L'elfo femmina che osò amare un nano

di Vaene
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un sogno e basta ***
Capitolo 2: *** Ritorno alla realtà ***
Capitolo 3: *** Fuga dall'ira di Smaug ***
Capitolo 4: *** Le ultime fiamme ***
Capitolo 5: *** Due piccole mani ***
Capitolo 6: *** Da soli ***
Capitolo 7: *** Nessun compromesso ***
Capitolo 8: *** Cielo stellato ***
Capitolo 9: *** L'estrema difesa ***
Capitolo 10: *** La luna di fuoco ***
Capitolo 11: *** Ritorno a Bosco Atro ***
Capitolo 12: *** Lividi ***
Capitolo 13: *** Una verità per una verità ***
Capitolo 14: *** La rinuncia ***
Capitolo 15: *** Un'ultima volta ***
Capitolo 16: *** In ceppi ***
Capitolo 17: *** Un'altra notte... ***
Capitolo 18: *** La salvezza in un ricordo ***
Capitolo 19: *** Eldar e Naugrim ***
Capitolo 20: *** Imri zaiza ***
Capitolo 21: *** Due vite ***
Capitolo 22: *** Il Campo di Celebrant ***
Capitolo 23: *** Saggi consigli ***
Capitolo 24: *** Le Aule di Mahal ***
Capitolo 25: *** Infinite possibilità ***
Capitolo 26: *** Commiato e Benvenuto ***
Capitolo 27: *** Una strana fanciulla ***
Capitolo 28: *** Breve oblio ***
Capitolo 29: *** Il Palantír di Annúminas ***
Capitolo 30: *** Ospitalità ***
Capitolo 31: *** Una tentazione ***
Capitolo 32: *** Duello e ricompensa ***
Capitolo 33: *** Il ricatto ***
Capitolo 34: *** Annatar e Míriel ***
Capitolo 35: *** Nemiche o alleate ***
Capitolo 36: *** Traditori ***
Capitolo 37: *** Miraggi ***
Capitolo 38: *** Oltre la Fortezza delle Stelle ***
Capitolo 39: *** Mancata redenzione ***
Capitolo 40: *** Al Morannon ***
Capitolo 41: *** Vittorie e disfatte ***
Capitolo 42: *** La Fine dei Giorni ***
Capitolo 43: *** Paradiso ***



Capitolo 1
*** Un sogno e basta ***


La luce era svanita proprio quando Kili credeva di aver intravisto un sorriso di speranza sul volto di Tauriel, una risposta silenziosa al suo chiederle:”Credi che avrebbe potuto amarmi?”.
Una domanda stupida, si rimproverava, ora che la nebbia di un sonno pacificatore lo stava avviluppando. Kili avrebbe voluto tenere gli occhi ancora aperti, attendere un suo“Si”...

Ma la fatica ebbe la meglio sulla sua testardaggine e finì per addormentarsi di colpo.
Ed ecco che la stanza d’un tratto aveva riacquistato luce, i tetti si erano come innalzati, le finestre allargate, le candele triplicate, mentre una musica celestiale invadeva tutta la sala addobbata a festa. Perché di una festa si trattava...ma non una qualsiasi. Era una festa degli Elfi-ora li vedeva-scintillanti e magnifici, radunarsi attorno ad un grande portone, dal quale emergeva un’alta figura vestita di stelle argentate e avvolta in una nebulosa rossa…

Era Tauriel! Era lei, splendida e leggera si inchinava a tutti, mentre sorridente ed evanescente, fuggiva il braccio dei cavalieri più insistenti e galanti. Kili allora stava per slanciarsi in avanti, sicuro che da lì lei non poteva vederlo..ma si fermò subito, scorgendo i suoi piedi enormi ricoperti dagli stivali logori, che risaltavano tremendamente sul pavimento lucido.

Rialzò mestamente lo sguardo, solo per scoprire che quell’elfo biondo e impertinente, lo stesso che l'aveva fulminato con gli occhi nelle celle di bosco Atro, stava offrendo a Tauriel di danzare con lui.
Una rabbia mai provata iniziò allora ad invadergli il petto, mentre tentava di seguire la coppia felice, strisciando quasi tra le schiere di Elfi, inorriditi dal suo tocco sulle loro vesti di seta.
Ma Kili,noncurante, seguitava a spiarli tra le colonne, osservando con un dolore nuovo il bel volto di Tauriel animarsi alle parole di Legolas - si era quello il suo nome - mentre le loro belle mani lisce e affusolate si sfioravano e il braccio di lui cingeva la vita stretta di lei, essi avanzavano leggeri ed eleganti, come mai sarebbe stato lui, Kili il nano. Un principe, vero, ma pur sempre un goffo nano insignificante.

Fu allora che si vergognò della sua presenza, del suo amore, della gentilezza di lei verso lui, che probabilmente era stata solo frutto della pietà.
Kili si diede dell'ingenuo, ma voltandosi per andarsene urtò uno dei presenti che lo spinse in mezzo alla sala, facendolo scivolare malamente, fino alle gonne scomposte di lei...
L’urlo indignato della folla non si fece attendere e quando Kili sollevò lo sguardo fino a Tauriel la vide porgergli misericordiosamente la mano, la stessa che aveva creduto di sfiorare fino a poco prima...
Il suo cuore, lo sentiva, non aveva mai ospitato una gioia più immediata e completa. Allungò allora un braccio verso di lei, cercando di ignorare le sue dita tozze e scure, ma in quel momento quella cara mano si ritirò crudelmente, lasciando il posto ad un pugno chiuso su un pugnale.
Era Legolas, alto e fiero sopra di lui, accolto dalla risata cristallina di Tauriel che voltava le spalle a Kili, lasciandolo in balìa del suo amato.
Com'era stato cieco...essi si amavano e ne avevano il diritto...

Kili stava per urlare di frustrazione, quando sentì il suo nome echeggiare con sofferenza, dietro di sé. Si voltò e vide dalle ampie grate la Montagna Solitaria, rigata di rosso come se contenesse un gran fuoco dentro, incapace di liberarsi...

Era Thorin, suo zio, che lo chiamava! Si rialzò di scatto, corse e si slanciò fuori dalla finestra nonostante il ginocchio- stava sognando, lo comprese solo in quel momento- atterrando dentro una palude mefitica in cui giacevano i corpi di tutti i suoi amici. 
Incapace di pensare, non volle cercare di riconoscere suo fratello tra quei cadaveri, ma involontariamente iniziò ad urlare”Fili!”.
Iniziava ormai a sprofondare in quei liquami, quando all’improvviso riapparve Tauriel, nera nelle vesti e in volto, le braccia tese, imploranti, verso di lui.
”Perdonami Kili, come avrei potuto saperlo...?”.
Lui allora si gettò su di lei, sapendo di poterlo fare solo in quel momento, in quell'illusione…
Poggiò con forza la sua piccola testa sul ventre di lei, che intanto lo cinse in un abbraccio materno, ma ben diverso da quello di Dìs, più disperato, accorato e...inutile.
Del sangue fluiva dal petto di Tauriel, mentre si andava accasciando su sé stessa, ormai all’altezza di Kili che la sorreggeva, sgomento, fino a che non ebbe il suo viso vicino come mai prima d’allora.
“Mio cielo stellato, se ti ostini ad amarmi, ad amarci-Tauriel gli indicò gli altri nani-questo è ciò che ti accadrà.”
Kili avrebbe voluto risponderle che lui avrebbe sempre protetto lei e i suoi compagni, a qualsiasi costo.
Ma sentiva che la veglia si impadroniva di nuovo di lui, nelle sembianze di suo fratello Fili, che lo scuoteva con delicatezza ma con determinazione.
”Fratello, per tutte le miniere del regno di Durin, svegliati, è solo un’incubo!”.
Kili sobbalzò e si mise a sedere, gettando occhiate preoccupate attorno, mentre l’espressione e il tono di Fili si indurivano.
“No, lei non è qui. Hai pronunciato più di un nome in sogno, fratellino. E non ero sicuro di aver udito bene…fino ad ora.”
Kili fissò il nano di fronte a lui senza riconoscere suo fratello, tant’era gonfio di sdegno e incredulità. Kili allora sentì qualcosa in lui che si ribellava a giustificarsi, a discolparsi. Ma al tempo stesso non riusciva a sostenere le occhiatacce di Fili che fingeva di sistemargli la benda.
“E’ stata buona con me, è normale che io sogni di lei…”.
Kili si sforzò di credere egli stesso alle sue parole, quando sapeva, quando egli stesso aveva detto a Tauriel che era tutto ben al di là di questo, ormai…
Eppure si sforzò ugualmente di non chiedere a Fili come mai lei non fosse lì...

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Capitolo 2
*** Ritorno alla realtà ***


Il suo nome non le era mai parso così bello come quando l'aveva sentito pronunciare da lui, steso su quel tavolo, più piccolo di quanto ricordasse, accasciato e ferito mortalmente…
Tauriel lasciò dondolare le lunghe gambe appena sopra la superficie dell’acqua ghiacciata, osservando i bagliori rossi nel cielo, non troppo lontani...
Si era seduta sulle palafitte di fronte alla casa di Bard nel tentativo di riflettere sulla situazione, decidere se mettersi sulle tracce di Legolas, o piuttosto restare e aiutare i Nani nella loro impresa.
Ma più cercava di considerare la questione in modo obiettivo, più i suoi pensieri venivano distolti dalle parole di Kili. Egli certo non era in sé, si era detta in un primo momento. Ma quell’espressione, quel tono…potevano mai essere frutto del delirio o di una mera riconoscenza? Si rimproverò silenziosamente per essersi posta queste domande, ma ancora di più per aver avvertito un calore meraviglioso all’idea che invece potesse essere tutto vero…


Proprio in quel momento sentì un rumore alle sue spalle e quella voce, la stessa che le aveva annientato ogni certezza, irruppe nei suoi pensieri. ”Fili, lasciami uscire, voglio solo ringraziarla!”
Tauriel si voltò, sorpresa, osservando i due fratelli sulla soglia, il braccio di Fili su quello di Kili. Entrambi la fissavano, ma con opposta intensità.
L'Elfo dovette costringersi a soffermare il suo sguardo su Fili, cercando di trasmettergli le sue buone intenzioni. Stava infatti per alzarsi e parlargli quando egli l'anticipò.
”Ti ringrazio per aver salvato il mio fratellino, potente dama elfica”-Tauriel e Kili abbozzarono un sorriso a quell’espressione-“Bene, ecco fatto. Kili sbrigati anche tu coi convenevoli, ti aspettiamo dentro per prepararci alla scalata della Montagna Solitaria. Beninteso, ti trasporterò io.” Quell’ultima parola così calcata colpì Tauriel che avvertì il peso dell’idea di non potersi più prendere cura di Kili. Accolse quindi con sollievo il saluto distaccato del nano biondo.
 
Kili aveva odiato il fratello, seppur per un solo istante, per il modo brusco in cui aveva trattato Tauriel. Fu quindi con imbarazzo che si venne a sedere vicino a lei.
Si disse che finalmente poteva starle accanto, senza sbarre a separarli. Si disse anche, con gioia, che aveva notato la preoccupazione negli occhi di Tauriel, quando lui aveva zoppicato brevemente fino a lei, per poi piegarsi leggermente e sedersi.
Dopo un silenzio apparentemente infinito si schiarirono entrambi la voce, ma quando i loro sguardi si incontrarono e l’azzurro di lei si trasfuse negli occhi color dell’autunno di lui ammutolirono.

”Non speravo di trovarti ancora qui al mio risveglio. Ed in effetti ho temuto avessi fatto ritorno a Bosco Atro..."
Sebbene non fosse certo quella la prima volta che parlavano da soli, uno strano disagio aveva invaso entrambi. Nelle loro lunghe conversazioni notturne, durante quel mese in cui i Nani erano rimasti prigionieri degli Elfi Silvani, Kili e Tauriel avevano imparato qualcosa uno dell'altro. Ma ora si accorgevano di quanto tutto fosse diverso, dopo ciò che era accaduto, per giunta in presenza di Fili...
Si sentirono quindi irrimediabilmente messi di fronte alla realtà.
Kili pensò a tutte le volte in cui aveva atteso con ansia ch'ella iniziasse il suo turno di guardia, per poterla riavere davanti, sorridente e incuriosita da tutti i suoi racconti...e Tauriel pensò a tutte le volte in cui gli aveva portato qualche boccone che si era sottratta dal suo stesso pasto.
Intenerita al ricordo, gli poggiò delicatamente la mano sul ginocchio, contatto che fece quasi credere a Kili di non aver mai avuto una ferita in quel punto.
“Non potevo andarmene senza sapere come stavi. Sono stata così felice quando dopo il mio canto guaritore ti sei ripreso…” Tauriel si disse che era stata ancora più felice quando gli aveva sentito porre quella strana domanda, nel suo deliquio…
Fece violenza su sé stessa per non terminare quella frase come avrebbe voluto. Ma Kili non poteva sapere e la osservava combattuto anche lui, mentre proseguiva con una voce sempre più bassa e incerta.
”Sei corsa in mio aiuto così tante,innumerevoli volte…hai perfino lasciato che quell’elfo altezzoso se ne andasse senza di te…”.
Quelle ultime parole erano state pronunciate con un accento interrogativo malcelato, come se lui volesse carpire la reazione di lei. Ed in effetti i lineamenti di Tauriel si scomposero un poco, mentre toglieva la mano dal ginocchio di Kili che si pentì subito e si disse che era proprio come nel sogno:tremendamente goffo.
“Non volevo offendere il tuo mellon"- Tauriel sorrise compiaciuta nel sentirgli pronunciare, seppur stentatamente, la parola “amico”in elfico- "A lungo sono stato convinto che esseri “superiori” come lui e te non avrebbero mai dato valore alla vita di un Nano.” 
Kili ironizzava, ma Tauriel si fece seria in volto e rispose flebilmente ma con passione.
”Non io.” Lanciandogli uno sguardo che sembrava gridargli: sai la verità, ma non posso, non farmelo dire... Oppure era solo la fantasia che ingannava ancora Kili?
Egli non voleva cedere né all’uno né all’altro pensiero. Si costrinse allora ad apparire sicuro di sé, mentre lei proseguiva.
”Dovresti aver compreso ormai che non è questo il mio modo di considerare le cose. E del resto, superiori in cosa? In te, Mastro Nano, ho avvertito un'innocenza che a volte tra gli Alti Siri del mio popolo viene a mancare, corrotta dal Male.”
Mentre diceva così Tauriel volse lo sguardo alla Montagna Solitaria e Kili la imitò.
I bagliori rossi nel cielo andavano aumentando e ormai la gente attorno iniziava a inquietarsi, si percepiva nell’aria un pericolo imminente, ma nessuno si azzardava ancora a fuggire, per lo più si intravedevano porte e finestre serrati di colpo. I due tornarono a guardarsi.
”Sei proprio sicuro di volerti dirigere alla Montagna?” L’ansia nella voce di Tauriel era palpabile.
”Sai bene che devo seguire mio zio Thorin, devo rimanergli fedele, anche se significa andare incontro a quei bagliori. Così come tu devi la tua fedeltà al tuo Re e…e infatti immagino che a quest'ora dovrai fare ritorno…”
“Mai!” L’elfo si era scomposta solo per un istante. ”Non posso voltare le spalle a quello che sta accadendo attorno a me, non voglio che altri come te pensino che noi Elfi siamo degli egoisti e che ci curiamo solo di cose futili.”
Kili fece quella smorfia graziosa che Tauriel adorava e che animava tutto il suo piccolo viso. "Ma io non l'ho mai pensato! Anche se molti del resto pensano lo stesso di noi Nani e del nostro attaccamento all'oro e alle gemme...io, per parte mia, agli oggetti preferisco i viaggi! Ma questo l'avrai già intuito...il fatto è che per me quello che conta è arricchirsi di sensazioni ed esperienze, conoscere cose nuove e…” Un boato assordante nel cielo li interruppe mentre si sorridevano, felici.
 
 

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Capitolo 3
*** Fuga dall'ira di Smaug ***


Un’immensa scia scarlatta attraversò veloce i tetti, proprio nel momento in cui le grida e le dita della gente si alzavano ad indicare, in alto ma non troppo, una forma minacciosa e facilmente riconoscibile:era Smaug, era il drago, era la fine di Ponte Lagolungo, fu il pensiero che attraversò ogni mente. L’esplosione di fuoco innescò l’esplosione del panico.
 
Tauriel in pochi attimi sollevò Kili e lo trascinò nel modo meno brusco possibile verso l’ingresso dell’abitazione, dove Fili e gli altri nani erano già apparsi, terrorizzati. “Svelti, dobbiamo fuggire e trovare un riparo per noi e per i figli di Bard! Prendete tutto ciò che può essere usato come uno scudo!”. Tauriel aveva impartito quegli ordini senza nemmeno rendersene conto e altrettanto inconsapevolmente i nani le obbedirono e rientrarono in fretta e furia.
Tutti tranne Fili, che nel frattempo aveva afferrato il fratello per un gomito, sottraendolo a Tauriel e posando, svelto, il braccio di Kili sulla sua spalla.
”Sarò io lo scudo di mio fratello, se necessario.” L’elfo lo fissò con una sofferenza inespressa, mentre Kili protestava debolmente a cenni…la ferita aveva ricominciato e pulsargli e la gelosia di suo fratello lo addolorava ancor di più.

Fu Smaug a scuoterli da quello stato di incertezza. Il suo occhio atroce aveva catturato l’immagine dei due nani, così che planò a poca distanza da loro, allungando il collo immenso e sollevando il capo mostruoso, per poi emettere uno strido acutissimo e tonante al tempo stesso, prima di scagliare un’altra vampata...
Tauriel afferrò entrambi i fratelli e li spinse di lato, facendoli rotolare malamente contro una barca poggiata alla parete della casa, per poi rotolare anche lei nella direzione opposta al getto di fuoco. L’abitazione alle loro spalle,come tante altre ormai, bruciava.
Oin e Bofur, coi i capelli semi bruciati, si precipitarono fuori urlando che Bain era sparito, mentre nelle mani tenevano mestoli e porte divelte a mò di scudo.
A quel punto Fili, rialzatosi insieme a Kili, sgranò gli occhi ed urlò nella loro direzione. ”Aiutatemi tutti a capovolgere questa barca, ci copriremo sotto di essa e ci faremo strada per la città in cerca di un buon riparo!”.
I nani allora si misero subito all’opera, mentre le due giovani umane tenevano d’occhio le volute di fumo nell’aria e le traiettorie confuse di Smaug nel cielo, evidentemente in preda all’ira più cieca. Mentre Kili, trafelato, le faceva cenno di entrare sotto la barca, Tauriel scosse la testa e rifiutò
”Qualcuno deve rimanere fuori per vedere bene la via, condurre tutti al sicuro. E nessuno di voi deve rischiare, avete tutti una missione o parenti che vi attendono. Andrò io davanti a tutti”. Non aveva finito di pronunciare la frase che aveva dovuto abbassarsi per evitare una folata di vento fortissimo, all’avvicinarsi sempre più deciso di Smaug.
Tauriel non aveva potuto vedere l’espressione di sconforto, ansia e umiliazione di Kili. Ella aveva legato una corda robusta alla prua capovolta nella barca, tenendo saldamente l’altro capo, iniziando a muoversi tra le stradicciole della cittadina e lanciando sguardi sgomenti alle persone che si precipitavano tutt’attorno a lei, in ogni direzione. Cercò di rimanere lucida per sé stessa, per gli altri, per quel piccolo essere che amava…Si, che amava!

Ma l’esserino, mentre teneva a stento le braccia sollevate, trattenendo il ”tetto”della barca sopra di sé insieme agli altri, si malediceva al pensiero di rallentare tutti a causa del lieve dolore al ginocchio… inoltre era frustrante dover sempre essere protetto da Tauriel o da suo fratello maggiore. Una volta di più era impotente, lui che amava l’azione, sapersela cavare in ogni circostanza…
Kili evitò a malapena di inciampare, nella penombra attorno a lui, stordito dai fiati caldi e ansimanti degli altri, oltre che dal pianto della più piccola delle figlie di Bard, letteralmente abbarbicata alla sorella maggiore.
I nani dal canto loro ringhiavano cercando di prestare attenzione alle indicazioni di Tauriel fuori, che urlava sopra il pandemonio, strattonando forte nella sua direzione la corda, quando essi non erano in grado di sentirla, scivolando nella neve e abbassando continuamente la testa ad ogni scoppio.
L’ultimo sfiorò il fondo della barca capovolto proprio quando giunsero alle rive del Lagolungo, dove le palafitte si conficcavano a poca distanza dall’acqua,sulla sabbia,fornendo un riparo.
Fu solo quando tutti furono seduti o stesi,esausti,che Tauriel si concesse di respirare, abbassandosi quanto più possibile sotto il basso tetto e socchiudendo gli occhi in direzione di Kili, intento a guatarla con ammirazione mista a…qualcos’altro. Nel suo sguardo c’era qualcos’altro ora. Si avvicinò carponi fino a lui, preoccupata. Ma il cipiglio sparì dal viso del nano, che le sorrise, stanco.
”Si dice che gli elfi silvani siano meno saggi ed affidabili degli altri elfi…eppure, sei stata la salvezza per i miei compagni, per queste due fanciulle…e per me,come sempre.“
Avrebbe voluto dirle che si era già pentito d’aver lasciato, anche solo per un attimo, che il suo orgoglio di nano avesse la meglio sulla sua stima per lei. Ma intuì che Tauriel aveva compreso tutto dal modo condiscendente in cui lo guardava, non potendo dirgli nient’altro, in presenza dei nani...

Fu Fili a interrompere quegli sguardi chiarificatori. “Mi pare che stavolta condividiamo il merito, onnipotente dama elfica…dato che l’idea è stata mia. ” La sfida nella sua voce era palese ed egli stesso si morse la lingua. Voleva tenerla lontana dal suo fratellino ma l’ingratitudine non era nella sua indole.
”Ad ogni modo, in qualità di principe ed erede della mia dinastia, ti ringrazio ancora per i tuoi servigi…seppur non richiesti.” Decisamente la parte di sé che voleva proteggere suo fratello stava prendendo la meglio sul suo buon senso. Fili si detestò per un momento e distolse l’attenzione da quei due che avevano ripreso a guardarsi, con rimpianto...specialmente Kili che non poté resistere oltre...
Mentre Fili era voltato si chinò a posare un veloce bacio riparatore sulla mano di Tauriel. Ella sobbalzò, piacevolmente stupita dall’incoscienza di Kili che, imperturbabile, prese la parola, cercando di sovrastare il frastuono all’esterno.
”Amici, sappiamo bene che non potremo rimanere qui a lungo. Non possiamo abbandonare la città al suo destino, nonché i nostri compagni, nonché il motivo per cui siamo giunti sin qui. Dobbiamo decidere e decidere in fretta.”
 

 

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Capitolo 4
*** Le ultime fiamme ***


Quello che a tutta prima sembrò un tuono li assordò, all’improvviso, costringendoli a tapparsi le orecchie e a gettarsi sulla sabbia.
Fili fu il primo a riprendersi e ad affacciarsi poco oltre il bordo delle palafitte, gli occhi sgranati, il fiato ancora dimezzato. Quello che vide lo rincuorò e lo allarmò al tempo stesso.

Un magazzino poco distante era esploso, probabilmente un deposito di polveri. Ma ciò che lo lasciò più sorpreso fu la figura di un uomo, solo e traballante, che cercava di arrampicarsi sulla torre più alta della cittadina, verso l’Arco Nanico, evitando come poteva le raffiche attorno a lui.
“E’ Bard! Guardate! Dev’essere impazzito se pensa che abbia senso scagliare alcunché dal nostro arco, le frecce normali non possono nulla contro Smaug!”.
Tutti si avvicinarono a lui, increduli, osservando l’uomo che si aggrappava al tetto semi crollato della torre, ormai allo stremo delle forze. Le figlie di Bard lanciarono un grido acuto,indicando l’altro lato della torre, dove il loro fratello, Bain, incredibilmente armato di una freccia nera, procedeva veloce nella stessa scalata, inosservato dal drago che si accaniva inutilmente contro il padre indifeso...

Tauriel allora pensò subito ad un diversivo per dar tempo al ragazzo di armare l’arco. Si slanciò quindi fuori, correndo velocissima nella direzione del drago, incosciente com’era sempre stata.
Un proiettile infuocato però, proveniente dalla polveriera, si schiantò a poca distanza da lei, scagliandola violentemente a terra, in mezzo alla neve, stordita.
Fu allora che Kili, accecato dal rosso dei capelli di lei sparsi nel bianco, scattò verso Tauriel, come impazzito. Fece appena in tempo ad accorgersi che il drago, attratto dalla vista di un’odioso nano, stava cambiando bersaglio, dirigendosi verso di loro.
Senza rendersi conto di cosa stesse facendo, Kili si gettò sul corpo esanime di Tauriel, disperato. Avrebbe voluto essere abbastanza forte da sollevarla e portarla via da lì, avrebbe voluto avere spalle più ampie, essere molto più alto, solo per avvolgerla tutta e sottrarla alla vista del drago, sottrarla al pericolo…ma si disse che almeno sarebbero morti insieme prima che tutto finisse.
La strinse a sé come mai aveva sperato di poter fare, stringendo ancora più forte gli occhi, attendendo il nulla.
 
 
Ma il nulla non arrivò. Un verso altissimo e atroce riecheggiò invece, insieme ad un frullare confuso d’ali, mentre il drago, trafitto a morte dalla freccia nera, iniziava la sua inesorabile discesa,scontrandosi con gli edifici più alti, sbandando e sbuffando, per poi stramazzare con un immenso boato al suolo, appena oltre la spiaggia.
Subito si sollevò un’enorme folata di polvere, neve e detriti, la cui scia indebolita investì Kili, proprio mentre sollevava il capo, rendendosi a malapena conto di aver assistito alla fine di Smaug, di essere ancora vivo…e di essere letteralmente steso sopra Tauriel.
Kili osservò allora il suo viso delicato e chiaro, accarezzando mentalmente le sue guance”alte”, come aveva definito una volta le guance delle fanciulle elfiche…ma nessuna di loro, nessuna donna, nessuna della sua stessa specie…nessuna era mai stata bella per lui, non come lo era lei.
Lei che, con gli occhi leggermente dischiusi, lo fissava ora, smarrita e sollevata al tempo stesso.
 
Tauriel aveva creduto di morire...si disse allora che avrebbe voluto afferrare quel volto dalla barba incolta e nera, tanto più virile di molti volti elfici che aveva conosciuto…avrebbe voluto avvicinarlo al suo…
Ma le voci festanti degli altri si facevano sempre più vicine ormai e Kili ebbe appena il tempo di sorriderle con gli occhi, che a lei parvero così scuri e buoni, prima che tutti li investissero coi loro schiamazzi.
”Fratello, sei stato un folle, ora alzati, su! Hai visto?! Quello sputafuoco maledetto si è fatto colpire alle spalle! Ma insomma! Forza, in piedi voi due!”.
Tauriel e Kili sembravano non comprendere né le parole, né i gesti infastiditi di Fili. Avevano appena potuto percepire il calore dell’altro, così vicino, per così poco…
 
Kili si alzò di scatto, sebbene a malincuore, mentre Tauriel, privata di quel dolce fagotto sopra di sé, si sollevò balbettando in direzione di Fili.
“Mi ha protetta col suo corpo. Tuo fratello è un pazzo, è vero, ma presumo volesse sdebitarsi.” Fili le sorrise sardonico, scuotendo via la neve dalla maglia logora di Kili, mentre Sigrid e Tilda correvano verso il padre e il fratello che le salutavano, raggianti,oltre le macerie.
I nani allora iniziarono a discutere accalorati sul da farsi.”Per prima cosa dobbiamo accertarci che il drago sia realmente morto. Voi- Fili indicò Oin e Bofur- andate a dare un’occhiata a quella carcassa putrescente!”.
I due non se lo fecero ripetere e sgambettarono via,scherzando su cosa ne avrebbero fatto dei resti. "Fili, dobbiamo accertarci anche che i nostri compagni stiano bene. Che siano giunti vivi alla Montagna Solitaria è ovvio, dato che Smaug non si sarebbe mai risvegliato altrimenti.”
Kili, seppur incerto, cercava di parlare con piglio sicuro e gaio…e per Tauriel era un piacere osservarlo.
“Thorin e i nostri compagni avranno sicuramente tentato di fermarlo, ma il fatto che Smaug sia giunto qui non vuol dire necessariamente che essi siano morti. E’ di una fibra resistente nostro zio“. ”...il nostro Re,vorrai dire, fratellino mio!”
Fili lo aveva interrotto con foga, dandogli una pacca sulla spalla”.E anche tu, che sei della stessa fibra, ti sei ripreso in fretta, impiastro d’un nano!”.
Ancora una volta egli calcava sulle parole più del dovuto e Tauriel non poté evitare di inarcare le sopracciglia.”Dobbiamo metterci in marcia immediatamente Kili! Bisogna radunare tutto il nostro popolo,richiamarlo dalle lande desolate in cui è confinato, organizzare l’incoronazione!”.
Ma Kili all’improvviso si rabbuiò, prevedendo le seguenti parole di Fili.”Non sono ammessi che Nani, ovviamente, a un tal compito. E del resto, anche se le sono riconoscente per il suo aiuto, non vedo perché madama elfo dovrebbe accompagnarci alla presenza di Scudodiquercia.”
E qui, mentre Tauriel arrossiva e si malediceva per non essersene andata prima, Fili assunse un’espressione come di chi attende che gli si dia ragione.
Per il principe Kili fu troppo. Strinse i piccoli pugni e voltò di scatto la bella testa scura verso il fratello maggiore. ”Non vedo perché non dovrebbe ricevere gli onori che le spettano, ha mostrato valore e ha difeso indirettamente la nostra causa, nostro zio il Re non potrebbe far altro che…-”Fili grugnì e fissò intensamente suo fratello. Sarebbe stato tentato di urlare, in quel momento...
”Non potrebbe far altro che inorridire guardandovi!”. Pensiero che Kili indovinò subito, immaginando la reazione dello zio. Contrasse la mascella e lasciò cadere i pugni lungo i fianchi. Tauriel lo notò e abbassò il capo, come colpita da qualcosa. Fili proseguì rivolto all'elfo femmina, come nulla fosse.”Non ti chiedi che fine abbia fatto l’arciere biondo che hai trascinato fin qui? Non dovresti forse proteggere il tuo principe?”. Tauriel ingoiò amaro, dicendosi che era esattamente ciò che aveva fatto.
Aveva protetto Kili. E le era sembrato di proteggere ben più di un principe, ben più di un Nano…
Ma la sua risposta fu ben diversa. I suoi occhi azzurri avvamparono di dignità mentre scandiva lentamente le parole...
Vostra altezza ha perfettamente ragione a ricordarmi i miei doveri verso il mio signore. Li ho trascurati anche troppo a lungo. Auguro a entrambi di riuscire nella vostra impresa.”
Le lacrime di rabbia, le stesse che tentavano Kili, si accumulavano violente nel fondo della sua gola. Abbozzò quindi un inchino sprezzante e si voltò. 

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Capitolo 5
*** Due piccole mani ***


La figura snella di Tauriel si allontanava lentamente mentre Kili esitava. Egli non poteva permettere che le rimanesse la convinzione d’essere stata un ingombro per lui e Fili. Non se lo sarebbe perdonato. Sapeva che il fratello ormai aveva compreso, ma nonostante questo non volle usare parole troppo esplicite per provare a convincerlo.

”Fili, fratello mio...non ti ho mai chiesto nulla. Perfino quando sei rimasto con me perché ero ferito, ti avevo pregato di proseguire con gli altri, ma sei voluto rimanere, così come Tauriel è voluta tornare indietro per me." Fili intanto aveva distolto lo sguardo, come infastidito da qualcosa.
"Fili,non vedi…? Tu e lei mi avete mostrato una tale dedizione! Tu sei sangue del mio sangue e lei ha un gran cuore, ha soccorso un povero nano ferito che in fondo non significava e non significherà mai nulla per lei ! Perciò te ne prego, concedimi un momento da solo con lei, per farle un dono e...per dirle addio.”

Dentro di sé Kili rifiutava il senso stesso di questa parola e si morse il labbro mentre attendeva la risposta di Fili. Quest'ultimo corrugò la fronte e considerò il fatto che impedendo a Kili di salutarla avrebbe alimentato in lui quell’illusione, dato che essendo cresciuto con lui ormai non dubitava più cosa fosse successo al suo fratellino…

Kili, assurdamente, si era innamorato di quell’elfo femmina, ma ovviamente non ne era ricambiato. Tauriel si era solo impietosita per un essere che considerava certamente inferiore. Fili si rassicurò quindi e fece un cenno a suo fratello, come per dirgli: Và pure.

Mentre Fili si dirigeva verso gli altri, Kili si volse indietro, speranzoso. Ma Tauriel non c'era più.
Spaventato allora, iniziò a camminare svelto, per quanto la ferita glielo permettesse, chiamandola e stupendosi egli stesso del suo tono di voce, terrorizzato...Svoltò quindi oltre l’edificio che era servito loro da rifugio e la trovò.

In piedi, immobile sul bagnasciuga, Tauriel gli dava le spalle e sembrava non aver udito il suo richiamo. Kili allora si avvicinò, fino a porsi tra lei e la riva, solo per scoprire che Tauriel fissava un punto indistinto all’orizzonte, gli occhi colmi di una pena senza nome, lo spirito come sospeso in un limbo privo di pensieri.

Kili ne fu colpito come se dall’espressione di quegli occhi dipendesse l’esito di ogni cosa. Credeva che lei stesse per piangere e non poteva lasciare che nemmeno una lacrima turbasse quel viso.

”Mio fratello Fili non voleva ferirti, ti chiedo perdono a nome suo.” Mentre Kili avanzava verso di lei, Tauriel fece un passo indietro, impassibile.
”Egli è nel giusto e tu sbagli ad essere qui.” Tauriel aveva sollevato il mento mentre parlava, con autorità.
Kili, stupefatto, contrasse la mascella mentre le rispondeva. ”E tu? Perché non te ne sei andata subito? Perché m’è sembrato che attendessi il mio arrivo?”.

L’elfo distolse lo sguardo dalla sabbia e lo posò su di lui, fredda e pacata. ”Sono stata la tua carceriera, anche se contro la mia volontà. Ho sentito una sorta di dovere nei tuoi confronti, ed è per questo che venivo a trovarti ogni sera...è per questo che quando ho saputo da quell'Orco della freccia avvelenata ti ho seguito…”-

”Tu menti!”.

Kili non aveva saputo resistere. La fissava, adirato, mentre il vento le scuoteva la folta chioma scarlatta, sconcertato dall’ingiustizia di quelle parole. Ma quelle parole erano costate a Tauriel, enormemente...
Ella si era diretta verso il lago per placare la furia di ciò che provava in quel momento, il bisogno di seguire Kili fino alla Montagna, di seguirlo e basta...
Ma quel Nogoth biondo, quell’ingrato, le aveva ricordato che quel suo bisogno era innaturale, abominevole e fuori da ogni concezione, fuori dall’ordine stesso del loro mondo!
Ed ella ora -per la prima volta- odiava quel mondo che pervertiva ciò che sentiva per Kili... eppure non poteva negare a sé stessa che quel legame li avrebbe condotti alla solitudine e alla rovina.

In Kili c’era la stessa lotta interiore in quel momento e il suo aspetto esitante era terribile a vedersi.
“Credi che io non sappia perché mi stai dicendo queste assurdità?! Credi che non sia tentato anch'io di dare retta a mio fratello e maledire tutto questo? Ma io so cosa provo e non ho paura! Guardami, sono quaggiù!”.
Kili aveva trattenuto il braccio di lei, ma Tauriel non osava quasi guardarlo. Poi lo udì pronunciare una parola sconosciuta, in quella sua strana lingua... "Non so cosa significa." Ella si giustificò, sbarrando gli occhi e schiudendo le labbra, dubbiosa.
Kili, sopraffatto dal sentimento che provava per lei, non si era neppure reso conto d'aver parlato in Khuzdul... "Penso invece tu lo sappia." Lo sguardo sicuro di Kili impressionò Tauriel, ma ciò che la colpì di più fu il sorriso fiducioso che gli illuminava il viso...
Dunque lui l'amava!

Le dita di Tauriel si artigliavano silenziosamente una contro l'altra, mentre si sforzava di apparire ferma e determinata. “Non farmi essere crudele, Nogoth,*non è nella mia natura. Rinuncia alla follia che si è impossessata di te! Come puoi anche solo aver immaginato…?”
Tauriel non riusciva a continuare.
Si portò le mani al collo, come se l’aria le mancasse, mentre Kili, con una supplica nello sguardo, le si avvicinava ancora. Comprendeva che ella voleva convincere sé stessa, più che lui.
”Tauriel, non farlo… non lasciare che quello che c’è di buono muoia. In nome di cosa? Di quello che “siamo”? E cosa siamo, se non due esseri che vivono, sperano e sentono allo stesso modo?”
Kili cercava una conferma nei lineamenti di lei, così pallida e silenziosa. La sua voce roca allora si spezzò.“O forse devo davvero arrendermi al fatto che la tua fosse solo pietà e che per te resto pur sempre un Noegyth Nibin *!?”.
Tauriel, stupefatta nell'udire che Kili conosceva il modo meschino in cui gli Elfi insultavano i Nani, smise di fare violenza su sé stessa e proruppe, sfinita.
”Perché vuoi farmi del male?" Kili scosse la testolina, guardandola con fare dispiaciuto. "Non puoi essere così perfido...lasciami qui, prima che io dimentichi chi sono, prima che io dimentichi che la mia e la tua vita attingono a fonti diverse e che non potremo mai unirle…”
Kili sorrise vittorioso e le afferrò le mani, portandosele al petto. “Dovrai sforzarti, Elfo, questo non può bastare per farmi ignorare il fatto di averti incontrata...”
Tauriel avvertiva la concitazione di lui sotto i suoi polpastrelli. Desiderò poterlo chiamare per nome, poter chiamare per nome ciò che provava...
”Kili...credi che ci rivedremo…?”.
Pensava di conoscere la risposta, ma glielo chiese ugualmente. E Kili avrebbe voluto sentirle ripetere quella domanda all’infinito.
Estrasse allora dalla tasca la pietra runica di sua madre e la pose delicatamente nel palmo di Tauriel, per poi richiuderlo. ”Tienila...come una promessa tra noi. Inoltre, se l'avrai con te mi sentirò più sicuro di poter mantenere la mia vecchia promessa…”.
Lo sguardo deciso negli occhi di lui strappò un sorriso sognante a Tauriel.
“Mio cielo stellato…!”
Ella cercò inutilmente di ricomporsi, ma le parole fluivano senza che lei potesse fermarle. “Fai una promessa anche a me, te ne prego! Non scordarti questo momento ma non rimpiangerlo mai.”
Ella aveva usato lo stesso appellativo del sogno e Kili ne fu colpito, così come dal tono di commiato. Ma fu ancora più stupito quando Tauriel si abbassò lentamente fino alla sua altezza, posandogli, incerta, la bianca mano sul capo scuro.

Kili era felice. Allungò anche lui la sua mano, stavolta senza soffermare la sua attenzione sulle proprie dita, piccole ma tozze e scure. Le sfiorò dolcemente la guancia, finalmente libero...
Si guardarono a lungo. E Kili pensò che la pelle di lei era così irreale nella consistenza, eppure così celestiale il suo tocco...
Lei gli stava accarezzando i capelli con uno sguardo che non poteva ingannare, lei lo amava. Ma Kili avrebbe voluto sentirglielo dire, così come lei avrebbe voluto bisbigliarlo al suo orecchio e poi affondare tra le sue corte ma amorevoli braccia…
Si allungò lentamente verso di lui, fino a posargli un tiepido bacio sulla fronte, come Dìs aveva fatto molto tempo prima, alla sua partenza…
Kili chiuse gli occhi a quel ricordo e cercò di imprimersi la sensazione di quelle labbra su di sé, ma non era abbastanza. Voleva averla più vicina.
Tauriel però si era già staccata e rialzata, svelta come solo gli Elfi sanno esserlo. Quando ormai era in piedi e gli dava le spalle, il suo addio risuonò atroce per Kili.
”La custodirò per sempre.” Per tutti i millenni che ho davanti senza di te-si disse.
Corse nel vento allora, stringendo il suo arco come se potesse difenderla da quel dolore, mentre Kili, annientato, rimaneva in piedi sulla spiaggia innevata, le dita sospese nell’aria, dove poco prima c’era lei.
 
 
 
 






*Nogoth: Nano *Noegyth Nibin: Nanerottolo

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Capitolo 6
*** Da soli ***


Le case e le strade sfilavano indistinte attorno a Tauriel. Ella correva verso i confini della città, seguendo le tracce di Legolas, pregando di non averlo condannato col suo egoismo.
Non era forse stata egoista? Egli aveva rischiato l’ira del padre per seguirla e lei lo aveva abbandonato, forse per inseguire un’illusione…
Ma questo Legolas non poteva, non doveva saperlo. Lo avrebbe aiutato e insieme sarebbero tornati a Bosco Atro. Il rancore del Re non poteva essere eterno verso il suo stesso figlio. Quanto a lei, ormai dopo aver abbandonato Kili, non temeva nulla ed era disposta a subire qualsiasi punizione. Del resto, nessuna poteva essere più intollerabile di quella che si era inflitta da sé…

Mentre rifletteva così scorse Legolas in lontananza sul sentiero, armato del suo arco, splendido e fiero, così familiare eppure così...estraneo.

”Tauriel! Credevo di averti persa!Ho intravisto i gran fuochi da lontano.”

Ella si diresse con passo incerto verso di lui.”Legolas! Che gioia ritrovarci!” Tauriel cercava la forza di essere gaia con lui, come era solita fare, ma Legolas non si lasciò ingannare.
”Perché non mi hai seguito? Ho duellato con quell’infido Orco per ore.-Legolas corrugò la fronte- "E’ ancora per quel Naug, vero? Dalla tua espressione deduco sia morto”.
Vi era una nota inconsapevole di soddisfazione nella sua voce che non sfuggì a Tauriel.”Egli è vivo. E’ Smaug ad essere morto.”
Ella non era riuscita a nascondere il sollievo nella sua voce e Legolas scattò. “E’ come credevo!” E tra sé aggiunse “Tu hai permesso che un Naug entrasse nel tuo cuore, un cuore intoccabile e sacro!”.

Lei spalancò le palpebre indovinando la sua ira e trattenne il fiato, mentre il blu sovrannaturale degli occhi di Legolas si intensificava terribilmente.
Fu in quel momento che si udirono i corni silvani. Entrambi si voltarono. La città alle loro spalle era devastata e si intravedevano i feriti che venivano trasportati su lettighe di fortuna.
Ed ecco che in lontananza, oltre le colline, li scorsero. Erano i soldati elfici che sfilavano compostamente. Tauriel ringraziò per quell’interruzione.“Tuo padre è qui!”.
A Bosco Atro era giunta rapida la notizia della morte del “falso” Re sotto la montagna e Thranduil, memore del suo vecchio credito coi nani di Erebor, non aveva esitato a dirigersi immediatamente a Pontelagolungo, con l’intento di stringere un’alleanza con gli uomini.
Gli abitanti infatti erano stati duramente colpiti dall’attacco di Smaug e l’astuto Re degli Elfi confidava di poter far leva sul risentimento verso Thorin e i suoi, coloro che avevano risvegliato il drago, coloro da cui bisognava esigere un qualche risarcimento…

Quando Tauriel e Legolas si unirono alla loro gente e seppero di questo disegno inorridirono entrambi, ma Tauriel ancor di più…temeva uno scontro tra i suoi e i compagni di Kili, ma frenò la sua lingua poiché non aveva nessuno con cui parlarne, neppure Legolas ormai, l’amico di una vita…
Del resto non era saggio indisporre il Re cercando di fargli cambiare idea. Egli aveva acconsentito a perdonarla solo dopo un lungo colloquio con suo figlio alle porte della città,quando lui e Tauriel gli erano andati incontro.
Legolas da parte sua non disperava di riuscire ad estirpare ciò che univa Tauriel a quella creatura, mostrandosi devoto e protettivo. Cosa questa che aveva esasperato Tauriel, costretta per il momento ad accettare di sostenere una causa in cui vedeva solo avarizia…

I nani dal canto loro, appena udito il corno degli Elfi Silvani, avevano deciso di partire immediatamente, usando la stessa barca che li aveva salvati durante l’attacco di Smaug.
Senza provviste, senza certezze, si erano avviati sulla banchina del molo, nella nebbia tremolante dell’alba. Prima che sorgesse il sole e tutti iniziassero a domandarsi che fine avessero fatto, si erano imbarcati furtivamente, celandosi nei loro mantelli.
E mentre avanzavano nella corrente, Kili non poteva smettere di pensare che in fondo era come se stesse fuggendo da lei…lei che sicuramente si sarebbe unita al suo popolo, ora che era giunto lì.
Si chiese quindi il perché della loro presenza…e questa ed altre domande assillarono la sua mente durante tutta la traversata fino alla riva opposta e oltre, fino alle pendici fumose della Montagna Solitaria…


Dinanzi ad essa Fili e Kili rimasero allibiti. Non avevano neppure sfiorato con l’immaginazione l’imponenza di quella fortezza. Non appena sbarcati, ammirarono insieme i contrafforti esterni -duro lavoro dei loro antenati- incapaci di esprimere tutto il loro stupore.
Oin e Bofur intanto sghignazzavano e scherzavano sui ”principini” ritornati infine nel loro regno e sulle grandi bevute che si sarebbero fatti, mentre salivano allegri per l’ampia gradinata che si inerpicava per la montagna.

Al loro ingresso però, furono subito colti da un timore reverenziale per il luogo in cui si trovavano. Mentre avanzavano cercavano di riconoscere le sale che per lunghi anni erano state loro descritte da Thorin. Ma di lui e degli altri nani sembrava non esservi traccia.
Temevano di perdersi quando ad un tratto, giunti in un gran salone colmo d’ogni genere di ricchezze, videro i loro dieci compagni adagiati su grandi scranni dorati-con l’aria di gran signori- che li fissavano, ognuno con una strana espressione. Era il male che aveva colpito Thror, il male dell’oro. La cupidigia stava invadendo ognuno di loro, soprattutto Scudodiquercia, seduto sul seggio più alto e più decorato. Egli sulle prime non riconobbe i nipoti avvolti nei mantelli e sbraitò contro di loro, furioso.
”Chi osa presentarsi al mio cospetto col volto nascosto?! Ladri forse?!”.
Fili e Kili ristettero, alquanto sorpresi di una tale sospettosità, ma subito si sfilarono i cappucci e sorrisero, fiduciosi, verso lo zio. Thorin allora si alzò ed allargò le braccia.
“Figli miei! Ho sperato nel vostro arrivo! Ditemi, che nuove da Pontelagolungo? Bilbo ha detto di aver visto il drago dirigersi verso di voi e abbiamo temuto per le vostre vite!”.
Thorin poggiò la sua fronte sulla fronte di Kili e gli strinse il capo affettuosamente, come era solito fare, per poi assestare una pacca vigorosa a Fili, mentre anche gli altri nani, insieme a Bilbo-che fino ad allora era rimasto in disparte in un angolo- si fecero avanti per salutarli e congratularsi con loro per essere sopravvissuti.
Fili allora prese subito a raccontare della guarigione di Kili, di come fosse morto Smaug e della loro fuga disperata, omettendo del tutto il ruolo di Tauriel.
Kili fissava Fili, Oin e Bofur, sbigottito e deluso. Ma vedendo che il fratello proseguiva imperterrito e che gli altri due nani gli lanciavano occhiate significative, pensò che in fondo era meglio così, che per il resto del mondo lui e Tauriel non dovevano esistere, non insieme…

Fili intanto era giunto a raccontare della comparsa improvvisa degli Elfi Silvani, cosa che inquietò alquanto Thorin, il quale si risvegliò del tutto dalla sua inerzia.
Egli aveva intuito le intenzioni di Thranduil e spiegò ai suoi compagni che probabilmente il Re degli Elfi avrebbe mosso contro di loro, pur di riavere il suo oro, un vecchio debito che suo nonno aveva contratto con quel popolo di vanesi.

Kili inarcò le sopracciglia udendo suo zio parlare così degli efli e ancora di più immaginando di trovarsi ad affrontare sul campo la gente di Tauriel…allontanò subito quel pensiero orrendo e obbedì agli ordini di Thorin, dandosi da fare insieme agli altri alla ricostruzione della reggia e alla sua fortificazione.


Ma all’insaputa dei nani a Pontelagolungo, dopo lunghe ore di consultazioni, Elfi e Uomini avevano deciso di organizzare per l’indomani una spedizione alla fortezza di Erebor, per avanzare le loro richieste al nuovo Re sotto la Montagna. Tauriel nel frattempo non aveva avuto requie, le era stato proibito di partecipare alla consulta da Thranduil, ancora parzialmente indisposto verso di lei.
Perciò solo quando la riunione si sciolse e seppe che si sarebbe tentata una via pacifica poté tornare a respirare. Salvo poi essere colta dall’idea che non poteva comunicarlo a Kili e che forse così egli sarebbe stato ancora inquieto.

Tauriel sospirò profondamente pensando che da dove era seduta, fuori dalle tende dell’accampamento del suo popolo nella perdua Dale, distingueva a malapena i contorni della Montagna Solitaria.
Immaginava Kili all’interno di quei corridoi bui, mentre ormai, all’approssimarsi della sera, egli cercava di dormire, forse pensando a lei...
Riandò allora con la mente alla sera del giorno in cui l’aveva conosciuto. Avevano discusso a lungo nelle prigioni. Dopo averle descritto la luna di fuoco, Kili le aveva parlato delle belle terre in cui era cresciuto, sugli Ered Luin... e Tauriel ricordò con che dolcezza egli rievocava la sua infanzia...

”Provavo nostalgia per Erebor, ascoltando i racconti fantastici di mio zio…ma non mi sono mai considerato veramente in esilio. O meglio, pur essendo in esilio, io pensavo solo al fatto di essere , in quel momento,ed era ciò che contava per me…e anche quando a volte eravamo costretti a spostarci di luogo in luogo, come vagabondi, non mi pesava. Forse perché con me avevo mio fratello Fili e mia madre Dìs, oltre a mio zio Thorin, ovviamente.”
Era stato così che lei aveva scoperto le sue origini e il suo passato. Lo aveva osservato, seduta sui gradini davanti alla sua piccola cella, stupita e triste al tempo stesso.
”Invidio tutto questo…io sono ciò che chiamano un’orfana. Non ho mai conosciuto i miei genitori, né ho mai scoperto le mie radici…ma non me ne dolgo, non sarei ciò che sono ora.” Un sorriso di incoraggiamento di Kili l’aveva distratta per un momento...
”…e ho sempre vissuto il momento, come te. Ma ho passato tutta la mia vita entro i confini di Bosco Atro, ed è per questo che desidero conoscere cosa c’è al di là di queste lande.”
Kili l’aveva provocata ancora, con quell’espressione furbesca.”Non sempre la curiosità è un pregio…io e te ne siamo un’esempio. Se non mi avessi chiesto della mia pietra runica non staresti qui a subire le chiacchiere di un Nano.” Erano scoppiati a ridere, allegri, Tauriel lo ricordava bene…ma non poteva sapere che in quel momento anche Kili, steso accanto a Fili, stava ricordando quella sera…

Egli infatti rivedeva Tauriel che abbassava lo sguardo, come colpita da qualcosa…e ridisegnava nella sua mente il volto di lei, mentre gli faceva quella confessione meravigliosa...
”Mi addolora la tua prigionia, perciò farò in modo di renderla il più sopportabile possibile.”
Lui l’aveva fissata, poggiando la fronte contro le fredde sbarre.”Lo stai già facendo…il tuo nome…?”
Lei si era come inchinata verso di lui.
”Tauriel. Nella nostra lingua significa figlia della foresta.”-“Kili. Non ha un significato preciso nella mia lingua, come molte altre parole…del resto non ti piacerebbe il nanico, ha un suono così gutturale.”
Tauriel aveva scosso il bel capo. ”Oh no! Ti ho sentito parlare coi tuoi compagni nel bosco e mi è sembrato un linguaggio così buffo…ma al tempo stesso dolce.”
Kili si era sentito compiaciuto. Stava per aggiungere qualcosa ma Tauriel, come pentita di ciò che aveva detto, aveva subito aggiunto che il suo turno di guardia stava finendo.
Prima di svanire oltre la cascata però gli aveva sussurrato una buonanotte che ora Kili anelava con tutto sé stesso. Egli si ripeté in mente quelle ultime parole di lei, come se Tauriel gliele stesse dicendo in quello stesso istante.
”Riposa bene, principe Kili, che le stelle illuminino i tuoi sogni.” "E i tuoi, mia unica luce…"Pensò Kili, al buio negli antri della fortezza, un attimo prima di addormentarsi…
 

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Capitolo 7
*** Nessun compromesso ***


Kili fu svegliato di soprassalto da un rumore vicino ma sommesso. Sbatté le palpebre a lungo prima di riuscire a distinguere l’ambiente attorno a sé. Non gli sfuggì però il movimento lieve dei battenti del gran portone della sala, la più interna della fortezza, dove dormivano tutti per paura di un attacco imminente.
Il Nano si rese conto che la porta si stava aprendo e richiudendo da sola e pensò subito che il veleno degli orchi doveva ancora essere in circolo, evidentemente…
Stava quindi per svegliare Fili, quando la figura minuta di Bilbo apparve dove prima non vi era nulla, lasciando Kili esterrefatto.
Il piccolo hobbit si era sfilato qualcosa dal dito…un anello d’oro, un anello che rendeva invisibili…un’anello magico senz'altro!
Kili, meravigliato, si disse che era meglio non parlarne a nessuno per il momento e affrontare la questione con Bilbo più avanti. Egli infatti sospettava -a torto- che Mister Baggins stesse prendendosi un anticipo sulla sua ricompensa, ma non voleva scatenare un linciaggio contro Bilbo, che in fondo si meritava la sua parte, avendoli salvati in più di un’occasione.
Kili continuò a meditare su questo ed altri cupi pensieri durante quella mattina, mentre affilava la sua spada, quando ad un tratto lui e gli altri nani furono richiamati al bastione esterno dalle grida di Fili.
”Gli Elfi Silvani e gli Uomini del Lago marciano verso di noi! Come avevi predetto zio!”.
Thorin si era precipitato per primo, maestoso nella sua armatura e con la corona degli eredi di Durin, intarsiata magnificamente, dritta sul suo capo.
Quella era la prima volta che i nani contemplavano il loro Re, nell’aspetto ora, oltre che nel sangue. Egli avanzò quindi in mezzo a tutti, con passo pesante, fino alla balaustra, fermandosi accanto ai suoi nipoti.
”Quegli arroganti pensano di poter venire qui e pretendere ciò che è nostro di diritto, ciò che abbiamo riconquistato duramente!”. Tutti i nani grugnirono forte all’unisono, udendo il loro Re. Tutti tranne uno.

L’irrequietudine di Kili crebbe, dopo aver udito che gli Elfi giungevano e ancor di più dopo le frasi di Thorin. Ma egli non poteva far altro che aguzzare la vista verso le orde dorate e scintillanti che avanzavano lentamente verso di loro.
Nessun rumore si alzava da quell’esercito guidato da Thranduil, fiero sul suo cervo regale. Al contrario, gli Uomini del Lago si facevano avanti disordinatamente, capeggiati da…Bard!
I Nani, soprattutto Fili, Kili, Oin e Bofur, furono stupiti e addolorati di scorgere quell’uomo che li aveva aiutati, presentarsi alle loro porte insieme ai loro nemici. Fu proprio Bard a prendere la parola e a spiegare, nello sconcerto generale, che essi dovevano mantenere la promessa del loro Re ed aiutare il popolo di Pontelagolungo a ricostruire la loro città, donando loro una parte del tesoro.
Ma appena Bard finì il suo discorso Thorin alzò la voce, irritato.”Non abbiamo scatenato noi Smaug contro di voi! Era una creatura crudele, che non avrebbe esitato ad attaccare senza alcun pretesto! Non potete addossarci la colpa della distruzione della vostra città!”.
Bard, visibilmente indignato, tentò ancora di persuaderlo.”E’ tuo compito, come nuovo e legittimo Re sotto la Montagna, stabilire buoni rapporti coi tuoi vicini. Inoltre ci avevi dato la tua parola che avresti diviso con noi le ricchezze di Erebor! Per non parlare del fatto che non puoi certo negare di aver avuto una parte in tutto questo, non puoi abbandonarci!”. “Abbandonarvi? Uccisore del drago, tu sbagli...il tuo alleato è un esperto in materia di tradimenti molto più di me! Su, avanti! Chiedi al possente Thranduil!”.

Anche gli occhi di Kili si volsero al Re degli Elfi, nel tentativo di distinguere il suo capitano della guardia tra le prima fila...-“Rivangare una vecchia faida non serve che a distrarre le menti dalla devastazione presente! Devi onorare la tua parola o essa non avrà mai più peso, mai! Non che ci sarebbe da stupirsene, data la vostra indole!”.
Thranduil parlava con astio contenuto, coi modi che gli erano soliti, mentre Tauriel, che era stata privata del suo ruolo di capitano, sostava in disparte, sotto uno sperone di roccia, fremendo.

Kili era lassù! Con la sua vista da elfo lo aveva scorto subito e mentre il cuore le si ribellava in petto aveva preferito nascondersi da lui, non sopportando l’idea che potesse esservi del biasimo per lei nel suo sguardo, per ciò che stava accadendo.
Ma tutto ciò che vedeva in lui era apprensione, egli infatti sembrava cercare qualcosa…o qualcuno! Tauriel gioì: Kili non l’aveva dimenticata in quei giorni d’incertezza! Ella avanzò leggermente, quanto bastava perché Kili la vedesse, meravigliosa come e più di sempre.
Allora sul viso teso di lui comparve finalmente un sorriso di rilascio, lo stesso che stava invadendo il viso di Tauriel, che lo osservava, splendido nella sua armatura principesca…
Ed entrambi, ingenuamente, sognavano in quel momento. Avrebbero voluto infatti spazzare via l’esercito attorno a loro, annientare la contesa tra Thranduil e Thorin, il motivo stesso per cui si trovavano lì…
Ma le voci ormai si alzavano di tono e Bard, esasperato da Thorin, gli rivolgeva una richiesta che era quasi una supplica. ”Dunque avremo pace o guerra?”. A quelle parole il sorriso beato di Tauriel e Kili si era come accartocciato sulle loro labbra. Il nipote si era voltato con apprensione verso suo zio.
Ma Thorin, sprezzante, tuonò.”Guerra!”...e tutti ammutolirono.

Dopo la sorpresa iniziale, le parti si accordarono di non scendere in campo, dato che quella spedizione era stata inizialmente concepita come un’ambasciata di pace. Ma Thorin propose che si sarebbero affrontati all’alba del terzo giorno, per dar tempo agli abitanti di Pontelagolungo di riprendersi-o meglio, per dar tempo al cugino Dain delle vicine Montagne Ferrose di raggiungerli,come aveva già astutamente pianificato il Re dei nani.

Mentre gli uomini e gli elfi iniziavano a ritirarsi, Tauriel aveva cercato ancora lo sguardo di Kili, che si posò triste su di lei solo dopo aver incrociato quello festante di suo fratello Fili.
Quest’ultimo se ne stupì, poi intercettò Tauriel nella folla… Contrariato allora, prese a festeggiare con gli altri Nani, gridando e alzando i pugni nell’aria, incitando suo fratello che invece si riscosse e rientrò nella fortezza insieme a Thorin, il quale appariva curvo, sotto il peso della responsabilità…

Quella sera, durante il suo turno di guardia, Kili ricevette una visita.“Fratellino, cos’è quest’espressione infausta che hai tenuto su tutto il giorno?! Nostro zio ha appena dichiarato guerra ai nostri nemici! Cerca di mostrarti pronto a dargli manforte e ad essere dalla sua parte, o giuro su nostra madre che gli rivelerò tutto su…”-Fili aveva stretto le labbra, come se le parole fossero troppo penose per lui. -“…sai bene su cosa”.
Kili si era rabbuiato e aveva preferito voltare le spalle a suo fratello perché non lo vedesse, ma Fili avvertì la profonda amarezza nella sua voce.”Sono solo innamorato! Questo non fa di me un traditore!”
Fili a quel punto era scattato.”Il fatto stesso di amarla ti rende un traditore! Oltre che un pazzo! Speravo che con la distanza e la guerra che incombeva ti saresti risvegliato dall’incantesimo con cui quella strega elfica deve averti sicuramente avvinto,quando ti ha guarito…"-
“La insulti, quando lei ti ha solo fatto del bene! Non avevi tutto questo odio verso di lei quella notte, vero?! Sei il maggiore, ma non posso tollerare le tue parole!”
Kili aveva ribattuto rabbiosamente, alzando involontariamente i pugni stretti. Fili sbuffò, noncurante, ma Kili notò che fremeva, che perfino i suoi biondi baffi fremevano.
”Vuoi batterti? Sai bene come finirebbe! Fin da bambini è sempre stato così"- Kili contrasse la mascella-“…fratellino, ho visto come la guardavi mentre si decideva del destino di noi tutti…ebbene, stai davvero rasentando il ridicolo! Cosa vorresti fare, andartene e unirti a lei e alla sua gente? Non vi accetteranno mai! Sarete sempre rifiutati da entrambi i popoli! Un Nano e un Elfo! Sei la vergogna della nostra stirpe...la vergogna della stirpe di Durin!”.
Kili aveva fissato freddamente il fratello durante tutto il suo sfogo ma all'udire quelle frasi qualcosa si smosse in lui. ”Fili, credi davvero che sia questo a definirmi?! La mia, la nostra stirpe?! Io ho rispetto per essa come ne ho per te e per nostro zio, che considero come il padre che non abbiamo mai avuto...ma non chiedermi di scambiare il rispetto che ho per voi con quello che ho per me stesso! Non posso rinnegare ciò che sento, anche se hai la mia parola d’onore che non farò nulla che possa comprometterci. Mi ferisce che tu abbia anche solo pensato ch'io passassi al nemico…!". Fili abbassò il capo, dispiaciuto, sbuffando e scuotendosi da quell'attacco d'ira. “Perdona la mia irruenza Kili. Dimentica ciò che ho detto… e dimentica tutto…tutto! Te ne prego.” Fili, notando l'aria rassegnata di Kili, fissò suo fratello con compassione, prima di allontanarsi a passi pesanti.

Tauriel, al ritirarsi delle armate aveva deciso impulsivamente di nascondersi sotto lo sperone di roccia dal quale aveva assistito alla disputa. Nessuno se ne accorse, perfino Legolas, intento a discutere col padre delle disposizioni da prendere per lo scontro imminente.
Era stato così che Tauriel era potuta rimanere nei paraggi, in attesa del turno di guardia di Kili, poiché ella immaginava che ormai i Nani fossero tutti all’erta, nonostante la tregua di tre giorni…ed era stata felice quando aveva visto Kili riapparire sui bastioni, seguito però poco dopo da Fili.
Tauriel riuscì a carpire quanto bastava dalla conversazione…quanto bastava per rammaricarsi per Kili e sentirsi in colpa. In colpa per essere il motivo della discordia con suo fratello maggiore, in colpa per essere il motivo della sua irrequietudine.
Fu quindi con sollievo che dopo un po’ li vide separarsi, freddamente, ma senza conseguenze apparenti. Allora iniziò ad arrampicarsi più vicino alla balaustra di pietra, fino a ritrovarsi poco sotto il punto in cui si era messo a sedere Kili, le gambette incrociate sul cornicione, l’espressione pensosa, la pipa in bocca...
Egli ad un tratto abbassò lo sguardo, colpito da un rosso che gli era familiare...e grande fu la sua sorpresa quando la vide, aggrappata alla parete di roccia, raggiante.
Kili gettò via la pipa e scese dal cornicione. “Mia dama di luce!”. Tauriel gli fece cenno con un dito di abbassare la voce, poi divenne seria e iniziò a sussurrare...
”Ero indecisa se mostrarmi a te, ho temuto il tuo disprezzo…-“
“Oh Tauriel, io temo tuttora il tuo!”. Kili si morse la lingua per la sua stessa esclamazione e prese a sussurrare a sua volta.”Ho creduto che il nostro fosse stato un addio, sei svanita da quella spiaggia ed è stato orribile...poi arrivare fin qui e scoprire che mio zio è caduto preda del male di mio nonno Thror…”. Tauriel si rattristò al ricordo. “Kili, mi dispiace...mi dispiace per tutto. Quel giorno non avevo la forza di rimanere oltre e…riconoscere che eravamo degli incoscienti a sperare. La mia gente si è rivelata più debole di quanto avessi mai creduto. L’avidità degli Uomini li ha contaminati...-”Kili la interruppe con foga.”Sono i miei simili,i primi ad essere avidi! La gente del lago avrebbe tutto il diritto di essere risarcita del male che è piovuto loro dal cielo a causa nostra. Avevamo fatto loro una promessa! E per quanto riguarda voi elfi, abbiamo ben più di una promessa, ma un debito con voi...e dobbiamo saldarlo.”
L’ammirazione negli occhi di Tauriel era evidente e Kili arrossì leggermente, mentre entrambi si avvicinavano sempre di più...
“Sei onesto e lo apprezzo. C’è davvero del buono in te e detesto il pensiero che possa essere offuscato da tutto questo.” Tauriel dal basso allungò le braccia verso di lui e Kili le afferrò delicatamente, intrecciandole alle sue, in un abbraccio a metà, interrotto dalla fredda roccia tra di loro.
Mentre il respiro di Kili si faceva più corto provò ad incoraggiarla, ad incoraggiare sé stesso. ”Tu sei tutto ciò per cui ho sempre voluto lottare...e per questo lotterò fino alla fine."
Si sorrisero, orgogliosi uno dell’altro.”Non possiamo lasciare che l'astio tra i nostri Re decida anche di noi due! O che ciò che secondo gli altri ci divide abbia la meglio su…ecco su ciò che c'è tra di noi...-”
Proprio come a Fili, a Kili mancarono le parole per continuare, mentre l’azzurro negli occhi di Tauriel si velava.
“Ho udito tuo fratello maggiore rimproverarti aspramente e il mio cuore ha sofferto per te.”. Kili la fissò con trasporto mentre alcune ciocche dei loro capelli si congiungevano nel vento della sera.
"Il suo biasimo é un piccolo prezzo che devo pagare. Tu hai fatto molto di più per me e io vorrei eguagliare i tuoi sacrifici…hai rischiato perfino venendo qui, mancando ai tuoi doveri di capitano...”
Tauriel scosse mestamente il capo. ”Tu mi hai protetta quando hai potuto, io non mi aspetto nulla da te che non sia nelle tue possibilità. Ad ogni modo, mi hanno destituita a causa della mia fuga"-Kili stava per replicare ma lei lo anticipò-"però sappi che non mi pento d’aver preferito la tua salvezza alla mia posizione.”
Kili, commosso, provò a sdrammatizzare.”La tua posizione, per una volta, è un po’ più in basso rispetto alla mia!”
Tauriel rise sommessamente.”Allora rimediamo subito Mastro Nano!”
Tauriel pose un piede su un appiglio, ma per l’emozione lo mancò e le braccia di Kili, che già la tenevano, la sorressero e la sospinsero verso l’alto, verso di sé…
I loro visi si trovarono all’improvviso vicinissimi. Fin troppo vicine erano le loro labbra, tremanti per lo spavento…ed entrambi emanavano nuvolette di fumo nell’aria…
In quel brevissimo istante, dopo la risalita, i loro sguardi si erano ritrovati alla stessa altezza finalmente. E prima che entrambi se ne rendessero conto, le loro labbra si adagiarono subito una sull’altra, mentre un profondo benessere, sconosciuto e salvifico, invadeva il loro animo...

Kili, incredulo, posò le sue dita scure attorno al candido collo di Tauriel...lei avvolse le sue mani dietro le spalle di lui.
E piccoli baci scaturivano dalle loro labbra innamorate, sul mento e sulle guance di entrambi...Tauriel strofinava teneramente il suo viso sulla barba incolta di Kili, attirandolo piano a sé, mentre lui affondava nell’incavo della spalla di lei, aspirando forte l’odore celestiale di lei, fatto di timo e piante selvatiche…
”Kili! Ho vissuto a lungo, ma mai come adesso sento di non aver vissuto affatto…”-“Sei con me, finalmente! Tu, così perfetta, sei con me, tra le mie braccia!".
Si sussurravano concitati, aggrappandosi l’uno all’altra...e a Kili sembrava di delirare come quando lei lo aveva guarito…
Erano ancora stretti, quando si alzò un richiamo nell’oscurità alle spalle di Tauriel. Si staccarono d’istinto, guardandosi allarmati, proprio quando Kili stava per afferrarla e farla passare dal suo lato della balaustra, per poter posare il capo sul suo ventre, come nel sogno… Kili allora digrignò i denti.”Non ci lasceranno mai in pace!I Nani, gli Elfi...adesso anche gli Uomini!”.
Erano infatti sentinelle degli Uomini del lago che avevano notato movimenti sospetti all’ingresso della fortezza e si avvicinavano lentamente.
”Lasciamoli noi allora! Lasciamo soli a raccogliere i frutti del loro odio...non dobbiamo prendere parte alle loro futili discordie, nulla ci costringe a rimanere qui!”
Tauriel si fermò. Conosceva già la risposta di Kili a quelle esortazioni. Egli infatti, col dolore nel volto, poggiò la sua fronte su quella di lei.”Tauriel...non è possibile, non al momento. Sento di farti e di farci un gran torto ma…non posso fuggire via!”
Intanto i passi delle guardie si approssimavano e Tauriel sorrise malinconica.”Sei leale verso il tuo sangue…e questo ti eleva ai miei occhi ancor di più! Ma…se tu non puoi venire con me e io non posso rimanere…”
All’ovvietà di quella frase trattennero entrambi un singhiozzo, guardandosi con determinazione e udendo ormai richiami degli uomini, quasi sotto di loro.
”Và!”. Kili aveva pronunciato quella parola in un soffio pieno di sofferenza, prima che lei, incapace di salutarlo in alcun modo, iniziasse velocemente la ridiscesa verso il basso.
 
 
Kili si detestò. Gli sembrava di averla cacciata, di aver cacciato la felicità via nella notte, senza possibilità di ritorno. Si rimproverò duramente e chiuse gli occhi con forza, per non doverla guardare sparire tra le tenebre...
Non immaginava che Tauriel, ormai giunta a terra, pensava di essersi fatta convincere dalle sue parole a torto, d'averlo abbandonato...ella credeva infatti d'essere stata codarda.
Ed entrambi, ancora una volta storditi da quelle sensazioni che li portavano a pretendere così tanto sé stessi, non osarono voltarsi.
 
 

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Capitolo 8
*** Cielo stellato ***


L’atmosfera nella fortezza di Erebor era ormai opprimente. I nani assistevano impotenti al peggiorare del male di Thorin che, sempre più ossessionato, vagava tra le montagne d’oro senza posa.
”Quei mendicanti non avranno nulla da me! L'oro è mio è di nessun'altro!”
Kili ne provava pietà e sconcerto al tempo stesso, ma quando aveva deciso di affrontare lo zio insieme a suo fratello e al piccolo hobbit era stato inutile.
"Thorin, sono il tuo amico Bilbo, con i tuoi nipoti...devi ascoltarci! Tutto questo va fermato... tu hai fatto una promessa! Non te ne rammenti? Non vuoi mostrarti un Re generoso e giusto?". Ma le domande apprensive di Bilbo erano cadute nel vuoto.
Ed era quindi con malinconia e delusione che Kili si aggirava per le gallerie quella sera, pur non essendo il suo turno di guardia.
Entrato nella sala del consiglio, illuminata da un camino, i suoi occhi furono attirati dalla vecchia mappa logora, posata su un lungo tavolo di legno.
Il segno in rosso su di essa era di suo zio, sulle Montagne Ferrose, dalle quali si attendeva l’arrivo di suo cugino Dain per l’indomani.
Ma il suo sguardo cadde fatalmente su Bosco Atro e subito una fitta senza nome gli riempì il petto.
Distolse l’attenzione dalla cartina e si costrinse a dirigere i suoi passi verso il dormitorio. I suoi compagni avevano già lucidato e approntato le armature e ora dormivano in vista dell’indomani.
Anche lui del resto aveva bisogno di riposo, ma giunto ai piedi del giaciglio di Bilbo, poco distante dal suo, si fermò di colpo, fulminato da un’idea.
Perché cercare inutilmente di dormire sperando di sognarla ancora, quando potrei andare da lei indisturbato, senza che nessuno mi veda? Domani potrei morire per l’avidità dei miei e dei suoi...che ho da rimproverarmi, che ho da temere?”.
Senza darsi tempo di riflettere ulteriormente, come era suo solito, si guardò attorno furtivo e si abbassò sullo hobbit, profondamente addormentato.
Scostando piano la coperta infilò ancora più lentamente una mano nel suo taschino, dove aveva visto Bilbo riporre l’anello quella notte…e dove si trovava tutt’ora!
Kili lo strinse tra le dita, avvertendo uno strano calore, un calore che si trasformò subito in gelo...
Sfilata quindi la mano dalla tasca, ricoprì Bilbo con la sua coperta per poi alzarsi di scatto, infilare la porta e poggiarsi leggermente ansimante alla parete del corridoio.
Kili restò un istante così, a contemplare l’anello nel suo palmo tremante, per poi prendere un profondo respiro ed infilarlo al dito.
Subito l’ambiente attorno a lui si ingrigì e si sfaldò, mentre i contorni delle cose perdevano di nettezza e chiarezza. Confuso, iniziò a muoversi a tentoni per i bui corridoi dapprima, poi più speditamente, fino all’uscita, dove Fili era di vedetta.
Stava per fermarsi, intimorito, quando s'avvide che il fratello non badava affatto a lui e continuava ad affilare le sue spade, con un'espressione rassegnata in viso.
Kili sghignazzò tra sé e sé, inoltrandosi con grandi balzi dentro la boscaglia, seguendo la direzione in cui aveva visto accamparsi i nemici, poco oltre le pendici della Montagna Solitaria, a Dale…
 
Nel frattempo Tauriel era appena tornata da un’ispezione con Legolas. Egli aveva voluto consolarla per la perdita del suo ruolo di capitano portandola con sé.
Insieme avevano avvistato delle strane creature simili a pipistrelli e lo avevano comunicato subito a Thranduil, Bard e Gandalf. Quest'ultimo li aveva raggiunti quel giorno, sorprendentemente.
Tauriel aveva sentito a lungo parlare dello Stregone e ne era rimasta colpita. Pensava questa ed altre cose mentre sostava ancora davanti alla tenda di Thranduil, assorta…
Quando ad un tratto udì la conversazione riprendere tra il suo Re, Legolas, Bard e Gandalf, stavolta con toni diversi…
Essi discutevano del fatto che sicuramente Thorin aspettava rinforzi e che bisognava bloccarli, tendere un’imboscata a chiunque provenisse da est, dove dimorava il cugino di Thorin, Dain dei Colli Ferrosi.
Gandalf sembrava contrario, poi Thranduil disse qualcosa che Tauriel non comprese, qualcosa su una certa ”Archengemma” donatagli dallo hobbit.
Legolas aggiunse che sarebbe tornata molto utile per le trattative ma Tauriel non aveva voluto origliare oltre, perché aveva compreso che se avesse seguitato, avrebbe avuto la tentazione di far pervenire quelle informazioni a Kili, in un modo o nell’altro…
Si riscosse quindi e si fece largo tra gli Elfi e gli Uomini che gironzolavano per l’accampamento, dirigendosi al suo alloggio.
Mentre si preparava per la notte iniziò a cantare, quasi senza accorgersene, una romanza su Luthièn, l'immortale che si era innamorata di un Uomo, Beren.
Tauriel conosceva quel componimento da tempo immemore, ed esso era uno dei suoi preferiti.

“…ma dal destino amaro furon separati
E vagarono a lungo per monti e pendici,
tra cancelli di ferro e castelli spietati…
Ma un giorno luminoso si ritrovaron felici,
ed assieme partirono, amati ed uniti
attraverso boschi per sempre fioriti…”
 
Su quell’ultimo verso Tauriel si era lasciata cadere sul letto da campo, premendo il dorso della sua mano sulla bocca, come ad impedirsi di continuare, anche se il canto era ormai terminato…

La sua voce non aveva commosso solo sé stessa però. Kili era giunto all’accampamento inosservato, guardandosi attorno, smarrito dall’organizzazione di quei due eserciti…
Quando ad un tratto l’aveva udita, dolce, sopra il cozzare degli stivali e il nitrire dei cavalli.
Kili allora si era lasciato guidare fino all’ingresso del suo alloggio, dove era rimasto a lungo, quasi vergognoso d’entrare. Ed era stato solo quando il canto si era interrotto di colpo che aveva scostato velocemente la tenda e si era inoltrato…per trovarla come l’aveva immaginata tante, troppe volte…

Ella giaceva supina, avvolta in un leggero manto verde profondo e semi trasparente, le mani congiunte sul petto, come fosse morta e lui la contemplasse per l’ultima volta…
A quel pensiero la soggezione di Kili aumentò e fu con difficoltà che si avvicinò al letto, accorgendosi che i lineamenti di lei erano corrugati, come turbati da pensieri intollerabili...
Allora Kili sentì forte il bisogno di starle accanto e si stese di fianco, mettendosi alla sua altezza, poco discosto da lei.

La osservò teneramente, a lungo....ma l’anello alterava il profilo di lei, così decise di sfilarselo e riporlo in una tasca.
Immediatamente però le palpebre di Tauriel si aprirono ed ella si voltò di scatto verso di lui, spalancando la bocca mentre Kili allungava svelto una mano per serrargliela prontamente.
”Se desideri che io me ne vada non hai che da dirlo.”
Tauriel aveva percepito la presenza di Kili solo quando lui si era tolto l'anello...
L’espressione seria nel viso di lui la colpì. Rimase in balia del suo sguardo deciso mentre i capelli scuri di lui le ricadevano sulla fronte.
”…ma ti prego, mia luce, dimmi che posso rimanere!” Tauriel gli lanciò uno sguardo enigmatico che Kili non seppe interpretare. Egli si mortificò allora e le liberò la bocca.
”Perdonami, non intendevo offenderti…”
Ma lei gli riafferrò la mano e se la portò di nuovo sul viso, socchiudendo gli occhi.”Sei venuto da me! Non voglio chiederti come sei giunto qui, non voglio che tutto questo svanisca…Oh, non andartene! Ho creduto di morire poco fa. Per noi elfi soffrire può essere fatale.”
Kili non l’aveva mai vista in quello stato e se ne intristì. Prese a carezzarle le guance con fare consolatorio, mentre lei lo osservava, come impaurita.
”Cos’è che cantavi poco fa? Mi hai tramortito con la tua voce, non riuscivo a credere che l’amore di una creatura così aggraziata fosse mio…”
In un impulso improvviso le afferrò un fianco e l’attirò leggermente a sé. ”Perché il tuo amore è mio…vero?”
L’incertezza negli abissi color dell’autunno dei suoi occhi intenerì Tauriel. Serrò le sue braccia attorno alle spalle di Kili. ”Perché, non ne sei certo…?”
Sdraiati di fianco, si fissavano come fossero febbricitanti, senza però avvicinarsi troppo…
“Tauriel, il pensiero di rivederti soltanto sul campo di battaglia era insopportabile! Domani le nostre razze faranno ciò che hanno sempre fatto: si distruggeranno a vicenda…e noi non possiamo evitarlo.”
Lo sconforto nella voce di Kili impressionò Tauriel che decise di rivelargli tutto. Gli afferrò delicatamente il mento.”C’è qualcosa che devi sapere su tutta questa faccenda, sulle intenzioni di Legolas e di…-” La gelosia però divampò immediata nel cuore di Kili ed egli strinse la presa sul fianco di lei che gli artigliò involontariamente i muscoli del braccio, stupita dalla sua forza.
”Non parlarmi di lui! Se ne stava sul suo cavallo bianco alle porte della mia fortezza, venendo ad elemosinare ciò che gli spetta sì, ma con una tale altezzosità nei modi! Ha ragione Thorin, quell’oro è nostro, solo nostro!”
Tauriel, che all’inizio sorrideva divertita, a quella parole fu come impietrita e si gettò disperatamente tra le braccia di Kili, implorandolo.
”No! Non permettere che il male del drago si impadronisca anche di te! Tu sei così buono, non farti corrompere dalla gelosia, dall’avidità…non posso perderti, mio bene, mio tutto!”
Tauriel aveva preso a baciargli convulsamente il viso ed era stato allora che Kili le aveva cinto il collo, premendo forte le sue labbra su quelle di lei, artigliandole i capelli, risvegliando in entrambi quella sensazione ineffabile che avevano provato quella sera, ma stavolta molto più intensa…
Disorientati, si avvinghiavano ora uno all’altro, nei gesti e negli sguardi, ogni pensiero azzerato nelle loro menti...
All’improvviso però, Kili colse di sfuggita la vista delle loro gambe semi intrecciate, là dove le sue terminavano ridicolmente, poco prima delle candide ginocchia di lei...
Allora provò vergogna di sé e imprecando in Khuzdul si spinse all’indietro, staccandosi dalla stretta di lei.

”Non posso averti, non posso…”

Lo sguardo angosciato di Kili vagava dal volto di Tauriel alle loro gambe…e lei comprese. Gli afferrò dolcemente la testa scarmigliata e se la portò piano sul petto, obbligandolo a stendersi nuovamente con lei, su di lei.
”Non importa. Siamo uniti. Ora e sempre. Non parliamone più.”
Chiusero gli occhi contemporaneamente. I loro respiri avrebbero dovuto allentarsi, ma così non fu…

Tempo dopo Kili le scostò una ciocca rossa dal naso.
”Tauriel, vorrei fare una cosa insieme a te.” Lei gli aveva sorriso con un sorriso nuovo, mentre usciva dalla tenda e si avviava, apparentemente sola, verso le pendici di un collina poco distante.
“Collecorvo. Mio zio Thorin me ne parlava a volte. Da qui dovremmo avere una buona visuale.” Kili si era sfilato l’anello, ricomparendo innanzi a Tauriel che aveva seguito le sue orme sul terreno.
Sopra di loro, silenziose, le stelle pendevano magnifiche nella volta serena, illuminandoli di un forte bagliore argenteo, mentre sostavano in piedi, uno accanto a l'altra, estasiati. “Non speravo più di poterle ammirare insieme a te…credi ancora che siano fredde e lontane?”
Kili aveva arricciato l’angolo della bocca.”Non più.” Le aveva risposto, lanciandole uno sguardo adorante. Tauriel allora si ricordò di un’altra ballata che era solita cantare quand’era ancora una fanciullina elfica, stavolta più allegra.
”Kili, danza con me!” Tauriel, ridendo, aveva preso a cantare, incurante dell’espressione interrogativa di Kili che, non capendo le parole, trascinato dalle mani di Tauriel in un allegro vortice, tentava come poteva di non inciampare, seguendo il passo di lei, iniziando anche lui a ridere di gusto…
Tauriel era fuori di sé dalla gioia. Ad un tratto si staccò da lui e prese a danzare a piedi nudi sull’erba, leggera ed evanescente, le braccia e le gambe libere nei movimenti, la veste sfavillante tutt’attorno…
Ma mentre Kili l’ammirava, raggiante, intravide qualcosa che si avvicinava e subito si infilò l’anello. Lei non fece in tempo a rendersi conto di nulla, udì solo la voce di Legolas che la chiamava e si voltò di scatto.
 
Il figlio di Thranduil la fissava, ammaliato. Tauriel pensò che doveva essersi lasciata coinvolgere troppo dalla danza, per non essersi accorta del suo arrivo. Poi subito si disse che Kili era in pericolo, qualora Legolas avesse voluto dare l'allarme della presenza di un "nemico"nel loro accampamento…
Ma Kili era sparito! Sgomenta, restituì l’occhiata a Legolas che intanto si avvicinava. ”La tua bellezza supera ogni immaginazione e ogni lode. Abituato com’ero a vederti nei panni del mio capitano non credevo fossi così leggiadra e…affascinante.”
Kili osservò inorridito Legolas che allungava le braccia e cingeva la vita di Tauriel. In quella frazione di secondo, prima di voltarsi proprio mentre lei lo respingeva, Kili vide quant’era nobile e alta la figura di Legolas accanto a Tauriel. Essi erano magnifici, proprio come nel suo sogno…e non seppe resistere alla rabbia, verso di sé, verso Legolas, verso Tauriel…no, non verso di lei!

Kili non poteva restare, sentiva il bisogno di urlare e corse verso l’oscurità alle sue spalle, iniziando una discesa sfrenata, incurante dei rami che gli ostruivano il passaggio e che lo ferivano, pazzo al pensiero d'aver sperato.
Quella notte, quei baci, non contavano...nulla contava perché l’indomani i loro eserciti si sarebbero dovuti affrontare e lei avrebbe combattuto al fianco di Legolas, non poteva essere altrimenti.

Mentre Kili iniziava a correre, Tauriel si era staccata da Legolas svelta, ma non abbastanza, a causa della sorpresa. Il principe di Bosco Atro seguitava a lusingarla e a parlarle della battaglia dell’indomani. Ma Tauriel tentava inutilmente di scorgere Kili, rimpiangendo di non poterlo chiamare per nome, in presenza di Legolas, non sapendo se Kili poteva vederla, se avesse visto…”Certo, lui ha visto. Ha creduto ciò che la sua mente voleva credere ed è fuggito, perché non percepisco più la sua presenza...e’stato ingiusto con me, vigliacco e…crudele. Si, crudele! E’stato un bene che non io non gli abbia detto nulla di ciò che ho udito stanotte!”. Tauriel andava ragionando così tra sé e sé, furiosa…eppure si guardava ancora attorno brancolando nel buio, cercandolo, rispondendo a monosillabi a Legolas…Quest’ultimo, che fin dall'inizio aveva finto di non scorgere il nano con la sua vista da elfo, conduceva nuovamente Tauriel alla sua tenda, soddisfatto.
 
 

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Capitolo 9
*** L'estrema difesa ***


Quella mattina l’animo di tutti era agitato e nessuno osava parlare, né tra gli uomini, né tra gli elfi o i nani. Quest’ultimi iniziarono a prepararsi per la battaglia, mentre fuori il mondo era ancora immerso nelle tenebre.
Fili e Kili provavano ancora i loro scudi nella sala delle armi, quando furono richiamati dalle voci dei loro compagni sui bastioni. Si scambiarono un’occhiata veloce, prima di accorrere e scoprire che Dain, il cugino delle montagne ferrose, era stato di parola.
Giungeva da est, coi primi raggi del sole alle sue spalle, attorniato da un esercito scuro e uniforme che si stendeva fin dove i nani potevano scorgere. Thorin si fece avanti e prese a gridare, radioso.
”Benvenuti, figli dell’Est, figli di Durin! Che il campo di battaglia veda il nostro ultimo tramonto o la nostra prima alba insieme, avremo comunque combattuto insieme, combattuto con furore, come si addice alla nostra gente!”.
La massa ai suoi piedi innalzò all’improvviso le corte lance nell’aria, esultando e acclamando, mentre il loro signore Dain si inchinava lievemente dinanzi a suo cugino il Re.

Ma dall’altro lato della vallata si distinguevano ormai i contorni delle schiere elfiche e umane. Un bagliore dorato precedeva i primi, un clangore confuso i secondi. Thranduil e Bard avanzavano insieme, superbi nel portamento e nei modi, mentre file ininterrotte di arcieri silvani sfilavano ritmicamente dietro di loro, per poi fermarsi all’unisono e posizionarsi in direzione della Montagna.
I tre eserciti ora si guatavano a distanza e un silenzio soffocante regnava già da qualche minuto, mentre altre due paia di occhi si fissavano, con ben altra intensità, nella folla…
Tauriel era seduta dietro Legolas, sul suo destriero bianco, mentre Kili, al fianco dello zio, teneva alto uno stendardo della casata di Durin insieme a Fili, il mento sollevato, lo sguardo che tentava inutilmente di rimanere duro.
Sapeva che lei poteva osservarlo bene, mentre per lui Tauriel non era che una forma indistinta nella folla… o almeno così cercava di ripetere a sé stesso.
Ma Tauriel, dimentica di ogni discordia, smontò da cavallo nonostante lo stupore di Legolas, per poi farsi avanti tra le fila, avvicinandosi quanto più possibile a Kili, per farsi riconoscere.
Egli allora si maledisse per essere stato ottuso e aver permesso che istinti bassi e meschini si insinuassero nella purezza del suo sentimento.
Eppure era tardi ormai, tra poco avrebbe dovuto affrontarla. E lo stesso pensava con angoscia Tauriel, mentre si faceva largo a stento nella marea compatta, dirigendosi verso di lui che appariva così severo, con la dignità di un principe che emanava dalla sua persona…
Lei allora, per la prima volta, si ricordò di essere un comune elfo silvano, di non avere sangue nobile nelle sue vene...e si sentì inferiore a lui.
Comprese con rammarico cosa doveva aver provato Kili quando l’aveva vista con Legolas.
 
Proprio quando Thranduil e Bard si scambiavano un cenno d'assenso, reputando giunto il momento di svelare l'Archengemma , ad un tratto un rumore di zoccoli ruppe la tensione.
Era Gandalf che giungeva trafelato al galoppo. Egli era riuscito ad avvertire Dain dell’imboscata progettata da Thranduil, ma di ritorno dalle colline ferrose aveva scoperto qualcosa che avrebbe cambiato il corso di quella giornata. Lo stregone scartò col cavallo bruscamente, mentre si frapponeva nella spianata tra i due schieramenti.
“Fermatevi! Una minaccia ben più pericolosa grava su tutti noi! Azog Il Bianco marcia nella nostra direzione con la ferma volontà di annientare Nani, Elfi e Umani!”.
Lo sconcerto generale non si fece attendere. I soldati presero subito a vociare, interrogandosi a vicenda, timorosi del nemico di fronte a loro ma ancora di più di quello che stava per arrivare.
“Persistere nel vostro sciocco odio vi condurrà alla rovina! C’è solo una domanda che dovete porvi:come finirà questo giorno? Volete che prevalga l’egoismo e che tutto si concluda con la vittoria di quelle orrende creature? Dovete unire le forze per affrontare quest’oscurità!”.
Un brusìo di approvazione si alzò improvviso dalle armate attorno a lui. Thorin si schiarì la voce.
“Le tue parole sono sagge Gandalf, ma permetti che prima di prendere una decisione io mi consulti coi miei. Beninteso, anche uomini ed elfi dovrebbero valutare la questione.”
Lo stregone sbuffò, impaziente, mentre tratteneva a stento le briglie del suo cavallo imbizzarrito.
”E sia! Ma non indugiare troppo, Thorin figlio di Thrain, o la montagna che hai riconquistato così duramente finirà per crollarti addosso!”.
Thorin ignorò quelle ultime parole e rientrò frettolosamente nella fortezza, seguito da Fili e Kili, il quale era sollevato e smarrito al tempo stesso. E ancora più grande fu la sua sorpresa quando vide suo zio fermarsi ai piedi della montagna d’oro e contemplarla avidamente, per poi riprendere, come mutato in viso.
“…ebbene, abbiamo un'intero esercito che può difenderci, difendere la Montagna Solitaria, difendere il nostro oro! E del resto, noi siamo pur sempre la stirpe di Durin. Non possiamo permettere che la linea si estingua…”
Kili aveva compreso subito il significato delle sue parole e qualcosa esplose in lui, mentre si avvicinava con passo deciso verso suo zio.
”Non mi nasconderò dietro un muro di pietra, mentre altri combattono le nostre battaglie per noi!”.
Aveva immaginato Tauriel sola, senza di lui, sul campo…e perfino il rispetto per lo zio era venuto meno. Non aveva mai alzato la voce con lui e Thorin stesso ne era stupito. Vide una fierezza tale nel nipote che qualcosa si risvegliò in lui all’improvviso. Un ampio sorriso di orgoglio paterno,che non sfuggì a Kili, lasciò il posto al piglio arcigno di poco prima. “Allora è deciso…”.
Thorin si volse verso tutti gli altri.”Mi seguirete, un’ultima volta?”. La risposta non si fece attendere.
 
 
Quando le porte di Erebor si aprirono per l’ultima volta, i tredici nani apparvero uno accanto all’altro, scintillanti nelle loro armature, con Thorin in testa e i nipoti al suo fianco. Mentre Thranduil, Bard e Gandalf si scambiavano un’occhiata complice, Tauriel sospirava di sollievo.
Ma proprio in quel momento i corni degli orchi risuonarono orrendi per la vallata e tutti seppero che quello era l’inizio della fine.
Trascorsero pochi attimi concitati, prima che un’improvvisa valanga nera iniziasse a defluire dalle colline circostanti, composta da mannari, troll e goblin armati di mazze e spadoni, lance e catapulte...il tutto compresso in un gorgo scuro e urlante che si precipitava su di loro.
Fu allora che Thranduil diede il segnale, facendo scoccare all’unisono una pioggia argentata di frecce elfiche. Ciò che successe dopo fu il caos.
Gli orchi caricarono verso l’ingresso della Montagna Solitaria, da dove Thorin e i suoi, dopo essersi guardati l’un l’altro con coraggio, scattarono in una corsa forsennata, brandendo le armi alte sulle loro teste, gridando in nanico, spazzando via i nemici sulla loro strada.

La battaglia infuriava ormai da tempo, quando Azog apparve nella mischia che attorniava Thorin, Fili e Kili. Quest’ultimo aveva cercato inutilmente Tauriel con lo sguardo, perché in quell’inferno l’aveva persa di vista fin dal primo attacco ed anche lei, d'altronde, si disperava all’idea di non poter combattere al fianco di Kili, mentre tranciava di netto gambe e teste coi suoi pugnali.
All’improvviso però, l’elfo si rese conto di essere stata trascinata dalla massa fino ai piedi di Collecorvo. Fu allora che intravide da lontano il duello tra Azog e Thorin che, ansimanti, combattevano strenuamente, circondati dai rispettivi simili.
Ad un tratto però, uno degli orchetti di Azog gli passò una lancia nera che questi scagliò, veloce, verso il petto di Thorin, il quale si piegò su sé stesso, come spezzato.
“Zio! Nooo!”
L’urlo atroce di Fili e Kili si era levato come fosse uno solo. Tauriel li udì e li riconobbe, atterrita,mentre sollevavano per le spalle Thorin, ognuno da un lato, facendosi strada mulinando le loro spade e respingendo via chiunque si avvicinasse. Sembravano dirigersi verso il colle ed infatti presero a salire delle scalette seminascoste che si inerpicavano fino ad un punto di guardia, ormai in rovina.
La decisione di seguirli fu un tutt’uno con le azioni di Tauriel. Si voltò brevemente verso Legolas che combatteva vicino a lei. Thranduil non aveva voluto sprecare i suoi soldati elfici e si era ritirato da tempo, causando lo sdegno di Tauriel ma anche di Legolas, che era rimasto al fianco della sua amica.
Egli comprese subito le sue intenzioni e seppur a malincuore le fece cenno di andare, ché le avrebbe coperto le spalle.
Tauriel allora prese a menare fendenti sempre più decisi, fino a portarsi ai piedi di quella stessa scala, saltando i gradini col suo agile passo elfico, raggiungendo infine la sommità.
Qui, ai piedi di quello che una volta era stato un campanile d’allarme, Fili e Kili avevano adagiato Thorin, mortalmente ferito.
“Figli miei, non badate a me, mettetevi in salvo, siete voi la speranza della nostra gente! Il mio tempo è finito.”Kili protestava però. ”Sei tu la nostra speranza zio, non abbandonarci!” Mentre anche Fili scuoteva Thorin.”Non potrò mai essere un buon Re senza i tuoi consigli, senza la tua guida…zio...padre...rimani con noi!”.
Thorin, che aveva sorriso nel sentirsi chiamare padre, sembrava aver perso conoscenza. Fu allora che dalle nebbie attorno a loro all’improvviso piombarono dei pipistrelli enormi, gli stessi che Tauriel aveva scorto con Legolas giorni addietro e che ora fissava con apprensione, mentre volteggiavano minacciosi sopra i tre nani.

Kili si era accorto per primo di quella incursione aerea e aveva lasciato a malincuore il fianco di Thorin, iniziando a incoccare una freccia dopo l’altra, abbattendone quanti più poteva, non fermandosi che per respirare. In una di queste brevi pause intravide un’altra freccia volare vicino alla sua e non mancare il bersaglio. Si voltò ed era lei, era Tauriel, era corsa in suo aiuto, come sempre! Si sorrisero brevemente al ricordo della sera precedente, su quello stesso colle. Poi misero da parte gli archi e sfoderarono nuovamente spada e pugnali, iniziando a battersi insieme contro i piccoli goblin che ormai imperversavano su di loro.
Fili intanto si era scosso e aveva iniziato a difendere anche lui il colle, quando si avvide che suo fratello non era solo. Sotto un’arcata diroccata Kili e Tauriel combattevano disperatamente.
L’elfo dava le spalle a Fili che, le spade già sanguinanti nelle mani, assistette con una punta di speranza mentre un pipistrello in picchiata stava per avventarsi sulla schiena di Tauriel…
Kili lo vide troppo tardi per avvisarla, così la spinse via, ricevendo in pieno le zampe e gli artigli della bestia che gli aprirono un piccolo squarcio nel petto.
Tauriel, rotolata malamente a terra, a quella vista urlò terribilmente, tendendo la mano verso Kili, come a voler fermare quello che stava accadendo.
Ma egli, dopo aver abbattuto a stento il pipistrello, iniziava ad accasciarsi, tenendosi in piedi con la punta della spada poggiata a terra.
Anche Fili aveva urlato, come impazzito all’idea che suo fratello si fosse ferito a causa sua...ché se avesse avvisato Tauriel del pericolo, Kili non l’avrebbe dovuta difendere…
Corse quindi, rabbioso, verso i mostri che circondavano i due, tirando colpi da ogni parte, mentre dietro di loro si profilava Azog il Profanatore, venuto per tenere fede al suo nome e al giuramento di annientare la stirpe di Durin,uno per uno…
E fu con orrore che Fili e Kili lo videro avvicinarsi a Thorin con uno spadone nella mano mutilata, pronto a decapitare il loro Re, così come aveva fatto con Thrain nella battaglia di Moria.
Kili allora, in un impeto di volontà, afferrò svelto l’arco e scoccò un dardo che si andò a conficcare nel braccio ancora piegato a mezzaria di Azog.Questi, infuriato, si volse verso quel nano mezzo aggobbito che aveva osato scagliargli contro quella misera, piccola freccia. L’estrasse con un grugnito, spezzandola in briciole, per poi avvicinarsi a grandi tonfi a Kili che, esausto per lo sforzo improvviso, aveva gettato l’arco, tenendosi il petto grondante sangue con entrambe le mani.
Tauriel, rialzatasi da tempo, gli urlò,terrorizzata. ”Rimani indietro, te ne supplico! Mi occuperò io di lui!”. Gettandosi quindi su Azog si abbassò agilmente, schivando un suo inutile affondo, per poi vibrare un colpo che andò anch’esso a vuoto, mentre l’Orco Bianco l’afferrava brutalmente, sollevandola e mandandola a schiantarsi contro una parete, lasciandola priva di sensi.

A quella vista Kili si slanciò anche lui verso Azog, digrignando rabbiosamente i denti e mandando a cozzare la sua lama contro quella del Profanatore.
Fili intanto gli copriva le spalle decimando gli orchetti sempre più numerosi.Ma ad un tratto, uno di loro si precipitò dall’alto di una rovina sull’erede al trono di Durin, conficcando profondamente una lama nera nella sua schiena tra i suoi capelli biondi, ormai tinti di rosso, mentre Kili urlava,impotente...

Suo fratello agonizzante, la lancia ancora conficcata nel corpo di suo zio poco oltre, Tauriel a terra, immobile…Tutte queste immagini atroci si confondevano nella mente di Kili, frapponendosi tra un fendente e l’altro, divorando la sua forza, insieme alla ferita che gli gridava nel petto…
Fu in quel momento che Azog assestò un colpo vigoroso contro l’elsa della spada del nano, mandandola in aria, lontano. In una frazione di secondo Kili ne seguì il volo, per poi voltarsi di scatto, come smarrito, verso Azog e la sua mazza che ormai si abbatteva pesante e implacabile, sul suo petto già martoriato, scagliandolo violentemente ai piedi di una gradinata…
 
 
 
Poco dopo Tauriel si risvegliò in tempo per sentirsi sollevare da possenti braccia e scoprire che Azog la stava conducendo sull’orlo della collina, con l’intento di gettarla giù,per poter infine decapitare Thorin, indisturbato.
L’elfo allora iniziò a divincolarsi disperatamente, ma i suoi movimenti non fecero che spingere entrambi verso il baratro sotto di loro.
Allora Tauriel, con uno sforzo immenso, si sciolse da quella mostruosa stretta, assestando un calcio contro il corpo dell’orco e sfruttandone la spinta per riguadagnare il terreno sotto i piedi.
Ansimando, osservò l’orribile creatura precipitare, per poi volgersi verso le rovine, cercando con gli occhi ansiosi nella nebbia tutt’attorno…
Per primo scorse Fili, ferito e inginocchiato accanto a qualcuno steso a terra, una supplica nei suoi occhi.
“Kili, fratellino mio, perdonami! Non ho mai compreso davvero la tua natura, la tua forza…ti ho tradito poco fa, ti ho tradito ostacolando i tuoi buoni sentimenti, mettendovi entrambi in pericolo…”.
Suo fratello giaceva immobile, gli occhi semichiusi, un’espressione di affetto in volto.”Sei stato un buon fratello maggiore Fili, fino all’ultimo.”Un singulto aveva interrotto le parole di Kili, che ripresero con ancora più enfasi.”E anche se hai sbagliato, cercando di”proteggermi” a modo tuo, mi hai pur sempre protetto…ci hai difeso come hai potuto…e io e te abbiamo difeso nostro zio, insieme. Perciò devi essere fiero di te, di me e te…mi farai costruire una statua fratello, quando sarai Re…”-“Stiamo morendo Kili! Non sarò mai Re Sotto La Montagna, non saremo mai più…”
Fili aveva iniziato a deglutire sempre più affannosamente e Kili, annientato, non poté nemmeno sorreggere il corpo di suo fratello che si arrendeva e si accasciava accanto a lui, scompostamente.

Tauriel intanto si era avvicinata, temendo e sospettando di sapere chi vi fosse a terra accanto a Fili, poco più in là…E grande fu il suo dolore quando lo vide.

Kili giaceva a terra, il corpicino contratto da brevi spasmi, adagiato in una piccola pozza di sangue. Un rivolo scarlatto scendeva dal suo naso fino alle labbra, giù per il mento, mentre un pallore si diffondeva su di lui, un pallore ben più intenso di quello che Tauriel gli aveva visto in viso quando lo aveva guarito…
Ma stavolta era diverso, si ripeteva. Come in un incubo ad occhi aperti, correva ma le sembrava di non muoversi. Stramazzò infine ai piedi di Kili, in ginocchio. Lacrime silenziose scorrevano sulle guance di lui che riaprì gli occhi e se la vide davanti, il bel volto contratto da una pena estrema, mentre gli sollevava la testa per adagiarla sulle sue gambe.
”Sei un’incosciente! Eri ferito, dovevi rimanere indietro!” La voce di Tauriel non aveva più nulla di elfico e delicato. Era come se dalla sua gola si liberasse a stento, compressa da qualcosa.
“Tauriel, anche tu hai avuto la tua parte di ferite, a causa mia…-“ Un sorriso triste si allargava sul visetto agonizzante di Kili.”Fili, mio fratello maggiore, è morto"-un sospiro aveva interrotto le parole Kili-“…aveva visto quell’essere alato avvicinarsi a te…ti chiede perdono per non averti avvisata…ci chiede perdono per tutto…”La voce di Kili, come quella di Tauriel, faticava, lacerata da una sofferenza indicibile.
”Mio cielo stellato…lo perdono…ma non posso perdonare te per esserti lasciato distrarre.”
Il rimprovero di Tauriel suonava dolce alle orecchie di Kili. ”Mia luce, dove sei tu ogni altra luce svanisce.” Lui aveva allungato una mano verso una ciocca di Tauriel, mentre anche lei aveva preso a carezzargli i capelli scuri e arruffati dalla lotta.”Quando mi sei apparsa per la prima volta ho creduto che qualcosa di sublime fosse finalmente entrato nella mia vita…non leggende, non storie antiche, non chimere…ma tu, così reale ed irreale al tempo stesso. Ed ho compreso che sognare dopotutto non era da sciocchi...”
Tauriel gli afferrò una mano ricoperta di graffi.“Io non conoscevo nulla a parte la diffidenza della mia gente per tutto ciò che non fosse simile a noi…Ma quando ti ho incontrato, perfino la nostra grande differenza sembrava accrescere ciò che iniziavo a provare…fin da subito ho sentito un legame tra le nostre essenze, i nostri ideali…”
Kili la interruppe, concitato, aspirando ancora una volta l’odore di lei, come se in quegli ultimi respiri vi fosse tutta l’aria che avesse mai respirato.”Si Tauriel, tutto ci univa…”. Tauriel inarcò le sopracciglia, tentando inutilmente di ricacciare indietro le lacrime che si affacciavano, prepotenti, in quell’azzurro una volta calmo e sereno.”Tutto ci unisce. Ci unisce ancora!”.
L’ostinazione nel tono di Tauriel intenerì Kili, mentre lei gli accarezzava la guancia ricoperta di barba, osservando l’autunno negli occhi di lui trasformarsi lentamente in inverno…
”Tauriel, non avevo mai amato prima di te…mai.” Un singhiozzo improvviso scaturì dall’elfo.”E io amo solo te…non ho amato che te…non portarmi via tutto questo!” Si era abbassata all’improvviso su di lui,afferrandogli il volto tra le mani, ricoprendolo di baci, mentre Kili, con le ultime forze nelle piccole dita, l’attirava verso le sue labbra…
Fu un bacio lento e lungo, mentre le loro braccia si cercavano un’ultima volta, stringendosi affannosamente, fino a quando Tauriel non avvertì che la presa di Kili veniva a mancare, piano dapprima, poi sempre di più…
Allora scostò il suo viso da quello di lui quel poco che bastava per guardarlo negli occhi.”Era per te…era per te che cantavo, mio amore!”
Kili le sorrise, stanco.”E io ti ascolterò ancora, ti amerò ancora…Non lasciare che il tuo canto muoia con me.”
A quelle parole appena sussurrate Tauriel stava per replicare con foga, quando in un attimo vide la vita sfiorire da quel volto che adorava e che ormai era immobile, cristallizzato per sempre in un’espressione innamorata.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** La luna di fuoco ***


La pelle di Kili era già fredda, eppure a Tauriel sembrava emanasse ancora quel calore che così poche volte aveva potuto percepire.
Aveva poggiato una guancia sulla sua fronte, senza emettere né udire alcun suono, ignorando il clangore della battaglia che si concludeva, non accorgendosi nemmeno di Legolas che, raggiunta infine la collina, si stava avvicinando a lei, a loro…
Tauriel alzò di scatto il viso verso di lui, guardandolo come un intruso, un’espressione che inchiodò al suolo Legolas. Egli si disse che per la prima volta vedeva cos’era l’amore, cos’era il dolore. Era in quell’elfo che, incredibilmente, teneva tra le braccia quel nano, come se volesse ancora proteggerlo…Legolas allora se ne andò affranto per Tauriel e per sé stesso, allontanandosi senza che lei lo fermasse...

Colpita da un pensiero, Tauriel estrasse la pietra runica dalla cinta a cui era saldata. L'accarezzò brevemente, per poi chiuderla nel pugno guantato di Kili, stringendolo forte e chinandosi a deporre un'ultimo bacio sulle labbra immobili... Si portò quindi la mano di lui sulla guancia, voltandosi, incapace di guardarlo oltre...

Riconsegnandogli la pietra era come se gli avesse silenziosamente chiesto di prometterle l'impossibile: tornare da lei...
Quel pensiero allora l'attraversò improvvisamente, insieme ad un altro...egli non poteva più stringere la pietra runica, ma qualcun'altro avrebbe potuto, avrebbe voluto...

Più tardi, quando vennero a portare via i caduti sulle barelle, ella rifiutò di far deporre Kili in una lettiga, così lo sollevò amorevolmente, portandolo in braccio fino al campo di battaglia ormai sgombro da nemici, dove i soldati avevano condotto morti e feriti.
Qui i nani attendevano di conoscere le sorti del loro Re e dei loro principi. E quando videro i corpi disfatti di Fili e Thorin la loro delusione e la loro sofferenza li lasciò impietriti. Ma ancora di più li colpì l’immagine di Tauriel che avanzava, col corpo di Kili stretto a sé, mentre la testa di lui posava dolcemente sul petto di lei, come se dormisse…
Ognuno di loro, soprattutto Bofur e Oìn, compresero subito…e grande fu la loro ammirazione per quell’elfo femmina, mentre adagiava il loro principe più giovane accanto a suo fratello e a suo zio, per poi voltarsi e allontanarsi, sulle gambe malferme…

L'indomani i lamenti dei morenti rimbombavano nella mente di Tauriel, mentre aiutava i feriti, silenziosa e svelta. All’apparire di Gandalf però, ella lasciò andare la benda che teneva in mano e gli corse incontro, trafelata.
”Il Re? E’ sopravvissuto?”. Mithrandir le aveva sorriso benevolo ma triste.
”Sta morendo…ha ringraziato tutti i suoi compagni, me, e Bilbo…gli abbiamo finalmente restituito l’Archengemma, che sarà seppellita insieme a lui e ai suoi nipoti.”
Tauriel si rammaricò per la sorte dello zio di Kili, ma ringraziò mentalmente Gandalf per non aver pronunciato quel nome che le era impossibile scandire, anche solo nei suoi pensieri.
Gandalf, serio, proseguì.“Thorin vuole ringraziare anche te.” Tauriel ne fu commossa e spaventata al tempo stesso, ma non indugiò e si diresse subito al capezzale di Thorin, trovandolo ormai allo stremo delle forze, spento in viso. Lei gli si avvicinò, rimanendo in piedi, affranta.
“Ho saputo che hai combattuto al fianco di Fili e Kili in mia difesa. Ho saputo con quale dedizione hai trasportato il corpo di mio nipote Kili-“.La voce grave di Thorin stava per intimorire Tauriel, ma il re le sorrise magnanimo.
”Quella notte nelle celle vi ho sentiti parlare della pietra runica che mia sorella gli diede…dapprima mi infuriai, poi pensai fosse una sciocchezza tra giovani, una follia, data la vostra situazione…ma ora…“Il Re tossì terribilmente.”-Dìs, sorella mia! Ti ho strappato i tuoi figli nel fiore dei loro anni, delle loro gioie…perdonami!”
Tauriel a quel nome si fece avanti.”Maestà, ho io la pietra runica di Dìs…vostro nipote la diede a me prima che iniziasse tutto questo…e io meditavo già di riportarla a vostra sorella...Se me lo permetterete.”
Thorin aveva alzato lo sguardo su di lei, riconoscente.”E sia. Ella si trova sui Monti Azzurri, a nord da qui…troverai facilmente la strada seguendo la prima stella che sorge la sera…Ah, i Monti Azzurri…finalmente avevamo trovato rifugio…fu lì che crebbero Fili e Kili…li ho cresciuti io, come fossero miei…il padre morì insieme a mio nonno…”
La mente di Thorin ormai vacillava e Gandalf fece cenno a Tauriel di lasciarli.

I funerali si svolsero il giorno seguente, sulla spianata di fronte all’ingresso della Montagna Solitaria. Nel cordoglio generale le tre salme di Thorin e dei suoi nipoti sfilavano, magnificamente vestiti nelle loro cotte migliori, attorniati dagli splendidi fiori Ricordasempre, accompagnati dal suono mesto delle arpe e dallo sguardo in lutto di Tauriel.

Aveva composto lei il corpo di Kili e ora che lo osservava mentre veniva tumulato insieme ai suoi cari avrebbe voluto slanciarsi dalle file degli Elfi e correre fino alla fossa, fermare tutto, impedire che Kili fosse calato lì dentro per non uscirne mai più…
Ma rimase ritta e immobile sul suo cavallo, avvolta in un nero manto, ascoltando senza comprenderle, le numerose lodi in Khuzdul, i lamenti funebri, lo sciamare della gente…

Appena l’enorme pietra fu posta sulla tomba regale, Tauriel voltò immediatamente il cavallo, partendo furiosa al galoppo, un unico pensiero in mente, le Montagne Azzurre. Ma esse erano lontane e il viaggio fu più lungo e penoso di quanto avesse creduto.

Quando infine arrivò alle porte delle dimore dei Nani, cadde dalla sella sfinita, rimanendo a terra per un tempo che non seppe calcolare, prima che molte braccia la sollevassero e la trascinassero all’interno di una scura fortezza, per grandi camere spoglie, fino ad un immenso salone ricoperto di drappi logori e scudi ammaccati…

Una voce femminile, autoritaria ma dolce al tempo stesso, risuonò alle orecchie di Tauriel.
”Perché la tenete come se fosse un sacco? Conducetela ad un giaciglio, sfamatela...e forse allora saprà dirci cosa può aver condotto un elfo femmina alle porte delle terre dei Nani delle Montagne Azzurre.”
Tauriel, che aveva riaperto gli occhi, vide una figura piccola e un po’ tonda -ma non per questo meno nobile- con una lunga treccia castana che contornava un viso dai tratti gentili. Era Dìs, la madre di Kili. Non poteva non essere sua madre..
Quello sguardo buono che si stava posando su di lei, quel sorriso contagioso che si stava allargando sul suo stesso viso…
 
Tauriel si gettò ai piedi della principessa, mentre le guardie facevano per rialzarla e Dìs invece le congedava, come colpita da un’improvvisa intuizione.
”E’evidente che hai affrontato un lungo cammino ed è quindi qualcosa di grave o d'importante a muoverti…vuoi parlarmi vero? Ebbene, ti ascolto.”
Ma Tauriel invece di parlare sfilò la pietra runica dalla cintura che le attraversava il busto, tendendola nel palmo della sua mano verso Dìs…
Un’improvvisa certezza dilagò nell’animo della madre di Kili che, tremante, si avvicinò alla mano tesa di quell’elfo, cercando di negare a sé stessa che quella fosse la pietra runica di suo figlio minore. Ma prendendola tra le sue dita e rileggendo la promessa che vi aveva fatto incidere per lui-”Torna da me”-non seppe resistere oltre e proruppe in un verso di dolore, mentre si portava la mano alla bocca.

Tauriel osservava quella sofferenza provandone un’altra diversa, eppure simile. La voce di Dìs emerse infine dalle sue mani raccolte davanti al viso, mentre premeva con forza le sue labbra sulla pietra.”Kili! Figlio mio, bambino mio dolce, ti ho lasciato andare a morire in guerra, proprio come fece tuo padre…e questa è la mia punizione…avrei dovuto tenerti con me, insieme a Fili...impedire a mio fratello Thorin…”
Si fermò di colpo.”Che ne è stato di loro due? Dimmelo, te ne prego!”
Tauriel la guardò mestamente.”Ho combattuto al loro fianco contro gli Orchi alle porte di Erebor. Sono stati fieri e coraggiosi fino all’ultimo, battendosi per la vostra terra natìa, difendendosi l’un l’altro strenuamente…-”Tauriel non riusciva a continuare, balbettava e Dìs scoppiò in un pianto straziante. ”Dimmi...hanno sofferto?” Tauriel abbassò lo sguardo a quella domanda.”Mia signora, erano troppo storditi dalle ferite…Kili è stato l’ultimo a cadere...l’ho sempre difeso ma stavolta non ho potuto fare nulla…nulla!”
Piangeva anche lei ormai e Dìs,stupita, all’improvviso comprese.
”Amavi mio figlio?”
La tenerezza nel tono della principessa dei Nani vinse le ultime resistenze di Tauriel.”Si! Non me ne vogliate, ve ne supplico!”
Ma Dìs, anche se sconvolta, afferrò le mani di Tauriel, stringendo insieme a lei la pietra runica. ”Ed egli ti amava?”
La giovane, singhiozzando, chinò il capo accennando di si.”Il tuo nome?” L’elfo aveva bisbigliato, come intimorita.
”Tauriel. Nella mia lingua significa…-”Ella era abituata a dirlo, ma ormai cosa significasse il suo nome non aveva più importanza.”Tauriel! Non posso volertene per aver avuto a cuore il mio Kili! Ti ho chiesto se ha sofferto,ma se è stato con te fino all’ultimo allora mi consola sapere che non fosse solo! Che fosse amato, che ci fossi tu con lui al posto mio!”.
Il sorriso di gratitudine di Tauriel rincuorò Dìs.”Vieni, voglio condurti nella sua stanza”-riprese Dìs con uno strano tono-“mostrarti dove intagliava piccoli nani di legno, dove si accoccolava con suo fratello, suo zio e me accanto al fuoco, ascoltando i nostri racconti…”
La commozione di Dìs aumentava mentre, stupita dall’altezza e dalla bellezza di Tauriel, le faceva strada fino ad una cameretta bassa, con due letti intagliati nella pietra, soffici e colorate coperte di lana adagiate sopra e un camino scoppiettante in fondo alla stanza. Tauriel l’aveva immaginata proprio così, casa sua, immaginato i suoi giochi di bambino…
”Posso chiedervi…posso avere l’ardire di riposare in questo letto stanotte?”

La timida richiesta di Tauriel incontrò la comprensione di Dìs che le fece un cenno benevolo.”Dormi pure qui. Sarai affaticata, riposa, domani parleremo ancora…”
La preoccupazione per colei che Kili aveva amato attenuava in parte il dolore di Dìs. Ella si spinse a baciare la mano a Tauriel che, imbarazzata, fece una riverenza alla principessa dei nani, mentre questa le sorrideva triste, chiudendo la porta dietro di sé.
Rimasta sola, Tauriel pensò che avendo riconsegnato la pietra runica a sua madre non le rimaneva nient’altro da fare per lui, ormai…
Mentre rifletteva così scorse dalla finestrella triangolare una strana luce rossastra che la attirò. Enorme, proprio come l’aveva descritta Kili quella sera nelle prigioni, una luna di fuoco si stagliava nel cielo, non lasciando spazio a null’altro. Tauriel dapprima fu intenerita dal ricordo, ma poi pensò che quella luna era rossa del sangue di Kili, che egli non avrebbe più potuto ammirarla, né lei avrebbe più potuto ammirare i suoi occhi ingenui mentre la fissavano…

Vinta dall’angoscia, si stese sul letto di Kili che riconobbe dal piccolo arco appeso alla parete. Accarezzando le morbide coperte, poggiando la testa sullo stesso cuscino sul quale egli aveva a lungo sognato, combatteva col suo respiro perché si placasse.
“Mai più! Non lo riavrò mai più!”
Forti singulti la scuotevano ed ella, chiudendo gli occhi con forza, si portò le mani al petto, dove sentiva qualcosa che si torceva, terribilmente, mentre tutte le immagini di loro due insieme, innamorati e felici, le scorrevano davanti, impietose...

Ma l’agonia -perché di questo si trattava, Tauriel lo comprendeva ora- continuava inesorabile. Il suo cuore era spezzato, la sua essenza annichilita, tutto il suo essere iniziava a sfaldarsi, mentre una luce irradiava dal suo corpo, rilasciando le ultime energie.

Qui dove hai visto il tuo primo giorno, qui voglio che sia il mio ultimo. Non nel fulgore delle terre immortali degli Eldar, non tra i miei simili, ma con te che eri più simile a me di chiunque altro, con te voglio rimanere…”

Una vibrazione improvvisa l’aveva scossa. Dal buio circostante vide emergere la luce del sole…no,non era il sole, ma una strana luce, opaca dapprima, poi più intesa…
Stupita, chiedendosi cosa le fosse accaduto, si guardò attorno, scoprendo che al posto delle lenzuola sotto di sé vi era erba, erba dorata tutt’attorno, fin dove poteva vedere…
 
Si destò del tutto, ritrovandosi appoggiata ad un tronco d’albero che ,solitario, si ergeva al centro di quella valle apparentemente infinita...

“Tauriel!”
La voce di Kili irruppe improvvisa e meravigliosa dalla cima e Tauriel si alzò di scatto, sollevando lo sguardo gioioso. Egli era seduto, le gambine penzoloni, su uno dei rami. “Sali da me!”
Si erano sorrisi, ritrovandosi, mentre Tauriel si arrampicava fino a lui, su in alto…
 
 

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Capitolo 11
*** Ritorno a Bosco Atro ***


Versione alternativa, successiva alla morte di Kili.










Il semplice susseguirsi dei paesaggi attorno a lei era ancora fin troppo da tollerare. I raggi del sole che si ostinavano a giocare sul suo viso ogni volta che i boschi che attraversavano si facevano meno radi erano insopportabili…

Tauriel avrebbe voluto oscurare il sole, annegarlo in un turbinio di nubi, soffocare per sempre il vento che le soffiava-un tempo bene accetto-sul viso contratto da un dolore sconosciuto…un dolore che sembrava aumentare con l’aumentare della distanza tra lei e il sepolcro di Kili.
Ella sarebbe rimasta a vegliare sul suo giaciglio eterno notte e giorno se Thranduil, affranto dalla pena di quella che a lungo aveva considerato come una figlia, non l’avesse fatta sollevare di peso dai suoi, quando infine la prostrazione l’aveva vinta…
Tauriel si era risvegliata in sella al suo cavallo…o meglio adagiata alla sua groppa,ormai in cammino verso Bosco Atro, verso casa…
Ma quale casa poteva mai attenderla, lì dove un tempo c’era stata la sua vita e ora invece vi era solo silenzio? Prima ancora di giungere in vista della sua terra ricordò con amarezza l’oscurità che l’avvolgeva, l’oscurità alla quale, stando alle parole di Thranduil, Legolas non aveva voluto fare ritorno.
Le era bastato scambiare un’occhiata col Re per intuire che egli la voleva con sé, per riparare all’assenza del suo erede e per riparare ai dissidi che vi erano stati tra loro due.
Tauriel però languiva mentre attraversava il ponte che conduceva alla reggia nascosta degli elfi silvani, osservando con apprensione i robusti cancelli che venivano richiusi alle sue spalle, nuovamente…

“Confido che entro breve tempo saprai riacquisire meritatamente il tuo ruolo di capitano della mia guardia. Non intendo privarmi della tua destrezza e saggezza,figlia della foresta…” Thranduil, maestoso nel suo trono, aveva parlato con un tono pacato e il suo sguardo imperscrutabile l’aveva attraversata, mentre lei chinava il capo in segno di gratitudine.
”Mio signore, siete stato misericordioso a perdonarmi per la mia fuga e a volermi riammettere nel vostro Reame...”
Tauriel avvertì come un vuoto d’aria, stava per balbettare, lo sentiva…ella odiava ed amava Thranduil che considerava come un padre ma che…in fin dei conti aveva indirettamente causato la morte di Kili, non intervenendo in suo aiuto.
Credette di impazzire osservando il sorriso di inconsapevole condiscendenza di Thranduil. S'inchinò quindi à mò di congedo, dirigendosi con passo falsamente sicuro verso la sua piccola stanza ricavata dalle radici degli alberi soprastanti…
Un tempo le piaceva aggirarsi in quello spazio angusto, intricato, illuminato dai pallidi riflessi delle acque sottostanti, raggiunto raramente da qualche voce elfica…
Ma ora ogni cosa attorno a sé le sembrava nemica. Sedette quindi allo specchio, timorosa di guardare cosa ne era di lei…
Un viso pieno di grazia le stava dinnanzi, ma era come accartocciato e sfibrato, mentre gli occhi una volta luminosi e misteriosi, giacevano ora inermi. Fu allora che notò che la cicatrice subita durante la battaglia delle cinque armate la deturpava ancora dopo giorni, cosa incredibile per un’elfo…
Non riuscì a fissarsi oltre e iniziò a sciogliere attentamente l’elaborata acconciatura che aveva resistito ben poco a quei trambusti…i suoi compagni le avevano versato dell’acqua addosso quando l’avevano trascinata via dalla tomba di Kili, ma ella non si era lavata, non aveva indossato altre vesti da allora e si stupiva di come nessuno si fosse ritratto da lei con disgusto….lo stesso disgusto che la animava ora contro sé stessa. Ella infatti si odiava perché era viva,mentre lui era morto. Morto per salvarla, per permetterle di continuare a vivere, anche se vivere ormai le era impossibile…
Serrò violentemente le dita attorno alle rosse ciocche, emettendo un forte gemito e alzandosi di scatto…

Quando riacquistò consapevolezza di sé avvertì il freddo implacabile delle cascate di Bosco Atro sulla pelle...
Vi si era diretta senza nemmeno rendersene conto e ora era lì, sotto quel getto fortissimo, lo stesso che aveva sospinto Kili via da lei quel giorno, fuori dalla chiusa di Bosco Atro, fuori dalla sua vita, apparentemente…
Allora con un brivido energico si tolse dal getto, annaspando e iniziando ad arrampicarsi sulle pareti rocciose in alto, solo per scoprire di trovarsi nel punto in cui le cascate attraversavano le prigioni.
Si diede allora un’ultima spinta fino a trovarsi ai piedi dei gradini, gli stessi sui quali si era seduta ascoltando Kili raccontare di sé, quella sera benedetta, quella sera maledetta…
Rimase prostrata al suolo a lungo, confusa, prima di rialzarsi e avanzare quasi strisciando, fino alla cella di Kili, aperta e orribilmente vuota…
Coi capelli bagnati attaccati alle guance, fissò quella buia gabbia che aveva contenuto ciò che di più prezioso aveva mai immaginato. Entrò quindi con un tremito che non era solo di freddo, avvolgendosi nelle sue stesse braccia, mentre si sedeva su quel rialzo di roccia sul quale lui aveva rimuginato e dormito…
Fu allora che udì strane parole attorno a lei, mentre tutto ciò che si erano detti quella notte, la prima di tante, rimbombava tra quelle pareti,confondendosi col presente...
"Quale promessa?”. Tauriel sospirò forte ricordando la risposta di lui..."Che sarei tornato da lei."
Le parve di udirlo come se lui fosse lì presente...si costrinse allora a chiudere gli occhi per richiamare alla mente quell’espressione furba e al tempo stesso innocente di lui, così sicuro di sé eppure così fragile…
“Torna da me!”-si sorprese a sussurrare…
In quel momento avrebbe voluto stringere la pietra runica, ma ormai l'aveva restituita a Kili...e avrebbe davvero voluto credere che avesse dei poteri magici, come lui le aveva detto quella sera.
Se qualcuno oltre i Nani leggesse queste rune sarebbe eternamente dannato!”. E così era stato. Ella era condannata ormai, lo sapeva bene, mentre cercava di ricordarsi cosa significava poter respirare, poter pensare…ma lui le aveva mostrato troppo perché ora lei potesse tornare indietro. Quella felicità esisteva ma non sarebbe mai più stata sua…Tauriel adesso singhiozzava forte, senza lacrime.
-”Amrâlimê!!”-ripeteva nella lingua di Kili, come se così lui potesse sentirla meglio-”Mio amore!”- incapace di fermarsi…
Ella sapeva cos'aveva voluto dirle Kili quel giorno sulla riva, l'aveva sempre saputo...
Thranduil nel frattempo era accorso non appena le guardie lo avevano richiamato a gran voce, trovando Tauriel nella cella, in quello stato… Il Re allora avvertì allora una fitta di compassione, sentendo Tauriel storpiare ingenuamente quella lingua di cui conosceva solo quella parola…
 
 
 

 




Note:
-Cominciando dalla morte di Kili, questa versione vede Tauriel lasciare la pietra runica nel suo pugno, a Collecorvo, perché sia seppellita con lui.
-Il funerale, pur essendo successivo alla scena della pietra runica, può essere considerato come inglobato a questa versione alternativa. Immediatamente precedente alla parte in cui Thranduil fa sollevare Tauriel dal sepolcro di Kili.

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Capitolo 12
*** Lividi ***


Gli elfi silvani avevano iniziato a mormorare sull’ex capitano della guardia da tempo ormai, ben prima di sapere che ella una notte si era rinchiusa da sé nelle prigioni…

Molti infatti, fin dalla sua folle diserzione, reputavano la sua condotta imperdonabile e non tolleravano che invece il loro Re l’avesse riammessa nel loro reame. Anche se ella sembrava piuttosto riluttante a rimanervi…
“Fin dal suo ritorno quell’insensata non ha fatto altro che aggirarsi affranta, nell’aspetto e nei modi del tutto simile a una mortale, affliggendo con la sua presenza ognuno di noi.”
Al posto di guardia, un alto elfo castano dal piglio orgoglioso-un pretendente al posto di capitano-bisbigliava al suo compagno accanto a lui, vedendola passare…
Tauriel, diretta verso i boschi, in attesa che si aprissero le porte, cercò di sopprimere il suo udito elfico, fingendo di non sentirli malignare alle sue spalle…L’altro allora riprese ancora più sommessamente. ”Ella ha portato l’ombra della morte tra noi...Noi,gli immortali! Costretti ad assistere a questo sfacelo ogni giorno…per giunta la sua cicatrice ancora non si è rimarginata e questo non è normale…lei non è normale!”.
Tauriel strinse le labbra per reprimere un grido,ma quando stava ormai per varcare l’enorme portone udì di nuovo l’elfo castano sussurrare. ”No,ella ha perso la grazia degli Eldar…e il motivo della sua fuga è a dir poco abominevole. Lei,un comune elfo silvano,ha rifiutato le immeritate attenzioni del nostro principe ed è scappata con un miserabile Nano! Un principe dei nani,beninteso”-lo scherno nella voce melliflua dell’elfo era palpabile-“…lo stesso sulla cui tomba,davanti a tutta una folla di elfi,umani e nani,ella ha osato svergognarci,levando per lui i lamenti funebri sacri alla nostra gente!”.
Tauriel aveva tollerato le ingiurie su sé stessa a lungo, ogni qualvolta incrociava i suoi simili-che iniziavano a sembrarle sempre meno simili-evitandoli il più possibile. Ma la verità era che non aveva più nessun amico dopo che Legolas era partito… E così era rimasta sola con sé stessa, anche quando Thranduil l’aveva fatta scortare di nuovo nei suoi alloggi, quella notte, ed ella aveva intravisto i sorrisini negli occhi cerulei delle guardie che la sorreggevano…Successivamente si era sentita dire di tutto, aveva resistito a tutto…Ma l’insulto alla memoria di lui calò pesante sul suo petto,come la mazza di quell’Orco…
“Tacete!”.
 
I due elfi fissavano sconcertati Tauriel che, vestita d’argento,come ormai usava da tempo, stava ritta davanti a loro,le mani pronte sui pugnali.
”Dubito che il nostro Re gradirebbe sapere che invece di svolgere il vostro compito vi soffermate nei meandri scuri a bisbigliare oscenità!”. La voce di Tauriel risuonava irriconoscibile ai due elfi,priva della musicalità tipica degli Eldar. Ed essi si accorsero che il pallore del volto di lei,lungi dal diminuire, era aumentato col tempo, mentre il colore dei suoi occhi e dei suoi fulvi capelli sbiadiva e profonde rughe innaturali iniziavano a solcare la sua fronte. Compresero allora perché alcuni ormai, crudelmente, la chiamassero Lithiel, Figlia della Cenere. Ma il più spavaldo dei due si schiarì la voce e fece una smorfia di sufficienza.”Non siamo i soli a non svolgere il nostro compito…e quanto ad oscenità,non ce ne sarebbero da narrare, se non fossero state concepite in principio, mia signora…”. Tauriel non gli aveva lasciato terminare la frase e si era slanciata, furiosa, verso di lui, quando il suono alto e imponente del corno del Re la fermò. Era il segnale che annunciava l’ennesimo attacco dei ragni…Ella allora lasciò la presa sulla veste dell’elfo silvano con disprezzo,mentre questi sgranava ancora gli occhi,tremante, osservandola correre fuori, prima fra tutti…

Ma Tauriel non correva verso i nemici per proteggere Bosco Atro come un tempo, no, ella correva perché ne sentiva il bisogno, scoccando frecce velocissime, tranciando di netto teste e chele, urlando di rabbia e frustrazione… Quando però udì arrivare i rinforzi abbandonò quella zona del bosco,dirigendosi impulsivamente verso la parte est, dove era giunta quel giorno…Non le era mai accaduto prima, ma ora sentì il fiato mancarle per la corsa, poco prima di giungere nel punto in cui aveva incontrato e salvato Kili,mesi addietro…
Si piegò in due poggiando le mani sulle ginocchia, ansimando, guardandosi attorno e riconoscendo il luogo attorno a sé, osservando le carcasse ormai quasi dissolte dei ragni che avevano ucciso assieme… E pensò che quel posto le era parso meraviglioso quel giorno, mentre ora avvertiva lo squallore di quei vecchi arbusti, l’odore putrescente delle foglie sotto di sé, la cupezza della luce che a malapena filtrava dai rami bitorzoluti…Questo era il luogo dove avrebbe visto scorrere tutte le ere, dove avrebbe atteso che la Terra di Mezzo si sfaldasse e si ricreasse di nuovo, senza forse poterlo rivedere mai, nemmeno allora…
Tauriel,chissà dove vanno le nostre essenze una volta morti.”
L’elfo si portò le dita alle tempie e pensò che stava succedendo di nuovo…i ricordi di ciò che si erano detti in quelle innumerevoli notti nelle prigioni riaffioravano ancora…
Intendi voi Nani? Non dovresti saperlo?”. Kili a quella domanda le aveva sorriso con fare sardonico,allargando le braccine e sbuffando. “Ma come, non sono solo un Nano ignorante, che non può competere con la grande sapienza degli Eldar?”.
Tauriel si era sporta oltre le sbarre assestandogli un lieve buffetto sul petto.”Smettila Kili! Non ho mai preteso di avere una cultura più vasta della tua…mi sembrava solo strano che tu non fossi a conoscenza di una cosa così importante sulla tua specie”. Pronunciare quell’ultima parola le era sembrato ingiusto e tuttora ne rifiutava il significato stesso.
Tauriel, io so bene cosa mi aspetta.” Un’espressione sicura e mite aveva animato il viso di Kili, mentre con voce profonda seguitava a riflettere.”Il nulla. Anche se i nostri Padri raccontavano che il nostro Artefice Mahal riunirà tutti i Nani nelle sue Aule d’Attesa…ma io sono più propenso a credere che il nostro spirito rimarrà semplicemente ancorato alla terra e alla pietra da cui proveniamo.”
Tauriel ricordava di essere rimasta colpita da una tale accettazione serena del proprio destino. “E questa,mastro nano,è anche una nostra antica credenza, a onor del vero. Ma sono sicura che tu lo sapessi già…o sbaglio?” Kili aveva scosso il bel capo scuro, ridacchiando…ma poi,fattosi serio aveva aggiunto:”E di voi invece, che ne è dopo la morte? Se di morte si tratta davvero…sai Tauriel, penso che se fossi uno di voi l’eternità mi spaventerebbe”.
Lei aveva smesso di sorridere ad un tratto,immaginando come tutto sarebbe stato più semplice se lui fosse stato un elfo come lei. Lo aveva fissato con tenerezza, dicendosi che non voleva che lui cambiasse, né voleva cambiare lei.
In realtà per noi è tutto diverso, ma io non ci penso spesso…pur dovendo ammettere che mi sento inquieta anch’io a volte.” Gli aveva indirizzato un’espressione buffa e lui aveva fatto schioccare la lingua.“Ebbene Kili,se lo vuoi sapere quelli di noi che periscono per mano altrui o per la propria-“ lui aveva allargato la bocca, stupefatto-“si accade anche questo Kili,seppur molto raramente…ad ogni modo, anche la nostra fiamma viene preservata e condotta...”Qui Tauriel aveva fatto una pausa,rendendosi conto che una verità che aveva sempre conosciuto le sembrava ormai inaccettabile-“…nelle Aule d’Attesa di Mandos…del tutto separate dalle vostre.”

Lei aveva terminato quella frase con fare incerto e gli occhi grigi e indecifrabili di Kili si erano intristiti, mentre ciò che aveva immaginato gli veniva ora confermato,orribilmente, senza più alcun dubbio o velo di mistero.”Oh Tauriel…non molti tra la mia gente si pongono domande su voi elfi…e perciò non potevo sapere…e ora che lo so…”. Tauriel aveva sospirato, distogliendo per un attimo lo sguardo.”Ora che lo sai…?”. Kili si era lasciato scivolare verso il pavimento della cella, lei lo ricordava bene.”…ora tutta la differenza tra noi mi appare tremendamente reale…e fa male.” La voce malinconica di Kili le aveva spezzato il cuore, ma ancora di più il fatto che lui avesse abbassato il capo,come sconfitto…Tauriel allora aveva subito replicato.”Avranno stabilito così per evitare che i nostri popoli si insultassero a vicenda anche da morti.”
Aveva provato a sdrammatizzare e il sorrisino adorabile di lui che sbucava di nuovo da quella massa di capelli scuri l’aveva ricompensata…Aveva allontanato quei pensieri allora, affrettandosi a salutarlo al sopraggiungere del cambio della guardia,come sempre…
 
Ma adesso non c’era nulla che potesse dire o fare per diminuire l’atrocità di quella consapevolezza. Che la fiamma di Kili si fosse rifugiata nelle rocce o nella terra, o nelle Aule di Mahal…egli si trovava pur sempre dove ella non avrebbe mai potuto raggiungerlo…E i singhiozzi senza lacrime che ormai la torturavano da tempo, riapparvero a quel pensiero, riecheggiando tra gli alberi spogli, scuotendola tutta…Ma in quel punto fu interrotta da una voce che conosceva bene…
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Una verità per una verità ***


“Chi o cosa ha causato le tue lacrime, figlia del bosco?”

Tauriel si voltò di scatto verso una quercia avvizzita, accorgendosi con orrore che una strana figura stava uscendo da un’enorme incavo scuro al centro del tronco… Ed era una donna…
No, non una donna, ma uno strano elfo femmina, o almeno così sembrava…di un’età indescrivibile e dal portamento fiero, ella era avvolta di viola, pallida e filiforme come i licheni che le ricadevano sulle spalle leggermente incurvate…

Tauriel sgranò gli occhi mentre quella creatura si avanzava verso di lei, portando ingenuamente le mani in avanti come a volersi proteggere…ricordava infatti quella voce profonda che correva tra i rami, chiamandola… le accadeva fin da quand’era fanciulla, ogni volta che si trovava sola in quei boschi. Ma ora che contemplava per la prima volta la fonte di quella voce misteriosa, tutto lo smarrimento e la sofferenza di quei giorni proruppero all’improvviso.

”Spirito ingannatore! Non tormentarmi più coi tuoi bisbigli! Lascia queste contrade per sempre…lasciami sola!”. Le ultime parole Tauriel le aveva quasi gridate e in preda allo sgomento aveva indietreggiato fino a perdere l’equilibrio e ritrovarsi a terra, tra le carcasse maleodoranti…

“Menti a te stessa definendomi uno spirito…”. L’espressione triste nel volto di quell’essere colpì Tauriel che arrancava ancora al suolo.”…a lungo ti ho osservata correre, ridere, combattere, in queste lande…mai avrei osato mostrarmi a te, ma adesso che ho udito per la prima volta il tuo pianto-dal tuo primo pianto-non ho saputo resistere.” L’anziana elfo si era chinata su di lei con fare protettivo, allungando una mano come a volerla accarezzare…
Ma Tauriel, svelta, si rialzò brandendo l’arco e incoccando prontamente la freccia, attendendo una qualche reazione violenta che, stranamente, non vi fu. L’elfo viola infatti la fissava con rammarico. ”Uccideresti colei che ti ha condotta alla grazia?”.

I muscoli tesi dell’avambraccio di Tauriel si contrassero ancora di più all’udire quella frase orrenda e meravigliosa al tempo stesso…ella serrò la mascella però, diffidente. “Menzogne! Come potresti…-“una tenerezza invincibile assalì Tauriel-“…come potresti essere lei?” E lo sconforto nella sua voce stupì entrambe, mentre rimanevano immobili, una dinnanzi all’altra. Ma Tauriel, sconvolta, ormai riconosceva qualcosa in quella fisionomia devastata dal tempo...

“Figlia! Non potevo rischiare di danneggiarti e ho preferito privarmi di te…ma non è passato un secolo senza che io non anelassi di rivederti e invoco a testimoni tutti i Valar…”Il rumore dell’arco di Tauriel che si schiantava contro una roccia risuonò forte.”Non scomodare i Valar! Nessuno di loro, nemmeno il più pietoso potrebbe assolverti per un tale gesto!”. Il disprezzo nel tono di Tauriel era implacabile e sua madre abbassò mestamente il capo, lasciando ricadere le magre braccia lungo i fianchi.”Ho temuto la tua ira ma non potevo lasciarti piangere da sola…”. Tauriel si avvicinò furiosa.”Credi che questa sia la prima volta che mi accade?! Pensi davvero che il fatto di non averti avuta con me mi abbia impedito di vivere?”. L’odio che Tauriel andava sfogando ricadeva su sua madre come pioggia rovente, ed ella non riusciva ad interromperne il flusso.”E dunque dimmi, madre, quand’è che te ne sei pentita?!”. L’elfo viola non seppe contenersi oltre.”Subito! Non fosse stato per Thalion, tuo padre, ti avrei tenuta con me! Nonostante ci avessero esiliati tutti e tre, nonostante ci avessero maledetti…!” Tauriel scuoteva il bel capo interrogativamente “Basta così! Io non so nemmeno il tuo nome!”. L’elfo femmina tentò un passo in avanti verso di lei mentre scandiva lentamente.”Nàrmoth”- Crepuscolo di Fuoco.

A Tauriel sfuggì un ghigno mentre osservava.”Ne è rimasto ben poco di fuoco, in te…ammesso ce ne sia mai stato!”. Fu allora che Nàrmoth si rabbuiò.”Ed in te, Lithiel? Si, ti ho sentita richiamare così dai tuoi compagni, quando indugiavi dopo la caccia, spersa tra i sentieri…E non c’è bisogno di possedere le arti degli Eldar per intuire che ti stai lasciando consumare da una pena immane che ti condurrà…”. Tauriel l’afferrò per le braccia.”Non ammetto parole di rimprovero da parte tua come di nessuno!”. Poi qualcosa si chetò in lei e la lasciò andare, lentamente, mentre sua madre la fissava sbigottita. ”Hai accennato ad un’esilio…hai fatto il nome di mio padre…ebbene, parla!”. Narmoth allora la guatò soddisfatta, avendo ottenuto finalmente la sua attenzione. Si voltò quindi e prese a camminare attorno a lei con fare misterioso. “Non hai mai chiesto nulla a Thranduil sulle tue origini?”. Tauriel aveva scosso la testa negativamente.”Non volevo sapere, temevo di odiarti, di odiarvi…pur non conservando alcun ricordo di voi…oh, parla, dimmi tutto, te ne supplico!”. Nàrmoth si era ritratta, falsamente sollevata da quell’accenno di debolezza nella figlia, continuando a ruotarle attorno.”Tuo padre mi ha amata molto.” Tauriel la fissò con sofferenza, le sopracciglia inarcate.”Ed io l’ho molto amato…almeno credo.” L’espressione di Nàrmoth colpì Tauriel, ed ella se ne accorse. Ma fu un attimo, sua madre riprese subito a raccontare...

“Eravamo rispettivamente i figli maggiori di due fratelli di sangue e questo, come ben sai, non è vietato, ma neppure ben tollerato tra la tua…la nostra gente.” L’azzurro negli occhi di Tauriel si dilatò, pensando con rabbia che il suo amore era ben più che biasimato dal suo popolo…e non solo dal suo.”Dunque è per questo… è stato per la vergogna…è per questo che mi hai abbandonata?!”. Sua madre congiunse le mani e rialzò il mento.”No. Ben altro mi spinse a farlo…E se avessi previsto…”. Tauriel le voltò le spalle.”Non ho voglia di udire i tuoi rimpianti. Dimmi cosa accadde e facciamola finita”. Nàrmoth si sedette su una roccia poco vicina, stancamente.”Ciò che devi sapere è che tuo padre e io eravamo ancora due fanciulli quando scoprimmo di essere attratti uno dall’altro…ed entrambi eravamo ugualmente attratti da tutto ciò che di nuovo, insolito o bizzarro incontravamo sul nostro cammino.” Tauriel ascoltava, credendo di riconoscere sé stessa in quelle parole, sperando di essere smentita…
”Andavamo spesso per colline e vallate, sempre insieme, sempre felici…ma ciò che ci fuse irrevocabilmente doveva ancora avvenire…”. Il sorriso sognante sulle labbra riarse di sua madre richiamò un altro sorriso alla mente di Tauriel, che però lo ricacciò subito nei meandri dei suoi ricordi, concentrandosi invece su quelli di sua madre…“Osservavamo la natura e i suoi fenomeni, il deperire delle piante e il rinsecchirsi dei prati…chiedendocene il perché ma senza smettere tuttavia di godere di ogni cosa…Un pomeriggio però, scorgemmo un uomo riverso al suolo, mentre cavalcavamo insieme, non lontano dalle rive di Pontelagolungo.” Tauriel sobbalzò udendo quel nome, ma Nàrmoth parve non accorgersene e proseguì, come ipnotizzata.”Egli era bruno, giovane e bello…bello come solo i mortali possono esserlo, di quella bellezza effimera e delicata che noi non possediamo e che insensatamente non invidiamo loro…ad ogni modo, io e tuo padre ci avvicinammo a lui, desiderosi di aiutarlo, o almeno alleviare la sua pena. Ma egli ormai annaspava nell’agonia…anche se questo non gli impedì di riconoscerci come Elfi. Ci parlò allora con enfasi di come avrebbe voluto salutare un’ultima volta i suoi cari, mentre il sangue continuava a scorrere dalle sue molte ferite…allora tuo padre, sensibile com’era, prese a singhiozzare per lui, insieme a me. Ma il ragazzo ci interruppe con fare mite, prendendo a raccontare delle sue giornate più belle e di come avesse inalato ogni respiro, ogni risata, che ora gli risuonava all’orecchio ancora più cara… disse anche che mai avrebbe voluto scambiare la sua sorte con la nostra…e quando spirò un sorriso di pace aleggiava su di lui.” Tauriel, le labbra socchiuse, fissava un punto indistinto tra le selve.”Quella sera stessa, mentre lo seppellivamo-secondo quelli che sapevamo essere gli usi dei mortali-ci interrogammo a lungo su ciò a cui avevamo assistito, meravigliati e interdetti al tempo stesso, poiché mai la morte ci aveva sfiorati…”. Nàrmoth osservò con piacere che Tauriel aveva posato di nuovo lo sguardo su di lei, ansiosa.”…e fu allora che, dopo aver deposto l’ultima pietra su quel tumulo, tuo padre mi chiese di rinunciare insieme a lui all’immortalità.”
 

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Capitolo 14
*** La rinuncia ***


Lo stupore di Tauriel parve non scalfire Nàrmoth, ella infatti fece cenno a sua figlia di sedersi accanto a lei, solo per riceverne un netto diniego. Era evidente che Tauriel voleva udire tutto ciò che c’era da sapere, prima di avvicinarsi a sua madre. Nàrmoth allora sorrise compiaciuta e proseguì…

“Dapprima rimasi atterrita dalle parole avventate di tuo padre. Egli mi disse che aveva sempre nutrito il desiderio di sentirsi parte del resto del mondo…e il resto del mondo cambiava e sfioriva, mentre noi rimanevamo gli stessi, nascosti in questo reame d’illusione, senza mai assaporare l’ebbrezza di sapere che tutto fosse mutabile... ma per lui l’essenza della vita stessa era in ciò che aveva provato quel giovane agonizzante sulla riva di Lagolungo, quella consapevolezza meravigliosa a cui aveva sempre aspirato…”. Tauriel osservava la madre rievocare le parole e i pensieri di Thalion e provò uno slancio d’amore filiale verso quel padre che non aveva mai conosciuto, ma che in poche frasi gli veniva svelato all’improvviso, in tutta la sua umanità. Sorrise felice, al vuoto, come se l’avesse dinnanzi in quel momento.”Padre mio, eri nel giusto!” Nàrmoth si fermò, udendo sua figlia lodarlo, ma fece mostra di rattristarsi. “Egli era invero nobile d’animo…ed è per questo che dopo le prime perplessità cedetti alla sua richiesta, quella notte stessa, donandogli la mia mente, la mia volontà, ogni mia fibra immortale…”. Tauriel arrossì a quel punto, distogliendo lo sguardo e ricordando una notte meno lontana, ma pur sempre lontana…

“Fu prima dell’ultima grande festa d’autunno, mentre gli altri danzavano attorno al fuoco… e fu allora che il tuo essere pervenne in me, ricordo bene d’averlo avvertito da subito.” Una tenerezza irresistibile si impadronì di Tauriel, mentre si rendeva conto che finalmente conosceva la sua origine e che essa corrispondeva al periodo in cui aveva incontrato Kili. Tutti i suoi lineamenti allora si rianimarono per l’emozione, ma subito si ricordò con rimpianto che ella invece non aveva concepito nulla da lui, che era rimasta sterile e vuota. Probabilmente per la grande differenza tra lei e Kili, probabilmente perché ciò non era contemplato nell’insulso ordine del loro mondo…

Vedendo sua figlia assorta in qualche fantasticheria, Nàrmoth indurì bruscamente il tono della voce.”Non sapevo ancora come avremmo potuto spogliarci del dono che tuo padre reputava una condanna. Lui però iniziò ad assentarsi spesso, assetato com’era di nuova conoscenza, divorando imponenti volumi e compendi polverosi, nelle sale della biblioteca del Re… Ed un giorno infine, mi confidò che l’unico modo di rinnegare ciò che eravamo consisteva nel privarci del nostro stesso sangue, fino a che l’ultimo residuo dell’essenza che ci componeva non defluisse via da noi, pronunciando un solenne giuramento di rinuncia. Io allora mi ribellai, gli dissi che era pura follia, che saremmo morti prima ancora di giungere alla fine…”. Tauriel inorridita, si avvicinò a sua madre che aveva preso quasi a balbettare…”…ma Thalion continuava a ripetere che se avessimo saputo dosare bene i tempi saremmo potuti sopravvivere, altrimenti saremmo morti tentando di accedere alla vita, alla vera vita…e per me la vita era lui, perciò gli dissi che l’avrei fatto.” Una lacrima silenziosa scese sulla guancia raggrinzita di Nàrmoth.”Ma quella notte d’incubo, quando mi attirò qui nel bosco, quando ormai il tuo tempo era giunto…quella notte egli mi tenne stretta a lungo nel fogliame scarlatto sotto di noi…e ciò che vedevo, ciò che provavo era solo morte!”.

Sua figlia si era finalmente gettata ai suoi piedi, congiungendo le mani sul grembo di Nàrmoth che a quel contatto gioì.”Madre mia! Ero così presa dal mio dolore che non immaginavo anche tu avessi sofferto…non così!”. Nàrmoth posò incerta una mano sulla rossa testa di sua figlia, con fare affettuoso. “Ma hai sofferto anche tu quella notte, mia luce…”. Tauriel fremette all’udirsi chiamare in quel modo, lo stesso in cui la chiamava Kili…”Tuttora mi domando come sia stato possibile per te resistere figlia mia, quando io stessa vacillavo, tentando di fuggire da tuo padre…sola, con una neonata in braccio, nel cuore della notte, in questi stessi boschi oscuri, prosciugata e sfinita…oh ricordo ancora l’eco di quel giuramento delirante che egli m’aveva costretto a pronunciare… rimbombò nel vento impazzito e nella mia mente, per tutti gli anni a venire!”. L’orrore di Tauriel aumentava, mentre si ritrovò all’improvviso a stringere inconsapevolmente le mani di Nàrmoth, che ricambiava con uguale foga. ”Quando giunsi, quasi esanime, in vista del ponte che conduceva al grande cancello, scorsi un’imponente figura levarsi alta davanti ai bastioni…ed era Re Thranduil.” Quella rivelazione raggelò Tauriel che si portò le mani alla bocca. ”Egli dunque sapeva! Mi ha mentito per tutto questo tempo, negandomi il diritto…”. Ma Nàrmoth l’interruppe, come in preda ad una visione…”Il Re allora fissò con disgusto le mie luride vesti, una volta candide…ma credo sapesse fin da prima cosa mi era accaduto…cosa avevo fatto.” Il tono di rimorso di Nàrmoth era palpabile, mentre i suoi occhi grigi si riaccendevano, pieni di sdegno.”Fu allora che mi voltai udendo giungere Thalion…Thalion-Il Forte! Pallido e tremendo nell’aspetto, il rosso dei capelli accesso dai lampi, mi rincorreva tenendosi a malapena in piedi, allungando il braccio verso sua figlia…Ma Thranduil levò una mano con fare autoritario. “Fermatevi, creature immonde e sconsiderate! Avete insozzato ciò che di puro era in voi, macchiando perfino quest’innocente che avete osato concepire fuori dalle nostre leggi!”. Thalion allora mi gridò, disperato.”Non ascoltarlo, torna da me Nàrmoth, mia fiamma…non farti ingannare da una falsa esistenza fatta di un tempo che è già morto e disfatto! Resta con me, con nostra figlia…vivremo ciò che ci spetta!” Ma Thranduil tuonò, furioso. “Non trascinerete oltre questo mio simile nella vostra pazzia! Siete liberi di andare, ma siete banditi dal mio regno poiché non voglio che inquiniate il mio popolo…non immaginate neppure a cosa vi siete votati! Che l’effetto di ciò che avete evocato insieme ricada su voi soli!”.

Tauriel piangeva ormai, mentre Nàrmoth descriveva delle sue lacrime e delle lacrime di lei, avvolta in un mantello, fradicia di pioggia e del sangue di sua madre. ”Thalion ci fissava, disperato…e forse allora comprese che il Re, nella sua saggezza, aveva ragione…cadde quindi bocconi, implorando Thranduil di perdonare almeno nostra figlia…di accoglierla e proteggerla… poiché una vita da raminghi non era ciò che desiderava per te.” La rabbia di Nàrmoth iniziava ad emergere ed ella inarcava le sopracciglia nello sforzo di contenerla, mentre Tauriel le indirizzava occhiate supplici ed interrogative… ”Nuovamente cedetti, seguendo la volontà altrui, acconsentendo ad abbandonarti, nella speranza che tu potessi apprezzare ciò che noi avevamo disprezzato:un lungo ed infinito futuro davanti a te.” Tauriel allora immaginò sua madre baciarle la fronte ed arrancare fino ai piedi di Thranduil, deponendola lì, singhiozzando e voltandosi solo quando lo sguardo implacabile del Re le aveva intimato di allontanarsi…

”Ricordo, o almeno credo di ricordare…che svenni tra le braccia di tuo padre. Egli mi trasportò a lungo, poiché il mio essere era così prostrato da non riuscire nemmeno a camminare…iniziammo quindi a vagare di nuovo insieme, ma stavolta eravamo come storditi, osservando i giorni e le ore scorrere come prima, per un tempo incalcolabile, chiedendoci se davvero fossimo diversi, chiedendoci cosa ne fosse stato di te, continuamente…Poi tuo padre iniziò ad invecchiare e a deperire, ben prima di me…per il rimpianto forse, oppure per il senso di colpa…e poi un mattino di non molto tempo fa mi lasciò. Su una collina spoglia e umida, se ne andò…non so bene se nelle Aule di Mandos o in qualche altro luogo remoto, riservato ai pochi che come lui…che come noi tentarono di ribellarsi alla loro natura.”

Madre e figlia tacevano ora. La prima seduta e accasciata su sé stessa, l’altra adagiata sulle sue gambe, gli occhi ormai asciutti...pensava all’amore improvviso che aveva provato per Kili prima, poi per suo padre...entrambi subito sostituiti da quell’angoscia che era fin troppo da tollerare...
“Madre mia, non posso giudicarti, non ci riesco. Ero convinta di poterti detestare e andarmene da qui, sentendomi serena con la mia scelta. Ma ora comprendo che tutto questo è stato frutto dell’impulsività di mio padre…la stessa irruenza che rivive in me!” Un sospiro contenuto aveva interrotto le parole di Tauriel. ”Avverto inoltre il tuo disgusto per lui…e questo mi addolora ancor di più! Non posso accettare ciò che ti ha fatto… né l’idea che sia morto…perché nella mia mente voi due vivevate felici insieme, dimentichi di me e della responsabilità che sarebbe derivata dal tenermi con voi…e invece non immaginavo nulla di tutto ciò. Se penso che a lungo ho desiderato la morte!”
“Perché mai figlia mia?!”. Nàrmoth le aveva sollevato il bel viso sconsolato, fissandola in quell’azzurro ormai incerto e carezzandole i capelli, ritrovandosi, atterrita, una rossa ciocca tra le mani, mentre Tauriel, stupita, gliela strappava di mano...

Le sue labbra allora si schiusero in un’espressione di incredulità e sollievo, mentre la stringeva tra le bianche dita. “…dunque è così. Sto morendo.” 

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Capitolo 15
*** Un'ultima volta ***


“Tu non morirai, sei immortale, sei eterna. Io mi prosciugherò presto, ma tu resterai a perenne memoria mia, di tuo padre e del nostro amore.” Nàrmoth voleva consolare Tauriel, ma si accorse che ella non l’ascoltava più, che sul suo viso si stendeva lentamente un velo di macabra gioia all’idea di morire…
Preoccupata e spazientita, Nàrmoth sbottò:”Ebbene Tauriel, perché sei giunta a desiderare così fortemente di perdere ciò che io vorrei indietro? Che ti è accaduto mai?”. Sua figlia aveva sorriso con un’aria sognante che la stupì.”Ho amato.” Sollevò una mano nell’aria, come a voler scacciare qualcosa.”No…amo ancora.” Tauriel sembrava confusa, scuoteva la testa evitando lo sguardo indagatore della madre.“Chi ha turbato così la pace di mia figlia? Se qualcuno ti ha ingannata,io…-“ Tauriel aveva afferrato le mani di sua madre, portandosele al petto.”Mai! Egli non mi ha mai mentito, io invece a lungo gli ho negato la verità...non accettavo ciò che sentivo per lui…e ho rischiato che egli svanisse da questo mondo senza il conforto delle mie parole…”
Nàrmoth spalancò la bocca per la sorpresa. ”Un mortale quindi! Chi era costui? Parla!”. Gli occhi semichiusi di Tauriel lanciarono uno sguardo supplice a sua madre, mentre dentro di sé ella si rifiutava di parlare di lui al passato, provando una dolce sensazione al pronunciare nuovamente il suo nome. ”Kili. Uno di coloro che noi volgarmente chiamiamo nanerottoli! Un discendente di Durin.”
Risuonò allora nel silenzio il rumore delle foglie che scricchiolavano sotto il peso di Nàrmoth, che si adagiava pesantemente al suolo, in ginocchio davanti a sua figlia che non si era nemmeno voltata per la vergogna…

“Ma è mostruoso! Il tuo cuore, il tuo candore…No! Non dirmi che hai sacrificato anche questo a un tale essere!”. Fu come se lo sdegno di sua madre la schiaffeggiasse, ma sebbene una grande rabbia nascesse in Tauriel, ella si contenne, cercando ugualmente quella comprensione di cui aveva a lungo avuto bisogno. ”Madre, io ho rispettato il tuo dolore, i tuoi errori, il tuo pentimento…perché non puoi rispettare il mio amore? Egli mi ha salvata! E io ho salvato lui molte volte…ma non l’ultima, la più importante.” Tauriel aveva stretto un pugno, inspirando forte. “Lui era più che un Nano, più che un mortale… mi ha mostrato cosa significa amare la vita. Fin dal primo giorno ho compreso che in lui scorreva qualcosa di prezioso…”. Nàrmoth, dapprima riluttante, ascoltò il racconto di come Kili e Tauriel si fossero incontrati, amati, persi…e fu allora che la madre che era in lei non seppe rimanere inflessibile, non dopo aver saputo di come Tauriel avesse tentato di uccidersi, slanciandosi da Collecorvo insieme all’Orco che le aveva portato via Kili…
 
Allora Nàrmoth allargò le braccia e Tauriel, grata, vi si gettò finalmente, lasciandosi stringere come tante volte aveva immaginato, assaporando il lievissimo tepore che sua madre ancora sprigionava. Quest’ultima dopo averla cullata così per un po’ si riscosse all’improvviso, afferrandola per i gomiti. ”Figlia, devi liberarti da questa sofferenza e l’unico modo per riuscirci è rivederlo.” Tauriel dischiuse lentamente le labbra, come stordita. “Madre, sai bene che neppure quando sarà la mia volta ci sarà permesso di ricongiungerci e che dovremo attendere che il tempo di Arda si compia, prima di poter anche solo sperare in un nuovo incontro.” Ma Nàrmoth l’interruppe, fiduciosa.”Le aule di Mahal, così come le nostre aule a Mandos, sono impenetrabili per ogni essere vivente che non vi sia destinato, è vero. Ma non per alcuni…e Galadriel, la Bianca Dama di Lothlòrien, è tra questi. Coi suoi poteri ella è in grado di oltrepassare con lo sguardo ogni cosa e ogni dove.” Sua figlia la fissò sbigottita poiché aveva già sentito quel nome prima d’allora. Si rese conto all’improvviso che sua madre la stava perdonando e aiutando…E questo pensiero, insieme alla possibilità di poter rivedere quel viso che desiderava più di ogni cosa, le riaccese qualcosa dentro.”Grazie madre mia! Se davvero la Bianca Dama può mostrarmi cosa ne è di lui devo raggiungerla subito!”. Tauriel si era alzata di scatto, con una felicità nuova nel volto, aiutando sua madre, stupefatta da tanta foga, a sollevarsi insieme a lei…

Nàrmoth attendeva al confine di Bosco Atro. Poggiata al tronco di un albero violaceo come le sue vesti, ella osservava gli ultimi raggi del tramonto oltre le colline, quando intravide sua figlia tornare, ammantata d’argento, in groppa ad un baio nero, conducendo per le redini un altro baio bianco. “Ho temuto che il Re ti trattenesse con sé.” Tauriel aveva sospirato brevemente.”Ha tentato di persuadermi a rimanere, ma gli ho ricordato che aveva concesso il congedo persino al suo stesso figlio Legolas, dunque non poteva impedirmi di partire. Ho preferito ignorare ciò che sapevo e non dirgli nulla, perché credo che in fondo volesse proteggermi.-”Nàrmoth distolse lo sguardo, come infastidita-“…e ad ogni modo,madre, ci servivano i suoi cavalli. Gliene ho chiesti due col pretesto di poter trasportare meglio le faretre piene di freccie e il lembas, il pan di via, per affrontare il viaggio. ” Guardarono entrambe in direzione del sentiero che si apriva davanti a loro, mentre Nàrmoth, soddisfatta, montava sul suo destriero e Tauriel spronava il suo, fissando le nubi eteree che cingevano ormai le cime degli alberi smagriti…

Ricordò allora una delle tante partenze per qualche strampalata avventura che Kili le aveva descritto, una di quelle notti nelle prigioni…”Non sono mai davvero stato l’eroe della situazione, ma confido di poterlo diventare in futuro, o tutti questi sforzi per combinare qualcosa di memorabile e impressionare mio zio, saranno stati inutili!”. Pensare che quella frase Kili l’aveva pronunciata la notte prima della fuga dei nani, quand’egli si era lanciato come un’incosciente contro gli orchi per abbassare la leva della chiusa…Ma allora lei non poteva saperlo e quei modi buffi di lui le avevano strappato un sorriso, proprio come in quello stesso momento. “Mastro nano, non disperare! Devi solo tenere sempre a mente ciò che ti incita a lottare…e allora dimostrerai il tuo vero valore a tutti.” Kili era sembrato confortato dalle parole di incoraggiamento di lei, perché si era avvicinato alle sbarre afferrandole e allargando i begli occhi grigi, fissandola con intensità.”Tauriel, io vorrei dimostrarlo soprattutto a te…”. Lei come una sciocca era arrossita e si era alzata di scatto, senza neppure salutarlo. Ma adesso che ricordava la risatina che lui le aveva lanciato alle spalle si sentì colma di speranza mentre, ritta in sella accanto a sua madre, cavalcava silenziosa verso di lui…

“Ferme!”. Quel grido improvviso irruppe nei pensieri di Tauriel e Nàrmoth che voltarono bruscamente i loro destrieri, fissandosi con terrore e fissando la scura boscaglia attorno a loro, intravedendo finalmente un piccolo manipolo di soldati elfici sbucare dai bassi rami. Tauriel riconobbe allora l’elfo castano che l’aveva insultata al cancello della fortezza. Egli reggeva un corno che suonò brevemente prima di esordire con arroganza:”Per ordine del Re l’elfo Nàrmoth deve fare ritorno a Bosco Atro e sottoporsi al suo equo giudizio, poiché ha violato il bando che gravava su di lei.” Tauriel si disse che Thranduil doveva averla fatta seguire, scoprendo così che sua madre era tornata nonostante l’esilio, per rivederla…e portargliela via. Nàrmoth sbuffò e diede di speroni, accennando col capo a sua figlia di seguirla, partendo entrambe al galoppo, fulminee come e più dei soldati alle loro spalle che, sorpresi da tanta sfrontatezza, tardarono a partire al loro inseguimento.

Non così però l’elfo castano… Egli era stato il primo a scattare, voglioso di persuadere finalmente il Re a concedergli il posto di capitano, era convinto che consegnargli Tauriel e quella rinnegata di sua madre-vive o morte-lo avrebbe messo in buona luce…
 
 
 
 

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Capitolo 16
*** In ceppi ***


I cavalieri elfici li intravidero e credettero di essere sul punto di raggiungerli. Superata però una collinetta dal lato opposto rispetto a quello imboccato dai tre, incapparono tutti in una piccola gola umida e una fitta nebbia calò su di loro insieme alla sera. Quegli altri invece si allontanavano veloci ormai, sulla vasta pianura brulla che si stendeva davanti a loro…
Tauriel normalmente avrebbe ordinato ai suoi soldati di dividersi per confondere le tracce, ma in due, per giunta in campo aperto, ciò era pressoché inutile. Ella aveva superato sua madre ormai, sfrecciando davanti a Nàrmoth che, più abituata a correre che a cavalcare, spronava disperatamente il cavallo, gettando occhiate oblique verso il loro inseguitore. Quest’ultimo gridava furioso verso le fuggiasche, ma le sue parole erano incomprensibili nella foga nella corsa. Egli allora diede di piglio e passò le redini in un’unica mano, mentre con l’altra sfoderava un pugnale dalla cintola, lo stesso che Nàrmoth, scansatasi di colpo, vide vorticare nell’aria e trapassare la nube rossa attorno al capo di Tauriel…

Fu un attimo. Nàrmoth si alzò sulla sella bruscamente per lo spavento, facendo impennare il cavallo che, innervosito da quello scatto improvviso, scartò violentemente, prendendo ad agitarsi in maniera confusa. Mentre Nàrmoth tentava di placare l’animale, Tauriel tentava di rallentare e portarsi il più vicino possibile a sua madre. Ma quella le gridò:”Ai Guadi dell’Anduin…il Campo di Celebrant…và!”. Era convinta infatti che l’elfo alle loro spalle avrebbe inseguito lei e non sua figlia, ma quegli l’aveva ignorata e aveva proseguito imperterrito dietro Tauriel che, disorientata ma sollevata per sua madre, incitava la sua cavalcatura, maledicendo il suo fiato che per la seconda volta nella sua vita la tradiva…

La luna li sovrastava ormai da tempo quando l’elfo scuro, spazientito, afferrò un altro pugnale e lo scagliò in direzione della sella del baio nero, tranciando di netto i finimenti. Tauriel avvertì qualcosa mancare sotto di lei, si sentì scivolare velocemente verso il basso e prima di poter cingere la groppa del cavallo si ritrovò a testa in giù…E sarebbe stata sbalzata via, non fosse stato per uno stivale rimasto impigliato alle redini. Ma la corsa sfrenata seguitava, mentre Tauriel resisteva ai colpi del terreno sotto di lei e i ciuffi d’erba frustavano i suoi occhi, ella cercava di evitare i massi che sbucavano dal terreno e che si avvicinavano pericolosamente ogni volta che il cavallo scartava per superarli…
In quella, l’elfo dietro di lei si arrestò, afferrando svelto l’arco e scoccando una freccia che si conficcò profonda nel ventre del baio nero che, come impazzito, nitrì forte, impennando e sciogliendo così la caviglia di Tauriel da quella stretta mortale, lasciandola riversa al suolo, stordita, mentre gli zoccoli del cavallo imbizzarrito scalciavano vicino a lei, fin troppo vicini...

Tauriel allora si riscosse subito. Si rialzò, si sfilò velocemente anche l’altro stivale per non zoppicare e iniziò a correre il più velocemente possibile verso un piccolo bosco di betulle dinnanzi a lei, mentre il suo inseguitore smontava da cavallo, lentamente, con un sorriso di trionfo in viso…

I pallidi tronchi si innalzavano uno a poco a distanza dall’altro, interrompendo la corsa di Tauriel e costringendola ad aggrapparvisi per avanzare più speditamente nella fitta boscaglia, illuminata a giorno dai raggi lunari che, riflettendo sulla sua veste argentata, rimandavano indietro al suo nemico un chiaro segnale. Quegli infatti osservava quel bagliore confuso tra le selve, avvicinandosi sempre di più fino a udire la voce disperata di Tauriel lamentarsi mentr’ella inciampava…Decise allora di accelerare il passo e tagliarle la strada poco più avanti, dove si apriva un minuscolo spiazzale tra gli alberi…
Tauriel, come colpita da un’improvvisa intuizione, in quella si voltò, ma l’aggressore le si era gettato addosso ormai, facendola stramazzare al suolo, scaricando tutto il suo peso su di lei che urlò, cercando invano i pugnali, volati via insieme alla sua cintura. Lei allora prese a lottare selvaggiamente contro quella forma scura sopra di sé, scalciando e divincolandosi, mentre i lunghi capelli castani dell’elfo le oscuravano la vista. Ma non essendo abituata al corpo al corpo, sfinita dalla corsa e dalla caduta da cavallo, finì ben presto immobilizzata. Quegli strappò svelto un lembo della veste di Tauriel, afferrandole e legandole i polsi attorno al tronco di un albero che torreggiava sopra di loro, mentre lei continuava a gridare e ad invocare mentalmente i Valar in soccorso. L’elfo sopra di lei allora strappò un altro brandello dalla sua veste e glielo fasciò rudemente attorno alla bocca…
“Non c’è bisogno di far subito ritorno dagli altri, Lithiel… credo piuttosto che una sosta notturna qui potrebbe esserci di giovamento…”. Quella voce carezzevole scatenò un terribile tremito in Tauriel che sgranò gli occhi, accorgendosi che quelli di lui erano neri come la notte che li circondava e che le sue dita lisce, ma al tempo stesso ruvide, si erano posate sfrontatamente sul suo viso. “Non credere che non abbia notato il disprezzo nei tuoi modi, per tutti noi, per la tua stessa gente…ti sentivi una privilegiata, scelta dal Re pur non avendo sangue nobile…"-Il tono insinunante di lui andava crescendo-aspiravi anche forse a diventare Regina sposando il nostro principe Legolas…ma poi quel Nano ha rovinato tutto, non è così? Ti sei infatuata di quel mostriciattolo…o dell’immenso tesoro di cui era erede?” Tauriel urlava dentro di sé-”Il mostro sei tu!”- mentre lui seguitava a schernirla…
“Ebbene, dove sono i tuoi modi altezzosi adesso? Ti eri ingannata di essere una ribelle fuggendo con quella creatura aberrante, per poi renderti conto che giacere con uno di quelli è stata solo un’umiliazione?” I lineamenti affilati di lui si contrassero in un ghigno.”Inutile fissarmi con quell'aria innocente. Non crederò mai che tu abbia disobbedito solo per amore, che tu abbia gettato al vento la tua immeritata posizione, per poi non approfittarne appieno…”.La repulsione di Tauriel aumentava mentre quell’essere vile si chinava ulteriormente su di lei, fiatandole sulle guancia.”Dovrai pur tornare in te Lithiel, realizzare che il popolo prescelto da Ilùvatar siamo noi, I Primogeniti…e soprattutto che noi non disonoriamo i nostri simili mischiandoci con altre razze inferiori!” Le afferrò bruscamente la vita e le piantò addosso quegli occhi infernali. ”Ma forse in questo posso aiutarti!”. Tauriel si scosse con rabbia, strattonando inutilmente i ceppi in cui era avvinta, mentre quelle mani affusolate ma impietose iniziavano a stringersi su di lei. Alzò allora gli occhi al cielo scorgendo le stelle…”Esse sono memoria…preziosa e pura”.
Reclinò il capo e serrò forte gli occhi.

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Capitolo 17
*** Un'altra notte... ***


Sotto di lei non vi erano più rocce aguzze né foglie marce, ma un soffice letto da campo in una tenda illuminata da piccole torce. Sul suo petto una testolina scura stava adagiata, dita tozze ma gentili le accarezzavano l’incavo del gomito, mentre entrambi cercavano un riposo che non era possibile, non stando così vicini…

Tauriel e Kili sentivano il bisogno irrefrenabile di avvicinarsi di più uno all’altra, ma entrambi non sapevano bene come e non osavano confessarselo…e tutti e due rimanevano immobili, senza guardarsi, come sperduti...

“Non importa, non parliamone più.”

Era stato ciò che Tauriel aveva detto. Ma Kili ardeva di un desiderio senza nome e cercava di ricordare i consigli e le esortazioni di suo fratello, chiedendosi però cosa ne avrebbe pensato Fili, se avesse saputo con chi avrebbe voluto metterli in pratica…
In fondo, l’osservazione fatta a Tauriel su ciò che era nei suoi pantaloni Kili l’aveva ripresa e riadattata da una frase spavalda di Fili. Una sera infatti, ad una grande festa dei nani, egli l’aveva rivolta ad una loro simile che-almeno così credeva Kili-era sembrata piuttosto indecisa tra i due fratelli, prima di allontanarsi col maggiore, il più esperto e disinvolto dei due...il quale gli aveva indirizzato un'occhiata dispiaciuta ma sfacciata al tempo stesso.
Kili, divertito, interruppe il flusso dei suoi ricordi e sollevò il mento appena ricoperto di barba verso il viso di lei, apparentemente addormentata, chiedendosi però se Tauriel, che gli aveva risposto in modo così diretto, fosse più a suo agio di lui...
Gli vennero in mente allora le insulsaggini pronunciate dai suoi compagni, durante le loro bevute, in qualche calda taverna dei Nani…ma mancava qualcosa in quei discorsi concitati, che per giunta gli sembravano del tutto fuori luogo, paragonati a quel momento. Perciò, frustrato, non riusciva a dare un senso a ciò che provava, né a fare alcunché.

E Tauriel d’altronde, che respirava pianissimo sotto il corpicino di Kili, si trovava nella stessa incertezza. Ella infatti era cresciuta senza una figura femminile accanto, privata di quel genere di rapporto intimo, allevata come una guerriera, sempre sola…sempre lontana dai crocicchi delle fanciulle elfiche che, ridacchiando, parlavano confusamente d’amore e di ciò che accadeva nei boschi dopo il coprifuoco, cercando inutilmente d’attirare la sua attenzione.
Ma Tauriel, seppur curiosa, era sempre stata schiva. Inoltre avvertiva la ferita dell’assenza dei suoi e ciò le precludeva ogni altro slancio affettivo. Perciò si era concentrata sul tiro con l’arco, sul combattimento coi pugnali…e di quei bisbigli e di ciò che accadeva attorno a lei aveva colto ben poco. Immaginando e inventando il resto nella sua mente, aveva trascorso tutti gli anni della sua lunga vita… ma era sempre fuggita, come timorosa, ogni qualvolta accadeva che due occhi elfici si posassero con desiderio su di lei… lo stesso desiderio che aveva letto negli occhi di Kili, fin da quella sera nelle prigioni…

”O nulla”, aveva risposto a quel suo scherzo sfrontato, quasi ne fosse davvero convinta…

Una voce umana irruppe dall’esterno della tenda e li fece sobbalzare, mentre Kili, come tornato bambino, affondò la testa ancora di più nel petto di Tauriel che, allarmata, posò una mano sul suo capo e lo strinse maggiormente a sé, con fare quasi materno.
Ma Kili, trovandosi immerso nel candido petto di lei, ne inspirò forte il profumo, strofinando la punta del naso poco prima della lieve scollatura di lei, iniziando a posarvi dei piccoli baci silenziosi…
Al primo di essi Tauriel aveva lievemente sussultato, stupita. Poi aveva preso a carezzargli teneramente le ciocche scure. Ma Kili, come infastidito da quell’atteggiamento protettivo, aveva sollevato di colpo la testa, afferrandole il collo e spingendo così le loro labbra a fondersi di nuovo…stavolta insieme alle loro lingue, insieme alle loro braccia e alle loro mani che si cercavano, in un modo sconosciuto ad entrambi...

Kili all’improvviso l’aveva avvinghiata per il busto, costringendola a sollevarsi insieme a lui, che rimase così con le gambe a cavalcioni su quelle di lei, mentre i loro visi arrossati si ritrovavano ora quasi alla stessa altezza…
Tauriel allora fissò la massa scura e scarmigliata attorno al viso stravolto di Kili, mentre questi scendeva con lo sguardo su di lei…

“Dimmi cosa vuoi che faccia…”
La voce incerta di Kili, il suo sguardo supplice e sincero avevano strappato un sorriso innamorato a Tauriel.
“Non so risponderti…ma te ne prego, stai con me…stiamo insieme, stiamo vicini…”
Prima ancora di farle finire la frase lui le aveva preso il viso tra le mani e l’aveva baciata ancora e ancora, mentre lei si aggrappava ai suoi avambracci forti e scuri…fino a quando, inspiegabilmente, Kili aveva cercato gli orli della veste di Tauriel, facendola scorrere fino a sfilargliela di dosso, senza trovare resistenza…

E ciò che Kili vide gli fece tornare in mente il bagliore che l’aveva investito quando Tauriel l’aveva guarito, stavolta però molto più reale…
Ella infatti era lì, immobile e bianca, avvolta nei capelli sciolti, con le rosse ciocche che fluivano sul suo corpo…
Mentre Kili seguiva quelle onde, sconcertato, le labbra di Tauriel si schiusero lentamente e lo guardò con un’espressione interrogativa e arrendevole alla quale Kili non seppe resistere…
Stava per slanciarsi nuovamente su di lei, quando Tauriel allungò una mano verso la cotta di maglia di Kili che, intuendo le sue intenzioni, intercettò quel movimento e scosse la testa, con fare rassegnato.
“No…preferisco tu non mi veda…”
Tauriel sembrava delusa, ma lui non riusciva a tollerare che i suoi occhi benedetti si posassero sul suo corpo sgraziato. Lei intuì tutto nelle nebbie grigie che danzavano negli occhi di lui…e adagiò piano la fronte sulla spalla di Kili.
”Non puoi negarmi questo. Io sono qui, davanti a te…”.
Il silenzio di lui era durato poco, prima di posare delicatamente le dita di lei sulla cinta che tratteneva la cotta.
Tauriel, grata, aveva preso a baciargli il collo, mentre sfilava anche lei la tunica bluastra di lui, lasciandola scivolare via…
Ammirò allora quei muscoli da adolescente, appena accennati…e Kili gioì, leggendo sul viso di lei soltanto passione e non disgusto…
Tauriel l’avvolse in un abbraccio improvviso ed entrambi avvertirono finalmente la sensazione dei loro petti uniti…
In quel momento una febbre entrò in Kili, simile-pensò lui-eppure diversa da quella che l’aveva assalito in punto di morte. Prese quindi anch’egli a baciare il collo di Tauriel, ma con una foga diversa, stringendole i fianchi nudi e attirandola sempre di più a sé, mentre anche lei, sostenendo il peso delle gambe di lui sulle sue, si avvinghiava sempre di più a Kili, finché…

...finché un dolore improvviso e strano non la trapassò, strappandole un grido soffocato, così che Kili, stordito da quel tepore inaspettato, si scosse udendola, staccandosi da lei quel tanto che bastava per guardarla negli occhi e capire se ella stava bene. Ma Tauriel lo fissava con un’espressione indecifrabile e lui si accorse che le dita di lei gli artigliavano ancora la schiena.
“Non intendo farti del male…basta!”

Kili le aveva sussurrato in preda al panico, ma lei aveva scosso la testa, bisbigliando parole che egli non comprendeva, così come non comprendeva come il colore degli occhi di lei si fosse intensificato di colpo…

“Meleth nìn...”
Il significato meraviglioso delle parole di Tauriel non gli era del tutto sconosciuto...la felicità allora si allargò sul suo viso e su quello di lei, mentre si spingeva di nuovo tra le braccia di Tauriel…
Ed entrambi si stringevano e si allontanavano a tratti...mentre lui, incredulo, teneva i seni di lei tra le mani, entrambi respiravano forte uno nell’incavo delle spalle dell’altro, sorridendosi a vicenda per poi ridiventare seri ...

Quando infine lui si rilasciò su di lei, la costrinse involontariamente a indietreggiare fino a stendersi di nuovo sul letto, insieme, ansimanti…
Ma Tauriel inarcò le sopracciglia, avvertendo qualcosa scorrere via tra le sue gambe. Kili, sopra di lei, avvertì lo stesso calore, abbassandosi e scoprendo che era sangue…ella sanguinava, per colpa sua!

“Tauriel, ti ho ferita! Perché mai...?!”
La voce roca e il cipiglio preoccupato di Kili colpirono Tauriel. ”Non posso e non voglio credere che sia la punizione di Mahal per ciò che abbiamo fatto! Ciò che non dovrebbe mai accadere tra due esseri come noi…se penso che mio fratello, mio zio, Legolas, il Re,…! Tutti sarebbero pronti a disprezzarci, eppure non sanno…!”
Tauriel, smarrita come lui, iniziò a balbettare, prendendogli le mascelle tra le mani ancora tremanti.
”Non potresti mai ferirmi, mai! Non è nulla, non è che un rivolo…tu mi hai solo amata ed io ho amato te…non abbiamo arrecato alcun danno a nessuno…”
Il tono di lei aveva raggiunto qualcosa nel cuore di Kili, che aveva fatto una tenera smorfia, abbassando il capo fino al ventre di lei, sfiorandolo piano.
”Ma ne potremmo arrecare alla creatura che forse scaturirà da me e te…pensaci, che aspetto avrebbe mai? Quale sarebbe il suo popolo, quale il suo fato?”
Si erano fissati, affranti. Poi Tauriel gli aveva carezzato la lieve peluria sulla sua guancia.
”Avrebbe la mia altezza e le tue fattezze…o forse l’opposto. Ma hai ragione Kili...anche in quel caso sarebbe considerato un mostro…nonostante ciò io vorrei lo stesso che avesse i tuoi occhi…e il tuo ardore.”
Lui, commosso dal tono nostalgico di lei, le aveva sorriso afferrandole una mano e portandosela alle labbra. ”E io vorrei che avesse la tua bellezza surreale, il tuo coraggio e la tua lunga, infinita vita. Anche se questo significherebbe renderlo presto orfano di padre, oltre a dover dimorare in solitudine con sua madre…rinnegato da entrambe le nostre genti.”
Tauriel aveva socchiuso gli occhi, malinconica, emettendo un tenue sospiro.”E se fosse come te invece? Se fosse mortale? Tremo al pensiero che prima o poi dovrei perdere entrambi…!” Tauriel scosse il bel capo.”O se invece le nostre nature opposte si contrastassero in lui, condannandolo ad una sorta di limbo?”
Kili le posò un tiepido dito sulle labbra. ”Non torturiamoci più… dubito ci sia concesso di condividere perfino questo. E in fondo è meglio così. Il nostro amore non darà frutto forse, ma il vero frutto siamo noi.”
Tauriel gli aveva sorriso, sollevata a quel pensiero, allargando le pallide braccia verso di lui.
“Stenditi ancora con me!”
Kili allora, rincuorato dal tenero tono di lei, aveva posato finalmente il capo sul ventre dell'elfo, come a lungo aveva sognato, restituendo così anche a se stesso un po’ di serenità…

“Ti ricordi cosa ci siamo detti quando mi hai catturato nel bosco?”

Tauriel sbuffò, dandogli una piccola pacca sulla spalla nuda. ”Io non ti ho catturato…ho solo eseguito gli ordini.”
Kili aveva proseguito, imperterrito. ”Dopo che avevi abbattuto l’ultimo ragno mi sono avvicinato piano, quasi terrorizzato dal tuo aspetto fiero…e schiarendomi la voce ti ho detto: bel colpo! E tu, sarcastica come tuo solito: bel tentativo!”
La risata chiara di lui coinvolse anche lei, che buttò indietro la testa fulva. ”Si! E durante tutto il tragitto fino alla fortezza non hai fatto che brontolare, vaneggiando che te la saresti potuta cavare da solo…ma poi, poco prima di giungere al ponte, ti sei voltato…e mi hai detto grazie…e io ti ho sorriso...ma non immaginavo il resto…e non immaginavo questo...”
In quel momento, coi loro timori svaniti tra le lenzuola scomposte, avvertirono entrambi una gioia fragile e forte al tempo stesso.
“Era questo…era questo che tentavi di descrivermi? Ciò che avevi intravisto oltre la volta stellata…?”
Kili aveva sollevato il capo, stanco, guardandola di nuovo con lo stesso candore di sempre, mentre Tauriel aveva abbassato il mento nella sua direzione, con la stessa stanchezza nei suoi lineamenti.

"No, non sono mai stata lì se non nei miei pensieri. Ma adesso…”

Il sorrisetto furbo di Kili aveva fatto di nuovo capolino, mentre le spostava una ciocca rossa dal naso…

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Capitolo 18
*** La salvezza in un ricordo ***


Le briglie continuavano a scivolare dalle mani di Nàrmoth, mentre faticava a rimanere in groppa e a non urlare per la frustrazione. Sua figlia era in pericolo e lei, per l’ennesima volta, non poteva aiutarla…
All’improvviso però le riaffiorarono alla mente parole dimenticate, parole che il suo popolo da sempre usava per calmare gli animali, soprattutto i cavalli…Si rimproverò tra sé e sé, poiché era stata così a lungo lontana dagli usi e i costumi del suo popolo da trovarsi smarrita in una situazione di facile risoluzione. Prese allora a carezzare la folta criniera del baio, bianca come i suoi stessi capelli, accorgendosi che il destriero sembrava comprenderla, arrestando d’un tratto i nitriti furiosi e lo scalpitare confuso.
Nàrmoth allora lo incitò verso la direzione presa da Tauriel, ma la stessa nebbia che aveva sorpreso i soldati elfici alle loro spalle giunse infine anche sulla piana, strisciando tra i massi circostanti e avvolgendola irrimediabilmente. Ella allora lottò contro quella coltre spessa e impenetrabile, girando inconsapevolmente a vuoto, per un tempo che le sembrò infinito, finché la luna ebbe la meglio su quel manto lattiginoso, squarciando una via per lei…

Quando giunse in vista delle betulle Nàrmoth trovò il cavallo di sua figlia, coi finimenti divelti, che brucava poco oltre il margine del bosco. Un terrore che non aveva mai provato la invase. Smontò subito, legando ad un albero i due destrieri che ormai si erano ammansiti. Afferrò quindi l’arco e si mise al collo una delle faretre appese alla sella, inoltrandosi spedita nella selva, correndo come quando era una fanciulla, non risparmiando nulla delle sue esigue energie, fin quando non scorse tra gli arbusti due figure stese a terra…
Ma Nàrmoth aveva perso il passo felpato e leggero della sua razza, così che i rumori da lei emessi avvertirono l’elfo scuro della sua presenza. Egli infatti si voltò di scatto, osservando quella creatura senza età e senza fiato venirgli incontro, reggendo maldestramente un’arco…
“Vorresti farmi credere di potermi colpire?”. Egli aveva sogghignato, non appena Nàrmoth, ancora in corsa, aveva iniziato ad incoccare una freccia, con le dita frementi, prendendo la mira e socchiudendo un occhio al quale i Valar avevano da tempo sottratto parte della loro luce.
“Non osare sfiorarla, ella è la protetta del Re e…”- “…ed è tua figlia…l’ho intuito subito, appena vi ho viste insieme! Ebbene, se ti consegni a me spontaneamente non le farò nulla.” Mentre colui avanzava verso di lei rassicurandola, Nàrmoth si arrestò e notò un baluginìo sinistro nei suoi occhi stranamente accesi…ma ciò che la sconvolse fu rendersi conto che Tauriel giaceva ai piedi di lui priva di sensi, le vesti strappate in più punti…ma non del tutto...

Comprese di essere giunta un momento prima dell’irreparabile e quel pensiero orribile mosse il suo braccio, facendole scagliare una freccia che però si infranse al suolo, ben lontana dal suo bersaglio. La risata canzonatoria di lui non si fece attendere, mentre una freccia dopo l’altra falliva, mentre i suoi passi lo portavano sempre più dappresso a Nàrmoth…

Quest’ultima allora pregò ardentemente dentro di sé il suo defunto sposo di assisterla e-stupita-avvertì una forza immediata e incorporea sollevare il pesante arco e guidare la sua mano che, come avesse volontà propria, scoccò una freccia sibilante che si conficcò svelta nel petto dell’elfo dinnanzi a lei, inchiodandolo contro un pallido tronco. Egli, urlando atrocemente, sbarrò gli occhi, incredulo, prendendo ad armeggiare con la freccia nel tentativo di staccarla, ottenendo solo il risultato di far sgorgare ancora più sangue dalla profonda ferita…
“Che tu sia maledetta! Tu e la tua progenie!”. Ma Nàrmoth assistette soddisfatta alla sua orribile agonia, tenendosi a distanza, con fare mesto. ”Non sprecare con inutili imprecazioni i tuoi ultimi, insulsi istanti. Mia figlia e io siamo già maledette.” Quando poco dopo quello spirò, un pensiero la investì…
“Thalion, mio adorato…grazie!”. Nàrmoth sorrideva ad un punto indecifrato nell’aria attorno a sé, immaginandolo lì presente, pronto a proteggerle… Immediatamente però si riscosse, superando il cadavere avvinto alla betulla e stramazzando al suolo, accanto a sua figlia.

Osservò ansiosa le sottili strisce di fango sul volto di lei, la cicatrice arrossata dallo sforzo di difendersi, le sopracciglia corrugate… Le sciolse i polsi segnati, togliendole il bavaglio e posandole una mano sulla fronte tiepida. Iniziò quindi a chiamarla per nome, abbracciandola teneramente, finché udì la sua voce flebile tornare da recessi insondabili…

“No, Kili, non stringermi così...non farlo se poi non mi stringerai mai più! Mi hai ingannata col tuo sorriso, mi hai ingannata con la tua promessa…! Kili!!!”.

Tauriel delirava e si dibatteva, mentre sua madre, scuotendola leggermente, cercava di farla risvegliare da quel torpore visinario.”Figlia, sono io! Torna da me!”. E Tauriel udendo quelle parole, le stesse che erano incise nella pietra runica che Kili le aveva donato, sbarrò gli occhi, finalmente presente a sé stessa, rialzandosi di colpo a mezzobusto, lasciando Nàrmoth interdetta.”Madre! Che è accaduto?” Gli ultimi ricordi riaffiorarono subito alla mente di Tauriel, mentre scuoteva negativamente la testa, come rispondendo a sé stessa.”L’elfo nero…era sopra di me…ho avvertito come un colpo e un dolore alla testa, ma poi più nulla…egli mi ha dunque violata…? Rispondimi, te ne prego!”. Nàrmoth, sollevata, le prese le mani tra le sue.”No bambina mia, sono giunta in tempo, non temere!”. Tauriel allora la guardò con gratitudine.”Ti ringrazio madre, mi hai salvata! Mi hai salvata da quell’orrore…e dall’orrore di sapere di non essere solo e soltanto sua, finché avrò vita.”.
Nàrmoth, allora la fissò con malinconia, chiedendosi se sua figlia-pur rivedendo un’ultima volta quel suo Nano-avrebbe davvero gettato alle spalle ciò che era stato tra di loro. Si disse che non avrebbe sopportato che la vita di Tauriel rimanesse cristallizzata in quei momenti trascorsi con lui…

Comprese quindi come la sua ultima frase diretta all’elfo scuro fosse tremendamente vera. Entrambe erano condannate. “Che ne è stato di quell’essere vile?”. Nàrmoth interruppe il filo dei suoi pensieri e le rispose, raccontandole tutto, aggiungendo orgogliosa:”Lo spirito di tuo padre mi ha soccorsa…egli era un’abile arciere, come te…ed ha scagliato per me la freccia che ha punito il tuo aggressore!”. Ma Tauriel, stupita e dubbiosa osservò:”Preferisco pensare che egli riposi…perché altrimenti ciò significherebbe che la sua essenza è rimasta ancorata a Arda.” Le rughe sul viso di sua madre si distesero, osservando sua figlia indirizzare uno sguardo di pena verso la figura riversa su sé stessa, poco oltre...
”Ad ogni modo, allontaniamoci da questo luogo infausto…alzati…piano Tauriel, così…”. La aiutò a rimettersi in piedi per tornare indietro. Ma mentre camminavano fianco a fianco, sostenendosi a vicenda, una frase sfuggì a Nàrmoth, come se l’avesse tenuta distrattamente in serbo.”Dunque sei stata davvero con lui. Non voglio chiederti nulla su voi due…ma sai che questo ti precluderà qualsiasi matrimonio, perfino con un elfo senza nobili origini?” Tauriel, sorreggendosi al braccio di sua madre, emise un gemito infastidito. ”Come puoi pensare al mio avvenire, in tali condizioni? Il presente stesso è così inconsistente … Inoltre sai bene che non è questo ciò che il mio cuore esige da me. Madre, è evidente che ti è difficile ripensare ai tuoi giorni tra gli Eldar senza desiderare che tornino indietro…che vorresti che entrambe ritrovassimo la pace tra di loro, nuovamente. Ma la mia esistenza tra i nostri simili, come hai involontariamente detto tu stessa, è finita nel momento in cui ho conosciuto lui. Ti confesso infatti che, nei momenti in cui volevo accettare di dover pur vivere ancora, ho meditato di prendere dimora tra i Naugrim di Belegost, la città natìa di colui che amo, per conoscere meglio le sue tradizioni, la sua lingua e…sua madre, la principessa Dìs.”
Nàrmoth aveva sgranato gli occhi perlacei, sbigottita.
“Ne parli come se fosse semplice! Non accetterebbero mai un elfo tra di loro, nemmeno se ti offrissi di ripulire le loro sudice caverne da cima a fondo! Questa principessa potrà forse avere la mia stessa comprensione…quella appunto di una madre…ma gli altri Nani? Inoltre ragiona: tu ne parli come se egli fosse ancora vivo! Risveglieresti il dolore di sua madre!” Sua figlia allora sottrasse il suo viso alla vista di Nàrmoth.”Insomma Tauriel, io nonostante le mie perplessità voglio farvi ricongiungere, si, ma purché il vostro sia un’addio! E non per farti rivangare all’infinito questo sentimento che ormai è diventato una piaga che si diffonde in te.” Tauriel si fermò, come colpita da qualcosa dall’interno. Fece cenno a sua madre, sconvolta, di tacere. “Non un’altra parola. Cerchiamo un buon riparo per la notte piuttosto.” Nàrmoth, triste, capì che sua figlia voleva distogliere l’attenzione da quell’argomento e preferì tacere.

Quando giunsero ai margini del boschetto si accorsero che la nebbia si era arrestata poco prima del fogliame attorno a loro, disperdendosi ormai tra i rami sottili. Entrambe avvistarono allora una piccola spelonca poco distante, sotto una roccia, grande abbastanza per loro due e per un piccolo fuoco. Decisero quindi di accamparsi lì, in attesa che la notte passasse e che il sole tornasse a illuminare i loro passi.
 
 
 

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Capitolo 19
*** Eldar e Naugrim ***


L’albeggiare lontano e rossastro sulle cime delle Montagne Nebbiose attirò lo sguardo sfinito di Tauriel verso il nord.

Ella- pressoché insonne -aveva vegliato al posto di sua madre, profondamente addormentata da alcune ore.
Guardandola con tenerezza, Tauriel si biasimò per non aver riposato quando avrebbe potuto, ma si rassicurò al pensiero che quelli della sua stirpe potevano resistere a lungo senza cibo, acqua o sonno…o almeno così era sempre stato, anche se ora iniziava a dubitarne.
Spense gli ultimi resti del minuscolo fuoco che la notte prima aveva coperto ponendovi davanti le loro vettovaglie, ad una certa distanza. Mentre smuoveva la cenere con gli stivali di sua madre, che aveva insistito fin troppo per farglieli mettere, alcuni pensieri continuavano ad inquietarla…

Si erano sentite entrambe al sicuro in quel rifugio poiché avevano immaginato che anche i cavalieri elfici si sarebbero fermati per la notte. Tanto più che, uscite dal bosco, la luna era stata inghiottita da dense nubi nerastre, rendendo impossibile il cammino per chiunque. Ma Tauriel sapeva che adesso, al primo sorgere del sole, gli elfi silvani avrebbero ripreso a seguire le loro tracce di certo…

Sua madre emise un gemito e lei si soffermò sui lineamenti stanchi di Nàrmoth, notando per la prima volta che sotto il velo delle rughe una grazia lontana riaffiorava a tratti…
Si alzò bruscamente, tornando alle sue riflessioni sul fatto che quella corsa sfrenata le aveva portate troppo a sud rispetto a Lorien, fin troppo vicine a Dol-Guldur e alla malvagità che quel luogo emanava. Avrebbero dovuto attraversare il Grande Fiume più a nord e…
Un giorno sarò così…? Sfiorirò come lei?”
Quella domanda inaspettata giunse nella sua mente provata ed ella distolse lo sguardo, lasciando cadere involontariamente un bastoncino che aveva usato per attizzare le fiamme.
Sua madre allora si risvegliò subito, lanciandole un’occhiata perplessa, sollevandosi a sedere, mentre lei intanto fingeva di cercare del lembas nella bisaccia.
“Dovremmo metterci subito in cammino o ci raggiungeranno figlia mia. Mangerai strada facendo.” Ma Tauriel si voltò verso di lei con fare apprensivo, allungandole un involto verde e argentato. ”Non era per me… era per te.”
Si sorrisero con affetto. Poi Nàrmoth levò una mano in aria come a volerlo respingere da sé.”No, non sappiamo a quali altri pericoli stiamo correndo incontro. Quindi meglio conservarne il più possibile.” Sua figlia inclinò la testa fulva e la trafisse con l’azzurro dei suoi occhi, identico a quello che era stato nei suoi stessi occhi, un tempo…
E’perfino più bella di quanto non lo fossi io.” Nàrmoth, sebbene ammirata, si costrinse a rispondere a quello sguardo di sfida, ma Tauriel la riprese.”Non interpretare male le mie parole madre, ma sei debole ormai, devi nutrirti, devi…”-“Io sto bene!”.
Quella frase pronunciata in modo così veemente stupì Tauriel che ne intuì il significato recondito. “E io invece starò bene quando giungeremo a destinazione. Ora avviamoci, hai ragione, è meglio affrettarsi.” Senza aggiungere altro iniziarono entrambe a raccogliere le loro cose, issandole sulle rispettive selle, slegando i cavalli e montandovi sopra, circospette ma svelte.

Proseguivano lungo le rive verdi del fiume Anduin, come risentite, lanciando occhiate ansiose oltre la foschia che scaturiva dal fragore delle acque azzurrine.
“Tauriel, pensi che i soldati ci stiano seguendo ancora?”. Un sorriso cinico si allargò sul viso del giovane elfo femmina.”Avranno rinunciato o avranno deciso di raccontare a Re Thranduil che siamo precipitati in un burrone. In fondo avrebbero riportato a Bosco Atro un ben misero bottino: un’elfo guerrafondaio, un’anziana esiliata e un’ex capitano della guardia col cuore spezzato…tutti e tre ormai perfettamente inutili.”
Tauriel si morse la lingua prima ancora di terminare la frase, rendendosi conto di essere stata ingiusta verso sua madre, nonché verso sé stessa. Nàrmoth infatti rallentò il passo, fulminando sua figlia.”Quanta rassegnazione! Sembra di sentir parlare una Donna!” “Eppure, Nàrmoth, grossomodo questo è ciò che sei ormai, o sbaglio? E grazie a questo, un giorno non lontano dovrò essere privata anche di te!”.

Ancora una volta Tauriel si detestò per le sue parole insensate. Voltò il cavallo verso sua madre che, il mento abbassato, sembrava aver accolto quella sorta di accusa senza batter ciglio.”Perdonami madre, ti supplico!” Nàrmoth taceva. Tauriel allora riprese.”Come hai fatto…? Dopo la morte di mio padre intendo…” -“Non ho fatto nulla. Ho atteso che il dolore finisse il suo compito.” Tauriel inghiottì amaro. ”La mia mente vacilla e non riconosco più nemmeno il bene che mi circonda. In me si sta spegnendo la luce, la stessa che ho mostrato a Kili…la speranza degli Eldar che albergava in me…Madre, dimentica ciò che ho detto, vuoi?”. Nàrmoth ascoltava le scuse confuse di sua figlia che, come disorientata, dirigeva il capo ora verso di lei, ora verso la riva opposta del fiume. Fu allora che intravide nell’espressione di Tauriel un altro genere di sgomento.

“Umani! Che ci fanno qui?”. Nàrmoth, udendo quelle parole ma non potendo seguire ciò che vedeva sua figlia, si sporgeva invano dalla sua cavalcatura. “Saranno raminghi. Vorranno attraversare anche loro l’Anduin.” Ma Tauriel corse con lo sguardo al ponte che congiungeva le due sponde poco più avanti, decidendo-impulsiva com’era-di slanciarsi al galoppo e intercettare quegli uomini dall’aspetto sinistro per impedirne, se necessario, il passaggio verso la sua terra…

Giunte che furono all’imboccatura del grande ponte di legno, si accorsero che quei mortali non erano altro che un manipolo di mercenari, o più probabilmente comuni fuorilegge, avvolti com’erano in pesanti mantellacci, con mazze e scuri alle loro cintole. Tauriel notò che oltre quella schiera vi era però un altro gruppo, più compatto, ma in numero e statura decisamente inferiori…

Si arrestò di colpo e il suo cuore mandò un battito più lungo degli altri. “Kili! Lui è qui!” Una voce crudele e falsa le gridò nel petto.

“No, è solo la sua gente.” La voce, di Nàrmoth stavolta, riscosse sua figlia che strinse le labbra in una fessura, mentre quegli Uomini ormai si voltavano verso di loro, infastiditi. In quella Tauriel scorse finalmente alcuni Naugrim, dei mercanti all’apparenza, disarmati e interdetti. Due di loro balzarono alla sua attenzione, e non solo per la giovane età…

Lui, barbuto e con un berretto storto sulla testolina bruna, lei altrettanto scura, aveva guance piene e una sorta di manta color amaranto avvolta su di sé, dalla quale sbucava una manina che… teneva stretta quella di lui.

Un Uomo si fece avanti, con passo pesante. “Dame elfiche! Non c’è da stupirsi, vicini come siamo ai boschi della strega bianca. Dunque, mie graziose signore, non intendo immischiarmi e chiedervi cosa-o chi-vi abbia ridotte in tale stato, ma…dato che nessun affare ci costringe a intrattenerci insieme e dato il millenario rancore tra voi e questi esserini, non vedo perché non dobbiate proseguire la vostra tranquilla passeggiata per queste ridenti lande.”
Quell’Uomo, notò Nàrmoth, era piuttosto alto, irsuto e massiccio, dal piglio falsamente gioviale. Inoltre sembrava istruito, ma come caduto in disgrazia, per qualche oscuro motivo…
Ella allora stava per rispondergli con garbo, ma si accorse che Tauriel era come ipnotizzata…Sua figlia osservava quelle due tozze paia di mani che si stringevano, tremanti, a poca distanza da lei.
 
Tauriel si disse che dovevano essere stati sorpresi durante uno dei loro viaggi, mentre barattavano le loro gemme con pellicce e altri beni… Anche se di certo essi non provenivano dagli Ered Luin, estremamente distanti da quei luoghi…

“Ebbene, dato che sono state private del dono della parola lasciatele passare.” Il capo dei banditi aveva preso il loro silenzio per un consenso, ma Tauriel lo guatò, indignata. “Che ne sarà di loro dopo che li avrete derubati?”. Una risata sguagliata aveva riempito l’aria mentre l’Uomo le rispondeva lentamente.”Che domande, madama elfo…d’altronde non vi riguarda, anzi vi facciamo un favore.” Tauriel storse la bocca al pensiero che si desse così per scontato l’odio tra la sua razza e quella di Kili.

Ma in quel mentre il Nano dal berretto storto intervenne, sollevando alta la sua voce incerta.”Il mio nome è Dimni e sono un Nano onesto! Giuro che vi pagheremo, ma non lasciateci morire in mano loro!”. Una fitta di pietà ghermì Tauriel, mentre una randellata colpiva brutalmente allo stomaco il Nano bruno. Egli lasciò andare la mano della sua compagna, la quale gridò: ”Fermi!”, mentre lui, ripreso fiato, le intimava:”Fa silenzio Brenna, non immischiarti o se la prenderanno anche con te!”.

Intanto Nàrmoth aveva afferrato un braccio di sua figlia che stava già per scattare. Ella infatti, intuendo la reazione di Tauriel a quella scena le si era avvicinata rapida, sussurrandole:”Non potremmo essere loro di nessuna utilità. Siamo in due contro molti.” Ma in quel momento, quando ad un cenno dell’Uomo Tauriel vide due larghe braccia bloccare i due giovani Nani e dividerli, qualcosa proruppe in lei.
“Non toccateli…Non toccateli più.”
 
 
 
 
 

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Capitolo 20
*** Imri zaiza ***


L’Uomo fissava l’Elfo femmina davanti a sé, sbigottito e offeso dall’espressione furiosa di Tauriel.

Egli prima si voltò verso i suoi compagni lanciando loro occhiate significative, poi portò la mano alla lama, con fare dispiaciuto.
”In tal caso, mia Signora, vorrà dire che dovremo fare a meno del piacere della vostra compagnia…”
Prima ancora che egli potesse terminare la frase Tauriel percosse il fianco del cavallo di sua madre gridandole:”Tieniti stretta!”

Fu un attimo. Il baio bianco partì al galoppo, con Nàrmoth sopra-“No, non di nuovo”!-ella pensò, terrorizzata ma ben avvinghiata alla criniera, travolgendo gli Uomini che, appiedati e più lenti nei riflessi, non avevano avuto il tempo di scansarsi, sorpresi dalla rapidità di quel gesto.
Nel frattempo Tauriel, con un movimento fluido e impossibile per qualsiasi mortale, si sollevò in punta di piedi sulla sella, spingendosi verso l’alto, verso i sostegni di legno del grande ponte semicoperto, fino ad aggrapparsi a una delle travi, da cui rimase sospesa...

In quel frangente, i due che trattenevano Brenna e Dimni, rimasti come folgorati dalla piega inaspettata degli eventi, furono assaliti dai Nani. Questi infatti, fin dall’inizio erano stati tenuti schiacciati contro il parapetto del ponte, rimanendo perciò illesi.
Approfittando di quella confusione i Nani si riappropriarono delle loro armi, accatastate poco oltre. Alcuni dei loro aggressori però già si rialzavano da terra, seppur tramortiti e barcollanti, schivando a malapena i colpi delle asce che iniziavano a roteare nell’aria, tra le grida di combattimento degli uni e degli altri.

Intanto Tauriel, scoprendo il bianco dei denti per lo sforzo, si era issata sul tetto, appena in tempo per poter sfilare un piccolo pugnale dallo stivale -sua madre era stata previdente- e scagliarlo attraverso le larghe fessure delle travi, nella schiena di un umano che stava per attaccare Nàrmoth.
Quest’ultima, che si era fermata in corsa a metà del ponte, lanciò allora uno sguardo severo ma orgoglioso a sua figlia. Sguainò quindi una spada assicurata alla sella, tenendo le redini con una mano e mulinando fendenti con l’altra, confusamente, scalciando contro chiunque tentasse di scaraventarla giù.
 
L’uomo invece, urlando di rabbia, cercò con lo sguardo Tauriel, sopra di sé, solo per scoprire che dal suo lungo arco iniziavano a imperversare frecce argentate tutt’attorno, ché il braccio dell’elfo femmina sembrava non compiere sforzo alcuno, volando dalla faretra all’arco in pochissimi istanti.
Egli abbassandosi urlò ai suoi di colpirla, di lanciarle contro qualcosa, qualsiasi cosa. Ma Tauriel, sgranando gli occhi per la concitazione, prese a correre e a saltare da una trave all’altra, continuando però a incoccare, inesorabile.
Il capo dei banditi allora, afferrato uno dei suoi, si fece scudo maldestramente, imprecando quando quegli gli ricadde addosso, ormai morto. Si voltò quindi verso i nanerottoli, mentre questi lottavano strenuamente, cercando di tenere lontani gli Uomini dall’anziana elfo e al tempo stesso proteggere qualcuno in mezzo a loro…

In quella Tauriel, avendo esaurito le frecce, stava per mettere mano ai pugnali, quando avvertì il laccio di una frusta avvilupparsi alla sua caviglia e una forza bruta trascinarla di colpo giù…
In una frazione di secondo l’arco si incastrò malamente nelle travi, ma Tauriel, con uno sforzo immenso, lo ruotò quel tanto che bastava per disincagliarlo e terminare insieme ad esso la sua discesa, rovinando sopra l’Uomo che l’aveva attirata giù…

Nàrmoth, ormai unitasi alla schiera dei Nani, gridava in Sindarin, facendo impennare il cavallo fino a portare i suoi zoccoli quasi fin sulle teste degli Umani terrorizzati…
Tra i Nani intanto, Brenna si era avvinghiata al parapetto, tremando e osservando scoraggiata i due elfi e i suoi in difficoltà. Fissò allora la schiena di Dimni che, al colmo della disperazione, combatteva vicinissimo a lei.
In preda al panico, Brenna non pensò alla corrente -fin troppo forte- e si disse che il fiume era l’unica via di fuga… Salì d’impulso sul corrimano, afferrando il cappuccio di Dimni e attirandolo con forza a sé…

Tauriel si era risollevata da terra, lottando col vorticare rosso dei suoi capelli…ma mentre un rumore le comunicava che il suo nemico era di nuovo in piedi, di fronte a sé, ella fece appena in tempo ad abbassarsi, scostando la nuvola fulva dalla sua visuale, ansimando e sguainando i pugnali…
Le sue lame però incontrarono subito quella spessa dell’Uomo che, parato quel colpo basso, la costrinse a retrocedere, affondando poi verso il petto di lei. Recuperata subito la guardia, Tauriel ruotò su stessa, mentre slanciava contemporaneamente le braccia in altri due fendenti, vicinissimi al collo di lui…
“Mi complimento con te, sfregiata! Ma non puoi salvare tutti!”

A quelle parole, un pensiero improvviso annientò la sicurezza di Tauriel. “Non sono stata capace di salvare LUI…spero davvero di salvare loro?”

Si era sentita di nuovo viva quando aveva iniziato a combattere per difenderli, ma quell’allusione involontaria rallentò i suoi colpi, anche se per poco…

Nàrmoth infine era stata sbalzata a terra, priva di sensi, mentre gran parte degli umani le giacevano accanto e mentre i Nani facevano cerchio attorno a lei, scagliando pesantemente mazze e asce sui loro nemici.
Essi stavano per avere la meglio, quando un grido li fece voltare tutti verso una figura aggrappata oltre il bordo del ponte, sul quale lottava disperatamente per non cadere.
Tauriel dovette distogliere l'attenzione da quel punto, per rispondere a un altro affondo dell’Uomo che, sempre più incalzante, la faceva indietreggiare, allontanandola da ciò che stava accadendo…

Brenna con quel gesto brusco aveva fatto perdere l’equilibrio a Dimni. Egli infatti, sbalzato all’indietro su di lei, era finito oltre il basso parapetto, trascinando con sé la sua compagna e finendo per rimanere appeso agli scarponcini di lei…a sua volta appesa ad un’estremità di pietra resa scivolosa dall’umidità…
Quelle immagini però erano nascoste agli occhi saettanti di Tauriel che, impegnata nel duello con l’Umano, sollevò infine un mantello da terra con la punta del piede, da sotto, mandandolo con un gesto fulmineo addosso al suo rivale, per poi far calare indisturbate le sue lame su quella massa informe e cieca, dalle quale si alzò un grido acuto e rabbioso. 
I pochi umani rimasti si voltarono verso il loro condottiero stramazzato al suolo, lanciandosi occhiate interrogative e abbassando le armi davanti ai Nani che, trionfanti, erano finalmente liberi di correre in soccorso dei loro due compagni…

Ma nel frattempo Dimni, temendo di far precipitare Brenna col suo peso, l’aveva guardata con rassegnazione e lei, comprendendo il senso di quello sguardo, aveva scosso la testa più volte, mentre lui ormai lasciava andare la presa, finendo risucchiato nelle acque furiose…

Imri zaiza!” 

Tauriel aveva appena superato con un balzo il cadavere del ramingo, quando quel grido femminile le era giunto all’orecchio, tremendo, immobilizzandola e riportandola di nuovo indietro, nelle prigioni di Bosco Atro…
 
 
Resta un altro po’ con me Tauriel, te ne prego… devo raccontarti tante altre cose ancora e non sappiamo quanto tempo abbiamo...”
Perdonami Kili… Odio abbandonarti così alla tua prigionia, ogni sera, ma è tardi, si accorgeranno della mia assenza… Devo andare.”
“Oh Tauriel, imri zaiza!”

Si era voltata, credendo di udire Kili sussurrarle qualcosa di incomprensibile nella sua lingua...Si era rassicurata, dicendosi che doveva aver udito male. Gli aveva augurato un buon riposo allora, come ogni notte, sorridendo teneramente all’espressione sconfortata di lui dietro le sbarre, non sapendo che presto non avrebbe più potuto farlo…



*Khuzdul: Portami con te

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Capitolo 21
*** Due vite ***


Una figura avvolta di viola, scompostamente stesa a terra, riapparve infine negli occhi ancora colmi di ricordi di Tauriel. Ella s’inginocchiò ai piedi di sua madre, iniziando a scuoterla forte, le labbra tremanti per l’apprensione, fino a quando le palpebre di Nàrmoth non si riaprirono su di lei.
“Madre! Siano lodati i Valar!”. Nàrmoth le strinse le dita, debolmente, per poi fissarla di colpo. “Figlia mia…aiutali!”
A quelle parole, inaspettate e meravigliose, Tauriel fece un cenno di assenso a Nàrmoth, per poi rialzarsi e raggiungere i Nani, impegnati in una strenua lotta sul parapetto del ponte.

Brenna infatti, afferrata da uno dei suoi compagni per un braccio, si dimenava ostinatamente sulla struttura inferiore del ponte, piangendo e rifiutandosi di risalire.
Mentre Tauriel osservava inorridita quella scena, per un breve istante si chiese se piuttosto non sarebbe stato meglio lasciare che quella creatura seguisse colui che amava…
E pur avendoli ringraziati poco prima fu quasi tentata di maledire i Valar che, perfidamente, la rendevano testimone di ciò in cui ella stessa aveva fallito, quel giorno a Collecorvo: privarsi della propria vita.
Ma ella si disse ch’era stato un bene in fondo, dato che altrimenti non avrebbe mai udito le ultime parole di Kili per lei…

In quel momento il suo udito elfico intercettò dei lamenti lontani alle sue spalle. Tauriel si diresse dall’altro lato del ponte, scoprendo che la corrente aveva trascinato il Nano bruno molto più avanti, ma questi si era abbarbicato ad una roccia che, scura e frastagliata, emergeva dalle acque turbolente attorno a lui.

Tauriel fremette. Si disse che non poteva soccorrere entrambi, non stavolta. Ma sapeva bene che lasciare solo uno dei due in vita era pura crudeltà. Allora si fece di nuovo largo in mezzo ai Nani vocianti, affacciandosi e fissando i suoi occhi iridescenti in due color del miele, spalancati e spaventati.
“Egli vive ancora! Vieni!”. Allungò quindi il braccio verso Brenna che, incredula ma speranzosa, si lasciò sollevare da Tauriel e dall’altro Nano, fino a stramazzare addosso ai suoi compagni, ansimanti ma felici.
 
L’Elfo però si riscosse da quel sollievo momentaneo, avvicinandosi al suo cavallo che si era allontanato dalla mischia, prendendo a brucare poco oltre la fine del ponte, insieme al baio bianco.
Tauriel staccò dalla sella una lunghissima corda elfica arrotolata, dono di Thranduil per la sua partenza. Si accinse quindi a svolgerla, tornando svelta sui suoi passi, mentre richiamava l’attenzione generale.
“Quando vi darò il segnale, tirate con tutta la forza che avete in corpo!”.
Quell’ordine perentorio fu compreso immediatamente dai Nani. Essi osservarono ansiosi Tauriel trattenere un lembo della corda con una mano, per poi prendere la mira e la rincorsa, lanciando l’altra estremità della corda nell’Anduin, verso un punto che tutti loro potevano a malapena scorgere.

Dimni, allo stremo delle energie, frustato dai flutti gelidi tutt’attorno, disperava di poter raggiungere a nuoto la riva, quando avvertì sulla testa bagnata un piccolo tonfo. Sollevò lo sguardo sfinito, accorgendosi della corda e avvinghiandola a sé prima che scivolasse via, nuovamente cosciente di ciò che accadeva. Subito allora se la legò ai fianchi, strattonando forte e pregando Mahal di non abbandonarlo.

Tauriel nel frattempo aveva disposto i Nani in fila ed essi, tenendo ognuno saldamente la corda tra le robuste mani, si preparavano ad opporre resistenza, non appena dall’altro lato Dimni si fosse assicurato alla corda. Lo strattone non si fece attendere e giunse a Tauriel, prima fra tutti.

“Ora!” Al grido dell’elfo femmina i Nani presero a tirare, digrignando i denti e puntando gli scarponi al suolo nello sforzo. Tauriel stessa, sorpresa dalla fatica che le costava attirare a sé quel fardello tutto sommato non eccessivo, faceva scorrere quel filo argentato tra le sue dita, seguitando a incoraggiare i Nani dietro di sé.
Quando infine, gocciolante e ansimante, Dimni riapparve ai loro occhi, tutti gli fecero spazio lasciando che si adagiasse al suolo, per poi radunarsi subito attorno a lui, Brenna davanti a tutti.

Tauriel osservandoli sorrise di soddisfazione, dapprima. Poi si ritrovò a fissare quei due Nani che si abbracciavano e si accarezzavano i visetti l’un l’altro, parlando concitatamente nella loro lingua, guardandosi con gioia e affetto…
Un sentimento che aveva creduto di non poter mai provare si affacciò allora in lei, insidioso e improvviso…

Invidia! Tu sei invidiosa!”

Si portò una mano alla bocca, colta alla sprovvista, amareggiata da quel pensiero. Si vergognò di sé, sentendosi come fuori dalla sua natura, quasi come fosse … umana!

Iniziò ad allontanarsi a grandi passi, ignorando Nàrmoth che le veniva incontro allarmata e dirigendosi verso la riva dell’Anduin, per poi lasciarsi cadere sulla bassa sponda umida, inzuppandosi gli abiti grigi e laceri.

“Oh Grande Fiume! In te scorre il potere di Ulmo, supremo Signore delle acque…perciò ti supplico! Mondami da questa sozzura interiore, da questo nero veleno che inquina tutto ciò che sfioro! Restituiscimi a me stessa!”.
La sua invocazione, in ginocchio, con le punte dei capelli e delle dita immerse, fu udita chiaramente da Nàrmoth. Ella aveva seguito sua figlia in quella sorta di piccola fuga.
Fuga che sua madre aveva intuito essere causata da quella felicità improvvisa a cui avevano assistito, ormai irraggiungibile per Tauriel…
Sospirò ascoltando quelle frasi accorate, osando unire mentalmente la sua supplica a quella di sua figlia, chiedendosi però se dopo la sua ribellione ella sarebbe mai stata esaudita dai Signori dell’Ovest...
Poi, avvertendo il singhiozzare sommesso e senza lacrime di Tauriel, Nàrmoth si avvicinò cautamente, posando una mano sulla sua spalla ricurva, non ottenendo però alcuna reazione.
“Figlia mia, conosco solo in parte ciò che adesso è in te. Ma non permettere che questo guasti la bellezza del tuo gesto. Ecco, i tuoi cari Naugrim sono qui. Mostrati fiera di ciò che hai fatto per loro.”

Tauriel allora costrinse i suoi lineamenti a obbedirle, rialzandosi e voltandosi piano verso sua madre e verso i Nani che, sbigottiti, la guardavano con rispetto.
“Ho reso grazie allo spirito dei flutti che è nell’Anduin, per averci assistiti.” Quella menzogna, seppur innocente, costò a Tauriel non poca dissimulazione, arte in cui non era per nulla ferrata.

Brenna fu la prima a farsi avanti, timidamente, ma con una strana emozione nel volto paffuto e nuovamente roseo.
“E noi rendiamo grazie a Mahal che ci ha inviato te, possente dama elfica. Senza il tuo intervento avremmo raggiunto fin troppo presto i nostri cari nelle sue Sale eterne.”  

Tauriel a quelle ultime parole distolse lo sguardo. I Nani invece scossero le teste e le folte barbe con approvazione, mentre Dimni, che si sorreggeva a Brenna, si profuse in un piccolo inchino, nonostante la stanchezza.
“E’ vero! Ti siamo debitori oltre ogni misura! E come avevo promesso, avrai la tua ricompensa. Il nostro carro non è molto distante da qui, perciò puoi seguirci e scegliere uno qualsiasi dei nostri monili d’oro, oppure d’argento…ma che dico!” Con fare allegro e spensierato Dimni allargò le braccia, goffamente. “Puoi avere anche il nostro mithril…vero amici?”.
Ma Tauriel, come infastidita da qualcosa, alzò una mano nella sua direzione, con fare deciso. “Apprezzo la vostra riconoscenza, ma non intendo accettare alcunché da voi.”

La delusione dei Naugrim colpì l’elfo femmina che, immobile, ignorava la sua consimile mentre quella le indirizzava occhiate significative.
Ma i Nani intanto presero a mormorare tra di loro, turbati da un atteggiamento tanto inspiegabile. Tauriel e sua madre allora fecero per proseguire oltre, superandoli, mentre questi si scansavano, quasi con timore reverenziale…
“Aspetta! Dovrai pur volere qualcosa indietro! La vita di un gruppo di nanerottoli non può averti mosso a pietà al punto da rischiare la tua e quella della tua fragile compagna!”

Il tono dubbioso di Dimni fece fermare bruscamente Tauriel. Ma Brenna, come colpita da un’intuizione improvvisa, trattenne un braccio di Dimni, come a volerlo interrompere.
“Misteriosa Signora, non è nostra intenzione sminuire l’altruismo della tua condotta verso di noi. Ma troppo freddi e troppo sanguinosi sono stati i rapporti tra le nostre razze, perché noialtri non si resti sbalorditi da una tale generosità disinteressata.”

Fu forte in Tauriel la tentazione di rivelare loro tutto quanto, di dirgli chi l’aveva cambiata, cosa lui le avesse fatto comprendere, ciò che in ultimo l’aveva spinta ad intervenire…

“Una volta…non molto tempo fa…uno dei vostri mi salvò la vita.” Tauriel trattenne a stento un sospiro. “…sacrificando la sua.”

Ella stava condensando tutta stessa in quelle frasi e il suo bel viso tremava impercettibilmente. ”Da allora il vostro popolo, almeno per parte mia, mi è amico. Vi basti sapere questo. E se davvero volete farmi un dono, ebbene non fomentate mai il malanimo tra le nostre brave genti, cercate invece di sedarlo ogni qualvolta ne avrete l’occasione.”
Un caldo sorriso si era allargato sulle labbra di Brenna e dei Nani, schiuse per la meraviglia. “Lo faremo, non temere. Ma chi era costui?”

“Un nobile principe della stirpe di Durin, caduto nella battaglia delle cinque armate a Erebor…-” Tauriel si sarebbe voluta arrestare, ma le sue parole ormai fuoriuscivano precipitose come l’Anduin dinnanzi a lei.”…Kili, il suo nome. Coraggioso e testardo, ardito ma leale… sempre pronto a rischiare tutto, l’onore e la vita, per chi gli stava a cuore…”
 
I Nani, pur conoscendolo solo di fama, ascoltavano con ammirazione quelle lodi inaspettate ad uno dei loro principi.
Ma l’unica che seppe vedere oltre la pura gratitudine, nel tono dell’Elfo femmina, fu Brenna.
Ella fissò con complicità il suo sguardo in quello di Tauriel, scorgendovi qualcosa che avrebbe fatto rabbrividire gli altri…

“Nonostante questo, sei davvero sicura di non volere nulla in cambio?” La domanda di Brenna fu recepita appieno da Tauriel, che le restituì quell’espressione di complicità. ”A dire il vero c’è una cosa che desidero. Ma da te sola.”
Gli astanti si guardarono quindi l’un l’altro e dopo essersi sfilati i berretti ed averla ringraziata ancora si misero in disparte, Dimni compreso.
Tauriel allora face un cenno a Nàrmoth che, interdetta, andò a badare ai cavalli, mentre sua figlia voltava le spalle a Brenna, come intimorita da qualcosa.

“Vorrei conoscere il significato delle parole che hai gridato prima… quando il tuo compagno è caduto nell’Anduin.”
Brenna, udendo quella strana richiesta, ebbe la conferma di ciò che si era detta tra sé e sé in quegli ultimi momenti.

Portami con te...
Il nano femmina pronunciò piano quelle parole, con fare dolce, mentre si avvicinava a Tauriel, lentamente. ”…egli senz’altro doveva pensare di te le stesse cose meravigliose che hai detto su di lui, per arrivare ad implorare così una della tua razza. Non fraintendermi, noi condividiamo col vostro popolo l’orgoglio, implacabile e fortissimo. Esattamente come voi, non lo sacrifichiamo facilmente, non davanti a qualcuno. A meno che non ne siamo costretti da un sentimento ancora più forte e assolutamente unico, nell’arco delle nostre vite...”

Tauriel ascoltava avidamente. Ella era tutta concentrata sul fatto che Kili, come lei, avrebbe risposto all’indole della propria gente, incapace d’amare un’altra volta, nemmeno se fosse rimasto in vita ed essi fossero stati separati da coloro che li osteggiavano.
Pensare che, quell’ultima notte prima della fuga dalle prigioni, Kili le aveva chiesto di liberarlo, di portarlo via con sé!
Si morse la lingua alla sola idea di ciò che sarebbe stato se l’avesse fatto davvero...
L’amore frustrato che- tranne nei rari momenti di solitudine- ella aveva in parte trattenuto dinnanzi alla perplessità o alla commiserazione di Nàrmoth e Thranduil, ruppe infine gli argini, dinnanzi alla semplice comprensione di Brenna.
E finalmente le sue lacrime, per grazia di Ulmo, sgorgarono nuovamente, lasciandola libera di far defluire tutto via da sé...
 

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Capitolo 22
*** Il Campo di Celebrant ***


Quelle spalle che le erano sembrate così forti si scuotevano ora in piccoli singulti, mentre Brenna, incredula, assisteva a ciò che non avrebbe mai creduto possibile.

“Dunque ella amava veramente un mio simile? Com’è potuto accadere? L’avrei giudicata pura follia, non l’avessi qui davanti a me, in lacrime!”.

Tauriel non tentava più di nascondersi ormai e Brenna, commossa, si pose accanto a lei, fissando un punto indistinto oltre la foschia del fiume.
“Deve essere stato difficile accettare ciò che sentivi per il nostro principe, ma non puoi rimproverarti nulla. Pur non sapendo cosa c’è stato tra di voi, è evidente che il tuo slancio verso di lui è sincero e questo mi dice che, dopotutto, il suo sacrificio non sarà stato vano.”
L’elfo femmina inspirò forte l’aria attorno a sé, socchiudendo gli occhi e lasciando che il sole si posasse di nuovo sulla sua pelle, senza contrarla più, distendendo i muscoli del corpo e abbassando il bel volto verso Brenna, con fare mite e sereno.
“A quanto pare adesso sono io a dover ringraziare te. Ma voglio chiederti un’ultima cosa, prima che tu riprenda il cammino con i tuoi...”
Tauriel arrossì un poco, poi si portò una mano alla guancia, asciugandosi distrattamente.
“Anche se l’avessi avuto con me per una vita infinita quanto la mia, io e lui non avremmo mai potuto aspirare a tanto...-perciò, se mai avrai un piccolo, puoi promettermi di chiamarlo Kili e d’insegnargli il tiro con l’arco? Avendovi salvati e avendo reso possibile la sua nascita, mi sembrerebbe di essere in qualche modo parte della sua vita. E Kili veglierebbe su di lui-o su di lei- insieme a me.”
Il tono indifeso e sognante dell’Elfo strappò un’espressione di tenerezza a Brenna che, in un impulso improvviso, le sorrise con fare incoraggiante.
“Te lo prometto. Ma tu promettimi di resistere, dolce Signora. E sappi che anche se egli è con i miei -con i suoi padri- sono certa che scambierebbe volentieri questo privilegio per la luce dei tuoi occhi.” Le due si guardarono un’ultima volta, con stima e affetto.
Poi i Nani, che ormai si erano avvicinati di nuovo, impazienti, fecero segnale a Brenna di raggiungerli. Lei allora avvolgendosi di nuovo il mantello amaranto addosso sgambettò verso di loro, dall’altro lato del ponte…
“E’ tempo di andare anche per noi, Tauriel. O il tramonto ci sorprenderà.”
Nàrmoth si era fatta avanti, incerta, conducendo le cavalcature con fare premuroso ma imbarazzato. Si sentiva infatti di troppo, ma sua figlia, apparentemente calma, montò in groppa senza aggiungere altro. Nàrmoth però notò lo sguardo di rimpianto che ella volse al gruppo di Naugrim, ormai alle loro spalle.

Il sentiero frastagliato si stendeva davanti alle due amazzoni da almeno un’ora quando, ad un tratto, esse intravidero gli spruzzi dell’Anduin e del Celebrant venirsi incontro, mentre scorgevano finalmente il Campo di Celebrant, anticamera del regno della Dama Bianca.
Discussero allora se fosse meglio fermarsi e riposare, oppure procedere finché ne avessero avute le forze. Ma Nàrmoth, provata dal combattimento molto più di sua figlia, insistette per una breve sosta, sotto un albero solitario dalle fronde scure e spioventi.
Mentre si apprestavano a preparare l’occorrente, Tauriel si accorse che una strana tensione animava sua madre. Le sfiorò il braccio, interrogandola con lo sguardo.
“Figlia, non avrei dovuto costringerti ad accamparci, questo luogo mi inquieta”.
Ma Tauriel, preoccupata dalle profonde occhiaie di sua madre, nonché dal pallore di lei-ancora più estremo del suo- serrò le labbra, con un’aria di diniego.
“Forse non ricordi che qui gli Edain hanno combattuto contro gli Easterling, molti anni orsono. E numerosi furono i morti e i feriti, prima della conquista di Rohan. E’ normale che si percepisca ancora qualcosa nell’aria. Anzi, è un buon segno che i tuoi sensi non siano del tutto svaniti madre mia, rallegratene.”
L’anziana però seguitò a perlustrare con gli occhi cerulei la prateria, allungando le mani nodose verso le fiamme che iniziavano a sprigionarsi davanti a lei. Tauriel intanto prese a raccogliere altri ramoscelli, sedendosi infine ai piedi della quercia nera, iniziando ad affilare quei fuscelli di legno, fino a conferire loro la forma di frecce appuntite.
Ma mentre seguitava nel suo lavoro e mentre il bagliore del giorno ormai svaniva del tutto,  si accorse che Nàrmoth dormiva già, con la testa reclinata sul petto. Stava per alzarsi ed aiutarla a stendersi più comodamente, quando udì riecheggiare, sinistro, un suono di tromba.
 
Subito si alzò, guardinga, impugnando l’ultima freccia che aveva appena modellato, come se essa da sola potesse difenderla da quella minaccia invisibile. Perché era infatti un esercito incorporeo e lattiginoso quello che iniziava a sfilare davanti agli occhi sconvolti di Tauriel.

Sto dunque perdendo il senno! C’è guerra dentro di me… e solo guerra mi è concesso di vedere, ovunque io vada.”

Le sue membra iniziarono a tremare inconsapevolmente, mentre un’orda opalescente si stagliava nella piana, marciando e gridando contro la schiera di fronte ad essa, ugualmente fiera e rabbiosa.
Prima che Tauriel potesse rendersi conto di ciò che stava accadendo, vide le due armate infrangersi in corsa come le correnti opposte del Celebrant e dell’Anduin, una sull’altra, con un fragore assordante.

Gettata all’improvviso in quella bolgia impalpabile, Tauriel veniva investita da colpi sferzanti, a poca distanza da lei, mentre voci irate si alzavano tutt’attorno. In quella, distinse un cavaliere dall’armatura bronzea, alto e terribile sul suo destriero dagli occhi di fuoco, farsi largo fino a lei…

Una combattente invero…senza però più nulla per cui combattere!”

L’elfo strinse i pugni, indignata, all’udire quella voce profonda e vibrante insultarla. Ma immediatamente una figura scura e deforme, uno degli Esterling di certo, si scagliò su di lei, con un nero spadone in mano…

Un vero guerriero sa riconoscere la sconfitta! Arrenditi!”.

Un’altra folata investì il volto sconcertato di Tauriel, mentre ella si scansava e un fante appariva all’improvviso dall’altro lato, scagliando una mazza chiodata e trapassando il suo corpo…

Hai soccorso quelle creature solo per puro egoismo! Per illuderti di essere ancora utile, di poter rimediare a ciò che non hai potuto fare in passato!”

Il vento e le voci insistenti erano un tutt’uno ormai, insieme al clangore delle armi che cozzavano una contro l’altra, mentre quello scontro eterno seguitava, senza posa.
Tauriel stava per tapparsi le orecchie e chiudere gli occhi, ma qualcosa in lei la spinse a sfoderare i pugnali, contro il vuoto.

Non già su di noi, ma su quell’essere che giace addormentato dovresti sfogarti! Lei ti ha messa al mondo e lei ti ha abbandonata, rendendoti così ridicolmente bisognosa d’amore! Desideravi l’amore a qualsiasi costo! E a quale costo l’hai ottenuto? Non vedi come l’assenza di costei ti ha resa vulnerabile verso un sentimento inutile che ora ti tormenta? Ella è la causa ultima di tutte le tue disgrazie!”

Lo sgomento di Tauriel aumentò, mentre segrete corrispondenze tra i suoi più intimi pensieri e quelle terribili frasi urlate nel frastuono, si facevano strada in lei. Imperterrita però, continuava a pugnalare l’aria attorno a sé, invano.

Uccidila! Poni fine a tutto questo, vendica i tuoi anni di disperazione e solitudine! Non temere...la notte accoglierà e inghiottirà il suo sangue impuro!”

Una coltre spessa e impalpabile era calata su Tauriel che, esausta, si avventava contro quelle ombre indistinte, sentendosi venir meno. Ma proprio quando avvertiva ormai la morsa di quelle anime assetate di violenza, una voce calda e sicura le sussurrò nuovamente all’orecchio, mentre ella si ritrovava a ripetere quelle stesse parole…

Io so cosa provo, non ho paura!”

I lineamenti sorridenti e ingenui di Kili le riapparvero, attorniati dai capelli scuri e scompigliati, su quella spiaggia ormai deserta, vividi e reali come e più di tutto… e la forza che traspariva ancora da quegli occhi innocenti la scosse da capo a piedi.
Gettò a terra le armi e si volse verso il nulla davanti a sé, indirizzando occhiate di sfida alle sagome indistinte che l’attorniavano.

“Non ho paura di voi e non ho paura del mio dolore! Lo accetto!”

Un boato immenso scaturì dalle dense tenebre, scaraventando Tauriel a terra, lasciandola tramortita e facendola finalmente sprofondare in un sonno a lungo negato.
 
Quando l’indomani ella si svegliò di soprassalto, si mise a sedere sull’erba, frastornata. Si guardò attorno per un attimo, poi ricordò tutto e si chiese se non fossero stati i Valar a metterla alla prova…o piuttosto la Bianca Signora, prima di ammetterla nel suo reame.
Ella, in quanto membro dei Noldor, era invero potente, ma Tauriel si disse che dovevano essere stati i suoi cupi pensieri a risvegliare un male che ancora aleggiava su quelle lande. Si costrinse quindi a rimettersi in piedi e a risvegliare sua madre, evitando le sue domande insistenti e pregandola di riprendere la via.

Il silenzio che scese tra di loro durante quell’ultimo, lungo tratto, servì ad entrambe per prepararsi ad entrare in quello che sapevano essere uno dei luoghi più sacri sulla Terra di Mezzo.
Ed entrambe, seppur per motivi diversi, si sentivano come indegne di accedervi. Tauriel arrivò perfino a chiedersi se Thranduil, intuendo la loro destinazione, non avesse avvertito Galadriel e il suo consorte. In quel caso sarebbero forse state catturate, in quanto ospiti sgradite e tenute come prigioniere fino all’arrivo degli Elfi Silvani, a cui sarebbero state riconsegnate.

E sia! Non lascerò che un altro sole nasca senza aver almeno tentato di rivederlo, di parlargli di nuovo…”

Mentre entrambe si lasciavano andare alle proprie riflessioni, ecco che l’aria iniziò a cambiare attorno a loro, divenendo più rarefatta e inconsistente, carica di profumi di erbe aromatiche ed altre dolci essenze, a loro sconosciute.

E Lorien apparve dinnanzi ad esse, inaspettatamente, abbagliandole con una strana luce dorata che si sprigionava dagli altissimi tronchi che, come innalzatisi all’improvviso dal terreno, si paravano davanti a loro, maestosi.
Ammirarono la bellezza di quel luogo a lungo, prima di riprendersi dallo stupore.
“Figlia, data la mia condizione non mi sarà concesso accompagnarti fino in fondo, probabilmente. Ma proseguirò finché potrò. Abbiamo iniziato questo piccolo viaggio insieme. Lo finiremo insieme, in un modo o nell’altro.”
Nàrmoth fissava Tauriel che, sollevata da quelle frasi, storse un angolo della bocca in un lieve sorriso.
“Se saremo accolte pacificamente, come è mio auspicio, non ci sarà bisogno di separarci di nuovo. Ora avanziamo lentamente, non disturbiamo il bosco…”
Si inoltrarono quindi tra il fogliame carico di frutti splendenti, lanciando occhiate di meraviglia tutt’attorno, non accorgendosi che dietro di loro i rami si erano come abbassati, quasi a voler suggellare l’ingresso del Reame Nascosto…
 

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Capitolo 23
*** Saggi consigli ***


Mano a mano che Tauriel e sua madre avanzavano verso Caras Galadhon, la vegetazione trascoloriva dal dorato all’argentato, mentre gli arbusti si facevano sempre più alti e imponenti, rivelando fulgidi padiglioni intagliati nel legno e sormontati da grigi baldacchini, riccamente decorati.

Un alone di immobilità e quiete estrema era sospeso tra quei rami e presto madre e figlia, con i volti sollevati sopra di loro, compresero quanto fosse diverso quel luogo dalla loro terra natìa. Ma soprattutto compresero quanto fossero diversi -anche se pur sempre loro simili- gli abitanti.
Essi infatti, schivi ma incuriositi, si affacciavano di tanto in tanto dalle splendide costruzioni sugli alberi, lanciando loro sorrisi intimoriti ma divertiti, per poi arrampicarsi ancora più in alto…

“Chi giunge, inatteso, nelle nostre terre inviolate? E che creatura è mai questa?”

Quella frase, pronunciata da una voce fin troppo vicina, colse Tauriel e Nàrmoth alla sprovvista ed esse si chiesero se ciò fosse stato a causa dei loro sensi compromessi, o se chi l’aveva pronunciata possedesse arti a loro celate.
A parlare era stato Haldir, guardiano e araldo di Galadriel. Egli, ai piedi di una bianca e immensa gradinata, scintillante nella sua armatura e attorniato da un manipolo di eleganti Galadhrim, le guardava con fare solenne. Ma Tauriel non si lasciò intimidire. Si fece avanti, atteggiando le labbra per pronunciare il suo nome e quello di sua madre, quando l’ambiente circostante parve sfaldarsi al sopraggiungere di una luce irresistibile e improvvisa, accompagnata da una voce che aveva del sovrannaturale.

“Tauriel Lithiel, figlia di Bosco Atro, figlia della sua stessa cenere. E nonostante ciò, figlia anche di Thalion -che si chiamò infaustamente Il Forte- e di Nàrmoth, il cui crepuscolo infuocato è qui davanti a me, ormai prossimo.”

Galadriel si levava alta e magnifica dinnanzi a loro, alla sommità della scalinata, con le mani congiunte in grembo e l’effluvio dorato dei capelli che le scendevano in morbide onde sulla veste candida. E Tauriel avrebbe creduto di trovarsi al cospetto di Elbereth stessa, tant’era la nobiltà e la perfezione di quell’essere dal quale sentiva dipendere ormai la sua stessa vita.
 
Invitando sua madre a fare lo stesso, s’inchinò profondamente, rendendosi conto che la Dama non solo conosceva il loro nomi, ma perfino il secondo nome che le era stato crudelmente affibbiato dai suoi, dopo il suo ritorno dalla Battaglia delle Cinque Armate. Per non parlare del fatto che conoscesse il destino di suo padre, lo stesso che attendeva fin troppo presto anche sua madre…

“Conosco questo e molto altro, fanciulla in lutto.”

Quelle parole inaspettate rimbombarono nella mente sconvolta di Tauriel, che si ritrovò a non poter distogliere i suoi occhi da quelli algidi e imperscrutabili di Galadriel, distanti eppure vicinissimi.
Riprese padronanza di sé dopo un’esitazione, lanciando un’occhiata incoraggiante a Nàrmoth che la fissava terrorizzata, facendo infine un passo avanti.
“Signora di luce, perdona la nostra visita inaspettata. Non intendevamo valicare senza permesso i tuoi confini.”
La Bianca Dama sollevò un braccio senza che il resto del corpo si muovesse minimamente. Poi sollevò le sopracciglia, come stupita.

“Senza di esso non avreste potuto in nessun modo giungere alla mia presenza. Vi ho scorte da lontano e da ancora più tempo vi ho attese.”
Tauriel, grata, sorrise dal sollievo, portandosi una mano al petto e arrestandosi mentre udiva nuovamente nella sua mente quel tono grave.

Un male che germoglia e si spande è in te. Colei che ti accompagna ne raccoglie già i frutti, insieme a quelli della sua antica colpa.”

Galadriel, notando lo smarrimento di Tauriel interruppe quel flusso e distolse lo sguardo altrove.
“Comprenderai, giovane dei Nandorin*, che a te sola è concesso entrare nella mia corte più interna. Haldir, fai informare il mio sposo Celeborn che m’intratterrò con un’ospite dei nostri consanguinei del Nord e conduci costei alle pendici degli Hithaeglir*.”
Nàrmoth, colpita da quella sorta di secondo esilio, abbassò il viso, piena di vergogna e umiliazione, non osando replicare alcunché. Ma sua figlia, delusa, si interpose tra lei e Haldir, con fare conciliante.
“Mia signora, te ne prego, non scacciarla dal tuo cospetto. Ella…”

Ella è tutto ciò che ti resta. Ma si è macchiata di un crimine contro i Valar, una macchia che nemmeno i miei poteri, il motivo che vi ha condotte qui, possono bastare a disfare. La mia gente non deve nemmeno intuire la sua vera natura, perciò non farmi pronunciare una seconda sentenza, più esplicita, qui in presenza di tutti. Lascia che vada.”

Tauriel allora si volse a sua madre, affranta, intuendo nell’espressione di Nàrmoth che Galadriel doveva aver parlato anche a lei, con parole delicate ma pur sempre intransigenti. E la rassegnazione mite che scorse in sua madre le instillò un improvvisa ammirazione per lei, portandola a gettarle le braccia al collo, nello stupore generale di Haldir e dei compassati Galadhrim.
“Figlia, non dispiacerti per me, non stare in affanno. Sapevamo entrambe che sarebbe andata così, ma io sono lo stesso felice di averti potuta conoscere e assistere.”
Nàrmoth e Tauriel si stringevano sperando ardentemente non fosse quella l’ultima volta, aspirando ognuna a fondo il profumo dell’altra, fin troppo poco familiare.
“Ti ringrazio madre mia, per avermi appoggiata nonostante le tue riserve. Non ti porto rancore, perché i tuoi sbagli sono anche i miei e sappi che ti raggiungerò presto, non temere.” L’anziana portò una mano sulla guancia della giovane, carezzandola con fare già nostalgico.
“Sono io che ringrazio te Tauriel. Mi hai perdonata nonostante tutto ciò che è stato…e ciò che non è stato. Sono orgogliosa d’averti per figlia! Resta qui per tutto il tempo che ti sarà concesso. Io ti attenderò, finché potrò.”
Detto ciò, le posò un tenero bacio sulla fronte, per poi voltarsi di scatto e-abile ad orientarsi com’era- prese da sola un sentiero che si apriva a Nord, subito seguita e scortata da Haldir e da alcuni dei suoi.
 
Quell’ennesimo addio, temporaneo o definitivo che fosse, lasciò Tauriel smarrita e svuotata, con le braccia ancora a mezz’aria e una strana consapevolezza che l’invadeva. Aveva rinunciato a sua madre per lui

Me ne duole, ma non potevo fare altrimenti. Adesso seguimi nei miei giardini...e sonderemo ciò su cui il tuo cuore, a distanza, m’ha interrogato insistentemente, fin da quando lasciasti la tua dimora.”

Come stregata, Tauriel prese a salire i gradini, notando a malapena ciò che le scorreva attorno, fino a quando si ritrovò in una piccola insenatura tra gli alberi, dove un prato smeraldo emanava un fatuo bagliore. Al centro di esso vi era un largo pilastro con sopra adagiato quello che sembrava uno strano specchio argentato…
“Perdona l’ingenuità, ma com’è possibile che io oda la tua voce perfino quando non mi parli? E cos’è, se posso, quell’oggetto magnifico?”
I lineamenti di Galadriel si allargarono in un sorriso condiscendente, mentre faceva cenno a Tauriel, conducendola presso una piccola fonte del Celebrant che sgorgava tra le radici aggrovigliate di un pallido arbusto. Un’anfora era posata poco oltre e Galadriel la prese tra le mani affusolate, immergendola nelle acque silenziose e riempiendola fino all’orlo, per poi soffiarvi sopra.

“Questo è lo Specchio di Galadriel. Molte cose comando allo Specchio di rivelare, così che ad alcuni posso mostrare ciò che essi desiderano vedere. Esso infatti mostra cose che furono, cose che sono e cose che devono ancora accadere.”*

Tauriel, lieta e timorosa al tempo stesso, spostava lo sguardo ammaliato da lei all’anfora ma non riusciva, come paralizzata da una forza superiore, ad avvicinarsi oltre. Rimase quindi ad osservare Galadriel che versava dentro lo Specchio il contenuto della brocca argentata…
“Fai bene a temere lo Specchio e le sue visioni. Esso può, se non animato dalla giusta ispirazione, mostrare immagini strane ma utili più di quelle che noi stessi desideriamo vedere.”

Quell’ultima osservazione lasciò Tauriel ancora più interdetta. L’azzurro cangiante dei suoi occhi incontrò quello implacabile di Galadriel. Si chiese se l’avvertimento che le rivolgeva fosse riservato a lei o valesse per tutti coloro che erano ammessi in quel giardino fatato…
“I miei sono consigli che potresti reputare saggi o meno, ma se perfino ciò che ti è accaduto finora non ti ha fermato la mano, allora nulla potrà distoglierti dal guardare…a tuo eventuale danno, beninteso.”
Tauriel inghiottì forte, mordendosi le labbra e rimproverandosi per la sua titubanza, ma al tempo stesso riflettendo su ciò che stava per fare, sul velo della vita e della morte che stava per squarciare, portandosi le dita sulla fronte, come appesantita all’improvviso.
“Mia Signora, ammetto di aver trascurato di considerare a fondo ciò che potrei vedere. Come una stolta, mi rendo conto soltanto adesso di non immaginarlo neppure. E questo mi riempie di sgomento.”
Galadriel sorrise nuovamente, stavolta con fare ancora più misterioso. Portandosi vicino a lei senza dare l’idea che i suoi piedi sfiorassero il suolo e allungando un braccio cinto di un largo velo verso lo Specchio.
“Non è forse il volto di colui, la visione a cui aneli? Ami un mortale, lo so. Ben più di un semplice mortale, in realtà… Non intendo giudicarti, ma i legami innaturali, specie uno così estremo e incredibile come il tuo legame con questo Naug, sono sventurati. Eccezion fatta ovviamente per l’Umano Beren e Lùthien, mia parente. Ero nel Reame di suo padre,il Doriath, insieme al mio futuro sposo, quando li vidi partire... Ma per quanto eroico sia stato il loro comune destino, come ben sai, questo causò la perdita definitiva di lei ch’era figlia della beneamata Melian, una Maia* di Valinor, portatrice di quella luce che io stessa a stento posso sperare di eguagliare.”

Le due si spiavano quasi di sottecchi, osservandosi tra i raggi taglienti del sole che penetrava in stretti fasci dagli altissimi rami intricati, mentre Galadriel le ruotava attorno, piano...
“Ma questa ferita non bastò. Sempre della mia stessa stirpe-stavolta a me ancora più vicina- era Finduilas, l’unica figlia di Orodreth, uno dei miei fratelli. Ella risplendeva di una bellezza incorruttibile tra i Noldor, principessa di un tempo ormai remoto. D’oro finemente modellato era infatti la sua capigliatura, ma neri e insondabili erano i suoi occhi.
L’ultima volta che la vidi fu prima del mio sposalizio, poco più d'una bambina, nel perduto reame di Nargothrond. Allora intuii che un’amara sorte l’attendeva, ma non sapevo ancora quale.
Ebbene, quando Finduilas ancora non aveva la metà dei tuoi secoli, rifiutò l’amore di un suo pari-proprio come leggo in te- per l’amore di un mortale. Un Uomo, il cui nome è tuttora foriero di sventura e che quindi non posso pronunciare qui.
Finduilas però ebbe ben poca parte nelle vicende di costui, dato che egli spregiò l’amore immeritato che lei gli portava, ricordandosene troppo tardi e abbandonandola alla morte…trapassata da una lancia d’Orchi, inchiodata ad un albero dal quale dovettero distaccarla in molti, per poi seppellirla nello Haudh-en-Elleth*, ormai sommerso insieme all’antico Ovest.”

Galadriel s’interruppe, come se avesse perso per un attimo la compostezza e la rigidità che aveva mostrato fino ad allora. Ma fu un breve cedimento. Si fermò e rialzò fieramente il mento.
Tauriel intanto ascoltava attenta e rispettosa, non osando quasi respirare e richiamando alla memoria brandelli di quelle leggende, cercando d’indovinare le intenzioni di Galadriel, nel raccontarle tutto ciò.
“Ed ancora, nel futuro, scorgo un'altra morte. Arwen, figlia della mia Celebrìan, corre a passi svelti verso la stessa rovina. Ma né a me né a suo padre Elrond è dato far nulla per impedirlo.”
Tauriel, pur commossa per le angustie di Dama Galadriel, avvertiva come quelle storie fossero simili e allo stesso tempo distanti da sé e da ciò che sentiva. Si riscosse quindi da quella strana incertezza.
“Mi rincresce sapere questo. Apprezzo la tua premura nei miei confronti e te ne ringrazio. Ciò che dici e che lasci sottintendere è invero giusto, pieno di compassione e di buon senso. E senz'altro la triste fine di due delle dame più nobili tra la nostra gente, a te così prossime, ti fa ripugnare un tale legame tra noi e i mortali. Nondimeno però, egli non mi ha mai abbandonata e non è mai venuto meno alle sue promesse, non volontariamente almeno. Perciò permettimi di guardare.”
Ancora prima che Tauriel terminasse il suo discorso accorato, Galadriel si scansò leggermente, allungando di nuovo il braccio verso lo Specchio con un’espressione dispiaciuta, per poi voltarsi e sparire di colpo oltre la cascatella.
 
Tauriel allora s’avvicinò al largo pilastro, chinando la testa verso quella superficie immota che la rifletteva, precisa nei minimi dettagli, con la guancia sinistra segnata da parte a parte e gli occhi speranzosi. Pose quindi le mani sul bacile argentato, serrandovi sopra le dita, sforzandosi di infondervi dentro tutta sé stessa...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
1.Nandor: Elfo silvano.
2.Hithaeglir: Le Montagne Nebbiose.
3.Citazione dal Signore degli Anelli,La compagnia dell’anello,p.448.
4.Maia: Ainu di grado minore rispetto ai Valar.
5.Haudh-en-Elleth: Il tumulo della fanciulla elfica. Chiedo in anticipo scusa per i molti nomi, ma essendo Galadriel una Noldor è normale che si esprima richiamando luoghi e personaggi antichi. Grazie per la pazienza, buona lettura!

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Capitolo 24
*** Le Aule di Mahal ***


Una pesantezza nell’aria, o in quella che sarebbe dovuta essere tale, lo costringeva a rimanere prostrato per la maggior parte del tempo. Tempo che gli era impossibile percepire o anche solo più concepire.

Questo momento è infinito, non è neppure lo stesso che sta vivendo lei! Questo momento è altrove, lei è altrove… stavolta davvero troppo, troppo lontana da me… “

Kili era avvolto nei suoi pensieri insistenti, ed essi soli ormai gli davano sostanza. Il suo corpo era infatti estraneo perfino a sé stesso, ed egli sapeva di conservarne la forma solo in quello che era poco più che fumo, una mera parvenza in cui Mahal preservava gli spiriti dei suoi protetti, le sue creature, i Suoi Primogeniti...

Di volta in volta l’atmosfera si alleggeriva e allora, la Sua presenza benevola tra quelle sale affollate dai soffitti indistinguibili, era una delle poche consolazioni.
Questo però non bastava a consolare Kili dalla schiacciante consapevolezza di non essere più, di esistere e non esistere, di non poter più prendere parte alla vita...ma soprattutto di non poter più riavere lei.
Kili s’imponeva di non rievocare le immagini di loro due innamorati e felici, poiché la bellezza di quei ricordi in quel luogo di morte era un contrasto atroce che gli era intollerabile.
Eppure, come allora, quando il suo spirito sostava tra le enormi colonne di granito evanescenti alla vista ed al tatto, Kili anelava di potersi ancora abbeverare da quello sguardo che in vita era stato la sua fonte, anche se per poco…

Accanto alle ombre severe di suo fratello Fili o di suo zio Thorin però, egli fingeva di ascoltare distrattamente gli altri Nani tessere le lodi di questa o di quella gemma preziosa, descrivere con dovizia di particolari tutte le battaglie combattute, i nemici affrontati e i territori conquistati.
Ma in realtà Kili, pur non avvertendo su di sé il gelido contatto dell’armatura che ancora indossava, avrebbe voluto strapparsela di dosso, gridare a tutti che quello non era il suo posto, che solo tra le braccia di lei avrebbe potuto trovare pace…

Un degno discendente di Durin non si umilierebbe di fronte a nessuno, certo. Ma che senso può avere ormai, qui? Qui dove la mia sofferenza è l’unica cosa davvero reale, qui dove lei non giungerà mai a salvarmi un’altra volta e a sottrarmi da tutto questo!”
 
Fili e Thorin ovviamente sapevano bene cosa gravasse sull’animo di Kili, ma non tentavano mai di parlarne con lui per porvi rimedio, dato che comprendevano quanto questo ormai fosse inutile. Reputavano più appropriato lasciargli il diritto di rimpiangerla in silenzio di fronte a tutti i loro simili, con pudore e dignità, fino alla fine dei tempi…
Nonostante il tatto mostrato dai suoi parenti però, Kili sovente avvertiva il bisogno di allontanarsi da quella sorta di perenne assemblea, lasciandosi guidare dalla sua mestizia fino ai recessi più solitari di quelle profonde aule, impossibili da collocare nello spazio in alcun modo...

Lì inventava un presente pieno di gioia per Tauriel, figurandosi i luoghi che lei stava attraversando, le persone che incontrava e le impressioni che le suscitavano.
Forse viveva tramite il pensiero di lei, ma nonostante questo Kili si sforzava di ripetersi che l’aveva salvata, ch’ella stava bene, che lui poteva rallegrarsi poiché il mondo non era stato privato del suo splendore impareggiabile…

Ma io invece ne sono stato privato eccome!”.

Un lamento soffocato sfuggì e riecheggiò tra quelle larghe arcate, mentre Kili si faceva nuovamente forza e ricostruiva con cura nella sua mente l’aspetto di Tauriel, mentre l’angoscia di tutti i giorni che non aveva vissuto insieme a lei lo tratteneva contro uno scuro pinnacolo…

Kili giaceva così da molti momenti, chiedendosi perché, di tutte le sensazioni svanite-perfino quella indescrivibile del tocco di lei-gli riuscisse invece di avvertire ancora qualcosa che premeva contro la sua mano guantata. E allora apriva e chiudeva ciò che restava del suo palmo, perplesso…

In quella, la cortina plumbea e spessa che era calata sullo Specchio di Galadriel si dissolse, lasciando Tauriel sfinita dallo sforzo…lasciando però apparire, infine, il viso di Kili.

Per Tauriel fu come se quegli occhi scuri e buoni perforassero la superficie dell’acqua e i suoi stessi occhi, conficcandosi dentro di lei, annientandola e tirando giù una lacrima che era di gioia e dolore al tempo stesso.
Cercava di parlare, di chiamarlo, ma tutto rimaneva come rinchiuso nel fondo della sua gola, improvvisamente asciutta.

E’ lui!”

Quella lacrima cadde nello Specchio e oltre, rimbombando tra le mura inconsistenti attorno a Kili che, meravigliato, l’udì chiaramente, sollevandosi e cercandone l’origine, sentendo all’improvviso una presenza diversa da quella di Mahal, qualcosa di altrettanto ineffabile però, farsi strada verso lui e la sua disperazione…

“Che sia lei? Ma e’ pura follia… Non posso permettermi il lusso d’illudermi, non così! Sarebbe come perderla di nuovo, se non peggio. Preferirei l’Oblio Eterno piuttosto!”

Tauriel osservava Kili guardarsi attorno con apprensione, ma non riusciva ancora ad emettere alcun suono, inalando quanto più poteva. Kili invece, scorto uno strano alone in una parete, si avvicinava inconsapevolmente a lei…
E ad un tratto, in quello spiraglio incerto, i lineamenti contratti di Tauriel emersero e si schiantarono nella coscienza di Kili, investendolo come e più della prima volta che l’aveva veduta, mentre anche i suoi lineamenti si contraevano ed egli si ritrovava a maledirsi, per il fatto di non poter piangere come stava facendo lei.

Si fissarono a lungo, inermi, attraverso quel velo tremolante, schiacciati da quell’emozione che a lungo avevano temuto e desiderato così intensamente...

“Sei tu…?”

Alle parole di Kili, una vibrazione lieve ma netta si spanse come un’onda per tutta la superficie dello Specchio. E anche Tauriel fremette udendo la sua voce bassa e tenera, riconoscendone il modo particolare di pronunciare ogni singola sillaba. Kili stesso si stupì del suo tono, incapace di distogliere lo sguardo innamorato da quello di lei.

A’maelamin!* Si, sono io!”.

Tauriel rideva ormai, mentre le sue ciocche rosseggiavano al sole che Kili, altrettanto sorridente, poteva a malapena intravedere dietro di lei…lei che era lì, ch’era riuscita a raggiungerlo perfino lì…
Ma fu un attimo. Tauriel, scorgendo la cotta di lui brutalmente lacerata nel petto si fece cupa, mentre il labbro inferiore prendeva a tremarle incontrollabilmente.

Sono io…anche se dicendo ciò mento, poiché io non sono stata più in me dopo che tu…dopo che sei fuggito, tuo malgrado, via da me…dove non potevo seguirti, neppure imitandoti…”.
Si era coperta la bocca con le mani, per interrompere quel flusso di frasi sconnesse. Aveva immaginato tante volte cosa gli avrebbe detto, tutte le espressioni d’amore e devozione che aveva nel petto…e adesso tutto ciò che riusciva a fare era balbettare! Osservando l’ambiente attorno a Kili, spoglio e buio, il cuore di Tauriel si strinse, ricordando di come avesse sperato ben altro per lui.
“Perdonami Kili, non so quello che dico…vorrei poter alleviare la tua lunga, terribile attesa, vorrei poter avere parole di conforto, adesso…ma la verità è che non ne ho nemmeno per me!”
Kili contrasse la mascella scura, vedendola andare in pezzi, urtato e commosso da quell’ammissione straziante. Indovinò che la sua condizione doveva averla lasciata sgomenta e atterrita. Desiderò fortemente scuotersi quelle polveri impalpabili di dosso, tornare ciò che era, valicare quel varco ch’ella si era aperta fino a lui, avvinghiarla a sé e stringerla, stringerla…
Ma dovette accontentarsi di immaginare le sue dita, al posto delle dita di lei, poggiate sulla sua guancia liscia e candida…

“Tauriel…mio vero amore! Posso vederti e sentirti…com’è possibile?” Kili scosse la testa, alzando una mano come a voler interrompere la risposta di lei. “No, non dirmi nulla…se questo è un’incantesimo non voglio spezzarlo con inutili domande…Tauriel! Il ricordo del tuo volto e delle tue parole erano il solo tramite con il mondo, per me… la purezza e la verità di ciò che abbiamo condiviso erano l’unica certezza, in questo che dovrebbe essere un paradiso e che invece è un inferno, senza di te!”. Kili inarcava le sopracciglia, mentre Tauriel l’ascoltava, come rapita.
“Ero arrabbiato sapendo che non avrei più potuto difenderti, ammirarti, amarti… e ora che vedo nel tuo viso segnato la stessa sofferenza che mi ha tormentato così a lungo…ah, sono stato davvero un ingenuo ad augurarmi che tu fossi serena senza di me…!”

Lei aumentò la stretta sulla sua pelle, rendendosi conto di come fosse stata impulsiva nel pronunciare quelle parole insensate, procurandogli forse maggior pena. Osservò i capelli bruni di lui, arruffati ancora nell’ultima lotta, immobili in quell’atmosfera sospesa in cui sembrava immerso. Immaginò allora d’immergersi in quei flutti neri…

“Kili non volevo e non voglio aggiungere la mia amarezza alla tua… sono stata fin troppo egoista...è che ho sofferto in un modo che non ritenevo possibile! Il pensiero di te era come una morsa che mi strappava a me stessa ad ogni ora… e mia madre, che ho incontrato dopo secoli di separazione, ben poco ha potuto per contrastare tutto questo… ma non devi fartene una colpa! Io sono qui, vedi? Nonostante tutto.”
Il sollievo di Tauriel si trasmise a Kili e un'angolo della sua bocca di distese."Sono contento che tu abbia almeno avuto il conforto di ritrovare tua madre." Poi, pensando a Dìs, sua madre, abbassò il capo come colpito da qualcosa di meraviglioso. Sollevò allora il pugno e socchiuse le palpebre, in un espressione dolce e sognante.
“Me l’hai restituita prima che mi seppellissero, vero? La sento…pur non avendola qui con me. Così come ho sentito te, prima…Ma ti prego, dimmi la verità: sono ormai uno spettro dei giorni passati per te, solo un rimpianto e un bel ricordo al quale aggrapparsi…o mi ami ancora davvero…come prima?”
Tauriel allora si scosse, accorgendosi che lui attendeva quella risposta con ansia, mista a una sorta di segreta consapevolezza...
“Kili...amo questo tuo sorriso irriverente, fin dalla prima volta che me lo lanciasti contro! Ti amo come sempre…e nessuno potrà portarmi via tutto questo, nessuno mi avrà, mai più. Vivrò sola, come te…se vivere si può mai definire il nostro… ”
Le guance ancora ricoperte di barba di Kili si distesero, mentre quei tratti adorabili che Tauriel si sforzava di catturare s’illuminavano di nuovo, per poi lasciare spazio ad un turbamento improvviso.
“Non voglio che questo amore sia una prigione per te.”
Tauriel scosse negativamente la testa, con ostinazione. “No, Kili! Per me e’ come se tu fossi ancora in prigione ma stavolta io non potessi liberarti!”
Egli corrugò la fronte, assorto, percependo in lei più di quanto ella non dicesse.
“Tauriel…ora che ti osservo, molto di ciò che ti è accaduto m’appare chiaro…perciò non negare, tu parli di seguirmi, imitarmi…hai forse tentato di sottrarti alla vita?”
Lei fissò i suoi occhi spaventati in quelli di lui, perennemente avvolti in quell’autunno grigio ma clemente.

“Io ti amo, sciocca!”
La vide fremere impercettibilmente e se ne rallegrò. Poi tornò serio. “Come hai potuto anche solo prenderlo in considerazione, sapendo che questo mi avrebbe annientato perfino da qui?!
Ma se ciò non bastasse a fermarti dal compiere un gesto così insensato, sappi che così facendo il tuo spirito volerebbe alle Aule di Mandos e così saremmo entrambi intrappolati. Annulleresti qualsiasi possibilità, seppur vaga e remota, d’incontrarci nuovamente.”

Quel rimprovero rianimò Tauriel che si abbassò ancora di più sullo Specchio, dimentica di dove si trovasse.
“Kili, devi comprendere che il mio era un gesto dettato anche dal rimorso…il rimorso di non aver ceduto subito al nostro sentimento è stato straziante per me… ti ho respinto fin troppe volte e così facendo accorciavo ancora di più il breve tempo che ci era concesso…riporterei indietro quegl’istanti solo per schiaffeggiarmi!”
 
Il nasino di Kili si era sollevato in una buffa espressione udendo Tauriel. Capì che, in vita, tutte le volte in cui aveva dubitato di essere corrisposto da lei era stato cieco.
“Non essere severa con te stessa! Hai solo tentato un’impresa impossibile…hai tentato d’evitare l’inevitabile…ovvero innamorarti del sottoscritto.”
L’aria furbesca e sfacciata di lui, incredibilmente, riuscì a divertire Tauriel, perfino in quella circostanza. Ed essi si sorrisero lungamente.
Poi Tauriel riprese un’aria grave. “Se davvero esiste un modo-per quanto folle o a lungo termine- per riaverti con me...parlamene, te ne prego. Non mi spaventa.”
Kili sospirò, abbassando la bella testolina e rialzandola subito. “Se tu sarai salda per tutte le ere che ti attendono, le stesse che-anche se in forma diversa-attendono me, forse potremo stare di nuovo insieme.” Kili allargò le braccia, fiducioso. “Liberi, stavolta!”

Una piccola risata scaturì da Tauriel e Kili all’unisono. Ed essi, all’improvviso e contro tutte le previsioni, erano di nuovo felici, insieme.
Kili allungò le mani verso il volto riflesso di Tauriel che fece altrettanto, ed essi erano sempre più vicini…

“Rimani viva, mantieni la tua memoria accesa, così che al finire dei giorni di Arda ricorderai tutto questo, ricorderai noi due…e potrai venire a cercarmi, quando sarà stabilito che debba ricominciare tutto. Ovviamente ne ignoro il tempo e il luogo, ma essi giungeranno, prima o poi…-”-…E io sarò lì quando tornerai, non temere!”. Kili accennò di si, orgoglioso di lei.

“Tauriel…se penso che brucerei tutte le ore inutili che s’interpongono tra noi…tra la tua pelle e la mia…”
Le sue labbra erano schiuse esattamente come quelle di lei…
”Ho sognato quella notte Tauriel…l’ho sognata pur non potendo dormire…e continuerò a farlo, finché non ci ritroveremo.”

Un lieve rossore si era sparso sulle guance di Tauriel, mentre lo sguardo pieno di passione di lui, che lei non aveva dimenticato, le si piantava di nuovo in faccia...
Lo guardò intensamente anche lei, sapendo che quella non era, non poteva essere l’ultima volta…
“Resisterò e non ti deluderò. Dovessi anche cambiare aspetto ti riconoscerò, dovesse cambiare il mondo stesso, non cambierà cio che provo per te. Ho trascorso notti incredibili, detestando quasi il bisogno immenso che avevo di te…Ma era inutile, tutto il mio essere ti reclama…e sarà sempre così.”

Il desiderio di sfiorarsi era troppo per entrambi, ed essi, impazienti, posarono le dita sul velo dell’acqua, solo per scoprire che, improvvisamente, quel contatto lieve ma impossibile aveva fatto svanire la visione…
 
 
 




 *Sindarin: Mio amore.

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Capitolo 25
*** Infinite possibilità ***


Il riverbero delle loro ultime parole riecheggiò nella mente di Tauriel mentre questa, amareggiata, si distaccava lentamente dallo Specchio, rimproverandosi di non aver potuto trattenere Kili più a lungo.
Era però vero che Galadriel non l’aveva avvertita di non toccare l’acqua, dunque ella non avrebbe potuto sapere...
Mentre Tauriel si andava giustificando tra sé e sé, ancora china, si accorse che si delineavano altre strane immagini sulle pieghe cristalline dello Specchio. Ma essendo questo ormai libero dalla volontà di Tauriel, esse fluirono di colpo e senz’ordine alcuno…

Ed ecco apparire Nàrmoth, in campo aperto, una spada insanguinata tra le mani tremanti, circondata da un manipolo di orribili Orchi, calati da oltre le Montagne Nebbiose.
Nel riflesso un’altra Tauriel socchiudeva gli occhi a quello spettacolo, per poi voltarsi con fare indifferente e raggiungere il seggio di Galadriel e Celeborn, inchinandosi e giurando loro fedeltà eterna…
Mentr’ella inorridiva, scorci di una lunga vita lieta tra i Galadhrim le scorrevano davanti veloci, per poi essere coronati da una grande luminescenza… la fine di tutto e l’arrivo di lui, venuto a reclamare finalmente il suo amore...ed egli infatti avanzava sorridente verso di lei che, radiosa, gli correva incontro barcollando, per poi inginocchiarsi ed accoglierlo sul suo petto, poggiando il mento sul suo capo bruno, mentre sul viso di Kili dilagava la gioia…
Ma quell’abbraccio irreale s’interruppe dinnanzi agli occhi stregati di Tauriel, come evaporato…e lo specchio vibrò per un attimo, increspandosi e tornando a mostrare sua madre in pericolo.
Stavolta però Nàrmoth agitava le braccia verso qualcuno…e Tauriel scorse sé stessa giungere in corsa. Rapida, ora si gettava addosso ad un goblin che aveva preso di mira sua madre…
Una lancia nera e lunghissima attraversò allora il cielo lattiginoso di quella visione, arrestandosi di colpo nel petto di Tauriel che, atterrita, si vide indietreggiare e lasciar cadere i pugnali dalle mani, per poi accasciarsi sull’erba, nera del sangue degli Orchi.
 
 
Osservò i suoi ultimi singulti e la paura terribile di aver fallito, di averlo perso per sempre, invadere i suoi stessi occhi, mentre si andavano appannando per sempre.
Tauriel vide la sua stessa morte. E un grande buio allagò lo Specchio e il suo cuore.
 
Prima che ella potesse formulare un pensiero concreto, le sue gambe scattarono ed ella si precipitò fuori dai giardini di Galadriel, imboccando come una furia la direzione che aveva visto prendere a sua madre, inoltrandosi tra quegli arbusti immensi, scartandone in corsa i bianchi tronchi che si ergevano fitti dinnanzi a lei.
Una volta uscita dalla vegetazione, scorse in lontananza i cavalieri di Haldir venire nella sua direzione, senza sua madre. Si fermò un attimo e si domandò se doveva seguire l’orgoglio e rinunciare a chiedere il loro improbabile soccorso-data la diffidenza mostrata verso Nàrmoth- oppure piegarsi alla necessità e supplicarli.
Essi intanto si erano accorti di lei e si arrestarono, ad un cenno autoritario del loro capitano. Tauriel allora riprese la corsa raddoppiando la velocità,  stramazzando infine ai loro piedi, ansimante.
“Colei che avete scortato alle pendici degli Hithaeglir…” Tauriel faticava a parlare ma si impose di continuare. “…è in grave pericolo! Aiutatemi a difenderla! Ella è debole, lo avrete notato senz’altro…vi prego!”
Haldir la fissò con fare perplesso ma attento. “Non che non si possa affermare altrettanto di te, giovane Nandor. Eppure, i cavalieri dei Galadhrim non si tirano indietro, men che meno quando è richiesto espressamente il loro intervento.” 
Detto ciò, con sollievo evidente di Tauriel le condussero un cavallo sul quale montò svelta, mettendosi alla testa della schiera argentata, mentre Haldir invertiva il senso di marcia e incitava i suoi verso i picchi nebbiosi alle loro spalle…
 

Nàrmoth disperava ormai di poter respingere oltre quelle creature immonde che, a quanto pareva, pur avendola accerchiata, traevano gran gusto dallo stuzzicarla con brevi attacchi, uno alla volta, giocando con lei come con una preda braccata, sola e indifesa.
Ma ecco che delle grida improvvise giunsero alle sue orecchie, ed ella si rallegrò vedendo giungere sua figlia alla testa di quel drappello. Approfittando della distrazione degli Orchi che si erano voltati verso i nuovi e ben più temibili nemici, Nàrmoth conficcò la sua spada nella schiena di quello che aveva più vicino.
Intanto Tauriel, imitata subito da coloro che la seguivano, lasciò andare le redini e sfoderò il lungo arco, prendendo ad incoccare un dardo dopo l’altro, mentre con un colpetto di stivale sul fianco indirizzava di volta in volta il cavallo allenato sotto di sé, evitando o travolgendo gli Orchi che le venivano incontro urlanti e armati di scuri spadoni.
Quando fu troppo vicina per continuare a scagliare frecce, smontò agilmente e depose in fretta l’arco, sfoderando i pugnali e facendosi strada verso sua madre, mentre gli altri cavalieri seguitavano a falcidiare i loro avversari.
Un goblin però comparve improvvisamente vicinissimo a Nàrmoth che, terrorizzata, fece per fuggire, ma quello l’afferrò per i lunghissimi capelli bianchi, costringendola a ricadere in ginocchio. Tauriel, fulminea, prese la rincorsa e si gettò su di lui poco prima che levasse la sua mazza contro Nàrmoth, rovinando addosso all’orrido essere, per poi rialzarsi di colpo e conficcargli entrambe le lame alla base del collo, dove l’armatura lasciava scoperta la sudicia pelle…

In quel momento Tauriel udì distintamente un fischio perforare l’aria…e capì che la lancia che le era destinata era ormai in volo…
 
 
Ma Haldir, che le era vicinissimo e che le aveva coperto le spalle fino ad allora, coi suoi sensi elfici avvistò subito l’origine di quel dardo, frapponendosi tra lei e la lancia, troncandola di netto con la sua spada affilatissima.
Tauriel riuscì a malapena a scorgere quella scena, interdetta e sfinita, mentre i pochi Orchi rimasti venivano trucidati e le grida si affievolivano attorno a lei. Si voltò allora verso sua madre, ancora inginocchiata, spalancando gli occhi per il sollievo e spalancando le braccia per stringerla a sé. Poi, col mento poggiato sul capo di Nàrmoth, Tauriel si rivolse al capitano, fermo dinnanzi a loro, stupito.
“Mio Signore Haldir! Ti ringrazio immensamente! La mia vita e quella di mia madre risiedono nelle tue valorose mani!”.
Egli abbassò il viso con fare lusingato, lasciandosi andare ad un sorriso di soddisfazione. “Nonostante ciò, non vi considero mie debitrici. Ho agito seguendo semplicemente ciò che per la nostra gente è irrinunciabile: il senso dell’onore.”
 
Tauriel, pensierosa, aiutò sua madre a rialzarsi. Si disse che ciò che aveva veduto poco prima sarebbe potuto essere il frutto della sua superbia, qualora ella avesse anteposto al buon senso la volontà di non umiliarsi chiedendo l’aiuto dei Galadhrim…
“Senza preavviso e come una ladra ho abbandonato gli antri di Dama Galadriel, seppur con un buon motivo. Quindi, col vostro consenso, condurrò mia madre al riparo e poi farò ritorno nel vostro reame, per subire l’eventuale biasimo della vostra Signora, avendo messo in pericolo la sua guardia personale.”
Haldir abbozzò un’espressione di disappunto al pensiero che la Bianca Dama giudicasse male le loro azioni, non lo riteneva infatti possibile.
“Fa come credi, figlia del Bosco Atro. Ma penso di non errare affermando che sei la benvenuta a Caras Galadhon. Anzi, sono abbastanza certo che tutto ciò che è accaduto sia lì già noto e perdonato. Quando vorrai, ti attenderemo.”
Con un cenno di amichevole saluto, Haldir montò di nuovo a cavallo, seguito dai suoi che, come in una grigia nube, si allontanavano svelti, festanti per la vittoria.

“Figlia, il tuo arrivo è stato provvidenziale…ma dimmi, l’hai dunque veduto?" Tauriel sorrise teneramente alla domanda di Nàrmoth, scostandosi una ciocca dal viso annerito dalla lotta. “L’ho veduto e ho udito le sue parole d’amore per me... egli m’attende alla fine dei giorni di Arda. E io intendo giungervi.”
L’aria sognante di sua figlia commosse Nàrmoth che s’interruppe mentre ancora si scuoteva di dosso i ramoscelli. “Sono davvero contenta per te figlia mia, perché so che era ciò che il tuo cuore desiderava.”
Ma ciò che Tauriel aggiunse dopo la sorprese.
“Madre, io non porto rancore verso Dama Galadriel per averti involontariamente esposta al pericolo…e non devi nemmeno tu. Ella ha agito per il bene del suo popolo e non possiamo accusarla di questo. Ad ogni modo, dato che la tua presenza non è ammessa, io non intendo abbandonarti per stabilirmi presso la sua gente, ma non voglio nemmeno allontanarmi da qui. Perciò ho deciso che queste conche ai piedi degli Hithaeglir saranno la nostra piccola terra e che di tanto in tanto mi recherò a far visita ai Galadhrim. E con i loro consigli costruirò la nostra dimora sugli alberi –com’è loro usanza- proteggendoci così dalle creature che calpestano il suolo e che non osano sfidare l’altezza. Questo luogo ovviamente, come quasi tutti i luoghi della Terra di Mezzo, non è sicuro, ma io farò in modo di renderlo tale per te. Per noi…”
Nàrmoth fissò con calore sua figlia e a lungo ricordò l’allegrezza di quel momento. Si erano allontanate dal campo di battaglia alla ricerca di un avvallamento favorevole ai loro scopi, trovando un grazioso boschetto di alte e robuste sequoie, che da allora era diventato la loro casa.
 
In seguito Tauriel si recò presso Galadriel ed ella, nonostante la sua appartenenza ai Moriquendi*, le mostrò la sua benevolenza, poiché aveva ammirazione per la sua sofferenza e il suo coraggio. Pose le sue mani sul suo viso e rimosse il segno che l’aveva deturpata per mesi, con gran meraviglia di Tauriel, che smise così di sentirsi diversa dai suoi simili.
Molte volte quindi Tauriel tornò da Galadriel e quest’ultima accettò di buon grado che ella, seppur in piccolo, prestasse manforte ai guardiani della marche settentrionali del suo regno. Ella infatti, ogni qualvolta una minaccia si presentava ai confini, salutava sua madre per unirsi alle sortite di Haldir e dei suoi. Egli nel frattempo era diventato un amico fidato per lei, un compagno del pari di Legolas, senza che vi fossero tuttavia turbamenti d’altro genere tra di loro, essendosi Haldir avveduto subito che il cuore di lei era già avvinto da invisibili trame.
Per Tauriel però continuare a combattere era essenziale, nonostante la possibilità di rimanere uccisa e veder sfumare così il suo intento. Ma ella si rassicurava, ché i suoi assalti erano sempre accorti e diretti a nemici rari e poco impegnativi.
Cionondimeno tale compito la gratificava molto, permettendole di sfogarsi, nonché di essere rispettata da tutti. Ma a volte temeva lo stesso le ire di Thranduil, qualora avesse saputo cosa n’era stato di lei. Tauriel però dubitava che egli avrebbe mai osato scontrarsi con la Bianca Signora, solo per riavere indietro quella che considerava una figlia adottiva ingrata e stolta.
Tauriel allora scacciava questi pensieri da sé, insieme a quelli pressanti su Kili e sul momento che li avrebbe rivisti insieme. Era tentata, spesso, di chiedere alla Dama di concederle un altro sguardo nello Specchio. Ma temeva ella stessa di rinnovare la sua pena e quella di lui. Così, nei giorni di irrequietudine, chiedeva consiglio a Nàrmoth o a Galadriel, trovando conforto nell’affetto della prima e nella sapienza della seconda. In tal modo Tauriel apprese dalla Signora di Lorien molto dei fatti presenti e passati, imparando da lei su sua richiesta vari idiomi della Terra di Mezzo, tra cui alcuni rudimenti dell’aspro-ma per lei meraviglioso- Khuzdul. Oltre a ciò, Galadriel le insegnò varie arti, tutte molto utili, spronandola a mantenere alto il suo intelletto e viva la sua memoria.

Molti giorni fuggirono via così, tristi ma dolci per Tauriel, che visse nello splendore di Caras Galadhon e nell’augusta compagnia di Galadriel, Celeborn e Haldir, così come in quella più spensierata di Nàrmoth, tra i boschi sempreverdi. Allora l’azzurro cangiante dei suoi occhi riemerse poco a poco e il rosso dei suoi capelli riprese intensità. E per sessant’anni Tauriel riuscì a ritrovare nuovamente, se non la felicità, la pace.  
















*Moriquendi: Elfi dell’Oscurità. Coloro che non avevano visto la luce di Valinor.

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Capitolo 26
*** Commiato e Benvenuto ***


Le lampade elfiche emanavano una strana luce verdastra quella sera, appese mollemente alle finestre triangolari di quella che Tauriel ormai considerava “Casa”.
In realtà nessun luogo aveva mai racchiuso quel significato per lei, dato che Bosco Atro le aveva sempre trasmesso sensazioni contrastanti. Perciò non si stupiva di non provarne nostalgia.
Questo ed altri pensieri aleggiavano nel cuore di Tauriel quella sera, mentre di ritorno da una breve incursione camminava stanca e soddisfatta, ansiosa di raccontare a Nàrmoth di come avesse combattuto bene quel giorno.
Sua madre ormai era molto appesantita dall’età, da anni non si muoveva quasi più e la sola cosa che allietava quel riposo continuo e forzato era sua figlia. Nàrmoth infatti non si curava della sua salute, o del fatto di vivere ai margini di Lorien, di non potervi accedere mai o di non avere contatti con nessun’altro all’infuori di lei. La compagnia della figlia era tutto ciò che voleva e l’isolamento era un prezzo ben misero da pagare.

Quel giorno Nàrmoth si era ripetuta spesso quelle considerazioni, a mò di conforto. Ma al crepuscolo, pensando al suo nome e a ciò che Dama Galadriel le aveva detto quell’unica volta in cui l’aveva veduta, un’improvvisa malinconia la vinse.
Rosso e immenso dinnanzi a lei il sole si arrendeva alla fine, allontanandosi in una vampa meravigliosa che gli occhi stanchi di Nàrmoth non si accontentavano più di seguire e ammirare dal suo giaciglio. Ed ella si disse che tutto ciò che vedeva sarebbe stato infinitamente più bello, se solo fosse potuta uscire fuori per godere di nuovo di quell’ultimo tepore, di quella brezza, in piedi, sull’erba, andando incontro a sua figlia…

Tauriel rallentò il passo bruscamente, aguzzando la vista oltre i cespugli e gli arbusti sparsi tutt’attorno, resi scarlatti dal tramonto ormai al culmine. Sollevò con fare apprensivo gli occhi verso la scala che scendeva, superbamente intagliata, dalla maestosa sequoia, snodandosi sinuosa attorno al tronco per poi giungere ai piedi dell’albero…

“Madre! No!”

Nàrmoth giaceva lì riversa al suolo, in una piccola nube viola, le braccia spalancate, i candidi capelli aggrovigliati nella caduta improvvisa. L’equilibrio le era mancato poco prima della metà della scala, facendola scivolare oltre il basso corrimano, senza avere neppure il tempo di gridare o di rendersi conto di cosa le stesse accadendo.
Tauriel si era slanciata subito verso di lei, inginocchiandosi e sollevandola per il busto, scuotendola e fissando con terrore i suoi lineamenti serrati in un’espressione indecifrabile. “Ma perché mai non mi hai dato ascolto?! Ti avevo pregata di non scendere senza di me, di non allontanarti per nessun motivo, nessuno…”
Sua madre, lentamente, aveva riaperto gli occhi, solo per lanciarle uno sguardo di muto rimprovero. “Sei stata sempre tu la madre tra di noi…ti ho derubata del ruolo di figlia una seconda volta, non è forse così?”.
Quelle frasi colpirono qualcosa nei recessi più intimi di Tauriel, lasciandola stordita e incapace di ribattere. “Pensi di riuscire a sollevarti appoggiandoti a me?”
Nàrmoth sorrise teneramente a quella domanda ingenua, ma la sua voce fuoriusciva a stento e Tauriel dovette chinarsi su di lei per udirla.
“Una caduta del genere, certo, non avrebbe scalfito nessuno dei nostri simili…ma dimentichi che in me non c’è più quell’antico vigore…sento che quel poco che ne rimaneva corre via da me…e ad ogni modo, sarebbe accaduto presto! Se non altro, almeno ho tentato di tornare alla vita, anche se per poco…e preferisco il letto erboso sotto di me piuttosto…”
Le mani di sua madre avevano preso a gesticolare con ritmo cadenzato nell’aria e Tauriel osservava e ascoltava, come imbambolata, sua madre in deliquio, rifiutandosi anche solo di considerare il significato di ciò a cui stava assistendo…
“Basta! Non intendo lasciarti vaneggiare oltre. Sai bene quanto tu mi sia cara…perciò non lasciarti andare, non farlo! Tu devi rimanere con me! Io ti guarirò, l’ho fatto altre volte, l’ho fatto con lui, posso farlo di nuovo…”
Tauriel si accorse solo allora che un tremore insopportabile la scuoteva tutta, come e più di Nàrmoth. L’afferrò e se la strinse al petto.”Se anche tu te ne vai…che cosa diverrà dunque per me la vita, una continua privazione, una continua perdita?!”
Nàrmoth come ricordandosi solo allora che sua figlia era lì con lei, ricambiò la stretta. ”Figlia mia adorata, sei stata una benedizione per me. Il bene che ti ho portato in vita non si esaurisce qui…e anche quello di Thalion, tuo padre…egli è solo da troppo tempo ormai…vuoi forse impedirmi di ricongiungermi a lui?E’ rimasto ancorato alla terra, l’ho compreso quando mi ha aiutata a salvarti, in quel bosco di betulle, tanti anni fa… ora il suo spirito e il mio correranno di nuovo insieme…stavolta il mondo non avrà più segreti per noi…vero mio amore?”
Il bisbiglio continuo ma incerto di sua madre entrava come un soffio gelido nell’orecchio di Tauriel. Ella si distaccò, fissando spaventata sua madre, mentre quello stesso freddo che si stava stendendo su Nàrmoth penetrava nell’animo di sua figlia.
”Và da lui…tu che puoi.”
Quell’esortazione uscita dalle sue stesse labbra le causò una fitta che tentò di nascondere a Nàrmoth mentre questa, il respiro debolissimo, chiuse gli occhi e mandò indietro la testa, come sollevata da qualcosa…
 
In quel momento il crepuscolo infuocato finì d’incendiare le cime degli alberi lontani, lasciandole al buio, illuminate dalla fioca luce delle lanterne sopra di loro, pallide al punto che le si sarebbe dette entrambe morte. Ché Tauriel, avvolta d'argento, immobile, si era stesa accanto a sua madre sul verde smeraldo sotto di loro, ignorando i rumori del bosco buio attorno a sé, rimanendo così per un tempo che in seguito non seppe calcolare.
 
Quando infine riuscì di nuovo a scorgere il cielo oltre le fronde dorate sopra di sé, intuì che quella non doveva essere la prima alba che la sorprendeva lì. Volse con terrore il viso segnato dai fili l’erba verso Nàrmoth e un singhiozzo finalmente scaturì, perché la morte aveva già steso il suo dominio sul volto terreo di sua madre. Trattenne ancora le lacrime, costringendosi a sollevarsi, colpita dal pensiero di non poter seppellire sua madre. La sola idea di scavarle un tumulo era impraticabile per Tauriel. Sperimentava veramente da vicino la morte per la seconda volta, ma le sembrava di nuovo come la prima…
Quel senso di rifiuto le ricordò tremendamente la sensazione che aveva provato quando i Nani avevano calato Kili nella fossa insieme ai suoi, incuranti del suo dolore, rinchiudendo per sempre la sua bellezza e la sua fierezza, sottoterra…
Aveva preso a camminare come disorientata, come cercando qualcosa, dirigendosi quasi inconsapevolmente verso Lorien…
 
 
 
Dopo molte ore, la voce amica di Haldir la risvegliò da quel dormiveglia in movimento ed ella si fermò. Il semplice fatto che vi fosse qualcun altro -qualcun altro che viveva e che non soffriva- le strappò un sorriso amaro, mentre guardandosi attorno scorgeva finalmente il biondo capitano in mezzo ai Galadhrim, incappucciato, con la fronte corrugata e un braccio allungato verso di lei, come a volerla sorreggere.
“Figlia del Bosco, che ti accade? Stavamo perlustrando i confini, come nostro solito. Ti abbiamo attesa per giorni, ci siamo chiesti il perché della tua assenza…e ora che ti abbiamo trovata, a giudicare dal tuo aspetto, temo non sia nulla di buono.”
Tauriel sussurrò sfinita. “Mia madre…non è più...”
Haldir sembrò rattristato e stava per risponderle, quando una delle guardie fece loro cenno di tacere e abbassarsi tra i cespugli fitti…
Ciò che Tauriel vide poco dopo le procurò gioia e smarrimento ad un tempo.

Legolas era lì! Egli camminava nella radura sotto di lei, guardingo, armato del suo arco come sempre e…affiancato da un Nano!
Ed insieme a lui avanzavano, piuttosto mestamente, altri sei individui:quattro mezzuomini e due uomini. Tauriel sentiva tutto questo descritto da Haldir, a mezza voce, ma non riusciva a spiegarsi il perché di quella strana Compagnia.
Riportò il suo sguardo interrogativo su Legolas, il compagno di una vita intera, vita che sembrava infinitamente distante e irraggiungibile ora...
Egli era molto cambiato invero, qualcosa nell’aspetto e nei modi ne aveva addolcito la figura e gli occhi, non più algidi ma chiari, ben disposti verso il mondo circostante, seppur velati da una tristezza senza nome…
Eppure, per quanto diverso sembrasse, era pur sempre Legolas. Un moto di affetto empì Tauriel ma qualcosa la trafisse…un ricordo, un altro corpo tra le sue braccia, un altro addio…e il volto afflitto di Legolas, silenzioso davanti a lei e Kili, stretti in quell’ultimo abbraccio…
Non si erano salutati, non si erano detti nulla. Tutto ciò che sapeva glielo aveva riferito Thranduil che, angustiato dalla partenza del figlio, le aveva solo detto ch’egli aveva deciso di non fare ritorno a Bosco Atro.
Sessant’anni sarebbero stati un nulla, per una creatura come lei, ma all’improvviso le parvero molti. E non resse oltre la vista di quel viso, l’ultimo che l’aveva vista insieme a Kili, l’ultimo su cui aveva visto la triste conseguenza del loro legame…ella gli aveva infatti spezzato il cuore. Ne era stata sempre consapevole. Sapeva che l’esilio volontario di Legolas l’aveva causato lei, anche se indirettamente. Ma aveva evitato di pensarci, non potendo aggiungere il senso di colpa al resto, a tutto ciò che doveva fronteggiare ogni giorno. Eppure, ora che lo rivedeva per la prima volta, ne provò dispiacere e vergogna.

I Galadhrim intanto, su ordine di Haldir, stavano iniziando a discendere nella radura, incoccando silenziosamente le loro frecce d’argento, ammantati e cauti. Haldir, voltatosi verso Tauriel,  intercettò il suo sguardo verso quell’Elfo Silvano, chiedendosi se non fosse lui l’oggetto dell’amore in cui ella era sicuramente avvinta. Le fece quindi cenno di seguirlo e grande fu il suo stupore quando la vide scuotere la testa. Credette di intuire che ella non osava avvicinarsi a colui che amava-colui che forse l’aveva ferita-pertanto, con fare comprensivo, le indicò la direzione per Caras Galadhon, dandole a intendere di precederlo laggiù.

Quando infine Tauriel giunse nei giardini di Dama Galadriel la trovò sola, in cima alla bianca gradinata da cui l’aveva accolta quella prima volta, come se l’attendesse. S’inchinò profondamente allora, colpita come sempre dalla quiete insondabile del suo aspetto, dimentica per un attimo di ciò che era accaduto. Ma subito, rialzandosi, vide impresso nell’espressione della Bianca Signora ch’ella sapeva già.

“Il Crepuscolo di fuoco si è spento. Me ne duole per te.”


Galadriel non parlava mai di Nàrmoth ad alta voce e nemmeno quella volta ella fece eccezione. Ma Tauriel non se ne avvide e scandì lentamente la sua richiesta. “Grazie, mia Signora…perdona la mia pretesa, ma ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a comporre il suo corpo, da sola non riesco…inoltre, ho evitato di chiedertelo prima, ma ho bisogno di guardare nello Specchio. Ho atteso a lungo, ho frenato la mia necessità, ma adesso…”.
Galadriel sorrise dolcemente, come stesse ascoltando i capricci di un bambino confuso e irragionevole. Alzò una mano avvolta nei candidi veli, come ad interromperla, mentre il diadema dorato sui suoi capelli ancor più dorati risplendeva, colpito dai raggi del sole.

Dietro di te giunge qualcuno che ha più bisogno dei consigli dello Specchio. E dopo stanotte, per motivi che non posso spiegarti, mai più sarò in grado di mostrare alcunché, poiché perderò i miei poteri. Ad ogni modo, ti sei saputa controllare ed è stato un bene, poiché avresti solo visto la tua pena in mille e più forme. Ché lo Specchio ti avrebbe ossessionata, poiché assillato dalla tua mente afflitta. Ma non è mia intenzione privartene ancora. Interrogalo pure un’ultima volta, se pensi possa giovarti. Ma affrettati! Per quanto riguarda tua madre, sappi che nessuna creatura la disturberà, poiché farò si che un verde tumulo cresca su di lei, a perenne memoria. ”

Tauriel, rinfrancata, la ringraziò mentalmente più volte, per poi precipitarsi in direzione dei giardini lussureggianti, arrivando alla fonte e avanzando, timorosa, verso la brocca. Quando ebbe versato l’acqua nel bacile argentato allargò gli occhi, apprensiva…
 
Ma vorticose scene di Nàrmoth, Kili, Thranduil e Legolas-coloro che più aveva amato e odiato-si succedevano veloci nel riflesso distorto, non rimanendo mai abbastanza a lungo da poter distinguere chiaramente qualcosa…
Si sforzò allora di sedare il suo spirito, indirizzando il suo pensiero, supplicando i Valar di concederle ancora una volta di vederlo…
Ed ecco che un sorriso squarciò quell’acqua, facendola sorridere a sua volta.

“Mia luce! Sei di nuovo qui!”
Gli occhietti vispi e adoranti di Kili la fissavano, mentre Tauriel sospirava di sollievo, ammirando il viso di lui, come se esso da solo contenesse la spiegazione e il rimedio a ciò che stava provando.
“Mio amore, perdonami per non essere tornata prima, ma non potevo…”
Kili scosse il bel capo bruno in un cenno di diniego, mentre la sua mascella prendeva una dolce piega. Quando l’immagine di lei era svanita era rimasto a lungo nello stesso punto, sperando di vederla riapparire. E adesso, appena aveva avvertito di nuovo la sua aura, si era diretto immediatamente verso quei recessi, più pronto stavolta ad accoglierla e a confortarla…
“Tauriel! Non osavo sperare in una tua nuova venuta…non desideravo certo che tu trascorressi la tua vita così, sempre a rivangare tutto quanto…ma perché queste lacrime? Sei contenta di rivedere questo buffo nanerottolo?”.
La voce calda e rassicurante di Kili, seppur smorzata lievemente dallo Specchio, rincuorò Tauriel.
“E’così…e mi fa bene trovarti più sereno…in questo momento è essenziale per me…è tutto ciò che mi resta…tu sei tutto ciò che mi resta…”
Kili corrugò la fronte, colto da un dubbio a cui non voleva dar seguito. Per sua fortuna quel lasso di tempo era corso veloce, data la diversità della consistenza del tempo tra i loro mondi. Si disse che anche per lei, essendo un’Elfo, quei sessant’anni dovevano essere stati brevissimi…
“Tauriel! Volevo renderti partecipe e finalmente posso! Ebbene, devi sapere che dopo tanto vagare in queste gallerie misteriose e infinite ho incontrato mio padre, Mandli! Egli era davvero un guerriero formidabile e tutto ciò che mi era stato narrato su di lui da mia madre Dìs non corrispondeva alla metà del suo valore! Conoscerlo, anche se in una tale condizione, è stato meraviglioso per me. E insieme con lui ho incontrato anche Thrain il padre di mia madre…e suo padre, Re Thror. Ovviamente Thorin e Fili li ricoprono di lodi continuamente, ascoltando i loro racconti…e noi tutti siamo riuniti finalmente…la stirpe di Durin è finalmente riunita!”. L’espressione festante di Kili si smussò lievemente, mentre abbassava il mento. ”Ma nonostante questo la tua assenza è sempre presente in me, sempre…e pur non essendo solo, a volte è come se lo fossi.”
Egli s’interruppe con fare colpevole, notando come sul volto di lei si dipingessero ad un tempo felicità, disagio e qualcos’altro ch’egli non riusciva ad indovinare…
“Kili, mi allieta e mi alleggerisce l’animo sapere che tu sia riuscito a conoscere tuo padre…so bene cosa si prova.” Un singulto l’aveva sorpresa nel bel mezzo della frase, ma si riprese prontamente.
”Spero ch’egli non ti giudichi per ciò che è tra di noi…” Kili stava per replicare che Mandli aveva reagito come gli altri:sdegno iniziale, seguito poi dalla comprensione e dall’accettazione. Il fatto di trovarsi ormai nelle Aule di Mahal doveva aver senz’altro addolcito il vecchio e burbero guerriero.
Ma Tauriel, inconsapevole di tutto ciò, proseguiva, come in una lenta nenia.
”Mia madre sai, lei all’inizio non capiva…era testarda, come te, come me…fragile, forse ancor di più…”
Tauriel scoppiò a piangere e Kili, affranto a quella vista, si rese conto della situazione e soffrì insieme a lei. Accarezzò mentalmente la testa fulva di lei…
“Il tuo lutto è il mio… il tuo dolore giunge fino a me, perfino da lì…vorrei strappartelo dal petto e gettarlo al vento, affondare tra le tue braccia e tenerti stretta fino a che ogni singhiozzo non sia fuggito via, scacciato dal nostro amore…”
Ella frenò quel flusso, portandosi le bianche dita alle labbra, socchiudendo le palpebre mentre lo guardava, riconoscente.
“Mio cielo stellato...grazie! Non mi sento più sola…”-“…perché non lo sei! Non lo sei e non lo sarai mai, capisci? Tua madre ti amava senz’altro, ma il mio amore è più forte perché prescinde da ogni legame di sangue…così come so che il tuo è più prezioso per lo stesso motivo.”
Tauriel si asciugò le guance, come ricolma di una nuova forza. “E’ vero. Io ti ho scelto, così come tu hai scelto me...Oh Kili! Mi sono sentita persa quando mia madre mi ha abbandonata…poi quando ho veduto Legolas…”.
Kili si passò la lingua sulle labbra, improvvisamente cupo e sospettoso.”Legolas? E’ rimasto con te tutto questo tempo? Sei con lui…?”
L’incertezza e la gelosia trattenuta a stento in quelle parole colpirono Tauriel. ”No, io mi trovo a Lorien da molti anni ormai. Sotto la protezione della potente Dama Bianca, Galadriel, che mi è amica. Legolas ha viaggiato a lungo ed ora, stranamente, è qui. Ma non credo sappia di me ed io non intendo incontrarlo.”
A Kili sembrò d’inghiottire amaro all’idea che lui fosse costretto laggiù, mentre Legolas invece aveva Tauriel a così poca distanza…
“E perché mai? Temi forse d’essere turbata da un colloquio con lui? Magari più di quanto tu non lo sia con me…? In fondo egli è lì, ti ha sempre voluta…è come te…ed è vivo, cosa che non si può certo dire di me!
Tauriel spalancò la bocca stupefatta e rise tra le lacrime, radiosa.”Kili, mio unico amore…mi rendi così felice!”.
Lui, con un’espressione adorabile in viso, la fissava incredulo e risentito. Poi capì il perché di quell’atteggiamento e rise anche lui, scoprendo i denti e dandosi dello stolto.
“Ingenuo che non sei altro! Sai che sulla strada per giungere fino a qui una volta ho salvato una coppia di tuoi simili? Come ricompensa ho chiesto loro che se mai avessero avuto un figlio gli avrebbero dato il tuo nome. Quindi da qualche parte, forse, c’è un piccolo Kili che scorazza allegramente...e che blatera sciocchezze!”.
Kili ne fu commosso e si chiese quante altre cose della vita di lei egli non conoscesse…
"Sei rimasta la combattente che ricordavo. Non ti sei lasciata abbattere...e la tua generosità verso la mia gente è qualcosa che mi tocca nel profondo..." Il sole ormai però iniziava a calare e Tauriel, infastidita, si ricordò le parole di Galadriel e si costrinse a salutarlo. “Avere la tua stima è importante per me. Ma, ormai devo andare...e stavolta per sempre. Ma prima devo sapere se mi riconoscerai quando tornerai. Te ne prego...”
La risata cristallina di Kili svanì subito, per cedere il posto ad un cipiglio perplesso.”Questo non posso saperlo, ma confido di sì. Qualora però così non fosse, baciami…sono sicuro che in tal modo ricorderò tutto!”. L’occhiolino sfrontato di lui le scaldò il cuore.
“Ottimo suggerimento Mastro Nano…ma perché non farlo ora?”. Detto ciò, Tauriel si chinò sullo Specchio, fissando i suoi occhi in quelli di Kili che si era avvicinato nel frattempo, speranzoso. Entrambi allora si sussurrarono il loro amore, per poi poggiare le labbra sullo Specchio avvertendo, lievi, le labbra dell’altro. Fu un bacio delicato e breve, ma fu abbastanza per lasciarli storditi e ancora più innamorati.
 

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Capitolo 27
*** Una strana fanciulla ***


La sensazione surreale di quel bacio fece socchiudere gli occhi a Tauriel, anche quando Kili e il suo amore per lei erano ormai scomparsi dallo Specchio…

Ella stringeva ancora il bacile argentato tra le mani, frustrata, ma d’un tratto udì distintamente un dolce lamento funebre levarsi nell’aria. Dapprima credette fosse per Nàrmoth, ma reputandolo impossibile, tese le orecchie ancor di più…

"Mithrandir", le voci dei Galadhrim invocavano, dolenti. Ed ella ricordò il nome e l’alta figura di Gandalf, colui che aveva incoraggiato i Nani di Erebor a partire per riconquistare la Montagna Solitaria, colui che aveva inavvertitamente contribuito alla morte di Kili…
Ma anche colui che l’aveva altrettanto inavvertitamente condotto fino a lei…
Ché ella si disse che senza quella infausta spedizione non avrebbe mai potuto incontrare Kili…
Tauriel allora si dispiacque per la scomparsa di Gandalf, ripetendosi che nessuno, nemmeno i più saggi e apparentemente più forti, venivano risparmiati…
In quella, dei passi le giunsero vicini ed ella si distaccò dal bianco pilastro, decidendo di abbandonare quel luogo al nuovo visitatore preannunciato da Galadriel…
Mentre si allontanava furtiva, si chiese a quale di coloro che aveva veduto nella radura sarebbe stato concesso di scrutare nello Specchio della Bianca Dama. Che fosse proprio Legolas? E per quale oscuro motivo? Tauriel si domandò se egli non venisse a chiedere di lei, così com’ella aveva fatto per Kili…
Ma, di nuovo, la stranezza degli individui che accompagnavano Legolas, nonché la notizia della morte improvvisa di Mithrandir, la lasciarono priva di risposte.
Ad ogni modo, rimanere lì con Legolas nei paraggi non era possibile, almeno non al momento. Anche se tornare nel bosco da sua madre la terrorizzava, Tauriel si diede della vigliacca e si sforzò di farsi coraggio, iniziando ad imboccare, incerta, la scura via per le selve…

Ma una voce morbida e a lungo dimenticata la richiamò e la fece voltare...

“Dunque fuggi di nuovo via da me?”

Legolas, riccamente abbigliato, alto e fiero come sempre, stava ritto davanti a lei, con un’altra domanda inespressa sul suo viso luminoso. Tauriel, come paralizzata, non osava guardarlo negli occhi azzurrissimi al punto d’essere impenetrabili...e il suo sguardo smarrito vagava dalle radici ai suoi piedi al biondo dei capelli di lui, intrecciati all’indietro come usava fare lei stessa…

“Fuggisti via anche quel giorno, dopo che gli Orchi attaccarono Bosco Atro… per poi rimanere volutamente indietro, quando aiutammo quei Naugrim ad Esgaroth…nonostante io ti avessi seguita senza che tu me l’avessi chiesto, sfidando mio padre…e nonostante io ti abbia seguita ancora, fin su Collecorvo, non una parola per trattenermi hai avuto, quando me ne sono andato! E neppure adesso ne hai…”
Non c’era rimprovero nel tono di Legolas, solo amarezza e rimpianto. Mentre avanzava cauto verso di lei, si disse che se non si fosse accorto dell’assenza di Frodo un attimo prima di addormentarsi, probabilmente non si sarebbe nemmeno accorto della presenza di Tauriel, lontana tra quegli arbusti argentati…
Lasciando i suoi compagni immersi in un profondo sonno nel loro giaciglio, Legolas l’aveva seguita lentamente, osservandola di spalle e non riuscendo ad impedire al suo cuore di torturargli il petto…
Una tortura simile ma diversa era in quel momento nel petto di Tauriel che, colpita da quelle frasi così schiette, non seppe più resistere. Strinse i pugni e lo fissò, finalmente, con determinazione.
“Che avrei dovuto fare? Gettarti le braccia al collo dopo che lui era morto…quando una parte di me sospettava che tu l’avessi desiderato in realtà? Mi hai aiutata, è vero…ma ciò che ho visto nei tuoi occhi su quella dannata collina…” Lo sdegno di Legolas non si fece attendere ed egli atteggiò i bei lineamenti in un’espressione delusa, distogliendo lo sguardo da quello affranto di Tauriel.
“Non era trionfo, se è questo ciò che hai ingiustamente pensato. Era incredulità, confusione, umiliazione! Perché io avevo voluto crederci fino all’ultimo, fino a quando non ho avuto davanti il tuo viso chino su di lui…m’ero illuso che tutto fosse solo frutto della compassione. Ma invece tu l’amavi…!”
Le labbra di Legolas si erano serrate una contro l’altra e mentre il suo timbro passava dallo sconcertato all’accusatorio, egli sorprese un’occhiata supplice di Tauriel…e seppe.

“…e l’ami ancora!”

Ella non riuscì a sostenere oltre quella tensione e scosse ripetutamente la testa con fare affermativo, come arrendendosi alla volontà di lui di non privarsi della completa disfatta…
“Ma…seppur in modo diverso…amo ancora anche te, mellon!”. Legolas sussultò a quell’appellativo che, ripetuto così tante volte da lei, si amplificava ora nella sua mente sconvolta. Ed egli si disse che la sua compostezza abituale, tutta la sua flemma e la sua autodisciplina venivano a mancare, quando c’era lei…
“Perché allora avresti permesso che io lasciassi questo luogo, senza rivederti?”
Tauriel, come alleggerita da qualcosa, gli sorrise affettuosamente.”Perché non volevo urtarti con la mia presenza, com’è infatti successo. Ma-anche se tu potresti chiedermi lo stesso-vorrei sapere perché ti trovi qui e chi sono coloro che scorti. La vostra è una ben strana compagnia.”
Legolas, commosso dalla delicatezza di lei e divertito dalla sua curiosità, rispose lievemente al sorriso, abbassando il mento e facendole cenno di seguirlo…

Silenziosi e malinconici, camminavano fianco a fianco tra i pallidi tronchi, mentre Legolas, sfuggente, ricambiava la domanda di Tauriel, venendo così a sapere tutto ciò che le era accaduto dal loro addio a Collecorvo fino ad allora. Eccezion fatta per la brutta esperienza nel bosco di betulle, episodio che Tauriel d’altronde aveva voluto risparmiare anche a Kili...
Quando però lei chiese impulsivamente a Legolas di Thranduil e Gandalf, egli si fermò, come colpito da qualcosa.
”Si, Mithrandir ci ha abbandonati...mi è di poca consolazione pensare che perlomeno eravamo insieme…ad ogni modo non posso spiegartene il perché, non posso spiegarti tutto, non ancora…inoltre non voglio rattristarti ulteriormente dopo la perdita di tua madre. Per quanto riguarda mio padre invece, ebbene egli non parla mai di te, ma sono sicuro sappia da tempo che ti trovi qui. Ha spie ovunque, come ogni sovrano che si rispetti. Quando sono tornato dal Nord, prima di intraprendere quest’ulteriore viaggio su sua iniziativa, mio padre non ha voluto rivelarmi nulla, ma s’intuiva che fingeva di non sapere.”
La figlia adottiva d’un tempo si rabbuiò, ma subito si ricordò le sue ragioni e rialzò fieramente il mento.
“Ho dovuto fare a meno del pieno permesso di tuo padre perché ero certa che se egli avesse indovinato il vero scopo della mia partenza avrebbe fatto di tutto per fermarmi, contrario com’era a mia madre e a ciò ch’ella rappresentava…”
Legolas, accorgendosi ch’ella rabbrividiva per il fresco della sera forse, o per tristezza al pensiero di sua madre, si volse verso di lei d’istinto, allungando le braccia fino alle sue, strofinandole piano, per scaldarla e confortarla…
Ma quel contatto, seppur innocente e privo di malizia, turbò Legolas che si distaccò immediatamente. Tauriel si accorse di quel momento d’incertezza e per sviare il suo amico da quelle sensazioni ingannevoli gli chiese di raccontargli cosa ne era stato di lui prima del loro incontro…

Dopo una breve esitazione, rispondendo a quella domanda Legolas rivide sé stesso molti anni prima, sperso tra le brumose vallate dell’antico e nordico reame di Arnor, giunto per cercare un Uomo, uno dei Dúnedain, su consiglio di Thranduil.
“Grampasso”, così l’aveva chiamato, descrivendolo come valente e aggiungendo ch’egli si trovava a settentrione, tra i misteriosi Raminghi...
E Legolas s’era messo subito in viaggio, voglioso di nuove avventure, disperatamente bisognoso d’una nuova vita per dimenticare cos’era stata la sua e cos’avrebbe potuto essere…

Era stato presso le rive del Lago Nenuial, questo non avrebbe mai potuto scordarlo.
Giunto in quel luogo una volta imponente, aveva ammirato i resti di Annúminas, antica capitale dei Númenoreani. Dopo aver girovagato a lungo, Legolas era arrivato infine nella perduta “Terra del Re”, non trovandovi altro che desolazione, nebbia e silenzio, volteggiare sui tre terrapieni su cui un tempo si sviluppava la città, tra le colonne e le torri diroccate. Poi, mentre si rinfrancava su una sponda libera dai pinnacoli di pietra che circondavano il lago, aveva scorto tra le fronde dei salici semi immersi una figura eterea ed ambigua, sfuggita al suo udito elfico…

Noi amiamo una sola volta, non è così?”

Tauriel si chiese il perché di quell’interruzione brusca nel bel mezzo del racconto...ma pur essendo d'accordo con lui evitò di rispondergli, intuendo ch'egli si rivolgeva più a sé stesso che a lei. Tauriel allora rimase stupita dall'aria afflitta di Legolas. E subito ne comprese il motivo…

“Ella era simile alle onde del Vesproscuro che si agitavano, invano, tutt’attorno a lei, cercando d’inghiottire la sua bellezza…e al pari di quelle onde ella era nera nei capelli e nell’abito…dal quale sporgeva il ventre gravido, trattenuto da una bianca mano dalle dita fin troppo lunghe…”
Legolas si costrinse a non richiamare alla memoria ogni dettaglio, ma una strana forza gl’imponeva di parlare, di non nascondere nulla a Tauriel di sé, così come credeva avesse fatto la sua amica d’un tempo…

“Ciò che di lei però annientava i sensi era lo sguardo dei suoi occhi…che dico! Non erano occhi, ma due vivide fiamme verdi, come verde diventa il fuoco troppo intenso, mi dissi…e lì forse, per un attimo, l’amai davvero.”
Legolas distolse lo sguardo e altrettanto fece Tauriel.
 
“...alla minaccia che per me rappresentava quello strano incontro non avrei forse saputo resistere, non vi fosse stata la tua immagine, fissa in me…ella però avanzava nell'acqua, lenta come quei momenti, ch'erano infiniti, ruotando lievemente l’ovale del volto verso di me, sorridendomi con fare incuriosito ed interrogativo…”

Tauriel ascoltava, ansiosa, non accorgendosi ch'essi avevano già oltrepassato i confini di Lórien. Ma Legolas, coinvolto dal racconto, seguitava a camminarle accanto, come stregato...
“…ne fui come stregato. Ma mi scossi, chiedendole in Sindarin cosa avesse mai portato una fanciulla così giovane -per di più gravida- in un luogo talmente inospitale e solitario da essere inabitato perfino da avvoltoi e animali rapaci. Lei era parsa offesa dalle mie osservazioni, schiudendo impercettibilmente le belle labbra quasi scarlatte e chiedendomi, con una voce profonda ma femminile, il mio nome…in Quenya!
Questo mi stupì molto, ché solo mio padre, Dama Galadriel, Re Elrond e pochi altri parlano ancora l’antica lingua degli Eldar di Valinor. Tanto più che quella che avevo davanti era una semplice umana...anche se iniziavo a dubitarne, pur escludendo del tutto che fosse una nostra simile di sangue misto.
Per fortuna avevo appreso da mio padre quel tanto che bastava per risponderle e quando le chiesi il suo nome grande fu la mia sorpresa…poiché, come l’alba, come l’est, ella si chiamava Rómenna…come l’antichissima città-porto di Númenor dalla quale fuggirono verso est, verso la Terra di Mezzo, i pochi superstiti del grande cataclisma che la fece inabissare, nella Seconda Era…”

Legolas scrutava l’orizzonte, come in attesa di veder giungere qualcuno o qualcosa, mentre Tauriel, sempre più apprensiva, giocherellava al passaggio con i fili d’erba più alti attorno a sé…

“L’interrogai allora sul perché del suo nome e della sua lingua, entrambi pressoché in disuso…ed ella dovette notare il mio sconcerto, perché un tremore si diffuse su di lei che, agitata, lasciò cadere finalmente ciò che nascondeva sotto le ampie vesti…
Qualcosa infatti sprofondò ai piedi di Rómenna, con un tonfo nell’acqua bassa. Mentr’ella si copriva dagli schizzi, io mi calai velocemente per recuperare quell’insolito oggetto che avevo solo intravisto, ma ella si abbassò svelta, afferrando le mie mani sott’acqua, fermandole e fissandomi intensamente con quei suoi occhi incredibili, dicendomi che meglio sarebbe stato per me raggiungere la sponda più profonda e tuffarmi da lì.
La sfida nei suoi modi mi fece scattare qualcosa nell’animo e opponendo resistenza alla sua stretta, finii per afferrare la viscida superficie, facendo riemergere quella che mi sembrò una nera sfera, per pochi secondi… prima che Rómenna l’afferrasse e la facesse scivolare di nuovo giù, reagendo come una fanciulla a cui hanno appena sottratto un oggetto o un gingillo prezioso. Mi sentii sciocco a contendermi così quel manufatto-probabilmente inutile- con una donna...o qualsiasi cosa ella fosse. Allora, fradicio, sbuffai spazientito e passai alla lingua corrente, augurandole di riuscire a scambiarlo al mercato di Brea a Sud, ironizzando sul fatto che probabilmente le avrebbero dato un misero pony smagrito che avrebbe dovuto rivendere di certo.”
Legolas sorrideva come un fanciullo al ricordo, senza rendersene conto…e Tauriel, divertita lo imitò. “Ebbene mellon, questo non ti si addice davvero!”
Egli però finse d’ignorare quel motteggio e proseguì con aria rassegnata. “Tauriel, sai bene che non era mia abitudine fare dell’ironia in passato…non lo è stata per molto tempo, in realtà...ma la verità era che volevo strappare un sorriso a quel viso triste di cui m’ero in un certo qual modo innamorato…ed ella mi rispose spiazzandomi e chiedendomi di portarla con me.”
 
 
 
 



Nota: Le antiche città, il lago e i luoghi citati non sono di mia invenzione. Anche gli eventi che li riguardano corrispondono a quello che viene raccontato nelle cronache della Terra di Mezzo.

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Capitolo 28
*** Breve oblio ***


La voce titubante di Rómenna risuonava ancora nelle orecchie di Legolas ed egli non poteva fare a meno di rivivere col pensiero quel poco tempo che si era concesso insieme a lei... 

Naturalmente Legolas aveva riso di una risata bassa e trattenuta, all’incredibile richiesta di lei. Le aveva accennato d’aver intrapreso una sua personale ricerca alla quale non poteva unirsi nessun’altro, insistendo sui pericoli che potevano derivare dall’attraversare i luoghi in cui era diretto… per non parlare di quelli ch’ella stessa correva in quella landa dimenticata dagli Uomini e dai Valar.

“Mastro Elfo, devi pur riconoscere che abbandonandomi qui ne correrei molti di più.”

L’innocenza che tuttavia si celava dietro quelle parole apparentemente sfrontate aveva colpito Legolas. Egli aveva dovuto sforzarsi di non fissare le vesti di lei, completamente bagnate e attillate al corpo ancora ansimante per la breve lotta acquatica…Legolas provò un improvviso smarrimento e si disse ch’ella doveva essere d’una qualche insolita, infida razza.

“E perché mai? Non hai forse la tua potente sfera a proteggerti? Sarai figlia di maghi, o chissà cos’altro. Quindi non necessiti certo del mio aiuto.”

Legolas, come infastidito da qualcosa, si era voltato di colpo. Riguadagnando la riva vicina prese a scuotersi per asciugarsi al debole sole appannato, mentre lei lo raggiungeva svelta, trattenendosi le gonne rese molli dall’acqua, con fare fintamente indifferente.

“Io non ho bisogno d’aiuto e non sono quel che dici. Io… il fatto è che…insomma, non so usarlo! Non posso perché…”- “…perché è solo un sasso, ecco perché!” Legolas aveva scosso la testa mentre terminava la frase di lei che, offesa, spalancò la bocca. “Non ti saresti mai dovuta allontanare dal tuo villaggio per salire quassù da sola a giocare con pezzi di antiche statue, in pieno inverno per giunta! Sei poco più che una bambina…”

Tonde gocce ricadevano dai ciuffi sulla fronte di Rómenna, scorrendo sul suo viso impassibile mentr’ella si avvicinava piano a Legolas che, sospettoso, indietreggiava. “Quanti anni avrai? Moltissimi invero, per definirmi così. Eppure la saggezza della tua età e della tua stirpe ti difetta. Non sono una bambina, non stavo giocando, non ho più un villaggio da tempo immemore ormai…ma su una cosa hai ragione: sono sola.”

La calma dignità con cui ella aveva pronunciato quelle ultime parole scosse qualcosa in Legolas. La guardò con rispetto misto a qualcos’altro…qualcosa che gli sembrò d’intravedere nei lineamenti perfetti di lei. Curiosità forse…

“Nonostante ciò, hai appena affermato di poter fare a meno dei miei servigi, che peraltro non ti avevo neppure offerto.”

Dall’aria vagamente ferita di lei Legolas ricavò, con suo sgomento, una bizzarra sensazione di trionfo che però svanì subito, quand’ella raccolse tra le mani la sua splendida chioma corvina appesantita dall’acqua, torcendola e lasciando scoperto il collo pallido… eccessivamente pallido.

“Non già nei tuoi servigi speravo, mastro Elfo. Soltanto nella tua compagnia…”-“…dì pure in una compagnia qualsiasi!”

Egli si rimproverò tra sé e sé il proprio cinismo, ma la ferita che Tauriel gli aveva inflitto era ancora troppo recente e terribile, per trattenere l’astio che covava ancora e che non aveva avuto il coraggio-o la debolezza-di sfogare contro di lei, su quel maledetto colle…

“Intendevo guadagnarmi qualcuno con cui condividere la fatica e per il quale poter rimanere sveglia a far la guardia, durante il suo riposo…e quando ti ho intravisto oltre i salici, il mio cuore, nella mia solitudine, si è volto a te…ma è evidente che tu preferisci non avere nessuno attorno. Perciò non voglio trattenerti oltre. Perdonami anzi, sono stata patetica e inopportuna con la mia richiesta. Ognuno per la sua strada.”

Il movimento che lei fece per allontanarsi e quello che fece lui per avvicinarsi furono talmente contemporanei che si ritrovarono più vicini di quanto non volessero. Rómenna, incredibilmente alta quanto lui, lo fissò con quello che era sollievo o gratitudine, provò a dirsi Legolas…
“E sia, testarda fanciulla! Purché tu sappia che è alla spettrale Fornost che mi dirigo e che non posso sapere fin d’adesso quali altri tragitti dovrò poi compiere. Non che tu abbia una mèta, mi sembra di capire…”
La gentilezza nel tono di lui aveva illuminato qualcosa nel viso di lei, ma non si era lasciata scomporre. “E’così infatti. Rappresenta un fastidio per te? Perché dovrebbe? Ciò che m’importa davvero è fuggire via da questo sfacelo. Dove giungeremo mi fermerò, quando lo farai. Altrimenti proseguirò con te.”

Quella subitanea devozione compiacque Legolas più di quanto egli non volle ammettere a sé stesso. Si sorridevano come ammaliati da qualche minuto già, prima che egli, con fare pratico, richiamasse il suo cavallo allontanatosi a brucare poco oltre. 

Era stato inutile per Rómenna tentare di far salire anche Legolas in groppa all’animale. Egli l’aveva aiutata a montare in sella, accorgendosi in ritardo che non ce n’era bisogno, per poi intestardirsi a condurre le redini, davanti a lei. Con la coda dell'occhio però aveva notato uno sguardo enigmatico di lei, verso il lago...

“Mastro Elfo, perché ti accontenti di camminare? Il cavallo è tuo, non voglio privarti della comodità, ti stancherai prima così…”

Avanzavano da tutto il giorno ormai, ammirando insieme le colline e le pianure dinnanzi a loro, indicandosi i punti più belli a vicenda, quando lei gli aveva fatto quell’osservazione, con fare timido. Legolas non osava confessarle di non voler avvertire di nuovo il suo contatto…
“Fanciulla delle rovine, non te lo dico per arroganza, ma perché tu non ti senta in difetto…devi pur sapere che quelli della mia gente non si sfiancano così facilmente.”
Ella era stata rasserenata dalle sue parole dapprima, poi si era come adombrata e le sue spalle si erano chinate.
“Mi preoccupavo inutilmente, sono ben consapevole che siete resistenti. Ed è altrettanto vero che la morte non vi sfiora mai…”
L’accenno di rimpianto -fors’anche d’invidia- che Legolas credette di cogliere in lei, lo impressionò molto. Si voltò a guardarla con apprensione e l’azzurro di lui e il verde di lei si incrociarono quel tanto che bastò per svelare a Legolas ciò che già sapeva…
“No Rómenna, questo è falso…”-“…so che vi è concesso di morire in battaglia Legolas, ma è diverso. Non dovete temere malattia o vecchiaia…mentre io un tempo, scioccamente, temevo tutto questo.”
Il passo sicuro di Legolas rallentò, ché udire il suo nome pronunciato da lei gli aveva fatto tornare quell’agitazione inspiegabile di poco prima. Si costrinse a riflettere sulle parole di Rómenna ma in quel momento lo sguardo abbattuto di lei lo spinse a parlare di getto.
“Ebbene, c’è pur sempre da considerare il tedio che può soffocare anche la più lunga e la più fulgida delle vite. A voi Ilùvatar ha concesso il dono di svanire da questo mondo, mentre noi dobbiamo rimanere fino alla fine…e credimi che quando puoi udire ogni singolo rumore, anche il più distante, ogni notte, cercando lo stesso di dormire…non è affatto invidiabile, ecco!”

Il modo impacciato in cui aveva cercato di rassicurare Rómenna, terminando la frase con una sorta di broncio permaloso-per lui alquanto insolito-l’aveva divertita. Ma Legolas si disse che non era mai stato bravo a far conversazione…
“Il sole inizia la sua inesorabile discesa, dunque mastro Elfo ne deduco che presto sarai alle prese con questa condanna quotidiana… allora non ti dispiacerà sentire il mio chiacchiericcio davanti al fuoco immagino! E per l’appunto...forse ti sei distratto, ma non credi che faremmo meglio ad accamparci e ad accenderne uno?”.
L’espressione benevola di lei strappò un sorriso a Legolas che assentì, evitando anche solo di tentare d’aiutarla a scendere da cavallo stavolta e limitandosi a legarlo ad uno dei tanti pini che sorgevano attorno a loro. Legolas aveva creduto di dover provvedere in tutto e per tutto ad ogni cosa, invece scoprì ch’ella era abituata a quel genere di vita...

“Perdona l'invadenza ma...viaggi spesso?” La sua domanda la colse impreparata, Legolas lo notò, ma Rómenna si riprese, sedendosi accanto a lui su una roccia davanti al fuoco ancora nascente. Fin troppo vicina...
”Da sempre. Non saprei immaginarmi diversamente. Adoro lo scorrere dei paesaggi, l’aria che cambia di continuo, il non sapere dove mi condurrà un sentiero, chi potrò incontrare sul mio cammino…”
Per poco Legolas non imprecò contro sé stesso col pensiero, dicendosi che ogni sua parola lo affascinava ancor di più. “Lo stesso vale per me. Sono irrequieto quando trascorro troppo tempo nello stesso luogo. Dopo lunghi anni passati a proteggere e a sorvegliare il bosco in cui vivevo, senza mai allontanarmi…ho preso troppo sul serio i miei doveri…e troppo sul serio i legami che mi trattenevano lì…”
Pur non sapendo bene a cosa si riferisse, Rómenna l’aveva guardato con tenerezza, scostando distrattamente una ciocca ondulata dalla tempia, movimento involontario che non sfuggì a Legolas. 
”Che genere di legami? Io non ne ho mai avuti…se non con il mio popolo. Ma esso mi ha dimenticata…anche se sarebbe meglio dire che non ha mai saputo di me.” Lei era tornata seria.”E forse è meglio così per loro. D’altronde anche per te sarebbe meglio non avermi conosciuta…sebbene io non sappia più comprendere come abbia fatto finora senza qualcuno come te…”
Legolas aveva finto d’ignorare la confusione evidente che sembrava essersi impadronita di Rómenna e di sé stesso, continuando invece a smuovere le braci con un bastoncino, sospirando lievemente.
“Perché mai? Una creatura dolce come te…dimentica quello che ho detto stamane. Non puoi essere un peso per nessuno. Almeno, non per me…” 

Due mani calde e svelte gli avevano afferrato il volto e due labbra incandescenti si erano impossessate delle sue…
Senza darsi il tempo di realizzare appieno la bellezza di quella sensazione sconosciuta e fin troppo concreta, Legolas si era alzato insieme a Rómenna…e i due, distaccatisi altrettanto improvvisamente, si fissavano con una sorta di terrore...

Lei fu la prima a riavvicinarsi, con fare cauto, ma lui si scostò, abbassando il mento e socchiudendo le palpebre, non accorgendosi della reazione delusa di lei che, vergognosa, si era voltata verso le tenebre…
Appena sentì le dita di lui sfiorarle la schiena sussultò, costringendosi a voltarsi di nuovo. E Legolas, che non aveva resistito a quel richiamo involontario, rimase raggelato dal lampo verde nel viso di Rómenna, che nel buio risaltò ancor di più…
In quel momento Legolas si ripeteva dentro di sé di respingerla con tatto, che quello che sarebbe potuto accadere era un abominio, che per giunta ella non era colei che amava, colei con cui avrebbe voluto unirsi…
Ma per quanto Legolas si sforzasse, il bel viso in lacrime di Tauriel, adagiato su quello insanguinato di Kili, sbiadiva nella sua mente impazzita…mentre il viso acceso di Rómenna era lì, con quegli occhi implacabili, bella come lui non aveva creduto potesse essere una mortale e come non gli sembrava fosse mai stata Tauriel...

Quando l’afferrò gentilmente per i fianchi e la baciò si stupì egli stesso del suo gesto, continuando però a premere la sua bocca su quella di lei, ardente come le fiamme che sembravano bruciarle nelle pupille, nella pelle…
Si avvilupparono allora in un abbraccio serratissimo, aspirando il reciproco odore indecifrabile, ma nessuno dei due riuscì a capacitarsi di come si fossero ritrovati a terra, su un letto d’aghi e foglie che neppure sentivano sotto di loro, mentre entrambi prendevano a cercare affannosamente di spogliarsi a vicenda…
Legolas afferrava le gonne scure di lei sollevandole a tratti, carezzando le sue cosce lisce, lisce come e più di quanto avrebbe immaginato.
Rómenna si era scagliata sulla sua casacca verde, scostandosi da Legolas quel poco che serviva per sorridergli, rassicurante, poiché nonostante l’ardore di lui ne avvertiva anche la titubanza.
Quel sorriso ingenuo, unito alla scollatura di lei che ormai aveva ceduto, annullò l’ultima incertezza di Legolas che si sbarazzò con un movimento fluido di quel che rimaneva dei suoi indumenti, chinandosi su di lei, coi biondi capelli del tutto sciolti sulle bianche spalle.
Ella l’aveva osservato brevemente, allungando le dita sul suo morbido petto imberbe, per poi attirarlo a sé e ricoprirlo di piccoli baci, finché lui non l’aveva costretta di nuovo a sdraiarsi, sprofondando tra i suoi seni e tra le sue gambe…
I loro gemiti avevano sconvolto entrambi che, ancora stretti, avevano preso a muoversi e a respirare velocemente, ognuno nell'incavo del collo dell'altro, sfiorandosi e artigliandosi, baciandosi a tratti...
Mentre si univano un pensiero li attraversò: finalmente conoscevano ciò che a lungo era stato loro negato…ciò che erano stati sul punto di negarsi…










Nota: Ho davvero provato simpatia per Legolas. Fino ad ora mi era sempre stato indifferente (a volte lo trovavo fastidioso) ma dopo la sua delusione con Tauriel, dopo il modo disinteressato in cui l'ha aiutata, contro il suo stesso tornaconto...che dire, chiedo scusa per questa deviazione dalla storia portante, ma volevo davvero concedergli un pizzico di passione. Però anche se mi piace leggere scene erotiche, sono poco portata poi a descriverle (m'imbarazzo da sola evidentemente e mi blocco:) Perciò perdonate la goffaggine. Grazie a tutti, specialmente a Didi e Ardesia che non mancano mai di commentare un capitolo. Buona lettura!

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Capitolo 29
*** Il Palantír di Annúminas ***


Quel risveglio improvviso fu per Legolas orribile e splendido al tempo stesso. Uno strano miscuglio d’oro e d’ebano era sparso su di lui, avvolto nei suoi stessi capelli e in quelli di lei che, la testa posata sulla sua spalla, sembrava aver smesso di respirare, mentre i primi raggi invadenti cominciavano a perforare i fitti rami sopra di loro…

Legolas si ritrovò a carezzare piano quel capo scuro, ancora incredulo, rimproverandosi silenziosamente e sperando ch’ella non si svegliasse troppo presto. Ma un lamento flebile sfuggì da Rómenna ed egli si accorse con orrore che il corpo di lei scottava come e più della notte appena trascorsa…

Subito si scostò, osservando il suo viso contratto e vermiglio, posando la sua mano affusolata sulla fronte umida di lei, scoprendo così che Rómenna, da chissà quanto ormai, ardeva di febbre…

Una paura inspiegabile invase l’elfo, insieme al rimorso per averla trascinata in acqua in quella sciocca contesa, per non averla coperta subito appena riemersi dal lago Nenuial…ma egli allora si era solo curato di porre le giuste distanze tra sé e quell’ambigua, splendida creatura, dimentico di quanto fragile ella fosse rispetto a lui...

Legolas interruppe quei pensieri inconcludenti, sollevandosi e afferrando il suo mantello grigio, volato poco oltre nella frenesia di quella notte, per posarlo delicatamente su Rómenna che intanto iniziava a scuotersi.

“Non t’agitare, il fuoco che è in te va sedato, finché non abbandoni il tuo corpo.”

Ma la fanciulla intanto aveva riaperto debolmente le palpebre, lasciando intravedere a Legolas, afflitto, il verde dei suoi occhi, privo ormai d’intensità. Ella infatti sembrava non capirlo, tutta presa ad osservarlo e a sorridergli, con quello che Legolas sapeva ormai essere amore…

“Anche se fosse stato deciso per me ch’io morissi adesso, sarei stata lo stesso felice, perché dopo molto cercarti senza sapere chi fossi, infine ti ho avuto con me!”-“…sciocca! Non hai idea della sofferenza che ti sei inflitta da te!”
Lei però lo fissava con ostinazione, come se volesse imprimersi ogni tratto del viso preoccupato di lui in mente. “Perché dici questo? Forse è a causa del rancore che ti ho letto dentro, lì sul lago…poiché ami già un’altra…non è così?” Legolas però scuoteva la testa, come arrabbiato. “Non voglio e non posso discutere con te adesso, devo allontanarmi a cercare l’athelas per curarti…dovessi avere bisogno di me grida il mio nome a perdifiato, intesi?”
La fanciulla sembrò appena confortata dalla sua premura e strinse debolmente la mano di Legolas che inarcò le sopracciglia, ricambiando la stretta con foga per poi gettarsi a capofitto, ancora svestito, tra la vegetazione… ché lo si sarebbe detto un cervo bianco e dorato, a caccia...

Lunga fu la sua ricerca e tuttavia non inutile, si disse con sollievo, quando vide sbucare dei ciuffi di Foglia di Re dal terreno. Raccolte alcune manciate allora corse via da lei, rapido…solo per scoprire che lo spiazzo dov’ella giaceva poco prima era deserto, che a terra vi era solo il suo mantello...
Legolas lo afferrò e se lo gettò addosso, sollevando il cappuccio contro il vento gelido che aveva preso a soffiare, chiamandola a gran voce, impazzito all’idea ch’ella potesse essere stata rapita da Orchi o altri esseri abietti...
 
 
Ma la trovò poco oltre, aggrappata ad un tronco, le scure vesti lacere, lo sguardo disorientato e il respiro mozzato.
“Stai indietro Legolas! Non posso privarmene…devo tornare indietro…io ho tentato ma non posso, è la mia eredità, è tutto ciò che possiedo! Padre mio, lo so…senza di esso non sono nulla…non tormentarmi oltre, andrò…andrò!”

Davanti agli occhi sconvolti dell’elfo, la fanciulla si era portata le mani alla testa, affondandole tra le nere ciocche e cadendo in ginocchio di fronte a lui.
“Rómenna…ti supplico torna in te! Ti condurrò dove ti aggraderà…saremo io e te…non m’importa delle tue origini o del mio passato…saremo io e te…”
Legolas l’aveva sorretta, facendola stendere dov’era prima, con cautela, costringendola a chiudere gli occhi e a calmare il respiro. Fatto questo, egli si slanciò verso i resti del fuoco, dandosi da fare a riaccenderlo, lanciandole occhiate frementi di tanto in tanto…
“Legolas, la mia non è febbre…devi riportarmi indietro…ti farò del male…lo so già…liberati di me adesso che puoi!”
Lui ignorò i bisbigli eccitati di lei in quella che probabilmente era la sua lingua, prendendo a sfregare le foglie tra le mani e lasciandole cadere in una ciotola, nella quale poi versò il contenuto di una borraccia assicurata alla sella. Pose tutto sul fuoco, per un tempo che gli sembrò infinito. Poi s’inginocchiò accanto a lei, sollevandole il busto e poggiandole il bordo della ciotola sulle belle labbra riarse, facendole cenno di bere, per poi asciugarle il mento con un dito e carezzarle la guancia, osservandola sprofondare di colpo nel sonno, serena.
Si stese allora accanto a Rómenna, stringendola e scaldandola con una cura che lo meravigliò…

Legolas…io amo solo te …”-credette d’udire nella notte…e fu felice, come mai prima d’allora…e come mai più in seguito.
 


“Ma l’indomani Rómenna era svanita. A lungo l’ho cercata tra quei boschi di conifere e mio malgrado dovetti arrendermi al fatto d’averla persa…tornare indietro mi era impossibile perché sentivo ch’ella non voleva che la seguissi…e mi dissi che forse stava meglio senza di me. Mi consolai allora, pensando che almeno grazie all’athelas doveva essere senz’altro guarita… ma mi disperai all’idea ch’ella avesse intuito che nel mio cuore c’era anche un’altra… che nel delirio della febbre fosse impazzita a quel pensiero e avesse deciso d’andarsene!”

Tauriel, ferma in mezzo alla buia radura, era soverchiata dall’emozioni contrastanti che l’avevano assalita durante quel lungo racconto. Ella aveva provato gioia all’udire del sentimento che il suo amico aveva di nuovo potuto sperimentare, seppur in modo alterato;poi preoccupazione, ricordandosi i momenti concitati in cui aveva assistito Kili ferito dalla freccia avvelenata, incerta sulla sua sopravvivenza…e infine disdetta, all’apprendere di come Legolas fosse stato abbandonato da colei che forse, a suo modo, egli amava.
Incapace di parlare, osservò allora il volto mesto di Legolas, poi fissò la sua casa che spiccava solitaria poco oltre, con le lanterne ormai consumate, un’ombra scura ai piedi dell’albero…

“Eppure, soffermandomi sulle sue parole, più avanti compresi in parte il senso della sua fuga. Quando raggiunsi Fornost, m’imbattei nell’Uomo che hai intravisto tu stessa tra i miei strani compagni. Ora, devi giurarmi di mantenere il segreto su ciò che sto per rivelarti: egli è Aragorn, figlio di Arathorn, erede al trono d’Isildur.”

L’espressione sconcertata di Tauriel non si fece attendere e mille interrogativi affollarono la sua mente impreparata…
“So cosa stai per chiedermi…il Naug che era con me è Gimli, figlio di Glòin, che fu uno dei compagni di viaggio del tuo Kili, nella cerca per Erebor. Siamo buoni amici, incredibilmente…ma questo l’ho imparato da te e te ne sono grato.”
 
Al nome di Kili pronunciato da Legolas, Tauriel aveva avuto un lieve sussulto…e scoprire che il suo amico aveva finalmente compreso ciò che di buono v’era nei Naugrim le diede un senso di soddisfazione. Voleva dirglielo, ma temeva di ferire il suo orgoglio, perciò si limitò a sorridergli con calore. Ma Legolas riprese subito un’aria grave.
“Gli altri sono Boromir, signore di Gondor, seguito da Frodo, Sam, Merry e Pipino della Contea. Ora, se ci troviamo qui è su ordine di Re Elrond, per una questione della massima importanza…siamo giunti a Lórien dopo molto vagare e siamo diretti a Mordor.”

Tauriel sgranò gli occhi a quel nome tremendo, ma ciò che Legolas aggiunse dopo la gettò nel panico. L’Oscuro Signore, colui che ella non aveva mai neppure osato nominare, era tornato a gettare la sua ombra di morte sulla Terra di Mezzo!
“Mellon! Tutto questo è atroce…per non parlare di ciò che ti è successo al Nord! Il mio animo soffre con te e vorrei poter fare qualcosa per alleviare la tua pena…ora però comprendo…è con il Portatore dell’Anello che Dama Galadriel si trova adesso! Devo assolutamente chiederle licenza per unirmi a voi, ella non me lo rifiuterà di certo, sapendo quanto siamo stati legati…”

Legolas l’interruppe con fare condiscendente ma fermo, poggiandole una mano sulla spalla.”Dopo quello che mi hai detto, sul fatto che intendi mantenerti in vita per ritrovare lui, non posso permettere che tu rischi così tanto! E poi la Compagnia ormai è già formata. Inoltre, ho più bisogno di te per un’altra faccenda…” Tauriel attendeva con impazienza, come se da ciò che stava per dire Legolas dipendesse la sua stessa vita.
“Vedi, quando conobbi Aragorn a Fornost- un giorno fortunato che non scorderò mai- egli si aggirava lì come Ramingo, incappucciato e schivo. Quando gli dissi chi ero e chi mi inviava, riconobbe le mie origini e a lungo parlammo, trovandoci subito affini. Poi mi chiese perché mi trovassi lì e gli confessai di volerlo aiutare…ed egli mi disse che gli era giunta voce fosse stato visto in quella zona un cimelio del suo popolo, il Palantír di Annúminas, l’antica città ai piedi della quale avevo incontrato Rómenna.”

Tauriel, improvvisamente consapevole, lanciò uno sguardo interdetto verso Legolas che, la colpa impressa nel viso chiaro, le restituì l’occhiata con fare rassegnato.
”Credevo ingenuamente di metterla in pericolo…inoltre mi vergognavo, di fronte a quello che era pur sempre un Re, ad ammettere di non aver riconosciuto un oggetto così prezioso! Ad aver permesso che la passione offuscasse la mia capacità di giudizio…e così, come uno stolto, finsi di non sapere alcunché. Fino a quando, iniziato il nostro viaggio, una volta Mithrandir non ci parlò del fatto che Saruman lo Stregone Bianco ci avesse traditi tramite un Palantír. Gandalf infatti ci mise in guardia da tali oggetti, non sempre ben riconoscibili, perfino per i più accorti.”
Iniziando a comprendere perché il suo mellon le stava confidando tutto ciò, Tauriel pose anche lei una mano sulla spalla di Legolas con fare protettivo mentre questi, sospirando, seguitava.
“Ho dissimulato per tutto questo tempo e non mi è stato affatto facile. Ora però che ho rivissuto tutto parlandotene…ora che so cosa rischia, il mio cuore teme per lei. Dopo sessant’anni dubito che sia ancora viva, ma Tauriel…se hai mai avuto del vero affetto per me, tu che sei l’unica di cui posso davvero fidarmi…andresti al Nord, da lei? Saperla da sola tra quei monti freddi e inospitali era già abbastanza odioso, anche se mi ripetevo ch’era una sua scelta…però adesso che so ch’ella non soltanto è sola, anziana e debole… ma perfino che ha quello strumento pericoloso con sé…!”

L’ansia di Legolas si trasmise a Tauriel ed ella abbracciò d’istinto il suo amico che stavolta, seppur sorpreso, non provò alcun turbamento oltre al puro affetto, cingendola a sua volta. “Lo farò per te! Legolas, non t’angustiare, sono certa ch’ella è viva ed io la troverò, mi assicurerò che stia bene e le strapperò quella pietra malefica, prima che finisca di corrompere la sua mente…e se Rómenna vorrà la riporterò da te quando tutto sarà finito, per salutarvi…”-“…prima che vada dove non potrai raggiungerla…” Tauriel aggiunse malinconica, tra sé e sé.
Il suo amico, grato, aumentò la stretta per poi staccarsi dall’abbraccio, riconoscendo finalmente il tumulo ai piedi dell’albero poco lontano.
“Perdonami, ti ho trattenuta fin troppo a lungo con i miei folli racconti. Hai il diritto di vegliare su tua madre, almeno per ciò che resta della notte…riferirò io alla Bianca Signora che ti trovi qui. Domani però al sorgere del sole lascerò questi luoghi beati con la Compagnia. Per quanto riguarda Rómenna…so che tu meglio di chiunque altro puoi comprendere quel che provo…perciò grazie, mia fedele amica! E perdona l’irruenza di prima. Rivederti dopo così tanto tempo mi ha confuso enormemente…sappi che ti sarò sempre debitore!”

Tauriel fece un gesto di diniego, appiattendo le labbra con fare serio.”Mi hai soccorsa quando nulla t’obbligava a farlo. Sei andato anzi contro i tuoi stessi interessi, permettendomi di salvare Kili ad Esgaroth e di raggiungerlo su Collecorvo…dunque, sono io in debito con te e ricambierò appieno, non aver paura! Partirò anch’io domani all’alba, ma prima verrò a prendere congedo da Dama Galadriel e da te.”
 
Si fissarono allora con tenerezza e Legolas fu attraversato da un pensiero…
“Vuoi che resti con te a vegliare su tua madre?” Ma Tauriel sorrise triste, iniziando già ad allontanarsi. “No, non è necessario. Riposa, non possiamo sapere quali altre peripezie ti attendono. Ti auguro di avere successo nella tua impresa. Io farò del mio meglio nella mia…tu sta attento però! Tengo molto a rivederti…felice stavolta.”
Legolas si era portato la mano al petto, per poi allargare il braccio verso Tauriel, mentre si allontanava anche lui, in direzione di Lórien però, con lo stesso sorriso triste in viso.
Egli non sospettava che in un angolo della mente di Tauriel si andava delineando, quasi inconsapevolmente, la speranza di poter usare il Palantír così come aveva usato lo Specchio…
 
 
 
 





Note:
-Il Palantír di Annúminas era stato portato da Númenor prima del suo inabissamento e andò effettivamente perduto durante la Seconda Era, al cadere del reame di Arnor.
-La città di Fornost, detta anche Forra dei Morti, è un’altra città dei Númenoreani, antica capitale ormai abbandonata.
-Il primo incontro tra Aragorn e Legolas non è descritto, quindi avrebbe potuto avere luogo anche nel reame di Arnor. Ad ogni modo sempre prima degli eventi del Signore degli Anelli, in cui appare chiaro come i due si conoscano già.
-Dialoghi minori, come Gandalf che mette in guardia i suoi compagni dai Palantír, potrebbero considerarsi come “momenti mancanti” dal racconto principale.
-L’impiego dell’athelas per curare le febbri non è riportato altrove, ma essendo una pianta altamente curativa, rientra tra i potenziali metodi. Non essendovi una ferita su cui applicarla, in questo caso ho preferito renderlo un semplice infuso.
 
Un saluto e grazie a tutti per la pazienza!

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Capitolo 30
*** Ospitalità ***


L’orlo del cappuccio le nascondeva la visuale su entrambi i fianchi della cavalcatura e Tauriel decise d’abbassarlo, per essere libera di osservare l’ampio sentiero terroso che si snodava davanti a lei, costeggiando il fiume Celebrant.

Dopo aver attraversato quel territorio in tutta la sua lunghezza, l’Argentaroggia conduceva infine alle pendici degli Hithaeglir, oltre le marche settentrionali del reame di Dama Galadriel.
Il mantello con cappuccio era un suo dono e nonostante fosse morbido e leggero la teneva al caldo, mentre i suoi colori cangiavano dal grigioverde al marrone, permettendo di mimetizzarsi con l’ambiente circostante.
Tauriel fu molto riconoscente per quel regalo, poiché quello era lo stesso mantello che la Bianca Signora aveva donato al suo amico Legolas e agli altri della Compagnia.

Quella mattina s’era destata quando ormai il sole era già alto nel cielo, dopo che la notte precedente s’era accasciata sul tumulo di Nàrmoth, come appesantita da un’irresistibile torpore, bisbigliando affettuose parole d’addio per sua madre…

Una volta in piedi però, ella si era scossa con decisione, salendo in fretta e furia sulla sua dimora –che aveva l’uscio ancora spalancato- afferrando pochi oggetti che riteneva potessero tornarle utili e gettando un ultimo sguardo intenerito a quel luogo che per sessant'anni era stato il rifugio suo e di sua madre…

Senza soffermarsi oltre era ridiscesa, correndo precipitosamente verso Caras Galadhon, per scoprire che ad attenderla lì ormai vi erano solo Galadriel, Celeborn e Haldir, ché Legolas e gli altri erano partiti di buon mattino.
Tutti avevano intuito della sua improvvisa partenza vedendola arrivare con quelle bisacce e ognuno, seppur con un grado diverso, se ne rattristò. Nonostante le loro rimostranze però, Tauriel non volle dir loro la verità e si limitò a manifestare il suo forte desiderio di recarsi ad Imladris*.
Soltanto un cuore tra di loro sospettava le sue reali intenzioni e se ne incupiva, reputando preferibile però non interferire…
Celeborn, riservato come sempre, le aveva rivolto poche, incoraggianti parole, offrendole uno dei migliori cavalli, dal baio rosso intenso, a patto che lo rimandasse indietro una volta giunta ai piedi delle Montagne Nebbiose. Haldir invece, sicuro che a causare il suo congedo improvviso fosse stato l’arrivo di Legolas, si era offerto di scortarla, anche da solo.
Tauriel l’aveva ringraziato ed era stata tentata di accettare, ma temeva di tradirsi in qualche modo, di tradire Legolas…inoltre, stando soli a lungo, ella temeva di suscitare in Haldir gli stessi sentimenti che avevano perseguitato il suo mellon…

Galadriel l’aveva osservata con fare inquisitore, come per accertarsi ch’ella fosse davvero determinata. Poi le aveva dato il mantello, accompagnato da numerosi involti di lembas per il viaggio, chinandosi sul suo orecchio e sussurrandole di tenere viva la sua luce…
 
Ora che era sul sentiero, la malinconia che Tauriel aveva creduto di avvertire una volta fuori da Lórien tardava ad arrivare. Ed ella si disse che proseguendo ciò non sarebbe cambiato.  Aveva infatti bisogno ancora una volta d’avventura, di mettersi in gioco e sentirsi utile, sentirsi parte di qualcosa di più grande di lei…
L’itinerario che si era prestabilita per superare gli alti Hithaeglir comprendeva tre prospettive poco rassicuranti. Tra di esse v’era quella consigliata dai suoi amici Galadhrim, ovvero di allungare il percorso, scendendo fino alla Breccia di Rohan, per poi risalire per quasi tutto l’Eriador.
Ma quella scelta l’avrebbe condotta vicino ad Angrenost*, dimora di colui cui aveva accennato Legolas, colui ch’era passato al Nemico e che possedeva uno dei Palantír…
Un’altra alternativa era attraversare le Miniere di Moria. Tale soluzione attraeva Tauriel per il semplice fatto di poter scoprire i luoghi ch’ella aveva sentito descrivere da Kili, i luoghi in cui aveva vissuto la sua gente…

Ma era pur vero che sarebbe stato incosciente da parte sua ignorare i resoconti di Legolas su quello ch’era accaduto alla Compagnia e su com’era scomparso Gandalf, trascinato negli abissi da un Balrog di fuoco…
Inoltre, stando sempre alle sue parole, l’uscita dal lato opposto ai monti, l’antica porta con le rune lunari, era stata abbattuta e sbarrata da uno strano mostro acquatico. Perciò ella concluse che, pur superando indenne le miniere, sperare di trovare uno spiraglio tra qui cumuli di macerie era impossibile.

Rimaneva dunque il Passo di Caradhras, che i Nove Viandanti avevano dovuto abbandonare a causa di una tempesta scatenata da Saruman. Nonostante ciò, ella si disse che era pur sempre meno pericoloso che passare vicino Orthanc, ché di certo lo Stregone Bianco non si sarebbe scomodato per infierire-da lontano per giunta- su di un semplice ed innocuo elfo femmina…

Presa che fu la sua decisione, Tauriel lanciò uno sguardo di sfida alle cime innevate che torreggiavano sopra di lei, smontando poi dal cavallo e intimandogli teneramente di tornare dai suoi padroni…
 
La scalata, come Tauriel aveva previsto, non fu facile. Ella aveva scelto il punto il cui il Celebrant risaliva fino alla sua fonte, seguendone il corso nella direzione opposta, confortata dalla vista di quello zampillare cristallino tra le rocce chiare e dal rumore ritmico del fiume argentato…

Dopo molti giorni estenuanti di marcia però il vento gelido che scendeva dai picchi le frustava sovente il corpo, insieme alla pioggia e alla neve, seppur leggera…ed il peso delle vettovaglie e la solitudine di quella scalata impietosa misero a dura prova la sua resistenza.
Ma ad ogni sosta ella si rinfrancava dicendosi che stava compiendo il tragitto di Kili a ritroso in fondo, rivivendo un po’ delle sue emozioni durante quel viaggio…
Intenerita a quel pensiero, osservava allora i paesaggi brumosi ed eterei che le si paravano davanti, inspirando profondamente e ringraziando -per la prima volta dopo molto tempo- d’appartenere agli Eldar e d’avere la loro tempra.

Per dormire sceglieva sempre piccole grotte in cui si stendeva avvolgendosi completamente col mantello, in modo da dissimulare la forma d’una roccia, per non destare la curiosità di eventuali occhi indiscreti.
Durante quelle notti, ripensando all’Unico Anello e all’inquietudine che le suscitava la sua sola esistenza, non riusciva a prender sonno. Pensava inoltre a quella notte in cui Kili era venuto a farle visita nella sua tenda a Dale, all'alba della Battaglia delle Cinque Armate...
Doveva essere stato grazie all'anello, in mano a quello hobbit suo compagno d'avventura, che Kili era riuscito a giungere sino a lei quella notte...
Tauriel, ragionando di questo e altri pensieri, dormiva poco, anche per tema degli attacchi da parte di Orchi…e del resto Galadriel stessa l’aveva avvertita che quegli eremi erano stati fatali a Celebrìan, sua figlia, nonché sposa di Re Elrond, rapita in un’incursione improvvisa…

Quando dopo numerosi giorni Tauriel scorse finalmente il Caradhras, il grande Corno Rosso di roccia, la voce lamentosa del vento che gorgheggiava attorno ai massi parve tramutarsi in una voce femminile alle sue orecchie…
Tauriel rabbrividì, ma sapeva d’ingannarsi, perciò non s’attardò a contemplare oltre quei picchi vermigli, contornati da infide nubi…
Accelerò invece l’andatura, abbassandosi ogni qualvolta scorgesse dei neri corvi in volo; spie del Nemico, come aveva riferito Legolas.
 
La riserva di lembas iniziava a scarseggiare quando, incredibilmente, ella intravide da lontano le grandi e luminose cascate a precipizio di Gran Burrone.
Tale fu la meraviglia di Tauriel al cospetto delle eleganti dimore multicolori sospese su quel fragore d’acque, ch’ella desiderò per un momento potersi stabilire presso la corte di Re Elrond e mai più dipartirsi da lì.
Ma aveva promesso a Legolas di non indugiare, quindi risolse di chiedere una breve udienza e portare i saluti di Dama Galadriel, per poi rimettersi velocemente in cammino…
Attraversò quei ponti splendenti piena di timore reverenziale, lo stesso che la colse quando, giunta alle porte della cittadella, intravide una dama dall’aspetto celestiale sostare sotto un grande porticato dal pavimento cosparso di foglie e avvolto in candidi veli…

Ed Arwen, superbamente vestita di nero e porpora, si accorse di lei un attimo prima di Tauriel, voltandosi con fare sorpreso ma pacato, osservando quella viandante dalle scure vesti ricoperte per metà di neve, i fulvi capelli scompigliati, negli occhi una ferita ed insieme una speranza…

“Chi sei, figlia dei Nandor? Percepisco nel tuo animo un grande fardello, ma al tempo stesso una grande fiamma imperitura.”

Tauriel si sorprese all’udire la voce soffusa di Arwen, ma ancor di più nel rendersi conto ch’ella aveva riconosciuto la sua stirpe d’appartenenza. Subito però si ricompose e dopo averle detto chi era, affermando di voler solo ammirare quei luoghi di cui aveva a lungo sentito parlare, si fece coraggio e azzardò un’osservazione.

“Perdona l’indelicatezza…ma avverto queste medesime cose in te, dolce signora d'Imladris…”

Quelle uniche, significative frasi, nonché la grazia d’entrambe, avevano infuso subito un senso d’amicizia tra le due. L’elfo silvano aveva ormai riconosciuto la bella nipote di Dama Galadriel.
Ed esse presero a passeggiare e a conversare come se si fossero conosciute da tempi immemori, fin quando Tauriel, giunta a nominare Legolas, si rese conto con piacere che Arwen non solo lo conosceva ma lo reputava un buon amico.
Ancora più grande fu il suo stupore quando la dama le chiese se con lui vi era un Uomo molto alto, dai capelli scuri e gli occhi chiari…
Sulle prime Tauriel non volle rivelare il suo nome e si riferì a lui come a Grampasso, credendo di proteggere così la sua identità…ma subito Arwen, sapendola intima di Legolas, si fidò di lei e la tolse d’impaccio.
“Egli è colui che il mio cuore ha eletto a sua unica ragion d’essere. Era dunque in salute quando l’hai veduto a Lothlórien?”
Tauriel spalancò le belle labbra in un’espressione di incredulità e gioia, appena si rese conto di condividere con Arwen lo stesso sentimento contrastato…
“Invero egli appariva regale e nobile nell’aspetto e nel portamento…un principe tra i mortali senz’altro…così come colui al quale sono devota…colui dal quale neppure la morte m’ha potuta strappare…”

Arwen, commossa da quella rivelazione, si era sentita invadere dalla solidarietà per quella straniera indifesa e sfinita…
“Tu fremi, figlia del Bosco Atro… seguimi, ti ospiterò e potremo parlare da sole di ciò che accomuna il nostro animo, senza che nessuno ci disturbi. Mio padre, Re Elrond, è assente, in perlustrazione dei nostri confini insieme ai miei fratelli Elladan ed Elrohir i quali, come sempre, tenteranno di contendersi le sue simpatie in prodezze d’ogni genere, rallentando la sua marcia.”

Arwen, sorridendo a quel pensiero, le aveva fatto cenno di seguirla nelle sue magnifiche stanze, oltre una bianca volta. Qui, socchiudendo cautamente la porta intarsiata, obbligò una timida Tauriel a stendersi tra soffici coperte, per poi sedersi su un piccolo scranno, accanto a lei…

Tauriel non provava la confortante sensazione di un giaciglio sotto di sé da molto ormai, quindi fu con un lieve torpore che prese a narrare di sé e Kili, a tratti…e a tratti, ascoltando Arwen raccontare di lei ed Aragorn, le parve di udire come una fiaba, tra i veli dell’incoscienza…

Quando però Arwen s’interruppe, menzionando la contrarietà di Elrond a quel legame, Tauriel riaprì gli occhi e le confidò l’ostilità di Thranduil, oltre alle sue stesse difficoltà, in un primo momento, a cedere a quel sentimento considerato impuro…
“Ma io non l’ho mai considerato impuro, neppure nei momenti di maggior incertezza. Molti potrebbero storcere la bocca, dato l’antico odio che ci divide dai Naugrim. Essi sono i falsi primogeniti*, ci diciamo…tuttavia che diritto abbiamo di sentirci superiori? L’umiltà che ho scorto negli occhi di Kili fin dal primo incontro ne è la prova…egli non l’ammetterebbe mai forse, ma mi guardava come se fossi una sorta di dea…”
Le due si erano sorrise con complicità, ma poi Tauriel aveva socchiuso gli occhi e un sonno improvviso e ristoratore l’aveva ghermita, per quelle che dovettero essere molte ore…

Fu risvegliata dalla mano gentile di Arwen che l’avvisava del ritorno imminente di Re Elrond, in coincidenza col tramonto. Tauriel allora le disse che non intendeva restare oltre perché urgenti questioni l’attendevano al Nord, questioni di cui non aveva il tempo né il modo di parlarle…
“Ebbene, permettimi almeno di condurti fuori da Imladris e d’indicarti un luogo che sono certa ammirerai.”

Arwen dicendo così l’aveva aiutata a rialzarsi, per poi porgerle anch’ella il suo piccolo dono di lembas, insieme ad un piccolo volumetto rilegato che le proibì d’aprire prima d’aver lasciato quelle contrade. Si erano quindi inoltrate nei sentieri nascosti tra i meandri di Imladris fino ai suoi margini e poco oltre…
“Di là dagli alberi vi sono i guadi del Bruinen. Una volta superati questi, ti troverai in una radura a te non del tutto estranea…per quanto riguarda il tuo viaggio, non intendo chiederti null’altro, solo augurarti che possa distrarre la tua mente sofferente dal pensiero di lui…così come io tento invano di volgere altrove la mia, leggendo componimenti su antichi miti. Ed un giorno forse, potremo leggerli assieme…un giorno in cui quest’ombra svanirà e i nostri cuori forse saranno finalmente appagati.”

Non si erano abbracciate, ma l’intimità che si era stabilita da subito tra loro si riflesse nell’espressione dispiaciuta d’entrambe all’idea di salutarsi.
“Ti ringrazio Dama Arwen, per la comprensione e la bontà che hai mostrato nei miei confronti, senza che nulla te l’imponesse, senza pretendere di conoscere la mia destinazione, semplicemente ascoltandomi e accogliendomi come una sorella. Sappi che intendo assistere al coronamento dell’amore che ti lega al Ramingo del Nord…ed esso avverrà, presto o tardi, non temere…e io ci sarò.”

Libera da gelosie e invidie, Tauriel aveva fatto quell’augurio spontaneo in modo del tutto sincero, inchinandosi lievemente e sorridendo fiduciosa ad Arwen, prima di vederla allontanarsi, elegante e leggera sull’erba…
 
Ma grande fu la sua sorpresa quando, dopo aver facilmente guadato il calmo e silenzioso Bruinen, avvistò la radura di cui aveva accennato Arwen, scura e rinchiusa tra foschi arbusti come in un cerchio, nel mezzo del quale si ergevano…
Tre Troll di pietra!

“Dunque era vero, amore mio!”. Quelle parole le sfuggirono all'improvviso, mentre una strana felicità si faceva strada in lei…
 
“Avresti dovuto esserci Tauriel! Erano talmente orridi da non riuscire nemmeno a guardarsi in faccia a vicenda!”

Ella ricordò con commozione il visetto di Kili sbucare dalle sbarre, una di quelle notti in cui non aveva saputo resistere alla tentazione di scendere nelle prigioni, da lui, per portargli un po’ di carne…alimento che scarseggiava tra i pasti scelti per i prigionieri, ma che sapeva essere il preferito di Kili.

“Pressappoco ciò che accade tra voi Naugrim, o sbaglio? In fondo non siete certo famosi per il bell’aspetto…”

Lo sguardo fintamente offeso di Kili l’aveva raggiunta, mentre lui seguitava con un buffo atteggiamento d’indifferenza.

“Come stavo dicendo…il nostro hobbit, Bilbo, aveva avuto la bella idea di farsi catturare da loro…ehm…anche se sarebbe meglio dire che fummo io e mio fratello Fili a causare questo piccolo, minuscolo inconveniente, mandandolo in avanscoperta per primo…ehm…tanto per non addossarci tutto il merito dell’impresa, s’intende…”

Mentre masticava voracemente, Kili s’era interrotto di tanto in tanto, mugugnando con fare energico-con una mimica che definire esagerata era poco-descrivendole quella bizzarra scena, bizzarra come tutte le sue avventure precedenti al loro incontro…

Invero, Mastro Nano, è stato un gesto molto altruista verso il vostro amico. La gloria va condivisa tra amici, così come la fortuna, la sfortuna, la stima, il cibo…”

Lo sforzo per contenere le risa mentre parlava era costato parecchio a Tauriel, soprattutto osservando Kili lottare ferocemente per non inzuppare i folti capelli bruni nel piatto! Ma lui, con l’aria saputa, l’aveva interrotta prontamente.

“Io, beninteso, mi son fatto subito avanti appena mi sono accorto del pericolo, sguainando la spada e minacciando di tranciare loro teste, gambe e braccia e…”

La condiscendenza benevola negli occhi di Tauriel, seduta sui gradini di fronte a lui, nonché la lieve increspatura sulle sue labbra piene, aveva fatto indugiare per un attimo Kili che però si era subito asciugato il mento leggermente colato, con un gesto infantile…come se si vergognasse di lei ad un tratto…

“…ebbene, dolce Tauriel, non crederai al seguito... essi s’impaurirono enormemente al vedermi, gridando che piuttosto si sarebbero gettati nel Bruinen...e davvero, sarebbero fuggiti davanti al mio cospetto, non fosse stato per l’intervento di Thorin e degli altri, in groppa a degli enormi cinghiali selvatici…per non parlare di Gandalf, lo stregone che ci accompagnava prima di abbandonarci in questo posto dimenticato da Mahal-senza offesa, ovviamente-...ad ogni modo...egli apparve in un lampo e li pietrificò col solo potere del suo sguardo!”

L’elfo femmina aveva allungato una mano per recuperare il piatto, ché delle posate non c’era stato bisogno, come ben sapeva, ed evitava ormai di portargliene…

“Il coraggio non ti manca, questo l’ho veduto. E nemmeno l’appetito…e la fantasia! Mastro Nano…piccolo, dolce bugiardo…credi d’impressionarmi? Devo dunque riferire al mio Re che tra voi Nani si nasconde un abile cantastorie? Chissà, potrebbe liberarti per fare di te il suo giullare personale…ma in quel caso l'invidierei! Ché ascoltare le tue peripezie mi diverte come nient'altro!”

Kili, ignorando l’espressione fintamente crudele di lei, aveva tentato di trattenere la ciotola allungando le dita e contendendosela con Tauriel, per poi sbuffare sonoramente e lasciargliela prendere…assumendo quella posa adorabile che adesso lei ricordava alla perfezione…

“Cara la mia dama elfica, ti assicuro che è tutto vero invece! Un giorno, quando riuscirò a fuggire da queste spaventevoli segrete, ti costringerò a seguirmi fin lì…se vorrai ovviamente...così vedrai coi tuoi stessi occhi, una buona volta…ecco! La sincerità di un discendente della casata di Durin non si mette in discussione…mai!”

Le risate di lei non avevano più incontrato nessuna resistenza ed entrambi si erano lasciati andare a quell’allegria, come spesso accadeva tra di loro, tappandosi la bocca a tratti per non farsi udire dagli altri Nani profondamente addormentati…

“D’accordo allora. E’ deciso...intrepido massacratore di Troll, domatore di cinghiali e chissà cos’altro! Fino ad allora però tieni bene a mente che dovrai arrossire davanti alla tua bugia, quando andremo insieme laggiù e al posto dei tuoi Troll ci saranno solo massi, nel bel mezzo del nulla.”

Kili aveva incrociato le braccia, stizzito, mandando lampi dagli occhi scuri e borbottando in Khuzdhul qualcosa che-a giudicare da quel poco che Tauriel ne aveva appreso-doveva essere stato un riferimento alla volontà del Nano di fare arrossire lei, piuttosto...e in ben altri modi.
Cosa che adesso la riempì di imbarazzo e tenerezza al tempo stesso...Ma allora non poteva saperlo. Allora si era affrettata a scostarsi da Kili e ad allontanarsi da lì, dopo aver scorto la guardia che doveva sostituirla mentre abbozzava un’espressione allibita, scoprendo un Nano ed un Elfo che sghignazzavano insieme…
 









*Imladris: Gran Burrone
*Angrenost: Isengard  


*Tauriel definisce i Nani"Falsi Primogeniti" in quanto creati da Mahal (contro la volontà di Eru) prima degli Elfi, che dovevano essere invece i primi in assoluto.

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Capitolo 31
*** Una tentazione ***


La prospettiva di dover attraversare Brea infastidiva non poco Tauriel. D’altronde da dove si trovava quella era l’unica via percorribile per il Nord, ché a voler aggirare Brea ella si sarebbe dovuta inoltrare per boschi fittissimi e sconosciuti, non prima d’aver oltrepassato le rovine di Colle Vento.
Luogo quest’ultimo che ella si limitò ad osservare dal lato destro del sentiero, mentre avanzava svelta nella notte...esso si ergeva infatti poco distante, immobile, silenzioso, avvolto dal velo della luce lunare…

Amon Sûl le incuteva un sacro terrore, per via delle leggende che da tempi immemori si narravano. Per distogliere i suoi pensieri, l’Elfo prese a dirsi che era stata sempre poco incline a mescolarsi agli Uomini. Essi l’avevano sempre turbata, non in quanto mortali, ma per la loro natura sfuggente, imprevedibile, spesso facilmente corruttibile e poco affidabile.

Questa almeno era l’idea che si era fatta di quella razza, a giudicare dalle osservazioni di Thranduil. Certo, egli aveva sempre dipinto con toni altrettanto negativi anche i Naugrim. Ciononostante Kili era così diverso, rispetto a quello che avrebbe voluto farle credere colui che aveva considerato suo padre...
Ad ogni modo, ella constatò che aveva dovuto cambiare idea dinnanzi ai primi fra gli Uomini che avesse mai incontrato, ovvero gli indifesi ma coraggiosi figli di Bard…egli stesso un esempio di valore e prodezza.

Tauriel rifletteva così mentre, dopo giorni di cammino, si avvicinava finalmente all’immensa Porta di Brea. Notò allora una gran quantità di individui entrare ed uscire da lì, sotto lo sguardo attento del guardiano, il quale le scoccò un’occhiata di traverso.

Il vegliardo fece non poca resistenza, udendo le sue ragioni. Mostrando il volume rilegato di Arwen, Tauriel infatti disse d’essere in viaggio per compilare un trattato in cui avrebbe descritto l’Eriador con i suoi usi e costumi, in Sindarin, beninteso.
L’anziano scorbutico aveva fatto cenno all’arco, alla faretra e ai pugnali appesi alla cintola di lei, ma Tauriel si era limitata a dire che doveva pur difendersi, in quei tempi bui e sinistri. Dopo vari sbuffi e smorfie, il guardiano le aveva concesso il suo lasciapassare, raccomandandole di non soggiornare al Puledro Impennato, ché ultimamente strani eventi avevano avuto luogo in quel posto, evidentemente stregato…

Alle sue domande al riguardo il vecchio era sembrato restio a rispondere, poi però aveva accennato ad un certo signor Sottocolle e a tre altri buffi hobbit. Ebbene, quant’era vero che adesso stavano parlando, quell’esserino era sparito nel nulla, letteralmente divorato dal pavimento…
Tauriel allora intuì subito che colui di cui parlava l’Uomo era lo hobbit che aveva scorto a Lórien, il Portatore dell’Anello, di cui tuttavia non conosceva il nome. Finse però di non comprendere e si mostrò stupita.
L'anziano Uomo aggiunse che erano stati costretti ad issare una nuova Porta, dopo che strani cavalieri l'avevano abbattuta al galoppo, schiacciando così il precedente guardiano...
L'elfo sembrò colpita da un dubbio, poi si riprese e salutò quindi il suo inconsapevole informatore, dirigendosi proprio al luogo che da lui le era stato appositamente sconsigliato.

Il chiasso e la calca che la investirono al suo ingresso nella locanda la scombussolarono un poco e dopo un’accesa discussione con l’oste sulla possibilità d’avere una stanza nell’ala più vicina a quella per gli hobbit o a quella per i nani, Tauriel si arrese.
Fu con sollievo che si rifugiò nella sua camera, serrando l’uscio a doppia mandata, coricandosi e cercando d’ignorare il frastuono sotto di lei…
Per un attimo si chiese se anche Kili avesse soggiornato in quella locanda infernale, durante il suo viaggio verso Erebor…poi si disse che lui non avrebbe trascurato di menzionarlo nei suoi racconti.

Tauriel, sorridendo al buio, si disse che il suo piccolo, sfacciato Kili, ne avrebbe approfittato per aggiungere che magari avrebbe preferito passare la notte lì in ben altra compagnia, invece di dover ascoltare i suoi compagni russare, come ogni notte, all’addiaccio...

Le fossette sulle guance di Kili si sarebbero accentuate, provocandola in quel modo sfrontato ma adorabile che l’aveva colpita e attratta da subito...e Tauriel, come tante altre notti, distesa nell’enorme letto, si sentì sola ed irrequieta.

Rivedeva ora quelle stesse fossette allargarsi sul viso stravolto di Kili, i capelli bruni di lui ondeggianti, la sua bella bocca semischiusa dalla quale fuoriusciva la sua voce roca...sentiva di nuovo il suo odore, così intenso e sconosciuto...mentre lui la fissava con ardore, mentre si amavano…

Parve a Tauriel di gridare nel dormiveglia, sollevandosi di colpo a sedere sul letto, il respiro accelerato, così come il battito del cuore… Ella pensò che la sua cerca era vana, poiché recuperare il Palantír di Annúminas non le avrebbe permesso di riavere Kili tra le sue braccia e lo strazio forse sarebbe solo stato maggiore.

Agitata, ravvivò il lume che era poggiato accanto al giaciglio insieme alle sue cose, dalle quali allungando una mano estrasse il volumetto rilegato di Arwen. Lo aprì quasi con frenesia, scorrendo le pagine senza riuscire a distinguere le splendide, poetiche parole, tant’era confusa e tanto discordanti erano le voci chiassose e allegre che s’udivano dabbasso…

Ad un tratto scostò le coperte e si alzò, con i capelli scarmigliati e la veste smeraldo, la stessa che aveva indosso quella notte all’accampamento di Dale…
Aprì quindi la porta, affacciandosi nel corridoio, con fare prudente. Fu allora che intravide un giovane che correva reggendo un vassoio tra le mani, con al centro una caraffa e alcune coppe. Dimenticando il suo stato, Tauriel si sporse del tutto dall’uscio, piantandosi davanti a quello che le era sembrato un rozzo sguattero…
E che invece si rivelò essere un ragazzo degli Uomini dai tratti gentili e dall’espressione candida e intimidita. Folti capelli neri e mossi gli incorniciavano il viso imberbe, mentre gli occhi, altrettanto neri, rilucevano d’ammirazione e d’imbarazzo al tempo stesso.

Tauriel, improvvisamente conscia di nuovo di sé, incrociò le braccia come a volersi coprire, costringendosi a guardare a terra mentre gli chiedeva meccanicamente di portare un vassoio come quello anche a lei, per poi voltarsi senza attendere risposta e infilarsi di nuovo nella sua stanza, quasi sbattendo la porta.

La somiglianza tra Kili e quel giovane era davvero troppo lieve per destare in lei una tale reazione alla sua vista. Mentre attendeva il suo ritorno, si sedette su una sedia di legno e -convinta di distrarsi da ciò che stava per fare- si provò a calcolare quanti anni potesse mai avere.
Comparando le diverse età tra Eldar e Edain concluse che egli doveva avere su per giù una ventina d’anni tra gli Uomini. Il corrispettivo tra la sua gente era di gran lunga maggiore, ma pur così egli risultava più giovane di lei, come Kili…

Quando bussarono alla porta, Tauriel sussultò e balzò in piedi, ché i suoi sensi elfici l’avevano tradita. Si riprese però subito all’udire una voce quasi infantile chiedere permesso. Gridandogli quindi d’entrare, Tauriel si lasciò cadere di nuovo sulla sedia.

Il garzone avanzò col vassoio e la brocca, con un’aria a metà tra il dispiaciuto e l’incredulo, vedendo ch’ella era sola e che quindi avrebbe bevuto da sola.

“Mia Signora, non avete specificato se preferivate vino oppure birra. Così, data l’eleganza del vostro aspetto, mi sono permesso di portarvi del vino rosso, nonostante ciò che trasportavo giù fosse invece birra scura, per gli avventori…”

Tauriel sollevò le sopracciglia sottili, confusa da quel complimento sulla sua eleganza, ricordandosi solo allora d’aver deciso in un impulso irresistibile -udendo gli altri far baccano sotto di lei- di provare a bere per rilassarsi. In qualunque altro momento della sua vita passata ella si sarebbe data della stolta, ma adesso le sembrava la cosa più ovvia da fare per evitare di cadere preda della follia, almeno per quella notte…

Intanto però, ella si accorse che il giovane attendeva un suo parere, come se volesse sapere se le era stato utile oppure no, quando avrebbe potuto benissimo andarsene e lasciarla lì imbambolata nelle sue riflessioni.
Prima di rispondere, l’Elfo si accorse che il ragazzo era come ipnotizzato dalle sue orecchie a punta e si ritrovò a coprirsene una con una mano, involontariamente, come a volersi aggiustare una ciocca.

“Il vino andrà più che bene. E’ stata un’ottima scelta, davvero. Ti ringrazio per essere tornato così velocemente. Ecco qui il dovuto…e queste sono per te invece.”

Tauriel, versandosi una coppa con una mano, aveva lasciato cadere sul tavolo davanti a lei alcune monete con l’altra, accompagnando il gesto con un sorriso amichevole che il giovane ricambiò.

“Dama di smeraldo…siete così gentile, non ho parole. Di rado mi era capitata una tale munificenza! Ma non posso accettare da parte vostra, non sapendo che viaggiate da sola e che con quella somma potreste comperare un pony e perché no, un buon cavallo, se mi lasciate provvedere.”

Sorseggiava già da un po’ Tauriel, con fare attento, quando all’udire quelle frasi ella si accorse con soddisfazione che il giovane non solo era istruito ed intelligente-probabilmente decaduto da una precedente condizione migliore- ma che forse aveva perfino posto domande all’oste sul suo conto…

“E sia. Non conosco nessuno qui e anche se immagino abbiate spesso a che fare con i miei simili, mi osservano tutti con fare sospettoso…come se avessero a temere da me!”

Tauriel si era soffermata sull’aspetto minuto di lui, dicendosi che doveva essere stato quello stesso senso di irrimediabile “finitezza”, di splendida fragilità mortale che traspariva anche da Kili, ad averla affascinata…

Il ragazzo, da parte sua, l’aveva osservata di sottecchi, mentre l’Elfo si portava nuovamente la coppa alle labbra. Abbassando lo sguardo interdetto, egli finse d’asciugarsi le mani nello straccio bianco che portava intrecciato ai fianchi, poco sotto la giubba marrone e la camicia un tempo candida…
Dovette avvedersi del suo aspetto dimesso, poiché le sue guance s’imporporarono all’improvviso.

“Normale che vi additino, mia signora…non sanno cosa sia la delicatezza e non hanno modi per trattare con nulla e nessuno che non siano i loro ortaggi o le loro bestie. Non badate a quegli ubriaconi!”

Con una punta di divertimento, Tauriel si rese conto che il garzone si era morso la lingua un momento prima di finire di pronunciare la parola ubriaconi, credendo di offenderla…

“Non è un insulto ragazzo, non ti preoccupare. E’ la pura verità semmai…pensare che un tempo io disprezzavo il vino e che lo consideravo una debolezza da Uomini o un’incomprensibile svago per Nani…ho pagato cara la mia superbia.”

Chiamandolo “ragazzo”, Tauriel si era sentita infinitamente vecchia. Inoltre, quelle sue stesse osservazioni espresse così ad alta voce, senza premeditazione, la stupirono. Si portò una mano alla tempia, socchiudendo gli occhi.

“Debolezza è a parer mio cercare di dissimulare la sofferenza. Voi non lo fate, in questo risiede la vostra forza! Ma qualunque sia il motivo della vostra afflizione non disperate, sono certo che svanirà!”

Non aveva potuto vederlo animarsi, ma le parole di lui, così impulsive ed incoraggianti, le fecero riaprire gli occhi per poi posarli sulla sua figura snella, in piedi davanti alla candela che ardeva sul tavolo, tra di loro…

Vuotata d’un fiato un’altra coppa, Tauriel ne prese una e gliela porse, ma lui si scusò ricordandole che doveva tornare ai suoi compiti e che non avrebbe potuto fare su e giù dalle scale intontito e oberato di vassoi, per giunta.

La risata cristallina di lei, la prima dopo molto tempo, ne strappò una anche al giovane, che rimpiangeva d’essere costretto ad andarsene per evitare che il padrone scoprisse che si era attardato eccessivamente in quella stanza…guarda caso occupata da una dama elfica…

“Mi fai delle lusinghe che non merito, credimi. Quanto al tuo ottimismo su ciò che mi affligge…ebbene…qual è il tuo nome? No, non dirmelo…non voglio ricordarlo…poiché già un nome assilla le mie notti…e il suo bel viso sembra riflettersi nel tuo…”

La voce della dama si era andata affievolendo e il garzone si apprestò ad afferrarla, stringendola a sé e sorreggendole il busto, prima che questa si adagiasse improvvisamente sul tavolo. A quel contatto stava per ritrarsi, come spaventato, ma lei si era sorretta a lui, facendosi poi guidare fino al suo giaciglio dove, improvvisamente esausta, si lasciò cadere.

“Riposate adesso, mia signora…quel vino non era troppo forte ma immagino voi non sia abituata a tali eccessi…forse non avrei dovuto servirvelo. O almeno avrei dovuto allungarlo con dell’acqua, prima. Sono stato uno sciocco, perdonatemi…perdonate anche la mia indiscrezione…è che eravate così triste, quassù da sola…così triste e…bella…”

Non c’era malizia nel tono di lui, seduto sul bordo del letto con un’espressione indecifrabile impressa nei lineamenti. Tauriel, i capelli fiammeggianti come i suoi occhi, sparsi tra le lenzuola, gli sorrise con un’aria comprensiva.
Egli allora, quasi tremando, posò con fare protettivo il palmo della sua mano ruvida sul dorso liscio di quella di Tauriel.

Per un attimo ella ripensò a Legolas, che forse in un primo momento si era consolato dal suo amore non corrisposto per lei, giacendo insieme alla mortale Rómenna, tra i boschi…

Ma l’amore di Legolas non era ricambiato, mentre il suo lo era eccome. Pensò allora a cosa avrebbe fatto Kili al posto suo, dopo sessant’anni di solitudine e d’incertezza…poi si chiese se non fosse l’alcool ad avvelenare così le sue idee.
Perché, anche in quello smarrimento, ella era presente a sé stessa e per quanto sensibile e simile a lui fosse, sapeva che quel giovane non era lui…

Tauriel si rimproverò che avrebbe fatto un torto a Kili, a loro due e…perfino a quel ragazzo. Non già perché ella era più anziana di lui o per la loro diversità di razza, ma perché egli aveva il diritto di conoscere ciò che aveva conosciuto anche lei, senza gettarsi con un’estranea pallida e smunta, che avrebbe cercato nelle sue carezze quelle di un altro, per poi pentirsene amaramente.

“Sei stato oltremodo premuroso con me. Seguirò il tuo consiglio e cercherò di fare di questa mia fragilità la mia forza. Adesso torna alle tue mansioni o avrai dei guai…io dormirò…finalmente…e se la mia natura mi assiste domani sarò in piedi senza alcun genere di fastidio…e grazie, davvero…”

Egli, come deluso ma rasserenato al tempo stesso, si chinò velocemente su di lei...e Tauriel temette che stesse per baciarla, pronta a respingerlo nonostante la fiacchezza che sentiva nelle membra…

Ma lui si limitò a deporre un bacio galante sulla sua mano, rialzandosi subito e augurandole un buon riposo, per poi  riprendere il vassoio e dirigersi alla porta dalla quale Tauriel lo vide uscire, con un sorriso riconoscente.
 
 
 
 
Quando l’indomani Tauriel aveva trovato una bianca puledra ad attenderla nelle stalle, con gli omaggi dell’oste, si disse che quel bravo giovane doveva aver effettivamente usato le monete ch’ella gli aveva allungato sul tavolo per comprare quello splendido animale.
Montando in sella, dopo aver sistemato le sue vettovaglie, si voltò verso la locanda, scoprendo che due paia d’occhi scuri e spalancati per l’apprensione la fissavano da dietro una finestra. Allora fece un cenno di saluto, portandosi la mano al petto e allargando il braccio verso di lui, nel tipico gesto di congedo presso gli Elfi.
 
La strada per le Rovine del Nord, come tutti chiamavano quelle lande verso cui era diretta, attraversava un boschetto di nome Chetwood, un tempo rigoglioso e verde, adesso reso grigio e spoglio dall’inverno.
Dopo aver proseguito tutto il giorno, quando ormai poco mancava alla sua destinazione, Tauriel si era fermata sotto un albero di noce dalle ampie fronde, accoccolandosi tra le sue radici semiscoperte.
Appena però la luce diurna iniziò a smorzarsi percepì qualcosa che s’avvicinava, in modo lieve ma netto…
D’istinto, afferrò le sue cose e s’arrampicò sull’albero, rimanendo come incastrata tra i rami e costringendosi quasi a non respirare. L’aria intanto s’era fatta viziata, come se ella non si trovasse all’aperto, in cima ad un albero in piena sera.
I rumori del sottobosco sembravano come ovattati e una strana vibrazione scuoteva la corteggia sotto di lei. E ciò che vide quando si sporse dall’alto la lasciò impietrita…

Uno scuro cavaliere ammantato di nero, in groppa ad un cavallo ancora più nero, s’avvicinava con una lentezza sovrannaturale...
Ma la cosa che sconvolse maggiormente Tauriel fu che il cavaliere non aveva un volto, ché il suo cappuccio circondava il nulla!

Da quel nulla, sommessamente, sembravano provenire strani suoni incomprensibili...con terrore crescente dell’Elfo, lo sconosciuto frenò la sua cavalcatura, appena notò il cavallo di Tauriel legato poco oltre, impazzito e imbizzarrito a quella vista, con le nari dilatate e gli zoccoli scalpitanti…
Lo straniero smontò agilmente dal suo macabro destriero, dirigendosi, senza neppure sfiorare il terreno-o così almeno parve a Tauriel-nella sua direzione. Prese allora come ad annusare gli arbusti, evidentemente conscio della sua presenza...

L’impulsività era sempre stata una grande risorsa per Tauriel…ma in quel momento ella si maledisse, realizzando un minuto prima cosa fosse l’essere sul quale si stava gettando dall’alto, udendo l’acuto strido innaturale che quegli emise…

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Capitolo 32
*** Duello e ricompensa ***


Piombando giù coi pugnali puntati verso il basso, Tauriel gridò a sua volta, cercando di sovrastare quel verso atroce. Atterrando sopra quella scura sagoma, questa in un attimo venne a mancare, divenendo inconsistente sotto di lei, come fumo. In caduta libera, Tauriel si ritrovò avvolta dall’orrido mantello che le oscurò la vista, per poi farla rovinare al suolo.
Rialzatasi di scatto, Tauriel scostò con violenza il mantello via da sé, riafferrando i pugnali da terra e lanciando sguardi ansiosi tutt’attorno, mettendosi sulla difensiva.
Subito si levò un altro strido, stavolta ancora più vicino… ed ella, voltatasi prontamente indietreggiò, evitando la punta d’una lunga e pallida lama, sbucata da dietro il tronco d’un albero...
Riavutasi quindi dallo spavento iniziale, Tauriel non attese un secondo attacco e si slanciò ella stessa verso quello che sembrava un altro cavaliere nero…o forse lo stesso, la sua mente confusa sembrava non assisterla più…

“Gli Úlairi! Com’è possibile? Dovrebbero inseguire ancora la Compagnia! Perché tornare qui, anche solo in due? Come posso sperare d’avere la meglio?!”

L’elfo si fece strada con la lama destra verso il petto del suo nemico, schivando un suo pesante colpo con la sinistra…tentò quindi di incastrare la lama del Nazgûl tra le sue lame incrociate, per poi rinunciarvi e sfruttare quella posizione per spingersi in avanti e costringere l’avversario ad indietreggiare, liberando così i pugnali. Il nero cavaliere allora ritentò con un altro affondo sulla destra, ma Tauriel si scansò per poi abbassarsi svelta, cercando di cogliere di sorpresa il suo nemico, fin troppo pronto a pararsi…

Intanto le tenebre scendevano sempre più fitte e nonostante la sua vista elfica, Tauriel aveva difficoltà a distinguere i contorni ingannevoli del Nazgûl. In quella, l’avversario assestò un colpo vigoroso alle mani di Tauriel con l’elsa del suo spadone, facendole volare via i pugnali, per poi costringerla contro una roccia…
A terra, disarmata e circondata da un buio che sembrava solido e impenetrabile, col suo nemico lì da qualche parte pronto a finirla, ella invocò coloro che amava gridando forte, rassegnata…

“Kili! Legolas! Perdonatemi...ho fallito! ”

In quel momento parve che il sole avesse deciso di tornare indietro sui suoi passi, sprigionando tutta la sua luminosità nel bel mezzo di quelle tenebre, rilucendo, sferico e infuocato, sopra di lei. Tauriel allora avvertì una grande spossatezza, come fosse stata tramortita da quella luce improvvisa…e senza neppure rendersene conto, cadde giù, come morta.



Un lieve sciabordio perforò il silenzio che avvolgeva Tauriel ed ella si disse che doveva trovarsi vicino a dell’acqua, inspiegabilmente…

“Non riaprire gli occhi, non ancora…devi dar loro il tempo di riabituarsi.”

Una voce profonda ma delicata le sussurrava gentilmente, mentre due mani calde si posavano sul suo viso di tanto in tanto. Tauriel, sdraiata ventre a terra, non seppe resistere oltre e non volle ascoltare quella raccomandazione. Sbatté quindi le palpebre più volte, come stordita, fin quando non ebbe davanti a sé l’immagine di una grande città grigia e diroccata che sembrava avere le sue fondamenta nel cielo…

Si alzò di colpo, solo per scoprire che quell’immagine era un riflesso al contrario nello specchio perfetto di un lago. Indovinò essere quello il Nenuial, il Vesproscuro…

“Benvenuta nella mia città. Benvenuta nella perduta Annúminas.”

Tauriel esitò prima di girarsi, colta da un’intuizione subitanea ma per lei impossibile da credere. Due fiamme verdi ardevano davanti a lei, incastonate in un viso dai tratti armoniosi, accarezzati da onde corvine e fluenti. Bianca ed immobile, quella fanciulla era in piedi davanti a lei, maestosa…

“Ti ha mandato lui, non è vero? Sei qui per conto di Legolas.”

La domanda di Rómenna non sorprese Tauriel quanto l’aspetto di lei. Provò a trovare una spiegazione ma tutto ciò che riusciva ad ipotizzare era privo di logica. Senza rispondere, si chiese se non fosse stata lei a salvarla, ma quella riprese…

“Non ho ancora avuto il piacere di conoscere il nome della mia debitrice, cosa alquanto sconveniente, qualora dovessi voler riscuotere la mia ricompensa in futuro.”

Il sorriso amichevole di Rómenna e il suo modo d’ironizzare non rassicurarono Tauriel…ella però riacquistò padronanza di sé, fissando l’azzurro dei suoi occhi in quelli irresistibili di Rómenna, cercando invano di penetrarvi…

“Ti ringrazio immensamente per il tuo intervento… non sarei sopravvissuta…-”

Tauriel sapeva ch’era stata opera del Palantír e quel pensiero s’insinuava tra le sue parole e i suoi gesti… cosa questa che sembrava non sfuggire a Rómenna, la quale l’ascoltava attenta, socchiudendo le palpebre a tratti.

“Il mio nome è Tauriel e ti confermo che è su richiesta di Legolas che ho intrapreso questo viaggio, per raggiungerti e portarti sue notizie, oltre che il suo affettuoso saluto per te…”

Le due si fronteggiavano con rispetto misto a diffidenza, ma terminando quella frase Tauriel notò un baluginio alimentare quel fuoco negli occhi di Rómenna, seppur per un solo istante. La fanciulla strinse le mani una nell’altra all’altezza della vita del suo vestito, che a Tauriel parve a lutto.

“Non osavo sperare che si ricordasse ancora di me. Immagino ti abbia detto il mio nome e narrato tutto sul nostro incontro…e immagino ti abbia anche accennato ch’ero poco più d’una bambina. Perciò ti starai senz’altro chiedendo come mai io sia ancora così…”

Rómenna si era indicata da capo a piedi, indirizzandole un’occhiata insinuante, come cercando di capire fino a che punto ella sospettasse. L’inquietudine data da quel dettaglio, Tauriel l’aveva voluta tenere a freno, così come l’impulso di fare riferimento al Palantír in suo possesso. Ma adesso il dubbio e il disagio in lei crebbero a dismisura, poiché come Legolas stesso le aveva detto, Rómenna non sembrava appartenere a nessuna razza conosciuta.

“Non sono nella posizione di giudicare nessuno per la sua razza, né tantomeno vorrei esserlo. Qualsiasi sia il segreto del tuo aspetto è solo e soltanto tuo. Io non posso che rallegrarmi perché colei che il mio mellon cercava è qui davanti a me, viva.”

Una flebile risata era risalita alle labbra color porpora della fanciulla e Tauriel si chiese cosa ne fosse stato di quella creatura che Legolas descriveva come sperduta e tenera…

“Sono felice d’apprendere questo. Ma c’è qualcos’altro che mi preme sapere…dove si trova Legolas? Perché non è venuto lui stesso?”

Parve a Tauriel che la preoccupazione per Legolas nel tono di Rómenna fosse contrastata da un’altra fonte di preoccupazione, che ella però non era in grado di definire.

“Egli si trova al Sud adesso, in buona salute. Malauguratamente, impegni urgenti gli hanno impedito d’accompagnarmi.”

La fanciulla del Nord si morse un labbro per un breve attimo, come se qualcosa l’avesse contrariata e Tauriel credette di scorgere il disappunto di un’innamorata trascurata…

“Che genere d'impegni...?”-Il tono neutro di Rómenna non bastò a vincere la segretezza di Tauriel, la quale scosse brevemente il capo. “Non me ne ha voluto rendere partecipe.”

L’aria di sconfitta nel volto marmoreo dinnanzi a lei colpì Tauriel. Ella stava per replicare di non preoccuparsi per Legolas, quando l’altra le fece un cenno con la mano.

“Avremo modo di scaldarci e di parlare d’ogni cosa. Adesso vieni, qui non è sicuro.”

Quell’invito confortò e allarmò Tauriel…ed ella in quel momento s’avvide che il cavallo brucava poco prima della riva, mentre tutte le sue provviste erano ammonticchiate lì vicino…insieme alle armi. Si disse quindi che non era spaventata, perciò accettò…

Lo strascico nero di Rómenna conduceva Tauriel attraverso gli ampi cancelli -una volta dorati- dell’antica capitale Númenoreana. Essi erano sormontati da statue su entrambi i lati, con gli avamposti di guardia deserti, le merlature sbrecciate e le fenditure per gli arcieri buie, come tanti occhi che le spiavano…
Un lieve vento curioso sollevava spessi strati di polvere e neve, tra le colonne e le macerie disseminate qua e là, in mezzo a edifici che dovevano essere stati un tempo imponenti. Ciò che però colpiva la vista era un’alta torre, la Torre dell’Ovest dalla quale la città prendeva il nome. Essa si ergeva ancora avvolta da verdi muschi e rampicanti, abbarbicati a quelle ch’erano state finestre e grate.
Al primo dei sette livelli che contornavano la città, un grande portone semi divelto immetteva alla torre e Tauriel esitò leggermente, prima di seguire Rómenna al suo interno…allungò quindi una mano verso i pugnali, ricordandosi d’averli involontariamente lasciati insieme alle sue cose, al lago.

“Strano ch’io non li abbia portati con me! D’altronde, per quel che vale…se ella davvero possiede arti magiche come suggeriva Legolas, qualsiasi arma mi sarebbe stata del tutto inutile. Ma non posso tirarmi indietro, devo proseguire.”

Aveva appena terminato di rassicurarsi così, quando si ritrovò ai piedi di una stretta scala che ruotando s’inerpicava per quasi tutta l’altezza della torre. La sua ospite doveva essere già a buon punto nella scalata, poiché di lei non v’era traccia e più Tauriel andava salendo, svoltando e aspettandosi di vederla ad ogni curva, più la sua apprensione aumentava…ché le feritoie esterne della parete diminuivano sensibilmente…

“E’una scala, non posso perdermi…prima o poi finirà. Non devo innervosirmi”.

Parve a Tauriel che la gradinata si andasse come restringendo, mentre la luce lottava per penetrare dall’esterno, indebolita e metallica. Un affanno allora s’impadronì dell’elfo che rallentò la vorticosa ascesa, percependo la vertigine dell’altezza, insieme ad un altro genere di vertigine…
Costretta quindi a fermarsi, si adagiò lentamente al muro, poggiando la fronte contro le pietre gelide e viscide, chiamando a gran voce Rómenna…
Un rumore di passi pesanti sembrò allora echeggiare fino a lei dal senso opposto della scala…ed ella seppe d’esser caduta in trappola e rinunciò a tentare una discesa in corsa, che a nulla ormai sarebbe valsa. Ma dalla curva dei gradini apparve una figura che a tutta prima Tauriel stentò a decifrare, incerta in quella luce irreale…


Gli occhi autunnali di Kili la fissavano dall’alto. Un sorriso incredulo e gioioso gli animava il viso e le ciocche castane gli ricadevano morbide sulle larghe spalle, sulle quali l’armatura aveva lasciato il posto alla sua tunica blu, strappata in alcuni punti. Sotto lo sguardo sconvolto di Tauriel, Kili scorreva una mano sulla parete come per sorreggersi, continuando a scendere verso di lei, raggiante…
E Tauriel in quel momento credette d’aver perso il senno.
Invece del nome di lui, un singulto le sfuggì dalle labbra…mentre l’azzurro dei suoi occhi si dilatava, le gambe le vennero meno, impedendole d’andargli incontro e facendola cadere in ginocchio di fronte a Kili, un attimo prima che egli fosse abbastanza vicino per racchiuderla tra le sue forti braccia.
Ella dovette costringersi a non gridare, mentre sollevava le sue braccia tremanti, avvolgendole sulla schiena di Kili, ampia e tremendamente reale…reale come la sua stretta, alla quale Tauriel si avvinghiava, disperata, arrivando quasi ad artigliarlo, scuotendo la testa con fare negativo…

Dopo un tempo che parve infinito, si liberarono delicatamente da quell’abbraccio. Si ritrovarono allora coi visi alla stessa altezza, vicinissimi, coi fiati concitati, gli occhi supplici e umidi che esploravano ogni lineamento dell’altro, come per accertarsi che fossero esattamente gli stessi…
Le tozze dita di Kili si sollevarono fino alla guancia di Tauriel, scostando con cura un ciuffo rosso, mentre anch’ella allungava la sua mano verso di lui, poggiando i suoi polpastrelli prima sulla barba incolta, poi sulle labbra tiepide di Kili…
Egli, impaziente, l’attirò violentemente a sé per i fianchi, cercando subito la sua bocca con foga, mentre Tauriel gli afferrava il collo, poi i capelli scuri, spingendo la testa di lui contro la propria, lasciando che la lingua di Kili s’impadronisse della sua, serrando gli occhi e inalando forte l’aria…
Tauriel, ancora in ginocchio, si era staccata improvvisamente da Kili quando un singhiozzo le era scoppiato in gola...aveva quindi sprofondato la testa sul petto di lui, stringendolo a sé con veemenza.

“Dimmi che è vero…che tu sei vero! Dimmi che sei qui amore mio… che tutto questo sta accadendo…che sei tornato e che stavolta rimarrai!”

Mentre un fascio affilato li raggiungeva da una delle feritoie, la mano di Kili si era posata cauta e tenera sul suo capo, prendendo a carezzarle i capelli per poi deporvi un bacio e un lieve sospiro. Le fece quindi sollevare il viso fino a poterla guardare negli occhi e Tauriel s’avvide che quelli grigi di lui erano si privi di lacrime, ma innamorati...

“Mia unica luce…mentirei lasciandoti credere questo…e non è ciò che voglio. Non sono io ad essere tornato da te…sei tu ad essere giunta da me.”

L’espressione perplessa di Tauriel sembrò scoraggiare Kili, il quale appiattì le labbra per poi rilasciarle e fare una di quelle piccole smorfie di cui lei aveva a lungo avvertito la nostalgia…

“Tauriel, non conosco il motivo per cui ti trovi qui, ma qualunque esso sia ne sono felice…tu forse non lo sei?”

Lei lo fissava, smarrita e confusa, continuando a scorrere le sue dita tra le ciocche di lui, sforzandosi di contenere le mille domande che la pressavano.

“Sono morta allora…il Nazgûl ha avuto la meglio su di me! Ma anche se così fosse…non può essere questo il luogo a cui dovrei essere legata e costretta dopo la mia morte…non insieme ai Naugrim, non insieme a te!”

Kili parve ferito da quelle frasi e chiudendo gli occhi abbassò il mento quasi fin sul petto, corrugando la fronte e lasciando fuoriuscire la sua voce, improvvisamente tramutata, quasi in un sibilo…

“Che intendi dire? Ti ripugna l’idea di stare in mezzo a loro?-”-"…non è questo, dovresti saperlo bene!”

L’elfo aveva scosso negativamente la testa più volte e Kili, come preda di una fretta e di un’urgenza inspiegabili, aveva insistito.

“Avendo incontrato di nuovo Legolas è comprensibile…egli t’avrà fatto ricredere su di me…facendoti tornare indietro a quando guardavi a noi Nani con diffidenza…”

Lo sdegno sincero di Tauriel lo investì improvvisamente ed ella, come a volersi ribellare a quell'idea, si scostò leggermente da lui.

“Non puoi pensarlo davvero. Mi conosci! Devi pur sapere che non ho mai nutrito tali sentimenti per la tua gente…devi pur ricordare i miei sentimenti per te!”

Kili le aveva scoccato uno dei suoi sorrisi compiaciuti, ma la sua mascella scura era rimasta contratta e Tauriel ebbe paura di ciò che lui avrebbe replicato…

“E i tuoi sentimenti per Legolas?”-“Pura amicizia! Ne sei sempre stato pienamente cosciente, non negare! Perché tirare fuori adesso la tua vecchia, insensata gelosia?”

Lui, come combattuto internamente, le si era avvicinato di nuovo, con fare accorto, attirandola a sé per le spalle e abbassando la fronte quasi fino a sfiorare quella di lei.

“Perdonami...é che il pensiero di voi due soli a Lórien era intollerabile…ammetto d’averlo quasi odiato e…“-“Kili! Non ne hai nessuna ragione e lo sai…tanto più che, anche se io fossi rimasta in vita, non avresti avuto da temere, poiché egli aveva già lasciato Lórien per mai più farvi ritorno…”

La risata nervosa di lei aveva sortito uno strano effetto su Kili, il quale parve aumentare la stretta sulle sue spalle, inavvertitamente.  

“…per dirigersi dove?”- “Che importanza può mai avere ? Piuttosto...davvero non sai come tutto ciò sia possibile?”

L’aspetto deluso di Kili colpì alquanto Tauriel, la quale lo fissò, interrogativa, ascoltando il seguito...

“Io potrei rispondere nella tua stessa maniera e chiederti: conta forse qualcosa? Non sei grata di poter trascorrere l’eternità con me?”

Il tremore di Tauriel non sfuggì a Kili, il quale fece scendere le sue larghe mani dalle spalle fino agli avambracci di lei, assumendo un’aria ch’ella non gli aveva mai visto e che le infuse un’improvvisa angoscia…

“Grata…e a chi? Ci deve essere qualcosa…qualcosa di sbagliato in tutto questo…sento che ciò è male…”-“Male! Un bene infinto ci piomba addosso e tu lo definisci male! Tauriel, cosa credi dunque che sia il Male?”

L’enfasi improvvisa nelle parole di Kili e lo strano barlume nel fondo dei suoi occhi plumbei fecero realizzare a Tauriel, sebbene contro la sua stessa volontà, d’essere ormai terrorizzata. Si alzò quasi di scatto dal gradino sul quale era ancora adagiata, scostando piano le braccia di Kili che avevano tentato d’aiutarla. Egli la guatò dal basso, con circospezione…

“Kili, mi fai paura così…dovresti sapere che il male ha un nome ben definito…“-“Niente di più sbagliato! Il male siamo noi! Ciò che facciamo, ciò che non facciamo…”

I tratti adorabili di Kili si animavano sempre più, la sua voce bassa e profonda raggiungeva Tauriel lasciandola priva di forze, senza poter ribattere a quel duello verbale….

“Se ti dicessi che puoi restare qui con me…ad una sola ed unica condizione…?”

Un sospetto senza nome invase la coscienza di Tauriel che, la bocca dischiusa insieme agli occhi, non osava parlare, osservando l’espressione insinuante di Kili…

“Insieme ai suoi compagni, il tuo amico Legolas custodisce una cosa di gran pregio…un oggetto che potrebbe cambiare le sorti di Arda e forse provocarne anzitempo la fine. Ora: perché tu dovresti voler contribuire ad impedirla? Con essa infatti s’avvicinerebbe il momento in cui potremmo tornare tra i vivi…e io te potremmo avere ben più di questo mondo chiuso e soffocante!”

L’orrore si diffuse sul volto chiaro di Tauriel, la quale iniziò ad indietreggiare, scendendo involontariamente i gradini verso il basso, mentre Kili prendeva anche lui a scendere, una nota melliflua e condiscendente nei suoi modi…

“Tauriel, non essere sciocca… dimmi dove sono diretti Legolas e i suoi compagni, fallo per noi…per me!”-“Tu non puoi essere colui che amo! Kili, il mio buon Kili…non condannerebbe mai il resto del mondo solo per salvare noi due! Non sarebbe mai capace d’un tale egoismo!”

L’afflizione nelle fattezze di Kili era evidente ed egli lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, stringendo i pugni e digrignando i denti…

“Perché giudichi la mia disperazione? Lo sei stata anche tu eppure non comprendi…io ti amo disperatamente da sessant’anni…qui in questo limbo! Ed ora che c’è un’occasione per liberarci entrambi tu la rifiuti! Forse non mi ami più…o non mi ami abbastanza…”

La rabbia di Kili aveva spaventato maggiormente Tauriel e il suo incedere all’indietro si era arrestato di colpo, mentre ella si accasciava, come sfinita...

“No, Kili...non puoi torturarmi così…io ti amo!”

In quel momento un guizzo negli occhi sorridenti di Kili parve tramutarli e accenderli di un verde intensissimo…
 

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Capitolo 33
*** Il ricatto ***


La trasformazione inaspettata nello sguardo di Kili fu breve, ma a Tauriel non sfuggì ed ella iniziò a tremare senza più alcun controllo. Intanto però anche Kili prese ad agitarsi, voltandole le spalle, respirando affannosamente e scuotendosi, come a volersi strappare qualcosa di dosso…

L’elfo rimase pietrificata al suolo appena Kili si girò nuovamente verso di lei, poiché adesso vi era un’espressione dolente nel suo viso, mentre il vero colore veniva finalmente restituito ai suoi occhi, che ora apparivano dispiaciuti…

Ma Tauriel, sgomenta, allungò un braccio nell’aria, come a volersi proteggere da lui, cercando di calmare il suo respiro e di mettere ordine nei propri pensieri…

“Tauriel! Non darle ascolto…non lasciarti usare così! Il nostro tempo verrà, ma non adesso, non in questo modo orrendo!”

In quella s’udì un grido altissimo e furioso, unito ad un tonfo, sopra le loro teste. Tauriel allora fulminò Kili.

“Stammi lontano! Non sei lui…sei un servo del Nemico…uno spettro, una larva generata da quella strega per trarmi in inganno! Non avvicinarti oltre!”

Kili, sconfortato, allungò anche lui un braccio verso di lei, sorridendole con fare colpevole, mentre quelle che sembravano lacrime cominciavano a cadere sulle sue guance, senza che lui tentasse minimamente di trattenerle…

“Sono io…! Ma neppure la metà delle cose che ti ho detto prima era frutto del mio cuore…! Lei soffocava ogni mio slancio verso di te…ho potuto a malapena baciarti e stringerti…che subito ho perso cognizione e volontà, costretto a ricattarti a quella maniera…solo a tratti riuscivo a riemergere, ma poi ero di nuovo soggiogato…”-“Come posso crederti?! Perfino il tuo pianto potrebbe essere un’arma per indurmi a confessare ciò che so…”

Visibilmente urtato, Kili lasciò andare il braccio, emettendo un pesante sospiro. Si fissarono quindi combattuti...e tutti e due rividero ogni momento trascorso insieme, ogni emozione provata accanto all’altro, dicendosi che nonostante gli incantesimi, nonostante vi fossero occhi ovunque, qualcosa che fosse soltanto loro doveva pur esserci…

“Sappiamo entrambi che l'unico modo che ho per dimostrarti d’essere me stesso è intimarti di fuggire via da qui. Anche se questo significa perderti di nuovo, dopo averti riavuta solo per qualche istante…e io che ho ceduto pur di starti vicino…non sapendo quale ne fosse il motivo, non sapendo nulla se non che eri di fronte a me, viva… ma quando ti ho udita gridare il tuo amore per me mi sono ribellato…e ora che lei non mi ha più sotto il suo dominio...ora che le non servo più a nulla…”

Allora Tauriel lasciò cadere anche lei il braccio, rinunciando a difendersi. Kili a quel punto si morse un labbro chinando mestamente il capo, mentre un ciuffo scuro gli scendeva dalla fronte, adagiandosi sul viso e aderendo ad un rivolo salato…
“Sento già d’assottigliarmi…e presto mi distruggerà…”-

Kili non fece in tempo a terminare la frase che fu investito dal corpo tremante di Tauriel, la quale ora gli stringeva la testa contro il suo ventre, mentre Kili, sollevato, si aggrappava alla vita sottile di lei, conficcando ancora di più la fronte nel grembo di Tauriel…

“Sono stata cieca, perdonami! Quel giorno a Collecorvo m’hai salvata…e adesso l’hai fatto di nuovo…hai salvato il mio spirito! E hai salvato Arda stessa!”

Tauriel si abbassò su di lui, raccogliendo tra le sue mani il viso felice di Kili, per poi ricoprirlo di baci ardenti, sulle guance, sul mento, sul collo… mentre lui l’avvolgeva a sé, artigliando la massa fulva di lei con una mano, sfiorandole il petto con l’altra, pregando di non dover svanire, di non dover rimpiangere quegli attimi… finché non si ritrovarono coi visi adagiati uno sull’altro, le loro bocche fuse in un bacio che cancellava ogni cosa…

Ma il grido di prima si levò ancora, stavolta con una nota agonizzante, insieme ad un altro tonfo pesante. Ed in quel momento Tauriel avvertì che Kili perdeva solidità sotto le sue dita…

“No! Non le permetterò di farci anche questo…non ti strapperà via da me, non dopo averti gettato tra le mie braccia…!”

Tauriel aveva sussurrato sconvolta all’orecchio di Kili, ancora stretto a lei. Lui però ormai iniziava come ad accartocciarsi su sé stesso, senza scampo, allentando la presa su di lei…

“Sono fiero di te…nonostante fossi io a chiedertelo…nonostante la condizione che ti veniva offerta fosse tutto ciò che desideravi…tu l’hai respinta! Ti ammiro e ti amo ancora di più per questo…ricordalo sempre, mia rossa fiamma…mia preziosa Tauriel! Non finisce così tra di noi…ricorda anche questo…!”

Quella che all’elfo parve una pioggia improvvisa e nera le scoppiò addosso ed ella si coprì il volto d’istinto. Il corpo di Kili infatti si era come disgregato, lasciando ricadere tra le mani di Tauriel, che un attimo prima lo stringevano, solo polvere nera…

“No! No, non di nuovo!” Tauriel si era portata le braccia al petto, cospargendo involontariamente il suo grigio mantello di quella strana sostanza…

“Maledetta…che tu sia maledetta da tutti i Valar!”

Senza nemmeno rendersi conto di ciò che stava gridando a squarciagola, Tauriel scattò in una corsa furibonda su per le scale, ansimando e saltando i gradini a grandi falcate. Finché non giunse ad una porta apparentemente chiusa, solo per spingere la pesante maniglia e scoprire ch’essa era invece aperta…

L’ampio stanzone che le si parò davanti la colpì per il disordine caotico che vi regnava, immerso com’era tra libri e pergamene sparse ovunque, pesanti tendaggi, arazzi e stemmi accatastati negli angoli…
Ciò che però sconvolse Tauriel furono alcune forme scure ch’ella, avanzando con cautela, dapprima scambiò per statue. Fermandosi però davanti ad una di esse, ormai in pezzi, ne indovinò la vera natura…
Raggiunto allora il fondo di quella buia camera, Tauriel notò un grande tavolo di legno scuro, sul quale vi erano accumulati strani strumenti, tracce di quella nera sostanza…e al centro, perfetto nella sua rotondità ed altrettanto nero, il Palantír.
Un lamento s’alzò dal pavimento…e lì immersa tra i flutti dei suoi stessi capelli, giaceva Rómenna, il volto girato a metà verso di lei, un sorriso esausto stampato in viso…

“Perfida! Quanti altri hai evocato con quegli orrendi simulacri?! Chi sei? O cosa sei?! Alzati, prima ch’io ti colpisca mentre sei ancora a terra, vigliacca!”

Rómenna, avendo indovinato il senso dell’onore che impediva a Tauriel di scagliarsi contro un’avversaria indifesa, rimaneva invece a terra, fissandola…

“Concedimi almeno il tempo di riprendermi…credi forse che sia facile infondere vita ad un corpo che non è più, ridargli le sue vestigia, animarlo…lottare contro il suo spirito fiero…?”-“Il suo spirito è fiero, nulla di più vero! Come ti sia riuscito di giungere fino a lui e di pervertire la sua voce e i suoi intenti per manovrarlo…è puro abominio!”

Tauriel stringeva i pugni, fremente, gli occhi puntati verso il basso, su Rómenna riversa ai suoi piedi, la quale invece sogghignava, con fare offeso…

“Chi credi possa mai avermi svelato la tua debolezza? Dopo ch’egli aveva già giaciuto con me, rinfacciai al tuo mellon d’avere il cuore già preso…e Legolas allora mi parlò di te e di quel discendente di Durin…del legame folle che vi univa e che l’aveva privato di te…dopo averti adorata per lunghi secoli, inutilmente… Legolas mi descrisse il suo aspetto, paragonandolo al proprio, denigrandolo…”

Rómenna si puntellò sui palmi della mani, rialzandosi solo a metà, cauta, osservando lo sdegno di Tauriel aumentare…
“Che c’è? Non t’aspettavi che il tuo mellon fosse così orgoglioso da non confessarti una cosa del genere? Del resto forse era tutto già segnato…egli doveva incontrarmi…doveva fidarsi di me…”-“allora hai traviato anche lui!”-“No! Ero all’oscuro di tutto… io amavo Legolas!”

Quelle parole accorate erano quasi sfuggite a Rómenna, la quale parve come pentirsene, cercando di tapparsi la bocca davanti all’aria trionfante di Tauriel…

“Ebbene, non l’avrai mai! Legolas potrà forse amarti, ma è per me che rischierebbe qualsiasi cosa…e sarà sempre così! E qualsiasi sia la ragione che ti muove, non riuscirai nel tuo crudele scopo!”

Tauriel non si soffermò sull’espressione ferita di Rómenna e si chinò svelta, afferrandola per le spalle e costringendola bruscamente ad alzarsi, per poi scagliarla contro una parete, dalla quale cadde una mappa logora…
Rómenna, trattenendosi in piedi, si portò una mano all’angolo della bocca grondante sangue, per poi assumere uno strano ghigno…

“Quando sono scesa da lui, dal tuo Kili…l’ho trovato così abbattuto e privo d’ogni vitalità…ma del resto immagino sia così, essere morti…

L’elfo le si scagliò di nuovo addosso, lottando brevemente con lei per poi abbassarsi,  afferrandole il lungo strascico e costringendola in ginocchio davanti a sé, sovrastandola…

“Sei alleata col Nemico non è vero?! E’ stato grazie al Palantír che hai potuto offrirti a lui…hai rubato la Pietra Veggente da questa città e da allora sei rimasta tal quale…ed é con essa che hai sconfitto gli Úlairi e che hai sottratto l’essenza di Kili dal suo riposo…”-“Qui sei del tutto in errore, dama degli Eldar! Esso mi appartiene per diritto di nascita! Così come questa città…così come tutti i regni degli Uomini! T’ho salvata è vero, ma non sconfiggendo il Nazgûl, bensì ordinandogli di risparmiarti, ché mi servivi!”

Sbigottita, col palmo della mano ancora levato su Rómenna, Tauriel ascoltava quella confessione senza osare respirare…
“Ero nascosta tra i rami, spiando il tuo duello…e appena ti ho sentito pronunciare il nome di Legolas ho compreso di poter ottenere qualcosa da te…qualcosa che mio padre, il mio signore, desidera sapere…e benché i miei poteri siano grandi, solo grazie a lui ho potuto richiamare il tuo amato, per indurti a svelarmi i piani della Compagnia! Ma quel Kili è stato inutile tanto da morto quanto da vivo!”

Lo schiaffo di Tauriel fece ruotare violentemente il capo a Rómenna, la quale parve restare indifferente a quel colpo, nonostante le avesse aperto ancora di più la ferita alla bocca…

“Chi è dunque tuo padre!? Quantomeno lo Stregone di Angmar in persona, immagino! Parla, sconsiderata! E’ l’Unico Anello che vuole?! Lo vuoi anche tu, vero?!”

Gli occhi terribili di Rómenna saettarono tra i fili corvini che le pendevano davanti al viso, mentre un vento improvviso scuoteva le imposte marcite…

“Ti sbagli anche in questo! Egli è Colui che presto incatenerà tutti voi nell’oscurità…”-“Menzogne! Egli non ha forma…come potrebbe generare?!”

La voce angosciata di Tauriel era in contrasto con quella dolce della fanciulla in nero, la quale proseguì come se stesse spiegando qualcosa d’incomprensibile e ineluttabile…

“Eppure, in un tempo remoto egli ebbe forma e fu splendido e nobile fra gli Uomini. E il suo nome fu Annatar, il Signore dei Doni, non ancora l’Oscuro Signore.”

La fanciulla s’interruppe rialzandosi di colpo, mentre nello stesso istante i vetri delle finestre si spalancavano e un gelido vento invadeva la sala, risparmiando Rómenna e scagliandosi solo contro Tauriel, la quale si copriva invano, frustata da quei soffi furiosi, spinta infine a terra…

“Non eri curiosa un attimo fa…? Perché adesso sembri così poco interessata al mio racconto?” Rómenna prese a girarle attorno, vittoriosa. “Ebbene, se proprio insisti…devi dunque sapere che alla fine della Seconda Era, quando Melkor era già stato sconfitto dai Valar, il suo luogotenente, Sauron, fu sfidato dal Re di Númenor, che contava su innumerevoli armate al suo seguito. Quando i suoi neri eserciti lo abbandonarono per tema della sconfitta, Egli assunse sembianze tali da conquistare il favore del Re di Númenor, il quale decise di non imprigionarlo sulla Terra di Mezzo, bensì di condurlo con sé come ostaggio….e stolti furono i Dúnedain a portarlo a Númenor! Ma tant’è che a questo fatale errore debbo la mia esistenza…”

“La tua sciagurata esistenza!”

Una sferzata subitanea colpì Tauriel, zittendola e schiacciandola viepiù al suolo, mentre la risata beffarda di Rómenna riprendeva, cristallina ma distorta al tempo stesso…
 
“Altrettanto deve aver pensato in proposito la mia povera, ingenua madre…la giovane Regina Míriel, il Gioiello di Númenor, più splendente dei suoi sette Palantír. Ben prima della mia nascita ella fu spodestata dal trono, ad opera di quello che fu suo cugino e marito -nonché tiranno- al quale ella mai perdonò tale affronto. Immagina ora questa sovrana rancorosa, solitaria, candida e malinconica…come l’alba in cui giunse quello straniero, alto e maestoso, sulle imbarcazioni dei Númenoreani. Scuro in volto e nei capelli egli era, ma non negli occhi…ché lo stesso fuoco incandescente dei miei ardeva nei suoi…anche se probabilmente essi rimasero imperturbabili, appena all’approdo incontrarono quelli già invaghiti di lei…lei che doveva averne paura senz’altro…e molta! Fin dalla prima volta che lo accolse nell'immensa sala del palazzo, insieme al Re, il grande Tar-Calion! Ma, beninteso, Tar-Míriel finse distacco, restò muta come si conveniva alla sua posizione, limitandosi ad un freddo benvenuto…salvo poi incontrare da sola, come per caso, colui che lei scioccamente seguitava a chiamare Annatar, durante una notte senza stelle…la prima di tante…”
 
 
 
 
 
 
 



-Nel Signore degli Anelli viene detto che Sauron non sa quale sia lo scopo e la destinazione della Compagnia. Non immagina nemmeno che qualcuno possa resistere al potere dell'Anello e decidere di privarsene distruggendolo. Da qui le domande insistenti a Tauriel circa la direzione che ha preso Legolas e la natura del suo viaggio...
-Le abilità di Negromanzia di Rómenna vanno attribuite a Sauron, che a volte viene appunto definito “Il Negromante”, soprattutto ne”Lo Hobbit”.
-Le statue sono quindi dei feticci, plasmati e “animati” richiamando lo spirito del defunto, assoggettandolo alla propria volontà. (nota della nota: non credo in queste pratiche, spero di non aver turbato nessuno ovviamente).
-Annatar è il nome che Sauron si era dato dopo la caduta di Melkor. Aveva tentato infatti di sedurre gli Elfi assumendo “bellissime sembianze”, cercando di farli passare dalla sua parte. Non riuscendoci, si volse quindi agli Uomini…  
-Queste vicende sulla fine della Seconda Era sono fedeli al Silmarillion. Il re di Númenor, Tar-Calion, spodestò sua moglie Tar-Míriel, relegandola al ruolo di regina-consorte. Poi sfidato Sauron lo fece ostaggio e lo portò con sé a Númenor, mentre questi era ancora sotto spoglie apparentemente mortali.
-Unica aggiunzione a tutta la vicenda di Númenor è la seduzione della Regina Míriel da parte di Sauron e la nascita di Rómenna.

Chiedo scusa per il volo di fantasia che alcuni forse potranno giudicare estremo. Ma volendo trovare un modo per collegare Tauriel agli eventi del Signore degli Anelli, questa soluzione mi è sembrata abbastanza adatta.
Creare cioè un personaggio come Rómenna la quale, in quanto “avversario secondario ma non minore”, si opponesse a Tauriel e le desse indirettamente l’opportunità di contribuire alle vicende del Signore degli Anelli, anche se in disparte.
Per quanto riguarda la vicenda di Míriel e Annatar… ci sono due versioni, una più dettagliata, raccontata da una voce narrante impersonale. L’altra, più breve, continua col punto di vista parziale di Rómenna. E ammetto di essere indecisa su quale delle due sviluppare. Perciò, che dire…a voi la scelta!
 
Grazie per la pazienza!
 
 
 

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Capitolo 34
*** Annatar e Míriel ***


L’espressione di Rómenna si era come raddolcita a quel punto ed ella si era fermata, poggiandosi al muro, mentre il vento implacabile si era come quietato. Non così Tauriel, la quale adocchiò sul pavimento una lunga scheggia di vetro proveniente dalle finestre infrante, non troppo distante da sé…
Reputando però più prudente attendere che la sua imprevedibile avversaria si avvicinasse maggiormente a lei, decise di rimanere a terra per il momento…

“Ignoro del tutto le parole e i gesti di quella notte tra mio padre e mia madre. Posso solo provare ad indovinare lo smarrimento di lei, tra i corridoi bui e silenziosi del palazzo, imbattendosi in lui, quasi sbucato da un pesante tendaggio…forse sorprendendola alle spalle…e può anche darsi ch’ella provò a resistergli, come ha fatto Legolas, come ha fatto Kili…e chissà, forse come hai fatto anche tu…”

Tauriel l’osservava senza dar mostra d’ascoltare quasi e Rómenna, buttata indietro la testa, le sorrise con complicità.

“Ad ogni modo, credo che Míriel abbia ceduto quasi subito, giovanissima e inesperta com'era! In sua difesa si potrebbe supporre qualche frase suadente di Annatar…perché no, a proposito dell’ingiustizia che le era stata fatta da parte del suo anziano sposo. Senz’altro lui le avrà espresso nei termini più sentiti quanto fosse indignato che una fanciulla così nobile e fiera potesse essere stata scalzata dal trono a quel modo…diciamo pure che egli avrebbe anche potuto prometterle di aiutarla a riacquisire il suo legittimo ruolo di Regina, libera dalle insolenze del suo vile sposo, libera dalla sottomissione. E ipotizzo ugualmente che Míriel deve aver intuito subito che ciò avrebbe avuto un prezzo, non osando però chiederlo né figurarselo. No, lei deve aver semplicemente ringraziato il suo gentile ospite per l’interessamento, per le parole d’incoraggiamento, ribadendo però la sua lealtà a Númenor, scostandosi da lui e cercando la via per le sue stanze… insomma, deve pur aver tentato di sottrarsi in qualche modo a quegli occhi che la trapassavano, costringendo i suoi, neri e sperduti, ad abbassarsi…ma…non deve essere stata abbastanza convincente, non quanto lui almeno, temo!
E forse quella notte stessa, tra quegli ampi tendaggi scarlatti o chissà in quale oscura alcova, Míriel lasciò che Annatar le sciogliesse la chioma liscia e dorata, mischiandola con quella mossa e color dell’ebano di lui e abbandonandosi al suo torbido abbraccio… soddisfacendo così il suo folle desiderio d’averlo per sé, oltre ad assicurarsi un alleato potente e segreto per vendicarsi di Tar-Calion...
Mio padre infatti, prendendola, le promise che il Re sarebbe caduto e che loro due avrebbero regnato su Númenor, incontrastati. La poveretta deve aver creduto che i Valar avessero ascoltato le sue suppliche…deve aver baciato quelle rosse labbra carnose e menzognere, stretto quel corpo che non era tale, fin troppo pallido e slanciato, assicurandogli la sua devozione, arrivando perfino a sussurrargli d’amarlo!”

Come colta da un brivido, Rómenna si era scossa all’improvviso, congiungendo le mani dalle dita lunghissime e concentrando di nuovo l’attenzione su Tauriel, la quale sembrava essersi spostata impercettibilmente…

“Tauriel, tu mi fai pensare a Míriel hai la sua incoscienza e la sua impulsività! Ebbene, Annatar deve aver sorriso terribilmente alle parole di Míriel, alla sua folle confessione…ché equivaleva a consegnarsi a lui mani e piedi! Cosa che con ogni probabilità avvenne durante tutta la lunga permanenza del mio Signore a Númenor, o quasi…si perché ben presto Annatar iniziò a versare veleno nelle orecchie del Re, indisponendolo contro i Valar, ricordandogli che l’immeritata immortalità di cui godevano gli Eldar era da attribuirsi a loro, mentre gli Edain erano costretti a morire, seppur dopo una lunga vita. L'anziano Re allora, certamente terrorizzato dalla morte, chiese aiuto ad Annatar…ed egli glielo diede. Gli svelò che il vero Artefice, colui che era il solo ed unico, non era Ilúvatar, bensì Melkor! Lo persuase quindi a volgere a lui la sua fede, facendogli costruire strani templi in cui vennero perpetrati oscuri riti e sacrifici perversi…fu così che un fumo fetido prese a salire nel cielo della bianca capitale, Armenelos, senza che Míriel lo avesse previsto. E forse fu quello il momento in cui ella iniziò a dubitare del suo infido amante. La Regina tentò infatti di impedire che si conducessero i fanciulli e i più indifesi ai templi…ma Annatar respingeva gli appelli inutili di lei e fuggiva svelto dalla sue carezze altrettanto inutili…così che quando Tar-Calion, sobillato da Annatar, dichiarò guerra ai Valar davanti a tutto il suo popolo, la fragile Míriel cadde riversa al suolo.
Io ero già dentro di lei, ma volle tenere segreto il suo stato, facendo giurare il silenzio alla sua ancella guaritrice, Almaida, sola ed unica testimone. Mia madre si diresse allora ad annunciarlo al suo spietato amante, impaurita e speranzosa in un suo cambiamento d'intenti. Ma Annatar, seduto sul suo seggio della sala del Consiglio deserta, avvolto nel suo nero mantello, posò lo sguardo verdissimo, beffardo e indifferente su di lei, bianca e dorata dinnanzi a lui. La Regina lo implorò di far desistere il Re da quello scontro insensato, ché mai avrebbero potuto sconfiggere i Valar, ché questo era un sacrilegio e che la città, l’isola tutta avrebbe perso molti giovani in quello scontro impari. Míriel lo supplicò in nome del figlio che portava in grembo, ma Annatar sapeva già da prima del suo stato, ché anzi lo aveva auspicato! Ignorando la sua sciocca richiesta le andò incontro, stringendola in quella che a Míriel sicuramente doveva sembrare più una morsa che un abbraccio, bisbigliandole di preparasi all’idea che presto Númenor avrebbe avuto un principe ereditario.”

“Deve essere rimasto assai deluso Rómenna!”-“Taci!”
Tauriel si costrinse a far silenzio, ma si disse che la sua nemica evidentemente era vogliosa di suscitare la sua compassione e la sua pietà, per indurla a collaborare. Provò quindi ad andare oltre l’aria commossa che aleggiava sul volto perfetto di Rómenna, invano…

“Tu che sembri saperne qualcosa dell’amore…giudica da te la disperazione di Míriel, quando s’avvide che ogni preghiera era inutile e che Annatar avrebbe mandato a morire la sua gente per farsi largo sul trono tramite suo figlio! Ella ormai era costretta a portare in grembo il frutto di quello che adesso considerava un orrore! O forse non era poi davvero costretta… la sciagurata infatti finse d’acconsentire a ogni suo volere, come sempre. Dopo un lungo periodo di preparazione, infine il Re decise di partire per la guerra, nonostante le obiezioni dei cosiddetti “Fedeli”, in quanto fedeli ai Valar. E un giorno, trattenuta per precauzione da Annatar per un polso,  Míriel con l’altra mano salutò dal molo la partenza della flotta di Tar-Calion, con le superbe vele in oro e nero, i colori della mia casata, gli stessi indossati da mia madre...il suo ventre era dissimulato da larghe vesti, ché il suo sposo, per sua fortuna, non si premurava di scostare più da tempo. Rimasta quindi sola con la sua fida Almaida, la Regina si chiuse con lei nelle sue stanze, convincendola a procurarle un’erba di cui aveva inteso le proprietà…-“

“Aver fallito è la colpa maggiore tra tutte quelle commesse da lei! La compiango.”

Tauriel, prendendo nota che ogni qualvolta l’interrompeva la sua avversaria s’avvicinava, le sorrise sprezzante, ma Rómenna la raggelò con uno dei suoi sguardi taglienti.

“Non già per suo errore, ma per l’intervento tempestivo di mio padre, a cui devo doppiamente la vita, quella dannata donna non riuscì nel suo intento! Annatar, precipitandosi nella sua camera da letto, spaccò il bacile con l’infuso che era stato preparato, davanti agli occhi terrorizzati di Almaida, afferrando mia madre per le spalle e baciandola violentemente, suggendo le poche gocce che Míriel era riuscita appena ad ingerire…poi la lasciò cadere malamente sul letto, intimandole di portare a termine il suo tempo, pena la morte sua, di Almaida, di tutto il suo popolo…e senza attendere la sua replica, Annatar rinchiuse lì la Regina, ponendo guardie alla sua porta e dirigendosi alla sala del trono, sul quale si assise e dal quale attese che la sua opera fosse finalmente compiuta. Nel frattempo però Míriel, scesa la sera e con essa il sonno sulle guardie, decise di fuggire. Si calò a fatica dall’ampia grata insieme ad Almaida,  rovinando però al suolo e affrettando lievemente la mia nascita, così che la corsa delle due donne per la città semideserta fu rallentata dalle doglie di mia madre, la quale giunta che fu ai piedi del Meneltarma, il monte sacro ai Valar, dovette stendersi e farsi aiutare da Almaida…e fu durante il mio travaglio che tutto ebbe inizio.”

L’elfo drizzò le orecchie all’udire quella frase, poiché sapeva già cosa stesse per dire Rómenna, ma restò ugualmente affascinata, come se nulla ne sapesse…

“Il cielo si chiuse e una cappa soffocante aduggiò su Armenelos e su Númenor tutta. Tuoni senza lampi squarciarono la tranquillità della cittadella dove sorgevano i neri templi, la terra prese a scuotersi con forza incredibile, rovesciando palazzi e torri…e le grida della Regina si mischiarono a quelle della sua gente che fuggiva, invano…ché un’ira implacabile dall’Ovest giungeva a punirli tutti per la loro superbia….o piuttosto per il loro coraggio? Ma Míriel, ansimante per lo sforzo, sanguinante e disperata, dovette obbligarsi a rigettarmi fuori da sé, tra le braccia di Almaida, in un fosso nel terreno…io, l’erede dei Dúnedain! E dopo, solo uno sguardo e nulla più…ecco quanto ho ricevuto da mia madre!”

La rabbia nel tono di Rómenna crebbe a dismisura, mentre artigliava silenziosamente i suoi stessi palmi. Ma Tauriel intravide anche dolore nel suo contegno e per un attimo si ricordò cosa significasse essere abbandonati dalla propria madre, la sensazione che aveva provato quando aveva saputo la verità sulla sua nascita, gridando contro Nàrmoth…

“La pia Míriel distolse il volto da me mentre Almaida recideva ciò che ci univa con un pugnale. La sua Regina allora le raccomandò di sbarazzarsi di quella figlia contaminata e pericolosa, in qualsiasi modo…e senza curarsi oltre di me si rialzò, barcollante, dirigendosi verso il sacro Meneltarma, ordinando ad Almaida di non seguirla, ch’ella voleva riconciliarsi con i Valar, implorare il loro perdono e chiedere che il suo popolo venisse risparmiato da quella distruzione, ché solo lei doveva scontare la sua colpa… quindi si apprestò alla scalata, indebolita e folle d’ansia com’era! E quella fu l’ultima immagine che Almaida ebbe della sua sovrana, poiché l’ancella prese subito a correre a perdifiato verso est, arrestandosi ogni qualvolta una crepa si aprisse nel terreno sotto di lei e cambiando percorso, stringendomi al petto come se fossi sua…quando infine ella giunse in vista della città-porto di Rómenna, da dove sapeva che i Fedeli si apprestavano a partire per la Terra di Mezzo, corse a perdifiato verso l'ultima imbarcazione rimasta, ché le altre con a bordo Elendil e i suoi figli Isildur e Anarion, erano già a largo della costa, dalla quale assistevano muti a quella rovina. Almaida quindi, gridò a gran voce d’accoglierla a bordo per la traversata, mostrando pietà per una neonata innocente e la sua povera madre…e burrascoso fu il viaggio, al quale io e Almaida scampammo per un caso fortuito, mentre flutti immensi e vorticosi iniziavano ormai ad innalzarsi dall’Ovest, travolgendo ogni cosa…perfino Tar-Míriel! Vestita d’oro e bronzo, macchiata di rosso, trascinata via con tutti i suoi gioielli e col rimpianto per sua figlia…o forse per il suo disgraziato amore…e perfino Annatar cadde! Egli non aveva previsto un tale cataclisma e rimasto solo, sghignazzante sul suo alto seggio, precipitò all’improvviso nell’abisso che si era spalancato sotto Númenor, perdendo il suo aspetto…aspetto che egli potrà riaquisire solo e soltanto con l’Unico... ma non tutto era perduto! Egli aveva ancora una figlia, lo sapeva bene…e per quanto magra fosse la consolazione, in forma di scuro spirito venne a cercarmi mentre dimoravo nella grigia Annúminas, costruita dai superstiti. Qui, dopo molti anni di duro lavoro nei campi, Almaida morì di stenti, non prima però di svelarmi tutto su mia madre e sulle mie vere origini, tacendo però sull’identità di mio padre. All’apprendere questo il mio cuore si ribellò, dopo aver dimorato e faticato tra la gente di Elendil, falso erede di Númenor per linea indiretta. E fu tra lacrime di rabbia che seppellii Almaida, da sola, in silenzio. Dopo, essendo io senza averi, senza testimoni per poter reclamare la mia discendenza dalla linea femminile -riconosciuta dalle nostre leggi- ero costretta ad inchinarmi ancora a Elendil e ai suoi…io, la loro Regina! Ma meditavo sempre la mia rivalsa…”

“Non sei legittima! Non puoi avere pretese su un trono che non ti spetta!”

Tauriel ascoltando di Almaida aveva rivisto il tumulo di sua madre nei suoi ricordi…ma ora che iniziava a comprendere le mire di Rómenna non poté fare a meno di biasimarla, mentre ormai la sua nemica era a poco più d'un balzo da lei…

“Sempre meglio illegittima che di una discendenza minore! Ora, avvenne che io m’accorgessi con orrore che il mio aspetto non cambiava…e se n’avvidero anche quelli che consideravo miei simili e che invece iniziarono a non vedermi più come tale…fui quindi picchiata e cacciata brutalmente…io ne soffrii molto e per lungo tempo mi aggirai confusa ai confini della città. E quando la bella Annúminas fu attaccata dagli Stregoni di Angmar io gioii, anche se la città non cadde del tutto e successivamente fu dimora di Valandil, erede di Elendil… In quello sfacelo però vidi tra le macerie i superstiti che trasportavano una strana sfera nera e pur non sapendo cosa fosse mi dissi subito ch’era mia! Tagliai la strada ai soldati mentre si dirigevano a Fornost, dove intendevano forse custodirla… ma l’assalto di un manipolo di Orchi m’assistette, sorprendendoli sul cammino e disperdendoli, così che in un nero pantano lo trovai. A lungo lo scrutai, ignorando i morsi della fame e del freddo, al riparo d’una spelonca…ed infine lui mi si rivelò col suo immenso, tremendo occhio infuocato, sussurrandomi in una lingua che credevo di non conoscere e che invece comprendevo appieno…mi rivelò chi ero, mi promise la sua protezione, il suo aiuto nella mia vendetta verso i figli di Elendil e in ultimo verso mia madre Míriel…mi assicurò insomma che avrei ottenuto qualsiasi cosa avessi mai desiderato…e da allora la mia vita mi parve assumere un nuovo significato…egli riprese quindi l'Unico Anello e con esso un'aspetto che, sebbene non fosse pieno di grazia come quello che irretì mia madre, incuteva timore e soggezione. Sauron poi ricostruì Barad-dur, dove mi condusse e mi istruì su molte cose…poi però, quando la guerra esplose e mio padre dovette affrontare l'Ultima Grande Alleanza tra Eldar e Edain, egli finì per perdere l'Unico ad opera dell'odiato Isildur. La Torre Oscura allora cadde e Sauron fu nuovamente costretto ad aggirarsi come un nero vento e un rosso fuoco...ed io vagavo per Arda, sola, con l'unico conforto della mia Pietra e della promessa di mio padre. Ma giunto il tempo di preparasi a reclamare di nuovo l’Unico, Sauron m'ingiunse di tornare quassù e rimanervi nascosta…finché Legolas non mi trovò…”

Qui Rómenna parve tentennare alquanto e questo a Tauriel non sfuggì.”…avrei voluto abbandonare quella strada, seguire Legolas…ma fu più forte…del resto mi dissi che era il mio destino…che era il mio sangue…e dopo che mi separai da Legolas, quando tornai qui per recuperare il Palantír dal Nenuial, trovai il lago illuminato da un’intensa luce verdastra, nella quale m’immersi, spaventata…tra le ampie pieghe pesanti del mio abito nuotai a fatica fino al fondale…per riemergere poi del tutto rinnovata.” Il sorriso compiaciuto nelle labbra di lei disgustò Tauriel.

“…e dimmi Rómenna, perché il Signore dei Doni non ti aiutò durante l’inabissamento di Númenor? Risponderò io per te: inaspettatamente non c’era più un regno da assoggettare e tu eri inutile per lui! Solo quando gli Uomini fondarono Arnor e Gondor Egli si ricordò di te, riempiendoti la testa di false promesse e falsi doni, come fece con Míriel, la quale abbandonò il suo onore e sua figlia…così come tu hai abbandonato Legolas…e la tua umanità!”

Rómenna ormai era dinnanzi a Tauriel, furente nell’aspetto e nello sguardo, pronta a balzarle addosso o a scatenarle chissà cosa contro. Ma l’elfo scattò veloce in avanti verso la lunga scheggia…
 

 
 
 






-Le vicende sull’inabissamento di Númenor e sui suoi superstiti ad Annúminas e Fornost sono essenzialmente fedeli. Tar-Calion costruì templi a Melkor su istigazione di Annatar, facendo celebrare riti e sacrifici. Tar-Míriel non potè fare nulla e infine il Re partì in guerra contro i Valar, scatenando la loro ira e causando la fine di Nùmenor. I Fedeli partirono con Elendil da Rómenna, verso la Terra di Mezzo.
-Míriel tentò la scalata al Meneltarma, pentita, ma fu travolta dalle acque.
-Almaida è di pura invenzione, ma il suo nome è quello di una città-porto di Númenor. Da qui la sua idea di dare alla figlia adottiva il nome di Rómenna, il porto dal quale si misero in salvo entrambe.
-Annatar voleva sbarazzarsi di Tar-Calion e dei suoi, non immaginava effettivamente che Númenor sprofondasse. Viene infatti detto nel Silmarillion che perfino Sauron rimase stupito, seduto nel suo seggio a beffarsi dei nemici per poi sprofondare invece insieme alla città. In questa aggiunta alla storia quindi il suo piano di insidiarsi sul trono tramite il figlio avrebbe potuto avere un seguito.
-Lo scontro tra Annuminas e Angmar non è riportato nei testi di Tolkien ma plausibile, dato che Angmar distrusse Fornost. -Il Palantír trasportato da Númenor ad Annúminas andò perduto, forse in un tentativo di trasportarlo a Fornost. Motivo per cui (all'interno della mia storia) Aragorn lo cercava lì, dove Legolas lo incontra.
 

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Capitolo 35
*** Nemiche o alleate ***


Non appena Tauriel sfiorò la lama di vetro, questa si sollevò rapidissima sfuggendo alla sua presa, come animata da volontà propria, costringendo così l’elfo ad alzarsi di scatto, per poi ritrovarsi con quella punta sottile a pochissima distanza dal viso, sospesa in aria. L’elfo allora inspirò a fondo, immobile, stringendo i pugni e lanciando uno sguardo severo alla sua avversaria…

“Rómenna, ascoltami…le tue colpe sono gravi, mi hai ingannata e hai approfittato della ferita che ho nel petto, scavandovi dentro a tuo piacimento…ciononostante io ti perdono, poiché è un influsso negativo a muoverti ed è evidente che non sei in te… altrimenti non potrei credere che Legolas avrebbe così a cuore una creatura simile! Egli m’avrebbe odiata per sempre, se io avessi usato quest’arma per ucciderti…cosa che non intendevo fare, se è questo che temevi…”-“Temere?! Io non temo nulla, men che meno te! E non necessito di nessun perdono! Tantomeno quello di Legolas…so bene che mi disprezzerebbe…se penso che quel giorno al Nenuial, tra le fronde dei salici piangenti, egli m’apparve come una dolce visione dorata, in questo sfacelo… un essere angelico giunto da me, all’inferno, senza neppure saperlo…qualcuno che m’ascoltasse, oltre a bisbigliarmi lusinghe nell’oscurità… ma poi, dopo che egli venne a riprendermi quella notte…ebbene, Legolas non fece nulla per trattenermi, per strapparmi a lui…!”

Tauriel la fissò con pietà mista a rabbia, oltre il proiettile trasparente davanti a sé, notando che il petto di Rómenna si alzava e si abbassava veloce, ché la sua sicurezza veniva nuovamente meno. Tentò quindi di trarne vantaggio…

“Come poteva sapere che eri in pericolo?! Tu cerchi solo di giustificarti! Non gli hai dato scelta, non gli hai voluto dire la verità perché pensavi ti scacciasse come aveva fatto tua madre, come avevano fatto i tuoi simili…E quindi sei fuggita tu stessa, scivolando dal vostro giaciglio ancora caldo, quella notte… e Legolas ha pensato che fosse la tua volontà, che ti fossi pentita d’essere stata con un’immortale, non sapendo che tu stessa lo eri! Davvero dunque non riesci a distinguere le bugie di cui ti sei circondata da allora?!”

La fanciulla in nero scosse ripetutamente la testa, stringendo forte gli occhi e rilasciando infine la scheggia…
Ed essa deviò alquanto la traiettoria, per poi conficcarsi tra le fessure delle rocce nella parete alle spalle di Tauriel la quale, esterrefatta e sollevata, si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. In quella però giunse alle orecchie di Tauriel un rumore ch’ella ricordò d’aver udito altre volte, la prima di esse ad Esgaroth…

Un fragoroso battito d’ali infatti s’avvicinava sempre più forte, ma Rómenna, come dimentica d’ogni cosa, stava col capo basso, una mano posata su una tempia -quasi che le dolesse- un’ombra sul suo bel viso…

Mentre Tauriel s’avvicinava a lei con prudenza, un impatto improvviso e violento colpì quel lato della torre e la poca luce che filtrava da ciò che prima era un’ampia grata morì del tutto… da lì infatti incombeva un’immensa sagoma bestiale dal collo sottile e dall’aspetto d’uno strano rettile allungato. Tauriel realizzò che quella doveva essere una creatura del Nemico e allora si gettò su Rómenna, la quale era ancora inerte, scuotendola per le braccia e non incontrando resistenza…

“Non commettere lo stesso errore di sessant’anni fa, non indugiare ancora in questa pazzia! Aneli alla vendetta sui tuoi simili…ma non sono forse stati loro a salvarti dall’inabissamento? E chi lo causò, seppur involontariamente? Tu agisci su istigazione di un padre che non sarà mai tale! Ed il trono di Gondor, l’Unico Anello, il dominio stesso dell’intera Terra di Mezzo…credi davvero che L’Oscuro Signore si priverà di tutto questo per cederlo a te? Inoltre sai bene che nulla di tutto ciò può darti felicità né pace…io stessa ho rinunciato a colui che amo quando m’hai offerto l’occasione di riaverlo, perché sapevo che ciò non era giusto! Perciò fa la cosa giusta anche tu…vieni via con me!”

Ma un mormorio improvviso scaturì dalla Pietra Veggente, al centro della quale si era risvegliato un flebile fuoco…e Tauriel, spaventata, pensò che quella fosse la lingua nera di Mordor. Rómenna allora sbatté le palpebre più volte e sollevò due occhi sbiaditi su di lei, per poi voltarsi verso il Palantír, coprendolo con la propria figura e prendendo a parlare nello stesso aspro e dissonante idioma...

“Attû! Khôr!”*


L’elfo femmina allora lanciò un’occhiata apprensiva al battito d’ali all’esterno, sempre più agitato, pronta a scattare verso la porta…seppur incerta sulle reali possibilità di riuscita di una tale improbabile fuga. Ma la voce trasognata di Rómenna tornò alla lingua corrente e parve a Tauriel che ella parlasse come in deliquio…

“Il mio Signore mi reclama al Suo cospetto. La compagnia si è sciolta alle cascate di Rauros…laggiù, dopo un violento scontro, due mezzuomini biondi sono stati catturati dagli Orchi del potente Saruman, per poi essere condotti presso l’ingresso della foresta di Fangorn…e presto saranno trascinati a Isengard per essere perquisiti!”

Il trionfo nel tono di Rómenna era palpabile, ma ella si riebbe prontamente e solo allora parve tornare di nuovo consapevole della presenza di Tauriel.

“Devo dunque andare con lui…..."- Ella accennò all'essere alato-"...non ti farà del male, a meno che io non glielo comandi…ed io non lo farò, poiché Tauriel…tu non me ne darai ragione, vero? Le tue parole sono sagge, il torto che ti ho fatto è grande…poiché un tempo conoscevo il dolore che può procurare un cuore. Ma la mia vita è ormai condannata e altrettanto lo è il mio cuore. Non sperare perciò di poterti appellare ad esso.”

Tauriel, dopo aver appreso con amarezza la notizia e il resto, realizzò però con soddisfazione che il Portatore dell’Anello non poteva essere tra gli ostaggi. Ché a Lórien, alla sua domanda su quale dei quattro Hobbit ch’ella aveva intravisto fosse il prescelto, Legolas le aveva parlato con ammirazione di un giovane coraggioso dai capelli neri e dagli occhi luminosi. Tauriel allora, consapevole di quanto fosse pericoloso ciò che sapeva, si impose la calma…ma in realtà era ancora più combattuta e disperava di potersi salvare, anche rinunciando a portare via con sé Rómenna. Tentò però ugualmente un’ultima volta di persuaderla, di farla ragionare…

“Quale sorte sarà mai toccata a Legolas? Non te ne curi? E se egli fosse…”-“Mi sembri un po’ troppo ansiosa per lui…ad ogni modo è sano e salvo e per mia somma sfortuna insegue gli Orchi che hanno rapito i suoi piccoli amici, aiutato da un Nano e da un Uomo…”

Osservando l’aria mesta di Rómenna i pensieri di Tauriel, insieme alla preoccupazione per il suo mellon, iniziarono a vorticare nella sua mente. Ella ignorò l’accenno di gelosia nel tono della Negromante e si disse che quell’Uomo doveva senz’altro essere Aragorn, l’unico rivale di Rómenna nella successione al trono. L’elfo però si costrinse a mantenere un’espressione impassibile, rendendosi conto che quest’ultima non era a conoscenza di tutto ciò…non ancora perlomeno. Si rianimò quindi e riprese ad interrogarla…

“Ora è scampato, ma se Legolas dovesse cadere in un’imboscata dei servi di tuo padre?! Pensaci:gioiresti lo stesso per aver ottenuto ciò che vuoi in tal modo, causando la sua morte?! Io non credo! Il mio amore è perduto, chissà, forse per sempre…ma il tuo vive! Non disdegnare così il tuo sentimento...non spregiare così questa possibilità! Unisciti a me, raggiungiamo Legolas e battiamoci insieme a lui…”-“Tu vaneggi! Ma sai molto più di quanto tu non dica, perciò ho deciso…”

La fanciulla in nero la fissò affranta e in quel momento la belva abbarbicata alla torre emise uno strido acutissimo che assordò Tauriel, la quale si portò le mani alle orecchie, mentre Rómenna sollevava il Palantír come se non pesasse affatto, scagliandolo sul capo dell’elfo…
 

Un freddo mai provato prima d’allora artigliò le membra di Tauriel ed ella si riscosse, spalancando l’azzurro spaventato degli occhi su una serie ininterrotta d’alberi, rocce e sentieri che sfilavano sotto di sé velocissimi, insieme alle sue rosse ciocche. L’elfo si sollevò allora sulla groppa della bestia alata, scoprendo d’essergli saldamente avvinta al collo sottile per il polsi. Voltando il capo da un lato all’altro con apprensione, ella riconobbe nella penombra a poca distanza da sé Rómenna, adagiata su un altro di quei rettili enormi, al collo del quale era saldato un fagotto…
Allora Tauriel rabbrividì, chiedendosi dove la stessero conducendo, guatando l’espressione di rammarico nel volto della sua nemica frustato dalle raffiche e dai capelli…e l’elfo si chiese se quel dispiacere fosse sincero, arrivando perfino a pensare ch’ella la dilegiasse…ma quelle che scorrevano via sulle guance di Rómenna erano lacrime…

Tauriel però rinunciò a gridarle contro, ché il vento era troppo forte. Guardò giù allora, stupendosi di quanto a lungo doveva essere rimasta priva di sensi, poiché dinnanzi a loro si profilavano gli stagni dei cigni, gli splendidi e incontaminati Nîn-in-Eilph, i quali erano molto a sud rispetto a dove si trovava quando era ancora cosciente.
Sebbene triste, ella non poté fare a meno di ammirare la bellezza di quelle candide creature che si libravano leggermente in volo o che atterravano su quella superficie cristallina, punteggiata dal barbagliare della luna sopra di loro. Il contrasto tra quei leggiadri cigni bianchi e il mostro squamoso e umido sul quale era costretta era insopportabile. Ma ancora più intollerabile era il ricordo di altre creature alate, le maestose Aquile di Thorondor. Esse erano giunte però troppo tardi, al termine della Battaglia delle Cinque Armate, quando ormai ella scendeva da Collecorvo col corpicino esangue di Kili stretto al petto, tra i festeggiamenti inconsapevoli degli altri Nani coi visi rivolti al cielo…

Tauriel li aveva detestati, per una frazione di secondo. Aveva detestato il motivo stesso per cui Kili era morto e adesso si ripeteva che l’onore, la patria, il valore…forse erano tutti concetti vuoti di fronte alla morte. E a quel pensiero, terribili le parvero le stelle sopra di lei, le quali per la prima volta ai suoi occhi sembravano emanare una luce fredda e remota. Proprio come Kili l’aveva descritta quella sera di tanto-troppo-tempo addietro, con fare timido e titubante, vergognoso delle sue stesse parole, che lei aveva giudicato insensate…dettate forse dalla grettezza della sua razza. Ma si era dovuta ricredere presto, pentendosi dei suoi pregiudizi e sperimentandoli su di sé quand’era tornata a Bosco Atro, incapace d’ammirare mai più la volta stellata con serenità…

Quand’erravi solitario, esule e sperduto, senza avermi ancora nella tua vita, le stelle dovevano apparirti così ingiuste nella loro distante bellezza…Oh Kili, soltanto ora comprendo! Mio amore…io ti ho mentito! E questo non puoi saperlo nemmeno tu…ché adesso m’appare chiaro come sarebbe bastato il suono ormai svanito della tua risata, le tue carezze ardenti, la certezza che il nostro amore potesse avere un futuro, che potesse avere frutto…sarebbe bastato questo…ed allora, come la povera Míriel, come la folle Rómenna, come tanti prima di loro… sarei caduta nelle mani del Nemico! E quel che è peggio, forse senza nemmeno averne rimorso! Avrei senz’altro scontato tutto alla Fine dei giorni, perdendoti di nuovo, ma stavolta davvero e per sempre. Oh ma questa non posso essere io…e non voglio esserlo!”

Tauriel represse un singhiozzo rabbioso e si riscosse, concentrandosi sulla direzione del volo che-a conferma del suo sospetto sulla loro destinazione- puntava dritto su Isengard. A quel punto allora qualcosa fremette in lei e con uno scossone deciso Tauriel si sporse bruscamente verso l’esterno. Così facendo, l’elfo strinse indirettamente il laccio che avvinghiava i suoi polsi al collo dell’abominevole animale, il quale prese ad agitarsi freneticamente, sbandando e roteando, con la gola serrata e incapace di emettere alcun suono… mentre Tauriel seguitava a strangolarlo, decisa a precipitare così piuttosto che tradire.

In quella, Rómenna s’avvicinò precipitosamente a lei, balzando in piedi sul suo mostro alato, stagliandosi alta e tremenda contro le tenebre alle sue spalle, la luna smunta e appannata sopra il suo capo…

Intanto Tauriel a forza di strattonare era riuscita a liberarsi dai ceppi, troppo tardi però, ché Rómenna le era già saltata sopra, avvolgendola in un nero ancora più fondo della notte attorno a loro. E mentre Tauriel lottava per liberarsi dalla sua stretta, sotto di loro la bestia prese ad alzare lamenti atroci, tracciando linee confuse nell’aria attorno a sé e sbattendo convulsamente le ampie ali, ad una delle quali Tauriel si aggrappò malamente, sottraendosi a Rómenna ma rimanendo così sospesa nel vuoto...
La Númenoreana nera parve quindi perdere l’equilibrio per un breve istante, costretta ad abbassarsi all’improvviso, ché il volo della belva andava calando e le cime degli alberi più alti le mancavano per poco. Ormai però l’oscuro pinnacolo quadri forcuto di Orthanc si delineava superbamente all’orizzonte. Ma, ancora sotto di loro, Tauriel distingueva la pianura brulla e brumosa del Dunland… vicina al punto da poterla quasi sfiorare, se solo avesse allungato la punta del piede…

Le mani forti della sua nemica però l’afferrarono, costringendola a sollevarsi bruscamente, attirandola vicinissimo a sé...
L’elfo stava per dibattersi ancora, quando un sussurro emerse da quella massa sconvolta di capelli, oltre la quale sbucavano- verdi come mai prima d’allora-gli occhi di Rómenna…

“Dopo le ultime cose che mi avevi detto ho intuito la verità e ho aperto gli occhi… ma non avevo alternative, dovevo fingere…in quel luogo maledetto troppe orecchie vi erano attorno a noi…ora però arrenditi e lascia ch’io ti conduca con me…dall’interno infatti potremmo essere molto più efficaci nell’intralciare tutto…e anche se ti chiedo molto:fidati ancora di me!”

Un sorriso incredulo si allargò sul viso in penombra di Tauriel. Ella accettò la mano che l’aiutava a rialzarsi e a rimettersi in groppa all’animale, il quale finalmente s’era ammansito, rialzandosi alto nel cielo e puntando dritto davanti a sé, seguito dal suo compagno, mentre un’alba bluastra e violacea si stagliava clemente dinnanzi a Tauriel e Rómenna.
 
 
 
 
 
 




-*Attû;Khôr: Padre, Signore. Tauriel crede che queste parole siano nella lingua nera di Mordor, ma in realtà è Adûnaico, la lingua di Rómenna (lingua morta) e che quindi le viene più spontaneamente alle labbra. Inoltre, padre e figlia potrebbero servirsene per non essere compresi da nessuno all'infuori di loro due.

-Le bestie alate sono quelle cavalcate dai Nazgûl. Mi sono voluta prendere un’altra piccola libertà e fare in modo che Rómenna potesse disporne anche senza la presenza dei Cavalieri Neri. Questi infatti sono pur sempre impegnati nella cerca dell’Anello e sicuramente poco propensi a fare da ”guardie del corpo” alla figlia di Sauron. Nonostante questo le sono devoti in quanto figlia del loro signore, oltre che loro Regina (Tolkien rivelò che almeno tre dei Nazgûl erano potenti Signori di Númenor).

-L’arco di tempo tra la partenza della Compagnia verso sud e quella di Tauriel verso nord porterebbe a far pensare che la Compagnia sia giunta ben oltre le cascate di Rauros, ma le notizie a Rómenna giungono in ritardo per via dei Palantír. Inoltre il viaggio di Tauriel al Nord è stato molto veloce essendo sola e grazie anche al fatto che dai margini di Brea, dopo il duello col Nazgûl, lei viene trasportata rapidamente ad Annúminas.

-Rómenna copre la Pietra Veggente col suo corpo quando questa si accende del fuoco di Sauron, per proteggere Tauriel dalla sua vista. Poi inizia a fingere d'essere ancora intenzionata ad aiutare Sauron, per timore che egli possa udirla ancora attraverso il Palantír e inviare i Cavalieri Neri.

-Il percorso da Annúminas ad Isengard passando per gli Stagni dei Cigni ed il Dunland corrisponde al percorso più breve tra i due luoghi in linea d’aria. Ma anche se in volo il viaggio è più rapido, richiederebbe almeno un paio di giorni, grossomodo. Lasso di tempo in cui Tauriel è priva di sensi.

-E’ evidente come Saruman sia non solo a conoscenza, ma anche in contatto con Rómenna, dato che entrambi posseggono le pietre veggenti. Si può ipotizzare che lo Stregone non ne abbia parlato a nessuno per mantenere la segretezza che Sauron aveva imposto alla figlia, per ovvi motivi. Come del resto fece Gandalf evitando di sbandierare l’erede di Isildur, che quasi fino all’ultimo rimane celato agli occhi di Sauron, ignaro della sua presenza.

Chiedo scusa per le molte note ma intrecciare i due racconti non è semplice e qualche spiegazione in più non guasta :) Grazie per la pazienza!  

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Capitolo 36
*** Traditori ***


 
Il pilastro oscuro di Orthanc si avvicinava sempre di più, insieme ad un vago vapore che saliva al cielo, accompagnato da un intenso sciabordio d’acque. Sia Tauriel che Rómenna lo giudicarono insolito, dato che il fiume Isen scorreva distante da lì.

Ma entrambe dovettero ricredersi davanti allo spettacolo inaspettato della valle di Isengard completamente allagata e pressoché distrutta. Ciò che però colpì di più le due furono delle strane creature arboree che sonnecchiavano qua e là, tra le rovine semisommerse.
Rómenna allora percosse leggermente il fianco della belva alata, abbassandosi e facendola planare per poter atterrare sulla sommità di Orthanc…
Le due scesero quindi velocemente, mentre ad un cenno della sua signora l’altro mostro planava verso di loro, allungando il collo quel tanto che bastava per permettere a Rómenna di recuperare la grande bisaccia che Tauriel aveva scorto durante il volo…
E fu con soddisfazione che l’elfo femmina si rese conto che essa conteneva i suoi pugnali, il libro di Arwen e un residuo di lembas…invece del Palantír, come Tauriel aveva ipotizzato, sconfortata, in un primo momento.
Il due mostri intanto si erano levati subito in volo ad un altro cenno di Rómenna, allontanandosi fino a divenire un punto indistinto verso est, verso Mordor…

“Cosa può aver mai causato questo caos? E che ne è stato del mio arco e della mia faretra?” La domanda di Tauriel attirò l’attenzione di Rómenna, la quale nel frattempo aveva preso a studiare le pareti della torre sotto i loro piedi, alla ricerca di una via d’accesso. Ella parve infatti turbata, ma subito si riprese…

“Suppongo che le creature del bosco si siano prese una rivincita sul tiranno di queste terre. Per quanto riguarda il tuo arco…devo nuovamente chiedere il tuo perdono… poiché prima del nostro colloquio, in un impeto di gelosia ho pensato che quell’arma magnifica fosse un dono di Legolas, che ricordavo essere un abile arciere…e quell’arco somigliava davvero molto al suo…”

Tauriel spalancò la bocca a quella confessione apparentemente così candida e innocente. Poi, intuendo le intenzioni di Rómenna, prese anche lei a sporgersi e a cercare un varco, non rinunciando però a gettare luce su quel punto…

“Dunque è per questo che hai fatto in modo che Kili m’interrogasse sui miei sentimenti per Legolas? Non era Kili ad essere geloso…ma tu! E quando ti ho detto il mio nome hai creduto di fronteggiare una rivale e hai agito di conseguenza…ebbene avrai compreso che non è affatto così.”

Rómenna smise di girare in tondo e puntò il suo sguardo colpevole verso Tauriel, inarcando le sopracciglia e scuotendo la testa.

“Tauriel, non avevo compreso quanto saldo fosse il vostro legame…l’amore di Kili per te animava tutta la sua volontà e si opponeva ferocemente al mio controllo…ho provato disgusto per me stessa mentre adempivo a quello che credevo essere un mio dovere… anche perché, per spronarmi, mi ripetevo che Legolas non sarebbe mai riuscito ad estirparti dal suo animo…così come io non riuscirò ad estirpare lui dal mio…nonostante io mi sia rovinata con le mie mani e nonostante il suo amore forse mi sia precluso ormai...precluso come l’ingresso a questa dannata torre!”-“Non sei mai stata qui?”

L’espressione perplessa nel viso di Tauriel indugiò brevemente, per poi lasciare spazio allo stupore, quando seppe la verità…

“Non intercorre buon sangue tra me e lo Stregone Bianco. Egli è invidioso del privilegio che godo presso mio…presso l’Oscuro Signore…” Tauriel si rallegrò di quella correzione, ma poi fu colta da un dubbio. “Non c’è il rischio che Saruman intuisca le nostre reali motivazioni? Se possiede i tuoi stessi poteri…”-“Nemmeno la metà! Egli è solo un servo…inoltre non intendo certo assalirlo…una volta dentro ti legherò le mani.”
Il disappunto si dipinse netto nei lineamenti di Tauriel, ma Rómenna lo ignorò. “Non provo alcun piacere nel farlo, credimi, ma è davvero l’unico modo.”
L’altra si chiese piuttosto se non fosse uno stratagemma per consegnarla più facilmente nelle mani di Saruman…
In quella però s’accorse di un baluginio flebile proveniente da una piccola grata sotto di loro. Si sedettero quindi sul bordo del pinnacolo, una accanto a l’altra, prendendo a calarsi lentamente, cercando punti d’appiglio per i piedi, scalzi quelli di Rómenna, fasciati in stivali di cuoio quelli di Tauriel…
Una volta raggiunta l’apertura, le due riuscirono a penetrarvi, proprio quando il sole ormai iniziava ad indorare il cielo a l'esterno, risvegliando gli Ent di guardia, profondamente addormentati giù nella valle…

Tauriel e Rómenna si guardarono attorno con sospetto e con una sorta di timore reverenziale, ammirando l’alto soffitto di quella che sembrava una vasta biblioteca. Numerosi infatti erano i rotoli accatastati dappertutto, i candelabri argentati recavano nere candele quasi del tutto consumate dalla notte….esse illuminavano ancora strani strumenti negli angoli, alambicchi, calici, calamai e penne d’oca ancora intinte nell’inchiostro fresco…
D’un tratto però un lamento sommesso parve giungere oltre la porta chiusa dinnanzi a loro e le fanciulle si scambiarono una rapida occhiata significativa…

“Non ascolterò oltre le tue pietose lagnanze Grima! Tu hai miseramente tradito su mio ordine e nonostante questo hai fallito nel tuo compito, permettendo a quell’intrigante di Gandalf di liberare dal mio giogo il tuo stolto e decrepito Re! E adesso che anche la battaglia al Fosso di Helm s’è conclusa con la nostra disfatta egli verrà senz’altro qui a dileggiarmi! Deliziandosi alla vista di questo scempio! E dunque dimmi, Vermilinguo, non sei forse tu il degno bersaglio della mia ira?!”

Tauriel sgranò l’azzurro degli occhi per la sorpresa, all’apprendere di come Gandalf, incredibilmente, fosse ancora vivo e avesse inferto un duro colpo al Nemico. Rómenna doveva aver intuito anche lei ma Tauriel, ansiosa, notò che qualcosa di simile alla stizza alterava i suoi tratti…

“Avrà preso parte anche lui alla battaglia insieme a Gandalf e ai Rohirrim? E se fosse caduto…? Se il mio pentimento fosse troppo tardivo?”

Tauriel, compresa la vera ragione del turbamento di Rómenna, sorrise e le si accostò, prendendo anche lei a sussurrare. “Non possiamo saperlo, non ancora. Adesso però mettiamo in atto il tuo piano.” Detto ciò, allungò i polsi, assentendo col capo.
 
Il corridoio che si parò davanti a Rómenna e Tauriel una volta uscite dalla biblioteca le disorientò alquanto, con le sue molteplici arcate, falsi sbocchi e strane forme geometriche sul soffitto…
Quando però giunsero ad un enorme portone, ecco che questo si spalancò di colpo, ammettendole in una sala circolare, con altre innumerevoli porte disposte tutt’attorno alle pareti…
Ed al centro della sala, ritto su un alto seggio, Saruman le guatava con fare indagatore, sorreggendosi impercettibilmente al suo bastone, mentre quello che sembrava un pallido Orco, più che un Uomo, le fissava con curiosità...ma il Bianco fu il primo a parlare.

“Mia signora, non attendevo la Vostra gradita visita…e proprio nel momento del bisogno! Avrete senz’altro constatato il disastro che ci ha colpiti… ma mi viene spontaneo chiedervi il motivo della vostra presenza qui, dato che credevo aveste ricevuto istruzioni di recarvi a Mordor. E chi è di grazia, costei che conducete con Voi?”

A quelle parole Rómenna spinse leggermente Tauriel, legata, davanti a sé…

“Una dei Nandorin, sorpresa a curiosare nelle mie terre a Nord, alla ricerca di guai, evidentemente. Mi dirigevo appunto a Mordor, quando sorvolando queste lande ho scorto le acque che le sommergevano e ho ritenuto opportuno fermarmi e assicurarmi che Voi foste ancora in vita…”

Saruman sorrise d’un sorriso inquietante che causò non poca apprensione a Tauriel, la quale si mordeva un labbro assistendo a quello scambio di battute…

“Quale solerzia, mia signora. Vi ringrazio per il vostro interessamento…”-“Che è dunque accaduto qui? Prima vi ho udito accennare a l’esito di una battaglia nel Fosso di Helm…devo arguire che Rohan è caduta e che la Compagnia è finalmente stata annientata? E dei due Hobbit invece, che ne è stato?”

Per una volta, Tauriel si compiacque del modo subdolo in cui Rómenna cercava di farsi dire ciò che voleva senza rivelare le sue vere intenzioni. Ella non sapeva però, così come Rómenna, che Saruman aveva già deciso di voltare le spalle a Sauron, non potendo più trarre profitto dalla sua alleanza con l’Oscuro Signore. La presenza della figlia del suo Padrone perciò disturbava alquanto il Bianco ed egli, fattosi più cupo, intravide i legacci fin troppo deboli attorno alle mani dell’elfo femmina…

“Povere ingenue! Non avrete davvero creduto di riuscire ad ingannarmi così facilmente!”

Quelle grida furiose proruppero improvvisamente da Saruman, il quale si levò terribile dinnanzi a loro scagliando la punta del lungo scettro a terra, causando così una forte scossa ai piedi di Tauriel, Rómenna e Vermilinguo. Quest’ultimo, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, prese a balbettare correndo ai piedi del suo Signore, implorando e piagnucolando.
Intanto Tauriel e Rómenna si riebbero, sorreggendosi a vicenda. Ma mentre la prima allungava le mani verso i pugnali, la seconda socchiuse gli occhi prendendo a recitare formule nella stessa lingua in cui si esprimeva ora anche il Bianco, con le braccia spalancate, tremendo nell’aspetto quanto e più di Rómenna…

Una nube fitta e densa allora scese sulla sala e Tauriel ne fu respinta violentemente quando tentò di avvicinarsi ai due contendenti, concentrati in un lotta silenziosa ed interna…
Saruman e Rómenna si contorcevano orribilmente, straziati da qualcosa d’invisibile…e quando Tauriel posò gli occhi sulle dita di entrambi, atteggiate a mò di artiglio dinnanzi a loro, pensò con angoscia che essi si stessero come stritolando dall’interno a vicenda, ché dal naso e da un orecchio di Rómenna iniziavano a scendere sottili rivoli rossi…
Tauriel allora si avventò su Grima, costringendolo a sollevarsi per poi incrociare le sue lame attorno al suo collo, serratissime.

“Saruman! Questo essere può ancora tornarti utile nelle trattative con Rohan per la tua resa definitiva! Dimmi tutto ciò che sai sugli Hobbit, su…”

La risata acuta e stridula del vegliardo parve causare il rilascio della stretta che aveva tormentato Rómenna, la quale cadde riversa al suolo, inspirando forte.

“Come osi pretendere risposte da me?! Tu, misero elfo silvano! Hai preso anche tu a servire l’Oscuro, alleandoti con questa sciagurata nella speranza di entrare nelle sue grazie? Volevate forse spiarmi?!”

Tauriel a quell’affermazione intuì come fosse evidente la nuova posizione di Saruman, preso in mezzo tra la vendetta del Re di Rohan-da lui raggirato tramite quel Grima-e la sicura punizione di Sauron per la mancata vittoria. E parve all’elfo che lo Stregone fosse solo un vecchio spaventato in quel momento…

“Non immagini neppure la verità!” La voce rabbiosa di Rómenna si levò da terra, insieme al suo corpo scosso ed emaciato. “Dicci solo ciò che vogliamo sapere e ti lasceremo qui, in buona compagnia…” Tauriel accennò a Grima con disprezzo, per poi tornare a fissare lo Stregone Bianco.”Non è nostra intenzione infierire sui vinti.”

Saruman sogghignava, avendo ormai indovinato il tradimento di Rómenna e ricollegandolo alla Nandor dinnanzi a lui.
“Ebbene è così. La figlia si appresta a spodestare il padre, come egli fece con la madre…”-“Come del resto il fedele servitore si appresta ad abbandonare il proprio Signore, nella speranza di fuggire prima che i Rohirrim giungano qui. Posso aiutarti in questo e lo sai…”

Vermilinguo nel frattempo tentava inutilmente di liberarsi dalla morsa dei freddi pugnali di Tauriel, annaspando.
“Mio Signore non dar loro ascolto! Le femmine sono infide, velenose e incorruttibili! Eówyn non si è fatta piegare da nulla…avessi avuto la sua complicità, come desideravo ardentemente, Theoden sarebbe caduto senz’alcun dubbio…ma ci vendicheremo sui loro amici…su Gondor! Non potrà resistere a lungo…”

Saruman rivolse uno sguardo di pena al suo fido, prendendo a scendere i pochi gradini verso lui e Tauriel con fare solenne.

“Avresti desiderato ben altro che la sua complicità, Verme…ma perché non mi si accomuni a te, non prolungherò il martirio di queste due sventurate…mie fanciulle, abbiate quindi il conforto di sapere che l’Unico non sarà mai vostro, poiché anche se gli Hobbit sono riusciti a sfuggirmi, sarà stato sottratto loro dai miei Orchi, non v’è dubbio…e probabilmente sarà ormai perduto. Ma se davvero non posso impadronirmene più e se davvero devo perire in questa torre, ché almeno io abbia la consolazione d’averti annientata, superba figlia di Númenor!”

Rómenna, sorretta alla parete spigolosa dietro di sé, era rimasta colpita da quella notizia che non sapeva come interpretare, oltre che delusa dalla resa di Saruman. Era infatti consapevole di non poterlo più usare per penetrare le maglie di Sauron, come aveva sperato. Invece Tauriel gioiva tra sé al pensiero che i reali piani della Compagnia non erano stati svelati e che essa perdurava ancora, in qualche modo…

Alle ultime parole di Saruman, prima che Tauriel potesse realizzare cosa stesse accadendo, Rómenna le si era gettata addosso, più veloce di lei…e l’elfo temette l’irreparabile, un suo ripensamento o peggio…
Ma quando le braccia della fanciulla nera le si chiusero sopra avvertì una vibrazione improvvisa e le parve che il suo corpo si sfaldasse sotto la sua pelle…per poi ricomporsi dolorosamente in un attimo.
 
Tauriel si liberò da quell’abbraccio, voltandosi di scatto solo per scoprire di trovarsi in una pianura brulla e nuda che si spingeva fin dove poteva vedere, oltre la sagoma ansimante di Rómenna…la quale non cadde a terra per poco, sorretta dall’elfo…

“Mia dolce amica…Tauriel...non avrei dovuto farlo…egli potrebbe avermi individuata…e allora gettare nuovamente il Palantír nel Nenuial sarà stato inutile…forse sa già che l’Unico non è nelle mani di Saruman…forse sa già che sua figlia è una traditrice…”

Rómenna sussurrava impercettibilmente, sfinita, mentre Tauriel l’osservava, indecisa sul da farsi. Poi subito realizzò che si trovavano nell’Estfalda, nella terra dei Signori dei Cavalli.
“Non affaticarti oltre Rómenna. La tua parte umana deve averne risentito enormemente. Tuttavia, non appena potrai camminare di nuovo, dovremo raggiungere Edoras… dobbiamo assolutamente avvertirli, avvertire Gondor e sperare nell’antica e sacra amicizia che legava questi due nobili regni…anche se ormai inizio a credere che non vi sia più nulla di sacro.”

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Capitolo 37
*** Miraggi ***


La piana erbosa che si stendeva davanti a Tauriel e Rómenna era avvolta dal bagliore dorato ed allegro del sole, eppure le due proseguivano in silenzio, svelte, camminando a fianco ma seguitando a voltarsi, non osando confessare l’una all’altra il timore che qualcuno le seguisse da lontano...

Di tanto in tanto, piccole mandrie di cavalli allo stato brado facevano la loro comparsa, correndo liberi e maestosi come solo i destrieri dei Signori di Cavalli potevano esserlo. Quando però Tauriel e Rómenna si venivano a trovare troppo vicine agli animali, questi sembravano innervosirsi, scalpitando via in nuvole di polvere e ciuffi d’erba.

“Tauriel, credo fuggano a causa mia. Non devo essere un’ottima compagna di viaggio per te, a ben vedere. E dubito che accoglieranno due vagabonde dalle vesti lacere a Edoras. Non me, almeno…”

L’elfo femmina rallentò il passo e volse l’azzurro cangiante dei suoi occhi alla Númenoreana, mentre un’espressione interdetta sul suo viso confermava a quest’ultima il suo dubbio.

“Rómenna, se non vuoi esporti al pericolo di rivelare la tua identità potrei sempre farmi avanti io per prima. Ovviamente farei in modo di parlare in disparte con Legolas ed avvertirlo, con cautela, della tua presenza…”-“E rovinare così tutto il suo operato presso la Compagnia, che di certo lo stima e lo apprezza per il suo contributo…finirebbero per scoprire la verità e non posso permettermi di rovinarlo. Non così.”

Per un attimo i lineamenti di Rómenna si erano scomposti in una sorta di broncio infantile e Tauriel volse altrove lo sguardo, scostando le volute rosse che si agitavano sulle sue guance sorridenti.

“Ammiro la tua ferma volontà di non danneggiare il mio mellon. Il tuo intento è davvero molto nobile, ma non pensi che dovrebbe decidere lui se rinnegarti oppure no? Ho sperimentato sulla mia pelle come lasciarsi guidare da ciò che si crede giusto possa ritardare, se non ostacolare del tutto la felicità…”

Tauriel s’interruppe, ricordando come aveva tentato di respingere Kili in passato, spaventata dalla stranezza e dalla follia di quel legame, temendo ripercussioni su di lui, prima ancora che su sé stessa. L’astio di Fili l’aveva indotta a credere di doversi fare da parte, per non creare a Kili dissidi col fratello maggiore, con la sua gente…
 
“In te c’è la grazia degli Eldar e io non potrò mai aspirare a tanta saggezza e purezza…”-Rómenna aveva ripreso a camminare, come appesantita all’improvviso, strascicando quasi i piedi e sbuffando lievemente-“Sebbene mio padre fosse in principio uno dei Maiar, ben poco o nulla di quella grazia è rimasto ormai…ricordo che quando le mie origini mi furono rivelate in un primo momento tentai di soffocare il dolore che provavo, sapendo ormai di cosa ero frutto e soprattutto di chi…”

Erano giunte in vista degli Ered Nimrais e le loro cime innevate sembravano puntellare il cielo sgombro di nubi, sotto il quale si ergeva distante quella che doveva essere senz’altro Edoras, solitaria e imponente, abbarbicata tra le aspre rocce.

“Rómenna, devi pur comprendere che non puoi incolparti di nulla che preceda la tua nascita…e nemmeno di ciò che è accaduto dopo. Ma puoi perdonarti adesso, lasciandoti alle spalle ogni ambizione meschina e ogni rivalità…”

Tauriel si morse la lingua prima di terminare la frase. Aveva notato infatti che nonostante i raggi luminosi attorno a loro aumentava lentamente il pallore innaturale che aleggiava sul volto della Númenoreana, in netto contrasto col nero delle sue vesti e dei suoi capelli scarmigliati. Per un breve istante all’elfo femmina parve che un’ombra sinistra attraversasse, non vista, quella pianura rigogliosa…

“Che intendi dire? Quale rivalità dovrei mai avere nei tuoi confronti ormai? Non v’è alcuna ragione per essere in competizione.”

La sua compagna si rallegrò del fatto che Rómenna avesse attribuito le sue parole ad altro…e non all’esistenza di un erede legittimo per il trono ch’ella aveva desiderato così a lungo. Erede che probabilmente si trovava esattamente dov’erano dirette, che fosse ancora sotto le mentite spoglie di un Ramingo o meno. Mentre però Tauriel rifletteva così, un gran vociare giunse alle sue orecchie, sebbene ancora distante, ed ella seppe che gli eserciti rientravano vittoriosi a Edoras.

“Laggiù! Guarda! Tornano senz’altro dal Fosso di Helm! Se affrettiamo il passo riusciremo ad arrivare prima che siano tutti storditi dalle grandi bevute che certamente avranno luogo stasera!”

Gli stendardi sventolavano lontani e Tauriel, felice, desiderò potersi unire ai festeggiamenti e riabbracciare Legolas, rivedere Gandalf, conoscere gli altri membri della Compagnia, farsi accettare da loro, aiutarli…

“Sarebbe forse meglio giungere tardi, invece. Rifletti Tauriel, potremmo sgattaiolare nella fortezza mentre tutti sono distratti dalla baldoria e dai canti, evitando un’apparizione improvvisa, in mezzo a tutti. Non desidero davvero guastare il sapore del trionfo ad Aragorn, erede di Elendil.”

Le labbra di Tauriel schioccarono per la sorpresa, mentre lanciava sguardi perplessi a Rómenna e al picco di Rohan.

“Tu sapevi! Perché mai mi hai fatto credere di esserne all’oscuro? Speravi di poterne approfittare in qualche modo…forse credevi che sapendo di avere maggiori informazioni di te sarei stata fin troppo sicura di me, finendo per tradirmi? Devi ancora conoscermi, questo è evidente…ma non ti permetterò di portare scompiglio a Rohan, né a Gondor…”-“Hai il mio massimo rispetto per la tua sagacia ed intelligenza Tauriel, davvero. Ma non voglio discutere ancora di inganni, segreti e complotti…sappi perciò che non è mia intenzione impormi alla mia gente come Regina. Ma se mai mi paleserò loro, dando il diritto ad ognuno di scegliere liberamente tra me e Aragorn…ebbene a che varrebbe. Ormai la mia gente non parla nemmeno più la mia lingua! Mi additerebbero come una mostruosità, non riconoscendo la mia discendenza diretta, in quanto figlia di colui che sta portando morte e disperazione sulle loro terre…sono certa che i miei sudditi opteranno per uccidermi seduta stante nei Cortili del Re, o peggio ancora nella pubblica piazza di Minas Tirith, con la soddisfazione e il sollievo di tutti i presenti.”

Il cappuccio grigio del mantello di Loríen era scosso dalla lieve brezza e Tauriel se lo calò sul rosso capo, abbassando il mento e allungando una mano verso Rómenna, per poi lasciarla ricadere lungo il fianco.

“E’ ben poca consolazione, per un reame perduto insieme alle proprie radici e alla propria identità…ma sappi che in me hai trovato una valida amica e che non lascerò che il peso di ciò che sei ti schiacci… così come non ho lasciato che il peso di ciò che comportava amare un Naug schiacciasse il mio legame con Kili…”-“Potrei restituirtelo, ma questo lo sai già. Certo, ciò comporterebbe per me dover tornare da lui, tornare ad essere sua figlia a tutti gli effetti…oltre che condannare anche te…e Kili insieme a noi. E questo non posso permetterlo, perché anch’io ti sono amica.”

Le due si sorrisero con stima, riprendendo la marcia, mentre Tauriel cercava di reprimere i pensieri oscuri che erano nati in lei quando Rómenna aveva scartato a priori la possibilità di far ritornare Kili…

“Non posso aver riguadagnato alla luce questa sventurata creatura per poi volerla gettare di nuovo in quelle stesse tenebre! Anzi, peggio ancora… accarezzare l’idea di raggiungerla nella sua passata miseria, condannando così anche colui che amo! Per quale motivo poi?! A causa dell’impazienza e dell’incoscienza! Costei sembra capace di molti prodigi invero, ma devo essere grata che non possa penetrare nei miei pensieri come Dama Galadriel, altrimenti sarebbe andato già tutto perduto…”
 
 
Dopo molto camminare Tauriel e Rómenna giunsero infine alle pendici della sommità sulla quale si ergeva la capitale di Rohan, quando ormai il crepuscolo era al suo culmine ben oltre i candidi Ered Nimrais.
Ma ancora più candida parve loro in quella luce la figura che ad un tratto si levò sotto le stelle ancora semi invisibili. Quella fanciulla dai capelli color dell’ambra era uscita dal grande palazzo in tutta fretta, per poi fermarsi sull’alta gradinata adombrata, portandosi le braccia al petto, come fosse in affanno per un qualche misterioso motivo…ma sia a Tauriel che a Rómenna parve che quell’agitazione fosse di gioia e non di preoccupazione. Una gioia che la fanciulla ambrata non sembrava poter contenere…
Nacque allora in entrambe il desiderio di poter parlare con quella mortale, poiché avvertivano in lei qualcosa che le accomunava...
Rimasero quindi ad osservare Éowyn voltarsi ad un richiamo all’interno della fortezza, per poi svanire tra le luci di quella che sembrava una grande festa, chiudendo gli scuri portoni alle sue spalle.
 
 
Quando Tauriel e Rómenna ebbero scalato il colle, la sera era ormai scesa da tempo ed esse si appiattirono contro la palizzata che si ergeva ai limiti della città, tendendo l’orecchio allo sghignazzare delle guardie e scambiandosi occhiate complici nel buio, quando anche quel mormorio confuso si spense.
Le due allora presero a scavalcare l’alta parete di legno, aiutandosi a vicenda, quando Rómenna, a piedi scalzi, ancora affaticata dal duello con Saruman e dalla lunga marcia, scivolò bruscamente emettendo un flebile grido mentre precipitava all’indietro, nell’abisso alle loro spalle…
Subito Tauriel lasciò la presa, senza nemmeno realizzare cosa stesse realmente facendo, gettandosi nel vuoto insieme a Rómenna e spalancando ancora di più gli occhi terrorizzati…
La bestia alata che le aveva trasportate a Isengard infatti era apparsa improvvisamente sotto di loro…facendole atterrare sul suo dorso squamoso, l’essere si proiettò velocemente in avanti, dando a mala pena loro il tempo di aggrapparsi, sfrecciando quindi verso Sud-Est...










Il titolo si riferisce al miraggio di Edoras, che per le due compagne di viaggio rimane tale (insieme ad Eowyn sulla gradinata), dato che non riusciranno ad entrare nella città. Altro miraggio è per Eowyn il suo amore per Aragorn (quando dopo la vittoria al Fosso di Helm ancora crede di poter essere ricambiata). Infine è anche un miraggio la possibilità di riabbracciare Legolas, sia per Tauriel che per Romenna. Chiedo scusa per la diminuzione della frequenza con cui pubblico i capitoli (e in questo caso mi scuso anche per la brevità) ma ultimamente gli impegni si sono triplicati e il tempo libero a disposizione è diventato davvero insufficiente. Spero di poter tornare presto a scrivere con più libertà. Grazie e un salutone a tutti! 

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Capitolo 38
*** Oltre la Fortezza delle Stelle ***


Un brusco spostamento d’aria frustò Tauriel e Rómenna, stordite dalla velocità alla quale viaggiavano ormai da tempo. Le due, gli occhi socchiusi, riuscivano a malapena a distinguere i contorni dell’Anórien sotto di loro, serrando le unghie contro le scaglie con dita tremanti, sperando in cuor loro di non aver indovinato la loro méta…

Ma quando la bianca e possente Minas Tirith apparve nella notte, con le fiere mura che rimandavano alla luna i suoi bagliori lattei, entrambe seppero di essere perdute. Eppure Rómenna non poté fare a meno di sorridere, poiché finalmente le era concesso di ammirare i Giardini del Re e l’Albero Bianco; tanto odiato da suo padre al punto che egli l’aveva fatto bruciare a Númenor, senza sapere che Isildur era riuscito a sottrarre un ramo e a ripiantarlo nella Terra di Mezzo. La figlia di Sauron, in quella fugace visione della sua città -la stessa città che suo padre voleva radere al suolo- si detestò per aver permesso che la solitudine e il rancore le avessero fatto desiderare la distruzione di una tale meraviglia. E pensò che la sua gente dormiva ancora serena sotto quei candidi tetti e che il Sovrintendente vegliava invece, probabilmente, attendendo un Re- o una  Regina- o forse sperando non tornasse mai più…

Anche Tauriel sorrideva alla vista della bella città, ma la sua espressione era di rimpianto e amarezza, poiché sapeva che quelle alte mura sarebbero crollate, così come le maestose mura di Gondolin e del Doriath e del Nargothrond…e chissà, come un giorno sarebbe successo anche alle profonde Aule di Bosco Atro. Tauriel aveva creduto di non provare nostalgia di casa, ma la consapevolezza che la sua terra, che Arda stessa era ormai in grave pericolo, le instillò il bisogno di rivedere i luoghi in cui era cresciuta. L’elfo allora immaginò che quel silenzio di pace che regnava a Minas Tirith, così come a Bosco Atro, sarebbe stato spezzato da strida e lamenti...presto, molto prima di quanto i suoi ignari amici immaginassero. Ma a lei non era dato far nulla per impedirlo, non avrebbe potuto lottare insieme a loro, non avrebbe potuto sperare di cadere con loro sul campo di battaglia. Forse sarebbe morta sola, in una terra nemica, ignorata da tutti, ma almeno non sarebbe morta da spia…

Mentre le due si voltavano ancora verso Minas Tirith, ecco che lo sfacelo di Osgiliath si presentò all’improvviso ai loro occhi, lasciando stupefatti quelli di Tauriel, per nulla sorpresi invece quelli di Rómenna. La fortezza delle stelle non avrebbe più catturato il loro luccichio per rallegrare la vista dei suoi abitanti, ormai fuggiti via, abbandonandola in balìa dell’Ombra.
E Tauriel si rattristò molto a quel pensiero, confrontando lo splendore a cui aveva assistito poco prima con quelle rovine pericolanti. Osgiliath, mutilata già dal corso dell’Anduin che la tagliava in due, mostrava molte ferite aperte e fumanti al cielo. Mentre pattuglie di guardia degli Orchi formicolavano qua e là tra la macerie, nere ombre si nascondevano sulla sponda ad est, oltre la quale si intravedevano ormai le sagome incombenti degli Ephel Dúath, i monti che dividevano Gondor da Mordor.

“Ci inghiottirà! Mordor ci divorerà Rómenna! Ci prosciugherà di tutti i nostri segreti e della nostra volontà di vivere! Ti supplico, portaci via! Fallo finché puoi!”
Le grida disperate di Tauriel, seppur vicinissima a Rómenna aggrappata accanto a lei, si perdevano, confuse, nell’aria. ”Non posso! Non ne ho le forze…siamo nel Suo regno ormai…siamo sue!”

Le due non riuscivano a guardarsi in viso, avviluppate com’erano in un turbine fulvo e corvino al tempo stesso. Ma sapevano entrambe che espressione fosse impressa nei lineamenti dell’altra, allo scorgere l’intenso bagliore verdastro che saliva e avvampava dai pilastri appuntiti di una strana torre…

Ritta nelle tenebre era infatti Minas Morgul. Il suo aspetto superbo e tetro era del tutto sconosciuto a Tauriel ed ella, finalmente libera dai viluppi dei capelli, vide la stessa cupa luce verdeggiare negli occhi di Rómenna, intenta a guatare la fortezza con familiarità e disgusto al tempo stesso.

“E’ me che vuole! Non posso trascinarti con me in questo inferno…”-“Dimentichi che vuole anche me perché sono amica della Compagnia! E la colpa non è più tua…non piangere…non tutto è perduto!

Ma lacrime di frustrazione rigavano le guance di Rómenna, all’abbassarsi della bestia, la quale finalmente rallentava la sua folle volata, planando sopra il ponte che conduceva all’ingresso di quella che un tempo era stata Minas Ithil, la Torre della Luna...
Luna che appariva ora offuscata dai possenti pinnacoli che la sfidavano e che torreggiavano sulle due compagne, confuse e disorientate. Ed esse si ritrovarono a stringersi a vicenda le mani mentre in un attimo l’enorme e nero portone si spalancava, rilasciando un nugolo di goblin che si avventarono su di loro trascinandole giù dal dorso della belva, la quale si rialzò in volo…

Tauriel allora allungò le mani ai pugnali e prese a battersi con foga. Infatti, nonostante si fosse resa conto del loro numero eccessivo e nonostante avesse catturato uno sguardo arrendevole di Rómenna, non intendeva arrendersi senza lottare. Non l’aveva fatto ad Erebor, quando tutto sembrava ormai segnato, non l’avrebbe fatto nemmeno allora.
L’elfo, svelta, sottrasse la fanciulla in nero a quelle mani rapaci, per poi spingerla dietro di sé, come a volerla proteggere, prendendo a scagliare i suoi pugnali tutt’attorno, tranciando braccia e teste. Gli orchetti, terrorizzati da quella furia e dalle lame elfiche scintillanti e micidiali, si facevano avanti in pochi, incerti, ammassandosi così verso il loro capitano alle loro spalle. Questi, orrendamente sfregiato, gli occhi enormi e iniettati di sangue, ché sembrava volessero esplodere, li incitava.

“Luride carcasse maleodoranti! Volete farvi decimare prima del tempo?! Abbiamo una città da assediare e voi vi fate intimidire da due femmine! Non toccate la fanciulla in nero! Fate largo, lasciate a me!”

L’idea di essere sfiorata da quell’abominio che si reggeva a stento su due gambe macilente fece rabbrividire Rómenna, la quale prese a recitare formule in una lingua che le creature attorno a lei sembravano comprendere. Tauriel si disse che doveva essere la lingua nera. Ed infatti gli orchetti iniziarono a gridare, appena Rómenna con enorme sforzo prese a colpire l’aria attorno a sé, senza nemmeno sfiorarli, mandando una manciata di goblin a sfracellarsi contro un muro, per poi gridare forte anch’ella ed immobilizzarsi. 

“Basta! Non continuare o sarai del tutto in suo potere!”-“Lo sono già…lo sono sempre stata! Ma voglio usare ciò che mi resta…ciò che mi resta di quello che il signore dei doni mi ha donato e che ora si riprende indietro, per farti fuggire…” Tauriel, sulla difensiva, teneva i pugnali alti davanti a sé, osservando la fronte imperlata di sudore di Rómenna, il fiato grosso e accelerato…
”Non ti abbandono qui! Non l’avrà vinta lui! Non un’altra volta!” L’elfo aveva appena finito di pronunciare queste parole che gli occhi della Númenoreana ruotarono all’indietro lasciando intravedere solo il bianco. Mentre un tremore la scuoteva, l’orda attorno ne approfittò e le si gettò finalmente addosso, incurante delle grida di sfida di Tauriel la quale riprese, inutilmente, a menare fendenti. Infine però fu accerchiata anch’ella da ghigni di scherno e braccia rudi e violente l’afferrarono mentre ancora si dimenava, strappandole le armi e sollevandola in alto…
 
Quando il pesante portone si era richiuso alle loro spalle, rimbombando orribilmente nelle sue orecchie insieme al latrato degli orchetti, Tauriel aveva preso a singhiozzare di rabbia. Poi aveva ricominciato a contorcersi e a gettare occhiate azzurre e sgomente attorno a sé, scorrendo le aguzze incisioni che rivestivano le pareti di quel luogo di morte, le statue sfigurate, le belle forme d’un tempo deturpate e sostituite da strani simboli, occhi ovunque, forme geometriche impossibili che calavano dal nero soffitto, sormontando corridoi apparentemente infiniti…

Tauriel credette di perdere il senno, sbattendo le palpebre alla luce innaturale che emanava dai focolari negli angoli bui e voltando il collo indietro verso Rómenna, trasportata di peso, riversa sui suoi rapitori, inerte…
Poi un vasto salone apparve come dal nulla tra quegli intricati spazi. Ed esso rivelò un ambiente senza finestre, senza seggi, senza null’altro se non complicati intarsi neri che attraversavano il pavimento come tante radici, conducendo ad una piccola voragine al centro della sala, dalla quale saliva la stessa luminescenza verdastra, quasi ne fosse il centro di irradiazione di tutta la fortezza...
Poco prima di questa, gli Orchi lasciarono ricadere malamente a terra Tauriel, insieme con Rómenna, la quale teneva adesso gli occhi chiusi ma respirava ancora in modo pesante, mentre la fiumana scura si allontanava in tutta fretta nel buio alle loro spalle, come per un timore improvviso…
E Tauriel, rimessasi in piedi, non dovette attendere a lungo per scoprirne la causa, poiché una sagoma a lei familiare, con sua somma incredulità e terrore, ascese lentamente dalla tonda voragine. Ammantato di nero, con l’appuntita corona metallica in capo e il nero del volto inesistente oltre la maschera dai lineamenti spaventosi, il Re Stregone di Angmar sorgeva dinnanzi a lei...

Poco o nulla Tauriel sapeva di questo potente signore dei Númenoreani, corrotto da uno degli anelli del potere di Sauron e costretto in eterno ad essere il suo luogotenente, il più perfido e il più abile nelle arti nere.
Egli parve abbassare lo scuro capo verso la figura di Rómenna scompostamente distesa a terra, non distante da Tauriel. L’aspetto deferente di quel mostro la colpì.

“Certo, egli la considera pur sempre la legittima Regina della perduta Númenor, vittima degli inganni dei nemici. Non farà dunque nulla d’irreparabile. Quantomeno, non a lei…”

Sotto gli occhi sconcertati della sua avversaria, il Nazgûl la ignorò e si avvicinò invece a Rómenna. Egli allungò quindi una mano guantata di metallo verso il basso, rilasciando un verso profondo che agghiacciò Tauriel, per poi voltarsi di scatto verso di lei, con la finta bocca nera spalancata, così come le braccia…

“Hai osato rapire la nostra suprema Signora, insulso elfo femmina! Speravi invano di pervertire la sua mente, povera illusa! Adesso assaggerai l’ospitalità di Minas Morgul!”

A quella voce roca e sibilante, subito Tauriel prese ad indietreggiare, portandosi nuovamente le mani alla cintola e alla schiena solo per ricordarsi troppo tardi d’aver perduto sia i pugnali che l’arco, entrambi del resto completamente inutili, in quel momento.

“Non ho rapito nessuno! Ella mi ha condotto con sé, di sua spontanea volontà…e non sono stata di certo io a pervertire la sua mente! Ma se devo battermi esigo un’arma appropriata!”

“Credi davvero che ti concederei di nuovo l’onore di duellare con me? Ho eseguito i Suoi ordini, per metterti alla prova, ma stavolta Ella non potrà proteggerti, sciocca! Al suo risveglio avrà dimenticato tutte le illusioni con cui l’hai traviata e sarà di nuovo la mia Regina!”
 
La risata cupa e maligna del Re Stregone si levò inaspettata mentre questi si avvicinava velocissimo a Tauriel. In quella, la voce debole di Rómenna ruppe la tensione…

“Adûnazair! Bâ kitabdahî!”*

L’alta figura si fermò di colpo a quel richiamo, volgendosi alla sua padrona, lentamente. Tauriel allora osservò le due figure nere, una di fronte a l’altra, indecisa sul da farsi, ascoltandoli conversare in quella lingua incomprensibile, piena di suoni aspri e secchi, che un tempo dovevano essere stati dolci e musicali. Osservava le labbra scarlatte della sua compagna muoversi e contrarsi, ma pur non comprendendo le loro parole l’elfo intuiva che la discussione si andava animando sempre di più… e solo in quel momento si accorse della mazza chiodata che pendeva da un fianco del Nazgûl, dondolando impercettibilmente sotto i suoi occhi…
 
 
 
 
 





*Adûnazair: Beneamato dell’Ovest (Adûn:Ovest, Zair: Amato) vero nome (ipotetico) del Re Stregone di Angmar. Ovviamente il nome ha connotazione positiva, essendo egli nato tra potenti signori dei Nûmenoreani, per poi diventare un servo di Sauron e insidiarsi ad Angmar come Re Stregone dopo la “Caduta”, attaccando il reame gemello di Gondor, Arnor.
*Bâ kitabdahî: “Non toccarla”. Esempi di Adûnaico vengono forniti da alcuni studiosi delle lingue di Tolkien.
 
Che dire, spero di aver consultato le fonti giuste e non aver sbagliato. Come sempre, grazie per la pazienza, un saluto a tutti!
 
 

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Capitolo 39
*** Mancata redenzione ***


 
I sensi elfici di Tauriel erano tesi nello sforzo di non emettere alcun suono, ma le sembrava che il rumore del suo stesso respiro riecheggiasse in quella buia sala, mentre propositi di fuga folleggiavano nella sua mente…

Lo sguardo di rimprovero di Rómenna a quel punto la colse, ed ella si disse che era fin troppo evidente come costei fosse la più anziana tra le due. Strinse i pugni contro i fianchi, digrignando i denti e sentendosi impotente come poche altre volte prima d’allora. La voce del Nazgûl però si fece più imperiosa, assumendo un tono interrogativo diretto a Rómenna, ripetendo quella che a Tauriel sembrava una domanda perentoria, che non ammetteva tentennamenti. Le due amiche allora si fissarono, combattute. Poi Rómenna abbassando il capo diede una risposta breve e secca. Lo Spettro allora s’inginocchiò ai piedi della fanciulla nera e con gran stupore di Tauriel le afferrò le mani portandosele sul capo, poco sopra l’elmo forcuto, in quella che a l’elfo parve una dimostrazione di lealtà. Poi, voltatosi di scatto verso Tauriel, il Re Stregone sembrò ricordarsi della sua presenza e urlò un ordine furioso alle loro spalle. A quel grido la marmaglia che le aveva condotte sin lì riapparve sotto le volte in penombra scagliandosi su Tauriel, la quale rinunciò a dibattersi stavolta, lasciandosi ricadere in quello scuro gorgo scalciante…

Regina Rómenna! L’alba di cui rechi il nome presto sarà eclissata e con essa anche tu eclisserai, portando con te l’onta di ciò a cui hai preso parte!”

Tauriel riuscì ad intercettare l’espressione affranta sul volto della Regina di Minas Morgul e si chiese se anche stavolta ella non stesse fingendo, costretta dalla situazione, o se la stesse invece umiliando con la sua pietà…
Il fetore degli Orchi occludeva le narici di Tauriel, mentre la strattonavano da ogni parte, facendo quasi a gara per chi dovesse averne il privilegio, trascinandola giù per ampie e contorte gradinate, senza darle nemmeno il tempo di memorizzare il percorso…

Quando infine una squallida sequela di celle si presentò agli occhi di Tauriel, la cosa che la colpì più di tutto il marciume che vi regnava, insieme alle croste che divoravano le pareti color terra, fu la totale mancanza di luce. Quei pochi bagliori che riusciva a distinguere le rivelavano i volti emaciati dei prigionieri che udiva gemere e singhiozzare attorno a sé. Probabilmente alcuni erano Elfi come lei, altri Uomini, altri ancora Nani. Tutti in possesso di qualcosa di prezioso o di qualche preziosa informazione, oppure perché no…tenuti lì per il solo diletto di quell’accozzaglia di dannati Orchi. Questi, trattenendola dinnanzi ad un buio loculo, fecero per perquisirla, ma Tauriel si divincolò, portandosi inconsapevolmente la mano alla spilla a forma di foglia, dono di Galadriel. Il capo degli Orchi allora ne fu subito attratto, fissando due occhi di fuoco su Tauriel e intimandole di consegnare subito il gioiello. L’elfo stava per ribellarsi a quel comando, ma i volti spaventati degli altri carcerati e i loro cenni di diniego la dissuasero. Con amarezza staccò bruscamente la spilla dal mantello, gettandola a terra, ai piedi del suo aguzzino.

La disperazione adesso era più che mai concreta per Tauriel, la quale non si accorse neppure che le aprivano davanti le grate della sua prigione, per poi scaraventarvela dentro violentemente, sbattendo le sbarre alle sue spalle. Ella cercò di attutire il duro e il gelo del pavimento contro le sue ossa tramortite. Ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a rialzarsi e avvolgersi nel caldo mantello di Lórien fu tutto ciò che riuscì a fare, stringendoselo addosso come l’ultimo resto di ciò che di buono aveva conosciuto nella sua vita.

“Sono perduta! Mai più dunque respirerò l’aria…la vera aria…?! E’ questo ciò che Kili deve aver provato quando lo catturai e lo gettai in prigione?! No, non può essere stato così…nei suoi occhi lessi subito una tale determinazione…la volontà di non farsi piegare dalla prigionia… Kili sapeva che la sua cerca non era, non poteva essere conclusa con un fallimento, poiché era giusta e sacra agli occhi dei Valar, così come lo è la mia!” Tauriel si rannicchiò ancora di più, non osando guardarsi attorno, stringendo forte le palpebre e portandosi le mani al petto. “Mio vero amore, tu che sei al cospetto di Manwë, ti supplico, intercedi presso di lui per me! Mia unica luce, eri solito chiamarmi…ma qui non c’è luce che io possa emanare, tale da squarciare quest’incubo! Perciò ti supplico, soccorrimi!”

Un tempo infinito riempì quel vuoto in cui sembravano cadere le sue preghiere silenziose, per quelle che a Tauriel sembrarono settimane e che invece erano giorni. Di tanto in tanto, i lamenti dei prigionieri venivano zittiti dallo schioccare di una frusta e a Tauriel era impossibile comunicare con loro, pur volendolo. A terra, immobile, non si illudeva all’idea di poter dormire o anche solo riposare o mangiare la brodaglia nera che le allungavano oltre le sbarre.
 
Quando però ad un tratto s’udì una cacofonia di corni da guerra, Tauriel parve riscuotersi. Mille domande presero ad assillare la sua mente, mentre i passi dei carcerieri si allontanavano. Ella non poteva sapere che molte sale sopra la sua testa il Re Stregone si congedava dalla sua Regina prima di partire per Gondor…

“Il momento a cui tendeva tutto il mio essere è finalmente giunto. Non sarò più costretto a strisciare nelle oscurità senza forma, privo di un appiglio concreto a questa realtà ch’io voglio invece dominare!”

Rómenna fissava un punto indistinto dinnanzi a sé, immobile, non più disturbata da quella voce così innaturale. Il respiro gelido e vicinissimo di Adûnazair la investiva di tanto in tanto, ma la fanciulla sembrava impassibile.

“Credi davvero che il Nostro Sire ti restituirà il tuo antico aspetto? Riappropriandosi dell’Unico, egli dovrà pur riprendere il suo sembiante, questo è vero. Ma ciò non toglie che non possiamo sapere se egli vorrà restituirlo anche a te e ai tuoi fidi.” Il nero pece del volto senza lineamenti davanti a lei sembrò infittirsi ancora di più ed ella si sentì come perforare da qualcosa...

I miei fidi…! Sai bene che io più di tutti loro ho rimpianto la vita, eppure proprio per questo sono stato il più fedele e il più valente. Se sarò io a riportargli ciò che desidera, non dubito che il Nostro Sire saprà ricompensarmi adeguatamente. Dopo che gli avrò reso un tale servigio Egli non mi negherà nulla…”

Una torcia ardeva tra di loro e il Re Stregone parve scostarsi dalla tenue luce che questa emanava, per poi allungare una mano guantata di metallo, dalle dita appuntite, verso il volto di Rómenna…
 
˚˚˚
 
Tauriel tremò quando l’intera torre parve scuotersi fin nelle sue fondamenta, mentre udiva il rumore pesante e assordante dei cancelli che si spalancavano, seguiti dallo scalpitare di cavalli e bestie…  
Passata la confusione, Tauriel rilasciò le mani dalle orecchie, sollevando la testa quel poco che bastava per osservare l’ambiente spoglio e umido attorno a sé. La sua cella era più piccola di quanto non avesse creduto e le immagini delle ampie vallate che aveva percorso, a piedi o a cavallo, le si conficcarono nella mente, facendola sospirare, per poi riabbassare il volto verso terra…
In quella udì un fruscio lieve avvicinarsi e per un momento si augurò fosse la morte stessa, venuta a prendersela contro il tempo, contro la sua stessa natura…la figura oltre le sbarre era indistinta e Tauriel-esausta e provata-ebbe un moto di incredulità.

“Kili, sei qui? Giungi infine da me…così come io venni da te quella sera, quando languivi in prigione e io ti riportai la speranza? Se non tu, che sia allora un emissario di Mandos…”-“Non tormentarti oltre, sono Rómenna, sono colei che sicuramente odi…”-“Tu!”

Un debole raggio che calava dall’alto colpì il fulvo capo di Tauriel mentre si faceva avanti. Ella notò le pallide dita di Rómenna che si congiungevano sulla sua bocca, intimando il silenzio.
”Tauriel, se ti sta a cuore conoscere la verità ti converrà non svegliare gli altri, non credi? Posso modulare la mia voce affinché solo tu possa udirmi, ma la tua deve rimanere bassa, altrimenti ci scopriranno. Ho rinviato il più possibile il tuo interrogatorio, ma dubito che Adûnazair pazienterà ancora, nonostante l’abbia persuaso che una lunga prigionia ti renderà più docile e pronta a svelarci tutto…”-“Svelarvi tutto? Perché invece non mi sveli ciò che hai davvero in animo? Ciò che vi siete detti mentre io assistevo, impotente…e soprattutto perché continui a chiamare costui con quel nome? Sono sfinita e prossima al collasso…devo sapere se posso fidarmi di te, una volta per tutte, o sento che la mia mente vacillerà definitivamente…”

Rómenna si soffermò sulle guance leggermente incavate di Tauriel, sondando quindi il blu fondo dei suoi occhi, reso ora algido dalla cattività.
”Come avrei potuto sperare di battere il Signore di Minas Morgul, soprattutto qui, con la sua armata al completo? Egli mi è devoto e mi ha creduta quando gli ho dato a intendere d’averti catturata in quanto membro segreto della Compagnia, in possesso di importanti dettagli su di essa…”-“No, tu mi hai venduta! Io ho riposto la mia buonafede in te, come fece Legolas, convinta d’averti mostrato ciò che stavi diventando e ciò che invece potevi essere…la delusione che provo nei tuoi riguardi non rappresenta neppure la metà di quella che dovresti provare verso te stessa…”-“Sei sconvolta e annebbiata, per questo non voglio dare ascolto alle tue parole. Io dovevo renderti un ostaggio appetibile ai suoi occhi, altrimenti ti avrebbe dilaniata senza esitare, finendo per scoprire, dalla mia reazione, che i suoi dubbi erano veritieri e che io non ero più dalla sua parte.”

Le mani tremanti di Tauriel strinsero le sbarre scivolose, mentre le sopracciglia le si contraevano e un’espressione dispiaciuta si dipingeva sui suoi lineamenti stanchi. Prese quindi a sussurrare, riacquistando un minimo di calma.

”Perdonami…ho perso la cognizione di ogni cosa qui…ho creduto d’impazzire…hai agito per il meglio, ingannandoli e mostrandoti ancora fedele. Anche se temo sarai smascherata prestissimo, vicine come siamo all’Oscuro Signore, egli ti chiamerà senz’altro al suo cospetto, a Barad-dûr, dove nessuna delle tue dissimulazioni potrà vincere colui che è maestro di menzogna per eccellenza. A quel punto saremo entrambe spacciate, ma almeno forse avremo guadagnato tempo per la Compagnia…”-“Non voglio chiederti quale sia il loro vero obiettivo, poiché se ciò che dici si avverasse, non desidero conoscere nulla che rischierei di rivelare…sappi però che ho un punto di forza che il mio signore, mio padre, non immagina neppure...”
Il baluginio negli occhi di Rómenna parve intensificarsi mentre poggiava anch’ella le mani esangui sulle sbarre, sfiorando quelle di Tauriel.

”Mi hai chiesto di Adûnazair, ebbene, egli discende da un nobile Sire della mia Elenna*, il cui nome è ormai dimenticato, in quanto parte di quei Númenoreani Neri che si schierarono con mio padre durante l’Akallabêth, offrendo sacrifici umani a Melkor. Costoro, seppur reietti, sopravvissero alla Caduta solo grazie alla sopravvivenza di alcuni dei loro eredi. Adûnazair era uno di essi e crebbe nel nuovo reame di Arnor, sotto mentite spoglie, privo come me di qualsiasi sostentamento materiale. Così infatti lo conobbi, smagrito, col volto scavato, a tratti violaceo, tanto scuro negli occhi, grandi e prominenti, quanto nei capelli. Egli era, poco più che un ragazzo, pieno di rancore com’ero io un tempo…un rancore che non sapeva verso chi o cosa indirizzare, dato che suo padre, come il mio, era stato artefice del disastro che lo aveva portato a mendicare per ciò che un tempo era stato suo di diritto. Certamente ci sarà stato chi avrà detto al ragazzo che Elendil non poteva provvedere per tutti i suoi sudditi, uno ad uno, ma che avrebbe potuto tentare di ottenere la sua protezione. Ma, come ebbe a dirmi in seguito, Adûnazair sapeva bene che una volta scoperte le sue origini, nessuno l’avrebbe aiutato, anche se avesse fatto mostra di volersi redimere! Intenzione questa che egli serbava in cuore…”

Rómenna assunse un’aria pensosa e il silenzio di tomba nelle segrete parve cristallizzarsi del tutto.”Ricordo chiaramente d’averlo incrociato per via un giorno, furibondo, mentre invocava la maledizione di Morgoth sulla nostra gente. Lo provocai, dicendogli che includeva sé stesso in quelle imprecazioni avventate, ma lui mi sorrise in modo strano.
E allora mi parve, scioccamente, di aver trovato uno spirito a me affine, ed egli altrettanto. Pur non sapendo chi fossi infatti, prese a seguirmi dappertutto, per i campi, tra i boschi…voleva servirmi diceva, riverirmi….finché non crescemmo e un giorno in cui l’autunno rosseggiava attorno a noi catturammo un uccellino caduto da un ramo…e lui me lo mostrò, agonizzante nel suo palmo, che non aveva voluto aprire fino all’ultimo, nonostante lo supplicassi, stringendogli il viso tra le mani…” Le labbra di Tauriel si schiusero in quel momento, temendo il resto.”Ed egli sollevò su di me due occhi grigi come e più delle mura della nostra città, lasciando ricadere il piccolo cadavere ai nostri piedi per poi afferrarmi per i fianchi e baciarmi…”

Le due amiche si fissarono brevemente. Lo sguardo di Tauriel era angosciato.”Rómenna, hai dunque mentito anche su questo quando ci siamo conosciute? Mi dicesti che Legolas fu l'unico che tu abbia mai amato…”-“Ed è così! Egli premette a lungo le sue labbra gelide sulle mie, stringendomi con dita rapaci...ma io lo respinsi nonostante la sua bellezza, nonostante l’apparente somiglianza tra di noi, poiché avvertivo qualcosa di indecifrabile in lui e quella crudeltà a sangue freddo mi aveva colpita nel profondo. Mi giustificai affermando che secondo le leggi di Númenor ci saremmo dovuti fidanzare per almeno un anno, per poi sposarci, col benestare del Re.
La smorfia di condiscendenza che egli m’indirizzò la interpretai come un personale rifiuto ad imporsi su di me. Probabilmente per un residuo d’orgoglio, egli esigeva che io mi dessi a lui di mia spontanea volontà, piuttosto che a forza, su un letto di foglie secche…ad ogni modo, di ritorno, io mi rinchiusi nella misera casa che condividevo con la mia madre adottiva, non uscendo più, per tema d’incrociarlo.
Ma quando di lì a poco Almaida morì e la mia continua giovinezza fu evidente, fui costretta a fuggire, come già ti dissi. Non so come e quando Adûnazair fu raggiunto da mio padre, irretito e avvinto dalle sue lusinghe, le quali lo spinsero come me lontano dagli Elendili.
Certo è che una volta caduto e divenuto uno Spettro dell’Anello, egli fu messo a parte della mia identità, gioendone. Per conto di Sauron allora fondò il Regno di Angmar, una landa impenetrabile e ancora più lugubre e opprimente di questo luogo, la cui capitale, Carn Dûm, fu il centro dal quale la sua perfidia emanò per tutto il Nord, contrastando il reame di Arnor. Mio padre allora non era ancora del tutto tornato e la sua forza non era al suo apice. Il Re Stregone di Angmar però era già il suo luogotenente. E per suo conto a lungo mi cercò, devastando Annúminas e Fornost, fin quando, pur sconfitto e messo in fuga, non mi trovò. Infatti, quando il Palantír giunse nelle mie mani e mio padre mi prese sotto la sua ala, nascondendomi nelle forre settentrionali, lì fui costretta ad incontrare di nuovo il mio antico compagno...”

Un sospiro sfuggì a Rómenna mentre distoglieva lo sguardo che Tauriel invece cercava di trattenere nel suo.
”Perché mai non me ne hai parlato prima? Una quantità di segreti e cose non dette aleggia tra di noi…forse pensavi che ti avrei giudicata, che ti avrei ricattata…hai continuato a travisare la mia personalità per tutto questo tempo…così come io ho fatto con la tua…”-“Pensavo che non era necessario macchiarmi ancora di più ai tuoi occhi.” Un’espressione di solidarietà attraversò il volto di Tauriel, mentre Rómenna, triste, proseguiva il suo racconto.

”Da allora, io temetti e disprezzai i modi alteri e ossequiosi di colui che chiami Re Stregone…la sua bellezza acerba era infatti svanita, divorata dalla brama per l’anello del potere di mio padre, unica cosa a cui aspira il suo animo corrotto apparte me…e il mio trono. Infatti Adû, com’ero solita chiamarlo quando ancora condividevamo l’umanità, ha sempre taciuto a questo proposito, ma sospetto che mio padre abbia sempre saputo. Mi chiedo perfino se non sappia che in questo stesso momento il suo schiavo medita di ottenere sua figlia come ricompensa per il ritrovamento dell’Unico Anello, insieme al trono, ovviamente. Il mio nero pretendente vorrebbe convincermi che unendo i nostri poteri e facendoci avanti insieme Sauron sarà più propenso a concedermi ciò che mi ha promesso, poiché egli, come hai detto tu stessa, è maestro di menzogne e potrebbe ritirare la sua parola, lasciandomi nuovamente diseredata.”
Tauriel scrutò attentamente il volto ansioso di Rómenna, iniziando a comprendere quanto forte doveva essere stata la tentazione. Un’improvvisa inquietudine allora la invase.

“E se tu non riuscissi a intralciare a sufficienza il Re Stregone? Se egli si accorgesse che fingi di condividere le sue brame? Se mandasse un messo per farmi prelevare e gettare nella camera delle torture stanotte stessa? Se la guerra contro Gondor dovesse concludersi a loro favore…?”-“Questi stessi interrogativi assillano anche me. Adûnazair è alla testa delle sue armate, l’assedio è già iniziato, ma non ne conosco ancora le sorti. Ti farei uscire adesso, ma egli ha lasciato me quale custode di Minas Morgul, perciò sarebbe pura follia smascherarmi così agli occhi di mio padre mentre siamo nel suo Regno, tradendo così apertamente.”-“Allora almeno allenta le sbarre della mia cella con un sortilegio dei tuoi! Così che io possa fuggire, per poi tornare a salvarti. Ma ti supplico, qualora il Re Stregone dovesse tornare vittorioso, non cedere ai suoi deliri d’onnipotenza! Egli non ti ama, ciò che ama è possedere e pervertire…questo tienilo bene a mente, insieme al bianco viso di Legolas…così come io custodisco il visetto scuro di Kili in me, come monito di speranza.” Le due si sorrisero a lungo, stringendosi le mani tra le sbarre e sperando di non doversi pentire del loro ottimismo.
 
 
 
 
 





*Elenna: nome Quenya di Númenor
*La mancata redenzione si riferisce al Re Stregone. Avrebbe potuto schierarsi con gli Elendili infatti. Ma, a causa del suo orgoglio, preferisce continuare sprofondare insieme a Sauron, dato che suo padre prima di lui si era ormai macchiato.
*C'è da chiedersi se Sauron non sapesse dell'attrazione di Adunazair per sua figlia e se non l'abbia scelto anche per questo motivo, per assicurarsene ancora di più l'obbedienza. -
Chiedo scusa per il lasso di tempo trascorso dall’ultimo capitolo (una settimana abbondante purtroppo). Ammetto che il passato del Re Stregone e i suoi rapporti con Rómenna sono stati un’idea successiva, ma spero di non aver fatto troppa confusione inserendoli. Grazie come sempre per la pazienza e un salutone a tutti i lettori!

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Capitolo 40
*** Al Morannon ***


 
Le pallide fiamme delle torce iniziavano a venir meno, mentre Rómenna ripeteva per l’ennesima volta gli incantesimi che avrebbero dovuto liberare Tauriel e che invece non sembravano sortire alcun effetto sulla serratura e sulle sbarre della cella.

Tauriel implorava Rómenna di sottrarre le chiavi ai guardiani, sonnecchianti in un orrido cumulo alla fine del corridoio delle prigioni, ma la fanciulla, testarda, seguitava a tentare nuove formule, ottenendo solo di sfiancarsi sempre più. Frattanto, il torpore che sembrava essere sceso sugli altri prigionieri si dileguò ed alcuni iniziarono a sussurrare tra di loro, sgranando gli occhi a quella strana vista. Tauriel sbuffò spazientita, prendendo a bisbigliare in maniera concitata…

“Non otterrai nulla così! I tuoi poteri sono compromessi ormai, non sprecare le tue energie solo per orgoglio! A quest’ora l’assedio di Gondor sarà ormai al suo culmine e quindi ogni minuto passato qui ci espone sempre di più al pericolo, possibile che tu non te ne renda conto?! ”

Ma Rómenna sembrava non ascoltarla. Tauriel allora, disperata, lanciava sguardi preoccupati ai suoi compagni di sventura, tentando di mantenerli calmi. La fanciulla in nero intanto non riusciva a capacitarsi dell’inutilità di tutte le arti oscure che aveva appreso in quei lunghi anni di solitudine.

“Deve esserci un modo per impadronirmi di nuovo della mia forza! Non posso dipendere completamente e irrimediabilmente da mio padre! E’ essenziale che io lo sconfigga in questo duello mentale… se non riesco nemmeno a fare evadere Tauriel da Minas Morgul come posso aspirare a riprendermi ciò che è mio?!”

Mentre l’ultima sbarra si piegava piano sotto i suoi occhi determinati, si udì distintamente un gran vociare giungere da l’esterno. Rómenna allora seppe che era la ritirata delle armate di Mordor e che il Re Stregone di Angmar non vi avrebbe più rimesso piede.

“Adû non è più. Strano, dovrei provare solo gioia e un senso di liberazione…invece tutto ciò che sento è pena per quella povera creatura corrotta e persa per sempre.”

La figlia di Sauron socchiuse gli occhi, Tauriel invece si aggrappò bruscamente alle sbarre della cella, con l’intento di terminare l’opera della sua compagna…quando ad un tratto scorse sul viso di lei una strana espressione che le fece intuire l’esito della battaglia di Minas Tirith.
Il sorriso di vittoria dell’elfo però fu guastato dall’irrompere di un gruppo di Orchi feriti e macilenti, tutti in ritirata dall’assedio fallito e costretti perciò a cercare rifugio nelle profondità delle segrete.
Una voce autoritaria allora si levò forte, richiamando l’attenzione di tutti a forza di quelli che a Tauriel parvero grugniti. A quel punto Rómenna, sotto gli occhi sconvolti dell’amica, si costrinse a passare per la stretta feritoia metallica, calandosi maggiormente il largo cappuccio sulla testa e augurandosi che gli Orchi non ricordassero di aver rinchiuso una sola prigioniera in quella cella...
In quel momento, lo stesso Orco dallo sguardo di fuoco che aveva sottratto la spilla di Lórien a Tauriel, si era fatto avanti in mezzo agli altri.

“Feccia schifosa! Silenzio! O finirò di mozzarvi le ultime mani e gli ultimi piedi che vi rimangono! Non siamo qui per nasconderci e leccarci le ferite! Gli ultimi ordini sono stati chiari: portare con noi tutti i prigionieri superstiti per usarli come carne da macello. Non è detto che ci sarà un ultimo scontro, ma in tal caso, se avremo fortuna, i nemici non oseranno fare del male ai loro simili incatenati. E se così non fosse… ci divertiremo lo stesso!”

Di nuovo Tauriel fu costretta a dover indovinare dai lineamenti terrorizzati di Rómenna quale fosse il destino che le attendeva. Il cappuccio nero infatti si scuoteva con fare negativo, mentre ogni prigione veniva spalancata e quelli che un tempo erano stati Uomini venivano trascinati fuori a forza, incatenati uno a l’altro per i piedi e costretti contro il muro. Quando fu il turno di Tauriel e Rómenna, l’Orco dagli occhi di fuoco non poté accorgersi dell’inganno, poiché lasciò al suo vice l’incarico di passare in rassegna le fila di quel ben misero esercito di derelitti. Le due furono quindi costrette ad unirsi a quella triste schiera, faticando a rimanere abbastanza vicine da non perdersi di vista in mezzo al trambusto…



Lunghe furono le marce a cui vennero sottoposte, notte e giorno, tra i fumi e i miasmi di Mordor, incapaci anche solo di pensare, tanta era la loro stanchezza e disperazione. Non era infatti concesso loro di dormire più di poche ore, né di parlare tra loro. Le labbra di entrambe allora si inaridirono per l’acqua putrida che veniva data loro, i capelli corvini e fulvi si aggrovigliarono sulle loro spalle, i loro visi si scurirono, gli abiti neri e grigi si strapparono fino alle carni…ed infine il loro aspetto fu del tutto irriconoscibile.


Un mattino, la loro armata giunse in vista di un’ampia e lunga depressione nel terreno, circondata dai cosiddetti “Denti”, le slanciate torri sentinelle di cui Tauriel aveva solo sentito parlare e che le apparvero ancora più inquietanti di quanto avesse creduto, illuminate da mille fuochi all’interno.

“Ecco l’Udûn, l’inferno. Ed in fondo ad attenderci è il Morannon, il Nero Cancello…l’ultima cosa che vedremo, probabilmente. Alla prima occasione mi rivolterò contro il mio stesso plotone. Qualsiasi cosa accada, morirò con dignità, dimenticata da tutti forse, ma certa di aver tentato di fare il possibile per proteggerli! Kili, amore mio, non potrò mantenere la mia promessa, così come tu non hai potuto mantenere la tua...ma così saremo stati entrambi degli illusi, dei sognatori...e sapere questo mi basta.”

Tauriel sospirò forte, mentre innumerevoli compagnie di Orchi giungevano da ogni direzione per unirsi alle schiere accampate nella scura vallata dinnanzi a lei. Il bagliore lontano del Monte Fato riluceva nell'azzurro scoraggiato di Tauriel, la quale si chiedeva se il Portatore dell’Anello potesse scorgere anche lui quella vetta malefica e salvifica al tempo stesso...
L’elfo si volse verso Rómenna, stesa a poca distanza da lei, tra i bivacchi dell’armata degli Orchi. Tauriel, oltre che infastidita dal fatto di essere sempre sorvegliata, era dolorante per le pesanti catene che iniziavano a lasciare i segni sui polsi e sulle caviglie…

“Io non morirò così!”

Quel grido maschile-che sembrava provenire dalla sua stessa mente-squarciò l’aurora imminente, alla penombra della quale lei e Rómenna videro un Uomo dalle vesti lacere alzarsi di scatto, come impazzito. Dopo aver lanciato quella sorta di sfida, questi prese subito a correre a casaccio, trascinando con sé buona parte di coloro che erano a lui avvinti…finendo così per condannare sé stesso e gli altri, venendo bersagliato insieme a loro dagli arcieri appostati tutt’attorno.

“Alla malora questi dannati Uomini! Il nostro già piccolo manipolo sembra essersi decisamente ridotto…ma pazienza! Ci accontenteremo di questi pochi cadaveri ambulanti che-chissà-potrebbero anche tornarci utili come ostaggi! Potremmo ricavarne un buon riscatto…liberateli dalle catene comuni, così che possano correre al segnale! Ma teneteli nelle retrovie!”

Rómenna, mentre le sollevavano anche troppo la nera gonna per liberarle le caviglie, considerò attentamente quelle parole. Si chiese se suo padre sapesse… e soprattutto se sapesse a cosa la stava mandando in contro, non intervenendo. Si disse però che nella concitazione del momento, dopo la disfatta a Minas Tirith, i pensieri di Sauron dovevano essere lontani anni luce dalla figlia, semplice burattino nelle sue mani e mai del tutto parte dei suoi piani. Ella si chiese quindi se una volta annientato l’Oscuro Signore non sarebbe stata annientata anche lei, in quanto parte della sua Essenza, come l'Unico, eppure in maniera diversa…

Tauriel, impossibilitata a comprendere la Lingua Nera dell’Orco che aveva parlato, tentava di trattenere lo scatto di rabbia che aveva generato in lei la scena di poco prima. Nonostante tutte le battaglie combattute infatti, veder morire così tanti Uomini, in un modo così barbaro, l’aveva lasciata sgomenta. Iniziava a chiedersi però se non fosse davvero meglio seguire l’esempio di quel folle, piuttosto che servire da sollazzo per gli Orchi, o peggio da esca da riscattare a chissà quale vile prezzo. Ad un tratto un boato immenso proveniente dal Morannon annunciò che esso veniva finalmente aperto, sospinto da entrambi i lati da un enorme troll…

“E’ il momento…sento che Legolas e gli altri sono là fuori…restiamo vicine!”

Tauriel riuscì appena a sussurrare in Sindarin a Rómenna, prima di venire zittita da un colpo di frusta che schioccò a poca distanza dai suoi stivali logori. Nel frattempo, file apparentemente infinite di Orchi avanzavano verso il Nero Cancello, dal quale ormai si intravedeva un esercito imponente. Il frastuono dei corni da guerra e delle armature che cozzavano in marcia era insopportabile e quando Tauriel e Rómenna furono sospinte in avanti sembrò loro di non toccare quasi il suolo. Più si avvicinavano e più la calca si gonfiava, ristretta com’era entro il Morannon…

“E’lui! Tauriel, avevi ragione! Lui è vivo ed è qui!”

La voce roca di Rómenna, di poco avanti rispetto a Tauriel, raggiunse a malapena l’elfo, stordita dopo essere stata colpita dalla carica di alcuni goblin che ripiegavano vigliaccamente. Senza accorgersi di tutto questo, Rómenna si dimenò nella folla, ancora sconvolta da quella visione dorata che le era balenata davanti a tratti, tra le nere lance. Il suo cuore e il suo respiro l’avevano tradita quando aveva intravisto Legolas, alto e magnifico tra i primi delle file avversarie. L'osservava a stento battersi con foga e passione, il suo bel viso chiaro, per nulla contratto dallo sforzo…

Tauriel intanto aveva afferrato uno spadone che pendeva vicino alla carcassa di un Orco iniziando a mulinarlo attorno a sé, seppur con estrema difficoltà. Digrignando le mascelle, Tauriel si difendeva strenuamente, scansando i grovigli rossi dal viso sporco e allargando quanto più possibile le braccia costrette dalle catene per colpire i suoi avversari.
In quella, vaghe immagini confuse presero a scorrere nella sua mente, mostrandole sé stessa su un Colle ghiacciato, mentre combatteva fino allo stremo, altrettanto disperata…
L’elfo ad un tratto si accorse con orrore che una figura nera e incappucciata si faceva largo incoscientemente, come a voler raggiungere l’avanguardia, disarmata. E in un attimo Tauriel seppe che Rómenna andava incontro a Legolas…

“Voglio combattere al suo fianco, voglio aiutarlo, mostrargli come sono veramente…ma più di tutto voglio stringerlo di nuovo a me!”

I pensieri di Rómenna si accavallavano uno all'altro, mentre schivava i colpi che di tanto in tanto sferzavano l'aria attorno a lei. Si spinse quindi a fatica oltre la linea difensiva, dalla quale fu rigettata al centro del campo di battaglia. Il clangore delle spade e degli scudi attorno a lei l’assordava, ma la fanciulla, immobile, fissava l’elfo che amava incoccare una freccia dopo l’altra. Correndo verso di lui, Rómenna sollevò le braccia stanche e fece per scostare il largo cappuccio dal viso. Col fiato grosso e un sorriso ancora nascente, intravide appena l’arco di Legolas girarsi bruscamente nella sua traiettoria, per poi scattare indifferente verso un'altra vittima…

Un fischio e un dolore improvviso al collo, fu tutto ciò che Rómenna riuscì a realizzare, prima di stramazzare al suolo nella polvere sollevata da sé stessa e dai soldati. Incapace di emettere alcun suono, la principessa illegittima di Gondor si contorceva tra la sua gente, del tutto ignara di lei.
Trattenendo inutilmente con le mani incatenate i fiotti scarlatti che zampillavano dalla sua gola, Rómenna dal basso vedeva lottare i suoi simili, fieri e coraggiosi. In pochi istanti, pensò che finalmente era tra di loro, pensò a suo padre e a ciò che aveva significato essere sua figlia, pensò a sua madre, alla regina Míriel, perdonandola e chiedendole perdono a sua volta. Pensò ad Almaida, sicura che mai l’avrebbe rivista...pura com’era stata quella creatura, ella non poteva sperare di raggiungerla. Infine, pensò a l’unica volta in cui era stata davvero felice…

“Legolas! Mi hai risparmiato la sofferenza di assistere alla tua delusione e alla tua repulsione verso di me…mi hai salvata dalla rovina del Grande Occhio, poiché la sua, la mia disfatta, è imminente. Ti amo ancora di più per questo!”

Il verde intenso degli occhi di Rómenna avvampò un’ultima volta insieme al Monte Fato, prima che da questo emanasse un boato. Ella intravide allora l'Occhio di Sauron spalancarsi per l'ultima volta, come se si fosse accorto infine della presenza della figlia agonizzante sul campo di battaglia. La fanciulla dell'Ovest allora sorrise, per poi iniziare a disgregarsi lentamente, fino a ridursi ad un’ombra di ciò che era stata.
 
 







-A volte nelle storie di Tolkien viene descritto di come effettivamente gli Orchi avessero l’abitudine di portarsi un gruppo di prigionieri durante le battaglie, per usarli come scudo, come ostaggi per avere un riscatto e simili.

-Il percorso dell’armata è interno a Mordor, il che presuppone che da Minas Morgul siano passate per Cirith Ungol, oppure più avanti per Cirith Gorgor. Per non essere troppo ripetitiva però ho preferito non descrivere il primo passo (quello scelto da Frodo e Sam) ed evitare di dilungarmi nell’attraversamento del secondo, più distante.

-Il timore di Rómenna di spegnersi insieme all’Occhio di Sauron non è del tutto infondato, essendo lei parte della sua essenza come l’Anello, anche se in modo diverso. Per questo ho deciso di tenere la causa della sua morte un po’ misteriosa, collocandola a metà tra la freccia di Legolas (involontaria) e la distruzione dell’Anello e di Sauron. Un ultimo incontro tra Rómenna e Legolas era impossibile per ovvi motivi, ma volevo che lei almeno lo rivedesse un’ultima volta. Un dettaglio che ho notato, tra l’altro (e che mi ha convinta a creare la loro storia d’amore) è che Tolkien non ha mai creato una relazione tra un elfo maschio e una Donna, o comunque una mortale.

-Dato che ho ricevuto alcune osservazioni contrastanti sul linguaggio da me usato, ho impiegato un po’ più di tempo per curare meglio quest’ultimo capitolo. Ho cercando di alleggerirlo quanto più possibile, senza però mettere da parte il sentore “epico/fantasy” (per dirla in maniera proprio ridicola, insomma, ehehe). Mi è stato anche detto di essermi dilungata troppo sulla trama. Anche se la morte di Rómenna purtroppo (almeno per me) era prevista da tempo, in quanto inevitabile, ho voluto anticiparla leggermente. Momento, maniera e luogo però erano gli stessi.
Detto questo, come sempre, mando un salutone a tutti!

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Capitolo 41
*** Vittorie e disfatte ***


 
Quando la terra prese a scuotersi sotto i piedi di Tauriel, la furia dei combattimenti diminuì di colpo ed innumerevoli teste ornate di elmi si voltarono all’unisono verso il getto di fuoco che sgorgava da Monte Fato.
A Tauriel in quel momento parve che la montagna stesse per implodere su sé stessa e dopo aver scansato un debole attacco, affondando la lama nel ventre dell’ultimo nemico, si arrestò, aguzzando la sua vista elfica...

Barad-dûr capitolava. Sotto i suoi occhi, l’immensa torre nera, ormai spenta, si accartocciava su sé stessa, rovinando rumorosamente sulle masse informi che, fuoriuscendo a fiotti, invano tentavano di sfuggire alla sua caduta.

Il bianco del sorriso di Tauriel si aprì sul suo volto macchiato ed ella gettò lo spadone lontano da sé, ridendo, dimentica delle sue catene. Fu allora che ciò che a lei sembrò un terremoto percosse nuovamente il suolo sottostante, aprendo profonde e improvvise voragini tutt’attorno a lei, inghiottendo così la retroguardia rimasta presso il Morannon.
L’elfo femmina, fin troppo vicina a quegli abissi che le si spalancavano dinnanzi, si voltò di scatto, prendendo a correre nella direzione opposta, verso il punto in cui si era diretta Rómenna. Ma più si spingeva in avanti tra la folla atterrita, più le sembrava di sprofondare, così che quando un burrone si allargò sotto di lei non lasciandole scampo, il vuoto d’aria della caduta le serrò il fiato in una morsa…
Tauriel precipitò nel buio, stordita dal rimbombare delle sue stesse grida e di quelle di molte altre creature terrorizzate…
 


Il silenzio perfetto che regnava in quell’abisso fu rotto dal verso delle Aquile di Thorondor, o almeno così parve a Tauriel la quale, supina, gli occhi semichiusi, credette di avere una visione scorgendole in volo, altissime e maestose.

“Abbiamo vinto! E queste devono essere le Aquile di Kili. Quelle che salvarono lui e i suoi compagni dai Mannari, stando ai suoi folli racconti…esse vengono di nuovo in soccorso di una giusta causa, mandati dai Valar forse…ma nessuna di loro scenderà in quest’orrido buco per salvarmi. Ormai non conto più nulla...ammesso che io abbia mai contato qualcosa.”

Il terriccio scuro che le ricopriva parzialmente il viso la costrinse a tossire, trattenendosi il busto indolenzito. Si sforzò di ricacciare indietro le lacrime di rabbia che iniziavano ad affiorarle negli occhi serrati, incolpandosi per quei pensieri disfattisti, finché un sonno invincibile la colse…
 
L’elfo si risvegliò bruscamente a notte fonda, avvertendo un contatto caldo sulla pelle. Impiegò alcuni istanti confusi prima di realizzare che si trattava solo di pioggia…una pioggia anomala però, poiché gli scrosci sembravano emettere strani vapori, come se contenessero qualche strana sostanza…

“I liquami e i fumi di Mordor che si disperdono…questa terra è stata avvelenata così a lungo che adesso che il suo tiranno è scomparso ella si ribella…eppure, anche se libera, rimane una terra maledetta…ed io devo abbandonarla subito.”

Mentre rifletteva così, Tauriel si sollevò proteggendosi con un braccio, scostando la vista dai cadaveri attorno a lei e sorreggendosi in piedi, seppur stentatamente, fino ad appoggiarsi alla parete terrosa. Lì, appiattendosi per evitare l’insalubre pioggia, iniziò a cercare un appiglio per risalire il burrone. Quando finalmente trovò alcuni massi nascosti nelle neri pareti, il crepuscolo aveva già iniziato a stendersi nel cielo ormai sgombro di nubi sopra di lei.Prese quindi ad arrampicarsi, rallentata dalle catene ai polsi e dagli smottamenti frequenti.
Dopo ore interminabili in cui le stelle furono le sue sole compagne in quello sforzo immane e solitario, Tauriel risalì finalmente in superficie. Sfinita e ansimante, si sollevò oltre il bordo del dirupo, lasciandosi ricadere stancamente al suolo, non osando osservare il luogo dal quale era appena risalita, conscia di non poterne sopportare la vista…

“Rómenna! Legolas!”

Le prime parole che riuscì ad articolare furono per i suoi amici, che andava cercando con lo sguardo speranzoso nel campo di battaglia desolato e sterminato che si stendeva davanti a lei, in un accozzaglia indistinta di Orchi, Umani, Elfi, Troll e Goblin. Doveva essere trascorso più tempo di quanto credesse dalla fine della battaglia, poiché non vi era nessuno a cercare i sopravvissuti, né barelle, né tende.

“Mellon! Rómenna! Rispondetemi! Sono Tauriel…sono qui…!”

La voce provata dell’elfo riecheggiava inutilmente nella valle, mentr’ella scrutava i visi emaciati dei morti e tratteneva il respiro per l’orrido olezzo della putrefazione.
In quella, scorse un fagotto nero adagiato scompostamente a terra, in una pozza rappresa di sangue, una lunga ciocca ondulata e nera che sfuggiva da un largo cappuccio…
 
Tauriel udì sé stessa gridare dall’orrore, mentre si dirigeva verso l’amica, inginocchiandosi su di lei, solo per scoprire il suo bel volto esangue, fin troppo bianco, prosciugato dalla vita, le labbra scarlatte ancora semischiuse, come in un’ultima parola...
Ed ella pianse la morte di Rómenna, poiché oltre alla perdita di quella creatura a cui aveva imparato a voler bene, Tauriel vide in quella morte la morte di un sogno, la morte di un’amore…
Decise che avrebbe riportato il suo corpo a colui che adesso, dopo la vittoria insperata, finalmente era libero di chiedersi cosa ne fosse stato di loro due…

“Tu e Legolas starete di nuovo insieme…te lo prometto. Io e te usciremo da questo inferno sulla terra che è Mordor, per non tornarci mai più…ti porterò a Minas Tirith, che ammiravi tanto… e lì starai di nuovo con il tuo popolo e nessuno ti caccerà più…amica mia…”
 
 
Il viaggio verso Gondor fu sfiancante, persino con l’ausilio del carretto da guerra che Tauriel aveva trovato sul campo di battaglia e che aveva utilizzato per trasportare Rómenna. Prima di issarla sul carro, Tauriel aveva dovuto scagliare ripetutamente i polsi su un masso, contraendo i bei lineamenti ad ogni contraccolpo, finché la catena non era saltata, lasciandole però i polsi avvinti. L’elfo si ripromise di non disfarsi mai di quei tristi ricordi, come monito di cosa aveva significato per lei quell’avventura, probabilmente l’ultima della sua vita…
 
Quando dopo alcuni giorni di cammino-e ben poco da mangiare-finalmente le bianche mura apparvero all’orizzonte, Tauriel si rallegrò, raddoppiando la velocità dell’andatura, nonostante il peso. A sera, giunta che fu presso le porte di Minas Tirith, levò alta la voce intravedendo gli arcieri di guardia incoccare. Allora Tauriel si dichiarò superstite della Battaglia del Pelennor, amica di Legolas e di Gandalf. Quando le chiesero di chi fosse la ”carcassa” che trasportava, Tauriel rispose trattarsi di una valorosa guerriera venuta da lontano. Fortunatamente per lei le guardie cedettero alla sua espressione accorata e al suo aspetto, più eloquente di mille parole, lasciandola entrare nella città semideserta, avvolta dal buio della notte. Subito Tauriel fu colpita dall’eleganza e la grazia della capitale, meravigliosa in ogni sua stradina, vicolo o statua. L’elfo allora, ad un cenno delle guardie, si fermò sulla piazza antistante i cancelli, rilasciando il carro e guardandosi attorno stupita.

“Tauriel! Sei davvero tu…la felicità di rivederti m’annebbia la vista…!”

Un elfo biondo che Tauriel riconobbe a stento le corse incontro da una gradinata, riccamente abbigliato, sorridente e sollevato, fermandosi ad un passo da lei che lo guardava interdetta, quasi vergognosa…

“Credevo di averti mandata a morire al Nord! Impazzivo all’idea di non avere  tue, sue notizie…senza potermi distogliere dal mio compito presso la Compagnia per raggiungervi, per aiutarvi…ma…che ti è dunque accaduto? Vedo che per la mia stoltezza hai dovuto pagare un caro prezzo…”

Nel viso di Legolas era dipinto chiaro il bisogno d’abbracciarla, nonostante il sudiciume di cui era ricoperta e Tauriel stessa, incapace di parlare, si spinse verso di lui che la accolse tra le sue braccia, teneramente…

“Abbiamo vinto Tauriel! L’Ombra se n’è andata per sempre! Oh, come ho avvertito la tua mancanza prima di questo momento…ma sapevo che di te potevo fidarmi, che saresti tornata, che saresti sopravvissuta a qualsiasi cosa! Ti condurrò dalla Regina Arwen, siamo amici d’immemore data ed ella mi ha parlato del vostro incontro…sa tutto e manterrà il mio segreto…sono sicuro che provvederà per un bagno caldo e per tutto ciò di cui avrai bisogno…”

Tauriel si rallegrò al sentire che Arwen aveva infine ottenuto ciò che il suo cuore desiderava, sposando l’erede di Isildur e divenendo quindi Regina…ma tremò al pensiero dell’inevitabile domanda che Legolas sembrava non volerle porre, lanciando occhiate nervose all’involto nero sul carro alle loro spalle…

“Legolas, sono così felice di rivederti che non riesco nemmeno a formulare un concetto sensato…io ti sono grata per la fiducia che hai continuato a nutrire in me e avrei voluto davvero sdebitarmi per ciò che hai fatto per me tanti anni fa, ma…”-“L’hai trovata vero?”

Il cielo notturno nello sguardo di Tauriel si scurì e si offuscò, mentre le sue labbra si aprivano e si richiudevano da sole, impercettibilmente. Ella era rimasta colpita dall’espressione ansiosa di Legolas, il blu fondo dei suoi occhi dilatato dall’attesa, i tratti gentili tesi…

“La bella Rómenna…la fanciulla incosciente che ti ho mandato a cercare…l’hai trovata e l’hai salvata da quell’oggetto diabolico…l’hai salvata da sé stessa, qualsiasi cosa l’affliggesse…tutto questo te lo leggo in viso…ma una domanda sola mi resta: perché non l’hai condotta da me…?”

La voce chiara di Legolas, il suo tono solitamente cristallino si andava incrinando, contro la sua volontà. Ed egli represse un singhiozzo, fulmineo…

“Mellon, ciò che hai detto è vero. Ella era infatti vittima d’inganni…ciononostante non ti ha ingannato sui suoi sentimenti. A lungo abbiamo viaggiato insieme, io e lei, per raggiungerti, non riuscendovi mai…ottenendo solo di farci rapire e condurre a Minas Morgul, dove poi fummo reclutate per lo scontro al Morannon…sappi soltanto che Rómenna ti amava e che…che è morta…cercandoti in mezzo alla battaglia!”

Le parole di Tauriel erano scaturite con tanta veemenza che Legolas impiegò qualche attimo prima di recepirle appieno. Nel momento in cui lo fece, la sua amica lo vide come sgretolarsi davanti a lei. Come colpito da qualcosa dall’interno, Legolas si piegò su sé stesso, lasciando ricadere i capelli dorati sul viso, fino a coprirlo quasi del tutto.

“E’ lei…è lei quella forma martoriata sul carro…! L’hai riportata da me, hai mantenuto la parola data! Oh Tauriel, io invece sono uno spergiuro…! Poiché avevo giurato al vento di Bosco Atro che avrei amato solo te! Che mai avrei amato nessun’altra, mai! E adesso che sei qui, viva, accanto a me…e invece quel corpo giace immobile…! Ed è il mio amore! Rómenna!”

Legolas si avvicinò, quasi timoroso, scostando piano le falde del cappuccio ormai a brandelli, il quale rivelò alla luce della luna i lineamenti aggraziati e inespressivi della fanciulla di Númenor, che non era più. La putredine iniziava ad intaccare la sua pelle liscia, ma la sua bellezza stranamente ne era ancora più risaltata. I suoi occhi-che Tauriel non aveva avuto la forza di chiudere- non emanavano più quel bagliore verde innaturale che aveva tramortito Legolas quella notte…la notte in cui lui e Rómenna si erano amati…

Legolas scacciò quelle immagini di lei sorridente, la sua espressione innocente e innamorata…tutto ciò che si erano detti, tutto ciò che era accaduto in quelle poche ore di sessant’anni prima gli appariva ora atroce…

“Tu sei stata colpita come me, amica mia…io non sapevo come consolarti su quel colle...ero smarrito...ma tu che sai cos’è la perdita…dimmi...come posso liberarmi da questo veleno che sento propagarsi in me? Come?!”

Tauriel si rattristò udendo la richiesta, la supplica di Legolas, poggiandogli una mano sulla spalla dapprima, il capo poi. Ella aveva preferito non rivelare al suo mellon la vera identità di colei che amava per non turbarlo ulteriormente, conscia del fatto che non sarebbe servito a nulla ormai…

“Ricordala. Ma non rimpiangerla mai…non permettere che ciò che è stato si corrompa. Tienila con te finché vorrai…ma la terra la reclama, è inevitabile.”

Lacrime calme solcavano le guance pallide di Legolas, mentre questi accarezzava il dorso della mano di Rómenna, ancora incatenata.

”Devo prima liberarla da queste…una grande sofferenza l’accompagnava in vita e percepivo che non era libera…ma almeno adesso voglio che lo sia, per sempre.”

Quella notte stessa, Legolas e Tauriel, in un capanno ai confini della città, composero il corpo di Rómenna, vestendola d’un abito dalle ampie maniche color smeraldo e cospargendola di profumi. Ogni cosa fu sottratta dalla reggia col consenso dell’affranta Regina Arwen.
E simile ad una regina apparve Rómenna, infine, al suo amante e alla sua amica, i quali la deposero in una delle innumerevoli fosse scavate di fresco per i caduti della grande battaglia. I ricordasempre che Legolas lasciò cadere nella sua tomba finirono sul grembo di Rómenna ed egli si voltò verso Tauriel, come rapito da un pensiero improvviso.

“C’è forse qualcos’altro che devo sapere?” Tauriel lo fissò a lungo.”Ella ha forse lasciato qualcosa…di mio?”

La domanda di Legolas la commosse profondamente ed ella scosse a malapena il capo in un cenno di diniego, ricordando di come aveva sperato di aver concepito da Kili…

“Tauriel, io non pronuncerò mai più il suo nome, poiché mi è troppo doloroso. Ora lasciami un momento da solo con lei…voglio dirle quello che non ha mai saputo…”-“Ti sbagli, lo sapeva.” Tauriel sorrise mestamente al suo amico e si allontanò dal cimitero fiocamente illuminato…
 



Alcuni giorno dopo, sulle mura della bianca fortezza, Tauriel si avvicinò a Gimli, emozionata e imbarazzata, torcendosi le dita e pensando a qualcosa di appropriato da dire…

“E tu devi essere l’elfo femmina di cui mi ha parlato Legolas, seppur con molto mistero e con frasi vaghe lasciate a metà…beh, tipico di voi Elfi, del resto!”

La risatina involontaria di Tauriel piacque a Gimli che la prese subito in simpatia, rimproverando Legolas con lo sguardo per non avergli parlato meglio di lei…

“Mastro Nano, sono lieta infine di fare la vostra conoscenza. Vostro padre partì insieme al mio…al mio…”-“…al vostro amato, il coraggioso principe Kili. Non c’è bisogno di arrossire bella dama…non sarò poi tanto vecchio come Nano, ma so il fatto mio! E d’altronde non c’è nessuno che non sappia-e che mi duole dirlo, non storca il naso-a proposito dell’elfo silvano e del nostro valoroso principino…lui che fu tra gli ultimi dei Durin, innamorarsi di una dama elfica! Eppure come biasimarlo, quando io stesso quasi caddi per Dama Galadriel, povero me!”

A Tauriel si scaldò il cuore al nome di Galadriel alla risata di Gimli, ma soprattutto, dopo tanto lutto, si rallegrò di udir lodare così il suo Kili. Il loro amore inoltre era approvato da uno della loro gente, per giunta il figlio di uno dei suoi compagni d’un tempo…

“Eh già, mio padre andò con gli eredi di Durin nella Cerca per Erebor…molte volte mi narrò da capo la loro avventura, orgogliosamente…e anche voi dovreste essere orgogliosa d’aver avuto il coraggio delle vostre idee, come il nostro Kili, che Mahal ne abbia cura…se penso che mai e poi e mai mi sarei abbassato a stringere amicizia con un elfo! Eppure eccomi qui, sbugiardato, con ben due amici elfici adesso!”

Il sorrisone oltre la folta barba di Gimli contagiò Tauriel e Legolas e i tre presero a passeggiare insieme lungo le candide terrazze. Da allora, Tauriel rimase al fianco della Regina per lunghissimi anni in qualità di guardia del corpo, istruendo chiunque ne facesse richiesta sull’arte del combattimento coi pugnali e del tiro con l’arco, dopo averli ricevuti in dono da Arwen, in sostituzione di quelli persi durante la Guerra dell’Anello. Le due strinsero un rapporto saldo e duraturo, ma Tauriel vedeva in Arwen e Aragorn il coronamento di ciò che per lei invece non era potuto essere, perciò, quando poteva, si allontanava ogni qualvolta il Re appariva. Alla morte di questi, Legolas e Gimli decisero di partire per esplorare la Terra di Mezzo in lungo e in largo, invitando Tauriel con loro. Ma questa rifiutò, preferendo rimanere a consolare la sua regale amica, ora vedova. Legolas si separò a malincuore da lei, ma era certo di lasciarla al sicuro, stavolta. L’elfo silvano si avviò quindi oltre i cancelli di Minas Tirith, riattraversandoli solo molto tempo, per poi stabilirsi nell’Ithilien, dove Tauriel, alla morte di Arwen, lo raggiunse.

Lì entrambi rimasero fino a quando Legolas e Gimli risposero alla chiamata per Aman, il Paese Beato, da parte di Dama Galadriel. Non così fece però Tauriel, che rinunciò nonostante le suppliche del Nano e dell’Elfo, affermando che il suo destino era quello di rimanere in Arda, fino alla fine.

“Sai che stai sacrificando la tua eternità, forse inutilmente?”La domanda retorica di Legolas non giunse inaspettata a Tauriel ed ella non distolse lo sguardo determinato da quello dell’amico.

”Lo so bene. Ma non posso fare altrimenti, Kili tornerà e io devo essere qui per lui…è tutto ciò che mi anima, ormai.”
La comprensione reciproca sui loro visi intenerì entrambi, mentre i raggi del sole lambivano le onde che s’infrangevo sui lunghi moli dei Porti Grigi. Salutandosi, lasciarono andare le mani uno dell’altra.

“Addio Legolas, addio mellon…io e te non ci rivedremo mai più, ma sappiamo entrambi che questo non significa nulla.”
 
 
 







-Gli sconvolgimenti di Mordor dopo la caduta di Sauron corrispondono a quelli avvenuti nella storia originale, anche se "la pioggia acida" è una mia aggiunzione, in realtà.
-Legolas e Gimli partirono davvero per esplorare la Terra di Mezzo dopo la morte di Aragorn, per poi stabilirsi nell'Ithilien e infine partire insieme per Aman su invito di Galadriel.

Salve a tutti! So che questo potrebbe sembrare un finale (e in un certo senso lo è) ma presto arriveremo alla conclusione vera e propria…

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Capitolo 42
*** La Fine dei Giorni ***


A lungo le collinette fiorite dell’Ithilien cullarono le giornate di Tauriel, dopo la partenza di Legolas, ultimo amico a lei rimasto sulla Terra di Mezzo…

O almeno così ella credeva, prima di riconoscere Éowyn nella dama che aveva scorto sul far della sera sopra la cima di Edoras. Costei, divenuta principessa dell’Ithilien, governava la regione insieme al suo sposo Faramir, accogliendo con benevolenza gli Elfi che vi si stabilivano su l’esempio di Legolas.

Entrambe esperte guerriere, Tauriel ed Éowyn dovettero superare una diffidenza iniziale, nonché un forte senso di competizione, prima di riuscire ad instaurare un rapporto di fiducia e stima. Pur vivendo ormai in anni di pace e nonostante le rimostranze bonarie di Faramir, le due amazzoni si allenavano di frequente insieme, scambiandosi incoraggiamenti e tecniche di combattimento, mai stanche di far pratica, né di raccontarsi a vicenda tutte le loro avventure.

Ma l’età iniziò a calare anche su Éowyn e su Faramir, fiaccandoli poco a poco. Così, rifiutandosi di assistere ancora alla morte di qualcuno che amava, Tauriel si costrinse ad abbandonare l’Ithilien, il giardino di Gondor, a malincuore. Libera da ogni legame, l’elfo girovagò e girovagò, udendo molte storie su Bosco Atro, storie che spesso le facevano venire la tentazione di tornarvi. Ella però era restia a prendere una decisione, poiché l’idea di un confronto con Thranduil, padre adottivo a lungo abbandonato, le era penosa. Inoltre Bosco Atro, come molti altri luoghi di Arda, si andava spopolando sempre di più di Elfi, quasi tutti partiti per Valinor ormai.

A volte, quando il sentiero dinnanzi a lei s’interrompeva bruscamente o la notte scendeva più rapida e più fredda di quanto avesse sperato, Tauriel si chiedeva se avesse fatto la scelta giusta, rinunciando alla luce del Paese Beato.
Nei suoi sogni i suoi simili le sorridevano, felici, lontani, mentre invece durante le ore di veglia gli Uomini erano la sua sola compagnia, nei radi villaggi che incontrava lungo il suo cammino solitario. Spesso ella parlava agli alberi o al vento nella sua lingua, per non dimenticarsene e per tenere vivo il legame con la sua stirpe.

Una sera in cui giunse a cavallo in un piccolo borgo ai piedi degli Ered Luin, Tauriel notò che il Sole, invece di oscurarsi per il tramonto, sembrava voler rosseggiare ancora a lungo…
Parve infatti all’elfo che il Sole si fosse ribellato e avesse deciso di tornare sui suoi passi, illuminando la volta con strani bagliori ch’ella osservò, affascinata, trattenendo le briglie e scostando le ciocche fulve dalle guance sorridenti…
Presto però il sorriso di Tauriel, così come quello degli Uomini attorno a lei, si tramutò in un’espressione di stupore e terrore, quando la luce del Sole divenne insostenibile per lo sguardo di chiunque. L’elfo allora si calò sul capo il cappuccio di Lórien, sbattendo le palpebre, infastidita, fin quando quella radianza non si spense di colpo, senza cedere posto alla Luna.

“E’ la Tenebra! Ciò che è stato predetto da Mandos è dunque vero! Melkor ha infine rotto le catene della sua prigionia, ha abbattuto le Porte della Notte, distruggendo ogni astro!”

Imbizzarrito dalle grida tutt’attorno, il cavallo mandò alti nitriti, per poi scaraventare l’elfo a terra, all’improvviso. Smarrita, Tauriel si rialzò e aguzzò l’azzurro dei suoi occhi attraverso il nulla attorno a sé. Un gran clamore allora si propagò nell’aria e una luce più forte di quella del Sole e della Luna sgorgò da l’alto...

Eärendil scendeva infine sulla Terra di Mezzo. Regale e magnifico, egli avanzava sul suo vascello, Vingilot, bianco e leggero, mentre increduli, gli Uomini gridavano di gioia, indicando la volta striata d’argento sopra di loro.
Invano, Tauriel tentò anch’ella di seguire quella scia, ma quell’apparizione giunta dall’Ovest sembrava cambiare continuamente direzione, seguita dalla figura di un guerriero dall’elmo a forma di drago e da una fulgida schiera alle sue spalle. Mentre tutti i presenti si prostravano a terra, Tauriel ebbe la conferma di ciò che aveva immaginato.

“La Dagor Dagorath, la Battaglia delle Battaglie sta per iniziare! Eärendil e Túrin elmo di drago, i grandi di Arda, tornano per sconfiggere Melkor, forti delle armate dei Valar! Dovevo dunque resistere per vedere questo giorno!”

Allora Tauriel prese a domare il suo cavallo con fare autoritario, per poi galoppare a perdifiato seguendo le schiere celesti che iniziavano a discendere. Giunta infine ad una vasta piana, ella restò di sasso contemplando l’enormità delle forze in campo, da entrambi gli schieramenti.
I Balrog di fuoco, il drago Smaug, i Nazgûl, Sauron stesso, nella sua orrenda armatura nera…miriadi di orride creature si levarono al segnale contro l’esercito dei Valar, tra cui spiccavano gli stendardi delle casate elfiche che dimoravano in Aman. Tauriel a quella vista rise, spronando la cavalcatura,  correndo verso la battaglia, verso i suoi simili, felice e orgogliosa di poter lottare insieme a loro ancora una volta, fino alla fine. Smontata quindi in mezzo alla mischia, l’elfo sguainò i pugnali, gridando forte...
 
Ella era ormai nel vivo del combattimento da un tempo che le sembrava infinito, quando venne investita da un calore mai provato prima, intenso e totalizzante, che l’avvolse in un istante, facendola cadere, per poi perdere ogni cognizione di sé…

“I tre Silmaril sono stati ritrovati e la loro luce è stata sparsa di nuovo…per l’ultima volta…e io devo dunque morire adesso…finalmente!”
 
 

 

...un soffio leggero la fece rabbrividire, scuotendola dal torpore e rianimandola di colpo, costringendola a sollevarsi in piedi, spaventata, sulle gambe malferme. Le membra nude e intorpidite, Tauriel cercò di recuperare la padronanza del suo corpo, improvvisamente estraneo a sé stesso. Come dopo un lungo sonno, ella si sforzò di ricordare gli ultimi momenti prima di addormentarsi…
Confusa, tentò alcuni passi, lanciando occhiate interrogative attorno sé, osservando il verde sbiadito dell’erba e le fronde degli alberi, muti e immobili. La strana atmosfera che la circondava la fece impallidire, poiché era come se qualcosa avesse abbandonato quei luoghi. Quella non poteva essere Arda. Qualcosa mancava nell’aria…

Tauriel si fermò al centro di una radura in cui i fitti rami soprastanti erano trapassati dai raggi solari. Sollevando le dita e lasciando che i raggi si posassero sulla sua pelle, ella sussultò, poiché perfino la sua pelle era diversa. D’istinto la fanciulla si portò le mani alle orecchie, seguendone con orrore il contorno, regolare e tondeggiante…
Un rumore secco e vicinissimo interruppe il flusso dei suoi pensieri terrorizzati, facendole così scoprire la presenza di un insolito animale di cui ella incredibilmente non aveva percepito l’approssimarsi…
La creatura silvana, impaurita come lei, fece per ritrarsi nel folto del sottobosco, quando un fastidioso fischio raggiunse le orecchie di Tauriel, causando la fuga dell’animale cornuto nella direzione opposta alla sua. Ella allora prese a rincorrerlo, consapevole di un pericolo che avanzava veloce alle loro spalle, facendo scricchiolare le foglie sotto di sé…

Il fiato, stranamente, iniziò a mancare fin troppo presto a Tauriel ed ella, sfinita, si portava le mani al petto a malapena coperto dalla fiumana rossa dei capelli sciolti, non osando voltarsi verso il suo nemico.
Questi, spazientito, le gridava versi sconnessi, rabbiosi, facendole aumentare l’andatura, cambiando bruscamente direzione. Tauriel però, esausta, giunta che fu ai piedi di un’enorme quercia, rallentò e posò una mano sulla corteccia, poggiandosi per riprendere fiato. Ella non fece in tempo a staccarsi da l’albero e riprendere la fuga, che un dolore improvviso le squarciò il dorso della mano, immobilizzandola così al tronco e costringendola ad inginocchiarsi…
Una freccia! Tauriel avrebbe riso di sé stessa, se non avesse udito i passi decisi del suo inseguitore farsi sempre più vicini dietro di lei. Impossibilitata a voltarsi, ella allora strinse forte gli occhi, pregando i Valar -se ancora esistevano, si chiese- di non lasciarla in balìa di quella creatura…
In quel momento, un respiro irregolare fu sulla sua spalla e Tauriel si riscosse, sollevando il braccio libero, subito intercettato e bloccato da una presa salda.

“Vigliacco! Che coraggio può mai avere qualcuno che infierisce così su una preda indifesa, nuda e sola, incatenata ad un albero?! Liberami, battiamoci se vuoi…ma prima mostrami il tuo volto…se ne hai uno!”

Tutto ciò che le giunse in risposta però fu un sussurro disarticolato e tiepido, sul suo collo. Poi uno strappo secco, come il suo stesso grido di dolore, le rilasciò finalmente la mano, ch’ella strinse subito a sé. Furente, la fanciulla rialzò il viso inondato di capelli, strizzando gli occhi contro la foschia solare…

Un giovane, alto e snello, avvolto nei suoi stessi, lunghissimi capelli, le dava le spalle. L’azzurro degli occhi di Tauriel si dilatò scorrendo quelle onde scure, quei boccoli appena accennati, soffermandosi sulla mano forte che stringeva la freccia insanguinata del suo stesso sangue…

“Kili!”

Quel nome che non aveva più pronunciato da molto, troppo tempo, proruppe dalla sua gola improvvisamente asciutta. Un tremore incontrollabile s’impadronì di lei, quando il giovane si girò di scatto, rivelandole così quel viso che l’aveva perseguitata per lunghe Ere, trasformando le notti in veglie, le ore in anni, le risate in lacrime…

I lineamenti regolari di Kili, così sorridenti e ingenui, così come li ricordava Tauriel, erano atteggiati adesso in un’espressione a lei sconosciuta. Vi era sorpresa e disorientamento nei suoi occhi color dell’autunno, le belle labbra erano increspate, la mascella contratta…

Egli sembrava invero un Uomo, per giunta un selvaggio! Eppure la sua bellezza ne rimaneva intatta e Tauriel si sorprese a singhiozzare sommessamente, sotto lo sguardo sconcertato di Kili, o di colui che era stato Kili…

“Mio cielo stellato…sono io, sono Tauriel!”

Ella allungò il braccio sano verso di lui, lasciando ricadere quello ferito, quasi a volerlo nascondere, come a non volergli ricordare la sua colpa recente.

”Kili, sei davvero tu?! Io ho attraversato il tempo…tutto il tempo che si frapponeva tra di noi…ho atteso, ho vissuto, mio malgrado… per trovarti di nuovo...perché allora rimani fermo lì davanti a me, come se la lontananza non ti avesse scalfito...? Rispondimi!”

Kili, apparentemente indifferente al tono supplice di lei, la osservava, calmo, sbriciolando quel che rimaneva della freccia nel suo palmo. Disperata, Tauriel si rimise in piedi, sostenendosi al tronco dietro di sé, tentando di scacciare la certezza ch’egli non la riconoscesse e che non la capisse affatto...
L’impulso di gettarsi addosso a lui era irresistibile e Tauriel mosse nella sua direzione, speranzosa…ma con sua grande delusione Kili le intimò di rimanere dov’era con un cenno, indicando con la testa la cima di alcuni monti che non sembravano rassomigliare più agli Ered Luin. Nello stesso momento, il vento che fino ad allora li aveva solo accarezzati prese a soffiare con più insistenza, mentre il cielo si incupiva, insieme ai pensieri di Tauriel…

“Vuoi che ci ripariamo presso la montagna? Non sei dunque cambiato…non sei diventato crudele…ma non ti fidi di me…non è vero amore mio?”

Il sussurro impercettibile di Tauriel e il suo sorriso triste sembrarono causare un accenno di tenerezza nel viso di Kili, il quale però si riebbe subito, sbattendo le palpebre e incamminandosi, apparentemente incurante del fatto che lei lo seguisse o meno…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-L’Ithilien fu effettivamente governato da Éowyn e Faramir, mentre Legolas si occupava della colonia elfica lì presente, fino alla sua partenza, ovviamente. Far quindi incontrare finalmente Éowyn e Tauriel, due personalità così simili, mi sembrava fattibile e giusto, tutto sommato. Per quanto riguarda l'età di Faramir e sua moglie, essendo sensibilmente più giovani di Aragorn e Arwen, sopravvivono loro.
 
-Le storie su Bosco Atro di cui si fa cenno, riguardano la distruzione di Dol Goldur, al suo interno. Evento che invece viene mostrato ai tempi dello Hobbit nel film. Non ho voluto scendere nei dettagli per non complicare le divergenze tra i libri e i film.
-La Dagor Dagorath è un po’ come la nostra Apocalisse, per certi versi. Su questo momento importante della storia della Terra di Mezzo, sulla sua fine cioè, vengono dette molte altre cose che ho preferito accorciare oppure omettere, perché troppo complicate ai fini della trama. Non ho però modificato nulla, limitandomi ad aggiungere Tauriel alla battaglia. I tre Silmarill vengono recuperati nel corso di questa battaglia, la loro luce viene sprigionata di nuovo, Arda si rinnova e (stando ad alcuni cenni di Tolkien) il mondo entra in una nuova era, presumibilmente la nostra. Ovviamente la terra è cambiata ed è in una sorta di preistoria. La “magia” quindi è sparita e con essa gli elfi e tutto ciò che era un tempo.

-Kili, anche se potrebbe sembrare così, non si è “reincarnato” ma è piuttosto “rinato”nell’unica forma ormai possibile sia per lui che per Tauriel, ovvero quella umana.

-La memoria di Tauriel, a differenza di quella di Kili, si è preservata perché lei al momento della fine di Arda era viva e il suo spirito è rimasto ancorato ai suoi ricordi, non essendo lei realmente morta. Kili invece, morto e prigioniero delle Aule di Mahal, non ha potuto trattenere i suoi ricordi perché appartenenti ormai ad "un'altra vita".

-Ho scelto gli Ered Luin perché non sono solo la parte più ad Ovest della Terra di Mezzo e quindi il luogo più vicino ai Valar, ma soprattutto perché sono la terra d’origine di Kili e quindi, verosimilmente, il luogo in cui lui infine rinasce.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 43
*** Paradiso ***


Il fogliame secco scricchiolava sotto i passi decisi di Kili, il quale di tanto in tanto rallentava, fingendo di controllare il cielo dal quale aveva preso a cadere una pioggia sottile. Dietro di lui, silenziosa e rassegnata, avanzava Tauriel, evitando accuratamente le rocce e le pozzanghere. La sua mente aveva come smesso di risponderle, incapace di formulare alcun pensiero sensato. Osservando Kili-o quel che ne rimaneva-si rese conto che anche adesso ch’ella era in piedi, la statura di lui era aumentata considerevolmente rispetto alla sua…

In quel momento, Kili si fermò e si portò la mano al mento, come fosse perplesso, grattandosi la barba incolta e scura con un’espressione buffa che ebbe la meglio sulla tristezza di Tauriel…

“Ferita e fradicia…che avrai mai da sghignazzare?!”

La risata sommessa di Tauriel s’interruppe bruscamente, riconoscendo il Khuzdul e dandosi dell’ingenua per non aver tentato di rivolgersi a Kili nella sua lingua natìa, piuttosto che in Sindarin. Ringraziò mentalmente Galadriel per averle insegnato il Khuzdul…

“Non intendevo offenderti o deriderti. E’ solo che i tuoi modi, il tuo viso…ecco, mi ricordi qualcuno che conoscevo…molto tempo fa.”

I tratti dubbiosi di Kili si rianimarono, all’udirla parlare nel suo stesso idioma. Ma ancora di più restò sorpreso dal fatto che anche per lui quell’estranea dagli occhi timidi, che cercava goffamente di coprirsi, non era del tutto un’estranea…

“Vieni da lontano, immagino…altrimenti non ti saresti fidata di me così facilmente. Le foreste sono piene di cacciatori molto meno compassionevoli di quello che hai davanti adesso, credimi.”

Una ciocca rossa sfuggì dall’orecchio di Tauriel mentre alzava le braccia per proteggersi dal getto della pioggia, sempre più forte. Kili fece un movimento come per raggiungerla e coprirla col suo stesso corpo. In quell’istante l’immagine di una distesa di neve in mezzo a colonne di fumo lo colpì, come fosse una visione…nello sfondo una città in fiamme, a terra una figura stesa, il rosso dei capelli sparsi nel bianco…lo stesso istinto di protezione che l’aveva appena assalito animava quella visione…

“Sei stato gentile a liberarmi da quel tronco…anche se ad imprigionarmi eri stato proprio tu…”-“Temevo fossi una di quelle megere che vagano di villaggio in villaggio, ingannando la povera gente!”

Tauriel lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, ormai completamente zuppa, arricciando il naso in uno sternuto improvviso che stavolta scatenò le risa di Kili…

“Gentile davvero! Scambiarmi per una strega…!”-“Calma! Non agitarti o ne attirerai una vera altrimenti! Forza, siamo arrivati!”

L’ingresso di una buia e larga caverna si aprì dinnanzi a loro e Tauriel si disse che Kili oltre che al suo idioma doveva aver conservato l’attaccamento alla terra e alla roccia…perché allora non si rammentava affatto di lei, di loro due?!
La rabbia e la frustrazione che sentiva montare dentro di sé furono annientate sul nascere da uno strano ringhiare sommesso, proveniente dall’antro scuro…

“Kili, non è sicuro qui…”-“Continui a chiamarmi così…perché?”

Nella penombra, Tauriel ammirò gli ultimi bagliori del giorno che indugiavano negli occhi autunnali del suo amore…
“Sii sincera, è il nome di colui al quale somiglio…?”
Un terrore improvviso s’impadronì di Tauriel, la quale non aveva considerato che quell’Uomo poteva non essere Kili…

“E’il tuo nome! Sei tu colui che cerco…”

Quel mezzo grido sfuggì dalle labbra tremanti di Tauriel e Kili rimase di sasso, colpito dal broncio quasi infantile su quel bellissimo viso, sconosciuto e familiare al tempo stesso…

“Bugiarda! Non è affatto vero! Io…”
Egli non fece in tempo a terminare la frase che il ringhiare di poco prima riprese, stavolta con più ferocia, facendo così scattare Kili in avanti verso Tauriel, afferrandola bruscamente per un fianco, per poi trascinarla oltre l’ingresso della grotta. Tauriel invece, stordita dalla fuga improvvisa e dalla foga con cui Kili l’aveva tratta in salvo, non riuscì a trattenere un ingenuo sorriso, mentre questi l’aiutava ad arrampicarsi in fretta e furia sopra un albero, per poi imitarla…poco prima di trovarsi il piede quasi chiuso nel morso di un ben strano animale a chiazze che, per nulla scoraggiato, si acquattò poco oltre tra i cespugli neri…

“Mi hai distratto con le tue storie assurde, con i tuoi sorrisini…”

Il tono accigliato di Kili si andò indebolendo progressivamente non appena intravide Tauriel abbarbicata tra i rami fitti, avvolta dal manto scarlatto dei suoi capelli, ansimante, con gli occhi chiari e spaventati fissi su di lui…
 
“Non guardarmi così! Ho già avuto quello sguardo su di me in passato…e ne ho dovuto pagare le conseguenze…”-“Che intendi dire?! C'è stata qualcun'altra allora?”

Kili si meravigliò di quell'affermazione così sdegnosa e falsa. Si accovacciò meglio che poté tra i larghi arbusti, a debita distanza da quella creatura silvana che iniziava ad ammaliarlo, ma anche a turbarlo…

“Mi sbagliavo! Sei dunque diventato crudele! Mi hai dimenticata!”

Tauriel, nella luce bluastra della notte piovosa, aveva chinato il capo, senza portarsi le mani al viso e lasciando che le lacrime scorressero libere sulle bianche guance, davanti a lui che intanto lanciava occhiatacce attorno…

“Come potrei…non ti ho mai nemmeno incontrata prima d’ora!”

Il timbro della voce di Kili voleva suonare forse sicuro, ma egli stesso si diede dello stolto per poi voltarsi, sbuffando, incapace di sopportare quella vista più a lungo, sentendosi colpevole di una colpa senza nome…

“Tu sei tornato! Eppure è come se non fosse così! Ma non può essere…non può essere stato tutto inutile! L’attesa infinita, le speranze, la lotta contro la vita stessa, che mi teneva lontana da te…ho sofferto invano! Avrei dovuto cedere, non resistere, al dolore!”

I singhiozzi ormai scuotevano le spalle di Tauriel ed ella non osava rialzare la testa, sprofondata in una disperazione ancora più amara di quella precedente, poiché stavolta sembrava davvero senza soluzione.
Commosso da tanta infelicità, Kili si voltò nuovamente verso di lei, inarcando le sopracciglia e inspirando profondamente, indeciso sul da farsi.

“Se ti ho causato questa delusione, anche solo involontariamente, ti chiedo perdono, con tutto me stesso…pur non comprendendo le tue ragioni, avverto una grande pena in te…ma non c’è nulla che io possa fare per cancellarla, mi dispiace.”

Il pianto di Tauriel smorì di colpo. Come colpita da qualcosa all’interno, ella parve piegarsi su sé stessa. Poi, nel nulla in cui le parve di galleggiare per un attimo, alcune parole le affiorarono sulle labbra appena schiuse…prima bisbigliate, poi più decise e ostinate…

“Innik dê…Amrâlimê, innik dê!”*

Ciò che un tempo era stato Kili all’improvviso si risvegliò.
Egli spalancò il grigio dei suoi occhi, avvertendo un calore e una sensazione di felicità talmente immediata da lasciarlo stordito…scene, frasi, promesse…tutto riaffiorò alla sua memoria con un’intensità tale da strappargli un verso che a Tauriel parve di sofferenza…ella tese allora le mani verso di lui, timorosa.
Ma Kili fu più svelto di Tauriel, allungandosi verso di lei quasi in un balzo e serrandola forte tra le braccia mentr’ella teneva ancora le sue a mezz’aria…

“Tauriel! Mio unico e vero amore…ho mantenuto la mia promessa! Eccomi! Ricordo tutto…ciò che siamo stati…ciò che volevamo, ciò che possiamo essere…”-“Anch’io ho mantenuto la mia promessa…ho visto il mondo cadere via…e adesso, finalmente, il mondo ha ricominciato ad avere un senso!”

I due sospirarono profondamente, uno nell’incavo delle spalle dell’altro, poi scoppiarono a ridere insieme e presero a stringersi freneticamente, fino a quando le loro labbra non si ritrovarono…allora i respiri di entrambi si fecero sempre più pesanti, così come la pioggia che frustava il fogliame attorno a loro. Kili fu il primo a staccarsi dal lungo bacio, serrando ancora di più le mani attorno alla vita di Tauriel e iniziando a carezzarle il collo col naso…

“Non hai mai smesso di essere mia…anche quando io non ero più e tu, mio amore indifeso, eri sola…e adesso sarai di nuovo mia…ma stavolta per sempre…”

Kili affondò il viso nel petto di Tauriel mentre lei affondava le sue dita tremanti tra le sue ciocche nere, per poi chinarsi sulla sua schiena, mentre le mani di lui scendevano verso le cosce umide di lei…
Socchiudendo le palpebre, Tauriel si lasciò adagiare contro i freddi rami, rabbrividendo leggermente, per poi avvinghiare le gambe contro i fianchi di Kili che nel frattempo le cinse i polsi…bruscamente dapprima, per poi portarseli entrambi alla bocca e riempirli di minuscoli baci. Con uno strano sorriso tra i baffi, Kili le sollevò il busto, spingendo la sua fronte contro quella di lei…
In quel momento entrambi si fermarono, fissandosi come mai prima d’allora, coi visi stravolti dalla passione, abbracciandosi di nuovo, con sempre maggior foga…le gambe di Tauriel strette contro il busto di Kili, le braccia di lui strette attorno alla schiena di lei, avviluppati in una nube corvina e rossa, incapaci anche solo di respirare o di scostarsi dall’altro…

“Non m’importa aver perso la mia immortalità, non m’importa non essere più un essere perfetto…la mia vera eternità sei tu!”

Tauriel, strofinò la guancia contro quella ruvida di Kili, carezzandogli il mento, scorrendo ogni suo lineamento, scoppiando a ridere ogni volta che questi gli afferrava i seni o le natiche, per poi scuotere il capo con fare rassegnato…fino a quando le loro voci diventarono una sola, in un’alta, acuta nota, che si perse nel fitto della foresta…
 
Dovevano essere stramazzati uno sul corpo esausto dell’altro senza nemmeno rendersene conto, poiché l’indomani l’alba li risvegliò delicatamente mentre erano ancora avvinti, braccia e gambe sospesi oltre i rami su cui erano precariamente stesi…
Non vi furono parole inutili tra di loro quel mattino, solo carezze e baci tiepidi, mentre osservavano il sole che iniziava a giocare tra le foglie verdissime attorno a loro, disegnando contorni lievi sui loro visi innamorati, rimandando strane luminescenze dall’azzurro e dal grigio dei loro occhi stregati…
Discesero insieme dall’albero, al quale spesso si recarono da allora innanzi, quasi come in pellegrinaggio dal villaggio in cui presero dimora. Furono sempre memori di ciò che era stata la loro vita prima di quella nuova vita insieme
Vita che aveva portato finalmente un’altra vita nella loro, donando ancora più gioia e allegria ai lunghissimi anni che trascorsero insieme, nella forma di un figlio che chiamarono Menesilme*. Egli aveva il nero delle notti senza stelle nei capelli e l'azzurro argenteo delle notti stellate nei suoi occhi. Da lui discesero molti altri, ai quali fu tramandata la storia di Tauriel e Kili, i quali continuarono così ad amarsi anche quando non furono più e raggiunsero insieme quel cielo stellato che avevano tanto amato entrambi.
 
 
 
 
 
 



*Innik dê amralime: "Torna da me amore mio" in Khuzdul. Frase incisa sulla pietra runica di Dìs.

*Menesilme: Cielo stellato(grosso modo)in elfico. Unione di Menel:Cielo; Silme: luce di stelle. Ho scelto l'elfico perché in Khuzdul è difficile trovare parole che si riferiscano al cielo e non alle profondità della terra, alla birra alla guerra etc (nondimeno, adoro i Nani)

Eccoci qua! Siamo arrivati alla fine (che brutta parola eh). Non mi piace dilungarmi nel lieto fine, per evitare di scadere troppo nello sdolcinato e nello scontato, lo ammetto ehehehe Comunque ringrazio tutti coloro che hanno letto, anche senza commentare, la mia storiella. Spero che almeno il finale sia piaciuto a tutti, o alla maggior parte chissà. Ad ogni modo, è stato un piacere scrivere queste pagine, dalla prima all’ultima J Ciao!

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