Monsoon

di Queen Of Suburbia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Disclaimer: Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. I personaggi di questa Fan Fiction non mi appartengono - con mio grande dispiacere -, niente di tutto ciò è vero, poiché è soltanto frutto della mia mente malata.
 



Monsoon

Capitolo 1















La mano scorreva leggera sul foglio, fluida e decisa. Un gesto normale, tranquillo, naturale.

Non saprei dire perché questa volta mi ritrovai a scrivere sul mio quaderno. L’ispirazione era venuta da sé e mi era sembrato naturale aprire la prima pagina vuota per potermi appuntare tutto.

Ero contento del mio operato. Tutte le volte che scrivevo potevo dire di essere me stesso, completamente. Senza che nessuno giudicasse o mi accusasse. Ero solo io.

Io e il mio quaderno.

-E cosa dovrei fare io, eh?!- si sentì al piano di sotto l’urlo di mio padre.

-Forse se la smettessi di uscire la sera con i tuoi amici e ti trovassi un lavoro decente!!- ribatteva mia madre ad alta voce.

-Forse potresti trovarti un lavoro pure tu!-

-Io ho un figlio da badare, te ne sei forse dimenticato?!- gli urlava contro lei furiosa.

-Ormai ha diciotto anni!!- rispondeva mio padre –Può benissimo cavarsela da solo!!-




 
I’m staring at a broken door




 
Sospirai pesantemente, smettendo di scrivere per un attimo.

Era da giorni che i miei litigavano senza sosta per ogni più piccolo motivo. E si urlavano contro, forte. Li sentivo sempre dalla mia camera.

Provai a concentrarmi e tornare nel mondo in cui ero perso prima, cercando di ritrovare quella scia su cui scrivevo quelle parole per continuare il testo. Ma non appena tentai di continuare… non sapevo come fare, l’ispirazione se n’era andata.

-Non è possibile!- mi dissi frustrato mentre mi passavo una mano tra i capelli mori e lunghi.

Cercai di mantenere la calma e a concentrarmi. Adesso ritorna, mi dicevo nella mente per rassicurarmi. Aspettai ancora qualche momento ma nulla.

Chiusi un attimo gli occhi per concentrarmi meglio.




 
There’s nothing left here anymore




 
-Perché non provi per una volta a metterti nei miei panni?!- urlava di sotto ancora mio padre.

-Ci sto provando. Ci sto provando! Ma tu me lo rendi sempre così difficile!!- ribatteva lei invece.

Riaprii gli occhi e guardai seccato nella direzione delle scale che portavano di sotto. Strappai la pagina con la canzone e accartocciai il foglio per poi buttarlo nel bidone con forza mentre mi alzavo dal letto. Feci in poche falcate la distanza che mi separava dalla porta aperta, con passo spedito e indispettito.  Provai a chiuderla ma non appena lo feci, questa si riaprì.

-Perfetto.- dissi ad alta voce, frustrato –Si è rotta.- affermai per poi voltarmi e tornare sul materasso.




 
My room is cold




 
Sospirai pesantemente mi lasciavo cadere indietro sul letto a guardare il soffitto. Quanto ancora sarebbe durata quella situazione? Mi chiedevo costantemente da giorni. Non ne potevo più.

Mentre cercavo di rilassarmi un secondo, in sottofondo continuavo a sentire la discussione dei miei che era passata ormai agli insulti, facendomi aggrottare le sopracciglia per come alzassero la voce di minuto in minuto.

Mi raddrizzai sul materasso. A quanto pare quel giorno non avrei trovato pace tanto facilmente.

Mi rialzai dal letto, mi misi le scarpe, mi preparai in fretta e presi un giubbotto di pelle dall’armadio insieme al mio quaderno dei testi e una penna.




 
It’s making me insane




 
Stetti per uscire dalla mia camera, più che deciso ad uscire di casa in quel momento, non potendo reggere ancora quella assurda situazione, ma per qualche strana ragione mi voltai. Osservai il foglio accartocciato nel cestino e, senza sapere perché, tornai indietro e lo ripresi.

Lo spiegazzai con cura cercando di renderlo decente, poi lo infilai in mezzo al quaderno e uscii di lì.
 


 
Il parco dietro a casa mia era abbastanza grande da non riuscire a scorgere da lontano la mia figura rannicchiata dietro un albero. Non era molto pieno di foglie nonostante fosse pieno maggio ma girava un venticello caldo che mi faceva stare bene. Era bello quel clima, nonostante fosse un po’ strambo.

-Non ce la faccio.- affermai scoraggiato appoggiando la testa al tronco dell’albero e stringendo la penna nelle mie mani.

Strinsi di più le ginocchia contro il petto mentre cercavo di farmi venire in mente un idea.

-Come è possibile??- mi chiesi –Non mi ricordo neppure come faceva.-

Nonostante quanto ci provassi, quanto cercassi di trovare di nuovo quell’ispirazione di quella mattina in camera, non ci riuscivo. Era come se la canzone se ne fosse andata. Per non parlare di come era ridotto quel foglio tutto stropicciato, una volta finita avrei dovuto ricopiarla sul quaderno, non potevo fare altro.

Cercai di guardarmi attorno nel parco in cerca di idee. Il vento tirava sempre più forte, tanto che dovetti portarmi una mano davanti la faccia per evitare che mi venisse tirata la polvere nei occhi contornati da trucco nero.

-Ma che cavol…- cercai di dire quando una folata di vento mi investì, riparandomi come potevo.

Però fui così concentrato dal ripararmi, che il vento soffiò tanto forte da farmi sfuggire dalle mani il foglio su cui stavo scrivendo. Immediatamente mi alzai di scatto lasciando cadere il mio quaderno a terra, per poi mettermi a correre più che potevo per inseguire il pezzo di carta ormai lontano.

-No!- esclamai vedendolo allontanarsi dietro dei alberi –Dannazione!- affermai seguendolo.

Non appena voltai l’angolo e mi guardai attorno per individuare il foglio, lo vidi a terra, in mezzo alcune foglie, mentre veniva raccolto da un ragazzo.

Quest’ultimo si alzò, perplesso nel vedere il mio foglio e poi posò lo sguardo su di me -Per caso questo è tuo?- mi chiese.

Io rimasi in silenzio, immediatamente, ad osservarlo attento. Quel ragazzo era giovane quanto me, forse un po’ di più considerato che ero leggermente più alto di lui. Aveva dei lunghi dread biondo scuro raccolti in una coda sotto una fascia rossa e un berretto bianco. Portava dei vestiti larghi, enormi, di almeno tre taglie in più. Quello che però attirava la mia attenzione era il suo viso, bello, niveo, con un piercing al labbro superiore e dei bellissimo occhi nocciola.

Ero… come elettrificato da quello sguardo.

Non so come, ma ero certo che sarei potuto rimanere così per ore.

-Ehm… sì.- cercai di rispondergli a fatica, non distogliendo i miei occhi dai suoi.

Lui mi osservò ancora un attimo prima di posare di nuovo lo sguardo sul foglio -Ah. E… è una canzone. L’hai scritta tu?- chiese continuando a guardare il foglio tra le mani.

Ritornai in me e mi ricordai che un perfetto sconosciuto davanti a me stava leggendo una mia canzone. Cosa che di solito mi avrebbe fatto urlare contro la persona in questione a costo di impedirglielo, solo Dio in cielo seppe perché quella volta invece mi limitai a raggiungerlo di fretta e riprendermelo dalle sue mani.

-S..sì… l’ho scritta io.- balbettai in imbarazzo portandomela al petto e tenendomela stretta.

Il ragazzo tornò a guardarmi e infossò le mani nelle enormi tasche mentre parlava -Wow,  i miei complimenti, è davvero bella.- si complimentò.

Cercai di controllarmi mentre ovviamente il mio imbarazzo iniziava a farsi sentire ovunque fino alle mie guance -In verità non è nulla di che…- cercai di dire.

-Per me invece è fantastica, mancherebbe solo il ritornello per renderla perfetta.- affermò invece lui tranquillo -Come si intitola?- domandò poi squadrandomi da capo a piedi con lo sguardo incuriosito.

-Non c’ho ancora pensato.- mi affrettai a dire distogliendo lo sguardo e buttandolo a terra.

Ogni tanto però continuavo a buttare l’occhio su di lui che mi guardava. Non riuscivo a fare a meno che osservare quel viso, era bellissimo.

Lui era bellissimo.

Sul suo volto comparve un sorriso e come lo vidi sentii il mio stomaco rivoltarsi -Beh, allora fammi sapere quando lo avrai fatto. Scommetto che sarà una canzone grandiosa.- affermò e mi sembrò assurdamente sincero con quelle parole.

Strinsi le labbra tra loro, incapace di dire una parola dopo quello. Mi limitai a rimanere zitto anche se avrei voluto parlargli, però mi sentivo come se avessi perso l’uso della parola. Cosa stranissima dato che a volte ero terribile e nessuno riusciva a frenarmi la lingua.

Tra di noi calò il silenziò, nessuno disse una parola. Ognuno guardava di sottecchi l’altro mentre l’unico suono che si sentiva era quello delle foglie che si muovevano attorno.

Ad un tratto una folata di vento passò, facendomi socchiudere appena gli occhi per la sua forza. Quell’aria trasmetteva un insolito calore, era diverso da come era di solito.

-C’è un bel venticello caldo in questi giorni, non trovi?- affermò il ragazzo coi dread guardandosi attorno mentre il vento ancora girava.

-Sì… si sta bene però.-  risposi io invece, con ancora stretto a me il foglio.

Lui si mosse ad un tratto, voltandosi per metà -Beh ora devo andare, ci si vede.- affermò lanciandomi un ultimo sorriso per poi incamminarsi fuori dal parco sotto il mio sguardo spaesato.

-Ci si vede…- risposi dopo un po’, ma lui era già lontano.
















Deliri dell’Autrice

Ciao a tutti gente, in questo angolino tutte le volte non mi perderò in sproloqui a caso, piuttosto preferisco scrivere alcune note sugli argomenti che penso vadano trattati per evitare dubbi e incomprensioni.

-Monsoon: Voglio fare una storia per ogni canzone, ispirandomi alle parole dei testi per il contenuto della storia e se ci riuscirò, rimane un mistero. Ho trattato per prima cosa questa canzone perché è da qui che viene il successo dei ragazzi quindi mi sembrava d’obbligo. Per chi non lo avesse capito, metterò in pezzo della canzone per ogni capitolo fino a concluderla, quindi non sarà molto lunga questa fiction.
-Bill e Tom: Qui Tom e Bill non sono gemelli, non si conoscono e qui siamo agli inizi di tutto. Cercherò di essere esatta il più possibile su certe cose ma se scazzo, beh pazienza, amen, sono umana anch’io sapete.
-Traduzione: Metterò sempre questa nota per chi non sapesse la traduzione della strofa, questa dice “Sto fissando quella porta rotta/Non c’è più niente qui/La mia stanza è fredda/ Mi sta facendo impazzire”.

Per ora non c’è altro da appuntare, fatemi sapere che ne pensate.
Alla prossima,

QOS



 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Disclaimer: Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. I personaggi di questa Fan Fiction non mi appartengono - con mio grande dispiacere -, niente di tutto ciò è vero, poiché è soltanto frutto della mia mente malata.



 
Monsoon

Capitolo 2















Ero uscito di casa con una leggera fretta nei piedi quel giorno. Non seppi di preciso per cosa, mi diedi la spiegazione che non potevo più stare in casa a sentire i miei litigare ma non ne ero certo.

Sta il fatto che mi rifugiai  seduto accanto all’albero nell’angolino del parco. Un posto che a chiunque entrasse nel parco la mia figura non si sarebbe vista, una sorta di mio rifugio personale. Lì aprii il quaderno dei testi delle canzoni e osservai il foglio a parte, iniziando a pensare a qualcosa da poterci scrivere sopra.

Rimasi lì per un paio d’ore, tra disegnini mentre pensavo alle idee, scritte e cancellature forzate. Quando ad un tratto una voce mi fece sobbalzare.

-Ancora niente ritornello?- diceva questa.

Come voltai il viso, ritrovai il viso di quel ragazzo del giorno prima, mi sorpresi e lo guardai incredulo di vederlo ancora lì.

-Ah, sei tu… non… mi aspettavo di rivederti qui.- dissi sincero. Che ci faceva lui ancora lì?

Lui mi sorrise dall’alto, guardandosi attorno nel parco come per vedere se ci fosse qualcun altro oltre a noi -Non vengo spesso qui in effetti, ma mentre passavo di qua mi sono ricordato di te e ho fatto un salto per vedere se c’eri.- affermò.

Rimasi zitto un secondo, cercando di assimilare quelle informazioni -Ah…- dissi solo, incredulo. Non potevo credere che fosse venuto lì solo per vedere se c’ero.

-Ti è venuta qualche idea?- chiese ancora il ragazzo coi dread sporgendosi sopra di me, avvicinandosi, per sbirciare sul mio foglio.

-Cosa?- feci ancora confuso.

-Per la canzone, hai avuto qualche idea?- si spiegò lui.

Tornai in me e guardai il foglio un attimo -Ancora no, aspetto l’ispirazione giusta.- risposi per poi tornare su di lui.

Lo vidi sorride, un bellissimo sorriso, per poi piegarsi sulle ginocchia come una sorta di folletto e tendermi la mano -Io sono Tom.- si presentò.

“Che bel nome.” Pensai subito dopo.

-Bill.- risposi afferrandogliela esitante.

Lui, Tom, non appena staccò la sua mano da me mi si sedette accanto senza tante cerimonie, neppure chiedendomi se potesse.

-Così Bill… tu scrivi musica?- chiese guardandomi in viso mentre io faticavo a reggere il confronto.

Cercai di risultare tranquillo -Diciamo che è un passatempo. Mi fa stare meglio.- dissi.

-E le canti anche?- fece ovvio.

-No, no… non potrei mai… sarebbe…- dissi, trovando assurda quell’ipotesi ma non sapendo esattamente il perché -Stano.- completai infine stupendo me stesso di averlo fatto.

-Strano?- chiese Tom inarcando un sopracciglio appena sotto la fascia-E perché? Le hai scritte tu.-

Scossi la testa convinto -Proprio per questo lo sarebbe. Scrivo quello che sento e che credo, se lo dicessi ad alta voce sarebbe come rendere concreti i miei sentimenti.- feci io deciso e solo poco dopo mi accorsi dell’assurdità delle mie stesse parole e di come dovevo essere sembrato convinto, infatti mi imbarazzai subito dopo e aggiunsi tremante -E… poi… non so cantare.-

Lui ridacchiò per la mia reazione e io mi soffermai a vederlo ridere, non facendo a meno che pensare a come fosse bello mentre lo faceva -Mi sei simpatico, sai?- affermò.

-Grazie…- risposi io, avevo il terrore di essere arrossito quindi tenni la testa bassa nella speranza che i capelli mi coprissero il viso -Anche tu mi stai simpatico.- dissi poi.

Tom cambiò posizione per stare più comodo. Si appoggiò con la schiena al tronco come me e di conseguenza avvicinandosi abbastanza da farmi sentire il suo profumo. Era così buono, poteva esistere davvero un odore simile?

-Tornando alla canzone. Neppure un idea?- domandò il ragazzo coi dread cambiando discorso.

La tensione accumulata era sparita, mi sentivo più tranquillo con lui affianco -Ho la testa completamente vuota.- dissi infatti con una leggera scioltezza.

Mi guardò leggermente dubbioso -E succede spesso quando scrivi?- fece -Te lo chiedo perché non ne ho idea.- ammise.

Sorrisi alla sua espressione -Buona parte delle volte.-

-Ah, allora è normale.- fece portandosi le mani dietro la testa ed incrociandole, abbandonandosi completamente all’albero -Comunque, devi trovare un ritornello che ci stia con il resto del testo, orecchiabile, qualcosa che una volta sentito non riesci più a togliertelo dalla testa.- spiegò.

Quello che disse mi fece ridere di cuore. Mi sarei spettato di tutto uscire dalla sua bocca, tranne quello. Era sorprendente come mi cogliesse di sorpresa tutte le volte.

-Ahah… come i jingle delle pubblicità in televisione?- chiesi ridacchiando ancora.

-Esatto!- affermò lui convinto osservandomi bene -Ma la tua canzone non deve sponsorizzare una marca di macchine.- precisò poi. Dal sorriso sulle sue labbra sembrava soddisfatto e, da come mi osservava sorridere, forse di avermi finalmente strappato un sorriso. Non potevo dargli torto, ero davvero un musone.

-La fai facile tu, non devi mica pensarla.- dissi sbuffando appena e tornando a guardare il testo sul pezzo di carta.

-Se sei riuscito a tirare fuori quello…- continuò Tom indicando con un cenno della testa il foglio -Sono certo che verrà fuori qualcosa di fantastico.-
Sorrisi appena, sperando che fosse vero -Vedremo…-

Passò qualche secondo, o minuto, non ne ero sicuro, seppi solo che era abbastanza lungo da farmi mordere il labbro dal nervoso. Una leggera brezza calda si sparse attorno a noi e chiusi leggermente gli occhi, per godermela appieno.

-Il vento non è ancora cambiato.- affermò Tom e quando mi voltai a guardarlo lo vidi con lo sguardo rivolto in alto alle foglie dell’albero.

Gli osservai il profilo, scrutandolo nei minimi dettagli -A me non dispiace questo  clima.- dissi.

-Neppure a me.- rispose anche lui non voltandosi ancora.

In quel momento mi soffermai sul pensare che non lo avevo mai visto in zona anzi, mai in tutta la mia vita. Da dov’era spuntato Tom? Faticavo a credere che in tutto questo tempo non lo avessi mai visto neppure di sfuggita da qualche parte. Neppure nella mia scuola mi sembrava di averlo mai visto.

-Tu dove abiti? Sei qui in zona?- gli chiesi poco dopo, un po’ per curiosità e un po’ per mandare avanti la conversazione.

Finalmente lo vidi abbassare lo sguardo e sussultai quando i nostri occhi si incrociarono -Sì, poco lontano da qui. Tu invece?- domandò.

-Casa mia è dietro l’angolo.- risposi, sorprendendomi che non fossimo molto lontani ma nonostante tutto non ci fossimo mai notati tra di noi.

Sul suo volto comparve un mezzo sorriso -Ah, quindi sei qui spesso.- affermò ed io annuì  -Questo vuol dire che se mi venisse voglia di vederti ti troverei di nuovo qui?- chiese.

Immediatamente sentii le guance in fiamme -Beh… ecco… sì…- cercai di rispondere, nervoso.

-Perfetto.-  affermò lui, soddisfatto.

Calò ancora un attimo di silenzio ma sta volta nulla di imbarazzante, era leggero, calmo, si stava bene anche senza dire nulla. Ci osservavamo di sottecchi e ci sorridevamo ogni tanto quando i nostri occhi si incrociavano. Mi sembrava la cosa più stupida che avessi mai fatto in vita mia ma così innocente e complice che non faceva a meno che farmi essere felice.

Mi pose un'altra domanda -Hai scritto altre canzoni oltre a quella?-

-Sì.-  risposi spostando il foglio e mostrare il quaderno nero -Questo quaderno ne è pieno.- spiegai.

L’osservò sorpreso -Wow.. si vede proprio che ti piace.- affermò Tom  -Anch’io ne ho uno simile.-

-Davvero??- domandai incredulo, le sue parole mi avevano lasciato basito -E..cosa ci scrivi dentro?- domandai.

-Musica.-

-Musica?- ripetei.

-Compongo con la chitarra.-spiegò e osservò ridacchiando i miei occhi sgranarsi ad ogni sua parola.

-Ma è fantastico!- esclamai allegro -Ho sempre voluto suonare uno strumento, deve essere bello!- gli spiegai la mia felicità mentre lo osservavo con ammirazione.

-Lo è infatti. Perché non hai mai provato?- mi chiese invece.

Immediatamente la mia mente andò ai miei genitori, a casa, nell’intento di urlarsi contro per l’ennesima volta e pian piano il mio sorriso sparì -I miei non possono permettersi una chitarra o qualsiasi altro strumento.- dissi con leggero spiacere.

Tom sembrò capire che la cosa mi rattristava -Oh, capisco. Mi dispiace.- mi porse le sue scuse.

-Non è niente, scrivere mi piace molto.- affermai cercando di sorridere ma sembravo poco convinto dato che ormai i miei pensieri erano tornati ai miei -E poi i miei litigano spesso ultimamente per i problemi finanziari, non ho il coraggio di presentarmi da loro e fare una richiesta simile.- aggiunsi sincero guardando le mie gambe che strinsi involontariamente al petto. Perché diavolo stavo dicendo una cosa del genere a lui? Di sicuro non gli interessava.

-Anche i miei litigavano molto.- sentii dire, alzai lo sguardo e vidi Tom che guardava gli alberi intorno a noi come se il loro muoversi con vento lo affascinasse.

-Ora hanno smesso?- domandai esitando prima di parlare.

Lui tornò a guardarmi e mi sorrise -Sì, ma si sono separati.- affermò  -Ora vivo con mio padre.-

Mi sentii subito male a quelle parole. Da una parte perché la mia lingua lunga aveva fatto domande inopportune e di sicuro Tom doveva esserci stato male per quello. Dall’altro invece mi fece pensare all’opzione che i miei potrebbero fare lo stesso e la cosa mi terrorizzava.

Cercai di scusarmi come meglio credei -Scusa… se te l’ho chiesto, deve essere brutto.- dissi.

Lui si portò le braccia dietro la testa e si appoggiò all’albero -Non proprio.- rispose.

Lo guardai interrogativo -Davvero?- domandai scettico.

Lui strinse tra di loro le labbra prima di aprir bocca -Beh… all’inizio lo è stato, non è molto bello sapere che quando torni a casa non ci sono più entrambi i genitori ad aspettarti, però me ne sono fatto una ragione e adesso vado una volta a settimana a trovare mia mamma.- affermò tranquillo facendo spallucce -Non è male.- aggiunse.

“A me non piacerebbe lo stesso.” Pensai certo della cosa. Insomma, rimanevano separati in tutti i casi no? Non mi importava se li avrei visti entrambi, io li volevo sotto lo stesso tetto.

-Io non voglio che i miei si separino.- finii col dire, preso com’ero dai miei pensieri negativi.

-Non è detto che succeda anche a te. Potrebbe essere un momento passeggero il loro.- cercò di confortarmi il ragazzo dai lunghi dread guardandomi mentre io giocavo con le mani tra loro sopra le mie ginocchia.

-Sì, forse…- affermai piano, quasi un sussurro, mentre continuavo a fissare le mie mani senza però scaturire alcuna emozione. Mi sentivo… vuoto. Come avrei reagito alla separazione dei miei? Mi sarebbe andata bene? Li avrei convinti nel non farlo? Me ne sarei andato di casa io? Non ne avevo idea, sapevo solo che la cosa mi terrorizzava.

-Ehi…- sentii dire e poco dopo vidi una mano posarsi sulle mie per fermarle, alzi di scatto lo sguardo riprendendomi e incrociai i bellissimo occhi castani di Tom  -Non preoccuparti, va bene?- mi disse con voce dolce, rassicurante -Vedrai che tutto si aggiusta.- aggiunse.

Chissà perché ma, detto da lui, credei che dovesse essere così -Sì… grazie Tom.- risposi sorridendogli.

Lui ricambiò -Di niente.-




 
I’ve been waiting here so long




 
Forse avevo gettato la conversazione nella depressione, così cercai di aggiustare le cose -Quindi scrivi brani… li canti anche?-domandai.

Dalla sua faccia, sembrò che avessi detto un eresia -Che?? Cantare?? Io? Non scherziamo.- affermò alzando la voce e guardandomi accigliato -No, no, compongo solo musica, niente testi.- precisò.

Sorrisi a quella reazione -Devi essere bravo.-dissi allora.

-Certo che lo sono!- affermò lui modesto -Un giorno ti farò sentire…- promise poi con un sorriso.

Sorrisi anch’io a quelle parole, felicissimo al sol pensiero -Mi farebbe piacere.- risposi.

-E tu canterai.- precisò poi lui, facendomi perdere il sorriso e sgranare gli occhi.

-Eh?!- esclamai -No, no, no… meglio lasciare stare allora.- feci frettoloso.

-Ma andiamo, sono curioso di sentirti!- cercò di insistere Tom.

-Scordatelo!- lo zittii immediatamente venendomi un idea per fargli cambiare il suo malsano piano -Lo farò soltanto se lo farai anche tu!- lo minacciai.

-Cosa?! Questo è un ricatto!- quasi gridò Tom guardandomi offeso -Non ci penso nemmeno!- aggiunse.

Sorrisi incrociando le braccia al petto -Ecco, allora siamo in due.- risposi.



 
 
But now the moment seems to’ve come




 
Lo sentii sbuffare e a guardarmi in modo torvo -…sei antipatico quando fai così.- affermò.

Per tutta risposta gli feci vedere la lingua -Colpevole.-  affermai, poi vidi lo sguardo del ragazzo farsi perplesso e curioso e, prima che me ne rendessi conto, mi aveva preso con le dita la lingua, tirandola  -Ehi, ehi, ehi… Tom..mi fai malef…- cercai di divincolarmi, metà rosso in viso per la vergogna e metà scioccato dal gesto.

Tom sembrò del tutto tranquillo da quella strana situazione -Hai un piercing sulla lingua!- esclamò.

-Fsì, ma ofa mollaa la miaf linfua…- cercai di dire con una perfetta pronuncia tedesca.

-Ah, sì… scusa.- si scusò e la mollò immediatamente, allontanandosi di scatto ed ad abbassare lo sguardo, divenendo leggermente rosso sulle gote. Sembrava si fosse solamente accorto in quel momento di quello che aveva fatto.

Immediatamente mi misi a ridere di cuore a quella visione, sorridendo al pensiero che non ero l’unico che si imbarazzava.

 -Cosa ridi??- domandò lui offeso e guardandomi male.

Mi controllai e pian piano smisi di ridere a fatica -Sei divertente.- affermai solo.

-Oh, bene. Mi fa piacere scatenare così la tua ilarità.- rispose lui alzando gli occhi al cielo per poi lanciarmi un occhiata mentre ancora mi osservava sorridergli -Quanti anni hai?- domandò.

-Diciassette. A settembre faccio i diciotto.-  risposi curioso -Tu?-

-Anch’io!- affermò facendomi inarcare un sopracciglio.

-Mhmm… strano, ti credevo più piccolo.- affermai stranito da tale rivelazione.

-Che?? Piuttosto dovrei essere io a pensarlo!- ribatté lui  -Cosa te lo ha fatto credere??- domandò.

Lo guardai ovvio -Sono più alto di te.- risposi.

-Non è vero!- ribatté ancora lui alzandosi in piedi e sovrastandomi con la sua altezza.

-Sì guarda.- affermai alzandomi pure io e avvicinandomi a lui -Visto?- dissi misurando con le mani da me a lui.

Mi guardò accigliato -Sarò più basso di qualche centimetro!- affermò -E poi tu sei un palo per la tua età, non sono io il diverso!- cercò poi di giustificare la sua carenza in centimetri.

-Veramente saresti diverso in ugual modo. Basta guardare i tuoi vestiti.- ribattei io osservandolo dalla testa ai piedi nei suoi panni extralarge.

Lui indicò se stesso e poi me -I miei vestiti?? E i tuoi scusa?- fece perplesso -Non mi sembri il più adatto a parlare.- osservò.




 
I see the dark clouds coming up again




 
Piegai la testa di un lato guardandolo storto -Questo sono io, non posso camb…-  cercai di continuare ma il mio cellulare prese a squillare una canzone di Nena e mi scusai -Un attimo scusa.- dissi cercando il telefonino.

-Oh, certo. Fai pure.- rispose lui.

Trovai il telefonino e mi accorsi del messaggio arrivatomi da parte di mia mamma e mi rabbuiai -Devo andare.- affermai dispiaciuto.

Tom sembrò intristirsi -Di già?- domandò deluso, come in fondo ero io.

-Sono qui da tutto il giorno. A casa mi cercano.- risposi.

-Capisco…-

Mi abbassai a terra e raccolsi il mio quaderno e la penna -Beh… ciao Tom!- salutai per poi incamminarmi verso casa.

Ad un tratto però mi sentii chiamare -Bill!- e mi voltai vedendo Tom a una decina di metri da me guardarmi dubbioso se parlare o meno  -Domani sei ancora qui?- domandò però alla fine.

Non pensai il perché me lo avesse chiesto, piuttosto a se ci sarei tornato lì, seriamente.

-Mh?- fece inizialmente perplesso, pensai che probabilmente i miei avrebbero litigato anche il giorno dopo… quindi sì -Beh, sì.- affermai.

Lo vidi sorridere, il suo meraviglioso sorriso -Allora… a domani Bill!- affermò salutandomi con la mano.

Lo guardai per un attimo spaesato, incredulo, poi mi ripresi e alzai in alto la mano e salutare  contento -A domani!- urlai. E corsi verso casa, con una strana felicità che sembrava volermi scoppiare in petto.










Deliri dell’Autrice

Eccomi ancora qui con le mie notazioni idiote, abbiate pietà.

-Divorzio: tutti sappiamo del divorzio che hanno affrontato i gemelli da piccoli e che da allora hanno dovuto vivere solo con la madre, per questo tra la sconfinata scelta di problemi sociali capaci di traumatizzare che potevo dargli in questa storia ho scelto proprio questo. Mi sembrava la più realistica e la meno tragica, anche se definire “poco tragico” la separazione dei proprio genitori non è corretto.
-Cantare: Bill qui è insicuro sul farlo, dato che passa le giornate nella completa solitudine, non avendo il fratello, e con i genitori che litigano a casa; non mi sembrava il caso di renderlo la persona spensierata e gioiosa che è invece. Riguardo a Tom, odia cantare, dice che non fa per lui, lo so io, lo sapete voi, lo sa lui, lo sanno tutti.
-Traduzione: Qui le strofe dicono “Ho aspettato qui così a lungo/ Ma sembra che il momento sia arrivato/ Vedo che le nuvole nere stanno tornando di nuovo”.

Per ora non c’è altro da appuntare, fatemi sapere che ne pensate.
Alla prossima,

QOS

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Disclaimer: Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. I personaggi di questa Fan Fiction non mi appartengono - con mio grande dispiacere -, niente di tutto ciò è vero, poiché è soltanto frutto della mia mente malata.




 
Monsoon

Capitolo 3
















-E guardami in faccia quando ti parlo!- mi urlò contro mio padre ma io continuai a tenere lo sguardo a terra, le braccia lungo i fianchi con le mani strette in due pugni che tremavano leggermente –Ti sembra il modo di conciarti quello?? Ma come cavolo sei diventato eh!?- continuò lui.

Rimasi zitto, preferendo rimanere in silenzio piuttosto che ribattere.

-Non urlare contro di lui in questo modo!- cercò di difendermi mia mamma, come stava facendo da quando ero sceso di sotto per il pranzo.

Avevano iniziato a discutere mentre stavamo mangiando, su un futile motivo, e io avevo cercato di calmare le acque intervenendo. Cosa  che peggiorò la situazione perché mio padre aveva iniziato a sbraitare anche contro di me su di tutto mentre mia mamma gli restituiva gli insulti difendendomi.

-Ma guarda come va conciato in giro! Ti sembra il modo in cui un ragazzo dovrebbe vestirsi??- si lamentò l’uomo –Sembra una cazzo di donna!-

-Ne avevamo già parlato tempo fa, Jorg!- ribatté mia madre –Avevamo deciso che si sarebbe vestito come meglio preferiva, qualsiasi fossero le sue preferenze!-

-No!- rispose subito mio padre indicandola –Tu! Tu hai deciso che dovesse andare in giro vestito come gli pare! Tu! Tu gli hai permesso di conciarsi così! Tu lo hai fatto diventare questo… coso!- urlò fuori di sé e a quel punto non ce la feci più, stavo per scoppiare.

-Coso?! È tuo figlio!- lo riprese la donna.

-Non ne sono neppure più tanto sicuro!- ribatté mio padre.

Mi voltai e risalii le scale di camera mia in gran fretta per poi sbattere la porta alle mie spalle con forza e gettarmi nel letto mentre sentivo le lacrime scendermi sulle guance. Purtroppo le urla si sentivano, continuavo ad udirle anche lì dentro e non ne potevo più.

Misi la testa sotto il cuscino con la speranza di esternarmi dal mondo.

Solo mezz’ora dopo me lo tolsi, e mi sembrò che le urla fossero cessate così mi tirai su in fretta. Sapevo che quel silenzio non sarebbe durato a lungo, mi preparai velocemente, mi pulii, truccai, presi il mio quaderno e la giacca e scesi di sotto, puntando alla porta della casa.

-Bill! Dove vai tesoro?- sentii dire da mia madre nell’altra stanza.

-Via.- risposi automatico –Torno più tardi.- aggiunsi.

-E dove pensi di andare, eh??- chiese mio padre uscendo fuori dal suo ufficio e squadrandomi da capo a piedi con disapprovazione –E poi conciato così.- aggiunse.

Sentii le lacrime minacciare di uscire ancora  –Lontano da voi e le vostre grida.- risposi prima di uscire dalla porta e dirigermi verso il parco mentre pian piano ricominciavo a piangere.

Non ne potevo davvero più.
 

 

Il parco sembrava deserto come al solito quando arrivai.

Le lacrime continuavano a scendere e io mi fermai un attimo per pulirmi cercando di mantenere un contegno, sapevo che non ne valeva la pena struggersi tanto.

-Sei in ritardo.- sentii dire ad un tratto, cogliendomi di sorpresa. Non avevo idea che ci fosse qualcuno.

Mi voltai di scatto e vidi Tom che mi raggiungeva a grandi passi con le mani infossate nelle tasche dei pantaloni e i capelli racchiusi in una coda che svolazzavano al vento.

-Oh?- Ah… sei tu Tom.- fu la mia reazione, perplessa e spaesata dal trovarmelo lì. Piegai leggermente la testa per impedirgli la visuale del mio viso mentre con una mano cercavo di mettere in sesto il trucco leggermente sbavato dalle lacrime.

Lui mi guardò con un sopracciglio alzato -Ti eri dimenticato che sarei venuto? Così mi offendi.- fece facendo una piccola smorfia da finto offeso che in altre circostanze mi avrebbe fatto ridere.

Io però mi sentivo una merda. Cioè, perfetto, no? Non solo ero reputato un coso agli occhi di mio padre, mi dimenticavo pure di Tom. Mi dimenticavo di lui che non mi aveva fatto assolutamente nulla. Benissimo. Che razza di persona ero?? Mi sentivo così male in quel momento che stavo per rimettermi a piangere, cercai in tutti i modi di trattenere le lacrime e guardarlo per come potevo in viso.

Cercai di sorridere -Veramente sì, scusami. Mi mamma mi ha chiesto di…- iniziai a dire, cercando di pensare la prima cosa che mi veniva in mente ma fui interrotto da lui.

-Ehi, ma stai piangendo?- mi chiese aggrottando le sopracciglia e avvicinandosi velocemente a me mentre io sentivo distrattamente le lacrime sotto le palpebre scivolare.

-Cosa?- feci cercando di essere tranquillo e portando una mano sotto all’occhio per toglierle subito -No, è solo… questo vento, mi ha portato la polvere nei occhi.- cercai di mentire.

Tom non mi badò -No, tu stai proprio piangendo.- affermò ad un soffio da me, guardandomi preoccupato  -Ehi, che hai?- mi chiese dolcemente togliendomi la mano da sopra gli occhi. Non appena la tolsi non feci a meno di notare la nostra vicinanza, il suo respiro caldo sbattere contro la mia pelle e quei bellissimo occhi che mi scrutavano attenti.

Lui era così dolce e bello… come potevo assillarlo con i miei inutili problemi?

Sorrisi rassicurato -Niente… è solo una giornata no.- affermai già sentendomi meglio con lui vicino.

-Sicuro?- domandò scrutandomi bene -Se vuoi parlarne io sono qui.- aggiunse.

-Non preoccuparti sto bene.- risposi tranquillo, ormai le lacrime avevano smesso di scendere.

-Okay, se lo dici tu.- sospirò infine lui col fare rassegnato e con mio rammarico si allontanò di un passo da me -Ci sediamo? È da tutto il giorno che sono in piedi e sono davvero stanco…- spiegò indicando il terreno accanto ad un albero per poi buttarsi a terra.

Lo seguii a terra, osservandolo con un sopracciglio alzato -Che hai fatto?- domandai.

-Oh, nemmeno immagini…- cominciò lui sorridendo e iniziando a raccontare delle sue folli avventure.
 
Passammo così svariati minuti, forse ore, chi può dirlo? Con Tom il tempo scorreva veloce e tutto acquisiva un senso. Mi bastava stargli accanto per sentirmi bene, tranquillo, nessun problema inutile mi assillava la testa. Avrei passato il giorno e la notte con lui lì a parlare ma dubito che riusciremo a durare così tanto.




 
Running through the monsoon
Beyond the world



 

Stavamo ancora parlando quando all’improvviso sentii una goccia bagnarmi il dorso della mano.

-Acqua? Sta iniziando a piovere?- domandai incredulo alzando il viso in alto e osservando con il sopracciglio destro alzato le nuvole in alto leggermente scure.

Tom fece lo stesso ed pochi secondi dopo fitte gocce di pioggia iniziarono a cadere, sempre più veloci –No!- mi lamentai incredulo –Non è possibile…- aggiunsi più a bassa voce tornando a guardare terra e cercando di coprire la testa e il mio quaderno col giacchetto ma con pochi risultati.

“Fino a pochi secondi fa tirava aria calda, come è possibile??” mi chiesi in testa sconvolto.

-Oh, cazzo…- sentii dire da Tom per poi vederlo tirarsi in piedi velocemente -Presto, alzati. Meglio andarsene di qui.- disse porgendomi la mano per aiutarmi.

Afferrai la sua mano e in un secondo mi tirò su in piedi -E dove andiamo?- chiesi guardandomi attorno ma vedendo solo alberi.

-Non ne ho idea. Ma bisogna trovare un riparo.- rispose lui guardandosi intorno frettoloso -Presto, vieni!- aggiunse prendendomi per mano -Per di qua!- e si mise a correre da una parte, verso l’uscita del parco.




 
To the end of time
When the rain won’t hurt
 




-Ma che…- cercai di dire.

Rimasi confuso da tutta quell’azione, forse perché in tutto quel trambusto sentivo solo la mano calda di Tom stringere forte la mia mentre mi tirava da qualche parte della città.

Alla fine finimmo per ripararci sotto una fermata di un bus. Avevamo il fiatone e completamente inzuppati, nonostante questo però le nostre mani non si erano ancora staccate.

Voltai lo sguardo verso la strada completamente deserta mentre la pioggia diventava sempre più fitta fino a sembrare sempre di più ad una tempesta.

-Visto? Appena in tempo.- affermò Tom indicando l’alluvione -Qui saremo al riparo.-aggiunse poi voltandosi verso di me e sorridendomi.

Lo osservai un attimo, pensando cosa dire. Poi il mio sguardo cadde sulle nostre mani che ancora si tenevano anzi, ero io che continuavo a stringere la sua senza rendermene conto. Imbarazzato mollai subito la presa e guardai a terra, mentre tiravo fuori da sotto il giacchetto il quaderno e costatavo che era fortunatamente asciutto. Lo stesso però non si poteva dire di noi…




 
Fighting the storm
Into the blue




 
-Forse ma ormai ci siamo già infradiciati tutti e due.- dissi sentendo i vestiti aderire completamente alla mia pelle e l’acqua, insieme al freddo, passarmi sotto i vestiti, poi però ricordai una cosa -Cavolo… no… non il trucco! Oh, perfetto…devo essere orribile…- inizia a lamentarmi terrorizzato da come dovevo sembrare, portandomi le mani in viso e cercando di tastare, costatando che in effetti ormai dovevo sembrare un clown mal riuscito.

“Quanto odio la pioggia!” pensai sconvolto, chiedendomi come fossi riuscito a parlare tranquillo con Tom fino a quel momento e, quando aveva iniziato a piovere, non essere andato nel panico come mio solito ma lamentarmi solo in quel momento.

Tom mi osservò divertito -No, non è vero…- affermò.

Gli lanciai un occhiata storta per poi voltarmi per metà, pieno di vergogna, per evitare che mi vedesse in quelle condizioni -Sì che è vero! Sembrerò un panda ora, fantastico!- continuai a lamentarmi.

Lo sentii ridere con mio disappunto -Un panda? Ma che dici?- affermò e feci una smorfia a quelle parole, quest’ultima morì quando aggiunse -Sei stupendo.- con tranquillità.

Rimasi un attimo ammutolito -Cos… mh… non prendermi in giro!- dissi infine, non mi sembrava il caso che si mettesse a fare lo spiritoso su una cosa simile. Non c’era mica da scherzare quando si trattava del mio aspetto, che sia chiaro.

-Non ti prendo in giro, Bill. Sono serio.- disse ed un attimo dopo sentii le sue mani prendermi il viso e farmi voltare verso di lui, era vicinissimo, sentivo il suo respiro su di me per la seconda volta quel giorno -Sei bellissimo.- soffiò dolcemente con un bellissimo sorriso in volto che mi fece battere il cuore a raffica.




 
And when I lose myself
I’ll think of you




 
-Tom…- sussurrai perdendomi in quei occhi nocciola così luminosi.

Lui posò il pollice della mano sulla mia guancia e l’accarezzò con gentilezza. Rabbrividii a quel contatto mentre i nostri occhi non si staccavano un secondo gli uni dagl’altri. Poi lo vidi avvicinarsi, pian piano, lentamente, come se volesse darmi il tempo di scrostarmi per evitare che accadesse. Ma io non mi mossi, lo volevo. Ed infine, finalmente, sentii le sue labbra posarsi con delicatezza sulle mie, dolcemente, non c’era alcuna malizia. Un semplice tocco che ebbe il potere di farmi battere il cuore così veloce da sentirmi al settimo cielo per le meravigliose emozioni che mi dava.

Si staccò da me poco dopo ma rimase ad un soffio da me ad osservarmi, come per vedere la mia reazione. Io però ero ancora fermo, troppo incredulo per fare qualsiasi cosa. Vide la mia reazione come un permesso per continuare e le riposò sulle mie labbra, sta volta con un po’ più forza, muovendo le sue sulle mie. Sta volta volli reagire e cercai di ricambiare, piano e impacciato, a modo mio.




 
Together we’ll be running somewhere new




 
Poi però mi resi conto di quello che avevo fatto e mi staccai di scatto, vergognandomi, pentendomi subito dopo di quello fatto non appena vidi la sua faccia leggermente delusa.

-…Tom..- cercai di dire osservandolo negli occhi.

-Forse ho affrettato le cose, scusami…- affermò sorridendomi appena. I miei occhi si posarono sulle sue labbra e quindi li distolsi subito.

Scossi la testa -N..non fa..nulla.- risposi ma guardando in basso.

-Sicuro?- domandò.

-Sì.-

Lo sentii ridacchiare -Ma non mi guardi più in faccia.-affermò e mi prese di nuovo il mento per alzarlo e riguardarlo nei occhi -Ecco, così.-  aggiunse -Allora?-

Andai nel panico e arrossendo appena iniziai a guardarmi attorno per non guardare lui -S..scusa. Non volevo è che…- cercai di dire inventandomi qualcosa ma non mi venne in mente nulla -…mi viene da guardarti le labbra ora quindi… preferisco tenere gli occhi bassi...- affermai alla fine schietto.

Sentii un secondo di silenzio, seguito dalla sua risata  -Che hai da ridere?- chiesi irritato dalla sua reazione e tornando a guardarlo.

Tom sorrideva ancora -Sei tenero.- affermò.

Alzai un sopracciglio -Tenero?-domandai.

Non era proprio quella la risposta che mi aspettavo. Tenero, a mio parere, indicava qualcosa di morbido e carino come un animale o un peluche. Sentirmi dare del tenero mi faceva sentire come un grande pupazzo. Forse in quel momento assomigliavo davvero a un panda e lui mi stava soltanto prendendo in giro.

-Già…- rispose ma doveva essersi accorto della mia occhiata perché aggiunse sorridendomi -Così mi rendi difficile non baciarti.- affermò.

Sorrisi anch’io appena, a quelle parole -Allora perché ti trattieni?- domandai.

Non aspettai molto che Tom si era avvicinato e mi stava già baciando. Sta volta con più impeto ma rimaneva sempre dolce mentre lo faceva. Non volli aspettare sta volta, ricambiai subito. Era così buono il sapore di Tom, era leggermente amarognolo ma era buono. Sentii la sua lingua solleticarmi le labbra, sorrisi e la lasciai entrare in contatto con la mia. Solo poco dopo che non ce la feci più per mancanza d’aria e ci fermammo.

Il ragazzo coi dread mi osservò leccandosi le labbra -Mhm… sai di biscotti. Non lo avrei mai detto.- affermò prendendomi per la vita ed attirandomi a sé finché non sbattei contro il petto di lui, in quello che sembrava il tutto e per tutto ad un abbraccio.

-Oh… ehm… li ho mangiati prima di venire.- risposi imbarazzato.

-Sono buoni.- rispose lui tranquillo.

-La prossima volta te ne porto qualcuno, se vuoi.-




 
Through the monsoon




 
-Va bene. Ora però…- affermò affondando il viso sulla mia spalla, in mezzo ai miei capelli -Stiamo così.- aggiunse continuandomi a stringere.

In tutta quella vicinanza tra di noi non mi scomposi e mi limitai a chiudere gli occhi ed aspirare il suo buon profumo -Perché?- non feci a meno di chiedere curioso della risposta.

Lo sentii rimuginarci sopra col fare indeciso -Veramente avrei più di una ragione per far questo ma…- iniziò col dire -Sei bagnato e mi sembravi infreddolito.- affermò e mi parve davvero sincero da come mi strinse in modo dolce -Questo è l’unico modo che conosco per riscaldarti… visto che ormai anche i miei vestiti sono fradici e non posso darti qualcosa per coprirti.- finì col dire.

Sorrisi contro la sua spalla per poi accoccolarmi il più possibile contro di lui, mettendomi più comodo -E per quanto dovremo stare così, Tom?- domandai poi, richiudendo di nuovo gli occhi, concentrandomi solo su Tom e sulle sue braccia attorno alla mia vita.

-Beh direi… almeno finché non smette di piovere.- fece -Qualche obiezione a tal proposito?- domandò poi con un accenno di ironia che non mancai di notare.




 
Just me and you




 
Sorrisi ancora -Nessuna.-

-Perfetto.-

E, anche quando la pioggia smise di cadere, rimanemmo così abbracciati ancora per un po’.










Deliri dell’Autrice

Questa settimana riesco ad aggiornare solo oggi, quindi… ecco a voi le mie annotazioni senza senso e ragione. Vi ripeto, leggete le note che vi interessano, non voglio costringervi a leggere tutta ‘sta roba.

-Litigio: Non uccidetemi! Posso spiegare, giuro. I genitori quando litigano tendono a dirsene di tutti i colori e gli viene naturale poi scaricare la loro frustrazione su persone lì intorno (figli). Quindi non pensate che io cova per il padre dei gemelli chissà quale odio immaginario oppure che lo voglia far diventare il cattivo della situazione, il mio era solo riprodurre una classica scena di accanimento sul figlio. E Bill, beh, visto come si esprime esteticamente, mi è parso ovvio che il padre si lamentasse per il suo stile.
-Senso di colpa di Bill: Se qualcuno si sta chiedendo perché Bill cerca di prendersi la colpa delle litigate dei suoi, sappiate che è la tipica reazione (o, almeno, buona parte) di chi ha genitori che litigano spesso come Bill.
-Baci: Ho affrettato un po’ le cose? Vi prego ditemi se vi sembra esagerato tutto, sono la prima che vuole procedere a piccoli passi. Ma d’altra parte vi ricordo che Monsoon non è una canzone a strofe infinite e quindi non posso pensare di far chissà quanti capitoli.
-Tempo: Il clima può variare dal caldo al freddo tutto d’un colpo?? *guarda fuori il sole che abbronza dopo ore di diluvio universale* Beh, sì.
-Traduzione: Corro attraverso il monsone/ Oltre il mondo/ Alla fine del tempo/ Dove la pioggia non ferirà/ Combatto la tempesta/ Nella sofferenza (no, non blu)/ E quando perdo me stesso/ Penso a te/ Insieme correremo in un posto nuovo/ Attraverso il monsone/ Solo io e te.

Che fatica gente… nient’altro da appuntare per fortuna… spero. Fatemi sapere che ne pensate!
Alla prossima,
QOS

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***



Disclaimer: Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. I personaggi di questa Fan Fiction non mi appartengono - con mio grande dispiacere -, niente di tutto ciò è vero, poiché è soltanto frutto della mia mente malata.


 
Monsoon
 
Capitolo 4















Ci trovavamo seduti sull’erba, addossati ad un albero. Tom era seduto perfettamente con l’intera schiena che aderiva al tronco mentre io solo in parte, dato che tenevo appoggiata la testa sulla sua spalla.

Stare accanto a lui era bellissimo. Non mi vergognavo di stargli accanto, la sua presenza mi tranquillizzava e mi riempiva il cuore di bellissime emozioni stargli anche solo così vicino. Tom sembrava dello stesso parere in quando era stato lui a sedersi così vicino a me quel giorno al parco e a chiedermi se volessi appoggiarmi a lui. Era così bello stargli accanto… mi sentivo così bene che sarei potuto scoppiare per tutta la felicità che avevo in corpo.

Tenevo chiuso il quaderno sulle mie gambe, non avendo voglia di scrivere, e giocavo distrattamente con la mano di Tom, osservandogli le dita e accarezzandogliele. C’era il silenzio tra di noi ma era così leggero, così rassicurante, si stava bene lo stesso.

Ad un tratto una folata di vento passò e mi fece corrugare le sopracciglia -Questo vento sembra non volerci dare tregua.- affermai sentendo quell’aria calda solleticarmi la pelle nuda.

Un'altra folata arrivò e mi colpì in viso, scompigliandomi i capelli e facendone cadere alcune ciocche davanti agli occhi. Sospirai stizzito della cosa, dato che li avevo appena messi in ordine e mi misi a fare il broncio in modo seccato.

Sentii una mano passarmi sul viso e spostare le ciocche indietro per scoprirmi il volto -Mhm. Gli saremo simpatici.- commentò Tom e quando mi tolse anche l’ultimo capello da davanti la faccia, ebbi in primo piano il suo dolcissimo sorriso che al sol vederlo mi veniva voglia i allungarmi e baciarlo.

Cercai di cacciare indietro quel pensiero, mordendomi il labbro -Cosa ti fa pensare di essere simpatico ad un vento?- domandai poi.

-Io sto simpatico a tutti.- rispose ghignante il ragazzo coi dread.

Risi a quella risposta -Oh, beh, allora…- commentai per poi farmi pensieroso a un ricordo lontano -Mi sembra di averlo studiato a lezione…- affermai poi.

-Cosa?- domandò alzando un sopracciglio.

-Il vento, intendo.- risposi spiegandomi -Penso abbia un nome, ma non ne sono sicuro.-

Tom sembrò rifletterci un attimo, guardandosi attorno leggermente pensieroso -Un vento con un nome eh? Mhm, farò delle ricerche.- affermò osservando i rami muoversi.

-Dici davvero o era sarcasmo?- domandai io, sta volta fu il mio turno di accigliarmi.

Si voltò verso di me e mi parve serio -Sono serio. Chi è che da un nome al vento??- aggiunse poi -Devo assolutamente informarmi sull’idiota che lo ha fatto.-

-E perché?- domandai, sembrava avesse preso la cosa a cuore.

-Così posso riferirmi a lui con un nome e dargli dell’idiota.- rispose ovvio, ghignando.

Ridacchiai e gli diedi una leggera spinta -Scemo.- gli dissi. Per un attimo avevo davvero creduto che fosse serio per una volta.

-E così che posso ringraziarlo.- aggiunse.

Smisi di sorridere e lo guardai non capendo -Ringraziarlo?- ripetei  -Per cosa?-

Rividi comparire sul suo volto quel dolce sorriso -Per avermi fatto incontrare te.- affermò avvicinandosi e stampandomi un bacio sulla fronte.

-Tom…- sussurrai rimanendo immobile a guardarlo, troppo incredulo per dire qualcosa. Mi sembrava impossibile che avesse detto una cosa simile riferendosi a me, mi sentivo come se stetti per scoppiare. La felicità era tanta, ma così tanta da lasciarmi incredulo.

Allungò una mano e mi prese per la vita -Vieni qui.- disse attirandomi a sé fino a ritrovarmi tra le sue braccia enormi, forse dovute al fatto che la sua felpa era il triplo più grande di lui -Sto così bene con te, Bill.- affermò appoggiando la testa sulla mia spalla e stringendomi a sé  -Non ho idea di cosa tu mi abbia fatto, ma sono felice che tu ci sia riuscito.- affermò.

Sorrisi e ricambiai la stretta, godendomi appieno quel momento bellissimo -Non ho fatto nulla.- affermai abbandonandomi a lui e aspirando il suo odore.

-Deve essere stato quello allora.- rifletté lui  -Comunque… possiamo rimediare.- aggiunse poi. Non avevo di certo bisogno di vederlo per sapere che stesse sorridendo in modo malandrino come tutte le volte che aveva in mente qualcosa.

-Rimediare? E come?- domandai staccandomi per osservarlo mentre lui allargava il sorriso.

-Che fai sta sera?- domandò a sua volta.

Feci finta di pensarci su, temporeggiando volontariamente -Beh, vediamo…- iniziai col dire -Devo fare il bagno, fare i compiti per scuola, rifarmi la tinta, andare a fare shopping, farmi le unghie…-

-Bill…- mi interruppe lui, in modo rassegnato.

Sorrisi -Scherzavo, scherzavo.- lo rassicurai  -Nulla. Come al solito.- gli confermai sorridendo in modo innocente.

Lo vidi assumere una faccia perplessa e sospirare -Sei incredibile.- affermò, spuntandogli il sorriso ancora una volta.

-Lo so.-

-E estremamente egocentrico.- aggiunse.

Mi avvicinai un po’ di più a lui, per stargli più appiccicato -Sempre non più di te, non te lo scordare.- gli ricordai.

-Certo, come potrei?- affermò sorridendomi -Comunque… che ne dici di uscire?-

-Va bene. Che hai in mente?-risposi certo di esserci, i miei non avrebbero rotto tanto quella sera, tanto come al solito sarebbero stati troppo impegnati a litigare per accorgersi della mia assenza.

Tom assunse un espressione enigmatica -Sarà una sorpresa.- promise.

Alzai un sopracciglio scettico -Ti avviso che i locali non fanno per me, vengo costantemente scambiato per una donna da ubriachi che cercano di abbordarmi.- raccontai poi.

A me piaceva uscire, per carità. Purtroppo per colpa del mio aspetto si era rivelato sempre un completo fiasco ogni serata e quindi ci avevo praticamente rinunciato. Ma mi sarebbe davvero piaciuto andare in un locale con qualcuno e divertirmi una volta tanto.

-Allora non c’è nessun problema, ho in mente altro.- mi rassicurò ma poi lo vidi aggrottare le sopracciglia in modo serio  -Però riguardo il fatto dell’abbordaggio… me lo segno, non ti farò mai entrare in un locale.- giurò.

Sgranai gli occhi -Cosa?? Perché? Non è colpa mia.- mi lamentai.

-Oh, questo lo so.- affermò risoluto  -Ma non sarebbe l’ideale una serata in cui mi metto a fare a botte con lo spiritoso di turno.- aggiunse col fare sarcastico ma mi sapeva tanto di minaccia.

Sbattei un paio di volte le palpebre a quelle parole e decisi che era meglio non interferire -Okay, okay allora no.-


 
 
-Tom?-

Mi guardai attorno per il parco, era buio e io ero arrivato con un leggero ritardo sul luogo dell’incontro. Tom mi aveva detto di venire lì. Mi ero tutto agghindato, profumato e lustrato per lui ma in mezzo a tutto quel buio era già tanto che vedessi dove mettevo i piedi.

-Sono qui!- sentii la sua voce poco lontano e mi diressi verso dove proveniva.

Quando lo trovai, lo vidi a terra su una coperta a cerare di manovrare con una sottospecie di lanterna e accenderla in modo che facesse luce. Sorrise quando ci riuscì e si voltò verso di me in modo vittorioso.

Lo guardai li a terra con un sopracciglio inarcato -Che ci facciamo qui??- domandai.

Mi sorrise -Non lo vedi?- domandò aprendo le braccia -Guardiamo le stelle!-

-Le stelle?- ripetei incredulo.

Lui si fece serio -Non ti piacciono le stelle?- domandò preoccupato che la sua idea non mi piacesse.

Mi affrettai a rispondere il contrario –No no  no… mi piacciono. Non ti facevo tipo da stelle.- dissi, ed ero sincero. Infatti Tom lo facevo più da amici, cinema e uscite per locali. Certamente non da stelle.

-Beh, non mi conosci ancora allora.- affermò sorridendo mentre mi guardava da capo a piedi compiaciuto.

Mi sentii in imbarazzo sotto quello sguardo -Già… questo è vero…- risposi.

-Avanti, vieni qui.- disse facendomi cenno di raggiungerlo sulla coperta nell’erba.

All’improvviso mi sentii rigido-Va bene…- affermai  sedendogli accanto imbarazzato -Eccomi.- affermai e lo guardai sottopressione da quello sguardo fisso e costante sulla mia figura -Perché mi guardi così?- domandai alla fine.

Tom sorrise -Sei bellissimo.-

Sentii le guance colorarsi di rosso -Ehm… beh, an..che tu ..sei molto bello.- risposi imbarazzato.

Tom indossava una maglia rossa larga e jeans enormi. Una fascia alla testa nera e il cappellino rosso. Ero sincero, per me così era bellissimo.

-Grazie.- rispose  -Avvicinati, non mordo.- affermò.

Esitai un attimo -Non è questo a rendermi nervoso.- ammisi.

-Se pensi a quello, non ho intenzione di fare nulla con te.- mi rassicurò avvicinandosi lui a me per poi allungare una mano ed accarezzarmi il viso -È ancora presto e poi… non c’è alcuna fretta.- affermò sorridendo dolcemente.

Mi sentii sciogliere e annuii per poi posizionarmi con lui a terra stesi sulla coperta. Mi accoccolai contro di lui e Tom spense la lanterna per vedere meglio il cielo. Anche se era buio potevo lo stesso vedere i tratti di Tom, illuminati dalla leggera luce della luna.

-Se si fa freddo a stare qui?- domandai dopo che ci fummo sistemati a terra.

-Con l’aria calda che circola? Ne dubito.- rispose lui sicuro di sé  -Ma in ogni caso sono previdente e ho preso una coperta.- affermò poi facendo un gesto accanto a sé dove doveva esserci la citata in questione.

Mi sorpresi -Hai pensato a tutto.-

-Sono un genio.- sorrise modesto il ragazzo coi dread.

-E da mangiare?- domandai.

-Oddio, ho dimenticato di prendere da mangiare!- affermò sconvolto irrigidendosi e posandosi una mano sul viso, sconvolto.

Risi a quella visione -Fa niente. Io ho già mangiato. Non ricordi? Me lo hai mandato tu il messaggio che diceva di farlo.- gli ricordai e lui sbarrò gli occhi, abbassò la testa e mi guardò incredulo.

-Bill!- gridò -Mi hai fatto perdere due anni di vita!- fece.

Era bello sapere che non ero l’unico ad essere nervoso a quella serata. Tom lo era quanto me se si dimenticava pure quello che lui stesso aveva fatto. Si era proprio organizzato per quella serata, l’aveva pensata nel minimo dettaglio.

Un attimo…

“Questo è un appuntamento?!” pensai sconvolto da quella scoperta “Il nostro primo appuntamento??!” aggiunsi mentre pian piano quella consapevolezza mi era arrivava. A volte ero davvero lento di comprendono per certe cose.

Cercai di sembrare tranquillo quando mi allungai e gli baciai la punta del naso come gesto di perdono -Scusa. Non ho resistito. Eri troppo sicuro di te, mi hai tentato.- affermai.

Quando mi staccai lo vidi sorridere malizioso e la cosa non mi piacque per nulla -Beh… se è per questo tu mi tenti a fare dell’altro…- affermò circondandomi la vita e attirandomi a sé fino ad avere il viso a pochi centimetri dal mio.

Unì le nostre labbra in un bacio profondo e lento, in cui le nostre bocche si muovevano cercandosi a vicenda. Sentivo la lingua di Tom solleticarmi le labbra e spingere, insistendo per poter entrare nella mia bocca. Glielo permisi e mi passò un brivido per tutto il corpo quando sentii le nostre lingue entrare in contatto e mescolarsi tra loro in un piccolo gioco che mi piaceva un sacco.

Solo dopo un po’ si staccò da me, sorridendomi e baciandomi dolcemente sulle labbra un altro paio di volte per poi scendere con la bocca lungo la mascella, baciare l’orecchio e andare giù fino al collo, dove lo lambì e me lo succhiò appena. Sentii le sue mani passarmi lungo il corpo, lentamente, solleticandomi la pelle esposta, poi sentii le sue dita alla fine della mia maglia infilarsi sotto al tessuto, insinuarsi al suo interno e accarezzandomi il ventre, risalendo pian piano.

Iniziai a sentire il respiro farsi irregolare e un leggero disagio invadermi -Tom…- sussurrai piano chiamandolo, mugugnai di piacere quando sentii la sua lingua passare sul mio collo, pervadendomi di brividi.

-Mh?- domandò non fermandosi dal suo operato.

Presi un grande respiro per calmarmi -Non eravamo qui a vedere le stelle?- domandai.

-Sì… ma non preoccuparti, mica scappano.- rispose e potei sentire il suo sorriso formarsi contro la mia pelle. Riprese a continuare il suo lavoro ed io ormai mi ero rassegnato a farlo fare, era così piacevole quella marea di sensazioni che non avevo le forze per contrastarlo.

Poi ad un tratto il vento lanciò una volata forte, e Tom si accigliò a quello -Cazzo, questo vento sta iniziando a rompermi le palle…- affermò seccato dall’interruzione.

Approfittai del momento per dire la mia -Penso che lui sia d’accordo con me sul guardare le stelle.- dissi.

Sbuffò e lo vidi spostarsi da me e mettersi al mio fianco. Divenni rosso al pensiero che in mezzo a tutte quelle sensazioni non mi ero neppure reso conto che Tom si era posizionato sopra di me.

-Uff… che rompi che siete entrambi a volte…- commentò il ragazzo coi dread mettendo sul broncio.

-Dai, non fare così.- risposi avvicinandomi e accarezzandogli il braccio poi il mio sguardo cadde sul cielo stellato sopra di noi e mi si illuminarono gli occhi dalla meraviglia -Guarda il cielo! È bellissimo.- affermai felice.

Lui guardò in alto e sorrise -Già, e dire che qui in città sono pochi i posti in cui si vedono così bene.-

-Siamo fortunati.- commentai poi, guardando sempre in alto e, passando stella dopo stella, finii col guardare la luna  -La luna è mezza stanotte.- aggiunsi. Non ne sapevo nulla sul calendario lunare e qualcosa mi diceva che neppure Tom sapeva nulla in materia.

-Pigrona.- sbottò il ragazzo coi dread in direzione del cielo  -Ha saputo che sarei venuto io a vederla, non gli sono mai stato simpatico.- affermò.

Risi quell’affermazione senza senso e mi voltai per osservarlo -Per quale motivo dovrebbe avercela con te??- domandai.

-Una volta mi sono ubriacato così tanto che sono uscito fuori dal locale per poi urlargli contro. Le ho dato della poco di buono e le ho detto che era grassa.- raccontò velocemente e poco dopo mi misi a ridere a quella storia -Perché ridi?- domandò leggermente accigliato.

-Chissà perché ma riesco ad immaginarmi la scena.- risposi sincero. Ce lo vedevo proprio.

-Ridi, ridi, io non ho riso così tanto quando la mattina dopo ero sotto l’effetto del dopo sbornia e i miei amici me lo hanno raccontato.- ribatté lui sarcastico.





 
A half moon’s fading from my sight




 
Smisi di ridere -Perché hai bevuto così tanto quella volta?- domandai allora curioso.

Lui si limitò a verseggiare come se non volesse rispondere a quella mia semplice domanda -Mhmm…-

-Tom?- domandai vedendolo così serio.

Strinse le labbra e guardando il cielo parlò -I miei si erano separati.-

-Oh.- affermai, capendo che avevo sbagliato ad insistere.

-Non l’avevo presa proprio bene allora, soprattutto quando mi chiesero di scegliere con chi stare.- spiegò cercando di sembrare tranquillo mentre parlava ma a me sembrava di sentire urlare di dolore il suo cuore a quei ricordi -Come potevo scegliere tra uno di loro?- domandò sussurrandolo appena rivolto al cielo.

Mi intristii e lo guardai sentendomi male -Mi dispiace Tom…-

E mi dispiaceva per davvero.

Mi dispiaceva avergliene fatto parlare. Mi dispiaceva quello che gli era successo. Mi dispiaceva non riuscire a dire nulla per fargli capire il mio dispiacere. Mi dispiaceva che avesse sofferto così tanto. Ma soprattutto mi dispiaceva che quando quello era successo io non fossi stato al suo fianco per confortarlo.

-Già…- rispose lui voltando il viso verso di me e sorridere leggermente  -…dispiace anche a me.- aggiunse e in quei occhi, quelle iridi che tanto mi piaceva osservare, erano velati di malinconia e tristezza.

Una tristezza che mi sarebbe piaciuto poter spazzare via ma non sapevo come. Mi sentivo impotente.

La luce lunare, quella flebile luce, mi permetteva di vedergli il viso. Così bello, così triste…




 


 
I see you vision in it’s light




 
Mi spostai e mi misi in parte su di lui. Appoggiai la testa sul suo petto e circondai il suo corpo con le braccia.

-Ehi, che fai?- domandò con un sopracciglio inarcato, osservandomi.

-Ti abbraccio.- risposi semplicemente.

-Per quel motivo? Non volevi vedere le stelle?- domandò non capendo cosa effettivamente volessi fare quella sera.

Feci spallucce -Ho solo pensato di farti quello che penso che avrei avuto bisogno io, tutto qui.- risposi stringendolo un po’ di più -E poi… che si fottano le stelle.- aggiunsi.

Il suo petto si mosse su e giù un paio di volte e dal suono che ne seguì potei capire che stesse ridendo -Grazie Bill…- lo sentii dire ricambiando il mio abbraccio e stringendomi a sua volta.

Sorrisi -Grazie a te di avermi fatto venire qui questa sera.-

Ci fu un attimo di silenzio in cui nessuno dei due disse nulla.

-Bill…- mi chiamò.

Alzai il viso ed incrociai i suoi occhi -Sì, Tom?- domandai.

Si allungò appena e mi stampò un dolce bacio sulle labbra, sorridendo dolcemente contro di esse  -Non vorrei essere da nessuna parte se non qui con te.- affermò una volta staccato, osservandomi sorridente.

Ricambiai il sorriso -Neppure io.-  


 
 
La mattina dopo mi svegliai col sole che mi infastidiva gli occhi e che non mi permetteva di vedere bene attorno a me.

Immediatamente avevo pensato alla sera prima quando i miei occhi si posarono su degli alberi e mi resi conto che avevo dormito nel parco senza dire nulla ai miei. Sbadigliai, pensando alla ramanzina che mi sarebbe toccata una volta a casa e allungai una mano alla ricerca di qualcuno.




 
But now it’s gone and left me so alone




 
-Tom…- lo chiamai tastando alla sua ricerca con ancora gli occhi chiusi ma non lo sentii rispondere  -Tom.- ripetei e, quando la mano passò tutta la coperta arrivando all’erba senza trovarlo e si fermò, li aprii e mi guarda attorno confuso.

Mi tirai immediatamente seduto, osservando il parco velocemente nella speranza di vederlo  -Tom?- domandai ancora ma nulla.

Tom non c’era.











 
Deliri dell’Autrice

Ta ta da dannn! Eccomi con colpi di scena inaspettati e paroline dolci da far venire il diabete. Okay, la smetto, veniamo alle note.

-Città: Forse qui qualcuno se lo starà chiedendo (spero di no veramente) ma non ho specificato in che città siamo in questa storia. Il perché non l’ho fatto? Loitsche, Magdeburgo, Amburgo, Berlino, Los Angeles… Sentite, non specifichiamo qui okay? Ognuno scelga la cittadina-paesino che più gli piace.
-Appuntamento: Ho già detto che mi piace fare le cose con calma, anche se li ho fatti più intraprendenti nel capitolo precedente voglio lo stesso fargli fare la coppietta alle prime armi (che apprezzo particolarmente). Ci sono riuscita?
-Traduzione: Una mezza luna scompare dalla mia vista/ Vedo la tua visione nella sua luce/ Ma ora se ne è andata e mi ha lasciato così solo.

Oh beh, già finito… che fortuna! Nient’altro da appuntare. Fatemi sapere che ne pensate!
Alla prossima,

QOS


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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



Disclaimer: Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. I personaggi di questa Fan Fiction non mi appartengono - con mio grande dispiacere -, niente di tutto ciò è vero, poiché è soltanto frutto della mia mente malata.



 
Monsoon

Capitolo 5















Avevo cercato per minuti interi Tom, ma senza alcun risultato. Avevo setacciato il parco e chiamato a gran voce il suo nome mentre il panico mi assaliva e il cuore mi batteva così forte in petto da farmi male. Ma niente, di lui nessuna traccia.

Ad un certo punto mi rassegnai all’idea che mi avesse abbandonato e mi diressi con passo pensante verso casa. Mi sentivo male, troppo male. Come aveva potuto lasciarmi così senza dirmi niente? Andarsene senza neppure lasciare un biglietto?

Forse lo avevo stancato. Forse non gli piacevo come credevo che invece fosse. Forse per lui ero stato un semplice svago per passare il tempo. Forse a lui, di me, non gliene importava nulla.

Con questi pensieri e un macigno che mi pesava nel petto aprii la porta di casa e mi diressi a passi lenti verso le scale. Volevo soltanto entrare in camera mia, buttarmi sul letto e non muovermi più di lì per il resto della mia vita. Possibile che una persona potesse farti sembrare di toccare il cielo e, ha distanza di un paio d’ore, sprofondare nella terra? Non sapevo come era successo, ma Tom era entrato in me troppo profondamente per riuscire ad andarsene senza lasciare il segno.

-Bill!- sentii chiamare e mi voltai nell’attimo in cui mia madre uscì dal salotto in gran fretta seguita da mio padre. Dovevano avermi sentito sbattere la porta. Non avevo voglia di affrontarli, non in quel momento. Mi sentivo troppo a pezzi per riuscire a spiegare la situazione.

-Dove ti eri cacciato?!- fece mia madre avvicinandosi e guardandomi da cima a fondo –Non sei rientrato stanotte!-

-Scusate.- risposi solo, il dolore al petto era troppo per riuscire a dire qualcosa di più, mi sentivo vuoto. Era come se ad un tratto avessi perso la rotta, non trovassi più la mia stella, mi sentivo spaesato.

-Scusate?!?!- ripeté mio padre e quando posai i miei occhi stanchi su di lui vidi la sua rabbia in viso –Non ci hai contattato in nessun modo! Sei stato fuori tutta la notte senza dirci nulla! Hai idea di come ci siamo sentiti io e tua madre a non vederti più arrivare a casa?! Stavamo per chiamare la polizia!!- mi urlò contro.

Mi sentii male a quelle parole. Avevano ragione, la colpa era mia. Avrei dovuto avvertirli ma ero così preso da Tom che me n’ero dimenticato completamente. Già… e adesso chissà dov’era Tom…

-…mi dispiace…- cercai di scusarmi, affranto, con voce piccola e colpevole.

-Sono stata alzata tutta notte a cercare di chiamarti e non rispondevi, Bill!- iniziò a gridare mia madre –Cosa diavolo ti serve il cellulare che ti abbiamo comprato se non lo usi?! Sei un irresponsabile!-

Sentivo come se il mio corpo si fosse bloccato e l’unica cosa che volesse fare fosse sparire seduta stante, inghiottito dalla terra.

-Dove cavolo sei stato così conciato, si può sapere?!- continuò mio padre –Continui a conciarti in quel modo?! È per questo che non ci hai avvertito, sei stato tutto il tempo a prepararti così piuttosto che avvertire i tuoi genitore che non saresti tornato! Ti davamo per morto ormai!-

-Bill, questo da te non me lo aspettavo. Davvero.- aggiunse mia madre e quando alzai gli occhi ed incrociai i suoi pieni di delusione potei sentirmi ufficialmente di merda, quello sguardo era stato peggio di una manciata di pugnali conficcati nel petto.

Non riuscivo a dire nulla, mi limitai a stringere i pugni lungo i fianchi e tenere la testa bassa, sperando che tutto finisse il prima possibile.

-Ti rendi conto di come eravamo preoccupati, Bill?- tentò mia madre con sguardo freddo e calmo, non sembrava neppure arrabbiata. Ma non sapevo chi dei due mi facesse più paura, o lui che urlava o lei che con lo sguardo sembrava straziarmi.

-Che fai, ora piangi?!- mi riprese mio padre, ma quello era l’ultima cosa che volessi fare –Sei un cretino, ecco cosa sei! Non fai altro che uscire e rientrare quando cazzo ti pare! Dove cavolo credi di essere, in un cavolo di albergo?! Qui non stiamo tutto il giorno a starti dietro per i tuoi comodi, mettitelo in testa! Hai ormai diciotto anni e ti comporti ancora come un bambino, sei idiota per caso?! Eh?! Rispondi!!- tuonò.

Avrei soltanto voluto scomparire dalla faccia della terra.

-M..mi dispiac…- cercai di ricusarmi ma mi interruppe.

-Mi dispiace sto cazzo!- urlò mio padre –La prossima volta che vuoi andartene fuori casi senza dire niente, non scomodarti nel rifarti vedere! Non fai altro che procurare un problema dietro l’altro da quando sei in questa casa!- continuò ad urlarmi contro –Vattene di sopra in camera tua e non uscire più finché non avrai il permesso! Via! Subito! Non voglio più rivedere la tua faccia, vattene!-

Non me lo feci ripetere due volte, mi voltai e corsi di sopra chiudendomi la porta alle spalle. Era ancora rotta, così ci misi il bidone che stava accanto al mio letto, davanti, per tenerla chiusa.

Cercai di calmarmi, di essere tranquillo mentre senza un motivo preciso mettevo a posto la stanza, preferendo impegnare le mani e la mente ad altro o sarei scoppiato a piangere di nuovo e non volevo.

Presi il telefono dalle tasche dei miei pantaloni, lo accesi e lessi il numero di chiamate perse che probabilmente dovevano essere dei miei, buttai il telefono sul letto senza dargli molta attenzione, per poi tornare ai miei pensieri.

Ero davvero un cretino come dicevano? Probabilmente sì. Chi si comporterebbe mai così verso i suoi senza pensare alle conseguenze? Ero solo un idiota. Probabilmente Tom doveva essersene accorto e per questo se n’era andato. Ero tentato nel dire che aveva fatto anche bene.

Mi buttai sul letto non reggendomi in piedi e mi portai le mani sugli occhi, stropicciandoli per evitare che iniziassi a piangere come mio solito. Non era il momento e di certo non lo meritavo.

I miei avevano ragione su tutto, come sempre.

Posai lo sguardo sul telefonino e mi sorpresi di trovarlo in silenzioso ma con lo schermo illuminato in segno di una chiamata in corso. Osservai per un attimo sconcertato chi mi stesse chiamando senza muovermi di un millimetro.

Tom.

Quando finalmente elaborai la cosa presi in mano con così tanta foga il telefono e me lo portai all’orecchio rispondendo, che poi mi diedi dello stupido quando mi accorsi di avere la gola secca e non sapere cosa dire ne tantomeno come reagire.

Dovevo sembrare arrabbiato? Deluso? Offeso? Urlargli contro e basta? Ma in quel momento mi sentivo così male che faticai pure a dire un semplice ‘pronto’ per come le corde vocali mi tremavano. Mi sentivo al limite.

-Bill! Dove sei??- lo sentii subito rispondere e per un attimo rimasi incantato di risentire la sua dolce voce, anche se agitata, dall’altra parte del telefono dopo tutta quella conversazione avuta con i miei.

Rimasi per un attimo zitto mentre sentivo dall’altra parte il rumore di macchine e vento, segno che Tom era ancora fuori in giro -Dov…dove sono?- domandai non capendo la domanda, forse dovevo rispondergli male e bruscamente ma semplicemente non ce la faceva ad aggredire Tom, era contro la mia persona fare qualcosa del genere .

Perché mi aveva chiamato? Non se n’era andato e basta? Non voleva più rivedermi e fine? Perché mi chiamava? Per darmi dell’idiota pure lui?

Mi sentivo così male da trovare sollievo anche solo nel sentire la voce di Tom mentre imprecava contro un passante che lo stava per mettere sotto con la bici.

Smisi di trattenermi ed iniziai a piangere in silenzio, lasciando scorrere le lacrime e mettendomi una mano davanti la bocca per soffocare i singhiozzi -Sono a casa…- risposi cercando di sembrare tranquillo ma la voce era rotta e sentivo che a breve avrei avuto bisogno di un fazzoletto per soffiarmi il naso.

Tom sembrò confuso -A casa? Perché sei andato a cas… ohi, stai piangendo?- cambiò discorso, accorgendosi del mio stato quando mi scappò un singhiozzo.

Ormai non ce la facevo più, stavo per scoppiare.

-Perché non c’eri quando mi sono svegliato?- sputai fuori in lacrime.

“Perché non c’eri quando i miei mi hanno urlato contro?” avrei preferito dire ma la mia lingua aveva formulato altro.

-Ero andato al bar qui vicino a prendere la colazione per entrambi.- affermò piano il ragazzo coi dread.

Sbarrai gli occhi a quelle parole -Ah…- riuscii soltanto a dire. Quelle parole mi avevano fermato il respiro, come se il tempo ad un tratto si fosse bloccato.

Quindi Tom non mi aveva lasciato da solo?

-Pensavi ti avessi lasciato da solo?- domandò lui incredulo, deducendo con mia sorpresa quelle che mi passava per la testa.

Ad un tratto però, la breve felicità pervasami a quella risposta passò, sostituita dal senso di colpa. Come avevo potuto pensare questo di Tom? Come avevo potuto pensare che fosse capace di una cosa simile??

Sentii le lacrime ricominciare a scendere -Scusa…- dissi piangente sentendomi di merda.

Ero terribile. Non solo avevo deluso i miei, avevo deluso pure Tom. Lo avevo deluso non fidandomi di lui, andando nel panico per un non nulla.

-No, no, no, non piangere…- cercò di dire agitato mentre mi sentiva ricominciare a piangere -Shh… Bill, calmati. È tutto a posto, va bene? Non è successo nulla.- cercò di rassicurarmi con voce dolce, come solo lui sapeva fare.

Tirai su col naso -Mi dispiace Tom…-mi scusai ancora.

-Non preoccuparti.- rispose tranquillo  -Anzi, mi dispiace. Volevo farti una sorpresa, non ho pensato che ti saresti preso un così brutto spavento, scusami.- si scusò lui.

Ecco, lo facevo anche scusare. E per cosa??? Per avere l’idea carina di farmi svegliare con la colazione sotto al naso??? Ero pessimo, non c’era che dire, e Tom era la persona migliore del mondo. Come cavolo c’ero finito con uno come lui? Cosa avevo fatto per meritarmi tanta bontà d’animo?

-No, tu cercavi di essere gentile… sono io che…-  lo corressi cercando di prendere respiro e dire qualcosa di sensato ma non mi veniva nulla. Ad un certo punto è come se avessi perso l’uso della parola. Infondo che avrei potuto dire? Ero stato pessimo su tutti i fronti, non c’era una cosa che avessi fatto bene.

Sembrava essere una cosa naturale per me: tutto ciò che avevo o che mi succedeva di bello, io lo rovinavo.

Era colpa mia se Tom adesso si scusava per essere stato gentile. Era colpa mia se i miei si erano preoccupati a morte sta notte. Era colpa mia se avevo rovinato il primo appuntamento tra me e Tom. Era colpa mia se i miei litigavano sempre.

-Bill?- provò a richiamarmi il ragazzo coi dread non sentendomi più rispondere.

-…sono un cretino… sono solo un idiota… me lo hanno detto anche i miei. Hanno ragione.- dissi alla fine.

Non sentii più niente dall’altra parte del telefono, come se ad un tratto Tom fosse sparito. Sentivo solo il rumore delle auto e del vento, ma del ragazzo nessuna risposta.

Ad un tratto però riparlò -Bill, dimmi qual è il numero di casa tua.-

Mi accigliai -483, perché?- domandai confuso.

-Dove sta la tua finestra?- continuò a chiedere.

-Al primo piano, dietro casa ma…- risposi io ubbidiente poi ripetei -Cosa ti serve saperlo?-

Non lo sentii per un’altra manciata di minuti per poi sentire solo -Vengo lì, aspettami.-

-No, fermo. Perché dovresti venire qui?!- domandai subito sbarrando gli occhi –Tom?- domandai ma solo il suono della chiamata caduta si sentì.

Aveva riagganciato.

Mi tirai su in piedi di scatto e mi presi un fazzoletto, asciugandomi il naso e guardandomi un attimo allo specchio cercando di sistemare tutto il trucco sciolto ma più cercavo di intervenire più peggioravo l’attenzione.

Mi diressi verso il bagno per prendere lo struccante quando il mio occhi cadde sulla finestra e mi parve vedere l’immagine di qualcuno. Corrugai la fronte notando una zazzera di dread biondi coperti da un cappellino girare per i pressi di casa mia, scrutando le finestre del mio edificio con sguardo accigliato.

Aprii la finestra e mi affacciai -Tom!- urlai sorpreso. Non potevo credere che fosse davvero venuto e neppure che fosse tanto veloce da trovarsi già lì.

Il suo sguardo si illuminò non appena mi vide e mi sorrise -Ehi, ti sono mancato?- domandò con sempre quel tono provocatorio di chi la sapeva lunga.

Lo guardai perplesso mentre si avvicinava al muro e osservava i tubi di scolo della grondaia che erano in verticale attaccati all’edificio -Che vuoi fare?- domandai non capendo quale fosse il suo piano.

-Vengo da te.- rispose tranquillo -Non è ovvio?- aggiunse, buttando a terra un sacchetto di quel che ne rimaneva della nostra presunta colazione, afferrando saldamente il tubo più in alto che poteva e tirandosi su coi piedi.

-Dal di qui?? Tom, ti farai male, no!- ribattei subito sbarrando gli occhi quando lo vidi dondolare un attimo per poi darsi una spinta da una parte finché non riuscì a posare i piedi sopra il ripiano della finestra dell’appartamento sotto al mio. Lo vidi sorridere contento e riaggrapparsi al tubo pronto a scalare più in alto.

 -No, Tom, fermo! Vattene, è troppo in alto!- cercai di scacciarlo via come potevo ma lui sembrava cocciuto.

-Dimentichi con chi stai parlando.- ribatté lui mentre si aggrappava al tubo e iniziava la risalita facendo forza con le braccia.

Sembrava una piccola scimmia con i dread mentre risaliva fino ad arrivare alla mia finestra del primo piano e allungare i piedi per finire sul ripiano.

Durante tutta l’azione il mio cuore non smise di battere come un pazzo per tutto il tempo mentre il mio respiro sembrava avesse cessato di esistere -Attento!- gridai quando arrivò sulla finestra e mi precipitai ad afferrarlo e farlo entrare in camera mia per paura che cadesse indietro.

Lui mi guardò con un sorrisetto soddisfatto in volto -Ecco, fatto. Visto?- domandò aprendo le braccia in modo teatrale -Ho un futuro da acrobata, non trovi?- domandò poi.

Rimasi incredulo per un attimo a cercare di assimilare il tutto e quando mi resi conto che Tom era lì, in camera mia, dopo aver scalato il muro di casa mia come un primate, gli lanciai urlo di rimprovero -Stupido!- dissi non sapendo che altro dire, colpendolo con pugno al braccio destro per la paura che mi aveva fatto provare.

-Ahi! E ora che ho fatto??- si lamentò massaggiandosi la parte lesa.

-Potevi farti male!- risposi ovvio.

Lui fece spallucce noncurante -Avrei rischiato.- affermò sicuro -Tanto ho la pellaccia dura.-

Non potevo credere che qualcuno si potesse spingere a tanto, anche pur di farsi ammazzare -Perché sei voluto venire qui ad ogni costo??- gli dissi infatti.




 
I know I have to find you now




 
Tom alzò un sopracciglio e mi guardò dritto nei occhi -Come perché? Stavi piangendo.- affermò ovvio.

Lo guardai incredulo, non sapendo esattamente cosa dire, non mi aspettavo di certo quella risposta -Non è un buon motivo.- ribattei alla fine.

-Eccome se lo è.- affermò diventando serio e avvicinandosi a me, mi posò le mani sulle guance e si avvicinò al mio viso  -Non devi piangere per i tuoi, chiaro? Non si devono permettere di tirarti in mezzo nei loro problemi.- affermò ancora serio.

Sbattei un paio di volte gli occhi, confuso -Come sai che hanno litigato ancora?- domandai, sicuro di non averlo menzionato.

Mi lasciò il viso e fece di nuovo spallucce -I miei mi davano spesso del cretino quando stavano ancora insieme. Una volta che sono stanchi di insultarti sempre tra di loro, finiscono per accanirsi sul povero mal capitato di turno.- spiegò guardandosi in giro e osservando curioso come era la mia stanza per poi finire di guardare il mio letto e sederci sopra, senza neppure chiedere se potesse -Non mi stupirei più di tanto se venissi a sapere che hanno aggredito una volta il postino.- mi disse guardandomi e aspettando che facessi lo stesso e che mi sedessi accanto a lui.

Sorrisi ma in modo più amaro e  mi sedetti accanto a lui, tenendo lo sguardo a terra -Forse hanno ragione.- affermai.

-Su cosa?- domandò Tom.

Mi strinsi le spalle -Su tutto. Come figlio sono una delusione.- affermai, e lo pensavo davvero.

Sentii Tom sospirare e avvicinarsi a me -Bill, tu non sei una delusione…- iniziò col dire ma io lo interruppi rialzandomi in piedi e parandomi di fronte a lui e guardandolo dritto nei occhi.

-Come no?? Guardami!- affermai alzando la voce e indicandomi -Mi vesto in questo modo, mi trucco nonostante sia un maschio, mi acconcio i capelli, e lo smalto e… i piercing, per non parlare del tatuaggio!- iniziai a catalogare indicando ogni cosa che dicevo.

-Tatuaggio?-ripeté lui stranito.

-Sì, tatuaggio!- affermai infervorato alzando di scatto la maglietta senza vergogna facendogli vedere il tatuaggio delle tre stelle sotto il mio ventre che spariva sotto i miei boxer  -Visto??- aggiunsi.

Lo vidi sgranare gli occhi e fissare quel punto anche quando riabbassai la mia maglietta, come se fosse caduto in trans.

-Me lo sono fatto senza il loro permesso!- continuai a parlare spedito -Per non parlare della mia media a scuola, è terribile! Faccio schifo in matematica e sono pessimo in educazione fisica! Cazzo serve l’educazione fisica nella vita??- sbraitai mentre Tom continuava a guardare in quel punto dove stava prima il tatuaggio ancora sotto trans e io ormai lo conoscevo abbastanza da sapere che la sua fantasia era andata nel magico mondo di Pornoland  -Vogliamo poi parlare di come sono logorroico a volte?!- continuai a parlare imperterrito  -Non puoi immaginarlo, posso diventare insopportabil…-

Tom si era ripreso dalla sua meditazione interiore e si era alzato per tapparmi la bocca con una mano -Oh, fidati. Lo so.- affermò annuendo per enfatizzare le sue parole -Comunque quelli che hai elencato non sono tuoi difetti Bill, sono pregi.- cercò di spiegarmi ma io scossi la testa.

-Dubito che gli altri siano d’accordo con te.- ribattei assottigliando le labbra.

Lui mi sorrise -Gli altri chi?- domandò divertito guardandosi attorno -Bill, qui siamo solo tu e io. Non importa cosa pensano gli altri, l’importante è che vada bene per noi.- cercò di spiegarmi  -Devi fregartene dell’opinione altrui. Tu sei così perché sei Bill e sono certo che anche i tuoi lo sanno, sei loro figlio.- affermò mentre si risiedeva sul letto e mi prendeva una mano per avvicinarmi a sé.

Mi feci trascinare fino a lui ma rimasi in piedi, tra le sue gambe aperte, a guardarlo negli occhi dall’alto -Forse, ma non mi vorrebbero così.- risposi con voce velata di tristezza, giocando appena con le dita delle sue mani.

-Beh, io di sicuro no.- affermò lui sorridendomi e prendendomi il viso e avvicinandolo al suo fino ad appoggiare le nostre fronti -Tu sei unico, non voglio affatto averti diverso da come sei ora. Sei perfetto.- affermò sorridendomi dolcemente come solo lui sapeva fare.




 
Can hear your name




 
-Tom…- soffiai sorpreso da quelle parole, e lasciandomi accarezzare quando la sua mano si posò sulla mia guancia per accarezzarmi.

Sorrisi anch’io e salii sul letto mettendo le gambe ai lati di Tom per poi sedermi sulle sue ginocchia, il tutto senza staccarci. Lo sentii accarezzarmi un fianco e circondarmi la vita, per non farmi cadere indietro e tenermi più attaccato a sé per poi con l’altra avvicinare il mio viso per congiungere le nostre labbra.

Un bacio dolce, intenso e lento. Era dolcissimo, la cosa più bella che mi potesse capitare a parer mio. Tom era dolcissimo. Ricambiai il bacio, alzando esitanti la mani fino ad appoggiarne una sul suo torace, accanto alla spalla, mentre l’altra finiva dietro la sue testa con le mie dita infilate nei suoi dread. Erano soffici al contrario di quello che credevo. Mi piacevano un sacco, erano una bella sensazione al tatto.

Ci staccammo dopo un attimo e io continuai a tenere le mie braccia intorno al suo collo –Tom…- cercai di dire mentre gli osservavo il viso a pochi centimetri dal mio. Non sapevo neppure io cosa volessi dirgli, così mi limitai a stringere le labbra tra loro.

Lui mi sorrise -Che c’è, non mi credi?- domandò.




 
I don’t know how




 
Inclinai la testa, osservandolo bene -No è che…- iniziai col dire -…mi sembra tutto così strano.- affermai alla fine.

Lo vidi alzare un sopracciglio e guardarmi incuriosito -Su cosa?- domandò.

-Tu. Io. Questo.- affermai guardando in basso in che posizione fossi su di lui per poi risalire a guardarlo socchiudendo appena gli occhi, cercando di comprendere -So così poco di te ma mi sento come se ti conoscessi da sempre.- affermai.

Anche lui mi guardò attentamente il viso -Forse in una vita passata ci siamo già incontrati.- soffiò scrutandomi e alzando una mano, accarezzandomi una ciocca di capelli neri e portarmela dietro l’orecchio.

-Allora mi chiedo dove tu sia stato fino ad ora.- ribattei.

Mi sorrise dolcemente -Boh, chi lo sa… forse aspettavo.- affermò guardandomi nei occhi.

I suoi occhi erano così belli, scuri e si illuminavano di una meravigliosa luce -E cosa?- domandai alzando un angolino della bocca in quello che doveva essere un sorriso.

-Che arrivassi tu.- rispose.

Sgranai gli occhi e rimasi zitto per un attimo -Tom…- sussurrai guardandolo continuare a scrutarmi ed accarezzarmi il viso.

Come era possibile sentirsi in tal modo con una persona?? Come era possibile sentire il petto scoppiare di gioia al sol pensarla o stargli accanto? Come era possibile sentirsi male a tal punto da voler scomparire per poi passare ad una felicità immensa solo per merito di una persona?

Tom era riuscito con la sua sola presenza a farmi dimenticare il dolore di poco prima, alla tristezza provata che mi faceva a malapena stare in piedi. Si poteva essere così felici fino a tal punto?

Osservai Tom in viso e decisi che sì, poteva succedere -Scusa di averti fatto aspettare allora.- risposi avvicinandomi per far congiungere le nostre labbra in un bacio a stampo.

-Non preoccuparti, ne è valsa l’attesa.-lo vidi ridacchiare per poi ricongiungere le nostre labbra in un bacio più profondo, che ricambiai subito e che volli approfondire prendendogli il viso tra le mani e tirandomi su più in altro di lui, gli accarezzai il viso mentre lo costringevo a tenere il viso verso l’altro per potermi baciare.



 
 
Why can’t we make this darkness feel like home




 
-Bill…- sussurrò tra le mia labbra prendendomi per i fianchi per riuscire a farmi stare fermo per poi catturare ancora le mie labbra.

Sorrisi contro di essere baciandolo più e più volte -Tom…- dicevo tra un bacio e l’altro non facendo a meno di distendere le labbra per come ero felice  -Tomi…- mi scappò poi, finendo per storpiargli il nome.

-Tomi?- ripeté staccandosi un attimo, allontanandosi appena per guardarmi con un sopracciglio alzato. Lo sguardo di chi si chiedeva dove fosse spuntato quel nome.

Ridacchiai -Non ti piace?- domandai scherzando.

Ricambiò il sorriso e mi diede un altro bacio -Mi piace un sacco…- disse e mi baciò ancora -Tu mi piaci un sacco…- aggiunse ricongiungendo le nostre labbra.

-Cosa?- dissi sgranando leggermente gli occhi e guardandolo come se non avessi bene sentito cosa avesse detto.

Mi guardò divertito -Mi piaci tantissimo Bill.- rispose con un bellissimo sorriso.

Lo guardai incredulo per un secondo. Il mio cuore batteva così forte che anche se si fosse staccato e corso via non mi sarei scomposto più di tanto, anzi avrei continuato a sentirmi così.

Allungai una mano e gli sforai il viso -Mi piaci tanto anche tu Tomi.- affermai sorridendogli e ricambiando il bacio.

Ci osservammo un attimo e ridemmo, non so per cosa ma forse per mascherare l’imbarazzo.

Proprio in quel momento la porta della mia camera si aprì, sbattendo contro il bidone che avevo messo per chiuderla -Bill, mi dispiace per prima. Abbiamo esager…- non appena sentii la voce di mia madre mi staccai da Tom ad una velocità supersonica, raddrizzandomi nel momento esatto che la udii e con una tale velocità che caddi indietro fino a trovarmi seduto a terra, con un male insopportabile al di dietro che mi fece imprecare nella mia testa in tutte le lingue che conoscevo. Cioè due, tedesco e qualcosa di inglese, non sono mica tutto sto genio, eh.

-Chi è lui?- domandò mia madre quando riuscì ad aprire la porta, immobilizzandosi all’ingresso e guardando confusa Tom seduto sul mio letto e io seduto a terra, entrambi con lo sguardo impalato di chi è stato colto in fragrante, verso la donna.

Ci fu un attimo di silenzio che decisi di interrompere per evitare domande sconvenienti -Ehm… Mamma, lui è Tomi…Tom! Tom. È… un mio amico…- balbettai alla rinfusa, inciampando sulle mie stesse parole.

-Oh…- affermò lei ancora immobile guardandoci sbigottita. Sembrava avesse visto un fantasma.

-Salve signora!- decise di intervenire di scatto Tom, riprendendosi ed alzando una mano cercando di essere amichevole.

-Salve…- rispose lei confusa -Ma… da dove è entrato?- domandò poi.

Perché, in fondo, quello che stava mandando in palla il cervello della povera donna era quella domanda.

-Beh, ecco…- cercai di inventarmi qualcosa sul momento.

Insomma, siamo ragionevoli… mica potevo dirgli che era entrato dalla finestra!

-Sono entrato dalla finestra.- completò Tom.

Oppure sì, potevo dirglielo e rischiare un infarto a mia madre…

Infatti la vidi sgranare immediatamente gli occhi sconvolta -Dalla finestra?! Ma siamo al primo piano! Potevi farti male!- iniziò con l’alzare la voce, incredula da tale cosa.

-Gliel’ho detto anch’io.- affermai annuendo e guardando severo Tom. Almeno mia madre aveva avuto una reazione normale e magari Tom avrebbe capito che la sua di azione, non lo era affatto.

Vidi mia mamma portarsi una mano alla testa e scuoterla leggermente insegno di disapprovazione -Beh, almeno so da chi hai preso la tua apprensione.- commentò sottovoce Tom in mia direzione.

-Taci.- lo zittì, ci mancava solo che lei lo sentisse.

La vidi calmarsi e guardarci tranquilla, preferendo a concentrarsi su di me -Comunque Bill... riguardo a prima…- cercò di parlare, e dai suoi occhi capii che il suo dispiacere era reale.

Gli sorrisi rassicurante -Non preoccuparti Mamma, è tutto a posto. Davvero.- risposi intuendo.

Lei sembrò sorpresa dalla mia reazione, forse si era preparata a qualunque mio atteggiamento tranne quello spensierato e felice -Oh, bene. Okay… mi fa… piacere. Va bene… meglio che vada, Okay?- cercò di dire non sapendo esattamente che fare per poi indicare l’uscita, allontanandosi -Se avete bisogno sono di qua.- aggiunse e stette per chiudere la porta alle sue spalle.

-Okay Mamma.-

Lei annuì -Bene… ehm, Tom? Resti con noi per cena?- chiese poi al ragazzo coi dread.

Il mio viso si illuminò e mi voltai verso di lui guardandolo implorante, lui mi lanciò un occhiata come se chiedesse cosa dovesse rispondere e da come mi vide capì -Ehm… beh…- iniziò col dire -Se non disturbo signora…-

-Disturbare? Figuriamoci!- rispose mia madre, riprendendosi un po’ da tutta questa storia -Comunque puoi chiamarmi Simone.- lo informò.

Tom assentì –Ricevuto.-

Tossii leggermente -Ehm… Mamma...- feci, come chiaro invito di togliersi ed andarsene.

Lei si accorse di essere ancora lì sulla posta -Sì, sì, scusa. Tolgo il diturbo…- fece per andarsene di nuovo e chiudere la porta ma la riaprì -Un ultima cosa, Tom?- chiamò.

-Sì?-

-La prossima volta gradirei usassi l’ingresso di sotto. Non ti mangerò se passerai dalla porta come noi tutti comuni mortali.- affermò tranquilla.

Vidi Tom sorriderle -Cercherò ti tenerlo conto signor…- stette per rispondere ma dallo sguardo di mia madre si bloccò e si auto corresse -Simone.-

-Perfetto. A dopo ragazzi.- salutò lei e finalmente lasciò la stanza.

-A dopo Mamma.-

Ci fu un attimo di silenzio tra di noi, nessuno dei due osò dire una parola, quando però stetti per dire qualcosa lui mi precedette.

-Allora…- iniziò col dire Tom facendomi voltare su di lui e notare il suo sopracciglio inarcarsi -Amici, eh?- domandò in mia direzione.

Sospirai mentre mi rialzavo da terra dolorante e mi pulivo un attimo i pantaloni -Accontentati. Non ho portato nessuno a casa mia per diciassette anni, è già tanto che abbia elaborato una frase di senso compiuto per come era emozionata.- spiegai cercando di non dare a vedere che in effetti mi aveva dato fastidio presentare Tom a mia madre con quel nome. Insomma, noi due potevamo essere di tutto dato il nostro rapporto, ma non semplici amici.

-Diciassette anni??- domandò lui incredulo.

Annuii -Già.- affermai  -Potevo stecchirla dicendogli che eri il mio ragazz…o.- mi fermai quando mi accorsi di quello che avevo detto ma ormai era tardi e come mi voltai verso di Tom, e vidi il suo ghigno comparire sul suo volto, divenni rosso dalla vergogna.

-Cosa hai detto?- domandò lui.

-Ehm… niente.- cercai di fare finta di nulla.

Lo sentii ridacchiare -Non ho sentito bene.- disse allungando il braccio per prendere il mio e avvicinarmi a lui -Vieni qui.- disse tirandomi verso di sé. Mi strinse a sé, costringendomi a ricadere sopra di lui.

Andai nel panico -Ma che fai?! E se dovesse rientrare??- dissi cercando di togliermi ma lui mi mantenne fermo sopra di lui.

-Ripetilo.- mi ordinò.

-Non mi sembrava così sbagliato… dopo quello che ci siamo detti prima ho pensato…- iniziai col dire, abbassando gli occhi pieno di imbarazzo.

-Hai pensato bene.- mi confermò Tom.

Alzai lo sguardo di scatto -Davvero?- domandai.

-Certo. Che domande sono?- affermò sorridendomi dolcemente -Non devi neppure chiederlo.-

Mi sentii immediatamente più leggero e mi lasciai andare in un respiro pesante, facendo cadere la mia fronte sulla sua spalla, rilassandomi un attimo -Ehh… mi ero preso paura… eheh, forse i tuoi un po’ di ragione dovevano averla nel chiamarti cretino.-affermai ridacchiando.

-Ehi!- lo sentii ribattere.

-Scherzavo, scherzavo…- mi corressi alzando lo sguardo e sorridendogli.

Mi osservò per un attimo senza dir nulla -Idiota.- affermò poi.

Sorrisi più ampiamente -Tu sei più idiota, dato che ti piace un idiota.- gli feci notare.

Lui ci pensò su -Vero.- disse alla fine annuendo -Siamo idioti entrambi.- aggiunse tenendomi stretto e buttandosi indietro finché non cadde con la schiena sul mio materasso, portandomi con sé -Gli idioti più felici del mondo.- affermò ridendo e io risi con lui.










 
Deliri dell’Autrice:

Ehilà! Eccomi qua gente con un capitolo nuovo di zecca. Come vi è sembrato? Smielato? Noioso? Ditemi che vi passa per la testa gente, intanto io vi dico cosa passa per la mia.

-Sgridata: Qui non mi soffermo molto. Bill non ha avvisato, la ramanzina era d’obbligo. I suoi si sono solo preoccupati, mi sembra logico una reazione simile. Non mi sembra di aver esagerato troppo, semmai mi sono trattenuta dato che di solito la polizia si chiama ma io ho evitato per deviare certi passaggi noiosi.
-Emozioni Bill: il povero ragazzo si sente in colpa verso tutto e tutti, insicuro su ogni suo passaggio e ogni sua scelta, mi sembrava giusto farlo dato che penso che a molti capita di avere tutte quelle vocine in testa che ti mettono quei dubbi infiniti che ti rovinano l’esistenza. Bill le ascolta per insicurezza data la sua situazione ma non imitatelo, ve lo consiglio.
-Matematica e ginnastica: Sì, quando andava a scuola Bill andava male in queste materie, non le sopportava, lo ha riportato più volte (ma penso che questo problema sia di molte persone, non solo lui).
-483: Allora, ho già detto che potevate immaginarvi la città che vi pare per questa storia no? Beh, immaginatevi anche questo numero. Dubito una città con un numero civico simile ma volevo dare un numero significativo, non a caso (la verità è odio fare preferenzialismo numerico).
-Simone: io la immagino così, severa quando lo deve essere ma che poi si sente in colpa a va a chiede scusa hai figli. Spero vi sia piaciuta la sua interpretazione nel capitolo.
-Traduzione: So che ti devo trovare ora/ Posso sentire il tuo nome/ Non so come/ Perché non possiamo fare in modo che questa oscurità ci faccia sentire a casa.

Che fatica… ma chi me lo ha fatto fare?? Oh, già, io. Bello. Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando!
Alla prossima,

QOS




 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***



Disclaimer: Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. I personaggi di questa Fan Fiction non mi appartengono - con mio grande dispiacere -, niente di tutto ciò è vero, poiché è soltanto frutto della mia mente malata.

 
Monsoon

Capitolo 6















-Qualcosa che centri con la parola ‘eyes’?- domandai inarcando un sopracciglio e guardare a terra accanto a me, dove c’era un Tom completamente disteso sopra il prato del parco.

Ormai era nostra abitudine trovarci lì, era diventato il nostro punto di ritrovo.

Tom teneva gli occhi chiusi mentre il venticello soffiava leggero facendo diventare quella giornata perfetta per stare fuori. Era così bello quando era così rilassato, anzi era sempre bello ma in quel momento in un modo particolare. Mi faceva sorridere tutte le volte che l’osservavo e mi ritrovavo a pensare che da quando lo conoscevo erano passate si e no poche settimane ma nonostante questo, nella mia vita lui era diventato indispensabile.

Lo vidi arricciare le sopracciglia, in disaccordo -Ancora? Bill, nelle tue canzoni la metti ovunque!- affermò aprendo un occhio per osservarmi dal basso -‘Open your eyes’, ‘Close your eyes’, ‘Look into my eyes’…- iniziò ad elencare, innervosendomi dato che non mi ero mai accorto della cosa.

-Non è colpa mia! Mi viene automatico!- mi giustificai appoggiando la penna sul quaderno che stava sulle mie ginocchia, esasperato.

-Allora prova a pensare a qualcos’altro.- continuò lui tornando a rilassarsi.

Sbuffai -Facile per te, non devi spremerti le meningi per farti venire una buona idea!- lo informai.

-Dai, sono sicuro che ti verrà in mente qualcosa prima o poi…- rispose col fare ovvio. E dire che una settimana prima mi aveva detto la stessa ed identica cosa e da allora avevo soltanto appuntato una parola in più, niente di che insomma. Quella canzone ormai continuava a darmi tormento da ancor prima che conobbi Tom e se fin da allora non avevo trovato una buona idea, dubitavo fortemente di trovarne una ora.

-Mi sento come se tutte le mie idee fossero andate a quel paese.- dissi alla fine osservando quel pezzo di carta mezzo stracciato svolazzante in mezzo al quaderno.

-Che intendi?- mi domandò Tom riaprendo gli occhi e voltando leggermente il viso per guardarmi.

-Tom, le mie canzoni sono praticamente tutte depressive, piene di frasi negative ed ora…- iniziai col dire alzando quel foglio e sventolandolo avanti e indietro infervorato  -… sono così felice che non mi viene neppure una strofa!- affermai.

Cadde per qualche secondo il silenzio e quando lui elaborò le mie parole si accigliò -Lo dici come se fosse una cosa negativa.-

-Ma lo è!- ribadii convinto -Come la finisco la canzone altrimenti?!-

Lo vidi portare le mani lungo i lati del corpo e tirarsi su -Calmati.- affermò -Poi perché deve essere proprio una canzone depressiva?- mi chiese sistemandosi per sedersi accanto a me.

-Perché è così che sono sempre! Depresso!- risposi subito con ovvietà.

Tom si accigliò un'altra volta, probabilmente non d’accordo con me -Allora prova a farne una di altro stampo.- provò a proporre.

Mi zittii e lo guardai con occhi ben aperti -Che?- chiesi.

-Prova a farne una felice!- affermò convinto.

Lo osservai per qualche secondo, chiedendomi se dicesse sul serio ma quando costatai che più serio di così non potesse essere, scoppiai a ridere di cuore fino a dovermi appoggiare al tronco dell’albero con la schiena per non rotolare sull’erba dalle risate.

-Che hai da ridere così tanto?- chiese leggermente offeso Tom.

Mi calmai poco dopo -Mi dispiace Tom, ma le cose felici non fanno per me.- gli spiegai con ancora un sorriso in volto.

Alzò un sopracciglio e portò una mano sul mio viso, scrostandomi una ciocca di capelli da davanti il viso -Ma ridi sempre e hai un bellissimo sorriso.- affermò accarezzandomi la guancia -Come fai a dire che non sono per te?-domandò sorridendomi dolcemente.

Sentii le guance andarmi a fuoco e mi scrostai dalla sua presa -Finiscila.- affermai imbronciandomi -Non lo sono e basta.-

Tom rise e io mi voltai per guardare quanto era bello quando lo faceva -Mi fai ridere.- affermò.

-Beh, io non rido.- ribattei incrociando le braccia al petto.

Lui ridacchiò ancora un po’ -Fai vedere qua.-  disse fregandomi il foglio e dandoci una veloce occhiata, aspettai qualche secondo, il tempo che la leggesse e disse -E va bene, te lo concedo, non è la canzone più positiva del mondo… ma non è neppure un canto funebre.-

Aggrottai le sopracciglia -Questo mi solleva il morale, grazie.- dissi sarcastico.

-Puoi sempre trasformarla in qualcosa di più allegro. Magari che dia malinconia, una mancanza, oppure speranza.- cercò di spiegarsi Tom ma io lo guardai perplesso.

-E in che modo?- domandai -Non capisco.-

Fece spallucce ridandomi il foglio -Beh, ti manca ancora il ritornello, no?- domandò ed io annuii -Fallo più positivo, vedrai che darai una svolta al pezzo!- mi consigliò.

Guardai pensieroso lui poi il mio foglio, infine tornai a guardare Tom -Per essere uno che non compone testi, ne sai qualcosa.- affermai con ironia. L’idea non era affatto male in fondo, il problema sarebbe stato scrivere quelle parole.

Mi sorrise per tutta risposta -Compongo sempre musica, ricordi?-

-Già, e mi avevi promesso che dovevi farmi sentire.- gli ricordai picchiettando la sua visiera del cappello con le dita.

Lui si dovette sistemare il cappello, se lo dolse e se lo rimise -Davvero?- domandò  -Non me lo ricordo…- fece vago.

Mi voltai verso di lui oltraggiato -Menti! Me lo hai promesso!- affermai alzando la voce.

Lui alzò le mani in segno di resa -E va bene, va bene. Dammi il tempo di scegliere il pezzo poi prendo la chitarra e vengo da te.- promise per poi sorridere ed avvicinarsi prima di stampare un piccolo bacio all’angolo della mia bocca.

-Bada che me lo segno.- lo minacciai e lo sentii ridacchiare.

-Non preoccuparti, manterrò la promessa.- promise e io mi allungai per baciarlo.

Le labbra di Tom avevano un sapore buonissimo. Lo pensavo tutte le volte che si congiungevano, non potevo farne a meno, lui era davvero fantastico. Appoggia il foglio sulle ginocchia per premettermi di alzare le braccia e circondargli il collo mentre Tom approfondiva il bacio. A mio parere doveva avere avuto molta esperienza a differenza mia, perché a baciare ci sapeva fare alla grande. Tom baciava dolcemente, con una lentezza quasi esasperante ma così profondo e coinvolgente che era in grado di farti dannare pur di poterlo sentire di più…

Oddio, mica mi stavo trasformando in un pervertito arrapato per colpa di Tom, vero??

Ci stavamo ancora baciando quando l’ennesima folata di vento arrivò e io mi staccai per ripararmi dai miei stessi capelli che mi erano finiti in faccia. Colpa mia che li tenevo lunghi fino alle spalle. Quando riuscii a toglierli vidi il vento che aveva fatto volare via il foglio della canzone e immediatamente scattai in piedi.




 
Running through the monsoon




 
-No! Dannazione, il mio foglio!- affermai iniziando a correre per prenderlo, fortunatamente finì poco lontano da lì, a terra, e lo presi -Preso! Cavolo, per poco…- affermai col fiatone. Mi ero preso un bello spavento nel vederlo volare via.

-Lo hai preso?- mi domandò Tom e mi voltai, giusto in tempo per vederlo raggiungermi, anche lui col fiatone. Doveva aver provato a starmi dietro ma da come si teneva i pantaloni, qualcosa mi diceva che quelli gli impedivano di correre come si deve.

-Sì!- risposi cercando di non ridere per poi guardare in giro i rami scossare ancora per quel colpo d’aria -Dannato vento, c’è mancato poco questa volta. Ecco perché di solito scrivo tutto su un quaderno.-

Ed infatti, mi ritrovai a pensare, quello sarebbe dovuto essere il suo posto se quella volta per via dei miei non avessi cercato di sbarazzarmene.

Tom mi guardò aggrottando leggermente le sopracciglia -E perché quella è staccata?- domandò.

Strinsi le labbra un attimo prima di spiegare -Ecco… quando iniziai a scriverla, ad un tratto la strappai. Ero arrabbiato, stavo scrivendo ed a un tratto una delle litigate tra i miei mi hanno fatto perdere la concentrazione.- continuai -Allora l’avevo accartocciata e buttata via.-

-Ma ora è qui.- si soffermò a pensare il ragazzo coi dread.
Abbassai lo sguardo e guardai il foglio -Già. Non so il perché… qualcosa mi ha fatto ripescarla dal cestino.-

-Forse voleva rendersi utile.- provò ad indovinare Tom.

Azzardai un sorriso -Rendersi utile?-  ripetei sentendo quelle parole -E in che modo? È solo un pezzo di carta.- affermai ovvio.




 
Beyond the world




 
-Forse, ma ti ha portato da me.- affermò ed io alzai il viso, incrociando i suoi meraviglio occhi nocciola messi in risalto da un piccolo sorriso -Più utile di così.- aggiunse.

Sorrisi imbarazzato a quelle parole -Il vento mi ha portato da te, non la mia canzone.-cercai di ribattere.

Tom fece spallucce -Avranno cooperato.- propose avvicinandosi  -L’importante è il risultato.- disse e mi schioccò un bacio sulle labbra.

Sorrisi -Questo è vero.- dissi ricambiando il bacio ma sta volta durammo per pochi secondi dato che un'altra folata di quel vento si fece sentire -Dannato vento, inizia ad irritarmi.- commentai.

-Monsone.-

Mi voltai vesto Tom che aveva parlato -Cosa?- domandai non avendo capito.




 
To the end of time




 
-Monsone.- ripeté lui tranquillo -Si chiama Monsone questo vento.- spiegò.

Aggrottai le sopracciglia -Come fai a…?- iniziai a domandare ma lui mi precedette.

-Saperlo?- finì lui la frase per me -Quelle ricerche, le ho fatte.- affermò -Purtroppo ho trovato di tutto ma non chi ha dato il nome, un vero peccato perché solo per quello gliene avrei dette quattro…-

Ridacchiai a quelle parole per poi fermarmi a pensare -Monsone… che nome strano…- ripetei piano, quel nome mi faceva girare le rotelle che avevo in testa.

-Hai detto qualcosa?- mi domandò Tom.

Mi ripresi e scossi la testa -Ehm… no, niente.- dissi sorridendo appena.

-Sicuro?- chiese inarcando un sopracciglio in modo sospettoso  -E quel sorrisetto?- domandò.

-Te l’ho detto, non è niente.- ripetei.

-Non me la bevo…- rispose lui -So cosa stai pensando…- iniziò col dire sorridendo in modo divertito.

Alzai gli occhi al cielo ridacchiando ancora -Ne dubito fortemente.- affermai.

-Oh, sì che lo so…- ribatté lui.

Incrociai le braccia al petto e lo guardai con sfida -E a cosa penso? Sentiamo.- lo incoraggiai.

Tom fece per un attimo il vago, facendo qualche passo verso di me -A qualcosa…- iniziò col dire per poi prendere volontariamente tempo mentre intanto si faceva più vicino -Di perverso!- finì ad un tratto ed io non feci in tempo a dire o fare nulla che mi ritrovai a terra con Tom sopra di me che mi faceva il solletico, finendo col farmi scoppiare a ridere.

-Tomiii!! Fermati!! Ahahahah, ti prego basta!- iniziai ad implorarlo quando ormai la pancia mi faceva male da tutto quel ridere.



 
 
When the rain won’t hurt




 
Lui però continuò ancora per qualche secondo per poi domandare -Preferisci che cambi tattica?- chiese avvicinandosi al mio orecchio -Posso cambiare genere di tortura.- affermò.

Stetti per chiedere cosa aveva in mente mentre prendevo respiro da tutte quelle risate ma mi interruppi quando sentii qualcosa di umido nel mio orecchio seguito dai brividi in tutto il corpo.

-Tomi…- sussurrai mentre lambiva il mio lobo con la bocca con lentezza. Lui però continuò il suo giochino mentre scendeva con le mani da sopra il mio ventre per poi infilarsi sotto la mia maglietta ed accarezzarmi il torace.

Sentivo le mani di Tom passarmi sopra la pelle, ed era bellissimo. Intanto con la bocca aveva preso a scendere verso il basso fino al collo, baciandolo e leccandolo tanto che potei percepire un scia di umido sulla pelle. In altri casi forse mi sarei lamentato ma era così piacevole quella sensazione che lo lasciai andare avanti.

Sentii Tom baciarmi la mandibola risalendo fino ad arrivare al mio viso ed incrociare i miei occhi. Ci guardammo e io potei vedere con che sguardo mi osservava.

Forse non ero un genio in materia, ma Tom ci teneva a me. Questo ormai potevo darlo per scontato.

Tom si impossessò della mia bocca, baciandomi con foga, mentre le mani sul mio petto mi sfioravano la pelle in piccoli movimenti. Una di queste uscì e mi accarezzò il viso mentre ancora mi baciava per poi abbassarsi e sfiorarmi la coscia coperta dai calzoni neri stretti, mi passò un brivido lungo tutta la schiena quando sentii quella mano sfiorare il cavallo dei miei pantaloni.

Iniziai ad avere caldo e la cosa mi preoccupava, insomma volevo bene a Tom ma tutte quelle sensazioni che mi faceva provare mi mettevano n agitazione.




 
Fighting the storm




 
Mi staccai da lui -No, fermo Tomi…-  iniziai a dirgli e lui passò a baciarmi il collo, cercai ancora di parlare per fermarlo ma sentii le dita della mano ancora sotto la mia maglia sfiorarmi il capezzolo per poi prenderlo -Ah!- finii per gemere e subito dopo Tom si staccò per guardarmi dritto nei occhi mentre io al contrario portai la mano davanti la bocca per starmene zitto, rosso in viso dalla vergogna.

-Questo è invitarmi allo stupro.- affermò d’un tratto Tom.

-Scusa…- sussurrai con ancora la mano davanti la bocca.

Lui sorrise e me la tolse -E per cosa? Non hai fatto altro che accendere la mia curiosità…- rispose dandomi un ultimo bacio veloce prima da togliersi da sopra di me e tutto ad un tratto non sentii più il calore di prima, cosa che mi dispiacque -Quando saremo una cosa sola potrò sentirti gemere così sotto di me. È un buon incentivo.- aggiunse.

Mi voltai di scatto verso di lui -Tomi!-  lo rimproverai -Finiscila.-

Lui rise -Cos’è tutto quel rossore?- domando indicando il mio viso  -Ehi, che hai... ti vergogni??- domandò sorridendo divertito del mio imbarazzo.




 
Into the blue




 
Strinsi le labbra prima di ribattere -Certo che mi vergogno! Stai praticamente sbavando su di me riguardo a quando faremo sesso, direi che è naturale!- mi ritrovai a difendermi, voltandomi da una parte e facendogli il broncio. Chissà perché, tutte le volte che lo facevo invece di preoccuparsi Tom rideva, trovandomi divertente.

-Non ho detto che faremo sesso.- sentii Tom dire ridacchiando ed io mi voltai interrogativo trovandomelo ad un palmo dal naso -Faremo l’amore.- mi corresse baciandomi in fronte.

Non so come, ma in quello stesso istante dopo quelle parole, sentivo il cuore battere così forte di felicità che non mi sarei neppure preoccupato di morire per questo -L’amore…- ripetei incredulo.

Mi sorrise -Problemi in tal proposito?- domandò.

Scollai la testa con forza in segno negativo -Nessuno.- risposi subito e lui ridacchiò ancora.

-Perfetto.- affermò alzandosi e porgendomi la mano per fare altrettanto -Ora è meglio che ti avvii verso casa… o questa è la volta buona che tua mamma mi decapita…- commentò.

Osservai a terra il foglio che mi era caduto di mano ancora e mi annotai in testa di una volta a casa ricopiarlo sul quaderno o sarebbe arrivata prima o poi la volta buona che lo avrei perso. Presi il pezzo di carta poi afferrai la mano di Tom tirandomi su.




 
And when I lose myself




 
 -Ti minaccia ma in realtà gli stai molto simpatico.- lo rassicurai ma lui mi guardò storto.

-Strano modo di dimostrarlo.- ribatté.

Ridacchiai e gli baciai una guancia -Ci vediamo Tomi.- salutai.

Stetti per andarmene ma mi fermò -Facciamo domani?- chiese speranzoso.

Mi intristii -Domani dovrei studiare per una verifica…- feci.

-Dai…- mi implorò -Per favore.- cercò di insistere.

-No, non posso.- cercai di dirgli. Era la volta buona che il prof di matematica mi bocciava, non potevo rischiare.

-Domani sera?- domandò lui speranzoso  -Dai Bill, ti prego, solo un po’…- continuò facendomi la faccia da cane bastonato.



 
I’ll think of you




 
Era inutile, con Tom ogni mio proposito o convinzione cedeva.

-E va bene…- accettai e vidi un mega sorriso comparirgli sul volto -Ciao Tomi.- salutai ancora.




 
Together we’ll be running somewhere new




 
Lui mi stampò un bacio a fior di labbra -Ciao Bill.- ricambiò poi stetti per andarmene ma mi trattenne ancora -Aspett… Ti amo.-  disse di colpo e io sgranai gli occhi voltandomi di scatto per vederlo in faccia, aveva ancora la bocca aperta e sembrava confuso quanto me per quello che aveva detto -Scusa, forse non era il momento ma volevo dirtelo e non sapevo quando era il momento giusto, fino a domani non posso aspettare così…- cercò di scusarsi in qualche modo, imbarazzato.

Erano rari il momenti in cui vedevo Tom in imbarazzo, ancora più rari quelli in cui lo si poteva vedere arrossire. Probabilmente dovevo avere una faccia da fesso per come dovevo essermi imbambolato a guardarlo.

-Bill?- mi domandò infatti e io tornai alla realtà. Doveva sentirsi ancora più in imbarazzo dato che non rispondevo e la cosa mi intenerì.




 
And nothing can hold me back from you




 
Mi avvicinai a lui e gli stampai un bacio in bocca -Ti amo anch’io Tom.-


 


Le dita scorrevano veloci sul foglio, sempre più velocemente. Un sorriso mi era stampato in volto mentre continuavo a farmi trasportare dalle migliaia di emozioni che stavo provando in quel momento. Dovevo sembrare scemo visto da fuori ma non mi importava, ero così contento da non poter fare a meno che scrivere tutto quello che mi veniva in testa. Sempre più veloce, per paura di dimenticare a momenti.

No, non ero sotto l’effetto di qualche stupefacente o droga.

Semplicemente avevo ritrovato la mia ispirazione ed ero tornato a scrivere.

Ero felice, sì, perché finalmente tutto andava bene, non avevo nessun problema. A parte i miei che litigavano vero, ma stranamente la cosa mi passava in secondo piano. Perché al centro dei miei pensieri c’era Tom.

Tom. Sempre e solo Tom.




 
Through the monsoon




 
Continuavo a scrivere da chissà quanto tempo, preso all’improvviso da uno scatto di creatività improvvisa, quando ad un tratto una voce risuonò.

-Bill!-

Era mia mamma che mi chiamava dal di sotto.

Sbuffai e fermai la mano –Che c’è?- urlai di rimando, seccato dall’interruzione.

-Vieni giù!- continuò lei.

-Sì, sì, arrivo, un attimo!- affermai per poi tornare a scrivere quello che avevo in testa.

-Adesso!!- urlò ancora mia madre.

Mi fermai di nuovo dal scrivere ed alzai gli occhi al cielo, abbozzai le ultime cose sul foglio per poi appoggiare tutto sul letto ed alzarmi. Chissà cosa voleva quella donna da infastidirmi proprio adesso che avevo avuto l’ispirazione giusta per scrivere.

Seccato scesi le scale e mi guardai attorno in cerca di mia madre –Mamma?- chiamai.

-Sono qua.- sentii e presi la porta della cucina, seguendo la voce.

Ero tranquillo quando entrai ma non appena mi resi conto della pressione che regnava nella stanza, dell’ansia, e della tensione così palpabile da poter essere tagliata con una lima per le unghie, mi preoccupai di colpo.

Seduti al tavolo ci stavano i miei. Mia madre mi guardava severa mentre mio padre guardava le sue mani come se fossero la cosa più interessante che avesse mai visto.

-Che succede?- sbottai nel vedere quella situazione.

Non mi piaceva per nulla, mi metteva ansia. Sapevo che sarei dovuto scappare di lì, fuggire. Andare lontano. Forse non saprei dove sarei scappato ma di sicuro qualsiasi posto sarebbe stato meglio di quello.

-Siediti Bill.- mi disse mia madre, cercando di sorridere dolcemente per rassicurarmi ma si vedeva che il suo umore era tutto fuorché quello.

Sentivo la gola secca –Non mi siedo. Che sta succ..-

-Siediti come ti ha detto tua madre.- mi interruppe mio padre e dal suo tonò capii che non potevo contestare.

Mi sedetti, ero rigido e le mani continuavano a torturarsi tra loro.

Mia madre guardò mio padre in modo impassibile, quest’ultimo ancora fisso sulle proprie mani, per poi rivolgersi a me.

Sospirò –Bill, dobbiamo dirti una cosa…-
 








 
Deliri dell’Autrice

Ehilà mondo! Sono ancora qui! E ho portato con me le mie simpaticissime note.

-‘Eyes’: Nessuno ha mai notato che nella maggior parte delle canzoni dei Tokio Hotel ‘eyes’ c’è quasi sempre almeno una volta? Io l’ho notato insieme a qualche altra parola e nell’indecisione ho scelto di mettere questa perché davvero, è la parola che Bill usa di più in assoluto.
-Canzoni depressive: Allora, io non penso che le canzoni dei Tokio Hotel siano depressive, sia chiaro. Non sono il ritratto dell’allegria, lo ammetto, ma non depressive. Ho scritto così perché forse Bill, sempre chiuso in casa e solo, si vedesse così, nient’altro. Io vedo la loro musica in tutt’altro genere ma non sto qui a dirvi come o mi prendete per una che si è appena fumata chissà cosa.
-Monsone: ho fatto molte ricerche su questo e sono arrivata alla conclusione che non è originario dalle nostre parte ma si concentri di più su America e India ma è presente in densità minore un po’ ovunque, anche in Europa (non specifica le zone) quindi io qui suppongo che ci sia anche in Germania (detta poi con tutta franchezza gente: in un modo o nel’altro questa parola deve essere entrata in qualche modo nella testa di Bill, eh. Mica uno pensa ai monsoni da solo). Hanno la capacità si destabilizzare il clima rendendolo un po’ lunatico, anche per il fatto che spesso si riserva con correnti calde nonostante la stagione fredda. Poi magari sto sparando un mare di cazzate… mah.
-Traduzione (nonostante del ritornello l’ho già fatta, la ribadisco, non si sa mai): Corro attraverso il monsone/ Oltre il mondo/ Alla fine del tempo/ Dove la pioggia non ferirà/ Combatto la tempesta/ Nella sofferenza (no, non blu)/ E quando perdo me stesso/ Penso a te/ Insieme correremo in un posto nuovo/ E niente potrà separarmi da te/ Attraverso il monsone.

E anche questa è fatta… Ci tenevo a ringraziare le meravigliose persone che seguono la storia, davvero grazie infinite, sono contentissima! Soprattutto quelle fantastiche ragazze che mi recensiscono, grazie infinite per il supporto!
Alla prossima,
 
QOS

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***



Disclaimer: Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. I personaggi di questa Fan Fiction non mi appartengono - con mio grande dispiacere -, niente di tutto ciò è vero, poiché è soltanto frutto della mia mente malata.



 
Monsoon

Capitolo 7













 
Hey!
 




Come avevano potuto?

-Bill… abbiamo deciso di divorziare.-




 
Hey!




 
Come?

Con quale coraggio farmi questo??

Era incredibile come mi fosse cascato il mondo addosso dopo una semplicissima frase. Sembrava quasi ironico.

-Non potete farlo!-

Me lo avevano detto così, a bruciapelo, senza neppure rendersi conto di avermi praticamente distrutto con quella semplice frase. Perché dovevano essere così egoisti?




 
I’m fighting all it’s power




 
-Calmati Bill, è inutile. Abbiamo già deciso, non si discute.-

Non potevo reggere a stare in casa ancora per molto. Ero uscito di colpo, non li avevo fatti finire di parlare che me ne ero già andato.

Ero uscito di casa il più in fretta possibile e avevo iniziato a correre. Non avevo indossato cappotti o nient’altro, ero semplicemente uscito sotto la pioggia battente senza neppure importarmi della fine che avrebbero fatto i miei capelli o il trucco.




 
Coming in my way




 
Il vento tirava forte mentre la pioggia cadeva fitta, ed io non avevo ancora smesso di correre nonostante fossi arrivato molto lontano da casa mia. Quando ero uscito di casa non avevo avuto una meta specifica, avevo solo pensato ‘devo andarmene di qui’ ed ero uscito, fine.

Il posto in cui le mie gambe, quasi automaticamente, mi stavano portando però era un altro discorso.



 
 
Let it take me straight to you




 
Ero afflitto, mi sentivo tradito. Continuavo a rimproverarmi nella testa per qualsiasi cosa dovessi avergli fatto per meritarmi questo. Mi sembrava tutto così offuscato e ingiusto, come se quello che mi stava succedendo non mi fosse accaduto direttamente ma attraverso qualcun altro.




 
I’ll be running night and day




 
Ad un certo punto caddi perfino a terra, inciampando su chissà cosa e cadendo in una pozzanghera. Quando riaprii gli occhi e vidi le mani immerse nell’acqua, con le quali avevo fatto appena in tempo a pararmi, potei sentire ogni singolo mio vestito umido e appiccicato contro la mia pelle.
 




 
I’ll be with you soon
 




Tremai leggermente mentre cercavo pian piano di tirarmi su, non vedevo granché bene in mezzo a quella pioggia, per non parlare degli occhi che non avevano smesso per un secondo di piangere e che mi limitavano la visibilità.




 
Just me and you




 
Avevo freddo, solo ora me ne rendevo conto ma nonostante tutto mi rialzai in piedi socchiudendo gli occhi e guardando il cielo nuvoloso, grigio, triste, mentre continuava a far cadere una goccia dopo l’altra. Mi strinsi le spalle e continuai a correre.




 
 
We’ll be there soon




 
Lontano da lì. Lontano da tutto.




 
So soon


 


-Bill! Che ci fai qui?? Non dovevamo vederci sta sera??-

Quando Tom aprì la porta di casa, sgranando gli occhi nel riconoscermi davanti a lui in mezzo a quel temporale, mi sentii subito meglio. Forse non lo ascoltai neppure per come il sollievo mi aveva invaso immediatamente, facendo calmare un poco.

-Tomi…- sussurrai trattenendo un singhiozzo.

Lui si avvicinò sotto al portico di casa e mi guardò bene da cima a fondo, confuso -Ehi… sei fradicio… fuori sta diluviando, come ti è venuto in mente di uscire con questo tempo?- disse alzando lo sguardo e guardandomi con rimprovero, io però non gli risposi, lo guardai e basta -Ehi, mi senti? Bill…- provò a richiamarmi ma io continuavo a guardare davanti a me lui come se in realtà non vedessi nulla -Bill…- sussurrò quando si avvicinò e notò che quelle che scendevano lungo il mio viso non erano gocce della pioggia ma lacrime -Che hai fatto Bill?- domandò alzando una mano per accarezzarmi il viso.

Era naturale che le mie gambe mi avessero portato lì da lui. Non ci sarebbe stato un altro posto al mondo in cui sarei voluto stare se non lì.

Aprii bocca, cercando di formulare qualcosa ma uscirono parole sconnesse -Io…loro…non…- e mentre cercavo di spiegargli cosa fosse successo e mi ricomparivano nella mente le immagini di poco prima coi miei, ricominciai a piangere, più forte.

Tom sbarrò gli occhi a quella reazione e mi prese dolcemente per le spalle -Calmo, calmo… vieni in casa presto.- disse tirandomi verso l’interno di casa sua, prendendomi per mano e trascinandomi in bagno -Ecco, ora ti togli questi vestiti e ti fai una doccia calda. Va bene?- mi chiese mentre apriva la vasca facendo uscire l’acqua e tornava da me.

-No…- risposi contrariato scossando la testa. Volevo solo stare con lui, stargli vicino, non me ne fregava della doccia, volevo lui.

Lui però mi guardò con preoccupazione, avvicinandosi a me e prendendomi per la vita mentre passava una mano sul mio viso -Ti prego Bill, non voglio che ti ammali.- disse guardandomi dritto negli occhi  -Mio babbo è al lavoro, puoi restare qui quanto ti pare.- affermò e io non potei  che annuire piano, poi lo vidi staccarsi ed andare ad aprire un ripiano e prendere degli indumenti  -Ecco svestiti e fatti una doccia, questi sono i vestiti asciutti…- disse mostrandomeli e mettendoli lì accanto.

Si voltò verso di me e mi scrutò in volto, era davvero preoccupato -Ehi… vuoi… che ti do un mano?- domandò incerto e io scossi violentemente a testa in segno di negazione, non ce la facevo proprio a parlare perché ne ero sicuro, la mia voce doveva essere un orrore in quel momento.

Mi sorrise di striscio e mi accarezzò la guancia  -Okay… ci vediamo dopo…- affermò dandomi un piccolo bacio sulla guancia per poi uscire chiudendo la porta, non prima di lanciarmi un ultima occhiata.

Solo svariati minuti dopo feci come mi era stato detto e mi svestii, per poi immergermi nella vasca e rilassarmi un attimo, anche se le sensazioni che mi dava in quel momento l’acqua calda era tutto fuorché conforto, cosa che invece avevo disperato bisogno.

Infatti non ci rimasi molto, giusto il tempo di smettere di piangere e togliermi dal viso tutto il trucco sbavato e poi uscire.  Mi misi i vestiti che Tom mi aveva dato e, con piacere, notai che avevano il suo odore. Infine strisciai fuori dalla porta, camminando piano verso la camera del ragazzo coi dread, sicuro che mi aspettasse lì.

Infatti non appena varcai la porta lo notai nell’intento di mettere a posto la sua chitarra -Ho... fatto.-  affermai piano, attirando la sua attenzione su di me.

Lo colsi di sorpresa e per un attimo rimase zitto, per poi lasciarsi andare in un sorriso -Quei vestiti ti stanno giusto un po’ larghi.- affermò e io mi guardai gli enormi pantaloni che indossavo, i quali sarebbero potuti andare bene anche a mio padre -Però stai bene… in un certo senso ti donano.- affermò andando a sedersi sul proprio letto per poi battere una mano accanto a sé  -Vieni qui.- mi disse ed io ubbidii andando a sedermi accanto a lui.

Tenevo la testa bassa e Tom dovette piegarsi in basso col capo per riuscirmi a vedere in viso –Ti sei calmato?- domandò e io annuii  -Bravo… ora mi dici che è successo da farti attraversare così poco vestito questa tempesta?- domandò poi senza mancare il tono di rimprovero.

A quelle parole mi sentii sprofondare, ricordandomi il motivo per cui ero lì -Io…- iniziai ma mi corressi subito -I miei mi hanno detto che…- e mi fermai ancora, non ancora capacitandomene -..hanno intenzione di separarsi.- ed improvvisamente risentii di nuovo gli occhi bruciare e minacciare di piangere.

La mano di Tom si posò sopra la mia e mi guardò triste in volto -Bill… mi dispiace…- affermò e io sapevo che era sincero nel dirlo. Chi meglio di tutti poteva sapere quello che stavo provando se non lui?

Mi morsi il labbro forte mentre cercavo di trattenere le lacrime -Ed io… non me ne sono neppure accorto.- affermai con voce strozzata -Nell’ultimo periodo sembrava… sembrava che fosse tutto a posto, che si fosse aggiustato tutto ma… invece…- niente da fare, la voce mi si incrinò e ricominciai a piangere peggio di un bambino.

Tom mi accarezzò il viso, facendosi più vicino a me di com’era prima -Shh… calmati Bill, va tutto bene.- cercò di rassicurarmi come solo lui era in grado di fare.

Però io continuai imperterrito -Non si parlavano più, ecco perché non si sentivano più grida in casa.- finii la frase -E me lo hanno detto così, con calma, tranquilli, come se non fosse nulla di grave!- feci con voce più alta, ferito nell’animo -Come se fosse cosa di tutti i giorni smembrare una famiglia!- li accusai.

-Lo avranno fatto per sembrare sicuri della decisione ai tuoi occhi. Per fartela prendere meglio.- cercò di convincermi Tom -In verità non sono felici di quello che fanno.-

Scossi la testa sicuro -Non penso. Se davvero fossero dispiaciuti non mi farebbero una cosa simile!- affermai -E adesso pretendono pure che decida da chi andare a vivere?!- mi ritrovai a dire, ed era proprio quello che mi avevano chiesto poco prima che io scappassi fuori di casa con loro che mi chiamavano.

-Bill…-

-Sono un pessimo figlio, non ho cercato di aiutarli, di riconciliarli! Sono terribile…- iniziai ad accusarmi da solo mentre stringevo le mani fra loro, forte, finché non conficcai un unghia nella pelle.

Tom posò una delle sue mani sulle mie, come segno di smetterla -Bill… ascoltami.- affermò facendomi segno di guardarlo e io lo feci, guardandolo dritto in quei occhi castani che tanto amavo e che ora apparivano sicuri e decisi come non mai -Tu non centri nulla con questa storia, va bene? Non potevi fare nulla. Ne prevenirlo, ne impedirlo e neppure aggiustare qualcosa, chiaro? È una cosa tra di loro, se non sono i primi a mettere le cose a posto vuol dire che non c’è nessuna speranza già alla partenza.- affermò chiaro -Non hai nessuna colpa.-

Tirai su col naso a quelle parole, sapendo che aveva detto la verità e mi passai una mano sugli occhi per cercare di pulirmi il viso dalle lacrime. Solo però era difficile da accettare. Accettare che i miei mi avessero fatto una cosa simile e sentendomi improvvisamente solo.

-Tomi…- dissi alla fine abbassando la mano e guardandolo -Tu non mi lascerai da solo… vero?- domandai insicuro. Avevo un disperato bisogno di sentirmelo dire.

Il ragazzo coi dread mi sorrise dolcemente, accarezzandomi col viso e baciandomi sulla fronte, per poi appoggiare la sua fronte con la mia -No, Bill. Io non ti lascerò mai.- affermò guardandomi dritto nei occhi -Te lo giuro.- 


 

 
-Quindi hai già deciso, chi dei due seguirai?- mi chiese svariati minuti dopo.

-No.- risposi, sentendomi già meglio, più sereno  -Non ne ho idea.- affermai sincero -Come posso dover decidere? È come schierarsi da una parte e dare le spalle all’altro.- spiegai.

-Non puoi far altro. Anche se uno dei due ne rimarrà deluso non te ne devi fare una colpa. In fondo, puoi sempre andarlo a trovare l’altro.- disse Tom facendo spallucce in modo ovvio.

Feci una smorfia -Lo so ma… boh… si tratta comunque di una decisione importante…- affermai non del tutto convinto che fosse così facile -Tu come hai fatto a decidere?- domandai.

Lui fece ancora spallucce -Non ne ho idea. Allora ho soltanto pensato che fosse la scelta giusta.- rispose e si lasciò andare indietro nel letto, stendendosi e incrociando le braccia dietro la testa.

-E in base a cosa?- domandai allora osservandolo dall’alto.

Lui ci pensò un attimo prima di parlare -All’inizio pensavo di seguire mia mamma, sempre permissiva… pensavo che con lei sarei riuscito a fare quello che volevo senza limitazioni. Ma poi…- iniziò col dire per poi fare una pausa -..ho pensato a mio padre da solo… a casa davanti la tv tipo… io sono identico a lui e ho pensato a come mi fossi sentito se mi fossi ritrovato nella sua situazione, ne avrei sofferto. Mia mamma è forte, a differenza sua. Così ho scelto di stare con lui.- spiegò alla fine.

Mia mamma era forte per cavarsela da sola, mi ritrovai a pensare, ma anche mio padre sapeva perfettamente il fatto suo.

-Mhmmm…- feci riflettendo che quelle parole per me non potevano servire a nulla dato che non mi davano alcun valore.

-Devi pensare a le tue preferenze, a cosa ci perdi e cosa ci prendi e… a chi ha bisogno di te di più.- continuò a parlare Tom.

Però io continuavo a non trovare soluzione -La cosa sembra più difficile del previsto.- affermai infatti.

-Vedrai che troverai la soluzione.- mi rassicurò lui e per un attimo non si sentì nulla se non un leggero ronzio nella stanza -Quello che sento è il tuo cellulare?- domandò il ragazzo coi dread.

Corrugai la fronte e presi il cellulare che avevo infilato nei pantaloni di Tom che indossavo dopo averlo asciugato prima in bagno -Sì…- affermai per poi vedere il display che segnava il numero di casa -Sarà mia mamma che mi cerca da ore… - affermò.

Tom si raddrizzò seduto e mi guardò perplesso -Non le rispondi? Sarà preoccupata.- fece.

-Non mi va di sentirla ora…- risposi mordendomi il labbro, Tom però per tutta risposta mi prese il telefono e si tirò su in piedi -Dove vai?- domandai.

Lui mi sorrise -Qualcuno deve dirle che non sei in mezzo a un tornado.- affermò per poi accettare la chiamata e portarsi il telefonino all’orecchio -Pronto, Simone? Sono Tom. Sì, Bill è da me… mi dispiace, ma non vuole parlarle al momento… non si preoccupi ora sta meglio… gli dia un po’ di tempo.- disse e poi lo vidi corrucciare lo sguardo –Ehm… sì sì, va bene, la smetto di darle del lei Signora..Ehm, Simone.- si corresse e io ridacchiai a quella visione di un Tom impacciato -Ah, potrebbe per caso dormire qui? Per mio padre non ci saranno problemi, te lo assicuro, è che non vorrei fare uscire Bill con questo brutto tempo… perfetto, sì, farò io stesso in modo che sarà lì domani mattina. A presto. Ciao!- finì in poco tempo, riattaccando e voltandosi verso di me con un sorriso furbesco in volto.

Non potei fare a meno che guardarlo incredulo -Sai essere convincente.- constatai.

-Sono un esperto in questo.- si vantò lui con aria spavalda.

Per il resto della giornata fu piacevole e tranquilla. Passammo il tempo a guardare un film in salotto, verso cena arrivò suo padre che mi salutò come suo solito, come se fosse normale vedermi intorno, e con cui cenammo.

Quando venne l’ora di andare a letto Tom si propose di andare a dormire sul divano ma… beh, gli dissi che non c’erano problemi e che… potevamo dormire insieme. Insomma, non volevo fare nulla di male! Solo per dormire, chiaramente!

-Hai freddo?- mi chiese Tom quando si sdraiò sotto le coperte accanto a me avvicinandosi e sorridendomi ad avermi così vicino, o almeno pensai fosse per quello dato che io sorridevo per quel motivo.

-No, sto bene grazie.- mi affrettai a dire per poi cambiare discorso -Tuo padre è molto simpatico.- affermai, ed ero sincero. Mi piaceva molto come persona.

-Beh, non è di molte parole. È un po’ come…- cercò di dire Tom.

Lo interruppi -Te? Ho notato.- affermai sorridendogli, mi avvicinai di più a lui e mi accoccolai contro il suo petto -Ma a volte non c’è bisogno di dire nulla, va bene così. È tutto ciò che basta.-

Tom circondò la mia vita con le braccia e mi strinse a sé -Dove ti eri cacciato fino ad ora?- mi sussurrò all’orecchio e sentii nella voce una nota divertita.

Ridacchiai -Non lo so. –

-E dire che non sei mai stato così lontano da me.- continuò il ragazzo coi dread.

Alzai il viso e lo guardai sorridendo contento -Forse mi nascondevo.- scherzai.

-Da me?- domandò lui inarcando un sopracciglio.

-Da tutti.-

Corrugò la fronte -E perché mai?-

-Non lo so.- feci spallucce e ridacchiai per la faccia che fece, non contento di quella risposta.

Alla fine mi domandò ironicamente -C’è qualcosa che sai?-

-Sì.- risposi, mi avvicinai a lui e gli diedi un bacio dolce sulle labbra -Che voglio starti accanto.- aggiunsi per poi accoccolarmi ancor di più contro il suo petto, venendo irradiato dal suo dolce calore.

Tom mi strinse a sé -Anch’io Bill.- rispose e quella notte non mi lasciò mai.


 


Ero in ansia lo ammetto, nervoso addirittura, mentre fissavo la porta di casa mia e suonavo il campanello. Fortunatamente alle mie spalle c’era Tom, e questo mi dava il coraggio di non fuggire a gambe levate quando la porta si aprì.

-Ciao Mamma.- dissi non appena l’anta si aprì e apparve la donna che sobbalzò sorpresa.

-Bill!- urlò Simone.

A quel richiamo comparve anche mio padre dalla porta della cucina e corse a raggiungere l’ingresso con gran fretta –Bill!- esclamò anche lui vedendomi.

Abbassai gli occhi in modo colpevole -Scusate se me ne sono andato di corsa… non volevo è che…- iniziai subito a cercare di spiegarmi in modo affrettato ma i due mi interruppero.

-Oh, stai bene! Non sai che spavento mi hai fatto prendere!- urlò quasi mia madre mentre mi prendeva e mi stringeva in un grande abbraccio -Non farlo mai più, capito?!- affermò in tono grave mentre quasi mi soffocava.

Ero leggermente sorpreso, attonito quasi. Ricambiai in modo impacciato l’abbraccio e mentre ricambiavo la stretta osservai mio padre oltre le spalle di mia madre.

Lui mi sorrise, e posò una mano sulla mia testa in modo dolce, un suo modo per dirmi che era contento –Non farci più prendere un simile spavento.- affermò.

Sorrisi e cercai di trattenere le lacrime che stavano per cadermi dagli occhi per l’ennesima volta.

-Sì…-



 






 
Deliri del’Autrice

Non ci posso credere che siamo già al settimo capitolo!! Questa storia sta raggiungendo la sua conclusione, mi dispiace un sacco perché mi ero affezionata a questi due. Dai, vi lascio alle note prima che ve ne andiate perché non mi sopportate più.

-Fuga: Chi di noi da ragazzino non è mai fuggito di casa neppure una volta anche solo per una cazzata? Beh, io almeno cinque volte, voi non so… Bill la ragione per fuggire ce l’ha. Il povero si sente tradito e amareggiato verso coloro che lo hanno cresciuto, e fugge. Dove? Beh, da Tom. Quando si fugge di solito non si pensa a dove, l’importante è andarsene.
-Padre Tom: mi dispiace non aver introdotto questo personaggio ma, ahimè, di spazio non ne ho quindi sarà solo una figura così citata e basta.
-Ritorno a casa: I genitori son genitori cari miei lettori, e anche dopo la peggiore delle vostre cazzate vi perdoneranno sempre, ricordatelo. Come ho già ripetuto, qui non voglio far fare la parte del cattivo a nessuno, Simone e Jorg qui son ottimi genitori che però non hanno trovato un punto d’incontro da di loro e che quindi decidono per il bene della famiglia di separarsi. Come penso sia successo anche nella realtà ma chissà quale sia la verità (in ogni caso: son cazzi loro, detto in modo rude).
-Traduzione: Hey!/ Hey!/ Sto combattendo in tutta la sua potenza/ Venendo a modo mio/ Che mi porti direttamente da te/ Correrò il giorno e la notte/ Presto sarò con te/ Solo io e te/ Saremo lì presto/ Così presto.

Grazie di tutto e (oddio, non pensavo che lo avrei mai detto) ci vediamo il prossimo aggiornamento per l’ultimo capitolo!!
Alla prossima,

QOS


 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***



Disclaimer: Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. I personaggi di questa Fan Fiction non mi appartengono - con mio grande dispiacere -, niente di tutto ciò è vero, poiché è soltanto frutto della mia mente malata.



 
Monsoon

 
Capitolo 8















Il telefono sul tavolo vibrò, segno che un altro messaggio era arrivato.

Presi il telefono e lo portai sotto al tavolo leggendone di nascosto il contenuto.

"Cosa hanno deciso?" c'era scritto.

Strinsi le labbra tra loro per poi digitare velocemente la risposta.

"Papà parte domani mattina presto, mamma rimane qua."

Mi rigirai il telefonino tra le mani mentre aspettavo una risposta che tardava ad arrivare.

Vibrò e mi affrettai a leggere.

"Tu che fai?" chiedeva.

Risposi subito "Non lo so Tomi. Cosa devo fare??" ed inviai.

Dovetti aspettare qualche minuto prima di ricevere di nuovo risposta.

"Fa quello che ti senti di fare Bill. Segui chi credi di avere bisogno."

Rimasi fermo immobile a rileggere quel messaggio un paio di volte, riflettendo attentamente su quelle parole.

-Bill, metti via il telefono. Siamo a tavola.- mi rimproverò mio padre.

-Scusa.- affermai spegnendolo e mettendolo via, tornando col posare le mani sopra il tavolo da cucina in modo composto.

Mi portai le mani unite davanti alla bocca un paio di volte, riflettendo. Rimasi così finché non finimmo tutti e tre di mangiare.

-Ho preso una decisione.- affermati ad un tratto. I due alzarono in contemporanea il capo guardandomi in attesa che parlassi.

Sospirai. Già, non era facile ma una decisione andava presa.


 

 
Running through the monsoon
 
 



Mi ritrovavo a correre di nuovo facendomi guidare dalle gambe verso un posto che per me, ormai, era divenuto un luogo sicuro.

Sta volta però il vento soffiava leggero, calmo e tranquillo, non aveva niente a che vedere con una tempesta.

Voltai l'angolo, col fiatone e il quaderno stretto tra le braccia, ed entrai nel parco andando verso un punto preciso.

Sorrisi non appena lo vidi.

Tom se ne stava nel solito punto, nel solito posticino accanto a quel vecchio albero, seduto a terra con la chitarra tra le mani e strimpellava qualcosa con un espressione assorta.

Mi fermai quando fui a un paio di metri da lui, per paura di interromperlo. Rimasi immobile ad osservarlo per un istante, rapito da quell'immagine.

Tom era bellissimo. Indossava i suoi vestiti larghi in stile rapper con la fascia in testa coperta dal berretto, un modo assurdo di vestire che ormai avevo iniziato ad adorare da quando mi resi conto quanto gli donassero. Guardai rapito il modo in cui era leggermente piegato in avanti con gli occhi socchiusi, in un espressione persa, mentre si passava la lingua sul piercing in un gesto involontario che faceva spesso. Per non parlare delle dita che pizzicavano le corde della chitarra con accuratezza, scivolando esperte e precise in ogni nota. Era semplicemente...

Perfetto.

Mi avvicinai col sorriso in volto, con cautela, senza farmi sentire per non disturbarlo.

Continuavo ad osservarlo, attratto da quella bellissima immagine. Come avevo fatto a meritarmi tutto quello splendore?




 
Beyond the world
 




-Ehi…- sussurrai piano quando gli fui accanto per fargli notare la mia presenza.

Lo vidi sbarrare gli occhi, alzare la testa di scatto e sorprendersi di vedermi di fronte a lui –Bill!- esclamò mettendo subito da una parte la chitarra e facendo segno di stare per alzarsi ma io mi fiondai addosso a lui prima che lo fece, abbracciandolo e non trattenendo un grido di gioia nel poterlo stringere tra le mie braccia.

-Tomi!!- feci stringendolo forte e inspirando il suo dolce profumo. Sorrisi al pensiero di come all’inizio proprio non lo sopportavo e non facevo altro che lamentarmi perché lo cambiasse ma ormai era diventato indispensabile, era diventato profumo di Tom, di buono.

-Bill…- continuò lui ricambiando l’abbraccio ancora un po’ confuso –Che ci fai qui? E… tuo padre? Non era partito? Tu…- disse in maniera confusa e io ridacchiai.

Mi staccai dall’abbraccio mettendomi in ginocchio di fronte a lui, in mezzo alle sue gambe divaricate, e lo guardai dritto negli occhi sorridendo –Mio padre è partito.- risposi –Questa mattina stessa. Io rimango qui.- spiegai.

Tom mi guardò sorpreso –Davvero??- domandò iniziando a sorridere.

Annuii, lui mi strinse di nuovo in un abbraccio e non trattenni le risate per come sembrò entusiasta della notizia –Non sai come sono felice!- affermò infatti –Sono contentissimo, davvero.- continuò –Come hai deciso alla fine?- domandò poi staccandosi un attimo da me.

Lo osservai negli occhi, così belli e luminosi, così perfetti, eravamo vicinissimi e la cosa mi riempiva il cuore di gioia –Beh…- iniziai col dire alzando una mano -…tu mi hai detto di scegliere in base a quello che volessi.- affermai passando con un dito sopra i contorni del suo viso, così bello, così perfetto, così dannatamente… non c’erano parole per descriverlo.




 
To the end of time
 




Mi guardava incuriosito, aspettandosi una risposta –Per questo sei rimasto con tua madre?- domandò vedendomi perso nei suoi lineamenti.

Tornai a guardarlo nei occhi e sorrisi –Anche. Ma non solo.- risposi e mi tirai su in ginocchio fino a superare Tom di una spallata e gli presi il viso tra le mani –Ho scelto chi avevo bisogno e chi aveva bisogno di me…- dissi e congiunsi le nostre fronti –Per questo ho scelto te.- conclusi.

Lui sbarrò gli occhi non aspettandoselo poi mi sorrise –Davvero?- affermò alzando una mano e accarezzarmi il viso –Lo hai fatto davvero per questo?- domandò.

Sorrisi e gli baciai il naso, con quel sorriso era ancora più bello, era splendido. Lo amavo. Amavo lui, e quel bellissimo sorriso.

-Ogni domanda che mi facevo, la risposta andava sempre e solo ad una soluzione. Tu.- affermai –Non posso immaginare un altro posto se non qui accanto a te.- aggiunsi.

Lui sorrideva ancora mentre alzava il viso e congiungeva le nostre labbra in modo dolce –Grazie Bill.- affermò per poi circondarmi con le braccia la vita ed attirarmi a sé, affondando poi col viso sul mio torace –Grazie davvero.- aggiunse.

Gli accarezzai i dread dolcemente mentre il vento soffiava ancora –Grazie a te per avermi trovato.-




 
When the rain won’t hurt




 
Erano passati diversi minuti quando la mia attenzione venne catturata dallo strumento appoggiato sull’erba bene in vista –Hai portato la chitarra!- affermai entusiasta.

Lo sentii ridere –Certo. Te lo avevo promesso o sbaglio?- domandò.

-Sì!- affermai mettendomi comodo sull’erba e guardandolo pieno di aspettative –Forza! Fammi sentire qualcosa!- ordinai non riuscendo a trattenere l’agitazione.

Sorrise mentre prendeva la chitarra e la posava sulle sue gambe –Però tu canti.- affermò.

Il mio sorriso sparì e corrucciai le sopracciglia –No.- ribattei sicuro.

-No. Questi sono i patti.- dettò le regole lui –Suono ma tu devi cantare.- spiegò.

Incrociai le braccia sul petto e misi il broncio –Questo è un ricatto.- affermai in modo seccato.

Nonostante gli avessi fatto il broncio lui rise. e io dovevo ancora capire perché tutte le volte avesse quella reazione, nel vedermi così.

-Queste sono le condizioni.-  affermò.




 
Fighting the storm




 
Socchiusi gli occhi e lo guardai bene per un paio di minuti ma poi sorrisi furbescamente –E va bene. Ma la canzone la scelgo io.- affermai prendendo da terra il quaderno che avevo fatto cadere non appena ero arrivato.

Lui alzò le mani in segno di resa –Fai pure.- disse mentre sfogliavo il quaderno velocemente fino ad arrivare ad una pagina precisa.
Porsi il quaderno a Tom –Questa.- dissi mostrandogliela, soddisfatto di me stesso.

Tom sembrò incuriosito da questa mia proposta (e volevo ben dire, di solito doveva strapparmi dalle mani il quaderno per leggere cosa ci scrivessi dentro) e prese il quaderno dando un occhiata alla canzone.

-Bill ma questa…- iniziò col dire con la fronte aggrottata ma non finì la frase che lo interruppi.

-Già. Quella di quando ci siamo conosciuti.- affermai –L’ho finita.- annunciai solenne. Soddisfattissimo di essere finalmente riuscito nell’impresa.

Mi lanciò un occhiata poi tornò a leggere –Anche il ritornello?- domandò e io annuì –Come l’hai chiamata?- domandò poi.

-Monsoon.-




 
Into the blue




 
Tom alzò di scatto la testa su di me –Come?- chiese credendo di non aver capito male.

Sorrisi –Monsoon.-

Mi guardò per un po’, leggermente sorpreso come se non credesse a quelle parole, per poi sul suo viso comparire un sorriso. Uno dei suoi meravigliosi sorrisi.

-Va bene.- affermò consegnandomi il quaderno –Vediamo cosa viene fuori.- affermò prendendo la chitarra in mano e posizionasi, pronto a suonare.

Continuai a sorridere mentre l’osservavo iniziare le prime note, venendo rapito da quel suono. Lo osservai attento mentre si faceva coinvolgere dalla musica socchiudendo gli occhi e concentrandosi interamente sulla melodia. Dopo un po’ che lo guardavo lui alzò il viso, mi fissò negli occhi e mi sorrise. Capii che era il segnale e iniziai a cantare.




 
And when I lose myself




 
All’inizio ero incerto, quasi spaventato dalla cosa, e volevo ben dire dato che in vita mia avevo cantato solo sotto la doccia, ma poi mi feci coraggio. Guardai Tom che mi sorrideva e mi incitava di continuare e smisi di trattenere la voce, lasciandola espandere nell’aria e vagare per il parco attraverso il vento che soffiava lieve scompigliandomi appena i capelli.

Era bello quello che eravamo riusciti a mettere insieme. Era una dolce melodia, coinvolgente e delicata, piena di promesse e speranza. Ed era proprio questo che volevo trasmettere.

Continuavamo a dar vita a quelle note sorridendoci appena ogni tanto, rischiando di ridere in alcuni momenti quando uno dei due sbagliava, e lasciandoci cullare dalla musica.




 
I’ll think of you




 
Quando finì tutto, non riuscimmo a non sorriderci a vicenda.

-Non è stato male.- affermai spezzando il silenzio.

-Affatto. È stato fantastico.- affermò lui mettendo da una parte la chitarra e allargando le gambe –Vieni qui.- mi disse facendomi segno di raggiungerlo e io obbedii mettendo via il quaderno e gattonando fino da lui fino a sedermi tra le sue gambe, lasciando andare indietro la schiena fino ad aderire contro il suo torace.

-Sei stato fantastico.- affermai mentre lui mi circondava la vita con le braccia e io posavo le mie sopra le sue.

-La tua canzone è fantastica.- ribatté Tom –La tua voce è fantastica.- aggiunse per poi baciarmi di lato la tempia –Tu sei fantastico.- e mi strinse ancor più a sé.

-Ho stonato di brutto.- ribattei io ridacchiando –Una cornacchia avrebbe fatto di meglio.-

-Ma che dici.- fece lui –A me sembravi un angelo.-

Risi –A te.-

-No, sul serio. Siamo andati bene.- affermò lui ad un tratto appoggiando la testa sulla mia spalla –Dovremo farlo più spesso, siamo portati per la musica.- osservò lui leggermente pensieroso.
 



 
Together we’ll be running somewhere new




 
Il vento tirò una folata di vento e io mi lasciai cullare da quell’aria chiudendo leggermente gli occhi tra le braccia di Tom –Si come no.- affermai io ironicamente –E intanto che ci siamo, formiamo una band.- feci ridacchiando.



 
 
 And nothing can hold me back from you




 
Mi aspettai che lui ridesse insieme a me a quell’assurda idea ma con mia sorpresa disse –E perché no?- domandò.

Aggrottai le sopracciglia ed alzai la testa in alto per vederlo in viso –Fai sul serio?- domandai.




 
Through the monsoon




 
Lui fece spallucce –Si può fare.- rispose e mi parve davvero serio –Insomma, tu hai una splendida voce, io una chitarra, abbiamo inventato una canzone nell’arco di cinque minuti… per me si può fare.-

Strinsi le labbra tra loro e tornai ad appoggiarmi a Tom, riflettendo. L’idea non era male. E cantare mi era piaciuto –Mhm… non è una cattiva idea. Vedremo.- affermai.




 
Through the monsoon
 



 
Lui sorrise –Perfetto, ora ci manca solo: trovare altri membri, un manager e un nome.-

Le mie sopracciglia si alzarono così tanto in alto che per un attimo pensai che si sarebbero staccate –Cosa?!- feci a quelle parole.

-Questo è il minimo che ci serve per essere una band, Bill.-




 
Just me and you




 
-Beh, allora dovrà attendere.- affermai e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea –Ho appena concluso una canzone che ha impiegato tutte le mie energie per interminabili giorni, dammi un attimo di tregua.-

Tom rise a quelle mie parole –Come vuoi. Tanto di tempo ne abbiamo.-




 
Through the monsoon
 



 
A quelle parole tornai a sorridere pure io –Già…-

Ed era quello che avevamo infatti.

Tempo.

Molto tempo da passare insieme.

 


 
Just me and you
 










 
Deliri dell’Autrice

Ancora non ci posso credere che questa storia si sia conclusa! Che tristezza gente, mi mancheranno un sacco questi due. Voi forse non capite ma per un autore vedere la propria storia crescere e arrivare ad una conclusione è una grandissima cosa, è più o meno come vedere un figlio crescere e doverlo lasciare andar via per la propria strada… E va bene, ho capito, rompo poco e vi lascio alle ultime annotazioni finali della storia. Leggete solo ciò che vi interessa gente o qui non finite più!

-Decisione genitore: Forse qualcuno si starà chiedendo perché ho reso così puntiginosa sta storia del genitore da scegliere con cui vivere, dicendo che non è tutta sta tragedia infondo. Qui sbagliate voi, per un ragazzo/a dovere scegliere al momento del divorzio dei suoi da chi andare è difficile, per alcuni terribile, anche perché in un certo senso è come fare una preferenza e voltare le spalle all’altro. Per questo ho creato un Bill pieno di dilemmi su questo fatto. Ho scelto che rimane da Simone per il semplice fatto che nella realtà i gemelli rimangono con lei dopo il divorzio, non ho nulla contro Jorg. Per evitare fraintendimenti ho anche fatto la cosa carina di Bill che ha scelto chi gli avrebbe permesso di rimanere più vicino a Tom :3
-Canzone e band: Finalmente li ho fatti cantare insieme! Scusate se non ho lasciato molto spazio alla cosa o se vi immaginavate tutto in modo diverso ma per me è perfetto così com’è dato che non volevo oscurare il tema principale della storia (il testo della canzone, Monsoon). Per quanto riguarda la storia della band, ci tenevo a lasciare un finale un po’ aperto e che si collegasse alla loro vita reale, insomma una specie di allusione su un possibile futuro con Gustav, Georg, David e tour mondiali ma se sperate in un seguito per via delle mie parole, ve lo dico gentilmente = scordatevelo.
-Monsoon: Questa canzone secondo me da tanta speranza e forza, non so voi, volevo trasmettere questo nella storia e spero di esserci riuscita. L’altro giorno ho rivisto il video di Monsoon alla tv dopo una mia richiesta personale alla radio che trasmetteva e non lo vedevo da tempo ma ci sono rimasta quando ho visto Bill in auto a scrivere sul foglio battendo a macchina (O.O), vi giuro che non mi sono ispirata al video per questa storia comunque ci tenevo a dirvi della mia inquietudine su questo fatto che mi è successo e che ho trovato carino che sia io che Bill ci immaginiamo la canzone in un contesto simile. Questa storia gira tutta attorno al Monsone e a quello che porta, sia nel bene che nel male, e di come non ci si deve abbattere alle difficoltà che ci incontra credendo di essere rimasti soli perché c’è sempre qualcuno accanto a te a sostenerti. Spero di essermi spiegata bene.
-Traduzione: Devo proprio farla?? Ohhhh… Beh, se devo fare sta cosa tanto vale farla fino alla fine… Corro attraverso il monsone/ Oltre il mondo/ Alla fine del tempo/ Dove la pioggia non ferirà/ Combatto la tempesta/ Nella sofferenza (ripeto: no, non blu)/ E quando perdo me stesso/ Penso a te/ Insieme correremo in un posto nuovo/ E niente potrà separarmi da te/ Attraverso il monsone/ Attraverso il monsone/ Solo io e te/ Attraverso il monsone/ Solo io e te.

Bene! Ringrazio tutti coloro che hanno letto la storia, messa-infilata-o-salvata da qualche parte e soprattutto chi ha recensito strappandomi un sorriso. Davvero grazie, soprattutto per avermi sopportato e letto fin qui.
Spero di rivedervi presto, magari nella mia prossima storia (sto ancora pensando a che pubblicare, non chiedetemi .-.) e chissà, magari da qualche parte in giro per l’Italia in fondo dove ci sono i Tokio Hotel ci sono io quindi…
Grazie ancora.
Alla prossima storia,

QOS




 

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