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di Comyx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alexander Greene ***
Capitolo 2: *** Edward Grant ***



Capitolo 1
*** Alexander Greene ***


Salve a tutti. 
Durante un momento di noia, la scorsa settimana, ho iniziato a pensare che avrei potuto iniziare a scrivere qualcosa per passare il tempo, e così ho iniziato a buttare giù questo racconto.
Se qualcuno di voi legge il manga Darwin's Game, potrebbe notare qualche rassomiglianza, che tuttavia era già presente nella mia idea originale e che ho notato solo dopo. Non le ritengo di spessore sufficiente da far gridare al plagio, ma meglio prevenire che curare. 
Bene, ora direi che è il momento di lasciare spazio alla storia e ovviamente ricordate che qualsiasi critica (costruttiva) sarà ben accetta.




In una qualche metropoli...


Nell'enorme ufficio regnava il silenzio, interrotto solo sporadicamente dal frenetico rumore di una tastiera. 
Seduto su una confortevole sedia da ufficio in pelle, un uomo corrugò la fronte nella penombra. Continuava a leggere e rileggere la bozza, riscrivendo e ritoccando e cancellando numerose frasi qua e là. Doveva essere tutto perfetto, ma, benché avesse l'opzione di pagare qualcuno di più ferrato nell'ambito per scrivere il tutto, aveva preferito occuparsi di persona del compito.
L'alternanza tra silenzi e ticchettii durò ancora per qualche decina di minuti, finché l'uomo, finalmente, rileggendo il tutto da cima a fondo, non fu completamente soddisfatto. Modificò alcuni dettagli di formattazione e impaginazione, dopodiché distese le braccia, stiracchiandosi, e si concesse un grugnito di soddisfazione. Salvò il file di testo sul quale stava lavorando ed afferrò il telefono, che, a giudicare dall'aspetto, pareva un prototipo non ancora in commercio, per inviare un breve messaggio, dopodiché frugò tra le scartoffie disordinatamente appoggiate sulla scrivania. Nonostante l'apparente caos, l'uomo trovò in pochi secondi la chiavetta USB che stava cercando e vi copiò il file che aveva da poco completato. Dopo pochi minuti sentì il familiare 'Ding' degli ascensori del palazzo, vide la persona che aveva appena contattato avvicinarsi e si rivolse a lei con tono affabile.

"Ho appena finito, direi che possiamo iniziare la stampa. La... 'scelta', per così dire, si è conclusa, non è così?"

Il nuovo arrivato, un uomo dall'aria piuttosto ordinaria, con un completo tipico da impiegato da ufficio, occhiali dalla montatura sottile e capelli brizzolati, rispose.

"Abbiamo concluso tutto rispettando le tempistiche prefissate. Ci serve solamente la versione definitiva della lettera, che lei ha appena terminato. Da domani ci occuperemo della distribuzione. Se non ci saranno contrattempi, il progetto potrebbe perfino avere inizio già domani sera."

"Hmm... Quanto ottimismo... Beh, con il tempo che ho impiegato ad organizzare tutto ciò, attendere anche qualche ora in più mi sarebbe del tutto indifferente. In ogni caso, prepara la stampa."

L'uomo seduto accompagnò l'ultima frase con il lancio della chiavetta USB (che era stata appena rimossa in maniera sicura dal PC). L'impiegato la afferrò al volo e tornò con passo deciso verso gli ascensori. Il silenzio tornò a permeare la stanza, finché l'uomo non si alzò dalla sedia, che emise un lievissimo cigolio, e si diresse verso la grande vetrata che si affacciava sulla skyline. 
Sospirando, ammirò il panorama di grattacieli e luci per qualche secondo, poi socchiuse gli occhi e sorrise soddisfatto prima di lasciare l'ufficio.

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New York


La primavera stava iniziando lentamente a lasciare il posto all'estate, ed Alexander Greene ne stava pagando le conseguenze. Quel mattino, infatti, recandosi a lavoro, aveva deciso di uscire di casa indossando un giubbotto, secondo la sua personale filosofia del 'Non si sa mai', ma non aveva preventivato l'improvviso innalzarsi della temperatura a metà mattinata.
La sfortuna volle che alle 13.30, alla fine del suo turno lavorativo del mercoledì, un collega di Alexander dovesse passare ad affidargli un ingombrante scatolone di scartoffie che ASSOLUTAMENTE non poteva essere lasciato in ufficio, o sarebbe probabilmente stato dimenticato lì. A nulla valsero i tentativi di protesta.

"Ehi, ehi, ehi, aspetta un secon... Ti ho detto di aspettare!"

"Scusa, sono tremendamente di fretta, passo di sicuro a prenderli oggi alle 17, ora devo scappare, davvero!"

"Ferm-!"

Ora, con 25 gradi e uno scatolone di documenti vari, Alexander, chiamato da quasi tutti gli amici e da buona parte dei colleghi Alex, stava iniziando ad accorgersi di quanto poco saggia fosse stata la sua scelta di abbigliamento. Stava barcollando verso la fermata dell'autobus più vicina, quando si fermò imprecando tra sé e sé – non senza attirare l'attenzione di un paio di proverbiali vecchiette dall'aria severa, sconcertate dalla sua mancanza di etichetta – e decise di appallottolare il giubbotto sullo scatolone, riducendo in maniera drastica la propria visibilità e il calore percepito. Senza, miracolosamente, urtare nessuno, riuscì a salire sul bus e scese vicino al condominio in cui abitava.
Una decina di minuti dopo lo scatolone era sul pianerottolo davanti alla porta dell'appartamento di Alex, che, dopo una breve ricerca, trovò le chiavi di casa nella tasca posteriore dei suoi jeans scuri. Entrò, accompagnando con delicatezza la scatola di cartone con un calcio, che la spinse qualche metro oltre la porta. Senza nemmeno essere ancora entrato, comprese che la sua coinquilina era già tornata dalle lezioni. Da una stanza imprecisata proveniva infatti il suono di una cover non propriamente eccelsa di 'Back in Black' degli AC/DC, segno che Elizabeth Lancaster, questo il nome della ragazza che viveva con Alexander, si stava rilassando ascoltando musica.
Il ragazzo ridacchiò, chiuse la porta e si tolse le scarpe, dopodiché si diresse verso la camera di Elizabeth, che comprese essere la fonte del rumore, e piombò nella stanza imitando la camminata di Angus Young. Elizabeth, che era sdraiata sul letto, rimase momentaneamente sorpresa dall'improvvisa comparsa del coinquilino, per poi iniziare a rotolarsi letteralmente dal ridere, finché non cadde dal letto con un tonfo attutito dallo scendiletto. A quel punto fu il turno di Alexander di sbellicarsi dalle risate, mentre Elizabeth tentava goffamente di rialzarsi. Alex, ripreso il controllo, le tese una mano e la aiutò a sedersi sul letto, mentre lei gettava sul cuscino l'iPod Touch e le cuffie, strofinandosi la nuca dolorante.
Sistemando una ciocca dei suoi capelli biondo cenere, si rivolse ad Alex, che si era seduto accanto a lei.

"Una coinquilina morta non è il massimo per smezzare le spese di affitto, in caso te ne fossi dimenticato... Non rifarlo MAI PIU'."

Puntò un dito contro Alex, con fare accusatorio. Questi la fissò con sguardo serio, ma solo per un istante, prima di accasciarsi sul letto in preda a risa isteriche. L'espressione corrucciata di Elizabeth svanì mentre l'attacco di risate di Alexander la contagiava. Giunto quasi al soffocamento, Alexander riuscì a darsi un contegno e, poco dopo, si alzò in piedi.

"Ehi, Liz, pensi di essere a casa per le 17?"

Chiese alla ragazza, che ora si stava asciugando le lacrime che avevano accompagnato l'accesso di risa di poco prima.

"17... 17... Hmm... Devo uscire soltanto stasera, ma verso le 21, per cui penso che sarò ancora qui... Perché?"

"Beh, quel simpaticone di Jeff mi ha affibbiato un pacco di documenti, moduli e qualche altra scartoffia dimenticata da Dio, dicendo che sarebbe passato a prenderli qui alle 17... Ma non mi ha lasciato nemmeno un secondo per dirgli che a quell'ora sarei stato a casa dei miei. Ergo, confidavo nella disponibilità della mia adorata e meravigliosa coinquilina per avere qualcuno che fosse a casa a quell'ora, in modo da dare lo scatolone a quello scocciatore."

Elizabeth ridacchiò.

"E come faccio a rifiutare un favore ad un adulatore come te?"

"Grazie mille Liz, non dovrò fare i salti mortali per organizzarmi"

Concluse Alexander con sollievo.
La ragazza si rialzò di slancio dal letto.

"Bene, bene, ma ora... Via da qui, vorrei cambiarmi, se permetti."

Alexander notò solo in quel momento che la sua coinquilina indossava ancora gli abiti che, presumibilmente, aveva messo per andare all'università, e fece per uscire dalla stanza, accompagnato da uno dei tipici commenti spiritosi di Liz.

"Sempre che tu non voglia startene qui a guardare..."

Disse, ammiccando in maniera esagerata e palesemente scherzosa, mentre si accingeva a sbottonare la camicetta scura che aveva indosso. Alexander ridacchiò ed uscì dalla stanza, chiudendosi alle spalle la porta, corredata da un poster degli Alter Bridge. Non gli sarebbe affatto dispiaciuto, in tutta onestà, rimanere a guardarla.
Elizabeth era senza dubbio una ragazza attraente, con i suoi lunghi capelli biondo cenere, gli occhi color nocciola e i lineamenti dolci, spesso distesi un un sorriso o una risata. Il fatto che avesse le cosiddette 'curve giuste al posto giusto' aiutava non poco. Tuttavia, Alexander aveva deciso di mantenere le cose sul piano 'professionale' con la propria coinquilina, onde evitare qualsiasi remota possibilità di futuri problemi. 
Si diresse in cucina, mangiò pigramente dei tramezzini al prosciutto per riempire il buco allo stomaco che iniziava ad farsi sentire, poi si diresse in bagno per darsi una rinfrescata prima di partire alla volta di casa dei suoi genitori. Dopo essersi sciacquato il volto, rimase per un momento a fissare la sua immagine riflessa nello specchio lievemente appannato.
A dispetto dei suoi 23 anni, la barba stentava a crescere in maniera uniforme sul suo viso, così Alex preferiva semplicemente radersi ed evitare un effetto da ragazzino delle scuole medie. Aveva i capelli corvini ed abbastanza corti, costantemente spettinati quasi a regola d'arte senza nemmeno il bisogno di usare prodotti appositi. Il suo volto era squadrato e dai lineamenti marcati, ed aveva una piccola cicatrice poco sopra il sopracciglio sinistro, che gli era valso qualche mese con il soprannome 'Il Duro' alle scuole superiori. Nel complesso, era considerato un ragazzo non male.
Alex socchiuse gli occhi color antracite e finì di asciugarsi il viso, poi andò in camera per togliersi la camicia grigia indossata a lavoro, sostituendola con una più casual t-shirt bianca. Si guardò attorno per assicurarsi di avere con sé tutto il necessario per uscire di casa, dopodiché si incamminò alla volta dell'ingresso. Salutò Elizabeth affacciandosi brevemente nella sua camera, ma la ragazza era troppo occupata dalla musica e la sua unica risposta fu l'inizio del ritornello di 'Broken Wings' degli Alter Bridge cantato a squarciagola. Alex ridacchiò tra sé e sé, afferrò la sua tracolla e un giubbotto decisamente più leggero di quello che aveva scelto per andare a lavoro, ed uscì di casa.
Giunse alla fermata alle 15.10, con lieve anticipo rispetto all'orario di arrivo previsto dell'autobus, così diede un'occhiata al cellulare, rispondendo ad amici e leggendo conversazioni, battute idiote e discussioni varie che si era perso mentre si trovava a lavoro. Tra una risatina sommessa e l'altra, Alex salì sul bus che nel frattempo era arrivato, sotto gli sguardi perplessi di una signora di mezza età, che non comprendeva le ragioni di quell'improvvisa ilarità.
La famiglia di Alexander viveva in un'accogliente casa a schiera nel quartiere di Woodhaven, nel borough del Queens, che lui aveva abbandonato per bisogno di indipendenza. Ciononostante, continuava a visitare occasionalmente i propri genitori, dato che il suo nuovo appartamento non era poi così distante dalla sua vecchia casa.
Le sue dita si mossero meccanicamente sul display del suo smartphone, aprendo il lettore musicale e scegliendo la playlist ribattezzata '37', ovvero il numero di minuti mediamente impiegati per il tragitto in autobus fino a Woodhaven. Con le cuffie nelle orecchie, Alexander si voltò verso il finestrino, lo sguardo rivolto all'esterno ma perso nel vuoto, mentre si rilassava sulle note delle sue canzoni preferite. Arrivò all'ora prevista alla fermata alla quale scendeva sempre quando faceva quel percorso e si incamminò alla volta del numero civico 7 della via.
Suonò il campanello e venne accolto con un sorriso ed un abbraccio dalla madre, Martha Greene, da cui senza dubbio aveva ereditato gli occhi, identici ai suoi fino alla più piccola sfumatura.

"Ciao tesoro, vedo che la tua voglia di indipendenza non ti spinge ancora a saltare gli appuntamenti settimanali con la mia cucina, eh?"

Scherzò la donna sorridendo, rendendo lievemente più marcate le rughe che iniziavano a ornare il suo viso attorno agli occhi.

"Non capisci che è tutta una mia strategia? Un giorno carpirò il segreto dei tuoi piatti e non mi servirà tornare qui per non dover mangiare roba cotta al microonde!"

Rispose Alexander assumendo un'espressione serissima, mentre posava sull'appendiabiti giubbotto e tracolla. Sua madre fece per tornare verso il soggiorno, ma si voltò di colpo con l'espressione di chi si è appena ricordato qualcosa.

"Ah, quasi dimenticavo, Alex... Quando sono tornata a casa, poco prima di pranzo, ho trovato nella buca delle lettere una busta indirizzata a te... Credo che ci sia dentro qualcosa oltre ad una lettera, la busta sembrava piuttosto pesante... Hai comprato qualcosa online?"

Alexander non rammentava nulla di simile.

"Uhm, non nelle ultime settimane... E poi, se anche fosse, non credi che me lo farei recapitare all'appartamento?"

"In effetti... Beh, in ogni caso lo trovi sulla scrivania in camera tua. Ovviamente non l'ho aperto, per cui stai attento... Non si sa mai!"

"Hmm... Coi tempi che corrono, penso che anche le cartoline delle vacanze vengano controllate in ogni millimetro quadrato per evitare rischi... Beh, vado a dare un'occhiata, comunque. Grazie, ma'."

Alexander salì le scale, accese la luce di camera sua e si diresse verso la scrivania. Si sedette ed osservò la busta di un bianco completamente immacolato, interrotto solamente da un sigillo che pareva di ceralacca.

"Uno '0'...?"

Mormorò tra sé e sé, soppesando la busta che, come gli era stato detto, pareva troppo pesante per contenere solamente carta. Incuriosito, Alex aprì la busta con movimenti lenti e misurati, per evitare di rovinare troppo il curioso sigillo recante quello che pareva il numero 0. Ne estrasse un foglio di carta piegato nel mezzo, che appoggiò sul piano della scrivania, poi, guardando cos'altro fosse presente all'interno, comprese cos'era l'oggetto che contribuiva al peso inusuale della busta.

"...e questo...?"

Pensò, sempre più perplesso, tirando fuori quello che sembrava uno smartphone, incredibilmente sottile e dal display lievemente più grande di quello del telefono di Alexander. Lo appoggiò lentamente sulla scrivania, ricordando l'avviso alla cautela della madre. Infine, dalla busta trasse quella che pareva una carta da gioco.

"Hmm...?"

Era diversa dalle carte che Alex era solito vedere in qualche serata con gli amici, raffiguranti picche, fiori, cuori e quadri. Il bordo esterno della carta era nero e lucido, con due '0' dorati, uno nell'angolo superiore sinistro e uno in quello inferiore destro. Al centro della carta vi era uno spazio illustrato, separato dal bordo nero da una sottile linea dorata, al pari dei numeri agli angoli. Vi era raffigurato un uomo vestito in maniera bizzarra, sul ciglio di una rupe, con sulla spalla un bastone usato per appendervi sopra un fagotto. Poco distante dai piedi dell'uomo, un cane. In basso, in caratteri ancora una volta dorati, la scritta 'The Fool'.

"Ma che ca..."

Posò la carta accanto allo smartphone e si decise infine a leggere la lettera.

 

 

Sono lieto di darle il benvenuto nella nuova realtà in cui sta per entrare. 
La sorte ha deciso che lei, proprio lei, sarà uno dei fortunati partecipanti di uno dei più ambiziosi giochi mai creati.
Lei è una delle 22 persone di questa città a cui la Fortuna ha riservato un ruolo di primo piano.
Sarà proprio lei ad ottenere, con la forza o con l'intelligenza, con audaci piani o astuti sotterfugi, la ricompensa finale di 1.000.000.000$?
Solo il tempo potrà dare una risposta a questo quesito.
Che il gioco abbia inizio.

 

 

ARCANA

Regolamento della Fase Preliminare

 

 

Per la fase preliminare di ARCANA, 22 città sono state scelte casualmente da una lista contenente svariate centinaia di potenziali luoghi idonei. In queste 22 città, altrettanti partecipanti sono stati scelti, in maniera casuale, per partecipare a questo gioco, e solamente 2 di essi potranno accedere alla fase successiva.
L'obiettivo è semplice: basta totalizzare un numero di punti superiore a quelli degli altri partecipanti.
Questi punti potranno essere guadagnati in due modi:

 

1 - Il metodo base per raccogliere punti, che è anche il più remunerativo tra i due, è la sopraffazione degli altri partecipanti, che può avvenire in due maniere:


a- Uccidere uno degli altri partecipanti comporta un guadagno di 30 punti, più una percentuale dei punti da loro posseduti, percentuale che varia di giorno in giorno.
b- Sottrarre l'Arcano Maggiore di uno degli altri partecipanti in vita comporta un guadagno di 60 punti. Ciò implica inoltre l'esclusione immediata dalla Fase Preliminare di coloro che vengono privati dell'Arcano.
(Nota aggiuntiva, 1: ai giocatori non è consentito custodire il proprio Arcano a più di 10 metri di distanza dalla propria persona, pena l'esclusione dalla Fase Preliminare e l'attribuzione di 60 punti ad eventuali concorrenti nel raggio di 500 metri, con priorità basata sulla vicinanza all'Arcano)
(Nota aggiuntiva, 2: l'abbandono volontario del proprio Arcano in situazioni che non siano ritenute di emergenza è considerato una resa, e comporta l'immediata eliminazione del concorrente)


Pensi accuratamente a quale dei due metodi preferirebbe utilizzare, e a quale potrebbe portare maggiori vantaggi in un dato momento.


2 – L'altro metodo, che potremmo quasi definire 'secondario', per raccogliere punti, consiste nel raccogliere le 'Carte' tramite determinate 'Missioni'.

Come avrà notato, insieme a questa lettera di benvenuto e di spiegazioni, in questa busta sono presenti una carta ed uno smartphone molto particolare, sul quale troverà, tra le applicazioni pre-installate, una mappa della città. Questa mappa va tenuta costantemente d'occhio, in quanto, nelle più disparate zone della città potrebbe improvvisamente comparire l'icona che contrassegna le Missioni, ovvero incarichi di vario genere che, se completati, vi consentiranno di ricevere una Carta.
Le Carte potranno quindi essere usate immediatamente per ottenere un determinato numero di punti, oppure conservate.

Maggiori dettagli sulle Missioni e sulle loro tipologie si trovano nell'applicazione 'Regolamento Dettagliato' sullo smartphone allegato.

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Ogni 6 ore a partire dall'inizio del gioco, che sarà determinato dall'apertura dell'ultima busta contenente l'invito, la classifica parziale dei 22 concorrenti verrà aggiornata, consentendole di correre ai ripari nel malaugurato caso che non si trovi nella Top 2.

A seguito del penultimo e dell'ultimo aggiornamento della classifica parziale (nelle ultime 12 ore di gioco, quindi), vi sarà un bonus alla quantità di punti guadagnati, che vi consentirà di ribaltare la classifica, se sfruttato con intelligenza.

La durata complessiva della Fase Preliminare sarà di 7 giorni (168 ore).

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Come ultima cosa, ma non meno importante, ricordiamo la presenza dell'applicazione 'Negozio' sul suo personale smartphone.
Il Negozio vi consentirà di spendere i vostri punti per ottenere determinati bonus, che potrebbero a lungo termine consentirle di guadagnare molto più di ciò che ha inizialmente speso. Ponderi bene le sue scelte.
Per qualsiasi ulteriore dubbio, potrà consultare il Regolamento Dettagliato.

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All'apertura della 22esima busta, riceverà una notifica con un conto alla rovescia che decreterà l'inizio del gioco.

Le auguriamo buona fortuna.

PS: Si ricordi di leggere nei dettagli anche il contratto sottostante, onde evitare potenziali conseguenze spiacevoli.


 

L'NDA è stato implicitamente accettato all'apertura della busta, come da Comma 22/L-Bis:
1. Qualsiasi contatto con forze dell'ordine o servizi investigativi per questioni strettamente collegate ad ARCANA sarà punito con l'eliminazione immediata.
2. Qualsiasi contatto con altre persone esterne al gioco può avvenire a vostra discrezione, purché non sia infranta, anche in maniera indiretta, la regola del punto 1.

 

 

 

Alexander Greene rilesse la lettera per tre volte, con un'espressione oltremodo perplessa sul volto, mentre la sua mente si affollava di pensieri:

"Uccidere..? Metaforicamente, vero..? E poi... Un... Un miliardo? Cosa sarebbe, un gioco organizzato da Bill Gates per passare il tempo...?"

Ridacchiò, considerando il tutto uno scherzo, o, nell'ipotesi più bizzarra, qualche specie di 'ARG', un Alternate Reality Game. Si rialzò, mentre dal piano terra proveniva il suono della porta che si apriva. Alex guardò l'ora e comprese che doveva trattarsi di suo padre Rupert, poi scese le scale, relegando in un angolo della mente la lettera e, in un angolo ancora più remoto, il tenue sospetto che tutto ciò che aveva appena letto su quel foglio di carta fosse vero.
Accolse con un sorriso impercettibilmente tirato suo padre e si diresse con lui in soggiorno.


 

A qualche decina di metri dalla casa a schiera al numero 7, un uomo salì su una Chevrolet Escalade nera, dai finestrini oscurati e controllò qualcosa sul display di un palmare. Dopodiché, prese un telefono cellulare dalla tasca e fece una chiamata.

"Il segnale è arrivato ora. Ha aperto la busta. Ne mancano solamente 3 su 22. Io qui ho finito, torno in ufficio."

L'uomo accese il motore del SUV nero e partì poco dopo, senza essere notato da nessuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Edward Grant ***


Londra


Una goccia di sudore inizò lentamente a discendere dalla fronte di Edward Grant. Parò una ginocchiata e, subito dopo, si abbassò per schivare con destrezza il gancio sinistro che la seguì. L'uomo fece un passo indietro con rapidità e si mise in posizione di guardia.
"Non male, stai migliorando a vista d'occhio."
Disse, rivolgendosi all'avversario, che era ora chino, con le mani appoggiate sulle ginocchia ed il respiro affannato. Con la voce a tradirne la stanchezza, questi rispose:
"Sarà... Ma..."
Tacque per un breve istante e si asciugò con il dorso della mano il sudore dal volto.
"Ancora non riesco a capire... Come fai a non avere... Nemmeno un po' di fiatone..."
Concluse, interrompendosi talvolta per prendere fiato. Edward sorrise e si avvicinò a uno degli angoli del ring su cui i due si trovavano. Afferrò un asciugamano blu che era appoggiato alla terza corda e lo lanciò al ragazzo esausto a qualche metro da lui, che lo prese al volo.
"Settimane di corse, in salita, con zaini pesantissimi... Come minimo, dovrei ringraziare quegli addestramenti per la resistenza che ho guadagnato, direi."
Disse Edward, mentre si passava l'asciugamano sui capelli.
"Bene, un altro round? Che ne dici?"
Chiese al ragazzo, che si chiamava Thomas ed era uno studente universitario iscrittosi da qualche mese al suo corso.
"Mi dispiace, ma passo. Come sparring partner sei decisamente più impegnativo di Rob e preferirei non crollare dalla stanchezza durante l'uscita di stasera."
Rob era un altro dei partecipanti al corso di difesa personale tenuto da Edward, iscrittosi un paio di settimane prima di Thomas. 
Edward annuì, scavalcò le corde del ring e si diresse verso i macchinari da palestra sparpagliati in tutta la stanza attorno al ring, per eseguire il consueto controllo prima di chiudere la sala, mentre Thomas si dirigeva alla volta degli spogliatoi. Verificato che tutto fosse in ordine, Edward spense le luci della sala principale della palestra e si incamminò a sua volta verso lo spogliatoio. Pochi minuti dopo era sotto il rilassante getto d'acqua tiepida di una doccia, mentre si insaponava i capelli. Salutò con un cenno Thomas, che si era ormai asciugato e si accingeva ad andarsene dalla palestra, e terminò di lavarsi, dopodiché si infilò l'accappatoio bianco che aveva appeso poco distante e si sedette su una panca di legno nello spogliatoio, pensieroso.
Edward Grant, 28 anni, era un ex-militare. Qualche anno prima, era stato tra i pochi a superare il durissimo addestramento per entrare a far parte del corpo speciale SAS, corpo in cui era rimasto solo per alcuni mesi, a causa di diverbi. Di ritorno nel mondo civile, gli fu difficile riuscire ad immaginare un suo eventuale futuro da impiegato, seduto ad una scrivania per ore a compilare pratiche, ma fu fortunato.
Un suo vecchio amico, che conosceva dai tempi delle scuole superiori, riconobbe Edward mentre si allenava in palestra per mantenere il fisico tonico derivato dalla rigorosa carriera militare. Dalle quattro chiacchiere in sala pesi si arrivò ad una birra insieme per ricordare i vecchi tempi, e da lì si arrivò al'argomento lavoro. Pochi giorni dopo Edward era impegnato con un corso da istruttore per poter iniziare a lavorare nella palestra dove il suo vecchio compagno di classe era ora un personal trainer e, sei mesi dopo, certificato alla mano, potè iniziare a sfruttare le conoscenze raccolte negli anni passati nell'esercito, organizzando nella palestra un corso di difesa personale che riscosse in breve un discreto successo.
Seduto sulla panca, Edward stava pensando a qualche modo per incrementare la difficoltà del corso. Quasi tutti i partecipanti, esclusi alcuni iscrittisi poche settimane prima, avevano raggiunto un discreto livello sia nelle tecniche base che in quelle avanzate, ed Edward si stava chiedendo se fosse il caso di proporre qualche tecnica più complessa da usare caso di aggressione armata, da testare con un'arma finta, ovviamente.
Il suo corso era il solo a proseguire, talvolta, per un paio di ore rispetto al normale orario di chiusura della palestra, nel caso in cui qualcuno richiedesse lezioni individuali su specifiche tecniche o, come era accaduto qualche decina di minuti prima con Thomas, nel caso in cui un allievo volesse sfruttare il proprio istruttore per avere uno sparring partner di alto livello.
Edward decise che avrebbe valutato eventuali idee relative al corso nel relax di casa propra, davanti a un'ottima bistecca, possibilmente.
Si alzò in piedi, si strofinò brevemente il corpo che, grazie all'accappatoio, si era in parte asciugato durante i minuti di riflessione, poi posò l'accappatoio accanto al proprio borsone da palestra. Si diresse verso la parete che aveva davanti a sé ed afferrò un asciugacapelli appoggiato su un ripiano di legno, installato all'altezza del bordo inferiore del grande specchio che occupava la maggior parte del muro. Trovò dopo un istante la presa di corrente più vicina ed accese l'asciugacapelli. Si passò una mano tra i corti capelli castani, tagliati in uno stile che ricordava quello dei militari, in modo da favorire di gran lunga l'efficienza rispetto alla vanità. In breve tempo, l'asciugacapelli terminò il proprio compito.
L'ex SAS passò una mano sullo specchio, appannato ai bordi, e si fissò per un momento.
"Hmm, devo assolutamente radermi, domani mattina"
Pensò, notando sul mento e sulle guance un'accenno di peluria che rovinava i contorni ben delineati della sua corta barba. I suoi occhi color acquamarina si posarono per un momento sulla sottile linea bianca e frastagliata, lunga qualche centimetro, che partiva dal suo sterno per finire poco sotto il suo capezzolo destro. Quella cicatrice, pessimo ricordo di un'imprudenza commessa durante gli addestramenti degli SAS sulle tecniche di sopravvivenza, era la sola cosa a stonare in maniera particolare rispetto al suo corpo, che era tonico e muscoloso, senza essere però eccessivamente robusto. Il rigore dei numerosi addestramenti militari gli aveva fruttato un buon fisico, che ora era determinato a mantenere aiutandosi con il ruolo attivo svolto durante il proprio corso e con i macchinari della sala pesi.
Edward terminò di asciugarsi, posò l'asciugacapelli e si rivestì. Finì di abbottonare il suo caban di colore grigio scuro e, dato che negli ultimi giorni una perturbazione aveva abbassato le temperature, portando su Londra dei poco gradevoli venti freddi, si avvolse una sciarpa attorno al collo.
Controllò un ultima volta la palestra in maniera rapida, dopodiché spense il quadro centrale delle luci ed uscì, chiudendo a chiave la palestra e tirando giù la saracinesca, curiosamente del tutto priva di graffiti. Poi si incamminò verso la stazione della metropolitana, pronto all'usuale viaggio che lo portava dalla palestra al suo appartamento. Entrò nella stazione di Charing Cross, cambiò linea ad Oxford Circus e, dopo qualche fermata, scese infine a Queensway.
Il sole era ormai tramontato ed Edward, uscendo dalla stazione, rimase per un breve istante fermo a fissare il profilo degli alberi poco distanti dei Kensington Gardens. Per un breve, brevissimo istante, gli parve di notare, anzi, di percepire per mezzo dell'istinto, che qualcosa era fuori posto. Diede una rapida occhiata attorno a sé, in cerca di qualcosa o qualcuno, ma non vide nulla. Decise che la stanchezza gli aveva giocato un brutto scherzo, probabilmente. Dopodiché, si incamminò in direzione del proprio appartamento.
L'uomo viveva non molto distante dalla stazione della metro, in un accogliente trilocale che era riuscito ad accaparrarsi ad un ottimo prezzo dopo numerose ricerche. Grazie ai soldi che aveva risparmiato fin da ragazzino, al suo stipendio tutto sommato discreto - grazie anche ai numerosi iscritti che gli chiedevano qualche lezione aggiuntiva individuale, permettendogli di arrotondare – e al suo stile di vita privo di particolari eccessi, riusciva a permettersi l'affitto e le altre spese mensili senza particolari problemi.
L'ex-militare salì le scale fino al secondo piano, al quale si trovava il suo appartamento, ed entrò. Non appena mise piede nel piccolo ingresso, che si affacciava sul soggiorno, sentì un rumore strano, simile a quello di un foglio di carta che viene stropicciato. Perplesso, Edward si guardò intorno senza notare nulla, fino a quando non volse lo sguardo al pavimento, accorgendosi che aveva inavvertitamente calpestato qualcosa. Quel qualcosa era una busta da lettere, un tempo completamente bianca, che ora presentava alcuni segni grigi nel punto in cui la punta della scarpa dell'uomo l'aveva calpestata. L'istruttore raccolse da terra la busta, che gli parve subito curiosamente pesante, e si chiese cosa fosse. Era stata sigillata con ceralacca di colore rosso scuro e, osservando con maggiore attenzione, Edward notò che recava la scritta 'VIII'. Si ricordò quasi subito che era il numero 8 indicato con la numerazione romana.
"Nessun mittente... E il sigillo è piuttosto curioso..."
Mormorò l'uomo, mentre sollevava la busta in modo da poterla osservare in controluce, cercando di intuirne il contenuto. Scorse immediatamente quello che pareva un normale foglio di carta e notò anche che in fondo alla busta era stato posto un oggetto piuttosto sottile, che gli ricordava uno smartphone o qualcosa di simile. Si grattò la nuca, pensieroso, e decise infine di portare la busta in camera propria per esaminarla successivamente.
L'uomo si cambiò, indossando gli abiti che metteva normalmente quando si trovava in casa, ed andò in cucina. Non appena si avvicinò al frigorifero, notò un post-it giallo che lo fece subito sorridere. Lo staccò dallo sportello e lo lesse.
'Sono riuscita a staccare da lavoro prima e ho deciso di farti trovare una sorpresa per cena, goditela. Amber'
Edward aprì il frigorifero ed immediatamente individuò la sorpresa: una torta ricoperta di granella di nocciola, dall'aria deliziosa. Provò un moto di affetto per la propria donna e decise immediatamente che quel dolce valeva, senza ombra di dubbio, qualche serie di esercizi in più. La tirò fuori dal frigo e la posò sul tavolo, dopodiché afferrò della carne, avvolta in un foglio bianco sul ripiano sottostante, e la mise accanto al piano cottura insieme ad una melanzana. Accese la televisione in soggiorno per ascoltare il telegiornale in sottofondo e si mise a cucinare.
Svariati minuti dopo, l'uomo finì di mangiare il piatto che aveva preparato e si apprestò a tagliare la torta. Pensò ad Amber.
Ormai stavano insieme da quasi un anno e, anche se avevano deciso di non affrettare le cose, rimandando un'eventuale convivenza, Edward aveva deciso di lasciarle una copia delle chiavi di casa. Apprezzava particolarmente le improvvisate di lei.
Amber Graham aveva tre anni meno di lui e lavorava come aiuto segretaria in uno studio legale. Si erano incontrati per puro caso nel centro in cui Edward aveva seguito il corso da istruttore, mentre lei si trovava lì per ritirare dei documenti. L'ex-SAS aveva urtato la segretaria in un momento di distrazione, mentre camminava sovrappensiero in un corridoio durante la pausa pranzo, e l'aveva subito aiutata a raccogliere il plico di fogli che si era sparso sul pavimento. Porgendole i documenti, si accorse di quanto fosse bella quella donna minuta con i capelli castani dalle lievi sfumature ramate e decise che certi nemici andavano affrontati con impeto ed audacia: la invitò immediatamente a prendere un caffè per sdebitarsi dell'incidente.
Tre settimane di uscite dopo il militare dei corpi speciali e la aiuto-segretaria si erano messi insieme.
Edward divorò con gusto la torta, che era senza dubbio il cavallo di battaglia culinario di Amber, posò piatti e posate nel lavello e si diresse in soggiorno, pronto a rilassarsi con un bel film o una serie TV, quando improvvisamente rammentò la prima cosa che gli era successa quando era tornato a casa quella sera. Cambiando idea, spense la televisione ed andò in camera sua. Aprì la busta con cautela, pronto a gettarla a terra ed allontanarsene in caso di necessità, ma non successe nulla. L'uomo constatò che la busta conteneva davvero un foglio e uno smartphone, ma, nell'esaminare la busta prima di cena, non aveva notato il terzo oggetto, ovvero una carta da gioco. I bordi erano neri e dorati, con un 'VIII' scritto in due angoli e la scritta 'Justice' in basso; il centro della carta era occupato dall'illustrazione di una donna bendata, seduta, che reggeva tra le mani una bilancia ed una spada.
"Ma cosa...? Un tarocco, o qualcosa di simile...?"
Pensò Edward, perplesso.
Esaminò lo smartphone e, non notando nulla di inusuale, oltre al fattto che non gli sembrasse un modello disponibile sul mercato, decise di premere il tasto di accensione. Nessun logo riconducibile a una grande marca produttrice di telefoni comparve sul display e, al posto della canonica schermata di richiesta del codice della SIM, sullo schermo campeggiava la scritta '19/22' in grandi caratteri bianchi. Ancora più perplesso, l'istruttore decise di controllare il primo oggetto che aveva tirato fuori dalla busta, ovvero il foglio di carta. Era un invito, seguito da un regolamento, e la lettura gli provocò una vaga sensazione di inquietudine, lontanamente simile a ciò che aveva provato subito dopo l'uscita dalla stazione di Queensway.
Comprese, non appena decise di rileggere la parte della lettera relativa al regolamento, cos'era la scritta sullo smartphone: ancora tre persone dovevano aprire la busta che avevano ricevuto, ed il gioco avrebbe avuto inizio.
Comprese, inoltre, nonostante gli sforzi del suo raziocinio di classificare tutto ciò come uno scherzo ben ordito, che quell'invito era dannatamente reale. Gettò la lettera sul letto e si diresse a passo deciso in soggiorno, verso la porta-finestra che dava sulla strada sottostante. Scostò appena una delle lamelle della veneziana e notò immediatamente l'Audi Q7 nera parcheggiata tra le altre auto, un'auto che mai aveva notato parcheggiata su quella via.
Appoggiato alla portiera, un uomo dal volto avvolto dalla penombra, con solo i contorni della bocca vagamente illuminati da una sigaretta quasi finita, era appoggiato alla portiera anteriore. Finì di fumare, gettò il mozzicone a terra e lo calpestò, poi fece per salire sul veicolo, quando d'un tratto si immobilizzò. Si voltò verso l'edificio in cui viveva l'istruttore e guardò in quella direzione per un istante, dopodiché salì in macchina e partì.
Ad Edward Grant parve quasi di vedere sul suo volto un accenno di sorriso, durante quel breve istante, ma non ne poteva essere sicuro a causa della distanza e della poca illuminazione. Quello di cui era assolutamente certo, tuttavia, era che quell'uomo si fosse voltato per fissare proprio lui.

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