Too fast gone

di Maria_Kurenai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Audition ***
Capitolo 2: *** Wipe away the fire ***
Capitolo 3: *** The mirror of the soul ***
Capitolo 4: *** Unbreakable ***
Capitolo 5: *** I Never Told You My Deepest Fear ***
Capitolo 6: *** Christamas ***



Capitolo 1
*** Audition ***


Capitolo 1: Audition



Osseravi per l'ennesima volta il volantino giallo un po' stropicciato che avevo in mano e sospirai profondamente. 
La mattina prima una ragazza bionda e minuta mi aveva infilato in mano quel volantino all'entrata della scuola: a quanto pareva un gruppo alternative stava cercando una cantante e quel pomeriggio avrebbero tenuto le audizioni a qualche isolato di distanza dalla scuola. 
All'inizio avevo avuto l'impulso di appallottolare e gettare quel pezzo di carta nella spazzatura, ma qualcosa mi aveva trattenuta dal farlo. 
Per un istante avevo considerato l'idea di presentarmi a quell'audizione. Mi era sempre piaciuto cantare e, nonostante non l'avessi mai fatto in pubblico, forse quella sarebbe stata una buona occasione per testare le mie capacita', ma cosi come il pensiero era nato dentro di me, mori dopo pochi istanti. Io? Cantare? No, non era una cosa tangibile.
Cosi avevo infilato il volantino nella borsa e mi ero diretta verso l'aula 18, dove si sarebbe tenuta la mia prima lezione di quella mattina e mi ero completamente scordata di quel foglio giallo fino a quel momento.
E la pazza idea di presentarmi a quell'audizione riaffioro' di nuovo tra i miei pensieri. Andare o non andare? Sicuramente ci sarebbero stati cantanti di gran lunga migliori di me a quell'audizione, c'era davvero bisogno che mi presentassi anche io? Una ragazza qualsiasi, con una voce che poteva benissimo essere percepita come mediocre?
Volevo davvero che un gruppo di sconosciti mi giudicasse facendomi possibilimente sentire uno schifo?
Forse, dopotutto, non ne valeva la pena, ma qualcosa dentro di me continuava ad implorarmi di ripensarci. Forse, una parte di me, voleva semplicemente darsi una possibilita', non per compiacere qualcun'altro, ma per compiacere me stessa. 
Ero sempre cosi abituata a rigiarmi nelle mie piccole sicurezze che non mi concedevo mai qualche piccola pazzia. Forse era per questo che quella stupida audizione mi stava mandando in crisi, perche in fondo anche io volevo fare qualcosa della mia vita che non fosse il nascondersi per paura del giudizio altrui. 
Cosi, nonostante la titubanza iniziale, decisi di volerci provare. Sarei andata a quell'audizione e, a prescindere da come sarebbe andata, avrei fatto del mio meglio. 

Dopo l'ultima lezione mi ero incamminata verso Cadence Street, un piccolo violotto a due isolati dalla Millington High. Avevo seguito le indicazioni del volantino il quale diceva che le audizioni si sarebbero tenute in un piccolo capannone situato alla fine della strada, ma piu' mi avventuravo in quel posto e piu' mi domandavo se mi trovassi nel posto giusto: ad occhio e croce quello era un quartiere residenziale. 
Ad ogni modo andai avanti e, nascosto dietro ad un alto palazzo di cinque piani, al di la' di un piccolo parco dall'erba incolta, vidi quello che aveva tutta l'aria di essere un piccolo capannone semi-abbandonato. 
Attraversai il parco seguendo un piccolo sentiero scavato nell'erba folta e, in fine, mi trovai davanti al capannone, il quale era alto piu' o meno quanto un appartamento di due piani. Le pareti esterne erano colorate di un grigio scuro scrostato dal sole e, le poche finestre che c'erano erano state fracassate. 
Visto cosi quel luogo pareva quasi un luogo nel quale compiete un omicidio piu' che un luogo nel quale intrattenere un'audizione. 
Percorsi il lato dell'edificio fino ad arrivare sul retro dove scorsi un grosso portone di ferro arrugginito semi-aperto. 
Mi domandai se ci fosse qualcuno in quel posto o se ci fossi solo io, ma proprio mentre mi incamminavo verso la porta, due ragazze vi uscirono. Una era magra, piena di piercing e portava un pesante chiodo di pelle, l'altra aveva i capelli tinti di fucsia acceso e si stava accendendo una sigaretta fra le labbra.
Le due mi diedero un'occhiata veloce e, senza soffermarsi troppo du di me, presero a parlare tra loro e scompraverso dal lato dell'edifico dal quale ero appena arrivata. 
Cio' mi diede la conferma che ci fosse effettivamente qualcuno in quel capannone, ma mi domandai se sarei stata fuori luogo. Insomma, avevo addosso l'uniforme scolastica e niente, niente di me aveva alcunche' di particolare, come le due ragazze che mi erano appena passate accanto. 
Proprio mentre avevo perso coraggio, decidendo di girare sui tacchi e tornare a casa, una terza ragazza sbuco' dal capannone.
Aveva i capelli corti e neri sistemati in un ciuffo che le ricadeva sugli occhi color mogano, un viso dai tratti decisi, ma dolci ad un tempo. Indossava un giacca nera dai bottoni d'argento, una canottiera boredeaux sotto di essa, un paio di leggings strappati e un paio di stivaletti neri con le borchie. 
I suoi occhi catturarono i miei all'istante e non potei fare a meno di rimanere intrappolata nel suo sguardo. 
-Sei qui per l'audizione?- domando' con nonchalance, quasi non si fosse nemmeno accorta della mia ordinarieta'.
-I-io...credo di si, si.- risposi, senza troppa convinzione.
La sconosciuta mi guardo' per qualche istante, poi un leggero sorriso le incurvo' l'angolo della bocca, quasi come se la mia risposta le avesse fatto tenerezza. 
-Ero appena venuta fuori per fumarmi una sigaretta, ma visto che sei qui, meglio non farti aspettare. Seguimi- mi ordino' la ragazza, appoggiando la marlboro che stringeva fra le dita dietro all'orecchio destro per poi scomparire di nuovo dentro al capannone. 
Trassi un respiro profondo e, tentando di ignorare il nervosismo che mi attanagliava lo stomaco, la seguii. 
Il capannone era piu' luminoso e pulito di quanto non mi aspettassi: c'era una piccola zona relax munita di divani e proiettore puntato contro una delle pareti, c'era quella che pareva una piccola cucina e in fine, contro alla parete piu' lontana era sistemato un piccolo palco di legno sul quale erano stati sistemati degli amplificatori, una batteria, un pianoforte e un paio di micorfoni. 
La ragazza dai capelli neri si diresse verso al palco e, fu in quel momento che mi accorsi del ragazzo alla batteria e di quello seduto sul fondo del palco con una gibson sistemata in grembo. 
-Ragazzi, cen'e' un'altra- disse la ragazza, facendomi cenno di seguirla sul palco. 
Obbedii e la raggiunsi tenendo gli occhi bassi. Mi avvicinai al gruppo abbastanza da non sentirmi a disagio. 
-Bel salto di qualita', da due punk assatanate ad una scolaretta insicura.- disse il ragazzo alla chitarra. A quelle parole non potei fare a meno di alzare lo sguardo su di lui, pronta a controbattere, ma persi le parole quando mi accorsi che era bello da far paura. 
Era alto, snello, aveva i capelli corti e neri, un piercing sul labbro inferiore, portava una maglietta nera stampata che aderiva perfettamente al suo corpo definito, anfibi slacciati e un paio di jeans neri. La cosa che mi colpi piu' di tutte furono i suoi occhi: uno era azzurro e l'altro di un grigio pallidissimo che gli donavano uno sguardo famelico e straziante da angelo dannato. 
-Adam, non fare lo stronzo, magari si spaventa.- stavolta fu il batterista a dar voce ai suoi pensieri, i suoi occhi verde smeraldo eranno puntati su Adam e lo osservavano con una straziata ironia. Il ragazzo si passo' una mano fra i capelli rosso sangue e, dopo essersi sistemato il colletto della camicia denim che indossava domando', rivolto a me:
-Allora, cosa canti?-
In quel momento mi riscossi dalla mia trans e mi resi conto che non avevo una canzone da canatere. Come diavolo avevo fatto a scordarmi di prerare l'unica cosa che mi sarebbe servita per l'audizione? Mentre riflettevo sulla risposta da dare sentii l'agitazione crescere dentro di me e tentai di scavare nella mia memoria alla ricerca di una canzone coerente con quel contesto. 
Alla fine presi una decisione e dissi:
-Cantero'" Give you my all" degli "Eyes Set To Kill" -
-Bella scelta- commento' la ragazza dai ceplli neri mentre faceva cenno agli altri due di seguirla giu' dal palco. 
Cosi rimanemmo solo io ed il microfono sulla piccola piattaforma di legno, mentre tre paia di occhi mi osservavano, riluttanti.
Ok, mi dissi, non lasciarti prendere dallo sconforto, se farai schifo almeno saranno satati solo questi tre sconosciuti ad assietere al tuo sfacelo
Cosi, dopo aver aggiustato l'altezza del microfono e dopo avergli dato un paio di colpetti con l'indice per appurare che funzionasse, trassi un profondo respiro e, quasi per istinto, chiusi gli occhi, prima di liberare la mia voce, quella voce che si portava dentro il senso di una vita. 
Prima di renderemene conto ero arrivata alla fine della canzone e, fu in quel momento che mi ricordai di dove fossi e costa stessi facendo, si, perche' per istanti interminabili avevo scordato tutto cio' che mi stava attorno.
Aprii gli occhi, ma non ebbi il coraggio di guardare quelle persone negli occhi. Oddio, come gli ero sembrata? 
Per qualche istante che mi pareve una vita, nessuno disse niente e, presa dal panico, mi allontanai dal microfono.
-Io...non ho mai cantato in pubblico e...mi dispiace.-fu tutto quello che riuscii a dire.
Scesi dal palco e superai il terzetto, pronta ad andarmene, ma la ragazza dai capelli neri mi afferro' per il braccio inducendomi a voltarmi verso di lei.
Quello che lessi nei suoi occhi mi scombussolo'.
-La tua voce...deve essere nostra.- sussurro' e, potei vedere dagli sguardi dei suoi compagni che erano d'accordo con lei.






Piccola nota: 
Salve a tutti cari lettori ! Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia invogliato a continuare a leggere il seguito. 
Vi dico gia' da ora che gli updates dei nuovi capitoli non saranno regolari e questo e' dovuto a molte cose, in particolare ai miei impegni quotidiani che di solito mi portano via molto tempo!
Cerchero' comunque di non farvi attendere troppo!
Vorrei ringraziare in anticipo tutti quelli che decideranno di dare una chance a questa piccola serie e a quelli che decideranno di lasciare una recensione per farmi sapere cosa ne pensano della storia!
Il vostro parere per me e' molto importante, soprattutto se e' mirato a migliorare la qualita' del mio lavoro :) 

Un bacio, 
Kure

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Capitolo 2
*** Wipe away the fire ***


Capitolo 2: Wipe away the fire


Appena tornata a casa ero salita in camera mia, avevo chiuso la porta a chiave e mi ero lasciata cadere sul letto, ancora tremante ed incredula dopo quello che era accaduto quel pomeriggio. 
Ripensai al momento in cui i ragazzi mi avevano chiesto di entrare a far parte del loro gruppo gli "Under Sea Curse" o piu' semplicemente gli USC, all'incredulita' che avevo provato a quella proposta e alla felicita' mista a un pizzico di orgoglio che avevo sentito dentro quando avevo finalmente metabolizzato il fatto di piacere a quelle persone.
Nonostante fossi timida e inesperta la mia voce aveva fatto centro. 
Non mi ero mai sentita tanto apprezzata nella mia vita come nel momento in cui la ragazza dai capelli neri, il cui nome era Evelyn, si era complimentata con me, definendomi "la voce migliore che avesse sentito da un pezzo".
Dopo lo shock iniziale io e quelli del gruppo ci eravamo seduti sul vecchio divano di pelle marrone a parlare per un po' e avevo scoperto che quei tre frequentavano la Beverly High, una scuola vicina dove andava per lo piu' gente con una passione per l'arte. 
Ad ogni modo, all'inizio avevo preso la storia dell'audizione come una cosa da poco, ma quei ragazzi sembravano davvero determinati a voler far funzionare il gruppo, tanto che mi avvertirono che se non avessi avuto intenzione di dedicarmi anima e corpo al progetto e se non avessi voluto puntare alto, tanto valeva che dicessi di no fin da subito.
Cio' non fece altro che far aumentare la mia determinazione e promisi loro che non li avrei delusi. 
Quella era la prima volta che entravo a far parte di un qualcosa di esterno alla scuola, un qualcosa al quale avevo deciso di prendere parte di mia iniziativa, percio' volevo davvero essere all'altezza delle aspettative di quelle persone che vedevano in me del potenziale.
Questa era la mia occasione di creare qualcosa di positivo per me stessa e, perche' no, di instaurare un rapporto di amicizia con i membri del gruppo.
Non avevo mai avuto molti amici, percio' questa era una buona occasione per socializzare. Magari stando assieme a persone che parevano cosi diverse da me, sarei riuscita a diventare un po' piu' estroversa.
Ci accordammo sui giorni e gli orari in cui tenere i nostri incontri e optammo per i lunedi, mercoledi e venerdi pomeriggio dalle 14 alle 19.
Percio' ci demmo appuntamento per il giorno successivo, che era un mercoledi, per le 14. 
Non vedevo l'ora di tornare in quel capannone e cominciare a lavorare con il gruppo.
I miei pensieri felici vennero interrotti da un paio di colpi secchi battuti grezzemante sulla porta accompagnati da una voce maschile, che conoscevo fin troppo bene, la quale mi chiamava per nome.
In un attimo fui scaraventata di nuovo nella realta' e, tutta l'eccitazione che provavo, sembro' svanire in una nube di fumo.
-Che c'e'?- domandai, seccamente.
-Beth ti sta chiamando.- rispose Rob, il compagno di mia zia.
Dal suo tono di voce capii che era scocciato per il fatto che avessi chiuso la porta a chiave per l'ennesima volta, ma non potevo non farlo.
Svogliatamente scesi dal letto, mi infilai le pantofole e, piano, girai la chiave nella serratura lucente della porta. 
Diedi un'occhiata veloce a Rob e, senza soffermarmi troppo sul suo volto, un volto che odiavo, mi diressi giu' per le scale e percorsi il corridoio fino ad arrivare in cucina. 
Beth era seduta sulla sedia di legno davanti al piccolo bar e, quando mi vide, mi lancio' un'occhiata di disappunto
-Potresti anche venire quando ti chiamo. E' mai possibile che Rob debba sempre venire di sopra?-
-E' mai possibile che tu non sia in grado di venire da te di sopra?- ribattei, irritata.
La donna mi lancio' un'occhiata indecifrabile, ma poi scosse il capo e un sorriso scocciato le apparve sulle labbra laccate di rosso.
-Attenta a come ti rivolgi a me Kat, sai bene che non sopporto quel tipo di tono.- 
-Cosa volevi?- tagliai corto, senza guardarla in faccia. 
-Volevo dirti che domani sera io e Rob partiamo per un convegno di lavoro, staremo via un paio di giorni. Ti lascero' dei soldi per la cena, ma guiai a te se combini qualcosa mentre non ci siamo.- disse, guardandomi con quel suo solito sguardo da "ti butto fuori se disobbedisci".
-Tutto chiaro.- mi limitai a rispondere.
-Bene, ora torna pure in camera tua, tanto e' l'unica cosa che sai fare.- disse lei, scandendo bene le ultime parole, come se fossero una sentenza.
Mi trattenni dal commentare e non persi tempo a fare quello che mi aveva detto. Mi rintanai nella mia camera, accesi il pc e misi su un po' di musica. La musica era l'unica cosa che mi facesse stare meglio.
Era incredibile pensare che una volta io e Beth avevamo avuto un bel rapporto. Mi domandai quando le cose fra di noi fossero divenute cosi fredde, cosi distanti, quasi fossimo due nemiche costrette a condividere il poprio spazio vitale. Fu facile rispondere a quella domanda: era accaduto quando Rob era entrato a far parte delle nostre vite. Il solo ripensare al passato mi fece salire la nausea.
Non dovevo pensarci, non dovevo, non aveva senso continuare a torturarsi, non volevo ripercorrere il viale del dolore al quale ero stata costretta ad andare incontro anni prima. Quello che era successo doveva rimanere nel passato, perche' era passato e io dovevo imparare a convivere con il presente.

 

La mattina seguente mi svegliai mezz'ora prima del suono della sveglia cosi ebbi tutto il tempo di farmi una bella doccia, vestirmi, truccarmi e fare colazione. Mi preparai qualcosa per il pranzo visto che non sarei tornata a casa a mangiare e riempii il mio piccolo termos blu di caffe'-latte da portare con me. Mi piaceva berlo con calma durante i 40 minuti di autobus per andare a scuola mentre ascoltavo la musica dal mio Ipod. Il tragitto mattutino era la mia parte preferita della giornata, era quel lasso di tempo nel quale potevo pensare a quello che avrei fatto quel giorno e a cose senza senso pescate a caso nella mia mente. Insomma, era il mio momento di relax nel quale potevo semplicemente fare compagnia a me stessa senza dovermi curare di cio' che mi circondava. Di solito quando l'autobus si fermava alla mia fermata era vuoto, cosi riuscivo sempre ad occupare il posto dietro al sedile del guidatore, quello dove il vetro oscurato riflette tutto quello che succede sull'autobus, e quella mattina non fu un'eccezione. 
Mi misi comoda nel mio solito posto e, una volta infilate le cuffie nelle orecchie mi persi fuori dal finestrino, tra un sorso e l'altro di caffe'-latte, sulle note di "Tip of my Tongue" dei Civil Wars.
Una volta arrivata a scuola dovetti sorbirmi tre ore di matematica, una di latino, una di storia e una di fisica, ma stranamente la giornata sembro' bassare in un batti baleno.
Prima di rendermene conto mi trovai ad addentare quello che rimaneva del mio pranzo mentre camminavo a passo spedito verso la fine di Cadence Street. Ero stata in quella via solo il giorno prima, ma le sensazioni che provavo erano del tutto diverse. Non ero piu' preoccupata riguardo a quello che sarebbe successo, al contrario ero curiosa di sapere cosa volesse dire fare parte di un gruppo. 
Quando fui all'ingresso del capannone diedi un paio di colpetti al portone cosi da segnalare la mia presenza e, senza troppe esitazioni entrai nell'edificio. 
L'unica persona presenta era Evelyne, la quale mi venne incontro rivolgendomi un sorriso rassicurante. Quel giorno portava una salopette di jeanse aderente sopra ad un paio di collant neri e una giacca corta dello stesso colore. La invidiai un po' per il buon gusto che sembrava avere nel vestire. 
-Sei in anticipo, Kat!- mi fece notare Evelyne facendo un cenno verso il grosso orologio di vestro sistemato sulla parete sopra al piccolo televisore di fornte al divano.
Aveva ragione, era solo l'una e mezza, ma per la fretta di giungere al mio primo incontro con il gruppo in tempo, non mi ero resta conto di essere in anticipo.
-Strano, ma vero. Di solito sono sempre in ritardo.- sorrisi.
-Non mi dire. Eppure hai quest'aura da ragazza studiosa e puntuale.- rispose Evelyne in tono scherzoso. 
Sorrisi a quelle parole perche' non era la prima volta che qualcuno mi diceva una cosa simile. Solitamente quella era l'impressione che facevo a tutti.
-Gli altri sono ancora a scuola?- domandai, senza pensarci.
Everlyne ando' a sedersi sul divano di pelle e mi invito' a sedermi accanto a lei e poi disse:
-Si, gli studenti dell'ultimo anno di solito escono da scuola all'una e mezza. Io che sono del quarto esco all'una, percio' di solito arrivo qui presto e ne aprofitto per ripulire un po' questo posto.- 
Effettivamente il capannone sembrava piuttosto ben tenuto, ora ne capivo il motivo.
-Posso darti una mano d'ora in poi, se ti va.- mi offrii, tentando di non risultare troppo invasiva, ma la ragazza dai capelli neri sembro' contenta della mia offerta e disse che un po' di aiuto le avrebbe fatto comodo.
Io e Evelyne, Evey per gli amici, parlammo ancora per un po', le domandai da quanto tempo lei, Adam e Sean si conoscessero e da quanto avessero formato il gruppo.
-E' una storia abbastanza lunga, ma in breve i genitori miei e di Sean si sono conoscono da una decina di anni, percio' io e Sean ci conosciamo da allora. All'inizio non ce la intendevamo per niente, ma con l'eta' siamo maturati e abbiamo scoperto di avere in comune la passione per la musica. Adam invece e' entrato a far parte del circolo quando sono entrata alle superiori. Si era trasferito nella nostra scuola da un'altro istituto e diciamo che lui e Sean si sono subito trovati. Il gruppo l'abbiamo formato qualche anno fa, il fratello maggiore di Sean era il nostro cantante, ma per vari motivi lascio' il gruppo, cosi ci prendemmo tutti una pausa, una pausa che si e' interrotta qualche settimana fa quando abbiamo deciso di tornare in carreggiata.- Evey sorrise quasi volesse alleggerire il clima pesante che si era creato mentre raccontava l'ultima parte della storia. Avrei voluto dirle qualche parola per confortarla e avrei voluto chiederle ancora tante cose, ma proprio in quel momento sentimmo due voci maschili e dei passi avanzare verso di noi, e sia io che Every ci voltammo verso la porta, quasi di scatto.
-Visto Sean? Tel'avevo detto che la ragazza nuova sarebbe arrivata in anticipo.- disse Adam, facendo un cenno con la mano nella nostra direzione.
-Forse dovresti prendere esempio- rispose l'altro ironicamente. 
Every rise leggermente e si piombo' verso i due salutandoli con un abbraccio affettuoso.
Era facile vedere che tra quei tre c'era un bel rapporto, sembravano quasi una piccola famigliola felice.
-Evey, spero tu ci abbia preparato il pranzo perche' io sto morendo di fame.- esordi Adam dirigendosi verso la piccola zona cucina sul cui ripiano era poggiato un piccolo sacchetto di carta.
-C'e' bisgno di chiedere?- rispose lei alzando un sopracciglio.
Sean le diede un buffetto sulla guancia e le sorrise, gentile, poi raggiunse il compagno e prese anche lui uno dei panini che Evey aveva preparato.
Tutta quella confidenza tra quei tre mi fece sentire leggermente fuori posto, improvvisamente tutta la mia sicurezza inizio' a sgretolarsi lentamente e mi domandai se sarei effettivamente riuscita ad integrarmi.
Evey probabilmente lesse qualcosa sul mio volto perche', prontamente disse:
-Ovviamente ho preparato un panino anche per te, Kat. Posso chiamarti Kat, vero?-
Io annuii e le fui grata per il fatto di essere stata tanto gentile da tentare di farmi entrare in quel quadretto nel quale stonavo visibilmente da tutti i punti di vista.
Inaspettatamente Adam si avvicino' al divano sul quale ero seduta e, senza dire una parola, allungo' un panino verso di me. 
Osservai il suo braccio teso nella mia direzione per qualche istante prima di accettare la sua offerta e ringraziarlo.
E fu in quel momento che mi resi conto che, forse, non era facile nemmeno per loro avere un nuovo memebro nel loro piccolo gruppo, soprattuto considerando il fatto che erano tornati assieme da poco dopo aver perso il loro primo cantante. Forse non ero l'unica a non sapere come comportarsi o a sentirsi a disagio, fose anche loro non sapevano bene come prendermi e stavano ancora tastando le acque. 
Quell'improvvisa realizzazione mi fece sentire un po' meno alienata e titubante. Dovevo solo dare un po' di tempo al tempo e permettere a quei ragazzi di familiarizzare con il mio tipo di carattere, cosi come io dovevo ancora familiarizzare con il loro. 
Insomma, eravamo un po' tutti sulla stessa barca, il motivo principale per il quale eravamo li pero' era la musica. E, forse, sarebbe stata proprio quella ad aiutarci a sormontare le nostre apparenti differenze.
Una volta finito di mangiare Evey torno' sul divano accanto a me, mentre Adam e Sean si sedettero a terra, il piccolo tavolino di legno antico a speraraci.
-Dunque, io direi che la prima cosa da fare sia far sentire a Kat le nostre canzoni. Che ne dite?- propose Sean indagando i nostri sguardi con i suoi occhi felini.
-Io concordo, tu che ne dici Kat, te la senti?- mi domando' Evey, confortante.
-Hem...si, direi che sarebbe utile, voglio dire, mi aiuterebbe a capire un po' meglio il vostro stile..- dissi, sentendomi leggermente in soggezione.
-Bene, allora diamo alla nuova arrivata un assaggio delle nostre capacita'- disse Adam in tono sicuro.
I ragazzi si alzarono e raggiunsero il piccolo palco di legno, armeggiarono per qualche minuto con i vari strumenti per assicurarsi che fossero accordati. 
Evey afferro' il basso e se lo sistemo' tra le braccia, Adam prese la sua chitarra elettrica e Sean si sistemo' alla batteria. 
Dopo alcuni sguardi veloci i tre cominciarono a suonare e la loro melodia mi fece sciogliere l'anima. Suonarono una, due, tre, quattro canzoni e, per tutto il tempo, non feci altro che desiderare di poter cantare su quelle melodie meravigliore. 
Rimasi in piedi, ai piedi del palco, incantata, con gli occhi lucidi ad ascoltare e non potei fare a meno di rimanere intrappolata nello charm di quel trio. Evey era ancora piu' bella del solito con gli occhi inondati da una luce colma di passione e Adam e Sean erano qualcosa di indescrivibile e sovraumano. 
Quando smisero di suonare non riuscii a fare a meno di trattenere una lacrima e rimasi li, in piedi a sorridere come un'ebete per istanti interminabili.
-Allora, cosa te ne pare?- domando' Evey, saltando giu' dalla piattaforma e venendomi accanto.
-Siete fuori dal comune! Non mis embra possibile che abbiate scelto proprio me come cantante.- dissi, con un velo di incredulita' nella voce.
-E invece sono sicura che saprai farti valere- ripose Evey e mi strinse una mano nelle sue.

Il resto del pomeriggio passo' velocemente. Evey mi diede un CD con le tracce che avevno suonato registrate sopra e mi diede anche i testi cosi che potessi memorizzarli. Assieme provammo a cantarli  cosi che potessi farmi un'idea di come le canzoni andassero cantate.
Adam e Sean si dedicarono alla composizione, armeggiarono per un po' con le chitarre e tentarono di mettere per iscritto alcuni concetti che avevano trovato interessanti.
Prima di rendermene conto si erano gia' fatte le sette e mi resi conto che fuori il sole era quasi del tutto tramontato.
Preparammo tutti le nostre cose e uscimmo dal capannone. 
-E' sicuro lasciare tutte quelle cose qui?- domandai, mentre percorrevamo tutti e quattro il piccolo sentiero tra l'erba alta.
-Beh, c'e' un sistema di allarme nel capannone, percio' se dovesse succedere qualcosa lo verremmo a sapere immediatamente.- rispose Sean, accennando un lieve sorriso.
I miei occhi incontrarono i suoi per qualche istante e, per qualche ragione, non potei fare a meno di arrossire. 
-Kat, abiti lontano da qui?- mi chiese Evey, prendendomi sotto braccio.
-Abito nella zona di West Kew percio' direi che non e' troppo lontano, ma l'autobus mi porta via un bel po' di tempo.- risposi.
-Davvero? Anche Sean abita da quelle parti!- esclamo' Evey, quasi quella fosse una notizia graditamente inaspettata. Poi continuo'- Sean perche' non le dai un passaggio sulla tua moto?- 
A quelle parole spalancai gli occhi e mi affrettai a dire che non cen'era affatto bisogno e che potevo benissimo prendere l'autobus, ma Evey insistette e Sean rincaro' la dose dicendo:
-Non devi essere timida, te lo do' volentieri il passaggio.-
Eravamo arrivati ormai sul maciapiede fuori dal piccolo parco dall'erba incolta e, non volendo sembrare scortese alla fine mi arresi e accettai di farmi dare un passaggio.
-Io non salirei in moto con lui se fossi in te- disse Adam, con un sorriso furbo dipinto sulle labbra.
Evey gli dette una gomitata, alla quale lui rispose con un'esagerata smorfia di dolore.
-Non ascoltarlo, dice sempre cose senza senso.- mi rassicuro' Evey. 
Io sorrisi, ma dentro di me sentii un briciolo di terrore invadermi, terrore che aumento' quando mi resi conto che la Harley Street 750 parcheggiata sul marciapiede era quella di Sean.
Lui non perse tempo e, dopo essersi infilato il casco mi offri quello di scorta. Non ero mai salita su una moto prima di allora, percio' il mio livello di imbranataggine era a livelli estremi. 
vedendo che facevo fatica ad infliarmi il casco Sean mi venne vicino e mi aiuto' a metterlo a posto. Allaccio' il cinturino di sicurezza e, con nonchalance mi sposto' una ciocca di capelli dall'occhio.
Il contatto con le sue dita fredde mi fece rabbrividire e, per un attimo i miei occhi si soffermarono nei suoi e non potei fare a meno di notare quanto fosse bello.
Mi sentii arrossire di nuovo, ma abbassai il capo prima che qualcuno se ne potesse accorgere.
Sean salto' sulla moto ed Evey mi aiuto' a salire a mia volta. Mi sentii una totale imbranata a farmi aiutare a quel modo, ma in fondo, tutte quelle premure non mi dispiacevano.
-Allora a domani ragazzi.- disse Sean facendo un cenno con la mano ad Evey e Adam, a qualche passo da noi.
-A domani, e guida piano!- lo raccomando' Evey, la quale mi mando' un bacio invisibile con la mano al quale risposi con un sorriso sincero.
-Tieniti forte a me- mi raccomando' Sean, prendendomi le mani e facendomele stringere attorno alla sua vita. 
Mi sentii di nuovo avvampare, ma stavolta, fortunatamente, la moto' parti e lasciai che la brezza serale spazzasse via il fuoco che mi aveva inondato il volto.






Ciao a tutti cari lettori! Finalmente sono riuscita a finire il secondo capitolo e a caricarlo :) Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento e, come sempre, se passate di quei e volete farmi sapere cosa ne pensate della storia sarete piu' che ben accetti!
In caso vi stiate facendo domande sulla vita di Kat o su altri particolari della storia, sappiate che ne saprete molto di piu' nei prossimi capitoli ;D
Per ora posso solo augurarmi che la storia vi stia piacendo e di rivedervi al prossimo capitolo.
Un abbraccio, 
Kure ^_^

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Capitolo 3
*** The mirror of the soul ***


3. The mirror of the soul


-Eccoci arrivate!- esclamo’ Evey una volta che fummo giunte di fronte a casa sua.
Era una piccola villetta di due piani con un piccolo giardino sul davanti in mezzo al quale era costruito un vialetto di ciottoli.
Salimmo le scale di legno della veranda per poi dirigerci verso la porta d’entrata.  Sul portico era posto un dondolo da giardino attorno al quale erano poste piccole piantine in fiore.
-Mia madre lavora oggi percio’ siamo solo io e te in casa- disse Evey, girando la chiave nella serratura di metallo lucente.
Era da tempo che mi pareva infinito che non andavo a dormire a casa di un’amica ed il fatto che qualche giorno prima Evey mi avesse invitata da lei mi aveva lasciata piacevolmente sorpresa.
Casa sua era ampia e spaziosa e l’arredamento semplice conferiva a quel posto un’aria familiare ed accogliente.
Foto di Evey e della sua famiglia tappezzavano le pareti del corridoio e del soggiorno dalle tende bianche a fiori rossi.
-Non fare caso al disordine, mia mamma ed io siamo sempre fuori casa percio’ ci limitiamo a dare una ripulita nei weekend.- disse Evey, riordinando I cuscini del divano sul momento.
-Tranquilla, casa mia e’ molto peggio- la rassicurai, lasciando la mia borsa e la giacca sul divano per poi seguirla in cucina.
Evey apri il frigo e ne tiro’ fuori due pizze gia’ pronte.
-Ti va bene la pizza surgelata? Di solito di sabato non ho mai voglia di cucinare il sabato per cui mi limito a riscaldare cibo nel microonde-
Risi e le dissi che mi andava bene qualsiasi cosa.
Ci sedemmo al tavolo di legno scuro della cucina e parlammo delle ultime novita’ di quella settimana.
Qualche giorno prima ci eravamo iscritti al concorso annuale di Hollow-hale che vedeva esibirsi diverse band della citta’. I vincitori del concorso andavano alla tappa successive che si estendeva a livello regionale, I vincitori del premio regionale andavano alle nazionali e chi vinceva le nazionali aveva diritto ad un contratto con una nota casa discografica.
Era una buona opportunita’ per il gruppo. Non ci eravamo fatti aspettative per il momento, ma provare non ci avrebbe certamente fatto male. Avremmo avuto la possibilita’ di sentire altri gruppi e di metterci alla prova.
Per ora stavmo aspettando di sapere quando ci saremmo esibiti e dove e nel frattempo avevamo scelto le due canzoni su cui lavorare per il concorso.
 -Credi che ci saranno molte band?- domandai ad Evey, finendo il mio ultimo boccone di pizza.
-Sicuramente, e’ un concorso piuttosto importante e il premio finale e’ allettante quindi ci provano tutti, male che vada non passeranno alla fase successiva- rispose lei, con una scollata di spalle.
Indossava un maglioncino nero brillantinato e portava al collo un ciondolo d’argento, dall’aria antica.
-Si apre?- le chiesi, cogliendola alla sprovvista.
Lei prese il ciondolo fra le dita laccate di smalto Bordeaux e le sue labbra si incurvarono in un sorriso, un sorriso che mi parve dolce e malinconico ad un tempo.
-Si, si apre. Questa collana me la regalo’ mio padre per il mio decimo compleanno. E’ l’ultimo regalo che mi fece. Un mese dopo mori in un incidente stradale mentre tornava a casa dal lavoro. –
Rimasi in silenzio, pervasa dai sensi di colpa per averle riportato alla memoria un ricordo cosi terribile. Avrei voluto dirle che mi dispiaceva, che sapevo cosa significasse perdere un genitore, ma prima che potessi farlo gli occhi scuri dei lei, velati da un sottile strato di lacrime, catturarono I miei e capii che non c’era bisogno di dire niente.
Non mi aveva detto quelle cose per farmi sentire in colpa o per farsi compatire, mi aveva raccontato di suo padre perche’ voleva che sapessi di lei, del suo vissuto.
Le fui grata per esserci aperta con me.
Le strinsi una mano fra le mie e per qualche minuto restammo in silenzio, osservando la vecchia foto scolorita all’interno del ciondolo.
 
Il resto del pomeriggio lo passammo in camera di Evey che era probabilmente la stanza piu’ bella di tutta la casa.
Al centro della camera era posto un enorme letto a baldaccino sul quale erano stati posti piu’ cuscini di quanti ne potessi contare, il pavimento era ricoperto da una moquette soffice color crema, su un lato della stanza c’era un cassettone sul quale era stato costuito uno specchio riccamente lavorato mentre dall’altra erano posti vari strumenti musicali tra cui diverse chitarre.
La parte migliore della stanza pero’ era il soffitto: al buio esso scintillava della luce di centinaia di stelle che andavano a formare un’intero universo.
-Adoro questo posto!- esclamai, estasiata.
-Ci ho impiegato parecchio per farla diventare cosi.- ammise lei, sprofondando tra I cuscini del letto –E non hai ancora visto il mio fighissimo proiettore- continuo’, prendendo un telecomando dal comodino accento al letto.
La parete di fronte al letto aveva la funzione di “schermo” per il proiettore e a quel punto desiderai trasferirmi permanentemente nella stanza di Evey.
Dopo un po’ di indecision decidemmo di guardare “Edward mani di forbice” un film che, a quanto pareva, piaceva molto ad entrambe.
Senza accorgercene io e Evey ci stavamo avvicinando molto e, sorprendentemente, avevamo molte piu’ cose in comune di quanto non ci eravamo aspettate inizialmente.
 
Finito il film io e Evey eravamo andate a sederci un po’ sul dondolo della veranda e, mentre lei mi raccontava I gossip del vicinato una piccolo Peugeot grigia parecheggio’ nel garage della casa.
-Bene, mia mamma e’ tornata!- disse Evey, balnzando in piedi.
La seguii verso il garage dal quale usci una donna alta e snella dai capelli neri come la pece, come quelli di Evey.
-Mamma, hai fatto tardi oggi!- disse Evey abbracciando sua madre, la quale le stampo’ un bacio affettuoso sui capelli.
-Lo so, ma la figlia di Devon era malata percio’ ho duvuto coprire due ore del suo turno.- si giustifico’ la donna.
Poi le due si voltarono verso di me e, prima che Evey potesse presentarci, sua madre mi rivolse un sorriso genitile e disse:
-Tu devi essere Kat. Evey parla molto di te.-
Sorrisi imbarazzata e annuii:
-Si sono proprio io. Piacere di conoscerla signora Evergreen-
La donna mi sorrise di nuovo e dopo essere rientrate in casa, prese a preparare la cena.
Io ed Evey restammo a farle compagnia e Evey le racconto’ di quello che era successo quel giorno.
Dal modo in cui Evey e sua madre parlavano apertamente si capiva che avevano un bel rapporto. Sembravano sapere tutto l’una dell’altra, quasi come due migliori amiche.
Non potei fare a meno di invidiare Evey per questo: io non avevo mai conosciuto mia madre e, l’unica persona che si era incaricata di farne le veci, era diventata quasi un’estranea nella mia vita.
Il cellulare di Evey vibro’ sul tavolo della cucina e, dopo averlo preso in mano e aver letto il messaggio che aveva appena ricevuto I suoi occhi si rivolsero verso di me e disse:
-I ragazzi ci invitano ad uscire con loro dopo cena, che ne dici?-
Per qualche motivo a quelle parole non potei fare a meno di pensare al viso di Sean, ai suoi capelli rosso fuoco e ai suoi occhi verde smeraldo e, leggermente imbarazzata, quasi come se Evey potesse leggermi nel pensiero da un momento all’altro risposi:
-Si, certo che ci sto’!-






Nota: Ciao a tutti cari lettori! Per qualche motivo non mi ero accorta di non aver incluso l'ultimo pezzo del capitolo quando l'ho pubblicato quindi mi scuso per questo! Mi scuso anche per averci messo cosi tanto a scriverlo, ma per vari motivi ho avuto davvero poco tempo fra le mani in questo ultimo mese. Una precisazione che volevo fare riguarda la grammatica: purtroppo la mia tastiera non ha le lettere accentate e quindi per ora devo fare a meno di inserirle. Detto questo spero che il capitolo vi piaccia e di rivedervi alla prossima ^_^ Kure <3

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Capitolo 4
*** Unbreakable ***


4. Unbreakable





-Allora anche tu hai dei vestiti normali oltre alla divisa scolastica- disse Evey con tono fintamente sorpreso.
-Divertente- commentai, lanciandole un'occhiata di traverso -Pensavo che quello con la battuta sempre pronta fosse Adam- 
Evey rise leggermente per poi sedersi sul bordo del suo letto ed infilarsi un paio di ankle boots borchiate. 
Indossava una camicetta nera trasparente con un top nero sotto ed un paio di jeans a sigaretta dello stesso colore. Al dito portava un anello a forma di testa di tigre con una pietra rossa incastonata fra i denti e l'aveva abbinato ad un paio di orecchini dello stesso colore. 
Si era truccata pochissimo, ma il look naturale le donava. Evey era bella di suo, aveva un fascino quasi esotico,  i suoi lineamenti erano delicati, ma il suo look sexy e sofisticato ad un tempo le conferivano un'aria trasgressiva e letale.
Persino io riuscivo a rimanere ammaliata dal suo charme.
Poi tornai a guardare me stessa nello specchio dell'anta interna dell'armadio di Evey.
Non avendo previsto l'uscita di quella sera mi ero portata dietro solo un maglioncino nero, una camicetta dal colletto ricamato e un paio di banali jeans. 
Non stavo tanto male, ma in confronto a Evey mi sentivo abbastanza fuori posto. 
-Smettila di avere quell'aria crucciata. Stai bene vestita cosi- disse Evey, lanciandomi un'occhiata attraverso lo specchio.
Sospirai e decisi che non mi importava poi cosi tanto di quello che avevo addosso, dubitavo che avrebbe fatto qualche differenza.
Per lo meno avevo dedicato un po' piu' di attenzione al trucco: optai per una linea spessa di eyeliner e un po' di ombretto grigio sulla parte piu' esterna della palpebra per creare un po' di sfumatura.
Mentre mi infilavo i miei soliti stivaletti neri comprati a prezzo scontato da H&M la madre di Evey, Sonya, busso' alla porta.
-Pronte per andare?- domando', sbiraciando all'interno della stanza. 
-Pronte- confermo' Evey infilandosi la sua solita giacca di pelle.
Io mi infilai il mio giaccone blu scuro con il cappuccio di pelo e seguii Evey e sua madre fino all'auto.
Io mi sedetti dul sedile posteriore mentre lei si sedette davanti con la madre.
-A che ore devo venire a riprendervi?- domando' Sonya, allacciandosi la cintura di sicurezza prima di mettere in moto.
-Adam ci da un passaggio quindi non c'e' bisogno che ci aspetti- rispose Evey serenamente.
Il modo semplice in cui Sonya si fidava di lei  e la lasciava libera di fare come meglio credeva mi colpi molto. 
Anche mia zia mi lasciava fare quello che volevo, ma non perche' si fidasse di me o pensasse che meritassi la mia liberta', semplicemente il nostro rapporto era cosi corroso che non eravamo mai d'accordo su nienteZ: ignorarci a vicenda e non interessarci delle nostre rispettive vite era divenuta la norma. 
Vedere pero' la fiducia reciproca che Evey e sua madre confidavano l'una nell'altra mi fece provare una profonda e radicata malinconia, un sentimento che sentivo non essere nuovo, ma che avevo accantonato in un angolo del mio cuore nella spranza che ci rimanesse.
Tentai di scacciare quei pensieri concentrandomi sul panorama immerso nella tenebra fuori dal finestrino e ripercorrendo mentalemente le parole di una canzone che io e il gruppo avevamo scritto recentemente. 
Come per ironia il titolo della canzone era "tenebra", ma per qualche ragione cantarla mentalmente mi fece sentire meglio.
-Ok, eccoci arrivate. Porgi i miei saltuti ad Adam e Sean- disse Sonya, stampando un pacio sulla guancia alla figlia e rivolgendo a me un sorriso gentile.
Io e Evey percorremmo il parcheggio e ci fermammo a pochi metri dall'entrata di un bar sul quale riluceva un insegna rossa al neon che diceva "Red Dragon".
Ad occhio e croce sembrava uno di quelle birrerie dove la gioventu' si ritrova il sabato sera per farsi un drink in compagnia. 
Evey intanto aveva estratto il cellulare dalla borsa e dopo aver digitato il numero di Sean gli fece uno squillo. 
Non ci volle molto perche' dalla porta a vetri del Red Dragon ne uscissero Sean e Adam. 
Sean portava una camicia di flanella, un paio di jeans scuri e un cappuccio dello stesso colore. 
Ci venne incontro con il suo solito sorriso che gli si estendeva fino agli occhi color smeraldo che apparivano piu' scuri nella luce fioca davanti al locale. 
-Hey, puntuali come un orologio svizzero- disse Sean abbracciando Evey affettuasamente. 
Una volta che si fu staccato da lei venne verso di me e, con naturalezza di avvolse in un abbraccio affettuoso che mi mozzo' il fiato. 
Rimasi sorpresa da quel gesto inaspettato e non potei fare a meno di arrossire: era la prima volta da quando ero entrata a far parte degli USC che Sean mi salutava con un abbraccio e cio' non mi dispiaceva affatto. 
Tentai di darmi un contegno mentre il mio cervello iniziava a farsi strani film mentali, ma tentai di tornare alla realta' salutando Adam.
Lui si limito' a un "hey" scrutandomi con il suo solito sguardo impenetrabile mentre si accendeva una sigaretta fra le labbra sottili. 
-E questa da dove esce?- domando' Evey toccando la superficie di pelle del chiodo di Adam.
-Da un negozio- rispose lui ironico.
Evey sbuffo' e gli diede un buffetto sulla testa, gesto che lo indusse a sorridere.
Strano, ma vero, anche Adam era in grado di sorridere spontaneamente, peccato che non lo facesse piu' spesso, lo preferivo al suo slito sorrisetto lupino.
Quando Adam ebbe finito di fumare entrammo tutti nel locale: era piuttosto ampio, il bancone era posto in fondo alla sala, accanto al bancone c'era un piccolo palco dove una band sconosciuta suonava un pezzo blues e sedie dai divanetti  di pelle rossa erano sistemati nel resto dello spazio. 
Sean ed Adam avevano gia' occupato un tavolo in un angolo appartato della sala e a quanto pareva avevano gia' ordinato da bere. 
Io e Evey ci sedemmo da un lato del tavolo, mentre Adam e Sean presero posto di fronte a noi. 
Una volta seduta mi sfilai il cappotto, sperando che il mio maglioncino blu non fosse troppo fuori luogo, ma nessuno sembro' condividere le mie preoccupazioni. 
Io e Evey investigammo il menu e, dopo un'occhiata veloce Evey decise di prendere un Bloody Mary. 
Per qualche motivo quel drink le si addiceva.
Io invece osservai il menu dei drink a lungo chiedendomi se ordinare una semplice soda sarebbe andato bene. 
Evey e i ragazzi pero' avevano ordinato dei cocktail e per una volta non volevo fare la parte della ragazzina innocente ed inesperta. 
Cosi ordinai una pina colada.
-Sicura di riuscire a reggerlo?- mi domando' Adam, con quel suo solito sorriso provocatorio dipinto sul viso.
-Certo che si- risposi permalosa.
Lui mi scocco' un'occhiata divertita e poi si rivolse ad Evey. 
Parlammo per un po' dei piani del gruppo, sulle canzoni che avevamo selezionato per il concorso: "I never told you my deepest fear" e "Blue Roses".
Erano due canzoni che avevamo perfezionaro nell'ultima settimana e che ci avevano particolarmente coinvolti. I never told you my deepest fear era un canzone che parlava di insicurezza e conflitti interiori mentre Blue Roses era una canzone di tema 
amoroso. Entrambe le canzoni avevano sfumature oscure e penetranti e dovevo ammettere che Adam sapeva davvero come tirare fuori il meglio dalla sua chitarra. 
Proprio mentre la cameriera, una ragazza bionda e snella che indossava un corpetto nero aderente e un paio di pantaloncini corti di jeans, portava le nostre ordinazioni a me ed Evey vidi il viso di Sean illuminarsi.
Seguii il suo sguardo e vidi un gruppo di ragazzi piu' o meno della nostra eta' venire verso di noi. 
Erano in quattro: tre ragazzi e una ragazza.
Uno dei ragazzi era altissimo, probabilmente raggiungeva senza sforzo il metro e novanta, aveva i capelli biondo platino e gli occhi di un castano ramato, il secondo ragazzo sembrava avere sui 25 anni, era vestito in modo semplice, ma aveva un bel viso dai tratti dolci che distoglieva l'attenzione dal suo vestiario, il terzo ragazzo era basso e smilzo coi capelli rasati e quella che sembrava acne adolescenziale a coprirgli le guance scarne ed infine c'era la ragazza, 
una tizia minuta, resa alta dai tacchi impossibili che portava ai piedi. Portava una minigonna di pelle nera e un top stretto che lasciava poco spazio all'immaginazione. Aveva lunghi capelli color miele e un viso grazioso, ma il trucco 
pesante la faceva apparire piu' grande di quanto non fosse.
I nuovi arrivati salutarono i miei compagni con fare amichevole, quasi si conoscessero da molto tempo. 
Rimasi ad osservare la scena, incerta su cosa fare. Evey si accorse del mio disagio e, cingendomi le spalle con un braccio disse:
-Ragazzi questa e' Kat, la nostra nuova cantante. Kat, questi sono Eddy, Levi, Tj ed Andrea, alcuni amici di vecchia data-
Ci salutammo velocemente e, dopo esserci stretti un po' piu' sul divanetto rosso ci sedemmo tutti. 
Lasciai che Evey si sedesse in mezzo a me e ad Andrea, l'unica ragazza del gruppo, mentre i ragazzi si accomodarono su un paio di sedie prese da un'altro tavolo.
-E' da un po' che non vi fate vedere da queste parti, che fine avevate fatto?- domando' Adam rivolto ad Eddy, il ragazzo alto. 
-Siamo stati a fare un paio di serate.- rispose Eddy, con un sorriso che non nascondeva il suo compiacimento.
-Vi siete gia' iscritti al concorso di Hollow-hale?- domando' Andrea.
-Qualche giorno fa. Voi?- disse Sean.
-Anche noi- rispose Levi, il ragazzo dal volto carino.
Da li in poi inizio' una conversazione alla quale non partecipai direttamente, ma che seguii soltanto mentre, con calma sorseggiavo la mia pina colada. 
A quanto pareva Eddy, Levi, Tj ed Andrea avevano un gruppo chiamato Evil Blast Storm e avevano conosciuto gli USC qualche anno prima quando il fratello di Sean faceva ancora parte del gruppo.
A parte questo, la conversazione si incentro' su musica, gruppi locali che avrebbero partecipato al concorso e via discorrendo. Non che quelle cose non mi interessassero, ma semplicemente non sapevo come entrare a far parte del discorso.
Levi ed Eddy mi porsero qualche domanda e Sean e Evey mi domandarono un paio di volte se andasse tutto bene, ma a parte questo rimasi in silenzio. 
Mi odiavo per il fatto di essere cosi scarsa nelle interazioni sociali, ma nonostante cio' ero comunque piuttosto brava ad interpretare le interazioni degli altri. 
Andrea sembrava il tipo che flirta un po' con tutti e non esito' a mostrare un certo interesse nei confronti di Sean. In qualche modo gli era finita accanto e gli stava appiccicata al braccio come una sanguisuga. 
Lei non si fece troppi scrupoli a ignorarmi totalmente, ma sembrava che andasse abbastanza d'accordo con Evey. 
Eddy pareva il tipico patito di musica metal che sa tutto su qualsiasi gruppo in esistenza, Levi era piu' calmo e analizzava quello che succedeva attorno a se' con circospezione mentre Tj tento' di flirtare un paio di volte con Evey, ma 
lei lo liquido' con tatto.
Quando ebbi finito il mio drink iniziai a sentire un certo caldo e, un po' annoiata, decisi di andare a prendere una boccata d'aria.
-Vuoi che ti accompagni?- aveva domandato Evey, preoccupata.
-No, tranquilla, non cen'e' bisogno, ho solo bisogno di un paio di minuti da sola.- le risposi, accennando un sorriso.
Mi alzai dal divanetto e lei mi afferro' la mano, prima che mi allontanassi.
-Sicura di stare bene?- ora i suoi occhi parevano preoccupati e potei intravedere anche un leggero senso di colpa in essi, come se si fosse improvvisamente accorta che non mi stavo esattamente godendo la rimpatriata quando lei e i 
ragazzi.
-Si, davvero, sto benone.- le sorrisi sincera e, impacciata mi diressi verso la porta a vetri del locale.
Diedi un'occhiata al display del cellulare una volta che mi fui trovata all'aria aperta e fui sorpresa di vedere che si era gia' fatta mezzanotte.
A quell'ora il parcheggio era un po' piu' vuoto di quando io e Evey eravamo arrivate e fuori dal locale c'erano solo un paio di persone intente a fumare. Decisi di allontanarmi un po' per poter rimanere da sola. 
Appoggiai la schiena ad una delle pareti esterne del locale e chiusi gli occhi inspirando l'aria pungente della sera. 
Per qualche istante svuotai la mente da tutti i pensieri che mi frullavano in testa e mi dissi di calmarmi. 
La serata non stava andando tanto male ed era normale che se rispondevo alle domande delle persone con parole spiccie che non davano modo di sviluppare il discorso esso sarebbe morto. 
Lo sapevo e, infatti, il mio fastidio non proveniva dal fatto che non fossi stata particolarmente inclusa nella conversazione del gruppo. Il mio fastidio, realizzai, era dovuto a qualcos'altro, o meglio, da qualcun'altro: Andrea.
Per tutto il tempo non avevo potuto fare a meno di osservarla mentre si strusciava su Sean come fosse una sua proprieta'. 
Lui l'aveva lasciata fare, quasi come se quella fosse la norma, ma io avrei voluto che lui se la scrollasse di dosso. 
Oddio, mi dissi, non sarai mica gelosa vero
Non potevo essere gelosa, insomma Sean era un bel ragazzo, ma non mi piaceva, non in quel modo almeno, giusto?
-Hey- la voce inaspettata di Levi mi fece sussultare e mi strappo' dai miei pensieri.
-Hey- risposi, drizzandomi sul posto e tentando di accennare un sorriso un po' spaesata, mentre i miei occhi incontravano i suoi color nocciola.
Il ragazzo sorrise e imito' la mia postura, poggiando la schiena sul muro accanto a me. La distanza tra di noi era un po' poca per i miei gusti, ma non mi spostai. Non volevo dare l'impressione sbagliata.
Il ragazzo acesse una sigaretta e me ne offri una, ma la rifiutai.
-Non sei una di molte parole, eh?- disse, lanciandomi un'occhiata con la cosa dell'occhio.
-Beh, piu' che altro sono una persona piuttosto timida.- 
-Non devi esserlo, non cen'e' motivo. Abbi un po' di fiducia in te stessa.- 
Wow, pensai, quel tizio diceva delle cose piuttosto profonde per uno che sembrava il solito playboy di quartiere con la faccia d'angelo e un cuore da demone. 
Chiacchierammo per un po' e mi sorpresi nel sentire le parole scivolarmi dalla bocca cosi facilmente. In fondo aprirsi con gli altri non era poi cosi difficile una volta che ci provavi.
Ad un certo punto, mentre ridevo una battuta cretina sulla cameriera del locale successe qualcosa di inaspettato. Levi mi venne piu' vicino e mi mise con le spalle al muro. Il suo viso era vicinissimo al mio e non potei fare a meno di 
rimanere paralizzata. 
Il cuore prese a battermi forte mentre pensavo ad un modo per togliermi da quella situazione.
-Sei carina Kat, mi piaci. Le ragazze innocenti come te hanno un fascino particolare.- 
Abbassai il capo, ma lui mi porto' un dito sotto al mento e mi fece risollevare il viso. 
Quando incrociai i suoi occhi scuri mi resi conto che ero in trappola e che lui non aveva buone intenzioni.
Provai a muovermi ma i suoi avambracci posati sulla parete alle mie spalle mi tenevano bloccata.
-C-credo che dovremmo tornare dentro.- sussurrai, mentre nella mia mente correva in posti dove non avrebbe dovuto. Trattenni il fiato, tentando di ricacciare indietro le lacrime e darmi un contegno, mentre Levi rideva sommessamente, famelico.
-Perche' non ti piace la mia compagnia?- dissi, portando il suo corpo ancora piu' vicino al mio. Sentii un brivido freddo corrermi lungo la guancia mentre sentivo che sarei scoppiata da un momento all'altro.
-Levi, che diavolo stai facendo?- la voce grave di Adam indusse Levi a scansarsi da me e, con una scrollata di spalle disse:
-Mi divertivo un po' a stuzzicare Kat.- 
Il modo in cui pronuncio' il mio nome mi fece improvvisamente ribrezzo e rimasi appiattita contro al muro, tentando di non piangere. 
Adam mi scruto' velocemente, lo sguardo glaciale. Scoppio' in una risata lugubre e, di scatto afferro' il colletto della maglietta di Levi e sbatte' il ragazzo contro al muro premendo l'avambraccio sul suo collo.
-Che diavolo ti prende amico?- disse Levi, indignato.
-Te lo diro' solo una volta Lev, stalle lontano o ti faro' pentire di averci anche solo pensato.- 
Cosi dicendo lascio' la presa sul ragazzo il quale, con sguardo feroce si lascio' andare ad un'imprecazione mentre a grandi passi tornava nel locale.
A quel punto, non seppi se per il sollievo o per il terrore che avevo provato poco prima, non riuscii piu' a trattenermi e, coprendomi il viso con le mani, mi lasciai andare ai sighiozzi.
Piansi per qualche minuto, in maniera piu' disperata del normale, tentando di scacciare pensieri che non volevo avere nell'angolo remoto dal quale erano provenuti prima di sentire le mani di Adam afferrare le mie.
I suoi occhi solitamente imperscutabili sembravano colmi di preoccupazione e, con il tono piu' dolce che gli riusci disse:
-Va tutto bene adesso.- 
Mordendomi il labbro inferiore annuii e tentai di calmarmi. 
-Mi dispiace.- dissi infine - Non volevo metterti in una situazione del genere- 
Adam lascio' la presa alle mie mani e sorrise, senza ironia.
-Sei proprio stupida lo sai? Se c'e' qualcuno che deve scusarsi quella non sei di certo tu.- 
Cosi dicendo mi porse un pacchetto di fazzoletti che teneva nella tasca dei jeans e mi disse di aspettarlo li. 
Torno' poco dopo con Evey e Sean al seguito. Entramvbi avevano un'aria terribilmente preoccupata. 
Evey mi venne incontro e mi avvolse in un abbraccio. Sembrava davvero mortificata.
-Dannazione, sapevo che avrei dovuto seguire quello stronzo fuori quando ha detto che andava a fumare.-
-Non e' colpa tua- le dissi, lasciandomi andare a quell'abbraccio che ebbe la forza di alleviare la morsa che mi attanagliava lo stomaco. 
Anche Sean mi abbraccio e, fra le sue braccia, sentii di poter sprofondare. Aveva un odore di pulito, un odore confortanete che mi face sentire bene. 
Quando l'abbraccio si sciolse Adam disse che avrebbe riportato me ed Evey a casa mentre Sean avrebbe pagato il conto e parlato con gli altri.
Il tragitto nella polo nera di Adam fu piuttosto silenzioso e Evey mi strinse la mano per tutta la durata del viaggio. 
Il calore della sua mano mi fece sentire protetta, come se quello che era successo fosse cosa passata che non si sarebbe ripetuta. 
Adam pacheggio' davanti alla casa di Evey e scese con noi dall'auto per accompagnarci fino all'uscio.
-Grazie Adam, ci sentiamo domani- disse Evey, abbracciandolo velocemente e rivolgendogli un sorriso sincero.
-Sicuro- rispose lui.
Evey entro' in casa e io rimasi sola con Adam per qualche istante. 
Volevo ringraziarlo per quello che aveva fatto per me, ma non sapevo bene cosa dire. Fino a quel momento avevo creduto che non gli importasse molto di me, ma era ovvio che non fosse cosi.
-Adama, io...grazie.- fu tutto' cio' che riuscii a dire.
Lui sorrise mesto e, restammo in silenzio per qualche istante. Alla fine decise che il modo migliore per salutarmi fosse una bella scompigliata di capelli. 
-Figurati, era il minimo che potessi fare. Siamo amici, no?- 
Quella domanda centro' dritto al mio cuore. Sentirgli dire una cosa del genere spazzo' via' buona parte dell'inquietudine che mi era rimasta dentro. Lui mi considerava sua amica.
-Giusto- dissi, sorridendo, quasi commossa.
Lui mi osservo' per qualche istante e, il suo sorriso ironico di sempre ritorno'.
-Non sorridere in quel modo, con tutto quel trucco colato sulle guance fai paura.- 
Cosi dicendo mi fece un ultimo cenno con la mano e si incammino' verso l'auto.
In circostanze normali mi sarei arrabbiata per quella battuta di cattivo gusto, ma in quel momento quella familiare ironia mi fece spuntare un sorriso.
Entrai in casa di Evey e insieme andammo in camera sua, senza fare troppo rumore per non svegliare Sonya che dormiva. 
Una volta in camera di Evey mi andai in bagno e mi ripulii il viso ( dovetti ammettere che quel trucco sbavato mi dava un'aria davvero inquietante) e mi infilai il pigiama.
Per qualche istante rimasi ad osservarmi allo specchio e non potei fare a meno di ripensare a quello che era successo e ai ricordi che Levi aveva fatto ritornare nella mia mente. 
Lo odiavo, lo odiavo davvero tanto e odiavo ancora di piu' il mio passato, quel passato che non potevo cancellare e che la mia mente si rifiutava di dimenticare. 
Quando tornai in camera Evey era gia' nel letto e, con un sorriso gentile mi fece segno di raggiungerla sotto alle coperte. 
-Ti va di parlare un po'?- mi chiese, gli occhi da cerbiatto puntati nei miei.
Le sorrisi e, piano, annuii.









Ciao a tutti cari lettori! Anzitutto spero che abbiate passato uno stupendo Natale in compagnia dei vostri cari. Trovo il periodo Natalizio una perfetta opportunita' per sentirsi un po' piu' vicini ai propri familiari e un ottimo diversivo per tentare di riallacciare i rapporti con persone alle quali si tiene, ma con le quali non si ha avuto molto contatto. Insomma, spero che questo Natale abbia portato un po' di uonione a tutti quanti! Come seconda cosa mi scuso per averci messo cosi tanto a caricare questo capitolo! Spero che mi perdonerete *-* In questo capitolo ho voluto tirare fuori un po' di sentimenti e preparare il terreno per gli eventi che devono ancora venire. Spero che vi piaccia e che continuerete a seguirmi! Come sempre, se vi va, lasciatemi una recensione per farmi sapere cosa pensate del capitolo e della storia in generale.

Con affetto,
Kure <3

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Capitolo 5
*** I Never Told You My Deepest Fear ***


5. I Never Told You My Deepest Fear



Erano passate all'incirca tre settimane dagli avvenimenti del Red Dragon, e nonostante io e Evey avessimo discusso un paio di volte circa cio' che era successo, durante le prove nessuno di noi aveva piu' proferito parola sull'argomeno. 
Era come se avessimo implicitamente deciso di fingere che quella sera non ci fosse mai stata e le cose tra tutti noi erano tornate quelle di sempre.
Al momento, in ogni caso, avevamo molto di meglio a cui pensare: gli organizzatori del concorso di Hollow-hale ci avevano contattai e ci avevano riferito la data, l'ora ed il luogo nel quale si sarebbe tenuto l'evento. 
Avevano deciso per la notte del 31 Dicembre, il che significava che avevamo poco meno di un mese per prepararci a dovere. 
Nonostante avessimo gia' diciso quali canzoni presentare, lo stress era palpabile durante le prove e Sean ed Adam non facevano altro che continuare ad apportare modifiche ai testi e agli arrangiamenti delle due canzoni che avremmo presentato: "I never told you my deepest fear" e "Blue Roses". 
Io tentavo di impegnarmi il piu' possibile: la mia voce aveva ancora bisogno di parecchio lavoro, ma grazie agli esercizi che facevo su base quotidiana a casa e al supporto dei ragazzi, avevo gia' cominciato a notare un miglioramento. 
La mia respirazione era migliorata ed il mio controllo vocale era notevolmente aumentato rispetto a prima. 
Imparavo e miglioravo in fretta, ma mi domandavo se sarebbe stato abbastanza per il concorso. 
Sean continuava a ripetermi di non preoccuparmi, che comunque fosse andata l'importante era che dessimo il massimo, ma io ero conscia del fatto che tra tutti i membri del gruppo rappresentavo l'anello debole e questa mi pesava. 
Come se non fosse bastato la fine del primo trimestre scolastico si avvicinava e cio' significava che la quanita' di test stava aumentando esponenzialmente. 
In un modo o nell'altro stavo riuscendo a mantenere la mia media inalterata, ma alla fine di ogni giornata ero cosi esausta da addormentarmi una volta posata la testa sul cuscino.
Quel giorno le prove erano andate abbastanza bene e mi stavo prparando come gli altri per andare a casa quando Sean disse che aveva un'annuncio da fare. 
Sean portava una felpa blu scuro e un paio di jeans dello stesso colore. Le tonalita' scure facevano risaltare la sua chioma di fuoco e i suoi occhi di smeraldo, quegli occhi nei quali avrei voluto perdermi per sempre, ma che evitavo attentamente, conscia del fatto che se ci avessi guardato dentro troppo a lungo le mie emozioni si sarebbero riversate sulle mie guance pallide cosi che tutti potessero accorgersene. 
Non sapevo bene da quanto sapessi di avere una cotta per Sean, forse l'avevo dalla prima volta nella quale avevo messo piede in quel capannone, ma non ero ancora sicura di volere che i miei sentimenti fossero noti a lui o ad altri. Preferivo tenere la cosa per me. 
-Allora ragazzi- inizio' Sean, un po' incerto, attirando su di se gli occhi sospettosi di Evey- non so bene come dirlo, percio' mi limitero' a darvi la notizia in maniera schietta. Andre' torna in citta' per le feste e verra' a vederci suonare.-
Mi voltai verso Evey, pronta a lanciarle uno sguardo interrogativo, ma quando il mio sguardo si poso' sul suo volto mi accorsi che i suoi occhi erano spalancati e che la borsa che aveva in mano era scivolata sul pavimento. 
Mi voltai verso Sean, in cerca di una spiegazione ma il suo volto era una maschera di preoccupazione e pentimento. 
Evey raccolse la sua borsa e, ricomponendosi, inarco' le labbra laccate di rosso in un sorriso tirato.
-Oh, bene, buono a sapersi.- 
Cosi dicendo ci diede le spalle e ando' verso l'uscita, a passo spedito.
-Evey, aspetta!- disse Sean, allungano una mano verso la figura di lei, come se cio' sarebbe bastato a fermarla, ma Evey non torno' sui suoi passi e spari' oltre al portone del capannone. 
-Cazzo Sean, lo sai che e' un argomento delicato!- disse Adam. I suoi occhi non celavano l'amarezza che provava dentro e, scuotendo la testa, corse dietro ad Evey. 
Io rimasi in piedi al mio posto, spaesata e confusa, ignara dei motivi per i quali Evey se ne era andata via a quel modo.
-Che cosa sta succedendo?- domandai alla fine, rivolgendomi verso Sean. 
Gli occhi di smeraldo del ragazzo si alzarono fino ad incontrare i miei e potei leggervi il dispiacere che stava provando per aver causato quella situazione.
-Evey non ti ha parlato di mio fratello Andre'?- 
-Aspetta,- dissi, ricordandomi una conversazione avuta con Evey poco dopo essermi unita al gruppo- intendi il vostro ex-cantante?-
-Si, proprio lui.- rispose Sean- Credevo che Evey si fosse lasciata tutto alle spalle, ma a quanto pare mi sbagliavo. A dire il vero, temevo che l'avrebbe presa male, ma speravo comunque di avere torto.- 
-Non e' colpa tua, insomma, in fondo Andre' e' tuo fratello e non puoi tagliarlo fuori dalla tua vita. Sono sicura che Evey prima o poi gli perdonera' il fatto di aver mollato il gruppo.- tentai di rassicurarlo e mi avvicinai a lui quel tanto che bastava per poter osservare il suo viso d'angelo un po' meglio. 
-Non credo che lei cel'abbia con lui per aver mollato il gruppo, ma piuttosto per aver lasciato lei.-ripose Sean, scostando gli occhi dai miei. 
A quelle parole rimasi di sasso. Evey aveva avuto una relazione con il fratello di Sean? Lei non ne aveva mai fatto parola con me nonostante ce ne fosse stata occasione piu' di una volta, e cio' mi fece sentire completamente tagliata fuori. Sapevo che Evey aveva probabilmente avuto le sue ragione per non volermene parlare, e sapevo anche che non eravamo amiche da tantissimo tempo e che non mi doveva alcun tipo di spiegazione, ma ultimamente avevamo legato molto e avevo pensato che si fidasse di me, che si sarebbe fidata abbastanza da raccontarmi di Andre'.
Mi sentii ferita, ferita per il fatto di non averne saputo niente fino a quel momento, ferita per il fatto che fossi venuta a sapere di quella storia da Sean e in fine mi sentii una stupida perche' mi stavo comportando come una persona immatura ed irragionevole.
-Non vuoi seguirla?- domandai dopo qualche istante di silnezio, cercando di scacciare i miei pensieri. 
Sean sorrise debolmente e scosse leggermente il capo: -No, credo che Evey abbia bisogno di metabolizzare la cosa. E' meglio lasciarla stare per un po'. Ad ogni modo con lei c'e' Adam percio' va bene cosi.- 
Lo sguardo di Sean pero' diceva tutto il contrario delle sue parole, ma decisi di non insistere oltre.
-D'accordo...allora io vado. Ci vediamo Venderdi?-dissi in fine, pronta a dirigermi verso l'uscita.
-Ti porto a casa io- disse Sean, scompigliandomi leggermente i capelli e lanciandomi un'occhiata stranita, come se avessi appena detto qualcosa di insolito.
Annuii e non riuscii a fare a meno di sentire il mio cuore scaldarsi un po'.

"I never told you my deepest fear, the shadow's near, devouring my soul, I never told you about the scars in my soul, about how rotten I'm deep down my core!"
-Stop, stop! Kat, devi mettererci piu' enfasi ed eri di nuovo mezzo tono piu' in basso su "about how rotten I'm deep down my core". E' la quarta volta che te lo ripeto- disse Adam, palesemente irritato. 
-Mi dispiace...non so perche', ma non riesco a prendere la nota giusta oggi- risposi, amareggiata. 
Erano quattro volte che provavamo "I never told you my deepest fear", ma non riuscivo ad arrivare alla fine della canzone senza fare errori palesi. La sera precedente ero stata sveglia fino alle due del mattino a prepararmi per l'ultimo compito di matematica prima delle vacanze natalizie e la stenchezza si stava facendo sentire.
-Adam, non fare lo stronzo, abbiamo tutti delle giornate no.- intervenne Sean in mia difesa, lanciando ad Adam uno sguardo acuto.
-E tu smettila di fare il cavaliere scintillante che corre in suo soccorso ogni volta che sbaglia. Se continui a farle da balia continuera' a fare gli stessi stupidi errori.- ripose Adam, glaciale.
Era ovvio che ci fosse un po' di tensione nell'aria e qualcosa di mi diceva che i miei errori non erano che una scusa per dar sfogo al malumore generale. 
-Se hai qualcosa da dirmi dimmela e basta, non c'e' bisogno che ti incazzi con Kat.- continuo' Sean, senza lasciarsi scalfire dalle parole dell'amico.
-Ok, avete finito di romperci con le vostre ridicole frecciatine? Siamo qui per migliorarci, non per puntarci il dito contro a vicenda- intervenne Evey con voce dura.
Aveva le mani sui fianchi e il suo viso solitamente dolce era di una durezza che faceva quasi venire i brividi. 
Io rimasi in silenzio  a testa bassa, sentendo lo stress crescermi dentro. Sentii le mani che iniziavano a sudare e a tremare e mi resi conto che stavo respiando a fatica. 
-Hey, Kat, stai bene?- la voce di Evey riporto' la mia mente al presente.
Rimasi ferma sul posto portandomi una mano al petto, cercando di regolare il mio respiro, tentando di scacciare i peniseri negativi dalla mia mente. 
-S-si, ho solo bisogno di una boccata d'aria- ansimai, sentendo gli occhi velarsi di lacrime. 
Non attesi una risposta, balzai giu' dal palco e corsi fuori dal capannone. Mi  appiattii contro una delle pareti esterne dell'edificio e mi lasciai cadere a terra. Mi portai le gambe al petto e nascosi il viso fra le gambe. 
Dovevo stare calma, non c'era motivo di essere cosi agitata. Sapevo che Adam non aveva detto quelle cose per cattiveria e sapevo anche che quel giorno eravamo tutti stanchi e tesi e che nessuno cel'aveva con me in particolare, ma tutto lo stress della scuola, del gruppo e della mia situazione a casa si accumulo' in quel momento come una nuvola grigia carica di pioggia. 
-Kat...hey...- disse Evey, con voce allarmata.
Non l'avevo nemmeno sentita arrivare. Si sedette accanto a me a mi cinse fra le braccia.
-Sto bene,- ansimai- davvero, sto bene, ora passa.- 
Nostante le mie parole pero', Evey non allento' la presa e cio' mi fece improvvisamente sentire peggio. Cercai disperatamente di trannere le lacrime, ma non ci riuscii e mi aggrappai alle spalle della ragazza disperatamente, e mi lasciai andare ad un pianto liberatorio. 
Evey mi carezzo' la testa per tutto il tempo, senza dire nulla, ma la sua presenza fu sufficiente per farmi calmare. 
-Stai meglio?- mi domando', gli occhi velati di preoccupazione e tristezza, una volta che mi fui staccata da lei.
-Si, grazie. Ne avevo bisogno. Sono un po' stressata ultimamente e tendo sempre a tenermi tutto dentro finche' non esplodo.- dissi, accennando un sorriso mentre mi asciugavo gli occhi rossi di pianto.
-Ti capisco, sono un po' cosi anche io.- rispose lei, accennando un sorriso dolce. Rimanemmo in silenzio per qualche istante poi lei riprese la parola: -Volevo chiederti scusa per non averti detto nulla di Andre'. So che avrei dovuto, ma quando ne parlo mi sembra che tutto l'impegno che ci ho messo per convincermi di averlo dimenticato si polverizzi.-
Rimasi sorpresa, ma una parte di me si senti sollevata sentendole dire quelle parole.
-Non importa Evey, non devi parlarne se non te la senti.- 
-Pero' voglio parlartene Kat, insomma, siamo amiche ed e' questo che gli amici fanno: si fidano l'uno dell'altro abbastanza da condividere le proprie pene e supportarsi a vicenda, no?-
-D'accordo, - dissi saltando in piedi- ma prima di raccontarmi tutto, torniamo dentro e riproviamo la canzone. Voglio riuscire a farla bene prima delle 7.- 
Evey si alzo' in piedi e, prendendomi la mano fra le sue annui.
Tornammo dentro e, nonostante Sean ed Adam mi dissero che non dovevo sforzarmi se non me la sentivo, riprovammo "I never told you my deepest fear" e, stavolta, riuscii a cantarla senza errori. 




Ciao a tutti cari lettori! Dannazione e' da MESI che non posto un capitolo e mi sento terribilmente in colpa. Tra problemi di salute, universita'  e l'arrivo di un secondo cane sono stata davvero impegnata e la mia vena creativa non solo mi aveva abbandonata completamente, ma non sembrava a intenzionarsi a rifarsi viva....fino ad ora! Cerchero' di postare piu' spesso e spero che, nonostante tutto il tempo che e' passato dall'ultima volta che ho postato, siate ancora interessati a sapere come continua la storia.

Un abbraccio, 
Kure <3

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Capitolo 6
*** Christamas ***


6. Nobody To Love
 
 
 
I miei occhi scrutavano il soffitto in cerca di qualcosa di indefinito, forse semplicemente un po' di tranquillita'.
Chiusi le palpebre e, con un sospiro, tentai di liberare la mente dai troppi pensieri che mi frullavano per la testa, ma senza risultati.
Nel silenzio della mia stanza pareva che qualsiasi piccolo suono mutasse in rumore assordante: le lancette dell'orologio sopra al comodino accanto al mio letto mi martellavano nelle orecchie rendendomi difficile concentrarmi sul sonno.
Alla fine mi arresi e, stancamente, afferrai l'orologio e lo gettai nel cassetto del comodino, ma nemmeno liberarmi di quell'oggetto infernale mi aiuto' a riaddormentarmi.
Cosi ripercorsi mentalmente le ultime tre settimane, ripensai a quel sabato nel quale ero andata a dormire a casa di Evey e lei mi aveva finalmente raccontato di Andre'.
 
Eravamo sedute sul suo letto, una di fronte all'altra e Evey teneva in grembo l'orsetto di peluches che le aveva regalato suo padre anni prima, come se quell'oggetto avesse avuto il potere di infonderle un po' di coraggio.
Gli occhi castani di Evey avevano vagato sul mio volto per un po' prima che si decidesse a cominciare il discorso.
-Hmm....da dove vuoi che inizi?- mi aveva domandato in fine, lanciandomi un'occhiata attraverso il ciuffo ribelle che le era caduto sugli occhi.
-Dal principio suppongo, da quando hai capito che tra di voi c'era qualcosa.- risposi, sorridendole rassicurante.
Lei allungo' le mani verso di me e strinse le mie dita tra le sue.
-Come ti accennai tempo fa, conobbi Sean e Andre' quando avevo circa 7 anni, Sean aveva la mia stessa eta' mentre Andre' era 3 anni piu' grande di noi. A quel tempo mio padre era ancora tra di noi e, lui e il padre di Sean ed Andre', erano divenuti amici dopo essersi conosciuti ad un convegno. La prima volta che li incontrai fu quando mio padre inivito' la loro famiglia a cena da noi. Non voglio fare la melodrammatica, ma credo che la mia cotta per Andre' inizio' fin da quel giorno, anche se mi ci volle qualche anno per ammettere a me stessa I miei sentimenti e per darmi una possibilita' con lui.
L'estate del mio primo anno di liceo, qualche mese dopo che Andre' ebbe rotto con la sua ultima ragazza, mi decisi a farmi avanti e a confessaregli I miei sentimenti.
L'occasione si presento' un sabato sera a casa sua: la nostre famiglie avevano organizzato un barbecue in memoria di mio padre che era venuto a mancare qualche anno prima e, per un motivo o per l'altro, io e Andre' ci trovammo da soli in camera sua.
Ricordo che lui era seduto sul suo letto e guardava fuori dalla finestra che dava sul giardino dove I nostri genitori erano intenti a cuocere hamburger, mentre io ero seduta sulla sedia della sua scrivania, nervosa come non ero mai stata in vita mia.
Senza troppi giri di parole gli dissi che non lo vedevo solo come un amico e che avrei voluto che tra di noi ci fosse di piu'. Lui mi aveva guardata sorpreso, ricordo ancora chiaramente I suoi occhi d'ebano, e, dopo qualche istante di silenzio mi aveva sorriso, mi aveva fatto cenno di raggiungerlo sul letto e mi disse che provare le stesse cose per me. Mi chiese di diventare la sua ragazza e puoi immaginare la mia gioia nel dirgli di si.
Da quel momento in poi fummo inseparabili. Andre' era il ragazzo perfetto: facevamo la strada da casa a scuola e vice versa assieme, mi riempiva di attenzioni e premure, uscivamo assieme ogni weekend...insomma, non aveva occhi che per me e le cose tra di noi non sarebbero potute andare meglio.
Per aggiungersi al tutto io e Sean inziammo ad andare d'accordo come mai prima di allora e, dopo aver conosciuto Adam, avendo tutti e quattro una passione per la musica, decidemmo di formare gli USC.
Inizialmente mettemmo insieme il gruppo per gioco, ma in un modo o nell'altro iniziammo a prendere la faccenda seriamente e cominciammo ad esibirci in vari locali della citta'. Inutile dire che il membro piu' popolare del gruppo era Andre': occhi d'ebano, capelli biondo cenere, alto e muscoloso, insomma, il sogno di ogni teenager.
Nonostante l'attenzione che riceveva dalle ragazze, stupida come ero allora, non dubitai mai della sua fedelta' e credetti sempre a tutto quello che mi diceva.
Ci credetti fino al giorno in cui, leggendo per caso alcuni messaggi sul suo cellulare non ne trovai alcuni indirizzati alla mia migliore amica dell'epoca, Hanna Drake.
Avrei voluto gettare via il cellulare di Andre' e fingere di non aver mai visto quei messaggi, ma la gelosia ed il senso di tradimento mi spinsero a leggerne altri e cosi scoprii che Andre ed Hanna avevano una relazione da mesi alle mie spalle. Tra I vari messaggi cen'erano anche di molto espliciti che mi fecero capire la natura dei loro incontri. E la cosa peggiore era che Hanna non era l'unica ragazza con la quale Andre' si era visto. Non immagini il senso di vuoto, incredulita' e disgusto che provai. Dopo un anno di relazione nella quale avevo creduto di avere la felicita' in pugno avevo scoperto che per tutto quel tempo non avevo fatto altro che stringere un mucchio di polvere...
Ti risparmio la parte del litigio e della rottura, dei pianti disperati, degli attacchi di panico e della depressione, ma credo sia abbastanza facile intuire che in seguito alla nostra rottura il gruppo si sciolse.
Per mesi e mesi non fuoi piu' me stessa, ma solo l'ombra di una me che non volevo piu' ricordare. Mi odiavo, odiavo il fatto di essere stata cosi stupida da credergli ciecamente senza mai sospettare nulla, odiavo Sean ed Adam per essere stati tanto ciechi quanto me.
In quel periodo ero tanto depressa che persi quasi 10 kg in quattro mesi e la mia rendita scolastica peggioro' drasticamente, tanto che rischiai quasi di perdere l'anno.
Andre' dal canto suo, nonostante si sentisse in colpa per cio' che aveva fatto (o per lo meno questo e' cio' che sosteneva), ando' avanti con la sua vita, fini le superiori, si trasferi a Seattle per iniziare il college e non ci mise molto a trovare un'altro gruppo, gruppo che ha acquisito una certa fama da un anno a questa parte.-
Evey aveva fatto una pausa e si era asciugata una lacrima che le era scivolata giu' per la guancia.
Il suo sguardo era colmo di tristezza, una tristezza antica, amara ed indelebile.
-Non ne avevo idea...- sussurrai, a corto di parole, con gli occhi pieni di lacrime e un senso di impotenza a stringermi il cuore.
-Non e' colpa tua, Andre' e' sempre stato un playboy, ma stupidamente avevo creduto di essere la ragazza che lo avrebbe fatto cambiare. Era sempre cosi bravo a fare la parte del fidanzato modello che non avevo mai dato peso alle piccole discrepanze, agli sguardi furtivi di Hanna nella sua direzione, alle sue uscite con amici dei quali sapevo poco o niente. Era cosi bravo a condurre la sua vita segreta che nemmeno suo fratello si era reso conto della sua infedelta'. Insomma, ora come ora posso solo dire che sono contenta che sia tutto nel passato, ma puoi capire come mai questo per me come per Sean ed Adam, che hanno vissuto la storia in prima persona, sia un argomento delicato e come mai ci sia ancora molta amarezza nei confronti di Andre'.-
-Si...ora capisco il perche' di tutta quella tensione durante le prove.- sussurrai, pensierosa, poi ripresi – Se e' cosi difficile per voi rivderlo perche' non gli dite semplicemente che non volete che venga al nostro concerto?- domandai ad Evey.
Lei sorrise con una strana luce negli occhi e rispose: -Perche' in quel caso e' come se lui avesse vinto. Significherebbe che mi importa ancora di lui, significherebbe che non mi sono mossa di un centimetro dalla me che lui aveva ridotto in pezzi e mi rifiuto che sia cosi.-
 
L'ultima frase che Evey aveva pronunciato mi era rimasta particolarmente impressa dentro, era come se mi avesse aperto un mondo, un mondo che non avevo mai avuto il coraggio di esplorare prima, e che mi aveva fatto vedere Evey sotto una luce del tutto nuova.
All'apparenza lei era una ragazza tosta, una di quelle persone che non si possono scalfire, che sanno sempre rialzarsi in piedi, non importa quanto brutale sia la caduta, ma sentirla parlare delle sue debolezze cosi apertamente mi aveva fatto capire che all'interno Evey era esattamente come me: fragile, fragile come cristallo.
E soffriva ancora per cio' che le era successo in un passato che ora non poteva cambiare, ma che non riusciva del tutto ad accettare e a lasciarsi alle spalle.
Ed io ero proprio come lei, ero ancora tormentata dal mio passato, tormentata da una serie di eventi sui quali non avevo avuto alcun controllo e che, non importava quanto dispetamente desiderassi disfarmene, sarebbero sempre e comunque rimasti invariati, dormienti nel mio trascorso.
Sentii una lacrima scivolare liscia sulla mia pelle per poi incontrare il cuscino e non potei fare a meno di pensare che, se mamma e papa' non fossero mai morti, io non sarei mai dovuta andare incontro all'orrore che avevo vissuto.
 
-Katherine, sei sicura di non voler venire?- domando' mia zia entrando nel soggiorno.
Mio malgrado scollai gli occhi dallo schermo del televisore e voltai il capo verso zia Beth.
-Si, sono sicura.- risposi in un sospiro.
-Sarebbe stato carino che almeno per lavigilia di Natale ci fossimo comportati come una famiglia normale.- disse Beth, mettendosi una mano sul fianco ed osservandomi di sbieco.
Tornai ad osservarla e mi soffermai per qualche istante sulla sua figura snella, sui suoi occhi color nocciola, tanto simili ai miei, sul naso sottile, sugli zigomi ben definiti e sui capelli biondi.
-Pero' non siamo una famiglia normale. Tu non sei mia madre e Robert e' lungi dal poter rivestire un ruolo paterno nella mia vita.- risposi, con un briciolo di amarezza nella voce.
Per un istante una vena di dolore apparve sul volto di mia zia, ma fu solo un istante perche' subito sul suo volto si fece largo il suo solito sorriso freddo e distaccato.
-D'accordo, allora divertiti a passare Natale da sola. Sembra che l'unica compagnia di cui tu abbia bisogna sia la tua.-
Cosi dicendo raggiunse Rob alla macchina e lo aiuto' a caricare le ultime cose.
A dire il vero passare Natale da sola non era una cosa che desideravo, ma era sempre meglio che passarla giocando alla famiglia felice per salvare le apparenze davanti a degli estranei.
-Noi andiamo- disse Rob, apparendo sulla soglia del soggiorno poco dopo.
Lo ignorai completamente e lui si limito' a sospirare.
-I soldi sono sul tavalo della cucina, sei hai bisogno di qualcosa chiamaci. Saremo di ritorno domani sera.-
E dopo quella frase sentii I suoi passi e quelli di Beth all'ingresso e la porta chiudersi alle loro spalle una volta usciti di casa.
Sospirai e non riuscii a fare a meno di trattenere una lacrima. Mi portai il pugno chiuso alla fronte e sospirai profondamente: era meglio restare sola, era meglio cosi.
Mi alzai dal divano e andai in camera mia, accesi il computer e mi misi ad ascolatare “Take me to church” di Hozier, alzai il volume del pc al massimo per coprire il suono della mia voce mentre ci cantavo sopra:
 
“No Masters or Kings
When the Ritual begins
There is no sweeter innocence than our gentle sin
 
In the madness and soil of that sad earthly scene
Only then I am human
Only then I am clean
Ooh oh. Amen. Amen. Amen."
 
Quei pochi versi racchiudevano cosi tanto di me che faceva quasi male.
Continuai a cantare a squarciagola, tra le lacrime, sdraiata sul mio letto finche' non sentii il cellulare vibrarmi in tasca.
Era un messaggio da parte di Evey e diceva: “Hey Kat, come procede la vigilia? Qui a casa mia sembra di essere in un circo! Un abbraccio, Evey xoxo
Beata te, pensai, beata te Evey.
Qui tutto bene, I miei sono a cena da amici percio' ho la casa tutta per me! Goditi il circo anche per me xoxo
Ci pensai un po' prima di premere invio, chiedendomi se non fosse il caso di mentire sul fatto che fossi sola, ma alla fine decisi che non volevo essere disonesta con Evey.
Quello fu l'ultimo messaggio che ci scambiammo.
Dopo aver cucinato qualcosa per cena, mi dedicai completamente alla tv. Mi appollaiai sul divano in pigiama e guardai un film Dinsey dopo l'altro finche' non mi addormentai.
 
 
-Kat? Sai che non puoi continuare a nasconderti-
Mi appiattii contro alla parete dell'armadio e smisi di respirare.
Fai che non mi trovi, fai che non mi trovi! Pregai in silenzio, paralizzata dal terrore.
Improvvisamente lo spiraglio di luce che penetrava dallo spazio in mezzo alle ante dell'armadio scomparve.
No! No! Gridai silenziosamente, sentendo la paura gelida invadere ogni fibra del mio corpo.
Le ante dell'armadio si aprirono di scatto e l'uomo nero mi afferro', senza pieta'.
-Ti ho trovata, Kat! Che ne dici se ora facciamo un gioco?-
No! No!Lasciami andare! No!
 
-NO!- Gridai, svegliandomi di soprassalto. Il cuore mi batteva a mille, I capelli mi si erano appiccicati alla fronte e la mia gola era secca, arida e bruciante.
E' stato solo un sogno, un incubo, non era reale, era tutto nella mia testa, mi dissi, tentando di calmarmi.
A fatica mi trascinai in cucina per bere un po' di acqua, ma le mani ancora mi tremavano.
Erano anni che non facevo degli incubi come quello e mi domandai se la tristezza della giornata non avesse indotto la mia mente a farmi rivivere dei momeni simili.
Mentre mi interrogavo su cio' sentii qualcuno bussare alla porta d'ingresso.
Per un istante impietrii e, senza pensarci, presi il cellulare e lessi l'ora sul display: era l'una passata.
Chi poteva essere a quell'ora della notte?
Il mio primo pensiero furono Beth e Rob, ma poi mi dissi che non era possibile che fossero loro perche' avevano con se un mazzo di chiavi e nel caso in cui fossero tornati non avrebbero di certo bussato alla porta.
Cosi camminai a passo felpato lungo il corridoio e, senza accendere alcuna luce, guardai attraverso lo sbircino della porta.
Rimasi di stucco quando vidi chi c'era sul mio portico.
Senza parole infilai le chiavi di casa nella serratura e, lentamente, aprii la porta.
-Sopresa!- disse Evey, Adam e Sean all'unisono, in piedi davanti a me.
Tutti e tre reggevano borse di carta tra le mani.
Vedendo la mia espressione scioccata I tre si scambiarono un'occhiata divertita.
-Allora, ci fai entrare o hai intenzione di lasciarci qui a congelare?- disse Adam, osservandomi con quei suoi occhi da lupo.
-Oh mio Dio, perdonatemi. Entrate, entrate!- dissi, facendomi da parte e lasciandoli passare.
Condussi I ragazzi nella cucina e gli feci posare le varie borse sul tavolo.
-Allora, mi dite cose ci fate qui?- li interrogai, ancora perplessa nonostante fossi felicissima di vederli.
-Che domande fai, Kat? Quando Evey ci ha detto che eri a casa da sola non abbiamo potuto fare altro che venire.- disse Sean che, dopo essersi sfilato il cappotto di lana mi venne incontro e mi cinse in un abbraccio.
-Io...io non so cosa dire.- sussurrai sull'incavo del suo collo, sul punto di pianegere per la commozione.
Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me, e sapere che quei tre avevano lasciato il calore delle loro case e delle loro famiglie per venire a tirarmi su di morale mi fece sentire amata come non mi capitava da tempo immemore.
-Non dire niente, finiresti per rovinare il momento- disse Adam, ma nella sua voce e sul suo viso non c'era nessuna malizia.
A quel punto non potei fare a meno di trattenere le lacrime e scoppiaia a piangere.
Sentii Evey ridere leggermente mentre si univa all'abbraccio.
-Grazie ragazzi, questo per me significa molto- sussurrai, con il cuore colmo di felicita'.
Quello era il regalo di Natale piu' bello che avessi potuto desiderare.






Ciao a tutti cari lettori! Era da un bel po' che avevo questo capitolo pronto, ma sono riuscita a caricarlo solo ora. Poco male, considerando l'intervallo tra il quarto e il quinto capitolo :s 
 In questo capitolo volevo tornare a parlare un po' della vita di Kat, ma senza rivelare troppo, e raccontare di Evey ed Andre' (si e' stato davvero una merda) prima di concentrarmi sull'evento che attendiamo tutti da qualche capitolo a questa parte: il concerto di capodanno! 
Posso solo dirvi che ho tanta roba in serbo per il prossimo capitolo (incontreremo Andre' per la prima volta e ricomparira' anche Levi, quel simpaticone) quindi: continuate a leggere! 
Se vi va lasciate anche una recensione: e' davvero utile leggere i vostri parerei oltre ad essere davvero incoraggiante. 

Un abbraccio, 

Kure <3

 

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