La lunga notte di Saipeng

di monsieur Bordeaux
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Saipeng ***
Capitolo 2: *** Nell'oscurità che avvolge il porto ***
Capitolo 3: *** Sparatoria nel deposito ***
Capitolo 4: *** Uno strano alleato ***
Capitolo 5: *** Due chiacchiere sul ponte ***
Capitolo 6: *** A caccia di documenti ***
Capitolo 7: *** L'agguato ***
Capitolo 8: *** Fuga notturna ***
Capitolo 9: *** Rientro a Roanapur ***



Capitolo 1
*** Saipeng ***


Capitolo 1 - Saipeng


Come di consueto, ecco una piccola presentazione prima di iniziare con la fan-fiction vera e propria...

Questa per me è la prima fan-fiction su Black Lagoon, che ho scritto anni fa e che nei giorni scorsi ho leggermente "risistemato" per poterla pubblicare su questo sito. Vi annuncio fin da subito che in futuro pubblicherò un'altra storia simile, che però non è un vero e proprio seguito. E' un cross-over con una delle mie serie preferite... Lupin!
De ammettere che questo cartone mi è piaciuto fin dalle prime puntate, anche per la presenza di personaggi "particolari" come Revy, Dutch, Balalaika, ma soprattutto Rock, che stimo moltissimo! Sarà perché mi ricorda un personaggio che avevo inventato (Enrico), sarà per come reagisce... per me è un grande!
ATTENZIONE!!! Dato l'uso di un linguaggio volgare e di scene di violenza durante la narrazione, questa fan-fiction non è adatta a tutti! Non è proprio "vietata ai minori di 18 anni", ma ho voluto segnalarlo per non creare problemi.

E per concludere... buona lettura! E aspetto i vostri commenti, come sempre!

 

In un punto non meglio precisato della Thailandia, affacciata sulla costa, sorgeva la città di Roanapur. Vista da lontano, poteva dare l'idea di essere una delle tante località marittime presenti sul Mar cinese orientale, ma in realtà era la sede di molte attività criminali, gestite in gran parte dalle mafie cinesi e russe. Inoltre quella città era diventata terreno fertile per molti mercenari, tra cui spiccava un gruppo famoso per la loro efficienza: la Lagoon Company.
Di solito nel covo di Dutch, il capogruppo, c'era sempre una certa agitazione, ma quel giorno tutto era insolitamente tranquillo. C'erano solo due persone in quello che si poteva definire "l'ufficio" della Lagoon Company, entrambi vicini al tavolino di vetro presente al centro della stanza. Il primo, seduto su una poltrona, era un ragazzo dai capelli neri un po' spettinati di nome Rokuro Okajima, che il capogruppo preferiva chiamare Rock. Da com'era vestito, camicia bianca quasi impeccabile e pantaloni scuri, sembrava completamente inadatto per quel posto e infatti il giovane giapponese era arrivato a Roanapur in circostanze assai curiose. Tempo addietro era stato rapito dai mercenari della Lagoon Company, per ottenere un riscatto dall'azienda in cui lavorava, ma una volta capito di essere stato abbandonato dai suoi superiori, l'ex impiegato decise di unirsi al gruppo di mercenari, forse subendo la nota sindrome di Stoccolma.
Di fianco a lui, sdraiata su un divanetto, c'era Revy, una ragazza dai capelli lunghi e di colore marrone scuro. Di origine cino-americana, indossava una maglietta nera corta e senza maniche, pantaloncini di jeans e sui fianchi trasportava due fondine per altrettante pistole, sempre pronte all'uso. Inoltre aveva un vistoso tatuaggio tribale sul braccio destro, che partiva dal gomito e che terminava sulla spalla.
Per contrastare la noia di quel pomeriggio, non c'era alcun lavoro in sospeso, Rock si era messo a fare un solitario con un mazzo di carte comprate di recente, mentre Revy era così annoiata che preferì appisolarsi e fissare il soffitto con sguardo spossato, come se l'afa di quel giorno le avesse tolto tutte le energie fisiche e mentali. Niente sembrava poter rompere quella monotonia, interrotta ogni tanto da Rock che si faceva aria agitando le carte aperte a ventaglio o dalle lamentele di Revy, ma ad un certo punto i due sentirono qualcuno risalire di corsa le scale, diretto verso di loro. Qualche attimo dopo la porta del covo si spalancò e l'imponente figura di Dutch entrò nella stanza, mostrando un leggero sorriso sul suo volto. Il capo della Lagoon Company era letteralmente un bestione, alto e muscoloso, e portava un paio di occhiali scuri, da cui non si separava mai. Calvo e barbuto, l'afro-americano indossava un gilet di stampo militare verde, canotta di un verde più chiaro e pantaloni di una tonalità più scura.
«Ehi, sveglia pigroni!» esordì. «Abbiamo un nuovo incarico!»
Appena sentì quelle parole Revy cambiò espressione e divenne subito allegra, com'era ben visibile dai suoi occhi marroni.
«Era quello che volevo sentirmi dire!» affermò Revy alzandosi dal divano. «Qui stavo morendo dalla noia...»
«Io e Benny-boy vi aspettiamo sulla barca. I dettagli ve li darò strada facendo» concluse Dutch, uscendo dal covo.
Tutta eccitata per il nuovo incarico, Revy andò subito nella sua stanza per prendere alcuni caricatori per le sue pistole, mentre Rock ricompose il mazzo di carte e, dopo essersi sistemato camicia e cravatta, seguì la sua collega, che nel frattempo era già uscita.

In pochi minuti il terzetto di mercenari si ritrovò in uno dei moli di Roanapur, dov'era situata la Black Lagoon, la barca con cui eseguivano i loro incarichi. Ad attenderli sul ponte c'era l'ultimo componente della Black Company, ovvero Benny. Come Rock, anche lui era inadatto agli scontri a fuochi, ma le sue abilità era fondamentali per gestire la barca di Dutch, oltre che ad essere un esperto hacker. Con una folta chioma bionda e dalla carnagione chiara, Benny indossava come di consueto i suoi occhiali da vista e una vistosa camicia hawaiana, rossa a foglie verdi.
«E' tutto pronto?» chiese Dutch, salendo a bordo.
«Sì! Possiamo partire anche subito!» rispose Benny, scendendo poco dopo sottocoperta, nella sua postazione da cui gestiva il computer della barca. Nel frattempo Dutch e il resto del gruppo si sistemò nella cabina principale, con il mercenario di colore saldamente ai comandi del mezzo. Dopo un paio di controlli, i motori della barca si misero in moto e in breve tempo la Black Lagoon si lasciò alle spalle il porto di Roanapur.
«Allora Dutch, chi è stavolta il nostro cliente?» domandò Revy.
«E' stata Balalaika in persona a chiamarmi» rispose Dutch, sistemandosi i suoi occhiali da sole neri.
«Oh! Cosa dobbiamo fare per la sorellona?» esclamò la ragazza, con una certa euforia. La donna sopraccitata era nientemeno che il capo della mafia russa a Roanapur ed era famosa per essere senza scrupoli, oltre che ad avere sotto il suo comando molti ex militari.
«Stavolta si tratta di un semplice trasporto. Dobbiamo recuperare delle casse a Saipeng.»
«Saipeng? E dove si trova?» chiese dubbioso Rock.
«E' una piccola città portuaria della Malesia, sulla costa orientale. Se i miei calcoli sono giusti, saremo lì per stanotte» raccontò Dutch.
«E quant'è la ricompensa?» intervenne Revy.
«25.000 dollari. Una piccola parte subito, il resto a lavoro ultimato.»
«Che miseria!» esclamò Revy. Poi si voltò verso il giapponese e notò che aveva lo sguardo preoccupato. «Che cazzo ti prende adesso, Rock?»
«Eh, niente!» rispose il ragazzo, distratto dai suoi pensieri. «Dico sul serio. E' solo che ho una strana sensazione a riguardo...»
La ragazza non fu per niente contenta di quella risposta. «Ora non iniziare a raccontare stronzate, Rock! Guai a te se me le rompi, sennò è la volta buona che ti butto in mare!»
«Stai calma, Revy!» gridò il mercenario di colore, mettendo a tacere la collega. Poi volse lo sguardo verso il giapponese: «Di quale strana sensazione stai parlando?»
«Ho trovato molto strano che Balalaika ci abbia chiamato con così tanta urgenza, senza alcun preavviso. Ho sempre creduto che fosse una donna molto meticolosa nel suo... bhe, diciamo nel come gestisce gli affari...»
«Sai Rock, è la stessa cosa che ho pensato io quando mi ha proposto questo lavoro!» ribatté Dutch, prendendo un po' di sorpresa i due presenti nella cabina. «Poi via telefono mi ha spiegato tutto: in questi giorni stava per concludere un affare con alcuni contrabbandieri malesi, ma a causa di una tempesta il carico è finito in mare. Ora le casse si trovano in un deposito e vuole a tutti i costi chiudere le trattative.»
«Ma cosa c'era di così importante in queste casse?»
«Modifiche per motori da motoscafi» disse Benny, intervenendo nel dialogo che aveva seguito via radio. La sua risposta creò nuovi dubbi a Rock.
«Credo di non aver capito...»
«Per le loro esigenze, i contrabbandieri hanno bisogno di mezzi molto veloci, in grado di seminare quelli della guardia costiera. Balalaika, in cambio di una percentuale sui loro traffici, darà loro quello di cui hanno bisogno...» spiegò nel dettaglio il mercenario di colore.
«La sorellona è proprio una che se ne intende di affari!» commentò Revy. Il paragone, pensò Rock, poteva essere valido. Per esperienza personale sapeva che per primeggiare negli affari, leciti o no, bisognava essere cinici.
«E una volta recuperata la merce, Balalaika ci dirà dove consegnarla. Tutto semplice, vero?» chiarì Dutch.
«Anche troppo...» mormorò Revy. Subito dopo la ragazza uscì dalla cabina per fumarsi una sigaretta sul ponte, in attesa di arrivare a destinazione. Anche il giapponese stava per fare altrettanto, ma fu richiamato da Dutch.
«Aspetta Rock! Devo consegnarti questo...» annunciò il mercenario di colore, passandogli in mano un foglietto di carta piegato. Una volta aperto, il giapponese vide tre file di numeri.
«Cosa sono?»
«Me li ha forniti Benny-boy. Non sappiamo esattamente come sono fatte le casse, ma questi sono i codici che identificano i pezzi. Da buon impiegato, non dovrebbe essere un problema per te trovarle...» commentò Dutch, accennando un sorriso. Tirando un lungo sospiro, Rock prese il foglio e se lo mise in tasca. In quel momento capì che anche lui sarebbe sceso a terra e ciò non lo rese per nulla allegro.

Verso le nove di sera, dopo aver percorso molti chilometri vicino alla costa, la Black Lagoon entrò nel porto di Saipeng e durante l'attracco Rock gettò un'occhiata fuori dalla cabina. Davanti a lui c'erano il molo, ben illuminato da una lunga serie di lampioni, mentre più avanti c'erano i magazzini, divisi tra loro da alcune stradine in cemento bianco. Quest'ultima zona, a differenza della zona d'attracco, era in penombra e a fatica Rock riusciva a distinguere i contorni di tutte le costruzioni. Proseguendo verso destra, uscendo dalla zona portuale, lo sguardo del giapponese si soffermò sulla zona periferica della città, quasi tutta affacciata sulla costa. Era abitata in prevalenza da famiglie di pescatori e le loro case rurali erano in netto contrasto col centro di Saipeng, che era in perenne cambiamento. Uno dopo l'altro, come funghi dopo un'abbondante acquazzone, nel corso degli anni erano sorti numerosi edifici nel cuore pulsante della città, tutti in stile occidentale e illuminati da una grande varietà di luci al neon. Era un'espansione che non sembrava conoscere fine, come testimoniato dai grattacieli avvolti dalle loro gabbie di impalcatura. Sul parte sinistra del porto, uscendo dalla città, si incontrava la foresta pluviale, attraversata da molte strade sterrate che durante il periodo dei monsoni diventano quasi inutilizzabili.
Una volta resa salda la barca al molo, Rock poté uscire dalla cabina e si accorse che il clima era piacevolmente cambiato. Il caldo afoso del pomeriggio non c'era più, sostituito da un'atmosfera più fresca e sopportabile per i suoi gusti. Anche l'umidità, come la temperatura, era scesa notevolmente e il cielo si stava lentamente aprendo, lasciando filtrare poco alla volta i raggi di una luna crescente.
Revy fu la prima a scendere dalla Black Lagoon, ansiosa di entrare in azione, ma fu costretta ad aspettare l'arrivo di Rock, che per l'agitazione si era fermato un attimo in bagno. Durante l'attesa, Dutch ne approfittò per dare le ultime indicazioni alla ragazza, cercando allo stesso tempo di metterla in riga. Revy era nota nell'ambiente per essere una testa calda.
«Voglio un lavoro pulito, intesi?»
«In che senso, Dutch?» ribatté la ragazza, già infastidita dal ritardo di Rock.
«Ti conosco, cerca di non fare troppo casino. Non abbiamo molto tempo per riportare indietro la roba!»
«Cercherò di fare piano...» ironizzò Revy, mentre vide arrivare Rock e Benny. Quest'ultimo volle dare un'ultima indicazione ai due scelti da Dutch per recuperare le casse.
«Il deposito che ci interessa dovrebbe avere dei sigilli o dei nastri all'entrata, o forse addirittura riporta un avviso. Non dovrebbe essere un problema forzare l'ingresso, però fate attenzione ad eventuali guardiani nelle vicinanze.»
«Casomai è il contrario, Benny!» replicò Revy, in tono maligno. «Sono loro che dovranno fare attenzione a me...»
Senza indugiare oltre, la giovane mercenaria partì alla ricerca del deposito, seguita a breve distanza da Rock. Nel frattempo Dutch rientrò in cabina e consigliò vivamente a Benny di monitorare le frequenze radio della guardia costiera. L'ultima cosa che voleva fare quella notte era affrontare una delle loro navi, una volta lasciato il porto di Saipeng.


Continua...

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Capitolo 2
*** Nell'oscurità che avvolge il porto ***


Capitolo 2 - Nell'oscurità che avvolge il porto


Col passare dei minuti, il duo sceso dalla Black Lagoon si rese conto che trovare il deposito che stavano cercando non era così semplice come previsto. Non solo al buio i magazzini si assomigliavano l'uno all'altro, ma nell'oscurità ogni targa o scritta erano difficili da trovare e senza punti di riferimento i due stavano letteralmente girando a vuoto. Se da una parte Revy stava per perdere la pazienza a forza di perder tempo, Rock si concentrò osservando con attenzione l'ambiente circostante, nonostante le continue lamentele della mercenaria. Cercò qualche segno di attività recente sulle saracinesche, ma quasi tutte quelle nei paraggi erano chiuse con lucchetti e catene, con impressi dei numeri che ormai erano sbiaditi e poco leggibili. Il giapponese poi rimase sorpreso dal fatto che non ci fosse anima viva nei dintorni, tutto era avvolto in un silenzio quasi irreale, se non fosse stato per qualche rumore in sottofondo. Oltre alle onde del mare che si infrangevano sui moli e il rombo di qualche vettura proveniente dalle strade circostanti, l'unica attività presente in zona era quella di alcuni marinai, che in maniera frettolosa stavano caricando una grossa nave commerciale con l'utilizzo di una pesante gru. Era così distratti dai loro impegni che non si erano nemmeno accorti dell'arrivo dei due scesi dalla Black Lagoon.
«Trovato niente?» domandò Rock, vedendo tornare Revy dopo aver controllato un altro deposito. Poco prima aveva letteralmente sfondato la porta d'entrata a suon di calci.
«Niente... merda!» esclamò la pistolera.
«Forse le casse sono in un magazzino più interno» ipotizzò il giapponese. «A parte qualche eccezione, qui mi sembra tutto abbandonato a se stesso.»
«E allora muoviamoci!» replicò Revy con rabbia. «Sto iniziando ad odiare questo posto!»
Superati la prima fila di depositi, quelli più vicini al molo, i due percossero a ritroso una stretta stradina laterale, arrivando ben presto ad una piazza di forma circolare. Come i raggi di una bicicletta, da quest'ultima partivano diverse strade, Rock ne conto almeno sei, larghe abbastanza per far passare due veicoli in contemporanea. A differenza della zona vista in precedenza, qui erano presenti anche degli uffici, ma erano tutti abbandonati e stavano cadendo a pezzi. Le porte e le finestre erano tutte sfondate e all'interno i pavimenti erano pieni di macerie, nulla sembrava essersi salvato dalla furia degli elementi o dai vandali.
Come fatto in precedenza, il giapponese si guardò nuovamente attorno, in cerca di nastri o cartelli sospetti, ma anche qui trovare qualcosa di utile si rivelò essere difficile: oltre che alla scarsa illuminazione, in quella zona del porto i magazzini erano praticamente tutti uguali e individuare quello che volevano sembrava come cercare il proverbiale ago nel pagliaio.
Ci voleva del tempo per trovare quello giusto, ma all'improvviso Rock si fermò di colpo, spaventato da un imprevisto scatto da parte di Revy. Dando le spalle al giapponese, in un lampo la mercenaria aveva preso in mano le pistole e stava puntando lo sguardo in alto, fisso su uno degli uffici che aveva da poco passato. Ancora impaurito da quella reazione così improvvisa, Rock si rivolse alla pistolera con voce titubante.
«Che... sta succedendo Revy?»
«Ho visto qualcosa muoversi, là in cima!» affermò, tenendo lo sguardo fisso su una delle finestre.
«Ne sei sicura? Questo ufficio ha l'aria di essere abbandonato da anni!»
«Stai zitto!» esclamò Revy, voltandosi verso il giapponese. Quest'ultimo, vedendo lo sguardo infuriato della mercenaria, preferì non interferire. Era meglio evitare di litigare con lei, visto che l'ultima volta aveva ricevuto un bel pugno in pieno volto, in una situazione simile.
Calmato a suo modo l'ex impiegato, Revy ricontrollò la finestra che stava tenendo d'occhio, ma con grande stupore vide che in quel punto non c'era più nulla di visibile. Era tutto nero e a quel punto, innervosita per i secondi persi a discutere con Rock, la mercenaria partì di corsa per raggiungere l'entrata dell'ufficio. Superando di slancio la porta, che a causa del degrado era caduta sul pavimento, Revy si precipitò per arrivare al piano superiore, ma lo trovò completamente vuoto. Era impensabile che qualcuno si fosse nascosto in quel punto, non c'era nemmeno l'ombra di un riparo in cui nascondersi.
Qualche attimo dopo anche Rock entrò nell'ufficio, rimanendo al piano inferiore, e dopo aver perlustrato l'area con una piccola torcia elettrica, arrivò alla stessa conclusione di Revy. Le uniche cose degne di nota erano delle lamiere arrugginite e alcuni imballaggi lasciati alla rinfusa, il tutto coperto da uno spesso strato di polvere così fitto che il giapponese a fatica trattenne gli starnuti.
«Qui non c'è niente, Revy!» affermò, tirando un sospiro di sollievo. «No, Rock! Sono sicura di aver visto qualcuno dietro a quella finestra!»
«Forse si trattava solo di un riflesso su un vetro rotto. Però adesso andiamocene, questo posto mi sta mettendo i brividi!»
Per nulla soddisfatta, la mercenaria scese dal piano superiore e senza mezzi termini mandò a quel paese il suo compagno di team, che la seguì uscendo dall'ufficio. Era convinta che ci fosse qualcuno, appostato a quella finestra, ma preferì tagliare corto e continuare con il lavoro lasciato in sospeso. Dutch era un tipo fissato con la puntualità e l'ultima cosa che Revy voleva era un altro richiamo da parte del mercenario di colore.

Una volta ripreso in cammino, nella mente di Rock iniziarono a sorgere non poche preoccupazioni. Da quando lui e Revy avevano messo piede nel porto non avevano incontrato nessuno e ciò era veramente molto strano, se non per dire inquietante. Inoltre, per completare al meglio quell'atmosfera così sinistra, la mercenaria poco prima aveva intravisto qualcosa riflessa in un vetro, ma lui era sicurissimo di non aver notato nulla di particolare, come testimoniato anche del controllo successivo in quell'ufficio. Tutto questo gli faceva ricordare la trama di quei film dell'orrore visti in compagnia di un collega quando lavorava a Tokyo... meglio lasciarsi alle spalle certe cavolate, pensò Rock, cercando di rimanere concentrato nonostante tutto.
Qualche minuto più tardi, dopo aver rovistato un po' giro, finalmente l'ex impiegato trovò il magazzino che insieme a Revy stavano cercando. Non potevano esserci molti dubbi a riguardo: sulla porta d'ingresso, a differenza di quelle adiacenti, c'erano attaccati due nastri gialli e sopra di essi un avviso, scritto in lingua locale e in inglese. Come confermato dal messaggio e dal timbro che riportava, quello era il deposito messo sotto sequestro dalla guardia costiera, per conservare il carico raccolto in mare nei giorni precedenti.
Bisbigliando, per fare meno rumore possibile, Rock richiamò Revy, che in un lampo lo raggiunse dall'altra parte della strada. Appena vide l'avviso, la mercenaria si lasciò andare ad un leggero sorriso.
«Finalmente ne fai una giusta!» affermò la mercenaria, dando una forte pacca sulla spalla all'ex impiegato.
«Eccolo finalmente! Ora basta trovare un modo per entrare...» commentò Rock, ma fu subito interrotto da Revy, che davanti a quella frase scuoté la testa.
«Ah Rock... tu su certe cose proprio non ci arrivi!»
Senza pensarci troppo, la pistolera tirò un forte calcio alla porta, che senza fare troppa resistenza si spalancò. Il giapponese non accettò di buon grado quel metodo per entrare, avrebbe preferito fare qualcosa di meno rumoroso.
«Ma sei fuori?» esclamò preoccupato. «Se c'era qualcuno nei dintorni, di sicuro ci ha sentiti!»
Revy sogghignò e prese nuovamente in mano le pistole dalle fondine. «Se è così, vorrà dire che stanotte ci sarà un po' di movimento da queste parti...»
Contrariamente a ciò che Rock pensava, nessuno fu allertato da quel fracasso e i due poterono entrare indisturbati nel magazzino. Dopotutto il porto di Saipeng era piccolo e il livello di sicurezza non era dei migliori...
Dando una veloce occhiata in giro, fu subito evidente che il deposito era diviso in due parti ben nette: la prima, più amplia, era riservato alla conservazione delle merci e vi erano accumulate molte casse, diverse tra loro per dimensioni e materiali; l'altra stanza, di forma allungata, era invece un piccolo ufficio, usato probabilmente per registrare ogni movimenti di merci. Osservandolo nel suo complesso, il magazzino aveva l'aria di essere una costruzione appena terminata, infatti le finestre erano tutte coperte da un velo di plastica, che in futuro sarebbe stato sostituito da una più solida lastra di vetro. Le pareti erano spoglie, dovevano essere ancora dipinte e anche l'ufficio, che se non fosse stato per la presenza di una scrivania, non faceva eccezione, se non per qualche pacco appoggiato a terra. Accanto all'entrata del deposito, quella sfondata da Revy in precedenza, era situato il portone d'ingresso per i camion, chiuso saldamente da un gancio fissato a terra.
Sebbene i due scesi dalla Black Lagoon avesse trovato il magazzino giusto, ora avevano un altro ostacolo da superare. Le casse presenti erano così tante e accatastate uno sopra l'altra che avevano formato un vero e proprio labirinto, difficile da controllare anche a causa della poca luminosità presente.
Per velocizzare la ricerca, Rock e Revy decisero di dividersi le zone da perlustrare, concentrando la loro attenzione sulle casse più vicine all'entrata. Facendo molta attenzione, com'era immaginabile visto la sua passata esperienza, l'ex impiegato esaminò molte casse, focalizzandosi soprattutto sui codici presenti all'esterno dell'involucro, nonostante molti di essi fossero sbiaditi o poco leggibili. Il giapponese perse molto tempo, scrutando ogni angolo che poteva raggiungere, ma ad un certo punto la sua torcia illuminò un contenitore dall'aspetto particolare, posizionato per terra. Era fatto in plastica nera e lungo circa un metro, con una maniglia al centro, ma quello che Rock notò quasi subito fu il lungo codice stampato sul lato e immediatamente andò a prendere il foglietto che Dutch gli aveva dato alla partenza. Confrontò con cura le cifre e dopo una veloce verifica, poté confermare che i codici erano identici, era proprio una delle casse che stava cercando. Sospettando che le altre dovevano essere in zona, Rock frugò vicino a sé e in poco tempo, dopo aver spostato un po' di roba, trovò le altre due, identiche per aspetto a quella esaminata sul pavimento. Contento e sollevato per aver finalmente trovato quello che stava cercando, il giapponese si sedette e si prese una piccola pausa, aspettando qualche secondo prima di avvertire Revy. Ma quella mossa si rivelò una scelta sbagliata, una leggerezza che avrebbe pagato a caro prezzo...
Improvvisamente Rock si ritrovò immobilizzato, qualcuno lo aveva sorpreso alle spalle e con forza rimesso in piedi, tenendo saldamente una mano davanti alla bocca. Il giapponese non riusciva a crederci, era rimasto così spiazzato che provò ad urlare, ma inutilmente. Superato quel momento di poca lucidità, collegata in parte anche nel ripensare a qualche scena di film horror, la mente di Rock iniziò a ragionare, cercando di capire cosa gli stava capitando.
Da come era stato immobilizzato, il suo aggressore doveva essere ben allenato e forse aveva pure un esperienza militare, era riuscito a renderlo inoffensivo praticamente all'istante. Di sicuro non era il guardiano del deposito e d'istinto l'ex impiegato ripensò a ciò che era accaduto poco prima di trovare il deposito. Forse era proprio lui quello che Revy aveva intravisto da dietro la finestra, che per qualche oscura ragione li stava inseguendo.
Temendo per la sua vita, Rock provò a richiamare l'attenzione tirando un calcio ad una cassa al suo fianco, ma l'aggressore in risposta strinse ancora di più la presa e a bassa voce lo minacciò all'orecchio. Ma ormai il danno era stato fatto e in sottofondo si sentirono dei passi, che velocemente stavano per raggiungere la posizione di Rock.
Se chi aveva acciuffato il giapponese era rimasto sorpreso nel vedere qualcuno vestito da impiegato aggirarsi da quelle parti, la sua sorpresa fu massima quando vide sbucare, da dietro una pila di casse, una ragazza con un vistoso tatuaggio sul braccio e armata con ben due pistole. Ma il particolare che lo impressionò di più fu lo sguardo di Revy: sembrava come posseduta da un demone, oltre che essere terribilmente incazzata...
«Vaffanculo Rock! Perché devi sempre cacciarti in queste situazioni di merda!?!»
«Fa qualcosa, presto!» mormorò Rock, con la bocca tappata e respirando a fatica.
Sempre tenendolo sotto mira, la mercenaria cercò di capire chi era il suo avversario, anche se non riusciva a vederlo perfettamente a causa del buio. Sicuramente però non era uno del posto: aveva i capelli biondi, pelle chiara, era un po' più alto di Rock e aveva gli occhi di un profondo blu. Capendo il pericolo che stava correndo, di scatto l'aggressore impugnò con la mano libera la sua semiautomatica, che teneva nascosta nella giacca, e la puntò contro Revy. Era ben chiaro che non era un dilettante, si era preparato per un'eventualità del genere, ma adesso stava riflettendo su come uscire da lì, un problema tutt'altro che facile da risolvere.


Continua...

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Capitolo 3
*** Sparatoria nel deposito ***


Capitolo 3 - Sparatoria nel deposito


I secondi trascorrevano lenti mentre Revy e l'uomo che aveva preso in ostaggio Rock continuavano a non perdersi di vista. Nessuno dei due voleva fare la prima mossa e col passare del tempo la mercenaria si stava innervosendo sempre di più, al contrario del suo avversario: quest'ultimo la fissava freddo e impassibile, non mostrando al segno di cedimento evidente. Ad un certo punto però il sequestratore del giapponese, forse stufo di quella situazione di stallo, decise di aprir bocca.
«OK, cominciamo con ordine... voi che ci fate qui?»
Appena sentì pronunciare quelle parole, Rock intuì al volo che l'uomo alle sue spalle aveva un accento molto particolare. Anche se non lo aveva visto per bene in volto, il giapponese ipotizzò che doveva essere un occidentale, forse europeo. O almeno il suo intuito gli diceva così.
«Potrei farti la stessa domanda!» ribatté Revy. Era impaziente di sparare e i primi segni di nervosismo erano ben visibili, era pronta a sparare da un momento all'altro.
«Revy, stai calma!» affermò un Rock assai teso. «Ci sarà un modo per uscirne integri!»
«Magari...» mormorò l'uomo dalla giacca grigia, con un lieve accenno di sarcasmo.
Niente sembrava essere in grado di far ragionare Revy, ma all'improvviso un forte rumore, di naturale metallica, riecheggiò in tutto il deposito. Qualcuno dall'esterno stava forzando la serratura della saracinesca e non era da solo, lo si poteva facilmente intuire dal baccano causato dai numerosi voci vicine all'entrata del deposito.
«Cosa? Ci sono degli altri?» domandò il sequestratore di Rock. Il suo stato d'incredulità mise in allarme anche la stessa Revy, che si voltò per controllare cosa stava succedendo.
«Non credo che sia Dutch» commentò. Qualche attimo dopo la ragazza intravide una figura attraversare la porta da cui era entrata, che cercava in qualche modo di orientarsi nel buio del magazzino. La prima cosa che Revy notò fu la pistola che teneva in mano quel tizio e d'istinto sparò un colpo in quella direzione. Lo centrò in pieno, infatti l'intruso cadde a terra senza reagire sul pavimento.
«Ma sei impazzita?!?» esclamò Rock. Se non fosse stato immobilizzato, a quest'ora sarebbe in piena agitazione.
«Ma ti devo spiegare tutto, porca puttana? Quel tizio non era di certo il guardiano di questo posto!»
Poco tempo dopo nell'aria si avvertì un secondo rumore metallico, era il gancio fissato a terra che di colpo aveva ceduto. In un attimo la saracinesca si aprì, rivelando la presenza di un nutrito gruppo di persone poco fuori il magazzino. Alle loro spalle c'era un vecchio modello di camion, di color grigio chiaro, che era stato messo di traverso rispetto alla strada, con il fianco rivolto verso l'ingresso da poco forzato. I tizi vicino al mezzo erano più o meno una ventina, tutti vestiti di scuro, ed erano tutti armati di pistola e uno di loro aveva con sé perfino un pesante mitragliatore, di quelli che bisognava essere in due per avere una cadenza di fuoco stabile.
Non pensandoci su due volte, l'uomo dai tratti europei si gettò dietro alcune casse, liberandosi all'istante di Rock che, a causa della spinta ricevuta, finì col sedere per terra nel piccolo ufficio, proprio dove anche Revy si era rifugiata. Il giapponese ebbe giusto il tempo di nascondersi sotto una scrivania, mentre sentì una raffica di proiettili volare in tutto il magazzino.
«Ma chi diavolo sono quei tizi!?!» gridò il giapponese, tappandosi le orecchie per il frastuono.
«Non lo so, ma di sicuro non sono amici del biondino...» commentò Revy. Nonostante il sibilo dei proiettili, la mercenaria rimase così concentrata da intravedere il sequestratore di Rock, che da dietro una grossa cassa stava rispondendo al fuoco nemico.
«Che siano mafiosi locali?» chiese il giapponese.
«Può darsi Rock...»
«Dannazione! Ora come facciamo ad uscire da qui?»
«Tu rimani lì e stai zitto! A quelli ci penso io...»
Senza aggiungere altro, Rock capì al volo che Revy era pronta, usando un eufemismo, a scatenare morte e distruzione. Il suo sorriso e lo sguardo da posseduta non lasciavano dubbi a riguardo.

Nel caos più totale, tra una raffica e l'altra di proiettili e una lunga serie di urla, Rock rimase ben nascosto sotto la scrivania, cercando di pensare ad un modo per andarsene da quel posto. Per sua fortuna al momento Revy stava tenendo testa a tutti quei mafiosi, ma ciò non sarebbe durato a lungo: sicuramente quei tizi si stavano riorganizzando per perderli di sorpresa, evitando con cura di non farsi massacrare da un’esaltata ragazza di origini cinesi. Ma fare un ragionamento in mezzo ad una sparatoria non era per niente facile, la mente del giapponese era letteralmente bombardata dal frastuono dei proiettili.
Nel frattempo, dall'altra pare del deposito, anche l'uomo dai capelli biondi stava rispondendo al fuoco nemico, incontrando però più difficoltà rispetto a Revy. A differenza di quest'ultima, si trovava in una zona più aperta e il suo spazio di manovra era alquanto limitato: aveva giusto il tempo di fare capolino da dietro l'angolo e sparare qualche colpo, prima di nascondersi nuovamente.
Approfittando di un momento di pausa, in cui velocemente inserì un nuovo caricatore nella sua pistola, l'uomo si fermò qualche secondo per riflettere e puntò la sua attenzione sui due tizi che erano entrati nel deposito. All'inizio aveva creduto che fossero due mercenari ingaggiati dalla mafia locale, ma la sua prima sensazione si rivelò completamente sbagliata. Inoltre era rimasto colpito dal modo in cui la ragazza col tatuaggio maneggiava le due pistole: non era la prima volta che sentiva parlare di quello stile di combattimento. Per questo motivo decise di tenere d'occhio Revy durante tutta la sparatoria, cercando però di rimanere fuori dalla sua zona di tiro.
Una volta gettato via il precedente caricatore, ormai vuoto, l'uomo dalle origini europee riprese il conflitto a fuoco, faticando però a prendere la mira degli uomini appostati vicino al portone. Mentre stava faticosamente prendendo la mira, ad un certo puntò sentì un pesante rumore rimbombare sulla cassa dietro la quale era nascosta, che lo prese completamente alla sprovvista. Appena gettò lo sguardo verso il basso, notò qualcosa di scuro rotolare vicino a lui, di forma vagamente rotonda. Inizialmente pensò che si trattasse di un pezzo caduto a causa delle raffiche, ma appena il suo sguardo si concentrò su quell'oggetto, ebbe una terribile visione: uno dei mafiosi aveva lanciato una granata contro la sua postazione! Alla disperata l'uomo si spostò dal suo riparo e con un balzo si gettò contro una finestra, sfondando di netto il velo di plastica che vi era sopra. Vedendo quello scatto così improvviso, Revy d'istinto si voltò e pochi attimi dopo assistette all'esplosione della granata. Lo scoppio fu così forte che polverizzò la cassa dietro alla quale l'uomo si era nascosto, spargendo schegge di legno in tutte le direzioni. Anche il successivo boato creò dei danni, infatti molti dei presenti furono costretti a fermarsi, a causa della momentanea sordità generata dall'onda d'urto.
«Però! Non credevano che fossero così ben armati...» commentò semplicemente Revy, mentre Rock era così terrorizzato che di colpo iniziò ad urlare.
«Questi ci faranno saltare in aria con tutto il deposito! Non è giusto!!!»
«Rock, stai zitto o ti faccio tacere per sempre!»
«E cosa dovrei fare, secondo te?»
Nonostante la protesta del giapponese fosse di poco conto, la mercenaria lo minacciò con lo sguardo e senza dire nulla lo zittì. Tirando un lungo sospiro, Rock si riaccucciò sotto la scrivania, ma in quel preciso momento si accorse che c'era qualche di strano nell'aria. Per diverse volte annusò l'aria, uno strano odore stava lentamente riempiendo la zona davanti al magazzino.
«Eh, Revy! Non la senti anche tu questo puzza?» domandò l'ex impiegato.
«Perché? Te la sei fatta addosso per la paura?» ironizzò Revy.
«No, ma questo odore mi è familiare... è benzina! Ne sono sicuro!»
Dopo che anche Revy confermò la presenza di carburante nell'aria, i due si sporsero leggermente dal loro nascondiglio e quasi subito notarono una grossa pozza scura alle spalle dei mafiosi, che lentamente si stava allargando sul pavimento. Ad alimentarla c'erano due zampilli provenienti dalla parte inferiore del camion, che probabilmente era stato colpito in precedenza.
«Si vede che hai colpito per sbaglio il serbatoio, Revy...» osservò Rock, che si bloccò appena vide il volto di Revy. Sul volto della ragazza era apparso un ghigno malefico, che avrebbe messo paura a chiunque o quasi.
«Ora so come liberarci di quei bastardi...» affermò la mercenaria compiaciuta. Rock non provò nemmeno a farla ragione, sarebbe stato completamente inutile. Aveva già capito cosa stava per fare e per maggior sicurezza si nascose nuovamente sotto il tavolo, tappandosi le orecchie già doloranti a causa della precedente esplosione.
L'idea di Revy per liberarsi dei mafiosi in una volta sola era molto semplice: sparare nuovamente al serbatoio del camion e sperare di ottenere qualche scintilla, causando quello che ribattezzò "piccolo spettacolo pirotecnico". Fin da subito però la ragazza si rese conto che c'era un problema da risolvere, ovvero l'angolazione di tiro. Nonostante vedesse la sagoma del camion all'entrata del magazzino, non riusciva a vedere chiaramente il serbatoio e l'idea di sparare alla cieca non gli piaceva per niente. Così, per avere una visione più amplia, Revy provò a cambiare posizione e si mise sul lato sinistro dell'ufficio, facendo attenzione alle raffiche di proiettile presenti. Allungando il collo più che poteva, la mercenaria cercò nuovamente il serbatoio e alla fine lo intravide, sebbene fosse in parte coperto dalle figure dei mafiosi appostati all'ingresso. Velocemente la ragazza fece un paio di calcoli a mente e poi decise di fare la sua mossa, prendendo prima una leggera rincorsa.
Uscendo allo scoperto con balzo in avanti, Revy scivolò su un fianco e in quel frangente prese la mira in direzione del camion. In rapida successione, due pallottole uscirono dalle sue pistole e in un attimo raggiunsero il lato metallico del serbatoio, che si inclinò a causa dei colpi. Il contatto provocò alcune scintille e queste bastarono per dar fuoco alla benzina, che in un baleno scatenò una grossa esplosione. Le fiamme si alzarono improvvise per alcuni metri e lo scoppio fu così forte che non solo i mafiosi furono scaraventati via, ma riuscì perfino a far ribaltare il camion, che cadde pesantemente su un lato. Mentre accadeva tutto ciò, Revy rimase immobile ad ammirare quello spettacolo, a suo dire meraviglioso.
«Rock, esci fuori! La via è libera!» ordinò la ragazza, alzandosi da terra.
Quando il giapponese uscì dal suo nascondiglio, rimase impressionato da ciò che vide: il portone d'ingresso era completamente sfondato, perdendo la sua forma rettangolare, e vicino al camion ribaltato c'erano numerosi corpi, completamente ustionati.
«Ma... sono morti tutti quanti?» domandò Rock incredulo.
«Sì, sono tutti morti stecchiti! Ora però muoviamoci...»
«Dove?»
Quando l'ex impiegato fece quella domanda, la mercenaria lo guardò in malo modo per alcuni secondi. Però era evidente che Rock era ancora un po' stordito, si guardava in giro con aria spaesata, e a quel punto Revy preferì non lamentarsi più di tanto.
«Le casse!» gridò puntandole. «Prendiamo le casse e andiamocene da qui! Dutch sarà sicuramente incazzato per il ritardo!»
Velocemente il giapponese prese due casse per le maniglie, lasciando la terza a Revy, e seguì la ragazza fuori dal deposito, ma tenendo lo sguardo di lato. I corpi dei mafiosi deformati dall'esplosione, insieme all'odore di bruciato, era troppo rivoltanti per lui. Non era ancora del tutto abituato a quello stile di vita.
Solo quando svoltò l'angolo, per percorrere la strada principale, Rock riaprì gli occhi, ripercorrendo a ritroso la via per il molo. In quel momento si sentì sollevato, in qualche modo era riuscito a sopravvivere anche quella volta e tra pochi minuti sarebbe stato al sicuro sulla barca di Dutch. Ora l'unica cosa che voleva era allontanarsi il più possibile da Saipeng.


Continua...

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Capitolo 4
*** Uno strano alleato ***


Capitolo 4 - Uno strano alleato


Raggiungendo più in fretta che potevano il molo, Revy e Rock videro in lontananza la figura di Dutch, che li attendeva in piedi sulla prua della barca. Aveva le braccia incrociate e non fece nulla per nascondere la sua delusione, mista a rabbia. Dopo quello che era accaduto al magazzino, il giapponese non rimase troppo sorpreso dalla reazione del mercenario a capo della Lagoon Company.
«Ma che cazzo hai combinato?!? Revy, ti avevo detto che volevo un lavoro pulito!»
«Sembravano i fuochi d'artificio del 4 luglio!» aggiunse Benny, spuntando da sottocoperta. Sebbene fosse lontano chilometri da casa, amava ricordare le sue origini americane.
«Dutch, non avevo altra scelta!» ribatté Revy. «Avevamo compagnia laggiù e dovevo trovare un modo per uscire dal deposito. Ma ho ciò che volevamo: le casse della sorellona!»
Facendo un lungo sospiro, Dutch rimane in silenzio per qualche secondo. Quella notte non aveva alcuna voglia di litigare e preferì sorvolare su ciò che aveva combinato la mercenaria, in fin dei conti aveva fatto il suo dovere, anche se non in maniera pulita. «Ok, per stavolta lasciamo perdere» commentò, mentre prendeva a bordo le casse scure in mano a Rock. «Ma la prossima volta cerca di non svegliare mezza città a suon di esplosioni...»
«Ci proverò. Forse.»
«E non rimanere lì impalata! Muoviti, siamo in netto ritardo per la consegna!»
«Non hai proprio il senso dell'umorismo, Dutch...» mormorò Revy, spingendo a bordo la cassa che aveva con sé. Nel frattempo si avvicinò Benny, che incuriosito domandò: «A proposito, chi avete incontrato nel deposito? Quelli della guardia costiera?»
«Credo dei mafiosi locali, ma era tutti dei dilettanti!»
«Non tutti!» affermò Rock. «Ti sei già dimenticata di quel tizio che mi aveva preso in ostaggio?»
Sentendo quella domanda, Dutch si voltò nuovamente verso la mercenaria.
«Di chi diavolo sta parlando Rock?»
«Prima dell'attacco dei mafiosi, un biondino ci aveva messo i bastoni tra le ruote catturando Rock, ma alla fine è scappato durante la sparatoria» spiegò la ragazza. Poi il giapponese aggiunse: «Doveva essere un occidentale. Ed era ben allenato al combattimento, di questo ne sono sicuro!»
«Ah...» mormorò Dutch, leggermente sorpreso e sistemandosi gli occhiali da sole. «Questo particolare non mi piace per niente. Come mai era nel magazzino?»
«Probabilmente anche lui cercava queste casse. Appena le ho trovate, mi ha aggredito alle spalle!» commentò Rock.
«Per me stai esagerando» replicò Revy. «Forse era uno della guardia costiera, alcuni di loro sono dei veri figli di puttana!»
«Da come me lo ha descritto, non credo proprio...» affermò Dutch. «Non vorrei che ci fosse di mezzo anche qualche agente esterno, chiamato per recuperare la merce di contrabbando. Spero di sbagliarmi, abbiamo già combinato fin troppo casino per i miei gusti!»
Quando anche la terza cassa, quella trasportata da Revy, fu issata a bordo, la mercenaria con un balzo salì sul ponte della barca e subito dopo incitò Rock a fare altrettanto. Anche lei voleva andarsene al più presto da quel porto, ma all'improvviso una voce maschile, nascosta nell'ombra, urlò in direzione della Lagoon Company.
«Oh! Ma che bella sorpresa!»
Presi alla sprovvista da quel misterioso individuo, di scatto Revy e Dutch recuperarono le loro armi e le puntarono verso il potenziale nemico, mentre Rock cercò di salire il più velocemente possibile sulla barca, aiutato da Benny.
«Merda! Quel maledetto bastardo ci ha seguiti!» gridò Revy in risposta. Sentendo quella voce, la ragazza era sicura che fosse quella dell'uomo incontrato nel deposito.
«Vieni fuori! Sennò ti riempio di piombo!» minacciò Dutch, aggiustando la mira del suo fucile a pompa. Sebbene la reazione dei due mercenari fosse più che giustifica, il loro bersaglio era ancora ben nascosto nel buio di fronte a loro, stranamente Rock non riusciva a percepire una reale sensazione di pericolo, come quando si era ritrovato coinvolto nella sparatoria con i mafiosi locali. Dal suo punto di vista, il tono della voce appena udita non sembrava minacciosa. Tutt'altro, era quasi amichevole!
Pochi secondi dopo, come chiesto dal mercenario di colore, lo sconosciuto uscì allo scoperto senza fare obiezioni, con le mani alzate e la pistola ben riposta nella fondina. Dopo aver fatto qualche passo in avanti, l'uomo si fermò a qualche metro dalla barca e cercò di allentare la tensione a parole.
«Ok, non facciamo stronzate! Sono stato chiaro?»
Revy lo riconobbe all'istante, era la stessa persona che aveva sequestrato Rock, ne era certa. Appena lo identificò, lo sguardo della mercenaria era così furioso che stava per sparargli un colpo in testa, ma Dutch la fermò prima che potesse fare qualcosa. Era rimasto sbalordito nel vedere quell'uomo davanti ai suoi occhi, non era la prima volta che i due si incontravano.
«Gerasimenko?» esclamò, abbassando la canna del fucile.
«Dutch! Per fortuna che mi ha riconosciuto!» rispose il biondo, vestito con una giacca grigia. Era così contento di rivedere il capo della Lagoon Company che sorrise di gioia, mentre gli venne incontro per salutarlo. Chinandosi in avanti, il mercenario di colore gli strinse calorosamente la mano, come quando si incontrava un amico che non si vedeva da anni.
«Dutch, mi spieghi cos'è tutta questa farsa?!?» domandò Revy, completamente disorientata e ancora un po' incazzata.
«E' molto semplice: lui lavora per Balalaika. L'ho incontrato più di una volta, quando abbiamo ricevuto qualche incarico dal cartello russo. E' un simpaticone, ogni tanto offre pure da bere!» raccontò Dutch. Anche Benny lo conosceva, ma solo di vista.
«Chiamatemi pure Valery!» si presentò al resto della Lagoon Company. Com'era arrivata, quasi di colpo la tensione che si era creata su quel molo sparì in pochi istanti, sostituita da un momento nettamente più allegro. Però non tutti si erano rilassati, come Dutch e Benny.
«Ehi, tu! Come la mettiamo con la storia del deposito?» rimproverò Revy, ancora arrabbiata per l'episodio.
«Stai calma! E' stato solo un incidente...» si giustificò Valery.
«Un incidente? Ma io ho rischiato di morire!!!» lamentò Rock, quasi urlando.
«Ma che volete da me? Le mie scuse? Un mazzo di rose sottocasa?» ironizzò il mercenario di Balalaika. Vedendo che c'era ancora un po' di tensione nell'aria, Dutch intervenne ad alta voce per calmare gli animi.
«Ora basta! Se avete voglia di litigare, fatelo più tardi e il più lontano possibile dal sottoscritto!»
«D'accordo, ma ora fatemi salire sulla vostra barca» chiese Valery, cambiando tono. Era diventato improvvisamente serio: «Devo mettermi in contatto con Balalaika, è per una chiamata d'emergenza.»

Quando tutti si ritrovarono nella cabina della Black Lagoon, Valery prese un telefono satellitare da una delle tasche interne della giacca e lo consegnò a Benny, chiedendogli se poteva ripararlo. La batteria era completamente rovinata, così l'hacker esaminò velocemente l'interno dell'apparecchio, per verificare se era ancora utilizzabile. A prima vista però non sembravano esserci altri danni, così Benny prese il telefono e scese al ponte inferiore, per controllare se aveva una batteria di ricambio tra la sua attrezzatura.
Intuendo che doveva essere successo qualcosa di grave, Dutch chiese alcune spiegazioni a Valery sulla sua presenza a Saipeng, anche per capire perché aveva così tanta urgenza di chiamare il suo capo. Prima di rispondere, l'uomo di Balalaika si prese qualche secondo di tempo per riordinare le idee.
«Due giorni fa mi sono messo in contratto con i contrabbandieri locali per chiudere l'affare, dovevo solo consegnare le casse poco fuori il porto di Saipeng. Ma mentre stavo scaricando la roba, all'improvviso siamo stati attaccati da tutte le parti!»
«Ma come?» esclamò sorpreso Rock. «Non eravate stati travolti dalla tempesta?»
«No, quella è giunta qualche ora più tardi! Quei maledetti bastardi hanno affondato le nostre barche a suon di mitra, è un miracolo se sono riuscito ad arrivare sano e salvo a riva!»
«Quindi la storia della barca affondata dalla tempesta era tutta una balla... brutta faccenda!» commentò Dutch.
«Già! Non avevamo via di scampo, in un attimo ci siamo ritrovati circondati. E avevano pure due o tre lanciarazzi, se non ricordo male!»
«E' proprio brutto quando qualcuno ti punta addosso un RPG, vero?» commentò ironicamente Revy. In risposta Valery accennò un sì con la testa.
«E chi vi ha attaccati?» chiese Rock.
«Questa, amico mio, è la parte più assurda di tutta la faccenda!» affermò il mercenario dell'Europa orientale. «Gli uomini che hanno affondato le barche erano guidati da Feng Yao!»
«E chi sarebbe questo tizio?» domandò Revy.
«Mmm...» mormorò Dutch, un po' preoccupato. «Ora capisco perché hai detto che era la parte più assurda di questa storia!»
«Qualcuno di voi due potrebbe darmi qualche spiegazione su questo tizio?» insistette la mercenaria.
«Per farla breve, Feng Yao dovrebbe essere morto e sepolto da almeno due anni! O almeno così ho sentito dire!»
«Infatti quell'uomo dovrebbe essere saltato in aria assieme al suo covo! C'ero anch'io quando Balalaika ci aveva ordinato di toglierlo dalla circolazione, con duecento chili di tritolo!» spiegò Valery.
«Ne sei sicuro?» domandò Dutch.
«Certamente!» rispose di getto Valery. «Abbiamo quasi demolito tutto lo stabile, quella volta!»
Nel frattempo Benny tornò in cabina e consegnò il telefono al suo proprietario, perfettamente funzionante e con la batteria nuova. Per la felicità Valery ringraziò l'hacker con un abbraccio e aggiunse che gli doveva un grosso favore per il lavoro svolto. Poi il mercenario compose un numero che sapeva a memoria ed infine uscì sul ponte principale della barca, per avere un po' di tranquillità durante la telefonata. Dopo alcuni squilli Balalaika rispose alla chiamata e a quel punto Valery esordì parlando in russo, per attirare fin da subito l'attenzione del suo capo. Quando la donna intuì l'importanza di quella telefonata, con la sua inseparabile freddezza ordinò di avere tutti i particolari su ciò che era accaduto a Saipeng nei giorni precedenti. Dall'interesse provato da Balalaika in quel momento, il mercenario ai suoi ordini capì chiaramente che quella sarebbe stata una lunga conversazione.
Mentre Valery era impegnato al telefono, Dutch ne approfittò per dare qualche spiegazione su Feng Yao, un nome che Revy non aveva mai sentito nominare. Facendo un veloce riassunto, il mercenario di colore raccontò che quell'uomo si considerava un rivoluzionario, ma che in realtà era solo un mafioso locale, dal carattere molto ambizioso. Inoltre si vantava di avere l'appoggio della popolazione di Saipeng perché sosteneva la creazione di uno Stato autonomo nella regione, com'era accaduto in passato per Singapore. Sebbene non avesse molte risorse per i suoi affari illeciti, Feng Yao aveva creato un'organizzazione che controllava tutto il porto e le zone circostanti, causando non pochi problemi a Balalaika. Fu a quel punto che il capo del cartello russo decise, due anni prima, di eliminare il problema alla radice, ma adesso Dutch era curioso di sapere come quella donna avrebbe reagito alle parole di Valery.


Continua...

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Capitolo 5
*** Due chiacchiere sul ponte ***


Capitolo 5 - Due chiacchiere sul ponte


Finita la lunga telefonata con Balalaika, Valery tornò in cabina per riferire ciò che gli aveva detto il suo capo durante la chiamata. Appena gli si avvicinò, Dutch notò subito che il mercenario assoldato dai russi aveva lo sguardo rilassato, parlare col suo superiore gli aveva sicuramente alzato il morale.
«C'è stato un cambiamento di programma!» avvertì.
«In che senso?» domandò il mercenario di colore.
«Dopo aver spiegato cos'è successo, Balalaika mi ha ordinato di dirvi che, oltre alle casse, ora vuole anche i documenti che erano in mano ai contrabbandieri malesi.»
«Che genere di documenti?»
«Tutto ciò che riguarda un trasferimento di denaro su un conto corrente. Era il pagamento per le tre casse, ma dato che l'affare è saltato, il capitano ha deciso di prendere ciò che a tutti gli effetti è ancora suo.»
«Capisco. A proposito, come ha reagito Balalaika al ritorno di Feng Yao?»
«Inizialmente è rimasta in silenzio, ma solo per qualche secondo. Poi ha iniziato a parlare normalmente, la notizia non l'ha scomposta più di tanto.»
«Me lo immaginavo!» esclamò Dutch, lasciandosi andare ad un piccolo ghigno. «Ci vuole ben altro per impressionare una donna come quella!»
«E visto che sono cambiate le condizioni del vostro lavoro, vi avviso che la vostra ricompensa è stata raddoppiata»
«Oh, finalmente una bella notizia!» affermò Revy, molto contenta.
«Come mai questo rialzo?» chiese un po' sorpreso il capo della Black Lagoon.
«Balalaika mi ha raccontato una bella teoria poco fa» rispose Valery. «L'assalto di Feng Yao potrebbe avere due scopi: oltre che a cogliere impreparato il cartello russo, me compreso, potrebbe servire a finanziare i suoi traffici a Saipeng. Se vuole risorgere, ha bisogno di un bel po' di soldi e il capitano non vuole avere altri concorrenti scomodi da queste parti...»
«Per 50.000 dollari sono pronta a tutto!» annunciò Revy, con molto entusiasmo. «Dove si trovano i documenti?»
«Calmati!» ribatté il mercenario biondo. «Ora non possiamo muoverci!»
«Perché?» chiese Rock. «C'è qualche problema?»
«Dai un'occhiata fuori e capirai» suggerì Valery invitandolo, con un cenno del capo, a guardare fuori dalla cabina.
Una lunga serie di sirene blu e rosse lampeggiava nella zona interna del porto, vicino all'esplosione causata da Revy. C'erano almeno una ventina di poliziotti vicino al deposito, teatro della precedenza sparatoria, che con molta perizia stavano controllando i cadaveri per le prime analisi. Inoltre avevano recintato la zona con il classico nastro giallo, impedendo a chiunque di entrare o uscire dal porto.
«Oh, cavolo!» esclamò Rock.
«Pure questa ci voleva!» sbuffò Dutch. «Non ho mai visto tante auto della polizia in un unico posto.»
Valery aggiunse: «Già, è un bel casino»
«Odio i piedipiatti...» mormorò Revy con una certa rabbia, mentre vide arrivare anche Benny. Sembrava molto preoccupato, i suoi occhi erano spalancati.
«Dutch, ho intercettato alcuni dialoghi alla radio e ti posso confermare che la polizia sta facendo sul serio! Pure la guardia costiera si è mossa!»
«Allora Dutch, hai mente qualcosa per evitare questo casino?» domandò la mercenaria col tatuaggio
«Sì» rispose prontamente il capo della Lagoon Company. «Visto che non hanno ancora scoperto la nostra presenza, per ora rimaniamo qui fermi ad aspettare. Ci siamo capiti?»
«Va bene» rispose Revy, infastidita per la chiusura ironia fatta dal suo capo.
«Sono d'accordo» affermò Valery. «Se in questo momento ci vedono, come minimo ci sparano addosso!»
Nel frattempo Dutch diede un'altra occhiata fuori dalla cabina, per valutare in maniera più accurata quanti poliziotti stavano lavorando sui cadaveri ustionati.
«Non sono un tipo che ama aspettare, ma in certi casi non si può far altro. Almeno finché le acque non si saranno calmate.»
«Chissà quanto ci metteranno, speriamo non tutta la notte!»
«Valery, sai di preciso dove si trovano i documenti?»
«Sono in un albergo del centro, uno di quelli nuovi. E conosco perfettamente la strada per arrivarci.»
«Bhe, finalmente una buona notizia! Vorrà dire che useremo questo tempo per riposarci un po'... ci rivediamo qui tra un'ora!»
Dopo aver congedato tutti i presenti, Dutch tornò al posto di comando e si sdraiò sul sedile, accendendosi nel frattempo una sigaretta. Trovata una posizione abbastanza comoda per rilassarsi, il mercenario di colore poco dopo intravide Benny scendere al piano inferiore, intenzionato a tenere d'occhio le comunicazioni della guardia costiera. L'unico che decise di uscire dalla cabina, per prendere una boccata d'aria, fu il mercenario di Balalaika, ma qualche secondo più tardi fu raggiunto da Revy, ancora infuriata per l'imprevisto accaduto nel deposito. Rock, cercando di fare da pacere, provò a calmarla, ma fu tutto inutile.
«Ma quante volte devo dirtelo che è stato un incidente?» affermò Valery infastidito.
«Ma va a cagare!» ribatté Revy. «Da quando sei apparso, hai portato solo guai!»
«Però in fondo ha ragione!» commentò il giapponese, prendendo le difese del mercenario biondo. «Dal suo punto di vista...»
«Tu non hai diritto di parlare!» gridò Revy, interrompendo il ragionamento di Rock. «Ti sei fatto prendere in ostaggio come un imbecille!»
Intuendo che quel discorso poteva proseguire per chissà quanto tempo, Valery decise di usare un tono più diplomatico da lì in poi. Aveva una tattica in mente e per questo motivo riprendere a parlare con voce pacata, quasi compiaciuta.
«Non c'è bisogno di urlare! Alla fine, non è successo niente di grave Revy... o devo chiamarti "Two Hands"?»
Sentendo il soprannome con cui era conosciuta a Roanapur e dintorni, la mercenaria si lasciò scappare un piccolo sorriso. «Ma allora non sei stupido come pensavo!»
«Ti conosco solo di fama, anche se...»
«Cosa?»
«Avrei dovuto capirlo subito chi eri, quando ci siamo visti in quel deposito. Non ci sono molti che sparano con quello stile di combattimento!»
«E scommetto che tu eri quell'ombra che ho intravisto dietro quel vetro rotto, nel magazzino abbandonato!»
«Sì, ero io! Hai veramente degli ottimi riflessi, non c'è dubbio!»
Mentre osservava il dialogo tra i due mercenari, Rock capì il perché dell'improvviso cambiamento di tono da parte di Valery. Quest'ultimo era così stufo di discutere con Revy che arrivò a farle dei piccoli elogi, pur di mantenerla calma. Una tattica che alla fine ebbe pieno successo...

Come suggerito da Dutch, nel giro di pochi minuti tutti quelli a bordo della Black Lagoon approfittarono di quella sosta forzata per fare una piccola dormita. Ma Rock, forse ancora agitato per la sparatoria di prima, quella notte non riusciva proprio a prendere sonno, nonostante avesse trovato una buona posizione per dormire. Alla fine mollò la branda in cui si era sdraiato e decise di uscire sul ponte della barca, alla ricerca di un po' di tranquillità. A sorpresa lì incontrò nuovamente Valery, che appoggiato alla cabina stava fissando il mare aperto. A differenza del giapponese, aveva un aspetto più rilassato mentre osservava l'orizzonte, in cerca di navi della guardia costiera.
Senza creare troppo fastidio, Rock si mise di fianco a Valery e dopo qualche secondo di silenzio gli chiese, un po' timidamente, come mai era rimasto sul ponte. Spontaneamente l'uomo di Balalaika gli rispose che si era già riposato abbastanza rimanendo nascosto tra i magazzini e che non ne aveva bisogno. Intuendo che con lui poteva entrare in confidenza, il giapponese gli pose una domanda più personale. Aveva notato che Valery, quando si riferiva a Balalaika, non usava l'appellativo "compagno", come di norma facevano i commilitoni del boss russo, e questo aveva generato in lui qualche perplessità. Dopo essersi stiracchiato, il mercenario spiegò che lui era ucraino e che non faceva parte del gruppo originario che aveva fondato l'Hotel Moscow, il cartello mafioso russo. Era entrato nei ranghi di Balalaika solo in un secondo momento ed era per questo motivo che non aveva tutta quella confidenza con lei. Davanti alla faccia perplessa di Rock, Valery proseguì con la sua spiegazione raccontando nei dettagli il perché del suo trasferimento in Thailandia.
Gerasimenko si era arruolato nell'esercito appena ebbe la maggiore età, ma per lui quella fu una scelta quasi obbligata: era diventato da poco orfano di genitori, deceduti in seguito ad un incidente stradale, e non avendo alle spalle una famiglia benestante, doveva procurarsi da solo uno stipendio per vivere. L'unica alternativa, a suo giudizio, era sennò morire come un volgare teppista da strada e ciò non rientrava per niente nei suoi piani per il futuro. Sebbene fosse diventato un militare in un periodo assai difficile, l'Unione Sovietica era ancora in piedi e proprio in quegli anni ci fu il disastro di Chernobyl, alla fine riuscì ad adeguarsi al nuovo stile di vita, riuscendo anche a salire di grado diventando caporale.
Fu durante quel periodo che incontrò per la prima volta Balalaika, quando ancora faceva parte dell'esercito sovietico. Il gruppo di Gerasimenko doveva portare lei il suo plotone ad un campo di esercitazione e durante il viaggio, via camion e su strade sconnesse, la russa ebbe l'occasione di scambiare due chiacchiere col giovane caporale. Se da una parte Valery rimase impressionato dal carisma del suo ospite, sapeva come farsi rispettare nonostante le donne al comando fossero veramente rare, dall'altra si poteva affermare che Balalaika era sorpresa nell'incontrare un sott'ufficiale così sveglio e ben organizzato in una squadra di supporto. Capì subito che le sue abilità lì era sprecate, meritava molto di più del semplice grado che portava. Era perfino più qualificato di certi ufficiali conosciuti dalla stessa Balalaika, saliti di grado senza alcun merito particolare...
Il trasferimento di Valery in Thailandia avvenne qualche anno più tardi, quando l'Unione Sovietica si sciolse e lui fu sospeso dall'esercito. Con la fine della guerra fredda, non era più necessario aveva un numero massiccio di soldati e molti di loro furono congedati, tra cui anche Gerasimenko. Non sapendo fare altro, l'ucraino si mise alla ricerca di un posto da mercenario e a sorpresa venne contattato da Balalaika. Rimase molto sorpreso dalla sua chiamata: quella donna si ricordava perfettamente il loro precedente incontro, sebbene fossero passati diversi anni. Dopo una veloce spiegazione su ciò che stava organizzando, Balalaika pretese da lui una risposta quasi immediata, mettendo una certa pressione per capire se era all'altezza delle aspettative. Ricordandosi solo in quel momento quanto fosse cinica quella donna, Valery inizialmente fu un po' titubante, ma alla fine decise di accettare la sua proposta, pronto a raggiungerla in Asia sud-orientale.
A quel punto Rock, incuriosito, gli domandò cosa lo avesse spinto a trasferirsi in Thailandia. Valery gli spiegò che furono molte le ragioni per cui aveva deciso di allearsi con Balalaika. Entrambi era stati abbandonati frettolosamente dai loro superiori e ciò aveva creato un po' di empatia tra i due; inoltre Valery voleva ripagare in qualche modo la stima che Balalaika aveva nei suoi confronti e allo stesso tempo voleva cambiare aria. Alla fine l'ucraino aggiunse, ma questa volta sorridendo, che aveva raggiunto Balalaika perché era, nonostante la cicatrice sul volto, una gran bella donna. Rock rimase completamente spiazzato da quest'ultima spiegazione.


Continua...

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Capitolo 6
*** A caccia di documenti ***


Capitolo 6 - A caccia di documenti


L'attesa si stava rivelando più lunga del previsto. Era passata più di un'ora dall'esplosione, ma i poliziotti di Saipeng non si erano ancora mossi dal deposito, nonostante avessero già terminato di ispezionare la zona. E non essendoci segnali di un loro immediato ritiro, Valery e Rock si accordarono per una partita a carte sul ponte. Dopo aver giocato qualche mano, l'ucraino gettò nuovamente un'occhiata verso la parte interna del porto e ad un certo punto notò qualcosa muoversi da quelle parti. Intuendo quello che stava per accadere, Valery si alzò di piedi e si mise a guardare quella scena con più attenzione. La sua idea si rivelò esatta, infatti nel giro di pochi minuti le macchine della polizia abbandonarono velocemente il deposito, in un frastuono di sirene che durò solo pochi secondi.
Riconsegnando il mazzo a Rock, che in precedenza stava mescolando, l'ucraino si precipitò in cabina e avvisò della notizia Dutch, che ancora stavano sonnecchiando sul sedile. Appena sentì le parole del mercenario di Balalaika, il capo della Black Lagoon si alzò di scatto e richiamò a gran voce tutti quelli a bordo.
«Signori, la pausa è finita!» annunciò ironicamente. «Ora possiamo scendere a terra e prenderci quei documenti!»
«Non ci vorrà molto per raggiungere l'albergo» spiegò Valery. «Ci saranno circa dieci minuti di cammino, qualcosa meno se andiamo con passo spedito.»
«Perfetto! Entriamo, prendiamo quello che ci serve e poi lasciamoci questo fottuto porto alle spalle!» affermò Revy, ma l'ucraino alzò una mano per frenare l'entusiasmo della ragazza.
«Non ti esaltare troppo! Prima c'è un piccolo problema da superare, ma per nostra fortuna avete uno come Rock... almeno lui è vestito come si deve!»
«Io? Ma che...» esclamò l'interessato spalancando gli occhi.
«Lui che cazzo c'entra adesso?» domandò la mercenaria.
«Credo di aver capito a cosa ti riferisci» commentò Dutch, rivolgendosi poi verso la ragazza. «Te lo spiegherò in poche parole, Revy. Se io, te o Valery proviamo ad entrare nell'albergo, sicuramente noteranno le nostre armi o il nostro abbigliamento non propriamente da civile. Ma con Rock il discorso cambia...»
«Vestito così, il nostro amico lo scambieranno di sicuro per un cliente» aggiunse l'ucraino. «Meglio evitare di farsi notare in giro, dopo quello che abbiamo combinato stanotte!»
Il giapponese non fu molto contento di fare il cavallo di Troia della situazione, ma alla fine accettò senza protestare. Una volta messi a punto gli ultimi dettagli del piano, Dutch consegnò a Revy una radio auricolare, in modo che i due potessero comunicare tra loro e con Benny, che sarebbe rimasto a bordo della Black Lagoon. Non voleva correre rischi inutili, quella missione si era già rivelata più incasinata del previsto.

L'albergo in cui doveva entrare Rock era un edificio di recente costruzione, posizionato non troppo lontano dal centro di Saipeng. Composto da cinque piani, spiccava tra le altre abitazioni per via del suo colore bianco chiaro, in netto contrasto col grigio della zona circostante. Illuminato a giorno da una grossa insegna luminosa, che riportava il nome "Dreamscape", il giapponese raggiunse senza troppi problemi la porta girevole di fronte alla hall, che a quell'ora era completamente vuota. L'unica persona presente era l'addetto alla reception, che con aria un po' annoiata stava seguendo qualcosa su una piccola televisione.
Prendendo un lungo respiro, Rock attraversò la porta girevole e con molta calma entrò nell'albergo, camminando sull'elegante tappeto rosso che ricopriva l'intera hall. L'addetto alla reception quasi non lo notò, gli diede giusto una veloce occhiata, così il giapponese fu libero di proseguire indisturbato verso l'entrata secondaria, seguendo le indicazioni fornitegli da Valery. La porta in questione si trovava oltre la zona ristorante e le cucine, ma Rock dovette aspettare prima di avvicinarsi perché c'era un viavai di camerieri tra le due sale. Stavano sparecchiando i tavoli in cui i clienti avevano consumato la cena e poté muoversi solo qualche minuto più tardi. Approfittando di quel momento di pausa, Rock iniziò a fantasticare su quali piatti erano stati serviti quella sera: la vita del mercenario non permetteva certi lussi.
Solo quando la situazione si calmò il giapponese proseguì verso l'entrata secondaria, la cui porta era dipinta di rossa. Appena spinse la maniglia antipanico, dall'ombra sbucarono Valery e Revy, che in un attimo si infilarono all'interno dell'albergo. Fu in quel frangente che la ragazza si lamentò apertamente del ritardo di Rock, ricordandogli con tono minaccioso che aspettare non era il suo forte.
Poco dopo quest'ultima fu contattata via radio da Dutch, avvisandola che nessuno si era accorto della loro presenza e che potava proseguire col loro piano, mentre lui sarebbe rimasto di guardia davanti l'albergo. Ricevuto il via libera da parte del mercenario di colore, i tre passarono davanti al bancone della reception, senza essere visti, e presero l'ascensore per salire al secondo piano, dove si trovava la camera dei contrabbandieri.
Una volta arrivati, i tre si resero subito conto che quella zona era completamente diversa da ciò che avevano visto nella hall. Era un ambiente poco illuminato e le pareti erano spoglie, a causa dei lavori di costruzione che andavano a rilento. Un po' dappertutto si potevano vedere fili elettrici scoperti, pareti in calcestruzzo ancora da fissare e alcuni barattoli di vernice messi in un angolo del corridoio, fermi da chissà quanto tempo. Sembrava proprio che avessero speso tutti i soldi solo per mettere a posto il piano terra...
Passando velocemente in rassegna i numeri scritti sulle porte, in un lampo Valery trovò la camera che stava cercando.
«Ci siamo!» annunciò contento l'ucraino. «Un secondo e siamo dentro!»
«Sicuro?» domandò Rock dubbioso, notando che la stanza era chiusa a chiave. Senza neanche rispondergli, Valery prese un coltello dalla sua tenuta e lo infilò nella fessura della porta. Essendo la serratura di vecchio stampo e non elettronica, per aprirla impugnò la lama con entrambe le mani e con un colpo secco verso il basso la ruppe di netto. Fece non poco rumore con quel gesto, ma fu veramente efficace.
«Che bel trucchetto...» commentò Revy, vedendo la porta aprirsi.
«Già! E' utile quando perdi le chiavi di casa!» ironizzò Valery.
Quando la porta fu completamente aperta, l'ucraino entrò nella camera e diede una veloce occhiata in giro, ma all'improvviso sentì una voce sconosciuta, proveniente dalla parte più interna del corridoio. Di scatto lui e gli altri due si voltarono in quella direzione, scoprendo che uno dei camerieri li stava richiamando a gran voce. Era molto giovane, forse a malapena ventenne, e con passo spedito si stava avvicinando al terzetto, probabilmente attirato dal rumore fatto da Valery in precedenza. Rock era visibilmente agitato, mentre Revy sembrava pronta ad impugnare le pistole, ma Valery la fermò prima che potesse muovere un muscolo.
«Ferma lì!» intimò, allungando un braccio. «Non vorrai mica sparare ad un cameriere?»
«Mi tocca farlo, visto che un'idiota di nostra conoscenza ha fatto un bel casino!» ribatté lei.
In effetti Valery era stato un po' troppo sbrigativo, non aveva controllato se c'era qualcuno nei paraggi prima di agire, ma a quel punto decise di intervenire di persona per risolvere il problema. Facendo capolino dalla porta, il mercenario fissò il cameriere con sguardo severo e iniziò a parlare con voce ferma, cercando di incutere un po' di tensione nel giovane.
«Ci sono problemi?» domandò, lasciando passare qualche secondo prima di riprendere la parola. «E' tardi e non vogliamo avere noie, chiaro?»
Il cameriere, visibilmente intimorito dall'atteggiamento di Valery, distolse lo sguardo da lui e si concentrò su Revy e Rock, che erano rimasti sul ciglio della porta. In particolar modo si soffermò sulla ragazza, che a suo giudizio era un po' svestita.
«Ah, capisco...» disse con aria divertita e compiaciuta. «Però la prossima volta siate più indiscreti!»
Vedendo allontanarsi il cameriere dal piano, Valery si voltò con aria soddisfatta verso i suoi compagni d'avventura, per ricevere a suo dire i dovuti complimenti. Pensava di essersela cavata col minimo sforzo, invece si ritrovò le pistole di Revy puntate sul cavallo dei suoi pantaloni...
«Che cazzo ti prende adesso?!?» esclamò l'ucraino
«Dammi una buona ragione per non renderti sterile!!!» minacciò Revy, completamente incazzata.
«Come?!?»
«Mi hai appena fatto passare per una puttana!»
«Io? Ma sei completamente rincoglionita?»
In quel momento Rock non sapeva che cosa fare, era sconvolto dall'equivoco nato dalla breve discussione tra l'ucraino e il cameriere. A calmare gli animi ci pensò Dutch, che tempestivamente intervenne via radio, incitando il gruppetto a muoversi e a trovare i documenti dei malesi. Infuriata la mercenaria della Black Lagoon oltrepassò la porta e si trattenne nel voler tirare un pugno sul volto di Valery.
«E' una situazione grottesca!» affermò Rock, entrando per ultimo nella camera.
«Lo so! Però voi due...» accennò l'ucraino.
«Cosa?»
«Sareste una bella coppia! Non ve lo ha mai detto nessuno?»
Dopo quella frase, Rock pensò che Valery fosse completamente impazzito.

Per procedere meglio con le ricerche, i tre si divisero per setacciare il più velocemente possibile la camera: Valery si occupò di cercare nel bagno, Revy pensò alla zona centrale, mentre Rock si concentrò per controllare gli armadi e i vari mobili presenti. Passarono diversi minuti, ma non trovarono niente di interessante e col proseguire delle ricerche iniziò a crearsi un po' nervosismo, misto a delusione.
«Ma siamo sicuri che sia questa la camera?» domandò Rock. Stava iniziando a dubitare perfino che quello fosse il posto giusto.
«Ne sono certissimo!» affermò Valery a voce alta. Anche se aveva spostato tutto quello che c'era in bagno, non trovò niente al di fuori dell'ordinario. «Ma quei coglioni dove le avranno nascoste le carte?»
«Qui non c'è nulla!» gridò Revy. Aveva appena finito di controllare tutti i cassetti presenti nella camera, gettando il loro contenuto per terra. «Rock, hai controllato per bene lì dentro?»
«Non c'è molto da vedere. Ci sono solo un paio di ricambi, ma le tasche sono vuote.»
Poco dopo dal bagno uscì Valery, che prima di raggiungere gli altri tirò un lungo sospiro per la delusione
«I documenti non sono in bagno. A parte il cesso e le piastrelle, ho smontato tutto!»
«Qui invece ci sono solamente cartacce!» ribatté Revy, gettando alcuni dépliant contro il muro.
«Riflettiamoci un attimo...» disse Rock, prendendosi una pausa. «Se dovessimo nascondere dei documenti così importanti, dove li metteresti?»
«Che domande...» commentò Revy infastidita. «In un posto comodo da raggiungere!»
«Del tipo?»
«Bho! Forse sotto il letto!»
Improvvisamente i tre si guardarono in faccia, come se avessero pensato alla stessa cosa in quel preciso momento. In effetti, i letti erano l'unica parte della camera rimasta intatta, sepolti da tutta la roba messa a soqquadro. Senza pensarci su due volte, Revy e Valery sollevarono di peso entrambi i materassi, scaraventandoli per terra. Entrambi si aspettavano di vedere qualcosa tra le assi di legno, ma con loro grande sorpresa videro che non c'era nulla di sospetto. Sembrava che avessero fatto un altro buco nell'acqua, ma poco dopo Rock notò qualcosa di marrone tra le tele di uno dei materassi e ci diede subito un'occhiata. Era una grossa busta e il giapponese la prese subito in mano, per controllarne il contenuto. C'erano alcuni fogli, uniti da una graffetta, e l'ex impiegato confermò che quelli erano proprio i documenti che stavano cercando.
Finalmente la ricerca era finita, ma la felicità dei tre fu di breve durata. Di colpo sentirono alcune persone urlare nel corridoio, aprendo con violenza tutte le porte del piano. D'istinto Valery e Revy prese in mano le loro armi, di sicuro quelli non erano i camerieri dell'albergo!


Continua...

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Capitolo 7
*** L'agguato ***


Capitolo 7 - L'agguato


Aprendo la porta con molta cautela, Valery si sporse leggermente per vedere cosa stava succedendo nel corridoio. Intravide quattro uomini, tutti armati, che stavano controllando una per una le camere del piano, spalancando le porte a suon di calci. A giudicare dai vestiti, che indossavano, dovevano essere i compagni di quelli incontrati al deposito qualche ora prima.
«Cazzo!» esclamò l'ucraino, voltandosi verso Revy e Rock. «Proprio adesso che avevamo trovato i documenti!»
Pochi attimi dopo la ragazza fu contattata da Dutch via radio, che sembrava ansioso di raccontare ciò che aveva appena visto. Il mercenario di colore la avvisò che almeno una decina di mafiosi avevano fatto irruzione nell'albergo, spaventando un bel po' di persone, e che era stato costretto a nascondersi in un vicolo per non farsi prendere alla sprovvista. Nonostante Revy si mise ad ironizzare sulla ritirata di Dutch, a suo dire insolita, il capo della Black Lagoon le fece subito capire che quello non era il momento di ridere. Come ribadì chiaramente, se i tre volevano scappare dall'albergo sani e salvi, dovevano contare solo sulle proprie forze. Comprendendo appieno la situazione, Valery e Revy si prepararono per l'imminente scontro a fuoco con i malesi.
«Ora si fa sul serio» commentò l'ucraino, gettando un'altra occhiata fuori dalla porta. Tenendo la semiautomatica ben stretta tra le mani, notò che i mafiosi erano a pochi metri dalla sua posizione. Incredibilmente non si erano accorti della sua presenza.
«Per la prima volta, sono d'accordo!» affermò Revy, già da tempo con le pistole in mano. «Ora usciamo e...»
«Un momento!» intervenne Valery, bloccando la frase della ragazza. «Prima facciamoli avvicinare ancora un po'. Li colpiremo da così vicino che non avranno nemmeno il tempo per reagire!»
Quella tattica era così affascinante per Revy che si lasciò scappare un complimento: «Valery, il tuo modo di pensare mi piace un casino!»
Rock rimase molto sorpreso da quella frase, i due non avevano fatto altro che litigare per tutto il tempo. In breve tempo si mise d'accordo su come muoversi e poco dopo Valery, con estrema serietà, si voltò per parlare proprio col giapponese.
«Qualunque cosa accada, tieniti stretto quei documenti!»
Immediatamente Rock, intimorito da quell’ordine, prese la busta con i documenti e la infilò nella camicia, facendo attenzione a non rovinarla.
«Non fare cazzate, chiaro?» aggiunse Revy, mettendosi spalle alla porta, di fianco all'ucraino. I due erano ansiosi di uscire allo scoperto.
Quando gli avversari furono letteralmente a due passi, Valery spalancò la porta con una potente spallata. Il rumore provocato fu così forte che i malesi rimasero storditi per qualche secondo, permettendo ai due mercenari di posizionarsi fuori dalla camera e di aprire il fuoco. Come concordato in precedenza, Valery si piazzò sul lato opposto del corridoio, mentre Revy rimase ferma sul ciglio della porta.
La sparatoria fu breve ed intensa. I quattro corpi dei mafiosi giacevano a terra immobili, trafitti da numerose pallottole, e sulle pareti erano apparsi diversi schizzi di sangue. L'eco dei proiettili che rimbalzavano sul pavimento del corridoio fu l'unico rumore percepibile, escludendo le urla dei clienti in sottofondo, spaventati dalla precedente irruzione dei malesi. Poco dopo anche Rock uscì dalla stanza e si avvicinò ai due mercenari, che avevano ancora le armi puntate ad altezza d'uomo. La ragazza sembrava soddisfatta del suo operato, mentre l'ucraino si guardava attorno con aria impassibile.
«Sembra un campo di battaglia...» commentò Rock. Dopo aver visto i corpi dei mafiosi a terra, rimase così impressionato che rivolse lo sguardo altrove.
«Già!» rispose Valery. «Però tutto è andato come previsto.»
«Non si sono neanche accorti di morire» disse Revy in tono maligno. Poi si voltò verso l'ucraino, sempre mantenendo uno sguardo compiaciuto. «E' stato un po' troppo facile, non credi?»
«Penso di sì» rispose il mercenario di Balalaika. «Anche perché Dutch aveva detto che i malesi erano circa una ventina!»
«E gli altri dove sono finiti?» intervenne Rock.
«Nel peggiore dei casi sono al piano terra, tutti ad attendere il nostro arrivo!»
«Allora muoviamoci!» esclamò Revy, ricaricando le pistole. «Questo per me è stato solo un riscaldamento...»
Valery era d'accordo con l'idea della ragazza e le propose di prendere le scale per raggiungere il piano terra. Scendere con l'ascensore sarebbe stato un suicidio, sarebbero stati un bersaglio troppo facile, così i due decisero di prendere la via più lunga per uscire dall'albergo. Uscendo da una porta laterale, Revy scese la prima rampa di scale, ma all'improvviso sentì una raffica di proiettili e fu costretta a nascondersi dietro il corrimano. Guardando verso il basso Valery, che seguiva la mercenaria a pochi metri di distanza, intravide alcuni mafiosi che stavano risalendo velocemente le scale. Tutti avevano le pistole rivolte verso l'alto e stavano cercando un buon angolo per mirare.
«Mi sa che saranno loro a venire da noi...» commentò l'ucraino, correggendo la sua precedente affermazione.
«Bene, si ricomincia!» gridò Revy, rispondendo al fuoco nemico. Vedendo il suo modo di agire, Valery si convinse che la pazzia della ragazza non avesse limiti, soprattutto quando gli intimò di non fare prigionieri tra le fila nemiche. Un po' troppo aggressiva per i suoi gusti, ma almeno il suo stile era molto efficace.
Quando ne ebbe l'occasione, Revy uscì dal suo nascondiglio e partì a razzo contro i suoi avversari, riuscendo a raggiungere indenne la seconda rampa di scale. L'ucraino la seguì a ruota, tenendo sempre d'occhio Rock più attardato. Era così terrorizzato da tutto quel frastuono che camminò per tutto il tempo piegato, pregando di non farsi beccare da qualche proiettile vagante.
Scesa di un piano, Revy si riparò dietro un solido parapetto e da lì controllò nuovamente la posizione dei mafiosi: erano in quattro e notò quasi subito che sembravano esaltati, come se quella fosse una scena tratta da un videogioco o un film d'azione. Nonostante fosse sotto una pioggia di proiettili, la mercenaria trovò il tempo giusto per uscire dal suo riparo e mirò al primo mafioso. Lo centrò in testa al primo colpo e il suo corpo cadde all'indietro, lanciando un po' di scompiglio nel resto del gruppo. Rimasero schioccati quando videro il foro in mezzo alla fronte del loro compagno e in quel momento Revy dimostrò quanto fosse spietata. Con un leggero spostamento delle mani, la ragazza sparò una serie di proiettili contro il resto del gruppo e ne stese ben due, entrambi col petto bucato da almeno tre o quattro colpi. Vedendo vedere i suoi colleghi cadere uno dietro l'altro, l'ultimo fu così spaventato che inciampò all'indietro e in quel momento vide lo sguardo da posseduta di Revy, che letteralmente gli fece gelare il sangue. Colto dal terrore, a quel punto tentò la fuga, ma appena fece qualche passo fu centrato da un colpo che gli trapassò il cranio da parte a parte, ponendo così fine alla sparatoria. Non fu la mercenaria a sparare quel proiettile, ma bensì Valery, dando prova di avere un'ottima mira benché fosse in una posizione angolata.
Dopo essere giunti al piano terra in tutta sicurezza, i due mercenari si trovarono davanti gli ultimi tre mafiosi: due erano al centro della hall e il terzo era dietro il bancone, tutti con lo sguardo rivolto verso l'esterno. Avendoli presi alla sprovvista, Revy e Valery ci misero poco ad ucciderli e ben presto scese il silenzio al piano terra, che sembrava completamente deserto. Poco dopo nella hall arrivò anche Rock, che per tutto il tempo si era tenuto a debita distanza dai due mercenari.
«E' finita?» domandò.
«Sì, il posto è libero» commentò Valery, prendendosi un momento di pausa. «Devono essere entrati qui con la forza, hanno persino sfondato la porta principale!»
«Con tutto quello che abbiamo combinato, credo che questa notte verrà ricordata per un bel pezzo!» affermò Revy entusiasta.
«Certo, ma ora è meglio andarsene! Non vorrei che arrivassero i rinforzi!» affermò Valery, prendendo il corridoio che conduceva all'uscita sul retro.
Una volta fuori dall'albergo, i tre si ritrovarono in un parcheggio pieno di macchine, illuminato a malapena da alcuni lampioni e circondato da un muretto di mattoni rossi. Sebbene la loro idea iniziale fosse quella di raggiungere subito Dutch, i due mercenari decisero di rallentare la corsa. Non si muoveva una foglia e ciò aveva messo in allerta entrambi, c'era troppo silenzio per i loro gusti. Qualche secondo dopo i loro timori furono confermati: all'improvviso si ritrovarono sotto attacco e per mettersi in salvo Revy e Valery si rifugiarono, all'ultimo secondo dietro il muretto, con Rock che fu letteralmente trascinato al sicuro dall'ucraino. Sentendo le urla che provenivano dall'altra parte del parcheggio, i tre capirono all'istante che a sparargli addosso erano altri mafiosi originari di Saipeng.
«Che diavolo succede qui?» chiese Rock spaventato, mentre si metteva spalle al muro come i suoi compagni.
«E questi da dove cazzo spuntano?» domandò Revy, ignorando completamente le parole del giapponese.
«Siamo nella merda...» commentò amaramente Valery.
«Perché?» domandò Rock.
«Ci hanno messo in trappola! Siamo circondati e non so nemmeno da dove sparano!»
«Maledetti stronzi! Avvicinatevi e vi ammazzo!» urlò Revy, sporgendosi di lato per rispondere al fuoco nemico. Cercando di dare una mano, anche Valery fece altrettanto, ma i due mercenari capirono subito che si trovavano in una situazione di svantaggio: quasi tutti i mafiosi erano nascosti nell'ombra e non riuscivano a vederli, mentre gli altri si aggiravano tra le auto parcheggiate per usarle come ripari. Vedendoli i loro volti, Rock intuì il loro nervosismo nell'essere finiti in trappola.
«Merda!» esclamò Revy, finendo un altro caricatore. «Stiamo sparando alla cieca!»
«Lo so!» ribatté Valery. «Faccio fatica a tenerli a bada questi bastardi!»
«Ma non si sa più niente di Dutch?» domandò Rock, tappandosi le orecchie.
«Alla radio non mi risponde! E poi con questo casino non sento quasi niente!» spiegò Revy.
«Ti do il cambio Revy, riprova!» affermò Valery riprendendo la sparatoria.
La ragazza aveva già tentato di mettersi in contatto col suo capo, quando stava scendendo verso il piano terra, ma anche stavolta Dutch non rispose. Non sapendo come rintracciarlo, Revy chiamò via radio Benny per chiedergli se poteva fare qualcosa per risolvere il suo problema con la trasmittente. Nonostante l'audio disturbato dai rumori in sottofondo, Benny riuscì a capire la richiesta d'aiuto e immediatamente provò a chiamare Dutch su un'altra frequenza, usando il suo computer. Qualche minuto dopo l'hacker della Lagoon Company comunicò a Revy che aveva ristabilito il collegamento tra lei e Dutch, usando un'altra frequenza libera. Dopo averlo ringraziato per il lavoro svolto, Revy si mise subito in contatto con Dutch. Il mercenario di colore si sentì sollevato risentendo la voce della ragazza, a cui immediatamente domandò dove fosse finita. Revy gli spiegò in poche parole di essere finita in trappola, chiedendo a Dutch di fare qualcosa per farla uscire da lì.


Continua...

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Capitolo 8
*** Fuga notturna ***


Capitolo 8 - Fuga notturna


Per Dutch non fu facile trovare una soluzione in pochi secondi, ma alla fine ne trovò una abbastanza soddisfacente, anche se per Revy era solo un piano improvvisato. Facendole capire che non avevano molte alternative a disposizione, la ragazza accettò gli ordini del suo capo, sebbene non fosse del tutto convinta.
Il piano era molto semplice: il mercenario di colore avrebbe distratto i malesi, con un attacco improvviso, dando la possibilità ai tre nascosti dietro il muretto di fuggire. Valery era d'accordo con Dutch, preferiva rischiare piuttosto che attendere immobile la sua morte. Anche Rock era favorevole a quel piano, sebbene all'inizio l'idea di correre in mezzo ad una pioggia di proiettili lo avesse lasciato perplesso.
Una volta ripresa la sparatoria con i malesi, Valery si guardò attorno per cercare una possibile via di fuga. Ai lati del parcheggio c'erano diverse strade che potevano servire al suo scopo, ma non sapeva con certezza se conducevano al porto o ad un vicolo cieco. Poi all'improvviso, mentre teneva d'occhio i mafiosi tra le auto parcheggiate, vide un grosso mezzo fermarsi sotto uno dei lampioni. Era un SUV nero e da uno dei finestrini posteriori notò muoversi una figura umana, che sembrava intenta a seguire ciò che stava accadendo nel parcheggio. Intuendo chi poteva essere quel misterioso personaggio, Valery fece una piccola risata quando si riparò nuovamente dietro il muretto.
«E' venuto a vedersi lo spettacolo... chissà se gli piace!» commentò in maniera sarcastica.
«Di chi stai parlando?» domandò Rock.
«Di Feng Yao! E' seduto in quel SUV parcheggiato laggiù!»
«Dove?» gridò Revy, poco dopo aver sparato ad uno dei mafiosi nascosti nel buio. «Dimmi dove si trova quello stronzo che lo faccio fuori!»
«E' troppo lontano per sparargli!» ribatté Valery. «Dietro due linee di difesa è impossibile raggiungerlo!»
«Porca puttana! Non ce ne va una giusta!»
«Che tipo previdente!» commentò Rock.
«Lo so! Ha organizzato molto bene questa trappola, nonostante il poco tempo a sua disposizione...» ammise l'ucraino.
«In sostanza, un vero stratega» commentò a sua volta Revy.
«Già, è sempre stato un tipo dalla mente brillante. Ma ha un grandissimo difetto» accennò il mercenario di Balalaika.
«E quale?» chiese Rock.
«E' solamente un sognatore.»
«Eh? Che vuoi dire?»
Rock rimase immobile per qualche secondo, confuso da ciò che aveva appena udito. Notando la faccia dubbiosa del giapponese, il mercenario gli spiegò cosa intendeva dire.
«Non vuole accettare il fatto di essere in declino. Basta vedere i suoi uomini per capirlo.»
«Sono tutti dei dilettanti, ladruncoli di strada che si credono i padroni della città solo perché hanno delle armi in mano!» affermò Revy. Lei, al contrario di Rock, aveva capito fin dall'inizio il concetto esposto da Valery.
«Feng Yao ormai è il passato, ma non vuole accettare l'idea che il suo dominio su Saipeng sia giunto al termine» continuò l'ucraino. «Il controllo delle rotte commerciali è saldamente nelle mani di Balalaika, questo è solo un disperato tentativo di un sognatore che non vuole arrendersi all'evidenza.»
«Capisco...» rispose Rock.
«I sogni possono essere stupendi, ma prima o poi bisogna svegliarsi e aprire gli occhi per vedere com'è la realtà» commentò in modo malinconico Valery. Sentendo quella frase, a sorpresa Rock gli fece una domanda.
«Tu invece i tuoi sogni dove sono finiti?»
«Quando fai questo tipo di mestiere, i tuoi sogni devi metterli da parte e, in un certo senso, dimenticarli...» spiegò Valery, facendo un lungo sospiro verso la fine. Facendo un lieve cenno col capo, anche Revy sembrava condividere le parole dell'ucraino.


Qualche minuto dopo, nel mezzo della sparatoria, Revy venne avvertita via radio che Dutch era in posizione. Senza farsi notare, il mercenario di colore era riuscito a piazzarsi in un vicolo dietro i mafiosi, pronto a sparare col suo fucile a pompa per agevolare la fuga dei tre.
«Fra quanto tempo farà la sua comparsa?» domandò l'ucraino a Revy, mentre quest'ultima ascoltava le ultime indicazione di Dutch.
«Trenta secondi!» rispose la ragazza.
«Ok! E il luogo di ritrovo?»
La risposta del mercenario di colore arrivò immediatamente e fu molto breve: «Black Lagoon»
«Sarà una bella corsa da qui fino alla barca...» commentò umoristicamente Valery. «Ma prima cerchiamo una buona via di fuga! Non voglio finire la mia corsa in un vicolo cieco!»
«Che ne dici di quella via?» domandò Revy indicandone alla sua destra. Era una piccola strada laterale, dove si estendeva una rudimentale impalcatura, formata da tubi di metallo e tavole di legno.
«Sì, potrebbe andare!» affermò l'ucraino. «Ma chi mi dice che non finisce con un muro?»
«Prima di arrivare all'albergo, ho visto l'uscita di quel vicolo» intervenne Rock a sorpresa.
«Ne sei sicuro?» domandò Revy, un po' perplessa.
«Sicurissimo! C'era la stessa impalcatura che si vede da qui.»
A quel punto Valery guardò negli occhi il giapponese, con uno sguardo così serio da apparire quasi minaccioso. Voleva avere da lui la massima attenzione.
«Ascoltami bene, perché non te lo ripeterò due volte: appena ti do il segnale, tu parti a tutta velocità verso quel vicolo. Non fermarti per nessun motivo, chiaro?»
Rock fece un cenno del capo, ma poi chiese: «E voi che farete?»
«Tu pensa solo a correre! Io e Revy ti seguiremo appena possibile!»
«Esatto. Qui tu non servi proprio a niente!» aggiunse Revy, in maniera brutale.
Il giapponese, riflettendoci sopra, capì perché i due mercenari lo stavano spingendo a partire per primo: la loro priorità era mettere in salvo i documenti recuperati nella camera d'albergo. Cercando di trattenere le proprie paure, Rock si spostò lentamente verso destra, posizionandosi alle spalle di Revy.

Quei trenta secondi annunciati da Dutch sembravano non finire mai. Soffrendo il doppio per quanto era diventata estenuante quell'attesa, Revy e Valery ricaricarono le loro armi e continuarono a sparare, finché non sentirono un boato che riecheggiò in tutto il parcheggio.
Come previsto, Dutch uscì allo scoperto e prese alle spalle parte dei malesi, sparando alcuni colpi per distrarre i suoi avversari. I primi uccisero alcuni mafiosi all'istante, quelli più vicini a lui, mentre quelli successivi li usò per distruggere un paio di lampioni, creando ancora più confusione tra le file nemiche.
Dandogli una forte spinta con la mano libera, Valery diede il segnale di partenza a Rock, che immediatamente si gettò fuori dal muretto. Iniziando a correre più velocemente che poteva, il giapponese attraversò il parcheggio e puntò direttamente verso il vicolo. Durante l'ultimo tratto da percorrere sentì vicino a sé una raffica di proiettili, che lo mise ancora di più in agitazione. Poteva sentire chiaramente il suo cuore pulsare con intensità nel petto, ma alla fine riuscì ad entrare nella via secondaria illeso. Passando di fianco all'impalcatura, a suo giudizio piuttosto traballante, Rock proseguì sempre di corsa, cercando di non inciampare in qualche ostacolo nascosto nel buio.
Senza mai rallentare, il giapponese alla fine ritrovò la strada principale, quella usata per raggiungere l'albergo, e proseguì la sua corsa in direzione del porto. Qualche secondo dopo, quando ormai pensava di essere abbastanza lontano dal luogo della sparatoria, Rock sentì alle sue spalle un rumore di passi e d'istinto si voltò per controllare. Era Dutch, che uscendo da una strada laterale lo stava raggiungendo di corsa.
«E gli altri?» domandò il mercenario di colore.
«Mi hanno lasciato partire per primo perché avevo i documenti...» spiegò l'ex impiegato. «Dovrebbero arrivare tra poco!»
«Capisco.»
Affiancando Rock nella fuga, il capo della Lagoon Company fece una nuova chiamata via radio.
«Ehi Benny-boy! Mi ricevi?»
«Forte e chiaro!» rispose l'hacker. «Com'è la situazione lì?»
«Il resoconto te lo faccio un'altra volta!» affermò Dutch cambiando in fretta discorso. «Dove sono le navi della guardia costiera in questo momento?»
«Qualche minuto fa il radar me le segnalava tutte fuori dalla nostra portata. La nostra via di fuga in mare è libera!»
«Finalmente una buona notizia!» commentò contento il mercenario di colore. Poco dopo quest'ultimo chiamò via radio Revy, per incitarla a raggiungerlo il prima possibile.


Continua...

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Capitolo 9
*** Rientro a Roanapur ***


Capitolo 9 - Rientro a Roanapur


Attraversando di corsa i magazzini del porto, Rock raggiunse la Black Lagoon e con un balzo vi salì a bordo, appoggiandosi alla cabina per riprendere un po' di fiato. Subito dopo arrivò anche Dutch, che per prima cosa liberò le cime che tenevano la barca attaccata al molo. Fatto ciò, nel giro di un minuto, il mercenario di colore poi entrò direttamente in cabina per accendere i motori del suo mezzo di trasporto. Lentamente la Black Lagoon iniziò a starsi dal molo e in quel momento Rock, ormai ripreso dalla lunga corsa, si voltò all'indietro per controllare se Revy e Valery stavano arrivando. Il suo sguardo si focalizzò vicino ai lampioni che illuminavano la zona da cui era passato in precedenza, ma non vide nessuno di sua conoscenza.
Preoccupato, il giapponese iniziò a richiamarli a gran voce, sperando di poter dare ai due mercenari una traccia da seguire, sebbene i suoi urli fossero in parte coperti dal rombo dei motori. Per diversi secondi non ebbe alcuna risposta, ma ad un certo punto Rock intravide due figure sbucare dietro l'angolo di un magazzino, dirette verso la sua posizione. Non era sicuro che quei due fossero Revy e Valery, ma dopo qualche secondo li vide passare sotto una delle luci e in quell’attimo non ebbe più dubbio: erano proprio loro! Stavano scappando da un gruppetto di malesi e procedevano affiancati, sparando e imprecando contro i loro inseguitori. Rock si sentì assai sollevato, vedendoli arrivare...
Nonostante la loro comparsa avesse creato non poca confusione sul molo, mettendo in fuga i vari lavoratori presenti sulle banchine, i due mercenari riuscirono a trovare il giusto tempismo per ripararsi dietro una grossa cassa di legno e rispondere al fuoco nemico. Uno dopo l'altro i mafiosi alle loro calcagna caddero al suolo, terminando la loro corsa in una pozza di sangue. Una volta accertato di aver eliminato l'intero gruppetto di malesi, Revy e Valery si spostarono e velocemente salirono sulla Black Lagoon, che era già in movimento. La ragazza, urlando come una matta, incitò Dutch a partire a tutto gas e immediatamente il mercenario di colore spinse verso l'alto una delle leve della console, dando più potenza ai motori. Nel giro di pochi secondi, la Black Lagoon aumentò le distanze dal molo, lanciando qualche schizzo in aria.
Tutti a bordo erano ormai pronti a prendere il largo, ma all'improvviso su forte rumore attirò l'attenzione di tutti. Un SUV nero, simile a quello in cui si trovava Feng Yao, era sbucato da via laterale e a tutta velocità iniziò a dirigersi verso la barca di Dutch, travolgendo alcune casse di legno posizionate sul molo. Da uno dei finestrini di destra comparve un mitragliatore di grosso calibro, che sparò una lunga serie di proiettili in rapida successione. Buttandosi a terra, i due mercenari e Rock riuscirono a schivare quella raffica per un pelo, aiutati anche dalla mira poco accurata dei mafiosi. Ma quando si rialzarono, videro subito i danni subiti dalla barca: il lato sinistro era talmente deformato e pieno di buchi che il parapetto a malapena stava in piedi. Anche Dutch, che aveva visto la sparatoria dalla cabina, rimase quasi sconvolto davanti alla potenza di fuoco nemica.
«Cazzo! Se ci prendono in pieno, siamo fottuti!» urlò.
«Ora basta!!!» gridò Revy infuriata. «Mi avete stufato!»
Sparando all'impazzata verso il mafioso che sorreggeva il mitragliatore, la mercenaria riuscì a far guadagnare un po' di tempo a Dutch, ma ciò non avrebbe garantito loro la fuga in mare aperto. Sebbene fosse sotto tiro, Revy notò che il suo avversario diretto stava montando una nuova striscia di munizioni nel caricatore, pronto per colpire la barca con una nuova raffica di proiettili. Nonostante i suoi sforzi, la ragazza non sembrava in grado di fermare il contrattacco dei mafiosi, ma ad un certo punto fu illuminata da un gesto di Valery. L'ucraino, da una posizione molto angolata, stava tentando di colpire il guidatore del SUV, ma senza riuscirci. Aveva bensì sfondato il parabrezza, ma non aveva una chiara visione del suo bersaglio. Al contrario, Revy riusciva a vederlo distintamente e senza pietà iniziò a sparare in quella direzione.
Trapassato da almeno quattro o cinque proiettili, il conducente cadde sul volante e di colpo la macchina sbandò pericolosamente di lato, facendo perdere l'equilibrio al mafioso armato di mitragliatore. Dopo una decina di metri senza controllo, il mezzo si schiantò contro uno dei lampioni, creando un rimbombo che si sentì in tutto il molo. L'urto fu così violento che il SUV rotolò per ben due volte su se stesso, finché non terminò la sua corsa in mare, proprio alle spalle della Black Lagoon. Vedere quella scena fu così esaltante per la mercenaria che fece un gran urlo per la gioia.
«Ottimo lavoro, Revy!» esclamò Valery sollevato.
«Già! Erano degli illusi se credevano di vincere contro la sottoscritta!» replicò la ragazza orgogliosa. Anche Rock avrebbe voluto complimentarsi con lei, ma era talmente sconvolto che doveva ancora riprendersi dalla paura provata alla vista del mitragliatore.
«Signori, tenetevi forte!» avvertì Dutch dalla cabina. «Sto per dare piena potenza ai motori!»
Sollevando una grossa onda, la Black Lagoon partì in direzione del mare aperto. Mentre la barca stava per raggiungere la velocità massima, Benny diede un'ultima occhiata al radar, constatando che nessuna nave della marina era presente nei paraggi. Non avendo alcuna minaccia davanti a sé, il ritorno a Roanapur sarebbe stato una semplice formalità.
«Finalmente ci lasciamo alle spalle Saipeng! Non ne potevo più!» commentò Revy, mentre vedeva la città scomparire lentamente dietro l'orizzonte.
«Però devo ammettere una cosa» affermò Rock. «Vista da qui, Saipeng ha uno strano fascino. Con quelle luci che si riflettono sul mare...»
«Ehilà Rock! Non sapevo del tuo lato poetico!» commentò la ragazza, prendendolo in giro. Poco dopo Valery si avvicinò al giapponese e gli chiese di passargli i documenti. Subito Rock prese la busta che aveva infilato nella giacca e la consegnò all'ucraino, che tutto contento scese in cabina per incontrare Dutch. Anche Rock decise di rientrare, ma Revy lo fermò mettendogli una mano sulla spalla.
«Ehi Rock!» disse la ragazza fissandolo. «Almeno stavolta non hai combinato casini, come al tuo solito!»
L'ex impiegato rimase un po' sorpreso da quelle parole. Inizialmente pensò che la ragazza lo avesse nuovamente preso in giro, ma c'era qualcosa di diverso stavolta. Era diventata stranamente calma, forse ciò era dovuto alla stanchezza accumulata quella notte, e il giapponese poco dopo si convinse quello non era altro che il suo modo per ringraziarlo. Più o meno.
«Grazie Revy...» rispose Rock sottovoce.
Poco dopo i due scesero sottocoperta e raggiunsero le loro rispettive brande, per un più che meritato riposo. Nel frattempo Dutch e Valery stavano festeggiando nella cabina il buon esito della missione, aprendo qualche lattina di birra.
«Avevo proprio bisogno di una bella bibita fresca...» commentò l'ucraino.
«Ho notato che è nata una bella intesa tra te e Revy, nonostante i vostri rancori iniziali» osservò Dutch.
«E' vero, ma dopo i primi incontri con i malesi, ci siamo subito chiariti...»
«Cambiando discorso Valery, avrei una domanda da farti.»
«Sì, Dutch?»
«Secondo te Feng Yao tenterà la fuga, ora che è stato scoperto?»
«Non credo. Ma da uno come lui, potrei aspettarmi anche questo colpo di scena!»
«Forse, ma secondo me avrebbe troppo da perdere per lasciare Saipeng. Ha comunque una certa reputazione da salvare...» commentò il mercenario di colore, sistemandosi gli occhiali da sole.
«In ogni caso, sarebbe un gesto inutile!» spiegò Valery. «In qualunque posto tenterà di nascondersi, noi lo troveremo!»
«Ah, di questo non ne dubito!»

Come previsto, il viaggio di ritorno a Roanapur si rivelò tranquillo e nel giro di qualche ora la Black Lagoon tornò nel porto thailandese, poco dopo l'alba. Durante la fase di rientro, Revy e Valery uscirono dalla cabina e videro, a sorpresa, che c'era qualcuno che li stava aspettando sul molo in cui avrebbero attraccato. Era un gruppetto composto da quattro persone e al centro c'era una loro conoscenza: era Balalaika, riconoscibile fin da subito dalla sua chioma bionda e dalla cicatrice sul volto.
«Non mi aspettavo un comitato d'accoglienza da parte della sorellona!» ironizzò Revy, chiamando Balalaika col suo personale soprannome.
«Quella donna riesce sempre a sorprendermi...» affermò Valery. Di solito Balalaika non si presentava in pubblico, ma per quella volta decise di fare un'eccezione. Era doveroso per lei almeno complimentarsi di persona con il capo della Lagoon Company, era riuscito allo stesso tempo a recuperare la merce e portare in salvo uno dei suoi sottoposti. Era stato semplicemente impeccabile.
Finite le manovre per fermare la barca vicino al molo, l'ucraino fu il primo a scendere e immediatamente si avvicinò al suo superiore, facendogli il saluto militare.
«Riposo, sergente!» ordinò la donna, con suo tipico accento russo. «Ha con sé i documenti?»
«Certo, capitano!» rispose Valery, consegnandole la busta con i conti correnti. Balalaika la aprì e consultò velocemente alcuni dei documenti presenti.
«Ottimo lavoro, sergente!» commentò il capo del cartello russo, con aria soddisfatta.
Rimanendo sempre sull'attenti, Valery accennò un sorriso per i complimenti ricevuti dal suo superiore. Poco dopo intervenne Dutch, che nel frattempo aveva scaricato le casse sul molo.
«Ecco qua il resto della merce, anche se abbiamo incontrato qualche "problemino" durante la visita a Saipeng...»
«Lo so Dutch! Il sergente me ne ha parlato durante il viaggio di ritorno» rispose Balalaika. «Come al solito, i soldi della ricompensa saranno accreditati sul tuo conto corrente. Avete fatto veramente un ottimo lavoro.»
Poco dopo i tre uomini che affiancavano Balalaika presero in consegna le casse e, seguendo gli ordini del loro capo, le depositarono su una macchina parcheggiata lì vicino. Approfittando di quel momento di pausa, Valery tornò indietro e andò a salutare Dutch.
«Spero di rivederti, uno di questi giorni!» disse, stringendogli la mano.
«Chissà...» commentò Dutch.
«Anche perché vi devo un favore per la storia del telefono!»
«Ah, per così poco!» replicò Benny. Subito dopo intervenne Revy.
«Vorrà dire che la prossima volta ci offrirai da bere!»
«Certamente!» rispose l'ucraino. L'ultimo da salutare era Rock, ma a differenza degli altri Valery gli diede un consiglio.
«Per una volta, cerca di rilassarti! Sei sempre teso come una corda di violino... rischi seriamente di impazzire!»
«E' quello che gli dico sempre!» aggiunse Revy.
Rock provò a rispondere a Valery, ma l'ucraino nel frattempo si era già allontanato dal molo, per raggiungere Balalaika.
Il giapponese ebbe giusto il tempo di vederlo per un attimo, mentre svoltava l'angolo con i suoi compagni d'armi. Quella fu l'ultima immagine che Rock vide prima di ripartire, con il resto della Lagoon Company, per il covo di Dutch. Per l'ennesima volta, anche se in maniera un po' rocambolesca, era riuscito a tornare a casa sano e salvo.

 

Fine

 

Non so se essere felice per aver completato la fan-fiction o triste perché è finita...
Prima di concludere, saluto Tenori_Taiga per aver commentato (anche se in maniera un po' troppo critica...) e in generale tutti coloro che hanno letto la mia fan-fiction!

P.S. A breve uscirà un cross-over che potrebbe essere considerato un seguito di questa fan-fic. Sarà sempre ambientato a Roanapur e dintorni, ma stavolta il protagonista è un noto ladro dalla giacca colorata... e ho già detto troppo!!!


Au revoir, mes amis!!!

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