Look After You

di IllySan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Parte 1. ***
Capitolo 3: *** Parte 2. ***
Capitolo 4: *** Parte 3. ***
Capitolo 5: *** Parte 4. ***
Capitolo 6: *** Parte 5. ***
Capitolo 7: *** Parte 6. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***




Sara oramai non c'era più.
Se avessi saputo che quello sarebbe stato il nostro ultimo abbraccio, beh... lo avrei fatto durare di più.
Inizialmente mi detti la colpa per la sua morte: se solo fossi rimasta alcuni minuti ancora su quel tetto con lei, forse non sarebbe successo,
forse l'assassino avrebbe scelto me,
la preda più facile da uccidere e Sara sarebbe ancora trai vivi, ed invece non è andata così...
 
 
-Flashback-


 
<< Ed io che pensavo che La lega Degli Assassini non ti concedesse altri giorni di vacanza! >> Esclamò Laurel, scherzosamente,
facendo ridacchiare anche Sara, che spontaneamente la strinse in un caloroso abbraccio.


<< Sei in gran forma! Papà come sta? >> Chiese di rimando, tornando subito seria, la bionda.

<< Come al solito... Vederti gli farà bene. >> Rispose semplicemente l'altra, notando immediatamente lo sguardo evasivo della più piccola.

Sperò di sbagliarsi.
 
<< Non voglio che sappia che sono in città, non ancora almeno. >> Disse nuovamente Sara,
con un pò di difficoltà...

Aveva capito che Laurel aveva captato qualcosa.
Le due sorelle fin da piccole erano state molto legate, persino durante gli anni della presunta scomparsa della bionda, e anche dopo.
Talmente amava la sorellina che cadde in depressione, facendo uso di pillole e buttandosi nell'alcool, diventandone dipendente.
Fù scioccante per la donna, che però, ne uscì col tempo e grazie all'aiuto del padre e degli amici che le rimasero vicino.
Quando poi, Sara fece il suo ritorno, non la prese bene, perchè capì il tradimento e le bugie che le furono dette, ma basto poco per rimuginarci sopra e ricongiungersi come ai vecchi tempi.
Anzi, si impararono a conoscere ancora meglio.
Ecco quel legame speciale che avevano instaurato alla fine.


<< Non vuoi che sappia che sei in città o non vuoi che sappia il motivo!? >> Fece retorica la sorella maggiore, avendoci beccato, naturalmente.

<< Tutte e due! Questa vita è complicata. >> Rispose con poche parole, Sara,
abbozzando un sorriso falso ed amaro, aspettandosi una replica più severa da parte dell'altra che non tardò appunto, ad arrivare.

 
<< Non ti abbiamo chiesto noi di sceglierla...non per noi. >>
 
<< Lo so, l'ho scelta per me. >> Proferì in conclusione la biondina, prima di essere interrotte dallo squillare del cellulare di Laurel,
che colta all'improvviso, saltò sul posto e frettolosamente lo afferrò in mano, leggendo chi fosse il destinatario.

 
<< Arrow! ...ehm, Oliver.  >> Si corresse subito, facendo sorridere teneramente Sara.


<< Ha preso un uomo che voleva far esplodere la Rockex Arena...e il mio capo vuole che vado in centrale per cominciare l'interrogatorio. >> Spiegò dispiaciuta Laurel,
non volendosene andare in quel modo, ma come dice il detto "quando il lavoro chiama..."

 
<< Laurel Lance: sempre pronta a cercare di salvare il mondo! >> La prese in giro, Sara, amorevolmente,
ridacchiando alla battuta spiritosa.

 
<< E un vizio di famiglia! >> Ribattè divertita la più grande,sporgendosi nuovamente verso la più piccola,
per un veloce abbraccio.

 
<< Ti voglio bene! >> Sussurrò al volo, per poi voltarsi ed andarsene a passo svelto.
 
Non poteva sapere che di lì a poco, una forza più potente dell'amore, le avrebbe strappato via, sua sorella...
Sara però, se lo sentiva.
Sapeva che a breve le sarebbe capitato, non sapeva con esattezza quando,
però lo stava aspettando, ed infatti, quella notte, guarda caso, fissò sua sorella negli occhi,
più a lungo del solito, determinata nello stamparsi dentro il volto della persona a cui teneva di più su quella terra, per poi rimettersi la maschera e...

 
 
-Fine Flashback-
 
 
 
Chiunque sia stato, me l'ha portata via, senza scrupoli, uccidendola a sangue freddo,
praticamente davanti ai miei occhi.
Ancora mi ricordo quella notte:  faceva freschetto ed io e Sara ci eravamo appena incontrate sul tetto di quel palazzo.
Era appena tornata in città dopo un pò di tempo lontana da casa, ma non sembrava quella di sempre, aveva qualcosa di diverso ed io glielo lessi subito,
però non approfondii la questione,
visto quello che mi aveva detto sfuggente; sarebbe stata lei a parlarmene, se e quando avesse voluto, ma purtroppo, non ne ebbe l'occasione,
perchè poco dopo la mia uscita, fù colpita da tre frecce in pieno petto, e nell'indietreggiare, cadde dal cornicione,
volando giù nel vuoto per metri e metri di altezza...
 
 
Io in quel momento stavo camminando dritta verso la mia auto, ma una strana sensazione, o forse il sesto senso,
mi disse di alzare la testa al cielo e con stranezza e confusione, non mi opposi e... quando lo feci... eccola lì, Sara.
 
Poco dopo, sbum!
 
Il rumore assordante dell'impatto, i suoi occhi azzurri totalmente spalancati, mi stavano fissando, ancora increduli, lucidi, pieni di lacrime pronte ad uscire,
che però, non ebbero il giusto tempo...
 
Ricordo addirittura il calore del suo corpo: non era nè caldo e nè freddo, era tenue,
ed il sangue faceva da protagonista, regnando sulla scena.
Al centro del suo petto continuava a fuoriuscire quel liquido rosso acceso, denso,
che pian piano stava non solo macchiando la mia piccolina, ma anche la mia pelle, i miei vestiti, me.
 
D'istinto l'avevo raggiunta e l'aveva abbracciata, stringendola al mio cuore, forte, accompagnando le carezze e le grida di disperazione,
(qual'erano le mie), con un movimento lento, a ritmo stabile, simile a quello che si usa per cullare un bambino...
 
<< No , no , no...Sara... Ti prego, no. >>
 
 
 

[...]
 
 
 
 
Cosa avrebbe fatto da lì in poi, Laurel?
Come avrebbe reagito alla morte della sorella?
Sarebbe stata in grado di reagire, o avrebbe continuato il suo lavoro,
fingendo che nulla fosse successo?
Avrebbe rivelato al padre della perdita, o glielo avrebbe tenuto nascosto fino a tempo debito?
Oppure... avrebbe scelto la via di fuga più facile, magari scappando da quella città,
che fino a quel momento, non aveva fatto altro che toglierle tutto?
Rimpianti o Rimorsi?

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Capitolo 2
*** Parte 1. ***


[...]
 
 
 
I giorni erano passati in fretta e si erano trasformati in settimane, le settimane in mesi, ma quel vuoto che aveva invaso Laurel,
non le dava tregua, non l’abbandonava, anzi, non dava segni di voler sparire; aumentava a dismisura e lei non riusciva a fermarlo.
Oliver stava cercando di fare tutto il possibile per aiutarla, per non lasciarla sola...stava persino provando a darle la forza necessaria,
però non bastava, non funzionava.
Tentativi invani.
Tempo sprecato.
Parole al vento.
Laurel stessa era sicura che da lì a poco sarebbe ricaduta nell’alcool e avrebbe rifatto uso inappropriato di pillole,
ma stranamente non successe...
Fù una cosa inaspettata, non se lo aspettava e per quello ne rimase sbalordita, ma soltanto inizialmente, perchè poi,
dopo averci riflettuto seriamente, ebbe la giusta risposta:  non era stata lei ad essere abbastanza forte,
ma semplicemente non ne aveva avuto la voglia, neanche una volta, nessuna piccola tentazione.
Della serie: “ti piace vincere facile?!”

Fortunatamente però, Laurel aveva finalmente metabolizzato la perdita e non era più nella fase della negazione, lo aveva accettato oramai,
ma non avrebbe mai potuto dimenticare quello che le era accaduto; quel fattore fù determinante per lei, l’aveva segnata nel profondo
e non si sarebbe mai data per vinta, non finché non avesse trovato l’assassino di Sara.
Non avrebbe trovato pace fino a quel giorno; non era un semplice “grillo per la testa”, una fissa da adolescente o cose simili,
perché non era più una ragazzina da anni, ma il fatto che lo aveva promesso sulla tomba della sua sorellina,
non le dava la possibilità di rimangiarsi la parola.

Col tempo iniziò a chiudersi a riccio, a non voler mangiare, a non voler uscire e vedere nessuno, persino i suoi cari...
Oliver la paragonò ad un fiume in piena: inizialmente calma, o almeno così si poteva pensare osservandola al di fuori,
ma con un’immensa rabbia dentro che non sapeva domare, non sapeva come spegnere se ne avesse voluto voglia,
e quel fuoco, che ardeva in lei, si infittiva sempre di più, era inquieto giorno dopo giorno e lentamente la stava bruciando dall’interno...
...Questo Laurel lo poteva percepire anche ad occhi chiusi.
Non era più la stessa, non ragionava più e aveva cominciato a voler punire la gente,
in qualsiasi modo possibile per espiare le sue frustrazioni interiori...
Era instabile oramai e stava sbagliando, ne era consapevole, di tutto, ma non sapeva come fermarsi e per questo doveva trovare una soluzione
al più presto, finché era ancora in tempo.

Prima di capire cosa e come avrebbe dovuto fare per cambiare quella situazione,
Laurel si ritrovò a fare miriadi di cazzate madornali, causate naturalmente dal pessimo stato d’animo e dal carattere impulsivo,
(e debole) che aveva, ed alcune di esse le fecero rischiare addirittura la pelle, ma per vendicare Sara, avrebbe affrontato questo ed altro.
Era testarda, impunita e manteneva sempre le sue promesse.
 
 
 
-Flashback-


 
<< ...Scusami... >> Si scusò Laurel, con la voce rotta dal pianto, abbassando la testa per asciugarsi le lacrime che imperterrite
stavano rigando il suo volto, dopo aver fatto un breve monologo ricordando sua sorella ed il suo peluche preferito
che usava nei momenti più tristi...



<< Non devi scusarti di nulla, Laurel. Chiunque sia stato, giuro che lo troverò. >> Precisò Oliver, sincero,
ma altrettanto preoccupato per lo stato della donna.

<< Lo troveremo!  >> Ribattè lei, determinata, notando un sospiro scocciato dell’altro, così prima che potesse controbattere,
si affrettò a continuare:

<< Quando pensavo che Sara era morta sul Gambith non potevo fare altro che prendermela con l’oceano...
Ero piena di rabbia e non sapevo come usarla, ma adesso lo so...io ti aiuterò a catturare l’assassino di mia sorella. >>

<< Tu mi stai già aiutando. Laurel, ci hai detto dove cercare. >> Disse il ragazzo con voce stanca,
per poi fermarsi temporaneamente, girando il volto alla ricerca di una sedia nei dintorni che aveva
visto quando era entrato.
La prese e si sistemò a cavalcioni su essa, di fronte a Laurel che lo stava osservando, aspettando di incrociare nuovamente i suoi occhi,
per replicare:

<< Dovrei stare seduta ed aspettare? >> con tono retorico e scocciato.

<< Ora hai bisogno di prenderti cura di te stessa e della tua famiglia. Devi stare vicina a tuo padre. >> Proferì Oliver,
fissando lo sguardo su di lei, rubando ogni minimo dettaglio che poteva, ricordandosi ancora una volta quanto l’aveva amata ed il perché.
Era così bella, e non solo esteticamente, ma nel complesso: era la donna perfetta che tutti gli uomini,
quelli con la U maiuscola, desideravano al proprio fianco, e lui se l’era fatta scappare...aveva avuto la sua possibilità ma l’aveva buttata all’aria.
Tradendola.
Con Sara.
Non ebbero mai il tempo ed il momento giusto per parlarne, o almeno, lui aveva sempre preferito fingere che non fosse successo niente;
sarebbe stato scomodo, imbarazzante e soprattutto, avrebbe riportato a galla delle ferite ancora non richiuse del tutto a Laurel...e lui non voleva
più ferirla, già l’aveva fatto abbastanza e lei non lo meritava.

Era stata proprio Laurel a tenerlo in vita quando lui era finito sull’isola, prima ancora che incontrasse Slade, ma anche dopo,
lei era stata il suo pensiero fisso e l’unica cosa che desiderava Oliver a quell’epoca, era di poter riuscire a tornare da LEI e chiederle perdono
per tutto quanto, perché era stato il ricordo di lei a dargli la forza di fare quello che tutti si aspettavano da lui e di tornare a casa.
Prima del naufragio non se ne era reso conto neanche lui, di provare quei sentimenti talmente forti per la ragazza;
non era stata mai una come tutte le altre, però non né capì realmente l’importanza, fin quando non la perse.
Oliver aveva bisogno di Laurel, ne aveva sempre avuto bisogno, ma è sempre così:

“Solo quando si perde qualcosa, ne si capisce il valore”.

Più la guardava e più il suo “io” interiore si sentiva colpevole, come in debito con lei, ed in quel momento,
era arrivata l’ora di “restituirle il favore.”
Glielo doveva.

All’improvviso , un’idea malsana gli riempì la mente e la paura di perderla definitivamente lo paralizzò;
si accorse che non poteva lasciare che finisse tutto così...non si trovavano nelle favole,
il bene non prevaleva sul male, quasi mai, ed il male, spesso delle volte, aveva la meglio,
(e lui ne aveva avuto la conferma nella maggior parte delle occasioni),  ma in quel caso, non poteva farlo accadere.
Sarebbe stata Laurel a vincere.
Laurel sarebbe stata la sua prima priorità...la sua unica priorità.



<< Dirgli adesso di Sara lo distruggerebbe. Glielo diremo non appena avremo ...catturato il responsabile;
sarà più facile per lui. >> Fece lei, riportando Oliver tra di loro, grazie alla sua voce.
Ora era ancora più tremolante, spezzata...impaurita.
Lui ne capì al volo il motivo e fù proprio per quello che non insistette più e pensò di far cadere lì la discussione...
Tanto ne avrebbero riparlato presto, molto presto...
Lo sapeva.

<< Va bene. >>

Ma Laurel non poteva restare ancora con lui, da soli, in quel luogo...sentiva un pianto irrefrenabile pronto ad esplodere,
ed Oliver non doveva vederla in quelle condizioni...anche se l’aveva vista addirittura sotto un mix di alcool e pasticche...che era ben peggio,
così si alzò velocemente, muovendosi indecisa e nevrotica...

<< Dove stai andando? >> Chiese di rimando Oliver, alzandosi in piedi anche lui ed avanzando leggermente verso la ragazza,
che vide parecchio confusa, ma prontamente Laurel indietreggiò, negando con il capo.



<< Non lo so... Non so più niente ormai... però so che stare in un bar non mi fa bene. >> Rispose isterica ed esausta,
lasciando libere le prime lacrime...quelle di una lunga serie, per poi voltarsi ed andarsene.

 
 
-Fine Flashback-
 
 
 
 
[...]



 
Dopo aver seguito ulteriori ricerche, aver sottoposto anche i più sciocchi spacciatori della città, ad ennesimi interrogatori
e a volte con torture e ad aver infranto regole su regole, usando addirittura menzogne se necessario,
Laurel trovò delle pista da seguire, ma non sarebbe riuscita a far tutto da sola, così pian piano, si unì al Team di Arrow,
cominciando ad instaurare un rapporto d’amicizia con il genio informatico della squadra: Felicity.
Le due prima d’ora non si erano mai prese più di tanto; non si stavano antipatiche a vicenda, non era per quello,
ma semplicemente non avevano avuto nulla in comune, fino a quel periodo.
Inizialmente collaborarono ai “calcoli” dei vari interventi dei loro nemici, dal covo, mentre i maschi, naturalmente, Ollie, Diggle e Roy,
si occupavano degli atti sul campo, ma a Laurel non bastava più.
Non era abbastanza per lei starsene lì, al sicuro, dietro un paio di computer, in una specie di bunker sotterraneo segreto,
allestito sotto una discoteca, a parlare tramite delle ricetrasmittenti, seguendo gli scontri grazie a delle telecamere locali...
Laurel voleva fare di più, entrare anche lei in azione e l’avrebbe fatto:  niente e nessuno glielo avrebbe impedito.
 
Peccato per loro che, ogni pista seguita, si scoprì essere un buco nell’acqua.
Nessun collegamento plausibile con Sara e la sua morte.
 
 
 
-Flashback-


 
<<   Non mentivano: la notte dell’omicidio di Sara, erano a Blood Even. >> La informò Oliver, con tono stanco e dispiaciuto.
Quella notte Laurel aveva dato di matto, credendo che un nuovo arciere arrivato in città da poco,
(che proprio lei aveva intercettato e trovato), fosse l’assassino della sorella, e dopo averlo seguito, quasi non stette per...

<< ...Per poco non ho ucciso un uomo... >> Disse lei, scossa, fissando un punto inesistente nel vuoto, con gli occhi lucidi.



<< L’importante è che non l’abbia fatto. >> Ribattè l’altro, abbozzando un finto sorrisetto,
sperando di rincuorarla e non far peggiorare il suo stato d’animo.


<< ...Perchè tu lo avevi preventivato e hai tolto i proiettili dal caricatore. >> Precisò Laurel, scattando in avanti ed alzando la voce,
sconvolta.
Non si era trovata mai prima d’ora in una situazione simile.


<< Laurel, mi dispiace...ma non abbiamo altre piste. Io troverò l’assassino di Sara, ma...
Non so quando accadrà. Tuo padre ha il diritto di sapere... >> Fece Oliver, serio e con dolcezza,
afferrando delicatamente la ragazza per le spalle, fissando i suoi occhi in quelli di lei.


<< Io...non... >> Laurel si ritrovò senza parole, non sapendo cosa dire in quel momento.

<< Laurel... più stenti e più la bugia si ingigantisce. Se vuoi ci andiamo insieme, ti accompagno, ma... >> Oliver ci aveva riflettuto a lungo
e arrivati a quel punto, l’unico consiglio sensato e giusto che poteva darle, era proprio quello di confessare tutto al Capitano Lance.


<< No. Hai ragione, devo dirglielo... Ogni volta che nomina Sara, che mi chiede di lei, è un tormento e...
Mentirgli mi sta distruggendo ancora di più. >> Lo interruppe Laurel, concordando con il suo ex ragazzo,
sapendo ed ammettendo che avesse avuto ragione fin dal primo istante.


<< Laurel. calmati. Respira...shhh... Ci sono io con te, Lo sai questo, vero!? >> Fece il Queen, abbracciandola,
accarezzandole i capelli con dolcezza.
Non l’aveva vista mai così fragile, talmente delicata che aveva persino timore di romperla con una carezza.
Laurel annuì sentendosi al sicuro, in quella stretta e si convinse di far finalmente quel passo...



 
 
[...]


 

- UNA VOLTA RAGGIUNTO IL PADRE AL DISTRETTO... -



<< Papà? >>
L’uomo alzò gli occhi e puntò l’attenzione sul luogo, o meglio, sulla persona che l’aveva richiamato.
Ovviamente chi poteva chiamarlo in quel modo?
Sua figlia.

<< Un attimo, devo andare, a dopo... >> Disse l’uomo, terminando così la telefonata di lavoro,
notando gli occhi persi e impauriti di Laurel, che avanzò a stento nella stanza.

<< Posso rubarti due minuti? Altrimenti torno più tardi se... >> Biascicò lei, trovandosi improvvisamente in difficoltà.

<< No , resta, Laurel... che c’è che non va? >> Domandò il Capitano, alzandosi e sorpassandola per chiudere la porta del suo ufficio
alle spalle della ragazza, in modo da rimanere solo loro, isolarsi, per far si che gli altri non sentissero i loro affari personali.

<< ... >>
Ma Laurel  rimase in silenzio, non riuscì a tirar fuori neanche una parola, ad assemblare una breve frase a senso compiuto.


<< Che succede? Forza, dimmi qual è il problema. >> Aggiunse il padre, iniziandosi a preoccupare di quello stato catatonico
assunto inconsciamente dalla figlia.


<< Papà , io...ti ho mentito. Meritavi di sapere la verità ed io... >> Laurel non aveva idea da dove iniziare,
come dirlo e che cosa dire...
Tutto le sembrò improvvisamente sbagliato e inopportuno, ma inaspettatamente qualcosa la fece bloccare;
una sveglia suonò ad intermittenza, facendola confondere.


<< Scusa tesoro, questo aggeggio infernale suona ogni ora se non prendo le medicine...continua, stavi per dirmi qualcosa di importante. >>
Spiegò con un tempismo perfetto, il padre.
Questa novità la riportò in sé , facendole fare una scelta totalmente diversa da quella consigliata poco prima da Oliver.
Se ne sarebbe pentita sicuramente, ma adesso come adesso, non era il momento adatto.
Non avrebbe voluto avere il padre sulla coscienza.
L’uomo non avrebbe retto ad una notizia del genere...



<< Volevo solo dirti che...mi dispiace tanto...mi dispiace di essere stata distante ultimamente... >> Buttò lì,
sperando di dargliela a bere, sforzandosi di sorridere lievemente.
Stranamente funzionò; il Capitano non ci trovò nulla di anomalo e rispose di rimando, con sollievo:

<< Tesoro...sono tuo padre, ti perdono. Vieni qui, ti perdonerò sempre. E’ tutto apposto. >> E dicendo così,
padre e figlia si abbracciarono e mai come all’ora, Laurel si sentì in colpa...



-Fine Flashback-
 
 
-Vediamoci tra un quarto d’ora, tra la 40th. -
Scrisse Laurel in un messaggio che inviò immediatamente ad Oliver, senza ripensamenti.

Era una serata uggiosa, pioveva incessantemente, il cielo era completamente oscurato, nero,
il vento si faceva sempre più burrascoso col passare delle ored i lampi ed i tuoni, erano la “ciliegina sulla torta”.

La ragazza si diresse di corsa sul luogo prestabilito, non curandosi di portare dietro un ombrello per ripararsi...

Il testo del messaggio fù corto, niente spiegazioni, niente scuse, niente di niente;
andò dritta al punto, circoncisa e di poche parole e  da quello Oliver, poté capire già molto.


<< ... Non glielo hai detto. Vero? >> Fece immediatamente Ollie, mentre la stava raggiungendo.
Laurel per lui, era come un libro aperto.

<< Non ce l’ho fatta. Non ho potuto. >> Esclamò lei, sentendosi responsabile.

<< Laurel... >> Tentò il ragazzo, annuendo dopo aver avuto la conferma che era accaduto proprio quello che aveva sperato non accadesse,
ma Laurel lo fermò nuovamente, riprendendo la parola:

<< Come lo sapevi? >>

<< Ti conosco meglio di chiunque altro...Siamo cresciuti praticamente insieme.
Se non ti conoscessi io, allora chi? >> Rispose sorridendo Oliver, con aria retorica.

<< Già... >> Soffiò lei, sospirando.
Lui era l’unico che l’aveva sempre supportata e sopportata in qualunque esperienza.
Addirittura quando non era a conoscenza dell’identità di Arrow, nei suoi panni, lui l’aveva sempre salvata.

<< ...Cosa ti turba!? >> Il tono protettivo ma nello stesso tempo angustiato del ragazzo, la svegliò e la fece riprendere,
dandole modo così di sputare fuori tutto il veleno che si era tenuta dentro, con costrizione:

<< Io...il solo pensiero che Sara mi starà odiando in questo momento e che... probabilmente, a causa mia non starà riposando in pace... >>,
ma Oliver non poteva permetterle di dire o anche solo di pensare quelle cose orribili.

<< Ehi, smettila, fermati. Tua sorella non ti ha mai odiata, tantomeno adesso. Come puoi minimamente pensare una cosa simile?
Sara ti amava più di qualunque cosa... >> Le disse facendoglielo tornare alla mente.

<< Non è vero... >> Sussurrò Laurel, scioccata.

<< Te lo ha mai rivelato il motivo per la quale tornò in città la prima volta, dopo 6 anni? >>
Oliver la scosse il giusto per non farla delirare.

Laurel spalancò gli occhi umidi e si concentrò sul ragazzo che aveva di fronte.
Negò con la testa quando lui le ripetè la domanda.

<< ... Solo ed esclusivamente per proteggere te. Sara ti sarà sempre vicina, Laurel.
Anche se non è qui con noi, fisicamente, lei c’è. Ogni giorno, in ogni momento della giornata. >> Aggiunse cambiando leggermente il tono di voce, rendendola più calda e accondiscendente.

<< ...Non voglio dimenticarla, Oliver... >> Proferì afflitta, Laurel, facendo vibrare la frase,
per il pianto che le si stava chiudendo in gola.

<< Non accadrà. >>  Le promise lui, severo e sincero.

<< Come? >> Chiese invece lei, insicura.

<< ...Se chiudi gli occhi e provi a rilassarti, anche solo per un attimo, puoi sentirla...
La sua presenza... Magari puoi anche immaginartela com’era prima del fattaccio...
E sai qual è la cosa bella? Che lei non morirà mai dentro di noi, Laurel. Possiamo tenere vivo il suo ricordo nei nostri pensieri
e nei nostri cuori...non è importante il nominarla costantemente. >> Rivelò Oliver, con nonchalance, come se già ci fosse passato
e sapesse perfettamente come reagire a quelle sofferenze.
Sembrò esperto di quelle cose...

<< ...Ho tanta paura...  Paura di non ricordare più il suo volto, un giorno, o la sua voce... Io non lo sopporterei... >> Si confessò ancora la ragazza, aprendosi finalmente e totalmente.

<< Lei sarà sempre con te, Laurel. Te lo giuro. Sara non ti abbandonerà mai.
Adesso è in pace e si è trasformata nel tuo angelo custode personale. Ne sono più che sicuro. >> 
Quella fù la frase che mandò letteralmente al tappeto Laurel.
K.O.
La dilaniò di colpo, facendola scoppiare in lacrime, piangendo a singhiozzi e buttandosi
bisognosa, tra le braccia del suo Oliver, che some sempre, era lì per lei, pronto ad abbracciarla,
 a sostenerla e a consolarla.
Era l’unica persona che Laurel voleva vicino a lei, l’unico di cui ancora sopportava la presenza.
Gli altri li aveva evitati, li aveva allontanati uno ad uno, ma non era riuscita a fare lo stesso anche con il Queen...
Lui era stato un’eccezione, la sua eccezione.

Oliver non disse nient’altro, aveva già parlato abbastanza, non fece altro che tenerla forte a sé fin quando le ginocchia di lei non cedettero
ed entrambi finirono a terra, uno stretto all’altro, sembrando una sola persona.
I singhiozzi aumentarono, ma non solo, perché poco dopo, Laurel cominciò anche ad urlare dal dolore, in preda ad un attacco isterico,
unito ad un attacco di panico: comprensibilissimo.
Aveva retto anche troppo; prima o poi sarebbe dovuta crollare.
Un altro al posto suo, persino con tutti quei precedenti, sarebbe già finito male.


La pioggia, come a farlo apposta, si infittì, ed i due ragazzi nonostante fossero già totalmente fradici ed infreddoliti,
rischiando così una polmonite acuta, non si mossero da quella loro posizione.
Ollie restò per tutto quel tempo ad accarezzare il capo  ed il viso della sua ex ragazza, accompagnandola con movimenti lenti e ritmai,
in avanti ed indietro, come se volesse cullarla durante quello sfogo.
Proprio come si faceva con i bambini piccolli...


 

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Capitolo 3
*** Parte 2. ***


[...]
 


Tutto era ricominciato da capo dopo quella nottata trascorsa sotto il temporale sulla 30esima, forse con meno velocità e voracità,
ma le cose non erano cambiate affatto, anzi, Laurel sembrò addirittura essere più assetata di vendetta e sempre più determinata
a voler fare giustizia per la sorella, ad ogni costo, oltre a sembrare sempre più persa...

Sarebbe mai andata avanti? Sarebbe mai terminata quella storia?
Avrebbero realmente trovato l’assassino di Sara?
Persino Oliver sembrò cambiare opinioni a riguardo ed infatti iniziò a non esserne più tanto certo...
Stentava...

Purtroppo però, Laurel, trovandosi allo sbaraglio si incastrò da sola in una situazione poco piacevole;  soprattutto in quel periodo,
sembrava aver sviluppato la capacità di rincorrere i problemi e cacciarsi continuamente nei guai.

Durante gli incontri con gli alcolisti anonimi, a cui lei ancora prendeva parte,
un giorno ascoltò una ragazza, piuttosto giovane, confessare che il suo ragazzo l’aveva picchiata, 
perché lei aveva tentato di farlo ragionare sull’abuso di alcool e lui contrariato reagì sulla ragazza,
ma non era la prima volta che gli alzava le mani, anzi...
Più stavano insieme e più lui manifestava questi “gesti d’affetto”.
E giorno dopo giorno, volta dopo volta, lui diventava sempre più irascibile e permaloso,
scattava e perdeva il controllo per niente, anche per una banalità.
Ma come poteva passarla ancora liscia, questa bestia?
Nessuno era riuscito a fermarlo?
Possibile che la ragazza era stata così ingenua e continuava ad esserlo a tal punto di proteggerlo?
La ragazza era testarda, o accecata dai sentimenti che provava nei confronti di quel bastardo,
ma il punto era che non aveva voglia di denunciarlo...nonostante tutto.

Laurel non poteva lasciar scorrere, doveva fare assolutamente qualcosa.
Lei poteva farlo.
Sara lo avrebbe fatto al suo posto, Sara aveva iniziato a combattere proprio per proteggere le donne e i loro diritti, e lei, Laurel,  
avrebbe fatto lo stesso in memoria della sorella.
La grande Lance aveva da sempre combattuto per i più deboli, si era sempre schierata dalla parte della giustizia...

Inizialmente cercò di parlare con la ragazza a quattro occhi, sperando che il contatto
“face to face”, tra donne, confidenti, funzionasse, ma nulla...la ragazza non voleva saperne,
non voleva ascoltare la verità, perché come diceva il proverbio: “la verità fa male”
e visto che in quel caso passare al piano B, ovvero usare il “distintivo” da procuratore,
era ‘off limits’, a Laurel non le restava altra soluzione: chiedere aiuto a Felicity, facendosi rintracciare l’uomo,
cosa che immediatamente fece e risolse.
Laurel non perse tempo e la sera stessa decise che gli avrebbe fatto una visitina...
 
 
 
[...]




Inutile dire che finì dritta all’ospedale, sfregiata in viso da quel viscido ubriacone manesco,
ma solo all’ora ebbe la conferma, l’ennesima: avrebbe intrapreso quella strada da lì in poi.
Finalmente aveva capito.
Finalmente lo sapeva ed era stato tutto merito della sua Sara.
Anche da lassù le aveva indirizzato la retta via.


I Saggi non sbagliavano mai ed un detto a cui Laurel era più affezionata, diceva:
“Non tutti i mali vengono per nuocere”, ed infatti aveva pienamente ragione.
Era pur vero che aveva perso sua sorella, ma quel lutto le stava cambiando la vita... per sempre,
e Laurel se ne stava pian piano rendendo conto.
Quella perdita le stava stravolgendo l’esistenza: tutto quello in cui credeva,
anche le cose meno significative, stavano prendendo un'altra piega...era destino.
Forse, anche se sarebbe tornata indietro nel tempo, in qualche ipotetico modo,
sapendo i fatti e tentando di evitarle la morte di sua sorella, Sara sarebbe morta comunque,
magari in un altro contenuto, in una maniera differente, ma non esisterebbe lo stesso.
Era segno che doveva andar così.
 
 
...Per alcuni istanti chiuse gli occhi a causa della stanchezza e dei sedativi datole dai medici, sempre lì ferma, in quel lettino,
in quella stanzetta d’ospedale, piccola e buia, fin troppo silenziosa, perdendosi momentaneamente nei suoi ricordi, vagando con la mente,
rivivendo l’incontro con quel viscido, per poi accorgersi  in un secondo momento, che c’era stato un lampo nella sua vita,
c’era stato un momento in cui il fuoco ardente dentro di lei era esploso e poi scomparso improvvisamente, ed elaborando, capì che tutto ciò,
lo aveva provato durante lo scontro col verme.
Tutte quelle emozioni, quelle sensazioni, contrastanti tra loro, le erano tornate a galla,
dandole delle risposte e facendole aprire gli occhi;  rimase incredula...

Nonostante si fosse “battuta”, o meglio, mossa con poca dimestichezza e aveva avuto scarsi risultati,
metabolizzò che per la prima volta, si ri-sentì realmente meglio;  nuovamente viva...
Era da tantissimo tempo che non provava più una emozione simile...e quale miglior segno divino,
se non quello lì?!
 
 
-Flashback-


 
 
<< E’ una follia...che diavolo avevi in mente, aggredendolo? >>Domandò nevrotico il Capitano Lance,
irrompendo nella stanza, attirando l’attenzione della figlia, ricoverata, che attualmente era sovrappensiero.
<< Papà...mi hai spaventata, mi ero assentata... >> Rispose impaurita Laurel, portandosi una mano sul petto,
captando l’accelerarsi dei battiti del suo cuore.

<< Voglio una spiegazione. >> Ribattè il padre, risoluto.

<< Volevo trovare una soluzione, so che il mondo è ingiusto, so che è un luogo tremendo dove...
C’è chi merita di essere punito e la scampa...solo che...per una notte, avevo bisogno che fosse diverso... >> Bofonchiò Laurel in risposta,
cercando di scandire bene le parole per farsi capire, anche se ci riuscì con fatica, trovandola un’impresa ardua, visto che aveva tutta la bocca, mascella gonfia, spaccata e storta...

<< Okay, okay Laurel... che cosa ti sta succedendo? Non sei più la stessa... stai delirando...
Bambina mia...con me puoi parlare, lo sai vero? >> L’uomo tremò di rimando, spaventandosi tantissimo
vedendo in che condizioni era stata ridotta la ragazza.
Sapeva esserci qualcosa che non andava sotto...

<< Lo so... >> Annuì semplicemente, Laurel, evitando lo sguardo del padre.

<< Allora parlami... Era questo ciò per cui sei venuta da me, l’altra sera? >> Chiese nuovamente lui,
collegando più pezzettini del puzzle, in modo da mettere in ordine le idee.

Non era facile aiutare Laurel se lei era la prima a tenersi tutto dentro e a nascondersi, a mentire.

<< Si... Mi dispiace tanto, papà. >> Ancora una volta, rispose con nonchalance, senza troppe parole.

<< Sono troppo sollevato per arrabbiarmi con te, sappilo, ma...  tu non sei Arrow, o tua sorella...
Già rischia lei abbastanza per entrambe... Promettimi che non lo farai mai più. >> Proferì terminando la chiacchierata tra padre e figlia,
sorridendole alla fine, per sostegno.

<< Te lo prometto...è stato solo uno stupido errore. >> Rispose Laurel, mentendo spudoratamente,
rimanendo decisa e determinata.
Stava mentendo per amore di suo padre, perché lui aveva problemi di cuore, perché in quel periodo non se la stava passando bene
e la sua salute scarseggiava, ed uno shok come quello gli avrebbe dato il colpo di grazia, mandandolo dritto al creatore...
Laurel non poteva perdere anche suo padre, lo stava solamente proteggendo e per quanto poteva essere un errore,
di certo non gli stava facendo un torto...ma un favore.
Quello era il suo punto di vista e nessuno l’avrebbe costretta a fare un’azione che non avrebbe voluto,
anche se Oliver ed altri, non concordavano, ma la decisione doveva prenderla lei perché si trattava della sua di famiglia
e avrebbe gestito tutto lei.
Per ben due volte avrebbe potuto rivelare la verità al padre e metter fine a quelle torture interiori,
ma non ce l’aveva fatta, aveva esitato, cambiando così il futuro, però forse poteva esser stata la scelta migliore,
non avrebbe voluto dirglielo in quelle circostanze, perché sarebbe sembrato un piano architettato fin dall’inizio, fatto e aspettato appositamente,
mentre non lo era stato, anzi...
Ci teneva e lo avrebbe fatto, prima o poi, ma continuava a pensare che doveva trovare il momento giusto,
sempre se esisteva un momento adatto, perché non voleva che il padre lo sarebbe venuto a sapere in un modo crudo, diretto,
sparato lì come se fosse la cosa più normale e semplice del mondo.
L’uomo non avrebbe retto, specialmente in quel periodo in cui la sua salute scarseggiava; era malato di cuore e non voleva di certo essere lei stessa ad avere il padre sulla coscienza.


 
 
-Fine Flashback-





[...]
 



 
Laurel non aveva idea di dove l’avrebbe portata e cosa avrebbe dovuto affrontare,
però intraprendere una direzione simile, sicuramente l’avrebbe portata ad altrettante scelte più severe, contorte e persino crude,
ma di certo non si sarebbe guardata dietro, né tanto meno ci avrebbe ripensato: ora era in gioco e avrebbe giocato qualunque asso nella manica
a sua disposizione.


I giorni continuavano a passare  e continuare a dire bugie ai suoi cari, era sempre più difficile.
Per Laurel stava diventando fin troppo scomodo e complicato; si stava stancando,
non voleva più mentirgli su una cosa del genere, anche perché, prima o poi il padre lo avrebbe comunque scoperto, o con le buone o con le cattive,
e questo lei lo sapeva...
Una bugia detta a fin di bene, è pur sempre considerata una bugia? Era plausibile, no!?
Lo sperava, perché non avrebbe sopportato di perdere anche il padre, anche se in modo differente, ovviamente, ma quando e se,
quest’ultimo lo avesse scoperto..beh, ci avrebbe pensato a tempo debito; per adesso doveva concentrarsi su altro,
soprattutto seguire delle recenti piste che aveva trovato...

Indagando più a fondo, si scontrò con Ted, un allenatore di Boxe e difesa personale, apparentemente “normale”, calmo, educato,
(e soprattutto attraente), la quale si vedeva però, avere esperienze di vita “estreme” sulle spalle...
Fù grazie ad alcune parole da lui dette, che Laurel ebbe l’ennesima spinta, quella decisiva,
quella che l’avrebbe fatta andare oltre il proprio limite per accettare di diventare qualcun altro...anzi, qualcos’altro.

Chi, se non Oliver Queen, alias Arrow, a cui chiedere dei consigli di quel genere?
Era stato il primo a cui lei aveva pensato per chiedergli una mano in quella nuova esperienza di vita,
visto che lui poteva capirla meglio di chiunque altro, però già sapeva come l’avrebbe presa Oliver, come avrebbe reagito...ed infatti,
come si aspettava fin dall’inizio, lui le negò il suo appoggio, glielo proibì senza pensarci un attimo.
 
 
 
-Flashback-


 
<< Laurel...oddio, ma cosa ti è successo? >> Chiese lui apprensivo, avanzando preoccupato verso di lei,
che però, alzò le mani facendolo fermare a giusta distanza e lo liquidò con facilità:
<< Sto bene, tranquillo. >>

<< Chi è stato a ridurti così? >> Domandò nuovamente il ragazzo, risoluto e rabbioso con chiunque l’avesse ridotta in quel modo.
Era già pronto a fargliela pagare.


<< ...volevo fare del bene, ma ecco i risultati.  Scarsi. >> La buttò lì, Laurel, abbozzando un sorrisino finto,
guardandosi i piedi e poi intorno...


<< Non ci posso credere... >> Soffiò Ollie, dimenandosi nervosamente, passandosi le mani nei capelli e sul viso...
Era arrivato alla risposta...

<< Laurel non puoi farlo sul serio... >> Ribattè in un soffio di voce, cominciandosi ad agitare.


<< So che quello che ti sto per dire potrà sembrarti una pazzia e probabilmente lo è, ma... Sara,
me l’ha data lei... (prese e mostrò la giacca di pelle nera, quella che le donò la sorella quando si riunì alla Lega degli Assassini )
...Quando la indosso ho voglia di aiutare la gente, come faceva lei. Come se fosse ancora viva. >> Spiegò Laurel provata, senza giri di parole,
senza menzogne, a cuore aperto.
Si sentiva in parte, stramba e stupida, un’adolescente alla prime armi, impacciata e forse sognante,
ma era quello che realmente provava e sapeva che con Oliver poteva essere se stessa senza vergogna,
senza paura di essere giudicata.


<< Ti capisco, ma Sara era addestrata... Ha passato anni a... >> Lui tentò di essere il più tenero ed accondiscendente possibile,
ma lei si dimostrò ancora più cocciuta, e lo interruppe.

<< Certo, Oliver, lo so. Per questo voglio provarci e mi serve il tuo aiuto. >>

Niente, Laurel non ascoltava e Oliver, vedendo che in quel caso, essere dolce ed usare le buone maniere
non li avrebbe portati da nessuna parte, optò per le maniere cattive:
non avrebbe voluto essere rude e trattarla male, infliggerle altro dolore, ma così non avrebbe risolto nulla,
non avrebbe scalfito Laurel e non l’avrebbe fatta ragionare da donna adulta, (quel che era), e quindi, non gli rimaneva altro metodo...


<< No. >>

<< Oliver. >> Lo richiamò lei, perdendosi in quei suoi occhi duri e freddi come il ghiaccio.
Pochissime volte glieli aveva visti in quel modo.
E quello non era un buon segno...

<< No. No... mi dispiace ma io... Voglio che tu rifletta su cosa accadrebbe a tuo padre se ti accadesse qualcosa. >> Disse di nuovo il ragazzo, giocandosi la carte del “padre malato”, ma lei non si diede per vinta neanche stavolta; non si sarebbe lasciata convincere.
O avrebbe vinto lei, o avrebbe vinto lei.
Non c’erano altre soluzioni plausibili.


<< Oliver so cosa stai per dire, ma nonostante tutto, ho rischiato già la mia vita in tua assenza,
e dovresti avere più rispetto per la mia decisione. >> Replicò Laurel, cominciandosi ad alterare per la scarsa fiducia dimostratole.


<< Il rispetto non centra niente...e non si tratta nemmeno di rischiare la vita. Capisco che ti manchi Sara,
manca anche a me, e capisco anche che emulandola, il dolore che hai svanisca... >> C’era già passato,
anni prima...prima di lei e sapeva quello che diceva, non era di certo una situazione nuova per lui,
ma lei non voleva ascoltare altre opzioni.

...In un certo senso, era come se Laurel chiedesse, in modo tutto suo, silenzioso, un aiuto,
ma nello stesso tempo, non volesse essere salvata...


<< E’ l’unica soluzione che ho. Mi serve un’altra strada perché non riesco a soccombere questo male
con una sbronza o delle pillole... E finalmente l’ho trovata. So che è questa... >> Laurel scattò improvvisamente, sentendo che a quelle frasi,
qualcosa dentro di lei si ri-accese, portandola automaticamente a cambiare il tono di voce; più alto, piccante, determinato, rabbioso,
addolorato e più incazzoso.
Non permetteva repliche di nessun tipo.



<< Quel sollievo non è reale! >> Esclamò lui, secco ed inflessibile.


<< Ti sbagli perché l’altra sera, anche se è andata male, è stata la prima volta in cui sono riuscita a dominare quel fuoco... >>


<< No, è una droga, Laurel. >> Se ne uscì Oliver, insensibilmente, mirando dritto al punto debole di Laurel,
che di rimando sgranò gli occhi allibita e sconvolta dalla sua “cattiveria”.


<< Se stai insinuando... >> Non poteva crederci che l’uomo che aveva amato praticamente da sempre,
le stesse per dire cose...orribili...


<< Sei una tossica!  E come con l’alcool e con i farmaci, quell’euforia che rincorri ogni sera, ti sta mettendo a rischio. >> L’aggredì lui,
crudelmente.
Proprio come lei, si stava comportando in quel modo per proteggerla.

<< Va al diavolo, Oliver. Non provare più a farmi questo discorso. MAI PIU. >> Lei non ci vidi più.
Nonostante tutto, non era Dio, non poteva permettergli che gli parlasse così...
Aveva un orgoglio e proprio come lei lo aveva sempre rispettato, pensava che anche lui doveva rispettarla,
ed invece...la stava trattando come uno straccio da piedi.


<< So che adesso non sei abbastanza lucida per... >> Più Oliver apriva bocca e gli dava fiato e più Laurel percepiva delle nuove e strane emozioni, invaderla: odio, rabbia, vendetta...le stesse poi, che si creavano in lei quando pensava a sua sorella.
Doveva allontanarsi da lui, il prima possibile, altrimenti non sarebbe stata in grado di trattenersi...


<< Me ne vado...ma se c’è qualcuno che usa l’adrenalina per evitare il dolore dei sentimenti e della vita reale,
quello SEI TU! >> Disse lei, tra i denti, quasi ringhiando, avanzando ed indicando l’altro, per poi sorpassarlo velocemente, intenta ad andarsene.


<< Mi dispiace per te... ma non posso aiutarti. E anche se volessi, Sara non me lo perdonerebbe mai. >>

Ma Laurel, anche se udì quell’ultima frase di Oliver, non si fermò; andrò via, dritta per la sua strada,
decisa sul da farsi.
Era troppo arrabbiata con lui in quel momento per rimanere a discutere; tanto non c’era un punto d’incontro fra loro in quella situazione.
 
 
 
-Fine Flashback-
 
 
 
Ma Laurel non si trovava a mano vuote adesso, perché da poco tempo a questa parte si era imparata a tenere sempre un piano di ricambio:
per questo tornò in palestra da Ted, confidandosi, in parte, con lui, riguardo all’omicidio della sorella...
Il ragazzo, capendone il bisogno, (essendo addirittura un ex giustiziere, all’epoca sua),
neanche provò ad opporsi a Laurel e così accettò di aiutarla; la prese sotto la sua custodia, cominciandola ad allenare immediatamente,
non perdendo neanche un minuto, ma purtroppo tutto questo durò ben poco, almeno fino a quando non arrivò LEI a Starling City...
“Un amica di vecchia data”

Nyssa.

 

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Capitolo 4
*** Parte 3. ***


[...]
 


La prima volta che le due donne parlarono, fù proprio al cimitero, davanti la lapide della loro bionda deceduta;
Laurel ci si scagliò contro, dandole praticamente la colpa di tutto, del fatto che Sara si fosse allontanata dalla sua famiglia,
che fosse diventata un’assassina a sangue freddo, che l’avesse costretta, trasformata,  ma nel profondo, sapeva non fosse così.
Laurel non era cattiva, non lo era mai stata e tanto meno non odiava Nyssa,
non le portava neanche rancore, però...come biasimarla?


Poi ecco che ancora una volta ricordò quella scenata che le aveva fatto...
 
 
 
-Flashback-



Laurel si trovava come ogni sera, da quando era accaduto il fattaccio, davanti alla lapide di Sara, immobile,
con lo sguardo fisso sull’iscrizione e le mani nelle tasche; i nervi tesi ed il respiro pesante ed alternato,
oramai sembrava che anche respirare le era diventato troppo difficile.
All’improvviso un venticello fresco la colpì, facendola tornare in sé e le sue orecchie udirono uno scricchiolio di passi contro l’erba,
cosa che la fece voltare lentamente, curiosa:

<< Nyssa...!? >> Fece sorpresa nel ritrovarsela lì, inaspettatamente.
Non era di certo la prima persona che si era aspettata di vedere, ma quest’ultima non disse altro,
le rivolse soltanto uno sguardo indecifrabile e la sorpassò piano per poi inginocchiarsi:

<< Oh, mia vita, ti prometto che troverò chi ti ha ucciso e vendicherò la tua morte con la spada. >> Furono le uniche parole, solenni,
che uscirono dalla sua bocca; tirò su col naso, sospirò e si rialzò, voltandosi in direzione di Laurel, che ancora la stava osservando attentamente, allibita.

<< Ti porgo le mie condoglianze e quelle di mio padre, Ras Al Ghul. >> Disse Nyssa, con voce calda e provata.

<< Io non voglio le tue condoglianze...e tanto meno quelle di tuo padre. >> Rispose però, acida e rabbiosa Laurel, digrignando i denti.

Tutto il contrario dell’altra.

<< D’accordo... >> Soffiò l’assassina, abbassando lo sguardo, tristemente, capendo di non essere la benvenuta.
Quella non era la Nyssa che conosceva; come poteva essersi così indebolita?!

Una volta distante però, Laurel non se la sentì di lasciarla andare senza niente di più,
ed in automatico avanzò e proferì ancora, velenosa:


<< E’ morta con una freccia conficcata nel petto. Pensi che sarebbe successo se non ti avesse incontrata? >>

Nyssa si fermò di rimando e nuovamente i suoi occhi si incontrarono con quelli di Laurel;
erano uguali: lucidi, pieni di lacrime trattenute, delusi, stanchi, addolorati...

<< Tu le hai mostrato l’oscurità che aveva dentro...Tu e tuo padre. >> Aggiunse ancora l’avvocato,
tentando di fare un altro passo in avanti, ma ci ripensò immediatamente.


<< So che stai soffrendo, si vede... E’ così anche per me. Non le ho mostrato la sua oscurità, Laurel.
Era già dentro di lei da prima. >> Rettificò l’altra donna, con voce tremante; Laurel non aveva mai pensato di poter vedere l’erede del Demonio
in quelle condizioni, così fragile e docile...
Se qualcuno glielo avesse detto tempo prima, sarebbe sicuramente scoppiata a ridergli in faccia.


<< Stai mentendo... >> Laurel non voleva sentire, non voleva fraintendere, voleva che il ricordo della sorellina minore rimanesse intatto,
puro e non avrebbe permesso a nessuno di inquinarlo.


<< ...Quando l’ho trovata, era sola, impaurita ed affamata...ed io l’ho protetta. Ho tenuto Sara nel mio cuore
e l’ho amata con tutta la mia anima... >> Sottolineò Nyssa, sentendosi morire dentro ogni secondo di più.


<< Wow... ora potrei persino crederti. >> Ribattè da stronza, Laurel, interrompendola appositamente.
Laurel si conosceva e prima d’ora non si era mai comportata in quel modo...


<< Fai come vuoi... A me non interessa... Ah, e quella giacca... era un mio regalo per lei...
Non meriti di indossarla. >> Esordì infine, Nyssa, per poi andarsene a passo svelto e deciso,
lasciando l’altra donna sbalordita, perplessa e con uno sguardo evasivo e dispiaciuto per quel loro incontro.
 

-Fine Flashback-




Nonostante la differenza di mondi che c’era tra loro, Nyssa si era dimostrata fin da subito
Migliore nei suoi confronti: era stata carina, calma e accondiscendente, mentre lei...
Si era comportata male e lo sapeva, era stata instabile, ostile, l’aveva attaccata e giudicata, però la verità era che...non la sapeva.
In sua presenza si era sentita strana, sfidata, forse... non riusciva a spiegarselo,
ma era stato proprio così; si era incredibilmente ed inutilmente allarmata, agitata,
ed era andata in confusione e probabilmente era perché con Nyssa avevano avuto già precedenti...si, sicuramente era stato quello il motivo, o almeno lo sperava.


<< Non sono affari tuoi... >>

<< Sara è la cosa più importante che avevo al mondo, direi che mi riguarda. >>
 
<< E cosa direbbe se fosse qui, adesso? >>


Quelle frasi le ritornarono alla mente senza alcun fine, confondendola sempre di più.
Si domandava ancora cosa ci trovasse Sara in lei...
Nyssa era così...ambigua, così...misteriosa, apparentemente fredda...
Non riusciva neanche a dare un’opinione; la sua mente improvvisamente ed inaspettatamente,
vedeva tutto annebbiato...soprattutto quando si trattava dell’Assassina...
 
 
 
[...]
 


Le cose fra loro non si risolsero subito, ma continuarono a punzecchiarsi a vicenda,
ogni volta che potevano, andando avanti in quel modo per un periodo di tempo,
fortunatamente corto per entrambe, e poi fù proprio l’amore che provavano entrambe per la bionda in comune,
a far sì che il dolore che stavamo combattendo, si alleviò, facendole placare e posare “l’ascia di guerra”, avvicinandosi un poco l’una all’altra...


Laurel e Nyssa, totalmente diverse: una il sole ed una la luna, incompatibili,
praticamente l’una l’opposto dell’altra, ma nello stesso tempo più simili di quanto potessero immaginare: Laurel, sola, debole ed incompresa,
proprio come lo era stata Nyssa, che non potè contare neanche sul supporto del padre, in quanto lui,
non aveva mai visto Sara di buon occhio...non l’aveva mai vista come un degno membro della Lega...



 
[...]
 
 
 
Era passato più di un mese dalla sconfitta di Slade e mentre Starling City cercava di risollevarsi in seguito ai danni subiti, il Team-Arrow,
che col tempo si era allargato, continuava a vigilare sulla città, proteggendola dai numerosi e frequenti pericoli, ma nonostante tutto,
non sarebbe caduto così troppo in basso, collaborando e facendosi “amica”la figlia del Demonio...
 

[...]
 
 
Era stato Merlyn ad uccidere la loro Sara.
A questo erano arrivati Nyssa, insieme ad Oliver e tutti gli altri; avevano trovato il colpevole.
Nemici, da sempre, ma per quella volta, non avevano potuto far altro che unirsi nella “battaglia”
Non solo avevano un “amore” in comune, ma anche un nemico come Malcom.
Ognuno di loro c’aveva messo del suo, avevano raccolto prove sufficienti, seguendo anche le tracce che aveva raccolto Sara all’epoca,
che risultarono necessarie per arrivare a tale risultato.
Capirono anche come e perché, Sara prima di morire, era stata mandata a Starling, dalla Lega; doveva seguire una pista,
un bersaglio...ma non uno di quei semplici da prendere...
Delle voci l’avevano riportata nella sua città, voci che inizialmente sembravano impossibili, false,
che volevano il ritorno di un nemico della Lega degli Assassini, lì:  Malcom Merlyn.
Era ancora vivo.

Merlyn era un ex membro degli Assassini, chiamato anche “Il Mago”, grazie ai suoi giochetti illusionisti, insomma, era uno dei più prodigi alleati,
ma un giorno Ras Al Ghul lo liberò dagli obblighi nei loro confronti a patto che avrebbe rispettato il codice, cosa che evidentemente non fece;
violò tutti i principi della Lega, ma credendolo morto per mano del Giustiziere, considerarono chiuso l’affare...poi però,
ebbero la soffiata da una fonte attendibile, (Moira Queen), e gli venne rivelato che il farabutto, aveva simulato la sua morte e tutto ritornò a galla...anche se quella storia era del tutto inverosimile.

A seguire, scoprirono altre informazioni utili, ottenendo le conferme che stavano cercando;
un aiutino furono delle fotografie ritrovate nel rifugio di Sara, scattate da essa,
quando veniva in visita a Starling City: ritraevano Malcom, in carne ed ossa, in giro per la città, totalmente tranquillo.
Credevano, come tutti del resto, che la Polizia avesse trovato a suo tempo, il suo corpo privo di vita,
ma sicuramente era riuscito a superare quei controlli, per via delle sue innumerevoli conoscenze; ed era palese che una di quelle,
era nell’ufficio del Medico Legale.


La Lega degli Assassini però, da quando aveva scoperto la verità, non smise di cercarlo,
arrivando in capo al mondo, rincorrendo informatori, tracce, insomma, qualunque cosa potesse portare a Merlyn,...
Aveva parlato persino con il padre delle due sorelle, il Capitano Lance, ed ecco come si erano avvicinati alla risoluzione del caso;  
fù proprio Oliver a consigliare, indirettamente a Nyssa, di coinvolgere addirittura Laurel nel piano...


Da quel momento, dopo essere venuta a conoscenza di tutto, Laurel giurò su se stessa, che avrebbe fatto fuori Merlyn in qualunque modo,
mentre Oliver, non rispetto la parola data, e più volte lo lasciò andare, cosa che portò lui e la sua ex, ad allontanarsi pian piano.
Lei non lo comprendeva, non lo giustificava e non lo avrebbe MAI perdonato.
 



[...]
 
 
 
-Flashback-



<< Laurel! >> La richiamò Nyssa, correndole dietro, mentre l’altra non dava segno di non voler rallentare per un secondo.


<< Ho appena scoperto che Malcol Merlyn non solo è vivo, ma ha anche ucciso mia sorella,
ed immagino tu capisca perché non ho voglia di parlare. >> Disse l’avvocato, adocchiando al volo, la donna che la stava inseguendo.

<< Si ti capisco... L’amavo anch’io. >> Fece Nyssa, fermandosi e guardandola; Laurel inizialmente stentò sul da farsi, infatti,
inaspettatamente e con sorpresa, si bloccò e si voltò.
Neanche lei capiva perché il solo suono di quella voce, apparentemente sconosciuta, ma tenera e calda, l’aveva in stabilizzata.

<< Mi dispiace per la tua perdita... >> Sussurrò colpita, l’avvocato, non distogliendo gli occhi da Nyssa.


<< L’ho promesso a Sara...e lo prometto a te:  NOI troveremo Merlyn! >> Proferì nuovamente l’Assassina,
con determinazione e sincerità.

Laurel sentì istintivamente di avvicinarsi, e lo fece, ribattendo:

<< ...A quanto pare lo avete già trovato ed Oliver avrebbe dovuto ucciderlo... >>

<< Già... >> Soffiò l’altra annuendo, mordendosi il labbro inferiore nervosamente, sapendo che l’altra aveva perfettamente ragione,
mentre Laurel, come se rispondesse ad un richiamo “chimico”, avanzò ancora, ed ancora...

Ora erano vicinissime, a pochi metri di distanza, completamente  isolate dalla vita “esterna”,
come se fossero rinchiuse da qualche parte, come se intorno a loro, improvvisamente, si fosse creata una bolla di sapone
che ovattò il restante dei caotici rumori...

Entrambe se ne accorsero ma non dissero nulla; i loro occhi, pieni di lacrime, si stavano fissando, scoprendo,
s’erano persi gli uni negli altri, ma poi la voce cruda ed il tono inviperito di Laurel, le fece tornare alla realtà:

<< Quando Oliver avrà nuovamente davanti Malcom, lo lascerà in vita o lo lascerà andare... Questo non puoi permetterglielo.
TU devi prendere quel bastardo! Devi farlo a qualsiasi costo! >>

Nyssa rimase sbalordita, (nel senso buono del termine), da quelle parole e da quell’atteggiamento:
alzò le sopracciglia incredula ed affascinata nel vedere quel caratterino così piccante ed accentuato...
Le era piaciuta; a tal punto da mostrarle un piccolo sorrisino, leggermente malizioso, che però, prendendo Laurel alla sprovvista,
arrossì lievemente, imbarazzandosi e la face dileguare subito dopo.
 
 
-Fine Flashback-
 
 
Le parole di Laurel, accaddero letteralmente: Oliver incontrò Malcom, faccia a faccia,
ma Merlyn giocò bene le sue carte, sapendo cosa usare e come, giurando di essere innocente, di non essere l’uccisore di Sara Lance,
di non essere un novellino, talmente stupido, da mettersi in evidenza, sventolando la bandiera bianca,
visto che Ras Al Ghul lo stava cercando e aveva messo persino una taglia sulla sua testa.
Non si sarebbe mai complicato le cose, uccidendo la compagna della figlia; non avrebbe avuto senso.
Usò come scusante, il più semplice e nobile delle ragioni: sua figlia, Thea.
Era tornato solamente per proteggerla, perché voleva riscattarsi come padre, visto che con Tommy aveva fallito,
aveva praticamente dato il peggio di sé, visto che addirittura non era riuscito a salvarlo, ed era morto con l’idea che il proprio padre
lo odiasse e non tenesse a lui...

Bastò che Malcom giurasse di non c’entrare niente con la morte della bionda, ed Oliver restò imbambolato, credendogli immediatamente, risparmiandolo così, una seconda volta.
 
Da quel momento, fù Nyssa a giurare ad Oliver, di essersi fatto un nuovo nemico; uno che NON AVREBBE DIMENTICATO.
 
 
[...]
 
 
 
Purtroppo però, arrivò anche il giorno in cui Nyssa doveva tornarsene a casa sua, da suo padre
e dai suoi “fratelli” per il rapporto...
Il tempo a disposizione per quel “viaggetto” in città, era scaduto, era arrivato a termine, ma doveva ammetterlo, almeno a se stessa:
quella città le era entrata nel cuore, forse perché spesso in quel posto, lei e la sua amata si erano rifugiate insieme,
immortalando quei loro momenti particolari, che resteranno lì, sepolti, o forse altro, ma qualunque fosse il motivo, il soggiorno a Starling City,
aveva scosso qualcosa in lei, l’aveva fatta sentire umana e per l’ultima volta, vicina a Sara...
Nyssa non l’avrebbe dimenticata, né ora e né mai; se la sarebbe portata dentro in eterno, proprio come diceva il proverbio:
“Il primo amore non si scorda mai”, però, volente o dolente, doveva tornare alla sua routine, a Nanda-Parbat, ma prima di partire,
voleva/doveva togliersi un’ultimo...sfizio.
 
 

In serata, nella palestra di Starling City...



<< Pensavo fossi tornata da tuo padre... >> Disse la voce di Laurel, affannata, con il fiatone,
a causa dello sforzo dell’allenamento.
La Lance si stava impegnando al massimo a scagliare quanti di più colpi caricati contro il sacco da boxe; voleva migliorare,
voleva imparare a difendersi.

<< Ci tenevo a salutarti... Manterrò la promessa fatta a Sara...e quella a te. >> Ribattè Nyssa, sorridendole teneramente,
dimostrandosi per l’ennesima volta, più morbida e buona di quanto lei stessa negasse.


Laurel si bloccò un attimo, si asciugò il sudore con un asciugamanino, riprendendo così il fiato necessario per parlare ed inghiottì pesantemente.

<< Mi distrugge sapere che è ancora lì fuori... Merlin o chiunque sia. Mi uccide! >> Proferì poi Laurel, cambiando discorso,
sentendo gli occhi scuri dell’altra, scrutarla con un po’ troppa veemenza ed attenzione.
 
<< Addolora anche me... te l’assicuro. >> Rispose sincera, l’assassina, tornando momentaneamente seria.
Durò pochissimo, perché subito successivamente, si ritrovò a squadrare l’altra,
abbozzando un sorrisetto sornione, come quello di chi la sapeva lunga...

<< Vedo che ti stai allenando...e che indossi quella giacca... >> Esordì Nyssa, notando il movimento imbarazzato di Laurel:
si leccò le labbra secche ed asciutte, bisognose di essere inumidite, ma l’avvocato si accorse di star esagerando,
così si rifreddò sul posto, rimettendoci un attimo a tornare acida e dura:
 
<< Se vuoi stare lì a dirmi che non la merito o che non sono abbastanza forte, allora...sta zitta. >>

Ma cosa le era appena capitato?
Stava sbavando sulla sua...nemica!?

<< ...Mentre eravamo al cimitero l’ho detto, ma non scordarlo: il metallo più duro è quello forgiato dalle fiamme più intense. >> Replicò tempestivamente l’altra, afferrando al volo la motivazione della donna, controbattendo con prontezza ed espressività;
cosa che spiazzò Laurel che non capì più niente:

<< E che cosa dovrebbe significare?! >>

Ovviamente Nyssa non le rispose a quella domanda, ma sorrise beffarda e divertita, per poi voltarsi ed incamminarsi,
ma ad un certo punto si girò a guardarla:

<< Non dimenticare di ruotare i fianchi...è da lì che viene la forza! >>

Le consigliò , evidenziando appositamente quel suo tono malizioso, riprese a camminare verso la sua meta, senza intrattenersi più.

<< Lo capirai tesoro, col tempo, lo capirai… >>  Sussurrò fra sé e sé, contenta e speranzosa di aver fatto quella nuova… “conoscenza” piacevole.
 

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Capitolo 5
*** Parte 4. ***


« ...sei davvero tu?! »

In lontananza Laurel vide un figura a lei familiare, da lei conosciuta, vissuta, ma era praticamente impossibile...
Solo quando questa sagoma si voltò verso di lei, ecco che l’avvocato ebbe un colpo al cuore, ed i suoi battiti persero la regolarità:
come poteva vederla?
Cosa stava succedendo?

« ... Sara?! »

La bionda cominciò l’avanzata, secondo dopo secondo si stava per avvicinare sempre di più alla sorella maggiore, lentamente,
con uno sguardo preoccupato, uno di quelli di chi sapeva...
Tese successivamente la propria mano verso Laurel nel tentativo di attirarla a sé, di farla calmare, ma quest’ultima indietreggiò,
spaventata.

« Laurel, non avere paura. Non voglio farti del male...Sono proprio io, la tua sorellina.
Sono Sara! »

Era realmente la sua voce, ne era più che sicura, ma...era confusa, non capiva come era possibile una cosa simile,
ma non sembrava essere l’unica cosa che apparteneva a Sara; anche la sua fisionomia, le rughe espressive, le sue iridi,
persino l’odore della sua pelle...

Deglutì a fatica trattenendo a stento le lacrime.
Come poteva non essere sua sorella a quel punto?!

« M-ma...tu... tu sei morta... Come...!? »

Sara sorrise.
Vedere sua sorella così inerme in quel momento, la intenerì parecchio, a tal punto da farla sorridere, ma fu un sorriso dolce
e allo stesso tempo amaro, malinconico, uno di quei suoi sorrisi più belli, uno di quelli che ti arrivava dritto  al cuore e ti scaldava l’anima.

Laurel scosse la testa sbalordita, ritrovandosi letteralmente paralizzata, ma poco dopo non ci pensò più ed annullò la distanza;
eliminando finalmente i metri che le divideva con quel tanto atteso abbraccio...
Finalmente!
Quel gesto era stata bramato da entrambe, e solo all’ora, in quel preciso istante, Laurel si rese conto che Sara era reale: la stava toccando,
percepiva i loro corpi l’uno contro l’altro, sentiva chiaramente le mani affusolate della sorella stringersi forte attorno al proprio corpo,
ai suoi capelli e non riuscì a trattenere un singhiozzo che fuoriuscì prepotente, dando inizio ad un irrefrenabile pianto.
Si sfogò, senza controllo...ne aveva proprio bisogno...era da tempo che avrebbe dovuto/voluto dar sfogo a tutte le sue emozioni...

« Ehi, shh, va tutto bene...Andrà tutto bene, te lo prometto! » Sussurrò dolcemente la più piccola, iniziando ad accarezzare i capelli all’altra,
cullandola dolcemente.

 « Sarò sempre con te, Laurel... » Aggiunse ancora la bionda,
con tono incredibilmente caldo ed amorevole.

Udendo quelle parole, (nonostante era consapevole della situazione), Laurel si strinse ancora di più alla sorella,
godendosi a pieno quel momento...quella possibilità...


« ...Di-dimmi... Com-come s-stai? » Chiese Laurel, balbettando agitata, riprendendosi leggermente.
 
« Qua è meraviglioso... Tutto è calmo, armonico, luminoso... » Rispose l’interpellata, con aria sognante e rilassata.
Non sembrava stare male, anzi... tutto l’opposto.

« ...Non preoccuparti per me... >> Aggiunse poi Sara, scansandole i capelli dal viso, aggiustandoglieli dietro l’orecchio.

« Sei in paradiso... » Soffiò Laurel di rimando, con sguardo riflessivo, interdetto ed insicuro a riguardo, visto che lei era divenuta atea.

Sara sorrise ancora, non faceva altro, parlava pochissimo.
Il minimo indispensabile.
Per quello che serviva.
Non andava oltre.
Chissà se lassù c’erano delle regole da rispettare o meno...
Le domande che Laurel avrebbe voluto farle, erano tante, poteva dar via ad una lista infinita, ma non poteva rischiare;
non sapeva quanto altro tempo a disposizione le rimaneva da passare con sua sorella.

« E tu, sorellona? Che combini? »

« S –sara, io...mi sento così persa senza di te... mi stanno succedendo cose...strane,
che non riesco a capire, a gestire...  Io avevo ancora bisogno di te... nostro padre, nostra madre... Io non so con chi parlare, Sara... »
 
« Laurel, non buttare via la tua vita a causa mia... Io non voglio che piangi la mia assenza. Voglio vederti andare avanti, realizzarti...
Aprire il tuo cuore ad una persona degna di te, che sia alla tua altezza, perché non siamo fatti per stare con chiunque...ricordatelo. »
 
« ...Ti riferisci a...Oliver? »

« Dentro di te sai già a chi mi riferisco, Laurel. Devi solo lasciarti andare...proprio come ho fatto io.
Ricordati che non c’e nulla di sbagliato o strano in questo... »

« Sara, ma che... Io devo sapere, aiutami. Ho ancora così tante cose da sapere... >>

In quel preciso istante, qualcosa rubò l’attenzione di Laurel, facendola immobilizzare sul posto,
mozzandole il fiato; fù una questione di un attimo: notò prima di tutto il volto di sua sorella sofferente, colpito da uno spasmo,
e poi abbassando lo sguardo, capì…una macchiolina rossa, al centro dello stomaco di Sara, si stava allargando a vista d’occhio: era sangue!

« C-cosa...!? »

Sara cominciò a tossire, accasciandosi improvvisamente a terra.
Fino ad all’ora neanch’essa se n’era resa conto...
Laurel istintivamente scattò verso la sorella, chinandosi ed aiutandola a rimettersi in piedi, con molta lentezza, ma Sara non ne volle sapere, anzi...continuò a scuotere la testa e a scansarla:

« Dannazione, lasciami fare! Devo portarti in ospedale, devo salvarti, subito!
Devo farcela almeno questa volta! » Gridò l’avvocato, istericamente, percependo quell’odore metallico, che la stava intasando.

« Laurel, non puoi. E’ ora... »

« Ora!? No, no... Perché? Mi manchi troppo... Come lo dirò a nostro padre? E’ malato, ho paura. »

Il suo corpo cominciò ad allontanarsi facendosi sempre più sfocato, sempre più piccolo.

« Sara! Ti prego! Non posso reggere di nuovo! Dimmi almeno chi è stato a farti questo!?
Lo conosco? » Urlò ancora di più Laurel, a squarcia gola, sentendosi andare a fuoco le corde vocali e tutti gli organi interni della faringe,
polmoni compresi.
Quel pianto straziante la stava distruggendo dall’interno e le lacrime continuano a scorrere impetuose sul suo viso,
senza che lei riuscisse a placarle.

« L... conosciamo! » Esclamò la bionda, con voce spezzava e flebile, che non fece capire bene
all’altra se il soggetto fosse maschile o femminile; ma una cose era certa: entrambe conoscevano l’assassino.

Ma prima che potesse chiederle dell’altro, ecco che Sara era svanita.


... ...

SARAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!



Ed urlando in quel modo, come mai prima, Laurel si svegliò scioccata: tremava come una foglia,
era impaurita, scioccata...e con uno scatto animalesco era finita seduta sul suo letto, con il respiro affannoso, i capelli e la pelle sudate,
e le guance rigate, segno che aveva pianto realmente, anche durante il sonno.



<< È stato solo un sogno. Uno stupido incubo. >>


[...]

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Capitolo 6
*** Parte 5. ***


Nel tardo pomeriggio, nel sotterraneo del Verdant...



<< Buongiorno, abbiamo delle novità? >> Chiese al volo Laurel, entrando spedita nel covo del team.


<< Anch’io sono felice di vederti, Laurel... Comunque si, ho... >> Fece retoricamente Felicity, con ironia,
bloccandosi di colpo quando voltandosi per caso, vide come fosse ridotta l’altra.

<< Che diavolo ti è successo? >> Domandò di rimando, preoccupata, fermandosi da qualunque cosa stesse facendo, per qualche minuto,
e dirigendosi così, verso di essa, dandole la priorità in quel momento:  aveva una bruttissima cera.

<< Niente... Tranquilla... >> Rispose Laurel, liquidandola immediatamente,  allontanandosi dalla bionda,
andando ad osservare gli schermi dei vari pc, dove l’informatica stava lavorando.

<< No, non è niente. Non me la bevo: hai delle occhiaie che si vedono nonostante i tentativi invani di coprirle con kili di fondotinta...
Per non parlare dei tuoi occhi: sono gonfissimi e arrossati.
E questi sono i sintomi del post-pianto... >> Tirò fuori la sua teoria, Felicity,
che per queste cose aveva un naso meglio di un cane da tartufo.

<< ...non ho dormito per la quale, stanotte...tutta qua. >> Disse ancora Laurel, poco convinta di aprirsi con la ragazza...prima d’ora,
loro non avevano avuto quasi niente a che fare, o poco almeno...non abbastanza per sfogarsi come avrebbero fatto due buone amiche.

Ma la verità era una soltanto: Laurel non si fidava più di nessuno, non sapeva se e di chi fidarsi.

<< Sicura? Vuoi...parlarne? So che forse mi starai odiando per la mia troppa... insistenza,
ma... voglio solo farti capire che non sei sola, Laurel...su di noi puoi contare, per quanti litigi, opinioni diverse, metodi differenti,
incomprensioni, etc, ci siano... siamo sempre pronti a sorreggere uno di noi... e tu fai parte della squadra! >> Proferì teneramente Felicity, sincera, avvicinandosi all’avvocato.

Laurel non riuscì ad alzare lo sguardo e incontrare quello della bionda di fronte a lei;
si sentì improvvisamente stupida e debole, così continuò a fissare il pavimento...

<< ...Ho avuto un incubo... Sara! >> Esordì pochi minuti dopo, lasciando di stucco, l’altra.

Felicity non se l’aspettava minimamente e le ci vollero alcuni istanti per metabolizzare...

<< Okay... E ti ha parlato? Come l’hai vista? >> Chiese di più, l’informatica, trovandosi del tutto confusa.
Era sorpresa, esterrefatta...

<< ...Sai Felicity, sembrava tutto talmente vero... Stamani mentre mi preparavo, ho persino pensato di essermelo immaginato...
Sto dubitando di tante cose adesso...addirittura delle persone che mi sono attorno... Ma lei era comunque bellissima, come sempre.
Era...non saprei... Stava bene, almeno fino a quando... >>

<< Cosa?! >>

<< ...Fino a quando non le è apparsa quella macchia di sangue sul petto... all’improvviso.
E’ come si mi fosse morta una seconda volta tra le braccia. >>

A quel punto, Laurel, riuscì ad alzare gli occhi verso l’altra, e finalmente si incrociarono, ma l’avvocato non vedeva quasi niente a causa dei lacrimoni che le avevano invaso quegli occhioni sofferenti.
La voce cominciò a cambiarle, a tremare, a spezzarsi in gola, ed il ritmo dei battiti del cuore si accelerarono di conseguenza.

<< ...Laurel, mi dispiace così... >>, ma Felicity fu interrotta in tempo, permettendo addirittura a Laurel di indietreggiare.

<< Non preoccuparti, è tutto apposto. Mi riprenderò non appena farò qualche ora di sonno affilata. >>
Mentì l’avvocato, abbozzando un sorriso falso come i 4 euro a moneta.

<< D’accordo... >>
Alla bionda non rimase nient’altro da dire; aveva capito l’andazzo, e non si sarebbe messa a competere con la Lance,
non in quel modo almeno...

<< Allora, dove eravamo rimaste? >> Domandò poi, Laurel, fingendo che nulla fosse successo.

<< ...Che oggi te ne torni a casa e ti riposi! >>
Bingo.
Una voce familiare ad entrambe le donne, spuntò inaspettatamente.

 << Eh? >>
Laurel si girò e lo vide.
Chi poteva essere?
Chi poteva usare un tono del genere?
Autorevole e irrevocabile?

<< Ho ascoltato per caso il vostro dialogo e non ci sei d’aiuto così. Devi essere concentrata...e non lo sei. >>

<< Concordo con Oliver. >>
Ribattè Felicity, annuendo convinta e sentendosi potente.

<< Va bene...anche se non mi va a genio, lo farò... ma tenetemi aggiornata. Grazie. >> Rispose senza controbattere Laurel,
per poi uscire di scena.
Non si sarebbe messa nuovamente alla pari di Ollie, si era stancata, ma soprattutto, era stremata giù di suo,
aveva realmente bisogno di recuperare...


[…]
 
 
I giorni passarono e come succedeva sempre nella loro squadra, casi su casi si accumularono tra di loro, mandando ogni membro in confusione:
primo , il caso del maestro di box di Laurel, che tentarono di incastrare, facendolo passare per un serial killer, secondo,
Roy che non era mai abbastanza lucido ultimamente, per via dei residui di Miracuru che lo avevano fatto diventare insonne, e terzo,
Roy che cominciò a sentirsi colpevole e si confessò per l’omicidio di Sara.

Ma Oliver non ci crebbe e così, dopo varie ricerche e test, ecco che Arrow si ritrovò accerchiato da vari membri della Lega degli Assassini,
(di cui si scoprì a far parte anche il suo amico di vecchia data, Maseo), capitanati naturalmente da Nyssa, la quale, in preda allo sconforto
e alla vendetta, diede un terribile ultimatum al Giustiziere:

“o avrebbe consegnato a suo padre, Ra's Al Ghul, l'assassino di Sara, entro 48 ore,
o la setta avrebbe iniziato a sterminare 50 abitanti di Starling City al giorno.”

 
 

[...]
 
 

Nel frattempo però, il periodo Natalizio arrivò, e Laurel, quella sera, aveva deciso di far visita a sua sorella, al cimitero,
portandole appunto, una stella di Natale. (Ricordava benissimo quanto Sara ci andasse matta)
Le raccontò tutti i fatti che le stavano capitando giorno dopo giorno, piangendo ovviamente, lacrime amare, quando improvvisamente,
si sentì richiamare da dietro; si voltò e la vide...

<< Thea! Che ci fai qui? >>

<< Vedo che abbiamo avuto lo stello pensiero...anch’io sono venuta a portare dei fiori a mia madre. Ma tu...con chi stavi parlando? >>
Chiese curiosa, la piccola Queen.
 
<< Con nessuno... a volte vengo qui per rilassarmi... >>
Cavolata.
Rispose la Lance, impaurita e confusa da quella situazione.
Non voleva, non doveva rivelarlo a Thea.
Era una promessa, un patto...non poteva romperlo.
 
<< Anche se Sara è ancora viva? >>
Domandò tranquillamente l’altra, sorridendo, mentre Laurel stava morendo dentro.
Gli occhi le bruciavano e non avrebbe trattenuto le lacrime ancora per molto.
Non ce la faceva.

Boccheggiò un paio di volte prima di riprendersi e scegliere cosa dire.
Ma niente, la sua mente si bloccò, proprio le parole che le si affievolirono in gola.
 
Thea vide la differenza.
Laurel iniziò a tremare.

<< Laurel, non preoccuparti, tranquilla, Sara sta bene! >>
Esordì la ragazza, afferrandole una mano, ma l’avvocato scosse la testa ed indietreggiò.
 
<< Non è vero, Theà. >>
Esordì balbettando.
Ora aveva timore.
Non voleva far del male a nessuno.
 
<< Sara è morta. >>
 
<< Come?... ma di che cosa stai parlando?! >>
 
<< Mentre tu eri via...è stata uccisa... >>
 
<< Per mano di chi? >>
 
<< Non lo so... ma l’ho seppellita qui. >>
 
<< Laurel... lo hai detto a qualcuno? >>
 
<< No... >>
 
<< A tuo padre? Alla polizia? >>
 
<< No... No, Theà, nessuno lo deve sapere. >>
 
<< E perché? >>
 
<< Vedi... l-la vita di S-Sara...era...complicata... e poi se mio padre scoprisse che è morta... sarebbe la sua fine...
Devi promettermi che non lo dirai neanche ad Oliver! >> Disse la Lance, stringendo i denti, ed afferrando le spalle della Queen,
che aveva cominciato a versare qualche lacrimuccia...
 
<< Si, certo, te lo giuro. Hai la mia parola! >>
 
<< Brava, piccola. >>
Fece l’avvocato, tirandola  a sé in un abbraccio, che l’altra subito ricambiò.
 
<< Mi dispiace tanto, Laurel... >>



[...]



Oliver, messo alle strette in quel modo, chiese quindi a Felicity di velocizzare le ricerche sul DNA portatogli da Caitlin,
estratto appunto dalla frecce che uccisero Sara, ma i risultati finali riportarono solo alla scoperta che non c'era nient'altro sopra di esse,
se non il SUO, DNA…
Quello di Oliver.
Esclusivamente quello di Oliver Queen.
E non avevano altro tempo a disposizione per trovare l’omicida.
Rimasero tutti scioccati da tale notizia, e così Oliver inizierà a sospettare che sia stato Malcolm Merlyn, come al solito, a volerlo sabotare,
di conseguenza a mettere il suo DNA su quelle frecce, in modo da incriminarlo di fronte alla Lega...
Non sarebbe stata la prima volta che Merlin mentisse spudoratamente al team.

Grazie ai controlli dell’Argus sui spostamenti aerei, Felicity trovò una pista sensata da seguire,
che riportò ad un atterraggio su una pista privata, partita la sera prima dell’omicidio, da Corto Maltese.
 
Oliver e Roy, dopo aver interrogato e recuperato un video di sorveglianza di quell’aeroporto privato, beh... si poteva dire che il peggio era in agguato dietro l’angolo...
 
Scoprirono tutti insieme, che Malcolm Merlin, si, aveva mentito e che quindi, era tornato a Starling City il 7 ottobre,
ma una sorpresa li ammutolì di colpo: non era da solo...era accompagnato inspiegabilmente da Thea.
 
Cosa ci faceva lei, con Merlin?
Perché Thea non glielo aveva ancora detto?
Che motivo aveva di tenerglielo nascosto?


Il team iniziò a discutere sulle varie possibili opzioni e spiegazioni ci fossero dietro a quel casino, ma la verità che poteva reggere di più fra le altre,
la suggerirono Felicity e Diggle dicendo ad Oliver che a quel punto, molto probabilmente, il DNA sulle frecce sarebbe potuto non essere il suo,
ma bensì quello di un suo parente stretto, alias...Thea.
Oliver non voleva crederci, non ci riusciva, ma dovevano essere obbiettivi davanti ai fatti.
Ma l’unica cosa che poteva dargli la conferma, fù andare successivamente a confrontarsi con sua sorella, in modo più bilanciato, pacifico, (caratteristiche che non sapeva per quanto tempo avrebbe controllato), ma ecco che, la verità che non avrebbe mai voluto sentire, gli si abbatté contro:

<< Oh, Oliver...Io avevo perso tutto ormai, e Malcom era l’unica persona su cui potevo contare...a parte te. >>

<< Io devo solo sapere cosa avete fatto tu e Merlin... >>

<< Ci siamo soltanto conosciuti meglio, tutto qui... >>
Lei continuò a camminare a decorare gli angoli della casa, con nonchalance, mentre lui...
Stava per perdere la pazienza...come poteva essere così... assente? Falsa?
Se non avesse visto con i suoi occhi quelle immagini su quelle riprese, beh...le avrebbe creduto.

<< Un paio di mesi fa, sei tornata anche tu in città, con lui? >>
Domandò crudo e diretto, inchiodando i suoi occhi in quelli della sorella.
Ma niente.
Il vuoto.
 
<< Noo. Ollie ti avrei chiamato se fossi tornata a Starling City, non credi?
Non mi sono mossa da Corto Maltese da Maggio. >>
Di nuovo.
Menzogne su Menzogne.
E in quel momento non potè che incolparsi.
Se in quella storia c’era un vero colpevole da crocefiggere era lui stesso.
Se solo si fosse comportato diversamente fin dall’inizio con la sua famiglia, se avesse detto almeno a loro, la verità su tutto,
se fosse stato sincero, veramente, forse anche Theà avrebbe appreso del buono ed invece... Oliver potè notare solamente quel lato,
quello peggior che aveva...essere appreso da sua sorella...

Quella per Oliver fù peggio di una coltellata, ed ora cosa gli rimaneva da fare per regolare o sistemare quella situazione?

Andò ad “interrogarla”, di nuovo, ma stavolta sotto le vesti del Giustiziere: ruppe la finestra con un calcio ed entrò dentro casa.
Thea finse di essere indifesa per poi lanciarcisi contro, e cominciando un botta e risposta di calci e pugni...
 
Oliver ci rimase, ancora.
Da quando combatteva così?
O meglio, da quando era capace di scagliare colpi?
 
 
[...]
  
 
<< Che strano...ho appesa sentito Thea e mi ha detto di essere stata aggredita da Arrow...ma tu lo sapevi già, vero Oliver? >> Fece Merlin,
entrando silenziosamente e con stile, al Verdant, dove Mr.Queen stava bevendo un sorso di schoct per alleviare il dolore ed i pensieri.
 
<< Sei stato tu! >> Esclamò con tono basso ma roco, Oliver.
 
Malcom annuì.

Ed Ollie non ci vide più nulla.
Lo preso per il collo e lo sbattè sul marmo del bar.
 
<< Avevo giurato di non uccidere più nessuno dopo la morte di mia madre...ma mi sbagliavo! >>

Tempestivamente il cellulare del Giustiziere suonò, segno che gli era arrivato qualcosa.
Malcolm gli suggerì di andarlo a vedere, ed il ragazzo eseguì.
 
L'ex-arciere della Lega tirò fuori il suo asso nella manica, mostrandogli appositamente il video dell'omicidio di Sara...


...

 
Sapere i fatti era un conto, ma vederli con i propri occhi...era un altro.
Il colpevole era proprio Thea.
Senza alcun dubbio.
Ma come aveva potuto?
Era davvero capace di togliere la vita ad una persona?
 
Gli spiegò di averla drogata con una speciale pianta di nome “Potura”, che rendeva le persone mentalmente manipolabili e che poi,
cancellava ogni ricordo dopo la sua assunzione.
Praticamente Thea non se ne sarebbe mai potuta ricordare, niente riguardante a quella sera...mentre era sotto l’effetto di quello schifo...
 
Oliver le provò tutte, a minacciarlo, a controbatterlo ma Malcolm svelò il suo piano, ovvero mettere Oliver di fronte a una scelta:

‘o lasciare che Ra's Al Ghul avrebbe scoperto da solo la colpevolezza di Thea per poi eliminarla,
o altrimenti, per proteggere la sorella, si sarebbe dovuto auto-accusarsi dell'omicidio di Sara,
presentandosi così, davanti al Demonio per un combattimento all'ultimo sangue;
esattamente come previsto dalle regole della Lega degli Assassini, per i colpevoli.’



In caso Oliver avrebbe perso, ovvero, avrebbe perso la vita in combattimento, secondo le famose regole,
tutti i peccati commessi dagli abitanti della città sarebbero stati perdonati, e quindi la Lega avrebbe smesso di cercare Malcolm.  
(...il vero carnefice...)


Oliver tornò alla sua base e, dopo aver salutato Diggle e Roy, parlò con Felicity; lei lo implorò di rompere quella sua promessa di non uccidere più nessuno e di togliere la vita a Ra's Al Ghul, ma Oliver rispose di non sapere se ne sarà in grado, però, in quel momento poteva dire di essere convinto solamente di due cose: la prima; che avrebbe fatto di tutto per proteggere sua sorella, e la seconda, che l’amava...amava la bionda con cui stava parlando esattamente in quell’istante.

Detto questo, Ollie lasciò Felicity senza parole e partì per il suo viaggio.
 
 

[...]

 

Raggiunto Nanda-Parbat, incontrò il Demonio e si consegnò.
Prestabilito il luogo per il combattimento in cima a una montagna innevata, iniziò lo scontro con Ra's; con Nyssa e Maseo in qualità di spettatori.
Quest'ultimo aveva provato a convincere Oliver a dire la verità sulla vera identità dell'assassino di Sara sperando di ottenere il perdono di Ra's,
ma Oliver era ormai deciso a combattere.
Come sempre testardo.

Durante lo scontro Oliver ebbe la peggio contro il capo della Lega che, dopo averlo colpito al collo e averlo ferito ad un fianco con la spada,
lo portò sul ciglio di un precipizio dove gli inflisse il colpo finale trapassandogli il petto con la spada...
Dopo aver recitato la preghiera della Lega, Ra's colpisce Oliver con un calcio facendolo cadere dal precipizio.


In punto di morte rivide il volto del padre e di sua madre, Thea che lo abbraccia appena tornato dopo 5 anni e il suo bacio con Felicity...



[...]
 
 

Il giorno dopo...a Starling City.
 
 
 
<< Ehi, com’è andato l’addestramento oggi? >>
Domandò una voce.
...Quella voce...
Possibile?

Laurel era appena uscita dalla doccia dello spogliatoio, si stava asciugando con l’asciugamano, tranquilla, spensierata,
per una volta dopo tanto... combattere la faceva scaricare, stare bene, ma quella quiete durò poco, perché quando voltò lo sguardo e incrociò
quegli occhi, sentì un fuoco colpirla sulle gote e un’agitazione invaderla completamente...

<< Che diavolo ci fai tu qui? Chi ti ha fatto entrare? >>
Domandò imbarazzata ed impacciata, sbrigandosi a coprirsi.
Sperò di non aver mostrato nulla e di aver fatto in tempo.
 
<< Oh, ti ho spaventata, dolcezza? >>
Fece la nuova arrivata.
 
<< No, mi hai presa alla sprovvista. E’ diverso. Di certo non potevo immaginarmi di vederti qui...senza... così... Senza preavviso. >>
Perché non sapeva come risponderle?
Perché si stava allarmando come mai prima?
Sapeva che non le avrebbe fatto del male...allora qual’era il motivo di quelle reazioni...strane?

<< Se aspetto il tuo invito allora... >>
 
Laurel non la lasciò finire:
<< Perché... lo vorresti? >>

E tutta quella sveltezza?
Da dove le era uscita?
 
<< Mmh... forse, chi lo sa. >>
Rimase vaga l’altra.

<< Beh...Non vedo perché dovrei inviartelo. >>
Tornò acida e sulla difensiva la Lance.
 
<< Comunque...ti vedo meglio... Sbaglio? >>
 
<< Non sbagli... o almeno, si, sono stanca ma vedo anch’io dei miglioramenti. Credo...spero... >>

<< Sto notando che ne sei convinta... >>
La beffeggiò l’altra, e Laurel arricciò il naso e corrugò la fronte, dispiaciuta.

<< Si, lo so, hai ragione, scusa... Io... >>

<< Ora ti scusi? Per così poco?...Sei strana, Laurel. >>

<< Lo so, Nyssa... E’ un po’ di tempo che... non so cosa mi sta succedendo. >>
Se ne uscì l’avvocato, passandosi l’asciugamano più piccolo sui capelli, dandogli una strapazzata.
 
Con quel gesto, visto che la Lance diede le spalle, l’assassina potè godere di un ottima visuale,
che non le dispiacque affatto, ma appena la bionda tornò a guardarla negli occhi, Nyssa dovette distogliere lo sguardo e far finta di niente,
anche se...Laurel notò qualcosa...
 
<< Ehm, io...Io sono qui e se... te la senti... >>
La figlia del Demonio cominciò ad arrossire e balbettare.

<< Tu? Hahaha, no, mi passerà, davvero. E poi adesso proprio non ne ho le forze.
Non riuscirei neanche a...concentrarmi. Comunque tranquilla, saranno i pensieri a farmi questo tipo di effetto... >>
A che cosa stava pensando poco prima?
A fare...COSA?
ODDIO.
Se ne sarà accorta?
Pensò.

<< Okay, va bene. >>
Sibilò la mora con la coda tra le gambe.
Si, era una dura, crudele spesso delle volte, ma anche lei aveva un cuore...

<< Ma ricordati che puoi contare su di me.  Anche se può sembrare strano... Siamo legate in un certo senso, no? >>
 
<< Farò finta di non aver capito il doppio senso...comunque ti ringrazio. >>
Fece acidamente Laurel, beccandosi un’occhiata ed un sorriso malizioso, che evitò e liquidò velocemente.

<< Prego...comunque ero venuta per...darti una notizia... >>
Tornò seria Nyssa, avvicinandosi forse anche troppo a Laurel; che di rimando indietreggiò leggermente e si andò ad appoggiare contro il metallo freddo del suo armadietto.
 
Sussultò per la temperatura.
 
Sia lei che Nyssa si fissarono dritte nelle iridi, rimanendo lievemente con la bocca spalancata.
Col fiato corto.
Tale travolgimento emotivo che si era dimenticata per qualche motivo le si era avvicinata così tanto e quale frase avesse detto per ultima. 
 
<< Ho...pensato... >>

<< Si?... >>
 
Laurel era stata drogata.
Si, sicuramente.
Altrimenti perché stava imbambolata in quel modo, davanti a quella donna?
Che le stava prendendo?
Quelle sensazioni che stava provando da dove provenivano?


L’unica cosa di cui era sicura, era che a breve il suo cuore sarebbe saltato fuori dal petto.
 

“Perdonami, Laurel.
Questo momento non lo avrei mai immaginato così.
Non per dirti questo.
Sarebbe dovuto essere diverso da così.
Perdonami, se puoi.”



......

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Capitolo 7
*** Parte 6. ***


Erano trascorse già due settimane da quando Laurel ricevette quella terribile notizia.
Nyssa era andata via per la sua strada, lo stesso giorno, dopo una movimentata discussione con l’altra donna;
Laurel non sapeva né dove e né perché...perchè le avesse “regalato” tante di quelle cattiverie gratuite che non augurava neanche al loro peggior nemico,
- o forse si - e da quel dì non era più tornata.
Non aveva più ricevuto nessuna traccia di lei, il nulla più assoluto e la cosa la frustava parecchio.
L’idea di partire e cercarla, magari per un chiarimento le era passata spesso e volentieri per l’anticamera del cervello ma riflettendoci su, non era l'ideale:
a Starling city, lei, Diggle, Felicity e Speedy cercarono di mantenere l’ordine, riuscendo nell’intento e dopo Ra’s successe nulla che non potessero gestire da soli;
tutto era controllato dalla squadra.


Ogni mattina la Lance andava al distretto di polizia ad interrogare qualche criminale, persino quelli che avesse preso la notte prima ma suo padre,
invece di andarle incontro, remava dalla parte opposta; ogni giorno le chiedeva di smettere, paragonando Oliver e Sara a lei,
ogni giorno diceva
 “Finirai come Sara”, ma Laurel non era Sara, non si era unita alla Lega degli Assassini, non uccise mai nessuno, senza pietà...
No, lei non era Sara.
Per quanto le mancasse, per quanto davvero amasse sua sorella, niente e nessuno poteva restituirgliela, nessun ricordo poteva alleviare il dolore.

In quel periodo si sentiva più sola che mai; aveva perso fin troppe persone,
ed ora anche Oliver, ma più di tutti, -e le faceva strano ammetterlo-, le mancava Nyssa:
le mancava il modo con cui si preoccupava per mlei, mile mancava sentirla urlare ogni volta che sbagliava qualcosa,
le mancavano i suoi addestramenti e le sue parole di conforto...
Tutto.
Il destino le si era accanito contro; era l’unica motivazione più ovvia.

Pensava che la cosa che più le mancavamancasse di Nyssa fosse invece, la facilità con cui si sorprendeva delle piccole cose,
come quando ad esempio, la portò a mangiare fuori dopo una giornata veramente stressante...


 “Non so perché questo paese sente la necessità di friggere tutto” , aveva detto.

Forse, ripensandoci, quello fù proprio l’ultimo momento felice che avessero trascorso insieme, forse anche l’unico.

Laurel d'altronde, tentò persino di convincere Diggle ad andare a Nanda Parbat dove i loro localizzatori non funzionavano,
ma lui le fece dolcemente intuire che non c’era nulla che potessero fare lì, soprattutto ora che Thea li aveva informati che Malcom era divenuto il nuovo Ra’s.

Non passava ora, o giorno, in cui si chiedesse se Nyssa stesse bene, mi chiema una domanda la logorava dal profondo: era ancora viva?
E se Malcom le avesse fatto qualcosa?
O se fosse scappata? O magari era altrove, magari si stava godendo la sua libertà...
Fù esattamente lei a dirle che tutti meritano di essere felici, prima o poi, compresa lei,
anche se conoscendola, l’assassina non avrebbe voluto che la Lance la trovasse e probabilmente non voleva neanche che lei provasse a cercarla...
FORSE.
Era tutto un punto interrogativo oramai, eppure il riconoscimento facciale l’avrebbe dovuta localizzare, ovunque fosse.

Nonostante stesse cercando di andare avanti con la propria vita, aveva continuato a controllare tutti gli obitori, ospedali, prigioni,
ma sapeva fin dal principio che qualunque fosse stato il verdetto, non sarebbe cambiato niente.
Forse non erano state poi così amiche come aveva creduto, forse Laurel se lo era solo immaginato, forse lei era solo il suo mentore e niente di più.
Forse aveva travisato tutto... eh già.




[…]



Erano le otto di sera quando la donna raggiunse la base segreta ormai non più tanto segreta,
quando si ritrovò lì, -in anticipo- un Diggle  che l’aspettava a braccia conserte.



<<  Ci siamo fatti attendere Canary! >> Esclamò lui, sorridendo.
Amava chiamarla così anche se lei, dopo Sara, non lo sentivo davvero mio suo
 .


<< Alcuni di noi hanno un lavoro Diggle. >> Rispose lei, ammiccando.
 

<< Ed alcuni hanno un figlia, Vice Questore Lance. >> Ribattè l’uomo voltandosi verso di lei,
mostrandole la pupetta tra le sue braccia che dormiva beatamente.


<< 1 a 0 per te. Counque... Novità? >> Chiese Laurel, tornando seria e professionale.


<< Mmmh, sembra piuttosto tranquillo per ora, ma forse è meglio che tu vada a controllare comunque. Speedy è già per strada. >> Proferì Dig,
con aria concentrata sul computer.


Laurel non si sorprese in realtà: da quando Oliver era morto e Roy se ne andò via, deciso a crearsi una nuova vita e una nuova identità altrove,
Thea aveva passato tutto il suo tempo con arco e frecce ed era l’unico modo che aveva per distrarsi...e poi, era l’unica con cui lei aveva legato profondamente.
Avevano enstaurato un rapporto particolare, molto amichevole e confidenziale, e non le era dispiaciuto affatto tutto quello.


Fece un cenno con la testa e si allontanò giusto per andare a cambiarsi.
Tornò dopo dieci minuti, prese le armi, salutò Diggle e si diresse fuori, in strada.
Si ricordò di tutti gli insegnamenti che Nyssa le aveva dato, ed uno di quelli era che doveva pur sempre raggiungere i posti più alti della città
per avere una visuale migliore su tutto il campo e naturalmente, sui suoi nemici, ma in realtà questo lo sapeva già.
...Quando raggiunse il tetto della banca di Starling, Diggle la contattò immediatamente
.


<< La polizia ha segnalato una rapina in corso a tre isolati a nord dalla banca. E’ la tua zona, Canary. >>


<< Troppo bello per essere vero, eh?! >> Commentò Laurel , sarcastica.


<< La città che non dorme mai. >>  Rispose lui, appoggiando l’amica.


Non lo lasciò neanche finire di parlare ed iniziò a correre verso nord; ripensò a quanto fosse stato difficile all’inizio per lei spostarsi da un tetto ad un altro,
quante volte Nyssa le aveva impedito di cadere prendendomi per il colletto della maglia ed invece ora,
era diventata più abile tanto che i suoi spostamenti non provocavano il benché minimo rumore.
Impiegò pochi minuti per arrivare sul tetto della gioielleria che stavano rapinando:
c’erano due uomini all’ingresso, un furgoncino all’entrata con un uomo al volante e probabilmente altri all’interno della gioielleria stessa.
 


<< Speedy raggiungimi, ho bisogno di te...ce ne sono troppi! >> 


Se c’era una cosa che aveva imparato e che delle volte era un bene avere qualcuno a cui poter chiedere aiuto, di cui fidarsi ciecamente,
e in quel momento aveva bisogno dell’arco di Thea...e di lei.



<< Sto già arrivando dolcezza. >>


Infatti, pochissimi istanti dopo, ecco che notò cadere a terra come pere cotte, tutti i scagnozzi all’esterno.
Era arrivata.


<< Cosa faresti senza di me? >> Fece la Queen, spuntandole da dietro.


<< Me lo sono domandato spesso ultimamente. >> Disse di conseguenza la Lance, voltandosi e donarle un sorriso esagerato.


<< Noto che sei felice di vedermi... >>


<< Si...mi sei mancata. >> Confessò timidamente Laurel, distogliendo lo sguardo.


<< Beh, sei stata tu ad isolarti, non io. Ho solamente rispettato i tuoi spazi... >>


<< Lo so. Lo so... e ti ringrazio, ma... a volte avrei voluto che non lo avresti fatto. >>


Altra ammissione.


<< Ragazze?! Non vorrei disturbarvi e rovinare il vostro momento romantico, ma...
Abbiamo una rapina da sventare. >>

 

<< Oddio... >> Esordì ancora più imbarazzata, la bionda.
 

Si era completamente dimenticata che dall’altra parte qualcuno le potesse ascoltare.
 

<< Hai ragione, scusaci Dig. Ci muoviamo subito. >> Disse la più piccola, restando più dura, per poi aggiungere:
<< Non te la scampi, Canary. Torneremo sul discorso più tardi. >>, riferendosi alla partner, che annuì di conseguenza e saltarono insieme giù dal tetto.




[...]
 


Un’ora a seguire, tutto fù risolto e la missione portata a termine.
Laurel chiamò suo padre per avvertirlo dei rapinatori e pronta a consegnarglieli, ma sapeva cosa le aspettava a breve...nessuna delle due se lo era dimenticato.
Per tutto il combattimento non avevano fatto altro che guardarsi e scambiarsi sguardi ricchi di parole non dette,
di emozioni e sensazioni provate sulla loro pelle ed occhiate che la sapevano lunga...

Cosa stava accadendo tra le due?
 

<< Andiamo a berci qualcosa? >> Optò inaspettatamente, Thea, avvicinandosi all’altra.
 

<< Non mi dispiacerebbe un bel cocktail…ma prima dovrei curarmi queste ferite. >>
 

<< Va bene, ti accompagno a casa allora. >>
 

<< Stasera dovremmo andare a piedi... sono senza macchina. >>
 

<< Fa niente, okay! Se era una scusa per liberarti di me, non ha funzionato, mi dispiace. Riprova la prossima volta, sarai più fortunata. >>
 

<< Thea... ti ho detto la verità. Sbaglio o nel tuo tono c’è un po’ di astio? Ce l’hai con me, vero? Perché? >> Domandò la bionda, dispiaciuta,
mentre seguita dall’altra, si incamminarono...

 

<< Uh, vedo che sei perspicace. Brava, stai migliorando con le relazione umane.
Pensavo che Nyssa ti avesse insegnato anche come distruggere le amicizie... >>

 

<< Che centra lei, adesso? >>
 

<< Sei cambiata, Laurel. Da quando ti ha messo sotto la sua ala. Ti ha allontanata da tutti noi, vi...vi siete create un mondo tutto vostro e...
Con la morte di mio fratello e la sua fuga, non hai fatto altro che peggiorare, chiuderti a riccio. Sembri essere di ghiaccio. >>

 

<< Non è vero, ti sbagli. Sono sempre io, solo... come fai a subire sofferenze simili e rimanere sempre la stessa? Non è colpa di Nyssa...
Se devi incolpare qualcuno per i miei comportamenti e le mie scelte, beh…quella sono proprio io. >> Alzò il tono di voce fermandosi di colpo,
in modo da ritrovarsi una di fronte all’altra.

 

<< D’accordo...Sbrighiamoci a rientrare... non è il luogo adatto per parlarne. >>




[...]


 

Una volte entrate in casa di Laurel, -inizialmente anche casa di Thea, visto che avevano deciso di vivere insieme-,
la padrona di casa si affrettò a prendere l’occorrente per le medicazioni al bagno e tornò dall’altra, che l’aspettava per darle una mano.
Laurel si sedette sul bracciolo del divano, lasciandosi aiutare dalla più piccola che le aveva fatto cenno poco prima di accomodarsi.

 

<< Dove eravamo rimaste? >>Iniziò T. disinfettando i tagli che la donna più grande aveva sul volto.
 

<< Thea, per favore... Non farne un dramma... Ho sbagliato , lo so e ti chiedo scusa, ma non mettere in croce Nyssa, non mi ha costretta. 
Sono stata io a scegliere di... >>

 

<< Wow. C’è qualche altra cosa che non so, Laurel? >>
 

<< Che vuoi dire? >>
 

<< C’ qualche altra cosa da cui mi tieni all’oscuro? Credo di essermi persa parecchio. >>
 

<< Ma a che diavolo ti riferisci? Smettila di fare la criptica e di girarci intorno. Se c’è una cosa che vuoi sapere, chiedimela e basta. >>
 

L’atmosfera si scaldò improvvisamente.
 

<< Tra te e Nyssa c’è di più? Più di una...conoscenza, amicizia o come la volete chiamare voi? >>
 

<< COSA? TU SEI PAZZA, RAGAZZINA! >>
 

Laurel si agitò inaspettatamente.
Come se n’era uscita?
Come poteva aver pensato ad una cosa simile?

 

<< Ti stai agitando. Mettendo sulla diversiva... ed io ti conosco troppo bene, Laurel.
Puoi mentire a Felicity, a Diggle, e persino a te stessa, ma non a me. >>


<< Stai degenerando... >> Scattò in quel preciso istante la bionda, allontanandosi il più possibile dall’amica.



“Fanculo le ferite.”


<< Non è vero. E sai da cosa lo capisco? Dal linguaggio del tuo corpo, dalle tue reazioni... >>
 

<< Non sei tuo fratello, Thea. Non sei nessuno per... >>
 

<< E’ vero. Non sono lui, purtroppo... e tanto meno sono importante per te, ma ho toccato il punto. >>
 

<< Ma neanche per sogno. Ti devo ricordare che sono etero? Che sono stata con tuo fratello per anni? Con Tommy? >>


La verità però, era quella…forse.
Si sentiva confusa, nel panico.

Non si sentiva pronta a prendere di petto quell’argomento.
Non aveva mai baciato una donna, e mai ci aveva pensato, ma nell’ultimo periodo...
 

<< Dovresti guardarti...non riesci nemmeno a rivolgermi lo sguardo... >>
 

<< Perché è una grande cazzata. Come puoi minimamente pensare che io... >>
 

Si bloccò, di colpo.


<< Continua... >>


Niente.
Il silenzio più assoluto.
 

<< Laurel... >> Cominciò nuovamente Thea, cercando di acquistare più autocontrollo possibile, ed avvicinandosi all’altra,
senza spaventarla ed agitarla.


<< Anche se fosse... con me puoi stare tranquilla. Sei in una botte di ferro. Non lo andrei a dire a nessuno dei nostri, a meno che tu non voglia...
Ma sappi che non lo farei. Non ti tradirei in nessun modo...tanto meno in questo modo. >>
 

L’atmosfera pesante si calmò.
Il tono, la voce, le parole usate dalla bruna e la sua mano che istintivamente si mosse, andando ad accarezzare i capelli di Laurel e la guancia,
fecero da contorno...
Persino quest’ultima si lasciò andare, beandosi ad occhi chiusi e fiato corto, quel contatto così tenero ed intenso, che resero quella situazione...soft.
Si sentì protetta, capita, amata...
No, di nuovo quella sensazione surreale.
 

<< Thea, io... >>
 

<< Buonanotte, Laurel. Sogni d’oro. >> La zittì la Queen, comprendendola.
Abbozzò un sorriso amaro e si diresse verso la porta, ma prima di aprirla si voltò ancora una volta a guardarla:
<< Ah, e...mi raccomando quei tagli. Disinfettali bene prima... >>
 

L’altra annuì però senza aprire bocca.
Rimase lì, ferma, immobile, in mezzo alla sala, ancora scossa per tutto...
Doveva proprio dormirci sopra.


“Speriamo che la notte porti consiglio...non ci sto capendo più nulla.”
 

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