Strings

di wallflower
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A card ***
Capitolo 2: *** A stranger ***
Capitolo 3: *** A Game ***
Capitolo 4: *** Sunday ***
Capitolo 5: *** Monday ***



Capitolo 1
*** A card ***


 

Salve a tutti! Questa bellissima storia non è opera mia, ma bensì di una fantastica autrice americana (lokidiabolus) che potete seguire su Ao3 e che mi ha dato il pieno consenso di tradurre la sua fanfiction! 
E’ la mia prima traduzione in assoluto, quindi se ci sono errori scusatemi, ma la storia mi è piaciuta un casino e merita davvero di essere condivisa con il fandom e fangirls italiane dei Newtmas. 
Qui potete trovare la storia originale!
Se avete un po’ di dimestichezza con l’inglese vi consiglio vivamente di leggerla anche in lingua originale, ne vale la pena. Detto questo, se avete dubbi, domande o altro chiedete pure. 
Buona lettura! Un abbraccio, 
wallflower



                                                                                                   

                                                                 


                                                    Capitolo 1: A Card
Thomas aveva pensato che perdere la testa fosse diverso. Forse con più sintomi, come dimenticare le chiavi o mettere il pane nel frigorifero e i piatti sporchi sulla terrazza. O svegliarsi la mattina e pensare di chiamarsi Bob e di essere Satana o comunque qualcosa di più normale.

Non aveva mai provato nulla di tutto ciò, oppure i suoi migliori amici l’avevano tenuto nascosto – non ne era sicuro, erano diabolici in ogni caso – , ma il punto comunque restava. Stava perdendo la testa:  in quale altro modo avrebbe potuto spiegare il perché si trovasse lì, davanti ad un locale poco illuminato, a bere un bicchiere pieno di chissà cosa e a fissare un biglietto per un appuntamento con linee dorate ai margini? Lo squadrava da almeno dieci minuti, completamente rigido e incapace di capire la sua stessa decisione di andare comunque in quel posto e usare quella carta.

Era cominciato tutto con Minho e Teresa che facevano gli enigmatici a causa del suo compleanno. Aveva paura che lanciassero una mega festa che sarebbe finita con l’arrivo o della polizia o dei pompieri, ma lo avevano sorpreso con qualcosa di migliore – o peggiore, dipendeva dai punti di vista. Thomas aveva pensavo che fosse migliore all’inizio, ma ora era propenso a pensare che fosse peggiore, forse anche disastrosa. A cosa stava pensando? A cosa stavano pensando loro?

Thomas era sempre stato un ragazzo affidabile, fedele. Gli piaceva pensare, o almeno fino ad un certo punto, che le sue relazioni fossero buone e stabili, niente dramma, niente alti e bassi, solo un flusso costante di due persone insieme. Sebbene lo trovasse abbastanza conveniente, non aveva mai avuto una relazione durata più di mezzo anno (ed era capitato solo una volta. La durata massima era di circa 3 o 4 mesi in totale). Solitamente, però, non era lui quello a rompere, era la ragazza. Quasi noioso, dicevano. Mancava qualcosa. Qualcosa non era come doveva essere. Poco tempo. Poca passione. Tutto troppo calcolato.

E così Thomas aveva ottenuto l’etichetta di ‘prevedibile’ e gli dava così fastidio che Minho e Teresa si erano stufati delle sue lamentele deprimenti e gli avevano dato questo.

Un biglietto.
Per un appuntamento.
In un club.

In un ‘No Strings Attached’ club*. Era nascosto sotto l’acronimo NSA, qualcosa che suonava misterioso e un po’ sinistro, e se non vivevi in quel mondo tale abbreviazione non significava nulla per te.

All’inizio Thomas aveva pensato che fosse qualcosa di illegale. Qualcosa che Minho aveva deciso di provare perché gli piaceva giocare con il fuoco, e Teresa era abbastanza matta da appoggiarlo. Quando lo avevano portato fuori per pranzo e gli avevano presentato l’elegante biglietto con la data e l’ora non sapeva cosa aspettarsi.

“Un regalo di compleanno,” aveva detto Minho con un ghigno. “Così la smetti di fare il depresso. Senza offesa, amico, ma il tuo piagnucolare sta diventando stancante.”

“Gesù, grazie,” Thomas gli lanciò un’occhiataccia ma non ebbe alcun effetto sul ragazzo. Lo conosceva da anni ed era ormai abituato ai suoi commenti da intelligentone. Il coreano era sempre capace di sollevare il suo morale dal profondo delle tenebre o, in alternativa, farglielo sprofondare ancora più in basso. Lo teneva in bilancio, nel punto giusto, al momento giusto, con il giusto comportamento, e Thomas non si vergognava di ammettere che si fidava ciecamente di quel ragazzo.

“E' vero,” aggiunse Teresa alla conversazione, sorseggiando il suo Martini. “E detto da me, vuol dire qualcosa.”

“Beh, scusatemi tanto se mi sono permesso di essere triste dopo una rottura,” Thomas si accigliò guardando scontento la ragazza e lei in cambio inclinò solo la testa di lato. Teresa era la sua amica d’infanzia, e certe volte Thomas si chiedeva come aveva fatto a rimanerlo fino ad ora. La ragazza era intelligente, indipendente e forte – otteneva sempre ciò che voleva e non aveva bisogno di nessuno per farlo e Thomas ammirava quell’abilità, fino a quando lei non decise di controllare anche la sua di vita, come se fosse sua madre. A quel punto Thomas aveva tracciato i confini, ed era qualcosa a cui lei non era abituata. Avevano litigato parecchie volte proprio per quel motivo.

“Hai solo bisogno di sbollire un po’,” Minho indicò il biglietto. “Sai cosa? Entra lì dentro, divertiti, e quando esci fuori dimenticati di tutto.”

“Cosa?”

“Uno strappo alla regola,” il coreano sogghignò e schioccò la lingua, facendo sbuffare Thomas.

“Stai cercando di dire quello che penso?” non  voleva nemmeno sapere la risposta – il sorrisetto di merda di Minho parlava da sé.

“Una notte con qualcuno,” Teresa si unì di nuovo alla conversazione, con il suo solito tono di voce da ‘
capirai’ che usava spesso. Molte volte ci stava, ma in quel contesto Thomas non riusciva a capire perché ci avesse anche solo provato.


Una notte con qualcuno? Impossibile. Thomas non l’aveva mai fatto, e non aveva intenzione di farlo. Perché mai gli avrebbero dovuto regalare una cosa simile? Era come se non lo conoscessero nemmeno.

“State scherzando?” Li guardò entrambi, incredulo. “Una notte con qualcuno? Con chi credete di parlare?”

“Con un ragazzo che ha bisogno di rilassarsi” Minho scrollò le spalle. “Sei in questo stato da due settimane, e da come la vedo io non riuscirai ad uscirne fuori senza una buona spinta.”

“E per una buona spinta intendi fare sesso con persone a caso?” Thomas quasi abbaiò una risata.  “Seriamente? E’ disgustoso”.

“Io ci andrei,” Teresa fece spallucce. “Il club ha le recensioni migliori. Non è solo qualcuno che incontri lì. Tutte le persone sono ben accreditati e i posti sono i migliori.”

“Oh, dio” Thomas si pizzicò la punta del naso. “Una botta e via? Una notte con quei..maiali?”

“Sei uno di quei maiali,” Gli ricordò Minho. “Perché pensi di aver quel biglietto?”

Tu l’hai comprato.”

“Per
te,” Il coreano gesticolò indicando l’oggetto in questione. “Non è che devi scopare con ogni tizio che incontri, va bene? Ma devi almeno fare qualcosa visto lo stato in cui ti trovi.”

“Sto bene!”  Thomas esclamò un po’ troppo forte e quando le persone intorno a loro cominciarono a voltarsi e guardare sospirò e abbassò la voce. “Non potete aspettarvi che io ci vada. Seriamente. Io? Mai.”

“Te l’avevo detto,” Disse Teresa con un sorriso, guardando Minho come se avesse appena vinto una scommessa e il prezzo fosse stato una tazza di amarezza. “Uno spreco di tempo. Come sempre.”

“Beh, scusatemi per non-“

“Non preoccuparti,” lo interruppe lei severamente. “Ti manderò un cesto di frutta domattina. O qualcosa. Buon compleanno.”

E con ciò finì il suo drink, si alzò e si mise addosso il lungo, elegante e rosso cappotto.

“Pagherò per questo inutile pomeriggio,” disse ad entrambi e prima che Thomas potesse reagire (e lo voleva, ma ancora non sapeva esattamente come) la ragazza si diresse verso il bar e dopo un po’ fu fuori dal ristorante.

“E’ davvero sexy quando si arrabbia,” Osservò Minho come se fosse un dato di fatto e Thomas gemette con disappunto. “Però davvero. Provaci. Spegni il tuo stupido cervello per una notte. Divertiti. Forse sarà il miglior sesso della tua vita. E non avrai nemmeno bisogno di tornare da loro una volta finito, un piccolo bonus.”

“Minho..”

“Fai un tentativo. Voglio dire, se proprio non vuoi brucia il biglietto. Ma sarebbe uno spreco,” Minho gli diede una pacca sulla spalla. “Se la persona non ti piace puoi sempre andartene. Dire che è stato un errore. O lo faranno loro. Chi lo sa. Può succedere di tutto.”

“Tu ci andresti davvero se qualcuno ti desse il biglietto?” Thomas allungò esitante la mano verso la carta, facendola roteare fra le dita e Minho ridacchiò.

“In un batter d’occhio,” confermò lui. “E’ eccitante, no? Ha una specie di scintilla pericolosa.”

“E’ questo ciò che mi preoccupa” mormorò Thomas infelicemente.

“Ascolta,” Minho lo spinse con un sorriso e digitò velocemente qualcosa sul suo cellulare, cosa che fece illuminare anche quello di Thomas con una schermata che diceva ‘nuovo messaggio ricevuto’.  “Il club è su quel indirizzo. Vai lì prima dell’incontro. Guardati intorno. Forse riuscirai a capire qualcosa di quello che starà per succedere, va bene?”

“E’ un indirizzo diverso da quello che c’è sul biglietto che mi avete dato,” Sottolineò Thomas, inarcando le sopracciglia quando lesse il messaggio. “Perché?”

“L’incontro è programmato da loro,” Minho si strinse nelle spalle. “Vuol dire che il club è un posto per trovare un partner. Ma quando hai un appuntamento ti dicono il giorno, l’ora e il posto in cui incontrare la persona. Per mantenere tutto in ordine e, beh, in anonimato.”

Thomas fissò i dati scritti sulla carta che aveva in mano e il disagio scivolò su di lui senza pietà. Era impossibile, si era detto. Impossibile che ci andasse, impossibile rischiare.

Dio, avrebbe corso un grossissimo rischio. E se lei, la ragazza che doveva incontrare, fosse stata una criminale? Una masochista? Una maniaca con i tacchi, le manette e una frusta?

“Non credo che il bicchiere possa darti una risposta a tutto quello che cerchi,” una voce inaspettata lo fece sussultare e ritornare al presente – quello dove era seduto su uno sgabello al NSA club. Il bicchiere era ancora mezzo pieno, il biglietto giaceva sul bancone e rideva di lui con le sue iniziali incise, e lui non era nemmeno sicuro di cosa ci facesse lì.

Il barista lo stava guardando con le sopracciglia alzate, e Thomas realizzò che era stato lui a parlare prima. Era un ragazzo di corporatura massiccia, definitivamente più alto e muscoloso di Thomas stesso, e non sapeva cosa pensare a primo impatto – sembrava in grado di prendere a pugni qualcuno senza troppe difficoltà,  ma allo stesso tempo di sedersi e ascoltare qualsiasi tipo di monologo depresso mentre fletteva i muscoli.

“Era un buon drink”, fu tutto quello che Thomas riuscì a dire e il barista posò il bicchiere che stava lucidando.

“A quanto pare hai un appuntamento,” indicò il biglietto che Thomas aveva messo sul tavolo e il moro annuì in silenzio. L’appuntamento era Sabato, il che significava che mancavano altri due giorni, e Thomas diventava sempre più nervoso ogni secondo che passava. “Beh, non essere così felice, potrei diventare cieco per tutto questo entusiasmo.”

Thomas lo guardò piuttosto male, ma il barista fece spallucce e scelse un altro bicchiere.

“Ci sono delle regole?” chiese dopo una lunga pausa e l’uomo sbuffò da dietro il bancone.

“Tipo portare un mazzo di fiori?”

“Molto divertente.”

“Beh, hai chiesto se ci fossero delle regole per un fottuto anonimo, domanda stupida, risposta stupida,” rispose l’omaccione e Thomas brontolò qualcosa di incoerente. “Ti dicono il posto e ti danno l’ora. Vai lì, ti diverti e te ne vai. Questo è tutto. Cosa altro ti serve? Un manuale su come toglierti i pantaloni?”

“Beh, forse sapere se la tipa sarà una maniaca o-,”

“Una tipa? Come fai ad esserne così sicuro?” il barista lo interruppe con un tono divertito.

“Aspetta, può capitarmi anche un ragazzo?”

“Può capitarti un cavallo per quanto me ne importa,” l’omaccione sogghignò. “Ma sì, è logico. Ti capita quello che ti capita.”

“Un ragazzo?” Thomas sbatté le palpebre un paio di volte. “Ma..”

“Non fare il bambino,” il barista roteò gli occhi. “Siamo nel ventunesimo secolo, svegliati. Il genere non importa.”

“Da quando?” il moro si oppose, corrucciando la fronte e aggrottando le sopracciglia. “L’ultima volta che ho controllato i gay non potevano nemmeno sposarsi.”

“Beh, se hai intenzione di fare la proposta a qualcuno allora ho delle cattive notizie per te. Ma hey, il sesso è senza confini,” disse il barista e mise da parte il bicchiere, poi si chinò verso di lui. “Lo conosci il detto. Se la vita ti offre limoni, fatti una bella limonata!”

“E’ deprimente,” contrastò Thomas, cercando di togliersi quell’immagine dalla testa.

“E’ la realtà,” disse semplicemente l’uomo. “Devi solo accettarlo e non piagnucolare così tanto.”

“Inutile,” commentò Thomas con disappunto e il barista gli sorrise.

“Se vuoi un consiglio,” si raddrizzò, tamburellando le dita sulla superficie del tavolo. “Preparati per qualsiasi cosa. Forse avrai bisogno di manette. Se non le porteranno loro.  Ho sentito che le cose possono diventare alquanto eccentriche.”

Thomas divenne pallido sul momento e decise che non sarebbe andato all’appuntamento nemmeno se l’avessero pagato.

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Thomas aveva perso la testa. Non sapeva né dove o come, ma era sicuramente successo di recente. Incolpava Minho e Teresa. Erano bersagli più facili. Li maledisse augurando loro le pene dell’Inferno, e si maledisse da solo quanto entrò nell’hotel, tenendo fra le mani quello stupido biglietto per l’appuntamento.

                                                                     03/12/2014

                                                                           18:00

                                                     YOTEL New York – Stanza No. 333

                                                570 10th Avenue New York, NY, 10036


Non sapeva nemmeno da dove iniziare per rimproverare se stesso. Forse proprio da quando decise di andare, o quando finì di vestirsi, oppure ancora quando prese il taxi e arrivò nel posto.  Odiò se stesso quando parlò al receptionist e prese le chiavi della stanza, e quando prese l’ascensore.
Le lancette dell’orologio segnavano le sei e qualche minuto e Thomas si lasciò divorare dal nervosismo, o dalla paura che lo stava torturando da tutto il giorno. Un’immagine del barista che fletteva i muscoli e gridava ‘Fatti una bella limonata!’ continuava a frullargli in mente, e bastava quel tanto da spaventarlo ancora di più.  Perché ci era andato? Cosa l’aveva spinto a farlo, esattamente?

Forse la noia? La curiosità? La psicologia inversa che Teresa aveva usato su di lui di proposito? Il suo orgoglio che gli diceva di abbattere l’etichetta di ‘prevedibile’?

O forse voleva solo fare sesso senza mantenere i contatti? Senza alcun vincolo, niente conseguenze, niente problemi.

Forse era così, pensò Thomas. Forse era davvero curioso: forse aveva bisogno, anche solo per un po’, di tirar fuori la testa dalla grondaia, di rilassarsi. Di dimostrare a se stesso che poteva oltrepassare i limiti, anche se lo spaventava a morte.

Rimase davanti alla porta per quasi un minuto intero, costantemente a fissare la carta che aveva fra le mani. Era il momento della verità. La svolta decisiva, il-

“Hai intenzione di entrare o ti sembra più interessante il corridoio?” una voce maschile interruppe i suoi pensieri come una ghigliottina e Thomas rimase pietrificato sul posto, aveva quasi paura di voltarsi. Non era sicuro di cosa – o chi – aspettarsi. Un tizio enorme che poteva sollevare prima il letto e poi lui? La voce non lasciava intendere molto comunque, rifletté Thomas.

Prese un profondo respiro, poi un altro e un altro ancora e poi lentamente si girò, solo per ritrovarsi davanti qualcosa che assolutamente non si aspettava di trovare. Il ragazzo che aveva parlato prima era giovane, aveva i capelli biondi e gli occhi profondi e marroni, e addosso aveva un lungo cappotto nero.  Sembrava davvero giovane, forse anche più giovane di Thomas stesso, e dal suo aspetto era lui il partner di Thomas per quella sera.

Il biondo inclinò la testa di lato quando Thomas rimase a fissarlo ammutolito, e lo guardò come a valutarlo.

“Preferisci il corridoio quindi?” chiese e il cervello di Thomas finalmente riprese il controllo della situazione, mandando qualche debole segnale e dicendogli di fare di no con la testa, sebbene la sua voce non ne voleva sapere di cooperare.

“Va bene. Con permesso, allora? O vuoi avere l’onore di aprirmi la porta?”

“Sì, scusami,” mormorò Thomas, con le mani tremanti. Quel ragazzo non sembrava avere strani gusti, ma Thomas sapeva che l’apparenza poteva ingannare. Trascinò la carta attraverso la serratura ottenendo il via libera e la porta si aprì con un leggero click.

Alla fine era un ragazzo. Certo che era un ragazzo, quante donne avrebbero fatto una cosa simile? Erano troppo intelligenti. Perché il biondo era venuto? Cosa si aspettava di trovare? Cosa avrebbe fatto a Thomas? Una volta entrati, sarebbe stato troppo tardi per tirarsi indietro, Thomas lo sapeva benissimo. Il ragazzo poi gli avrebbe mostrato l’intera collezione di cinghie e forse anche qualcosa di tagliente e imperdonabile, e Thomas sentì il suo corpo cadere in un abisso di puro panico, dove i limoni erano stati buttati su di lui senza pietà e lui non se la sentiva assolutamente di farsi una bella limonata, più che altro correre e trovare riparo.
Prima che potesse anche solo pensare si voltò nuovamente vero il ragazzo, cogliendolo con uno sguardo serio, gli occhi spalancati e una bella bocca sorridente. Beh, almeno fino a quando Thomas non parlò.

“Hai portato le manette?”

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N.B: betata dalla mia amata - ciao, moglie! - Lucrezia. <3 Il suo profilo è questo. Datele un'occhiata, scrive cose skjdf. çç
*No Strings Attached club: E’ praticamente un locale dove persone non fidanzate possono incontrarsi e beh, fare cose. Senza obblighi, senza pensieri, ‘senza catene attaccate’.

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Capitolo 2
*** A stranger ***


                                                                                           Capitolo 2: A stranger
Thomas aveva dei momenti in cui si sentiva un completo idiota. Non succedeva spesso, grazie a Dio, ma quando succedeva non c’era via d’uscita. Ricordava quella volta in cui pensava di essere intelligente e accusò il professore di aver sbagliato a spiegare la lezione, mettendosi in imbarazzo difronte a tutta la classe.

Oppure quella volta in cui la sua super carina fidanzata voleva sorprenderlo con una festa per il suo compleanno ma lui mandò tutto all’aria a causa della gelosia, accusandola di passare tempo, quello che lei dedicava per preparare la festa, con altri ragazzi. Alla fine lei gli aveva buttato la torta in faccia e se ne era andata e beh, inutile dire che non si parlarono mai più.

E ovviamente si ricordava anche della volta in cui, durante un’intervista di lavoro, gli venne chiesta la sua opinione al riguardo e lui, pensando fosse una domanda a trabbocchetto, fece finta di infischiarsene altamente. E ovviamente non aveva ottenuto il lavoro, perché le persone disoneste non sono le benvenute qui.

Quello, in quel momento, era un altro dei tanti esempi e Thomas non sapeva come fermare  la situazione imbarazzante che si era creata all’improvviso. Solo un momento prima aveva lasciato che l’ansia prendesse il sopravvento e aveva chiesto delle manette ad un perfetto sconosciuto, e quello dopo la mascella del biondo aveva quasi rischiato di cadere a terra e lui era scoppiato in una risata isterica, trascinando Thomas dentro la stanza dove eventualmente aveva continuato a ridere fino a farsi venire le lacrime agli occhi. Thomas era mortificato, tanto che riuscì solo a sedersi e guardare il compagno che non ce la faceva a nascondere il proprio divertimento, e non fece nemmeno caso a quanto fosse ordinata e ben arredata la camera dell’hotel.

“Manette!” il biondo ridacchiò di nuovo, asciugandosi le lacrime dal viso mentre cercava di riacquistare un briciolo di serietà (fallendo miseramente). “Non ce la faccio, oddio.”

Thomas pensò che il suolo potesse inghiottirlo, oppure che le lenzuola bianche sul letto rotondo su cui era seduto improvvisamente prendessero vita e lo soffocassero ma, dato che nessuna delle opzioni gli sembrava possibile, fece solamente finta di non esistere.

Il biondo si stava finalmente calmando, togliendosi il cappotto con eventuali piccole risatine e rivelando il sorprendente vestiario casual. Per qualche ragione Thomas si era aspettato uno smoking, probabilmente perché gli aveva dato quell’impressione quando l’aveva visto per la prima volta, con il lungo cappotto e quant’altro. Ma no, indossava un paio di jeans e una semplice maglietta nera e Thomas si sentiva sollevato visto che anche lui si era presentato con i jeans e una felpa. Non che i vestiti importassero granché, ricordò a se stesso.

“Temo di doverti deludere,” il biondo riportò la sua attenzione su di lui, ma un piccolo sorriso divertito rimase impresso sulle sue labbra. “Non sono un grande fan delle cose eccentriche. Niente manette.”

“Oh, grazie a Dio,” Thomas si nascose il volto fra i palmi delle mani e sentì un enorme masso cadergli giù dal petto o, meglio, tutta una serie di grandi pietre che rotolavano chissà dove.

“Ah, principiante?” quel commento lo fece diventare rosso in un battibaleno, e improvvisamente non c’era più nessun posto sull’intero pianeta dove nascondere tutta la sua vergogna. Riuscì solo ad annuire, evitando di  chiedersi quante volte quella persona avesse avuto un appuntamento del genere, concentrandosi invece sulle sue scarpe. Il silenzio era quasi insopportabile e Thomas divenne irrequieto.

Era un problema? Beh, certo che era un problema se il biondo fosse stato..esperto? Era la parola giusta? Se lo faceva spesso, ritrovarsi un partner completamente sprovveduto (a cui tra l’altro non piacevano nemmeno i ragazzi, Thomas se ne era quasi dimenticato, cosa ci faceva ancora lì?) doveva deluderlo. 

Gli ci volle tutto il coraggio del mondo per alzare la testa e quando lo fece rimase per metà congelato sul posto. Il biondo era seduto su una poltrona proprio difronte al letto con un sorrisetto dipinto sulle labbra mentre guardava Thomas dritto negli occhi, una mano sotto al mento e le gambe incrociate. Sembrava a suo agio.

“Mi stavo proprio chiedendo quanto tempo ci avresti messo per guardami se fossi rimasto in silenzio,” gli disse semplicemente. Non sembrava né arrabbiato né deluso. E per quanto poteva valere a Thomas sembrava che si stesse addirittura divertendo, ma poteva anche essere solo la sua immaginazione. “Nervoso, suppongo?”

“Terrorizzato,” mormorò Thomas. Non c’era motivo di fare il coraggioso dato che si sentiva ancora tremare come una foglia.

“Non mi sembri il tipo adatto per fare una cosa del genere,” notò il biondino.

“Nemmeno tu,” replicò Thomas velocemente, e il suo compagno rise di nuovo.

“L’apparenza,” scosse semplicemente le spalle e Thomas annuì.

“Inganna,” aggiunse e anche il biondo sembrò d’accordo con lui.

“Puoi chiamarmi Newt, novellino,” disse dopo un po’, presentandosi e assumendo un atteggiamento del tutto rilassato, e Thomas immediatamente sbuffò per il modo in cui l’aveva chiamato.

“Thomas,” ricambiò il favore e il biondo sorrise.

“Mi hai appena detto il tuo vero nome, non è vero?”

In quel momento Thomas realizzò che probabilmente era anche più stupido di quanto pensava di essere. Era ovvio che il suo vero nome non fosse Newt, come aveva fatto a non accorgersene prima? Newt. Poteva essere un soprannome per cosa? Newton? Forse, ma comunque non abbastanza convincente da essere un vero nome.  

Logica, caspita. Certe volte può tornare utile.

“Così sembra,” la sua voce era appena percettibile. “Dato che sono un idiota.”

“Nah, non preoccuparti,” Newt agitò la mano visibilmente divertito, forse anche più di prima se fosse stato  possibile. “Thomas è un bel nome. Tommy, suona bene.”

Thomas ridacchiò. L’ultima volta che qualcuno l’aveva chiamato Tommy era forse all’asilo. Suo padre preferiva Thomas perché era più “da duri” e sua madre si era abituata con ‘Tom’ perché era più corto e poteva urlarlo insieme a una serie di rimproveri e parolacce quando sbagliava qualcosa (di nuovo).

“Allora, Tommy,” Newt inclinò la testa di lato, guardandolo in attesa. “Per quanto io possa trovare adorabile la tua goffaggine, il nostro tempo è limitato. E non so te, ma io non sono venuto qui per chiacchierare. Non solo, almeno.”

Thomas tornò alla realtà ancora una volta, e l’imbarazzo gli piombò addosso con violenza. Certo che non era venuto lì per un’amichevole chiacchierata. Nemmeno Thomas. Probabilmente.

Ma Newt era un ragazzo.

Thomas non aveva idea di come affrontare la questione.  In quel momento si sentì come se avesse effettivamente bisogno del manuale per la rimozione dei pantaloni di cui aveva accennato il barista, perché il suo cervello si bloccò come un disco rotto.

Un altro scoppio di risata riempì le mura della stanza e Thomas sbattè un paio di volte le palpebre, confuso.

“La tua espressione! Sembra che tu abbia paura che ti possa mangiare!” Newt singhiozzò nel tentativo di controllare la propria risata. “Dubito che i tuoi occhioni da Bambi possano diventare più grandi di così, ti giuro.”

“Scusami, io-“

“Ahh, sta zitto,” Newt sorrise e si alzò, e Thomas rimase di stucco. Era un po’ più alto del moro ed era magrolino, quasi uno stecchino, ma riusciva comunque a trasmettere un’aura di autorità e sicurezza.

Definitvamente non era un novellino.

“Non è che la parole possano cambiare granché,” la sua voce aveva un qualcosa di insolito, uno strano accento che Thomas non riuscì subito ad afferrare poiché il biondo riuscì a nasconderlo bene. Inglese, forse? Non che il suo suo accento fosse nella lista delle cose che voleva assolutamente sapere, visto che ora come ora il biondino era seduto sulle sue ginocchia e Thomas sussultò sorpreso.

“Facciamo un gioco, che ne dici?” suggerì Newt con un piccolo sorriso. “Dimmi quando azzecco il punto giusto, e io farò in modo di far stare bene entrambi.”

Thomas non ebbe nemmeno il tempo di rispondere perché tutto si svolse troppo velocemente. Rimase semplicemente seduto, completamente rigido, con il ragazzo biondo seduto sopra di lui senza vergogna che improvvisamente cominciò a  lasciare piccoli tocchi qua e là sulla sua pelle e Thomas non potè più nemmeno formulare qualcosa di sensato nel suo cervello, era tutto un ‘merda, merda, merda, che cosa ho fatto, cazzo, merda, merda’.

Un leggero tocco sul braccio lo fece irrigidire ancora di più, ma Newt non si fermò, le sue mani si mossero verso la zip della felpa di Thomas, trascinandola giù per rivelare la t-shirt grigia che il moro indossava di sotto.  Tracciò delle linee immaginarie sul tessuto e poi prese fra le dita l’orlo della felpa, togliendola lentamente dalle spalle di Thomas.
Thomas non sapeva nemmeno perché stesse cooperando; i suoi primi istinti erano stati corri, sbagliato, non come dovrebbe essere, non come è sempre stato, ma poi si era calmato e aveva soffocato quei pensieri.
Era quello che voleva, no? Quello per cui era venuto. La spiegazione al perché aveva accettato il biglietto e ci aveva provato. Per provare qualcosa di nuovo. In qualche modo. Smetterla di essere così prevedibile.

“Amico, sembri una statua, rilassati un po’,” Newt ridacchiò, la sua voce era leggermente più bassa di prima. Era..piacevole, si disse Thomas. Le dita di Newt presero ad esplorare la pelle nuda del suo braccio, facendogli venire i brividi sul momento. Il suo tocco era come quello di una piuma, né  insistente e né esigente, ma comunque era lì, Thomas lo sentiva. L’altra mano scivolò lentamente dal petto di Thomas al suo collo, arricciandosi a mo’ di coppa sulla sua nuca, carezzandola.

“Va bene?” chiese e Thomas deglutì rumorosamente per poi annuire. Non era male. Era una bella sensazione. Forse. Sarebbe stata bella, se solo non si fosse sentito così nervoso e..sbagliato.

Le dita continuarono il loro percorso, accarezzando le sue clavicole.

“E ora?” chiese di nuovo, e Thomas fece di sì con la testa.

“Va bene,” riuscì a dire, quasi in un soffio, e Newt si sporse un po’ in avanti e improvvisamente appoggiò i denti sul collo di Thomas. Il gesto fu così inaspettato  che il cervello di Thomas non fece in tempo a fermare il gemito che fuoriuscì dalle sue labbra.

“Deduco che anche questo ti sia piaciuto,” Newt ridacchiò e si sistemò meglio sulle sue ginocchia. “Dato che beh…la tua tenda si è già alzata.”*

“La—cosa?”

Una sola occhiata a /sud/ e Thomas si sentì avvampare. Seriamente? Si era eccitato solo per quella piccola cosa? Con un perfetto sconosciuto che sedeva fra le sue gambe e gli sorrideva compaciuto? Cosa c’era che non andava in lui?

“Qualcosa con cui posso lavorare,”  Newt gli fecce l’occhiolino, quel bastardo e la sua espressione soddisfatta, e poi rivolse nuovamente la sua attenzione al collo di Thomas, mordicchiandolo piano in vari punti.

Era strano. Diverso. Un po’ sbagliato, forse. Thomas non ne era sicuro. Il suo corpo reagiva, riscaldandosi notevolmente, ma la sua mente faticava a tenere il passo, serrava le labbra per evitare altri eventuali rumori e Thomas si sentiva vacillante e in conflitto.

I tocchi del ragazzo si sentivano appena, ma erano sempre nel punto e nell’angolo giusto. L’incessante quantità di piacere e malizia fuse insieme era qualcosa a cui Thomas non era affatto abituato. Era lui quello che guidava ogni volta il rapporto, dopo tutto. Era lui quello che inziava i baci. Era lui quello che puntava a dare piacere, e non a riceverlo – per qualche ragione quella era diventata una specie di regola per lui. Ma Newt non era una donna; non era una ragazza che aveva bisogno di essere coccolata. Voleva andare dritto al punto, senza sapere chi fosse veramente Thomas, senza preoccuparsi delle piccole inutili cose.

Era solo sesso, si disse.
Il sesso era facile. Il sesso doveva essere facile. Era naturale.

“Nemmeno tu sei mai stato con un ragazzo, vero?” la voce del biondo trafisse i pensieri del ragazzo senza pietà e poi tutto ad un tratto i loro corpi erano quasi attaccati, petto contro petto, inguine contro inguine, e Thomas trattenne il respiro quando si accorse che l’altro era nelle sue stesse condizioni.

“Cazzo,” disse sottovoce, alzando e rialzando il petto rapidamente,  e Newt sorrise facendo scorrere le dita fra i capelli di Thomas. Era davvero piacevole.

“Solo se sei d’accordo,” offrì il biondo, ammorbidendo l’espressione. “Non mi entusiasma avere un partecipante riluttante. Rovina l’atmosfera.”

Thomas era d’accordo? Andare a letto con un ragazzo? Uno straniero a caso?

“E’ solo sesso,” gli sussurrò Newt nell’orecchio con la voce sempre più bassa, mordendogli delicatamente il lobo di esso.  “Non serve nessuna scienza. Rilassati.”

Era quello il punto, no? Rilassarsi. Era per quello che Minho e Teresa gli avevano regalato quel biglietto. Per incontrare quell’uomo. Per dimenticare chi era per per un po’. Forse anche per mettere da parte i suoi sentimenti per una notte. Era davvero così difficile? No, non lo era, vero? Newt era lì, emanava un calore rassicurante ed era pronto, e forse era proprio quel misterioso qualcosa di cui Thomas aveva disperatamente bisogno.

“Posso farcela,” disse, nonostante la voce leggermente tremolante.  

“Bravo ragazzo,” Newt sorrise e le sue mani scivolarono ancora più giù, verso la cintura di Thomas.

Thomas aveva completamente perso la testa.

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NOTE DELL’AUTRICE:
{Betata da Lucrezia, che ringrazio di cuore.♡}
*: Un modo di dire inglese davvero..interessante HAHAHA penso che dal contesto si capisca, scusatemi se è molto italianizzato. :')
Beh, che dire, Thomas non sa più da che parte andare a parare! Alla fine darà il via libera a Newt o si tirerà indietro all’ultimo momento? *Rullo di tamburi* Lo scoprireeete nel prossimo capitolo! Also, tranquilli, non ci saranno troppi dettagli smut, per chi non legge quel tipo di ff.
Spero di non avervi deluso, e spero anche di aggiornare quanto più prima possibile.
Vorrei anche ringraziare voi piccoli muffin che recensite e seguite la mia traduzione♡♡
Alla prossima!,
wallflower

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Capitolo 3
*** A Game ***


L’autrice consiglia vivamente di ascoltare questa canzone durante la lettura del capitolo. ♡
https://www.youtube.com/watch?v=QliYCrO_Mcw

                                                                                               
                                                                             Capitolo 3: A Game
Thomas non era vergine. Sicuramente non assomigliava ad una fanciulla con le guance arrossate, sapeva come funzionava il corpo umano. Sapeva come il sangue pompava nelle vene e quanto la sua mente fosse stordita quando era eccitato, e sapeva anche quanto fosse difficile mantenere le distanze e la lucidità, specialmente quando gli piaceva davvero la ragazza con cui stava per fare l’amore.

Ma adesso era diverso.

Newt era diverso.  Thomas non aveva mai perso se stesso completamente, non così a fondo. L’insicurezza e l’esitazione sparirono nello stesso momento in cui Newt ebbe il via libera; improvvisamente non c’era più tempo per essere insicuri. Fu come essere trascinati da un’onda, con i tocchi di Newt che bruciavano attraverso i vestiti e poi anche attraverso la pelle nuda quando il biondo gli aveva leggermente tirato su la maglietta e lui gliel’aveva lasciato fare.
Si lasciò spingere sul letto, stendendosi con il biondo sopra di lui, e il suo cervello si spense, senza domande, stando al gioco. Era sorpreso di quanto velocemente potesse uscire dal suo nido sicuro, all’improvviso completamente silenzioso e per nulla contrario nel togliere la maglietta a Newt e toccare con curiosità la sua pelle, ottenendo un suono di approvazione da parte dell’altro.

“Quel gioco vale ancora?” chiese senza fiato quando Newt gli tolse a sua volta la t-shirt grigia, le mani che vagabondavano sulle spalle di Thomas e scivolavano verso la sua vita, mentre lo guardava con attenzione, come se stesse analizzando le sue reazioni.

“Il gioco va bene/non va bene?” rispose il biondo con una domanda e piegò la testa verso il basso, leccando una striscia dallo stomaco di Thomas come un gattino curioso. Thomas non cercò nemmeno di reprimere il gemito che combatteva per uscire dalla sua gola.

“Sì,” annuì trattenendo per qualche secondo il respiro, e Newt ridacchiò.

“Certo che lo è,” tirò la cintura semiaperta e con un’unica e lunga mossa la liberò dai passanti. Si fermò quando le mani di Thomas trovarono la via per raggiungere la sua vita, appoggiandole poi sui suoi fianchi.

“Va bene?” chiese il moro e ciò fece sorridere Newt.

“Va bene, Tommy,” lo rassicurò e ritornò a occuparsi di quello che stava facendo in precedenza, ovvero continuare a togliere completamente i jeans a Thomas. “Solleva i fianchi.”

La mente di Thomas entrò nel panico per un po’, ma il suo corpo agì senza esitazione, una vocina traditrice gli suggeriva di continuare l’attività promessa, ed ebbe con successo il controllo del suo cervello. I pantaloni caddero a terra con un movimento rapido, assieme ai suoi boxers, e Thomas si sentì come sotto a mille riflettori o sottoposto ad un intenso esame quando Newt lo guardò in silenzio.

“Sei sicuro che sia la tua prima volta con un ragazzo?” la domanda fu posta senza nemmeno un preavviso e Thomas ebbe l’impulso di strisciare via e sotterrarsi da qualche parte. “Perché…wow, sei tipo..super pronto.”

“Per favore non parlare, “ implorò disperatamente il moro (era terribilmente e visibilmente eccitato, ne era al corrente, ma non era in grado di cambiare nulla, era solo..successo). “E’ solo..”

“Non c’è nulla di sbagliato, sono lusingato,” Newt lo guardò di nuovo. “Solo un po’ sorpreso. Credevo fossi più…mh, come posso dirlo con gentilezza..”

“Difficile da ottenere?” sussurrò Thomas, cercando di non contorcersi sotto al peso del ragazzo.

“Sei già abbastanza difficile,” Newt sogghignò e lo toccò, e Thomas non l’aveva previsto e lo colpì come un fulmine a ciel sereno, lasciandolo ansimante e teso.

“Wow,” la voce di Newt gli sembrò un po’ intimorita. “Ci divertiremo un casino, amico.”

Thomas non lo mise in dubbio.

----------------

Divertimento non era la parola giusta. Non abbastanza. Thomas poteva giurare di essersi dimenticato il suo stesso nome durante il procedimento; era così stordito che non riusciva nemmeno a ricordare chi fosse. Se qualcuno gli avesse detto che un giorno sarebbe stato desideroso di toccare un altro ragazzo nel modo in cui stava toccando Newt non gli avrebbe creduto.  Forse si sarebbe anche arrabbiato per il semplice suggerimento di lui assieme ad un uomo.

Eppure era lì. Ad ansimare sopra quello sconosciuto, le dita che rastrellavano fra i suoi capelli biondi, memorizzando ogni sua curva e reazione, degustando il sapore della sua pelle mentre prontamente succhiava ogni lembo di pelle che riusciva a raggiungere, e Newt ansimava deliziosamente e lo spronava ad avvicinarsi, più veloce, come un insaziabile spirito di seduzione.

Thomas si dimenticò della sua identità. Si dimenticò del fatto che questo non era il suo stile. Non voleva conoscere il vecchio Thomas in quel momento; non riusciva ad averne abbastanza di quella situazione, del diluvio costante di puro piacere e zero responsabilità, del prendere solo ciò che voleva con una persona che la pensava allo stesso modo.

Non aveva idea di quante volte, o quanto tempo se era per questo, lo avevano fatto, riducendo le lenzuola bianche ad un mucchio ammassato, lasciando un odore di sesso per tutta la stanza. L’unica cosa che Thomas sapeva con certezza era che non voleva che finisse presto.

Newt lo stava guidando con facilità, lasciandolo, però, anche lavorare per ottenere ciò che voleva. La vergogna lì non aveva un posto, realizzò Thomas. La stronzata del non sapere come gestire con ragazzo fu calpestata al suolo quando Newt premette contro il suo corpo, caldo e bisognoso, e sussurrò una semplice verità: “Siamo entrambi ragazzi. Cosa c’è che non sai? Cosa fa stare bene te ha una maggiore probabilità di far stare bene anche me.”

E aveva ragione. Non c’era una singola cosa che Thomas aveva fatto che non gli era sembrata già familiare.

Beh, eccetto la prostata.

-------------------

“Gordon Ramsay.”

“Impossibile.”

“Cosa? E’ un mito!”

La risata di Newt riempì la stanza fino all'orlo e Thomas ridacchiò assieme a lui, comodamente sdraiato sul letto con il mento appoggiato e guardando fuori dal balcone attraverso la porta chiusa. Newt giaceva sopra di lui, o meglio era stravaccato, disegnando forme astratte sulla schiena di Thomas.

“Non ci credo che ti piace Gordon Ramsay, sei un imbranato,” Newt ridacchiò da sopra di lui, le sue dita abbandonarono le scapole di Thomas e raggiunsero i suoi capelli, tirandoli leggermente. Thomas sentì un brivido percorrergli la spina dorsale, ed era spettacolare, piacevole e caloroso, e se non fosse stato così stanco avrebbe probabilmente ribaltato le posizioni e gli avrebbe dimostrato che anche gli imbranati potevano diventare seri.  Ma il suo corpo si rifiutò di collaborare, e il modo in cui era seduto era troppo comodo per muoversi, così annuì solamente in segno di approvazione.

“Va bene?” sentì Newt sussurrare e ciò lo fece sorridere.

“Eccellente.”

“Sei stato grande, comunque,”  disse il biondo ad un certo punto. “E’ stato divertente.”

“Mhhm.”

“Per un ragazzo etero, almeno,” aggiunse con una risatina e quella fu l’ultima goccia. Thomas radunò le ultime briciole di forza che gli erano rimaste e Newt emise un debole lamento in risposta, fino a quando non si trasformò in una risata gioiosa.

Non avrebbe mai rifiutato una sfida, dopo tutto.

Non il nuovo Thomas.

-------

Non c’era nessuna sveglia. Nessun rumore assordante. Nessuna voce. Solo un beato silenzio. Ed era stato probabilmente quello a svegliare Thomas, sentendosi disorientato e stordito e guardandosi intorno non riconoscendo l’ambiente estraneo.

Dove si trovava?

Non era la sua camera. Nemmeno quella di Minho. O di Teresa. O della sua ex, se era per questo.

Il pesante odore di sesso indugiava nell’aria e Thomas si svegliò all’istante, come se fosse stato preso a calci.
Un hotel. Lui, nudo, in un letto rotondo, con le lenzuola attorcigliate attorno al suo corpo. La stanza era sommersa nel silenzio.

“Newt?” la prima parola che uscì dalla sua bocca lo fece rabbrividire internamente quando non ottenne nessuna risposta. L’appartamento era troppo tranquillo. Era solo.

Certo che lo era.

L’orologio appeso al muro segnava le dieci del mattino e Thomas sospirò pesantemente. Aveva passato la notte nel hotel, a fare l’amore con un demone biondo, e tutto ciò a cui la sua coscienza riuscì a pensare fu: “Avrei voluto che durasse di più.”

Gemette pieno di frustrazione e si lasciò cadere all’indietro sul letto, fissando in silenzio il soffitto. Una cosa la sapeva sicuro – Minho aveva ragione ad un certo punto. Era stata una magnifica notte di sesso. Aveva sbollito lo stress, si era rilassato, e aveva sicuramente dimenticato la sua ex-fidanzata, che non riusciva nemmeno a competere in campo di sesso con quel nuovo ragazzo. Era come se tutto il sesso che aveva sperimentato fino ad ora fosse stato solo un imbarazzante scambio di fluidi corporei, non era mai stato così approfondito e piacevole.

Era perché era un ragazzo? Il sesso gay aveva qualche sorta di segreti che lo rendevano migliore da quello etero? (La sua mente gridava prostata! molto forte, e inizialmente non era nemmeno d’accordo, era stato tutto un esperimento, un malizioso bagliore negli occhi di Newt che gli fece fare spallucce e dire va bene, per poi boccheggiare e dimenarsi e maledirlo e benedirlo per diversi minuti.)

Dubitava fosse per quello. Era per Newt, allora? Thomas non sapeva una singola cosa su di lui, non sul serio. Sapeva che non gli piaceva Gordon Ramsay. O forse sì? Non aveva detto nulla di negativo al riguardo, era solo incredulo. Non aveva esplicitamente detto che Terminator faceva schifo come film o che la papaya era il suo frutto preferito. L’aveva lasciato intuire, ma mai confermato. Aveva trattenuto Thomas in uno strano gioco di parole e sentimenti, nuove esperienze e orizzonti più ampi.

Inoltre non si erano nemmeno baciati. Non un singolo bacio per tutta la notte, sebbene l’intero corpo di Thomas fosse ricoperto di segni arrossati. Era una specie di regola? Forse il bacio era troppo..intimo. Non che il sesso non lo fosse.

“Spero di essere Edward e lui Vivian*,” mormorò Thomas e finalmente si trascinò fuori dal letto. Aveva disperatamente bisogno di una doccia e doveva tornare a casa. Anche se gli sembrava strano, come se andarsene non chiudesse solo la porta di un hotel.

Quasi inciampò nei suoi jeans e finì goffamente a terra, ma almeno gli fece notare il pezzo di carta poggiato sul comodino. Rilesse l’appunto diverse volte nella sua mente e poi ad alta voce, solo perché gli andava di farlo.

Ottimo lavoro, novellino. Congratulazioni per il tuo debutto! N.

La calligrafia era sorprendentemente pulita e Thomas lesse il biglietto almeno 5 volte prima di essere del tutto soddisfatto. Non poteva fare a meno di chiedersi chi fosse quel ragazzo. Gli aveva lasciato una strana fitta di nostalgia dentro al petto, ed era arrabbiato con se stesso per questo.

Quella notte era stata bella e aveva fatto aprire gli occhi a Thomas. Si sentiva come se fosse diventato diverso, migliore, meno attaccato, più coraggioso. Ma no. Non aveva cambiato una singola cosa della sua personalità, vero? Lo aveva solo lasciato a struggersi per una persona diversa e, come se non bastasse, per una persona di cui non sapeva un accidente, un estraneo che aveva nottate di sesso con chiunque forse anche troppo spesso, il cui nome non era sicuramente Newt, ma che aveva un bel sorriso e un desiderio sessuale insaziabile.

E che Thomas probabilmente non avrebbe più rivisto.

“Fanculo la mia vita.”

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NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Heeila! Chiedo umilmente venia per il terribile ritardo di questo capitolo, ma purtroppo con la scuola e i diversi impegni mi sono ritrovata a tradurre solo il Sabato sera. çç
Come al solito, spero vi piaccia e beh, ditemi cosa ne pensate con una piccola recensione. O ponetemi le vostre domande, i dubbi, se volete qualche piccolo spoiler sul prossimo capitolo hehe--♡♡
N.B: *Edward e Vivian, mai visto Pretty Woman? Beh, Vivian è una prostituta e Edward è colui che la assume. Alla fine dopo un po’ di giri, boom, scoppia l’amore fra i due.  YAY
 

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Capitolo 4
*** Sunday ***


                                                                                                Capitolo 4: Sunday
Minho aveva sempre un tempismo perfetto quando si trattava di visitarlo, Thomas doveva ammetterlo. Era come se avesse messo qualche telecamera nascosta in giro per l’appartamento di Thomas, oppure qualche specie di radar che gli diceva quando Thomas cucinava, o ordinava qualcosa, e poi lui appariva sempre come il ninja che era, sorridendo sfacciatamente, e di tanto in tanto portava anche qualcosa di buono da bere, o bello da vedere.

Oggi era venuto con della vodka per qualche strana ragione, un tipo di alcol che nessuno dei due amava particolarmente, ma Thomas non si era lamentato.
L’aveva lasciato entrare, superando il commento “Che coincidenza! Cucini proprio mentre arrivo anch'io!” senza accennare ad una reazione, prendendo due bicchieri.

“Dio, sei anche più taciturno del solito,” notò Minho quando si sedette, guardando di sottecchi il moro. Thomas era d’accordo con lui – il suo cervello non ce l’avrebbe fatta a durare ancora per molto senza un riposo. Nella sua mente continuavano a ripetersi delle immagini, riusciva ancora a vedere con chiarezza tutte le espressioni che Newt aveva fatto quella sera, ricordava il calore che emanava e la sensazione della sua pelle sotto i propri palmi, l’eco degli ansimi era ancora vivo nelle sue orecchie. E tutto ciò lo faceva sentire irritabile e insaziato.

Non ce la faceva proprio a ignorare tutto. Non quando si trattava di qualcosa di così importante – essere in intimità con qualcuno e poi dimenticarsene completamente. Sicuramente non dopo che si era sentito così bene e nel posto giusto, ragazzo o non.  Voleva sapere chi era Newt, e moriva dalla voglia di poterlo rivedere, preferibilmente al più presto, e non c’era nemmeno bisogno che fossero nudi. Almeno, non subito. Voleva solo vederlo, conoscerlo, magari lavorare sul capire e..qualcosa. Thomas non sapeva nemmeno cosa. In ogni caso era stupido.

“Ti avevo detto di andare,” Minho interruppe i suoi pensieri con un sospiro esasperato. “Sbollire un po’, dimenticarti della stronza. Ma nooo. Hai dovuto fare il bravo bambino. E per chi? Io e Teresa eravamo gli unici a saperne qualcosa e, amico, abbiamo comunque già perso le nostre buoni opinioni su di te. Non avevi niente da perdere.”

“Hmm,” Thomas annuì solamente, spegnendo i fornelli. Non voleva nemmeno parlarne.  Lasciare credere a Minho di essere rimasto il solito ‘prevedibile’ era la cosa migliore da fare. Tutte le stupide domande che avrebbe potuto fargli se-

“Oh mio dio, ci sei andato.”

Thomas congelò sul posto a quell’affermazione e improvvisamente Minho gli fu accanto e gli stava tirando il colletto della maglietta, rivelando tutti i feroci succhiotti arrossati.

“Porca miseria, ce l’hai fatta!”

“Minho-“

“Io..cazzo, ce l’hai fatta veramente, non riesco a crederci! E ho portato della stupida vodka, sono un idiota! Abbiamo bisogno di champagne o qualcosa del genere, fammi prendere le chiavi e-“

“Minho!” Thomas alzò minacciosamente il tono di voce e fortunatamente funzionò, perché il coreano finalmente smise di parlare, nonostante l’espressione scettica che aveva in faccia. “Non c’è nulla da festeggiare, va bene? Ora rimetti il tuo culo seduto.”

“Aspetta, è andata così male?” Minho sembrò deluso ma fece come gli era stato detto e si sedette di nuovo al tavolo. “Perché amico, il tuo collo sembra essere stato brutalmente attaccato da un branco di zanzare o che ne so.”

“E’ andata bene,” mormorò Thomas, e provò a coprire i succhiotti senza molti risultati. Erano davvero tanti, e quando li aveva visti per la prima volta aveva pensato che Newt l’avesse fatto apposta, per vendetta o chissà cosa.

Bene?” il coreano rispose incredulo. “La mia colazione è andata bene. Ho mangiato uova strapazzate e toast. Ma tu hai fatto sesso per tutta la notte e sei stato morso da un animale selvaggio; non credo che bene sia abbastanza.”

Ovviamente non ci aveva creduto. Perché Minho era Minho e non si arrendeva finché il mistero non veniva risolto, racimolare indizi era il suo hobby.

“Grandioso,” disse Thomas. “E’ stato grandioso. Magnifico. Sexy. Contento?”

“No,  sembri depresso,” Minho si accigliò. “Se è andata così bene, perché hai l’espressione di uno che ha appena scoperto che il mondo sta per finire? L’hai messa incinta?”

“Sei idiota?” Thomas gli ringhiò contro e Minho alzò le mani in segno di resa.

“Sto solo cercando di capire il perché,” lo rassicurò. “Allora. Hai fatto sesso, a lei piaceva particolarmente e tanto il sesso anale, e alla fine hai scoperto che era un ragazzo travestito?”

Thomas roteò gli occhi al cielo e per un momento temette che potessero rimanere incastrati.

Era un ragazzo,” decise di sputare il rospo. Tanto prima o poi Minho l’avrebbe capito comunque.
“Non è davvero un problema.”

“Impossibile!” la mascella del coreano rischiò di cadere a terra. “Non esisteee. Tu! Con un ragazzo! Non ci credo.”

“Cosa? Perché?” il moro smise di mettere il cibo nei piatti e guardò Minho con le sopracciglia alzate.

“Sei etero,” sottolineò Minho. “Sei più etero di James Bond o Indiana Jones. Sei il faro dell’eterosessualità! Più etero di-,”

“Va bene, ho capito, stai zitto,” brontolò Thomas, in tono minaccioso, e Minho scosse la testa.

“Un ragazzo,” ripeté il coreano, sempre più sbigottito.

“Sì.”

“Impossibile che tu sia rimasto e abbia fatto sesso con un ragazzo,” il tono dubbioso rese Thomas ancora più nervoso. “Impossibile.”

“Solo perché non mi sei mai piaciuto in quel modo non vuol dire che io sia un idiota omofobo, okay?”  sbottò Thomas, rischiando quasi di lanciare il piatto di fronte all’amico.

“Detto così è diverso,” Minho scrollò le spalle. “Sebbene non andarmi dietro è già un peccato abbastanza grande.”

“Smettila,” rispose Thomas infastidito e Minho rise.

“Ora capisco,” disse in modo calmo e Thomas capì che la sua postura doveva essersi appena incrinata e Minho era riuscito a vederci attraverso. Come faceva sempre.

“Allora. Sei entrato e hai visto un ragazzo. Non sei andato fuori di testa ma ci hai fatto sesso. E’ stato grandioso. Ora sei tornato a casa e sembra che tu voglia assassinare qualcuno. Quindi..o te ne stai pentendo – ma ne dubito, dato che ti sei arrabbiato e hai sostenuto di non essere un ‘idiota omofobo’ – oppure ti piace il ragazzo. Dopo solo una notte. E ora non stai piagnucolando per quella stupida troia, ma per un tizio che conosci a malapena.”

Thomas rimase in silenzio abbastanza a lungo da confermare le supposizioni di Minho, lo sapeva, ma non riusciva a dire nulla, finché il suo amico sospirò.

“Dillo e basta,” lo esortò il moro in silenzio.

“Sei patetico.”

“Sì,” era d’accordo. Lo era eccome. Non aveva bisogno di negarlo per sentirsi meglio, e mentire a se stesso era sempre più facile che mentire a Minho.

“Allora, cosa c’è di tanto speciale in questo ragazzo da farti già perdere la testa?” Minho incrociò le braccia al petto, guardando Thomas in attesa di risposte. Thomas non era esattamente felice di condividere quello che era successo, ma conosceva Minho e sapeva che sarebbe riuscito a tirargli fuori tutta la storia prima o poi. Ci pensò per un po’, cercando le parole giusto, ma tutte quelle emozioni e piccole cose erano difficili da mettere insieme in una spiegazione comprensibile.

“Io..non ne sono sicuro. Lui era..” si fermò per un momento, mordicchiandosi il labbro inferiore. Minho mantenne la sua postura. “Sexy. E divertente. E anche molto attraente.”

“Un bel ragazzo con ottimo senso dell’umorismo,” concluse Minho. “Wow, abbocchi con facilità. Come io sia riuscito a stare fuori dal tuo campo di interesse rimane un mistero. “

“Io non-” Thomas cercò di protestare, ma uno sguardo severo del suo amico gli impedì di lamentarsi ulteriormente. “Non è che me ne sono innamorato.”

“Se fosse quello il caso saresti ancora più patetico,” disse Minho. “Guarda, amico, sei un bravo ragazzo, ma ti abbiamo regalato quel biglietto per farti chiarire le idee, non per farti cascare in un’altra trappola.”

“Sto bene,” il moro cercò di sembrare rassicurante. “Tanto non lo rivedrò mai più.”

“Non è che importi molto,” finalmente Minho smise di assumere la sua postura da ‘ti sto giudicando’ e iniziò a mangiare.  “Devi solo imparare a non farti influenzare così facilmente. Non solo tu stai male, ma anche noi dobbiamo subirci tutto. Abbi pietà.”

“Oh, poverini,” Thomas gli lanciò un’occhiataccia ma Minho fece spallucce, lasciando cadere l’argomento. Era probabilmente la scelta più ragionevole.

******
 Il colletto di Thomas copriva perfettamente i succhiotti perché, apparentemente, Newt aveva una chiara idea del tuo aspetto quando indossavi un completo e il tuo collo aveva quelle sembianze. Quindi poteva fare finta di niente, e sperare che Minho non avesse detto nulla a Teresa, perché non ce l’avrebbe mai fatta altrimenti.

Non era riuscito a leggere nulla dalla sua espressione quando l’aveva incontrata nell’ascensore a lavoro, e Minho gli era sembrato ancora più enigmatico, il che non era un ottimo segno. Era rimasto in silenzio per tutto il tempo finché non era diventato quasi straziante e aveva chiesto cosa c’era che non andava.

“E’ solo nervosa,” disse Minho al posto della ragazza, dato che lei borbottò solamente qualcosa. “A causa della nuova azienda con cui dovremo trattare oggi.”

“Oh?” Thomas sbatté le ciglia in sorpresa. Non ne aveva sentito parlare. Ma la verità era che nelle ultime due settimane non si era aggiornato su nulla, quindi non lo sorprendeva così tanto.

“L’avvocato dovrebbe arrivare verso le nove,” Teresa finalmente parlò. “Ho sentito dire che è molto duro riguardo a queste cose. Se ha intenzione di mettere su qualche richiesta improponibile, potrei prenderlo a pugni.”

“Ah, è quel periodo del mese?” Thomas non riuscì a fermare le parole che gli uscirono dalla bocca e l’occhiata che gli rivolse la ragazza quasi lo uccise all’istante.

“Che ne dici di stare zitto e trovarti un altro ragazzo da scopare?” sibilò lei e Thomas sbuffò.

“Impeccabile,” guardò Minho con la coda dell’occhio, il quale sembrava aver appena inghiottito tutti i secreti del mondo, e lasciò perdere giusto per essere sicuri. Affrontare Teresa di mattina era già abbastanza difficile; non gli serviva essere decapitato prima ancora di entrare nel suo ufficio.

******

Quando Teresa era apparsa sul portone dieci minuti prima delle nove, Thomas l’aveva seguita senza dire una parola. Era un po’ pallida, il che era un po’ insolito. Teresa non era mai spaventata, poteva mangiare gli avvocati per colazione, ma il suo improvviso cambio di umore lo preoccupava. Non riusciva a immaginare cosa ci fosse di così terribile nella nuova azienda, o nell’avvocato stesso,  che la facesse essere così inquieta.

“Stai bene?” chiese con cautela quando furono nella sala riunioni e lei si sedette e cominciò a frugare fra i diversi documenti che aveva portato con sé. I suoi movimenti erano scattanti e scoordinati.

“Bene,” bofonchiò lei.

“Nervosa?”

“Secondo te?” gli lanciò un’occhiataccia.

“Secondo me lo spaventerai con questo atteggiamento,” Thomas roteò gli occhi. “Cosa ti preoccupa?”

“Tutte quelle cose che ho letto su di lui,” si corrucciò lei. “Tutte le aziende che ha rifiutato, tutto il successo che ne ha tratto in seguito, tutte le persone che si fidano di lui, che porta a tutti i cazzo di collegamenti che ha. Questo è quello che mi preoccupa. Soddisfatto?”

“Dio, sei scazzata,” si sedette a sua volta, ignorando le continue sfrecciatine della ragazza. “Calmati. Non è qui perché ci hanno fatto causa. Vogliono sono lavorare con noi, è un punto a nostro favore. Sicuramente non ci metterà da parte se vogliono collaborare.”

“Non si sa mai,” mormorò lei, e poi stette zitta quando la porta si aprì e Minho comparve sulla soglia.

“E’ qui fuori,” disse ad entrambi con espressione seria. “Pronta, ragazza?”

“Sì, fallo entrare,” fece di sì con la testa e prese un profondo respiro. Thomas pensò fosse ridicolo, ma rimase in silenzio e si abbottonò la camicia, alzandosi. Minho annuì e scomparve di nuovo, solo per riapparire qualche secondo dopo con un’altra persona dietro di lui.

In quel momento tutto il sangue che pompava nelle vene di Thomas si trasformò in ghiaccio e tutto ciò che riuscì a fare fu guardare e guardare e guardare e guardare.

Era Newt.

******
EEEEEEET VOILA’! Sorpresa sorpresina, l’avvocato che vuole lavorare con l’azienda di questi tre è proprio Newt! Eh già, chi l’avrebbe mai detto? *risatina malefica* Newt lo riconoscerà? Come reagirà Thomas? Per scoprirlo, stay tuned. <333
In ogni caso, questo capitolo l’ho tradotto prima del previsto ma, dati tutti i commenti positivi che ho ricevuto nello scorso capitolo, ho deciso di premiarvi e fare una piccola eccezione.
Spero vi piaccia e, as always, ci vediamo con il prossimo capitolo!
Un bacione,
wallflower

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Capitolo 5
*** Monday ***


                                                                                     Capitolo 5: Monday
Fortunatamente era stato Minho a fare le presentazioni. Non sarebbe riuscito a proferir parola senza balbettare, o anche solo pronunciare il suo nome, nemmeno se in palio ci fosse stata la sua stessa vita. Tutto quello che riuscì a fare fu cercare di fermare l'improvviso ronzio nelle orecchie mentre guardava l'uomo biondo, vestito con uno smoking nero ben aderente con le maniche rimboccate, stringere la mano prima a Minho e poi a Teresa(che divenne ancor più rigida di prima). Poi, quando finalmente i suoi occhi incontrarono quelli di lui, Thomas si sentì sul punto di esplodere. Ma se Newt l'aveva in qualche modo riconosciuto, di certo non l'aveva fatto notare. La sua mano aveva una forte e sicura presa (la stessa che quella notte aveva usato su Thomas, e quello non era proprio qualcosa a cui avrebbe dovuto pensare in quel momento), e guardava Thomas dritto negli occhi - con un'orgogliosa ma assolutamente disarmante postura.

Thomas sentì Minho dire qualcosa ma non riuscì a captarne una singola parola e immediatamente avvertì una specie di vuoto quando Newt lasciò andare la sua mano. 

"Chiamami Isaac," Newt si voltò verso Minho come se stesse rispondendo a una delle sue inchieste. "Sono sicuro che mantenere un rapporto amichevole sarà un vantaggio per tutti noi, dato che ora siamo colleghi."

"Solitamente porto la persona fuori a cena prima di saltare a conclusioni affrettate," disse Minho e Newt, Isaac, si ricordò Thomas, ridacchiò a quel commento. 

"Gli appuntamenti non sono il mio forte", disse lui in tutta risposta e Thomas avrebbe voluto ridere, ma non ci riuscì. Era tuttavia risollevato perchè il suo corpo aveva ricominciato a riacquistare sensibilità e nonostante fosse riuscito a sedersi assieme a tutti gli altri nello stesso momento aveva costretto se stesso a fissare le proprie mani leggermente tremanti anzichè i volti dei presenti. 

Tutto ciò era irreale. Assolutamente impossibile. Fra tutte le persone, in tutta New York, doveva essere Newt. O Isaac. Seduto nel loro ufficio, a parlare tranquillamente con Minho e Teresa del contratto, enfatizzando sulle parti più importanti come se Thomas non fosse nemmeno presente.

Beh, da un lato quasi non lo era. Isaac si ricordava di lui, almeno? O era forse solo un'altra faccia ed esperienza facilmente dimenticabile, un altro nome aggiunto alla lista di persone che Newt si faceva e basta? Non c'era nessuna reazione. Seriamente, nessun segno che lasciava intendere che l'avesse riconosciuto, qualcosa che avrebbe dovuto dargli anche il più piccolo degli indizi, se non altro. Ma non accadde nulla, Newt aveva tutto sotto controllo. Al contrario, Thomas era un disastroso ammasso di sentimenti, non osava parlare nè guardarlo in faccia.

"Oltre a quello che c'è scritto nel contratto avete anche me," la voce di Newt trafisse nuovamente i suoi pensieri e Thomas alzò lo sguardo bruscamente, trovandolo a firmare il contratto con un fiducioso movimento di mano. "Dato che la vostra azienda è piuttosto grande è giusto che abbiate anche il nostro sostegno."

"Lavorerai per noi?" sputò fuori Teresa, con tono tagliente e piuttosto incredulo, e Newt sbattè le palpebre. 

"Si?" provò a rispondere. "E' forse un problema?"

"Certo che non lo è," Minho intervenne proprio nel momento in cui Thomas vide Teresa prendere un profondo respiro. "E' solo che lei è una tua grande ammiratrice."

"Questo mi..lusinga?" riuscì a dire, spingendo ulteriormente il contratto lontano da lui.

"Si, decisamente, sono proprio una grande ammiratrice," lei strinse i denti. "Delle tue fantastiche abilità nel corrompere ed essere un egoista."

"In un modo come questo devi avere sempre tutto sotto controllo," ribattè con calma. "E cogliere ogni occasione che l'avversario presenta. Credo che tu sia d'accordo, vero?"

"Naturalmente," borbottò lei e Thomas era quasi positivamente sicuro che non era stato l'unico a tradurlo come un vaffanculo

Newt piegò la testa di lato, guardandola con gli occhi semi-chiusi, e poi le sorrise. Thomas non era sicuro di cosa ci fosse nascosto dietro quell'espressione, ma dubitava fosse anche lontanamente amichevole.

"In ogni caso, non vedo l'ora lavorare con voi," il biondo riportò la sua attenzione a Minho, probabilmente l'unica persona nella stanza che riusciva a tenere il passo con lui, senza lanciargli occhiatacce o evitarlo. "Presenterò quanto detto al The Maze e tornerò da voi più tardi. Spero di ricevere una migliore accoglienza."

Thomas era grato che Teresa fosse rimasta in silenzio.


******

"E' anche peggio di persona, oh mio dio, che idiota del cazzo!" 

Thomas si fermò davanti alla porta dell'ufficio di Teresa con le sopracciglia alzate, anche se sapeva benissimo di chi stava parlando. "Spero di ricevere una migliore accoglienza, che grande montagna di merda!" 

"Beh, anche tu hai fato la stronza, perchè ti sorprende il fatto che nemmeno tu gli stai simpatica?" Questa era la voce di Minho.

"Smettila di difenderlo," sibilò lei e Thomas decise che era il momento adatto per intervenire. Le rivolse una gelida occhiataccia, ma lei sbuffò e ritornò a riordinare il mucchio di carte sparse sul suo tavolo. Minho era seduto sul bordo della sua scrivania a leggere con sopracciglia aggrottate il contratto, e quando alzò lo sguardo verso Thomas lo salutò con un cenno del capo.

"Quel tizio non piace nemmeno a Tom," mormorò lei dopo un po'. "Non ha parlato per tutta la durata dell'incontro. Non mi sorprende."

"Oh Gesù, e a te perchè non piace?" Minho guardò Thomas con un sospiro e il moro sbuffò.

"Chi ha detto che non mi piace?"

"Io," disse Teresa. "L'ho visto nei tuoi occhi. La tua espressione era tipo...nonono tutto il tempo."

"Non era-," si accorse di quello che stava per dire e per non pentirsene in seguito si fermò. "Non ho nulla contro il tipo, va bene?"

"Mi piacerebbe che tenessi a bada gli spiriti bollenti, Tes," Minho mise giù il contratto e le rivolse uno sguardo serio. "E' importante. Quindi puoi gentilmente cercare di non mettercelo contro?"

Teresa non reagì e Minho scosse la testa in segno di sconfitta.  Thomas si chiese come sarebbe potuta peggiorare la situazione e immediatamente si pentì di averlo pensato.

******

Isaac ritornò come promesso nel pomeriggio ma scomparve non molto dopo nel suo ufficio. Thomas cercava di non pensarci, ma la sua mente vagava in ogni caso, e cosi passò un'ora a non fare nulla, ad eccezione di alcuni stupidi scarabocchi su un pezzo di carta (che poi si scoprì essere una ex lettera da parte di un cliente).
 
Ci rinunciò dopo dopo una serie di altri miserabili tentativi e lasciò l'ufficio, decidendo che rompere a Minho (o meglio, lasciare che Minho rompa le scatole a lui) fosse un'alternativa migliore. Era sollevato dal fatto che Minho l'avesse assecondato anche se, tuttavia, la loro chiacchierata probabilmente avrebbe gravato sul loro nuovo avvocato, o sull'azienda stessa.

"The Maze è molto grande," sottolineò Minho mentre rovistava sulla pila di documenti giacenti sulla sua scrivania. "Ma hey, guarda!"

Tirò fuori un pezzo di carta con diversi loghi su di essi, e gli occhi di Thomas rimasero fissi sul primo che vide.

"The Maze Runner?" Lesse ad alta voce e il sorriso dell'amico si distese da un orecchio all'altro.

"Figo, vero? Insomma, loro sono The Maze. Noi siamo The Runner. Ta-dah! The Maze Runner. Dio, certe volte mi sorprendo di me stesso. E' geniale, vero?"

"Sembra tipo un romanzo di cattivo gusto," Thomas sbuffò, cercando altre varianti del nome. Tuttavia nessuno reggeva in confronto al primo.

"Tu sembri un romanzo di cattivo gusto," Minho sogghignò e riprese il foglio. "Io penso che sia geniale. Piace anche ad Isaac, quindi - hah!"

"Davvero gli piace?" Thomas sbattè le palpebre in sorpresa, odiando se stesso per la velocità con la quale aveva agito non appena sentito pronunciare quel nome.

"Certo che sì," Minho sembrò fiero di se stesso, come un bambino che fa un regalo ai genitori tutto da solo. "Ne ha parlato al The Maze e non voglio sembrare troppo fiducioso, ma credo che abbiamo un vincitooore. Io, ovviamente!"

"C'è stato qualcuno che non era d'accordo?" Thomas gli sorrise e Minho si strinse nelle spalle.

"Credo che ce ne siano stati alcuni, sì, ma non importa. E' perfetto, e tu lo sai."

"Sì, sì. Lo è," Thomas abbozzò un sorriso e a Minho bastò per sentirsi a proprio agio. "Allooora, Isaac lavorerà con noi?" 

"Proprio così," Minho annuì distrattamente, osservando qualcosa sul suo taccuino. "Teresa non ne è felice, ma la conosci. Cambierà idea, eventualmente."

"Cosa le è preso oggi, comunque?" il moro sospirò al ricordo del suo essere terribilmente maleducata nei confronti del nuovo avvocato. Minho, dal canto suo, continuò a canticchiare pensieroso. 

"Sai com'è fatta, no? Si è fatta una brutta prima impressione di lui dopo aver visto tutti quei video e protocolli, e ora pensa di essere il grande lupo cattivo pronto a mangiare la nonna," disse agitando la mano. "E una volta che quei primi pensieri le si ficcano in testa è difficile dissuaderla e farle vedere le cose da un altro punto di vista. Credo che Isaac debba lavorare per conquistare la sua fiducia. Ammesso che è ciò che vuole."

"Chi lo sa," borbottò Thomas. "Cosa vuole."

"Già, è un tipo un po' vago, no?" il Coreano rivolse a Thomas un piccolo sorriso.  "Voglio dire, non sono un professionista, ma di solito giudico le persone dal primo incontro piuttosto accuratamente. Ma lui, caspio, chi lo sa?" 

"Non ti è venuto fuori nulla?" le parole di Minho attirarono l'attenzione di Thomas in un batter d'occhio. Era praticamente la specialità di Minho, essere in grado di analizzare le persone dalla prima parola spiccata, dalla loro postura o anche dal loro intero linguaggio del corpo. Sentirgli dire che su Newt non era sicuro lo interessava, stranamente.

"Posso dire che è professionale, ed è una buona cosa. Ma oltre a questo..è piuttosto orgoglioso. Ha sempre il controllo della situazione. E'..un po' snervante? Come se non avesse alcuna emozione da risparmiare. O qualcosa del genere. Sempre accuratamente controllato - voglio dire, si comporta in modo amichevole ma allo stesso tempo con una strana freddezza. L'avevi notato?"

Thomas si limitò a scrollare le spalle. Per lui quel ragazzo aveva anche un altro lato. Qualcosa che avrebbe preferito che Minho non sapesse. Newt era divertente, sexy e sapeva quello che voleva. Era abile e quando sorrideva era troppo carino (Thomas quasi si maledisse - pensare ad un ragazzo in quel modo era qualcosa a cui non era abituato. Le ragazze erano carine, non i ragazzi. Ma non riusciva a farne a meno - quel sorriso lo rendeva infantile e letteralmente adorabile). Isaac, dall'altra parte, era controllato, professionale e sì, un po' freddo con quel suo atteggiamento distaccato. Manteneva le chiacchierate amichevoli, ma si tratteneva dal spingersi oltre. C'erano tratti simili, ma a primo impatto Thomas ebbe l'impressione che fossero due persone diverse. 

"Comunque," Minho si schiarì la voce, tornando ad osservare il suo taccuino. "Alle tre me ne vado, tu che fai?" 

"Rimango un po' tardi," disse Thomas con un sospiro. "Non ho fatto un cacchio da stamattina. Devo rimediare."

"Come sei diligente," Minho sorrise e Thomas lo fulminò con lo sguardo, guadagnandosi una risata in cambio.

*******

Rimanere fino a tardi al lavoro non era qualcosa che Thomas amava fare. Ma la verità era che era rimasto solo perchè sapeva che Isaac era ancora nel suo ufficio. Le probabilità che si incontrassero non erano così alte come avrebbe voluto, ma comunque c'erano.

Lavorò finchè l'orologio non segnò le cinque del pomeriggio, quando ormai la maggior parte degli uffici erano già bui. Il loro nuovo avvocato non aveva ancora dato segno di essere vivo e dato che ormai era uno dei pochi e ultimi ancora rimasti e del biondino non c'era traccia, decise che era arrivato il momento di rinunciare. 

Prese tutte le sue cose, le chiavi e una giacca e lasciò l'ufficio con una punta di delusione che ribolliva dentro di lui. 

Era possibile che Newt non l'avesse davvero riconosciuto? Oppure l'aveva riconosciuto, ma aveva deciso di non dire nulla? E se fosse quello il caso, cosa avrebbe dovuto dire?

Oh ciao, tu sei il tipo che mi sono fatto Sabato, giusto? 

Thomas doveva ammettere che aveva il suo senso logico. Ma non c'era stata alcuna reazione. Proprio niente, neanche un battito di ciglia, un sorriso. Era possibile che si facesse cosi tante persone che i loro volti perdevano la loro originalità? Che semplicemente si dimenticava di quelli con cui aveva dormito e se ne infischiava altamente? 

Probabilmente quella notte aveva avuto un'importanza molto minore per lui rispetto a Thomas. Questo non lo metteva in dubbio. Sembrava abituato a quel genere di situazioni. Thomas era un po' scoraggiato, ma comunque.. doveva essere destino, no? Due ragazzi si incontrano per puro caso e improvvisamente lavorano insieme? Doveva significare qualcosa. Ma non sapeva esattamente cosa. 

Era quasi arrivato all'entrata principale, perso nei suoi pensieri, quando l'ascensore si fermò e la porta si aprì, rivelando il volto della persona che Thomas aveva desiderato di vedere da tutto il giorno. 

Incontri dopo incontri, se la prima volta era stato un incidente e la seconda una coincidenza, la terza cos'era? Uno schema? Erano caduti in uno strano ciclo ripetitivo di incontri casuali? Thomas si sentì il cuore in gola nel preciso istante in cui vide il biondo, e stranamente, per la prima volta, Isaac si fermò non appena notò la presenza di Thomas.

"Beh, ciao di nuovo," il biondo fu il primo a rompere il silenzio. La sua voce echeggiò nel corridoio vuoto e lo stomaco di Thomas si strinse. "Bello incontrarti qui cosi tardi."

"Davvero?" mormorò Thomas, con il cuore che gli accelerava. Era tardi, sì. Troppo tardi per un normale turno di lavoro.

"Destino, eh?" Isaac sorrise e quel sorriso lo fece sentire rassicurato. 

"Cosi pare," il moro cominciò ad agitarsi e l'avvocato biondo continuò a sorridere. "Credevo che non.."

"Che non?"

"Mi avessi riconosciuto?" Thomas si sentì stupido per averlo detto, ma ormai era troppo tardi. Isaac ridacchiò e si allontanò di qualche passo in modo da essere 'fuori portata'.

"Fidati, ci ho provato," confessò facendo spallucce, mantenendo le distanze. "Ma è piuttosto difficile dimenticare quei tuoi occhi da Bambi, Tommy."

Quel soprannome risuonò nelle orecchie di Thomas come una vecchia melodia. Dovette prendere un bel respiro profondo per calmarsi, dato che il suo cuore sembrava volergli uscire dalla gabbia toracica. 

"Un tour del posto mi farebbe comodo," propose Isaac, no, Newt, con un piccolo sorriso. "Se non ti dispiace, logico. Non ho avuto molto tempo per guardare intorno."

Thomas annuì frettolosamente, così ansioso che il biondo si mise a ridere, ma Thomas non ci fece caso, perchè non gli importava.

Uno schema, pensò. Per forza.

*******

HEEEELLO SWEET LITTLE CUPCAKES!
Ne è passato di tempo, eh? *si nasconde per paura di essere lapidata*
Mi dispiace tantissimo non aver aggiornato per tipo 5 mesi - CAZZAROLA! - ma come ho detto ad alcuni di voi, la scuola e la famiglia mi hanno rubato la maggior parte del 'tempo libero' e proprio non ce l'ho fatta a tradurre.
Ora la scuola sta finendo e finalmente son tornata, viva, vegeta, e pronta a sfornare capitoli!
In questo episodio - ??? - abbiamo a che fare con un cutiepatootie Thomas che proprio non ce la fa a non pensare al suo amato Newtie. Magari Newt ricambia i sentimenti? *sogghigna* Buuut, chi lo sa! 
STAY TUNED, e ancora scuse. <33
- wallflower 



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