Il destino di un animatronic

di Cladzky
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fine di Mike ***
Capitolo 2: *** Animatronic si diventa ***
Capitolo 3: *** Riguarda tuo padre ***
Capitolo 4: *** L'assassinio dell'87 ***
Capitolo 5: *** Una canzone ***
Capitolo 6: *** Solo per vendetta ***
Capitolo 7: *** Una strana mattinata ***
Capitolo 8: *** Cari lettori, mi dispiace. ***
Capitolo 9: *** Paure ***



Capitolo 1
*** La fine di Mike ***


Mike aveva più volte rischiato qualcosa del genere. Ma adesso era ben più che un semplice rischio.

-Porca... Forza, dai che arrivano le sei!

Erano passate molte notti, non che si fermasse a contarle. Loro si facevano sempre più intelligenti.
E lui più disperato.

-Maledizione- Bisbigliava fra sè e sè.

Volse il suo sguardo alla sua sinistra, stringendosi alla sedia. Bonnie era ancora lì. I suoi occhi rossi scuri lo fissavano nel buio attraverso il vetro.
Non si era mai abituato a quegli sguardi.
Alla destra? Chica, immobile, che aspettava, con gli occhi viola luccicanti.
Mike guardò ancora il desktop del computer. In un angolo l'ora segnava le 5:10. In un altro la batteria, scesa al 13%.
Stava per cominciare a piangere. Con le porte chiuse l'energia svaniva sempre di più.
Evitava di guardare le inquietanti figure ai suoi lati. Non osava guardare le telecamere, Cercava di risparmiare più energia possibile.

12%

Aveva anche spento il ventilatore.

11%

La lampada.

10%

Ma non bastava

9%

L'energia stava calando a picco. Si coprì il volto fra le mani.

8%

Sentiva il cuore accelerare.

7%

Le lacrime bagnargli i palmi.

6%

Si era ritrovato già in situazioni simili.

5%

Ma ora la faccenda non era solo difficile.

4%

Era disperata.

3%

Si mise ad imprecare mentalmente contro gli animatronics. Perchè poi accadeva ciò?

2%

Che aveva fatto di male?

1%

Semplicemente era lì.

Prima che tutto si spegnesse, alzò lentamente la testa dalle mani e controllò l'orario: 5:50.

0%

Improvvisamente la pizzeria cadde nel buio. Le porte si spalancarono, il computer si spense.
Gli animatronics lo guardavano dalla soglia dei portelloni. Tutto sembrò, nonostante l'atmosfera, calmarsi. Il tempo sembarva essersi fermato.
Il buio lo avvolgeva.

Una musica, una melodia. Di un carillon.
Schmidt restò fermo con gli occhi sgranati a guardare il pavimento. Non osava alzare il volto. Una lacrima cadde, forse l'ultima.
Il suono era molto più vicino.
Poi come il tempo parve fermarsi, ora sembrava accellerare. Tutto accadde nel giro di pochi secondi.
Mike si alzò di scatto dalla sedia, nello stesso istante in cui Bonnie ce
rcò di saltargli addosso con tutto il corpo, neanche fosse un giocatore di football, andando a schiantarsi contro il muro dell'ufficio.
La guardia notturna si catapultò all'uscita di destra, dando una spallata al petto metallico di Chica, per poi correre verso il salone delle feste.

In tutto questo non sapeva neanche lui cosa stava facendo. Probabilmente il suo istinto aveva preso il sopravvento, decidendo lui la carta migliore da giocare.
Correva a perdifiato per il piccolo corridoio, sudando freddo, col viso rigato dalle lacrime. Nel buio riusciva ad intravedere le porte scorrevoli dell'uscita, da cui trapelavano flebili raggi lunari.
Fece un goffo slalom fra le sedie ed i tavoli fino ad arrivare al vetro infrangibile delle porte.
Ma non aveva pensato ad un dettaglio.

I sensori delle porte senza corrente non funzionavano.

-Cazzo! Dove diavolo...

Tastò al buio la fessura che divideva i due portelloni e dopo una breve ricerca provò a separarli. Il cuore pulsava a mille ed il sudore gli bagnò quasi completamente il
collo, nel tentativo. Pesavano un accidente, ma riuscì a crearsi uno spiraglio. Stava per uscire.
Sarebbe sopravvissuto ancora una volta, se lo sentiva.
Avrebbe denunciato una volta per tutte il proprietario del locale, anche se nessuno fosse disposto a credergli.
L'importante era che fosse vivo.

Ma si sbagliava.

Un braccio metallico pittosto esile lo afferrò al collo e lo tirò indietro lanciandolo contro un tavolo. Mike si ritrovò all'improvviso
 a gambe all'aria, in mezzo a sedie spaccate ed un dolore lancinante alla schiena. Strizzò gli occhi per il dolore, massaggiandosi  le scapole. Alzò poi il viso al soffitto ed aprì le palpebre. 
Bonnie, Chica, Foxy e Freddy erano intorno a lui e lo guardavano coi loro occhi inespressivi luccicanti.
Mike non provava paura, tristezza, rammarico e neanche dolore, poichè tutte le sue forze erano sfruttate per un unico sentimento tipico di noi umani.

ODIO.

Sapeva cosa gli attendeva. Sapeva cosa gli avrebbero fatto. Anche se non con precisione, ma una vaga idea ce l'aveva in mente.

-Forza maledetti bastardi! Che state aspettando?!

Freddy
, cigolando, si abbassò su di lui e lo prese per un braccio, costringendolo ad alzarsi. Chica lo prese per l'altro, e di peso lo portarono verso il backstage.
Per quanto la situzione fosse drammatica, Schmidt non sembrava per niente preoccupato, troppo impegnato ad odiare e guardare i suoi carnefici. Così vicino a loro, poteva osservarli meglio.
Freddy, l'orso, aveva diversi punti in cui la pittura del costume era venuta meno, col passare degli anni e alcuni denti di plastica mancanti. Nonostante tutto era in condizioni abbastanza buone.
Chica, il pulcino, aveva un costume giallo chiaro, lucido e quasi senza sbavature con la pittura. Il bavagliolo bianco con sù scritto "Let's Eat!" era però rovinato e anche pittusto sporco, probabilmente essendo usa-e-getta.
Intanto la piccola combriccola raggiunse lo stanzino.
Il dietro le quinte era pieno di pezzi di ricambio ed endoscheletri, nonchè costumi nuovi e prototipi di Freddy & co., che occupavano scaffali e scatole. Al centro della stanza un tavolo di metallo ingombro di vari attrezzi e lastre. Foxy vi si avvicinò e con una manata liberò il mobile, lanciando a terra, con fracasso gli oggetti.

Mike intanto, rassegnato, si lasciava sorreggere dalle forti braccia dei due aniamtronics.

Con l'aiuto di Bonnie, Chica e Freddy lo sistemarono sul tavolo. La guardia notturna tentò un'ultima volta di ribellarsi, cercando di alzarsi dalla posizione distesa in cui era messo, ma Foxy lo tenne giù.
Mike era costretto a guardare lampade spente, di quella stanza, più buie delle altre. Sentiva però col tatto che gli stavano afferrando una gamba.
Cominciarono ad infilargli qualcosa, che al tocco, sembrava uno stivale. Poi un oggetto metallico gli stava strappò l'epidermide del polpaccio. Fu preso alla sprovvista. Urlò dal dolore, dimenandosi, cercando di liberarsi dalla presa della volpe elettronica.
Quest’ultima si piegò su di lui e guardandolo, assottigliò gli occhi, che insieme alla mascella disarticolata, formavano un sorriso innaturale ed inquietante.

Lo stavano trasformando in uno di loro...


#Angolo dell'autore#

Spero che questa fanfiction possa avervi soddisfatto!
Era da un po' che volevo dedicarmi a questo fantastico universo di Five Nights At Freddy's!
Confesso, che sebbene abbia qualche idea, non abbia le idee chiare su come continuare, in quanto gli eventi finirebbero per somigliare un po' troppo alla fanfiction "five nights at GLaDo's"
!

Chiedo a voi che state leggendo la storia, di consigliarmi, aiutarmi a proseguire!
Ringrazio tutti e spero di continuare presto. 

                                                                /(GRAZIE!)\


 

 

 

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Capitolo 2
*** Animatronic si diventa ***


Schiuse gli occhi. Trovò buio. La prima cosa che la sua mente realizzò era stupore.
Stupore per essere vivo. Stupore di essere tutto intero. Stupore che nonostante l'oscurità, si stava trasformando in gioia.
Ma l'evoluzione di quel sentimento fu bruscamente fermata da una percezione. La sua tempia sfiorò qualcosa di metallico. Una sporgenza lunga e dalla punta piatta.
Provò a muovere una mano. Era circondata anch'essa da oggetti metallici.
Mike era stordito, denutrito e stanco, ma la sua priorità in quel momento era capire dove si trovava.
Per alcuni minuti fece piccoli movimenti col corpo, ma ovunque sembrava circondato da ferri, punte e molle e più volte si graffiò con essi.
Dopo diversi minuti, la sua vista si adattò al buio. Si guardò intorno muovendo le pupille.
Sembrava avvolto in un esoscheletro di ferro, completamente circondato da bulloni, viti e cavi elettrici, come se si trovasse all'interno di Terminator. Tentò di tirar sù la mano.
Un movimento brusco e si ferì i polsi con qualcosa di tagliente. Non un semplice graffio, stavolta la ferita era profonda e copiosa di sangue.
Un urlo agghiacciante, che sforzò terribilmente le sue corde vocali. Sentiva il sangue scorrergli da vene e arterie, percorrergli il palmo e cadere a goccie, goccie pesanti e con un disgustoso odore.
Digrignò i denti, chiuse gli occhi e tentò di liberarsi, in preda alla disperazione a quella trappola di metallo. Ovunque il suo corpo faceva un movimento si graffiava con bulloni e viti.
Poi cominciò a rallentare. Fino a cessare di muoversi. Stava morendo.
I suoi ultimi pensieri non erano benevoli e nostalgici. Stava odiando chiunque avesse incontrato in vita.
Effetivamente non c'erano molte persone a cui voleva bene. La vita non gli aveva mai dato molte soddisfazioni.
Sua madre era morta al parto.
Il padre non lo assisteva mai.
L'unica ragazza che incontrò, lo lasciò dopo appena un mese, scoprendo la sua situazione economica.
Faceva un lavoro di merda, dove rischiava la vita, ma nessuno credeva a ciò che diceva.
Dopo aver bestemmiato ed odiato tutti coloro che conosceva, si ritrovò da solo, senza neanche le parole che lo accompagnassero, a soffrire. Soffrire come un cane.

Dopo una lunga agonia di silenzio, chiuse gli occhi...
                                                                                                                                         
                                                                                                            ***************************


Si risvegliò di colpo.
Tutto sembrava essere stato un sogno.
O magari era semplicemente svenuto.
Eppure. se aveva sognato, pareva molto reale. Si sentiva ancora addosso l'esoscheletro e le viti che gli foravano la pelle.

Si era svegliato seduto, appoggiato con la schiena ad una parete, nel backstage. Ciondolò la testa a destra, appoggiandola alla sua spalla. Si accorse, che d'improvviso, tutte le sensazioni e i sensi, quali il tatto, l'odorato, il gusto, eccetto la vista e l'udito, erano scomparse. Non sentiva con le mani la superficie del pavimento, con il naso, l'odore di muffa delle pareti, tantomeno non soffriva fame e sete, non sentiva neanche la stanchezza ed il bruciore della ferita.
Diede una veloce guardata in giro. Il tavolo in ferro era vuoto, come Foxy lo aveva lasciato. Le solite teste ed endoscheletri, riempivano gli scaffali. La corrente era tornata, dando un po' di vita a quella stanza
Tentò di alzarsi, ma nel tentativo colse con lo sguardo qualcosa che non avrebbe voluto vedere. Il suo braccio.
Non era più umano. Era spropositato, liscio, senza piegature della pelle, rosa lucido. Vasi sanguigni erano esposti nel gomito e nel polso, dove la carne aveva una spaccatura. Anzi, altro che carne e vasi sanguigni. Erano cavi elettrici, lasciati scoperti dalle articolazioni. E la pelle non più pelle ma plastica.
Con sguardo allucinato si guardò il resto del corpo. Era fatto di plastica, interamente di plastica.
Si alzò in piedi tremando e continuando a guardarsi il corpo, dai piedi, ridotti a figure scure, stilizzate di zoccoli; fino a toccarsi la testa, rendendosi conto con orrore, che non aveva più una forma normale. Era terribilmente grossa, liscia, con orecchie, che non ascoltavano, ma lasciate solo per uso estetico e pratico, lunghe, dalla forma triangolare.
Il naso non aveva punta, era schiacciato ed allungato, con una orrenda crepa sul lato sinistro.
Poi.... Gli occhi.... Gli occhi vedevano, non avevano perso il loro uso, ma come tutto il resto erano lisci. Fatti di vetro colorato castano, con un punto disegnato al centro, sfumato nel bulbo oculare di destra, a rappresentare la pupilla.
In questa visione di confusione e terrore di sè stesso, Mike continuava a guardarsi il corpo, non riuscendo a credere che fosse il suo.
Un rumore, di una porta che si apriva alle sue spalle.
Si voltò di scatto.
Erano loro.
Coloro che lo avevano traformato in un mostro. Peggio... In una macchina.
-Buongiorno- Cominciò con sarcasmo Freddy.
Schmidt era stupefatto. Fin'ora li aveva sentiti esibirsi in versi orribili e gracchianti. Ora li sentiva parlare normalmente, senza nessun eco metallico.
-Benvenuto fra noi- Continuò Foxy, aprendo la bocca in un sorriso spaventoso.

#ANGOLO DELL'AUTORE#

Evviva! Sono riuscito ad aggiornare dopo un solo giorno! Ringrazio di cuore tutti coloro che commentano e che seguono la storia!
In particolare un grazie ad "Anonimo Me", che mi ha suggerito come continuare la storia differenziandola da Five Night At GlaDo's! Continuate a dire la vostra, su come dovrebbe continuare la storia, insieme faremo uscire una storia fottutamente epica!


{§@Grazie!@§}
 

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Capitolo 3
*** Riguarda tuo padre ***


-Che... che cazzo mi avete fatto?!
Schmidt era in preda alla confusione, una confusione mista a stupore, o meglio, terrore. Ma come biasimarlo?
Era stato ucciso, infilato dentro un costume e aveva scoperto che gli animatronics parlavano fra di loro.
Si guardò ancora le mani, spaventato all'idea che gli appartenessero. Così terribilmente lisce ed innaturali. Si toccò il collo, ignorando che avesse perso la percezione del tatto, nel tentativo di ritrovare ancora qualcosa di umano nel suo corpo, oramai trasformato in un essere abominevole.
Era veramente strano toccarsi e non percepire niente al contatto.

-Ti ci abituerai.

Quella frase, appena uscita dalle labbra meccaniche di Freddy.
Forse la più sbagliata da dire in quella situazione.
No, non poteva prenderla così alla leggera. Non si sarebbe mai abituato.
Come poteva? Semplicemente non poteva.

-IO TI AMMAZZO, BASTARDO!!

Mike si lanciò contro l'orso antropomorfo, afferrandolo per le spalle. La violenza, fu tale che lo buttò con la schiena a terra.
Più o meno, i quattro animatronics se lo sarebbero dovuti aspettare. Un trauma così improvviso non poteva certo essere comunicato come se nulla fosse, ma dopo tanti anni passati dentro quei costumi, avevano dimenticato come si sentirono loro ad essere tramutati in macchine.
Intanto, Schmidt stava tempestando di pugni il muso scuro di Freddy, che sollevò le braccia cigolanti, per difendersi dai colpi dell'aggressore,che urlava imprecazioni a non finire. Mentre Bonnie e Chica, intervennero cercando di separarli, Foxy, a braccia conserte, sembrava godersi lo spettacolo.
Mike venne staccato a forza dal suo obiettivo, trattenuto dai due animatronics. Vista la situazione, ripensò per un attimo ai fatti di ieri notte. Non era stato in grado di opporre resistenza, finendo alla mercè di quelle macchine.
Ora era uno di loro. Era forte, alto e alla pari di loro.
Restava solo il fatto che fossero in quattro. Ma con una buona tattica sarebbe stato un problema un problema risolvibile.
Intanto Freddy si rialzò a fatica, appoggiandosi al suo ginocchio, o perlomeno all'articolazione.
Seguì un lungo silenzio, fatto di sguardi, sguardi fra macchine all'apparenza impassibili, ma colmi d'ira, domande e rammarico, a seconda di chi si prende in considerazione.

-Scusa- Si giustificò Freddy.

Aveva sentito bene? Mike si fermò all'istante, come se quelle parole lo avessero congelato, smettendo di divincolarsi. Ad un cenno dell'orso, Bonnie e Chica lasciarono la presa e si allontanarono di un paio di passi.
Schmidt era intento ad intterrogarsi se il suo apparato uditivo non gli avesse giocato brutti scherzi. Davvero colui che era responsabile del suo omicidio si stava scusando con lui? Il suo cervello sembrava bloccato. Solo una domanda, flebile, leggera gli uscì dalla bocca.

-Perché?...

Freddy sapeva che glielo avrebbe chiesto. Si era per giunta preparato un discorso. Un discorso che si era preparato da mesi. Ma ora le parole non gli venivano. Gli si bloccavano in gola, lasciandolo in un muto imbrazzante. Chinò la testa, osservando il pavimento a piastrelle nere e bianche, in cerca di una scappatoia. Ma non c'era modo di cambiare discorso. Non poteva certo dirgli “Che bella giornata oggi!”. . 
Era arrivato il momento di dirglielo.

-Riguarda tuo padre- Disse alzando il capo -Vincent-.

Mike pendeva dalle sue labbra, esasperato dalle lunghe pause fra una parola e l'altra. Doveva sapere, e subito.

-Cosa centra mio padre?- Chiese impaziente.

Gli animatronics sembravano tutti preoccupati, scambiandosi occhiate gli uni negli occhi dell'altro. L'unico che non sembrava turbato era Foxy, che in disparte sorrideva in maniera malata, divertito dalla faccenda.

-Te lo spiegherò meglio nell'altra stanza- Concluse frettolosamente Freddy.

Detto questo, varcò la soglia che portava nel salone. Se Mike avesse avuto un attimo solo per riflettere, si sarebbe  considerato un pazzo a dare retta a quelle macchine, ma desiderava ardentemente capire cosa stava succedendo. Di fatto, lo seguì, uscendo dal backstage, con una certa fretta, con a rimorchio Chica.
Foxy gli venne dietro, ma fu afferrato per il braccio da Bonnie. La volpe guardò con sguardo interrogativo ed infastidito il coniglio. Con uno strattone si liberò dalla presa.

-Che ti prende?- Chiese seccato l'animatronic pirata.
-Ti ho visto prima. Hai sorriso per tutto il tempo. Perché?
-Lo sai. Non sono mai stato uno che si piange addosso.
-Già, a te però piace veder piangere le persone.
-Come scusa?
-Quando hai morso quella bambina nell'87. Sappiamo benissimo che non è stato un incidente. Lo hai fatto per sadismo.
-Oh, basta con questa ramanzina! Non mi è mai piaciuto intrattenere i bambini. E ora se vuoi scusarmi...

Foxy uscì dalla stanza, andando insieme agli altri a sedersi nel salone delle feste. Bonnie, dopo una piccola esitazione, si unì insieme agli loro.

#Angolo dell'autore#

E anche in settimana riesco ad aggiornare! Scusate il ritardo, ma sono stato piuttosto impegnato, questo pomeriggio.
Ancora grazie, grazie, grazie! Sono contento che la fanfiction stia piacendo ad un certo numero di persone. 
Spero che domani riesca comunque a scrivere. Continuate, come al solito, a dire la vostra sulla storia e come debba continuare!


{[(Grazie!)]}
 

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Capitolo 4
*** L'assassinio dell'87 ***


Appena chiuse le tende, l'oscurità prima già parziale, li sommerse.
-Temo che sia meglio tornare indietro- mormorò Jordan, appoggiandosi alla parete di mattoni.
-Non parlare così, ci potrebbero sentire!- Lo rimproverò George, cercando di individuarlo con lo sguardo.
Per quanto quello di procedere sarebbe dovuto essere il pensiero comune dei cinque ragazzi, serpeggiava una voglia irresistibile di voltarsi e tornare indietro. Ma un acceso desiderio di conoscenza, ed un ragazzo di 12 anni, da una stazza alquanto robusta, li spronavano ad andare avanti.
Emily, tenendo per mano Samantha, camminava a piccoli passi, strisciando il palmo della mano sul muro freddo ed irregolare dell'antro.
Jhonas, mosse la sua mano a mo' di ragno sulla schiena di quest'ultima, facendola trasalire. La ragazza, voltandosi oscillando i lunghi capelli castani, guardò male il piccolo bambino di nove anni. Non era mai stato il simpaticone del gruppo. A dirla tutta, gli stessi amici si chiedevano come fosse entrato a far parte di loro.
-Sei un'idiota- Sussurrò Samantha, con tono seccato.
-Silenzio là dietro!
Per un attimo George temette d’aver alzato troppo la voce, fermandosi un paio di secondi, respirando più del normale, a causa di una tensione crescente. L'aria fredda dello stanzino, che rizzava la pelle e toccava in modo delicato, ma fastidioso la gola, poi non lo aiutavano di certo.
Un qualsiasi rumore troppo alto, avrebbe rischiato di mandar a monte l'intero piano, preparato minuziosamente, per quanto minuzioso possa essere il piano organizzato da un gruppo di cinque bambini, di cui tre sotto i dieci anni.
Jordan, quello che più aveva lavorato al progetto, si tormentava al pensiero d'aver dimenticato qualcosa. Riponderò ai dettagli, assicurandosi di non aver tralasciato niente. Dopo il taglio della torta veniva eseguito un brano dagli animatronics, quindi, mentre erano tutti voltati verso il palco, potevano entrare nel "covo del pirata". No, era tutto perfetto, ma perchè, dunque non si dava pace? C'era qualcosa che sicuramente aveva accantonato in tutta l'elaborazione dello schema. Qualcosa che nella sua mente cercava di farsi spazio... Qualcosa di... Si diede una forte manata sulla fronte, facendo sobbalzare gli altri, afferrandosi i capelli. Smise di camminare a tentoni nel buio e  piegandosi, guardò il pavimento, dove i suoi occhi cercavano di focalizzare l'intavolato.
NON AVEVA PENSATO A COME SAREBBERO USCITI.
-Che diavolo ti prende?- Parole sussurrate nell'orecchio, ma che in quella situazione, parevano quasi urlate da Emily.
-Mi sono dimenticato... di come uscire... di pensare a come uscire.
Emily non capì al volo il significato di quelle parole. Poi realizzò. Sgranò gli occhi e aprì la bocca in un esclamazione soffocata.
-In che senso?
-Di che parlate voi due?- si intromise Jhonas -Vi cagate sotto, eh?
-Vai a cercare la porta con gli altri, scemo.
Jhonas, sorridendo a denti stretti, seguì Samantha e George.
-E ora- riprese la bionda -cosa voui fare per uscire?
-Non lo so'. Qualcosa mi inventerò- Afferrò saldamente le spalle della ragazza -Non dire niente agli altri, intesi?
Emily, nonostante i suoi otto anni, sembrava quasi fare la figura dell'intelligente con l' 11enne, squadrandolo con un'aria di malfidenza.
-Intesi.
Il ragazzo tirò un sospiro misto a sollievo e rassegnazione. lasciò la bambina e si mise la mano in volto, strizzando gli occhi.
Perché poi architattare un piano così folle? Solo per vedere cosa c'era dietro la porta che si intravedeva dalle tende del "covo del pirata"? Cominciò seriamente a pensare al peggio. Si appoggiò con la schiena al muro e cercò di raggruppare le idee, nel tentativo di trovare un modo per uscire da quella situazione. Sarebbero andati incontro a seri guai. Il peso degli eventi sembrava tutto su di lui. La musica che proveniva dal salone lo aiutò un poco a placarsi. Chiuse le palpebre un secondo. Si schiarì la mente. La soluzione era la più semplice del mondo. Uscire prima che la canzone finisse. Bastava entrare nella porta, dare un'occhiata e tornare indietro.
-Vediamo di sbrigarci allora- Si disse.
Frattanto gli altri avevano raggiunto l'ingresso. Era una porta di servizio, bianca e rovinata. Non bastava che entrare.
Per un attimo tutti esitarono. Andarsene era l'opzione migliore, ma significava vanificare tutta la fatica di prima. Non potevano tornare senza un pugno di mosche.
Dovevano tentare.
George allungò lentamente la mano verso la maniglia. Jhonas, stanco di tutta quell'atmosfera d'ansia e tensione, fece scattare il braccio verso la serratura e aprì di colpo la porta.
La luce accecò d'improvviso i loro occhi, come se il sole fosse stato messo dentro le lampadine del backstage. Dopo secondi di incertezza, George fu il primo ad addentrarsi. La stanza piena di scaffali e costumi, aveva tre entrate. La prima da dove erano arrivati, la seconda che dava sul palco e la terza, che portava in uno scantinato, a cui era appoggiato un uomo.
Jeans, maglietta bianca con tesserino e distintivo, cravatta viola, scarpe in cuoio, cinturone a cui erano attaccati manganello e radiolina e berretto blu scuro, con il logo della pizzeria. Era intento a leggere una rivista.
Il ragazzo era paralizzato. Non avevano considerato il fattore umano. Ormai il danno era fatto. Tutti e cinque erano entrati. Tutti e cinque erano fregati.
L'uomo alzò gli occhi dalla lettura, guardandoli. Chiuse la rivista e la lanciò su un tavolo.
-E voi che diavolo ci fate qui?- Sbraitò l'uomo.
I ragazzi rimasero immobili come ebeti. Quando tentarono di scappare era tardi. La guardia gli bloccò l'uscita.
-MOLTO BENE PICCOLI PESTIFERI SCASSABALLE, ORA MI DITE CHE CI FATE QUI!
La domanda non ebbe risposte. Nessuno osava parlare. Solo uno aprì bocca e probabilmente l'unico che non avrebbe dovuto dire niente: Jhonas.
-Scassaballe sarà lei, signore.
L'uomo, che il tesserino nominava Vincent Schmidt, rimase prima perplesso. Dopo ancora più incazzato, estrasse il manganello e lo puntò contro il bambino.
-Che cazzo hai detto?!
Samantha provò a salvare la situazione, cercando di spiegarsi, anche se presa dal timore -Signore, noi...
-Ciò che ha sentito!- Ribadì Jhonas, camminando verso di lui -E poi cosa vuole fare? Picchiarmi? Non ne ha il coraggio!
Vincent serrò le dita all'arma. Stava perdendo la pazienza. I medici gli avevano detto che era solitamente colpito da raptus violenti, invitandolo ad assumere tranquillanti. Dicevano anche che poteva essere una caratteristica ereditaria.
-Allora? Si sta' pisciando sotto?
Questo era troppo per la sua sopportazione, già limitata.
Un movimento del braccio, elegante quanto veloce e mortale. Un colpo orribile, con un suono della stessa pasta. Senza un lamento, il bambino cadde a terra, sanguinante dalla fronte.
Uno sguardo di orrore, negli occhi dei ragazzi, correvano dal cadavere al manganello insanguinato. Un solo pensiero nella mente dell'uomo. Eliminare le prove.
Nei seguenti minuti, i bambini furono uccisi a colpi violenti e terribili, alla fronte e alla mascella. In poco tempo ogni cuore smise di battere. Ogni polmone di respirare. Ogni sguardo si spegneva. Negli ultimi istanti di vita, Emily guardò la sua amica Samantha essere massacrata, da quell'uomo, con la cravatta viola.
Tutto finì.

Tutto era silenzioso nel backstage.

Nessuno nella stanza, se non un uomo e cinque cadaveri.

E quei costumi.

Ora bisognava nascondere tutto. Nessuno doveva sapere.
Lo sguardo della guardia di sicurezza cadde su dei costumi da animatronics.

Nessuno avrebbe controllato lì dentro.


#Angolo dell'autore#

COOOME?! Un nuovo capitolo? Lode a cielo, terra e mare! Artista Regista Scrittore Non è morto! [ Comincia a cantare inni alpini ].
Grazie ragazzi, grazie davvero per aver tenuto duro tutto questo tempo! Siete fantastici! Continuate a dire la vostra su come debba continuare la storia e... Arrivederci al prossimo capitolo!
Coscienza: E quando uscirà? nella Pasqua dell'anno prossimo?
Taci te!

*+*{GRAZIE!}*+*
 

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Capitolo 5
*** Una canzone ***


La mente di Mike era alla disperata ricerca di una realtà a cui aggrapparsi.
Non sapeva se dare retta all'istinto, che urlava, urlava di non ascoltare quelle macchine e cercare un modo per distruggerle, oppure alla ragione. Se era vero che nel 1987 quei bambini furono uccisi da suo padre, la data coincideva con l'inizio di un periodo di depressione del genitore. Tutte le giornate le passava sul divano, a leggere o guardare la TV, ignorando il figlio. Alcune notti giurava addirittura di sentirlo piangere. I fatti erano per forza legati fra loro, non potevano essere un caso.
Forse il padre era colto dal rammarico per la morte dei cinque bambini. Forse... NO!
Non poteva permettere che quelle scatole di tonno infangassero la memoria di suo padre, quel poco che sapeva di lui. Ci sarebbero state altre domande che aveva in mente, ma la mente ancora una volta era distratta dall'odio. Stringeva i pugni sotto il tavolo del salone, di nascosto magari, ma il cigolio delle articolazioni riempì la stanza di suoni flebili e fastidiosi.
Per un attimo guardò male, sollevando lo sguardo, Bonnie, davanti a lui, poi tornò nella sua meditazione. Non poteva ancora competere con quelle macchine. Doveva giocare d'astuzia. Come un verme intestinale, gli rodeva il pensiero di non poter distruggerli subito, di fare il falso gentile. Ma era l'unico modo per avvicinarsi abbastanza a loro e sviare i sospetti su di lui.
Poi dopo qualche minuto di silenzio, Schmidt ripensò alla domanda che già da diversi minuti si era composta nella sua mente.

-Cosa c'entrate voi?

Attimi di esitazione, di silenzio, interrotti solo dal cigolio delle giunture del collo dei vari animatronics, che si guardavano l'un l'altro. Poi Chica prese parola.

-Noi eravamo quei cinque bambini.

Questa risposta aggiunse solo altro caos nella mente di Mike, come se in una discarica, invece di bonificarla gettassero altri rifiuti. Come era possibile? Poi, come cavi di rame, le sue idee si unirono, come a risolvere una parte di un grosso puzzle. Se lui era morto dentro il costume e si era risvegliato come se questo fosse il suo corpo, allora significava che la stessa cosa era accaduta a loro. Forse tutto aveva un senso. Il buio stava venendo arato via dalla mente di Schmidt. Probabilmente tutto aveva un senso.
Rimaneva solo qualche domanda senza risposta.
In tutto questo pensare e ragionare, il suo corpo si dimenticò di esistere. Il suo volto in una espressione grottesca non si muoveva, ancora a guardarsi le gambe. 
-Io sono Emily- Continuò Chica -Freddy è George, Jhonas è diventato Foxy e Jordan, Bonnie.
Mike scattò la testa verso il pulcino.
-E Samantha?
-Non lo sappiamo- Rispose Bonnie, con tono sconsolato.
Lentamente la guardia notturna volse il suo sguardo verso l'uscita, costatando che fuori era buio. Erano ancora le 6 del mattino? O era stato dentro quel costume per tutto il giorno? Adesso, come adesso non gli interessava saperlo. Un terribile pensiero, gli si stava infilando fra i neuroni. Ora lui era un animatronico. Ed era morto dentro il costume. Questo significava che... Non sarebbe più tornato un essere umano.
Aveva solo venticinque anni. Perché? Perché a lui? E soprattutto: cosa c'entrava in tutto questo? Perché gli avevano rovinato la vita? La furia prese il sopravvento.
Si alzò d'improvviso dalla sedia, prendendola e lanciandola violentemente verso un muro. Bonnie, di scatto si diresse verso di lui, per fermarlo, ma Freddy, con un cenno lo invitò a lasciarlo andare. Sapeva cosa provava. O almeno si sforzava di ricordare quanto fu difficile anche per loro adattarsi a quei corpi. Il terrore di loro stessi; la speranza di riveder le loro famiglie, sfumata; il fatto di essere abbandonati dal mondo e non poter tornare indietro.
Intanto Schmidt si diresse verso l'ufficio di sorveglianza. Appena entrato, chiuse ambedue le porte blindate, con un sonoro tonfo. Voleva rimanere da solo, anche solo per un po'. Doveva pensare e riorganizzare le idee.
Non poteva accettare di essere in quella situazione.
Non poteva accettare.
Passarono un paio d'ore. Mike sembrava non accorgersene. Non gli importava di niente. Si faceva schifo da solo. Anche la morte sarebbe stata un ottima opzione per lui.

Quando tutto sembra finito,

Una voce. Una voce melodiosa. Alla porta destra, qualcuno cantava.

E non hai la forza d'alzar un dito,
E le ore trascorrono interminabili,
Come se seguissimo treni inarrivabili,

La vita sembra inutile,

Ogni secondo futile,
Ti par di voler morire,
Per smetter di soffrire.

Ma la vita è ben più pura di come pensi,
Allerta i tuoi sensi!
Non senti una voglia di vita irrefrenabile?
Come se dentro di te, vi fosse una gioia incontrollabile?


Rialzati e vivi ogni secondo,
Goditi a pieno ogni giorno,
Che questa vita ti offre,
Ed ignora la tua sorte....


Mike ascoltò ogni parola di questa canzone. Si era calmato, d'improvviso. Aveva smesso di pensare. Aveva quasi accettato la sua condizione. Tutto per una canzone.
Aprì la porta del corridoio di destra. Era Chica.
-Stai meglio?- Chiese l'animatronic, guardandolo con i suoi occhi viola.
-Sì, grazie- Rispose Schmidt -Puoi continuare per favore?

#Angolo dell'autore#
Yiieeepiee! Sono riuscito ad aggiornare! Grazie per il sostegno. Finalmente le cose cominciano ad andare in salita per Mike!
Spero di continuare presto! Al prossimo capitolo!  
Continuate a dire la vostra, se vi è piaciuta soprattutto la canzone e... Ciao!

ç=/Grazie!\=ç
 

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Capitolo 6
*** Solo per vendetta ***


Era un maiale.
Letteralmente.
Il suo costume rosa lucido rappresentava la forma antropomorfa di un maiale. Appoggiato al lavandino sporco del locale, si guardava allo specchio, osservando la sua figura riflessa nel vetro, muoversi con i suoi medesimi movimenti.
Gli occhi azzurri vitrei del suo sosia bidimensionale, seguivano il suo sguardo, alzando ed abbassando le sopraciglia di plastica.
Per quanto grottesco fosse il suo corpo e un desiderio di riavere il suo, umano e intero, viveva dentro di lui, non riusciva a lamentarsi. Ora era forte. Aveva una forza fisica ben maggiore di qualsiasi essere vivente; non provava dolore; ma soprattutto... Non poteva morire. Sarebbe vissuto per sempre.
Ma la ragione ebbe il sopravvento e nel giro d'un attimo da una gioia derivata dall'autocommiserazione, una disperazione improvvisa e forte come un proiettile nel cranio, lo colpì. Che diavolo stava pensando?
Si mise la mano a quattro dita sulla fronte liscia, socchiudendo gli occhi. Non poteva essere felice per un fatto così atroce. Non poteva. La sua umanità persa per sempre, la speranza di non rivedere più... Chi?
Chi avrebbe voluto rivedere? Non c'era una moglie che lo attendesse a casa, un figlio o anche solo un amico. Certo di amici ne aveva tanti, anche se dubitava che il barista di un bar o l'autista di un autobus possano essere considerati in tale categoria.
Si guardò ancora allo specchio. Sollevò la mano dai bulbi oculari. Sorrise.
Ora aveva degli amici,
Un corpo più forte
Ed una vita eterna.

Forse per una volta nella vita sarebbe stato felice. Incredibilmente gli animatronics, coloro che lo avevano ucciso, sarebbero potuti essere delle ottime persone con cui scambiare due chiacchiere.
La porta del bagno si schiuse lentamente.
-Posso entrare?- Chiese Bonnie.
-Fai pure.
Il coniglio violaceo gli avvicinò, appoggiandosi con la schiena al muro al suo fianco.

-Ti capisco- Sospirò.

A quel punto una reazione prevedibile di Mike sarebbe stata sbraitargli contro del fatto che nessuno lo avrebbe veramente capito. Ma era stanco di sceneggiate. Per una volta voleva avere un dialogo che non includesse mandare a fanculo il mondo e spaccare sedie. E poi sapeva benissimo che Bonnie lo capiva. Anche lui era un umano.
-Spiegami una cosa - comiciò l'ex guardia notturna -Perché mi avete fatto questo?
La macchina girovagò un attimo con lo sguardo. Nessuno dei quattro animatronics aveva voglia di parlarne. Si sentivano dei vermi.
-Per vendetta - Rispose secco.
Mike inarcò un sopraciglio. Sicuramente si sarebbe aspettato una risposta del genere, essendo figlio del loro killer, ma in un modo più articolato.
-Come? - domandò, cercando di ottenere qualche informazione in più.
-Non c'è un motivo preciso- riprese Bonnie -Dopo l'assassinio, tuo padre è stato licenziato. Abbiamo passato anni qui dentro, abituandoci e cercando di creare una piccola vita. Poi in vista della riapertura della pizzeria sei stato assunto e cercando informazioni su di te, negli archivi, abbiamo scoperto che eri il figlio di Vincent Schmidt. Da lì è partita una scintilla e... sai com è andata.
Mike non sapeva se incazzarsi o... qualcosa. Sapeva che c'era un'alternativa. Prima sfocata, poi via via, più chiara e nitida. Scelse l’alternativa.
-Grazie.
Per una volta fu Bonnie ad essere sorpreso. Che diavolo aveva detto?  Non poteva credererci. Per cosa poi lo stava ringraziando? Per averlo trasformato in un mostro? Si staccò dal muro e gli si avvcinò.
-Per cosa? -chiese guardando la sua figura nello specchio.
-Sai- Disse Mike, allontanadosi dal lavandino e dirigendosi verso la porta -Forse grazie a voi ho trovato una strada.
E detto questo, uscì, lasciando in perplessità il coniglio.

Mike era leggero. Non aveva pensieri, nè desideri. A dire il vero, al momento non sapeva neanche dove stava andando. Voleva solo camminare. Giunto fra i tavoli del salone delle feste, il suo sguardo cadde su delle sedie spaccate. Era dove lo aveva lanciato Foxy, la scorsa notte.
Incredibile.
Era diventato amico di coloro che lo avevano ucciso. Se lo stava ripetendo da un bel po' ormai, ma ancora si sentiva confuso al pensiero. Camminare in mezzo ai suoi assassini come se nulla fosse, tranquillamente, dopo notti passate ad averne timore, chiuso in una stanza.
Freddy, sul palco, era intento a leggere un volantino della riapertura del locale, che sarebbe accaduta fra meno di un mese. Schmidt si chiedeva come si sentisse al riguardo. Era forse felice al pensiero che fra poco avrebbe potuto incontrare facce nuove? O si lamentava, disturbato dal fatto che avrebbe dovuto intrattenere decine di marmocchi? Sicuramente ogni opzione era meglio che restare per l'eternità in un locale fatiscente, a prender polvere.
Riprese il passo, entrando nel backstage.  Foxy, sdraiato pigramente sul tavolo lo salutò, senza alzare lo sguardo, muovendo l'uncino della mano destra, in un cenno di saluto.
-Buongiorno- Rispose Mike.
-Strano che negli ultimi cinque minuti non hai dato di matto- Lo prese in giro la volpe elettronica.
-Non ho tempo da sprecare con te, Barbanera dei poveri.
-Perché, hai forse intenzione di fare qualcosa?
La battuta di Foxy lo lasciò alquanto irritato. Ora che era un animatronico, non aveva un granchè da fare in giornata. Questo effettivamente era un problema: Come colmare le ore della sua vita? Non aveva impegni nè tanti desideri da realizzare, a dirla tutta. Questo è il genere di domande a cui non si può dare una risposta. E il fatto che qualcuno te lo chieda è piuttosto paradossale.
La discussione praticamente finì lì. Foxy richiuse gli occhi e rimase in silenzio, mentre Mike girovagava per la stanza, cercando disperatamente qualcosa da fare. Finì per mettersi a guardare negli armadietti, del dietro le quinte, sperando di trovare qualcosa di interessante.  
Dopo un buon numero di attrezzi, scartoffie, manuali di ingegneria e viti, trovò qualcosa che se avesse scovato la notte scorsa, gli sarebbe stata fondamentalmente utile.
Una rivoltella con caricatore a tamburo, argentata scintillante e dal calibro per nulla invidiabile. Un colpo ben piazzato avrebbe eliminato in una frazione di secondo uno dei suoi "amici". Aveva trovato un modo per eliminarli.
Ma perché farlo?
La sua mente richiedeva vendetta, una vendetta atroce e lunga.
Non ora. Aveva trovato degli amici...
Amici?! Lo avevano ucciso e trasformato in uno di loro, ecco cosa gli hanno fatto i suoi amici!
E poi che succederà? Non cambierà niente, sarebbe uno svantaggio per tutti se li uccidesse. Rimarrebbe un animatronic, e in più senza nessuno.
TACI MALEDIZIONE!

La sua mente era nel caos. Cosa era giusto scegliere?

Ucciderli e saziare la sua vendetta?

O dare ascolto alla ragione e convivere con i suoi carnefici?


#ANGOLO DELL’AUTORE#
PUBBLICO, SARETE VOI A DECIDERE SE MIKE UCCIDERA' O MENO GLI ANIMATRONICS!
SCRIVETE NELLE RECENSIONI COSA SAREBBE MEGLIO PER MIKE! LA MAGGIORANZA DECIDERA' IL SUO DESTINO!
VI ASPETTO NUMEROSI E RICORDATE DI LASCIARE UNA RECENSIONE CON SCRITTO IL VOSTRO PARERE!
ALLA PROSSIMA!



 

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Capitolo 7
*** Una strana mattinata ***


 


Mi risvegliai stanco. Basta.
Nel senso che non ero dolorante, con un terribile mal di testa o frastornato.
Solo stanco. E mi bastava
Ero nel mio caldo letto solo la finestra. Era notte ed una luce spettrale, traspariva dalla zanzariera, illuminando la zona delle coperte dove sotto erano situate le mie cosce. Ero nella mia stanza, sveglio verso le tre e mezza circa della notte, con il mio pigiama addosso, e un espressione che un ritardato mi avrebbe dato del ritardato.

TUTTO NELLA NORMA, NO?
Se avete risposto no, allora, significa che siete più svegli di me.
A proposito, non mi sono presentato.
Da queste parti mi chiamo Artista Regista Scrittore, ma potete chiamarmi ARS, Più o meno come una malattia virale, come ho già detto ad un tizio tempo fa'.
Piacere quindi, ARS, qua la mano! Ah, già, non sono presente qui fisicamente. Immagina che ti ho stretto la mano, Okay?
Molto bene, continuiamo con il racconto.
Mi misi a sedere sul letto e strizzando gli occhi, scavai nell'oscurità per vedere se mio fratello, nel giaciglio accanto al mio, stava ancora dormendo. E qui cominciano le cose strane.
Mio fratello non c'era.
Perplesso, mi grattai la nuca. Probabilmente era sabato, e mentre i miei due fratelli andavano a scuola, io, che ero alle medie, restavo a casa la mattina.
Ma effettivamente non era sabato. Ieri lo era. Quindi che era successo di tale importanza che aveva spinto i miei familiari a lasciare la casa, di così urgente?
Una catastrofe atomica, cui io, essendo considerato quello più inutile del nucleo familiare avevano lasciato indietro, barricandosi in un rifugio situato due metri sotto terra?
Probabilmente no.
Alzandomi, feci un rapido giro del primo piano, muovendomi silenziosamente nel buio, arrancando ad ogni passo. Nè madre, padre, sorella e fratello erano in casa.
Scesi le scale, fredde in cotto ed arrivai al piano terra, controllando le oscure stanze del salone e della cucina. Nessun essere vivente nel giro di diversi metri. Dove diavolo erano finiti?
Forse era vera la storia della catastrofe nucleare?
No, sicuramente qualcosa di più credibile, li avrebbe spinti ad abbandonarmi in casa da solo. Magari, stanchi di avere una bocca da sfamare, hanno deciso di riempire le fondamenta di tritolo e far esplodere la casa con me dentro, potendo poi abbuffarsi delle mie interiora.
Ma anche questa teoria era da scartare. Almeno al momento.
Mi sdraiai sul divano e mi misi le mani al volto. Mi ero forse dimenticato qualcosa che riguardava la giornata di oggi? No, non mi veniva in mente niente. Non accadeva niente di particolare oggi. Ma qualcosa di particolare stava per accadere.
Guardai l'orario dell'orologio a parete. Le quattro del mattino. Non che questo mi avrebbe aiutato. Tornai al piano superiore, appoggiato al corrimano. L'oscurità tornò sovrana del mio sguardo, non appena arrivai in cima alla rampa di scale.
Tornai in camera mia e accendendo la luce mi spogliai del pigiama blu e bianco, ed indossai una maglietta sempre blu con disegnato Mazinga Z e jeans corti. Indossai le ciabatte viola accanto al mio letto e varcando la soglia della porta della camera da letto, spensi la luce. E lì, da strano il mio racconto comincia a diventare inquietante.
La musica di un carillon. Quante volte l'ho sentita questa melodia. E non era mai stata qualcosa di buono. Mi girai lentamente, ancora con la musica che, nonostante la delicatezza, mi dava un fastidio atroce. 
Lui era lì.
O perlomeno la sua faccia, illuminata da una fonte di luce non bene specificata, che ad intermittenza, rischiarava un sorriso e due occhi azzurri. E non erano umani.
Probabilmente penserete che sia rimasto come un deficiente a guardare quello che era presumibilmente uno strupratore, paralizzato dalla paura e robe simili. Invece senza tanti complimenti, in meno di due secondi, la mia mente aveva progettato un piano di fuga sopraffino: Correre.
Stavo letteralmente per alzare i tacchi e attuarlo, ma non avevo fatto i conti che effettivamente negli incubi non va' sempre come vuoi tu. E quello era esattamente un incubo.
Mi ritrovai davanti, una volta voltato, un petto metallico azzurro, liscio e senza nessuna scalanatura. Sollevando lo sguardo, terrorizzato, osservo il volto di chi mi è davanti. E il suo sguardo incrocia il mio.
E' un orribile coniglio antropomorfizzato, guancie arrossate, carnagione bluastra e due occhioni verdi, luminosi, il tutto sovrastato da orecchie lunghe e spezzate in due da un'articolazione artificiale.
In pratica ero circondato da robot. E la mia risposta a cotale situazione era un grido che Ann Darrow mi avrebbe invidiato.

-Freddy,pensi che siamo stati troppo diretti?

 

Una voce metallica,ma indubbiamente umana,appena uscita da quel fantoccio elettronico. C’era forse qualcuno dentro quei costumi? E Freddy, quel nome… Oddio, speravo che mi stessi sbagliando.

-Probabilmente sì, ma cosa volevi che facessimo? Che lo chiamavamo nel sonno? No, gli avremmo fatto venire un infarto.

Stavolta la voce veniva da quello che il coniglio aveva chiamato Freddy.

-Bhe amico – Si rivolse a me la macchina azzurra –Puoi considerarti fortunato. Se ti fossi trovato Old Bonnie, lì sì che ti saresti cagato addosso.

I loro dialoghi, il loro aspetto, tutto cominciava ad avere un senso!

-Amico, mi senti?

Stavo assistendo ad un fatto, che per anni e anni mi ero immaginato.

-Secondo me si è cagato addosso sul serio.

QUESTI ERANO…

-Che faccio gli tiro due sberle?

I PERSONAGGI…

-No, dai che dopo un infarto e mutande sporche gli rifili pure dei ceffoni.

I PERSONAGGI DI FIVE NIGHTS AT FREDDY’S!

*SBAM!*  Una botta improvvisa e fredda sulla cervice mi fece perdere i sensi. Ricordo solo che prima di chiudere gli occhi ascoltai i dialoghi dei due animatronics.

-Ma che sei scemo? – Sbottò Freddy –Ti avevo detto di non tirargli le cinquine!

-E che dovevo fare? –Rispose seccato il robot dalla forma a coniglio –Questo se ne stava immobile con gli occhi sgranati, manco fosse un drogato.

-E certo, che vuoi che faccia? Si ritrova due sconosciuti in casa, che fai, torni a dormire, ma dico io!

-Sì, sì dici sempre tu, orso Yogi deforme!

-Ohè, bello, a chi dai del frocio?

-Ti parlo dell’orso Yogi e mi tiri fuori i froci! Ma solo tu sei capace di queste cose, solo tu…

-Sta zitto e aiutami a spostarlo che secondo me il pavimento non è il luogo adatto per dormire.

-Strano che tu dici questo, visto che abbiamo dormito su quello di una pizzeria per anni.

-Taci, porca Chica!

-Come prego? –Chiese incazzata una voce femminile in lontananza. E all’unisono risposero le due macchine.

-Niente!

#ANGOLO DELL'AUTORE#
Buondì cari amici lettori! Ora vi starete chiedendo: Che cazzo hai scritto e che centra con la storia?
Principalmente ho scritto per due motivi questo capitolo.
1) Darvi qualcosa da leggere, dopo più d'una settimana d'assenza.
2) Perché fra un capitolo e un altro, mettere qualche breve pausa, che riguarda la mia vita alle prese con la scrittura della storia, interagendo con "certi" personaggi.

Quindi se siete d'accordo con l'idea, fatemelo sapere nei commenti. Arrivederci al prossimo capitolo! Ciao!

?!$Grazie!$!?
 

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Capitolo 8
*** Cari lettori, mi dispiace. ***


Cari lettori.

Mi duole darvi la nefasta novella... Ok, basta.
Allora, devo dirvi che purtroppo, "Il destino di un animatronic", l'unica mia serie di successo, sarà messa in pausa. Perché? Principalmente per una semplice ragione.
In questi tempi intermedi fra un capitolo e un altro, mi sono allontanato da questo mio hobby per avvicinarmi all'universo di My Little Pony.
In pratica non mi manca l'ispirazione, ma ho paura che se tentassi di scrivere senza prendere il racconto come una passione, ma un impegno personale, non ci metterei lo stesso impegno, abbassando notevolmente la qualità dell'opera. Quindi ho paura che per un nuovo capitolo dovrete aspettare più del previsto.

Però aspettate, c'è una buona notizia!

Non so se si chiama spam, ma nel frattempo, sto portando avanti una nuova serie, ma originale e di fantascienza stavolta. Se vi interessa, andate sulla mia pagina e cercate "Codici".

Arrivederci e... Scusate.
 

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Capitolo 9
*** Paure ***


Con la massima discrezione ripose la rivoltella dentro l’armadietto, anche se non fu molto facile vista l’emozione che gli vibrava da dentro il corpo.
Possedere quella rivoltella equivaleva ad essere onnipotente. Se avesse voluto avrebbe potuto voltarsi e piantare una pallottola in mezzo alle biglie di vetro che erano gli occhi di Foxy e per un attimo ne fu addirittura tentato.
Ma doveva pazientare ancora. Non sapeva cosa decidere, non sapeva che piega avrebbe preso la vicenda se gli avesse sparato su due piedi. Doveva attendere e pensarci su.
Si rialzò ancora febbrile dall’emozione, cercando di assumere un espressione tranquilla e serena, anche se probabilmente vista l’aria grottesca del suo costume, doveva avere stampato in volto un sorriso da deficiente.
Uscì dal backstage e si guardò intorno inquieto. Si sentiva un evaso in fuga, provava un forte senso d’inadeguatezza in mezzo a tutti quei pupazzi meccanici. Aveva l’angoscia che gli saltassero addosso da un momento all’altro ora che aveva trovato l’arma, immaginandosi i loro volti furibondi e la loro avanzata minacciosa.
Non riusciva più a vederli come prima. Loro non erano più suoi amici. Loro erano animatronics.
Gli stessi animatronics che gli avevano dato la caccia per tutte quelle notti, attentando più volte alla sua vita, con stratagemmi sempre più perfidi e spietati.
Gli stessi animatronics che sghignazzavano nella notte fra i corridoi, mentre silenziosamente si avvicinavano con intenzioni omicide.
Gli stessi animatronics che lo avevano reso un animatronic.
Come aveva fatto ad essere così stupido!? Loro non erano umani, erano solo macchine infernali, degne figlie del demonio, partorite dalla mente più malsana e sadica. Non avevano sentimenti se non l’odio e la violenza. Si divertivano col terrore altrui, ridevano della sua sofferenza e disperazione.
Ora anche solo a guardarli era oppresso da una pesante ansia. Non riusciva più a reggersi sulle sue orribili gambe in plastica. Le stesse gambe che loro gli avevano impiantato.
Lui era dentro un corpo che non gli apparteneva, che non voleva, che la sola idea di prenderne i panni lo sì disgustava. Ma loro lo avevano costretto a diventare un loro simile. Loro gli avevano strappato la sua umanità, un umanità che non sarebbe più tornata!
“Bastardi!” li malediva, mentre si sorreggeva alla parete, incapace di camminare da solo “Luridi bastardi!”
Lui non era più un uomo, loro lo avevano trasformato in una creatura simile a loro, una creatura spaventosa. Loro pretendevano che lui fosse contento della sua nuova posizione!
“Ti ci abituerai” diceva Freddy. E aveva ragione, constatò Mike. Si era abituato in un brevissimo lasso di tempo a camminare con quelle zampe, a parlare quasi senza muovere la mascella, a non sentire più il suo cuore battere.
Con in volto la paura bianca di chi si rende conto della fine, girò lentamente la testa rotonda, cigolando rumorosamente forse più del solito.
Freddy era ancora seduto sul palco. Emanava un aria malvagia, sembrava trasparire velenosità al solo contatto visivo.
Mike rimase spiazzato al vederlo. Per ore intere era restato insieme a lui, a parlare come se nulla fosse. Il suo peggior incubo gli era restato accanto per tutto questo tempo e lui non aveva battuto ciglio. Ma ora, con quel terrore che gli impregnava l’animo, quell’orso fantoccio aveva riacquistato la sua figura spettrale.
Mike barcollò indietro.
La paura folle che provava per quell’essere era tornata. Era sempre lui, era Freddy, l’abominio di plastica ed ingranaggi che ogni notte lo perseguitava, sghignazzava nelle stanze, gli faceva raggelare il sangue col suo sguardo terribile. Ed ora?
Ora Freddy lo considerava suo amico! E peggio ancora, lui aveva dato la sua approvazione a tutto questo. Gli sembrava di essere finalmente felice! Felice di essere un mostro, una macchina!
La disillusione era arrivata talmente forte ed improvvisa che l’unica cosa che Mike realizzò di fare era solo una. Correre. Correre lontano!
Non osava minimamente uscire dalle porte scorrevoli: un gesto tanto avventato gli sarebbe costato caro. L’unico luogo sicuro in quell’Inferno era l’ufficio.
Imboccò il corridoio e corse veloce in direzione delle porte blindate. Sarebbe rimasto lì solo il tempo necessario che sarebbe bastato a fargli prendere una decisione. Anche se oramai, in mezzo a tutti quegli orrori rimpiangeva di non averli sterminati subito senza pensarci.
Teneva gli occhi diritti di fronte a sé, ma questo, non gli impedì di finire contro Chica, con relativo schianto a terra d’entrambi.
Appena si rese conto della situazione Mike andò in panico. Si ritrovava così bruscamente di fronte una di quelle bestie sanguinarie, subito dopo averla sbattuta sul pavimento.
Si rialzò di scatto terrificato, rantolando frasi sconnesse ed alzando le mani in un gesto per chiedere perdono. Chica si lamentò intontita, per poi alzare lo sguardo, rimanendo perplessa e anche un po’ irritata.
-Scusami – borbottò frettolosamente Mike –Non… non ti avevo visto.
-No, non è nulla ma…
Niente, lui era già filato via e gli rimase solo l’eco dei suoi passi che svanivano.
Chica si rialzò faticosamente in piedi, ancora tremante per il tremendo colpo appena ricevuto. Sbatté le delicate ciglia un paio di volte sbigottita e si portò una mano alla guancia preoccupata.

-Oh, Mike...

Freddy, attirato dal frastuono, le fu subito di fianco, dopo essersi lanciato in una breve corsa, mettendole con premura una mano sulla spalla. Non fece in tempo a proferir parola ed verificare che stesse bene che il pulcino giallo lo rassicurò girandosi verso di lui, guardandolo nei suoi innocenti occhi azzurri, che in quel momento trasparivano un forte sentimento di protezione nei confronti della sua amica ed un certo risentimento verso Mike.

-George, lascia stare. E’ solo spaventato.

Dunque, con una gentilezza disarmante Chica staccò lentamente la mano dell’orso elettronico dalla sua spalla e con un cenno lo salutò lasciandolo solo nel silenzioso corridoio.
Lo stesso corridoio dove a lungo aveva avuto luogo la stremante lotta fra lui e Mike.
Tristemente guardò l’ufficio di nuovo con le porte chiuse, come lo erano durante il turno lavorativo di Mike.

Era stata davvero un’idea stupida.

-Perdonami Mike.
 ***
#ANGOLO DELL’AUTORE#
GRAZIE INFINITE A TUTTI COLORO CHE HANNO ATTESO QUESTO CAPITOLO! LA VOSTRA PAZIENZA NON SARÁ DIMENTICATA RAGAZZI.
DA QUESTO PUNTO IN POI LA TRAMA HA AVUTO UNA BELLA INVERSIONE AD “U” PER MIKE COME AVRETE NOTATO. E STATE ATTENTI CHE LE SORPRESE NON SONO FINITE CERTO QUI.
AVRETE UNA GROSSA SORPRESA NEL PROSSIMO!

 
[/| Grazie|\]
 
 

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