Game Over

di Anairim M
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una gita per i campi ***
Capitolo 2: *** La teoria della paura ***
Capitolo 3: *** L'aiuto vien dal nemico ***
Capitolo 4: *** L'illusione svelata ***



Capitolo 1
*** Una gita per i campi ***


Era un giorno soleggiato, con qualche nuvola sparsa qua e la, ma in cui faceva un gran caldo. Mi trovavo a Neisberg, paesino campestre più stimato della città, Bisbent, per i suoi meravigliosi campi e alberi, per gita scolastica. Alunni di ogni età si mettevano in fila, per ammirare la bellezza di quel luogo, che fino a poco tempo fa neanche si trovava sulle cartine geografiche. Eppure come era possibile non essere a conoscenza dell'esistenza di questo paradiso terrestre?!. Alunni di scuola elementare si affrettavano, in fila indiana, dietro la maestra. Erano così euforici quei bambini!
Più avanti era presente un gruppetto di ragazzi e ragazze delle scuole medie, che chiacchieravano e scherzavano tra di loro. Sembravano i tipici alunni che vanno in gita tanto per perdere giorni di scuola e non per godersi ciò che essa può concedere.
E poi c'ero io, con le mie compagne, alunne del liceo. Non eravamo mai state una classe molto unita, perciò, anche in gita, si formarono dei gruppetti, e ognuno andò da una parte o dall'altra a seconda di quello che  voleva vedere. Ognuna di noi, fu accompagnata dal proprio genitore. Stavo camminando con mio padre quando ad un tratto notai in lontananza dei fiori grandi e lilla. Corsi a vederli, non potevo resistere. Solo dopo un po mi ricordai di aver lasciato in asso mio padre, allora corsi indietro per andarlo a salutare. Stavo quasi per raggiungerlo quando notai che stava parlando con il mio professore. Inutile dire che tornai indietro e decisi di non avvicinarmi a mio padre finchè egli non si fosse allontanato. Così non fu, a malincuore, decisi di mandare un messaggio a mio padre, almeno per fargli sapere che mi sarei divertita e che lo salutavo. In tutto questo, era molto tardi, tutti gli altri alunni di tutte le classi ed età si erano affrettati a raggiungere i campi Plembi, lontanissimi ma i più belli. Corsi come non mai, correre io! Io, che nell'ora di ginnastica, preferivo vedere gli altri correre! Erano le 10 di mattina eppure l'atmosfera non sembrava mattutina, anzi...
Il sole era improvvisamente scomparso ed il cielo si era riempito di nuvole nere. Campi su campi, nessuno intorno, il silenzio più assoluto.
Vidi una casa, a pochi passi da me, e decisi di andare a vedere chi ci fosse, o meglio se ci fosse qualcuno. Vista da fuori non era la classica casa accogliente.. e qualcosa mi fece pensare che non lo fosse nemmeno vista da dentro. Era una vecchia casa, nera e grigia, sul portone era presente la figura di uno strano mostriciattolo verdigno, con gli occhi rossi sporgenti. Bussai, nessuno rispose. Sperai almeno non fosse chiusa a chiave. La spinsi e quale fortuna... era aperta, perciò entrai.
Avevo ragione. Se da fuori sembrava poco accogliente da dentro sembrava spettrale. Ragnatele e polvere ovunque, vecchi mobili scoperti solo da un lato, coperti da vecchie e rovinate lenzuola bianche. Fui colta da un rumore improvviso, trasalì. Quello che sembrava una specie di schermo, ma in versione molto ma molto vecchia, che non avevo mai visto, iniziò a proiettare un video.
"Ecco cosa ti toccherà fare se vuoi unirti a noi".
Non era un semplice video, sembrava una sorta di videogioco o meglio di un tutorial di come affrontare un gioco. I protagonisti erano zombi verdi, deformati, grotteschi. Il loro compito era quello di annientare i nemici, zombi della squadra avversaria. "E' solo un gioco" pensai. In fin dei conti non avevo niente da fare.. certo non era proprio il luogo più bello del mondo per giocare ma mi accontentai lo stesso. Avevo accettato di giocare eppure non succedeva niente, la schermata era sempre la stessa. Ero ancora lì a fissare quel tutorial che veniva ripetuto all'infinito, quando sentì dei rumori provenire poco distanti da me. La casa era semibuia, l'ansia cresceva, poteva essere chiunque. Credetti di esser diventata folle quando vidi uno di quegli esseri che prima si trovavano nel videogioco, di fronte a me. Nei videogiochi,a confronto della realtà, sembravano dolci e gentili. In compenso però, erano molto bassi, come degli gnomi. Questo prese ad avventarsi su di me, con una grande forza nonostante la sua piccola corporatura. Con non poca fatica, lo afferrai da quel sudicioso corpolino e me lo scrollai di dosso, scaraventandolo a terra. Sarebbe stato fuori gioco per un po. Finalmente il videogioco cambiò schermata e apparse: "Congratulazioni, hai vinto!. Scegli un'altra sezione di gioco". Ero spaventata, sapevo che non era possibile che uno zombie di un videogioco si materializzasse nella realtà, eppure ne avevo combattuto uno. Decisi di verificare questa teoria, perciò scorsi le diverse sezioni. Una diceva "La resistenza", la scelsi.
 

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Capitolo 2
*** La teoria della paura ***


Come al solito, ci vollero alcuni minuti prima che succedesse qualcosa. Poi la portà si spalancò, ma non c'era nessuno. Eppure sentivo ci fosse qualcuno o qualcosa. Il vecchio pianoforte, in fondo alla stanza, prese a suonare note acute spaventose, ma non c'era nessuno seduto a suonare. La finestra sbatteva, ma non c'era vento. I mobili che prima erano solo in piccola parte scoperti, ora venivano scoperti del tutto. Ecco, adesso, ero sicura che qualsiasi cosa fosse, era alle mie spalle. Presi un grande respiro e mi voltai. Non era una cosa ma un qualcuno anzi tanti qualcuno. Decine di persone, pallide, ricoperte di sangue, con gli occhi verdi e gialli, mi circondarono. Non avevano l'aria di stare bene.. per niente. Mi gridarono,chissa in quale strana lingua, quelli che sembravano insulti. Solo dopo aver visto come volteggiavano in aria, e averli visti attraversare le pareti, capì che quelli non erano esseri umani ma spettri. Apparse una schermata: "L'unica cosa da fare è sopravvivere agli spettri arrabbiati per dieci minuti". In realtà erano si spaventosi e ripugnanti, ma all'apparenza innoqui. Non osavano avvicinarsi più di tanto, infatti in quei dieci minuti, che comunque passai nel terrore più totale, non mi fecero niente e passai il "livello" con eccellenza. Ora ero sicura del fatto che ciò che mi veniva mostrato si sarebbe riprodotto nella realtà. Continuai a vedere le sezioni di gioco e lessi "Spazio", "L'unica cosa che devi fare in questo gioco è occupare uno spazio, nient'altro", allora la scelsi. Sullo schermo apparse: "Sali di sopra, per iniziare il terzo e ultimo livello". Con non poca paura, camminai per tutta la stanza, andando a sbattere a destra e a sinistra, a causa del buio. Arrivai a quelle che sembravano una sorta di scale, antiche chissà quanto, e salì al piano superiore. C'era un'unica porta in fondo al corridoio. Era la porta per giocare. Presi un grande respiro e ne girai la maniglia. Al contrario del piano inferiore, mi trovavo in una stanza ben illuminata, pulita e non ero da sola. In quella stanza era presente una donna. Aveva addosso pochi vestiti, che la coprivano solo in parte, ed era truccata pesantemente. "La missione di questo livello è occupare uno spazio, quindi non devi far altro che sdraiarti sul letto". Lo so, non ha un senso logico. Eppure voglio sfidare chiunque, dopo aver affrontato uno zombie e degli spettri, a non essere felice di non dover affrontare più nessun pericolo ma anzi di coricarsi e chissà magari anche dormire. Ma non era come pensavo. Solo quando la donna disse che dovevo svestirmi come lei, e offrirmi in sacrificio, capì la gravità della situazione. Perchè svestirmi? Perchè coricarmi? Perchè offrirmi in sacrificio? E a chi?. Le domande che mi frullavano in testa erano molteplici e non avevo nessuna risposta. Finchè dal piano inferiore si sentirono dei rumori. Un gruppo di barbari si divincolava per fare uno spuntino in quella che doveva essere una specie di cucina male andata. Non erano semplici uomini. "Tra un po verranno da noi e si nutriranno, preparati" disse gioiosa la donna. Vedendo la mia perplessità e paura essa mi disse che sì, quelli non erano uomini come tutti gli altri, ma vampiri. I vampiri, voglio dire, quelli che amo nei film, appunto li amo nei film e basta. Come avrei potuto mai pensare che essi esistessero realmente e che si sarebbero nutriti di me?. Decisi di scappare, ma non avevo vie di fuga. Non mi rimase che nascondermi in quel grosso armadio, di fronte al letto, di colore marrone scuro. La donna non disse niente, nemmeno quando questi arrivarono per nutrirsene. Trattenni il respiro, cercai più che potessi di non far il minimo rumore o mi avrebbero scoperto. Il peggio era passato, i vampiri erano scesi dinuovo al piano inferiore e io tornai a respirare. Una grande mano virile ma delicata aprì l'armadio. Era uno di loro. Rimasi a bocca aperta, senza parole. Avevo paura, molta paura. Pochi secondi e sarei stata pasto per Vampiri. Gli occhi lucidi, le mani, il corpo tremanti, e un sussurro "Non farmi del male,ti prego" dissi disperatamente.

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Capitolo 3
*** L'aiuto vien dal nemico ***


Mi guardò un istante, guardò la porta, richiuse l'armadio e scese giù. Ero convinta fosse giunta la mia ora. Stava avvertendo i suoi simili che nell'armadio si trovava la cena, ero finita. La porta si riaprì. Più tremolante che mai, chiusi gli occhi. Anche se mi avessero ucciso, non l'avrei voluto vedere. Che lo facessero in fretta, pensai. Ed ecco che l'armadio fu riaperto. E' vero, avevo deciso di tenere gli occhi chiusi, ma non ce la facevo, perciò li aprì. Questo ragazzo-vampiro che prima mi aveva fissato con quello stesso sguardo e poi se ne era andato, era ritornato. Non sentì rumori nella stanza, evidentemente non aveva avvertito gli altri, anzi vidi che mi aveva portato del cibo, cibo umano. Pensai che in realtà sapevano tutti della mia esistenza e prima di mangiarmi volevano avvelenarmi per evitare che io soffrissi.. che carini!. "Mangia!" disse lui. "Non ho fame" risposi. "Ma devi mangiare..." "Così mi avvelenate vero?!. Scoppiò in una grossa risata e disse " Non è mia intenzione avvelenarti, pensavo di farti una gentilezza così, e nessuno sa della tua presenza tranne me". Decisi di dargli un morso, al panino intendo, non sono mica un vampiro come lui. Non era male in fin dei conti, e non mi riferisco solo al panino. Alto, moro, occhi castani, col fisico scolpito che si notava anche con la maglietta. Mi disse che dovevo restare per un po’ nell’armadio, che uscire non era una cosa sicura. Dopo di che, se ne andò chissà dove. Dopo poco tempo sentì uno strano rumore all’interno della stanza, ma non proveniva dalla porta, proveniva dalla parte opposta. Aprì appena l’armadio, per riuscire a vedere e capire ciò che stava succedendo e vidi una finestra che dava su un balcone che prima non c’era. Ero sicura che i vampiri avessero sentito quel rumore, tanto forte com’era stato, perciò velocemente uscì dall’armadio e mi recai in quel balcone, per riuscire a trarmi in salvo. Ma una volta nel balcone, come avrei fatto a scappare da quella casa? Non ci avevo pensato, avevo agito di impulso. Nel frattempo sentì la porta della stanza spalancarsi e una decina di vampiri entrare. Videro e rimasero sopresi, proprio come me, questa finestra. Stavano per raggiungermi in quel balcone, non sapevo che fare, era la fine. Mi intravidero dalla finestra. Prima rimasero a fissarmi sbalorditi poi con velocità uscirono nel balcone per raggiungermi. Decisi di buttarmi da lì, era l’unico scampo. Probabilmente mi sarei spiaccicata al suolo, meglio che morire mangiata da un vampiro comunque. Un respiro e… saltai, chiudendo gli occhi. Aprì gli occhi. Ero viva e sana. Se lo ero però dovevo ringraziare quel ragazzo-vampiro. Infatti era stato lui a portarmi giù, in salvo. Lui era uno di loro, perché mi aiutava? E perché non voleva mangiarmi vista la sua natura?. Gli altri vampiri ci raggiunsero prima che potessimo scappare. Presi un pezzo di legno appuntito che si trovava sotto i miei piedi e lo scagliai contro essi, per difendermi. Riuscì a colpire alcuni di essi e sganciarmi dalla loro presa. Ma quel ragazzo era ancora lì, e non sembrava proprio andare d’accordo con i suoi simili, soprattutto dopo quello che aveva fatto. Perciò decisi di non andarmene finchè non avessi tratto in salvo anche lui. Mi avvicinai per toglierlo dalle grinfie di quel vampiro balordo. “Ben fatto, Jeremia” disse quello che sembrava il capo dei vampiri al ragazzo-vampiro che fino a prima mi era stato amico. Mi cadde il mondo addosso. Ero stata così stupida a pensare che volesse realmente aiutarmi. Aveva solo aspettato il momento giusto per farmi del male. Iniziai a fissare un punto qualsiasi al di sopra delle loro teste, e loro molto intelligenti fecero lo stesso. Ne approfittai per togliermi dalla loro presa e vista, scappai più velocemente che potessi. Ero molto lontana, avevo corso tanto e di loro non c'era più traccia. Mi ritrovai in un sentiero scuro, spoglio, silenzioso. “Fermati” sentì urlarmi alle spalle. Era quel traditore di Jeremia. “Aspettami! Non muoverti!”. Come pretendeva l’ascoltassi e addirittura aspettassi dopo quello che aveva fatto..?!. “Stai calma… c’è… c’è.. guarda ai tuoi piedi”. Un enorme serpente verdigno mi circondava strisciando. Non sono morta mangiata dai vampiri, né mi sono spiaccicata al suolo. Sarei morta a causa di un serpente, bello. Jeremia, lo distrasse, lo colpì con un sassolino. Mi allontanai, vidi un albero e mi arrampicai. Mi sentivo un po’ in colpa. Io ero al sicuro sull’albero mentre lui era alle prese con un serpente, per colpa mia. O forse se lo meritava dopo quello che aveva fatto. Era un vampiro, caspita, per lui affrontare un serpente era cosa da niente. Infatti lo affrontò come se nulla fosse, dopo di che mi raggiunse sull’albero. Chiesi come mai avesse voluto salvarmi la vita quando fino a poco tempo prima mi voleva consegnare nelle mani dei vampiri. In realtà, è vero, lui non aveva riferito a nessuno della mia presenza, nessuno sapeva di me. Ma il capo vampiro malvagio, aveva capito che l’avrei salvato, ricambiando la gentilezza e aveva deciso di inventare questa bugia per fa sì che mi consegnassi. Passammo alcune ore lì, seduti vicini sull’albero. Non eravamo soli. C’erano anche uno scoiattolo e un nido di piccoli uccellini, in alto. “Non possiamo passare la notte qui..” disse J. “Ci vorrebbe un posto tranquillo, al sicuro..magari una casa”. A queste parole, lo scoiattolo tese le orecchie e fissò un punto oltre l’albero. Prese una noce e la tirò giù per terra, in direzione di quel punto. “Scendi, andiamo” dissi a Jeremia, “Seguiamo lo scoiattolo, ci vuole indicare un posto”. Incredulo mi seguì, seguimmo insieme quel piccolo guidatore che ci condusse realmente davanti una casetta. Non era spaventosa come quella precedente ma sembrava molto accogliente. Bussammo. Ci aprì un uomo alto, robusto, con la barba e gli occhi che davano segno di averne viste tante.

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Capitolo 4
*** L'illusione svelata ***


"Accomodatevi pure" ci disse quell'omone con espressione fiera e gentile. Mi chiesi se non fosse una trappola, se magari dietro quella così gentile persona si nascondesse un mostro o qualcosa del genere, tipo il classico mostro da affrontare nell'ultimo livello per vincere il gioco. La mia era pura paranoia.. ormai il gioco era finito, avevo affrontato tre livelli e anche abbastanza bene. Ora dovevo ritornare a casa..era l'unica cosa che volevo. Guardai com'era fatta la casa e da cosa era formata. Cose mai viste. Sembrava di essere in tempi molto antichi. C'era un vecchio tavolo di legno al centro della stanza, in cui era incisa una data: 1880. E non solo. Sia gli oggetti presenti lì che altre indicazioni riguardanti le date, mi fecero capire che non ero più nel XXI secolo. "Cosa..non può essere. No, non è possibile". Le mani sul volto e di spalle all'uomo e Jeremia. "Cosa succede?" chiesero in coro preoccupati. Mi girai. "In che anno siamo?" chiesi spaventata. "1885, perchè?" rispose l'uomo incredulo che non lo sapessi. "Perchè io sono nata nel 1996". Cadde un gelido silenzioso. E silezio fu. Mi svegliai, in un caldo letto, avvolta da delle coperte di flanella. A quanto pare ero svenuta o qualcosa del genere. Jeremia era di fronte a me e accanto c'era l'uomo. Che strano erano vestiti in modo diverso e anche la stanza lo era. L'uomo era vestito da dottore, Jeremia con vestiti moderni e non della fine dell'ottocento e la stanza era più che moderna. Non capì subito quello che era successo. Mi guardai intorno, guardai loro, mi sforzai di pensare. "Sei stata a letto due giorni, ti sei sentita male poichè ti sei affaticata correndo". Ma certo!! Quando ho corso per raggiungere la mia classe e gli altri per vedere i campi Plembi...sarà stato allora che avrò avuto un malore. Ma ciò significa che è stato tutto un sogno..o un incubo. In effetti era troppo strano per essere vero! Come ho fatto a crederci sul serio, stupida che sono. Eppure Jeremia, che probabilmente non si chiama così e quell'uomo che fa il dottore erano reali, in carne e ossa. Com'era possibile?. Nonostante fossi stata fuori gioco per due giorni interi, essi mi erano rimasti accanto tutto il tempo. Mi avevano parlato, anche se sapevano che non li avrei sentiti. Mi avevano preparato del mangiare, anche se sapevano che non avrei mangiato. Mi avevano messo dei film in modo che se l'avessi sentiti e visti mi sarei rassicurata. Con un timido tono di voce mi dissero che avevano scelto: "Gremlins, I 13 spettri e Twilight". Ora si spiega tutto pensai.

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