parecchio divertito dalla sua espressione concentrata a scrutare tutti i gusti possibili, probabilmente l'unico caso in cui Heat assumeva un atteggiamento che fosse diverso dal suo solito essere assolutamente indifferente.
Gli mollò una sonora pacca sulla testa, interrompendo quel momento estatico e godendo dell'espressione furente che il turchese gli rivolse, tornando poi subito alla sua patina di inespressività e asetticità.
 
-Pensavo fossi meno stupido, Killer.-
-Non per niente mi chiamano il Massacratore. Non ho paura di te, vodoo child.-
-Beh, dovresti.-
-Ma dai, solo perchè non hai un anima e probabilmente sei il figlio del demonio?-
-Non credo proprio, quello è tuo fratello.-
-... Touchè.-
 
Heat riusciva sempre a zittirlo in un modo o nell'altro, e per questo Killer apprezzava la sua compagnia, pur essendo davvero un essere anaffettivo ed incazzoso. Diede un taglio ai convenevoli, andando subito al sodo.
 
O almeno, a modo suo.
 
Si guardò infatti intorno, sperando che il turchese traducesse in parole quel suo gesto senza costringerlo a chiedere a voce quello che stava cercando.
Heat lo fissò con quei suoi occhi neri e profondi, non accennando a dargli alcuna risposta.
Gliela stava facendo pagare per il suo brusco saluto.. e ci stava.
Il biondo prese un profondo respiro, distogliendo lo sguardo da quello dell'amico.
-E allora? Questo pinguino?- chiese quasi sussurrando, sentendo gli occhi dell'amico su di se.
-Beh, se hai finito di arrossire come una ragazzina possiamo anche andarci. A meno che tu non svenga nel vederlo, in quel caso ti consiglierei di rimanere qui insieme ai bambini di cinque anni.- rispose calmo il turchese, meritandosi un'occhiataccia omicida da parte del biondo. Si incamminarono in silenzio, anche se Killer sapeva che dentro di se Heat stava ridendo. Che poi come cavolo faceva a sapere che era diventato bordeaux sotto il casco?
 
 
Si sarebbe vendicato Killer, solo solo per la figura da idiota che Heat gli stava facendo fare.
La sua vendetta sarebbe arrivata presto.
Molto presto.
 
Arrivarono in una zona molto affollata del parco, un ovale circondato da panchine e con una fontanella al centro. Non ci volle molto tempo che subito su una delle panchine più lontane, Killer scorse un cappello a pon pon che non avrebbe mai potuto dimenticare. Quasi perse un battito quando il corvino si voltò di lui, rivelando la scritta "Penguin" cucita sulla tesa del cappello.
 
Killer si perse negli occhi onice di quello stupido pinguino, che anche a quella distanza, lo facevano sentire scoperto e vulnerabile.
Non gli importava di Heat che blaterava qualcosa del tipo  "E' arrivato con un moccioso che se l'è filata subito e nessuno gli ha detto niente, tanto sono stupidi quei due", non lo stava nemmeno ascoltando.
 
I suoi occhi erano esclusivamente per lui.
 
Rimase bloccato sul limitare dello spiazzo, con il cuore che martellava e il viso che dentro il casco prendeva a fuoco. Si voltò verso Heat, che con uno sguardo che valeva mille parole, gli fece capire cosa doveva fare.
 
Senza indugiare oltre, fece il primo passo verso di lui.
Se lo sarebbe ripreso, a qualunque costo.
 
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-Oi, Pen.-
-Mhgh, che c'è? Non vedi che sto mangiando?-
-... Dov'è Law?-
-...-
-...-
-CAZZO!-
-CAZZO!-
 
Pen gettò il suo gelato nel cestino, rendendosi conto della stronzata gigante che avevano appena fatto. Si erano voltati per quanto, dieci secondi? E già quello se ne era scappato, facendogliela sotto il naso! Si guardarono lui e Shachi, indecisi sul come affrontare la questione.
Certo, avrebbero potuto andare in giro correndo per il parco urlando e chiamando Law, non sarebbe stata la prima volta del resto, ma per una volta Pen era deciso a fare l'adulto e a prendersi le sue responsabilità, e a fare una lavata di capo a quel ragazzino che le escogitava tutte per fare comunque di testa sua.
Si misero d'accordo per perlustrare l'intera superficie del parco, perfino l'intero isolato se ci fosse stato bisogno, ma avrebbero trovato Law a qualsiasi costo.
-Se lo trovi, chiamami.-
-D'accordo.-
-Ah, e Shachi?-
-Hm?-
-Lo troveremo.-
-... lo spero.-
 
Il corvino vide il suo amico allontanarsi, testa bassa e mani nelle tasche. Sorrise intenerito. Sapeva che Shachi teneva a Law e a in un modo che era impossibile descrivere e che non avrebbe mai voluto deludere Cora. Il castano dimostrava i suoi sentimenti con estrema facilità, a differenza di lui, che così come il suo nome, era un animale freddo e spesso insensibile.
Si cacciò le mani nelle tasche della felpa, alzando la visiera del cappellino con su ricamato il suo nome, regalo di sua madre e che teneva indipendentemente dalle condizioni atmosferiche.
Potevano anche sciogliersi i sassi al sole, lui avrebbe tenuto su il suo cappello.
 
Era fatto così, Penguin. Somigliava così tanto a Law che spesso li scambiavano per fratelli, ma chi conosceva bene entrambi sapeva che se Law sembrava non avere un cuore nel petto, Penguin si accendeva solo con le persone giuste.
E aveva faticato Penguin per trovarla, la persona giusta.
La sua mente andò verso un ricordo che avrebbe volentieri lasciato ignorato nei meandri dei suoi ricordi, sentendo già un nodo allo stomaco formarsi, pesante ed amaro.
 
***
 
Se dicembre era ricordato per Natale e Capodanno, per Penguin era solo sinonimo di pioggia e freddo glaciale. Un freddo che ti penetrava nelle ossa, e non bastava una stufa per riscaldarti. Pioveva quella sera, proprio per la vigilia di natale.
Il corvino camminava lungo le strade deserte di Sabaody, tenendo lo sguardo a terra. Tutto era a terra quella sera. Il suo cuore, il suo morale.
La sua vita.
 
Avrebbe potuto senza dubbio chiedere a Shachi di ospitarlo, in fondo i suoi genitori lo consideravano un figlio e avrebbero solo avuto piacere nel poterlo accogliere la notte di natale, ma semplicemente non gli andava. Sapeva che i genitori del castano non l'avrebbero mai ammesso, ma Pen in cuor suo riteneva che fosse giusto lasciare loro la propria intimità con il figlio, considerando l'incidente dal quale si era appena rimesso.
Già, l'incidente.
Schiantarsi contro un tir era un'esperienza che non tutti avevano la fortuna di raccontare, almeno non da vivi, e lui e Shachi se l'erano cavata con qualche osso rotto, parecchi lividi ed una paura indescrivibile.
Istintivamente si portò una mano alla gamba fasciata, percependo sotto il tessuto dei pantaloni  come lo sforzo di camminare la stesse mettendo a dura prova.
Perse l'appiglio, e con una smorfia di dolore si  appoggiò al muro, scivolando a sedere sul marciapiede. Lasciò cadere l'ombrello, percependo la pioggia che gli bagnava il viso e lavava via tutta la malinconia e il dolore  che si erano impossessati di lui.
Forse una lacrima gli rigò il viso, confusa con l'ingente quantità di acqua piovana che gli inondava le guance.
A stento si rese conto che qualcuno si era avvicinato a lui, aprendo un ombrello sulla sua testa.
Aprì gli occhi lentamente, e si lasciò cullare dalla visione confusa dell'uomo che ora lo stava riparando dalla fitta tempesta.
 
Un viso coperto da un casco a righe, ed una cascata di capelli biondi e ormai zuppi.
-Ehi, tutto bene?-
 
"Ora che ci sei tu, si."
 
***
 
 
Niente. Di Law nessuna traccia.
Penguin si sedette sconsolato su una panchina, rendendosi conto di essersi allontanato parecchio dall'ingresso del parco. Appoggiò la schiena al sedile, incrociando le braccia e accavallando le gambe.
Dove poteva essersi cacciato, quel marmocchio?
Fece vagare lo sguardo sulla gente attorno a se, cercando (inutilmente) quella zazzera corvina coperta dal cappello a macchie che conosceva così bene, sperando stupidamente di trovarla magari in mezzo agli altri bambini.
Non ebbe il tempo di ridere della stronzata che aveva appena pensato, che i suoi occhi si posarono su una figura che a passi veloci si avviava verso di lui.
 
Sgranò gli occhi Pen alla vista di quella chioma leonina e di quel dannatissimo casco. Aveva pensato a lui nemmeno cinque minuti prima, e adesso eccolo materializzarsi dal nulla come il peggiore dei suoi incubi.
Deglutì pesantemente, cercando di mantenere un contegno. Non si rivedevano da quando lui l'aveva mollato, e al biondo la cosa sembrava non essere andata genio.
"Calmati Pen, se fosse qui per ucciderti non potrebbe farlo. Troppi testimoni." Chiuse gli occhi nel tentativo di scacciare quella visione, anche se il cuore gli batteva impazzito nel petto e non aveva intenzione di fermarsi. Quasi trattenne il respiro quando sentì i passi farsi più vicini, e la testa gli girò per un momento quando inalò l'odore forte e aromatico dell'uomo che si era appena fermato davanti a lui.
Alzò di poco lo sguardo, mantenendo un'espressione quanto più fredda e distaccata possibile.
-Posso aiutarti, Killer?- chiese senza tono, guardandolo di sbieco.
-Beh, se potessi iniziare con lo spiegarmi perchè mi hai mollato, mi faresti un grande favore.-
 
Rimase senza fiato il moro al sentir pronunciare quelle parole. Una sensazione come di amaro si sparse nella sua bocca, mentre le labbra si piegavano in un ghigno rassegnato.
-Sempre dritto al punto, eh?-
-Mi conosci.-
 
Penguin sentiva la tensione nella sua voce, la stessa che avrebbe avuto anche lui se non fosse stato così maledettamente bravo a nascondere ogni singola emozione. Si alzò, fronteggiando Killer con lo sguardo.
Il momento della verità era arrivato.
 
-Vogliamo andare?- chiese, facendo cenno con la testa verso una zona poco trafficata del parco. Vide il biondo guardarsi attorno, per poi mettere le mani nelle tasche striminzite dei pantaloni e affiancarsi a lui, senza proferire parola.
 
Pen sospirò impercettibilmente.
Sarebbe stata una giornata tremendamente lunga.
 
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-Ace! ACE!-
 
Perona si lanciò verso la casetta dei giochi, noncurante del padre che le correva dietro nel tentativo di acchiapparla.
Una luce si era accesa nei suoi occhi quando aveva visto il piccolo lentigginoso arrampicarsi su per quella scala, sciogliendole il cuore come burro al sole. Fece appena in tempo a notare che dei sassi intralciavano la sua strada che uno dei suoi piedini ne intercettò uno, proiettandola dritta verso la terra battuta.
Tese le mani, già pronta all'impatto con il suolo, quando sentì due mani sostenerla e tenerla stretta. Alzò lo sguardo senza fiato, incontrando gli occhi neri di Ace che la guardavano preoccupati. Sorrise ancor di più la piccola rosa, rialzandosi ed allontanandosi delicatamente dal moro che ancora la teneva ben salda.
-Perona! Stai bene?- chiese lui, restio a lasciarle la mano. Lei gliela strinse, voltando lo sguardo verso un punto imprecisato dietro di se. Non voleva che Ace la vedesse arrossire. L'avrebbe presa in giro fin troppo!
-Beh...-  iniziò, quando la voce preoccupata di Drakul Mihawk la fece voltare, notando come il padre si stesse avvicinando a lei con passo veloce e con un'espressione indecifrabile in viso.  
 
-Perona! Stai bene?-
-Gliel'ho già chiesto io, e per fortuna si. E lei chi è che si prende così tanta confidenza con la mia amica?-
 
La piccola rosa fissò sbigottita l'amico che aveva appena pronunciato quelle parole, e  che ancora le teneva la mano e l'aveva involontariamente avvicinata a se, pronto a proteggerla nel caso in cui quell'uomo avesse avuto intenzione di farle del male. Si sentì bruciare il petto Perona, reprimendo l'istinto di stringersi a lui e abbracciarlo. Si avviò invece verso il padre con fare rassicurante, lasciando la mano del moro.
 
-Papà, lui è Ace. E' il mio amico di cui ti avevo parlato.-
-Beh.. E' proprio come me lo avevi descritto, Perona. Sfacciato e con una lingua tagliente.- rispose l'uomo con voce tranquilla, fissando lo sguardo divertito sul piccolo lentigginoso che ancora gli lanciava occhiate furenti. 
Drakul si rialzò, scompigliando i capelli della rosa e facendole intendere con lo sguardo che l'avrebbe aspettata fuori dal parchetto giochi. Non ci mise molto ad allontanarsi, scuotendo la testa e rivolgendo qualche occhiata al marmocchio che gli aveva tenuto testa.
"Che faccia tosta..!" pensò divertito, mentre si accomodava su una panchina, godendosi il timido sole di marzo che aveva appena fatto capolino.
 
Quando furono finalmente soli, Ace e Perona si fissarono per qualche istante, incerti sul da farsi. Nella mente di Ace si affastellavano pensieri su pensieri, scuse su scuse, ma quello che aveva fatto non aveva alcuna motivazione valida. Abbassò lo sguardo già pronto ad andarsene, lasciando Perona da sola per l'ennesima volta. Quello che non si aspettò era di ritrovarsi la piccola rosa tra le braccia che lo stringeva forte, piangendo contro il suo petto. Abbandonò il bastone al suolo, cingendola goffamente e attirandola a se. Avrebbe voluto consolarla Ace, spiegarle che lui voleva solo che non soffrisse, ma le parole faticavano ad uscirgli di bocca.
 
-Ace.. grazie.- soffiò lei contro il suo petto, affondando le mani nella sua schiena.
 
Quelle parole si scagliarono contro il cuore del moro come un ariete, facendogli spalancare gli occhi e mozzandogli il fiato.
 
Perona aveva capito.
 
Ace chiuse gli occhi, dandosi dell'idiota per aver anche solo pensato di dover trovare scuse o spiegazioni alle sue azioni. Doveva immaginarselo che lei avrebbe capito.
Perchè lei era quella che gli leggeva dentro senza mai giudicarlo, che rispondeva a domande che lui non aveva mai fatto, che pronunciava parole che lui non avrebbe mai detto.
Da sette anni, Perona era quanto di più vicino ad una sorella, madre o amica Ace avesse mai avuto dentro e fuori dall'orfanotrofio e ringraziò il cielo per questo, stringendola ancora più forte e respirando il suo profumo. Erano passate poche ore, ma gli era mancato come l'aria.
Lei gli era mancata, ed era inutile negarlo.
Perchè con Perona stava bene.
 
Con Perona, Ace tornava a respirare.
 
-.. Allora? Come sono questi tizi? Degli snob completi?- chiese con voce tremante e malferma quando sentì che si era calmata. Lei si discostò dal suo petto, guardandolo negli occhi con un'espressione furba.
-Snob? Beh, del resto una come me non può avere mica dei genitori qualunque!- disse imitando l'espressione che la loro compagna di scuola, Boa Hancock, aveva perennemente sul viso, scoppiando subito a ridere e trascinando Ace con se.
 
Era così bello ridere insieme.
 
Entrambi speravano che quel momento non finisse mai, ma si dovettero interrompere per prestare attenzione ad un rumore che li aveva attirati, proveniente dalla casetta sull'albero.
Perona rivolse uno sguardo interrogativo ad Ace, che per tutta risposta alzò lo sguardo verso il piano superiore della casetta, arrossendo violentemente.
Perona seguì con gli occhi la direzione verso cui Ace stava guardando, incontrando lo sguardo di un biondino sdentato che li fissava sorridente.
Non ebbe nemmeno il tempo di parlare che quello, sorridendo ancora più ampiamente, disse qualcosa che spiazzò entrambi.
 
-Ehi, Ace! Non mi presenti la tua ragazza?-
 
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-Bene, bene, bene... chi abbiamo qui? Quattro coglioni della Marijoa che se la prendono con un pidocchio? Se ci tenete alla pelle levatevi da qui, altrimenti potrei avere voglia di spaccare le vostre facce inutili senza pensarci due volte.-
 
Law riconobbe subito quella voce, indeciso se esultare mentalmente o maledire il cielo.
Con tutta la gente che poteva passare da li, perchè proprio lui?
Qualcuno ce l'aveva con lui, quel giorno.
 
Decise tuttavia che non conveniva fare lo schizzinoso, perchè stupido o no la testa rossa aveva le capacità fisiche di mettere K.O quegli idioti nel giro di un minuto, quindi tanto valeva sfruttare la situazione a proprio vantaggio. Il grassone smise di calciarlo, permettendogli di scostarsi dal suo raggio d'azione strisciando poco lontano. Sentiva l'intero corpo dolere tremendamente, ed una serie di ematomi iniziavano a formarsi sulla pelle olivastra, stonando notevolmente con l'incarnato chiaro. Fissò lo sguardo sul rosso, che fronteggiava impavido i bulli.
 
-Levati dalle scatole, feccia rossa! Noi non abbiamo paura di te!- azzardò tentennante uno, venendo prontamente sostenuto dagli altri ragazzini.
-Già diavolo, perchè non te ne torni nella tua topaia?-
-Mio padre dice che ha i capelli rossi perchè suo padre era un assassino.-
-Beh, di sicuro non era una brava persona per avere un figlio come lui!-
 
Il rosso incassava ogni commento senza fiatare, avanzando fatale verso il manipolo tremante che lo guardava con aria terrorizzata. Law vide il grassone farsi avanti, e quello non ebbe nemmeno il tempo di pronunciare l'ennesimo insulto che già un gancio micidiale di Kidd l'aveva steso, mandandolo carponi sul prato a boccheggiare e a sputare sangue. Il moro ghignò a quella vista, allargando ancora di più la stortura delle sue labbra alla vista dello sguardo di Kidd, così simile al suo da fare paura.
 
Non passò nemmeno un secondo che già la testa calda aveva abbattuto altri due idioti che si erano scagliati contro si lui, stendendoli con un'invidiabile combo di destri e pedate.
-Ne volete ancora?- chiese il rosso con voce calma, guardando con follia i ragazzini rimasti, ormai in preda al panico e completamente disorganizzati. Rise di gusto nel vederli raccattare i propri compagni caduti e scappare a gambe levate, lanciando improperi e maledizioni al diavolo rosso. Law aveva osservato la scena, rapito dal movimento fluido con cui Kidd si era mosso,  abbattendoli a uno a uno nonostante l'inferiorità numerica e la differenza di età. Tenne lo sguardo fisso sul rosso, che si avvicinava a lui con le mani in tasca ed un'espressione sfastidiata sul viso.
 
-Neh, Trafalgar,  non ti sarai mica fatto mettere sotto da quegli idioti?-
 
Law percepì una punta di preoccupazione nella voce del bambino, stupendosi oltre ogni dire. Era un modo molto rozzo di chiedere se stava bene, ma il moro aveva percepito l'antifona e non si sarebbe lasciato scappare l'occasione di divertirsi un po' con Kidd.
Del resto gli doveva un ringraziamento, ma rimaneva pur sempre Trafalgar Law.
 
-Sto bene Eustass-ya, ti ringrazio per la preoccupazione.- disse mentre cercava invano di rimettersi in piedi, rimanendo seduto e con il fiato mozzato. Nonostante tutto teneva ancora gli occhi ben fissi sul rosso, godendo oltremisura dell'espressione sconvolta ed incazzata di quello, prevedibilmente piccato dalla sua affermazione.
 
-Vaffanculo Trafalgar, ti ho salvato il culo perchè mi andava di fare a botte, non perchè mi freghi qualcosa di te.-
-Sappi che il sentimento è reciproco, Eustass-ya.-
-E la smetti con quel soprannome del cazzo? E' irritante.-
-.. Ma come? Non mi permetti di chiamare il mio salvatore per nome?-
-Io mi chiamo Eustass Kidd, non Eustass-yaqualcosa!!-
-Perdonami EUSTASS-YA, ci farò più attenzione.-
 
Kidd se lo sentiva che aveva fatto una grande cazzata ad aiutare quell'idiota di Trafalgar. Lo innervosiva senza limite vedere quel ghigno insistente sulla sua faccia. Che cazzo aveva da ridere, ridotto com'era?
E poi quel soprannome.. era quanto di più disgustoso potesse esistere sulla faccia della terra. Era imbarazzante cazzo!
Il rosso si trattenne dal fare voce dei suoi pensieri, notando con una punta di preoccupazione come il moro davanti a se stesse facendo una fatica immane a rimettersi in piedi, stringendo gli occhi ad ogni movimento e gemendo impercettibilmente.
 
Per la seconda volta in quella giornata, il suo corpo agì per lui senza che la mente avesse dato alcun ordine.
 
Si avvicinò a Law e lo rimise in piedi tenendolo per le braccia, sostenendolo contro il proprio corpo. Si maledisse e si mandò a fanculo non poche volte pensando alla figura da perfetto imbecille che stava facendo in quel momento, accentuata dal sorrisino che Law gli stava rivolgendo, fissandolo spavaldo negli occhi.
Nessuno fissava Kidd così intensamente e per così tanto tempo senza ritrovarsi la testa nel cesso della scuola o con  qualche osso spezzato, eppure Trafalgar Law sosteneva il suo sguardo senza problemi.
 Kidd si perse per una frazione di secondo in quelle pozze argentee che lo scrutavano,riprendendosi quasi subito e scostandosi bruscamente da Law, sbilanciandolo in avanti. Quello sembrò essere sul punto di perdere l'equilibrio, ma si rimise in piedi alzando la testa fiero e ghignante come al solito. Lo fissava ancora, e Kidd si sentì dannatamente a disagio.
 
-Che cazzo hai a guardare, Trafalgar?-
-Nulla Eustass-ya. Notavo che hai degli occhi davvero singolari.-
-Tu, brutto.. aspetta, cosa?- chiese sbigottito il rosso, mentre la rabbia scemava e lasciava il posto al puro sbigottimento.
Quel Trafalgar era completamente pazzo se in una situazione del genere si soffermava a guardare cose come gli occhi della gente. Completamente pazzo!
 
In realtà Kidd aveva degli occhi davvero particolari, di un color ambra dorata raro da trovare, e che non condivideva nemmeno con il fratello Killer. Era stato suo padre a donargli quegli occhi, forse l'unica cosa buona che ave a fatto per lui. A Kidd non piaceva sentir parlare gli altri dei suoi occhi, se non associando il discorso a termini quali "Spaventosi", "Inquietanti" o "Assassini". Ne andava fiero, e godeva dell'effetto intimidatorio che quelle pozze ambrate avevano sugli altri.
 
Effetto che a quanto pare su Trafalgar non funzionava per niente, anzi.
Quel folle era curioso ed interessato dai suoi occhi, forse divertito, ma sicuramente non spaventato. E questo fece innervosire Kidd non poco, che si avviò verso il sentiero che conduceva fuori da quel luogo dimenticato da Dio, lasciandosi il moro alle spalle e imponendosi di non voltarsi ne tornare indietro. In fondo l'aveva aiutato, no?
Beh, che se la cavasse da solo, non era mica la sua balia!
 
-Ehi, Eustass.ya.-
 
"Non rispondere. Non rispondere. Non rispond.."
-Che cazzo vuoi?-
"Bravo idiota."
 
-.. Non è che mi offriresti un gelato?-
 
Kidd si voltò per l'ennesima volta spiazzato dalla sparata di Law, che lo guardava sorridendo e con una luce indecifrabile negli occhi.
Il rosso ci pensò su, meditando.
Magari qualche utilità quel Trafalgar ce l'aveva, e Kidd l'avrebbe sfruttata a suo vantaggio.
Gli rivolse il sorriso più convincente del suo repertorio, portando una mano al cacciavite ben stretto nella tasca dei pantaloni.
 
-Beh, dipende Trafalgar... non è che sai svitare bulloni?-
 
Law interpretò le parole del rosso come una sfida, sorridendo a sua volta. Martoriato o meno non avrebbe perso contro quella testa calda, ne andava del suo onore.
Si avviò verso quello strano ragazzino che gli aveva salvato la vita, riflettendo sulla piega che quel pomeriggio aveva assunto.
 
Senza dubbi, Eustass Kidd era un bambino pieno di sorprese.
E Law le avrebbe scoperte tutte, che al rosso piacesse o no.
 
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-... Corazon, sono felice di sapere che hai accettato il mio invito.-
 
Quella voce melliflua e canzonatoria gli dava il voltastomaco, ma non era li per giocare o sottostare agli inganni del biondo in rosa che adesso lo fissava sorridente. Sostenne il suo sguardo, fulminando l'uomo seduto di fronte a se.
-Facciamo presto, non ho intenzione di starmene qui a perdere tempo con te. Sputa l'osso, o me ne andrò ancora prima che tu possa anche solo pensare di trattenermi.-
Il biondo sorrise ancora di più, leccandosi le labbra. Accavallò le gambe, sporgendosi verso di lui.
 
-E chi ti dice che ti farò andare via.. fratellino?-
 
Cora impallidì, sentendo un brivido corrergli lungo la schiena.
Sapeva che non era per niente ironico, del resto suo fratello era capace di ciò e anche di ben altro.
 
In caso contrario, non si sarebbe chiamato Donquixote Doflamingo.
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE
 
Signori e signore, eccomi qui, finalmente con un nuovo capitolo! :D
Devo dire che la scuola mi sta uccidendo, e se avessi avuto più tempo avrei caricato il capitolo già ieri. In realtà avevo bisogno di rivederlo e di sistemarlo, cercando di equilibrare le varie parti e di fare meno sviste possibili! xD
Ma venendo al capitolo.. come dire.. ecco.. KILLER x PENGUIN OVUNQUE ç_ç (sbava *^*) <3 niente, mi piacciono insieme sti due, che devo dire? u.u
E insomma, Ace e Perona, Kidd e Law.. (che sono sempre più carini e coccolosi *§*) tante cose carine insomma! u.u
E alla fine.. Zan zan zaaaan! Suppongo che chi segue il manga ci sia già arrivato prima che io lo scrivessi, ma ehi, come potevo non far centrare Doffy in una storia in cui ci sono anche Law e Cora? ^^"
 
Beh, che dire, spero di poter pubblicare il prossimo capitolo presto, e in attesa di ciò, aspetto i vostri pareri su questo capitolo e sugli altri! :3
Un grande bacio e un grazie a chi recensisce e legge :)
 
Jules 

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Capitolo 5
*** Il gioco è ricominciato. ***


Il gioco è ricominciato.
 
 

-Ehi, Cora-san! Siamo a casa!-

Shachi teneva Law in braccio mentre Penguin apriva la porta. Da dentro l'abitazione non si sollevò nessuna voce, cosa strana considerando quanto Cora andasse in panico ogni qualvolta Law non rientrava negli orari prefissati. E anche se non era stata proprio una coincidenza, quei tre avevano fatto tardi. Decisamente tardi.
-Cora-san? C'è nessuno?- continuò Penguin, alzando un sopracciglio perplesso. Guardò Shachi, che dal canto suo stringeva Law con forza, e vide nei suoi occhi lo stesso sguardo preoccupato (e a tratti, terrorizzato) che Penguin aveva assunto non appena si era reso conto che no, Corazon non era in casa.
E quello non era un buon segno.
Per niente.
 
-Che cavolo facciamo?- chiese con una nota di panico non indifferente nella voce Shachi, facendo passare lo sguardo da Law al suo amico il quale sembrava assorto in chissà quali pensieri. Sentì Law mugolare e scuotersi tra le sue braccia, passandogli una mano tra i capelli per tranquillizzarlo. Aveva ancora addosso la terra con cui si era sporcato azzuffandosi, e il castano era sicuro che sotto la maglia fosse pieno come minimo di ematomi, sempre se non aveva qualche osso rotto.
 
Del resto quando lo aveva finalmente trovato in quell'immenso parco, insieme a quel marmocchio con i capelli rossi e si era precipitato da lui, rimproverandolo, aveva notato immediatamente l'andatura incespicante e il torso piegato in avanti, accartocciato per diminuire l'intensità del dolore che gli attanagliava il fianco. Si era fatto presentare il ragazzino con pazienza, nonostante lo conoscesse anche troppo bene, e si chiese più di una volta perchè, con tutti i bambini che poteva incontrare al parco, Law avesse stretto amicizia proprio con quella testa calda. E sia chiaro, a Shachi piacevano i ragazzini, ma come dimenticare il demonio rosso che gli mandava contro oggetti ed insulti ogni volta che il povero castano doveva andare a prendere Penguin a casa di Killer, magari ubriaco fradicio come quel suo fidanzato biondo o semplicemente non motorizzato e quindi una dannatissima palla al piede? Ed era assurdo come Penguin riuscisse sempre a convincerlo a fare quelle cazzate. Gli voleva troppo bene, ecco la verità.
 
L'ennesimo lamento di Law fece tornare Shachi  sulla terra, e mentre si sistemava il bambino meglio sul fianco, si accorse che Penguin stava trafficando con il telefono di casa, digitando veloce dei numeri che non riconobbe subito. Si avvicinò in tempo per sentire una voce anche troppo familiare rispondere al telefono, e capì immediatamente le intenzioni del suo amico.
 
-Chi cazzo è che rompe  st'ora?-
-Killer, non rompere il le palle, stiamo venendo da te.-
 
Penguin tirò un profondo respiro. Aspettava la risposta del biondo dall'altro capo del telefono, perfettamente conscio della follia che stava per fare.
-Eh?! Ma chi?! E poi chi cazzo ti ha detto che io non sia impegnato? Ti sei già dimenticato della nostra chiacchierata di oggi? Mi sembrava di essere stato piuttosto chiaro quando ti ho detto di sparire dalla mia vita.-
Sentì lo stomaco rivoltarsi, Penguin, ma se ne fregò e andò avanti. Non aveva tempo di discutere. Se era successo qualcosa a Corazon (e Penguin ne era sempre più sicuro, ogni secondo che passava) non avrebbero potuto lasciare Law da solo, men che meno in quella casa. Avevano bisogno di un posto che nessuno avrebbe sospettato per poter rimettere insieme le idee, e sia la casa di Penguin e Shachi sia quella di Law erano luoghi fin troppo conosciuti da.. loro. Chiuse gli occhi, cercando di ignorare le parole che provenivano dal telefono e che avevano il chiaro intento di ferirlo, interrompendo Killer con voce perentoria e parecchio spaventata. Del resto se anche il biondo doveva essere coinvolto, tanto valeva dire la verità. Ma non al telefono.
 
 -Ho capito benissimo, grazie. Ma qui stanno succedendo cose che non riesco a capire e ho paura che qualcuno si farà male. E dato che non so chi altro chiamare mi sei venuto in mente tu, okay? Vaffanculo!- rispose secco, con un'ansia malcelata nella voce che fece preoccupare il suo interlocutore.
-..Che intendi? Dove sei?- chiese infatti Killer, facendo sorridere debolmente il corvino. Killer sbraitava, picchiava, urlava, ma poi si preoccupava per lui. Era sempre stato così.
-A casa di Law. Corazon non è ancora tornato. E non sappiamo il perchè.-
-... d'accordo, vi aspetto. Ah, e Penguin?-
-Si?-
-Questo non cambia niente.-
-... me ne rendo conto. Arriviamo.- sussurrò con voce stanca il moro, appendendo il telefono senza aspettare risposta. Alzò lo sguardo incontrando quello del suo migliore amico, che lo guardava deciso.
 
Durante il tragitto di ritorno il castano gli aveva chiesto che fine avesse fatto, e quando era venuto a sapere che aveva passato l'intero pomeriggio a litigare con Killer, si era zittito, non chiedendo altro.
Shachi sapeva, Shachi capiva. Penguin ringraziò mentalmente Dio per avergli messo al fianco un amico al quale  non aveva bisogno di spiegare come era andata la sua chiacchierata con il biondo, perchè in fondo lui già lo sapeva. E non dovette nemmeno parlare ed avvisarlo di quale era la loro destinazione,  perchè il castano gli posò una mano sulla spalla, stringendo forte. Bastavano gli sguardi per intendersi, e a Shachi non ne occorse nemmeno uno per capire che Penguin aveva scelto di chiamare Killer perchè nonostante non l'avrebbe mai ammesso, lui l'avrebbe protetto. E sapeva che nonostante le proteste, avrebbe protetto anche lui e Law.
Con un cenno della testa gli indicò la porta, rimasta aperta. Si avviarono entrambi verso la macchina e Shachi gli passò Law all'amico delicatamente, attento a non svegliarlo. Quel ragazzino era fin troppo intelligente, e ci avrebbe messo un niente a capire che qualcosa non andava. E anche se non sembrava, Law era estremamente sensibile quando si parlava di Corazon. Era l'unico che gli fosse rimasto al mondo, e perderlo avrebbe significato spegnersi.
Per sempre.
 
Penguin lo sapeva cosa provava Law per Cora, e ringraziò mentalmente quando il ragazzino rispose al cambiamento di posizione con un semplice grugnito, accoccolandosi meglio contro il suo petto e schiudendo la bocca. Il corvino lo strinse a se, guardando fuori dal finestrino mentre la macchina si metteva in moto. Era teso e nervoso, e sapeva che l'amico al suo fianco provava gli stessi sentimenti. Sapevano entrambi dove fosse andato Corazon, ma nessuno dei due aveva avuto il coraggio di pensare alle conseguenze di quell'incontro. Doflamingo era un uomo pericoloso, e nessuno avrebbe obiettato a riguardo.
Penguin si perse momentaneamente, cercando di scacciare dalla sua mente ogni pensiero che si ricollegasse alle sorti di Corazon.
Il biondo non era morto, ne era sicuro.
 
E non importava come, lui e Shachi avrebbero protetto Law fino al suo ritorno anche a costo della vita.
 
La frenata brusca della macchina gli fece capire che erano arrivati, e senza nemmeno parlare, i due scesero dalla vettura contemporaneamente, ripercorrendo quel vialetto che per motivazioni diverse, entrambi avevano percorso un'infinità di volte. Nemmeno non si sorpresero quando videro Killer seduto sulla soglia sempre con il suo casco in testa, alzarsi ed aprire la porta.
 
anche fare l'offeso, ma era li, e li stava aspettando.
E tanto bastò a Penguin per sentirsi almeno in parte, leggermente più confortato.
 
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 Killer guardò i due ragazzi entrare silenziosamente in casa, facce buie ed espressioni tese. Aveva capito che la situazione fosse grave, ma non pensava così tanto. Gli fece cenno di sedersi nel piccolo soggiorno, dove si era premurato di far trovare caffè in abbondanza per tutta la notte. Non riusciva a spiegarsi il perchè di tanto interesse, in fondo quei due erano piombati in casa sua senza preavviso, non si meritavano mica tutte queste accortezze.
Ma quando vide Penguin sedersi sfatto e sfibrato, con ancora in ragazzino in braccio, portandosi una mano al viso contratto, ogni pensiero idiota sul perchè, sul come e sul quando passò in secondo piano.  Penguin era il suo ex ragazzo, e nessuno avrebbe cambiato questa cosa. Ma prima di tutto, era anche un amico, e se il biondo ci aveva visto giusto, ne avrebbero avuto almeno per tutta la notte.
 
-Puoi portare il ragazzino di la. Nella stanza di Kidd ci sono due letti.- disse il biondo dopo qualche minuto di silenzio, notando con un briciolo di fastidio che ne Penguin ne il suo amico avevano intenzione di parlare. Se ne stavano seduti al tavolo della cucina fissando il vuoto, completamente assorti nelle proprie elucubrazioni. Alle sue parole I due sembrarono svegliarsi, e si guardarono annuendo. Penguin si alzò senza dire una parola, scomparendo nel corridoio con Law ancora in braccio. Killer si rivolse quindi  a Shachi, il quale aveva riassunto la sua posizione meditabonda e dannatamente irritante.
-Allora, posso sapere che cavolo è successo o ve ne starete in casa mia senza nemmeno avere la delicatezza di spiegarmi?- chiese quindi con un po' di stizza nella voce.
Il castano lo guardò torvo per qualche secondo, interdetto. Decise poi di togliersi il cappello e scompigliandosi i capelli, si sistemò sulla sedia, pronto a parlare.
-Beh, ecco..-
 
-Corazon è sparito. E non sappiamo cosa gli sia successo. Potrebbe anche essere morto, visto con chi avrebbe avuto a che fare oggi pomeriggio.-
 
Penguin era ricomparso senza fare rumore, catturando l'attenzione dei due seduti al tavolo. Aveva parlato con voce seria e inespressiva, ma chiunque avrebbe capito che nelle sue parole c'era ansia e paura. Se ne stava li, in piedi sul limitare della porta, con gli occhi fissi sui suoi interlocutori e le braccia incrociate. Killer lo fissò per qualche momento, incassando l'informazione ed elaborando. Lui personalmente aveva conosciuto quel pazzotico di Corazon, e sebbene non se ne spiegasse il motivo, sapere che potenzialmente fosse in pericolo di vita gli mise addosso un'inquietudine immensa. Si trattava pur sempre di una persona con cui aveva avuto a che fare, e se si metteva in conto quanto quel biondo incendiario contasse per Penguin,  anche Killer iniziò a temere per le sue sorti. Congiunse le dita davanti al viso, inspirando profondamente.
-Era questo che cercavi di dirmi oggi?- chiese poi, con la voce bassa e il viso chino.
-Fondamentalmente si. Non era per cambiare argomento che ho cercato di metterti a parte di quello che Cora-san ci aveva detto, Killer. E comunque sai bene anche senza la mia spiegazione che il fratello di Cora è un uomo dannatamente pericoloso.-
E lo sapeva si Killer che quel Doflamingo era un essere infimo e bastardo, un capo mafioso con cui era meglio non avere a che fare. Si ricordava bene gli affari in cui si era immischiato suo padre, e tutto il casino che si era scatenato quando aveva deciso di tirarsene fuori.
 
Aveva addosso cicatrici che dimostravano quanto brutale potesse essere il potere di quell'uomo.
 
E anche se Penguin non gli aveva mai raccontato il perchè conoscesse così bene suo fratello Corazon e il moccioso che si portava sempre appresso, e nonostante avesse deciso di averci meno a che fare possibile, Killer aveva capito subito che quel biondo sempre sorridente e con una strana fissa per i cuori, non era cattivo. A pensarci bene, non assomigliava per niente a suo fratello.
 
-Killer.- disse Pen, riscuotendolo. Si era seduto nuovamente al tavolo nello stesso posto che stava occupando precedentemente. Lo guardava intensamente, con una luce indecifrabile negli occhi.
-Hm.-
 
Il corvino ci pensò su un momento, decidendosi infine a parlare con voce stanca.
-Se devi essere coinvolto in questa storia (e so che già lo sei) tanto vale che ti racconti la verità su Law e Corazon. Perchè credo che dopo questa notte, quel ragazzino non avrà più un momento di pace, e io.. noi, non abbiamo intenzione di lasciarlo da solo.-
 
Killer soppesò quelle parole attentamente. In cuor suo sapeva che prima o poi Doflamingo sarebbe tornato a chiedere conto e ragione per le colpe di suo padre, e anche se a malincuore, avrebbe dovuto avere a che farci comunque. Era coinvolto inevitabilmente nelle maglie di quel bastardo, e sentì che in fondo Penguin era nella sua stessa situazione. Anche lui aveva un moccioso da proteggere, e non si sarebbe risparmiato nell'uccidere chiunque avesse cercato di fargli del male.
Se quel gioco doveva ricominciare, tanto valeva giocare in gruppo.
 
Si sistemò meglio sulla sedia, levandosi il casco. Ignorò le occhiate sbigottite di Shachi, che probabilmente non lo aveva mai visto senza, e piantò gli occhi azzurri in quelli stanchi e neri di Penguin. Il corvino non aveva mosso un muscolo. Dal canto suo era abituato a vederlo senza quell'affare addosso, e capì subito che il gesto di Killer era una sfida.
Sfida nei confronti di quel bastardo in rosa che rischiava di mettere in pericolo lui e tutti loro, e che già gli aveva portato via la sua famiglia e la sua vita.
 
Si piegò in avanti, stringendo le mani.
Pronti o meno, la tempesta stava arrivando.
E forse, insieme, l'avrebbero potuta affrontare.
 
***
 
-Corri, Law!-
-Dove stiamo andando Corazon? Lasciami stare! Perchè mi stai portando via?!-
-Dannato ragazzino, corri! Non c'è tempo per spiegare!  Non appena si saranno accorti che non ci siamo, verranno a cercarci per farci fuori!-  sbraitò Donquixote Rosinante mentre correva trafelato per le vie del distretto del North Blue, infischiandosene della pioggia e ignorando le proteste del bambino che si trascinava dietro di lui, sforzando le sue gambette corte ed arrancando ad ogni passo.
 Corsero per un tempo indefinito, cercando di mettere quanta più distanza possibile tra loro e la grande villa in rosa che fino a poche ore prima erano costretti a chiamare casa.
Corazon, così veniva chiamato Rosinante dalla "famiglia", si fermò solo quando il petto gli sembrò sul punto di scoppiargli, accasciandosi in un vicolo buio e riprendendo fiato, mentre il ragazzino accanto a lui si appoggiò sulle ginocchia, completamente zuppo e con uno sguardo furente in viso.
 
Lo capiva Corazon che quello sguardo se lo meritava.
Lo aveva trascinato fuori sotto la pioggia, senza dargli in tempo di pensare ne di ragionare su quello che stava accadendo. Non aveva pianificato, pensato, ponderato.
Semplicemente aveva agito, decidendo che il tempo che Law avrebbe passato in quella gabbia era arrivato agli sgoccioli.
Non avrebbe più permesso a Doflamingo di fare di quel bambino dagli occhi grigi quello che voleva.
Fratello o meno, Corazon non aveva dubbi su chi valesse la pena di salvare, nonostante sapesse che le conseguenze delle sue azioni non avrebbero tardato a farsi sentire.
Non aveva paura.
 
Per dare un futuro a Law, sarebbe stato disposto anche a sfidare il diavolo in persona.
 
-CORAZON!-  sbraitò il piccolo moro, parandosi davanti a lui con due braci incandescenti nelle pozze di piombo che si ritrovava per occhi, riscuotendolo ed ottenendo la sua attenzione.
-Law, lascia che..- aveva iniziato il biondo, venendo prontamente interrotto dalla vocina affannata del bambino.
-Ce ne andremo lontano?- chiese infatti con calma Law, spiazzandolo completamente. Cora era sicuro che si sarebbe beccato una bella lavata di capo da quel piccoletto che sembrava avere sempre la risposta pronta, così metodico e preciso.. così diverso da lui.
E invece se ne stava li, a fissarlo con quegli occhi di fuoco e con un'espressione indecifrabile in viso.
Il biondo decise di parlare chiaro, in fondo non aveva senso nascondergli la verità.
-Si, Law. Ti porterò via da questo posto, dove potrai rifarti una vita. Sono stanco di vedere quello che mio fratello fa di te. E non voglio che diventi come lui. Anche tu hai diritto a vivere e ad essere felice, Law.-
 
Lo aveva detto con una rabbia ed un'accoratezza tale che Law era rimasto colpito. Corazon non si scomponeva mai, se non quando gli veniva rifilato il the bollente che lo faceva ribaltare all'indietro, o quando si facevano battute sulla sua presunta goffaggine. Interdetto, il moro si allontanò da lui, stringendo i pugni bassi lungo i fianchi.
 
Voleva forse prenderlo in giro?
Non lo sapeva Corazon che nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato su di lui?
Non lo sapeva che era una gara persa in partenza?
 
La pioggia continuava a scorrere, impietosa.
 
Il ragazzino non fece in tempo a tradurre a parole i suoi pensieri, che Cora si era spinto verso di lui, stringendolo forte tra le sue braccia e lasciandolo di sasso.
Rimase rigido Law, indeciso e confuso.
 
Davvero Corazon  aveva intenzione di portarlo via da li?
...Salvarlo?
-Troveremo una cura, Law. Te lo prometto.- sussurrò il biondo contro il suo orecchio, rispondendo senza saperlo alla domanda silenziosa che si era fatta strada nella mente del moro.
 
Non sapevano se ce l'avrebbero fatta.
Ma insieme, Law e Cora erano pronti ad affrontare il mondo.
 
E sotto quella pioggia, lontano da quel luogo, forse, avrebbero finalmente ricominciato a vivere.
 
***
 
Killer prese un profondo respiro, cercando di riorganizzare le idee. Quel pazzo di un biondo si era messo un'intera organizzazione criminale contro per salvare un moccioso da una malattia praticamente incurabile, e questo era il risultato.
Non pensava che quel tizio potesse davvero arrivare a tanto, e si sentì vicino a quell'uomo le cui sorti ora erano appese ad un filo.
Perchè in fondo sapeva che per Kidd, lui avrebbe fatto esattamente la stessa cosa.
 
 Aprì bocca per dire qualcosa, ma si fermò quando incontrò gli sguardi mesti e colpevoli dei suoi interlocutori, concentrati a fissare qualcosa alle sue spalle.
 
Perplesso si voltò, stupendosi di trovare in piedi sul ciglio del corridoio e con gli occhi pieni di lacrime, proprio il ragazzino moro che aveva messo a letto Penguin poco prima.
 
Aveva sentito tutto.
 
Vide Pen incespicare qualche parola, tentando di rassicurare Law sul fatto che non sarebbe successo nulla, e che tutto si sarebbe risolto, ma un frastuono di vetri infranti proveniente dalla zona TV attirò la sua attenzione. In meno di un attimo fece mente locale  su dove si trovassero le armi che ancora teneva nascoste in casa, mentre tutti i sensi si mettevano in allarme. Senza parlare, tutti e tre sapevano che era solo questione di tempo prima che Doflamingo venisse a cercarli.
 
E questo non faceva presagire nulla di buono.
 
In contemporanea, i tre seduti al tavolo scattarono in piedi, e mentre Shachi afferrava Law e correva verso la stanza di Kidd per barricarcisi dentro ed impedire che chiunque si fosse introdotto avesse accesso ai due bambini, Penguin e Killer scattarono in avanti, nascondendosi dietro il divano e meditando in silenzio su come affrontare l'aggressore.
Perchè non c'erano dubbi sul fatto che di aggressione si trattasse, anzi, Pen si sarebbe stupito del contrario.
 
Se lo sentiva che qualche tirapiedi di Doflamingo aveva messo sotto sorveglianza la casa di Cora, e che chiunque fosse lo aveva seguito fin li. Si maledisse per aver coinvolto Killer in quella storia. Per l'ennesima volta lo aveva messo in pericolo, e non c'erano possibilità di sbagliare questa volta.
 
Gli scagnozzi di Doflamingo non erano conosciuti per la loro pazienza o per il loro tatto, quindi la soluzione era una: uccidere o essere uccisi.
 
Pen guardò Killer, incontrando il suo sguardo per una frazione di secondo. Non ci vedeva nulla di colpevole, o di accusatorio. Semplicemente, ci lesse rabbia e determinazione. La stessa che aveva visto negli occhi di Cora quando li aveva avvisati che sarebbe andato ad affrontare suo fratello dopo tutti quegli anni.
 
Si mossero in sincrono senza nemmeno accorgersene, sparando con le vecchie pistole del padre di Killer alla figura che si era nascosta nell'ombra, sperando di colpirla almeno di striscio.
Non si accorse Pen che l'uomo si era appena spostato, e in meno di un secondo aveva messo fuori combattimento Killer colpendolo con un lungo bastone proprio alla testa, facendo ondeggire la massa di capelli biondi del suo amico ed abbattendolo senza un lamento.
Sentì il corpo del biondo cadere a terra privo di sensi, mentre la figura si avvicinava a lui con passo inesorabile.
Cercò di allontanarsi, parandosi dietro il divano e sparando ancora un colpo a caso, colpo che fu prontamente schivato dall'uomo vestito di bianco.
La pistola era ormai scarica, e Pen sentì che non c'era nulla che avrebbe potuto fare contro quell'uomo, di cui ora poteva vedere i lineamenti. Occhiali da sole neri, uno strano taglio di barba e un pezzo di Hamburger attaccato alla guancia. La cosa nel complesso poteva anche sembrare esilarante, ma dal canto suo Pen sentiva solo il cuore battere come un tamburo e la testa dannatamente lucida.
Si scagliò contro l'uomo, in un disperato tentativo di fermarlo.
 
E quasi non si accorse del colpo che gli arrivò sulla nuca, ammorbandogli i sensi e facendolo piombare in un sonno buio e senza memoria.
 
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Drakul Mihawk si svegliò di soprassalto. Un suono fin troppo conosciuto era volato nell'aria arrivando alle sue orecchie esperte ed allenate di ex poliziotto, riscuotendolo dal torpore e mettendo in allerta tutte le sue terminazioni nervose.
Sapeva bene che il quartiere in cui viveva non era certo dei più tranquilli e nemmeno dei più altolocati, ma raramente le risse di strada arrivavano al punto da dover usare armi da fuoco.
No, stava succedendo qualcos'altro nel vicinato, qualcosa che al corvino non piaceva affatto.
 
Passò la mano tra i capelli biondi di Cindry, cercando di rassicurarla e non svegliarla. Si mise addosso i pantaloni della tuta, e scese velocemente le scale che conducevano al piano di sotto. Passò dalla camera di Perona per controllare che stesse bene, e sospirò di sollievo nel vederla addormentata ed assorta, con un grande sorriso sul viso, in un bel sogno. Chiuse con delicatezza la porta, e infilatosi le scarpe, deviò dalla cucina, avvicinandosi ad uno sportello chiuso a chiave, seminascosto dalle mensole che ingombravano il muro sopra il piano cottura.
Aprì il lucchetto, osservando la magnum 44 che aveva nascosto il quell'angusto spazio il giorno che si erano trasferiti in quel dannatissimo quartiere.
 
Non voleva Cindry che lui tenesse delle armi in casa, ma Drakul sapeva che prima o poi gli sarebbe tornata utile.
E in ogni caso, certe abitudini sono dure a morire.
 
Prese un profondo respiro e si avviò fuori casa, chiudendosi la porta alle spalle a chiave per impedire a chiunque di entrare in casa in sua assenza. Non controllava il suo corpo, non sapeva nemmeno perchè quel suono l'aveva messo così tanto in allarme. Semplicemente l'istinto gli diceva che c'era qualcosa di sbagliato in quella quiete, in quel silenzio.
Si avviò a passo lento e deciso verso la casa accanto, scavalcando il recinto sgattaiolando dietro il muro laterale dell'abitazione. Ogni senso era volto a cercare indizi, ogni muscolo teso fino allo spasmo. Tenne la pistola giù, chiudendo gli occhi, in attesa.
 
Di cosa non lo sapeva nemmeno lui.
 
***
 
Rimase ad ascoltare il rumore della notte attorno a se, dandosi dell'idiota per essersi preoccupato così tanto per un rumore che magari poteva anche aver immaginato. Eppure lo sapeva Mihawk, se lo sentiva che stava succedendo qualcosa.
 
Non fece in tempo a chiedersi se il suo istinto si stesse sbagliando (per la prima volta da tutta la vita, tra l'altro), che uno strillo assordante gli perforò i timpani, mettendolo sull'attenti e risvegliando in lui quella sensazione di tensione e azione che credeva di aver perso ormai da anni.
 
Pieno di adrenalina e perfettamente conscio dei suoi movimenti, Drakul uscì dal suo nascondiglio in tempo per vedere un uomo dalla stazza imponente uscire dall'abitazione, con un ragazzino tra le braccia che si dimenava come un ossesso, gli occhi spalancati e furiosi, la bocca imbavagliata e i capelli neri sudati e appiccicati al volto. Non ci pensò su due volte il corvino, puntando la pistola contro l'uomo che si voltò appena verso di lui, brandendo un bastone di bambù completamente nero.
 
Prese un profondo respiro.
 
Vide l'uomo scagliarsi velocemente verso di lui, e chiudendo un occhio, annullò qualsiasi cosa che non fosse il suo occhio di falco, concentrato e preciso come un mirino. Premette il grilletto senza esitazione, perfettamente conscio di dove il colpo avrebbe attraversato il corpo dell'uomo, e sicuro di non scalfire nemmeno di striscio il bambino.
 
Fu un attimo.
 
Come previsto, l'aggressore si afflosciò su se stesso ruzzolando sul prato, liberando il bambino dalla sua morsa ed emettendo solo un sibilo impercettibile, sotto lo sguardo gelido ed impassibile dell'ex tenente di polizia di Sabaody Drakul Mihawk, detto, non per niente,  "Occhi di falco."
 
***
 
Si apprestò a correre in soccorso del ragazzino, che a occhio e croce doveva avere si e no otto anni. Aveva perso conoscenza, e gli occhi ribaltati tremavano. Drakul gli sfilò la benda dalla bocca, verificando che respirasse ancora. Dopo che si fu rassicurato sulle condizioni del bambino, si avviò a passo spedito verso l'abitazione, tenendo il corpicino del moro stretto in braccio. Non si stupì, appena entrato, di trovare due giovani riversi a terra, uno dai capelli lunghi e biondi che riconobbe come il suo vicino di casa e l'altro corvino e magro, che gli risultò vagamente familiare. Sembravano anche loro svenuti, e ci avrebbe scommesso gli occhi che avevano provato ad affrontare l'aggressore.
 
 Con la rabbia che gli scorreva nelle vene, guardò le vittime di quell'aggressione, e ancora prima di chiedersi se non ce ne fossero altre nascoste nelle stanze buie della casa,  nella sua mente un solo pensiero si era fatto spazio.
 
Aveva riconosciuto subito il braccio destro di Doflamingo, Vergo, mentre gli puntava la pistola contro. Non aveva avuto esitazioni, e il solo pensiero che quel capo mafioso avesse ricominciato la sua caccia all'uomo gli aveva sconvolto le viscere.
 
E su una cosa non aveva dubbi.
 
C'era una sola persona che avrebbe potuto chiamare, l'unica che insieme a lui non aveva mai abbandonato l'idea che quel pazzo in rosa si fosse semplicemente nascosto, e non dileguato come la polizia si era premurata di far credere.
 
Digitò veloce i numeri mentre cercava un po' d'acqua con cui rianimare i ragazzi ancora svenuti, attendendo che il suo interlocutore rispondesse.
 
E per grazia divina, DOVEVA FARLO.
 
_______________________________________________________________________________
 
DRRRRRRRRRIIIIIIIINNN . . . DRRRRRRRRRRIIIIINNNN. . . DDRRRRRII..
 
-Pronto?-
-Shanks, sono io. E' tornato.-
-... Metto a letto Sabo e Rufy e arrivo. Dove sei?-
-Era Vergo, Shanks. Cercavano qualcuno di grosso.-
-... Cazzo. Non fare un passo, sarò li da te il prima possibile.-
 
Il rosso chiuse la telefonata, inspirando profondamente e passandosi una mano tra i capelli fulvi.
Alla fine, avevano avuto ragione.
 
Quel gioco al massacro, era davvero ricominciato.
 
 






ANGOLO AUTRICE
Boh, io mi sento troooppo in colpa per non aver scritto prima questo capitolo. ç_ç
La verità è che veramente, tra impegni, casini, mancanza di ispirazione, questo stronzetto se ne stava nella mia mente e aspettava solo di essere scritto.
E finalmente eccolo! u.u
Nuove rivelazioni danno finalmente movimento alla storia, e iniziano ad intrecciarsi le varie storie, come speravo di riuscire a fare.
Non so l'idea di Shanks e Mihawk poliziotti da dove mi sia uscita, ma state pur certi che non erano due poliziotti come gli altri, anzi.. erano piuttosto ribelli *^*
E per chi se lo sia chiesto si, Vergo è morto.
Perchè?
Mi sta sulle palle e.e
 
Niente, spero che il capitolo vi piaccia e se vorrete farmi sapere cosa ne pensate, mi fareste davvero la più felice del mondo!! ^^
Un saluto e un grande bacio, e come sempre alla prossima! :3
 
Jules

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Capitolo 6
*** Rivelazioni (parte prima) ***


RIVELAZIONI (PARTE PRIMA)
 
 
La villa sembrava silenziosa, immersa nel buio che la notte le concedeva e illuminata solo da qualche sporadica lucina. Nei sotterranei dell'abitazione, in una stanza illuminata solo dalla luce della luna, qualcosa stava accadendo.
 
-Che ne dici, fratellino? E' una condizione più che valida. Puoi avere la mia parola che Law vivrà come un re. Lo terrò sempre con me, e gli permetterò di diventare il mio braccio destro. Ha potenziale, non credi?- ridacchiò Donquixote Doflamingo, assolutamente impassibile di fronte al biondo incatenato ed insanguinato che inginocchiato davanti a lui, dal canto suo ansimava e faticava palesemente per restare sveglio. Posò per un attimo la pistola, concentrandosi sui suoni sconnessi che provenivano dal corpo martoriato di suo fratello. Gli si avvicinò, sollevandogli il mento sozzo di rossetto sbavato e sangue, un attimo prima di sentire la saliva che gli era appena arrivata sulla guancia.
Alzò lo sguardo furioso protetto dagli occhiali sugli occhi di Rocinante, constatando come la lucida follia che li animava era l'unica cosa che aveva impedito al biondo incendiario di mollare, nonostante le percosse, nonostante le minacce, i tagli, gli spari.
 
Corazon era ancora li, forte come non mai e deciso a non demordere. E se non gli bastava l'avergli sputato addosso, l'uomo incatenato ghignò debolmente, godendo dell'espressione infuriata del fratello.
 
-Fammi quello che vuoi, Doflamingo, ma Law non tornerà mai più da te. Hai abusato di lui più di quanto ti fosse permesso, e io sono sicuro che c'è chi lo proteggerà da te. Non lo avrai così facilmente, bastardo!- sibilò roco, tossendo e rabbrividendo per il sapore ferrugginoso ed amaro del sangue che sentiva in bocca. Non avrebbe resistito a lungo, ma doveva far si che Law avesse quanto più tempo possibile per scappare. Con una buona dose di fortuna e confidando nella perspicacia di Penguin e Shachi, forse il piccolo aveva una speranza.
 
Speranza che venne prontamente smantellata dal suo biondo fratello, sul cui volto si era appena dipinta un'espressione soddisfatta e di scherno.
 
-Ne sei convinto, Rocinante? Non ti sei chiesto come mai Vergo non sia qui stasera?- chiese infatti con voce calma il biondo in rosa, attendendo che la mente annebbiata di Corazon si mettesse in moto.
L'incatenato ci mise meno di un secondo per associare quella coincidenza con la sua momentanea assenza da casa. Impallidì, inghiottendo saliva inesistente e sudando freddo. Alzò di poco il volto, intercettando per l'ennesima volta lo sguardo celato dagli occhiali di Donquixote Doflamingo, che dal canto suo se la rideva soddisfatto.
 
E se Rocinante aveva fino all'ultimo dato tutto se stesso per permettere a Law di scappare, ogni convinzione cadde quando vide quel ghigno sadico dipingersi sulla faccia del biondo in piedi davanti a lui.
 
Doffy aveva mandato Vergo, il più forte, il più fidato dei suoi a prendere Law, ora come ora, la situazione non poteva essere più nera di così.
Nemmeno si accorse Rocinante dell'ennesimo sparo che si andava a conficcare nella sua spalla, rimbombandogli nella testa e facendolo gemere di dolore.
Strinse i denti, chiudendo gli occhi e pregando in tutti i modi che conosceva che Law si salvasse. Ripetè quella richiesta nella sua mente senza nemmeno contare più le volte, dondolandosi in avanti e indietro e ignorando quello che stava accadendo attorno a lui.
Sentiva i sensi intorpidirsi a causa dell'ingente perdita di sangue, l'udito farsi un flebile ronzio e la vista oscurarsi completamente.
Prima di crollare in un sonno che sarebbe anche potuto durare per sempre, ripensò un'ultima volta al piccolo Trafalgar, e chiese per l'ennesima volta che qualcuno lo salvasse.
 
Sperava in un miracolo, è vero.
 
Si abbattè sul pavimento freddo, ancora incatenato e dolorante. Ogni pensiero si era dissolto con la sua coscienza, e adesso nulla prendeva forma nella sua mente.
 
Forse era un bene, ma non poteva sapere che almeno momentaneamente, quel miracolo in cui sperava con tutto se stesso e che aveva salvato Law ed ucciso Vergo quella notte esisteva, e aveva preso forma nella persona di Drakul Mihawk.
 
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Luce. Una luce fastidiosa, penetrante e forte colpì i suoi occhi, costringendolo ad aprirli svogliatamente.
 
Kidd si toccò cauto la testa dolorante, non distinguendo bene i contorni della stanza attorno a lui. Non era a casa sua, questo lo aveva capito, e i suoi ricordi sugli eventi di quella sera erano frammentari e sconnessi.
Un tipo vestito di bianco che colpiva prima un ragazzo dai capelli castani che si era fiondato nella sua stanza, per poi strappargli Law dalle braccia. Il piccolo rosso si era svegliato di soprassalto, incrociando gli occhi terrorizzati di Law, che come un disperato si dimenava tra le braccia dell'uomo, e quella sensazione che lo aveva attanagliato quello stesso pomeriggio era tornata a farsi strada in lui, costringendolo a tirarsi fuori dal suo nascondiglio e a fiondarsi contro l'imponente aggressore, il quale senza esitare l'aveva scaraventato contro il muro, zittendolo con una pedata.
Kidd aveva perso conoscenza, e adesso mentre si stirava lentamente, sentiva il corpo indolenzito e la testa in fiamme. Si guardò attorno, mettendo a fuoco una stanza spoglia con le pareti dipinte di viola, un semplice armadio, una piccola scrivania e due letti, uno dei quali era quello su cui si trovava il rosso adesso.
 
Si accorse solo dopo tempo che c'era una piccola figura avvolta nell'ombra, che lo fissava con due occhioni neri pieni di sorpresa e timore che aspettavano solo di essere notati. Kidd sentì infatti uno sguardo su di se, accorgendosi solo in quel momento che una bambina stava seduta in mezzo ai due lettini, seduta su una sedia di legno. Aveva grandi occhi neri circondati da lunghe ciglia e dei lunghi capelli rosa che le scendevano lungo le spalle, arrivando oltre il bordo della sedia stessa. Nel momento in cui i loro sguardi si incrociarono, entrambi i bambini rimasero in silenzio, perfettamente consci di quello che stava accadendo attorno a loro.
L'atmosfera pesante si faceva sentire, e senza nemmeno pensare a qualcosa da dire (cosa strana per il rosso, che di solito aveva sempre qualche stronzata da buttare giù con chiunque), Kidd si ritrovò ad ascoltare le parole flebili e leggere che provenivano dalla bambina, che a quanto pare, aveva deciso di rompere il silenzio che si era creato tra di loro. Parlava piano, mentre stringeva un orso dalle fattezze molto strane.
 
-Io sono Perona. Tu devi essere Kidd. Tutti gli altri sono di sotto, e stanno bene.. almeno credo. Sei nella mia stanza, anche se avrei preferito volentieri che mio padre ti avesse tenuto giù di sotto con gli altri. I ragazzi grandi si sono ripresi, ma l'altro bambino non si è ancora svegliato.. sembra davvero morto. Papà dice che è sotto shock, o una cosa del genere. E non mi guardare così, sono solo curiosa! Origliare non è mica una cosa cattiva!- si lamentò la piccola rosa, sentendo lo sguardo indagatore ed accigliato del rosso seduto sul suo letto posarsi su di se. Non solo lei gli prestava il suo lettino, quello doveva pure ringraziarla così, facendola sentire una spiona! Ma guarda un po' che ingrato!
 
Questo pensava Perona, mettendo su un broncio che non scalfì nemmeno per sogno l'espressione seria di Kidd, il quale dal canto suo, si era fermato alla frase "L'altro bambino non si è ancora svegliato.. sembra davvero morto." Sapeva in cuor suo che la rosa che stava parlando di Trafalgar, e non seppe spiegarsi perchè quelle parole avevano creato istantaneamente una voragine nel suo cuore, un vuoto che mai aveva sentito in vita sua, tranne quando la sua vita era cambiata del tutto, privandolo della sua famiglia. Non voleva e non pensava che avrebbe mai dovuto risentirsi così, spaventato e debole. E poi quel Trafalgar lo conosceva da quanto, un giorno? E gli era bastato così poco per far si che quello stupido moccioso avesse un posto così grande nella sua mente.
 
Kidd del resto non era un bambino che si affezionava. Trattava tutti in modo burbero e scontroso, si parava dietro alla facciata di bullo, ma il suo cuore era fragile, e bastava stringerlo con troppa forza per farlo scoppiare.
E mai avrebbe creduto che qualcun altro oltre a sua madre lo avrebbe mai fatto ripiombare in quello stato di ansia e panico in cui ora si trovava ora costretto a versare. Con uno scatto veloce ignorò le proteste della bambina, trascinandola silenziosamente e rabiosamente fuori dalla stanza per un braccio ed intimandole di mostrarle dove fossero tutti, e senza menzionarlo direttamente, dove fosse Law.
 
Si appiattirono contro la ringhiera che correva lungo il piano rialzato, stringendo le sbarre con le manine e aguzzando la vista per carpire quanti più particolari della scena di fronte a loro. Perona aveva già visto Killer e Penguin (anche se non sapeva davvero i loro nomi) seduti sul divano del piano di sotto, con la testa fasciata e pieni di lividi. Un'altro ragazzo dai capelli castani, che le pareva di aver sentito chiamare Shachi aveva in braccio il ragazzino moro, Law, che pallido e tremante riposava con la testa contro il suo petto. Di fronte a loro, sulle poltrone di casa Mihawk sedevano Drakul e un uomo dai capelli rossi come quelli di Kidd, con una cicatrice sul volto ed un'espressione grave in viso.  
 
Sia Kidd che Perona acuirono quanto più possibile il proprio udito, cercando di capire di cosa stessero discutendo tutti quanti proprio sotto di loro.
 
E quello che il rosso sentì, bastò a peggiorare ancora di più il suo terrore.
 



ANGOLO AUTRICE
Lo so. Avete tutto il diritto di linciarmi, ma mi scuso davvero. Non so più dove trovare il tempo per aggiornare, quindi pubblico questo capitolino ino ino (la seconda parte è già quasi completa, domani o massimo dopodomani la caricherò) che spero sia di vostro gradimento, anche perchè iniziamo a vedere la storia evolversi.. e sopratutto i sentimenti di Kidd iniziano a farsi sempre più forti u.u
 
Davvero, scusatemi per la ristrettezza di questa mini introduzione, mi rifarò con il prossimo, promesso! :3
 
Un bacio e alla prossima <3
 
Jules

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