One and Only.

di marmelade
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Venerdì da tradizione, chiacchiere e sigarette ***
Capitolo 2: *** Quelle sere nere. ***
Capitolo 3: *** Il posto giusto, le braccia giuste. ***
Capitolo 4: *** Rimani oggi, rimani domani, rimani per sempre. ***
Capitolo 5: *** L'unica eccezione. ***



Capitolo 1
*** Venerdì da tradizione, chiacchiere e sigarette ***


 
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You can always count on me, for sure 
That's what friends are for 
For good times and bad times 
I'll be on your side forever more 


~
Venerdì da tradizione, chiacchiere e sigarette.

 
Lappartamento di Vanessa non può essere più perfetto di così.
La cucina è in ordine, i mobili sono stati sistemati, puliti e lucidati accuratamente proprio quello stesso pomeriggio e il tavolo è già tutto pronto, pieno zeppo di cose da mangiare.
Roba d’asporto, ovviamente, un po’ perché lei non ha avuto il tempo di cucinare e un po’ perché, quella volta a settimana, possono permetterselo.
Sta accendendo la stecca d’incenso – quello che Jade le ha portato dal suo ultimo viaggio in Egitto - quando il citofono suona improvvisamente e la fa sobbalzare di scatto.
Maledice quel vecchio accendino, prima di fiondarsi verso quell’apparecchio spacca timpani e premere l’ultimo pulsante per far si che il cancelletto si apra. Non ha bisogno di chiedere chi sia, perché lei sa già chi è venuta a trovarla, sa già con chi passerà la serata, sa già con chi riderà a crepapelle per tutto il tempo di cose che, magari, non faranno nemmeno tanto ridere ai comuni mortali, ma a loro sì.
E infatti, quando il campanello della porta suona, lei la apre senza esitare, un sorriso felice e sincero sulle labbra ad accogliere quelle due figure appena materializzate di fronte ai suoi occhi.
«Ho portato le birre!» è la prima cosa che esclama Jade, alzando una scatola di cartone che, all’apparenza, può sembrare pesante, ma per lei è come tenere in mano una piuma perché, quando si tratta di birre, Jade riesce a fare tutto.
«Mi sa che stasera qualcuno ha voglia di festeggiare» osserva Mary da dietro la testa rossa di Jade, ridacchiando appena.
Jade si volta di poco verso l’amica, facendole un occhiolino. «Io ho sempre voglia di festeggiare, ormai dovresti saperlo. E vedrai come mi ringrazierai, a fine serata... ti ho portato delle rosse che sono la fine del mondo!» esclama, per poi entrare in casa di Vanessa, non prima di averle lasciato due baci sulle guance.
Vanessa chiude la porta dell’appartamento dietro le spalle di Mary, salutandola con un abbraccio, mentre Jade si fionda in cucina per aprire il frigo e posarne le birre.
Si appoggia di poco alla porta con la schiena, e sorride: ormai, come ogni venerdì, le sue amiche irrompono in casa sua per passare una delle loro solite serate in compagnia, anche solo per non dirsi nulla e per stare insieme.
Ormai, pensa Vanessa, è tradizione.
Che poi loro non avranno mai nulla da dirsi, questa è sicuramente una gran cazzata.
Sono come un’associazione a delinquere, quelle tre, Calum lo dice sempre.
Quando ci si mettono, possono essere anche meglio di Saw l’enigmista. Sono tre menti geniali ed in continua elaborazione, ne hanno da dire sempre una più del diavolo e non risparmiano nessuno.
Ecco perché, durante quei venerdì, nessuno dev’essere d’intralcio in quella casa, eccetto Charlie, il gatto di Vanessa, che è praticamente diventato il loro complice più fidato, le uniche orecchie autorizzate a sentire quei loro discorsi pieni di paroline taglienti e fiumi di risate.
Si siedono a tavola, perché tutte e tre stanno morendo di fame – d’altronde sono già le nove e mezza – e, se aspettano che le birre si raffreddino un po’, “possiamo anche farci il giro dell’Alaska a piedi!”, dice saggiamente Jade, prendendo posto a tavola, sempre il solito, quello di fronte a Mary, che è già seduta alla sinistra di Vanessa, che invece sta a capotavola.
Senza alcun tipo di complimento, le tre si riempiono i piatti mentre le loro bocche iniziano già a prendere vita ed emettere le prime chiacchiere, che saranno le protagoniste di tutta la serata.
Parlano di tutto, arrivando a fare legami logici anche per gli argomenti più distanti e disparati tra loro: parlano, parlano tanto. Parlano del nuovo paio di scarpe che ha comprato Vanessa, che adesso tiene chiuso ancora nella scatola perché non è sicura che le piacciano al cento per cento, quindi forse si troverà a cambiarle al negozio; parlano del nuovo locale che ha appena aperto in centro, al quale Jade ha già fatto visita nella serata di inaugurazione, definendolo non tutto ‘sto granché, asserendo con certezza che c’è di meglio in giro, con cocktail migliori e a meno prezzo; parlano del nuovo libro acquistato da Mary che ha iniziato a leggere oggi sul treno, vista la grossa curiosità di iniziarlo.
Parlano davvero tanto, forse troppo, e la sigaretta di Jade si accende e i loro piatti sono definitivamente vuoti. Le chiacchiere non si sono disperse nell’aria e continuano a mischiarsi al fumo della sigaretta appena accesa e dell’incenso che, ormai, è a metà del suo lavoro.
Vanessa guarda le sue due amiche, che adesso stanno ridendo di chissà cosa – o di chissà chi – e si perde un attimo nei suoi pensieri.
Hanno parlato di tutto, quella sera, proprio di tutto, così come fanno ogni venerdì... ma c’è qualcosa che lei non ha ancora detto, una cosa che non potrà tenersi dentro troppo a lungo.
Le guarda intensamente, e un po’ sorride: Mary ha appena chiesto a Jade di farle fare un tiro, e la rossa ha riso, perché sa che la mora si strozzerà col fumo, proprio non ci riesce a fare un tiro decente, non è da lei. Sorride, Vanessa, e pensa che deve proprio dirlo almeno a loro due, perché tenerselo dentro è inutile, questa è una notizia che andrebbe condivisa col mondo intero, eppure lei ha paura.
Sarà come togliersi un cerotto: facile e veloce” pensa, cercando di darsi un po’ di coraggio, mentre le mani – congiunte tra loro e poste sul ventre – iniziano già a tremarle.
Aspetta che Mary finisca di fare il suo tiro – questa volta senza strozzarsi – e cacci il fumo dalla bocca, quando le labbra di Vanessa interrompono le loro risate, provocando un enorme silenzio, quando lei pronuncia:
«Sono incinta».
 
Se Vanessa potesse definirsi con un colore, risponderebbe di getto: giallo.
Giallo perché è il suo colore preferito, giallo perché la sua vita è sempre stata gialla nonostante gli alti e bassi, giallo perché è il colore dei suoi capelli (biondo Malfoy, ci tiene sempre a specificare), giallo perché il giallo è vita, è gioia, e lei ha sempre avuto un punto debole per la felicità.
Quello che Vanessa non sa – o, almeno, finge di non sapere – è che lei ha anche una punta di blu, dentro di sé.
Blu perché è il colore dei suoi occhi, blu perché è uno dei pochi colori che Charlie riesce a distinguere perfettamente e quando lei  indossa qualcosa di blu è sempre una festa, blu come il cielo durante quelle belle giornate che lei tanto ama, blu come gli occhi di Luke.
Blu come Luke.
Se Vanessa potesse definire Luke con un colore, probabilmente risponderebbe che Luke è un arcobaleno, un’esplosione di colori che non fanno contrasto tra loro ma che, anzi, creano uno spettacolo meraviglioso.
Perché è così che Luke appare ai suoi occhi: uno spettacolo meraviglioso, uno di quelli che ti lascia senza fiato e senza respiro, uno di quelli che ti blocca il cuore in una morsa stretta tra le mani e poi te lo lascia, facendo si che continui a battere, ma in un modo diverso, in un modo speciale.
Luke le fa battere il cuore in questo modo così speciale, un modo che lei non saprebbe nemmeno descrivere a parole, ma che continua a provare giorno per giorno.
Chi l’avrebbe mai detto che quel ragazzetto di tre anni più piccolo di lei potesse farle provare tanto?
Lei, che ha sempre cercato l’amore nei posti più disparati, l’ha trovato una sera di Giugno di quattro anni prima, in un locale in cui Jade aveva trascinato lei e Mary per passare una serata tra amiche e senza rotture.
Luke aveva diciannove anni, all’epoca, e lei ne aveva ventuno.
Lei si sarebbe laureata a breve, pochi mesi dopo, mentre lui lavorava come barista di notte commesso in un negozio di dischi di giorno per mantenersi da solo, mettendo da parte quei soldi per pagarsi i suoi futuri studi all’Università.
Lei, che con una punta di vergogna, aveva scansato quella marea di gente di fronte a sé e si era avvicinata al bancone per ordinare da bere, e lui, che aveva alzato lo sguardo blu e l’aveva puntato nei suoi occhi.
Occhi contro occhi, blu contro blu, l’arcobaleno contro il giallo.
Ed entrambi avevano sorriso, un po’ imbarazzati, perché finalmente si erano trovati.
 
~
 

«Wow»
«Cazzo»
«Sei incinta?»
«Sul serio? Cioè, nel senso... hai fatto il test?»
«Delle analisi?»
«...o sei semplicemente in ritardo?».
«Non siete contente?».
La voce di Vanessa risulta un po’ tremante e il tono di voce è nettamente superiore a quello che ha di solito.
La sigaretta – ancora tra le dita di Mary – si sta ritraendo pian piano, lasciando posto solo alla cenere, che è già in segno di cedimento.
Rimangono in silenzio per un po’, tutte e tre a guardare in posti diversi che non siano i loro occhi, e quella è la prima vera volta che, forse, non sanno cosa dire. Ed è strano, per loro, rimanere senza parole.
Vanessa sospira. Forse non avrebbe dovuto lanciare quella bomba così, all’improvviso, senza un minimo di preambolo. Forse avrebbe dovuto avvertirle che, quella sera, ci sarebbe stata una sorpresa, una novità, avrebbe dovuto dire a Jade che forse avrebbe fatto meglio a portare qualche birra in più per festeggiare, in modo tale che sarebbero arrivate preparate, almeno un minimo.
Chissà se le reazioni sarebbero state diverse.
Le guarda in viso, cercando di comprendere le loro emozioni: sono neutre, hanno gli occhi bassi e posati sulle loro scarpe; Mary ha posato la sigaretta in un bicchiere di carta pieno d’acqua e adesso si tortura le mani, mentre Jade tamburella nervosamente le dita sul tavolo, smorzando di poco quel silenzio che si è creato.
Poi una risatina.
Vanessa si distoglie dai suoi pensieri e posa lo sguardo su Mary, che ha ancora lo sguardo basso sulle sue scarpe, ma gli angoli delle labbra sono rivolti all’insù e le spalle si muovono ritmicamente.
Anche Jade alza lo sguardo, portandolo prima su Vanessa e guardandola interrogativa, poi lo posa su Mary, la quale alza finalmente il capo e si apre in un sorriso, rivolgendolo alla bionda.
«Mio Dio... sto per diventare zia e me lo dici così, come se nulla fosse?!» esclama eccitata, per poi alzarsi dalla sedia e fiondarsi sull’amica per abbracciarla.
«Correggiti, Mary, stiamo per diventare zie» la riprende Jade, anche lei pronta a fiondarsi su Vanessa, stringendosi in quell’abbraccio a tre che la fa quasi soffocare, ma la rende felice e piena di un calore che le mancava da tempo.
Si abbracciano forte e si tengono strette, emettendo risolini eccitati e versetti felici che fanno ridere Vanessa, sommersa dai baci delle amiche, che proprio non ne vogliono sapere di staccarsi.
«Okay, va bene abbracciarsi, ma qui sotto inizia a far caldo!» esclama Vanessa con la voce ovattata, facendo ridere le due amiche che, prima di staccarsi da lei, le lasciano entrambe dei sonori baci sulle guance in sincrono, come se fossero organizzate.
«E Luke come l’ha presa?» domanda Jade, sedendosi di nuovo al suo posto, sventolandosi con una mano.
Vanessa serra le labbra, portando nuovamente le mani sul ventre e lo sguardo a guardarsi le scarpe.
«Non gliel’ho ancora detto» confessa di getto, mordendosi l’interno della guancia come fosse pentita.
«Perché no?» domanda lecitamente Mary, afferrando il collo della bottiglia di birra, portandola alle labbra.
«Ho paura» ammette la bionda, alzando lo sguardo e guardando le amiche.
Perché è vero: Vanessa non ha mai avuto più paura di così, più paura di quel momento.
Lo sa già da una settimana di essere incinta di ben cinque settimane, eppure il primo pensiero che è le passato per la mente non è stato di dirlo subito a Luke, bensì come dirlo a Luke.
E lei, a distanza di una settimana, ancora non sa bene come porre quell’argomento, che tono di voce usare, che parole dire... perché Vanessa ha paura di dirlo a Luke, è questa la verità.
«Di cosa hai paura, Vane?» domanda Jade, sporgendosi di più verso di lei.
E allora Vanessa non può che sospirare nuovamente, mentre sente le lacrime pizzicarle gli occhi, un po’ per la vergogna, e un po’ perché sono gli ormoni sballati della gravidanza che la rendono già così sensibile.
«Io... io...» balbetta lentamente, mordendosi il labbro inferiore. Rotea gli occhi al cielo, sentendoli bruciare, poi sospira ancora, cercando di prendere coraggio per ammettere ad alta voce quale sia la sua vera paura.
«Io ho paura che Luke vada via».
Altro silenzio si insinua tra di loro, lasciando che qualche lacrima triste e vergognosa scenda sugli zigomi rosati di Vanessa e qualche singhiozzo prenda il posto dei precedenti sospiri.
«Vane...» inizia Mary, allungandosi verso di lei per prenderle una mano. «Come puoi pensare una cosa del gen...?».
«Luke ha ventitré anni» la interrompe, singhiozzando ancora. «A ventitré anni non vuoi avere un figlio, è l’ultima delle cose che vorresti. Nemmeno io ci pensavo, a ventitré anni».
«Ancora con questa paranoia dell’età?!» sospira Jade, scuotendo il capo. Poi si alza e gira la sedia completamente verso di lei, per guardarla meglio negli occhi blu che, adesso, sono velati dalla tristezza.
«Luke ti ama, Vane. E non importa l’età, non importano i soldi... Luke non vuole solo un figlio da te, ne vuole dieci, cento, mill...?»
«Non esagerare, adesso» ridacchia Vanessa, interrompendola. Poi un singhiozzo le smorza la risata, e Mary le stringe ancora di più la mano.
«Quello che Jade sta cercando di dirti è che Luke ti ama più di qualsiasi altra cosa al mondo» riprende la mora, e Vanessa lancia uno sguardo a Jade, che annuisce.
«Non ti lascerebbe mai, figurarsi adesso che sei incinta!» esclama la rossa che, involontariamente, si apre in un enorme sorriso felice.
«E tu devi dirglielo, Vane» consiglia Mary, facendole un altro sorriso «non lasciare che questa tua – scusa se mi permetto – stupida paura, ti impedisca di dire a Luke che aspettate il vostro bambino».
E a quel punto Vanessa si lascia alle spalle tutte quelle stupide paure che la stanno affliggendo da ormai troppo tempo ed asciuga le ultime lacrime cadute sulle sue guance, per poi rivolgere un mezzo sorriso alle sue amiche ed annuire lentamente col capo.
«Glielo dirò non appena tornerà a casa» dice finalmente, facendo nascere altri sorrisi sulle labbra delle sue amiche, che adesso possono dirsi pienamente felici di tutta quella storia.
Perché è vero: è il loro bambino, suo e di Luke, e lui la ama più di qualsiasi altra cosa al mondo.
A quel punto Mary e Jade si divertono a fantasticare sul sesso del bambino e su come potranno coccolarlo e viziarlo come solo due zie che si rispettino possono fare, facendo ridere Vanessa, che ha ormai dimenticato le sue paure riguardo a Luke e a come possa prenderla.
Perché lei questo bambino lo vuole, perché è parte di sé stessa ed è parte di Luke, che è l’unico ragazzo che lei abbia mai amato con ogni parte del suo corpo, perché Luke è Luke, e non esiste nessuno come lui.
E insieme a tutte quelle risate, insieme a tutte quelle fantasie e all’odore dell’incenso che aleggia per casa, Jade si accende un’altra sigaretta, perché è da quando Vanessa ha confessato di essere incinta che ci pensa, o forse da quando Mary è passata a prenderla sotto casa che quel pensiero non si scolla dalla sua mente e non ne vuole sapere proprio di muoversi.
Perché Jade è da giorni che è distratta, che è concentrata solo su un unico pensiero, e quasi si sente strana.
E quale serata migliore del venerdì di tradizione per parlarne, per far si che quel pensiero si trasformi in parole?
Parole anche complicate per lei, ma sicuramente non più pensieri.
«Siccome sembra essere serata di annunci e novità, ho qualcosa da dire anche io».
E la sua voce interrompe le varie proposte di nomi che Vanessa e Mary si divertono ad immaginare per il nascituro, facendo voltare le sue amiche verso di lei, che tiene la sigaretta tra le labbra e aspira altra nicotina.
Mary assottiglia gli occhi ed allunga il collo. «Non dirmi che sei incinta anche tu, perché non ci credo».
Jade ridacchia, scuotendo il capo, lasciando che una nuvola di fumo abbandoni le sue labbra e si disperda tra quelle chiacchiere. Le amiche continuano a guardarla curiose, mentre un senso di stranezza prende possesso della rossa perché per lei, quelle parole, sono più difficili della fisica quantistica.
«Credo di essermi innamorata di Michael».
 
Se c’è una cosa che Jade ha sempre visto con occhi negativi, quello, è sempre stato l’amore.
Ha sempre creduto – da quando, a tredici anni, ha avuto la sua prima piccola esperienza – che lei non fosse fatta per le storie d’amore e per tutte quelle romanticherie che ti propinano le commedie americane.
Non ha mai avuto un ragazzo serio, uno che durasse più di tre settimane, perché lei proprio non ce la fa a vedersi con un ragazzo al suo fianco per il resto della vita. Ha già avvertito sua madre di non aspettarsi alcun tipo di nipotino da parte sua, provocando lo stupore dell’intera famiglia.
Del matrimonio, poi, neanche a parlarne: per lei sarebbe un suicidio psicofisico.
A Jade piace divertirsi, piace andare nei locali e ballare in discoteca fino all’alba e – perché no? – le piace anche ubriacarsi, quando sa che non deve guidare. Certe volte le piace perdere i freni inibitori e lasciarsi andare completamente, per lei è come raggiungere la pace dei sensi, il nirvana buddhista.
Perché Jade proprio non ce la fa ad impegnarsi seriamente, a guardare con occhi innamorati il ragazzo che le sta di fianco, per lei è come avere il diabete a mille, come avere il corpo coperto di miele e zucchero.
E lei odia il miele.
Lei è quel tipo di persona che chiede ai ragazzi di frequentarsi, ma senza alcun tipo di impegno, perché Jade ama essere libera, ama divertirsi senza doversi sentire in colpa per qualcuno che l’aspetta e che la ama.  
Ma è da quando ha incontrato Michael, un anno fa, che Jade si sente completamente diversa e vulnerabile.
Perché Michael – lei ne è convinta – le ha fatto qualcosa che ancora non sa spiegarsi, da quando si sono incontrati quella sera, fuori quella discoteca.
Entrambi stavano fumando una sigaretta, chiusi in un giubbino di jeans così simile che Michael aveva ridacchiato appena vendendoglielo addosso, su quel vestito nero ed attillato.
Jade aveva notato quello sguardo curioso ed indisponente su di sé, ma aveva continuato a fumare indisturbata, cercando di finire il prima possibile quella maledetta sigaretta, anche perché iniziava a sentire freddo e quel giubbino di jeans non la riparava poi del tutto.
Ma Michael aveva continuato a guardarla, un mezzo sorriso nascosto dietro il filtro della sigaretta, i capelli rossi schiacciati da un cappellino portato al contrario, e Jade non aveva potuto frenare la lingua dal chiedergli cosa avesse da guardare così insistentemente.
«Sei bella» le aveva detto allora Michael, rilasciando una nuvola di fumo.
Jade aveva ridacchiato nervosamente e aveva scosso il capo, trovando quel ragazzo maledettamente sfacciato, ma anche tremendamente sexy. Aveva lanciato il mozzicone di sigaretta ormai finita sull’asfalto, poi gli aveva rivolto un ultimo sguardo ed era rientrata dentro, raggiungendo i suoi amici in pista, con ancora gli occhi di Michael in mente, a fare da protagonisti ai suoi pensieri.
Era stato solo tre bicchieri di vodka lemon dopo, che Michael aveva afferrato il polso di Jade e l’aveva fatta voltare verso di sé, contro i suoi occhi verdi, spingendola contro il suo petto, stringendole i fianchi morbidi.
«Guarda che sei bella davvero» le aveva ripetuto ad alta voce, cercando di farsi sentire sulle note di quella musica alta e rimbombante, poi non ci aveva pensato due volte e, dopo averle fatto un sorriso sghembo, aveva poggiato delicatamente le labbra su quelle di Jade senza nemmeno darle il tempo di controbattere, mordendole il labbro inferiore per poi baciarla passionalmente.
E Jade per la prima volta, grazie alle parole di un perfetto sconosciuto, si era sentita bella.
Bella davvero.
 
~
 
La sigaretta di Jade ormai è spenta da un pezzo, il mozzicone galleggia nell’acqua del bicchiere di carta dove è stata spenta anche l’altra sua gemella, e lo sguardo incredulo di Mary e Vanessa è ancora posato sugli occhi verdi di Jade.
«Ti sei innamorata?!» esclama incredula Vanessa, con gli occhi sbarrati. «Tu?!».
«E’ ancora tutto da definire, non prendermi sul serio!» risponde Jade, alzando le mani come per discolparsi da quello che ha appena detto.
Mary scoppia a ridere, mentre Vanessa scuote il capo in segno di rassegnazione. Jade incrocia le braccia al petto, imbronciando leggermente le labbra come fosse una bambina.
 «Ho detto che credo, non che ne sono sicura» ribatte brontolando, sovrastando la risata di Mary, che cerca intanto di riprendersi dalle risate.
«Jade, ma proprio non te ne rendi conto?!» esclama quest’ultima, asciugandosi alcune lacrime divertite sfuggite dalle sue iridi con il palmo della mano destra.
«Di cosa dovrei essermi resa conto?» domanda la rossa, leggermente infastidita, stravaccandosi completamente sulla sedia.
Mary sospira, alzando gli occhi al cielo. «Tu sei sempre stata innamorata di Michael! Come te lo spieghi il fatto che andate a letto insieme da più di un anno e ancora non ti sei stufata di lui?!».
E Jade sente qualcosa nello stomaco, quasi fosse un pugno diretto, e un po’ quelle parole le sembrano assurde - tanto assurde - ma la maggior parte di sé stessa sa che è vero, eppure ha paura ad ammetterlo.
Perché lei non si è innamorata, lei non sa cos’è l’amore e forse si è confusa, forse quello che prova per Michael è solo semplice affetto, nutrito dal fatto che è più di un anno che vanno a letto insieme senza impegnarsi, senza essere realmente una coppia.
«Guarda che Mary ha ragione, Jade» s’inserisce Vanessa «Michael è il primo ragazzo con cui hai un rapporto che abbia superato le tre settimane» poi storce il naso «anche se all’interno delle lenzuola».
«Ma non è possibile!» esclama la rossa «io non posso essere innamorata di Michael da sempre. Insomma... sono io! E’ di me che stiamo parlando! E se non l’ho saputo io fino ad adesso, come fate a saperlo voi?!».
«Jade, tu non ammetteresti di essere innamorata nemmeno sotto tortura» la rimbecca Mary, inclinando leggermente il capo.
Vanessa annuisce. «E noi ti conosciamo troppo bene per dirti che tu sei sempre stata profondamente e terribilmente innamorata di Michael».
«E lo è anche lui di te» riprende Mary con un sorriso. «E’ irrimediabilmente innamorato di te».
E Jade non può fare a meno che sorridere a quelle parole, mordendosi il labbro inferiore cercando di nascondere quel movimento e quel rossore che le si è appena creato sulle gote.
«Beh, sì... lui... lui effettivamente lo è» balbetta imbarazzata, dandosi mentalmente della cretina perché quando mai lei ha balbettato per l’imbarazzo?
«Mel’haconfessatoqualchegiornofa» dice di getto e velocemente, quasi come se non volesse farlo capire alle sue amiche, ma loro, allenate come sono, hanno afferrato immediatamente il messaggio di Jade, guardandola con gli occhi ancor più sgranati e sbalorditi.
«Ti ha detto di essersi innamorato di te?!»
«Quando?»
«Come?»
«E perché non ce l’hai detto subito?!».
«Calme, calme!» esclama Jade, ponendo le mani di fronte alle sue amiche, muovendole veemente. «Adesso vi spiego tutto».
Jade sospira, alzando gli occhi al cielo, maledicendosi per aver confessato quella verità, perché adesso le tocca portare fuori quel ricordo, quel pensiero che l’assilla da giorni e che non ne vuole sapere di uscire dalla sua mente.
«Eravamo insieme e avevamo appena finito di... beh, avete capito» si affretta a dire, arrossendo di poco «e nulla... è stata una cosa improvvisa, lui si è voltato su un fianco, mi ha spostato una ciocca di capelli e mi ha detto... sì beh, mi ha detto...».
«Ti ha detto “ti amo”, Jade» esordisce Vanessa, incrociando le braccia al petto. «Puoi dirlo tranquillamente, non è mai morto nessuno dicendolo, sai?».
«La gravidanza ti rende acida, lo sai?!» sbuffa Jade, e Vanessa ridacchia, facendole una linguaccia.
«E tu che gli hai risposto, Jade?» domanda Mary, poggiando il mento sul palmo della mano, il gomito poggiato sulla superficie del tavolo.
Jade morde nuovamente il labbro inferiore perché sa che quello che sta per dire non farà molto piacere alle sue amiche, ma poi pensa che non è colpa sua se la dolcezza non è il suo forte, così come le storie d’amore.
«Gli ho detto che volevo un kebab» afferma, per poi mordersi la lingua e nascondere un sorriso sghembo.
Dopo quelle parole, Vanessa non può fare altro che battersi una mano sulla fronte.
«Jade!» la riprende esasperata, mentre Mary ridacchia e scuote il capo.
«Mi ha presa alla sprovvista, Vane! Cosa dovevo fare?!» esclama la rossa in sua difesa, facendo ridere ancor di più Mary.
Vanessa alza il capo. «Magari dirgli che lo ami anche tu, no?! Dio, Jade!» e rotea gli occhi al cielo, per poi scuotere il capo rassegnata.
«Non è stata la prima cosa che mi è passata per la testa, ad essere sincera» ammette Jade, alzando le spalle «ma non faccio che pensarci da giorni a quello che mi ha detto e a quello che provo per lui. Insomma... cazzo, Michael mi manda in iperventilazione ogni santissima volta che siamo insieme. E no, non intendo solo dal punto di vista sessuale...». Sospira ancora Jade, cercando di trovare il coraggio adatto per ammettere i suoi sentimenti nei confronti di quel ragazzo dai capelli cangianti ogni mese, che lei preferisce rossi, un po’ perché le ricorda il momento in cui si sono conosciuti, un po’ perché pensa che le stiano meglio di qualsiasi altro colore.
«Quindi, Jade?» la richiama Mary, guardandola incuriosita «cosa farai?».
E Jade proprio non sa cosa rispondere a quella domanda. Vorrebbe tanto dire alle sue amiche che correrà da Michael a dirgli che lo ama - magari con tanto di pioggia, che è sempre d’effetto – per poi vivere una meravigliosa storia d’amore, ma proprio non ce la farebbe a mentire, né a loro né a sé stessa. Perché Jade non è così, non lo è mai stata, e non lo sarà nemmeno per Michael, per il quale prova qualcosa che va oltre il semplice affetto, oltre il semplice rapporto basato sul sesso.
Lei Michael lo ama, ormai ne è certa ma, se mai dovesse dirglielo, sarà una vera e propria fatica.
Sospira, chiudendo gli occhi, ritrovandosi di fronte gli occhi verdi di Michael a guardarla e, per la prima volta nella sua vita, crede di sentire le farfalle nello stomaco.
«Io...» apre gli occhi, ritrovandosi gli sguardi speranzosi delle sue amiche di fronte a sé, che attendono con ansia. E Jade lo sa che sta sbagliando a trattenersi, a trattenere quei sentimenti che, forse, per una volta nella sua vita, valgono la pena di essere provati e di essere vissuti appieno.
Sorride, perché proprio non può trattenersi. «Io penso che glielo dirò».
«Finalmente!» esclama Vanessa, battendo i palmi delle mani sulla tavola e facendo spaventare Charlie, appisolato sul divano, per poi far ridere Jade, che già sente il cuore più pieno d’amore.
Afferra il pacchetto di sigarette da sopra la tavola e ne estrae la terza da lì dentro, portandola alle labbra ed accendendola con un sorriso e sempre quella strana sensazione alla bocca dello stomaco, quella sensazione che non ha mai provato, ma che sa essere amore.
Mary, intanto, ha lo sguardo perso nel vuoto, le braccia incrociate sul tavolo e le chiacchiere di Vanessa e Jade che le arrivano ovattate alle orecchie.
Perché Mary ha cercato davvero di non pensare a quello che le è capitato la sera prima, ha provato in tutti i modi a resettare quel pensiero che l’affligge e che le tormenta il cervello, ma quando si tratta di lui proprio non ci riesce. E allora si sente stupida, incorreggibile e profondamente idiota perché, dopo tutto quello che è successo, lei non dovrebbe minimamente pensare a lui e a tutto quello che hanno passato.
Dovrebbe mandarlo a fanculo, dovrebbe smetterla di tormentarsi l’anima per quel paio di occhi, dovrebbe trovarsene un altro e basta, dimenticarsi di lui definitivamente. Eppure lei ci ha provato davvero, ci ha messo l’anima... ma proprio non ci riesce a trovare altri occhi da amare come ama i suoi.
«Jade, mi fai fare un altro tiro?» domanda all’amica, dopo essersi ridestata da quel mini coma che ogni tanto s’impossessa di lei.
«Cos’è tutta questa voglia di fumare stasera, Mary? Hai voglia di affogarti?» la schernisce Jade ridacchiando, per poi lasciare che il fumo abbandoni le sue labbra.
Mary fa una smorfia. «Dai, fammi fare un tiro, ne ho bisogno» la supplica ancora, e Jade non può che roteare gli occhi al cielo.
«Oh, se ti affoghi, sappi che io non voglio responsabilità!» l’avverte, passandole la sigaretta tra le dita.
Le fa una linguaccia prima di afferrare tra le dita tremanti il filtro della sigaretta, ponendole poi tra gli spazi dell’indice e del medio e portandosela alle labbra, tirando di poco e lasciando che il sapore della nicotina le invada la bocca, ancora insaporita dalla birra rossa che Jade le ha portato e che, effettivamente, è stata veramente buona.
Cerca di dimenticare per un secondo, Mary, andando contro quelli che sono i suoi limiti, ma neanche il fumo della sigaretta riesce ad annebbiarle i pensieri rivolti solo ed unicamente a lui.
Caccia fuori il fumo – magicamente senza strozzarsi – e sospira, ritrovandosi involontariamente a fissare il vuoto ancora una volta.
«Mary?» la richiama Vanessa. Lei scrolla le spalle, portando il suo sguardo vacuo su quello dell’amica, che la guarda confusa.
«Che hai? Sei strana» osserva la bionda, incrociando le braccia al petto.
Mary morde di poco il labbro inferiore, poi alza le spalle. «Mi prendo sempre delle pause ogni tanto, lo sai» spiega, facendo un sospiro.
«Stavolta più delle altre volte» osserva Jade, aggrottando la fronte e guardandola di sbieco.
Mary sospira ancora una volta, per poi allungarsi verso Jade. «Non ho nulla ragazze, davvero» dice, passando la sigaretta nelle mani di Jade, che l’afferra prontamente per non farla cadere. «Solo stanchezza».
«Non è vero» riprende Vanessa «non è vero che è solo stanchezza, c’è altro».
«Dai Mary» aggiunge Jade, facendo un altro tiro «sai che a noi puoi dire tutto».
E Mary lo sa, sa che quello che dice Jade è la pura verità, perché è praticamente da quando si conoscono che a loro dice tutto quello che le passa per la testa, ma stasera... stasera è diverso.
Perché Mary ha paura di dire quello a cui sta pensando, quello che è capitato, perché dirlo fa paura prima a sé stessa, anche se forse parlarne con le sue amiche non le farebbe poi così male.
Ed ecco che, con lo sguardo basso e le mani posate sulla superficie del tavolo, Mary prende coraggio e dice solo:
«Ashton è tornato».
 
Se Mary dovesse descrivere la sua vita con un unico aggettivo, sarebbe sicuramente una la parola adatta da utilizzare: sfigata.
Non è mai stata particolarmente fortunata in nessun campo, in nessuna tappa della sua vita.
E’ sempre stata una ragazza anonima che, pur cambiando colore o taglio di capelli, dimagrendo o ingrassando, nessuno ha mai notato troppo.
Ecco perché Mary si è abituata a vivere nell’ombra da sempre, rimanendo in disparte per la maggior parte delle persone, considerata un piccolo puntino minuscolo ed invisibile posto in angolo di una stanza.
Un piccolo puntino irrilevante, la cui presenza è sempre stata indifferente.
Quella situazione un po’ le ha sempre fatto comodo: non è mai stata una ragazza pronta ad apparire, a spiccare, a stare al centro dell’attenzione con i riflettori puntati su di lei. Ecco perché ha sempre evitato le situazioni in cui poteva essere esposta fuori dal suo guscio, tanto erano sempre le sue vecchie amiche ad essere notate per prime, mica lei.
Per Ashton, però, non è mai stato così, perché lui Mary l’ha notata eccome.
Era stato due anni e mezzo prima: Mary non aveva ancora compiuto ventun’anni e Ashton ne aveva ancora ventidue quando si erano incontrati a quella festa di Capodanno, in quella casa in cui lui era un imbucato, amico di Calum, a sua volta amico di un amico del proprietario di casa, il quale era completamente partito dato il troppo alcool nelle vene per accorgersi di quanti imbucati ci fossero alla sua festa.
Ashton aveva perso di vista Calum – probabilmente intento a rollarsi qualche canna – e vagava al centro di quello spazioso salotto con solo un bicchiere di spumante tra le mani in cerca di qualcosa da fare. Cercava volti da studiare, Ashton, volti che magari conosceva un minimo, ma essere l’imbucato di turno di certo non aiutava.
E poi l’aveva vista.
Chiusa in un vestito nero, parlava con un’amica di fronte a lei con un bicchiere quasi pieno tra le mani, mentre con le dita ne torturava il bordo. Parlava, poi ogni tanto si fermava ed ascoltava ciò che l’amica le diceva, per poi aprirsi in un sorriso e continuare a parlare fittamente, mantenendo gli angoli delle labbra rivolti verso l’alto.
Se avesse potuto, Ashton le avrebbe fatto una fotografia per chiudere quel sorriso su un pezzo di carta e portarlo sempre con sé, senza dimenticare mai alcun tipo di particolare racchiuso in esso. Si rese conto di essere rimasto a fissarla per chissà quanto tempo, così aveva deciso di avvicinarsi a lei per guardarla negli occhi, ammirare quel sorriso, studiare quel volto e cercare di capire che segreti nascondesse.
«Ciao» le aveva detto, interrompendo le parole della sua amica, facendo si che Mary si voltasse verso di lui. «Bevi qualcosa?».
Mary allora – dopo un primo momento di silenzio - aveva ridacchiato. «Sì, non si vede?» gli aveva risposto, alzando il bicchiere e sventolandolo sotto il suo naso, aprendosi poi in un sorriso.
Ashton era rimasto senza parole, perché mai aveva ricevuto risposte del genere che gli facessero rimanere l’amaro in bocca, eppure qualcosa dentro di lui gli diceva di persistere, di continuare a parlarle e non lasciar perdere, perché quel sorriso gli aveva trasmesso qualcosa che mai nessuno gli aveva dato.
Era stato così che Mary ed Ashton si erano trovati a parlare per tutta la sera, in un angolo in disparte, come se il resto del mondo non esistesse, e avevano riso di cose che nessuno, a parte loro, avrebbe potuto capire. Poi, d’un tratto, avevano sentito qualcuno urlare ed iniziare a fare il conto alla rovescia, ed entrambi si erano guardati negli occhi, un po’ a disagio, le gote leggermente arrossate dal caldo e dall’imbarazzo.
E Ashton, nonostante il rischio e la paura, le aveva posto quella domanda, anche solo per farla sorridere.
«Me lo concederesti un bacio?» le aveva chiesto, lasciando che i suoi occhi verdi si scontrassero con i suoi.
Mary aveva aggrottato le sopracciglia poi, dopo aver imbronciato le labbra, si era aperta in una risata.
«Stai correndo troppo» gli aveva detto, scuotendo il capo, eppure non sembrava offesa.
«Lo so. Ma tu mi piaci» aveva risposto Ashton, un mezzo sorriso a fare da protagonista sulle sue labbra.  
Mary aveva abbassato il capo, imbarazzata, poi Ashton – tre secondi mancanti alla mezzanotte – le aveva chiesto «e domani verresti a prendere una cioccolata calda con me?».
Mary allora aveva alzato lo sguardo, lasciando incrociare i suoi occhi con quelli di Ashton, e si era lasciata trascinare in una strana emozione illogica e senza nome che, proprio allo scoccare della mezzanotte, l’aveva fatta sorridere, per poi rispondergli con un flebile «sì».
Ed era stato un nuovo inizio.
 
~
 
Charlie miagola sotto le carezze materne di Vanessa, che lo tiene fermo sulle sue gambe, mentre il gatto lascia penzolare la sua coda lunga e pelosa, abbandonandosi completamente alle coccole della sua padrona che – Luke lo dice sempre – lo tratta come un principe.
Il silenzio che si è creato dopo le parole di Mary è insopportabile per loro, che sono abituate a parlare a macchinetta senza mai fermarsi. L’unica cosa che lo stronca sono le dita di Jade, che tamburellano nervosamente sulla superficie della tavola e il ticchettio dell’orologio, che segna mezzanotte meno dieci.
Poi, improvvisamente, Jade batte il palmo della mano sulla tavola, facendo sobbalzare tutti, persino Charlie che – dopo quella precedente interruzione – stava cercando di riprendere sonno.
«Questo silenzio è insostenibile, ne siete consapevoli?» esclama la rossa, per poi sbuffare sonoramente.
Rivolge lo sguardo verso Mary, che tiene ancora la testa bassa e le mani chiuse tra loro come in un abbraccio. Non ha il coraggio di alzare lo sguardo, dopo quelle parole appena pronunciate.
«Mary...» la richiama Vanessa dolcemente, continuando ad accarezzare Charlie. Ma lei non alza lo sguardo, si limita solo a sospirare, cercando di trattenere un singhiozzo di tristezza.
«Che intendi dire con “Ashton è tornato”?» domanda allora Jade, cercando di farla parlare.
Di certo, dopo che la bomba è stata sganciata non può essere ritratta dal campo di battaglia.
E Mary sospira ancora, perché sentire o dire quel nome le fa male, le fa male al cuore ancora pieno di cicatrici mai chiuse del tutto. Trattiene il labbro inferiore tra i denti per evitare di scoppiare a piangere e, pian piano, alza lo sguardo, portandolo finalmente sulle sue amiche, che la guardano curiose.
«Lui...» balbetta insicura Mary, stringendo le mani in due pugni. Caccia altra aria dalle labbra perché, al momento, è talmente piena di strane emozioni miste tra loro, che l’unica cosa che può fare è respirare a fondo.
«Lui mi ha mandato un messaggio, ieri sera» confessa flebilmente, gli occhi che le bruciano da morire.
Altro silenzio s’ instaura tra le tre, mentre Charlie miagola.
Vanessa fa un sospiro. «E cosa c’era scritto in questo messaggio?» domanda piano, quasi avesse paura di farle male.
Mary stringe le dita, lasciando che le nocche le diventino quasi bianche dalla stretta troppo forte, poi le allunga, come fa ogni volta che è nervosa.
«Vuole vedermi» dice, abbassando di poco il capo «e vuole parlarmi. A quanto pare ha delle cose importanti da dirmi».
E quelle parole non possono che fare spavento a Mary, così come l’ha spaventata quello stesso messaggio, la sera prima, perché avrebbe potuto aspettarsi chiunque, meno che Ashton. Perché era stato praticamente stabilito da entrambi che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbero provato a stare insieme come una coppia normale, perché se l’erano urlato tutti e due quell’odio che stavano iniziando a provare l’uno verso l’altra, troppo stanchi di provarci per l’ennesima volta.
E quando una cosa è rotta, difficilmente torna come prima.
«E tu cosa gli hai risposto?» domanda lecitamente Jade, le braccia incrociate sul petto.
«Non gli ho risposto» Mary alza le spalle «non me la sono sentita».
«Perché no?» chiede Vanessa, alzando di poco il tono di voce, interrompendo le coccole a Charlie.
Mary alza lo sguardo, lasciando che qualche lacrima scenda silenziosamente dalle sue iridi scure e si abbatta sulle sue labbra dal rossetto rosso, ormai quasi completamente sfatto.
«Perché ho paura» confessa, la voce che le trema. «Ho paura di caderci di nuovo, e non credo di meritarmelo. Ci abbiamo provato così tante volte, ed è sempre finita male. Non voglio avere di nuovo il cuore a pezzi per colpa sua».
Jade tamburella ancora una volta le dita sulla tavola. «Perdona la domanda Mary, ma a che quota siamo con il tira e molla? Ho perso il conto...».
Mary tira un sospiro, mentre Vanessa rivolge un’occhiataccia a Jade che potrebbe fulminarla all’istante, ma quest’ultima alza le mani in sua discolpa.
«Siamo a quota sei, Jade» risponde Mary, un sorriso amaro sulle labbra. «Penso sia abbastanza, no?».
Jade scrolla le spalle. «Ho sentito di peggio» e si appoggia allo schienale della sedia, e Mary sorride.
«Mary, sai che il sette è uno dei numeri perfetti?».
Vanessa rompe il silenzio con quella strana affermazione posta come una domanda, e Mary volta lo sguardo verso di lei, vedendola sorridere, con Charlie che – finalmente – dorme sulle sue gambe.
Sospira ancora. «Vane...» prova a dire, ma la bionda la interrompe nuovamente.
«Sette sono i vizi capitali, sette sono i giorni della settimana, sette sono le note musicali...»
«Sette sono anche i nani» s’intromette Jade, guardandole ovvia, e Vanessa la guarda un po’ male per aver interrotto quel suo discorso filosofico, ma non può fare a meno di ridere, seguita a ruota anche da Mary.
«Dicevo...» continua, riprendendosi dalle risate. «Sette sembra essere il numero perfetto per qualsiasi cosa. Perché non potrebbe esserlo anche per te ed Ashton?».
Mary si lascia sfuggire ancora qualche altra lacrima senza più alcuna vergogna. E’ con le sue amiche, con le quali ha condiviso qualsiasi cosa, anche le lacrime che, in quegli ultimi due anni e mezzo, sono state più dedicate ad Ashton che ad altri.
Perché Mary ci ha provato davvero a piangere anche per quei pochi che ha frequentato dopo di lui - con i quali non è finita nel migliore dei modi - ma proprio non ci è riuscita. Era indifferenza pura quella che provava nei confronti di quelle rotture, e quasi si è sentita un mostro senza cuore per quelle lacrime non versate. Ma poi Ashton tornava, ci riprovavano ancora, lei tornava a sorridere... e poi finiva per piangere.
E allora aveva capito che non era un mostro senza cuore. Il fatto era che il cuore le tornava solo quando era con Ashton, l’unico a sapere come farlo partire e come farlo bloccare, quasi fosse uno stupido marchingegno tecnologico del quale solo lui conosceva il funzionamento.
Eppure, nonostante le botte e le cicatrici, Ashton era stato sempre capace di farlo ripartire e di farlo funzionare, anche solo per pochi mesi.
«Pensaci bene, Mary» dice improvvisamente Jade, e la mora alza lo sguardo sulla sua amica, che proprio non si aspettava di sentir parlare. La guarda stranita e sconvolta, e Jade se ne rende conto, roteando gli occhi al cielo. «Okay, lo so che non sono la persona adatta per poter parlare di ciò, vuoi perché non credo nell’amore o, semplicemente, perché Ashton non lo vedo con occhi positivi dopo la vostra terza rottura e, sì, ammetto di aver pensato di fargliela pagare cara e bucargli le ruote, la quinta volta che vi siete lasciati...» e Mary ridacchia, perché sa che Jade lo farebbe davvero; poi la rossa sospira. «Ma so anche che non ami nessun’altro nel modo in cui ami Ashton e che, nonostante tu abbia versato fin troppe lacrime per lui, continueresti a perdonarlo fino alla fine dei tuoi giorni. Forse la settima volta è davvero quella buona...».
Mary volta lo sguardo verso Vanessa come se cercasse l’approvazione anche da parte dei suoi occhi blu: lei, che forse conosce Ashton meglio di chiunque altro in quella stanza, forse anche meglio di Mary stessa.
Vanessa, come se avesse capito, inclina il capo da un lato e la guarda con dolcezza.
«Ne vale la pena avere paura, Mary» le dice, quasi in un sussurro. Poi le sorride. «E lo sai anche tu».
Mary si lascia scappare qualche altra lacrima traditrice, perché sì, Vanessa ha ragione.
Lei sa perfettamente che Ashton ne varrà sempre la pena, che, pur avendo maledetto entrambi il giorno in cui si sono incontrati, quel Capodanno, sanno che non è mai stato così: sanno che potranno lasciarsi e riprendersi anche per il resto della loro vita... rimarranno comunque legati in qualche modo, in un modo talmente stretto che niente potrà scioglierlo o romperlo.
E Mary annuisce lentamente col capo, asciugandosi quelle ultime lacrime sotto lo sguardo dolce ed impaziente delle sue amiche, che attendono solo la sua risposta. Le guarda intensamente, facendo passare il suo sguardo bagnato prima sugli occhi verdi di Jade e poi quelli blu di Vanessa, poi si apre in un mezzo sorriso che, forse, ha riacquistato la forza di riprovare.
«Spero solo che il sette mi porti fortuna» dice, facendo poi ridacchiare le sue amiche. 
Vanessa poggia Charlie – ancora addormentato – sul pavimento, prima di alzarsi dalla sedia e raggiungere Mary accanto a sé, accogliendola in un abbraccio forte, che la mora ricambia allo stesso modo. Nello stesso momento, Jade imita il movimento appena compiuto da Vanessa, avvicinandosi alle sue due amiche per stringerle calorosamente, diventando magicamente una persona sola.
 
Se Vanessa, Jade e Mary dovessero descrivere la loro amicizia con un solo aggettivo, probabilmente affermerebbero che è impossibile racchiudere tutto in una sola parola, perché ci sarebbero tante e tante cose da dire su di loro, tanti aneddoti divertenti da raccontare e troppe risate da cogliere.
Non ci riescono perché sono delle gran chiacchierone e avrebbero troppe cose da dire, quindi rischierebbero di perdersi in parole su parole e dimenticarsi l’obiettivo principale.
Se qualcuno che non fosse loro, però, potesse descrivere quell’amicizia con un solo aggettivo, probabilmente risponderebbe semplicemente con solida.
Perché quelle tre ragazze, dalle storie e dai caratteri diversi, riescono ad essere un punto fermo l’una per l’altra, un faro di luce in mezzo al mare anche quando c’è la tempesta.
Tutte e tre con le loro diversità riescono a formare una persona unica e dalla mente geniale, Calum continua a ripeterlo imperterrito, anche a chi non ci crede.
E, anche quando hanno paura, quando sono spaventate tutte e tre nello stesso momento, riescono a darsi una grande forza, una spinta dolce e veloce che le fa ritornare in alto insieme, come se stessero dondolando su un’altalena.
Perché potranno attraversare altri oceani di problemi, paure su paure e – perché no? – anche altri amori e altri pianti infiniti, ma loro non le spezzi.
Loro rimangono chiuse in quell’abbraccio solido e forte come una roccia.
Loro rimangono lì. 
~
Buuuonsalve a tutti, grandi e piccini! (Cosa sto dicendo non lo so nemmeno io).
Vabbè, tralasciando questo momento di stupidità acuta, eccomi che ritorno ad intasare il fandom con questa storia piccina piccina che conta di solo due capitoli (e meno male, direte voi, perché 'sta pazza chi se la vuole subire? E avete pure ragione, come darvi torto).
Comunque, come se non si fosse capito, due delle protagoniste sono niente poco di meno che *rullo di tamburi, Ashton, grazie*...
Nanek e AndySmile! :D
Beh, come potevo non farlo?! Sono delle amiche meravigliose e non potevo che dedicargli questa mini mini mini long :)
Quiindi, grazie ragazze per essere le mie muse ispiratrici e amiche bellissime (e mi è appena partita Sugar con la riproduzione casuale, capitemi u.u)
E nulla, credo di non dover aggiungere nient'altro, se non che sono ancora sotto shock per il concerto del nove, quindi sembro ancora più cretina hahahah mi scuso per questo, ma quei quattro giovincelli non fanno bene alla mia salute mentale u.u 
Bon, io vado via, che sto straparlando come al solito!
Spero che questa cosina vi piaccia :)
Grazie mille a chi si sia soffermato a leggere, siete taaaanto care 
♡ 
Vi lascio i miei contatti di facebook twitter ed ask per qualsiasi cosa!
Un bacione, 
Mary 

 

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Capitolo 2
*** Quelle sere nere. ***


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Puoi rimanere?
Perché fa male, male da morire senza te
.

~
Quelle sere nere.

E’ ormai l’una passata e l’appartamento di Vanessa è vuoto.
I piatti sporchi, dove hanno mangiato tutte e tre, sono ancora sul tavolo, i cartoni della rosticceria sono nella spazzatura – che ancora non è stata chiusa e buttata – e in casa regna il silenzio.
Il salotto è completamente in penombra e nella stanza regnerebbe il buio più totale, se non fosse per quei pochi raggi lunari che filtrano attraverso le persiane della finestra.
Sul divano c’è seduta Vanessa, le braccia che circondano le gambe – racchiuse contro il petto – come in un abbraccio. Se ne sta rannicchiata, chiusa nel suo pigiama morbido, con Charlie che intanto dorme beato da ore, da prima che Mary e Jade andassero via, quasi mezz’ora fa.
E adesso Vanessa è sola in casa, il cuore che le batte forte nel petto mentre aspetta che torni Luke dal turno serale al bar. Tiene gli occhi aperti, sbarrati come due finestre spalancate al mattino, ed ogni macchina che sente passare sotto il suo palazzo le fa arrivare il cuore in gola, facendole credere che sia Luke e che, tra poco, lei debba dirgli quella verità che gli tiene nascosta da una settimana.
Ma Luke non arriva, è in ritardo, come quasi ogni venerdì notte, perché durante il weekend nel bar c’è sempre troppa folla, troppa gente e, soprattutto... troppe ragazze.
Vanessa sospira, cercando di scacciare via quel pensiero. Sa che Luke non la tradirebbe mai, che non amerebbe nessun’altra come ama lei, glielo ripete sempre - quasi fino a farle sanguinare le orecchie – che lei è l’unica e sola, l’unica che gli abbia rubato il cuore, tenendolo stretto nei palmi delle sue mani, e Vanessa ci crede, perché Luke è sempre stato sincero con lei.
Ma adesso la paura non fa che crescere dentro di lei: e se Luke non lo volesse, questo bambino? Se Luke si reputasse ancora troppo giovane per diventare padre? Già sta facendo milioni di sacrifici per potersi laureare entro la fine dell’anno, si spacca la schiena in due per non chiedere troppi soldi ai suoi genitori, un bambino potrebbe solo intralciare il suo cammino e peggiorare le cose.
Ci vogliono soldi per tirare su un bambino, Vanessa lo sa bene: l’ha sentito dire tante volte da sua cugina quando, ogni tanto, le teneva la bambina durante quei pomeriggi in cui lei aveva tante commissioni da fare, o quando voleva concedersi una serata romantica da sola con suo marito, lasciando il compito a lei e Luke di tenere con loro quel piccolo angelo fino a che loro non fossero tornati a casa.
Luke era sempre stato meraviglioso con i bambini: amava vederlo giocare con sua nipote utilizzando anche solo la fantasia e l’immaginazione, portandola in mondi diversi ogni qualvolta la piccola glielo chiedesse. E Luke, un po’ come Peter Pan, le diceva di chiudere gli occhi ed immaginare tutte le cose belle del mondo, per vivere un’avventura magnifica ogni volta in un mondo diverso. Vanessa li guardava giocare o guardare un cartone animato stesi sul divano, mentre preparava la cena, e immaginava un bambino tutto suo e di Luke, una volta che entrambi avrebbero avuto un posto di lavoro fisso e due stipendi da portare in casa.
Magari prima si sarebbero sposati, avrebbero fatto le cose per bene, una bella luna di miele lunga tre settimane e poi ritorno in patria, per condurre una vita da novelli sposini.
Invece le cose erano arrivate troppo in fretta.
Vanessa – già laureata da un pezzo – lavora per un giornale, nel tempo libero prova a scrivere un libro e porta uno stipendio abbastanza solido in casa, dividendolo per quelle spese necessarie per vivere.
Luke studia come un matto, cercando di conciliare lavoro e studio a tempo pieno, ritrovandosi ogni santissima sera in quello squallidissimo bar dove la paga é minima, cercando di arrotondare con le mance.
Come avrebbero potuto tirare su un figlio così, mezzi precari?
Vanessa tira su col naso, facendo poi un piccolo sospiro.
Lei questo bambino lo vuole, lo vuole sul serio, perché ama Luke più di ogni altra persona al mondo, perché sa che Luke è il ragazzo perfetto per lei da quando l’ha incontrato: lui è meraviglioso, non le fa mancare niente, lavora sodo per garantirsi un futuro e per aiutarla nelle spese per non sentirsi come un ospite in quella casa. Le dice sempre che, prima o poi, la loro vita sarà diversa, lavorerà anche lui e allora potranno finalmente smettere di pensare solo e costantemente a come arrivare a fine mese, concedendosi una piccola pazzia in più per essere più felici.
Ma Luke è così giovane, è così bello, e Vanessa le vede tutte quelle ragazze che ci provano con lui, al bar, in quelle sere in cui l’ha raggiunto insieme a Mary e Jade.
Naturalmente ha visto come Luke le tratti solo come delle clienti, in modo cordiale, certo, ma pur sempre mantenendo una distanza, perché lui una ragazza ce l’ha già.
Eppure Vanessa si è sentita come un minuscolo granello di sabbia sotto terra: invisibile, calpestata.
E si è odiata.
Perché è vero che Luke la ama, è vero che per Luke lei è l’unica, ma... Luke è troppo giovane, Luke ha solo ventitré anni, non ha un lavoro fisso e potrebbe scappare da un momento all’altro, quando Vanessa gli dirà che aspetta un bambino da lui.
Una lacrima solca la sua guancia destra, e lei non può fare a meno che poggiare la testa sulle ginocchia, chiudendo gli occhi.
Lo capirebbe se Luke volesse scappare via da lei e da quella grande responsabilità, lo capirebbe se Luke la lasciasse sola a crescere quel bambino che sta portando in grembo, lo capirebbe sul serio. E forse ci starà male, male da morire, ma preferisce soffrire lei che far soffrire Luke per il resto della sua vita, costringendolo a rimanere con lei per poi farsi odiare fino alla fine dei suoi giorni.
Perché lei preferirebbe rimanere sola a crescere suo figlio, che smettere di farsi amare da Luke.
D’un tratto, il rumore del motore di una macchina si fa sentire sotto il suo palazzo.
Vanessa alza di scatto il capo, asciugandosi prontamente una lacrima, quando sente la portiera dell’auto sbattere violentemente, chiudersi con rapidità e dei passi avvicinarsi al portoncino del palazzo, aprendolo piano.
Il cuore le balza in gola. Adesso è sicura che sia Luke.
Adesso è sicura: non può nascondergli quella verità.
Appoggia la schiena – leggermente dolorante – sul divano, mentre i passi dolci di Luke si fanno sentire tra le scale, per niente fastidiosi. Perché Luke non riesce ad essere fastidioso nemmeno quando sale le scale, durante la notte, stando attento a non creare alcun tipo di rumore per evitare di svegliare il resto dei condomini.
Ed è quando sente le chiavi infilarsi nella toppa, che Vanessa trattiene in respiro come fosse in apnea, aspettando che Luke varchi la soglia della porta e la sua figura buia si faccia largo tra quelle mura scure.
Sente Luke chiudersi la porta alle spalle, fare un sospiro e togliersi il giubbino di pelle dalle spalle, poggiandolo sull’appendiabiti all’entrata delicatamente per non fare rumore.
Il cuore inizia a batterle forte ed il respiro le si mozza in gola. Vede la figura di Luke cercare l’interruttore della lunga lampada all’ingresso  a tentoni in quella stanza buia e, quando lo trova, preme delicatamente il bottone, lasciando che quel poco di luce calda illumini leggermente la stanza.
E una lacrima scende bastarda sulla guancia di Vanessa.
«Vane!» esclama lui sorpreso – e un po’ spaventato – quando alza lo sguardo e la trova mezza rannicchiata sul divano. Si avvicina lentamente a lei, premurandosi di non fare rumore.
«Pensavo dormissi già» dice, aggrottando di poco la fronte. «Cosa c’è, non ti senti bene? Vuoi che ti prepari una camomilla?» chiede, rivolgendole un mezzo sorriso mentre si siede sul bracciolo del divano.
«Sto bene» mente Vanessa, cercando di occultare quelle poche lacrime appena cadute sul suo volto.
Ma Luke è sempre stato un ottimo osservatore, e lei lo sa bene. Sa che a Luke non si può mentire nemmeno per una piccola cosa, perché lui – chissà come – riesce sempre a scoprire le verità nascoste, soprattutto se si tratta di Vanessa.
Difatti, lui le nota quelle lacrime leggere sul volto della sua ragazza e, prontamente, le accarezza il volto, impedendole di voltarlo dall’altro lato per nascondere gli occhi blu intrisi di tristezza.
«Perché piangi, Vane?» le domanda dolcemente, asciugandole una lacrima con il pollice.
«Non sto piangendo» mente nuovamente Vanessa, tirando su col naso «è solo un po’ di... allergia».
E Luke ridacchia, perché Vanessa non è mai stata brava a mentire, questo lo sa anche lei.
«Bugiarda» la schernisce Luke, sorridendo «dimmi che succede, dai. Non mi piace vederti piangere» e le fa un’altra carezza, ancora più dolce della precedente.
Vanessa si perde negli occhi di Luke, affondando in quell’azzurro che, al momento, le sembra il mare più calmo del mondo, pronto ad accoglierla tra le sue braccia per cullarla fino a che non si addormenti.
Poggia la sua mano su quella grande di Luke – ancora posata sulla sua guancia – per poi portarla verso il basso, allontanandola dal suo viso.
«Luke» lo richiama, stringendogli una mano. Lui la guarda curioso, senza fiatare, mantenendo ancora quel mezzo sorriso che le da un minimo di coraggio per confessargli quella verità.
Le stringe ancor di più la mano, come a volerla far parlare invece di farle versare altre lacrime.
Perché Vanessa proprio non ci riesce a smettere di piangere, soprattutto adesso che gli occhi azzurri di Luke le perforano l’anima, facendole immaginare quel bambino che avrà tra le braccia tra qualche mese e potrebbe prendere gli stessi occhi meravigliosi di Luke.
E allora Vanessa fa un sospiro, proprio quando la stretta di Luke si fa più forte sulla sua mano. Socchiude gli occhi e, con qualche lacrima appesa alle ciglia, la voce inizia a tremarle un po’.
«Sono incinta, Luke».
Il silenzio torna sovrano tra quelle mura.
Charlie ronfa beatamente accanto a loro, per niente disturbato da quella strana tensione che si è creata tra Vanessa e Luke, e neanche la luce fioca sembra dargli fastidio.
Luke sembra come imbambolato, mentre gli occhi di Vanessa cacciano quelle ultime lacrime sospese.
Non dice una parola, Luke, sembra che abbia quasi perso il respiro dopo quella notizia, e Vanessa lo nota.
Abbandona velocemente la sua mano – ancora in una presa salda – per poi alzarsi di scatto dal divano e lasciarlo lì, solo, dandogli completamente le spalle.
Lo sapevo” pensa Vanessa, mordendosi il labbro inferiore “adesso andrà via”.
E quando sente Luke sospirare dietro le sue spalle, la ragazza si aspetta di tutto, si aspetta qualsiasi reazione – positiva o negativa che sia – ma di certo non un tirato e tremante:
«Lo so».
 
~
 
Jade ha appena messo piede in casa sua, dopo aver salutato Mary, che l’ha lasciata sotto il palazzo prima di allontanarsi con la macchina verso casa.
Poggia il dito sull’interruttore del salotto, lasciando che la luce artificiale invada la stanza mentre lei si chiude la porta d’ingresso alle spalle quanto più piano possibile.
La prima cosa che fa è togliersi le scarpe e lanciarle lontane chilometri – per quanto possa essere possibile – da sé, perché ha i piedi a pezzi ed è in piedi da stamattina, quindi non vede l’ora di sedersi anche solo per cinque minuti. Si passa le mani sugli occhi – incurante del trucco che poi si sbaverà – per poi lasciare che le sue dita finiscano sulle tempie, massaggiandole lentamente mentre si dirige verso il bagno.
Si sente decisamente uno straccio, quasi come se un camion le fosse passato dentro il petto e l’abbia spaccata in due, ed ha un cerchio alla testa incredibile. Eppure ha passato una bella serata, in compagnia delle sue amiche in uno dei loro soliti venerdì da tradizione, Jade aspetta sempre il fine settimana solo ed unicamente per quell’occasione.
Il motivo per cui si sente così lei lo conosce, ma non lo vuole ammettere.
Evita di pensarci mentre si strucca superficialmente con una salviettina, guardandosi allo specchio. Si osserva, Jade, e pensa a tante cose, forse troppe, forse anche non vere: pensa che dovrebbe rifarsi la tinta rossa, perché s’inizia ad intravedere la ricrescita bionda – quel colore che lei proprio non sopporta - ; pensa che la sua pelle sia troppo chiara, che il suo corpo sia troppo imperfetto, che i suoi occhi siano troppo... verdi.
Verdi, come gli occhi di Michael.
Jade sbuffa, mentre un piccolo battito si fa sentire nel suo cuore quando quei due fari verdi s’insinuano tra i suoi pensieri sbagliati, poi butta la salviettina nel cestino sotto il lavandino e va in camera sua ad infilarsi una felpa e legare disordinatamente i capelli, per poi tornare nel salotto e sedersi sul divano.
Accende la tv,un po’ perché non ha per niente sonno e spera che quell’aggeggio le faccia un effetto sonnifero con i suoi programmi spazzatura, e un po’ perché ha bisogno di dimenticarsi degli occhi di Michael che sono ancora lì, fissi nella sua mente, stampati di fronte a lei, e da lì non si smuovono.
Perché Jade sa che dovrebbe chiamare Michael, sa che dovrebbe confessargli cosa prova anche lei per lui, sa che potrebbe iniziare qualcosa che vada oltre il sesso con lui, qualcosa di più grande... ed è proprio per questo che ha paura. Ha paura che questo amore folle che prova nei suoi confronti, potrebbe trasformarsi in qualcosa di brutto, qualcosa che le faccia male e che la faccia soffrire, e lei non vuole riempirsi il cuore di cicatrici.
Jade sa che dovrebbe dire la verità a Michael, sa che dovrebbe rivelargli quell’amore che prova da tanto – troppo – tempo, eppure sente come un blocco sul cuore che le proibisce di pronunciare quelle parole che le fanno tanta paura.
Tutti quei pensieri iniziano ad irritarla, così Jade sbuffa sonoramente e spegne la televisione, perché quelle voci irritanti e meccaniche inizia proprio a non sopportarle più.
Butta la testa all’indietro sul divano, e guarda fisso il soffitto troppo spoglio, troppo bianco. Ed è proprio nel momento in cui pensa che sia troppo bianco, che quel verde le appare di nuovo davanti agli occhi, e Jade non ha più dubbi.
«Ho capito!» esclama ad alta voce, rialzando il capo. «Lo chiamo e gli dico tutto!». Sbuffa ancora una volta, rendendosi conto di star parlando da sola e di essere completamente uscita fuori di senno, per poi afferrare il telefono di casa e comporre il numero di Michael.
Jade, non farlo” pensa, mentre porta il ricevitore accanto all’orecchio.
Jade, è una cosa stupida, attacca” si dice mentalmente, sentendo i primi squilli.
Jade, cazzo, tu sei folle. Attacca questa cazzo di telefonata” e gli squilli continuano ad aumentare.
Jade. Tu non sei fatta per Michael”.
«Pronto?».
Dovevi attaccare, cazzo. Sei davvero una grande str...
«M-Michael?!» balbetta Jade, presa alla sprovvista, e si sente ancora più un’idiota. Poi si rende conto della sua voce mezza assonnata, e scuote leggermente il capo, come per riprendersi. «Dormivi, per caso? Ti ho svegliato?».
 «No Jade, non mi hai svegliato» risponde lui in un sospiro. Poi ridacchia leggermente. «Ti stavo pensando, sai babe?» confessa, e Jade non può fare a meno di sentire come un mancamento nel momento in cui lui le rivolge quel nomignolo che riserva solo e specialmente a lei.
«Pensavi a me o alle mie tette?» domanda lei, inarcando di poco il sopracciglio.
Michael ride sommessamente. «Pensavo a te. Ma le tue tette fanno parte di te, quindi pensavo anche a loro. Non fa una piega, no?».
Jade ridacchia, e le si ripresenta una strana sensazione al cuore. Poi chiude gli occhi e sospira, cercando di abbattere quella paura che le si è annidata in petto, provando a buttare fuori tutte quelle parole che si sta tenendo dentro.
«Io dovrei parlarti, Michael» dice di getto, poi deglutisce lentamente. «Possiamo vederci dom...?!».
«Sto venendo da te, babe».
Lei sbarra gli occhi. «No, Michael, non adess... M-Michael?!». E Jade si rende conto che Michael ha già attaccato la telefonata da un pezzo, e che lei sta di nuovo parlando con le mura di casa sua, ed è come se la differenza non la sentisse, perché parlare con Michael è un po’ come parlare con un muro.
«Cazzo» esclama lei, atona, posando il telefono sul cuscino del divano accanto a lei, mentre il rumore del suo cuore emozionato si fa sentire, quasi come se stesse urlando.
«Sei veramente un’idiota, Jade, una fottuta idiota!» esclama, stavolta a voce più alta, mentre si batte una mano sulla fronte. Sospira forte, e quasi le viene da piangere: se solo avesse aspettato a dirglielo, se solo avesse aspettato il giorno dopo per chiamarlo, probabilmente adesso non si troverebbe senza parole. E invece qualcosa dentro di lei le ha messo fretta e le ha fatto prendere quel dannato telefono e fatto comporre il numero di Michael, che adesso sarà qui da un momento all’altro, forse in meno tempo di quanto pensa lei. Perché Jade sa che, quando c’è qualche emergenza, Michael è sempre il primo ad arrivare, e lei proprio non sa spiegarsi come faccia, certe volte ha pensato che fosse in grado di volare.
Soprattutto stanotte che le strade sono vuote, sente che Michael sarà da lei in meno del previsto, ed inizia a spaventarsi ancora di più.
Non ha nemmeno il tempo di rannicchiarsi su sé stessa e continuare a darsi dell’idiota, che il citofono squilla insistentemente, facendola sobbalzare alla sprovvista. Jade sente la paura crescerle dentro mentre si alza dal divano e si avvia verso il citofono a passi incerti, e quasi le viene la voglia di fingere di essersi addormentata e non rispondergli, ma sa che Michael non le crederebbe mai e sarebbe capace di arrampicarsi fino al balcone del suo salotto, pur di sapere cosa le passa per la testa.
Jade fa un grosso sospiro mentre la sua mano tremante si allunga alla cornetta del citofono, e l’afferra con un’insicurezza che non le appartiene quasi mai.
«Sì?» sussurra piano, con una voce che non sembra la sua.
Una risatina proviene dall’altro capo del citofono. «Sono il lupo cattivo» dice la voce divertita di Michael, e Jade si morde il labbro inferiore, mentre preme il pulsante che fa scattare subito il portoncino.
Attacca la cornetta e si avvicina alla porta, mentre i passi di Michael si fanno sentire veloci tra le scale, sempre più vicini a lei. E Jade sa che quegli occhi le faranno bene e male allo stesso tempo, e si ritroverà a dire parole sconnesse tra loro e senza un filo logico, parole che non ha preparato, parole che forse Michael non capirà.
Apre di poco la porta - quando sente i suoi passi sempre più vicini – per evitare che il campanello trilli e rimbombi nel resto del palazzo, perché non ha voglia di sentire altre lamentele da parte dei suoi condomini.
Un attimo dopo, il volto di Michael – forse un po’ contratto per la fatica – spunta da dietro l’ultima rampa di scale, quella che porta a casa sua, e i suoi occhi luminosi Jade li vede anche da lontano, anche da dietro il minuscolo spazio che si è creato tra lei e la porta.
Michael vede un suo occhio spuntare da lì dietro e sorride sghembo mentre si avvicina. Poggia una mano sul muro, ridacchiando sommessamente, e Jade sente le guance andarle a fuoco.
«Allora» sussurra Michael «mi fai entrare o no?».
Jade sospira e spalanca completamente la porta, ritrovandosi la figura sorridente di Michael entrare immediatamente nel suo salotto, intento a sfilarsi il giubbino di pelle, mentre lei si richiude la porta alle spalle e si appoggia ad essa.
«Dovrei smettere di fumare» annuncia Michael, buttandosi a sedere sul suo divano «le tue scale mi uccidono sempre».
Jade imbroncia le labbra. «Avresti potuto prendere l’ascensore».
Michael aggrotta le sopracciglia. «Naah, ci avrei messo più tempo» dice, mentre alza di poco il sedere per prendere il pacchetto di sigarette dalla tasca posteriore del jeans, ammiccando verso Jade, aprendolo.
«E io volevo sapere cosa ti passi per la testa, babe».
Si porta una sigaretta alle labbra – in un modo che Jade trova estremamente sexy, e Michael sa di farle questo effetto – per poi accenderla con un po’ di difficoltà con un vecchio accendino colorato.
Jade intrappola nuovamente il labbro inferiore tra i denti, compiendo qualche passo verso Michael, prima di sedersi accanto a lui sotto il suo sguardo verde, per poi rubargli la sigaretta e portarla tra le sue labbra.
«Non avevi detto di voler smettere di fumare?» domanda, lasciando scivolare il fumo sul viso di Michael.
Lui sorride, passandosi una mano tra i capelli rossi, guardandola come rapito dai suoi movimenti e dai suoi respiri. «Se fumi con me, in questo modo, non credo di poter smettere».
Jade sorride, facendo un ultimo tiro prima di riappoggiargliela nuovamente tra le labbra, sfiorandole involontariamente con le dita, e subito cerca di allontanarle, quasi spaventata. Michael, però, è più veloce di lei e, con un sorriso sghembo, afferra velocemente le sue dita, incrociandole con le sue.
«Allora» dice, cacciando fuori un po’ di fumo «cos’hai da dirmi di tanto urgente da farmi venire qui all’una di notte passata?» ed intrappola la sigaretta – ormai quasi a metà – tra le dita dell’altra mano.
Jade aggrotta le sopracciglia. «Sei stato tu a precipitarti qui a quest’ora» gli ricorda, quasi piccata «io ti avevo chiesto di vederci domani».
«Lo so, saputella» la schernisce Michael «ma avevo voglia di vederti adesso» sottolinea, rivolgendole un ultimo sorriso prima di allungarsi verso il posacenere – posto su un mobiletto accanto al divano – e spegnere la sigaretta, ormai finita, lasciando che il suo odore aleggi per il resto del salotto.
Poi Michael si volta nuovamente verso Jade, tenendole le dita ancora intrecciate tra le sue, e il suo sorriso passa dall’essere sghembo ed ironico, a tenero e dolce. I suoi occhi incrociano quelli di Jade, lasciando che si fondano tra loro, verde contro verde.
«Jade»la richiama, stringendole ancor di più la mano. «Dimmi cosa c’è, non farmi preoccupare».
La rossa sospira, alzando di poco gli occhi al cielo prima di riportarli su Michael, che continua ad avere quel dolce sorriso sulle labbra e quella curiosità negli occhi. Jade vorrebbe davvero dirgli tutto in un secondo, ma le parole le mancano, e gli occhi di Michael le fanno quello strano effetto che proprio non riesce ad ignorare.
«Michael...» sussurra, una voce che non le sembra nemmeno la sua. Sospira rumorosamente. «Michael, io...» lui le stringe ancora di più le dita, che tiene strette in una presa salda, come se volesse darle quel coraggio che le manca nel parlare.
E Jade, ancora ipnotizzata a causa dei suoi occhi, dice quello che non dovrebbe proprio dire.
«Io vorrei un kebab».
  ~

Mary ha salutato da poco Jade – che ha appena riaccompagnato a casa – e ha messo in moto, per ritornare finalmente a casa sua.
Aveva bisogno di quella serata, di quel solito venerdì di tradizione, perché era da tempo che non passava una serata così bella insieme alle sue amiche, una serata fatta di parole, di aneddoti, di risate e, soprattutto di novità.
Mary sorride, mentre tiene stretto tra le mani il volante dell’auto: ancora non può crederci che, tra circa otto mesi, terrà tra le braccia un piccolo batuffolo, figlio di Vanessa e Luke, diventando automaticamente una zia acquisita, ma soprattutto non può credere al fatto che Jade si sia innamorata e abbia intenzione di dichiararsi a Michael. Ridacchia leggermente -  guardando fisso la strada di fronte a sé - perché pensava di poter vedere e sentire tutto, nella sua vita, tranne Jade innamorata. Continua a sorridere, pensando a quale metodo utilizzerà Jade per dichiararsi a Michael, quali parole utilizzerà e quanta felicità le porterà poi quell’amore. Le ci vuole un attimo per rabbuiarsi, così come il cielo che ha sulla testa:  solo lei – pensa improvvisamente – non è realmente felice.
Per quanto tempo lo è stata? E lo era davvero, quando è successo?
Mary frena davanti al semaforo rosso, picchiettando di poco le unghie sul volante. Sospira forte, aspettando che scatti il verde, e continua a pensare alla sua felicità.
Non si ricorda nemmeno più per quanto tempo è stata felice e da quanto non lo è più. Ha tanti momenti che potrebbero essere associati alla gioia, al divertimento, ma non è sicura del vero e unico momento in cui è stata felice davvero, pienamente felice, un unico momento in cui ha pensato “sento di avere il mondo tra le braccia”.
No, Mary proprio non saprebbe trovare un momento in cui è stata felice sul serio.
Scatta il rosso. Mary si ridesta dai suoi pensieri e preme il piede sull’acceleratore, per poi girare cautamente a sinistra nel momento in cui si trova davanti ad un incrocio.
Certo – pensa – è felice che le sue amiche siano felici per le loro novità, per le loro vite, e non c’è gioia più grande di questa, del condividere la felicità con due delle persone più importanti della sua vita, ma... ma c’è qualcosa che manca dentro di sé, una mancanza che lei sente come se le fosse stata strappata dal petto.
Si sente vuota, Mary, e lei sa anche perché, ma è troppo orgogliosa per ammetterlo.
Perché sì, quelle labbra, quelle mani – persino quei capelli lunghi che lei non sopporta troppo – quegli occhi... le mancano, le mancano da morire, e solo lei sa quanto, ma non ha intenzione di ricaderci.
Ha sofferto già troppo per colpa di quella relazione e, ogni volta, ha rimproverato sé stessa e quel modo di essere così tanto innamorata di lui, giurando tra le lacrime di non ricaderci mai più.
Ma non ce l’ha mai fatta davvero. Forse perché l’amore verso di lui era davvero così grande da riuscire a superare il dolore delle sofferenze precedenti. E, ancora una volta, cascavano insieme in quella strana trappola senza uscita, rimanendone incollati, anche se distanti.
Mary svolta verso destra.
Forse solo quando era con Ashton si riusciva a sentire un minimo felice. Era stato dal momento che avevano preso quella cioccolata calda insieme – la sera del primo Gennaio di due anni e mezzo prima – che Mary aveva sentito qualcosa di strano dentro di sé, come se sapesse di trovarsi al posto giusto, nel momento giusto e con la persona giusta; qualcosa che provava nel momento in cui si perdeva in quei due meravigliosi pozzi verdi, qualcosa che continuava a sentire anche con gli occhi gonfi e pieni di lacrime e il cuore a pezzi.
Perché Mary ha sempre voluto riprovarci con Ashton: si sono sempre dati una seconda possibilità – se ne sono date sei di possibilità, sottolineerebbe Calum – anche quando sapevano che le cose erano ormai irreparabili e la loro relazione destinata al capolinea. Ci hanno provato tante, troppe volte, continuando ad alimentare qualcosa che li avrebbe fatti solo soffrire.
Ma cos’altro si può fare, quando  è il primo, grande amore della tua vita a chiedertelo?
Perché Mary non ha mai avuto nessun’altro, prima di Ashton, prima che la sua energia, la sua allegria e la sua risata la travolgessero completamente.
Nessuno l’ha mai notata, Mary, nel suo angolino buio. Non si è notata nemmeno lei stessa da sola, data la troppa invisibilità. I ragazzi hanno sempre visto in lei un’amica con cui confidarsi, un’amica dagli ottimi consigli, un’amica e basta, niente di più: nessuno ha mai visto in lei qualcosa che facesse pensare a Mary come più di un’amica, come più di un ottima consigliera, e lei – dopo tante paturnie mentali – se n’è fatta una ragione. Ma poi è arrivato Ashton, imprevedibile come sempre, con i capelli spettinati e quell’ accenno di barba chiara - che Mary ancora ricorda – quella sera alla fine dell’anno, l’unico che, in mezzo a tutte quelle persone, aveva notato solo ed unicamente lei. E lei gliel’ha chiesto tante volte il perché, – tra i sorrisi e tra le lacrime - perché avesse scelto proprio lei in mezzo a tutte quelle belle ragazze, perché avesse scelto la sua goffaggine nel stare in piedi su quei trampoli maledetti, e come avessero fatto i suoi occhi così belli a notare proprio la sua perenne invisibilità.
 «Perché il mio cuore voleva che incontrassi te» le rispondeva sempre lui, - con un sorriso o con lacrime di rabbia -  baciandole la nuca. «Unicamente te».
Ed era stata la prima volta che Mary si era sentita amata, amata davvero e, per la prima volta, si era sentita visibile, alla portata del mondo, sotto gli occhi di tutti e, per quanto la luce puntata su di sé l’avesse sempre intimidita, quella volta aveva voglia di gridare al mondo la sua esistenza.
Entrambi erano stati il primo grande amore dell’altro.
Ashton le aveva insegnato a far l’amore, e Mary gli aveva insegnato ad amare.
Si erano compensati, si erano bastati, si erano fusi tra loro... ma non era stato abbastanza.
E Mary – lo sguardo ancora dritto sulla strada di fronte a sé, quasi vicina a casa sua – ancora si chiede cosa voglia Ashton da lei, dopo quel messaggio. Ancora si chiede per quale motivo sia tornato e cos’abbia da dirle di tanto importante. Lei non ne vuole più sapere di lui, non vuole più vederlo, è stata abbastanza chiara quando gliel’ha urlato, l’ultima volta che si sono visti, l’ultima volta che si sono amati ed odiati allo stesso tempo.
Sospira tristemente, ricordandosi degli ultimi attimi in cui ha avuto Ashton di fronte a lei – i capelli più lunghi, disordinati come sempre, quel po’ di barba chiara, le mani chiuse in due pugni forti e il viso completamente contratto dalla rabbia – e l’ultima volta che le ha rivolto la parola, dicendole che tutta quella storia è stata sempre uno sbaglio, che loro sono sempre stati uno sbaglio allucinante, un errore che non avrebbero dovuto compiere; e poi Mary ricorda le sue, di parole, urlate tra le lacrime.
Quelle urla che hanno maledetto il giorno in cui si sono incontrati, quelle urla che gli hanno detto di andarsene via per sempre, che gli hanno detto di odiarlo alla follia, mentre il suo cuore le ricordava in un sussurro di amarlo alla follia.
Mary si accorge di sfuggita di essere appena arrivata sotto casa sua, così si ridesta completamente dai suoi tristi pensieri e, con gli occhi che le pizzicano, parcheggia con un po’ di fatica sotto il palazzo, nel posto che le è stato assegnato.
Slaccia la cintura ed afferra rudemente la borsa – posta accanto a sé – per poi scendere dall’auto e sbattersi la portiera alle spalle, chiudendo definitivamente la macchina con le chiavi.
Si chiude un po’ il giubbino di jeans sul petto - maledicendosi per la scelta di quelle scomode ballerine al posto dei suoi amati stivaletti – avviandosi a passo dolorante verso il portone del suo palazzo, quando un rumore dietro le sue spalle la fa sobbalzare.
Si volta di poco, giusto per vedere cosa sia stato, notando una figura avvolta nel buio scendere da un’auto, non poco distante da lei.
Mary volta nuovamente lo sguardo verso il suo palazzo ed accelera il passo - nonostante il dolore ai piedi – sentendo dei passi svelti starle dietro, quasi come se la stessero pedinando.
Sospira forte, cercando di darsi un minimo di coraggio e spronarsi a camminare più velocemente, mentre le sue mani tremanti si avvicinano all’apertura della borsa per prendere quanto più rapidamente possibile le chiavi di casa, ma i passi dietro di lei accelerano, raggiungendola quasi.
E Mary – che di indole non è mai stata coraggiosa – sente una strana carica dentro di lei, un’energia che non le è mai appartenuta prima e, quando la figura ignota è praticamente dietro le sue spalle, Mary punta i piedi all’improvviso, le labbra strette, e si volta di scatto con la mano a mezz’aria, pronta a colpire l’ignoto.
Una mano blocca quel colpo.
Una stretta forte, solida.
Delle dita lunghe le tengono stretto il polso.
Mary non capisce, non ha ancora guardato in viso la figura, ed ha paura.
Poi una voce si fa sentire. Una voce divertita.
«Una volta rispondevi ai miei messaggi».
Una voce che lei riconoscerebbe tra mille.
Mary alza lo sguardo.
Non c’è più il buio ad avvolgere quella figura.
Un sorriso sghembo.
Una barba chiara.
Dei capelli lunghi e ricci, sempre troppo disordinati.
Occhi luminosi in occhi impauriti.
Occhi verdi in occhi castani.
Mary ha capito.
Si lascia sfuggire un ansimo di paura, un sussurro tremante.
E il cuore, anche se non dovrebbe, riprende a batterle.
«Ashton».

 
~
Merito il linciaggio, ne sono consapevole.
E' più di un mese che non aggiorno questa storiaaaaa D:
Quanto sono pessima, Dio mio. Davvero, non avrei voluto far aspettare così tanto (in realtà non lo credevo possibile, dato che ero messa abbastanza bene con i capitoli) ma cause di forze maggiori (stupide cause di forze maggiori) mi hanno tenuta lontana da questa bambina ç.ç
...okay, ammetto di aver avuto delle difficoltà nello scrivere la parte di Mary ed Ashton (che è quella che mi piace di meno, obviously), è stato un parto veramente veramente grande! Avevo promesso, però, che l'avrei continuata e che mi sarei fatta perdonare. Difatti, questo capitolo avrebbe dovuto essere l'ultimo e poi viadalleballeMarychenontisopportiamo, buuuut... se ne sono aggiunti altri due! :D *esulta da sola*.
Vi spiego: finendo questo capitolo (ieri, lo ammetto u.u) mi sono accorta che avevo scritto veramente troppo (...diciotto pagine sono tante, vero? :3) so, per evitare che qualcuno si annoiasse, ho deciso di dividerlo in due, lasciando la giusta suspence! (pomodori tra tre... due... uno...)
Giuro che stavolta - almeno per la prossima settimana - sarò puntuale, perché il capitolo è già pronto e sto lavorando all'ultimo, che mi sta piacendo troppo e asdfgh non spoilero.
Vi ringrazio davvero tantissimo per le recensioni (alle quali corro a rispondere e vi chiedo umilmente scusa anche qui per non averlo fatto prima!) e per averla inserita tra le preferite/seguite/ricordate. Aww, siete dolcissime! Tanto love per voi ♡
Credo di aver detto tutto, ho straparlato come al solito quindi adesso vado a nascondermi su una collina sperduta in qualche parte della culonia e mi ritirerò a vita spirituale. E sì, a continuare l'epilogo.
Grazie ancora a tutte voi, anche solo per esservi fermate a leggere! :)
As always, vi lascio i miei contatti di facebook twitter ed ask
In bocca a lupo ai maturandi che dovranno affrontare la terza prova (se non l'avete ancora affrontata) e gli orali! Andate tranquilli e non fatevi vedere in ansia dalla commissione, questo è il mio consiglio. Più parlate e fate vedere che siete sicuri di voi, meno vi tartasseranno di domande! (parla una che, l'anno scorso, è diventata pappa e ciccia con il professore esterno di storia dell'arte... no comment).
Un bacione enooorme,
Mary ♡

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Il posto giusto, le braccia giuste. ***


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~
But there’s nothing to be afraid of even when the night changes
It will never change me and you

Il posto giusto, le braccia giuste.

 
Vanessa si sente come raggelata sul posto.
Si volta di scatto verso Luke, che adesso ha la testa bassa, e spalanca gli occhi, incredula per quello che le ha appena rivelato.
«Cosa... tu...?» balbetta velocemente «da quanto lo sai?».
Luke alza lo sguardo dal pavimento del salotto, poi morde il labbro inferiore, giocherellando nervosamente con il piercing che si ritrova.
«Da due giorni, credo» confessa, sospirando «ho trovato le analisi nel cassetto dei calzini» poi ridacchia «dovresti smettere di nascondere le cose lì dentro e trovare un nascondiglio più efficace, Vane. Il cassetto dei calzini è troppo scontato».
Vanessa incrocia le braccia al petto, sbuffando. «Tu perché guardi nel mio cassetto dei calzini?».
«E tu perché mi hai nascosto che sei incinta?».
Si sente completamente colpita ed affondata, dopo quelle parole che Luke le ha appena detto.
Il cuore le si ferma nel petto e sente il corpo tremare, come se avesse appena ricevuto una forte scossa interna. Luke la vede e le sembra quasi impaurita, così si alza dal bracciolo del divano e, con un mezzo sorriso sulle labbra, la raggiunge, avvicinandosi dolcemente a lei, che adesso ha lo sguardo puntato sui suoi piedi, nudi sul pavimento.
«Vane...» la richiama Luke, quasi in un sospiro. Porta le mani sotto il suo mento, alzandole il volto, facendo si che i suoi occhi blu e bagnati si scontrino con l’azzurro di Luke.
«Vane» ripete Luke, tenendole il viso incatenato contro il suo. «Perché non mi hai detto che sei incinta?».
E gli occhi di Vanessa non possono che rilasciare altre lacrime, un po’ perché si sente in colpa per avergli nascosto quel segreto, un po’ perché ha paura di dirgli tutte quelle cose che pensa lei, tutte quelle paranoie che si è sempre fatta per la loro differenza d’età e che Luke ha sempre cercato di sedare.
«Tu lo vuoi questo figlio da me, Luke?» domanda tra le lacrime, lasciando che il suo sospiro tremante colpisca il viso di Luke.
«Van...?» prova a dire lui, ma viene interrotto da un singhiozzo della bionda.
«Aspetta, fammi finire» dice, tirando su col naso, mentre Luke le tiene ancora il viso tra le sue mani.
«Sai come finiremo, Luke?» e lui scuote impercettibilmente il capo, mentre Vanessa viene scossa da un altro singhiozzo.
«Bene» sospira «te lo dico io come finiremo. Avremo questo bambino, perché entrambi siamo contro l’aborto. Tu smetterai di studiare e ti dedicherai completamente al lavoro per portare uno stipendio in più in casa, perché crescere un bambino costa tanto. Io farò la mamma a tempo pieno, diventerò isterica per le notti passate in bianco e me la prenderò con te per qualsiasi e minima cazzata, finiremo per litigare ogni giorno, sempre più furiosamente, tanto che i nostri vicini di casa chiameranno i carabinieri per paura che potremmo scannarci a vicenda. Tu inizierai ad odiarmi – ad odiarmi tanto – e finirai per tradirmi, per iniziare qualche relazione all’oscuro di tutti, di me, ed io finirei per odiarti ancora di più e finirei per odiare me stessa, perché ti ho costretto ad avere questo bambino a ventitré anni. E poi ci sarà il divorzio, gli alimenti da spedire, le litigate telefoniche per qualche mancanza nei pagamenti, i weekend da dividere per passarli col bambino, le cause in tribunale... e questo amore finiremo per trasformarlo in odio come se niente fosse, e io preferisco crescerlo da sola, questo bambino, invece che farmi odiare da te...».
E Vanessa singhiozza, singhiozza forte, contro il viso di Luke, che le accarezza una guancia dolcemente, cercando di farla calmare, perché lui odia sentire Vanessa piangere così violentemente.
«Vane» la chiama lui, sentendo i suoi occhi bruciare. «Vane... Vane... ascoltami, ti scongiuro» cerca di farle guardare nuovamente i suoi occhi azzurri, cercando di incastrare i loro sguardi, alzandole di poco il capo.
«Vane, ti prego... stammi a sentire...» dice lui, e qualche lacrima gli scappa, sotto lo sguardo incredulo di Vanessa.
Luke sospira lentamente e, tra le lacrime, riesce ad aprirsi in un sorriso. «Sai come finiremo, invece?» dice, e stavolta è Vanessa a scuotere il capo impercettibilmente.
«Bene» sospira lui, dopo aver tirato su col naso. «te lo dico io come finiremo. Avremo questo bambino, perché entrambi siamo contro l’aborto, e perché entrambi lo vogliamo. Io finirò di studiare, mi laureerò il prima possibile per trovare un lavoro decente che sia adeguato a me, così posso lasciare quello squallido bar, anche se è stato il bar che mi ha fatto incontrare te. Ci prenderemo cura di questo bambino insieme, ci organizzeremo per conciliare lavoro e famiglia e saremo in due a non dormire la notte, perché io non ti lascio esaurire da sola. E sì, magari litigheremo perché saremo stanchi per le nottatacce, saremo isterici e ci urleremo contro, ma quale coppia non litiga? Quale coppia è perfetta in ogni minimo particolare?
Io non ti lascio, Vane... non ti lascerò mai. E non pensare minimamente al divorzio, agli alimenti, alle altre relazioni... tu sei l’unica che voglio. Tu sei l’unica e sola. E questo bambino lo voglio più di qualsiasi altra cosa al mondo, perché è da quando l’ho scoperto che non dormo la notte e mi sento felice e carico, anche quando la mattina dopo devo alzarmi presto. E’ il nostro bambino, Vane, non potrebbe esistere di meglio. Perché io ti amo da morire».
Vanessa guarda Luke negli occhi, lasciandosi scappare un altro singhiozzo. Stavolta, però, sente il cure dentro di sé riprendere a battere forte, come un martello pneumatico, e sa che non è tristezza, quella volta.
Luke sorride, mentre un’altra lacrima gli solca il volto. «Domandamelo di nuovo».
«Cosa, Luke?».
«Se voglio un figlio da te».
Vanessa sospira. «Tu lo vuoi questo figlio da me, Luke?».
E quei secondi di silenzio la fanno rimanere col fiato sospeso e il cuore in gola perché, per un momento, ha paura che possa ritirare tutto quello che ha appena detto.
Ma, nello stesso momento in cui ci pensa, Luke si apre in un sorriso.
Quello stesso, identico sorriso che Vanessa vede ogni giorno appena sveglia, quel sorriso che l’ha fatta innamorare quella sera di Giugno... quel sorriso, che può indicare solo ed unicamente una cosa.
«Sì, Vane» dice Luke, tra le lacrime di gioia. «Io voglio questo figlio da te».
Vanessa non può far altro che sorridere, ma sorridere sul serio, mentre si avvicina alle labbra di Luke per sussurrargli un «ti amo» più sentito di tutti gli altri che gli ha detto in questi ultimi quattro anni.
«Ti amo anche io, Vane» sussurra in risposta lui, per poi unire le sue labbra con quelle di lei, baciandola con delicatezza, sfiorando le sue labbra come solo lui sa fare, come solo lui la sa amare.
Perché Vanessa lo sa che il posto migliore nel mondo è quello tra le braccia di Luke.
E, quello che entrambi sentono in quel momento, non può che essere felicità.
 
~
 

Michael continua a guardare Jade negli occhi, mentre quest’ultima sente nelle orecchie il rimbombo di ciò che ha appena pronunciato. Non ha il coraggio di fissarlo troppo negli occhi ed incrociare quello sguardo confuso, perciò distoglie leggermente lo sguardo, abbassandolo di poco.
Perfetto, Jade” pensa, sentendo le guance andare a fuoco “hai rovinato tutto. Complimenti, sei veramente un’idiota senza cervello!”.
Ad un tratto, però, una risatina divertita – quella stessa risatina che Jade sente ogni volta che è insieme a lui e succede qualcosa di esilarante – le fa riportare lo sguardo sul ragazzo, che adesso ha gli occhi chiusi e la testa gettata all’indietro, sul divano.
E Jade non può fare a meno di mordersi il labbro inferiore mentre lo guarda ridacchiare sommessamente, divertito, e pensa che non esista niente di più bello di Michael che ride, anche se lo sta facendo di lei.
Poi Michael apre improvvisamente gli occhi – più lucidi, direbbe Jade, forse a causa delle risate – cogliendola sul fatto, e lei si sente quasi nuda, scoperta e vulnerabile davanti a quello strano verde.
«Babe» la richiama Michael, un accenno di divertimento nella sua voce «avresti potuto dirmelo a telefono. Mi sarei fermato da qualche parte per prendertel-?!».
«No, cazzo Michael, io non voglio un kebab!» lo interrompe bruscamente lei, e le guance le vanno ancora più a fuoco.
Michael alza di scatto la testa, inarcando un sopracciglio. «Jade, hai battuto la testa?» le domanda confuso, facendo sospirare la rossa.
«No, Michael» ribatte, cercando di mantenere la calma «non ho battuto la testa».
E Michael non può che essere ancora più confuso, e si ritrova ad aggrottare la fronte. «Allora hai il ciclo» si ritrova a supporre, cercando di nascondere un sorrisino impertinente, che Jade riesce a cogliere comunque.
Quest’ultima rotea gli occhi al cielo. «No, non ho nemmeno il ciclo!» sospira infastidita.
«E allora cosa c’è?!» domanda lecitamente Michael, forse con un tono di voce leggermente alterato.
Jade si ritrova a sospirare ancora una volta: se fosse stato un altro giorno – se avesse avuto davvero il ciclo, ad esempio - probabilmente avrebbe finito per litigare con il ragazzo per quel tono di voce troppo alterato, eppure non gli dice nulla. Perché sa che è lei che lo sta tenendo sulle spine, sa che è lei ad essere quella confusa, Michael non ha colpe, sta solo cercando di aiutarla, di capire cosa diavolo le passi per la testa e, soprattutto, cosa stia nascondendo.
«Jade» la voce di Michael è seria e la distoglie nuovamente dai suoi pensieri. Il suo sospiro pesante le fa posare ancora una volta il suo sguardo negli occhi del ragazzo, e sente la paura galopparle dentro.
«Jade, mi dici che ti prende?» sbotta improvvisamente Michael, curioso e confuso, non sembra alterato.
«Mi chiami nel bel mezzo della notte, mi dici che devi parlarmi, che devi dirmi delle cose importanti, arrivo qui e mi dici che vuoi un kebab. Mi spieghi cosa significa tutto quest-?!».
«Significa che mi sono innamorata di te, Michael!».
E Jade porta immediatamente le mani a coprire le labbra, dopo aver pronunciato quella verità. Se potesse, rimangerebbe quelle parole così come le sono scappate di bocca, perché Michael non doveva saperlo così, forse non avrebbe dovuto saperle e basta.
Michael rimane spiazzato, le labbra semi aperte e gli occhi spalancati ed increduli. Eppure quelle parole le ha capite, le ha capite davvero, ma sembra quasi scioccato che la persona che gliele abbia dette sia proprio lei.
«Jade... tu...» tentenna, ma Jade stringe gli occhi e porta una mano sulle sue labbra.
«No Michael, aspetta, già è difficile così» sospira lei, sfiorandogli dolcemente le labbra un’ultima volta, prima di abbassare la mano. Michael rimane immobile, fermo, e continua a guardarla negli occhi, annuendo a malapena col capo.
«Ricordi quando l’altra sera mi hai detto...» Jade deglutisce, perché proprio tutto quello che è collegato all’amore non riesce a dirlo e Michael lo sa e se ne accorge, e l’unica cosa che può fare è sorriderle dolcemente.
«Sì, me lo ricordo» dice, interrompendola. «Vai avanti».
Lei annuisce di poco col capo, mentre le sue mani si aggrovigliano tra di loro in una danza nervosa.
«E io ti ho detto che volevo un kebab» gli ricorda, e Michael ridacchia leggermente. Poi Jade socchiude gli occhi, mentre una strana sensazione comincia a palpitarle nel petto.
«Lo so che ti ho creato una confusione enorme in testa, e so di creartela anche adesso... ma la verità è, Michael, che io ho una tale confusione in testa che non saprei spiegarti nemmeno io cosa provo. Ti giuro, in questo momento vorrei tanto essere una di quelle ragazze romantiche, che sanno come spiegare i propri sentimenti, quelle che io non sopporto e che mi fanno venire il diabete al solo pensiero, per te lo farei... eppure proprio non ci riesco. Scusami Michael. Scusa se sono un disastro, se non sono perfetta, se non riesco ad avere una relazione seria che duri più di tre settimane, scusa se la mia futura ambizione è quella di morire sola alle Hawaii, senza marito né figli, ma ti giuro Michael...» e Jade sospira per l’ennesima volta, mentre il cuore le arriva in gola. Michael sembra accorgersene  - perché Michael si accorge sempre di quello che turba Jade – e le prende una mano, ancora intenta in una danza nervosa insieme alla sua gemella, cosa che fa aprire di scatto gli occhi verdi di Jade, che vanno a posarsi sul sorriso sincero e comprensivo di Michael.  E Jade non può fare a meno di alzare un angolo delle labbra, contagiata dalla bellezza del minuscolo ma immenso sorriso che si è creato sul volto di Michael.
«Ti giuro, Michael, che per te potrei provare ad essere quel tipo di ragazza e sei l’unico e solo ragazzo che porterei con me alle Hawaii. E, so che ti sembra assurdo, ma tu sei un po’ come un kebab» e non riesce a trattenere una risatina divertita, mentre la presa di Michael si fa più stretta e solida intorno alla sua mano.
«Sei quel kebab di cui mi viene voglia proprio quando ho iniziato la dieta, l’unica eccezione che mi fa mandare a fanculo tutto il resto del mondo – e la dieta, ovviamente – e mi fa godere la vita come vorrei».
Le mani di Jade s’intrecciano alle dita di Michael, e i loro occhi si scontrano come se si guardassero per la prima volta. Jade sente quasi le lacrime arrivargli agli occhi, specchiandosi in quella perfezione – che, nota lei, sembra leggermente lucida, quasi come se si stesse commuovendo – poi deglutisce, lasciando che quel magone le scivoli via dalla gola.
«Lo so che non è una dichiarazione degna di un Oscar, che è ridicola e fa anche schifo... e adesso, se vuoi, puoi anche andare via, ti capirò se vorrai uscire per sempre dalla mia vita, davvero, perché il mondo è pieno di ragazze perfette che aspettano di essere amate da uno come te, e io non merito tutto quest-?!».
Ma Jade non riesce nemmeno a finire la frase, che Michael poggia le sue labbra contro quelle della rossa, intrappolandole in un bacio, bloccando quella miriade di parole – senza senso, aggiungerebbe Michael, se potesse parlare – che stanno scivolando via dalle labbra di Jade. E Michael le blocca, perché proprio non può permettere che quelle stupidaggini escano fuori da una persona così bella.
Jade chiude gli occhi, godendosi appieno quel contatto, lasciando che una mano di Michael vada  a finire sulla sua guancia morbida e l’accarezzi piano e dolcemente, mentre le sue labbra carnose si muovono lentamente su quelle di Jade nel modo giusto. Poi Michael si ferma piano, sfiorandole appena il naso con il suo, continuando ad accarezzarle la guancia, mentre una mano di Jade si è poggiata sul fianco di lui. Apre gli occhi, lasciandosi sfiorare dolcemente da Michael, mentre si sente ancora bisognosa delle sue labbra e di lui accanto al suo cuore.
«Michael...» sospira senza fiato, provando a parlare, ma lui la blocca ancora, questa volta con un sorriso sghembo e con i suoi meravigliosi fari verdi che si posano nei suoi occhi.
«Quante stronzate dici, Jade» inizia Michael, ridacchiando appena, tenendo premuta la sua fronte contro quella della ragazza che, adesso, aggrotta di poco le sopracciglia.
«Come puoi minimamente pensare di non essere perfetta per me?! Come puoi pensare che io voglia uscire dalla tua vita?!» dice, scuotendo di poco il capo, mentre con due dita le pizzica velocemente una guancia.
«Jade, io sono fottutamente innamorato di te. Disperatamente! Sono un caso perso, cazzo» e ridacchia, quasi nervoso, mentre Jade sente il cuore batterle come mai era successo.
«Non voglio che tu cambi, Jade. Non devi. Perché io ti amo così come sei: ti amo perché dici un sacco di parolacce e quando t’incazzi sei peggio di uno scaricatore di porto. Ti amo perché sei così perfetta in quelle che tu credi siano imperfezioni, che non ti rendi conto di quanto sei bella sul serio. Amo il tuo sorriso, amo i tuoi occhi... amo anche il fatto che tu voglia morire da sola alle Hawaii» e Jade sorride, abbassando di poco lo sguardo, quasi imbarazzata. Poi Michael porta due dita sotto il mento della rossa, facendole incastrare nuovamente gli occhi con i suoi, lucidi da fare schifo.
«Io ti amo, Jade. E voglio essere il tuo unico e solo, così come tu lo sei per me».
E a quella confessione, Jade si apre in un sorriso, un sorriso che mai avrebbe pensato di poter fare.
Un sorriso che sa d’amore.
«Dimmi di nuovo che mi ami, Jade» la supplica Michael, quasi come se ne sentisse l’impellente bisogno, quasi come se gli servisse a riempirgli il cuore di qualcosa che gli manca da tempo e che, forse, gli è sempre mancato e che trovato solo adesso, grazie a lei.
Jade gli sfiora dolcemente il volto con le dita – come fa sempre lui – provocando dei brividi lungo tutto il corpo del ragazzo, che socchiude di poco gli occhi, prima che Jade rilasci un sospiro e sussurri «ti amo, Michael» leggero, impercettibile, ma sincero. E poi le sue labbra sono di nuovo su quelle di Michael, e si cercano e si rincorrono come se non si toccassero e sfiorassero da tempo.
Le mani di Michael corrono lungo la schiena di Jade, fino a quando quest’ultima non si spinge all’indietro, poggiandosi sui cuscini del divano, mentre il corpo di Michael sovrasta il suo, facendo leva sulle braccia, e le sue labbra non smettono di baciare quelle di lei.
Poi Michael si allontana per un secondo dalle sue labbra e la guarda negli occhi. Jade apre gli occhi a sua volta, con sguardo interrogativo, mentre lui si apre in un sorriso sghembo e divertito.
«Sei sicura di volere ancora il kebab, babe?» domanda, il tono di voce è divertito e malizioso allo stesso tempo, e Jade non può fare a meno di ridere, lasciandogli un piccolo buffetto sul braccio.
«Preferisco rimanere qui con te» confessa lei in un sussurro, per poi poggiare la mano dietro la nuca di Michael e attrarlo a sé, riportandolo sulle sue labbra bisognose di contatto.
E lui sorride durante quel bacio, sentendosi finalmente nel posto in cui dovrebbe davvero essere – nel cuore e sul cuore di Jade - per poi spostarsi velocemente sul suo collo morbido, mentre le sue mani s’intrufolano sotto la maglia di Jade, facendola sospirare e sorridere allo stesso tempo, perché si rende conto che, per la prima volta nella sua vita, sta per fare l’amore con l’unica persona giusta.
 
~
 

Ashton si accende una sigaretta, poggiando la schiena alla portiera della macchina di Mary.
Litiga con quell’aggeggio colorato e consumato prima che un sorriso soddisfatto s’ instauri tra le sue labbra quando, finalmente, la fiamma prende vita sotto gli occhi grandi di Mary.
Mary, che ancora lo guarda, che ancora non riesce a capire cosa ci faccia lì e cosa voglia da lei dopo tutti quei mesi passati nel silenzio più totale; Mary che sente ancora il cuore batterle all’impazzata per ogni gesto che Ashton compie sotto i suoi occhi, per quella sua barbetta bionda e sfatta che lei ha sempre adorato, per quegli occhi verdi che, per lei, hanno sempre parlato di sincerità, nonostante tutto.
Incrocia le braccia al petto, sbuffando silenziosamente, mentre Ashton rilascia il fumo della sigaretta dalle labbra, chiudendo gli occhi, come fa sempre.
«Odio quando fumi» dice Mary all’improvviso, smorzando quell’imbarazzante silenzio che si è creato tra di loro da minuti – e da mesi - , ormai.
Ashton alza lo sguardo, preso alla sprovvista, osservando la figura piccola della ragazza di fronte a sé – le braccia conserte sotto il seno, come ogni volta che è imbarazzata o arrabbiata, aggiungerebbe – e non riesce a trattenere un ghigno dietro il filtro, intrappolato tra le sue labbra.
La guarda, la studia, la osserva con quegli occhi indagatori che creano ancora più imbarazzo a Mary, Ashton lo nota, perché la conosce meglio delle sue tasche, meglio di quanto lei creda, e sa che – ogni volta che i suoi occhi grandi puntano verso il basso – è appena arrossita. Può notarlo anche in penombra, quell’imbarazzo vermiglio che tanto caratterizza Mary, che tanto piace ad Ashton.
«Tu odi ogni cosa di me» ironizza Ashton, espirando altro fumo, e una nota amara prende possesso delle sue parole.
Mary alza di botto lo sguardo, riportandolo su Ashton – che non ha ancora abbandonato quel ghigno arrogante – e i suoi occhi si schiudono in due fessure, come per scrutare al meglio la situazione.
Quel ghigno vorrebbe proprio strapparglielo dalle labbra, a quello stronzo – pensa – e, dopo averlo fatto, probabilmente lo bacerebbe con tutta la rabbia, la malinconia e la tristezza che ha in corpo, risultando incoerente con sé stessa, odiandosi fino al midollo per aver formulato quei pensieri così contrastanti tra di loro, odiandosi perché la voglia di baciarlo, probabilmente, l’accompagnerà per tutta la vita.
«Io odio il fatto che non riesco ad odiare nessuna minima parte di te, nemmeno se ci provassi».
Quelle parole le escono di botto, in un sussurro: un sussurro che però lui ha percepito, ha sentito come se fossero urla, perché lui la voce di Mary – ogni singola cosa di Mary – riuscirebbe a percepirla anche distante chilometri, anche col silenzio che naviga e serpeggia tra loro.
Le braccia di Mary sono ancora conserte sotto il seno.
La sigaretta di Ashton è ferma a mezz’aria tra le dita le legittimo proprietario.
Occhi verdi in occhi castani, ancora una volta, per la millesima volta.
Occhi curiosi in occhi dannatamente seri.
E la sigaretta viene lanciata lontano, ancora mezza accesa, ancora con la capacità di poter essere assaporata, ma quella voglia, adesso, non c’è più. E le labbra che la tenevano intrappolata, al momento, vorrebbero solo posarsi su delle labbra carnose e fresche.
Ashton imita Mary, incrociando le braccia al petto - quasi come se la stesse sfidando – e quella punta di arroganza lei non può fare a meno di non notarla, e non può che infastidirla.
«Ci hai provato, almeno, ad odiarmi?» domanda lui, e un sospiro amaro rilascia le sue labbra, mentre gli occhi di Mary – lui li vede – si fanno più lucidi, pur mantenendo la loro forza.
«Tutti i giorni da quando te ne sei andato. Tutti i giorni in cui mi hai detto che eravamo uno sbaglio. Tutti i giorni in cui mi sono ripromessa di non cascarci mai più. Tutti i giorni in cui tornavi da me e io ti dicevo di sì. Tutti i giorni in cui ho cercato di frequentare altre persone pur di non averti tra i pensieri, eppure era come se i tuoi occhi mi si ripresentassero davanti ogni volta. Tutti i giorni, tutti i dannatissimi giorni in cui mi sei mancato».
Quella risposta fa quasi tremare Ashton, perché quelle parole lo hanno colpito come fossero dei proiettili direttamente iniettati nel cuore. E quando Mary sospira tremante – quasi come se quello che sta per dire sarà accompagnato dalle lacrime – Ashton sente il bisogno di stringerla a sé, come ha fatto tutte le volte che l’ha sentita piangere in silenzio, mentre quei singhiozzi gli facevano soffrire il cuore. Ma resta fermo, lui, e lascia che sia Mary a parlare ancora una volta.
Lei, che di parole da dire ne ha sempre avute tante, eppure troppo impaurita per emettere un singolo suono.
«Ci ho provato. Tutti i dannati giorni della mia vita, ti giuro che ci ho provato. E quante persone mi hanno detto che stavo sbagliando, quante persone mi hanno detto “puoi trovarne uno meglio di lui, uno con cui non farai tira e molla per il resto della tua vita!”» e Mary ridacchia amaramente a quelle sue stesse parole; parole che ha alterato di qualche tono, imitando la voce di sua madre - Ashton lo sa bene, quella donna avrebbe da dire tante di quelle cose su di lui – e si lascia sfuggire anche lui uno sbuffo di risata, perché Mary è sempre stata abbastanza brava con le imitazioni, soprattutto con quella di sua madre.
Mary tira su col naso, guardandosi nuovamente la punta delle scarpe, mentre un’ultima risatina amara le fuoriesce dalle labbra; poi scuote il capo, come se stesse rimproverando sé stessa per le cose appena pronunciate. Il suo sguardo si poggia severo su Ashton, all’improvviso, quasi con sicurezza, sicurezza che non è mai stata sua. La stessa sicurezza che mette nel pronunciare quelle parole.
«Tu mi odi, invece».
E quella frase – quella frase così amara – fa paura ad Ashton, che rimane di stucco di fronte agli occhi tristi e severi di Mary. Le sue braccia cadono lungo i suoi fianchi, mentre le sue mani si chiudono in due pugni stretti ed arrabbiati. Arrabbiati solo ed unicamente con sé stesso, perché se Mary crede a certe cazzate è sicuramente colpa sua.
«Cazzo» impreca tra le labbra sottili, mentre il cuore gli si ferma in gola quando sente un singhiozzo triste - ed impaurito, forse -  fuoriuscire dalle labbra di Mary, le cui mani si torturano insistenti tra loro.
«Perché dovrei odiarti?» domanda lui, e le sue mani si sciolgono da quella rabbia, forse per la paura di potersi prendere a pugni da solo.
E solo in quel momento, Mary si lascia sfuggire una lacrima. Una sola ed unica lacrima.
«Perché sono un fottuto casino, Ash» e la voce le trema, ancora una volta «e ti ho incasinato la vita». Poi Mary fa un passo indietro, guardando ancora Ashton di fronte a sé, stringendosi nelle spalle.
«Forse è meglio che tu vada via, adesso»  dice, facendo un altro passo indietro, raccogliendo poi con un dito la lacrima che le è caduta precedentemente. Ma Ashton non muove un muscolo, non si allontana minimamente dalla portiera sulla quale è appoggiato. I suoi occhi sono fissi su Mary che compie altri minimi passi indietro. Minimi, come se non volesse allontanarsi.
«Dico sul serio, Ash» ripete Mary «vai via. E’ meglio per entrambi».
Ma mente Mary, mente a sé stessa, perché l’unica e sola cosa che vorrebbe, al momento, è lasciarsi stringere dalle braccia forti di Ashton, da quelle braccia che l’hanno sempre sorretta e protetta in ogni istante.
Mente Mary, mentre volta le spalle ad Ashton e si avvicina sempre più al portone del suo palazzo, mentre i suoi occhi si caricano di lacrime che usciranno fuori nel momento in cui sarà sola in casa, lontana da lui, lontana dal suo cuore che ha sempre saputo come consolarla.
E mente Mary. Mente perché, in realtà, lei Ashton lo ama oltre i limiti del cuore.
«I heart you».
Le bastano quelle tre parole per rimanere bloccata sui suoi passi.
Le bastano quelle parole – quelle tre parole che lei conosce bene - dette con sicurezza perché il sangue le si raggeli e il cuore prenda a batterle all’impazzata, quasi come se stesse prendendo la rincorsa per uscire fuori dal suo petto.
Le basta quell’unica e sola frase per voltarsi nuovamente verso Ashton, per ritornare sui suoi veri passi.
«Ashton...» sussurra Mary, la voce che le trema, ma lui non se lo fa ripetere due volte. Si allontana dalla portiera della macchina di Mary e, finalmente, per la prima vera volta dopo mesi di silenzio si avvicina a lei, ma non la tocca, non la sfiora – eppure vorrebbe – si limita a guardarla negli occhi, che sanno dire più di quanto lei voglia fare.
«I heart you» ripete Ashton, stavolta con più sicurezza, mentre i suoi occhi si perdono nel castano di lei e un piccolo sorriso gli si forma sulle labbra. Un sorriso dolce, un sorriso che sa parlare, uno di quelli che ama Mary e che lui, effettivamente, non faceva da tempo.
«E non posso odiarti, nemmeno se ci provassi con tutte le mie forze. Odio il fatto che non riesco ad odiare nessuna minima parte di te» e ridacchia, ripetendo quelle stesse parole che Mary ha pronunciato poco prima, che la fanno arrossire ed abbassare il capo dall’imbarazzo.
«Odio il fatto di averti fatta soffrire, di averti fatto passare le pene d’inferno, di averti mentito quando ti ho detto che siamo stati uno sbaglio, un tremendo sbaglio da non compiere mai più, di essermene andato e averti lasciata sola... tu non sai quanto mi odio per questo» sospira Ashton, e il suo è quasi un sospiro triste e pieno di sensi di colpa, mentre Mary lo guarda di sottecchi.
«Tu non sai quanto ti amo, Mary». Le sue parole sono talmente sentite, che Mary alza lo sguardo all’improvviso e lo punta negli occhi verdi di lui, che sorride non appena i loro colori si mescolano per l’ennesima volta in quella serata. Ashton le si avvicina ancora di più e può giurare di sentire il battito del suo cuore, poi alza una mano, cercando di afferrare con le dita una ciocca dei suoi capelli per spostargliela dietro l’orecchio – come era solito fare – ma, in un secondo, si ferma con la mano a mezz’aria, e un sospiro abbandona le sue labbra.
«Mi dispiace di averti fatto del male perché, credimi, non vorrei mai vedere le lacrime sul tuo volto, soprattutto se per causa mia». Mary intrappola tra i denti il labbro inferiore, cercando di mandar giù il magone che le si è appena creato in gola.
«E lo so che non mi crederai, che penserai che sono qui ancora una volta – per la settima volta – a chiederti scusa, a pregarti di tornare con me, ma...» e Ashton le prende una mano all’improvviso, la tiene stretta, e Mary non se ne vuole proprio liberare. «Mi sei mancata tanto. Questi mesi senza te sono stati un’agonia. E ho provato quanto te a farmene una ragione, a frequentare altre persone, ad impormi di credere che la nostra storia è sempre stato uno sbaglio e che abbiamo sempre commesso un grande errore a tornare insieme... ma la verità è che tu sei la mia anima gemella. Non riesco a vederti con nessun’altro che non sia io e, soprattutto, non riesco a vedermi con nessun’altra che non sia tu. Tu sei l’unica e sola persona che voglio oltre il limite dell’impossibile».
Mary si lascia scappare una lacrima leggera di fronte a tutte quelle parole che lui le ha appena confessato. Ashton se ne accorge e, con un mezzo sorriso, raccoglie prontamente la lacrima dalla guancia di lei.
«Il sette è il numero della perfezione» dice lui, accarezzandole dolcemente la pelle con il dorso delle dita.
E a Mary ritornano in mente le parole che le hanno detto Vanessa e Jade qualche ora prima, e quasi non può credere che, al momento, Ashton è di fronte a lei che le ripete le stesse identiche parole.
Lo guarda negli occhi, perdendosi e ritrovandosi in quel verde sincero delle sue iridi.
«Mi hai spezzato il cuore» gli dice, scostando il volto per evitare che Ashton le accarezzi ancora la guancia.
«Lo so» sospira lui, mentre un moto di tristezza lo pervade, e la paura che Mary possa sfuggirgli di nuovo gli accalappia l’anima.
«Ma hai sempre saputo come farlo ripartire. Sei sempre stato l’unico e solo che ci è riuscito... e che ci riuscirà sempre». A quelle parole, il cuore di Ashton perde un battito. Rimane col fiato sospeso in attesa, mentre lei si morde il labbro inferiore.
«E, se il sette è davvero il numero perfetto...» a quel punto, Mary gli prende una mano – la stessa che le stava accarezzando una guancia – poi si apre in un sorriso. Un sorriso finalmente felice. «...allora la settima volta sarà quella veramente giusta».
Il cuore di Ashton riprende a battere all’impazzata, proprio come tutte le volte che è con lei. La guarda negli occhi e sorride, finalmente, sorride come non sorrideva da tempo, come non sorrideva da quando lei è andata via. E gli basta solo un attimo per circondare i fianchi morbidi di Mary con le sue braccia ed alzarla da terra per abbracciarla forte, per abbracciarla finalmente, mentre lei ride, e la sua risata dolce gli invade le orecchie e il cuore vuoto.
«Piano, piano!» ride lei, dandogli dei colpetti leggeri dietro la schiena coperta dalla camicia a quadri, per poi abbracciarlo forte e sentire il suo meraviglioso profumo. «Guarda che sono ingrassata, in questi mesi».
«Lo so, lo sento» la prende in giro, sforzandosi con la voce, per poi rimetterla giù continuando a tenerle le braccia strette intorno alla vita.
Mary aggrotta la fronte, rivolgendogli un’occhiataccia. «Stai già perdendo colpi, Fletcher, ti avverto» lo minaccia, per poi lasciargli un pizzicotto su un braccio che fa gemere dal dolore Ashton e sorridere soddisfatta Mary, prima di ridacchiare.
«Sei perfida» ridacchia lui, poggiando la fronte sulla sua, sfiorandole dolcemente il naso, che Mary arriccia.
«Sono brava a vendicarmi» dice, alzando le spalle, per poi sorridergli e portare le dita sul suo mento, accarezzandogli leggermente la barbetta bionda. «Sai che non vale utilizzare le frasi di Orange is the new black per riconquistare una ragazza? Sei stato meschino» ironizza poi, e Ashton scuote il capo.
«Non è meschinità, questa» si difende «è solo conoscere i tuoi punti deboli. E poi, andiamo... non sono stato tremendamente dolce quanto Alex Vause, quando l’ho detto?» e la guarda negli occhi, prima di ridere ancora.
«Non sarai mai ai livelli di Alex Vause» asserisce Mary, imbronciando leggermente le labbra, per poi alzarsi sulle punte ed allungare la mano verso i suoi capelli disordinati – quei capelli che le sono mancati tanto, anche se troppo lunghi – e accarezzarglieli dolcemente, sorridendo.
«Ma tu sei Ashton Irwin. E io ti amo così come sei».
Ashton le sfiora ancora una volta il naso, prima di abbassare leggermente il viso verso di lei e raggiungere le sue labbra morbide, accarezzandole con un bacio che vale più delle mille parole sospese per aria. E Mary chiude gli occhi e lo stringe forte a sé, sentendo già il suo cuore che riprende il ritmo giusto, il ritmo che solo Ashton sa dargli. Si gode appieno quel bacio, quelle labbra che le sembravano così lontane e che s’incastrano alla perfezione con le sue, quelle labbra che – come la prima volta – sanno donarle emozioni che Mary nemmeno con tutte le parole del mondo riuscirebbe a spiegare. Perché le sembra inutile parlare, adesso che quel bacio le ha dato tutto quello di cui aveva bisogno.
Ashton si allontana piano, quasi come se non volesse smettere di baciarla, poi la guarda negli occhi ancora una volta e sorride, tenendo ferma la fronte contro la sua, mentre Mary apre gli occhi e gli fa un sorriso che gli scalda il cuore.
«Sai una cosa, Ash?» lo richiama lei, facendogli una carezza. Ashton la guarda con fare interrogativo, sfiorandole dolcemente un fianco, mentre Mary aggrotta le sopracciglia.
«Credo che dovremmo iniziare la terza stagione di Orange is the new black. Da quando sei andato via, non l’ho più vista». Ashton rimane sbigottito di fronte alle sue parole, ma i suoi interrogativi vengono spenti dalla risata cristallina di Mary, che si alza nuovamente sulle punte e gli lascia un bacio leggero sulle labbra, continuando ad accarezzargli la guancia.
«I heart you too» sussurra piano, dolcemente, in modo che solo Ashton - anche se in mezzo a tutto quel silenzio e quella strada vuota – possa sentire quel segreto che è di entrambi, che è solo loro. E Ashton scuote il capo rassegnato e sorride, perché solo Mary può smorzare dei momenti romantici con poche semplici parole, rendendoli a misura loro, rendendoli perfetti.
«Ti amo così tanto, Mary» le sussurra ridacchiando, prima di abbassarsi a lasciarle un bacio sul naso per poi stringerla forte al suo petto ed abbracciarla, diventando un’unica e sola persona.
E Mary si sente finalmente piena, finalmente felice.
Finalmente, ha tra le braccia tutto quello di cui ha realmente bisogno.
«E sai cosa? Hai ragione. Credo proprio che dovremmo iniziare a rivederla».
 
 
~
 

 Sono le tre e mezza del mattino.
Nell’appartamento, i piatti sporchi sono ancora tutti sul tavolo, gli scatoloni della roba d’asporto sono ancora in cucina che attendono di essere buttati, Charlie continua a dormire beato sul divano e l’odore delle sigarette fumate da Jade non è ancora scomparso del tutto.
Le tre e mezza del mattino, e Luke e Vanessa dormono abbracciati: il corpo di lei stretto a quello di lui, l’incavo del suo collo occupato dal mento di Luke e la mano di lui poggiata sul ventre di lei.
Chissà se, fra qualche mese, le tre e mezza del mattino saranno ancora così tranquille per loro.
Una cosa è certa: saranno sicuramente piene di qualcosa in più, qualcosa di più bello, qualcosa che ameranno incondizionatamente fino alla fine dei loro giorni.
E, pur dormiente, Vanessa sorride, stringendo involontariamente la mano di Luke sul suo ventre.
Adesso sa che Luke rimarrà con lei.
E non ha più paura.
 
Sono le tre e mezza del mattino.
Alla fine si sono addormentati nudi sul divano, mentre lei gli raccontava della gravidanza di Vanessa.
Michael aveva preso sonno proprio mentre gli diceva della paura che la sua amica aveva di dirlo a Luke. L’aveva sentito russare e si era voltata verso il suo viso, leggermente sorpresa. Solitamente si sarebbe arrabbiata, gli avrebbe sferrato una gomitata nello sterno per farlo svegliare e dirgli su quanti più insulti possibili – anche inventati al momento – ma, stranamente, stavolta non ci è riuscita.
Si è voltata su un fianco e l’ha guardato dormire: la pelle chiara, il corpo nudo, i sospiri leggeri, le labbra rosse e piene, anche quel leggero russare che normalmente odia... tutto di Michael non riesce proprio a farla arrabbiare.
Jade sorride, mentre con i polpastrelli gli sfiora leggermente la pelle, stando attenta a non svegliarlo per godersi ancora per un po’ quel meraviglioso spettacolo. Sorride Jade, mentre Michael fa delle strane smorfie con le labbra, arricciando il naso come fosse un bambino. Allora smette di accarezzargli la pelle e si accoccola contro il suo petto, anche se in quel divano stanno un po’ troppo stretti, eppure non importa a nessuno dei due. Si addormenta così, con un sorriso impercettibile sulle labbra, tra le braccia di Michael, nel posto giusto e con la persona giusta.
E cazzo se è innamorata.
 
Sono le tre e mezza del mattino.
Hanno fatto l’amore come non capitava da tempo, come non avrebbero potuto farlo con nessun’altro se non tra di loro, con quel modo così speciale di godersi i piccoli gesti, i baci rubati tra i sospiri leggeri e le carezze lungo ogni parte del corpo, capaci di provocare la pelle d’oca anche al più cinico degli uomini.
Ashton l’ha stretta a sé, l’ha tenuta stretta sul suo petto e hanno lasciato che i loro sospiri si affievolissero, prima di raccontarsi tutte quelle novità che si sono persi in quei mesi l’uno dell’altra.
Hanno ascoltato le loro parole e le loro risate, mentre i loro occhi si perdevano l’uno nell’altro o, ogni tanto, si fermavano a fissare il soffitto, immaginando cosa avrebbe potuto riservare loro il futuro e alla loro settima volta insieme.
Poi Ashton le ha lasciato un bacio sulla nuca e un altro bacio sulla punta del naso, che Mary non ha esitato ad arricciare per quello strano solletico che le provoca la barbetta di lui, il quale ha riso prima di abbracciarla ancora, ripetendole quanto l’amasse. Mary allora, mentre Ashton le accarezza i capelli, si è avvicinata al suo petto nudo e gli ha lasciato un bacio leggero sul cuore, un bacio che ha fatto sorridere Ashton, un bacio che gli è bastato più di mille parole.
Si sono addormentati così, l’uno nelle braccia dell’altra, i respiri ancora un po’ affannati e l’orecchio di Mary poggiato sulla melodia che il cuore di Ashton sta suonando.
E pensa che, sì, adesso è finalmente felice.
 
Le tre e mezza del mattino: il vento che batte leggero contro le finestre; alcune strade vuote e altre ancora popolate da persone e sentimenti nuovi; bottiglie di birre vuote sull’asfalto e altre che, invece, si avvicinano a labbra sconosciute; tre cuori finalmente sgombri di paure e una nuova giornata che nascerà presto.
E le cose, finalmente, sono tutte al posto giusto. 

 
~
Probabilmente non riuscirò mai ad essere puntuale con un aggiornamento. 
Dio, quanto tempo è passato?! Un mese? Sono proprio una sega. 
Vorrei tanto essere una di quelle autrici (non merito nemmeno di definirmi così, ma vabbé) puntuali, con il solito aggiornamento settimanale, ma probabilmente il karma, le Parche e la mia sfiga cronica mi odiano da morire, ergo evitano che io aggiorni per mesi. Ma ho delle spiegazioni (che non vogliono essere giustificazioni, o meglio, paraculate) a tutto questo ritardo:

1. se avete letto i miei scleri, qualcuno di voi è al corrente del fatto che io ho computer stra vecchio di nome Herbert, conosciuto anche come Herb, che mi accompagna nelle mie vicissitudini da "autrice" fallita quale sono. Insomma, per farla breve, Herbert si è reso conto che faccio schifo a scrivere, che sono una pippa mancata negli aggiornamenti e, un giorno, mi ha guardato con il suo migliore sguardo da sassy (che manco Louis Tomlinson, insomma), ha schioccato i tasti come le migliori afro americane (tipo Mercedes Diva Jones) e mi ha detto: 

«Oh, hell to the no, sistah! Io non ci sto più con questi ritardi cronici e poi beccarmi tutte le colpe! Adesso te la vedi da sola, io ho chiuso con te e la tua shit *schiocca i tasti*»

«Andiamo Herb, cerca di ragionare! Giuro che sarò puntuale, davvero!» l'ho giustamente supplicato perché, insomma, dopo tutti quei bei momenti passati insieme non poteva mica abbandonarmi così, su due piedi!
Ma quello, come le migliori dive di questo mondo, ha alzato il bloc maiusc medio (lasciandomi allibita per cotanta rozzezza) e si è spento senza più darmi alcuna spiegazione. E mi ha abbandonato. 

Insomma, tutto questo sclerotico dialogo per dirvi che Herbert è morto.
Cioè, non è proprio morto, è solo che s’impalla in continuazione e, chissà per quale assurdo motivo, decideva di spegnersi ogni qualvolta io provassi ad entrare in Google Chrome.
Non potete proprio immaginare quante bestemmie siano uscite dalla mia bocca nei suoi confronti.
Solo una cosa buona ho da dire: il caro signor Herbert, almeno, non si spegneva mentre scrivevo (ma io comunque salvavo ogni due minuti per evitare catastrofi e improvvisi voli spontanei di computer dal balcone) iiiindi per cui... mi sono portata avanti! Yeeee :D
In realtà non frega a nessuno, tranne che a me. Ma forse nemmeno a me frega.
Fortunatamente, qualcuno ha deciso di graziarmi e, sorpresa delle sorprese, mia mamma si è fatta trovare con un pc nuovo nuovo di zecca, ciovine ciovine, che ormai le imploravo da tempo.
 Forse si era rotta le palle di tutte le mie bestemmie contro il povero e vecchio Herbert.
Quiiindi, date il benvenuto al nuovo arrivato cheeee... non ha ancora un nome.
Sì, io do i nomi ai miei oggetti tecnologici, quiiindi, se volete, potete suggerirne uno per il nuovo arrivato J
 
2. subito dopo l’arrivo del nuovo arrivato, sono partita per andare in vacanza una settimana (quant’è bella la Sicilia, ogni volta mi stupisce sempre di più!) quindi ho potuto scrivere poco, molto poco. Inoltre  (essendo io sempre molto sfigata ed essendo l’estate sempre caina nei miei confronti e nei confronti dei miei oggetti tecnologici) non potevo risparmiare le bestemmie in vacanza, no? Ecco, appunto: il caso a voluto – per non dire sfiga – che il cellulare mi volasse di mano mentre ero nella hall dell’albergo, facendo si che il vetro si spaccasse per la seconda volta a distanza di un anno (sì, avete capito bene: si era rotto anche l’estate prima, dopo pochi mesi – e tanti soldi – di vita). Tutto questo per dire che non ho potuto nemmeno provare a scrivere qualcosina ina ina dal cellulare, causa sfiga perenne.
 
3. ammetto di aver abbandonato per un po’ - un bel po’ - la stesura di questo capitolo (e dei prossimi che, giuro, leggerete presto) perché Ashton Irwin qui presente – e con qui presente intendo nel capitolo e non accanto a me. Sob, che tristezza ç_ç – ha deciso di riempirmi la mente e l’ispirazione con taaante cosucce, quali oneshot e fanfiction a non finire. Quindi, sì: mi sono buttata nella stesura di una nuova fanfiction (che ho scritto fino al capitolo sette, mi sono placata un po’ anche lì) e di taaante oneshot che spero possiate – e vogliate, soprattutto – leggere presto J
 
Insomma, queste spiegazioni/paraculate sono state utili (?) per farvi capire quanto sfigata e poco puntuale sono. Vi chiedo immensamente scusa, davvero, mi sono sentita – e mi sento ancora – tremendamente in colpa per questi perenni e lunghi ritardi che manco le tartarughe in letargo sono così mosce.
Chiedo umilmente perdono e mi dispiace avervi fatto aspettare!
Peeeeerò... c’è un altro però u.u
Siccome io e la mia incontinenza verbale non riusciamo proprio a smettere di parlare/scrivere/sparare cazzate, ho deciso di aggiungere un altro capitolo a questa storia!
Sì, era nata come oneshot, cresciuta come mini mini mini long a due capitoli e corre a minilong a cinque capitoli. Va a finire che mi diventa un bestione di fanfiction lunga di venti capitoli e addio core.
E’ che mi rendo conto che i capitoli sono troppo, troooppo lunghi, e che non posso scrivere venti pagine senza dividerle! Ergo, ci sarà un capitolo in più che sarà il continuo di quello che doveva essere il quarto capitolo, ovvero l’epilogo. Ora, il quarto capitolo è diventato un accenno di epilogo, mentre il quinto (si spera, terrò a bada le manine) sarà l’epilogo vero e proprio.
Spero che questa cosa vi faccia piacere (come ha fatto piacere a Vane e Jade u.u) e che vi entusiasmi quanto entusiasma me :D
Anyway, ho scritto troppo. Le note sono più lunghe del capitolo, un altro po’!
Bon, vado in ritirata a rispondere alle vostre meravigliose recensioni  *-* siete troppo dolci, sul serio.
Merito i calci in culo, non tutta questa dolcezza ç_ç
Come al solito, per insultarmi vi lascio i miei contatti di facebook twitter ed ask !
Grazie per esservi soffermate a leggere e grazie per aver aspettato questa ritardataria cronica!
Siete troppo buone! ♡
Un bacione grandiiiisssimo :*
Mary ♡

ps. ho finito di scrivere il capitolo qualche giorno dopo la fine della terza stagione di Orange is the new black (se non l'avete mai vista, correte a vederla) ecco spiegati i riferimenti alla serie e ad Alex Vause nel capitolo!
Dolore per me che dovrò aspettare l'estate prossima per tutti quei dubbi che mi ha lasciato ç_ç 

pps. ma avete sentito Drag me down? Io la adorooo *-* il mio lato da directioner si è risvegliato e ha ascoltato la canzone a manetta per tutta la mattina! Poi la me sedicenne si è alzata e ha giustamente urlato "HAAAAAAAAARRRYYYYYY!". 
E ciao a tutti. Sono morta e risorta mille volte
Probabilmente la voce di Harry Styles sortirà sempre il solito effetto in me.
Maledetto cherubino castano dai ricci non più ricci. 
Scusa, Ashton, ma le prime crush non si scordano mai. 



 

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Capitolo 4
*** Rimani oggi, rimani domani, rimani per sempre. ***


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~
Hello my only one, remember who you are
You got the world cause you got love in your hands
And you’re still my chosen one
So can you understand? One day you’ll understand


Rimani oggi, rimani domani, rimani per sempre.

 
«Sei comoda seduta così?»
«Sì»
«E sei sicura di non volere nessun’altro cuscino?»
«No, sto bene»
«Vuoi che ti abbassi un po’ di più il lettino?»
«Luke, ti ho detto che sto bene!» sbotta Vanessa, la voce pacata come al solito e gli occhi blu e dolci puntati sullo sguardo preoccupato del ragazzo accanto a sé. «Stai tranquillo, dai».
Le mani di Luke si stringono sulle coperte dal colore anonimo di quel lettino di ospedale e le sue labbra rilasciano continui sbuffi impazienti. «Perché non ce lo portano ancora? Sono passate tre ore, e non arriva ancora nessuna notizia».
Vanessa sorride dolcemente vedendolo così agitato, poi si allunga di poco – per quanto il dolore glielo permetta – e poggia la sua mano su quella di Luke.
«Rilassati, dai» lo tranquillizza, carezzandogli leggermente il dorso della mano «non c’è bisogno di agitarsi tanto».
Luke allora la guarda negli occhi, assottigliando i suoi ed aggrottando la fronte. «La fai facile tu» sbuffa lui, infastidito «l’hai già visto».
«Eh già...» Vanessa indietreggia con la schiena, poggiandola nuovamente sul cuscino «il privilegio di essere la mamma!» esclama poi, alzando di poco le spalle. Quell’esclamazione fa assottigliare gli occhi di Luke in due minuscole fessure imbronciate e la sua fronte si aggrotta, creando delle adorabili striature che fanno ridere di gusto la ragazza, che non si preoccupa più del dolore.
«Dai Luke, non te la prendere» lo consola ancora una volta, dopo essersi ripresa dalle risate «vedrai che tra poco lo porteranno».
«Ma sono passate tre ore, Vane!» sbotta il ragazzo, alzandosi di scatto dalla sedia posta accanto al lettino di Vanessa. Lei sussulta, presa alla sprovvista, mentre Luke si passa le mani tra i capelli biondi con fare quasi frustrato.
«Non è possibile che ci mettano così tanto» dice ancora, sbuffando «adesso vado a parlare con l’ifermie-?».
«Luke, siediti!» gli ordina Vanessa e, stavolta, il suo tono di voce è più alto del solito; difatti Luke se ne accorge e rimane basito, ancora con le mani a torturarsi i capelli.
Vanessa sospira e chiude gli occhi. Le si è formato un enorme cerchio alla testa e quella maledetta flebo ficcata nel braccio la mette a disagio, perché lei odia gli aghi e tutto quello di certo non aiuta, se ci si mette anche Luke con le sue paranoie.
«Sai quanti bambini sono nati oggi, Luke?» lo riprende severa «non è nato solo nostro figlio, stamattina».
«Sì, però...» cerca di ribattere lui, ma lo sguardo turbato – omicida, oserebbe dire – di Vanessa lo fa raggelare sul posto e capisce che l’unica cosa che deve fare, adesso, è sedersi accanto a lei, tenerle la mano e smettere di farsi quelle paranoie assurde.
Luke toglie le mani dai capelli e si siede – non prima di aver tirato un lungo sospiro rassegnato – e Vanessa fa un sorrisino soddisfatto, mentre lui mantiene lo sguardo sulla punta delle sue scarpe di tela.
E’ che ci teneva tanto a vedere subito il loro bambino, a stringere quel piccolo fagottino tra sue braccia troppo grandi che, messe a confronto con quel corpicino, risultano ancora più enormi di quanto non lo siano già. Quando la mamma di Vanessa l’ha chiamato, dicendogli che la figlia era appena entrata ospedale, Luke aveva mollato rapidamente il corso di macroeconomia – lasciando gli appunti sul banco dell’università e il professore nella sua continua spiegazione noiosa – ed era uscito dall’aula alla ricerca del primo autobus che portasse almeno un minimo vicino all’ospedale in cui era stata ricoverata Vanessa.
Quando era arrivato, però, aveva avuto solo il tempo di guardarla negli occhi e lasciarle un bacio veloce sulla fronte prima che lei entrasse in sala operatoria per il cesareo. Era rimasto tutto il tempo fuori ad aspettare insieme ai suoi genitori e, nell’attesa, aveva avvertito sua madre dell’imminente nascita con un messaggio.
«Andrà tutto bene, Luke, stai tranquillo» gli aveva detto suo padre quando l’aveva chiamato, essendo stato avvertito da Liz stessa, impegnata a scuola con le sue lezioni di matematica.
«Diventare padre è la cosa più bella del mondo» aveva continuato e Luke aveva notato una certa nota di commozione nelle sue parole. «Non importa a che età lo si diventa, nessuno nasce pronto per questo avvenimento e nessuno è un padre perfetto. Avrai i tuoi giorni no, i giorni in cui crederai di non essere all’altezza di questo ruolo ma, credimi Luke... il sorriso di tuo figlio ti farà credere che, in realtà, ne è sempre valsa la pena e che, per lui o lei, tu sarai sempre un eroe.»
Luke non aveva fatto in tempo a trattenere una lacrima per quelle parole e, ne era sicuro – avrebbe potuto giocarsi la sua collezione di fumetti preferiti – suo padre aveva finto di avere da fare solo per non scoppiare in un pianto di gioia mentre parlava con lui. Lui l’aveva lasciato andare, facendo finta di nulla, poi Andy gli aveva promesso che sarebbe passato insieme a sua madre nel pomeriggio per andare a trovare lui, Vanessa e il piccolo nipotino, e aveva attaccato. E Luke, nonostante tutto, aveva pensato che suo padre avesse ragione: agli occhi dei figli, i padri rimarranno sempre degli eroi.
«A che pensi?»
La voce di Vanessa arriva pacata alle sue orecchie, ridestandolo dal pensiero di suo padre al telefono con lui qualche ora prima, così scuote il capo e riporta lo sguardo su di lei, che ha il capo chino da un lato e qualche ciocca di capelli biondi che fuggono dalla coda spettinata.
Luke sorride, allungandosi verso di lei. «Secondo te di che colore saranno gli occhi di nostro figlio?» domanda, mentre le sue dita intrappolano due ciocche di capelli biondi di Vanessa, arrotolandole dolcemente.
«Beh, guardando me e te – che siamo i genitori, vorrei ricordartelo – avrà sicuramente gli occhi castani» ironizza lei, prima di fare una leggera smorfia con le labbra. «Oh, e non dimenticarti di mio padre e anche i tuoi genitori! Anche loro hanno gli occhi castani come noi, Luke, vuoi che nostro figlio ci spiazzi tutti e nasca con gli occhi azzurri?!».
Luke, a quel punto, scoppia a ridere di gusto e porta le ciocche bionde di Vanessa – che ridacchia leggermente a causa del dolore - dietro le sue orecchie, poi scuote veemente il capo, come rassegnato.
«Sei sempre la solita. Nemmeno il post parto è riuscito a cambiare questa vena ironica e saccente? Sei tremenda» la prende in giro.
«Probabilmente il post parto mi ha peggiorata» dice, alzando di poco le spalle «mi spiace per te che dovrai sopportare questa ironia insopportabile».
Luke sorride e, in meno di un secondo, è già vicino alle sue labbra morbide. «Vorrà dire che sopporterò, allora» e la sua mano finisce delicatamente sulla guancia arrossata di Vanessa, prima che le sue labbra si poggino con ancora più dolcezza su quelle di lei, coinvolgendola in un bacio che le fa mancare il fiato.
Sono tre anni e undici mesi che stanno insieme eppure, ogni volta che Luke la bacia, le fa sempre lo stesso identico effetto che ha provato la prima volta. Non sa come, non sa perché e come sia possibile ma, tutte le sacrosante volte che Luke è accanto a lei, si sente come una quindicenne in preda alla sua prima cotta adolescenziale, con tanto di attacchi cardiaci e farfalle nello stomaco. Eppure lei ha ventisei anni, il tremolio alle mani avrebbe dovuto abbandonarlo da un pezzo e la dose di farfalle nello stomaco dovrebbe essere quantomeno moderata, non così esageratamente eccessiva. Luke, però le provoca quello che lei, in realtà, prima di conoscere lui, non aveva mai provato: il vero amore.
E da eterna romantica deve ammettere che, in fondo, non è poi così male avere il cuore pieno di Luke Hemmings.
Lui la bacia in modo delicato, lento, in un modo che nessuno mai ha fatto, nello stesso modo in cui si vede fare in quei film che le piacciono tanto, nello stesso identico modo in cui si direbbe “mi prendo io cura di te”.  Perché, in realtà, Luke è questo quello che fa: si prende cura di lei, la rende felice con le piccole cose e la ama in un modo smisurato, in un modo che nemmeno Romeo e Giulietta o qualsiasi personaggio dei libri di Nicholas Sparks – il suo scrittore preferito – potrebbero immaginare.
Un po’ le piace immaginare che lei e Luke siano la storia d’amore della nuova generazione, la storia d’amore che tutti vorrebbero e che tutti invidiano ma, d’altro canto, le piace sapere che la sua storia d’amore è unica e speciale, l’unica e sola, e che non ce ne saranno altre di storie così.  
E mentre le labbra di Luke sono sulle sue, pensa che è stata davvero una sciocca a poter solo immaginare che lui, l’amore della sua vita, potesse abbandonarla in un momento così speciale per entrambi.
E sa che lui, in realtà, non andrà mai via.
«Non vorrei disturbarvi». Una voce nuova, che non hanno mai sentito prima, arriva inaspettata alle loro spalle, facendoli sussultare improvvisamente dalla sorpresa. Luke si allontana velocemente e di controvoglia dalle labbra di Vanessa che, invece, serra immediatamente le labbra come imbarazzata.
Luke si volta di scatto verso la porta. Un’emozione indescrivibile lo avvolge nel momento in cui nota il volto sorridente di una donna in tunica blu che stringe tra le braccia un piccolo fagottino vestito di blu.
«Qualcuno qui vorrebbe conoscervi» annuncia la donna con una voce dolce, e gli occhi di Luke si riempiono di lacrime mentre la donna gli si avvicina.
La mano di Vanessa di poggia delicatamente sulla sua, facendolo voltare di scatto verso di lei dopo quel gesto. Sorride Vanessa, i suoi occhi sono lucidi per la commozione e la sua mano stringe quella di Luke come se volesse infondergli coraggio.
«Prendilo tu, Luke» gli dice dolcemente con la voce pacata. Lui la guarda con occhi ancora più lucidi, ma terrificati, mentre mille domande gli affiorano in mente: e se lo farà cadere? E se dovesse iniziare a piangere perché tra le sue braccia non si sente a suo agio? E se dovesse combinare uno dei suoi casini, come farà a recuperare?
Ma Vanessa gli legge nel pensiero, perché lei ormai Luke lo conosce a memoria e sa leggere perfettamente tutte quelle parole nascoste che lui, certe volte, non ha il coraggio di dire.
«Ce la fai, Luke, stai tranquillo» gli sussura con un sorriso dolce. Poi la presa sulla sua mano si stringe.
«Sei suo padre».
Dopo quelle parole, Luke stringe forte la mano di Vanessa, prima di abbandonarla, e poggia nuovamente il suo sguardo sull’infermiera. Lei sorride e con gli occhi cerca di infondergli sicurezza; poi allunga le braccia verso di lui delicatamente e, con un gesto ancor più dolce, poggia il bambino tra le sue braccia che, in quel momento, si sentono deboli come non mai.
Il bambino emette un piccolo verso non appena le braccia di Luke lo accolgono caldamente, e i suoi occhi sono stranamente aperti mentre un piccolo sbadiglio rilascia le sue labbra.
Luke guarda suo figlio: non sa spiegarsi cosa prova in quel momento e, soprattutto, non riesce a capire come si sente lui davvero. Lo stringe delicatamente, cercando di non fargli male, mentre un suo dito parte dal capo, accarezzandogli quei pochi capelli biondi, fino ad arrivare alla guancia rosata, sfiorandola dolcemente. Poi gli occhi di Luke si soffermano in quelli di suo figlio.
Una lacrima commossa scende sul suo viso, solcando la guancia ed arrivando fino al mento, quando l’azzurro di Luke incontra quel misto di colori meraviglioso.
Gli occhi di suo figlio sono blu.
Blu, come lo stesso blu di cui si è innamorato tre anni fa.
Bu, come quel blu che adesso lo sta guardando commosso, emozionato, innamorato come non mai.
E adesso, può giurarlo, si sente finalmente completo.
 
 ~
 
 
«Clifford! Esci immediatamente da quel cazzo di bagno!»
Jade batte nuovamente i pugni nervosi sulla porta del bagno, chiusa a chiave da mezz’ora, ormai.  Sbuffa sonoramente, mentre lo scrosciare dell’acqua del rubinetto fa capolino da dietro la porta, arrivando alle sue orecchie.
«Mi sto facendo la barba, Jade!» urla Michael, la cui voce risulta ovattata «non posso aprirti adesso!».
Jade, allora, si porta entrambe le mani alle tempie, massaggiandole lentamente. Non è nemmeno iniziata la giornata, che lei ha già mal di testa. Un inizio di merda, insomma.
«Ti avverto, Clifford» dice, la voce grave ed arrabbiata «se non apri questa fottutissima porta entro un secondo, scateno il finimondo. E non un finimondo qualsiasi, ma uno che implichi anche quei tuoi cazzo di videogiochi. Sono stata chiara?!». Le sue mani, adesso, sono nuovamente a mezz’aria, chiuse in due pugni pronti a battere veemente contro quella lasta legnosa che la separa dal suo ragazzo.
Sta quasi per bussare ancora una volta, ancora più arrabbiata, ma la serratura della porta scatta improvvisamente, aprendosi velocemente.
Il volto di Michael – coperto per metà dalla schiuma da barba – fa capolino da dietro la porta, e un sorrisino sghembo nasconde i suoi occhi preoccupati. «Entra pure, principessa» le dice, facendole un cenno col capo.
Jade gli rivolge un’occhiata truce - che lo preoccupa ancora di più della minaccia che gli ha precedentemente rivolto – e lo sorpassa, cercando di non dare troppa attenzione al suo petto nudo che le fa completamente perdere la testa.
«Mi hai aperto la porta solo per evitare che i tuoi videogiochi prendessero magicamente fuoco?» domanda beffarda, allungando la mano verso la leva della doccia per regolarne la temperatura.
Le mani di Michael si poggiano decise sui suoi fianchi, coperti solo dall’accappatoio, e Jade può giurare di sentire il suo sorrisetto divertito che le sfiora il collo.
«No» sussurra, lasciandole un bacio morbido su di esso «in realtà ho aperto per avere la possibilità di vederti fare la doccia. O magari farla con te.»
Jade ridacchia. «Non l’avevi già fatta?» domanda lei, e un sospiro rilascia le sue labbra quando quelle di Michael vanno a posarsi sempre più giù, abbandonando il collo e passando sulla clavicola semi coperta da quell’indumento di spugna, che Michael comincia già a sciogliere lentamente con le sue mani.
«Beh...» sospira, quando ormai l’accappatoio di Jade è completamente aperto «rifarla con te non mi dispiacerebbe.»
E Jade ride quando Michael le toglie definitivamente l’accappatoio, lasciandola completamente nuda ai suoi occhi, che scrutano attentamente il retro della sua schiena – e non solo – mentre lei, dopo avergli fatto un occhiolino, entra in doccia, impaziente di averlo insieme a sé sotto il getto caldo dell’acqua.
Michael si spoglia velocemente di quei pochi indumenti che indossa, buttandoli da qualche parte nel bagno, prima di tuffarsi a capofitto dentro la doccia e raggiungendo le labbra già calde e vogliose di Jade, che ha già la testa sotto l’acqua. E pensa che, no, a tutto questo non potrebbe proprio rinunciare.
 
 
~
 
Se n’è andato.
E’ questa l’unica cosa che riesce a pensare, adesso: se n’è andato, se n’è andato, se n’è andato.
Aveva promesso che niente e nessuno li avrebbe ostacolati stavolta, che le cose sarebbero andate per il meglio e che sarebbero rimasti insieme. Stavolta sembrava la volta buona, la volta perfetta, la volta che non avrebbero sbagliato più.
E invece se n’è andato.
Ancora una volta... lui se n’è andato. 
Ha sbattuto la porta – come le sei volte precedenti, come le sei volte che è andato via – dopo aver urlato di odiarla, di odiarsi per averla amata, dopo averle detto che quella strana voglia – quella cazzo di voglia – di tornare indietro da lei avrebbe potuto assolutamente risparmiarsela. Avrebbe dovuto dare retta al cervello, non al cuore, alla ragione che gli aveva detto che lei era sbagliata per lui, per sé stessa, per chiunque le capitasse intorno.
Uno sbaglio, un errore madornale, un fottuto casino: ecco cos’è Mary.
Nociva alla sua salute, alla sua stabilità mentale e fisica, alla sua pazienza e al suo modo di vivere.
Nociva per sé stessa, nociva per chiunque.
Ashton gliel’aveva detto, gliel’aveva urlato più e più volte che era sbagliata, che avrebbe dovuto cambiare, eppure lei proprio non riusciva a capirlo, non riusciva a cambiarsi per portare avanti quella relazione fatta di sacrifici e, soprattutto, per riuscire a portare avanti sé stessa. E lui non ce l’aveva fatta più, non era più riuscito a resistere all’interno di quel manicomio che era la sua testa, per cui era andato via, urlandole che sarebbe riuscito certamente a trovare di meglio.
E adesso Mary guarda quella porta da cui Ashton è appena uscito per la settima volta e sa che non tornerà indietro, sui suoi passi, perché lui vuole andare avanti e lei non può tenerlo con sé ed impedirgli di vivere una vita sicuramente migliore di quella che stavano passando assieme.
Ma Mary non piange, non stavolta: ha capito che deve cambiare, che non è buona a nulla, cercava solo una certezza, un gesto che le facesse capire che il mondo non è mai stato sbagliato fino a che non ci è capitata lei. Sente solo un bruciore dentro di sé, come se le avessero strappato una parte fondamentale del corpo, come se un fuoco stesse ardendo di rabbia e tistezza verso sé stessa, verso quello che non è mai riuscita ad essere, verso quello sbaglio che è sul serio. Sente il fuoco, Mary, percepisce l’odore delle fiamme – del bruciato – che la invade lentamente, facendola soffrire, facendola svenire pian piano, facendola annullare.
Spalanca di botto gli occhi.
Il cuore le palpita nel petto mentre una mano finisce sulla sua fronte imperlata di un sudore freddo, un sudore che sa di paura. Le iridi castane si soffermano a scrutare il soffitto bianco, pallido, così come il suo viso in questo momento, Mary lo percepisce. Si mette seduta lentamente tra le lenzuola, con un cerchio alla testa atroce e un senso di nausea che la invade: è stato solo un sogno, o è talmente tanto fusa che non riesce a percepire nemmeno la realtà?
D’un tratto, un odore strano – proveniente dalla cucina – le arriva alle narici, invadendole di botto, che lei riconosce come odore di... bruciato. Come quello del suo sogno. O come quello di una realtà?
Si alza dal letto, poggiando i piedi nudi sul pavimento freddo che, solitamente, le provocherebbe i brividi lungo la schiena, ma non stavolta: stavolta è stranamente diverso.
La sua mano finisce tra i capelli corti e spettinati dopo ore di sonno, scombiandoli ancora di più, rendendoli ancora più un casino, mentre con l’altra mano copre uno sbadiglio appena rilasciato dalle sue labbra. Percorre il minuscolo corridoio del suo piccolo appartamento stiracchiandosi le braccia, percorrendo quei pochi metri che la separano dalla cucina in punta di piedi e con gli occhi ancora socchiusi dal sonno. L’odore di bruciato si fa più vivo ed intenso, mentre un leggero e dolce fischiettio di una canzone non ben identificata le arriva alle orecchie, facendole imbronciare le labbra. Apre di poco gli occhi, sbucando lentamente dal retro della porta della cucina e, la visione che le appare, le provoca un senso di tranquillità.
Ashton smanetta ai fornelli, alle prese con pentole e pentolini e una marea di ciotole sporche poggiate sul tavolo, i capelli legati malamente in un codino attorcigliato e sfatto e gli occhiali da vista sulla punta del naso. Fischietta allegramente, compiendo movimenti automatici e un po’ frettolosi, e Mary non può che assistere a quella scena in silenzio e sorridere: lui non se n’è andato.
D’un tratto, gli occhi di Ashton si alzano da fornelli e – come se avessero percepito la sua presenza – si voltano verso di lei, sgranandosi alla vista di Mary appena sveglia, con solo una sua vecchia maglia grigia addosso – che le sta decisamente larga – e un piccolo sorriso sulle labbra.
«Volevo farti una sorpresa!» esclama, quasi risentito che lei si sia svegliata prima del previsto, sbuffando leggermente.
Mary ridacchia divertita, compiendo qualche passo verso la cucina. «L’odore di bruciato si sente anche nella strada parallela, ne sei consapevole?» lo schernisce, facendo si che Ashton butti uno sguardo intristito verso i fornelli.
«Mi si sono bruciati i pancakes» ammette con fare quasi affranto, e sospira nuovamente. «Volevo portarti la colazione a letto» aggiunge poi, toccando il manico del padellino in cui stava cucinando e nel quale le sue intenzioni si sono completamente bruciate. Mary ridacchia ancora, senza farsi sentire da Ashton – che teme potrebbe rimanerci male – e si sente invasa di dolcezza: nessuno mai – nemmeno sua madre – aveva mai compiuto quel gesto così tenero e semplice per lei.
Le braccia di Mary finiscono intorno alla vita nuda di Ashton – costantemente senza maglietta anche quando fa più freddo – cingendolo da dietro in un abbraccio che vale più di mille parole.
«Non fa niente, Ash, faremo colazione fuori» lo tranquillizza, alzandosi di poco sulle punte «ma grazie per averci anche solo pensato» e le sue labbra si posano sulla spalla nuda di Ashton, in quel posto che le piace tanto baciare perché lo ritiene un gesto dolce, un gesto che è solo ed unicamente loro. Ashton allora sorride, poggiando le sue mani grandi su quelle di Mary – poggiate sul suo sterno – e lascia che lei lo abbracci forte, come quando ha più bisogno di lui, poi si volta verso la sua piccola figura, tenendole ancora le mani. La guarda negli occhi grandi e stanchi e nota qualcosa di strano, oltre al gonfiore che li caratterizza ogni volta che si è appena svegliata.
«Che hai, Mary? Non hai dormito bene?» le domanda preoccupato, mentre una delle sue mani si poggia delicatamente sulla guancia della ragazza, e lei scuote il capo lentamente.
«Ho fatto un incubo» spiega, mordendosi leggermente il labbro inferiore, abbandonandosi alle carezze di lui. «Ho sognato che... che andavi via» e il suo tono di voce zoppica un po’, rivelandosi triste perché, anche se è stato solo un sogno, il timore di perderlo per l’ennesima volta – per la settima volta – la tortura dentro e l’assilla ogni volta che qualcosa le provoca tristezza. E lei sa benissimo che, se Ashton andrà via anche questa volta, allora non c’è proprio più speranza per loro due.
Gli occhi di Mary si riempiono involontariamente di lacrime al solo ricordo di quel sogno che l’ha fatta svegliare con le palpitazioni e il sudore freddo dalla paura che lui non ci fosse più, ed Ashton se ne accorge immediatamente. Entrambe le sue mani, adesso, sono poggiate sulle guance morbide di Mary e i suoi occhi verdi incontrano quelli velati dalle lacrime di lei: le sorride dolcemente, Ashton, come a volerla tranquillizzare, come a farle capire che lui è lì, accanto a lei, e non ha intenzione di andare via. Le sue labbra morbide si poggiano teneramente sulla fronte di lei, lasciandole un bacio sincero, un bacio che è solo suo, poi la guarda ancora una volta negli occhi.
«Io non me ne vado, Mary» le dice, e la sua voce è sicura, decisa e forte come ogni volta che promette qualcosa. «Non stavolta, non adesso, mai più. Non te lo ricordi?». E sorride ancora una volta, quel sorriso che fa sciogliere ogni volta il cuore di Mary, cuore che in quel momento batte forte, come ogni volta che lui è con lei. Cuore che sa, che guarda quegli occhi intensamente e vede solo sincerità.
Mary, allora, sorride: stavolta sa che niente andrà storto, e che le sue paure non esistono più.
«Me lo ricordo» sussurra dolcemente col sorriso, abbracciandolo ancora una volta, ancora più forte.
«Certo che me lo ricordo.»

 
~
Okay:  creo solo danni, ormai è assodato.
O non aggiorno per mesi e, ovviamente mi sento in colpa, o aggiorno in orario e la natura decide di scagliarsi contro di me, portando giù la più grande bufera di tutti i tempi.
Vi giuro che è spaventoso, c’è una tromba d’aria e gli antifurti suonano ininterrottamente da più di mezz’ora ormai, fa pauuuura D:
Ad ogni modo, sciiiao ragazzuole!
Nonostante la tromba d’aria, eccomi qui dopo solo una settimana signore, solo una settimana!
Merito un premio u.u anche perché oggi è il compleanno di mia sorella (auguri di nuovo sis, anche se non leggerai mai e poi mai ciò che pubblico in questo fandom) e teoricamente stasera saremmo dovute uscire per festeggiare, ma praticamente penso che non riusciremo a mettere piede fuori casa senza trasformarci in delle piccole pozzanghere d’acqua piovosa. Tra l’altro sono chiusa in camera di mia mamma con il condizionatore a palla perché in camera mia si muore e non posso nemmeno aprire il balcone sennò mi arrivano le acque che – si dice – Mosè abbia separato secoli fa.
Insomma, dopo questo inutile sproloquio, eccoci al penultimo capitolo, yaaaayyy :D
Abbiamo Vanessa e il nostro Lukey che hanno appena avuto un bel bambino, un maschietto dagli occhi blu piccino piccino e awww che tenerezza scrivere di Luke che si emoziona non appena prende suo figlio in braccio *-*
Ho cercato di essere quanto più reale possibile nel descrivere le emozioni di un neogenitore che prende suo figlio in braccio per la prima volta, anche se io ovviamente non sono mamma (e si spera di non esserlo per tanto taaaaaanto tempo hahaha) e non so realmente cosa si provi. Questo è quello che posso immaginare e spero vi sia piaciuto! :D
Pooooi, per quanto riguarda le altre due coppie, sono sempre i soliti.
Michael e Jade che litigano e, subito dopo, non litigano più (if you know what I mean *faccina ammiccante*) e Mary che è sempre la solita paranoica ed Ashton che combina solo guai u.u (anche se è tenero... amore mio che prepara i pancakes ç_ç)
Buuuuut... ci saranno sorprese anche per loro, tranquille u.u
Scoprirete tutto nel prossimo che – si spera – pubblicherò la settimana prossima. Sono a buon punto e credo di riuscire a finirlo in questi giorni, anche perché poi giovedì parto di nuovo e non avrò il tempo di aggiornare, chiaramente.
Se avete qualche idea, non esitate a farmelo sapere, che io sono cuurioosa u.u
Sooo, stay tuned! (se vi va, ovviamente, non vi costringo hahah)
Credo di aver detto tutto, per il momento... ah ecco, per chi segue Talk Dirty (e sono sicura che la seguite in molti, perché quella fanfiction è bellissima e Jade se stai leggendo non dire di no che ti strozzo, ma ti voglio bene comunque) sappiate che la nostra rossa preferita ha appena pubblicato l’ultimo capitolo e a me viene da piangere perché è stata la prima storia che ho letto in questo fandom, quindi per me è dura salutare Jordan, Michael, Luke, Vanessa, Calum , Ashton ed Emma (che sono la mia coppia preferita, sì u.u).
Ad ogni modo, se non l’avete ancora letto, ve lo lascio qui, insieme alla oneshot che abbiamo scritto insieme a quattro mani per il compleanno di Vane, che è stato quattro giorni fa (ancora auguri Vane 
).
E nuuuulla, adesso davvero non ho nient’altro da dire!
Vi lascio, come al solito, i miei contatti di twitter facebook ed ask per qualsiasi cosa :D
Un bacione carissime!
Mary  

 
ps. siccome sono una brava sheerios (Ed, amami come io amo te 
) e siamo in tema di nascite e parti con l’arrivo del fagottino di Luke e Vanessa, vi consiglio la nuova collaborazione che il mio roscio preferito ha fatto con *rullo di tamburi, Ashton, grazie * Mackelmore!
Io l’ho sempre adorato e sentirlo cantare con il mio cantante preferito, boh... mi ha emozionata!
E la canzone è veramente bellissima. L’ha dedicata alla figlia appena nata, Sloane, e ha delle parole stupende. Due poeti insieme *-*
La canzone si chiama Growing Up (Sloane’s song) e vi consiglio vivamente di ascoltarla :)
 
pps. mi sono appena resa conto che anche nell’altro corner avevo parlato dell’uscita di Drag me down.
Probabilmente, sotto la fine dei capitoli, devo scrivere un angolo dedicato alla musica appena uscita (o della musica in generale).
Potrei chiamarlo L’angolo musicale di Mary... sarebbe una bella idea.
Sicuramente più bella dell’idea di riempire le note con le mie stupide castronerie.

 
 
 
 

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Capitolo 5
*** L'unica eccezione. ***


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~
When I was younger I saw my daddy cry and curse at the wind.
He broke his own heart and I watched as he tried to reassemble it.
And my momma swore that she would never let herself forget, and the day that I promised I'd never sing of love if it does not exist. But darling...
 You are the only exception
 
 
 

L'unica eccezione.

 
«Mary!»
La voce di Jade risuona sonoramente lungo tutto il parcheggio all’aperto dell’ospedale.
Alcuni infermieri lì fuori – occupati nella loro pausa sigaretta – guardano la ragazza scendere dal sediolino posteriore della Kawasaki Ninja e togliersi il casco con agilità, lasciando che la sua chioma rossa esca allo scoperto dopo tutto il peso di quell’accessorio. Gli occhi dei presenti sono puntati in due direzioni diverse, come se stessero assistendo ad una partita di tennis, ed entrambe le visioni sono un bel vedere: il primo sguardo, ovviamente, finisce sulla moto verde fluo di Michael – che intanto ha ancora il casco sul capo, intento a parcheggiare – mentre, il secondo sguardo, finisce sul posteriore di Jade, con tanto di occhi sbarrati e bava alla bocca. Tutto questo non può che far arrabbiare ed ingelosire Michael che, dati quegli occhi indiscreti sul culo della sua ragazza - e anche sulla sua moto, c’è da ammetterlo - fa rombare pericolosamente il rombo rumoroso del motore in segno di minaccia. Gli infermieri lì fuori sembrano aver capito le intenzioni non troppo gentili di Michael, per cui finiscono di fumare le proprie sigarette e, una volta buttati i vari mozziconi sull’asfalto grigiastro, rientrano in ospedale per svolgere il loro lavoro, concentrando i loro occhi indiscreti su qualcosa di decisamente più importante.
Jade, ovviamente, non si è accorta di nulla – anche se l’idea di Michael geloso la eccita da morire – troppo impegnata ad urlare il nome di Mary e a camminare a passo spedito verso l’amica, che ha appena chiuso dietro di sé la portiera della macchina di Ashton.
«Jadey!» urla la mora in risposta, alzando una mano – libera dall’ingombro del mazzo di fiori che si porta dietro – poi saltella sul posto, felice di vedere una delle sue migliori amiche e, soprattutto, felice di essere lì per vedere suo nipote.
Jade si affretta a raggiungerla, chiudendosi di poco il giubbotto di pelle nera sul petto, per poi aprire le braccia e fiondarsi sulla figura piccola di Mary che, nonostante l’ingombro dei fiori, l’abbraccia forte, come se non la vedesse da tempo. Eppure, l’ha vista ormai tre giorni fa e, come al solito, ha sentito lei e Vanessa fino a pochi minuti prima.
«Sono così emozionata, cazzo!» esclama Jade, tenendo stretta l’amica tra le braccia «non riesco ancora a crederci!»
«A chi lo dici» ribatte Mary «non ho fatto che pensarci tutta la mattina!» poi si staccano lentamente, dopo essersi stritolate abbastanza come se volessero risparmiare quegli abbracci per quando saliranno in camera da Vanessa che, sicuramente, dirà loro di non fare il solito casino che fanno ogni volta con la risata sulle labbra. Non possono farci niente se il loro tono di voce è troppo alto e la loro emozione è alle stelle: nemmeno un ospedale potrà stoppare quella loro gioia immensa.
«Hai preso i fiori?» domanda Jade, una volta staccatasi dall’abbraccio. Mary annuisce, per poi alzare il boquet che ha in mano e sorridere soddisfatta.
«Iris blu, ovviamente! E tu hai preso la cioccolata?» domanda. Jade allora annuisce e sorride maliziosamente prima di aprire la capiente borsa nera e cacciarne soddisfatta una scatola di cioccolatini.
«I suoi preferiti, ovviamente!» esclama con un sorriso «avrei voluto prenderle il sushi, ma poi ho pensato che non fosse il caso.»
Mary scoppia a ridere, scuotendo il capo. Conoscendo Jade, avrebbe potuto davvero prenderle il sushi e portarglielo come regalo e, a Vanessa, sicuramente non avrebbe fatto orrore ricevere quel tipo di regalo, tutt’altro.
«La porteremo dal giapponese una volta uscita dall’ospedale» propone Mary, una volta smesso di ridere.
Jade, allora, annuisce, trattenendo una smorfia. Lei odia qualsiasi cosa sia legata al pesce in generale, quindi per lei il sushi è una specie di cibo satanico da cui stare alla larga ma, per Vanessa e le sue voglie post partum questo ed altro.
«Sempre a complottare, voi due! Non immagino cosa combinerete una volta che saremo saliti in camera.»
La voce di Ashton compare da dietro le spalle di Mary, accompagnata dalla sua figura, dopo aver chiuso completamente la macchina per poi aggiustarsi la massa incontrollabile di capelli con una mano.
Un sorriso malizioso compare sulle labbra di Jade non appena quest’ultimo si avvicina alla sua ragazza, affiancandola, trovandosi proprio gli occhi verdi di Jade di fronte.
«Oh sai, cose da donne. Stavamo architettando un piano per ucciderti nel sonno.»
Mary ride nuovamente alle parole dell’amica e nemmeno Ashton può trattenere un sorriso divertito.
E’ da quando lui e Mary sono tornati insieme definitivamente che Jade continua a fare battutine di quel genere, da quando quella sera a cena – una settimana dopo essersi fidanzati per la settima volta - si sono visti tutti insieme e Jade, ad un certo punto della serata, ha minacciato di bruciargli tutti i capelli con la candela presente al centro della tavola quella stessa sera.
«Fammi almeno sapere quando hai intenzione di attuare il piano, così posso godermi le ultime ore di vita, no?!» e un sorriso malizioso si apre anche sulle labbra di Ashton, che butta un’occhiata a Mary per vedere se ha colto il senso di quell’allusione che riguarda loro due, ma lei, per tutta risposta, gli molla una leggera gomitata nello sterno che lo fa gemere sommessamente dal fastidio.
«Non sai che esiste l’effetto sorpresa, tesoro mio? Un po’ di pazienza e verrà anche la tua ora, quando meno te l’aspetti!» esclama Mary ironicamente, con le gote rossastre per l’imbarazzo, mentre Ashton si massaggia leggermente la parte colpita dalla gomitata. Jade ride divertita a quella scenetta tra i due quando, ad un tratto, il braccio di qualcuno si posa intorno alle sue spalle.
«Ti salvo io fratello, tranquillo. Ormai ho quasi imparato a difendermi dalle tecniche di distruzione di Jade» dice Michael, la sigaretta quasi conclusa tra le labbra ironiche. Jade, a quelle parole, aggrotta la fronte e rivolge uno sguardo confuso al suo ragazzo.
«Cosa intendi tu quando dici che hai imparato a difenderti? Nasconderti nel bagno finché la mia ira non si placa?» e Michael arrossisce di poco, abbassando lo sguardo mentre Ashton scoppia a ridere fragorosamente con quella sua rumorosa e sonora risata. Poi, quest’ultimo, dopo essersi ripreso un po’, si avvicina al rosso, che ha ancora lo sguardo poggiato sui suoi anfibi consumati.
«Bel modo di difenderti, Michael» esclama dandogli una pacca sulla spalla, per poi ridere di nuovo.
La sua risata, però, viene bloccata da Mary, la quale - dopo essersi alzata sulle punte per raggiungerlo – gli sferra un piccolo colpetto sul capo che lo fa bloccare di botto. Quando Ashton si volta, lo sguardo di Mary lo sta fulminando e le sue braccia sono conserte sotto il seno, poggiate sul suo maglioncino bianco. Inclina di poco il capo ed imbroncia le labbra in una smorfia contrariata, per cui Ashton smette di ridere e porta la sua mano a massaggiare la nuca, anch’essa colpita. Le mani di Mary saranno pure piccole, ma sono letali.
Jade ride e – abbandonando la presa di Michael - si avvicina alla sua amica, stringendole la vita.
Poi punta il dito contro Ashton.
«Attento alla macchina, Irwin. Non vorrei che, all’improvviso, le tue ruote si sgonfino magicamente» sorride ed entrambe voltano le spalle ai loro ragazzi, ancora abbracciate, e si avviano verso l’entrata dell’ospedale, riempendosi nuovamente la bocca di chiacchiere e risate.
E Michael ed Ashton non possono fare altro che sospirare e guardarsi complici perché, anche se le amano, le loro ragazze sanno come essere pericolose.
 
Dall’interno della stanza 333, Vanessa sente dei passi che calcano con forza il corridoio, avvicinandosi sempre di più alla sua stanza. Luke alza lo sguardo dallo schermo del cellulare – dove sta guardando e riguardando quelle poche foto che ha potuto fare a suo figlio – ed è estremamente confuso, mentre Vanessa sorride: quante volte ha sentito arrivare quei passi pensanti, accompagnati dalle risate rumorose, aleggiare nelle sue scale ogni venerdì sera. Ormai li riconoscerebbe anche tra mille e non può fare a meno di pensare che, alla fine, il bello dell’amicizia è anche questo, ovvero conoscere e saper riconoscere quei piccoli gesti semplici a cui nessuno dà troppa importanza.
Improvvisamente, Vanessa nota due pugni fare capolino da dietro la porta – già aperta – e posarsi sulla superficie legnosa, creando un leggero rumore.
«E’ qui che alloggia la neomamma più bella del mondo?» domanda la voce di Jade, ancora fuori la porta.
Vanessa ridacchia e Luke – che ha finalmente capito – sorride.
«E c’è anche il papà più bello del mondo!» replica allora Luke, la voce leggermente più alta del normale.
Poi, qualcuno, sbuffa da fuori la porta. «Sempre il solito modesto sei, oh! Mai una volta che i riflettori non vengano puntati anche su di te!»
Vanessa sa che è Mary a parlare, perché quel tono ironico lo riconosce sempre e scoppia a ridere proprio mentre le sue amiche fanno la loro entrata trionfale in stanza, con tanto di braccia aperte e risate a non finire.
«Auguri, neomamma!» esclamano entrambe in sincrono, per poi buttarsi a capofitto verso il lettino ed abbracciare Vanessa, nonostante tutti gli ingombri ospedalieri.
Si abbracciano forte e si tengono strette, cercando di non fare male a Vanessa, mentre parte qualche imprecazione di Jade nei confronti di quella flebo maledetta ed ingombrante e fa ridere tutte e tre di gusto, che sembrano quasi non volersi staccare. I punti quasi non le fanno più dolore quando si stringono in quell’abbraccio che dura minuti infiniti, e che potrebbe anche durare ore.
«La fate salutare anche a noi o no?» s’intromette improvvisamente Ashton, facendo capolino da dietro la porta con il suo solito sorriso, seguito a ruota da Michael.
«Siete sempre le solite!» aggiunge il rosso, entrando nella stanza alle spalle di Ashton. Jade e Mary si staccano riluttanti da Vanessa, che sorride, mentre i due ragazzi le vanno incontro.
L’abbracciano anche loro, lasciandole dei baci sulle guance a turno, facendole gli auguri, mentre Jade e Mary, dopo aver poggiato il bouquet di Iris sul comodino di fianco al letto, salutano anche Luke – che già iniziava a lamentarsi scherzosamente di non essere stato considerato – facendo gli auguri anche a lui, che ringrazia emozionato.
Ashton, nemmeno il tempo di salutare Vanessa, inizia a riempirla di domande sul cesareo, su quando è entrata in sala operatoria, su come sia il bambino e cosa abbia provato non appena l’ha preso in braccio per la prima volta. Tutti dettagli ai quali Vanessa cerca di rispondere fino a quando Mary – seduta su un piccolo spazio di lettino accanto a lei – non lo blocca.
«Ashton! Smettila di farle tutte queste domande, è ancora frastornata!» lo riprende, gli occhi sgranati ed esterrefatti. Certe volte, quando Ashton inizia a parlare, è impossibile fermarlo.
«Ma no, Mary, tranquilla, io...»
«Sono solo curioso!» ribatte il riccio, interrompendo la voce pacata di Vanessa «non ho mai avuto un’amica neomamma, dovresti concedermi delle domande!» Mary, allora, scuote il capo rassegnata, facendo ridacchiare il resto dei loro amici.
«Che c’è, Irwin, già stai pensando di volerne uno tutto tuo?» lo prende in giro Michael, in piedi accanto a Jade – seduta dall’altra parte del lettino – sferrandogli uno dei suoi soliti sguardi maliziosi.
Mary sente il rossore invaderla dalla testa ai piedi ed abbassa il capo, con lo sguardo che va a poggiarsi sulle sue dita screpolate, mentre Ashton boccheggia qualcosa di incomprensibile che fa ridacchiare il rosso e Luke, seduto sulla poltrona accanto a lui, dandogli il cinque.
«Io... no! Cioè... non lo so, non adesso e... oddio, cioè io e Mary... no-non...?! Era solo curiosità!»
«Michael, fatti i cazzi tuoi!» sbotta Jade, fulminando il suo ragazzo con lo sguardo, che ancora ridacchia «e adesso, volete uscire da qui dentro tutti e tre?!»
«E dove andiamo?!» domanda improvvisamente Luke, allungandosi di poco in avanti con gli occhi sgranati.
Jade scrolla le spalle. «Ma che ne so, dove vi pare. A fumare una sigaretta, a guardare i culi delle infermiere, a farvi infilare cateteri, tutto quello che volete, basta che usciate fuori di qui!»
«Jade ha ragione!» aggiunge Mary, abbandonando l’imbarazzo provocatole poco prima «oggi è venerdì e, come ogni venerdì, abbiamo le nostre tradizioni da rispettare!»
«Anche in ospedale?!» domanda Ashton esterrefatto, aggrottando la fronte.
«Anche in ospedale!» asserisce Jade, alzando la voce ed alzandosi dal lettino. Afferra Michael – estremamente confuso - per un braccio, poi fa alzare Luke dalla poltrona e raggruppa tutti e tre i ragazzi, spingendoli verso la porta della stanza.
«E adesso, fuori di qui!» esclama, non appena i tre sono definitivamente fuori «lasciateci in pace!» detto questo, chiude la porta della stanza, lasciando gli sguardi allibiti dei tre fuori dalla stanza, mentre Vanessa e Mary ridono a crepapelle, quasi fino alle lacrime.
Jade si volta verso di loro e si unisce a quelle risate, per poi riprendere postazione accanto al piccolo spazio creato sul lettino di Vanessa, che cerca inutilmente di tenersi la pancia per non sentire dolore.
«Dio, questa flebo mi uccide!» esclama infastidita – una volta smesso di ridere – alzando gli occhi al cielo. «Ce l’ho da stamattina e mi fa un male cane! La leverei anche a morsi, se potessi.»
«Beh, invece del la flebo, potresti prendere altro a morsi...» dice allusivamente Jade, menre il suo sguardo si fa malizioso, come ogni volta che allude a qualcosa che si avvicini vagamente al discorso del sesso.
Vanessa sospira. «Jade, credimi, dopo tutto questo, i miei desideri sono completamente sv-?»
«Tadaaa!» esclama Jade con il pacco di cioccolatini tra le mani, senza far finire la frase di Vanessa che, in quel momento, la guarda con occhi grati e felici, facendole nuovamente scoppiare a ridere.
«Non ditelo a Luke» si raccomanda, mentre le sue mani scartano la scatola come fosse un regalo di Natale.
«Potrebbe iniziare a rompere e a rimproverarmi che la cioccolata non mi fa bene adesso, che non dovrei mangiarla e tante altre raccomandazioni che, sicuramente, gli avrà suggerito sua madre» aggiunge poi, non appena afferra il primo cioccolatino e lo porta in bocca, gustandoselo appieno, come se non ne mangiasse uno da anni e Jade e Mary, vedendola così felice, si sorridono soddisfatte.
«Allora, dov’è il nipote?» chiede Jade curiosa, mentre Vanessa ingoia il cioccolatino.
«L’hanno portato stamattina ed è rimasto con noi un’oretta, poi l’hanno portato di nuovo al nido» spiega, per poi prendere un’altro quadratino di cioccolata dalla scatola delle meraviglie. «Credo che tra un po’ lo riporteranno a conoscere le zie» e sottolinea quella parola che fa sorridere Jade ed emozionare gli occhi di Mary, che non vedono l’ora di conoscerlo.
«Come ti senti tu?» domanda Mary, inclinando il capo da un lato.
Vanessa poggia la testa sul cuscino e socchiude gli occhi. «Stanca» sospira, ripensando alla fatica della giornata. Poi le immagini di lei che tiene in braccio suo figlio le ritornano alla mente e una strana sensazione fa capolino alla bocca dello stomaco, facendola sorridere mentre riapre gli occhi blu.
«Ma sono felice. Credo di non essere mai stata così felice in vita mia.»
Gli occhi iniziano a pizzicarle di gioia dopo quelle parole rivolte alle sue amiche che, nel frattempo, sorridono sincere.
«Avete presente quella sensazione di caldo? Non un caldo fastidioso, di quello che ti fa sudare tutto il giorno... è un caldo strano, confortevole, un caldo che ti piace, di quelli che provi quando ti senti veramente a casa. Ecco, io mi sento così: mi sono accorta che tutte le volte che mi sentivo bene o felice, in realtà non era la felicità vera e propria. Quando ho preso mio figlio tra le braccia, io... non so come spiegarvelo, ma ho sentito che per lui, più di chiunque altro, ne è sempre valsa la pena. Tutte le volte in cui mi sono lamentata, in gravidanza, tutte quelle voglie strane che Luke ha dovuto subirsi, beh... ne sono valse la pena. E anche se questo batuffolo mi farà disperare – perché vi assicuro che mi farà disperare – so che ne varrà sempre la pena. Mi sento come le ragazzine di fronte alla loro prima cotta, come la prima volta che mi sono resa conto che Luke era quello giusto: io credo di essermi innamorata, ragazze. E so che questo amore durerà davvero in eterno.»
Qualche lacrima ha abbandonato i suoi occhi, mentre le sue labbra esprimono felicità.
Mary e Jade sono sicure di non averla mai vista così felice come in quel momento e possono giurare di sentirla anche loro quella sua stessa gioia, nonostante loro siano solo le zie acquisite di quel bambino.
«Te l’avevamo detto che non avresti dovuto preoccuparti di nulla, no?» dice Jade, poggiando il palmo della sua mano sul dorso di quella di Vanessa, che annuisce leggermente col capo.
«E Luke è rimasto» aggiunge Mary, rivolgendole un sorriso dolce. «Ed è felice, Vane, è felice sul serio. Non credo di aver mai visto Luke così felice da quando confessò a me e Jade di volerti chiedere di uscire con lui per la prima volta» e Vanessa ridacchia, perché ricorda quel loro primo appuntamento al bowling, dove Luke perse miseramente contro di lei.
«Mi sento finalmente bene» ammette Vanessa, e non esiste altra verità.
Tutte quelle paranoie che si è fatta nei mesi precedenti le sembrano totalmente inutili, adesso che tutto procede nel migliore dei modi. Sa che dovrà affrontare altri ostacoli e che crescere un bambino non è semplice ma, almeno, Luke sarà con lei. E non pensa più che lui possa fuggire da lei e dal bambino, lasciandola sola: Vanessa gliel’ha letta negli occhi l’intenzione di non voler uscire per qualsiasi motivo al mondo dalla sua vita e da quella di loro figlio.
Luke ama lei e quella parte di loro appena nata, e non potrebbe essere più felice.
«E voi, invece?» sbotta improvvisamente Vanessa, la voce con un tono più alto del normale per richiamare l’attenzione delle sue amiche che, adesso, la guardano confusa.
«Noi cosa?» domanda Mary, aggrottando le sopracciglia.
«Andiamo, su!» esclama Vanessa aprendo di poco le braccia «vi conosco troppo bene, malandrine! So che avete delle cose da raccontarmi, ve lo leggo negli occhi» poi le indica, passando l’indice dall’una a l’altra, senza smettere di guardarle in modo malizioso. «Guardate che vi conosco, eh! Avrò anche appena partorito, ma non sono mica scema! So che c’è qualcosa che dovete dirmi!»
Mary arrossisce nuovamente, per poi mordersi il labbro inferiore e cercare di guardare da un’altra parte, provando ad interessarsi a quelle spoglie mura bianche della camera ospedaliera di Vanessa, mentre Jade rotea gli occhi al cielo e sospira con fare esasperato.
«E va bene, va bene!» esclama, battendosi le mani coperte dai jeans scuri, facendo sorridere Vanessa.
Mary si volta verso di lei, cercando di recuperare il respiro che è mancato in quei pochi secondi, prestando attenzione a Jade che, intanto, si passa nervosamente una mano tra i capelli rossi.
Poi sospira e pensa che, al momento, vorrebbe solo una sigaretta.
«Io e Michael abbiamo deciso di andare a vivere insieme.»
 
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“Sono fidanzata. Io sono fidanzata.”
E’ questa la prima cosa che pensa Jade ogni volta che si sveglia, che fa colazione e che vive la giornata da ormai quasi dieci mesi a quella parte. Perché lei ancora non può crederci che, chissà per quale astruso motivo, adesso abbia una relazione stabile e che sia sentimentalmente coinvolta.
Certe volte Jade si guarda allo specchio per vedere se qualcosa in lei è cambiato, ma i suoi capelli rossi sono sempre lì, così come i suoi occhi verdi e il resto delle sue piccole sfaccettature che – lei non ci crede – la rendono fantastica.
Non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi a questo punto eppure, ogni volta che Michael rimane a dormire da lei – e ormai sono meno le volte in cui lui va a dormire a casa sua che il contrario – non può fare a meno di pensare che non esiste cosa più bella di svegliarsi accanto a Michael e vederlo addormentarsi dopo aver fatto l’amore.
Era stata proprio una di quelle sere, mentre guardavano un film – rigorosamente horror - sul divano, che Michael aveva parlato senza preavviso.
«Voglio vivere con te» aveva detto, proprio mentre il serial killer mieteva un’altra delle sue vittime, sgozzandola senza pietà.
«Shh Michael, fammi godere questa tortura!» aveva risposto lei, afferrando due patatine dalla ciotola che tenevano sul divano tra di loro.
«Jade, sono serio» e la voce di Michael – solitamente ironica – non era mai stata così decisa.
Jade aveva sbuffato, mentre i suoi tentativi di vedere il film in santa pace svanivano nell’oblio.
«E’ come se vivessimo già insieme» aveva detto, infilando un’altra patatina in bocca «dormi qui quasi tutte le sere!»
«Jade, non voglio vivere a casa tua» Michael aveva messo in pausa il film, facendo in modo che Jade si voltasse verso di lui con sguardo quasi omicida. Se quello era l’unico modo per attirare la sua attenzione, allora si sarebbe anche fatto uccidere.
«Voglio vivere in una casa nostra, dove possiamo pagare l’affitto insieme ed arredarla come più ci piace. Questa è casa tua, è già arredata e paghi la metà dell’affitto con i tuoi genitori. Io mi sento un ospite in questa casa, anche con te accanto, e non voglio più sentirmi così. Io voglio vivere con te, Jade.»
Jade era rimasta completamente spiazzata dalle sue parole. Certo, lei e Michael stavano bene insieme, ormai si era quasi abituata del tutto al fatto che fossero fidanzati – l’aveva detto anche a sua madre che, conoscendola, era rimasta sconvolta – ma non sapeva se vivere insieme fosse la scelta giusta per loro.
Jade aveva i suoi spazi e il suo tempo libero, così come Michael – che parte del suo tempo libero lo passava in officina a dare cure alla sua moto – ed era sempre stata convinta che la convivenza e il matrimonio limitassero in un certo senso quei momenti personali.
«Michael, io...» aveva balbettato incerta, per poi sospirare «io non so se la convivenza sia adatta a noi. Voglio dire, sai come sono fatta io! E se dovessi impazzire per le tue mutande sporche in giro per casa o per il fatto che ti chiudi in bagno, rimanendoci le ore intere?»
Michael aveva riso, per poi allungarsi verso di lei e farle una carezza. «Babe, sono abituato ai tuoi momenti di follia totale» e Jade gli aveva fatto una smorfia contrariata «sono certo che ce la caveremo e riusciremo a sopportarci a vicenda. E ti prometto che non lascerò nessuna mutanda sporca in bella vista.»
Jade, con la mano calda di Michael sulla guancia, aveva riso in uno sbuffo divertito. «Ne dubito fortemente»
«E’ un sì?» aveva chiesto lui, gli occhi verdi e speranzosi - come quelli di un bambino – persi in quelli di Jade che, davanti a quell’amore, non aveva saputo trattenere un sorriso.
«E’ un sì.»
Michael, allora, aveva sorriso più di lei e, prima che potesse controbbattere, si era fiondato sulle sue labbra e l’aveva baciata passionalmente, portando la mano dietro la sua nuca per stringerla forte a sé.
“Sono fidanzata. Io sono fidanzata” aveva ripetuto mentalmente Jade, mentre le labbra di Michael erano ancora unite alle sue “sono fidanzata e sto per andare a convivere con il mio ragazzo che, già lo so, lascerà le mutande sparse in giro in bella vista. E mi sta bene così.”
 
 
 
 
 
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«Io... sono senza parole.»
«Non ci posso credere...»
«Sì, okay, basta fare le esagerate!» sbotta Jade, roteando gli occhi al cielo. E’ già da dieci minuti buoni che Vanessa e Mary vanno avanti così, facendo uscire dalla loro bocca quei commenti confusi ed increduli riguardo alla notizia che Jade ha appena raccontato per filo e per segno.
«Non è essere esagerate, Jade!» esclama Vanessa, rimanendo con la bocca aperta in un perfetto cerchio.
«Tu che vai a vivere con Michael, dio!» aggiunge Mary, toccandosi di poco il viso con una mano senza nascondere quel sorriso che le è sorto sulle labbra nell’udire quella notizia. «Ci avresti mai creduto, se te lo avessero detto qualche mese fa?»
«Mary ha ragione» annuisce Vanessa «prima la notizia sconvolgente che ami Michael, adesso questo. Non dirmi che tra qualche mese rimarrai incinta anche tu!»
«Sei scema?!» esclama la rossa inorridita, ritraendo le mani al petto come se avesse toccato qualcosa di sporco, facendo scoppiare a ridere Mary quando nota quell’espressione disgustata sulle labbra di Jade.
«Io... lo so che va contro i miei principi» sospira quest’ultima, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio «eppure sono stranamente felice. Mi sento come se per Michael potessi fare qualsiasi eccezione, come se lui fosse l’unica eccezione della mia vita – ed effettivamente lo è – e per lui potrei anche decidere di sposarmi – ovviamente a Las Vegas – e vivere il resto dei miei giorni con lui. Il fatto è che io non vedo l’ora di passare il tempo con lui in una casa nostra, di stare a pranzo con lui anche senza dirci nulla e di goderci quelle cose che, con fatica, abbiamo trasportato in quella casa. Voglio vivere con Michael anche se quella casa sarà un fottuto casino per il semplice fatto che ci viviamo entrambi. So che lui è l’unico e solo per cui farei tutto questo e non posso che essere più felice di così.»
Mary e Vanessa si scambiano uno sguardo intenerito, per poi posarlo su Jade: mai avrebbero pensato che, prima o poi, la loro amica avrebbe messo la testa apposto, innamorandosi per la prima vera volta. E Michael, secondo loro – e secondo Jade – non poteva che essere perfetto per lei, con quella tenerezza celata dietro battutine ironiche e sorrisi maliziosi.
«E’ bello sentirti dire questo, sai?» dice Vanessa, inclinando di poco il capo.
«Vane ha ragione» aggiunge Mary «abbiamo sempre sperato che l’amore di colpisse e, adesso che è arrivato, non potevamo che chiedere di meglio. Michael è tutto quello che hai sempre desiderato, nel tuo profondo e cinico cuoricino» e Jade ridacchia, perché sa che le sue amiche hanno ragione: Michael è tutto quello che vuole e che vorrebbe per il resto della sua vita.
Vanessa volta il capo verso Mary. «E tu, invece?» dice all’improvviso, inarcando un sopracciglio «che hai da raccontarmi?»
Mary sussulta, colta alla sprovvista, e il suo volto va immediatamente a fuoco. «N-nulla» balbetta, strofinandosi di poco la guancia per alleviare quel rossore.
Jade aggrotta la fronte, incrociando le braccia al petto. «Andiamo Mary, su! Sei rossa come un peperone e balbetti come un disco graffiato! Hai anche il coraggio di dire che non hai niente da raccontare?!»
Mary sospira. «Davvero. Non ho nulla da dire» aggiunge ancora, portandosi una ciocca di capelli corti dietro l’orecchio con la mano sinistra, mentre l’altra si posa sul materasso del lettino.
Ed è solo in quel momento che Vanessa – con i suoi occhi esperti – lo vede.
E non le sembra affatto una visione.
«Mary?» la richiama Vanessa, facendo sì che la ragazza le rivolga uno sguardo interrogativo con i suoi occhi castani. Poi la bionda alza un dito nella sua direzione, con un sorriso che – di certo – non è malizioso.
«E’ un anello quello che porti all’anulare?»
Mary si sente come raggelata sul posto. Piega di scatto il braccio dietro la schiena, nascondendo la mano, mentre anche gli occhi confusi e curiosi di Jade la guardano arrossire per l’ennesima volta dopo la domanda di Vanessa.
«N-no!» esclama con la voce più alta del normale «che dici? Avrai visto male!»
«E allora perché hai nascosto la mano, eh?» la interroga Jade, facendo la voce grossa che spaventa Mary, perché lei sa di cosa è capace la rossa.
«Ma non è nulla, davvero!» continua a giurare Mary, che più parla e più arrossisce, tenendo sempre nascosta la mano dietro la schiena senza alcuna intenzione di portarla allo scoperto.
«Guarda che il mio occhio è allenato, signorina!» tuona Vanessa, quasi come fosse sua madre «riconoscerei uno di quegli anelli anche da lontano! Ora, forza, fuori la mano, se non vuoi farmi alzare per ridurti come si deve!»
«Ti ricordo che ci sono anche io qui, e sono molto brava con le parolacce!» interviene Jade, alzando nuovamente la voce. Mary, allora, sa di non avere più scampo – anche perché le sue amiche sembrano estremamente serie ed è sicura che Jade potrebbe riempirla di insulti fino a far nascere metà della sua generazione con il mal di testa – così sospira e fa sbucare lentamente la mano tremante, con Jade e Vanessa in trepidante attesa e curiose di sapere cosa si nasconda dietro quel piccolo accessorio.
Mary allunga la mano sinistra con imbarazzo, abbassando il capo come se volesse nasconderlo nel suo maglioncino bianco – rivelando quello che le sue amiche hanno chiesto con insistenza.
Gli occhi di Jade e Vanessa quasi s’illuminano alla vista di quell’oggetto piccolo e semplice – adatto alla loro amica – ma meraviglioso: due anelli sottili di oro bianco sono incastrati tra loro, come se nessuno potesse spezzarli e, al centro, li uniscono delle piccole ma luminose pietre di acquamarina dal colore chiaro e leggero, quasi trasparente, ma che sa dare la giusta luce.
Vanessa e Jade rimangono a fissarlo per minuti interminabili prima di riportare i loro occhi chiari su Mary che, a differenza loro, ha ancora la testa bassa e le gote imbarazzate.
«Oh mio Dio... Mary...» sussurra Vanessa, tenendole ancora la mano «questo non è un semplice anello, vero?» domanda piano, nonostante sappia già la risposta.
Mary trova il coraggio di scuotere leggermente il capo, tenendo ancora lo sguardo basso e le labbra intrappolate su tessuto del suo maglione.
«Non mi dire che...» balbetta Jade, incredula «oddio, non dirmi che tutto quello a cui stiamo pensando è vero...»
Mary sospira, sentendosi andare ancora più a fuoco. Le dita di Jade e Vanessa si stringono ancor di più intorno alla sua mano – ancora intrappolata tra le loro – e lei percepisce la loro curiosità e l’ansia che le assale per l’attesa di quella risposta, che Mary fa fatica a pronunciare.
Eppure, adesso che l’hanno capito, lei non ha davvero più via d’uscita.
Annuisce leggermente col capo alle parole di Jade, con la paura e l’emozione che l’assalgono nello stesso momento e può percepire sulla sua pelle la felicità delle sue migliori amiche, per poi alzare lo sguardo e notare nei loro occhi che le sue sensazioni non erano affatto sbagliate.
Vanessa sorride e, nei suoi occhi blu, può quasi notare delle lacrime commosse mentre Jade, nonostante quell’incredulità iniziale, adesso sorride a trecentosessanta gradi, facendo comparire sulla sua guancia quell’unica fossetta che possiede mentre i suoi occhi, da verdi, sembrano quasi azzurri, segno che è veramente felice.
«Oddio, Mary...» balbetta Vanessa, la voce che trema.
«Tu...» aggiunge Jade.
E il loro sorriso si apre ancora di più quando Mary ricambia, ancora più emozionata, e pronuncia quelle parole che mai nella sua vita avrebbe pensato di dire ad alta voce.
«Io ed Ashton ci sposiamo.»
 
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«Odio gli eventi di famiglia.»
Questa era stata la prima frase che Mary aveva esclamato non appena avevano messo piede in casa.
Erano appena tornati da casa della sorella di lei dopo aver passato la serata in onore del suo trentaduesimo compleanno in compagnia di amici e, soprattutto, di tutta la numerosa famiglia di Mary.
Ad Ashton quella famiglia era sempre piaciuta, l’avevano sempre trattato come un figlio – soprattutto la nonna di Mary che, oltre ad essere innamorata della sua gentilezza, era pazza dei suoi capelli ricci - e a lui non dispiaceva passare un po’ di tempo in più con loro. Chi odiava passare il tempo con la sua chiassosa famiglia, invece, era proprio Mary: fatta eccezione per sua nonna e sua sorella, Mary – più che altro – odiava passare più di due ore insieme a sua madre che, essendo sempre stata la più critica e pedante della famiglia, aveva sempre da ridire su tutto, dalla preparazione del dolce – in quel caso – a cose più gravi.
Per cui per Mary era stata una liberazione uscire da quella casa una volta finita la festa, perché le parole di sua madre proprio non riusciva più a reggerle e quelle piccole discussioni che avevano avuto durante la serata le avevano fatto solo venire un gran mal di testa.
Ashton, consapevole del rapporto tra le due, non le aveva fatto domande per evitare che Mary si arrabbiasse ancora di più, per cui l’aveva lasciata guadare fuori dal finestrino della macchina mentre tornavano a casa e aveva acceso la radio per non rimanere troppo in silenzio.
Poi Mary aveva finalmente parlato, non appena entrata in casa, e ad Ashton era sembrato doveroso farla rilassare. Sapeva quanta tensione tendesse ad accumulare Mary in quelle serate e non aveva proprio voglia di vederla piangere dalla rabbia per aver raggiunto il limite della sopportazione estrema: era troppo paziente e troppo buona con chiunque, Mary, e rischiava sempre di rimanerci male in qualsiasi occasione.
«Il dolce era buonissimo, Mary» l’aveva tranquillizzata Ashton, sfilandosi la maglia una volta arrivati in camera da letto. Mary aveva sospirato, iniziando a sfilarsi il cardigan morbido di dosso.
«Non è per il dolce, Ash» aveva detto, poggiando la maglia appena sfilata sulla sedia, rimanendo con le braccia scoperte «il problema è un altro» e si era avvicinata a lui, chiedendogli con un solo gesto di aiutarla a sfilare quella maledetta tutina a scacchi dai bottoni posteriori e troppo complicati per sbottonarli da sola, soprattutto con le mani tremanti per la rabbia. Ashton aveva iniziato a sbottonarli con facilità, sfiorandole man mano la pelle per farla rilassare sotto il suo tocco morbido poi, una volta sbottonati tutti, aveva circondato la sua vita con le braccia per poi lasciarle un bacio sul collo.
«Che problema c’è, allora?» aveva domandato quanto più teneramente possibile al suo orecchio e Mary aveva sospirato, facendogli una carezza sulla mano prima di staccarsi da lui.
«Non mi va di parlarne, adesso» gli aveva risposto, sfilando la tutina per poi sedersi sul letto per togliere le calze scure e gli stivali ed infilare finalmente il pigiama. Gli aveva rivolto un ultimo sguardo prima di avviarsi nel bagno per struccarsi, ed Ashton – in quei pochi secondi – aveva avuto modo di guardare i suoi occhi: non erano solo stanchi per la serata, ma anche tristi e spenti, segno che qualcuno – probabilmente sua madre – le avesse detto qualcosa che l’aveva ferita nel profondo perché Mary, anche altre volte, non era mai stata così triste e senza voglia di parlare quando le capitavano certe cose.
Ashton odiava vederla così, per cui, volente o nolente, Mary avrebbe parlato.
Si era infilato nel letto dopo aver messo i pantaloni della tuta e aveva aspettato che Mary tornasse dal bagno e si accoccolasse contro di lui, prima di tirare un sospiro e chiederle quello che lui, in realtà, già sapeva.
«Che ti ha detto tua madre... su di noi
Ashton aveva sentito le mani di Mary stringersi ancora di più intorno alla sua vita, segno che la rabbia era tornata a scorrere nelle sue vene e che lui aveva indovinato ciò che la turbava maggiormente.
«Ha detto che siamo uno sbaglio» confessa Mary in un sussurro, la testa poggiata sul cuore di Ashton.
«Che ci prendiamo e ci lasciamo milioni di volte e non riusciamo ad arrivare ad una conclusione. Siamo sempre con due piedi in una scarpa ed è evidente che questa relazione sta stretta anche a noi, che non ci sopportiamo e non riusciremo mai a sopportarci con questi presupposti, che non ci amiamo abbastanza per continuare ad andare avanti e che dovremmo lasciarci andare definitivamente senza ritornare sui vecchi passi. Ha detto... ha detto che prima o poi accadrà che ci lasceremo di nuovo perché noi non duriamo mai e non siamo capaci di durare e che sarebbe meglio vivere le nostre vite in solitudine, ognuno per conto proprio, invece che insieme, perché creiamo solo danni... soprattutto a noi stessi.»
Le parole di Mary avevano preso una piega più triste ed Ashton era sicuro del fatto che stesse trattenendo quel groppo di lacrime in gola che, invece, avrebbe tanto voluto far fuoriuscire. Lui non aveva risposto, non aveva trovato le parole adatte per risponderle mentre il suo cervello e i suoi pensieri erano sintonizzati già su un altro pianeta, un pianeta che forse a Mary non sarebbe piaciuto, ma lui non vedeva l’ora di visitarlo.
«Forse ha ragione» aveva sospirato mestamente lei, con una nota grave nel tono di voce. «Forse è vero che siamo sempre il solito sbaglio madornale. Dovrei lasciarti vivere la tua vita in pace, senza di me, e invece ancora ti trattengo qui e ti faccio soffrire. Dimmelo se mi odi, Ashton, dimmelo se vuoi andare via... io non ti tratterrò, non stavolta, mai più, perché so di essere la persona che nessuno vorrebbe mai al proprio fianco, che sono pedante ed antipatica, per cui ti lascio andare se è questo che...»
«Sposami.»
Le parole di Mary erano state improvvisamente interrotte da quella proposta. Aveva sgranato gli occhi a quelle parole che, più che un ordine, sembravano le parole più naturali del mondo. Le mani avevano iniziato a tremarle così forte che Mary si era improvvisamente alzata, mettendosi seduta tra le lenzuola per rivolgere uno sguardo confuso ad Ashton.
«Che?!» aveva domandato lei con la voce acuta e strozzata, cosa che aveva fatto sorridere ancora di più Ashton.
«Ho detto...» e si era alzato di poco anche lui, mettendosi seduto nel letto per poter guardare meglio Mary negli occhi, poggiando la sua mano sul viso fresco di lei «...sposami»
Mary si era persa in quei pozzi verdi, guardandoli a fondo: aveva sempre visto sincerità, in quegli occhi, nonostante tutto il male e, anche in quell’occasione, quest’ultima non venne a mancare.
Eppure aveva paura, e il problema non era Ashton. Era lei.
«Ashton, io...» aveva sospirato impaurita «lo sai che il matrimonio non è nel mio dna» aveva poi detto, ripetendo quelle parole che Ashton le aveva sentito dire più e più volte nelle varie occasioni in cui si ritrovavano a parlare di matrimonio o, peggio, dei divorzi e delle separazioni.
«L’hai mai provato? Sei stata sposata e non me l’hai detto?» l’aveva presa in giro lui con un sorriso, cercando di smorzare quella tensione creatasi solo ed unicamente in lei.
Mary aveva ridacchiato nervosamente a quella battuta, poi lui si era avvicinato al suo viso.
«Sei pallida e sconvolta. Vado a prenderti un bicchiere d’acqua» aveva detto, lasciandole un bacio sulla fronte prima di alzarsi dal letto ed avviarsi in cucina. Ashton sapeva quanto Mary fosse terrorizzata dall’idea del matrimonio a causa della separazione dei suoi quando era molto piccola e si era convinta dell’idea che anche lei, un giorno, si sarebbe separata. Non aveva mai visto la gestione di un matrimonio, come portarlo avanti senza fallire, per questo aveva paura: temeva di compiere gli stessi errori dei suoi genitori.
E a Mary tremavano le mani al solo pensiero di lei con un vestito bianco e candido da sposa con cui percorrere la navata alla fine della quale ci sarebbe stato Ashton ad attenderla.
Aveva sentito i passi di Ashton avvicinarsi frettolosamente lungo il piccolo corridoio, per cui aveva fatto un ultimo sospiro per tranquillizzarsi e aveva aspettato che entrasse in camera. Quella di Ashton era stata solo un’ipotesi e loro non ne avrebbero più parlato almeno per qualche anno o, perlomeno, Mary avrebbe cercato di evitare e sviare l’argomento ogni qualvolta si presentasse l’occasione.
Ma quando Ashton era rientrato in camera, tra le mani non aveva il bicchiere d’acqua come aveva promesso: le aveva sorriso man mano che si avvicinava al letto, poi d’improvviso si era inginocchiato alla parte laterale e aveva aperto quella scatolina blu proprio di fronte agli occhi – ancora sgranati – di Mary.
 E il cuore aveva preso a tremarle.
«Saremo pure un casino individualmente, ma insieme siamo l’errore più bello di sempre. E non m’interessa se continueremo a litigare, a fare casino e a rompere i piatti per la rabbia...» e Mary aveva sorriso a quel ricordo, di quella volta che aveva rotto un piatto proprio in una delle loro infinite litigate «...io voglio stare con te. Non m’interessa del parere di nessun’altro, non voglio nessun’altra che non sia tu. E ti prometto che, anche se rischieremo di cadere di nuovo, anche se la vita ci porrà degli ostacoli di fronte, io sarò accanto a te. Non ti lascio andare più via, Mary, ma più e per nessuna ragione al mondo. Ho capito da subito che tu saresti stata l’unica eccezione, l’unica e sola che avrebbe indossato quest’anello...» Ashton, con gli occhi emozionati ancora puntati nelle iridi di Mary, aveva preso tra le dita quell’anello meraviglioso e afferrato la mano sinistra di Mary e le aveva carezzato dolcemente l’anulare con il polpastrello del pollice.
«Sposami, Mary» le aveva ripetuto nuovamente con un sorriso «dimmi che mi vuoi sposare almeno quanto lo voglio io. Dimmi di sì
Mary l’aveva guardato nuovamente negli occhi: non aveva potuto fare a meno di notare la sincerità e l’amore che caratterizzavano quelle iridi verdi di cui si era tanto innamorata ormai quasi tre anni prima. Avevano avuto i loro alti e bassi per infinite volte, ma avevano sempre saputo come superarli in ogni caso.
E aveva capito che, forse, la paura era solo la scusa che si era creata per non ricevere altre batoste.
Gli aveva sorriso con le lacrime agli occhi e l’unica cosa che avrebbe voluto era tenerlo con sé per il resto della vita.
«Sì, Ashton» aveva risposto con la voce tremante per l’emozione «sì. Milioni di volte
E Ashton si era sentito finalmente completo quando, con gli occhi pieni di lacrime, le aveva preso l’anulare e gliel’aveva baciato, prima di metterle quell’anello che già da tempo bramava di infilarle: l’aveva fatto piano, lentamente, godendosi il momento per tenerlo impresso nella sua mente.
Anche se, nonostante tutto, quel ricordo l’avrebbe tenuto sempre con sé.
Poi Ashton si era allungato verso di lei – che, senza accorgersene, aveva versato qualche lacrima – e le aveva baciato la punta del naso prima di farli strofinare teneramente.
«Sai, tua nonna stasera mi ha chiesto quando ti avrei fatto la grande proposta» aveva confessato Ashton sottovoce, asciugandole le lacrime, mentre uno sguardo curioso si era instaurato sul viso di Mary.
«Ci pensavo da tanto e stasera, mentre ti guardavo e ti ascoltavo parlare di noi, ho pensato che fosse il momento giusto. Non sarà stato il massimo del romanticismo, ma almeno mi hai detto sì.»
Mary aveva portato la mano sul suo viso e gli aveva accarezzato la guancia con dolcezza.
«Ti è andata bene, Fletcher» poi aveva ridacchiato «immagina se ti avessi detto di no.»
Ashton si era avvicinato ancor di più alle sue labbra, poi aveva riso, facendo spuntare quelle due meravigliose fossette ai lati delle sue guance.
«Probabilmente tua nonna non ti avrebbe più rivolto la parola.»
Mary aveva riso insieme a lui, poi si era lasciata trasportare dalle labbra di Ashton finalmente sulle sue.
Aveva sorriso in quel bacio: avrebbe sposato l’amore della sua vita.
 
 
 
 
 
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Quando Mary finisce di raccontare com’è andata la richiesta della proposta, Vanessa e Jade sono ancora lì che la guardano incredula. Non avrebbero mai immaginato che Mary prendesse in considerazione l’idea del matrimonio: la sua idea era sempre stata contraria e negativa a riguardo e, soprattutto con Ashton, non l’aveva minimamente messo in conto. Si erano presi e lasciati tante volte che non avevano la stabilità di un rapporto sano, figurarsi di un matrimonio.
Mary coglie i loro sguardi confusi, e si stringe di poco nelle braccia. «E’ andata così. Non c’è altro da aggiungere» dice, mordendosi poi il labbro inferiore. Probabilmente – pensa Mary – le sue amiche si aspettano un continuo del racconto, qualcosa di più romantico ed eclatante alla Ashton – che, si sa, è sempre stato un po’ megalomane – o perlomeno un dettaglio che faccia cogliere qualcosa di più.
E invece no: Mary non dice più nulla, perché è esattamente così che è andata la situazione.
D’un tratto vede Vanessa boccheggiare un po’ con le labbra – rimaste serrate fino alla fine del racconto – mentre le sue iridi blu sono ancora puntati su di lei.
«Io... io... io...»
«Vane, stai ben-?!»
«Io lo sapevo che prima o poi avresti ceduto!» esclama improvvisamente, facendo sobbalzare anche Jade seduta al suo fianco. Mary si porta una mano sul petto per lo spavento, notanto le labbra della bionda aprirsi man mano in un sorriso.
«Cavolo Mary, se avessi detto di no ad Ashton ti avrei presa a botte e non ti avrei più rivolto la parola per il resto della vita!» aggiunge, colpendo il pugno sul palmo della mano aperta «lo sapevo, io so sempre tutto!»
«Non avresti mai saputo dire di no ad Ashton, Mary» aggiunge Jade, anche lei con un sorriso «sei talmente innamorata di lui che faresti qualsiasi cosa, anche sposarti» e marca bene quell’ultima parola, facendola arrossire fino alla punta dei capelli per poi nascondere il viso tra le mani.
«Dio, io che mi sposo!» esclama Mary, con la bocca coperta e la voce ovattata «ci avreste mai creduto?»
«Dopo aver conosciuto Ashton, sì» risponde ovvia Vanessa, e Mary le rivolge uno sguardo tramite lo spazio delle sue dita. «E’ da quando ce l’hai presentato che so che è lui quello giusto per te. E non importa quante volte vi siete lasciati e quante volte vi siete ripresi... siete sempre tornati più forti di prima e adesso il matrimonio... vi consoliderà ancora di più. Siete fatti per stare insieme.»
Mary sbuca dal suo nascondiglio temporaneo con un sorriso sulle labbra e guarda le sue amiche, seriamente felici per lei: è vero, Vanessa è quella che ha sempre avuto un punto debole per Ashton – a differenza di Jade che, dopo la terza rottura, aveva già in programma una vendetta ben articolata – sarà perché si somigliano, sia fisicamente che caratterialmente, o perché vanno tanto d’accordo, ma lei ha sempre saputo che Ashton avrebbe fatto felice Mary in qualsiasi circostanza. E, anche se è dura ad ammetterlo, anche Jade ha sempre creduto in Ashton e nelle sue capacità di saper rischiare e rimettersi in gioco per Mary.
«Io non pensavo di poter amare così tanto una persona» sospira in un sorriso, portandosi una ciocca di capelli corti dietro l’orecchio. «Sapete meglio di me come l’ho sempre pensata sull’amore: per me non esisteva, punto. Non avevo mai trovato una persona che s’interessasse a me, qualcuno che mi vedesse come più di un’amica o di una consigliera ed ero convinta che non avrei mai trovato quella persona capace di farmi tremare le ginocchia, come succede nei libri. E invece è arrivato. Come un fulmine improvviso, come la prima neve invernale... lui è arrivato quando mi ero arresa, alle porte di un nuovo anno, e ha saputo come farmi iniziare daccapo e diversamente. Non avrei mai pensato di dire di sì ad una proposta di matrimonio... eppure quando Ashton mi ha infilato questo anello - l’anello di sua nonna - ho capito che lui è sempre stato il mio strappo alla regola, la mia unica eccezione. E non avrei mai potuto dirgli di no.»
 Le sue amiche la guardano emozionate: ai loro occhi, Mary rimane sempre la più piccola del gruppo, quella più timida ed impaurita anche dalla sua stessa ombra. E invece, adesso, sembra che stiano parlando con una ragazza nuova, che affronta la vita di petto e ha smesso di dire di no anche alle sue paure più grandi.
«Adesso posso farlo...» dice improvvisamente Vanessa, facendo incuriosire le altre due che, subito, puntano i loro sguardi confusi su di lei. Quest’ultima fa un enorme sospiro con gli occhi chiusi per secondi che sembrano interminabili e, quando li riapre, Mary e Jade per poco non perdono un timpano.
«Ommiodddio Mary si sposa! Mary ti sposi!» squittisce a gran voce.
«Penso che la signora della stanza affianco ti abbia sentito. Forse l’infermiera al bancone no, però, puoi ripeterlo anche per lei?» la canzona Jade con le braccia incrociate al petto, facendo ridacchiare Mary, ma Vanessa è troppo occupata ad essere entusiasta per darle ascolto.
«Allora, prima di tutto dovremmo scegliere il vestito per te e poi per noi, le damigelle d’onore. Poi c’è la location da scegliere e da prenotare, i fiori, il fotografo e poi...»
«Vane, frena! Non ci sposiamo mica subito!» la interrompe Mary tra le risate, ponendo le mani davanti agli occhi. La bionda indietreggia di poco col collo, aggrottando la fronte per poi incrociare nuovamente le braccia al petto, curiosa.
«Non vogliamo farlo adesso» dice Mary, facendo un sospiro «abbiamo tante cose da concludere e, anche se entrambi vogliamo un matrimonio semplice ed intimo, dobbiamo mettere una gran parte di soldi da parte prima di cominciare.» spiega pacatamente. Poi il suo sguardo si posa sull’anello al suo anulare e sorride: la cosa che l’ha commossa di più è che Ashton le abbia offerto l’anello di fidanzamento di sua nonna, quello che lei gli aveva donato quando lui aveva diciassette anni. Ashton aveva raccontato a Mary quella storia dopo il funerale di sua nonna, quando le si era accoccolato al petto facendosi accarezzare i capelli e piangendo senza alcuna vergogna. Sapeva quanto Ashton tenesse a quell’anello e lei si sentiva estremamente onorata di portare quel cimelio di famiglia al quale lui teneva col cuore.
«Mi basta sapere di essere completamente sua. E non m’interessa quando, come e dove ci sposeremo... l’importante è essere consapevole di amarsi» e le parole di Mary sono vere e piene di sentimento, lo stesso sentimento che prova ogni giorno sempre di più per Ashton e che non è mai svanito.
«E allora io le ho detto “ehi bella, sai cosa ti manca? Il mio numero di cellulare!”»
Una voce ovattata e familiare arriva dal corridoio, aldilà della porta della stanza e, dopo quella frase – detta con enfasi – si susseguono delle risate divertite e dei commenti non proprio casti e Vanessa, Mary e Jade si guardano, avendo capito perfettamente di chi si tratti.
«Amore!» esclama Luke aprendo la porta della stanza «guarda chi è venuto a trovarti!»
La figura di Calum Hood spunta da dietro le spalle larghe del biondo con il suo solito sorriso furbo. Si alza gli occhiali da sole sui capelli spettinati, scoprendo gli occhi piccoli e castani, luminosi come sempre.
«Ehilà, mammina!» esclama, aprendo le braccia, per poi allungarsi a passo svelto verso Vanessa e tuffandosi verso di lei, che lo accoglie in un abbraccio.
«Calum lo sai che, detto da te, questo mammina mi terrorizza a morte?» gli dice Vanessa, dandogli poi una pacca sulla spalla. Calum ride di gusto, facendole una carezza sui capelli.
«Oh, non preoccuparti Vane» esclama lui, staccandosi da quell’abbraccio «non voglio mica essere io il tuo papino» la canzona poi, facendole un occhiolino, alludendo sicuramente a cose non troppo caste.
Vanessa ridacchia, scuotendo il capo con fare esasperato: con Calum non c’è mai niente da fare.
«Sei sempre il solito pervertito, Hood!» esclama Mary divertita, battendosi una mano sulla gamba.
«Non cambi mai!» aggiunge Jade, roteando gli occhi al cielo.
«Ehi bamboline, pensavate che mi fossi dimenticato di voi?!» esclama ancora Calum, per poi cingere entrambe le sue larghe braccia intorno alle spalle di tutte e tre, stringendole in un abbraccio.
«Zio Hood non dimentica mai le sue bambine!»
Le tre scoppiano in una risata sonora, poi – come se si fossero messe d’accordo – gli mollano dei colpi sullo sterno per farlo allontanare, cosa che fa gemere dal fastidio Calum perché – pur se palestrato – le mani di quelle tre sono letali così come le loro menti, lui l’ha sempre detto.
«Vacci piano, Hood, quella che stai toccando è pur sempre la mia donna» s’intromette la voce di Michael, guardando male Calum, che ha ancora la mano posata sulla spalla di Jade. Il moro, colpito dallo sguardo arrabbiato di Michael, alza le mani.
«Vengo in pace, Michael, sai benissimo che non le farei mai nulla!» si giustifica, mentre Michael raggiunge Jade, cingendole le braccia intorno alle spalle. Jade sbuffa, mentre un moto di eccitazione la prende dentro e la scuote: odia e adora Michael ogni qualvolta manifesti gelosia. E’ una cosa che non sopporta ma che, allo stesso tempo, la eccita da morire. Poggia le mani sulle braccia di Michael, come per abbracciarlo, e lui la stringe più forte, lasciandole un bacio sulla nuca.
«Insomma, ma cosa mi tocca sentire?!» sbotta nuovamente Calum, battendo le mani l’una contro l’altra, facendo sobbalzare Mary. Le tre ragazze lo guardano confuso, mentre Mary si alza dal materasso per lasciare il posto a Luke - che si accomoda accanto a Vanessa – e raggiunge Ashton, che ha già preso posto sulla sedia lì accanto, sedendosi sulle sue gambe.
«A che ti riferisci, Cal?» domanda Jade curiosa, notando gli sguardi maliziosi di Luke ed Ashton.
Calum sospira, passandosi una mano dietro la nuca. «Prima tu...» ed indica Jade con l’idice, cogliendola di sorpresa «...che vai a vivere con Clifford. E poi tu...» e stavolta indica Mary «...che ti sposi con Irwin! Insomma ragazze, ma cosa vi è preso?!» ed apre le braccia con fare teatrale «non vi ho mai sentito parlare di convivenza e matrimoni e, adesso, tutto d’un tratto cambiate idea?!»
Mary arrossisce dalla testa ai piedi e nasconde il volto nell’incavo del collo di Ashton, che ride divertito e le carezza la testa, proprio mentre quella gli da una botta sullo sterno per farlo smettere.
«Non siamo mica qui per parlare della mia convivenza e del matrimonio di Mary, Cal!» sbotta Jade imbarazzata «ti vorrei ricordare che è appena nato tuo nipote!»
Calum incrocia le braccia al petto. «L’amore vi ha rincitrullite» dice, scuotendo il capo, buttando poi lo sguardo verso Vanessa «e ha rincitrullito anche te!»
«Io sono sempre stata una rincitrullita d’amore, ormai dovresti saperlo!» risponde lei, per poi ridacchiare.
«E a me è sempre piaciuta così!» aggiunge Luke, allungandosi verso la guancia di Vanessa per lasciarle un bacio. Calum, a quella scena, rotea gli occhi al cielo.
«Se solo avessi scelto me, Vane...» sospira Calum con una punta divertita nel tono di voce. Quel sospiro fa ridacchiare tutti – compresa Vanessa, che scuote il capo – tranne Luke, che guarda male il suo amico. Sta quasi per ribattere, quando dalla porta – lasciata aperta – sbuca nuovamente l’infermiera di prima, la quale trasporta la culletta trasparente che tutti stavano aspettando.
«E’ ora della pappa» annuncia quest’ultima pacatamente, trasportando la culla proprio accanto al letto di Vanessa. Jade e Michael si sporgono leggermente in avanti, entrambi con i sorrisi sulle labbra, per ammirare quel piccolo fagotto appena arrivato, mentre Mary ed Ashton si alzano entrambi dalla sedia e si avvicinano alla culla. Anche Calum compie qualche passo avanti, sporgendo il capo da dietro le spalle di Mary per guardare per la prima volta suo nipote.
Vanessa prende suo figlio tra le braccia, circondandogli il corpo per poi lasciargli un bacio sulla fronte sotto lo sguardo intenerito ed innamorato di Luke. Si sporge nuovamente verso Vanessa, lasciandole una carezza dolce che la fa rabbrividire, poi allunga un dito verso suo figlio e gli sfiora dolcemente la guancia rossastra.
Vanessa alza lo sguardo e sorride: nota gli occhi lucidi e i sorrisi che la circondano, e non potrebbe essere più felice di così. Sono sorrisi sinceri, sorrisi che le vogliono bene e che sono contenti per lei e Luke e che non vedono l’ora di poter crescere e giocare con quel bambino come fosse loro.
«Dì ciao» sussurra Vanessa a suo figlio con lo sguardo ancora puntato sui suoi amici «dì ciao agli zii, Filippo»
Mary e Jade guardano Vanessa, che ha lo sguardo puntato verso di loro, e sorridono: quante volte, parlando tra loro, Vanessa aveva espresso il desiderio di dare quel nome al suo primogenito, nome che le ricordava le sue fierissime origini italiane.
Vanessa rivolge vari sguardi ai suoi amici: guarda Jade e Michael, che ancora si tengono stretti e ancora non può crederci che due teste gloriose come le loro possano amarsi così tanto. Guarda Mary ed Ashton - il braccio di lui poggiato intorno alle spalle di lei – e pensa al loro matrimonio e al fatto che sono stati fortunati a trovarsi, ad inciampare l’uno nell’altra. Guarda Luke e non può che vedere gioia nei suoi occhi azzurri, occhi a cui è stata fortunatamente destinata per il resto della vita.
Poi guarda Calum – i suoi capelli spettinati, i suoi occhi a mandorla che no, non sono asiatici – e sorride: Calum, che è stato fondamentale per loro tre tutte le volte in cui ce n’era bisogno, che è stato il cupido di quelle tre relazioni che, adesso, stanno pian piano dando i loro frutti.
Calum che ha aiutato Luke a trovare lavoro in quel locale, proprio dove si sono conosciuti lui e Vanessa.
Calum che ha fatto notare a Michael quella rossa scatenata che sapeva avrebbe catturato l’attenzione del suo amico.
Calum che ha costretto Ashton a partecipare a quella stupida festa di Capodanno, che gli ha permesso di incontrare l’amore della sua vita e che l’ha aiutato a tornare sui suoi passi ogni qualvolta lui e Mary si perdevano.
Calum che – Vanessa e Luke sono già d’accordo – sarà il padrino di Filippo, anche se lui ancora non lo sa.
Ognuno di loro si avvicina pian piano a Filippo, sfiorandolo di poco, ammirando quel bambino piccolo ed appena nato e rivolgendosi a lui con voci assurde che fanno ridere il resto della comitiva.
 
Nella stanza 333, in quel venerdì pomeriggio, si respira aria di novità.
Si sente amore nell’aria, amore di coppie consolidate e di un amore appena nato, uno di quegli amori che sembrano scritti con l’inchiostro e che non svanisce nel nulla.
E’ l’amore di chi si vuole bene, di chi vive quell’amicizia solida e forte che è destinata a durare.
L’amore che ti unisce a determinate persone che sei sempre stato destinato ad incontrare e ad amare: quella strada a senso unico che ti lega a loro e non ti lascia andare più.
 
 
 
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Buuuuongiorno!
O buon pomeriggio... o buona sera. Insomma, dipende a che ora leggerete questo capitolo e questo inutile (e sclerotico) spazio autrice.
SIAMO ARRIVATI ALLA FINEEEEE!
Eggià, dopo mesi, siamo arrivati alla tanto attesa fine. E pensare che questa storia doveva finire in due settimane, e invece... invece sono la solita ritardataria cronica e logorroica che non smette mai di scrivere e di parlare e allunga sempre il brodo. Ecco.
No comunque, a parte tutto, è finita.
Mi mancheranno tanto questi personaggi (che, spoiler, troverete in altre storie e sotto altre spoglie, ma detttaaagli u.u) e scrivere di loro è stato evadere dalla realtà ed immaginare di essere davvero lì, con loro ma, soprattutto, con quelle che sono due delle persone più importanti della mia vita (inserire sviolinata qui, prego).
Senza Jade e Vanessa non so davvero come farei. In poco tempo mi hanno capita più di qualsiasi altra persona che, magari, ho vicino tutti i giorni, mi fanno sentire bene ed apprezzata per quello che sono e non giudicano o criticano i miei sbagli ma, anzi, cercano di farmeli capire e di spronarmi a fare di meglio. Immaginare di essere con loro fisicamente, anche se solo in una storia, mi ha fatta sentire a casa.
Sono due persone veramente fantastiche e io non potrei chiedere migliori amiche più perfette di così.
Bene, il momento sviolinata è finito u.u avrei potuto fare di meglio, lo so, ma loro già sanno cosa significano per me, quindi non mi dilungo troppo e passo al capitolo!
 
  • Ve l’avevo detto che avevo grandi sorprese per le altre due coppieeee!
Eh già, alla fine Jade e Michael decidono di andare a vivere definitivamente insieme (con un contorno di mutande sparse per casa e calzini sporchi) e, sorpresa delle sorprese, Mary ed Ashton si sposano!
E tutti hanno avuto il loro lieto fine :)
 
  • L’entrata in scena di Calumino!
Potevo mai lasciarlo fuori?! Ovviamente no! Il mignottone del mio cuore (nostro, anche di Vane e Jade u.u) poteva mai mancare con le sue battute da perfetto Casanova e quell’occhio malandrino? E poi è stato lui ad unire tutte queste coppie, in un modo o nell’altro... ha fatto in modo che s’incontrassero, anche se inconsapevolmente. E’ stato proprio un bravo cupido, bisogna ammetterlo :D
Avevo quest’idea di inserire Calum cupido (o Stranamore, come dice Jade) da quando ho iniziato a scrivere questa storia, ma non sapevo se farlo o meno. Poi, mentre scrivevo, mi sono ritrovata Calum versione angioletto e diavoletto sulle spalle: uno mi diceva di inserirlo, di dare retta al mio cuore e dargli la possibilità di apparire, l’altro invece diceva il contrario.
Alla fine ho unito entrambi ed è uscito fuori Calum pervertito as always, ma con quel pizzico giusto di dolcezza che lo rende un ottimo cupito.
Standing ovation per Calumino!
  • Il nascituro! *-*
Il piccolo fagotto ha finalmente un nome... Filippo! Come il principe della Bella Addormentata nel bosco anche se, in realtà, Vane gli ha messo questo nome per un altro motivo u.u
Chi la segue forse può capire hahaha
 
Alla fine è andato tuuutto bene!
I protagonisti sono tutti vivi e vegeti e pieni di novità e sono tutti felici *-*
Yaaay, big happy ending!
E niente... io vi lascio qui!
Stanotte parto per la Germania, ecco perché ho aggiornato oggi invece di domani, e torno il ventisei (a nessuno frega, ma vabbé).
Soo, è probabile che dopo il ventisei avrete qualche altra sorpresa u.u
Non do nessuna certezza perché va a finire che poi non combino nulla e addio, vi lascio così hahaha poi mi porto sfiga da sola e non va bene!
Vi ringrazio infinitamente per aver letto/seguito/preferito/ricordato e recensito questa storia.
Siete tutte dolcissime e io vorrei riempirvi di baci tutte *-*
Grazie per aver aspettato pazientemente gli aggiornamenti constantemente in ritardo di questa storia, grazie per aver subito i miei mille cambiamenti e i miei lunghissimi scleri da “autrice” (tipo questo, lol), grazie per avermi sopportato e per esservi appassionate ai personaggi e alle loro storie!
Grazie, grazie, grazie, sul serio! Non smetterò mai di ringraziarvi abbastanza!
Come al solito, per qualsiasi cosa, vi lascio i miei contatti di facebook twitter ed ask per insulti (soprattutto, lo so, li merito u.u) e anche per qualsiasi domanda, o anche solo per una chiacchierata! A me fa sempre piacere conoscervi :D
Detto questo, vado davvero via.
Ci sentiremo presto (spero!) con nuove storie, nuovi personaggi, ma anche con questi che avete ritrovato qui... con nuove storie alle spalle, ovviamente!
Un bacione enorme a tutte, e grazie ancora!
Mary ♡
 

L’angolo musicale di Mary:
 
Oggi la chef consiglia il piatto della casa, che è FLY AWAAAAYYY!
Dio, ma l’avete sentita?! E’ bellissimaaaaaa *-*
Mi piace un sacco questo nuovo sound! Bravi, bravi, bravi, veramente *-*
Tra l’altro, ieri sera, Fletcher mi ha mandato dei segnali: sapevo che sarebbe accaduto qualcosa stamattina, perché non è da me mettere la sveglia presto in estate, a meno che non debba fare qualcosa di importante. Ad ogni modo, sapete quanto avrei dovuto dormire (che poi non ho dormito, ma vabbé) secondo il calcolo della sveglia?
Sette ore e sette minuti. Sette.
La mia telepatia con Ashton mi spaventa sempre di più, giuro.
 
La chef consiglia anche una canzone che, sarà pure vecchia, ma a lei piace oggi e non sa nemmeno perché: Want you to want me, di Jason Derulo.
E’ da tutta la mattina che la canto e la ballo come una pazza e, boh, penso che la farò ripartire proprio adesso hahaha
 
Vado sul serio, giuro.
Anche se questo angolo musicale di Mary devo sfuttarlo più spesso...
Ho finito, davvero.
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 

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