Green Years

di alisya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 - Come un giocattolo? - ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 - Perchè non mi va. - ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 - Ragazzi, abbiamo un problema. - ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 - Demetra. - ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 - Quando la notte non porta consiglio. - ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 - Aspettando l'alba - Parte I - ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7 – Aspettando l’alba. – Parte II – ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 8 - Alla Stazione. - ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 - Come un giocattolo? - ***


CAPITOLO 1 – Come un giocattolo? -


Molti mi chiedono quand’è che tutto ebbe inizio,
quand’è che si accese un lumino nell’ombra di pece…
E io rispondo che accadde una notte, a settembre,
molti anni orsono.
Quel dì una giovane anima venne carpita dal fato e gettata nel turbine degli eventi.
In un anno si crearono le radici
per la nascita di quella, che oggi, chiamiamo Speranza.
In un anno furon gettate le basi Della Resistenza.
Rendiamo onore ad essi, signori,
a coloro che bruciarono,
come astri nel firmamento,
per fare La Luce.
È sulla loro cenere che crescono i campi.
È nelle loro ombre che combattono i cuori.
Onore ad essi, signori,
gloria per La Generazione Sfiorita.








- Ehi Lil, stai bene? – mi chiede Alexia, appoggiandosi con i fianchi allo schienale del divano su cui sono accoccolata.
Percepisco i suoi occhi che mi osservano preoccupati. Alexia ha degli occhi stupendi, fanno pensare all’acqua che scorre, sono così pallidi e intensi, che non ho la forza di voltare il capo e lasciarmi scrutare.
Non questa sera.
Non questa notte.
Sono stanca.
Non riuscirei a mentirle.
- Si, tutto bene - rispondo fissando ostinatamente il fuoco, che scoppietta allegramente nel camino.
- Non vieni a dormire? – sussurra piano.
- Arrivo tra un minuto… -
- Okay, allora ti aspetto su – dice con decisione.
- No, non aspettarmi… -
- Senti Lily, non è che ti va di parlare un po’? –
- Sto bene - ripeto seccamente.
Sto bene, eppure ho voglia di urlare. Urlare fino a sciogliere il nodo di pianto che ho in gola. Urlare per sentirmi meno stanca, più forte. Urlare per dire ad Alex di non andare via, di non lasciarmi qui…
Lei si china e mi da un bacio sulla guancia. Una cascata di piccoli ricci biondi mi avvolge. – Buonanotte – mormora piano, come per non disturbarmi, poi si allontana e imbocca la scala a chiocciola che conduce al nostro dormitorio.
Sento la dolorosa pressione dei suoi occhi turchesi abbandonarmi e sistemo una ciocca di capelli rosso fuoco dietro all’orecchio. Ho il viso bollente eppure sento freddo, quindi mi avvolgo meglio nella coperta scozzese. Questo divano è troppo grande, troppo grande per una persona sola, e in questo momento non credo ci sia nessuno più solo di me.

Infastidita mi alzo e trascino i piedi fino alla poltrona più vicina al fuoco: qui, il calore è opprimente, e le lacrime solitarie che iniziano a rigarmi il volto sono quasi piacevoli…
Mi asciugo le guance con stizza: piangere, è un lusso che non mi è concesso.


- Mor – ra – ci – ne - se! -
- Mor – ra – ci – ne – se! –
- Fregato Ramoso! – esultò Sirius scagliando il pugno verso il soffitto e buttandosi malamente su uno dei quattro letti a baldacchino che arredano il dormitorio maschile del settimo anno nella torre dei Grifondoro.
- Ma vaffanculo Felpato! – rispose l’altro con tono funereo.
- Coraggio Jamie, in fondo non è una tragedia… - tentò di rabbonirlo Peter Minus che, seduto a gambe incrociate sul pavimento succhiava con aria contrita una gelatina Tuttiigiusti+1.
- Non è una tragedia … - lo scimmiottò Potter acido - … Allora perché non ci vai tu giù nelle cucine a trafugare cibo per questi due cretini?! -
- Bhe…tu …morra cinese …perso … insomma …è giusto così… - borbottò Codaliscia rosso in viso.
- Giusto cosìììììììì? – gli fece eco Potter con voce minacciosa.
Minus divenne violaceo.
- James, hai perso – costatò semplicemente Lupin, intento a posizionare alcuni degli oggetti contenuti nel suo baule sulle mensole presso al comodino.
- Va bene, va bene: ho perso! Ma avete mai notato che quando gioco con questo demente vince SEMPRE e COSTANTEMENTE lui!?!? –
Sirius, sentendosi chiamato in causa, obbiettò – In realtà, al quarto anno, una volta hai vinto tu… -
Occhiata truce di Ramoso.
Occhiata sospettosa di Lunastorta.
Occhiata smarrita di Codaliscia.
- In effetti fai uno strano movimento col polso Sir, non me ne ero mai accorto ma… - borbottò Potter illuminandosi poco a poco.
- Tu! Mi stai dando del baro!? – ululò teatralmente Felpato puntando un indice accusatore su James.
Significativo silenzio con consequenziale inarcamento delle sopracciglia da parte sia di Ramoso che di Lunastorta (Minus preferì astenersi).
Black cambiò strategia – Senti cocco – esordì afferrando Potter per la collottola - Evita di buttarla in cagnara e scendi a procurarci del cibo perché, onestamente, sto proprio morendo di fame… Hai perso: piegati all’ancestrale legge dei malandrini ed esegui il compito! – gli regalò un sorriso – D’altronde, oggi a te, domani a me… no? –
- No stella, veramente e te MAI… - rognò James a denti stretti.
- Ho fameeeeeee… - si lagnò Peter.
- In effetti anch’io inizio a sentire un certo languorino… - mormorò innocentemente Remus.
- D’accordo,avete vinto! – Ramoso alzò le mani in segno di resa e domandò esasperato – Ma si può sapere cosa diavolo avete fatto durante la cena? –
- Riunione fra capiscuola –
- Ho festeggiato il mio ritorno a scuola con Giselle. – rispose Sirius allusivo.
- In effetti ad un certo punto non ti ho visto più… - rifletté Ramoso ad alta voce.
- Aula di Lumacorno. - Felpato esibì un ghigno pieno di sottointesi. – Sulla cattedra. – aggiunse poi.
Potter fece partire un fischio di ammirazione, Lupin alzò gli occhi al cielo.
- Giselle è la bionda? –
- Sì, e se posso, aggiungerei anche che ha due gambe da favola… -
- Quella non si chiamava Annie? –
- No Pet, Annie è mora e ha le lentiggini… credo… cazzo, ci sono andato a letto minimo sette volte, l’anno scorso, e non mi ricordo neanche di che colore ha i capelli! Sono da ricovero… -
Remus lo guardò desolato e per distogliere l’attenzione da quel “caso umano” chiese a Peter – Tu invece cosa hai fatto durante la cena Codaliscia? –
- Mangiato. –
- Allora perché adesso hai fame? –
- Perché ho mangiato poco. –
- E perché hai mangiato poco? –
- Perché ero a dieta. –
- Adesso non lo sei più? –
- No. –
- Ah. –
Logica impressionante.
- Io vado – disse James dirigendosi verso la porta.
- Torna presto… – si raccomandò Felpato.
Ramoso, ormai sul pianerottolo, spalancò gli occhi sorpreso da tanta premura.
- …o rischi di trovarmi morto di fame -
Quell’affermazione un po’ soffocata dal cigolio della porta che si chiudeva riuscì a farlo ghignare, poi Potter imboccò la scala a chiocciola, non sapendo che il suo sorriso era destinato a spegnersi dopo pochi scalini.


Sento degli ovattati rumori di lotta e delle risate provenire dalla mia camera: probabilmente Sir ha deciso che è ora di umiliare un po’ Pet, ma non c’è nulla di cui preoccuparsi, Remus sorveglia la situazione e se Felpato dovesse esagerare interverrebbe prontamente... All’improvviso un’ondata di malessere mi investe costringendomi ad afferrare il corrimano, la nausea mi piega in due - No, non di nuovo. – gemo sedendomi rapidamente sui gradini. Spero ardentemente che a nessuno venga la brillante idea di scendere a quest’ora della notte in sala comune, perché altrimenti sarebbe assai complicato giustificare le mie condizioni.
Nessuno conosce il mio segreto. Nessuno a parte la mia famiglia, Silente e i Malandrini. Nessuno merita la mia piena fiducia tranne loro. Nessuno…
Ma in fondo, la mia è una paura sciocca, poiché domani iniziano le lezioni e probabilmente gli altri studenti staranno dormendo: probabilmente anche la fonte di questa tossica sofferenza è solo un brutto sogno. I contorni delle cose divengono sfocati e la testa mi pulsa in maniera dolorosa. Serro con forza le palpebre e, come sempre, tento di annegare la tristezza sconfinata che mi assale nel buio dei miei pensieri, dopo qualche minuto gli oggetti tornano ad avere una consistenza solida. Mi rimetto in piedi barcollando, ultimamente le mie crisi sono diventate sempre più frequenti ma, nonostante la pratica, non riesco ancora a controllarmi. Scuoto la testa con decisione: ho una missione da compiere, le cucine mi aspettano, non posso permettere che Sirius muoia di fame per colpa mia…


Quando Potter entrò nella sala comune la sua attenzione venne immediatamente catturata dal fuoco, che indomito divampava e sfuggiva con destrezza alle pareti di marmo bianco del caminetto. Lunghe lingue di fuoco accarezzavano la tappezzeria di broccato e l’aria era satura di fumo. James rimase qualche istante a fissare le fiamme, come incantato, poi scorse quasi avvolta dall’incendio, un sagoma.
- Lily? - mormorò stupito il ragazzo.
La rossa voltò il capo e sgranò gli occhi, lucidi per il calore – P-Potter – balbettò con voce rotta.
Il fuoco si ritirò, spegnendosi bruscamente, e la stanza piombò nella penombra.
James si avvicinò velocemente alla ragazza - Lily, stai bene? – domandò con voce preoccupata.

“Buffo, durante le ultime ore innumerevoli persone mi hanno rivolto la stessa domanda infinite volte. Alla stazione, sul treno, in sala grande, nel dormitorio… come se non fosse una domanda di circostanza, come se a tutti coloro che mi circondavano importi realmente di me, come se vogliano aiutarmi e non solo compatirmi…”

- Lily, perché non hai chiamato aiuto? – le chiese scuotendola per le spalle, incurante di non avere ricevuto risposta alla precedente domanda.

“…Nessuno mi può sostenere, non senza sporcarsi le mani. Nessuno può capire quanto sia umiliante per il mio orgoglio da Grifondoro, trascorrere l’estate sotto le sferzanti occhiate di tacito disprezzo di mia sorella Petunia e negare a me stessa che il sangue condanna, lega, e punisce. Che sono destinata ad una vita di pregiudizi, poiché anormale nel mondo Babbano e inferiore nella comunità Magica. Nessuno immagina quanto sia difficile rispondere alle pungenti battute dei Serpeverde, pur essendomi, in fondo, quasi arresa alle loro idee…”

- Il fuoco! Stava andando tutto a fuoco! –
- Ah gia… - asserì la rossa fissando con occhi vacui gli arabeschi anneriti, e un sorriso di perverso compiacimento che le aleggiava sul viso. Era stata lei la causa di quel rovinoso incendio, lei e la sua cieca disperazione.

“…Come posso convincere Victoria che esistono ancora ideali in cui credere se io stessa non ho più speranza?…”

- Ti comporti in modo strano… - osservò piano James.
- E a te si può sapere cosa te ne frega? – ribattè lei con voce stridula.
Improvvisamente il ragazzo la spinse violentemente contro la parete e le imprigionò i polsi con una mossa veloce delle mani.
- Evans, si può sapere cosa cazzo stavi facendo? - le sussurrò a un centimetro dal viso con voce dura e occhi freddi.
- Lasciami immediatamente Potter! – esclamò Lily tentando di divincolarsi

“…Cosa farò una volta presi i MAGO? Cosa ne sarà della mia vita?…”

James aumentò la pressione sul corpo della ragazza e la schiacciò al muro affondandole il volto tra i capelli – Cosa mi nascondi dolce Evans? – cantilenò con tono canzonatorio.
- Ti ho detto di lasciarmi andare! Scansati maledetto! Lasciamiiiii! –
Lily lottava con denti e unghie scalciando come una piccola furia.

“…Non ho un ruolo in questo mondo, nessuno mi accetterà mai per ciò che sono… In questi tempi bui è troppo pericoloso allacciare rapporti con una sangue-sporco, con una Mezzosangue. Fuori l’ambiente protetto di Hogwarts non ho futuro…”

- Allora piccolina, hai nulla da dirmi? – le bisbigliò James all’orecchio sinistro. Poi, improvvisamente, il ragazzo ebbe un mancamento e sentì le forze scemare rapidamente. “Non adesso, non davanti a lei…” pensò disperato percependo l’abituale grumo nero avvilupparlo nelle sue spire e travolgerlo, spazzando via tutte le sue difese. Contemporaneamente, però, Lily smise di agitarsi e si arrese lasciando le candide braccia inermi nella sua solida presa.

“…A casa non posso tornare. A casa non mi vogliono…”

- Io…- Lily sembrava stordita e James approfittò del suo smarrimento per affievolire la pressione sui polsi e fare scivolare la mani fino ad arrivare a cingerle i fianchi. Si schiacciò addosso il morbido corpo della ragazza e chiuse gli occhi tentando di mantenere l’equilibrio, nonostante lo assalissero frequenti capogiri.

“…A casa non mi vogliono. Perché non mi vogliono?…”

- …Io… - la voce di Lily si crinò di pianto.

“…Io…”

- IO NON HO FATTO NIENTE! – gemette disperata.
- Cos…? -
- Io non ho fatto niente, lo capisci? Non ho fatto niente, e allora perché non mi vogliono? Non è colpa mia. IO NON HO FATTO NIENTE! – urlò singhiozzando convulsamente e nascondendo il viso tra le mani.
- Lily, ma cosa stai dicendo? Chi è che non ti vuole? – domandò lui disorientato e stupito.
- Nessuno, non mi vuole nessuno…! –
- Perché non dovrebbero volerti? Sei una ragazza adorabile, in te non c’è nulla che non va… - mormorò il James con voce incredibilmente dolce e ingenua.
- Ho il sangue sporco, sono una compagnia troppo pericolosa o diffamante da frequentare… -
Gli eleganti lineamenti di Potter si contrassero in una smorfia di delusione - é la solita nenia mia cara, non puoi credere veramente a queste parole. Sei troppo intelligente per farlo. –
- Non importa se io ci creda o meno. Questo è il mondo reale. Basta con le favole… – disse lily asciugandosi gli occhi con le maniche della camicia ma rimanendo accoccolata sul torace del ragazzo.
- Se sei così sicura di ciò che dici, perché sei tornata a Hogwarts per l’ultimo anno? A cosa ti serve il diploma se vuoi estraniarti dalla comunità magica? –
- Infatti non volevo tornare, ma i miei genitori mi hanno costretto… non vogliono che stia con loro. Credono potrei creare problemi a mia sorella, lei non mi sopporta e io non devo in alcun modo interferire con i suoi studi… Al termine della scuola non so dove andrò… a casa, ad ogni modo, non posso tornare. - concluse, piegando le labbra color ciliegia in un sorriso sinistro.
- Sai cosa penso? – sibilò James scostandosi bruscamente dalla ragazza nonostante avesse lo sguardo annebbiato.
Lily lo guardò disorientata da quel tono amaro e dall’ espressione severa che invece di compatirla sembrava volerla aggredire.
- Penso che tu stia dicendo un mucchio di stronzate! Se desideri mollare tutto e sottometterti agli eventi non lo fai perché questi sono più forti o grandi di te ma semplicemente perché sei stanca e non hai voglia di combattere per ciò in cui credi. Quindi, tesoro, non infangare il nome dei Grifondoro con atteggiamenti che non ci sono consoni, e se non hai la forza necessaria per vivere, non dare la colpa agli altri. –
- Stai dicendo che sono debole? – domandò lei con un sopracciglio pericolosamente inarcato.
- No, ti sto dando dell’ipocrita… -
Lily boccheggiò incredula.
- …e della vigliacca. Smettila di fare la vittima, è un ruolo che non ti si addice. -
La Evans rimase immobile per qualche istante, gli occhi verdi lampeggianti per l’indignazione e le ciglia ancore umide di pianto, poi con un fluido movimento del braccio assestò un sonoro schiaffo al ragazzo, che rimase col capo girato verso le braci del caminetto pur vedendo al loro posto solo un cupo rosseggiare.

James arretrò di qualche passo fino ad appoggiarsi allo schienale di una poltrona in velluto rosso e, mortalmente pallido, guardò la Evans. - Qual è la cosa che temi di più al mondo? – domandò infine.
- Come? – allibì lei.
- Qual è la tua più grande paura? – ripetè lui inclinando un poco la testa.
- N-non lo so… - rispose la ragazza totalmente spiazzata.
- Io ho paura delle delusioni, la mia vita ne è stata costellata. Le persone, in particolar modo, tendono a deludermi molto frequentemente… -
- Cosa vuoi dirmi? – bisbigliò la ragazza non capendo.
- Tu, Lily Evans, non sei destinata ad uscire di scena nascondendoti fra la massa. Se desideri spegnerti, trova un modo più originale di farlo ed evita di cadere in banalità. –
- È un complimento? –
- È una costatazione. –
Un silenzio carico di riflessioni avvolse entrambi.
- Intendi dire che se non ho la forza di vivere per me stessa devo trovarla per non deludere gli altri? – mormorò titubante Lily.
- Prendila come ti pare… io ti ho solo detto quello che penso. – concluse lui e massaggiandosi distrattamente la guancia su cui spiccavano i segni rossi lasciati dalla mano della ragazza.
- Sai Potter, sei una persona dalle mille sfaccettature. Tendi a sorprendere… -
- Cerco di non deludere. – precisò lui con un sorriso furbo sul volto – E adesso Lily, se non ti spiace, temo di dovere proprio andar via, ho una missione da compiere e sono anche in notevole ritardo… -
- Scusa se ti ho trattenuto. – mormorò lei arrossendo vagamente.
- Non c’è problema. – la rassicurò James galantemente, e con un gesto deciso scosse la testa fino ad estirpare la nebbiolina malefica che era solita irretirgli i sensi.
- Comunque è strano, sono sei anni che ci conosciamo e questa è la prima volta che parlando non ci limitiamo ad uno scambio di battute sarcastiche… pensa che ci chiamiamo ancora per cognome! –
- Sei tu che mi chiami per cognome, io ti ho sempre chiamato Lily. – precisò Potter, poi continuò imperterrito. – Riguardo alle conversazioni seriose… beh, tesoro, hai tanti di quei pregiudizi e false convinzioni che parlare con una persona tanto ottusa mi riesce davvero difficile! –
- Comecomecome!? – allibì Lily con un sorrisino ironico stampato sul volto – Ma se sei tu quello perseguitato da un corteo di maniache mentalmente instabili con tendenze pluriossessive! –
- Guarda che se tu avessi realmente voluto dialogare con me, avresti potuto benissimo accettare uno dei miei inviti a uscire insieme! Le occasioni non ti sono certo mancate in questi anni! Inoltre, le mie fans non ti disturberebbero mai, anche perché sanno che per te ho sempre cinque minuti a disposizione… - replicò James ridendo come un matto e passandosi una mano tra i capelli.
- Premettendo che in effetti non capisco come tu possa pensare che io desideri REALMENTE parlare con te… - Lily tentennò – …io…. -
- Tu volevi sapere il perché dei cinque minuti? – le venne in aiuto Potter.
La Evans annuì imbarazzata.
- Sei divertente… e molto originale. Non mi deludi mai. – disse semplicemente.
La ragazza non trovò nulla da controbattere e rimase zitta.
Lui, soddisfatto per avere avuto l’ultima parola, scrollò le spalle e si avviò verso il quadro della Signora Grassa.

- Come un giocattolo? – chiese la rossa prima di vederlo scomparire.
- Eh? -
- Sono divertente come un giocattolo? -
- … -
- Tu devi essere stato uno di quei bambini con troppi giocattoli. -
- … -
- Mi vuoi solo perché non puoi avermi. –
- Innanzitutto, io non ti voglio. E questo sia ben chiaro. In secondo luogo io posso averti come dove e quando voglio… - obbiettò lui piccato.
Lily roteò gli occhi esasperata e arricciò il naso con disapprovazione.
- Terzo punto: è esattamente questo che intendevo quando ho detto trovarti originale. –
- Questo cosa? –
- Il tuo atteggiamento. –
- Se lo dici tu… - acconsentì la rossa ormai stanca.
- Volendo potresti prenderlo come un complimento. –
- Hn -
James ridacchiò nel capire che la ragazza era talmente assonnata da non avere colto il senso della frase.
- Cos’hai da ridere? -
- No, niente… Piuttosto Lily, la prossima volta che sei triste vai a sfogare la tua ira funesta nella sala comune delle serpi o rischi di demolirci la torre! –
- D’accordo. – biascicò la Evans sbadigliando.
Potter lasciandola mezza sconvolta le si avvicinò rapidamente e prima che lei potesse opporsi le scoccò un bel bacio in fronte – Buona notte Lily. – le augurò dolcemente.

Il ritratto si richiuse con un sonoro clack alle spalle del ragazzo.
- Buona notte Jamie… – sussurrò Lily assaporando divertita il suono di quella parola per lei così inusuale, poi volse il capo e si diresse verso la scala che conduceva al dormitorio femminile, ignara che da quella sera molte cose sarebbero cambiate.




…fu allora che tutto ebbe inizio.








- Breve nota dell’autrice –

Innanzitutto desideravo ringraziare tutti coloro che hanno avuto la pazienza (e spero il piacere) di arrivare alla fine di questo primo capitolo… In secondo luogo volevo inserire una precisazione riguardo un verso della “poesiola” situata all’inizio del capitolo:
>È nelle loro ombre che combattono i cuori.
L’ombra, è la zona di transito tra La Luce e Il Buio. È un confine labile e neutro che entrambe le potenze tentano di conquistare. Quello che intendo dire, è dunque che le tante vite calpestate dalla Prima Guerra Magica non portarono alla vittoria, ma donarono ai posteri la possibilità di lottare. La Generazione Sfiorita, contribuì a distruggere un regime di terrore e a creare una “alternativa” alla paura.

Terzo punto: spero ardentemente che questo capitolo non vi abbia annoiato, ma se così fosse, prima di abbandonare definitivamente la mia fic attendete il secondo capitolo (durante il quale la scena si movimenterà non poco e introdurrò personaggi molto importanti)!

OVVIAMENTE commenti ed eventuali critiche sono ben accetti, perciò, se vi va, ditemi cosa ne pensate ^___^

Baci e abbracci,
–alisya-

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 - Perchè non mi va. - ***


A Raffaella, Claudia e Alessia.
Le mie mitiche compagne di classe.
Questo brano, in origine, lo avevo scritto per loro.











Capitolo 2 - Perchè non mi va. -


La cera delle candele si consumava lentamente, quella notte.
Fu per questo che quando Alice Lysandra Montgomery giunse nella sala comune, la sua presenza venne illuminata da un fioco bagliore e la fanciulla poté notare con somma costernazione che una buona porzione della parete presso il caminetto era stata annerita dalle fiamme. Chiedendosi in quali circostanze si fosse compiuto lo scempio, la ragazza salì la scala a chiocciola sollevando i lembi della veste elegante ed entrò nel suo dormitorio ben attenta a non fare alcun rumore.
Un vecchio pendolo inclemente suggellò con la sua cupa cantilena le cinque di mattina.
Alice, sfinita, sedette sul letto e slacciò i sandali dall’alto tacco a spillo che erano stati oggetto del suo rancore per tutta la serata. Dannate feste dell’alta società, pensò con stizza.
Alla sua destra, una ragazza bionda si agitò nel sonno e, nel disperato tentativo di liberarsi dalle lenzuola, cui era saldamente intrecciata, cadde dal letto picchiando forte la testa sul comodino.
- Fatta male? – chiese la Montgomery nel disperato tentativo di non ridere.
- Secondo te? – ringhiò l’altra con un diavolo per capello. Sbattè un paio di volte le palpebre, si guardò intorno con aria disorientata e infine posò le iridi limpide sul volto sorridente dell’amica.
- Aliiiiiiii… - esultò gettando le braccia al collo della mora.
- È il tuo modo per dire che sei contenta di vedermi? – cincischiò l’altra giocosa.
- Decisamente si. – la Campbell sorrise dolcemente.
- Lily? –
- Dorme. –
- Non più. – se ne uscì la rossa con aria assassina – Siete rumorose bellezze. –
La Evans gettò le gambe tornite giù dalla sponda del letto e si avvicinò alle altre due con un’espressione radiosa – Ciao Ali – esordì scoccandole un bacio sulla guancia e accomodandosi anch’essa sul freddo pavimento – Sei in ritardo – aggiunse poi, indicando con il mento la pendola appeso al muro.
- Guarda, non me ne parlare! Sono stanca morta e questa maledetto vestito mi sta uccidendo… -
- Però sei bellissima! – obbiettò Alexia, osservando con attenzione l’abito rosa pallido trapuntato di piccoli cristalli che avvolgeva il corpo snello dell’amica lasciandole le spalle e una buona porzione della schiena scoperte.
Alice mormorò un vago apprezzamento nei confronti del vestito e portò le mani allo chignon che le imprigionava la chioma. Con mani esperte sciolse l’acconciatura un poco alla volta e lasciò che i capelli castani le si adagiassero in morbide onde sulla schiena pallida.
- Com’è stata la festa? –
- Una noia mortale tanto per cambiare. –
- Bernard Mitchell? –
- La solita piovra, mi ha chiesto di ballare circa venticinque volte. –
- E tu? –
- Ho gentilmente declinato l’offerta. –
- Si è arreso così facilmente? – Alexia inarcò un sopracciglio con aria scettica.
- Naturalmente no. Quando hanno iniziato a circolare gli alcolici è diventato più audace e a tentato di farmi ubriacare. –

Alice, con aria esausta si lasciò cadere sul letto e con esasperante lentezza iniziò a sciogliere i lacci della veste.
- Allora? – Lily la osservò, impaziente.
- Cosa? – rispose l’altra con un ghigno sadico.
- Com’è andata a finire? –
- Perché, ti interessa? –
- Certo che mi…Alice Lysandra Montgomery smettila immediatamente di prendermi in giro e finisci il tuo racconto! – ordinò Lily con voce imperiosa.
- In realtà… -
Lorelay Ginsberg, una procace mora loro compagna di dormitorio, alzò appena la testa dal cuscino e minacciò di avvelenarle se non avessero fatto silenzio.
Le tre si spostarono in bagno e chiusero piano la porta.
- Dicevo – proseguì Alice sedendosi sul bordo della vasca – in realtà ero piuttosto tentata, considerando la monotonia della serata, ma poi è arrivato James, mi ha fatto ballare, mi ha baciata, e ha detto a Barney “ che se non si toglieva dalle palle lo avrebbe pestato di brutto” –
Cadde un silenzio di ghiaccio.
- T-ti ha baciata? –
- Si, mi ha baciata. – confermò la Montgomery con luce vendicativa nelle iridi miele.
Lily si schiarì la voce - beh…in fondo lo ha fatto per darti una mano, no? –
- No. Lo ha fatto per prendermi in giro davanti a tutta l’alta società, per sfottere Mitchell, per dare spettacolo e, molto semplicemente, perché voleva farlo. -
- Cosa gli hai detto? -
- Non ho fatto in tempo neanche ad allungargli un ceffone: è sparito alla stessa velocità con cui è arrivato. –
- Vuoi dire che se n’è andato? – chiese Alexia allargando gli occhi turchesi per lo stupore.
- Si – rispose Lily prima di rendersene conto.
- E tu come lo sai? –
- Oh, io…l’ho visto. –
- Scusa ma non è stato un gesto di “immancabile scortesia”? – domandò Alexia confusa.
- Evidentemente al re dei Grifondoro tutto è permesso, e io sono l’unica cretina che deve trascorrere l’intera nottata tra gente che proprio non sopporta – concluse acidamente Alice strappandosi dal collo una foulard di impalpabile seta e gettandolo malamente in una cesta.
- Come bacia? – si informò Alexia dopo un attimo di silenzio.
- Ale!!! – protestò Lily mezza scandalizzata.
La bionda ridacchiò – Era solo una domanda! E poi così possiamo sapere se la fama da ottimo amatore se l’è guadagnata o meno…-
- Piuttosto bene – concesse Alice reprimendo a mala pena un sorrisetto – Ma questo non lo salverà da una morte cruenta mie care! –
- Per me non c’è problema. Uccidilo come preferisci. – acconsentì Lily.
- Belle bimbe, non vorrei sembrare noiosa, ma domani dove la troviamo la forza per alzarci? – gemette la Campbell.
- In qualche litro di caffè a meno che la nostra abile pozionista non ci proponga una soluzione migliore… - Alice scrutò Lily tutta speranzosa.
“L’abile pozionista” scosse la testa in segno di diniego – Mi spiace dolcezze ma non ho alternative al caffè questa volta. Dunque, tutte a nanna! –
Le tre ragazze si avviarono verso i loro letti con l’animo sereno e il cuore leggero.
Erano tornate.
A scuola, per l’ultimo anno.
A casa, per l’ultima volta.


***



Le ampie arcate del soffitto riflettevano un cielo empio di nuvolosi carichi di pioggia, ma nonostante questo, un diffuso chiacchiericcio aleggiava sopra le teste degli studenti che si erano recati nella Sala Grande per consumare la loro prima colazione. Molteplici gruppetti di composizione mista veleggiavano per lo stanzone, meta di molti di essi era un affascinante ragazzo che, mani affondate nelle tasche dei pantaloni e spalle a un angolo, intratteneva con consumata abilità gran parte delle ragazze dai tredici anni in su.
- Dove’è Jamie? – bofonchiò Sirius non riuscendo ad individuare l’amico.
- A pavoneggiarsi. – fu la laconica risposta che ricevette da Lupin.
- Quando torna? –
Remus lo osservò da sopra l’orlo del giornale con espressione perplessa e un sopracciglio notevolmente inarcato – Felpato, ma stai bene? –
- Non lo so. Perché? –
- Come faccio io, a sapere quando torna? -
- Ah, già… - acconsentì Black con aria distratta.
Lunastorta decise di attribuire quegli strani atteggiamenti alla poca lucidità che Sirius dimostrava se costretto a interrompere il suo sonno prima delle undici di mattina, quindi riprese a leggere la Gazzetta del Profeta.
- Rem? –
- Si Sirius? - rispose Lupin con santa pazienza.
- Ho sonno. –
Senza emettere un suono, Remus spinse verso di lui una caraffa di caffè con espressione incoraggiante.
Felpato, tutto titubante, se ne versò una tazza e ne bevve un goccino.
- è amaro! – protestò schifato.
- BEVI! –
Cinque minuti dopo, Sirius sembrava in grado di sostenere una conversazione decente. Sfortunatamente per lui, però, Lunastorta si era immerso nella lettura di un articolo dall’aria mortalmente noiosa, Codaliscia era assorto a strozzarsi col bacon e James si era semplicemente dissolto. Esibendo un notevole autocontrollo, Black si trattenne ancora una manciata scarsa di secondi. Poi - Che noia, ragazzi che si fa?-
- Si va a lezione? - abbozzò piano Lunastorta.
Black non lo considerò neanche – Sapete, credo che dovremmo fare in modo che questo giorno venga ricordato… -
- Quale giorno? - squittì eccitato Peter mentre addentava una brioche.
- Quello in cui sono tornati per l’ultima volta. – Sirius incrociò le braccia la petto con espressione solenne.
- Chi? -
- I Malandrini! -
- Demente… - soffiò Lupin, senza neanche prendersi la pena di alzare lo sguardo dal quotidiano.
- Come scusa? - Black, irritato dall’assoluta indifferenza che l’amico ostentava dinnanzi ai suoi deliri di onnipotenza, si prese la briga di sollevare il capo dalla mano cui era mollemente appoggiato per guardarlo dritto negli occhi.
- Parli di te in terza persona Sir, il tuo egocentrismo ha raggiunto livelli preoccupanti. Fossi in te mi farei visitare, o una di queste mattine rischio di trovarti intento a dialogare con la tua immagine riflessa nello specchio… -
Black, senza battere ciglio afferrò una brocca di succo di zucca e la inclinò pericolosamente sopra la testa dell’amico, che piegò il giornale con e si volse a guardarlo con un ghigno sardonico sulle labbra.
- Dai Sir, non fare così… - cinguettò Minus con aria preoccupata.
- Ma no, Sirius, reagisci con la forza bruta come hai sempre fatto: è evidente che non sai fare di meglio…! - Lupin assunse una vocetta stranamente stucchevole.
Fu questione di un attimo.
Il liquido appiccicoso cadde e impiastricciò i capelli biondo cenere.
Remus rimase immobile, la Sala Grande ammutolì. Poco dopo una discreta quantità di caffè nero si riversò con altrettanta grazia sulla testa di Black.
- Cazzo James, è bollente! -.
- Così impari a bistrattarmi Lunastorta…animale! – replicò Ramoso, che malgrado la voce severa sorrideva palesemente. - Eppure dovresti saperlo, Sirius, che quando il nostro Caposcuola legge il giornale è in uno stato psichico estremamente fragile e delicato! -
La Gazzetta, arrotolata a mò di manganello, lo colpì sulla nuca, poi sulla pancia e sulla schiena. In poco tempo si scatenò una zuffa senza paragoni e i tre, ridendo come matti finirono a rotolarsi sul pavimento.
Non molto lontano, Alexia strattonava impazientemente Alice per una manica della camicia – Ali, andiamo a cercare Victoria e Lily? –
- Solo un momento Alex... – rispose la Montgomery scrutando attentamente la Sala Grande: cercava Potter.
- Non starai ancora cercando James? – insinuò Alexia con un ghigno.
- Certo che no! –
Due occhioni turchesi a caso si levarono verso il soffitto esasperati – senti Ali… -
- Torno subito, eh! - Per un attimo una capigliatura spettinata aveva fatto la sua comparsa in mezzo ad un gruppetto di Tassorosso del quinto anno e Alice si era lanciata all’inseguimento sfrenato della suddetta testa.
Alexia fu allegramente lasciata sola fino a quando un paio di mani robuste la afferrarono per i fianchi e la fecero volteggiare in aria.
- Salve fenomeno! – esordì un Potter vagamente arruffato per poi deporre un bacio tra i riccioli color del grano di quella che era pubblicamente nota come la migliore giocatrice della sua squadra. Alle sue spalle, Remus e Sirius si insultavano con discreta convinzione.
- Ciao capitano! – replicò la Campbell con altrettanto calore.
- Passate buone vacanze? -
Alexia stava giusto per avvertirlo che quello non era il luogo né la situazione più adatti per chiacchierare, quando fu troppo tardi.
Alice, che tornava affranta dalla caccia infruttuosa, gli si avvicinò ancheggiando e lo agguantò per la nuca con aria tutt’altro che pacifica. – Da quanto tempo… - sussurrò, ghignando sadicamente.
I ragazzo ebbe la delicatezza di impallidire.
Alice e James erano praticamente cresciuti insieme, dunque la Montgomery aveva sufficiente confidenza con la sua vittima per affilarsi gli artigli in santa pace, ma in quel mentre passarono li vicino Giselle e una Tassorosso del quinto. Le due, non avendo ancora avuto modo di “salutare” James gli saltarono letteralmente addosso e, con suo grande sollievo, lo sottrassero alle perfide grinfie della Grifondoro.
- Noi due facciamo i conti più tardi, tesoro. – sentenziò infatti Alice, che disgustata dalla scena che le si presentava davanti, gli rivolse un sorriso pericoloso e se ne andò. Alexia, un pelino sgomenta, la seguì.


Emmeline Deidre Prince
- Vì, che te ne pare? -
Una ragazza di spettacolare bellezza esaminò con aria critica la pergamena che Lily le porgeva.
Non esistevano altri aggettivi per descrivere Victoria Persefone Anderson.
Semplicemente splendida.
Forse più di quanto possa esprimere la parola stessa.
Attorniata da un’aurea di potere misto ad alterigia, tenebra e fascino.
Con calamitanti occhi viola ametista che risaltavano sulla carnagione pallida quasi fossero gemme, e lunghi capelli neri quanto le ali dei corvi, lucidi e incredibilmente lisci.
Bella quanto un sogno.
Le labbra carnose arricciate in contemplazione.
Dopo qualche istante l’ espressione corrucciata della mora svanì e i lineamenti delicati si distesero in uno splendido sorriso, le iridi viola scintillarono.
- Quasi perfetta – approvò – devi solo stringere un poco la curva della m e allungare la gambetta della i. -
La rossa, mordicchiandosi un labbro, intinse la punta di una lunga piuma nell’inchiostro color pece e la lasciò gocciolare con aria assorta.
- E pensare che guardandoti hai tanto l’aria da brava ragazza… - la canzonò l’amica, comodamente seduta a gambe accavallate sull’ampio davanzale di marmo bianco.
Lily sorrise fra sé e sé. In effetti la sua strabiliante capacità di falsificare firme o documenti si discostava parecchio dall’immagine che la gente si faceva di lei. Non che questo le importasse, sia chiaro, ma la divertiva vedere le facce di coloro che, venuti a sapere della sua peculiare capacità, la osservavano stupefatti e ammirati.
Ritenendo il pennino sufficientemente umido, la Evans appoggiò il calamaio sul bordo di un lavandino e, con mano ferma, impose una firma ricca di svolazzi su un ulteriore foglietto.
- Adesso? – chiese poi.
- Direi che ci siamo. – sindacò Victoria, avvicinandosi con un balzo e passando le dita sottili sulla firma falsa.- Quanto hai detto che ti fai pagare? -
- Non l’ho detto. -
- Hn.-
- Diciamo che Emily Price mi dovrà un favore…e poi me la ha raccomandata Cleo, dice che è una tipa a posto. -
- Se la metti così, mezza scuola ti deve un favore. – commentò la mora, scuotendo la lunga chioma color dell’ebano per enfatizzare il sarcasmo insito nelle sue parole.
- Probabile. – rise la rossa senza dare troppo peso alla faccenda.
Victoria sospirò – Lil? –
- Si? -
- Io…hem…ho tralasciato di dirti una cosa. -
- Dimmi – la incoraggiò la Evans stupefatta.
La Anderson aprì e chiuse la bocca un paio di volte, infine, riluttante, trasse dalla tasca della gonna in seta nera un oggettino. Scoraggiata lo lanciò all’amica che a dir poco allibita seguiva quella serie di manovre con crescente curiosità.
- Mi è arrivata quest’estate. -
- … -
- Adesso lo sai. -
Il silenzio regnava sovrano, e il tempo scorreva, scandito con puntualità dal gocciolare di un lavandino mal funzionante. Probabilmente era quello il vero motivo per cui il bagno del secondo piano era inagibile praticamente da sempre. Si vociferava che anni addietro, in quello stesso bagno, fosse stata uccisa una ragazza, ma l’insolito gruppetto non aveva mai dato ascolto a quelle che riteneva semplici chiacchiere da corridoio ed era abituale frequentatrice dell’insolito luogo. Luogo in cui si stava svolgendo uno spettacolo quanto mai inusuale.
Il sorgere di una risata illuminò il pavimento bagnato e finì per echeggiare tra le mura spoglie.
Una risata. Limpida e luminosa.
Lily Evans rideva.
Rideva e si rigirava tra le mani un gingillo dorato, una piccola spilla.
- CapoScuola? – domandò incredula quando si fu un minimo ricomposta.
- Già. -
- Caposcuola? – ripetè quella come un disco rotto.
- Guarda che così non mi aiuti! -
- Ma, ma… -
- è impossibile, lo so -
- Non è impossibile. È solo molto…inaspettato, ecco. Solo molto inaspettato. -
Victoria scrollò le spalle come a dire che lei non poteva farci nulla.
- Tu non assomigli ad una CapoScuola! – se ne uscì fuori Lily, portando la conversazione ad un livello elementare.
La Anderson osservò la sua immagine riflessa in uno specchio.
Su uno sfondo di porte sfondate e lavandini sbeccati la camicia di raso bianco slacciata per metà, gli anfibi neri, la gonna dieci centimetri più corta del normale e la cravatta verde argento mollemente annodata, in effetti, non le attribuivano un’aria eccessivamente seriosa o responsabile.
Non che non fosse capace di impartire ordini, per carità, ma Victoria reputava l’intera faccenda incredibilmente noiosa e avrebbe di gran lunga preferito non avere nulla a che fare con quella maledetta spilla.
- Magari si sono sbagliati… - concluse scoraggiata.
- Non oserei sperare tanto. – obbiettò Lily a buon ragione. – Cerca di vedere il lati positivi… – aggiunse poi, con fare ottimista.
- Dimmene uno e ti seguo a ruota – replicò l’altra con cinismo.
A togliere la Evans dall’impiccio furono Alice e Alexia, giunte nel bagno alla ricerca delle compagne. La bionda tamponava con un fazzoletto il leggero fiotto di sangue che le usciva dalla tempia sinistra.
- Alex…com’è successo? - ridacchiò la rossa, felice di poter cambiare argomento.
La Campbell scrollò le spalle con aria afflitta e assunse un’espressione comica – Vicino al tavolo dei Grifondoro c’era una specie di pantano…a quanto ho capito pare si siano accidentalmente rovesciata una caraffa di succo di zucca e un bricco di caffè, ad ogni modo io ci sono furbamente scivolata sopra ed ecco i risultati. -
- Mi spiace! – commentò Victoria affranta.
- Tanto ormai non ci faccio neanche più caso…- la rassicurò Alexia sconsolata. La biondina, sembrava infatti avere la magica capacità di attirare tutti gli oggetti contundenti in circolazione e amalgamarli in una coreografia di cadute semplicemente spettacolari.
Per un curioso scherzo del destino la Campbell nutriva inoltre una profonda passione per gli incantesimi di guarigione ed era particolarmente abile nell’eseguirli. Credendo dunque fosse cosa saggia sciacquare la ferita e provvedere a medicarla, Alexia, piena di buoni propositi, si era avviata verso il lavandino sul quale la Evans era comodamente appoggiata ma, strada facendo, inciampò nella cinghia della borsa di Alice e franò addosso a Lily. La ragazza barcollò a causa dell’urto inaspettato e rovesciò l’intero contenuto del calamaio, che era in procinto di chiudere, addosso a Victoria, sopraggiunta tempestivamente per evitare alla Campbell di spaccarsi la faccia sulle piastrelle del bagno. Ovviamente, caddero tutte e tre rovinosamente a terra e ovviamente Alexia riuscì ugualmente a spaccarsi un labbro, nonostante fosse caduta sopra a Lily e Victoria, che invece ne uscirono chissà come misteriosamente incolumi.
- Siete tutte vive? - chiese Alice che era rimasta impietrita e aveva osservato la scena con occhi sbarrati.
Indubbiamente ci sarebbe stato da ridere se non fosse stato per il labbro di Alexia che sanguinava copiosamente e l’ampia macchia d’inchiostro sulla camicetta della neo caposcuola.
- Scusate! - sibilò Alexia con un’espressione pericolosamente tendente al pianto.
- è stata solo colpa mia - gemette Lily.
Victoria osservò orripilata l’indumento offeso e si ritrovò a pensare che, volente o nolente che fosse, le era stata assegnata una carica che richiedeva un minimo di decoro. Lei, il suo, lo aveva appena perduto.
- Non posso presentarmi in classe conciata così – dichiarò con una nota isterica nella voce.
- Cerchiamo di non farne una tragedia. Basterà far evanescere l’inchiostro,no?- osservò Alice con lucidità, mentre esaminava il viso di Alexia.
- No… - Lily si fece piccola piccola.
- Come? -
- È l’inchiostro che utilizzo per falsificare le firme. È indelebile.-
- Ah. -
- E, per la cronaca, io sono stata nominata CapoScuola. – annunciò la bella Serpeverde, decidendo con non so quale logica astrusa che quello era il momento più adatto per dare la bella (o cattiva, dipende dai punti di vista) notizia.
Alice e Alexia ammutolirono.
Lily, con cipiglio determinato ordinò - Alzati -
La mora eseguì con espressione vacua - Perché? - chiese poi.
- Sono stata io a combinare questo casino e di certo sarò io a tirartene fuori. - dichiarò la Evans determinata.
Victoria non obbiettò: il ragionamento di Lily non faceva una piega.
- Veramente la colpa sarebbe mia: sono stata io a cadervi addosso…- iniziò Alexia con fare puntiglioso.
- Se proprio dobbiamo addossare la colpa a qualcuno, allora, quella sarei io - affermò la Montgomery sbalordendo tutte – Avrei dovuto immaginare che Alex sarebbe inciampata nella mia borsa, era praticamente scontato…-
Alexia la guardò male, Lily proseguì imperterrita - Non posso permettere che il tuo primo giorno da CapoScuola, tu ti presenti in classe in questo stato.-
Sacrosanta verità, pensò Victoria con una punta di sarcasmo.
La rossa si guardò intorno con aria persa, poi iniziò a sbottonarsi la camicetta che stranamente era rimasta immacolata.
- Che vuoi fare?- domandò Alice.
- Semplice, ci scambiamo la camicia. Voi andate a lezione e dite che mi sono sentita poco bene, io vado alla torre, mi cambio, e vi raggiungo alla seconda ora. -
- Ok, come piano non è male - asserì Alice soddisfatta.
Victoria guardò Lily per assicurarsi che non stesse scherzando. La rossa, in tutta risposta, si sfilò l’indumento e alzò un sopracciglio, come in attesa.


- Ma -
- Niente ma, Lunastorta. Parteciperai. -
- E se -
- Nessuno si farà male, è uno scherzo totalmente innocuo. –
- Però -
- I professori NON ci scopriranno. Quindi tranquillizzati. -
Remus Lupin, sconfitto su tutta la linea, si chiuse in un ostinato mutismo. – Ad ogni modo, sappiate -
- Che tu non sei d’accordo. – conclusero per lui Sirius e James in una sorta di stonato coretto che la diceva lunga su quante volte, quel discorso, fosse stato ripetuto negli anni.
- Non ti lagnare Rem. Tanto lo sappiamo che alla fine ti diverti anche tu. – aggiunse Black con tono leggero. Lunastorta accennò un sorrisetto colpevole.
- Già. – gli diede manforte Potter – E poi ha ragione Felpato: questo giorno deve essere ricordato. -
- E lo sarà, se tutto procede secondo i nostri piani… - Sirius ghignò perfidamente.
- Qual’è la prima tappa? – indagò Peter, curioso e come al solito ignaro.
- Bagno delle ragazze. Secondo piano. -


Quando i Malandrini fecero il loro trionfale ingresso nel bagno abbandonato ai loro occhi stupefatti si presentò uno spettacolo assai singolare: Alice, seduta a gambe incrociate sul davanzale, masticava un chewin gum rosa sgargiante, Alexia, macchiata di sangue da tutte le parti, giocava a lanciare in aria e a riacchiappare una spilletta dorata, Victoria e Lily, mezza svestite, chiacchieravano amabilmente. A terra, un lago d’inchiostro e tracce color porpora..
Minus per esprimere la sua sorpresa, emise un lungo suono disarticolato che Alice, a buon ragione, fraintese per il verso di qualche animale. La ragazza si affacciò alla finestra. – Credo ci sia un gufo ferito da qualche parte… - costatò, tutta corrucciata.
La Campbell la raggiunse e si mise anch’ella a scrutare il cielo bigio.
Peter, sconvolto per esser stato scambiato con una civetta agonizzante, replicò il roco mugugnio.
- Ma sentilo povera bestia! Forse dovremo avvertire qualcuno… - propose Alexia preoccupata.
- Che razza di gufo è? Perché se ha un piumaggio nero e folto è ottimo da mangiare alla brace… - si interessò Victoria sbattendo angelicamente le ciglia.
- Serpeverde della malora – inveì la biondina – Siete senza cuore… -
Uno scoppio di risa inequivocabilmente umano interruppe tali disquisizioni. Potter e Black, ridendo come matti, vennero avanti reggendosi l’un l’altro. Peter, manteneva un contegno offeso e Remus, sinceramente divertito, attendeva un pelino preoccupato la reazione che le ragazze avrebbero avuto una volta manifestata la loro presenza.
Reazione che non si fece attendere. Ad Alice scoppiò letteralmente la gomma da masticare in faccia, Alexia, voltatasi con un movimento brusco, cadde elegantemente all’indietro e Lily, furiosa, si strinse la camicia al petto. La Serpeverde, in effetti, fu l’unica che non batté ciglio ma anzi, con assoluta indifferenza e allucinante sfacciataggine finì di spogliarsi e rimase in reggiseno senza fare una piega.
- Ma guarda chi si vede… - commentò cinicamente.
- James! – miagolò invece Alice, che riavutasi dallo shock aveva deciso di sfruttare appieno la situazione – Dimmi tu che coincidenza… - avanzò verso di lui con le iridi color miele assottigliate - …avevamo giusto una faccenda in sospeso noi due -
- Dai Ali, non te la sarai mica presa per l’altra sera? – il ragazzo si allargò la cravatta con fare nervoso.
- Ma ti pare! Non ho alcun motivo per essere arrabbiata con te, giusto? -
- Hem… -
Potter indietreggiò – Quindi sei contenta di vedermi? –
- Da morire. -
In sottofondo Sirius e Victoria ghignavano senza ritegno.
Il gioco di sguardi tra i due Grifondoro durò ancora qualche secondo, poi perse di lucentezza.
Potter chinò il capo, stranamente serio.
Il ghigno di Alice si spense come un fuoco fasullo. – Chiedimi scusa. – esordì, ferrea.
- No. –
E se tutti i presenti trasecolarono, la ragazza non parve sorpresa.
- Mi rifiuto di chiederti scusa per un bacio che tra l’altro ti è anche piaciuto. – James sorrise, malizioso. - Non negarlo. -
- Come fai a non capire? – chiese la Montgomery, con gli occhi improvvisamente lucidi.
Il Grifondoro sbattè le ciglia sorpreso. La conversazione stava prendendo una piega decisamente inaspettata.
- Mi hai lasciata lì. Sola. Dannatamente sola. Ancora una volta. -
- Io… -
- Tu cosa? Tu non ci pensi mai, ecco cosa. – la Grifondoro incrociò le braccia al petto. – In effetti James, negli ultimi tempi non hai fatto altro che pensare a te stesso. Forse non dovrei neanche più sorprendermi tanto…Ma il punto è – la ragazza inspirò a fondo e assottigliò le iridi. - Che tu puoi trattare gli altri, così. Non me. -
- Sono stata chiara? – insistette, non ricevendo risposta.
- Si. – soffiò Potter dopo un poco.
- Allora forza. -
- Cosa? -
- Chiedimi scusa. -
E mentre le nuvole si addensavano, oltre i vetri, James Potter alzò fieramente il capo. Osservò Alice. E in lei vide molte cose, quel giorno.
Troppi ricordi.
- Scusa. - disse, in modo che tutti potessero sentire.
- Di nulla. – replicò lei senza un attimo di esitazione. Quasi sfacciatamente.
Remus
sorrise. La Montgomery era l’unica a potersi permettere di criticare James e ricevere delle scuse come risposta.
- Al -
- Hn? No. -
- Dai… -
- Ho detto di no. -
- Ma -
- Non lo farò MAI. -
James le gettò un braccio attorno al collo e la strinse affettuosamente. - Scommetti? – cinguettò soave.
- Non scommetto con un Potter. -
- Da quando? – chiese lui ridendo.
- L’ultima volta mi hai truffata e ho dovuto darti le mie cioccorane. Avevamo sette anni. -
- Te lo ricordi ancora? –
- Sono una tipa vendicativo io. -
- Quindi tu non…? -
- NO. -
- Ma di cosa stanno parlando? – indagò Victoria, convinta di essersi persa qualche brano della conversazione.
- Ramoso vuole che Alice confermi le sue doti di gran baciatore. – le spiegò Lupin volgendo gli occhi al soffitto.
- Allora sta fresco. – commentò la bella Serpeverde con un’alzata di spalle.
- Non lo sottovalutare, quel ragazzo prende le persone per sfinimento. -
- Non mi riesce difficile immaginarlo. – fu il sarcastico commento.
- Ma tu non senti freddo? – intervenne allora Black alludendo alla tenuta pressoché da spiaggia che la mora ostentava.
- Eh? Ah, si, ora mi vesto. –
- Che peccato, vero Pet? -
Nessuno rispose.
- Pet? -
Minus, con le braccia penzoloni lungo i fianchi e la testa un poco inclinata verso destra, fissava insistentemente Victoria e sembrava caduto in uno stato di profonda catalessi.
- Diamine Codaliscia, un minimo di contegno! –
- Cos? -
- Evita di sbavare pubblicamente in maniera tanto esplicita. -
Il povero ragazzo, resosi conto della situazione alquanto equivoca, arrossì violentemente e arrivò a rischiare un infarto quando la Anderson, per nulla infastidita, lo osservò alla stessa maniera con cui una principessa studia uno strano insetto.
- Cosa siete venuti a fare? – domandò allora Lily, tentando di sviare l’attenzione.
- Affari privati. -
- Voi non dovreste essere qui. – osservò la Evans, assottigliando le iridi verde prato.
- E sicuramente voi non avreste dovuto fare ciò che stavate facendo. – replicò Black argutamente. – In questo bagno non viene mai nessuno. -
Lily tacque.
- Piuttosto fanciulle, che ne dite di sgombrare la piazza e lasciarci lavorare in pace? -
- Diciamo che non se ne parla nemmeno. Questo è il bagno delle ragazze e io mi devo cambiare. -
Victoria la guardò stralunata. - Non ti sei ancora cambiata? –
- No, ci sono loro. -
- E allora? – domandò la Anderson sempre più perplessa.
- Allora io non mi cambio davanti a loro. -
- Ho capito, ma perché? -
- Beh, perché si. -
- Ragazze, vi siete mai chieste perché il cappello parlante vi abbia smistato in case differenti? Ecco la risposta: per alcuni versi siete incompatibili. Vi sarei grato se decideste di rimandare l’eterna discussione su Serpeverde e Grifondoro a più tardi, ora gentilmente levatevi dalle scatole! – ruggì Black, consapevole di quanto fossero in ritardo rispetto alla loro tabella di marcia.
La Anderson attese per nulla impressionata la fine del discorso – Mai presi farmaci contro l’isterismo Black? –
Fortunatamente, la risposta assai poco educata che Sirius le diede fu coperta dallo squillante suono della campanella.
- Ragazzi, io devo scappare. – annunciò Lupin dirigendosi verso la porta.
- Che disdetta: abbiamo un CapoScuola in famiglia. – Black finse una smorfia nauseata.
Lunastorta gli fece un gestaccio.
- Dove ci incontriamo Rem? – domandò invece James.
- Alla terza tappa. – rispose quello sbrigativamente – Piuttosto James, non potete bigiare la prima ora tutti quanti: sarebbe troppo palese. Peraltro Peter non può assolutamente permettersi di fare assenza ingiustificate quest’anno, altrimenti lo bocciano. -
- Cavoli che tatto. E poi dicono che sei un ragazzo sensibile Lunastorta! Dovrebbero sentirti mentre ci fai la ramanzina…diventi una iena! -
- Non si tratta di sensibilità Sir. Quello che dice Rem è vero: non possiamo saltare la prima ora tutti assieme. -
- Non c’è problema. Pet va con Remus e del resto ce ne occupiamo noi due, tanto io non ho problemi di media e neanche tu mi pare… -
- Idea brillante Felpato! Che mai sospetterebbe della magica accoppiata Potter-Black? Se non fosse per me fareste crollare questo posto…! -
- Hn. In effetti… - Sirius ghignò compiaciuto.
- Allora resto io. –
- Cosa! Perché tu? –
- Perché un mio malessere è dieci volte più credibile del tuo. – Potter sorrise zuccheroso. – salutami la Barners Sirius… -
Felpato spalancò le fauci, pronto a replicare, ma Lupin lo precedette e, con un tono che non ammetteva repliche, diede ragione a James. Poi, afferrò l’amico per la collottola e lo spinse di peso fuori dalla stanza. Le maledizioni di Black echeggiarono per il corridoio, Potter fece ciao ciao con la manina.
- Ragazze, credo sia il caso di avviarci… - propose Alexia.
- Okay, andiamo. Ci vediamo dopo Lily -
- Ohi, Lil, grazie -
- Ma figurati! Anzi, buona fortuna… -
Un altro paio di baci e le tre veleggiarono fuori dal bagno.
- Hei, Alice! – la richiamò James, sporgendosi oltre l’uscio.
- Si? – lei si volse, sorpresa.
Potter inarcò un sopracciglio con fare allusivo, la ragazza tuonò – NO! -


I secondi passano lenti, siamo rimasti soli. Da quando gli altri se ne sono andati, James, non mi ha degnato di uno sguardo. Forse si è dimenticato della mia presenza. Sta metodicamente battendo su tutte le mattonelle del bagno e, onestamente, non ho la più pallida idea di cosa stia cercando.
- Potter, di può sapere che fai? – indago infine spazientita.
Lui si volta sorpreso – Lily? –
- Già. -
- Che ci fai qui? -
In poche parole gli racconto dell’incidente con l’inchiostro e della necessità che qualcuna saltasse la prima ora.
- Ecco perché Alex era tutta sporca di sangue. – commenta solo.
- Cade sempre. – mi sento in dovere di costatare.
- Lo so, invece sulla scopa è fantastica. -
Usa sempre una voce dolce quando parla di Alexia. Possibile che…
No.
Assolutamente impossibile.
Sono solo amici.
Perché mi sento così a disagio a stare sola con lui?
Dopo ieri sera non è cambiato nulla fra noi.
Assolutamente nulla.
- Non puoi tornare alla torre, comunque. -
- Perché? -
- Rischieresti di trovarti coinvolta in qualche brutto incidente, quindi te lo sconsiglio caldamente. -
- Ma io devo andarci. – obbietto scioccamente.
- Per cambiarti la camicia? -
- Sì. -
Sembra riflettere, poi, improvvisamente, inizia a sbottonarsi la sua, di camicia intendo.
Scusate, ma cosa diavolo sta facendo?
- P-Potter, che fai? -
Quel demente ghigna con l’aria di chi si diverte un mondo e mi dice – Prendi la mia, è pulita. In cambio però fili in classe e fai la brava, okay? –
- Hn. -
Si sfila l’indumento e me lo porge con gentilezza, io non muovo un muscolo.
- C’è qualche problema? – mi chiede vagamente perplesso.
Nessun problema.
Ah dimenticavo, sono chiusa in un bagno abbandonato. In compagnia di Potter, il ragazzo per cui ho sempre nutrito una cordiale antipatia. Entrambi siamo mezzi svestiti.
Nessun problema, a parte il fatto che lui si sta dimostrando incredibilmente migliore di come lo immaginavo e l’unico pensiero che mi passa per la testa è che Potter dopotutto ha un bel fisico .
Ripeto: nessun problema.
- Lily? -
Mi riscuoto e afferro la camicia.
- Va bene, ora mi cambio. -
- Alla buon’ora –
Sbaglio o era una nota ironica quella che ho avvertito nella sua voce…?
- Ehm… potresti voltarti per favore? -
Arrossisco, e questo mi irrita parecchio considerando la circostanza assolutamente assurda.
- No. -
Quello che avevo scambiato per un sorrisino sornione si allarga fino a diventare un vero e proprio ghigno.
- Come scusa? -
- No. -
- E perché di grazia? -
- Perché non mi va. - mi risponde come se fosse la cosa più normale del mondo.
- Senti Potter, evita di fare lo spiritoso che non è aria. Già così arriverò in notevole ritardo alla lezione della Barners e quella mi si mangerà viva perciò evita di peggiorare la situazione okay? -
- Senti Evans – replica sulla mia falsa rima – Di ragazze nude o quasi, ne ho viste veramente tante. dubito che una in più faccia la differenza. Non ho alcuna intenzione di voltarmi quindi, se non vuoi fare tardi, ti conviene velocizzare. -
- Toglimi una curiosità, ma lo fai apposta? -
- Certo. -
- E ti diverti? -
- Un casino. -
- Io no. -
- Non è vero. Questa situazione non dispiace neanche a te. Mi guardi in una maniera… -
Adesso lo uccido.
- Io non ti guardo in nessuna maniera. Anzi, io non ti vedo proprio tanto sei vuoto e insignificante. -
- Vuoto e insignificante? –
- Già. -
- Ieri sera non sembravi pensarla così. – constata per nulla toccato dalle mie parole.
Sento il sangue salirmi al viso.
- Non ti credevo tanto ignobile da rinfacciarmi quell’episodio. -
- Evidentemente lo sono. -
- Sì, lo sei. –
- Appurato questo, ti spiacerebbe darti una mossa? Non ho tutto il giorno. -
- Vai al diavolo Potter. -
- Abbassa la cresta Evans. -
- Io? – boccheggio incredula.
Uno come lui dice una cosa del genere a una come me?
- Tu. -

Guardandolo fisso negli occhi lascio cadere la camicia di Victoria, la allontano con un calcio e indosso la sua.
Mi osserva senza pudore.
Bastardo.
- Visto? Non è stato così terribile. -
Bastardo.
Senza una parola, gli do le spalle e me ne vado.

La camicia mi sta un po’grande, e profuma di muschio.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 - Ragazzi, abbiamo un problema. - ***


CAPITOLO 3 – Ragazzi, abbiamo un problema. -


La vasta aula era costellata di ampi e comodi banchi semicircolari, al centro di essi in innumerevoli pentoloni sobbollivano pigramente pozioni di ogni genere. L’aria era satura di vapori e il profumo di menta piperita scivolava melenso su ogni superficie, intridendola.
Foglie di salvia e fasci di trifoglio giacevano, assieme a molti altri ingredienti, sui piani di lavoro, in attesa di essere aggrediti e sminuzzati da coltelli dalle lame argentee.

Al centro della sala una donna spigolosa con corti capelli castani e le labbra sottili, provvedeva a spiegare il complesso svolgimento della pozione assegnata.
- … è dunque di fondamentale importanza aggiungere al momento giusto e in giusta misura la polvere di trifoglio. Se doveste sbagliare il dosaggio ci sono buone possibilità che la pozione esploda e rovini irreparabilmente quel bel faccino che vi trovate. –
L’acidità della professoressa Eglantina Barners, ad Hogwarts, era leggenda.
La quasi totalità degli studenti prestava dunque attenzione alle parole dell’insegnante e seguiva con occhi vigili la bacchetta di frassino, che accompagnava le parole della donna indicando le formule segnate alla lavagna.
Logicamente c’era anche chi, dimenticando l’assenza della propria compagna di banco nonché costante fonte di salvezza durante l’ora di pozioni alias Lily Evans, non degnava di uno sguardo la professoressa e si faceva placidamente i fatti suoi.
- Signorina Montgomery, considerata la sua scarsa attitudine nel preparare pozioni credo potrebbe come minimo tentare di prestare attenzione! -
- Scusi prof – celiò Alice masticando allegramente l’ennesimo chewingum rosa fucsia e continuando imperterrita a scarabocchiare sul banco.
Lo sguardo della Barners scivolò velocemente dal viso di Alice verso il posto vuoto al suo fianco.
Le iridi scure dell’insegnante scintillarono di soddisfazione repressa: tra lei e Lily, i rapporti non erano mai stati prettamente idilliaci.
Un ghigno di trionfo le si dipinse sul viso. – Dov’è la signorina Evans? – chiese con finta noncuranza.
Alice guardò Alexia, seduta poco lontano, e sorrise angelicamente – Questa mattina si è sentita poco bene e ha preferito rimanere a letto. –
La bionda socchiuse gli occhi turchesi e scosse la testa con rassegnazione: quella non era una scusa… era una provocazione!
L’insegnante fece una risata acida e iniziò a girovagare per i banchi gesticolando come una pazza. – A quanto pare la nostra cara Grifondoro si reputa tanto capace da poter addirittura saltare le lezioni… Ma il talento non è tutto ragazzi miei… non è tutto! Conta anche la perseveranza e l’umiltà, non dimenticatelo…! –
- Ho detto che sta male. – Alice, leggermente infastidita, fece pigramente scoppiare la gomma da masticare.
Che alla professoressa non fosse mai andata giù Lily poiché riusciva a consegnarle una pozione perfettamente riuscita al termine di un’ora di chiacchiere, era un fatto risaputo all’interno di tutta la scuola, ma la situazione era andata degenerando quando la Barners e la sua miglior allieva si erano trovate in disaccordo sulla dosatura di un ingrediente necessario ad una pozione molto complicata. Dalla disputa era nata una scommessa, e quando in seguito ad essa la professoressa aveva dovuto ammettere dinnanzi ad una intera classe di avere torto, del rapporto di sana ed onesta competizione che vigeva tra le due non era rimasto più nulla.
- E lei chi è, signorina Montgomery, il suo avvocato difensore? -
Alice vide con la coda dell’occhio Alexia dimenarsi inquieta sulla seggiola, si impose la calma. - No, ma -
Un discreto bussare troncò sul nascere quella che si prospettava come un’infuocata discussione.
- Avanti! – abbaiò l’insegnante.
Lily Evans, sbalordendo un po’ tutti, sfilò tra i banchi giocherellando con i polsini di una camicia per lei troppo grande di varie misure.
- Scusi per il ritardo. – sibilò snervata mentre si dirigeva al suo calderone.
Eglantina Barners, deliziata dalla possibilità più unica che rara di prendersi la sua vendetta, le si parò davanti ostruendole il cammino. - La lezione è iniziata oltre quindici minuti fa. –
- Lo so. – acconsentì la ragazza, tutta concentrata a schivare gli sguardi di un certo Corvonero con cui non aveva ancora avuto l’occasione di chiarirsi.
- E allora come giustifica questo ritardo? -
- Hem… beh, io… - la rossa, spaesata, alzò gli occhi fino a quel momento occupati in un’attenta analisi del pavimento. – Io avevo un forte mal di testa. -
Oltre le spalle dell’insegnante Alexia lasciò cadere la testa in avanti, allibita dall’incapacità delle compagne. Il suo compagno di banco, un ragazzo di straordinaria bellezza, si chinò per sussurrarle qualcosa all’orecchio. La bionda venne scossa da un attacco di risa, il ragazzo, invece, alzò gli occhi verso l’oggetto del petulante bisbiglio che aleggiava per l’aula.
E Lily percepì un brivido scivolarle lungo la schiena mentre quelle iridi magenta che tanto aveva amato tornarono ad abbracciarla quasi possessive. Ferocemente ironiche si soffermarono sulla sua camicia, la Grifondoro lo vide inarcare un sopracciglio.
Dannazione… aveva bisogno di sedersi.
La Barners assunse un’espressione perplessa. - Un forte mal di testa? –
La Evans, totalmente rapita da qualcosa che non aveva nulla a che vedere con il senso di colpa per un misero ritardo, si riscosse. - Sì, fortissimo. Poi però ho pensato: non posso permettermi di saltare un’ora di pozioni, mi sono vestita ed eccomi qua. – concluse decisa.
- Il mal di testa deve averla confusa cara. -
Quel cara suonò tanto ridicolo che stavolta toccò a Lily inarcare un sopracciglio perplessa.
- Ha accidentalmente indossato la camicia del signor Potter stamani. -
La rossa soffocò un’imprecazione e si dilungò in un sorriso velenoso.
La Campbell, facendo leva sulle zampe posteriori della seggiola si dondolò all’indietro quel tanto che bastava per riuscire a confabulare con Alice che, indignata per la sfacciataggine dell’insegnante, sembrava sul punto di vomitare un fiume di lava.
- Non capisco come le sia potuta venire una idea tanto sciocca: questa camicia è mia. -
Le zampe metalliche, come prevedibile, scivolarono sul selciato del pavimento e fecero fare a quella che era stata affettuosamente ribattezzata come l’angelo dei Grifondoro, un volo vertiginoso. L’impatto col suolo le fu evitato da un allenatissimo compagno di banco che tuffandosi la cinse per la vita giusto in tempo, mentre la Montgomery, che sporgendosi prontamente in avanti era riuscita ad afferrarle giusto un lembo della camicia, non ottenne altri risultati che quello di spogliarla un pò.
La Barners, ignara del pandemonio che si era scatenato alle sua spalle, continuò imperterrita. - Sì, certo. Come dimostrano il taglio maschile, lo stemma di Grifondoro e le due scope incrociate sulla spalla. Se non sbaglio questo simbolo è ricamato unicamente sulle divise dei capitani di Quidditch… non sapevo lei praticasse questo sport. -
Lily, pur essendo molto concentrata a darsi mentalmente della stupida, non poté fare a meno di chiedersi cosa diavolo stessero combinando quei tre là dietro.
Alexia, aggrappandosi al torace dell’amico, si stava giusto rimettendo in piedi quando, annunciato solo da un attimo di casuale silenzio, giunse il colpo di grazia.
- Ma guardi che coincidenza, signorina Evans. Anche il signor Potter è assente, oggi. Non stento a credere che soffriate entrambi di mal di testa se la notte fate altro… - un’occhiata malefica sottolineò l’ultima affermazione.
Risatine chiocce echeggiarono per l’aula, Lily arrossì impercettibilmente e rispose con freddezza. - Non capisco cosa voglia insinuare. –
- Assolutamente nulla. –
- Bene. -
- 50 punti in meno per Grifondoro. -
- Cosa?! Perché?! – allibì la ragazza sconcertata.
- è arrivata in ritardo alla mia lezione e adesso disturba lo svolgimento della stessa, la prego di sedersi o sarò costretta ad assegnarle una punizione. -
E se anche Lorelay Ginsberg e Nina Franklin, sedute poco più in là spalancarono le fauci, furiose per l’ingiustizia subita, dal banco di Sirius Black, situato in fondo alla classe, e da quello di Alice Montgomery, posizionato molto più avanti, si scatenò un vero e proprio putiferio.
Lily, fumante per la rabbia e l’umiliazione, sedette accanto ad Alice e, quando pochi minuti dopo, Andrew Redgrave, suo ex ragazzo nonché capitano della squadra di Quiditch blu-argento, si volse sorridendo palesemente non poté fare a meno di schioccare la lingua, furente. - Si può sapere cosa diavolo te la ghigni? – ringhiò.
- No, no… niente. Solo che… no. Nulla. Lascia perdere. - rispose quello, ammiccante.
- Drew! – gemette lei esasperata. – Solo che… cosa? -
- Beh… - il Corvonero si allentò il nodo della cravatta con dita abili. - Una notte con Potter non li vale 50 punti? – celiò sarcastico.
La rossa lo mandò molto elegantemente al diavolo.
- No, dico sul serio, dunque non è tutto questo granché che si vocifera… non hai neanche l’aria rilassata, guarda! – persistette caparbiamente il moro.
- Ahahah, molto divertente… ma adesso ti consiglio di voltarti e lavorare alla tua pozione perché il tuo ego per quanto sproporzionatamente grande non può farcela da solo… -
- Okaaaay. – Il ragazzo si volse svogliatamente. – Comunque, la prossima volta che hai bisogno di una camicia vieni a chiederla a me. E non a quell’idiota. Ti attirerai addosso meno malelingue, fidati. -
La Evans sorrise e seppur inconsciamente tirò un sospiro di sollievo, riscoprendo il piacere di condurre con lui una normale conversazione. Dispose gli ingredienti necessari in fila sul banco. - Non ci conterei considerando il tuo stuolo di ammiratrici, ma lo terrò presente. Grazie. -
- Prego. – la rimbeccò lui, ben attento a mantenere un atteggiamento spensierato. - E affinché tu lo sappia, – soffiò un attimo prima di mettersi definitivamente al lavoro – ho trascorso una splendida estate. -
Più chiaro di così si muore, pensò la Grifondoro avvertendo un fastidioso e quantomai indesiderato nodo stringerle la gola.
- A-anch’io. – sentenziò con voce sottile, e alzò a barriera tra lei e quelle brucianti iridi rosso rubino il voluminoso tomo di pozioni.
Lui stava bene. Era questo che aveva voluto comunicarle.

L’estate aveva lenito tutte le ferite.
Per quanto ne sapeva lei, Andrew aveva trascorso svariate settimane nella villa al mare degli Edenbrought, una delle più ricche famiglie di maghi purosangue di tutto il Regno Unito. E lì, assieme ad Eric Brandon figlio di primo matrimonio dell’attuale signora Edenbrought e a Duncan Switford, altro Corvonero del settimo, forse oltre alle giuste onde per surfare aveva trovato anche qualche dolce ragazza pronta a confortarlo.
La sola immagine di una mora tutta curve protesa nell’atto di baciarlo fece scattare alla Evans il feroce desiderio di sapere.
Decisa ad informarsi si volse verso Alice. – Ali, per caso –
- No. – la mora pescò dall’astuccio in cotone verde bottiglia un burro di cacao alla pesca e se lo passò sulle labbra arricciate.
- Volevo sapere se tu -
- No. -
- Non ti ho neanche detto cosa… -
- No. -
- E lui -
- No. -
- Però se ci pensi -
- Lil smetti. – Alice accavallò le gambe e la fissò con i suoi immensi occhi color miele. - Non te lo dico. -
- Quindi ammetti di saperlo! – trionfò la Evans, per avvertire immediatamente dopo, uno spiacevole senso di vuoto allo stomaco.
Dunque c’era realmente qualcosa da sapere.

- Ti sta veramente bene questa camicia. – le si ritorse contro la Montgomery, velenosa.
Lily incrociò le braccia sotto al petto e si lasciò scivolare un po’ più giù lungo la sedia. – Ali, cerca di capire… – supplicò sottovoce - io devo saperlo. -
- Tu non devi sapere proprio nulla, tesoro. Questa è la sua vita, sono affari suoi. Tra l’altro, se proprio vogliamo stare qui a cavillare, la parte offesa in tutta questa faccenda non sei di certo tu. -
La rossa afferrò il coltello a mezzaluna e prese a tritare un fascio ti trifoglio con precisione millimetrica. – Non vedo cosa ci sia di male a passarmi qualche informazione… - borbottò sulla difensiva. - Dopo tutto la mia è pura e semplice curiosità! –
La Barners, avvicinatasi di soppiatto, le artigliò una spalla con le lunghe dita pallide. – Durante le mie lezioni esigo il più completo silenzio, signorina Evans… forse lo ha dimenticato. – sibilò duramente.
Lily ammutolì e accolse con una smorfia il solidale sorriso che Lorelay Ginsberg le rivolse pochi secondi più tardi. La moretta, le cui curve mozzafiato erano evidenziate da una aderente camicetta con ricamato lo stemma dei grifoni, ridendo della sua espressione e le mandò un bacio.
Al suo fianco, Nina Franklin si scompigliò distrattamente il lucente caschetto castano scuro e le strizzò un occhio con fare sbarazzino.
Lily fece cadere nel calderone due misure di una odorosa misture di spezie e afferrò il polso ad Alice per impedirle di aggiungere per la terza volte lo stesso ingrediente nella pozione, senza una parola abbassò la fiamma che ardeva sotto al paiolo dell’amica e ne diluì il contenuto con mezzo litro di acqua distillata.
- Riparti dal terzo passaggio e non mescolare in senso antiorario la pozione quando aggiungi la milza di gatto. – ordinò semplicemente.
La Montgomery tamburellò con le unghie quadrate sul bordo del tavolo, giocherellò con il prezioso medaglione intarsiato che le pendeva tra i seni, sfogliò il libro con aria svogliata e infine cedette.
- Dunque… - mormorò contrariata - eccetto forse una mezza tresca con una babbana in discoteca, e anche su quella io e Cleo nutriamo forti dubbi, posso assicurarti che non ha avuto nessuna cotta relazione o storiella. Contenta adesso? –
Lily nel sentire il nome di Cleopatra Edenbrought, una Grifondoro del quinto anno che in quanto a pedigree poteva competere con Lucius Malfoy in persona, inarcò le labbra in un leggero ghigno.
Simile a una regina sia per aspetto che per sangue, Cleo era la sorellastra di Eric Brandon, nata dal secondo matrimonio della madre Ambra McGregor con il Duca Leonard Edenbrought.
- Lil, allora? – Alice scrutò l’amica impensierita. Quel prolungato silenzio non era affatto un buon segno.
- Beh… va bene. Voglio dire: non era quello che mi aspettavo ma va bene. D’altronde anche se non mi andasse bene cosa…? Insomma, noi ci siamo lasciati quindi questa è la sua vita… come hai detto tu sono unicamente affari suoi, ecco. Cioè, io non credo dovrei… no? – La Evans, con le gote adorabilmente arrossate, sull’onda di una istantanea follia componeva frasi senza alcuna logica.
- D’accordo. – assentì la Montgomery frenando quel fiume di parole appena sussurrate. – Ma tu cosa ne pensi? -
Lily, desolata, si strinse nelle spalle. – Non so… - riuscì infine a sillabare. – Il fatto che non abbia avuto bisogno di distrazioni per dimenticarmi dovrebbe farmi piacere? –
Un libro dalla mole impressionante fu violentemente sbattuto contro la cattedra. – Montgomery ed Evans, tacete! Non vorrei essere costretta a infierire sullo già scarso punteggio dei Grifondoro per colpa vostra. –
Alexia si volse e fulminò le due amiche con uno sguardo che non ammetteva repliche. Un dito prepotentemente premuto conto le labbra rosee.
- Ma non è giusto! Stanno parlando tutti, perché proprio noi… - protestò Lily al chiaro segno di avvertimento.
La bionda la incenerì. – Non posso fare miracoli e recuperare alle partite di campionato tutti i punti che voi due ci fate perdere. Quindi datevi una regolata e fate silenzio, sono stata chiara? -
- Cristallina. – assentì Alice con uno sbuffo.
La Campbell non riuscì a nascondere un piccolo ghigno. – E su con la vita ragazze… è solo il primo giorno! –
- Ricordami di proporre un brindisi, stasera a cena. – fu il sarcastico commento della Evans.
Un fastidioso colpetto di tosse richiamò nuovamente all’ordine le tre Grifondoro.
- Quando torna Lumacorno? – bisbigliò Alexia, esasperata, prima di tornare alla sua pozione.
- Si è rifiutata di dircelo. – la informò Alice con voce funerea.
- Fantastico. – la rossa afferrò un pestello di legno e si mise pestare un’ambigua ghiaia verde menta con insolito accanimento.
La sua giornata sembrava peggiorare di minuto in minuto.


- Felpato! Cazzo, Sirius! -
Black, con aria perennemente annoiata, estrasse dalla tasca dei pantaloni un piccolo specchietto rettangolare sulla cui superficie, invece di vedere riflessa la sua immagine, si stagliavano nitidamente due affascinanti occhi color nocciola.
- Che vuoi Ramoso? -
- Alla buon ora perdente… -
- Taglia corto Jamie che la tua ragazza ha appena fatto incazzare la Barners. Lunastorta, da bravo bastardo, si è seduto accanto alla bionda e io sto in banco con Pet, che fa un casino dopo l’altro. Mi esploderà il calderone in faccia, me lo sento. Oggi è la volta buona. -
- Perfetto, questa si che è un’idea geniale. Da una mano a Pet, non che ne abbia bisogno certo, ma per sicurezza… fate un pandemonio, rapisc Alexia e portamela qui. -
Black prestò maggiore attenzione allo specchietto - Ma hai bevuto? – domandò vagamente accigliato.
Le iridi, baluginanti di un luccichio dorato, si assottigliarono. - Felpato, non fare il cretino e svegliati! Sono incappato in un incantesimo di protezione e ho un braccio fuori servizio, mi fa un male cane. -
- Demente. – commentò Sirius con la sua solita flemma. - Dove sei? -
- Vicino alle cucine, sotto il quadro dell’Ungaro Spinato. Ho il mantello. -
- Okay, arriviamo. Ma sei sicura che della Campbell ci si possa fidare? -
- Garantisco io per lei, e poi ha un vero talento negli incantesimi di guarigione, sarà perché cade sempre… - la voce di Potter risultava affannata, Sirius, pur non dandolo a vedere, si preoccupò.
- Cinque minuti e siamo da te. -
- Sbrigatevi. -
- Va bene, tu piuttosto stai buonino okay? -
- Sì mamma. -
- Ciao Ramoso. –
- Cià. -
Black sospirò e con un basso fischio richiamò l’attenzione di Lunastorta, seduto poco più in là con una graziosa Corvonero, e quando quello giunse al loro banco con la scusa di chiedere in prestito un’ampolla in cristallo di rocca, disse semplicemente - Ragazzi, abbiamo un problema. –
- Il nostro piano ha un problema o James ha un problema? – indagò Remus con il solito sangue freddo.
- Jamie. –
- Hn. – Remus si passò una mano tra i morbidi capelli biondo cenere.
- Preparo l’esplosivo. – borbottò Sirius iniziando a frugare nelle tasche del suo mantello.
- Non ce n’è bisogno Felpato, basterò far scivolare un altro po’ di trifoglio nel calderone di qualche malcapitato – osservò Lupin tristemente.
- Già. -
- Su chi cade il dito? -
I tre si guardarono e istintivamente volsero contemporaneamente il capo verso Louis Clark, un Corvonero di tale supponenza da risultare odioso perfino a Lunastorta.
Era ora di rovinare la sua media in pozioni…


- Ale, c’è Black che ti fa strane smorfie dall’altra parte dell’aula. -
La biondina senza alzare gli occhi dal libro di pozioni replicò tranquillamente- Drew, dietro di te c’è un vermicolo che vola. -
- Ahahah. Molto spiritosa… guarda che non stavo scherzando. -
Alexia seguì con gli occhi turchesi lo sguardo dell’amico e dovette ammettere che Sirius gesticolava animatamente nella sua direzione.
- Non credo dica a me… - obbiettò perplessa.
- Ci sono molte più possibilità che dica a te piuttosto che dica a me. -
- Si, in effetti… - la Grifondoro scoppiò in una risata cristallina e tornò a dedicare ogni attenzione alla sua pozione, che aveva assunto una delicato color lilla quando invece avrebbe dovuto essere verde menta.
- Che fai, non gli rispondi? -
- Non capisco cosa mi sta dicendo! -
Andrew si sistemò meglio gli occhiali sul naso e assottigliò le iridi magenta – Sembra stia mimando un uomo steso a terra… sei andata a letto con lui? –
La Campbell lo squadrò come se fosse in pensiero per la sua salute mentale.
Gli occhi porpora ardevano secondo la norma, i capelli color carbone non coprivano una fronte sudata e dietro gli occhiali dalla montatura sottile non si nascondeva ombra di febbre.
Nessun segno di malessere.
Nessuna anomalia.
Peccato.
- Ma stai scherzando? - domandò infine allibita.
- Significa no? -
- Ovviamente. Ma come ti vengono certe idee? – La biondina si passò un mano sulla fronte accaldata e tentò di accostare i lembi della camicetta a cui, dopo il placcaggio della Montgomery, erano rimasti attaccati sì e no tre bottoni.
- Saranno gli effluvi di questa roba malefica… -
Alexia, anche se poco convinta, evitò di insistere.
- Drew, c’è Clark mi guarda insistentemente nella scollatura, secondo te dovrei chiedere a Lily di avvelenarlo? – domandò con un’indifferenza che però non si estese agli occhi, cristallizzati dalla crescente irritazione.
Andrew con un movimento quasi impercettibile contrasse la mascella. – Se vuoi lo sfido a duello per difendere il tuo onore. – propose con un tono tale da non lasciar intuire se stesse scherzando o meno.
- Grazie per l’offerta ma evitiamo inutili spargimenti di sangue… - celiò divertita la bionda. – Però vorrei davvero che la smettesse, - aggiunse dopo un poco. - avere il suo sguardo sempre addosso mi mette in difficoltà… guarda che schifo di pozione mi sta venendo! – gemette infine, cercando di alleggerire il tono della conversazione.
Il Corvonero parve comprendere le sue intenzioni perché rispose a tono e senza la minima esitazione. – Eh no, carina! Troppo facile rifartela con lui, adesso…! Se la tua pozione fa pena e solo e unicamente perché, diciamocelo, sei abbastanza scarsa… -
La Grifondoro, incredula, si fece avanti fintamente minacciosa. – Io sarei scarsa? Scarsa? Ma stai zitto Redgrave che l’anno scorso per poco non mi avvelenavi con quella pozione rigenerante… -
Andrew prima di replicare incassò il colpo con una smorfia. Il ricordo non era dei più piacevoli.
- Beh, io non avrei dovuto farti una pozione rigenerante se tu non ti fossi fatta mordere da un libro preso in una sezione dove, guarda caso, non dovevi andare a ficcanasare! – il moro ghignò vittorioso.
- Stupido corvaccio gonfiato… - inveì la Campbell iniziando a tempestarlo di piccoli pugni, lui ridendo le bloccò le mani dietro alla schiena e nel tentativo di immobilizzarla se le schiacciò accidentalmente addosso.
- Primo lato positivo dell’essere tornato single: poter godere delle bellezze della vita senza soffrire per i senso di colpa… - sussurrò malizioso, buttando un occhio tra i loro corpi congiunti, dove a causa della breve lotta, la già danneggiata camicia della Grifondoro si era quasi totalmente aperta.
Alexia, arrossendo adorabilmente, lo spinse indietro e tornò seduta sulla sua sedia, le braccia conserte e il respiro affannato. – Porco. – sentenziò con un sorrisetto sulle labbra.

Il diretto interessato mise il broncio. – Se te ne vai in giro mezza nuda non puoi pretendere che nessuno lo noti. – osservò saggiamente.
- Chiedo scusa, signor Redgrave. Non intendevo farle perdere la testa con il mio irresistibile fascino… Le prometto che da domani indosserò un saio in tela di sacco per evitarle altre spiacevoli tentazioni! – frecciò la bionda con voce fintamente sottomessa.
Andrew ghignò e le scompigliò i riccioli in un gesto affettuoso. – Oh, non sarà un saio a frenare le mia brame… Il mio desiderio per te va ben oltre l’umana concezione mia diletta e io ahio! – sussultò piegandosi in avanti, un po’ per le risate, un po’ per la micidiale gomitata che la sua compagna gli aveva appena assestato.
- Sta un po’ zitto Drew… Se ciarli non riesco a concentrarmi! -
- Tiranna. – si lamentò il Corvonero, tornando anche lui chino sul libro di pozioni.
Lei sorrise e gli schioccò un bacio sulla guancia a mò di scuse.
Ma il silenzio fu terribilmente breve.
- Non so se presa come sei dai tuoi futuri programmi da monaca possa interessarti, ma sembra che Black stia mimando un’esplosione. – ironizzò il moro con sagacia.
In effetti, Sirius chiudeva le mani a pugno e le riapriva di scatto.
Il Corvonero e la Grifondoro si guardarono, confusi. Black, a cui era rimasto un minimo di dignità, smise di mimare soggetti improbabili e decise di aguzzare l’ingegno, come lo chiamava Remus.
Due minuti dopo la “bionda” vicino cui era seduto Lupin si presentò infatti al banco della Campbell in ruolo di ambasciatrice. La ragazza, che poi bionda non era ma aveva i capelli di una deliziosa tonalità caramello, finse di fermarsi a domandare qualche informazione ad Andrew e lasciò cadere sul libro della Grifondoro un minuscolo bigliettino.
- Non ho idea di cosa diavolo stiate architettando, voi Grifondoro, ma vi consiglio di fare attenzione… la professoressa non sembra dell’umore per una delle vostre bravate. – osservò con gentilezza.
Alexia annuì, intimamente d’accordo con lei, e rivolse un’occhiata sospettosa al foglietto incriminato poi, sospirando, lo aprì.
- Che succede? – si informò Andrew dopo qualche secondo.
- James ha un problema. – La bionda scrollò le esili spalle e assunse un’espressione preoccupata.
- Che novità! – commentò cinicamente Andrew. Non aveva mai provato un’eccessiva simpatia per Potter e l’atteggiamento che questo aveva nei confronti di Alexia lo metteva ancor meno a suo agio. Il Grifondoro, sembrava infatti adorarla e in molte occasioni aveva dimostrato di pendere letteralmente dalle sue labbra.
- Vado da lui. – soggiunse la Campbell come se non fosse già perfettamente chiaro.
- Hn. – fu l’apatica replica.
- Proprio non lo tolleri, vero? – domandò la biondina ridendo.
Il Corvonero glissò abilmente – E con lui? –
- Cosa? -
- Con lui ci sei andata a letto? -
Il povero ragazzo ricevette il tomo di pozioni in testa. – Significa sì? – persistette caparbio, nonostante la riluttanza che l’amica mostrava nel trattare certi argomenti con lui.
- Significa non sono affari tuoi! – fu la vivace risposta della Grifondoro.
- Ti prego! Rispondimi e ti lascio in pace. – Supplicò il moro scendendo a compromessi.
- Tanto mi lasci in pace comunque Drew, perché adesso me ne vado... -
- Strega! -
- Ficcanaso! -
Un boato fragoroso fece tremare l’aula: una delle pozioni era casualmente esplosa e aveva prodotto una densa cortina di fumo verdastro. La biondina ebbe una veloce visione di Lily che con un principio di isteria osservava la sua pozione semplicemente perfetta tracciare rigagnoli irregolari sul pavimento di pietra. L’onda d’urto prodotta dall’esplosione, aveva infatti fatto si che molti altri calderoni si rovesciassero.
Alexia afferrò la bacchetta e si diresse verso la porta - Comunque no. – sibilò prima di allontanarsi.
- Hn? –
- Non ci sono andata a letto. –
Andrew le regalò uno sfavillante sorriso.


Alexia e Sirius corsero a perdifiato verso i sotterranei. La ragazza non aveva la minima idea di dove fossero diretti, ma evitò di fare domande. Black apprezzo infinitamente la cortesia e, a sua volta, le impedì di rompersi l’osso del collo in svariate occasioni.
I due arrivarono a destinazione che praticamente si tenevano per mano tanta era stata la paura che Sirius aveva avuto quando, per l’ennesima volta, la bionda era scivolata per le scale.
- Il posto dovrebbe essere questo. – commentò Felpato giunti in prossimità del quadro indicato, una mano affusolata salì a scansare lunghi capelli corvini dal volto.
- Io non vedo nessuno. – osservò la Grifondoro perplessa.
Il ragazzo ghignò e con somma soddisfazione scoprì James, seduto spalle al muro sul pavimento.
Potter, nonostante avesse sul volto una maschera di sofferenza esibì il suo solito sorriso strafottente e salutò con un cenno del capo la Campbell. Alexia, dal canto suo, si inginocchiò anch’essa sul pavimento e lasciò scivolare tra le dita tremanti la stoffa serica e traslucida del mantello dell’invisibilità, poi alzò gli occhi su Black in una espressione di muto stupore. Lui, si strinse nelle spalle con fare indifferente.
- è mio. – intervenne James.
Lei lo guardò ammirata. – Ora mi spiego molte cose. -
- Non stento a immaginarlo. – fu la sarcastica risposta.
Potter e Black si scambiarono uno sguardo carico di apprensione.
- Manterrai il segreto, vero? -
- Certo. – si indignò la ragazza, poi afferrò con gentilezza il braccio interessato e aprì il fazzoletto in cui era avvolto. Un’ampia porzione dell’avambraccio era come ustionata e a tratti si intravedeva la carne viva pulsare tra le piaghe.
- Non te lo posso guarire del tutto. – costatò la biondina dopo qualche istante di attenta analisi.
- Fai quel che puoi… – mormorò Potter reprimendo a mala pena una smorfia di dolore. Alexia sfoderò la bacchetta e si mise all’opera.


La pozione AcquaLinda, oltre ad essere fondamentalmente inutile e complicata poiché rimpiazzata ormai da molti anni con molteplici incantesimi, si era rivelata anche considerevolmente orticante. Dopo l’esplosione,la professoressa Barners aveva insistito affinché l’intera classe fosse deportata in infermeria per accertamenti medici. I ragazzi, si trovavano dunque nell’asettica camerata in cui Madama Chips regnava sovrana, e scalpitavano per essere rilasciati. Al di là di ogni possibile previsione, infatti, nessuno aveva riportato lesioni superiori a qualche graffio.
Remus Lupin sorrise all’incredulità della premurosa infermiera. Se non avesse eretto a difesa dei suoi compagni una barriera sufficientemente labile da essere trasparente ma abbastanza potente da deviare le schegge più grandi, non aveva idea di quali sarebbero stati risultati del loro innocente scherzetto.
- Tutto bene? – domandò Lily apparendogli improvvisamente a fianco.
- è solo un graffio. – si schernì il biondo.
Lei si alzò sulle punte dei piedi per esaminare meglio il lungo taglio che il ragazzo esibiva sulla fronte.
- Sembra profondo – obbiettò poco convinta.
Lupin si strinse nelle spalle – Non credo lo sia. –
- Okay. Senti, hai visto Alexia? Non la trovo da nessuna parte e non vorrei fosse rimasta sepolta sotto le macerie di qualche calderone… - la ragazza si guardò attorno – Forse è il caso che chieda alla professoressa di mandare qualcuno a cercarla. -
- Nonono! Non ce n’è bisogno, è che lei… lei si beh, vedi lei… -
La Evans assunse un cipiglio aggressivo che dissuase immediatamente il ragazzo dal raccontarle qualche frottola.
Poco dopo…
- Quindi tutto questo lo avete organizzato voi? -
- Hem…sì. -
- Per permettere ad Alexia di andare da Potter. -
- Già. -
- Che si è fatto male nell’organizzare uno delle vostre solite stupidate. -
- Esatto. -
- E lei ha accettato? -
- Senza fare una piega. – asserì Lupin.
Il che era vero.
La Grifondoro rimase in silenzio per qualche secondo, poi si sporse nuovamente in avanti e tamponò la ferita del ragazzo con la manica della camicia. – Stai perdendo parecchio sangue. – osservò tranquillamente.
- Non sei arrabbiata? – domandò lui.
- Dovrei esserlo? La Barners è uscita da questa simpatica avventura mezza traumatizzata… – Lily volse uno sguardo carico di odio verso l’insegnante che con aria sconvolta sorseggiava una tisana caritatevolmente offertale dall’infermiera – Avete tutta la mia approvazione. – concluse, ghignando con perfidia.
- Pensavo mi avresti urlato contro. - ammise Lupin, mostrandosi tutto sommato abbastanza sollevato.
La ragazza sorrise per venire poi travolta da una Madama Chips super affaccendata che le mollò in mano un’ampolla di disinfettante e un fazzoletto pulito con l’incarico di medicare la fronte del compagno.
I due si guardarono imbarazzati.


- Come va? – domandò Alexia tutta titubante.
Un sordo mugolio le giunse come risposta.
- Senti, io non sono una Medimaga! Questa è una lesione da incantesimo piuttosto avanzata e… sì, beh, io non credo di essere capace! Poi ho paura di farti male e -
- Tanto peggio di così non potrei stare, quindi sbizzarrisciti quanto vuoi Alex… - biascicò il paziente con aria melodrammatica.
- Tu si che sai incoraggiare le persone Ramoso! -
Un simpatico gestaccio fu un commento più che sufficiente alle uscite assai poco produttive di Sirius.
- Guarda che io dico sul serio, credo faresti meglio ad andare da Madama Chips, James. -
- Non ci penso nemmeno, piuttosto il braccio me lo taglio. -
- Non ti sembra una soluzione un po’ drastica? – tentò la biondina scansandosi i boccoli color grano dal viso.
- No. -
Alexia, esasperata, inspirò a fondo. Quei due si comportavano come se avessero avuto quattro anni e da quando si era messa all’opera non avevano fatto che stuzzicarsi a vicenda.
- Fenomeno, lo sai che hai dei capelli stupendi? – cincischiò James iniziando ad accarezzarle la chioma con la mano sana.
La ragazza, preoccupata, gli portò un palmo alla fronte per controllare se avesse la febbre. – Ma che fa, delira? – domandò infine a Black.
- Nono, è cosciente. – la rassicurò lui con un ghigno.
- Sto bene! – si indignò anche il diretto interessato.
- È che hai un comportamento un po’ insolito… -
- Solo perché ti dico che hai dei bei capelli? -
- No, è che – tentò Alexia, colta di sorpresa.
- Sir, vero che ha dei bei capelli? -
- Bellissimi. – confermò quello per nulla imbarazzato.
- Ah, allora grazie. – concluse la Grifondoro vagamente perplessa, mentre con una mano cercava a tentoni una delle tante garze che aveva fatto apparire dal nulla assieme agli altri medicinali. La mano sinistra di Potter continuava a giocherellare con i suoi riccioli in maniera tutt’altro che spiacevole.
- Ti da fastidio? – domandò lui alludendo alle coccole inaspettate.
- Figurati… - lo rassicurò la biondina, presa da tutt’altre faccende.
Poi, con la maggior delicatezza possibile, cosparse di un unguento azzurrino la ferita e prese a tracciarci sopra un complesso disegno arzigogolato con la punta della bacchetta. Il trattamento sembrò sortire l’effetto desiderato perché dopo pochi secondi le piaghe si ridistesero e la pelle rimase semplicemente molto arrossata.
- Fa ancora tanto male? -
- No, ora è sopportabile. Grazie mille Alex. – disse James sfoderando un sorriso radioso.
- Questa sera se vieni da me ti cambio le fasciature okay? -
- Ti amo. – dichiarò lui baciandole la fronte e giurandole eterna riconoscenza.
- Le fedi ve le scambiate dopo ragazzi, perché noi due se non ci sbrighiamo avremo un sacco di guai con la Barners… - osservò Black, afferrando Alexia per un braccio e tirandola in piedi.
- Hai ragione, meglio che andiamo. -
- Jamie, prendiamo il mantello. -
- Cosa? Non se ne parla nemmeno! Io ne ho molto più bisogno di voi!- ringhiò Potter lasciando il ruolo da malato per riappropriarsi in un baleno di quello da Malandrino.
- Non ci sono “ma” che tengano, Ramoso. La tua futura sposa un giro col mantello se l’è proprio meritato e poi non eri tu l’amante del rischio? –
Alexia fece gli occhi dolci e iniziò a sbattere le ciglia alla maniera di un cucciolo spaurito. L’idea di fare un giro col mantello la attirava tantissimo.
Potter non poté fare a meno di cedere alla sue smancerie. - Ruffiana. – commentò però con un certo risentimento.
- Grazie – cinguettò la Grifondoro tutta eccitata.
- Ci vediamo dopo Ramoso. – mormorò invece Black, e i due sparirono.


Remus Lupin, con santa pazienza e cheta rassegnazione giaceva seduto su uno dei tanti lettini. Davanti a lui, Lily Evans brandiva un flacone di disinfettante e con incredibile dolcezza adempiva al compito che le era stato assegnato.
Ad un paio di letti di distanza, Andrew Redgrave, scarmigliato e di pessimo umore, cercava disperatamente di capire da dove diavolo fossero spuntate quella dozzina di oche che lo teneva inchiodato sul lettino e quasi lo soffocavano.
A meno che non si sbagliasse di grosso, nessuna di loro dimostrava neanche lontanamente diciassette anni e quindi si era trovata coinvolta in quello spiacevole quanto artificioso incidente. Inoltre, sembravano tutte godere di ottima salute.
Dunque la domanda era: cosa cazzo ci facevano in infermeria? E perché non lo lasciavano in pace?
Seduta sulle ginocchia di Eric Brandon, Alice osservava la scena ghignando.
- Mi ero dimenticato l’effetto che fa vederlo attorniato da ragazzine. – costatò il moro assottigliando le vellutate iridi blu oceano. Il suo profilo, pallido ed aristocratico, si stagliava conto il cielo bigio in un misto di eleganza e malinconia.
- Credo che anche lui sia stato preso un po’ in contropiede, sai? – ironizzò sottilmente la Montgomery.
Eric rise e le passò un braccio attorno alla vita. – Tempo due giorni e il suo rinnovato ruolo di Spezzacuori non gli andrà più stretto, vedrai… tornerà tutto come ai vecchi tempi. -
- I vecchi tempi… Chiamami cinica Eric, ma ho come l’impressione che questo sarà un anno di fuoco. I vecchi tempi sono morti e sepolti. Non c’è più spazio per loro. – Alice abbassò gli occhi e si irrigidì, in attesa di una sua reazione.
Il Corvonero rimase in silenzio per qualche minuto. – Forse hai ragione, - assentì infine. – ma questo non vuol dire che io sia d’accordo con te. – specificò furbamente.
La ragazza sorrise, soddisfatta dalla risposta. – Devo ammettere che questo mi rincuora, Eric. – ammise con dolcezza.
- Sì? – Il moro si sporse oltre la sua spalla per guardarla in viso.
Alice intravide la curiosità sulla sua bocca carnosa appena arricciata.
- Sì, perché se tu fossi d’accordo con me questo vorrebbe dire che ho irrimediabilmente ragione. -
Per un attimo i loro sguardi rimasero saldamente allacciati, poi il Corvonero le prese una mano e la intrecciò con la sua.
La Montgomery lo lasciò fare per sussultare subito dopo. – Hem… Eric, tu e Cinzia siete ancora…? –
- Se stiamo ancora insieme? No, ci siamo lasciati quest’estate, niente paura! – Eric rise nel vedere la sua espressione terrorizzata sciogliersi poco alla volta.
Cinzia Thompson, era stata la ragazza di Eric per la bellezza di sette mesi, l’anno precedente. Periodo di tempo durante il quale la cara ragazza aveva attentamente provveduto a seminare il panico tra tutte le rappresentanti di sesso femminile che osavano anche solo rivolgere la parola al bel Corvonero.
Le sue assurde scenate di gelosia, avevano causato più di una crisi isterica e spinto innumerevoli ragazzine sull’orlo di un pianto dirotto.
Alice, persa nei ricordi, socchiuse gli occhi e si lasciò cullare dal tranquillo caos dell’infermeria.
Sarebbe successo qualcosa, ne era certa. Ma per il momento, non poteva far altro che aspettare.
Nel frattempo, Lily e Remus si erano immersi in una tranquilla conversazione. Lupin stava giusto spiegando alla Grifondoro come i risultati dei suoi esperimenti lo avevano condotto a un metodo estremamente facile per allargare gli incantesimi di protezione quando una moretta vestita nei colori di Tassorosso diede alla ragazza un forte spintone.
- Come minimo chiedi scusa, no? – ringhiò la rossa voltandosi, irritata.
- Ma stai zitta Evans, direi che una come te non può proprio parlare. -
- Hn. – dopo un’attenta analisi Lily diede dignitosamente le spalle alla nuova venuta con l’intenzione di lasciare cadere la provocazione. La Tassorosso era indubbiamente in cerca di guai.
A dimostrazione di questa tesi la ragazzina assottigliò le iridi castane e sporse in avanti il mento: l’offensiva era appena iniziata.
- Sei un’ipocrita Evans. -
- Okay. – la Grifondoro liquidò l’insulto con un sorriso superiore e accondiscendente, per nulla scalfita dalle parole di quella che per lei era un perfetta estranea.
- Una sporca MezzoSangue. -
La rossa si sentì salire il sangue alla testa.
La rassegnazione della sera prima era totalmente sparita.
Adesso solo una collera cieca e roboante le riempiva le orecchie.
Era quasi esaltante, percepire l’energia che le intrideva le mani.
- Perché non te ne vai? – chiese in un lampo di lucidità.
Quella, come un’invasata, iniziò ad urlare - Proprio tu che facevi la santarellina ti presenti a lezione con una sua camicia? –
- Ma che stai dicendo? – allibì la Evans.
- E non fare finta di non sapere di cosa sto parlando puttana! - la mora, tra lo sconvolto generale, gli si avventò contro e la fece cadere sul letto.
La Grifondoro, turbata, si guardò attorno. Parecchia gente, per lo più ragazze, si era radunata per assistere a quello strambo spettacolo. La cosa più sconvolgente, però, era che tutti tranne lei e Remus sembravano aver capito a cosa alludesse la biondina.
- Credo tu abbia confusa con qualch’una altra… - tentò infatti la rossa.
- Oh no. Io credo proprio di no. -
- Beh, allora spiegami cosa ti avrei fatto, perché io non ne ho la minima idea. – sibilò esasperata Lily.
- Rifletti un secondo, ti assicuro che ciò a cui alludo non si dimentica tanto facilmente. Specialmente se è con lui che lo hai fatto. Te lo dice una che ha provato varie volte. -
Risatine di approvazione si levarono dal gruppetto circostante.
Il cervello dalle Grifondoro, però, non le recepì perché era tutto assorto a collegare elementi che prima aveva considerato trascurabili.
La parola camicia, e tutte quelle allusioni ad una persona che non veniva mai nominata quasi fosse stata sacra…
Solo una persona godeva di tanta popolarità, ad Hogwarts.
Solo una vagava per i corridoi con sciami di spasimanti al seguito e una sorta di aureola luminosa sul capo.
Solo una.
E questa persona aveva un nome e un cognome,.
James Potter.
Compreso il terribile equivoco, Lily scoppiò a ridere. E questa non fu una saggia mossa, poiché urtò terribilmente i nervi già poco saldi della sua aggressora.
- Non sono andata a letto con Potter. – dichiarò la rossa desiderando concludere la vicenda al più presto.
Al suo fianco, Lupin scosse la testa, incredulo, e le porse una mano per tirarsi in piedi.
- Visto che ti sei ricordata? – insinuò la Corvonero con cattiveria.
- Te l’ho già detto. È stato tutto un terribile e equivoco. La camicia me la ha data in tutt’altra circostanza da quelle che immagini tu. -
- E ti aspetti che io ci creda? -
- Questi non sono affari miei, d'altronde se non sai sceglierti bene i ragazzi… -
La Evans fece appena in tempo a vedere le iridi castane illuminarsi di una luce spiritata, poi la mano della Tassorosso corse velocemente all’ampolla di disinfettante poggiato sul comodino e gliela rovesciò negli occhi.
- Tu sei pazza! – urlò la Evans, cadendo in ginocchio.
Il liquido bruciava.
Ardeva.
Lily percepiva le iridi verdi, sotto le palpebre, gemere e inondarsi di lacrime.
Pochi secondi dopo, Alice apparve all’interno del circolo che si era formato attorno a lei e alla Tassorosso.
- Adesso basta. – sibilò duramente, e con uno scatto repentino afferrò saldamente la ragazzina per i capelli – Chiedile scusa. – ordinò.
La moretta, dal canto suo, iniziò ad strillare come un’aquila ottenendo ben pochi risultati se non quello di assottigliare la notoriamente scarsa pazienza della Montgomery.
- Chiedile scusa. – ripete infatti quella, sbatacchiandola avanti e indietro. E tutti coloro che erano presenti consigliarono caldamente alla Tassorosso di ubbidire alla svelta.
Logicamente, la moretta oppose una strenua resistenza, e quando infine si arrese, scoppiò in un pianto disperato.
La ragazza confessò di non averci visto più quando, quella mattina, l’insegnante aveva fatto notare, e a ragione, che la Grifondoro indossava la camicia di James. Disse che la gelosia le aveva offuscato la mente e chiese mille e più volte scusa a Lily.
La Grifondoro, sebbene nutrisse qualche remora nei confronti di quella che fino a poco tempo fa sembrava una pazza scatenata, si sciolse come ne ve al sole e lasciò che fosse lei stessa a metterle il collirio che Madama Chips le aveva prescritto. L’infermiera aveva scosso tristemente il capo e a lungo borbottato contro la gioventù moderna, quando Lily le aveva raccontato di come si fosse accidentalmente rovesciata il disinfettante negli occhi, ma alla fine, come sempre, aveva fornito un ottimo rimedio all’atroce dolore che la Evans provava.
Alice fu incaricata di fasciare la fronte a Lupin, e Alexia, sopraggiunta poco dopo il teatrale litigio, si sedette placidamente sul pavimento a succhiare con l’aria di un persona realizzata una caramella all’arancia.
Poco lontano, Andrew Redgrave approfittando del diversivo, scivolava furtivamente via dall’infermeria alla volta del giardino.
Lei era lì.
E nulla al mondo lo avrebbe potuto convincere che non lo stesse aspettando.























Spazio Autrice:

Dunque, eccoci giunti alla fine di questo terzo capitolo.

Nulla di nuovo da dire, nel complesso.^^
Vorrei semplicemente ringraziare coloro che hanno recensito, perché ogni loro commento mi ha fatto felice oltre ogni dire.
Davvero, se non fosse per i vostri consigli o complimenti, probabilmente adesso sarei a crogiolarmi nel compatimento… XD


Procediamo nel dettaglio:


A Mara_star:
Beh…Grazie! E anche questa, di solito, è una frase di circostanza!XD
Devo dire che il fatto tu abbia fatto un giretto tra i miei lavori mi ha davvero impressionata… In fondo vuol dire che ti sono realmente piaciuti.^^
Spero noterai il nuovo capitolo… in quanto ad aggiornamenti sono un po’ imprevedibile! XD

Un bacio, tesoro!


A XXXBEAXXX:
Spero di non deluderti con il seguito…^^
Bye Bye


A Dreamer1989:
Già, la mia prima recensione…
…sigh…sigh…
Non la dimenticherò mai…! XD
*me commossa scoppia in lacrime*

Baci!


Alla mia adorata Alessia:
Mi sento un po’ stupida a risponderti qui, ma in fondo hai recensito, quindi te la sei cercata!XD
Grazie per i complimenti (non del tutto imparziali ma vabbè…) anche io ti voglio tanto bene.

Un Bacio e una spolveratina di orsetti!


A Cla-Cla:

Idem con patate. Voglio dire… ti ho rimbambita talmente tanto con questa storia, che il fatto tu abbia acceso il PC, letto la Fan-fic e poi addirittura r.e.c.e.n.s.i.t.o. mi lascia davvero di stucco…
La mia stima nei tuoi confronti aumenta di minuto in minuto!XD
Sei una forza tesssssoro!

Un Bacio!


A JiuJiu91:
Grazie mille per i complimenti…!
Sono felice la Fic non ti abbia annoiato, è una delle mia più grandi paure.
Beh… alla prossima!^^


Ad AlexLuna:

Il mio mentore! Ciao tesoro, come va?
Dobbiamo assolutamente sentirci più spesso…
Oh, quasi dimenticavo, grazie per la recensione!^^
Un bacio!

A Linnie:
Sorellina! Da quanto tempo…
Risponderti qui è un po’ inutile, ma non potevo non citarti.^^
Un bacio!

A The_fairy_tales:
Il fatto che tu possa anche solo pensare di essere orgogliosa di me è qualcosa di… beh, di eccezionale!
Questa storia la hai vista nascere, è vero.
Ne sei la madrina a tutti gli effetti. E io cercherò di essere degna di tale onore.
Timao Kk’s, e non è una frase fatta.^^

A Saretta:
Che non ha recensito causa impegni vari.
Quando arriverai a leggere queste righe probabilmente sarà Pasqua…!XD
Ma la speranza è l’ultima a morire, giusto?
Un bacio!


A RaRa:

Hola Raffy, sentita la mia mancanza in questi giorni…?
Onestamente spero di sì, perché tu mi sei mancata tantissimo!
Ti voglio bene, un bacio!^^

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 - Demetra. - ***


CAPITOLO 4 – Demetra -




Occhiali in perfetto stile anni settanta celavano alla luce pallida e accecante iridi ametista, i capelli nerissimi erano raccolti in una coda alta e un’espressione perennemente annoiata condiva il viso di burro.

Victoria Persefone Anderson assisteva con massimo disinteresse al tentativo di ammansire quello che aveva l’aria di essere un dolcissimo gattino color latte.
A pochi metri di distanza, all’ombra di un grande masso, Timothy Walls, Tassorosso del settimo anno, teneva il naso affondato in un fumetto babbano e tamburellando con le dita sul soffice manto erboso scandiva il ritmo di qualche sconosciuta melodia.
La ragazza rimpianse la sua piacevole compagnia, impudentemente abbandonata da qualche minuto.
Tempo di norma più che sufficiente per essere adocchiata e abbordata dal cretino di turno. Purtroppo per lei, però, tutti i maschi nelle vicinanze erano stati battuti in velocità da una persona che Victoria reputava fastidiosa al pari della morte e le tasse.
- Ha tentato di rifilarmi un tessuto di seconda qualità, capisci? – blaterava animosamente Cindy Donovan, una paffuta moretta figlia di proprietari terrieri.
- Ma dove andremo a finire? – ironizzò Victoria sottovoce.
- è quello che dico anch’io! – proruppe la Donovan, non cogliendo il sarcasmo insito nell’affermazione e credendo di avere coinvolto appieno la compagna nel suo dramma personale. – Quando mi sono accorta che la stoffa era scadente, l’ho subito fatto presenta a mio padre e lui -
- Cindy non ti avvicinare troppo all’arena… Non mi sembra Lee se la stia cavando troppo bene. – le ricordò la Andreson, affatto desiderosa di macchiarsi le vesti di sangue.
Cindy era frivola, goffa e patetica.
Scontata quanto una bambola di plastica.
Una compagnia deprimente e… inopportuna, per una persona del suo livello.
- Eh? Ah, si… - la ragazza fece un passo indietro mentre Lee Adams, Tassorosso del settimo, tentava nuovamente di rendere inoffensivo il gattino, che aveva inaspettatamente sfoderato degli artigli da far invidia ad una tigre. – Insomma dicevo che lui -
- Senti piattola, le mirabolanti gesta tue o di tuo padre le vai a raccontare a qualcun altro, okay? – ordinò una voce strascicata alle spalle delle due.
Victoria, seppur infinitamente riconoscente, evitò di voltarsi.
- Oh, ciao Narcissa. È da qualche giorno che non ci vediamo… – cinguettò le Donovan, nel vano tentativo di ricordare alla Black che solo pochi giorni prima le loro famiglie avevano cenato assieme.
- Ad esser sincera, credo di avere rimosso il nostro ultimo incontro. – replicò freddamente la bionda.
- Hai cenato a casa mia qualche sera fa… - mormorò piano Cindy. La sua espressione cordiale si andò sgretolando.
- Temo tu abbia sbagliato persona, Donovan. – la Black assottigliò le iridi grigie, cristallizzate in un’espressione di costante disprezzo - E adesso, se non ti dispiace… - fece un eloquente cenno col capo. I suoi capelli, lisci e tanto chiari da sembrare bianchi, mandarono fiochi bagliori.
Balbettando la povera ragazza si andò a rifugiare in un gruppo di suoi compagni Tassorosso.
Victoria intravide con la coda dell’occhio Timothy Walls alzarsi e spazzolare via l’erba dai pantaloni.
Timmy era un ragazzo solare, gentile, corretto. Fondamentalmente buono. Aveva assistito a tutta la scena e nonostante fosse abbastanza intelligente da ammettere che Cindy Donovan era effettivamente una piaga, andava ad accertarsi che stesse bene. Ad offrirle la sua consolazione.
Era così che si comportavano i Tassorosso. E i Corvonero.
I Grifondoro poi…! Erano solidi e compatti quanto un’unica muraglia.
Definiti incorruttibili e incontaminati anche dall’opinione comune. Solidali tra loro dal primo all’ultimo.
Il loro grifone era da tempo molto più di un semplice stemma.
Un marchio. Il giuramento di una stretta alleanza.
Victoria riteneva ingenuo quel genere di lealtà, poco prudente, eppure aveva provato sulla sua pelle il calore dato dalla prova di tanta fedeltà e ne riconosceva le attrattive.
Loro Serpeverde, invece, erano decisamente più sinceri e onesti, in un qualche modo.
Non si illudevano con promesse d’amicizia eterna, gli unici legami che erano disposti a stringere erano quelli dettati dall’opportunismo. Dalla convenienza.
Giochi di potere. Nulla più.
La loro casa li accomunava per stile di vita, non per caratteristiche o ideali.
L’unica cosa che Victoria si sentiva pronta a condividere con i suoi compagni erano infatti le priorità di vita e la Sala Comune. Neanche il dormitorio.
- Come avvilisci le persone tu non c’è nessuno, Cissy. – celiò la ragazza, decidendosi a voltare il capo verso la sua salvatrice.
Narcissa Black, con appuntata sulla camicetta firmata una lucida spilla da Prefetto, incarnava lo stereotipo della giovane strega aristocratica.
Gli occhi luminosi e definiti da una linea di matita nera, erano contornati da soffici ciglia bionde ora scure e incurvate dal mascara. Gli zigomi alti e la forma sottile delle labbra le attribuivano un aspetto altero, sottolineato dai lunghi capelli biondi, tenuti indietro da un fermaglio in acquamarina.
Il fisico minuto, seppure sapientemente valorizzato dall’abbigliamento, risultava snello ma scarso di forme.
La lingua tagliente e una brillante carriera scolastica, ne aumentavano la nomea sia presso la comune plebaglia che nei salotti dei ricchi purosangue.
La piccola di casa Black, a soli sedici anni, era una rassicurante promessa per l’intero casato. L’erede di una esosa eredità da cui sua sorella Andromeda era già stata esclusa. Bellatrix poi, estrema e passionale, risultava priva della calcolata diplomazia che invece abbondava nella sorella. Era impulsiva, sconsiderata… difficile da amministrare.
Non sottostava al giogo della famiglia, non si accontentava di galleggiare nel limbo degli eletti… no, Bellatrix voleva di più. Bellatrix credeva nelle sue azioni. Era irrequieta e pericolosa. Molto pericolosa.
- Con i Tassorosso è fin troppo facile… - si schernì la bionda. – Comunque ben trovata anche a te, Vicky. -
La Anderson sciolse i lineamenti annoiati in un sorriso di benvenuto. – Bella? – domandò poi.
- Lei e Lucius stanno arrivando. – la informò Narcissa, rispondendo così anche alla sua successiva domanda.
- Ti trovo uno splendore, Cissy. -
- Detto da te suona tanto come una presa in giro… - sospirò quella, con aria vissuta.
Nulla di più vero.
Per quanto ci fossero svariate ragazza degne di nota, a Hogwarts, nessuna poteva neanche lontanamente competere con Victoria.
Nel suo aspetto c’era qualcosa di recondito che ammaliava, rendeva schiavi.
Victoria piegò il capo con sussiego, perfettamente consapevole che ricevere un complimento seppur implicito dalla Black, era un grande onore. Un privilegio forse concesso a una altra manciata scarsa di persone, all’interno della scuola.
- Passate buone vacanze Cissy? -
- Ottime, direi. Ho trascorso le ultime due settimane a Malfoy Manor… e devo ammettere che Lucius sa come intrattenere i suoi ospiti. - la Black lasciò cadere la frase con malizia.
Un risolino leggero le lasciò intendere che si era perfettamente spiegata.
- In quante eravate? – domandò la Anderson fingendo interesse.
- Tutti noi del settimo eccetto Roxanne, che ci ha raggiunto solo negli ultimi giorni, le cugine di Lucius e alcuni suoi amici di Durmstrang. -
- Che tipi erano? -
Narcissa schioccò la lingua in segno di apprezzamento – è stato un festino perenne… Tu, piuttosto, perché non sei venuta? Lucius mi ha detto che ti aveva invitata… -
- Sono stata troppo impegnata purtroppo. – dichiarò la Anderson esibendo un’espressione contrita falsa quanto le unghie finte.
La mora ebbe una fugace visione di se stessa e Alice che saltavano ridendo come pazze su di un letto matrimoniale. In sottofondo, una camera dalle tinte calde e raffinati mobili in mogano erano inondati dalla musica sparata a palla. Il profumo della torta di mele filtrava dalla porta socchiusa, i loro occhi brillavano alla luce rossastra del tramonto.
- Oh, peccato. – miagolò la bionda – Ti saresti divertita. -
Certo.
Trascorrere quindici giorni assieme ad una compagnia di depravati.
A rincretinirsi di fumo e alcool tra un orgia e l’altra.
Il suo ideale di vacanza, non c’è che dire.
- Vi sarete divertiti anche senza di me… - assicurò Victoria, nascondendo l’ironia nelle iridi viola, dietro le lenti specchiate.
- Diciamo che si è sentita la tua mancanza, Principessa. – dichiarò una voce vellutata e dannatamente sensuale. Subito dopo, una testa bionda si chinò a carpirle la nuca con un bacio tiepido.
- Ciao Lucius. – sussurrò Victoria percependo sottili brividi scivolarle lungo la schiena.
- Ciao bellissima. – replicò Malfoy abbracciandola per la vita.
- Ehi, Lucius, lasciane un po’ anche per me – esordì Bellatrix Black, atteggiata con le mani sui fianchi in posizione di finta predica.
Il biondo, le baciò nuovamente il collo di cigno e, con sommo disappunto, si ritrasse.
La Black si fece avanti ancheggiando in una gonna ridottissima, la chioma fluente, perennemente scarmigliata, sciolta sulle spalle, e le schioccò a sua volta un bacio sulla guancia di pesca.
Sembrava una dea della tempesta, si ritrovò a pensare Victoria, una divinità pagana giunta a portare scompiglio tra i comuni mortali.
- Mi avete lasciata sola, ieri sera. – si lamentò la Anderson, assumendo un adorabile finto broncio.
A vezzeggiare le Black, nonostante non le fosse minimamente necessario, provava sempre una sorta di soddisfazione repressa. La stessa, in effetti, che la pervadeva ogni qualvolta che mentiva.
Le bugie sono la chiave del potere, purtroppo.
Ogni inganno, ti pone un gradino più su di colui contro cui lo ordisci.
E Victoria amava quel sottile dislivello, la faceva sentire potente. Sicura.
Erano poche le persone a cui permetteva di stare sul suo stesso piano, a cui regalava le sue verità.
Molte, troppo poche.
- Se fossi venuta da me, non saresti stata sola. – perseverò il biondo.
- Avevo degli impegni. – la Anderson sorrise zuccherosa - Te l’avrò ripetuto decine di volte, Lucius. -
- Si, ma ti sei sempre rifiutata di dirmi di che genere fossero questi famosissimi impegni, Vicky. – le ricordò il Serpeverde.
- Affari miei. – scandì la diretta interessata, altezzosa. Nessuno osò replicare.
- Gli altri? – domandò infine Victoria.
- Nei sotterranei a smaltire la sbornia. – Narcissa si guardò le unghie con indifferenza.
- Il permesso per entrare oggi chi ve lo ha firmato? -
Bellatrix ghignò, esibendo una impressionante trafila di denti candidi, affilati come quelli di una belva. – I genitori, mi sembra ovvio. –
- Ragazzi, credo tocchi a voi… - fece presente loro una timida ragazzina piena di lentiggini.
Lo sparuto gruppetto si avvicinò all’arena attorno a cui si era riunita una piccola folla di curiosi. I Tassorosso con cui avrebbero dovuto fare lezione, erano stati spediti pressappoco tutti in infermeria. Il micino si era dimostrato un osso più duro del previsto e nessuno, fino a quel momento, era riuscito ad ammansirlo.
- Che dobbiamo fare? – domandò Lucius, fissando perplesso il dolce gattino, ora tutto intento ad inseguire una farfalla.
- Renderlo innocuo. – cinguettò Victoria, giuliva.
Il biondo inarcò un sopracciglio finemente disegnato – Cosa fa? –
La mora scosse le spalle - Parecchie cosette… diciamo che sa difendersi, ecco. -
Il micio, in tutta risposta, emise una bordata di fuoco e incenerì la farfalla.
Malfoy allargò gli occhi d’argento per la sorpresa.
- In quanti ci sono riusciti? – si informò allora Narcissa.
- Nessuno ce l’ha fatta, ma quattro Tassorosso hanno avuto uno shock da avvelenamento. -
- Avvelenamento? - La mora gongolò - Denti e artigli sono collegati a ghiandole che secernono liquidi altamente tossici. Timmy Walls è stato l’unico a uscirne incolume, ma dopo dieci minuti si è dovuto arrendere. Un paio di ragazze si sono rifiutate e hanno preso D.-
- Cazzo. – mugolò Bella.
- Una bella seccatura. – fu il laconico commento di Malfoy.
- Eh, già. – asserì la Anderson radiosa.
- Sembri felice… - le fece notare il biondo, irritato.
- Chi, io? – Victoria sbatté angelicamente le lunghe ciglia. Lucius decise di lasciarla perdere.
Una donna sulla cinquantina con lunghi capelli grigio ferro acconciati in una lunga treccia gli fece cenno di venire avanti. I quattro entrarono nell’arena, un ampio ovale contornato da un basso muretto di pietre rozzamente squadrate. Il gatto non li degnò di un occhiata e andò ad annusare un ciuffo d’erba poco più in là. I ragazzi si avvicinarono all’insegnante, Victoria, in testa, sorrideva serenamente.
- Dove sono gli altri? – domandò la donna con voce vagamente nasale.
- Gli altri? – Bellatrix fece finta di non capire. Sfidare le autorità era uno dei maggiori passatempi della ragazza.
- Ma si, si, gli altri! -
- Temo di non capire professoressa, gli altri chi? – Narcissa ghignava senza ritegno.
- Gli altri Serpeverde! -
- Oh, intende i miei compagni? -
- Proprio loro. – assentì l’insegnante, sollevata per essersi fatta capire.
- Semplice, non ci sono. –
- Si spieghi, signorina. -
Malfoy, estremamente soddisfatto per la situazione che si era venuta a creare, intervenne. – Non sono venuti a lezione, mi sembra non ci sia nulla da spiegare. –
Lo sprezzo era palese, il sarcasmo eclatante.
- Ma questo è uno scandalo! Solo tre Serpeverde si presentano alla mia lezione… non si è mai sentita una cosa del genere. Parlerò col preside, ragazzi! – esplose la professoressa furibonda.
La folla circostante rumoreggiò in segno di ammirazione per la tanta sfacciataggine.
Le quattro serpi gongolarono per il successo.
D’altronde, non è forse la vanità, il peggior peccato di un Serpeverde?
Nessun membro appartenente alla casa verde argento si sarebbe lasciato sfuggire la possibilità di dare spettacolo in un’occasione tanto ghiotta.
- Se è in cerca di spiegazioni, ad ogni modo, dovrebbe rivolgersi a me, professoressa. – esordì Victoria, pregustando già lo stupore e l’indignazione della donna.
- E perché mai, signorina Anderson? -
- Beh, essendo la nuova Caposcuola suppongo di dover essere io responsabile per i miei compagni… - la Andreson incrociò le braccia sotto al petto con aria battagliera.
La notizia, come previsto, fece scalpore e seminò vittime sia tra gli spettatori, basiti, che tra i suoi compagni.
Un ragazzo, dalle retrovie, gridò: “Anderson, sei il mio idolo!”.
Tutti scoppiarono a ridere. Tutti eccetto la professoressa Domitilla Allen, affatto contagiata dall’ilarità della situazione – Allora mi dica, signorina, come mai quasi metà della classe non si è presentata a lezione? -
- Come dovrebbe ben sapere, professoressa, gli alunni assenti sono tornati a scuola questa mattina. -
- E con questo? – sbraitò l’insegnante, rossa per la collera.
- Vede, essendosi molto stancati durante il viaggio, loro non hanno… come dire? Ritenuto opportuno recarsi a lezione stamattina. -
La sfacciataggine è un conto, ma prendere deliberatamente in giro un insegnante è un altro. Neanche il tipico atteggiamento di disprezzo dei Serpeverde giustificava un simile comportamento.
- Punizione Anderson! – scandì infatti la Allen.
Victoria si limitò ad alzare le spalle con palese disinteresse.
- Tutti venerdì sera per un mese. – continuò imperterrita la professoressa tentando di scatenare una protesta da parta della diretta interessata. Le minacce furono accolte dal silenzio più ostinato.
- Per tutti gli assenti ci saranno invece dei compiti di punizione. – dichiarò la donna, soddisfatta e convinta di avere ristabilito l’ordine.
Purtroppo per lei, sbagliava.
- Salve. – tubò uno dei Serpeverde dichiarato assente, entrando svogliatamente nell’arena –Allora, che dobbiamo fare? -
La povera donna trasecolò, poi si arrese definitivamente – Questo è un cucciolo geneticamente modificato, infatti la magia per qualche strano motivo è intervenuta sul suo DNA. Lui non appartiene alla prima generazione della sua specie e per questo motivo è particolarmente forte e imprevedibile, infatti ha avuto il tempo di elaborare le sua nuove capacità. Voi dovete ammansirlo. –
- Nel senso che dobbiamo catturarlo? -
- Nel senso che dovete lottarci contro. Se lo sottometterete, si farà accarezzare… un po’ come gli Ippogrifi, per intenderci. -
- Hn, sembra facile. –.
La Allen scosse le spalle con aria esaurita – Black, va tu per prima. –
Bellatrix si rimboccò le maniche della camicia e, sfoderata la bacchetta, si fece avanti.
- Ciao Vicky. - cinguettò Fabian Pretwood, il Serpeverde giunto da poco. Poi si fece avanti e la baciò sulle labbra rosse e dense. Victoria rimase impassibile, rigida come una statua di sale. Quando Pretwood tentò di approfondire il contatto, però, lo spinse impercettibilmente indietro.
- Puzzi di alcool da fare schifo, Fabian. Vatti a fare una doccia. – consigliò gelidamente.
- E dai, non fare la difficile che è un’estate che non ci vediamo…! - il moro le artigliò i fianchi e tentò di riavvicinarsi ma si trovò due mani diafane piantate sul petto.
- Fredda, possibilmente. La doccia. -
- Sai che sei ancora più bella? Sarà il fascino della divisa… Mi hanno detto che sei Caposcuola. Adesso hai una camera tutta per te, chissà cosa potremo farci lì dentro… - sorrise libidinoso e con una mano scese a palparle una coscia.
Victoria lo spinse nuovamente indietro anche se con scarsi risultati – Te l’ho detto Fabian, vatti a fare un giro. – La voce perfettamente controllata.
- Sei sordo Pretwood? T’ha dato picche. Fattene una ragione e levale le mani di dosso. – sibilò Malfoy accendendosi una sigaretta.
- Fatti i cazzi tuoi Lucius. – ringhiò il moro.
- Come scusa? – una mano pallida e salda afferrò Pretwood per una spalla e gli diede un violento strattone, quello fu costretto a voltarsi. – Puoi ripetere? – Malfoy sorrise melenso.
Fabian staccò gli occhi da Victoria e sembrò svegliarsi da una lunga apnea, sorrise – Calmino, eh. Mica te la consumo! –
- Porco – fu il laconico commento.
- Detto da te… - replicò quello.
- Io per lo meno le cose le faccio con un certo stile. – ghignò il biondo.
- E che stile! Vero Cissy? -
La Black ebbe la decenza di arrossire – Dacci un taglio, Fabian. – sibilò.
Pochi minuti dopo, Bellatrix fu definitivamente sconfitta dall’innocuo gattino e, fumante per l’umiliazione, attraversò a grandi falcate il giardino fino a sparire oltre l’ombroso portone di quercia.
- Sarà di pessimo umore questo pomeriggio… - commentò perfidamente Lucius.
Victoria, totalmente indifferente alla faccenda, prese a pettinarsi i capelli con le dita.
Lucius si fece avanti per affrontare il micetto.
Il sole venne oscurato de densi starti di nuvole bige e le ombre si dissiparono, sotto agli alberi. Il cambiamento climatico avvenne rapidamente, e alla Anderson non restò altro da fare che togliersi gli occhiali e appuntarli alla scollatura della camicia, nella speranza di doverne nuovamente far uso a breve.
Odiava mostrare gli occhi se non il tempo strettamente necessario.
Attiravano troppo l’attenzione e…costringevano la gente a fare cose che non avrebbe voluto fare. Stava a lei questo potere, decise, non hai suoi occhi.
Una mano calda le carezzò con gentilezza l’epidermide candida della spalla.
- Vicky. -
Anche i suoi, di occhi, celavano un segreto.
Ma lui non temeva di mostrarli, anzi, ne andava fiero.
Orgoglioso quanto un Grifondoro, impermeabile agli insulti quanto un Serpeverde, Andrew Redgrave aveva scelto la sua casa dopo una interminabile discussione con il Cappello Parlante.
Non per indecisione, no… Semplicemente, Andrew e il cappello avevano differenti opinioni.
A spuntarla, fu l’undicenne che con passo spedito si diresse verso la tavola blu argento. Il cappello parlante, per il disappunto, si era infatti rifiutato di annunciarlo.
Era questo ciò che piaceva fare ad Andrew: cambiare l’involucro.
Come rivelavano i suoi occhi, ardenti di fiamme guizzanti e mutevoli.
La ragazza si voltò e gli gettò le braccia al collo, radiosa - Drew. –
I due Serpeverde che le stavano accanto osservarono basiti la loro regina dei ghiacci sciogliersi come neve al sole.
- Ti ho cercata dappertutto, ieri. -
- Lo dici a me? Mi sono persa il dessert a furia di allungare il collo verso la tua tavola… -
Il Corvonero rise e le accarezzò i capelli, lucidi e soffici.
- Che hai fatto al viso? – chiese la mora indicando tre profondi graffi pressoché paralleli che gli attraversavano la guancia sinistra partendo dallo zigomo e arrivando alla mascella. La pelle abbronzata, tutt’attorno, era solcata da sottili crepature simili a quelle della ceramica quando si frantuma.
- è accidentalmente esploso un calderone, stamattina, a lezione. -
- Accidentalmente? – la Serpeverde levò un sopracciglio.
- Diciamo che a qualcuno è scivolato l’ingrediente sbagliato nel calderone sbagliato… Potter aveva bisogno di una mano e logicamente Alexia è corsa da lui. -
- Merlino, quanto sei acido! -
- Finché non se la sarà portata a letto, quello lì non sarà soddisfatto. – borbottò cupamente il Corvonero.
- Perché non accetti che siano amici? -
- Quello ha in mente ben più dell’amicizia, te lo dico io… -
Victoria levò gli occhi al cielo, esasperata. Dietro di lei, Lucius alzava le mani in segno di resa e scuoteva il capo, stupito dal potere della creatura, Fabian, con tracotante baldanza, si avviava a prendere il suo posto nell’arena.
- Ad ogni modo, speravo tu potessi farci qualcosa… - azzardò il moro alludendo allo sfregio.
- Schifoso ruffiano. -
- Sapevo che lo avresti detto. -
- E io che pensavo fossi venuto da me perché ti ero mancata… - sospirò teatralmente la ragazza.
- Mi sei mancata Vì. - mormorò lui, improvvisamente serio. – Mi siete mancate tutte quante. -
La Serpeverde si ricompose, conscia di essere entrata in un campo minato. – Eravate d’accordo sul finirla. – gli ricordò quasi guardinga.
- Sì… ma mettere in pratica questa decisione si sta rivelando più difficile del previsto. – ammise il ragazzo serrando i pugni abbandonati contro i fianchi.
Lei lo squadrò di sottecchi e incrociò le braccia sotto al seno dandogli le spalle.
- è triste… e io non posso consolarla. Non posso difenderla, non posso toccarla, non posso parlarle quasi…! Sembra così fragile, così stanca. Si sta spezzando, lo sento. E io non so neanche cosa cazzo e successo, non lo so e nessuno me lo vuole dire! Porca puttana Victoria, tre mesi fa abbiamo deciso di lasciarci perché il nostro rapporto era diventato quasi fraterno… abbiamo detto che era finita, che non c’era più motivo di stare insieme perché il nostro rapporto andava al di là di questo. Non sarebbe cambiato nulla, solo l’involucro. E poi è sparita per tutta l’estate. Torno a scuola e la trovo in questo stato… quasi soffocata. Adesso dimmi: cosa cazzo devo pensare, eh? Cosa? – il Corvonero abbassò il capo e la sua voce, da soffocata che era, divenne limpida. – Cosa le è successo? – domandò esigendo una risposta.
E Victoria, inumidite le labbra, si apprestò a confessare che non ne aveva la più pallida idea. – Si comporta come se non gliene fregasse nulla. Delle parole, delle persone, delle circostanze. Della sua vita. Si nasconde nella routine ed è… paurosamente leggera. Ogni tanto Alexia dice che la percepisce vuota. Pronta a volare via. – la ragazza si voltò a guardarlo, frustando l’aria con i capelli color inchiostro e inchiodandolo con uno sguardo di intensità tale da risultare doloroso. – Si è condannata. Non so per quale motivo e non so a quale pena, ma sicuramente noi possiamo solo aspettare che si riprenda. Non è una faccenda da sbrogliare con le parole questa. Conoscendola, Lily farà saltare in aria tutto. Una bella esplosione e si ricomincia da capo! Sai come ragiona… o tutto o niente. Nessuna mezza misura. -
- Sì, so come ragiona… - sussurrò l’altro con un mezzo sorriso.
Lily voleva il fuoco senza la cenere.
Amava sentirsi viva e vibrante. Indelebile come una macchia di colore.
Ammetteva solo le emozioni tanto intense da lasciare il segno e, come gli aveva detto tra le lacrime quella tempestosa notte di giugno, il loro amore non meritava di morire tra la polvere o sbiadire poco alla volta. Sarebbe stato meglio reciderlo prima che si seccasse.
Victoria chiuse gli occhi e percepì la fragranza di pioggia aleggiare sopra le loro teste come un delicato ricamo.
- Sistemeremo anche questa Drew. – mormorò. – Te lo prometto. -
Lui le baciò una tempia, con reverenza, e le cinse la vita sottile con un braccio. – Grazie. – le bisbigliò in un orecchio.
La Serpeverde sorrise dolcemente, sistemandosi meglio contro il suo torace. – Prego. -
Nel frattempo, l’ingenuo gattino aveva affondato i suoi dentini nella caviglia di Fabian che, geloso marcio, era stato distratto dal comportamento di Victoria. Il suo urlo apocalittico, strappò il silenzio ovattato in cui i due erano caduti e ruppe l’incanto.
La ragazza, senza una parola, si sciolse dall’abbraccio e si diresse a grandi passi verso il centro dell’arena. Qui si sciolse i capelli e decise che, per una volta, gli occhi dolci le sarebbero potuti risultare utili.
Voglio che mi guardino, si disse distrattamente.
Le iridi viola dardeggiarono.


- Ma che palle! – sbottò la Evans, dopo aver sbattuto la testa, per la sesta o settima volta nell’arco di pochi minuti.
- Evita di fare la vittima, Lil. Io ci vivo così… - replicò Alexia acidamente.
- Appunto, tu ci vivi. Io non sono abituata a… Merlino che dolore! -
La Campbell le afferrò la mano con gentilezza e il chiaro intento di condurla per i corridoi incolume, i campanelli d’argento attaccati alle sottili catenine che entrambe avevano al polso tintinnarono soavemente.
Fatti dell’argento più puro, quei bracciali.
Creati per suggellare un giuramento e rammentarne la validità.
L’idea era stata di Alice, qualche anno prima, e da allora le tre Grifondoro non avevano mai smesso di indossare i monili.
Il quarto bracciale, quello di Victoria, soggiornava in una custodia di damasco blu notte.
Per lei era più difficile. Lo sarebbe sempre stato.
- Idea geniale Alex, così se cadi mi ti trascini dietro. -
- Mi spiace dirtelo cara ma, ora come ora, ci sono molte più possibilità che cada tu piuttosto che cada io… - la biondina sorrise melensa.
- Non ci giurerei. – frecciò la Evans, al culmine del malumore.
Da quando, qualche ora prima, Madama Chips le aveva fatto mettere dalla sua stessa carnefice un potente collirio, la ragazza non vedeva a un palmo dal proprio naso e se inizialmente, la spiacevole novità era stata accettata con cheta rassegnazione, quando la rossa aveva scoperto che anche le pagine dei libri erano diventate per lei una macchia sfocata era scoppiato l’inferno.
- Quella cretina di una Tassorosso! Andrebbe rinchiusa in un manicomio, ecco cosa. – borbottò l’infortunata piena di tutti quei propositi vendicativi che prima non aveva avuto.
- Cerca di capirla, poverina, pensava tu fossi andata a letto col suo ragazzo… - tentò di farla ragionare Alexia.
- Non è il suo ragazzo. – si oppose anche Alice – O meglio, è il suo ragazzo e quello di tutte le altre che si sbatte tranquillamente. -
- Grazie per la splendida immagine, Ali. -
- Non c’è di che. – cinguettò quella neanche vagamente pentita – Piuttosto, ce lo dici o no cos’è successo in quel bagno? – proseguì perfidamente.
Si era trattenuta anche troppo.
- Te l’ho già detto, – spiegò la Evans pazientemente – ci siamo praticamente insultati tutto il tempo. -
- In maniera fisica? -
- Strozzati, Ali. – consigliò dolcemente la rossa.
- Ti ha baciata? -
- No. -
- Dai che a me puoi dirlo… - insistette la Montgomery con tono suadente.
- No. -
- Nel senso che non me lo puoi dire? -
- Nel senso che non mi ha baciata. -
- Hn. – concluse Alice diffidente.
Ma era chiaro che il discorso non sarebbe caduto lì…
E infatti.
- Va bene Lily. Vorrà dire che dovrò chiederlo a lui. -
La Montgomery sorrise trionfante quando vide dipingersi sul viso dell’amica un’espressione orripilata.
- Non oseresti. – sibilò infatti Lily atterrita alla sola idea e perfettamente consapevole che James sarebbe stato capace di raccontare ad Alice qualsiasi balla gli passasse per la testa.
- Scommetti? –
Decisamente no, decise la Evans.
Alice era perfettamente capace di fare questo e altro, nessuno avrebbe potuto saperlo meglio di lei.
- Ha semplicemente preteso di vedermi mentre mi cambiavo. – si arrese quindi la rossa.
- E non ci è scappato neanche un bacetto? – la Montgomery sembrava scettica.
- No. Perché al di là di ogni aspettativa non gli sono saltata addosso, sai? – si alterò leggermente Lily.
- Guarda che io lo dicevo per te… Jamie bacia in maniera sublime. -
- Proprio tu che ieri sera facevi tanto la superiore…! – si indignò Alexia, che fino a quel momento si era astenuta dalla trattativa per non intralciare Alice, notoriamente abilissima ad incastrare le persone.
- Beh, ieri sera ero arrabbiata. – dichiarò Alice come se questo giustificasse molte cose. – E poi per me è diverso… ci sono praticamente cresciuta assieme! -
Lily e Alexia ridacchiarono.
- Comunque… - ma Alice non terminò mai la frase – Guardate un po’ – disse sogghignando e premendo le dite sulla superficie fredda e sottile di una finestra – C’è qualcuno che si diverte a dare spettacolo, in giardino. -
- Fai dell’ironia? – le sibilò Lily, scocciata – Io non vedo a un palmo dal naso e tu mi indichi qualcosa che avviene in giardino? -
- Se vuoi te lo descrivo. – cinguettò la Campbell piena di buoni propositi.
- Vai. – acconsentì la rossa.
Ma come descrivere una ragazza dalla bellezza semplicemente abbagliante che danza tra le fiamme con l’aria di divertirsi un mondo?
Con una sola parola. Densa di significati multicolori.
- Vicky. -
- Oh. – la Evans sorrise – Cosa fa, con la mano sinistra combatte contro un drago e con quella destra firma autografi? -
- Praticamente. -
- Scendiamo a renderle omaggio? – propose la Evans scostando una ciocca di capelli rosso fuoco dal viso.
- Non so se mi va di fare la fila… - ironizzò Alexia, mettendo su un adorabile finto broncio.
- Dov’è che si deve fare la fila? – domandò una voce piena di brio alle loro spalle.
Lily affondò letteralmente le unghie nei palmi delle mani e comprese una cosa che avrebbe ampiamente trovato conferma nei mesi a venire.
Non c’era modo di sfuggire a James Potter.
- Jamie. – miagolò una Serpeverde del quinto che passava di là, e si gettò al collo di Potter.
- Scarlett, ci sentiamo dopo, adesso devo andare dalla donna della mia vita… - e con occhi adoranti cinse Alexia per la vita e se la spalmò letteralmente addosso.
Se la manovra lasciò basite le altre due Grifondoro, la Serpeverde non si perse d’animo e con uno scatto repentino inchiodò Black alla parete.
- Tanto perché si parlava di esibizionisti… – frecciò Alice, frugando nella tracolla alla ricerca di un pacchetto di sigarette.
- Allegria! – replicò Potter con il viso mezzo affondato nei capelli della bionda.
- Ramoso, credo che Sir abbia bisogno di aiuto… - buttò lì Lupin, osservando perplesso come la Serpeverde stesse letteralmente spogliando l’amico.
- Dici? – i due per un istante restarono in contemplazione poi ghignarono con perfidia.
- In effetti credo se la possa cavare perfettamente da solo… –
- Già già. Non ha affatto bisogno di noi… -
- Dio, quanto siete cattivi. – gemette la Campbell, artigliata tra le braccia di Potter come una adorabile bambolina.
- Ma veramente non intendete fare nulla? – allibì la Montgomery immersa in una nuvola di fumo all’anice.
Potter glissò abilmente – Ma che cazzo di sigarette ti fumi, tu? –
- James! -
- Okay, okay…. – si arrese quello – Lunastorta. – disse poi.
- Cosa? -
- Cosa cosa? – esordì Potter con aria frastornata.
- Cosa vuoi da me? – il biondo sbattè angelicamente le ciglia.
- Intervieni, no? – replicò il moro con una semplicità disarmante.
- Non se ne parla neanche. Lo sai poi come va a finire. intervieni tu! -
- Remus… - un ghigno pieno di malizia piegò i fini lineamenti di Potter. – Va a finire molto bene, di solito, quindi datti da fare. E poi quella a letto e una bomba. –
- Jamie, no. -
- Sì. -
- No. -
- Sì. -
- No. –
- Sì. -
- Sì. – capitolò Lupin esasperato.
- Ma di cosa stanno parlando? – chiese la Evans perplessa.
- Credimi, meglio non saperlo… - borbottò cupamente Alice, e si apprestò ad assistere a un spettacolo assai singolare.
Remus Lupin, infatti, si avvicinò a Black a Scarlett Russel da dietro, riluttante, poi trasse un respiro profondo e afferrata la Serpeverde per i fianchi le rivolse un sorriso languido e accattivante. Intriso di quella che sembrava trascurata sensualità.
Le tre ragazze videro le labbra del biondo muoversi appena, in una danza elegante di parole appena sussurrate, poi il ragazzo posò una mano sulla spalla dell’amico e fece per tirarselo via ma, da copione, la Russel estasiata e probabilmente strafatta, si alzò sulle punte dei piedi e coinvolse il biondo in un bacio assurdamente passionale, gli mormorò qualcosa all’orecchio e scappò via.
Black e Lupin raggiunsero il gruppetto poco distante esibendo entrambi un’aria stremata.
- Cazzo, ma quella è una mezza maniaca…! – si lamentò Sirius, passandosi un braccio sul volto congestionato e riallacciandosi la camicia.
Remus annuì stando ben attento a non incontrare lo sguardo di Lily, Alexia e Alice, che gli lanciavano occhiate pressappoco basite.
- Ringraziami perché se non fosse per me saresti ancora tra le sue grinfie. – aggiunse poi.
- Sarai tu a ringraziarmi dopo una notte di sesso sfrenato, Rem. – replicò quello pragmaticamente.
La Evans assottiglò le iridi verde prato. – Fatemi capire… tu sai praticare l’ipnosi?! –
Lupin arrossì. – Hem, cambiamo argomento? –
- E voi per liberarvi dalle vostre fans lo costringete a sedurle e ad andarci a letto insieme!? -
- Noi non costringiamo proprio nessuno! – si indignò Black – Lui lo fa di sua spontanea volontà… E poi, non so se mi spiego, ma non è che sia proprio una sofferenza andare a letto con una come quella. Tra l’altro, una bella avventura aiuta sempre a chiarirsi le idee. -
- Immagino. – commentò freddamente la rossa.
- Io credo di no. Non sembri una troppo esperta, ma se vuoi si può rimediare … - Black sorrise con malia.
- Credo che ne farò a meno, grazie. -
- Sicura? Un paio di lezioni private circa il tradimento te le do gratis, giusto perché sei tu. –
Potter rise sfacciatamente, in sottofondo.
- Mi fai schifo Black. –
- Lui ti fa schifo e io sono vuoto e insignificante. Cavoli, Evans, ti piacciamo proprio tanto, eh? -
La ragazza sorrise melensa. - E tu… - gli si avvicinò minacciosa – lo sai che stamattina una Susan Coe, di Tassorosso, mi ha praticamente accecata solo perché indossavo la tua camicia? –
- Beh, non è mica colpa mia! – Potter spalancò le braccia con fare innocente. – Io neanche la conosco quella… -
Cadde il silenzio.
James sbattè gli occhioni e si volse a guardare Lupin, il dubbiò si fece strada nella sua mente. – O si? La conosco Rem? –
Quello, senza neanche la forza di ribattere, annuì.
- Oh. – totalmente spiazzato il moro percepì lo sguardo di disgusto della Evans perforargli la pelle, come un acido.
- Sai Potter, a volte non sei come ti immagino, sei peggio. – e con questa dichiarazione, la ragazza prese il volo, allontanandosi velocemente lungo il corridoio.
- Quella è pazza di te. – fu il laconico commento di Black.
- Se… - Alice ghignò con superiorità - ti piacerebbe. -
- La raggiungo. - soffiò James sbalordendo tutti – Ci manca solo che cade dalle scale per colpa mia… - e con aria seccata si gettò all’inseguimento di quella chioma fulva che, ondeggiando, stava per scomparire dietro l’angolo.
Nei seguenti secondi, Sirius cadde in contemplazione dei riccioli di Alexia, che lucenti e perfetti catturavano la luce del sole in oziosi ricami, Lupin sembrava tutto intento a osservarsi le unghie mentre Alice lo squadrava di sottecchi come un gatto fa con un succulento topolino. Infine la Montgomery si decise a scagliare la prima pietra.
- E bravo il nostro Rem… - cinguettò con finta dolcezza.
Il povero ragazzo, come chiunque al posto suo, impallidì notevolmente e rivolse sguardi di supplica alla mora che, con i capelli sciolti sulle spalle, si lisciava le pieghe della gonna discretamente corta.
Alexia ghignò a sua volta, facendo presagire il peggio – Proprio bravo a irretire noi povere fanciulle… -
- Ragazze… parliamone. -
- Di cosa vuoi parlare Rem? Di come tieni ingiustamente sepolto il tuo irresistibile fascino? -
- Haem… -
- O di come abbindoli le ragazze con trucchetti da illusionista? -
- Beh… io non la vedrei proprio così… -
- No? E come la vedresti? -
Il biondo deglutì e stirò un debole sorrisino – Sirius… - gemette.
Quello, con aria vissuta, scrollò la testa e acconsentì – Sette galeoni per lasciarlo in pace e dimenticare questa scabrosa faccenda. –
- Stai cercando di corrompermi! – si indignò la mora.
- Esatto. – ammise il Grifondoro con le iridi luccicanti di palese divertimento.
- Se tu pensi che io possa cedere ad un simile ricatto… - Alice si esaminò le unghie con palese disinteresse.
- Dieci e non se ne parla più? -
- Quindici e saremo mute come pesci. – rilanciò la biondina con un ghigno sulle labbra.
- Ve ne do venti se mettete a tacere anche la Evans. -
- Affare fatto collega. – e Alice, con somma soddisfazione, strinse la mano a Sirius per suggellare l’accordo.


Mani rigorosamente affondate nelle tasche, passo trascinato, e un’espressione cordiale sul viso. James Potter, per la prima volta in vita sua, poteva dichiarare di stare letteralmente inseguendo una donna. E che donna!
Lily lo precedeva di qualche passo e filava dritta come un treno per i corridoi nonostante non avesse la più pallida idea di dove fosse realmente diretta. Il suo unico obbiettivo, al momento, era quello di mettere il maggio numero di piani possibile tra lei e il seccatore che la seguiva con allucinante testardaggine da qualche minuto, ormai.
- Credo verrà giù un acquazzone. Non ci conviene andare in giardino… -
- Perfetto, allora vattene! Tu hai la mia strada e io la mia, perché ti ostini a seguirmi? – tuonò la rossa sull’orlo di una crisi di nervi.
- Sìsì, ci sono proprio dei nuvoloni grandissimi… quest’estate ha piovuto moltissimo, vero? Tu dove sei stata per le vacanze? – cinguettò il Grifondoro fingendo di non averla sentita.
La ragazza represse a mala pena un ruggito. – Non mi va di fare conversazione con te, Potter. Non abbiamo nulla da dirci. –
- Io sono stato al mare un paio di settimane e poi… oh, ha iniziato a piovere! -
- Potter, toglimi una curiosità… Cosa diavolo vuoi da me? - domandò la rossa, arrestando la sua pazza fuga di botto.
James le cadde letteralmente addosso e ci mise un attimo ad afferrare il significato della domanda, quindi tacque di botto.
- Allora? – sibilò quella, spazientita.
Dopo un attimo di pesante silenzio il ragazzo si passò una mano tra i capelli costantemente disordinati e con aria tremendamente strafottente rispose. – Lily, non dovresti essere così scortese, sai? –
La ragazza sbatté le ciglia, indignata. - Sai una cosa? – disse poi - Io non capisco te e il tuo modo di fare, non capisco le persone che frequenti… e soprattutto non capisco perché ti ostini a cercare di allacciare una relazione tra di noi. Siamo perfettamente incompatibili. Ignoriamoci e facciamola finita, no? -
La strega, ansimante e vagamente scossa, percepì il gelo invaderle la mente quando il moro si ritrasse, come scottato dalle sue parole. E vide i suoi occhi. Come forse non li aveva mai visti prima. Il nocciola sembrò sobbollire di collera e di sdegno, le pagliuzze d’oro che lo costellavano presero letteralmente fuoco, invadendo l’iride di smaglianti bagliori.
- Hai perfettamente ragione. Inutile perdere tempo con una persona che non vede al di là del proprio naso. – ringhiò il moro.
- Merlino quanto sei arrogante… - gemette morbidamente lei alzando gli occhi al cielo.
- Arrogante io? Parli tu che sei sempre tanto convinta di avere ragione che non presti mai la minima attenzione agli altri… Ti sei messa su un piedistallo da sola, Evans. Non ho idea di come facciano Alice e Alexia a sopportarti! -
- A sopportarmi?! Ma tu sei pazzo… ti piace stare sempre al centro dell’attenzione, vero Potter? Col tuo codazzo di galline senza cervello e quei quattro cretini che ti fanno la hola… -
- Gelosa Evans? – insinuò James sorridendo mellifluo.
- Mai di te. -
E il ragazzo si dilungò in un sorrisetto scettico che, se possibile, fece infuriare ancora di più la Grifondoro.
- Sei uno stupido bambino viziato. Superficiale e prepotente. – sentenziò la rossa, fremente d’ira.
- Fatti un bell’esame di coscienza, Lily. Perché io sarò pure superficiale e prepotente, ma come minimo non mi permetto di giudicare le persone quando neanche le conosco. Cosa che tu non manchi di fare ogni qualvolta che mi vedi… - e Potter, scagliatale un’ultima stilettata, le volse definitivamente le spalle e si allontanò.


Molti direbbero che giocare a far saltare un gattino che ha steso una dozzina di ragazzi in anelli di fuoco quando lo si sarebbe dovuto ammansire, peraltro con non pochi problemi, consiste in esibizionismo.
Ed è esattamente in questo che consiste, esibizionismo bello e buono.
Lo sapeva la professoressa Domitilla Allen, imbronciata e di pessimo umore, lo intuiva la folla, che la osannava con coretti da stadio, e infine ne era consapevole anche lei, Victoria Persefone Anderson, Serpeverde fino al midollo.
La ragazza fece un ultimo grande balzo felino, e atterrò con grazia a pochi metri dal micio. Ad un suo gesto gli anelli di fuoco si spensero, e l’arena ripiombò nella penombra.
Inebriata dall’energia che le riempiva le mani, Victoria, con spericolata avventatezza tese una mano verso il micetto. Il gatto, dapprima titubante l’annusò guardingo, poi con somma costernazione dell’insegnante, si lasciò accarezzare.
La ragazza sorrise trionfante e se lo tirò in braccio, il micio, al di là di ogni previsione, si mise a fare le fusa.
- Molto molto bene! – grugnì la Allen, ammirata – Quindici punti per Serpeverde! E adesso disperdetevi, sùsù! Che tra poco suona la campanella… -
- è carino, no? – tubò la Anderson zuccherosa, quando Alice ed Alexia la raggiunsero.
- Ma certo! Perché non lo teniamo? – ironizzò la Montgomery.
Victoria sbattè le ciglia, incantata – Ma è un’idea meravigliosa! Oh, Ali, sei un genio! –
La poveretta cadde dalle nuvole – Non starai dicendo sul serio, Vì. Quel coso la notte ci si manga a tutti quanti! –
- Ma se è un innocuo cucciolotto?! -
- Cucciolo? – Alexia ebbe la delicatezza di impallidire – Intendi dire che crescerà? -
- Ma certo che crescerà! – e Victoria tornò a fare gli occhi dolci al micetto.
- Toglimi una curiosità, Vicky: ma ti comporti da algida principessa solo con noi? – sibilò Lucius Malfoy, preferendo glissare sull’orripilante ipotesi di avere quella terrificante bestia a piede libero nel dormitorio.
- Diciamo che sono dolce solo con le persone che stimo. – rettificò lei con finta indifferenza, e mulinata la chioma color dell’inchiostro si avviò dall’insegnante lasciando che il biondo prendesse la strada per il castello con un diavolo per capello.
- Professoressa senta, posso tenerlo? – cinguettò allegramente.
L’insegnante la squadrò allo stesso modo con cui si guarda un malato mentale. Tutto, dal contenuto della domanda all’atteggiamento fin troppo cordiale che la Serpeverde ostentava nei suoi confronti le facevano sospettare una trappola. – Credo che lei non si renda conto di ciò che mi sta chiedendo, signorina Anderson… Probabilmente è ancora troppo scossa dal combattimento. –
- Nono, sono lucida. – assicurò la Serpeverde con un sorriso luminoso – Allora? Posso tenerlo? -
L’insegnante boccheggiò, Victoria fece sfacciatamente finta di avere frainteso la sua costernazione per entusiasmo e le gettò le braccia al collo. – Grazie mille! Adesso devo andare, arrivederci… - e la mora fuggì via, prima che quella si riprendesse dallo shock.
- Ha detto di si! – cantilenò una volta tornata dalle amiche - Adesso dobbiamo trovarle un nome… - borbottò meditabonda.
- Chiamiamola Attila. Credo gli si addica. – frecciò la Montgomery soffiando in aria una nuvola di fumo all’anice. Quando abbassò gli occhi, trovò ad accoglierla un’espressione follemente delusa.
- Ma davvero non ti piace? -
Alice osservò con maggiore attenzione il cucciolo che l’amica teneva tra le braccia. Era grazioso, in effetti… piccolo ma affatto gracile. Lo distinguevano da un comune gattino forme più possenti e aggraziate. Il mantello era di un ambiguo bianco latte, luminescente e assolutamente soffice, le iridi cerulee, tanto pallide da sembrare sbiadite, erano scheggiate di luminoso argento e trasudavano potere ad ogni battito di ciglia.

- Demetra. – suggerì poi.
- Hn? -
- Chiamiamola Demetra. -
- Demetra… - Victoria osservò il cielo, una prima limpida goccia di pioggia cadde a bagnarle la fronte. Le labbra color fragola della Serpeverde si piegarono in un sorriso sereno. – è perfetto. -









Spazio Autrice:


Dunque, non posso fare a meno di scusarmi per la lentezza degli aggiornamenti. Cercherò di migliorare ma non garantisco nulla!XD
Spero di non avervi eccessivamente confuso con tutti questi nuovi nomi e cognomi, ma i personaggi originali reclamano la loro parte e io sono ben felice di lasciare la scena ai miei pupilli.^^ Proprio a questo proposito lancio un gigantesco GRAZIE alla mia inimitabile beta nomosa: Alexluna.
Se non ci fosse lei probabilmente avreste visto questo capitolo tra un paio d’anni…!XD
Passando a “dichiarazioni” di altro genere, metto in chiaro una volta per tutte alcune precisazioni circa la fanfic, infatti mi sono presa la libertà di attuare delle distorsioni temporali all’universo creato da mamma Row.
Innnanzitutto questa storia, che in teoria dovrebbe essere ambientata un paio di decenni fa, si svolge ai giorni nostri.
In secondo luogo ho invecchiato o ri-ingiovanito alcuni personaggi (come Lucius Malfoy).

Poi: come avrete notato, il rapporto Lily-Jamie non è dei più limpidi. Ma a tutto c’è una spiegazione quindi se i comportamenti dei nostri adorabili Grifondoro vi parranno incomprensibili abbiate pazienza: gli altarini si scopriranno un po’ alla volta. ^//-
Per il momento posso solo dire che nel prossimo capitolo scoppierà un putiferio, e che questa è la quiete che precede la tempesta: non durerà a lungo!XD
Ad ogni modo, cosa ne pensate del dolce gattino? E di tutto il resto?
Aspetti i vostri commenti, che come sempre mi faranno felicissima.^^
Un Bacio,
Alisya.



Ad Alexluna:
Oooooh love! La Donna Armadio è fatta per essere odiata, è la rappresentazione dei professori frustati e come tale si accanisce sui suoi poveri studenti. Purtroppo per lei, però, in Lily Evans ha trovato pane per i suoi denti, sìsì.^^
Riguardo ad Alice e alle sue piccole fisse… sì, i chewingum si piazzano al secondo posto nella classifica dei suoi vizi. Il primo lo assegneremo nel suo prossimo capitolo.XD
La dolcissima Alexia un pericolo pubblico? Ma cosa mi dici mai! è_è Quel tesoro di biondina sarebbe capace di uccidersi anche solo sfogliando un libro, non c’è nulla da ridere. *assume aria severa*
Riguardo ad Andrew… non avere fretta nel giudicarlo. È un bravo ragazzo e poi… se ti dicessi che è perfettamente in grado di tenere testa a James…?**
Ti lascio nel dubbio… un po’ te lo meriti data la recensione da infarto!XD
Baci tesoro!


A Koala3:

Beh… tutti questi complimenti mi imbarazzano.^//^
Sei davvero gentile, grazie!
Spero di non deluderti con questo capitolo in cui l’elemento verde-agrento prende un po’ il sopravvento.XD
Allora alla prossima recensione, ci conto!^^

A ___MiRiEl___:
Sono felice che i nuovi personaggi ti appassionino, d’altronde la maggior parte di questi sono talmente importanti che se non piacessero sarebbe un bel problema!XD
Tutti coloro che odiano la Barners hanno la mia approvazione (e quella delle protagoniste) dunque qua la mano collega!
In questo capitolo di professoressa ce ne è una nuova, ma tutto sommato ha un po’ il ruolo della vittima: sfido chiunque a non perdere la calma nella sua posizione!
Il colpo di grazia finale glielo da Victoria, sempre più abile e perfida.
Grazie per la recensione, troppo buona!
Un Bacio!

A irene_evans:
Tu continui a recensire e io proseguo la costruzione della statua in tuo onore, perché davvero ne meriti una!XD
Da quando hai detto che ti è piaciuta la poesia iniziale è ufficiale: sei adorabile!^^
Grazie per avermi aggiunta tra i preferiti, per i complimenti sinceri e per la promessa di fedeltà (alla fanfic, non a me…).
Okay, sono definitivamente partita per la tangente, chiedo venia!XD
Aspetto con ansia la tua opinione su questo capitolo,
Baci!

A Kalahary:
Sei veramente gentile, grazie mille!
E di questo capitolo cosa ne pensi? Delusa?

Ad Alessia:
Tesoro ti adoro e prima o poi imparerò anche a ballare la bachata, promesso. (Più o meno…)
Smack!

A Cla-Cla:
Da Puffolandia rispondo che: tu sei dolcissima. E i tuoi complessi di inferiorità iniziano veramente a seccarmi.
Dico sul serio, Cla sei un genio. Smetti di farti problemi.
Tra l’altro non potrò mai immaginarti con l’intonazione di Homer Simpson, hai una voce troppo bella.^^
Del resto ne abbiamo già parlato: Alice ti conquisterà in un modo o nell’altro. (spero XD)
Un Bacio!

A .chià. :
Anche io prometto che ti ascoltero, appeggerò e spronerò sempre, qualunque cosa accada.
Adesso che siamo sposate posso dirti che ti amo e ti ho sempre amata.XD
Grazie per i complimenti kk’s. Non li merito.
E per la tazza, che è stupenda.^^
Oh, piuttosto… quando sarò famosa tu sarai una dea, e con questo ho detto tutto.XD
Baci!

A ViolettaAfricana:
Grazie mille per i complimenti, sei veramente gentile.^^
E stai tranquilla, non smetterò di scrivere…!
Spero tu riesca a vedere l’aggiornamento…^^
Ciao!

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 - Quando la notte non porta consiglio. - ***


CAPITOLO 5 – Quando la notte non porta consiglio. -


- E adesso mezza scuola pensa che mi sono fatta Potter! – concluse Lily affondando il viso tra le mani e scuotendo il capo sconsolata.
Victora, ricevuti gli ultimi aggiornamenti, arricciò le labbra in un sorrisino sinceramente divertito, spense la fiamma e, con gesti meccanici, versò l’acqua bollente in una preziosa teiera di finissima porcellana.
Alle sue spalle, come un intricato labirinto, si diramavano le cucine di Hogwarts.
Erano belle, quelle immense sale.
Frenetiche ed affascinanti.
Nascoste solo a coloro che non avevano avuto la faccia tosta di chiedere al preside la loro reale ubicazione, come Alice al quarto anno.
Altissimi scaffali ricolmi di cibo dividevano gli spazi in ampie stanze. Le pareti di ciascuna di queste, erano coperte da fornelli e lavandini, tavoli giganteschi avevano invece posizione centrale, i loro piani di lavoro erano levigati dall’utilizzo costante, dalle zampe, invece, emergevano ancora le forme di draghi pronti a spiccare il volo o leoni ruggenti.
Il profumo di spezie aleggiava nell’aria e giganteschi camini interrompevano il monotono panorama di tanto in tanto. Dinnanzi ad essi, stavano soffici tappeti dai color sgargianti e bassi pouf, pronti ad accogliere eventuali visitatori.
Attorno ad ulteriori falò, semi soffocati da grandi calderoni di peltro, si affaccendavano moltissimi piccoli elfi.

Gli stessi elfi che avevano ormai accettato sotto la loro ala protettiva quelle strane studentesse che spesso preferivano mangiare lì piuttosto che in Sala Grande.
Dopo anni di esasperanti battibecchi, i poveri cuochi avevano addirittura rinunciato a servire le quattro amiche e lasciavano che queste si destreggiassero in assurdi esperimenti culinari.
La Serpeverde aggiunse al composto una bustina di tea alla rosa e osservò affascinata come la tintura rossastra macchiasse l’acqua.
Pacatamente versò la bevanda in quattro differenti tazzine e, facendo levitare zuccheriera e biscotti con un fluido movimento della bacchetta, adagiò il tutto sul tavolo.

- Gazie Vì, sei un angelo. – tubò Alexia adorante. La Grifondoro indossava, con la massima disinvoltura possibile, una divisa scolastica totalmente fradicia.
Alice rivolse alla biondina un’occhiata critica. – Alex, se persisti nel voler restare in giardino tutte le sante volte che piove ti prenderai una polmonite. –
L’accusata sorrise pacifica e scrollò la criniera di riccioli biondi ancora lucidi d’acqua. – Mi piace la pioggia. – si giustificò.
- Anche a me piace il caffè, ma questo non significa che ne bevo in quantità industriali, non ti pare? -
E se le quattro amiche ebbero un ascesso di risa irrefrenabile, un paio di elfi domestici interruppero addirittura la preparazione della cena per gettare occhiate scettiche nei confronti di colei che aveva appena sfacciatamente negato un dato di fatto.
In poche parole, Alice senza il caffè non esisteva.
Caffè.
Nero, per la precisione.
Non zuccherato.
La Montgomery era capacissima di dare di matto se giunta a colazione non ne trovava almeno un bricco. Ragion per cui, gli elfi domestici le avevano amorevolmente dedicati una caraffa con tanto di targhetta, nome e cognome. Senza scherzi.
- E’ buono questo tea. – sentenziò Alice torturandosi con la mano sinistra una ciocca di capelli castano chiaro.
- E’ logico che ti piaccia, c’è una percentuale di caffeina dentro… drogata! – frecciò la Anderson.
La Montgomery le fece una linguaccia.

- Per me ha un buon profumo. – Alexia prese un biscotto al cioccolato.
- Scusate se disturbo, ma torniamo al mio problema? – borbottò Lily con funereo sarcasmo.
Alice inarcò un sopracciglio. - Che sarebbe James? –
- Esatto. -
La Campbell si protese sul tavolo e afferrò un altro biscotto. – Beh… lui potrebbe smentire le voci sul vostro conto. Tanto che gli cambia? – propose ingenuamente mentre continuava a sgranocchiare.
- Oh, non lo farà mai…! Per lui è tutta pubblicità, amore. – celiò la Montgomery con una sicurezza a dir poco disarmante.
– E poi, onestamente, non credo proprio che Susan andrà in giro a raccontare di essere stata tradita dal suo presunto “ragazzo”, no? – osservò Victoria storcendo la bocca in un smorfia di puro disgusto alla pronuncia di quest’ultima parola.
Lily emise un versetto scettico a metà tra un sospiro e un gemito, le altre amiche alzarono gli occhi al cielo.

- Ooh, ma tu che hai contro i maschi? – rise poi Alice dando una spintarella alla Serpeverde che, poiché stava bevendo, per poco non si strozzò.
- Contro gli uomini nulla, contro i decelebrati tutto! – dichiarò quella, dolce come lo zucchero filato, quando fu di nuovo in grado di respirare.
- Uomini… Dite che esistono ancora gli uomini veri, quelli con la U maiuscola? – sospirò tristemente la Montgomery, mescolando il suo tea con aria tutto a un tratto incredibilmente malinconica.
- Io il mio principe lo avevo trovato, però non sono stata abbastanza furba da tenermelo stretto, è questo il punto. – Alexia si lasciò andare contro lo schienale e strinse i pugni tanto da conficcarsi le unghie nei palmi.
- Alexia smettila… - l’ammonì la Evans, improvvisamente seria.
- Di fare cosa, piangermi addosso? – replicò quella con aria sfacciatamente provocatoria.
- No, di dire scemenze. – fu la sagace risposta che per un attimo mise tutte a tacere.
- Io Chris non l’ho ancora visto… - sussurrò Alice più a se stessa che alle altre.
La Evans fece ticchettare le unghie quadrate e lucide contro la superficie levigata del tavolo, le labbra arricciate in una smorfia volutamente acida. - Passando ad argomenti più seri… - cinguettò nel chiaro intento di lasciar cadere l’affermazione dell’amica. - Sabato sera, alla torre, festeggiamo il compleanno di Holly Price. Tu vieni, vero Vicky? –
La Serpeverde fece un distratto cenno di assenso col capo e saggiò con aria pensierosa la seta traslucida della sua camicia. Ricamato sul petto, aveva lo stemma della casata verde argento. – Come mi devo vestire? -
- Non so… fai tu. Diciamo che è una cosa informale. -
- “Una cosa informale” del tipo una festicciola tra amici? O “una cosa informale” del tipo un festino in cui la metà degli invitati è imbucata o ubriaca fradicia? –
- Diciamo una via di mezzo? – azzardò Alexia, sbattendo angelicamente le ciglia ancora umide di pioggia.
Victoria soffocò una risatina sarcastica e si sporse maggiormente in avanti, sul tavolo. – Dopo però mi fermo a dormire da voi, tornare nel covo delle serpi mezza ubriaca potrebbe essere… come dire… avventato, ecco. E pericoloso. – la ragazza arricciò le labbra in una smorfia amara e accavallò le gambe con movimenti sinuosi.
- Tranquilla, tanto da domani Nina dovrebbe trasferirsi nella camera singola di Lorelay. Lor è stata nominata Caposcuola e le due inseparabili hanno saggiamente deciso di sloggiare. Probabilmente non vogliono grane… - tubò la Montgomery tutta giuliva.
- …o forse sono stufe di venire svegliate a tutte le ore della notte. – obbiettò la Evans, alludendo deliberatamente agli orari a dir poco improbabili a cui Alice faceva ritorno in dormitorio.
- …o del mattino – frecciò Alexia che come tutte le Grifondoro del settimo anno era vittima delle allucinanti levatacce che Lily faceva quasi quotidianamente.
- Quelle due poverette vi tollerano dalla bellezza di sei anni, non vorrete crocifiggerle perché alla fine si sono arrese, vero? - allibì la Anderson, sconvolta da tanta sfacciataggine.
- Ma figurati! E poi avere il dormitorio tutto per noi la definirei una piacevole novità, no? -
- Già. – commentò Victoria con voce atona.
- Tutto questo entusiasmo a cosa lo dobbiamo? – ironizzo Lily mentre con la bacchetta giocava a fare levitare la zuccheriera.
- Al fatto che quest’anno anche io ho la camera singola. -
- E…? -
- E lo trovo un particolare insidioso, ecco. Diciamo che quel verme di Pretwood mi ha già fatto sentire la sua presenza e io non muoio dalla voglia di subire imboscate mentre mi metto il pigiama. -
- Pensa alla quiete, alla privacy, a tutte quelle vipere fuori dai piedi… - la incoraggiò la Campbell, ottimista come sempre.
La Serpeverde, un pelino rincuorata scrollò le spalle e si avvicinò la chicchera alle labbra color fragola.
- Ragazze, che ne dite se ce ne andiamo in dormitorio e ci avvantaggiamo con un po’ di compiti? – propose innocentemente Alexia qualche minuto più tardi.
E se Lily si alzò accomodante e pressappoco concorde ad attuare il proposito, Alice e Victoria assunsero un’espressione costernata e osservarono la Campbell, chiuse in un disgustato mutismo.
- Alex, non è neanche il primo giorno! – gemette la Montgomery alzando gli occhi al cielo.

La Anderson, invece, notando come le buone intenzioni della bionda non fossero state neanche minimamente scalfite dalla loro più che prevedibile reazione, si dedicò con il massimo impegno ad una teatrale e quanto mai poco credibile scenetta che comprendeva ripetuti e esasperanti colpetti di tosse al fine di far credere all’amica di essere vicina alla morte per soffocamento.
- Va bene, va bene… che ne dite se ce ne andiamo in dormitorio a provare i vestiti di Alice? – acconsentì la Grifondoro addolcendo la pillola.
- Chi arriva ultima è un vermicolo! – annunciò la Anderson, scattando in piedi e lanciandosi in una corsa sfrenata, totalmente incurante dei tacchi vertiginosamente alti. I suoi capelli color dell’inchiostro, raccolti in una coda alta, sparirono dietro l’angolo in un battibaleno.
Alice, con assai minor entusiasmo e molto più calma, si infilò il leggerissimo maglioncino grigio pallido che teneva appoggiato allo schienale della sedia e, con mosse annoiate, si ravvivò la folta chioma castano chiaro. - ‘ndiamo và… - sibilò – o finisce che quella ci insolentisce di nuovo la Signora Grassa. -
- Sai che proprio stamattina le ho trovate a litigare? – la Evans scosse la testa con aria esasperata – Se Victoria continua così Carlotta non ci coprirà più le uscite notturne. -
- Infatti. – confermò anche la biondina – Ma se glielo fai notare, Victoria ti risponde che è stata la “balena” a provocarla... -
- Guardate: secondo me è già tanto se Vicky non si dà al vandalismo e le dipinge un bel paio di baffi. – la Evans si rivolse ad una elfa domestica di passaggio – Scusa Wendy, posso prendere un pezzo di torta? – chiese, lanciando occhiate golose ad una stupenda torta al cioccolato posta in bella mostra su di un vassoio soprelevato.
- Ma certo signorina! – e la creaturina si dilungò in un adorabile lunghissimo sorriso – Se vuole posso darle anche una fetta di crostata alle albicocche, l’abbiamo appena sfornata. -
- Sarebbe fantastico. – tubò la rossa, allietata dalla prospettiva – Dunque, dicevamo? – continuò.
- Eravamo arrivate al punto in cui Victoria deturpa irrimediabilmente l’aspetto della nostra complice. – frecciò Alexia appoggiandosi con i fianchi ad un bancone pieno zeppo di ampolle contenenti spezie.
- Ecco, brava, ci manca solo quello. – borbottò cupamente Alice.– Si può sapere dove diavolo tengono il caffè in questa cucina?! – sbottò poi di punto in bianco.
- Dio, Ali, ti si è annodata la bacchetta? – domandò Lily impressionata.
- Tranquilla Lil, è solo in crisi di astinenza per mancanza di caffeina. – frecciò la Campbell di sottofondo.
- Guarda che ti ho sentita! -
- Ma allora sono orecchie quelle strane appendici carnose che vedo attaccate alla tua testa! – ironizzò la bionda affatto scossa.
- Caffè! – tuonò nuovamente la Montgomery.
- In polvere o liquido? -
Alice guardò la Evans frastornata. - In che senso, scusa? –
- Che ne so… magari lo vuoi sniffare. – si giustificò la rossa con aria angelica.
Il provvidenziale arrivo di un elfo dalla tunica particolarmente sudicia sedò il litigio sul nascere. Tra le ditina nodose, l’esserino teneva infatti un bicchierone di vetro sfaccettato empio di liquido scuro. E una cannuccia arancione.
La Montgomery, dapprima lo guardò come se al posto di due sproporzionate orecchie verdognole l’elfo avesse sulla testa un’aureola splendente, poi lo travolse e dopo averlo chiamato “mio salvatore” almeno una decina di volte, si decise a lasciarlo libero.
Anche Wendy fece ritorno e, assistendo allo strapazzamento del collega con aria non poco perplessa, consegnò a Lily due pacchetti avvolti nella carta argenta.
La rossa ringraziò, li infilò nella tasca esterna della tracolla e sorrise, radiosa.– Hem… Wendy?
- Sì signorina? -
- Posso avere anche un po’ di menta fresca e un mazzetto di basilico? -
- Sì signorina. – e l’elfa, contenta di potersi rendere utile, corse via trotterellando.
- Ah, vorrei anche un paio di limoni acerbi! – le gridò dietro Lily, felice come una pasqua.
Poco dopo, le quattro solcavano i lastricati corridoi di Hogwarts con passo affrettato.
Alice, in testa, ancheggiava nella sua ridottissima gonnellina a pieghe e sorseggiava caffè bollente in pace col mondo. Sulla sua scia, Alexia camminava con una lucida mela verde artigliata tra le mani intorpidite dal freddo, la camicia ancora umida le aderiva perfettamente al corpo snello. In coda, Lily teneva tra le dita un sacchetto di carta ruvida e sorrideva giuliva ai passanti.
Quando arrivarono al ritratto della Signora Grassa, trovarono Victoria appoggiata di spalle ad un muro. La ragazza evitava accuratamente di guardare il quadro dietro cui si celava l’accesso alla torre e fumava astiosamente una sigaretta alla lavanda.
- Siete lente. – commentò velenosamente.
- Lily si è fermata a fare la spesa. – si giustificò Alice con voce acida.
- Alice ha avuto una crisi da caffè. – replicò la rossa a tono.
- La Signora Grassa dov’è, Vì? – domandò Alexia, osservando preoccupata il quadro disabitato e temendo di conoscere la risposta.
- La balena non mi ha fatto entrare. -
E infatti.
- Ma adesso dov’è? – ripeté la biondina, munitasi di santa pazienza.
- Non lo so e non mi interessa. – rispose ottusamente la Serpeverde, restia a collaborare.
- Saresti così gentile da spiegarmi come facciamo ad entrare, allora? – ringhiò la Campbell, perdendo quella patina di pacatezza e facendo evanescere con un gesto rabbioso della bacchetta il torsolo della mela.
- Così. – rispose Alice, e con la massima dignità possibile, iniziò a prendere a calci e pugni la porta, urlando come un’indemoniata.
Pochi minuti dopo, Potter con tanto di matita appoggiata dietro l’orecchio, aprì il quadro e si affacciò, profondamente perplesso. Il poverino, strano ma vero, stava studiando.
Se possibile, quando vide Alice che ancora tutta presa dalla foga dell’assalto continuava menar pugni, la sua costernazione si moltiplicò.
- Ma che cazzo fai? – domandò dolcemente James schivando l’ennesimo destro e immobilizzandole le braccia.
- Faccio toc toc. – frecciò la Montgomery, discretamente infastidita dal fatto che fosse stato proprio lui a trovarla in quella situazione delirante.
- E quale sarebbe il motivo, di grazia? -
- Ha detto pure “di grazia”, spiegaglielo il motivo, no? – celiò Victoria con voce falsamente stucchevole in sottofondo.
Potter le fece un elegante gestaccio.
- Victoria ha fatto fuggire la Signora Grassa e noi dobbiamo entrare. -
Non c’è che dire, se qualcuno aveva il dono della sintesi questo qualcuno era Alice Lysandra Montgomery.
La Grifondoro era capace di riassumere in quattro parole praticamente di tutto. Da un libro al pettegolezzo più succoso del momento.
- Merlino, ma allora è un’abitudine! – sbottò il moro sbalordendo tutte. – Stamattina l’hai ridotta in lacrime, la povera Carlotta. Ma che gusto ci trovi, si può sapere? -
- Carlotta? – Victoria inarcò le sopracciglia ben disegnate per assumere un atteggiamento scettico e follemente irritante. – La balena ha pure un nome!? -
- Senti, razza di – si inalberò Potter poco prima di trovarsi la mano di Alice saldamente piantata sul petto.
- Grazie-per-averci-aperto-la-porta-James.– lo freddò la ragazza. - Puoi andare. -
- Carino il tuo modo di liquidarmi, Ali. -
- Vero? Ho impiegato anni a perfezionarlo… - la Montgomery si esibì in un sorriso falso quanto le unghie finte. – Adesso, VAI. -
- Ai tuoi ordini mia damigella. – cinguettò quello con voce melensa, poi si volse e salì le scale quattro gradini alla volta.
Alice sospirò e giratasi verso Victoria le puntò contro un indice accusatore. – Con te farò i conti più tardi.– ringhiò – Ora sali. –
- Subito mamma. – celiò la mora, e con le iridi viola che mandavano fioche scintille si eclissò, inghiottita dal buio delle scale che conducevano alla Sala Comune dei Grifoni.
Stressata, Alice lasciò che l’amaro sapore del caffè le riempisse la bocca ancora una volta, socchiuse gli occhi e al seguito di Alexia e Lily prese a salire i gradini di pietra.
Il ritratto si richiuse con un sordo tonfo alle loro spalle.


L’insonnia, come già accennato, era da sempre stato un problema della Evans.
La Grifondoro trascorreva intere nottate e fissare il soffitto e a seguire la scie di pensieri illogici.
Raggomitolata su di un fianco, oppressa della noia e dall’ossessivo desiderio di addormentarsi, la ragazza non pensava a nulla. E si sentiva sola. Dannatamente sola.
Il silenzio le graffiava la coscienza, le iridi verde prato affogavano nel buio.
Con il sorgere del sole, arrivavano le occhiaie e un senso di infinita spossatezza.
Intorno al terzo anno, un pomeriggio in biblioteca, Alexia le aveva fatto notare “che alcune notti non sono fatte per dormire. Se non hai sonno trovati qualcosa da fare, no?”.
E a Lily si era aperto un mondo. La sera, dopo avere tirato per bene le tende del baldacchino, si metteva a gambe incrociate e sorseggiando latte di mandorla leggeva. Divorava pagine e pagine, illuminata solo dalla fioca luce della sua bacchetta.

Un paio di settimane dopo, sotto al cuscino, aveva trovato un foglietto accuratamente ripiegato. Su di esso erano appuntate le istruzioni per produrre una potente pozione soporifera. La calligrafia era quella della Campbell, tonda e aggraziata.
Gli ingredienti erano tutti facilmente reperibili e questo aiutò la Grifondoro, che presto prese l’abitudine di rifugiarsi nel bagno abbandonato del secondo piano e lavorare a quello che era stato ribattezzato dalle sue amiche come filtro della buona notte.
Ed è qui che giungiamo ad un’altra grande scoperta. La Evans, infatti, capì che bastava invertire l’ordine degli ingredienti e variarne un poco le dosi affinché la pozione avesse tutt’altro effetto.
Il Filtro della Buona Notte, diventò dunque un concentrato di sonno. Bastava ingerirne un sorso per passare una notte brava e poi, al mattino, avere la stessa sensazione di quando ci si alza perfettamente riposati.
Un uso eccessivo di codesto trucchetto portava all’intossicazione, ma per occasioni particolari era perfetto.
Sfortunatamente, Lily non aveva ancora avuto modo di lavorare alla sua pozione ed essendo terminate anche le scorte che si era portata in vacanza, la ragazza era, caso strano, in preda alla cara vecchia insonnia.
Appoggiata di spalle alla testata del letto, una fetta di crostata in una mano un fazzoletto per raccogliere le briciole nell’altra, la ragazza aveva appoggiato sulle ginocchia un polveroso libro dalla copertina di cuoio rosso e le pagine inaridite dal tempo.
Con dita delicate saggiò la consistenza della carta e si ritrovò a sorridere: le sue pupille avevano da qualche ora riacquistato la loro ordinaria abilità.
I lunghi capelli rosso sangue, che normalmente le arrivavano alla vita, erano scompostamente raccolti a un lato del viso, per evitarle fastidi.
Strani capelli, i suoi.
Purpurei e lucenti, magnetici.
Mossi e talvolta composti in casuali boccoli.
Spumeggianti quanto un mare in tempesta le incorniciavano il volto.
Lo stesso volto che per l’ennesima volta si contrasse in una smorfia di fastidio, quando un acuto vociare la raggiunse e infranse l’atmosfera tranquilla in cui si era calata.
La Grifondoro scansò la tenda di velluto con gesti stizziti e afferrò la sveglia dal comodino di mogano. Dannazione, erano le quattro e mezza!
Come potevano quei quattro deficienti prolungare i loro festini fino a quell’ora?
Un minimo di rispetto, perlomeno.
Un nuovo ululato intensificò la sua irritazione.
Con il casino che facevano, li si sentiva dai sotterranei. Perché non arrivava a bacchettarli qualche insegnante?!
Ancora grida, ancora schiamazzi.
Avevano superato ogni limite, decise la Evans, e buttate giù le gambe tornite dalla sponda del letto, senza neanche prendersi la briga di infilarsi un paio di scarpe, scese fino alla sala comune.
Una volta lì, a dire la verità, ebbe un mezzo ripensamento forse dato proprio dal fatto che presentarsi con un pigiama pieno di pulcini in stile cartone animato ad una festa di indubbia decenza non sarebbe stata una cosa saggia.
Ma falciando via ogni possibile ripensamento, la ragazza imboccò la scala che conduceva al dormitorio maschile.
Al settimo piano si trovò davanti a due porte perfettamente identiche. Con i piedi intorpiditi dal freddo e gli occhi che scintillavano felinamente la rossa imprecò sottovoce, poi decise per quella a destra.
Toc, toc.
Una bussatina titubante e timida.
Coraggio Lily, puoi fare di meglio.
Bum, bum.
Niente.
Solo un assordante silenzio, oltre la porta.
Bum, bum, bum.
Bum, bum, bum, bum.
Bum, bum, bum, bum, bum.
Proviamo con l’altra, si disse la Grifondoro.
Bum, bum.
Pochi secondi e dietro l’uscio apparve James Potter più assonnato che mai.
Il ragazzo represse un mezzo sbadiglio e, stropicciandosi gli occhi biascicò – Non abbiamo fatto niente prof, glielo giuro. -
- Coda di paglia Potter? -
- No, è solo che… - James passandosi una mano tra i capelli già adorabilmente disastrati si azzardò a socchiudere un occhio, poi, allibito, li aprì entrambi. – Tu non sei un insegnante. -
- Certo che sei un fenomeno. – commentò cinicamente la Evans.
Il Grifondoro si passò una mano sul collo, sempre più costernato. – Allora, hem… vuoi entrare? –
Lily vide che il ragazzo indossava solo un paio di boxer e una maglietta blu scuro a maniche corte che aveva tutta l’aria di essersi appena infilato. – Non vorrei disturbare… - balbettò con l’orribile sospetto che Potter non fosse affatto solo nel suo letto.
- Tranquilla. – mormorò lui capendo al volo i sospetti della ragazza.
E le sorrise. Un sorriso assonnato ma luminoso, privo di quella patina d’arroganza a cui lei era sempre stata abituata.
- Okay, allora entro. – acconsentì la Evans stupefatta.
Potter si fece indietro per farla passare.
- Ragazzi c’è un’ospite! – tuonò James una volta chiusa la porta, e agguantata la bacchetta dal comodino accese alcune fiaccole.- Accomodati. – propose gentilmente alla ragazza.
La Grifondoro si sedette sulla sponda dell’unico letto libero, tesa come una corda di violino.
La camera era grande e follemente disordinata. Libri e vestiti ricoprivano la maggior parte delle superfici piane, pergamene e calamai facevano il resto. In un angolo, Lily notò, erano accatastati alcuni pesi e delle macchine per fare ginnastica. Foto e fotografie riempivano le pareti, appesa ad un chiodo vicino all’entrata c’era invece una chiave d’oro squisitamente cesellata. Come avessero fatto a ridurre la stanza in quella situazione, dopo sole ventiquattrore di permanenza, era un mistero.
Black fu il primo a dare segni di vita, sollevò la testa dal cuscino, inquadrò Lily, sbattè le ciglia profondamente perplesso, e si nascose nuovamente sotto le coperte.
Remus, sdraiato nel letto dietro di lui, si mise a sedere e, represso uno sbadiglio, la salutò cordialmente con un cenno del capo.
Altro che fare baldoria, quelli se la dormivano alla grossa!
- Bel pigiama, Evans. – soffiò Sirius riemergendo dal groviglio delle lenzuola.
- ‘azie. – mormorò lei imbarazzatissima. Sicuramente non poteva rigirare il complimento considerando che Black dormiva con indosso solo un paio di boxer neri.
- A che dobbiamo l’onore? – le chiese a quel punto Potter, appoggiatosi con una spalla alla colonna del suo letto.
- Dalla torre si sentiva un concerto di schiamazzi e… bhe, pensavo foste voi. -
- Capisco. – fu il laconico commento di James.
- Forse sono i Corvonero… - borbottò Remus, tirando le maniche della sua dolcevita grigia fino a coprirsi le mani.
- Forse. – non si sbilanciò la rossa.
- Già. -
- Già. –
- Già. -
- Vuoi qualcosa da bere, Lily? – Black si alzò dal letto facendo bella mostra del suo fisico modellato e trasse da quello che aveva tanto l’aria di essere un mini frigo una bottiglia di Wisky Incendiario. La Evans pensò all’innocente orzata abbandonata sul suo comodino e decise di fuggire via dal qual covo di matti. Si alzò in piedi di scatto – Nono, grazie mille. Anzi, scusate per avervi svegliato… io me ne ritorno a letto! -
Ma non fece in tempo a muovere un passo che una mano le afferrò saldamente il polso facendola rabbrividire. – Ma no, non andartene. Tanto ormai ci hai svegliato! Facciamo qualcosa di divertente, no? –
I campanellini del suo braccialetto tintinnarono soavemente quando Potter allentò la presa e con maggiore gentilezza la spinse nuovamente sul letto.
- Di divertente tipo? – soffiò Lily diffidente.
- Bagno di mezzanotte nel lago nero. – propose allegramente Black, poggiato con i fianchi al marmo del davanzale.
- Perché non direttamente al polo nord, già che ci siamo? – frecciò Lupin con un minimo di buon senso.
- Diamo fuoco al dormitorio delle serpi, allora. – continuò imperterrito Sirius, affatto smontato dal cinismo di Lunastorta.
Remus sbuffò, di sottofondo, e roteò gli occhi celeste polvere.
Felpato diede un lungo sorso di Wisky Incendiario e si leccò le labbra. - Andiamo alla festa. – tubò, colto da un’improvvisa inspirazione.
- Quale festa? – allibì Lily.
- Quella da cui viene tutto questo casino, no? – replicò il Grifondoro innocentemente.

- Questo già si potrebbe fare… - asserì Potter, facendo schioccare l’accendino per accendersi una sigaretta.
- Ma ragazzi, sono quasi le tre di notte… tra poche ore ci dobbiamo alzare! -
- Che palle, Lunastorta! Tanto vieni. -
- E se mi rifiuto? -
Sirius gli scoccò un’occhiata scettica e Peter Minus russò con particolare enfasi per sottolinea quanto la mancata approvazione di Lupin potesse influenzare i piani comuni.
- Pet, svegliati. – urlò Potter raccogliendo una scarpa e lanciandola addosso al bell’addormentato. – Lunastorta, Felpato, vestitevi. Ah, e …Sirius? -
Il moro, che si era infilato al volo una camicia inamidata e non preoccupandosi di allacciarla era già alla ricerca dei pantaloni, alzò il capo. – Sì?

- Stasera la stanza singola è mia. – dichiarò James con aria diabolica.
- Cosa!? – Black spalancò le fauci, furioso. – No, non è vero. Tocca a me. -
Potter scosse la testa con enfasi e ciccò in un prezioso portacenere di cristallo posto in bilico su una pila di vestiti. – Sbagli. È la mia notte vero Rem? –
- Hem… - esordì quello con aria persa. – Ragazzi, è quasi mattina non fareste neanche in tempo a da aprirla quella porta. – tentò infine con santa pazienza.
I due sondarono l’affermazione e costatarono che forse era vero e che Lupin, come sempre, aveva ragione.
- Lily, ti aspettiamo giù in sala comune d’accordo? – borbottò James spezzando il silenzio e suggellando la resa.
La ragazza soffocò una risatina acida. – Cosa ti fa supporre che io venga, Potter? –
- Hai di meglio da fare? – replicò quello sagacemente.
- Dormire, per esempio? -
- Dacci un taglio, Evans. Tanto che soffri d’insonnia lo sappiamo tutti da anni. – James sorrise angelicamente.
La rossa aprì a richiuse la fauci un paio di volte. – Come…? –
- Ti aspettiamo giù in Sala Comune. – ripeté il Grifondoro – E non metterci una vita altrimenti fa l’alba. -
Lily ignorò la provocazione. - Io non vengo. -
Il ragazzo la guardò intensamente per un paio di secondi. – Come vuoi. – commentò infine con un’alzata di spalle.
Oh, no.
Lei non sarebbe mai andata a quella festa.
Non si sarebbe mai fatta coinvolgere in una follia notturna di tali dimensioni.
Non da loro, perlomeno.
I tanto celebrati Malandrini.
No, proprio no.
E allora perché, si chiese pochi minuti dopo, sdraiata sotto al suo letto in cerca delle scarpe, aveva indossato una minigonna nera a balze e una felpa color prugna che le lasciava scoperte le spalle e finiva con un enorme cappuccio?
Perché si era passato un velo di rossetto alla ciliegia sulle labbra e aveva pettinato al volo i capelli?
Perché diavolo non trovava quelle stramaledette scarpe?
La ragazza imprecò sottovoce quando batté la testa contro la struttura in legno massiccio del letto. Trascorsa un’altra decina di secondi alla ricerca delle calzature, la ragazza afferrò gli stivali con i tacchi di dodici centimetri che Alice aveva sbattuto in un angolino e si lanciò giù per le scale, saltellando ad ogni pianerottolo nel tentativo di infilarsi le scarpe.
Al quarto piano riuscì a calzare quella destra, al terzo cadde per le scale, al primo, con un ultimo strattone, anche l’altro stivale di pelle nera rigorosamente firmata cedette e accolse il suo grazioso piedino.
Quando fece la sua entrata nella sala comune, leggermente oscillante, Black e Potter, appoggiati con i fianchi allo schienale del divano, emisero un paio di bassi fischi, Lupin, mani in tasca, le sorrise, Minus iniziò a sbavare.
La rossa notò che Black non si era ancora allacciato la camicia.
- Ma quelli non sono di Alice? – domandò James fissandole i piedi con aria perplessa.
- Sì ma – la Grifondoro si aggrappò alla sua spalla e finì di chiudersi la cerniera lampo dello stivale di sinistra. – non trovavo le mie scarpe. -
- Sai camminarci? – il ragazzo la squadrò preoccupato.
- Certo! – s’indignò Lily, e per dimostrare che ciò che diceva era vero fece un’aggraziata mezza giravolta.
- Okay. – annuì Potter anche se poco convinto. – Allora andiamo. -

Quando, molto galantemente peraltro, Black la invitò a scendere per prima verso l’ingresso della Sala Comune, la Evans ebbe la netta sensazione di cacciarsi in un guaio più grande di lei.
E non era l’azione in se che la spaventava, era la compagnia a farle presagire che nulla sarebbe girato come di dovere, quella notte.
Lily, a discapito di quanto si potesse dire in giro, il combinare guai lo aveva nel sangue.
Ma da anni esercitava la sacra arte della discrezione, e delle sue numerose bravate che aveva compiuto erano a conoscenza solo pochi amici fidati.
Giunta allo spiazzo che precedeva l’uscita, la ragazza si voltò – Andiamo a Tassorosso, allora. – sibilò, tanto per organizzare un minimo la cosa.
- Perché Tassorosso e non Corvonero? – le chiese di rimando Lupin, inarcando leggermente un sopracciglio. – I loro dormitori sono più lontani, rispetto al nostro. -
- Perché se ci fosse stata una festa a Corvonero lo avrei saputo. – spiegò semplicemente la rossa.
- Non ti passa neanche nell’anticamera del cervello che magari Redgrave desiderasse spassarsela con qualcun’altra e non ti volesse tra i piedi? – Potter si passò una mano tra i capelli, esasperato dalla sua ingenuità.
- No. -
- Hn? –
- Tu potresti fare una cosa del genere, non lui. – chiarì la Evans con tono pacato.
James la guardò con palese astio. – Io non capisco proprio cosa ci trovi di tanto speciale in quello là! – borbottò irritato.
- Esattamente quello che non vedo in te, tesoro. – frecciò Lily, velenosa, e lasciandosi tranquillamente mandare al diavolo aprì il ritratto con un gesto deciso.
Mosse un passò nell’oscurità e tanto il tacco quanto la punta del suo preziosissimo stivale affondarono miseramente in una melma non meglio identificata.
- Cosa…? – la rossa, con violenza, tentò di ritrarre il piede ma ottenne soltanto di perdere l’equilibrio e cadere molto elegantemente in braccio a Black.
- Te l’ho detto che non ci sapevi camminare con quei cosi. – celiò Potter, lieto di potersi vendicare.
La ragazza, dal basso, gli lanciò un’occhiata omicida. – Sono incastrata, idiota. –
- Eh? – allibì quello, sgranando gli occhioni.
- Il mio piede è trattenuto de qualcosa di schifosamente viscido, non so spiegartelo con parole più semplici: mi spiace. -
E mentre Potter si spanciava dalle risate, Minus ebbe la brillante idea di lanciarsi a capofitto sulle gambe della strega e, afferrata quella sinistra più o meno a metà coscia, di mettersi a tirare.
Lily, più sconvolta che altro, dopo avergli gentilmente chiesto per una decina di volte di lasciarla andare, iniziò a prendere in considerazione l’idea di trafiggerlo con il tacco a spillo dello stivale destro.
Prevedendo il dramma, Potter afferrò saldamente l’amico per le spalle e lo scansò a viva forza, si scusò con la rossa, si sdraiò prono sul pavimento e fece luce sulla piede prigioniero con la sua bacchetta, ammutolì.
- Allora? – lo richiamò Lily dopo qualche secondo.
Lui si mise seduto contro il muro e la guardo ad occhi sbarrati.
- Allora!? – ripeté la strega artigliandolo per una spalla a scuotendolo.
Black, stufo della situazione afferrò la Evans per i fianchi e la spostò in grembo a Potter, poi si sporse lui stesso. Quando alzò il viso, su di esso albergava la stessa espressione costernata che aveva l’amico.
- C’è una specie di lago di… non so, una sorta di gelatina, ecco. -
- Gelatina? – Lupin restò basito.
- Sì, beh, è una sostanza collosa e trasparente. il corridoio ne è totalmente invaso. -
- Quanto è alto lo strato? – domandò la Grifondoro con aria clinica.
- Una trentina di centimetri credo. -
- Ma che roba è? – gemette Peter orripilato.
- Ma che ne so…! -
- Prima la tiriamo fuori e poi vediamo di che si tratta, okay? – propose James con buon senso.
Lei annuì e rendendosi improvvisamente conto di stare in braccio al ragazzo che nelle ultime ore le aveva reso la vita un inferno fece leva sui polsi e tentò di sollevarsi.
Potter la afferrò per la vita e molto democraticamente se la premette contro con forza – La pianti di guardarmi come se fossi un maniaco incallito per favore? – le sibilò ad un orecchio.
- è difficile considerando come ti comporti. – ringhiò lei, arricciando le labbra in maniera ostile.
- Se ti riferisci alla faccenda del bagno, io stavo solo scherzando. – replicò il Grifondoro roteando gli occhi.
- Senti Lily, se ti sfiliamo lo stivale va bene lo stesso? – le domandò gentilmente Remus, accovacciato assieme a Black vicino all’entrata.
- Sì, però dopo dobbiamo recuperarlo: è di Alice. –
- Allora è meglio tirare via tutto insieme, altrimenti lo stivale affonda. – Black si passò una mano sul viso, tentando di non cedere all’ilarità del momento.
- Hai capito? Stavo solo scherzando. – Potter trasse dalla tasca dei pantaloni neri un pacchetto di sigarette e ne afferrò una coi denti.
- Bello scherzo. – soffiò la Evans voltandosi a guardarlo inferocita.
- Lily, se non ti muovessi sarebbe meglio. – gemette Lupin, con le mani affondate fino ai polsi in quella robaccia.
- Starò ferma. – assicurò diligentemente la Grifondoro.
- Allora scusa, va bene? Scusa. - il ragazzo diede un tiro alla sigaretta e la passò a Black.
- Potter, ma chi ti credi di essere? Un dio sceso in terra? Fai quello che ti pare, ti sprechi in due misere scuse e poi pretendi pure di essere perdonato così, come se nulla fosse. - esasperata, la Evans scosse il capo.
- Beh… no. Però, in fondo sì. Cioè… era uno scherzo, Dio santo! Cosa dovrei fare, prostrarmi ai tuoi piedi e chiedere venia? -
- Non ti ho mai chiesto questo, se non sbaglio. – replicò Lily, sorpresa e al tempo stesso infastidita.
- Non me lo hai mai chiesto però lo pretendi! Si deve fare un esame per riuscire a scambiare quattro parole con te? O forse ci sono delle audizioni?! -
- Un esame? – saltò su la rossa. – Ma vai a farti fottere, Potter. -
- Lily, stai ferma che forse ce l’abbiamo fatta, okay? -
- Sì, scusa Rem.- la ragazza gli regalò un sorriso dolce come il miele per farsi perdonare, poi con voce bassa e vibrante ringhiò – E adesso ascoltami bene James, perché non credo lo ripeterò altre volte. Io non ti odio, ma il novanta per cento di te mi fa innervosire, il restante dieci per cento mi manda in bestia. Questo non è odio ma per quanto ne so io non è neanche amore. Dimmi tu come posso superare questa naturale avversione nei tuoi confronti e io e te diventeremo amichetti del cuore, te lo prometto. -
- Tu mi giudichi senza conoscermi. – sentenziò il moro con semplicità.
- Perché se ti conoscessi sarebbe diverso, vero? -
- Certo. – ed ecco riemergere il tanto odiato sorrisino.
- Vedi come sei fatto, James? Non impari mai… - e con una luce amara annidata nelle iridi verde prato, la rossa tirò su il piede finalmente libero. – Grazie ragazzi. – mormorò quando si rimise in piedi, barcollante.
- Ma ti pare! È stato un piacere toccarti le gambe. – ironizzò Black.
La rossa fece orecchie da mercante. – Adesso che facciamo, diamo l’allarme? –
- Direi che non c’è altro da fare, purtroppo. – e con aria demoralizzata Lupin puntò la bacchetta verso il soffitto.
Una bolla luminosa si condensò pochi metri davanti a loro, lievitò verso le arcate dell’ampio soffitto e infine scoppiò in un urlo lancinante.
Tempo due minuti e, avviluppata in una vestaglia di flanella rosa confetto, a cavallo di una vecchia scopa spettinata, apparve l’ossuta professoressa di artimanzia.
Sulla testa aveva una abbondante decina di bigodini, ma bastò una sola occhiata alla sua espressione per far sì che il sarcastico sorrisino dei ragazzi si spegnesse.
Qualcosa, decisamente, non andava.










Spazio Autrice:


Ho poco da dire, se non che stasera vado veramente di fretta! XD
Mi attende un weekend di fuoco e, onestamente, voglio godermelo tutto quanto…
Dunque: un gigantesco GRAZIE a tutti coloro che hanno aggiunto questa storia ai preferiti. Siete più di quanti avessi mai osato immaginare ragazzi, davvero.^^

Circa le recensioni… onestamente sono un po’ delusa. Voglio dire, il numero delle letture, come quello delle preferenze, è altissimo. Quindi ne deduco che la fanfic in fin dei conti piaccia abbastanza. Allora perché riesco ad avere così poche opinioni sul mio lavoro? Non vale cinque minuti del vostro tempo?
Uff… oggi sono acida. Mi spiace.^^
Sarà che devo fare un dolce e non ho la ricetta (Chià, sentiti in colpa. XD) o che la casa è un delirio e per domani deve essere perfetta.
=_=
Non voglio sfogarmi con voi, quindi levo le tende. :P
Un bacio e tutta la mia riconoscenza ad Alexluna (che lovvo da impazzire e che non vado mai a trovare perché sono una cretina…) a Cla (che ora avverto del nuovo capitolo sennò domani mi taglia le gambe), a Megarah_witch e Nikelaos (due nuove arrivate: ma che bello!^^), a hermionex95 (che ha lasciato traccia del suo passaggio in ogni capitolo compresa la mia altra fic “The Snow and The Night”. Sei veramente un tesoro… il tuo entusiasmo mi contagia!), a Irene_evans (che si dilunga in recensioni a dir poco soddisfacenti…^^ Sei davvero un angelo, ma per una risposta degna del tuo commento dovrai attendere il prossimo aggiornamento, adesso sono davvero di corsa!T_T).
Detto questo,
Un Bacio!

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 6 - Aspettando l'alba - Parte I - ***


CAPITOLO 6 – Aspettando l’alba - I Parte -


Accovacciata sul gradino di pietra che delimitava il focolare, ginocchia strette al petto e viso affondato tra le rotule, Alexia Campbell taceva.
Di parole sprecate, in quella notte, ce ne erano state anche troppe.
Inizialmente quelle dei professori, che con assurde richieste di calma erano riusciti a svegliare tutta la torre, in seguito quelle degli stessi Grifoni, che erano stati lieti di lasciarsi prendere dal panico.
Tempo cinque minuti e l’intera casata rosso-oro si era riversata nella sala comune in preda ad una simpatica crisi isterica.
Chiasso. Tanto chiasso.
Ma soprattutto… un frenetico accavallarsi di pensieri più o meno urlati.
Era questo che le aveva dato il colpo di grazia.
Che le avrebbe impedito di vivere quella strana nottata come tutti gli altri.
La pressione di tutte quelle coscienze.
La sua, infatti, non era una comune emicrania. Non un lancinante ma ordinario mal di testa.
No.
Era molto di più.
Era una vivace protesta. Il disagio di un potere che non voleva essere tenuto sopito.
Telepatia.
Ecco il nome della sua condanna.
Una capacità che la costringeva ad odiarsi, a disprezzarsi nel più crudele dei modi.
Perché il rispetto per la privacy era una delle principali regole di vita a cui Alexia Campbell si era sempre attenuta.
Comunque sia, urla e lamentele avevano innescato la sua sofferenza ed oramai il danno era fatto, probabilmente l’emicrania le sarebbe passata solo tra qualche ora.
Ed era stata tutta colpa di quella baraonda.
Nulla erano valse le autoritarie urla degli insegnanti né il supporto dei Caposcuola.
L’ordine si era ristabilito solo quando Alice Lysandra Montgomery, il cui profondissimo sonno era stato turbato da tutto quel caos, si era degnata di mettere fuori il suo delicato nasino dall’ultima stanza della torre più alta del castello, per chiamarla come lei e Lily erano solite fare.
Minuscoli short in maglina bianca che mettevano in risalto le sue stupende e lunghissime gambe abbronzate, una T-shirt verde acido con su stampata una fotografia di un gruppo rock babbano, la mora si era presentata in Sala Comune di un umore tanto palesemente pessimo che la folla si era scissa in due ale per farla passare.
La Montgomery aveva ascoltato insolitamente seria il resoconto della professoressa Greta Walsburg e si era rivolta ai suoi compagni. – Quale parte esattamente non vi è chiara del “ritornate nelle vostra camere in caso di novità verrete aggiornati”? – aveva ringhiato rabbiosa.
E in un battito di ciglia, con grande disappunto di coloro che fino a quel momento avevano inutilmente tentato di frasi ubbidire, la stanza si era svuotata.
Alice aveva la fiducia dei suoi compagni, una forte autorità e uno straordinario carisma, oltre che una pericolosa quantità di giusti agganci.
Il motivo per cui non l’avessero nominata Caposcuola, era tutt’ora ignoto.
Fatto sta, che adesso il permesso di rimanere nella Sala Comune era stato accordato dalla Montgomery solo a pochi eletti, tutti gli altri erano stati spediti a letto.
Alexia sussultò nel sentire un braccio che le cingeva le esili spalle, sollevò appena la testa e socchiuse gli occhi.
Una tazza in ceramica color avorio le oscillava proprio davanti al naso.
- Cos’è? – sibilò con voce roca.
Lily soffocò a mala pena uno sbadiglio. - Una tisana alle erbe, dovrebbe farti bene. –
- Non so perché, ma credo che ora come ora preferirei del veleno. – la bionda accennò un cupo sorrisino e afferrò la tazza con entrambe le mani. La cullò per qualche secondo, osservando il liquido bollente vorticare sotto un ricciolo di vapore, poi l’accostò alle labbra e diede un minuscolo sorso.
Una smorfia schifata deformò i delicati lineamenti della Grifondoro, che allontanò di getto la tazza e con un’espressione quasi tradita fissò Lily in silenzio.
- Il veleno non avrebbe un sapore migliore. - osservò quella sulla difensiva. – E poi non può essere tanto cattiva, sulla ricetta diceva che avrebbe avuto un sapore speziato e gradevole… – aggiunse anche se poco convinta.
Alexia, gli occhi ridotti a due limpide schegge di cielo, con aria di sfida le porse la bevanda incriminata.
Tempo due secondi e la Evans aveva preso a tossire istericamente.
- è disgustosa! – protestò mezza sconvolta, la biondina si espresse in un debole sogghigno e nascose nuovamente il viso tra le ginocchia.
Alice le raggiunse e si sedette alla sinistra della Campbell, le passò un braccio attorno alla vita e la strinse forte.
- Come va, tesoro? – domandò preoccupata.
La biondina corrugò le sopracciglia, ironica. – Ho avuto periodi migliori. -
- Beh… tu sai come la penso. – Il tono della Montgomery si fece stranamente duro. – Se lasciassi che il tuo potere si sviluppasse, probabilmente riusciresti anche a controllarlo senza problemi. -
- Se lasciassi che il mio potere si sviluppasse, adesso saprei cosa stai pensando. Conoscerei ogni tuo più piccolo segreto… forse non ti guarderei come ti guardo adesso. Forse avrei una differente opinione di te, te ne rendi conto? E forse… sì, forse sarei diversa da come sono adesso. – Alexia prese fiato, tremante. Quelle discussioni la sfinivano sempre. – Pensi che ne varrebbe la pena? Credi che la capacità di leggere e comunicare con la mente valga tutto questo? -
Alice la fissò in silenzio per qualche istante, il suo profilo regolare si stagliava contro le fiamme in una inquietante combinazione di chiaro scuri.
- Sii ciò che sei nata per essere. – mormorò. – E non importa come sarai, perché sarà comunque giusto, no? Avrai assecondato la tua natura e dunque la tua vera indole… non c’è legame più forte di questo! E poi non saresti diversa… saresti semplicemente più potente. E potresti decidere cosa ascoltare e cosa no… -
La bionda ringhiò, frustrata. – Tutte balle. – decretò. – Sarei sopraffatta e non potrei scegliere proprio nulla. I vostri pensieri mi sommergerebbero come un mare in piena, non riuscirei ad arginarli come faccio adesso. E poi che diavolo di ragionamento è questo? Se ciascuno di noi seguisse la strada che gli è stata disegnata davanti quasi sicuramente Victoria sarebbe una Mangiamorte, Black un maniaco del sangue puro e Floranna una spietata assassina… Non è così che si ragiona Alice, solo perché tu hai avuto la fortuna di nascere dalla parte giusta non vuol dire che gli altri non debbano avere la possibilità di scegliere! –
La Montgomery si dimenò inquieta. – Beh, non dovrebbero averla se la loro scelta è quella di sopprimere i loro poteri. È qualcosa di cattivo, ecco. Di innaturale. Senza contare che potresti giovare ad un sacco di gente… -
- Non me ne frega nulla. – Alexia si affondò inconsapevolmente le unghie nei polpacci e serrò forte gli occhi.
- Beh… la telepatia è una branca della magia tuttora inesplorata. Potresti davvero scoprire cose che nemmeno immagini se ti lasciassi andare. – abbozzò Lily stiracchiando le lunghe gambe e accingendosi a sfilarsi gli stivali. Alice, riconoscendo le calzature e facendo caso solo in quel momento al suo abbigliamento, le lanciò uno sguardo curioso.
- Ti ci metti anche tu adesso? – le soffiò addosso la bionda, furente.
La Evans si strinse nelle spalle. – Credo solo dovresti sondare per bene tutte le alternative senza essere prevenuta. – sentenziò pacatamente. – E poi… non ti attira neanche un po’? – soggiunse con un sorrisino malizioso.
La Campbell scattò in piedi e ondeggiò lievemente, stordita. A grandi passi raggiunse il capo opposto della sala. – Adesso sì che ho bisogno di una sigaretta… - la sentirono borbottare mentre si allontanava.
Che dire, una fuga in grande stile.
Alice scosse il capo e si lasciò andare ad una risatina quasi divertita. – Cederà, prima o poi.– sentenziò. - Ne sono sicura. -
- Forse. – acconsentì Lily pensierosa. – Ma chissà se la stiamo spingendo nella giusta direzione… D’altronde anche Vicky è contraria, no? -
- Vì le lascia carta bianca, è diverso. – precisò la Montgomery acidamente. – Piuttosto dimmi, cara… esiste un particolare motivo per cui indossi le mia scarpe? -
- A dire la verità pensavo di andare ad una festa. – tubò la Evans con un sorrisone.
- Una festa? – le fece eco una voce melodiosa. – Non vedo momento migliore… -
Pochi istanti dopo, dalla scala del dormitorio femminile emerse una ninfa bionda. I capelli liscissimi riversi sulle spalle come una cascata d’oro zecchino, Cleopatra Edenbrought veleggiò verso le due ragazze con l’incedere di una regina.
- Ciao dolcezze. – soffiò con un ghigno, poi si accigliò. – Il terzo moschettiere ve lo siete perso per strada? – frecciò sarcastica.
- No, ci ha scaricate per una sigaretta. Sai, lo stress… - Alice levò gli occhi al cielo e si strinse nella maglietta mezza sdrucita.
Cleopatra, fasciata in un completino di pizzo e seta color glicine, si lasciò sprofondare in nella poltrona più vicina e, scalciando le ballerine in lucida vernice bianca, tirò su anche i piedi. – Che le avete fatto? – domandò soave.
- Assolutamente nulla! – s’indignò la mora assumendo un’espressione di finta innocenza che non le si sarebbe addetta neanche tra un milione di anni.
Uno scoppio di risa fu un commento decisamente appropriato a quella sua aria da santarellina. – Ma certo, nulla a parte cercare di convincerla a diventare una sorta di antenna satellicosa! –
James Potter, ancora sghignazzante gettò addosso alla Grifondoro il maglione che si era appena sfilato. – E copriti, scema che non sei altro, fa freddo… -
- Satellitare Potter, satellitare… - lo rimbeccò Lily che, precisina come sempre, accantonati gli stivali in un angolo si andò a sedere su una poltrona sformata situata accanto a quella in cui giaceva la Edenbrought.
- Ma che teneroooo! – cinguettò invece Cleo, che quella sera pareva proprio avere il dente avvelenato. – Sai James, non pensavo che tu potessi essere così incredibilmente dolce e premuroso con una ragazza che non fosse disposta a venire a letto con te. -
- Principessa dei miei stivali, perché non chiudi il becco per un paio di minuti e mi dai pace? – Potter, senza fare una piega, tirò rudemente in piedi Alice afferrandola per il colletto e le infilò il maglione dalla testa, spettinandola come un pulcino.
La Montgomery, decisamente esasperata, provò debolmente a ribellarsi. – James, sto bene… - gemette.
Quello non diede segno di averla sentita, ma anzi se la trascinò dietro sul divano e con inconsueta delicatezza le cinse i fianchi in modo che non potesse fuggire.
- Sì, sì… vabbè. Poi, se ti ammali, tua madre chi la sente? – borbottò sistemandosi meglio e schioccandole un bel bacio in fronte.
Alice alzò gli occhi al cielo ma non replicò.
Remus Lupin, con un’espressione particolarmente lugubre stampata in viso, abbandonò le sue cinque carte sul lungo tavolo di mogano a cui erano seduti Peter, Black e Nina Franklin, avviluppata in un completino di cotone color mandarino. Le figure, rivolte verso l’alto in modo da risultare ben visibili, restarono le ultime testimoni della sua sconfitta.
Aveva perso. Ancora una volta.
La terza consecutiva, quella sera.
E non perché fosse scarso, nel gioco… no. Ma la sua mente era altrove.
Alexia, accovacciata al capotavola opposto a quello dei giocatori, distolse le labbra rosee dal filtro della sigaretta caritatevolmente offertale da Sirius per osservare Remus con maggiore attenzione. Ravvivandosi i riccioli con languida pigrizia, la Campbell diede un ennesimo tiro e appoggiò stancamente il capo sul palmo aperto della mano sinistra, ornata da una sottile fedina argentea.
Il fumo tornò ad offuscarle i pensieri.
Per motivi puramente pratici, infatti, non era abituata a soffocare nel vizio la sua sofferenza.
L’alcool corrodeva le sue barriere psichiche con disarmante abilità, il tabacco aumentava le possibilità che cadesse preda di un attacco d’asma.
Tossendo rauca, Alexia maledisse la sua fragilità fisica.
Erano bastati quarantacinque caotici minuti per ridurla in uno stato pietoso, ammise a malincuore sentendo le tempie pulsare in preda a dolorosissime fitte e la gola gonfiarsi poco alla volta, irritata dal fumo acre e troppo forte.
I polmoni stessi sembravano andare a fuoco al contatto con quella fragranza nociva, ma la ragazza li ignorò, costatando come, quella notte, ci fosse qualcuno malandato al suo pari.
Lupin, con pesanti occhiaie sotto agli occhi celeste polvere, si lasciò cadere sul divano accanto a James ed Alice.
- Quanto pensate durerà questo strazio? – sibilò cupamente, stropicciandosi le mani intirizzite e protendendole verso le fiamme.
Lily si strinse nelle spalle, scrutandolo a sua volta. – Problemi? – chiese soltanto.
- Qualcuno. – masticò il bel biondino a denti stretti, lanciano un fulmineo quanto involontario sguardo alla finestra, oltre il cui vetro il cielo iniziava a tingersi dei colori dell’aurora.
Sirius, dall’altro lato della stanza, abbandonò la partita a sua volta, troppo abbacchiato per continuare anche in assenza dei suoi degni compari. Peter emise un flebile gemito di disappunto e rovesciò la testa all’indietro.
Erano ore che andavano avanti a giocare senza nessuna effettiva voglia di farlo.
Ed erano solo le cinque di mattina.
- Pensate sia opera dei Mangiamorte? – chiese infine Nina, dando voce ai pensieri di molti.
Nell’attimo di silenzio che seguì, la mente di tutti volò rapida a tutte le possibili conseguenze che l’ipotesi portava con se.
- No. – decretò infine Lily con il solito sangue freddo. – Sarebbe un’impresa assurda e loro lo sanno. -
- Però è preoccupante sapere che basta un po’ di gelatina per ridurre la scuola in questo stato, non credete? – soffiò acidamente Cleopatra. – Comunque sono d’accordo con Lily, non credo che le forze del male centrino nulla stavolta… con rispetto parlando, sia chiaro! – frecciò stucchevole alla volta di Sirius, che le lanciò addosso con la massima disinvoltura il suo portasigarette.
La bionda lo afferrò al volo, rapida come una saetta, e sogghignò seducente, fedele alla sua fama da eccellente cacciatrice di Quidditch.
- Cosa c’è tesoro… le mie allusioni ti irritano? -
Nina, compreso l’andazzo, si alzò, stiracchiandosi con grazia. – Vado a vedere su com’è la situazione… - mormorò con un sorriso.
Sirius la salutò con un cenno distratto, tutto preso dalla sua schermaglia con la Edenbrought. - Mai quanto il costatare che sei ancora vestita, bionda. Non avevamo deciso che saresti caduta nelle mie grinfie prima della fine dell’anno? -
- Nei tuoi sogni forse… - bofonchiò Cleopatra, studiandosi un’unghia. Le iridi smeraldine, incastonate tra un fitto ventaglio di ciglia come le più preziose delle gemme, si velarono appena di divertimento.
- Nei tuoi, al limite. – replicò lui con sagacia. – D’altronde lo sanno tutti che sono una compagnia molto ambita… dovresti essermi grata per l’opportunità che ti offro, sai Cleo? La tua prima volta… -
- Ma schiantati Sirius! – sbottò quella saltando in piedi serrando rabbiosamente i pugni lungo i fianchi torniti.
Alice ridacchiò divertita.
Mai che quei due non scadessero in sconcezze, quando battibeccavano.
In fondo, Cleopatra era fin troppo bella e intelligente per non piacere neanche un poco al Grifondoro la cui fama di Don Giovanni superava di gran lunga quella di chiunque altro, all’interno del vecchio castello.
Però James Potter, a quel riguardo, si era espresso chiaramente fin da quando la biondina era divenuta una preda appetibile agli occhi di qualunque essere di sesso maschile.
“è la mia donna modello, - aveva detto. - toccala anche solo con un dito e ti spacco la faccia.”
E Sirius aveva obbedito. Con diligenza e buona volontà, le sue mire verso la Edenbrought si erano gradualmente trasformate in una buona amicizia.
Il suo particolare interesse per la Grifondoro tutto pepe, si poteva oramai intuire solo da certe particolari attenzioni sulle quali Cleopatra speculava provocandolo deliberatamente, e a volte rendendo il suo compito molto più arduo di quanto non sarebbe potuto essere.
Ma in fin dei conti il suo era solo un capriccio, e Sirius lo sapeva bene.
Un desiderio facilmente oscurato dai corpi di molte altre, tra le lenzuola.
Corpi senza volto e notti senza nome. Questa era la sua filosofia di vita.
Comunque Potter, a suo tempo, aveva messo il veto anche su di un’altra ragazza.
Però in quel caso le cose erano andate un po’ diversamente…
- A cosa pensi Sirius? – domandò la Montgomery, incuriosita dal suo silenzio.
- Alla sera di Halloween di quattro anni fa. Strano come certi ricordi tornino a galla, no? – Black si appollaiò sul bracciolo della poltrona di Lily fissando trasognato le fiamme.
Nella sua mente si avvicendavano girandole colorate e confuse, maschere sfumate, corpi palpitanti al ritmo scatenato di una musica rock… e poi, con chirurgica precisione, la rarefatta frescura di una passaggio segreto. Ricordò la sorpresa di trovarla lì, tutta sola, strizzata nel suo ammiccante abitino da cattiva ragazza. Le sua labbra lucide di Vodka… la sua voce vibrante…
- Mmm… non fu poi tutto questo spasso, no? Voglio dire: niente male come festa. Ma quella dell’anno dopo non fu molto migliore? – tubò Cleopatra, che all’epoca era solo al primo anno.
- Oh, ma è logico che quella successiva fu una meraviglia, la organizzò Alice! – s’infiammò Lily, sempre pronta a decantare le lodi dell’amica. – Però quella fu una serata movimentata da tutti i punti di vista… -
- Cinzia Thompson lasciò il suo ragazzo con una memorabile piazzata. – iniziò James, stiracchiando le braccia verso l’alto e poi tornando ad abbracciare Alice.
- Ritrovammo Peter completamente ubriaco avvinghiato alla Dempsei dietro una colonna. – soggiunse Remus con un sorrisino ammiccante.
- Già… da quella sera smettemmo di credere che dietro i suoi modi paciosi si nascondesse in realtà una natura omosessuale. – Sirius scansò la lunga frangia color pece che gli copriva gli occhi e si alzò in piedi, iniziano a girovagare.
- Vabbè che quella era una mezza ninfomane, - obbiettò James poco convinto. – Merlino, aveva diciassette anni e andava a imboscarsi con un tredicenne imbranato! Era evidente che avesse qualche problema… -
Peter Minus, rosso come un pomodoro maturo, cercò debolmente di obbiettare, ma Lily lo interruppe.
- Un Tassorosso del sesto finì in infermeria alle undici e mezza, ricoperto di insolite pustole color ciclamino, dopo avere infastidito Victoria per un ballo. – ricordò infatti la ragazza, stringendosi nelle spalle. – E poi… - proseguì incoraggiante.
- …tanto per concludere in bellezza… – frecciò Potter acidamente.
- …io e Sirius ci baciammo. – confessò Alice vagamente imbarazzata.
Cleopatra, sgranando gli occhini smeraldini, trasecolò.
- Sì. – confermò il diretto interessato con una smorfia. - E come prevedibile James mi fece un occhio nero. –
Potter, tutto compiaciuto, non poté fare a meno di protestare – Io ti avevo avvertito che Alice era zona off-limits! –
- Sì, sì… zona off-limits un schiopodo sparacoda, James! – intervenne Remus Lupin, improvvisamente molto più allegro. – Diciamo che c’era di mezzo un po’ di sana gelosia… -
Potter ammutolì di scatto, Lily attaccò a ridere forte.
Anche Alexia, dal suo angolino, si degnò di alzare gli occhi in direzione del bel moretto e ghignare.
- Glielo hai raccontato!? – mugolò James, affondando il viso nella spalla delle Montgomery - Avevamo un accordo... – gemette disperato.
- Anche tu lo hai detto a Remus… - si scusò lei, tirandosi fin sulle mani le maniche del suo maglione grigio antracite.
- Cooosa?! – saltò su Cleopatra, che iniziava a capire. – Tu e James siete stati insieme?! -
- No! – si indignarono entrambi. – Assolutamente no. -
- Però… - suggerì Lupin, incrociando le braccia per parare una possente cucinata tiratagli da colui a cui stava letteralmente scavano la fossa.
- Va bene, va bene… ci siamo baciati, okay? Niente di eccezionale. Solo un bacio. – si arrese il Grifondoro seccato, e alzò spavaldamente le iridi dorate per studiare lo sbigottimento dei presenti.
A sorpresa, Alice sfoderò il suo tono da maestrina. - Beh no Jamie, veramente, ad essere precisi, i baci sono stati due. Una l’altra sera e l’altro… l’altro quella volta. Sai, a pensarci bene non ero consenziente in nessuna delle due occasioni. Qualcosa significherà, non trovi? –
- Ma quanto sei spiritosa Ali! Davvero, il tuo senso dell’humor sta facendo passi da gigante negli ultimi tempi. Se continui così riuscirai addirittura a farmi ridere! – celiò Potter, ribaltando le posizioni con un colpo di reni e schiacciandola sul divano. – E poi non mi risulta tu ti sia mai tirata indietro, ecco. – mormorò beffardo al suo orecchio. Lei, scalciando, cercò di liberarsi dalla sua presa ferrea.
Merlino… giocavano a fare la lotta da quando erano bambini!
La Montgomery cercò di calcolare il numero di volte in cui si era ritrovata imprigionata da quel corpo diventato con gli anni sempre più appetitoso.
Erano decisamente troppe, decise arrendendosi per l’ennesima volta.
- Okay, hai vinto. Mi molli per cortesia? -
- Ai suoi ordini madama. – esultò quello lasciandola delicatamente scivolare sul tappeto.
Lei si strinse le ginocchia la petto, cingendole con le braccia, e un attimo dopo se lo trovò seduto accanto, poggiato con le spalle al divano.
Dopo il gioco la pace. Sempre e comunque.
Nonostante i recenti alti e bassi, nel loro rapporto, Alice sapeva che non avrebbe mai potuto fare a meno di lui. E sapeva anche che, se fuori dalla torre non potevano permettersi certe smancerie, James ci sarebbe sempre stato. Sarebbe sempre stato pronto a soccorrerla e consolarla, ad abbracciarla e farle complimenti sconci senza un velo di malizia.
Sentendosi patetica nel formulate certi pensieri, gli rifilò una gomitata, reputandolo colpevole di certe sue elucubrazioni mentali.
- Fatemi capire… - commentò Sirius con sarcasmo. - il tuo primo bacio l’hai dato a questo deficiente?! Dio come eri messa male… -
- Ma no! – protestò Alice. – Non è andata come pensate voi. Stavamo litigando… -
- O meglio, lei mi urlava dietro come al solito. Io ero disperato e così… - rettificò Potter, dal pavimento.
- …ha deciso di tapparmi la bocca a modo suo. La cosa carina sapete qual è? – la ragazza, sogghignando, scompigliò affettuosamente i capelli a colui che le aveva dato il suo primo bacio. – Avevamo appena dodici quindi credo proprio che anche il famoso James Potter non avesse ancora avuto il tempo di fare tutta questa esperienza… -
E Lily, dopo sette anni di convivenza forzata, vide per la prima volta l’ombra di un rossore sulle guance di quello che era considerato il Grifondoro per antonomasia.
Le risata collettiva fu spezzata dal sordo rumore del ritratto che si apriva, poi dallo stretto passaggio emerse Lorelay Ginsberg a cavallo di una vecchia scopa data in dotazione dalla scuola.
- Ciao. – esordì scivolando giù dal manico di scopa cui era stata fino a quel momento saldamente ancorata. – Nin? – domandò scrutando il tavolo su cui le carte da gioco giacevano abbandonate.
Era lì che aveva abbandonato la sua migliore amica, quando la professoressa Greta Walsburg aveva preteso che almeno un Caposcuola la seguisse, ed era lì che si aspettava di trovarla, morta di noia, al suo ritorno.
- è su - rispose James mentre si alzava per andarle incontro con insolita premura.
La ragazza, impeccabile nella sua divisa da Caposcuola, si alzò sulle punte per dargli un leggero bacio a fior di labbra.
- Insomma Lor, qual’è la situazione? – Cleopatra intrecciò le lunghe dita da pianista, insofferente alle smancerie dei due amanti.
- Mah… innanzitutto: grazie mille Remus! Grazie davvero! È stato molto cavalleresco da parte tua lasciare andare me alla riunione, molto gentile davvero! -
Lupin sorrise a mò di scuse, perfettamente conscio che l’ira della Grifondoro non sarebbe durata a lungo. Era spiacente di avere incastrato Lorelay, ma la luna piena incombeva e le sue condizioni fisiche non erano delle migliori…
- Comunque, sembra che sia avvenuta una strana reazione chimica all’interno delle tubature… o meglio, questo è quello che i professori sospettano. Fatto sta che quella sorta di melma gelatinosa fuoriesce dal sistema idrico ma non si riescono ad individuare le falle e quindi a suturarle, tra l’altro quello schifo sembra reagire male alla magia. – proseguì la Ginsberg cupamente.
- Scusa Lor, ma “reagisce male” in che senso? – le chiese Potter da sopra la sua spalla, perplesso.
- So che una Serpeverde del quarto anno ha provato a farla evanescere e ci si è ritrovata immersa fino al collo. Stanno ancora cercando di estrarla… - Lorelay represse a mala pena una risatina - è una sostanza molto collosa. – spiegò.
Dall’espressione giuliva dei presenti, nessuno era poi così afflitto per la ragazzina.
- E negli altri dormitori come vanno le cose? – Lily socchiuse gli occhi, luminosi e ingenui. Quella situazione era ridicola!
Erano assediati nei loro dormitori da una gelatina non meglio identificata… Roba da matti!
La procace moretta, sciogliendosi dall’abbraccio di James, si andò a sedere su una poltroncina mezza sfondata e accavallò le lunghe gambe. - I Corvonero non sono messi tanto male… anche la loro torre è “asciutta”, per così dire. Essendo situati più in alto, sia noi che loro ci troviamo in una situazione privilegiata perché i nostri dormitori non vengono investiti dal flusso. I Tassorosso sono in pendenza e quindi ci si troverebbero immersi, se non fosse per il fatto che sono stati proprio loro i primi ad accorgersi di questo casino, e prima che la loro Sala Comune fosse totalmente allagata gli studenti del settimo si sono uniti nel creare una sorta di incantesimo scudo per frenare l’avanzata della gelatina. La magia ha funzionato quindi per il momento sono a posto… -
Il preciso resoconto della situazione fu interrotto da un allegro vociare.
Pochi istanti e Rebecca Montgomery mano nella mano con Floranna Gilmore, fece il suo trionfale ingresso nella Sala Comune uscendo dalla scala del dormitorio maschile anziché da quello femminile.
- Bex… - esclamò Alice, balzando in piedi. – Non ti avevo espressamente chiesto di andare a letto? -
- Ho espresso a Martin il tuo volere, ma mi è parso abbastanza imbarazzato dall’idea di dovermi ospitare nel suo letto, capisci?! – celiò la minore delle sorelle Montgomery, reduce da un’ora di chiacchiere con i suoi due migliori amici. - E poi voglio sapere che succede! – annunciò tutta pimpante.
Snella e aggraziata, Rebecca frequentava il secondo anno ed era, al pari della sorella, un fiera Grifondoro.
Dalle sue iridi, più scure e calde di quelle di Alice, traspariva ostinazione e, tutto sommato, un discreto buon umore. I capelli, ondulati e castani, le arrivavano a metà schiena ed erano percorsi da alcune ciocche verde acido, la carnagione abbronzata, in netto risalto con quella alabastrina della ragazza che le stava a fianco, metteva in risalto le linee dolci dei suoi lineamenti.
- Tra l’altro, - soggiunse con un ghigno dispettoso. - Flo lo stava facendo di nuovo! -
E l’attenzione generale passò alla fanciulla pallida e silenziosa che le stava accanto.
Floranna Gilmore era la tipica ragazza Biancaneve. Chioma color dell’inchiostro, crespa e ribelle, labbra a bocciolo, incredibilmente dense e rosse, dischiuse sui denti perlacei.
Una bellezza raffinata e sottile, fredda.
Come la sua pelle.
Sbattendo le folte ciglia, Floranna si chinò per baciare Lily, poi piantò le mani nello schienale della poltrona di Cleopatra, in silenzio.
Come quello che nel suo petto echeggiava da sempre.
- Ciao Polluce. – la salutò la biondina alzando gli occhi.
- Ciao Castore. – replicò la ragazza con un mezzo sorriso.
- Cosa? Stava facendo cosa? – si accigliò Lorelay, che come la metà delle persone presenti in quella stanza era convinta di essersi persa un pezzo.
- Niente, niente… - la Evans liquidò la faccenda con un gesto mano e rivolse uno sguardo complice alla Gilmore.
D’altronde non sarebbe stato saggio rivelare che la bella e sferzante Floranna Gilmore era in realtà una mezza vampira.
Lily ricordò che quando lei, Alice, Alexia e Vicky erano venute a conoscenza del suo piccolo segreto, Victoria era stata l’unica a non battere ciglio, come se la cosa non la riguardasse.
All’epoca, Floranna era una bambina minuscola, spaurita e diffidente. Si era trasferita a Londra con suo padre durante l’estate, e in autunno era stata smistata nella Casa dei Grifoni, secondo anno.
Il preside Silente, in un piovigginoso pomeriggio di inizio ottobre, le aveva incaricate di proteggerla e custodirla. Di aiutarla a preservare il suo segreto.
Sconosciuto restò sempre il motivo che spinse il mago ad affidare una tale responsabilità a delle tredicenni, fatto sta che quelle quattro ragazzine furono la sua ombra per un paio di mesi, poi Floranna conobbe Cleo. E tra loro fu amore a prima vista.
- Stavi dicendo dei Serpeverde? – borbottò distrattamente Alice, sviando secondo la prassi domande fastidiose.
Le difficoltà dello spiegare che il passatempo preferito di Floranna era sfruttare i suoi compagni del sesto ammaliandoli con il suo fascino da vampira, si prospettavano in effetti molteplici.
La Ginsberg abboccò subito. - Oh, sì. – annuì, riprendendo il suo racconto. - Le serpi non sono state abbastanza sveglie da proteggere le loro regali stanze e adesso si trovano immersi in quello schifo. –
Un istante di incredulo giubilo accolse l’affermazione.
- Immersi in che senso? – domandò Black, tanto per essere sicuro.
- è ovunque. Nella Sala Comune, nei dormitori, nei bagni… non possono scendere dal letto, tanto per essere chiari. -
Uno scoppio di ilarità che di amichevole aveva ben poco fece sorridere la ragazza.
Potter, piegato in due dalle risate, rotolò sul pavimento, subito scavalcato da Rebecca e Sirius, che si lanciarono in uno sfrenato balletto.
- Stanno meditando di sfollarli dai Tassorosso. – abbozzò Lorelay con uno sbadiglio. – In realtà starebbero meglio dai Corvonero, ma il loro dormitorio è troppo lontano e il progetto è già molto complicato di per sé… -
- Ma chi se ne sbatte dei Serpeverde! – ululò Potter, nuovamente in posizione eretta. – Che ci affoghino in quella robaccia! -
- Non scherzare James. – lo redarguì Cleopatra, seria. – Poi t’immagini che puzza di carogna…?! -
Tutti risero ancora una volta.
Nina, con ai piedi pantofoline di spugna coordinate al pigiama, fece capolino nella Sala Comune. In mano una patinata rivista di motori babbani.
– Che si dice gente? – cinguettò.
- I Serpeverde stanno affogando nella gelatina. – riassunse Alice con uno sbuffo.
- Che figata! – tubò la Grifondoro, estasiata.
- Già. – fu il laconico commento.
- Malfoy era di pessimo umore, ha passato la riunione a borbottare tra sé e sé di non so chi che faceva troppo la preziosa e non lo faceva entrare non so dove per non so quale motivo… cose abbastanza incoerenti, tutto sommato. Ma è stato divertente vederlo in quello stato. -
- Ma magari gli piglia un infarto a quello stronzo. – sibilò James pigramente. – Sarebbe la nottata più bella della mia vita. -
- Hn. – sorvolò Black, totalmente indifferente alla salute psicofisica di Malfoy. – Quindi che si fa? – chiese dopo un attimo di riflessione.
- Aspettiamo. – concluse Remus che, rassegnato alla lunga veglia, evocò con un colpo di bacchetta le carte sparse sul tavolo.
Lorelay si alzò in piedi, stiracchiandosi voluttuosamente e mostrando un’ampia porzione del suo ventre piatto.
- Ad ogni modo, io il mio lavoro l’ho fatto. E adesso il minimo che mi possa aspettare è una bella ricompensa… - mormorò maliziosa avvicinandosi a Potter e afferrandolo per il bavero della camicia. - Tu che ne dici Jamie? -
Il Grifondoro sembrò d’accordo, perché subito le artigliò i fianchi.
- Sesso, sesso e ancora sesso! Possibile che non riusciate a pensare ad altro?! – pigolò Nina, gli occhioni scuri rivolti al soffitto.
- Non dare la colpa a me se il tuo ragazzo è un puritano, Nina…! – esplose James con un sorrisino sarcastico.
Una cuscino lanciato con chirurgica precisione, lo raggiunse proprio mentre stava per sparire su per le scale avvinghiato alla Ginsberg.
E se nessuno fece un commento sulla sparizione dei due amanti, fu solo perché quella relazione illegittima si trascinava avanti da parecchio tempo.
Lily sospirò pensando a Lorelay, che lo aveva amato forse più di chiunque altra.
Aveva sofferto, pianto, taciuto e infine… capito.
Le bastava.
Si poteva accontentare di averlo ad ore, condividerlo con molte altre.
Compiacendosi del suo affetto, perché consapevole che anche quello era concesso a poche.
Non le serviva altro. Andava bene anche per lei.
E da allora tra loro si era sviluppato un rapporto equilibrato, ragionevole, duraturo rispetto alle altre effimere serate.
I Grifondoro avevano fatto il callo a quella strana situazione che non costituiva né una scappatella né una relazione ma ancora adesso, a distanza di anni, Peter Minus… si torceva le mani. Con ansia e inquietudine.
Lily scosse tristemente la testa.
Floranna, avvolta in una camicia da notte in pizzo Sangallo lunga fino a metà coscia con tanto di maniche a palloncino, veleggiò fin nell’angolino in cui Alexia aveva chiaramente tentato di seppellirsi.
Eterea quanto una nuvola, si appollaiò su di una seggiola accanto alla biondina e iniziò a massaggiarle delicatamente le tempie con una mano fredda.
- Cattiva serata amore? – sussurrò.
- Gradirei sorvolare. – gemette la Campbell, ironica, e avvicinatasi la sigaretta alle labbra diede un ennesimo tiro, subito seguito da un ruvido attacco di tosse.
La Gilmore sorrise mesta. – Posso fare qualcosa? – si offrì.
Alexia scosse impercettibilmente il capo. – Cosa ne pensi di tutta questa situazione? – chiese poi.
La moretta si strinse nelle spalle, lasciando vagare il suo liquido sguardo color topazio per la Sala Comune. – C’è odore di paura, nell’aria. – disse soltanto.
La Campbell annuì, pensierosa. – Non è stato un incidente. – mormorò.
- No, non credo. –
Poi la diurna, mostrando i canini, sfoderò un ghigno da far rabbrividire chiunque. – Quel che è certo, - sentenziò beffarda. – è che Victoria sarà di pessimo umore -
Neanche lei sapeva quanto aveva ragione.


Seduta sulla poltrona a gambe incrociate, le iridi pericolosamente assottigliate, Victoria Andreson osservava la maniglia in ottone con un’ira tale da poterla sciogliere.
Era assodato: la prima persona che avrebbe osato bussare ancora un volta alla sua porta, sarebbe andata incontro a una spiacevole quanto dolorosissima morte.
E che non provassero a dare la colpa a lei, poi. Li aveva avvertiti.
Il perimetro della sua camera, costituiva molto probabilmente l’unica superficie che quella malefica melma non avesse invaso nel giro di parecchi metri, e come tale era suolo molto ambito.
Le labbra della serpeverde si piegarono inesorabilmente in un ghigno malevolo: l’Incantesimo di Sigillo che aveva posto sull’uscio, anche se destinato ad altri scopi, si era rivelato doppiamente utile.
E che bussasse quanto voleva, Malfoy. Non lo avrebbe fatto entrare neanche se in cambio lui le avesse promesso il suo castello in Galles. Per convincerla ad uscire da quell’oasi di pace e recarsi ad una pallosissima riunione, poi, non sarebbe bastato tutto l’oro del mondo.
Lo squittire isterico di quella quattordicenne idiota che, contraddicendo le più elementari norme di cautela, aveva esercitato un incantesimo su una sostanza non meglio identificata rischiando di rimanerci secca, sovrastava per intensità e costanza tutti gli altri rumori.
Demetra con un aggraziato saltello le balzò in grembo e si acciambellò, emettendo sottilissime fusa.
Victoria, deliziata, prese ad accarezzarla piano. Quel micio era solo un cucciolo, un cucciolo desideroso di affetto e tante, tante coccole…
Un risolino puramente divertito la distolse da quei ragionamento per lei così sdolcinati.
La Anderson volse lo sguardo verso il suo letto a baldacchino dove, sdraiata prona, una sua compagna di Casa la osservava tranquillamente.
Roxanne Aloise Danglard portò alle labbra ritoccate con perizia un lucido bocchino nero e aspirò un’ampia boccata di fumo. I capelli, perfettamente lisci e lunghi fino a metà schiena, le piovevano sulle esili spalle come una cascata di fuoco, una frangetta netta, sfilata alla perfezione, le ricopriva la fronte mettendo in risalto due affilati occhi color mare le cui iridi ricordavano il sottile strato di cenere che ricopre la brace.
Un piccolo neo situato vicino alla coda dell’occhio sinistro e le ciglia incredibilmente folte, contribuivano a rendere la sua una bellezza tagliente, sferzante.
Il suo atteggiamento irriverente faceva il resto.
Il corpo slanciato, nonostante fosse ancora notte fonda, era cinto da una divisa scolastica inamidata e un sottile nastro di velluto nero con appesi alcuni ciondoli in argento le segnava il collo.
Considerata una sorta di ragazza prodigio poiché, già all’età di sei anni, aveva in sé un potenziale premonitivo pari a quello di tutti i migliori veggenti dell’epoca, crescendo Roxy aveva imparato a dosare le parole, a posare per le telecamere e a sfruttare ogni situazione per un suo personale tornaconto. Era spietata e calcolatrice, opportunista.
Una bambola di porcellana fin troppo consapevole delle sue attrattive.
Roxanne conosceva il futuro e lo vendeva per pochi denari.
Roxanne capiva le correnti e le sfruttava a proprio vantaggio.
Roxanne era felice, tutto sommato.
- Tu non hai idea di ciò che diventerà, vero? – le domandò la rossa, sarcastica, alludendo con un cenno del mento a Demetra.
Victoria optò per la verità. – No. – rispose semplicemente.
Quella arricciò le labbra e diede un altro tiro, aspettando con pazienza che la compagna cedesse alla curiosità e chiedesse cosa, effettivamente, il suo adorato gattino sarebbe diventato.
I secondi passarono ma la domanda non arrivò.
E se la serpeverde fu sorpresa non lo dimostrò affatto, allenata com’era a portare una maschera.
Victoria emise un soffice mugolio massaggiandosi distrattamente la fronte. – Quella cretina non smette di urlare. - costatò. – Morirà? – chiese poi, come se la faccenda non la riguardasse.
L’altra ragazza emise un leggero risolino. - Ma figurati…! Qua non muore mai nessuno, una noia… -
- Il tuo cinismo mi commuove, Roxy. -
- Che ci vuoi fare, sapere tutto in anteprima ogni tanto è un palla. Non fossi una veggente forse adesso sarei in ansia… ma purtroppo so per certo che quell’oca si salverà, così come sapevo che la scuola si sarebbe allagata e che la tua camera sarebbe rimasta asciutta. Per me è normale routine. -
- Tu in ansia? Ma fammi il piacere… - fu il sarcastico commento.
La rossa sbattè le ciglia, in qualche modo lusingata dall’osservazione, poi si lasciò sfuggire dalle labbra pesantemente tinte languidi lembi di fumo.
La Danglard aveva un modo tutto suo di fumare…
Lo faceva danzando, con i movimenti delle dita e della bocca, articolata in un’infinità di arricciatura diverse.
Ed incantava. Senza ombra di dubbio.
Poche mosse e qualunque essere di sesso maschile pendeva dai suoi baluginanti occhi color mare.
- Comunque dimmi, mia illustre Veggente, quanto durerà questo strazio? – indagò Victoria, con una nota di indiscutibile ironia nella voce.
La Danglard, come sempre irritata della tracotante indifferenza che la Anderson dimostrava nei confronti del suo potere, per un istante tacque, concentrandosi.
- Non lo so… - mormorò dopo un poco, perplessa. – Per stasera mi vedo a casa. – disse.
Poi, felice di avere catalizzato l’attenzione dell’altra, sfornò uno smagliante sorriso.
Finalmente sotto i riflettori, Roxy riuscì per la prima volta in quella stramba nottata a sentirsi a suo agio.
In un attimo, la consapevolezza di conoscere qualcosa che la Anderson ignorava, le fece provare una soddisfazione tanto cocente da risultare feroce.
Victoria aveva sempre avuto la peculiare capacità di farla sentire inferiore, di minimizzare il suo straordinario potere con cinica disinvoltura.
E tutto questo a causa di un semplice, inspiegabile, sconvolgente fattore.
La Anderson risultava impermeabile al suo potere.
- Quindi… tutti a casa? – la sentì sibilare, cupa come un corvo.
- A quanto pare… – tubò la rossa tutta giuliva.
Era noto che tra Victoria e la madre non vigessero buoni rapporti. I padre poi, era sparito quando, oltre diciassette anni prima, la sua dolce compagna era rimasta incinta.
Victoria non lo aveva mai conosciuto e di lui non aveva ereditato neanche il cognome.
Roxanne dunque non si stupì se la reazione della compagna non corrispose alla pura euforia ma anzi, puntellandosi meglio sui gomiti, si sporse per studiare i suoi lineamenti, celati dalla penombra. Poi i suoi occhi cerulei si appannarono, assumendo la liquida consistenza di due argentee pozzanghere, le sopracciglia si contrassero in una smorfia di sofferenza e le labbra presero a salmodiare impercettibili nenie. Si muovevano rapide come le ali di una farfalla che arranca… una farfalla che non vede la luce.
Una presa ferrea le cinse i polsi e la strattonò in avanti, il suo corpo si riverse sul materasso e iniziò a tossire, reduce da una lunga apnea.
E mentre la Danglard si dimenava, in preda alle ultime convulsioni, la cenere della sua sigaretta bruciava piano il velluto del tappeto, sul pavimento.
La Anderson le scansò i capelli dal viso, per farle aria, ma quando quella, ancora ansimante, si tirò in ginocchio sul copriletto, balzò in piedi, furiosa.
- Cosa diavolo credevi di fare?! Eh? –
Roxanne ringhiò a sua volta. – Perché mi hai interrotto? Ci stavo riuscendo…! -
- Un cazzo, ci stavi riuscendo! Un altro po’ e soffocavi cara la mia Veggente da strapazzo! – le sibilò con acredine Victoria a un dito dal viso.
- Tutte balle. Stavo benissimo. – si difese la rossa, poi decise di dar voce ai suoi dubbi una volta per tutte. Perché oramai non c’era altra conclusione che quella. Aveva passato l’estate a rimuginarci sopra, a studiare. – La verità è che tu non vuoi che io veda. – affermò.
E la Anderson ghiacciò, con ancora il braccio a mezz’aria nell’atto di scansarsi dal viso i capelli. – Come scusa? – asserì incredula.
- Lo fai apposta. – ripeté la veggente, più sicura. – Ti schermi al mio potere. -
Victoria scoppiò in una risata tale da mettere i brividi. – Se il tuo mirabolante potere fa le bizze non rifartela con me Roxanne… Io non c’entro un nulla. Per quanto mi riguarda puoi cercare ci spiare nel mio destino quanto ti pare… non so se sarai mai abbastanza potente da leggerci qualcosa, ma quel che è certo è che io non sarò sempre qui a salvarti la vita, quindi pensaci due volte prima di fare un altro tentativo. -
La Danglard incassò il colpo in silenzio, indebolita dalla fallita visione e scossa da quella tremenda verità che effettivamente aleggiava nell’aria. Aveva davvero rischiato di morire?
Senza una parola raccolse la sigaretta e il bocchino di legno laccato che le erano caduti, si accovacciò tra i cuscini e strinse forte le braccia sotto al petto, dove un freddo pungente la attanagliava.
Non sapeva cosa le era successo né perché le parole della Anderson la avevano tanto inquietata, ma avvertiva in esse una sorta di velata minaccia.
Solo di una cosa era certa: tra le tenebre in cui si era smarrita aveva intravisto qualcosa, e quel qualcosa assomigliava terribilmente ad una pozza di sangue.
Dal canto suo anche Victoria tornò ad acciambellarsi sulla poltrona. Lo sguardo fisso sulla maniglia e le mani meccanicamente occupate ad accarezzare Demetra.
Doveva preparare le valigie, fu il suo primo pensiero.
Il secondo consistette invece in una appunto per il futuro: mai restare sola con Roxanne Danglard. La sensibilità della Veggente, negli ultimi mesi, sembrava essersi quadruplicata.










Spazio Autrice:

Tadaaaan! Vi sono mancata?
Ebbene sì, eccomi qui con un aggiornamento anticipato!
Lunedì mattina (ad un ora oserei dire indecente) parto per la Grecia. Sarò di ritorno solo domenica prossima quindi colgo l’occasione per pubblicare questo nuovo capitolo e ringraziare tutti coloro che hanno recensito l’ultimo. Proprio a questo proposito mi sorge il dubbio di avere esagerato con le lamentele… ragazze, non dovete prendermi così sul serio! Era un istante di depressione del tutto passeggero non volevo indurvi a recensire per forza o addirittura a scusarvi per non averlo fatto prima!XD
Per il successivo capitolo temo che dovrete aspettare un bel po’, anche considerando che al momento ho in mano solo la scaletta...! =_=
Comunque, tornando a noi, che ne pensate di questo capitolo? I nuovi personaggi vi piacciono?
*lettrici sbuffano annoiate*
Okaaaaaay, passo e chiudo. Ho blaterato abbastanza!XD
Spero che la recente pubblicazione così come il mio farneticare non vi abbia troppo annoiato. In tal caso sentitevi liberi di maledirmi in tutte le lingue che conoscete, dico davvero. La cioccolata mi fortifica e a Pasqua ne ho fatta un’abbondante scorta!^^
Un’ultima cosa: dedico questo capitolo alle 41 persone che hanno messo questa storia tra i loro preferiti. Siete più di quanti avessi mai osato immaginare ragazzi… grazie mille davvero! Non vi merito.T_T
Mmmm… basta con i sentimentalismi, proseguiamo con le risposte individuali.^^
Un Bacio a tutti,
Alisya.


A Blackout:
Innanzitutto tu non sei mai brutta e cattiva. Sei stupenda punto e basta.
Poi: Andrew è tutto tuo, te l’ho giurato e io le promesse le mantengo (di solito), quindi puoi smettere di lodarlo o difenderlo a spada tratta, anche le altre lettrici impareranno ad amarlo prima o poi (spero ^^”).
Sono stra-felice che i serpeverde, così come tutti gli altri personaggi, ti siano piaciuti. Le tue critiche e i tuoi complimenti sono l’ossatura di questa fanfic che, come ho già detto altre volte, deve a te la sua stessa esistenza.
Colgo l’occasione per dichiarare pubblicamente che il nick è azzeccatissimo e che io timao al cubo, bionda! (Ma questo già si sapeva, no?XD)
Un Bacio!

A RaRa 93:
Mia Infida Collega!
Non ti vedo da poche ore e già mi manchi… (Oddeo, sono proprio messa male!=_=)
La recensione era talmente lunga e mielosa che ho fatto fatica a leggerla: sei un amore Raffy. Un tesoro tanto imparziale quanto adorabile!*O*
Sono lieta del fatto che Alice inizi a piacerti un po’ di più… la mia omonima deve avere successo dannazione!XD
A tutto il resto ti risponderò a voce, altrimenti rischio di slogarmi entrambi i polsi. (Poi come farò a prenderti a scappellotti quando serve? è_è)
Baci!^^

A Megarah_witch:
Grazie di tutto, cara.
Il fatto che qualcuno apprezzi il mio gusto nell’abbigliamento tra l’altro mi rincuora!XD
W le vestaglie rosa confetto 4EVER! *fugge a nascondersi*
Ciao!

A Ninny:
Grazie! Spero di non deluderti con il seguito…^^
Ciao!

A Irene_evans:
Ciao carissima!^^ Devo dire che la tua ultima recensione mi ha particolarmente colpito: per la prima volta mi sono sentita realmente apprezzata da una persona estranea, una persona imparziale, tutto sommato.=P
Di segreti da svelarti purtroppo non ne ho… solo un gigantesco GRAZIE.
Baci!

A TheBestLady:
Una nuova arrivata! Beh… benvenuta!
Scrivere di Lily in braccio a James è stato per me un vero piacere, te lo posso assicurare, ma come puoi vedere in questo capitolo le attenzioni del bel moretto sembrano essere per il momento dirottate su tutt’altra persona… l’amicizia prima di tutto, no?XD
Beata Alice, dico io!*.*
Solo un minuscolo appunto: la professoressa in vestaglia rosa non è la McGranit (che ancora non insegna ad Hogwarts) ma un nuovo personaggio.
Un Bacio!

A Sallulla:
Benvenuta anche a te! Ma non provare mai più a scusarti per non aver recensito: non è un obbligo!*_-
Ad ogni modo grazie per la recensione e per i complimenti: sei un tesoro.
Smack!

A White_shadows:
Cla… mi sorge il dubbio che tu abbia frainteso: il nome della Signora Grassa non ha alcun significato! Proprio nessunissimo! Non c’è alcun riferimento alla realtà, diciamo.
Insomma, non mi sono affatto inspirata a quella vipera di Carlotta che siede al primo banco e di cognome fa B…! XDXDXDXD
Mamma mia che strega, e poi dici che sono troppo buona!
Però, insomma, dovrò pur prendermele le mie soddisfazioni ogni tanto, no? ù_ù
Grazie per i complimenti e la dolcissima recensione: ho una settimana di convivenza forzata per ripagarti!^^
Un Bacio, roscia!

A Mary3:
Sìsì, Sirius ha il suo fascino… (è bello da impazzire, in poche parole). Ma anche James e Andrew non sono da buttar via!XD
Posso dirti solo che penso così tanto a questi personaggi che manca poco che me li sogni… (che bel sognooooo!ç_ç).
Comunque stai tranquilla: la testa non me la monto neanche tra un milione di anni…!XD
Grazie mille per la recensione,
Un Bacio e alla prossima!

A ___MiRiEl___:
Guarda, il problema dei Pc che partono per la Jamaica lo posso capire benissimo. Ultimamente buona parte degli elettrodomestici di casa mia è partita per la stessa meta!XD
Sulla caratterizzazione dei personaggi… è esattamente quello che penso anch’io!
Hogwarts è una scuola come tutte le altre e anche i protagonisti, seppur dotati di capacità particolari, sono ragazzi come noi.
Questo capitolo dovrebbe averti dato alcuni indizzi sul “mistero della gelatina”, quindi fammi sapere che ne pensi: cosa diavolo sarà successo?
La risposta al prossimo capitolo, promesso.^^
Un Bacio!

A Hermionex95:
Mi dispiace tanto di avere sbagliato il nick! So quanto questo possa dare fastidio e ci tengo a precisare che ho corretto subito l’errore!XD
Spero di farmi perdonare questo capitolo (che per la verità ho una gran paura risulti piatto… =_=).
Alla prossima!



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Capitolo 7
*** CAPITOLO 7 – Aspettando l’alba. – Parte II – ***


Capitolo 7 – Aspettando l’alba. – II Parte –

Se è vero che un buon giorno si vede dal mattino, le rimanenti diciotto ore appartenenti a quel maledetto martedì risultavano essere ormai irrimediabilmente segnate. Era questo il pensiero pressoché collettivo della popolazione studentesca di Hogwarts, a quell’indegna ora del mattino.
E tutto perché la schifosissima sostanza ribattezzata con il generico nome di “gelatina” teneva sotto assedio la scuola. Tra l’altro, a quanto pareva, non c’era proprio nulla che si potesse fare per nettare i corridoi da quel collame.
In poche parole insomma, la giornata era ormai consacrata sotto al funesto emblema della sfiga.
Il corpo insegnante, dopo due abbondanti ore di delirio e un brutto incidente di volo, si era rassegnato e aveva deciso di radunare gli studenti nella Sala Grande che, attrezzata per le emergenze con ogni sorta di controincantesimi, era rimasta miracolosamente asciutta.
Il soffitto, al pari del cielo, era pallido e terso, vagamente arrossato sul lato orientale, mentre alle pareti adiacenti al grande portone in quercia erano appoggiate decine e decine di scope.
La tavolata dei Grifondoro, situata all’estrema destra rispetto all’entrata, risultava gremita di gente.
Sirius Black, con due ombre scure sotto gli occhi di metallo fuso e la mascella appena ispida, atterrò con grazia a pochi metri dall’ingresso.
- Forza, Bex. Scendi… - disse, sciogliendo la ragazzina dall’abbraccio con cui l’aveva tenuta fino a quel momento in sella alla sua scopa.
La Montgomery, più addormentata che altro, balzò giù dal manico di scopa con insolita agilità.
- Grazie per il passaggio Sirius! – tubò stropicciandosi gli occhi e rimanendogli vicina, quasi per non perdersi in tutta quella confusione.
Remus, alzatosi da una panca per ricevere l’amico, le diede un affettuoso buffetto. – Che ne dici Bex, fai colazione con noi? – le chiese gentilmente.
- No, grazie. – rispose la ragazzina. – Anzi, adesso vedo se trovo in giro qualcuno del mio anno… spero solo di non incontrare Aurora, altrimenti la mia giornata andrà definitamene a farsi fottere. -
I due Grifondoro, ridendo per il gergo della Montgomery, si diressero dove Peter, già occupatissimo a fare colazione, li aspettava.
- Ciao Sir. – bofonchiò infatti quest’ultimo mentre sventrava una brioche con il chiaro intento di tuffarla nel cappuccino.
- Ciao Pete. - rispose Black, poi si accigliò. – Tutto bene Codaliscia? Hai una faccia… -
- Sì, sì. Sono solo un po’ di cattivo umore… - glissò il ragazzo guardando di sottecchi James che sorrideva appagato, le iridi dorate scintillanti sotto le ciglia socchiuse.
Sirius si lasciò cadere sulla panca. – Lorelay? – domandò a Potter.
- E’ sparita cinque minuti fa in sella ad una scopa, credo stia facendo la spola per traghettare i Corvonero del quinto. – James si passò una mano fra i capelli già adorabilmente disastrati, nel vano tentativo di riscuotersi da quel languido torpore che lo stringeva. – L’unico Caposcuola che stamattina se la batte è il nostro Remus… - sogghignò canzonatorio.
Quello oscillò il capo, con una leggera sfumatura di colpevolezza negli occhi. – Ricordatemi di aggiungerlo alla lista dei “Vantaggi dell’essere un Mostro” quando ne scriverò una. – celiò fintamente divertito.
James e Peter fecero appena in tempo a scambiarsi uno sguardo esasperato prima che Sirius, rabbuiatosi tutto d’un tratto, se ne uscisse con una delle sue solite sparate capaci di cristallizzare l’atmosfera.
- Perdona la schiettezza Remus, ma a quest’ora del mattino le tue provocazioni autolesionistiche proprio non le reggo. Se hai intenzione di tagliarti le vene sei pregato di attendere l’ora di pranzo così che io, in pieno possesso delle mie facoltà mentali, possa piangerti quale l’idiota che sei. – sibilò infatti Black, granitico nella sua ira.
E se la durezza di quella parole lasciò Potter e Minus un po’ perplessi, il loro stupore raggiunse le stelle quando Remus, invece lasciare correre, serrò le mascelle pronto a ribattere.
- Evita di fare dell’ironia sulla mia vita, Sirius… tu non hai la minima idea di ciò che provo. – fu infatti la velenosa risposta che per un attimo sbalordì tutti.
Black scatto in piedi, incurvandosi verso il suo interlocutore. - Scusa se te lo chiedo, ma hai mai notato che neanche la mia, di vita, è un paradiso? –
- E con questo? – domandò Lupin, leggermente sulla difensiva.
- Beh, io non passo le giornate a rinfacciarti la mia infelicità. –
- Sir… - gemette piano James, in segno di ammonimento, ma ormai il danno era fatto.
Il lupo mannaro balzò in piedi, i denti candidi e affilati leggermente scoperti dalle labbra arricciate. Era in momenti come quelli che la parte più sensibile e irrazionale di lui veniva a galla, il lato selvaggio del suo animo faceva capolino oltre la maschera da bravo ragazzo. Dai lineamenti angelici e la frangia bionda che caratterizzava il bel Grifondoro, si affacciava un’ombra selvaggia, furiosa di sofferenza.
Le zanne si schiusero, ma invece di dilaniare articolarono parole stentate. La furia si mutò in un’espressione ferita.
- Fra tre giorni c’è la luna piena. Non disturbarti a venire. –
Poi Lupin diede le spalle al terzetto e, liberando con uno strattone il polso che James gli aveva afferrato, si allontanò rapido.
- Ma si può sapere cosa cazzo t’è preso? – allibì Potter all’indirizzo di Sirius.
Lo sguardo del moro saettò per un istante alle spalle dell’amico, in lontananza.
James, con l’abilità di un cacciatore lo seguì e trovò la sua preda nella longilinea e slanciata figura di Regulus Arcturus Black che, avviluppato in un mantello nero come l’inchiostro, si dirigeva verso la tavola verde-argento a braccetto con una bella Serpeverde dagli occhi di menta.
- Qual è il problema? – soffiò, avvertendo che la situazione gli stava sfuggendo di mano.
- Nessun problema. – rispose automaticamente Sirius, il viso contratto in una smorfia amara.
James, sentendo lo sguardo di Codaliscia tallonarlo passo passo, tentò un altro approccio. – Chi è quella? – domandò con delicatezza.
- Phoebe Dalton. – masticò il primogenito dei fratelli Black.
- Non l’avevo mai vista da queste parti… E’ la sua ragazza? – insistette il Grifondoro.
Sirius tacque, ma serrò i pugni fino a farsi sbiancare le nocche.
In lontananza, la bionda Serpeverde sorrideva e stringeva un paio di mani, poi si chinava su Regulus per carpirgli le labbra con un leggero bacio.
- Felpato, - ripete James, non capendo. – qual è il problema? -
- Sì, credo sia la sua ragazza. – sillabò infine Sirius, tanto pallido da sembrare un fantasma. - E il problema è che io, quando questa estate ci sono andato a letto, non lo sapevo. –
La situazione fu rielaborata in qualche istante di denso silenzio.
- Scusa, ma non afferro il nocciolo del problema. – mormorò Peter con un’espressione contrita sul volto paffuto. - È una questione morale o…? -
- Ma porca puttana Codaliscia, quanto sei cretino da uno a dieci?! Quella stronza si è presa gioco di me per due settimane nonostante fosse perfettamente consapevole di essere promessa a mio fratello, cazzo! – ringhiò Black, sul ciglio di un esaurimento nervoso.
- E basta! – tuonò James, vedendo che la gente iniziava a fissarli. – Ragazzi time-out! – suggerì con maggiore tatto.
Ma fu a quel punto che Peter Minus s’inalberò a sorpresa. – Sai una cosa James? – trillò infatti, abbandonando brioche e cappuccino con un sordo tonfo e sputacchiando un po’ ovunque per l’agitazione. - Se tu non ti scopassi tutto ciò che respira adesso forse non saremmo nei casini! -
Potter spalancò gli occhi, semplicemente basito. – Cosa? – fece incerto.
- Sì, ecco! – rimarcò Minus, rosso come un pomodoro.
- Ma… ma io non centro assolutamente nulla! – rise James, incredulo.
- Certo, tanto la colpa è sempre mia, vero!? – esplose Sirius, fraintendendo.
- Non volevo dire questo, io… -
- Remus fa la lagna e la colpa è mia, Peter è un idiota e la colpa è mia, mio fratello si sposa una puttana e la colpa è mia… - Black balzò in piedi, furioso.
- Ma certo, fate pure come se io non ci fossi! Come se non lo sapessi che mi considerate un perdente! – E Minus, incespicando nei suoi stessi piedi, prese il volo.
- E’… assurdo! - tentò Potter, travolto dagli eventi.
- Non è “assurdo”, è la cruda realtà. E se tu, Ramoso, non hai il coraggio di affrontarla… -
- Aspetta, aspetta! Ma di che diavolo stiamo parlando? Il… coraggio? – James si alzò in piedi a sua volta, le mani ben piantate sul tavolo di legno massiccio. – Ma vaffanculo, Sirius! – scandì con chiarezza. – E torna quando ti sarai chiarito un po’ le idee, eh? –
- Non ci contare troppo. – fu la glaciale risposta.
E tempo un battito di ciglia anche Black era sparito tra la folla.
La cosa miracolosa, in tutto questo, fu che nessuno si accorse e quindi poté spettegolare sul cataclisma che si era appena abbattuto sulla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts: i mitici Malandrini avevano appena litigato.
A pochi metri dal luogo in cui si era consumata la tragedia, Lily Evans rimestava con gesti meccanici una tazza di latte e cioccolato.
- Intendi berlo? – le domandò infine Alice, con aria annoiata.
- Mmm… no, credo di no. – rispose la rossa fissando con aria assente il grande portone di quercia.
La Montgomery annuì seria, come se la faccenda fosse della massima importanza.
Alexia, con il viso nascosto tra le braccia conserte, non diede segni di vita.
- Sapete una cosa? – si riscosse Lily, sbattendo le ciglia. – Prima io… identificavo la scuola con voi. Voglio dire, questi nove mesi erano per me il paradiso. Ma lo erano per il semplice fatto che avremmo vissuto insieme. Beh, quest’anno abbiamo passato anche le vacanze insieme quindi, teoricamente, la scuola avrebbe dovuto perdere un po’ del suo fascino… E invece, nonostante tutto, la trovo ancora più bella e sorprendente di prima. Strano, no? -
- Sveglia bimba, – rise Alice. – Questa è Hogwarts! Questo castello ha incantato intere generazioni di studenti prima di noi e continuerà a fare strage di cuori dopo che ce ne saremo andate… Credimi Lil, adoreresti questa scuola anche se i tuoi unici amici fossero i vermicoli che sono in giardino. È un dato di fatto. -
Alexia si diede la pena di sollevare appena il capo. – E poi noi staremo insieme anche dopo la fine della scuola, che centra… - bofonchiò.
Lily finse di chinarsi a cercare qualcosa nella tracolla, sotto la tavola.
Nascosta dai capelli che le erano scivolati davanti al volto, la sua espressione sorridente mutò repentinamente. Cosa avrebbero detto Alexia, Alice e Victoria se avessero saputo della sua decisione di abbandonare la magia, una volta finita la scuola?

Non avrebbero capito.
La ragazza sentì la guance infiammarsi quando immaginò le loro espressioni disgustate e sconvolte.

Non è necessario che sappiano.
Glielo avrebbe detto a tempo debito, decise ben conscia della propria codardia.
Per il momento solo una persona era a conoscenza del suo segreto, ma non per questo si poteva dire che questo fosse in buone mani.
Buone no, ma belle sì. Si ritrovò a pensare la rossa Grifondoro mentre le contemplava in silenzio.
Anche così, premute sugli occhi in una posa che trasudava insospettabile fragilità e con le dita affondate tra i capelli castani, quelle mani apparivano… carezzevoli. Forti ma delicate.
Sotto il polsino della camicia, sull’avambraccio destro, si intravedeva una fasciatura di candide garze bianche. Scotto che il bel cercatore aveva pagato pur di portare a compimento una delle sue geniali bravate. Chissà in cosa consisteva, poi, lo scherzo…
- Ehi, Lil, mi stai ascoltando? -
… nelle ultime ventiquattro ore non era successo praticamente nulla…
- Lil? –
…forse era stata troppo dura con lui, in fin dei conti non c’era motivo di prendersela tanto…
- Lily! –
…magari la feria al braccio gli faceva pure male…
Una brusca gomitata da parte di Alexia la riscosse dalle sue riflessioni.
- Ahio! – protestò la rossa, voltandosi scandalizzata. - Cos? – poi si arrestò, intuendo la situazione dalle occhiate esasperate che le furono rivolte.
- Scusate… - tubò facendosi piccina piccina. – mi sono distratta un attimo. –
- Ma non mi dire! – fu l’acido commento della Montgomery. – E io che pensavo fossi andata in letargo…! –
- Certo che stamattina, in quanto a compagnia, ti va proprio bene, eh Ali? – ridacchiò la Campbell senza curarsi di sollevare la testa riccioluta dal livello del tavolo. – Vicky è dispersa, io sono in catalessi e Lily in letargo. –
- E’ quello che accade quando non sai sceglierti bene le amicizie. – ritorse Alice, con un sorriso sarcastico sulle labbra color corallo. – Comunque si può sapere chi diavolo stavi guardando? -
- Guardando? – allibì Lily con la sua migliore espressione angelica. – La zuccheriera, cara. È un periodo che la trovo così attraente…! -
- Ahahah. Molto divertente. Ma tanto di che mi preoccupo, il tuo principe azzurro non è ancora arrivato… -
Colpo basso.
Subito seguito da una mela rossa lanciata ad altissima velocità. E un mandarino.
Una vasta serie di acini d’uva.
Ecco partire la controffensiva con in prima linea due piccole brioche, poi un biscotto alla vaniglia.
Inutile dire che tempo due secondi ed entrambe le Gifondoro erano protese sulla tavola alla ricerca di qualcosa da lanciare o scagliare, come dir si voglia, contro il fronte avversario.
- Basta, basta! Okay, mi arrendo… - rise la Montgomery, capitolando dinnanzi alla superiorità numerica dei cereali contenuti nella scatola che la rossa aveva faticosamente guadagnato e adesso brandiva vittoriosa.
- Ecco, brava. – annuì Lily scrollandosi dalla gonna delle briciole di plumcake. – E porta rispetto la prossima volta. –
- Sarà fatto Madama. -
- Delle selvagge, ecco cosa siete. Delle barbare! – inveiva intanto Alexia mentre tentava disperatamente di scogliere da quella luminescente matassa di ricci che aveva sulle spalle una ciambellina all’anice finita lì in seguito alla colluttazione.
Le risate delle altre due si fecero convulse.
La ciambellina, saldamente intrecciata a quei boccoli color del grano, infatti non demordeva ma sembrava anzi affondare sempre più.
- Ci metterò gli anni a tirarla via… - osservò lugubremente la bionda, costretta ad assumere una posizione eretta per svolgere meglio l’operazione.
- Vu-vuoi una ma-mano? – riuscì a sillabare infine Lily, piegata in due dalle risate.
- No, grazie. – replicò quella sdegnosa. – Faccio da sola. -
- Co-come vuoi. – acconsentì Alice asciugandosi due lacrimucce e soffocando con una mano il rinnovato scoppio di risa che le causò la vista del biscotto prigioniero. – P-però ammetti c-che è di-divertente. – soffiò tutta giuliva.
- Non è divertente. – dichiarò la Campbell tutta seccata. – è solo - articolò perdendo la pazienza e iniziando a tirare. - molto – la ciambellina resisteva con stoicità sotto agli sguardi incantati della Evans e della Montgomery. – molto – il biscotto iniziò a dare segni di cedimento. – stupido. – Alexia mollò la presa e i riccioli si ri-avvitarono come tante molle portando con se il biscotto, un po’ sbriciolato ma illeso.
Le iridi turchesi, lucide come specchi, avevano una sfumatura ostile che mantennero per qualche secondo la altre due Grifondoro in religioso silenzio.
Lo sbuffo rassegnato della biondina segnò la fine della tregua.
- Ahahahah… oddio! – gemette la Montgomery colpendo con piccoli pugni la superficie del tavolo e ricominciando a ridere come una matta.
- Ma la pianti!? – chiese Alexia, con le braccia conserte in una posa severa e un sorrisino sardonico che, nonostante tutto, lottava per salirgli alle labbra.
- Pfff…! – scoppiò anche Lily, voltando il viso dall’altro lato nel tentativo di trattenersi. Caso strano, il suo sguardo verde prato andò nuovamente a posarsi sulla figura di Potter, immobile nella sua posa.
- Cosa c’è di… di divertente, ecco. Sentiamo. Ho semplicemente una ciambellina, all’anice per la precisione, incastrata tra i capelli. –
- E non riesci a estrarla. – soggiunse con saggezza la Montgomery.
- No, non ci riesco. – ammise suo malgrado la Campbell. – E con questo? Scommetto che è successo a un sacco di gente… -
- No, dico, ma ti senti quando parli? – allibì Alice facendole il verso. – “Scommetto che è successo a una sacco di gente…”, ma ti pare?! -
Cinque secondi e anche Alexia rideva disperatamente. Buon segno, tutto sommato, perché se il mal di testa martellante che la affliggeva da svariate ore lasciava spazio ad un barlume anche minuscolo di buon umore, voleva dire che il peggio era passato e la tempesta, per il momento, scongiurata.
- Questa dobbiamo proprio raccontarla a Victoria… - singhiozzò Alexia, dando delicati colpettini all’eroico biscotto.
- Sempre che si degni di raggiungerci, sia chiaro. – precisò Alice non senza nascondere una certa impazienza.
- Arriverà, arriverà. – la consolò la bionda passandosi una mano sulla fronte come per sgombrarla da certi fastidiosi pensieri.
A tutt’altro tipo di conclusione era nel frattempo giunta Lily, totalmente dissociatasi dalle sue amiche per la seconda volta nel giro di una mezzora. Oggetto del suo studi era sempre lui, James Potter, e il suo a dir poco anomalo comportamento di quella mattina.
Perché non era l’individuo di per sé ad incuriosirla, bensì il suo insolito atteggiamento.
Le opzioni erano due: James Potter o era in preda ad un tremendo conflitto interiore, cosa che la rossa escludeva reputandola impossibile per una persona nella migliore delle ipotesi profonda quanto una pozzanghera, o si stava letteralmente cocendo nei sensi di colpa, evento decisamente più probabile considerati i pesi che quel ragazzo doveva avere sulla coscienza.
- Oi, Lil, ma che ti sei incantata di nuovo? -
La domanda trovò risposta in un altro quesito posto con il maggiore disinteresse possibile.
- Ehi, Alex, le hai cambiate le fasciature a Potter ieri sera? -
- Certo, perché? –
- Così, per sapere… - glissò la Evans con
nonchalance, senza però distogliere gli occhi dal suo obbiettivo.
Un bel ragazzo disperato è pur sempre un bel ragazzo.
Lily ebbe un fremito. Cosa aveva fatto? Aveva definito Potter un… bel ragazzo?
Ebbene sì, ammise. Lo era.
James era davvero… bello. Bello e stupido, peccato.
Combinazione perdente.
Carino ma incredibilmente arrogante. Egocentrico. Superficiale. Immaturo.
In fin dei conti non era neanche tutto questo gran ché…!
Anzi, era decisamente banale.
Come personalità e come aspetto.
Un disastro insomma.
Chissà come le era potuto passare per la testa che fosse addirittura bello…
Passabile al massimo, questo sì.
Ma bello proprio no.
L’oggetto delle sue elucubrazioni, forse sentendosi osservato, si voltò verso di lei e avendola colta nell’atto di guardarlo sfoggiò un accecante e terribilmente strafottente sorrisino.
Lily imprecò sottovoce, senza riuscire ad impedirsi di arrossire.
Colta in fallo come una bambina voltò di scatto il capo in direzione di Alice e Alexia tentando di riagganciarsi rapidamente alla loro conversazione.
Fa che lasci correre, supplicò.
Ti prego, ti prego, ti prego…
Poi una mano le si posò con indolenza sulla spalla. E le sue speranze andarono in fumo.
Dannazione.
- Lily, io… non me ne ero accorto, davvero. – dichiarò infatti con voce carezzevole James Potter, sopraggiuntole alle spalle in un baleno.
Il bastardo era venuto a prendersi la sua rivincita, poco ma sicuro.
- Non ti capisco, Potter. Ma dubito che sia preoccupante… - ringhiò la Grifondoro tenendo gli occhi ben piantati sul piattino del burro.
Aveva litigato con James ben tre volte, nelle ultime ventiquattro ore. E non erano stati semplici battibecchi, piuttosto… scambi di opinioni decisamente contrastanti?
Dire che la faccenda sforava nell’anormalità era poco.
- Dico sul serio… non avevo capito. Scusa. – proseguì il maledetto, ben attento a farsi sentire da tutte le persone che gli avessero prestato ascolto.
- Ma di che diavolo stai parlando, si può sapere? – sibilò Lily il più sottilmente possibile.
Forse, se gli avesse dato corda, avrebbe fatto in fretta.
Forse.
- Del fatto che sei innamorata persa di me, ovviamente. -
Lily si costrinse ad alzare il viso, una decina buona di studenti degli anni più giovani la fissavano sbalorditi.
Alexia sbadigliava con fare annoiato, Alice sogghignava sotto ai baffi.
La rossa avvertì un insolito formicolio alle mani… che fosse furia omicida?
- Ma cosa…? – riuscì ad articolare dopo qualche secondo.- Sì, insomma, non ti prometto una storia seria me se vuoi si può organizzare. –
- James, caro, - esordì la ragazza con tono di velata minaccia. – straparli. Fossi in te mi farei visitare. –
Altro che anormalità, si corresse la rossa. Quella mattina, in Sala Grande, si stava consumando uno dei loro più consueti spettacoli. L’unica differenza consisteva nel fatto che gli attori, crescendo, avevano affilato la lingua.
- Io? Dai Lily, era evidente, mi stavi letteralmente mangiando con gli occhi… -
La Grifondoro balzò in piedi. – Trattenetemi o commetto una strage. Vi prego fermatemi. -
Alexia, tanto per darle soddisfazione, la afferrò blandamente per la camicia.
- Carina la zuccheriera! - fu invece il perfido commento della Montgomery, in sottofondo.
James si distrasse. – Zuccheriera? – domandò inarcando un sopracciglio.
- Zuccheriera. – confermò la Evans incrociando le braccia sotto al seno, come per sfidarlo a ribattere.
Nina, con aria super affaccendata e una cartelletta semirigida sotto braccio, si frappose tra i due litiganti senza neanche immaginare cosa rischiava, su quella traiettoria.
- Che palle, ma Timmy che fine ha fatto? – si lagnò la bella moretta tormentando i corti capelli scuri e ispezionando come soprappensiero i commensali della tavola di Tassorosso alla ricerca del suo ragazzo.
I quattro Grifondoro si strinsero nelle spalle.
- Starà arrivando… – la rassicurò la Campbell, allungandosi per raggiungere una brocca di spremuta e versarsene un bicchiere.
- Hn. – acconsentì la Franklin, con una cintura di zebra leggermente calata sopra la gonna a pieghe. - Vabbè, ragazzi, in quanto veterani ci tocca fare l’appello. Quindi rimboccatevi le maniche e datevi da fare che io sono venti minuti che corro dietro alle mini-serpi per farmi dare nome e cognome. –
Con aria lugubre, la Franklin iniziò a frugare nella sua cartellina e ne estrasse una mezza dozzina di fogli.
- Scusa, ma i Caposcuola in tutto questo…?! – allibì Lily, prendendo in consegna gli elenchi e scrutandoli costernata.
- Quelli di Serpeverde sono ancora bloccati. Credo che le camere degli studenti più anziani siano le ultime dei corridoi e quindi le più lontane dall’ingresso nei sotterranei… tra l’altro, sembra che il livello della melma lì sia davvero molto alto e le matricole mi hanno detto che l’entrata alla loro Sala Comune è agibile solo per metà. I Tassorosso fanno la spola per accompagnare quelli del loro quarto anno e i Caposcuola di Corvonero non so… sarebbero dovuti arrivare da un bel po’ ormai. – i cinque Grifondoro si voltarono in sincrono per esaminare la tavolata blu-bronzo.
Di carattere mite e sempre pronta a dispensare sorrisi dolci come il miele, May Switford, piccola e bionda, si alzò sulle punte sbracciandosi per salutarli.
Lily agitò una mano e sorrise a sua volta. – Ehi Ali, c’è May. – tubò. – Perché non le presenti Bex? Magari fanno amicizia… -
La Montgomery indirizzando un sorriso alla neo-Corvonero parlò a mezza bocca. – Mia sorella se la mangia a merenda un angioletto come quello. Hai visto che tenerezza? Sembra uscita da un libro di favole… -
La sorellina di Duncan era infatti al suo primo anno e, come tutti i coetanei, si guardava intorno con gli occhi sgranati e una espressione sognante che faceva come minimo sogghignare gli studenti più anziani.
- Noi Grifondoro dovremmo esserci quasi tutti. – soggiunse Nina come per riportarli alla realtà. – Lorelay e Floranna sono alla torre per accompagnare l’ultimo gruppo, quando tornano vi faccio un fischio. -
La ragazza si allontanò a passo svelto, probabilmente alla ricerca di qualcun altro con cui condividere il gravoso compito che le era stato assegnato. Pochi minuti dopo, infatti, anche Cleopatra vagava per la Sala Grande armata di piuma e una lungo elenco.
- C’è un sacco di gente nuova in giro, avete notato? – osservò Alexia, depennando un paio di nomi dalla sua lista.
- Sono i privatisti. – rispose a sorpresa James, nuovamente cupo e silenzioso.
- I cosa? – allibì Lily, sollevando per un attimo gli occhi dall’elenco su cui era china.
- E’ entrata in vigore una legge, quest’estate, secondo cui per motivi di sicurezza è stato imposto a tutti i maghi e le streghe che studiavano da privati l’obbligo di frequenza. –
- Cosa? Ma perché… - obbiettò la ragazza, non capendo.
- Il Ministero in questo modo ci terrà tutti sotto controllo, non capisci? Tutti i maghi e le streghe dai diciassette anni in giù, entro i primi di ottobre, saranno chiusi in questa scuola. – James assunse un’aria leggermente perplessa. – Scusate se ve lo chiedo, ma non avete notato che l’altro ieri sera, oltre agli undicenni, sono stati smistati anche ragazzi più grandi? –
- Mmm… no. –
- Decisamente no, vero Alex? –
- Già. Niente di niente. –
All’espressione allibita del Grifondoro, le ragazze si sentirono in dovere di fornire una qualche giustificazione.
- Bhe… io ero alla festa, no? – abbozzò Alice stringendosi nelle spalle.
- Io ero… occupata. – balbettò invece Alexia.
Sì, a consolare me. O a tentare di capire perchè mi comportavo come una matta, concluse mentalmente Lily.
La Campbell, inquisita da uno sguardo tremendamente malizioso e pieno di doppi sensi, arrossì furiosamente. – Avevo mal di testa, deficiente! –
- Sì, sì… come no! – la pungolò James, poi si volse a guardare la Evans. – E tu… - mormorò.
- Io… - soffiò lei, improvvisamente pallida.
Erano accidentalmente entrati in zona off-limits. Quella folle serata alla torre sarebbe dovuta restare tra loro, non essere sbandierata ai quattro venti come invece Potter si apprestava a fare.
Lily sentì un nodo serrarle la gola. Se avesse potuto lo avrebbe supplicato a mani giunte di stare zitto, di tacere.
Ma James non poté vedere i suoi occhi inumidirsi e diventare improvvisamente lucidi né intuire la sua disperazione, la sua anima era rattrappita in un unico lungo spasmo.
Con la massima disinvoltura possibile il ragazzo si prese il capo tra le mani e serrò forte le palpebre.
Un capogiro particolarmente cruento lo fece gemere.
- Tu giocavi a fare la piccola fiammiferaia, come sbagliare?- masticò con amarezza mentre tentava di riprendere il controllo della sua mente. – E Sirius banchettava con Giselle, ecco perchè non aveva visto la bionda. Dannazione! –
- Eh? – si accigliò Alexia mentre Alice, rapida e silenziosa, infilava una mano sotto al tavolo e affondava le unghie nel ginocchio del moro.
Lui serrò i denti e contrasse i muscoli della mascella, ma parve riprendersi.
Lily, ignara di tutto, tornò a respirare. Non aveva detto nulla.
Poi i battenti del grande portone di quercia si schiusero lasciando libero il passaggio ad un consistente stormo di scope.
Serpeverde.
Il settimo anno al completo si diresse, rapido e compatto, verso la tavola verde-argento.
Alice, stranamente tesa, rise con cattiveria. – Che bella cera che hanno le nostre care vipere… dite che hanno dormito bene? -
Una voce squillante risuonò alle sue spalle. – Per una tazza di caffè ti concedo un intervista esclusiva. – frecciò infatti Victoria Anderson, avvicinandosi a passo di danza su vertiginose decolté di vernice nera.
Splendida come sempre, la ragazza mulinò la folta chioma color inchiostro e si appollaiò accanto alla Montgomery.
- Ciao splendori. Giuro che muoio dalla gioia di vedervi, ma se non vedo una ciambella entro trenta secondi finisce che ammazzo qualcuno. -
Alexia l’accontentò rapida, desiderando allontanare il momento in cui l’amica si sarebbe accorta e avrebbe quindi fatto domande sul biscotto che aveva incastrato fra i capelli.
Potter fece scivolare una mano sotto al tavolo e la posò con gentilezza su quella della Montgomery, stringendogliela in segno di ringraziamento.

“Crisi superata. Tutto bene.”
Era questo il messaggio.
Alice si ricompose e, aggiustasi i capelli, non poté fare a meno di scoccargli un baio sulla guancia.
Anche in questo caso il messaggio era chiaro e lasciava spazio a pochi fraintendimenti.

“Poi ne parliamo.”
James, rassegnato, alzò gli occhi e si imbatté nelle iridi ametista di Victoria. Erano decisamente interrogative.
- Che palle, ma non ce l’hai una casa, tu? – ringhiò quindi acidamente, decidendo all’istante di levare le tende. Quella vipera lo faceva sentire anche peggio.
- Che c’è, la ragazza t’ha mollato, Potty? – rispose a tono Victoria, ben lontana dal sentirsi intimidita considerando che lei, alla tavola dei Grifondoro, ci stazionava da anni. -
- Tutt’altro. Ma certe cose te le racconto quando cresci, Crudelia. -
- Sì Potter, sì. L’importante è crederci. – lo canzonò lei con tono volutamente compassionevole.
- Dai James, andiamo a fare l’appello dai Tassorosso… – sorrise Alice mentre lo trascinava via.
- Brava Ali, portamelo via o finisce che mi va di traverso la colazione! – le gridò dietro la Anderson, ma anche lei sogghignava. – Immagino sia inutile chiederti perché hai un biscotto fra i capelli. – soggiunse ilare, rivolta ad Alexia.
- Decisamente. – asserì Lily, improvvisamente di buon umore. – Ecco la posta! – esclamò poi allegramente, guardando in alto.
Centinaia di gufi e civette di diverso piumaggio avevano infatti invaso la Sala Grande ed ora volteggiavano sopra i tavoli alla ricerca del loro proprietario o del destinatario della lettera che portavano legata alla zampa.
Una sorta di briosa euforia si diffuse a macchia d’olio tra le varie Case. Un rituale quotidiano come quello della posta aiutava a rammentare che, in fin dei conti, quella non era altro che una mattinata come molte altre. Nulla eccetto una schifosissima gelatina li teneva chiusi in quello stanzone, e le lezioni erano sospese fino a nuovo ordine.
In altre parole: vacanza.
Inaspettata ma non per questo non gradita.
Lily lanciò una fettuccina di bacon al gigantesco allocco che le aveva consegnato la Gazzetta. Il maestoso volatile sembrò gradire e, dopo pochi secondi, spiccò di nuovo il volo.
- Una nottata infernale. Davvero, un casino. E adesso Lucius ha anche il coraggio di tenermi il broncio, ti rendi conto? - si lamentava intanto Victoria, sorseggiando caffé bollente e inveendo contro la stirpe umana.
Alexia annuì comprensiva. – Holly Price, c’è? – domandò scorrendo la sua pergamena.
- Mmm… sì. – le confermò la Serpeverde per poi proseguire nel suo monologo. - Come se fosse colpa mia se Roxanne ha avvertito solo me… -
- Infatti. – la appoggiò la biondina inarcando le sopracciglia.
- Ragazze… -
- Cioè, ma ti rendi conto? E poi -
- Vì, aspetta un attimo. Ma che sta succedendo? – allibì Lily alzandosi sulle punte. La tavolata blu-bronzo era in pieno subbuglio ma la risposta al quesito della rossa giunse dall’altro capo della sala, dove Fabian Pretwood alzò in aria una copia del Profeta e scoppiò in una sguaiata risata.
Ci fu qualcosa di così cattivo e manifesto, in quella risata, che Lily ebbe subito una bruttissima impressione.
- Dammi il giornale Alex… - mormorò chinandosi per strapparglielo dalle mani.
- Cos…? – protestò debolmente la Campbell, ma Lily già sfogliava febbrilmente il quotidiano, le iridi smeraldine che scorrevano veloci sui caratteri della prima pagina.
La rossa si lasciò cadere seduta, il viso mortalmente pallido e la Gazzetta accartocciata in mano.
Victoria e Alexia la fissavano, pietrificate dall’ansia.
- Chi? – sibilò infine la Grifondoro, facendosi coraggio.
La Evans si inumidì le labbra, apprestandosi a proferire un verdetto.
Un verdetto di morte.
– La madre di Duncan è stata rapita. -
E per un attimo sembrò che tutto l’ossigeno respirabile fosse stato risucchiato via.
Il brusio sconvolto sparì e rimasero solo loro, compresse in un destino che non riconoscevano come proprio: un destino che sapeva di guerra. E di disfatta.
Pochi metri più in là, proprio mentre May Switford iniziava a piangere, James Potter si accasciò su di Alice, tremando.
- James! – sibilò lei, puntellandosi alla meno peggio su un tavolo per non cadere. Atterrita gli passò un braccio attorno alla vita e lasciò che lui le nascondesse il viso nel collo. – James, stai bene? -
- Cazzo. – imprecò soltanto il Grifondoro, cercando qualcosa a cui aggrapparsi.
La ragazza, senza una parola, si sedette sul piano del tavolo e allargando le gambe lo strinse tra le sue ginocchia. Poi lo abbracciò stretto. – Ti tengo. – affermò.
E il fatto che lui non fece commenti su quella posizione equivoca fu un chiaro indice del suo malessere.
- James! – lo chiamò Alice, artigliandogli le spalle e sentendolo ghiacciato sotto la stoffa candida della camicia. – James rispondimi! –
Peccato Potter avesse l’impressione che se solo avesse aperto la bocca si sarebbe vomitato anche lo stomaco.
- James, porca puttana! – imprecò quel modello di finezza che gli faceva da stampella. Una nota d’isteria le sporcava la voce.
Lui in tutta risposta mugolò, certo che se non lo avesse fatto la sua migliore amica sarebbe caduta nel panico.
- James, dimmi che devo fare! – esigette quindi Alice, leggermente rincuorata.
Leggermente e momentaneamente.
- Aspettare!? – tuonò infatti la Grifondoro qualche secondo più tardi.
- Sì. – confermò lui, con voce soffocata.
E mentre quel ruffiano si accomodava meglio tra le sue gambe, scoprendole le cosce dalla gonna corta, Alice non poté fare a meno di sentire uno sguardo bollente accarezzarle la schiena con irruenza. Penetrare tra i loro corpi congiunti e spogliarla.
Quando un violento brivido la scosse, la Montgomery si morse a sangue il labbro inferiore, maledicendosi. Allungò il collo nella speranza di riuscire a scorgere qualcuno della sua Casa, ma una fitta e incredibilmente agitata cortina di Corvonero le chiudevano la visuale verso il suo tavolo.
Erano soli.
Soli in una Sala ghermita di gente.
Bloccati in una posizione a dir poco indecente.
Ma se Alice aveva imparato qualcosa, negli anni trascorsi in quella scuola, era proprio che al peggio non c’è mai fine.
E infatti, ecco Rebecca Montgomery, con tanto di amichetti del cuore al seguito, avvicinarsi alla sorella ed assumere un’espressione tra il basito e lo stupefatto.
- Ali, James… ma che state facendo? – domandò la pestifera Grifondoro tutta titubante, mentre alle sue spalle Martin e Jason si davano di gomito, ammiccanti.
- La pace, Bex. – frecciò Alice preferendo non tentare nemmeno di negare l’evidenza.
- Oddio, sarà mica incesto? – fu la geniale sparata con cui se ne uscì la bambina, riuscendo in un’impresa in cui solo pochi avevano avuto successo: zittire la sorella, che rimase boccheggiante per qualche secondo. Tanto sconvolta da non trovare le parole con cui articolare la risposta.
Bex scoppiò a ridere. – Ali, scherzavo! Su, mi dite che fate? – tubò, dolce come lo zucchero filato.
- Tutto bene, James? – domandò quindi Martin, scrutandolo leggermente accigliato.
- Sì. - rispose Alice per lui, poi venne l’illuminazione. – Piuttosto ragazzi, non è che potete cercarmi Sirius? –
E Rebecca capì, sgranando gli occhioni si avvicinò al ragazzo per carezzargli una spalla. – Oi, Jamie… - sussurrò. – come va? –
Dal niveo collo della sorella emerse un mormorio indistinto ma facilmente interpretabile come il rantolo di un agonizzante.
- Trovami Sirius. – ordinò la maggiore delle sorelle Montgomery.
- Fanculo Sirius. – borbottò James a sorpresa, bocciando l’iniziativa.
Alice preferì non ribattere. – Remus? – propose con dolcezza.
- Andato. – fu l’apatico commento.
E fu qui che la Grifondoro si preoccupò, perché di affidare quel relitto umano nelle mani di Peter Minus proprio non ne aveva il coraggio.
- Mandami le ragazze. – concluse dopo qualche istante di intensa riflessione. – E tu non provare a ribattere. – minacciò, rivolta al giovane che gli giaceva tra le braccia.
James, ubbidientemente, tacque.
Piantati Martin e Jason, Bex si mise a correre. Agile come uno scoiattolo schivò lo sgambetto che uno spiritosissimo Tassorosso le tese e svoltò a destra giusto in tempo per scontrarsi contro Lorelay Ginsberg, appena smontata dalla sua scopa.
Dietro di lei uno stuolo di Corvonero tutti abbastanza stravolti.
Andrew scattò verso di lei. - Hai visto Lily? – domandò.
- La stavo cercando. – annuì Bex, ancora col fiatone.
Poi, come per miracolo, la bella rossa, Alexia e Victoria si materializzarono alle sua spalle.
Redgrave si precipitò su di loro.
- Lo sappiamo. – lo informò però Alexia, gli occhi lucidi come due specchi.
Il ragazzo fu preso in contropiede. – Come…? –
In tutta risposta Victoria gli lanciò la copia della Gazzetta del Profeta che ancora teneva stretta in pugno.
Il Corvonero impietrì, dinnanzi agli allarmistici titoli che sfrecciavano per tutta la prima pagina.

“Finisce in tragedia una semplice ronda: sparito l’Auror Irma Switford.”
- Dov’è Duncan? – sibilò quindi Victoria costringendosi rapidamente con un elastico i lunghi capelli neri in una treccia laterale e brandendo con aria determinata il suo manico di scopa nuovo fiammante.
- Alla torre. -
- Nessuno può lasciare la Sala senza un permesso scritto. – interloquì Louis Clark, alto e allampanato, inconfondibile per il suo odioso profilo.
- E nessuno ha chiesto la tua opinione Louis. – intervenne allora Cinzia Thompson, incrociando le braccia sotto al seno con aria esasperata.
- Sì, Louis, levati dalle palle. – asserì Andrew, stucchevole.
- Non potete fare quello che vi pare. Senza permesso non esce. – ringhiò il Corvonero alzando il mento in posa di sfida.
Victoria, ignorandolo bellamente, si fece strada verso il grande portone di quercia.
- Ehi, mi hai sentito? – tuonò Louis afferrandola rudemente per l’avambraccio e strattonandola con forza.
Victoria non cedette di un millimetro ma anzi si volse, l’equilibrio perfetto del suo viso incrinato appena da un’espressione di puro gelo.
- Lasciami. – ordinò muovendo appena le labbra.
- No… - pigolò Clark, sudaticcio ma risoluto. – non puoi. –
Andrei affondò le mani in tasca e stirò un sorrisino di compatimento. – Che imbecille… - commentò soltanto.
- Ora. – scandì la Anderson, con voce limpida e imperiosa.
- No. –
Due secondi e il Corvonero si trovò schiacciato contro l’uscio che aveva tanto a cuore di difendere. Una bacchetta di profumato ebano saldamente premuta contro la carotide.
Mai interporsi tra Victoria Anderson e la sua meta.
- Farò rapporto al preside! – latrò Louis, rosso per l’umiliazione e la paura.
- Forse non è il caso… - azzardò Lorelay, lasciando oscillare uno sguardo carico di incertezze tra la Serpeverde e la sua peda.
Victoria impresse maggiore forza nella bacchetta e assottiglio le iridi violate. – Fuori dai piedi. -
Il silenzio si fece di piombo.
- Verrai espulsa… - rantolò flebilmente il biondastro, facendosi infine da parte.
Lei si strinse nelle spalle e lo scavalcò. – Ne dubito fortemente. – replicò tranquilla.
Fu allora che Bex, sbattendo le ciglia, riprese coscienza di se e della sua missione.
Afflitta dai sensi di colpa per aver abbandonato la sorella seduta su un tavolo straniero con un ragazzo spalmato addosso, afferrò Alexia per un polso e la trascinò via come un piccolo tornado.
Lily, rimasta sola, alzò gli occhi e incrociando lo sguardo di brace del suo ex-ragazzo si sentì avvampare.
Anche lui tacque, incapace di spicciare parola.
Non erano loro, quelli.
Non era da loro.
- Andiamo da May? – domandò infine, desiderando rendersi utile.
- Certo. – annuì subito Andrew, assumendo un’aria efficiente e sicura.
In fin dei conti, era per quello che era andato fin lì.

… o no?


La stanza era ampia e circolare, adorna di numerosi quadri rappresentanti paesaggi bucolici e scogliere, velieri, scorci di natura inesplorata.
Tavolini in lucido legno scuro erano il fulcro di una serie di arcipelaghi di comode ed accoglienti poltrone turchesi e questo creava un curioso effetto che faceva assomigliare molto, quella sala abbandonata, ad un raffinato caffé letterario.
Quattro divani in lucida seta azzurro oltremare creavano una sorta di zona salotto accanto alle ampie vetrate, coperte da tendaggi candidi e impalpabili, ed era proprio su uno di questi che sedevano Floranna Gilmore, Elisabeth Turner, Eric Brandon, Gwen Villiers e Jennifer Parker con lo sguardo perso nel vuoto e i volti più o meno pallidi.
Nessuno di loro avrebbe saputo spiegare perché, in tutta quella immensità, si fossero andati a sedere tutti vicini. Ma stipati in quel divano troppo piccolo per contenerli si sentivano meno soggetti al dolore, al vento freddo che una disgrazia porta con se.
Una ragazza snella e minuta, con lunghissimi capelli biondo grano che le danzavano intorno alle spalle e scendevano giù fino ai fianchi, ondulati in un motivo che era un marchio, fece capolino dalla scala che conduceva al dormitorio maschile.
- Niente. - sentenziò con un filo di voce, appoggiandosi con una spalla al muro di pietra viva. - Non vuole vedere nessuno. –
I suoi occhi azzurri, sinceri e addolorati, scrutarono ad uno ad uno presenti.
- Non so cosa fare. – ammise dopo qualche secondo con un sospiro. – Non possiamo trascinarlo giù in Sala Grande a forza, – osservò. – ma non possiamo neanche restare qui, altrimenti rimarremo intrappolati –
Floranna ed Eric, Prefetto e Caposcuola, annuirono gravemente.
- Drew è andato da May. – soggiunse il bel moro, i gomiti posati sulle ginocchia e il capo sorretto dalle mani intrecciate. – Di lei se ne occupa lui. -
Sul piano di vetro del basso tavolino antistante il divano, una vaso di pallide orchidee e una copia spiegata della Gazzetta del Profeta.
Ma in quel caso non era stato il giornale a recare a nefasta nuova, bensì una lettera dal Ministero, indirizzata ai familiari più stretti.
Quando era arrivato il gufo recante la missiva, circa un’ora prima, May era già andata via.
Una serie di nitidi colpi riscosse la comitiva, che come un solo uomo guardò la porta.
Francesca Montgomery, cugina di primo grado di Alice e Bex, con la lunga chioma luminescente che le frusciava lungo la schiena si diresse rapida ad aprire l’uscio per poi scattare di lato, consentendo l’ingresso ad un lucido ed affusolato manico di scopa.
- Victoria! – esalò felice mentre la Serpeverde atterrava con grazia e si slacciava il mantello.
Lei, liberandosi dalle formalità con un sorriso circolare e lanciando senza alcun riguardo la scopa su un divano, chiese soltanto. – è su? –
- Sì, ma non ti farà entrare. – l’avvisò Jennifer, leggermente infastidita da tutta quella spavalderia. – Non vuole vedere nessuno, Anderson. -
- Pronti a partire tra dieci minuti. – si raccomando Victoria senza fare una piega. – Il livello della melma sta crescendo. –
E saltellando sui suoi tacchi assassini quasi fossero scarpe da ginnastica, si eclissò alla loro vista.
Puntuale come un orologio svizzero, allo scoccare del decimo minuto riapparve leggermente curva sotto il peso di Duncan Switford, che le passava un braccio attorno alle spalle.
Il Corvonero, con aperta sul petto statuario una camicia bianca mezza spiegazzata e i pantaloni neri della divisa molto calati sui fianchi, stava a capo chino, i capelli biondo platino riversi sul viso dai tratti gentili.
Lei lo adagiò al muro e sussurrandogli chissà cosa all’orecchio gli allaccio alcuni bottoni della camicia.
La sua pelle era incredibilmente pallida. Quasi… luminosa.
E i suoi capelli emanavano un aurea decisamente insolita. Erano troppo, troppo lucenti per essere semplicemente biondi.
La Serpeverde, con un’aria triste negli occhi, gli passò alcuni ciocche dietro ad un orecchio.
- Forza. – borbottò poi con una smorfia che poteva sembrare un sorriso. – I nostri compagni ci aspettano. –

Spazio Autrice

Dopo una prolungata e vergognosa assenza eccomi di nuovo qui, a tormentarvi e tormentarmi con un nuovo capitolo. Questo, sarebbe dovuto essere un capitolo di svolta, ma come al solito mi sono fatta prendere la mano e, causa eccessiva lunghezza, molti degli eventi clou saranno rimandati alla prossima pubblicazione. Non uccidetemi!XD
Stress da fine scuola e crisi artistiche a parte, sono veramente felicissima di essere tornata a pubblicare. Mi siete mancati tanto tutti. (Evvai con i giochi di parole…!)
Comunque: ciò che è emerso dalle recensioni, a grandi linee, è che i troppi personaggi creano un po’ di confusione.
>_<
Mmm… piccolo ri-epilogo di quelli presenti in questo capitolo?
Yep!
Dunque, dando per scontato che personaggi quali Alexia Campbell, Victoria Anderson, Alice Montgomery e Andrew Redgrave non vi causino più crisi di panico, procediamo con ordine:
- Duncan Switford è un Corvonero del settimo anno, ha una sorella minore di nome May, undici anni, anch’essa corvonero. Assieme ad Eric è uno dei migliori amici di Andrew. Viene citato nel 3° capitolo.
- Eric Brandon è il fratellastro di Cleopatra Edenbrought, Grifondoro del quinto anno. Lui frequenta l’ultimo anno e appartiene alla casata blu-bronzo. Considera Andrew e Duncan come fratelli e appare nel 3° capitolo.
- Cleopatra Edenbrought è la sorellastra di Eric, frequenta il quinto anno ed è una Grifondoro. Dubito non ricordiate il suo caratterino, in caso andate a cercarla nel 6° capitolo.
- Cinzia Thompson è la ex-ragazza di Eric. La si potrebbe definire… vagamente possessiva? Viene citata nel 3° capitolo.
- Thimoty XXX, clementemente soprannominato Timmy, è un Tassorosso del settimo anno. È il ragazzo di Nina e appare nel 4° capitolo anche se gli vengono fatte ripetute allusioni anche nel 6°.
- Rebecca Montgomery, meglio conosciuta come Bex, è la sorellina di Alice e frequenta il secondo anno. Ovviamente è una Grifondoro. Fa la sua entrata in scena nel 6° capitolo.
- Jason e Martin sono i migliori amici della sopra citata piccola furia, Bex aveva già fatto accenno a loro nel 6° capitolo. I tre Grifondoro sono inseparabili…
- Louis Clark è un Corvonero del settimo anno famoso per la sua antipatia e insopportabile spocchia. Era già stato vittima di uno scherzo dei Malandrini nel 3° capitolo.
- Lorelay Ginsberg e Nina Franklin sono le altre due Grifondoro del settimo anno. La prima è una Caposcuola e amante di James. Appaiono in svariati capitoli, ma vengono meglio descritte nel 6°, dove emergono loro caratteri.
- Floranna Gilmore o Flo, è una diurna di straordinaria bellezza. Appartiene alla Casa di Grifonodoro e frequenta il sesto anno. Oltre ad essere un Prefetto, è la migliore amica di Cleopatra e fa la sua comparsa nel 6° capitolo.
- Fabian Pretwood è un Serpeverde del settimo anno. Probabilmente lo ricordate come Colui-che-mise-le-mani-adosso-a-Victoria. Gli si fanno ripetuti accenni in vari capitoli anche se compare i prima persona solo nel 4°.
- Jennifer Parker è una Corvonero del settimo anno. Già nel 3° capitolo ha dato prova del suo proverbiale buonsenso.

Sono identikit un po’ scheletrici vero?
Be’ mi spiace ma non posso proprio fare di meglio.
Nel compilare dei profili più precisi finirei sicuramente col rivelare qualche dettaglio inopportuno e preferisco non correre il rischio. Niente spoiler, sìsì!
Ho segnato apposta i capitoli in cui i singoli personaggi fanno la loro comparsa, se li cercate con il metodo di ricerca di Internet ci mettete due secondi a trovarli e farvi un’idea un po’ più chiara.
In effetti, è ciò che vi consiglio di fare!XD

Vabbè, passando ad altro. Le vostre recensioni (positive e negative) mi rallegrano moltissimo e mi spronano a continuare.
Non so davvero come ringraziarvi ragazze…^^
Approfitto di questo attimo di sentimentalismo per augurare a tutte voi buone vacanze e, a chi è invece impelagato negli esami di maturità, un gigantesco in bocca al lupo!

Okay, vi ho annoiato abbastanza.
Ho da farvi un’ultima richiesta, prima di passare alle risposte individuali: di leggere la recensione di Fidia e la mia relativa risposta (postata qui sotto). Considerando che questa persona mette in dubbio la vostra stessa esistenza, mie lettrici, credo vi riguardi piuttosto da vicino.
Un bacio,
Alisya.

Per Fidia:
Guarda, non posso neanche definirmi offesa dalle tue insinuazioni essendo queste così folli e campate in aria da risultare ridicole. Avessi fatto un minimo più attenzione avresti notato che no, le recensioni non sono state postate a distanza di pochi minuti fra loro e che, tra l’altro, sono quasi tutte firmate (è obbligatorio, te lo ha mai detto nessuno?).
Comunque, nel caso tu sia ancora convinta che io non abbia nulla di meglio da fare che scrivere una storia, creare una ventina di account fasulli con cui commentarla e poi pubblicare fanfic anche da questi ultimi per renderli più verosimili, credo che ognuna delle mie lettrici sia disposta a dimostrarti l’autenticità e veridicità della sua persona.
E questo è quanto.
Bye bye.

A PiccolaBlack:

Ciao e benvenuta! Come avrebbe potuto non farmi piacere la tua recensione?
Sei stata gentilissima e mi hai coperto di complimenti. Non puoi onestamente aspettarti che mi lamenti!XD
L’aggiornamento, come vedi, non è arrivato tanto presto. Ma in fin dei conti con questo capitolo vi ho dato un bel po’ su cui riflettere: dai ripetuti malori di James ad Alice, che riceve sguardi roventi e non se ne stupisce…!*.*
Spero di sentirti ancora, perché vorrebbe dire che la Fanfic continua a piacerti.^^
Un Bacio!

A TheBestLady:
Oddio, sto iniziando ad adorarti!XD
Fai recensioni ben costruite e, al di là delle lodi, mi dici quello che pensi.*.*
Tornando ad argomenti relativamente più seri…
Sì, Alice è carismatica e ha un carattere predominante. Non è fatta per stare ai margini delle vicende ma vorrei farti notare, a rischio di essere ovvia, che se lei e Lily sono tanto amiche un motivo ci sarà, no?
Voglio dire che Lily, anche se fino a questo momento forse non lo ha dimostrato, nasconde qualità nascoste. I fin dei conti una persona prettamente normale come potrebbe essere ammessa nella ristrettissima cerchia di Alexia, Alice e Victoria…?
La dolce Evans deve ancora mostrarsi per quello che è, fidati. Sta solo attraversando un periodo molto difficile. Tutto sembra crollarle addosso come un castello di carte.
Deve un po’ ritrovare l’equilibrio, ecco. Poi farà faville.
Alice e James sono come fratelli. Si adorano, sono cresciuti insieme… ma non potrebbero mai innamorarsi l’uno dell’altra. Proprio mai.
Niente ibrido Harry-Neville, mi spiace!XD
La gelatina… eheh! Resterà un mistero ancora per un po’, anche se forse, leggendo con attenzione questo capitolo, un certo indizio lo potresti avere!
Per la confusione data dai tanti personaggi spero che le indicazioni sopra date possano riuscirti utili.^^
Meraviglioso, ho fatto una risposta più lunga della recensione. =_=
Sono da ricovero!
Ciaociao!

A RaRa 93:
Quanto mi manchi! Mi manchi così tanto che se non sento la tua voce entro venti minuti vado in crisi di astinenza, ecco. (Fatto, mi sono giocata la reputazione. Ora tutti pensano che sono una maniaca!XD)
Leggere la tua recensione mi ha fatto pensare alla Grecia, alla note in cui siamo rimaste senza letto, alla volta in cui io volevo tanto dormire e tu me ne hai dato l’opportunità solo quando dovevamo scendere dal pullman, a quella mattina sul ponte del traghetto in cui abbiamo chiacchierato per ore e ci avevano dato per disperse, al tuo i-pod, alla mia cinta, ai nostri anelli. Al nostro meraviglioso banco pieno di scritte, al profumo di ciambella durante i compiti in classe…
Non so se l’anno prossimo sarò in grado di fare a meno della mia Aleteia (lo dirò sempre con l’accento sbagliato, cosa credi!), ma nel frattempo ti mando un bacio così grande che ne resterai schiacciata. Ti voglio un mondo di bene, mi sa che ogni tanto te lo dimentichi. O forse te lo dico troppo poco spesso.
Hum… ripensandoci tutto questo ha molto poco a che fare con la Fanfiction. E poi sei tu quella che divaga!
Circa la tua recensione… vedi sempre oltre quello che scrivo. Ne trovi il significato nascosto. Ed è tutto dire.
Un Bacione da Colei Che Cava Sangue Dalle Rape.

Per Mary3:
Che bello, un’altra estimatrice della coppia (si fa per dire!XD) Alice/James!
Tra loro non c’è ne ci potrà mai essere nulla, eccetto una meravigliosa amicizia, ma la loro relazione è una delle mie preferite, lo devo ammettere.
In questo capitolo viene fuori che Alice e Bex sono a conoscenza del "segreto" di James. Anche questo la dice lunga anche sul legame che li unisce, non trovi?
Okay, ti ho annoiato abbastanza!XD
Una bacio!

A Hermionex95:
Altro che cinica, sei un tesoro!
Il capitolo non è arrivato presto come pensavi, nonostante questo spero sia di tuo gradimento.
Ciao!

Per ___MiRiEl___:
Hehehe! Vediamo un pò cosa posso dirti sulla "misteriosa" gelatina che tanto ti (e vi) incuriosisce...
Dunque, è una sostanza collosa e trasparente fuoriuscita da non si sa dove e per non si sa quale motivo. Claro?XD
Scherzia a parte, nel prossimo capitolo viene spiegato tutto, promesso.
Riguardo ad Alice hai perfettamente ragione, ha baciato i più desiderati della scuola. Ma in questo capitolo ti lancio un amo: chi è che le lancia sguardi roventi?
I personaggi con capacità "particolari" sono un pò la mia passione e sono felice abbiano riscosso tutto qusto successo, sinceramente non me lo aspettavo.^^
Ora scappo, alla prossima!:P

A Nikelaos:
Wow che intuito!
Davvero, hai colto due punti piuttosto importanti della storia.^^
Tu continua a ragionarci, nel prossimo capitolo avrai tutte le risposte!
Grazie per i complimenti, comunque.:P
Un Bacio!

A Irene_Evans:
Adesso, senza nulla togliere alle persone che incoraggiano le autrici con semplici frasi della serie “Bravissima, aggiorna presto!”, ma questo è il genere di recensioni che ogni autrice sogna di ricevere.
Sì, insomma… dopo averla letta ho sorriso per mezz’ora!
Tra l’altro questa diatriba apertasi sulla testa del povero Andrew mi diverte da morire. Nel bene o nel male, sono felice che questo personaggio abbia attirato tanto l’attenzione.^^
Solo tu e Blackout potevate mettere su un botta e risposta attraverso le recensioni, davvero. Sono orgogliosa di voi, ragazze.
Circa il “se non leggo non credo” nel prossimo capitolo troverai pane per i tuoi denti, cara Irene! Capisco che Redgrave, in quanto teorico antagonista di James in campo amoroso, possa risultare ostico, ma prima o poi ti dovrà conquistare. La prendo come una sfida personale, guada!XD
Riguardo Lorelay… mi aspettavo un po’ di ostilità nei suoi confronti. Ma non siate troppo crudeli con lei, è stata innamorata di James per una vita!
Un’altra idea che ha riscosso molto successo è stata quella dei poteri particolari. Il che mi fa ghignare: non sapete cosa ho in serbo per voi…
Okay, ti ho annoiata abbastanza. Non posso fare altro che ringraziarti ancora una volta per l’entusiasmo con cui mi commenti ogni volta. Non sai quanto significhi per me!
Baci!

A Lauraroberta87:

Sì, lo so, all’inizio la situazione può sembrare un po’ ingarbugliata. Devi farci la mano, diciamo!XD
Sui personaggi invece non sono propriamente d’accordo. Nel senso che le persone di per sé, sono complesse, io posso avere reso male o in maniera poco lineare i caratteri dei personaggi, questo sì, ma non credo che l’errore stia nel contenuto.
In fin dei conti non credo esistano persone “semplici” o sempre coerenti... siamo tutti dei gomitoli!XD
I miei personaggi algidi ed eterei? Huu, sono lusingata!^^
Anche il fatto che Victoria ti piaccia, mi rende molto felice.
Per Lily e James dovrai aspettare ancora un po’… i due piccioncini non sono ancora pronti come hai potuto constatare tu stessa. Lui è immaturo e lei… un po’ indecisa su chi essere o cosa fare della sua vita, ecco. Roba da nulla!XD
Grazie ancora per la recensione e mi raccomando, fammi sapere cosa pensi di questo capitolo!
Un Bacio!

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 8 - Alla Stazione. - ***


Ad Irene_evans, che più di ogni altra ha apprezzato questa Fanfic.
Ti auguro un felice anno nuovo!





Capitolo 8 – Alla Stazione. -



Dopo innumerevoli e infruttuose ore trascorse a lottare contro l’avanzata di un viscidume non meglio identificato, la sentenza del corpo docenti era stata unanime: gli studenti dovevano essere rimandati a casa.
Accampati dunque nei pressi della banchina in cui l’Expresso per Hogwarts sarebbe dovuto venire a prenderli da circa tre ore, sottoposti a scarsissimi turni di sorveglianza, era normale che gli studenti della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts iniziassero un po’ a scaldarsi.
Il famigerato treno rosso fuoco, benché largamente atteso, non si faceva vivo e nessuno di loro aveva il permesso di uscire da un raggio di cento metri dalla banchina. Il che era anche peggio dell’essere costretti un una unica Sala, perché l’aria aperta, così come le tortuose stradine di Hogsmeade, erano esperte provocatrici.
Sapientemente schierate ai due poli opposti della stazione: Serpeverde e Grifondoro facevano attenzione a non sfiorarsi neanche con lo sguardo.
Ovviamente, Samantha Cooper e Victoria Anderson costituivano due eclatanti eccezioni. La prima, del sesto anno, vantava degli splendidi occhiali da sole in stile Audrey Hapburn e, con grande disappunto delle sue compagne di Casa, era coinvolta in una disinvolta e piacevole conversazione con Cleopatra Edenbrought e Floranna Gilmore. Le tre fanciulle, sedute sotto al pallido sole di Settembre, attiravano una tale quantità di sguardi da fare sentire in dovere un galantuomo quale Sirius Orion Black di andare ad offrirgli il suo appoggio e protezione in quanto figura maschile.
La seconda, fusa ad un eterogeneo gruppetto stanziato su una panchina all’ombra di un tiglio in fiore, osservava con il massimo interesse il vorticare delle nuvole. Alla sua destra, Duncan cullava dolcemente May, pallida e silenziosa, mentre alle sue spalle, seduta a gambe incrociate su un’aiuola, Lily, prigioniera tra Andrew e James, meditava di tagliarsi le vene, a Alice, sdraiata nell’erba ancora umida per il temporale del giorno prima, sopportava gli sguardi al vetriolo di Lorelay, appostata poco più in là assieme ad alcune Tassorosso. Tutto perché James, assorto nelle sue fantasticherie, le accarezzava distrattamente i capelli.
- Lor ci guarda male. – lo informò quando ne ebbe abbastanza.
- E allora? – osservò tranquillamente il Grifondoro, stringendosi nelle spalle.
Alexia ed Eric, spariti alla ricerca di un’edicola, passarono vicino a Nina e Timmy Walls, appostati dietro ad una colonna a tubare come due colombi, ed emersero dall’ombra del porticato della stazione fianco a fianco. Tra le mani riviste, quotidiani, cioccorane, zuccotti e gomme bollenti.
- Tieni May, mangia uno zuccotto… - Eric, con una maglia a maniche lunghe dello stesso colore dei suoi stupendi occhi color oceano, sorrise gentilmente alla bambina.
Lei afferrò il dolcetto e se lo rigirò tra le mani, studiandolo e forse non vedendolo, mentre un’ennesima lacrima valicava l’orlo delle ciglia bionde per bagnarle una guancia.
Alexia si chinò e baciò il ragazzo sulla fronte. – Abbi fiducia. – mormorò. – Non è detta l’ultima parola. -
Duncan non mosse un muscolo, lo sguardo perso nel vuoto e i capelli platinati leggermente scomposti dal vento.
Alice rotolò in modo da dare la schiena a Lorelay, resistette un altro paio di secondi e poi scattò in piedi.
- Dove vai? – domandò James, contrariato.
- Alla ricerca di un pacchetto di sigarette. – brontolò lei mentre si allontanava strusciando i piedi.
La Montgomery attraversò svogliatamente l’ombra del porticato ed entrò nell’ampio edificio della stazione, ne attraversò l’atrio e uscì in strada, semideserta per l’ora.
Si addentrò in un vicolo alla sua destra, dove sapeva trovarsi un piccolo tabaccaio.
Uscita dal negozio la ragazza si passo una mano tra i capelli ondulati, spalancò il pacchetto e afferrò una sigaretta con i denti, tenendola tra le labbra senza però accenderla.
Si sentiva nervosa. C’era qualcosa, nell’aria, che solleticava il suo istinto.
Cercando di non pensarci, Alice affrettò il passo.
E fu proprio quando era quasi giunta alla strada principale, che un’ombra si mosse, alle sue spalle, facendola prigioniera.
Una mano le serrò la bocca, falciando via senza remore la sigaretta ancora integra, mentre un corpo forte e flessuoso la spingeva con decisione in un pertugio tra due sudice abitazioni.
Alice non urlò, non ci provò neppure. Quanto ad opporre resistenza, lo fece giusto per recare fastidio al suo sequestratore.
Lo avrebbe riconosciuto tra mille altri.
Schiacciata contro un muro scrostato e muffito, lo trafisse con un’occhiata lampeggiante.
Erano le buone maniere, ciò che era sempre mancato tra loro.
Di passione ce ne era stata anche troppa.
Lui, Christopher Samuel Osborn, le rispose con il suo solito sorriso sghembo.
Il cuore della Grifondoro mancò un battito e lei ebbe paura.
Già sapeva che non avrebbe resistito.
Il Serpeverde le liberò la bocca tenendola nonostante tutto inchiodata alla parete.
- Ciao Chris. - masticò Alice leggermente affannata. – A cosa devo l’onore? -
- Mi mancavi. – sentenziò con aria indecifrabile l’aitante ragazzo vestito nei colori verde-argento. Aveva corti capelli biondi e uno spiccato atteggiamento felino forse dato dagli occhi, chiari come due acini d’uva.
Il suo corpo era teso. Ogni singolo muscolo contratto in un unico obbiettivo.
Farla sua. Ancora e ancora.
Come un predatore con la sua preda.
Alice gli piantò le mani sulle spalle, tentando di allontanarlo e spezzare lo strano meccanismo che si azionava tra i loro corpi con un semplice sguardo.
Chimica elementare.
- Tu neanche un po’. – replicò quindi, spietata.
- E’ per questo che ti dai da fare con Potter? - le mormorò lui ad un orecchio, solleticandole il collo con l’alito caldo.
La Montgomery scoppiò in una risata aspra e disincantata. – Ecco svelato l’arcano. – ringhiò poi. – Sei venuto a rimarcare il territorio. –
- Spiacente cara. – replicò Osborn, mellifluo e sicuro, mentre con libidine le mordeva il collo. – Tu sei già mia. -
La Grifondoro rimase senza fiato, e tutto attorno a lei cominciò a svanire. Calda e umida, quella lingua esigente si muoveva in piccoli cerchi sulla sua pelle.
- Ci siamo lasciati a giugno. – rammentò in un soffio, rovesciando nonostante tutto il capo verso il cielo per lasciargli maggiore possibilità di movimento.
- Allora forse non avremmo dovuto fare sesso durante l’estate. – osservò lui, roco.
- Già. – fu l’unica cosa che la Montgomery trovò da dire.
E fu proprio quando le sue labbra si incresparono nello scheletro di un sorriso che comprese di avere ancora una volta perso.
Non era semplice alchimia.
Lui era la sua droga.
E, come un carnefice che conosce a memoria la sua vittima, la teneva in pugno.
Una mano scivolò a massaggiarle l’addome piatto, sotto la camicia, e gli occhi della Grifondoro si incendiarono mentre, senza volerlo, smetteva di respingerlo e lo artigliava a se.
Inibita la sua volontà, affilati i suoi sensi.
Non c’è niente di peggio che un amore andato a male, elaborò Alice mentre lo fissava oltre le ciglia socchiuse.
E il loro era stato malsano già prima di deteriorarsi.
Christopher le afferrò un fianco, costringendola ad inarcarsi su di lui.
- Sei proprio un figlio di puttana. – soffiò sottilmente la Montgomery, in un ultimo barlume di lucidità.
- E tu sei bellissima. – lo sentì sussurrare un attimo prima di bruciarle le ali e trascinarla con se in un’altra vertiginosa caduta libera.
Lei gli affondò le unghie nella schiena, vendicativa.
Lui sorrise.
E come un rapace calò sulle sue labbra, catturandole in una battaglia che, in realtà, aveva già vinto.



Peter Minus accompagnò con un gesto della mano l’anta del sudicio cubicolo da cui era appena uscito.
Detestava produrre rumore.
Ogni singolo scricchiolio o schiarimento di voce divenivano per lui fonte di imbarazzo o, peggio ancora, gli apparivano come inopportune manifestazioni della sua esistenza.
Forse, molto semplicemente, odiava essere solo.
E in quel momento lo era, perché aveva litigato con i suoi migliori amici.
Il ragazzo ruotò il rubinetto e un forte getto d’acqua inondò il lavandino ingiallito.
Il suono gli dette fastidio. Era necessario fare silenzio, per passare inosservati.
I bagni della stazione erano deserti, ma nelle mattonelle sbeccate si riflettevano innumerevoli firme o messaggi, echi di passate presenze.
Quel luogo parlava da sé.
Peter, sciacquandosi il viso, concluse di andare a cercare James e scusarsi con lui. Come dono di pace avrebbe potuto raccontargli della dichiarazione d’amore che qualche ignota studentessa gli aveva dedicato, incidendola con un coltellino nella porta del gabinetto. Conoscendolo, l’amico sarebbe andato in sollucchero a una notizia del genere.
Forse poi sarebbero tornati nel bagno assieme, e avrebbero riso delle sconcezze che qualche altra anima pia aveva scritto sui muri all’indirizzo di Sirius.
Rincuorato e con l’animo più leggero, il Grifondoro si volse verso l’uscita. Non aveva mosso che pochi passi quando la porta si aprì e nel decadente bagno entrarono sghignazzando Evan Rosier, supponente e determinato; Severus Piton, un libro sotto braccio e i capelli neri più unti del solito; Avery Burton, quinto anno, corporatura massiccia e un’arroganza fuori dal comune anche per un Serpeverde; Nicholas Dalton, gemello di Phoebe Dalton.
Compatti quanto un muro, inarrestabili come una marea.
Peter, quasi involontariamente, arretrò di qualche passo. Il sorriso gli morì sulle labbra.
I ghigni dei Serpeverde, quando lo videro, se possibile si moltiplicarono.
- Ma tu guarda… una pecorella smarrita. – ironizzò Evan, un ragazzo alto e moro, con gli occhi dal taglio orientaleggiante e le iridi luccicanti in forte contrasto con la carnagione olivastra.
Un mantello nero allacciato sulla spalla destra copriva quasi interamente il suo fisico massiccio.
- Non mi dire che sei solo, Minus. – proseguì Avery agitando un dito a mo’ di finta predica. – Non è prudente, in tempi come questi… Dovresti saperlo bene. -
Piton, al fianco di Nicholas, sorrideva come se natale fosse arrivato in anticipo.
Peter fece un tentativo disperato. – Infatti me ne stavo giusto andando… - asserì con tono piatto.
- Io non credo proprio. -
- Già, che fretta c’è, Minus. Resta un po’ con noi… -
Dalton, capendo al volo, chiuse la porta e vi si appoggiò con una spalla. – Mi piace, come girano le cose ad Hogwarts. – osservò biecamente.
- E non hai ancora visto niente, Nick. – fu la poco rassicurante affermazione che giunse dalle labbra di Rosier.
- I miei amici mi stanno aspettando. – ringhiò il Grifondoro, serrando con le mani il bordo del lavabo e ispezionando la stanza alla ricerca di una via di fuga. Il cuore gli martellava forte nel petto.
- Chissà se ti riconosceranno, dopo che sarai passato sotto le nostre mani… - commentò malignamente Avery, sbottonandosi i polsini della camicia e arrotolando lentamente le maniche sugli avambracci.
Piton rise e avanzò di qualche passo. Peter istintivamente cercò la bacchetta e, dopo avere fatto un breve tafferuglio per districarla dalla cintura, la brandì alta.
- Cosa volete da me? – gemette, mortalmente pallido.
- Un po’ di divertimento, Minus, nient’altro… - rispose Rosier avanzando a sua volta.
- Siete dei vigliacchi. – rantolò il Grifondoro, orripilato.
Una risata cattiva lo fece sobbalzare. – Furbi, al limite. – replicò Piton. – Non lo sai che in un branco si attacca sempre l’elemento più debole? -
Gli occhi di Minus si inumidirono.
- Sei patetico, Minus. – sibilò con odio il Serpeverde, sputandogli ai piedi.
E improvvisamente Peter sentì di dover dire qualcosa. Pensò che se lo avesse fatto i suoi amici sarebbero stati fieri di lui. Arrivò scioccamente a crede che quella fosse la sua occasione di tenere alto l’onore dei Malandrini e dimostrare a tutti che anche lui, il piccolo imbranato Peter Minus, valeva qualcosa.
- Mai quanto te, Mociosus. – replicò con voce strozzata ma stentorea.
Un impedimento in un punto non meglio definito tra la carotide e i polmoni gli impediva di respirare bene, ma un’espressione vittoriosa gli si dipinse in viso quando vide le guance di Piton imporporarsi di colpo.
Aveva colpito nel segno.
Avery, alle spalle di Severus, esibì un sorrisino sfacciatamente sarcastico.
Mociosus. Lo aveva chiamato Mociosus.
- Lurido schifoso… - Piton, scansandosi dagli occhi neri la frangia unticcia, impugnò la bacchetta e con un unico e fluido movimento disarmò Minus.
Il Grifonodoro gemette ritraendo il polso, dove spiccava una lucente bruciatura.
- Fa male, eh? – lo incalzò il suo avversario, esaltato dall’idea di poter avere finalmente la sua vendetta.
- Non ci sono i tuoi amichetti a pararti le spalle, oggi. – ringhiò Evan facendosi avanti a sua volta.
- Sei tutto nostro… - convenne dolcemente Avery.
Poi Rosier scattò in avanti e lo colpi con un pugno allo stomaco, mozzandogli il respiro. Peter, con gli occhi appannati dalle lacrime, sentì le gambe diventare molli e il suo corpo scivolare inevitabilmente verso le sudice piastrelle del pavimento.
Una mano lo afferrò per i capelli, trattenendolo ad un’altezza che non implicasse fastidi al suo aggressore.
Un secondo e un terzo pugno gli fecero annoverare come sopportabile il dolore che pativa al cuoio capelluto.
Boccheggiante, il Grifondoro si aggrappò alle vesti del Serpeverde, il quale parve non gradire perché lo scagliò a terra.
Da lì, riverso come un pesce sul pavimento di un bagno pubblico, Peter ebbe una vaga visione della gamba di Avery che caricava un calcio in direzione del suo fianco sinistro, poi scattò di lato e riuscì con qualche sconosciuta e miracolosa manovra ad evitare il colpo.
Sgusciò tra i piedi di Piton facendolo inciampare e arrancò alla massima velocità che le sue ginocchia gli permettevano verso il gabinetto più vicino.
Era quasi riuscito a chiudersi dentro quando una mano sbucò dal nulla e lo afferrò per il colletto, strozzandolo quasi.
Troppo occupato a tossire per incamerare ossigeno, fu brutalmente sradicato dallo stipite cui era ancorato e gettato nuovamente a terra.
Il labbro superiore, spaccatosi nell’urto con le mattonelle di ceramica, gli imbrattò di sangue il viso.
- Ve la faranno pagare. – rantolò, reso audace dalla disperazione.
- Che paura. – tubò Rosier. E lo colpì ancora.
- Non sono belle parole, per della feccia. – osservò anche Avery, scuotendo ironicamente il capo. – Forse è il caso che ti schiarisca un po’ le idee… -
- Già, magari con dell’acqua fresca… – suggerì Piton, le labbra sottili frementi per la soddisfazione.
Tutti, anche Dalton, risero fragorosamente per qualcosa che Peter, evidentemente, non afferrò.
- Vedrai che non ti dispiacerà. In fin dei conti dovresti esserci abituato… - puntualizzò malignamente il Serpeverde.
Piton, seguito a breve distanza da Dalton, si avvicinò alla porta del cubicolo in cui Peter aveva cercato rifugio e ne spalancò la porta con un calcio.
- Prego. – frecciò, gli occhi scintillanti di malvagità. – Serviti pure. -
Il Grifonodoro inizialmente fissò con sguardo vacuo e un po’ sfocato la tazza del gabinetto, poi comprese e arretrò con orrore. Ma il suo carnefice lo aveva già afferrato per il retro della camicia, spingendolo a forza verso il sanitario.
Peter, urlando a squarcia gola per invocare aiuto, oppose una stoica resistenza ed ebbe anche la prontezza di spirito di azzannare la mano di Rosier, ancora serrata attorno ad un ciuffo dei suoi capelli, quando gli giunse a portata di fauci.
Peccato che i suoi assalitori fossero quattro, anche se due non partecipavano attivamente al suo massacro, e lui uno solo.
Oramai chino sulla tazza del water, con le mani di Rosier che lo spingevano inesorabilmente verso il basso, Peter serrò forte le labbra e chiuse gli occhi.
Se avesse potuto, si sarebbe privato anche dell’udito, così da non dover udire le risate di scherno dei suoi nemici.
Poi, la porta lasciata incustodita da Dalton, si aprì cigolando.
- Peter? – chiamò una voce incerta. Una voce adorabilmente familiare. – Peter, sei qui? -
La pressione delle mani di Rosier sulla sua nuca si annullò praticamente all’istante, il Serpeverde mise mano alla bacchetta ma rimase immobile.
Loro tutti erano nascosti alle due persone che avevano varcato la soglia del bagno e adesso ne percorrevano il pavimento bagnato. Avevano ottime possibilità di passare inosservati.
Piton gli puntò a bacchetta ad una tempia. – Non una parola. – scandì con il solo movimento delle labbra.
- C’è nessuno?! - domandò ancora una voce femminile.
- Peter! –
- Forse mi sono sbagliato, dai Jen, andiamo via… -
- No, aspetta… qui c’è del sangue! -
- Cos…? –
Rosier scivolò versò l’uscita del cubicolo, deciso ad attaccarli alle spalle.
Peter ebbe un attimo di esitazione, poi si scagliò contro a Piton, pronto a giocarsi tutto per tutto.
- Remus, attento! – latrò.
Il Grifondoro fece appena in tempo a voltarsi per vedere le labbra di Evans Rosier formulare uno schiantesimo, poi scartò di lato.
- Impedimenta! – urlò nuovamente il Serpeverde, ma un fortissimo sortilegio scudo deviò il suo incantesimo verso un lavandino.
Avery balzò fuori dal cubicolo, la bacchetta alla mano.
- Ma tu guarda… abbiamo compagnia. – ringhiò mirando a una ragazza vestita nei colori di Corvonero.
Lupin la spinse a terra, facendole scudo con il proprio corpo.
- Pietrificus totalus! – tuonò.
Avery, alle spalle di Rosier, si trasformò in una sgraziata scultura umana.
Jennifer Parker, gli occhi sbarrati  per lo spavento, si rannicchiò in disparte mentre Remus e Evan si fronteggiavano e riprendendo a duellare con foga.
Nel gabinetto invece, si stava svolgendo un combattimento ad armi impari: Dalton e Piton avevano costretto Minus in un angolo e, abbandonate le bacchette, erano tornati a prenderlo a calci.
Un lampo di luce rossa e Rosier fu spedito contro la parete opposta, Lupin si precipitò verso l’amico.
- Fatevi da parte e nessuno si farà male. – consigliò scrutando torvamente gli ultimi due serpeverde.
Piton fece un passo in avanti. – Non ho paura di te, cane. –
Un’espressione spiritata balenò sul volto del Grifondoro, rapido come una stella cadente alzò la bacchetta ma prima ancora che potesse aprire bocca il corpo di Severus crollò ai suoi piedi come un sacco di patate.
Con un’espressione di ammirato compiacimento Lupin guardò Minus, che gli rivolse a sua volta uno sguardo vacuo mentre alle loro spalle una voce arrabbiata proclamava “forse dovresti averne, stupido serpeverde.”
- Jen… - gemette debolmente Lupin, sorridendo suo malgrado alla bionda corvonero che gli aveva appena fatto un grande favore. – non dovevi preoccuparti. -
- Nessun problema. – replicò lei, un po’ pallida ma risoluta.
Remus si volse verso Dalton, che lo studiava senza battere ciglio.
- Tu devi essere uno dei nuovi, dei privatisti. – osservò calmo.
- Così sembra. – Nicholas incrociò le braccia al petto.
- Sai, non posso dire che sia stato un piacere conoscerti. Ciò nonostante ti do il benvenuto nella nostra scuola e, tanto per farti capire come funzionano le cose, sottraggo alla casa di Serpeverde 20 punti. –
Il ghigno strafottente di Dalton si mutò in un’espressione di più totale sbigottimento.
- Ora, se vuoi un consiglio da amico, ti suggerisco di sparire alla svelta perché quando i miei compagni sapranno ciò che è successo la prima cosa che faranno sarà venire qui a verificare. E loro non sono persone accomodanti, te lo posso assicurare. -
Scavalcatolo, Remus tirò in piedi Minus e sorreggendolo si diresse verso l’uscita. – Tutto bene Pet, adesso ti porto via… - mormorò al suo orecchio.
Jennifer si chinò e strappò dalle mani abbandonate di Piton la bacchetta sottratta al Grifondoro, poi si accostò a Peter.
- Vuoi…? – domandò tuta titubante offrendogli una spalla a cui sorreggersi.
- Tranquilla Jen, ce la faccio. – la rassicurò Remus, chino sotto il peso dell’amico, con un sorriso affannato.
- Okay. – assenti la biondina. E con aria pratica li precedette in modo da aprire tutte le porte i cui si fossero imbattuti.



- Al diavolo. – sentenziò Andrew alzandosi con uno scatto di reni dal prato e spazzolandosi i pantaloni. - Io la vado a cercare. –
- Vorrai dire che io la vado a cercare. – lo contraddisse James, punto sul vivo.
- Voglio dire esattamente ciò che ho detto, Potter. Io sono preoccupato, io la vado a cercare. Il processo logico non causerebbe problemi ad una talpa, dubito possa crearne a te. -
- Molto spiritoso, Redgrave. Peccato che anche io sia preoccupato e che sia stato proprio io, a notare la sua prolungata assenza. –
- Ragazzi, sono sicura che Alice sta bene. Si sarà fermata a fare due chiacchiere con qualcuno… - li blandì debolmente Alexia.
Loro la ignorarono.
- Senti, possiamo sempre andarci tutti e due, no? – propose di controvoglia Andrew, in seguito ad una occhiata particolarmente violenta che Victoria gli aveva rivolto da sopra una spalla.
- Io sono il suo migliore amico, so tutto di lei. – osservò Potter, pigramente sdraiato a pancia all’aria, con una punta di polemica nella voce.
- Con questo cosa vorresti dire? – il Corvonero serrò impercettibilmente la mascella.
- Che probabilmente la troverei in un baleno, al contrario di te. – fu l’insolente risposta.
Lily, seduta con la schiena contro il tronco dell’albero, scosse il capo sconsolata. Avesse potuto li avrebbe avvelenati tutti e due seduta stante. Ex e non ex.
- Mi riesce difficile crederlo considerando che te ne stai sdraiato a contare le farfalle, sai Potter? –
James balzò in piedi, i pugni serrati. – Non stai insinuando che io non tenga a lei, vero Redgrave? Perché in quel caso dovrei prenderti a pugni. –
- Ora si che ho paura. – Andrew si avvicinò di un passo.
Victoria si voltò di nuovo. – Non costringetemi a usare la bacchetta. – sibilò. – Seduti. Tutti e due. –
- … a prender ordini da una donna… - borbotto Potter, ri-assumendo la sua posa da divo in vacanza.
Andrew si sdraiò prono e prese a giocherellare con un margherita.
- Sicuro di stare bene, Potter? Mi sembri un po’ pallidino… - insinuò quindi perfidamente.
- A differenza del tuo, uomo di gomma, il mio fisico risente del poco sonno. – fu l’acida risposta.
- Povero tesoro... Ti piacerebbe avere il mio potere, vero? Per cancellare quella tremende occhiaie, la mattina, o fare qualcosa per quel naso… -
- Il mio naso non ha niente che non va! – tuonò James senza pensare.
Un attimo dopo tutti ridevano più o meno a crepapelle.
- Scontro tra galli. – sospirò Lily, divertita.
- Ehi! – protestò Andrew dandole una spintarella.
Lei, incautamente, gli sorrise.
E lui ebbe la certezza che qualcosa non andava. Lo capì e basta.
Mai un sorriso aveva avuto un così spiccato sapore di lacrime.
Rimase a fissarla, quasi stordito dalla vacuità di quegli occhi verdi che conosceva tanto bene, mentre lei distoglieva lo sguardo dal suo e si abbracciava le ginocchia.
Duncan lasciò che quell’effimera allegria gli scivolasse addosso come una doccia tiepida, May con la testolina bionda appoggiata nell’incavo del suo collo, aveva da poco chiuso gli occhi.
Non dormiva, lo sapeva bene. Sentiva il suo respiro ancora troppo frenetico solleticargli la gola. Forse pregava.
Lui non era in grado di fare neanche quello. Non poteva nulla.
La sua mente era come paralizzata, e l’attesa lo uccideva.
Sarebbe dovuta arrivare una lettera, dal Ministero.
Morte o prigionia.
Queste erano le due opzioni.
E sinceramente lui non sapeva proprio quale auspicarsi.
Le mani fresche di Victoria guizzarono sulle sue spalle, massaggiandogli la schiena.
La serpeverde avvertiva l’aumentare della sua tensione e cercava di placarlo.
Il Corvonero serrò le palpebre e lasciò dondolare il capo. Si concentrò sulla paura e lasciò che fosse questa stessa a svuotargli la mente.
Comprese che qualcosa era cambiato quando udì il silenzio. Un silenzio ostile e teso.
Al limitare dell’ombra del tiglio sostavano Lucius Malfoy e Fabian Pretwood. Il primo, intento ad accendersi una sigaretta, sembrava tranquillo, mentre l’altro, spostando incessantemente il peso da un piede all’altro, li scrutava bellicoso.
Lily scattò in piedi e si fece avanti di qualche passo. – Cosa volete? – domandò dura, spazzolandosi la gonna dagli steli d’erba.
Lucius si strinse nelle spalle e soffiò in aria una densa boccata di fumo. La ignorò completamente. – Vieni a prenderti un caffè? - si rivolse a Victoria.
- No, grazie. – rispose lei, asciutta, senza togliere le mani dalle spalle di Duncan. – Non ne ho proprio voglia. -
Lui la fissò per qualche secondo, indecifrabile e silenzioso, poi si avvicinò. Con calma e senza prudenza, penetrando incautamente il territorio nemico.
- Hai avuto una mattinata pesante. – osservò porgendole con gentilezza il pacchetto di sigarette.
Lei, suo malgrado, stirò un pallido sorriso di ringraziamento e ne afferrò una. – Anche tu ti sei dato da fare. -
Malfoy scrollò il capo con modestia e fece dietrofront, diplomatico come sapeva essere solo in presenza di lei.
Era quasi uscito dall’area minata quando la voce ringhiante di Fabian proruppe, provocatoria. – Forse dovresti offrirne una anche a Switford, Lucius. Non sembra tanto in forma. –
- Fatti suoi. – sibilò il serpeverde, affrettando il passo. – Adesso andiamocene. –
Il risveglio di quella mattina era il peggiore che riuscisse a ricordare da molto tempo. Ora aveva solo voglia di acciambellarsi in un angolo, cheto nella luce baluginante, a sorseggiare un caffé in santa pace.
L’assenza di Fabian e la compagnia di Victoria, sarebbero state gli ingredienti fondamentali di una mezz’ora in paradiso.
Peccato che nulla andasse mai come doveva.
- Eppure, fossi in lui, non mi dispererei tanto. Una madre mezzosangue è meglio perderla che trovarla… -
Lily sussultò, come colpita da uno schiaffo. Duncan, dietro di lei, serrò di scatto le mani.
Victoria assottigliò gli occhi.
E il corpo del serpeverde, magicamente, si coprì di graffi e abrasioni.
May gridò. La Evans, istintivamente, si lanciò in avanti per sorreggerlo.
Lui la respinse con violenza, cadendo in ginocchio e tenendosi le mani sul viso. – Cosa mi hai fatto, lurida strega!? Cosa mi hai fatto!?! –
Lily gemette, terrorizzata. – Non sono stata io… -  sussurrò indietreggiando.
Andrew le fu accanto in un attimo, coprendola con il suo corpo dalla folla di studenti che si stava radunando.
Malfoy afferrò il compagno per le spalle, cercando di valutare l’entità del danno. – Ma sei matta? – ringhiò fuori di sé. – Fallo smettere! Fallo smettere! –
- Non sono stata io… non so come si fa… - farfugliava intanto la rossa, aggrappata al corvonero come un naufrago ad un salvagente.
- Assassina! – fu la delirante accusa di una serpeverde alta più o meno un tappo e mezzo. – Lo volevi uccidere…! –
- Chiudi il becco, sciocca. – la mise a tacere Alexia, sovrastandola di buoni venti centimetri. – Nessuno la ha vista alzare la bacchetta. – dichiarò a voce alta.
- Lo hai aggredito, Evans. – ribattè però un corvonero del sesto anno. – Ti espelleranno. –
Fabian, intanto, si stava rimettendo in piedi. Le ferite non erano profonde.
Braccia e viso sembravano semplicemente… scorticati a sangue.
- Brutta stronza! – sibilò scagliandosi contro di lei.
Andrew lo prese di petto, ostacolandolo con uno spintone.
- Attento a quello che fai, Pretwood. – lo apostrofò, insolitamente minaccioso. Le gambe, divaricate e il busto leggermente proteso in avanti, in posizione di difesa.
La reazione fu immediata.
- Ma vaffanculo, Redgrave! -
Victoria fece schioccare la lingua contro il palato, cupa e stranamente tesa. – Niente risse, ragazzi. Non voglio grane. -
Fabian avanzò verso di Andrew e gli giunse fin sotto al naso. – La madre del tuo amico è fottuta, te lo dico io. – rise col viso rosso di sangue vivo.
Il Corvonero digrignò i denti e scattò in avanti, pronto a colpire.
Qualcuno lo afferrò per le spalle, trattenendolo.
James Potter, dopo che Andrew se lo fu scollato di dosso, sorrise alla sua espressione oltraggiata.
- Sembra un coniglio spellato. – osservò inarcando ironicamente un sopracciglio. – Non mi dire che lo vuoi davvero toccare…! -
Andrew lo fissò a lungo, poi emise un sospiro di rassegnazione. – Hai ragione. – convenne. – Che schifo! –
E da quel momento si scatenò il caos. Le bacchette non furono sfiorate nemmeno con il pensiero.
Certi conti, tra giovani maghi adolescenti, vanno regolati a mano.
Sirius Balck, col senno del poi, se la prese relativamente comoda. Salutò le tre belle fanciulle con cui stava facendo conversazione, lasciò che Samantha gli stampasse sulla guancia il segno del suo rossetto. Attraversò il cortile assolato strusciando i piedi e, dopo avere staccato a viva forza tre mocciosi da James e averli rilanciati tra gli spettatori con il consiglio di “tornare quando avessero messo i denti da latte” si diede la pena di domandare  - Cosa cazzo sta succedendo? -
Una risata vellutata lo colse alle spalle. – Chiedilo ai tuoi, Black. Magari ne sanno qualcosa. –
Il Grifondoro si voltò con sguardo assassino. I lineamenti induriti in una maschera di disgusto.
James invece, scattò in piedi come una molla, scansò l’amico con uno spintone e lasciò partire il pugno, naturale e netto come era stato concepito. Perfetto nella sua parabola.
- Sta zitto, Malfoy. – ringhiò poi, leggermente alienato.
Black, mentre Lucius cadeva a terra, inarcò un sopracciglio. – Non… -
- Lo so. – fu la spiccia risposta dell’amico.
- Comunque… -
- Di nulla. –
I due grifondoro rimasero occhi negli occhi per qualche secondo.
- Allora… - abbozzò Sirius con un timido sorrisino.
- Già. – asserì James spettinandosi i capelli.
Ed entrambi si voltarono, gettandosi nella mischia fianco a fianco.
Con l’arrivo dei professori, la stragrande maggioranza delle persone, semplicemente sublimò. Si dissolse nell’aria come una nuvola di vapore. Così, come da copione, gli unici ad essere presi con ”le mani nel sacco” furono Sirus e Fabian, che si rotolavano a terra stretti in un abbraccio che di amichevole aveva ben poco.
La sottile differenza fu che uno era pesto di sangue e terra, l’altro, a volerla fare tragica, aveva un labbro spaccato.



Il famoso treno rosso filava veloce sulle rotaie. Una vegetazione fitta e rigogliosa circondava quel tratto del tragitto, e la fronde degli alberi talvolta sfioravano i vetri dei finestrini in una frusciante carezza.
Il rombare della locomotiva si traduceva in soffici fusa e tremule vibrazioni delle pareti, nel primo vagone. Poi si perdeva nel vento.
Seduto sulla soffice moquette del treno, con una gamba piegata al petto per sorreggere l’avambraccio e l’altra tesa a sbarrare il passaggio, James Potter fissava intensamente la sua scarpa sinistra. Più precisamente, il lacci della sua scarpa sinistra.
E pontificava un futuro in cui avrebbe fatto il killer strangolatore.
Una ragazza con lunghi capelli biondi uscì dallo scompartimento dei Caposcuola tirandosi dietro la porta. Lo scavalcò con un sorriso. – Ciao James. – salutò scompigliandogli i capelli.
Lui alzò appena gli occhi. Poi tornò alla contemplazione della sua scarpa.
E la sua rabbia contro il mondo sfumò in rassegnazione. Improvvisamente immaginò di impiccarcisi, con quei lacci. Magari proprio lì, in mezzo al corridoio dell’Espresso per Hogwarts, in quel vagone sconosciuto a chi, come lui, non era mai stato ne aveva mai aspirato ad essere un prefetto o un caposcuola. Per non dire un professore.
I suoi deliri suicidi furono ad ogni modo interrotti da due paia di gambe che, approssimatesi, invece di oltrepassarlo e continuare si fermarono, esitanti.
- Hem… James? –
La voce era conosciuta ma un po’ impastata.
Potter alzò lo sguardo, quasi annoiato, per poi spalancare gli occhi.
Peter e Remus lo sovrastavano, visibilmente perplessi e imbarazzati.
- Oh. Hem… ciao. –
- Ciao. –
- Ciao. –
- Ciao. – ripetè James, sentendosi molto stupido.
Un silenzio pressoché comico avviluppò i tre grifondoro.
- Ti stavamo cercando. - confessò Remus, distogliendo lo sguardo.
- Che ci fai li per terra? – tubò Peter a ruota libera.
Bella domanda, pensò James fissando con astio la porta dello scompartimento sigillato e insonorizzato dinnanzi a cui sostava da quasi un’ora aprirsi di scatto per lasciare uscire Fabian e Lily, con lo sguardo fiammeggiante e le guance rosse per la rabbia.
Alle loro spalle la professoressa McGranit, aveva le labbra serrate e la mascella tanto contratta che Sirius non si sarebbe sorpreso se gli si fosse scheggiato un dente. Quest’ultimo era di spalle al finestrino, teneva il capo chino e la braccia conserte con l’atteggiamento di chi ha da tempo smesso di stupirsi delle ingiustizie che gli vengono perpetuate e attende che la tempesta passi. L’uomo che gli era accanto, invece, osservava il bosco vivido e umido ignorando con apparente facilità tutto ciò che si stava svolgendo in quella piccola stanza. James non lo aveva mai visto prima né, in quel primo momento, riuscì a vederlo in viso, coperto dai baveri rialzati di un pesante mantello da viaggio.
Il professor Silente, incastrato in un angolo del piccolo scompartimento sovraffollato, nonostante la vistosa veste viola a stelle argentee, sembrava essere la presenza meno ingombrante, assorto com’era a fissarsi le lunghe dita intrecciate. Più discreto perfino di Sirius, che pareva emanare una sorta di aura di energia negativa con quel cipiglio cupo e decisamente poco aperto al dialogo.
La professoressa Barners, sostava accanto all’uscio, una mano ancora sulla maniglia. Aveva le labbra umide e la stessa espressione di quando interrogava alla cattedra. Era evidente che aveva condotto lei gli interrogatori, fino a quel momento.
- Professoressa non è stato lui! – balzò su Potter, furibondo. – Cristo santo, ci sono decine di studenti che potranno testimoniare… -
- Moderi i termini, signor Potter. Non le permetto di parlarmi i questo modo. – lo freddò lei senza un battito di ciglia.
- Ma non è stato lui! Mi deve credere, lui non –
Il preside, dal suo angolino, sorrise impercettibilmente.
- Abbassi la voce, signor Potter, o sarò costretta a prendere provvedimenti contro di lei. Inoltre, come può vedere, abbiamo già provveduto ad interrogare una sua compagna di Casa, sforzo di cui dovrebbe esserci doppiamente grato data l’evidenza di ciò che mi sono trovata davanti, quando... –
James si passò un paio di volte la mano tra i capelli, si morse le labbra e… esplose.
- Ma Sirius non c’entra assolutamente nulla! Non era neanche presente, quando la rissa ha avuto inizio e questo imbecille si è ricoperto di piaghe, come può… -
L’ “imbecille” in questione, ormai perfettamente calato nel suo ruolo di vittima, si rivoltò come una iena. – Guarda come mi ha ridotto, il tuo amichetto! Con che coraggio lo difendi ancora? Eh, Potter? Con che coraggio?! – si lagnò con una faccia tosta tale da lasciare i grifondoro sull’orlo di un baratro chiamato follia.
- Ma tu sei fuori di testa! – rise infine Lily, tanto sbigottita da essere rimasta senza parole. – Tu sei totalmente suonato! –
- è evidente che sta cercando di fregarvi! Coma fate a credere a questo stronzo…?! – allibì anche James allargando le braccia con un gesto esasperato.
- Signor Potter! – si riscosse a quel punto la professoressa McGranit, scandalizata.
- Ci hanno provocato… - provò allora James esibendo la sua migliore espressione da cucciolo bastonato.
- E si da il caso che questo non sia l’asilo, signor Potter. Per quel che si è svolto oggi alla stazione non esiste giustificazione di alcuna sorta. –
- Ma… professoressa! – Lily si affiancò a James, furibonda a sua volta. – Hanno insultato la madre di Duncan Switford! –
- …la sorellina piccola era presente… - le fece eco James.
- … cosa potevamo fare… -
- Bhe, l’idea di maledirlo non è stata delle più brillanti, Signor Black. Davvero. Mi complimento per la sua presenza di spirito nonché oramai assodata demenza. Come le è venuto in mente di usare la magia nera su un suo compagno, si può sapere!? – domandò la direttrice della Casa rosso-oro con la voce resa stentorea dall’ira, rivolgendosi per la prima volta a Sirius dall’inizio di quel inconsueto processo.
Il sarcasmo, reso tanto tagliente dalla delusione. sarebbe risultato letale se non fosse stato che, per una volta… Sirius era innocente.
Sollevato dal fatto che lei gli avesse rivolto la parola, il grifondoro alzò finalmente lo sguardo. – Io non lo ho toccato! – rise scuotendo il capo e alzando le mani.
A quel punto fu il momento della Barners, di ridere. – Vi ho visto io. – annunciò. – Con questi occhi. Vi stavate rotolando per terra… -
James perse la pazienza. – Non sta dicendo che non lo ha toccato in quel senso! Ovvio che lo ha picchiato! Però –
- Ma si sente quando parla, signor Potter!? E secondo lei picchiare un altro studente è cosa buona e giusta…? – lo interruppe lei, petulante.
- Sta dicendo che non è stato lui a maledirlo, non ci vuole mica questo gran genio a capirlo…! – intervenne Lily, che aveva trascorso gli ultimi cinquanta minuti a sentirsi dare praticamente della bugiarda da quella sottospecie di mostro in gonnella ed era sull’orlo di una crisi di nervi.
La mora assottiglio gli occhi. – Non usi quel tono con me, signorina Evans. Dieci punti in meno per Grifondoro! –
Non era leale, si ritrovò quindi a pensare Lily.
Quella donna, nei suoi confronti, nutriva una vera e propria avversione.
Abuso di potere, ecco cos’era. Un abuso bello e buono.
- Non è stato lui. Capite? Ci sono più possibilità che sia stato il professor Silente, a maledire Pretwood, piuttosto che Sirius Black. Lui era da un’altra parte. – James scandì le sillabe una ad una, con esasperante lentezza, come se stesse parlando ad un ritardato mentale.
- Faccia silenzio, per l’amor del cielo! Non è questa la sede per discutere di una faccenda tanto incresciosa. –
- Infatti, se mi aveste fatto entrare, non avrei dovuto aspettare una fottutissima ora davanti a questa fottutissima porta e avrei potuto spiegare come davvero si è svolta la vicenda impedendovi di –
- Il motivo per cui non l’abbiamo fatta entrare, caro il mo studente, è esattamente il suo comportamento incivile e sconsiderato. Stiamo cercando di scoprire la verità circa questa scabrosa vicenda quindi, se non le dispiace farsi indietro e lasciarci proseguire in santa pace… -
La donna, con fare definitivo, stava nuovamente chiudendo la porta quando James scattò in avanti, bloccandone il meccanismo con un piede.
- Dovete ascoltarmi. – proclamò disperato. – Non potete espellerlo per qualcosa che non ha fatto… ne ha fatte tante di cretinate, almeno servitevi di una scusa fondata! – tentò di scherzare. Ma i suoi occhi erano solo per il professor Silente.
- Si tolga immediatamente di mezzo, signor Potter. – ordinò Eglantina Barners, perentoria.
- No. – disse però quello. Sempre più convinto di stare cacciandosi in un mare di guai.
Anche Sirius, a tre metri di distanza, sembrava consigliargli di lasciare perdere.
Si era spinto troppo oltre. Ne era certo.
Ma lasciare perdere, in una circostanza come quella, voleva dire perdere Sirius.
Le condizioni di Fabian avrebbero portato all’espulsione anche di studenti con la fedina penale immacolata e loro, di precedenti, ne avevano anche troppi.
- Albus! – gemette la Barners, alzando gli occhi al cielo.
Il preside, chiamato in causa con tanta autorità, indirizzò il suo penetrante sguardo sullo studente che stava creando tante complicazioni.
Le lenti a mezzaluna per un attimo rifletterono il bagliore della luce solare.
- Eglantina, temo proprio che dovremo ascoltare ciò che il signor Potter desidera dirci. In fin dei conti non ci lascia altra scelta… - concluse allegramente sedendosi più comodo
Lei, alquanto sconvolta, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e cedette il passo al giovane grifondoro, che avanzò nello scompartimento dei professori con aria guardinga.
- Spero tu non abbia nulla in contrario, James, se suggerisco che i tuoi compagni restino fuori. La signorina Lily è stata così gentile da concederci già molto del suo tempo e credimi se ti dico che sopportare con tanta stoicità un tale interrogatorio non è da tutti. Certamente non sarebbe carino lasciarla da sola in corridoio, dunque confido nelle capacità di intrattenimento del signor Minus e del signor Lupin che, non ho dubbi, saranno adorabili. Tornando a noi: occorre che qualcuno si occupi delle ferite del signor Pretwood. Eglantina, puoi…? -
- Ma certo. – scattò lei, consapevole dell’essere stata appena liquidata con grande tatto.
Quando la porta, con un ultimo cigolio, si fu richiusa alle sua spalle, per qualche istante regnò il silenzio.
- Non è stato lei, signor Black, a maledire il signor Pretwood. – disse infine l’anziano preside.
- No. – confermò Sirius, sollevato.
- Lei non era presente, al momento dell’accaduto. –
- Esatto. –
- Bene! - Silente sembrò trattenersi a stento dal battere le mani. Poi tutta quella sua gaiezza sfumò, così come era arrivata. Una espressione seria prese il suo posto.
- I tuoi tentativi di scagionarlo, James, mi hanno molto colpito. Ma la perseveranza, se usata senza discernimento, porta alla rovina. Non dimenticarlo. Detto ciò ti prego di assumere un comportamento più riguardoso nei confronti della professoressa Barners, che oltre ad essere una validissima docente è anche una persona deliziosa di cui personalmente ammiro l’energia e la perspicacia. –
James annuì.
- Adesso, James, gradirei che tu mi facessi il nome di colui che ha scagliato la maledizione contro il signor Pretwood. -
Potter battè le ciglia, confuso. – Mi scusi? –
- Il nome, James. Il nome. Voglio sapere chi è stato. -
L’uomo misterioso non mosse un muscolo. La professoressa McGranit, quasi pendesse verso la risposta, si protese impercettibilmente in avanti.
- Io… io non lo so. Professore, davvero, io non ne ho idea. -
- Tu eri lì. – osservò Silente, pacato.
- Sì. Ma non so come sia potuto accadere ne chi sia stato. Lui e Redgrave non avevano nemmeno iniziato a spintonarsi quando improvvisamente ha iniziato a contorcersi, è caduto in ginocchio e… beh, lo ha visto. –
Silente rimase assorto per quasi un minuto.
- è possibile che qualcuno lo abbia stregato mentre non guardavi, James? Per me è molto importante saperlo. Magari Andrew… - suggerì senza un briciolo di malizia.
Il Grifonodoro scosse il capo. – Professore, nessuno ha toccato le bacchette. Me ne sarei accorto. È semplicemente… successo. Non so spiegarlo. -
L’anziano preside lo fissò a lungo, poi con uno svolazzo della bacchetta, evocò dal nulla piuma, calamaio e pergamena.
- Gradirei che tu segnassi su questo foglio i nomi di tutte le persone presenti, al momento dell’accaduto. Non tralasciarne nessuno. È molto importante… -
Il Grifondoro annuì e si chinò su un sedile, vergando con la sua scrittura un po’ spigolosa la pagina.
Per lunghi istanti nessuno osò parlare.
Infine Sirius si azzardò a prendere la parola. – Quindi… hem, io sono libero insomma. – concluse un po’ incredulo.
- Sì. – lo freddò La McGranit. – Libero di recarti tutti i venerdì sera per un mese in punizione dalla professoressa Allen, Black. E spero che tu ti renda conto del fatto… -
Ma la sua voce si affievolì poco a poco. – Tempo perso! – sentenziò infine con uno sbuffo, voltando il capo allo studente, che invece di guardarla afflitto e con la coda tra le gambe si era ormai illuminato di un sorriso a dir poco accecante.
James gli sorrise di rimando, alzando gli occhi dalla lunga lista di nomi che aveva tra le mani.
- Credo ci siano tutti. – borbottò passandosi una mano tra i capelli e consegnando la pergamena al vecchio preside. – Per le persone sopraggiunte dopo non so dirle… forse dovrebbe chiedere agli altri. –
- Nessun problema, James. Ora la faccenda passa nelle mie mani. – lo rassicurò Silente con un cenno di assenso.
I due studenti, dopo un tacito scambio di sguardi, si mossero in sincrono verso la porta. – Allora noi andiamo. – propose Sirius con una strana sfumatura interrogativa nella voce.
- Sparite, prima che ci ripensi. – fu il tagliente suggerimento della McGranit.
Ma non aveva ancora finito di parlare che già la porta si era richiusa con uno schiocco e dal corridoio si udivano grida di giubilio miste ad imprecazioni.
L’uomo misterioso esplose in una risata calda e un po’ roca.
Si volse, rivelando un volto dai lineamenti espressivi. Aveva occhi tempestosi e una corta cicatrice lungo la mascella, semi nascosta dalla barba scura. Le labbra erano rosse e volitive, tese in ghigno compiaciuto.
Aveva un fisico possente, fasciato da abiti pesanti e resistenti all’usura. Le mani ampie e forti, erano segnate dalle intemperie.
Non dimostrava meno di cinquantacinque anni, ma la sua vera età appariva indefinibile, falsata com’era da quella patina di vento e salsedine, avventura e pericolo.
- Questi ragazzini mi piacciono… - tubò infine andando a sedersi accanto al professor Silente e stiracchiando le gambe in avanti. – Sarà un anno più divertente del previsto. – osservò allegramente.
- Certo, nulla a che vedere con le tue mirabolanti avventure, Damian. Non eri forse tu quello che il pericolo se lo mangiava a colazione…? – fu il commento iracondo, a malapena sibilato dalla donna che gli stava innanzi.
L’uomo sbattè le ciglia, preso in contro piede. – Dio, Minerva… - sospirò infine. – Sei assurda. -
- Tu un idiota. Ma non ritenevo necessario sottolineare l’ovvio. – replicò lei, glaciale. Poi si alzò, rassettandosi la lunga gonna verde con poche semplici mosse. – Se non ti spiace, Albus, vado a cercare Domitilla e la metto al corrente della punizione di Black. Hai da dirmi qualcosa? -
Il preside alzò lo sguardo dalla pergamena che teneva stretta fra le mani. Un nome, tra gli altri, sembrava per lui lampeggiare con particolare intensità.
Osservò con dolcezza la donna alta e molto magra che in attesa di una sua risposta scalpitava impaziente accanto all’uscita. Aveva una postura rigida ed eretta, fondamentalmente fiera. Un abito scuro dalla linea severa le fasciava la vita e i fianchi, mentre occhiali squadrati le celavano le iridi, castane e intelligenti. Zigomi alti e felini erano incorniciati da capelli lisci e sottili, tagliati alle spalle.
- Albus… - lo richiamò lei, con i nervi a fior di pelle. – posso andare? -
Silente fece un divertito cenno di assenso. – Ma certo Minerva, ma certo… -



- Porca puttana, Sirius. Giuro che da domani faccio il bravo ragazzo… - rise James, passandosi una mano fra i capelli e sbirciando nell’ennesimo scompartimento, rigorosamente pieno, per poi tirare dritto, alla ricerca di quattro miseri posti dove lui e suoi degni compagni potessero conversare in santa pace.
- Ma vaffanculo, Jamie. E io mi faccio suora! – fu la sghignazzante risposta di Black, con un braccio attorno alle spalle di Remus e il viso acceso di una luce radiosa.
- Sei un maschio, demente. – replicò quest’ultimo, roteando gli occhi. – Al limite puoi farti prete. –
- Era per sottolineare l’impossibilità della cosa, Lunastorta. – precisò Sirius con voce saccente.
Tutti risero ancora una volta, consapevoli di averla scampata bella.
- Lily è stata davvero carina… - borbotto Felpato dopo qualche attimo di silenzio. – Mi ha difeso come una tigre. -
- Sarà innamorata di te. Come tutte le oche di questo posto, d’altronde. E poi quella, di una tigre, ha soltanto la criniera. – Ramoso accelerò impercettibilmente il passo, incupendosi appena.
- Che astio… -  si impressionò Sirius, con un sorriso canzonatorio.
- Un uccellino mi ha detto che stamattina avete litigato di nuovo. – osservò Lupin, pragmatico.
Peter lo guardò con tanto d’occhi. – E tu lo hai capito? –
- Beh, non è un concetto difficile… - si imbarazzò il lupo mannaro, un po’ perplesso.
- Ma come hai fatto…? Voglio dire, non cinguettava?! – si accalorò Minus, tutto emozionato.
E così si giocarono Remus, che passò i successivi quaranta minuti a ridere come un idiota. Tutto solo, tra l’altro. Perché anche James e Sirius in quanto a modi di dire babbani erano esperti come una capra in aritmetica.
Fu in questo deprecabile stato che il quartetto giunse nel pertugio che divideva il terzo dal quarto vagone. Un angusto passaggio interdetto da una porta con su un insegna di divieto grande quanto un’anguria.
James aveva appena abbassato la maniglia, pronto a spingere l’uscio e fare largo ai compagni, quando una voce rabbiosa e dalla forte connotazione femminile si fece sentire, al di sopra dello sferragliare delle rotaie. Filtrava da sotto la porta.
 - …me ne sbatto delle tue condizioni, Duncan! Mettimi di nuovo in una situazione del genere e sarò costretta ad intervenire personalmente. Gia, loro non sono affatto contenti... -
- Ho capito, cazzo. Ho capito… - intervenne un’altra voce, bassa e vibrante.
Si dispiegò un silenzio teso. I Grifondoro si scambiarono un’occhiata accigliata.
Tornare indietro o andare avanti?
Era questo il dilemma.
- Scusa. – sillabò infine quella che ormai avevano riconosciuto essere la voce di Duncan Switford. – Scriverò oggi stesso per fare rapporto. –
- Bene. – approvò la voce di ragazza, sostenuta. – Per le corrispondenza rivolgiti a Sam. Io me ne tiro fuori. –
- Strano. – fu la replica che sembrava introdurre una lunga polemica.
Poi un imperativo secco ed efficace, mormorato a mezze labbra. – Taci! –
E la porta fu all’improvviso strappata dalle mani di James Potter per aprirsi verso l’interno, rivelando agli occhi sorpresi dei quattro Grifondoro un altrettanto sbalordito corvonero e… Roxanne Danglard, con ancora la mano sulla maniglia.
Un sibilo furioso le sfuggì dalle labbra, tinte di un bel rosso corallo. – Ecco. – si rivolse a Duncan, come accusandolo di qualche oscuro misfatto.
Poi svicolò fra i ragazzi, guadagnando rapidamente il corridoio.
Quando anche l’orlo della sua gonna, frusciando fu scomparso, la domanda sorse spontanea.
- Tu e Roxy… hem… cioè, tutto bene Duncan? – abbozzò Remus, visibilmente preoccupato.
La risposta, fu altrettanto inevitabile e definitiva. – Beh. -
Il Corvonero si strinse nelle spalle e li congedò con un sorriso vuoto. Aveva fatto qualche passo quando si voltò, impensierito.
- Ah, Sirius… - lo richiamò. - Nessuna grana, spero, per la faccenda di Pretwood. -
Black lo fissò negli occhi e scorse qualcosa dibattersi, nel profondo. – No, nessun problema. – mentì. – Grazie Duncan. - aggiunse senza sapere il perché.
Quello si strinse nuovamente nelle spalle e se ne andò.
Stranamente silenziosi, i Malandrini non aprirono bocca fino a quando non si ritrovarono finalmente soli e lontani da orecchie indiscrete.
Comodi come pascià in uno scompartimento da sei posti.
Lì, infine, James incrociò le braccia dietro alla testa e si lasciò andare sdraiato.
- Perfetto. – sorrise sornione. – Codaliscia, hai circa cinque ore per raccontarmi che ti è successo alla faccia. Pensi di farcela…? -
Il ragazzo tese il labbro ancora gonfio e sanguinolento in una espressione a metà fra l’imbarazzo e la pena.
- Devo proprio? – borbottò, quasi mortificato
- Eccome. – sogghignò Sirius. – quando commetterò davvero l’incantesimo di cui mi hanno accusato oggi, vorrei essere certo di stare torturando la persona giusta. -
Remus lo ammonì con un debole spugno sulla spalla. – Non scherzare, scemo. Questa volta la hai davvero scampata bella… -
- Erano parecchio incazzati. – ammise Sirius, con un sorrisino modesto.
Peter ridacchiò a sua volta, gonfio di serenità come un frutto maturo.
- Meno male che non gli abbiamo detto della gelatina… - borbottò più a se stesso che agli altri.
E improvvisamente si trovò tre paia d’occhi puntati contro.
- Perché siamo stati noi, vero? – insistette con uno sguardo furbo.
Ancora silenzio.
- Suvvia ragazzi… questa volta dovete ammetterlo: abbiamo proprio sbagliato tutto! – cinguettò, allegro e innocente.
Sirius fu il primo a cedere. Si passò una mano sugli occhi ed esplose in una risata bassa e un po’ roca. – Porca puttana se abbiamo sbagliato…! – concesse, fra un singhiozzo e l’altro.
- Io davvero non capisco… - capitolò anche James, tutto corrucciato. – Doveva essere schiuma alla fragola e invece è venuta una viscida, schifosa, invadente e indelebile… -
- … melma. – completò Remus per lui.
- Una schifosissima cazzo di melma! – ululò Potter  scoppiando in una risata argentina.
Peter si unì presto a lui, genuinamente felice.
Remus si torse le mani e morse le labbra. Ripeté sottovoce tutte le date delle rivolte dei Goblin che riusciva a rammentare e infine sbuffò.
- Questa è la volta che ci espellono. Ne sono sicuro. – sospirò con tragica comicità mentre, suo malgrado, le labbra gli si piegavano in un sogghigno.




















Spazio Autrice:

Bonjour a tout le monde!
Ebbene sì, non sono morta!XD Né mi hanno amputato le dita, se è per questo…
Non ho giustificazioni valide per tutto questo ritardo ma, tanto per cambiare, vi offro un altro po’ di enigmi.
Perché James definisce Andrew “uomo di gomma”? E Roxy cosa vuole da Duncan?
^_^
Come regalo di Natale, invece, spero gradiate l’inquietante figura di Chris Osborn, così come le ultime scottanti quattordici pagine.^^
Vaaaaaaaaaaaaaaaaabè, le risposte alle recensioni le dei mini poemi. Vi lascio il tempo di leggerli…!XD
Vi auguro un Felice Anno Nuovo, gente.
Ci si vede nel 2009,
alisya.






Per Myki:
Innanzitutto piacere! Felice(issima) di fare la tua conoscenza.
Poi: grazie mille per la splendida recensione. Se come me scrivi, sai quanto siano importanti commenti e critiche (sì, anche le critiche. Non preoccuparti non mi sono neanche lontanamente offesa!^^) e, dettaglio non trascurabile, quanto risollevino l’umore dell’autore.
Ti ringrazio (ancora) per l’attenzione che hai prestato alle mie quattro grifondoro. Le amo così tanto che negli ultimi capitoli ho addirittura lasciato che rubassero spazio ai mitici Malandrini! Su di loro cos’altro posso dirti…?
Hai colto il carattere schietto e forte di Alice, quello ambiguo di Alexia (come può non essere ambigua una persona che viaggia su onde diverse dalle nostre?), l’energia magnetica di Victoria. Lily… Lily ti sfugge un po’, da quel che ho capito. Ma è questione di tempo e di abitudine perchè hai ragione, la mia visione del personaggio è abbastanza insolita!XD
Circa le indicazioni spazio-temporali, sì. I Malandrini sono al settimo anno. E per la famosa metamorfosi in uomini un pelino più maturi dovrai aspettare, anche se in questo capitolo qualche buona intenzione viene a galla…!
A parte gli scherzi, come avrai notato, mi sono presa parecchie libertà. A partire dall’età di Malfoy per finire, anzi continuare, con molte altre cose.
La “malattia” di James, come te, ha confuso e intrigato molte atre lettrici. Tra poco apriremo la Lotteria delle Ipotesi e a colei che arriva più vicina alla verità andrà in premio un coniglietto di peluche.XD
Capisco che il legame James-Alexia ti abbia un po’ insospettita. Ma hai notato che anche Andrew, brillante e cavalleresco, con lei ha degli atteggiamenti un po’… fuori dalla norma?
Quasi tutti i ragazzi riservano ad Alexia molte attenzioni, facci caso. E quasi nessuno ha con lei un doppio fine… perché?
Ti lascio con questo indovinello.^^
Nella tua recensione mi hai scritto che in Green Years “tutti hanno un segreto”. Mai fu detta cosa più vera! La rete di misteri si sta infittendo…
Grazie (di nuovo!) per la tua schiettezza e il tempo che hai speso dietro ai miei deliri. Spero di sentirti ancora,
Un Bacio!
Ps: scusa. Davvero. Oggi sono incredibilmente prolissa. Ma non posso lasciarmi sfuggire la possibilità di festeggiare una nuova fan del giovane Andrew! Tu e blackout metterete su un club di questo passo… lei sono capitoli che lo difende!XD


Per Irene_evans:
Mmm… mi sa che la risposta alla tua recensione è ad inizio capitolo!
Non smetterò mai di ringraziarti, credo, per l’entusiasmo che mi trasmette ogni tua recensione. Dunque non provare mai più a scusarti per avere scritto troppo, perché è con un’autrice da 14 pagine che stai parlando…!XD
A parte tutto, a sgamare il collegamento gelatina/Malandrini sei stata una delle prime quindi non ti sminuire, bel lavoro d’arguzia!
I complimenti per Victoria sono graditissimi e gli sguardi roventi ad Alice… direi che il tanto misterioso Chris ha fatto la sua entrata in scena!XD Fammi avere la tua opinione a proposito, mi raccomando! È la prima scena relativamente “calda” che inserisco nella fic, e vorrei sapere che effetto fa…
La tua teoria sulla bellezza è esatta, più o meno. Volevo sfatare il mito della bellezza inquadrata (tra le altre cose). Se ti interessa leggi la risposta a freddymercury.
Con questo capitolo spero di non avere deluso le tue aspettative.
Baci!
Ps: per andare a capo, nelle recensioni, devi inserire
a fine rigo. Ciao!



Per PikkolaGrandefan:
Ciao! Grazie per i complimenti e gli incoraggiamenti!^^
Fa sempre piacere sapere che la storia piace e i personaggi, per quanto TROPPI, incuriosiscano. Le tue previsioni, sul lavoro da scuola, si sono avverate… T_T
Ma adesso sono tornata e spero di riuscire ad aggiornare in maniera leggermente più regolare.
Piuttosto, Io Dawson Creek's non l’ho mai seguito… dici che è grave?XD
Baci!


Per Lwrence of DW:
Cain! Ma che piacere ritrovarti anche qui, in questa landa affollata di gente…
Andrew è tutto tuo, e i personaggi “belli” sì, avevo il sospetto ti piacessero…XD
Le imperfezioni, come da te egregiamente detto, ci sono e si fanno sentire. La metà di questi “ragazzi” se la incontrassi per strada, ad esempio, mi starebbe mortalmente antipatica.
Tvb, un bacio.
Ps: ti aspetto per quella Sacher…


Per TheBestLady:
Allora… di una cosa devo darti atto: sei incredibilmente perspicace!
Detto questo, la tua recensione mi ha fatto prima morire dalle risate (devo dire però che una parte del mio cervello era inquieta: non te li dovrò mica rimborsare io i soldi che il tuo cane sperpera alle aste!?XD) poi, però, mi ha messo un’angoscia…!
Hai avanzato varie ipotesi, alcune decisamente valide (come detto in prima riga), ma altre…!
Nonno, cara Lady, i Malandrini non sono prossimi al sfacelo. La loro non è una lite seria, un piccolo diverbio, ecco! Mentre leggevo mi è preso un colpo, giuro. Ho temuto di avere dato un tono troppo apocalittico a quello che in realtà era uno scontro fra galletti un po’ suscettibili.
Mi hai fatto perdere dieci anni di vita e adesso ho i capelli bianchi, ecco. Come minimo mi devi recensire un altro paio di capitoli per farti perdonare. Ah, già che ci siamo, promettimi anche di dare un po’ di ferie a qual povero cecchino che segue Andrew anche in bagno. Sta diventando una situazione imbarazzante…
Come lo giustifico io un serial killer a spasso per i corridoi di Hogwarts?XD
Passano oltre… (i miei deliri, intendo)
Sei la prima a sprecare due righe sulla disgrazia di Duncan, che lettrici spietate che ho! Il Corvonero perde la madre e noi tutte sospiriamo perché James è svenuto tra le gambe di Alice. Che roba! E poi osiamno chiederci perché Potter è convinto di essere il re dell’universo…!
XDXDXD
Oddio, deve essere una tara ereditaria. La mia mente pende inesorabilmente verso la follia!
Scusa per lo sproloquio, baci!


Per lauraroberta87:
Aaaah. Ora ho capito!:P Scusa, ti avevo fraintesa.
Per i personaggi non ti preoccupare, hanno creato problemi un po’ a tutti!
Spero che gli esami ti siano andati bene, alla fine.^^
Grazie per la recensione, l’ho molto gradita.
Un bacio!


Per Nikelaos:
Centro, mia cara! Complimenti per l’arguzia…!^^
La gelatina è, effettivamente, un effetto collaterale dello scherzo dei malandrini. Uno scherzo molto poco riuscito, in effetti!XD
Sulla litigata James/Andrew ti ho accontentata, anche se forse non è ciò che immaginavi…
La verità è che quei due, ancora, si considerano troppo poco anche solo per litigare. James non sopporta tanto il Corvonero, perché lo sente “nel suo territorio di caccia”, per così dire. Ma niente di più.
Ho incontrato la squadra di soccorso alpino che avevi mandato a cercarmi… dei ragazzi davvero simpatici!XD
Scusa per la lunga attesa, ciao!


Per freddymercury:
Tranquilla, a demoralizzarmi ci penso da sola. Agli altri non è concesso!XD
E non mi sono offesa neanche per scherzo. Anzi, ho apprezzato molto la schiettezza delle tue osservazioni che, tra l’altro, potrebbero anche tornarmi utili.
Detto questo, permettimi di ribattere che lo stile prolisso, pur facendo parte del mio DNA, è stato in questa circostanza accuratamente scelto. Voglio dire che lo reputo particolarmente adatto a questo racconto, ecco. O per lo meno alla funzione “rilassante” che questa Fanfic ha per me.^^
Le descrizioni esasperanti, invece, hanno uno scopo puramente pratico.
Lasciami spiegare: quel continuo ribadire concetti già espressi (vedi ricci biondi di Alexia o la chioma d’ebano di Victoria) ha la funzione di una formula fissa.
La moltitudine dei miei personaggi, come avrai visto, ha creato non pochi problemi…
Il minimo che possa fare per aiutare un po’ le mie lettrici è proprio “definire” il più possibile ogni singola figura.
Anche l’aspetto bellissimo dei protagonisti, è stato un po’ frainteso. In quelle descrizioni in parte sì, mi sono fatta prendere un po’ la mano, ma ho anche seguito la scuola dell’ “esalta e valorizza i dettagli”. Nel senso che se io affermo di avere occhi grandi e una bocca soffice, potrei perfettamente essere una racchia con tanto di gambe storte e faccia coperta di brufoli, mi sono spiegata?
Tra l’altro, tendenzialmente è molto facile trovare belle le persone che ci piacciono. Pensa ad i tuoi amici o ai tuoi familiari, se ti chiedessi di parlarmene probabilmente glisseresti sugli aspetti meno artistici soffermandoti invece sulle caratteristiche positive.
Anche la maturità dei miei personaggi, per quanto possa apparire insolita, è a suo modo giustificata. Sono quasi tutti maggiorenni, vivono in un collegio (negli ambienti chiusi le personalità tendono a rafforzarsi) e frequentano la famiglia solo d’estate. Senza contare il fatto che, alla fine della scuola, si troveranno proiettati direttamente nel mondo lavorativo. E che, sempre in teoria, avendo conseguito i GUFO potrebbero già lasciare la scuola.
Conclusa la mia arringa (prolissa anche questa!XD), mi vedo costretta ad ammettere che, nonostante tutto, mi trovo perfettamente d’accordo con te.
Lo stile con cui ho impostato questo racconto non mi soddisfa affatto (come si può notare dalle pause tra la pubblicazione di un capitolo e quello successivo) e di dettagli criticabili ce ne sono fin troppi!
Ti ringrazio ancora per l’attenzione che, nonostante tutto, mi hai prestato.
Non con questo (che fa parte di una serie già scritta), ma con il prossimo capitolo, spero di farti contenta.
A presto!


Per ___MiRiEl___:
Ciao! Sai che proprio in questi giorni mi sono dedicata alla lettura della tua Fanfic? Aspettati una recensione al più presto!^^
Grazie per i complimenti e la carica di allegria che traspare da ogni tua recensione.
Quel “non riesco a staccarmi dal computer” mi ha fatto piacere oltre ogni dire, perché è esattamente il tipo di atteggiamento che assumo io quando una cosa mi prende davvero.
A Sirius in questo capitolo ne accadranno delle belle…
Spero che il capitolo ti sia piaciuto,
Bacio!



Per PolarLight:
Benvenuta e grazie mille per avere rec





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