Green Years di alisya (/viewuser.php?uid=23764)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 - Come un giocattolo? - ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 - Perchè non mi va. - ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 - Ragazzi, abbiamo un problema. - ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 - Demetra. - ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 - Quando la notte non porta consiglio. - ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 - Aspettando l'alba - Parte I - ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7 – Aspettando l’alba. – Parte II – ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 8 - Alla Stazione. - ***
Capitolo 1 *** CAPITOLO 1 - Come un giocattolo? - ***
CAPITOLO 1
– Come un giocattolo? -
Molti mi chiedono quand’è che tutto ebbe
inizio,
quand’è che si accese un lumino
nell’ombra di pece…
E io rispondo che accadde una notte, a settembre,
molti anni orsono.
Quel dì una giovane anima venne carpita dal fato e gettata
nel turbine degli
eventi.
In un anno si crearono le radici
per la nascita di quella, che oggi, chiamiamo Speranza.
In un anno furon gettate le basi Della Resistenza.
Rendiamo onore ad essi, signori,
a coloro che bruciarono,
come astri nel firmamento,
per fare La Luce.
È sulla loro cenere che crescono i campi.
È nelle loro ombre che combattono i cuori.
Onore ad essi, signori,
gloria per La Generazione Sfiorita.
- Ehi Lil, stai bene? – mi chiede Alexia, appoggiandosi con i
fianchi allo schienale
del divano su cui sono accoccolata.
Percepisco i suoi occhi che mi osservano preoccupati. Alexia ha degli
occhi
stupendi, fanno pensare all’acqua che scorre, sono
così pallidi e intensi, che
non ho la forza di voltare il capo e lasciarmi scrutare.
Non questa sera.
Non questa notte.
Sono stanca.
Non riuscirei a mentirle.
- Si, tutto bene - rispondo fissando ostinatamente il fuoco, che
scoppietta
allegramente nel camino.
- Non vieni a dormire? – sussurra piano.
- Arrivo tra un minuto… -
- Okay, allora ti aspetto su – dice con decisione.
- No, non aspettarmi… -
- Senti Lily, non è che ti va di parlare un po’?
–
- Sto bene - ripeto seccamente.
Sto bene, eppure ho voglia di urlare. Urlare fino a sciogliere il nodo
di
pianto che ho in gola. Urlare per sentirmi meno stanca, più
forte. Urlare per
dire ad Alex di non andare via, di non lasciarmi qui…
Lei si china e mi da un bacio sulla guancia. Una cascata di piccoli
ricci
biondi mi avvolge. – Buonanotte – mormora piano,
come per non disturbarmi, poi
si allontana e imbocca la scala a chiocciola che conduce al nostro
dormitorio.
Sento la dolorosa pressione dei suoi occhi turchesi abbandonarmi e
sistemo una
ciocca di capelli rosso fuoco dietro all’orecchio. Ho il viso
bollente eppure
sento freddo, quindi mi avvolgo meglio nella coperta scozzese. Questo
divano è
troppo grande, troppo grande per una persona sola, e in questo momento
non
credo ci sia nessuno più solo di me.
Infastidita
mi alzo e trascino i piedi fino alla poltrona
più vicina al fuoco: qui, il calore è opprimente,
e le lacrime solitarie che
iniziano a rigarmi il volto sono quasi piacevoli…
Mi asciugo le guance con stizza: piangere, è un lusso che
non mi è concesso.
- Mor – ra – ci – ne - se! -
- Mor – ra – ci – ne – se!
–
- Fregato Ramoso! – esultò Sirius scagliando il
pugno verso il soffitto e
buttandosi malamente su uno dei quattro letti a baldacchino che
arredano il
dormitorio maschile del settimo anno nella torre dei Grifondoro.
- Ma vaffanculo Felpato! – rispose l’altro con tono
funereo.
- Coraggio Jamie, in fondo non è una tragedia… -
tentò di rabbonirlo Peter
Minus che, seduto a gambe incrociate sul pavimento succhiava con aria
contrita
una gelatina Tuttiigiusti+1.
- Non è una tragedia … - lo scimmiottò
Potter acido - … Allora perché non ci
vai tu giù nelle cucine a trafugare cibo per questi due
cretini?! -
- Bhe…tu …morra cinese …perso
… insomma …è giusto
così… - borbottò Codaliscia
rosso in viso.
- Giusto
cosìììììììì?
– gli fece eco Potter con voce minacciosa.
Minus divenne violaceo.
- James, hai perso – costatò semplicemente Lupin,
intento a posizionare alcuni
degli oggetti contenuti nel suo baule sulle mensole presso al comodino.
- Va bene, va bene: ho perso! Ma avete mai notato che quando gioco con
questo
demente vince SEMPRE e COSTANTEMENTE lui!?!? –
Sirius, sentendosi chiamato in causa, obbiettò –
In realtà, al quarto anno, una
volta hai vinto tu… -
Occhiata truce di Ramoso.
Occhiata sospettosa di Lunastorta.
Occhiata smarrita di Codaliscia.
- In effetti fai uno strano movimento col polso Sir, non me ne ero mai
accorto
ma… - borbottò Potter illuminandosi poco a poco.
- Tu! Mi stai dando del baro!? – ululò
teatralmente Felpato puntando un indice
accusatore su James.
Significativo silenzio con consequenziale inarcamento delle
sopracciglia da parte
sia di Ramoso che di Lunastorta (Minus preferì astenersi).
Black cambiò strategia – Senti cocco –
esordì afferrando Potter per la
collottola - Evita di buttarla in cagnara e scendi a procurarci del
cibo
perché, onestamente, sto proprio morendo di fame…
Hai perso: piegati
all’ancestrale legge dei malandrini ed esegui il compito!
– gli regalò un
sorriso – D’altronde, oggi a te, domani a
me… no? –
- No stella, veramente e te MAI… - rognò James a
denti stretti.
- Ho fameeeeeee… - si lagnò Peter.
- In effetti anch’io inizio a sentire un certo
languorino… - mormorò
innocentemente Remus.
- D’accordo,avete vinto! – Ramoso alzò
le mani in segno di resa e domandò
esasperato – Ma si può sapere cosa diavolo avete
fatto durante la cena? –
- Riunione fra capiscuola –
- Ho festeggiato il mio ritorno a scuola con Giselle. –
rispose Sirius
allusivo.
- In effetti ad un certo punto non ti ho visto
più… - rifletté Ramoso ad alta
voce.
- Aula di Lumacorno. - Felpato esibì un ghigno pieno di
sottointesi. – Sulla
cattedra. – aggiunse poi.
Potter fece partire un fischio di ammirazione, Lupin alzò
gli occhi al cielo.
- Giselle è la bionda? –
- Sì, e se posso, aggiungerei anche che ha due gambe da
favola… -
- Quella non si chiamava Annie? –
- No Pet, Annie è mora e ha le lentiggini…
credo… cazzo, ci sono andato a letto
minimo sette volte, l’anno scorso, e non mi ricordo neanche
di che colore ha i
capelli! Sono da ricovero… -
Remus lo guardò desolato e per distogliere
l’attenzione da quel “caso umano”
chiese a Peter – Tu invece cosa hai fatto durante la cena
Codaliscia? –
- Mangiato. –
- Allora perché adesso hai fame? –
- Perché ho mangiato poco. –
- E perché hai mangiato poco? –
- Perché ero a dieta. –
- Adesso non lo sei più? –
- No. –
- Ah. –
Logica impressionante.
- Io vado – disse James dirigendosi verso la porta.
- Torna presto… – si raccomandò Felpato.
Ramoso, ormai sul pianerottolo, spalancò gli occhi sorpreso
da tanta premura.
- …o rischi di trovarmi morto di fame -
Quell’affermazione un po’ soffocata dal cigolio
della porta che si chiudeva
riuscì a farlo ghignare, poi Potter imboccò la
scala a chiocciola, non sapendo
che il suo sorriso era destinato a spegnersi dopo pochi scalini.
Sento degli ovattati rumori di lotta e delle risate provenire dalla mia
camera:
probabilmente Sir ha deciso che è ora di umiliare un
po’ Pet, ma non c’è nulla
di cui preoccuparsi, Remus sorveglia la situazione e se Felpato dovesse
esagerare interverrebbe prontamente... All’improvviso
un’ondata di malessere mi
investe costringendomi ad afferrare il corrimano, la nausea mi piega in
due -
No, non di nuovo. – gemo sedendomi rapidamente sui gradini.
Spero ardentemente
che a nessuno venga la brillante idea di scendere a quest’ora
della notte in
sala comune, perché altrimenti sarebbe assai complicato
giustificare le mie
condizioni.
Nessuno conosce il mio segreto. Nessuno a parte la mia famiglia,
Silente e i
Malandrini. Nessuno merita la mia piena fiducia tranne loro.
Nessuno…
Ma in fondo, la mia è una paura sciocca, poiché
domani iniziano le lezioni e probabilmente
gli altri studenti staranno dormendo: probabilmente anche la fonte di
questa
tossica sofferenza è solo un brutto sogno. I contorni delle
cose divengono
sfocati e la testa mi pulsa in maniera dolorosa. Serro con forza le
palpebre e,
come sempre, tento di annegare la tristezza sconfinata che mi assale
nel buio
dei miei pensieri, dopo qualche minuto gli oggetti tornano ad avere una
consistenza solida. Mi rimetto in piedi barcollando, ultimamente le mie
crisi
sono diventate sempre più frequenti ma, nonostante la
pratica, non riesco
ancora a controllarmi. Scuoto la testa con decisione: ho una missione
da
compiere, le cucine mi aspettano, non posso permettere che Sirius muoia
di fame
per colpa mia…
Quando Potter entrò nella sala comune la sua attenzione
venne immediatamente
catturata dal fuoco, che indomito divampava e sfuggiva con destrezza
alle
pareti di marmo bianco del caminetto. Lunghe lingue di fuoco
accarezzavano la
tappezzeria di broccato e l’aria era satura di fumo. James
rimase qualche istante
a fissare le fiamme, come incantato, poi scorse quasi avvolta
dall’incendio, un
sagoma.
- Lily? - mormorò stupito il ragazzo.
La rossa voltò il capo e sgranò gli occhi, lucidi
per il calore – P-Potter –
balbettò con voce rotta.
Il fuoco si ritirò, spegnendosi bruscamente, e la stanza
piombò nella penombra.
James si avvicinò velocemente alla ragazza - Lily, stai
bene? – domandò con
voce preoccupata.
“Buffo, durante le ultime ore innumerevoli persone
mi hanno rivolto la
stessa domanda infinite volte. Alla stazione, sul treno, in sala
grande, nel
dormitorio… come se non fosse una domanda di circostanza,
come se a tutti
coloro che mi circondavano importi realmente di me, come se vogliano
aiutarmi e
non solo compatirmi…”
- Lily, perché non hai chiamato aiuto? – le chiese
scuotendola per le spalle,
incurante di non avere ricevuto risposta alla precedente domanda.
“…Nessuno mi può sostenere,
non senza sporcarsi le mani. Nessuno può capire
quanto sia umiliante per il mio orgoglio da Grifondoro, trascorrere
l’estate
sotto le sferzanti occhiate di tacito disprezzo di mia sorella Petunia
e negare
a me stessa che il sangue condanna, lega, e punisce. Che sono destinata
ad una
vita di pregiudizi, poiché anormale nel mondo Babbano e
inferiore nella
comunità Magica. Nessuno immagina quanto sia difficile
rispondere alle pungenti
battute dei Serpeverde, pur essendomi, in fondo, quasi arresa alle loro
idee…”
- Il fuoco! Stava andando tutto a fuoco! –
- Ah gia… - asserì la rossa fissando con occhi
vacui gli arabeschi anneriti, e
un sorriso di perverso compiacimento che le aleggiava sul viso. Era
stata lei
la causa di quel rovinoso incendio, lei e la sua cieca disperazione.
“…Come posso convincere Victoria che
esistono ancora ideali in cui credere
se io stessa non ho più speranza?…”
- Ti comporti in modo strano… - osservò piano
James.
- E a te si può sapere cosa te ne frega? –
ribattè lei con voce stridula.
Improvvisamente il ragazzo la spinse violentemente contro la parete e
le
imprigionò i polsi con una mossa veloce delle mani.
- Evans, si può sapere cosa cazzo stavi facendo? - le
sussurrò a un centimetro
dal viso con voce dura e occhi freddi.
- Lasciami immediatamente Potter! – esclamò Lily
tentando di divincolarsi
“…Cosa farò una volta presi i
MAGO? Cosa ne sarà della mia vita?…”
James aumentò la pressione sul corpo della ragazza e la
schiacciò al muro
affondandole il volto tra i capelli – Cosa mi nascondi dolce
Evans? – cantilenò
con tono canzonatorio.
- Ti ho detto di lasciarmi andare! Scansati maledetto! Lasciamiiiii!
–
Lily lottava con denti e unghie scalciando come una piccola furia.
“…Non ho un ruolo in questo mondo,
nessuno mi accetterà mai per ciò che
sono… In questi tempi bui è troppo pericoloso
allacciare rapporti con una
sangue-sporco, con una Mezzosangue. Fuori l’ambiente protetto
di Hogwarts non
ho futuro…”
- Allora piccolina, hai nulla da dirmi? – le
bisbigliò James all’orecchio
sinistro. Poi, improvvisamente, il ragazzo ebbe un mancamento e
sentì le forze
scemare rapidamente. “Non adesso, non davanti a
lei…” pensò disperato
percependo l’abituale grumo nero avvilupparlo nelle sue spire
e travolgerlo,
spazzando via tutte le sue difese. Contemporaneamente, però,
Lily smise di
agitarsi e si arrese lasciando le candide braccia inermi nella sua
solida presa.
“…A casa non posso tornare. A casa non mi
vogliono…”
- Io…- Lily sembrava stordita e James approfittò
del suo smarrimento per
affievolire la pressione sui polsi e fare scivolare la mani fino ad
arrivare a
cingerle i fianchi. Si schiacciò addosso il morbido corpo
della ragazza e
chiuse gli occhi tentando di mantenere l’equilibrio,
nonostante lo assalissero
frequenti capogiri.
“…A casa non mi vogliono.
Perché non mi vogliono?…”
- …Io… - la voce di Lily si crinò di
pianto.
“…Io…”
- IO NON HO FATTO NIENTE! – gemette disperata.
- Cos…? -
- Io non ho fatto niente, lo capisci? Non ho fatto niente, e allora
perché non
mi vogliono? Non è colpa mia. IO NON HO FATTO NIENTE!
– urlò singhiozzando
convulsamente e nascondendo il viso tra le mani.
- Lily, ma cosa stai dicendo? Chi è che non ti vuole?
– domandò lui
disorientato e stupito.
- Nessuno, non mi vuole nessuno…! –
- Perché non dovrebbero volerti? Sei una ragazza adorabile,
in te non c’è nulla
che non va… - mormorò il James con voce
incredibilmente dolce e ingenua.
- Ho il sangue sporco, sono una compagnia troppo pericolosa o
diffamante da
frequentare… -
Gli eleganti lineamenti di Potter si contrassero in una smorfia di
delusione -
é la solita nenia mia cara, non puoi credere veramente a
queste parole. Sei troppo
intelligente per farlo. –
- Non importa se io ci creda o meno. Questo è il mondo
reale. Basta con le
favole… – disse lily asciugandosi gli occhi con le
maniche della camicia ma
rimanendo accoccolata sul torace del ragazzo.
- Se sei così sicura di ciò che dici,
perché sei tornata a Hogwarts per
l’ultimo anno? A cosa ti serve il diploma se vuoi estraniarti
dalla comunità
magica? –
- Infatti non volevo tornare, ma i miei genitori mi hanno
costretto… non
vogliono che stia con loro. Credono potrei creare problemi a mia
sorella, lei
non mi sopporta e io non devo in alcun modo interferire con i suoi
studi… Al
termine della scuola non so dove andrò… a casa,
ad ogni modo, non posso
tornare. - concluse, piegando le labbra color ciliegia in un sorriso
sinistro.
- Sai cosa penso? – sibilò James scostandosi
bruscamente dalla ragazza
nonostante avesse lo sguardo annebbiato.
Lily lo guardò disorientata da quel tono amaro e
dall’ espressione severa che
invece di compatirla sembrava volerla aggredire.
- Penso che tu stia dicendo un mucchio di stronzate! Se desideri
mollare tutto
e sottometterti agli eventi non lo fai perché questi sono
più forti o grandi di
te ma semplicemente perché sei stanca e non hai voglia di
combattere per ciò in
cui credi. Quindi, tesoro, non infangare il nome dei Grifondoro con
atteggiamenti che non ci sono consoni, e se non hai la forza necessaria
per
vivere, non dare la colpa agli altri. –
- Stai dicendo che sono debole? – domandò lei con
un sopracciglio
pericolosamente inarcato.
- No, ti sto dando dell’ipocrita… -
Lily boccheggiò incredula.
- …e della vigliacca. Smettila di fare la vittima,
è un ruolo che non ti si
addice. -
La Evans rimase
immobile per qualche istante, gli occhi verdi lampeggianti per
l’indignazione e le ciglia ancore umide di pianto, poi con un
fluido movimento
del braccio assestò un sonoro schiaffo al ragazzo, che
rimase col capo girato
verso le braci del caminetto pur vedendo al loro posto solo un cupo
rosseggiare.
James
arretrò di
qualche passo fino ad appoggiarsi allo schienale di una poltrona in
velluto
rosso e, mortalmente pallido, guardò la Evans. - Qual
è la cosa che temi di più
al mondo? – domandò infine.
- Come? – allibì lei.
- Qual è la tua più grande paura? –
ripetè lui inclinando un poco la testa.
- N-non lo so… - rispose la ragazza totalmente spiazzata.
- Io ho paura delle delusioni, la mia vita ne è stata
costellata. Le persone,
in particolar modo, tendono a deludermi molto
frequentemente… -
- Cosa vuoi dirmi? – bisbigliò la ragazza non
capendo.
- Tu, Lily Evans, non sei destinata ad uscire di scena nascondendoti
fra la
massa. Se desideri spegnerti, trova un modo più originale di
farlo ed evita di
cadere in banalità. –
- È un complimento? –
- È una costatazione. –
Un silenzio carico di riflessioni avvolse entrambi.
- Intendi dire che se non ho la forza di vivere per me stessa devo
trovarla per
non deludere gli altri? – mormorò titubante Lily.
- Prendila come ti pare… io ti ho solo detto quello che
penso. – concluse lui e
massaggiandosi distrattamente la guancia su cui spiccavano i segni
rossi
lasciati dalla mano della ragazza.
- Sai Potter, sei una persona dalle mille sfaccettature. Tendi a
sorprendere… -
- Cerco di non deludere. – precisò lui con un
sorriso furbo sul volto – E
adesso Lily, se non ti spiace, temo di dovere proprio andar via, ho una
missione da compiere e sono anche in notevole ritardo… -
- Scusa se ti ho trattenuto. – mormorò lei
arrossendo vagamente.
- Non c’è problema. – la
rassicurò James galantemente, e con un gesto deciso
scosse la testa fino ad estirpare la nebbiolina malefica che era solita
irretirgli i sensi.
- Comunque è strano, sono sei anni che ci conosciamo e
questa è la prima volta
che parlando non ci limitiamo ad uno scambio di battute
sarcastiche… pensa che
ci chiamiamo ancora per cognome! –
- Sei tu che mi chiami per cognome, io ti ho sempre chiamato Lily.
– precisò
Potter, poi continuò imperterrito. – Riguardo alle
conversazioni seriose… beh,
tesoro, hai tanti di quei pregiudizi e false convinzioni che parlare
con una
persona tanto ottusa mi riesce davvero difficile! –
- Comecomecome!? – allibì Lily con un sorrisino
ironico stampato sul volto – Ma
se sei tu quello perseguitato da un corteo di maniache mentalmente
instabili
con tendenze pluriossessive! –
- Guarda che se tu avessi realmente voluto dialogare con me, avresti
potuto
benissimo accettare uno dei miei inviti a uscire insieme! Le occasioni
non ti
sono certo mancate in questi anni! Inoltre, le mie fans non ti
disturberebbero
mai, anche perché sanno che per te ho sempre cinque minuti a
disposizione… -
replicò James ridendo come un matto e passandosi una mano
tra i capelli.
- Premettendo che in effetti non capisco come tu possa pensare che io
desideri
REALMENTE parlare con te… - Lily tentennò
– …io…. -
- Tu volevi sapere il perché dei cinque minuti? –
le venne in aiuto Potter.
La Evans annuì imbarazzata.
- Sei divertente… e molto originale. Non mi deludi mai.
– disse semplicemente.
La ragazza non trovò nulla da controbattere e rimase zitta.
Lui, soddisfatto per avere avuto l’ultima parola,
scrollò le spalle e si avviò
verso il quadro della Signora Grassa.
- Come un giocattolo? – chiese la rossa prima di vederlo
scomparire.
- Eh? -
- Sono divertente come un giocattolo? -
- … -
- Tu devi essere stato uno di quei bambini con troppi giocattoli. -
- … -
- Mi vuoi solo perché non puoi avermi. –
- Innanzitutto, io non ti voglio. E questo sia ben chiaro. In secondo
luogo io
posso averti come dove e quando voglio… -
obbiettò lui piccato.
Lily roteò gli occhi esasperata e arricciò il
naso con disapprovazione.
- Terzo punto: è esattamente questo che intendevo quando ho
detto trovarti
originale. –
- Questo cosa? –
- Il tuo atteggiamento. –
- Se lo dici tu… - acconsentì la rossa ormai
stanca.
- Volendo potresti prenderlo come un complimento. –
- Hn -
James ridacchiò nel capire che la ragazza era talmente
assonnata da non avere
colto il senso della frase.
- Cos’hai da ridere? -
- No, niente… Piuttosto Lily, la prossima volta che sei
triste vai a sfogare la
tua ira funesta nella sala comune delle serpi o rischi di demolirci la
torre! –
- D’accordo. – biascicò la Evans
sbadigliando.
Potter lasciandola mezza sconvolta le si avvicinò
rapidamente e prima che lei
potesse opporsi le scoccò un bel bacio in fronte –
Buona notte Lily. – le
augurò dolcemente.
Il ritratto si richiuse con un sonoro clack alle spalle del ragazzo.
- Buona notte Jamie… – sussurrò Lily
assaporando divertita il suono di quella
parola per lei così inusuale, poi volse il capo e si diresse
verso la scala che
conduceva al dormitorio femminile, ignara che da quella sera molte cose
sarebbero cambiate.
…fu allora che tutto ebbe inizio.
- Breve nota dell’autrice –
Innanzitutto desideravo ringraziare tutti coloro che hanno avuto la
pazienza (e
spero il piacere) di arrivare alla fine di questo primo
capitolo… In secondo
luogo volevo inserire una precisazione riguardo un verso della
“poesiola”
situata all’inizio del capitolo:
>È nelle loro ombre che combattono i cuori.
L’ombra, è la zona di transito tra La Luce e Il
Buio. È un confine labile e
neutro che entrambe le potenze tentano di conquistare. Quello che
intendo dire,
è dunque che le tante vite calpestate dalla Prima Guerra
Magica non portarono
alla vittoria, ma donarono ai posteri la possibilità di
lottare. La Generazione
Sfiorita, contribuì a distruggere un regime di terrore e a
creare una
“alternativa” alla paura.
Terzo punto: spero ardentemente che questo capitolo non vi abbia
annoiato, ma
se così fosse, prima di abbandonare definitivamente la mia
fic attendete il secondo
capitolo (durante il quale la scena si movimenterà non poco
e introdurrò
personaggi molto importanti)!
OVVIAMENTE commenti ed eventuali critiche sono ben accetti,
perciò, se vi va,
ditemi cosa ne pensate ^___^
Baci e abbracci,
–alisya-
|
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Capitolo 2 *** CAPITOLO 2 - Perchè non mi va. - ***
A Raffaella,
Claudia e Alessia.
Le mie mitiche compagne di classe.
Questo brano, in origine, lo avevo scritto per loro.
Capitolo 2 -
Perchè non mi va. -
La cera delle candele si consumava lentamente, quella
notte.
Fu per questo che quando Alice Lysandra Montgomery giunse
nella sala comune, la sua presenza venne illuminata da un fioco
bagliore e la
fanciulla poté notare con somma costernazione che una buona
porzione della
parete presso il caminetto era stata annerita dalle fiamme. Chiedendosi
in
quali circostanze si fosse compiuto lo scempio, la ragazza
salì la scala a
chiocciola sollevando i lembi della veste elegante ed entrò
nel suo dormitorio
ben attenta a non fare alcun rumore.
Un vecchio pendolo inclemente suggellò con la sua cupa
cantilena le cinque di mattina.
Alice, sfinita, sedette sul letto e slacciò i sandali
dall’alto tacco a spillo che erano stati oggetto del suo
rancore per tutta la
serata. Dannate feste dell’alta società,
pensò con stizza.
Alla sua destra, una ragazza bionda si agitò nel sonno e,
nel disperato tentativo di liberarsi dalle lenzuola, cui era saldamente
intrecciata, cadde dal letto picchiando forte la testa sul comodino.
- Fatta male? – chiese la Montgomery nel disperato
tentativo di non ridere.
- Secondo te? – ringhiò l’altra con un
diavolo per
capello. Sbattè un paio di volte le palpebre, si
guardò intorno con aria
disorientata e infine posò le iridi limpide sul volto
sorridente dell’amica.
- Aliiiiiiii… - esultò gettando le braccia al
collo della
mora.
- È il tuo modo per dire che sei contenta di vedermi?
–
cincischiò l’altra giocosa.
- Decisamente si. – la Campbell sorrise dolcemente.
- Lily? –
- Dorme. –
- Non più. – se ne uscì la rossa con
aria assassina –
Siete rumorose bellezze. –
La Evans gettò le gambe tornite giù dalla sponda
del letto
e si avvicinò alle altre due con un’espressione
radiosa – Ciao Ali – esordì
scoccandole un bacio sulla guancia e accomodandosi anch’essa
sul freddo
pavimento – Sei in ritardo – aggiunse poi,
indicando con il mento la pendola appeso
al muro.
- Guarda, non me ne parlare! Sono stanca morta e questa
maledetto vestito mi sta uccidendo… -
- Però sei bellissima! – obbiettò
Alexia, osservando con
attenzione l’abito rosa pallido trapuntato di piccoli
cristalli che avvolgeva
il corpo snello dell’amica lasciandole le spalle e una buona
porzione della
schiena scoperte.
Alice mormorò un vago apprezzamento nei confronti del
vestito e portò le mani allo chignon che le imprigionava la
chioma. Con mani
esperte sciolse l’acconciatura un poco alla volta e
lasciò che i capelli
castani le si adagiassero in morbide
onde sulla schiena pallida.
- Com’è stata la festa? –
- Una noia mortale tanto per cambiare. –
- Bernard Mitchell? –
- La solita piovra, mi ha chiesto di ballare circa
venticinque volte. –
- E tu? –
- Ho gentilmente declinato l’offerta. –
- Si è arreso così facilmente? – Alexia
inarcò un
sopracciglio con aria scettica.
- Naturalmente no. Quando hanno iniziato a circolare gli
alcolici è diventato più audace e a tentato di
farmi ubriacare. –
Alice,
con aria esausta si lasciò cadere
sul letto e con esasperante lentezza iniziò a sciogliere i
lacci della veste.
- Allora? – Lily la
osservò, impaziente.
- Cosa? – rispose l’altra con un ghigno sadico.
- Com’è andata a finire? –
- Perché, ti interessa? –
- Certo che mi…Alice Lysandra Montgomery smettila
immediatamente di prendermi in giro e finisci il tuo racconto!
– ordinò Lily
con voce imperiosa.
- In realtà… -
Lorelay Ginsberg, una procace mora loro compagna di
dormitorio, alzò appena la testa dal cuscino e
minacciò di avvelenarle se non
avessero fatto silenzio.
Le tre si spostarono in bagno e chiusero piano la porta.
- Dicevo – proseguì Alice sedendosi sul bordo
della vasca
– in realtà ero piuttosto tentata, considerando la
monotonia della serata, ma
poi è arrivato James, mi ha fatto ballare, mi ha baciata, e
ha detto a Barney “
che se non si toglieva dalle palle lo avrebbe pestato di
brutto” –
Cadde un silenzio di ghiaccio.
- T-ti ha baciata?
–
- Si, mi ha baciata. – confermò la Montgomery con
luce
vendicativa nelle iridi miele.
Lily si schiarì la voce - beh…in fondo lo ha
fatto per
darti una mano, no? –
- No. Lo ha fatto per prendermi in giro davanti a tutta
l’alta società, per sfottere Mitchell, per dare
spettacolo e, molto
semplicemente, perché voleva farlo. -
- Cosa gli hai detto? -
- Non ho fatto in tempo neanche ad allungargli un ceffone:
è sparito alla stessa velocità con cui
è arrivato. –
- Vuoi dire che se n’è andato? – chiese
Alexia allargando
gli occhi turchesi per lo stupore.
- Si – rispose Lily prima di rendersene conto.
- E tu come lo sai? –
- Oh, io…l’ho visto. –
- Scusa ma non è stato un gesto di “immancabile
scortesia”? –
domandò Alexia confusa.
- Evidentemente al re dei Grifondoro tutto è permesso, e
io sono l’unica cretina che deve trascorrere
l’intera nottata tra gente che
proprio non sopporta – concluse acidamente Alice strappandosi
dal collo una
foulard di impalpabile seta e gettandolo malamente in una cesta.
- Come bacia? – si informò Alexia dopo un attimo
di
silenzio.
- Ale!!! – protestò Lily mezza scandalizzata.
La bionda ridacchiò – Era solo una domanda! E poi
così
possiamo sapere se la fama da ottimo amatore se
l’è guadagnata o meno…-
- Piuttosto bene – concesse Alice reprimendo a mala pena
un sorrisetto – Ma questo non lo salverà da una
morte cruenta mie care! –
- Per me non c’è problema. Uccidilo come
preferisci. –
acconsentì Lily.
- Belle bimbe, non vorrei sembrare noiosa, ma domani dove
la troviamo la forza per alzarci? – gemette la Campbell.
- In qualche litro di caffè a meno che la nostra abile
pozionista non ci proponga una soluzione migliore… - Alice
scrutò Lily tutta
speranzosa.
“L’abile pozionista” scosse la testa in
segno di diniego –
Mi spiace dolcezze ma non ho alternative al caffè questa
volta. Dunque, tutte a
nanna! –
Le tre ragazze si avviarono verso i loro letti con l’animo
sereno e il cuore leggero.
Erano tornate.
A scuola, per l’ultimo anno.
A casa, per l’ultima volta.
***
Le ampie arcate del soffitto riflettevano un cielo empio
di nuvolosi carichi di pioggia, ma nonostante questo, un diffuso
chiacchiericcio aleggiava sopra le teste degli studenti che si erano
recati
nella Sala Grande per consumare la loro prima colazione. Molteplici
gruppetti
di composizione mista veleggiavano per lo stanzone, meta di molti di
essi era
un affascinante ragazzo che, mani affondate nelle tasche dei pantaloni
e spalle
a un angolo, intratteneva con consumata abilità gran parte
delle ragazze dai
tredici anni in su.
- Dove’è Jamie? – bofonchiò
Sirius non riuscendo ad individuare
l’amico.
- A pavoneggiarsi. – fu la laconica risposta che ricevette
da Lupin.
- Quando torna? –
Remus lo osservò da sopra l’orlo del giornale con
espressione perplessa e un sopracciglio notevolmente inarcato
– Felpato, ma
stai bene? –
- Non lo so. Perché? –
- Come faccio io, a sapere quando torna? -
- Ah, già… - acconsentì Black con aria
distratta.
Lunastorta decise di attribuire quegli strani
atteggiamenti alla poca lucidità che Sirius dimostrava se
costretto a
interrompere il suo sonno prima delle undici di mattina, quindi riprese
a
leggere la Gazzetta del Profeta.
- Rem? –
- Si Sirius? - rispose Lupin con santa pazienza.
- Ho sonno. –
Senza emettere un suono, Remus spinse verso di lui una
caraffa di caffè con espressione incoraggiante.
Felpato, tutto titubante, se ne versò una tazza e ne bevve
un goccino.
- è amaro! – protestò schifato.
- BEVI! –
Cinque minuti dopo, Sirius sembrava in grado di sostenere
una conversazione decente. Sfortunatamente per lui, però,
Lunastorta si era
immerso nella lettura di un articolo dall’aria mortalmente
noiosa, Codaliscia
era assorto a strozzarsi col bacon e James si era semplicemente
dissolto.
Esibendo un notevole autocontrollo, Black si trattenne ancora una
manciata
scarsa di secondi. Poi - Che noia, ragazzi che si fa?-
- Si va a lezione? - abbozzò piano Lunastorta.
Black non lo considerò neanche – Sapete, credo che
dovremmo fare in modo che questo giorno venga ricordato… -
- Quale giorno? - squittì eccitato Peter mentre addentava
una brioche.
- Quello in cui sono tornati per l’ultima volta. –
Sirius
incrociò le braccia la petto con espressione solenne.
- Chi? -
- I Malandrini! -
- Demente… - soffiò Lupin, senza neanche
prendersi la pena
di alzare lo sguardo dal quotidiano.
- Come scusa? - Black, irritato dall’assoluta indifferenza
che l’amico ostentava dinnanzi ai suoi deliri di onnipotenza,
si prese la briga
di sollevare il capo dalla mano cui era mollemente appoggiato per
guardarlo
dritto negli occhi.
- Parli di te in
terza persona Sir,
il tuo egocentrismo
ha raggiunto livelli preoccupanti. Fossi in te mi farei visitare, o una
di
queste mattine rischio di trovarti intento a dialogare con la tua
immagine
riflessa nello specchio… -
Black, senza battere ciglio afferrò una brocca di succo di
zucca e la inclinò pericolosamente sopra la testa
dell’amico, che piegò il
giornale con e si volse a guardarlo con un ghigno sardonico sulle
labbra.
- Dai Sir, non fare così… - cinguettò
Minus con aria
preoccupata.
- Ma no, Sirius, reagisci con la forza bruta come hai
sempre fatto: è evidente che non sai fare di
meglio…! - Lupin assunse una
vocetta stranamente stucchevole.
Fu questione di un attimo.
Il liquido appiccicoso cadde e impiastricciò i capelli
biondo cenere.
Remus rimase immobile, la Sala Grande ammutolì. Poco dopo
una discreta quantità di caffè nero si
riversò con altrettanta grazia sulla
testa di Black.
- Cazzo James, è bollente! -.
- Così impari a bistrattarmi Lunastorta…animale!
– replicò
Ramoso, che malgrado la voce severa sorrideva palesemente. - Eppure
dovresti
saperlo, Sirius, che quando il nostro Caposcuola legge il giornale
è in uno
stato psichico estremamente fragile e delicato! -
La Gazzetta, arrotolata a mò di manganello, lo
colpì sulla
nuca, poi sulla pancia e sulla schiena. In poco tempo si
scatenò una zuffa senza
paragoni e i tre, ridendo come matti finirono a rotolarsi sul pavimento.
Non molto lontano, Alexia strattonava impazientemente
Alice per una manica della camicia – Ali, andiamo a cercare
Victoria e Lily? –
- Solo un momento Alex... – rispose la Montgomery
scrutando attentamente la Sala Grande: cercava Potter.
- Non starai ancora cercando James? – insinuò
Alexia con
un ghigno.
- Certo che no! –
Due occhioni turchesi a caso si levarono verso il soffitto
esasperati – senti Ali… -
- Torno subito, eh! - Per un attimo una capigliatura
spettinata aveva fatto la sua comparsa in mezzo ad un gruppetto di
Tassorosso
del quinto anno e Alice si era lanciata all’inseguimento
sfrenato della
suddetta testa.
Alexia fu allegramente lasciata sola fino a quando un paio
di mani robuste la afferrarono per i fianchi e la fecero volteggiare in
aria.
- Salve fenomeno! – esordì un Potter vagamente
arruffato
per poi deporre un bacio tra i riccioli color del grano di quella che
era
pubblicamente nota come la migliore giocatrice della sua squadra. Alle
sue
spalle, Remus e Sirius si insultavano con discreta convinzione.
- Ciao capitano! – replicò la Campbell con
altrettanto
calore.
- Passate buone vacanze? -
Alexia stava giusto per avvertirlo che quello non era il
luogo né la situazione più adatti per chiacchierare, quando
fu troppo tardi.
Alice, che tornava affranta dalla caccia infruttuosa, gli
si avvicinò ancheggiando e lo agguantò per la
nuca con aria tutt’altro che
pacifica. – Da quanto tempo… -
sussurrò, ghignando sadicamente.
I ragazzo ebbe la delicatezza di impallidire.
Alice e James erano praticamente cresciuti insieme, dunque
la Montgomery aveva sufficiente confidenza con la sua vittima per
affilarsi gli
artigli in santa pace, ma in quel mentre passarono li vicino Giselle e
una
Tassorosso del quinto. Le due, non avendo ancora avuto modo di
“salutare” James
gli saltarono letteralmente addosso e, con suo grande sollievo, lo
sottrassero
alle perfide grinfie della Grifondoro.
- Noi due facciamo i conti più tardi, tesoro. –
sentenziò
infatti Alice, che disgustata dalla scena che le si presentava davanti,
gli
rivolse un sorriso pericoloso e se ne andò. Alexia, un
pelino sgomenta, la
seguì.
Emmeline Deidre Prince
- Vì, che te ne pare? -
Una ragazza di spettacolare bellezza esaminò con aria
critica la pergamena che Lily le porgeva.
Non esistevano altri aggettivi per descrivere Victoria
Persefone Anderson.
Semplicemente splendida.
Forse più di quanto possa esprimere la parola stessa.
Attorniata da un’aurea di potere misto ad alterigia,
tenebra e fascino.
Con calamitanti occhi viola ametista che risaltavano sulla
carnagione pallida quasi fossero gemme, e lunghi capelli neri quanto le
ali dei
corvi, lucidi e incredibilmente lisci.
Bella quanto un sogno.
Le labbra carnose arricciate in contemplazione.
Dopo qualche istante l’ espressione corrucciata della mora
svanì e i lineamenti delicati si distesero in uno splendido
sorriso, le iridi
viola scintillarono.
- Quasi perfetta – approvò – devi solo
stringere un poco
la curva della m e allungare la gambetta
della i. -
La rossa, mordicchiandosi un labbro, intinse la punta di
una lunga piuma nell’inchiostro color pece e la
lasciò gocciolare con aria
assorta.
- E pensare che guardandoti hai tanto l’aria da brava
ragazza… - la canzonò l’amica,
comodamente seduta a gambe accavallate
sull’ampio davanzale di marmo bianco.
Lily sorrise fra sé e sé. In effetti la sua strabiliante
capacità di falsificare firme o documenti si discostava
parecchio dall’immagine
che la gente si faceva di lei. Non che questo le importasse, sia
chiaro, ma la
divertiva vedere le facce di coloro che, venuti a sapere della sua
peculiare
capacità, la osservavano stupefatti e ammirati.
Ritenendo il pennino sufficientemente umido, la Evans
appoggiò il calamaio sul bordo di un lavandino e, con mano
ferma, impose una
firma ricca di svolazzi su un ulteriore foglietto.
- Adesso? – chiese poi.
- Direi che ci siamo. – sindacò Victoria,
avvicinandosi
con un balzo e passando le dita sottili sulla firma falsa.- Quanto hai
detto
che ti fai pagare? -
- Non l’ho detto. -
- Hn.-
- Diciamo che Emily Price mi dovrà un favore…e
poi me la
ha raccomandata Cleo, dice che è una tipa a posto. -
- Se la metti così, mezza scuola ti deve un favore.
–
commentò la mora, scuotendo la lunga chioma color
dell’ebano per enfatizzare il
sarcasmo insito nelle sue parole.
- Probabile. – rise la rossa senza dare troppo peso alla
faccenda.
Victoria sospirò – Lil? –
- Si? -
- Io…hem…ho tralasciato di dirti una cosa. -
- Dimmi – la incoraggiò la Evans stupefatta.
La Anderson aprì e chiuse la bocca un paio di volte,
infine, riluttante, trasse dalla tasca della gonna in seta nera un
oggettino.
Scoraggiata lo lanciò all’amica che a dir poco
allibita seguiva quella serie di
manovre con crescente curiosità.
- Mi è
arrivata
quest’estate. -
- … -
- Adesso lo sai. -
Il silenzio regnava sovrano, e il tempo scorreva, scandito
con puntualità dal gocciolare di un lavandino mal
funzionante. Probabilmente
era quello il vero motivo per cui il bagno del secondo piano era
inagibile
praticamente da sempre. Si vociferava che anni addietro, in quello
stesso
bagno, fosse stata uccisa una ragazza, ma l’insolito
gruppetto non aveva mai
dato ascolto a quelle che riteneva semplici chiacchiere da corridoio ed
era
abituale frequentatrice dell’insolito luogo. Luogo in cui si
stava svolgendo
uno spettacolo quanto mai inusuale.
Il sorgere di una risata illuminò il pavimento bagnato e
finì per echeggiare tra le mura spoglie.
Una risata. Limpida e luminosa.
Lily Evans rideva. Rideva
e
si rigirava tra le mani un gingillo dorato, una piccola spilla.
- CapoScuola? – domandò incredula quando si fu un
minimo
ricomposta.
- Già. -
- Caposcuola? – ripetè quella come un disco rotto.
- Guarda che così non mi aiuti! -
- Ma, ma… -
- è impossibile, lo so -
- Non è impossibile. È solo
molto…inaspettato, ecco. Solo
molto inaspettato. -
Victoria scrollò le spalle come a dire che lei non poteva
farci nulla.
- Tu non assomigli ad una CapoScuola! – se ne uscì
fuori
Lily, portando la conversazione ad un livello elementare.
La Anderson osservò la sua immagine riflessa in uno
specchio.
Su uno sfondo di porte sfondate e lavandini sbeccati la
camicia di raso bianco slacciata per metà, gli anfibi neri,
la gonna dieci
centimetri più corta del normale e la cravatta verde argento
mollemente
annodata, in effetti, non le attribuivano un’aria
eccessivamente seriosa o
responsabile.
Non che non fosse capace di impartire ordini, per carità,
ma Victoria reputava l’intera faccenda incredibilmente noiosa
e avrebbe di gran
lunga preferito non avere nulla a che fare con quella maledetta spilla.
- Magari si sono sbagliati… - concluse scoraggiata.
- Non oserei sperare tanto. – obbiettò Lily a buon
ragione. – Cerca di vedere il lati positivi…
– aggiunse poi, con fare
ottimista.
- Dimmene uno e ti seguo a ruota – replicò
l’altra con
cinismo.
A togliere la Evans dall’impiccio furono Alice e Alexia,
giunte nel bagno alla ricerca delle compagne. La bionda tamponava con
un
fazzoletto il leggero fiotto di sangue che le usciva dalla tempia
sinistra.
- Alex…com’è successo? -
ridacchiò la rossa, felice di
poter cambiare argomento.
La Campbell scrollò le spalle con aria afflitta e assunse
un’espressione comica – Vicino al tavolo dei
Grifondoro c’era una specie di
pantano…a quanto ho capito pare si siano accidentalmente
rovesciata una caraffa
di succo di zucca e un bricco di caffè, ad ogni modo io ci
sono furbamente
scivolata sopra ed ecco i risultati. -
- Mi spiace! – commentò Victoria affranta.
- Tanto ormai non ci faccio neanche più caso…- la
rassicurò Alexia sconsolata. La biondina, sembrava infatti
avere la magica
capacità di attirare tutti gli oggetti contundenti in
circolazione e
amalgamarli in una coreografia di cadute semplicemente spettacolari.
Per un curioso scherzo del destino la Campbell nutriva
inoltre una profonda passione per gli incantesimi di guarigione ed era
particolarmente abile nell’eseguirli. Credendo dunque fosse
cosa saggia
sciacquare la ferita e provvedere a medicarla, Alexia, piena di buoni
propositi, si era avviata verso il lavandino sul quale la Evans era
comodamente
appoggiata ma, strada facendo, inciampò nella cinghia della
borsa di Alice e
franò addosso a Lily. La ragazza barcollò a causa
dell’urto inaspettato e
rovesciò l’intero contenuto del calamaio, che era
in procinto di chiudere, addosso
a Victoria, sopraggiunta tempestivamente per evitare alla Campbell di
spaccarsi
la faccia sulle piastrelle del bagno. Ovviamente, caddero tutte e tre
rovinosamente a terra e ovviamente Alexia riuscì ugualmente
a spaccarsi un
labbro, nonostante fosse caduta sopra a Lily e Victoria, che invece ne
uscirono
chissà come misteriosamente incolumi.
- Siete tutte vive? - chiese Alice che era rimasta
impietrita e aveva osservato la scena con occhi sbarrati.
Indubbiamente ci sarebbe stato da ridere se non fosse stato
per il labbro di Alexia che sanguinava copiosamente e l’ampia
macchia
d’inchiostro sulla camicetta della neo caposcuola.
- Scusate! - sibilò Alexia con un’espressione
pericolosamente tendente al pianto.
- è stata solo colpa mia - gemette Lily.
Victoria osservò orripilata l’indumento offeso e
si
ritrovò a pensare che, volente o nolente che fosse, le era
stata assegnata una
carica che richiedeva un minimo di decoro. Lei, il suo, lo aveva appena
perduto.
- Non posso presentarmi in classe conciata così –
dichiarò
con una nota isterica nella voce.
- Cerchiamo di non
farne una tragedia. Basterà far evanescere
l’inchiostro,no?- osservò Alice con
lucidità, mentre esaminava il viso di Alexia.
- No… - Lily si fece piccola piccola.
- Come? -
- È l’inchiostro che utilizzo per falsificare le
firme. È
indelebile.-
- Ah. -
- E, per la cronaca, io sono stata nominata CapoScuola. –
annunciò la bella Serpeverde, decidendo con non so quale
logica astrusa che
quello era il momento più adatto per dare la bella (o
cattiva, dipende dai
punti di vista) notizia.
Alice e Alexia ammutolirono.
Lily, con cipiglio determinato ordinò - Alzati -
La mora eseguì con espressione vacua - Perché? -
chiese
poi.
- Sono stata io a combinare questo casino e di certo sarò
io a tirartene fuori. - dichiarò la Evans determinata.
Victoria non obbiettò: il ragionamento di Lily non faceva
una piega.
- Veramente la colpa sarebbe mia: sono stata io a cadervi
addosso…- iniziò Alexia con fare puntiglioso.
- Se proprio dobbiamo addossare la colpa a qualcuno, allora,
quella sarei io - affermò la Montgomery sbalordendo tutte
– Avrei dovuto
immaginare che Alex sarebbe inciampata nella mia borsa, era
praticamente
scontato…-
Alexia la guardò male, Lily proseguì imperterrita
- Non
posso permettere che il tuo primo giorno da CapoScuola, tu ti presenti
in
classe in questo stato.-
Sacrosanta verità, pensò Victoria con una punta di
sarcasmo.
La rossa si guardò intorno con aria persa, poi
iniziò a
sbottonarsi la camicetta che stranamente era rimasta immacolata.
- Che vuoi fare?- domandò Alice.
- Semplice, ci scambiamo la camicia. Voi andate a lezione
e dite che mi sono sentita poco bene, io vado alla torre, mi cambio, e
vi
raggiungo alla seconda ora. -
- Ok, come piano
non è male - asserì Alice soddisfatta.
Victoria guardò Lily per assicurarsi che non stesse
scherzando. La rossa, in tutta risposta, si sfilò
l’indumento e alzò un
sopracciglio, come in attesa.
- Ma -
- Niente ma, Lunastorta. Parteciperai. -
- E se -
- Nessuno si farà male, è uno scherzo totalmente
innocuo.
–
- Però -
- I professori NON ci scopriranno. Quindi tranquillizzati.
-
Remus Lupin, sconfitto su tutta la linea, si chiuse in un
ostinato mutismo. – Ad ogni modo, sappiate -
- Che tu non sei d’accordo. – conclusero per lui
Sirius e
James in una sorta di stonato coretto che la diceva lunga su quante
volte, quel
discorso, fosse stato ripetuto negli anni.
- Non ti lagnare Rem. Tanto lo sappiamo che alla fine ti
diverti anche tu. – aggiunse Black con tono leggero.
Lunastorta accennò un
sorrisetto colpevole.
- Già. – gli diede manforte Potter – E
poi ha ragione
Felpato: questo giorno deve essere ricordato. -
- E lo sarà, se tutto procede secondo i nostri
piani… -
Sirius ghignò perfidamente.
- Qual’è la prima tappa? –
indagò Peter, curioso e come al
solito ignaro.
- Bagno delle ragazze. Secondo piano. -
Quando i Malandrini fecero il loro trionfale ingresso nel
bagno abbandonato ai loro occhi stupefatti si presentò uno
spettacolo assai
singolare: Alice, seduta a gambe incrociate sul davanzale, masticava un
chewin gum
rosa sgargiante, Alexia, macchiata di sangue da tutte le parti, giocava
a
lanciare in aria e a riacchiappare una spilletta dorata, Victoria e
Lily, mezza
svestite, chiacchieravano amabilmente. A terra, un lago
d’inchiostro e tracce
color porpora..
Minus per esprimere la sua sorpresa, emise un lungo suono
disarticolato che Alice, a buon ragione, fraintese per il verso di
qualche
animale. La ragazza si affacciò alla finestra. –
Credo ci sia un gufo ferito da
qualche parte… - costatò, tutta corrucciata.
La Campbell la raggiunse e si mise anch’ella a scrutare il
cielo bigio.
Peter, sconvolto per esser stato scambiato con una civetta
agonizzante, replicò il roco mugugnio.
- Ma sentilo povera bestia! Forse dovremo avvertire
qualcuno… - propose Alexia preoccupata.
- Che razza di gufo è? Perché se ha un piumaggio
nero e
folto è ottimo da mangiare alla brace… - si
interessò Victoria sbattendo
angelicamente le ciglia.
- Serpeverde della malora – inveì la biondina
– Siete
senza cuore… -
Uno scoppio di risa inequivocabilmente umano interruppe
tali disquisizioni. Potter e Black, ridendo come matti, vennero avanti
reggendosi l’un l’altro. Peter, manteneva un
contegno offeso e Remus,
sinceramente divertito, attendeva un pelino preoccupato la reazione che
le
ragazze avrebbero avuto una volta manifestata la loro presenza.
Reazione che non si fece attendere. Ad Alice scoppiò
letteralmente la gomma da masticare in faccia, Alexia, voltatasi con un
movimento brusco, cadde elegantemente all’indietro e Lily,
furiosa, si strinse
la camicia al petto. La Serpeverde, in effetti, fu l’unica
che non batté ciglio
ma anzi, con assoluta indifferenza e allucinante sfacciataggine
finì di
spogliarsi e rimase in reggiseno senza fare una piega.
- Ma guarda chi si vede… - commentò cinicamente.
- James! – miagolò invece Alice, che riavutasi
dallo shock
aveva deciso di sfruttare appieno la situazione – Dimmi tu
che coincidenza… -
avanzò verso di lui con le iridi color miele assottigliate -
…avevamo giusto
una faccenda in sospeso noi due -
- Dai Ali, non te la sarai mica presa per l’altra sera?
–
il ragazzo si allargò la cravatta con fare nervoso.
- Ma ti pare! Non ho alcun motivo per essere arrabbiata
con te, giusto? -
- Hem… -
Potter indietreggiò – Quindi sei contenta di
vedermi? –
- Da morire. -
In sottofondo Sirius e Victoria ghignavano senza ritegno.
Il gioco di sguardi tra i due Grifondoro durò ancora
qualche secondo, poi perse di lucentezza.
Potter chinò il capo, stranamente serio.
Il ghigno di Alice si spense come un fuoco fasullo. –
Chiedimi scusa. – esordì, ferrea.
- No. –
E se tutti i presenti trasecolarono, la ragazza non parve
sorpresa.
- Mi rifiuto di chiederti scusa per un bacio che tra
l’altro ti è anche piaciuto. – James
sorrise, malizioso. - Non negarlo. -
- Come fai a non capire? – chiese la Montgomery, con gli
occhi improvvisamente lucidi.
Il Grifondoro sbattè le ciglia sorpreso. La conversazione
stava prendendo una piega decisamente inaspettata.
- Mi hai lasciata lì. Sola. Dannatamente sola. Ancora una
volta. -
- Io… -
- Tu cosa? Tu non ci pensi mai, ecco cosa. – la Grifondoro
incrociò le braccia al petto. – In effetti James,
negli ultimi tempi non hai
fatto altro che pensare a te stesso. Forse non dovrei neanche
più sorprendermi
tanto…Ma il punto è – la ragazza
inspirò a fondo e assottigliò le iridi. - Che
tu puoi trattare gli altri, così. Non me. -
- Sono stata chiara? – insistette, non ricevendo risposta.
- Si. – soffiò Potter dopo un poco.
- Allora forza. -
- Cosa? -
- Chiedimi scusa. -
E mentre le nuvole si addensavano, oltre i vetri, James
Potter alzò fieramente il capo. Osservò Alice. E
in lei vide molte cose, quel
giorno.
Troppi ricordi.
- Scusa. - disse, in modo che tutti potessero sentire.
- Di nulla. – replicò lei senza un attimo di
esitazione.
Quasi sfacciatamente.
Remus sorrise.
La
Montgomery era l’unica a potersi permettere di
criticare James e ricevere delle scuse come risposta.
- Al -
- Hn? No. -
- Dai… -
- Ho detto di no. -
- Ma -
- Non lo farò MAI. -
James le gettò un braccio attorno al collo e la strinse
affettuosamente. - Scommetti? – cinguettò soave.
- Non scommetto con un Potter. -
- Da quando? – chiese lui ridendo.
- L’ultima volta mi hai truffata e ho dovuto darti le mie
cioccorane. Avevamo sette anni. -
- Te lo ricordi ancora? –
- Sono una tipa vendicativo io. -
- Quindi tu non…? -
- NO. -
- Ma di cosa stanno parlando? – indagò Victoria,
convinta
di essersi persa qualche brano della conversazione.
- Ramoso vuole che Alice confermi le sue doti di gran
baciatore. – le spiegò Lupin volgendo gli occhi al
soffitto.
- Allora sta fresco. – commentò la bella
Serpeverde con
un’alzata di spalle.
- Non lo sottovalutare, quel ragazzo prende le persone per
sfinimento. -
- Non mi riesce
difficile immaginarlo. – fu il sarcastico commento.
- Ma tu non senti freddo? – intervenne allora Black
alludendo alla tenuta pressoché da spiaggia che la mora
ostentava.
- Eh? Ah, si, ora mi vesto. –
- Che peccato, vero Pet? -
Nessuno rispose.
- Pet? -
Minus, con le braccia penzoloni lungo i fianchi e la testa
un poco inclinata verso destra, fissava insistentemente Victoria e
sembrava
caduto in uno stato di profonda catalessi.
- Diamine Codaliscia, un minimo di contegno! –
- Cos? -
- Evita di sbavare pubblicamente in maniera tanto
esplicita. -
Il povero ragazzo, resosi conto della situazione alquanto
equivoca, arrossì violentemente e arrivò a
rischiare un infarto quando la
Anderson, per nulla infastidita, lo osservò alla stessa
maniera con cui una
principessa studia uno strano insetto.
- Cosa siete venuti a fare? – domandò allora Lily,
tentando di sviare l’attenzione.
- Affari privati. -
- Voi non dovreste essere qui. – osservò la Evans,
assottigliando le iridi verde prato.
- E sicuramente voi non avreste dovuto fare ciò che
stavate facendo. – replicò Black argutamente.
– In questo bagno non viene mai
nessuno. -
Lily tacque.
- Piuttosto fanciulle, che ne dite di sgombrare la piazza
e lasciarci lavorare in pace? -
- Diciamo che non se ne parla nemmeno. Questo è il bagno
delle ragazze e io mi devo cambiare. -
Victoria la guardò stralunata. - Non ti sei ancora
cambiata? –
- No, ci sono loro. -
- E allora? – domandò la Anderson sempre
più perplessa.
- Allora io non mi cambio davanti a loro. -
- Ho capito, ma perché? -
- Beh, perché si. -
- Ragazze, vi siete mai chieste perché il cappello
parlante vi abbia smistato in case differenti? Ecco la risposta: per
alcuni
versi siete incompatibili. Vi sarei grato se decideste di rimandare
l’eterna
discussione su Serpeverde e Grifondoro a più tardi, ora
gentilmente levatevi
dalle scatole! – ruggì Black, consapevole di
quanto fossero in ritardo rispetto
alla loro tabella di marcia.
La Anderson attese per nulla impressionata la fine del
discorso – Mai presi farmaci contro l’isterismo
Black? –
Fortunatamente, la risposta assai poco educata che Sirius
le diede fu coperta dallo squillante suono della campanella.
- Ragazzi, io devo scappare. – annunciò Lupin
dirigendosi
verso la porta.
- Che disdetta: abbiamo un CapoScuola in famiglia. – Black
finse una smorfia nauseata.
Lunastorta gli fece un gestaccio.
- Dove ci incontriamo Rem? – domandò invece James.
- Alla terza tappa. – rispose quello sbrigativamente
–
Piuttosto James, non potete bigiare la prima ora tutti quanti: sarebbe
troppo
palese. Peraltro Peter non può assolutamente permettersi di
fare assenza
ingiustificate quest’anno, altrimenti lo bocciano. -
- Cavoli che tatto. E poi dicono che sei un ragazzo
sensibile Lunastorta! Dovrebbero sentirti mentre ci fai la
ramanzina…diventi
una iena! -
- Non si tratta di sensibilità Sir. Quello che dice Rem
è
vero: non possiamo saltare la prima ora tutti assieme. -
- Non c’è problema. Pet va con Remus e del resto
ce ne
occupiamo noi due, tanto io non ho problemi di media e neanche tu mi
pare… -
- Idea brillante Felpato! Che mai sospetterebbe della
magica accoppiata Potter-Black? Se non fosse per me fareste crollare
questo
posto…! -
- Hn. In effetti… - Sirius ghignò compiaciuto.
- Allora resto io. –
- Cosa! Perché tu? –
- Perché un mio malessere è dieci volte
più credibile del
tuo. – Potter sorrise zuccheroso. – salutami la
Barners Sirius… -
Felpato spalancò le fauci, pronto a replicare, ma Lupin lo
precedette e, con un tono che non ammetteva repliche, diede ragione a
James.
Poi, afferrò l’amico per la collottola e lo spinse
di peso fuori dalla stanza.
Le maledizioni di Black echeggiarono per il corridoio, Potter fece ciao
ciao con la manina.
- Ragazze, credo sia il caso di avviarci… - propose
Alexia.
- Okay, andiamo. Ci vediamo dopo Lily -
- Ohi, Lil, grazie -
- Ma figurati! Anzi, buona fortuna… -
Un altro paio di baci e le tre veleggiarono fuori dal
bagno.
- Hei, Alice! – la richiamò James, sporgendosi
oltre
l’uscio.
- Si? – lei si volse, sorpresa.
Potter inarcò un sopracciglio con fare allusivo, la
ragazza tuonò – NO! -
I secondi passano lenti, siamo rimasti soli. Da quando gli
altri se ne sono andati, James, non mi ha degnato di uno sguardo. Forse
si è
dimenticato della mia presenza. Sta metodicamente battendo su tutte le
mattonelle del bagno e, onestamente, non ho la più pallida
idea di cosa stia
cercando.
- Potter, di può sapere che fai? – indago infine
spazientita.
Lui si volta sorpreso – Lily? –
- Già. -
- Che ci fai qui? -
In poche parole gli racconto dell’incidente con
l’inchiostro e della necessità che qualcuna
saltasse la prima ora.
- Ecco perché Alex era tutta sporca di sangue. –
commenta
solo.
- Cade sempre. – mi sento in dovere di costatare.
- Lo so, invece sulla scopa è fantastica. -
Usa sempre una voce dolce quando parla di Alexia.
Possibile che…
No.
Assolutamente impossibile.
Sono solo amici.
Perché mi sento così a disagio a stare sola con
lui?
Dopo ieri sera non è cambiato nulla fra noi.
Assolutamente nulla.
- Non puoi tornare alla torre, comunque. -
- Perché? -
- Rischieresti di trovarti coinvolta in qualche brutto
incidente, quindi te lo sconsiglio caldamente. -
- Ma io devo andarci. – obbietto scioccamente.
- Per cambiarti la camicia? -
- Sì. -
Sembra riflettere, poi, improvvisamente, inizia a
sbottonarsi la sua, di camicia intendo.
Scusate, ma cosa diavolo sta facendo?
- P-Potter, che fai? -
Quel demente ghigna con l’aria di chi si diverte un mondo
e mi dice – Prendi la mia, è pulita. In cambio
però fili in classe e fai la
brava, okay? –
- Hn. -
Si sfila l’indumento e me lo porge con gentilezza, io non
muovo un muscolo.
- C’è qualche problema? – mi chiede
vagamente perplesso.
Nessun problema.
Ah dimenticavo, sono chiusa in un bagno abbandonato. In
compagnia di Potter, il ragazzo per cui ho sempre nutrito una cordiale
antipatia. Entrambi siamo mezzi svestiti.
Nessun problema, a parte il fatto che lui si sta
dimostrando incredibilmente migliore di come lo immaginavo e
l’unico pensiero
che mi passa per la testa è che Potter dopotutto ha un bel
fisico .
Ripeto: nessun problema.
- Lily? -
Mi riscuoto e afferro la camicia.
- Va bene, ora mi cambio. -
- Alla buon’ora –
Sbaglio o era una nota ironica quella che ho avvertito
nella sua voce…?
- Ehm… potresti voltarti per favore? -
Arrossisco, e questo mi irrita parecchio considerando la
circostanza assolutamente assurda.
- No. -
Quello che avevo scambiato per un sorrisino sornione si
allarga fino a diventare un vero e proprio ghigno.
- Come scusa? -
- No. -
- E perché di grazia? -
- Perché non mi va. - mi risponde come se fosse la cosa
più normale del mondo.
- Senti Potter, evita di fare lo spiritoso che non è aria.
Già così arriverò in notevole ritardo
alla lezione della Barners e quella mi si
mangerà viva perciò evita di peggiorare la
situazione okay? -
- Senti Evans – replica sulla mia falsa rima – Di
ragazze
nude o quasi, ne ho viste veramente tante. dubito che una in
più faccia la
differenza. Non ho alcuna intenzione di voltarmi quindi, se non vuoi
fare
tardi, ti conviene velocizzare. -
- Toglimi una curiosità, ma lo fai apposta? -
- Certo. -
- E ti diverti? -
- Un casino. -
- Io no. -
- Non è vero. Questa situazione non dispiace neanche a te.
Mi guardi in una maniera… -
Adesso lo uccido.
- Io non ti guardo in nessuna maniera. Anzi, io non ti
vedo proprio tanto sei vuoto e insignificante. -
- Vuoto e insignificante? –
- Già. -
- Ieri sera non sembravi pensarla così. – constata
per
nulla toccato dalle mie parole.
Sento il sangue salirmi al viso.
- Non ti credevo tanto ignobile da rinfacciarmi
quell’episodio. -
- Evidentemente lo sono. -
- Sì, lo sei. –
- Appurato questo, ti spiacerebbe darti una mossa? Non ho
tutto il giorno. -
- Vai al diavolo Potter. -
- Abbassa la cresta Evans. -
- Io? – boccheggio incredula.
Uno come lui dice una cosa del genere a una come me?
- Tu. -
Guardandolo fisso negli
occhi lascio cadere la camicia di
Victoria, la allontano con un calcio e indosso la sua.
Mi
osserva senza pudore.
Bastardo.
- Visto? Non è stato così terribile. -
Bastardo.
Senza una parola, gli do le spalle e me ne vado.
La camicia mi sta un po’grande, e profuma di muschio.
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Capitolo 3 *** CAPITOLO 3 - Ragazzi, abbiamo un problema. - ***
CAPITOLO
3 – Ragazzi, abbiamo un problema. -
La
vasta aula era costellata di ampi e comodi banchi
semicircolari, al centro di essi in innumerevoli pentoloni sobbollivano
pigramente pozioni di ogni genere. L’aria era satura di
vapori e il profumo di
menta piperita scivolava melenso su ogni superficie, intridendola.
Foglie
di salvia e fasci di trifoglio giacevano, assieme a
molti altri ingredienti, sui piani di lavoro, in attesa di essere
aggrediti e
sminuzzati da coltelli dalle lame argentee.
Al
centro
della sala una donna spigolosa con corti capelli
castani e le labbra sottili, provvedeva a spiegare il complesso
svolgimento
della pozione assegnata.
-
… è dunque di fondamentale importanza aggiungere
al
momento giusto e in giusta misura la polvere di trifoglio. Se doveste
sbagliare
il dosaggio ci sono buone possibilità che la pozione esploda
e rovini
irreparabilmente quel bel faccino che vi trovate. –
L’acidità
della professoressa Eglantina Barners, ad
Hogwarts, era leggenda.
La quasi
totalità degli studenti prestava dunque
attenzione alle parole dell’insegnante e seguiva con occhi
vigili la bacchetta
di frassino, che accompagnava le parole della donna indicando le
formule
segnate alla lavagna.
Logicamente
c’era anche chi, dimenticando l’assenza della
propria compagna di banco nonché costante fonte di salvezza
durante l’ora di
pozioni alias Lily Evans, non degnava di uno sguardo la professoressa e
si
faceva placidamente i fatti suoi.
- Signorina
Montgomery, considerata la sua scarsa
attitudine nel preparare pozioni credo potrebbe come minimo tentare di
prestare
attenzione! -
- Scusi prof
– celiò Alice masticando allegramente
l’ennesimo chewingum rosa fucsia e continuando imperterrita
a scarabocchiare
sul banco.
Lo sguardo
della Barners scivolò velocemente dal viso di
Alice verso il posto vuoto al suo fianco.
Le iridi
scure dell’insegnante scintillarono di
soddisfazione repressa: tra lei e Lily, i rapporti non erano mai stati
prettamente idilliaci.
Un ghigno di
trionfo le si dipinse sul viso. – Dov’è
la
signorina Evans? – chiese con finta noncuranza.
Alice
guardò Alexia, seduta poco lontano, e sorrise
angelicamente – Questa mattina si è sentita poco
bene e ha preferito rimanere a
letto. –
La bionda
socchiuse gli occhi turchesi e scosse la testa
con rassegnazione: quella non era una scusa… era una
provocazione!
L’insegnante
fece una risata acida e iniziò a girovagare
per i banchi gesticolando come una pazza. – A quanto pare la
nostra cara
Grifondoro si reputa tanto capace da poter addirittura saltare le
lezioni… Ma
il talento non è tutto ragazzi miei… non
è tutto! Conta anche la perseveranza e
l’umiltà, non dimenticatelo…!
–
- Ho detto
che sta male. – Alice, leggermente infastidita,
fece pigramente scoppiare la gomma da masticare.
Che alla
professoressa non fosse mai andata giù Lily
poiché riusciva
a consegnarle una
pozione perfettamente riuscita al termine di un’ora di
chiacchiere, era un
fatto risaputo all’interno di tutta la scuola, ma la
situazione era andata
degenerando quando la Barners e la sua miglior allieva si erano trovate
in
disaccordo sulla dosatura di un ingrediente necessario ad una pozione
molto
complicata. Dalla disputa era nata una scommessa, e quando in seguito
ad essa
la professoressa aveva dovuto ammettere dinnanzi ad una intera classe
di avere
torto, del rapporto di sana ed onesta competizione che vigeva tra le
due non
era rimasto più nulla.
- E lei chi
è, signorina Montgomery, il suo avvocato
difensore? -
Alice vide
con la coda dell’occhio Alexia dimenarsi
inquieta sulla seggiola, si impose la calma. - No, ma -
Un discreto
bussare troncò sul nascere quella che si
prospettava come un’infuocata discussione.
- Avanti!
– abbaiò l’insegnante.
Lily Evans,
sbalordendo un po’ tutti, sfilò tra i banchi
giocherellando con i polsini di una camicia per lei troppo grande di
varie
misure.
- Scusi per
il ritardo. – sibilò snervata mentre si
dirigeva al suo calderone.
Eglantina
Barners, deliziata dalla possibilità più unica
che rara di prendersi la sua vendetta, le si parò davanti
ostruendole il
cammino. - La lezione è iniziata oltre quindici minuti fa.
–
- Lo so.
– acconsentì la ragazza, tutta concentrata a
schivare gli sguardi di un certo Corvonero con cui non aveva ancora
avuto
l’occasione di chiarirsi.
- E allora
come giustifica questo ritardo? -
-
Hem… beh, io… - la rossa, spaesata,
alzò gli occhi fino
a quel momento occupati in un’attenta analisi del pavimento.
– Io avevo un
forte mal di testa. -
Oltre le
spalle dell’insegnante Alexia lasciò cadere la
testa in avanti, allibita dall’incapacità delle
compagne. Il suo compagno di
banco, un ragazzo di straordinaria bellezza, si chinò per
sussurrarle qualcosa
all’orecchio. La bionda venne scossa da un attacco di risa,
il ragazzo, invece,
alzò gli occhi verso l’oggetto del petulante
bisbiglio che aleggiava per l’aula.
E Lily
percepì un brivido scivolarle lungo la schiena
mentre quelle iridi magenta che tanto aveva amato tornarono ad
abbracciarla
quasi possessive. Ferocemente ironiche si soffermarono sulla sua
camicia, la
Grifondoro lo vide inarcare un sopracciglio.
Dannazione…
aveva bisogno di sedersi.
La Barners
assunse un’espressione perplessa. - Un forte
mal di testa? –
La Evans,
totalmente rapita da qualcosa che non aveva
nulla a che vedere con il senso di colpa per un misero ritardo, si
riscosse. -
Sì, fortissimo. Poi però ho pensato: non posso permettermi
di saltare un’ora di
pozioni, mi sono vestita ed eccomi qua. – concluse decisa.
- Il mal di
testa deve averla confusa cara. -
Quel cara
suonò tanto ridicolo che stavolta toccò a Lily
inarcare un sopracciglio perplessa.
- Ha
accidentalmente indossato la camicia del signor
Potter stamani. -
La rossa
soffocò un’imprecazione e si dilungò in
un
sorriso velenoso.
La Campbell,
facendo leva sulle zampe posteriori della
seggiola si dondolò all’indietro quel tanto che
bastava per riuscire a
confabulare con Alice che, indignata per la sfacciataggine
dell’insegnante,
sembrava sul punto di vomitare un fiume di lava.
- Non capisco
come le sia potuta venire una idea tanto
sciocca: questa camicia è mia. -
Le zampe
metalliche, come prevedibile, scivolarono sul
selciato del pavimento e fecero fare a quella che era stata
affettuosamente
ribattezzata come l’angelo dei Grifondoro, un volo
vertiginoso. L’impatto col
suolo le fu evitato da un allenatissimo compagno di banco che
tuffandosi la
cinse per la vita giusto in tempo, mentre la Montgomery, che
sporgendosi
prontamente in avanti era riuscita ad afferrarle giusto un lembo della
camicia,
non ottenne altri risultati che quello di spogliarla un pò.
La Barners,
ignara del pandemonio che si era scatenato
alle sua spalle, continuò imperterrita. - Sì, certo. Come
dimostrano il taglio
maschile, lo stemma di Grifondoro e le due scope incrociate sulla
spalla. Se
non sbaglio questo simbolo è ricamato unicamente sulle
divise dei capitani di
Quidditch… non sapevo lei praticasse questo sport. -
Lily, pur
essendo molto concentrata a darsi mentalmente
della stupida, non poté fare a meno di chiedersi cosa
diavolo stessero
combinando quei tre là dietro.
Alexia,
aggrappandosi al torace dell’amico, si stava
giusto rimettendo in piedi quando, annunciato solo da un attimo di
casuale
silenzio, giunse il colpo di grazia.
- Ma guardi
che coincidenza, signorina Evans. Anche il
signor Potter è assente, oggi. Non stento a credere che
soffriate entrambi di
mal di testa se la notte fate altro… - un’occhiata
malefica sottolineò l’ultima
affermazione.
Risatine
chiocce echeggiarono per l’aula, Lily arrossì
impercettibilmente e rispose con freddezza. - Non capisco cosa voglia
insinuare. –
-
Assolutamente nulla. –
- Bene. -
- 50 punti in
meno per Grifondoro. -
- Cosa?!
Perché?! – allibì la ragazza
sconcertata.
-
è arrivata in ritardo alla mia lezione e adesso disturba
lo svolgimento della stessa, la prego di sedersi o sarò
costretta ad assegnarle
una punizione. -
E se anche
Lorelay Ginsberg e Nina Franklin, sedute poco
più in là spalancarono le fauci, furiose per
l’ingiustizia subita, dal banco di
Sirius Black, situato in fondo alla classe, e da quello di Alice
Montgomery,
posizionato molto più avanti, si scatenò un vero
e proprio putiferio.
Lily, fumante
per la rabbia e l’umiliazione, sedette
accanto ad Alice e, quando pochi minuti dopo, Andrew Redgrave, suo ex
ragazzo
nonché capitano della squadra di Quiditch blu-argento, si
volse sorridendo
palesemente non poté fare a meno di schioccare la lingua,
furente. - Si può
sapere cosa diavolo te la ghigni? – ringhiò.
- No,
no… niente. Solo che… no. Nulla. Lascia perdere.
-
rispose quello, ammiccante.
- Drew!
– gemette lei esasperata. – Solo che…
cosa? -
-
Beh… - il Corvonero si allentò il nodo della
cravatta
con dita abili. - Una notte con Potter non li vale 50 punti?
– celiò
sarcastico.
La rossa lo
mandò molto elegantemente al diavolo.
- No, dico
sul serio, dunque non è tutto questo granché
che si vocifera… non hai neanche l’aria rilassata,
guarda! – persistette
caparbiamente il moro.
- Ahahah,
molto divertente… ma adesso ti consiglio di
voltarti e lavorare alla tua pozione perché il tuo ego per
quanto
sproporzionatamente grande non può farcela da
solo… -
- Okaaaay.
– Il ragazzo si volse svogliatamente. –
Comunque, la prossima volta che hai bisogno di una camicia vieni a
chiederla a
me. E non a quell’idiota. Ti attirerai addosso meno
malelingue, fidati. -
La Evans
sorrise e seppur inconsciamente tirò un sospiro
di sollievo, riscoprendo il piacere di condurre con lui una normale
conversazione. Dispose gli ingredienti necessari in fila sul banco. -
Non ci
conterei considerando il tuo stuolo di ammiratrici, ma lo
terrò presente.
Grazie. -
- Prego.
– la rimbeccò lui, ben attento a mantenere un
atteggiamento spensierato. - E affinché tu lo sappia,
– soffiò un attimo prima
di mettersi definitivamente al lavoro – ho trascorso una
splendida estate. -
Più
chiaro di così si muore, pensò la Grifondoro
avvertendo un fastidioso e quantomai indesiderato nodo stringerle la
gola.
-
A-anch’io. – sentenziò con voce sottile,
e alzò a
barriera tra lei e quelle brucianti iridi rosso rubino il voluminoso
tomo di
pozioni.
Lui stava
bene. Era questo che aveva voluto comunicarle.
L’estate
aveva lenito tutte le ferite.
Per
quanto ne
sapeva lei, Andrew aveva trascorso svariate
settimane nella villa al mare degli Edenbrought, una delle
più ricche famiglie
di maghi purosangue di tutto il Regno Unito. E lì, assieme
ad Eric Brandon
figlio di primo matrimonio dell’attuale signora Edenbrought e
a Duncan
Switford, altro Corvonero del settimo, forse oltre alle giuste onde per
surfare
aveva trovato anche qualche dolce ragazza pronta a confortarlo.
La sola
immagine di una mora tutta curve protesa nell’atto
di baciarlo fece scattare alla Evans il feroce desiderio di sapere.
Decisa ad
informarsi si volse verso Alice. – Ali, per caso
–
- No.
– la mora pescò dall’astuccio in cotone
verde
bottiglia un burro di cacao alla pesca e se lo passò sulle
labbra arricciate.
- Volevo
sapere se tu -
- No. -
- Non ti ho
neanche detto cosa… -
- No. -
- E lui -
- No. -
-
Però se ci pensi -
- Lil smetti.
– Alice accavallò le gambe e la fissò
con i
suoi immensi occhi color miele. - Non te lo dico. -
- Quindi
ammetti di saperlo! – trionfò la Evans, per
avvertire immediatamente dopo, uno spiacevole senso di vuoto allo
stomaco.
Dunque
c’era realmente qualcosa da sapere.
-
Ti sta veramente bene questa camicia. – le si ritorse
contro la Montgomery, velenosa.
Lily
incrociò le braccia sotto al petto e si lasciò
scivolare un po’ più giù lungo la
sedia. – Ali, cerca di capire… –
supplicò
sottovoce - io devo saperlo. -
- Tu non devi
sapere proprio nulla, tesoro. Questa è la
sua vita, sono affari suoi. Tra l’altro, se proprio vogliamo
stare qui a
cavillare, la parte offesa in tutta questa faccenda non sei di certo
tu. -
La rossa
afferrò il coltello a mezzaluna e prese a tritare
un fascio ti trifoglio con precisione millimetrica. – Non
vedo cosa ci sia di
male a passarmi qualche informazione… - borbottò
sulla difensiva. - Dopo tutto
la mia è pura e semplice curiosità! –
La Barners,
avvicinatasi di soppiatto, le artigliò una
spalla con le lunghe dita pallide. – Durante le mie lezioni
esigo il più
completo silenzio, signorina Evans… forse lo ha dimenticato.
– sibilò
duramente.
Lily
ammutolì e accolse con una smorfia il solidale
sorriso che Lorelay Ginsberg le rivolse pochi secondi più
tardi. La moretta, le
cui curve mozzafiato erano evidenziate da una aderente camicetta con
ricamato
lo stemma dei grifoni, ridendo della sua espressione e le
mandò un bacio.
Al suo
fianco, Nina Franklin si scompigliò distrattamente
il lucente caschetto castano scuro e le strizzò un occhio
con fare sbarazzino.
Lily fece
cadere nel calderone due misure di una odorosa
misture di spezie e afferrò il polso ad Alice per impedirle
di aggiungere per
la terza volte lo stesso ingrediente nella pozione, senza una parola
abbassò la
fiamma che ardeva sotto al paiolo dell’amica e ne
diluì il contenuto con mezzo
litro di acqua distillata.
- Riparti dal
terzo passaggio e non mescolare in senso
antiorario la pozione quando aggiungi la milza di gatto. –
ordinò
semplicemente.
La Montgomery
tamburellò con le unghie quadrate sul bordo
del tavolo, giocherellò con il prezioso medaglione
intarsiato che le pendeva
tra i seni, sfogliò il libro con aria svogliata e infine
cedette.
-
Dunque… - mormorò contrariata - eccetto forse una
mezza
tresca con una babbana in discoteca, e anche su quella io e Cleo
nutriamo forti
dubbi, posso assicurarti che non ha avuto nessuna cotta relazione o
storiella.
Contenta adesso? –
Lily nel
sentire il nome di Cleopatra Edenbrought, una
Grifondoro del quinto anno che in quanto a pedigree poteva competere
con Lucius
Malfoy in persona, inarcò le labbra in un leggero ghigno.
Simile a una
regina sia per aspetto che per sangue, Cleo
era la sorellastra di Eric Brandon, nata dal secondo matrimonio della
madre
Ambra McGregor con il Duca Leonard Edenbrought.
- Lil,
allora? – Alice scrutò l’amica
impensierita. Quel
prolungato silenzio non era affatto un buon segno.
-
Beh… va bene. Voglio dire: non era quello che mi
aspettavo ma va bene. D’altronde anche se non mi andasse bene
cosa…? Insomma,
noi ci siamo lasciati quindi questa è la sua
vita… come hai detto tu sono
unicamente affari suoi, ecco. Cioè, io non credo
dovrei… no? – La Evans, con le
gote adorabilmente arrossate, sull’onda di una istantanea
follia componeva
frasi senza alcuna logica.
-
D’accordo. – assentì la Montgomery
frenando quel fiume
di parole appena sussurrate. – Ma tu cosa ne pensi? -
Lily,
desolata, si strinse nelle spalle. – Non so… -
riuscì infine a sillabare. – Il fatto che non
abbia avuto bisogno di
distrazioni per dimenticarmi dovrebbe farmi piacere? –
Un libro
dalla mole impressionante fu violentemente
sbattuto contro la cattedra. – Montgomery ed Evans, tacete!
Non vorrei essere
costretta a infierire sullo già scarso punteggio dei
Grifondoro per colpa
vostra. –
Alexia si
volse e fulminò le due amiche con uno sguardo
che non ammetteva repliche. Un dito prepotentemente premuto conto le
labbra
rosee.
- Ma non
è giusto! Stanno parlando tutti, perché proprio
noi… - protestò Lily al chiaro segno di
avvertimento.
La bionda la
incenerì. – Non posso fare miracoli e
recuperare alle partite di campionato tutti i punti che voi due ci fate
perdere. Quindi datevi una regolata e fate silenzio, sono stata chiara?
-
-
Cristallina. – assentì Alice con uno sbuffo.
La Campbell
non riuscì a nascondere un piccolo ghigno. – E
su con la vita ragazze… è solo il primo giorno!
–
- Ricordami
di proporre un brindisi, stasera a cena. – fu
il sarcastico commento della Evans.
Un fastidioso
colpetto di tosse richiamò nuovamente
all’ordine le tre Grifondoro.
- Quando
torna Lumacorno? – bisbigliò Alexia, esasperata,
prima di tornare alla sua pozione.
- Si
è rifiutata di dircelo. – la informò
Alice con voce
funerea.
- Fantastico.
– la rossa afferrò un pestello di legno e si
mise pestare un’ambigua ghiaia verde menta con insolito
accanimento.
La sua
giornata sembrava peggiorare di minuto in minuto.
- Felpato!
Cazzo, Sirius! -
Black, con
aria perennemente annoiata, estrasse dalla
tasca dei pantaloni un piccolo specchietto rettangolare sulla cui
superficie,
invece di vedere riflessa la sua immagine, si stagliavano nitidamente
due
affascinanti occhi color nocciola.
- Che vuoi
Ramoso? -
- Alla buon
ora perdente… -
- Taglia
corto Jamie che la tua ragazza ha appena fatto
incazzare la Barners. Lunastorta, da bravo bastardo, si è
seduto accanto alla
bionda e io sto in banco con Pet, che fa un casino dopo
l’altro. Mi esploderà
il calderone in faccia, me lo sento. Oggi è la volta buona. -
- Perfetto,
questa si che è un’idea geniale. Da una mano a
Pet, non che ne abbia bisogno certo, ma per sicurezza… fate
un pandemonio,
rapisc Alexia e portamela qui. -
Black
prestò maggiore attenzione allo specchietto - Ma hai
bevuto? – domandò vagamente accigliato.
Le iridi,
baluginanti di un luccichio dorato, si
assottigliarono. - Felpato, non fare il cretino e svegliati! Sono
incappato in
un incantesimo di protezione e ho un braccio fuori servizio, mi fa un
male
cane. -
- Demente.
– commentò Sirius con la sua solita flemma. -
Dove sei? -
- Vicino alle
cucine, sotto il quadro dell’Ungaro Spinato.
Ho il mantello. -
- Okay,
arriviamo. Ma sei sicura che della Campbell ci si
possa fidare? -
- Garantisco
io per lei, e poi ha un vero talento negli
incantesimi di guarigione, sarà perché cade
sempre… - la voce di Potter
risultava affannata, Sirius, pur non dandolo a vedere, si
preoccupò.
- Cinque
minuti e siamo da te. -
- Sbrigatevi.
-
- Va bene, tu
piuttosto stai buonino okay? -
-
Sì mamma. -
- Ciao
Ramoso. –
-
Cià. -
Black
sospirò e con un basso fischio richiamò
l’attenzione
di Lunastorta, seduto poco più in là con una
graziosa Corvonero, e quando
quello giunse al loro banco con la scusa di chiedere in prestito
un’ampolla in
cristallo di rocca, disse semplicemente - Ragazzi, abbiamo un problema.
–
- Il nostro
piano ha un problema o James ha un problema? –
indagò Remus con il solito sangue freddo.
- Jamie.
–
- Hn.
– Remus si passò una mano tra i morbidi capelli
biondo cenere.
- Preparo
l’esplosivo. – borbottò Sirius iniziando
a
frugare nelle tasche del suo mantello.
- Non ce
n’è bisogno Felpato, basterò far
scivolare un
altro po’ di trifoglio nel calderone di qualche malcapitato
– osservò Lupin
tristemente.
-
Già. -
- Su chi cade
il dito? -
I tre si
guardarono e istintivamente volsero
contemporaneamente il capo verso Louis Clark, un Corvonero di tale
supponenza
da risultare odioso perfino a Lunastorta.
Era ora di
rovinare la sua media in pozioni…
- Ale,
c’è Black che ti fa strane smorfie
dall’altra parte
dell’aula. -
La biondina
senza alzare gli occhi dal libro di pozioni
replicò tranquillamente- Drew, dietro di te
c’è un vermicolo che vola. -
- Ahahah.
Molto spiritosa… guarda che non stavo
scherzando. -
Alexia
seguì con gli occhi turchesi lo sguardo dell’amico
e dovette ammettere che Sirius gesticolava animatamente nella sua
direzione.
- Non credo
dica a me… - obbiettò perplessa.
- Ci sono
molte più possibilità che dica a te piuttosto
che dica a me. -
- Si, in
effetti… - la Grifondoro scoppiò in una risata
cristallina e tornò a dedicare ogni attenzione alla sua
pozione, che aveva
assunto una delicato color lilla quando invece avrebbe dovuto essere
verde
menta.
- Che fai,
non gli rispondi? -
- Non capisco
cosa mi sta dicendo! -
Andrew si
sistemò meglio gli occhiali sul naso e
assottigliò le iridi magenta – Sembra stia mimando
un uomo steso a terra… sei
andata a letto con lui? –
La Campbell
lo squadrò come se fosse in pensiero per la
sua salute mentale.
Gli occhi
porpora ardevano secondo la norma, i capelli
color carbone non coprivano una fronte sudata e dietro gli occhiali
dalla
montatura sottile non si nascondeva ombra di febbre.
Nessun segno
di malessere.
Nessuna
anomalia.
Peccato.
- Ma stai
scherzando? - domandò infine allibita.
- Significa
no? -
- Ovviamente.
Ma come ti vengono certe idee? – La biondina
si passò un mano sulla fronte accaldata e tentò
di accostare i lembi della
camicetta a cui, dopo il placcaggio della Montgomery, erano rimasti
attaccati
sì e no tre bottoni.
- Saranno gli
effluvi di questa roba malefica… -
Alexia, anche
se poco convinta, evitò di insistere.
- Drew,
c’è Clark mi guarda insistentemente nella
scollatura, secondo te dovrei chiedere a Lily di avvelenarlo?
– domandò con
un’indifferenza che però non si estese agli occhi,
cristallizzati dalla
crescente irritazione.
Andrew con un
movimento quasi impercettibile contrasse la
mascella. – Se vuoi lo sfido a duello per difendere il tuo
onore. – propose con
un tono tale da non lasciar intuire se stesse scherzando o meno.
- Grazie per
l’offerta ma evitiamo inutili spargimenti di
sangue… - celiò divertita la bionda. –
Però vorrei davvero che la smettesse, -
aggiunse dopo un poco. - avere il suo sguardo sempre addosso mi mette
in
difficoltà… guarda che schifo di pozione mi sta
venendo! – gemette infine,
cercando di alleggerire il tono della conversazione.
Il Corvonero
parve comprendere le sue intenzioni perché
rispose a tono e senza la minima esitazione. – Eh no, carina!
Troppo facile
rifartela con lui, adesso…! Se la tua pozione fa pena e solo
e unicamente
perché, diciamocelo, sei abbastanza scarsa… -
La
Grifondoro, incredula, si fece avanti fintamente
minacciosa. – Io sarei scarsa? Scarsa? Ma stai zitto Redgrave
che l’anno scorso
per poco non mi avvelenavi con quella pozione rigenerante… -
Andrew prima
di replicare incassò il colpo con una
smorfia. Il ricordo non era dei più piacevoli.
- Beh, io non
avrei dovuto farti una pozione rigenerante
se tu non ti fossi fatta mordere da un libro preso in una sezione dove,
guarda
caso, non dovevi andare a ficcanasare! – il moro
ghignò vittorioso.
- Stupido
corvaccio gonfiato… - inveì la Campbell
iniziando a tempestarlo di piccoli pugni, lui ridendo le
bloccò le mani dietro
alla schiena e nel tentativo di immobilizzarla se le
schiacciò accidentalmente
addosso.
- Primo lato
positivo dell’essere tornato single: poter
godere delle bellezze della vita senza soffrire per i senso di
colpa… - sussurrò
malizioso, buttando un occhio tra i
loro corpi congiunti, dove a causa della breve lotta, la già
danneggiata
camicia della Grifondoro si era quasi totalmente aperta.
Alexia,
arrossendo adorabilmente, lo spinse indietro e
tornò seduta sulla sua sedia, le braccia conserte e il
respiro affannato. –
Porco. – sentenziò con un sorrisetto sulle labbra.
Il diretto
interessato mise il
broncio. – Se te ne vai in
giro mezza nuda non puoi pretendere che nessuno lo noti. –
osservò saggiamente.
-
Chiedo
scusa, signor Redgrave. Non intendevo farle
perdere la testa con il mio irresistibile fascino… Le
prometto che da domani
indosserò un saio in tela di sacco per evitarle altre
spiacevoli tentazioni! –
frecciò la bionda con voce fintamente sottomessa.
Andrew
ghignò e le scompigliò i riccioli in un gesto
affettuoso. – Oh, non sarà un saio a frenare le
mia brame… Il mio desiderio per
te va ben oltre l’umana concezione mia diletta e io ahio!
– sussultò piegandosi
in avanti, un po’ per le risate, un po’ per la
micidiale gomitata che la sua
compagna gli aveva appena assestato.
- Sta un
po’ zitto Drew… Se ciarli non riesco a
concentrarmi! -
- Tiranna.
– si lamentò il Corvonero, tornando anche lui
chino sul libro di pozioni.
Lei sorrise e
gli schioccò un bacio sulla guancia a mò di
scuse.
Ma il
silenzio fu terribilmente breve.
- Non so se
presa come sei dai tuoi futuri programmi da
monaca possa interessarti, ma sembra che Black stia mimando
un’esplosione. –
ironizzò il moro con sagacia.
In effetti,
Sirius chiudeva le mani a pugno e le riapriva
di scatto.
Il Corvonero
e la Grifondoro si guardarono, confusi.
Black, a cui era rimasto un minimo di dignità, smise di
mimare soggetti
improbabili e decise di aguzzare l’ingegno, come lo chiamava
Remus.
Due minuti
dopo la “bionda” vicino cui era seduto Lupin si
presentò infatti al banco della Campbell in ruolo di
ambasciatrice. La ragazza,
che poi bionda non era ma aveva i capelli di una deliziosa
tonalità caramello,
finse di fermarsi a domandare qualche informazione ad Andrew e
lasciò cadere
sul libro della Grifondoro un minuscolo bigliettino.
- Non ho idea
di cosa diavolo stiate architettando, voi
Grifondoro, ma vi consiglio di fare attenzione… la
professoressa non sembra
dell’umore per una delle vostre bravate. –
osservò con gentilezza.
Alexia
annuì, intimamente d’accordo con lei, e rivolse
un’occhiata sospettosa al foglietto incriminato poi,
sospirando, lo aprì.
- Che
succede? – si informò Andrew dopo qualche secondo.
- James ha un
problema. – La bionda scrollò le esili
spalle e assunse un’espressione preoccupata.
- Che
novità! – commentò cinicamente Andrew.
Non aveva mai
provato un’eccessiva simpatia per Potter e
l’atteggiamento che questo aveva nei
confronti di Alexia lo metteva ancor meno a suo agio. Il Grifondoro,
sembrava
infatti adorarla e in molte occasioni aveva dimostrato di pendere
letteralmente
dalle sue labbra.
- Vado da
lui. – soggiunse la Campbell come se non fosse
già perfettamente chiaro.
- Hn.
– fu l’apatica replica.
- Proprio non
lo tolleri, vero? – domandò la biondina
ridendo.
Il Corvonero
glissò abilmente – E con lui? –
- Cosa? -
- Con lui ci
sei andata a letto? -
Il povero
ragazzo ricevette il tomo di pozioni in testa. –
Significa sì? – persistette caparbio, nonostante
la riluttanza che l’amica
mostrava nel trattare certi argomenti con lui.
- Significa
non sono affari tuoi! – fu la vivace risposta
della Grifondoro.
- Ti prego!
Rispondimi e ti lascio in pace. – Supplicò il
moro scendendo a compromessi.
- Tanto mi
lasci in pace comunque Drew, perché adesso me
ne vado... -
- Strega! -
- Ficcanaso! -
Un boato
fragoroso fece tremare l’aula: una delle pozioni
era casualmente esplosa e aveva prodotto una densa
cortina di fumo
verdastro. La biondina ebbe una veloce visione di Lily che con un
principio di
isteria osservava la sua pozione semplicemente perfetta tracciare
rigagnoli
irregolari sul pavimento di pietra. L’onda d’urto
prodotta dall’esplosione,
aveva infatti fatto si che molti altri calderoni si rovesciassero.
Alexia
afferrò la bacchetta e si diresse verso la porta -
Comunque no. – sibilò prima di allontanarsi.
- Hn?
–
- Non ci sono
andata a letto. –
Andrew le
regalò uno sfavillante sorriso.
Alexia e
Sirius corsero a perdifiato verso i sotterranei.
La ragazza non aveva la minima idea di dove fossero diretti, ma
evitò di fare
domande. Black apprezzo infinitamente la cortesia e, a sua volta, le
impedì di
rompersi l’osso del collo in svariate occasioni.
I due
arrivarono a destinazione che praticamente si
tenevano per mano tanta era stata la paura che Sirius aveva avuto
quando, per
l’ennesima volta, la bionda era scivolata per le scale.
- Il posto
dovrebbe essere questo. – commentò Felpato
giunti in prossimità del quadro indicato, una mano
affusolata salì a scansare
lunghi capelli corvini dal volto.
- Io non vedo
nessuno. – osservò la Grifondoro perplessa.
Il ragazzo
ghignò e con somma soddisfazione scoprì James,
seduto spalle al muro sul pavimento.
Potter,
nonostante avesse sul volto una maschera di
sofferenza esibì il suo solito sorriso strafottente e
salutò con un cenno del
capo la Campbell. Alexia, dal canto suo, si inginocchiò
anch’essa sul pavimento
e lasciò scivolare tra le dita tremanti la stoffa serica e
traslucida del
mantello dell’invisibilità, poi alzò
gli occhi su Black in una espressione di
muto stupore. Lui, si strinse nelle spalle con fare indifferente.
-
è mio. – intervenne James.
Lei lo
guardò ammirata. – Ora mi spiego molte cose. -
- Non stento
a immaginarlo. – fu la sarcastica risposta.
Potter e
Black si scambiarono uno sguardo carico di
apprensione.
- Manterrai
il segreto, vero? -
- Certo.
– si indignò la ragazza, poi afferrò
con
gentilezza il braccio interessato e aprì il fazzoletto in
cui era avvolto.
Un’ampia porzione dell’avambraccio era come
ustionata e a tratti si intravedeva
la carne viva pulsare tra le piaghe.
- Non te lo
posso guarire del tutto. – costatò la biondina
dopo qualche istante di attenta analisi.
- Fai quel
che puoi… – mormorò Potter reprimendo a
mala
pena una smorfia di dolore. Alexia sfoderò la bacchetta e si
mise all’opera.
La pozione
AcquaLinda, oltre ad essere fondamentalmente
inutile e complicata poiché rimpiazzata ormai da molti anni
con molteplici
incantesimi, si era rivelata anche considerevolmente orticante. Dopo
l’esplosione,la professoressa Barners aveva insistito
affinché l’intera classe
fosse deportata in infermeria per accertamenti medici. I ragazzi, si
trovavano
dunque nell’asettica camerata in cui Madama Chips regnava
sovrana, e
scalpitavano per essere rilasciati. Al di là di ogni
possibile previsione,
infatti, nessuno aveva riportato lesioni superiori a qualche graffio.
Remus Lupin
sorrise all’incredulità della premurosa
infermiera. Se non avesse eretto a difesa dei suoi compagni una
barriera
sufficientemente labile da essere trasparente ma abbastanza potente da
deviare
le schegge più grandi, non aveva idea di quali sarebbero
stati risultati del
loro innocente scherzetto.
- Tutto bene?
– domandò Lily apparendogli improvvisamente
a fianco.
-
è solo un graffio. – si schernì il
biondo.
Lei si
alzò sulle punte dei piedi per esaminare meglio il
lungo taglio che il ragazzo esibiva sulla fronte.
- Sembra
profondo – obbiettò poco convinta.
Lupin si
strinse nelle spalle – Non credo lo sia. –
- Okay.
Senti, hai visto Alexia? Non la trovo da nessuna
parte e non vorrei fosse rimasta sepolta sotto le macerie di qualche
calderone…
- la ragazza si guardò attorno – Forse
è il caso che chieda alla professoressa
di mandare qualcuno a cercarla. -
- Nonono! Non
ce n’è bisogno, è che lei…
lei si beh, vedi
lei… -
La Evans
assunse un cipiglio aggressivo che dissuase
immediatamente il ragazzo dal raccontarle qualche frottola.
Poco
dopo…
- Quindi
tutto questo lo avete organizzato voi? -
-
Hem…sì. -
- Per
permettere ad Alexia di andare da Potter. -
-
Già. -
- Che si
è fatto male nell’organizzare uno delle vostre
solite stupidate. -
- Esatto. -
- E lei ha
accettato? -
- Senza fare
una piega. – asserì Lupin.
Il che era
vero.
La Grifondoro
rimase in silenzio per qualche secondo, poi
si sporse nuovamente in avanti e tamponò la ferita del
ragazzo con la manica
della camicia. – Stai perdendo parecchio sangue. –
osservò tranquillamente.
- Non sei
arrabbiata? – domandò lui.
- Dovrei
esserlo? La Barners è uscita da questa simpatica
avventura mezza traumatizzata… – Lily volse uno
sguardo carico di odio verso
l’insegnante che con aria sconvolta sorseggiava una tisana
caritatevolmente
offertale dall’infermiera – Avete tutta la mia
approvazione. – concluse,
ghignando con perfidia.
- Pensavo mi
avresti urlato contro. - ammise Lupin,
mostrandosi tutto sommato abbastanza sollevato.
La ragazza
sorrise per venire poi travolta da una Madama
Chips super affaccendata che le mollò in mano
un’ampolla di disinfettante e un
fazzoletto pulito con l’incarico di medicare la fronte del
compagno.
I due si
guardarono imbarazzati.
- Come va?
– domandò Alexia tutta titubante.
Un sordo
mugolio le giunse come risposta.
- Senti, io
non sono una Medimaga! Questa è una lesione da
incantesimo piuttosto avanzata e… sì, beh, io non
credo di essere capace! Poi
ho paura di farti male e -
- Tanto
peggio di così non potrei stare, quindi
sbizzarrisciti quanto vuoi Alex… - biascicò il
paziente con aria
melodrammatica.
- Tu si che
sai incoraggiare le persone Ramoso! -
Un simpatico
gestaccio fu un commento più che sufficiente
alle uscite assai poco produttive di Sirius.
- Guarda che
io dico sul serio, credo faresti meglio ad
andare da Madama Chips, James. -
- Non ci
penso nemmeno, piuttosto il braccio me lo taglio.
-
- Non ti
sembra una soluzione un po’ drastica? –
tentò la
biondina scansandosi i boccoli color grano dal viso.
- No. -
Alexia,
esasperata, inspirò a fondo. Quei due si
comportavano come se avessero avuto quattro anni e da quando si era
messa
all’opera non avevano fatto che stuzzicarsi a vicenda.
- Fenomeno,
lo sai che hai dei capelli stupendi? –
cincischiò James iniziando ad accarezzarle la chioma con la
mano sana.
La ragazza,
preoccupata, gli portò un palmo alla fronte
per controllare se avesse la febbre. – Ma che fa, delira?
– domandò infine a
Black.
- Nono,
è cosciente. – la rassicurò lui con un
ghigno.
- Sto bene!
– si indignò anche il diretto interessato.
-
È che hai un comportamento un po’
insolito… -
- Solo
perché ti dico che hai dei bei capelli? -
- No,
è che – tentò Alexia, colta di sorpresa.
- Sir, vero
che ha dei bei capelli? -
- Bellissimi.
– confermò quello per nulla imbarazzato.
- Ah, allora
grazie. – concluse la Grifondoro vagamente
perplessa, mentre con una mano cercava a tentoni una delle tante garze
che
aveva fatto apparire dal nulla assieme agli altri medicinali. La mano
sinistra
di Potter continuava a giocherellare con i suoi riccioli in maniera
tutt’altro
che spiacevole.
- Ti da
fastidio? – domandò lui alludendo alle coccole
inaspettate.
-
Figurati… - lo rassicurò la biondina, presa da
tutt’altre faccende.
Poi, con la
maggior delicatezza possibile, cosparse di un
unguento azzurrino la ferita e prese a tracciarci sopra un complesso
disegno
arzigogolato con la punta della bacchetta. Il trattamento
sembrò sortire
l’effetto desiderato perché dopo pochi secondi le
piaghe si ridistesero e la
pelle rimase semplicemente molto arrossata.
- Fa ancora
tanto male? -
- No, ora
è sopportabile. Grazie mille Alex. – disse James
sfoderando un sorriso radioso.
- Questa sera
se vieni da me ti cambio le fasciature okay?
-
- Ti amo.
– dichiarò lui baciandole la fronte e giurandole
eterna riconoscenza.
- Le fedi ve
le scambiate dopo ragazzi, perché noi due se
non ci sbrighiamo avremo un sacco di guai con la Barners… -
osservò Black,
afferrando Alexia per un braccio e tirandola in piedi.
- Hai
ragione, meglio che andiamo. -
- Jamie,
prendiamo il mantello. -
- Cosa? Non
se ne parla nemmeno! Io ne ho molto più
bisogno di voi!- ringhiò Potter lasciando il ruolo da malato
per riappropriarsi
in un baleno di quello da Malandrino.
- Non ci sono
“ma” che tengano, Ramoso. La tua futura
sposa un giro col mantello se l’è proprio meritato
e poi non eri tu l’amante
del rischio? –
Alexia fece
gli occhi dolci e iniziò a sbattere le ciglia
alla maniera di un cucciolo spaurito. L’idea
di fare un giro col mantello la attirava tantissimo.
Potter non
poté fare a meno di cedere alla sue smancerie.
- Ruffiana. – commentò però con un
certo risentimento.
- Grazie
– cinguettò la Grifondoro tutta eccitata.
- Ci vediamo
dopo Ramoso. – mormorò invece Black, e i due
sparirono.
Remus Lupin,
con santa pazienza e cheta rassegnazione
giaceva seduto su uno dei tanti lettini. Davanti a lui, Lily Evans
brandiva un
flacone di disinfettante e con incredibile dolcezza adempiva al compito
che le
era stato assegnato.
Ad un paio di
letti di distanza, Andrew Redgrave,
scarmigliato e di pessimo umore, cercava disperatamente di capire da
dove
diavolo fossero spuntate quella dozzina di oche che lo teneva
inchiodato sul
lettino e quasi lo soffocavano.
A meno che
non si sbagliasse di grosso, nessuna di loro
dimostrava neanche lontanamente diciassette anni e quindi si era
trovata
coinvolta in quello spiacevole quanto artificioso incidente. Inoltre,
sembravano tutte godere di ottima salute.
Dunque la
domanda era: cosa cazzo ci facevano in
infermeria? E perché non lo lasciavano in pace?
Seduta sulle
ginocchia di Eric Brandon, Alice osservava la
scena ghignando.
- Mi ero
dimenticato l’effetto che fa vederlo attorniato
da ragazzine. – costatò il moro assottigliando le
vellutate iridi blu oceano.
Il suo profilo, pallido ed aristocratico, si stagliava conto il cielo
bigio in
un misto di eleganza e malinconia.
- Credo che
anche lui sia stato preso un po’ in
contropiede, sai? – ironizzò sottilmente la
Montgomery.
Eric rise e
le passò un braccio attorno alla vita. – Tempo
due giorni e il suo rinnovato ruolo di Spezzacuori non gli
andrà più stretto,
vedrai… tornerà tutto come ai vecchi tempi. -
- I vecchi
tempi… Chiamami cinica Eric, ma ho come
l’impressione che questo sarà un anno di fuoco. I
vecchi tempi sono morti e
sepolti. Non c’è più spazio per loro.
– Alice abbassò gli occhi e si
irrigidì,
in attesa di una sua reazione.
Il Corvonero
rimase in silenzio per qualche minuto. –
Forse hai ragione, - assentì infine. – ma questo
non vuol dire che io sia
d’accordo con te. – specificò furbamente.
La ragazza
sorrise, soddisfatta dalla risposta. – Devo
ammettere che questo mi rincuora, Eric. – ammise con dolcezza.
-
Sì? – Il moro si sporse oltre la sua spalla per
guardarla in viso.
Alice
intravide la curiosità sulla sua bocca carnosa
appena arricciata.
-
Sì, perché se tu fossi d’accordo con me
questo vorrebbe
dire che ho irrimediabilmente ragione. -
Per un attimo
i loro sguardi rimasero saldamente
allacciati, poi il Corvonero le prese una mano e la
intrecciò con la sua.
La Montgomery
lo lasciò fare per sussultare subito dopo. –
Hem… Eric, tu e Cinzia siete ancora…? –
- Se stiamo
ancora insieme? No, ci siamo lasciati
quest’estate, niente paura! – Eric rise nel vedere
la sua espressione
terrorizzata sciogliersi poco alla volta.
Cinzia
Thompson, era stata la ragazza di Eric per la
bellezza di sette mesi, l’anno precedente. Periodo di tempo
durante il quale la
cara ragazza aveva attentamente provveduto a seminare il panico tra
tutte le
rappresentanti di sesso femminile che osavano anche solo rivolgere la
parola al
bel Corvonero.
Le sue
assurde scenate di gelosia, avevano causato più di
una crisi isterica e spinto innumerevoli ragazzine sull’orlo
di un pianto
dirotto.
Alice, persa
nei ricordi, socchiuse gli occhi e si lasciò
cullare dal tranquillo caos dell’infermeria.
Sarebbe
successo qualcosa, ne era certa. Ma per il
momento, non poteva far altro che aspettare.
Nel
frattempo, Lily e Remus si erano immersi in una
tranquilla conversazione. Lupin stava giusto spiegando alla Grifondoro
come i
risultati dei suoi esperimenti lo avevano condotto a un metodo
estremamente
facile per allargare gli incantesimi di protezione quando una moretta
vestita
nei colori di Tassorosso diede alla ragazza un forte spintone.
- Come minimo
chiedi scusa, no? – ringhiò la rossa
voltandosi, irritata.
- Ma stai
zitta Evans, direi che una come te non può
proprio parlare. -
- Hn.
– dopo un’attenta analisi Lily diede dignitosamente
le spalle alla nuova venuta con l’intenzione di lasciare
cadere la
provocazione. La Tassorosso era indubbiamente in cerca di guai.
A
dimostrazione di questa tesi la ragazzina assottigliò le
iridi castane e sporse in avanti il mento: l’offensiva era
appena iniziata.
- Sei
un’ipocrita Evans. -
- Okay.
– la Grifondoro liquidò l’insulto con un
sorriso
superiore e accondiscendente, per nulla scalfita dalle parole di quella
che per
lei era un perfetta estranea.
- Una sporca
MezzoSangue. -
La rossa si
sentì salire il sangue alla testa.
La
rassegnazione della sera prima era totalmente sparita.
Adesso solo
una collera cieca e roboante le riempiva le
orecchie.
Era quasi
esaltante, percepire l’energia che le intrideva
le mani.
-
Perché non te ne vai? – chiese in un lampo di
lucidità.
Quella, come
un’invasata, iniziò ad urlare - Proprio tu
che facevi la santarellina ti presenti a lezione con una sua camicia?
–
- Ma che stai
dicendo? – allibì la Evans.
- E non fare
finta di non sapere di cosa sto parlando
puttana! - la mora, tra lo sconvolto generale, gli si
avventò contro e la fece
cadere sul letto.
La
Grifondoro, turbata, si guardò attorno. Parecchia
gente, per lo più ragazze, si era radunata per assistere a
quello strambo
spettacolo. La cosa più sconvolgente, però, era
che tutti tranne lei e Remus
sembravano aver capito a cosa alludesse la biondina.
- Credo tu
abbia confusa con qualch’una altra… -
tentò
infatti la rossa.
- Oh no. Io
credo proprio di no. -
- Beh, allora
spiegami cosa ti avrei fatto, perché io non
ne ho la minima idea. – sibilò esasperata Lily.
- Rifletti un
secondo, ti assicuro che ciò a cui alludo
non si dimentica tanto facilmente. Specialmente se è con lui
che lo hai fatto.
Te lo dice una che ha provato varie volte. -
Risatine di
approvazione si levarono dal gruppetto
circostante.
Il cervello
dalle Grifondoro, però, non le recepì
perché
era tutto assorto a collegare elementi che prima aveva considerato
trascurabili.
La parola camicia,
e tutte quelle allusioni ad una
persona che non veniva mai nominata quasi fosse stata sacra…
Solo una
persona godeva di tanta popolarità, ad Hogwarts.
Solo una
vagava per i corridoi con sciami di spasimanti al
seguito e una sorta di aureola luminosa sul capo.
Solo una.
E questa
persona aveva un nome e un cognome,.
James Potter.
Compreso il
terribile equivoco, Lily scoppiò a ridere. E
questa non fu una saggia mossa, poiché urtò
terribilmente i nervi già poco
saldi della sua aggressora.
- Non sono
andata a letto con Potter. – dichiarò la rossa
desiderando concludere la vicenda al più presto.
Al suo
fianco, Lupin scosse la testa, incredulo, e le
porse una mano per tirarsi in piedi.
- Visto che
ti sei ricordata? – insinuò la Corvonero con
cattiveria.
- Te
l’ho già detto. È stato tutto un
terribile e
equivoco. La camicia me la ha data in tutt’altra circostanza
da quelle che
immagini tu. -
- E ti
aspetti che io ci creda? -
- Questi non
sono affari miei, d'altronde se non sai
sceglierti bene i ragazzi… -
La Evans fece
appena in tempo a vedere le iridi castane
illuminarsi di una luce spiritata, poi la mano della Tassorosso corse
velocemente all’ampolla di disinfettante poggiato sul
comodino e gliela
rovesciò negli occhi.
- Tu sei
pazza! – urlò la Evans, cadendo in ginocchio.
Il liquido
bruciava.
Ardeva.
Lily
percepiva le iridi verdi, sotto le palpebre, gemere e
inondarsi di lacrime.
Pochi secondi
dopo, Alice apparve all’interno del circolo
che si era formato attorno a lei e alla Tassorosso.
- Adesso
basta. – sibilò duramente, e con uno scatto
repentino afferrò saldamente la ragazzina per i capelli
– Chiedile scusa. –
ordinò.
La moretta,
dal canto suo, iniziò ad strillare come
un’aquila ottenendo ben pochi risultati se non quello di
assottigliare la
notoriamente scarsa pazienza della Montgomery.
- Chiedile
scusa. – ripete infatti quella, sbatacchiandola
avanti e indietro. E tutti coloro che erano presenti consigliarono
caldamente
alla Tassorosso di ubbidire alla svelta.
Logicamente,
la moretta oppose una strenua resistenza, e
quando infine si arrese, scoppiò in un pianto disperato.
La ragazza
confessò di non averci visto più quando, quella
mattina, l’insegnante aveva fatto notare, e a ragione, che la
Grifondoro
indossava la camicia di James. Disse che la gelosia le aveva offuscato
la mente
e chiese mille e più volte scusa a Lily.
La
Grifondoro, sebbene nutrisse qualche remora nei
confronti di quella che fino a poco tempo fa sembrava una pazza
scatenata, si
sciolse come ne ve al sole e lasciò che fosse lei stessa a
metterle il collirio
che Madama Chips le aveva prescritto. L’infermiera aveva
scosso tristemente il
capo e a lungo borbottato contro la gioventù moderna, quando
Lily le aveva
raccontato di come si fosse accidentalmente rovesciata il disinfettante
negli
occhi, ma alla fine, come sempre, aveva fornito un ottimo rimedio
all’atroce
dolore che la Evans provava.
Alice fu
incaricata di fasciare la fronte a Lupin, e
Alexia, sopraggiunta poco dopo il teatrale litigio, si sedette
placidamente sul
pavimento a succhiare con l’aria di un persona realizzata una
caramella
all’arancia.
Poco lontano,
Andrew Redgrave approfittando del diversivo,
scivolava furtivamente via dall’infermeria alla volta del giardino.
Lei era
lì.
E nulla al
mondo lo avrebbe potuto convincere che non lo
stesse aspettando.
Spazio
Autrice:
Dunque,
eccoci giunti alla fine di questo terzo capitolo.
Nulla di
nuovo da dire, nel complesso.^^
Vorrei
semplicemente ringraziare coloro che hanno
recensito, perché ogni loro commento mi ha fatto felice
oltre ogni dire.
Davvero, se
non fosse per i vostri consigli o complimenti,
probabilmente adesso sarei a crogiolarmi nel compatimento… XD
Procediamo
nel dettaglio:
A Mara_star:
Beh…Grazie!
E anche questa, di solito, è una frase di
circostanza!XD
Devo
dire che
il fatto tu abbia fatto un giretto tra i
miei lavori mi ha davvero impressionata… In fondo vuol dire
che ti sono
realmente piaciuti.^^
Spero noterai
il nuovo capitolo… in quanto ad
aggiornamenti sono un po’ imprevedibile! XD
Un bacio,
tesoro!
A XXXBEAXXX:
Spero di non
deluderti con il seguito…^^
Bye Bye
A Dreamer1989:
Già,
la mia prima recensione…
…sigh…sigh…
Non la
dimenticherò mai…! XD
*me commossa
scoppia in lacrime*
Baci!
Alla mia
adorata Alessia:
Mi sento un
po’ stupida a risponderti qui, ma in fondo hai
recensito, quindi te la sei cercata!XD
Grazie per i
complimenti (non del tutto imparziali ma
vabbè…) anche io ti voglio tanto bene.
Un Bacio e
una
spolveratina di orsetti!
A Cla-Cla:
Idem con
patate. Voglio dire… ti ho rimbambita talmente
tanto con questa storia, che il fatto tu abbia acceso il PC, letto la
Fan-fic e
poi addirittura r.e.c.e.n.s.i.t.o. mi lascia davvero di
stucco…
La mia stima
nei tuoi confronti aumenta di minuto in
minuto!XD
Sei una forza
tesssssoro!
Un Bacio!
A JiuJiu91:
Grazie mille
per i complimenti…!
Sono felice
la Fic non ti abbia annoiato, è una delle mia
più grandi paure.
Beh…
alla prossima!^^
Ad AlexLuna:
Il mio
mentore! Ciao tesoro, come va?
Dobbiamo
assolutamente sentirci più spesso…
Oh, quasi
dimenticavo, grazie per la recensione!^^
Un bacio!
A Linnie:
Sorellina!
Da
quanto tempo…
Risponderti
qui è un po’ inutile, ma non potevo non
citarti.^^
Un bacio!
A
The_fairy_tales:
Il
fatto che
tu possa anche solo pensare di essere
orgogliosa di me è qualcosa di… beh, di
eccezionale!
Questa storia
la hai vista nascere, è vero.
Ne sei la
madrina a tutti gli effetti. E io cercherò di
essere degna di tale onore.
Timao
Kk’s, e non è una frase fatta.^^
A Saretta:
Che
non ha
recensito causa impegni vari.
Quando
arriverai a leggere queste righe probabilmente sarà
Pasqua…!XD
Ma la
speranza è l’ultima a morire, giusto?
Un bacio!
A RaRa:
Hola
Raffy,
sentita la mia mancanza in questi giorni…?
Onestamente
spero di sì, perché tu mi sei mancata
tantissimo!
Ti voglio
bene, un bacio!^^
|
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Capitolo 4 *** CAPITOLO 4 - Demetra. - ***
CAPITOLO
4 – Demetra -
Occhiali in perfetto stile anni settanta celavano alla
luce pallida e accecante iridi ametista, i capelli nerissimi erano
raccolti in
una coda alta e un’espressione perennemente annoiata condiva
il viso di burro.
Victoria Persefone
Anderson assisteva con massimo
disinteresse al tentativo di ammansire quello che aveva
l’aria di essere un
dolcissimo gattino color latte.
A pochi metri di
distanza, all’ombra di un grande masso,
Timothy Walls, Tassorosso del settimo anno, teneva il naso affondato in
un
fumetto babbano e tamburellando con le dita sul soffice manto erboso
scandiva
il ritmo di qualche sconosciuta melodia.
La ragazza rimpianse
la sua piacevole compagnia,
impudentemente abbandonata da qualche minuto.
Tempo di norma
più che sufficiente per essere adocchiata e
abbordata dal cretino di turno. Purtroppo per lei, però,
tutti i maschi nelle
vicinanze erano stati battuti in velocità da una persona che
Victoria reputava
fastidiosa al pari della morte e le tasse.
- Ha
tentato di rifilarmi un tessuto di seconda qualità,
capisci? – blaterava animosamente Cindy Donovan, una paffuta
moretta figlia di
proprietari terrieri.
- Ma dove andremo a finire? – ironizzò Victoria
sottovoce.
- è quello che dico anch’io! – proruppe
la Donovan, non
cogliendo il sarcasmo insito nell’affermazione e credendo di
avere coinvolto
appieno la compagna nel suo dramma personale. – Quando mi
sono accorta che la
stoffa era scadente, l’ho subito fatto presenta a mio padre e
lui -
- Cindy non ti avvicinare troppo all’arena… Non mi
sembra
Lee se la stia cavando troppo bene. – le ricordò
la Andreson, affatto
desiderosa di macchiarsi le vesti di sangue.
Cindy era frivola, goffa e patetica.
Scontata quanto una bambola di plastica.
Una compagnia deprimente e… inopportuna, per una persona
del suo livello.
- Eh? Ah, si… - la ragazza fece un passo indietro mentre
Lee Adams, Tassorosso del settimo, tentava nuovamente di rendere
inoffensivo il
gattino, che aveva inaspettatamente sfoderato degli artigli da far
invidia ad
una tigre. – Insomma dicevo che lui -
- Senti piattola, le mirabolanti gesta tue o di tuo padre
le vai a raccontare a qualcun altro, okay? –
ordinò una voce strascicata alle
spalle delle due.
Victoria, seppur infinitamente riconoscente, evitò di
voltarsi.
- Oh, ciao Narcissa. È da qualche giorno che non ci
vediamo… – cinguettò le Donovan, nel
vano tentativo di ricordare alla Black che
solo pochi giorni prima le loro famiglie avevano cenato assieme.
- Ad esser sincera, credo di avere rimosso il nostro
ultimo incontro. – replicò freddamente la bionda.
- Hai cenato a casa mia qualche sera fa… -
mormorò piano
Cindy. La sua espressione cordiale si andò sgretolando.
- Temo tu abbia sbagliato persona, Donovan. – la Black
assottigliò le iridi grigie, cristallizzate in
un’espressione di costante
disprezzo - E adesso, se non ti dispiace… - fece un
eloquente cenno col capo. I
suoi capelli, lisci e tanto chiari da sembrare bianchi, mandarono
fiochi
bagliori.
Balbettando la povera ragazza si andò a rifugiare in un
gruppo di suoi compagni Tassorosso.
Victoria intravide con la coda dell’occhio Timothy Walls
alzarsi e spazzolare via l’erba dai pantaloni.
Timmy era un ragazzo solare, gentile, corretto.
Fondamentalmente buono. Aveva assistito a tutta la scena e nonostante
fosse
abbastanza intelligente da ammettere che Cindy Donovan era
effettivamente una
piaga, andava ad accertarsi che stesse bene. Ad offrirle la sua
consolazione.
Era così che si comportavano i Tassorosso. E i Corvonero.
I Grifondoro poi…! Erano solidi e compatti quanto
un’unica
muraglia.
Definiti incorruttibili e incontaminati anche
dall’opinione comune. Solidali tra loro dal primo
all’ultimo.
Il loro grifone era da tempo molto più di un semplice
stemma.
Un marchio. Il giuramento di una stretta alleanza.
Victoria riteneva ingenuo quel genere di lealtà, poco
prudente, eppure aveva provato sulla sua pelle il calore dato dalla
prova di
tanta fedeltà e ne riconosceva le attrattive.
Loro Serpeverde, invece, erano decisamente più sinceri e
onesti, in un qualche modo.
Non si illudevano con promesse d’amicizia eterna, gli
unici legami che erano disposti a stringere erano quelli dettati
dall’opportunismo. Dalla convenienza.
Giochi di potere. Nulla più.
La loro casa li accomunava per stile di vita, non per
caratteristiche o ideali.
L’unica cosa che Victoria si sentiva pronta a condividere
con i suoi compagni erano infatti le priorità di vita e la
Sala Comune. Neanche
il dormitorio.
- Come avvilisci le persone tu non c’è nessuno,
Cissy. –
celiò la ragazza, decidendosi a voltare il capo verso la sua
salvatrice.
Narcissa Black, con appuntata sulla camicetta firmata una
lucida spilla da Prefetto, incarnava lo stereotipo della giovane strega
aristocratica.
Gli occhi luminosi e definiti da una linea di matita nera,
erano contornati da soffici ciglia bionde ora scure e incurvate dal
mascara.
Gli zigomi alti e la forma sottile delle labbra le attribuivano un
aspetto
altero, sottolineato dai lunghi capelli biondi, tenuti indietro da un
fermaglio
in acquamarina.
Il fisico minuto, seppure sapientemente valorizzato
dall’abbigliamento, risultava snello ma scarso di forme.
La lingua tagliente e una brillante carriera scolastica,
ne aumentavano la nomea sia presso la comune plebaglia che nei salotti
dei
ricchi purosangue.
La piccola di casa Black, a soli sedici anni, era una
rassicurante promessa per l’intero casato. L’erede
di una esosa eredità da cui
sua sorella Andromeda era già stata esclusa. Bellatrix poi,
estrema e
passionale, risultava priva della calcolata diplomazia che invece
abbondava nella
sorella. Era impulsiva, sconsiderata… difficile da
amministrare.
Non sottostava al giogo della famiglia, non si
accontentava di galleggiare nel limbo degli eletti… no,
Bellatrix voleva di
più. Bellatrix credeva nelle sue azioni. Era irrequieta e
pericolosa. Molto
pericolosa.
- Con i Tassorosso è fin troppo facile… - si
schernì la
bionda. – Comunque ben trovata anche a te, Vicky. -
La Anderson sciolse i lineamenti annoiati in un sorriso di
benvenuto. – Bella? – domandò poi.
- Lei e Lucius stanno arrivando. – la informò
Narcissa,
rispondendo così anche alla sua successiva domanda.
- Ti trovo uno splendore, Cissy. -
- Detto da te suona tanto come una presa in giro… -
sospirò quella, con aria vissuta.
Nulla di più vero.
Per quanto ci fossero svariate ragazza degne di nota, a
Hogwarts, nessuna poteva neanche lontanamente competere con Victoria.
Nel suo aspetto c’era qualcosa di recondito che ammaliava,
rendeva schiavi.
Victoria piegò il capo con sussiego, perfettamente
consapevole che ricevere un complimento seppur implicito dalla Black,
era un
grande onore. Un privilegio forse concesso a una altra manciata scarsa
di
persone, all’interno della scuola.
- Passate buone vacanze Cissy? -
- Ottime, direi. Ho trascorso le ultime due settimane a
Malfoy Manor… e devo ammettere che Lucius sa come
intrattenere i suoi ospiti. -
la Black lasciò cadere la frase con malizia.
Un risolino leggero le lasciò intendere che si era
perfettamente spiegata.
- In quante eravate? – domandò la Anderson
fingendo
interesse.
- Tutti noi del settimo eccetto Roxanne, che ci ha
raggiunto solo negli ultimi giorni, le cugine di Lucius e alcuni suoi
amici di
Durmstrang. -
- Che tipi erano? -
Narcissa schioccò la lingua in segno di apprezzamento
– è
stato un festino perenne… Tu, piuttosto, perché
non sei venuta? Lucius mi ha
detto che ti aveva invitata… -
- Sono stata troppo impegnata purtroppo. –
dichiarò la
Anderson esibendo un’espressione contrita falsa quanto le
unghie finte.
La mora ebbe una fugace visione di se stessa
e Alice che saltavano ridendo come pazze su
di un letto matrimoniale. In sottofondo, una camera dalle tinte calde e
raffinati mobili in mogano erano inondati dalla musica sparata a palla.
Il
profumo della torta di mele filtrava dalla porta socchiusa, i loro
occhi
brillavano alla luce rossastra del tramonto.
- Oh, peccato. – miagolò la bionda – Ti
saresti divertita.
-
Certo.
Trascorrere quindici giorni assieme ad una compagnia di
depravati.
A rincretinirsi di fumo e alcool tra un orgia e l’altra.
Il suo ideale di vacanza, non c’è che dire.
- Vi sarete divertiti anche senza di me… -
assicurò
Victoria, nascondendo l’ironia nelle iridi viola, dietro le
lenti specchiate.
- Diciamo che si è sentita la tua mancanza, Principessa.
–
dichiarò una voce vellutata e dannatamente sensuale. Subito
dopo, una testa
bionda si chinò a carpirle la nuca con un bacio tiepido.
- Ciao Lucius. – sussurrò Victoria percependo
sottili
brividi scivolarle lungo la schiena.
- Ciao bellissima. – replicò Malfoy abbracciandola
per la
vita.
- Ehi, Lucius, lasciane un po’ anche per me –
esordì
Bellatrix Black, atteggiata con le mani sui fianchi in posizione di
finta
predica.
Il biondo, le baciò nuovamente il collo di cigno e, con
sommo disappunto, si ritrasse.
La Black si fece avanti ancheggiando in una gonna ridottissima,
la chioma fluente, perennemente scarmigliata, sciolta sulle spalle, e
le
schioccò a sua volta un bacio sulla guancia di pesca.
Sembrava una dea della tempesta, si ritrovò a pensare
Victoria, una divinità pagana giunta a portare scompiglio
tra i comuni mortali.
- Mi avete lasciata sola, ieri sera. – si lamentò
la
Anderson, assumendo un adorabile finto broncio.
A vezzeggiare le Black, nonostante non le fosse
minimamente necessario, provava sempre una sorta di soddisfazione
repressa. La
stessa, in effetti, che la pervadeva ogni qualvolta che mentiva.
Le bugie sono la chiave del potere, purtroppo.
Ogni inganno, ti pone un gradino più su di colui contro
cui lo ordisci.
E Victoria amava quel sottile dislivello, la faceva
sentire potente. Sicura.
Erano poche le persone a cui permetteva di stare sul suo
stesso piano, a cui regalava le sue verità.
Molte, troppo poche.
- Se fossi venuta da me, non saresti stata sola. –
perseverò il biondo.
- Avevo degli impegni. – la Anderson sorrise zuccherosa -
Te l’avrò ripetuto decine di volte, Lucius. -
- Si, ma ti sei sempre rifiutata di dirmi di che genere
fossero questi famosissimi impegni, Vicky. – le
ricordò il Serpeverde.
- Affari miei. – scandì la diretta interessata,
altezzosa.
Nessuno osò replicare.
- Gli altri? – domandò infine Victoria.
- Nei sotterranei a smaltire la sbornia. – Narcissa si
guardò le unghie con indifferenza.
- Il permesso per entrare oggi chi ve lo ha firmato? -
Bellatrix ghignò, esibendo una impressionante trafila di
denti candidi, affilati come quelli di una belva. – I
genitori, mi sembra
ovvio. –
- Ragazzi, credo tocchi a voi… - fece presente loro una
timida ragazzina piena di lentiggini.
Lo sparuto gruppetto si avvicinò all’arena attorno
a cui
si era riunita una piccola folla di curiosi. I Tassorosso con cui
avrebbero
dovuto fare lezione, erano stati spediti pressappoco tutti in
infermeria. Il
micino si era dimostrato un osso più duro del previsto e
nessuno, fino a quel
momento, era riuscito ad ammansirlo.
- Che dobbiamo fare? – domandò Lucius, fissando
perplesso
il dolce gattino, ora tutto intento ad inseguire una farfalla.
- Renderlo innocuo. – cinguettò Victoria, giuliva.
Il biondo inarcò un sopracciglio finemente disegnato
–
Cosa fa? –
La mora scosse le spalle - Parecchie cosette… diciamo che
sa difendersi, ecco. -
Il micio, in tutta risposta, emise una bordata di fuoco e
incenerì la farfalla.
Malfoy allargò gli occhi d’argento per la sorpresa.
- In quanti ci sono riusciti? – si informò allora
Narcissa.
- Nessuno ce l’ha fatta, ma quattro Tassorosso hanno avuto
uno shock da avvelenamento. -
- Avvelenamento? - La mora gongolò
- Denti e artigli sono collegati a ghiandole
che secernono liquidi altamente tossici. Timmy Walls è stato
l’unico a uscirne
incolume, ma dopo dieci minuti si è dovuto arrendere. Un
paio di ragazze si
sono rifiutate e hanno preso D.-
- Cazzo. – mugolò Bella.
- Una bella seccatura. – fu il laconico commento di
Malfoy.
- Eh, già. – asserì la Anderson radiosa.
- Sembri felice… - le fece notare il biondo, irritato.
- Chi, io? – Victoria sbatté angelicamente le
lunghe
ciglia. Lucius decise di lasciarla perdere.
Una donna sulla cinquantina con lunghi capelli grigio
ferro acconciati in una lunga treccia gli fece cenno di venire avanti.
I
quattro entrarono nell’arena, un ampio ovale contornato da un
basso muretto di
pietre rozzamente squadrate. Il gatto non li degnò di un
occhiata e andò ad
annusare un ciuffo d’erba poco più in
là. I ragazzi si avvicinarono
all’insegnante, Victoria, in testa, sorrideva serenamente.
- Dove sono gli altri? – domandò la donna con voce
vagamente nasale.
- Gli altri? – Bellatrix fece finta di non capire. Sfidare
le autorità era uno dei maggiori passatempi della ragazza.
- Ma si, si, gli altri! -
- Temo di non capire professoressa, gli altri chi? –
Narcissa ghignava senza ritegno.
- Gli altri Serpeverde! -
- Oh, intende i miei compagni? -
- Proprio loro. – assentì l’insegnante,
sollevata per
essersi fatta capire.
- Semplice, non ci sono. –
- Si spieghi, signorina. -
Malfoy, estremamente soddisfatto per la situazione che si
era venuta a creare, intervenne. – Non sono venuti a lezione,
mi sembra non ci
sia nulla da spiegare. –
Lo sprezzo era palese, il sarcasmo eclatante.
- Ma questo è uno scandalo! Solo tre Serpeverde si
presentano alla mia lezione… non si è mai sentita
una cosa del genere. Parlerò
col preside, ragazzi! – esplose la professoressa furibonda.
La folla circostante rumoreggiò in segno di ammirazione
per la tanta sfacciataggine.
Le quattro serpi gongolarono per il successo.
D’altronde, non è forse la vanità, il
peggior peccato di
un Serpeverde?
Nessun membro appartenente alla casa verde argento si
sarebbe lasciato sfuggire la possibilità di dare spettacolo
in un’occasione
tanto ghiotta.
- Se è in cerca di spiegazioni, ad ogni modo, dovrebbe
rivolgersi a me, professoressa. – esordì Victoria,
pregustando già lo stupore e
l’indignazione della donna.
- E perché mai, signorina Anderson? -
- Beh, essendo la nuova Caposcuola suppongo di dover
essere io responsabile per i miei compagni… - la Andreson
incrociò le braccia
sotto al petto con aria battagliera.
La notizia, come previsto, fece scalpore e seminò vittime
sia tra gli spettatori, basiti, che tra i suoi compagni.
Un ragazzo, dalle retrovie, gridò: “Anderson, sei
il mio
idolo!”.
Tutti scoppiarono a ridere. Tutti eccetto la professoressa
Domitilla Allen, affatto contagiata dall’ilarità
della situazione – Allora mi
dica, signorina, come mai quasi metà della classe non si
è presentata a
lezione? -
- Come dovrebbe ben sapere, professoressa, gli alunni
assenti sono tornati a scuola questa mattina. -
- E con questo? – sbraitò l’insegnante,
rossa per la
collera.
- Vede, essendosi molto stancati durante il viaggio, loro
non hanno… come dire? Ritenuto opportuno recarsi a lezione
stamattina. -
La sfacciataggine è un conto, ma prendere deliberatamente
in giro un insegnante è un altro. Neanche il tipico
atteggiamento di disprezzo
dei Serpeverde giustificava un simile comportamento.
- Punizione Anderson! – scandì infatti la Allen.
Victoria si limitò ad alzare le spalle con palese
disinteresse.
- Tutti venerdì sera per un mese. –
continuò imperterrita
la professoressa tentando di scatenare una protesta da parta della
diretta interessata. Le minacce furono accolte dal silenzio
più ostinato.
- Per tutti gli assenti ci saranno invece dei compiti di
punizione. – dichiarò la donna, soddisfatta e
convinta di avere ristabilito
l’ordine.
Purtroppo per lei, sbagliava.
- Salve. – tubò uno dei Serpeverde dichiarato
assente,
entrando svogliatamente nell’arena –Allora, che
dobbiamo fare? -
La povera donna trasecolò, poi si arrese definitivamente
–
Questo è un cucciolo geneticamente modificato, infatti la
magia per qualche
strano motivo è intervenuta sul suo DNA. Lui non appartiene
alla prima
generazione della sua specie e per questo motivo è
particolarmente forte e
imprevedibile, infatti ha avuto il tempo di elaborare le sua nuove
capacità.
Voi dovete ammansirlo. –
- Nel senso che dobbiamo catturarlo? -
- Nel senso che dovete lottarci contro. Se lo
sottometterete, si farà accarezzare… un
po’ come gli Ippogrifi, per intenderci.
-
- Hn, sembra facile. –.
La Allen scosse le spalle con aria esaurita – Black, va tu
per prima. –
Bellatrix si rimboccò le maniche della camicia e,
sfoderata la bacchetta, si fece avanti.
- Ciao Vicky. - cinguettò Fabian Pretwood, il Serpeverde
giunto da poco. Poi si fece avanti e la baciò sulle labbra
rosse e dense.
Victoria rimase impassibile, rigida come una statua di sale. Quando
Pretwood
tentò di approfondire il contatto, però, lo
spinse impercettibilmente indietro.
- Puzzi di alcool da fare schifo, Fabian. Vatti a fare una
doccia. – consigliò gelidamente.
- E dai, non fare la difficile che è un’estate che
non ci
vediamo…! - il moro le artigliò i fianchi e
tentò di riavvicinarsi ma si trovò
due mani diafane piantate sul petto.
- Fredda, possibilmente. La doccia. -
- Sai che sei ancora più bella? Sarà il fascino
della
divisa… Mi hanno detto che sei Caposcuola. Adesso hai una
camera tutta per te,
chissà cosa potremo farci lì dentro… -
sorrise libidinoso e con una mano scese
a palparle una coscia.
Victoria lo spinse nuovamente indietro anche se con scarsi
risultati – Te l’ho detto Fabian, vatti a fare un
giro. – La voce perfettamente
controllata.
- Sei sordo Pretwood? T’ha dato picche. Fattene una
ragione e levale le mani di dosso. – sibilò Malfoy
accendendosi una sigaretta.
- Fatti i cazzi tuoi Lucius. – ringhiò il moro.
- Come scusa? – una mano pallida e salda afferrò
Pretwood
per una spalla e gli diede un violento strattone, quello fu costretto a
voltarsi. – Puoi ripetere? – Malfoy sorrise melenso.
Fabian staccò gli occhi da Victoria e sembrò
svegliarsi da
una lunga apnea, sorrise – Calmino, eh. Mica te la consumo!
–
- Porco – fu il laconico commento.
- Detto da te… - replicò quello.
- Io per lo meno le cose le faccio con un certo stile. –
ghignò il biondo.
- E che stile! Vero Cissy? -
La Black ebbe la decenza di arrossire – Dacci un taglio,
Fabian. – sibilò.
Pochi minuti dopo, Bellatrix fu definitivamente sconfitta
dall’innocuo gattino e, fumante per l’umiliazione,
attraversò a grandi falcate
il giardino fino a sparire oltre l’ombroso portone di quercia.
- Sarà di pessimo umore questo pomeriggio… -
commentò
perfidamente Lucius.
Victoria, totalmente indifferente alla faccenda, prese a
pettinarsi i capelli con le dita.
Lucius si fece avanti per affrontare il micetto.
Il sole venne oscurato de densi starti di nuvole bige e le
ombre si dissiparono, sotto agli alberi. Il cambiamento climatico
avvenne
rapidamente, e alla Anderson non restò altro da fare che
togliersi gli occhiali
e appuntarli alla scollatura della camicia, nella speranza di doverne
nuovamente far uso a breve.
Odiava mostrare gli occhi se non il tempo strettamente
necessario.
Attiravano troppo l’attenzione e…costringevano la
gente a
fare cose che non avrebbe voluto fare. Stava a lei questo potere,
decise, non
hai suoi occhi.
Una mano calda le carezzò con gentilezza
l’epidermide
candida della spalla.
- Vicky. -
Anche i suoi, di occhi, celavano un segreto.
Ma lui non temeva di mostrarli, anzi, ne andava fiero.
Orgoglioso quanto un Grifondoro, impermeabile agli insulti
quanto un Serpeverde, Andrew Redgrave aveva scelto la sua casa dopo una
interminabile discussione con il Cappello Parlante.
Non per indecisione, no… Semplicemente, Andrew e il
cappello avevano differenti opinioni.
A spuntarla, fu l’undicenne che con passo spedito si
diresse verso la tavola blu argento. Il cappello parlante, per il
disappunto,
si era infatti rifiutato di annunciarlo.
Era questo ciò che piaceva fare ad Andrew: cambiare
l’involucro.
Come rivelavano i suoi occhi, ardenti di fiamme guizzanti
e mutevoli.
La ragazza si voltò e gli gettò le braccia al
collo,
radiosa - Drew. –
I due Serpeverde che le stavano accanto osservarono basiti
la loro regina dei ghiacci sciogliersi come neve al sole.
- Ti ho cercata dappertutto, ieri. -
- Lo dici a me? Mi sono persa il dessert a furia di
allungare il collo verso la tua tavola… -
Il Corvonero rise e le accarezzò i capelli, lucidi e
soffici.
- Che hai fatto al viso? – chiese la mora indicando tre
profondi graffi pressoché paralleli che gli attraversavano
la guancia sinistra
partendo dallo zigomo e arrivando alla mascella. La pelle abbronzata,
tutt’attorno, era solcata da sottili crepature simili a
quelle della ceramica
quando si frantuma.
- è accidentalmente esploso un calderone, stamattina, a
lezione. -
- Accidentalmente? – la Serpeverde levò un
sopracciglio.
- Diciamo che a qualcuno è scivolato l’ingrediente
sbagliato nel calderone sbagliato… Potter aveva bisogno di
una mano e
logicamente Alexia è corsa da lui. -
- Merlino, quanto sei acido! -
- Finché non se la sarà portata a letto, quello
lì non
sarà soddisfatto. – borbottò cupamente
il Corvonero.
- Perché non accetti che siano amici? -
- Quello ha in mente ben più dell’amicizia, te lo
dico io…
-
Victoria levò gli occhi al cielo, esasperata. Dietro di
lei, Lucius alzava le mani in segno di resa e scuoteva il capo, stupito
dal
potere della creatura, Fabian, con tracotante baldanza, si avviava a
prendere
il suo posto nell’arena.
- Ad ogni modo, speravo tu potessi farci qualcosa… -
azzardò il moro alludendo allo sfregio.
- Schifoso ruffiano. -
- Sapevo che lo avresti detto. -
- E io che pensavo fossi venuto da me perché ti ero
mancata… - sospirò teatralmente la ragazza.
- Mi sei mancata Vì. - mormorò lui,
improvvisamente serio.
– Mi siete mancate tutte quante. -
La Serpeverde si ricompose, conscia di essere entrata in
un campo minato. – Eravate d’accordo sul finirla.
– gli ricordò quasi
guardinga.
- Sì… ma mettere in pratica questa decisione si
sta
rivelando più difficile del previsto. – ammise il
ragazzo serrando i pugni
abbandonati contro i fianchi.
Lei lo squadrò di sottecchi e incrociò le braccia
sotto al
seno dandogli le spalle.
- è triste… e io non posso consolarla. Non posso
difenderla, non posso toccarla, non posso parlarle quasi…!
Sembra così fragile,
così stanca. Si sta spezzando, lo sento. E io non so neanche
cosa cazzo e
successo, non lo so e nessuno me lo vuole dire! Porca puttana Victoria,
tre
mesi fa abbiamo deciso di lasciarci perché il nostro
rapporto era diventato
quasi fraterno… abbiamo detto che era finita, che non
c’era più motivo di stare
insieme perché il nostro rapporto andava al di là
di questo. Non sarebbe
cambiato nulla, solo l’involucro. E poi è sparita
per tutta l’estate. Torno a
scuola e la trovo in questo stato… quasi soffocata. Adesso
dimmi: cosa cazzo
devo pensare, eh? Cosa? – il Corvonero abbassò il
capo e la sua voce, da
soffocata che era, divenne limpida. – Cosa le è
successo? – domandò esigendo
una risposta.
E Victoria, inumidite le labbra, si apprestò a confessare
che non ne aveva la più pallida idea. – Si
comporta come se non gliene fregasse
nulla. Delle parole, delle persone, delle circostanze. Della sua vita.
Si
nasconde nella routine ed è… paurosamente
leggera. Ogni tanto Alexia dice che
la percepisce vuota. Pronta a volare via. – la ragazza si
voltò a guardarlo,
frustando l’aria con i capelli color inchiostro e
inchiodandolo con uno sguardo
di intensità tale da risultare doloroso. – Si
è condannata. Non so per quale
motivo e non so a quale pena, ma sicuramente noi possiamo solo
aspettare che si
riprenda. Non è una faccenda da sbrogliare con le parole
questa. Conoscendola,
Lily farà saltare in aria tutto. Una bella esplosione e si
ricomincia da capo!
Sai come ragiona… o tutto o niente. Nessuna mezza misura. -
- Sì, so come ragiona… - sussurrò
l’altro con un mezzo
sorriso.
Lily voleva il fuoco senza la cenere.
Amava sentirsi viva e vibrante. Indelebile come una
macchia di colore.
Ammetteva solo le emozioni tanto intense da lasciare il
segno e, come gli aveva detto tra le lacrime quella tempestosa notte di
giugno,
il loro amore non meritava di morire tra la polvere o sbiadire poco
alla volta.
Sarebbe stato meglio reciderlo prima che si seccasse.
Victoria chiuse gli occhi e percepì la fragranza di
pioggia aleggiare sopra le loro teste come un delicato ricamo.
- Sistemeremo anche questa Drew. – mormorò.
– Te lo
prometto. -
Lui le baciò una tempia, con reverenza, e le cinse la vita
sottile con un braccio. – Grazie. – le
bisbigliò in un orecchio.
La Serpeverde sorrise dolcemente, sistemandosi meglio
contro il suo torace. – Prego. -
Nel frattempo, l’ingenuo gattino aveva affondato i suoi
dentini nella caviglia di Fabian che, geloso marcio, era stato
distratto dal
comportamento di Victoria. Il suo urlo apocalittico, strappò
il silenzio
ovattato in cui i due erano caduti e ruppe l’incanto.
La ragazza, senza una parola, si sciolse dall’abbraccio e
si diresse a grandi passi verso il centro dell’arena. Qui si
sciolse i capelli
e decise che, per una volta, gli occhi dolci le sarebbero potuti
risultare
utili.
Voglio che mi guardino, si disse distrattamente.
Le iridi viola dardeggiarono.
- Ma che palle! – sbottò la Evans, dopo aver
sbattuto la
testa, per la sesta o settima volta nell’arco di pochi minuti.
- Evita di fare la vittima, Lil. Io ci vivo così…
-
replicò Alexia acidamente.
- Appunto, tu ci vivi. Io non sono abituata a… Merlino che
dolore! -
La Campbell le afferrò la mano con gentilezza e il chiaro
intento di condurla per i corridoi incolume, i campanelli
d’argento attaccati
alle sottili catenine che entrambe avevano al polso tintinnarono
soavemente.
Fatti dell’argento più puro, quei bracciali.
Creati per suggellare un giuramento e rammentarne la
validità.
L’idea era stata di Alice, qualche anno prima, e da allora
le tre Grifondoro non avevano mai smesso di indossare i monili.
Il quarto bracciale, quello di Victoria, soggiornava in
una custodia di damasco blu notte.
Per lei era più difficile. Lo sarebbe sempre stato.
- Idea geniale Alex, così se cadi mi ti trascini dietro. -
- Mi spiace dirtelo cara ma, ora come ora, ci sono molte
più possibilità che cada tu piuttosto che cada
io… - la biondina sorrise
melensa.
- Non ci giurerei. – frecciò la Evans, al culmine
del
malumore.
Da quando, qualche ora prima, Madama Chips le aveva fatto
mettere dalla sua stessa carnefice un potente collirio, la ragazza non
vedeva a
un palmo dal proprio naso e se inizialmente, la spiacevole
novità era stata
accettata con cheta rassegnazione, quando la rossa aveva scoperto che
anche le
pagine dei libri erano diventate per lei una macchia sfocata era
scoppiato
l’inferno.
- Quella cretina di una Tassorosso! Andrebbe rinchiusa in
un manicomio, ecco cosa. – borbottò
l’infortunata piena di tutti quei propositi
vendicativi che prima non aveva avuto.
- Cerca di capirla, poverina, pensava tu fossi andata a
letto col suo ragazzo… - tentò di farla ragionare
Alexia.
- Non è il suo ragazzo. – si oppose anche Alice
– O
meglio, è il suo ragazzo e quello di tutte le altre che si
sbatte
tranquillamente. -
- Grazie per la splendida immagine, Ali. -
- Non c’è di che. – cinguettò
quella neanche vagamente
pentita – Piuttosto, ce lo dici o no
cos’è successo in quel bagno? –
proseguì perfidamente.
Si era trattenuta anche troppo.
- Te l’ho già detto, – spiegò
la Evans pazientemente – ci
siamo praticamente insultati tutto il tempo. -
- In maniera fisica? -
- Strozzati, Ali. – consigliò dolcemente la rossa.
- Ti ha baciata? -
- No. -
- Dai che a me puoi dirlo… - insistette la Montgomery con
tono suadente.
- No. -
- Nel senso che non me lo puoi dire? -
- Nel senso che non mi ha baciata. -
- Hn. – concluse Alice diffidente.
Ma era chiaro che il discorso non sarebbe caduto
lì…
E infatti.
- Va bene Lily. Vorrà dire che dovrò chiederlo a
lui. -
La Montgomery sorrise trionfante quando vide dipingersi
sul viso dell’amica un’espressione orripilata.
- Non oseresti. – sibilò infatti Lily atterrita
alla sola
idea e perfettamente consapevole che James sarebbe stato capace di
raccontare
ad Alice qualsiasi balla gli passasse per la testa.
- Scommetti? –
Decisamente no, decise la Evans.
Alice era perfettamente capace di fare questo e altro,
nessuno avrebbe potuto saperlo meglio di lei.
- Ha semplicemente preteso di vedermi mentre mi cambiavo.
– si arrese quindi la rossa.
- E non ci è scappato neanche un bacetto? – la
Montgomery
sembrava scettica.
- No. Perché al di là di ogni aspettativa non gli
sono
saltata addosso, sai? – si alterò leggermente Lily.
- Guarda che io lo dicevo per te… Jamie bacia in maniera
sublime. -
- Proprio tu che ieri sera facevi tanto la superiore…!
–
si indignò Alexia, che fino a quel momento si era astenuta
dalla trattativa per
non intralciare Alice, notoriamente abilissima ad incastrare le persone.
- Beh, ieri sera ero arrabbiata. – dichiarò Alice
come se
questo giustificasse molte cose. – E poi per me è
diverso… ci sono praticamente
cresciuta assieme! -
Lily e Alexia ridacchiarono.
- Comunque… - ma Alice non terminò mai la frase
– Guardate
un po’ – disse sogghignando e premendo le dite
sulla superficie fredda e
sottile di una finestra – C’è qualcuno
che si diverte a dare spettacolo, in
giardino. -
- Fai dell’ironia? – le sibilò Lily,
scocciata – Io non
vedo a un palmo dal naso e tu mi indichi qualcosa che avviene in
giardino? -
- Se vuoi te lo descrivo. – cinguettò la Campbell
piena di
buoni propositi.
- Vai. – acconsentì la rossa.
Ma come descrivere una ragazza dalla bellezza
semplicemente abbagliante che danza tra le fiamme con l’aria
di divertirsi un
mondo?
Con una sola parola. Densa di significati multicolori.
- Vicky. -
- Oh. – la Evans sorrise – Cosa fa, con la mano
sinistra
combatte contro un drago e con quella destra firma autografi? -
- Praticamente. -
- Scendiamo a renderle omaggio? – propose la Evans
scostando una ciocca di capelli rosso fuoco dal viso.
- Non so se mi va di fare la fila… - ironizzò
Alexia,
mettendo su un adorabile finto broncio.
- Dov’è che si deve fare la fila? –
domandò una voce piena
di brio alle loro spalle.
Lily affondò letteralmente le unghie nei palmi delle mani
e comprese una cosa che avrebbe ampiamente trovato conferma nei mesi a
venire.
Non c’era modo di sfuggire a James Potter.
- Jamie. – miagolò una Serpeverde del quinto che
passava
di là, e si gettò al collo di Potter.
- Scarlett, ci sentiamo dopo, adesso devo andare dalla
donna della mia vita… -
e con occhi
adoranti cinse Alexia per la vita e se la spalmò
letteralmente addosso.
Se la manovra lasciò basite le altre due Grifondoro, la
Serpeverde non si perse d’animo e con uno scatto repentino
inchiodò Black alla
parete.
- Tanto perché si parlava di esibizionisti…
– frecciò
Alice, frugando nella tracolla alla ricerca di un pacchetto di
sigarette.
- Allegria! – replicò Potter con il viso mezzo
affondato
nei capelli della bionda.
- Ramoso, credo che Sir abbia bisogno di aiuto… -
buttò lì
Lupin, osservando perplesso come la Serpeverde stesse letteralmente
spogliando l’amico.
- Dici? – i due per un istante restarono in contemplazione
poi ghignarono con perfidia.
- In effetti credo se la possa cavare perfettamente da
solo… –
- Già già. Non ha affatto bisogno di
noi… -
- Dio, quanto siete cattivi. – gemette la Campbell,
artigliata tra le braccia di Potter come una adorabile bambolina.
- Ma veramente non intendete fare nulla? – allibì
la
Montgomery immersa in una nuvola di fumo all’anice.
Potter glissò abilmente – Ma che cazzo di
sigarette ti
fumi, tu? –
- James! -
- Okay, okay…. – si arrese quello –
Lunastorta. – disse
poi.
- Cosa? -
- Cosa cosa? – esordì Potter con aria frastornata.
- Cosa vuoi da me? – il biondo sbattè
angelicamente le
ciglia.
- Intervieni, no? – replicò il moro con una
semplicità
disarmante.
- Non se ne parla neanche. Lo sai poi come va a finire.
intervieni tu! -
- Remus… - un ghigno pieno di malizia piegò i
fini
lineamenti di Potter. – Va a finire molto bene, di solito,
quindi datti da
fare. E poi quella a letto e una bomba. –
- Jamie, no. -
- Sì. -
- No. -
- Sì. -
- No. –
- Sì. -
- Sì. – capitolò Lupin esasperato.
- Ma di cosa stanno parlando? – chiese la Evans perplessa.
- Credimi, meglio non saperlo… - borbottò
cupamente Alice,
e si apprestò ad assistere a un spettacolo assai singolare.
Remus Lupin, infatti, si avvicinò a Black a Scarlett
Russel da dietro, riluttante, poi trasse un respiro profondo e
afferrata la
Serpeverde per i fianchi le rivolse un sorriso languido e accattivante.
Intriso
di quella che sembrava trascurata sensualità.
Le tre ragazze videro le labbra del biondo muoversi
appena, in una danza elegante di parole appena sussurrate, poi il
ragazzo posò
una mano sulla spalla dell’amico e fece per tirarselo via ma,
da copione, la
Russel estasiata e probabilmente strafatta, si alzò sulle
punte dei piedi e
coinvolse il biondo in un bacio assurdamente passionale, gli
mormorò qualcosa
all’orecchio e scappò via.
Black e Lupin raggiunsero il gruppetto poco distante
esibendo entrambi un’aria stremata.
- Cazzo, ma quella è una mezza maniaca…!
– si lamentò
Sirius, passandosi un braccio sul volto congestionato e riallacciandosi
la
camicia.
Remus annuì stando ben attento a non incontrare lo sguardo
di Lily, Alexia e Alice, che gli lanciavano occhiate pressappoco basite.
- Ringraziami perché se non fosse per me saresti ancora
tra le sue grinfie. – aggiunse poi.
- Sarai tu a ringraziarmi dopo una notte di sesso
sfrenato, Rem. – replicò quello pragmaticamente.
La Evans assottiglò le iridi verde prato. – Fatemi
capire…
tu sai praticare l’ipnosi?! –
Lupin arrossì. – Hem, cambiamo argomento?
–
- E voi per liberarvi dalle vostre fans lo costringete a
sedurle e ad andarci a letto insieme!? -
- Noi non costringiamo proprio nessuno! – si
indignò Black
– Lui lo fa di sua spontanea volontà… E
poi, non so se mi spiego, ma non è che
sia proprio una sofferenza andare a letto con una come quella. Tra
l’altro, una
bella avventura aiuta sempre a chiarirsi le idee. -
- Immagino. – commentò freddamente la rossa.
- Io credo di no. Non sembri una troppo esperta, ma se
vuoi si può rimediare … - Black sorrise con malia.
- Credo che ne farò a meno, grazie. -
- Sicura? Un paio di lezioni private circa il tradimento
te le do gratis, giusto perché sei tu. –
Potter rise sfacciatamente, in sottofondo.
- Mi fai schifo Black. –
- Lui ti fa schifo e io sono vuoto e insignificante.
Cavoli, Evans, ti piacciamo proprio tanto, eh? -
La ragazza sorrise melensa. - E
tu… - gli si avvicinò minacciosa – lo
sai che stamattina una
Susan Coe, di Tassorosso, mi ha praticamente accecata solo
perché indossavo la
tua camicia? –
- Beh, non è mica colpa mia! – Potter
spalancò le braccia
con fare innocente. – Io neanche la conosco
quella… -
Cadde il silenzio.
James sbattè gli occhioni e si volse a guardare Lupin, il
dubbiò si fece strada nella sua mente. – O si? La
conosco Rem? –
Quello, senza neanche la forza di ribattere, annuì.
- Oh. – totalmente spiazzato il moro percepì lo
sguardo di
disgusto della Evans perforargli la pelle, come un acido.
- Sai Potter, a volte non sei come ti immagino, sei
peggio. – e con questa dichiarazione, la ragazza prese il
volo, allontanandosi
velocemente lungo il corridoio.
- Quella è pazza di te. – fu il laconico commento
di
Black.
- Se… - Alice ghignò con superiorità -
ti piacerebbe. -
- La raggiungo. -
soffiò James sbalordendo tutti – Ci
manca solo che cade dalle scale per
colpa mia… - e con aria seccata si gettò
all’inseguimento di quella chioma
fulva che, ondeggiando, stava per scomparire dietro l’angolo.
Nei seguenti secondi, Sirius cadde in contemplazione dei
riccioli di Alexia, che lucenti e perfetti catturavano la luce del sole
in
oziosi ricami, Lupin sembrava tutto intento a osservarsi le unghie
mentre Alice
lo squadrava di sottecchi come un gatto fa con un succulento topolino.
Infine
la Montgomery si decise a scagliare la prima pietra.
- E bravo il nostro Rem… - cinguettò con finta
dolcezza.
Il povero ragazzo, come chiunque al posto suo, impallidì
notevolmente e rivolse sguardi di supplica alla mora che, con i capelli
sciolti
sulle spalle, si lisciava le pieghe della gonna discretamente corta.
Alexia ghignò a sua volta, facendo presagire il peggio
–
Proprio bravo a irretire noi povere fanciulle… -
- Ragazze… parliamone. -
- Di cosa vuoi parlare Rem? Di come tieni ingiustamente
sepolto il tuo irresistibile fascino? -
- Haem… -
- O di come abbindoli le ragazze con trucchetti da
illusionista? -
- Beh… io non la vedrei proprio così… -
- No? E come la vedresti? -
Il biondo deglutì e stirò un debole sorrisino
– Sirius… -
gemette.
Quello, con aria vissuta, scrollò la testa e
acconsentì –
Sette galeoni per lasciarlo in pace e dimenticare questa scabrosa
faccenda. –
- Stai cercando di corrompermi! – si indignò la
mora.
- Esatto. – ammise il Grifondoro con le iridi luccicanti
di palese divertimento.
- Se tu pensi che io possa cedere ad un simile ricatto… -
Alice si esaminò le unghie con palese disinteresse.
- Dieci e non se ne parla più? -
- Quindici e saremo mute come pesci. – rilanciò la
biondina con un ghigno sulle labbra.
- Ve ne do venti se mettete a tacere anche la Evans. -
- Affare fatto collega. – e Alice, con somma
soddisfazione, strinse la mano a
Sirius
per suggellare l’accordo.
Mani rigorosamente affondate nelle tasche, passo
trascinato, e un’espressione cordiale sul viso. James Potter,
per la prima
volta in vita sua, poteva dichiarare di stare letteralmente inseguendo
una
donna. E che donna!
Lily lo precedeva di qualche passo e filava dritta come un
treno per i corridoi nonostante non avesse la più pallida
idea di dove fosse
realmente diretta. Il suo unico obbiettivo, al momento, era quello di
mettere
il maggio numero di piani possibile tra lei e il seccatore che la
seguiva con
allucinante testardaggine da qualche minuto, ormai.
- Credo verrà giù un acquazzone. Non ci conviene
andare in
giardino… -
- Perfetto, allora vattene! Tu hai la mia strada e io la
mia, perché ti ostini a seguirmi? –
tuonò la rossa sull’orlo di una crisi di
nervi.
- Sìsì, ci sono proprio dei nuvoloni
grandissimi…
quest’estate ha piovuto moltissimo, vero? Tu dove sei stata
per le vacanze? –
cinguettò il Grifondoro fingendo di non averla sentita.
La ragazza represse a mala pena un ruggito. – Non mi va di
fare conversazione con te, Potter. Non abbiamo nulla da dirci.
–
- Io sono stato al mare un paio di settimane e poi… oh, ha
iniziato a piovere! -
- Potter, toglimi una curiosità… Cosa diavolo
vuoi da me?
- domandò la rossa, arrestando la sua pazza fuga di botto.
James le cadde letteralmente addosso e ci mise un attimo
ad afferrare il significato della domanda, quindi tacque di botto.
- Allora? – sibilò quella, spazientita.
Dopo un attimo di pesante silenzio il ragazzo si passò una
mano tra i capelli costantemente disordinati e con aria tremendamente
strafottente rispose. – Lily, non dovresti essere
così scortese, sai? –
La ragazza sbatté le ciglia, indignata. - Sai una cosa?
–
disse poi - Io non
capisco te e il tuo
modo di fare, non capisco le persone che frequenti… e
soprattutto non capisco
perché ti ostini a cercare di allacciare una relazione tra
di noi. Siamo
perfettamente incompatibili. Ignoriamoci e facciamola finita, no? -
La strega, ansimante e vagamente scossa, percepì il gelo
invaderle la mente quando il moro si ritrasse, come scottato dalle sue
parole.
E vide i suoi occhi. Come forse non li aveva mai visti prima. Il
nocciola
sembrò sobbollire di collera e di sdegno, le pagliuzze
d’oro che lo
costellavano presero letteralmente fuoco, invadendo l’iride
di smaglianti
bagliori.
- Hai perfettamente ragione. Inutile perdere tempo con una
persona che non vede al di là del proprio naso. –
ringhiò il moro.
- Merlino quanto sei arrogante… - gemette morbidamente lei
alzando gli occhi al cielo.
- Arrogante io? Parli tu che sei sempre tanto convinta di
avere ragione che non presti mai la minima attenzione agli
altri… Ti sei messa
su un piedistallo da sola, Evans. Non ho idea di come facciano Alice e
Alexia a
sopportarti! -
- A sopportarmi?! Ma tu sei pazzo… ti piace stare sempre
al centro dell’attenzione, vero Potter? Col tuo codazzo di
galline senza
cervello e quei quattro cretini che ti fanno la hola… -
- Gelosa Evans? – insinuò James sorridendo
mellifluo.
- Mai di te. -
E il ragazzo si dilungò in un sorrisetto scettico che, se
possibile, fece infuriare ancora di più la Grifondoro.
- Sei uno stupido bambino viziato. Superficiale e
prepotente. – sentenziò la rossa, fremente
d’ira.
- Fatti un bell’esame di coscienza, Lily. Perché
io sarò
pure superficiale e prepotente, ma come minimo non mi permetto di
giudicare le
persone quando neanche le conosco. Cosa che tu non manchi di fare ogni
qualvolta che mi vedi… - e Potter, scagliatale
un’ultima stilettata, le volse
definitivamente le spalle e si allontanò.
Molti direbbero che giocare a far saltare un gattino che
ha steso una dozzina di ragazzi in anelli di fuoco quando lo si sarebbe
dovuto
ammansire, peraltro con non pochi problemi, consiste in esibizionismo.
Ed è esattamente in questo che consiste, esibizionismo
bello e buono.
Lo sapeva la professoressa Domitilla Allen, imbronciata e
di pessimo umore, lo intuiva la folla, che la osannava con coretti da
stadio, e
infine ne era consapevole anche lei, Victoria Persefone Anderson,
Serpeverde
fino al midollo.
La ragazza fece un ultimo grande balzo felino, e atterrò
con grazia a pochi metri dal micio. Ad un suo gesto gli anelli di fuoco
si
spensero, e l’arena ripiombò nella penombra.
Inebriata dall’energia che le riempiva le mani, Victoria,
con spericolata avventatezza tese una mano verso il micetto. Il gatto,
dapprima
titubante l’annusò guardingo, poi con somma
costernazione dell’insegnante, si
lasciò accarezzare.
La ragazza sorrise trionfante e se lo tirò in braccio, il
micio, al di là di ogni previsione, si mise a fare le fusa.
- Molto molto bene! – grugnì la Allen, ammirata
– Quindici
punti per Serpeverde! E
adesso
disperdetevi, sùsù! Che tra poco suona la
campanella… -
- è carino, no? – tubò la Anderson
zuccherosa, quando
Alice ed Alexia la raggiunsero.
- Ma certo! Perché non lo teniamo? –
ironizzò la
Montgomery.
Victoria sbattè le ciglia, incantata – Ma
è un’idea
meravigliosa! Oh, Ali, sei un genio! –
La poveretta cadde dalle nuvole – Non starai dicendo sul
serio, Vì. Quel coso la notte ci si manga a tutti quanti!
–
- Ma se è un innocuo cucciolotto?! -
- Cucciolo? – Alexia ebbe la delicatezza di impallidire
–
Intendi dire che crescerà? -
- Ma certo che crescerà! – e Victoria
tornò a fare gli
occhi dolci al micetto.
- Toglimi una curiosità, Vicky: ma ti comporti da algida
principessa solo con noi? – sibilò Lucius Malfoy,
preferendo glissare
sull’orripilante ipotesi di avere quella terrificante bestia
a piede libero nel
dormitorio.
- Diciamo che sono dolce solo con le persone che stimo. –
rettificò lei con finta indifferenza, e mulinata la chioma
color dell’inchiostro
si avviò dall’insegnante lasciando che il biondo
prendesse la strada per il
castello con un diavolo per capello.
- Professoressa senta, posso tenerlo? – cinguettò
allegramente.
L’insegnante la squadrò allo stesso modo con cui
si guarda
un malato mentale. Tutto, dal contenuto della domanda
all’atteggiamento fin
troppo cordiale che la Serpeverde ostentava nei suoi confronti le
facevano
sospettare una trappola. – Credo che lei non si renda conto
di ciò che mi sta
chiedendo, signorina Anderson… Probabilmente è
ancora troppo scossa dal
combattimento. –
- Nono, sono lucida. – assicurò la Serpeverde con
un
sorriso luminoso – Allora? Posso tenerlo? -
L’insegnante boccheggiò, Victoria fece
sfacciatamente
finta di avere frainteso la sua costernazione per entusiasmo e le
gettò le
braccia al collo. – Grazie mille! Adesso devo andare,
arrivederci… - e la mora
fuggì via, prima che quella si riprendesse dallo shock.
- Ha detto di si! – cantilenò una volta tornata
dalle
amiche - Adesso dobbiamo trovarle un nome… -
borbottò meditabonda.
- Chiamiamola Attila. Credo gli si addica. –
frecciò la
Montgomery soffiando in aria una nuvola di fumo all’anice.
Quando abbassò gli
occhi, trovò ad accoglierla un’espressione
follemente delusa.
- Ma davvero non ti piace? -
Alice osservò con maggiore attenzione il cucciolo che
l’amica teneva tra le braccia. Era grazioso, in
effetti… piccolo ma affatto
gracile. Lo distinguevano da un comune gattino forme più
possenti e aggraziate.
Il mantello era di un ambiguo bianco latte, luminescente e
assolutamente
soffice, le iridi cerulee, tanto pallide da sembrare sbiadite, erano scheggiate di
luminoso argento e
trasudavano potere ad ogni battito di ciglia.
- Demetra. –
suggerì poi.
- Hn?
-
- Chiamiamola Demetra. -
- Demetra… - Victoria osservò il cielo, una prima
limpida
goccia di pioggia cadde a bagnarle la fronte. Le labbra color fragola
della
Serpeverde si piegarono in un sorriso sereno. – è
perfetto. -
Spazio Autrice:
Dunque, non posso fare a meno di scusarmi per la lentezza
degli aggiornamenti. Cercherò di migliorare ma non
garantisco nulla!XD
Spero di non avervi eccessivamente confuso con tutti
questi nuovi nomi e cognomi, ma i personaggi originali reclamano la
loro parte
e io sono ben felice di lasciare la scena ai miei pupilli.^^ Proprio a
questo
proposito lancio un gigantesco GRAZIE alla mia inimitabile beta nomosa:
Alexluna.
Se non ci fosse lei probabilmente avreste visto questo
capitolo tra un paio d’anni…!XD
Passando a “dichiarazioni” di altro genere, metto
in
chiaro una volta per tutte alcune precisazioni circa la fanfic, infatti
mi sono
presa la libertà di attuare delle distorsioni temporali
all’universo creato da
mamma Row.
Innnanzitutto questa storia, che in teoria dovrebbe essere
ambientata un paio
di decenni fa, si
svolge ai giorni nostri.
In secondo luogo ho invecchiato o ri-ingiovanito alcuni
personaggi (come Lucius Malfoy).
Poi:
come avrete notato, il rapporto
Lily-Jamie non è dei più limpidi. Ma a tutto
c’è una spiegazione quindi se i
comportamenti dei nostri adorabili Grifondoro vi parranno
incomprensibili
abbiate pazienza: gli altarini si scopriranno un po’ alla
volta. ^//-
Per il momento posso solo dire che nel
prossimo capitolo scoppierà un putiferio, e che questa
è la quiete che precede
la tempesta: non durerà a lungo!XD
Ad ogni modo, cosa ne pensate del dolce gattino? E di tutto il resto?
Aspetti i vostri commenti, che come sempre mi
faranno felicissima.^^
Un Bacio,
Alisya.
Ad
Alexluna:
Oooooh
love! La Donna Armadio è fatta per
essere odiata, è la rappresentazione dei professori frustati
e come tale si
accanisce sui suoi poveri studenti. Purtroppo per lei, però,
in Lily Evans ha
trovato pane per i suoi denti, sìsì.^^
Riguardo ad Alice e alle sue piccole fisse…
sì, i chewingum si piazzano al secondo posto nella
classifica dei suoi vizi. Il
primo lo assegneremo nel suo prossimo capitolo.XD
La dolcissima Alexia un pericolo pubblico? Ma
cosa mi dici mai! è_è Quel tesoro di biondina
sarebbe capace di uccidersi anche
solo sfogliando un libro, non c’è nulla da ridere.
*assume aria severa*
Riguardo ad Andrew… non avere fretta nel
giudicarlo. È un bravo ragazzo e poi… se ti
dicessi che è perfettamente in
grado di tenere testa a James…?**
Ti lascio nel dubbio… un po’ te lo meriti data
la recensione da infarto!XD
Baci tesoro!
A Koala3:
Beh…
tutti questi complimenti mi
imbarazzano.^//^
Sei davvero gentile, grazie!
Spero di non deluderti con questo capitolo in
cui l’elemento verde-agrento prende un po’ il
sopravvento.XD
Allora alla prossima recensione, ci conto!^^
A
___MiRiEl___:
Sono felice che i
nuovi personaggi ti appassionino,
d’altronde la maggior parte di questi sono talmente
importanti che se non
piacessero sarebbe un bel problema!XD
Tutti
coloro che odiano la Barners hanno la
mia approvazione (e quella delle protagoniste) dunque qua la mano
collega!
In questo capitolo di professoressa ce ne è
una nuova, ma tutto sommato ha un po’ il ruolo della vittima:
sfido chiunque a
non perdere la calma nella sua posizione!
Il colpo di grazia finale glielo da Victoria,
sempre più abile e perfida.
Grazie per la recensione, troppo buona!
Un Bacio!
A
irene_evans:
Tu continui a
recensire e io proseguo la costruzione
della statua in tuo onore, perché davvero ne meriti una!XD
Da
quando hai detto che ti è piaciuta la
poesia iniziale è ufficiale: sei adorabile!^^
Grazie per avermi aggiunta tra i preferiti,
per i complimenti sinceri e per la promessa di fedeltà (alla
fanfic, non a
me…).
Okay, sono definitivamente partita per la
tangente, chiedo venia!XD
Aspetto con ansia la tua opinione su questo
capitolo,
Baci!
A
Kalahary:
Sei
veramente gentile, grazie mille!
E di questo capitolo cosa ne pensi? Delusa?
Ad
Alessia:
Tesoro ti adoro e
prima o poi imparerò anche a ballare la
bachata, promesso. (Più o meno…)
Smack!
A
Cla-Cla:
Da Puffolandia
rispondo che: tu sei dolcissima. E i tuoi
complessi di inferiorità iniziano veramente a seccarmi.
Dico
sul serio, Cla sei un genio. Smetti di
farti problemi.
Tra l’altro non potrò mai immaginarti con
l’intonazione di Homer Simpson, hai una voce troppo bella.^^
Del resto ne abbiamo già parlato: Alice ti
conquisterà in un modo o nell’altro. (spero XD)
Un Bacio!
A
.chià. :
Anche
io prometto che ti ascoltero, appeggerò e
spronerò
sempre, qualunque cosa accada.
Adesso che siamo sposate posso dirti che ti amo e ti ho
sempre amata.XD
Grazie per i complimenti kk’s. Non li merito.
E per la tazza, che è stupenda.^^
Oh, piuttosto… quando sarò famosa tu sarai una
dea, e con
questo ho detto tutto.XD
Baci!
A
ViolettaAfricana:
Grazie
mille per i complimenti, sei veramente gentile.^^
E stai tranquilla, non smetterò di scrivere…!
Spero tu riesca a vedere l’aggiornamento…^^
Ciao!
|
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Capitolo 5 *** CAPITOLO 5 - Quando la notte non porta consiglio. - ***
CAPITOLO
5 – Quando la notte non porta consiglio. -
- E adesso mezza scuola pensa che mi sono fatta Potter! –
concluse Lily affondando il viso tra le mani e scuotendo il capo
sconsolata.
Victora, ricevuti gli ultimi aggiornamenti, arricciò le
labbra in un sorrisino sinceramente divertito, spense la fiamma e, con
gesti
meccanici, versò l’acqua bollente in una preziosa
teiera di finissima
porcellana.
Alle sue spalle, come un intricato labirinto, si
diramavano le cucine di Hogwarts.
Erano belle, quelle immense sale.
Frenetiche ed affascinanti.
Nascoste solo a coloro che non avevano avuto la faccia
tosta di chiedere al preside la loro reale ubicazione, come Alice al
quarto
anno.
Altissimi scaffali ricolmi di cibo dividevano gli spazi in
ampie stanze. Le pareti di ciascuna di queste, erano coperte da
fornelli e
lavandini, tavoli giganteschi avevano invece posizione centrale, i loro
piani
di lavoro erano levigati dall’utilizzo costante, dalle zampe,
invece,
emergevano ancora le forme di draghi pronti a spiccare il volo o leoni
ruggenti.
Il profumo di spezie aleggiava nell’aria e giganteschi
camini interrompevano il monotono panorama di tanto in tanto. Dinnanzi
ad essi,
stavano soffici tappeti dai color sgargianti e bassi pouf, pronti ad
accogliere
eventuali visitatori.
Attorno ad ulteriori falò, semi soffocati da grandi
calderoni di peltro, si affaccendavano moltissimi piccoli elfi.
Gli stessi
elfi che avevano ormai accettato sotto la loro
ala protettiva quelle strane studentesse che spesso preferivano
mangiare lì piuttosto
che in Sala Grande.
Dopo
anni di esasperanti battibecchi, i poveri cuochi
avevano addirittura rinunciato a servire le quattro amiche e lasciavano
che
queste si destreggiassero in assurdi esperimenti culinari.
La Serpeverde aggiunse al composto una bustina di tea alla
rosa e osservò affascinata come la tintura rossastra
macchiasse l’acqua.
Pacatamente versò la bevanda in quattro differenti tazzine
e, facendo levitare zuccheriera e biscotti con un fluido movimento
della
bacchetta, adagiò il tutto sul tavolo.
- Gazie
Vì, sei un angelo. – tubò Alexia
adorante. La
Grifondoro indossava, con la massima disinvoltura possibile, una divisa
scolastica totalmente fradicia.
Alice
rivolse alla biondina un’occhiata critica. – Alex,
se persisti nel voler restare in giardino tutte le sante volte che
piove ti
prenderai una polmonite. –
L’accusata sorrise pacifica e scrollò la criniera
di
riccioli biondi ancora lucidi d’acqua. – Mi piace
la pioggia. – si giustificò.
- Anche a me piace il caffè, ma questo non significa che
ne bevo in quantità industriali, non ti pare? -
E se le quattro amiche ebbero un ascesso di risa
irrefrenabile, un paio di elfi domestici interruppero addirittura la
preparazione della cena per gettare occhiate scettiche nei confronti di
colei
che aveva appena sfacciatamente negato un dato di fatto.
In poche parole, Alice senza il caffè non esisteva.
Caffè.
Nero, per la precisione.
Non zuccherato.
La Montgomery era capacissima di dare di matto se giunta a
colazione non ne trovava almeno un bricco. Ragion per cui, gli elfi
domestici
le avevano amorevolmente dedicati una caraffa con tanto di targhetta,
nome e
cognome. Senza scherzi.
- E’ buono questo tea. – sentenziò Alice
torturandosi con
la mano sinistra una ciocca di capelli castano chiaro.
- E’
logico che ti
piaccia, c’è una percentuale di caffeina
dentro… drogata! – frecciò la
Anderson.
La Montgomery le fece una linguaccia.
- Per me ha
un buon profumo. –
Alexia prese un biscotto al cioccolato.
-
Scusate se disturbo, ma torniamo al mio problema? –
borbottò
Lily con funereo sarcasmo.
Alice inarcò un sopracciglio. - Che sarebbe James?
–
- Esatto. -
La Campbell si protese sul tavolo e afferrò un altro
biscotto. – Beh… lui potrebbe smentire le voci sul
vostro conto. Tanto che gli
cambia? – propose ingenuamente mentre continuava a
sgranocchiare.
- Oh, non lo farà mai…! Per lui è
tutta pubblicità, amore.
– celiò la Montgomery con una sicurezza a dir poco
disarmante.
– E poi, onestamente, non credo proprio che Susan
andrà in
giro a raccontare di essere stata tradita dal suo presunto
“ragazzo”, no? –
osservò Victoria storcendo la bocca in un smorfia di puro
disgusto alla
pronuncia di quest’ultima parola.
Lily emise un versetto scettico a metà tra un sospiro e un
gemito, le altre amiche alzarono gli occhi al cielo.
- Ooh, ma
tu che hai contro i maschi? – rise poi Alice
dando una spintarella alla Serpeverde che, poiché stava
bevendo, per poco non
si strozzò.
-
Contro gli uomini nulla, contro i decelebrati tutto! –
dichiarò quella, dolce come lo zucchero filato, quando fu di
nuovo in grado di
respirare.
-
Uomini… Dite che esistono ancora gli uomini veri, quelli
con la U maiuscola? – sospirò tristemente la
Montgomery, mescolando il suo tea
con aria tutto a un tratto incredibilmente malinconica.
- Io
il mio principe lo avevo trovato, però non sono stata
abbastanza furba da tenermelo stretto, è questo il punto.
– Alexia si lasciò
andare contro lo schienale e strinse i pugni tanto da conficcarsi le
unghie nei
palmi.
- Alexia smettila… - l’ammonì la Evans,
improvvisamente seria.
- Di fare cosa, piangermi addosso? – replicò
quella con
aria sfacciatamente provocatoria.
- No, di dire scemenze. – fu la sagace risposta che per un
attimo mise tutte a tacere.
- Io Chris non l’ho ancora visto… -
sussurrò Alice più a
se stessa che alle altre.
La Evans fece ticchettare le unghie quadrate e lucide
contro la superficie levigata del tavolo, le labbra arricciate in una
smorfia
volutamente acida. - Passando ad argomenti più
seri… - cinguettò nel chiaro
intento di lasciar cadere l’affermazione
dell’amica. - Sabato sera, alla torre,
festeggiamo il compleanno di Holly Price. Tu vieni, vero Vicky?
–
La Serpeverde fece un distratto cenno di assenso col capo
e saggiò con aria pensierosa la seta traslucida della sua
camicia. Ricamato sul
petto, aveva lo stemma della casata verde argento. – Come mi
devo vestire? -
- Non so… fai tu. Diciamo che è una cosa
informale. -
- “Una cosa informale” del tipo una festicciola tra
amici?
O “una cosa informale” del tipo un festino in cui
la metà degli invitati è imbucata
o ubriaca fradicia? –
- Diciamo una via di mezzo? – azzardò Alexia,
sbattendo
angelicamente le ciglia ancora umide di pioggia.
Victoria soffocò una risatina sarcastica e si sporse
maggiormente in avanti, sul tavolo. – Dopo però mi
fermo a dormire da voi,
tornare nel covo delle serpi mezza ubriaca potrebbe essere…
come dire…
avventato, ecco. E pericoloso. – la ragazza
arricciò le labbra in una smorfia
amara e accavallò le gambe con movimenti sinuosi.
- Tranquilla, tanto da domani Nina dovrebbe trasferirsi
nella camera singola di Lorelay. Lor è stata nominata
Caposcuola e le due
inseparabili hanno saggiamente deciso di sloggiare. Probabilmente non
vogliono
grane… - tubò la Montgomery tutta giuliva.
- …o forse sono stufe di venire svegliate a tutte le ore
della notte. – obbiettò la Evans, alludendo
deliberatamente agli orari a dir
poco improbabili a cui Alice faceva ritorno in dormitorio.
- …o del mattino – frecciò Alexia che
come tutte le
Grifondoro del settimo anno era vittima delle allucinanti levatacce che
Lily
faceva quasi quotidianamente.
- Quelle due poverette vi tollerano dalla bellezza di sei
anni, non vorrete crocifiggerle perché alla fine si sono
arrese, vero? - allibì
la Anderson, sconvolta da tanta
sfacciataggine.
- Ma figurati! E poi avere il dormitorio tutto per noi la
definirei una piacevole novità, no? -
- Già. – commentò Victoria con voce
atona.
- Tutto questo entusiasmo a cosa lo dobbiamo? – ironizzo
Lily mentre con la bacchetta giocava a fare levitare la zuccheriera.
- Al fatto che quest’anno anche io ho la camera singola. -
- E…? -
- E lo trovo un particolare insidioso, ecco. Diciamo che
quel verme di Pretwood mi ha già fatto sentire la sua
presenza e io non muoio
dalla voglia di subire imboscate mentre mi metto il pigiama. -
- Pensa alla quiete, alla privacy, a tutte quelle vipere
fuori dai piedi… - la incoraggiò la Campbell,
ottimista come sempre.
La Serpeverde, un pelino rincuorata scrollò le spalle e si
avvicinò la chicchera alle labbra color fragola.
- Ragazze, che ne dite se ce ne andiamo in dormitorio e ci
avvantaggiamo con un po’ di compiti? – propose
innocentemente Alexia qualche
minuto più tardi.
E se Lily si alzò accomodante e pressappoco concorde ad
attuare il proposito, Alice e Victoria assunsero
un’espressione costernata e
osservarono la Campbell, chiuse in un disgustato mutismo.
- Alex, non è neanche il primo giorno! – gemette
la
Montgomery alzando gli occhi al cielo.
La
Anderson, invece, notando come le buone intenzioni
della bionda non fossero state neanche minimamente scalfite dalla loro
più che
prevedibile reazione, si dedicò con il massimo impegno ad
una teatrale e quanto
mai poco credibile scenetta che comprendeva ripetuti e esasperanti
colpetti di
tosse al fine di far credere all’amica di essere vicina alla
morte per
soffocamento.
- Va
bene, va bene… che ne dite se ce ne andiamo in
dormitorio a provare i vestiti di Alice? –
acconsentì la Grifondoro addolcendo
la pillola.
- Chi arriva ultima è un vermicolo! –
annunciò la
Anderson, scattando in piedi e lanciandosi in una corsa sfrenata,
totalmente
incurante dei tacchi vertiginosamente alti. I suoi capelli color
dell’inchiostro, raccolti in una coda alta, sparirono dietro
l’angolo in un
battibaleno.
Alice, con assai minor entusiasmo e molto più calma, si
infilò il leggerissimo maglioncino grigio pallido che teneva
appoggiato allo
schienale della sedia e, con mosse annoiate, si ravvivò la
folta chioma castano
chiaro. - ‘ndiamo và… -
sibilò – o finisce che quella ci insolentisce di
nuovo
la Signora Grassa. -
- Sai che proprio stamattina le ho trovate a litigare? –
la Evans scosse la testa con aria esasperata – Se Victoria
continua così
Carlotta non ci coprirà più le uscite notturne. -
- Infatti. – confermò anche la biondina
– Ma se glielo fai
notare, Victoria ti risponde che è stata la
“balena” a provocarla... -
- Guardate: secondo me è già tanto se Vicky non
si dà al
vandalismo e le dipinge un bel paio di baffi. – la Evans si rivolse ad una elfa
domestica di
passaggio – Scusa Wendy, posso prendere un pezzo di torta?
– chiese, lanciando
occhiate golose ad una stupenda torta al cioccolato posta in bella
mostra su di
un vassoio soprelevato.
- Ma certo signorina! – e la creaturina si dilungò
in un
adorabile lunghissimo sorriso – Se vuole posso darle anche
una fetta di
crostata alle albicocche, l’abbiamo appena sfornata. -
- Sarebbe fantastico. – tubò la rossa, allietata
dalla
prospettiva – Dunque, dicevamo? –
continuò.
- Eravamo arrivate al punto in cui Victoria deturpa
irrimediabilmente l’aspetto della nostra complice.
– frecciò Alexia
appoggiandosi con i fianchi ad un bancone pieno zeppo di ampolle
contenenti
spezie.
- Ecco, brava, ci manca solo quello. – borbottò
cupamente
Alice.– Si può sapere dove diavolo tengono il
caffè in questa cucina?! – sbottò
poi di punto in bianco.
- Dio, Ali, ti si è annodata la bacchetta? –
domandò Lily
impressionata.
- Tranquilla Lil, è solo in crisi di astinenza per
mancanza di caffeina. – frecciò la Campbell di
sottofondo.
- Guarda che ti ho sentita! -
- Ma allora sono orecchie quelle strane appendici carnose
che vedo attaccate alla tua testa! – ironizzò la
bionda affatto scossa.
- Caffè! – tuonò nuovamente la
Montgomery.
- In polvere o liquido? -
Alice guardò la Evans frastornata. - In che senso, scusa?
–
- Che ne so… magari lo vuoi sniffare. – si
giustificò la
rossa con aria angelica.
Il provvidenziale arrivo di un elfo dalla tunica
particolarmente sudicia sedò il litigio sul nascere. Tra le
ditina nodose,
l’esserino teneva infatti un bicchierone di vetro sfaccettato
empio di liquido
scuro. E una cannuccia arancione.
La Montgomery, dapprima lo guardò come se al posto di due
sproporzionate orecchie verdognole l’elfo avesse sulla testa
un’aureola
splendente, poi lo travolse e dopo averlo chiamato “mio
salvatore” almeno
una decina di volte, si decise a
lasciarlo libero.
Anche Wendy fece ritorno e, assistendo allo strapazzamento
del collega con aria non poco perplessa, consegnò a Lily due
pacchetti avvolti
nella carta argenta.
La rossa ringraziò, li infilò nella tasca esterna
della
tracolla e sorrise, radiosa.– Hem… Wendy?
- Sì signorina? -
- Posso avere anche un po’ di menta fresca e un mazzetto
di basilico? -
- Sì signorina. – e l’elfa, contenta di
potersi rendere
utile, corse via trotterellando.
- Ah, vorrei anche un paio di limoni acerbi! – le
gridò
dietro Lily, felice come una pasqua.
Poco dopo, le quattro solcavano i lastricati corridoi di
Hogwarts con passo affrettato.
Alice, in testa, ancheggiava nella sua ridottissima
gonnellina a pieghe e sorseggiava caffè bollente in pace col
mondo. Sulla sua
scia, Alexia camminava con una lucida mela verde artigliata tra le mani
intorpidite dal freddo, la camicia ancora umida le aderiva
perfettamente al
corpo snello. In coda, Lily teneva tra le dita un sacchetto di carta
ruvida e
sorrideva giuliva ai passanti.
Quando arrivarono al ritratto della Signora Grassa,
trovarono Victoria appoggiata di spalle ad un muro. La ragazza evitava
accuratamente di guardare il quadro dietro cui si celava
l’accesso alla torre e
fumava astiosamente una sigaretta alla lavanda.
- Siete lente. – commentò velenosamente.
- Lily si è fermata a fare la spesa. – si
giustificò Alice
con voce acida.
- Alice ha avuto una crisi da caffè. –
replicò la rossa a
tono.
- La Signora Grassa dov’è, Vì?
– domandò Alexia,
osservando preoccupata il quadro disabitato e temendo di conoscere la
risposta.
- La balena non mi ha fatto entrare. -
E infatti.
- Ma adesso dov’è? – ripeté
la biondina, munitasi di santa
pazienza.
- Non lo so e non mi interessa. – rispose ottusamente la
Serpeverde, restia a collaborare.
- Saresti così gentile da spiegarmi come facciamo ad
entrare, allora? – ringhiò la Campbell, perdendo
quella patina di pacatezza e
facendo evanescere con un gesto rabbioso della bacchetta il torsolo
della mela.
- Così. – rispose Alice, e con la massima
dignità
possibile, iniziò a prendere a calci e pugni la porta,
urlando come
un’indemoniata.
Pochi minuti dopo, Potter con tanto di matita appoggiata
dietro l’orecchio, aprì il quadro e si
affacciò, profondamente perplesso. Il
poverino, strano ma vero, stava studiando.
Se possibile, quando vide Alice che ancora tutta presa
dalla foga dell’assalto continuava menar pugni, la sua
costernazione si
moltiplicò.
- Ma che cazzo fai? – domandò dolcemente James
schivando
l’ennesimo destro e immobilizzandole le braccia.
- Faccio toc toc. – frecciò la Montgomery,
discretamente
infastidita dal fatto che fosse stato proprio lui a trovarla in quella
situazione delirante.
- E quale sarebbe il motivo, di grazia? -
- Ha detto pure “di grazia”, spiegaglielo il
motivo, no? –
celiò Victoria con voce falsamente stucchevole in sottofondo.
Potter le fece un elegante gestaccio.
- Victoria ha fatto fuggire la Signora Grassa e noi
dobbiamo entrare. -
Non c’è che dire, se qualcuno aveva il dono della
sintesi
questo qualcuno era Alice Lysandra Montgomery.
La Grifondoro era capace di riassumere in quattro parole
praticamente di tutto. Da un libro al pettegolezzo più
succoso del momento.
- Merlino, ma allora è un’abitudine! –
sbottò il moro
sbalordendo tutte. – Stamattina l’hai ridotta in
lacrime, la povera Carlotta.
Ma che gusto ci trovi, si può sapere? -
- Carlotta? – Victoria inarcò le sopracciglia ben
disegnate per assumere un atteggiamento scettico e follemente
irritante. – La
balena ha pure un nome!? -
- Senti, razza di – si inalberò Potter poco prima
di
trovarsi la mano di Alice saldamente piantata sul petto.
- Grazie-per-averci-aperto-la-porta-James.– lo
freddò la
ragazza. - Puoi andare. -
- Carino il tuo modo di liquidarmi, Ali. -
- Vero? Ho impiegato anni a perfezionarlo… - la Montgomery
si esibì in un sorriso falso quanto le unghie finte.
– Adesso, VAI. -
- Ai tuoi ordini mia damigella. – cinguettò quello
con
voce melensa, poi si volse e salì le scale quattro gradini
alla volta.
Alice sospirò e giratasi verso Victoria le puntò
contro un
indice accusatore. – Con te farò i conti
più tardi.– ringhiò – Ora
sali. –
- Subito mamma. – celiò la mora, e con le iridi
viola che
mandavano fioche scintille si eclissò, inghiottita dal buio
delle scale che
conducevano alla Sala Comune dei Grifoni.
Stressata, Alice lasciò che l’amaro sapore del
caffè le
riempisse la bocca ancora una volta, socchiuse gli occhi e al seguito
di Alexia
e Lily prese a salire i gradini di pietra.
Il ritratto si richiuse con un sordo tonfo alle loro
spalle.
L’insonnia, come già accennato, era da sempre
stato un
problema della Evans.
La Grifondoro trascorreva intere nottate e fissare il
soffitto e a seguire la scie di pensieri illogici.
Raggomitolata su di un fianco, oppressa della noia e
dall’ossessivo desiderio di addormentarsi, la ragazza non
pensava a nulla. E si
sentiva sola. Dannatamente sola.
Il silenzio le graffiava la coscienza, le iridi verde
prato affogavano nel buio.
Con il sorgere del sole, arrivavano le occhiaie e un senso
di infinita spossatezza.
Intorno al terzo anno, un pomeriggio in biblioteca, Alexia
le aveva fatto notare “che alcune notti non sono fatte per
dormire. Se non hai
sonno trovati qualcosa da fare, no?”.
E a Lily si era aperto un mondo. La sera, dopo avere
tirato per bene le tende del baldacchino, si metteva a gambe incrociate
e
sorseggiando latte di mandorla leggeva. Divorava pagine e pagine,
illuminata
solo dalla fioca luce della sua bacchetta.
Un paio di
settimane dopo, sotto al cuscino, aveva trovato
un foglietto accuratamente ripiegato. Su di esso erano appuntate le
istruzioni
per produrre una potente pozione soporifera. La calligrafia era quella
della
Campbell, tonda e aggraziata.
Gli
ingredienti erano tutti facilmente reperibili e questo
aiutò la Grifondoro, che presto prese l’abitudine
di rifugiarsi nel bagno
abbandonato del secondo piano e lavorare a quello che era stato
ribattezzato
dalle sue amiche come filtro della buona notte.
Ed è qui che giungiamo ad un’altra grande
scoperta. La
Evans, infatti, capì che bastava invertire
l’ordine degli ingredienti e
variarne un poco le dosi affinché la pozione avesse
tutt’altro effetto.
Il Filtro della Buona Notte, diventò
dunque un
concentrato di sonno. Bastava ingerirne un sorso per passare una notte
brava e
poi, al mattino, avere la stessa sensazione di quando ci si alza
perfettamente
riposati.
Un uso eccessivo di codesto trucchetto portava
all’intossicazione, ma per occasioni particolari era perfetto.
Sfortunatamente, Lily non aveva ancora avuto modo di
lavorare alla sua pozione ed essendo terminate anche le scorte che si
era
portata in vacanza, la ragazza era, caso strano, in preda alla cara
vecchia
insonnia.
Appoggiata di spalle alla testata del letto, una fetta di
crostata in una mano un fazzoletto per raccogliere le briciole
nell’altra, la
ragazza aveva appoggiato sulle ginocchia un polveroso libro dalla
copertina di
cuoio rosso e le pagine inaridite dal tempo.
Con dita delicate saggiò la consistenza della carta e si
ritrovò a sorridere: le sue pupille avevano da qualche ora
riacquistato la loro
ordinaria abilità.
I lunghi capelli rosso sangue, che normalmente le
arrivavano alla vita, erano scompostamente raccolti a un lato del viso,
per
evitarle fastidi.
Strani capelli, i suoi.
Purpurei e lucenti, magnetici.
Mossi e talvolta composti in casuali boccoli.
Spumeggianti quanto un mare in tempesta le incorniciavano
il volto.
Lo stesso volto che per l’ennesima volta si contrasse in
una smorfia di fastidio, quando un acuto vociare la raggiunse e
infranse
l’atmosfera tranquilla in cui si era calata.
La Grifondoro scansò la tenda di velluto con gesti
stizziti e afferrò la sveglia dal comodino di mogano.
Dannazione, erano le
quattro e mezza!
Come potevano quei quattro deficienti prolungare i loro
festini fino a quell’ora?
Un minimo di rispetto, perlomeno.
Un nuovo ululato intensificò la sua irritazione.
Con il casino che facevano, li si sentiva dai sotterranei.
Perché non arrivava a bacchettarli qualche insegnante?!
Ancora grida, ancora schiamazzi.
Avevano superato ogni limite, decise la Evans, e buttate
giù le gambe tornite dalla sponda del letto, senza neanche
prendersi la briga
di infilarsi un paio di scarpe, scese fino alla sala comune.
Una volta lì, a dire la verità, ebbe un mezzo
ripensamento
forse dato proprio dal fatto che presentarsi con un pigiama pieno di
pulcini in
stile cartone animato ad una festa di indubbia decenza non sarebbe
stata una
cosa saggia.
Ma falciando via ogni possibile ripensamento, la ragazza
imboccò la scala che conduceva al dormitorio maschile.
Al settimo piano si trovò davanti a due porte
perfettamente identiche. Con i piedi intorpiditi dal freddo e gli occhi
che
scintillavano felinamente la rossa imprecò sottovoce, poi
decise per quella a
destra.
Toc, toc.
Una bussatina titubante e timida.
Coraggio Lily, puoi fare di meglio.
Bum, bum.
Niente. Solo un
assordante silenzio, oltre la porta.
Bum, bum, bum.
Bum, bum, bum, bum.
Bum, bum, bum, bum, bum.
Proviamo con l’altra, si disse la Grifondoro.
Bum, bum.
Pochi secondi e dietro l’uscio apparve James Potter
più
assonnato che mai.
Il ragazzo represse un mezzo sbadiglio e, stropicciandosi
gli occhi biascicò – Non abbiamo fatto niente
prof, glielo giuro. -
- Coda di paglia Potter? -
- No, è solo che… - James passandosi una mano tra
i
capelli già adorabilmente disastrati si azzardò a
socchiudere un occhio, poi,
allibito, li aprì entrambi. – Tu non sei un
insegnante. -
- Certo che sei un fenomeno. – commentò
cinicamente la
Evans.
Il Grifondoro si passò una mano sul collo, sempre
più
costernato. – Allora, hem… vuoi entrare?
–
Lily vide che il ragazzo indossava solo un paio di boxer e
una maglietta blu scuro a maniche corte che aveva tutta
l’aria di essersi
appena infilato. – Non vorrei disturbare… -
balbettò con l’orribile sospetto
che Potter non fosse affatto solo nel suo letto.
- Tranquilla. – mormorò lui capendo al volo i
sospetti
della ragazza.
E le sorrise. Un sorriso assonnato ma luminoso, privo di
quella patina d’arroganza a cui lei era sempre stata abituata.
- Okay, allora entro. – acconsentì la Evans
stupefatta.
Potter si fece
indietro per farla passare.
- Ragazzi c’è un’ospite! –
tuonò James una volta chiusa la
porta, e agguantata la bacchetta dal comodino accese alcune fiaccole.-
Accomodati. – propose gentilmente alla ragazza.
La Grifondoro si sedette sulla sponda dell’unico letto
libero,
tesa come una corda di violino.
La camera era grande e follemente disordinata.
Libri e vestiti ricoprivano la maggior parte
delle superfici piane, pergamene e calamai facevano il resto. In un
angolo,
Lily notò, erano accatastati alcuni pesi e delle macchine
per fare ginnastica.
Foto e fotografie riempivano le pareti, appesa ad un chiodo vicino
all’entrata
c’era invece una chiave d’oro squisitamente
cesellata. Come avessero fatto a
ridurre la stanza in quella situazione, dopo sole ventiquattrore di
permanenza,
era un mistero.
Black fu il primo a dare segni di vita, sollevò la testa
dal cuscino, inquadrò Lily, sbattè le ciglia
profondamente perplesso, e si
nascose nuovamente sotto le coperte.
Remus, sdraiato nel letto dietro di lui, si mise a sedere
e, represso uno sbadiglio, la salutò cordialmente con un
cenno del capo.
Altro che fare baldoria, quelli se la dormivano alla
grossa!
- Bel pigiama, Evans. – soffiò Sirius riemergendo
dal
groviglio delle lenzuola.
- ‘azie. – mormorò lei imbarazzatissima.
Sicuramente non
poteva rigirare il complimento considerando che Black dormiva con
indosso solo
un paio di boxer neri.
- A che dobbiamo l’onore? – le chiese a quel punto
Potter,
appoggiatosi con una spalla alla colonna del suo letto.
- Dalla torre si sentiva un concerto di schiamazzi e… bhe,
pensavo foste voi. -
- Capisco. – fu il laconico commento di James.
- Forse sono i Corvonero… - borbottò Remus,
tirando le
maniche della sua dolcevita grigia fino a coprirsi le mani.
- Forse. – non si sbilanciò la rossa.
- Già. -
- Già. –
- Già. -
- Vuoi qualcosa da bere, Lily? – Black si alzò dal
letto
facendo bella mostra del suo fisico modellato e trasse da quello che
aveva
tanto l’aria di essere un mini frigo una bottiglia di Wisky
Incendiario. La
Evans pensò all’innocente orzata abbandonata sul
suo comodino e decise di
fuggire via dal qual covo di matti. Si alzò in piedi di
scatto – Nono, grazie
mille. Anzi, scusate per avervi svegliato… io me ne ritorno
a letto! -
Ma non fece in tempo a muovere un passo che una mano le
afferrò
saldamente il polso facendola rabbrividire. – Ma no, non
andartene. Tanto ormai
ci hai svegliato! Facciamo qualcosa di divertente, no? –
I campanellini del suo braccialetto tintinnarono
soavemente quando Potter allentò la presa e con maggiore
gentilezza la spinse
nuovamente sul letto.
- Di divertente tipo? – soffiò Lily diffidente.
- Bagno di mezzanotte nel lago nero. – propose
allegramente Black, poggiato con i fianchi al marmo del davanzale.
- Perché non direttamente al polo nord, già che
ci siamo? –
frecciò Lupin con un minimo di buon senso.
- Diamo fuoco al dormitorio delle serpi, allora. –
continuò imperterrito Sirius, affatto smontato dal cinismo
di Lunastorta.
Remus sbuffò, di sottofondo, e roteò gli occhi
celeste
polvere.
Felpato diede un lungo sorso di Wisky Incendiario e si
leccò le labbra. - Andiamo alla festa. –
tubò, colto da un’improvvisa
inspirazione.
- Quale festa? – allibì Lily.
- Quella da cui viene tutto questo casino, no? –
replicò
il Grifondoro innocentemente.
- Questo
già si potrebbe fare… - asserì Potter,
facendo
schioccare l’accendino per accendersi una sigaretta.
- Ma
ragazzi, sono quasi le tre di notte… tra poche ore ci
dobbiamo alzare! -
- Che palle, Lunastorta! Tanto vieni. -
- E se mi rifiuto? -
Sirius gli scoccò un’occhiata scettica e Peter
Minus russò
con particolare enfasi per sottolinea quanto la mancata approvazione di
Lupin
potesse influenzare i piani comuni.
- Pet, svegliati. – urlò Potter raccogliendo una
scarpa e
lanciandola addosso al bell’addormentato. –
Lunastorta, Felpato, vestitevi. Ah,
e …Sirius? -
Il moro, che si era infilato al volo una camicia inamidata
e non preoccupandosi di allacciarla era già alla ricerca dei
pantaloni, alzò il
capo. – Sì?
–
- Stasera la stanza singola è mia. –
dichiarò James con
aria diabolica.
- Cosa!? – Black spalancò le fauci, furioso.
– No, non è
vero. Tocca a me. -
Potter scosse la testa con enfasi e ciccò in un prezioso
portacenere di cristallo posto in bilico su una pila di vestiti.
– Sbagli. È la
mia notte vero Rem? –
- Hem… - esordì quello con aria persa.
– Ragazzi, è quasi
mattina non fareste neanche in tempo a da aprirla quella porta.
– tentò infine
con santa pazienza.
I due sondarono l’affermazione e costatarono che forse
era vero e che Lupin, come sempre, aveva ragione.
- Lily, ti aspettiamo giù in sala comune
d’accordo? –
borbottò James spezzando il silenzio e suggellando la resa.
La ragazza soffocò una risatina acida. – Cosa ti
fa
supporre che io venga, Potter? –
- Hai di meglio da fare? – replicò quello
sagacemente.
- Dormire, per esempio? -
- Dacci un taglio, Evans. Tanto che soffri d’insonnia lo
sappiamo tutti da anni. – James sorrise angelicamente.
La rossa aprì a richiuse la fauci un paio di volte.
–
Come…? –
- Ti aspettiamo giù in Sala Comune. –
ripeté il Grifondoro
– E non metterci una vita altrimenti fa l’alba. -
Lily ignorò la provocazione. - Io non vengo. -
Il ragazzo la guardò intensamente per un paio di secondi.
– Come vuoi. – commentò infine con
un’alzata di spalle.
Oh, no.
Lei non sarebbe mai andata a quella festa.
Non si sarebbe mai fatta coinvolgere in una follia
notturna di tali dimensioni.
Non da loro, perlomeno.
I tanto celebrati Malandrini.
No, proprio no.
E allora perché, si chiese pochi minuti dopo, sdraiata
sotto al suo letto in cerca delle scarpe, aveva indossato una minigonna
nera a
balze e una felpa color
prugna che le
lasciava scoperte le spalle e finiva con un enorme cappuccio?
Perché si era
passato un velo di rossetto alla ciliegia sulle labbra e
aveva pettinato
al volo i capelli?
Perché diavolo non trovava quelle stramaledette scarpe?
La ragazza imprecò sottovoce quando batté la
testa contro
la struttura in legno massiccio del letto. Trascorsa un’altra
decina di secondi
alla ricerca delle calzature, la ragazza afferrò gli stivali
con i tacchi di
dodici centimetri che Alice aveva sbattuto in un angolino e si
lanciò giù per
le scale, saltellando ad ogni pianerottolo nel tentativo di infilarsi
le
scarpe.
Al quarto piano riuscì a calzare quella destra, al terzo
cadde per le scale, al primo, con un ultimo strattone, anche
l’altro stivale di
pelle nera rigorosamente firmata cedette e accolse il suo grazioso
piedino.
Quando fece la sua entrata nella sala comune, leggermente
oscillante, Black e Potter, appoggiati con i fianchi allo schienale del
divano,
emisero un paio di bassi fischi, Lupin, mani in tasca, le sorrise,
Minus iniziò
a sbavare.
La rossa notò che Black non si era ancora allacciato la
camicia.
- Ma quelli non sono di Alice? – domandò James
fissandole
i piedi con aria perplessa.
- Sì ma – la Grifondoro si aggrappò
alla sua spalla e finì
di chiudersi la cerniera lampo dello stivale di sinistra. –
non trovavo le mie
scarpe. -
- Sai camminarci? – il ragazzo la squadrò
preoccupato.
- Certo! – s’indignò Lily, e per
dimostrare che ciò che
diceva era vero fece un’aggraziata mezza giravolta.
- Okay. – annuì Potter anche se poco convinto.
– Allora
andiamo. -
Quando,
molto galantemente peraltro, Black la invitò a
scendere per prima verso l’ingresso della Sala Comune, la
Evans ebbe la netta
sensazione di cacciarsi in un guaio più grande di lei.
E non
era l’azione in se che la spaventava, era la
compagnia a farle presagire che nulla sarebbe girato come di dovere,
quella
notte.
Lily, a discapito di quanto si potesse dire in giro, il
combinare guai lo aveva nel sangue.
Ma da anni esercitava la sacra arte della discrezione, e
delle sue numerose bravate che aveva compiuto erano a conoscenza solo
pochi
amici fidati.
Giunta allo spiazzo che precedeva l’uscita, la ragazza si
voltò – Andiamo a Tassorosso, allora. –
sibilò, tanto per organizzare un minimo
la cosa.
- Perché Tassorosso e non Corvonero? – le chiese
di
rimando Lupin, inarcando leggermente un sopracciglio. – I
loro dormitori sono
più lontani, rispetto al nostro. -
- Perché se ci fosse stata una festa a Corvonero lo avrei
saputo. – spiegò semplicemente la rossa.
- Non ti passa neanche nell’anticamera del cervello che
magari Redgrave desiderasse spassarsela con qualcun’altra e
non ti volesse tra
i piedi? – Potter si passò una mano tra i capelli,
esasperato dalla sua
ingenuità.
- No. -
- Hn? –
- Tu potresti fare una cosa del genere, non lui. –
chiarì
la Evans con tono pacato.
James la guardò con palese astio. – Io non capisco
proprio
cosa ci trovi di tanto speciale in quello là! –
borbottò irritato.
- Esattamente quello che non vedo in te, tesoro. –
frecciò
Lily, velenosa, e lasciandosi tranquillamente mandare al diavolo
aprì il
ritratto con un gesto deciso.
Mosse un passò nell’oscurità e tanto il
tacco quanto la
punta del suo preziosissimo stivale affondarono miseramente in una
melma non
meglio identificata.
- Cosa…? – la rossa, con violenza,
tentò di ritrarre il
piede ma ottenne soltanto di perdere l’equilibrio e cadere
molto elegantemente
in braccio a Black.
- Te l’ho detto che non ci sapevi camminare con quei cosi.
– celiò Potter, lieto di potersi vendicare.
La ragazza, dal basso, gli lanciò un’occhiata
omicida. –
Sono incastrata, idiota. –
- Eh? – allibì quello, sgranando gli occhioni.
- Il mio piede è trattenuto de qualcosa di schifosamente
viscido, non so spiegartelo con parole più semplici: mi
spiace. -
E mentre Potter si spanciava dalle risate, Minus ebbe la
brillante idea di lanciarsi a capofitto sulle gambe della strega e,
afferrata
quella sinistra più o meno a metà coscia, di
mettersi a tirare.
Lily, più sconvolta che altro, dopo avergli gentilmente
chiesto per una decina di volte di lasciarla andare, iniziò
a prendere in
considerazione l’idea di trafiggerlo con il tacco a spillo
dello stivale
destro.
Prevedendo il dramma, Potter afferrò saldamente
l’amico
per le spalle e lo scansò a viva forza, si scusò
con la rossa, si sdraiò prono
sul pavimento e fece luce sulla piede prigioniero con la sua bacchetta,
ammutolì.
- Allora? – lo richiamò Lily dopo qualche secondo.
Lui si mise seduto
contro il muro e la guardo ad occhi sbarrati.
- Allora!? – ripeté la strega artigliandolo per
una spalla
a scuotendolo.
Black, stufo della situazione afferrò la Evans per i
fianchi e la spostò in grembo a Potter, poi si sporse lui
stesso. Quando alzò
il viso, su di esso albergava la stessa espressione costernata che
aveva
l’amico.
- C’è una specie di lago di… non so,
una sorta di
gelatina, ecco. -
- Gelatina? – Lupin restò basito.
- Sì, beh, è una sostanza collosa e trasparente.
il
corridoio ne è totalmente invaso. -
- Quanto è alto lo strato? – domandò la
Grifondoro con
aria clinica.
- Una trentina di centimetri credo. -
- Ma che roba è? – gemette Peter orripilato.
- Ma che ne so…! -
- Prima la tiriamo fuori e poi vediamo di che si tratta,
okay? – propose James con buon senso.
Lei annuì e rendendosi improvvisamente conto di stare in
braccio al ragazzo che nelle ultime ore le aveva reso la vita un
inferno fece
leva sui polsi e tentò di sollevarsi.
Potter la afferrò per la vita e molto democraticamente se
la premette contro con forza – La pianti di guardarmi come se
fossi un maniaco
incallito per favore? – le sibilò ad un orecchio.
- è difficile considerando come ti comporti. –
ringhiò
lei, arricciando le labbra in maniera ostile.
- Se ti riferisci alla faccenda del bagno, io stavo solo scherzando.
– replicò il Grifondoro roteando gli occhi.
- Senti Lily, se ti sfiliamo lo stivale va bene lo stesso?
– le domandò gentilmente Remus, accovacciato
assieme a Black vicino
all’entrata.
- Sì, però dopo dobbiamo recuperarlo:
è di Alice. –
- Allora è meglio tirare via tutto insieme, altrimenti lo
stivale affonda. – Black si passò una mano sul
viso, tentando di non cedere
all’ilarità del momento.
- Hai capito? Stavo solo scherzando. – Potter trasse dalla
tasca dei pantaloni neri un pacchetto di sigarette e ne
afferrò una coi denti.
- Bello scherzo. – soffiò la Evans voltandosi a
guardarlo
inferocita.
- Lily, se non ti muovessi sarebbe meglio. – gemette
Lupin, con le mani affondate fino ai polsi in quella robaccia.
- Starò ferma. – assicurò
diligentemente la Grifondoro.
- Allora scusa, va bene? Scusa. - il ragazzo diede un tiro
alla sigaretta e la passò a Black.
- Potter, ma chi ti credi di essere? Un dio sceso in
terra? Fai quello che ti pare, ti sprechi in due misere scuse e poi
pretendi
pure di essere perdonato così, come se nulla fosse. -
esasperata, la Evans
scosse il capo.
- Beh… no. Però, in fondo sì.
Cioè… era uno scherzo, Dio
santo! Cosa dovrei fare, prostrarmi ai tuoi piedi e chiedere venia? -
- Non ti ho mai chiesto questo, se non sbaglio. –
replicò
Lily, sorpresa e al tempo stesso infastidita.
- Non me lo hai mai chiesto però lo pretendi! Si deve fare
un esame per riuscire a scambiare quattro parole con te? O forse ci
sono delle
audizioni?! -
- Un esame? – saltò su la rossa. – Ma
vai a farti fottere,
Potter. -
- Lily, stai ferma che forse ce l’abbiamo fatta, okay? -
- Sì, scusa Rem.- la ragazza gli regalò un
sorriso dolce
come il miele per farsi perdonare, poi con voce bassa e vibrante
ringhiò – E
adesso ascoltami bene James, perché non credo lo
ripeterò altre volte. Io non
ti odio, ma il novanta per cento di te mi fa innervosire, il restante
dieci per
cento mi manda in bestia. Questo non è odio ma per quanto ne
so io non è
neanche amore. Dimmi tu come posso superare questa naturale avversione
nei tuoi
confronti e io e te diventeremo amichetti del cuore, te lo prometto. -
- Tu mi giudichi senza conoscermi. – sentenziò il
moro con
semplicità.
- Perché se ti conoscessi sarebbe diverso, vero? -
- Certo. – ed ecco riemergere il tanto odiato sorrisino.
- Vedi come sei fatto, James? Non impari mai… - e con una
luce amara annidata nelle iridi verde prato, la rossa tirò
su il piede
finalmente libero. – Grazie ragazzi. –
mormorò quando si rimise in piedi,
barcollante.
- Ma ti pare! È stato un piacere toccarti le gambe.
–
ironizzò Black.
La rossa fece orecchie da mercante. – Adesso che facciamo,
diamo l’allarme? –
- Direi che non c’è altro da fare, purtroppo.
– e con aria
demoralizzata Lupin puntò la bacchetta verso il soffitto.
Una bolla luminosa si condensò pochi metri davanti a loro,
lievitò verso le arcate dell’ampio soffitto e
infine scoppiò in un urlo
lancinante.
Tempo due minuti e, avviluppata in una vestaglia di
flanella rosa confetto, a cavallo di una vecchia scopa spettinata,
apparve
l’ossuta professoressa di artimanzia.
Sulla testa aveva una abbondante decina di bigodini, ma
bastò una sola occhiata alla sua espressione per far
sì che il sarcastico
sorrisino dei ragazzi si spegnesse.
Qualcosa, decisamente, non andava.
Spazio
Autrice:
Ho poco da dire, se non che stasera vado veramente di
fretta! XD
Mi attende un weekend di fuoco e, onestamente, voglio
godermelo tutto quanto…
Dunque: un gigantesco GRAZIE a tutti coloro che hanno
aggiunto questa storia ai preferiti. Siete più di quanti
avessi mai osato
immaginare ragazzi, davvero.^^
Circa le
recensioni… onestamente sono un po’ delusa.
Voglio dire, il numero delle letture, come quello delle preferenze,
è
altissimo. Quindi ne deduco che la fanfic in fin dei conti piaccia
abbastanza.
Allora perché riesco ad avere così poche opinioni
sul mio lavoro? Non vale
cinque minuti del vostro tempo?
Uff…
oggi sono acida. Mi spiace.^^
Sarà che devo fare un dolce e non ho la ricetta
(Chià,
sentiti in colpa. XD) o che la casa è un delirio e per
domani deve essere
perfetta.
=_=
Non voglio sfogarmi con voi, quindi levo le tende. :P
Un bacio e tutta la mia riconoscenza ad Alexluna (che
lovvo da impazzire e che non vado mai a trovare perché sono
una cretina…) a Cla
(che ora avverto del nuovo capitolo sennò domani mi taglia
le gambe), a
Megarah_witch e Nikelaos (due nuove arrivate: ma che bello!^^), a
hermionex95
(che ha lasciato traccia del suo passaggio in ogni capitolo compresa la
mia
altra fic “The Snow and The Night”. Sei veramente
un tesoro… il tuo entusiasmo
mi contagia!), a Irene_evans (che si dilunga in recensioni a dir poco
soddisfacenti…^^ Sei davvero un angelo, ma per una risposta
degna del tuo
commento dovrai attendere il prossimo aggiornamento, adesso sono
davvero di
corsa!T_T).
Detto questo,
Un Bacio!
|
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Capitolo 6 *** CAPITOLO 6 - Aspettando l'alba - Parte I - ***
CAPITOLO
6 – Aspettando l’alba - I Parte -
Accovacciata sul
gradino di pietra che delimitava il focolare, ginocchia strette al
petto e viso affondato tra le rotule, Alexia Campbell taceva.
Di parole sprecate, in
quella notte, ce ne erano state anche troppe.
Inizialmente quelle
dei professori, che con assurde richieste di calma erano riusciti a
svegliare tutta la torre, in seguito quelle degli stessi Grifoni, che
erano stati lieti di lasciarsi prendere dal panico.
Tempo cinque minuti e
l’intera casata rosso-oro si era riversata nella sala comune
in preda ad una simpatica crisi isterica.
Chiasso. Tanto chiasso.
Ma
soprattutto… un
frenetico accavallarsi di pensieri più o meno urlati.
Era questo che le
aveva dato il colpo di grazia.
Che le avrebbe
impedito di vivere quella strana nottata come tutti gli altri.
La pressione di tutte
quelle coscienze.
La sua, infatti, non
era una comune emicrania. Non un lancinante ma ordinario mal di testa.
No.
Era molto di
più.
Era una vivace
protesta. Il disagio di un potere che non voleva essere tenuto sopito.
Telepatia.
Ecco il nome della sua
condanna.
Una
capacità che la costringeva ad odiarsi, a disprezzarsi nel
più crudele dei modi.
Perché il
rispetto per la privacy era una delle principali regole di vita a cui
Alexia Campbell si era sempre attenuta.
Comunque sia, urla e
lamentele avevano innescato la sua sofferenza ed oramai il danno era
fatto, probabilmente l’emicrania le sarebbe passata solo tra
qualche ora.
Ed era stata tutta
colpa di quella baraonda.
Nulla erano valse le
autoritarie urla degli insegnanti né il supporto dei
Caposcuola.
L’ordine si
era ristabilito solo quando Alice Lysandra Montgomery, il cui
profondissimo sonno era stato turbato da tutto quel caos, si era
degnata di mettere fuori il suo delicato nasino dall’ultima
stanza della torre più alta del castello, per chiamarla come
lei e Lily erano solite fare.
Minuscoli short in
maglina bianca che mettevano in risalto le sue stupende e lunghissime
gambe abbronzate, una T-shirt verde acido con su stampata una
fotografia di un gruppo rock babbano, la mora si era presentata in Sala
Comune di un umore tanto palesemente pessimo che la folla si era scissa
in due ale per farla passare.
La Montgomery aveva
ascoltato insolitamente seria il resoconto della professoressa Greta
Walsburg e si era rivolta ai suoi compagni. – Quale parte
esattamente non vi è chiara del “ritornate nelle
vostra camere in caso di novità verrete
aggiornati”? – aveva ringhiato rabbiosa.
E in un battito di
ciglia, con grande disappunto di coloro che fino a quel momento avevano
inutilmente tentato di frasi ubbidire, la stanza si era svuotata.
Alice aveva la fiducia
dei suoi compagni, una forte autorità e uno straordinario
carisma, oltre che una pericolosa quantità di giusti agganci.
Il motivo per cui non
l’avessero nominata Caposcuola, era tutt’ora ignoto.
Fatto sta, che adesso
il permesso di rimanere nella Sala Comune era stato accordato dalla
Montgomery solo a pochi eletti, tutti gli altri erano stati spediti a
letto.
Alexia
sussultò nel sentire un braccio che le cingeva le esili
spalle, sollevò appena la testa e socchiuse gli occhi.
Una tazza in ceramica
color avorio le oscillava proprio davanti al naso.
-
Cos’è? – sibilò con voce roca.
Lily
soffocò a mala pena uno sbadiglio. - Una tisana alle erbe,
dovrebbe farti bene. –
- Non so
perché, ma credo che ora come ora preferirei del veleno.
– la bionda accennò un cupo sorrisino e
afferrò la tazza con entrambe le mani. La cullò
per qualche secondo, osservando il liquido bollente vorticare sotto un
ricciolo di vapore, poi l’accostò alle labbra e
diede un minuscolo sorso.
Una smorfia schifata
deformò i delicati lineamenti della Grifondoro, che
allontanò di getto la tazza e con un’espressione
quasi tradita fissò Lily in silenzio.
- Il veleno non
avrebbe un sapore migliore. - osservò quella sulla
difensiva. – E poi non può essere tanto cattiva,
sulla ricetta diceva che avrebbe avuto un sapore speziato e
gradevole… – aggiunse anche se poco convinta.
Alexia, gli occhi
ridotti a due limpide schegge di cielo, con aria di sfida le porse la
bevanda incriminata.
Tempo due secondi e la
Evans aveva preso a tossire istericamente.
- è
disgustosa! – protestò mezza sconvolta, la
biondina si espresse in un debole sogghigno e nascose nuovamente il
viso tra le ginocchia.
Alice le raggiunse e
si sedette alla sinistra della Campbell, le passò un braccio
attorno alla vita e la strinse forte.
- Come va, tesoro?
– domandò preoccupata.
La biondina
corrugò le sopracciglia, ironica. – Ho avuto
periodi migliori. -
- Beh… tu
sai come la penso. – Il tono della Montgomery si fece
stranamente duro. – Se lasciassi che il tuo potere si
sviluppasse, probabilmente riusciresti anche a controllarlo senza
problemi. -
- Se lasciassi che il
mio potere si sviluppasse, adesso saprei cosa stai pensando. Conoscerei
ogni tuo più piccolo segreto… forse non ti
guarderei come ti guardo adesso. Forse avrei una differente opinione di
te, te ne rendi conto? E forse… sì, forse sarei
diversa da come sono adesso. – Alexia prese fiato, tremante.
Quelle discussioni la sfinivano sempre. – Pensi che ne
varrebbe la pena? Credi che la capacità di leggere e
comunicare con la mente valga tutto questo? -
Alice la
fissò in silenzio per qualche istante, il suo profilo
regolare si stagliava contro le fiamme in una inquietante combinazione
di chiaro scuri.
- Sii ciò
che sei nata per essere. – mormorò. – E
non importa come sarai, perché sarà comunque
giusto, no? Avrai assecondato la tua natura e dunque la tua vera
indole… non c’è legame più
forte di questo! E poi non saresti diversa… saresti
semplicemente più potente. E potresti decidere cosa
ascoltare e cosa no… -
La bionda
ringhiò, frustrata. – Tutte balle. –
decretò. – Sarei sopraffatta e non potrei
scegliere proprio nulla. I vostri pensieri mi sommergerebbero come un
mare in piena, non riuscirei ad arginarli come faccio adesso. E poi che
diavolo di ragionamento è questo? Se ciascuno di noi
seguisse la strada che gli è stata disegnata davanti quasi
sicuramente Victoria sarebbe una Mangiamorte, Black un maniaco del
sangue puro e Floranna una spietata assassina… Non
è così che si ragiona Alice, solo
perché tu hai avuto la fortuna di nascere dalla parte giusta
non vuol dire che gli altri non debbano avere la possibilità
di scegliere! –
La Montgomery si
dimenò inquieta. – Beh, non dovrebbero averla se
la loro scelta è quella di sopprimere i loro poteri.
È qualcosa di cattivo, ecco. Di innaturale. Senza contare
che potresti giovare ad un sacco di gente… -
- Non me ne frega
nulla. – Alexia si affondò inconsapevolmente le
unghie nei polpacci e serrò forte gli occhi.
- Beh… la
telepatia è una branca della magia tuttora inesplorata.
Potresti davvero scoprire cose che nemmeno immagini se ti lasciassi
andare. – abbozzò Lily stiracchiando le lunghe
gambe e accingendosi a sfilarsi gli stivali. Alice, riconoscendo le
calzature e facendo caso solo in quel momento al suo abbigliamento, le
lanciò uno sguardo curioso.
- Ti ci metti anche tu
adesso? – le soffiò addosso la bionda, furente.
La Evans si strinse
nelle spalle. – Credo solo dovresti sondare per bene tutte le
alternative senza essere prevenuta. – sentenziò
pacatamente. – E poi… non ti attira neanche un
po’? – soggiunse con un sorrisino malizioso.
La Campbell
scattò in piedi e ondeggiò lievemente, stordita.
A grandi passi raggiunse il capo opposto della sala. – Adesso
sì che ho bisogno di una sigaretta… - la
sentirono borbottare mentre si allontanava.
Che dire, una fuga in
grande stile.
Alice scosse il capo e
si lasciò andare ad una risatina quasi divertita.
– Cederà, prima o poi.–
sentenziò. - Ne sono sicura. -
- Forse. –
acconsentì Lily pensierosa. – Ma chissà
se la stiamo spingendo nella giusta direzione…
D’altronde anche Vicky è contraria, no? -
- Vì le
lascia carta bianca, è diverso. –
precisò la Montgomery acidamente. – Piuttosto
dimmi, cara… esiste un particolare motivo per cui indossi le
mia scarpe? -
- A dire la
verità pensavo di andare ad una festa. –
tubò la Evans con un sorrisone.
- Una festa?
– le fece eco una voce melodiosa. – Non vedo
momento migliore… -
Pochi istanti dopo,
dalla scala del dormitorio femminile emerse una ninfa bionda. I capelli
liscissimi riversi sulle spalle come una cascata d’oro
zecchino, Cleopatra Edenbrought veleggiò verso le due
ragazze con l’incedere di una regina.
- Ciao dolcezze.
– soffiò con un ghigno, poi si
accigliò. – Il terzo moschettiere ve lo siete
perso per strada? – frecciò sarcastica.
- No, ci ha scaricate
per una sigaretta. Sai, lo stress… - Alice levò
gli occhi al cielo e si strinse nella maglietta mezza sdrucita.
Cleopatra, fasciata in
un completino di pizzo e seta color glicine, si lasciò
sprofondare in nella poltrona più vicina e, scalciando le
ballerine in lucida vernice bianca, tirò su anche i piedi.
– Che le avete fatto? – domandò soave.
- Assolutamente nulla!
– s’indignò la mora assumendo
un’espressione di finta innocenza che non le si sarebbe
addetta neanche tra un milione di anni.
Uno scoppio di risa fu
un commento decisamente appropriato a quella sua aria da santarellina.
– Ma certo, nulla a parte cercare di convincerla a diventare
una sorta di antenna satellicosa! –
James Potter, ancora
sghignazzante gettò addosso alla Grifondoro il maglione che
si era appena sfilato. – E copriti, scema che non sei altro,
fa freddo… -
- Satellitare Potter,
satellitare… - lo rimbeccò Lily che, precisina
come sempre, accantonati gli stivali in un angolo si andò a
sedere su una poltrona sformata situata accanto a quella in cui giaceva
la Edenbrought.
- Ma che teneroooo!
– cinguettò invece Cleo, che quella sera pareva
proprio avere il dente avvelenato. – Sai James, non pensavo
che tu potessi essere così incredibilmente dolce e premuroso
con una ragazza che non fosse disposta a venire a letto con te. -
- Principessa dei miei
stivali, perché non chiudi il becco per un paio di minuti e
mi dai pace? – Potter, senza fare una piega, tirò
rudemente in piedi Alice afferrandola per il colletto e le
infilò il maglione dalla testa, spettinandola come un
pulcino.
La Montgomery,
decisamente esasperata, provò debolmente a ribellarsi.
– James, sto bene… - gemette.
Quello non diede segno
di averla sentita, ma anzi se la trascinò dietro sul divano
e con inconsueta delicatezza le cinse i fianchi in modo che non potesse
fuggire.
- Sì,
sì… vabbè. Poi, se ti ammali, tua
madre chi la sente? – borbottò sistemandosi meglio
e schioccandole un bel bacio in fronte.
Alice alzò
gli occhi al cielo ma non replicò.
Remus Lupin, con
un’espressione particolarmente lugubre stampata in viso,
abbandonò le sue cinque carte sul lungo tavolo di mogano a
cui erano seduti Peter, Black e Nina Franklin, avviluppata in un
completino di cotone color mandarino. Le figure, rivolte verso
l’alto in modo da risultare ben visibili, restarono le ultime
testimoni della sua sconfitta.
Aveva perso. Ancora
una volta.
La terza consecutiva,
quella sera.
E non
perché fosse scarso, nel gioco… no. Ma la sua
mente era altrove.
Alexia, accovacciata
al capotavola opposto a quello dei giocatori, distolse le labbra rosee
dal filtro della sigaretta caritatevolmente offertale da Sirius per
osservare Remus con maggiore attenzione. Ravvivandosi i riccioli con
languida pigrizia, la Campbell diede un ennesimo tiro e
appoggiò stancamente il capo sul palmo aperto della mano
sinistra, ornata da una sottile fedina argentea.
Il fumo
tornò ad offuscarle i pensieri.
Per motivi puramente
pratici, infatti, non era abituata a soffocare nel vizio la sua
sofferenza.
L’alcool
corrodeva le sue barriere psichiche con disarmante abilità,
il tabacco aumentava le possibilità che cadesse preda di un
attacco d’asma.
Tossendo rauca, Alexia
maledisse la sua fragilità fisica.
Erano bastati
quarantacinque caotici minuti per ridurla in uno stato pietoso, ammise
a malincuore sentendo le tempie pulsare in preda a dolorosissime fitte
e la gola gonfiarsi poco alla volta, irritata dal fumo acre e troppo
forte.
I polmoni stessi
sembravano andare a fuoco al contatto con quella fragranza nociva, ma
la ragazza li ignorò, costatando come, quella notte, ci
fosse qualcuno malandato al suo pari.
Lupin, con pesanti
occhiaie sotto agli occhi celeste polvere, si lasciò cadere
sul divano accanto a James ed Alice.
- Quanto pensate
durerà questo strazio? – sibilò
cupamente, stropicciandosi le mani intirizzite e protendendole verso le
fiamme.
Lily si strinse nelle
spalle, scrutandolo a sua volta. – Problemi? –
chiese soltanto.
- Qualcuno.
– masticò il bel biondino a denti stretti,
lanciano un fulmineo quanto involontario sguardo alla finestra, oltre
il cui vetro il cielo iniziava a tingersi dei colori
dell’aurora.
Sirius,
dall’altro lato della stanza, abbandonò la partita
a sua volta, troppo abbacchiato per continuare anche in assenza dei
suoi degni compari. Peter emise un flebile gemito di disappunto e
rovesciò la testa all’indietro.
Erano ore che andavano
avanti a giocare senza nessuna effettiva voglia di farlo.
Ed erano solo le
cinque di mattina.
- Pensate sia opera
dei Mangiamorte? – chiese infine Nina, dando voce ai pensieri
di molti.
Nell’attimo
di silenzio che seguì, la mente di tutti volò
rapida a tutte le possibili conseguenze che l’ipotesi portava
con se.
- No. –
decretò infine Lily con il solito sangue freddo. –
Sarebbe un’impresa assurda e loro lo sanno. -
- Però
è preoccupante sapere che basta un po’ di gelatina
per ridurre la scuola in questo stato, non credete? –
soffiò acidamente Cleopatra. – Comunque sono
d’accordo con Lily, non credo che le forze del male centrino
nulla stavolta… con rispetto parlando, sia chiaro!
– frecciò stucchevole alla volta di Sirius, che le
lanciò addosso con la massima disinvoltura il suo
portasigarette.
La bionda lo
afferrò al volo, rapida come una saetta, e
sogghignò seducente, fedele alla sua fama da eccellente
cacciatrice di Quidditch.
- Cosa
c’è tesoro… le mie allusioni ti
irritano? -
Nina, compreso
l’andazzo, si alzò, stiracchiandosi con grazia.
– Vado a vedere su com’è la
situazione… - mormorò con un sorriso.
Sirius la
salutò con un cenno distratto, tutto preso dalla sua
schermaglia con la Edenbrought. - Mai quanto il costatare che sei
ancora vestita, bionda. Non avevamo deciso che saresti caduta nelle mie
grinfie prima della fine dell’anno? -
- Nei tuoi sogni
forse… - bofonchiò Cleopatra, studiandosi
un’unghia. Le iridi smeraldine, incastonate tra un fitto
ventaglio di ciglia come le più preziose delle gemme, si
velarono appena di divertimento.
- Nei tuoi, al limite.
– replicò lui con sagacia. –
D’altronde lo sanno tutti che sono una compagnia molto
ambita… dovresti essermi grata per
l’opportunità che ti offro, sai Cleo? La tua prima
volta… -
- Ma schiantati
Sirius! – sbottò quella saltando in piedi serrando
rabbiosamente i pugni lungo i fianchi torniti.
Alice
ridacchiò divertita.
Mai che quei due non
scadessero in sconcezze, quando battibeccavano.
In fondo, Cleopatra
era fin troppo bella e intelligente per non piacere neanche un poco al
Grifondoro la cui fama di Don Giovanni superava di gran lunga quella di
chiunque altro, all’interno del vecchio castello.
Però James
Potter, a quel riguardo, si era espresso chiaramente fin da quando la
biondina era divenuta una preda appetibile agli occhi di qualunque
essere di sesso maschile.
“è
la mia donna modello, - aveva detto. - toccala anche solo con un dito e
ti spacco la faccia.”
E Sirius aveva
obbedito. Con diligenza e buona volontà, le sue mire verso
la Edenbrought si erano gradualmente trasformate in una buona amicizia.
Il suo particolare
interesse per la Grifondoro tutto pepe, si poteva oramai intuire solo
da certe particolari attenzioni sulle quali Cleopatra speculava
provocandolo deliberatamente, e a volte rendendo il suo compito molto
più arduo di quanto non sarebbe potuto essere.
Ma in fin dei conti il
suo era solo un capriccio, e Sirius lo sapeva bene.
Un desiderio
facilmente oscurato dai corpi di molte altre, tra le lenzuola.
Corpi senza volto e
notti senza nome. Questa era la sua filosofia di vita.
Comunque Potter, a suo
tempo, aveva messo il veto anche su di un’altra ragazza.
Però in
quel caso le cose erano andate un po’ diversamente…
- A cosa pensi Sirius?
– domandò la Montgomery, incuriosita dal suo
silenzio.
- Alla sera di
Halloween di quattro anni fa. Strano come certi ricordi tornino a
galla, no? – Black si appollaiò sul bracciolo
della poltrona di Lily fissando trasognato le fiamme.
Nella sua mente si
avvicendavano girandole colorate e confuse, maschere sfumate, corpi
palpitanti al ritmo scatenato di una musica rock… e poi, con
chirurgica precisione, la rarefatta frescura di una passaggio segreto.
Ricordò la sorpresa di trovarla lì, tutta sola,
strizzata nel suo ammiccante abitino da cattiva ragazza. Le sua labbra
lucide di Vodka… la sua voce vibrante…
- Mmm… non
fu poi tutto questo spasso, no? Voglio dire: niente male come festa. Ma
quella dell’anno dopo non fu molto migliore? –
tubò Cleopatra, che all’epoca era solo al primo
anno.
- Oh, ma è
logico che quella successiva fu una meraviglia, la organizzò
Alice! – s’infiammò Lily, sempre pronta
a decantare le lodi dell’amica. – Però
quella fu una serata movimentata da tutti i punti di vista… -
- Cinzia Thompson
lasciò il suo ragazzo con una memorabile piazzata.
– iniziò James, stiracchiando le braccia verso
l’alto e poi tornando ad abbracciare Alice.
- Ritrovammo Peter
completamente ubriaco avvinghiato alla Dempsei dietro una colonna.
– soggiunse Remus con un sorrisino ammiccante.
-
Già… da quella sera smettemmo di credere che
dietro i suoi modi paciosi si nascondesse in realtà una
natura omosessuale. – Sirius scansò la lunga
frangia color pece che gli copriva gli occhi e si alzò in
piedi, iniziano a girovagare.
- Vabbè che
quella era una mezza ninfomane, - obbiettò James poco
convinto. – Merlino, aveva diciassette anni e andava a
imboscarsi con un tredicenne imbranato! Era evidente che avesse qualche
problema… -
Peter Minus, rosso
come un pomodoro maturo, cercò debolmente di obbiettare, ma
Lily lo interruppe.
- Un Tassorosso del
sesto finì in infermeria alle undici e mezza, ricoperto di
insolite pustole color ciclamino, dopo avere infastidito Victoria per
un ballo. – ricordò infatti la ragazza,
stringendosi nelle spalle. – E poi… -
proseguì incoraggiante.
- …tanto
per concludere in bellezza… – frecciò
Potter acidamente.
- …io e
Sirius ci baciammo. – confessò Alice vagamente
imbarazzata.
Cleopatra, sgranando
gli occhini smeraldini, trasecolò.
- Sì.
– confermò il diretto interessato
con una smorfia. - E come prevedibile James mi fece un occhio nero.
–
Potter, tutto
compiaciuto, non poté fare a meno di protestare –
Io ti avevo avvertito che Alice era zona off-limits! –
- Sì,
sì… zona off-limits un schiopodo sparacoda,
James! – intervenne Remus Lupin, improvvisamente molto
più allegro. – Diciamo che c’era di
mezzo un po’ di sana gelosia… -
Potter
ammutolì di scatto, Lily attaccò a ridere forte.
Anche Alexia, dal suo
angolino, si degnò di alzare gli occhi in direzione del bel
moretto e ghignare.
- Glielo hai
raccontato!? – mugolò James, affondando il viso
nella spalla delle Montgomery - Avevamo un accordo... –
gemette disperato.
- Anche tu lo hai
detto a Remus… - si scusò lei, tirandosi fin
sulle mani le maniche del suo maglione grigio antracite.
- Cooosa?! –
saltò su Cleopatra, che iniziava a capire. – Tu e
James siete stati insieme?! -
- No! – si
indignarono entrambi. – Assolutamente no. -
-
Però… - suggerì Lupin, incrociando le
braccia per parare una possente cucinata tiratagli da colui a cui stava
letteralmente scavano la fossa.
- Va bene, va
bene… ci siamo baciati, okay? Niente di eccezionale. Solo un
bacio. – si arrese il Grifondoro seccato, e
alzò spavaldamente le iridi dorate per studiare lo
sbigottimento dei presenti.
A sorpresa, Alice
sfoderò il suo tono da maestrina. - Beh no Jamie, veramente,
ad essere precisi, i baci sono stati due. Una l’altra sera e
l’altro… l’altro quella volta. Sai, a
pensarci bene non ero consenziente in nessuna delle due occasioni.
Qualcosa significherà, non trovi? –
- Ma quanto sei
spiritosa Ali! Davvero, il tuo senso dell’humor sta facendo
passi da gigante negli ultimi tempi. Se continui così
riuscirai addirittura a farmi ridere! – celiò
Potter, ribaltando le posizioni con un colpo di reni e schiacciandola
sul divano. – E poi non mi risulta tu ti sia mai tirata
indietro, ecco. – mormorò beffardo al suo
orecchio. Lei, scalciando, cercò di liberarsi dalla sua
presa ferrea.
Merlino…
giocavano a fare la lotta da quando erano bambini!
La Montgomery
cercò di calcolare il numero di volte in cui si era
ritrovata imprigionata da quel corpo diventato con gli anni sempre
più appetitoso.
Erano decisamente
troppe, decise arrendendosi per l’ennesima volta.
- Okay, hai vinto. Mi
molli per cortesia? -
- Ai suoi ordini
madama. – esultò quello lasciandola delicatamente
scivolare sul tappeto.
Lei si strinse le
ginocchia la petto, cingendole con le braccia, e un attimo dopo se lo
trovò seduto accanto, poggiato con le spalle al divano.
Dopo il gioco la pace.
Sempre e comunque.
Nonostante i recenti
alti e bassi, nel loro rapporto, Alice sapeva che non avrebbe mai
potuto fare a meno di lui. E sapeva anche che, se fuori dalla torre non
potevano permettersi certe smancerie, James ci sarebbe sempre stato.
Sarebbe sempre stato pronto a soccorrerla e consolarla, ad abbracciarla
e farle complimenti sconci senza un velo di malizia.
Sentendosi patetica
nel formulate certi pensieri, gli rifilò una gomitata,
reputandolo colpevole di certe sue elucubrazioni mentali.
- Fatemi
capire… - commentò Sirius con sarcasmo. - il tuo
primo bacio l’hai dato a questo deficiente?! Dio come eri
messa male… -
- Ma no! –
protestò Alice. – Non è andata come
pensate voi. Stavamo litigando… -
- O meglio, lei mi
urlava dietro come al solito. Io ero disperato e
così… - rettificò Potter, dal
pavimento.
- …ha
deciso di tapparmi la bocca a modo suo. La cosa carina sapete qual
è? – la ragazza, sogghignando,
scompigliò affettuosamente i capelli a colui che le aveva
dato il suo primo bacio. – Avevamo appena dodici quindi credo
proprio che anche il famoso James Potter non avesse ancora avuto il
tempo di fare tutta questa esperienza… -
E Lily, dopo sette
anni di convivenza forzata, vide per la prima volta l’ombra
di un rossore sulle guance di quello che era considerato il Grifondoro
per antonomasia.
Le risata collettiva
fu spezzata dal sordo rumore del ritratto che si apriva, poi dallo
stretto passaggio emerse Lorelay Ginsberg a cavallo di una vecchia
scopa data in dotazione dalla scuola.
- Ciao. –
esordì scivolando giù dal manico di scopa cui era
stata fino a quel momento saldamente ancorata. – Nin?
– domandò scrutando il tavolo su cui le carte da
gioco giacevano abbandonate.
Era lì che
aveva abbandonato la sua migliore amica, quando la professoressa Greta
Walsburg aveva preteso che almeno un Caposcuola la seguisse, ed era
lì che si aspettava di trovarla, morta di noia, al suo
ritorno.
- è su
- rispose James mentre si alzava per andarle incontro con
insolita premura.
La ragazza,
impeccabile nella sua divisa da Caposcuola, si alzò sulle
punte per dargli un leggero bacio a fior di labbra.
- Insomma Lor,
qual’è la situazione? – Cleopatra
intrecciò le lunghe dita da pianista, insofferente alle
smancerie dei due amanti.
- Mah…
innanzitutto: grazie mille Remus! Grazie davvero! È stato
molto cavalleresco da parte tua lasciare andare me alla riunione, molto
gentile davvero! -
Lupin sorrise a
mò di scuse, perfettamente conscio che l’ira della
Grifondoro non sarebbe durata a lungo. Era spiacente di avere
incastrato Lorelay, ma la luna piena incombeva e le sue condizioni
fisiche non erano delle migliori…
- Comunque, sembra che
sia avvenuta una strana reazione chimica all’interno delle
tubature… o meglio, questo è quello che i
professori sospettano. Fatto sta che quella sorta di melma gelatinosa
fuoriesce dal sistema idrico ma non si riescono ad individuare le falle
e quindi a suturarle, tra l’altro quello schifo sembra
reagire male alla magia. – proseguì la Ginsberg
cupamente.
- Scusa Lor, ma
“reagisce male” in che senso? – le chiese
Potter da sopra la sua spalla, perplesso.
- So che una
Serpeverde del quarto anno ha provato a farla evanescere e ci si
è ritrovata immersa fino al collo. Stanno ancora cercando di
estrarla… - Lorelay represse a mala pena una risatina -
è una sostanza molto collosa. – spiegò.
Dall’espressione
giuliva dei presenti, nessuno era poi così afflitto per la
ragazzina.
- E negli altri
dormitori come vanno le cose? – Lily socchiuse gli occhi,
luminosi e ingenui. Quella situazione era ridicola!
Erano assediati nei
loro dormitori da una gelatina non meglio identificata… Roba
da matti!
La procace moretta,
sciogliendosi dall’abbraccio di James, si andò a
sedere su una poltroncina mezza sfondata e accavallò le
lunghe gambe. - I Corvonero non sono messi tanto male… anche
la loro torre è “asciutta”, per
così dire. Essendo situati più in alto, sia noi
che loro ci troviamo in una situazione privilegiata perché i
nostri dormitori non vengono investiti dal flusso. I Tassorosso sono in
pendenza e quindi ci si troverebbero immersi, se non fosse per il fatto
che sono stati proprio loro i primi ad accorgersi di questo casino, e
prima che la loro Sala Comune fosse totalmente allagata gli studenti
del settimo si sono uniti nel creare una sorta di incantesimo scudo per
frenare l’avanzata della gelatina. La magia ha funzionato
quindi per il momento sono a posto… -
Il preciso resoconto
della situazione fu interrotto da un allegro vociare.
Pochi istanti e
Rebecca Montgomery mano nella mano con Floranna Gilmore, fece il suo
trionfale ingresso nella Sala Comune uscendo dalla scala del dormitorio
maschile anziché da quello femminile.
- Bex… -
esclamò Alice, balzando in piedi. – Non ti avevo
espressamente chiesto di andare a letto? -
- Ho espresso a Martin
il tuo volere, ma mi è parso abbastanza imbarazzato
dall’idea di dovermi ospitare nel suo letto, capisci?!
– celiò la minore delle sorelle Montgomery, reduce
da un’ora di chiacchiere con i suoi due migliori amici. - E
poi voglio sapere che succede! – annunciò tutta
pimpante.
Snella e aggraziata,
Rebecca frequentava il secondo anno ed era, al pari della sorella, un
fiera Grifondoro.
Dalle sue iridi,
più scure e calde di quelle di Alice, traspariva ostinazione
e, tutto sommato, un discreto buon umore. I capelli, ondulati e
castani, le arrivavano a metà schiena ed erano percorsi da
alcune ciocche verde acido, la carnagione abbronzata, in netto risalto
con quella alabastrina della ragazza che le stava a fianco, metteva in
risalto le linee dolci dei suoi lineamenti.
- Tra
l’altro, - soggiunse con un ghigno dispettoso. - Flo lo stava
facendo di nuovo! -
E
l’attenzione generale passò alla fanciulla pallida
e silenziosa che le stava accanto.
Floranna Gilmore era
la tipica ragazza Biancaneve. Chioma color dell’inchiostro,
crespa e ribelle, labbra a bocciolo, incredibilmente dense e rosse,
dischiuse sui denti perlacei.
Una bellezza raffinata
e sottile, fredda.
Come
la sua pelle.
Sbattendo le folte
ciglia, Floranna si chinò per baciare Lily, poi
piantò le mani nello schienale della poltrona di Cleopatra,
in silenzio.
Come
quello che nel suo petto echeggiava da sempre.
- Ciao Polluce.
– la salutò la biondina alzando gli occhi.
- Ciao Castore.
– replicò la ragazza con un mezzo sorriso.
- Cosa? Stava facendo
cosa? – si accigliò Lorelay, che come la
metà delle persone presenti in quella stanza era convinta di
essersi persa un pezzo.
- Niente,
niente… - la Evans liquidò la faccenda con un
gesto mano e rivolse uno sguardo complice alla Gilmore.
D’altronde
non sarebbe stato saggio rivelare che la bella e sferzante Floranna
Gilmore era in realtà una mezza vampira.
Lily
ricordò che quando lei, Alice, Alexia e Vicky erano venute a
conoscenza del suo piccolo segreto, Victoria era stata
l’unica a non battere ciglio, come se la cosa non la
riguardasse.
All’epoca,
Floranna era una bambina minuscola, spaurita e diffidente. Si era
trasferita a Londra con suo padre durante l’estate, e in
autunno era stata smistata nella Casa dei Grifoni, secondo anno.
Il preside Silente, in
un piovigginoso pomeriggio di inizio ottobre, le aveva incaricate di
proteggerla e custodirla. Di aiutarla a preservare il suo segreto.
Sconosciuto
restò sempre il motivo che spinse il mago ad affidare una
tale responsabilità a delle tredicenni, fatto sta che quelle
quattro ragazzine furono la sua ombra per un paio di mesi, poi Floranna
conobbe Cleo. E tra loro fu amore a prima vista.
- Stavi dicendo dei
Serpeverde? – borbottò distrattamente Alice,
sviando secondo la prassi domande fastidiose.
Le
difficoltà dello spiegare che il passatempo preferito di
Floranna era sfruttare i suoi compagni del sesto ammaliandoli con il
suo fascino da vampira, si prospettavano in effetti molteplici.
La Ginsberg
abboccò subito. - Oh, sì. –
annuì, riprendendo il suo racconto. - Le serpi non sono
state abbastanza sveglie da proteggere le loro regali stanze e adesso
si trovano immersi in quello schifo. –
Un istante di
incredulo giubilo accolse l’affermazione.
- Immersi in che
senso? – domandò Black, tanto per essere sicuro.
- è
ovunque. Nella Sala Comune, nei dormitori, nei bagni… non
possono scendere dal letto, tanto per essere chiari. -
Uno scoppio di
ilarità che di amichevole aveva ben poco fece sorridere la
ragazza.
Potter, piegato in due
dalle risate, rotolò sul pavimento, subito scavalcato da
Rebecca e Sirius, che si lanciarono in uno sfrenato balletto.
- Stanno meditando di
sfollarli dai Tassorosso. – abbozzò Lorelay con
uno sbadiglio. – In realtà starebbero meglio dai
Corvonero, ma il loro dormitorio è troppo lontano e il
progetto è già molto complicato di per
sé… -
- Ma chi se ne sbatte
dei Serpeverde! – ululò Potter, nuovamente in
posizione eretta. – Che ci affoghino in quella robaccia! -
- Non scherzare James.
– lo redarguì Cleopatra, seria. – Poi
t’immagini che puzza di carogna…?! -
Tutti risero ancora
una volta.
Nina, con ai piedi
pantofoline di spugna coordinate al pigiama, fece capolino nella Sala
Comune. In mano una patinata rivista di motori babbani.
– Che si
dice gente? – cinguettò.
- I Serpeverde stanno
affogando nella gelatina. – riassunse Alice con uno sbuffo.
- Che figata!
– tubò la Grifondoro, estasiata.
- Già.
– fu il laconico commento.
- Malfoy era di
pessimo umore, ha passato la riunione a borbottare tra sé e
sé di non so chi che faceva troppo la preziosa e non lo
faceva entrare non so dove per non so quale motivo… cose
abbastanza incoerenti, tutto sommato. Ma è stato divertente
vederlo in quello stato. -
- Ma magari gli piglia
un infarto a quello stronzo. – sibilò James
pigramente. – Sarebbe la nottata più bella della
mia vita. -
- Hn. –
sorvolò Black, totalmente indifferente alla salute
psicofisica di Malfoy. – Quindi che si fa? – chiese
dopo un attimo di riflessione.
- Aspettiamo.
– concluse Remus che, rassegnato alla lunga veglia,
evocò con un colpo di bacchetta le carte sparse sul tavolo.
Lorelay si
alzò in piedi, stiracchiandosi voluttuosamente e mostrando
un’ampia porzione del suo ventre piatto.
- Ad ogni modo, io il
mio lavoro l’ho fatto. E adesso il minimo che mi possa
aspettare è una bella ricompensa… -
mormorò maliziosa avvicinandosi a Potter e afferrandolo per
il bavero della camicia. - Tu che ne dici Jamie? -
Il Grifondoro
sembrò d’accordo, perché subito le
artigliò i fianchi.
- Sesso, sesso e
ancora sesso! Possibile che non riusciate a pensare ad altro?!
– pigolò Nina, gli occhioni scuri rivolti al
soffitto.
- Non dare la colpa a
me se il tuo ragazzo è un puritano, Nina…!
– esplose James con un sorrisino sarcastico.
Una cuscino lanciato
con chirurgica precisione, lo raggiunse proprio mentre stava per
sparire su per le scale avvinghiato alla Ginsberg.
E se nessuno fece un
commento sulla sparizione dei due amanti, fu solo perché
quella relazione illegittima si trascinava avanti da parecchio tempo.
Lily
sospirò pensando a Lorelay, che lo aveva amato forse
più di chiunque altra.
Aveva sofferto,
pianto, taciuto e infine… capito.
Le bastava.
Si poteva accontentare
di averlo ad ore, condividerlo con molte altre.
Compiacendosi del suo
affetto, perché consapevole che anche quello era concesso a
poche.
Non le serviva altro. Andava
bene anche per lei.
E da allora tra loro
si era sviluppato un rapporto equilibrato, ragionevole, duraturo
rispetto alle altre effimere serate.
I Grifondoro avevano
fatto il callo a quella strana situazione che non costituiva
né una scappatella né una relazione ma ancora
adesso, a distanza di anni, Peter Minus… si torceva le mani.
Con ansia e inquietudine.
Lily scosse
tristemente la testa.
Floranna, avvolta in
una camicia da notte in pizzo Sangallo lunga fino a metà
coscia con tanto di maniche a palloncino, veleggiò fin
nell’angolino in cui Alexia aveva chiaramente tentato di
seppellirsi.
Eterea quanto una
nuvola, si appollaiò su di una seggiola accanto alla
biondina e iniziò a massaggiarle delicatamente le tempie con
una mano fredda.
- Cattiva serata
amore? – sussurrò.
- Gradirei sorvolare.
– gemette la Campbell, ironica, e avvicinatasi la sigaretta
alle labbra diede un ennesimo tiro, subito seguito da un ruvido attacco
di tosse.
La Gilmore sorrise
mesta. – Posso fare qualcosa? – si offrì.
Alexia scosse
impercettibilmente il capo. – Cosa ne pensi di tutta questa
situazione? – chiese poi.
La moretta si strinse
nelle spalle, lasciando vagare il suo liquido sguardo color topazio per
la Sala Comune. – C’è odore di paura,
nell’aria. – disse soltanto.
La Campbell
annuì, pensierosa. – Non è stato un
incidente. – mormorò.
- No, non credo.
–
Poi la diurna,
mostrando i canini, sfoderò un ghigno da far rabbrividire
chiunque. – Quel che è certo, -
sentenziò beffarda. – è che Victoria
sarà di pessimo umore -
Neanche lei sapeva
quanto aveva ragione.
Seduta sulla poltrona
a gambe incrociate, le iridi pericolosamente assottigliate, Victoria
Andreson osservava la maniglia in ottone con un’ira tale da
poterla sciogliere.
Era assodato: la prima
persona che avrebbe osato bussare ancora un volta alla sua porta,
sarebbe andata incontro a una spiacevole quanto dolorosissima morte.
E che non provassero a
dare la colpa a lei, poi. Li aveva avvertiti.
Il perimetro della sua
camera, costituiva molto probabilmente l’unica superficie che
quella malefica melma non avesse invaso nel giro di parecchi metri, e
come tale era suolo molto ambito.
Le labbra della
serpeverde si piegarono inesorabilmente in un ghigno malevolo:
l’Incantesimo di Sigillo che aveva posto
sull’uscio, anche se destinato ad altri scopi, si era
rivelato doppiamente utile.
E che bussasse quanto
voleva, Malfoy. Non lo avrebbe fatto entrare neanche se in cambio
lui le avesse promesso il suo castello in Galles. Per
convincerla ad uscire da quell’oasi di pace e recarsi ad una
pallosissima riunione, poi, non sarebbe bastato tutto l’oro
del mondo.
Lo squittire isterico
di quella quattordicenne idiota che, contraddicendo le più
elementari norme di cautela, aveva esercitato un incantesimo su una
sostanza non meglio identificata rischiando di rimanerci secca,
sovrastava per intensità e costanza tutti gli altri rumori.
Demetra con un
aggraziato saltello le balzò in grembo e si
acciambellò, emettendo sottilissime fusa.
Victoria, deliziata,
prese ad accarezzarla piano. Quel micio era solo un cucciolo, un
cucciolo desideroso di affetto e tante, tante coccole…
Un risolino puramente
divertito la distolse da quei ragionamento per lei così
sdolcinati.
La Anderson volse lo
sguardo verso il suo letto a baldacchino dove, sdraiata prona, una sua
compagna di Casa la osservava tranquillamente.
Roxanne Aloise
Danglard portò alle labbra ritoccate con perizia un lucido
bocchino nero e aspirò un’ampia boccata di fumo. I
capelli, perfettamente lisci e lunghi fino a metà schiena,
le piovevano sulle esili spalle come una cascata di fuoco, una
frangetta netta, sfilata alla perfezione, le ricopriva la fronte
mettendo in risalto due affilati occhi color mare le cui iridi
ricordavano il sottile strato di cenere che ricopre la brace.
Un piccolo neo situato
vicino alla coda dell’occhio sinistro e le ciglia
incredibilmente folte, contribuivano a rendere la sua una bellezza
tagliente, sferzante.
Il suo atteggiamento
irriverente faceva il resto.
Il corpo slanciato,
nonostante fosse ancora notte fonda, era cinto da una divisa scolastica
inamidata e un sottile nastro di velluto nero con appesi alcuni
ciondoli in argento le segnava il collo.
Considerata una sorta
di ragazza prodigio poiché, già
all’età di sei anni, aveva in sé un
potenziale premonitivo pari a quello di tutti i migliori veggenti
dell’epoca, crescendo Roxy aveva imparato a dosare le parole,
a posare per le telecamere e a sfruttare ogni situazione per un suo
personale tornaconto. Era spietata e calcolatrice, opportunista.
Una bambola di
porcellana fin troppo consapevole delle sue attrattive.
Roxanne conosceva il
futuro e lo vendeva per pochi denari.
Roxanne capiva le
correnti e le sfruttava a proprio vantaggio.
Roxanne era felice,
tutto sommato.
- Tu non hai idea di
ciò che diventerà, vero? – le
domandò la rossa, sarcastica, alludendo con un cenno del
mento a Demetra.
Victoria
optò per la verità. – No. –
rispose semplicemente.
Quella
arricciò le labbra e diede un altro tiro, aspettando con
pazienza che la compagna cedesse alla curiosità e chiedesse
cosa, effettivamente, il suo adorato gattino sarebbe diventato.
I secondi passarono ma
la domanda non arrivò.
E se la serpeverde fu
sorpresa non lo dimostrò affatto, allenata com’era
a portare una maschera.
Victoria emise un
soffice mugolio massaggiandosi distrattamente la fronte. –
Quella cretina non smette di urlare. - costatò. –
Morirà? – chiese poi, come se la faccenda non la
riguardasse.
L’altra
ragazza emise un leggero risolino. - Ma figurati…! Qua non
muore mai nessuno, una noia… -
- Il tuo cinismo mi
commuove, Roxy. -
- Che ci vuoi fare,
sapere tutto in anteprima ogni tanto è un palla. Non fossi
una veggente forse adesso sarei in ansia… ma purtroppo so
per certo che quell’oca si salverà,
così come sapevo che la scuola si sarebbe allagata e che la
tua camera sarebbe rimasta asciutta. Per me è normale
routine. -
- Tu in ansia? Ma
fammi il piacere… - fu il sarcastico commento.
La rossa
sbattè le ciglia, in qualche modo lusingata
dall’osservazione, poi si lasciò sfuggire dalle
labbra pesantemente tinte languidi lembi di fumo.
La Danglard aveva un
modo tutto suo di fumare…
Lo faceva danzando,
con i movimenti delle dita e della bocca, articolata in
un’infinità di arricciatura diverse.
Ed incantava. Senza
ombra di dubbio.
Poche mosse e
qualunque essere di sesso maschile pendeva dai suoi baluginanti occhi
color mare.
- Comunque dimmi, mia
illustre Veggente, quanto durerà questo strazio? –
indagò Victoria, con una nota di indiscutibile ironia nella
voce.
La Danglard, come
sempre irritata della tracotante indifferenza che la Anderson
dimostrava nei confronti del suo potere, per un istante tacque,
concentrandosi.
- Non lo
so… - mormorò dopo un poco, perplessa.
– Per stasera mi vedo a casa. – disse.
Poi, felice di avere
catalizzato l’attenzione dell’altra,
sfornò uno smagliante sorriso.
Finalmente sotto i
riflettori, Roxy riuscì per la prima volta in quella stramba
nottata a sentirsi a suo agio.
In un attimo, la
consapevolezza di conoscere qualcosa che la Anderson ignorava, le fece
provare una soddisfazione tanto cocente da risultare feroce.
Victoria aveva sempre
avuto la peculiare capacità di farla sentire inferiore, di
minimizzare il suo straordinario potere con cinica disinvoltura.
E tutto questo a causa
di un semplice, inspiegabile, sconvolgente fattore.
La Anderson risultava
impermeabile al suo potere.
- Quindi…
tutti a casa? – la sentì sibilare, cupa come un
corvo.
- A quanto
pare… – tubò la rossa tutta giuliva.
Era noto che tra
Victoria e la madre non vigessero buoni rapporti. I padre poi, era
sparito quando, oltre diciassette anni prima, la sua dolce compagna era
rimasta incinta.
Victoria non lo aveva
mai conosciuto e di lui non aveva ereditato neanche il cognome.
Roxanne dunque non si
stupì se la reazione della compagna non corrispose alla pura
euforia ma anzi, puntellandosi meglio sui gomiti, si sporse per
studiare i suoi lineamenti, celati dalla penombra. Poi i suoi occhi
cerulei si appannarono, assumendo la liquida consistenza di due
argentee pozzanghere, le sopracciglia si contrassero in una smorfia di
sofferenza e le labbra presero a salmodiare impercettibili nenie. Si
muovevano rapide come le ali di una farfalla che arranca…
una farfalla che non vede la luce.
Una presa ferrea le
cinse i polsi e la strattonò in avanti, il suo corpo si
riverse sul materasso e iniziò a tossire, reduce da una
lunga apnea.
E mentre la Danglard
si dimenava, in preda alle ultime convulsioni, la cenere della sua
sigaretta bruciava piano il velluto del tappeto, sul pavimento.
La Anderson le
scansò i capelli dal viso, per farle aria, ma quando quella,
ancora ansimante, si tirò in ginocchio sul copriletto,
balzò in piedi, furiosa.
- Cosa diavolo credevi
di fare?! Eh? –
Roxanne
ringhiò a sua volta. – Perché mi hai
interrotto? Ci stavo riuscendo…! -
- Un cazzo, ci stavi
riuscendo! Un altro po’ e soffocavi cara la mia Veggente da
strapazzo! – le sibilò con acredine Victoria a un
dito dal viso.
- Tutte balle. Stavo
benissimo. – si difese la rossa, poi decise di dar voce ai
suoi dubbi una volta per tutte. Perché oramai non
c’era altra conclusione che quella. Aveva passato
l’estate a rimuginarci sopra, a studiare. – La
verità è che tu non vuoi che io veda. –
affermò.
E la Anderson
ghiacciò, con ancora il braccio a mezz’aria
nell’atto di scansarsi dal viso i capelli. – Come
scusa? – asserì incredula.
- Lo fai apposta.
– ripeté la veggente, più sicura.
– Ti schermi al mio potere. -
Victoria
scoppiò in una risata tale da mettere i brividi. –
Se il tuo mirabolante potere fa le bizze non rifartela con me
Roxanne… Io non c’entro un nulla. Per quanto mi
riguarda puoi cercare ci spiare nel mio destino quanto ti
pare… non so se sarai mai abbastanza potente da leggerci
qualcosa, ma quel che è certo è che io non
sarò sempre qui a salvarti la vita, quindi pensaci due volte
prima di fare un altro tentativo. -
La Danglard
incassò il colpo in silenzio, indebolita dalla fallita
visione e scossa da quella tremenda verità che
effettivamente aleggiava nell’aria. Aveva davvero rischiato
di morire?
Senza una parola
raccolse la sigaretta e il bocchino di legno laccato che le erano
caduti, si accovacciò tra i cuscini e strinse forte le
braccia sotto al petto, dove un freddo pungente la attanagliava.
Non sapeva cosa le era
successo né perché le parole della Anderson la
avevano tanto inquietata, ma avvertiva in esse una sorta di velata
minaccia.
Solo di una cosa era
certa: tra le tenebre in cui si era smarrita aveva intravisto qualcosa,
e quel qualcosa assomigliava terribilmente ad una pozza di sangue.
Dal canto suo anche
Victoria tornò ad acciambellarsi sulla poltrona. Lo sguardo
fisso sulla maniglia e le mani meccanicamente occupate ad accarezzare
Demetra.
Doveva preparare le
valigie, fu il suo primo pensiero.
Il secondo consistette
invece in una appunto per il futuro: mai restare sola con Roxanne
Danglard. La sensibilità della Veggente, negli ultimi mesi,
sembrava essersi quadruplicata.
Spazio
Autrice:
Tadaaaan! Vi sono
mancata?
Ebbene sì,
eccomi qui con un aggiornamento anticipato!
Lunedì
mattina (ad un ora oserei dire indecente) parto per la Grecia.
Sarò di ritorno solo domenica prossima quindi colgo
l’occasione per pubblicare questo nuovo capitolo e
ringraziare tutti coloro che hanno recensito l’ultimo.
Proprio a questo proposito mi sorge il dubbio di avere esagerato con le
lamentele… ragazze, non dovete prendermi così sul
serio! Era un istante di depressione del tutto passeggero non volevo
indurvi a recensire per forza o addirittura a scusarvi per non averlo
fatto prima!XD
Per il successivo
capitolo temo che dovrete aspettare un bel po’, anche
considerando che al momento ho in mano solo la scaletta...! =_=
Comunque, tornando a
noi, che ne pensate di questo capitolo? I nuovi personaggi vi piacciono?
*lettrici sbuffano
annoiate*
Okaaaaaay, passo e
chiudo. Ho blaterato abbastanza!XD
Spero che la recente
pubblicazione così come il mio farneticare non vi abbia
troppo annoiato. In tal caso sentitevi liberi di maledirmi in tutte le
lingue che conoscete, dico davvero. La cioccolata mi fortifica e a
Pasqua ne ho fatta un’abbondante scorta!^^
Un’ultima
cosa: dedico questo capitolo alle 41 persone che hanno messo
questa storia tra i loro preferiti. Siete più di quanti
avessi mai osato immaginare ragazzi… grazie mille davvero!
Non vi merito.T_T
Mmmm… basta
con i sentimentalismi, proseguiamo con le risposte individuali.^^
Un Bacio a tutti,
Alisya.
A
Blackout:
Innanzitutto tu non
sei mai brutta e cattiva. Sei stupenda punto e basta.
Poi: Andrew
è tutto tuo, te l’ho giurato e io le promesse le
mantengo (di solito), quindi puoi smettere di lodarlo o difenderlo a
spada tratta, anche le altre lettrici impareranno ad amarlo prima o poi
(spero ^^”).
Sono stra-felice che i
serpeverde, così come tutti gli altri personaggi, ti siano
piaciuti. Le tue critiche e i tuoi complimenti sono
l’ossatura di questa fanfic che, come ho già detto
altre volte, deve a te la sua stessa esistenza.
Colgo
l’occasione per dichiarare pubblicamente che il nick
è azzeccatissimo e che io timao al cubo, bionda! (Ma questo
già si sapeva, no?XD)
Un Bacio!
A
RaRa 93:
Mia Infida Collega!
Non ti vedo da poche
ore e già mi manchi… (Oddeo, sono proprio messa
male!=_=)
La recensione era
talmente lunga e mielosa che ho fatto fatica a leggerla: sei un amore
Raffy. Un tesoro tanto imparziale quanto adorabile!*O*
Sono lieta del fatto
che Alice inizi a piacerti un po’ di
più… la mia omonima deve avere successo
dannazione!XD
A tutto il resto ti
risponderò a voce, altrimenti rischio di slogarmi entrambi i
polsi. (Poi come farò a prenderti a scappellotti quando
serve? è_è)
Baci!^^
A
Megarah_witch:
Grazie di tutto, cara.
Il fatto che qualcuno
apprezzi il mio gusto nell’abbigliamento tra
l’altro mi rincuora!XD
W le vestaglie rosa
confetto 4EVER! *fugge a nascondersi*
Ciao!
A
Ninny:
Grazie! Spero di non
deluderti con il seguito…^^
Ciao!
A
Irene_evans:
Ciao carissima!^^ Devo
dire che la tua ultima recensione mi ha particolarmente colpito: per la
prima volta mi sono sentita realmente apprezzata da una persona
estranea, una persona imparziale, tutto sommato.=P
Di segreti da svelarti
purtroppo non ne ho… solo un gigantesco GRAZIE.
Baci!
A
TheBestLady:
Una nuova arrivata!
Beh… benvenuta!
Scrivere di Lily in
braccio a James è stato per me un vero piacere, te lo posso
assicurare, ma come puoi vedere in questo capitolo le attenzioni del
bel moretto sembrano essere per il momento dirottate su
tutt’altra persona… l’amicizia prima di
tutto, no?XD
Beata Alice, dico
io!*.*
Solo un minuscolo
appunto: la professoressa in vestaglia rosa non è la
McGranit (che ancora non insegna ad Hogwarts) ma un nuovo personaggio.
Un Bacio!
A
Sallulla:
Benvenuta anche a te!
Ma non provare mai più a scusarti per non aver recensito:
non è un obbligo!*_-
Ad ogni modo grazie
per la recensione e per i complimenti: sei un tesoro.
Smack!
A
White_shadows:
Cla… mi
sorge il dubbio che tu abbia frainteso: il nome della Signora Grassa
non ha alcun significato! Proprio nessunissimo! Non
c’è alcun riferimento alla realtà,
diciamo.
Insomma, non mi sono
affatto inspirata a quella vipera di Carlotta che siede al primo banco
e di cognome fa B…! XDXDXDXD
Mamma mia che strega,
e poi dici che sono troppo buona!
Però,
insomma, dovrò pur prendermele le mie soddisfazioni ogni
tanto, no? ù_ù
Grazie per i
complimenti e la dolcissima recensione: ho una settimana di convivenza
forzata per ripagarti!^^
Un Bacio, roscia!
A
Mary3:
Sìsì,
Sirius ha il suo fascino… (è bello da impazzire,
in poche parole). Ma anche James e Andrew non sono da buttar via!XD
Posso dirti solo che
penso così tanto a questi personaggi che manca poco che me
li sogni… (che bel sognooooo!ç_ç).
Comunque stai
tranquilla: la testa non me la monto neanche tra un milione di
anni…!XD
Grazie mille per la
recensione,
Un Bacio e alla
prossima!
A
___MiRiEl___:
Guarda, il problema
dei Pc che partono per la Jamaica lo posso capire benissimo.
Ultimamente buona parte degli elettrodomestici di casa mia è
partita per la stessa meta!XD
Sulla
caratterizzazione dei personaggi… è esattamente
quello che penso anch’io!
Hogwarts è
una scuola come tutte le altre e anche i protagonisti, seppur dotati di
capacità particolari, sono ragazzi come noi.
Questo capitolo
dovrebbe averti dato alcuni indizzi sul “mistero della
gelatina”, quindi fammi sapere che ne pensi: cosa diavolo
sarà successo?
La risposta al
prossimo capitolo, promesso.^^
Un Bacio!
A
Hermionex95:
Mi dispiace tanto di
avere sbagliato il nick! So quanto questo possa dare fastidio e ci
tengo a precisare che ho corretto subito l’errore!XD
Spero di farmi
perdonare questo capitolo (che per la verità ho una gran
paura risulti piatto… =_=).
Alla prossima!
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Capitolo 7 *** CAPITOLO 7 – Aspettando l’alba. – Parte II – ***
Capitolo
7 – Aspettando l’alba. – II Parte
–
Se
è vero che un buon giorno si vede dal mattino, le
rimanenti diciotto ore appartenenti a quel maledetto martedì
risultavano essere
ormai irrimediabilmente segnate. Era questo il pensiero
pressoché collettivo
della popolazione studentesca di Hogwarts, a quell’indegna
ora del mattino.
E tutto perché la schifosissima sostanza ribattezzata con
il generico nome di “gelatina” teneva sotto assedio
la scuola. Tra l’altro, a
quanto pareva, non c’era proprio nulla che si potesse fare
per nettare i
corridoi da quel collame.
In poche parole insomma, la giornata era ormai consacrata
sotto al funesto emblema della sfiga.
Il corpo insegnante, dopo due abbondanti ore di delirio e
un brutto incidente di volo, si era rassegnato e aveva deciso di
radunare gli
studenti nella Sala Grande che, attrezzata per le emergenze con ogni
sorta di
controincantesimi, era rimasta miracolosamente asciutta.
Il soffitto, al pari del cielo, era pallido e terso,
vagamente arrossato sul lato orientale, mentre alle pareti adiacenti al
grande
portone in quercia erano appoggiate decine e decine di scope.
La tavolata dei Grifondoro, situata all’estrema destra
rispetto
all’entrata, risultava gremita di gente.
Sirius Black, con due ombre scure sotto gli occhi di
metallo fuso e la mascella appena ispida, atterrò con grazia
a pochi metri
dall’ingresso.
- Forza, Bex. Scendi… - disse, sciogliendo la ragazzina
dall’abbraccio con cui l’aveva tenuta fino a quel
momento in sella alla sua
scopa.
La Montgomery, più addormentata che altro, balzò
giù dal
manico di scopa con insolita agilità.
- Grazie per il passaggio Sirius! – tubò
stropicciandosi
gli occhi e rimanendogli vicina, quasi per non perdersi in tutta quella
confusione.
Remus, alzatosi da una panca per ricevere l’amico, le
diede un affettuoso buffetto. – Che ne dici Bex, fai
colazione con noi? – le
chiese gentilmente.
- No, grazie. – rispose la ragazzina. – Anzi,
adesso vedo
se trovo in giro qualcuno del mio anno… spero solo di non
incontrare Aurora,
altrimenti la mia giornata andrà definitamene a farsi
fottere. -
I due Grifondoro, ridendo per il gergo della Montgomery,
si diressero dove Peter, già occupatissimo a fare colazione,
li aspettava.
- Ciao Sir. – bofonchiò infatti
quest’ultimo mentre
sventrava una brioche con il chiaro intento di tuffarla nel cappuccino.
- Ciao Pete. - rispose Black, poi si accigliò. –
Tutto
bene Codaliscia? Hai una faccia… -
- Sì, sì. Sono solo un po’ di cattivo
umore… - glissò il
ragazzo guardando di sottecchi James che sorrideva appagato, le iridi
dorate
scintillanti sotto le ciglia socchiuse.
Sirius si lasciò cadere sulla panca. – Lorelay?
– domandò
a Potter.
- E’ sparita cinque minuti fa in sella ad una scopa, credo
stia facendo la spola per traghettare i Corvonero del quinto.
– James si passò
una mano fra i capelli già adorabilmente disastrati, nel
vano tentativo di
riscuotersi da quel languido torpore che lo stringeva. –
L’unico Caposcuola che
stamattina se la batte è il nostro Remus… -
sogghignò canzonatorio.
Quello oscillò il capo, con una leggera sfumatura di
colpevolezza negli occhi. – Ricordatemi di aggiungerlo alla
lista dei “Vantaggi
dell’essere un Mostro” quando ne
scriverò una. – celiò fintamente
divertito.
James e Peter fecero appena in tempo a scambiarsi uno
sguardo esasperato prima che Sirius, rabbuiatosi tutto d’un
tratto, se ne
uscisse con una delle sue solite sparate capaci di cristallizzare
l’atmosfera.
- Perdona la schiettezza Remus, ma a quest’ora del mattino
le tue provocazioni autolesionistiche proprio non le reggo. Se hai
intenzione
di tagliarti le vene sei pregato di attendere l’ora di pranzo
così che io, in
pieno possesso delle mie facoltà mentali, possa piangerti
quale l’idiota che
sei. – sibilò infatti Black, granitico nella sua
ira.
E se la durezza di quella parole lasciò Potter e Minus un
po’ perplessi, il loro stupore raggiunse le stelle quando
Remus, invece lasciare
correre, serrò le mascelle pronto a ribattere.
- Evita di fare dell’ironia sulla mia vita,
Sirius… tu non
hai la minima idea di ciò che provo. – fu infatti
la velenosa risposta che per
un attimo sbalordì tutti.
Black scatto in piedi, incurvandosi verso il suo
interlocutore. - Scusa se te lo chiedo, ma hai mai notato che neanche
la mia,
di vita, è un paradiso? –
- E con questo? – domandò Lupin, leggermente sulla
difensiva.
- Beh, io non passo le giornate a rinfacciarti la mia
infelicità. –
- Sir… - gemette piano James, in segno di ammonimento, ma
ormai il danno era fatto.
Il lupo mannaro balzò in piedi, i denti candidi e affilati
leggermente scoperti dalle labbra arricciate. Era in momenti come
quelli che la
parte più sensibile e irrazionale di lui veniva a galla, il
lato selvaggio del
suo animo faceva capolino oltre la maschera da bravo ragazzo. Dai
lineamenti
angelici e la frangia bionda che caratterizzava il bel Grifondoro, si
affacciava un’ombra selvaggia, furiosa di sofferenza.
Le zanne si schiusero, ma invece di dilaniare articolarono
parole stentate. La furia si mutò in
un’espressione ferita.
- Fra tre giorni c’è la luna piena. Non
disturbarti a
venire. –
Poi Lupin diede le spalle al terzetto e, liberando con uno
strattone il polso che James gli aveva afferrato, si
allontanò rapido.
- Ma si può sapere cosa cazzo t’è
preso? – allibì Potter
all’indirizzo di Sirius.
Lo sguardo del moro saettò per un istante alle spalle
dell’amico, in lontananza.
James, con l’abilità di un cacciatore lo
seguì e trovò la
sua preda nella longilinea e slanciata figura di Regulus Arcturus Black che,
avviluppato in un
mantello nero come l’inchiostro, si dirigeva verso la tavola
verde-argento a
braccetto con una bella Serpeverde dagli occhi di menta.
- Qual è il problema? – soffiò,
avvertendo che la
situazione gli stava sfuggendo di mano.
- Nessun problema. – rispose automaticamente Sirius, il
viso contratto in una smorfia amara.
James, sentendo lo sguardo di Codaliscia tallonarlo passo
passo, tentò un altro approccio. – Chi
è quella? – domandò con delicatezza.
- Phoebe Dalton. – masticò il primogenito dei
fratelli
Black.
- Non l’avevo mai vista da queste parti…
E’ la sua
ragazza? – insistette il Grifondoro.
Sirius tacque, ma serrò i pugni fino a farsi sbiancare le
nocche.
In lontananza, la bionda Serpeverde sorrideva e stringeva
un paio di mani, poi si chinava su Regulus per carpirgli le labbra con
un leggero
bacio.
- Felpato, - ripete James, non capendo. – qual è
il
problema? -
- Sì, credo sia la sua ragazza. –
sillabò infine Sirius,
tanto pallido da sembrare un fantasma. - E il problema è che
io, quando questa
estate ci sono andato a letto, non lo sapevo. –
La situazione fu rielaborata in qualche istante di denso
silenzio.
- Scusa, ma non afferro il nocciolo del problema. –
mormorò Peter con un’espressione contrita sul
volto paffuto. - È una questione
morale o…? -
- Ma porca puttana Codaliscia, quanto sei cretino da uno a
dieci?! Quella stronza si è presa gioco di me per due
settimane nonostante
fosse perfettamente consapevole di essere promessa a mio fratello,
cazzo! –
ringhiò Black, sul ciglio di un esaurimento nervoso.
- E basta! – tuonò James, vedendo che la gente
iniziava a
fissarli. – Ragazzi time-out! – suggerì
con maggiore tatto.
Ma fu a quel punto che Peter Minus s’inalberò a
sorpresa.
– Sai una cosa James? – trillò infatti,
abbandonando brioche e cappuccino con
un sordo tonfo e sputacchiando un po’ ovunque per
l’agitazione. - Se tu non ti
scopassi tutto ciò che respira adesso forse non saremmo nei
casini! -
Potter spalancò gli occhi, semplicemente basito. –
Cosa? –
fece incerto.
- Sì, ecco! – rimarcò Minus, rosso come
un pomodoro.
- Ma… ma io non centro assolutamente nulla! – rise
James,
incredulo.
- Certo, tanto la colpa è sempre mia, vero!? –
esplose
Sirius, fraintendendo.
- Non volevo dire questo, io… -
- Remus fa la lagna e la colpa è mia, Peter è un
idiota e
la colpa è mia, mio fratello si sposa una puttana e la colpa
è mia… - Black
balzò in piedi, furioso.
- Ma certo, fate pure come se io non ci fossi! Come se non
lo sapessi che mi considerate un perdente! – E Minus,
incespicando nei suoi
stessi piedi, prese il volo.
- E’… assurdo! - tentò Potter, travolto
dagli eventi.
- Non è “assurdo”, è la cruda
realtà. E se tu, Ramoso, non
hai il coraggio di
affrontarla… -
- Aspetta, aspetta! Ma di che diavolo stiamo parlando? Il…
coraggio? – James si
alzò in piedi a
sua volta, le mani ben piantate sul tavolo di legno massiccio.
– Ma vaffanculo,
Sirius! – scandì con chiarezza. – E
torna quando ti sarai chiarito un po’ le
idee, eh? –
- Non ci contare troppo. – fu la glaciale risposta.
E tempo un battito di ciglia anche Black era sparito tra
la folla.
La cosa miracolosa, in tutto questo, fu che nessuno si
accorse e quindi poté spettegolare sul cataclisma che si era
appena abbattuto
sulla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts: i mitici Malandrini
avevano
appena litigato.
A pochi metri dal luogo in cui si era consumata la tragedia,
Lily Evans rimestava con gesti meccanici una tazza di latte e
cioccolato.
- Intendi berlo? – le domandò infine Alice, con
aria
annoiata.
- Mmm… no, credo di no. – rispose la rossa
fissando con
aria assente il grande portone di quercia.
La Montgomery annuì seria, come se la faccenda fosse della
massima importanza.
Alexia, con il viso nascosto tra le braccia conserte, non
diede segni di vita.
- Sapete una cosa? – si riscosse Lily, sbattendo le
ciglia. – Prima io… identificavo la scuola con
voi. Voglio dire, questi nove
mesi erano per me il paradiso. Ma lo erano per il semplice fatto che
avremmo
vissuto insieme. Beh, quest’anno abbiamo passato anche le
vacanze insieme
quindi, teoricamente, la scuola avrebbe dovuto perdere un po’
del suo fascino…
E invece, nonostante tutto, la trovo ancora più bella e
sorprendente di prima.
Strano, no? -
- Sveglia bimba, – rise Alice. – Questa
è Hogwarts! Questo
castello ha incantato intere generazioni di studenti prima di noi e
continuerà
a fare strage di cuori dopo che ce ne saremo andate… Credimi
Lil, adoreresti
questa scuola anche se i tuoi unici amici fossero i vermicoli che sono
in
giardino. È un dato di fatto. -
Alexia si diede la pena di sollevare appena il capo. – E
poi noi staremo insieme anche dopo la fine della scuola, che
centra… -
bofonchiò.
Lily finse di chinarsi a cercare qualcosa nella tracolla,
sotto la tavola.
Nascosta dai capelli che le erano scivolati davanti al
volto, la sua espressione sorridente mutò repentinamente.
Cosa avrebbero detto
Alexia, Alice e Victoria se avessero saputo della sua decisione di
abbandonare
la magia, una volta finita la scuola?
Non
avrebbero capito.
La ragazza sentì la guance infiammarsi quando
immaginò le
loro espressioni disgustate e sconvolte.
Non
è
necessario che sappiano.
Glielo avrebbe detto a tempo debito, decise ben conscia
della propria codardia.
Per il momento solo una persona era a conoscenza del suo
segreto, ma non per questo si poteva dire che questo fosse in buone
mani.
Buone no, ma belle sì. Si ritrovò a pensare la
rossa
Grifondoro mentre le contemplava in silenzio.
Anche così, premute sugli occhi in una posa che trasudava
insospettabile fragilità e con le dita affondate tra i
capelli castani, quelle
mani apparivano… carezzevoli. Forti ma delicate.
Sotto il polsino della camicia, sull’avambraccio destro,
si intravedeva una fasciatura di candide garze bianche. Scotto che il
bel
cercatore aveva pagato pur di portare a compimento una delle sue
geniali
bravate. Chissà in cosa consisteva, poi, lo
scherzo…
- Ehi, Lil, mi stai ascoltando? -
… nelle ultime ventiquattro ore non era successo
praticamente nulla…
- Lil? –
…forse era stata troppo dura con lui, in fin dei conti non
c’era motivo di prendersela tanto…
- Lily! –
…magari la feria al braccio gli faceva pure male…
Una brusca gomitata da parte di Alexia la riscosse dalle
sue riflessioni.
- Ahio! – protestò la rossa, voltandosi
scandalizzata. -
Cos? – poi si arrestò, intuendo la situazione
dalle occhiate esasperate che le
furono rivolte.
- Scusate… - tubò facendosi piccina piccina.
– mi sono
distratta un attimo. –
- Ma non mi dire! – fu l’acido commento della
Montgomery.
– E io che pensavo fossi andata in letargo…!
–
- Certo che stamattina, in quanto a compagnia, ti va
proprio bene, eh Ali? – ridacchiò la Campbell
senza curarsi di sollevare la
testa riccioluta dal livello del tavolo. – Vicky è
dispersa, io sono in
catalessi e Lily in letargo. –
- E’ quello che accade quando non sai sceglierti bene le
amicizie. – ritorse Alice, con un sorriso sarcastico sulle
labbra color corallo.
– Comunque si può sapere chi diavolo stavi
guardando? -
- Guardando? –
allibì Lily con la sua migliore espressione angelica.
– La zuccheriera, cara. È
un periodo che la trovo così attraente…! -
- Ahahah. Molto divertente. Ma tanto di che mi preoccupo,
il tuo principe azzurro non è ancora arrivato… -
Colpo basso.
Subito seguito da una mela rossa lanciata ad altissima
velocità. E un mandarino.
Una vasta serie di acini d’uva.
Ecco partire la controffensiva con in prima linea due
piccole brioche, poi un biscotto alla vaniglia.
Inutile dire che tempo due secondi ed entrambe le
Gifondoro erano protese sulla tavola alla ricerca di qualcosa da
lanciare o
scagliare, come dir si voglia, contro il fronte avversario.
- Basta, basta! Okay, mi arrendo… - rise la Montgomery,
capitolando dinnanzi alla superiorità numerica dei cereali
contenuti nella
scatola che la rossa aveva faticosamente guadagnato e adesso brandiva
vittoriosa.
- Ecco, brava. – annuì Lily scrollandosi dalla
gonna delle
briciole di plumcake. – E porta rispetto la prossima volta.
–
- Sarà fatto Madama. -
- Delle selvagge, ecco cosa siete. Delle barbare! –
inveiva intanto Alexia mentre tentava disperatamente di scogliere da
quella
luminescente matassa di ricci che aveva sulle spalle una ciambellina
all’anice
finita lì in seguito alla colluttazione.
Le risate delle altre due si fecero convulse.
La ciambellina, saldamente intrecciata a quei boccoli
color del grano, infatti non demordeva ma sembrava anzi affondare
sempre più.
- Ci metterò gli anni a tirarla via… -
osservò
lugubremente la bionda, costretta ad assumere una posizione eretta per
svolgere
meglio l’operazione.
- Vu-vuoi una ma-mano? – riuscì a sillabare infine
Lily,
piegata in due dalle risate.
- No, grazie. – replicò quella sdegnosa.
– Faccio da sola.
-
- Co-come vuoi. – acconsentì Alice asciugandosi
due
lacrimucce e soffocando con una mano il rinnovato scoppio di risa che
le causò
la vista del biscotto prigioniero. – P-però
ammetti c-che è di-divertente. –
soffiò tutta giuliva.
- Non è divertente.
– dichiarò la Campbell tutta seccata. –
è solo - articolò perdendo la pazienza
e iniziando a tirare. - molto – la ciambellina resisteva con
stoicità sotto
agli sguardi incantati della Evans e della Montgomery. –
molto – il biscotto
iniziò a dare segni di cedimento. – stupido.
– Alexia mollò la presa e i
riccioli si ri-avvitarono come tante molle portando con se il biscotto,
un po’
sbriciolato ma illeso.
Le iridi turchesi, lucide come specchi, avevano una
sfumatura ostile che mantennero per qualche secondo la altre due
Grifondoro in
religioso silenzio.
Lo sbuffo rassegnato della biondina segnò la fine della
tregua.
- Ahahahah… oddio! – gemette la Montgomery
colpendo con
piccoli pugni la superficie del tavolo e ricominciando a ridere come
una matta.
- Ma la pianti!? – chiese Alexia, con le braccia conserte
in una posa severa e un sorrisino sardonico che, nonostante tutto,
lottava per
salirgli alle labbra.
- Pfff…! – scoppiò anche Lily, voltando
il viso dall’altro
lato nel tentativo di trattenersi. Caso strano, il suo sguardo verde
prato andò
nuovamente a posarsi sulla figura di Potter, immobile nella sua posa.
- Cosa c’è di… di divertente, ecco.
Sentiamo. Ho
semplicemente una ciambellina, all’anice per la precisione,
incastrata tra i
capelli. –
- E non riesci a estrarla. – soggiunse con saggezza la
Montgomery.
- No, non ci riesco. – ammise suo malgrado la Campbell.
–
E con questo? Scommetto che è successo a un sacco di
gente… -
- No, dico, ma ti senti quando parli? – allibì
Alice
facendole il verso. – “Scommetto che è
successo a una sacco di gente…”, ma ti
pare?! -
Cinque secondi e anche Alexia rideva disperatamente. Buon
segno, tutto sommato, perché se il mal di testa martellante
che la affliggeva
da svariate ore lasciava spazio ad un barlume anche minuscolo di buon
umore,
voleva dire che il peggio era passato e la tempesta, per il momento,
scongiurata.
- Questa dobbiamo proprio raccontarla a Victoria… -
singhiozzò Alexia, dando delicati colpettini
all’eroico biscotto.
- Sempre che si degni di raggiungerci, sia chiaro. –
precisò Alice non senza nascondere una certa impazienza.
- Arriverà, arriverà. – la
consolò la bionda passandosi
una mano sulla fronte come per sgombrarla da certi fastidiosi pensieri.
A tutt’altro tipo di conclusione era nel frattempo giunta
Lily, totalmente dissociatasi dalle sue amiche per la seconda volta nel
giro di
una mezzora. Oggetto del suo studi era sempre lui, James Potter, e il
suo a dir
poco anomalo comportamento di quella mattina.
Perché non era l’individuo di per sé ad
incuriosirla,
bensì il suo insolito atteggiamento.
Le opzioni erano due: James Potter o era in preda ad un
tremendo conflitto interiore, cosa che la rossa escludeva reputandola
impossibile per una persona nella migliore delle ipotesi profonda
quanto una
pozzanghera, o si stava letteralmente cocendo nei sensi di colpa,
evento
decisamente più probabile considerati i pesi che quel
ragazzo doveva avere
sulla coscienza.
- Oi, Lil, ma che ti sei incantata di nuovo? -
La domanda trovò risposta in un altro quesito posto con il
maggiore disinteresse possibile.
- Ehi, Alex, le hai cambiate le fasciature a Potter ieri
sera? -
- Certo, perché? –
- Così, per sapere… - glissò la Evans
con nonchalance, senza
però distogliere gli
occhi dal suo obbiettivo.
Un bel ragazzo disperato è pur sempre un bel ragazzo.
Lily ebbe un fremito. Cosa aveva fatto? Aveva definito
Potter un… bel ragazzo?
Ebbene sì, ammise. Lo era.
James era davvero… bello. Bello e stupido, peccato.
Combinazione perdente.
Carino ma incredibilmente arrogante. Egocentrico. Superficiale.
Immaturo.
In fin dei conti non era neanche tutto questo gran
ché…!
Anzi, era decisamente banale.
Come personalità e come aspetto.
Un disastro insomma.
Chissà come le era potuto passare per la testa che fosse
addirittura bello…
Passabile al massimo, questo sì.
Ma bello proprio no.
L’oggetto delle sue elucubrazioni, forse sentendosi
osservato, si voltò verso di lei e avendola colta
nell’atto di guardarlo
sfoggiò un accecante e terribilmente strafottente sorrisino.
Lily imprecò sottovoce, senza riuscire ad impedirsi di
arrossire.
Colta in fallo come una bambina voltò di scatto il capo in
direzione di Alice e Alexia tentando di riagganciarsi rapidamente alla
loro
conversazione.
Fa che lasci correre, supplicò.
Ti prego, ti prego, ti prego…
Poi una mano le si posò con indolenza sulla spalla. E le
sue speranze andarono in fumo.
Dannazione.
- Lily, io… non me ne ero accorto, davvero. –
dichiarò
infatti con voce carezzevole James Potter, sopraggiuntole alle spalle
in un
baleno.
Il bastardo era venuto a prendersi la sua rivincita, poco
ma sicuro.
- Non ti capisco, Potter. Ma dubito che sia preoccupante…
- ringhiò la Grifondoro tenendo gli occhi ben piantati sul
piattino del burro.
Aveva litigato con James ben tre volte, nelle ultime
ventiquattro ore. E non erano stati semplici battibecchi,
piuttosto… scambi di
opinioni decisamente contrastanti?
Dire che la faccenda sforava nell’anormalità era
poco.
- Dico sul serio… non avevo capito. Scusa. –
proseguì il
maledetto, ben attento a farsi sentire da tutte le persone che gli
avessero
prestato ascolto.
- Ma di che diavolo stai parlando, si può sapere?
– sibilò
Lily il più sottilmente possibile.
Forse, se gli avesse dato corda, avrebbe fatto in fretta.
Forse.
- Del fatto che sei innamorata persa di me, ovviamente. -
Lily si costrinse ad alzare il viso, una decina buona di
studenti degli anni più giovani la fissavano sbalorditi.
Alexia sbadigliava con fare annoiato, Alice sogghignava
sotto ai baffi.
La rossa avvertì un insolito formicolio alle
mani… che
fosse furia omicida?
- Ma cosa…? – riuscì ad articolare dopo
qualche secondo.- Sì, insomma, non ti
prometto una storia seria me se vuoi
si può organizzare. –
- James, caro, -
esordì la ragazza con tono di velata minaccia. –
straparli. Fossi in te mi
farei visitare. –
Altro che anormalità, si corresse la rossa. Quella
mattina, in Sala Grande, si stava consumando uno dei loro
più consueti
spettacoli. L’unica differenza consisteva nel fatto che gli
attori, crescendo,
avevano affilato la lingua.
- Io? Dai Lily, era evidente, mi stavi letteralmente
mangiando con gli occhi… -
La Grifondoro balzò in piedi. – Trattenetemi o
commetto
una strage. Vi prego fermatemi. -
Alexia, tanto per darle soddisfazione, la afferrò
blandamente per la camicia.
- Carina la zuccheriera! - fu invece il perfido commento
della Montgomery, in sottofondo.
James si distrasse. – Zuccheriera? –
domandò inarcando un
sopracciglio.
- Zuccheriera. – confermò la Evans incrociando le
braccia
sotto al seno, come per sfidarlo a ribattere.
Nina, con aria super affaccendata e una cartelletta
semirigida sotto braccio, si frappose tra i due litiganti senza neanche
immaginare
cosa rischiava, su quella traiettoria.
- Che palle, ma Timmy che fine ha fatto? – si
lagnò la
bella moretta tormentando i corti capelli scuri e ispezionando come
soprappensiero
i commensali della tavola di Tassorosso alla ricerca del suo ragazzo.
I quattro Grifondoro si strinsero nelle spalle.
- Starà arrivando… – la
rassicurò la Campbell,
allungandosi per raggiungere una brocca di spremuta e versarsene un
bicchiere.
- Hn. – acconsentì la Franklin, con una cintura di
zebra
leggermente calata sopra la gonna a pieghe. - Vabbè,
ragazzi, in quanto
veterani ci tocca fare l’appello. Quindi rimboccatevi le
maniche e datevi da
fare che io sono venti minuti che corro dietro alle mini-serpi per
farmi dare
nome e cognome. –
Con aria lugubre, la Franklin iniziò a frugare nella sua
cartellina e ne estrasse una mezza dozzina di fogli.
- Scusa, ma i Caposcuola in tutto questo…?! –
allibì Lily,
prendendo in consegna gli elenchi e scrutandoli costernata.
- Quelli di Serpeverde sono ancora bloccati. Credo che le
camere degli studenti più anziani siano le ultime dei
corridoi e quindi le più
lontane dall’ingresso nei sotterranei… tra
l’altro, sembra che il livello della
melma lì sia davvero molto alto e le matricole mi hanno
detto che l’entrata
alla loro Sala Comune è agibile solo per metà. I
Tassorosso fanno la spola per
accompagnare quelli del loro quarto anno e i Caposcuola di Corvonero
non so…
sarebbero dovuti arrivare da un bel po’ ormai. – i
cinque Grifondoro si
voltarono in sincrono per esaminare la tavolata blu-bronzo.
Di carattere mite e sempre pronta a dispensare sorrisi
dolci come il miele, May Switford, piccola e bionda, si alzò
sulle punte
sbracciandosi per salutarli.
Lily agitò una mano e sorrise a sua volta. – Ehi
Ali, c’è May.
– tubò. – Perché non le
presenti Bex? Magari fanno amicizia… -
La Montgomery indirizzando un sorriso alla neo-Corvonero
parlò a mezza bocca. – Mia sorella se la mangia a
merenda un angioletto come
quello. Hai visto che tenerezza? Sembra uscita da un libro di
favole… -
La sorellina di Duncan era infatti al suo primo anno e,
come tutti i coetanei, si guardava intorno con gli occhi sgranati e una
espressione sognante che faceva come minimo sogghignare gli studenti
più
anziani.
- Noi Grifondoro dovremmo esserci quasi tutti. – soggiunse
Nina come per riportarli alla realtà. – Lorelay e
Floranna sono alla torre per
accompagnare l’ultimo gruppo, quando tornano vi faccio un
fischio. -
La ragazza si allontanò a passo svelto, probabilmente alla
ricerca di qualcun altro con cui condividere il gravoso compito che le
era
stato assegnato. Pochi minuti dopo, infatti, anche Cleopatra vagava per
la Sala
Grande armata di piuma e una lungo elenco.
- C’è un sacco di gente nuova in giro, avete
notato? –
osservò Alexia, depennando un paio di nomi dalla sua lista.
- Sono i privatisti. – rispose a sorpresa James,
nuovamente cupo e silenzioso.
- I cosa? – allibì Lily, sollevando per un attimo
gli
occhi dall’elenco su cui era china.
- E’ entrata in vigore una legge, quest’estate,
secondo
cui per motivi di sicurezza è stato imposto a tutti i maghi
e le streghe che
studiavano da privati l’obbligo di frequenza. –
- Cosa? Ma perché… - obbiettò la
ragazza, non capendo.
- Il Ministero in questo modo ci terrà tutti sotto
controllo, non capisci? Tutti i maghi e le streghe dai diciassette anni
in giù,
entro i primi di ottobre, saranno chiusi in questa scuola. –
James assunse
un’aria leggermente perplessa. – Scusate se ve lo
chiedo, ma non avete notato
che l’altro ieri sera, oltre agli undicenni, sono stati
smistati anche ragazzi
più grandi? –
- Mmm… no. –
- Decisamente no, vero Alex? –
- Già. Niente di niente. –
All’espressione allibita del Grifondoro, le ragazze si
sentirono in dovere di fornire una qualche giustificazione.
- Bhe… io ero alla festa, no? – abbozzò
Alice stringendosi
nelle spalle.
- Io ero… occupata. – balbettò invece
Alexia.
Sì, a consolare me. O a tentare di capire perchè
mi
comportavo come una matta, concluse mentalmente Lily.
La Campbell, inquisita da uno sguardo tremendamente
malizioso e pieno di doppi sensi, arrossì furiosamente.
– Avevo mal di testa,
deficiente! –
- Sì, sì… come no! – la
pungolò James, poi si volse a
guardare la Evans. – E tu… - mormorò.
- Io… - soffiò lei, improvvisamente pallida.
Erano accidentalmente entrati in zona off-limits. Quella
folle serata alla torre sarebbe dovuta restare tra loro, non essere
sbandierata
ai quattro venti come invece Potter si apprestava a fare.
Lily sentì un nodo serrarle la gola. Se avesse potuto lo
avrebbe supplicato a mani giunte di stare zitto, di tacere.
Ma James non poté vedere i suoi occhi inumidirsi e
diventare improvvisamente lucidi né intuire la sua
disperazione, la sua anima
era rattrappita in un unico lungo spasmo.
Con la massima disinvoltura possibile il ragazzo si prese
il capo tra le mani e serrò forte le palpebre.
Un capogiro particolarmente cruento lo fece gemere.
- Tu giocavi a fare la piccola fiammiferaia, come
sbagliare?- masticò con amarezza mentre tentava di
riprendere il controllo
della sua mente. – E Sirius banchettava con Giselle, ecco
perchè non aveva
visto la bionda. Dannazione! –
- Eh? – si accigliò Alexia mentre Alice, rapida e
silenziosa, infilava una mano sotto al tavolo e affondava le unghie nel
ginocchio del moro.
Lui serrò i denti e contrasse i muscoli della mascella, ma
parve riprendersi.
Lily, ignara di tutto, tornò a respirare. Non aveva detto
nulla.
Poi i battenti del grande portone di quercia si schiusero
lasciando libero il passaggio ad un consistente stormo di scope.
Serpeverde.
Il settimo anno al completo si diresse, rapido e compatto,
verso la tavola verde-argento.
Alice, stranamente tesa, rise con cattiveria. – Che bella
cera che hanno le nostre care vipere… dite che hanno dormito
bene? -
Una voce squillante risuonò alle sue spalle. – Per
una
tazza di caffè ti concedo un intervista esclusiva.
– frecciò infatti Victoria
Anderson, avvicinandosi a passo di danza su vertiginose
decolté di vernice
nera.
Splendida come sempre, la ragazza mulinò la folta chioma
color inchiostro e si appollaiò accanto alla Montgomery.
- Ciao splendori. Giuro che muoio dalla gioia di vedervi,
ma se non vedo una ciambella entro trenta secondi finisce che ammazzo
qualcuno.
-
Alexia l’accontentò rapida, desiderando
allontanare il
momento in cui l’amica si sarebbe accorta e avrebbe quindi
fatto domande sul
biscotto che aveva incastrato fra i capelli.
Potter fece scivolare una mano sotto al tavolo e la posò
con gentilezza su quella della Montgomery, stringendogliela in segno di
ringraziamento.
“Crisi
superata. Tutto bene.”
Era
questo il messaggio.
Alice si ricompose e, aggiustasi i capelli, non poté fare
a meno di scoccargli un baio sulla guancia.
Anche in questo caso il messaggio era chiaro e lasciava
spazio a pochi fraintendimenti.
“Poi
ne
parliamo.”
James,
rassegnato, alzò gli occhi e si imbatté nelle
iridi
ametista di Victoria. Erano decisamente interrogative.
- Che palle, ma non ce l’hai una casa, tu? –
ringhiò quindi
acidamente, decidendo all’istante di levare le tende. Quella
vipera lo faceva
sentire anche peggio.
- Che c’è, la ragazza t’ha mollato,
Potty? – rispose a
tono Victoria, ben lontana dal sentirsi intimidita considerando che
lei, alla
tavola dei Grifondoro, ci stazionava da anni. -
- Tutt’altro. Ma certe cose te le racconto quando cresci,
Crudelia. -
- Sì Potter, sì. L’importante
è crederci. – lo canzonò lei
con tono volutamente compassionevole.
- Dai James, andiamo a fare l’appello dai
Tassorosso… –
sorrise Alice mentre lo trascinava via.
- Brava Ali, portamelo via o finisce che mi va di traverso
la colazione! – le gridò dietro la Anderson, ma
anche lei sogghignava. –
Immagino sia inutile chiederti perché hai un biscotto fra i
capelli. –
soggiunse ilare, rivolta ad Alexia.
- Decisamente. – asserì Lily, improvvisamente di
buon
umore. – Ecco la posta! – esclamò poi
allegramente, guardando in alto.
Centinaia di gufi e civette di diverso piumaggio avevano
infatti invaso la Sala Grande ed ora volteggiavano sopra i tavoli alla
ricerca
del loro proprietario o del destinatario della lettera che portavano
legata
alla zampa.
Una sorta di briosa euforia si diffuse a macchia d’olio
tra le varie Case. Un rituale quotidiano come quello della posta
aiutava a
rammentare che, in fin dei conti, quella non era altro che una
mattinata come
molte altre. Nulla eccetto una schifosissima gelatina li teneva chiusi
in
quello stanzone, e le lezioni erano sospese fino a nuovo ordine.
In altre parole: vacanza.
Inaspettata ma non per questo non gradita.
Lily lanciò una fettuccina di bacon al gigantesco allocco
che le aveva consegnato la Gazzetta. Il maestoso volatile
sembrò gradire e,
dopo pochi secondi, spiccò di nuovo il volo.
- Una nottata infernale. Davvero, un casino. E adesso
Lucius ha anche il coraggio di tenermi il broncio, ti rendi conto? - si
lamentava intanto Victoria, sorseggiando caffé bollente e
inveendo contro la
stirpe umana.
Alexia annuì comprensiva. – Holly Price,
c’è? – domandò
scorrendo la sua pergamena.
- Mmm… sì. – le confermò la
Serpeverde per poi proseguire nel
suo monologo. - Come se fosse colpa mia se Roxanne ha avvertito solo
me… -
- Infatti. – la appoggiò la biondina inarcando le
sopracciglia.
- Ragazze… -
- Cioè, ma ti rendi conto? E poi -
- Vì, aspetta un attimo. Ma che sta succedendo? –
allibì
Lily alzandosi sulle punte. La tavolata blu-bronzo era in pieno
subbuglio ma la
risposta al quesito della rossa giunse dall’altro capo della
sala, dove Fabian
Pretwood alzò in aria una copia del Profeta e
scoppiò in una sguaiata risata.
Ci fu qualcosa di così cattivo e manifesto, in quella
risata, che Lily ebbe subito una bruttissima impressione.
- Dammi il giornale Alex… - mormorò chinandosi
per
strapparglielo dalle mani.
- Cos…? – protestò debolmente la
Campbell, ma Lily già
sfogliava febbrilmente il quotidiano, le iridi smeraldine che
scorrevano veloci
sui caratteri della prima pagina.
La rossa si lasciò cadere seduta, il viso mortalmente
pallido e la Gazzetta accartocciata in mano.
Victoria e Alexia la fissavano, pietrificate dall’ansia.
- Chi? – sibilò infine la Grifondoro, facendosi
coraggio.
La Evans si inumidì le labbra, apprestandosi a proferire
un verdetto.
Un verdetto di morte.
– La madre di Duncan è stata rapita. -
E per un attimo sembrò che tutto l’ossigeno
respirabile
fosse stato risucchiato via.
Il brusio sconvolto sparì e rimasero solo loro, compresse
in un destino che non riconoscevano come proprio: un destino che sapeva
di
guerra. E di disfatta.
Pochi metri più in là, proprio mentre May
Switford
iniziava a piangere, James Potter si accasciò su di Alice,
tremando.
- James! – sibilò lei, puntellandosi alla meno
peggio su
un tavolo per non cadere. Atterrita gli passò un braccio
attorno alla vita e
lasciò che lui le nascondesse il viso nel collo. –
James, stai bene? -
- Cazzo. – imprecò soltanto il Grifondoro,
cercando
qualcosa a cui aggrapparsi.
La ragazza, senza una parola, si sedette sul piano del
tavolo e allargando le gambe lo strinse tra le sue ginocchia. Poi lo
abbracciò
stretto. – Ti tengo. – affermò.
E il fatto che lui non fece commenti su quella posizione
equivoca fu un chiaro indice del suo malessere.
- James! – lo chiamò Alice, artigliandogli le
spalle e
sentendolo ghiacciato sotto la stoffa candida della camicia.
– James
rispondimi! –
Peccato Potter avesse l’impressione che se solo avesse
aperto la bocca si sarebbe vomitato anche lo stomaco.
- James, porca puttana! – imprecò quel modello di
finezza
che gli faceva da stampella. Una nota d’isteria le sporcava
la voce.
Lui in tutta risposta mugolò, certo che se non lo avesse
fatto la sua migliore amica sarebbe caduta nel panico.
- James, dimmi che devo fare! – esigette quindi Alice,
leggermente rincuorata.
Leggermente e momentaneamente.
- Aspettare!? – tuonò infatti la Grifondoro
qualche
secondo più tardi.
- Sì. – confermò lui, con voce
soffocata.
E mentre quel ruffiano si accomodava meglio tra le sue
gambe, scoprendole le cosce dalla gonna corta, Alice non
poté fare a meno di
sentire uno sguardo bollente accarezzarle la schiena con irruenza.
Penetrare
tra i loro corpi congiunti e spogliarla.
Quando un violento brivido la scosse, la Montgomery si
morse a sangue il labbro inferiore, maledicendosi. Allungò
il collo nella
speranza di riuscire a scorgere qualcuno della sua Casa, ma una fitta e
incredibilmente agitata cortina di Corvonero le chiudevano la visuale
verso il
suo tavolo.
Erano soli.
Soli in una Sala ghermita di gente.
Bloccati in una posizione a dir poco indecente.
Ma se Alice aveva imparato qualcosa, negli anni trascorsi
in quella scuola, era proprio che al peggio non
c’è mai fine.
E infatti, ecco Rebecca Montgomery, con tanto di amichetti
del cuore al seguito, avvicinarsi alla sorella ed assumere
un’espressione tra
il basito e lo stupefatto.
- Ali, James… ma che state facendo? –
domandò la pestifera
Grifondoro tutta titubante, mentre alle sue spalle Martin e Jason si
davano di
gomito, ammiccanti.
- La pace, Bex. – frecciò Alice preferendo non
tentare
nemmeno di negare l’evidenza.
- Oddio, sarà mica incesto? – fu la geniale
sparata con
cui se ne uscì la bambina, riuscendo in un’impresa
in cui solo pochi avevano
avuto successo: zittire la sorella, che rimase boccheggiante per
qualche
secondo. Tanto sconvolta da non trovare le parole con cui articolare la
risposta.
Bex scoppiò a ridere. – Ali, scherzavo! Su, mi
dite che
fate? – tubò, dolce come lo zucchero filato.
- Tutto bene, James? – domandò quindi Martin,
scrutandolo
leggermente accigliato.
- Sì. - rispose Alice per lui, poi venne
l’illuminazione.
– Piuttosto ragazzi, non è che potete cercarmi
Sirius? –
E Rebecca capì, sgranando gli occhioni si
avvicinò al ragazzo per carezzargli una
spalla. – Oi, Jamie… - sussurrò.
– come va? –
Dal niveo collo della sorella emerse un mormorio
indistinto ma facilmente interpretabile come il rantolo di un
agonizzante.
- Trovami Sirius. – ordinò la maggiore delle
sorelle
Montgomery.
- Fanculo Sirius. – borbottò James a sorpresa,
bocciando
l’iniziativa.
Alice preferì non ribattere. – Remus? –
propose con
dolcezza.
- Andato. – fu l’apatico commento.
E fu qui che la Grifondoro si preoccupò, perché
di
affidare quel relitto umano nelle mani di Peter Minus proprio non ne
aveva il
coraggio.
- Mandami le ragazze. – concluse dopo qualche istante di
intensa riflessione. – E tu non provare a ribattere.
– minacciò, rivolta al
giovane che gli giaceva tra le braccia.
James, ubbidientemente, tacque.
Piantati Martin e Jason, Bex si mise a correre. Agile come
uno scoiattolo schivò lo sgambetto che uno spiritosissimo
Tassorosso le tese e
svoltò a destra giusto in tempo per scontrarsi contro
Lorelay Ginsberg, appena
smontata dalla sua scopa.
Dietro di lei uno stuolo di Corvonero tutti abbastanza
stravolti.
Andrew scattò verso di lei. - Hai visto Lily? –
domandò.
- La stavo cercando. – annuì Bex, ancora col
fiatone.
Poi, come per miracolo, la bella rossa, Alexia e Victoria
si materializzarono alle sua spalle.
Redgrave si precipitò su di loro.
- Lo sappiamo. – lo informò però
Alexia, gli occhi lucidi
come due specchi.
Il ragazzo fu preso in contropiede. – Come…?
–
In tutta risposta Victoria gli lanciò la copia della
Gazzetta del Profeta che ancora teneva stretta in pugno.
Il Corvonero impietrì, dinnanzi agli allarmistici titoli che
sfrecciavano per tutta la prima pagina.
“Finisce
in tragedia una semplice ronda: sparito l’Auror Irma
Switford.”
-
Dov’è Duncan? – sibilò quindi
Victoria costringendosi
rapidamente con un elastico i lunghi capelli neri in una treccia
laterale e
brandendo con aria determinata il suo manico di scopa nuovo fiammante.
- Alla torre. -
- Nessuno può lasciare la Sala senza un permesso scritto.
– interloquì Louis Clark, alto e allampanato,
inconfondibile per il suo odioso
profilo.
- E nessuno ha chiesto la tua opinione Louis. – intervenne
allora Cinzia Thompson, incrociando le braccia sotto al seno con aria
esasperata.
- Sì, Louis, levati dalle palle. –
asserì Andrew, stucchevole.
- Non potete fare quello che vi pare. Senza permesso non
esce. – ringhiò il Corvonero alzando il mento in
posa di sfida.
Victoria, ignorandolo bellamente, si fece strada verso il
grande portone di quercia.
- Ehi, mi hai sentito? – tuonò Louis afferrandola
rudemente
per l’avambraccio e strattonandola con forza.
Victoria non cedette di un millimetro ma anzi si volse,
l’equilibrio perfetto del suo viso incrinato appena da
un’espressione di puro
gelo.
- Lasciami. – ordinò muovendo appena le labbra.
- No… - pigolò Clark, sudaticcio ma risoluto.
– non puoi.
–
Andrei affondò le mani in tasca e stirò un
sorrisino di
compatimento. – Che imbecille… -
commentò soltanto.
- Ora. – scandì la Anderson, con voce limpida e
imperiosa.
- No. –
Due secondi e il Corvonero si trovò schiacciato contro
l’uscio che aveva tanto a cuore di difendere. Una bacchetta
di profumato ebano saldamente
premuta contro la carotide.
Mai interporsi tra Victoria Anderson e la sua meta.
- Farò rapporto al preside! – latrò
Louis, rosso per l’umiliazione
e la paura.
- Forse non è il caso… -
azzardò Lorelay, lasciando oscillare uno
sguardo carico di incertezze
tra la Serpeverde e la sua peda.
Victoria impresse maggiore forza nella bacchetta e
assottiglio le iridi violate. – Fuori dai piedi. -
Il silenzio si fece di piombo.
- Verrai espulsa… - rantolò flebilmente il
biondastro,
facendosi infine da parte.
Lei si strinse nelle spalle e lo scavalcò. – Ne
dubito
fortemente. – replicò tranquilla.
Fu allora che Bex, sbattendo le ciglia, riprese coscienza
di se e della sua missione.
Afflitta dai sensi di colpa per aver abbandonato la
sorella seduta su un tavolo straniero con un ragazzo spalmato addosso,
afferrò
Alexia per un polso e la trascinò via come un piccolo
tornado.
Lily, rimasta sola, alzò gli occhi e incrociando lo sguardo
di brace del suo ex-ragazzo si sentì avvampare.
Anche lui tacque, incapace di spicciare parola.
Non erano loro, quelli.
Non era da loro.
- Andiamo da May? – domandò infine, desiderando
rendersi
utile.
- Certo. – annuì subito Andrew, assumendo
un’aria
efficiente e sicura.
In fin dei conti, era per quello che era andato fin lì.
…
o no?
La stanza era ampia e circolare, adorna di numerosi quadri
rappresentanti paesaggi bucolici e scogliere, velieri, scorci di natura
inesplorata.
Tavolini in lucido legno scuro erano il fulcro di una
serie di arcipelaghi di comode ed accoglienti poltrone turchesi e
questo creava
un curioso effetto che faceva assomigliare molto, quella sala
abbandonata, ad
un raffinato caffé letterario.
Quattro divani in lucida seta azzurro oltremare creavano
una sorta di zona salotto accanto alle ampie vetrate, coperte da
tendaggi
candidi e impalpabili, ed era proprio su uno di questi che sedevano
Floranna
Gilmore, Elisabeth Turner, Eric Brandon, Gwen Villiers e Jennifer
Parker con lo
sguardo perso nel vuoto e i volti più o meno pallidi.
Nessuno di loro avrebbe saputo spiegare perché, in tutta
quella immensità, si fossero andati a sedere tutti vicini.
Ma stipati in quel
divano troppo piccolo per contenerli si sentivano meno soggetti al
dolore, al
vento freddo che una disgrazia porta con se.
Una ragazza snella e minuta, con lunghissimi capelli
biondo grano che le danzavano intorno alle spalle e scendevano
giù fino ai
fianchi, ondulati in un motivo che era un marchio, fece capolino dalla
scala
che conduceva al dormitorio maschile.
- Niente. - sentenziò con un filo di voce, appoggiandosi
con una spalla al muro di pietra viva. - Non vuole vedere nessuno.
–
I suoi occhi azzurri, sinceri e addolorati, scrutarono ad
uno ad uno presenti.
- Non so cosa fare. – ammise dopo qualche secondo con un
sospiro. – Non possiamo trascinarlo giù in Sala
Grande a forza, – osservò. – ma
non possiamo neanche restare qui, altrimenti rimarremo intrappolati
–
Floranna ed Eric, Prefetto e Caposcuola, annuirono
gravemente.
- Drew è andato da May. – soggiunse il bel moro, i
gomiti
posati sulle ginocchia e il capo sorretto dalle mani intrecciate.
– Di lei se
ne occupa lui. -
Sul piano di vetro del basso tavolino antistante il
divano, una vaso di pallide orchidee e una copia spiegata della
Gazzetta del
Profeta.
Ma in quel caso non era stato il giornale a recare a
nefasta nuova, bensì una lettera dal Ministero, indirizzata
ai familiari più
stretti.
Quando era arrivato il gufo recante la missiva, circa un’ora
prima, May era già andata via.
Una serie di nitidi colpi riscosse la comitiva, che come
un solo uomo guardò la porta.
Francesca Montgomery, cugina di primo grado di Alice e
Bex, con la lunga chioma luminescente che le frusciava lungo la schiena
si diresse rapida ad aprire l’uscio per poi scattare di lato,
consentendo
l’ingresso ad un lucido ed affusolato manico di scopa.
- Victoria! – esalò felice mentre la Serpeverde
atterrava
con grazia e si slacciava il mantello.
Lei, liberandosi dalle formalità con un sorriso circolare
e lanciando senza alcun riguardo la scopa su un divano, chiese
soltanto. – è
su? –
- Sì, ma non ti farà entrare. –
l’avvisò Jennifer, leggermente
infastidita da tutta quella spavalderia. – Non vuole vedere
nessuno, Anderson.
-
- Pronti a partire tra dieci minuti. – si raccomando
Victoria senza fare una piega. – Il livello della melma sta
crescendo. –
E saltellando sui suoi tacchi assassini quasi fossero
scarpe da ginnastica, si eclissò alla loro vista.
Puntuale come un orologio svizzero, allo scoccare del
decimo minuto riapparve leggermente curva sotto il peso di Duncan
Switford, che
le passava un braccio attorno alle spalle.
Il Corvonero, con aperta sul petto statuario una camicia
bianca mezza spiegazzata e i pantaloni neri della divisa molto calati
sui
fianchi, stava a capo chino, i capelli biondo platino riversi sul viso
dai
tratti gentili.
Lei lo adagiò al muro e sussurrandogli chissà
cosa all’orecchio
gli allaccio alcuni bottoni della camicia.
La sua pelle era incredibilmente pallida. Quasi… luminosa.
E i suoi capelli emanavano un aurea decisamente insolita.
Erano troppo, troppo lucenti per essere semplicemente biondi.
La Serpeverde, con un’aria triste negli occhi, gli
passò
alcuni ciocche dietro ad un orecchio.
- Forza. – borbottò poi con una smorfia che poteva
sembrare un sorriso. – I nostri compagni ci aspettano.
–
Spazio
Autrice
Dopo
una
prolungata e vergognosa assenza eccomi di nuovo qui, a tormentarvi e
tormentarmi con un nuovo capitolo. Questo, sarebbe dovuto essere un
capitolo di
svolta, ma come al solito mi sono fatta prendere la mano e, causa
eccessiva
lunghezza, molti degli eventi clou saranno rimandati alla prossima
pubblicazione.
Non uccidetemi!XD
Stress da
fine scuola e crisi artistiche a parte, sono veramente felicissima di
essere
tornata a pubblicare. Mi siete mancati tanto tutti. (Evvai con i giochi
di
parole…!)
Comunque:
ciò che è emerso dalle recensioni, a grandi
linee, è che i troppi personaggi
creano un po’ di confusione.
>_<
Mmm…
piccolo ri-epilogo di quelli presenti in questo capitolo?
Yep!
Dunque,
dando per scontato che personaggi quali Alexia Campbell, Victoria
Anderson,
Alice Montgomery e Andrew Redgrave non vi causino più crisi
di panico,
procediamo con ordine:
- Duncan Switford è un
Corvonero del
settimo anno, ha una sorella minore di nome May,
undici anni, anch’essa corvonero. Assieme ad Eric
è uno dei
migliori amici di Andrew. Viene citato nel 3° capitolo.
- Eric Brandon è il
fratellastro di
Cleopatra Edenbrought, Grifondoro del quinto anno. Lui frequenta
l’ultimo anno
e appartiene alla casata blu-bronzo. Considera Andrew e Duncan come
fratelli e
appare nel 3° capitolo.
- Cleopatra Edenbrought
è la sorellastra
di Eric, frequenta il quinto anno ed è una Grifondoro.
Dubito non ricordiate il
suo caratterino, in caso andate a cercarla nel 6° capitolo.
- Cinzia Thompson è la
ex-ragazza di
Eric. La si potrebbe definire… vagamente possessiva? Viene
citata nel 3° capitolo.
- Thimoty XXX, clementemente
soprannominato Timmy, è un Tassorosso del settimo anno.
È il ragazzo di Nina e
appare nel 4° capitolo anche se gli vengono fatte ripetute
allusioni anche nel
6°.
- Rebecca Montgomery, meglio
conosciuta
come Bex, è la sorellina di Alice e frequenta il secondo
anno. Ovviamente è una
Grifondoro. Fa la sua
entrata in scena nel 6° capitolo.
- Jason e Martin
sono i migliori amici della sopra citata piccola furia, Bex
aveva già fatto accenno a loro nel 6° capitolo. I
tre Grifondoro sono
inseparabili…
- Louis Clark è un
Corvonero del settimo
anno famoso per la sua antipatia e insopportabile spocchia. Era
già stato
vittima di uno scherzo dei Malandrini nel 3° capitolo.
- Lorelay Ginsberg
e Nina Franklin
sono le altre due Grifondoro
del settimo anno. La prima è una Caposcuola e amante di
James. Appaiono in
svariati capitoli, ma vengono meglio descritte nel 6°, dove
emergono loro
caratteri.
- Floranna Gilmore o Flo,
è una diurna di
straordinaria bellezza. Appartiene alla Casa di Grifonodoro e frequenta
il
sesto anno. Oltre ad essere un Prefetto, è la migliore amica
di Cleopatra e fa
la sua comparsa nel 6° capitolo.
- Fabian Pretwood è un
Serpeverde del
settimo anno. Probabilmente lo ricordate come
Colui-che-mise-le-mani-adosso-a-Victoria. Gli si fanno ripetuti accenni
in vari
capitoli anche se compare i prima persona solo nel 4°.
- Jennifer Parker è una
Corvonero del
settimo anno. Già nel 3° capitolo ha dato prova del
suo proverbiale buonsenso.
Sono
identikit un po’ scheletrici vero?
Be’ mi
spiace ma non posso proprio fare di meglio.
Nel
compilare dei profili più precisi finirei sicuramente col
rivelare qualche
dettaglio inopportuno e preferisco non correre il rischio. Niente
spoiler,
sìsì!
Ho
segnato apposta i capitoli in cui i singoli personaggi fanno la loro
comparsa,
se li cercate con il metodo di ricerca di Internet ci mettete due
secondi a
trovarli e farvi un’idea un po’ più
chiara.
In
effetti, è ciò che vi consiglio di fare!XD
Vabbè,
passando ad altro. Le vostre recensioni (positive e negative) mi
rallegrano
moltissimo e mi spronano a continuare.
Non so
davvero come ringraziarvi ragazze…^^
Approfitto
di questo attimo di sentimentalismo per augurare a tutte voi buone
vacanze e, a
chi è invece impelagato negli esami di maturità,
un gigantesco in bocca al
lupo!
Okay, vi
ho annoiato abbastanza.
Ho da
farvi un’ultima richiesta, prima di passare alle risposte
individuali: di
leggere la recensione di Fidia e la mia relativa risposta (postata qui
sotto).
Considerando che questa persona mette in dubbio la vostra stessa
esistenza, mie
lettrici, credo vi riguardi piuttosto da vicino.
Un bacio,
Alisya.
Per Fidia:
Guarda,
non posso neanche definirmi offesa dalle tue insinuazioni essendo
queste così
folli e campate in aria da risultare ridicole. Avessi fatto un minimo
più
attenzione avresti notato che no, le recensioni non sono state postate
a
distanza di pochi minuti fra loro e che, tra l’altro, sono
quasi tutte firmate
(è obbligatorio, te lo ha mai detto nessuno?).
Comunque,
nel caso tu sia ancora convinta che io non abbia nulla di meglio da
fare che
scrivere una storia, creare una ventina di account fasulli con cui
commentarla
e poi pubblicare fanfic anche da questi ultimi per renderli
più verosimili,
credo che ognuna delle mie lettrici sia disposta a dimostrarti
l’autenticità e
veridicità della sua persona.
E questo
è quanto.
Bye bye.
A PiccolaBlack:
Ciao
e
benvenuta! Come avrebbe potuto non farmi piacere la tua recensione?
Sei stata
gentilissima e mi hai coperto di complimenti. Non puoi onestamente
aspettarti
che mi lamenti!XD
L’aggiornamento,
come vedi, non è arrivato tanto presto. Ma in fin dei conti
con questo capitolo
vi ho dato un bel po’ su cui riflettere: dai ripetuti malori
di James ad Alice,
che riceve sguardi roventi e non se ne stupisce…!*.*
Spero di
sentirti ancora, perché vorrebbe dire che la Fanfic continua
a piacerti.^^
Un Bacio!
A TheBestLady:
Oddio,
sto iniziando ad adorarti!XD
Fai
recensioni ben costruite e, al di là delle lodi, mi dici
quello che pensi.*.*
Tornando
ad argomenti relativamente più seri…
Sì, Alice è carismatica e ha un carattere
predominante. Non è fatta per stare ai margini
delle vicende ma vorrei farti notare, a rischio di essere ovvia, che se
lei e
Lily sono tanto amiche un motivo ci sarà, no?
Voglio
dire che Lily, anche se fino a questo momento forse non lo ha
dimostrato,
nasconde qualità nascoste. I fin dei conti una persona
prettamente normale come
potrebbe essere ammessa nella ristrettissima cerchia di Alexia, Alice e
Victoria…?
La dolce
Evans deve ancora mostrarsi per quello che è, fidati. Sta
solo attraversando un
periodo molto difficile. Tutto sembra crollarle addosso come un
castello di
carte.
Deve un
po’ ritrovare l’equilibrio, ecco. Poi
farà faville.
Alice e
James sono come fratelli. Si adorano, sono cresciuti
insieme… ma non potrebbero
mai innamorarsi l’uno dell’altra. Proprio mai.
Niente
ibrido Harry-Neville, mi spiace!XD
La
gelatina… eheh! Resterà un mistero ancora per un
po’, anche se forse, leggendo
con attenzione questo capitolo, un certo indizio lo potresti avere!
Per la
confusione data dai tanti personaggi spero che le indicazioni sopra
date
possano riuscirti utili.^^
Meraviglioso,
ho fatto una risposta più lunga della recensione. =_=
Sono da
ricovero!
Ciaociao!
A RaRa 93:
Quanto
mi
manchi! Mi manchi così tanto che se non sento la tua voce
entro venti minuti
vado in crisi di astinenza, ecco. (Fatto, mi sono giocata la
reputazione. Ora
tutti pensano che sono una maniaca!XD)
Leggere
la tua recensione mi ha fatto pensare alla Grecia, alla note in cui
siamo
rimaste senza letto, alla volta in cui io volevo tanto dormire e tu me
ne hai
dato l’opportunità solo quando dovevamo scendere
dal pullman, a quella mattina
sul ponte del traghetto in cui abbiamo chiacchierato per ore e ci
avevano dato
per disperse, al tuo i-pod, alla mia cinta, ai nostri anelli. Al nostro
meraviglioso banco pieno di scritte, al profumo di ciambella durante i
compiti
in classe…
Non so se
l’anno prossimo sarò in grado di fare a meno della
mia Aleteia (lo dirò sempre
con l’accento sbagliato, cosa credi!), ma nel frattempo ti
mando un bacio così
grande che ne resterai schiacciata. Ti voglio un mondo di bene, mi sa
che ogni
tanto te lo dimentichi. O forse te lo dico troppo poco spesso.
Hum…
ripensandoci tutto questo ha molto poco a che fare con la Fanfiction. E
poi sei
tu quella che divaga!
Circa la
tua recensione… vedi sempre oltre quello che scrivo. Ne
trovi il significato
nascosto. Ed è tutto dire.
Un
Bacione da Colei Che Cava Sangue Dalle Rape.
Per Mary3:
Che
bello, un’altra estimatrice della coppia (si fa per dire!XD)
Alice/James!
Tra loro non c’è ne ci potrà mai essere
nulla, eccetto una meravigliosa
amicizia, ma la loro relazione è una delle mie
preferite, lo devo ammettere.
In questo capitolo viene fuori che Alice e Bex sono a conoscenza del
"segreto" di James. Anche questo la dice lunga anche sul legame che li
unisce, non trovi?
Okay, ti ho annoiato abbastanza!XD
Una bacio!
A Hermionex95:
Altro
che
cinica, sei un tesoro!
Il
capitolo non è arrivato presto come pensavi, nonostante
questo spero sia di tuo
gradimento.
Ciao!
Per
___MiRiEl___:
Hehehe!
Vediamo un pò cosa posso dirti sulla "misteriosa" gelatina
che tanto ti (e vi) incuriosisce...
Dunque, è una sostanza collosa e trasparente fuoriuscita da
non si sa dove e per non si sa quale motivo. Claro?XD
Scherzia a parte, nel prossimo capitolo viene spiegato tutto,
promesso.
Riguardo ad Alice hai perfettamente ragione, ha baciato i
più desiderati della scuola. Ma in questo capitolo ti lancio
un amo: chi è che le lancia sguardi roventi?
I personaggi con capacità "particolari" sono un
pò la mia passione e sono felice abbiano riscosso tutto
qusto successo, sinceramente non me lo aspettavo.^^
Ora scappo, alla prossima!:P
A Nikelaos:
Wow
che
intuito!
Davvero,
hai colto due punti piuttosto importanti della storia.^^
Tu
continua a ragionarci, nel prossimo capitolo avrai tutte le risposte!
Grazie
per i complimenti, comunque.:P
Un Bacio!
A Irene_Evans:
Adesso,
senza nulla togliere alle persone che incoraggiano le autrici con
semplici
frasi della serie “Bravissima, aggiorna presto!”,
ma questo è il genere di
recensioni che ogni autrice sogna di
ricevere.
Sì,
insomma… dopo averla letta ho sorriso per mezz’ora!
Tra
l’altro questa diatriba apertasi sulla testa del povero
Andrew mi diverte da
morire. Nel bene o nel male, sono felice che questo personaggio abbia
attirato
tanto l’attenzione.^^
Solo tu e
Blackout potevate mettere su un botta e risposta attraverso le
recensioni,
davvero. Sono orgogliosa di voi, ragazze.
Circa il
“se non leggo non credo” nel prossimo capitolo
troverai pane per i tuoi denti,
cara Irene! Capisco che Redgrave, in quanto teorico antagonista di
James in
campo amoroso, possa risultare ostico, ma prima o poi ti
dovrà conquistare. La
prendo come una sfida personale, guada!XD
Riguardo
Lorelay… mi aspettavo un po’ di
ostilità nei suoi confronti. Ma non siate
troppo crudeli con lei, è stata innamorata di James per una
vita!
Un’altra
idea che ha riscosso molto successo è stata quella dei
poteri particolari. Il
che mi fa ghignare: non sapete cosa ho in serbo per voi…
Okay, ti
ho annoiata abbastanza. Non posso fare altro che ringraziarti ancora
una volta
per l’entusiasmo con cui mi commenti ogni volta. Non sai
quanto significhi per
me!
Baci!
A Lauraroberta87:
Sì,
lo
so, all’inizio la situazione può sembrare un
po’ ingarbugliata. Devi farci la
mano, diciamo!XD
Sui
personaggi invece non sono propriamente d’accordo. Nel senso
che le persone di
per sé, sono complesse, io posso avere reso male o in
maniera poco lineare i
caratteri dei personaggi, questo sì, ma non credo che
l’errore stia nel
contenuto.
In fin
dei conti non credo esistano persone “semplici” o
sempre coerenti... siamo
tutti dei gomitoli!XD
I miei
personaggi algidi ed eterei? Huu, sono lusingata!^^
Anche il
fatto che Victoria ti piaccia, mi rende molto felice.
Per Lily
e James dovrai aspettare ancora un po’… i due
piccioncini non sono ancora
pronti come hai potuto constatare tu stessa. Lui è immaturo
e lei… un po’
indecisa su chi essere o cosa fare della sua vita, ecco. Roba da
nulla!XD
Grazie
ancora per la recensione e mi raccomando, fammi sapere cosa pensi di
questo
capitolo!
Un Bacio!
|
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Capitolo 8 *** CAPITOLO 8 - Alla Stazione. - ***
Ad
Irene_evans, che più di ogni altra ha apprezzato questa
Fanfic.
Ti
auguro un felice anno nuovo!
Capitolo 8 –
Alla Stazione. -
Dopo innumerevoli e
infruttuose ore trascorse a lottare contro l’avanzata di un
viscidume non meglio identificato, la sentenza del corpo docenti era
stata unanime: gli studenti dovevano essere rimandati a casa.
Accampati dunque nei
pressi della banchina in cui l’Expresso per Hogwarts sarebbe
dovuto venire a prenderli da circa tre ore, sottoposti a scarsissimi
turni di sorveglianza, era normale che gli studenti della scuola di
magia e stregoneria di Hogwarts iniziassero un po’ a
scaldarsi.
Il famigerato treno
rosso fuoco, benché largamente atteso, non si faceva vivo e
nessuno di loro aveva il permesso di uscire da un raggio di cento metri
dalla banchina. Il che era anche peggio dell’essere costretti
un una unica Sala, perché l’aria aperta,
così come le tortuose stradine di Hogsmeade, erano esperte
provocatrici.
Sapientemente
schierate ai due poli opposti della stazione: Serpeverde e Grifondoro
facevano attenzione a non sfiorarsi neanche con lo sguardo.
Ovviamente, Samantha
Cooper e Victoria Anderson costituivano due eclatanti eccezioni. La
prima, del sesto anno, vantava degli splendidi occhiali da sole in
stile Audrey Hapburn e, con grande disappunto delle sue compagne di
Casa, era coinvolta in una disinvolta e piacevole conversazione con
Cleopatra Edenbrought e Floranna Gilmore. Le tre fanciulle, sedute
sotto al pallido sole di Settembre, attiravano una tale
quantità di sguardi da fare sentire in dovere un galantuomo
quale Sirius Orion Black di andare ad offrirgli il suo appoggio e
protezione in quanto figura maschile.
La seconda, fusa ad un
eterogeneo gruppetto stanziato su una panchina all’ombra di
un tiglio in fiore, osservava con il massimo interesse il vorticare
delle nuvole. Alla sua destra, Duncan cullava dolcemente May, pallida e
silenziosa, mentre alle sue spalle, seduta a gambe incrociate su
un’aiuola, Lily, prigioniera tra Andrew e James, meditava di
tagliarsi le vene, a Alice, sdraiata nell’erba ancora umida
per il temporale del giorno prima, sopportava gli sguardi al vetriolo
di Lorelay, appostata poco più in là assieme ad
alcune Tassorosso. Tutto perché James, assorto nelle sue
fantasticherie, le accarezzava distrattamente i capelli.
- Lor ci guarda male.
– lo informò quando ne ebbe abbastanza.
- E allora?
– osservò tranquillamente il Grifondoro,
stringendosi nelle spalle.
Alexia ed Eric,
spariti alla ricerca di un’edicola, passarono vicino a Nina e
Timmy Walls, appostati dietro ad una colonna a tubare come due colombi,
ed emersero dall’ombra del porticato della stazione fianco a
fianco. Tra le mani riviste, quotidiani, cioccorane, zuccotti e gomme
bollenti.
- Tieni May, mangia
uno zuccotto… - Eric, con una maglia a maniche lunghe dello
stesso colore dei suoi stupendi occhi color oceano, sorrise gentilmente
alla bambina.
Lei afferrò
il dolcetto e se lo rigirò tra le mani, studiandolo e forse
non vedendolo, mentre un’ennesima lacrima valicava
l’orlo delle ciglia bionde per bagnarle una guancia.
Alexia si
chinò e baciò il ragazzo sulla fronte.
– Abbi fiducia. – mormorò. –
Non è detta l’ultima parola. -
Duncan non mosse un
muscolo, lo sguardo perso nel vuoto e i capelli platinati leggermente
scomposti dal vento.
Alice
rotolò in modo da dare la schiena a Lorelay, resistette un
altro paio di secondi e poi scattò in piedi.
- Dove vai?
– domandò James, contrariato.
- Alla ricerca di un
pacchetto di sigarette. – brontolò lei mentre si
allontanava strusciando i piedi.
La Montgomery
attraversò svogliatamente l’ombra del porticato ed
entrò nell’ampio edificio della stazione, ne
attraversò l’atrio e uscì in strada,
semideserta per l’ora.
Si addentrò
in un vicolo alla sua destra, dove sapeva trovarsi un piccolo tabaccaio.
Uscita dal negozio la
ragazza si passo una mano tra i capelli ondulati, spalancò
il pacchetto e afferrò una sigaretta con i denti, tenendola
tra le labbra senza però accenderla.
Si sentiva nervosa.
C’era qualcosa, nell’aria, che solleticava il suo
istinto.
Cercando di non
pensarci, Alice affrettò il passo.
E fu proprio quando
era quasi giunta alla strada principale, che un’ombra si
mosse, alle sue spalle, facendola prigioniera.
Una mano le
serrò la bocca, falciando via senza remore la sigaretta
ancora integra, mentre un corpo forte e flessuoso la spingeva con
decisione in un pertugio tra due sudice abitazioni.
Alice non
urlò, non ci provò neppure. Quanto ad opporre
resistenza, lo fece giusto per recare fastidio al suo sequestratore.
Lo avrebbe
riconosciuto tra mille altri.
Schiacciata contro un
muro scrostato e muffito, lo trafisse con un’occhiata
lampeggiante.
Erano le buone
maniere, ciò che era sempre mancato tra loro.
Di passione ce ne era
stata anche troppa.
Lui, Christopher
Samuel Osborn, le rispose con il suo solito sorriso sghembo.
Il cuore della
Grifondoro mancò un battito e lei ebbe paura.
Già sapeva
che non avrebbe resistito.
Il Serpeverde le
liberò la bocca tenendola nonostante tutto inchiodata alla
parete.
- Ciao Chris. -
masticò Alice leggermente affannata. – A cosa devo
l’onore? -
- Mi mancavi.
– sentenziò con aria indecifrabile
l’aitante ragazzo vestito nei colori verde-argento. Aveva
corti capelli biondi e uno spiccato atteggiamento felino forse dato
dagli occhi, chiari come due acini d’uva.
Il suo corpo era teso.
Ogni singolo muscolo contratto in un unico obbiettivo.
Farla sua. Ancora e
ancora.
Come un predatore con
la sua preda.
Alice gli
piantò le mani sulle spalle, tentando di allontanarlo e
spezzare lo strano meccanismo che si azionava tra i loro corpi con un
semplice sguardo.
Chimica elementare.
- Tu neanche un
po’. – replicò quindi, spietata.
- E’ per
questo che ti dai da fare con Potter? - le mormorò lui ad un
orecchio, solleticandole il collo con l’alito caldo.
La Montgomery
scoppiò in una risata aspra e disincantata. – Ecco
svelato l’arcano. – ringhiò poi.
– Sei venuto a rimarcare il territorio. –
- Spiacente cara.
– replicò Osborn, mellifluo e sicuro, mentre con
libidine le mordeva il collo. – Tu sei già mia. -
La Grifondoro rimase
senza fiato, e tutto attorno a lei cominciò a svanire. Calda
e umida, quella lingua esigente si muoveva in piccoli cerchi sulla sua
pelle.
- Ci siamo lasciati a
giugno. – rammentò in un soffio, rovesciando
nonostante tutto il capo verso il cielo per lasciargli maggiore
possibilità di movimento.
- Allora forse non
avremmo dovuto fare sesso durante l’estate. –
osservò lui, roco.
- Già.
– fu l’unica cosa che la Montgomery
trovò da dire.
E fu proprio quando le
sue labbra si incresparono nello scheletro di un sorriso che comprese
di avere ancora una volta perso.
Non era semplice
alchimia.
Lui era la sua droga.
E, come un carnefice
che conosce a memoria la sua vittima, la teneva in pugno.
Una mano
scivolò a massaggiarle l’addome piatto, sotto la
camicia, e gli occhi della Grifondoro si incendiarono mentre, senza
volerlo, smetteva di respingerlo e lo artigliava a se.
Inibita la sua
volontà, affilati i suoi sensi.
Non
c’è niente di peggio che un amore andato a male,
elaborò Alice mentre lo fissava oltre le ciglia socchiuse.
E il loro era stato
malsano già prima di deteriorarsi.
Christopher le
afferrò un fianco, costringendola ad inarcarsi su di lui.
- Sei proprio un
figlio di puttana. – soffiò sottilmente la
Montgomery, in un ultimo barlume di lucidità.
- E tu sei bellissima.
– lo sentì sussurrare un attimo prima di bruciarle
le ali e trascinarla con se in un’altra vertiginosa caduta
libera.
Lei gli
affondò le unghie nella schiena, vendicativa.
Lui sorrise.
E come un rapace
calò sulle sue labbra, catturandole in una battaglia che, in
realtà, aveva già vinto.
Peter Minus
accompagnò con un gesto della mano l’anta del
sudicio cubicolo da cui era appena uscito.
Detestava produrre
rumore.
Ogni singolo
scricchiolio o schiarimento di voce divenivano per lui fonte di
imbarazzo o, peggio ancora, gli apparivano come inopportune
manifestazioni della sua esistenza.
Forse, molto
semplicemente, odiava essere solo.
E in quel momento lo
era, perché aveva litigato con i suoi migliori amici.
Il ragazzo
ruotò il rubinetto e un forte getto d’acqua
inondò il lavandino ingiallito.
Il suono gli dette
fastidio. Era necessario fare silenzio, per passare inosservati.
I bagni della stazione
erano deserti, ma nelle mattonelle sbeccate si riflettevano
innumerevoli firme o messaggi, echi di passate presenze.
Quel luogo parlava da
sé.
Peter, sciacquandosi
il viso, concluse di andare a cercare James e scusarsi con lui. Come
dono di pace avrebbe potuto raccontargli della dichiarazione
d’amore che qualche ignota studentessa gli aveva dedicato,
incidendola con un coltellino nella porta del gabinetto. Conoscendolo,
l’amico sarebbe andato in sollucchero a una notizia del
genere.
Forse poi sarebbero
tornati nel bagno assieme, e avrebbero riso delle sconcezze che qualche
altra anima pia aveva scritto sui muri all’indirizzo di
Sirius.
Rincuorato e con
l’animo più leggero, il Grifondoro si volse verso
l’uscita. Non aveva mosso che pochi passi quando la porta si
aprì e nel decadente bagno entrarono sghignazzando Evan
Rosier, supponente e determinato; Severus Piton, un libro sotto braccio
e i capelli neri più unti del solito; Avery Burton, quinto
anno, corporatura massiccia e un’arroganza fuori dal comune
anche per un Serpeverde; Nicholas Dalton, gemello di Phoebe Dalton.
Compatti quanto un
muro, inarrestabili come una marea.
Peter, quasi
involontariamente, arretrò di qualche passo. Il sorriso gli
morì sulle labbra.
I ghigni dei
Serpeverde, quando lo videro, se possibile si moltiplicarono.
- Ma tu
guarda… una pecorella smarrita. –
ironizzò Evan, un ragazzo alto e moro, con gli occhi dal
taglio orientaleggiante e le iridi luccicanti in forte contrasto con la
carnagione olivastra.
Un mantello nero
allacciato sulla spalla destra copriva quasi interamente il suo fisico
massiccio.
- Non mi dire che sei
solo, Minus. – proseguì Avery agitando un dito a
mo’ di finta predica. – Non è prudente,
in tempi come questi… Dovresti saperlo bene. -
Piton, al fianco di
Nicholas, sorrideva come se natale fosse arrivato in anticipo.
Peter fece un
tentativo disperato. – Infatti me ne stavo giusto
andando… - asserì con tono piatto.
- Io non credo
proprio. -
- Già, che
fretta c’è, Minus. Resta un po’ con
noi… -
Dalton, capendo al
volo, chiuse la porta e vi si appoggiò con una spalla.
– Mi piace, come girano le cose ad Hogwarts. –
osservò biecamente.
- E non hai ancora
visto niente, Nick. – fu la poco rassicurante affermazione
che giunse dalle labbra di Rosier.
- I miei amici mi
stanno aspettando. – ringhiò il Grifondoro,
serrando con le mani il bordo del lavabo e ispezionando la stanza alla
ricerca di una via di fuga. Il cuore gli martellava forte nel petto.
- Chissà se
ti riconosceranno, dopo che sarai passato sotto le nostre
mani… - commentò malignamente Avery,
sbottonandosi i polsini della camicia e arrotolando lentamente le
maniche sugli avambracci.
Piton rise e
avanzò di qualche passo. Peter istintivamente
cercò la bacchetta e, dopo avere fatto un breve tafferuglio
per districarla dalla cintura, la brandì alta.
- Cosa volete da me?
– gemette, mortalmente pallido.
- Un po’ di
divertimento, Minus, nient’altro… - rispose Rosier
avanzando a sua volta.
- Siete dei
vigliacchi. – rantolò il Grifondoro, orripilato.
Una risata cattiva lo
fece sobbalzare. – Furbi, al limite. –
replicò Piton. – Non lo sai che in un branco si
attacca sempre l’elemento più debole? -
Gli occhi di Minus si
inumidirono.
- Sei patetico, Minus.
– sibilò con odio il Serpeverde, sputandogli ai
piedi.
E improvvisamente
Peter sentì di dover dire qualcosa. Pensò che se
lo avesse fatto i suoi amici sarebbero stati fieri di lui.
Arrivò scioccamente a crede che quella fosse la sua
occasione di tenere alto l’onore dei Malandrini e dimostrare
a tutti che anche lui, il piccolo imbranato Peter Minus, valeva
qualcosa.
- Mai quanto te,
Mociosus. – replicò con voce strozzata ma
stentorea.
Un impedimento in un
punto non meglio definito tra la carotide e i polmoni gli impediva di
respirare bene, ma un’espressione vittoriosa gli si dipinse
in viso quando vide le guance di Piton imporporarsi di colpo.
Aveva colpito nel
segno.
Avery, alle spalle di
Severus, esibì un sorrisino sfacciatamente sarcastico.
Mociosus. Lo aveva
chiamato Mociosus.
- Lurido
schifoso… - Piton, scansandosi dagli occhi neri la frangia
unticcia, impugnò la bacchetta e con un unico e fluido
movimento disarmò Minus.
Il Grifonodoro gemette
ritraendo il polso, dove spiccava una lucente bruciatura.
- Fa male, eh?
– lo incalzò il suo avversario, esaltato
dall’idea di poter avere finalmente la sua vendetta.
- Non ci sono i tuoi
amichetti a pararti le spalle, oggi. – ringhiò
Evan facendosi avanti a sua volta.
- Sei tutto
nostro… - convenne dolcemente Avery.
Poi Rosier
scattò in avanti e lo colpi con un pugno allo stomaco,
mozzandogli il respiro. Peter, con gli occhi appannati dalle lacrime,
sentì le gambe diventare molli e il suo corpo scivolare
inevitabilmente verso le sudice piastrelle del pavimento.
Una mano lo
afferrò per i capelli, trattenendolo ad un’altezza
che non implicasse fastidi al suo aggressore.
Un secondo e un terzo
pugno gli fecero annoverare come sopportabile il dolore che pativa al
cuoio capelluto.
Boccheggiante, il
Grifondoro si aggrappò alle vesti del Serpeverde, il quale
parve non gradire perché lo scagliò a terra.
Da lì,
riverso come un pesce sul pavimento di un bagno pubblico, Peter ebbe
una vaga visione della gamba di Avery che caricava un calcio in
direzione del suo fianco sinistro, poi scattò di lato e
riuscì con qualche sconosciuta e miracolosa manovra ad
evitare il colpo.
Sgusciò tra
i piedi di Piton facendolo inciampare e arrancò alla massima
velocità che le sue ginocchia gli permettevano verso il
gabinetto più vicino.
Era quasi riuscito a
chiudersi dentro quando una mano sbucò dal nulla e lo
afferrò per il colletto, strozzandolo quasi.
Troppo occupato a
tossire per incamerare ossigeno, fu brutalmente sradicato dallo stipite
cui era ancorato e gettato nuovamente a terra.
Il labbro superiore,
spaccatosi nell’urto con le mattonelle di ceramica, gli
imbrattò di sangue il viso.
- Ve la faranno
pagare. – rantolò, reso audace dalla disperazione.
- Che paura.
– tubò Rosier. E lo colpì ancora.
- Non sono belle
parole, per della feccia. – osservò anche Avery,
scuotendo ironicamente il capo. – Forse è il caso
che ti schiarisca un po’ le idee… -
- Già,
magari con dell’acqua fresca… –
suggerì Piton, le labbra sottili frementi per la
soddisfazione.
Tutti, anche Dalton,
risero fragorosamente per qualcosa che Peter, evidentemente, non
afferrò.
- Vedrai che non ti
dispiacerà. In fin dei conti dovresti esserci
abituato… - puntualizzò malignamente il
Serpeverde.
Piton, seguito a breve
distanza da Dalton, si avvicinò alla porta del cubicolo in
cui Peter aveva cercato rifugio e ne spalancò la porta con
un calcio.
- Prego. –
frecciò, gli occhi scintillanti di malvagità.
– Serviti pure. -
Il Grifonodoro
inizialmente fissò con sguardo vacuo e un po’
sfocato la tazza del gabinetto, poi comprese e arretrò con
orrore. Ma il suo carnefice lo aveva già afferrato per il
retro della camicia, spingendolo a forza verso il sanitario.
Peter, urlando a
squarcia gola per invocare aiuto, oppose una stoica resistenza ed ebbe
anche la prontezza di spirito di azzannare la mano di Rosier, ancora
serrata attorno ad un ciuffo dei suoi capelli, quando gli giunse a
portata di fauci.
Peccato che i suoi
assalitori fossero quattro, anche se due non partecipavano attivamente
al suo massacro, e lui uno solo.
Oramai chino sulla
tazza del water, con le mani di Rosier che lo spingevano
inesorabilmente verso il basso, Peter serrò forte le labbra
e chiuse gli occhi.
Se avesse potuto, si
sarebbe privato anche dell’udito, così da non
dover udire le risate di scherno dei suoi nemici.
Poi, la porta lasciata
incustodita da Dalton, si aprì cigolando.
- Peter? –
chiamò una voce incerta. Una voce adorabilmente familiare.
– Peter, sei qui? -
La pressione delle
mani di Rosier sulla sua nuca si annullò praticamente
all’istante, il Serpeverde mise mano alla bacchetta ma rimase
immobile.
Loro tutti erano
nascosti alle due persone che avevano varcato la soglia del bagno e
adesso ne percorrevano il pavimento bagnato. Avevano ottime
possibilità di passare inosservati.
Piton gli
puntò a bacchetta ad una tempia. – Non una parola.
– scandì con il solo movimento delle labbra.
-
C’è nessuno?! - domandò ancora una voce
femminile.
- Peter! –
- Forse mi sono
sbagliato, dai Jen, andiamo via… -
- No,
aspetta… qui c’è del sangue! -
- Cos…?
–
Rosier
scivolò versò l’uscita del cubicolo,
deciso ad attaccarli alle spalle.
Peter ebbe un attimo
di esitazione, poi si scagliò contro a Piton, pronto a
giocarsi tutto per tutto.
- Remus, attento!
– latrò.
Il Grifondoro fece
appena in tempo a voltarsi per vedere le labbra di Evans Rosier
formulare uno schiantesimo, poi scartò di lato.
- Impedimenta!
– urlò nuovamente il Serpeverde, ma un fortissimo
sortilegio scudo deviò il suo incantesimo verso un lavandino.
Avery balzò
fuori dal cubicolo, la bacchetta alla mano.
- Ma tu
guarda… abbiamo compagnia. – ringhiò
mirando a una ragazza vestita nei colori di Corvonero.
Lupin la spinse a
terra, facendole scudo con il proprio corpo.
- Pietrificus totalus!
– tuonò.
Avery, alle spalle di
Rosier, si trasformò in una sgraziata scultura umana.
Jennifer Parker, gli
occhi sbarrati per lo spavento, si rannicchiò in
disparte mentre Remus e Evan si fronteggiavano e riprendendo a duellare
con foga.
Nel gabinetto invece,
si stava svolgendo un combattimento ad armi impari: Dalton e Piton
avevano costretto Minus in un angolo e, abbandonate le bacchette, erano
tornati a prenderlo a calci.
Un lampo di luce rossa
e Rosier fu spedito contro la parete opposta, Lupin si
precipitò verso l’amico.
- Fatevi da parte e
nessuno si farà male. – consigliò
scrutando torvamente gli ultimi due serpeverde.
Piton fece un passo in
avanti. – Non ho paura di te, cane. –
Un’espressione
spiritata balenò sul volto del Grifondoro, rapido come una
stella cadente alzò la bacchetta ma prima ancora che potesse
aprire bocca il corpo di Severus crollò ai suoi piedi come
un sacco di patate.
Con
un’espressione di ammirato compiacimento Lupin
guardò Minus, che gli rivolse a sua volta uno sguardo vacuo
mentre alle loro spalle una voce arrabbiata proclamava “forse
dovresti averne, stupido serpeverde.”
- Jen… -
gemette debolmente Lupin, sorridendo suo malgrado alla bionda corvonero
che gli aveva appena fatto un grande favore. – non dovevi
preoccuparti. -
- Nessun problema.
– replicò lei, un po’ pallida ma
risoluta.
Remus si volse verso
Dalton, che lo studiava senza battere ciglio.
- Tu devi essere uno
dei nuovi, dei privatisti. – osservò calmo.
- Così
sembra. – Nicholas incrociò le braccia al petto.
- Sai, non posso dire
che sia stato un piacere conoscerti. Ciò nonostante ti do il
benvenuto nella nostra scuola e, tanto per farti capire come funzionano
le cose, sottraggo alla casa di Serpeverde 20 punti. –
Il ghigno strafottente
di Dalton si mutò in un’espressione di
più totale sbigottimento.
- Ora, se vuoi un
consiglio da amico, ti suggerisco di sparire alla svelta
perché quando i miei compagni sapranno ciò che
è successo la prima cosa che faranno sarà venire
qui a verificare. E loro non sono persone accomodanti, te lo
posso assicurare. -
Scavalcatolo, Remus
tirò in piedi Minus e sorreggendolo si diresse verso
l’uscita. – Tutto bene Pet, adesso ti porto
via… - mormorò al suo orecchio.
Jennifer si
chinò e strappò dalle mani abbandonate di Piton
la bacchetta sottratta al Grifondoro, poi si accostò a Peter.
- Vuoi…?
– domandò tuta titubante offrendogli una spalla a
cui sorreggersi.
- Tranquilla Jen, ce
la faccio. – la rassicurò Remus, chino sotto il
peso dell’amico, con un sorriso affannato.
- Okay. –
assenti la biondina. E con aria pratica li precedette in modo da aprire
tutte le porte i cui si fossero imbattuti.
- Al diavolo.
– sentenziò Andrew alzandosi con uno scatto di
reni dal prato e spazzolandosi i pantaloni. - Io la vado a cercare.
–
- Vorrai dire che io
la vado a cercare. – lo contraddisse James, punto sul vivo.
- Voglio dire
esattamente ciò che ho detto, Potter. Io sono
preoccupato, io
la vado a cercare. Il processo logico non causerebbe problemi ad una
talpa, dubito possa crearne a te. -
- Molto spiritoso,
Redgrave. Peccato che anche io
sia preoccupato e che sia stato proprio io, a notare la sua
prolungata assenza. –
- Ragazzi, sono sicura
che Alice sta bene. Si sarà fermata a fare due chiacchiere
con qualcuno… - li blandì debolmente Alexia.
Loro la ignorarono.
- Senti, possiamo
sempre andarci tutti e due, no? – propose di controvoglia
Andrew, in seguito ad una occhiata particolarmente violenta che
Victoria gli aveva rivolto da sopra una spalla.
- Io sono il suo
migliore amico, so tutto di lei. – osservò Potter,
pigramente sdraiato a pancia all’aria, con una punta di
polemica nella voce.
- Con questo cosa
vorresti dire? – il Corvonero serrò
impercettibilmente la mascella.
- Che probabilmente la
troverei in un baleno, al contrario di te. – fu
l’insolente risposta.
Lily, seduta con la
schiena contro il tronco dell’albero, scosse il capo
sconsolata. Avesse potuto li avrebbe avvelenati tutti e due seduta
stante. Ex e non ex.
- Mi riesce difficile
crederlo considerando che te ne stai sdraiato a contare le farfalle,
sai Potter? –
James balzò
in piedi, i pugni serrati. – Non stai insinuando che io non
tenga a lei, vero Redgrave? Perché in quel caso dovrei
prenderti a pugni. –
- Ora si che ho paura.
– Andrew si avvicinò di un passo.
Victoria si
voltò di nuovo. – Non costringetemi a usare la
bacchetta. – sibilò. – Seduti. Tutti e
due. –
- … a
prender ordini da una donna… - borbotto Potter, ri-assumendo
la sua posa da divo in vacanza.
Andrew si
sdraiò prono e prese a giocherellare con un margherita.
- Sicuro di stare
bene, Potter? Mi sembri un po’ pallidino… -
insinuò quindi perfidamente.
- A differenza del
tuo, uomo di gomma, il mio fisico risente del poco sonno. –
fu l’acida risposta.
- Povero tesoro... Ti
piacerebbe avere il mio potere, vero? Per cancellare quella tremende
occhiaie, la mattina, o fare qualcosa per quel naso… -
- Il mio naso non ha
niente che non va! – tuonò James senza pensare.
Un attimo dopo tutti
ridevano più o meno a crepapelle.
- Scontro tra galli.
– sospirò Lily, divertita.
- Ehi! –
protestò Andrew dandole una spintarella.
Lei, incautamente, gli
sorrise.
E lui ebbe la certezza
che qualcosa non andava. Lo capì e basta.
Mai un sorriso aveva
avuto un così spiccato sapore di lacrime.
Rimase a fissarla,
quasi stordito dalla vacuità di quegli occhi verdi che
conosceva tanto bene, mentre lei distoglieva lo sguardo dal suo e si
abbracciava le ginocchia.
Duncan
lasciò che quell’effimera allegria gli scivolasse
addosso come una doccia tiepida, May con la testolina bionda appoggiata
nell’incavo del suo collo, aveva da poco chiuso gli occhi.
Non dormiva, lo sapeva
bene. Sentiva il suo respiro ancora troppo frenetico solleticargli la
gola. Forse pregava.
Lui non era in grado
di fare neanche quello. Non poteva nulla.
La sua mente era come
paralizzata, e l’attesa lo uccideva.
Sarebbe dovuta
arrivare una lettera, dal Ministero.
Morte o prigionia.
Queste erano le due
opzioni.
E sinceramente lui non
sapeva proprio quale auspicarsi.
Le mani fresche di
Victoria guizzarono sulle sue spalle, massaggiandogli la schiena.
La serpeverde
avvertiva l’aumentare della sua tensione e cercava di
placarlo.
Il Corvonero
serrò le palpebre e lasciò dondolare il capo. Si
concentrò sulla paura e lasciò che fosse questa
stessa a svuotargli la mente.
Comprese che qualcosa
era cambiato quando udì il silenzio. Un silenzio ostile e
teso.
Al limitare
dell’ombra del tiglio sostavano Lucius Malfoy e Fabian
Pretwood. Il primo, intento ad accendersi una sigaretta, sembrava
tranquillo, mentre l’altro, spostando incessantemente il peso
da un piede all’altro, li scrutava bellicoso.
Lily scattò
in piedi e si fece avanti di qualche passo. – Cosa volete?
– domandò dura, spazzolandosi la gonna dagli steli
d’erba.
Lucius si strinse
nelle spalle e soffiò in aria una densa boccata di fumo. La
ignorò completamente. – Vieni a prenderti un
caffè? - si rivolse a Victoria.
- No, grazie.
– rispose lei, asciutta, senza togliere le mani dalle spalle
di Duncan. – Non ne ho proprio voglia. -
Lui la
fissò per qualche secondo, indecifrabile e silenzioso, poi
si avvicinò. Con calma e senza prudenza, penetrando
incautamente il territorio nemico.
- Hai avuto una
mattinata pesante. – osservò porgendole con
gentilezza il pacchetto di sigarette.
Lei, suo malgrado,
stirò un pallido sorriso di ringraziamento e ne
afferrò una. – Anche tu ti sei dato da fare. -
Malfoy
scrollò il capo con modestia e fece dietrofront, diplomatico
come sapeva essere solo in presenza di lei.
Era quasi uscito
dall’area minata quando la voce ringhiante di Fabian
proruppe, provocatoria. – Forse dovresti offrirne una anche a
Switford, Lucius. Non sembra tanto in forma. –
- Fatti suoi.
– sibilò il serpeverde, affrettando il passo.
– Adesso andiamocene. –
Il risveglio di quella
mattina era il peggiore che riuscisse a ricordare da molto tempo. Ora
aveva solo voglia di acciambellarsi in un angolo, cheto nella luce
baluginante, a sorseggiare un caffé in santa pace.
L’assenza di
Fabian e la compagnia di Victoria, sarebbero state gli ingredienti
fondamentali di una mezz’ora in paradiso.
Peccato che nulla
andasse mai come doveva.
- Eppure, fossi in
lui, non mi dispererei tanto. Una madre mezzosangue è meglio
perderla che trovarla… -
Lily
sussultò, come colpita da uno schiaffo. Duncan, dietro di
lei, serrò di scatto le mani.
Victoria
assottigliò gli occhi.
E il corpo del
serpeverde, magicamente, si coprì di graffi e abrasioni.
May gridò.
La Evans, istintivamente, si lanciò in avanti per
sorreggerlo.
Lui la respinse con
violenza, cadendo in ginocchio e tenendosi le mani sul viso.
– Cosa mi hai fatto, lurida strega!? Cosa mi hai fatto!?!
–
Lily gemette,
terrorizzata. – Non sono stata io… -
sussurrò indietreggiando.
Andrew le fu accanto
in un attimo, coprendola con il suo corpo dalla folla di studenti che
si stava radunando.
Malfoy
afferrò il compagno per le spalle, cercando di valutare
l’entità del danno. – Ma sei matta?
– ringhiò fuori di sé. –
Fallo smettere! Fallo smettere! –
- Non sono stata
io… non so come si fa… - farfugliava intanto la
rossa, aggrappata al corvonero come un naufrago ad un salvagente.
- Assassina!
– fu la delirante accusa di una serpeverde alta
più o meno un tappo e mezzo. – Lo volevi
uccidere…! –
- Chiudi il becco,
sciocca. – la mise a tacere Alexia, sovrastandola di buoni
venti centimetri. – Nessuno la ha vista alzare la bacchetta.
– dichiarò a voce alta.
- Lo hai aggredito,
Evans. – ribattè però un corvonero del
sesto anno. – Ti espelleranno. –
Fabian, intanto, si
stava rimettendo in piedi. Le ferite non erano profonde.
Braccia e viso
sembravano semplicemente… scorticati a sangue.
- Brutta stronza!
– sibilò scagliandosi contro di lei.
Andrew lo prese di
petto, ostacolandolo con uno spintone.
- Attento a quello che
fai, Pretwood. – lo apostrofò, insolitamente
minaccioso. Le gambe, divaricate e il busto leggermente proteso in
avanti, in posizione di difesa.
La reazione fu
immediata.
- Ma vaffanculo,
Redgrave! -
Victoria fece
schioccare la lingua contro il palato, cupa e stranamente tesa.
– Niente risse, ragazzi. Non voglio grane. -
Fabian
avanzò verso di Andrew e gli giunse fin sotto al naso.
– La madre del tuo amico è fottuta, te lo dico io.
– rise col viso rosso di sangue vivo.
Il Corvonero
digrignò i denti e scattò in avanti, pronto a
colpire.
Qualcuno lo
afferrò per le spalle, trattenendolo.
James Potter, dopo che
Andrew se lo fu scollato di dosso, sorrise alla sua espressione
oltraggiata.
- Sembra un coniglio
spellato. – osservò inarcando ironicamente un
sopracciglio. – Non mi dire che lo vuoi davvero
toccare…! -
Andrew lo
fissò a lungo, poi emise un sospiro di rassegnazione.
– Hai ragione. – convenne. – Che schifo!
–
E da quel momento si
scatenò il caos. Le bacchette non furono sfiorate nemmeno
con il pensiero.
Certi conti, tra
giovani maghi adolescenti, vanno regolati a mano.
Sirius Balck, col
senno del poi, se la prese relativamente comoda. Salutò le
tre belle fanciulle con cui stava facendo conversazione,
lasciò che Samantha gli stampasse sulla guancia il segno del
suo rossetto. Attraversò il cortile assolato strusciando i
piedi e, dopo avere staccato a viva forza tre mocciosi da James e
averli rilanciati tra gli spettatori con il consiglio di
“tornare quando avessero messo i denti da latte” si
diede la pena di domandare - Cosa cazzo sta succedendo? -
Una risata vellutata
lo colse alle spalle. – Chiedilo ai tuoi, Black. Magari ne
sanno qualcosa. –
Il Grifondoro si
voltò con sguardo assassino. I lineamenti induriti in una
maschera di disgusto.
James invece,
scattò in piedi come una molla, scansò
l’amico con uno spintone e lasciò partire il
pugno, naturale e netto come era stato concepito. Perfetto nella sua
parabola.
- Sta zitto, Malfoy.
– ringhiò poi, leggermente alienato.
Black, mentre Lucius
cadeva a terra, inarcò un sopracciglio. –
Non… -
- Lo so. –
fu la spiccia risposta dell’amico.
- Comunque…
-
- Di nulla. –
I due grifondoro
rimasero occhi negli occhi per qualche secondo.
- Allora… -
abbozzò Sirius con un timido sorrisino.
- Già.
– asserì James spettinandosi i capelli.
Ed entrambi si
voltarono, gettandosi nella mischia fianco a fianco.
Con l’arrivo
dei professori, la stragrande maggioranza delle persone, semplicemente
sublimò. Si dissolse nell’aria come una nuvola di
vapore. Così, come da copione, gli unici ad essere presi con
”le mani nel sacco” furono Sirus e Fabian, che si
rotolavano a terra stretti in un abbraccio che di amichevole aveva ben
poco.
La sottile differenza
fu che uno era pesto di sangue e terra, l’altro, a volerla
fare tragica, aveva un labbro spaccato.
Il famoso treno rosso
filava veloce sulle rotaie. Una vegetazione fitta e rigogliosa
circondava quel tratto del tragitto, e la fronde degli alberi talvolta
sfioravano i vetri dei finestrini in una frusciante carezza.
Il rombare della
locomotiva si traduceva in soffici fusa e tremule vibrazioni delle
pareti, nel primo vagone. Poi si perdeva nel vento.
Seduto sulla soffice
moquette del treno, con una gamba piegata al petto per sorreggere
l’avambraccio e l’altra tesa a sbarrare il
passaggio, James Potter fissava intensamente la sua scarpa sinistra.
Più precisamente, il lacci della sua scarpa sinistra.
E pontificava un
futuro in cui avrebbe fatto il killer strangolatore.
Una ragazza con lunghi
capelli biondi uscì dallo scompartimento dei Caposcuola
tirandosi dietro la porta. Lo scavalcò con un sorriso.
– Ciao James. – salutò scompigliandogli
i capelli.
Lui alzò
appena gli occhi. Poi tornò alla contemplazione della sua
scarpa.
E la sua rabbia contro
il mondo sfumò in rassegnazione. Improvvisamente
immaginò di impiccarcisi, con quei lacci. Magari proprio
lì, in mezzo al corridoio dell’Espresso per
Hogwarts, in quel vagone sconosciuto a chi, come lui, non era mai stato
ne aveva mai aspirato ad essere un prefetto o un caposcuola. Per non
dire un professore.
I suoi deliri suicidi
furono ad ogni modo interrotti da due paia di gambe che,
approssimatesi, invece di oltrepassarlo e continuare si fermarono,
esitanti.
- Hem…
James? –
La voce era conosciuta
ma un po’ impastata.
Potter alzò
lo sguardo, quasi annoiato, per poi spalancare gli occhi.
Peter e Remus lo
sovrastavano, visibilmente perplessi e imbarazzati.
- Oh. Hem…
ciao. –
- Ciao. –
- Ciao. –
- Ciao. –
ripetè James, sentendosi molto stupido.
Un silenzio
pressoché comico avviluppò i tre grifondoro.
- Ti stavamo cercando.
- confessò Remus, distogliendo lo sguardo.
- Che ci fai li per
terra? – tubò Peter a ruota libera.
Bella domanda,
pensò James fissando con astio la porta dello scompartimento
sigillato e insonorizzato dinnanzi a cui sostava da quasi
un’ora aprirsi di scatto per lasciare uscire Fabian e Lily,
con lo sguardo fiammeggiante e le guance rosse per la rabbia.
Alle loro spalle la
professoressa McGranit, aveva le labbra serrate e la mascella tanto
contratta che Sirius non si sarebbe sorpreso se gli si fosse scheggiato
un dente. Quest’ultimo era di spalle al finestrino, teneva il
capo chino e la braccia conserte con l’atteggiamento di chi
ha da tempo smesso di stupirsi delle ingiustizie che gli vengono
perpetuate e attende che la tempesta passi. L’uomo che gli
era accanto, invece, osservava il bosco vivido e umido ignorando con
apparente facilità tutto ciò che si stava
svolgendo in quella piccola stanza. James non lo aveva mai visto prima
né, in quel primo momento, riuscì a vederlo in
viso, coperto dai baveri rialzati di un pesante mantello da viaggio.
Il professor Silente,
incastrato in un angolo del piccolo scompartimento sovraffollato,
nonostante la vistosa veste viola a stelle argentee, sembrava essere la
presenza meno ingombrante, assorto com’era a fissarsi le
lunghe dita intrecciate. Più discreto perfino di Sirius, che
pareva emanare una sorta di aura di energia negativa con quel cipiglio
cupo e decisamente poco aperto al dialogo.
La professoressa
Barners, sostava accanto all’uscio, una mano ancora sulla
maniglia. Aveva le labbra umide e la stessa espressione di quando
interrogava alla cattedra. Era evidente che aveva condotto lei gli
interrogatori, fino a quel momento.
- Professoressa non
è stato lui! – balzò su Potter,
furibondo. – Cristo santo, ci sono decine di studenti che
potranno testimoniare… -
- Moderi i termini,
signor Potter. Non le permetto di parlarmi i questo modo. –
lo freddò lei senza un battito di ciglia.
- Ma non è
stato lui! Mi deve credere, lui non –
Il preside, dal suo
angolino, sorrise impercettibilmente.
- Abbassi la voce,
signor Potter, o sarò costretta a prendere provvedimenti
contro di lei. Inoltre, come può vedere, abbiamo
già provveduto ad interrogare una sua compagna di Casa,
sforzo di cui dovrebbe esserci doppiamente grato data
l’evidenza di ciò che mi sono trovata davanti,
quando... –
James si
passò un paio di volte la mano tra i capelli, si morse le
labbra e… esplose.
- Ma Sirius non
c’entra assolutamente nulla! Non era neanche presente, quando
la rissa ha avuto inizio e questo imbecille si è ricoperto
di piaghe, come può… -
L’
“imbecille” in questione, ormai perfettamente
calato nel suo ruolo di vittima, si rivoltò come una iena.
– Guarda come mi ha ridotto, il tuo amichetto! Con che
coraggio lo difendi ancora? Eh, Potter? Con che coraggio?! –
si lagnò con una faccia tosta tale da lasciare i grifondoro
sull’orlo di un baratro chiamato follia.
- Ma tu sei fuori di
testa! – rise infine Lily, tanto sbigottita da essere rimasta
senza parole. – Tu sei totalmente suonato! –
- è
evidente che sta cercando di fregarvi! Coma fate a credere a questo
stronzo…?! – allibì anche James
allargando le braccia con un gesto esasperato.
- Signor Potter!
– si riscosse a quel punto la professoressa McGranit,
scandalizata.
- Ci hanno
provocato… - provò allora James esibendo la sua
migliore espressione da cucciolo bastonato.
- E si da il caso che
questo non sia l’asilo, signor Potter. Per quel che si
è svolto oggi alla stazione non esiste giustificazione di
alcuna sorta. –
- Ma…
professoressa! – Lily si affiancò a James,
furibonda a sua volta. – Hanno insultato la madre di Duncan
Switford! –
- …la
sorellina piccola era presente… - le fece eco James.
- … cosa
potevamo fare… -
- Bhe,
l’idea di maledirlo non è stata delle
più brillanti, Signor Black. Davvero. Mi complimento per la
sua presenza di spirito nonché oramai assodata demenza. Come
le è venuto in mente di usare la magia nera su un suo
compagno, si può sapere!? – domandò la
direttrice della Casa rosso-oro con la voce resa stentorea
dall’ira, rivolgendosi per la prima volta a Sirius
dall’inizio di quel inconsueto processo.
Il sarcasmo, reso
tanto tagliente dalla delusione. sarebbe risultato letale se non fosse
stato che, per una volta… Sirius era innocente.
Sollevato dal fatto
che lei gli avesse rivolto la parola, il grifondoro alzò
finalmente lo sguardo. – Io non lo ho toccato! –
rise scuotendo il capo e alzando le mani.
A quel punto fu il
momento della Barners, di ridere. – Vi ho visto io.
– annunciò. – Con questi occhi. Vi
stavate rotolando per terra… -
James perse la
pazienza. – Non sta dicendo che non lo ha toccato in quel
senso! Ovvio che lo ha picchiato! Però –
- Ma si sente quando
parla, signor Potter!? E secondo lei picchiare un altro studente
è cosa buona e giusta…? – lo interruppe
lei, petulante.
- Sta dicendo che non
è stato lui a maledirlo, non ci vuole mica questo gran genio
a capirlo…! – intervenne Lily, che aveva trascorso
gli ultimi cinquanta minuti a sentirsi dare praticamente della bugiarda
da quella sottospecie di mostro in gonnella ed era sull’orlo
di una crisi di nervi.
La mora assottiglio
gli occhi. – Non usi quel tono con me, signorina Evans. Dieci
punti in meno per Grifondoro! –
Non era leale, si
ritrovò quindi a pensare Lily.
Quella donna, nei suoi
confronti, nutriva una vera e propria avversione.
Abuso di potere, ecco
cos’era. Un abuso bello e buono.
- Non è
stato lui. Capite? Ci sono più possibilità che
sia stato il professor Silente, a maledire Pretwood, piuttosto che
Sirius Black. Lui era da un’altra parte. – James
scandì le sillabe una ad una, con esasperante lentezza, come
se stesse parlando ad un ritardato mentale.
- Faccia silenzio, per
l’amor del cielo! Non è questa la sede per
discutere di una faccenda tanto incresciosa. –
- Infatti, se mi
aveste fatto entrare, non avrei dovuto aspettare una fottutissima ora
davanti a questa fottutissima porta e avrei potuto spiegare come
davvero si è svolta la vicenda impedendovi di –
- Il motivo per cui
non l’abbiamo fatta entrare, caro il mo studente,
è esattamente il suo comportamento incivile e sconsiderato.
Stiamo cercando di scoprire la verità circa questa scabrosa
vicenda quindi, se non le dispiace farsi indietro e lasciarci
proseguire in santa pace… -
La donna, con fare
definitivo, stava nuovamente chiudendo la porta quando James
scattò in avanti, bloccandone il meccanismo con un piede.
- Dovete ascoltarmi.
– proclamò disperato. – Non potete
espellerlo per qualcosa che non ha fatto… ne ha fatte tante
di cretinate, almeno servitevi di una scusa fondata! –
tentò di scherzare. Ma i suoi occhi erano solo per il
professor Silente.
- Si tolga
immediatamente di mezzo, signor Potter. – ordinò
Eglantina Barners, perentoria.
- No. –
disse però quello. Sempre più convinto di stare
cacciandosi in un mare di guai.
Anche Sirius, a tre
metri di distanza, sembrava consigliargli di lasciare perdere.
Si era spinto troppo
oltre. Ne era certo.
Ma lasciare perdere,
in una circostanza come quella, voleva dire perdere Sirius.
Le condizioni di
Fabian avrebbero portato all’espulsione anche di studenti con
la fedina penale immacolata e loro, di precedenti, ne avevano anche
troppi.
- Albus! –
gemette la Barners, alzando gli occhi al cielo.
Il preside, chiamato
in causa con tanta autorità, indirizzò il suo
penetrante sguardo sullo studente che stava creando tante complicazioni.
Le lenti a mezzaluna
per un attimo rifletterono il bagliore della luce solare.
- Eglantina, temo
proprio che dovremo ascoltare ciò che il signor Potter
desidera dirci. In fin dei conti non ci lascia altra scelta…
- concluse allegramente sedendosi più comodo
Lei, alquanto
sconvolta, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e
cedette il passo al giovane grifondoro, che avanzò nello
scompartimento dei professori con aria guardinga.
- Spero tu non abbia
nulla in contrario, James, se suggerisco che i tuoi compagni restino
fuori. La signorina Lily è stata così gentile da
concederci già molto del suo tempo e credimi se ti dico che
sopportare con tanta stoicità un tale interrogatorio non
è da tutti. Certamente non sarebbe carino lasciarla da sola
in corridoio, dunque confido nelle capacità di
intrattenimento del signor Minus e del signor Lupin che, non ho dubbi,
saranno adorabili. Tornando a noi: occorre che qualcuno si occupi delle
ferite del signor Pretwood. Eglantina, puoi…? -
- Ma certo.
– scattò lei, consapevole dell’essere
stata appena liquidata con grande tatto.
Quando la porta, con
un ultimo cigolio, si fu richiusa alle sua spalle, per qualche istante
regnò il silenzio.
- Non è
stato lei, signor Black, a maledire il signor Pretwood. –
disse infine l’anziano preside.
- No. –
confermò Sirius, sollevato.
- Lei non era
presente, al momento dell’accaduto. –
- Esatto. –
- Bene! - Silente
sembrò trattenersi a stento dal battere le mani. Poi tutta
quella sua gaiezza sfumò, così come era arrivata.
Una espressione seria prese il suo posto.
- I tuoi tentativi di
scagionarlo, James, mi hanno molto colpito. Ma la perseveranza, se
usata senza discernimento, porta alla rovina. Non dimenticarlo. Detto
ciò ti prego di assumere un comportamento più
riguardoso nei confronti della professoressa Barners, che oltre ad
essere una validissima docente è anche una persona deliziosa
di cui personalmente ammiro l’energia e la perspicacia.
–
James annuì.
- Adesso, James,
gradirei che tu mi facessi il nome di colui che ha scagliato la
maledizione contro il signor Pretwood. -
Potter
battè le ciglia, confuso. – Mi scusi? –
- Il nome, James. Il
nome. Voglio sapere chi è stato. -
L’uomo
misterioso non mosse un muscolo. La professoressa McGranit, quasi
pendesse verso la risposta, si protese impercettibilmente in avanti.
- Io… io
non lo so. Professore, davvero, io non ne ho idea. -
- Tu eri
lì. – osservò Silente, pacato.
- Sì. Ma
non so come sia potuto accadere ne chi sia stato. Lui e Redgrave non
avevano nemmeno iniziato a spintonarsi quando improvvisamente ha
iniziato a contorcersi, è caduto in ginocchio e…
beh, lo ha visto. –
Silente rimase assorto
per quasi un minuto.
- è
possibile che qualcuno lo abbia stregato mentre non guardavi, James?
Per me è molto importante saperlo. Magari Andrew…
- suggerì senza un briciolo di malizia.
Il Grifonodoro scosse
il capo. – Professore, nessuno ha toccato le bacchette. Me ne
sarei accorto. È semplicemente… successo. Non so
spiegarlo. -
L’anziano
preside lo fissò a lungo, poi con uno svolazzo della
bacchetta, evocò dal nulla piuma, calamaio e pergamena.
- Gradirei che tu
segnassi su questo foglio i nomi di tutte le persone presenti, al
momento dell’accaduto. Non tralasciarne nessuno. È
molto importante… -
Il Grifondoro
annuì e si chinò su un sedile, vergando con la
sua scrittura un po’ spigolosa la pagina.
Per lunghi istanti
nessuno osò parlare.
Infine Sirius si
azzardò a prendere la parola. – Quindi…
hem, io sono libero insomma. – concluse un po’
incredulo.
- Sì.
– lo freddò La McGranit. – Libero di
recarti tutti i venerdì sera per un mese in punizione dalla
professoressa Allen, Black. E spero che tu ti renda conto del
fatto… -
Ma la sua voce si
affievolì poco a poco. – Tempo perso! –
sentenziò infine con uno sbuffo, voltando il capo allo
studente, che invece di guardarla afflitto e con la coda tra le gambe
si era ormai illuminato di un sorriso a dir poco accecante.
James gli sorrise di
rimando, alzando gli occhi dalla lunga lista di nomi che aveva tra le
mani.
- Credo ci siano
tutti. – borbottò passandosi una mano tra i
capelli e consegnando la pergamena al vecchio preside. – Per
le persone sopraggiunte dopo non so dirle… forse dovrebbe
chiedere agli altri. –
- Nessun problema,
James. Ora la faccenda passa nelle mie mani. – lo
rassicurò Silente con un cenno di assenso.
I due studenti, dopo
un tacito scambio di sguardi, si mossero in sincrono verso la porta.
– Allora noi andiamo. – propose Sirius con una
strana sfumatura interrogativa nella voce.
- Sparite, prima che
ci ripensi. – fu il tagliente suggerimento della McGranit.
Ma non aveva ancora
finito di parlare che già la porta si era richiusa con uno
schiocco e dal corridoio si udivano grida di giubilio miste ad
imprecazioni.
L’uomo
misterioso esplose in una risata calda e un po’ roca.
Si volse, rivelando un
volto dai lineamenti espressivi. Aveva occhi tempestosi e una corta
cicatrice lungo la mascella, semi nascosta dalla barba scura. Le labbra
erano rosse e volitive, tese in ghigno compiaciuto.
Aveva un fisico
possente, fasciato da abiti pesanti e resistenti all’usura.
Le mani ampie e forti, erano segnate dalle intemperie.
Non dimostrava meno di
cinquantacinque anni, ma la sua vera età appariva
indefinibile, falsata com’era da quella patina di vento e
salsedine, avventura e pericolo.
- Questi ragazzini mi
piacciono… - tubò infine andando a sedersi
accanto al professor Silente e stiracchiando le gambe in avanti.
– Sarà un anno più divertente del
previsto. – osservò allegramente.
- Certo, nulla a che
vedere con le tue mirabolanti avventure, Damian. Non eri forse tu
quello che il pericolo se lo mangiava a colazione…?
– fu il commento iracondo, a malapena sibilato dalla donna
che gli stava innanzi.
L’uomo
sbattè le ciglia, preso in contro piede. – Dio,
Minerva… - sospirò infine. – Sei
assurda. -
- Tu un idiota. Ma non
ritenevo necessario sottolineare l’ovvio. –
replicò lei, glaciale. Poi si alzò, rassettandosi
la lunga gonna verde con poche semplici mosse. – Se non ti
spiace, Albus, vado a cercare Domitilla e la metto al corrente della
punizione di Black. Hai da dirmi qualcosa? -
Il preside
alzò lo sguardo dalla pergamena che teneva stretta fra le
mani. Un nome, tra gli altri, sembrava per lui lampeggiare con
particolare intensità.
Osservò con
dolcezza la donna alta e molto magra che in attesa di una sua risposta
scalpitava impaziente accanto all’uscita. Aveva una postura
rigida ed eretta, fondamentalmente fiera. Un abito scuro dalla linea
severa le fasciava la vita e i fianchi, mentre occhiali squadrati le
celavano le iridi, castane e intelligenti. Zigomi alti e felini erano
incorniciati da capelli lisci e sottili, tagliati alle spalle.
- Albus… -
lo richiamò lei, con i nervi a fior di pelle. –
posso andare? -
Silente fece un
divertito cenno di assenso. – Ma certo Minerva, ma
certo… -
- Porca puttana,
Sirius. Giuro che da domani faccio il bravo ragazzo… - rise
James, passandosi una mano fra i capelli e sbirciando
nell’ennesimo scompartimento, rigorosamente pieno, per poi
tirare dritto, alla ricerca di quattro miseri posti dove lui e suoi
degni compagni potessero conversare in santa pace.
- Ma vaffanculo,
Jamie. E io mi faccio suora! – fu la sghignazzante risposta
di Black, con un braccio attorno alle spalle di Remus e il viso acceso
di una luce radiosa.
- Sei un maschio,
demente. – replicò quest’ultimo,
roteando gli occhi. – Al limite puoi farti prete. –
- Era per sottolineare
l’impossibilità della cosa, Lunastorta.
– precisò Sirius con voce saccente.
Tutti risero ancora
una volta, consapevoli di averla scampata bella.
- Lily è
stata davvero carina… - borbotto Felpato dopo qualche attimo
di silenzio. – Mi ha difeso come una tigre. -
- Sarà
innamorata di te. Come tutte le oche di questo posto,
d’altronde. E poi quella, di una tigre, ha soltanto la
criniera. – Ramoso accelerò impercettibilmente il
passo, incupendosi appena.
- Che
astio… - si impressionò Sirius, con un
sorriso canzonatorio.
- Un uccellino mi ha
detto che stamattina avete litigato di nuovo. –
osservò Lupin, pragmatico.
Peter lo
guardò con tanto d’occhi. – E tu lo hai
capito? –
- Beh, non
è un concetto difficile… - si
imbarazzò il lupo mannaro, un po’ perplesso.
- Ma come hai
fatto…? Voglio dire, non cinguettava?! – si
accalorò Minus, tutto emozionato.
E così si
giocarono Remus, che passò i successivi quaranta minuti a
ridere come un idiota. Tutto solo, tra l’altro.
Perché anche James e Sirius in quanto a modi di dire babbani
erano esperti come una capra in aritmetica.
Fu in questo
deprecabile stato che il quartetto giunse nel pertugio che divideva il
terzo dal quarto vagone. Un angusto passaggio interdetto da una porta
con su un insegna di divieto grande quanto un’anguria.
James aveva appena
abbassato la maniglia, pronto a spingere l’uscio e fare largo
ai compagni, quando una voce rabbiosa e dalla forte connotazione
femminile si fece sentire, al di sopra dello sferragliare delle rotaie.
Filtrava da sotto la porta.
-
…me ne sbatto delle tue condizioni, Duncan! Mettimi di nuovo
in una situazione del genere e sarò costretta ad intervenire
personalmente. Gia, loro
non sono affatto contenti... -
- Ho capito, cazzo. Ho
capito… - intervenne un’altra voce, bassa e
vibrante.
Si dispiegò
un silenzio teso. I Grifondoro si scambiarono un’occhiata
accigliata.
Tornare indietro o
andare avanti?
Era questo il dilemma.
- Scusa. –
sillabò infine quella che ormai avevano riconosciuto essere
la voce di Duncan Switford. – Scriverò oggi stesso
per fare rapporto. –
- Bene. –
approvò la voce di ragazza, sostenuta. – Per le
corrispondenza rivolgiti a Sam. Io me ne tiro fuori. –
- Strano. –
fu la replica che sembrava introdurre una lunga polemica.
Poi un imperativo
secco ed efficace, mormorato a mezze labbra. – Taci!
–
E la porta fu
all’improvviso strappata dalle mani di James Potter per
aprirsi verso l’interno, rivelando agli occhi sorpresi dei
quattro Grifondoro un altrettanto sbalordito corvonero e…
Roxanne Danglard, con ancora la mano sulla maniglia.
Un sibilo furioso le
sfuggì dalle labbra, tinte di un bel rosso corallo.
– Ecco. – si rivolse a Duncan, come accusandolo di
qualche oscuro misfatto.
Poi svicolò
fra i ragazzi, guadagnando rapidamente il corridoio.
Quando anche
l’orlo della sua gonna, frusciando fu scomparso, la domanda
sorse spontanea.
- Tu e
Roxy… hem… cioè, tutto bene Duncan?
– abbozzò Remus, visibilmente preoccupato.
La risposta, fu
altrettanto inevitabile e definitiva. – Beh. -
Il Corvonero si
strinse nelle spalle e li congedò con un sorriso vuoto.
Aveva fatto qualche passo quando si voltò, impensierito.
- Ah,
Sirius… - lo richiamò. - Nessuna grana, spero,
per la faccenda di Pretwood. -
Black lo
fissò negli occhi e scorse qualcosa dibattersi, nel
profondo. – No, nessun problema. –
mentì. – Grazie Duncan. - aggiunse senza sapere il
perché.
Quello si strinse
nuovamente nelle spalle e se ne andò.
Stranamente
silenziosi, i Malandrini non aprirono bocca fino a quando non si
ritrovarono finalmente soli e lontani da orecchie indiscrete.
Comodi come
pascià in uno scompartimento da sei posti.
Lì, infine,
James incrociò le braccia dietro alla testa e si
lasciò andare sdraiato.
- Perfetto.
– sorrise sornione. – Codaliscia, hai circa cinque
ore per raccontarmi che ti è successo alla faccia. Pensi di
farcela…? -
Il ragazzo tese il
labbro ancora gonfio e sanguinolento in una espressione a
metà fra l’imbarazzo e la pena.
- Devo proprio?
– borbottò, quasi mortificato
- Eccome. –
sogghignò Sirius. – quando commetterò
davvero l’incantesimo di cui mi hanno accusato oggi, vorrei
essere certo di stare torturando la persona giusta. -
Remus lo
ammonì con un debole spugno sulla spalla. – Non
scherzare, scemo. Questa volta la hai davvero scampata
bella… -
- Erano parecchio
incazzati. – ammise Sirius, con un sorrisino modesto.
Peter
ridacchiò a sua volta, gonfio di serenità come un
frutto maturo.
- Meno male che non
gli abbiamo detto della gelatina… - borbottò
più a se stesso che agli altri.
E improvvisamente si
trovò tre paia d’occhi puntati contro.
- Perché
siamo stati noi, vero? – insistette con uno sguardo furbo.
Ancora silenzio.
- Suvvia
ragazzi… questa volta dovete ammetterlo: abbiamo proprio
sbagliato tutto! – cinguettò, allegro e innocente.
Sirius fu il primo a
cedere. Si passò una mano sugli occhi ed esplose in una
risata bassa e un po’ roca. – Porca puttana se
abbiamo sbagliato…! – concesse, fra un singhiozzo
e l’altro.
- Io davvero non
capisco… - capitolò anche James, tutto
corrucciato. – Doveva essere schiuma alla fragola e invece
è venuta una viscida, schifosa, invadente e
indelebile… -
- … melma.
– completò Remus per lui.
- Una schifosissima
cazzo di melma! – ululò Potter
scoppiando in una risata argentina.
Peter si
unì presto a lui, genuinamente felice.
Remus si torse le mani
e morse le labbra. Ripeté sottovoce tutte le date delle
rivolte dei Goblin che riusciva a rammentare e infine sbuffò.
- Questa è
la volta che ci espellono. Ne sono sicuro. –
sospirò con tragica comicità mentre, suo
malgrado, le labbra gli si piegavano in un sogghigno.
Spazio Autrice:
Bonjour a
tout le monde!
Ebbene sì,
non sono morta!XD Né mi hanno amputato le dita, se
è per questo…
Non ho giustificazioni
valide per tutto questo ritardo ma, tanto per cambiare, vi offro un
altro po’ di enigmi.
Perché
James definisce Andrew “uomo di gomma”? E Roxy cosa
vuole da Duncan?
^_^
Come regalo di Natale,
invece, spero gradiate l’inquietante figura di Chris Osborn,
così come le ultime scottanti quattordici pagine.^^
Vaaaaaaaaaaaaaaaaabè,
le risposte alle recensioni le dei mini poemi. Vi lascio il tempo di
leggerli…!XD
Vi auguro un Felice
Anno Nuovo, gente.
Ci si vede nel 2009,
alisya.
Per
Myki:
Innanzitutto piacere!
Felice(issima) di fare la tua conoscenza.
Poi: grazie mille per
la splendida recensione. Se come me scrivi, sai quanto siano importanti
commenti e critiche (sì, anche le critiche. Non preoccuparti
non mi sono neanche lontanamente offesa!^^) e, dettaglio non
trascurabile, quanto risollevino l’umore
dell’autore.
Ti ringrazio (ancora)
per l’attenzione che hai prestato alle mie quattro
grifondoro. Le amo così tanto che negli ultimi capitoli ho
addirittura lasciato che rubassero spazio ai mitici Malandrini! Su di
loro cos’altro posso dirti…?
Hai colto il carattere
schietto e forte di Alice, quello ambiguo di Alexia (come
può non essere ambigua una persona che viaggia su onde
diverse dalle nostre?), l’energia magnetica di Victoria.
Lily… Lily ti sfugge un po’, da quel che ho
capito. Ma è questione di tempo e di abitudine
perchè hai ragione, la mia visione del personaggio
è abbastanza insolita!XD
Circa le indicazioni
spazio-temporali, sì. I Malandrini sono al settimo anno. E
per la famosa metamorfosi in uomini un pelino più maturi
dovrai aspettare, anche se in questo capitolo qualche buona intenzione
viene a galla…!
A parte gli scherzi,
come avrai notato, mi sono presa parecchie libertà. A
partire dall’età di Malfoy per finire, anzi
continuare, con molte altre cose.
La
“malattia” di James, come te, ha confuso e
intrigato molte atre lettrici. Tra poco apriremo la Lotteria delle
Ipotesi e a colei che arriva più vicina alla
verità andrà in premio un coniglietto di
peluche.XD
Capisco che il legame
James-Alexia ti abbia un po’ insospettita. Ma hai notato che
anche Andrew, brillante e cavalleresco, con lei ha degli atteggiamenti
un po’… fuori dalla norma?
Quasi tutti i ragazzi
riservano ad Alexia molte attenzioni, facci caso. E quasi nessuno ha
con lei un doppio fine… perché?
Ti lascio con questo
indovinello.^^
Nella tua recensione
mi hai scritto che in Green Years “tutti hanno un
segreto”. Mai fu detta cosa più vera! La rete di
misteri si sta infittendo…
Grazie (di nuovo!) per
la tua schiettezza e il tempo che hai speso dietro ai miei deliri.
Spero di sentirti ancora,
Un Bacio!
Ps: scusa. Davvero.
Oggi sono incredibilmente prolissa. Ma non posso lasciarmi sfuggire la
possibilità di festeggiare una nuova fan del giovane Andrew!
Tu e blackout metterete su un club di questo passo… lei sono
capitoli che lo difende!XD
Per
Irene_evans:
Mmm… mi sa
che la risposta alla tua recensione è ad inizio capitolo!
Non
smetterò mai di ringraziarti, credo, per
l’entusiasmo che mi trasmette ogni tua recensione. Dunque non
provare mai più a scusarti per avere scritto troppo,
perché è con un’autrice da 14 pagine
che stai parlando…!XD
A parte tutto, a
sgamare il collegamento gelatina/Malandrini sei stata una delle prime
quindi non ti sminuire, bel lavoro d’arguzia!
I complimenti per
Victoria sono graditissimi e gli sguardi roventi ad Alice…
direi che il tanto misterioso Chris ha fatto la sua entrata in scena!XD
Fammi avere la tua opinione a proposito, mi raccomando! È la
prima scena relativamente “calda” che inserisco
nella fic, e vorrei sapere che effetto fa…
La tua teoria sulla
bellezza è esatta, più o meno. Volevo sfatare il
mito della bellezza inquadrata (tra le altre cose). Se ti interessa
leggi la risposta a freddymercury.
Con questo capitolo
spero di non avere deluso le tue aspettative.
Baci!
Ps: per andare a capo,
nelle recensioni, devi inserire a fine rigo. Ciao!
Per
PikkolaGrandefan:
Ciao! Grazie per i
complimenti e gli incoraggiamenti!^^
Fa sempre piacere
sapere che la storia piace e i personaggi, per quanto TROPPI,
incuriosiscano. Le tue previsioni, sul lavoro da scuola, si sono
avverate… T_T
Ma adesso sono tornata
e spero di riuscire ad aggiornare in maniera leggermente più
regolare.
Piuttosto, Io Dawson
Creek's non l’ho mai seguito… dici che
è grave?XD
Baci!
Per
Lwrence of DW:
Cain! Ma che piacere
ritrovarti anche qui, in questa landa affollata di gente…
Andrew è
tutto tuo, e i personaggi “belli” sì,
avevo il sospetto ti piacessero…XD
Le imperfezioni, come
da te egregiamente detto, ci sono e si fanno sentire. La
metà di questi “ragazzi” se la
incontrassi per strada, ad esempio, mi starebbe mortalmente antipatica.
Tvb, un bacio.
Ps: ti aspetto per
quella Sacher…
Per
TheBestLady:
Allora… di
una cosa devo darti atto: sei incredibilmente perspicace!
Detto questo, la tua
recensione mi ha fatto prima morire dalle risate (devo dire
però che una parte del mio cervello era inquieta: non te li
dovrò mica rimborsare io i soldi che il tuo cane sperpera
alle aste!?XD) poi, però, mi ha messo
un’angoscia…!
Hai avanzato varie
ipotesi, alcune decisamente valide (come detto in prima riga), ma
altre…!
Nonno, cara Lady, i
Malandrini non sono prossimi al sfacelo. La loro non è una
lite seria, un piccolo diverbio, ecco! Mentre leggevo mi è
preso un colpo, giuro. Ho temuto di avere dato un tono troppo
apocalittico a quello che in realtà era uno scontro fra
galletti un po’ suscettibili.
Mi hai fatto perdere
dieci anni di vita e adesso ho i capelli bianchi, ecco. Come minimo mi
devi recensire un altro paio di capitoli per farti perdonare. Ah,
già che ci siamo, promettimi anche di dare un po’
di ferie a qual povero cecchino che segue Andrew anche in bagno. Sta
diventando una situazione imbarazzante…
Come lo giustifico io
un serial killer a spasso per i corridoi di Hogwarts?XD
Passano
oltre… (i miei deliri, intendo)
Sei la prima a
sprecare due righe sulla disgrazia di Duncan, che lettrici spietate che
ho! Il Corvonero perde la madre e noi tutte sospiriamo
perché James è svenuto tra le gambe di Alice. Che
roba! E poi osiamno chiederci perché Potter è
convinto di essere il re dell’universo…!
XDXDXD
Oddio, deve essere una
tara ereditaria. La mia mente pende inesorabilmente verso la follia!
Scusa per lo
sproloquio, baci!
Per
lauraroberta87:
Aaaah. Ora ho
capito!:P Scusa, ti avevo fraintesa.
Per i personaggi non
ti preoccupare, hanno creato problemi un po’ a tutti!
Spero che gli esami ti
siano andati bene, alla fine.^^
Grazie per la
recensione, l’ho molto gradita.
Un bacio!
Per
Nikelaos:
Centro, mia cara!
Complimenti per l’arguzia…!^^
La gelatina
è, effettivamente, un effetto collaterale dello scherzo dei
malandrini. Uno scherzo molto poco riuscito, in effetti!XD
Sulla litigata
James/Andrew ti ho accontentata, anche se forse non è
ciò che immaginavi…
La verità
è che quei due, ancora, si considerano troppo poco anche
solo per litigare. James non sopporta tanto il Corvonero,
perché lo sente “nel suo territorio di
caccia”, per così dire. Ma niente di
più.
Ho incontrato la
squadra di soccorso alpino che avevi mandato a cercarmi… dei
ragazzi davvero simpatici!XD
Scusa per la lunga
attesa, ciao!
Per
freddymercury:
Tranquilla, a
demoralizzarmi ci penso da sola. Agli altri non è concesso!XD
E non mi sono offesa
neanche per scherzo. Anzi, ho apprezzato molto la schiettezza delle tue
osservazioni che, tra l’altro, potrebbero anche tornarmi
utili.
Detto questo,
permettimi di ribattere che lo stile prolisso, pur facendo parte del
mio DNA, è stato in questa circostanza accuratamente scelto.
Voglio dire che lo reputo particolarmente adatto a questo racconto,
ecco. O per lo meno alla funzione “rilassante” che
questa Fanfic ha per me.^^
Le descrizioni
esasperanti, invece, hanno uno scopo puramente pratico.
Lasciami spiegare:
quel continuo ribadire concetti già espressi (vedi ricci
biondi di Alexia o la chioma d’ebano di Victoria) ha la
funzione di una formula fissa.
La moltitudine dei
miei personaggi, come avrai visto, ha creato non pochi
problemi…
Il minimo che possa
fare per aiutare un po’ le mie lettrici è proprio
“definire” il più possibile ogni singola
figura.
Anche
l’aspetto bellissimo dei protagonisti, è stato un
po’ frainteso. In quelle descrizioni in parte sì,
mi sono fatta prendere un po’ la mano, ma ho anche seguito la
scuola dell’ “esalta e valorizza i
dettagli”. Nel senso che se io affermo di avere occhi grandi
e una bocca soffice, potrei perfettamente essere una racchia con tanto
di gambe storte e faccia coperta di brufoli, mi sono spiegata?
Tra l’altro,
tendenzialmente è molto facile trovare belle le persone che
ci piacciono. Pensa ad i tuoi amici o ai tuoi familiari, se ti
chiedessi di parlarmene probabilmente glisseresti sugli aspetti meno
artistici soffermandoti invece sulle caratteristiche positive.
Anche la
maturità dei miei personaggi, per quanto possa apparire
insolita, è a suo modo giustificata. Sono quasi tutti
maggiorenni, vivono in un collegio (negli ambienti chiusi le
personalità tendono a rafforzarsi) e frequentano la famiglia
solo d’estate. Senza contare il fatto che, alla fine della
scuola, si troveranno proiettati direttamente nel mondo lavorativo. E
che, sempre in teoria, avendo conseguito i GUFO potrebbero
già lasciare la scuola.
Conclusa la mia
arringa (prolissa anche questa!XD), mi vedo costretta ad ammettere che,
nonostante tutto, mi trovo perfettamente d’accordo con te.
Lo stile con cui ho
impostato questo racconto non mi soddisfa affatto (come si
può notare dalle pause tra la pubblicazione di un capitolo e
quello successivo) e di dettagli criticabili ce ne sono fin troppi!
Ti ringrazio ancora
per l’attenzione che, nonostante tutto, mi hai prestato.
Non con questo (che fa
parte di una serie già scritta), ma con il prossimo
capitolo, spero di farti contenta.
A presto!
Per
___MiRiEl___:
Ciao! Sai che proprio
in questi giorni mi sono dedicata alla lettura della tua Fanfic?
Aspettati una recensione al più presto!^^
Grazie per i
complimenti e la carica di allegria che traspare da ogni tua recensione.
Quel “non
riesco a staccarmi dal computer” mi ha fatto piacere oltre
ogni dire, perché è esattamente il tipo di
atteggiamento che assumo io quando una cosa mi prende davvero.
A Sirius in questo
capitolo ne accadranno delle belle…
Spero che il capitolo
ti sia piaciuto,
Bacio!
Per
PolarLight:
Benvenuta e grazie
mille per avere rec
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