Spring Breakers

di mary_cyrus
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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- My Space -

 

Ciao a tutti! Per chi ancora non mi conoscesse mi chiamo Mary c:
Giusto due paroline introduttive dal momento che siamo al primo capitolo, poi non vi annoierò più, lo prometto ahah e il my space sarà in fondo.
Ma prendetevi giusto due minutini per leggere, è importante.
Come potete vedere ho pubblicato già diverse storie su efp e, come dico sempre, le idee sono moltissime ma il tempo è poco. Detto ciò voglio presentarvi questo “esperimento”, chiamato così perchè lo avevo già pensato da due anni ma poi non l'ho mai messo su carta, aspettando forse la svolta geniale. Forse sì forse no è arrivata, ma questo sarete voi a dirmelo, infatti per il momento vorrei vedere a quante recensioni arriva questo primo capitolo, giusto per capire se c'è interesse da parte vostra. Perciò se lo gradirete lasciate un piccolo commento, così anche io so cosa vi è piaciuto di più, cosa di meno e se avete consigli su come migliorare e/o portare avanti la storia.
Per ora lo schema che ho in mente è vago e potrebbe subire qualsiasi variazione. La svolta di cui parlavo è arrivata con i 5sos, per cui ho pensato che sarebbe stato un bel mix usare sia loro che questo film, che come avrete capito dal titolo è “Spring Breakers”. Le protagoniste della mia storia sono in parte basate sulle attrici e in parte di mia fantasia; per comodità di banner userò loro (Vanessa Hudgens subirà qualche modifica per adattarsi al mio personaggio).
Questo capitolo introduttivo non sarà molto lungo, ma i prossimi sì.
Mi sembra di aver detto tutto, spero di leggere i vostri pareri a fine capitolo, sarebbe davvero stupendo!
Pubblicherò il secondo capitolo (in corso) ad almeno 15/20 recensioni perciò spargete la voce c:
Il banner è mio perciò se lo usate datemi i crediti.
Grazie di essere arrivate in fondo, buona lettura <3

-Mary






 

 

Capitolo 1

 

Un forte tonfo fece vibrare il piano di plexiglas, provocando un leggero stridio dovuto all'attrito tra il vetro e quel finto legno plasticato.
Un respiro pesante, un po' per l'alcool appena ingerito e un po' per tutti i pensieri che si annidavano in quella testa coperta di ricci biondi, si frappose fra il barista e colui che aveva appena svuotato il drink.
Partì un colpo di tosse e poi, subito, un profondo respiro, accompagnato da un sonoro mugolio per lo sforzo fatto nello stirare le braccia muscolose dietro la schiena.

Il ragazzo si ridestò, dunque, sullo sgabello e giocherellò con i piedi facendolo roteare a destra e a sinistra in maniera apparentemente casuale e ripetitiva, ma che per lui pareva avere un senso.
Alzò lo sguardo di fronte a sè e, accorgendosi della mano che gli porgeva l'ennesimo bicchiere di quella sera, lo afferrò senza troppi complimenti e lo portò alla bocca ingerendolo tutto d'un fiato, sotto l'espressione un po' severa di colui che glielo aveva appena riempito.

“Dai, Ash... è il settimo stasera” una nota di premura fece capolino nella voce del barman, intento ad asciugare numerose stoviglie appena lavate ed a riporle con cura sulle mensole trasparenti dietro di sé.
Il ragazzo riccio non rispose, si limitò a sollevare il mento nella direzione di chi aveva parlato, come assorto nei suoi pensieri o, meglio, come se fosse appena uscito da una trance. Provò a mettere meglio a fuoco ciò che lo circondava, nonostante gli fosse più che famigliare quell'ambiente dal momento che lo aveva sempre frequentato fin dall'infanzia.
Il locale si era svuotato definitivamente ormai da una buona ventina di minuti e nell'aria primaverile ma piacevolmente calda, come era d'abitudine lì in California, si respirava una calma assoluta, interrotta solamente dal fastidioso ronzio di qualche insetto che ogni tanto svolazzava nei dintorni. La luce fioca, diradata dalle luci dei lampioncini che costeggiavano la stradina ciottolata che permetteva di attraversare la spiaggia, illuminava debolmente l'esterno del locale, dal quale invece si potevano chiaramente notare a distanza forti luci, anche se ormai ancora per poco. In lontananza, se si prestava sufficiente attenzione, ci si poteva far cullare dalla rilassante melodia creata dall'infrangersi delle onde sulla spiaggia. Visione estatica per chi veniva a passare l'estate in quel luogo, essendo originario della città, rumore monotono e ormai famigliare per gli abitanti del posto.

La verità era semplicemente che chi stava lì desiderava essere altrove e, a sua volta, chi non poteva godere quotidianamente di quel paradiso avrebbe voluto passarci l'eternità.

“Non un'altra predica, Jack... Non sono in vena oggi” la voce trascinata e la violenza con cui si fregava le mani sugli occhi lasciavano ben intendere quanto potesse essere ancora lucido Ashton.
Un mazzo di chiavi richiamò la sua attenzione quando quasi gli cadde addosso, scaraventatogli in malo modo da Jack. Un'espressione interrogativa sostituì quella smarrita che aveva avuto fino a qualche attimo prima.

“Sali in macchina, ti riporto a casa” sputò d'un fiato l'uomo che, freneticamente ma in modo meticoloso stava finendo di riordinare il bar.

Ashton scrollò il braccio destro e l'orologio che portava al polso rivelò la tarda ora che si era fatta, nonostante non fosse del tutto convinto di leggere benissimo quali numeri segnassero le lancette.

“No. Lascia perdere, è troppo tardi. Farò un giro a piedi, almeno prendo un po' d'aria” rispose, ma restando visibilmente con la testa nel suo mondo.

Il barista non insistette. Lo conosceva abbastanza da sapere che non gli avrebbe fatto cambiare idea, così ripiegò lo strofinaccio umido e scese dalla pedana dietro al bancone dove solitamente passava le sue giornate a lavorare. Restò un attimo a fissare il suo interlocutore, provando anche un po' pena per come si era ridotto ormai da mesi. Prese la chiavi dal grembo di quest'ultimo che a fatica scese dallo sgabello e, dopo essersi passato una mano tra i capelli, si diresse verso la porta di vetro d'uscita.
Con un secco rumore metallico causato dal giro della chiave nella toppa della serratura, Jack chiuse il locale e si diresse verso la sua Jeep parcheggiata di fronte ad esso. Guardò di sottecchi Ashton scalciare la sabbia fredda che, neanche a dirsi, penetrò negli stivaletti di pelle nera che indossava. Teneva le mani nelle tasche degli skinny jeans, anch'essi neri e un po strappati, e lo sguardo basso, perso nel vuoto, a fissare cosa non lo sapeva bene nemmeno lui. Una canotta bianca e cosparsa di buchi e strappi mostrava la scritta in grassetto “Jimi Hendrix” e, sotto, una caricatura dell'artista.

Il ragazzo si portò una mano alla tasca posteriore dei pantaloni e ne estrasse un cappellino di cotone nero, un “beanie” stretto che tanto andava di moda quell'anno e che ultimamente sostituiva le svariate bandane che era solito portare per tenere a bada i capelli ribelli. Da questo, così come se fosse il cilindro di un prestigiatore dal quale ti aspetti, quasi senza sorpresa, che esca un coniglietto bianco, così ne tirò fuori un pacchetto di sigarette. Lo aprì quasi meccanicamente e con noncuranza afferrò tra due dita l'accendino che, poco dopo, servì a dare la scintilla alla sigaretta che ora aveva tra le labbra socchiuse. Fece un tiro svogliato come se la sigaretta che, assieme alle altre, gli andava ad accorciare ogni giorno di più la vita, fosse solamente una monotona azione abitudinaria piuttosto che un effettivo bisogno del momento.
Jack non gli tolse gli occhi di dosso per tutto il tempo, si sentiva così impotente di fronte a quel ragazzino che, nonostante avesse ormai vent'anni, non poteva non vedere come il bambino che fino a pochi anni prima veniva ogni giorno nel suo locale a comprare il gelato con la mamma. Lo aveva visto crescere ed aveva sviluppato un forte legame con quel bimbetto tutto pepe che era sempre al centro dell'attenzione di tutti i bambini della spiaggia, quello che aveva sempre mille idee per la testa e che ogni giorno trovava il modo di divertirsi anche solo con due bastoncini trovati abbandonati sulla battigia.
Da lì, probabilmente, l'innata passione che aveva sviluppato nel tempo per la musica, in particolare per suonare la batteria. Lui stesso gli aveva dato qualche dritta e lo aveva aiutato a perfezionarsi dopo che, sfortunatamente, il padre di Ashton li aveva lasciati quattro anni prima, morto a seguito di un incidente d'auto causato da lui stesso. Era sempre stato considerato un eroe dal figlio finchè, il giorno della tragedia, era venuto a conoscenza di come stavano realmente i fatti: l'uomo, infatti, aveva problemi di alcolismo già da diversi anni e questo aveva contribuito a peggiorare anche la situazione a casa con la moglie, che cercava di sopportare in silenzio per il bene del figlio. Jack lo aveva conosciuto una sera di tanti anni prima proprio grazie alla musica, dal momento che sia lui che il padre del ragazzo suonavano in due band diverse, e in un piccolo locale della zona si erano ritrovati a darsi battaglia all'ultimo sangue per vincere un concorso.
Sapeva quanto Ash avesse sofferto per la sua morte, forse quasi più per le recenti rivelazioni che per il fatto in sé, comunque sia aveva cominciato a comportarsi così da allora, proprio nella fase più critica che ogni adolescente è costretto a superare. Sua madre gli è sempre rimasta vicino, ed il loro rapporto è sempre stato bellissimo, Ashton pareva tutta un'altra persona con lei. Forse, capendo lui stesso quanto dolore si potesse provare e sapendo quanto altro ne avesse sempre occultato la donna, aveva deciso di essere forte lui per entrambi.
Nonostante questo, Jack continuava a vederlo infelice, insoddisfatto della sua esistenza. Sapeva che con il suo amabile carattere, quel ragazzo avrebbe potuto diventare chiunque ed ottenere tutto dalla vita, ma questo sembrava non sfiorargli minimamente la testa. Lo vedeva un po' come il figlio che non aveva mai avuto, dopo che la sua ragazza era rimasta incinta a quindici anni ma aveva perso quella creaturina che entrambi tanto desideravano per formare la famiglia perfetta sognata fin da bambini. Da quel giorno si erano lasciati e lui aveva trovato lavoro qui in città, appunto al locale che Tom, l'anziano padrone dell'epoca, essendo solo e senza eredi, lasciò in eredità proprio a Jack.

“Ragazzo...” esordì l'uomo, la mano sulla fredda portiera della macchina, gli occhi colmi di una speranza ancora viva dentro di sé.

Questo si voltò ma non proferì parola, si limitò a togliere la sigaretta dalla bocca e farne ricadere la cenere sulla sabbia scura. Lo osservò per qualche istante poi, con tono piatto ma serio, disse solo:

“Quando hai detto che dovrebbero arrivare le ragazze?” alzò un sopracciglio, forse per la prima volta davvero interessato alla risposta che avrebbe ricevuto.

L'uomo continuò a fissarlo, sentendo morire il piccolo barlume di luce che si era acceso poco prima. Credeva che, nonostante tutto, nel cuore di quel ragazzo ci fosse ancora molto da dare e che avrebbe dovuto salvarlo adesso, finchè poteva essere ancora in tempo.

“Domani, in giornata.” esitò qualche secondo e poi riprese “Sai che resteranno qui solamente per una settimana, vero? E sai anche benissimo a quale scopo sono venute, vero Ashton?”

Ci fu un intenso e lungo scambio di sguardi, uno più supplichevole, l'altro sempre più spento. Una leggera brezza di vento fu l'unica a frapporsi tra il silenzio dei due che, seppur spoglio di parole, ne portava il peso di molte altre non dette.

“Certo. Vogliono esattamente la stessa cosa che desidero anche io.” inspirò rumorosamente e subito dopo lanciò via la sigaretta, rilasciando poi il fumo dalle narici, il quale andava a creare strane forme nell'aria che, in un batter d'occhio, distruggeva.

Jack lo guardò un'ultima volta, dopo di che si decise a salire sulla propria auto ed a metterla in moto. Gli inesistenti finestrini della Jeep gli permisero di sentire, in lontananza, i passi di Ashton che si stava allontanando nella direzione opposta, senza una meta precisa.
Sospirò, sperando che a breve le cose sarebbero cambiate e che quel perdigiorno che era diventato trovasse invece uno scopo nella vita, facendovi prima chiarezza. Scalò il cambio in seconda dopo aver invertito la marcia e presto si trovò sulla strada principale diretto a casa, dove non ci sarebbe stato nessuno ad aspettarlo.

Rimasto ormai solo, Ashton si concesse qualche minuto per ritornare col pensiero a pochi anni prima. Rivide lui da piccolo, stringeva forte la mano di sua mamma, troppo agitato e contento per aver meritato il premio che, comunque, la donna le donava ogni giorno. Insieme, infatti, andavano sempre al bar di Jack a prendere un gelato; lui non cambiava mai i gusti, era solito scegliere sempre menta e cioccolato fondente. Amanda, invece, prediligeva la crema alla quale affiancava ogni volta un gusto diverso alla frutta: quando melone, quando ananas, quando la specialità del giorno.
Il piccolo chiosco di Tom fu presto trasformato in un più ampio bar da Jack, quando venne assunto, così da permettergli di lavorare sia al giorno che alla sera.
Un leggero sorriso si curvò sul volto dell'Ashton ormai grande, consapevole (o forse no) delle sue azioni e scelte. Pensava a ieri, ed al giorno ancora precedente. Non riusciva a capacitarsi di come fosse diventato così. Aveva sempre avuto tanti sogni, mille progetti. Ma, forse, adesso non avevano più così tanta importanza.
Continuò a camminare, questa volta con l'intenzione di rincasare, nonostante sua madre, ormai, avesse perso le speranze di stabilire un coprifuoco. Dopotutto si fidava di lui, sapeva che era un bravo ragazzo ed era anche conscia che, forse, questa situazione avrebbe richiesto tempo a suo figlio.

Con il risucchio avido del mare, che sembrava voler tenere solo per sé quelle onde cristalline, ormai nere come la pece ed immerse nella notte, a fargli da sottofondo, proseguì a passo lento verso la fila di villette a schiera che si poteva scorgere poco lontano, tra cui avrebbe subito riconosciuto casa sua per la piccola e debole luce che sua mamma ogni sera lasciava accesa nella cameretta del figlio.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


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Capitolo 2

 

il pullman aveva imboccato l'autostrada da ormai una ventina di minuti. Il movimento delle ruote sul battistrada si era fatto regolare e l'autista masticava noncurante ed in maniera piuttosto sonora un chewing-gum, prestando comunque sufficiente attenzione alla carreggiata di fronte a sé.
Non vi era molto traffico, solitamente in quel periodo dell'anno erano ben pochi a partire, sia per mancanza di ferie, sia perchè si preferiva evitare proprio quelle settimane per pianificare un po' di tranquillità. Tutti, abitanti degli Stati Uniti e non, sapevano che durante il mese di Marzo si sarebbero tenute le cosiddette “vacanze di primavera”, lo “Spring Break” che ogni anno tutti i college offrivano ai loro studenti: una settimana a scelta tra la fine di Febbraio e l'inizio del mese di Aprile, ad attendere i ragazzi solo puro relax e nessun pensiero, la possibilità di visitare posti magnifici.

Ma “Spring Break” non era solo questo. No, significava molto di più. Per gli studenti era trasgressione, alcool, serate pazzesche e senza un coprifuoco, potersi vestire (e svestire) a loro piacimento, poter andare dove e con chi avrebbero voluto. “Spring Break” era sinonimo di libertà.
Non che tutto ciò fosse sconosciuto agli insegnanti ma, dopotutto, si pensava che crescere fosse anche questo, offrire loro la tanto agognata libertà ma fare anche in modo che i ragazzi stessi si assumessero le proprie responsabilità, nel bene e nel male.
Solamente una settimana, non un giorno di più non uno in meno. Dopo di che, tutti sarebbero tornati alla realtà, alcuni forse più maturi, altri con cicatrici ben diverse sulla loro pelle e nel loro cuore.
Una buca improvvisa e lo sbalzo causato dal pneumatico affondato in essa fece levare un boato dall'interno dell'abitacolo. Si poteva chiaramente udire qualche imprecazione, ma ben presto si trasformò in un coro che inneggiava una canzone famosa, tanto che tutti ne conoscevano le parole.
A far vacillare ancora di più il pullman contribuì un ballo improvvisato sulle note della musica creata dagli studenti. Il conducente non si scompose e, senza distogliere lo sguardo dal parabrezza, proseguì la sua corsa che dopo il dissesto precedente tornò regolare. Ci sarebbero volute ancora un paio d'ore per giungere a destinazione, in seguito avrebbe potuto rilassarsi anche lui su una di quelle meravigliose spiagge che si vedono sempre sui cataloghi delle agenzie di viaggio. Purtroppo, però, sarebbe dovuto tornare indietro la sera stessa e ripetere quanto fatto quel giorno anche in quello seguente. Il lavoro era pur sempre lavoro.
Con il braccio a reggere la testa, diventata ormai pesante dopo due ore di viaggio, Chloe era malamente sdraiata sul finestrino alla sua destra, le gambe abbandonate penzoloni sul sedile con una delle due rimasta addormentata sotto il suo sedere. Guardava distrattamente, ma allo stesso tempo con occhio vigile, fuori dal finestrino un po' sporco sul quale vi erano ancora visibili segni di quando aveva piovuto la settimana precedente. Tutto scorreva veloce, non sarebbe bastato un attimo a ritornare con lo sguardo su qualcosa di interessante appena visto che quello era già fuori dal suo raggio visivo. Si passò una mano tra i capelli scuri, tanto da essere spesso scambiati per neri quando invece erano semplicemente, banalmente come lei stessa li definiva, castani e si sistemò meglio l'auricolare che aveva nell'orecchio destro, così da sentire meglio la canzone che la riproduzione casuale aveva appena fatto partire. “Thinking out load” di Ed Sheeran perveniva dolce nella testa della ragazza che, poco dopo, si mise a canticchiare battendo a ritmo le dita sul piccolo davanzale sotto al finestrino. “People fall in love in mystherious ways” non aveva resistito e senza rendersene conto aveva cantato ad alta voce la sua parte preferita. Era particolarmente legata a quel pezzo perchè la faceva riflettere, si domandava se davvero le persone cadessero vittima di qualcuno con così tanta debolezza tanto da non rendersene conto, non si capacitava di come fosse possibile soffrire se davvero venivi amato tanto dal ragazzo o ragazza in questione. E poi era affascinata da quel “modo misterioso” in cui tutto ciò accadeva. Era curiosa di sapere se anche lei si sarebbe accorta in tempo di essere stregata da qualcuno perchè, in quel caso, avrebbe voluto avere pieno controllo di sé stessa. O almeno sperava.
Un altro dissesto stradale la fece sobbalzare e la ragazza seduta accanto a lei, complice anche la musica proveniente dalla cuffie di Chloe, si voltò nella sua direzione.
Le allungò una gomitata per richiamare la sua attenzione, dal momento che pronunciare solamente il suo nome non era bastato alla ragazza per farla voltare verso di lei.

“Allora, Chloe!” esordì raggiante la sua bionda amica, che nel frattempo stava sgranocchiando una barretta di Kit Kat. “Sei pronta a divertirti?” proseguì ammiccando uno sguardo malizioso, per poi scoppiare in una fragorosa risata, che rivelò due fossette appena visibili ai lati delle labbra.

Chloe tolse l'auricolare che, così facendo, la strappò brutalmente alle riflessioni di poco prima ed alla voce di Sheeran.

“Dopo che avrò fatto una bella dormita in albergo sì, Sam” rispose lei, ancora un po' frastornata sia per la musica che per il viaggio.

Chloe adorava visitare posti nuovi e sperimentare le culture locali, fin da bambina aveva sempre avuto questa passione, ma se c'era una cosa che davvero odiava era viaggiare. Non sopportava stare chiusa per tante ore in macchina o in pullman, era meno avversa ai treni ma sentiva pur sempre la nausea salirle dallo stomaco alla bocca.
Tutto il contrario delle sue amiche, che da quando avevano preso la patente passavano quasi più tempo a girare in auto che sulla terra ferma. E anche di sua cugina, che si era unita a loro in quel viaggio dal quale, ancora, non sapeva esattamente cosa aspettarsi.

Samantha, Sam per gli amici, alzò gli occhi al cielo e fece una linguaccia al vuoto. La teatralità era sempre stato il suo forte. Poi tornò a fissare l'amica.

“Sei la solita palla! Ehi, tu con quella faccia, vedi bene di non vomitarmi addosso!” schernì Chloe sapendo della sua avversione ai lunghi viaggi e in tutta risposta ebbe un bel dito medio dalla ragazza, che subito dopo si risistemò nella posizione di prima.

Samantha si avventò sulla sua barretta di cioccolato per torturarla con un altro morso e guardò il cellulare per controllare se fosse arrivato qualche messaggio, magari da sua madre.
Era una ragazza davvero bella, inseparabile amica di Chole e Harmony fin dall'asilo, portava i capelli sciolti lunghi appena fin sotto al seno, biondi platino, risultato di numerose tinte fatte dalla mano esperta di Harmony, erano mossi quasi a frisè e, a causa del gran caldo all'interno del pullman, erano stati fermati in parte in cima alla testa con una pinza. Aveva gli occhi azzurri ma tendenti al verde, ricordavano quasi quell'acqua cristallina delle isole caraibiche, quando sul fondale si depositano alcune alghe che combinate con l'acqua blu danno quell'effetto.

Le labbra non erano grandissime, infatti era solita volumizzarle con matita e rossetto, così da ridisegnarsi la bocca che tanto invidiava ad alcune modelle.
La sua carnagione era chiara ma, a dispetto di quanto si potesse pensare, diventava subito dorata dopo qualche ora di sole, fatto che mandava fuori di testa Chloe che, invece, si scottava sempre ogni volta decidessero di abbronzarsi un po'.

Un tratto particolare di Sam era sicuramente la sua passione per i tatuaggi, che tanto amava lei quanto mandavano fuori di testa sua madre, la quale dovette arrendersi all'idea di veder tornare a casa la sua “bambina” con una grossa rosa in bianco e nero che le prendeva tutta la spalla destra, avvolgendo parte del braccio fino al gomito con lo stelo e le spine. Non le aveva più parlato per una settimana, ma Samantha aveva messo via i soldi da anni aspettando il suo diciottesimo compleanno, caduto alcuni mesi prima. Si era tuttavia fatta promettere di non tornare sotto l'ago almeno per un paio d'anni, e la ragazza aveva dovuto cedere e dare la sua parola.
L'acceso scambio di battute tra le due ragazze aveva attirato l'attenzione di una testa rossa, ma che ormai sembrava più un rosa pesca sbiadito, colpa della ricrescita e del sale del mare che aveva fatto scolorire la tinta, che fece capolino dal sedile davanti a quello di Chloe. Una ciocca scivolò sul poggiatesta, accompagnata repentinamente da un paio di occhioni scuri dall'evidente taglio furbetto. Puntellando i gomiti su di esso si voltò nella direzione della mora e della bionda, rimanendo in ginocchio sulla sua postazione.
Si passò la lingua sul labbro, prima inferiore e poi superiore, per ingannare la lotta tra la secchezza del clima e l'afa all'interno dell'abitacolo.

“Cos'è? Miss Santarellina ha paura che qualcuno la sbatta al muro appena arrivata?” scherzò continuando a torturarsi le labbra, aveva un evidente tono divertito, era solita scherzare su Chloe, che ormai non se la prendeva più. O quasi.

Questa, infatti, saltò su dalla sua postazione e le urlò malamente in faccia, ma una punta di ironia nella voce tenendole testa

“Hai forse paura che me lo sbatta prima io qualcuno, togliendoti il divertimento? Sappi che solo perchè sono tranquilla non significa che io sia una sfigata!” Harmony, di fronte a lei, non ribattè, spiazzata dalla risposta della sua amica. Sam, dal canto suo, si intromise a calmare le acque ricorrendo al tono più calmo che avesse nel suo repertorio.

“Dai, ragazze! Chloe, è ovvio che non sei una sfigata, altrimenti non saresti nostra amica! Sai com'è fatta Hammy, è aggressiva fin da quando all'asilo minacciava i bambini e gli sottraeva la merenda”.

A Chloe scappò un sorriso, tornando con la mente a ricordare i tempi passati con le due amiche. Non riusciva a capacitarsi di quanto tempo avessero già trascorso insieme, adesso appena maggiorenni. In realtà lei avrebbe compiuto diciotto anni tra due mesi, ma questi li considerava solamente dettagli, se non per il fatto che Sam e Hammy le avessero già falsificato una carta d'identità da spacciare nei locali una volta giunte nel luogo di vacanza.
Loro tre erano sempre state molto legate, nonostante avessero caratteri abbastanza diversi: Chloe, appunto, era solita stare un po' sulle sue, ed insieme a sua cugina erano le più responsabili del gruppo, quest'ultima anche la più saggia dal momento che era un anno più grande di loro; Samantha e Harmony, crescendo, erano diventate quel tipo di ragazze che a scuola erano considerate “facili”, ma loro non si ritenevano tali: avevano solo voglia di divertirsi, andare a ballare e flirtare con i ragazzi carini che capitavano loro sotto mano. Sostenevano sempre che si è adolescenti una sola volta nella vita, e quell'occasione tanto preziosa non poteva di certo essere sprecata; ogni tappa, nella propria esistenza, esigeva di essere vissuta, e questo era il loro momento.

Dal canto suo, Chloe era più moderata delle amiche, ma questo non significava assolutamente che a lei non piacesse fare le loro stesse cose; infatti le seguiva sempre in tutto, solo era capace di fermarsi un attimo prima di essere additata come una “che la da a tutti” nel gergo del loro college. Più volte Sam e Hammy l'avevano spronata ad essere meno riflessiva ed a buttarsi un po di più, ad essere meno calcolatrice e più sciolta; ma la verità era che a Chloe non andava a genio l'idea di bruciarsi col fuoco: non voleva tanti ragazzi, sognava semplicemente che qualcuno la prendesse per mano e le dicesse che da quel momento in poi ci sarebbero stati solo loro, e per sempre.
Nonostante avesse appena cominciato l'università, Rehika, la cugina di Chloe, si era ben volentieri aggregata alle ragazze per lo Spring Break, che anche da lei era consentito ed incominciato.
Ray, come spesso tutti la chiamavano, era sicuramente simile alla cugina, pacata e tranquilla era decisamente una ragazza bellissima, dai tratti delicati e quasi celestiali; fino all'anno precedente aveva i capelli lunghissimi fino al sedere, ma una volta cominciata l'università aveva deciso di tagliarli corti fino alle spalle e, quindi, di non piastrarli più risparmiando tempo prezioso che proprio non poteva sprecare. Gli occhi non erano di un banale azzurro, bensì di un colore intenso, quasi magnetico, di quelli che non passano inosservati a nessuno; la bocca, carnosa e sensuale, ricordava la forma di un cuore e la sua pelle perfetta sembrava velluto al solo tocco.
Inutile dirlo, Rehika era una delle ragazze più ambite del suo corso, i ragazzi si inventavano impensabili strampalerie per attirare la sua attenzione ma, ovviamente, invano in quanto lei era dedita solamente allo studio e alla danza classica, che praticava fin dall'età di tre anni. Le piaceva uscire con le amiche della cugina, con loro si trovava bene e, dopotutto, era pur sempre una ragazza anche lei.

Rimasta in silenzio fino ad allora, intenta a divorare con gli occhi uno dei numerosi romanzi che si portava sempre appresso, Rehika prese la parola per annunciare alle compagne che erano appena giunte sul logo di destinazione.

“Ci siamo, finalmente” un sorriso radioso si dipinse sul suo volto di porcellana mentre, seduta accanto ad Harmony, si voltava per vedere in faccia le sue amiche. “Siamo arrivate!”

Un tripudio di shorts, gambe depilatissime ed addomi appena scolpiti sotto magliette più che aderenti fecero fragorosamente capolino dal pullman, in evidente fibrillazione per aver finalmente raggiunto la meta.
Non appena le quattro ragazze toccarono finalmente terra, per la grande gioia di Chloe, poterono godere di quell'aria tanto pura e fresca che si poteva respirare lì, nel paradiso frutto di tante fantasie ma che esisteva realmente. Ed aveva il nome di West Side Beach.

Prese da un moto di euforia, Harmony e Samantha si misero ad urlare, improvvisando una danza più simile ad un girotondo, ma alla velocità di una giostra del Luna Park.
In realtà, quella sarebbe stata davvero la loro avventura, l'occasione di divertirsi per un'intera settimana, senza regole e genitori, ma anche un modo per trovare loro stesse, capire chi fossero davvero e, per tre di loro, riflettere anche su cosa volessero dalla vita una volta terminato il college*.
Avrebbero presto dovuto fronteggiare situazioni nuove, imparare a cavarsela ed a ponderare bene le scelte da fare: ogni bivio, ogni risposta, qualsiasi loro gesto avrebbe significato una vittoria o una sconfitta, un singolo passo falso le avrebbe fatte cadere.
Probabilmente non erano a conoscenza nemmeno loro stesse di ciò che sarebbe accaduto a breve, di come questo “Spring Break” avrebbe cambiato le loto vite ed i loro cuori.
Per sempre.

 

*Dal momento che ho utilizzato questa parola per indicare la scuola sia delle tre più “piccole” sia di Rehika, vorrei anticiparvi che verrà spiegato più avanti tra qualche capitolo questo mistero. Per farvi capire, ho immaginato una struttura diversa e quindi completamente inventata da me, ma per essere chiari Chloe, Sam e Hammy frequentano l'ultimo anno di liceo, mentre Rehika il primo anno di università.






 


 






 

- My space -

Ciao a tutti!
Eccoci giunti al secondo capitolo!!! Spero vi sia piaciuto, soprattutto l'entrata in scena delle quattro protagoniste!

Che ne dite? Avete già una preferita? Ho cercato di approfondire abbastanza le loro vite in quanto sarà quasi fondamentale per il seguito della storia.
Se, comunque, ho tralasciato qualcosa, scrivetemelo in recensione e sarò ben felice di rispondervi! Nel caso, metterò le risposte anche nel prossimo my space.

A proposito di questo, visto che forse chi ha recensito la scorsa volta se lo è chiesto, tolgo ogni dubbio: leggo sempre e quasi subito le vostre recensioni, solo che per questa volta ho deciso che risponderò, sempre singolarmente, quando sto per postare anche il nuovo capitolo, così che in un unico messaggio ricevete l'aggiornamento e la risposta e si evita anche lo spam nella casella.
Inoltre, dal momento che i capitoli, per essere scritti bene e revisionati mi prendono un po' di tempo, vi avviso che aggiornerò più o meno ogni 2 settimane, massimo dieci giorni.
Ho visto che a molti di voi è piaciuto il banner, grazie mille aww! Siccome anche a me piace l'idea, ne creerò uno differente per ogni capitolo, che ve ne pare?
Terminate le comunicazioni di servizio, spero davvero che il capitolo vi abbia messo la voglia di continuare a seguire la storia, in questo caso mettete un pollice in su (ah no, non siamo su youtube, lol), allora lasciate una recensione e mi farete molto, molto felice!
A presto!

-Mary

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


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Capitolo 3

 

La mano esperta ed ormai pratica del ragazzo moro al bancone asciugava delicatamente ma, allo stesso tempo, di buona lena, i bicchieri alti e stretti appena usciti dalla lavastoviglie.

Era una specie di rituale che era solito praticare ogni mattina, quando puntualmente si recava al lavoro per il turno mattutino al locale di Jack.

Non gli dispiaceva affatto il lavoro di barista che presto, come promesso dal suo stesso datore, si sarebbe tramutato anche in quello di barman, dal momento che Jack cominciava a sentire il peso degli anni e, spesso, arrivava alla sera stanco, dopo il round pomeridiano. Avrebbe potuto assumere più personale, ma arrivava giusto a fine mese per pagare lo stipendio del suo unico impiegato, il quale operava solamente al mattino presto fino alle due del pomeriggio.

Jack lo aveva assunto subito, notando quanto fosse sveglio e rapido ad imparare; era anche umile, se non falliva in qualcosa prestava molta attenzione quando gli veniva spiegato di nuovo e si esercitava finchè non riusciva perfettamente in ciò che faceva.

Da quando Calum si era affiancato a Jack, il bar aveva incrementato i suoi clienti e questo era sicuramente dovuto ai modi cordiali ed educati del ragazzo.

Il campanello posto in alto a destra sulla porta d'ingresso trillò lievemente quando una donna alta e bionda sulla trentina varcò la soglia del locale, tenendo premurosamente per mano un bimbetto dai capelli neri e mossi, il viso cosparso di lentiggini.

Il ragazzo dietro al bancone posò prontamente lo strofinaccio ed alzò il viso verso i clienti appena entrati, sfoggiando un sorriso radioso.

“Buongiorno! Cosa desidera, signora?” si appoggiò con le mani ai bordi del lavandino d'acciaio, e il suo sguardo si spostò sul bambino che, in una frazione di secondo, si era allontanato dalla mamma per dirigersi a tutta velocità verso i tavolini che facevano angolo alla vetrata, avendo notato i pacchetti di caramelle attaccati in fila indiana verticale ad una lunga colonna di cartone.

La donna, avendo notato che il barista era voltato, capì la situazione e corse dal figlio, rimproverandolo ed allungandogli una sculacciata, ammonendolo di non disobbedire più.

Calum, al quale la scena ricordò molto sua mamma e lui da bambino, che era solito combinarne una ogni giorno, scese dalla pedana dopo aver preso qualcosa da un barattolo di latta esposto sul bancone. Si avvicinò con dolcezza al bimbo e poi, abbassandosi per raggiungere la sua minuta altezza e guardandolo con un sorriso quasi da fratello maggiore, dischiuse il palmo rivelando agli occhi del piccolo il contenuto.

Subito il suo faccino si allargò in un sorriso e prese dalla mano del moro la fragola glassata che gli aveva offerto.

“Come si dice, Sebastian?” intervenne la donna che aveva assistito alla scena, probabilmente rincuorata da quel gesto che l'aveva appena tolta dall'impiccio di mettersi a discutere sul fatto che non gli avrebbe comprato le caramelle.

Il bambino accennò un timido “Grassie” che suonò divertente alle orecchie di Cal, a cui non era passato inosservato il buco tra i denti del piccolo, al quale erano caduti entrambi gli incisivi da latte.

La donna ordinò poi un cappuccino ed una brioches alla crema che smezzò con il figlio, ancora eccitato per il regalo ricevuto.

Questa era una delle tante e tipiche mattinate di Calum al lavoro; certo, clienti come quelli erano certamente più piacevoli e meno impegnativi di altri, ma lui era un tipo che non si faceva pesare nulla.

Aveva deciso di andarsene di casa appena terminato il liceo e di rendersi indipendente trovandosi un lavoro che gli permettesse di pagare l'affitto di una piccola casa che divideva con un altro ragazzo del posto, con il quale aveva legato sin dal primo giorno, di mangiare e di togliersi qualche sfizio.

Ogni mese, nonostante le continue proteste del ragazzo, i suoi genitori si premuravano di fargli arrivare un po' di soldi sul conto, i quali, però, rimanevano tali in banca.

Dove si era trasferito adesso non era molto lontano dalla sua famiglia, si impiegavano circa due ore di macchina per arrivare a West Side Beach, piccola ma stupenda cittadina turistica della California, estremamente affollata d'estate e nel periodo dello “Spring Break”, più solitaria e tranquilla in inverno ed in bassa stagione.

Calum era un bravo ragazzo, tutti nella zona avevano imparato a conoscerlo e non avrebbero potuto dire il contrario. Il suo unico vizio, al quale proprio non riusciva a rinunciare, erano i tatuaggi: di tutti i tipi, di tutte le forme, ne aveva già collezionati svariati e in diverse parti del corpo. Quello al quale era più affezionato rappresentava al nome di sua sorella, circondato da una piccola rondine ad ali spiegate, particolare simbologia che legava entrambi e che esibiva sull'avambraccio. Da piccoli osservavano sempre insieme le rondini ed ogni qual volta una di loro stesse per spiccare il volo e lasciare il nido, la loro fantasia li induceva a fantasticare sui molteplici luoghi che il piccolo animale avrebbe visitato nel corso del suo lungo viaggio, immaginando che anche loro, un giorno, sarebbero diventati delle graziose rondini che avrebbero lasciato il nido sicuro.

Un tratto davvero distintivo nella personalità del moro era che, a differenza di tutti i ragazzi della sua età, lui non fumava. Non aveva mai voluto provare, nonostante le numerose tentazioni dei suoi amici, anche di quelli a cui capitava solo una volta ogni tanto, giusto per divertimento.

Si concedeva talvolta qualche bicchiere se usciva di sera con il suo coinquilino ed altri ragazzi conosciuti sul posto, ma non si spingeva oltre.

Era davvero il prototipo del ragazzo serio e di buona famiglia.

Fisicamente non assomigliava gran che alla sorella, tranne per il colore dei capelli, castani scuri ed un po' mossi, ma che lei amava tingere di colori accesi perchè, a detta sua, erano troppo banali di quella tonalità; lui aveva una carnagione più scura ed olivastra, mentre lei abbastanza chiara; i loro occhi erano entrambi dello stesso colore, come i capelli, ma quelli di Calum avevano una forma più assottigliata, mentre la ragazza era decisamente più americana. Erano entrambi alti ma di certo totalmente opposti nel carattere.

Nonostante questo, andavano molto d'accordo e da quando il ragazzo aveva lasciato casa sentiva moltissimo la mancanza della sorella e contava i giorni che lo separavano dal rivederla. Non vedeva l'ora di stringerla nuovamente tra le sue braccia.

 

 

*

 

 

Le rimanenti ore della mattinata trascorsero velocemente, tra ordini e clienti di ogni tipo.

Calum si voltò per guardare l'orologio a forma di cerchione d'automobile fissato al muro che aleggiava sulla sua testa in corrispondenza della cassa, e constatò che mancava ormai una scarsa mezz'ora alla fine del suo turno. Tirò un lungo respiro e si passò il dorso della mano sulla fronte; per essere Marzo faceva abbastanza caldo, ma d'altronde in California era come se fosse già estate.

Non vedeva l'ora di tornare nella sua casetta e di stendersi sul letto, per poi destarsi verso sera, quando magari il suo coinquilino sarebbe voluto uscire a bere qualcosa.

Si stava già pregustando mentalmente una bella serata di chiacchiere sotto un limpidissimo cielo stellato quando l'ennesimo tintinnio della porta lo fece tornare immediatamente alla realtà.

La visita, questa volta, era certamente la più piacevole dalla giornata.

“Ehi, Cal! Come stai?” la voce squillante e fresca di Ashton riuscì a far dipingere subito un sorriso sul volto dell'amico che abbandonò la sua postazione di lavoro per andare a salutarlo, battendo una pacca sulla mano del ragazzo dai disordinati ricci biondi, che ultimamente stavano crescendo sempre di più in lunghezza.

“Se continui così, finirai per essere scambiato per un surfista!” scherzò Cal, notando la sua capigliatura. Ashton si passò noncurante una mano tra i capelli e poi alzò le spalle, curvando le labbra in un sorriso che non mostrava i denti ma faceva emergere prepotentemente le fossette ai lati di essa, ridendo invece con gli occhi che brillavano come di luce propria.

“Questo sarà sicuramente un punto a mio favore allora, che da oggi proverò a mettere in atto” rispose alzando le sopracciglia, mimando uno sguardo sexy e ammiccante, visibilmente enfatizzato perchè non spontaneo.

Calum lo guardò confuso per poi domandargli a cosa alludesse. Ash roteò gli occhi e sbuffò, come a dire “devo sempre spiegarti tutto?” poi, con calma, chiarì i dubbi dell'amico.

“Lo Spring Break, Cal. Ti dice nulla questo?” il moro parve illuminarsi, dopo aver mentalmente trovato e messo a posto l'ultimo tassello di un puzzle di cui non era certo ci fossero tutti i pezzi.

“Sì, certo, ma è già cominciato da circa un mese. Perchè me lo stai dicendo?” la perplessità del ragazzo era palese, perciò Ashton si vide costretto a proseguire il discorso, svelando finalmente i particolari di una così fremente attesa.

“Perchè, Calum Thomas, oggi arriveranno le ragazze di Sacramento, capisci? Di Sa-cra-men-to”.

Il ragazzo scandì bene ogni singola sillaba, di modo che risultasse ben chiara al suo interlocutore, al quale, però, era rimasta la stessa faccia interrogativa di poco prima.

“Quelle non sono ragazze, no” proseguì Ash “Sono le più fighe esistenti sulla terra!” la sua enfasi nel parlare era sottolineata dal perpetuo agitarsi della braccia, sulle quali erano marcati dei leggeri muscoli, traccia lasciatagli dagli esercizi alla batteria. Quando, fino a poco tempo fa, la suonava ancora.

Calum storse il naso sentendosi chiamare con il suo secondo nome, non ritenendolo affatto opportuno, ma ancora di più per l'affermazione appena udita. Incrociò le braccia al petto, rivelando anche lui la sua forma scolpita, dovuta però agli allenamenti che faceva personalmente.

“Ogni ragazza è bella, a modo suo”. Vedendo, però, l'espressione allibita sul volto del biondo, sbuffò sonoramente e riprese “E sentiamo, cosa avrebbero di così speciale queste ragazze?”

Ashton si illuminò come se non aspettasse altro che quella domanda per dar sfoggio di quanto sapesse sull'argomento. Si schiarì la voce e con enfasi teatrale assunse la postura di chi sta per declamare un'importante messaggio che sarebbe stato trasmesso in mondovisione.

“Beh, amico mio, innanzitutto se non ne hai mai visto un esemplare, il mio racconto renderà la metà di quando ti troverai faccia a faccia con una di loro!”

“Non stiamo parlando di prede di caccia, lo sai vero?” commentò sarcasticamente Cal, al quale non piaceva per niente la piega che stava assumendo il discorso. Sua madre gli aveva sempre insegnato ad avere il massimo rispetto per le donne e lui da quel momento aveva fatto tesoro di questo in ogni occasione, proteggendo con tutto sé stesso sua sorella da ragazzi che, a quanto pare, la pensavano esattamente come il suo amico.

Quest'ultimo si stava spazientendo ma mantenne comunque un certo autocontrollo per proseguire.

“Dicevo, appunto, che ragazze di quel genere ne vedi solamente durante lo Spring Break, e” si avvicinò al moro e gli cinse le spalle con il braccio, lo sguardo perso verso qualcosa che non esisteva se non nella sua immaginazione. “E loro lo sanno”.

“Sanno cosa?” incalzò Cal, forse con un tono troppo ingenuo ma realmente interessato a sapere.

“Tutto. Sanno che noi le aspettiamo, e sanno anche che non vediamo l'ora di farle ubriacare in qualche bar per poi scoparle in modo consenziente, ovviamente”. Gli scappò un sorriso ed ultimò la frase “Certo, altrimenti non verrebbero a fare lo Spring Break”.

Calum scattò dalla sedia sulla quale si era seduto ascoltando l'amico, credendo che la conversazione non prendesse quella piega, ma che fosse venuto a parlare di tutt'altro.

“Non da me, questo è sicuro!” percorse a grandi passi il pavimento e tornò alla sua postazione dietro al bancone, non riuscendo a credere che quelle parole fossero davvero uscite dalla bocca di Ashton.

Lo conosceva all'incirca da un anno, da quando si era trasferito in quella cittadina per trovare un lavoro e rendersi indipendente, ma adesso stentava a riconoscerlo. Anzi, a dir la verità, erano ormai un po' di mesi che non riusciva a capire dove fosse finito il vecchio Ashton, il ragazzo ben educato e sempre pronto ad aiutare gli altri che era quando lo aveva incontrato per la prima volta.

Calum sapeva. Sapeva che questo comportamento era dovuto alla perdita di suo padre che, nonostante fosse avvenuta quattro anni prima, e che sembrava esser stata accettata dall'amico, in verità era stata solamente mascherata: da sorrisi forzati, dal pensare più al prossimo piuttosto che a sé e, inoltre, anche dal fatto che avesse molti progetti per i quali adesso, però, sembrava aver perso del tutto l'interesse.

Questa storia proseguiva da alcuni mesi, circa tre o quattro, e Cal lo aveva notato, ma aveva anche sempre cercato di distrarlo e non fargli avere brutti pensieri per la testa.

Ora, però, questo suo discorso lo aveva del tutto destabilizzato. Ashton aveva perso di vista i valori della vita che sua madre gli aveva sempre insegnato e a cui lui stesso teneva molto; pensava solo a bere, a fumare (e non solo sigarette) ed a portarsi a letto una ragazza diversa ogni due sere, per non dire tutte.

Benchè un anno non fosse molto, lui si sentiva davvero legato ad Ash e non avrebbe permesso che si distruggesse con le sue stesse mani.

Dopo il repentino scatto di Calum, i due ragazzi non si erano tolti gli occhi di dosso l'un l'altro, molteplici e diversi pensieri stavano facendo una lotta nelle teste di entrambi.

Fu Ashton il primo a distogliere ad abbassare lo sguardo, rendendosi forse conto di non aver ponderato bene le parole prima di sputarle fuori dalla bocca così rapidamente.

Puntò gli occhi sulle sue converse nere, visibilmente usurate, e tentò di porre fine a quel silenzio creatosi, troppo assordante perchè qualcuno potesse resistergli.

“Cal, io...” il ragazzo provò a scusarsi ma l'amico lo interruppe prontamente, capendo che era davvero dispiaciuto e non era sua intenzione agire in quel modo.

“Va bene, Ash” Calum gli mostrò un sorriso rassicurante ed il biondo rispose con uno di rimando, facendo trapelare quella gratitudine che aveva sempre avuto nei confronti del moro, fin da quando si erano conosciuti. Gli era sempre stato vicino, a lui aveva raccontato i suoi più intimi segreti e, alcune volte, aveva anche pianto sulla sua spalla, quando pensava che tutti brutti avvenimenti di quel periodo lo avrebbero oppresso e schiacciato fino a non far rimanere più nulla di lui.

Improvvisamente, ad interrompere quel momento così intimo e fragile tra i due, si frappose l'entrata di qualcuno nel locale.

Calum era già mentalmente pronto a sbuffare, credendo che il gruppo di ragazzini affamati entrati prima che arrivasse Ashton sarebbero stati gli ultimi clienti del suo turno di lavoro per quel giorno.

Ma quando, sollevando lentamente la testa, si accorse di chi gli si era parato davanti, l'espressione sul suo volto mutò repentinamente.

Ashton, avendo notato la reazione del suo amico, si voltò anch'esso, seguendo l'invisibile scia di tensione che si era venuta a creare.

Il soggetto di così tanta attenzione portava una sgualcita canotta grigio scuro, sulla quale spiccava la scritta “Sex Pistols”, che ai due amici non poteva di certo passare inosservata, data la loro passione per la musica ed il genere in particolare; i pantaloni neri e stretti erano simili a quelli di Ash, ma su entrambe le ginocchia vi era una fessura, forse fatta appositamente dal ragazzo al momento dell'acquisto; un paio di anfibi, anch'essi neri, completavano il look, insieme al giubbotto di pelle dello stesso colore che veniva portato con nonchalance su una spalla, tenuto con il dito indice del suo proprietario.

Era impossibile non far caso al piercing che aveva sul sopracciglio sinistro, ma ancor di più ai suoi capelli rosso fuoco, visibilmente tinti, ed ai suoi occhi, di un bellissimo verde chiaro.

Le braccia di Calum fecero ancora più pressione sul bancone, rivelandone le vene pulsanti. Il suo sguardo era fisso sul ragazzo che, invece, sembrava molto tranquillo.

Si avvicinò a passo lento a Cal, guardandosi in giro come se fosse un turista e fosse capitato per caso nel bar più vicino per rifocillarsi.

Il moro non riusciva a staccare gli occhi da lui, resistendo ad ogni impulso che il suo corpo gli suggerisse in quel momento.

Ashton era rimasto immobile, come pietrificato ed incapace di compiere qualsiasi piccolo movimento.

Entrambi aspettavano la mossa dell'ultimo arrivato.

“Una birra, grazie” proferì il rosso appoggiandosi distrattamente al bancone con un braccio, per poi scostarsi il ciuffo che gli era caduto sull'occhio.

“Piccola, media o grande?” si vide costretto, a denti stretti, a chiedere Calum, come prevedeva la prassi del suo lavoro per quel tipo di domanda.

Il suo interlocutore parve rifletterci a lungo, ma era visibilmente una scusa per dare ancora più fastidio a colui che aveva davanti. Dopo quello che sembrò a tutti un interminabile silenzio, si decise a rispondere, sfoderando un sorrisetto tra il furbo e il divertito.

“Grande”.

Il moro si inginocchiò ed estrasse dal frigo quello che gli era stato chiesto, porgendolo poi di fronte a lui.

Il ragazzo afferrò prontamente la bottiglia e, dopo aver squadrato anche Ashton, fece per andarsene aprendo la porta che scontrò il campanellino, facendolo così suonare inevitabilmente.

Calum contrasse la mascella e chiunque avrebbe potuto sentire il suo sangue che ribolliva nella vene.

“Ti sei dimenticato di pagare”.

Il ragazzo con la bottiglia in mano assunse una finta aria sorpresa ed inchiodò i piedi al pavimento, tornando lentamente verso la cassa, senza distogliere lo sguardo da quello di Cal.

“Ops.” lanciò malamente una banconota stropicciata sul bancone, sotto gli occhi furenti del moro e poi proseguì, le sue iridi che parlavano più di quanto avrebbe potuto fare chiunque. “Tieni pure il resto, magari potrebbe tornarti utile”.

Il ghigno che si dipinse subito dopo sul suo voltò fu il colpo finale che arrivò dritto al cuore di colui al quale era stato indirizzato.

Il rosso fece poi dietro front, facendo ondeggiare il giubbotto che per poco non sfiorò il viso di Ashton.

Sollevando appena la mano, ma senza più voltarsi, rivolse le ultime parole a Calum, che contava i secondi che lo separavano dal momento in cui la vittima di tutto il suo disprezzo avrebbe varcato quella porta e non lo avrebbe più rivisto. O, almeno, per il momento.

“Ci si vede, Hood”

Poi tolse definitivamente la sua presenza, ma non si poteva dire la stessa cosa del clima, che era rimasto teso ugualmente a prima.

Ashton si voltò verso l'amico il quale, ancora rigido nella sua postura, riuscì solamente a dire:

“A mai più, Clifford”.












- my space -


Ehy ehy ehy!

Eccomi qui!!!
So che vi ero mancata molto e aspettavate il terzo capitolo di questa follia!
Non è vero ma provo a convincermi, o almeno spero lo faccia la presenza di 3/4 dei 5SOS!!!
Siete contente? Eh? Eh?
Ok la smetto.
Coooomunque, dicevo, finalmente fanno la loro comparsa gli altri protagonisti della storia!
In  primis Calum. Ditetemi che ve ne pare di lui, forse un po' diverso da come è realmente e da come ve lo aspettavate, forse.
La scena con il bambino è stata un colpo di ispirazione improvviso, non so nemmeno io dovuto a cosa ahahah
Ashton! Beh, lui lo avevate già conosciuto nel primo capitolo, ma qui si mostra diverso, ditemi voi le vostre impressioni.
Ed infine Michael, che come avrete capito, non va molto d'accordo con gli altri ragazzi.
Giusto per non fare un cliché (se si scrive così, I don't speak French come quella in Good Girls)
Manca Luke ma dovrete avere ancora un po' di pazienza.
Tenete bene a mente la parte in cui Cal parla della sorella ehehe
Che dire? Grazie a tutti coloro che stanno seguendo la mia storia, hanno messo tra le preferite e ricordate e chi mi lascia sempre un commentino, mi aiutate davvero molto!
Senza di voi non ci sarebbe neanche una ragione per scrivere, quindi fatemi sapere tutto (anche cosa avete mangiato per cena) in una piccola recensione, vi amo tanto perchè aspetto davvero di leggerle aww
Questo banner l'ho improvvisato stasera, infatti non mi piace più di tanto, ma ho preferito aggiornare e fare meglio il prossimo!
Voi che dite??
Detto ciò, mi dileguo, al prossimo capitolo, di cui sto scrivendo il finale!

PS: Ho seguito il consiglio di alcune di voi, che mi dicevano di lasciare più spazio nel format della storia
Adesso gli spazi sono di più anche se non corrispondono a quelli di word grammaticalmente, ma ditemi se preferite così.
Perfore, è importante! Grazie :)

- Mary

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


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Capitolo 4

 

“È da paura!”

Un grido entusiasta si levò dalla bocca di un altrettanto eccitata Samantha che, con il nasino puntato in aria, continuava a rimirare il loro alloggio girando su se stessa senza quasi accorgersene.

Al momento della prenotazione, che Rehika si era premurata di fare alcuni mesi prima e confrontando le offerte più vantaggiose, le ragazze non avrebbero mai immaginato di ritrovarsi in un posto del genere.

L'impatto, a detta di tutte, era stato positivo fin dal momento in cui erano scese dal pullman che aveva permesso loro di giungere lì. L'aria che si respirava, il cielo di un blu mai visto prima di allora, la sabbia dorata ma, allo stesso tempo, inserita in quel piccolo quadro urbano ma che in nessun aspetto ricordava la loro natale Sacramento dalla quale erano partite.

Tutto sembrava quasi surreale, troppo bello perchè potesse essere alla portata di chiunque, in particolare della loro in quel momento.

Insieme alla felicità provocata da quei pensieri, anche un velo di tristezza era presente nei loro volti e nei loro pensieri, che scorrevano veloci ed impetuosi come un fiume in piena: sarebbero dovute tornare alla realtà. Entro una settimana.

Perchè niente dura per sempre, niente resta uguale.

Quel piccolo e scoraggiante dettaglio non bastò, tuttavia, a spegnere gli animi infuocati delle quattro, intente ognuna in qualcosa di diverso.

Erano alloggiate in una sorta di bungalow, una struttura circolare che nelle forme e nello stile ricordava un po' quelli hawaiani sospesi sull'acqua dalle palafitte, ma i loro erano saldamente ancorati a terra. Questi erano raggruppati in una zona non troppo lontana dalla spiaggia, in una sorta di “mini villaggio” adibito proprio agli studenti che si recavano in quel luogo per lo Spring Break o, semplicemente, in vacanza ma con una soluzione low-cost.

Ogni bungalow poteva ospitare dalle quattro alle sette persone, in base alla grandezza, e, per quanto potesse essere strano ed in contrasto con lo stile, era corredato di letti a castello, forse per la pura e semplice praticità d'uso. Vi era inoltre un armadio a due ante, non troppo grosso, ma che evidentemente doveva bastare per tutti coloro che avevano residenza temporanea lì; dirimpetto ai letti era stato posizionato un tavolo lungo e stretto, corredato da due seggiole in legno, sopra al quale gravava uno specchio ovale, un po' opaco.

Sul pavimento erano state stese alcune stuoie di paglia, forse l'unico elemento che davvero richiamava lo stile consono all'alloggio, ed una finestra era visibile appena varcata l'entrata, proprio scavata nella parete in fondo.

Fortunatamente, l'illuminazione era artificiale, e non si sarebbero dovute ingegnare ad accendere un fuoco come se fossero delle naufraghe, anche se probabilmente, viste le giornate, non ne avrebbero fatto largo uso.

“Io prendo il letto di sopra!” urlò Sam, sbraitando col braccio levato a mezz'aria e il sorriso a quarantadue denti stampato in faccia.

Corse agilmente, scansando Chloe che si era parata con fare protettivo verso l'oggetto del desiderio di entrambe, come una leonessa che difende il suo territorio. Ma la bionda fu più veloce e, con un tonfo tutt'altro che delicato, si gettò sul materasso morbido, ghignando soddisfatta per la sua conquista.

“Non è giusto” sbuffò la bruna che mise su il broncio ed incrociò le braccia al petto. Era semplicemente adorabile quando si arrabbiava, rivelando quel suo lato così genuino e spontaneo, che in fondo ricordava un po' la bambina che ormai non era più. “Non puoi averlo sempre tu il letto di sopra!”.

La sua interlocutrice si rivoltò ancora più vistosamente tra il copriletto sottile e dalle tonalità cobalto, togliendo quell'aura immacolata in cui versava fino a pochi istanti prima. Le mostrò la lingua per poi rispondere con un semplice “Perchè sì”.

Chloe tornò a posizionarsi seduta sopra la sua valigia, gettando un occhio alla sua destra e notando che Harmony aveva già preso possesso anche del secondo letto, ovviamente al piano superiore.

La ragazza dai capelli color pesca che sfumavano sulle punte, al momento intrappolati sotto un cappellino con la visiera girata al contrario, la guardò senza smettere di masticare un chewing-gum al gusto di fragola, che si poteva ben notare anche dal colore, dal momento che masticava con la bocca aperta e l'aria di chi non si cura di cosa possano pensare gli altri.

“Non ci provare nemmeno. Da qui non mi scollo neanche se viene Cristian Grey e si spoglia davanti a me” e così dicendo fece esplodere rumorosamente la grossa bolla che aveva appena fatto.

Con un'espressione tra il disgustato e l'incredulo per le parole appena udite (il riferimento al personaggio di 'Cinquanta sfumature di grigio' e non all'ovvio fatto che non le avrebbe ceduto il letto) Chloe si voltò verso la sua amica e in tutta risposta disse

“In quel caso sarei io ad andarmene!” e poi con due dita all'entrata della bocca mimò il gesto di vomitare.

Harmony sorrise, per nulla colta alla sprovvista dalle parole dell'amica, così si divertì a stuzzicarla, come del resto facevano sempre fin da piccole, e ragione per cui la risposta di Chloe non era stata data a caso.

“Non è che per caso sei lesbica?” la falsa serietà che Hammy aveva messo nel porre la domanda aveva fatto sorridere l'amica ancor prima che finisse di parlare. “No, perchè se fosse così vorrei indietro il tanga che ti ho prestato prima di partire, grazie”.

Chloe non fece in tempo a rispondere che fu colta da un attacco di ridarella, tanto che le vennero le lacrime agli occhi. L'altra ragazza non potè non seguirla nella prorompente risata, dimenticando così ciò di cui stavano discutendo fino ad un attimo precedente.

 

“Che ne dite di cambiarci ed esplorare un po' il posto?” propose Rehika, che aveva già finito di svuotare i bagagli e di riporre con cura i suoi indumenti nell'armadio.

Samantha finse di drammatizzare la situazione assumendo un'espressione sconvolta sul viso, poi spalancò gli occhi e questi, meravigliosamente azzurro-verdi, sembrarono ancora più grandi e bellissimi.

Esplorare?”

La ragazza mise particolare enfasi a ripetere quello che aveva sentito poco prima dalla bionda, tanto che marcò appositamente l'espressione fare non farla passare inosservata alle altre.

“Qui non si esplora, qui si vive. Siamo forse venute a prendere il sole come le donne in menopausa? No! Siamo venute perchè ci siamo rotte i coglioni di stare in quel cazzo di posto, dove nessuno ci capisce, dove non possiamo essere noi stesse” fece una pausa e prese fiato, sotto lo sguardo attento delle altre tre che erano già avvezze agli scleri corredati da un linguaggio colorito da parte di Sam.

“Ebbene, questa vacanza ci cambierà e non solo noi, ma anche le cose d'ora in avanti saranno diverse. Spring Break... Sì, stiamo arrivando”.

Forse non del tutto convinte, in particolare Chloe, ma che ormai seguiva sempre le sue amiche qualsiasi cosa facessero, assecondarono la bionda e, dopo essersi vestite con quello che prima erano riuscite ad estirpare dalla valigia, varcarono la soglia del bungalow nel quale, stando alle parole appena proferite, non avrebbero poi trascorso così tanto tempo.

 

 

*

 

 

Con la sabbia dorata e luccicante che si infilava prepotentemente tra le dita intrecciate alla ciabatta di gomma e sotto il sole che ti faceva provare quel piacevole formicolio sulla pelle, le quattro ragazze si erano precipitate in spiaggia, dove al momento sembrava che il mare fosse esondato. Sì, un mare composto da persone.

Strizzate in inguinali pantaloncini di jeans e coperte soltanto da una leggera canottiera trasparente, tutte di colore diverso, sotto la quale avevano indossato la parte superiore del costume, non riuscivano a credere ai loro occhi, nemmeno quando si levarono gli occhiali da sole dallo stile molto hipster e fluorescente.

Dinanzi a loro, centinaia di ragazzi e ragazze ballavano, ridevano e scherzavano come se fossero ad una festa, e non in mezzo alla spiaggia. La maggior parte di loro indossava solo il costume, altri o la canotta o gli shorts.

Poi, guardando più attentamente, si resero conto che intorno a loro non vi erano persone “normali” o, comunque, una mescolanza che avrebbero sicuramente trovato alla spiaggia di Sacramento.

E, non appena si destarono da quelle repentine considerazioni su un luogo visto solo, ma forse nemmeno, sui cataloghi delle agenzie di viaggio, si accorsero anche del palcoscenico abbastanza grande montato poco più avanti, dal quale proveniva la musica che faceva da sottofondo ai loro pensieri.

Impercettibilmente, incuriosite da tutte quelle novità che, da quel momento in avanti, sarebbero state la cornice della loro nuova momentanea vita in quel posto, si mossero avanti seguendo il ritmo e il fiume di persone con le braccia alzate ed i fianchi che ondeggiavano a destra e a manca.

Quando furono abbastanza vicine, tra le prime file che si stendevano ai piedi della costruzione di ferro, scorsero un ragazzo che doveva avere pressochè la loro età, e che urlava senza mai smettere di muoversi per tenere viva l'attenzione dei presenti.

“Allora ragazzi! Siete caldi?!” ebbe immediatamente in risposta un coro di “Sì” e, perciò, proseguì in maniera ancora più vigorosa “Soprattutto voi, ragazze! Accidenti, mi abbagliate per quanto siete sexy!”.

Alcune tra le ragazze, al suono di quelle parole che, evidentemente, non aspettavano altro che sentirsele dire, si fecero ancora più vicine al bordo del palco, arrivando quasi a posarci il seno sopra.

Il ragazzo, che sicuramente lavorava in quel posto e veniva chiamato spesso per eventi di quel genere, doveva aver già evidentemente affrontato situazioni come quella, perciò stette al gioco e non si sorprese più di tanto.

Era piuttosto carino, alto e slanciato, dalla maglietta non si faceva fatica a scorgere l'addome scolpito; la carnagione era dorata e messa in risalto dal colore bianco della tshirt che indossava, insieme ad un cappellino dello stesso colore e ad un paio di bermuda blu in fantasia.

Aveva i capelli neri, ma gli occhi era impossibile vederli in quanto coperti dagli occhiali da sole.

Il sorriso, poi, era sicuramente uno tra i suoi punti di forza.

Non appena il suo sguardo cadde sulla chioma e, prontamente poco dopo, sulle forme di Harmony, non riuscì più a distogliersi e, così, vennero coinvolte anche le sue tre amiche.

Hammy notò lo sguardo posarsi su di lei, ma c'era abituata e stette al gioco, lanciandogli un occhiata languida e mordendosi le labbra in risposta.

Il ragazzo, dovendo proseguire il suo lavoro e non potendo scendere a parlare con lei come avrebbe voluto, pensò di unire l'utile al dilettevole, dicendo alla folla quello che avrebbe voluto dire anche alla ragazza dalla chioma colorata che non avrebbe di sicuro potuto passare inosservata.

“Io sono Alex il dj, ma potete anche chiamarmi Lex!” un ulteriore coro di urla si levò da sotto i suoi piedi, proveniente dalla fiumana di persone.

“Sono qui per farvi godere al meglio il vostro Spring Break, perciò tenete d'occhio la bacheca all'entrata della spiaggia perchè tutti gli eventi più cool saranno proprio qui, notte e giorno, ad ogni ora!” prese un respiro, dopo aver parlato a raffica come se avesse un tempo limitato prima che gli togliessero il microfono dalle mani.

“Ma, ovviamente, non tutti possono essere esposti in bella vista” i suoi occhi tornarono insistenti su Harmony “Quindi venite a cercarmi di persona e vi farò vivere l'esperienza più bella della vostra esistenza!”

E, così dicendo, salutò calorosamente con entrambe le braccia levate in aria, per poi scendere lateralmente dal palco, ma nessuno parve darci peso, troppo impegnati ad urlare e festeggiare.

“Adoro questo posto!” urlò Samantha per sovrastare il frastuono e farsi udire dalle amiche, benchè fossero vicinissime a lei.

“Mio Dio, anche io!” replicò Hammy, per poi aggiungere “E credo anche di aver già fatto una vittima”.

Si rivolse poi a Chloe che, con il cappellino che aveva prima in testa la sua amica e che adesso troneggiava su di lei, stava rosicchiando l'asta di plastica degli occhiali, cercando ancora di abituarsi al fatto di essere stipata in mezzo a così tanta gente.

Non che non le piacesse, ma sapeva che, poiché si sarebbero comportate in un certo modo essendo lì, avrebbe dovuto tenere il doppio della concentrazione per non incorrere in qualche brutta situazione. O, comunque, in cui non avrebbe gradito trovarsi.

“Uno a zero per me, Chloe” le strizzò l'occhio e la mora comprese che Harmony si stava riferendo al discorso fatto sul pullman mentre stavano arrivando là.

“La partita è ancora aperta, amore” scherzò lei, ma Rehika interruppe il loro fraterno battibecco per riportare la conversazione su una questione più pratica.

“Seguiamo il consiglio di Alex, diamo in occhiata alla bacheca e vediamo se per questa sera c'è in programma qualche bella festa, così da cominciare bene il nostro soggiorno!”

A Samantha si illuminarono gli occhi a quelle parole e lanciò un grido che avrebbe sovrastato il frastuono nel quale erano immerse poco prima. Si avventò su Rehika e la strinse allacciandole le braccia al collo.

“Sì!!! Ti prego, ho un bisogno estremo ed imprescindibile di bere! Sono in astinenza da ieri!”

La bionda dai dolci occhi azzurri sorrise teneramente e poi scoppiò a ridere sommessamente, sapendo che Sam avrebbe bevuto come una spugna e poi avrebbe cominciato a cantare canzoni non-stop fino al ritorno alla base.

“Un bell'after! Che sogno, cazzo” esclamò Harmony beccandosi subito un'occhiata da Chloe che le ricordò che facevano after anche a casa loro, ma la ragazza parve indignata dalla risposta e la replica non tardò ad arrivare.

“Qui non è come a casa! Non si tratta di rimanere in piedi a casa mia o di Sam, o di tornare verso le cinque del mattino. A questo tipo di eventi non dobbiamo rendere conto a nessuno, finalmente! E magari troviamo anche qualche ragazzo o compagnia del posto che fa qualcosa nei loro alloggi, e rimaniamo a dormire da loro, beviamo quanto e cosa vogliamo! Vi rendete conto?” aspettò le reazioni delle amiche e poi proseguì in maniera più tranquilla.

“Vi conosco da una vita, ragazze. Rehika, tu sei la figlia modello ma so benissimo che anche a te piace fare tutte queste cose e insieme le abbiamo sempre fatte. Lo stesso vale per te, Chloe e, anzi, so che ne andrà della mia reputazione, ma voglio ringraziarti per esserci sempre stata, e intendo nel vero senso della parola, perchè tu sei sempre stata quella che ci riportava a casa sane e salve. Ti ammiro perchè riesci a fermarti in tempo prima di finire nel letto di qualcuno di cui il giorno dopo non riesci nemmeno a ricordarti il nome, perciò grazie. Ma so che anche tu non vedevi l'ora di fare questa vacanza, perciò sciogliti perchè sei con noi e questa volta voglio davvero impegnarmi a ripagare quello che tu hai sempre fatto per noi” abbracciò Chloe e la baciò sulla guancia.

“Questa volta saremo noi a proteggere te” e, così dicendo, la ragazza ricambiò il gesto e l'abbracciò forte.

“Lo so” sospirò Chloe “Siete le migliori e non potrei chiedere di meglio. Spring Break, noi siamo qui!”

 

 

*

 

 

Davanti alla bacheca in sughero, troppo piccola rispetto a tutti i fogli e foglietti che erano stati affissi su di essa con una puntina, quattro paia di occhi scorrevano avidamente da una parte all'altra, in cerca di qualcosa da fare quella sera.

Molti tra gli annunci ed i volantini riportavano eventi che si sarebbero tenuti alcuni giorni dopo, quindi dovettero scartarli a priori ed osservare ancora più minuziosamente.

“Discoteca in spiaggia!” esordì Rehika.

Ma Harmony frenò subito tutti i suoi propositi, puntando con l'unghia laccata dall'improbabile colore verde pistacchio abbagliante, un po' sbeccato, la riga in cui era riportata la data del week end di quella settimana.

“E comunque è una festa riservata, vedi?” Rehika annuì sbattendo le palpebre.

“Non riusciremo ad imbucarci” sospirò la ragazza dai capelli sbiaditi “O forse sì” proseguì inarcando un sopracciglio, che era rimasto del suo colore naturale, castano scuro.

“Ci sono!” urlò Chloe saltando sul posto e sporgendo il braccio in avanti, come puntando una rara preda.

“Red Scream” proseguì la bruna “C'è scritto che è il locale più in voga di tutta West Side Beach ed organizzano un evento esclusivo diverso ogni sera!” un sorriso soddisfatto emerse sul viso della ragazza che, senza saperne il motivo, si sentiva davvero carica e piena di voglia di fare.

“E brava Chloe!” Hammy le passò un braccio sulle spalle “Ti voglio sempre così. Magari un po' più perversa ma per il momento mi accontenterò” le due si scambiarono un'occhiata complice e poi si voltarono in direzione delle due amiche, cercando consenso anche da parte loro.

“Per me va bene! Tu che dici, Sam?” la bionda annuì, facendo poi una battuta sul fatto che per essere la loro prima serata lì sarebbe stata abbastanza tranquilla, ma giustificò il tutto richiamando l'espressione di Rehika esplorazione.

Le ragazze, allora, proposero di proseguire il loro giro e passare davanti al Red Scream, giusto per vedere come fosse, ma Samantha si dissociò.

“Voi andate pure avanti, io vi raggiungo” sorrise, vedendo i volti interrogativi delle sue interlocutrici “Ho visto un chiosco in spiaggia mentre stavamo arrivando, e mi è venuta una sete tremenda!”

Le tre amiche annuirono e salutarono la bionda, urlando mentre si allontanavano che l'indirizzo era sul volantino in bacheca.


 

Sam si incamminò nella direzione opposta alla loro, ricordando più o meno a memoria quanto distasse il chiosco delle bibite.
Si guardò attorno e non riuscì a smettere di sorridere, pensando che erano realmente capitate nel luogo più bello del mondo, in cui sembrava che i problemi non ci fossero o, comunque, si volatilizzassero non appena chiunque mettesse piede lì.

Scorse davanti a sé il tettuccio di paglia del piccolo chiosco e si pregustò mentalmente una bella lattina di the ghiacciato.

Si avvicinò domandando l'oggetto del suo desiderio e pagò. Infilò poi bruscamente la cannuccia nella bibita e cominciò a bere avidamente, ripercorrendo la strada fatta poco prima per poi raggiungere le sue amiche.

Camminò lungo la battigia, lasciando che la schiuma del mare che si gettava con tanta foga a riva le bagnasse i piedi, sensazione molto piacevole dato il caldo presente a quell'ora.

Teneva lo sguardo basso, forse per paura di finire troppo presto il the, o forse per non essere accecata dal sole, fatto sta che non molto tempo dopo fu costretta ad alzare lo sguardo.

“Oh” esclamò la bionda, del tutto impreparata ad un'eventuale interruzione che avrebbe potuto distoglierla dalla sua faticosa impresa di sorseggiare la bibita.

“Non ti avevo proprio visto!” abbozzò un sorriso, come faceva di solito quando si imbatteva in qualche ragazzo, ma questa volta le uscì più dolce di quanto avesse davvero voluto.

“Non c'è problema, sono ancora tutto intero” scherzò lui, portandosi una mano sul punto del braccio in cui Samantha lo aveva urtato.

Gli occhi della ragazza rimasero ancora qualche istante in quelli di lui, come se cercasse di esaminarne ogni più piccolo dettaglio. Aveva un'aria famigliare quel tipo, le sembrava di averlo già visto da qualche altra parte. Ma in quel momento non riusciva proprio a ricordare niente.

Spostò lo sguardo dagli occhi scuri del ragazzo al resto del suo viso.

Aveva i capelli castani, né troppo lunghi né troppo corti, scurissimi e mossi; la sua pelle sembrava già avvezza a quel posto, dal momento che era abbastanza bronzea; il suo sorriso, poi, fu la ciliegina sulla torta che fece aumentare di un battito il cuore di Sam.

L'afa e il caldo, probabilmente, ne erano la causa. O la corsa che mai aveva fatto.

Involontariamente, realizzando solo dopo che i suoi occhi erano ancora puntati sul ragazzo, Sam non potè fare a meno di notare anche il fisico di quest'ultimo e i muscoli delle sue braccia. Non passò inosservata nemmeno la sua maglietta, sulla quale trionfava il logo 'Santa Cruz'.

Alla ragazza scappò un sorriso e lui, notando che era dovuto alla sua tshirt, interruppe quel silenzio creatosi e, sfoggiando un altro sorriso, disse

“Ridi perchè pensi che sia un coglione ad andare in giro sotto al sole cocente con una maglietta nera, o perchè pensi che sia un coglione e basta?”

A queste parole la bionda lasciò andare la risata che aveva represso in gola per troppo tempo, secondo i suoi gusti. Si scostò una ciocca di capelli, tra quelle più corte, che le era caduta sull'occhio mentre era scoppiata a ridere

“No, rido perchè mi fa strano vedere quel logo!” rispose spostando il peso su una gamba, pensando che adesso aveva intavolato una conversazione.

Il moro si guardò la maglietta e poi alzò il viso di nuovo su Sam, senza perdere il sorriso.

“Quindi, deduco che tu sappia cosa voglia dire” alzò un sopracciglio con aria di sfida.

“Certo!” rispose lei, mostrando appena la lingua tra i denti in un espressione di smorfia “E per tua informazione sono anche piuttosto brava ad andare sullo skateboard!”

Il ragazzo rise divertito, ma fu interrotto dalla vibrazione che sentì partire dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni. Allungò il braccio, estrasse il telefono e poi si voltò di nuovo verso Sam, cercando i suoi occhi.

“Beh, allora non vedo l'ora di fare una sfida, ci vediamo!” la salutò con la mano e poi rispose alla telefonata, che non aveva dato segno di smettere di insistere.

“Ma...” la bionda rimase un po' spiazzata, ma vedendo il ragazzo con i capelli scuri allontanarsi, non potè fare altro che tornare sulla sua strada e raggiungere Harmoy, Chole e Rehika di cui, per qualche minuto, si era completamente scordata.

Eppure, avrebbe giurato di aver già visto quegli occhi scuri.















- my space -

Hi guys!
Eccoci qua, giunti al quarto capitolo! Wow, non lo avrei mai detto, ho talmente tante cose da fare che non so come riesco a trovare il tempo per scrivere!
Anzi, lo so. E' merito vostro, senza di voi non avrebbe senso continuare la storia ed anche se sembra banale ci tengo a dirvelo sempre.
Quindi grazie.
Grazie alle 40 persone che hanno recensito, davvero, sto piangendo; alle 6 che hanno messo nei preferiti, alle 2 nei ricordati e alle 7 nei seguiti.
Se qualcuno di voi che legge/recensice volesse mettere tra i seguiti e preferiti sarebbe molto carino e lo riempirei di ciambelle e pizza per il resto della sua vita.
Anyway.
Passiamo al capitolo. Mentre scrivevo mi è venuta l'idea di inserire sporadiche citazioni di canzoni dei 5SOS, e ve ne sarete accorti dalla frase "niente dura per sempre, niente resta uguale", ovvero "nothing lasts forever, nothing stays the same" tratta da Wherever You Are.
Le ragazze sono finalmente giunte a West Side Beach e potete già notare come l'ambiente sia diverso da quello del film Spring Breakers (per chi mi avesse chiesto se sarebbe stato come il film).
Avete già una preferita? Chole e Harmony che si stuzzicano sono cute as shit, aww
C'è un nuovo personaggio, Alex, che pare aver già puntato una delle nostre amiche. Cosa pensate succederà?
Infine, giustamente, le ragazze voglionon cominciare a divertirsi, e quale miglior modo di andare in discoteca per conoscere qualcuno di lì? Prevederete, quindi, che presto ci sarà un capitolo in cui si parlerà di questo.
Non ho resistito alla tentazione e, a fine capitolo, ho inserito anche uno dei nostri amati 5SOS! Personalmente, mi è piaciuto moltissimo scrivere dell'incontro tra Calum e Samantha e, se avete notato, Cal non dice mai il suo nome. Vi siete chieste il perchè? Muahahaha io lo so, ma fate ipotesi anche voi, dai <3
Che dire? Mi è anche particolarmente riuscito il banner, a voi piace?
Detto ciò, ho di nuovo scritto troppo... Vi lascio quindi recensire in pace, spero risponderete a qualche domanda, amo leggere ogni vostro parere, anche piccolo <3
Quindi recensite e vi amerò ancora di più!
Al prossimo aggiornamento!

PS: Passate dalla storia della mia amica ohwowlovely "Take me to Glanstobury" nella sezione 5 Seconds of Summer perchè merita veramente, è stupenda!

[-59 al ROWYSO a Milano!]

- Mary



 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


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Capitolo 5

 

Il rumore sordo di qualcosa che veniva lanciato malamente al suolo destò l'attenzione di una testa bionda, i cui ciuffi disordinati di capelli facevano capolino dal poggiatesta del divano.

Il proprietario di quella massa bionda che cresceva sempre di più in altezza e lateralmente si voltò di scatto, lasciandosi sfuggire dalle mani il telecomando dalla televisione, che in quel momento era evidentemente il suo attuale passatempo.

Non impiegò molto a ricondurre quei modi di fare così aggraziati, sarcasticamente, al suo amico Calum.

Questo, infatti, gli lanciò una rapida e furtiva occhiata, per poi portare entrambe le braccia sopra la testa e stiracchiarsi, facendo anche qualche altro esercizio per sciogliere i muscoli.

“Sei andato a correre?” domando il ragazzo, sempre seduto sul divano, voltandosi nella direzione in cui poco prima era stato lanciato il borsone blu scuro dell'amico.

Il moro fece un'ultima torsione, dopo di che si avvicinò al divano, così da poter guardare in faccia il suo coinquilino.

“Sì, avevo bisogno di una pausa dopo oggi” sospirò, sostenendo la guancia con la mano, a sua volta puntellata sulle ginocchia quando fu seduto.

Il biondo, non potendo fare a meno di non notare l'espressione che si era dipinta sul viso di Cal, cercò di indagare su quanto fosse successo, ben sapendo che lui non era avvezzo a rendere partecipe la gente di ciò che gli accadeva.

“Qualcosa che non va al lavoro?” azzardò il ragazzo dagli occhi azzurri, di una tonalità così intensa che chiunque si sarebbe incanto per ore a guardarli.

Calum scosse la testa e poi alzò gli occhi verso il soffitto, come se volesse evitare il contatto visivo con colui che aveva di fianco.

“Più che qualcosa, direi qualcuno, Luke” e così dicendo, una smorfia di disgusto andò a solcare i tratti del ragazzo, facendogli contrarre la mascella ed anche i muscoli delle braccia, lasciati scoperti dalla canottiera che indossava.

Si conoscevano da circa un anno, quando Calum era approdato a West Side Beach cercando la sua indipendenza. E, poteva affermarlo senza alcun dubbio, oltre a ciò aveva anche trovato un grande amico.

Luke era quel tipo di persona che non parlava molto, preferiva starsene per conto suo ma, ogni qual volta ne avessi avuto bisogno, lui ci sarebbe stato.

D'altra parte, in questo, Calum si rivedeva molto e poteva dire di essere pienamente soddisfatto di aver trovato qualcuno come il biondino con cui dividere la camera ed anche parte della sua vita.

Anche Luke aveva lasciato la sua famiglia per continuare a studiare poco lontano da lì, ma proprio non se la sentiva di prendere in affitto una stanza all'interno del college nel quale frequentava le lezioni. Odiava tutto ciò che era il tipico clichè di quel posto: giocatori palestrati della squadra di football, confraternite in cui il tuo nome rischiava di scomparire perfino dall'anagrafe e, infine, il dover fare sempre tutto insieme ad altre persone. Non gli piaceva, era cresciuto da solo, senza fratelli o sorelle, per questo non era abituato ad avere sempre gente tra i piedi.

Ma con Calum pareva aver trovato l'equilibrio perfetto, dal momento che i due non erano poi così diversi.

Avevano rispetto reciproco dei propri spazi, quando si organizzava qualcosa non vi era pressione perchè si dovesse partecipare per forza, vigeva una buona democrazia in quel piccolo appartamento dotato di due camere, una piccola cucina, un bagno ed un altrettanto piccolo ingresso che fungeva da salotto.

Ad unirli, inoltre, c'era anche la musica. Entrambi impazzivano per quei gruppi un po' punk rock, dei quali spesso di scambiavano le magliette.

Non erano uguali, caratterialmente, ma proprio questa diversità pareva unirli moltissimo.

Luke, intuendo che Calum non voleva ma allo stesso tempo voleva parlare, come faceva sempre quando rispondeva con delle frasi laconiche lasciate a metà, lo incalzò a continuare, provando ad intuire quale fosse la causa di tanta rabbia da parte del moro. Come se ce ne fosse stato bisogno, poi, quando tutti sapevano che solamente una persona riusciva a mandarlo fuori di testa ed a non farlo ragionare più.

“Tiro ad indovinare. Michael?” il biondo proferì queste parole con molta calma, non vi era nessuna vena sarcastica in quanto aveva appena detto.

Vide Calum stringere i denti in maniera ancora più vigorosa per poi annuire impercettibilmente, ma quel tanto che bastò all'amico per vederlo.

Luke era molto perspicace e nove volte su dieci riusciva a capire a cosa stessi pensando, neanche fosse un mentalista di professione. Probabilmente era un po' (un po' troppo a detta di Calum) patito della serie televisiva The Mentalist. O, semplicemente, la sua sensibilità arrivava a toccare corde così profonde a cui nessun altro sarebbe mai arrivato.

Il biondo si fece più vicino a sedere all'amico e, facendolo voltare verso di lui senza costringerlo, sperò di non dovergli nuovamente cavare le parole di bocca.

Cal, infatti, capendo che era finalmente giunto il momento di togliersi dallo stomaco e dal cuore quel peso tanto logorante che portava dentro, cominciò a raccontargli tutto, di come Michael, meglio Clifford, fosse piombato nel bar come se niente fosse sotto lo sguardo basito di Ashton, fingendo di dover comprare qualcosa ed umiliandolo come faceva ogni volta che i due si incontravano, sfortunatamente, da qualche parte.

“Vedi il lato positivo” provò a sdrammatizzare Luke “Almeno questa volta non ha provato a spegnere la sigaretta sul tuo giubbotto!” un velato sorriso comparve sul suo volto ma, scorgendo la serietà ancora presente su quello del moro, tornò anche lui ad un'espressione apatica.

“Deve solo provarci e poi sarà la volta buona che mi mettono dietro le sbarre per un valido motivo” proferì lui in risposta, i muscoli sempre in contrazione.

“Calum, seriamente, nessuno ti sbatterebbe mai dentro, fidati di me” e così dicendo, Luke non riuscì a trattenere una genuina risata, alla quale poi si unì anche l'amico.

“Forse hai ragione. Resta il fatto che non riesco a capire” la fronte del ragazzo si corrugò e parve andare indietro con la mente, vagando tra numerosi ricordi “Se non ci sopportiamo a vicenda, perchè continua a starmi appresso? Cosa ci guadagna?” la risposta di Luke non tardò ad arrivare, molto sicuro delle sue parole.

“Semplicemente perchè i tipi come lui si divertono con poco. Cosa fa dalla mattina alla sera? Non studia, non lavora, è sempre in giro a rompere i coglioni alla gente che non può vedere neanche in fotografia oppure con la sua banda di galeotti che, te lo assicuro, quelli sì che hanno visto la galera!”

Il biondo si alzò dal divano e, ravvivandosi i capelli, per quanto fosse possibile, raggiunse la cucina e sottrasse diverse cose dai ripostigli. Con tutto l'occorrente a sua disposizione, cominciò lentamente a spalmare una qualche sostanza marroncina su una fetta di pane, probabilmente patè d'olive, data la sua passione per questo. Poi, con la bocca semi piena, riprese da dove si era interrotto.

“E poi, molto sinceramente, lo dico da amico. Quello che è successo tra voi risale a più di un anno fa, ti eri appena trasferito qui. Dimentica, lascia correre. Ma non tirare fuori il passato, è pericoloso. Credimi, non finisce mai bene chi libera i suoi scheletri dall'armadio, specialmente se di mezzo ci sono persone come lui. Basta Calum, goditi la tua nuova vita e lascia perdere quello sfigato”.

Cal parve riflettere a lungo su quelle parole, soppesarle una ad una, sillaba per sillaba. Sapeva che aveva ragione, che quello che è nel passato doveva rimanere tale, e lo voleva anche lui. Ma, evidentemente, qualcun altro no. Sentiva di avere ancora qualcosa di irrisolto, ma forse era davvero meglio dare ascolto a Luke. Sì, avrebbe fatto così.

Ma, si sa, per quanto si possa essere persuasi, alla fine prevarrà il nostro io interiore.

Questi pensieri si aggrovigliarono nuovamente nella sua testa, come un gomitolo ormai sciolto ed attorcigliato dopo che un gatto ci si è divertito per ore. Spostò lo sguardo sul suo amico e lo vide sereno, contento di ciò che aveva in quel momento (il suo spuntino delle cinque) e disse a sé stesso che avrebbe dovuto fare anche lui così, vivere il presente perchè è ciò che davvero conta e che, purtroppo, non ritorna più.

Gli sguardi dei due ragazzi si incontrarono a mezz'aria, rimasero a perdersi l'uno nell'altro quasi come se si stessero leggendo dentro, quando poi Luke spezzò il silenzio.

“RS stasera?” domandò dal nulla, trangugiando l'ultimo morso di ciò che restava del panino. Il suo interlocutore lo guardò come se già si aspettasse quella domanda, rimasta per troppo tempo nella bocca, intenta a fare altro, del biondo. Gli sorrise in segno di approvazione per poi fargli eco

“E Red Scream sia! Vado a farmi una doccia”.

E così dicendo, Calum sparì dietro la porta del piccolo bagno del loro appartamento. Luke percepì il suono ovattato del getto della doccia in lontananza e, capendo di avere ancora un po' di tempo, si preparò un altro panino.

 

 

*

 

 

Il carrarmato della suola dello stivale in pelle nera sbatteva rumorosamente sul terreno arido e duro, sostenendo un passo veloce e deciso.

Il sole, quel giorno, sembrava essere più insistente del solito e poteva essere chiaramente percepito scottante sulla pelle, sopratutto se possedevi una carnagione chiara come quella del ragazzo dai capelli rosso fuoco, disordinati ma solo all'apparenza perchè, per lui, avevano una precisione cosmica e quasi maniacale.

I vestiti in cui era fasciato perfettamente, benchè fossero di un tessuto strech, non miglioravano certamente la situazione.

Se qualcuno, passando, lo avesse visto camminare, avrebbe senza dubbio pensato che il ragazzo avesse un appuntamento e fosse in ritardo, oppure che fosse disorientato, come se avesse visto per la prima volta quel posto.

Ma Michael conosceva molto bene quella zona, come del resto ogni altro centimetro quadrato di quella piccola cittadina. Non vi era una sola strada, nessun vicolo, neanche il più stretto, che non fosse stato calpestato dalla suola spessa di quei suoi stivali che proprio in quel momento indossava.

Conosceva tutti, e tutti conoscevano lui. Che se ne parlasse bene o male, l'importante era essere sempre sulle loro bocche, così diceva sempre Mike. La pubblicità, soprattutto quella gratuita, faceva sempre comodo a chiunque.

Aveva quasi raggiunto la sua meta, dopo aver fatto un tratto di strada abbastanza lungo a piedi, impiegando circa mezz'ora.

Si portò una mano alla fronte, per ripararsi gli occhi dai raggi del sole che cadevano paralleli, andando a scontrarsi con le sue iridi chiare come l'acquamarina, creando un gioco di luci che avrebbe fatto invidia a quello che nasce dall'incontro di un prisma con la luce solare, formando piccoli arcobaleni sul muro.

Avrebbe potuto far calare sul naso gli occhiali scuri che portava in testa incastrati tra i capelli, ma quel gesto avrebbe richiesto una spesa di energie troppo superiore alla sua pigrizia.

Riuscì così a scorgere una struttura che si ergeva in lontananza, simile ad un garage, ma più grande e sviluppato in altezza. Tuttavia abbastanza discreto per mimetizzarsi con il paesaggio circostante, anche se quasi deserto, e non dare troppo nell'occhio di qualcuno che avrebbe potuto aggirarsi nei paraggi.

Quando fu dirimpetto alla saracinesca scura ed un po' arrugginita, estrasse le mani dalle tasche anteriori dei pantaloni, dove erano rimaste fino a quel momento e, con molta calma, strinse le dita a pugno e battè quattro volte sopra di essa, con un ritmo che poteva sembrare casuale ma che in realtà era una sorta di combinazione nella sua testa.

Difatti, non molto tempo dopo, altri quattro colpi vennero dati in risposta, forse segno di un codice che doveva conoscere solo lui, fatto sta che la saracinesca venne sollevata quel tanto che bastava a chi stava al di la di essa per abbassarsi e sporgere la testa fuori.

“Ah, Mike, sei tu” una testa calva e lucida per effetto del sole che faceva da specchio sulla pelle, comparve dal punto in cui Michael si aspettava che da lì a poco avrebbe visto qualcosa. “Entra pure”.

L'uomo che aveva parlato sollevò ancora di poco la barriera che li separava ed il ragazzo con i capelli fuoco dovette chinarsi leggermente, data la sua altezza, per entrare dentro indenne.

Venne poi subito riabbassata con un rumore metallico ed un gesto deciso, e questo portò all'oscurità completa dell'abitacolo in cui erano i due. Michael poteva sentire -ed immaginare- la mano dell'uomo che cercava a tentoni sul muro l'interruttore della luce, che poco dopo accese una piccola lampadina posta sulla parete sinistra del garage.

Venne poi preceduto da questo, che con fare esperto proseguì ancora un poco verso il fondo, per poi fermarsi rasente al muro e chinarsi. Erano distinguibili altri rumori, tra cui quello di una serratura che scatta al tocco della chiave quando gira nella toppa. A questo seguì l'alzarsi di una trave di legno e l'uomo non ebbe nemmeno bisogno di far cenno di essere seguito che Mike sembrava già conoscere da tempo immemore tutta quella procedura.

Lo seguì e si addentrò anche lui in quella sorta di botola che si era venuta a creare sollevando l'asse di legno, alla quale prima aveva tolto il lucchetto. Se qualcuno non ne fosse stato a conoscenza, non l'avrebbe mai trovata, mimetizzata com'era all'interno del garage nel quale erano entrati, corredato da tutto l'arredamento -se così lo si può definire- di cui un garage che ospitava un'automobile doveva essere in possesso.

Scese cautamente i gradini che, evidentemente, conducevano ad un piano inferiore. Poteva già distinguere con chiarezza la voci che creavano quell'alone di chiacchiericcio, sommerso da onde di fumo dai gusti più svariati e allucinogeni, e dal rumore dei bicchieri di vetro che, una volta vuoti, sbattevano sordi sui tavoli.

Inspirò profondamente, pregustandosi mentalmente quello che di lì a poco sarebbe stato anche nel suo corpo, e avanzò verso i tavoli disposti come a formare una bisca clandestina, cosa che molto probabilmente erano davvero. Si divincolò tra di essi, le mani nelle tasche e lo sguardo che passava in rassegna prima il lato sinistro della stanza e poi quello destro.

Si fermò ad un tavolo al quale erano seduti altri due ragazzi ed un uomo dalla carnagione scura. I presenti, non appena lo notarono, sollevarono la testa dalle carte da poker che tenevano in mano e le posero lasciando coperto il numero. Uno di loro, che indossava un cappellino con la visiera rivolta al contrario, ammiccò un sorriso sbieco in direzione di Michael e poi prese la parola.

“Ehi, Mike! Come mai da queste parti? Hai già tutto?”

Distolse lo sguardo dal suo interlocutore e prese tra le dita la sigaretta accesa che aveva posato poco prima sul posacenere di cristallo al centro del piano verde vicino alle carte da gioco per finirne quel poco che ne restava. Aspirò profondamente e un po' di cenere cadde sulla sua maglietta, sputò lentamente il fumo verso l'alto e poi tornò con la testa nella direzione del rosso.

“Ovvio, Vincent. Io porto sempre a termine i miei compiti”.

Un altro ragazzo, seduto accanto a quello che aveva parlato poc'anzi, levò un grido di stupore alle parole di Micheal. Aveva i capelli biondissimi e leggermente mossi, raccolti in una mezza coda, due piercing sullo stesso sopracciglio, e diversi tatuaggi sulle braccia nude.

“Cazzo, Michael! Quanta sarà stata? Quattro, cinque chili?”

I suoi movimenti veloci e poco aggraziati per poco non lo fecero ribaltare dalla seggiola ma, fortunatamente, recuperò l'equilibrio.

A Michael si dipinse un ghigno sul volto, e i suoi occhi brillarono ancora di più, per quanto fosse possibile in un seminterrato annebbiato di fumo e con lampadine mezze bruciate. Lo guardò dritto nelle iridi, azzurre le sue, e con il dito indice mimò un gesto di negazione.

“Ehh, mio caro Raphael... Tu vuoi sapere troppo. Queste sono informazioni riservate e top secret!”

A queste parole Mike si sentì colpire il braccio con una stecca da biliardo che, evidentemente, Raphael aveva rubato dal tavolo dietro di lui.

“Sei un coglione di merda, lo sai Clifford?” disse questo con tono scherzoso.

“Lo so” il rosso afferrò a sua volta la stecca e la puntò contro fianco del ragazzo che poco prima lo aveva gentilmente sfottuto “E me ne vanto da schifo”. Gli mostrò poi la lingua e ci fu un acceso scambio di dita medie e altri gesti poco frequenti dove albergano le buone maniere.

L'uomo dalla carnagione scura seduto insieme a loro non aveva ancora proferito parola, era rimasto col capo chino, quasi fosse in riflessione. Aveva i capelli neri e ricci tagliati cortissimi ed indossava una t-shirt scolorita ed una collana lunga di metallo, tipica dei rapper.

“Michael è un professionista” la sua voce calma ma sicura ridestò l'attenzione dei presenti a quella conversazione e tutti si voltarono verso di lui “Non a caso è uno degli eletti”.

“I soliti favoritismi del cazzo” sputò Raph senza pensarci due volte e Michael, sentendo le sue parole gli si avvicinò e si chinò sulle ginocchia quel tanto che bastava a raggiungere l'altezza del ragazzo che era rimasto seduto sulla sedia.

“Quando ti sarai fatto il culo che mi sono fatto io in questi anni, tanto da non sentirmelo più, allora anche tu sarai dove sono io” e così dicendo, senza mai perdere quel sorrisetto sarcastico, gli diede due pacche sulla guancia, per poi allontanarsi rivolgendo un cenno di saluto agli altri due presenti.

 

 

Michael proseguì verso il fondo della sala con i tavoli dove si trovava fino a raggiungere una porta scura. Bussò due volte con le nocche delle dita e, quando udì un flebile “avanti”, fece pressione sulla maniglia ed entrò.

La stanza in cui si ritrovò era quasi totalmente buia, fatta eccezione per una fioca luce che rischiarava un angolo alla sua sinistra. Avanzò con passo cauto ed incerto, quasi come se le sue scarpe facessero troppo rumore in quel momento, e strizzò leggermente gli occhi per mettere meglio a fuoco ciò che si parava di fronte a lui.

Vi era una scrivania di media lunghezza in legno, con una sedia girevole in pelle -lo poteva intuire dal rumore delle ruote e dallo sfregare della pelle su di essa-, ed una finestra coperta dalle tende.

Era ormai giunto a metà della stanza, e poteva essere quasi certo di non aver sbagliato persona.

Nonostante la visuale non fosse delle migliori, riusciva a scorgere la figura di un uomo, non avrebbe saputo dire se più sulla quarantina o cinquantina, anch'esso dalla pelle scura e calvo, piuttosto in carne. Indossava una camicia dalla fantasia hawaiana ed un giubbotto di pelle che si mimetizzava con lo schienale al quale era appoggiato; portava diversi anelli di acciaio alle dita e al momento stava fumando un sigaro, particolare che Mike intuì dall'odore penetrante che era giunto fino a lui.

“Avvicinati pure, Michael”

A queste parole, un brivido percorse tutta la schiena del ragazzo. Non era paura, nemmeno emozione. Non avrebbe saputo definirlo nemmeno lui stesso.

Fece come appena richiesto e questo gli permise di guardare finalmente in faccia l'uomo che aveva di fronte. Non che non lo avesse mai visto, dal momento che si conoscevano da tempo immemore, ma ogni volta gli riservava un'espressione sempre nuova e diversa. Forse perchè, come aveva detto Patrick poco prima al tavolo, era un eletto.

“I miei ragazzi mi hanno riferito che hai fatto un ottimo lavoro. Come sempre del resto” sorrise quasi impercettibilmente e si portò poi le mani sotto il mento, con le dita incrociate a sostenere il peso della testa.

“Tutto merito vostro e dei vostri consigli” ripose Mike pacatamente.

“Smetterai mai di darmi del voi? Non sono così vecchio come credi, sai. Ad ogni modo, il rispetto è sempre apprezzato”.

“Perdono, ma non potrei mai offenderti in alcun modo. Tutto quello che so oggi l'ho imparato grazie a te e di questo ti sarò sempre grato e debitore”.

La pallida luce posta sulla scrivania illuminava a mala pena i volti delle due persone presenti e faceva in modo che non fosse possibile occultare niente.

“Sei un ragazzo sveglio, Michael. È stato facile e piacevole tramandarti i miei segreti. E dopo oggi, ho avuto l'ennesima prova di ciò”.

Ci fu una pausa, la sguardo dell'uomo si staccò dal ragazzo e vagò altrove, come se stesse cercando di ricordare qualcosa a fatica. Mike non mosse un muscolo, sembrava che tutta la spavalderia che lo aveva caratterizzato fino a poco prima fosse del tutto sparita, per lasciare il posto ad una persona rigida e cauta, che soppesava le parole ogni qual volta stesse per aprire bocca.

“Ma adesso” l'uomo riprese a parlare e Michael tornò a concentrarsi su di lui “è arrivato il nostro momento, il più atteso dell'anno. Il momento migliore per fare affari d'oro e guadagnare più soldi di quanti tu ne possa anche solo pensare” alzò lo sguardo su Mike e questo fece altrettanto. “Ma c'è anche spazio per il divertimento. Ricordi lo scorso anno? Come si chiamava? Catherine, Katrine... Non mi ricordo, ma penso che lei, se fosse qui, si ricorderebbe perfettamente di te. Le sue urla sono ancora ben impresse nelle orecchie di tutti”.

Scoppiò in una risata sguaiata, quasi sadica, e questo fece chinare leggermente il capo del ragazzo, forse non troppo entusiasta di rievocare alcuni ricordi.

“Mi dispiace per come sia finita, poi. Ma vedrai che quest'anno ti rifarai. Tuttavia, non scordare mai la missione principale. È tutto chiaro, Michael?” cercò un consenso che non tardò ad arrivare.

“Si, tutto chiarissimo” rispose in un soffio.

L'uomo si alzò e congedò Michael con un abbraccio, ma non uno di quelli che ti pervadono di calore umano, come possiamo ricevere da un amico o da una persona amata. No, in quella stretta vi era il gelo, e tutta l'immensa brama di potere che potesse risiedere in un solo uomo.

Michael non provò niente a quel contatto, come ormai da molti anni a questa parte. Era diventato insensibile alle persone, pensava solo a svolgere i compiti che gli venivano affidati e al denaro che ne ricavava. E che poi, puntualmente, andava a sperperare, o in alcolici o con qualche ragazza ma, anche in questo caso, riusciva a percepire una sola cosa.

Niente.

 











- my space -

Ehi people bellissime!
Lo so, sono un po' in ritardo con l'aggiornamento, ma non ho davvero avuto un attimo...
Per fortuna la vacanze di Pasqua sono cominciate e quindi eccomi qui!
Per chi mi seguisse su twitter, avevo però regalato uno spoiler del banner eheh che spero vi piaccia, forse è quello meglio riuscito fino ad ora.
A proposito di questo, quando parlerò della ff sui social userò questo hashtag #SpringBreakersEFP ok? :)
Passiamo a ringraziare tutti coloro che stanno seguendo e recensendo la storia, grazie mille davvero! Mi scuso in anticipo ma gli aggiornamenti saranno per forza ogni 10/15 giorni perchè non ho i capitoli pronti e voglio scriverli bene (ditemi voi poi ahah)
Credo che questo capitolo lo stessero aspettando in molti, se non altro perchè compare per la prima volta Luke (Luke Girls a rapporto!)
Cosa mi dite? Commenti, suggerimenti sul suo personaggio. E' anche emerso qualche particolare sul passato di Cal con Michael... Qualcosa in merito?
La seconda metà del capitolo, poi, ho voluto dedicarla tutta a Mike, se non altro per farvi un po' capire dove è collocato e spero di esserci riuscita.
Anche per lui, verso la fine, si dice qualcosa sul suo passato (sì, hanno un passato molto oscuro tutti quanti ahahah)
Che altro dire?
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo e che continuerete a seguire la storia perchè nella prossima puntata (?) i nostri amici incontreranno le nostre amiche!
Ebbene sì, muahahah
Vabbè. Vado che è meglio.
Non vedo l'ora di leggere tutto quello che avete da scrivermi! Un bacio!

-Mary

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


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Capitolo 6

 

Un odore di bruciato misto ad uno di shampoo al sapore di pesca inebriò tutta l'atmosfera della piccola stanza. Seguì un colpo di tosse, poi un altro ancora più marcato ed evidentemente voluto, giusto per attirare l'attenzione.

Una chioma rosa pesca, come il frutto disegnato sulla confezione della lozione per capelli, fece capolino repentinamente davanti al viso sereno e rilassato dell'unica mora del gruppo.

“Chloe. Devi per forza intossicarci tutte cercando di stirarti quei maledetti capelli, che comunque ti restano gonfi?”

Harmony ci scherzò su, ma un fondo di verità nella sua domanda retorica c'era. La ragazza in questione non distolse nemmeno per un secondo lo sguardo dallo specchio, una mano che teneva il pettine di plastica giallo tra la ciocca che stava passando in mezzo alla piastra, l'altra che la impugnava saldamente stando attenta a non bruciarsi, come già era accaduto in passato.

Quando ebbe terminato la grande impresa ed ebbe rimirato più di una volta la sua immagine riflessa, si voltò in direzione dell'amica, al momento un po' accigliata per la poca considerazione che le veniva prestata.

“E tu devi per forza tingere i capelli ed appestare il bagno di casa mia, quando anche la tua ne è dotata?” rispose retorica Chloe, indecisa su come sistemare i capelli adesso che era riuscita a domare i suoi ricci crespi.

“Touchè, ragazza. Dio, questo Spring Break ti sta pompando!” esclamò sghignazzando e assestandole una pacca sulla schiena, neanche fosse stata una giocatrice di rugby.

Gran parte di quel pomeriggio che avevano trascorso nel luogo dei loro sogni, esclusa la breve visita di esplorazione alla spiaggia, l'avevano trascorsa nel loro bungalow a prepararsi per quella sera, in cui avevano deciso che sarebbero andate al Red Scream, locale che sembrava aver messo d'accordo tutte.

Secondo Samantha, non avrebbero potuto permettersi di sbagliare look, quella sarebbe stata la loro serata di debutto e non avrebbero dovuto passare inosservate. Nonostante queste sue parole, però, la bionda non aveva smesso un attimo di ripensare all'incontro avuto alla spiaggia, mentre si era recata al chiosco. Quel ragazzo con gli occhi scuri e profondi le ricordava qualcuno, era sicura di averlo già incontrato. Ma non riusciva proprio a ricordare dove e quando. Chi lo sa, magari lo avrebbe rivisto e glielo avrebbe domandato, dal momento che quel pomeriggio non c'era riuscita.

Quando la lancetta dell'orologio toccò il numero nove, le quattro ragazze erano quasi pronte a varcare la soglia della dimora di paglia e a cominciare a vivere.

Avevano quasi tutte optato per degli outfit sexy ma non troppo, volevano dare l'impressione di essere ancora brave ragazze. Pronte, però, a diventare cattive perchè, lo sanno tutti, le brave ragazze non sono altro che cattive ragazze che ancora non sono state scoperte.

Samantha ed Haromy, tuttavia, avevano un concetto di normalità molto relativo e personale. Fino a qualche anno prima, anche Rehika era caratterialmente simile alle due amiche, ma con il college e le responsabilità che si erano triplicate, aveva dovuto darsi un contegno. Tuttavia, adesso era in vacanza, e avrebbe potuto concedersi qualche sgarro alle regole.

Quest'ultima, infatti, aveva indossato un vestitino molto ristretto, lungo appena sotto il sedere e di un tessuto molto leggero che alla prima folata di vento si sarebbe sicuramente sollevato; era di una tonalità azzurro pastello, e in alcuni punti tendeva al blu più scuro; la fasciava bene in vita e poi si faceva più morbido dalle anche in giù; nella parte superiore era retto da due spalline, collegate a due triangolini che le coprivano i seni, e per far sì che l'effetto fosse molto più naturale, decise di non indossare il reggiseno sotto di esso. Aveva completato il tutto con una collana dai pendenti colorati e con un paio di zeppe molto alte, non meno di dodici centimetri, color nude e chiuse da una fibbia latrale.

Sam e Hammy erano decisamente più casual ma, su di loro, quei vestiti risultavano comunque sensuali. La bionda portava una salopette di jeans chiaro corta, a shorts, e la aveva allacciata solo da una parte; sotto indossava una tshirt giallo sgargiante lunga fino a prima dell'ombelico, sul quale spiccava un piercing a forma di acchiappa sogni con un diamantino; ai piedi un paio di mezzi anfibi neri con la suola alta, che la slanciavano molto ed infine, per completare il tutto, aveva truccato gli occhi con molto mascara ed aveva applicato un rossetto rosa schoking per evidenziare di più le labbra, che non le piacevano per niente ritenendole troppo piccole.

Harmony non era vestita poi tanto diversa dall'amica, optando per un paio di pantaloncini inguinali turchesi, che certamente contrastavano i capelli colorati, una canottiera in fantasia colorata che le lasciava scoperte le costole ai lati e alla quale aveva fatto un nodo sul lato sinistro affinchè si intravedesse una parte di bacino scoperto. Come scarpe aveva preferito la comodità delle sue Converse basse bianche, dal momento che era comunque abbastanza alta. Si passò solo una riga di matita della stessa tonalità degli shorts sugli occhi e un velo di lucidalabbra che aveva rubato a Sam.

Chloe, infine, era la più normale di tutte. Non le dispiaceva andare in discoteca, tutt'altro, ma lei era forse l'unica che ci andava con lo scopo per cui era stata creata, ovvero per ballare. Non le importava molto, poi, se qualche ragazzo la guardasse, lei voleva sentirsi a suo agio per scatenarsi fino al mattino seguente. Aveva scelto, quindi, degli shorts di jeans un po' strappati e a vita bassa, un top bianco incrociato sul davanti con effeto “vedo non vedo” sul seno; in testa aveva legato una bandana blu in fantasia, per raccogliere quei ciuffi di capelli che non riusciva a legare nella coda alta che aveva fatto e che, ballando, si sarebbe sicuramente disfatta. Aveva poi indossato degli orecchini a cerchio abbastanza grossi e color oro; nessun make up, fatta eccezione per una passata veloce di terra abbronzante, giusto per non sfigurare con le sue amiche dalla carnagione più scura.

Con qualche banconota infilata nella carta d'identità -quella di Chloe falsificata in quanto non ancora maggiorenne- e il cellulare riposti nelle tasche, le ragazze si incamminarono verso la loro meta, senza sapere che quella serata sarebbe stata la prima di innumerevoli altre sorprese, se più o meno piacevoli sarebbe stato dettato dalle circostanze.

 

 

*

 

 

Un leggero alito di vento mosse la piccola nuvoletta di fumo che aleggiava nel cielo limpido e sereno di quella serata di Marzo, dal clima comunque mite essendo in California.

Si poteva udire chiaramente la musica, che giungeva soffusa alle orecchie di chi fosse fuori dal locale-discoteca che pian piano si stava riempendo di ragazzi e ragazze vogliosi di ballare, bere e divertirsi, che formavano una fila stando in piedi ed aspettando il proprio turno per entrare al Red Scream.

Alcuni di loro erano nettamente suddivisi tra gruppi di sole femmine ed altri di soli maschi, altri ancora erano misti; c'erano poi coppie di fidanzati ed altri ancora che, probabilmente, erano venuti da soli per conoscere qualcuno con cui scambiare due chiacchiere.

Erano circa le nove e mezza e, sicuramente, nessuno sarebbe entrato dentro prima delle dieci e trenta.
Il paesaggio entro cui era ubicato il locale era ancora più suggestivo di sera che di giorno. Il sole stava lentamente calando, donando al mare riflessi meravigliosi, con sfumature che avrebbero fatto invidia ad un arcobaleno dopo un temporale; passavano dal giallo intenso all'arancione, al rosso, al viola ed, infine, al blu notte, che faceva da specchio ad un meraviglioso cielo puntinato di stelle argentee e luminose che, seppur lontane, cercavano di rischiarare la sabbia sottostante, non più dorata dal sole.

Si potevano ancora intravedere i profili delle casette della piccola cittadina, appena poco fuori e lontana dalla spiaggia, e le relative finestre dai vetri tinti di giallo opaco, segno che alcune luci all'interno erano ancora accese.

Se ci si fosse addentrati più nell'interno costeggiando la riva, si avrebbe potuto godere di un silenzio pacifico, ma non inquietante, di quelli che ti fanno stare bene e sentire in pace con il mondo intero.

Indubbiamente, West Side Beach era la definizione più vicina di paradiso terrestre.

“Ti spiacerebbe spegnere quella dannata sigaretta e smetterla di fumarmi in faccia?”

Calum diede un colpo di tosse e scacciò il fumo che gli era arrivato davanti al viso con un gesto, abbastanza infastidito, della mano. Dopo di che, mise nuovamente le mani nelle tasche anteriori degli attillati pantaloni neri, in fondo ai quali si potevano scorgere a mala pena le converse completamente nere, che si confondevano con essi.

“Scusa” Ashton fece un ultimo tiro dalla sigaretta ormai ridotta a mozzicone, quindi si accucciò sulla sabbia e la spense lì sfregandola più volte su di essa in modo che non restasse accesa.

“Quando avrai finito di giocare ad Hansel e Gretel e ti deciderai a non lasciare più scie di mozziconi di sigaretta sparsi per tutta la città, avvertimi” esclamò sarcastico il moro.

“Non penserai mica che ad ogni sigaretta che fumo vada a cercare un cestino della spazzatura” ribattè il riccio alzandosi ed inarcando le sopracciglia come a voler sperare che l'amico scherzasse con la sua affermazione.

“Lascialo perdere, Cal” intervenne Luke, sfilando dalla tasca posteriore dei pantaloni di Ashton il suo portafogli “E grazie, Ash, per i dieci dollari che mi dovevi” concluse estraendo da quest'ultimo una banconota e lanciando in direzione dell'amico l'oggetto che gli aveva appena sottratto.

“Non c'è di che, è stato un piacere!” sbuffò sarcastico il biondo, scostandosi un ricciolo che gli era ricaduto sull'occhio.

I tre ragazzi seguirono la scia di persone e si misero in coda dietro all'ultimo della fila, un tipo alto e con i capelli rasati ai lati della testa, al centro della quale svettava una cresta che emanava un forte odore di gel e lacca.

Luke si arrotolò le maniche della camicia verde a quadretti neri che indossava sopra una maglietta con una scritta bianca, you complete me, su sfondo nero, come anche il resto del suo abbigliamento.

Ashton si sfilò il giubbotto di jeans che indossava e tolse dalla tasca di esso il pacchetto bianco di sigarette, che ripose invece nei pantaloni. Giocherellò con l'accendino girandoselo tra le dita, poi lo fece scattare più volte, facendo roteare freneticamente la rotellina di ferro.

“Cazzo, si è scaricato!” imprecò e scaraventò l'oggetto distante sotto lo sguardo dei suoi amici.

“E ancora una volta, l'ambiente ringrazia Ashton Irwin per il suo contributo quotidiano e il suo impegno nella sua salvaguardia!” esclamò retorico Calum.

“Vedi di chiudere quella bocca, Cal” ruggì Ashton facendosi scivolare il giubbotto sulle spalle e rimboccandosi le maniche della maglietta dei The Clash.

“Uh, siamo un po' nervosi stasera?” Calum adorava stuzzicarlo, sapeva che il riccio era abbastanza suscettibile e badava più alle piccolezze che alle faccende davvero importanti ma, nonostante questo, non serbava rancore e appena sbolliva la rabbia momentanea tornava tranquillo e sereno come se nulla fosse successo.

“Ho bisogno di una ragazza, se capisci cosa intendo” rispose senza pensarci troppo e toccandosi il retro dei pantaloni dove aveva precedentemente posto le sigarette, ma si ricordò improvvisamente che era appena rimasto senza accendino.

Luke continuava a torturarsi i piedi, riuscendo a far entrare la sabbia nelle scarpe, benchè fossero alte fino alla caviglia.

“Spero che ci facciano entrare presto, ho una voglia assurda di bere!” esclamò il biondo con i capelli disordinati e somiglianti ad un ananas che, adesso, era passato a torturarsi il piercing che aveva sul labbro.

“E io di scopare” lo seguì di rimando Ashton, che poi scoppiò a ridere e coinvolse anche gli altri due presenti.

“Sarai felice, allora, adesso che sono arrivate le ragazze di città per lo Spring Break” disse Calum, spostando il peso da una gamba all'altra.

Sul volto del ragazzo con i capelli ricci e cosparsi di riflessi dorati si dipinse un sorriso furbo e compiaciuto, gli piaceva quando gli altri riuscivano a toccare il punto esatto della questione.

“Oh, amico mio... Non immagini nemmeno quanto” e così dicendo si lanciò letteralmente su Calum cingendogli il collo con il suo braccio muscoloso quando questo aveva alzato gli occhi al cielo in un'espressione che poteva esprimere solamente quanto fosse irrecuperabile il suo amico, tesi appena confermata da quella sua ultima battuta.

 

 

Il tempo sembrava scorrere lentamente, come del resto sempre quando si aspetta qualcosa in modo impaziente. Fuori dal Red Scream la gente continuava ad aumentare, trepidante affinchè le porte si aprissero e potessero entrare a cominciare la propria serata.

Un uomo massiccio e dalla pelle scura uscì, portando con sé due grossi pali d'ottone e una spessa corda intrecciata. Si fermò esattamente davanti alla porta d'ingresso del locale e montò la corda ai due pali, che avrebbe chiuso davanti a chi non ritenesse opportuno far passare.

“Cinque minuti e potete entrare” annunciò l'uomo con voce profonda e perfettamente udibile anche dal fondo della fila.

Si levò un boato d'approvazione, la coda ormai si era fatta piuttosto lunga ma, dopotutto, si trattava del locale più in voga del posto, era normale che tutti volessero passarci almeno una serata a divertirsi.

Luke saltellò sul posto, come se si stesse scaldando prima di una corsa, mentre Ashton continuava a giocherellare con i buchi in fondo alla sua maglietta, allargandoli ancora di più.

Calum era tranquillo, come sempre del resto. Non si scomponeva mai, ad eccezione di quando veniva provocato da certe persone.

“Ehi, Cal” Luke si fermò improvvisamente dal suo esercizio sul posto, come se si fosse appena ricordato di qualcosa che avrebbe voluto chiedere ma di cui, poi, si era scordato “Non doveva partire anche tua sorella per lo Spring Break?”

Il moro si voltò verso di lui e, quasi senza rendersene conto, un sorriso dolce illuminò il volto del ragazzo, che abbassò lo sguardo come se gli si fosse appena materializzata davanti agli occhi una scena di un qualche ricordo passato. Lei. Non poteva fare a meno di sorridere pensando alla persona che avesse più cara al mondo, sua sorella. La amava con tutto se stesso, l'avrebbe protetta al costo della sua stessa vita e da quando lui aveva lasciato casa per essere indipendente, aveva dovuto rinunciare anche alla sua “piccolina”.

Non riusciva a credere che dopo mesi e mesi senza poterla abbracciare, avrebbe finalmente potuto stringerla nuovamente fino a stritolarla.

“Sì, è arrivata oggi, ci siamo sentiti per telefono. Ma ha detto che era stanchissima e che se fosse scappata dal gruppo per venire da me, le sue amiche l'avrebbero fulminata” sorrise ancora di più pensando a sua sorella che se ne infischiava dei doveri e andava a divertirsi, lasciando anche la sua parte di lavoro agli altri “Dovevano ancora sistemare le valige e altre cose”.

“Bene, perchè non vedo l'ora di rivederla, è simpaticissima!” esclamò Luke, sul cui voltò si era formato un sorriso radioso.

“È una pazza di prima categoria” intervenne serio Ashton “Non so nemmeno come possiate avere lo stesso sangue” proferì tranquillo e noncurante dell'imminente reazione di Calum, protettivo com'era nei confronti della ragazza.

“Prova ancora una volta a parlare male di mia sorella e ti pentirai di essere nato, Irwin” la serietà nello sguardo del ragazzo lasciò ben poco da ribattere al riccio, che alzò contemporaneamente le spalle e le mani in segno di resa e di scuse.

“Ehi, stavo solo scherzando, Cal!” poi tornò a sorridere malizioso “Almeno puoi stare tranquillo che non me la porterò a letto”.

Calum stava per perdere la poca pazienza rimasta dopo quell'affermazione ma, fortunatamente, la fila di persone davanti a loro cominciò a muoversi e, di conseguenza, anche loro si prepararono ad entrare nel locale.

 

 

*

 

 

“Sento-odore-di-alcool” dopo aver scandito ogni sillaba, con gli occhi che brillavano di entusiasmo, Harmony si era catapultata verso il bancone del bar in modo fulmineo, tanto che le altre faticavano a starle dietro, forse complice anche il fatto che Rehika avesse i tacchi e lei no.

Il locale era gremito di gente e si riusciva a stento a divincolarsi tra le persone per spostarsi da una parte all'altra. La disposizione all'interno era sicuramente particolare e moderna: la pianta era circolare e al centro di essa vi era il bancone dove potevi ordinare da bere, a forma cilindrica, per cui potevi girarvici attorno completamente; tutti i tipi di bottiglie utilizzate per i drink erano schierate su diversi livelli all'interno del banco bar e i loro colori sgargianti contrastavano il bianco candido della superficie sulla quale erano stati posti.

Il pavimento era lucidissimo e cambiava colore a seconda della luci che venivano proiettate dai faretti sul soffitto, che creavano giochi di luce diversi per ogni canzone. Dirimpetto all'entrata, andando verso il fondo, vi era un piano rialzato su cui era stata sistemata la console utilizzata dai diversi dj della serata, in modo che fosse visibile a tutti i presenti.

Era abbastanza spazioso, benchè non era mai facile constatarlo data la numerosa folla che lo riempiva ogni sera.

Era anche noto poiché teneva alla sua reputazione e, fino ad ora, non si erano mai viste risse o liti entro le sue quattro mura.

La ragazza con i capelli colorati era riuscita a raggiungere il centro e, di conseguenza, anche il bancone, entro il quale due ragazzi di bella presenza stavano armeggiando con diverse bottiglie per preparare i drink ordinati dai clienti.

Si lanciò sul piano lucido e, salita con agilità sullo sgabello girevole sotto di esso, si appoggiò con entrambe le braccia e scrutò la vista che si parava davanti a lei, scegliendo mentalmente con cosa cominciare.

“Ehi!” una voce squillante e già sentita dalla ragazza richiamò la sua attenzione. Non impiegò molto a ricondurre quel sorriso alla sola persona vista nelle ultime ventiquattro ore a cui potesse appartenere.

“Alex! Cosa ci fai qui?” domandò sorridente la ragazza, accavallando una gamba e posando la testa sul gomito che faceva pressione sul bancone “Non eri un animatore?”

“Anche. Diciamo che ho molti ruoli da queste parti!” sorrise di rimando, e Harmony potè finalmente godere della bellezza degli occhi del ragazzo, oscurati dagli occhiali da sole quel pomeriggio. Erano di un verde smeraldo mai visto, con una spruzzata di pagliuzze verdi più chiare, che gli donavano riflessi rari e suggestivi. I capelli nerissimi e la dentatura bianca contribuivano di certo a rendere ancora più perfetti i tratti del suo viso, abbronzato come anche il resto del corpo.

“Al momento sto aiutando il mio amico Tristan a fare i drink. Appena apriamo c'è un casino di gente!” gli scappò una risata, che poco dopo coinvolse anche Harmony che, però, era decisa a non dargliela vinta al primo colpo. È vero che era partita per conoscere gente nuova e, possibilmente, uscire con più di un ragazzo, ma non voleva passare fin da subito per una preda facile.

“Lo vedo! È un posto fantastico qui, comunque” cominciò a mordicchiarsi un'unghia, voleva prendere tempo ma aveva anche una voglia impellente di bere. Quasi come se le avesse letto nel pensiero, ci pensò Alex a placare le sue voglie.

“Ti va qualcosa da bere? Offro io, naturalmente” Alex sembrava non perdere mai la capacità di sorridere ed essere cortese, riusciva a tenere sempre viva l'attenzione su di sé.

“Sì, grazie. Però scegli tu, tanto avrò modo di provarne altri stasera!” scoppiò in una fragorosa risata, per poi tendere la mano al ragazzo di fronte a sé “E comunque sono Harmony, ma chiamami anche Hammy!”

Alex le strinse prontamente la mano per poi aggiungere “Beh, il mio nome già lo sai” e strizzarle l'occhio. Dopo di che si allontanò di poco per prepararle da bere.

Sentì, poco dopo, un rumore di passi alle sue spalle e si voltò prontamente per vedere cosa stesse succedendo. Le si pararono davanti Rehika, Sam e Chloe con il fiatone e i volti accaldati, tanto che Ray dovette appoggiarsi alla sua spalla per non barcollare.

“La.. prossima volta...col-col cavolo che mi metto i tacchi” disse tutto d'un fiato, quel poco che ancora le rimaneva.

“Ti stiamo cercando da un quarto d'ora” una smorfia di rimprovero si dipinse sulla faccia di Chloe che incrociò le braccia al petto “La prossima volta almeno dicci dove vai”

“Ve l'ho detto che avevo sete” si giustificò Hammy, poi aggiunse beffarda “E ho anche appena scroccato il primo drink della serata!” annunciò trionfante, nemmeno avesse vinto il primo premio alla lotteria, ammiccando in direzione del ragazzo dai capelli scuri, che non si accorse di nulla.

“Ma quello è Alex!” esclamò Samantha.

“Esattamente, e credo proprio che sarà la prima vittima della mia lista” concluse raggiante la ragazza.

“Sentite, mentre voi state qui a parlare del più e del meno, io vado a ballare. Potrete cercarmi tra circa...” Chloe guardò l'orologio che aveva al polso e che non si toglieva mai “Tre ore. Adesso vado, addio!” e così dicendo sgattaiolò in mezzo al mare di persone e raggiunse la pista principale, in mezzo alla quale vi erano già altri ragazzi che stavano ballando.

Nel frattempo, Alex arrivò con il drink per Harmony, e le altre due ne approfittarono per ordinare qualcosa anche loro e conoscere meglio il ragazzo.

 

 

Le vibrazioni acustiche della musica rimbalzavano da una parete all'altra, coprendo ogni possibilità di dialogo, e l'unica soluzione era urlare nell'orecchio del tuo interlocutore.

Il caldo all'interno si era ormai fatto sentire da un pezzo e non si poteva di certo biasimare le ragazze che erano rimaste più svestite che con indosso ciò con cui erano entrate.

La maggior parte dei presenti era intenta a ballare, benchè la maggioranza non ne fosse proprio capace e si limitasse a qualche movimento base, giusto per non rimanere fermo. Alcuni altri alternavano aperitivi e uscite dal locale per fumare o, semplicemente, per riprendersi dalle alte temperature all'interno.

“Ragazzi, io ho appena adocchiato una biondina che è appena uscita con una sigaretta in mano. Direi che ho appena avuto la mia occasione di unire l'utile al dilettevole” sorrise Ashton senza staccare gli occhi di dosso ad una ragazza con gli shorts di pelle e un paio di tacchi vertiginosi che era appena uscita dal locale.

“Perfetto, adesso che non devo più badare a te posso finalmente andare a ballare” rispose Calum rivolto all'amico che lo fulminò subito con lo sguardo e gli rivolse un dito medio, prima di seguire la sua preda sulla quale aveva messo gli occhi poc'anzi.

“Se la mettete così, allora io vado a prendere qualcosa da mangiare, sto morendo di fame” concluse Luke riferendosi solo a Cal, l'unico rimasto del gruppo.

“Che strano, tu non hai mai fame!” esclamò sarcastico il moro, per poi salutare l'amico e dirigersi al centro della pista.

Era piuttosto bravo a ballare, amava la musica e non poteva fare a meno di muoversi non appena sentiva il ritmo. Si guardava attorno senza però dare troppa importanza a ciò che lo circondava, come se la sua testa fosse altrove. E, in effetti, lo era.

Clifford. Quel ragazzo era diventato la sua ossessione da un anno a questa parte e aveva sempre il timore di trovarselo davanti quando meno se lo aspettasse. Ma non quella sera. No, aveva un'altra sensazione, ancora diversa dalle precedenti. Sentiva una strana energia positiva, come se qualcosa di bello ed inaspettato sarebbe accaduto di lì a breve.

Con la testa immersa nei suoi pensieri contorti, non si rese conto di sbattere contro qualcosa. O, piuttosto, qualcuno.

“Oi!” esclamò la ragazza che aveva involontariamente urtato con la spalla mentre ballava. Non aveva un tono arrabbiato, quanto piuttosto sorpreso.

“Ehi, scusa! Non l'ho fatto apposta, ero un po' sovrappensiero” Calum si voltò per vedere contro chi avesse sbattuto e sorrise debolmente portandosi una mano dietro la nuca, leggermente imbarazzato per essere appena andato addosso alla mal capitata.

“Tranquillo, non...” appena la ragazza alzò la testa verso il moro, le parole le morirono in bocca e la sua espressione sbigottita rimase tale per alcuni secondi.

Dall'altra parte, non tardò ad arrivare anche la reazione di Calum nei suoi confronti. Esitò, scrutando più attentamente la persona che aveva di fronte, per quanto le luci soffuse e che continuavano a proiettare colori sempre diversi come impazzite glielo permettessero e poi, non del tutto sicuro, prese la parola.

“...Chloe?” fece di rimando lui, spezzando un silenzio che si era creato solamente tra di loro, che aveva superato perfino la musica assordante della discoteca e che li aveva rinchiusi in un'immaginaria bolla insonorizzata.

“Calum..” provo lei, non del tutto sicura del suo interlocutore, spingendosi più vicina al ragazzo.

“Non posso crederci, Chloe! Cosa ci fai qui?” Calum si lasciò andare ad un sorriso a quarantadue denti, ormai sicuro di aver a che fare con la persona giusta. L'abbracciò con talmente tanto impeto che quasi non la fece cadere nuovamente. Lei rispose all'abbraccio e si avvinghiò al suo petto, allacciandogli le braccia al collo e posandogli dolcemente la testa sulla spalla.

“Oh mio Dio, Cal! Potrei farti la stessa domanda!” il ragazzo la percepì sorridere sulla sua maglietta sottile e la strinse ancora di più a sé.

“Beh” cominciò staccandosi, seppur a malincuore, da lei “Io qui ci vivo!” concluse ridendo di gusto.

“Ma dai, non ci credo! Con tutti i posti che ci sono in California, proprio a West Side Beach sei finito?” Chloe sgranò gli occhi, quasi non credesse lei stessa alle sue parole. Sapeva bene che Cal si era trasferito da Sacramento ma proprio non le era venuto in mente che il posto dove attualmente abitava era lo stesso nel quale lei e le sue amiche avevano deciso di passare lo Spring Break.

“Non ti ricordavi il nome del posto?” Calum non aveva perso neanche per un secondo il sorriso che gli si era dipinto sul volto fin dal primo momento in cui l'aveva vista.

“No, che stupida!” Chloe si diede un colpetto alla testa e fece spuntare la lingua tra i denti, particolare che la rendeva buffa ma allo stesso tempo adorabile.

“E io non ricordavo che fossi così bella” ribattè lui sincero, ma evidentemente la ragazza non se ne rese conto, tanto che scoppiò a ridere, facendo emergere una piccola fossetta solo sul lato sinistro del viso.

“Chi, io? Ma va! Sono sempre la ragazza che a casa va sullo skateboard e mastica Big Bubble!”

Calum non le tolse gli occhi di dosso nemmeno per un secondo, troppo intento ad ammirare ogni particolare che la riguardasse. Voleva imprimere di nuovo nella sua mente la figura di Chloe, che tanto era cambiata rispetto all'anno passato e, ovviamente, si era fatta ancora più bella a detta sua.

Ricordava tutto, ogni singolo giorno passato insieme a lei, i giochi che facevano da piccoli, le gare sullo skateboard che, puntualmente, finivano con uno dei due sulla seggiola della cucina insieme alla mamma di lui che puliva il sangue dal ginocchio sbucciato di uno di loro. Ricordava come all'asilo lei, un piccolo maschiaccio, minacciasse i loro compagni e lo difendesse, con la salopette di jeans e il cappellino da baseball perennemente in testa. Ricordava i pomeriggi passati insieme a studiare per le verifiche e di come lui le facesse sempre metà di quella di matematica quando il professore non guardava.

Aveva impresso tutto lì, nella sua memoria, che di spazio per Chloe ne aveva sempre.

“Non ci posso credere” Calum si destò dai suoi pensieri, perchè improvvisamente un'altra domanda si fece prepotentemente spazio nella sua testa “Aspetta, se tu sei qui... Significa che anche Harmony, Samantha e Rehika sono con te!”

“Esatto!” la ragazza scattò e saltellò davanti a lui battendo le mani come una bambina “Vieni, ti porto da loro, credo siano ancora al bar, conoscendo Hammy” sorrise e afferrò il polso di Cal per non perderlo di vista nella folla.

“È sempre la solita incorreggibile” seguì Chloe nella risata poi, nel frattempo che stavano camminando uno di fianco all'altro, proseguì a parlare.

“In effetti oggi ho visto Sam alla spiaggia, ma credo proprio che non mi abbia riconosciuto” sghignazzò lui “Quindi sono doppiamente stupido per essermi sorpreso così tanto di averti vista qui, era ovvio che fossi con lei!”.

Chloe rise ancora di più al racconto dell'amico, collegando mentalmente tutte quelle informazioni che le stavano arrivando addosso in pochi minuti come proiettili.

Era felice di averlo rivisto, le mancava davvero tanto poter passare del tempo insieme a lui. Dopotutto, erano cresciuti insieme e Calum, per lei, era come un secondo fratello, oltre a quella piccola peste di Daniel, il suo adorabile fratellino di appena sei anni.

Con non poca fatica, i due raggiunsero il bancone e, come aveva immaginato Chloe, le tre ragazze erano ancora lì sedute, solamente il drink era cambiato.

La ragazza spezzò l'aria agitando freneticamente la mano per farsi vedere ma, non ricevendo alcuna risposta, dopo essersi ulteriormente avvicinata, urlò a gran voce.

“Ehi! Guardate un po' chi vi ho portato!”

Le dirette interessate, riconoscendo la voce della loro amica, si voltarono nella direzione da cui l'avevano udita e, alla visione che si trovarono davanti, rimasero tutte e tre a bocca aperta, un grido di emozione scappò dalla bocca di Rehika, uno ancora più sorpreso da quella di Samantha che, adesso, aveva collegato tutto con un senso logico, e che cercò di sopprimere con la mano.
Solamente Harmony, invece, dovette trattenersi per non rovinare il trucco non appena sentì le lacrime che volevano uscire impazienti dai suoi occhi scuri.

 

 















- my space -

SI SONO VIVA, NON TEMETE PER LA MIA INCOLUMITA'!
Okay, innanzitutto mi scuso per essermi presa i 15 giorni pattuiti per postare il nuovo aggiornamento, è vero, sono arrivata al limite, ma ho anche delle buone motivazioni, giuro!
Forse non sono così buone, ma ho avuto tantissimo da fare e da studiare e, benchè mi mancasse mezzo capitolo da finire, il tempo per scrivere era sempre pochissimo.
Detto ciò, mi sono però fatta perdonare perchè questo capitolo è lunghissimo, il più lungo fino ad ora e, inolte, è IL CAPITOLO!
Ovvero quello in cui i ragazzi incontrano finalmente la ragazze! A dire il vero questa era l'aspettativa, non solo vostra ma anche mia, ma sfortunatamente, per farci stare tutto, sarebbe venuto un capitolo immenso quindi ho dovuto mettere parte di questo nel prossimo.
Non odiatemi, quindi, per questo finale-suspace!
Posso però dirvi che sono a metà del prossimo quindi l'aggiornamento sarà tra 10 giorni come al solito :)
Passiamo al capitolo!
Non sapevo se farlo iniziare già in discoteca o fare anche un flash su come le ragazze si stavano preparando, e alla fine ho otpato per questo. Colgo l'occasione per dire che l'outfit di Chloe è lo stesso del banner (che ne dite, vi piace??) ed è l'unico che non ho inventato, mentre gli altri sono frutto della mia fantasia.
Ho messo un'altra citazione! Credo l'abbiate capita tutti, si tratta di "Good girls are bad girls that haven't been caught" dell'omonima canzone dei 5SOS.
Parlando di loro, adesso forse ne avete un'idea più chiara, da che parte state? Sono tutti un po' OOC, tranne Luke forse ahah, o perlomeno molto poco!
Alcuni di voi lo aspettavano e mi hanno chiesto di lui, quindi ho pensato di far tornare in scena Alex!
E poi arriaviamo alla parte che ho adorato di più scrivere! Calum incontra Chloe. DITEMI TUTTI I VOSTRI PENSIERI E NON LASCIATEMI SCLERARE DA SOLA!
E poi... IL FINALE *basta scrivere in maiuscolo perfavore* Perchè secondo voi Harmony piange alla vista di Cal??
Si scoprirà tutto nel prossimo capitolo, giuro davvero questa volta, ma ditemi la vostra intanto!
Ringrazio come sempre tutti coloro che mi accompagnano in questa avventura, grazie di cuore a chi segue e recensisce, grazie grazie grazie!
A presto persone stupende!

- Mary

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


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Capitolo 7

 

 

Le tre ragazze erano ancora pietrificate sui loro sgabelli dalla vista di Calum, che ancora stringeva la mano di Chloe. Mille pensieri passarono fulminei nelle loro menti e altrettante domande nascevano e morivano, non trovando tempo sufficiente per essere soddisfatte.

La ragazza dai capelli corvini era raggiante accanto all'amico, che sorrideva evidentemente divertito davanti alle altre.

Harmony aveva cominciato a singhiozzare, tanto che Rehika e Sam si erano voltate per controllare cosa stesse succedendo e la videro con una mano sospesa tra il mento e le labbra, gli occhi sbarrati e lucidi nella direzione del moro, il quale sembrava tranquillissimo ed i suoi tratti si erano addolciti.

“C-Cal...” fu tutto ciò che riuscì ad emettere Hammy e il diretto interessato, ben sapendo che solo poche volte nella vita la ragazza si era mostrata così vulnerabile -in pubblico soprattutto- decise di avanzare verso di lei, capendo che questa non sarebbe riuscita a fare un solo passo.

Sciolse la mano dalla presa salda di Chloe e, con gli occhi più dolci che un ragazzo potesse avere rivolti verso qualcuno, andò verso quella chioma color rosa pesca che tanto le era mancata, non smettendo neanche per un istante di sorridere a fior di labbra.

In cuor suo, Harmony fu grata a Calum di aver fatto lui la prima mossa perchè, davvero, lei non riusciva più a sentire il controllo del suo corpo. Lo vide ormai vicino e, quando fu travolta dal suo profumo e dalla sue braccia sicure, potè certamente affermare di trovarsi nuovamente a casa.

“Fratellone... Dio, quanto mi sei mancato!” e così dicendo, le lacrime cominciarono a scorrere copiose sulle sue guance e, mentre solcavano i tratti espressivi del viso della ragazza, ricadevano ritmicamente sulla maglietta del moro, che in poco tempo si bagnò delle emozioni della sorella.

“Sorellina mia. Mi sei mancata più dell'ossigeno” rispose Cal senza sciogliere la presa e, anzi, stringendola ancora di più.

Chloe, in cuor suo, giurò che quella fosse la scena più toccante che avesse mai visto. Sapeva, come anche Ray e Sam, quanto quei due fossero legati; non erano semplicemente fratelli, erano molto di più. Erano come il giorno e la notte, come il sole e la luna, come il cielo e il mare, come il nero e il bianco: non potevano vivere l'uno senza l'altro. E da quando Calum aveva lasciato Sacramento, Harmony aveva sofferto tantissimo, anche se, ovviamente, non lo dava a vedere.

Lei era un guerriero, era forte e niente avrebbe potuto abbatterla. Ma, solo chi la conosceva davvero a fondo, sapeva che l'unico punto debole della ragazza era suo fratello, così come lei era il punto debole di Cal.

Il ragazzo, con un tocco delicato e quasi impercettibile, asciugò gli occhi di Hammy, togliendole dal viso l'azzurro della matita che era colato per le troppe lacrime.

“Ehi, va tutto bene. Ora sono qui” le accarezzò una guancia e i loro sguardi si incontrarono, si persero l'uno nell'altro e, in quel preciso istante, tutto sembrò aver acquisito nuovamente il proprio equilibrio. Due iridi castane che si perdevano insieme, un solo cuore che batteva per entrambi.

Samantha aveva osservato attentamente per tutto il tempo e, inevitabilmente, non potè non tornare indietro con la mente ad alcune ore prima, quando in spiaggia aveva scontrato quel ragazzo che tanto le era sembrato famigliare quanto non era riuscita a ricordare dove lo avesse già visto.

Beh, allora non vedo l'ora di fare una sfida, ci vediamo!”

Adesso quelle parole avevano assunto un senso. Certo, si conoscevano già, e anche da parecchio tempo, per questo Calum l'aveva sfidata ad una gara sullo skate ed era così sicuro che l'avrebbe incontrata un'altra volta. Si diede nuovamente della stupida per non averlo capito subito e, non appena lui si staccò un poco dalla sorella, tentò di spezzare il silenzio creatosi.

“Calum!” la bionda si spostò quel tanto che bastava a raggiungerlo e lo abbracciò con affetto, quasi temendo di fargli del male “Mi dispiace per oggi, scusa ma non ti ho proprio riconosciuto!” scoppiò a ridere e con lei trascinò anche il ragazzo che posò una mano sulla spalla di Samantha, come a tranquillizzarla e a farle intendere che, alla fine, il malinteso era stato divertente e non era arrabbiato con lei.

“Io non sapevo come trattenermi dal ridere! Dai, come hai fatto a non capire chi fossi?” domandò quasi più a se stesso che a lei.

“Ammetti che sei cambiato un bel po' rispetto ad un anno fa!” esclamò prontamente Sam, inarcando le sopracciglia e mettendosi sulla difensiva, ma senza mai abbandonare quello sguardo vispo che brillava nei suoi occhi “Questo me lo devi!”

“Non saprei” Cal sorrise “Io mi vedo uguale ogni giorno allo specchio” la sua battuta fece ridere tutte le presenti e Harmony, che nel frattempo si era ripresa dall'inaspettata sorpresa, si avvicinò al fratello con fare possessivo, gli era mancato dannatamente tanto e adesso voleva averlo solo per sé.

“Sei il solito ingenuo” gli baciò una guancia e gli mise un braccio attorno al collo, la mano ricadeva sulla spalla e il ragazzo le cinse i fianchi, afferrando le dita di lei e sentendosi completamente intrecciato alla sua piccolina, anche con il cuore “Ma resti pur sempre un figo”.

“Eccola! Mi mancava anche il tuo sarcasmo!” si lasciò andare, con lei e le amiche di sua sorella si sentiva del tutto a suo agio, non aveva paura ad essere se stesso perchè sapeva che loro gli volevano bene esattamente così com'era e niente sarebbe mai cambiato.

Anche Rehika, finalmente, ebbe la possibilità di salutare Calum. Lo abbracciò e quasi riusciva ad arrivare alla sua stessa altezza con quelle scarpe vertiginose.

“Tu però sei cresciuta senza dirmi niente, ragazza mia!” Cal squadrò la bionda da capo a piedi e la prese un po' in giro con affetto, sapendo che lei non si arrabbiava mai. Caratterialmente, loro due si assomigliavano molto, e quando uscivano tutti e cinque insieme, erano sempre lui e Ray a badare alle altre tre. Calmi, riflessivi e impegnati veramente in ciò in cui credevano, Calum e Rehika erano andati sempre molto d'accordo.

“Visto? È il risultato di un alimentazione sana!” scherzò lei, rimirandosi le zeppe che indossava e che, per la loro altezza, le avevano fatto perdere di vista Harmony poco prima.

“Sei qui da solo?” gli domandò la sorella, facendogli improvvisamente ricordare di aver abbandonato i suoi due amici con i quali era entrato.

“Ops. Credo di averli lasciati vagare qui in giro” sorrise e poi si volse in direzione di Hammy, l'unica del gruppo a conoscere le persone che aveva incontrato lì, in quanto, quando Cal si era trasferito, all'inizio era venuta a trovarlo un paio di volte per assicurarsi che stesse bene, e così aveva fatto la loro conoscenza.

“Sono qui con Luke e Ash” Harmony roteò gli occhi sentendo l'ultimo nome e non potè fare a meno di trattenere un sospiro di disappunto.

“Che palle, ma esci ancora con quello là?” Calum sapeva che Ashton non le andava molto a genio, non si erano piaciuti fin dal primo momento in cui si erano visti e sapeva che la cosa era reciproca.

“Dai, magari anche lui è cambiato dall'ultima volta in cui lo hai visto!” tentò di calmare le acque e creare un terreno di pace, ma la sorella, ovviamente, non si lasciò sfuggire l'occasione di ribattere.

“Non avresti detto magari se fosse davvero cambiato rispetto ad un anno fa” sottolineò la parola usata poco prima da lui e mise su il broncio ma Cal le posò un bacio tra i capelli e la rassicurò.

“Te lo prometto, Hammy, se osa anche solo darti fastidio, ci penso io a lui”.

Dopo un'altra mezz'ora passata insieme alle ragazze, Calum le salutò con affetto e disse loro che si sarebbero sentiti il giorno dopo. Non riusciva ancora a credere che avrebbe potuto trascorrere un'intera settimana inseme a sua sorella, dopo un anno senza di lei al suo fianco.

Si promise, dunque, di cercare Ashotn e Luke, e di tornare a casa con loro sperando che fossero ancora abbastanza sobri.

 

 

*

 

 

La luce del mattino filtrava attraverso le fessure della tapparella abbassata della camera da letto, quasi come se volesse entrare senza neanche chiedere il permesso.
Vi era solamente quel debole raggio a rischiarare l'oscurità della stanza, entro la quale tutto ancora taceva. Gli unici rumori che pervenivano erano i versi dei gabbiani affamati che volavano qua e là senza una meta precisa, cercando qualcosa con cui sfamarsi; le voci delle persone che erano già in spiaggia, che avevano colto al volo la bella giornata e non ne volano sprecare nemmeno un secondo; infine vi era il ticchettio leggero delle lancette dell'orologio posto sul comodino, che al momento segnava le otto in punto.

Un occhio ancora assonnato si aprì in direzione dell'oggetto e, una volta elaborata l'informazione ricevuta, si richiuse e sperò di tornare nel mondo dei sogni come poco prima.

Il ragazzo si rigirò e si stirò, sotto il tocco leggero del lenzuolo bianco che lo copriva fino a metà petto. Con la bocca ancora impastata dal sonno emise un mugolio, come ad annunciare che si era quasi del tutto svegliato, ed era pronto ad affrontare un'altra giornata.

In tutta risposta, si sentì arrivare addosso un cuscino, lanciato da qualcuno non troppo sveglio, considerata la forza con cui lo aveva colpito.

“No... Non ci voglio uscire con lei” le parole che avevano spezzato il silenzio che regnava in quella camera erano giunte biascicate e non del tutto chiare, ma Calum ne comprese comunque il significato.

Si mise a sedere sul letto e sbadigliò nuovamente, sentendosi un po' più sveglio di qualche minuto prima. Si stropicciò un occhio, infastidito dal sole che stava entrando in maniera ancora più insistente dalla finestra. Poi si voltò in direzione della voce che aveva appena parlato.

“Nessuno ti obbliga a venire con noi se non vuoi” a quelle parole, sentì il suo interlocutore rigirarsi nel letto, e grugnire sonoramente, intervallando il tutto a degli acuti lamenti gutturali.

Quando la sera prima Calum e Luke erano tornati nel loro appartamento, avevano deciso che non sarebbe stato prudente far tornare a casa da solo Ashton, per di più in macchina. Così lo avevano portato via con loro, non con poca fatica dal momento che non riusciva del tutto a reggersi sulle proprie gambe, ubriaco com'era, e lo avevano fatto dormire da loro, avendogli Luke gentilmente ceduto il suo letto. Il biondo dagli occhi color dell'oceano sapeva bene che l'amico non sarebbe stato per niente contento di risvegliarsi sul divano, così si era sacrificato per una buona causa. O, almeno, così recitava il detto.

Calum non era del tutto sicuro che Ashton si fosse ancora ripreso, ma per lo meno aveva detto una frase di senso compiuto e che si collegava anche alla sera precedente. Forse ricordava ancora qualcosa, dopotutto.

Decise, dato che era ormai sveglio, di alzarsi definitivamente dal letto e si avviò lentamente verso la cucina.

“Mi lasci qui da solo?” si lamentò Ashton, sprofondando nuovamente nel cuscino soffice sul quale aveva immerso metà del viso.

“Sì” rispose secco l'amico, senza degnarlo di uno sguardo.

Non era arrabbiato con Ashton, ma credeva che, alla fine dei conti, era colpa sua se si riduceva sempre in quel modo. Avrebbe invece potuto trovare un lavoro, o rimettersi a studiare, ma quella era un'idea molto utopica, conoscendo il soggetto in questione.

Oltrepassò il piccolo disimpegno che collegava la sua camera alla cucina e lì, sul divano, scorse Luke che ancora dormiva pacificamente, sembrava quasi un bambino tanto era sereno il suo viso.

Sorrise a quella vista e pensò ancora una volta a quanto fosse stato fortunato ad aver trovato una persona come lui con cui condividere il tempo che trascorreva in quel posto.

Soppesò l'idea di preparare la colazione ma, rendendosi conto che gli altri due ospiti non erano ancora del tutto attivi, concluse che sarebbe stato meglio andare a mangiare qualcosa fuori.

Tornò in camera e prese dal comodino il suo cellulare. Ashton, seppur non ancora del tutto sveglio, non lo aveva perso di vista un secondo e, quando notò la luce del sole che era giunta inondando l'ambiente, dopo che Calum aveva cortesemente alzato la tapparella infischiandosene del fatto che qualcuno ancora dormisse, si rese conto di che ore fossero all'incirca.

“Cal, non dovresti già essere al lavoro da un pezzo?” la sua voce era leggermente più chiara di quando aveva parlato l'ultima volta, ma vi erano ancora degli evidenti residui di sonno (e di trauma-post-serata).

“Mi sono preso la giornata libera. Ho detto a Jack che mia sorella era qui e sapeva da quanto aspettassi questo momento” sorrise con il cellulare ancora stretto tra le dita, e digitò velocemente poche righe alla persona in questione.

 

Ehi bellissima!

Qui Cal. Ci vediamo davanti all'entrata del vostro villaggio, così andiamo tutti insieme a fare colazione!

Ti voglio bene xx”

 

La risposta non tardò ad arrivare, e la vibrazione che emise tranquillizzò il ragazzo, che stava fremendo d'impazienza.

 

Perfetto, sveglio le altre.

Scherzo, sai benissimo che sono state loro a buttarmi giù dal letto.

A dopo, ti voglio bene anche io xx”

 

Ashton capì perfettamente cosa stesse succedendo e si buttò nuovamente a peso morto sul materasso. Sbuffò, e si tirò il lenzuolo fin sopra la faccia, ma venne tradito da alcune ciocche di capelli che sbucavano dal tessuto candido, impedendogli di mimetizzarsi completamente.

“E va bene, verrò anche io” un'iride verde e cristallina fece capolino da dove si era precedentemente nascosta, rivelando le sopracciglia disordinate e bionde come il grano “Spero che almeno le amiche di tua sorella siano carine!”

Calum non riuscì a trattenere una risata al commento dell'amico e, mentre si vestiva cercando una maglietta che non riusciva a trovare, e che credeva con assoluta certezza che gliela avesse fregata Luke, rispose quasi impercettibilmente, senza voltarsi.

“Sì, lo sono”

E così dicendo tornò nuovamente dove il suo biondo amico era caduto nel mondo dei sogni e, senza troppi complimenti, lo svegliò. Subito non ne fu troppo entusiasta, ma cambiò idea in fretta quando Calum gli promise che poteva fare il bis di qualsiasi cosa, ma solo per quella volta.

Una volta pronti -si fa per dire- lasciarono l'appartamento e si recarono a piedi al luogo dell'incontro, dal momento che la macchina di Ashton era rimasta parcheggiata davanti al Red Scream, dove erano stati la sera precedente.

 

 

 

Il sole non era ancora caldissimo e la brezza fresca tipica del primo mattino si faceva sentire. Nonostante questo, molti tra i turisti erano già in costume da bagno stesi sulla sabbia dorata, piacevole poiché non bollente, e alcuni altri erano così coraggiosi da sfidare il mare freddo, che ancora non aveva potuto bearsi dei raggi caldi per concedere una temperatura migliore.

Era facile distinguere chi era venuto con la famiglia a trascorrere qualche giorno a West Side Beach e, invece, i gruppi giunti per lo Spring Break. I primi erano pochi e sporadici, solitamente muniti di ombrelloni e frigoriferi portatili per placare gli attacchi di fame dei bambini che portavano appresso; i secondi, al contrario, viaggiavano leggeri, un asciugamano, un cappellino, gli occhiali da sole e talvolta un pallone.

Questo per quanto riguardava la sessione mattutina e le attività in spiaggia. Perchè, fino ad ora, le ragazze avevano visto solo il lato “buono” di ciò che quella vacanza poteva offrire loro. Quello di cui invece non si parlava era perchè considerato non del tutto legale e non propriamente allestito dai responsabili dell'ordine, quali polizia e simili.

Per lo più, infatti, quello che veniva organizzato si svolgeva la sera tardi o, in alternativa, in luoghi appartati, per raggiungere i quali era necessario avere le giuste conoscenze e il luogo dell'incontro lo si veniva a sapere solamente qualche ora prima.

Era questo che si raccontava riguardo agli Spring Break a scuola, questo il motivo per cui tutti volevano partire e prendere parte ad esso. Avevano tutti la convinzione che avrebbero abbandonato la loro vita monotona per un po' e avrebbero vissuto all'insegna della trasgressione, dove non vigevano regole e dove ciò che sembrava sbagliato era invece giusto.

Un sogno, una visione estatica della quale, molto presto, sarebbero venute a conoscenza anche Rehika, Samantha, Harmony e Chloe.

Non impiegarono molto i tre ragazzi a raggiungere il luogo dell'appuntamento e, di fatti, vi trovarono lì Harmony e le altre che li stavano aspettando, Chloe impaziente di mettere finalmente sotto i denti qualcosa di veramente commestibile oltre alle chewing-gum.

“Ciao ragazze!” Calum le salutò da lontano, sfoggiando un sorriso radioso e, quando anche gli altri due giunsero al cospetto, non indugiò oltre con le presentazioni.

“Ragazze, questi sono Ashton e Luke” li indicò rispettivamente col dito e il riccio trattenne a fatica una smorfia quando il suo sguardo incontrò quello altrettanto duro della ragazza dai capelli tinti.

“Direi che l'unica presentazione di cui vale la pena è quella di Luke” intervenne Hammy senza lasciarsi scappare una frecciatina contro Ashton “Ad ogni modo, io sono Harmony!” sorrise e tese la mano verso il biondo che, tentennante dopo gli sguardi che si erano passati lei e il suo amico, la strinse accennando un sorriso “Ma noi ci conosciamo già, vero Luke?” sorrise e poi proseguì.

“Loro, invece, sono Chloe” si voltò e proseguì la presentazione che aveva iniziato il fratello, indicando le sue amiche che erano schierate accanto a lei “Rehika e Samantha”.

I due gruppi si guardarono reciprocamente con interesse, cercando chi di memorizzare i nomi -Luke e Chloe-, chi invece di fare al meglio una radiografia completa di chi avevano di fronte -Ashton, Sam e Ray-.

Nel frattempo, Calum e la sorella ne avevano approfittato per abbracciarsi nuovamente, ad entrambi sembrava trascorsa un'eternità dalla sera precedente. La ragazza, quando si sciolse dalle sue braccia, accarezzò dolcemente il braccio di lui, sul quale spiccava la rondine tatuata che portava il suo nome.

“Credo che quando hai fatto questo tatuaggio, sia stata la prima volta che mi sia commossa davvero” sussurrò Harmony, in modo che quella conversazione fosse udibile solamente da lei e dal fratello.

Calum gli posò un bacio premuroso sulla nuca e le cinse le spalle.

“Sei la cosa più importante della mia vita, e voglio che tutti ne siano a conoscenza” si guardarono intensamente, con gli occhi che solamente chi ha la consapevolezza di stringere tra le braccia qualcosa di fragile e al tempo stesso forte può avere, e si trasmisero un brivido a vicenda.

“Smettila, o mi farai piangere per la seconda volta” cercò di mantenersi seria, ma il moro la conosceva fin troppo bene e sapeva che sotto quella facciata c'era in realtà una persona stupenda.

“Quando avete finito con le smancerie, io direi di andare” la voce stizzita di Ashton alla vista del suo amico e della sorella interruppe quel momento così intimo e che aveva aspettato un anno per essere vissuto.

Dopo che ebbero terminato i convenevoli implicati dalle presentazioni, e dopo le evidenti ma silenziosi esortazioni di Chloe ad incamminarsi verso il bar, il gruppo si mosse in direzione del locale di Jack per fare, finalmente, colazione.

 

 

*

 

 

“Credevo che venissi in macchina” esclamò ad un tratto Harmony rivolta verso Calum, impedendo come meglio poteva che la crema uscita dal cornetto, che avidamente stava mangiando, le colasse ulteriormente intorno alla bocca.

Il locale di Jack era gremito di gente, come sempre a quell'ora della giornata, e a Calum un po' dispiacque averlo abbandonato alla folla che sbraitava per avere un caffè o un donunt.

I tavolini erano già quasi tutti occupati, ma fortunatamente riuscirono ad accaparrarsene uno vicino alle finestre ed anche lontano, si fa per dire, dal caos che faceva da padrone lì dentro.

Dopo essersi disposti al meglio, per quanto potevano in sette in un tavolo da sei, avevano ordinato ogni genere di piatto commestibile all'interno del locale: si spaziava da brioches di ogni gusto a pancackes con tre diversi sciroppi, dalle uova con il backon ai mini panini salati, dai succhi di frutta ai caffè. Calum voleva festeggiare in grande il ritorno nella sua vita della sorella e non aveva badato a spese, offrendo la colazione a tutti i presenti.

“No, ieri sera abbiamo dovuto lasciare l'auto di Ash al RS e siamo tornati a piedi, mentre quella di Luke è ancora dal meccanico” rispose il moro afferrando una fetta di crostata all'albicocca.

Ovviamente, si era seduto vicino a lei, che si era subito impossessata del posto con vista, e a Chloe, occupando così la prima delle due panche di cui il tavolo disponeva; di fronte a loro vi erano le altre due ragazze e Luke, che invece era seduto verso l'interno e quasi sul ciglio, tanto che si accertava con occhiate furtive di avere ancora il sedere al suo posto e non a terra; Ashton, invece, non aveva voluto rinunciare alla sua comodità, per cui si era messo capotavola, rubando uno sgabello ad uno dei tavolini a due posti dietro di lui.

Era stato quello più silenzioso, tra tutti, i quali al contrario sembravano avere moltissimi argomenti di cui parlare, benchè si conoscessero solamente da nemmeno un'ora.

Dalla sua postazione, senza temere di ricevere gomitate da qualcuno, poteva osservare e soffermarsi attentamente sulle nuove amicizie di Calum. Lui e Luke, ovviamente, non avevano avuto occasione di conoscere Chloe, Rehika e Samantha, solamente Harmony quando ogni tanto era passata a fare visita al fratello e, secondo Ashton, la sua presenza era già stata più che sufficiente. Non aveva nulla contro di lei, solo non gli piacevano i suoi modi di fare: era una ragazza sboccata, provocante anche senza volerlo, un maschiaccio che non sarebbe stato degno nemmeno di Cal, e poi, quello che Ash proprio non riusciva a sopportare, era il rapporto morboso e appiccicoso che aveva con il fratello.

Passò in rassegna i visi nuovi, sperando di non trovare altre fotocopie di quell'odiosa testa rosa che era tornata senza preavviso anche nella sua di vita, e non potè non notare la schiera di chiome bionde alla sua destra. Accanto a Luke, la prima che vide fu Samantha, così gli sembrava di ricordare che si chiamasse, e il suo modo di fare gli ricordò molto quello di “testa rosa” -così ormai aveva soprannominato Harmony per via del suo colore di capelli- però era anche molto carina e il colore dei suoi occhi, doveva ammetterlo, era davvero particolare e magnetico. Avrebbe potuto farci un pensiero, ma non era esattamente il suo tipo. Come se ultimamente ci badasse davvero, pensò poi sarcasticamente.

Accanto a lei, vi era un'altra bionda, sicuramente un po' più grande, lo si vedeva dai suoi gesti e dal modo di porsi. Molto bella anche lei, aveva un sorriso capace di accenderti qualcosa dentro e infatti, quando rise, Ashton perse momentaneamente la concezione del tempo. Forse su di lei poteva fare un pensiero più concreto, dal momento che lui era anche più grande di Calum e, quindi, anche di sua sorella.

L'unica a distinguersi per il colore dei capelli, anche perchè per quanto riguardava il resto, ad Ashton sembravano tutte perfettamente uguali, con più parti del corpo scoperte che vestite, carine, dallo sguardo furbo e tutte potenziali scelte per finire a letto con lui, era Chloe.

Il nome lo ricordava perchè anche una sua cugina si chiamava così, anche se erano ormai anni che non la vedeva né sentiva più. Ai suoi occhi era sembrata la più tranquilla, scambiava qualche battuta con le sue amiche ed era espansiva solamente con Calum, sembravano davvero in sintonia quei due.

Non aveva un tipo preciso di ragazza, ma lei le sembrò decisamente la prima da scartare, con quell'aria troppo innocente e di chi non andrebbe mai contro le regole.

Guardò l'ora e, nonostante fossero lì da nemmeno un'ora, ad Ashton sembrò già un'eternità e fremeva per alzarsi da quello sgabello e andare a fare qualcosa di più produttivo. Per lui.

“Caso strano, qualcuno era stra fatto” ghignò beffarda Harmony con un'occhiata che cadde subito violenta sul riccio, che venne così riscosso dai suoi pensieri.

“Ai cazzi tuoi non ci pensi mai?” rispose Ashton impassibile, come se non fosse appena stato insultato e schernito davanti a persone che nemmeno conosceva “Che, a quanto so, ne prendi molti”

La ragazza spalancò la bocca, fingendosi indignata, ma la verità era solo che le bruciava sentirselo dire da un buono a nulla come lui.

“Pensa al tuo, prima che perda le sue doti ante tempo!” non si arrese e continuò quella provocazione che, in verità, era stata iniziata proprio da lei.

“Ehi, ehi” Calum intervenne a frenare le scintille invisibili ma che realmente stavano schizzando dalle iridi verdi di lui, a quelle scure di lei “So che non vi state molto simpatici, ma almeno vediamo di mantenere un contegno in pubblico”

“Come vuoi” Ashton si alzò rumorosamente dalla sua seduta e cercò nella tasca il suo pacchetto di sigarette e, dopo averne presa una che tenne stretta tra le dita, si avviò all'uscita “Io vi aspetto fuori”

Gli sguardi di tutti lo seguirono finchè non oltrepassò la porta e, poco dopo, lo rividero attraverso il vetro che, tranquillamente appoggiato al muro, fumava la sua sigaretta.

“Scusatelo” Luke ruppe il silenzio creatosi al tavolo “Di solito non è così, ma se la prende per poco. Quando usciremo avrà già sbollito tutto” accennò un sorriso e finalmente si sentì più a proprio agio, facendo la conoscenza di tutte quelle nuove persone. Non era timido, ma non voleva neanche dare l'impressione di essere quello strano a prima vista, dal momento che era sempre stato etichettato come tale in passato.

“Secondo voi qual'è il posto migliore per prendere un po' di sole senza bambini che ti usano come bersaglio?” Rehika si rivolse ad entrambi i ragazzi rimasti, sapendo che nessuno meglio di loro avrebbe potuto far da guida.

“C'è una spiaggia bellissima poco lontano da qui” rispose Luke gesticolando come suo solito quando parlava “Se vi va, dato che oggi Calum non lavora, potremmo andare tutti insieme. Io non adoro arrostirmi al sole ma sono un fenomeno a pallanuoto se volete fare una partita!”

A quelle parole, il viso di Chloe si illuminò, riscuotendosi dal suo appuntamento galante con il cibo e saltò sul posto fin troppo eccitata dalla proposta del biondo.

“Sì! Dai, non vedo l'ora di fare una partita! Tanto vi distruggerò tutti!” a quel punto, la mora si era già alzata e fremeva per uscire e precipitarsi alla spiaggia dove, purtroppo, temeva che avrebbero passato meno tempo di quanto lei ne avrebbe davvero voluto trascorrere.

Capendo che ormai non ci sarebbe stato molto da fare contro le intenzioni della ragazza di andare in spiaggia, anche gli altri si alzarono e la seguirono. Calum salutò Jack e gli diede appuntamento al mattino seguente, alla solita ora.

Il sole si era finalmente fatto più caldo e la temperatura invitava a tuffarsi nel mare cristallino il prima possibile.

Una volta fuori, trovarono Ashton nella stessa posizione di poco prima e, dopo averlo superato, Calum propose di prendere la macchina e di passare a casa a recuperare l'occorrente per andare in spiaggia.

Chloe rimase indietro, maledicendo le stringhe delle scarpe che si slacciavano sempre e, mentre era china a fare nuovamente il nodo, sentì una presenza alla sue spalle che la sorpassò.

“Stai attenta, principessina” una voce calma ed inespressiva giunse alle sue orecchie e, ancora incapace di riconoscere a chi dei nuovi ragazzi appartenesse, alzò di poco lo sguardo per accertarsi di chi fosse, ma una grossa mano fu più rapida e le sfiorò la testa, togliendole la bandana blu che indossava per tenere indietro i capelli “Questo non è un posto per quelle come te”.

Ashton fece roteare l'oggetto tra le sue lunghe dita e non degnò la ragazza di uno sguardo.

“Dammela subito, nessuno ti ha dato il permesso di toccarmi” sibilò lei senza staccargli gli occhi da dosso.

“Esattamente” Ashton si voltò e si fece più vicino a Chloe, inarcò poi un sopracciglio e il suo sguardo divenne strano, le fece quasi correre un brivido lungo la schiena “Qui nessuno chiede il permesso di toccare le bamboline come te. Perciò stai attenta, intesi?” un mezzo sorriso, quasi soddisfatto di se stesso, curvò le sue labbra.

Chloe riuscì a strappargli di mano la bandana e, mentre cercava di sistemarsela nuovamente in testa, raggiunse gli altri e salì in macchina, guardando Ashton di sottecchi quando anche lui fu salito a bordo.













 

 

- my space -

Ciao a tutti!!!!
Ma che ciao. So che mi odiate. Però ho una spiegazione razionale, che consta di una sola parola.
ROWYSO
So che anche alcuni tra di voi sono stati ai concerti di Torino o Milano quindi chiedo pietà.
Avevo il capitolo pronto ma dovevo rileggerlo e fare il banner e sinceramente non avevo proprio la testa, che era tutta concentrata nella partenza per il tour.
Sono stata fuori casa 4 giorni ahah 2 a Torino e 2 a Milano per entrambi i concerti ed è stato meraviglioso, vorrei ringraziare tutte le persone che hanno contribuito a rendere stupende queste giornate, una tra tutte ohwowlovely, che finalmente ho potuto abbracciare anche se solo per pochi istanti.
Mi manchi già, sappilo.
Passando al capitolo, percepisco il vostro odio per avervi tenuti sulle spine per ben 1 MESE a domandarvi perchè alla fine del precedente avevamo lasciato Harmony con le lacrime agli occhi. Ta-daaan! Sorpresa! Ecco svelato il mistero, lei e Calum sono fratelli. Qualcuno aveva già indovinato? Fatemi sapere quanto vi ha sconvolto questa cosa.
Ho poi adorato scrivere la parte del contrasto tra lei e Ashton. Non sono adorabili ad odiarsi in quel modo? Vi do il permesso di cominciare ad odiare/shippare qualcuno perchè io lo sto già facendo ma non posso dirvi nulla!
Al momento il gruppo sembra essersi allargato ma come vediamo alla fine, Ashton non ne sembra molto entusiasta e comincia a creare casini, cominciando da Chloe.
Che dire? Sono già a buon punto del prossimo capitolo, che vorrei tornare a pubblicare regolarmente ogni 10/15 giorni massimo. Purtroppo fino a metà giugno ho ancora esami all'università ma cercherò comunque di scrivere il più possibile.
Grazie a chi ancora sta seguendo questa mia pazzia e grazie ai nuovi arrivati, vi amo davvero tutti e non immaginate quanto mi faccia piacere  leggere quello che mi scrivete!
Quindi, se anche questo capitolo vi ha soddisfatto, lasciate un commento e fatemi sapere tutto, rispondete anche ai miei quesiti ahah
Alla prossima!

-Mary




 

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