Il volere del Fato

di 50shadesofLOTS_Always
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1- Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Firenze ed un cartellone pubblicitario ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Consigli di una falsa moralista ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Presenze ambigue ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Frank Sinatra,un traditore del cuore ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - La triade di carta ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Una Graziella rossa ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Lacrime ed un cd ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - 'Alta Marea' ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Regali speciali ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Gioco di seduzione ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Il boia con la siringa ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Marcare i confini ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Rancori in lacrime ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - Distanze ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - Scontri familiari ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 - Scelte definitive ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 - Silenzi ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 - Motivazioni ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1- Prologo ***


Settembre 2025...

É incredibile come una semplice tazza di caffé-latte possa tirarti su di morale. La neve cade lentamente ed imbianca la città, inspessendo quei due metri di neve già caduti sui tetti,sugli alberi e sull'asfalto delle strade,arrivando anche negli angoli più dimenticati come la polvere. Ormai sono abituata a questo clima che fa' quasi parte di me. D'altronde,noi tedeschi il freddo lo abbiamo nel sangue. Ho sempre saputo che prima o poi sarei tornata in Germania,la mia terra natale. Preferisco non ricordare le origini italiane dei miei genitori,scomparsi da qualche anno. L'unica sorella che ho vive in Calabria,sposata con un uomo e madre di due figli che mi adorano. Sono la loro zia preferita. La zia che li aiuta coi compiti tramite videochiamate e che permette loro di avere una buona base culturale,che nemmeno con i più bonari sforzi,mia sorella riuscirebbe a dare loro. Al pensiero della casa di mia sorella,in cui non vi è nemmeno l'ombra di un'enciclopedia mi ricorda i motivi per i quali i miei scaffali invece sono stracolmi di libri. Alcuni cosí vecchi che le pagine si sono ingiallite e si sono impregnate di quel piacevole odore di carta vissuta. Mi guardo attorno con un sospiro. Sono quasi due anni che non torno in Italia,forse perché quella terra mi sta' troppo stretta. Troppi ricordi che fanno male. E troppi che non posso eliminare. Mi sono allontanata,in anticipo per via della mia laurea presa col massino dei voti in tempi record,da quella terra di sole e mare per poter starmene da sola fra le montagne in cui sono nata. Quelle stesse montagne che affiancano l'incantevole Selva Nera,in cui amo fare lunghe passeggiate insieme alla mia amica a quattro zampe,Diana. Un bellissimo esemplare femmina di lupo cecoslovacco che ho salvato qualche anno fa' dalla strada,quando aveva solo un mese di vita. Mi ha scelto come sua custode e da allora mi segue ovunque. Perfino a lavoro. Un lavoro,quello della veterinaria,che mi permette di condurre una vita agiata,ma "pallosamente eremitica". Cosí la definisce una delle mie migliori amiche,Laura che adesso é da qualche parte in America per un master in informatica. Sento il trillo del pc che mi avvisa dell'arrivo di una mail. Con la tazza ancora in mano,mi siedo sul divano e mentre apro il messaggio,Diana si accoccola accanto a me. Non faccio in tempo a rispondere,che mi arriva una chiamata su Skype. Il nome di Irene mi fa' sbocciare un sorriso a fior di labbra. Rispondo subito,ansiosa di risentirla e dopo qualche attimo,vedo la schermata col suo viso familiare ed accanto a lei,il mio migliore amico Tiberio. Mi fanno cenno con la mano << Ciao! >> esclamo senza riuscire a contenere l'entusiasmo << Ehy,Giada! Come stai? >> mi domanda Irene. É sempre stato un tipo allegro e spumeggiante,con quella sua chioma bionda che tanto ha catturato l'attenzione di Tiberio che mi sorride << Bene. E voi? >> chiedo curiosa. Di solito non mi chiamano nel bel mezzo della settimana << Bene... - dicono quasi in coro - Ti andrebbe di farmi da testimone? >> domanda Tiberio lasciandomi sconvolta. Li fissò << V... Voi due... - balbetto incapace di trovare le parole giuste mentre Irene ridacchia divetita - Quando? >> la mia voce si alza di un'ottava << Fra due settimane >> annuncia lui con un sorriso che gli va' da un orecchio all'altro. Dico loro che ci sarò sicuramente e chiudo presto la chiamata. Sarà una buona occasione per tornare in Italia.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Firenze ed un cartellone pubblicitario ***


Firenze. Decisamente una città incantevole,artistica. Non é cambiata molto da quando ero ragazzina. C'ero venuta qualche volta per fare un giro con le amiche o addirittura in visita con la scuola. Avendo fatto il liceo artistico riconosco il Battistero,il Duomo e quelle viuzze piene di negozi e boutique che tanto piacciono ad Irene. Mi arriva un messaggio e subito prendo il mano il cellulare. É Inge,la ragazza a cui ho affidato Diana che non era molto contenta quando sono partita. Mi dice che sta' bene e che ha mangiato nonostante la mia assenza. La cosa mi rende serena e riprendo a camminare. Mentre sistemo il cellulare in tasca,per poco non vado a sbattere contro un palo. Lo scanso appena in tempo,facendo quasi ribaltare il trolley che mi porto appresso. Sollevo lo sguardo e noto il cartello pubblicitario,restando un pò sorpresa. Quei capelli quasi color del miele,la pelle ambrata,gli occhi nocciola e quel sorriso che spesso mi ha rivolto quando ero solo una ragazzina delle medie. La sua faccia,ora gigantesca sul cartellone,non é mutata molto nonostante siano passati quasi sedici anni. Marco Rossi. Come dimenticare il mio "primo vero amore" a soli dodici anni per un ragazzino della mia classe. Avevo preso precedentemente delle piccole ed ingenue cotte estive,ma niente a che fare con la sbandata che ho avuto per Marco per quasi sei anni. Avevo letteralmente perso la testa per quello squinternato artista,che mi aveva affascinato col suo modo di fare frivolo e frizzante cosí opposto alle mie maniere rigide ereditate da mia madre. Non sono mai stata abituata ad espormi all'altro sesso,poiché ho sempre immaginato che prima o poi,un uomo avrebbe apprezzato le mie doti intellettive,anziché le mie discrete qualità fisiche. Per ora,non ho incontrato un tale uomo. Osservo ancora una volta il viso di Marco e mi soprende che sia così famoso in Italia per la sua ditta di ingegneristica di interni,cosí come dice il cartellone. Era cosí sbadato che spesso non faceva i compiti per una settimana. Riprendo a camminare cercando di ricacciare indietro i ricordi della mia adolescenza. Raggiungo la via e mi ritrovo davanti al portone di una palazzina vicino al centro. Dev'esser costato loro un occhio della testa comprare un appartamento qui. Suono il campanello e subito il portone si apre con uno scatto. Salgo le scale fino al terzo piano dove Irene mi salta quasi addosso. La abbraccio mentre ridiamo allegramente << É cosí bello rivederti in carne ed ossa... >> mormora al mio orecchio con la voce incrinata per l'emozione. Quando mi stacco da lei,Tiberio mi raggiunge e mi stringe forte quasi stritolandomi. Il suo profumo cosí familiare mi riporta all'infanzia e all'adolescenza che ho vissuto al suo fianco. É stato il fratello che ho sempre desiderato. Mi ha spronato a credere in me anche quando non lo credevo possibile.  Sollevo il capo per incontrare i suoi occhi scuri,lucidi per le lacrime << Guarda che ti ho visto sai?! >> lo accuso giocosamente per prenderlo in giro << Ma che dici? Ho solo un pò di polvere negli occhi >> finge una giustifica decisamente stupida e rido mentre Irene gli da un pizzicotto sulla spalla.

**** 

Vedo Tiberio tornare sul divano accanto a me dopo aver portato Irene a letto. Si era addormentata fra le sue braccia mentre stavamo guardando un vecchio film,Il Patriota con Mel Gibson. Uno dei pochi film di guerra che mi piacciono. Mi sorride << Lo avevo predetto che le avresti messo una fede al dito... >> << E lei un collare attorno al collo... - mormora ironico ricevendo un pugno sul braccio - Da quant'è che non vedi uno dell'altro sesso? >> mi chiede puntiglioso << Anni ormai... >> rispondo distrattamente << Scherzi vero?! Non mi dire che non sei andata ancora a letto con un tedesco! Giada,hai ventisei anni! >>. Gli rifilo un'occhiata di fuoco facendolo zittire immediatamente. Seguo il film mentre la mia mente vaga fra i ricordi del liceo. << Quanti sono gli invitati? >> << Circa un'ottantina >> dice prima di sbadigliare sonoramente. Annuisco << Senti... - esordisce e la cosa fa' scattare i miei campanelli d'allarme - Irene ha avuto da poco un contratto di lavoro stabile e... Parte delle sue azioni,appartengono al business di Marco... >>. Inarca le sopracciglia e mi fissa da sotto le ciglia come per assicurarsi che lo stia seguendo col discorso. Sapevo che Irene fosse già diventata una famosa arredatrice di interni,fino ad aprire una ditta con una sua cara amica famosa nel nord italia. Mi fissa ancora in attesa di una mia reazione. Sospira << Irene é diventata sua amica,perciò ha deciso di invitarlo al matrimonio... >>. Lo guardo << Va bene. Non capisco dove sia il problema... Se Irene lo vuole al vostro matrimonio,io non posso impedirvi di invitarlo >> dico con tranquillità. Lui sembra scettico,ma alla fine cede e ci ritiriamo a dormire. Mi infilo sotto le coperte del letto,nella camera degli ospiti. L'ambiente é tutto di un tenue color crema. Piacevole perfino al buio. Ripenso al viso sul cartellone pubblicitario fino a che non mi addormento sfinita.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Consigli di una falsa moralista ***


Qualche giorno dopo... 

Preparare un evento di grande portata come un matrimonio é spossante ed alle volte,pare impossibile riuscirci al meglio. Ho aiutato Irene e Tiberio con le ultime cose e ora tocca la parte più difficile: rassicurare la sposa pochi minuti prima della cerimonia. << China la testa... >> le ordino gentilmente sistemandole il pettinino decorato con piccoli strass,non troppo pacchiano,per fermare il velo che scende alle sue spalle fino a terra. Mentre si gira di nuovo verso lo specchio,liscio il fine tulle per togliere le grinze << Giada,tu conosci Tiberio da più tempo di me... - esordisce ed il suo tono é decisamente preoccupante per chiunque in un caso delicato come questo - Credi che dureremo? >>. Sorrido bonariamente incrociando i suoi occhi cristallini sullo specchio << Irene,io non credo al "vissero per sempre felici e contenti" ed é ormai accertato che le favole non esistono nella realtà poiché sarebbe una contraddizione e le contraddizioni non esistono nella realtà,né in parte né per intero... - si sta' torturando le dita,intrecciandole -  Però esiste la vita che é fatta di ostacoli,che sembreranno tempeste. Ma di una cosa sono sicura: voi due supererete le tempeste perché avrete la consapevolezza che dopo ci sarà un cielo più azzurro di prima... >>. Sorride con le lacrime che le imperlano gli occhi cerulei,quasi color del cielo mentre qualcuno bussa alla porta. É sua madre << Credo che Tiberio abbia bisogno di essere calmato >> dice con un arisata divertita << Niente di meglio che una tedesca per ripristinare l'ordine! >> affermo lasciando Irene alle premure materne.

Busso mentre una voce scorbutica mi dice di entrare. Ha la fronte aggrottata in un'espressione turbata come se avesse un gran peso sul cuore. Appena mi vede,sembra rilassarsi e sorride << Ciao... >> borbotta ansioso << Ciao Mr sono-visibilmente-calmo >> mormoro per prenderlo in giro. Mi rivolge un'occhiataccia in tralice prima di allargare leggermente le braccia per farsi vedere. Il completo scuro fa' risaltare le spalle ben piazzate ed il suo fisico che é sempre stato quello di uno che frequenta la palestra di tanto in tanto << Sembri un damerino >>. Ride mentre liscio la stoffa sulle sue spalle << Irene come sta'? >>. É preoccupato,lo so << Credo che al posto della limousine dovevi affittare un'ambulanza >>. Sorride mentre inarca un sopracciglio << Sei sempre cosí simpatica?! >> mormora vagamente irritato << Solo per te >>. Rido per smorzare l'alone di agitazione che grava sulla sua persona. Prende un bel respiro mentre si tira i bordi della giacca gessata,guardandosi allo specchio. Un barlume nei suoi occhi attira la mia attenzione. Inclino lievemente la testa << A che stai pensando? >> domando col mio solito tatto << Alla fortuna di Irene... - lo guardo interrogativa e lui mi osserva con la coda dell'occhio da oltre la spalla - Almeno lei,avrà suo padre al matrimonio... >>. Lo guardo mentre ho un tuffo al cuore. Quel dolore che mi é capitato di vederlo poche,rare volte nel suo sguardo. Un dolore perenne che mai si affievolito. Si é solo nascosto dietro la corazza da uomo forte che si é creato per stare al fianco di Irene,che di fortuna né ha avuta tanta per non vedere Tiberio al funerale di suo padre. Un giorno che ricorderò con amarezza. Un giorno piovoso,come se il cielo piangesse col mio migliore amico per non farlo sentire solo al mondo. Tiberio distoglie lo sguardo dal mio e si guarda intorno con sguardo perso,vacuo << Tiberio,tuo padre non se n'é mai andato... - mi avvicino un pò a lui - É sempre qui... E qui... >> porto prima un dito sulla sua tempia e poi la mano sul petto,proprio sul cuore. Lui mi afferra la mano e sembra quasi offeso,ma so che c'é solo un'infondata rabbia repressa ed accresciuta col tempo,nei confronti di sé stesso. Rabbia nei confronti di quel Tiberio di soli dodici anni che mai ha dimenticato le partite di pallacanestro con suo padre. Il suo eroe << Io non credo a queste cose e nemmeno tu... >>. La sua voce sembra un sibilo velenoso e d'istinto,socchiudo gli occhi << Hai ragione. Sono la meno adatta a fare la moralista,però ti dirò di più: se non crediamo a queste piccole cose,piccole e futili speranze,a cosa ci aggrappiamo per tutta la vita? Non puoi salvarti da solo,nessuno può farlo. Nemmeno io... - poso la mano libera sulla sua che ancora stringe la mia - Tiberio,tu non hai alcuna colpa. Tuo padre se n'é andato perché forse era destino. Alle volte,non possiamo ostinarci a sapere tutto. Ci sono cose che non possiamo sapere perché magari non ci sono le risposte. E ci sono cose che é bene non saperle,perché devono restare cosí come sono: dei misteri. Noi siamo solo dei burattini nelle mani del Fato... >>. Lui mi osserva mentre una lacrima gli riga timidamente una guancia. Porto via quella lacrima col pollice e gli sorrido cercando di mandare giú il fastidioso nodo alla gola << Grazie... >> sussurra con le lacrime che quasi lo strozzano << Tieni le lacrime per dopo... >>. Mi stringe a sé in un abbraccio affettuoso prima di lasciarlo solo con sua madre.

****

Cammino lungo il tappeto di raso bianco nel mio abito blu notte con lo scollo a cuore,drappeggiato e la gonna lunga fino ai piedi pieghettata verticalmente. Mi sento a mio agio sui miei tacchi dieci,con in mano un mini bouqué e la musica di organo che risuonano fra le pareti in pietra della chiesetta di campagna. Tutti mi fissano e sento le mie guance prendere colore. Sanno che sono la testimone dello sposo che attende paziente all'altare. Lo raggiungo sana e salva e dopo i piccoli paggetti,che hanno graziosamente gettato dei petali di rosa,parte la marcia nuziale che annuncia l'entrata della sposa. Irene,affiancata da suo padre che la tiene a braccetto,indossa il suo abito avorio,ricoperto di pizzo,con un corpetto imperlato da applicazioni preziose ed una gonna a trapezio. Cammina con qualche ciocca bionda che sfugge alla morbida pettinatura che sua sorella le ha fatto. É bellissima e Tiberio sta per svenire. Fra tutti quegli sguardi però,ne sento solo uno addosso. Passo in rassegna dei volti,ignorando gli esuberanti cappelli di qualche signora di una certa età. Noto che un uomo non sta guardando la sposa,ma me. Incontro due occhi nocciola familiari col cuore che perde un battito. Marco.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Presenze ambigue ***


Tiberio la afferra gentilmente per un braccio e la attira a sé prima di baciarla con passione fra gli applausi di tutti. Irene gli circonda il collo con le braccia e si lascia coccolare da quello che da adesso in poi é suo marito,in effusioni pubbliche. Quando ci stiamo avviando fuori i familiari e le persone piú care,accompagnano gli sposi verso l'uscita della chiesa mentre gli altri invitati attendono fuori col riso ed i petali di rosa da gettare allegramente sulla coppia. Mi chino per raccogliere il bordo dell'abito di Irene mentre la seguo passo passo con Tiberio che le stringe la mano. Sento dei passi vicino a me,ma non do peso a questo particolare fino a che non siamo fuori dalla chiesetta. Mi volto e vedo la figura di Marco accanto a me,che applaude agli sposi. Ci fissiamo intensamente in uno sguardo intenso. Mi sento esposta,vulnerabile. É sempre stato cosí con lui soprattutto dopo quel fatidico giorno di giugno. << Eccoti qua,finalmente... >> mormora quasi a sé stesso. Un sorriso sardonico gli increspa le labbra leggermente carnose fino a farmi irritare per un motivo,che non conosco fino in fondo. Indossa anche lui un completo scuro ed un paio di scarpe eleganti mentre noto che non é cambiato affatto rispetto a dieci anni fa. La mascella lievemente squadrata,il naso dritto e quelle labbra che non ho mai avuto occasione di assaggiare,nonostante lo avessi desiderato per sei lunghi anni << Ciao,Marco... >> bonfonchio un saluto petulante. Pronunciare il suo nome mi fa' ancora un certo effetto. Mi osserva ed impercettibilmente,socchiude gli occhi << Sono passati dieci anni,vero? Come vola il tempo... >>. Ora il suo sguardo si fa' imperscrutabile e il sorriso si affievolisce. Nelle sue parole,ce ne sono altre criptate come un codice mors. Mentre ripenso all'ultima volta che ho potuto vedere quel suo viso che tanto ho amato,quando ancora avevamo solo sedici anni,le lacrime minacciano di presentarsi ma le ricaccio indietro immediatamente insieme ai ricordi << Già... - fingendo un'amichevole constatazione - Ci vediamo al ristorante... >> dico avviandomi verso la madre di Irene, che suona il clacson per farsi vedere. 

*****

Il ristorante si affaccia sulle colline del Chianti,che brillano nel loro verde boschivo grazie al sole di mezzogiorno. Fa' abbastanza caldo,ma il lieve vento e l'interno con aria condizionata riesce ad impedirci di boccheggiare. Entro nel ristorante ed osservo i tavoli tondi,coperti da delle fresche tovaglie color avorio cosí come i fiocchi sugli schienali delle sedie,anch'esse avvolte elegantemente in della stoffa che sembra ricamata col pizzo. Al centro di ogni tavolo,spuntano dei piccoli bouché che riprendono i colori dell'abito di Irene e noto che per ogni posto,c'é un nome assegnato. Mi accorgo che sono stata sistemata al tavolo degli sposi insieme ai familiari. Ed insieme a Marco,che dopo pochi attimi mi si affianca per la seconda volta. Sul viso ha un'aria strafottente ed é consapevole che la cosa mi manda in bestia. Il maître annuncia l'entrata degli sposi che fanno la loro entrata. Tiberio la tiene per mano per paura che Irene,con un sorriso enorme sul viso,possa spiccare il volo all'improvviso. Salutano gli invitati prima di sedersi al tavolo. Mi sorridono quei due furfanti,cosí come li chiamo io ed io ricambio nonostante la presenza di Marco,mi metta in ansia. Non sono mai stata cosí agitata,ssoprattutto vicina a lui. La sua presenza é sempre stata piacevole e mai estranea << E cosí... - sussurra avvicinandosi leggermente al mio orecchio mentre gli altri ci ignorano,parlando fra loro - Sei una veterinaria >>. Gli rivolgo uno sguardo circospetto,quasi con diffidenza << Come lo sai? >> << Basta cercarti su google... >> risponde con tranquillità mostrandomi il suo I-Phone con la schermata di Internet accesa. Alzo gli occhi al cielo mentre continua a sorridermi << Credevo che saresti diventata un'artista >> dice e sembra quasi deluso << Per farmi assumere da te?! Neanche per sogno... >> sbotto innervosita dal suo tono che alle mie orecchie,diventa accusatorio << Sei più stronza di quel che ricordavo... >> mormora forse più a sé stesso come prima davanti alla chiesa << Chi semina raccoglie... >>. Aggrotta la fronte assumendo un'espressione perplessa ,come se non riuscisse a capire a cosa mi riferisco. Finalmente, arrivano i piatti e la discussione fra me e Marco termina,quando ci servono un antipasto toscano con crostini assortiti e salumi abbinati a dei formaggi. Per tutto il tempo,avverto il suo sguardo su di me e tento di allontanarlo chiacchierando con Irene e Tiberio,che troppo intenti a divertirsi non hanno fatto caso alla tensione fra me ed il bellissimo uomo accanto a me << Quanto ti fermi in Italia,Giada? >> mi chiede la mamma di Tiberio con un sorriso sincero. Con la coda dell'occhio,vedo il volto di Marco scattare verso di me. Posso ancora scioccarlo...bene! << Beh.. Non so. Non ci ho ancora pensato,forse una settimana. Poi dovró tornare in Germania... >> dico con un sorriso abbozzato. Mi volto verso Marco che ha sgranato gli occhi << Abiti in Germania?! - il suo tono si alza di un'ottava e si percepisce il suo sconcerto - Per questo sei sparita per due anni... >> sussurra distrattamente << Mi pedini?! >>  << Mi assicuro che tu stia bene... >> mormora abbassando la voce,come se stessimo parlando di qualche pericolo imminente << Se lo avresti fatto prima,sarebbe stato meglio... >> sibilo facendolo arretrare interiormente. Sembra vagamente ferito dalle mie parole. Ma non m'importa. Lui non ha fatto niente per riprendermi e mi ha lasciato sola. Non ho debiti nei suoi confronti.

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Frank Sinatra,un traditore del cuore ***


Dopo il primo ballo degli sposi sulle note di Wherever you will go,Irene si getta fra le braccia di suo padre che la stringe a sé,incapace di parlare per colpa delle forti emozioni. Tiberio invece stringe sua madre che sta' trattenendo un pianto disperato. Probabilmente Tiberio le ricorda suo marito. Anche lei non ha mai accettato quel vuoto e mai lo farà. Lui però la sostiene e la abbraccia mentre ballano un lento,nascondendo le lacrime della mamma contro la sua spalla. Sorrido interita e commossa dalla scena. Posso scorgere anche la malinconia di Tiberio che mi osserva da lontano,come a volersi rassicurare che ci sono. Anche Irene lo fa e con le labbra,tinte di un leggero rossetto che ha lasciato indelebili tracce sulle gote di Tiberio,mi rivolge un 'Grazie' silenzioso. Rispondo sempre in labiale con un 'Grazie a te' prima che Tiberio mi porga la sua mano. Mi guardo intorno cercando sua madre e la vedo fra le braccia di quello che probabilmente é lo zio di Tiberio. Lo guardo prima di prendere la sua mano e iniziare a ballare. Poso una mano sulla sua spalla ed abbozzo un sorriso << Stai bene? >> gli chiedo con un mormorio discreto << Come sempre... >> risponde prima di farmi girare su me stessa. Torno vicina a lui << Sei stato davvero carino con tua madre... >> commento con un sorriso lieve per paura di fraintendimenti << Le ricordo mio padre... >> ammette con una certa tristezza << É un bellissimo regalo per lei: é come avere parte di tuo padre con te... >> lo correggo per cercare di risollevargli il morale. Annuisce anche se non é convinto mentre le luci che hanno acceso sulla pista,variano dal blu al bianco e dal giallo al viola creando delle strane ombre sulle pareti e sul pavimento della grande stanza allestita. Mi scruta come per leggermi nella mente. Alle volte,penso che ci riesca e la cosa mi inquieta un pò << Tu stai bene? >> mi chiede ad un tratto << Sí,perché? - chiedo per un attimo confusa dal suo cambio di argomento - Non dovrei? >>. Lui inarca un sopracciglio in un silenzioso e bonario rimprovero << Se tu e Marco poteste lanciare fuoco con gli occhi,noi tutti saremmo già carne arrosto >> dice con raro sarcasmo << Sai bene che ho dei rancori nei suoi confronti... >> rispondo inacidita. Capisce che questo per me,é un nervo scoperto e decide saggiamente di starsene zitto per tutta la durata del ballo. 

I piedi sono un pò doloranti. Sono già le 23 e Tiberio ed Irene dopo il taglio della torta,stanno ballando ancora con la scusa di smaltire il dolce. Sto per tornare a sedere,ma una mano che conosco da tempo mi afferra saldamente un polso,strattonandomi con forza. Il mio corpo si scontra dolcemente con quello di Marco in un nano secondo. Le mie curve aderiscono perfettamente alle sua incastrandosi,come due pezzi di un puzzle. Complementari. Resto senza fiato per il lieve impatto e per l'improvvisa vicinanza dei suoi occhi nocciola,che quasi non riesco a mettere a fuoco. La punta del suo naso sfiora la mia e posso avvertire il suo respiro sulla mia pelle accaldata per l'ambiente ma soprattutto,per colpa del suo corpo,cosí maturato dopo dieci anni,che non ho avuto mai prima d'ora vicino al mio. Il suo respiro odora di menta come quando eravamo ragazzini,e si mischia al suo profumo familiare e rassicurante,come una calda coperta in una umida notte italiana,che tanto ho sperato di sentire di nuovo. La sua presenza é sempre stata unica nel suo genere ai miei sensi,ora sconnessi ed intorpiditi. Mi ritrovo a ballare con lui sulle note di una vecchia canzone di Frank Sinatra. Witchcraft. << Dimmi che devo fare >> mormora vicino al mio viso per farsi sentire sulla musica << Fare cosa? >> << Per riaverti indietro... >> dice prima di farmi fare una piroetta. Le dita della sua mano dietro la mia schiena mi fa' rabbrividire piacevolemente quando si allargano,come per sentirmi più vicina. Mi stringe per enfatizzare le sue parole << Non sono un bambola,che prima presti per poi volerla indietro... - ringhio inviperita - E poi é troppo tardi... >> dico tagliando corto,sperando che la canzone finisca presto. Ma Sinatra sembra in combutta con Marco attraverso i secoli e non siamo nemmeno a metà di questo ballo,che di tranquillo non ha niente << Se é troppo tardi,perché stai ballando con me adesso? Potevi darmi un calcio nello stomaco,o più in basso,ma non lo hai fatto... - sussurra enigmatico e mi stringe forte,tanto che il suo petto preme contro il mio - La verità é che tu non mi hai mai dimenticato... >>. Quelle parole cosí vere nel profondo mi sfilano la terra da sotto i piedi e resto inchiodata al suo sguardo,ormai schiava del suo incantesimo di seduzione che mi aveva già rapita quando ero solo una bimba. Una ragazza di sedici anni con tanti problemi in famiglia e pochi,ma veri amici,e con la sensazione di disagio nel suo stesso corpo. Una ragazza che voleva solo avere qualcuno con cui essere fragile. Ed io avevo scelto quel qualcuno. Era sempre stato Marco a sapere i miei segreti più intimi,le mie sensazioni da artista che solo uno come me poteva capire. Lui. Ho sempre voluto bene a Laura,Tiberio ed Irene,ma nessuno aveva la mia stessa sensibilità nei confronti di questo mondo tanto ingiusto e bastardo quanto ammaliante e meraviglioso. Nessuno tranne Marco. Rivederlo oggi,riaverlo qui adesso ha risvegliato in me quella ragazzina che si era appisolata in un angolo buio della mia psiche,in attesa di una nuova aurora. Lui sorrido con fare soddisfatto. << Visto?! Tu mi ami come dieci anni fa... >> dice quasi accusandomi << Come puoi saperlo? >>. Devo trovare una via d'uscita, ma Sinatra si ostina a cantare Witchcraft. Mentre ballo con Marco,intravedo il viso di Tiberio ed imploro un silenzioso aiuto che però lui non capta,perso negli occhi azzurri di Irene. Come io adesso sono persa in quelli di Marco << Hai appena sgranato gli occhi,le tue pupille si sono dilatate da quando abbiamo iniziato questo ballo eppure non hai bevuto nemmeno un goccio di vino... - mi fa' fare un'altra giravolta prima di riagganciarmi a sé dopo un breve casqué teatrale - Ed ora il tuo cuore sta' andando a mille... >> sussurra mentre i suoi capelli mi solleticano la fronte. Schiude le labbra e cerca di respirare con calma,ma fallisce e riesco a sentire il suo cuore galoppare sotto al suo petto fino quasi a scoppiare. La sala svanisce ed io resto sola con lui in una nuova dimensione,che ho già frequentato con lui alle medie.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - La triade di carta ***


La birra scorre lenta e rinfrescante nella mia gola quando siamo a casa. L'orologio segna le 3 del mattino e mi sento un'intrusa in casa dei novelli sposi,che da quando siamo tornati si sono chiusi in camera da letto. Grazie a Dio,le pareti sono abbastanza insonorizzate perciò non ho sentito nulla se non le macchine che passano sulla strada fuori,nel buio della quasi alba. Non sono riuscita a dormire e non mi sono nemmeno tolta il vestito da cerimonia. Mi sono seduta sul divano,rubando una schifosa birra italiana dal frigo,ripensando a Marco e al nostro ballo. Alle sue parole. Non riesco a trovare un filo conduttore a ció che é successo dieci anni fa e le sue parole attuali. Niente é sensato,cosí come la mia reazione alla sua presenza. Avverto la porta aprirsi dietro le mie spalle e sento i passi di Tiberio,stanchi ma sicuri e ritmici. Si muove verso la cucina che si affaccia sul soggiorno e prende qualcosa dal frigo << Sei ancora sveglia? >> bofonchia scartando la cena di ieri sera << Anche tu... >> dico prima

 di buttar giú un altro sorso della bevanda << Giada... >> brontola prima di sedersi accanto a me,tenendo in mano un piattino con un pezzo di pizza. Non mi mette a disagio il fatto che sia a torso nudo,ma la cosa mi da' uno spunto per cambiare discorso. Osservo un attimo i suoi pantaloni grigi di tuta,bevendo un altro sorso di birra << Serata lunga... Immagino che tu ti sia divertito sotto le coperte... >>. Ride e per chi non lo conosce,direbbe che é ubriaco fradicio. In realtà,é l'effetto di Irene << E non sai quanto... - ammette strappandomi un sorriso mentre assume un'espressione seria - Andiamo qual é il problema? >>. Mi volto a guardarlo negli occhi mentre addenta la pizza,ormai fredda << Niente. Sono solo confusa... >> << Dovresti dormire... >> mi riprende. Annuisco,ma sa che ho smesso di ascoltarlo.

****

Lascio che l'acqua porti via la stanchezza che é passata in parte,dopo che ho dormito per tre ore. Mi sciacquo i capelli,beandomi della sensazione dell'acqua calda sulla mia pelle. Sospiro prima di uscire dalla doccia,delusa del doverci rinunciare. Mi avvolgo nell'accappatoio,tirando su il cappuccio per frizionare i capelli che avevo meticolosamente piastrato per l'evento di ieri,ma che adesso sono tornati ribelli e riccioluti. Finisco di sistemarmi,mettendomi un paio di jeans attillati ed una maglietta svolazzante a righe bianche e blu,con sotto una canotta color carne. Lascio che i capelli mi ricadano sulle spalle mentre rimetto a posto il bagno. Esco incontrando l'aria fresca che sopraggiunge dalla grande vetrata che si affaccia su un balcone,dove Irene e Tiberio hanno preparato un tavolo,accerchiato da tre sedie pieghevoli. Mentre Irene sistema le tazze,Tiberio la raggiunge e le avvolge i fianchi con le braccia prima di stuzzicarla con dei baci sul collo. Lei ridacchia e cerca di allontanarlo invano. Sorrido,scuotendo leggermente la testa << Buongiorno >> dico avvicinandomi a loro che mi rispondono con due sorrisi da cretini. Tiberio si stacca da Irene,che mi porge il mio telefonino << Guarda >>. Io lo prendo e noto il messaggio. Il numero mi é familiare,ma non l'ho salvato in rubrica. Leggo.

Voglio farmi perdonare per ieri sera. Non dovrei avere tali pretese,ma voglio portarti in un posto. Per favore,troviamoci  al bar in piazza alle 17.

Marco 

Guardo Irene e poi Tiberio,in cerca di una qualsiasi risposta anche non plausibile,ma si limitano a starsene in silenzio. Sbuffo sonoramente,cacciando il cellulare in tasca,pensando a cosa fare. Se accetto,lui penserà che gli sto lasciando carta bianca. Che sto abbassando la guardia. Mi appoggio con le mani allo schienale della sedia,guardando i miei due amici che sono ancora immobili come prima << Forse dovresti dargli una possibilità... >> propone Tiberio,ma per tutta risposta gli rivolgo un'occhiataccia << Per essere presa in giro come dieci fa? Un'altra volta?! >> con tono sdegnato.

****

Sposto gli occhiali da sole sulla testa appena arrivo davanti al bar. Il sole domenicale picchia sul terreno acciottolato e sul gazebo davanti all'entrata del locale,color panna,sotto al quale vedo Marco,vestito con un polo a maniche corte ed un paio di pantaloni di un tenue verde pistacchio,abbinati a delle comode sneakers grigie. É seduto ad un tavolo mentre legge un quotidiano col viso corrucciato in un'espressione concentrata ed una caviglia appoggiata sul ginocchio opposto,come se fosse a casa sua. Mi avvicino quasi con cautela al tavolino in alluminio e quando si accorge di me,abbassa il giornale per poi piegarlo con cura e posarlo sulle sue gambe. Si raddrizza sullo schienale,senza però abbasare la gamba e mi indica la sedia,invitandomi silenziosamente ad accomodarmi. Prendo la sedia e mi siedo davanti a lui,che chiama un cameriere per ordinare << Cosa ti andrebbe? >> chiede con gentilezza << Se ieri sera sei riuscito a comprendere il mio corpo,non dev'essere un problema farlo adesso coi miei pensieri... >> sibilo sulla difensiva. Col cavolo che gli do un'altra possibilità! Se la deve conquistare. Inarca un sopracciglio ed io rispondo con un'espressione di sfida << Un gin tonic per me ed un gelato al cioccolato per la signorina >> afferma deciso,lasciandomi un pò sorpresa. Quando il cameriere si allontana,mi appoggio coi gomiti sul tavolino aspettando una sua spiegazione. << Primo: fa' caldo ed il gelato é perfetto,nonostante sia decisamente fuori stagione,come questo sole,considerando che siamo appena entrati nel mese di Ottobre. Secondo: a te piace il gelato,solo quello al cioccolato. Me lo ricordo >>. Abbasso le armi,ma non le rinfodero << E ti ricordi anche cosa é successo nel maggio del 2015? >> dico arrivando dritta al dunque. Il suo sguardo si incupisce << Sei venuta sotto casa mia con Irene,ma non trovandomi,vi stavate avviando. Io però sono arrivato e vi ho sorprese... - il suo tono diventa sicuro mentre si inclina verso di me - Hai iniziato a tremare,ma Irene non se n'é accorta. Non sei arrossita,nonostante la mia presenza dopo quattro anni,ti mettesse ancora a disagio come la prima volta. Scommetto anche che avevi il cuore che stava scoppiando mentre col cervello,tentavi di recuperare la tua lucidità,perché volevi dirmi disperatamente qualcosa. Ma ti sei bloccata ed allora,hai finto che per te fosse una stronzata. Dopodiché Irene si é inventata una scusa assurda,a cui io non ho creduto. Poi ve ne siete andate dopo una breve chiacchierata,dove tu sei rimasta pressocché in silenzio... >> conclude unendo le mani sul tavolo,incrociando le dita. Ho perso terreno,cogliendomi in fallo e mi fa' sentire una bimba che viene rimproverata per una marachella << Sono sicuro che volevi parlarmi di quelle tre lettere,che nell'arco di quattro anni sono state imbucate direttamente nella mia buca da lettere. Senza francobolli ed all'interno una sola firma. Il tutto scritto in una calligrafia veloce,ma tipica di una che ancora frequenta i banchi di scuola... - infila la mano in una tasca dei pantaloni e ne estrae tre lettere,piegate con cura l'una dentro l'altra - Probabilmente, il mittente piangeva mentre scriveva quelle parole nero su bianco,come a volersi liberare la testa,da quei dolorosi pensieri viste le macchie che hanno sbaffato l'inchiostro... >>. Posa le mie lettere sul tavolo ed improvvisamente,non ho più voglia del gelato. Le fisso cercando di ingoiare il groppo alla gola. Ricordo bene la granatura di quei fogli a4 << Come vedi anche tu,non ti ho mai dimenticata... >> << Allora perché hai smesso di parlarmi? >> chiedo col dolore sul petto << Perché speravo che mi avresti dimenticato. Col tempo,tutto passa. E speravo di non essere diventato il tuo chiodo fisso. Volevo che ti fidassi degli altri e non solo di me... Ma mi sbagliavo e l'ho capito quando ormai era troppo tardi.. >> risponde in tono calmo << Tutto ciò che mi hai detto,sul non volermi ferire quando mi sono dichiarata. Tutti quei 'ti voglio bene' dietro le quinte della recita di terza media. Quell'abbraccio un mese dopo gli esami. Era tutto finto... >>. La mia voce é flebile << No,Giada non lo era... Io ti ho sempre voluto bene. Solo che credevo che io non fossi abbastanza per te. Credevo che meritassi di meglio e per questo,ho cercato di allontanarti. Non potevo darti quello che tu volevi,perché lo so che sei sempre stata una di quelle che aspettano il principe azzurro. Ed io non lo ero - apre una lettera e la rilegge velocemente mentre il cameriere ci porta le ordinazioni -  Rivolevi la mia amicizia,ma avevo timore che saresti di nuovo caduta sui tuoi sogni,ed io non volevo spezzarli di nuovo... >>.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Una Graziella rossa ***


Lo seguo,camminandogli a fianco ancora sconvolta per tutto ciò che mi ha detto. Ho finito a malapena il gelato e sempre in silenzio,cerco di capire dove mi stia portando. Anche lui é silenzioso e le sue labbra sono chiuse in una linea sottile mentre cammina con passo sicuro e moderato. Il sole é forte,ma il vento gelido contrasta di netto sulla mia pelle facendomi rabbrividire leggermente. Sono abbastanza abituata al freddo,ma l'umidità italiana ti entra fin dentro le ossa. Stringe ancora le mie lettere fra le mani e sembra nervoso. Le mette via,infilandole con cura nella tasca mentre mi apre la porta di un fondo,allestito per una mostra. Entriamo in un locale ampio ed austero. Il pavimento in legno verniciato in bianco si confonde con le candide pareti dove sono appesi dei quadri o appoggiate delle opere d'arte. Ci sono poche persone,ma considerando che é domenica é praticamente pieno. Il silenzio regna sovrano eccezion fatta per rari brusii e il riecheggiare di passi. Mi guardo intorno ed osserviamo diverse opere. Un quadro bianco con al centro un singolo puntino nero. Una scultura di un uomo,attorcigliato in un groviglio di edera. Mentre ci fermiamo ad ammirare ogni singola opera,noto che i materiali spaziano dalla plastica al marmo e che devono valere tantissimo. Qualcuno fissa Marco attentamente prima di chiacchierare con la persona che ha accanto. La cosa mi confonde e mi infastidisce allo stesso tempo. Proseguiamo la visita,fino a che non ci fermiamo di fronte ad una Graziella rossa su cui sellino di pelle marrone é posato un pennello. Riconosco la piccola bicicletta,sulla quale Marco mi ha accompagnato a casa diverse volte e mi volto a fissarlo di scatto,come per assicurarmi che sia davvero quella bici << La tua Graziella... >> sussurro mentre sul suo volto,compare un dolce sorriso di complicità << Non ti sfugge niente... >> commenta ironico. Terminiamo la visita e ci fermiamo in un angolo dello spazio per discrezione << Perché mi hai portata qui? >> chiedo perplessa con un cipiglio di curiosità << Perché volevo dimostrarti che pur non avendo scelto un artistico,non ho abbandonato l'arte. In questa mostra,ci sono tutte le mie opere migliori... E sono tutte per te... >> dice spostando il peso da una gamba all'altra. É imbarazzato e sta' cercando di nasconderlo. Lo guardo lusingata,ma prima che riesca a dirgli qualcoss,mi osserva attentamente ma con un che di malinconia << Perché non sei andata subito al liceo artistico? Hai perso un inutile anno allo scientifico per poi cambiare in seguito... Perché? >> << Ci sarei andata se tu non fossi andato all'ITIS. Ti avrei seguita all'artistico,ma... >> concludo lasciando la frase in sospeso fra di noi. Il silenzio cala con un velo di pesantezza fra di noi mentre osservo la sua figura. Alto,fisico asciutto,braccia forti. L'occhio mi cade sui primi bottoni della polo sganciati,che lasciano intravedere dei centimetri di pelle sul petto abbastanza ampio. I capelli sbarazzini ed il viso smorzano l'effetto di uomo autorevole e lo rendono un ragazzino impertinente,anche se non lo é mai stato. Sento il cuore farsi pedante nel desiderio di un suo contatto << Ti senti bene? >> chiede posando una mano sulla mia spalla. Una scosa elettrica mi percorre fino alla punta dei piedi e scuoto la testa in segno di negazione,incapace di parlare. Lui mi accompagna fuori dove finalmente l'aria del tardo pomeriggio fornisce ristoro al mio respiro. Inclino la testa all'indietro,espirando pesantemente mentre avverto lo sguardo di Marco su di me. Mi raddrizzo e lo osservo prendere dall'altra tasca un pacchetto di sigarette. Inarco le sopracciglia << Tu fumi? >> chiedo e la mia voce é uscita più inorridita di quel che volessi << Una volta al mese... >> si giustifica lui,ma prima di accenderla mi guarda intensamente. Se ne sta immobile,con la sigaretta fra le labbra fino a che non la ripone nel pacchetto << Vuoi tornare a casa da Tiberio ed Irene? >> << No... >>. Mi guarda confuso e quasi sorpreso << E allora dove? >> mi chiede ancora << Non lo so. Basta che ci sia tu... >> mormoro con un fil di voce. Lui abbozza una sorriso e mi porge la mano,incitandomi a seguirlo.

*****

IInseriscea chiave nella serratura e la fa' scattare per poi permettermi di entrare per prima. L'appartamento non é lussuoso come mi ero immaginata,ma é comunque accogliente e pieno di quadri su quasi tutte le pareti bianche. A terra il parqué scricchiola sotto il nostro peso in un unico punto. Mi guardo intorno ed ammiro il salotto in cui troneggia un bellissimo divano rosso,davanti una tv a schermo piatto e da un lato una grande finestra che si affaccia su una terrazza. A sinistra, un piccolo corridoio porta alle camere. Nella grande stanza,ne é stata ricavata una più piccola a forma quadrata,a cui manca il lato rivolto verso il soggiorno,dove si trova una cucina ultra moderna,in linea col resto dell'abitazione. Nel complesso é un'abitazione modesta ma con un certo fascino << Ti va' qualcosa da bere? >> << Un bicchier d'acqua - rispondo mettendomi a  mio agio mentre mi accomdo sul divano - Quante donne ci hai portato qua? >> << Sei la prima... >> ammette con un sorriso. Ho notato come da oggi le nostre conversazioni sono più serene. Probabilmente, i rancori che avevano intaccato la parte più fragile di me,rendendola insensibile,sono stati grattati via da quella forza partita da quando mi ha mostrato le lettere. Si siede accanto a me,porgendomi il bicchiere d'acqua fresca e bevo quasi tutto d'un sorso. Metto via il bicchiere sull'elegante tavolino in vetro e guardo Marco,che mi osserva con le lavvra schiuse ed invitanti. I suoi occhi mi inchiodano,ipnotizzanti come dieci anni fa e mi fanno sentire vulnerabile. Scoperta. É tutto un attimo. Contemporaneamente,ci avviciniamo l'uno all'altra incontrandoci con un bacio che cattura le mie labbra nelle sua esperte,che si fanno esigente man a mano he il bacio diventa piú intenso. Mi ritrovo seduta a cavalcioni su di lui,in preda alla frenesia del bacio mentre affondo le dita fra i suoi capelli morbidi. Mi prende di peso,senza staccare le sua labbra dalle mia nonostante ci manchi l'aria,e mi porta nella sua camera da letto. Mi adagia sul materasso,continuando a baciarmi con intensità come se fosse una questione di vita o di morte. La sua figura é su di me,ma non mi schiaccia e mi fa' sentire maledettamente al sicuro. Mi stacco per un attimo da lui,quando i miei polmoni sono davvero privi di ossigeno. Il suo sguardo brucia di desiderio mentre il suo petto si alza e si abbassa furiosamente per l'affannato respiro,sotto la polo bianca firmata Armani. Il mio cervello é appannato dalla sua essenza e l'irrazionalità ha preso possesso di me,imprigionandomi in questa situazione. Ho paura,una folle paura di allontanarlo se adesso esco da questa camera. Una parte di me però mi dice di proseguire,di dar retta a questo momento quasi esoterico fra di noi. Solleva una mano per potermi accarezzare la guancia e scostarmi una ciocca di capelli dal viso. É nervoso anche lui adesso << Vuoi andartene? >> domanda incerto di voler sapere la mia risposta << Non lo so... >> sussurro. É una situazione abbastanza imbarazzante << Non voglio obbligarti... >> mormora con aria contrita. Sospiro allungando una mano sul suo viso. Si appoggia ad essa e mette una mano sulla mia mentre mi guarda attentamente,prina di spostarsi e stendersi accanto a me. Poggia la testa sul cuscino mentre mi giro verso di lui per poterlo guardare chiudere gli occhi e rilassarsi. Alcune ciocche di capelli gli ricadono sulla fronte e mi ricordano i bei momenti passati insieme,quando avevamo dodici anni,come i viaggi in pullman durante le gite o le ore di scuola passate a disegnare. Mi accoccolo stretta a lui,pur non essendo stanca,e chiudo gli occhi.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Lacrime ed un cd ***


Apro gli occhi di scatto e vedo solo buio. Poi lentamente la mia vista si adatta e ritrovo Marco disteso vicino a me,con ancora la polo ed i pantaloni del pomeriggio. Ha il volto rilassato ed é bellissimo mentre dorme. Le labbra schiuse mi invitano ad assalirle,ma resisto alla tentazione per evitare di svegliarlo. Sento il cellulare vibrare sul comò e lo afferro prima che faccia troppo rumore. Noto che ho dieci chiamate perse da Tiberio e due messaggi di Irene. Sicuramente si sono spaventati a morte. Compongo il numero e dopo nemmeno uno squillo,Tiberio risponde e sembra furioso << Dove cazzo sei?! >> sbotta facendomi innervosire immediatamente << Sto bene,non ho bisogno della tua paternale... - ringhio in un sussurro - Marco non é un criminale >> << Dove sei? >> ora sembra più calmo << Sono a casa sua... Mi sono addormentata sul divano >>. Lui sospira come se si fosse tolto un peso dalla coscienza. Guardo verso Marco che ancora dorme mentre mi ritrovo a sorridere come una cretina << Torni oppure resti da lui? >> << Per stasera resteró qua... >> dico mentre sento le mie guance prendere fuoco << Non sono d'accordo,ma okay... >> sbuffa prima che riattacchi. Mi distendo di nuovo sul letto ad osservare il bell'addormentato. Sorrido guardando i particolari del suo volto,ma vengo disturbata di nuovo dal telefonino. Rispondo << Halo?* >> dico con un mormorio. É Inge,la mia collega che tiene Diana fino al mio ritorno. Mi dice che ci sono dei problemi alla clinica e che devo partire il prima possibile. Ci sono delle emrgenze in un canile. Le dico che partirò domani mattina e chiudo la telefonata con un enorme peso sul cuore. Non posso andarmene. Non ora. Non adesso che avevo recuperato Marco. Mi mordo il labbro e mi accoccolo di nuovo accanto a lui,che allarga le sue braccia per accogliermi in un abbraccio. Spero che non abbia ascoltato l'ultima chiamata,perché non saprei cosa rispondergli. Non sarei nemmeno in grado di trovargli una balla abbastanza plausibile. Affondo il viso nel suo petto ed inspiro a pieni polmoni il suo profumo,prima di addormentarmi di nuovo.

*****

Con l'aiuto di Tiberio ed Irene,porto le valigie giú per le scale del condominio per poi riporle nel bagagliaio della mia Audi nera,parcheggiata fuori sul limitare del marciapiede. Firenze é già in piena attività e sono appena le otto del mattino. Probabilmente adesso,Marco starà leggendo il biglietto di addio,che gli ho lasciato al mio posto sulle lenzuola. La cosa mi pesa tantissimo,ma non ho potuto fare altrimenti. Se fosse stato sveglio,mi avrebbe trattenuta. Tiberio mette il trolley nel bagliaio e mi guarda triste << Tornerai vero? >> chiede titubante << Sai,che non posso... - guardo anche Irene,che ha il volto rabbuiato - Ma ci sentiremo ancora. Esiste pur sempre Skype... >>. Accenno un sorriso e spero che le mie rassicurazioni risollevino il loro animo. Irene mi abbraccia con forza e lo stesso fa' Tiberio,trattenendomi come per non lasciarmi andare << Sta' attenta... >> mormora serio. Come se non sapessi guidare! Annuisco,staccandomi da lui e chiudo il bagliaio con un leggero tonfo. Faccio il giro per aprire lo sportello del guidatore e li osservo malinconica. Mi mancheranno,tantissimo e so che appena entrerò in autostrada,scoppierò a piangere << Giada! >>. Il mio cuore salta un battito. Riconosco subito la voce e mi volto,vedendo Marco corrermi incontro con pacchetto in mano. Si ferma davanti a me col fiato corto e me lo porge con un sorriso << Pensavi di partire senza salutarmi?! >> dice giocoso mentre noto che Irene e Tiberio sono tornati nel loro appartamento. Meno male. Non che la loro presenza mi infastidisca,ma con loro e Marco probabilmente non mi sentirei a mio agio << Perché te ne vai? >> domanda con un tono deluso,ma la voce gli si incrina sull'ultima sillaba e sembra sul punto di piangere << Mi hanno chiamato dalla Germania per lavoro... >> mi giustifico,ma lui sembra non comprenderlo ed i suoi occhi si fanno tristi,con la consapevolezza però che non ho deciso io di andarmene. Rigiro più volte il regalo,incartato con un piccolo fiocchetto argentato poi torno a guardare gli occhi nocciola che ora sono vicinissimi. Non ho il tempo di reagire,che le sua labbra sono già sulle mie. Porto le mani dietro alla sua nuca,intrecciando le dita coi suoi capelli. Mi tiro indietro prima che diventi troppo tardi. Indietreggio e mi siedo alla guida dell'auto,chiudendo lo sportello. Appoggio il pacchetto sul sedile del passeggero e mi aggancio la cintura di sicurezza,prima di mettere in moto l'auto,il cui motore romba come un gatto che fa' le fusa. Guardo Marco ed esco dal parcheggio. Una volta sulla carreggiata,guardo nello specchietto retrovisore e lo vedo fermo,in piedi in mezzo alla strada mentre si mette le mani in tasca. Mi mordo l'interno della guancia,trattenendo le lacrime che già mi pizzicano gli occhi. Allungo una mano verso la tasca della portiera e prendo il cd di Antonello Venditti e lo inserisco nello stereo,alzando il volume al massimo per evitare di sentire i miei singhiozzi.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - 'Alta Marea' ***


Autostrada deserta al confine del mare,

 

sento il cuore più forte di questo motore.

 

 

Sono le 4 del mattino ed ancora sono nell'autostrada diretta a Stüttgart. Ho trovato molto traffico e la cosa mi ha infastidita. Per fare prima,ho dovuto deviare e prendere diversi raccordi ed ho percorso anche parte di strada lungo mare.

Sigarette mai spente sulla radio che parla,

io che guido seguendo le luci dell'alba. 

Il sole ancora nascosto dietro le montagne,fa' vedere i suoi primi e flebili raggi che tingono il manto bluastro della volta celeste con screziature vermiglie e rosate.

Lo so,lo sai la mente vola

fuori dal tempo e si ritrova sola.

Senza piú corpo né prigioniera,

nasce l'aurora. 

La mia mente va' a stamattina,prima della partenza. Come un riflesso,guardo lo specchietto retrovisore. I fari dell'auto dietro di me annabbiano per un attimo la mia mente e rivedo Marco,in piedi in mezzo alla carreggiata. Quando riporto gli occhi sulla strada priva di lampioni ai lati,sto per impattare sulla curva. Sterzo bruscamente e le ruote gridano mentre schivo per pochi centimetri il gardereil. Mi fermo nella piazzola di sosta poco distante mentre altri automobilisti passano oltre,suonandomi il clacson. Con raffinatezza,mostro loro il dito medio prima di carezzare la pelle del volante. Il cuore batte a mille e l'adrenalina scorre furiosamente nelle vene facendomi tremare. 

Tu sei dentro di me,come l'alta marea

che scompare e riappare portandomi via.

Sei il mistero profondo,la passione e l'idea,

sei l'immensa paura che tu non sia mia.

'Mio' penso fra me,correggendo Venditti che ancora rimbomba nella mia auto. Cerco di calmare il respiro mentre guardo le macchine sfrecciare accanto a me.

Lo so,lo sai che il tempo vola.

Ma quanta strada,per rivederti ancora!?

Per uno sguardo,per il mio orgoglio

quanto ti voglio...

Rivedo i suoi occhi nocciola nei miei e sospiro per poi reimmettermi nell'assente traffico,con la canzone che continua a risuonare,come un sottofondo cupo e senza fine. Il cartello verde rinfrange la luce dei fari e metto la freccia per prendere l'uscita. Sono stanchissima. Guidare per quasi una giornata intera,24 su 24 seduta in macchina,ad aspettare che delle code interminabili sgomberino la strada,non é il massimo. Senza contare che alle dieci,esattamente fra sei ore,dovrò essere in clinica. Fortuna che mancano solo venti minuti per raggiungere casa mia.

*****

Dopo aver parcheggiato l'Audi nel vialetto davanti al garage,entro in casa tenendo stretto al petto il pacchetto ancora chiuso,che mi ha dato Marco. Chiudo la porta alle mie spalle e poso le chiavi sul mobiletto dell'ingresso,abbandonando il borsone ed il trolley in un angolo,vicino al porta-ombrelli. Accendo l'abat-jour del soggiorno e mi siedo un attimo sul divano per chiamare Tiberio,che a quest'ora sarà già sveglio per andare a lavoro. Dopo due squilli,risponde con un sospiro sollevato << Finalmente... >> mormora strappandomi un sorriso << Sono arrivata sana e salva. Ho quasi avuto un incidente all'ultimo chilometro,ma sto bene... >>. Mi precipito a rassicurarlo prima che faccia chissà cosa. Avverto il suo sorriso da oltre il telefono. Ormai lo conosco << Ad Irene manchi già tanto... Ed anche a me... >> rettifica con malinconia << La cosa é reciproca... - sospiro guardando il pacchetto misterioso - Ora devo riattaccare,sono stanca e devo essere a lavoro fra meno di sei ore... >> dico per liquidarlo gentilmente << Va bene. Buonanotte... >> risponde << Buon lavoro... >> gli dico prima di chiudere. Prendo il pacchetto e prendo una bottiglia d'acqua dalla cucina,prima di salire verso la mia stanza col borsone sulle spalle e trascinando il trolley lungo le scale. Arrivo velocemente in camera e lascio tutto sparso per prendere il pigiama dal cassetto. Vorrei lavarmi i denti,ma non ne ho le forze e mi limitoa sciogliermi la coda. Spengo tutte le luci che non mi servono,lasciandone solo una lungo le scale e mi stendo sotto le coperte. Prendo il pacchetto e sfilo il fiocco,scarto e mi ritrovo una scatola bianca fra le mani con un'unica scritta: I-Phone 8 Plus. Sorrido. Non l'ho mai visto nei negozi,perciò deve essere un modello non ancora sul mercato. Scuoto la testa,arrendevole e ripenso a Marco. Apro e vedo il cellulare nuovo di zecca con una cover oro. Pazzo!,penso fra me e me. Mi accorgo del bigliettino e lo leggo.

"Oro. Un regalo mai prezioso quanto lo sei tu.

Marco".

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Regali speciali ***


Il rientro a lavoro é stato intenso. Non ho avuto un attimo di pace ed ora,finalmente mi sto gustando il mio pranzo. Diana seduta accanto alla mia sedia,mangia le crocchette nella sua ciotola e sembra contenta,visto che non fa' altro che scodinzolare da quando mi ha rivista questa mattina. Non ringrazierò Inge mai abbastanza. Finisco di bere il mio succo mentre prendo l'I-Phone 8 Plus dalla borsa e lo poso sul tavolo insieme alle istruzioni. Lo accendo ed inizio ad impostarlo. Subito noto che é stato salvato in rubrica,il numero di Marco. Sorrido. Per il resto,il cellulare non é stato toccato. Apro la fotocamera e faccio un fischio a Diana,che volta il muso affusolato verso di me. Le scatto una foto con le orecchie dritte e la metto come sfondo. Accarezzo Diana che posa una zampa sulla mia gamba e raddoppio la dose di coccole,facendole dei versetti. Mi ricompongo quando Daniel,uno stagista che ancora frequenta l'Università,si avvicina a me. Abbiamo la stessa età,ma io mi sono laureata in minor tempo. Mi sorride con gli occhi verdi che brillano << Com'é andata in Italia? >> domanda cordialmente << Bene,grazie >> rispondo imbarazzata, ripensando alle parole di Inge. Lei dice che Daniel é caduto ai miei piedi,ma anche fosse vero,non mi interessa affatto. Non che non sia bello,considerando che potrebbe essere uno dei tanto desiderati eredi ariani che avrebbe voluto Adolf Hitler,ma preferisco gli occhi nocciola che mi hanno accompagnato nei sogni. Il ragazzo davanti a me punta l'I-Phone << Wundebar! (1) - dice strabuzzando quasi gli occhi per la sorpresa - Come hai fatto ad averlo?! >> << Un amico me lo ha regalato... >> mi giustifico mentre noto che le sue iridi sono diventate più intense quando ho detto "amico". Poi mi rivolge un sorriso di circostanza,uno di quelli che non coinvolge gli occhi << Devo andare... - mormora - Ci vediamo >>. Gli faccio cenno con la mano per salutarlo prima di tornare al mio cellulare.

****

Esco dalla clinica alle 18:30 in punto,con ancora il camice bianco addosso mentre Diana mi segue verso la macchina. La lascio salire sui sedili posteriori prima di accomodarmi alla guida. Chiudo lo sportello e metto in moto per tornare velocemente a casa. 

Diana entra subito appena le apro la porta di casa. Le sarà mancata la sua cuccia accanto al divano in salotto. Mi dirigo in cucina per prepararmi qualcosa da magiare,anche se non ho molta fame. Guardo l'I-Phone ripensando all'Italia e a quei due furfanti, ora novelli sposi. Subito l'immagine di Marco si sposta in primo piano nel mio cervello. Forsa ha ragione: pur essendo passati dieci anni,io lo amo ancora. Esattamente come quando avevo sedici anni. E mi manca da morire. Mi manca tutto di lui: la sua irriverenza, i suoi occhi,il suo sorriso. Mi manca Marco e ogni volta che ci penso,sento un gran vuoto e mi si chiude lo stomaco. Finisco la cena controvoglia,prima di ritirarmk a letto.

Una settimana dopo... 

Mentre controllo gli appuntamenti per domani,l'occhio mi cade sull'orologio. Sono le 19 e Diana,mi starà aspettando a casa. Rimetto a posto il mio studio e mentre esco,sento la suoneria del cellulare. Vedo il nome di Marco sul display e rispondo << Dove abiti? >> mi chiede con voce entusiasta e mi lascia sconcertata. É qui,in Germania per me! Posso avvertire il suo sorriso e non posso far altro che imitarlo << Devo fidarmi?! >> rispondo sarcastica. Lui ride e la sua risata é la mia rovina << Tu avviati verso casa... >> dice mentre entro in macchina,allacciandomi la cintura. Oddio. Lui é qui! << KeplerStrasse,4 >> rispondo prima che mi riattacchi.

Parcheggio lungo il marciapiede,entro i confini tracciati da delle strisce bianche,visto che il vialetto é occupato da un'Alfa Romeo rossa fiammante. Il solito stravagante! Esco e lo trovo seduto sulle scale di fronte al portone. Appena mi vede,si alza in piedi e sorride. Indossa una semplice felpa ed un paio di jeans,con delle sneakers bianche. Per un attimo,mi sembra di tornare ad avere tredici anni. Sento la testa leggera ed il cuore pesante di gioia,quando i nostri sguardi si incrociano inchiodandosi. Lo raggiugo con ancora la ventiquattr'ore stretta in una mano e mi getto fra le sue braccia. Il suo profumo mi invade i polmoni,lasciandomi piacevolmente sorpresa. La sua presenza familiare é vitale per me. Non posso farne a meno. Le dita della mia mano libera si intrufolano fra i suoi capelli ambrati,spettinandoli mentre preme con forza le sue labbra sulle mia. Avverto una dolce sensazione di tremore mentre tolgo la mano dalla sua nuca,riluttante per cercare le chiavi di casa nella tasca del giubbotto. Si appoggia con la schiena al portone,trascinandomi con sé e trattenendomi alle sue labbra mentre inserisco la chiave nella serratura ed entriamo. Abbandono a terra la valigetta e le chiavi sul solito mobiletto mentre Diana ringhia dalla cucina << Diana,sitz! (2) >> dico in tono di comando prima che i denti di Marco catturino il mio labbro inferiore. Oddio. É così intenso. Quando torno ad assaporare le sue labbra,sento un gemito gutturale di approvazione provenire dalla sua gola << Mi. Sei. Mancata... Tantissimo... >> ansima sull'ultima parole ed il suo,diventa un roco sussurro. La zip del mio giubbotto viene calata e subito avverto le sue mani vogliose che mi liberano dal giubbotto,per poi scorrere lungo i miei fianchi e sulla schiena mentre saliamo le scale con non pochi problemi. Devo resistergli,ma le sue labbra cosí incatenanti sono ammalianti,come il canto delle sirene ed io mi sento sempre più come Ulisse,quando varchiamo la soglia della mia camera da letto.

 

(1) Wundebar [tedesco]= meraviglioso;

(2) Sitz [tedesco]= seduto.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Gioco di seduzione ***


No,non posso resistergli. Le sue labbra lavorano le mia mentre le sue mani sono giunte sotto la mia maglietta,infiammando oni centimetro della mia pelle. Le mie dita si intrecciano ai suoi capelli,attirandolo sempre piú verso la mia bocca. Quando mi stende sul letto,le mie mani scivolano sulle sue spalle fin sul petto dove abbasso la zip della felpa che finisce di togliersi,prima di prendere possesso delle mie labbra. Continuo la lenta discesa delle mie mani sul suo petto,che si alza e si abbassa per il respiro carico di desiderio. Afferro i lembi della sua maglietta e lui si stacca da me,alzando le braccia per collaborare. L'indumento finisce chissà dove sul pavimento mentre mi sovrasta con la sua figura. I muscoli del petto,dell'addome e delle braccia sono abbastanza evidenti e proporzionati. Niente di esagerato,ma comunque un fisico statuario. É di una bellezza disarmante ed i suoi occhi adesso sono più profondi e mi inghiottono in un potente vortice di emozioni contrastanti. Il desiderio di averlo e la paura di un rapporto. Un incontro fra testa e cuore. Il buio quasi totale nella stanza,interrotto solo dalla luna al di fuori,mi rende piú tranquilla. Lo accarezzo sul petto,avvertendo il calore della sua pelle mentre le sue labbra mi percorrono la gola con baci ardenti. Riprende a baciarmi sulle labbra mentre sbottona la mia camicetta. D'istinto,lo afferro per i polsi bloccandolo. Lui si ferma e mi guarda << Che c'é? >> chiede visibilmente preoccupato. Mi mordo il labbro inferiore che lui libera dai miei denti per imprigionarlo fra il pollice e l'indice << Ho paura... >> sussurro tutto d'un fiato. Lui lascia andare il mio labbro ed abbozza un lieve sorriso. La sua mano mi accarezza la guancia mentre posa un bacio sulla mia fronte. Un bacio tenero che riesce a farmi sentire al sicuro. Chiudo gli occhi,cercando di assaporare con ogni senso,la sua presenza fortemente erotica,ma anhe rassicurante << Rilassati... - mormora vicino al mio orecchio,solleticandomi il lobo - Ti senti oppressa? >> domanda mentre le sue labbra scivolano sulla mia mascella. Mi sfugge un ansito quando avverto la sua mano afferrarmi il ginocchio,per portarlo all'altezza del suo fianco. << No... >> sussurro con un fil di voce troppo concentrata su Marco,che con cautela sgancia i miei jeans facendoli scivolare lungo le mie gambe. Finisce di togliermeli e torna su di me. Il suo gioco dura qualche minuto prima che io possa sentirlo in me. Superato il primo attimo di dolore,i miei muscoli si rilassano ed i movimenti diventano fluidi,sincronizzandosi con i suoi. Le sue spinte restano costanti,lente ma forti fino a che non esplodiamo in miliardi di frammenti,consumati dal piacere salito alle stelle. Il suo respiro é una folata impetuosa,come il vento che sposta le onde del mare. Intanto,le sue mani scivolano sotto la mia schiena nuda fino a che non mi circonda con le sue braccia forti. Lo abbraccio,posando le mani sulle sue spalle mentre rotola fino a che non mi ritrovo distesa su di lui. Mi copre con la coperta,senza però lasciarmi andare ed io poso la guancia sul suo petto. Con l'orecchio,sento il suo cuore battere forte ed all'unisono col mio,come se fossimo una cosa sola. 

*****

Il sole filtra tra le tende della finestra  mentre apro gli occhi,ritrovandomi sdraiata accanto a Marco che dorme beatamente,con un'espressione da emerito idiota sul volto. Un lieve sorriso alleggia sulle sue labbra,ancora gonfie per i baci di stanotte. Le ore più belle della mia vita. É meravigliosamente seminudo,visto che le lenzuola lo coprono dall'addome in giú,lasciando scoperto gli appetitosi pettorali e le braccia,di cui una ricade all'indietro sulla testiera del letto mentre l'altra é a penzoloni sul bordo del materasso. Mi siedo sul letto,stiracchiandomi pigramente. Sento le membra ancora intorpidite e piacevolmente insolenzite,ma per il resto sto bene. Anzi,mi sento euforica. Viva la serotonina! Mi alzo e prendo dal cassetto un paio di slip puliti. Nel mentre,lo guardo dormire con le labbra schiuse ed i capelli arruffati e completamente in disordine. Bellissimo. Raccatto la sua felpa dal parqué e me la metto,tirando su la zip. Mi sta grande di almeno due taglie e la cosa mi piace da morire. Mi fa' snetire una bambina. E lui é il mio gigante buono. La stoffa é impregnata del suo profumo. Che meraviglia! Scendo le scale per andare in cucina dove trovo Diana seduta ad aspettarmi,come una puntuale sentinella. Mi chino per farle un pò di coccole e le faccio i grattini dietro le orecchie a punta. Cosa che lei adora << Sei stata una brava cagnolina... >>. Lei scodinzola,non senza darmi una bella leccata in faccia. Il miglior risveglio del mondo. Le riempo la ciotola di crocchette, che si sbafa in pochi secondi prima di accucciarsi in salotto mentre io metto su il caffé. Quando riempo la moka col caffé macinato,sento le mani di Marco scivolare sui miei fianchi e trarmi a sé. La mia schiena e le mie curve incontrano il suo corpo,trovando i giusti incastri. Con una mano,sposta i miei capelli sul davanti in una silenziosa tortura dolcissima. Ridacchio quando soffia sul mio collo per farmi il solletico << Buongiorno... >> sussurra roco prima di voltarmi verso di sé con un movimento deciso,ma delicato. Sorrido come un ebete e gli stampo un bacio sulla punta del naso << Guten Morgen,Her Rossi (1)... >> mormoro prima di mettere la moka sul fornello. Noto solo adesso che Marco,indossa solo un paio di pantaloni di tuta. Avvampo non vedendo l'elastico dei boxer sbucare dal bordo dei pantaloni, che invece lasciano ben poco spazio all'immaginazione. Si intravede una leggera e corta peluria che scende verso il basso. Inghiotto un fiotto di saliva,avvertendo una strana sensazione all'inguine. Lui si siede a tavola e mi osserva mentre unisce le dita di entrambe le mani,con finto fare meditabondo << Vedi qualcosa che ti piace? >> domanda col suo sguardo sensuale e rapace. Oddio. Sorrido,riprendendo però la mia compostezza << Decisamente... >> dico addentando un biscotto,che pesco dal barattolo sul ripiano della cucina. Mi piace questo gioco di seduzione con lui e sento che durerà per almeno tutta la mattina.

(1) Guten Morgen,Her Rossi [tedesco]= Buongiorno,signor Rossi.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Il boia con la siringa ***


Scendo di nuovo le scale,fresca di doccia e con i vestiti per il lavoro. I miei capelli hanno ripreso i loro ricci perfetti e mi cadono sulle spalle. Una bella maglietta a maniche con i polsini a palloncino,di un intenso color acquamarina,ed un paio di pantaloni neri a vita alta. I miei tacchi picchiettano sul parqué mentre prendo l'orologio sul tavolino del salotto,dove Marco mi aspetta seduto sul divano. É ancora a dorso nudo e lo fa di proposito << Dove vai? >> domanda con gentilezza << A lavoro >> rispondo tranquillamente,senza però impedirmi una lunga occhiata << Potrei mantenerti io. Guadagno molto... - dice strattonandomi gentilmente per un braccio ed inarcando un sopracciglio,con fare di sfida - Potresti stupirti di quanti soldi entrano nelle mie tasche... >>. Abbassa la voce in tono sensuale,ma non ci casco. So che se potesse,mi riporterebbe in camera da letto << Primo: io non dipendo da nessuno. Secondo: non fare scommesse che non puoi vincere... E terzo... - metto un dito sotto al suo mento ed avvicino le labbra alle sua,senza sfiorarle - Mettiti una maglietta... >> mormoro  e mi tiro indietro un secondo prima che riesca a catturare le mie labbra. Afferro la ventiquattr'ore e cerco le chiavi della mia Audi,non trovandole. Mi volto verso Marco,che le tiene fra il pollice e l'indice facendole tintinnare. Perde la partita quando prendo le chiavi della sua auto prima di uscire definitivamente.

 

Sento un trillo dell'I-Phone,il cui schermo si illumina. Sorrido. So già chi é. Sblocco lo schermo e vedo il messaggio di Marco: 

"Mi manchi. Questa casa é troppo grande ❤". 

Non faccio in tempo a rispondere,che qualcuno bussa alla porta del mio ufficio. La capigliatura ramata e liscia di Inge fa' il suo ingresso mi osserva mentre tiene due cartelle fra le mani. Poso il telefono << Inge. Dimmi pure... >>. Mi porge una cartella << Frau Köhler ha telefonato per sapere come sta il suo Shitzu,Sissi... >> annuisco << Richiamala. Ieri le ho fatto una lastra e sta' bene... Può venire a riprenderla... >>. Le rendo la cartella mentre mi porge quella di Ziba,un pastore tedesco della guardia cinofila << Devo effettuare gli ultimi esami prima di proporre l'eutanasia. Intanto chiama il proprietario... >> dico mentre esco dal mio ufficio per dirigermi in ambulatorio. Prendo il mio camice appeso al gancio accanto alla porta,insieme al mio stetoscopio che metto al collo. Entro nella zona piú sterile della clinica ed incontro Daniel,che tiene sotto controllo Ziba. La cagnolina appena mi vede,scodinzola e cerca di venirmi incontro,ma Daniel la tiene al guinzaglio << Lasciala... >> ordino in tono basso. Lui mi guarda come se avessi detto un'eresia << Ma ha la rabbia,potrebbe morderti... >> gli rivolgo uno sguardo di fuoco. Se c'é una cosa che non sopporto é che non si rispettino le mie parole. E Daniel ha la pessima abitudine di rivolgermi troppe attenzioni << Ho detto lasciala! - sbotto - Non ho paura di nessun essere vivente,eccetto l'uomo. Se vuoi i miei insegnamenti,devi fare quello che ti dico. Altrimenti sei fuori da questa e da tutte le cliniche nel raggio di dieci chilometri. Sono stata chiara?! >>. Daniel sbianca rd annuisce vigorosamente mentre Ziba si siede accanto a me. Le sorrido e lei scodinzola,nonostante la saliva goccioli sul pavimengo lucido,inquietante sintomo della patologia che la affligge da mesi. É una brava cagnolina che conosco da anni,perché sono stata io ad aiutare la madre a metterla al mondo,insieme ai suoi sette fratellini. Otto bellissimi cuccioli pelosetti di pastore tedesco. Razza pura,adottata dalla guardia cinofila di zona. I suoi occhioni mi scrutano attenti ed alle volts,credo che possa leggermi nella mente. Le faccio una carezza sulla testa << Vieni,Ziba... >>. Lei obbedisce e mi segue nella stanza. La faccio salire sul tavolo metallico,senza metterle la museruola. Potrei rischiare la carriera,ma mi fido ciecamente di questo cane. Effettuo qualsiasi tipo di esame,senza trovare soluzioni positive e quando arriva il padrone,sono costretta a dargli dei cattivi riscontri. Lo osservo mentre saluta per l'ultima volta la sua compagna di vita. Gli consegno i moduli da compilare e lo mando da Inge,prima di accingermi a preparare la siringa. Mentre tiro la pipetta facendo entrare il liquido letale,mi sento come un'assassina. Uno di quei boia che calano un'ascia sulla testa di colui che va' al patibolo. Sospiro mentre mi avvicino a Ziba,che si é già distesa sul tavolo operatorio, come se sapesse già che é giunta la sua ora. Mi rivolge un ultimo sguardo << Ti prometto che non soffrirai... >> sussurro lasciando che una lacrima,scorra sulla mia guancia.

****

Sono le 19 e sono sfinita. Ho fatto almeno una ventina di visite,inclusa l'eutanasia di Ziba che ancora pesa sul mio cuore,come un macigno. Tutti nella clinica,credono che sia una che ha fegato e che non si lascia sconvolgere da ciò che succede. Non che non sia vero,ma il vedere la sofferenza negli occhi di un essere vivente é sempre stata una cosa che mi tocca nel profondo,ricordandomi ogni giorno il danno che provochiamo a questo pianeta. Parcheggio l'auto di Marco davanti casa e scendo ancora più depressa. La mia Audi ha il magico effetto di farmi rilassare,ma mi é stata "brutalmente" confiscata. Apro la porta di casa ed interrompo il silenzio coi miei passi. Chiudo la porta alle mie spalle e subito,Diana mi salta addosso facendomi le feste. La adoro. La accarezzo con gioia,facendomi dimenticare Ziba per un attimo << Marco? >> chiedo un pò perplessa << Sono in cucina >> dice ed io mi dirigo nella stanza. Lo vedo disteso sotto il lavello intento a ripulire il tubo di scarico. Mette la testa fuori e mi sorride. Finalmente,indossa una T-Shirt << Ma che fai? >> domando un pò preoccupata mentre si rimette in piedi,pulendosi le mani con uno straccio << Mi annoiavo ed ho iniziato a lavare i piatti. Cosí mi sono accorto che c'era qualcosa che ostruiva lo scarico e... - si interrompe bruscamente e mi osserva,inclinando la testa di lato - Ti senti bene? Sei pallida.. >>. Mi si avvicina e mi prende per le spalle. Subito il sio profumo mi investe e mi fa' sentire a casa << É stata una giornata lunga... >> mi limito a dire mentre mi accarezza una guancia. Sorride e si china in avanti per caricarmi sulle spalle. Picchio i pugni sulla sua schiena,ma mi ignora mentre mi porta su per le scale << Mettimi giú! >> gli ordino categorica quando ormai mi ha distesa sul letto. Si toglie la maglietta con un unico movimento. Dio,quanto é bello! Dovrebbe essere illegale. Credo che voglia fare qualcosa,ma si limita a sovrastarmi << Cosa é successo? Perché non mi hai risposto stamattina? >> chiede ed ora sembra apprensivo << Non ti ho risposto perché mi si sono accumulati molti appuntamenti... >> mormoro stanca. Non posso affrontare un dialogo con lui adesso. É troppo lunatico da gestire al termine di una giornata come questa << Va bene, scusami... >> risponde contrito prima di scendere dal letto e cominciare a sfilarmi le scarpe,che ripone sotto al letto. Si concentra sui miei pantaloni e li sgancia,resistendo all'impulso di saltarmi addosso. La cosa mi fa' sorridere. Non credevo di poter essere desiderabile da qualcuno. Piega i pantaloni e li poggia su una sedia,prima di salire di nuovo su di me per togliermi la camicetta. Una volta tolta anche quella, resta a fissarmi a lungo << É davvero difficile resisterti... >> confessa arrossendo lievemente. Mi stampa un bacio sulla fronte e mi copre con le coperte,come mio padre faceva quando ero bambina. Si stende accanto a me,in silenzio e mi abbraccia. Le sue dita arrivano dietro la mia schiena per sganciarmi il reggiseno,che mette via senza staccare gli occhi dai miei. Scosta i capelli dalla mia spalla e mi sorride << Dormi,adesso... >>. Per la prima volta,non mi vergogno della mia nudità e col cuore gonfio di orgoglio per lui,chiudo gli occhi addormentandomi fra le sue braccia,che ancora mi circondano protettive.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Marcare i confini ***


Svegliarsi accanto a Marco Rossi é la parte piú bella delle mie giornate,da quando é arrivato qua per me. Stare a lavoro é uno strazio sapendo che si starà annoiando davanti alla tv mentre cambia canale ogni dieci secondi,dato che non capisce nemmeno una parola di tedesco. Sono le 15:00 e sono già distrutta. Mi alzo dalla sedia,decisa di fare un cambio turno con Inge,ma Daniel irrompe nel mio studiocon velata arroganza. Dovrei iniziare ad usare il pugno di ferro. Sorride ed io ricambio,anche se non del tutto convinta << Giada,senti. Posso parlarti? >> chiede avvicinandosi cautamente. Oh,no. Adesso mi proporrà di uscire come ogni santo pomeriggio ed io dovrò propinargli un'altra classica balla. Sto per fermarlo,quando Inge si avvicina quasi di corsa,facendo picchiettare la suola delle ballerine infiocchettate << C'è qualche problema? >> domando preoccupata con un cipiglio speranzoso. Se c'é un'emergenza,potrò evitare Daniel ancora una volta. Lei scuote la testa in diniego,facendo ondeggiare i suoi capelli ramati. Le mie speranze si frantumano e tento invano di trovare una balla per lo stagista. Inge però sembra sul punto di esplodere per la frenesia << C'è un certo Her Rossi all'ingresso... - dice tutta su di giri - Dice che é venuto a prenderti >>. Sorrido << Sí,infatti stavo venendo da te per un cambio >> dico con tranquillità, superando Daniel mentre Inge sembra saltellarmi intorno << É italiano vero? >> domanda eccitata come un gatto davanti ad un pallino laser << Sí >> dico inorgoglita mentre raggiungiamo l'atrio,un pò asettico. É in piedi con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni mentre si guarda intorno con circospezione. Si volta verso di me e sorride. Mi sembra di prendere una bella boccata d'aria fresca. Nella sua camicia bianca,risalta la sua mascolinità del fisico messo ben in vista,nonostante i vestiti. Mi stupisco ogni volta nel vederlo sempre a suo agio nel suo corpo,al contrario di me. Mi si avvicina,seppur dubbioso mentre Inge sembra svenire. Lui però non la guarda. Mi punta come un cacciatore,prima di squadrare Daniel alle mie spalle. Mi arriva vicino e marca subito il suo territorio,mettendomi un braccio intorno alla vita prima di stamparmi un bacio sulla guancia. La sua mano calda mi sfiora la schiena sopra il camice << Ciao.. >> gli dico e la mia voce sembra gelatina,come le mie gambe. Lo presento alla mia assistente,che gli stringe la mano un pò troppo calorosamente. So che Marco fa' quest'effetto sulle donne,ma... Eh,no mia cara! Questo italiano é MIO! Metto anch'io i miei paletti,rivolgendole un'occhiata di fuoco. Poi mi volto verso Daniel,presentando Marco anche a lui << Marco,ti presento Daniel Müller. Daniel,lui é Marco Rossi... >>. I due si guardano,si sfidano con una veloce stretta di mano << Her Rossi... >> dice lo stagista con finta cortesia << Daniel... >> risponde Marco abbassando di due toni la voce. Sembrano due lupi che si ringhiano,mostrandosi i denti,per un pezzo di carne. Guardo Marco che mi sorride mentre gli si illuminano gli occhi nocciola. Prende la mia ventiquattr'ore ed io gli porgo le chiavi della mia Audi,capendo il linguaggio del suo corpo. Ha posto dei limiti a Daniel ed adesso,vuole assicurarsi che io li ridefinisca. Prende il mini-telecomando e mi schiocca un bacio all'angolo della bocca con un'accurata ed attenta precisione,non lasciata al caso,facendo irrigidire lo stagista alla mia sinistra << Ti aspetto in auto... >> mormora prima di uscire con non-chalance. Il mio eroe!

**** 

Esco dalla clinica e raggiungo a passo svelto la mia auto,dove Marco mi attende pazientemente appoggiato allo sportello del guidatore. Mi sorride << Posso guidare? >> << No,scordatelo >> dico afferrando le chiavi dalla sua mano prima di salire in macchina. Aspetto che si accomodi sul sedile del passeggero e giro la chiave,avviando l'auto. Faccio retromarcia per poi immettermi nel traffico << Come sei arrivato qua? >> chiedo confusa. Non era in macchina,altrimenti avrei visto la sua Alfa Romeo rossa << Ho fatto un giro a piedi. Mi é bastato dire Frau Lehman e una signorina mi ha accompagnato qua... >> dice alzando un sopracciglio con fare soddisfatto. Lo guardo un attimo << Allora non sei completamente idiota... >> rispondo con sarcasmo. Lui alza gli occhi al cielo << Perché hai cambiato il cognome? Da Zirafi a Lehman c'é un balzo di 2000€ >> dice dopo qualche minuto di silenzio << Primo: ho pagato solo 300€,visto che non sono in Italia. Secondo: l'ho cambiato per cambiare vita... >> sbotto per liquidarlo e si zittisce subito,capendo che non ne voglio parlare. Non sono abituata a parlare delle mie cose personali. Inoltre,deve recuperare ancora i dieci anni persi con me. 

Parcheggio nel vialetto, accanto alla sua auto e scendo. Sto per entrare in casa,mi ptende per un braccio e mi attira a sé,inchiodandomi col suo solo sguardo << Guarda che lo so che quei dieci anni non torneranno mai piú... >> mormora mentre gli si dipinge un'espressione contrita << Bene,l'importante é esserne consapevoli... >>. Sto per andare verso il portone,ma mi strattona di nuovo. Stavolta il mio corpo impatta col suo,come é successo al matrimonio di Irene e Tiberio. Distolgo lo sguardo,incapace adesso di reggere le sue iridi nocciola cosí profonde << Giada,guardami... - stringe gentilmente la presa intorno al mio polso ed io sono costretta a guardarlo - Non c'é un minuto in cui non mi senta uno stupido per quello che ho fatto... Non ci sono scuse e credo che non mi basti un'intera vita per farmi perdonare... Però ho tutta l'intenzione di provarci,se me ne darai la possibilità... >> dice a bassa voce mentre la sua mano mi accarezza il viso,per poi scivolare fra i mie capelli dietro la nuca e trarmi verso le sue labbra. Oddio. La sua bocca lavora la mia ed io mi appoggio contro il suo corpo,cosí caldo e familiare al tatto. Gli accarezzo le spalle,frustrata dall'idea che una camicia mi separi dalla sua pelle << Prendi le chiavi dalla mia tasca... >> sussurro fra un bacio e l'altro << Stai diventando subdola... >> soffia sulle mie labbra con un sorriso,facendomi rabbrividire << Stai zitto ed obbedisci... >> dico prima di affondare le dita fra i suoi capelli.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 - Rancori in lacrime ***


É notte fonda quando apro gli occhi,senza riuscire a dormire. La luna splende insieme alle stelle nel cielo,filtrando dalla finestra. I mobili proiettano delle strane ombre,giocando con i morbidi raggi lunari. Sollevo lo sguardo per osservare il profilo di Marco,con la guancia posata sulla sua spalla. Dorme serenamente con le lenzuola che lo coprono dalla vita in giú. I capelli spettinati gli ricadono sulla fronte,facendolo assomigliare ad un ragazzo che ha passato la notte in bianco,davanti ai videogiochi. Il petto nudo si solleva e si abbassa ritmicamente per il respiro tranquillo mentre osservo la curva delle sue ciglia. Le labbra schiuse sono ancora più invitanti e so che sono morbide,esattamente come appaiono. Mi sposto,facendo affidamento sulle poche forze che ho,avvicinandomi al suo volto e posando la bocca sulla sua per catturare il suo labbro inferiore tra i miei. Prende un lungo respiro prima di avvolgermi con le sue braccia senza abbandonare il bacio,che si intensifica gradualmente. Riesco a prendere possesso delle sue labbra per qualche istante prima che rovesci la situazione,ponendomi sotto di lui. Mi sento protetta,come quando mi abbracciò per la prima volta. Quattordici anni fa,dietro le quinte della recita di fine terza media.quella recita ora lontana nei ricordi e nel tempo,che sembra non dar tregua a nessuno << Giada... >> sussurra e la sua voce appare preoccupata,come non l'avevo mai sentita. Cerca di staccarsi gentilmente,ma glielo impedisco con un altro bacio. Sento le lacrime scorrermi sul viso e Marco mi blocca,staccandosi per riprendere fiato ed aggrottando la fronte confuso << Che cos'hai? >> mormora accarezzandomi i capelli,ma ormai é lontano dalla mia mente invasa da ricordi piacevoli,quanto dolorosi << Avrei fatto qualsiasi cosa... - non riesco a trattenere i singhiozzi mentre incornicio il suo bellissimo viso fra le mie mani - Sarei stata qualsiasi cosa tu avessi voluto. Volevo solo riaverti nella mia vita... >>. Posa una mano sulla mia,ancora sulla sua guancia calda. I suoi occhi mi fissano sconvolti << Basta... Calmati... >> sussurra. Io scuoto la testa << Io ti cercavo. Cercavo Marco Rossi,il mio migliore amico... Avrei sopportato il dolore che avrei provato nel guardare un'altra,dieci volte piú carina di me,attaccata a te. Avrei sopportato anche questo se sarebbe servito a riaverti... >>. Piango. Il mio rancore inacidisce le mie lacrime amare mentre la sua mascella si tende,come se avessi toccato un argomento sgradevole per lui << Basta! - la sua voce é un tuono che mi riscuote dal mio stato di trans - Io sono qui... >> afferma riabbassando la voce ad un tono rassicurante,quasi calmo. Quasi. Continuo a tenere le mie mani sul suo volto,come per accertarmi che sia davvero con me. Alle volte,stento perfino a crederci << Io sono qui... >> ripete ma piú a sé stesso,come se dovesse autoconvincersi. Prende una mia mano portandosela vicina alle labbra,baciando ogni singola nocca prima di posare il palmo della mia mano sul proprio petto. Il suo cuore batte forte << Marco... >> sussurro debolmente e lui annuisce con un lieve sorriso. Si sposta accanto a me per stringermi forte a sé. La mia pelle incontra la sua in un contatto intimo, segreto. Non riesco a togliere le dita dai suoi capelli << Dormi... Sono qua... >> dice sperando probabilmente di calmarmi << Mi darai delle risposte vero? >>. Lui annuisce dopo un attimo di esitazione << A tempo debito,sí... >> dice arrotolandosi una ciocca dei miei capelli attorno all'indice. Con un braccio,mi avvolge i fianchi mentre chiudo le palpebre,diventate pesanti.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 - Distanze ***


Ora é il sole domenicale a svegliarmi. Allungo una mano fuori dalle coperte e tasto il letto senza trovare Marco. Apro subito gli occhi mettendomi a sedere sul letto,come se mi fossi scottata. No,non può essersene andato. Quando vedo ancora la sua valigia aperta sul pavimento,mi tranquillizzo e mi stiro pigramente,sollevando le braccia. Prendo la sua maglietta finita sul pavimento,infilandomela di corsa per poter sentire il suo profumo. Prendo degli slip puliti e scendo le scale coi piedi scalzi. Sento la voce di Marco provenire dalla cucina. Infatti lo trovo lí,che mi da le spalle mentre si appoggia al ripiano della cucina con le braccia. All'altezza delle sue ginocchia,noto Diana seduta accanto a lui,che lo guarda con interesse << Sí... Sí mamma,sto' bene... - mormora al telefono mentre mi appoggio,con la spalla contro lo stipite della porta - Va bene,passami papà... >> dice e dopo qualche istante,sembra che gli si sia gelato il sangue nelle vene. Le sue spalle scoperte si irrigidiscono insieme alla schiena << No. Non lo so! - mi avvicino silenziosamente di qualche passo - No,papà. Non posso,non adesso che... Perché?! No,non ha senso! Dannazione,papà ascoltami! >>. Stacca il telefono dall'orecchio, fissandolo rabbioso prima di metterlo via. Deve avergli riattaccato in faccia. Sbatte violentemente il pugno sul ripiano di granito della cucina,facendo sobbalzare Diana sul posto. Mantengo la mia compostezza mentre mi avvicino alle sue spalle,avvolgendogli la vita con le braccia. Il mio petto si schiaccia leggermente contro la sua schiena ed avverto i suoi muscoli rilassarsi. Il suo respiro,prima affannato per la rabbia,adesso si calma gradualmente. Una sua mano raggiunge il mio braccio e lo accarezza teneramente << Era tua madre? >> domando con calma << E mio padre... >> sospira abbassando il capo in avanti. Poso la fronte fra le sue scapole << Sei arrabbiato,lo sento... Vuoi parlarne? >>. Avverto il suo sorriso,anche se non posso vederlo << Mio padre dice che devo tornare a Firenze... >>. Quelle parole sono peggio di un pugno allo stomaco,ma sapevo che prima o poi le avrebbe pronunciate. Non puó rinunciare al lavoro di una vita,ma non voglio nemmeno che se ne vada. In fondo,ho sempre saputo che avremmo incrociato questo bivio << Potresti spostare la tua sede amministrativa qui in Germania... Senza spostare lo stabilimento né licenziare dipendenti... >> dico sperando che sia una prposta attuabile << Non so se sia una buona idea... - brontola lui indeciso - Ho paura di perdere le quote. Inoltre,avrei bisogno del mio staff qui... Ed io non so nemmeno una parole di tedesco... >>. Sbuffa frustrato,passandosi una mano fra i capelli. Mi stacco da lui riluttante mentre si volta completamente verso di me. Mi osserva << Tu non potresti tornare con me? D'altronde,sei una mediterranea nata all'estero... >> dice con una punta di sarcasmo. Gli rivolgo un'occhiata torva,ma mio malgrado non posso non sorridere alla sua irriverenza << Io non posso spostare il mio lavoro. Ho impiegato del tempo per avere la mia clinica,senza contare che qui io mi sento a casa... >>. Spero che capisca << L'Italia é sempre stata casa tua... >> ribatte ed é più serio << Non lo é più da tempo ormai. Non riuscirei a vivere in un Paese dove la burocrazia ti rende vecchio ed il sistema é corrotto fino alla punte dei capelli >> << Certo, perché la Germania é il Paese perfetto... >> si inalbera mentre gesticola con una mano << Almeno qui si fanno le cose come si devono >> abbasso la voce ad un tono cosí serio da spaventarmi da sola. La mascella gli si tende << Forse dovresti rivalutare anche me,visto che sono italiano >>. Inarca un sopracciglio con fare arrogante. Perché stiamo discutendo? << Guarda che quello "razzista" é Tiberio. E poi cosa c'entra tutto questo con la tua azienda? >> dico facendo un passo indietro << Tu non vuoi venire con me perché significherebbe un passo nel vuoto >> sbotta innervosito << Sta' attento a non invertire i ruoli,Marco... >> gli punto il dito contro mentre la suoneria del mio cellulare risuona nel silenzio della casa. Lo squadro ancora una volta prima prendere il mio cellulare rimasto in salotto << Pronto? >> << Giada... >>. La voce di mia sorella Debora mi lascia sorpresa << Dimmi >> << Come stai? >> chiede fingendo un tono mellifluo << Smettila coi convenevoli. Perché mi hai chiamata? >> domando per arrivare al dunque. Nemmeno la distanza può impedirmi di essere gentile con la mia unica sorella << Fra due giorni ci sarà una veglia per Filippo .. A Catania... >> << Non chiamarlo Filippo. Porta rispetto a nostro padre,che se non fosse per lui ti saresti già col culo in un cassonnetto... >> ringhio << Ah,scusa... Eri tu la sua prediletta... >> sibila velenose facendomi ribollire il sangue nelle vene << E tu resti la solita idiota... In ogni caso,che tu partecipi o meno,io ci sarò... >> dico prima di riattaccare. Prendo un respiro profondo mentre passo le mani sulle mie stesse braccia come se avessi freddo,infossando la testa nelle spalle. Sento Marco avvicinarsi a me ed abbracciarmi da dietro << Scusa per prima... >> mormora vicino al mio orecchio,prima di stamparmi un bacio sulla guancia. Abbozzo un sorriso e mi accorgo che l'ho già perdonato.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 - Scontri familiari ***


Tre giorni dopo... 

Il prato verdeggiante della collinetta si affaccia sul mare siciliano mentre il vento soffia dall'Africa lontana,scompigliandomi i capelli e facendo svolazzare la stoffa del mio abito lungo e nero. Il prete recita la breve messa mentre le mie ormai anziane zie,le poche ancora in vita,si stringono attorno a me e mia sorella,che se ne sta in disparte con suo marito. Non ha portato nemmeno i miei nipoti alla veglia. Le rivolgo uno sguardo carico di disprezzo. Nemmeno nella morte riesce a perdonare nostro padre,che sí,di errori ne ha fatti tanti, ma non ha mai smesso di volerci bene. Una delle mie due zie si regge al marito in preda al dolore per la perdita di mio padre,avvenuta qualche anno fa e resisto dal seguirla nel pianto. Mi manca mio padre. Molto. Solo adesso comprendo il dolore di Tiberio. Vorrei che Marco fosse con me adesso. Ci siamo separati quando ho fatto scalo all'areoporto di Firenze,ieri pomeriggio. Lui avrebbe risolto il suo problema mentre io avrei partecipato a questa veglia. Mi sfugge un sospiro mentre guardo il nome di mio padre inciso sulla lapide di pietra bianca. Quando la cerimonia termina,mi chino verso la tomba di mio padre per lasciargli un piccolo mazzetto di primule fresche. Il loro giallo splendente imita il sole che adesso illumina lcielo.ilia,facendone brillare il mare che guardo in lontananza,estendersi verso l'orizzonte ed oltre. Chiudo gli occhi,assaporando l'odore piacevole della salsedine che impregna i miei capelli come se mio padre fosse qui,a spazzolarmi i cappelli come quando ero piccola e gli arrivavo alle ginocchia. Non se n'é mai andato dal mio cuore e da questa terra,dove é nato e cresciuto. Questa terra che ancora conserva la sua presenza. Le mie zie se ne sono già andate e quando mi alzo in piedi,noto che anche Debora si sta allontanando. Si volta a guardarmi << Sei proprio come nostro padre... >> mormora in tono aspro << É un onore essere sua figlia e questo mi rammarica,sapendo che tu non hai ereditato nemmeno un pò dei suoi geni... 

Presentarti qui non é servito a niente... >>. Squadro quello che sarebbe mio cognato. A volte mi chiedo come possano aver generato dei figli cosí graziosi ed adorabili,che amo con tutto il cuore. Dei figli a cui non hanno nemmeno presentato il nonno perché troppo orgogliosi. Se ne va,ammutolita dalle mie parole e torno a guardare la lapide. Mi ci siedo davanti,sull'erba per pregare un Dio a cui non ho mai creduto davvero ma che forse mi ascolta ogni tanto.

*****

Finalmente arrivo all'areoporto di Firenze. Sono le 19,l'ora di cena. Sono partita col primo volo che ho trovato disponibile,a basso costo,dopo la veglia funebre. Prendo il trolley ed appena esco dall'edificio,Marco mi aspetta con la sua affezionata Alfa Romeo fiammeggiante. Mi sorride affettuosamente mentre lo raggiungo con le ruote della valigia,che scricchiolano lievemente sull'asfalto. Il primo freddo autunnale si fa' sentire anche qui con una folata di vento improvvisa. Mi abbraccia forte e subito il suo calore familiare mi scalda nel corpo e nell'anima << Ero preoccupato... >> sussurra mentre mi accarezza i capelli. Mi rilasso contro il suo corpo mentre le sue braccia mi stritolano gentilmente. Il fare su e giú per l'Italia in aereo é stato spossante e faticoso,sia a livello fisico che psicologico. La cosa peggiore é che ho dovuto affidare di nuovo Diana ad Inge. Ovviamente la cagnetta non ne é stata felice << Ci siamo visti piú o meno dieci ore fa... >> commento ironicamente. Lui si stacca e sorride mentre si china per prendere il trolley e caricarlo nel bagagliaio della macchina. Salgo a bordo e mi lascio cullare dal movimento fluido della vettura,che sfreccia a poco piú di 100 km/h sull'autostrada,avvolta nel buio della sera con le prime timide stelle che si affacciano nel cielo bluastro.

Arriviamo sotto al palazzo dove abitava da ragazzino,in un paese a circa un'ora da Firenze. Abbiamo vissuto qui la nostra infanzia e la nostra adolescenza fino a che il destino non ci ha separati. Scendo dalla vettura insieme a lui e non riesco a non sorridere << Te lo ricordi? >> mormora avvolgendomi un braccio intorno ai fianchi mentre camminiamo verso l'ingresso del condominio,circondato da altre palazzine simili << Come dimenticare la tua ex dimora... >> lo prendo in giro mentre apre la porta con le chiavi. Siamo costretti a salire le scale,visto il guasto all'ascensore. Rimpiango il fatto di non essermi cambiata. Indosso una normale maglietta morbida,un paio di jeans ed un paio di converse nere,che mi fanno sembrare una liceale. Marco bussa alla porta e dopo pochi secondi,sua madre Paola ci apre con un bellissimo sorriso a trentadue denti. É una donna esile ed anche un pò bassina,esattamente come ricordavo,con l'aggiunta dei capelli bianchi e di qualche ruga in piú << Oh,Gesú... Giada! - esclama con uno strano luccichio negli occhi mentre mi abbraccia con calore - Come sei cresciuta. Mi ricordavo una ragazzina,ma sei una donna ormai! Oddio... >> mormora portandosi le mani alle labbra,facendomi ridacchiare divertita. Marco alza gli occhi al cielo << Ciao mamma eh... >> sbotta fingendosi geloso. Lei ride fra le lacrime di gioia e lo abbraccia. Quando entriamo però ad accogliermi c'é la freddezza di suo padre,Paolo. Un uomo di una certa stazza,un pó panciuto e dall'aria burbera ed invecchiata. Sa che Marco é partito per la Germania solo per me << Papà,ti ricordi di Giada... >>. Anche il suo tono é cambiato. Sembra cauto,come se dovesse aspettarsi una brutta reazione << Ma certo... - mi porge una mano che stringo amichevolmente,senza timore - La ragazzina delle medie... >> dice e sembra quasi disprezzarmi. Il perché non riesco ad afferrarlo. 

*****

Finita la cena,Paola prepara il caffé che Marco rifiuta gentilmente. Paolo non ha fatto altro che farmi domande,forse per trovare una falla nella mia vita. Non gli ho dato ancora un tale onore. Al contrario di Paola,che invece mi ha riempito di complimenti e di attenzioni. Direi che Marco é un bel connubio fra i due coniugi << Come mai hai fatto scalo a Firenze,ma non sei venuta subito? >> domanda con pacata arroganza. Marco lo guarda di scatto << Papà... >> mormora alzando la voce sull'ultima sillaba,come per dirgli di tacere << Mi sono recata a Catania. C'era la veglia per mio padre... >> rispondo tranquillamente << Capisco... - sussurra piú a sé stesso - E che farai ora? Tornerai in Germania per costringere mio figlio ad abbandonare un'azienda leader nell'ingegneria di interni,fra le piú influenti in Italia?! >>. E va bene. Adesso basta! << Papà,taci! >> tuona Marco alle mie spalle << No,tu taci! - dice alzando la voce - Stai buttando all'aria il lavoro di una vita e per cosa poi?! >>. Gesticola freneticamente facendo diventare paonazzo il viso di Marco. Alzo una mano per fermarlo mentre mi alzo in piedi. Mi appoggio al tavolo con le braccia e fisso Paolo negli occhi << Mi stia a sentire,Signor Rossi. Con tutto il rispetto,io sono una donna completamente autosufficente. Ho un lavoro che le posso assicurare,mi porta entrate annue maggiori delle vostre. Inoltre, io sono a capo di una clinica veterinaria di eccellenza,riconosciuta a livello europeo perciò so cosa vuol dire gestire un impero finanziario. Non sono una stupida,ma lei lo é sicuramente... >>. Strabuzza gli occhi mentre Marco e Paola si gelano sul posto. É l'ora di farla finita con la farsa del patriarca << Non ho obbligato suo figlio a seguirmi e se fossi in lei,avrei piú fiducia in Marco perché io sono sicura che se spostasse la sede amministrativa in Germania,sarebbe in grado di gestirla meglio che qui... >>. Torno a sedermi con calma mentre lui mi guarda,come per assimilare le mie parole. Lehman 1,Rossi Paolo 0.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 - Scelte definitive ***


Dopo il caffé,siamo usciti per fare una breve passeggiata nel parco vicino alle palazzine. I rami degli alberi oscillano per il vento serale, facendo vibrare le foglie in una dolce melodia. La luna é leggermente oscurata da alcune nuvole che scompaiono e riappaiono, lasciandoci dei momenti di buio assoluto alternati ai flebili raggi luminosi. Marco cammina affianco a me con le mani nelle tasche e lo sguardo rivolto ai piedi. Sembra immerso in chissà quali pensieri. Questo silenzio fra noi mi rende ansiosa. Lo osservo attentamente << Domani io devo ripartire. Non posso  trattenermi ancora... >> esordisco mentre aspetto che scopra le sue carte. Questo é il punto cruciale << Lo so. Ho già la valigia pronta... >> mormora con fare distratto,lasciandomi sorpresa. Mi fermo sotto le fronde di un ciliegio e lui si ferma dopo due passi. Mi guarda << Cosa c'é? >> chiede perplesso << Sei davvero sicuro?! >> domando sempre piú sconvolta << Qual é il problema? Lo hai detto tu stessa: posso trasferirmi tranquillamente senza bisogno di licenziare nessuno. Inoltre,ho controllato e non perderei niente sulle quote. Quindi vengo con te... - continua sempre più convinto facendosi vicino - Fanculo,mio padre! Non ti scambierei nemmeno per tutto il denaro del mondo... >> dice prendendomi per le spalle. Gli sorrido mentre mi stringe a sé. É bellissimo, soprattutto adesso che la luce lunare gioca coi suoi lineamenti di uomo adulto dall'aria un pò ribelle. I capelli come sempre scompigliati, si muovono leggermente per la brezza ed i suoi occhi si fanno intensi, ipnotizzanti. Oddio. Non so cosa ho fatto per meritarmelo. Mi posa un casto bacio sulle labbra << Con mio padre,sei stata una... >> si sofferma a pensare << Una stronza? >> << Sí... - commenta con sarcasmo - Una stronza bellissima... >>. Rido divertita e lo guardo con un sorriso da cretina stampato in faccia. Mio Dio,é proprio bello! Il suo profumo cosí vicino mi invade i polmoni mentre mi attira a sé con dolcezza. Poso le mani sui suoi bicipiti prima di baciarlo. Le sue labbra sono morbide e lavorano le mia con esigenza. Stringo gentilmente le dita di una mano sul suo braccio mentre con l'altra gli accarezzo i capelli. Gli sfugge un suono gutturale di apprezzamento << Oltre ad essere subdola,sei anche pretenziosa... >> osserva con malcelata malizia. Sorrido prima di abbracciarlo con forza.

*****

Torniamo in casa dei suoi per andare a dormire. Domani dovremo alzarci presto e partire in fretta senza perdere un minuto. Ho un sacco di cose da fare in Germania,come trovare qualcuno che insegni il tedesco a Marco mentre io sarò a lavorare in clinica. Spero che riusciremo a combinare lavoro e vita privata. D'altronde é pur sempre un amministratore di una ditta ingegneristica. Paola ci riapre la porta con gentilezza. É una brava donna,cosí affabile che chiunque passa una giornata qui,si sente un pò suo figlio << Vado a prepararti il letto... >> mi annuncia con un sorriso. 

Poco dopo,mi sto cambiando per andare a letto. Mentre mi infilo la maglietta a maniche lunghe,sento i passi di Marco alle mie spalle. Mi volto e sono costretta a deglutire un fiotto di saliva. É a petto nudo e sta cercando una maglietta da mettersi. Si sente osservato e mi guarda con un sorriso impertinente,con un che di malizioso nello sguardo. Bastardo! Si diverte a mettermi a disagio. Mi si avvicina con elegante sensualitá e mi avvolge i fianchi con le braccia << É un peccato che non siamo soli... >> commenta prima di darmi un veloce bacio sulle labbra. Sposta una ciocca dei miei capelli dietro al lobo dell'orecchio mentre poso i palmi delle mie mani sul suo petto. La sua pelle calda mi fa' rabbrividire piacevolmente << Ehy... Tutto bene? >> mi chiede premuroso << Sí,sono solo stanca... >> confesso mentre la sua presenza si fa' sempre più erotica. Posa le labbra sulle mia attirandomi nella sua trappola. Non credo che potrei farne a meno << Mi porterai a delle mostre d'arte? >> chiedo fra un bacio e l'altro mentre faccio scivolare le mie mani sulle sue spalle << A tutte quelle che vuoi... >> sussurra roco prima di far scorrere la punta delle dita lungo la mia spina dorsale. Gli avvolgo le braccia attorno al collo mentre le sue mi stringono dolcemente. Un lieve tossire scoppia violentemente la nostra bolla. Sua madre compare sull'uscio della porta,ci fa' allontanare repentinamente come se ci fossimo scottati. Sento le mie guance avvampare mentre lui si passa le mani sui pantaloni e sposta contemporaneamente il peso da una gamba all'altra,mostrando il suo imbarazzo << Grazie mamma... >> bofonchia a disagio sotto il sorriso comprensivo di Paola,che evita accuratamente di guardarmi per non peggiorare la mia situazione. Sia benedetta questa donna! Fa' una carezza a suo figlio prima di lasciarci di nuovo soli. Tiriamo entrambi un sospiro prima di scoppiare a ridere << Che idioti >> commento senza riuscire a smettere di ridere. Lui sorride e con l'indice mi fa' segno di avvicinarmi. Obbedisco senza comprendere. Lui si infila la maglietta,facendoci entrare anche me. Una valida scusa che ha trovato per baciarmi di nuovo << Vuoi dormire? >> mormora staccandosi un attimo da me << Ma sta' zitto! >> brontolo prima di avvolgergli le braccia intorno al suo corpo,per quanto mi sia possibile mentre riprendo il controllo sulle sue labbra.

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 - Silenzi ***


Qualche settimana dopo...

Apro la porta di casa e lascio entrare Diana che scodinzola felice mentre si fionda nella sua cuccia,dove si siede pazientemente,guardandomi ed aspettando che le prepari la pappa. Sorrido mentre lascio le chiavi sul mobile all'ingresso,insieme alla ventiquattr'ore piena di documenti di interventi chirurgici di una ventina di casi,che coinvolgono almeno cinque specie diverse di animali. Dai cani ai pappagalli. Interventi che dovrò fare al fianco di altri medici specializzati,che per fortuna Inge ha avuto premura di chiamarli in preavviso. Piú che una mia assistente,é una segretaria. Dovrei darle dei giorni di ferie,poverina. Sento il trillo del cellulare e guardo il messaggio.

Sto tornando a casa. Ci vediamo fra poco.

Marco ❤. 

Sorrido come un'emerita imbecille e mi accingo a preparare la cena,dopo aver servito una bella ciotola di crocchette a Diana.

*****

Il roastbeef sfrigola nella pentola calda coperta da un coperchio,da cui sbuffa del vapore profumato di carne e rosmarino. Il rumore dei fornelli viene per un attimo attutito dallo scatto metallico del chiavistello della porta di casa. É tornato << Sono a casa... >>. Le mie orecchie captano qualcosa di strano nel suo tono,piú scorbutico del consueto. Qualcosa non va. I suoi passi sono lenti,seppur ritmici,pesanti e quasi nervosi. Her Launisch(1) é arrivato in città! Cerco di assumere un atteggiamento pacato e mi giro per rivolgergli un caldo sorriso,anche se i miei nervi si tendono nel vedere la sua espressione turbata << Ciao >> esordisco,ma non risponde. Si limita ad un lieve sorriso tirato. Mi si avvicina e mi stampa un bacio sulla fronte,come per porre rimedio al mancato saluto. Prima che mi volti le spalle,gli afferro gentilmente il polso,coperto dalla manica della giacca gessata. Indumento che indossa solo in caso di riunioni particolari di lavoro. Si é inserito bene,anche se il suo tedesco risente di qualche lacuna. Per fortuna,un mio amico all'interno del suo stesso settore gli sta' dando una mano. Lo guardo attentamente,osservando le particolari venature dorate nelle sue iridi nocciola,che per un motivo ancora a me nascosto appaiono piú spente << Mi vuoi dire cosa c'é che non va oppure mi dovrò accontentare dei tuoi minini gesti di affetto? >> dico in tono sarcastico,ma decisamente addolcito. Lui alza gli occhi al cielo << Sto' bene... >> sbotta come se gli avessi chiesto la conferma ad un'ovvietà. Inarco un sopracciglio << Davvero credi che non ti conosca,Signor Rossi Marco?! >> rispondo mettendo le mani sui fianchi. Non sopporto che mi si nascondano le cose,soprattutto se riguardano lo stato d'animo delle persone che amo. Voglio che stiano bene,non importa se ho un problema. Marco,Tiberio,Laura ed Irene vengono prima di tutto << Sono solo stanco! Smettila con questo interrogatorio! >>. Si inalbera come fa' spesso,sollevando le braccia prima di andarsene in quella che ora é la nostra camera. Sbuffo mentre Diana inclina la testa di lato con aria interrogativa << Chi lo capisce merita un Premio Nobel... >> sospiro prima di tornare al roastbeef. Mentre sto finendo la cottura,il mio cellulare squilla nella tasca posteriore dei miei jeans. Lo prendo in fretta e rispondo,vedendo il nome di Irene sul display << Pronto? >> chiedo con un sorriso << Giada! Mio Dio,ma dov'eri finita?! >>. La sua voce é come al solito squillante << Ehm... - rivolgo un fugace sguardo verso le scale che portano alle camere,come se temessi di essere scoperta - Sono stata un pò occupata... Scusa >> dico formulando delle petulanti scuse << Figurati! - esclama bonariamente - Senti,ho saputo che Marco ha spostato la sede amministrativa in Germania... >>  esordisce << Sí >>. Le do la conferma mentre giro la carne per non farla bruciare da un lato. Inizia ad inondarmi di domande,come una furiosa pioggia autunnale. Cerco di darle drlle risposte piú che eusarienti,fino a che non mi passa Tiberio << Ehy,da quando in qua non ti fai più sentire?! >> mi prende in giro,fingendosi offeso << Lo so... - rido con lui - Diciamo che sono stata impegantissima fra casa e lavoro... >> << E Marco... >> brontola aspramente. É decisamente il fratello che non ho mai avuto. Gli dedico qualche minuto prima di chiudere la chiamata. Almeno mi hanno risollevato leggermente il morale.

Preparo anche la tavola,ma non si decide a scendere nonostante lo abbia chiamato piú volte. Diana si é accucciata nel suo giaciglio mentre resto in piedi a fissare la tavola. Mi aasicuro di aver spento i fornelli prima di salire le scale con due piatti di carne e puré di patate su ogni mano. Facendo attenzione a non far cadere niente,arrivo in camera ed appoggio il tutto sulla cassettiera in legno. Lo guardo rannicchiato sul letto con ancora gli abiti da ufficio. Non capisco questo improvviso "calo d'umore". Fino a questa mattina,era il solito Marco pazzerello. Poggio un ginocchio sul materasso e proseguo gattonando verso di lui. Poso una mano sulla sua spalla e mi sporgo un pò per vedere il suo viso. Le sopracciglia leggermente aggrottate in un'espressione cupa,quasi disorientata. Anche il suo sguardo é vacquo,perso nel vuoto << Ehy... >> dico a bassa voce in tono conciliante. Lui non si smuove di un millimetro. Questa distanza invisibile fra noi,mi mette ansia tanto che sento la gola attorcigliarsi in un fastidioso nodo. Mi riporta a quando eravamo ragazzini ed attendevo quei minuti interminabili, in cui speravo che mi parlasse di nuovo << Ti prego,parlami... >>. Non riesco a mantenere la mia voce salda e finalmente,lo nota. Mi guarda con improvvisa preoccupazione << No,non piangere... >> mormora e sembra quasi una supllica. Annuisco << Però parlami... >>. Un lieve sorriso gli increspa le labbra. Eccolo,il mio Marco! << Sono solo preoccupato per un contratto con una nuova azienda,che voglio affiliare alla mia... Tutto qui >> si giustifica portando una ciocca dei miei capelli dietro all'orecchio. Le sue dita affusolate mi sfiorano quasi impercettibilmente il lobo dell'orecchio,facendomi rabbrividire. Una calda sensazione si irradia dal punto del suo contatto in tutto il corpo << Okay... - mormoro un pò piú sollevato,prima di porgergli il piatto - Mangia >> ripeto con insistenza fino a che non cede.

(1) Her Launisch [tedesco]= SSignor Lunatico.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 - Motivazioni ***


La vibrazione del mio cellulare mi sveglia dal torpore. Il braccio destro di Marco mi avvolge la vita,infilato sotto al fianco su cui dormo,mentre il sinistro é piegato sul cuscino con le dita mi accarezza i capelli. La mia schiena é a contatto col suo petto e solo gli abiti mi impediscono di avvertire la sua pelle sulla mia,cosa che trovo frustrante. Cerco di liberarmi dal suo caldo abbraccio per raggiungere il telefono, ma una volta che ci riesco,Marco me lo sfila dalla mano e chiude la chiamata,mettendo via l'I-Phone << No... Che fai?! >> bofonchio ancora con la bocca impastata dal sonno << Risolvo i tuoi problemi... >> si giustifica con un borbottio aspro,tornando ad abbracciarmi << Marco... >> lo richiamo in finto rimprovero << Chiameranno un altro veterinario... >> insiste << No,non intendevo questo... >>. Mi giro per poterlo guardare in viso,nonostante le mie palpebre siano appesantite dalla stanchezza << E a cosa allora? >> domanda senza aprire gli occhi. Lo osservo minuziosamente << Perché stai con me? >>. Inarca le sopracciglia mentre apre un solo occhio,in un'espressione a dir poco sconcertata << Ti senti bene?! >> domanda con finta ironia. Roteo gli occhi esasperata. Lui ed il suo scarso umorismo << Rispondi >> dico in tono di comando. Finalmente apre entrambi gli occhi concedendomi l'onore di specchiarmi nel suo sguardo << Perché mi piaci... Perché amo il fatto di poter discutere civilmente di arte con te. Amo che il tuo cane mi morsichi il culo quando cerco di toccarti... - non riesco a trattenere un risolino che lo coinvolge con un sorriso sornione,carico di complicità - Amo il fatto che io sia qui,adesso. Amo averti vicino ed amo poter rileggere quelle parole scritte nelle lettere,ora nei tuoi occhi... Amo il tuo schifoso ed irritante sarcasmo... - rido mentre mi accarezza i capelli - Amo il tuo pessimismo mattutino,ma soprattutto... Amo te... >>. Quelle parole rimbombano nel mio cervello,ipnotiche e gigantesche. Una sensazione di pace mi rende incredibilmente pacata,come rare volte lo sono stata nella mia vita. Sorrido obliquamente,inarcando un sopracciglio con aria strafottente << Devo prenderla come una dichiarazione di amore,Her Rossi? >> mormoro canzonatoria. Sbuffa << Sei una rompiballe,lo sai?! >> risponde fingendosi irritato mentre mi pone sotto di sé << Ti amo anch'io... >>. Tre parole. Undici lettere che mi escono dal cuore,come un torrente in piena. Lui sorride ed apre la bocca per dire qualcosa, ma non lo fa. Si limita ad abbassare il suo volto sul mio per baciarmi lentamente. Come per non perdersi nemmeno un secondo. 

Angolo Autrice: Salve Lettori! Eccoci qui alla conclusione della mia ennesima storia. Spero che vi sia piaciuta,come a me scriverla. Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno recensito,inserito la mia storia nelle preferite/seguite/ricordate e chi ha semplicemente letto :* Non so se pubblicherò una nuova storia con gli stessi personaggi... Dipende cosa esce dalla mia testolina malata xD

Che dire?! Se vi va,date un'occhiata alle altre ff/storie nella mia pagina.

A presto! Ed ancora grazie ❤

50shadesofLOTS_Always

 

 

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