I'm the one who'll stay

di Sakura Hikari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** È una questione di gusti ***
Capitolo 2: *** Overwhelmed ***
Capitolo 3: *** Furia ***
Capitolo 4: *** The hunter and the phantom ***
Capitolo 5: *** Tacchi ***
Capitolo 6: *** Bacio o Nargilli? ***
Capitolo 7: *** Occhiali ***
Capitolo 8: *** Texting with a stranger ***
Capitolo 9: *** Non è gelosia ***
Capitolo 10: *** Feels like home ***
Capitolo 11: *** My own Doctor Sexy ***
Capitolo 12: *** Tempo ***
Capitolo 13: *** So che puoi sentirmi ***
Capitolo 14: *** Baby, it's cold outside ***



Capitolo 1
*** È una questione di gusti ***


È una questione di gusti
 
Prompt di Martina: Destiel, AU!Modern World. Cas lavora alla pasticceria di famiglia con Gabe e Balthazar. Dean è un critico culinario che odia il suo lavoro e ama le cose semplici.  "Fai questo lavoro, dicevano. E' facile, dicevano...".
BONUS: Dean fa indigestione di apple pie.
Parole: 741
 
“Quel figlio di puttana.”, imprecò Castiel, non appena le porte del laboratorio si furono chiuse alle sue spalle. Balthazar sollevò lo sguardo dalla torta che stava preparando con aria divertita. “Conosco una sola persona capace di far imprecare mio fratello.”, ridacchiò. “È tornato, non è vero?”
“Esatto.”, sbuffò Castiel.

Dean Winchester, il noto critico culinario, che sembrava aver deciso di mortificare Castiel criticando ogni dolce da lui preparato. Questo non era abbastanza dolce, qui mancava la cannella, in quell’altro non ci andava la panna. Cosa importava a Dean se Castiel, il più giovane di tre fratelli, avesse iniziato a lavorare in pasticceria da poche settimane, per pagarsi la retta del college?
Fai questo lavoro’, dicevano. È facile, dicevano... E infatti, era diventato il bersaglio preferito di quella sottospecie di fotomodello tinto dall’appetito insaziabile. Dio, come lo odiava.
“Winchester chiede una fetta di crostata alle mele.”, abbaiò Gabriel entrando. Cas contrasse i pugni. Era ovvio che avesse scelto la crostata di mele, era il dolce di cui Castiel andava più orgoglioso – o almeno, così era finché non era arrivata la stroncatura di Dean.
“Se avrà da ridire anche questa volta, non risponderò delle mie azioni.”, promise. “Anzi no, spero vivamente che si strozzi.”
Sia Gabriel che Balthazar scoppiarono in una grassa risata, sebbene il secondo agitò l’indice in finto tono minaccioso: “Occhio, Castiel! Non sta bene parlare male dei nostri clienti!”
“Quello che non capisco”, continuò Cas. “è se pensa davvero che i miei dolci siano così terribili, perché si ostina ad ordinarli?”
“Direi che in questi casi, uno dev’essere un completo masochista, oppure innamorato perso.”, disse Balthazar. Castiel fece una smorfia, ma Gabriel lanciò un fischio di approvazione. “Propendo per la seconda. Ho notato che ti lancia delle occhiate particolari, Cassie, del tipo che riserva solo alla sua preziosa crostata, se capisci cosa intendo.”, disse, alzando le sopracciglia in quel suo modo caratteristico. Castiel scosse la testa. “È ridicolo.”, affermò, ma un leggero rossore sulle guance lo tradì.
In seguito, Castiel non avrebbe saputo dire se il suo precedente desiderio fosse stato esaudito o se Gabriel avesse aggiunto qualcosa alla crostata come spesso minacciava di fare, fatto sta che, una volta recatosi in bagno quella sera, trovò al suo interno un Dean stranamente pallido appoggiato al lavello. Per un folle istante Cas ponderò l’idea di svignarsela – tutto, pur di non rimanere nella stessa stanza con Dean- ma questi aveva già sollevato lo sguardo, e Castiel si trovò costretto ad entrare, per non fare la figura dell’idiota.
“Castiel.”, disse Dean, il tono inespressivo.

“Tutto bene?”, domandò. Non aveva un bell’aspetto. L’altro rise debolmente.  “Credo di aver esagerato un po’ con quella tua crostata.”
Perché finivano sempre lì? “Beh, sono davvero desolato che le mie pessime capacità culinarie ti abbiano rovinato la digestione.”, disse sarcastico Castiel; forse non sarebbe rimasto , dopotutto. Si voltò per andarsene ma la voce di Dean lo bloccò. “Al contrario. La crostata era squisita.”
Castiel si voltò a guardarlo. L’espressione sul volto di Dean sembrava sincera. Ma allora, tutti quei giudizi negativi?
“Non capisco.”, disse onestamente, scuotendo la testa.
Dean fece sorriso amaro. “Probabilmente avrò esagerato un po’ con le critiche, ma il fatto è che io amo le cose semplici, Castiel; e tu sembravi essere sempre alla ricerca di chissà quale modo per sorprendermi con ricette complicate…”, si interruppe, come se non sapesse bene neanche lui come continuare. “Comunque, quella di oggi era senza dubbio la migliore. Complimenti.”
Beh, questo era… inaspettato, come minimo. Castiel frugò nella propria mente alla ricerca di qualche risposta, ma non gli venne niente. I due mantennero il contatto visivo, e Castiel si ritrovò a pensare che i suoi occhi avevano un bel colore; e aveva le lentiggini: era la prima volta che lo notava. Il tempo passò e Castiel divenne lentamente consapevole della tensione presente nella stanza, come se l’aria fosse improvvisamente diventata immobile, che gli procurava una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco. Peggio ancora, era ben consapevole del sorrisetto sulle labbra di Dean davanti al suo improvviso mutismo; probabilmente sospettava persino che fosse a disagio. A quel punto, Castiel si schiarì la voce:  “Beh, è sempre meglio accorgersi dei propri sbagli in tempo che mai, no?”
Come uscita era orribile, si disse. Mentre si voltava per andarsene, Castiel si diede mentalmente dell’idiota: quel tipo gli faceva un complimento per la prima volta e lui andava in brodo di giuggiole come una qualsiasi adolescente.
Come lo odiava, quel Dean Winchester.

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Capitolo 2
*** Overwhelmed ***


Overwhelmed
 

Prompt di Miriam:  la prima volta di Cas.
Parole: 521
 

Sin da quando era sceso sulla Terra, Castiel era stato rimasto colpito dalla forza delle emozioni umane, e ancora di più dal fatto che lui stesso, un angelo, di certo non programmato per questo, fosse in grado di provare quelle medesime sensazioni al pari delle creature che suo Padre amava tanto. Gli ci era voluto un po’ di tempo per imparare a distinguerle, e a padroneggiarle. E tutto diventava molto più forte ed intenso quando si trovava insieme a Dean.
Baciare Dean è un'esperienza che Castiel riesce a malapena a descrivere: è un miscuglio di emozioni e sensazioni, di respiri, di lingue che si intrecciano e mani che si cercano e esplorano il corpo dell'altro.
Nel buio della camera da letto di un motel, Dean sopra di lui intento a lasciargli una scia di baci umidi, Castiel sente il proprio cuore battere così velocemente che teme possa schizzargli dal petto.
Gradualmente, anche respirare diventa più difficile, come se i polmoni gli si fossero improvvisamente rimpiccioliti e ogni respiro non fosse mai abbastanza. E ogni bacio, ogni tocco non sembra mai abbastanza. Cas lascia scivolare le mani sotto la maglietta di Dean, a saggiare la pelle della sua schiena, mentre il Cacciatore gli allenta la cravatta e gli sbottona appena la camicia, a baciargli meglio il petto. Ma è quando la mano di Dean scivola ad accarezzare la sua erezione vigile ancora protetta dai pantaloni che la mente di Castiel va in tilt e un senso d'ansia gli avviluppa lo stomaco. Un gemito più forte dei precedenti gli sfugge dalle labbra e si scosta un poco, cerca con lo sguardo gli occhi di Dean, offuscati dal desiderio ma allo stesso tempo incerti, come se Dean si aspettasse una qualche risposta da Castiel, come se chiedesse una conferma per continuare. Ma Castiel non sa, non sa qual è la cosa giusta da fare a questo punto. Sa solo che desidera tutto questo, desidera questi sentimenti e, oh, desidera l'uomo di fronte a lui. Lentamente, fa sì con la testa.
A quel punto i movimenti di Dean si fanno più decisi e Cas tenta di stargli dietro, mentre goffamente entrambi si liberano dei propri vestiti e Dean lo spinge gentilmente contro il letto, una mano che stringe le loro erezioni allineate. 
A quel punto Cas smette definitivamente di pensare: sente il proprio corpo tremare travolto da una nuova ondata di emozioni, le sue mani si aggrappano alle spalle di Dean e la sua mano destra ricalca l'impronta che ha lasciato sulla spalla del Cacciatore anni prima. Il respiro caldo di Dean gli solletica la base del collo e sente la sua voce chiamare il suo nome, e oh!, il suono della voce di Dean resa bassa dalla passione è il suono più bello che Cas abbia mai udito.
"Dean...", Cas chiama forte il suo nome, quando sente di aver raggiunto l'apice. Dean lo segue dopo poche spinte. Restano ancora così, i corpi scossi dai brividi, i respiri pesanti. I loro sguardi s' incontrano, ed entrambi vedono la stessa passione riflessa negli occhi dell'amante. Le loro labbra si cercano per l'ennesima volta, ancora una volta.




I pensieri profondi di Sakura Hikari
Una nuova raccolta, yeah! E si comincia con una flash (questa) talmente clichè da far paura. E io non so descrivere le scene di sesso.
Ma si ringraziano (mille volte lodate) le belle persone che mi hanno promptato Destiel all'ultimo drabble event, il cui tema era "I should be at the JIB". Così, mentre le super-fortunate si godevano Jensen e Misha cazzeggiare dal vivo, le altre a casa si consolavano immaginando Dean e Cas nelle loro attività preferite. *battutaccia* 
Ed è così che li preferiamo, non come nella 10x22.
Kisses




 

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Capitolo 3
*** Furia ***


Furia
 



Dean guida veloce per le strade scarsamente illuminate di una strada di campagna, fregandosene bellamente del limite di velocità. Tutto ciò che desidera è frapporre quanta più distanza tra sé e il bunker.
Se solo il Marchio avesse smesso di bruciare (eppure, credeva di aver saziato la sua sete di sangue per oggi). Dean si gratta l’avambraccio, lì dove brilla il Marchio, rosso e implacabile, e tenta di tenere gli occhi fissi sulla strada, perché sa che, se chiude gli occhi, gli apparirà il volto tumefatto di Castiel, i suoi occhi blu che lo fissano dolenti e supplichevoli.
E la cosa peggiore è che è stato Dean a ridurlo in quel modo.
Dean rafforza la presa sul volante, a tal punto che le nocche sbiancano, tenta di non pensare a quanto ci è mancato poco che piantasse la lama angelica nel suo petto, a quanto ci è mancato poco perché Cas morisse per mano sua.
Adesso sapeva che era possibile. Adesso sapeva che era capace di uccidere Castiel – ma in fondo, non gli era già stato predetto? Caino non l’aveva forse messo in guardia, predicendo il suo futuro?
“Dean… ti prego…”, la voce di Cas risuona nella sua mente e Dean ha bisogno di fermarsi. Baby frena rumorosamente sul ciglio della strada, Dean scende, ma le gambe non lo reggono: si ritrova in ginocchio, a ingollare grandi sorsate d’aria nel tentativo di calmarsi. Gli fa male dappertutto, nelle ossa, nel petto, in un punto imprecisato all’altezza dello stomaco, ed è semplicemente ridicolo, perché Cas non si era neanche preso la briga di difendersi dalla sua furia omicida e colpirlo. Aveva incassato ogni colpo, il bastardo. Dean sapeva che Castiel era tutt’altro che fragile: una volta gli aveva sferrato un pugno in pieno viso e lui aveva a malapena battuto ciglio. Ma era accaduto quando Castiel era un angelo dai pieni poteri, e lui un essere umano senza il Marchio di Caino. Quasi una vita fa. Oggi, invece, era riuscito a ferirlo. Era riuscito a far sanguinare un Angelo del Signore – e gli era piaciuto farlo.
Dalla gola di Dean prorompe un suono strozzato, quasi animalesco, ed il Cacciatore sferra un pugno contro l’asfalto; ne sferra un secondo, poi un terzo, poi un altro e così via, finché non perde il conto ed è costretto a fermarsi, la mano dolorante e il sangue che gocciola lento sull’asfalto.
Non l’aveva ucciso, si ripeté. Non l’aveva fatto, era riuscito a riprendere il controllo appena in tempo. Ma per quanto sarebbe durato? Quanto ancora avrebbe resistito, finché non avesse definitivamente perso il controllo, uccidendo Castiel – e spezzando così il suo cuore?
E a quel punto, non sarebbe passato molto tempo fino a che non avesse ucciso anche Sammy. A quel punto, non sarebbe rimasto più niente di lui. Annientato, distrutto.
Allora, cosa fare?
Semplice, sparire. Sparire e liberare il mondo della sua presenza. Del resto, non era quello che aveva sempre fatto, quello che gli era stato insegnato? Liberare il mondo dai mostri.
E Dean Winchester era entrato a far parte del club già da parecchio tempo.






 

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Capitolo 4
*** The hunter and the phantom ***


The hunter and the phantom
 


Si stava rivelando un caso più complesso di quanto fosse apparso in principio. Ascoltando le varie testimonianze, Sam era giunto alla conclusione che non ci fosse nessun caso ad attenderli in quella città, e che le storie di un misterioso individuo che si aggirava per il teatro fossero frutto dell’immaginazione popolare. Dean però non era convinto, ed aveva insistito affinché restassero un’altra sera. Adesso era grato che fossero rimasti: era morto un uomo quella sera, impiccato e lasciato a penzolare nel bel mezzo della palco, seminando il caos nel teatro. Nella confusione aveva perso di vista Sam, ma in compenso aveva avuto la fugace visione di una figura avvolta in un mantello nero che si dileguava verso i sotterranei. Affidandosi al suo istinto, Dean si lanciò all’inseguimento, superando sale e stanzette, giù per due rampe di scale, oltre un corridoio, poi di nuovo giù, finché il cacciatore non perse il senso dell’orientamento.
Il corridoio che stava percorrendo portava ad un’unica stanza in fondo, dalla quale proveniva una debole luce e la musica di un organo, dal ritmo lento, incalzante. Dean tolse la sicura della pistola e percorse la breve distanza che lo separava dalla sala. Decine di candele erano accese e sistemate ai quattro angoli, ma anche così non riuscivano ad illuminare adeguatamente la sala, che restava per metà in penombra. In fondo, seduto a suonare un vecchio organo, c’era il suo amico. Lentamente, la melodia che stava suonando volse al termine, e l’uomo si voltò: aveva il viso celato per metà da una maschera  bianca, ma anche così, persino nella luce soffusa delle candele, Dean avrebbe riconosciuto quel viso ovunque.
“Castiel?”, chiamò, percependo una stretta al cuore. No, non era possibile, pensò. Tu non dovresti essere qui. Tu sei morto.
Eppure, sembrava davvero Castiel, i capelli scompigliati, lo sguardo che sosteneva fieramente il suo, un mantello nero sulle spalle al posto del suo solito trench. E quando schiuse le labbra e pronunciò il suo nome -Dean- con quella sua voce bassa, grave, Dean trattenne il respiro. Era lui.
Abbassò l’arma. Avrebbe voluto chiedergli tante cose, ma la sua bocca formulò tutt’altro. “Sei stato tu ad uccidere quelle persone?”
Castiel, che aveva fatto un paio di passi nella sua direzione, si bloccò. “Sì.”, rispose.
Dean trasse un respiro profondo. “Perché?”
Castiel sostenne il suo sguardo, per poi rispondere: “Era necessario.”
I suoi occhi erano gelidi, estranei. Non era il Castiel che conosceva, era più simile alla versione del Dio Castiel, quello che era diventato dopo che aveva assorbito tutte le anime del Purgatorio.
“Dovevano morire, Dean.”
Ma di questo, a Dean questo non importava un accidente. Quello che voleva sapere era ben altro:
perché sei andato alla ricerca del Purgatorio? Perché hai preferito Crowley, invece che venire a parlare con noi? Perché hai inghiottito tutte quelle anime? Perché te ne sei andato? Perché?
Non formulò nessuna di queste domande, ma Castiel sembrò leggergli nella mente: la sua espressione si addolcì, e per alcuni istanti, tornò ad essere il Castiel che Dean ricordava.
“Dean.”, ripeté, e questa volta c’era una nota di nostalgia nella sua voce. Allungò una mano verso di lui. “Vieni, balla con me.”
E sebbene non ci fosse nessuno a suonare, la musica ricominciò, e questa volta il ritmo era più veloce, crescente.  Dean non era sicuro che quello potesse definirsi ballare – sembrava più un ondeggiare sul posto- ma in quel momento la sua attenzione era tutta assorbita dalla presenza di Castiel: Castiel che invadeva il suo spazio personale senza troppe cerimonie, le sue mani che gentilmente cercavano le sue e lo guidavano nella danza; ed era vicino, così vicino che Dean ne percepiva il calore corporeo, era qui in quel momento, solido ed integro e non in mille pezzi sul fondo di un lago.
Chiuse gli occhi, voltò appena la testa; e percepì qualcosa di caldo accarezzargli la guancia sinistra.
“Dean”, la voce di Cas era più così vicina che poteva sentire il suo respiro caldo sulle sue labbra…
“Dean?”
Dean aprì gli occhi. Non c’era nessun organo, nessuna stanza in penombra e nessun Castiel mascherato, solo la squallida camera di un motel di periferia e Sam che lo guardava preoccupato.
“Tutto bene, Dean? Ti ho sentito borbottare qualcosa…”
Col cavolo che gliene avrebbe parlato.
“Certo, Sammy. Solo un sogno.”




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I pensieri profondi di Sakura Hikari
La storia è stata ispirata da questa immagine promptatami da AlfiaH nel gruppo "We are out of prompt".
Inutile dire che, se si parla di Destiel e de "Il fantasma dell'opera" io ci vado a nozze.





 

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Capitolo 5
*** Tacchi ***


 
Tacchi


Note: stesso universo, gender bender. 


Castielle aveva deciso di comprare un paio di scarpe col tacco. Questa era decisamente una novità per Deanna, dal momento che Cassie aveva sempre dichiarato di trovarsi a proprio agio con scarpe dal tacco basso in quelle poche volte che la cacciatrice era riuscita a trascinarla per negozi. Samantha però giurava che ultimamente l’aveva beccata a studiare attentamente le scarpe di Deanna. “Probabilmente si sente a disagio per la differenza d’altezza, poverina”, bisbigliò Sam in tono dispiaciuto più tardi in un negozio del vicino centro commerciale, mentre attendevano pazientemente che Cassie scegliesse quale paio provare tra i vari tipi esposti.
“Se si sente a disagio è perché tu sei mostruosamente alta.”, ribatté seccamente Dee. Sul serio, dovrebbe esistere al mondo una regola che vieti alle sorelle minori di superare in altezza quelle maggiori di più di dieci centimetri. Non una parola sul fatto che lei stessa tentasse di compensare il divario con scarpe e stivali col tacco.
“Come dici tu, fessa.”, fu il commento di Sammy, e il loro battibecco venne interrotto dall’arrivo di Castielle, in equilibrio precario su quelli che sembravano più un paio di trampoli che di zeppe, ed un sorriso raggiante sul volto. “Allora?”, chiese.
“Sei sicura che queste vadano bene, Cassie?”, chiese Deanna, premurandosi di tenerla per un braccio per evitare che cadesse.
Cassie assottigliò lo sguardo. “Mi piacciono. E poi assomigliano alle tue.”, disse solennemente. Dee era abbastanza sicura di non possedere un paio di zeppe del genere, e col tono più suadente di cui era capace provò a convincerla a provare qualcos’altro. Naturalmente Cassie, testarda com’era, protestò, ma l’intervento di Sammy la riportò a più miti consigli; e questo fu tutto l’aiuto che Dee ricavò dalla sorella, la quale da quel momento in poi preferì fare da muta spettatrice ai dibattiti delle due ragazze, mettendo su un’epica faccia da schiaffi. E agli sguardi assassini di Dee si limitava a scrollare le spalle e a fare un sorrisetto come a dire “È te che vuole!”
Ed eccome se Cassie voleva il suo parere: la ragazza sembrava sorda a qualunque opinione fuorché a quella di Dee, ed in quel momento era troppo concentrata ad interrogarla sulle oscure differenze tra le diverse marche di scarpe per accorgersi del fatto che Samantha dal suo angolo stava aggiungendo un nuovo capitolo al suo film mentale “L’epica storia d’amore di mia sorella e del suo angelo custode.”
Oh, al diavolo!, pensò Dee infine incontrando i luminosi occhi azzurri di Castielle accesi dall’entusiasmo.


 

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Capitolo 6
*** Bacio o Nargilli? ***


Bacio o Nargilli?
 

Prompt di Lisa: Destiel, Harry Potter!AU, "Castiel Novak, Corvonero, è sempre stato strano agli occhi di Dean Winchester, Grifondoro, ma mai quanto quella volta in cui, dopo essere rimasti da soli, Castiel ha cominciato a parlare di Nargilli sotto una pianta di vischio."
Bonus se ci scappa un bacio.
Parole: 727
 

La prima volta che Dean Winchester aveva avuto a che fare con Castiel Novak era stato al quarto anno, quando si era ritrovato coinvolto in una zuffa con un paio di tipi di Serpeverde e Castiel, senza che Dean avesse detto niente (diamine, senza che neanche si conoscessero), si era intromesso ed aveva preso le sue difese. La questione si era poi risolta con una punizione per tutti e numerosi punti in meno per le loro Case, ma a Dean questo importava poco, perché era troppo impegnato a capire perché Castiel si fosse gettato nella mischia per difendere un perfetto sconosciuto. Come risposta, Castiel aveva reclinato la testa di lato e aveva detto: “È per via del colore dei tuoi occhi. Puoi sempre fidarti di una persona con gli occhi verdi.”
Dean non sapeva se essere lusingato o imbarazzato per un commento del genere, o entrambe le cose; fatto sta che da quel momento in poi cominciò a trascorrere molto più tempo in compagnia di Castiel – o meglio, era Cas ad apparire magicamente al suo fianco ogni volta che ne aveva bisogno, quasi avesse sviluppato una sorta di senso per coprire le spalle a Dean.
Con un paio di difetti:  il ragazzo sembrava non avere alcuna nozione del concetto di “spazio personale”, e la maggior parte dei discorsi che faceva erano talmente assurdi che Dean doveva sforzarsi di non ridere nel timore di ferire i suoi sentimenti.
Ben presto si rese conto che non c’era pericolo di rischiare di offendere Cas: il ragazzo era fatto di una scorza più dura di quanto non sembrasse a prima vista, e tutti i commenti maligni che gli venivano rivolti gli scivolavano addosso come acqua limpida su una roccia, e Dean lo ammirava per questo. A Cas non fregava niente di cosa pensava la gente di lui, mentre Dean era ossessionato dal mostrarsi sempre impavido e coraggioso, un modello a cui ispirarsi, e odiava mostrarsi debole.
“Non c’è bisogno di vergognarsi per un momento di debolezza, Dean. Resti pur sempre la persona migliore che conosca.”, gli diceva Cas in quelle occasioni, e Dean doveva voltare la testa per celare il rossore che gli colorava le guance.
Finché una sera non si ritrovarono a scontare la loro punizione a lucidare i premi nella Sala dei Trofei, conversando del più e del meno. Ad un tratto, Dean alzò la testa da una Coppa di Quidditch che aveva terminato di lucidare e si ritrovò Cas a pochi centimetri dal suo viso, abbastanza da fargli prendere un colpo al cuore. Solo che Cas non lo stava guardando: il suo sguardo era concentrato su qualcosa sopra la testa di Dean, e alzando gli occhi, il ragazzo sperimentò il suo secondo infarto nel giro di pochi secondi: sopra di loro era appeso un ramo di vischio. Dallo spavento fece un salto di tre metri.
“Hai fatto bene ad allontanarti, quel coso potrebbe essere pieno di Nargilli.”, disse Cas, raggiungendolo.
“Di… che cosa?”, balbettò Dean.
“Nargilli.”, scandì Castiel. “Sono odiosi, ti si intrufolano in un orecchio e ti sussurrano cose poco piacevoli.”
“Oh… già… Nargilli.”, disse Dean forzando una risata. Solo Cas poteva uscirsene con qualche discorso su una creatura assurda e dalla dubbia esistenza sotto quello che era il simbolo universale per invitare due persone a baciarsi.
Cas reclinò la testa di lato. “Ti senti bene? Sembri scosso.”
“Non è niente… solo che… vischio, sai com’è…” Dean avrebbe voluto mordersi la lingua. Era riuscito a cavarsi fuori da quella situazione imbarazzante ed ecco che ci si ributtava di nuovo.
Cas assottigliò lo sguardo. “Non si tratta dei Nargilli, vero?”
“No.”, ammise.
“E allora a cosa hai pensato?”
E a quel punto la testa di Dean si svuotò, e invece di pensare a qualcosa d’intelligente da dire, il suo sguardo cadde sulle labbra piene di Cas. Non era esattamente la prima volta che succedeva, ma aveva sempre avuto cura di evitare che Cas lo cogliesse in pieno…
E questo gli fece ricordare in che situazione si trovasse e distolse lo sguardo, solo per accorgersi che Cas stava fissando le sue di labbra.
“Oh”, disse semplicemente.
Ancora un altro lungo, infinito istante e le loro labbra si toccarono, e Dean sentì un calore sbocciargli nel petto. E mentre Cas reclinava la testa per un migliore accesso, Dean pensò che forse Cas non era poi così ignorante delle tradizioni comuni.



 

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Capitolo 7
*** Occhiali ***


Occhiali


Prompt di apollo41: Fem! Destiel. Teen! AU, fem! Dean deve portare gli occhiali. Lei li odia, fem! Cas pensa siano adorabili.
Parole: 424


Quei dannati occhiali continuavano a scivolarle sulla punta del naso, costringendola a interrompersi nella lettura e sollevare il ponte degli occhiali su alla base del naso. Castielle, seduta accanto a lei, non aveva fatto alcun commento né aveva riso, e di questo Dee le era grata. Certo, con quella velocità chissà quando sarebbero arrivate alla fine del capitolo, e l’esame era alle porte ormai. Avanti Dee, pensò, cerca di non farti battere da degli stupidi occhiali dalla montatura spessa.
Ma dopo quella che per Dee sembrò la millesima volta in meno di dieci minuti, emise un verso frustrato, se li sfilò e gli poggiò sul tavolo bruscamente.
“Non mi ci abituerò mai.”, dichiarò infine con una smorfia. Li portava da quasi due settimane ormai, ma non le era ancora passata quella sgradevole sensazione che si trattassero di qualcosa di estraneo, alieno, che non appartenessero al suo viso.
“È sempre un po’ fastidioso all’inizio, Dee.”, disse Castielle conciliante, raccogliendo delicatamente gli occhiali e rigirandoseli tra le mani, come se fossero chissà quale artefatto misterioso. “Vedrai che tra qualche mese ti dimenticherai persino di averli addosso.”
“Sono una piaga biblica, Cas, ecco cosa sono.”, si lamentò la fidanzata. “Inoltre, mi fanno sembrare un moscone.”
“Forse. Ma per me, sei un bellissimo moscone.”, scherzò Cas, ma Dee sembrò non averla sentita. “Peggio, sembro una secchiona.”, continuò. “Se solo non fossi allergica alle lenti a contatto…”
“… adesso non ti lamenteresti come una vecchia zitella.”, completò Cassie, ignorando l’occhiata offesa che le rivolse Dee. “Io credo che ti stiano davvero bene, e non ti danno l’aria da secchiona sfigata.”, affermò calorosamente. “Pensi che ti stia mentendo?”
No, Castielle non mentiva mai, non quando la guardava in quel modo, con quegli occhi così grandi, seri e onesti. Alla fine Deanna annuì; Castielle si avvicinò e, delicatamente, le sistemò gli occhiali sul viso; un’istante dopo erano di nuovo scivolati giù e Dee sbuffò.
“Ferma lì”, le intimò Cassie, azzerando la distanza tra i loro volti e servendosi della punta del naso per risistemarglieli. Questa volta non scivolarono più, ma questo era l’ultimo dei pensieri di Dee, spiazzata dall’iniziativa presa dalla mora.
“Geez, Cas, la prossima volta avverti quando stai per fare una cosa del genere.”, disse Dee, con una nota acuta nella voce.
“Però, in questo modo non ti daranno più problemi.”, le fece notare Castielle.
Dee scosse la testa un paio di volte; poi sentì le labbra di Cas premere dolcemente sulle sue una volta, due, tre volte. E per un po’ gli occhiali e i libri vennero dimenticati.








 
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Capitolo 8
*** Texting with a stranger ***


Texting with a stranger


Prompt di ScaRoy Black: Destiel, uno sbaglia a mandare un sms, l'altro risponde e i due non smettono più di messaggiarsi.
Parole: 1037


Erano ormai più di quindici minuti che Sam stava osservando il fratello scambiare messaggi con qualcuno con un sorriso ebete in faccia dall’altra parte del tavolo. Sam diede un colpo di tosse abbastanza eloquente, ma Dean sembrò non farci caso. Un ronzio dal suo cellulare annunciò l’arrivo di nuovo messaggio, Dean lo lesse e rise di gusto.
“Pronto? Houston chiama Dean…”, chiamò Sam abbastanza forte perché la coppia seduta dietro di loro si voltasse. Finalmente Dean sollevò la testa e lo fissò come se si fosse reso conto solo in quel momento della sua presenza. “Eh? Ah… scusami Sam, è che…”, farfugliò.
“Lei come si chiama?”, domandò, con un sorriso d’intesa.
Dean aprì e chiuse la bocca un paio di volte, ed infine disse: “Castiel.”
“Castiel? Piuttosto eccentrico come nome. E dove l’hai conosciuta?”
“Non lo conosco in realtà.”, rispose Dean evitando il suo sguardo.
“Come sarebbe a dire di no?”, domandò Sam aggrottando le sopracciglia. Gli ci volle un altro istante per registrare l’altra informazione presente nella frase. “Un attimo… si tratta di un lui?”
Dean diede una scrollata di spalle e fece un sorriso a mezza bocca. Per un po’ nessuno dei due parlò mentre Sam rifletteva su questo nuovo risvolto. “Beh, è… insolito, ma non è totalmente inaspettato.”, si decise infine a dire, con un sorriso d’incoraggiamento.
Al che, Dean alzò gli occhi al cielo. “Sam, non sono gay.”
Sam gli rivolse un’occhiata significativa, e probabilmente aveva messo su una di quelle facce da schiaffi che facevano perdere la pazienza a Dean, perché il fratello emise un sospiro esasperato.
“Senti, non è come pensi tu, okay? Non è che ci frequentiamo. Diamine, non so neanche che aspetto abbia.”, disse. “Ho solo mandato un messaggio al numero sbagliato, lui ha risposto educatamente e in un modo o nell’altro ci siamo ritrovati a scambiare messaggi. Okay, il ragazzo è simpatico, ha un modo tutto suo di vedere le cose; l’unica cosa che gli si può criticare è che ha una qualche avversione per il cinema, o qualcosa del genere. Ci credi che non ha mai visto Star Wars?”
“E quindi ti piace.”, completò Sam.
“Cosa? No! No, non è quello che…”, Dean s’interruppe e si passò una mano sulla bocca. “Non posso credere che stiamo avendo questa conversazione.”
“Dean, mi hai ignorato per metà della serata, è ovvio che ci sia qualcosa.”, gli fece notare Sam. “Qual è stata l’ultima persona che ti ha fatto quest’effetto? Lisa? Cassie?”
“Sai cosa? Credo che andrò a prendere un’altra birra.”, disse Dean alzandosi, troncando così la discussione. Mentre osservava Dean avvicinarsi al bancone, Sam scosse la testa e pensò di avere il fratello più idiota del mondo. Si sentì un ronzio e Sam si accorse che il fratello aveva lasciato lì il telefono. Un’idea si fece strada nella sua mente, ma fu solo dopo che ci ebbe riflettuto attentamente e dopo aver lanciato un’occhiata assicurandosi che non ci fosse nessun fratello maggiore nei paraggi, che prese il telefono e digitò un messaggio, premendo invio senza esitazioni. Da quel che aveva potuto constatare Dean non aveva intenzione di fare nulla, non nel prossimo futuro almeno, e con ogni probabilità si sarebbe lasciato sfumare un’ottima occasione. Tanto valeva dargli una piccola spinta.
Dean tornò e sembrò non accorgersi di nulla. Sam finse indifferenza e prese un sorso della sua birra. Il suo cellulare vibrò e Dean aprì il nuovo messaggio arrivato quasi d’istinto. Dopo averlo letto aggrottò le sopracciglia confuso: “Ma cosa…”.
 Castiel gli aveva mandato un messaggio strano:
Mi farebbe davvero piacere incontrarti. Venerdì pomeriggio verso le sette ti va bene? Castiel.
Alzò la testa ed incontrò lo sguardo del fratello, e fece due più due. “Sei stato tu, non è vero?”, lo accusò.
“Un giorno mi ringrazierai.”, rispose Sam con nonchalance.
*
Dean si sentiva un perfetto idiota. Con tutta probabilità Castiel non si sarebbe nemmeno presentato. Era vero, erano passati solo pochi minuti da quando aveva preso posto nel locale, ed era anche un po’ anticipo. Ciò nonostante si sentiva teso. Non riusciva a tenere ferme le mani, e giusto per tenerle impegnate prese il menu; dopo qualche istante lo abbassò e si passò le mani tra i capelli.
Maledetto Sam e la sua tendenza a ficcare il naso in affari che non lo riguardavano. Non era pronto per una cosa del genere. Forse, un giorno, avrebbe raccolto il coraggio necessario per chiedere a Castiel d’incontrarsi, in un momento in cui la loro bizzarra relazione virtuale avrebbe raggiunto un punto in cui entrambi si sarebbero trovati d’accordo per incontrarsi; oppure non sarebbe accaduto assolutamente nulla, e Dean avrebbe archiviato il fatto e convissuto felicemente con la cosa.
Ma questo… Dean non era neanche sicuro di cosa pensasse esattamente di Castiel. O cosa pensasse il tipo di lui, se per questo. E se Castiel avesse frainteso? Se avesse una cotta per lui e pensasse che questo fosse un appuntamento romantico? Peggio, se pensava che fosse Dean quello con una cotta? Se fosse spuntato con dei fiori?
Respira, respira, respira, pensò.  Non riusciva a stare seduto, doveva alzarsi in piedi. Fece per alzarsi e in quel momento lo raggiunse una voce alle sue spalle. “Tu sei Dean?”
Dean si voltò e si ritrovò faccia a faccia con l’uomo più stupidamente attraente che avesse mai visto. Sul serio, il tipo davanti a lui aveva capelli neri sparati in tutte le direzioni, come se si fosse appena alzato dal letto, ed occhi di un blu intenso. Indossava un trench ed un completo nero sotto di esso. Dal modo in cui lo guardava, sembrava stesse valutando se la persona davanti a lui fosse chi stava cercando. Dean si rese conto che avrebbe dovuto dire qualcosa, ma per qualche strana ragione la sua voce aveva deciso di andarsene in ferie e non collaborava. L’uomo fece un movimento per andarsene, e a quel punto Dean si riscosse dallo stupore in cui era caduto. “Sì”, disse, e perché diavolo c’era una nota acuta nella sua voce? “Sono Dean. Tu devi essere Castiel?”, disse, porgendogli la mano.
“Esatto, piacere.”, disse con un ampio sorriso, evidentemente sollevato di non aver fatto una gaffe, e stringendo la mano di Dean. “Ti ho fatto aspettare?”
“No, per niente. Ci sediamo?”





 
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Capitolo 9
*** Non è gelosia ***


Non è gelosia


Prompt di ScaRoy Black: Destiel, Free! AU: Cas nuota solo Free, Dean è il suo migliore amico da sempre ma il ritorno di un vecchio amico (Balthazar? Crowley? A piacere) scombina lo status quo. Pining! Dean - Jealous! Dean.
Parole: 1239


Il telefono squillò per quella che gli sembrò la ventesima volta quel pomeriggio. E come le volte precedenti Dean lo ignorò. Sapeva che era Cas a chiamarlo, e non aveva voglia di parlargli. Non aveva bisogno di sentirlo raccontare un’altra volta di Balthazar, di come fosse bravo all’università, di come eccellesse nel club di soft ball di cui faceva parte, di come fosse bravo in Inglese e Francese, e di quanto fosse simpatico, intelligente, divertente e perfetto sotto ogni punto di vista.
Talmente perfetto da trasformare Cas (il tranquillo, taciturno Cas) in un’allegra macchinetta parlante con una semplice telefonata la quale lo avvisava che sarebbe arrivato a fargli visita in occasione delle vacanze di primavera.
Probabilmente a quest’ora Castiel l’aveva già recuperato dall’aeroporto ed erano andati in giro, probabilmente in qualche Cafè davanti ad una coppa di gelato. Dean scacciò dalla propria mente quell’immagine raccapricciante. Forse Cas chiamava per invitarlo a raggiungerli. Beh, per quel che lo riguardava, conosceva modi migliori di trascorrere la serata al posto di trovarsi insieme al suo migliore amico e alla sua presunta cotta e reggere il moccolo.
Una parte ancora razionale del cervello di Dean gli diceva che si stava comportando come un perfetto idiota. Non aveva senso riservare a Cas il trattamento del silenzio. Era vero che, a quanto pare, Cas si era dimenticato di menzionare questo Balthazar, per il quale era palese avesse una cotta di quelle sensazionali. Ma Dean credeva che sei anni di amicizia significassero qualcosa. Erano stati compagni di classe alle medi e alle superiori; era stato lui a difenderlo Cas dai bulli in seconda media; era stato Dean ad incoraggiare Cas ad entrare al club di nuoto, ed era per lui se ne faceva parte; diamine, Dean gli aveva rivelato segreti di cui solo Sam era a conoscenza. E c’erano delle volte in cui non c’era neanche bisogno che dicesse nulla: Cas in qualche modo capiva il suo stato d’animo, anche se questo suo comportamento l’aveva messo a disagio in diverse occasioni, specie quando il moro faceva dei commenti troppo personali con se fosse una cosa assolutamente naturale. Oppure quando il suo sguardo indugiava un po’ troppo su Dean.
E insomma, Dean si sentiva un po’ tradito. E forse, solo forse… era geloso di questo Balthazar che aveva ottenuto il cuore di Castiel con così tanta facilità. Non che si aspettasse chissà cosa da loro, tenersi per mano e guardare drama coreani alla TV. Assolutamente no. Non era così che agiva Dean. Eppure, quella sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco non voleva andarsene.
Dio, era patetico. Se Sam avesse potuto vederlo l’avrebbe preso in giro per l’eternità.
Lo squillo insistente del campanello lo riportò bruscamente alla realtà. “Dean? Sei a casa?”, giunse ovattata la voce di Cas.
Per un lungo istante Dean prese in considerazione l’idea di fingersi assente. Quando il campanello riprese a suonare, però, era già in piedi e stava aprendo la porta d’ingresso. Cas era lì in piedi sotto la luce del portico, un’espressione preoccupata sul viso.
“Non sei venuto agli allenamenti.”, fu la prima cosa che disse, e Dean sollevò un sopracciglio. Davvero? Era venuto fin qui solo per dirgli questo? pensò infastidito.
“Ah già…”, disse portandosi una mano dietro la nuca e assumendo l’espressione dispiaciuta più convincente di cui era capace. “Sono rimasto indietro coi compiti e la prossima settimana c’è il compito in classe di matematica. Cos’è, ti sono mancato?”
Cas non rispose e si limitò scrutarlo con lo sguardo.
“Perché non rispondevi alle mie chiamate?”, domandò ancora.
“Scusami. Telefono scarico.”
Dall’occhiata che gli rivolse Castiel, Dean capì che non se l’era bevuta. E che con tutta probabilità non si era bevuto neanche la balla di prima.
“Posso entrare?”, chiese.
Dopo un attimo di esitazione, Dean si spostò di lato e Cas entrò. Si diressero verso la camera di Dean in silenzio, e solo una volta dentro Dean parlò: “Balthazar è già arrivato?”
“Sì. Gabriel è andato a prenderlo all’aeroporto.”, rispose Cas.
“Ah.”, disse Dean annuendo. E si disse che poteva smetterla qui, lasciar cadere il discorso e parlare di qualcos’altro. Non aveva senso continuare a torturarsi gratuitamente. Ma quando aprì di nuovo bocca la frase che uscì fu: “Credevo che saresti andato tu. Voglio dire, non vedevi l’ora che arrivasse, non parlavi d’altro da giorni.”
Castiel reclinò la testa di lato in quel suo modo caratteristico, come se stesse tentando di svelare qualche arcano segreto nascosto nelle parole di Dean. Per quanto lo riguardava, non c’era niente di implicito o misterioso.
“Dove vuoi arrivare, Dean?”, chiese.
Perché doveva fare finta di non saperlo? “Tu e Balthazar, Cas. Non l’ho ancora conosciuto, ma da come ti esalti quando parli di lui sembra che questo tipo sia George Clooney, o Kevin Costner”, e mosse le mani in aria come per sottolineare le sue parole. “Quindi, sì, se stavi aspettando la mia approvazione, o che so io, vai pure, tigre. Tanti auguri di fortuna e felicità, e le solite cazzate.”
Castiel non rispose. Continuò a fissarlo con un’espressione confusa, come se Dean gli si fosse rivolto parlando in una lingua straniera. Quel silenzio si protrasse per un periodo di tempo che a Dean sembrò infinito, e il biondo si sarebbe volentieri preso a calci per aver parlato troppo. O preso a calci Cas per non parlare affatto e continuare a guardarlo con quella sua stupida faccia.
“Dean”, cominciò Cas, scadendo bene le parole. “Se ho inteso bene le tue parole, tu credi che io provi qualcosa per Balthazar. Ma non è così: è solo un vecchio amico di famiglia, come ti ho già detto.”
 “Mi è difficile crederti, considerato il modo in cui parli lui.”, ribatté Dean, scuotendo la testa. “Senti, perché non mi dici per quale motivo sei…”
Il resto della frase andò perso, perché l’istante successivo Castiel lo stava spingendo senza troppi complimenti contro il muro e premeva le labbra contro le sue.
All’inizio Dean fu troppo scioccato per fare alcunché. Alla fine, il suo cervello tornò a funzionare e gli confermò che quello era davvero Cas, che il suo corpo caldo era davvero premuto contro il suo e quelle erano le sue labbra che si muovevano divinamente contro quelle di Dean. Appena Dean fece per baciarlo a sua volta, Cas si staccò.
“Questo basta come conferma?”, domandò.
Diavolo sì, pensò Dean. Invece, catturò nuovamente le labbra di Cas, sentendo un brivido corrergli lungo la schiena. Cas emise un suono gutturale dal profondo della gola e portò una mano sulla sua guancia e l’altra a scompigliargli i capelli. Dean, al canto suo, sembrava non sapersi decidere, e alla fine si risolse a far correre le mani lungo la schiena del compagno.
Per un po’ la realtà di Dean si restrinse a Cas: al sapore delle sue labbra, alla sua lingua che premette gentilmente sulle sue labbra in una muta richiesta d’accesso (e che Dean esaudì prontamente), ai suoi fianchi che si muovevano contro i suoi. Era talmente preso da queste sensazioni che non si accorse che Cas lo stesse spingendo verso il letto finché non lo urtò con il retro delle ginocchia e un’istante dopo giaceva supino, improvvisamente a disagio senza il corpo caldo di Cas premuto contro il suo. Fu una separazione breve, dal momento che Cas lo raggiunse un attimo dopo.
“Geez Cas, non mi porti a cena prima?”, rise, tentando di mascherare l’emozione e la trepidazione nella sua voce.
“Dopo.”, disse Cas, scendendogli a baciare il collo.
 






 
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Capitolo 10
*** Feels like home ***


Feels like home



Prompt di Alessia: Domestic!Destiel. Castiel non si aggira più nel bunker come un ospite. Conosce il contenuto della biblioteca, sa come avviare la macchina del caffè. Al mattino prende una scodella da latte e la passa distrattamente a Dean. Non indossa più il suo completo come fosse un pezzo unico e gira con la camicia sgualcita fuori dai pantaloni. 
Dean è terrorizzato da quanto tutto questo faccia sentire "a casa" anche lui.

Parole: 714



Castiel non aveva impiegato molto per ambientarsi completamente all’interno del bunker. Dean seguiva inconsciamente ogni sua mossa e progresso giorno dopo giorno; capitava che si trovasse ad osservarlo dalla sedia o dal divano su cui era sprofondato, con una birra in mano e con le labbra distese in un sorriso sciocco, senza che se ne fosse accorto; quando capiva cos’era accaduto, si affrettava ad assumere nuovamente un’espressione seria, dando la colpa alla stanchezza o allo stress. Certamente, era ben felice di sapere Castiel finalmente al sicuro e a proprio agio nel loro quartier generale, dopo che aveva rinunciato alla sua grazia e al Paradiso - cosa su cui Dean non amava molto soffermarsi contemplando le varie ragioni che avevano spinto l’amico a quella scelta.
Ed era anche un bene che finalmente avesse imparato quei piccoli gesti quotidiani all’apparenza insignificanti, ma che alla fine ti salvano la vita, come ad esempio avviare correttamente una macchina del caffè senza romperla a suon di pugni, o orientarsi all’interno dell’immensa biblioteca alla ricerca di un volume senza perdere la pazienza o semplicemente perdersi.
Negli ultimi tempi, però, Dean si era accorto di provare uno strano nervosismo quando si trovava in prossimità di Castiel, qualcosa di diverso dalla sensazione di disagio che lo assaliva quando lo sguardo dell’angelo indugiava un po’ troppo su di lui, o quando lo sorprendeva a fissarlo mentre dormiva: era più una specie di tensione, una sorta di aspettativa, che lo coglieva in vari momenti della giornata del tutto senza preavviso, specie quando Castiel diceva o faceva qualcosa d’inaspettato.
D’altro canto, Castiel era il maestro dell’imprevisto; e tuttavia Dean si ritrovò completamente spiazzato quando, quella mattina, vide l’amico entrare in cucina con addosso solo i pantaloni e la camicia semi-sbottonata. Di colpo Dean trovò difficile distogliere lo sguardo e sentì la bocca farsi secca. Era qualcosa a cui non si era ancora abituato, vedere Cas con abiti diversi dal completo nero e il trench - che si ostinava tuttavia a conservare-, e soprattutto, vederlo così… disordinato, umano.
Dovette deglutire un paio di volte prima di poter ritrovare la voce: “Non ti avevo dato un pigiama?”, esordì.
“Sì”, confermò Castiel, prendendo due tazze da una mensola. “Anche se non ho ben chiara l’esigenza di cambiare abiti per la notte. Mi sembra inutile.”, continuò, sedendosi di fronte a lui e passandogli una delle tazze.
“Questione di comodità, Cas.”, sospirò Dean, accettando una delle tazze e versandosi del caffè nero bollente dalla caffettiera. Un gesto perfettamente normale, senza nulla di strano. Quante volte si erano seduti a quel tavolo, discutendo dell’ultimo caso o di un film, passandosi il sale o una scodella per il latte: e tuttavia quella strana tensione non voleva saperne di abbandonarlo; forse perché, da una parte, era troppo bello per essere vero, e doveva per forza esserci la fregatura – e considerata la sua fortuna e la sua esperienza, poteva benissimo trattarsi di una qualche specie di ‘Truman show’ messo su dal mostro di torno, o da qualche angelo annoiato. Era felice di avere Castiel nel bunker con loro, era felice dell’atmosfera pacifica che si era creata col suo arrivo, quel senso di familiarità e domesticità. Forse stava accadendo tutto troppo velocemente, perché Dean ne era già completamente assuefatto, e desiderava che le cose restassero così per molto, molto tempo. E, in fondo, la cosa lo terrorizzava.
“Tutto bene, Dean?”, la voce di Castiel giunse improvvisa, riscuotendolo dai quei pensieri. Stava per rispondere con un ‘sì, Cas, tutto bene’, ma qualcosa nello sguardo di Castiel gli fece cambiare idea.
“Cas, sei felice?”, chiese invece.
“Naturalmente”, rispose immediatamente Castiel, corrugando le sopracciglia. “Perché me lo chiedi?”
“Niente. Ma…”, s’interruppe, prese un respiro profondo. “Non ti capita mai di desiderare qualcos’altro? Qualcosa di meglio, oppure…”, lasciò la frase a metà, facendo un gesto con la mano.
“No, Dean”, rispose. “Sono perfettamente soddisfatto della mia situazione attuale.”
“Nostalgia del Paradiso?”
“Qualche volta.”, ammise. “Ma preferisco essere qui.” Incontrò il suo sguardo e piegò i lati delle labbra in un sorriso. Dean sentì le sue labbra piegarsi a loro volta in un sorriso del tutto contro la sua volontà, e tornò a concentrarsi sul suo caffè.
Ad un tratto, sentì la mano di Cas posarsi sulla sua. Per qualche ragione, Dean non se la sentì di interrompere quel contatto.





 

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Capitolo 11
*** My own Doctor Sexy ***


My own Doctor Sexy


Prompt di Luke: SPN, Destiel AU: Castiel medico e Dean paziente. Bonus se compare anche Sam.
Note: Dean è allergico alle arachidi ed è stato ricoverato per averne mangiato per sbaglio.


Sam stentava a credere ai suoi occhi: Dean, quello che aveva paura degli aghi, quello che aveva un repulsione per gli ospedali e il loro odore di anestetico e morte, che diffidava di medici ed infermieri, quello che aveva fatto un casino per essere dimesso immediatamente nonostante gli avessero spiegato che era necessario che restasse in osservazione per quella notte, quel Dean, si stava sottoponendo alle dovute analisi con una docilità che, se Sam non avesse visto coi suoi occhi, non ci avrebbe creduto; di più, i suoi occhi avevano assunto una luce particolare sin dal momento in cui il medico primario, il Dottor Castiel Novak, era entrato nella stanza, e non aveva smesso di sorridere un’istante.
D’altro canto,  lo stesso Castiel sembrava ugualmente coinvolto: si era mostrato gentile ed affabile, come del resto l’etichetta richiedeva, eppure Sam sospettava che ci fosse qualcosa di più, a giudicare dall’intensità con cui sosteneva lo sguardo di Dean, e dalla premura con cui controllava dati e risultati.
“Sembra che sia tutto a posto”, annunciò Castiel soddisfatto. “Ti raccomando di stare più attento la prossima volta che mangi qualcosa senza conoscere gli ingredienti esatti.”
“Finché ci sarete voi a prendervi cura di me, non correrò alcun rischio”, sorrise Dean e Sam avrebbe voluto schiaffarsi una mano sugli occhi, o dare uno schiaffo al fratello per le battute ridicole che stava dicendo. Seriamente, tutta la conversazione aveva del surreale. Per fortuna, il medico si limitò a reclinare la testa di lato e a sorridere educatamente, come se fosse incerto di quale fosse la risposta.
“Perdoni mio fratello, dottore.”, si scusò Sam. “Uno dei farmaci dev’essere ancora in circolo.”
Castiel gli rivolse un cenno per dire che aveva capito, e si rivolse nuovamente a Dean. Sembrava che tra i due stesse avvenendo una sorta d’incontro speciale, come se si trovassero nella loro bolla personale e tutto il mondo veniva tagliato fuori, Sam escluso, benché non si sentisse particolarmente offeso di venire ignorato e si stesse anzi godendo parecchio tutta la scena.
Non appena Castiel si fu congedato, Sam partì all’attacco. “Amico!”
Dean si voltò a guardarlo, come se si fosse accorto solo in quel momento della sua presenza. “Cosa?”, chiese stupito.
 “Ti sei preso una cotta colossale!”, esclamò, e la faccia di Dean assunse contemporaneamente trenta sfumature diverse di rosa. “Assolutamente no!”, disse scuotendo la testa.
“Pendevi letteralmente dalle sue labbra!”, rincarò Sam. “Credevo che avresti chiesto il suo numero di telefono da un momento all’altro.”
“Ancora una parola e te ne pentirai”, disse Dean minacciosamente, ma Sam non ci fece caso. “Se la cosa ti interessa, anche lui mi sembra parecchio coinvolto. Ti mangiava con gli occhi.”
“Non è vero.”, negò secco. “E poi, figurati se può interessargli uno come me. Non che mi importi, sia chiaro.”, si affrettò ad aggiungere. “Certo, è una brava persona,  è gentile e premuroso… ma sono sicuro che sia sposato.”, tagliò corto.
“Se vuoi posso fare qualche domanda in giro”, disse Sam, schivando prontamente il pugno di Dean.
“Sai, mi hai ricordato una vecchia canzone. Com’era? ‘Dean and Castiel sit under a tree…’”
A quel punto Sam fu costretto ad allontanarsi per sfuggire alla furia del fratello maggiore, e proprio in quel momento entrò una delle infermiere, che intimò a quest’ultimo di calmarsi .


**


Dean era un codardo, e adesso avrebbe dovuto sopportare le prediche di Sam in eterno per non aver avuto il coraggio di fare la sua mossa con Castiel. Intendiamoci, non voleva mettere nessuno dei due in imbarazzo, c’era la questione della professionalità, eccetera eccetera. Inoltre, benché odiasse doverlo ammettere, Dean non sapeva assolutamente niente di Castiel, a parte la sua professione e che era troppo bello per essere reale, quasi quanto il Dottor Sexy, l’unico dottore che si era conquistato l’approvazione di Dean fino a qualche giorno prima.
Così, era tornato alla sua solita vita e al suo lavoro di barman nel bar della discoteca con il ricordo di un sorriso caldo e un paio di magnetici occhi blu.
Qualche volta, però, anche a lui capitava di avere fortuna: una sera, quasi tre mesi dopo il suo ricovero, Castiel si presentò nel locale e prese posto al bancone. Solo.
Con un sorriso e la sensazione di avere le farfalle nello stomaco, Dean gli si avvicinò e chiese: “Cosa posso offrirti?”
Castiel sollevò lo sguardo e sul suo volto si susseguirono un’espressione di stupore prima, e contentezza poi.
“Dean”, sorrise a sua volta, e il biondo sentì il cuore battere più velocemente al pensiero che si ricordasse di lui. “Non sapevo lavorassi qui.”, continuò.
Dean diede una scrollata di spalle. “Sei qui da solo?”, domandò con nonchalance, temendo invece la risposta.
Castiel fece un sorriso triste. “No, sono da solo. In effetti, non ho avuto una bella giornata oggi.”, confessò.
“Mi dispiace”, disse Dean sincero. “Ne vuoi parlare?”
Cas restò in silenzio e si morse il labbro; percependo il suo imbarazzo e chiedendosi se non fosse stato un po’ troppo precipitoso, Dean si affrettò ad aggiungere: “Oppure non devi, non sei costretto.” Fece per allontanarsi, ma la voce di Castiel lo fermò: “In realtà avrei voglia di parlarne con qualcuno. Il problema è che è una lunga storia, e non vorrei farti perdere tempo, o annoiarti.”
“Ehi, non c’è problema. Sai cosa si dice dei barman, no, che siano un po’ psicologi”, sorrise affabilmente Dean. “Facciamo così: il primo drink te lo offre la casa, e tu cominci a raccontare senza fretta, che ne dici?”
“Affare fatto.”



 

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Capitolo 12
*** Tempo ***


Tempo



Prompt di Lisa: Supernatural, Destiel, “it’s been so long”.
Parole: 248
 


Era passato tanto tempo dall’ultima volta in cui Castiel e Dean avevano condiviso un momento da soli, in cui erano entrambi rilassati e senza la pressione di un mostro da scovare, un fratello da salvare o l’Apocalisse da fermare.
Erano passati mesi dall’ultima volta in cui Castiel aveva preso il volto di Dean tra le mani e l’avevo baciato teneramente, riscoprendo senza fretta i contorni delle sue labbra e l’interno della sua bocca.
Erano passate settimane da quando Dean si era sentito così bene, al sicuro tra le braccia di Cas, senza la costante sete di sangue provocata dal Marchio a perseguitarlo in un angolino della sua mente.
Era la prima volta in assoluto, invece, in cui potevano fare le cose con calma e come si deve, senza fretta e senza il timore di venire interrotti (a patto di mantenere un volume basso) dentro alla camera di Dean nel bunker. C’erano state un paio di volte in cui si erano lasciati andare quando ancora si trovavano in Purgatorio, ma avevano sempre dovuto fare in fretta, e non erano mai andati fino in fondo.
Le mani di Dean accarezzarono dolcemente la pelle della schiena di Castiel, e le sue labbra si fermarono a baciargli il punto d’incontro tra il collo e la spalla. Cas percepì la poca grazia rimastagli fremere dentro di lui, ed un calore pervadergli il basso ventre.
“Dean”, sospirò Cas estatico. “Mi sei mancato”.
“Anche tu”
“Prometti che non lascerai passare più così tanto tempo”.
“Prometto”.




 

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Capitolo 13
*** So che puoi sentirmi ***


So che puoi sentirmi




Prompt di Donnie TZ: SPN, Destiel: il regalo più bello sarebbe Cas che, dopo giorni, risponde finalmente alle sue preghiere.
Parole: 342




"Hey, Cas, come va?", pregò Dean ad alta voce. "Visto che non rispondi alle mie chiamate e ho bisogno assolutamente di parlarti, beh... eccomi qua". Batté le mani sulle cosce ed allargò le braccia in un gesto teatrale. Il suono si spense nella sua stanza vuota.
"Lo so che sei amareggiato. Lo so che pensi che tutto quello che ti è accaduto in questo ultimo anno te lo sia meritato, e il Purgatorio, e... anzi, facciamo una cosa, ti va? Non parliamone proprio."
Dean tacque, e provò a fare ordine tra i pensieri. Dì qualcosa di positivo, pensò. Dì qualcosa che possa convincerlo a tornare.
"Sarebbe magnifico se potessi venire qui, sai. Sbattere le alucce ed apparire magicamente al mio fianco. Potremo berci una birra con Sam... non so, parlare. Gli sei mancato da morire, bello."
Tu mi sei mancato, pensò, e si affrettò ad archiviare quel pensiero in un angolo della sua mente.
Niente da fare. La sua stanza continuava a restare ostinatamente vuota, e Dean si stava rendendo ridicolo.
"Castiel, so che può sentirmi, quindi non fare il finto tonto...", sbottò arrabbiato, ma si frenò appena in tempo. Si era ripromesso di essere gentile. Non voleva dargli un'ulteriore motivo per scappare. Non voleva che Cas avesse un qualsiasi motivo per scappare lontano da lui, e basta.
"Cas", ricominciò, questa volta dolcemente. "Solo... vieni al bunker, okay? È quasi Natale, dai, e forse per la prima volta io e Sam potremo festeggiare in tranquillità. Faremo un piccolo raduno per la vigilia, qui. Ci saranno anche Kevin, e Garth, e Charlie… insomma, sentiti libero di fare un salto, d'accordo? Ci farebbe davvero piacere"
Tacque. Gli occhi avevano cominciato a pizzicarli, e Dean trasse un paio di respiri profondi per mandare giù il nodo che gli si era formato in gola.
"Ci sei mancato", aggiunse, e poco dopo a bassa voce, quasi tra sé e sé. "Mi sei mancato"
Niente.
Sarebbe stato perfetto se, una volta tanto, Cas si fosse disturbato di rispondere alle sue preghiere. Sarebbe stato davvero il regalo perfetto.




 

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Capitolo 14
*** Baby, it's cold outside ***


Baby, it’s cold outside



Prompt di Donnie TZ: SPN, Destiel: Dean ha le mani congelate, Cas le riscalda. 
Parole: 453 



 
Quella sera si gelava. Dean affondò le mani nelle tasche della sua giacca di pelle, ma queste offrivano poco conforto. Emise un verso frustrato, e mentalmente maledisse la strega che stava causando tutti quei casini, Sam per aver mollato lui e Castiel ad attendere il ritorno della strega fuori dalla sua casa ed il clima gelido del Montana. 
"Tutto bene, Dean?", gli chiese Cas al suo fianco. "Non hai ancora detto una parola da quando siamo arrivati". 
"Sì Cas, alla grande", rispose Dean, forzando un sorriso. Cas gli rivolse un'occhiata eloquente, che voleva dire che non gliela dava a bere. "Mi sembri... com'è che diresti tu? Rigido", constatò. 
Dean emise uno sbuffo simile ad una risata per la scelta di parole fatta da Cas. "Beh, non so se l'hai notato, ma ci stiamo congelando il sedere stando qua fuori ad attendere il ritorno di quella stronza. E io odio attendere".  
"Quindi è questo il problema? Senti freddo?" 
"Nah, amico, non è così terribile. Sopravvivrò", rispose Dean, dando una scrollata di spalle. Come se le sue mani non si stessero trasformando in due ghiaccioli ed ora anche i piedi, nonostante infilati in scarponi caldi, stessero lentamente intorpidendosi. 
"Porgimi le mani", lo invitò Cas, stendendo una mano in avanti in offerta. 
"Cas, non c'è bisogno che tu..." 
"Dean", disse Castiel, e la sua voce assunse un tono autoritario. "Smettila di prendermi in giro. Porgimi le mani". 
Riluttante, Dean fece come gli era stato detto e Castiel coprì le sue mani con le proprie e ci soffiò sopra. Quando percepì l'alito caldo dell'angelo sulla propria pelle, Dean sentì un brivido corrergli lungo la schiena che non aveva niente a che vedere con il freddo. Cas strofinò gentilmente ma con decisione le loro mani e poi tornò a soffiarci sopra. Dean provò con tutte le proprie forze a non pensare a quanto quel momento risultasse intimo e provò a concentrarsi su qualcos'altro – la strega, come fermarla, dove diavolo era andato a cacciarsi Sam, quando l'avrebbe rivisto gliele ne avrebbe dette di tutti i colori – ma finiva inevitabilmente a pensare a Cas che stringeva dolcemente le sue mani, al suo respiro e alle labbra di lui che per un'istante gli sfiorarono le dita. 
"Cas, amico, credo che così possa bastare", disse quando non riuscì più a sostenere la tensione che si era accumulata sulle sue spalle. 
Castiel lasciò andare le sue mani, obbediente. "Se hai ancora bisogno del mio aiuto, non esitare a chiedere". 
"Credo proprio che per stasera starò bene", rispose Dean, e la sua voce non suonava per niente leggermente nervosa. 



 

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