Sangue di draghi, sangue di uomini.

di Lara Ponte
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. Mercy: pietà ***
Capitolo 2: *** I - Dietro le sbarre ***
Capitolo 3: *** II - Antiche storie ***
Capitolo 4: *** III - La sentenza ***
Capitolo 5: *** IV- In viaggio ***



Capitolo 1
*** Prologo. Mercy: pietà ***


Prologo

Mercy: Pietà.

 

L'estate volgeva al termine, ma un sole cocente si infrangeva ancora sulle pietre di Isshua dando l'innaturale impressione che l'aria vibrasse tutt'intorno. In realtà non era la prima volta che il caldo si attardava a lasciare la valle del piccolo villaggio e Ashjta quel giorno aveva fin troppi pensieri per curarsi del tempo. Presto sarebbe stato il suo ventesimo compleanno e come spesso faceva, passeggiava lentamente per le strade. L'andatura scanzonata faceva ondeggiare una lunga treccia di capelli neri che dalla nuca arrivava fin quasi alle ginocchia. Odiava stare ore ad asciugare e pettinare quella chioma, tuttavia per tradizione la sua gente guadagnava il diritto di tagliare i capelli soltanto al raggiungimento della maggiore età. La sua era una razza particolare e dato che i segni del tempo non comparivano mai prima del centesimo anno, gli antenati stabilirono che quello sarebbe stato un buon modo di distinguere gli adulti dai minorenni.

Arrivato alla fine della strada si sedette su un muretto ai margini delle campagne e sbuffò su un ciuffo più corto che gli ricadeva fastidiosamente sul viso, mettendosi poi a scrutare il paesaggio tutt'attorno. Non era mai stato oltre i confini della vallata e tutto ciò che sapeva lo aveva appreso dai libri. Stando alle carte, il loro territorio confinava ad ovest col deserto di Kalak, mentre il clan di Zhor, quello più vicino al loro, si trovava nelle montagne poco più a nord. La razza umana che invece occupava quasi tutta l'entroterra, distava da loro almeno cento miglia in direzione est/sud-est. Socchiuse gli occhi cercando di immaginare come potesse essere una grande città, ma non aveva proprio idea di cosa aspettarsi. Intanto prese a tormentare la propria treccia cercando di concentrarsi su qualcosa di più pratico.

“Scommetto che non hai ancora deciso il taglio!”
Ad urlargli contro facendolo sobbalzare era stata una ragazzina dall'aspetto esile. Due treccine dorate e due occhioni azzurri che come sempre lo squadravano impertinenti.
“Mishar! Accidenti a te: vuoi farmi venire un infarto?”
“Da quando ti spaventi per così poco?”
“E' che sono un po' sovrappensiero, fra due giorni è il mio compleanno.”
“Lo so... e domani, prima della cerimonia, potrai finalmente tosarti la zazzera di cui ti lamenti tanto.”
“Non è mica facile esercitarsi coi capelli che vanno dappertutto. Aspetta a quando inizia il tuo di addestramento!”
“Addestrarmi io? Non ci penso nemmeno! Credo che invece studierò le erbe. Quindi tu avresti deciso di fare il mercenario?”
“Odio le miniere e nel commercio sono negato. In compenso il maestro Karlfar dice che potrei cavarmela con la spada...” Mentre parlava, un grosso rapace volò alto sopra le loro teste emettendo uno strido acuto, e il giovane non poté fare a meno di osservarlo con aria sognante.
'Se questo è un mercenario io sono la fatina della sabbia.' Pensò la ragazzina. “Io dico che sei senza speranze!” Lo prese in giro allegramente.
“Tu si che sai come incoraggiare una persona! In realtà mi piacerebbe viaggiare, ma devo pur guadagnarmi da vivere in qualche modo.” Sospirò spostando una foglia che il vento gli aveva posato su una spalla. Come gli altri della sua specie, la pelle era ricoperta di piccole e quasi invisibili squame, ma le sue in particolare possedevano una lucentezza dorata.
“Sarebbe bello poter volare, ma noi non siamo draghi e non siamo umani. Abbiamo conquistato la libertà ma a quale prezzo?”
“Eh no!” Obbiettò subito lei, afferrandogli il viso e guardando dritto nei suoi occhi verde acqua. “Non voglio più sentirti con la tiritera che tutto il mondo ci odia e bla-bla-bla... Io personalmente non vorrei mai diventare una schiava e se qualcuno pensasse il contrario che vada a farsi impiccare...”
Un grido straziante, simile ad un ruggito, spezzò all'improvviso quel discorso ed entrambi si voltarono in direzione del villaggio.

 

Nella piazza centrale, una folla di persone fra militari e paesani aveva accerchiato un drago di colore rosso-dorato ed anche i due giovani decisero di andare a vedere. Era una femmina non molto grande con le ali lacere e ferite in diversi punti, gli occhi arrossati dal sangue si muovevano folli in ogni direzione come alla ricerca di qualcosa.
“Giù quelle balestre dementi! Dovete prenderla viva!” Sbraitava Calheb, promosso da poco a capitano delle guardie. Per quanto si sforzasse di mantenere la calma, aveva scritto in faccia almeno un migliaio di imprecazioni. 'Dove accidenti è un mago quando serve?!' “Voi altri: allontanate i civili prima che qualcuno finisca ferito!” Ordinò ad un gruppetto di reclute rimaste imbambolate ai margini del piazzale. La sua espressione divenne appena più sollevata quando sei veterani arrivarono di corsa, reggendo tre grosse reti metalliche, una per coppia.
Ci fu subito un primo lancio ma il drago riuscì a voltarsi a tempo ruggendo una fiammata contro la rete che si fuse a mezz'aria. Il cerchio di curiosi si smembrò all'istante con la maggior parte dei paesani che fuggirono da tutte le parti. Ciò che non erano riusciti a fare i soldati lo aveva risolto rapidamente il fuoco.
Quella stessa fiamma aveva sfiorato il tetto di legno di una delle case adiacenti alla piazza e subito ne scaturì un piccolo incendio. Il capitano mandò prontamente le reclute a riempire secchi d'acqua, programmando con gli altri il prossimo lancio.
“L'animale è ferito, ci vorrà una buona mezz'ora prima che possa caricare un altro colpo come quello. Vi dividerete in due squadre: la prima dovrà attirare la sua attenzione e l'altra le lancerà addosso la prossima rete!”

Ashjta, che osservava la scena a breve distanza, non temeva per la propria gente. Conosceva abbastanza bene il capitano e sapeva che prendere il drago sarebbe stata soltanto una questione di tempo. Si voltò alla sua destra cercando Mishar ma non la trovò, quasi sicuramente si era dileguata per lo spavento. Rialzò allora lo sguardo in direzione della piazza e vide che i soldati erano pronti per il secondo tentativo.
Al via del capitano la rete fu lanciata e stavolta il drago balzò in avanti verso la strada, atterrando proprio davanti a lui che indietreggiando con uno scatto maldestro si ritrovò seduto a terra.
“Tu laggiù! Togliti da lì!” Gridò subito l'ufficiale.
'Stai bene vero?' Una voce femminile dal tono gentile parlò nella sua mente. 'Non voglio far male a nessuno... Io... Io volevo soltanto essere libera.'
“Sei scappata dalla grotta, vero?”
Più osservava l'animale e più sentiva la disperazione che albergava nel suo animo. Non c'era ferocia in quegli occhi, ma solo un'infinita tristezza. Come folgorato, non poté fare a meno di lasciarsi coinvolgere da una simile sofferenza.
'Aiutami... ti prego'
“Come?”
'Uccidimi... non voglio che mi prendano una seconda volta. Ti prego.'
“Non... Non avevo idea.” Balbettò incerto. “State davvero così male, laggiù?”
“Come osi chiedere una cosa del genere! Si sono presi tutto, tutto. Non potrò nemmeno mai conoscere i miei bambini!” Ruggì ad alta voce, sbattendo violentemente le ali.
'No... non volevo spaventarti... perdonami. Il dolore mi impedisce di ragionare. Fuggire o morire. Non desidero null'altro. Solo tu puoi aiutarmi.'

Intanto le guardie, incalzate dal loro capitano, si erano precipitate attorno ai due.
“Che cavolo ci fai ancora lì impalato?” Imprecò uno di quelli che reggevano l'ultima rete.
“Mi ha parlato, dice che le dispiace. Dovete credermi: soffre molto anche lei. Davvero non si può fare nulla?”
“Non sai cosa dici ragazzo. Levati di torno” Tagliò corto Calheb facendosi avanti tra i suoi e tirandolo via per un braccio.
“Signore, lei non sa cosa mi ha detto...”
Quelle proteste fecero soltanto spazientire l'ufficiale che strinse maggiormente la presa sul giovane e lo gettò letteralmente indietro verso i balestrieri.
'Prendi una balestra, di quelle coi dardi rossi, le altre sono inutili, presto... non puoi lasciarmi vivere così. Ti supplico.' Gli occhi dell'animale si fecero lucidi come se vere lacrime potessero bagnare quelle squame scarlatte. Non oppose alcuna resistenza quando l'ultima rete la intrappolava tra le sue maglie e la guardia cittadina si dava da fare per legarle le zampe. Il giovane come impietrito, osservava uno dei cadetti che sospirando poggiò a terra la propria arma.
'Non esitare... esaudisci il mio primo ed ultimo desiderio.'
Successe tutto in pochi secondi: Ashjta, senza badare alle conseguenze, afferrò quella balestra e corse fino a piazzarsi davanti al drago. Come in trance non sentiva più nulla, né le grida né le braccia che invano cercavano di fermarlo. Muovendosi con velocità e precisione a lui innaturali, caricò un dardo dalla punta rossa, mirò in mezzo a quei grandi occhi imploranti e sparò.
'Grazie, grazie davvero piccolo mio...' Le ultime parole che gli giunsero prima di perdere i sensi.

“Quel mostro lo ha stregato, ecco cos'è successo...”
La voce di Mishar, che stava sfacciatamente tra lui, ancora steso a terra e le guardie lo riportò alla realtà. Ignorando completamente la discussione in atto, si ritrovò a piangere e singhiozzare come non aveva mai fatto nemmeno da bambino.
“Stregato o non stregato, ha commesso un crimine.” Spiegava pazientemente il capitano.
“Ma non vede com'è ridotto? E' evidente che è fuori di sé!”
“Non urlare così... ti prego, le mie orecchie.”
“Era ora che ti tornasse la voce...” Sbuffò l'amica.
“Il capitano ha ragione. Mi appello al tribunale degli anziani, è un mio diritto.”
“Ma se non sei ancora maggiorenne!” Fece notare l'ufficiale inarcando un sopracciglio.
“Lo sarò tra pochi giorni.”
“Quindi sei della terza generazione, ti facevo più giovane.” Commentò. “Ad ogni modo, dovrai startene al fresco fino a quando verrai convocato.”





Pensieri...a mezz'aria.

Per prima cosa ci tengo a ringraziare subito ManuFury.
(Questa, la sua pagina su EFP : http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=142266  )

Se ho iniziato a scrivere questa storia infatti è tutto merito suo e del suo concorso:

http://freeforumzone.leonardo.it/d/10922391/Sangue-di-Drago-Fantasy-Contest-/discussione.aspx

Quando ho letto la traccia proposta, presa dall'entusiasmo, mi sono iscritta al volo.
Chi mi conosce anche solo un minimo sa quando adoro il fantasy e i draghi in particolare :)
Tuttavia, quando mi sono seduta davanti alla tastiera ed ho iniziato a buttar giù qualche idea...
Ehm...ecco:  alla fine le idee sono state talmente tante che ho capito subito che non sarei mai risucita a scrivere la storia (di cui ancora ignoro molti dettagli) in un numero ragionevole di pagine XD

Ragion per cui, mi sono ritirata dal contest per provare a scrivere questa mia nuova Long.
Purtroppo non so dire con quale frequenza riuscirò ad aggiornare... -_-
Troppo poco tempo e troppi impegni (...tra un raffreddore e l'altro poi non ne parliamo !)

Come sempre cercherò di scrivere in modo decente, ma qualche errore più o meno grave sono sicura che mi scapperà lo stesso.
Confido nella vostra pazienza.

Per finire...
Un grazie a tutti voi che avete iniziato a leggere la mia nuova storia e spero vorrete
accompagnarmi anche nei prossimi capitoli.

Un saluto.
Lara


p.s. Suggerimenti, segnalazioni e consigli saranno sempre  i benvenuti

Ciao ciao





 

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Capitolo 2
*** I - Dietro le sbarre ***


I

Dietro le sbarre.

 

La prigione non era buia come si aspettava, grandi aperture sul soffitto permettevano alla luce di diffondersi nell'ambiente. La pietra calcarea di cui erano fatte le pareti isolava piuttosto bene dal caldo estivo, ma probabilmente in inverno si sarebbe rivelata gelida come il ghiaccio. Una guardia lo aveva accompagnato a passo lento, quasi senza rivolgergli la parola, evitando comunque di maltrattarlo troppo. Dopo che le sbarre furono richiuse alle sue spalle, si sedette su una panca di legno inchiodata alla parete. Era dura e scomoda come si aspettava, tuttavia sarebbe potuta andar peggio.

“Che diavolo può aver fatto un ragazzino per finire qua dentro?” Chiese sarcasticamente il vicino di cella alla guardia che invece si allontanò ignorandolo.

“Al diavolo i secondini! Manco gli avessero ficcato una scopa su per il...”

“Er - ehm... Sei qui da molto per caso?” Lo interruppe Ashjta, stanco delle fin troppe imprecazioni.

“Allora ce l'hai una lingua! Si può sapere che hai combinato?”

“Ho ucciso un drago...”

Quella frase appena sussurrata per poco colse di sorpresa il vecchio ladro, ma subito dopo si riprese ridendo sonoramente.

“Certo, certo... e io ho conquistato il regno degli umani! Inventatene un'altra, secondo me stavi rubando al tempio e ti sei fatto beccare.”

“Credi quello che ti pare.”

“Cos'è: il signorino adesso vuol darsi delle arie?”

Fortuna volle che non fu costretto a rispondere a quel tipo, un'altra figura si fece avanti di gran passo in direzione della cella e d'istinto si mise sull'attenti.

“Maestro Karlfar! Mi dispiace, non so cosa dire, non so davvero che accidenti mi sia preso...”

“Ti dispiace o non sai cosa dire?”

Non era facile per Ashita stabilire se nel suo viso in quel momento vi fosse più severità o semplice divertimento. 'Forse entrambi'' Stabilì infine dopo essersi ammutolito. Il suo maestro aveva quasi raggiunto l'età per essere ammesso al consiglio degli anziani, tuttavia non sembrava poi tanto vecchio. I capelli cortissimi davano al viso un'espressione ancora fiera e giovane a dispetto delle tante rughe. I suoi occhi neri invece potevano apparire estremamente feroci o generosi, ma il più delle volte non rivelavano mai le emozioni che vi stavano dietro. Il duro allenamento cui si sottoponeva tutti i giorni, faceva di lui un guerriero ancora temibile. Vivergli accanto non era semplice, quando non si trovavano in palestra per l'addestramento, quell'uomo rimaneva un vero misero e difficilmente si sentiva a proprio agio in sua presenza.

“Sono corso qua appena ho appreso la notizia. Come ti senti?”

“A dire il vero non lo so...”

“C'è qualcosa 'che sai' o ti stai rimbecillendo del tutto? Ora fai un bel respiro e mi racconti com'è andata... E se dici ancora un 'non lo so', giuro che chiamo il secondino ed entro a prenderti calci.”

'Almeno sembra non l'abbia presa troppo male...' “Credo che sia iniziato tutto quando il drago mi è atterrato davanti. All'inizio mi faceva solo una gran pena, un istante dopo era come se anch'io fossi diventato una parte di lei. Le sue emozioni mi attraversavano come un fiume, non riuscivo a credere a ciò che provavo. Pochi attimi e non potevo più fare a meno di aiutarla. Quando ho perso i sensi ho come sognato. Immagini confuse, credo fossero della grotta, alcuni maghi che la addormentavano. Le sue grida quando portavano via delle uova. Orrore, furia, disperazione.” Su quelle ultime parole fu costretto da un capogiro a risedersi nella panca.

“Capisco. Spero solo che quella pazza di Keinara non abbia condiviso del tutto la propria anima. Razza di imbecilli, quando l'avevano presa glielo avevo detto subito che sarebbe andata male...”

“Crede che al Tribunale mi ascolteranno?”

“La malia è una buona attenuante, ma nel tuo caso c'è stato anche il coinvolgimento emotivo. Nello stesso momento in cui hai provato pietà nei suoi confronti, lei ha fatto di te il suo burattino. Quand'è che imparerai a controllare le tue emozioni?”

“Maestro ditemi la verità: cosa succede nella grotta?”

“Non sta a me rispondere e poi non è che ne sappia molto. Domani uno dei maghi verrà a farti visita. Puoi sempre provare a parlarne con lui.”

“Cavolo, non ci avevo più pensato... Immagino non potrò partecipare alla cerimonia.” Sospirò il ragazzo, più sollevato che dispiaciuto dalla cosa.

“Beh, ti verrà data comunque la possibilità di sistemarti i capelli!” Lo prese in giro il maestro. Prima di andarsene lanciò uno sguardo più che eloquente al detenuto della cella accanto, che capito al volo la situazione trovò più saggio rinunciare ad ogni tentativo di infastidire il nuovo arrivato.

 

Fu una strana notte quella passata in cella. Non era riuscito a chiudere occhio tuttavia non si sentiva né troppo stanco né turbato. Dopo aver divorato la cena, che trovò migliore di quanto sperasse, rimase disteso sul pagliericcio per quasi tutto il tempo a riflettere su quanto effettivamente sapesse della sua razza e su quanto invece era accaduto quel pomeriggio. Ogni volta che appisolandosi un poco socchiudeva gli occhi, pezzi dei ricordi di quel drago comparivano nella sua mente. Ma non sempre erano immagini terribili, c'erano anche frammenti piacevoli della vita di quella creatura. Poco prima dell'alba, quando una necessità urgente lo costrinse ad alzarsi, aveva visto se stesso librarsi al di sopra di una vasta distesa azzurra e rimase senza fiato dalla bellezza di quelle emozioni.

Due ore dopo essersi svegliato cominciava ad avere fame, ma dubitava che sarebbe arrivata una colazione abbondante e fu già tanto quando uno dei secondini mise un vassoio con pane ed acqua in ogni cella occupata del corridoio. Da una parte avrebbe voluto rivolgere la parola al vecchio coinquilino, ma preferì rimanere in silenzio ad attendere la prossima visita.

Intorno a mezzogiorno, almeno a giudicare dai raggi del sole che cadevano a picco sull'andito, una delle guardie andò a prelevarlo. Non credeva di dover essere spostato e fare due passi non gli dispiacque affatto. La guardia disse soltanto che il mago era arrivato per convalidare i documenti dell'età adulta e aiutarlo a sistemarsi i capelli.

“Tu devi essere Ashjta Destara.”

La persona che lo accolse nel nuovo ambiente, in realtà un semplice ufficio, non aveva affatto l'aspetto che il giovane si era immaginato. Una donna dai capelli corti rosso fuoco sedeva in una poltroncina mentre finiva di bere una tisana. Indossava un paio di pantaloni neri attillati che terminavano all'interno di stivaletti di tessuto dall'aria comoda e la camicetta azzurra non troppo scollata ma ugualmente aderente metteva in risalto forme invidiabili. In realtà l'unica cosa che aveva stupito il ragazzo era che anziché un mago un po' avanti con gli anni, fosse stata mandata una giovane appena ammessa nell'ordine.

“Sei muto per caso?”

“Mi scusi non volevo sembrare scortese, ma quando mi avevano detto che era arrivato il mago...” Fece una pausa leggermente in imbarazzo “Ecco, mi ero fatto un'idea diversa.”

“Fammi indovinare: Tunica, barba e bastone, vero?”

“Qualcosa del genere.”

“Ottimo. Mi piace la sincerità. Ad ogni modo io sono Azkar di Rills.”

“Dato che conosce già il mio nome, posso solo dire piacere di conoscerla.”

“Prima di venire qua ho incontrato il tuo tutore, non c'è bisogno che racconti nuovamente tutto. Preferisco cominciare dalle questioni pratiche: seguimi di là che sistemiamo quei capelli.” La giovane maga subito andò ad una porta sulla sua destra e la tenne aperta per dare all'altro il tempo di raggiungerla. Quella piccola stanza era interamente ricoperta di mattonelle e gli unici pezzi d'arredo erano un lavandino con specchiera, una sedia ed un comodino. In un angolo stavano una scopa con raccoglitore ed un grosso cesto di vimini ricoperto di tela.

“Come da tradizione, il primo taglio spetta a te.” Gli porse le forbici con tono gentile ma gli occhi nocciola dalla forma leggermente a mandorla suggerivano, senza pericolo di equivoci, che al minimo tentativo di usarle per qualcosa di diverso sarebbe finito molto male.

“Dovevi proprio odiarla quella treccia!” Commentò quando lo vide tagliarla via direttamente dalla nuca. “Siediti là che finisco il lavoro. Qualche preferenza?”

“Vorrei il collo libero, ma quelli di sopra mi piacerebbe tenerli almeno alle orecchie.”

“Vedrò cosa riesco a fare...”

“Quello sarei io?” A stento Ashjta si riconosceva allo specchio, ma dovette ammettere che quella maga aveva fatto un ottimo lavoro. Qualche ciocca arrivava ad incorniciargli i lati del viso senza dare alcun fastidio e per fortuna non gli aveva lasciato la classica frangettona folta e imbarazzante tipica dei marmocchi. Si tasto il collo sentendosi come liberato da un peso.

“Anche se non potrai partecipare, finiranno sul braciere assieme a tutti gli altri. Se vuoi puoi tenerne un po' come ricordo.” Gli ricordò indicando le chiome sparse sul pavimento.

“Non mi serve... faccio volentieri a meno di alcune tradizioni.”

 

Dopo aver lasciato la toeletta, la donna si era messa ad esaminare attentamente i documenti del giovane.

“Non posso dire che il tuo debutto come adulto manchi di originalità...” Commentò infine leggendo i capi d'accusa.

“Credo di essere stato ammaliato, ma non posso negare la pena che ho provato nei confronti di quel drago.”

“Mi è stato detto che vuoi fare appello al Tribunale. Ora che hai i documenti apposto devi soltanto presentare la richiesta al direttore della prigione. Hai già un avvocato?”

“Non credo che mi servirà. Non intendo negare il mio crimine o cercare attenuanti. Ho molte domande da porvi, a voi e a loro. Credo di aver imparato più dai ricordi del drago che in tutti questi anni di scuola.”

“Quanta presunzione per uno appena diventato maggiorenne. Chi ti dice che sia disposta a risponderti?”

“Non riesco a dimenticare il dolore di quella creatura. Ho bisogno della verità... Ho bisogno di sapere se esiste un modo per evitare così tanta sofferenza ai nostri genitori.”

“I tuoi 'cari genitori' così come li chiami, non hanno esitato a vendere i loro figli come schiavi. Sei ancora troppo giovane ed ingenuo per capire alcune questioni.”

'Sembra di sentire Mishar...' “Conosco la storia, ma sono sicuro che manchino dei pezzi. Si parla sempre del passato, ma com'è il presente? Cosa succede adesso in quella grotta? Vi prego, dato che potrei essere condannato a morte per il mio gesto, credo di aver diritto di sapere. Può anche darsi che esista un qualche modo di cambiare le cose sia per noi che per loro.”

“Il sentimentalista mi mancava. D'accordo. Non so perché ma te lo concedo. Siediti comodo, perché anche se cercherò di farla breve, sarà una lunga storia. Dato che non ho altri appuntamenti, te la racconterò. Ma non lamentarti quando alla fine scoprirai di esserti sacrificato per nulla.”

“Senza offesa, ma il 'Per nulla' credo che sia ancora tutto da vedere.”





Pensieri... a mezz'aria :

Ed eccoci al primo fatidico capitolo...
In primis: Grazie 1000 a tutti/e per averlo letto. 

Come accennavo l'altra volta non so quando riuscirò a postare il secondo...
Ad ogni modo (se può "consolare")  l'ho cominciato questi giorni ^_^

A presto XD
Ciao ciao

p.s. Sono un po "indecisa" sull'impaginazione...
      Credete che i dialoghi si leggano meglio con spaziatura larga, come qua...
     oppure più ristretta come nel prologo -_-  ??
     Bye bye ^^

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Capitolo 3
*** II - Antiche storie ***


II

Antiche storie.

 

Quella sera Mishar non aveva quasi cenato e dopo essersi scusata con la propria tutrice, lady Dar'mhà, si era chiusa in camera nella speranza di farsi venire qualche buona idea.

'Stupido Ashjta!' Il pensiero ricorrente di tutta la giornata.

Nel pomeriggio lo aveva visto lasciarsi portar via dalle guardie senza batter ciglio e senza nemmeno chiedere i domiciliari. Nonostante fosse più giovane la loro amicizia durava da tempo, lei era della quarta generazione quindi erano separati da appena tre anni di differenza e fin dal primo incontro aveva preso a considerarlo come una specie di fratello maggiore. Per l'idea che s'era fatta di lui lo considerava un sempliciotto: sicuramente impulsivo ed imbranato, ma non riusciva a togliersi dalla mente che il capitano avesse esagerato. Chiunque fosse stato presente alla scena poteva dire tranquillamente che non aveva certo agito di propria volontà. Non fosse stato così idiota da ammettere subito una colpa tutta da dimostrare e addirittura richiedere l'autorità degli anziani, forse a quell'ora starebbe semplicemente chiuso in casa col maestro Kalfar a fargli la predica. 'Uhm... A pensarci bene, magari è meglio la prigione... '

Toc- toc. Un leggero bussare alla porta la fece rigirare sul letto.

“So che sei in pensiero, ma star su tutta la notte non sarà di grande utilità: cerca di riposare, vedrai che alla fine andrà tutto bene.”

“Certo mamma!” Rispose confidando nel fatto che la donna difficilmente avrebbe colto l'ironia nella sua risposta. La aveva accolta nella propria casa quattro anni prima, quando era morto il primo tutore a cui era stata affidata al raggiungimento dei dieci anni. Aveva i capelli già tinteggiati di bianco qua e là e dato il suo temperamento gentile e tranquillo le riusciva difficile credere che un tempo fosse stata una spietata mercenaria. Pare fosse specializzata in arco e balestra. 'Morte silenziosa' era stato il suo soprannome nei campi di battaglia: quel semplice appellativo bastava ad insinuare il panico anche nel più coraggioso dei guerrieri.

'Avrei voluto conoscerla qualche annetto fa...' Sospirò accostandosi poi al davanzale. Aprì la finestra inspirando profondamente l'aria della notte ancora tiepida. Il cielo limpido era stellato e in lontananza sentiva il canto di un grillo. Senza chiudere andò a sedersi alla sua scrivania e da un cassetto prese un libro sulle piante del deserto. Decise di sfogliarlo nel mentre che la sua tutrice si fosse addormentata. Non era la prima volta che se la svignava nelle ore notturne e le sue incursioni riguardavano spesso la biblioteca. In quasi tre anni aveva già studiato praticamente tutti i libri riservati ai ragazzi dell'istituto superiore e di recente aveva iniziato a portarsi a casa i libri degli alchimisti.

 

All'una e mezza del mattino poche guardie facevano la ronda per le strade del villaggio. Conosceva i loro percorsi abituali passo a passo, ormai poteva raggiungere l'ingresso posteriore della grande biblioteca ad occhi chiusi. Era stato facile, qualche annetto prima, rubare le chiavi al custode durante il suo pisolino pomeridiano. In meno di un ora, con l'aiuto inconsapevole di un fabbro ne aveva ottenuto un duplicato e poi le aveva restituite raccontandogli di averle trovate sul pavimento accanto ad uno degli scaffali.

Appena entrata nel piccolo ingresso immerso in penombra respirò affondo l'odore della carta ammuffita. Per la maggior parte dei suoi compaesani era considerato fastidioso, ma a lei non dispiaceva. Come tutti quelli della sua specie non aveva difficoltà a vedere nelle tenebre, pochi fili di luce bastavano a mettere in evidenza tutte le forme di cui era composto un ambiente, tuttavia per leggere doveva comunque procurarsi strumenti in grado di illuminare bene le pagine. Si frugò le tasche per assicurarsi di aver preso abbastanza biglie incantate e subito dopo andò verso le scale per il terzo piano.

 

Mentre saliva riconobbe il sonoro russare dell'assistente del custode e le venne da sorridere. Nessuno in realtà faceva seriamente la guardia dalle loro parti, che si trattasse delle strade o dell'ingresso della banca: la loro comunità era troppo piccola per avere qualcosa di veramente interessante agli occhi di un ladro e i criminali, quelli che si divertivano semplicemente a maltrattare le persone, avevano ben poche speranza di sopraffare la loro razza in una lotta corpo a corpo. Forse Ashjta aveva ragione quando diceva di voler viaggiare per il mondo, in fondo la vita là era talmente tranquilla da risultare noiosa. Era a lui e ai tutti i suoi dubbi che in effetti aveva pensato tutto il giorno, dirigersi alla sezione storica per cercare di scoprire qualcosa di più le venne naturale.

Accanto ad una porta finestra che dava su un balcone vi era un armadietto a vetri che sapeva contenere libri riservati ai docenti più anziani. Non soltanto era chiuso a chiave, un sigillo magico che si attivava soltanto col la formula esatta garantiva una protezione maggiore.

'Se quel disgraziato di Kuron mi ha detto una palla, giuro che lo ammazzo...'

Per ottenere la parola chiave dal protetto del maestro di storia, un suo coetaneo che aveva un debole per lei, aveva dovuto sorbirsi un intero pomeriggio in sua compagnia ascoltando questo e quel discorso sulle gesta degli eroi del villaggio. Tutti o quasi mercenari diventati famosi in giro per il mondo. Il giorno dopo a scuola, come promesso, le aveva messo in mano un biglietto dicendo di aver seguito il proprio tutore mentre andava a rimettere apposto alcuni manuali.

Prima di attivare un sfera luminosa si assicurò che gli scuri della finestra fossero ben chiusi: non era certo il caso di far vedere luci sulla strada alle due del mattino.

“Pace e prosperità.” Mormorò a bassa voce mentre inseriva il duplicato della chiave nella piccola serratura. Le antine si aprirono senza problemi, ma le sue emozioni vennero smorzate dall'immagine che si trovò davanti. Cinque ripiani di libri tutti uguali, con la copertina in pelle nera senza titolo e contrassegnati unicamente con una semplice numerazione che partiva dall'altro verso il basso. Nel sesto ripiano vi erano appena due volumi, quello a sinistra portava il numero cinquantadue e quello a destra non aveva alcun tipo di etichetta. Lo prese in mano per curiosità e vide che era una specie di diario della vita nel paese. La loro storia che continuava ad essere scritta nonostante non succedesse mai niente. Il tutto si riduceva ad un elenco dei nomi degli anziani in carica durante gli ultimi anni e alle poche innovazioni, realizzate e proposte per il sistema scolastico.

 

Rassegnata a non trovare nulla di interessante prese in mano il volume numero uno, ma appena lo aprì un brivido le corse lungo la schiena. La prima pagina era infatti scritta e macchiata volutamente col sangue di cui poteva ancora percepire il vago sentore di ferro.

'Io Eulan, primo figlio della libertà, cercherò oggi di scrivere la nostra storia...' Le prime parole che lesse. 'Questo sangue sia da monito e ricordo delle origini della nostra specie.'

“Però. Cominciamo bene...”

Passò piano la mano sul bordo pagina girandola appena per dare una sbirciatina: le altre per fortuna erano scritte in comunissimo inchiostro nero. Si sedette a gambe incrociate sul pavimento e iniziò a studiarlo meglio. Dai numerosi errori e dalla forma incerta del resoconto capì subito che l'autore non fosse un vero storico o studioso, tuttavia quelle pagine si rivelarono molto interessanti, soprattutto la prima parte di quello strano libro.

La seconda cronaca catturò la sua attenzione al punto da farle dimenticare completamente dove si trovasse.



***

 

Alla fine della quarta era, alcuni draghi decisero di trovare un espediente per convincere la razza umana a porre fine alla caccia spietata della loro specie.

Non fu soltanto una loro iniziativa: i 'Cercatori di anime', un antico ordine di maghi reietti vennero loro incontro con una proposta. Il loro tempismo fu giudicato da molti palesemente sospetto, ma ciò che offrirono si rivelò troppo allettante per poter essere ignorato. Proposero la creazione di una nuova specie, più longeva e resistente di quella umana, che potesse essere offerta in dono ai Re in cambio di leggi a tutela degli stessi draghi. La razza umana infatti all'epoca era in fase di espansione e le civiltà più fiorenti avevano un costante bisogno di manodopera, possibilmente a basso costo.

Quei maghi portarono con se giovani uomini e donne, esiliati o rapiti dalle loro città natali, a cui era stata annullata la volontà per mezzo di un sortilegio che li rendeva simili a delle bambole viventi. Questo bastò a convincere gli antichi dell'efficacia della magia che veniva loro presentata.

 

I draghi incuriositi accettarono di tentare gli esperimenti.

Nella prima fase si inserì sangue umano ed altro materiale genetico all'interno delle uova di drago. Tuttavia nessun incantesimo riuscì a dar vita a creature autonome in grado di alimentarsi da sole fin dai primi momenti di vita. Quasi tutti gli ibridi così ottenuti morivano di stenti dopo poche ore.

Nella seconda fase tentarono di fecondare alcune femmine umane col seme degli antichi, ma il risultato fu ancora più catastrofico. Le donne che non morivano subito dopo l'inseminazione, non portarono mai a termine la gravidanza. Su dieci una sola arrivò al parto, ma ne nacque una creatura deforme ed entrambi morirono in poche ore.

Nella terza ed ultima fase si tornò a sperimentare sulle uova di dei draghi. Si mise appunto un trattamento a base di reagenti chimici e stregoneria che rese finalmente le uova recettive. Il materiale genetico di entrambe le specie fu mescolato a parte nei laboratori e inserito nelle uova in un secondo tempo.

E queste furono le nostre origini.

 

Siamo stati creati con una forma molto più simile agli umani che ai draghi. Le principali caratteristiche che ci distinguono in maniera inequivocabile, sono le minuscole squame di cui è ricoperta la nostra pelle e pupille verticali; alcuni rari casi mostrano anche piccole zanne ed orecchie leggermente appuntite.

Alla schiusa dell'uovo, dopo un biennio dalla fecondazione, abbiamo l'aspetto di bambini di circa cinque anni di età e come altre specie in natura, siamo già perfettamente in grado di muoverci ed alimentarci in modo autonomo. Il linguaggio invece richiede almeno diciotto mesi prima di svilupparsi in modo comprensibile.

 

Si vennero a creare due classi principali di individui, la prima dotata di grande forza fisica, l'altra di intelletto e volontà fuori dal comune. Unico limite per entrambe, come per tutti gli ibridi: la sterilità assoluta. Alla nostra specie, come una sorta di maledizione, occorreranno sempre “genitori” di entrambe le altre per continuare ad esistere.

Inizialmente i draghi chiesero ai maghi di far nascere soprattutto incroci appartenenti alla prima categoria, considerati utili come schiavi e solo di tanto in tanto si continuava a sperimentare sulla seconda...

 

“Ma guarda un po' dove si era cacciata la mia piccoletta.”

A Mishar per poco prese un colpo al cuore. Lady Dar'mhà emerse silenziosamente dalle ombre di fronte a lei con un sorriso rilassato sul volto, non sembrava né stupita né arrabbiata.

“Non fare quella faccia. So bene delle tue nottate in biblioteca, ma credo che stavolta ti sia spinta un po' oltre.”

“Lo sapevate? Da quanto?” Chiuse il libro delicatamente e si voltò per rimetterlo apposto, cercando di nascondere un leggero imbarazzo.

“Fin dalla tua prima uscita. Ricordo ancora come ti giravi da tutte le parti per assicurarti di non esser vista: sembravi proprio un gattino spaventato.”

“Non mi avevate mai rimproverato. E' perché gli altri libri andavano bene, ma questi no immagino...” Sospirò volgendo lo sguardo all'armadietto.

“Torniamo a casa, là potremo parlare in tutta calma. Ah! Cerchiamo di non svegliare il custode. Dorme così bene.”

Uscirono dalla biblioteca senza che nessuno si accorgesse di loro e Mishar notò che il cielo all'orizzonte cominciava a schiarirsi, non immaginava di aver fatto così tardi.

“Tutto a posto?”

Furono interrogate da una guardia incrociata poco oltre e la tutrice rispose prontamente che la loro era una semplice esercitazione notturna.

“Ti va una tisana?” Le chiese poi mentre varcavano la soglia di casa.

“Volentieri, grazie.”

La ragazza si sedette sul divano pensando alle mille cose che avrebbe voluto domandare, tuttavia si limitò ad emettere un gran sospiro prima di buttarsi su uno dei grandi cuscini.

“Da dove vorresti cominciare ?” La cacciatrice si sedette accanto a lei porgendole una tazza fumante.

“Le nostre origini. Accidenti: viene il mal di testa al solo pensarci.”

“Molti umani, a distanza di quasi cinquecento anni, ci considerano ancora degli abomini. Peccato che cambino subito idea non appena gli serviamo.”

“Immagino. Tuttavia ora non posso fare a meno di chiedermi come facciamo oggi a procurarci un numero sufficiente di 'genitori', se così vogliamo chiamarli.”

“Domanda legittima. Abbiamo accordi con le più grosse nazioni che ci danno diritto a ricevere una piccola quota dei loro simili ogni cinque anni. Di solito ci rifilano gli avanzi di galera o giù di lì. Mentre per i draghi, che ormai sono sempre più rari, la questione è più complicata. Se non altro le loro uova possono essere conservate a lungo.”

“Devo ammettere che non li invidio: né i draghi né gli umani. So che in passato entrambi ci hanno causato non pochi problemi, ma ora credo di capire meglio quello che è successo questo pomeriggio.”

“Direi che sia il caso di riposare almeno qualche ora.”

“Avete ragione e grazie per la pazienza.”

Tornata in camera sua non sapeva se essere più soddisfatta o delusa da ciò che aveva scoperto, ma la stanchezza ebbe subito la meglio e si addormentò come un sasso.






Pensieri a mezz'aria...

Come sempre vi ringrazio per la lettura.
Putroppo in questo capitolo ho dei seri dubbi sulla grammatica... Soprattutto nella parte in corsivo, dove riporto il testo letto da Mishar.
Ho cambiato leggermente alcuni tempi verbali, ma non credo sia del tutto corretto.
Il fatto però è che ci tenevo a sottolineare che le caratteristiche fisiche di quella specie,
sono rimaste pressoché invariate dall'epoca.
Avevo provato anche ad inserire nel testo una frase del tipo "nota dell'autore" per giustifcare il cambio, tuttavia non mi suonava troppo bene.

E va beh. Detto questo, a voi la parola XD
Salutoni
Lara ^_^

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Capitolo 4
*** III - La sentenza ***


III

La sentenza.


 

Era stato un pomeriggio davvero lungo. Azkar di Rills aveva parlato lentamente soffermandosi su quanti più dettagli riuscisse a ricordare della storia antica. Ashjta l'aveva ascoltata rapito, quasi trattenendo il fiato per non disturbare. Avrebbe voluto saperne di più su Eulan, il primo che mise per iscritto quei resoconti, ma preferì non interrompere. Qualcosa gli disse che la maga avrebbe risposto a ben poche domande, quindi cercò di valutare con calma quali fossero quelle giuste da porre.

“Non sembri troppo sorpreso da ciò che ti ho appena detto.”

Fu lei invece a fermare il proprio racconto. La luce che entrava dalla piccola finestra dell'ufficio cominciava a tingersi di rosso e ciò significava che presto avrebbe dovuto andarsene.

“Dopo le visioni che ho avuto da parte di Keinara, un po' me lo ero immaginato... però c'è una cosa che non capisco. Perché a scuola non viene insegnato nulla di tutto ciò?”

“Semplice: di solito questa verità viene svelata al raggiungimento dell'età adulta, durante i corsi del magistero.”

A quelle parole, uno sguardo misto tra stupore e rancore balenò negli occhi del giovane, non gli era piaciuto per nulla il modo in cui era stato appena raggirato. Lei notando il suo disappunto scoppiò a ridere sguaiatamente.

“Davvero hai creduto che volessi rivelarti segreti riservati soltanto a pochi? Scusami dai... è troppo divertente far arrabbiare i ragazzini! Credo anche di sapere la tua prossima domanda. Mettiamola così: questa storia la raccontano 'da grandi' perché i vecchi hanno ritenuto opportuno che i bambini avessero tutto il diritto di crescere nella spensieratezza...”

“Non era esattamente quello che volevo sapere...” Protestò imbronciato “Come siamo riusciti a liberarci dalla schiavitù?”

“Draghi ed umani esagerarono: la famosa regola del 'Chi troppo vuole, nulla stringe.' Vedendo il successo del commercio a buon mercato della nuova specie, si montarono la testa. Cominciarono col creare un numero sempre maggiore di individui, fino a ridurre in schiavitù anche gli stessi maghi. Fu proprio il mio gruppo infatti a dare il via alla ribellione. Non ricordo i dettagli, ma sta di fatto che i padri dell'ordine annullarono la malia che teneva soggiogata la nuova razza al volere dei padroni e come puoi immaginare, quando le loro menti furono libere di pensare in modo autonomo, non presero troppo bene la questione. Erano ancora in numero inferiore rispetto agli umani, ma già superavano i draghi. Non fu facile riuscire a liberarsi di loro e molto sangue fu versato prima di scoprire il potere delle pietre scarlatte.”

Subito al giovane vennero in mente i dardi dalle punte rosse equipaggiati dai balestrieri, ma preferì non intervenire.

“Vincere la guerra con gli umani invece fu più semplice. Fisicamente non potevano sperare di prevalere: ogni figlio dei draghi che cadeva si portava nella tomba almeno una trentina dei loro e come puoi immaginare conquistare l'indipendenza fu solo una questione di tempo. Alla fine dei conflitti, com'era ovvio, la vostra specie rimase in ottimi rapporti con la nostra gilda.”

Come per incanto, soltanto in quel momento si rese conto del fatto che la pelle della maga fosse completamente liscia e priva di squame, inizialmente era stato troppo distratto per rendersi conto di avere davanti una donna umana, tuttavia, per quanto il suo viso non nascondesse lo stupore di quella scoperta, non disse nulla. Lei come gli avesse letto il pensiero, si limitò ad accennargli un sorriso.

“Credo di capire perché tutt'ora la nostra razza non sia ben vista. Siamo ancora sterili vero?”

“Già...” Sospirò Azkar, spiegando poi gli accordi strappati alle varie nazioni per avere a disposizione il materiale genetico necessario.

“...e i draghi però sono sempre di meno.” Constatò amaramente il giovane.

“Probabilmente non camperete ancora a lungo, forse dieci o venti generazioni, ma almeno avete conosciuto la libertà.”

Una delle guardie all'improvviso bussò alla porta.

“Vogliate scusarmi signora, ma temo che si sia fatto tardi.”

“Vero. Ci siamo trattenuti anche troppo.” Confermò lei spostandosi un ciuffo ribelle dietro l'orecchio destro.

“La ringrazio. Quello che mi ha insegnato mi ha dato qualcosa su cui riflettere...”

“Prego... e buona fortuna.” 'Ne avrai davvero bisogno...'

 

Dopo quell'incontro non ci furono altre visite da parte dei maghi ed il tempo trascorse, se possibile, ancora più lentamente. Il maestro Kalfar lo andava a trovare a giorni alterni, ma il più delle volte le sue visite duravano appena il tempo di un saluto. Nessuno dei due era troppo bravo con le parole e spesso il suo tutore si limitava a portagli qualche dolcetto e alcune lettere da parte di Mishar, troppo giovane per essere ammessa alle visite.
Una volta passò da lui anche uno dei suoi insegnanti, ma dei compagni di classe non si fece vedere nessuno; tuttavia la cosa non lo sorprese più di tanto: in realtà non aveva mai legato granché coi suoi coetanei.

 

Una sera, una delle guardie arrivò fischiettando davanti alla sua cella.

“Ehy Ash! Buone notizie: ti hanno fissato l'udienza per domani mattina.”

“Sul serio? Niente male come cena di stasera.”

Era passato quasi un mese da quando era stato messo in prigione. Non aveva mai dato alcun problema disciplinare, al contrario si fece rapidamente la fama del 'cocco delle guardie' perché non rivolgeva quasi mai la parola a nessun altro tra i detenuti e dava fin troppa confidenza ai secondini. Jenks in particolare, spesso di turno la sera, lo aveva preso in simpatia portandogli libri, giornali e notizie quasi tutti i giorni.

“E' davvero assurdo che un drago abbia usato la malia proprio su di te. Spero tanto che ti diano un pena alternativa a questo posto.”

“Che c'è : ti sei già stancato della mia faccia?”

“Il contrario semmai! Se ti lasciano qui troppo a lungo, poi come farò a separarmi da te ?”

“Lo so che già mi ami, peccato che tu non sia il mio tipo.”

“Cosa mi tocca sentire!”

Un'altra guardia, una giovane arruolata da poco, si era limitata ad una battuta, ma il vecchio ladro della cella accanto sputò sul pavimento in segno di disgusto. Entrambi invece risero come fossero al pub davanti ad una birra.

 

***

 

Il maestro Kalfar si era messo d'accordo per un udienza privata e per Ashjta la cosa fu di gran conforto. Quella mattina lo portarono via presto dalla cella: prima della colazione, gli fu permesso di farsi un vero bagno e di indossare vestiti puliti.

'Almeno morirò presentabile...' Scherzò tra se, mentre veniva scortato all'edificio di rappresentanza, che oltre al consiglio cittadino, ospitava alcune aule adibite a tribunale.

Fu sorpreso nel vedere una piccola folla radunata davanti al portone principale. Tra loro riconobbe Mishar, accompagnata dalla sua tutrice, l'insegnante che era andato a trovarlo e qualche compagno di corso, tuttavia le guardie impedirono a chiunque di avvicinarsi o proferire parola.

Il suo tutore lo attendeva seduto al banco degli imputati accompagnato da un difensore.

“Maestro...” Disse sottovoce indicando l'avvocato “...ma non sarà troppo?”

“Zitto e siediti: in momenti come questo mi chiedo se ci sia davvero un cervello tra le tue orecchie.”

“Mi scusi signore.”

Sedendosi nella panca di legno notò che l'aula era quasi vuota. Le uniche persone presenti erano quelle che con ogni probabilità sarebbero state chiamate a deporre durante l'udienza. Il volto inconfondibile del capitano Calheb sembrava una maschera di marmo, impossibile cercare di capire cosa gli passasse per la testa, mentre Azkar di Rills gli sorrise strizzandogli un occhio. Erano state convocate altre tre persone che non aveva mai visto. Uno sembrava un mago, ma degli altri due non ne avrebbe saputo dire nulla. Immaginò potesse trattarsi di alcuni rappresentanti del ristretto gruppo che lavorava nella grotta.

 

La corte non si fece attendere, si presentarono in tutto una decina di persone: cinque maschi e cinque femmine. Il più anziano, il presidente della giuria, aveva trecentonovanta anni e si diceva che in passato avesse contribuito alla costruzione della loro civiltà negli anni seguenti le lunghe guerre per l'indipendenza.
Ashjta immaginò che non dovesse essere stato semplice stabilire i luoghi sui quali fondare le città e come organizzare la vita sociale di un popolo appena formato.

Senza accorgersene era rimasto come ipnotizzato da quella persona, ben pochi potevano vantare una simile età. Aveva l'aspetto di un comune vecchietto: la testa completamente calva e poche squame ormai nascoste dalle rughe evidenziavano grandi occhi nocciola dall'aria astuta. Quando si accorse di essere osservato gli fece un lieve sorriso, che tuttavia non bastò a nascondere due grosse zanne dal colore paglierino.

“Non immaginavo che lo stesso Tankrat si sarebbe scomodato a presiedere la corte...” Sospirò Kalfar, mentre il suo protetto deglutiva un po' di saliva. “Se non altro sembra di buon umore.”

I minuti che seguirono dopo gli parvero secoli. Noiosi rituali di presentazione e giuramenti di cui proprio non capiva l'utilità.

Il capitano Calheb fu il primo ad essere chiamato a testimoniare e subito dopo parlò uno dei due sconosciuti di prima, rivelando che altro non si trattava che del prefetto cittadino.

“Come intende dichiararsi l'imputato nei confronti dei capi d'accusa?”

“Il mio cliente intende fare appello all'incapacità di intendere momentanea, causata dall'incantesimo del drago...”

Rispose l'avvocato difensore e a quelle parole, il ragazzo strabuzzò gli occhi e si mise in piedi, stanco all'inverosimile di tutte le formalità sorbite fino a quel momento.

“Ma non è vero! O almeno non del tutto...” Cominciò a dire sotto lo sguardo attonito dei presenti. “Chiedo soltanto il permesso di poter raccontare come sono andate le cose. La semplice verità, almeno come l'ho vissuta io, senza cercare scusanti.”

“Tu sei pazzo del tutto...” Il proprio tutore portò le mani al viso in un gesto esasperato.

In angolo della sala, la maga Azkar cercava di trattenersi dal ridere, nascondendosi dietro un ventaglio, mentre un borbottio crescente riempiva l'aria come se dovesse esplodere qualcosa da un momento all'altro.
Un sonoro martellare sul tavolo da parte del presidente riportò prontamente il silenzio.

“Forse non è una cattiva idea” Annunciò. “Lasciatelo parlare e sentiamo cosa ha da dire.”

“Davvero posso?” Domandò incerto il giovane.

Come aveva già fatto col suo tutore raccontò gli eventi di quel giorno, completandoli con quanti più dettagli riuscisse a ricordare. Non nascose la preoccupazione provata nei confronti dei propri concittadini durante l'incendio e la pietà suscitata poi da ciò che gli aveva detto il drago.

“Non avevo mai visto nessuno soffrire fino a perdere la ragione. Non riesco a ricordare bene quello che è successo poi. Mi sentivo triste e svuotato come se un peso gelido mi avesse bloccato il cuore e subito dopo l'oscurità.”

Nessuno volle interrompere, quindi continuò a raccontare di quando si era risvegliato con tutti i ricordi recenti della creatura che imperversavano nella propria mente. Rivelò anche dei sogni, che ancora lo svegliavano durante la notte. Parlò infine di ciò che gli era stato detto del loro passato e della loro storia.

“Credo che nonostante quello che è successo, nessuno dovrebbe soffrire così. Né noi, né gli uomini o i draghi... mi dicono che tutti ci odiano ancora. A scuola ho studiato che la nostra specie desidera soltanto la pace. Ma come faremo a trovare questa pace se in realtà dobbiamo vivere ancora circondati dall'odio?”

“Quello che stai dicendo sta andando ben oltre lo scopo di quest'udienza, te ne rendi conto?” Fece notare una donna della corte, nonostante fosse stata toccata profondamente dal discorso.

“Quindi cosa proporresti?” Lo sfidò il presidente.

“La colpa della nostra situazione, credo che stia nel nostro male: forse se trovassimo una cura per la sterilità, nel tempo dovrebbe diventare più facile ottenere un posto in vera armonia con le altre razze.”

“Pensi davvero che nessuno ci abbia mai provato? Ci sono stati parecchi di voi che si sono offerti volontari per sperimentare. Alcuni tra loro hanno pagato caro il prezzo di questi tentativi, ma non abbiamo mai ottenuto nulla...” Intervenne l'altro mago scuotendo lentamente la testa.

“Può darsi che la magia e la scienza da sole non bastino...” Sussurrò Ashjta socchiudendo gli occhi.

Soltanto la benevolenza del Dio della vita e della morte, potrebbe cambiare qualcosa...” Disse all'improvviso con una voce che non gli apparteneva: la voce dolce e saggia del drago che un mese prima aveva supplicato di poter morire. Un secondo dopo perse i sensi, cadendo tra le braccia del proprio tutore che prontamente si era mosso a intercettarlo.

 

 

Quando si risvegliò in pieno pomeriggio, vide che si trovava a casa nel proprio letto. Istintivamente guardò verso la porta della camera e poco dopo comparve il suo tutore accompagnato dalla maga.

“Cosa è successo?” Tutto quello che riuscì a dire.

“Sei stato condannato all'esilio.” Rispose il maestro senza preamboli.

“Alla faccia del tatto! Detto così non gli sarà di gran consolazione... credo che Kalfar abbia dimenticato un paio di dettagli.” Intervenne Azkar.

“Cioè?” 'Ma come fa questa donna ad essere sempre allegra?'

“Mettiamola così: sei stato ritenuto colpevole ma con una grossa attenuante. Dopo la tua ultima uscita, quando sei svenuto io e l'altro mago ti abbiamo controllato velocemente. Come avevo sospettato dal primo giorno, sembra che una piccola parte dello spirito di Keinara sia ancora presente dentro di te e questo dimostra che non hai agito di tua volontà. Tuttavia, sempre per lo stesso motivo sei stato dichiarato 'Potenzialmente pericoloso' per continuare a vivere nella comunità.”

“Qualche bella notizia?”

“A parte che sei vivo?” Scherzò il maestro. “In realtà ce n'è una: se davvero dovessi riuscire a trovare il tempio di quel Dio (Ammesso che esista) e chiedergli se per caso ha un minuto da dedicare alla nostra causa, sarai riammesso con tutti gli onori.”

“Ah...”

Cercò di immaginare con quale faccia il presidente della giuria avesse letto il verdetto, tuttavia, nonostante lo scetticismo del maestro, pensò che non gli era andata poi tanto male. In fin dei conti aveva sempre desiderato poter fare un bel viaggio.





Pensieri a mezz'aria...

Finalmente completato quello che considero come l'ultimo capitolo "introduttivo" di questa storia.
Spero di essere riuscita a chiarire un altro po' di cosette sulla nostra razza e su quel
pazzo (rincxxxnito) di Ashjta.

Ho usato di proposto toni a volte seri a volte ironici per non dramatizzare troppo
e spero che abbiate gradito la "trovata"  ;)

Per finire, nonstante le varie riletture, mi auguro di non essermi lasciata sfuggire troppi errori ! XD

Come sempre vi ringrazio tantissimo per essere passati di qua :)
A presto.
Lara

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Capitolo 5
*** IV- In viaggio ***


IV

In viaggio.

 

Era una notte serena e stellata, un silenzio quasi innaturale dava ad Ashjta quel senso di pace che tanto aveva cercato. Scelse di partire nel pomeriggio dopo pranzo, mentre la mattina l'aveva trascorsa a decidere cosa portarsi dietro. Alla fine non mise troppa roba nello zaino: giusto un po' di biancheria, qualche cambio leggero e alcuni indumenti più pesanti. Prima di uscire di casa il maestro Kalfar gli diede un po' di denaro e una spada bastarda che poteva tenere comodamente attaccata alla cintura.

'Ricordati: anche se non hai completato il tuo addestramento sei più forte degli umani. Se mai qualche brigante provasse ad attaccarti, non esitare a difenderti... e vedi di allenarti tutti i giorni.'

Seduto accanto al sacco a pelo, osservava quella splendida lama d'acciaio, sperando di non doverla mai usare, ma in realtà sapeva bene che quel momento poteva arrivare prima di quanto immaginasse. Ripensava alla sera prima, quando la maga gli aveva spiegato i termini dell'esilio. In poche parole, durante i suoi spostamenti, avrebbe avuto il permesso di fermarsi nei villaggi o città dei propri simili per non più di ventiquattro ore.

'Insomma: giusto il tempo di riposarsi e far provviste...' Sospirò gettando un occhiata distratta alla mappa. Aveva camminato ininterrottamente per quattro ore e quando il cielo prese a cambiar colore si era accampato in una piccola radura a ridosso di una parete rocciosa. Stimò di non aver percorso più di una ventina di miglia e non si sentiva affatto stanco, tuttavia preferiva muoversi in pieno giorno. Si sorprese di non essere nemmeno troppo affamato, come cena infatti gli bastò mandar giù un po' di pane e formaggio accompagnati da qualche frutto.

Aveva letto fino a quando i suoi occhi non si erano fatti troppo stanchi e dato che non si sentiva di accendere una sfera luminosa, trascorse parecchio tempo imbambolato a guardare le stelle, prima di infilarsi a dormire nel sacco a pelo. Poche ore dopo, nel cuore della notte, un rumore lo svegliò di soprassalto. Terriccio e sassolini che venivano smossi dai passi lenti e strascicati di qualcuno che doveva essere al limite delle proprie forze. Per precauzione aveva messo mano alla propria arma, ma la ripose subito riconoscendo l'inconfondibile sagoma della propria amica.

“Mishar. Non è possibile, che diavolo ci fai qua?”

Le ci volle un po a rispondere dato che aveva il fiatone.

“Figurati se potevo lasciare da solo un impiastro come te. Conoscendoti saresti capace di metterti nei guai alla prima città.” 'Come cavolo avrà fatto ad arrivare fin qui? Credevo di morire, accidenti...'

“Stai bene?” Chiese vedendola stravolta.

“Sono stata meglio, colpa mia che non mi sono mai allenata sul serio. Ti sei sistemato in un angolino talmente sicuro che ho dovuto girare parecchio, prima di trovarti.”

“Ma lo sa qualcuno che sei qua?” Esclamò come folgorato. “Ti prego: dimmi che non sei scappata di nascosto.”

“Si e no. Lady Dar'mhà non era troppo convinta della mia scelta, però non mi ha fermato. Non so cosa dirà per giustificare la mia assenza con gli anziani, ma ha detto che la vita era la mia e che se proprio ci tenevo potevo andare. Ovviamente al ritorno mi faranno una bella lavata, ma non importa.” 'In fin dei conti, in due si viaggia meglio.' Involontariamente le erano tornate in mente le parole di quando l'aveva salutata.

“Certe volte non so davvero chi di voi due sia più matta...” Si rassegnò infine Ashjta.

Le chiese poi se avesse già mangiato e dopo aver ricevuto una risposta affermativa la aiutò a sistemarsi per dormire: da ciò che aveva visto, ne aveva un disperato bisogno.

 

***

 

Dormirono entrambi come sassi e quando la luce dell'alba venne loro a dare la sveglia Mishar cercò di continuare a riposare tra mille proteste. Ashjta invece si alzò senza troppe cerimonie e dopo aver mangiato qualcosa si allontanò per esercitarsi. Al suo ritorno trovò la compagna che si fasciava i piedi prima di rimettersi le scarpe.

“Ti son venute le piaghe, sicura di farcela? Sei ancora a tempo per tornare indietro.”

“Non ci penso nemmeno. Ho messo un unguento, entro qualche giorno dovrei stare meglio.”

'Non che abbia fretta, ma spero non mi rallenti troppo.' “Come vuoi. Dovresti già saperlo, ma questa non sarà una vacanza...”

“Lo so, lo so.” Interruppe lei, spostando una ciocca di capelli dal viso. “Sono qua per darti una mano, mica per esserti di peso. Piuttosto qual'è la prossima tappa?”

A quella domanda Ashjta srotolò a terra la mappa mettendola in mezzo a loro. Vi poggiò accanto una bussola e cominciò a ragionarci su.

“Se non sbaglio, noi dovremmo essere da queste parti...” Cominciò indicando un punto vicino alle montagne. “Se continuiamo verso nord, troveremo un altro villaggio dei nostri. A quasi cinquanta chilometri in direzione sud-sud est, invece dovrebbe esserci un piccolo insediamento umano.”

“Da come lo dici sembra che tu stia puntando dritto a quello.”

“In effetti son curioso, inoltre non ho nessuna voglia di venire trattato come un poco di buono. Preferisco cambiare aria.”

“Probabilmente al tuo posto farei lo stesso. E va beh: un'altra notte all'aperto e sveglia all'alba. Mi abituerò.”

“Ehy! Non ti ho mica chiesto io di accompagnarmi.”

“Guarda che stavo solo scherzando. Ed ecco uno dei motivi per cui sono qua. Dato che non sai cogliere al volo una battuta, rischieresti di fare a botte per una sciocchezza.”

Detestava ammetterlo, ma Mishar non aveva tutti i torti. Tornò quindi alle questioni pratiche senza dilungarsi in chiacchiere inutili e venti minuti dopo furono pronti a ripartire. Notò che nemmeno la ragazza aveva caricato troppo il proprio bagaglio e fu sorpreso nel vedere che portava un pugnale alla cintura, tuttavia evitò di commentare.

Dopo tre ore di marcia il caldo si era fatto pesante, ma nessuno dei due osava fiatare. Seguivano un percorso leggermente più lungo ma che a breve li avrebbe condotti ad una piccola oasi segnata sulla mappa. Avevano provviste per almeno tre giorni, tuttavia l'acqua era più pesante da trasportare, quindi contavano di rifornirsi per strada.
Quel giorno, Ashjta cominciava a sentirsi un po' stanco, tuttavia era di buon umore. Non gli dispiaceva viaggiare in compagnia e a dispetto di tutti i suoi timori, Mishar si dimostrava forte e determinata. Non si lamentava nemmeno quando le bende ai piedi si tingevano di rosso: si fermava quel tanto che bastava per cambiarle e poi ripartiva imprecando sulle asperità del terreno.

“Appena guadagniamo qualcosa penso che dovremmo procurarci un asino.” Disse cercando di rincuorarla.

“Ehm... e come pensi di sfamarlo?”

“Già.” Sospirò lui abbassando lo sguardo.

“Apprezzo il tentativo, ma non preoccuparti: ce la faremo anche senza.”

“Ormai manca poco. Almeno potremo darci una rinfrescata.”
 

All'arrivo, scoprirono che l'oasi era gestita da una famiglia di mercanti. Due fratelli con tutta la loro parentela, nonni compresi.

“Cosa ci porta oggi il sole? Una giovane coppia di mezzosangue. Permettete all'umile Jazkan di darvi il benvenuto ragazzi.”

“Un semplice buongiorno, no?” Sussurrò Ashjta a Mishar, beccandosi una leggera gomitata sul fianco.

“Saluti a lei buonuomo.” Rispose la ragazza. In realtà anche lei non era troppo felice di essere definita 'mezzosangue', ma era piuttosto brava a far finta di nulla.

“Quanto volete per permetterci di soggiornare per qualche tempo nella vostra oasi?”

“Un pezzo d'argento per ora. Di solito andrebbe pagato a persona, ma son sempre pronto a fare un piccolo sconto ai giovani sposi.”

A quelle parole ai due mancò il fiato, cercando di non scoppiare a ridere. Non avevano proprio pensato di poter essere scambiati per una coppia in luna di miele, tuttavia non dissero nulla per via della tariffa offerta.
 

“Probabilmente per gli umani, se un uomo e una donna viaggiano insieme devono essere per forza legati.” Rifletteva Ashjta mentre sedevano all'ombra di un palmeto.

“Che ti frega? Se non altro ci ha fatto lo sconto. Non oso immaginare che faccia farebbe a sapere la verità sui tuoi gusti.”

“Ho sentito dire che loro hanno ancora molti pregiudizi su alcuni argomenti...”

“Ehy, voi laggiù!”

Un uomo sulla trentina li raggiunse di corsa, agitando vigorosamente la mano destra in segno di saluto. Si presentò come Balizer, figlio maggiore del mercante che li aveva ricevuti e sembrava avere una certa urgenza.

“Salve. C'è qualche problema per caso?” Chiesero i due all'unisono.

“Potete dirlo forte! E tu ragazzo, con quelle spalle che ti ritrovi, sembri proprio il tipo giusto.”

“Giusto per cosa?” Chiese il diretto interessato.

“Ci serve qualcuno per sistemare un branco di cani della prateria, di quelli grossi intendo e voi altri avete fama di essere ottimi mercenari.”

“Se ci state offrendo un lavoro, forse è meglio che ci diciate di più.”

“Non c'è molto da dire. Hanno la loro tana in una grotta due miglia a sud...” Spiegò indicando la direzione. “All'inizio erano pochi e non davano alcun fastidio. Negli ultimi tempi invece il loro numero è aumentato e sempre più spesso attaccano le nostre greggi. Proprio l'altro giorno uno di quei bastardi ci provato con uno dei miei bambini.”

“Quanti sono esattamente?”

“Sei, forse sette, il capobranco dovrebbe essere quello bianco con delle macchie marroni sul muso. Credo che se lo elimini per primo, il resto di quelle bestiacce dovrebbe disperdersi da solo.”

“Non sono certo animali da sottovalutare, se riusciamo a sbarazzarcene cosa ne ricaveremo?” Si intromise la ragazza.

“Per prima cosa vi renderemo volentieri i soldi che avete già pagato. Inoltre potete prendere tutta l'acqua che vi serve e alloggiare gratis ogni volta che tornerete e per tutto il tempo che vorrete, fin d'ora.”

Dopo l'offerta i due si allontanarono di qualche passo per decidere il da farsi ed Ashjta sembrava abbastanza entusiasta all'idea di mettersi alla prova.

“Forse vale la pena di tentare.”

“Hai qualcosa di spesso da indossare sopra quella maglia?”

Dopo quella domanda Mishar spiegò che il morso di quei cani tendeva ad infettarsi facilmente e quindi sarebbe stato più conveniente proteggersi al meglio possibile. Il suo compagno rispose che aveva una giubba di pelle, un paio di stivali alti e dei guanti pesanti.

“Ottimo. Io ho con me diverse erbe, sono sicura che ci saranno d'aiuto.”

 

***

 

Nonostante le proteste dell'amica, Ashjta preferì lasciarla ad aspettare il suo ritorno all'oasi.
'Non posso farti correre dei rischi, soprattutto coi piedi in quelle condizioni...' Le aveva detto indicandole le fasciature appena cambiate e con quelle parole la discussione si era bella che conclusa.
Si avviò dopo pranzo e gli ci vollero pochi minuti a raggiungere la zona dove si trovava la grotta. Il primo di quei canidi lo attaccò alle spalle mentre si avvicinava all'ampio ingresso scavato nella roccia. Dopo un primo momento di panico, si buttò a terra per staccarselo di dosso. L'animale era riuscito a graffiargli il collo, ma ignorò la ferita sguainando subito la propria spada. L'impugnatura gli permetteva di poterla usare tanto ad una quanto a due mani e anche se non aveva ancora perfezionato la tecnica, si sentiva comunque pronto a battersi. Non avrebbe mai immaginato che il suo primo vero scontro sarebbe stato con quella specie di cane troppo cresciuto, ma almeno era felice di non essersi ritrovato subito circondato dal branco. La belva intanto si lanciò nuovamente all'attacco e lui, come gli aveva insegnato il maestro, scansò con un movimento laterale caricando un fendente orizzontale. L'impatto ebbe un effetto inaspettato: aveva colpito con tanta forza da aprirgli completamente il fianco, mettendo in vista pezzi d'interiora. Il senso di nausea che lo travolse a quella vista per poco lo fece vomitare e soltanto con grande sforzo di volontà riuscì a non perdere il controllo. Resosi poi conto che la bestia respirava ancora, le diede il colpo di grazia.

Quando entrò dentro la cavità, usò una biglia incantata per illuminare l'ambiente. Dopo un primo cunicolo stretto arrivò ad una sala più ampia dove altri due animali, più piccoli del precedente lo caricarono appena si accorsero di lui. Si liberò facilmente del primo, uccidendolo con un solo colpo al collo mentre balzava, ma l'altro riuscì ad attaccarsi al suo braccio sinistro. L'animale trattenne con forza la presa costringendolo a terra, quindi il giovane, dopo aver lasciato l'arma, si difese con un più classico destro sul muso. Per fortuna i suoi denti, fermati dalla pelle della giubba, non fecero grossi danni, ma mentre si rimetteva in piedi recuperando la spada si accorse che quel piccolo graffio gli dava già un prurito spaventoso. Finì la bestia ancora stordita prima che potesse rialzarsi, ma subito vide che il rumore della lotta aveva attirato gli ultimi membri del branco guidati dal loro capo, tre in tutto.
Si lanciò alla cieca sul più grosso, quello con le macchie sul muso, cercando di tener lontano gli altri un po' a calci, un po' schivando e scattando. Quando finalmente riuscì a colpirlo duramente alla testa, gli ultimi due fuggirono via uggiolando come fossero stati feriti anche loro. Esattamente come predetto dal mercante.
Si sedette a terra stremato, ricoperto di polvere, ferite e sudore. Ci volle diverso tempo prima che il suo respiro tornasse normale ed avesse la forza di rimettersi in piedi. Completò poi l'esplorazione della grotta, senza trovare nulla degno di nota e quando tornò all'aperto, il sole stava già tramontando.

 

***

 

Da una collina poco distante, una coppia di briganti osservava il giovane rientrare all'oasi.

“Maledetto.” Disse la donna fuori di se dalla rabbia, mentre accarezzava rudemente i cani fuggiti. “Se lo attacchiamo subito potremmo sistemarlo prima di cena.”

“Da soli non possiamo, Zinette. Inoltre i cani sono ancora spaventati. Quello è un dannato Drakomis, era da tanto che non ne vedevo uno. Quei mercanti sono stati furbi ad assoldarlo, ci manca soltanto che ferisca anche noi e allora si che siamo apposto! Se penso che proprio domani dovevamo cominciare le trattative...” L'uomo sospirò, socchiudendo gli occhi per nascondere la propria delusione.

“Promettimi almeno che pagherà...”

“Questo è poco ma sicuro, mia cara. Prima dovremmo ricongiungerci agli altri per dire che il piano non ha funzionato, dopo di ché torneremo a cercarlo.”

 



Pensieri a mezz'aria...

Ehylà.

Come sempre, grazie 1000 per essere arrivati/e fin qui :)

Eccoci finalmente al capitolo dove il “Povero protagonista”, come nelle migliore tradizione dei racconti fantasy, ha lasciato la propria casa, le persone care, il soprammobile preferito etc etc

Beh dai: almeno la sua migliore amica, in un modo o nell'altro, se l'è ritrovata fra i piedi... XD

So bene che come inizio del viaggio può non brillare in originalità e soprattutto la parte finale
è un classico “Tutorial” di stampo video-ludico.

Infatti sto cercando di “far crescere” il mio personaggio un po' alla volta, quindi come prima missione, non mi sembrava il caso di metterlo troppo in difficoltà... fate finta che sia ancora a Livello 1 ! ^_^

Spero che almeno sia venuto fuori un capitolo leggibile e senza troppi errori.

 

A presto.

Salutoni

Lara.

 

p.s Se tutto va bene, Forse dovrei riuscire ad aggiornare una volta al mese...

(Incrocio le dita perché ogni volta che provo a stabilire una data, succede di tutto O_O )

 

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