About Love

di _Takkun_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** KiddLaw ***
Capitolo 2: *** Rouger ***



Capitolo 1
*** KiddLaw ***


Angolo autrice:

Allora, io chiedo perdono a tutti gli amanti di questa coppia se l’ho rovinata XD no, Takkun, non c’è un cacchio da ridere.
A molti il fluff non piace se associato a questi due, ma non ditemi che dopo aver visto l’immagine qui sotto non avete pensato a quanto fossero dolci. Io, poi, non so scrivere ff rosse, non ce la faccio cerco di trovarmi scuse, sì (perché se la sottoscritta ne fosse in grado, non immaginate con quante ff Marco/Ace vi avrei invaso il fandom **). Comunque, questa storia partecipa alla challenge di Nami93 sul forum di Efp e, mi rivolgo direttamente a te, se la trovi troppo schifosamente fluff e OOC (contro regolamento), dimmelo e provvederò a cancellarla e a scriverne un’altra (le immagini meravigliose non mancano **).
Solo che non sono riuscita a trattenermi  dopo aver visto questa cosa qui sotto e ho scritto XD
Bon, la finisco. Un bacione a tutti e buona lettura (mi sa che non scriverò più KiddLaw per il bene degli altri XD)!

P.s: parte della colpa va anche alla canzone "Thank you" di Mamoru Miyano, eh. Non la ascolterò mai più a meno che non ci sia di mezzo il fluff estremo, lo giuro.







#KiddLaw
 
 
«La cartilagine articolare, pur essendo un tessuto vivo, è privo di vasi sanguigni; inoltre, da sola, risulterebbe insufficiente per diminuire significativamente l’attrito tra le due estremità ossee. Per questo motivo i capi articolari sono bagnati da un liquido, detto sinovia o liquido-»
«TRAFALGAR!»
Law sospirò. «… sinoviale.» Si massaggiò con movimenti lenti e circolari una tempia, voltando pagina.
«Cora, Lamy, trovate qualcosa che eviti di farlo urlare in questo modo!» urlò dalla propria stanza, ricevendo dei roger! dai due. Gliel’aveva detto a quel deficiente: niente sesso durante il periodo di esami.
Sapeva che Kidd non lo avrebbe ascoltato, raramente presta attenzione a ciò che gli si dice, ma aveva sperato che la presenza della parola sesso all’interno della frase avesse come minimo svegliato quell’unico neurone funzionante in quella testa bacata.
Ora poteva anche godersi la compagnia di Corazón e sua sorella, e tornarsene a casa in bianco.
Si massaggiò il collo e bevve un sorso d’acqua dal bicchiere che Corazón gli aveva gentilmente portato.
Diede un’occhiata al panino preparato da Lamy, ma decise che lo avrebbe mangiato dopo.
Per il momento la fame non si stava facendo sentire.
Ghignò appena, appoggiando una guancia su una mano chiusa a pugno. Quei due stavano facendo il possibile per aiutarlo a studiare nel migliore dei modi in quest’ultimo periodo. Credevano in lui, e sebbene la laurea non fosse proprio così prossima, ormai per loro lui era già il dottor Trafalgar.
«Dottor Trafalgar…» mormorò Law, lanciando uno sguardo alla foto di famiglia di tanti anni fa. Erano tutti felici in quella foto: Lamy, in braccio alla mamma, lo stava guardando meravigliata e impaziente di essere al suo posto, mentre papà lo stava facendo volare sopra le sue spalle. Accarezzò la cornice di quella foto, scuotendo la testa. Corazón, grande amico di famiglia, aveva fatto almeno una cinquantina di scatti prima di farne una decente, che non fosse mossa o coperta dal suo dito medio che si frapponeva tra loro e l’obbiettivo.
Se non sbagliava era stata scattata due mesi prima dell’incidente aereo dei suoi genitori.
Ricordava bene il giorno in cui partirono.
«Mentre staremo via fate i bravi con Cora-san. Torneremo il prima possibile con un sacco di souvenir dall’America.»
Erano state quelle le ultime parole di suo padre, seguite poi da baci e abbracci vari di entrambi. Erano dovuti partire per via di un convegno di chirurgia a New York, ma non mantennero la promessa, perché a causa di quel dannato incidente non furono più di ritorno.
Della sera in cui arrivò la brutta notizia, ricorda solo gli interminabili pianti di Lamy, le lacrime che lui provò a non versare per provare a rassicurare la sua sorellina –sei suo fratello maggiore e devi prenderti sempre cura di lei, Law, così soleva dirgli suo padre-, ma a quel tempo era ancora troppo piccolo per trovare la forza di farcela; e infine le braccia di Corazón che avvolsero entrambi in un caldo abbraccio.
«Non dovete preoccuparvi, non vi lascerò mai da soli. Sarò io a prendermi cura di voi.» aveva promesso, e da allora, non aveva fallito una sola volta nel tener fede alle sue parole. Se lui e Lamy erano diventati quello che erano oggi, lo dovevano solo a quell’uomo straordinario dalla goffaggine imbattibile.
Allontanò di poco con il dito la cornice, tornando con gli occhi sul suo libro, mentre con l’altra mano afferrò il panino preparatogli da Lamy, mordendolo.
Sarebbe diventato medico, seguendo così le orme dei suoi genitori e realizzando il suo sogno.
E poi, rendere Corazón orgoglioso di lui era forse il miglior modo per ringraziarlo di tutto ciò che aveva fatto per loro.
 
§§§
 
Erano le 23.14 e Kidd aveva ormai capito che si sarebbe potuto cancellare dalla mente l’idea di Trafalgar tutto nudo sul suo letto, pronto ad aspettarlo. Oh, ma lui e il suo bel culo l’avrebbero pagata cara per ciò che quei due gli avevano fatto passare le prime cinque ore.
Due ore di visione di un fottuto film strappalacrime, messo comodamente tra Corazón e Lamy, con il primo che gli aveva avvolto un braccio attorno alle spalle per impedirgli di alzarsi e correre al piano di sopra per uccidere Trafalgar. Seguito poi da un altro fottutissimo film che si era rivelato in seguito un musical di altre due ore e mezza –se quel Victor Hugo di cui gli aveva parlato Lamy non fosse morto, lo avrebbe torturato lui con le sue stesse mani per quel dannato libro, Les Misérables.
Il punto è che sarebbe anche potuto scappare con facilità, ma sarebbe stato come dargliela vinta e questo mai! In fondo era ancora convinto di riuscire a portarsi via Trafalgar in un modo o nell’altro.
Povero coglione illuso, si era detto mentalmente più di una volta in quel pomeriggio, premurandosi di mandare a ‘fanculo il suo migliore amico, Killer, quando ricevette un suo messaggio durante una delle canzoni del musical: l’appartamento è mio e di Penguin questa notte, vedi non venire qua con Trafalgar.
E mentre lui era costretto ad ascoltare Corazón e Lamy cantare in inglese –anche se non era proprio sicuro che il primo stesse cantando nella stessa lingua della seconda- , Killer se la spassava felicemente.
Se non era sfiga quella.
 
Le cose però cominciarono a diventare vagamente sopportabili nell’ultima mezz’ora, quando Lamy ebbe l’idea geniale di tirare fuori l’album di famiglia.
«Aww, guardate com’era carino qui il mio fratellone!» indicò tutta intenerita una fotografia di Law all’età di due anni dopo il bagnetto, con i capelli corvini ancora bagnati e il sederino di fuori, in bella vista.
«Ahahahah, per fortuna è di sopra. Se sapesse che stiamo facendo vedere a questo qui le sue foto di quando era bambino, ci ucciderebbe.» ridacchiò divertito, accendendosi una sigaretta.
«Questo qui ha un nome…» ringhiò distrattamente, troppo concentrato a trovare qualche altra foto imbarazzante con cui potesse prendere per il culo Trafalgar.
«Mmmh… Vediamo se ce n’è qualcun’altra altrettanto adorabile.» fece sorridente la quindicenne, voltando pagina, ma il suo sorriso si fece malinconico e nostalgico nel rivedere quella foto. La cosa non sfuggì a Corazón e ne tantomeno a Kidd, che seguì il dito della ragazza che accarezzava i volti dei due genitori.
«Ehi, Cora, ti ricordi quando ci hai scattato questa foto?» sorrise, piegando il capo di lato, verso il suo secondo papà.
Corazón ricambiò il sorriso, scompigliandole un poco i capelli, facendo però cadere un po’ di cenere calda della sigaretta sui pantaloni. «Ahia, dannazione!» imprecò, afferrandosi la coscia fra le mani e scacciando via la cenere. «Certo che me lo ricordo. Ci ho impiegato un’eternità prima di farne una così bella.» rispose poi, posando la sigaretta nel posaceneri.
Lamy annuì. «Già.» poi si voltò verso il rosso. «Questa foto devi averla già vista, vero, Kidd? Law ne ha una copia in camera sua.»
Una in camera sua?, pensò, riuscendo forse a capire di cosa stesse parlando Lamy.
Prima di farlo Law si avvicina sempre alla sua scrivania e sposta qualcosa. Forse è questa fotografia e non vuole che i suoi genitori assistano a ciò che facciamo.
«È passato tanto tempo da quando l’abbiamo scattata.»
«Lì Law aveva solo dieci anni, se non sbaglio, e ora è all’università pronto a seguire le orme dei vostri genitori. Il tempo è proprio volato. Sembra ieri che il nostro dottore si metteva a squartare quei poveri peluche facendo finta di operarli.»
Lamy si mise a ridere. «Ne ho persi tanti per colpa sua.»
Kidd ghignò all’immagine di un piccolo Trafalgar intento a eliminare i pupazzi della sorella di nascosto, all’interno della sua cameretta. Era una cosa che non sapeva, non gliene aveva mai parlato.
Forse perché loro non erano il tipo di coppia che si metteva a parlare di cose come quelle. E, ora che ci pensava, Trafalgar non parlava mai dei suoi genitori in sua presenza.
«Spero di diventare come lui da grande.» la voce della piccola Lamy lo distolse dai suoi pensieri. «Voglio studiare medicina anch’io e stare sempre al suo fianco, sempre insieme. Sono sicura che mamma e papà saranno molto orgogliosi di noi.»
«Lo sono già.» si spostò più vicino a lei, Corazón, facendole posare la testa su una sua spalla.
Kidd osservò Law ridere felice sulle spalle del padre.
Quante volte gli era capitato di vedere quel sorriso? Una sola volta? Nessuna?
«Sapevo che questo silenzio era fin troppo sospetto.» la voce di Law fece voltare i tre verso la porta del soggiorno, individuando il ragazzo appoggiato contro lo stipite a braccia conserte.
Corazón e Lamy impallidirono quando il corvino posò lo sguardo sull’album di famiglia.
«P-possiamo spiegarti…»
«Kidd era così curioso di vederle…»
«Chi cazzo era curioso?!»
«Ehi! Modera i termini, delinquente!»
«Delinquente?! Ti faccio vedere io chi è il del-»
«Eustass-ya!» lo richiamò Law.
«Che cazzo vuoi?! Ha cominciato lui!»
Law sospirò, chiudendo gli occhi e massaggiandosi le palpebre. «Basta così. Vieni con me.» gli fece cenno con il capo di seguirlo. «Cora, Eustass-ya rimarrà a dormire da noi per questa notte.»
Il rosso ghignò e il biondo sbatté le mani contro il tavolino, scattando in piedi. «Come?!»
«Tranquillo, non ci saranno problemi.» così dicendo, i due salirono le scale e sparirono dalla loro visuale.
Corazón si lasciò andare sul divano, mentre Lamy richiuse l’album, mettendolo al centro del tavolino.
Dopo pochi istanti di silenzio fu la quindicenne a parlare per prima: «Cora.»
«Mh?»
«Lo so a cosa stai pensando.»
«Sei d’accordo?»
«Totalmente.»
Quando sentirono la porta della stanza del corvino chiudersi, si avviarono di corsa verso le scale, cercando di fare il meno rumore possibile.
 
§§§
 
Il rosso si levò la maglietta rimanendo a petto nudo e, afferrando il corvino per i fianchi, fece aderire i loro corpi, divorando in un bacio impaziente e passionale la bocca dell’altro. Law si staccò da Kidd a corto di fiato, facendolo grugnire infastidito per quell’interruzione, dopo aver spinto una mano contro il suo petto ampio e caldo.
Il futuro medico ghignò, tracciando i lineamenti dei pettorali del rosso con un dito.
«Ricordi cosa ti ho detto, Eustass-ya? Niente sesso fino alla fine degli esami.»
«Se credevi davvero che ti avrei dato retta, beh, a quanto pare non mi conosci ancora bene.» disse, tentando di riafferrare quelle labbra così invitanti, ma la mano di Law si mise in mezzo, facendo ringhiare Kidd minacciosamente.
«Se ho detto a Corazón che saresti rimasto a dormire, è solo perché Penguin mi ha mandato un messaggio in cui mi chiedeva di tenerti lontano dal tuo appartamento. Lui e Killer-ya sono occupati in questo momento.»
Il rosso levò di torno la mano di Trafalgar, puntando questa volta al collo olivastro del ragazzo, mordendolo e leccandolo a dovere. «Vorrei essere altrettanto occupato con te, Trafalgar, quindi fa’ il bravo e lascia che sia il tuo corpo a parlare.» strinse tra le mani i glutei sodi del ragazzo, facendolo gemere contro il suo orecchio.
Pura musica, pensò Kidd, andando ad alzare la maglia di Law, accarezzando ogni singolo lembo di pelle. Ma prima che la potesse levare del tutto, qualcosa lo bloccò. Ancora impegnato a torturare il suo collo, Kidd incrociò con lo sguardo quella famosa fotografia incorniciata, in cui tutta la famiglia Trafalgar sorrideva felice.
Un sorriso che Law non gli aveva mai dedicato.
Rafforzò la presa sui suoi fianchi e rimase per un po’ con il mento appoggiato sulla spalla del corvino.
Cosa fare, dannazione?! Poteva averlo lì, ora volendo, però…
Davanti alla fotografia c’era anche quel fottuto libro di medicina che lo aveva tenuto lontano da lui tutto il pomeriggio, e le parole di Lamy di poco prima non fecero a meno di ritornargli alla mente.
 
«Spero di diventare come lui da grande.Voglio studiare medicina anch’io e stare sempre al suo fianco, sempre insieme. Sono sicura che mamma e papà saranno molto orgogliosi di noi.»
 
Il rosso gemette frustrato. Ecco che ogni tanto quel briciolo di parte buona che aveva dentro di sé usciva allo scoperto.
«Che ti prende, Eustass-ya? Non ti sarai addormentato?» lo sfotté, e anche senza vederlo poteva immaginare che avesse quel suo ghigno disegnato sulle labbra.
Il rosso si staccò da lui e gli riabbassò la maglietta, afferrandogli poi il viso tra le mani, incrociando il suo sguardo perplesso. Sotto gli occhi aveva delle occhiaie piuttosto evidenti, segno che aveva passato molte notti in bianco per prepararsi al meglio.
«Non avrebbe senso farlo. Sei sicuramente stanco dopo aver studiato su quel libro di merda, e non vorrei che ti addormentassi tu mentre stai per raggiungere l’apice del piacere, dottore.» lo afferrò per un braccio, Kidd, scostando le coperte del letto e facendo sdraiare con poca gentilezza il corvino. Il rosso si levò poi i pantaloni e, sdraiandosi al suo fianco, coprì entrambi e strinse a sé il busto del compagno. Tutto sotto lo sguardo ancora stranito di Law, che dubitò davvero dello stato di buona salute di Kidd.
«Eustass-ya, sicuro di star bene?»
«Sto dormendo, coglione, non disturbarmi.» fece per tutta risposta con gli occhi chiusi, cercando di farsi trasportare il prima possibile nel mondo dei sogni. Almeno nelle sue fantasie avrebbe potuto fare qualcosa.
Law rimase a fissarlo per un altro po’, continuando a non capire il comportamento del rosso.
Poi si ritrovò a sorridere lievemente, e, sporgendosi un poco verso la sua sinistra, afferrò un libro appoggiato sopra al comodino. Era da un po’ che non si dedicava alla lettura di Edgar Allan Poe, e poterlo fare con Kidd che dormiva placidamente al suo fianco, senza che lo disturbasse e dopo un'intensa sessione di studio, era semplicemente perfetto.
Domattina avrebbe dovuto farsi spiegare che cosa gli avevano fatto passare durante il pomeriggio, perché, ancora adesso, vedendolo così tranquillo stretto a lui, faceva fatica a credere che si trattasse del vero Eustass Kidd.
E, a proposito, sbagliava o l’aveva chiamato dottore?
Un tonfo contro la porta lo distrasse per un attimo dalla lettura. Era facilmente intuibile che cosa stessero cercando di fare quei due.
«Cora, Lamy, andatevene a letto. Eustass-ya sta dormendo, non vorrei che lo svegliaste.»
Law poté udire sua sorella sgridare sottovoce il povero Corazón dato che a causa della sua goffaggine erano stati scoperti, seguita dalle scuse del biondo.
«Buonanotte, Law.» si sentì poi dire da Cora.
«Notte, fratellone, e anche a te, Kidd.» fece la sorella, che non aveva del tutto creduto a Law sul fatto che il rosso stesse dormendo.
Trafalgar ghignò. «Buonanotte.» fece, riprendendo ad accarezzare i capelli del proprio ragazzo con lenti movimenti, andando avanti a leggere per un’altra mezz’ora prima che Morfeo accogliesse anche lui tra le sue braccia.

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Capitolo 2
*** Rouger ***


Angolo autrice:

E potevano mancare loro? No di certo.
Prima di lasciarvi alla lettura, vorrei approfittare dell’angolino per ringraziare Nami93 per aver lasciato in vita la precedente fic (nonostante il fluff diabetico, meglio leggerle le KiddLaw che scriverle XD), e anche Eneri_Mess e Zomi per aver commentato la prima storiella. Grazie mille, siete state tutte gentilissime! ^^
Beh, ora posso anche andarmene!
Un bacione! :33
 
 
 








#RogerRouge (Rouger~)
 


Roger sbuffò sonoramente, osservandosi le mani incatenate.
In attesa della sua pubblica esecuzione non l’avevano mica avvertito del fatto che lo avrebbero torturato, nel frattempo! Lui odiava la noia, e ormai non ce la faceva più a rimanere chiuso lì dentro senza nessuno con cui parlare! Bell’idea quella di metterlo in isolamento!

«Ehi, tu!»
Il baffuto richiamò l’attenzione di una guardia che stava passando davanti alla sua cella, facendolo fermare.
«Che vuoi, demonio?» sputò acido e pieno di ribrezzo.
Il Re non fece caso a quel simpatico nomignolo, ma preferì invece dedicare un amichevole sorriso al suo possibile salvatore.
«Ti va di fare quattro chiacchiere? Possiamo parlare di quello che vuoi, e puoi chiamarmi come più ti pare e piace! Basta che tu mi faccia un po’ di compagnia, mi sto annoiando davvero tanto.» fece, scaturendo una gutturale risata nell’uomo.
Mancavano quindici giorni alla sua esecuzione, e lui si preoccupava di voler fare quattro chiacchiere con una delle guardie? Questi pirati erano davvero degli imbecilli.
«Ora capisco perché sei diventato il Re dei pirati: non ho mai visto così tanta stupidità in una sola persona! Perché invece non pensi alle ultime parole che pronuncerai sul patibolo? Manca poco, ormai, non preoccuparti. La noia è l’ultimo dei tuoi problemi! Ahahahah!» e così dicendo levò le tende, con l’intenzione di raccontare ai suoi colleghi l’ultima trovata del loro illustre prigioniero.
Roger alzò gli occhi al soffitto, sospirando per l’ennesima volta.
«Che noia…» brontolò, accomodandosi meglio sulla panca che gli avevano concesso come unico arredamento –erano stati gentili, dopotutto-, e appoggiando la testa contro il muro. 
Perché nessuno aveva voglia di parlare con lui?
Non  credeva di essere poi così antipatico, in fondo!  
Sbuffò ancora. Ora che ci pensava, giorni prima –forse era già passata una settimana- aveva chiesto di vedere una certa persona, ma per il momento non si era ancora degnata di venirlo a trovare. Che avesse deciso di rifiutare il suo invito?
Un ghigno si dipinse sulle sue labbra. «Non lo farebbe mai…» si disse, intrecciando le dita delle mani.
 
Perché non provi ad avere un po’ di pazienza, eh, pirata?
 
Roger ammorbidì il suo sorriso. Anche in un posto come quello, quella voce era sempre lì, nella sua testa, pronta a riprenderlo, come adesso; oppure pronta a ripetergli parole dolci e rassicuranti, che avevano l’effetto di rilassarlo e tranquillizzarlo in momenti in cui sentiva maggiormente incombere quel male incurabile che, dal momento del suo imprigionamento, aveva provato a prendersi il controllo del suo corpo con molta più prepotenza.
«Rouge…»
Anche solo pronunciare il suo nome aveva un effetto toccasana.
Peccato che uno come lui non fosse abbastanza degno di quella donna meravigliosa.
Cosa gli aveva detto Ray, una volta?
 
La cosa peggiore che potrebbe capitare a un pirata? Probabilmente cadere nella trappola dell’Amore e farsi rubare il cuore da una donna. A noi è concesso fare strage di cuori, amico mio, ma se accade il contrario, beh, quello può trasformarsi in un problema.
 
Scosse la testa, Roger, mantenendo sempre il sorriso. Che dire? Lui aveva fatto anche di peggio.
Sì perché, non solo il suo cuore apparteneva ormai a Rouge, ma, come ciliegina sulla torta, nel ventre della donna, giorno dopo giorno, stava crescendo una piccola creaturina frutto del loro grande amore, e lui, rinchiuso lì dentro, destinato a rivedere la luce solo al momento della sua morte, non sarebbe stato in grado di poter accogliere suo figlio tra le braccia, una volta nato.
Forse quello sarebbe stato l’unico rimpianto che lo avrebbe accompagnato nell’aldilà.
«Figlio…» rifletté su quella parola, inclinando il capo di lato.

Ace o Anne?

La sua prima parola quale sarebbe stata?

Quante volte cadrà prima di poter riuscire a compiere i suoi primi passi?

Che cosa sognerà di diventare da grande?

Tante piccole domande che si facevano strada nella sua mente ogni giorno quando si ritrovava a pensare a loro, il suo grande tesoro.
Roger piegò il busto in avanti, appoggiando i gomiti sulle gambe e afferrandosi il viso tra le mani continuò a tenere i suoi pensieri svegli, attivi: era l’unico modo che aveva per evitare di morire di noia.
«Scommetterei un cinghiale gigante che stanno provando a farmi fuori così…» borbottò, sospirando. «Ma non sarà così facile.» assicurò tra sé e sé, seguendo con lo sguardo un’altra guardia che stava passando davanti alla sua cella e che aveva ridacchiato nel guardarlo.
Ridi, ridi. Ma ti ricordo che io e i miei uomini abbiamo eliminato molti dei tuoi compagni in numerose battaglie, uscendone sempre vittoriosi, pensò assottigliando gli occhi e perdendolo di vista una volta che fu uscito dalla sua visuale.
Lasciò perdere, essendoci ormai abituato. Aveva cose molto più importanti a cui pensare.
Ad esempio non poteva non riportare alla mente il giorno in cui Rouge lo aveva fatto quasi annegare a causa di un innocente scherzetto; anche perché pochi giorni dopo a quel tentato omicidio, i due erano venuti a conoscenza del loro futuro ruolo da genitori.
Lo ricordava chiaramente quel loro appuntamento –come a Rouge piaceva chiamarli-, proprio come fosse ieri.
 
 
 
 
«Come osi, impudente?! Non sai chi sono io, forse?» Rouge si avvicinò con aria minacciosa a Roger, improvvisando un vocione maschile.
«Mi presento…» disse, levando dal capo del pirata –che la stava osservando alquanto divertito- il fidato cappello con la sua Jolly Roger, e sfilandogli la giacca rossa per indossandoli entrambi lei stessa. «… sono Gol D. Roger! Conosciuto anche come il Re dei pirati! … Ah, ehi… Non trovi che sia un titolo grandioso!?» esclamò poi sghignazzando, gli occhi carichi di eccitazione, finendo col far scoppiare definitivamente dal ridere il pirata.
«Ahahahah! Basta! Basta! Sono decisamente io!» assicurò, battendo le mani, entusiasta. La donna abbandonò la sua interpretazione e, sorridendo a sua volta verso il suo pubblico, fece un piccolo inchino.
«Te l’avevo detto che ci sarei riuscita. Forse avrei dovuto evitare quel “impudente”, però. Non è una parola che credo tu abbia mai usato.» si prese il mento tra le dita, facendosi pensierosa.
«Beh, in ogni caso hai vinto tu! Io non ci provo neanche! Ahahahah!» disse, alzandosi da terra, diretto verso Rouge.
«Oh, andiamo! Provaci, almeno!» ridacchiò divertita all’idea di come potesse imitarla Roger. «Che ne dici di utilizzare la coroncina che ti ho fatto prima?»  propose, e ancor prima di ricevere una sua risposta si diresse di corsa, con i piedi nudi sulla sabbia, verso la tovaglia che avevano steso per quel pic-nic sulla spiaggia. Piegò il busto per raccogliere il nuovo accessorio di Roger, ma nel compiere il movimento si portò veloce una mano a coprirle la bocca. Chiuse gli occhi, respirò profondamente e si prese un momento per scacciare quella spiacevole sensazione. Ancora una volta aveva avvertito un conato di vomito, e ormai era da più di una settimana che continuavano a ripetersi momenti come quello . Non aveva ancora avuto modo di parlarne con Roger, ma non poteva nascondere di essere preoccupata...
«Rouge!» la chiamò il baffuto. «Tutto bene?!»
La biondo-rossiccia scosse la testa, decidendo di lasciar perdere certi pensieri per il momento e, afferrando la coroncina di Ibiscus rossi che aveva creato con il mazzo che si era portata dietro,  tornò dal suo amato tutta sorridente, impaziente di assistere al prossimo spettacolo. Roger sospirò, abbassandosi per far in modo che Rouge potesse posargliela sulla testa.
«Non ne uscirà nulla di buono.»
«Fa’ un tentativo, su! Ti stai sottovalutando troppo, e questo non è da te, pirata.» gli fece presente, regalandogli un buffetto sulla guancia. Poi si accomodò sulla sabbia, sistemandosi meglio la giacca rossa sulle spalle. «E… azione!» esclamò, volgendo tutta la sua attenzione all’uomo.
Roger rimase qualche secondo immobile, pensando a  che cosa potesse fare per imitare al meglio la compagna. Insomma, non doveva essere così difficile trovare qualcosa che rappresentasse la sua Rouge, ormai poteva dire di conoscerla meglio di chiunque altro…
«Ehi, sto aspettando…» fece, inclinando il capo da un lato, ancora in attesa.
Il Re dei pirati si grattò la nuca. «Non è così—oh! Trovato!» esclamò all’improvviso, battendosi un pugno contro il palmo dell’altra mano.
«Dai, forza!» lo incitò, portandosi le ginocchia  contro il petto, facendo bene attenzione anche al vestito.
Roger ghignò, avvicinandosi a Rouge. Si inginocchiò davanti a lei e, accarezzandole una guancia, le disse dolcemente:«Ti amo con tutta me stessa, Roger, lo sai?» accompagnando al tutto un’imitazione dello sguardo timido e imbarazzato che la maggior parte delle volte Rouge è solita assumere dopo queste parole.
Il colore rosso intenso che decorò le guance lentigginose della donna fu probabilmente il vero spettacolo di quel gioco.
«T-Tu…» cominciò balbettando, afferrandogli i folti batti in un mano, tirandoli leggermente.«… hai vinto.» disse. «Slealmente, ma hai vinto.» aggiunse.
«Woah! Davvero?!» scattò in piedi, esaltato come un bambino. «Aspetta, perché slealmente?» domandò poco dopo, guardandola perplesso.
Rouge si alzò a sua volta, afferrando la grande mano del pirata e posandola sopra al suo petto, vicino al cuore. «Perché è contro le regole farmi avere un battito così irregolare.» disse, venendo colta di sorpresa quando Roger la prese in braccio, ridendo.
«Credevo sapessi che infrangere le regole è la prima regola dell’essere un pirata.»
Rouge alzò un sopracciglio, guardandolo male. «Non provare a confondermi, Re dei miei stivali.»
Roger rise di gusto, coinvolgendo anche l’amata.
«Ehi, Rouge.»
«Mh?»
«Ti amo.» confessò, regalandole uno dei suoi meravigliosi e raggianti sorrisi.
Rouge intenerì il proprio sguardo, afferrando il viso del suo uomo tra le mani. «Lo so. Però non mi amerai mai quanto io amo te.» disse, baciandolo dolcemente. L’espressione corrucciata che vide sul volto di Roger quando si staccò le fece scappare un’altra risata.
«Io non credo proprio.» ribatté il Re.
«Oh sì, invece.»
«No.»
«Sì»
«No.»
«Sì.»
«No.»
«Vuoi litigare, pirata?» lo fulminò con lo sguardo, lei, picchiettandogli l’indice contro la fronte.
Roger non rispose, limitandosi a lanciare un’occhiata al mare. Un terribile ghigno birichino si era impossessato delle sue labbra.
Rouge capì troppo tardi le sue intenzioni.
«Non oserai-» ma prima ancora che potesse finire, quel disgraziato di un pirata aveva cominciato a correre verso l’acqua, entrando insieme a lei. Rouge fece giusto in tempo a prendere un respiro profondo prima di entrare in contatto con l’acqua fredda.
«L’hai fatto davvero!» urlò, riemergendo e schizzando quell’idiota, che nel frattempo si stava facendo una grassa risata.
«Meglio non sfidarmi, Rouge!» disse, strofinandosi il naso con fare arrogante, finendo qualche secondo più tardi con la testa sott’acqua.
«Dicevi, amore mio?» sorrise serafica, mantenendo in apnea per un altro po’ il suo amato pirata.
 
 
 
 
Quel ricordo suscitò un’espressione malinconica sul volto di Roger.
Quanto avrebbe voluto rivederla, ora, e stringerla il più forte possibile tra le sue braccia, sussurrandole che tutto sarebbe andato bene per loro.
Ma nella vita le cose non vanno sempre come si vogliono.
Rinchiuso lì dentro, con i giorni contati, poteva fare poco per Rouge e il suo bambino.
Ma era ancora rimasta un’ultima cosa in suo potere.
Non li avrebbe lasciati totalmente soli, questo era certo.
 
Roger accennò ad un sorriso.
Dei passi si fecero vicini alla sua cella, lo sentiva chiaramente. Che questa fosse la volta buona?
 
Sarete nelle mani migliori, ve lo prometto.
 
Quel sorriso si trasformò presto in un ghigno compiaciuto una volta che l’uomo da lui tanto atteso, con in mano una lampada ad olio, si presentò lì davanti, illuminandogli il volto.
 
 
«Volevi vedermi, Roger?»

«Ciao, Garp.»
 
 
 
 

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