Il leone, la Strega ed il lago...

di marte96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Talvolta il fuoco accende la memoria molto più di mille parole ***
Capitolo 2: *** Talvolta un soffio caldo rinvigorisce l'anima ***
Capitolo 3: *** L'intreccio delle lame ***



Capitolo 1
*** Talvolta il fuoco accende la memoria molto più di mille parole ***


Ebbe un moto di rabbia, accompagnato da un gutturale ruggito tenuto a stento a freno; alcune reclute saltarono impaurite da così tanto ardore. Non avevano mai visto il Comandante Cullen in quello stato, solitamente era un uomo pacato, talvolta imperioso, ma mai realmente furioso, non come in quel momento. Ma neanche questo rende bene l’immagine dell’uomo: deluso, amareggiato, spostato, dolorante e fisicamente stanco.
Un'anima in pena.
Ma come poterlo biasimare? Erano tutti in quello stato.
 Avevano perso la loro “casa”, avevano perso la loro “guida” e cosa più importante, avevano perso tutta la fiducia nel domani che avevano faticosamente accumulato in quei mesi. Ed ora, con pochi viveri, erano nel bel mezzo del nulla, infreddoliti fino alle ossa e d il loro comandante era proprio quello che sembrava… un uomo sconfitto dalla vita.
Ma non per questo smetteva di prendersi cura dei suoi uomini, dopo aver finito di montare l’ultima tenda il giovane andò a ravvivare il fuoco precedentemente acceso dagli agenti di Leliana, non che ce ne fosse sul serio bisogno. Era più un modo per non pensare, tenersi occupato lo aiutava parecchio.
Passarono pochi minuti o forse anche meno, in cui gli riapparve tutta la sua vita…
 
Gli anni spensierati dell’infanzia, l’addestramento al circolo, il primo tormento, il primo assaggio di Lyrium e poi il primo mago del sangue ucciso. La prima volta che la sua spada aveva trapassato un corpo vivo.  Ed i sensi di colpa sotto la doccia, le mille docce per far scivolare via il sangue e i brutti pensieri: si era sentito un assassino per mesi. Ma l’indottrinamento aveva fornito i suoi frutti, e col tempo e con parecchi sermoni la colpa era andata via. Poi era apparso Uldred, e dal circolo erano usciti vivi solo in 4; era cambiato, dopo una possessione demoniaca chi non cambierebbe, e in questo suo cambiamento non era riuscito a riconoscere se stesso: un ragazzo appena venticinquenne eppure così arrabbiato e amareggiato. Era stato arrabbiato per anni, se l’era presa con giovani reclute e piccoli apprendisti, con i più moderati templari e i più intransigenti incantatori. Poi era arrivato a Kirkwall, e Meredith la più dura delle guide. Ed in lei si era finalmente rivisto, ecco in lei aveva trovato la pace. Ma era pura illusione. Meredith era male e vendetta cieca, senza alcun reale motivo; come una lucciola (o zanzara fastidiosa) era successivamente apparso Hawke. Cielo, che ricordi che aveva di Maferat Hawke! L’unico mago a cui aveva donato la libertà: ogni volta che si convinceva a portarlo alla Forca, Maferat faceva qualcosa di sconvolgente e giusto. Ecco perché non era mai riuscito a catturarlo. Ogni volta che il Campione compiva una nuova gesta, in Cullen cresceva il seme del dubbio: più conosceva l’eretico più la sua fede in Meredith vacillava.
Una sera, stanco della lunga giornata e con un braccio dolorante per una nuova ferita collezionata, si era andato a rilassare nel cortile della Forca, l’ora era tarda, e tutti erano a mensa, ma lui aveva preferito concedersi un attimo di solitudine; così credeva perché poco dopo sentì dei passi alle sue spalle, voltandosi vide il Primo Incantatore Orsino scendere le scale con una mano emanante un leggero fuoco, per farsi strada nella notte. Orsino salutò il templare sedendosi accanto a lui.  Cullen non ricordò come, ma presto divenne un appuntamento quotidiano. Parlarono a lungo: del circolo, dei templari, della magia, degli abomini. E poi come se Orsino potesse capire, una sera il ragazzo scoppiò in un pianto disperatissimo: gli raccontò della sua giovinezza, dell’addestramento, dei sacrifici e delle soddisfazioni, della dolcezza del Lyrium e di come lo stesse consumando da dentro, ed ovviamente di Uldred. Del circolo spezzato dalla magia del sangue. E piangeva, piangeva per quello che era diventato e per quello che Meredith era diventata, piangeva perché era arrivato ad un punto in cui non credeva assolutamente più in nulla ed Orsino sembrava l’unica creatura che potesse capirlo.
Ed era vero, il mago anziano gli carezzava dolcemente i riccioli biondi del capo, lasciandolo sfogare, e sussurrandogli parole dolci come quelle di un nonno.  Rapportò la vita del giovane fatta di sacrifici e rinunce a quelle di molti maghi, lui in primis.
Cullen scoprì di essere molto simile al vecchio elfo.
 
Era curioso come un fuoco di un accampamento possa far tornare alla mente molte cose..., per lui la perdita di Orsino era stata inestimabile, insostituibile, ma contro ogni regola dell’ordine, lui aveva capito.
Proprio come il vecchio elfo aveva fatto con lui quella sera, lui aveva capito le esigenze dei maghi e ora si sarebbe battuto per un mondo in cui ci fosse più giustizia per tutti.
Ma la perdita dell’Araldo era troppo da sopportare.
Si alzò di scatto, passando di fronte alla tenda di Cassandra, che gli rispose con un cenno del capo, invitando anche Solas a seguirli.
L’avrebbero cercata: l’avrebbero trovata viva o avrebbero pianto sul suo cadavere.
 
 
 

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Capitolo 2
*** Talvolta un soffio caldo rinvigorisce l'anima ***


Erano ore che camminavano l’uno accanto all’altra, talvolta si fissavano in viso solo per darsi manforte, sia il templare sia la cercatrice erano fermamente convinti che la maga fosse ancora viva.
Credevano in lei, a volte più di quanto credessero in Andraste stessa, forse aver la possibilità di toccare con mano una creatura quasi divina ti porta sul serio a credere che essa lo sia.
Ma in quel momento Anders non aveva nulla di divino, e ogni loro passo era silenziosamente accompagnato da una preghiera rivolta al Creatore, affinché potesse vegliare sulla giovane maga.
Alcuni soldati si erano uniti alla loro spedizione, mentre la maggior parte degli agenti reclutati dall’ Araldo stesso erano indaffarati al campo base a dare aiuto e conforto.
Erano passate almeno 8 ore, la tormenta non accennava a diminuire, e a tal proposito Solas era convinto che essa fosse anche aumentata da quando si erano incamminati.
Ma il comandante Cullen era il primo della fila, arrancava nella neve con il fiato corto. In realtà se avesse potuto avrebbe preferito correre, ma la neve copriva il ginocchio: era impossibile anche solo pensarci.
Forse passarono altre 2 ore prima che proprio Cullen scorgesse in lontananza una piccola sagoma scura che emanava piccole scariche violacee. Da prima non aveva osato proferire parola, ma quelle scariche non lasciavano molti dubbi…
Si precipitò sulla ragazza a perdifiato “Anders! Anders! Anders! Cassandra la vedo! Solas fa presto!” urlava quanto più gli permetteva la voce.
Cullen fece scivolare la sua tunica pelosa appena in tempo sulle spalle della ragazza prima che lei crollasse definitivamente tra le sue braccia.
La ragazza era gelida ma si aggrappò con tutte le sue ultime forze al biondo.
 
Anders si ridestò dopo probabilmente secoli, o pochi minuti, era difficile dirlo con tutto quel rumore: un enorme trambusto, come se una banda le stesse suonando tutt’intorno. Poi comprese, la parata militare era nella sua testa e non nel resto del mondo.  Aprì poco gli occhi e comprese di essere in una tenda, al caldo, percepì un peso anomalo su di se, e decise per precauzione di non fare movimenti bruschi.
Decise invece di cercare di ascoltare oltre il mal di testa: percepì quindi le voci di Leliana o Josephine: Scambiavano parole e consigli riguardanti scorte di cibo e coperte per la notte. O cose molto simili a queste.
Aria calda sul suo collo, ruotò delicatamente il viso e vide questa massa di criniera bionda scivolare sulla sua spalla: il comandante Cullen.
Ecco chi la stringeva, era ripiegata in un abbraccio, lui era seduto e lei gli dava la schiena, si sentì stranamente al sicuro, come una bimba che sa di aver mangiato la cioccolata, anche se la mamma non voleva, e avesse trovato complicità nel papà seduto alla poltrona.

 
Piccole luci scintillanti, apparivano quando faceva schioccare le dita.
Apparivano piccole stelle di energia pura: lei le adorava, trovava che nulla potesse essere più bello del mondo, aveva cinque anni e il mondo le pareva un luogo meraviglioso. Ma quelle piccole scintille… avevano qualcosa di assolutamente sbalorditivo.

Peccato solo che l’espressione di sua madre non avesse assolutamente alcuna sbalorditiva meraviglia quando, all’età di sette anni la piccola Anders aveva compiuto un piccolo prodigio con il fuoco, una cosa molto elementare in realtà: accendere una candela del salone. La nobildonna tuttavia aveva cominciato ad urlare a squarcia gola per tutta la loro tenuta estiva che la sua famiglia era maledetta e che molto probabilmente aveva partorito un abominio; Anders dal canto suo aveva avuto all'incirca il tempo di versare una singola lacrima, quando suo padre aveva spalancato le porte del salone prendendola in braccio, accarezzandole i neri capelli, così simili ai suoi. La cullava cercando di calmarla, come quando era una neonata; ma non le disse nulla, perché qualunque parola sarebbe stata superflua. Nonostante la sua giovane età, la piccola sapeva a cosa sarebbe andata incontro, era stato strano come non si era accorta di essere una maga, almeno finché sua madre non lo urlò ai quattro venti. Diversi suoi zii materni erano templari, la vennero a prendere due soli giorni dopo, la bimba non ebbe il tempo di salutare per bene neanche la domestica che le aveva fatto da balia.



Si ritrovava spesso ad osservare la cicatrice del giovane, la trovava curiosamente affascinate

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Capitolo 3
*** L'intreccio delle lame ***


Aveva cercato di non far troppo rumore, per lasciarla riposare in pace.
Alzandosi non aveva potuto far a meno di sentire l’odore acre della sua pelle, nonostante tutto però non aveva trovato alcuno difetto, le sembrava bellissima, bellissima e stanca.
Uscendo dalla tenda un freddo colse la sua pelle impreparata, fece quindi una piccola corsa verso la sua tenda, che tra l’altro aveva deciso di dividere con 3 suoi sottoposti: non era il tempo di privilegi quello.
Si era cambiato velocemente e aveva preso posto nel sacco a pelo: non che avesse ancora sonno, semplicemente non gradiva la compagna di nessuno. E d’altro canto, un po’ di riposo in più non avrebbe fatto di certo male. Appena chiuse gli occhi l’immagine della maga stanca e dormiente gli si palesò in mente, riaprì gli occhi, disegnò con le dita dei cerchi sugli occhi e li richiuse.
Ancora lei, ma questa volta il biondo assecondò quella visione: anzi decise di far scivolare la sua fantasia lungo i pendii di un burrone molto profondo, ben consapevole di come la situazione potesse evolversi.
Ed era la prima volta che, in piena coscienza di sè lasciava posto a certe fantasie sulla ragazza, fin a quel momento gli era capitato solo in sogno, ma i sogni non si possono controllare, ed era stata questa la sua sicurezza. L’ancora di salvataggio per la sua sanità mentale.
Ed ora invece era lì, con gli occhi chiusi, ma vedeva, vedeva perfettamente: i piccoli ciuffi ribelli della ragazza circondarle il viso, gli occhi verde-azzurri socchiusi e piccole occhiaie blu farsi posto sotto di essi. Vedeva piccole goccioline di sudore formarsi sulle sue guance candide, e le labbra carnose schiuse con una leggera punta di lingua rosea farsi posto tra loro. Vedeva il collo percorso da quelle goccioline e sentiva il bisogno innaturale di afferrare le ossa del triangolo tra i denti; il busto curvilineo della ragazza era impegnato in un innaturale movimento, poteva inoltre girarle attorno e osservare il leggero solco della bianca schiena della ragazza sussultare, prediligendo una visione frontale. Restava un ultimo ma non meno importante particolare da osservale, la leggera e delicata mano di Anders sparire negli stessi meandri di se stessa.
Riaprì velocemente gli occhi, era troppo da sopportare.

Uscì in fretta nella notte gelida portandosi solo la tunica pelosa; ritrovò conforto nel fuoco, con dolcezza disse a tutti i soldati di guardia che sarebbe rimasto da solo a tener viva la fiamma.
E ciò era in parte vero, aveva bisogno di solitudine, perché il desiderio si era fatto strada nei meandri della sua mente e aveva infine preso il sopravvento sul suo corpo, era forse triste da digerire ma era così. Quella ragazza da sola e neanche al 100% della forma fisica riusciva a scatenare in lui rivolte turbolente. La chiesa diceva che si era puniti per aver rapporti sessuali fuori dal matrimonio… ricordava ancora la faccia schifata della madre superiora quando aveva chiesto alla sua compagnia in quanti avrebbero preso i voti di castità e lui era stato l’unico a non volerli, non era colpa sua se desiderava compiere il più grande dovere degli uomini nei confronti del Creatore: formare una famiglia. Eppure, per quanto era stata la stessa Andraste a proferire il ruolo di portavoce del Creatore alla famiglia, gli uomini e la chiesa avevano stabilito che i templari e le madri non avrebbero dovuto averla. Era una cosa stupida, una delle tante che non riusciva a comprendere.
Comunque, riuscì a placare i suoi bollenti spiriti, non privo di qualche ansia.
Nell’attimo in cui, “posò” i suoi “preziosi di famiglia” la tenda della suddetta maga si aprì.
Lei sorrise radiosa, e le guance del trentenne si tinsero di un leggero rosso, prese una coperta e li accasciò non troppo vicino al biondino.
“Ho fatto un sogno”
“Incubi Araldo?” s’incupì l’uomo
“No più ricordi credo, si un sovraffollamento di ricordi: c’era mio padre che mi faceva ballare sui suoi piedi ed era una delle solite feste da nobili, il che significa che c’era anche la prozia! Insopportabile la Prozia!”
“Uh uh”
La maga vivacizzò il fuoco con la mano, passandosela tra i capelli corti, che presero strade diverse, finché i suoi occhi non incrociarono la chioma bionda.
 “Ha dimenticato di pettinarsi… uh” correlò il tutto da un sorriso malizioso
Gli occhi ambrati del comandante presero le dimensioni di due biglie di vetro, portò una mano alla testa cercando di evitare l’inevitabile: i suoi odiatissimi riccioli.
Aveva combattuto tutta la vita con i suoi capelli e l’unica cosa che riusciva a placarli era, oh detestava ammetterlo, era il burro di Halla. Una vera tragedia doverselo procurare!
Ora che ci faceva caso sentiva i piccoli ed infami capelli arruffargli i pensieri. La maga rideva producendo un suono dolce e soave, come la pioggia leggera ad Agosto.
In comandante si accorse di quanto fosse bella, di nuovo. Era riuscito a non pensarci per quanto? Due secondi?  Stava diventando un problema…
Ma il vero problema fu non assalirla quando andò a toccargli le ciocche ricciolute. Le delicate manine della ragazza giocavano con la testa del uomo, come il vento fresco gioca con la criniera dei leoni nelle ore più calde della savana.
Le dita della maga intrecciavano i pensieri più sconci del comandante, rilassando al tempo stesso ogni sua preoccupazione. Avrebbe volentieri dato in pasto tutti i superstiti in pasto a quella specie di arcidemone se questo fosse bastato a sentire ancora quelle sensazioni.  
  Eppure per qualche motivo, apparentemente insospettabile, la ragazza si allontanò.
Prima di chiudere le ante della sua tenda alle sue spalle pronunciò un timido “buona notte”.
Si slanciò sulle coperte con il volto tra le mani, avevano preso a ghiacciarsi. Sperava che la sua magia sarebbe bastata per spegnere il calore che proveniva dalle sue guance.

Speranza vana ovviamente.


Erano passati 8 anni dal suo arrivo al circolo, ne erano successe di cose, la sua padronanza delle arti cresceva con il passare degli anni… e non era l’unica cosa a crescere, anche il suo corpo era cambiato, i suoi fianchi si erano sistemati a dovere e il suo petto era cresciuto sodo ed abbondante. Sua sorella, quella promessa sposa al mercante più ricco della città, ne era profondamente invidiosa: anche perché ad una delle poche feste a cui Anders aveva potuto partecipare, c’erano state ben tre famiglie disposte a chiedere in moglie proprio la maga. Questo ovviamente prima di sapere che fosse un’incantatrice. Una famiglia in particolare… i Gradios? Non ricordava bene; ci erano rimasti così male da chiedere il permesso di farla sposare lo stesso, sostituendo il loro prezioso primogenito con il loro personale peso sulle spalle: il decimo. Anche se la sua famiglia aveva cortesemente rifiutato la proposta, Anders si era sentita un po’ persa, non tanto per il matrimonio in se ma per la consapevolezza che non avrebbe mai potuto sposare qualcuno di sua spontanea volontà. Che pensiero stupido che aveva avuto a 15 anni, il vero problema non era lo scegliere chi sposare… era sposarsi, o fidanzarsi, o uscire tardi la sera, comprarsi un vestito nuovo, portare a spasso il cane, fare una cavalcata in riva all’oceano… tutte cose che un mago, semplicemente non può fare. Il che non è perfettamente giusto, un mago può fare tutte queste cose se AUTORIZZATO da un templare o meglio se in sua compagnia. Era questo il vero dramma di Anders, essere sempre costantemente autorizzata a fare qualcosa: ecco perché aveva dato un bacio alla sua compagna di banco, era un puro gesto di protesta. Niente amore, niente cotta adolescenziale, un gesto dettato solo ed esclusivamente dalla “causa”: la causa dei maghi.
Per lei era diventato un chiodo fisso.
Aveva appena 16 anni quando aveva litigato con il Comandante del suo circolo, e 16 e mezzo quando aveva preso a pungi un compagno che si era volutamente reso adepto della calma. Per non parlare della scazzottata con Evelina, una delle apprendiste madri. Quello sì che era un bel ricordo! Non ricordava come era partita, le cose più belle non si ricordano mai dall’inizio, ma ricordava bene l’argomento: la presunta Sposa del Creatore. Ora il ring era diviso tra: i sostenitori di Evelina, i più convinti andrastiani e i suoi sostenitori, per lo più tutti maghi, che erano convinti che la stessa Andraste fosse in realtà una maga, che nata di umili origini avesse escogitato tutto quel casino solo per prendere più potere, visto che non sarebbe mai arrivata al livello di un Magister. Ma prova ad esporre le tue teorie a una fanatica e ti ritroverai a farle uno strascino lungo tutta la cappella. Che immensa soddisfazione che aveva avuto a mettere KO una persona senza l’aiuto della magia.
La magia era sacra ad un mago, in quanto tale deve essere usata solo per un avversario degno.


Lei non credeva in Andraste, non l’avrebbe mai fatto, neanche nel giorno più splendente o nella notte più profonda.

Piuttosto la morte. 



N.D.A. Volevo innanzitutto ringraziare chiunque avesse letto =) Ed in particolare a chi ha recensito. 
Ed un ringraziamento speciale va assolutamente a Lunete che tra i tanti consigli mi sopporta sempre. E per ultimo vi lascio il link di una fic che spero seguirete in molti =) 

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