Più complesso di qualsiasi alchimia

di Hikari_F
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Innocenza ***
Capitolo 2: *** Le mani di un assassino ***
Capitolo 3: *** Brucia con me ***



Capitolo 1
*** Innocenza ***


La prima volta che i miei occhi di bambina incontrarono i suoi, spavaldi eppure così espressivi, non avrei mai potuto immaginare che avrei finito per amarlo e proteggerlo per tutta la vita: il ragazzetto sfacciato dagli scompigliati capelli neri ed il sorriso ammaliatore, quel ragazzetto a cui guardavo con diffidenza e fastidio, sarebbe cresciuto diventando Roy Mustang…il mio colonnello, nonchè mio unico e profondo amore.
 
Giorno dopo giorno, mese dopo mese, il mio corpo crebbe e si trasformò in quello di un’adolescente dalle curve morbide, con corti capelli biondi…femminile, nonostante l’atteggiamento da maschiaccio tradisse quel bell’aspetto aggraziato. Crescevo sotto il suo sguardo intenso che mi studiava, mi scavava dentro, mettendomi completamente a nudo in un solo istante.
Imparai a scambiare qualche parola con lui, poi a conoscerlo: ben presto la sua presenza come allievo di mio padre cessò di infastidirmi. Divenne un piacere sapere che tra quelle quattro mura avrei trovato lui, sempre pronto a stuzzicarmi con qualche commento irriverente, a trasformare i musi lunghi in sorrisi…la verità, anche se a quell’età è una verità scomoda e difficile da accettare, è che ero completamente innamorata di lui, del modo in cui era entrato nella mia routine, mutandola in qualcosa di completamente diverso ed eccitante.
-Ehi, Riza?- Sussurrò Roy, stiracchiandosi e mettendo via i testi d’alchimia.
-Sì?- Mormorai in risposta, varcando timidamente la soglia dietro cui mi ero nascosta per ascoltare la sua voce intenta al ripasso. Avrei voluto chiedergli da quanto tempo si fosse accorto della mia presenza, nonostante la porta chiusa, ma ero troppo intimidita per riuscire a proferire qualcosa di diverso da un monosillabo.
-Il respiro.- Disse, ridacchiando; poiché lo guardai senza capire, spiegò -Ho sentito il tuo respiro, dietro la porta. Volevi dirmi qualcosa?-
Fu un duro colpo! Non era la prima volta che facevo una cosa del genere: quante altre volte se n’era accorto? Cosa avrebbe pensato di me? Le mie guance si colorarono di un rosso intenso, senza che potessi far nulla per spegnere quell’incendio.
-Nulla. Volevo solo…chiacchierare. Se hai finito di studiare.- Balbettai, incapace di guardarlo.
Avrei voluto che arrossisse di rimando, ma naturalmente non accadde.
-Volevi solo chiacchierare, eh?- Il suo sorriso si fece ancora più largo -Io avrei un’idea migliore.-
 
Se fossi stata identica a qualunque altra ragazzina della mia età, avrei immediatamente capito a cosa si stesse riferendo…ma io ero Riza Hawkeye, cresciuta lontana da ogni tipo di malizia: il pensiero della prima volta sotto le lenzuola non mi aveva mai nemmeno sfiorata, nonostante avessi compreso da tempo che il mio interesse per Roy non si poteva propriamente definire platonico.
Quando chiuse a chiave la porta alle proprie spalle capii che forse nemmeno lui si sentiva davvero consapevole di quel che stavamo per fare…incredibilmente intravidi del rossore sulle guance.
Fui assalita da mille dubbi e domande mentre si distendeva su di me baciando delicatamente il mio collo, mentre cercava invano di sbottonarmi la camicia con le mani tremanti che si ritrovava. Era pronto? Sapeva quanto fosse importante quello a cui stavamo andando incontro? Ma soprattutto…
-Aspetta.- Sussurrai, lottando disperatamente contro il desiderio improvviso di lasciarmi andare alle mie più recondite emozioni -Perchè?- chiesi, dando voce agli interrogativi che vagavano per la mia mente -Perché?- Ripetei, sfidando il suo sguardo penetrante con i miei grandi occhi nocciola.
-Non lo so.- Fu la sincera risposta -Ma ogni volta che ti vedo, mi viene voglia di fare questo.-
In quell’istante fu come se il tempo si fosse fermato.
Le sue labbra screpolate si posarono sulle mie, sfiorandole in quello che supposi essere il primo bacio per entrambi. L’inesperienza fu presto messa da parte da un’esperienza tutta nuova, che acquisimmo direttamente sul campo: al primo incontro di labbra ne seguirono altri, in un crescendo di passione, ognuno diverso dal precedente. Sembrava inconcepibile anche solo immaginare di fermarsi…
Eravamo sospesi in un’altra dimensione, soli, desiderosi solo di baciarci ancora e ancora e ancora…fino a che…
Nessuno dei due proferì parola; ci limitammo ad uno sguardo di sfuggita per capire che era quello che entrambi desideravamo, l’unico mezzo per spegnere l’incendio che divampava nei nostri corpi, devastandolo con uno ancora più bruciante.
-Riza.- Disse, infrangendo il silenzio -Sei sicura?-
 Risposi con un ultimo bacio; a quel punto non era possibile tornare indietro. Non più.
I nostri corpi nudi si strinsero nell’abbraccio più profondo, fondendosi in un'unica entità; eravamo entrambi immaturi, giovani, inesperti. Facemmo l’amore nel modo più dolce e impacciato che si possa immaginare, eppure non l’avrei voluto diverso per niente al mondo: eravamo stati travolti da qualcosa più grande di noi, troppo difficile da capire…più complesso di qualunque alchimia.
-Roy.- Sussurrai: non sapevo che di lì a poco avremmo smesso di chiamarci per nome, non sapevo quando sarebbe stato emozionante, un giorno, riuscire a rivolgerci nuovamente l’una all’altro con quell’incredibile spontaneità -Ho paura.-
-Anche io.- Fu la risposta -Ho paura che tutto questo non succeda mai più.-
Il mio corpo fu scosso da un tremito…io ero semplicemente atterrita. Avevo paura di quanto era accaduto, temevo la maestosità di un sentimento e di una passione che andava al di là della mia comprensione.
-Invece sarà proprio quel che succederà.- Dissi risoluta, rivestendomi in fretta –Non…non dobbiamo più permettere che accada.-
Roy mi fissò, inespressivo; evidentemente non si sarebbe mai aspettato una risposta del genere.
Senza aggiungere altro lasciammo la stanza, nonchè unica testimone di quell’istante che ci aveva visto bruciare e poi rinascere come fredda cenere.
-Mai più.- Ripetei, più a me stessa che a lui, mentre tentavo con ogni mezzo di cancellare dalla mia mente tutto quel che avevo provato…
Ma era come i tatuaggi che mio padre avrebbe, un giorno, impresso dietro la mia schiena.
Un marchio indelebile, una parte di me; io e il futuro alchimista di fuoco ci eravamo scottati, ma avremmo custodito quelle cicatrici per sempre, nonostante tutto, al riparo da ogni sguardo…persino dai nostri.

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Capitolo 2
*** Le mani di un assassino ***


Avrei voluto perdere i sensi. Avrei voluto il privilegio di non assistere allo scempio che si consumava dinanzi ai miei occhi, ad opera mia, ad opera dei miei compagni. Lo sguardo cadde prime sulle mie mani, screpolate mani da soldato, saldamente strette al fucile che usavo per massacrare, distruggere, uccidere…un istante dopo, su quelle del mio superiore, Roy Mustang. Quelle mani, le mani che mi avevano avvolta in un caldo abbraccio tanti, troppo anni prima…le mani che erano scivolate sul mio volto, i seni, i fianchi. Le stesse mani che erano state capaci di regalarmi la confortante sensazione dell’essere amata, adesso, stavano carbonizzando degli innocenti.
“Fermati.” pensavo, incapace di versare altre lacrime “fermati e anche io potrò fermarmi.” Ma nessuno di noi avrebbe potuto disubbidire agli ordini. Eravamo cani addestrati per assalire. Le nostre mani erano state plasmate per macchiarsi di sangue.
L’oscurità mi avvolse: continuavo a sparare, ad occhi chiusi. Tuttavia, nonostante fossi riuscita ad annebbiare la vista, non potevo fare a meno di percepire quell’acre odore di cenere e di morte, non potevo annullare il mio udito che catturava, implacabile, le grida di dolore e il rimbombare degli spari.
-Fermatevi.- Tentai di urlare, ma il suono che mi uscì dalla gola somigliava più al guaito di un cucciolo che all’imperioso ordine di un soldato -Tutto questo non ha assolutamente senso…- Il grido mi morì sulle labbra. I pensieri, intanto, mi catapultarono al giorno in cui avevo permesso che colui che amavo diventasse un assassino.
 
-Mi dispiace per tuo padre.- Disse Roy, guardandomi con aria compassionevole -Mi ricorderò sempre di lui come di un eccellente maestro.-
Deglutii. Dopo quella volta in cui ci eravamo lasciati andare ad una passione adolescenziale e bruciante non ci eravamo più parlati, senza contare il periodo in cui si era arruolato nell’esercito, una volta concluso l’addestramento col mio vecchio.
Averlo in casa era stata una lenta agonia: vederlo ogni giorno, sentire i suoi respiri, il suo profumo…senza nemmeno poterlo sfiorare, senza potergli rivelare quando ardesse il sentimento che ci aveva spinti a baciarci, a fare l’amore, a stringerci fino a fonderci in una sola entità. Mi mancava da morire il suo tocco. Mi mancvano le sue labbra. Eppure ero stata io stessa a mettere fine ad ogni contatto con lui. Era stata una mia decisione, la pavida scelta di una Riza Hawkeye che non aveva il coraggio di affrontare le proprie emozioni. Sono passati anni da allora, l’adolescente che ero si è ormai tramutata in donna…eppure ho ancora difficoltà nell’esprimere pienamente ciò che provo. Sono stata capace di combattere una guerra. Di imbracciare un fucile, di salvare delle vite. Eppure, non sono mai stata in grado di fronteggiare con altrettanto coraggio l’amore per il mio superiore.
-Dispiace anche a me.- Farfugliai in risposta. Non avevo pianto per mio padre, non una sola lacrima. A volte mi chiedevo se fossi realmente capace di piangere -Grazie di essere passato a trovarmi.-
-Non potevo mancare.- Ribatté –Dopo tanti anni di addestramento, mi ero affezionato al maestro Hawkeye.-
-Sì.- Farfugliai –Me l’aspettavo. Che sarebbe morto, intendo. La sua salute è sempre stata cagionevole.-
-Immagino che sia notevolmente peggiorata…quando ha saputo che il suo allievo è diventato un cane dell’esercito.- Replicò, con un sorriso sarcastico -Avrei voluto parlargli un’ultima volta, confidargli il motivo che mi ha spinto ad intraprendere questa scelta.-
-Forse non servirà a molto.- Dissi, alzando per la prima volta gli occhi dalla lapide -Ma se può aiutarti…puoi parlarne con me. In fin dei conti, c’è stato un momento in cui abbiamo camminato fianco a fianco.- Abbassai nuovamente lo sguardo, per celare il rossore che mi aveva investito il volto.
-Sì. Mi farebbe piacere parlarne con qualcuno, in particolare con te. Dopotutto, il tempo non è stato in grado di cancellare l’attrazione che provo per te.-
Attrazione. Quella parola mi ferì. Avrei preferito che Roy provasse affetto per me. Che mi stimasse. Avrei voluto che vedesse in me un animo di cui innamorarsi, anziché un corpo ben fatto e null’altro.
-Allora ti ascolto.- Dissi, zittendo i miei pensieri. E lo ascoltai, con estremo interesse. Ascoltai i suoi sogni, fino in fondo. Quel che realmente desiderava, quel che aveva sempre desiderato, era un futuro migliore per tutti. Forse, se mio padre avesse potuto ascoltare quelle parole…se avesse conosciuto l’altruismo e la nobiltà d’animo seppellita nel suo spavaldo allievo, forse si sarebbe spento in serenità, senza che il suo cuore fosse avvelenato dal risentimento.
-Anche se hai venduto la tua anima all’esercito…- Mormorai -Anche se la gente ti chiama cane…io ammiro moltissimo il tuo desiderio di aiutare il prossimo. La tua determinazione e la costanza con cui persegui i tuoi obiettivi è quello che ho sempre ammirato in te.-
-Lusingato.- Commentò, sorridendo sarcasticamente.
-Non ho finito.- Sussurrai –Entriamo in casa. C’è qualcosa che voglio mostrarti.-
 
Richiusi la porta alle mie spalle. Un fascio di luce illuminava la stanza polverosa; erano diversi giorni che non pulivo: una volta rimasta da sola avevo quasi perso l’interesse a migliorare le condizioni dell’ambiente in cui vivevo.
Gli occhi scuri di Mustang strabuzzarono mentre mi sbottonavo la camicetta; quando la lasciai scivolare sul pavimento, le sue mani presero ad agitarsi mentre, con lo sguardo cupido e il battito cardiaco visibilmente accelerato, cercava di slacciarsi velocemente la cintura.
-Fermo.- Ringhiai improvvisamente -Credo tu abbia totalmente frainteso.-
L’espressione con cui accolse quell’affermazione aveva il sapore di una forte delusione.
-Voglio soltanto mostrarti questo.- Gli diedi le spalle; era impossibile non notare l’enorme tatuaggio che invadeva la mia candida schiena.
-Questo è…- Mormorò, ricomponendosi -…ciò che penso sia?-
-Esattamente.- Sospirai -Prima di morire, mio padre ha tatuato sulla mia schiena questo codice. Racchiude i segreti dell’alchimia di fuoco. Credo…credo che tu sia colui che più al mondo merita di decifrarlo.-
Non avrei mai potuto immaginare quanto sarebbe stato alto il prezzo di quel pazzo dono d’amore.
 
Ciò che era accaduto da quel momento in poi…non saprei esattamente in che modo descriverlo. Roy era diventato l’alchimista di fuoco. Cominciammo a vederci sempre più spesso; il legame che avevamo soffocato durante gli anni dell’adolescenza sembrava implorarci di essere ricostruito. Non era amore il sentimento che mi spinse a desiderare di proteggere quel nobile eroe con tutta me stessa. Non era amore il sentimento che mi indusse ad entrare nell’accademia militare. Non era amore quello che mi persuase ad imbracciare un’arma da fuoco. Non era amore quel che mi portò sul campo di battaglia.
No.
Era qualcosa di ancora più forte.
Era l’antico sentimento che aveva bruciato nel mio petto nel momento in cui le labbra di Roy avevano toccato le mie. Il sentimento che ero stata capace di sopprimere, presa dalla paura di una ragazzina.
Ma adesso ero una donna. E, in quanto tale, avrei dato qualunque cosa per l’uomo che amavo.
L’avrei seguito fino all’inferno.
Adesso, all’inferno, ci stavamo tutti e due…e se lì in mezzo lui era uno dei demoni più crudeli, era solamente colpa mia…mia, e della distruttiva alchimia di fuoco.
 
Riaprii gli occhi. Una pozza rossa si spargeva a perdita d’occhio; alcuni schizzi mi erano arrivati nei capelli, sulle guance. Rabbrividii, ma ero un soldato. Non potevo permettermi di avere paura del sangue.
-Roy.- Biascicai, avanzando come uno zombie tra le nubi di polvere da sparo ed il denso fumo dei falò umani -Roy…-
-Hawkeye.- Disse in risposta, allargando le braccia per accogliere il peso morto del mio corpo che cadde sul suo petto –Tutto bene? Il fumo non ti avrà mica intossicato?-
Avrei voluto chiedergli perché mai si curasse di me, quando sotto il nostro sguardo giacevano centinaia e centinaia di corpi dissanguati o carbonizzati, senza distinzione di sesso o di età. Avrei voluto chiedergli come potevamo ancora guardarci in faccia l’un l’altro…eppure le mie corde vocali riuscirono ad emettere soltanto un flebile lamento.
-Bruciala.-
-Cosa?!- Chiese, scotendomi nel tentativo di farmi riprendere.
-La mia schiena.- Farfugliai. Caddi in ginocchio, a testa bassa. Un tremito mi attraversò da capo a piedi, mentre una sequenza di immagini mi scorreva davanti agli occhi: il suono dei fucili, l’odore del sangue. Le grida. La cenere. Io che uccidevo innocenti. Roy che uccideva altrettanti innocenti. Sentii qualcosa di caldo scivolare lungo le mie guance: avevo scordato quanto fosse confortante abbandonarsi ad un pianto dirotto e liberatorio.
-Brucia la mia schiena.- Ripetei, fra i singhiozzi. Asciugai il volto con il dorso della mano -Non voglio…non voglio che nasca un altro alchimista di fuoco. Non voglio vedere nessun altro trasformarsi nel demone infernale in cui io ti ho trasformato.-
Il suo sguardo disse mille parole; stava dicendo che non avevo colpe. Che era stato lui stesso ad utilizzare quel potere nel modo sbagliato. Che non avevo alcun motivo di soffrire a quel modo per una mostruosità che lui aveva commesso. Ma, soprattutto, diceva che avrebbe accolto la mia richiesta.
-Cercherò di lasciare meno segni possibili.- Replicò, inginocchiandosi e stringendo il mio corpo inerme fra le sue braccia -Perdonami, Riza.-
-Perdonami, Roy.-
Il dolore straziante delle fiamme che divoravano la mia pelle fu il più atroce che avessi mai provato, secondo soltanto all’essere diventata un’omicida e di aver fatto sì che il mio unico amore lo fosse a sua volta.
La guerra di Ishval fu la peggiore atrocità a cui fummo costretti ad assistere e partecipare. Gli incubi di quell’insensato sterminio mi coglievano nel cuore della notte, impedendomi di dormire e di svuotare la testa dal ronzio di pensieri che l’affollavano. Volevo morire, lo desideravo con tutta me stessa.
-Riza.- Disse la voce di Mustang, attraverso il legno della porta d’ingresso.
-Entra.- Risposi, aprendola. Avevamo le stesse profonde occhiaie.
-Diventerò comandante supremo.-
-Cosa?-
-Non esiste altro modo per proteggere gli altri. Per fare in modo che un’atrocità come quella di Ishval non accada mai più.-
-Ti seguirò fino all’inferno.- Dissi prontamente.
-Ci siamo già stati, e siamo sopravvissuti. Spero che in futuro mi seguirai in un posto più piacevole.- Sorrise, afferrando le mie mani. Mi baciò le dita una per una -Se penso che queste mani hanno ucciso…su ordine dell’esercito…io…-
-Per me è lo stesso.- Dissi, con un flebile sospiro -Non posso perdonare l’esercito e me stessa per aver permesso alle tue mani di uccidere.-
-Resta al mio fianco, Riza. Voglio che tu sia la mia regina, voglio che restiamo a guardarci le spalle l’un l’altra. Ho bisogno di te, della tua fine intelligenza e della tua mira infallibile da tiratore scelto. Insieme, possiamo essere la salvezza del paese, io comandante supremo…e tu, il mio uomo più fidato.-
Avrei voluto baciarlo e fare l’amore con lui in quell’istante, dimenticando in un breve attimo di passione gli incubi che mi impedivano di dormire, ma le sue parole avevano freddato ogni speranza di ravvivare il fuoco che covava sotto le ceneri. Se anni prima era stata una mia decisione mettere da parte l’amore che nutrivo nei suoi confronti, adesso era lui a sembrare deciso più che mai a rendere il nostro rapporto puramente militare. Soffocai un nodo alla gola e gli strinsi la mano.
-Da questo momento in poi sarò sempre ai suoi ordini.- Dissi, passando immediatamente ad un reverenziale “lei”.
Da allora diventammo il colonnello Mustang ed il tenente Hawkeye. Da allora, con una straziante sofferenza nel cuore, mi costrinsi ad essere la sua regina, il suo uomo più fidato. Avremmo dato la vita l’una per l’altro, ci saremmo spalleggiati e protetti a vicenda…eppure avrei scambiato cento anni di quella simbiosi per un solo giorno da vivere come Riza Hawkeye, la ragazza da cui Mustang era attratto. La ragazza da amare e stringere a sé…da quel momento, tuttavia, non sarei stata altro che un soldato.
“Complimenti, Riza.” Dissi a me stessa, disprezzandomi “Hai ottenuto quello che desideravi.”
Così, esattamente come la Riza di tanti anni prima, anche Roy aveva scelto di stroncare quell’obnubilante sentimento. Aveva deciso di scappare davanti ad un amore più complesso di qualsiasi alchimia; un amore così complesso, che nemmeno il futuro comandante supremo era stato in grado di capirlo. 

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Capitolo 3
*** Brucia con me ***


Ci eravamo illusi di potergli sfuggire.
Avevamo stoltamente creduto che bastasse fingere che non esistesse per farlo scomparire nel nulla, come uno sbuffo di fumo.
I nostri commilitoni ci consideravano intelligenti, strateghi, freddi e calcolatori…l’abile alchimista di fuoco e la sua imperturbabile assistente. Non sapevano quanto fossimo stupidi, masochisti, capaci soltanto di farci reciprocamente del male.
Avevo mantenuto la promessa: il suo uomo più fidato, il suo braccio destro, ecco cos’ero. Il tenente Hawkeye, nulla di più e nulla di meno.
Eppure…
…eppure, dopo l’incontro con i due fratelli Elric, tutto era misteriosamente cambiato.
Ero stata capace di soffocare il mio amore per anni: erano ben lontani i tempi in cui fagocitavamo la nostra umanità dinanzi ai corpi carbonizzati degli abitanti di Ishval. Non eravamo più quelli di una volta. La guerra, le sparatorie, la scalata ai gradi militari, ogni cosa ci aveva costretti irrimediabilmente a crescere, a mettere da parte i romantici sogni adolescenziali in nome di una realtà molto meno piacevole, ma apparentemente più concreta.
Tuttavia, dopo le rocambolesche avventure in cui eravamo stati invischiati per proteggere i due ragazzi, avevo guardato la morte in faccia così tante volte che mi era risultato impossibile chetare quel folle ed ardente amore, quello che mi infiammava il petto ogni volta che il mio sguardo incrociava quello del colonnello, nonostante il mio viso avesse ormai imparato a mentire.
Tante, troppe volte, innanzi alla prospettiva che saremmo potuti morire senza baciarci un’ultima volta, senza fare l’amore un’ultima volta, avevo finito per smascherarmi, lasciando che il resto del mondo capisse che il mio affetto per il colonnello Mustang era ben lontana dall’essere una semplice affezione fra compagni d’arma…il resto del mondo, fatta eccezione per Roy.
“Mi manca. Mi manca da morire.” Mi ripetevo ogni notte, spesso tra i singhiozzi, soffocando in un abbraccio il caldo corpo di Hayate, il mio fidato Shiba. Era proprio così. Lavoravamo fianco a fianco, passavamo insieme quasi l’intera giornata…senza considerare gli straordinari. Eppure, nonostante la vicinanza fisica, eravamo a due poli opposti.
Recitavo bene, di solito. Ero la sua balia, sempre lì a fargli tirate d’orecchi quando non aveva voglia di lavorare, a salvargli la pelle quando dimenticava che la sua alchimia di fuoco era inefficace nei giorni di pioggia. Quando impugnavo le armi, sporcandomi nuovamente le mani di sangue, quando prendevo la mira, quando sparavo, senza mai mancare il bersaglio…ogni cosa, ogni gesto, ogni lotta, era tutto dedicato a lui.
Il mio corpo ardeva di una passione così bruciante che non sarei stata capace di nasconderla oltre. Era una bomba ad orologeria. Dovevo dirglielo, dovevo assolutamente dirglielo: dirgli che lo amavo, lo desideravo, che ogni secondo passato fingendo che non fosse così era come un passo su un pavimento di vetri rotti.
La bomba esplose, senza che alcun artificiere potesse disinnescarla. Accadde d’improvviso, il giorno in cui successe ciò che più temevo al mondo.
Morto.
Roy Mustang era morto.
 
-Colonnello, stiamo giocando col fuoco.- Mormorai, stringendo saldamente la pistola -Si ricordi cos’è successo al nostro Huges…-
-Lo ricordo benissimo.- Biascicò in risposta, scuro in volto. Ricordare la morte ingiusta del suo migliore amico aveva sempre effetti devastanti sul suo umore -Eppure, tenente…dobbiamo rischiare. Lui lo avrebbe fatto.-
-Sì.- Sospirai -Purtroppo è così.-
-Fammi il migliore dei tuoi sorrisi, Hawkeye.- Replicò, sorridendo per primo -Hai ragione, stiamo giocando con il fuoco…ma dopotutto, il fuoco è la mia specialità.-
Non replicai, abbozzando un falso sorriso mentre lo osservavo scomparire, assieme ad Havoc, dall’altra parte della porta.
 
Gli eventi successivi mi travolsero come uno tsunami, facendomi sentire inerme ed indifesa per la prima volta da quando avevo imparato ad impugnare un’arma.
Le parole dell’homunculus che avanzava verso di me rimbombavano nella mia testa, assediandola come un parassita.
“Morto. Roy Mustang è morto”
“Roy…morto.”
Quella donna…
No.
Quel mostro.
Quel maledetto mostro, mascherato da essere umano, aveva ucciso il mio colonnello, freddando assieme a lui anche la mia anima.
Per cosa avrei vissuto? Dove sarei andata, cosa avrei mai potuto fare? Avevo perso mio padre.
Avevo perso la mia umanità.
Tutto ciò che mi aveva tenuta ancorata alla vita, fino a quel momento, era stato Roy ed il suo sogno di trasformare Amestris in una democrazia. Da sola non avevo più alcun motivo di andare avanti.
Le mie corde vocali vibrarono, emettendo un grido ad altissima frequenza…i suoni mi giungevano ovattati, come se mi trovassi altrove, in una bolla, come se tentassi di estraniarmi.
Premevo sul grilletto.
Uno, due, un numero indefinito di proiettili colpirono il corpo perfetto di Lust a ripetizione, senza mai fallire, eppure senza mai scalfirlo.
“Roy…cosa ne sarà di me?”
Sentii le lacrime scendermi a fiotti lungo le guance: da quando tempo non piangevo? Da quanto tempo non soffrivo a tal punto da desiderare di non essere mia nata? L’intero peso del mio corpo gravava sulle mie gambe, nel momento in cui crollavo in ginocchio, arrendendomi davanti all’immortalità del nemico che avevo davanti.
Probabilmente sarei stata uccisa -sarebbe stato meglio se fosse successo in fretta, pensavo- se Alphonse Elric non si fosse scagliato in mia difesa, facendomi da barriera contro gli attacchi letali dell’homunculus.
“Lascia che mi uccida.” Avrei voluto urlargli, troppo debole per proferire parola “Ti prego…stai solo prolungando la mia sofferenza…”
E in quel momento, come in una visione, sentii la voce di Mustang.
Lust non era stato capace di ucciderlo.
Con la coda dell’occhio osservai la sua figura in piedi, alle spalle del mostro, con una gigantesca ferita cauterizzata ed i cerchi alchemici incisi sulla mano. Stretto tra le dita teneva l’accendino di Havoc, con il quale carbonizzò il corpo dell’homunculus non una, ma decine e decine di volte, fino a porre fine alla sua macabra esistenza.
Avrei potuto considerarmi sollevata: Roy non era morto, avevo ancora mille motivi per continuare a vivere…ma mi ero arresa. Ero pronta a farmi ammazzare, pur di vivere in un mondo senza di lui. Cosa poteva farsene il futuro comandante supremo di un uomo così fragile?
Non proferii parola quella sera, mentre tornavo a casa dall’ospedale. Non avevo avuto il coraggio di andare a trovarlo nella sua stanza…cosa avrei dovuto dirgli? Che bastava così poco a farmi gettare le armi?
Mi rannicchiai tra le coperte, lasciando che Hayate mi leccasse dolcemente le lacrime, rinunciando definitivamente a dormire.
 
-Tenente?-
La voce di Mustang dall’altro capo del filo mi fece sobbalzare.
-Sì…?- Chiesi, con la voce stanca per la nottata insonne.
-Sono fortemente deluso dal tuo comportamento.-
-Lo immaginavo.- Sospirai.
-Sai che il tuo colonnello è ricoverato e non passi nemmeno a trovarmi! Che razza di subordinato!- Rise bonariamente, interrompendosi di colpo per una fitta di dolore -Nel caso in cui non si fosse capito, è una disperata richiesta di attenzioni. Sono finito in camera con Havoc…ho bisogno di una bella crocerossina che mi distragga.-
-Credo che in ospedale ce ne siano in abbondanza, colonnello.-
-Certo, ma nessuna è tenuta ad obbedire ciecamente ad ogni mio ordine.-
-Arrivo.- Replicai, lievemente infastidita.
“Ma tu guarda.” Pensai “Mi preferisce alle infermiere solo perché devo ubbidirgli come un cagnolino.”
Un quarto d’ora dopo ero davanti al suo letto.
Il suo cagnolino, il suo braccio destro, il suo uomo più fidato. Solita storia.
-Accompagnami fuori di qui.- Sussurrò, non appena mi vide, in modo che Havoc non sentisse -Per lui è un momento molto particolare.-
Il nostro commilitone era quello che aveva avuto la peggio nello scontro. Lust gli aveva reciso le terminazioni nervose: non avrebbe mai più potuto camminare.
-Ad ogni modo, tutto a posto?-
Lo squadrai da capo a piedi, incapace di frenare una piccola risata -Lei è in ospedale, bendato come una mummia…e chiede a me se è tutto a posto?-
-Riza, non fare altre stronzate.-
Avvampai. Per la prima volta dopo anni, a sentirmi chiamare per nome, non ero stata abbastanza veloce a frenare il rossore.
-Che intende dire?- Balbettai.
-Lo sai benissimo. Stavi per farti uccidere. Avevi gettato le armi. Sono…veramente deluso.-
-Questo vuol dire che non vuole più un tenente del genere, vero?- Chiesi, imperturbabile come sempre -Non ho alcun problema a dare le dimissio...-
Non potei terminare la frase; la mano di Roy afferrò energicamente la mia giacca e mi spinse violentemente il viso a pochi centimetri dal suo. Con un’altra donna non avrebbe mai compiuto un gesto del genere, ma ai suoi occhi non ero altro che un soldato, da trattare come tale.
-Non fingere di non capire a cosa mi riferisco. Anche se dovesse succedermi qualcosa, tu devi vivere. E devi farlo anche per me, è chiaro?-
-Mi sta chiedendo l’impossibile, colonnello.-
-Non dire idiozie. Eri viva prima di incontrarmi, lo saresti anche se io morissi. Giusto?-
Sorrisi debolmente. Era un sorriso amaro.
-Ti amo, Roy.-
Non so quale parte del mio cervello elaborò una frase del genere, ma in tre parole avevo ben sintetizzato tutte le altre possibili risposte alla sua domanda.
La mia affermazione non sembrò turbarlo.
-Questo lo so.-
-Ah.- Mi mordicchiai il labbro, scostando nervosamente lo sguardo -Bene.-
-Non è un bene.-
-D’accordo.-
-Non serve prenderla sul personale, tenente…-
-Si figuri, colonnello.- Dissi -Con permesso.- Feci per allontanarmi, nella speranza che mi fermasse…speranza che continuò a restare tale.
 
Mandai giù un altro pezzo di torta di ciliegie.
-No, Hayate.- dissi, con tono fermo -Niente torta, ti fa male.-
Lo shiba si accucciò ai miei piedi, uggiolando. Probabilmente era più risentito dal fatto che la sua padrona si stesse ingozzando di torta senza ritegno, che dall’essere rimasto senza.
Mustang era tornato al lavoro nonostante non fosse ancora completamente guarito. Lo faceva per Havoc, diceva. A parer mio, lo faceva per farmi impazzire.
Erano due settimane che non gli rivolgevo la parola, se non per motivi lavorativi. Da altrettanto tempo i nostri sguardi non si incrociavano mai, neppure per errore; cercavo di mostrarmi impassibile e professionale nonostante tra noi ci fossero ancora imbarazzo ed un’importante questione irrisolta, mentre lui non si faceva scrupoli a tentare ogni volta di spostare la conversazione sulla mia rivelazione improvvisa di quindici giorni prima. Ci rideva sopra, ci scherzava. Non sembrava aver afferrato che lo amavo al punto che sarei potuta morire per lui. Ogni cosa ai suoi occhi appariva come uno scherzo! Per darmi forza, in sua presenza, ricordavo quanto poco mi piacesse anni prima, quando studiava da mio padre e la sua irriverenza mi infastidiva da morire…ma, puntualmente, ripensavo anche a come avevo finito per innamorarmi di quel fastidioso ed irriverente ragazzino con cui ero praticamente cresciuta.
Ogni giornata di lavoro era due volte più stressante del solito; tornavo a casa, accarezzavo Hayate, mi accasciavo sul divano e mi ingozzavo. Sembrava un copione scritto da uno sceneggiatore senza troppa fantasia.
Quella sera, tuttavia, il suono del telefono che squillava riuscì a distogliermi dal mio indecoroso pasto. Mandai rapidamente giù il boccone che stavo masticando e afferrai malvolentieri la cornetta.
-Pronto?-
-Tenente Riza Hawkeye?- La voce gracchiante che mi rispose non assomigliava a nessuna di quelle che conoscevo -Mi scusi, ma…non so come spiegarle. Lei è l’assistente del colonnello Mustang?-
-Per l’esattezza. Ma scusi, lei chi è?-
-Sono un barista. Il colonnello si è appena sentito male…volevamo chiamare un medico, ma lui ha insistito affinché chiamassimo lei.-
-Ah. Be’ gli risponda che non sono un’infermiera e che non gli sarei d’aiuto.- Replicai, con voluto cinismo. Ormai ero decisa a continuare la strada dell’orgoglio, non avrei certo ceduto a simili mezzucci!
Sentii un trambusto assordante dall’altro capo del filo. Da una serie di fastidiosi rumori emerse la voce di Roy. Era un bravo attore, ma quella sembrava la voce di un uomo che stava davvero soffrendo…ed era uscito da uno scontro mortale appena due settimane prima.
-Tenente!- Disse affannosamente -Tenente…Riza. Per favore.-
Continuai a non parlare, finché non mi passò il barista.
-Mi dia l’indirizzo.- Sospirai.
 
-Dovrebbe vergognarsi, colonnello.- Lo rimproverai, issando il peso morto del suo corpo con una forza troppo insolita per una donna -Bere fino a quest’ora della notte, con una ferita del genere. Le ustioni così profonde impiegano molto tempo a guarire, lo sa benissimo.-
-Sì, sono stato un idiota.- Biascicò, continuando a tenere la mano sul fianco bruciato -Portami a casa, tenente.-
-La porterò dritta in ospedale, signore, che lei lo voglia o no.-
-Ti ordino di portarmi a casa.-
“Diamine.” Mi morsi il labbro -Non intendo ubbidire.-
-Devi farlo!- Urlò, gemendo subito dopo per il dolore.
-Non mi sembra nella posizione adatta a darmi alcun tipo di ordine.-
-Devo solo prendere un antidolorifico. Mi passerà, è già successo.-
-…quando è successo?- Indagai, furiosa -Mi sta dicendo che non è la prima volta che fa le ore piccole in un pub, nonostante in teoria non dovrebbe neppure lavorare?-
-Ho bisogno di distrarmi, dannazione! Vivo nella merda. Havoc ha dato le dimissioni, gli homunculus potrebbero ucciderci da un momento all’altro. E come se non bastasse il mio uomo più fidato si rifiuta di parlarmi!-
Gli tirai un ceffone. Il più forte ceffone che una subordinata può sferrare al proprio superiore. Senza che potessi accorgermene, avevo nuovamente gli occhi pieni di lacrime.
-Sono stanca di questa storia!- Singhiozzai -Sono anni che non faccio altro che essere il tuo uomo più fidato. Anni che ti proteggo, che rischio la vita per te. Sonno anni che in me non vedi nient’altro che un soldato! Ma io sono una donna, Roy. Sono una donna, proprio come quelle con cui ti sei divertito in questi anni, proprio come quella con cui hai fatto l’amore per la prima volta quando eri un ragazzino!- Non potevo più fermarmi, neppure se avessi voluto. Il dolore che mi tenevo dentro era troppo forte, ed era stato alimentato per troppo tempo -Per quale motivo hai calpestato e disprezzato il mio essere donna? Cosa ti ho fatto di tanto grave da meritare che il mio amore venga ridicolizzato in questo modo?-
-Riza.- Sussurrò, poggiandomi una mano sul volto -Io…ho soltanto cercato di proteggerti dal tuo amore.-
-Negandomelo? Che razza di tortura sarebbe?-
-Portami a casa, per favore. Ho bisogno di parlarne dopo aver preso il mio antidolorifico.-
-Come vuoi.- Dissi, continuando a sorreggerlo a fatica. Era quello che facevo da tutta la vita, ormai ci avevo fatto l’abitudine.
 
-Ti amo da quando ero un ragazzino.- Mormorò Mustang, sorseggiando il the caldo che avevo preparato -Ma credo che questo lo avessi capito.-
-Non è così scontato come può sembrare.-
-Riza, ti ho baciato e ho fatto l’amore con te. Se non è scontato in questo modo, non capisco come…-
-Eravamo poco più che bambini. Quello che è successo allora non ha la minima importanza.-
Il suo sopracciglio si inarcò -Come, scusa?-
-Non sapevamo a cosa andavamo incontro. Non nego che per me è stato ed è ancora molto speciale…ma con il tempo le cose sono cambiate, e…-
-Saranno cambiate per te, forse. Ti ricordo che sei stata tu a respingermi. Se fosse dipeso da me, a quest’ora non staresti facendo discorsi del tipo “mi vedi solo come un soldato!” e altre stronzate del genere. Io ti volevo al mio fianco, non ho smesso un solo istante di desiderarti, come amante, come amica, come compagna di vita. In tutti questi anni il mio più grande rimpianto è stato l’essermi arreso subito, al primo tentativo.-
-E allora perché lo hai fatto? Perché ti sei arreso? E poi…dopo la guerra di Ishval…credevo che i miei sentimenti fossero chiari. Eppure tu hai tirato fuori quella storia dell’uomo fidato e…-
-Era l’unico strumento che avevo per tenerti al mio fianco. L’amore adolescenziale che provavo per te si è evoluto, è diventato qualcosa di molto più maturo, non potevo…permettermi di perderti. Mi innamoro ogni giorno di te, perché ogni giorno ti ammiro di più. Non credevo di essere ricambiato, non lo avrei mai sperato. Negli ultimi tempi però…sei diventata, ecco, molto più trasparente.- Sorrise beffardo -In questo modo sono riuscito a leggerti dentro.-
-Non capisco.- Mi portai la testa fra le mani -Se i tuoi sentimenti sono questi, per quale ragione hai detto che il mio amore per te non è un bene?-
-Perché stava per farti ammazzare.- Sospirò, tenendomi una mano -Ma ovviamente hai voluto fare l’orgogliosa e non mi hai permesso di spiegare. Be’, sono felicissimo di essermi sfondato d’alcol stasera. Mi ha dato una scusa per vederti, e la sincerità da ubriaco per parlarti senza preoccuparmi delle conseguenze.-
Mi sorpresi ad osservarlo…in effetti aveva le guance lievemente arrossate e lo sguardo lasciava ad intendere che non fosse pienamente lucido. Di solito reggeva bene l’alcol; evidentemente quella sera doveva aver proprio esagerato.
-Devo attribuire all’alcol tutto il…trasporto di questa sera?-
-Assolutamente no.- Sorrise, avvicinadosi sempre di più a me -Attribuiscilo al fatto che ho davanti agli occhi la donna più bella, coraggiosa e seducente che abbia mai incontrato in tutta la mia vita.- Le sue dita mi sfiorarono le spalle, giocando con la stoffa della giacca -E ovviamente al fatto che siamo a casa mia, di notte…e al fatto che sono più di quindici anni che muoio dalla voglia di vedere com’è il corpo del mio tenente sotto la divisa.-
Arrossii violentemente. Quanto mi piaceva arrossire, era come dare voce alle proprie emozioni senza bisogno di inutili parole.
-In questo caso sarò più che felice di mostrare al mio colonnello il corpo della sua subordinata.-
-No, Riza.- Le sue labbra toccarono leggermente il mio collo, facendomi rabbrividire di piacere -Mostrami il corpo della mia donna.-
Il suo baciò disegnò il mio profilo fino a raggiungere le mie labbra, incontrandole in un bacio che entrambi aspettavamo da una vita intera.
Continuando a baciarci con foga sempre maggiore arrivammo alla camera da letto…stavolta non dovevamo avere paura di fare rumore. Nessuno poteva sentirci, nessuno ci avrebbe disturbato.
-Cerca di essere delicata.- Sussurrò, mentre ci spogliavamo reciprocamente, con voluta lentezza -Ho un’ustione grande quanto tutto il fianco, e…-
-E io ne ho una ancora più grande.- Replicai, strappando via l’ultimo bottone della sua camicia -E brucia da molto più tempo della tua.-
-Allora permettimi di spegnere l’incendio.- Sussurrò, carezzando le mie candide forme.
-Non ti ho chiesto di spegnerlo.- Lo baciai con foga, stringendomi sempre più forte a lui -Bruciami. Bruciami come solo tu sai fare.-
Le sue mani accarezzarono le cicatrici dietro la mia schiena…quei segni che le sue fiamme avevano lasciato, i segni che ci avevano uniti indelebilmente.
Quella notte non ci limitammo a fare l’amore.
Quella notte bruciavamo di un incendio di passione che aspettava soltanto una scintilla per divampare.
-Ti amo.- Cantilenò la voce seducente di Roy, dopo il terzo giro su quel vortice di fiamme danzanti -Stavolta…non scappare via da me.-
-Non riuscirei mai ad essere così stupida.- Replicai, affondando la testa nel suo petto ampio -Ti amo.-
Era così liberatorio poter finalmente parlare di quel che sentivamo senza più misteri, senza più enigmi, un amore che era più complesso di qualunque alchimia solo perché eravamo stati noi stessi a renderlo tale, rifuggendolo e nascondendolo ad ogni costo.
-Resterai per sempre al mio fianco?-
-Per sempre, Roy. Fino all’inferno, ricordi?-
-Ricordo benissimo. Ed è per questo che voglio portarti come me in paradiso. Non ho ancora rinunciato ai miei sogni, ma ricorda che hanno senso soltanto se resterai a condividerli con me.-
-Agli ordini, colonnello.- Risi piano, scomparendo nel suo abbraccio.
Non sapevo cosa sarebbe accaduto il mattino dopo.
Non sapevo che ne sarebbe stato dei fratelli Elric, degli homunculus, di Amestris…
Ma sapevo che Roy Mustang sarebbe stato al mio fianco, ed io al suo…non più come subordinata, non più come soldato.
Mi sarei risvegliata sentendomi chiamare per nome, cullata da baci ardenti com’era ardente la sua alchimia.
Sarei stata la sua donna, la donna che l’avrebbe protetto, rimproverato, pronta a vivere e morire per lui.
E sì, era bello poterlo finalmente dire.
Roy Mustang era la mia unica certezza…
…e non c’era null’altro che avrei mai potuto desiderare.
 

 
 
 
 
 
 
 

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