L'eroe del Puzzle

di Vega_95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Benvenuti in l'Eroe del Puzzle.
Vi auguro buona lettura!






Quel pomeriggio Yugi dovette tornare a casa da solo, cioè senza Jonouchi e gli altri. Anzu aveva un provino e gli altri due erano impegnati con il turno di pulizie.
Yugi, comunque, non era mai solo, il suo Mo Hitori no Boku era sempre con lui a tenergli compagnia.
 
«che dici, ci fermiamo alla sala giochi? » propose allo spirito che svolazzava distrattamente al suo fianco attirando la sua attenzione
«ti ricordo che domani hai un compito» lo rimproverò. Certo che se non ci pensava lui a farlo studiare, Yugi sarebbe stato a rischio bocciatura già da parecchio, non che i suoi voti fossero particolarmente alti. La mamma lo rimproverava spesso per la media mediocre della sua pagella, ma di mettersi a studiare Yugi proprio non ne aveva voglia.
«uff… hai ragione»
In effetti era un compito abbastanza importante e la matematica non si poteva studiare così tanto per.
Sfilò dallo zaino un volantino, era della sala giochi e pubblicizzava un nuovo videogame della KC sui Duel Monsters. Yugi era davvero impaziente di vederlo, ma il suo amico era  irremovibile, almeno uno dei due ogni tanto doveva essere responsabile o fingere di esserlo.
 
Un soffio di vento e il foglio gli volò via di mano. Doveva riprenderlo prima che finisse nel canale, ma, distratto com’era, Yugi inciampò nell’erba e ruzzolò giù dalla discesa
«attento! » l’avvertimento dell’altro se stesso non servì a nulla, dopo il ruzzolone, Yugi cadde in acqua e il foglio che aveva tanto cercato di proteggere gli si adagiò sulla testa
«Aibo stai bene? »
Era stato un bel volo e per fortuna Yugi non si era fatto nulla.
Sembrava stare bene, insomma, arrivò al bordo aggrappandosi, ma prima di uscire dall’acqua diede uno sguardo al suo amico abbastanza serio, ma non lo restò a lungo, un attimo dopo scoppiarono entrambi a ridere. Che Yugi fosse distratto si sapeva, ma da lì a finire nel canale ce ne voleva.
Era zuppo dalla testa ai piedi quando uscì e cercò di scrollandosi  via un po’ d’acqua e indirizzandola tutta verso lo spirito del faraone che si coprì con le braccia lamentandosi a gran voce.
«ma di che ti lamenti che tu non ti bagni! » scoppiò di nuovo a ridere Yugi osservando come le goccioline d’acqua gli passassero attraverso. Un attimo dopo però si pentì di averlo detto, gli aveva ricordato per l’ennesima volta la sua situazione di stasi. Non era morto, no perché altrimenti non sarebbe stato lì, ma nel luogo di riposo delle anime, ma non era nemmeno vivo. Volle scusarsi, ma notò l’inquietante ghigno apparso sulle labbra del faraone
«appunto, per cui posso fare questo! » esclamò afferrandolo per le spalle e trascinandolo di nuovo in acqua
«Mo Hitori no Boku!! » si lamentò il ragazzino quando tirò fuori la testa dall’acqua, il suo amico, sul bordo del canale se la rideva completamente asciutto, ma gli tese comunque una mano per aiutare  il suo piccolo Aibo a uscire di nuovo dall’acqua zuppo e bagnato come un pulcino.
Sì il suo pulcino bagnato. Pensò di getto guardandolo, guardando quei ciuffi dorati appicciati alla sua  fronte e quegli indomiti capelli rossi schizzare da tutte le parti grondanti d’acqua
«Mo Hitori no Boku che hai? » si preoccupò Yugi vedendolo così pensieroso e rosso in viso. Non credeva che i fantasmi potessero arrossire, lui non l’aveva mai fatto, ma in quel momento lo era, come non notarlo. Solo pensare a Yugi come  un cucciolotto lo fece diventare paonazzo e nemmeno ne capì il motivo. Scosse freneticamente la testa avviandosi con lui verso casa
«senti, vero che mi aiuti con i compiti? » si volle rassicurare Yugi che nel frattempo grondava ancora tanta di quell’acqua da lasciarne delle pozze lungo la strada.
«come sempre»
Ovviamente, se non lo aiutava lui chi altro poteva farlo? Si era scoperto abbastanza abile con i numeri, assimilava velocemente e molto facilmente quello che lui e il suo Aibo studiavano. Yugi lo trovava davvero frustrante, insomma per tanto così poteva farli lui i test al suo posto, ma su questo lo spirito del faraone era irremovibile.
‘ E’ il tuo dovere’ gli diceva.
In realtà aveva la sensazione che qualcuno in passato gliel’avesse ripetuto decine di volte, ma proprio non sapeva chi; come saperlo? era senza memoria, era già tanto quello che sapeva e aveva scoperto durante la Battle City.
 
Tornati a casa, si presero una bella strigliata dalla mamma. In realtà se la prese Yugi, ma visto che condividevano tutto, se la prese anche l’altro se stesso, senza contare che la seconda volta ce l’aveva spinto lui nel canale. Non era proprio possibile rientrare a casa in quel modo allagando l’ingresso. Cosa ne poteva sapere lei della sala giochi e del nuovo gioco pubblicizzando su quel prezioso volantino che rischiava di perdere.
 
Ritiratisi in camera, si misero sotto con i compiti. Equazioni, funzioni, più, meno, per… . Dopo solo un’ora la testolina di Yugi già fumava
«facciamo una pausa? »
«ma dai che non è difficile! » lo incoraggiò l’altro Yugi «finisci questo e poi facciamo una pausa»
La voglia non c’era proprio, però gli fece piacere vedere il suo amico pensare ad altro oltre ai suoi ricordi perduti che prima o poi l’avrebbe aiutato a ritrovare.
La matematica proprio non gli piaceva, a scuola rischiava sempre di addormentarsi e trovava ogni volta mille distrazioni per non farlo. L’altro se stesso all’inizio tentava di farlo stare attento, all’inizio lo punzecchiava per farlo stare con i piedi per terra ed evitare di pensare a quale gioco giocare una volta rientrato invece di fare i compiti, oppure ad Anzu. Poi aveva rinunciato, ogni volta Yugi saltava dalla sedia beccandosi delle grandi sgridate.
Anche se, in realtà, non era esattamente vero, quando notava che fissava Anzu con lo sguardo da pesce lesso lo punzecchiava ancora e pazienza se sussultava o cadeva dalla sedia prendendosi i rimproveri del professore.  Chissà perché lo faceva, era geloso? No, figuriamoci, il rapporto che avevano lui e Aibo  non ce l’aveva nessuno. Più di un fratello, molto più che amici. Erano unici, però, allo stesso tempo, si sentiva inferiore a Jonouchi e gli altri. Lui non poteva toccarlo, cioè sì poteva, ma se si fossero ritrovati di nuovo in pericolo, come accadde durante l’incendio, quando il puzzle andò in pezzi, non avrebbe potuto fare niente, quel giorno si sentì così inutile e impotente che si rinchiuse nella sua stanza dell’anima per tutto il tempo che Yugi passò in ospedale, non aveva proprio il coraggio di guardarlo in faccia dopo il pericolo in cui l’aveva coinvolto. Uscì solo quando capì, finalmente, ciò che voleva davvero. Il suo Aibo era un tesoro prezioso e lui avrebbe trovato, in qualche modo, la maniera di difenderlo e proteggerlo nonostante la limitazione provocata dall’essere solo uno spirito senza nome e senza ricordi.
 
«Mo Hitori no Boku» era la terza volta che lo chiamava da quando erano scesi a cena e aveva ‘discusso’ in silenzio sul fatto che i takoyaki, anche se della mamma, non andavano mangiati perché allo spirito facevano  impressione. In realtà, anche se non l’avrebbe mai ammesso, era il polpo che gli faceva impressione. Era l’ennesima volta che facevano quella scena di prendi e molla dal piatto, non poteva però lamentarsi esplicitamente davanti alla mamma. forse non doveva fargli vedere  quell’horror che gli aveva prestato Jonouchi. The Beast, Abissi da Paura.
Comunque, dopo quella discussione praticamente insignificante, il faraone si ritirò nei suoi pensieri e Yugi non lo sentì più, ma doveva rimettersi a studiare e gli serviva il suo aiuto.
«ricominciamo? » sorrise l’altro Yugi sedendosi sula scrivania, proprio vicino ai quaderni
«guarda che posso farti una sedia» borbottò. Ogni volta finiva per colpirlo o punzecchiargli la gamba con la matita per tanto era vicino. D’altronde la scrivania di Yugi non era immensa.
«sto bene qui» scrollò le spalle lui per nulla infastidito dai colpetti di Yugi. Da lì poteva tenere sotto controllo Aibo e i suoi compiti contemporaneamente ed era anche nel raggio d’azione delle sue labbra.
Un momento, che c’entrava quello? Era vero che quando Yugi parlava era più facile che guardasse la sua bocca che l’intero viso, ma solo perché si muovevano e il suo sguardo era attirato dal movimento, giusto?
Ma a che serviva mentire a se stesso? Le guardava perché moriva dalla voglia di sapere che sapore avessero, anche se non era del tutto sicuro che avrebbe potuto sentirlo realmente o che sarebbe stato diverso da quando ne possedeva il corpo e le mordeva. E comunque Aibo non gliel’avrebbe mai permesso, ne era sicuro.
 
Dopo tanto studio, Yugi aveva bisogno di riposare, era già tardi quando cominciò a preparare la cartella e poi si sistemò per mettersi a letto.
Rientrato in camera, lavato e con il pigiama stellato già indosso, s’indirizzò al letto.
Doveva essere proprio esausto visto quanto barcollava, inciampò persino finendo a terra
«sei proprio sbadato oggi» rise il faraone avvicinandosi per aiutarlo
«oggi non me ne va bene una » sbuffò il ragazzino rialzandosi da solo. Spense la luce e si guardò intorno in cerca dell’amico «Mo Hitori no Boku? »
Non ricevette risposta, doveva essersi già ritirato nella stanza dell’anima. Doveva averlo sfibrato con le sue mille domande e tutti quei perché.
‘perché si fa così?’; ‘ perché viene questo invece di quest’altro?’ … Povero Mo Hitori no Yugi, era stato proprio sfortunato a ritrovarsi a dover fare da ‘tutor’ a lui. il pensiero lo fece ridere, si mise sotto le coperte
«buona notte Mo Hitori no Boku»
Sapeva che probabilmente non l’avrebbe sentito, ma ci tenne a salutarlo.
Il puzzle era lì, posato sulla testiera del letto… perché no? Non faceva niente di male, lo prese tra le mani e posò le labbra sull’occhio schioccando un dolce bacio della buonanotte.
 
Mo Hitori no Boku.
Fu un mormorio soffuso a risvegliare lo spirito assopitosi in quell’unica stanza in cui riusciva a tornare ogni volta, quella con il trono e i dipinti sulle pareti. Si era addormentato su quel vecchio letto posto in un angolo. Si alzò con un tenero sorriso sulle labbra che gli diede quell’aria infantile e dolce che le sue espressioni  truci celavano spesso e volentieri persino a Yugi. Il ricordo di quel gesto d’affetto da parte del suo Aibo l’aveva piacevolmente sorpreso scaldandogli il cuore che ancora batteva forte al ricordo.
D’un tratto avvertì una sensazione totalmente nuova, mai provata in quella stanza, l’aveva sentito solo un paio di volte quando prendeva il posto di Yugi. Faceva caldo. Faceva un insolito caldo, in quella stanza era più facile provare freddo, il gelo di un anima sola e vuota lo conosceva bene, ma quel calore soffocante no, era troppo insolito . E no, non era lui a emetterlo, non erano i bollenti spiriti di un adolescente.
In ogni caso doveva essere tardi, chissà se Yugi era già sveglio, non poteva fare tardi, aveva studiato tutta la notte per il test. Pensò di aiutarlo anche un po’, infondo si era impegnato molto.
Avrebbe pensato a quell’insolito caldo in un altro momento. Corse alla porta pronto a dare il buongiorno a Yugi, afferrò la maniglia e spinse. Non si aprì, forse aveva girato male , era una porta vecchia… si vabbè alla storiella della serratura difettosa non avrebbe creduto nemmeno Jonouchi. Spinse con più forza, ma non accadde nulla. Era imprigionato, bloccato lì dentro. No, non poteva essere vero, batté i pugni con forza e riprovò a spingere
«Aibo! Aibo rispondimi! » avrebbe dovuto sentirlo, era nel suo cuore, anche dalla sua stanza, le sue urla sarebbero dovute arrivare, ma non fu così, Yugi non c’era e lui era intrappolato in quella camera che si apriva al labirinto, lo specchio della sua anima confusa e inquieta.
 
Come ogni mattina Yugi si svegliò tardi e corse alla velocità della luce a scuola, beh proprio veloce no, ma almeno riuscì a prendere l’autobus e arrivare in orario
«yo Yugi! » lo salutò Jonouchi bracciandolo con un braccio attorno alle spalle
«ciao Jonouchi-kun! » rispose il ragazzino che in quel momento aveva proprio un viso sbattuto e stravolto
«Yugi, non ti senti bene? »si preoccupò Anzu «sei pallido»
«ma no! Sto bene» le sorrise «ho studiato fino a tardi» si giustificò grattandosi la nuca. Certo le occhiaie erano spiegate, ma non il pallore.
«scommetto che l’altro te ti ha torchiato ben bene, sbaglio?  » rise Honda
«e potrei giurare che non ti aiuterà nemmeno questa volta» aggiunse Jonouchi
«penso di no, è da ieri che non lo vedo, credo voglia farmi concentrare» sorrise Yugi. Anzu, però, non era convinta, il suo amico aveva gli occhi lucidi e le guance che si stavano arrossando. Facendosi largo tra gli amici si avvicinò a Yugi posandogli una mano sulla fronte e l’altra sulla sua
«Yugi ma tu hai la febbre! »
«ma dai! È solo una tua impressione, hai le mani fredde» ridacchiò ancora cercando di sviarla, non si sentiva in forma smagliante, ma nemmeno così male.
In ogni caso la questione rimase lì in sospeso perché entrò il professore e si dovettero sederee anche se a guardarlo bene, anche a Honda e Jonouchi cominciò a venire il dubbio. Insomma, o era ancora nel mondo dei sogni o aveva qualcosa.
Il professore consegnò loro i test e cominciarono, avevano un’ora per svolgere 10 quesiti e consegnare.
Ok, poteva farcela, aveva studiato, Mo Hitori no Boku l’aveva aiutato, si era impegnato, ma allora perché quei quesiti gli sembravano scritti in un’altra lingua? Integrali? Cos’erano, un tipo di riso? E tutte quelle x e y? Troppe lettere, troppi numeri. Aveva assolutamente bisogno d’aiuto, ma l’altro se non sarebbe arrivato. Doveva solo calmarsi, prendere un bel respiro e ricominciare, l’altra sera aveva capito, era semplice, doveva solo… no forse era…
 
Il tempo passava e ogni tanto Anzu lanciava un’occhiata indietro, lo vedeva con le mani tra i capelli, nulla d’insolito, se non fosse stato per le guance sempre più rosse e quella testa che ogni tanto ciondolava, sarebbe potuto sembrare uno dei tanti che si scervellava su quel test.
 
«Mo Hitori no Boku, dove sei? » lo chiamò, c’era qualcosa che non andava, al di là del compito, avrebbe dovuto sentirlo, perché non c’era? Possibile che si fosse  accorto del suo bacio al puzzle? Se l’era presa?
 
«Masaki! »il professore la richiamò ancora, era la seconda volta, alla terza le avrebbe ritirato il compito. Continuava a girarsi, era davvero troppo preoccupata e non attese oltre, si alzò in piedi di scatto
«professore le chiedo il permesso di accompagnare Yugi in infermeria»
L’intera classe si voltò verso il compagno che, sentendosi chiamare in causa, alzò lo sguardo, in effetti era sudato e gli occhi scavati e lucidi non lo facevano apparire al meglio
«ma io sto bene…» mormorò con un filo di voce che gli morì in gola. Certo, se lui stava bene, avrebbe anche preso 100/100 a quel test.
La matita gli scivolò di mano, rotolò sul banco e cadde. D’un tratto si trovò davanti, a fissarlo, due Anzu, non male come cosa, ma anche i compiti sul suo banco si moltiplicarono. Poi tutto buio e sotto agli occhi dei compagni e del professore, Yugi cadde dalla sedia e crollò sul pavimento.
«Yugi! » Jonouchi scattò dalla sedia che si rovesciò e corse dall’amico. Non era caldo, era rovente, aveva la febbre molto alta, il respiro affannato e il cuore che batteva a mille.
 
L’altro Yugi, ancora imprigionato, avvertì quel malessere di Yugi, un peso al petto lo accasciò a terra e per un momento il respiro gli venne a mancare.
«Aibo…» era chiaro che qualcosa non andava, ma finché era imprigionato lì dentro non avrebbe potuto fare nulla, Kuriboh arrivò dal nulla, pronto ad aiutarlo, con quei suoi versi incomprensibili lo convinse a rimettersi in piedi. Faceva un caldo pazzesco, eppure riusciva a sentire freddo nello stesso momento. No, non era lui a sentire quelle cose, era Yugi.
«Kuriboh che succede? »
Probabilmente la bestiola aveva la risposta, provò a mimare, ma tutto ciò che lo spirito capì fu che Yugi aveva bisogno di lui. Sì, lo sentiva, si sentiva chiamare.
«aiutami! » si scagliò ancora contro la porta, ma non accadde nulla, era inamovibile. Qualunque cose fosse accaduta a Yugi, gli impediva di uscire.
Era di nuovo prigioniero del puzzle. La cosa non l’avrebbe turbato particolarmente in un’altra circostanza, aveva passato 3000 anni bloccato lì dentro, ma adesso aveva Yugi, voleva e doveva restare al suo fianco, assisterlo e proteggerlo, specialmente in quel momento in cui aveva bisogno di lui.
Il legame con Aibo c’era, lo sentiva e quelle stanze infinite lo dimostravano, insomma rispecchiavano non solo lui e la sua confusione, ma anche Yugi e se era in pericolo e spaventato, le stanze sarebbero state altrettanto terrificanti. Dietro una di quelle porte doveva trovarsi il modo di trovare Yugi e poter finalmente capire.
Troppo caldo, buttò via la giacca e si addentrò nel labirinto seguito dalla piccola palla di pelo pronta ad aiutarlo.  Doveva trovare quella maledetta stanza, in tutto quel tempo non aveva ancora trovato la sua, ma avrebbe sicuramente trovato una stanza che potesse condurlo a Yugi, lo sentiva, lo stava chiamando, aveva bisogno di lui, ma era una tono flebile. Stava impazzendo, correva da una parte all’altra spalancando porte, fuggendo dai mostro  che celavano, ogni tanto trovava finestre sul suo passato, da quando il puzzle era stato completato, che lo facevano soffrire enormemente e che, allo stesso tempo, lo rendevano conscio di dover fare in fretta.
 
 
A casa la situazione era tesa, messo a letto Yugi, la mamma cominciò a tamponarlo con un panno umido e freddo, doveva abbassare la temperatura. Aveva mandato Jonouchi e gli altri a prendere delle medicine e il nonno a prenderle il ghiaccio. Era freddo, molto freddo, bruciava quasi su quella fronte bollente.  Yugi si lamentò, storse la testa, ma non riaprì gli occhi, non l’aveva ancora fatto da quando aveva perso conosceva in aula.
«andiamo Yugi, è solo un po’ di febbre» lo incoraggiò la mamma, era molto più di ‘un po’ ‘, ma il suo ‘bambino’ doveva reagire, mentre, invece, si stava lasciando sopraffare dal suo male che gli provocò incubi e visioni spaventose.
 
Correva a perdifiato nell’oscurità, qualcosa lo inseguiva e lui doveva sfuggirgli, lontano, lungo una strada oscura saltando ed evitando ostacoli invisibili. Non ce la faceva più, non riusciva più a respirare  il petto gli andava a fuoco e le gambe minacciavano di cedere da un momento all’altro. Dov’era lui? Perché lo stava abbandonando? Possibile che un innocuo bacio l’avesse turbato così tanto?
 
«Mo Hitori no Boku dove sei? » lo chiamò nel sonno «Mo Hitori no Boku! »
La mamma non poteva capire, chissà cosa stava sognando per dire quello.
La medicina arrivò in un lampo, ma Yugi non riuscì a prenderla, incosciente,  e in preda agli incubi, la sputò due volte. Non andava bene, rischiava di disidratarsi, doveva bere, ma nemmeno della semplice acqua voleva andare giù senza risalire con un conato di vomito poco dopo.
 
La flebile voce di Yugi riecheggiava per quei muri roventi, giù per le scale infilandosi nei corridoi bui e nelle stanze più nascoste scavalcando le porte per giungere alle orecchie del faraone che ormai andava a caso, correndo da una parte all’altra
«aiutami! Dove sei? Dove sei Mo Hitori no Boku? Aiutami ti prego! »
Sicuro che la voce provenisse da quella stanza, lo spirito l’aprì, ma vi trovò un enorme mostro, un grosso drago che con un colpo di coda lo scaraventò lontano. Kuriboh chiuse la porta prima che potesse uscire, correndo poi dal suo master, indolenzito dalla botta e frustrato, non lo trovava, lo sentiva, ma non lo trovava. A ogni delusione le stanze aumentavano, le scale si sovrapponevano e presto non sarebbe stato più in grado nemmeno di tornare in quell’unica stanza a lui familiare.
Colpì il pavimento con forza, tremava per la rabbia, gli occhi serrati in fessure e i denti stretti
«cazzo… Aibo…» sibilò.
Posò la fronte sulla mano nascondendo il viso con i capelli che gli ricaddero in avanti
«dove sei…»
 
Intanto Yugi fuggiva, sperava di trovarlo davanti a se, di potersi rifugiare tra le sue braccia. Lui l’avrebbe protetto da qualsiasi cosa gli fosse alle calcagna e che, se l’avesse preso, non gli avrebbe lasciato scampo. Cadde. Qualcuno o qualcosa lo scaraventò a terra e lo braccò, lo afferrò per la gola, lo sbatté su e giù. Yugi rotolò su una terra battuta che all’occhio sembrava solo oscurità.
Inerme, si ritrovò davanti Marik, la sua parte malvagia. Era proprio lui, i capelli chiari dritti verso l’alto, gli occhi pieni d’odio, le vene sul suo volto scuro e quell’inquietante ghigno che lo fece rabbrividire. Si leccò le labbra mostrando al ragazzino il puzzle, come non lo sapeva, ma ne era entrato in possesso e glielo mostrò come se fosse stato un trofeo
«lascialo! » gli intimò, ma Marik non lo fece, che poteva fargli quel ragazzino piccolo e gracile, lui aveva dalla sua parte il potere delle tenebre e degli oggetti millenari. Aveva ottenuto ciò che voleva, aveva il puzzle e la prima cosa che fece fu mandarlo in pezzi, lo scaraventò a terra e lo calpestò. I tasselli che lo componevano schizzarono ovunque sotto gli occhi di Yugi che si protese in avanti senza riuscire a muovere un solo passo in più. Si dimenò e strillò
«No! Mo Hitori no Boku! No! »
 
Non accadde solo in sogno, Yugi iniziò a strillare nel sonno, si dimenò nel letto scalciando via le coperte allarmando tutti. Il suo urlo acuto trapanò i timpani di amici e familiari che l’avevano vegliato tutto il giorno ed erano ormai esausti. Honda era già dovuto tornare a casa e Anzu era già stata chiamata due volte, stava per andarsene quando Yugi iniziò a gridare facendole saltare il cuore in gola
«No! No! »
Doveva svegliarsi, doveva riprendersi da quell’incubo, aveva dormito tutto il giorno, ora doveva riaprire gli occhi e reagire, ma Jonouchi non ci riuscì, in realtà nessuno poté fargli riaprire gli occhi.
Ancora stretto dall’amico, il viso di Yugi si contorse in una smorfia di dolore che lo portò a inarcare la schiena lanciando l’urlo più forte di tutti
 
«MO HITORI NO BOKU!! »
 
Se l’intero vicinato poté sentirlo, allora anche il diretto interessato lo sentì, gli perforò i timpani, gli raggelò il sangue che non aveva costringendolo a rimettersi in piedi. Voltò lo sguardo e lì trovò una porta che non aveva ancora controllato, la aprì tornando al punto di partenza,  a quella prima stanza con i dipinti e tutto il resto, se era riapparsa un motivo doveva esserci, la porta con l’occhio e le venature tutto intorno era proprio lì e vi corse incontro, doveva riuscire ad aprirla. Scottava, era praticamente intoccabile. La maniglia rovente.
Kurikurì. Il verso incomprensibile di Kuriboh attirò la sua attenzione. Stringeva tra le zampette la sua giacca, quella che aveva scaraventato sul pavimento quella mattina, avvolse la maniglia e spinse. Dovette metterci tutta la sua forza e alla fine ci riuscì, ma una parte di se si pentì di averlo fatto.
La camera di Yugi era aperta, poteva vedere senza varcare la soglia, ma ciò che vide lo terrorizzò. Era legato, incatenato, si dimenava. I giochi non c’erano più, solo pareti incendiate e quelle catene.
Soffriva, soffriva tantissimo e l’altro Yugi che dovette assistere si sentì morire vedendolo in quello stato. Il viso del ragazzino, le sue reazioni e il tremendo incubo che stava avendo diedero tutti gli indizi al faraone perché potesse finalmente capire che il suo prezioso Aibo era malato, una febbre così alta da provocare tutto quello scombussolamento nella sua mente.
 
Era già accaduto, lo ricordava vagamente perché allora nessuno dei due aveva ben chiara la presenza l’uno dell’altro. Yugi si era ammalato, anche allora aveva la febbre, anche se meno grave. In quell’occasione aveva bisogno di lui, ma il puzzle gli era stato rubato e senza di esso non poté nemmeno guidarlo, anzi no, c’era stato un momento, quando Yugi afferrò il puzzle per liberarsi dalla presa di quella ragazzina, Risa-chan doveva chiamarsi, in cui provò a intervenire. Sì quello lo ricordava, ma ricordò anche di non esserci riuscito, qualcosa gliel’aveva impedito e ciò mise in pericolo entrambi. Per loro fortuna, quella volta, Kaiba intervenne appena in tempo per salvarli, se non fosse stato per lui,  non si sarebbero mai incontrati, non avrebbero mai preso consapevolezza l’uno dell’altro.
 
Urlò di nuovo. Si dimenò, strattonò le catene, serrò ancora di più gli occhi cercando di opporsi alla presa di quell’essere che non sapeva identificare .
Doveva raggiungerlo e salvarlo, ma ecco l’ennesimo ostacolo, la porta era aperta, ma c’era una sorta di muro invisibile, una barriera che gli impediva di andare oltre.
Yugi continuava a chiamarlo e lui lì, a pochi passi e incapace di raggiungerlo, di salvarlo da quel tremendo incubo che lo faceva gridare, piangere e dimenarsi. Cosa poteva spaventarlo tanto da indurlo a quello? Possibile che la febbre lo stesse riducendo così? Perché nessuno faceva niente? Perché nessuno lo aiutava?
«Aibo sono qui! Aibo! Aibo! » sbatté con forza i pugni sulla parete, ci si accanì con forza sperando di infrangerla, urlando il suo nome a squarciagola «sono qui! »
 
Non andava bene, la febbre non scendeva e Yugi si agitava, sudava, ansimava e gridava. Jonouchi dovette mettersi d’impegno per riuscire a tenerlo fermo mentre la mamma gli faceva l’iniezione. In qualche modo quella medicina avrebbe dovuto prenderla e se non era per bocca, gliene avrebbe iniettata un’altra.
 
Dopo poco più di mezz’ora,  sembrò cominciare a fare effetto, aveva smesso di sudare e ansimare e non gridava più.
Era davvero molto tardi e i ragazzi dovettero tornare a casa, ma prima di farlo, Jonouchi provò ancora una volta a svegliare il suo piccolo amico, con un tono un po’ più calmo dell’urlo e lo scossone di prima, ma non servì a nulla.
«Mo Hitori no Boku, dove sei? »
Era tutto il giorno che lo diceva, ma più che lì a preoccuparsi per lui, anche se non lo poteva vedere, non sarebbe potuto essere. In ogni caso prese il puzzle dalla scrivania e glielo mise tra le mani sorridendo.
«è qui» lo rassicurò con un sussurro prima di allontanarsi con Anzu.
 
Certo, se la situazione fuori sembrava quasi calma, con la febbre che poco a poco aveva cominciato a scendere, per il faraone bloccato tra le due stanze, di fronte ad uno Yugi terrorizzato a morte, fu un inferno.
Sbatté con forza i pugni chiamandolo a gran voce.
«guardami ti prego! Aibo sono qui! »
Sbatté così forte le mani che la parete s’incrinò, come un vetro, stava cedendo, ma nello stesso momento Yugi urlò di nuovo
«non farlo! Fermati! »
Grosse lacrime solcarono quel visino d’angelo bambino. Non poté sopportarlo, un colpo bene assestato e la parete andò in frantumi, ma ciò che non aveva visto per tutto quel tempo, fu un vortice tra Yugi e la porta, un turbine quasi invisibile che lo risucchiò. Lo inghiottì non appena ruppe la parete portandolo lontano da Yugi, rendendo vani i suoi tentativi e sacrifici. Fu un attimo, un solo passo e il faraone si ritrovò a vorticare in quella spirale che l’avrebbe scaraventato chissà dove.
«Aibo no! Aibo! » provò a opporsi,  tentò disperatamente di arrivare  a Yugi nonostante il vortice.
 
«AIBOOOO!!! »

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Essendo passate quasi due settimane, vi lascio senzai ndugi al nuovo capitolo. ci vediamo alla fine, ho un paio di cose da dire ^^

BUONA LETTURA!






Era notte fonda, il nonno dormiva nella sua camera, mentre la mamma era restata a vegliare il piccolo malato che finalmente, dopo tante urla, si era calmato tornando a riposare tranquillamente.
 
Alla fine Yugi aveva ripreso conoscenza per qualche ora, sostenuto dalla mamma e dal nonno, era riuscito ad alzarsi per qualche minuto e a bere un po’. Poi era crollato di nuovo, la febbre era ancora molto alta. Non minacciava più di sfiorare i 40°C, ma superava i 38 e ogni tanto saliva a 39°C, non c’era da scherzare. Senza contare che era piuttosto inquieto in quelle poche ore di coscienza la totale assenza dello spirito lo preoccupò parecchio, non lo vedeva, non avvertiva la sua presenza, si sentì totalmente perso quando, chiamandolo, non apparve. Era dalla sera precedente che non lo vedeva.
«che ti è successo? »
Se l’era domandato più volte in quelle poche ore fissando il puzzle. Che anche l’altro se stesso fosse soggetto alle sue malattie? Magari era nella sua stanza a contorcersi per la febbre. No, gli spiriti possono ammalarsi?
Era tutto troppo strano e anche quando provò a proiettarsi nelle stanze dell’anima, non ci riuscì, era come se il puzzle gli negasse l’accesso. Come sempre la luce dell’occhio lo avvolse, ma di ritrovarsi nella sua stanza piena di giochi, si ritrovò a vagare in una sorta di vortice bianco che lo ributtò nel mondo reale, esausto e stordito dalla malattia.
 
Ormai dormivano tutti da ore, quando, dal nulla, il vortice bianco che l’aveva risucchiato, si aprì nella camera sputando fuori l’altro Yugi che rotolò sul pavimento.
Gli spiriti di norma non provano dolore fisico, ma la caduta sul pavimento lo spinse a esclamare comunque un sonoro «ahi» e massaggiarsi le zone che sarebbero dovute essere dolenti. C’era riuscito, era uscito dal puzzle.
La mamma sonnecchiava sulla poltrona e Yugi era lì nel suo letto a riposare, da dove si trovava, sembrava che stesse semplicemente dormendo, ma avvicinandosi, il faraone, benché avvolto dall’oscurità della notte, poté notare il rossore della sua pelle e le goccioline di sudore fredde scivolargli dalle tempie
«Aibo sono qui» sorrise prendendogli la mano. Era un fantasma, ma una cosa del genere non era mai accaduta, aveva sempre potuto avere un contatto con lui, era l’unico con cui il suo spirito trovava resistenza al tocco, ma in quel momento, quando cercò di prendergli la mano, questa passò attraverso sprofondando nel nulla facendolo piombare in un baratro oscuro in cui era solo e Aibo non c’era.
«Aibo…no, ti prego…»
Aveva passato tremila anni da solo, imprigionato, senza nessuno che potesse sentirlo, confuso e spaventato e stava accadendo di nuovo. Oppure no, poteva esser solo un effetto della febbre di Yugi, doveva solo attendere che si svegliasse, ma anche con quella possibilità, l’ansia non lo abbandonò specialmente quando Yugi ricominciò a parlare nel sonno.
«Mo Hitori no Boku, dove sei? » era la miliardesima volta che delirava chiedendoselo, cercandolo.
«sono qui! Aibo mi senti? Sono proprio qui vicino a te! »
«dove sei? Non lasciarmi solo» stava tornando ad agitarsi, scalciava e stritolava le coperte buttandole poi via.
«Aibo svegliati! Sono qui! » aveva capito di non poterlo toccare, ma posò lo stesso le mani sulle sue spalle nel tentativo di scrollarlo e svegliarlo. Alle sue, però, si sovrapposero quelle della mamma che fece il medesimo gesto per ridestarlo prima che un altro brutto incubo prendesse il sopravvento.
«Yugi, tesoro svegliati»
«mamma, dov’è? Dov’è Mo Hitori no Boku? Perché non c’è? » le domandò quasi in lacrime e febbricitante.
«Aibo sono qui! » esclamò balzando sul letto mettendosi carponi vicino a lui urlando nel vano tentativo di essere sentito «non ti lascio solo! Aibo sono qui! »
 
La mamma sembrò titubante, non aveva idea di cosa volesse dire suo figlio, se stesse solo delirando o se chiamasse qualcuno in particolare, però aveva notato che quando l’aveva nominato, Jonouchi gli aveva messo il puzzle in mano. Che avesse dato un nome a quel pendente? Poteva essere, ci aveva messo otto anni a metterlo insieme, era un regalo di suo nonno, doveva esserci molto affezionato, a tal punto da dargli un nome, anche se Mo Hitori no Boku era un po’ strano.
Sfoggiò il suo miglior sorriso materno e prese la piramide dalla testiera del letto mettendogliela in mano, ma ciò non tranquillizzò Yugi che sembrò mettersi a parlare con l’oggetto.
«dove sei? Sei così arrabbiato con me? Mi dispiace… non volevo ferirti, Mo Hitori no Boku, per favore vieni fuori! » lo pregò mettendosi a piangere e stringendo forte il puzzle, non gli importava di essere sentito dalla mamma, ma non si rendeva nemmeno conto che il faraone che tanto cercava era proprio di fronte a lui e si sentiva morire ogni volta che lo chiamava e lui non poteva sentirlo.
 
Possibile che la febbre provocasse una cosa del genere?
 
«Aibo ti prego guardami…. Sono qui» mormorò, ormai esausto, allungando la mano verso il visino di Yugi rosso per la temperatura e bagnato di lacrime «non piangere»
Stava cedendo anche lui, la sua voce tremò per un momento, ma non poteva lasciarsi andare, doveva essere forte e resistere, per entrambi, stare vicino al suo piccolo tesoro, vegliarlo e prendersi cura di lui per quanto la sua condizione gli permettesse.
Dovette scostarsi quando la mamma coprì Yugi con la coperta che aveva buttato sul pavimento.
«vuoi mangiare qualcosa? »
Yugi scosse piano la testa girandosi di lato con il puzzle stretto al petto, era molto abbattuto, qualcosa legato a quella piramide lo faceva stare molto male, ma forse lei, la sua mamma, avrebbe potuto sollevargli un po’ il morale. Si sedette accanto a lui posandogli il fazzoletto bagnato sul viso
«ovunque sia, non tarderà ad arrivare» disse con un tenero sorriso.
Nemmeno capiva cosa diceva, ma sembrava stare molto a cuore a Yugi. L’assenza di qualsiasi cosa fosse ‘Mo Hitori no Boku’, doveva essere molto importante per suo figlio. Ignorava totalmente che lo spirito cui si riferiva era proprio accanto a loro, invisibile a tutti, impotente di fronte al suo Aibo malato che lo chiamava disperatamente e piangeva per la sua assenza credendo di avere qualche colpa per il suo allontanamento, se solo ci fosse stato il modo di farsi sentire da Yugi. Aveva paura di tornare nel puzzle per comunicare con la sua anima, correva il rischio di restare di nuovo intrappolato.
 
La notte passò e anche la mattina.
Yugi sembrava stare meglio, la febbre scendeva molto lentamente, ma almeno diminuiva, non aveva incubi da molto tempo. La mamma e il nonno cambiavano regolarmente il ghiaccio e lo tamponavano con il panno umido. Il battito era ancora molto accelerato e il respiro affannato, ma se anche la mamma si era calmata e aveva desistito dal volerlo portare in ospedale, significava che le cose andavano meglio.
L’altro Yugi gli restò accanto per tutto il tempo finché la stanchezza non ebbe il sopravvento e finì per addormentarsi, steso proprio accanto a lui, la fronte che sfiorava la sua e il respiro un po’ affannato che accarezzava il suo corpo evanescente. Lo sentiva, avvertiva la sua pelle bollente, i suoi piccoli gemiti nel sonno e quel fiato caldo ma Yugi non sentiva lui, era come se tra loro ci fosse un vetro, uno di quelli a senso unico che celava totalmente al piccolo la presenza del suo amico.
 
Era ormai pomeriggio, in quelle ore Yugi si era svegliato più volte, aveva bevuto, assaggiato un po’ di brodo caldo della mamma, si era alzato, anche se a fatica e per tutto il tempo il faraone gli era stato accanto, quando lo vedeva perdere l’equilibrio, aveva, ogni volta, l’istinto si sostenerlo ignorando completamente di essere invisibile e inconsistente anche per lui. Lo lasciò solo giusto per quei pochi minuti che passò nel bagno, con l’ansia che potesse perdere di nuovo i sensi. Era sempre stato molto apprensivo con lui, anche inconsciamente alle volte, ma mai lo era stato tanto quanto in quel momento. Girava per la casa come un’anima in pena come se, seguendo il nonno che andava a prendere il ghiaccio o la mamma che cambiava l’acqua nella bacinella, potesse aiutarli.
 
Poi, la mente di Yugi tornò in fermento, un altro incubo giunse a tormentarlo, era come se il suo subconscio volesse torturarlo facendogli pesare il fatto di non poter vedere l’altro se stesso. Si può anche dire che stavolta Yugi se l’andò a cercare, stava migliorando, la febbre scendeva e passava sempre più tempo sveglio riuscendo a muoversi e mangiare, ma il desiderio di vedere e parlare con lo spirito fu talmente forte da spingerlo ad addentrarsi di nuovo nella stanza dell’anima. Stavolta non fu ributtato fuori, ma si ritrovò di fronte ai suoi ricordi, tutti quelli condivisi con lui e nessuno di quelli fu piacevole.
Si ritrovò faccia a faccia con Kaiba, pronto a suicidarsi e l’altro Yugi pronto ad assecondarlo per vincere. Yugi lo chiamava, gridava per attirare la sua attenzione e riuscire a farlo desistere, ma non c’era verso, lo spirito non lo sentiva e riuscì a riprendere il controllo all’ultimo per pura fortuna.
 
«no!! Mo Hitori no Boku, fermati! » strillò nel sonno facendo prendere l’ennesimo coccolone allo spirito e al nonno
«Yugi calmati, è solo un brutto sogno! »
Svegliarlo fu impossibile, deciso a trovare il suo amico, Yugi si spinse nei meandri più oscuri della sua mente, anche se consapevole che avrebbe incontrato fantasmi del suo passato che non avrebbe più voluto vedere.
 
Correva di nuovo, ma stavolta di sua volontà, non fuggiva da nessuno, semplicemente era alla disperata ricerca del faraone, svanito da troppo tempo ormai.
Si addentrò troppo dentro ad un ricordo ritrovandosi imprigionato nella morsa delle tenebre, come vittima sacrificale nel duello contro Marik. Era la seconda volta in poco tempo che il ragazzo egiziano appariva nei suoi sogni, doveva averlo spaventato più di quanto credesse o forse perché, fino a quel momento, era stato quello che più in assoluto, aveva cercato di dividerli.
I danni aumentavano e il suo corpo era inghiottito dalle tenebre, avvertì l’oscurità bruciargli il viso inghiottendone una parte, un dolore lancinante che non volle sfogare, avrebbe reso ancora più nervoso il suo amico che invece doveva concentrarsi, mandò giù una grossa boccata d’aria e sorrise, certo doveva continuare a sorridere e convincersi che era tutto a posto, ma non andava tutto bene, quello era un ricordo orribile, quel giorno rischiò davvero di non vederlo più, erano stati davvero a un passo dalla sconfitta, se solo il vero Marik non avesse scelto la resa, loro sarebbero morti.
 
No, si stava sbagliando. Morì. Ancora braccato dalla trappola di Marik, Yugi vide il mondo attorno a lui oscurarsi totalmente, i loro lifepoints erano scesi a 0 e  il peso delle tenebre lo fece affondare, mentre la voce di Mo Hitori no Boku si fece sempre più fioca fino a svanire e lui si ritrovò a vagare nell’oscurità più totale, da solo. Chiuse gli occhi per un momento e quando li riaprì, si ritrovò su una terra fredda e arida, sotto un cielo terso e con un’aria gelida che gli entrò nelle ossa facendolo rabbrividire, attorno a lui c’erano delle statue, tre creature di pietra per metà sepolte dalla sabbia. Aveva già visto tutto quello, era accaduto in una delle visioni del passato, quella che avevano avuto durante il duello con Kaiba.  Quelle tre statue erano le divinità egizie e l’edificio in rovina poco distante doveva essere il palazzo reale, lui si trovava lì, ma non ci arrivò mai, si ritrovò, invece, all’interno dell’intricatissimo labirinto del puzzle. Ce l’aveva fatta, l’aveva trovato.
«Mo Hitori no Boku! » non aveva importanza come ci era arrivato, l’unica cosa che voleva era trovarlo e chiarirsi con lui. Era assurdo pensare che quel semplice gesto d’affetto avesse turbato lo spirito a tal punto.
 
Non ci mise molto a trovarlo, era ai piedi di una scala che lo attendeva, serio e impassibile come sempre, ma quella volta non gli sorrise quando i loro sguardi s’incrociarono, anzi gli voltò le spalle salendo quella scalinata
«aspetta! » lo inseguì, ma quando credette di averlo raggiunto, lo trovò ancora più distante, era come se i gradini aumentassero per tenerli distanti «aspetta ti prego! Mo Hitori no Boku mi dispiace! »
Non servì a nulla, lo spirito salì imperterrito quelle scale raggiungendo un ampio atrio circondato da stanze, una era aperta e da essa proveniva una calda luce bianca. Il faraone si voltò, lo guardò per un momento mentre il bagliore rosso nei suoi occhi s’intensificò per colpa di quella luce
«cosa vuoi fare? Ti prego fermati! ».
Probabilmente intuiva cosa voleva dire quella porta, corse ancora, ma fu bloccato da un parapetto che apparve così dal nulla innalzandolo di diversi metri rispetto allo spirito che si mosse verso la luce
«non andare! »
L’urlo gli morì in gola, il labirinto svanì, tutto scomparve, solo l’oscurità e quella luce bianca che chiamava a se il faraone. Un mantello color porpora gli volò davanti agli occhi impedendogli di vedere, ma quando questo si abbassò, gli mostrò lo spirito nelle vesti di faraone, con la tunica scura e la cintura d’oro in vita, sulla soglia e, senza la minima esitazione la varcò
«non abbandonarmi…» non poteva sopportarlo, non avrebbe mai accettato una fine del genere, la visione del faraone che svaniva nella luce gli fece il cuore a pezzi. Non poteva permettergli di varcare definitivamente quella soglia, non da solo almeno. Corse verso quella porta che si stava richiudendo alle sue spalle, ma fu tutto inutile. Vi sbatté contro. Era finita, lo spirito del faraone senza nome se n’era andato abbandonandolo, senza dirgli nemmeno addio
 
«Mo Hitori no Boku!!! »
 
Strillò. La sua voce risuonò nel labirinto, scoppiò a piangere, le lacrime invasero ancora una volta quel visino delicato e i singhiozzi lo travolsero mozzandogli il respiro in gola. Batté con forza i pugni su quella porta di legno, ma quando capì che era tutto inutile si lasciò scivolare a terra in preda a un pianto che non accennava a voler smettere.
«avevi promesso… avevi detto che non mi avresti mai lasciato»
Quella notte, gliel’aveva promesso, aveva detto di voler restare con lui per sempre, che non gli importava di recuperare la memoria se così sarebbe rimasto al suo fianco e invece se n’era andato senza dire nulla.
«sei cattivo…»
 
Una mano calda gli si posò dolcemente sulla spalla spingendolo a voltarsi. Era lui, era lì davanti con quel suo caldo sorriso e quegli occhi viola così belli e brillanti
«sei tornato…» sibilò Yugi ricacciando in gola un singhiozzo.
Scosse la testa, perché doveva smontarlo così? Proprio quando si era calmato.
«sai di non poterlo evitare» mormorò con quel suo tono calmo e rassicurante, ma non c’era nulla di rassicurante in quelle parole che suonavano come stilettate nel cuoricino del povero Yugi «non ci sarà l’eternità per noi, non un per sempre. Lo sai, l’hai sempre saputo Yugi »
Yugi. Non lo chiamava mai in quel modo, non usava mai il suo nome, perché lo stava facendo? Che cosa voleva ottenere in quel modo?
«cerca di capire, tu hai una vita che ti aspetta, io sono solo uno spirito intrappolato e grazie a te, presto troverò la pace»
«non voglio! »
«Yugi devi accettarlo prima che sia troppo tardi»
«smettila! » sbottò di colpo il ragazzino scattando in piedi «smettila di chiamarmi così! »
 
Non resistette, non poteva dirgli quelle cose orribili e sperare che lui non reagisse. Probabilmente aveva ragione, il ‘ per sempre’ a loro non era concesso e ormai non restava nemmeno molto tempo e per quello stesso motivo non bisognava sprecarlo. Raccolto tutto il coraggio che nemmeno sapeva di avere, s’inginocchiò di nuovo a terra, lo fissò negli occhi e, senza lasciargli dire mezza parola in più prese il suo viso tra le mani.
L’aveva fatto, ancora non ci credeva eppure era lì, lo stava baciando davvero. Sentì il sapore delle labbra del faraone, dolci e sensuali, il calore di quella pelle calda sulla sua e quei capelli indomiti intrecciarsi tra le sue dita via via che le mani scivolavano sulla nuca. Era bello, anzi no, meraviglioso, da quanto tempo desiderava farlo. Assaporò quel momento fino alla fine pregando perché non fosse l’ultimo, ma il primo di molti, poi lo lasciò molto lentamente.
Lo sguardo del faraone, non fu particolarmente sorpreso, sorrideva leggermente e lo guardava dritto negli occhi, non sembrava avesse qualcosa in contrario e ciò incoraggiò ancora di più Yugi a riprovarci, solo che stavolta lo bloccò e gli prese le mani, le strinse con forza tra le sue portandosele al petto dove c’era un cuore che batteva all’impazzata.
«adesso svegliati. Apri gli occhi»
 
Solo con quelle parole Yugi concepì di essere in un sogno e non nel puzzle, per cui quello non era nemmeno il vero Mo Hitori no Yugi, solo un riflesso della sua mente, non se n’era mai andato, ma nemmeno era tornato. Era semplicemente svanito o rinchiuso in qualche meandro del suo cuore per stargli lontano.
 
Non voleva farlo, aprire gli occhi e ritrovarsi in quella realtà in cui lui non c‘era e chissà quando l’avrebbe rivisto.
Non sentiva più la testa pesante e la luce che filtrava dalla finestra non gli diede particolarmente fastidio. Il caldo lo sentiva appena, anzi era piacevole, specialmente quello sulla mano.
Doveva essere pomeriggio, almeno lo pensò vedendo che il sole non batteva proprio contro il vetro. Il calore sul dorso della mano era piacevole, voleva sapere chi gliela stava stringendo, magari la mamma, era un tocco gentile e delicato.
No. Non era la mamma a stringergli la mano, era qualcun altro. L’aveva vegliato tutto il tempo fino ad addormentarsi al suo capezzale, inginocchiato a terra con la mano posata su quella di Yugi nel vano tentativo di poterlo toccare, lo spirito era lì vicino a lui che dormiva, con la testa posata sulle sue gambe e la mano stretta alla sua.
Sorrise, finalmente lo vedeva, era tornato da lui.
Restò seduto a osservarlo dormire per un po’. Era raro vederlo così, con quell’aria dolce e indifesa, senza nessuna espressione truce a contorcere quei lineamenti delicati da eterno bambino. Le labbra leggermente aperte che mormoravano qualcosa che non riuscì a capire.
Era così bello, l’aveva sempre pensato, ma con un grande imbarazzo, in quel momento invece, fu un pensiero spontaneo che gli dipinse sul volto un tenero sorriso.
Volle toccarlo, ma ebbe un momento di esitazione, e se fosse svanito? Se fosse stata l’ennesima visione? Non aveva senso farsi certi problemi, l’avrebbe scoperto presto. Posò delicatamente una mano in quel cespuglio rosso e nero di capelli, affondò intrecciandosi in quel groviglio. Era vero, lo spirito era lì accanto a lui a vegliarlo e il suo tocco lo risvegliò.
 
«Aibo » mormorò osservandolo. Sembrava stare meglio, il viso non era più arrossato come prima, solo un pochino e poi si era alzato, significava che aveva riacquistato un po’ le forze.
«sei tornato» disse il ragazzino che dopo un primo sorriso si fece serio.
Il faraone fece appena in tempo a capire che Yugi poteva vederlo e sentirlo che fu travolto da un abbraccio così forte che si sentì soffocare.
«Mo… Mo Hitori no Boku! Sei tornato! » singhiozzò stringendosi al suo collo «io… io credevo che ce l’avessi con me, non ti vedevo, non ti sentivo… non riuscivo a comunicare con te, ero convinto che te ne fossi andato! »
Come poteva anche solo pensare che l’avrebbe abbandonato? La sola idea di lasciare Aibo lo distruggeva. Ebbe solo un momento di esitazione quando gli si strinse al collo, ma quando Yugi sfogò la sua inquietudine, tutto svanì e gli strinse le braccia attorno alla vita avvicinandolo ancora di più a se, lo volle consolare, tranquillizzare, ma in quel momento la fantasia fu davvero poca e le uniche parole che riuscirono a uscire furono
 «sono qui Aibo, non piangere»
Yugi in realtà non aveva versato ancora nessuna lacrima, aveva avuto un fremito all’inizio, ma sentirlo vicino aveva scacciato ogni timore e inquietudine, era lo spirito, invece, a tremare e fu sicuro anche di aver sentito un singhiozzo. Scostò la testa dalla sua spalla e dovette darsi ragione, l’altro Yugi stava piangendo. Stretto al pigiama del suo Aibo, era scoppiato in lacrime.
«Mo Hitori no Boku cosa dici? Sei tu che stai piangendo»
Gli fece notare con una certa ironia avvicinandogli la manica del pigiama per asciugargli il viso, non l’aveva mai visto così, ma non sapeva nemmeno quello che aveva passato in quelle interminabili ore.
«ero… ero così preoccupato, non capivo cosa stava succedendo, tu non mi vedevi, nessuno mi sentiva… ero intrappolato nel puzzle senza sapere cosa ti stava accadendo e poi ti ho visto… stavi male ed io non potevo fare niente…»
Si era trattenuto per tutto quel tempo, era stato forte fino alla fine, nonostante non ci fosse nessuno cui dimostrarlo e alla fine aveva ceduto, anche se davanti all’ultima persona che avrebbe dovuto vederlo così. Si accasciò sulle gambe di Yugi faticando a trattenere i singhiozzi «l’ho fatto ancora… non sono riuscito ad aiutarti… ero lì e non potevo fare niente per aiutarti… io… io mi sono sentito così inutile. Vorrei proteggerti, ma alla fine non combino mai nulla…»
«Mo Hitori no Boku, non dire così» aveva bisogno di essere consolato, Yugi si era spaventato non vedendolo, ma mai avrebbe immaginato che mentre lui delirava e lo chiamava, lo spirito era lì accanto e soffriva per non potersi far vedere. Era stata una tortura per entrambi, ma molto più grande per l’altro Yugi. Non sfogava mai i suoi malesseri di fronte a lui, mentre in quel momento lo stava facendo senza riuscire a darsi un contegno, doveva essersi spaventato moltissimo e per una volta fu Yugi a rincuorarlo accarezzandogli di nuovo la fronte «tu mi proteggi sempre, non ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? Se non fosse stato per te, quel bullo mi avrebbe conciato proprio male e sei stato sempre tu a salvare il nonno da Pegasus, non ricordi? »
«io… io in quell’incendio non ho potuto fare nulla… non volevi lasciarmi, avresti fatto qualunque cosa per salvarmi mentre io…»
Poteva trovare mille scuse, mille episodi in cui Yugi aveva dovuto cavarsela da solo, ma anche altrettanti, se non di più, in cui dal suo intervento era dipeso tutto e anche quella volta, nell’incendio, se lui non avesse aiutato  Jonouchi, probabilmente non sarebbero mai usciti da quel capannone.
«Jonouchi mi ha detto quello che hai fatto quel giorno durante l’incendio. Mo Hitori no Boku, tu sei sempre al mio fianco per proteggermi. Tu… tu sei il mio eroe»
Lo disse con tutta la naturalezza del mondo, senza imbarazzo, senza alcun tono d’ironia, era serio e ci credeva.
«io credo in te»
«Aibo…» davvero non se lo aspettava, non credeva proprio che Yugi fosse così fiducioso in lui, non l’aveva mai visto sotto da quel punto di vista e non poté che sorridere e dargli ragione. «io resterò con te sempre e ti proteggerò»
Yugi annuì, anche se sapeva che non sarebbe stato così, il faraone forse non se ne rendeva ancora conto, ma un giorno avrebbe dovuto lasciarlo e probabilmente sarebbe accaduto prima di quanto pensassero. In quel momento, però, non voleva pensarci, lui era lì e ciò gli bastava.
Finito il momento delle lacrime , lo spirito prese le mani di Yugi stringendole forte aggiungendo un’ultima e forse un po’ assurda, promessa «non ti costringerò più a studiare fino a tardi, anzi se vuoi prenderò il tuo posto nei test, farò i tuoi compiti così non ti stancherai troppo e rischierai di ammalarti»
Era una proposta allettante e Yugi avrebbe anche potuto accettare, chissà quante insufficienze si sarebbe risparmiato e avrebbe potuto godere di tutti i benefici che gli ottimi voti avrebbero comportato, ma sarebbe stato scorretto, non gli avrebbe mai chiesto una cosa del genere
«mi dispiace ammetterlo, ma per quanto sia convinto che studiare faccia male, questa volta non centra» ridacchiò asciugandogli l’ultima lacrima che ancora solcava la guancia, bloccata lì sullo zigomo «credo che sia stato l’allenamento dell’altro giorno. C’era vento e il professore ci ha fatto correre lo stesso. Poi ci siamo presi la pioggia e poi sono caduto nel canale. Direi che di occasione per ammalarmi ne ho avute parecchie» cercò di fargli capire ridacchiando un po’. Era strano che non si fosse preso una polmonite o peggio, ma una semplice infezione che aveva mandato tutti nel panico.
«comunque credo che il tuo collegamento con me e il puzzle abbia complicato le cose» aggiunse lo spirito che nel frattempo si era accomodato dietro di lui in modo che Yugi potesse appoggiarsi al suo petto e sentirlo di nuovo vicino e non solo spiritualmente, ma anche fisicamente. «era la prima volta che sentivo caldo nel labirinto »
All’inizio a Yugi venne da ridere, in quella stanza sembrava sempre inverno, ancora un po’ e ci avrebbero potuto fare i pupazzi di neve lì dentro, per una volta che si sarebbe potuto tirare fuori il costume e mettersi a prendere il sole se l’era perso. Pensò ironicamente, ma prima ancora di poterlo dire e ridere con lui, la sua attenzione fu attirata dalla mano dello spirito, era ferito aveva un segno rosso sul palmo che Yugi non seppe spiegarsi. Il faraone forse sì, anche perché un po’ di dolore lo sentiva, doveva essersi bruciato quando aveva afferrato la maniglia della porta.
«mi dispiace, è stata colpa mia? »
«no! » scattò immediatamente lo spirito «no… non è niente». In realtà era quasi felice di sentire dolore, insomma si era ferito cercando di aiutare Aibo, ne andava quasi orgoglioso, ma non era il caso di dirglielo, anzi era meglio cambiare discorso «ah e il compito? »
«non lo so… sono svenuto mentre rispondevo alle domande» sospirò Yugi «mi dispiace, ti sei impegnato tanto per aiutarmi»
«la smetti di chiedere scusa? » sembrava abbastanza irritato. All’inizio Yugi era sembrato tanto forte e poi era tornato il ragazzino ingenuo e timoroso di sempre, quella cosa lo irritava abbastanza specialmente perché non era assolutamente colpa sua «quello che si è impegnato sei tu! Non importa il risultato, tu ce l’hai messa tutta e io lo so»
Era così serio e anche così dolce, Yugi si voltò verso di lui quasi stupito osservando i suoi occhi viola fissarlo. Quanto voleva rendere vero quel sogno. Le dita leggere come piume scivolarono su quel velluto che solo lui poteva toccare, era una sua esclusiva che non avrebbe mai voluto condividere con nessuno. Mille sensazioni scaturirono da quel tocco, un cuore che ricominciava a battere all’impazzata e non per la febbre e un viso che si colorava di cremisi. La piuma scivolò nell’incavo della guancia, in quella tenera fossetta che si formava quando sorrideva, verso quelle labbra che nel suo sogno erano così morbide e invitanti.
Grandi cristalli d’ametista che brillavano e cercavano lo stesso desiderio in quello sguardo felino che lo faceva fremere. Era tra le sue braccia, lo stava toccando e probabilmente non si sarebbe sottratto, magari l’avrebbe ricambiato.
«tu sei l’eroe del puzzle millenario… sei il mio eroe…» sussurrò. Attirato come una calamita da quelle iridi viola che sembrava gridassero. Le regali dita del faraone scostarono quei fili d’oro dalla fronte del piccolo Yugi per vedere meglio quel visino d’angelo color rubino.
Non aveva un vero e proprio cuore che batteva nel suo petto, ma avvertì quello di Aibo sbattere violentemente contro di lui facendo sussultare a sua volta quel petto immobile.
 
Per poco Yugi non tirò una testata contro il letto quando il cigolio della porta che si apriva spaventò entrambi e il faraone svanì, come se la mamma avesse potuto vederlo. Peggior momento per entrare non avrebbe potuto trovarlo.
«ah sei sveglio» sorrise vedendolo molto più in forma di quando l’aveva lasciato «come ti senti? »
Gli sentì la fronte, la febbre era scesa, doveva avere solo qualche linea ormai, anche se non seppe proprio spiegarsi quelle guance così rosse e gli occhi tanto lucidi.
«va meglio, anzi sai? Ho fame » disse in fretta con un sorrisetto abbastanza infastidito. Aveva fame, ma più che altro voleva allontanarla, magari erano ancora in tempo per riprendere da dove erano stati interrotti, solo che la mamma doveva prima fare qualcos’altro.
«allora vado a prepararti qualcosa» sorrise posando la medicina sul tavolo «dai girati, è l’ultima dose» disse riempiendo la siringa.
Adesso Yugi era cosciente, l’ago l’avrebbe sentito eccome. Ah no, non si sarebbe fatto bucare da quel coso
«no! » piagnucolò seppellendosi sotto alle coperte «io sto bene»
«non fare il bambino. Ci metto un attimo» insistette la mamma cercando di districarlo dalle coperte.
 
«Mo Hitori no Boku…» lo chiamò con un mormorio soffuso il piccolo Yugi ancora avvolto sotto le coperte per sfuggire alla mamma. Arrivò subito, lì al suo fianco come ogni volta. Non poteva capire perché si stesse nascondendo, non aveva idea della folle paura che gli aghi scatenavano nelle persone.
«visto che mi vuoi proteggere…»
 
SWITCH
 
Ecco che finalmente anche lo spirito capì. Per lo stupore sbucò fuori dalle coperte ritrovandosi faccia a faccia con la mamma quello sguardo terrificante e quella siringa in mano pronta per lui.
 
Questa me la paghi Aibo! Pensò fissando la mamma che si avvicinava in modo inquietante. D’un tratto ebbe una voglia matta di tornare ad affrontare Pegasus, Marik e i loro scagnozzi tutti insieme.
 
«Aibo!!! »








Duque... sta cosa avrei dovuto scriverla fin dall'inizio, ma me la sono dimenticata... Questa voleva essere una one-shot in preparazione (e soprattuto presentazione in questa sezione) alla vera fic in produzione. Solo che come al solito mi sono lasciata andare un po' troppo e ho dovuto dividerla in due.
E' stato solo uno scorcio di vita quotidiana dei nostri eroi, stravolto da un piccolo malanno che non ha fatto altro che avvicinarli ancora di più.

Non so cosa penserete del finale, èstato un colpo di testa che non sono riuscita a farmi passare e boh... l'ho tenuto XD

grazie per la vostra attenzione e le vostre recensioni, semprea apprezzate! <3

Bye!
Vega

 

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