Remember to see the lighthouse

di Somriure
(/viewuser.php?uid=619558)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quello è il faro! ***
Capitolo 2: *** Il ragazzo del Faro ***
Capitolo 3: *** Pulcino spennacchiato ***
Capitolo 4: *** Gli occhi disillusi ***
Capitolo 5: *** Le famose farfalle ***
Capitolo 6: *** Uno tra tanti ***
Capitolo 7: *** Il ruolo dell'amico ***
Capitolo 8: *** Grazie Lou ***
Capitolo 9: *** Ci penso io a te! ***
Capitolo 10: *** Sorprese ***
Capitolo 11: *** Benvenuto! ***
Capitolo 12: *** Io ti guardo, Harry ***
Capitolo 13: *** La direzione per la felicità ***
Capitolo 14: *** Non è un problema ***
Capitolo 15: *** Piani e bugie ***
Capitolo 16: *** Libero. ***
Capitolo 17: *** Tempo di addii ***
Capitolo 18: *** Mi troverai lì ***
Capitolo 19: *** L'ultimo saluto ***
Capitolo 20: *** SEQUEL ***



Capitolo 1
*** Quello è il faro! ***


Anche quest'anno Harry era stato costretto a passare tutta l'estate in un'isoletta del cavolo, sperduta nel mare, insieme ai suoi odiosi genitori ricchi sfondati e a sua sorella Eleanor.
 
Ogni anno riuscivano sempre ad incastrarlo in queste gite familiari per far vedere al mondo che erano una famiglia unita e felice.
 
Ma una cosa era certa. Non erano per niente una famiglia unita e felice.
 
I suoi genitori erano i proprietari di una delle Case Di Moda più famose al mondo che portava anche il loro cognome.
Eleanor aveva 19 anni e alternava la scuola alle sfilate di moda delle collezioni dei genitori, vantando un bellissimo corpo da modella.
Gemma, la sua sorella maggiore di 24 anni, non c'era mai a casa perché studiando medicina a Boston, nella prestigiosa università di Harvard, ormai si era trasferita a vivere lì con il suo ragazzo Cameron e solo raramente tornava a Londra per trovare la sua famiglia.
 
I suoi familiari amavano il loro lavoro in un modo incondizionato, quindi vi passavano la maggior parte della loro giornata trascurando spesso Harry che rimaneva nella immensa villa di famiglia a Londra a mangiare schifezze e a giocare ai videogiochi in compagnia di una ventina di persone che si prendevano cura di lui.
 
Aveva 17 anni ma non frequentava più la scuola perché i suoi genitori, vista la sua dislessia e discalculia avevano deciso di ritirarlo perché non avrebbe mai soddisfatto le loro aspettative. Non poteva neanche andare a lavorare con i genitori perché il suo corpo non rispettava propriamente i canoni che doveva avere un modello secondo loro.
Non usciva mai di casa, se non rare volte in cui i suoi genitori lo portavano a qualche conferenza. Le visite mediche le faceva tutte nella sua dimora e i vestiti li comprava online per poi farseli aggiustare dalla sarta domestica.
 
Per alcuni aspetti i suoi genitori erano molto protettivi nei suoi confronti, per altri lo trascuravano ampiamente.
 
Non aveva nessun amico, non poteva farseli visto che non andava a scuola e non praticava alcun tipo di sport a causa della grave asma che aveva.
La sua unica amica era la musica. Harry fin da piccolo aveva trovato in lei un posto felice in cui approdare. Suonava il pianoforte, per volere dei genitori, da quando aveva 4 anni; era diventato molto bravo, ma i suoi desideri erano altri, quindi dopo undici anni aveva deciso di smettere per iniziare a suonare la chitarra.
Quando suo padre lo scoprì però, deluso dal suo comportamento, scagliò la sua sua nuova chitarra classica dalla finestra, sgretolandola così insieme ai suoi sogni.
Harry per ripicca abbandonò per sempre il pianoforte.
 
-Harry, preparati tra qualche minuto scenderemo da questo dannato traghetto!- esclamò Anne, sua madre tenendo con le mani il suo voluminoso cappello color glicine che sarebbe volato via a causa del forte vento.
 
Il ragazzo sbuffò e si incamminò, scartando una barretta di cioccolato, verso l'uscita di quella sottospecie di mezzo di trasporto.
Quell'isoletta era talmente dimenticata da Dio che non aveva neanche un porto per attraccare navi di grandi dimensioni. Un aeroporto neanche a chiederlo! Quindi la famiglia Styles si era avventurata un un viaggio della speranza durato 7 ore all'interno di quel rottame.
Furono poche le persone che scesero con loro in quella ridente isoletta. Appena finalmente misero piede a terra li colpì una forte afa che quasi non gli permetteva di respirare. Sua madre prontamente gli porse il suo inalatore per aiutarlo a respirare meglio.
Intorno a loro c'era il nulla. Una distesa immensa di mare copriva le loro spalle; alcune barche o piccoli pescherecci erano attraccati in malo modo nel minuscolo porto. Davanti a loro c'era il lungomare.
 
-E' l'ultima volta che mi lascio convincere da voi a venire in questi posti sperduti nel nulla che sembrano rimasti a 30 anni fa!- ringhiò Eleanor all'orecchio dei suoi genitori.
 
-Lo sai, lo stiamo facendo per Harry! L'aria di mare aiuterà i suoi polmoni!- rispose Anne pazientemente.
 
-Anche l'aria della spiaggetta di Miami che papi aveva visto lo avrebbe aiutato!- controbatté la ragazza.
 
-Non sarebbe stata la stessa cosa, Maestà! Con tutto quello smog avrebbe solo peggiorato la situazione!- rispose Des, suo padre.
 
Eleanor li superò sbuffando e incrociando le braccia.
La cosa che li sorprese maggiormente fu il fatto che nessuna persona fosse per strada.
Harry iniziò veramente ad avere il sospetto che suo padre avesse affittato l'isola solo per loro, come era già successo in passato. Il ragazzo odiava questo tipo di vacanze, era come se fossero rinchiusi in una sorta di prigione tropicale.
Ad un certo punto notarono un uomo davanti ad una macchina malridotta che si sbracciava per farsi notare.
 
-Credo che quello sia il nostro autista.- esclamò Des senza un briciolo di emozione in voce.
 
Harry ridacchiò dentro di sé osservando l'espressione schifata di Eleanor.
Si incamminarono verso quell'uomo con le facce più cupe che avessero mai potuto avere.
 
-Salve! Benvenuti nella nostra piccola isoletta! Spero che vi troviate bene e che questo soggiorno vi faccia rilassare e riposare! Io sono Edgar e vi accompagnerò nella vostra casa!- esclamò sorridendo mostrando tutta la sua dentatura. Beh, tutta proprio no visto che gli mancavano parecchi denti.
 
Anne aveva una faccia stralunata e allibita, Des invece accontentò l'uomo e gli strinse finalmente la mano (strofinandosela poi ben bene sui pantaloni di lino per togliere tutta la sporcizia da lui portata).
Infine salirono in macchina. Anne era davanti, vicino all'uomo, mentre i due ragazzi e il loro padre erano stretti nei posti dietro con in braccio tutti i bagagli.
Così lo strambo signore partì senza neanche mettersi la cintura di sicurezza. Correva molto veloce e i passeggeri cercavano di aggrapparsi a qualcosa per non morire a causa della guida pazza dell'uomo.
In quell'auto regnava il completo silenzio. Edgar aveva provato più volte ad iniziare un discorso, ma era stato ogni volta zittito dalle risposte secche e concise di Des.
 
-Mi scusi buon uomo.-disse ad un certo punto Anne schiarendosi la voce. -Non vorrei sembrare inopportuna, ma dove sono il resto degli abitanti?- Finalmente si decise a fare la domanda che tutti loro avevano sulla punta della lingua.
Edgar scoppiò in una fragorosa risata.
 
-Sono le 15.00 del pomeriggio, signora! È l'ora della siesta! Tutti sono a casa a riposare. A quest'ora come avrete notato fa molto caldo per stare fuori!- la donna annuì leggermente più tranquilla.
 
Il viaggio in macchina fu piuttosto lungo, Harry non si aspettava che quell'isoletta potesse essere più grande della sua villa a Londra.
L'entroterra era molto caratteristico, c'erano alberi da frutto di ogni genere, oltre a viti e ad uliveti. Le casette erano tutte molto basse, avevano massimo tre piani, ma la cosa che preoccupò maggiormente la famiglia di modelli, fu la totale assenza di negozi famosi.
 
-Guarda mamma. Quello potrebbe essere un centro commerciale panoramico!- sussurrò Eleanor finalmente rianimata indicando un'alta struttura che spuntava in lontananza. Era colorata in modo strano, ma avendo notato le stravaganze di quell'isola la cosa non stupì più di tanto Harry.
Edgar scoppiò nuovamente a ridere.
 
-No ragazzina, mi dispiace deluderti, quello non è un centro commerciale. È il Faro!- esclamò guardando Eleanor dallo specchietto retrovisore che era diventata rossa come un peperone.
 
Dopo circa 40 minuti arrivarono a destinazione. Avevano praticamente attraversato l'isola arrivando dall'altra parte.
Ora avevano il mare davanti e la terra dietro.
La loro casa a tre piani confinava direttamente con la spiaggia, aveva un grande cortile con alcuni alberi, una piscina e un campetto da calcio, che sicuramente sarebbe rimasto inutilizzato. Poco più lontano c'era un molo e all'estremità si erigeva il Faro.
Dopo che la famiglia portò i bagagli all'interno della grande abitazione ognuno di loro si sistemò nelle proprie stanze.
 
Harry aveva una grande e luminosa stanza al secondo piano. Il letto era proprio sotto la finestra e aveva una vista mozzafiato sul mare.
Lasciò le sue valigie in un angolo e corse ad affacciarsi alla finestra. Mentre i suoi occhi vagavano per la vasta distesa di azzurro, scorse un ragazzo a torso nudo che leggeva un libro sdraiato su una piccola barca attaccata al molo. Da lì non poteva vedere bene, ma si rallegrò pensando che almeno avrebbe potuto fare amicizia.
Non sapeva molto come funzionassero queste cose, ma visto che sua sorella, che a parer sua era una gallina, aveva moltissimi amici, forse non sarebbe stato difficile neanche per lui.
 
Harry odiava il mare. Non sapeva il perché, forse semplicemente perché a 17 anni ancora non sapeva nuotare, oppure perché la vista di così tanto azzurro gli dava la nausea.
 
Non era solo il problema di Harry ad aver spinto la famiglia Styles a villeggiare in questa isoletta; Des desiderava molto ardentemente visitare quel luogo, era stufo di dover vedere in giro per la città i suoi capi di moda e quindi voleva rilassarsi un po' lontano dal lavoro.
Aveva provato in tutti i modi a convincerli, alla fine c'era riuscito con la promessa che a settembre avrebbe rinnovato l'iscrizione al circolo del tennis ad Anne, che avrebbe comprato un Frisone a Eleanor e che avrebbe acquistato l'ultimo modello di Playstation ad Harry.
 
Il ragazzo prese un pacchetto di patatine e iniziò a sgranocchiarlo beandosi del caldo sole del pomeriggio che filtrava dalla sua grande finestra, poi si stese sul letto e si addormentò, stanco del viaggio della mattina.
 
Quando dopo circa trenta minuti si svegliò, decise di andare a vedere cosa stessero facendo gli altri. Così, dopo essersi messo dei vestiti più comodi, che consistevano nel pezzo di sotto di una tuta e una maglietta di una band che conosceva solo lui, scese in soggiorno rubando un pacchetto di biscotti dalla credenza.
Suo padre stava montando un amaca in veranda. Quando lo vide criticò il suo abbigliamento perché sosteneva che una persona doveva sapersi vestire in ogni momento della giornata: sia per andare ad un ricevimento, che per per dormire. Il ragazzo non gli diede molto ascolto e si diresse verso le due donne che stavano prendendo il sole davanti alla piscina.
 
Erano animate da una accesa conversazione, Harry allora si posizionò dietro di loro per ascoltare senza essere visto.
La sua vita non era molto divertente, quindi quando poteva, amava farsi i fatti degli altri. Restava interi pomeriggi ad ascoltare di nascosto i discorsi dei suoi camerieri.
 
-No mamma, non lo farò. È piccolo ed è un impiccio per me!-
 
-Dai El, solo per i primi giorni! Fino a che non si troverà anche lui un amico!-
 
-Ma mamma è uno sfigato! Allontanerà da me tutti quelli che vorranno conoscermi!-
 
-Ti prego, Principessina!-
 
-Convincerai papi a farmi avere un autista privato a mia completa disposizione per ogni ora del giorno?-
 
-Sarà fatto, Maestà!-
 
-Allora porterò la piattola con me, ma solo per oggi.-
 
-Ciao!- mormorò indeciso Harry spuntando solo allora.

-Ehi pulcino spennacchiato! Come va? Ti piace la tua nuova camera?- chiese sua madre allegramente.

-Oh sì, fantastica!-

-Bene sono contenta!-

Anne guardò Eleanor con eloquenza dandole una leggera gomitata.

-Harry tra un po' se ti va puoi venire con me a vedere se in questa isola sperduta c'è gente della nostra età.- disse la ragazza senza gioia nella voce.

Harry aveva sentito ogni cosa del discorso affrontato dalle donne prima, sapeva che non era ben voluto dalla sorella, ma l'idea di farsi un amico era tanta quindi accettò l'offerta molto entusiasticamente.

-Bene, vatti a preparare allora. Vedi di non farmi fare brutte figure!-

-Non ti deluderò!- esclamò il ragazzo correndo verso l'interno della casa.

-Harry non correre! Ti fa male!- gli urlò dietro Anne. Allora lui iniziò a camminare veloce.

Decise di indossare semplicemente un paio di bermuda a quadri, una maglia bianca con una scritta, e le sue converse dello stesso colore, si sistemò meglio gli spessi occhiali sul naso, cercò di acconciare inutilmente la folta chioma di ricci e poi scese al piano di sotto dalla sorella che era già straordinariamente pronta.
-Bene, muoviamoci.- disse prima di voltarsi per uscire.

Camminarono per circa 10 minuti in una stradina completamente deserta stando molto distanti l'uno dall'altra. Alla fine arrivarono in una piccola piazzola con un bar.
Lì davanti sostavano parlando tra di loro alcuni ragazzi.
-Ci uniamo a loro?- propose Harry a Eleanor.

-Non lo so, non vorrei fare amicizia con degli sfigati! Prima osserviamoli.- decise Eleanor che andò a prendere posto in un tavolino del bar proprio accanto al loro. Harry la seguì.
Dopo qualche istante una ragazza dai capelli rosa uscì dal locale per prendere le loro ordinazioni.
Eleanor prese solo una bottiglietta d'acqua fresca, Harry una fetta di torta al cioccolato, una Cocacola e 10 Goleador.

Eleanor continuava a spiare i ragazzi sorseggiando la sua bibita rinfrescante.
Era un gruppo formato da quattro persone.

C'era un ragazzo dagli occhi buoni con uno strano tatuaggio sull'avambraccio e i capelli cortissimi, era seduto accanto ad un ragazzo con la pelle più scura con moltissimi tatuaggi e degli occhi misteriosi. In braccio a lui sedeva una ragazza molto carina con degli occhi estremamente azzurri che continuava a ridere alle battute del ragazzo biondo che era in piedi e appoggiato al muro.
Ad un certo punto Eleanor, senza preavviso, si alzò e si andò avvicinò a loro.

-Ciao, io sono Eleanor e lui è il mio fratellino Harry.- lui fece un timido cenno con il capo. -Siamo venuti qui per passare le vacanze.- disse lei sfoggiando tutte le sue doti da corteggiatrice ed adulatrice.

-Ciao!- rispose il ragazzo dagli occhi dolci. -Io sono Liam, loro sono Zayn, Niall e Taylor.-

-Che coraggio a passare qui le vacanze estive! Come potete vedere c'è ben poco per noi gioviani!- ridacchiò l'asiatico.

-Sì, nostro padre voleva un po' di tranquillità!- esclamò Eleanor imbronciata.

-Oh, ne troverete di tranquillità! Potete starne certi.- rise Niall.
Eleanor sbuffò scocciata. Harry invece li guardava incantato, gli sembravano veramente simpatici quei tipi.

-Beh, siete fortunati però! Avete incontrato noi che conosciamo quest'isola come i palmi della nostre mani, quindi conosciamo anche dei bei posticini dove potremmo divertirci!- esclamò la ragazza facendo l'occhiolino ad Harry.
Harry arrossì immediatamente. Non aveva mai avuto un amico, figuriamoci una ragazza!

-Dove alloggiate?- chiese educatamente Liam.

-Abbiamo una casetta vicino al faro.- rispose Harry.

I quattro ragazzi rabbrividirono e iniziarono a lanciarsi delle strane occhiate.

-Cosa avete contro il faro?- chiese Eleanor.

-Contro il faro come struttura, niente.- rispose Taylor. -Diciamo solo che le persone che ci vivono sono un po'.... strane, ecco sì.-

-Ma cosa hanno fatto di preciso?- chiese Eleanor vistosamente impaurita.

-Non è importante, cercate solo di stargli più alla larga possibile.- sbottò Zayn seccamente.

-Questo non mi rassicura affatto!- esclamò la ragazza.

-Lo so, neanche a me. Io non riesco più a passare per quel lato della spiaggia da sola. Per fortuna che ci sono loro, i miei amici, che quando voglio fare un giro mi accompagnano sempre!- disse Taylor accarezzando la gamba della modella.
Liam e Niall guardavano semplicemente verso il basso. Harry non riusciva a capire a cosa stessero pensando. Sembravano leggermente contrariati da quello che stavano dicendo i loro amici.
Harry ripensò al ragazzo che aveva visto quel pomeriggio e si chiese se potesse veramente essere lui il mostro che stavano descrivendo quei ragazzi. Gli era sembrato piuttosto tranquillo!

-Cambiamo discorso. C'è un posto dove fare shopping? Ditemi di sì vi prego!- chiese disperatamente Eleanor rivolgendosi principalmente a Taylor.
-Ma certo!- disse lei ridendo.

Le due ragazze iniziarono a parlare di shopping e di vestiti, ovviamente Eleanor raccontò del lavoro che svolgeva e l'importanza dei suoi genitori nel campo della moda facendo restare a bocca aperta la ragazza che abitava nella piccola isoletta.
-Ah le ragazze!- esclamò divertito Liam.

Verso il tramonto i ragazzi decisero di riaccompagnare i due fratelli verso casa.
Arrivati davanti alla lussuosa dimora dei due, iniziarono a salutarsi.
-Ehi ma.. vi andrebbe stasera di venire al Midnight Memories? E un localino che si trova nella via del mare, non è niente di che rispetto ai mozzafiato locali londinesi, ma è abbastanza carino per passare una serata tra amici.- propose Niall, il buffone del gruppo.

-Sì dai venite! Così vi presentiamo anche gli altri!- esclamò Taylor prendendo le mani di Eleanor.
Harry era felicissimo, non era mai stato invitato da nessuna parte quindi iniziò ad annuire vigorosamente ma Eleanor posandogli una mano sulla spalla disse:
-Io vengo volentieri, ma lui non può. È troppo piccolo, i miei non lo mandano nei locali.-
Il giovane ragazzo abbassò la testa tristemente. Per un attimo si era dimenticato della sua condizione, si era sentito un normale ragazzo di 17 anni, non il piccolo terzogenito sfigato.

-Oh peccato.- disse Taylor. -Oggi andiamo in quel locale perché abbiamo un appuntamento con gli altri, magari però domani sera possiamo organizzare qualcosa di diverso dove puoi esserci anche tu!-

-Ma no, non preoccupatevi! Lui è abituato a stare da solo.- provò Eleanor.

-Ma no! Nessun disturbo, ci fa piacere! Più siamo meglio è!- esclamò Liam. E gli altri annuirono.

-Grazie!- disse riconoscente Harry.

-Di nulla piccoletto.- sorrise Zayn. -Allora Eleanor, ti passiamo a prendere alle 21.30. Non fare come Taylor che arriva agli appuntamenti un'ora dopo.-
-Ehi!- esclamò la ragazza lasciandogli una leggera sberla sul capo, gli altri scoppiarono a ridere.

-Perfetto! A dopo.-

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Dopo aver cenato stranamente tutti insieme, serviti da Felix, un cameriere che avevano assunto per quel periodo, Eleanor si andò a preparare per la serata.
Harry invece si stravaccò sul divano per cercare di far sintonizzare la televisione che non prendeva per la scarsa qualità sgranocchiando biscotti direttamente dalla confezione.
Ad un certo punto una forte ondata di profumo lo destò facendolo tossicchiare leggermente.
Davanti a lui apparve la figura slanciata di Eleanor con un bellissimo vestito lungo viola e dei tacchi vertiginosi.

-Come sto?- chiese per farlo rosicare.

-Mh, bene.- rispose Harry non curante.

-Bene!- esclamò la ragazza uscendo dalla porta.

Harry era frustrato, ma non poteva farci nulla e la televisione non voleva saperne di partire, così salì in camera sua e si preparò per la notte.
Indossò il suo pigiama con le paperelle (era grande e grosso, ma amava quel pigiama), si spazzolò i denti cercando di togliere tutta la sporcizia dall'apparecchio fisso, cosparse il suo volto di una fastidiosa crema che serviva a limitare la sua orribile acne giovanile e indossò il busto che doveva portare la notte per curare la sua scoliosi.
Prima di infilarsi a letto si affacciò alla finestra. Il ragazzo di oggi pomeriggio stava sistemando una barchetta e il grande faro illuminava tutto con la sua luce intermittente.
Poi si tolse gli occhiali e spense la luce.

Venne svegliato alcune ore più tardi da dei forti schiamazzi, notò che era ancora notte fonda.
Si alzò lentamente incuriosito e si rimise gli occhiali da vista. Si appostò vicino alla finestra ed osservò la situazione.
Una decina di ragazzi completamente ubriachi, urlavano cose che non riusciva a sentire contro il faro. Tra quelle persone riconobbe i ragazzi incontrati quel pomeriggio e sua sorella.
Ad un certo punto un vecchio aprì una piccola finestrella dal faro e lanciò un secchio d'acqua bagnando tutti i ragazzi che scapparono via urlando.
Harry tornò a letto per godersi le altre ore di sonno.
 
Angoletto
Ciao a tutti! Ho deciso di pubblicare questa nuova storia che ho iniziato a scrivere un bel po' di tempo fa.
Come vi sembra il primo capitolo? Fatemi sapere, ho davvere obisogno delle vostre opinioni e se volete darmi qualche consiglio, sono ben accetti.
Cercherò di pubblicare spesso e con regolarità, ma non uccidetemi se dovessi ritardare ;)
Potete trovare questa storia anche su Wattpad.
Detto questo, vi auguro buonanotte.
 
A presto, Somriure :)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il ragazzo del Faro ***


Erano circa le sei di mattina quando Anne si svegliò. Indossò un leggero vestitino bianco e andò nelle camere dei suoi figli per osservarli mentre dormivano.

Era una cosa che amava fare, non passava molto tempo a casa per il suo lavoro, quindi quando poteva, ne approfittava per stare un po' con loro e constatare quanto fossero cresciuti nonostante la sua assenza.

Entrò nella stanza della sua secondogenita, l'orgoglio di casa.

Era molto fiera di Eleanor, era un'alunna eccellente a scuola, molto diligente nel suo lavoro e impeccabile nello sport, dava a quella famiglia moltissime soddisfazioni e vinceva innumerevoli premi che facevano aumentare l'importanza e il prestigio della famiglia. Inoltre si occupava di diverse associazioni di beneficenza che accrescevano gli Styles anche sul piano sociale.

Era stravaccata sul letto ancora completamente vestita, con le scarpe ancora ai piedi, segno che quella notte aveva fatto molto tardi e non era rientrata neanche del tutto sobria.

Non era delusa dal suo comportamento, durante l'anno aveva faticato tanto per conciliare scuola, lavoro e vita sociale, si meritava una pausa.

Ovviamente per portare avanti il ruolo della mamma competente la mattina l'avrebbe strillata a dovere, ma per ora poteva continuare a dormire in pace.

Le tolse le scarpe e la coprì con una leggera copertina. Andò il cucina e le preparò un bicchiere d'acqua con un'aspirina, di certo le sarebbe servita appena sveglia.

Pensò anche alla sua primogenita, Gemma. Era molto orgogliosa della sua principessa più grande.

Aveva rinunciato, pur avendo tutte le qualità, ad entrare nell'azienda di famiglia per inseguire i suoi sogni. Diventare una dottoressa di successo.

Anne la ammirava molto. Ci voleva una grande forza d'animo per lasciare la bambagia familiare e trasferirsi dall'altra parte del mondo per seguire i propri obiettivi.

Le mancava tantissimo, loro due erano quasi come sorelle, parlavano moltissimo e quando non c'era si sentiva sola. Certo, c'erano Eleanor ed Harry, ma non erano la stessa cosa.

Eleanor era una vera e propria civettuola a volte e spesso risultava antipatica anche alla madre, Harry invece era ritenuto ancora troppo bambino per capire certi discorsi.

Poi entrò in camera del suo piccolo ometto.

Anne e Des non avevano previsto un altro figlio dopo Gemma ed Eleanor, loro occupavano già moltissimo spazio delle loro giornate tra i corsi di danza, nuoto, pattinaggio sul ghiaccio ed equitazione, in più il loro lavoro era molto incombente, quindi quando Anne si ritrovo incita di Harry fu un forte trauma per tutti.

I due genitori erano stati sul punto di abortire, ma quando Anne si trovò davanti alla dottoressa che avrebbe eseguito l'operazione cambiò idea immediatamente, realizzando che con quel piccolo intervento il suo bellissimo corpo da modella avrebbe potuto subire delle conseguenze che non le avrebbero più permesso di proseguire il lavoro che tanto amava.

Così era nato Harry. Alla fine si erano affezionati al loro piccolo pulcino spennacchiato ed Anne non riusciva più ad immaginare una vita senza di lui, anche se si rendeva conto che, con il passare del tempo, lo stava trascurando sempre di più.

Harry era completamente l'opposto delle sue sorelle.

Aveva iniziato ad andare a scuola a 5 anni, perché, viste le doti di Gemma ed Eleanor, i suoi genitori speravano che anche il loro terzogenito avesse saputo portare alto il nome degli Styles, ma per Harry non fu così.

Aveva sempre avuto enormi difficoltà a leggere, a scrivere e a risolvere i quesiti matematici, così aveva ripetuto due volte la prima elementare, tre volte la quinta elementare e svariate volte la prima media perché non riusciva ad eseguire neanche le cose più basilari.

Quando poi a 16 anni si era ritrovato a dover frequentare per la quarta volta la prima media insieme a bambini di 11 anni Anne e Des decisero di ritirarlo dagli studi.

Non che non si applicasse, Harry era un ragazzo molto volenteroso, ma i suoi disturbi di apprendimento, dislessia e discalculia, non gli consentivano di imparare come gli altri bambini.

Esistevano moltissimi metodi per aiutare un bambino con questi disturbi, ma i due genitori non avevano molto tempo da dedicargli, quindi erano arrivati alla conclusione che sarebbe stato meglio fargli abbandonare gli studi, tanto con il loro stipendio avrebbe potuto vivere liberamente senza dover minimamente lavorare, per tutta la vita.

Non ascoltarono in nessun modo il parere di Harry che voleva continuare, voleva impegnarsi per dimostrare che anche da solo ce l'avrebbe fatta.

Non gli diedero neanche il tempo di esprimersi perché presero la decisione senza consultarlo. Un giorno andava a scuola e il giorno dopo era diventato un perfetto nullafacente che mangiava schifezze tutto il giorno davanti alla TV.

Anne si sentiva molto in colpa, se lei fosse stata una madre migliore probabilmente Harry sarebbe stato un ragazzo felice, avrebbe avuto molti amici e avrebbe, se pur con difficoltà, continuato a frequentare la scuola.

Accarezzò la testa riccioluta del figlio passando le dita sulle guance paffute costellate di brufoli. Poi raccogliendo una cartaccia di una merendina da terra usci dalla stanza di Harry.

Visto che era ancora molto presto decise di andare a fare una passeggiata sulla riva del mare, così uscì a piedi nudi sulla sabbia.

Il venticello mattutino faceva svolazzare i suoi capelli mori e il suo vestitino morbido.

Mentre si avvicinava all'acqua del mare, notò un ragazzo seduto su una barca intento ad ordinare dei pesci appena pescati. La donna si avvicinò incuriosita.

Quando fu di fronte al ragazzo notò che aveva più o meno l'età dei suoi figli, più precisamente sembrava coetaneo di Eleanor.

-Ciao!- salutò la donna cordialmente.

-Buongiorno!- rispose il ragazzo.

-Li hai pescati tu? Sono freschi?- chiese indicando i pesci.

-Sì, sono freschissimi, li ho pescati neanche 20 minuti fa!- assicurò il ragazzo spostando con il braccio una ciocca di capelli color caramello dagli occhi.

-Wow!- esclamò la donna piena di ammirazione. -Sono in vendita?-

-Sì certo! Mio nonno va a venderli al mercato, ma per lei posso fare un'eccezione!- disse facendole l'occhiolino.

La donna scoppiò a ridere.

-Grazie mille, li prenderò con molto piacere!- disse porgendogli i soldi richiesti dal ragazzo. -Come si cucinano questi qui? Mio figlio odia il pesce, ma sono sicura che gli farebbe molto bene!-

-Noi li mangiamo in tutti i modi, mio nonno a volte anche crudi, ma io li preferisco fritti e sono sicuro che anche suo figlio li amerebbe.-

-Grazie mille ragazzo!

-Si figuri, grazie a lei!-

Quando Anne tornò a casa vide che gli altri stavano facendo colazione seduti insieme attorno al tavolo.

Eleanor sorseggiava il suo tè freddo massaggiandosi le tempie, Des beveva il caffè leggendo un grande giornale ed Harry era stravaccato sul tavolo intento ad inzuppare l'ennesimo biscotto al cioccolato nel latte al Nesquik.

-Raddrizza quella schiena, Harry! Paghiamo moltissimi soldi per farti seguire dall'ortopedico più esperto di Londra e ci piacerebbe vedere dei risultati ogni tanto, ma se assumi ogni volta posizioni del tutto pessime la cosa potrebbe essere considerata quasi un miraggio!- urlò al figlio, Des.

Harry si tirò su svogliatamente continuando a mangiare i suoi biscotti senza degnare il padre di uno sguardo.

-Buongiorno famiglia!- esclamò Anne.

-Buongiorno amore!- le rivolse uno sguardo suo marito.

-Ciao mamma!- rispose Eleanor.

-'giorno.- mormorò Harry con la bocca piena.

-Ho comprato del pesce dal ragazzo del faro! È freschissimo!-

Harry fece un'espressione disgustata, Eleanor invece sussultò.

-No mamma, non devi frequentare quella gente!-

-Perché no El? Mi è sembrato un ragazzo molto bravo ed educato!-

-I miei amici dicono che sono delle persone pericolose ed è meglio stargli lontani! Per quanto ne so quel pesce potrebbe anche essere avvelenato!- disse lei alzandosi dalla sedia per parlare più animatamente.

-Oh e dimmi!- la interruppe Harry dopo aver finito di sorseggiare il suo latte. -E' per stare lontani da loro che stanotte, o meglio dire stamattina, eravate sotto il faro a fare baldoria?-

-Ti sbagli di grosso piccolo Harry, d'altronde sei un solo un quattrocchi, come pretendi di vedere fino al faro, e per di più al buio!-

Harry sbuffò e alzandosi, andò a prendere dalla credenza un pacchetto di patatine che iniziò a sgranocchiare.

-Questa cosa non mi piace! Non voglio che la mia famiglia sia messa in pericolo da dei malviventi!- ringhiò Des piegando il giornale e alzandosi dalla sedia.

-Ma il ragazzo mi è sembrato molto dolc...- provò Anne.

-No, non voglio sentire niente. Ora vado a mettere in chiaro le cose.- disse facendo per uscire dalla porta. -Anzi, Harry hai 17 anni ormai! Devi imparare a fare l'uomo! Vai tu e fatti valere!- disse rivolto al figlio che lo guardava con gli occhi sbarrati.

-Siamo in una botte di ferro allora!- esclamò sarcastica Eleanor.

-E cosa dovrei dirgli? “Siamo quelli che abitano vicino a voi, vorrei chiedervi di non fare pazzie con noi.”?-

-Fai quello che credi! Le parole ti verranno.- disse l'uomo burberamente.

Harry scosse la testa e tornò alle sue patatine.

-Non sto scherzando Harold Edward Styles, vai immediatamente!- urlò.

-Va bene, va bene vado!- disse alzandosi dalla sedia con il sacchetto di schifezze in mano.

Attraversò la sabbia bollente a piedi nudi perché il padre non gli aveva dato neanche il tempo di infilarsi le scarpe e si avvicinò al faro.

Il ragazzo che osservava sempre dalla finestra era seduto su una tavola da surf aspettando che le onde del mare diventassero buone da cavalcare.

Harry si avvicinò a lui e si schiarì la voce:

-Senti, tu e la tua famiglia...- in quel momento il ragazzo si girò di scatto folgorandolo con i suoi occhi azzurri come il mare.

A quel punto Harry non ci capì più niente.

Iniziò a farfugliare cose senza senso del tutto incomprensibili. Era come se di colpo la sua lingua avesse ricevuto un incantesimo.

-Tu.. la tua famiglia... mio padre... fastidio... strani...-

-Che ti prende?- chiese il ragazzo divertito con una voce decisamente acuta.

Harry arrossì di colpo e fece l'unica cosa che gli venne in mente per cercare di salvare la sua reputazione ormai a terra.

-Mh... patatina?- chiese porgendogli la bustina contenente ancora qualche salatino.

Il ragazzo accettò volentieri sorridendo mostrando dei denti perfetti e bianchissimi, che risaltavano ancora di più con la sua carnagione abbronzata.

Poi si scansò e fece sedere Harry vicino a lui sulla tavola da surf.

Il riccio si era completamente dimenticato del perché si fosse avvicinato al ragazzo del faro e si era anche dimenticato gli urli di suo padre.

Stava vicino al ragazzo dai capelli color caramello a mangiare patatine e a fissare il mare.

-Come ti chiami?-

-H..Harry.-

-Piacere H...Harry!-

Il riccio sorrise mostrando le sue fossette.

-Tu come ti chiami?-

-Sei nuovo, vero?- cambiò argomento lo sconosciuto.

-Sì, sono venuto qui a passare tutta l'estate con la mia famiglia.-

-Non sei grande per passare TUTTA l'estate con loro?-

-Ho solo 17 anni!- rispose Harry alzando le spalle.

-Beh, a me non sembrano poi così pochi!- rispose con fare ovvio il ragazzo misterioso.

-E' complicato...- mormorò Harry sperando che l'argomento cadesse, e così fu, infatti quel ragazzo capì di aver toccato un tasto dolente e passò oltre.

-Allora? Non mi hai ancora detto come ti chiami!-

-Senti Harry, sei nuovo. Se vuoi farti degli amici è meglio che non ti fai vedere con me!-

-Ma perché?- chiese il riccio confuso.

-E' meglio così, fidati!-

-Non ho paura di te! Non ho mai avuto un amico quindi non ho grosse pretese!-

-Forse tu no, ma la tua famiglia sicuramente sì.- rispose indicando qualcosa dietro di lui.

Des e Anne stavano camminando di gran passo verso di loro. Des aveva una faccia furibonda mentre Anne era piuttosto rammaricata.

-Che...che ci fate voi qui?- chiese il ragazzo riccio alquanto imbarazzato.

-Siamo venuti a fare quello che avresti dovuto fare tu! Fila a casa signorino, dopo faremo i conti! Ah... dimenticavo! Sei in punizione, Harry!-

-Ma come?- provò a ribellarsi il ragazzo.

-Non obiettare! Fila in camera tua!- urlò l'uomo.

Harry tornò in casa strusciando i piedi e sollevando granelli di sabbia.

Poi andò in cucina, prese due girelle al cioccolato e si diresse verso la sua camera.

-Sai, dovresti smetterla con tutte quelle merendin...-

Non ebbe modo di continuare a sentire le raccomandazioni della sorella perché si chiuse a chiave in camera sua buttandosi di peso sul letto.

Dopo qualche ora Anne lo venne a chiamare per pranzo, il ragazzo scese con la testa bassa e si sedette vicino al padre.

-Schiena dritta, Harry!-

-Sì, ho capito.-

-Ora dimmi perché non sei riuscito a farti valere!-

Harry rimase zitto. Non aveva alcuna intenzione di parlare con quell'uomo così severo.

-Dai Des. Ne parlerete più tardi. Ora pranziamo!- disse Anne mettendo in tavola un grosso piatto pieno di pesci fritti che era riuscita a cucinare in segreto.

-Non li mangio, non mi piacciono!- sussurrò Harry.

-Provali tesoro, sono sicura che questi ti piaceranno. È una ricetta nuova!- disse la donna mettendogli qualche pesce nel piatto.

Harry ne prese un piccolo pezzo e poi un altro e poi un altro ancora.

-Vedi Harry? Che ti avevo detto? Ti piacciono?-

-Non ti darò questa soddisfazione, madre!- disse il ragazzo mettendo su un finto broncio.

-Rispondi bene a tua madre, razza di screanzato!- gli urlò Des mollandogli una leggera sberla in testa.

-Des calma! Stavamo solo scherzando! Devi alleggerire un po' la presa! Siamo in vacanza! Rilassati!- disse la donna.

-Scusate!- mormorò l'uomo iniziando a mangiare con la testa china sul piatto.

Dopo pranzo tutti si ritirarono nelle proprie stanze. Harry rimase qualche minuto a letto, ma dopo un po' decise di scendere al mare.

Si sedette sulla sabbia e iniziò a fissare la grande immensità.

Odiava il mare anche perché lo faceva pensare, e lui odiava pensare perché poi diventava triste.

Così si alzò e fece qualche passo verso la riva. Si tolse i pantaloni della tuta e rimase solo con una maglia bianca. Continuò ad avanzare nell'acqua fino ad immergere tutte le gambe fino al suo bacino. Rimase lì per un po' schizzando con le mani come un bambino.

Dopo decise di addentrarsi ancora un pochino. Aveva sempre avuto paura del mare, ma chissà perché quell'acqua lo invogliava a proseguire il suo percorso.

Ad un certo punto un onda più forte gli fece perdere l'equilibrio e venne travolto dalle acque.

Provò a risalire, ma improvvisamente il suo corpo divenne rigido e pesante. Non riusciva più a muovere nessun muscolo. Iniziò a bere l'acqua salata perché la sua testa non riusciva a riemergere per respirare, aveva delle fitte lancinanti alla pancia e non poteva placarle, la sua testa girava e aveva una forte nausea.

Harry realizzò che la sua vita molto presto sarebbe finita.

Forse non sarebbe stato un male. Il suoi genitori e le sue sorelle non avrebbero sentito tanto la sua mancanza con le loro vite impegnate, anzi sarebbe stato un bene perché non avrebbero più dovuto spendere soldi inutili per lui.

Mentre era immerso nelle onde del mare e nei suoi pensieri, delle forti braccia lo sollevarono.

Harry pensò che fosse veramente l'angelo della morte, ma quando aprì gli occhi non riuscì a distinguere niente se non due occhi azzurri, e di certo la morte non se l'aspettava con gli occhi azzurri.

-Ma che ti dice il cervello? Non lo sai che dopo pranzo è vietato farsi il bagno!? Ti è venuta una congestione! Come ti senti? Stai bene? Rispondi!-

-Non... respiro.... asma....-

-Cavolo! Aspettami qui. No anzi.- esclamò il ragazzo del Faro, poi lo prese in braccio come una principessa e lo portò verso casa sua velocemente.

Suonò il campanello come un ossesso e quando la figura austera di Des gli venne ad aprire lo scansò con una spallata facendo mettere Harry a terra.

-Mi serve il suo inalatore. Subito!- urlò alla famiglia che lo guardava allibito.

Poi prese una copertina di lana che era per bellezza sulla poltrona e gliela mise sulla pancia. Mentre portava in alto le sue gambe per favorire la circolazione, Anne diede ad Harry l'inalatore.

In poco tempo il ragazzo recuperò il fiato e anche il colore in corpo.

-Non sono stato abbastanza chiaro questa mattina? Non devi avvicinarti a casa nostra!- continuava ad urlare Des. Ad un certo punto il ragazzo si volto di scatto e lo fissò contrariato.

-La smetta una buona volta! Se avessi voluto farvi del male l'avrei lasciato annegare! Quando avrò finito me ne andrò.- la famiglia rimase ammutolita dalle parole del ragazzo.

-Harry, Come ti è saltato in mente di tuffarti dopo mangiato! Sei forse impazzito! E poi eri in punizione signorino! Non avresti dovuto lasciare la casa. Vorrà dire che metterò la signorina Madison a controllarti come quando avevi 10 anni.-

-Des, non è il momento. Calmati! Cosa posso fare per rendermi utile?- chiese Anne al ragazzo.

-Potrebbe andargli a preparare qualcosa di caldo e zuccherato. Deve riprendere zuccheri e riattivare l'intestino.-

-Vado subito!-

-Non ci vedo.- mormorò Harry.

-Lo so Harry, hai perso gli occhiali in acqua, più tardi provo a cercarli.- disse dolcemente lo sconosciuto.

-Grazie!- sussurrò.

-Non abbiamo bisogno di te. Puoi andartene! Lo porteremo in ospedale, non ci fidiamo delle stupide cure di un ignorante e rozzo ragazzo malato di mente come te!-

-DES PIANTALA!- urlò Anne dalla cucina.

-Oh beh, come volete. Io tolgo il disturbo. Comunque, tanto per chiarire, il primo ospedale è a 450km, dovete attraversare due isolette per arrivarci! Addio. Harry ti riporterò gli occhiali.-

-Non abbiamo bisogno neanche degli occhiali, Harry ne ha un paio di riserva e ci faremo spedire da Londra quelli nuovi!- disse acida Eleanor.

-Perfetto, arrivederci Harry!-

-Ciao, scusa!- mormorò il ragazzo ancora a terra alzando il braccio per salutarlo.

Quando la porta si chiuse con un gran tonfo suo padre lo aiutò ad alzarsi.

-Eleanor vai a prendere qualcosa di asciutto per tuo fratello! Guarda te se ora dobbiamo passare tutta l'estate a casa per colpa sua. Harry, questa è l'ultima volta che tu esci di qui senza il mio permesso. Siamo chiari?- gli urlò bruscamente.

Il riccio tramante annuì tristemente. La sua vacanza sarebbe stata un proseguimento dell'inverno: casa, schifezze e TV; peccato che la TV era completamente inutile visto che non funzionava.

Anne dopo qualche minuto gli portò la sua cioccolata calda che bevve velocemente e avidamente.

Poi la madre lo obbligò ad andare a letto e vi rimase per tutto il pomeriggio.

Harry venne svegliato verso sera da schiamazzi e risate. Non sapeva leggere l'ora così guardò fuori dalla finestra. Il sole era entrato quasi completamente nel mare e sprigionava un colore rosso acceso. Probabilmente erano le 21.00, quindi aveva dormito circa 7 ore.

Dopo essersi messo gli occhiali di riserva scese giù per vedere cosa fossero quei rumori.

Moltissimi ragazzi chiacchieravano e ridevano nel suo soggiorno intorno a sua sorella. I suoi genitori, abbracciati, li guardavano sorridendo. Era inquietante come cosa.

-Ecco Harry!- esclamò Zayn, il ragazzo che avevano incontrato il giorno prima.

Il riccio alzò la mano in segno di saluto.

Tutti i ragazzi gli si avvicinarono per accoglierlo e salutarlo lasciando sua sorella in disparte che lo guardava con odio e invidia.

-Harry, vieni! Ti presento gli altri!- esclamò Niall prendendolo a braccetto.

-Lui è Nick, è un po' il leader del gruppo, ma non glielo dire che sennò si monta la testa.- disse ridacchiando e indicando un ragazzo alto con la faccia da cavallo. Il ragazzo lo salutò con un semplice cenno di capo.

-Lei è Perrie, l'hai già vista, è la ragazza del bar!- disse indicando una ragazza dai capelli rosa che si avvicinò ad Harry e gli lasciò un bacio appiccicoso di lucidalabbra sulla guancia.

-Loro sono Ed, Olly e Josh .- disse lanciando un cuscino del divano per attirare la loro attenzione.

-Poi abbiamo Danielle che, come puoi chiaramente vedere, è la ragazza di Liam.- ridacchiò il biondo indicando la coppia che era intenta lasciarsi dolci baci sul divano.

-Grazie Niall della meravigliosa presentazione!- disse la ragazza riccia sarcasticamente staccandosi dal bacio.

-Figurati Dani!-

-Siete tantissimi!- esclamò Harry.

-Sì, è una piccola isoletta, noi ci conosciamo tutti e andiamo molto d'accordo, più o meno!- rise il ragazzo.

I ragazzi si sedettero sul divano e alcuni a terra, Harry invece si diresse in cucina per avere la sua cena. Dopo aver divorato tutto velocemente si alzò e si diresse verso i ragazzi che lo stavano aspettando.

Si sedette accanto a Liam che stava ascoltando distrattamente la conversazione guardando talvolta fuori dalla finestra da dove si intravedeva il faro.

-Liam, posso chiederti una cosa?- chiese Harry timidamente.

-Certo piccolo, dimmi!- rispose prestandogli attenzione.

-Volevo sapere... è stupido lo so... mh... mi piacerebbe sapere come.. come si chiama....-

-Louis. Si chiama Louis.-

-Il ragazzo del Faro?- chiese Harry allibito, Liam annuì.

-Come hai fatto a capire che parlavo di lui?-

-Non lo so! Sesto senso?- disse ridendo.

-E' che questa mattina mi ha salvato e quindi volevo solo sapere il suo nome, tutto qui!-

-Non è un problema, Harry. Louis è una persona speciale, non credere a chi ti dice il contrario! Non ha fatto niente di male!- disse sorridendo dolcemente.

-E allora perché...- provò a chiedere, ma fu interrotto dal ragazzo.

-C'è molta incomprensione e pregiudizio in questa isola, Harry.- detto questo si alzò e si sedette vicino a Zayn, come se non volesse più continuare il discorso.

Harry arrivò ad una conclusione: sarebbe riuscito a conoscere quel ragazzo misterioso dal nome dolce e francese.

-Ok, ora che siamo tutti, possiamo andare, che dite?- chiese Nick alzandosi in piedi dal divano.

Gli altri acconsentirono ridendo e scherzando tra loro.

Harry si avvicinò mestamente ai suoi genitori e chiese:

-Posso andare con loro?-

-Tu che dici Harold? Non ti è bastato il rimprovero di questa mattina? Ne vuoi uno davanti ai tuoi amici?- disse Des guardandolo severamente. -Sei in punizione Harry.-

-Dai Des, è solo un ragazzo, lascialo andare a divertirsi!- provò sua madre.

-No Anne. Deve iniziare a diventare adulto e a rispettare le regole. Non può sempre fare quello che vuole!- esclamò il marito.

Harry lasciò i genitori a discutere e lentamente si diresse verso i suoi amici in veranda.

-Dai Harry, andiamo o faremo tardi!- disse Zayn prendendolo per un braccio.

-Non posso, sono in punizione.- disse il ragazzo tristemente.

-Ma come in punizione?! Non sei neanche arrivato!- constatò Niall ridacchiando.

Harry alzò semplicemente le spalle sbuffando.

Dopo aver salutato gli amici tristemente andò in cucina e prese una merendina al cioccolato, poi tornò in veranda e si mise a mangiare seduto su un gradino osservando le tenui luci della notte.

Quando l'unica luce che riusciva e vedere rimase quella del Faro decise di tornare a casa. Rubò dalla credenza un'altra merendina, poi andò in camera sua e si preparò per dormire.

Quella notte non fu svegliato da nessun rumore molesto, sua sorella questa volta aveva fatto attenzione.


Angoletto
Ecco il secondo capitolo, che ne pensate? Fatemi sapere, mi fa piacere ricevere le vostre opinioni. :)
Avvertitemi se trovate errori, sono troppo stanca oggi e non ci sto molto con la testa, questa notte ho dormito meno di 3 ore. Maggio mi ucciderà. D:
Ora vado a studiare, tanto per cambiare. Ci sentiamo presto. :)
Baci, Somriure <3


 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Pulcino spennacchiato ***


-Louis, alzati ragazzo! Sono le 4:00 il tuo lavoro ti aspetta.-

Il vecchio Nathan anche quella mattina, con una pipa in bocca e il suo immancabile cappello da marinaio, era salito per la lunga scala a chiocciola che portava nella camera di suo nipote per svegliarlo. Louis era un ragazzo molto volenteroso, però amava anche dormire, cosa più che giusta a quell'ora del mattino.

Erano sempre stati loro due, Nathan e Louis.

Nathan ricordava benissimo la notte che aveva visto per la prima volta il piccolo Louis.

Quella notte il Faro non era stato acceso, Nathan aveva passato la notte a bere Tequila dimenticandosi di accendere il segnale per le navi. Così era accaduto l'impensabile.

Una nave di dimensioni considerevoli, non potendo vedere in alcun modo l'isoletta che senza Faro risultava del tutto invisibile, si era scontrata con la terra provocando la distruzione di molte case sulla riva e la morte di moltissime persone.

Nathan non riuscendo a sopportare il dolore per aver creato così tanto scompiglio era salito sul punto più alto del faro. Voleva buttarsi, se fosse caduto da lì si sarebbe di certo schiantato con gli scogli appuntiti che erano posizionati proprio sotto di lui.

Mentre stava facendo il passo che l'avrebbe portato a miglior vita, notò un baule tra le acque.

Non era un baule comune, era un baule che gorgheggiava e ridacchiava; da quel baule spuntavano due manine grassocce che si muovevano e applaudivano.

Nathan abbandonò immediatamente la sua pericolosa postazione per andare a recuperare quel bagaglio.

Come aveva immaginato nel grande contenitore c'era un bimbo di poco più di un anno. Aveva due immensi occhioni blu e un sorriso molto dolce. Appeso al collo aveva un medaglione d'oro. Sulla parte esterna c'era inciso elegantemente il nome Louis e al suo interno c'erano le foto di due persone, probabilmente i suoi genitori.

Quel bimbo sorrideva spensierato, quando magari la sua famiglia era appena morta annegata. Nathan provò da subito un amore sconfinato verso quel batuffolino salvato dalle acque che allo stesso modo aveva salvato lui.

Dapprima decise solamente di tenerlo per un po' aspettando che qualcuno tornasse a prenderlo, ma dopo un anno, visto che nessuno era andato a reclamarlo, decise di prendere con se il piccolo Louis.

Non sapeva come si dovesse educare un bambino. Lui non si era mai sposato e di conseguenza non aveva mai avuto figli.

I primi giorni potrebbe o non potrebbe avergli dato della carne bollita per cena, accorgendosi solo più tardi che i pochi dentini che il bimbo aveva non bastavano per sminuzzare un cibo così duro.

Ma alla fine Louis era cresciuto bene. A 19 anni era un ragazzo sano, forte e sveglio, frequentava con ottimi voti la scuola e il nonno Nathan era molto fiero di lui.

-No nonno, ancora 5 minuti!- borbottò il ragazzo con la voce impastata dal sonno.

-No Louis, il mondo non si crea dormendo! Alzati e splendi raggio di sole! È mattina.-

-Se vogliamo essere precisi fuori è ancora buio pesto!- puntualizzò il ragazzo mettendosi seduto sul letto e infilandosi svogliatamente le scarpe.

D'estate, quando non andava a scuola, aiutava il nonno con il lavoro. Si recava in mezzo al mare con la sua barchetta e pescava i pesci che poi suo nonno avrebbe rivenduto al mercato.

-E' mattina già da un pezzo per chi vuole lavorare. Scendi giù che ti ho preparato lo zabaione.-

Louis fece un'espressione disusata.

-Ma nonno! Perché non posso fare colazione come i comuni mortali!-

-Louis, vuoi forse morire? Vuoi forse farti mettere in testa quelle idee del diavolo dalle multinazionali? Noi siamo i padroni del mondo, Louis, non loro. Per quanto possano provarci, non riusciranno mai a cacciarci dalle nostre terre, non riusciranno mai a toglierci la natura. Non abbiamo bisogno di stupidi prodotti tutti uguali, noi abbiamo quello che gli alberi, il mare, e gli animali ci offrono! Non abbiamo bisogno di altro!- disse il vecchio scendendo le scale.

Louis sbuffò ridacchiando e seguì il nonno giù per le scale.

Loro vivevano all'intero del Faro, quindi la loro casa si erigeva verticalmente. Al pianoterra c'era una sorta di magazzino che conteneva tutti gli attrezzi della pesca e le cose che era inutile trasportare ogni volta in casa. La vera parte abitata iniziava dal primo piano con un piccolo salottino provvisto di angolo cottura, al secondo piano c'era la camera di nonno Nathan e al quarto la camera di Louis, ogni stanza poi era provvista di un piccolo bagnetto riservato. Ovviamente il quinto piano era riservato alla lampada del Faro, che Louis o il nonno dovevano controllare e pulire ogni giorno.

Dopo aver fatto colazione, il ragazzo scese nel magazzino e prese tutti gli attrezzi che gli servivano per pescare, più il suo immancabile libro di poesie che gli serviva per ammazzare il tempo.

Poi, aiutato dal nonno, fece partire la sua barca e si addentrò nel mare.

La luna e la luce del Faro illuminavano benissimo la via e Louis non aveva bisogno di altra luce.

Il mare quella mattina era piatto come una tavola da surf, non avrebbe avuto tante difficoltà a pescare.

Quando fu in un punto considerevole ancorò la barca e, con un gesto secco e forte, fece cadere la rete nel mare. Intanto iniziò a preparare delle canne da pesca nel lato opposto.

Dopo aver sistemato tutto si accomodò in una posizione confortevole e chiuse gli occhi per un po', cercando di recuperare il sonno perso.

Si svegliò come al solito dopo un'ora al garrito dei gabbiani, ora sarebbe iniziata la vera battaglia.

Louis vs Gabbiani.

Accuratamente tirò su la rete colma di pesci azzurri che erano rimasti intrappolati. Il mise in un secchio pieno d'acqua per mantenerli freschi, poi lo coprì con uno straccio per tener lontani gli uccelli che sennò avrebbero rovinato tutto il suo lavoro.

Dopo di ciò controllò le canne da pesca. Due stavano tirando, segno che dei pesci avevano abboccato, così con forza e precisione iniziò a riavvolgere il filo.

Aveva pescato due tonni di grosse dimensioni, sicuramente suo nonno ci avrebbe ricavato un bel po' al mercato.

Non avevano problemi di soldi, con il lavoro al Faro e con la vendita del pesce al mercato riuscivano a ricavare il giusto per vivere bene in due. In più suo nonno era un capitano della marina in pensione per cui aveva accumulato per la vecchiaia abbastanza soldi.

Il nonno Nathan non gli aveva fatto mai mancare nulla; loro non avevano televisioni o altri apparecchi elettronici, non ne avevano bisogno, la natura offriva loro tutto ciò che serviva. Ed erano felici così.

Quando tirò su anche il secondo pesce e poi un altra rete di sarde e alici, decise che era ora di tornare verso la riva.

Il sole era spuntato rendendo tutto il paesaggio di un piacevole colore rossastro. Louis amava l'alba, decise quindi di smettere di controllare la barca per stendersi un po' e farsi abbracciare dai raggi del tiepido sole.

Dopo qualche minuto però rimise in moto per raggiungere finalmente suo nonno che si sbracciava per farlo tornare al più presto. Il ragazzo abilmente raggiunse la spiaggia.

Quando stava per attraccare notò che seduto sulla riva c'era il ragazzo che aveva salvato da un probabile annegamento il giorno prima.

Harry era intento a disegnare con un carboncino su un blocco. Era concentratissimo, non si era minimamente accorto che Louis era ormai molto vicino, continuava a tracciare linee e a cancellare con la lingua in mezzo a i denti e con delle graziose rughette in mezzo alla fronte.

Il vento gli scompigliava i capelli interrompendo ogni secondo il lavoro del ragazzo che era costretto a portare quei ricci ribelli dietro le orecchie. Louis si ritrovò a ridacchiare per quella scena curiosa e buffa.

Così dopo aver fissato bene la barca al piccolo paletto del molo e dopo aver portato i pesci pescati al nonno, entrò in magazzino e prese una bandana con la bandiera dell'America, la arrotolò su se stessa formando una specie di fascia e si diresse silenziosamente verso il ragazzo che ancora non si era accorto di nulla.

Con un gesto rapido legò quella specie di fermacapelli intorno ai ricci di Harry.

Il ragazzo sussultò dalla paura. Credeva di essere solo con i gabbiani. Quando incontrò lo sguardo di Louis si tranquillizzò e accennò un lieve sorriso. Il ragazzo dagli occhi blu invece sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori.

-Così i capelli non ti daranno più fastidio!- esclamò alzando le spalle. Poi si voltò e tornò all'interno del Faro.

Il riccio lo fissava, mentre si allontanava, con la bocca spalancata e rosso come un peperone.

Quella mattina Harry si era alzato presto, si sentiva soffocare in quella casa piena di gente pronta a giudicarlo; così, anche se sapeva che se suo padre l'avesse scoperto lo avrebbe di certo punito a vita, decise lo stesso di disubbidire ai suoi ordini uscendo dalla casa senza permesso.

Si era portato due pacchetti di patatine e il suo immancabile blocco da disegno, l'unico mezzo che aveva per esprimersi e si era allontanato dall'abitazione.

Voleva trovare un soggetto da rappresentare. Iniziava sempre così: prendeva qualcosa come spunto e poi lasciava volare la fantasia mettendo in quel disegno tutti i suoi sentimenti e tutto quello che provava.

Uscì di casa e la prima cosa che vide fu il mare. Il grande, immenso, sconfinato mare. Troppo calmo per essere credibile. In mezzo al mare c'era una barchetta e sulla bacchetta il suo salvatore a torso nudo. Trovò che fosse un bel punto di partenza.

Così si era seduto sulla sabbia ancora umida e aveva iniziato a disegnare. Le patatine erano ancora tutte quante nella bustina, quando si sentiva ispirato non aveva bisogno di schifezze nel suo corpo.

Il mare piatto nel foglio di Harry era diventato un mare in tempesta, e la barca che navigava senza difficoltà, era piccola e sola in mezzo alle acque.

Harry osservò meglio il suo disegno e si accorse che forse era proprio quello il suo stato d'animo attuale. Solo e piccolo in mezzo alla devastazione.

Quando Louis gli portò la bandana rimase sorpreso, non gli capitava spesso di avere a che fare con persone che non fossero i suoi genitori e le sue sorelle. Non sapeva bene come comportarsi in queste occasioni, era sua sorella quella che riceveva attenzioni, non lui.

Quando Louis gli voltò le spalle con il suo meraviglioso sorriso provò un enorme senso di vuoto. Provò a rimettersi a disegnare ma la sua mano tremava, non aveva provato mai una sensazione del genere. Era come se 1000 farfalle ubriache volavano nel suo stomaco sbattendo tra loro come macchine a scontro.

Aveva sentito una volta che sua sorella Eleanor parlava di questa sensazione con Lindy la sua migliore amica.

Stava forse diventando una ragazza? Harry si preoccupò e istintivamente aprì il primo pacchetto di patatine sperando che con il cibo che entrava nel suo stomaco la sensazione si placasse.

Non voleva diventare una ragazza! Certo, adorava i vestiti colorati e aveva sempre sognato di potersi truccare, sia per nascondere le sue imperfezioni che per avere un aspetto diverso, alcune volte quando la sua famiglia si recava fuori città per promuovere le collezioni si divertiva anche a mettere un po' di smalto rosso ciliegia di sua sorella, ma non avrebbe mai potuto sopportare il ciclo ogni mese, la ceretta e i tacchi alti. No, decisamente. Non poteva diventare una ragazza!

Quando aprì anche il secondo pacchetto di patatine gli venne una fantastica idea: quella sera avrebbe chiamato sua sorella Gemma, lei stava studiando medicina, gli avrebbe potuto dare qualche farmaco per fermare il processo di trasformazione. Sì, era un ottima idea.

Abbandonò il blocco sulla sabbia, non sarebbe più riuscito a disegnare quel giorno, aveva troppi pensieri per la testa, così si concentrò solo ed esclusivamente sulle patatine.

Dopo qualche minuto, quando oramai, finite le patatine, era intento a leccarsi le dita, perché come aveva sentito il TV “Se non ti lecchi le dita godi solo a metà”, una persona che conosceva molto bene si sedette acanto a lui.

-Sono entrata in camera tua e non c'eri.- disse sua madre fissando il mare.

-Mi dispiace.- rispose Harry cortesemente. -Non riuscivo a respirare mi sentivo troppo oppr...-

-Per questo devi usare il tuo inalatore, Harry!- disse lei preoccupata.

-No, non si trattava di quello, era diverso, era più una cosa psicolo...- borbottò lui.

-Diverso? Come diverso? Harry cosa c'è che non va! Fai un colpo di tosse, non farmi preoccupare!- urlò la donna in panico.

-No mamma non è....-

-No Harry! Ora chiamo subito il dottor Chan, lo faccio venire qui d'urgenza!-

-Ma mamm...-

-No, zitto! Sto al telefono!- detto questo si allontanò di qualche passo.

Harry non captò bene tutta la telefonata, sentì solo frasi sconnesse come “ Si tratta del piccolo Harry.”, “Sta molto male”, “Deve venire subito”, “Non baderemo a spese”.

Quando la donna attaccò il telefono fece un grande sospiro. Poi guardò Harry con compassione.

-Pulcino della mamma, il dottor Chan sarà qui oggi pomeriggio non ti preoccupare, verrà in elicottero. Ha consigliato il massimo riposo. Vieni, la mamma ti aiuta a rientrare a casa.-

-Sul serio mamma, non ne ho bisogno! Non sto male fisicamente!- provò Harry.

Anne lo guardò con pietà, poi gli accarezzò la guancia paffuta.

-Andiamo pulcino.- disse porgendogli la mano.

Harry sospirò, nessuno lo ascoltava in quella casa. Era invisibile.

Arrivò a credere che per qualche strano motivo per i suoi genitori era meglio tenerlo a casa che farlo uscire.

Si alzò, si pulì i pantaloni dalla sabbia e si incamminò verso casa. Subito Anne corse accanto a lui e gli cinse i fianchi facendogli mettere un braccio sulla sua spalla.

-Pulcino, potresti non essere stabile e cadere. Il dottor Chan mi ha raccomandato di non farti fare sforzi più del dovuto.- Harry sospirò nuovamente.

Quando furono a casa Eleanor era sul divano mentre sorseggiava il suo solito tè mentre Des li aspettava alla porta con le braccia conserte.

Appena vide Harry gli mollò un ceffone sulla guancia.

-Ti avevo detto che non dovevi muoverti da qui!- sbraitò con il suo alito che sapeva di menta e tabacco. Eleanor sogghignò dal divano ed Harry iniziò a massaggiarsi la guancia rossa bollente con gli occhi colmi di lacrime.

-Des, ma sei impazzito!? Non hai mai picchiato i tuoi figli!- esclamò Anne indignata.

-Le mie bimbe erano delle ragazze non le avrei picchiate mai e poi mai, e poi non mi hanno mai dato delusioni come mi dà in continuazione questo qui! Guardatelo! Piange! Sei un uomo, Harry! Solo le femmine piangono!- disse indicando Harry con disgusto.

-Des, piantala! Harry è stato male! È uscito per prendere una boccata d'aria. Sono preoccupata, ho chiamato il dottor Chan, verrà in elicottero oggi pomeriggio.-

Des spalancò la bocca.

-Oh. Mi... mi dispiace Harry. Non volevo. Dai vieni ti accompagno su.-

-Ce la faccio da solo. Grazie.- mormorò Harry.

-No Harry, lo sai il dottore ha detto che non devi fare sforzi!- disse Anne preoccupata.

-Dai andiamo, Pulcino!- disse il padre provando a sollevarlo come quando era piccolo. Dopo vari e inutili tentativi, sotto la risata di Eleanor, decise di scortarlo semplicemente.

Arrivati in camera Anne gli preparò il letto e Des lo fece accomodare.

-Harry, quello straccio che hai tra i capelli è osceno! Figlio mio tu non sai proprio cosa voglia dire buon gusto.- Harry arrossì. Se il padre avesse saputo che quello “straccio” l'aveva ricevuto dal ragazzo che tanto odiava, sicuramente non ne sarebbe stato così felice.

Louis. Quando pensava a lui la sensazione allo stomaco tornava più forte facendolo sudare freddo.

Con quel pensiero si ricordò di aver lasciato il suo blocco a terra, sulla sabbia. Lui ne aveva bisogno.

-Mamma.-

-Dimmi pulcino spennacchiato.- disse la donna accarezzandogli la fronte.

-Potresti andarmi a prendere quel...- Harry si bloccò di colpo. Se sua madre fosse scesa in spiaggia per prendere il suo blocco non avrebbe resistito a sfogliarlo e avrebbe scoperto tutti i suoi pensieri. Quel blocco era il suo diario segreto. Non voleva che la madre conoscesse la sua essenza più interna che non riusciva ancora del tutto a capire lui.

-Dimmi Harry, cosa vuoi?- lo incitò gentilmente.

-Una merendina. Sì, una merendina. Al cioccolato. E un bicchiere di cocacola. Grazie.- disse salvandosi proprio all'ultimo.

Sua madre uscì sorridendo. Tornò dopo qualche minuto con un vassoio colmo di leccornie, c'erano biscotti, merendine, patatine, pizzette e altre golose cibarie.

Anne si sedette sul letto di Harry e iniziò a fissarlo mentre mangiava felicemente tutto quello che gli aveva portato.

La donna amava vedere Harry felice, ultimamente non lo aveva visto molto sereno e quindi cercava di accontentarlo come poteva.

Harry passò in solitudine e in silenzio diverse ore, immerso nei propri pensieri. Voleva chiamare Gemma, ma con il fuso orario lei stava dormendo a quell'ora, quindi decise di aspettare la notte.

Improvvisamente la porta si spalancò e suo padre accompagnato da tre uomini entrò nella stanza con un pacco enorme.

-Harry ho deciso di prenderti questa per farmi perdonare per stamattina. Resta lì, non devi affaticarti. L'apro io!-

I quattro uomini iniziarono a scartare il grande pacco togliendo la carta argentata che lo ricopriva.

Quando aprirono la scatola tirarono fuori una televisione al plasma a 52 pollici. Harry rimase un po' deluso in verità, sperava di poter uscire fuori, voleva disintossicarsi dalla TV.

Des notò la sua espressione contrariata e chiese:

-Che c'è Harry? Se vuoi faccio in tempo a prenderne una più grande. Ne abbiamo presa un altra anche per il soggiorno.-

-No, va bene. Grazie!- disse il ragazzo tirando un sorriso.

Des batté le mani soddisfatto.

-Benissimo! Allora loro te la monteranno e poi potrai immergerti nel tuo mondo!- così dicendo uscì dalla stanza lasciando il figlio da solo.

Quando anche i tre uomini lasciarono la stanza, Harry si stese sul letto. Non aveva voglia di vedere la TV, decise di fissare il soffitto in silenzio.

Il forte rumore dell'elica di un elicottero lo destò dai suoi pensieri. Non si affacciò alla finestra, sapeva benissimo che era arrivato il dottor Chan. Chiuse le serrande, si infilò sotto le coperte e chiuse gli occhi.

Lo volevano malato? Li avrebbe accontentati. Tanto non aveva altra scelta.

Dopo una decina di minuti il dottor Chan aprì la sua porta.

-Buongiorno signorino Styles!- esclamò con un forte accento asiatico. Il dottor Chan era uno dei migliori dottori del mondo, era stato uno dei professori di Gemma e la sua famiglia lo chiamava per ogni piccola cosa pagandolo profumatamente.

Anne tirò su le serrande facendo entrare la luce del sole pomeridiano. Vide che Eleanor era seduta in modo scomposto sulla sedia della sua scrivania, Des era in piedi con le braccia conserte ed Anne gli accarezzava la fronte. Il dottor Chan aveva la sua 24h in mano e gli sorrideva con quel suo sorriso pieno di baffi scuri.

-Allora signorino, mi descriva i sintomi.-

-Dottor Chan, le spiego io.- intervenne prontamente Anne. -Questa mattina non riusciva a...-

Sua madre iniziò a sproloquiare ingigantendo enormemente la situazione. Aveva descritto Harry come un povero ottantenne in punto di morte.

Il dottor Chan ascoltava in silenzio e annuiva annotando tutti i sintomi su una cartellina.

-Molto bene, ti farò alcuni test.- così dicendo iniziò a sottoporre il povero ragazzo ai più svariati controlli, la sua famiglia lo osservava in attesa.

Infine arrivò alla conclusione che quello di questa mattina era stato solo un episodio sporadico, ma prescrisse ad Harry lo stesso delle pasticche da prendere quattro volte al giorno.

Detto questo tornò nel suo elicottero in più fretta possibile, dopo aver ricevuto il suo profumato compenso.

Harry rimase da solo nella sua stanza dopo che il dottore uscì. La sua famiglia scese in spiaggia per prendere un po' di sole. Il ragazzo rubò dal frigo una lattina di coca cola e un ghiacciolo, poi risalì in camera e si stravaccò sul letto con tutto il bottino.

Harry si sentiva inutile, un peso per tutti. Era un oggetto nelle mani dei genitori, non aveva alcun potere decisionale.

Accese la TV e iniziò a mangiare il suo ghiacciolo. Non aveva molta voglia di seguire un programma, la accese solamente per sentirsi meno solo. Mentre era intento a togliere la linguetta della coca cola facendo il giochino dell'alfabeto (non che ci credesse veramente, ma questo giochino lo faceva sentire desiderato, almeno per un po') sentì una vocetta che non c'entrava nulla con la TV.

-E' permesso?-

Harry si alzò di scatto guardandosi intorno. La porta era serrata, nessuno era entrato.

-Sono qui dietro Harry!- continuò la voce acuta ridacchiando. Harry si voltò e trovò arrampicato sul balcone proprio Louis.

Le farfalle tornarono nel suo stomaco più feroci che mai.

-Mi dai una mano, è un po' scomodo qui!- disse allungando il braccio verso di lui.

-Ce... certo!- Harry prese la mano di Louis e lo aiutò ad entrare in camera sua.

-Co..come hai fatto a salire?- chiese il riccio leggermente preoccupato.

-Mi sono arrampicato su quell'albero!- esclamò Louis come se fosse la cosa più normale del mondo.

-Ah, sì.- convenne Harry. -Che... che ci fai qui?-

-Ah giusto! Sono venuto per riportarti questo.- alzò leggermente la maglia a righe bianche e rosse scolorita che aveva addosso e tirò fuori il blocco di Harry.

-Grazie!- esclamò il riccio. -Non so veramente come ringraziarti! C'è la mia vita qui dentro!- esclamò il riccio con gli occhi sgranati.

-Lo immaginavo! Se avessi perso il mio diario segreto sarei caduto in depressione!- disse ridendo.

Harry sorrise beandosi del suo modo di ridere.

-Non l'ho sfogliato. Se qualcuno l'avesse fatto con il mio diario l'avrei ucciso. E... ci tengo alla mia vita. Ho visto solamene il disegno che stavi facendo questa mattina e, cavolo Harry, è meraviglioso!-

-No, non è niente di che. Non sono poi così bravo.- disse arrossendo. Le farfalle erano in preda ad una danza sfrenata e dionisiaca. Harry era veramente preoccupato.

-Invece è molto bello. Non conosco nessuno disegnare così bene.- disse convinto. Harry abbassò il capo ancora più imbarazzato. Se c'era un'altra cosa che non sapeva fare era ricevere i complimenti. Di solito era sua sorella a riceverli, lui era solamente la figura di schermo, lui era il piccolo Harry, il bimbo che ancora sedeva nel tavolo dei piccoli alle riunioni di famiglia.

-Dai vieni!- lo incitò facendolo entrare in camera.

-Non so se è una buona idea. Se tuo padre mi becca mi scuoierà o peggio, mi denuncerà, e qui non ci penserebbero due volte a spedirmi in gattabuia!-

-Loro non ci sono, sono andati in spiaggia.- disse Harry tristemente. -Sono solo, come sempre.- sussurrò le ultime parole.

-Bene, in questo caso...- disse incerto Louis facendosi spazio per buttarsi sul letto di Harry.

-WOW questo letto è comodissimo!- esclamò.

-Gra...grazie, credo!- disse Harry imbarazzato.

-Posso farti una domanda?-

-Certo ragazzosenzanome!-rispose Harry rimarcando il fatto che Louis non si fosse ancora presentato ufficialmente.

Il ragazzo ridacchiò e poi fece la domanda.

-Come mai c'era un elicottero sul tetto? Non vorrei essere indiscreto, ma su quest'isola è molto raro vedere un elicottero così da vicino!-

-Il mio medico è venuto d'urgenza.- disse Harry non curante.

-Sei...sei malato?-

-No, assolutamente. I miei genitori sono solo estremamente ipocondriaci nei miei confronti e quando questo aspetto è accompagnato da soldi che ti escono da ogni poro della pelle è molto comune vedere arrivare un elicottero solo per misurarti la febbre.-

-Cavolo Haz, mi dispiace! Che vita del cavolo deve essere la tua?!-

-Haz? Sì, comunque non è molto piacevole.-

-Sì, ho deciso che Hazza sarà il tuo soprannome, ti piace?-

-No, per niente!-

-Ma come? A me sì!-

-Non.... non mi chiedi perché non mi piace?- chiese Harry titubante.

-No, non mi interessa, tanto ti ci chiamerò lo stesso.- disse Louis seriamente per poi scoppiare a ridere guardando l'espressione rattristata di Harry.

-E va bene piccolo Harold. Perché non ti piace?-

-NON MI CHIAMO HAROLD! Non mi piace perché io non conosco ancora il tuo nome e quindi non posso inventarmi un soprannome!-

-Ah, piccolo Harold, quante cose devi ancora imparare.-

-Ho detto niente Harold. Mi ci chiama solo mio padre quando è arrabbiato.-

-Va bene Hazzold, come vuoi tu.- disse, ridacchiando sotto i baffi, Louis.

Harry alzò gli occhi al cielo sbuffando, ma allo stesso tempo era estremamente divertito. Era da tanto che qualcuno diverso dalla sua famiglia non gli rivolgeva la parola senza l'intercessione di Eleanor.

-Va bene, ora è meglio che vada, devo assicurarmi che il Faro sia in ottime condizioni prima che venga acceso. E poi l'immagine i tuo padre con una mazza in mano mi perseguita.-

Entrambi i ragazzi risero. Harry dopo tanto tempo, forse per la prima volta nella vita si sentiva al posto giusto nel momento giusto. Ma allo stesso tempo la sensazione allo stomaco lo stava tormentando.

Il ragazzo scavalcò le grate del balcone e agilmente posò i piedi sul ramo dell'albero di fico adiacente alla camera di Harry.

-Comunque.... Louis!- disse prima di scendere speditamente verso la terra ferma.

Angoletto
Ecco qui il terzo capitolo. Qui si delineano meglio i caratteri delle famiglie dei nostri protagonisti.
Cosa ne pensate? Fatemi sapere, mi fa veramente piacere :)
Ora vado, a presto, Somriure ;)


 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Gli occhi disillusi ***


Harry rimase a fissare la figura tonica di Louis che si allontanava correndo verso la sua dimora. Le sue farfalle non volevano assolutamente placarsi, se si concentrava poteva sentire anche il rumore delle loro ali che sbattevano.

Pian piano il paesaggio cambiò colore prendendo una calda tonalità di rosso. Il tramonto non era mai stato più bello.

Il Faro aveva iniziato a svolgere la sua funzione rendendo il tutto ancora più romantico.

Da quella posizione notò i capelli caramellati di Louis splendere sotto la luce del rosso sole dalla finestra del Faro.

-Che ci fai lì impalato? Muoviti, è pronta la cena.- sprezzò sua sorella interrompendo la pace del momento.

In quel momento Harry venne destato dai suoi pensieri. Si accorse di avere sul volto un sorriso ebete. Le sue guance erano rosse e bollenti e si sentiva leggero e felice. La sua preoccupazione cresceva sempre di più.

Scese le scale con le gambe tremanti e si avvicinò alla tavola dove i suoi genitori, vestiti come al loro solito impeccabilmente, parlavano e sorridevano serviti da tre camerieri.

Harry scostò la sedia e si accomodò al suo posto.

Felix gli riempì un piatto di lasagne italiane, il suo piatto preferito, ma Harry stranamente non aveva fame. Era una cosa rara per lui avere mancanza di appetito. Louis lo aveva lasciato con una sensazione di pienezza piacevole.

Ecco che gli tornava in mente quel ragazzo e con lui tutte le 1000 farfalle.

Harry aveva bisogno di chiamare Gemma. Subito.

Così si alzò stridendo la sedia e borbottando parole di scuse ai suoi genitori corse in camera.

Des e Anne si guardarono perplessi. Harry aveva veramente uno strano comportamento. Decisero che dopo cena avrebbero affrontato con lui un bel discorsetto.

Quando Harry fu su, si mise il pigiama, si lavò i denti e si mise sotto le coperte. Avrebbe fatto tutti gli altri trattamenti più tardi, non voleva spaventare sua sorella.

Poi accese il computer e poi Skype. Fortunatamente Gemma teneva l'applicazione accesa ad ogni ora del giorno quindi provò a chiamarla.

Dopo qualche secondo della fastidiosa musichetta il grande sorriso di Gemma apparve nel suo schermo.

-Ciao fratellino!- urlò la ragazza. Harry sobbalzò visto che teneva l'audio al massimo.

-Ehi Gems!- ricambiò il saluto timidamente.

-Come stai piccoletto?- chiese mescolando uno strano composta rosa.

-Bene, credo. Che.. che stai facendo, Gems?-

-Oh, questo?- chiese la ragazza mostrando ad Harry il contenitore con il composto. -Voglio tingermi i capelli. Preparo la miscela e poi Cam me li colora.-

-Oh, sei sicura che sia una buona idea?-

-Dai Harry! Sembri nostra madre! A proposito, come stanno i due vecchiarelli? E la civetta?-

-Bene, bene, stanno tutti molto bene.- disse il ragazzo abbassando lo sguardo.

-E tu come stai, veramente. Non mentirmi, tanto lo scoprirei lo stesso.- disse seriamente poggiando la ciotolina sul tavolo. Harry rimase in silenzio per un po', poi la guardò attentamente e provò a spiegare la situazione senza arrivare a conclusioni affrettate.

-Sto per diventare una ragazza.- disse in modo schietto.

-Racconta, sono tutta orecchie! Che tipo di farmaci stai utilizzando? Si vedono già i primi progressi? Ma la cosa che mi interessa di più: come l'hanno presa mamma e papà?- chiese la ragazza emozionata battendo le mani.

-Ma no! Che hai capito! Non prendo nessun farmaco! Sto diventando femmina e basta.-

-Oh.- disse lei leggermente delusa. Che strani problemi mentali aveva sua sorella? -Non puoi diventare donna senza assumere nessun farmaco in particolare. Cosa ti fa pensare questo?- chiese questa volta più seriamente.

-Ho le stesse sensazioni che avete voi.-

-Cioè?-

-Eleanor una volta ha parlato di farfalle nello stomaco e io mi sento queste farfalle da due giorni.-

-Sei sicuro che non hai fatto un'indigestione di schifezze?- chiese lei ridacchiando. Poi però si illuminò.

-Attenzione gente. Il piccolo Harry si è innamorato! Chi è la fortunata?-

-Non sono innamorato! Ho solo queste stupide farfalle!-

-Harry le farfalle sono sintomo di attrazione nei confronti di un'altra persona. Sono comuni anche nei maschi!- esclamò Gemma ridendo a crepapelle.

-Non prendermi in giro! Cam... Cam le ha?- chiese il ragazzo arrossendo.

-Credo di sì, aspetta glielo chiedo. CAM HAI LE FARFALLE NELLO STOMACO QUANDO STAI CON ME?- urlò come un'ossessa. Sua sorella aveva l'eleganza di un elefante in una cristalleria.

Improvvisamente un ragazzo muscoloso con dei lunghi capelli scuri legati da un morbido codino basso si avvicinò a Gemma.

-Ciao Harry!- esclamò. Il ragazzo lo salutò con la mano.

-Allora? Hai le farfalle sì o no!- chiese nuovamente la ragazza.

-Certo che le ho quando ti vedo, amore mio.- disse avvicinandosi per posare le sue labbra su quelle di Gemma, ma la ragazza scrocchiando le dita e voltando la testa gli disse:

-Molto bene mio prode cavaliere, ha superato la prova, ora devo parlare con il mio fratellino di cose molto importanti! Via, via!- disse scacciando in malo modo il suo povero ragazzo che la guardò perplesso prima di toccarsi la tempia sinistra come per far intendere ad Harry che la ragazza fosse pazza. Poi si voltò e uscì dalla visuale di Harry.

-Allora Polpetta, vuoi dirmi chi è la fortunata o devo venire fino da te a farti il solletico?- continuò Gemma.

-In... in verità... no..non è...-

-Ok, respira, compra una vocale, prenditi un'interprete, adotta un pappagallo dal Madagascar, non lo so! Basta che parli come una persona normale e non come un coniglio in calore! Santo cielo!- lo interruppe Gemma ridacchiando. Harry arrossì imbarazzato.

Era un problema che aveva quello di balbettare a volte. Nessuno gli aveva dato tanto peso perché era tenero per i suoi genitori che un bambino, come era ancora considerato Harry, avesse delle simpatiche difficoltà nel parlare, ma per Harry la situazione stava iniziando a diventare imbarazzante. Non era più un bambino!

-Non è una lei!- mormorò abbassando il capo.

-Oh ma è fantastico! Harry, questo vuoi dire che sei gay! Ho un fratello gay, gente! Grazie, grazie, grazie, Polpetta! Ho sempre sognato un amico gay, figuriamoci un fratello! Non sono più costretta a fare shopping con tua madre e con Eleanor! Che bello...-

-Frena! Non ne sono sicuro. Non sono convinto che sia quello. Potrebbe essere solo l'atmosfera, non so, l'aria di mare! Il tramonto!- disse Harry ancora più imbarazzato. Non aveva problemi a parlare con Gemma, però questi per lui erano argomenti tabù.

-Ok Polpy, quando lo scoprirai me lo farai sapere. Ora devo andare a lavoro. Ci sentiamo presto piccolo anatroccolo!-

-Ciao Gems, è stato bello parlare con te.-

-Anche per me Harry. Mi manchi tesoro.- con questo lo schermo si oscurò.

Harry ora era più tranquillo. Doveva solo scoprire se queste farfalle c'entravano qualcosa con il ragazzo del Faro. Sospirò e si sedette sul letto posando la testa tra le mani.

Improvvisamente udì dei passi provenire dalle scale.

-Anne, lascia parlare me. Sono un uomo, so cosa prova.- il ragazzo riconobbe la voce del padre.

Non voleva subirsi una delle loro spiegazioni filosofiche sulla vita, così corse a chiudere la luce e si rintanò sotto le coperte fingendosi addormentato.

Fu molto veloce e estremamente fortunato, infatti dopo neanche mezzo secondo la porta si aprì rivelando i suoi genitori.

-Des, sta dormendo. Sono preoccupata. Non credi che sia meglio richiamare il dottor Chan? Non è dal lui saltare la cena!-

-No Anne, il dottore è venuto questa mattina, se avesse trovato qualcosa di strano ce lo avrebbe detto.- rispose suo padre.

Sua madre si sedette sul bordo del letto accarezzandogli i ricci e sospirando. Harry si chiedeva perché dovessero essere così apprensivi nei suoi confronti. Stava bene, era un ragazzo forte e sano. Non aveva bisogno di tutta questa protezione.

-Dai Anne andiamo, domani gli parleremo.-

Harry non vide l'espressione di sua madre, ma immaginò che stesse annuendo.

-In ogni caso gli lascerò un piatto pieno di cibo, in caso dovesse avere fame stanotte.- Harry quasi sorrise per questa affermazione. Aver parlato con la sorella gli aveva sciolto il nodo allo stomaco e ora era più affamato che mai. Alla parola cibo l'acquolina si formò nella sua bocca, ma per non rovinare il suo piano riuscì in qualche modo a rimanere fermo.

Dopo un po' i suoi genitori uscirono dalla sua stanza così prese il suo ultimo modello di Iphone e aprì Facebook. Voleva cercare il ragazzo del Faro, non sapeva bene come fare visto che di lui sapeva solo il nome, così cercò Liam tra gli amici di Eleanor, e, dopo avergli chiesto l'amicizia spulciò tra i suoi amici per cercare quel Louis.

Il nome Louis era abbastanza insolito, ma tra gli amici di Liam ve ne erano due: Louis Renard e Louis Leorux. Aprì i due profili ma si accorse che erano entrambi francesi e uno avrà avuto una cinquantina di anni mentre l'altro era un cane.

Harry sbuffò e dopo aver spento il suo cellulare lo scaraventò a terra. Quel ragazzo lo stava facendo impazzire. La rabbia era una di quelle emozioni che gli facevano venire fame, così aprì lentamente la porta per vedere se i suoi genitori erano ancora in attività.

Quando si rese conto che l'unico rumore era quello del fono che proveniva dal bagno privato di Eleanor si decise a scendere.

Sua madre aveva fatto le cose in grande. Aveva lasciato sul tavolo due piatti colmi di leccornie: in uno, oltre ad una grande porzione di lasagna, c'erano varie cibarie salate, mentre nell'altro troneggiavano dolci, ciambelle e biscotti.

Harry voleva portare i due piatti in camera, ma in questo modo avrebbe rischiato di svegliare qualcuno, così si sedette sulla sedia della cucina e iniziò a divorare i due piatti, prendendo prima un po' di dolce e poi un po' di salato.

Quando riuscì a spazzolare entrambi i piatti e dopo aver risucchiato anche le briciole che erano cadute sui suoi pantaloni si accorse che era troppo pieno e non sarebbe riuscito a tornare in camera molto presto, così appoggiò la testa sul tavolo e si addormentò, pronto per la colazione.

.-.-.-.-.-.

Anne, dopo essersi preparata, scese in cucina per prendere le chiavi. Voleva andare a fare la spesa al mercato molto presto, perché aveva sperimentato che se ci andava più tardi non trovava niente di buono.

Appena entrò nella stanza in penombra, notò una figura sdraiata a terra. Lanciò un urlo e prese una scopa per difendersi in caso di pericolo.

Quando però riconobbe i riccioli di suo figlio e il suo pigiama con le paperelle scoppiò a ridere lasciando cadere la scopa.

-Harry, che ci fai a terra? Stai bene?- chiese aiutando il figlio a rialzarsi.

-Sì mamma, avevo fame. Sono sceso ma mi sono addormentato qui!-

Anne sogghignò coprendosi la bocca con la mano.

-Ch.. che ore sono?-

-Sono le 7.00, sto andando a fare la spesa. Vuoi venire con me?- chiese. Harry valutò tutte le opzioni. Poteva rimanere tutto il giorno davanti alla TV, oppure uscire con sua mamma a fare spese. Decise di scegliere la seconda.

-D'accordo, verrò. Ma prima andiamo da Perrie a fare colazione.-

-Ma certo, mio caro. Però prima devi cambiarti. Non vorrai andare in giro con il pigiama.- disse Anne. Harry ridacchiò e corse in camera per cambiarsi. Si diede una sciacquata veloce e si vestì in modo casuale. Poi notò sul comodino la bandana di Louis e con un gesto rapido la adagiò sui suoi ricci cercando di imitare il lavoro fatto dall'amico.

Anne per aspettare suo figlio si mise in veranda a prendere un po' di aria fresca mattutina. In lontananza scorse gli abitanti del Faro che erano impegnati in un'accesa conversazione.

Quella mattina Louis sarebbe dovuto andare a vendere i pesci che aveva pescato, al mercato, suo nonno aveva un'importante commissione da svolgere, commissione che non voleva rivelargli.

Il giovane ragazzo era estremamente infastidito. Odiava fare la parte del mercante. La gente non comprava mai niente da lui, perché in quell'isoletta del cavolo, abitata da gente bigotta e estremamente arretrata e priva di cultura, non era ben visto da nessuno. Nessuno accettava i suoi gusti che, da quelle persone eccessivamente cattoliche, erano considerati contro natura.

Le cose diverse facevano paura, quindi la gente aveva iniziato ad allontanarlo, a partire dai suoi amici che da un giorno all'altro gli avavano voltato le spalle.

Così Louis, trasportando il suo carretto colmo di pesce fresco che a fine giornata sarebbe rimasto lì a marcire, ripassò mentalmente tutti gli insulti possibili che poteva scagliare contro le vecchiette che evitavano il suo banco con aria schifata.

Il bello era che se quelle stupide nonnette avessero saputo che il pesce che compravano tutti i giorni dal vecchio Nathan non veniva più pescato dall'uomo ormai troppo vecchio, ma bensì da suo nipote che era considerato il lebbroso della comunità per uno stupido errore, sarebbero corse a farsi una lavanda gastrica per paura di essere state in qualche modo contagiate.

Louis sistemò il suo banchetto accanto al box della frutta. Poi posizionò attentamente i pesci divisi per tipologie e mise sopra un cartellino con scritto nome e prezzo.

Poi si appoggiò al muro chiudendo gli occhi. Sarebbe stata una giornata molto noiosa e doveva trovare qualcosa da fare, ma per ora non aveva niente in mente, aveva anche scordato il suo libro di poesie a casa.

Così decise semplicemente di riposare gli occhi che si erano dovuti aprire già alle 4.00 di quella mattina.

Chissà cosa aveva da fare suo nonno di così importante per lasciarlo in balia delle vecchiette arroganti? Quando sarebbe tornato a casa gli avrebbe fatto un bel discorsetto.

Il loro rapporto era così: nonno Nathan sgridava Louis se c'era bisogno e, all'occorrenza, Louis sgridava nonno Nathan.

Ad un certo punto una voce profonda ma troppo contenta per non risultare fastidiosa interruppe i suoi pensieri.

-Ciao Louis!- disse Harry sventolandogli la mano sotto il naso.

-Oh guarda chi c'è! Il piccolo Hazzold!- rispose Louis non degnandosi neanche di aprire gli occhi facendo un semplice cenno con il capo.

-Che fai di bello?- chiese il ragazzino troppo felicemente.

-Cosa ti sembra che stia facendo, ragazzino? Sto riposando!-

-Ma non hai paura che ti rubino i pesci?-

-Nessuno tocca il mio pesce!- esclamò seriamente Louis aprendo solo allora gli occhi per guardare in modo duro Harry. Il riccio rabbrividì, ma cercò di non darlo a vedere.

-Tu piuttosto? Hai ucciso i tuoi genitori e sei riuscito a scappare dalla prigione che i tuoi chiamano casa?-

-Ah ah, molto simpatico.- disse Harry con un certo cipiglio offeso sul volto. -Sono venuto con mamma a fare la spesa, ma lei si è fermata a parlare con una certa Maura e mi ha detto di farmi una passeggiata.-

-E bravo il nostro Harry. Alla scoperta del mondo. Sei sicuro che non ti stia seguendo uno dei 30 schiavi che avete assunto per questo periodo? I tuoi genitori ti lasciano veramente a girovagare da solo per un pericolosissimo mercato!?- lo sbeffeggiò Louis.

-Non è simpatico da parte tua, Louis. Ti piacerebbe che qualcuno ti rimarcasse in continuazione una cosa che ti fa soffrire?- mormorò Harry offeso e ferito dal ragazzo che aveva creduto che potesse diventare un suo amico.

-Hai ragione.-

-Co... come?- chiese il riccio alzando lo sguardo sorpreso.

-Hai ragione, sono stato cattivo. Ti ho trattato male. Non te lo meriti. Ti chiedo scusa.-

-Mi... mi chiedi scusa? Veramente?- chiese allibito Harry.

-Sì, ti chiedo scusa, ti ho trattato male ingiustamente e mi scuso. Non è da me. Capisco cosa si prova.-

Harry era profondamene incredulo. Gli capitava tutti i giorni di essere insultato dalla sorella e dai suoi amici, ma mai nessuno di loro gli aveva chiesto scusa, quasi non sapeva che suono avesse quella parola.

Il riccio annuì mostrando delle timide fossette.

-Hai messo la bandana che ti ho dato ieri!- esclamò divertito Louis.

-Sì... la rivuoi? Ecco, te la ridò!- affermò Harry portandosi le mani in testa per togliersi quel comodo fermacapelli inventato dall'amico.

-No, lascia! Ti sta bene! Tra i miei spaghetti non risalterebbe così!- esclamò Louis.

Harry annuì sorridendo timidamente. Le sue farfalle erano così feroci quella mattina che quasi aveva bisogno di tenersi lo stomaco. Forse sua sorella aveva ragione.

Ma no, che ne sapeva Gemma! Mica viveva nella sua pancia per sapere la natura delle sue farfalle! Harry decise che averebbe fatto una ricerca su internet.

Sì, internet era senza dubbio più affidabile.

-Mia madre mi ha dato dei soldi!- disse scacciando quei pensieri e sventolando una banconota da venti euro. -Quanto costano questi qui?- chiese indicando un cumulo di pesci azzurri che erano accatastati ad un lato.

-Harry sei noioso. Sono scritti sul paletto il prezzo e il nome! Non mi far lasciare questo punto al fresco e all'ombra!- esclamò annoiato Louis stropicciandosi gli occhi.

Harry annuì preoccupato. E ora che diamine c'era scritto lì sopra? Alci...Acli...Acili...Alici... e poi costavano 12,30... 15,30... 15,80...

Harry si portò le mani ai capelli frustrato. I suoi denti mordicchiavano così forte il labbro inferiore che la lingua aveva sentito il sapore del sangue.

Louis scorgendo un momento di difficoltà negli occhi del ragazzo più piccolo, strappò il cartellino dai pesci e lo lesse.

-Harry, queste sono alici e vengono 12,30 al kg.- disse pazientemente ma guardando l'amico con curiosità. Harry annuì rimettendosi tristemente i soldi in tasca.

-Non mi intendo di affari. Verrà mamma e li comprerà lei. Erano molto buoni l'altra volta.- disse senza un briciolo di emozione nella voce. Louis rimase sorpreso chiedendosi cosa fosse capitato a quel ragazzino che poco fa sprizzava felicità da tutti i pori.

-E' meglio che io torni a casa.- mormorò voltandosi. Ma Louis lo raggiunse e lo fermò da un braccio.

-Che succede Hazzold?- chiese preoccupato.

-Niente, niente. Dove posso trovare la strada di casa?- chiese con una vocetta lamentosa.

-Forse è meglio che aspetti tua madre. Non posso lasciare il banco, anche se sono sicuro che nessuno prenderà nulla.- Harry annuì cupamente.

-Siediti qui all'ombra.- disse trascinando il ragazzo verso una sedia di legno dietro il bancone.

In quel momento nell'animo di Harry erano tornate tutte le emozioni negative che lo avevano accompagnato durante gli anni scolastici falliti.

Lui, il bambino imbecille che a 17 anni ancora non sapeva leggere. Lui, il bambino insicuro che sfogava le sue emozioni solo attraverso stupide merendine. Lui, il bambino timido che non si sarebbe mai fatto degli amici.

I suoi genitori avevano ragione, lui non sarebbe mai cresciuto, non sarebbe mai diventato qualcuno. Lo aveva appena sperimentato non riuscendo a compiere neanche un'azione così semplice come quella di fare la spesa.

Louis osservava questo strano ragazzo con la coda dell'occhio e per una volta in vita sua aveva trovato un suo simile.

Harry era completamente diverso da lui, ma per qualche strano aspetto i due si assomigliavano immensamente.

Aveva il suo stesso sguardo disilluso, lo sguardo di chi ormai è stanco di una situazione ma non può fare nulla per cambiarla, lo sguardo di chi vorrebbe che tutto cambi ma è sicuro che niente cambierà mai.

Quel ragazzo con gli occhiali e l'acne si sarebbe rivelato un buon amico, Louis era deciso ad aprirgli le porte della sua amicizia. Forse, chissà, in due si sarebbero sentiti meno soli.


Angoletto
Ecco il nuovo capitolo. Come vi è sembrato? Fatemi sapere.
La scuola per me è finita (menomale) quindi spero di riuscire a pubblicare più spesso.
Ora vado a letto.
Ci sentiamo bella gente! :)
A presto, Somriure <3

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Le famose farfalle ***


Louis quella notte non aveva dormito. Suo nonno non aveva fatto altro che tossire tutta la notte. Una tosse secca, che faceva rimbombare tutto quanto.

Si era alzato dal letto alle 4.00 come al solito, con un forte mal di testa che si sarebbe portato per tutto il giorno.

Era sceso in cucina e aveva preparato la colazione per lui e per il nonno. Era sicuro che neanche lui era riuscito a riposare bene, così aveva scaldato un po' di latte e ci aveva messo un cucchiaino di miele che avrebbe fatto bene alla gola di suo nonno. Dopo aver spalmato un po' di burro sul pane, si recò nella camera del vecchio che era seduto con le mani sulle ginocchia.

-Buongiorno nonno, ti ho portato la colazione.- disse posando sul comodino dell'anziano signore tutto quello che gli aveva preparato.

-Molte grazie giovanotto. Questa notte non ho dormito molto bene.-

-Mi dispiace, nonno!- disse Louis preoccupato e rattristato.

-Ragazzo, quando non riuscivo a prendere sonno, mi sono chiesto se ti avevo mai raccontato di come mia sorella Shawnda intrecciava i cestini di vimini.- chiese nonno Nathan grattandosi la punta del mento.

-No nonno. Sono sicuro che sia una bella storia, come tutte quelle che mi racconti, ma ora devo proprio andare a pescare, sennò non troviamo più niente, lo sai.-

-Sì, sì. Hai ragione ragazzo.- disse dando una leggera pacca sulla spalla a Louis. -Giovanotto, dovresti anche andare a vendere il pesce al mercato. Io ho una commissione.-

-Nonno è una settimana che hai commissioni! Vuoi dirmi di cosa si tratta? Noi ci diciamo sempre tutto!-

-Tranquillo lupetto di mare, non è niente di pericoloso. Sono un uomo forte e vaccinato, so quello che faccio.- disse battendo con forza sul suo petto tossicchiando ancora un po'.

-Sarà...- disse Louis uscendo dalla camera del vecchio per recarsi in mare aperto.

Dopo aver preso la sua barca e averla indirizzata verso le acque del mare, si voltò verso la casa di Harry.

La finestra del ragazzo era l'unica illuminata da una luce blu intermittente, la luce della televisione. Quella televisione era accesa da tre giorni.

Ogni volta che passava davanti alla grande villa degli Styles rivolgeva sempre uno sguardo a quella finestra del secondo piano per sperare di vedere il suo amico affacciato, ma da tre giorni la finestra era serrata e la televisione era accesa. Per il giovane ragazzo del Faro era qualcosa di incomprensibile non uscire di casa per così tanto tempo.

Così, senza pensarci due volte, legò grossolanamente la barca al terreno e corse verso l'albero di fico che era sotto la finestra del ragazzo.

Molto attentamente e agilmente si arrampicò per quei rami aggrovigliati e in pochi minuti fu in cima. Si sporse dal grosso ramo e appoggiò la fronte alla finestra per spiare il ragazzo.

Harry era concentratissimo a giocare alla playstation, aveva la lingua tra i denti e la fronte aggrottata. Ogni tanto, con un movimento velocissimo del braccio prendeva da una grande ciotola dei popcorn e li buttava in bocca.

Louis notò con orrore che il suo letto era completamente sepolto da cartacce e bustine di merendine o altri alimenti ormai consumati.

Che problemi aveva quello strano ragazzo per ridursi in quel modo? Perché alle 4.00 di notte giocava ai videogiochi invece di dormire?

Louis preso da qualche sconosciuto slancio dal cielo iniziò a bussare con forza alla finestra trasparente. Inizialmente il ragazzo non lo sentì, troppo preso dal gioco; allora Louis bussò più forte, rischiando veramente di svegliare qualcuno.

Dopo parecchi minuti, quando il ragazzo del Faro stava per arrendersi, dei lunghi riccioli si mossero.

Harry iniziò a guardarsi intorno con circospezione. Quando il suo sguardo si posò sulla finestra, un leggero e timido sorriso si diffuse sul suo volto. Le farfalle si svegliarono improvvisamente scombussolandogli tutto lo stomaco stracolmo di schifezze.

Stancamente di avvicinò alla finestra e la aprì. Un ondata di calore che puzzava di aria chiusa e sudore si abbatté su di Louis, ma il ragazzo non ci fece troppo caso perché la sua attenzione venne catturata da un altro fattore preoccupante: gli occhi di Harry.

I suoi begli occhi verdi erano stanchi e lucidi e delle profonde occhiaie si diramavano per il suo viso.

-Buongiorno... o buonanotte, Louis!- sussurrò con una voce strascicata e assonnata. -Cosa ti porta qui?- chiese interrompendo i suoi pensieri.

-Ho visto la luce accesa e sono passato.- disse tranquillamente.

-Hai fatto bene.- sussurrò con un leggero rossore sulle guance Harry.

-Senti... mi chiedevo... ti andrebbe di venire a pescare con me?- chiese Louis avventatamente. Voleva strapparlo via da quello schermo luminoso risucchia cervelli, così usò la prima cosa che gli venne in mente.

-Non posso, se i miei lo scoprissero, sarei nei guai seri!- disse con profonda tristezza sospirando.

-Non lo verrebbero mai a sapere. Torneremo prima che tua madre si svegli. E se poi dovesse accorgersene ci inventeremo una scusa. Dai!- esclamò prendendo la mano di Harry.

-Non lo so, Lou, è pericoloso.- mormorò il riccio.

-Ma no, fidati di me! Sono o non sono colui che ti ha salvato dalle acque?!- Harry ridacchiò, poi si guardò intorno con aria preoccupata e critica e sospirò nuovamente.

-Io non sono una scimmia, non scenderò da un albero!- esclamò con le braccia incrociate. Louis ridacchiò.

-Beh, pare che questa sia casa tua, quindi puoi usare anche la porta. Dai ti aspetto giù, portati qualcosa di pesante, potrebbe fare freschetto.- consigliò il più grande.

Dopo pochi minuti Louis fu nuovamente a terra. Harry invece nella sua stanza iniziò ad avere una vera e propria crisi d'ansia.

Perché aveva accettato?! Si era ripromesso di non avere più nessun contatto con il mondo circostante! Perché non riusciva mai a seguire le proprie idee?! Era un debole, ecco perché!

Aprì l'anta del grande armadio e lo ispezionò a fondo. Che bisognava mettere in un occasione del genere? Era tentato di andare a svegliare Eleanor per chiedergli un consiglio, ma la sorella non sarebbe stata troppo felice di ascoltarlo in una normale occasione, figuriamoci nel cuore della notte.

Di disturbare Gemma non se ne parlava, lei era una donna che lavorava, non poteva perdere tempo dietro alle patetiche crisi esistenziali del suo fratellino brufoloso.

Così prese una polo bianca e un paio di pantaloni neri. Un outfit semplice e pratico, sicuramente poco sexy, ma d'altronde, cosa c'era di sexy in Harry.

Si osservò forse troppi minuti allo specchio facendo espressioni buffe e simpatiche. Non sapeva come comportarsi, così stava scegliendo la sua espressione migliore per ogni sentimento che avrebbe potuto provare. Ovviamente ne avrebbe dimenticate moltissime, a quel punto le sue gote paffute sarebbero diventate del colore del fuoco, ma non poteva farci nulla.

Scese le scale velocemente, poi si ricordò che Louis, il suo nuovo amico, gli aveva consigliato di prendere qualcosa di pesante, così risalì di corsa in camera.

Ma pesante in che senso! Gli bastava una felpa o aveva bisogno di qualcosa di più caldo? Louis aveva definito la temperatura con la parola “freschetto” quindi forse non servivano indumenti troppo pesanti.

Allora Harry perse una felpa verde e se la legò sulle spalle come faceva sempre suo padre con i maglioncini.

Infine scese nuovamente le scale. Passò davanti alla cucina e decise di portare con se un pacco di Haribo, in caso dovessero avere fame, poi dando un ultimo sguardo alla casa uscì con il sorriso sulle labbra.

Quando aprì la porta trovò un Louis seduto sui gradini della veranda ad aspettarlo. Harry non credeva fino in fondo che il ragazzo avrebbe mantenuto a promessa, c'era una parte di lui che era scettica e cercava di mantenerlo con i piedi per terra per non farlo illudere e quindi soffrire, ma quando vide il sorriso dolce del ragazzo del Faro, Harry si sciolse e rispose con il suo più bel sorriso munito di fossette.

-Andiamo?- chiese. Harry annuì.

Così i due ragazzi si diressero silenziosamente verso la piccola barca.

-E' carina! Ci reggerà?- chiese Harry preoccupato.

-Stai forse dubitando della mia piccola MobyDick?- disse Louis fingendosi allibito. Harry ridacchiò.

-No, non mi permetterei mai!- esclamò alzando le mani.

-Dai su, ti aiuto a salire!- Così Louis prese Harry per un braccio e lo sorresse per non farlo bagnare. Quando il riccio fu seduto, il giovane pescatore slegò la barca dal paletto e dopo averle dato una spinta forte, saltò su con agilità.

Harry era completamente silenzioso. Si guardava intorno con degli occhi estasiati e meravigliati.

-Ti piace?- chiese Louis.

-E' meraviglioso. Amo il riflesso della luna e delle stelle sul mare.-

-Lo so, io mi emoziono ogni volta.- il riccio annuì.

-Non eri mai stato in barca?- chiese Louis. Credeva che un ragazzo ricco come Harry avesse provato tutte le esperienze del mondo.

-Sì, mio padre ha tre yacht, ma ogni volta che andiamo c'è sempre troppa confusione per godersi il paesaggio. I miei organizzano sempre party che durano intere ore.- disse con la faccia contrariata.

Louis spalancò gli occhi. Harry parlava della sua situazione familiare come se fosse la cosa più normale del modo.

-Che studi a scuola?- chiese Louis per cambiare discorso. Non voleva continuare a rosicare per le condizioni benestanti dell'amico.

Harry si tirò su di colpo, come morso da un serpente. Si grattò la testa imbarazzato, ma guardando l'espressione confusa sul volto di Louis si affrettò a rispondere.

-Beh ecco... io... io non...-

-Harry non ti ho chiesto di elencarmi tutti gli elementi della tavola periodica! Devi solo dirmi quello che studi a scuola, se ti va!- ridacchiò Louis.

-Ehm... Giurisprudenza, business, sociologia e... letteratura inglese.- mentì spudoratamente il ragazzo.

Louis si accorse che qualcosa non andava, con il tempo aveva iniziato a capire quando la gente gli mentiva, ma decise di lasciar correre, avrebbe indagato in seguito.

-Letteratura?- esclamò Louis. -Anche io studio letteratura! Amo quella materia. A che punto del programma siete arrivati?- chiese curioso. Harry iniziò a sudare freddo.

-Emh... potremmo non parlare di scuola? Ci sono le vacanze ora!- provò il riccio.

-Hai perfettamente ragione, Hazzold.- approvò Louis. Harry sorrise soddisfatto.

Il riccio si accasciò sulla barchetta e iniziò a fissare il cielo con un sorriso dolce sulle labbra. Louis invece stranamente non si perse nel blu scuro delle acque come era suo solito, quel giorno i suoi occhi incontrarono la figura di un Harry estasiato e capì che c'era qualcosa di più particolare delle onde del mare.

Quel ragazzo era strano. Decisamente strano. Non era quel tipo di ragazzo che veniva definito bello, ma nei suoi occhi c'era qualcosa di meraviglioso. Quegli occhi di un ragazzo di 17 anni erano capaci ancora di provare stupore per le cose più banali come un fiore o come le stelle.

Il suo sguardo era lo sguardo di un bambino alla scoperta del mondo. Quello sguardo che Louis aveva perso da troppo tempo.

In poco tempo Harry si accucciò, poggiando la sua testa sul braccio e chiuse quegli occhi verdi. Louis si sentì meglio. Se era vero che quel ragazzo non dormiva da tre giorni aveva assolutamente bisogno di riposare e, se non riusciva a farlo in un ambiente poco sereno come la sua famiglia, allora sarebbe stato lui a fargli fare bei sogni.

Louis pescò moltissimi pesci nel silenzio più totale, non voleva svegliare Harry che sembrava dormire serenamente. In poco tempo fu sulla riva e solo allora iniziò a scuotere il ragazzo.

-Harry, Harry siamo arrivati. Devi svegliarti riccio.- ovviamente il ragazzo non aveva alcuna voglia di ascoltare l'amico, così Louis con le sue braccia muscolose lo prese in braccio come una principessa.

Non era del tutto leggero, le merendine che aveva visto sul suo letto si sentivano tutte sul suo corpo, ma Louis era abituato a sollevare enormi quantità di pesce e quindi non aveva problemi a sollevare anche l'amico.

Quando fu davanti casa sua esitò un attimo. Non poteva suonare, se l'avesse fatto i suoi genitori li avrebbero scoperti e sicuramente sarebbero finiti entrambi nei guai. A lui non importava più di tanto per se stesso, ma non sopportava l'idea di vedere quel cucciolo di Harry in difficoltà di fronte ai suoi genitori, quindi lo adagiò semplicemente sulla veranda di casa.

Poi prese un pezzo di carta che si trovava abbandonato a terra e scrisse un messaggio per Harry.

Infine si recò al mercato a vendere i suoi pesci.

Harry venne svegliato dal verso di un gabbiano proprio vicino a lui. Si alzò di scatto con un sorriso cercando con lo sguardo Louis. Quel sorriso morì immediatamente quando non trovò il ragazzo del Faro accanto a lui.

Le sue guance divennero rosse dall'imbarazzo. Si era addormentato nel bel mezzo di un appuntamento. Per l'ennesima volta Harry aveva avuto un segno dalla vita che gli diceva di lasciar perdere con le cose che riguardavano gli altri esseri umani.

Lui non era pronto. Non lo sarebbe mai stato. Suo padre e i suoi soldi lo avrebbero mantenuto in vita senza il bisogno di vivere una vera vita. Questa era l'unica soluzione.

Si accasciò sulla veranda in posizione fetale e iniziò a singhiozzare.

La soluzione alla sua patetica esistenza l'aveva trovata, ma era lo stesso terribilmente triste. Avevaa appena perso un amico. Louis non avrebbe più voluto parlargli. Non era capace di portare avanti un'amiciazia.

Prese il pacchetto di Haribo e con un gesto secco lo aprì. Iniziò a ingurgitare intere manciate di caramelle gommose alla volta; rischiò anche, tra le lacrime, di strozzarsi, ma in pochissimo tempo riuscì a finire il pacchetto.

Allora si tirò su intenzionato a trovare qualcos'altro da mangiare in cucina, quando un foglietto bianco, fermato da un sasso e illuminato dai tiepidi raggi solari dell'alba, catturò la sua attenzione.

Lo prese con delicatezza e lo aprì. Una scrittura dolce e delicata riempiva la maggior parte del foglio. Harry iniziò a leggere molto lentamente e con grande difficoltà.

Ciao Hassolb, non volvo seuarti, semdravi molto stacno. Sono sasto molto dene con te. Boddiamo uscire un'atlra volta se hai giac...

Harry non riuscì più a leggere nulla, come al solito le lettere iniziarono a fluttuare nel foglio e il riccio non riusciva a trovare un ordine logico. L'ultima cosa che riuscì a comprendere fu una firma a bordo pagina: con una scritta piacevole ed elegante, Louis aveva lasciato la sua sigla accompagnando il tutto con una simpatica faccina sorridente.

Harry si ritrovò finalmente a sorridere. Con una mano pulì i residui di lacrime sulle sue guance paffute e con un leggero sorriso sulle labbra, munito di fossette, tornò in camera sua, senza passare per la cucina.

Era ancora arrabbiato con se stesso, ma l'aver ricevuto un biglietto lo aveva tirato su di morale. Non riceveva mai biglietti da nessuno. Solo a Natale o al suo compleanno, ma di solito non erano molto articolati, comprendevano solo qualche augurio e le firme dei donatori. Prese il suo biglietto e lo piegò con cura per poi riporlo in mezzo all'album di disegno,una delle poche cose che erano irraggiungibili dai suoi genitori.

Harry notò che il sole stava colorando di rosa il cielo. Era ancora presto, di solito lui si svegliava quando i primi raggi arrivavano a solleticargli la fronte, e in quel momento di raggi non erano ancora potenti. Così, dopo aver buttato giù dal letto le cartacce che in quei tre giorni aveva accumulato, si stese sotto le coperte e chiuse gli occhi per la prima volta dopo tre giorni.

Forse Louis era riuscito nel suo intento.

-.-.-.-.-.-.-.-.-

Una ragazza con i capelli riccissimi aspettava che un ragazzo con un carretto tornasse dal mercato. Era seduta sulla sabbia e raccoglieva conchiglie e sassolini colorati che avrebbero abbellito il design della sua piccola casa che stava ristrutturando con le sue mani. Il vento le scompigliava i capelli e la salsedine ricopriva il suo corpo.

Quando notò in lontananza il ragazzo, la giovane donna si alzò iniziando a sbracciarsi per salutarlo.

-Dani! Che ci fai qui?- chiese Louis raggiungendola per andare ad abbracciare l'amica. -Se ti scoprono finiresti al rogo come le streghe!- la ragazza ridacchiò coprendosi la bocca con le mani.

-Lo sai che non mi importerebbe, Lou. Come stai?- chiese sinceramente.

-Bene, e tu?- Danielle sorrise e annuì, le sue gote iniziarono a colorarsi di rosso.

-Dani, che cosa mi stai nascondendo, avanti parla!- disse Louis curioso, iniziando a tirar fuori dalla barca i pesci per sistemarli in un carretto.

-Niente di che, Lou. Sono solo felice.-

-Vedo che va bene con Liam.- la prese in giro Louis, la ragazza annuì con gli occhi innamorati.

-E tu invece?- chiese lei dandogli una leggera gomitata.

-Beh sì, Dani, in un'isola di omofobi è pieno di ragazzi che cascano ai miei piedi!- esclamò Louis sarcastico.

-Forse i nostri compaesani no, ma che mi dici dei forestieri?- disse ammiccando verso la grande e lussuosa casa degli Styles.

-Stai parlando di Harry? Harry è un piccolo cucciolo indifeso bisognoso di cure! Non sono una fottuta mamma gatta!- disse ridendo.

-A sì? E allora che mi dici dal salvataggio dalle acque della settimana scorsa? Me l'ha detto Liam che si è confidato con Harry. Lo so, sono una stalker, ma non fino a questi livelli!-

-Che cosa dovevo fare? Lasciarlo morire annegato?- ridacchiò Louis.

-Il mio sesto senso da migliore amica mi dice che qualcuno era molto fiero di essersi trovato nel posto giusto al momento giusto!-

-Beh, certo! Se non ci fossi stato io sarebbe morto!-

-Mh, sarà... Ti tengo d'occhio BooBear!- disse sollevano il sopracciglio. Louis ridacchiò.

-Ehi Lou, ti va di venire con noi stasera? Saremo solo noi cinque: io, Pez, Zay, Liam e Niall. Forse si aggiungeranno anche il tuo piccolo cucciolo indifeso bisognoso di cure e sua sorella. Sarà una serata come i vecchi tempi, nessuno ti giudicherà!-

-Sai che non è così, Dani. Solo tu, e forse Pez, mi tratterete normalmente, Liam mi guarderà con troppa nauseante compassione, Niall mi ignorerà e Zayn mi insulterà per non andare contro il grande capo Nick e la sua banda di bifolchi.- disse Louis con rabbia.

-Se vuoi possiamo uscire solo noi! Sarà bell...-

-No grazie, Danielle. Sto bene così! Tu non dovresti stare qui! Tornatene nella zona protetta!-

La ragazza sospirò e dopo aver lasciato un bacio sulla guancia del suo migliore amico si allontanò lentamente dal Faro. Louis guardò la figura asciutta di Danielle allontanarsi.

Non voleva trattarla male, lei era l'unica amica che gli era rimasta dopo quel terribile giorno. Lei era stata l'unica che aveva voluto sentire anche la sua opinione. Danielle era l'unica persona che lo teneva ancora legato al mondo della società, se lei non ci fosse stata più Louis sarebbe diventato l'eremita del Faro.

Dopo aver sistemato la sua MobyDick tornò a casa. Fu una giornata abbastanza fiacca, nessun cucciolo riccio quella mattina lo venne a trovare.

Louis sperò con tutto il cuore che quel ragazzo paffuto si fosse lasciato andare ancora una volta tra le braccia di Morfeo, ne aveva veramente bisogno.

Quando rientrò, suo nonno era steso sul piccolo divanetto del soggiorno con la sua pipa in bocca e la maglietta a righe.

-Ciao nonno!- lo salutò il ragazzo.

-Ehi Louis, quanto hai guadagnato?-

-Poco, solo la signora Augusta ha comprato da me!-

-Sul serio? Come ci sei riuscito? Quella cieca del cavolo non compra mai nulla da me!-

-Ho solamente modificato la mia voce facendole credere di essere un altro!- disse ridacchiando.

-Dovrei provarci!- disse tossendo.

-Nonno, questo è quello che ho ricavato.- disse porgendogli il denaro.

-No, ragazzo. Ormai sei grande e devi imparare a cavartela da solo anche economicamente. Da oggi tutto quello che guadagnerai sarà tuo!- disse il vecchio. Louis strabuzzò gli occhi.

-Sul serio?! Sono un ragazzo indipendente!- esclamò. Poi salì di corsa in camera sua e ripose quei soldi nel suo salvadanaio di quando era piccolo a forma di vascello. Dopo andò a farsi una doccia, odiava avere l'odore del pesce addosso, lo faceva sembrare un misero pescatore.

Infondo era quello che era, ma nei suoi desideri più profondi, Louis sognava di diventare un ufficiale della Marina, proprio come suo nonno. L'umile vita che svolgeva nel Faro, ormai gli andava stretta, voleva salpare da quella piccola isoletta piena di maldicenze e ingiurie, voleva scoprire il mondo e farsi apprezzare veramente per quello che era, senza alcun pregiudizio.

Era sicuro che, con tutta l'esperienza accumulata negli anni vissuti in riva al mare con il nonno, sarebbe riuscito ad entrare nella Marina senza problemi. Doveva solo trovare il coraggio di dirlo al vecchio Nathan, poi tutto il resto era praticamente fatto.

Quando uscì dalla doccia si vestì e poi tornò a letto esausto, aveva bisogno di recuperare il sonno perduto.

Prima di chiudere gli occhi pensò ad Harry. Probabilmente anche lui stava ancora riposando, quindi era come se stessero dormendo insieme in due posti diversi.

La cosa lo fece sorridere anche se non riusciva a trovare un senso logico a tutto questo. Erano anni che non provava un sentimento del genere. Era da quando Stan era partito per andare a curarsi in America che non sentiva più le famose farfalle.

Angoletto
Scusate. Scusate veramente, non mi era mai capitato di impegare così tanto tempo per pubblicare un capitolo. Spero che non ricapiti mai più.
Come avete trovato questo capitolo? Spero che vi sia piaciuto, fatemi sapere. :)
Ora vado a letto come a recuperare il sonno perso come il povero Hazzold! ;)
A presto, Somriure <3


 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Uno tra tanti ***


Come ogni mattina Harry era stravaccato sul tavolo della cucina intento ad immergere il diciottesimo biscotto con le gocce di cioccolato nel secondo bicchiere di latte al Nesquik. Eleanor dormiva praticamente sul tavolo perché la notte precedente aveva avuto una stancante serata in una discoteca nell'isola accanto insieme a Nick, Olly, Zayn, Josh e Taylor. Anche Harry era stato invitato, ma aveva preferito andare insieme a Liam, Niall, Ed, Danielle e Perrie a prendere un gelato per poi tornare presto a casa per non perdersi l'ultimo episodio di Doctor Who.

Des come ogni giorno leggeva il giornale sorseggiando il suo caffè e Anne sistemava dei fiori di campo appena colti dalla signora Trisha, la mamma di Zayn, sul tavolo.

-Harry!- borbottò Des. Il riccio si tirò immediatamente su, pronto a ricevere una delle sfuriate di suo padre per la sua posizione poco corretta o per l'orrendo ferma capelli che aveva in testa.

-Ti andrebbe di fare un giro in barca stamattina?- chiese invece l'uomo. Harry sbarrò gli occhi e spalancò la bocca. Suo padre non gli aveva mai chiesto di uscire con lui.

-Chiudi quella bocca o ti entreranno i moscerini!- esclamò severamente. -Faremo una gita solo io e te. Ti va?- continuò. Il ragazzo chiuse la bocca e iniziò ad annuire vigorosamente.

A quel punto Eleanor uscì dal suo stato di catalessi e si rianimò.

-Posso venire anche io, papi?- chiese con gli occhioni dolci e accarezzando la mano di Des.

-No, regina del mio cuore, questa è una gita per soli uomini!-

-Ma come, paparino, ora preferisci Harry a me? La settimana scorsa mi hai detto che io ero la tua preferita! Cos'è cambiato?- chiese mettendo fuori un labbruccio che sapeva che avrebbe fatto intenerire suo padre.

Non che volesse veramente andare in barca con loro, il vento e la salsedine rovinavano i suoi capelli e il sole troppo diretto le faceva venire le macchie solari sulla pelle, ma non poteva sopportare che suo fratello condividesse un momento con suo padre.

Eleanor si chiese quale fosse il motivo: Des aveva spesso detto che considerava Harry inutile per la società. La ragazza non riusciva a comprendere tutto questo improvviso interessamento nei confronti del suo stupido fratello.

-Ma che c'entra, amore di papà? Tu sei la mia principessa e occupi un posto speciale nel mio cuore, però ho anche un altro figlio!- controbatté Des.

Harry non sopportava quei momenti. Non capiva come la sua famiglia non si accorgesse che lui aveva tutte le capacità per comprendere queste esplicite preferenze che facevano tra i figli.

Gemma era la cocca di mamma, Eleanor era la cocca di papà. E poi c'era Harry.

Il ragazzo cercò semplicemente di estraniarsi dal battibecco che suo padre stava avendo con sua sorella su chi fosse il figlio migliore.

Cercò di concentrarsi sui suoi biscotti, gli unici che non lo avrebbero mai abbandonato.

Si accorse però che aveva finito di bere anche il secondo bicchiere di latte così si alzò per prenderne un terzo, ma notò con un forte disappunto che il Nesquk era finito. Così dopo aver sbuffato, si versò un bicchiere di coca cola e tornò a sedersi pronto ad inzupparvi dentro i biscotti.

-Va bene, principessa, verrai anche tu con noi!- acconsentì alla fine Des, esausto di parlare con un'adolescente viziata e mestruata. -Per te va bene, Harry?- chiese, anche se sapeva che era una domanda retorica perché il piccolo di casa ancora non capiva certe cose.

Harry, ormai rassegnato, alzò le spalle. Poi andò in camera sua per cambiarsi.

Indossò una polo verde e un paio di bermuda abbinati. Suo padre ci teneva molto all'abbigliamento, non voleva deluderlo.

Dopo di che scese e si sedette sul divano ad aspettare gli altri due. Notò sul tavolino da tè un un cofanetto di porcellana, lo aprì e vi trovò dentro delle caramelle.

Non erano le sue preferite, ma non era troppo esigente, così tutte, una dopo l'altra, finirono nel suo stomaco.

-Ehi amore!- lo salutò sua madre sedendosi accanto a lui. Il riccio fece un cenno con il capo.

-Non sapevo che ti piacessero anche queste caramelle!- esclamò ridacchiando Anne.

-Infatti non mi piacciono!- rispose il riccio con la bocca impastata dall'appiccicume del dolcetto.

Anne gli scompigliò i ricci.

-Sei contento di fare una gita con papà?- gli chiese la donna con un sorriso troppo tirato. Harry annuì, non era un ragazzo di troppe parole.

-Io andrò un po' in spiaggia con Trisha, Maura e Karen. Sono le mamme dei tuoi amici, sono molto simpatiche!- esclamò. Harry annuì nuovamente. Così Anne, vedendo che il figlio non le dava troppo ascolto, accese la TV per vedere e commentare un programma di moda.

Dopo una buona mezz'ora padre e figlia scesero dalle loro stanze completamente perfetti ed eleganti.

-Andiamo, Harry.- disse Des lasciando un bacio sulla bocca di Anne.

Il riccio si alzò, si sistemò la maglia che si era un po' ritirata e seguì la sorella fuori dalla porta.

Davanti casa loro erano parcheggiati diversi tipi di mezzi di trasporto nautici: i loro yacht, alcune barche e dei motoscafi.

-Ragazzi, voglio in acqua la mia piccolina!- disse Des riferendosi ad una barca poco più piccola delle altre. -Voglio qualcosa di intimo per stare con i miei figli, non mi servono grandi barche.-

Subito quattro uomini iniziarono a trasportare la piccola barca bianca verso la riva, Des prese Eleanor a braccetto e fece segno ad Harry di seguirli.

Quando i tre furono sulla barca, Des azionò il motore e fece partire a tutta velocità quel mezzo di trasporto, producendo schiuma e puzza di smog. Arrivati in mezzo al mare, l'uomo spense la barca e osservò i suoi figli.

-Che mi raccontate, bambini miei?- chiese sorridendo prendendo il suo sigaro e portandolo alla bocca.

Harry alzò le spalle, mentre Eleanor si lanciò in un accurata descrizione delle sue serate mondane in compagnia dei suoi nuovi amici. Des sorrideva ascoltando la figlia, ogni tanto lanciava un'occhiata anche ad Harry, ma Eleanor cercava sempre di far tornare l'attenzione su di lei.

-El, amore mio, perché non prendi un po' di sole?- chiese Des alla figlia dopo aver ascoltato per la terza volta il suo sfogo riguardo ad un profumo disgustoso che era solito usare Josh. -Per sfilare con la nuova collezione autunnale ti vogliamo più abbronzata che mai!- disse per non farle capire che era una velata richiesta per farle chiudere la bocca.

Eleanor annuì felice ed emozionata. E poi erano convinti che fosse Harry quello che non capiva niente! Il riccio ridacchiò sotto i baffi tornando a sorseggiare la sua bibita rinfrescante.

Quando la ragazza finì di spalmarsi tutti gli oli abbronzanti e si posizionò, con i suoi occhiali Gucci, sotto il sole, Des si rivolse al figlio.

-Harry, parlami un po' di te. È tanto che non parliamo da padre a figlio. Stai diventando un ometto e voglio conoscerti meglio.- disse sbuffando dalla bocca una grande quantità di fumo. Harry tossicchiò, poi sorrise imbarazzato.

Cosa avrebbe detto Harry al padre, loro non avevano mai avuto un buon rapporto.

-Mh.. no..non lo so!- balbettò il ragazzo.

-Non balbettare una buona volta! Voglio solo parlare!- esclamò Des spalancando le braccia in un gesto scocciato.

Harry arrossì e si chiuse ancora di più in se stesso. Non amava parlare con la sua famiglia, non amava parlare in generale, soprattutto se veniva messo alle strette.

-Che ne dici di ricominciare a suonare il pianoforte? Te ne sto facendo portare uno da Londra.- disse suo padre con quel tono che non ammetteva repliche.

Harry provò a scuotere il capo ma l'uomo lo guardò con uno sguardo severo e deluso.

-Perché non puoi rendermi anche tu un padre orgoglioso? Perché devi essere sempre così inutile?- disse accendendo un altro sigaro.

Harry in quel momento rimpianse di non aver portato con se i suoi orsetti gommosi, era in momenti come quelli che ne aveva più bisogno che mai.

-V...va be..ne, lo farò..- mormorò abbassando lo sguardo.

-Ben detto, ragazzo! Da domani tornerà la signorina Wilkinson per darti lezioni. Sei contento?- chiese in modo retorico Des. Harry annuì accennando il più falso tra i sorrisi.

No, non era per niente contento. La signorina Wilkinson era una donna di cinquantanni che ne dimostrava almeno settanta, che con il suo rossetto rossissimo e il trucco troppo marcato impartiva ordini a destra e a manca rimproverando in continuazione con il suo alito fetido il povero Harry che era costretto ad ubbidire senza fiatare.

-Direi che è arrivata l'ora di tornare! Siamo stati via quasi un giorno intero! Ho delle cose da fare io! Non posso perdere tempo qui con te che non ti degni nemmeno di rispondermi come si deve!- esclamò, per poi riaccendere il motore e condurre la barca verso la riva.

Harry rimase accucciato su se stesso per tutto il viaggio. Il vento scompigliava i suoi ricci e le goccioline d'acqua gli bagnavano i vestiti, ma lui rimase lì, fermo, inerme, quasi morto, a rimuginare sulla sua patetica esistenza.

Alzò lo sguardo solo quando la barca iniziò a rallentare. Con sua enorme gioia trovò davanti a lui quel qualcuno che ogni volta sapeva fargli tornare il sorriso, così dimenticò per un attimo le parole del padre e con un salto scese dalla barca per correre da Louis.

Il ragazzo del faro lo fulminò con lo sguardo. Improvvisamente Harry si ricordò che non era solo e che suo padre non sopportava quella sua nuova amicizia così rimase impalato incapace di alzare lo sguardo verso qualcuno.

Louis fissava il padre di Harry con rabbia. Aveva le braccia incrociate e le labbra serrate.

-Perché uno stupido rozzo paesano sta posando lo sguardo su di me?- chiese Des con malignità ridacchiando in modo cattivo.

-Perché un riccone spilorcio sta inquinando il mio mare?- rispose a tono Louis guardando Des con aria di sfida.

Harry ed Eleanor sussultarono. Nessuno aveva mai avuto il coraggio di rispondere in quel modo a loro padre. Harry guardava il suo amico con ammirazione, Eleanor lo guardava con compassione, sapeva che da un momento all'altro suo padre lo avrebbe scuoiato vivo.

-Il tuo mare?- chiese Des mantenendo stranamente una calma piatta. -Mi pare che qui non ci sia nessun cartello con scritto “Proprietà privata di uno stupido rozzo paesano di cui non ho alcuna intenzione di sapere il nome”-

-Louis! Si chiama Louis!- suggerì Harry all'orecchio del padre.

Des per poco non si strozzò con la saliva, Eleanor guardò il fratello disgustata e Louis soffocò una dolce risata. L'uomo fulminò Harry con lo sguardo pronto ad alzargli una mano contro, ma Louis difese subito l'amico riportando l'attenzione su di lui.

-E' vero, non c'è nessun cartello che intesta questo mare a me, ma ce n'è uno, proprio lì,- disse indicando un grande palo bianco. -che vieta la navigazione di barche con il motore perché questa è una zona adibita solo alla pesca.-

-Oh, ma non mi dire!- disse l'uomo canzonando Louis. -Cosa vorresti farmi ora? Vorresti chiamare la polizia? Vorresti spedirmi in prigione?- chiese ridacchiando coprendosi la bocca con la mano.

Louis non amava essere trattato a pesci in faccia in quel modo, così preso da qualche strano impeto di rabbia scagliò un pugno sullo zigomo rifatto dell'uomo di mezza età che cadde all'indietro sorpreso da quel gesto.

Ben presto si gettò sul ragazzo e i due iniziarono a colpirsi violentemente. Harry non sapeva che fare, Eleanor prese il suo telefono e chiamò immediatamente la polizia che accorse dopo pochi minuti eccitata di fare qualcosa di entusiasmante nell'isoletta monotona.

Quando arrivarono la scena fu del tutto favorevole per l'uomo che si trovava a terra con un Louis rosso di rabbia intento a scagliargli addosso un altro pugno.

Due poliziotti, uno alto e secco e l'altro basso e pelato, si infilarono dei guanti e con cautela staccarono Louis dal corpo di Des.

-Oh ma guarda qui chi abbiamo!- esclamò uno di loro. -Louis Tomlinson! Finalmente ho un buon motivo per buttarti in cella!- ridacchiò quello alto legando le mani del ragazzo con due manette.

Harry boccheggiava. Non voleva che l'amico fosse portato in carcere per colpa di suo padre. Iniziò a mordicchiarsi violentemente le unghie nella speranza di trovare un po' di conforto.

Eleanor e Des annuivano soddisfatti

-Vi consiglio di farvi un'accurata visita medica! Questo qui potrebbe avervi attaccato l'AIDS!- disse l'altro poliziotto.

-Non ho l'AIDS!- sbraitò Louis in faccia all'uomo.

-Ma certo, piccolo birbantello! Vai a dirlo alla bara del figlio del sindaco che hai ucciso con la tua stupida malattia da frocio!- lo canzonò l'uomo in divisa mentre lo spingeva a forza nell'auto della polizia.

-Vado a parlare con il vecchio Nathan, non credo che questa volta abbia soldi per pagarti la cauzione!- esclamò divertito il poliziotto pelato e con un passo deciso si diresse verso il Faro.

-Le porgo le nostre più sincere scuse, signor Styles- disse in modo subdolo il poliziotto magro. -Anche a nome di questo scellerato.- e con un inchino si ritirò in macchina facendola sfrecciare con una sirena squillante che però non riusciva ad attutire le urla rabbiose di Louis.

I tre Styles rimasero impalati a fissare l'auto che si allontanava. Fu Eleanor a rompere il silenzio.

-Papi, ho paura! Non voglio avere l'AIDS!- esclamò terrorizzata.

-Ti sei fatta una dose di eroina insieme a lui?- chiese il padre con una voce senza tono.

-No!- esclamò indignata la ragazza.

-Hai avuto un rapporto sessuale con lui?- chiese nuovamente.

-Ma certo che no!- rispose disgustata.

-Bene, allora sei fuori pericolo.- disse. Poi con passo lento si diresse verso la casa.

Anne li aspettava incuriosita e piena di domande. Des la liquidò con un gesto della mano per rinchiudersi nel suo studio. Harry prima di chiudersi in camera sua saccheggiò nel modo più barbaro la cucina per cercare di sopprimere tutte le emozioni di quel giorno. Eleanor fu ben felice di raccontare tutto a sua madre riempendo di dettagli errati ed inutili tutta la storia.

Harry immergendo entrambe le mani nel vasetto di Nutella pensava al suo Louis, non poteva avere l'AIDS! Lui era perfetto! Non poteva essere malato! Non poteva morire!

Improvvisamente si accorse che delle lacrime stavano scendendo dai suoi occhi. Con le mani provò ad asciugarle, ma senza volerlo si impiastricciò la faccia di Nutella. Era diventato un piccolo cucciolo di panda morbidoso, con gli occhi neri e il resto del volto paffuto e chiaro.

Rimase lì, seduto sul letto, con la faccia sporca di cioccolato e le lacrime che piovevano sul suo viso.

Perché doveva essere tutto così difficile?!

Dopo un tempo indeterminato Anne lo chiamò dalla cucina perché era pronta la cena. Harry passò in bagno e si sciacquò il viso cercando di togliere quella crema marrone dal volto, poi scese a tavola con un espressione triste sul volto, la stessa espressione che notò sul volto di suo padre. Rimase perplesso.

Le due donne di casa iniziarono a mangiare con gusto, Harry infilava svogliatamente la forchetta piena in bocca e Des giocherellava distrattamente con il cibo senza mai metterlo in bocca.

Ad un certo punto con un forte strepitio, la sua sedia venne spinta all'indietro. L'uomo si alzò e prese le chiavi della macchina biascicando un “Torno subito!”. Gli altri si guardarono perplessi, ma nessuno commentò.

Des entrò in macchina e guidò velocemente tra le luci rossicce del tramonto. Arrivò nel centro della città e dopo qualche minuto si trovò davanti alla centrale di polizia.

Uscì dall'auto e si diresse con passo svelto e sicuro verso l'entrata dell'edificio. Appena dentro si diresse verso un poliziotto.

-Signor Styles!- esclamò il poliziotto basso di quella mattina accorrendo verso di lui! -Cosa posso fare per lei? Vorrebbe aumentare la pena di quel mascalzone? Non sarebbe una cosa legale ma per lei potrei chiudere un occhio.- disse quell'uomo meschino.

-Quanto volete per la cauzione?-

-Ca...cauzione? Ma guardi! Ha un occhio nero e un taglio sullo zigomo! È veramente sicuro di voler liberare quell'appestato?- chiese il poliziotto leggermente deluso.

-Se non lo volessi non sarei qui a perdere il mio tempo!- disse l'uomo in modo brusco.

-Ma certo! Se dovesse ripensarci saremo sempre disposti a catturare quel finocchio!- a quelle parole Des lanciò i soldi addosso al poliziotto e uscì dall'edificio.

Il poliziotto, allibito, contò i soldi che erano molti di più del normale e dopo averli riposti accuratamente, si diresse verso la cella del ragazzo.

Louis era raggomitolato su se stesso con un labbro gonfio e del sangue secco in fronte.

-Hanno pagato la tua cauzione, sei libero!- disse il poliziotto con voce piatta.

Louis non se lo fece ripetere due volte, in un attimo fu in piedi e corse fuori dalla centrale.

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Harry sospirava affacciato alla finestra. Il Faro aveva iniziato a svolgere la sua funzione, ma questa sera il riccio non aveva sentito la risata cristallina del suo amico intento a fare stupidi scherzetti al povero nonno, questa sera l'anziano signore sedeva sconsolato su una sedia di plastica bianca intento a fumare la sua pipa e ad osservare il mare.

Un leggero bussare alla porta lo destò dai suoi pensieri. Entrò Des con una vaschetta di gelato e due cucchiaini.

Si mise accanto ad Harry e gli porse un cucchiaino che Harry prese senza pensarci due volte.

-Ho pagato la cauzione per il tuo amico.- disse con una voce piatta.

Harry lo guardò contento e grato, ma poi si ricordò che il padre non approvava quella amicizia, così provò a mutare la sua espressione in un'espressione indifferente, ma, dopo vari ed inutili tentativi, decise di affogare la sua vergogna nel gelato.

-Ho capito che è un tuo amico, lo sai? Lo vedo dai vostri sguardi, sono gli sguardi di chi ha condiviso qualcosa.- Harry annuì, incapace di dire altro.

-Ancora non mi fido di lui, l'ho liberato solo perché l'avevo fatto arrestare ingiustamente, e poi, sì, l'essere omosessuale gli ha fatto guadagnare punti, ma questo non cambia nulla. Voglio fargli un accurato colloquio prima di permetterti di uscire con lui.- disse in modo serio.

Harry ridacchiò sotto i baffi. Per suo padre, anche il peggiore tra gli uomini, se omosessuale diventava automaticamente un santo. Diceva che i ragazzi gay avevano quel tocco di stile in più che mancava al resto degli uomini e per essere assunto nella sua azienda era un fattore molto influente.

Stettero in silenzio per qualche minuto, improvvisamente scorsero un Louis trafelato correre verso la sedia bianca del nonno.

-Quel ragazzo è proprio bello: ha un bel corpo, bel portamento, bei lineamenti e bei colori. Potrei chiedergli di venire a lavorare per me! Cercherò di sfruttarlo prima che la sua malattia diventi troppo evidente. Sai che bella coppia formerebbe insieme a tua sorella! Potrei portare in tour gli Elounor! Vado subito a proporlo a tua madre!- così dicendo lasciò la camera di Harry posando sul davanzale della finestra la confezione di gelato ancora completamente piena.

Harry osservando finalmente il suo Louis ridere spensierato con suo nonno, si chiese perché suo padre non aveva mai proposto una cosa simile a lui. Certo, non aveva un bel corpo, era goffo e inciampava spesso sui suoi piedi, i suoi capelli non avevano un senso, il suo unico punto di forza, ovvero i suoi occhi verdi, era coperto da enormi occhiali neri, ma sarebbe stato utile lo steso! Poteva aiutare le sarte o i fotografi, poteva portare l'acqua tra un set e l'altro. Anche lui voleva contribuire.

A volte Harry pensava che la sua vita valeva di più di quella che svolgeva adesso. Lui poteva fare di meglio che guardare la TV e mangiare schifezze. Anche lui poteva essere utile per la società.

Questi pensieri non erano nella mente di Harry così tanto spesso. La maggior parte delle volte si ritrovava a subire passivamente gli eventi che gli passavano davanti, vendendosi solamente come uno tra tanti e non come uno e i tanti.

Improvvisamente il suo telefono squillò, la faccia di Gemma che gli faceva una buffa linguaccia gli apparve davanti, così, senza esitare, rispose.

-Pronto Gems!-

-Ciao Polpetta! Come stai? Sei triste? Ti sento triste? Va tutto bene?-

-Sì Gemma, va tutto bene!- disse il riccio ridacchiando. Sua sorella era l'unica che riusciva a capirlo solamente dal tono di voce che aveva.

-Mh, sarà. Volevo dirti una cosa. In verità era una sorpresa, ma lo sai come sono, non riesco a mantenere il segreto di una sorpresa quindi te la svelerò ma solo per metà, così non mi sentirò del tutto in colpa.-

-Tu sei tutta matta esclamò Harry!-

-Harold, se mi tratti male non ti dirò nulla!-

-Avanti, spara!- la incitò il fratellino.

-Va bene. Un giorno di questi verrò a trovarvi!- esclamò contenta!

-Grazie al cielo!- sussurrò Harry a se stesso. -Quando verrai?-

-Questa è la sorpresa, Polpetta! Ora vado prima che mi sfugga altro dalla bocca. Ci vediamo anatroccolo!-

-Ciao pazza!- così dicendo si buttò di peso sul letto provocando un fastidioso rumore.

Con il sorriso sulle labbra che solo sua sorella sapeva mettergli su, si addormentò. Per un attimo non pensò a Louis, per un attimo non pensò a suo padre ne a nessun altro.

Per un attimo era solo Harry.

Angoletto

Scusate per l'enorme ritardo, ma come alcuni di voi sapranno, questa settimana non sono stata mai a casa, prima sono partita e poi sono stata nelle due tappe romane del tour di Tiziano Ferro. La seconda volta ero così vicina a lui che se entrambi allungavamo la mano potevamo toccarci (Sì, sogna, sogna). Ho provato emozioni incredibili! Adoro gli 1D, ma per Tzn provo un'amore diverso. Devo ancora riprendermi del tutto e ora ho tanta nostalgia, vorrei seguirlo per tutto il tour. :(

Passiamo al capitolo, che è meglio! Come lo avete trovato? Ci sono alcuni sconvolgimente, ma saranno tutti fondati? Lo scoprirete nelle prossime puntate! (Ok, vado a sotterrarmi!)

Ora vado a nanna, commentate gente, mi fa piacere!

Bacioni, a presto, Somriure :)

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Il ruolo dell'amico ***


Des camminava impettito con il suo completo di Armani a passo svelto sulla sabbia rovente. Harry dietro di lui saltellava contento ed emozionato come un bambino nella sua prima gita scolastica.

Arrivati davanti all'alto Faro i due si bloccarono.

-Questi rozzi paesani non hanno neanche un campanello!- commentò sarcastico Des.

-Po... possiamo sempre bussare!- consigliò Harry al padre indicando la vecchia porta di legno ormai consumata dalla salsedine e dal vento.

-E' veramente così importante per te?- chiese l'uomo al ragazzo con aria scocciata e interrogativa.

Harry annuì emozionato, mostrando le sue adorabili fossette.

-E va bene. Non voglio sentirti per tutta l'estate però.- lo avvertì severamente l'uomo.

Des alzò il braccio e colpì violentemente la vecchia porta. Tre colpi secchi e nessuna risposta.

-Andiamo Harry, non c'è nessuno.- ordinò il padre.

-Ma no! P...prova di nuovo, magari non... non hanno sentito.- lo implorò il ragazzo che dal nervosismo aveva iniziato a mangiarsi le unghie.

Des sbuffò sonoramente e colpì nuovamente la porta.

Improvvisamente un rumore di passi accompagnato da forti colpi di tosse superò il rumore delle onde.

-Chi è? Che volete?- chiese bruscamente una voce rauca e anziana. Harry arrossì, Des si schiarì la voce e parlò.

-Siamo i vicini, quelli che abitano nella casa davanti al fico.-

-Ah, i consumisti, amanti delle multinazionali e dei prodotti industriali, tutti uguali!- esclamò il vecchio riconoscendo i due sconosciuti.

-Ha parlato l'eremita del faro!- borbottò Des all'orecchio di Harry.

-Può aprire la... la porta?- chiese Harry educatamente. -Vorrei parlare con Louis.- sussurrò imbarazzato le ultime parole arrossendo leggermente. Suo padre notò questo suo cambio di umore e scosse la testa annoiato.

Il vecchio aprì solo un leggero spiraglio di porta e fece uscire la sua faccia rugosa.

-Che cosa volete dal mio ragazzo? Il mio Louis è un uomo ormai, non si lascerà offendere da stupidi scherzetti idioti fatti da ragazzini che non hanno un briciolo di intelligenza e non sanno distinguere il bene dal male.- disse amaramente e tossendo.

-I...io n..non vo..voglio t..tratt...ta...-

-Fa parlare me, razza di un idiota balbuziente che non sei altro!- inveì Des spingendo da parte il figlio per posizionarsi davanti alla faccia del vecchio.

-Mio figlio Harry vorrebbe diventare amico di suo nipote. Potrebbe dirmi dove si trova ora?- chiese scandendo bene le parole facendo sentire il vecchio Nathan un perfetto idiota.

-Non so bene chi lei sia, ma non ha il permesso di trattarmi così!- urlò animatamente in faccia all'uomo aprendo tutta la porta. -Sono un ufficiale della Marina in congedo!-

Des alzò le sopracciglia alquanto infastidito.

-Potrebbe semplicemente dirmi dove si trova suo nipote e finiamo una volta per tutte questa farsa?-

-Mio nipote non c'è! Lui lavora! Non è uno scansafatiche come suo figlio!- sbraitò il vecchio contro i due. Harry si strinse ancora di più in se stesso incastonando la testa tra le spalle, mortificato.

-Harry, andiamocene. Non credo che questo sia un bell'ambiente.- disse Des duramente prendendo il figlio con violenza dal braccio e facendolo allontanare in fretta dal guardiano del faro che continuava ad inveire contro di loro.

-Ahi, mi fai male!- si lamentò Harry.

-Sei proprio una femminuccia!- disse li padre lasciandogli improvvisamente il braccio. Harry controllò e vide che due segni violacei si erano formati nel punto in cui il padre lo aveva preso. Sospirò e continuò a camminare dietro al padre.

-Raddrizza quella schiena! Sei tutto storto!- lo rimproverò, il ragazzo ubbidì senza protestare.

Quando finalmente arrivarono a casa, Harry si precipitò in cucina, prese qualche merendina al cioccolato, poi, dopo aver preso il suo blocco da disegno, si recò in veranda per rinfrescarsi un pochino.

Aprì il blocco su una pagina a caso e scartò una merendina della kinder.

La sua matita cominciò a tracciare linee che in un primo momento non avevano alcun senso logico, ma ben presto iniziarono a prendere forma: la silhouette ben definita di un ragazzo era ben visibile al centro del foglio. Il volto non era percettibile, ma l'eleganza degli abiti e dei colori arricchivano il disegno.

D'altronde Harry era figlio di modelli e viveva con i migliori stilisti del mondo, era normale che sapesse disegnare e creare nuove collezioni, che ovviamente rimanevano segrete e nascoste. Suo padre probabilmente non lo avrebbe accettato.

Il rumore dello scacciapensieri che sua sorella aveva attaccato sulla porta di casa, interruppe i suoi pensieri.

Anne vestita con un vaporoso vestito verde si sedette sul gradino della veranda accanto a lui.

-Mamma!- esclamò Harry sorpreso chiudendo velocemente il suo blocco da disegno. -Co... cosa ci fai qui?- chiese.

-Papà mi ha raccontato un po' la storia, volevo vedere come stavi.-

-Sto bene.- disse il ragazzo senza mostrare a sua madre nessuna espressione.

Anne gli portò una mano in testa e iniziò a scompigliargli i ricci sorridendo.

-Mamma, non ho più cinque anni, basta.- la donna si bloccò di colpo.

I due rimasero in silenzio. Gli unici rumori distinguibili erano le onde del mare e il continuo masticare di una barretta ai cereali di Harry.

-Ma...mamma, po..posso chiederti una cosa?- mormorò Harry.

Anne si tirò su, sorpresa ed emozionata. Non capitava spesso che suo figlio le rivolgesse la parola così esplicitamente.

-Dimmi pulcino spennacchiato.-

-Co.. cosa ha fatto... cambiare idea a... papà. Su Louis.-

-Beh, lo sai, tuo padre è un grande sostenitore dei diritti omosessuali. Da quest'anno abbiamo anche iniziato una campagna di sensibilizzazione per l'AIDS, quindi vedendo il bell'aspetto di Louis ha pensato di assumerlo come modello perché sarebbe un esempio molto evidente per le nostre opere sociali. E, sai com'è tuo padre, quando si mette in testa una cosa è disposto a tutto pur di realizzarla quindi anche spingerlo a diventare amico di suo figlio.- disse la donna non rendendosi costo di aver appena pugnalato alle spalle il povero Harry che credeva che per una volta suo padre avesse avuto un interessamento nei suoi confronti senza pensare a se stesso.

Harry scartò una crostatina al cioccolato la infilò quasi del tutto in bocca. Sua madre sospirò e si alzò dal gradino.

-Vado a fare la spesa piccolo, vista la velocità che ci metti a finire un pacco di biscotti dovremmo assumere una multinazionale che possa sfornare dolci in continuazione!- esclamò ridacchiando dirigendosi vero la macchina.

Harry non rispose, guardò semplicemente il corpo di sua madre allontanarsi da lui. Si accucciò ancora di più su se stesso e sospirò.

-Harry!- lo chiamò svogliatamente sua sorella dalla finestra. -E' arrivata la signorina Wilkinson per le prove di pianoforte.-

Benissimo! Quella giornata andava di bene in meglio! Pensò sarcasticamente il ragazzo. Poi si alzò, prese una manciata di caramelle dal soggiorno e se le mise tutte in bocca.

Si diresse verso la sua stanza dove era stato posizionato un pianofort e dopo aver bussato, entrò.

-Oh eccoti! Se mi avessi fatto aspettare altri tre minuti me ne sarei andata! Lo sai, non amo il ritardo! Ora iniziamo, se le cose non sono cambiate dall'ultima volta che ti ho visto la situazione è tragica! Tuo padre insiste nel volerti far diventare un pianista professionista, quindi, per tentare di riuscirci (cosa alquanto improbabile, conoscendoti) dovrò insegnarti anche a leggere la musica e questa volta non reggeranno scuse come “sono dislessico, faccio fatica!”, questa volta con me dovrai sgobbare come un matto, perché sennò sai cosa ti aspetta!- sbraitò la signorina Wilkinson appena Harry fu dentro.

Il ragazzo rabbrividì, non voleva certo che la signorina usasse quei metodi poco ortodossi per punirlo, così annuì mestamente sperando che quelle due ore passassero in fretta.

-Vuoi accomodarti sullo sgabello o stai aspettando che scompaia quella zavorra che hai in testa?-

Harry corse a sedersi, scrocchiò le dita e le poggiò sul piano cercando di posizionarle in un modo abbastanza corretto per non ricevere altri insulti.

-Cominciamo proprio male ragazzo! Ti pare questa una postura da pianista? Raddrizza quella collina che ti ritrovi al posto della schiena!- Harry ubbidì e la lezione iniziò.

Il ragazzo odiava con tutto il cuore quello strumento, non era per niente bravo, ma per suo padre non eri nessuno se non suonavi uno dei due strumenti d'eccellenza: pianoforte o violino.

Harry dovette realizzare inutili scale musicali prima di passare a fare la cosa peggiore per lui: leggere il pentagramma. Ben presto tutti quei pallini neri e bianchi iniziarono a liberarsi a loro piacere tra le cinque righe nere del quadernino. La signorina Wilkinson urlava e lo insultava, dalla rabbia spezzò anche la consueta bacchetta che portava sempre con sé per correggere Harry.

Dopo due estenuanti ore al caldo, con un forte odore di sudore che proveniva dalle ascelle della signorina Wilkinson finalmente la lezione finì.

La signorina uscì dalla sua stanza sbuffando recandosi immediatamente da Des e Anne che aspettavano di sentire come fosse andata, Harry seguì la signora in silenzio.

-Un disastro! Un completo disastro! Vostro figlio è un completo idiota! Non capisco perché vi ostiniate ancora a farlo suonare!? Non combinerà mai nulla di produttivo! Non ne ha le capacita!- così dicendo uscì dalla villetta degli Styles con un passo svelto e rumoroso.

Harry prima di scappare in cucina, non poté fare a meno di notare lo sguardo deluso negli occhi di suo padre. Era una sconfitta per quella famiglia di persone brillanti ed intelligenti, lo sapeva, ma non poteva fare nulla per cambiare. Non era neanche colpa sua, se avesse avuto qualcuno accanto a lui probabilmente, non sarebbe stato ai loro livelli, ma almeno qualche soddisfazione a casa l'avrebbe portata.

Uscì dalla cucina con una busta colma di schifezze e senza guardare in faccia a nessuno si diresse in camera sua. Non accese neanche la TV, si buttò a terra e iniziò a scartare merendina dopo merendina.

Solo il cibo lo faceva stare bene, solo con il cibo nel suo organismo smetteva di pensare, solo con il cibo riusciva ad affrontare tutto.

Non aveva mai vissuto una vita piena, non sapeva come gestire le emozioni in altro modo, era sempre stato chiuso in una gabbia, senza la possibilità di ribellarsi. Non era mai stato come gli altri bambini, lui non aveva mai imparato a difendersi con le sue mani, e quindi quando provava una particolare emozione, positiva o negativa che fosse, non sapeva come comportarsi.

-Hazzold! Aiutami prima che caschi da questo stupido fico!- interruppe i suoi penserei una vocetta acuta, portatrice di mille farfalle.

Harry inizialmente pensò che si trattasse di un sogno, come faceva il ragazzo dai capelli color caramello a trovarsi sempre accanto a lui quando si sentiva particolarmente triste!

Harry alzò il capo verso la finestra e capì che non si trattava di nessun sogno. Un Louis sudato e arrossato era malamente arrampicato sul cornicione della finestra intento a sorridergli con quei suoi denti bianchissimi.

Harry, con la bocca sporca di cioccolato, si alzò e andò a recuperare l'amico prima che potesse fare un degno volo da angelo dal secondo piano della sua casa.

-Ch...che ci fai qui?- mormorò il riccio imbarazzato.

-Mi ha detto mio nonno che mi cercavi!- rispose Louis alzando le spalle.

-E' vero!- constatò Harry.

-Beh, ora sono qui! Dimmi tutto, sono tutto orecchie!- esclamò allargando le braccia.

-Emh, in verità... ecco... anche.... anche mio pa...padre vorrebbe... beh sì ecco... vorrebbe parlarti!- farfuglio ancora più imbarazzato il povero Harry immaginando il discorso che avrebbe affrontato suo padre più tardi.

-Tuo padre?- chiese allibito il più grande spalancando gli occhi. Harry annuì troppo nervoso per spiegare ulteriormente.

-E che cosa vuole da me?- sbottò Louis incrociando le braccia in segno di sfida.

-Ni..niente di ma...male. Vo..vorrebbe solo... solo parlarti, credo.-

-Ok, andiamo!- disse in modo spavaldo Louis. -Non ho paura di lui!- esclamò dirigendosi verso la porta.

-Aspetta Louis, non potrebbe piacergli l'idea di... di vederti uscire dalla mia camera senza essere passato per la porta di casa.- lo ammonì Harry. Louis sbuffò per scendere nuovamente dalla finestra.

Dopo neanche cinque minuti suonò alla porta della villa. Harry si precipitò giù dalle scale per precedere il maggiordomo di casa e aprire lui stesso all'amico.

-Ciao Louis, che piacere vederti!- esclamò Harry fingendosi sorpreso.

-Finiamola con questa farsa!- esclamò Louis spingendo Harry da un lato per poter entrare. -Dov'è?- chiese abbastanza seccato.

-Nel suo studio, vado a chiamarlo, aspetta qui!-

Harry corse su per le scale e Louis si stravaccò su un modernissimo divano in pelle come se fosse a casa sua.

Iniziò a guardarsi intorno. Notò che, nonostante fosse una villa usata solo nel periodo estivo, era curata nei minimi dettagli. C'era un pianoforte a coda appoggiato al muro, trofei e quadri dispersi in più punti della sala, ma la cosa che colpì maggiormente Louis fu una parete piena di fotografie, così si alzò e andò ad osservare meglio.

C'erano moltissime foto dei due coniugi insieme, Eleanor compariva molte volte, e insieme a lei c'era anche un'altra ragazza molto simile ad Harry. Il ragazzo riccio invece compariva solo in poche occasioni, in particolar modo nelle foto di gruppo.

Louis si rattristò e pensò che se nessuno voleva fare le foto ad Harry gliele avrebbe fatte lui. Se le meritava quel ragazzino con i baffi di cioccolata al posto di quelli veri!

In quel momento sentì dei passi per le scale, si voltò e vide che tutta l'allegra famigliola stava scendendo verso di lui.

Harry teneva in mano il suo inalatore come un ancora di salvezza e aveva un'espressione terrorizzata in volto. Eleanor aveva il suo solito ghigno strafottente ed era attaccata al braccio di suo padre, Des aveva un'aria seria e guardava Louis come per studiarlo. Anne era l'unica abbastanza normale, sorrideva a Louis in modo dolce e materno.

-Allora Louis,- esordì Des, guardando il ragazzo in modo severo. -Mio figlio vorrebbe diventare tuo amico. Sei disposto?-

-Certo, ma credo che Harry sia abbastanza grande per chiedermelo da solo! Non credo che abbia bisogno di tutta la famiglia intorno! Non dobbiamo mica sposarci!- esclamò allibito Louis. Mai nella sua vita gli era capitata una cosa del genere.

-Ragazzo, se vuoi frequentarlo, come amico, devi stare alle mie regole. Farò venire un medico ch...-

-Ma stiamo scherzando!- lo interruppe Louis. -Sono un uomo libero io! Posso frequentare chi mi pare e come cavolo mi pare! Chi è lei per obbligarmi a stare alle sue regole.-

-Bene, in questo caso... la porta è quella!- disse con un tono piatto indicando l'uscita della casa.

Louis stava per voltarsi con rabbia verso l'uscio quando per sbaglio incontrò la figura di Harry.

Il riccio era tutto incurvato su se stesso. Aveva un espressione triste e rassegnata. I suoi occhi erano lucidi segno che sarebbe scoppiato in lacrime molto presto e Louis odiava vedere i suoi occhioni verdi colmi di lacrime.

Per un attimo l'immagine di quel giorno, quando aveva trovato Harry davanti ai videogiochi mentre si ingozzava di merendine, insonne e devastato dai suoi demoni interiori, gli tornò in mente e si rese conto che ormai quel ragazzino con l'acne era entrato nel suo cuore e non sarebbe riuscito a farlo uscire tanto facilmente.

Così pensò che magari, per una volta, poteva rinunciare alla sua libertà tanto amata per aiutare un amico. Sì per amore di un amico si potevano fare sacrifici! E se questo voleva dire sottomettersi ad un padre despota, l'avrebbe fatto.

-Va bene, che devo fare.- disse svogliatamente. Lo sguardo di Harry si illuminò. Il ragazzo più giovane si guardava intorno incredulo ed emozionato.

-Verrà il nostro medico di fiducia per farti una visita completa, per evitare che tu possa attaccare qualche strana malattia a mio figlio. Poi...-

-Non sono mica un cane rabbioso io!- urlò Louis sbigottito. Poi si ricordò di Harry e decise di calmarsi incassando il colpo.

-Dicevo... poi, verrà il nostro avvocato personale e ti porrà alcune domande per vedere se sei una persona affidabile, se supererai tutte queste prove potrai diventare amico di Harry.- Louis sbuffò, Harry provò a lanciargli uno sguardo di scuse.

-Fatti trovare qui alle 18:00, inizierai le tue prove attitudinali oggi stesso.- così dicendo Des si voltò e tornò nel suo studio. Eleanor con una grande borsa da mare scese in spiaggia per raggiungere i suoi amici.

-Louis, mi dispiace.- esordì Anne. -Mio marito a volte può essere molto puntiglioso, però se lo conosci bene potresti anche trovarlo simpatico.- disse accarezzando la spalla del giovane guardiano del faro. -Volete una limonata rinfrescante che ho appena preparato?- chiese. Naturalmente Harry accettò molto volentieri, Louis alzò semplicemente le spalle.

Dopo aver servito i due ragazzi, Anne si preparò a scendere in spiaggia con le sue nuove amiche. Harry e Louis rimasero a cucina. Improvvisamente tra loro si creò un silenzio imbarazzante. L'unico rumore distinguibile era quello che produceva la cannuccia di Harry ormai arrivata alla fine della bevanda.

Quando entrambi finirono, Louis si alzò per portare i bicchieri nel lavello, poi si appoggiò al tavolo e incrociò le braccia.

-Allora Hazzold, prima di questa sera alle 18.00 non posso rivolgerti neanche la parola oppure....-

-Scendiamo in spiaggia.- lo interruppe Harry spinto da chissà quale forma di coraggio.

-Ben detto, Harry. Era quello che volevo sentire! Andiamo!- esclamò Louis. Poi corse fuori dalla porta senza neanche aspettare l'amico. Il riccio lo seguiva camminando tranquillamente.

Quando arrivò in prossimità della riva si tolse la maglietta lanciandola sulla sabbia umida e, con un tuffo a bomba, buttò in acqua.

Harry appena arrivò si sedette accanto alla sua maglietta e iniziò a piegarla ordinatamente.

Osservò quel ragazzo muscoloso e abbronzato dimenarsi e schizzare come un bambino. Si capiva che quello era il suo mondo, il suo posto di pace.

-Andiamo Harry! Buttati! L'acqua non è per niente fredda!- urlò divertito iniziando a schizzare in direzione del riccio che provava a difendersi coprendo gli occhi e gli occhiali con le mani.

-No, grazie. Preferisco stare qui.- disse tristemente.

-Ma dai Harry! Chi è che con questo mare meraviglioso preferisce stare seduto. Hai per caso le mestruazioni?- chiese scherzosamente. Harry arrossì. Louis non sapeva di aver toccato quel tasto che da qualche settimana era diventato piuttosto dolente in Harry.

Non era ancora diventato una donna, ma per qualche strano motivo credeva che fosse una questione di giorni.

-Devo venire fuori a prenderti?- chiese Louis iniziando ad uscire dall'acqua.

-NO!- urlò Harry alzandosi in piedi. -Non... non s... so nu...nu...nuotare!-

-Non sai nuotare? Come sarebbe a dire che non sai nuotare? Tutti sanno nuotare! È la seconda cosa che si impara nella vita dopo camminare! Anzi, se devo essere sincero io ho imparato prima a nuotare e poi a camminare!- iniziò a sproloquiare Louis.

-Beh, io non so nuotare!- riportò l'argomento su se stesso Harry.

-Va bene, se non entri tu, non entrerò neanche io.- disse Louis uscendo dall'acqua e sedendosi accanto ad Harry.

-Non devi. Puoi fare quello che vuoi... io... io non ti obb..-

-Oh piantala Harry. Siamo amici, ed è questo che fanno gli amici!- lo interruppe Louis.

-Gra... grazie.-

-E di che, figurati! Per così poco!-

I due ragazzi iniziarono a parlare del più e del meno osservando quella tavola piatta di mare che si ritrovavano davanti.

-Un giorno ti insegnerò a nuotare,- propose Louis. -e ti insegnerò anche a cavalcare le onde con la tavola da surf!-

-Tu non gli insegnerai proprio niente, stupido frocio!- esclamò una voce dietro di loro.

I due ragazzi si voltarono per vedere chi avesse parlato e quando Louis incontrò lo sguardo di Nick e della sua banda di perdenti intorno, formata da Zayn, Josh e Olly, sussultò.

-Hai forse paura, frocetto?- chiese divertito Olly avanzando verso Louis.

-No, per niente. Potreste solamente spostarvi, mi state coprendo il sole!- cercò di ricomporsi il ragazzo.

I quattro ragazzi accerchiarono Louis e iniziarono a guardarlo con arie minacciose.

-Quante volte ancora dobbiamo dirti di tener lontano, te e il tuo corpo malato, dalle nostre vite?- chiese Josh ringhiando sotto il suo naso.

-Quante volte ancora devo dirvi che non sono malato? E poi Harry non è una vostra vita!- provò Louis cercando di essere ironico.

Zayn però lo prese per i capelli e lo fece alzare in piedi. Subito Harry si avventò su di lui per fargli liberare la presa.

-Lascialo stare! Che cavolo state facendo!- urlò scandalizzato. Non aveva mai preso parte ad una rissa, credeva che queste cose esistessero solo nei film.

-Hazzold, non è cosa per te. Torna a casa, ci vediamo alle 18.00.- gli consigliò Louis. Poi si girò e scagliò un pugno sullo zigomo destro di Zayn.

-Fermati Lou!- urlò ancora più forte Harry. In quel momento, allarmati dalle urla, accorsero da loro anche Liam, Niall, Danielle e Eleanor.

-Ragazzi, piantatela!- urlò Liam correndo a dividere i due prendendo Zayn per le spalle.

-Che cavolo è successo?- chiese Niall guardando Nick.

-Il frocetto stava parlando con il piccolo Harry.- spiegò Josh. Eleanor sussultò correndo ad abbracciare il fratello. Harry dopo vari tentativi riuscì a staccarsi dal corpo della sorella lecchina e ipocrita.

-Non stava parlando da solo. Anche io parlavo con lui, perché... perché voglio pa.. parlare con lui. Lui è mio amico!- disse Harry provando a spiegare la situazione. Louis si spiaccicò una mano sulla fronte dalla frustrazione, sapeva che da un momento all'altro la situazione sarebbe precipitata. Danielle percepì quel suo movimento così prese Harry a braccetto e, dopo aver fatto un occhiolino a Louis, si allontanò con il ragazzo.

-Vieni Harry, ti spiego io perché è sbagliato!- disse prima di lasciare il resto degli amici cercando di farsi sentire soprattutto da Nick e gli altri.

-Dai, credo che Louis abbia capito.- disse Niall cercando di portar via il resto della banda dalla spiaggia.

-Può anche aver capito, ma il mio zigomo vuole vendetta!- sbraitò Zayn.

-ZAYN!- lo rimproverò Liam. Il moro guardò ognuno di loro negli occhi, poi sbuffò e come un bambino in castigo si allontanò con le braccia incrociate dalla spiaggia. Che strano effetto che aveva Liam su di lui, pensò Louis.

Ben presto anche gli altri se ne andarono, non avendo più nessuno da spalleggiare.

Louis rimase seduto sulla sabbia a tacciare inutili disegni tra i granelli. Non era preoccupato per Harry, sapeva che Danielle avrebbe detto la cosa giusta. Lei era una sua amica e non gli avrebbe voltato le spalle.

Con questo pensiero guardò l'orologio da polso che suo nonno gli aveva regalato per il compleanno e notò che erano già le 18:14, questo voleva dire che era in ritardo per l'appuntamento con il signor Styles.

Pensò che forse sarebbe stato meglio non frequentare più Harry. Alla fine sarebbe stato solo un male per il più piccolo. La banda di Nick avrebbe potuto iniziare a perseguitare anche lui e questa era l'unica cosa che Louis non voleva.

Però poi ripensò allo sguardo rassegnato di quel ragazzo che giocava a nascondino dietro occhialoni troppo grandi, così decise di presentarsi all'appuntamento. Magari in seguito avrebbe messo dei paletti nella loro amicizia per proteggerlo, ma per ora voleva renderlo felice. Voleva scatenare quella gioia che solo i suoi occhi sapevano manifestare.

Così accelerò il passo e si diresse verso la grande villa. Des e Anne lo stavano aspettando dietro alla porta.

-Non amo il ritardo.- disse Des in modo burbero. -Vai di spora, ti sta aspettando il dottor Chan.- gli ordinò. Louis salì le scale lentamente. Era un po' in ansia, ma alla fine quel medico non avrebbe detto niente di che. Lui era sano e non aveva niente da nascondere.

Dopo un'ora buona finalmente il controllo medico finì. Louis scese in salone accompagnato dal dottore che appena vide i due coniugi iniziò a spiegare la situazione.

-Il ragazzo è sano. Non presenta alcuna malattia contagiosa. Io sono costretto a dare il mio consenso per questa amicizia.- detto questo uscì dalla casa senza aspettare risposta.

-Molto bene, Louis. Ora ti aspetta la seconda parte della prova. Ti prego di seguirmi.- disse in modo tranquillo Des. I due salirono nuovamente le scale e si diressero verso una porta infondo al corridoio. L'uomo la aprì e permise al ragazzo di entrare.

Nella stanza li stava già aspettando una donna vestita molto bene, con un completo nero elegante.

-Lei è la signora Nadash, è l'avvocato di famiglia. Controllerà che tu dica la verità alle domande che io ti porrò. Sei pronto?- chiese. Louis annuì semplicemente.

-Molto bene, iniziamo. Perché qui ti odiano tutti.- disse senza preamboli.

-Perché sono omosessuale e credono anche, ignorantemente, che io abbia l'AIDS.- rispose Louis senza problemi. Sull'isola non era un mistero, tutti erano a conoscenza dell'orientamento sessuale di Louis, non si vergognava a parlarne.

-Non credo che tutti gli abitanti dell'isola siano ignoranti, perché questo odio si è generalizzato?-

-Il mio ex-ragazzo era malato di AIDS, entrambi lo sapevamo, quindi non abbiamo mai fatto nulla che potesse in qualche modo farmi prendere la malattia. Due anni fa Stan si è trasferito in America per avere cure migliori.-

-Fino a qui non mi pare che ci sia qualcosa di strano. Continua a raccontare, non voglio segreti.- lo spronò severamente l'uomo.

-L'anno scorso, il secondogenito del sindaco Grimshaw, è morto per la stessa malattia. Nessuno voleva ammettere che il piccolo Carl fosse omosessuale, così per l'intera isola è stato più facile incolpare me di stupro, credo, che cercare chi veramente aveva contagiato il ragazzo.- disse Louis iniziando a torturarsi le mani.

La storia lo faceva sempre soffrire un po'. Alla fine era amico di Carl e non poteva credere che Stan lo avesse tradito con un suo amico.

-Possiamo fidarci di lui, signora Nadash?- chiese l'uomo rivolgendosi all'avvocato.

-Sì, la sua mimica facciale non presentava alcun segno di finzione, stava dicendo la verità.-

-Ma certo che stavo dicendo la verità!- esclamò Louis indignato. Des lo fulminò con lo sguardo.

-Grazie, dottoressa. Mia moglie le darà il suo compenso.- ringraziò educatamente l'uomo.

Quando la donna uscì Des guardò Louis.

-Bene ragazzo. Ti do il permesso di frequentare mio figlio, come amico. Se lo fai soffrire preparati una bacinella perché tutto quello che rimarrà di te sarà polvere, siamo intesi?-

Louis annuì. Cercava di trattenere dal ridere. Era una scena troppo esilarante per lui, ma allo stesso tempo gli faceva capire quali erano le condizioni in cui viveva Harry.

Des lo fece uscire e Louis si avviò verso il Faro.

Quella sera sarebbe andato a trovare Harry, il suo nuovo amico.


Angoletto

Scusate il ritardo, ma il caldo mi uccide.
Questo capitolo è un po' di passaggio. In ogni caso, come lo avete trovato? Spero che vi sia piaciuto, fatemi sapere!
Buonanotte, Somriure <3

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Grazie Lou ***


-Quante volte te lo devo dire che questo è un SOL, razza di un'idiota che peggio non mi poteva capitare!- sbraitò la signorina Wilkinson dopo due ore ininterrotte di pianoforte. Harry sbuffò stanco e poggiò la testa sui tasti dello strumento provocando un suono dissonante.

-E ora vuoi distruggere anche il pianoforte? Alza subito quella testa!- urlò nuovamente la signora.

Harry ubbidì svogliatamente e riposizionò le dita sui tasti pronto a ricominciare quella variazione tanto lenta quanto noiosa, che probabilmente avrebbe sbagliato ancora una volta per colpa di qualche nota birichina incapace di rimanere ferma al suo posto nel pentagramma.

Mentre stava per attaccare con le prime note, sentì un leggerissimo colpetto contro il vetro della finestra. Sperò che quel Peter Pan del suo amico Louis arrivasse per rapirlo e portarlo via dalle grinfie della signorina Rottenmeier*, ma quando si voltò non vide nulla.

-Vogliamo concentrarci? Non abbiamo tutta la vita!- per fortuna, pensò Harry, che si riposizionò pronto per l'inizio della canzone.

Al tre della signorina Wilkinson era ripartito, ma un nuovo colpetto alla finestra lo fece distrarre ancora una volta. Provò a girarsi per vedere cosa fosse, ma questa fu la goccia che fece traboccare il vaso della pazienza della sua insegnante.

La signorina Wilkinson impettita prese la sua borsa e inveendo contro Harry uscì dalla sua stanza.

Il ragazzo finalmente poté precipitarsi alla finestra per vedere cosa provocasse quei leggeri colpettini.

-Oh, ce l'hai fatta finalmente!- esclamò la sua vocetta acuta preferita.

-Lou..Louis! Che... che ci fai qui?-

-Scendi, ti porto a fare un giro.- disse lui sorridendo.

-U...un giro?- chiese incredulo il riccio.

-Sì! Hai presente? Quando due persone escono di casa e fanno una passeggiata parlando del più e del meno!-

-Sì, so c...cosa v...vuol dire andare in giro!- esclamò Harry. Sua sorella Eleanor andava sempre in giro con gli amici.

-Allora dai, scendi!- lo esortò. Harry non se lo fece ripetere due volte, in un attimo mise le scarpe ai piedi, l'inalatore in tasca e si fiondò giù per le scale.

Proprio mentre stava per afferrare la maniglia della porta di casa una voce severa lo fece arrestare di colpo.

-Dove credi di andare, signorino! La signorina Wilkinson è molto delusa da te!- disse Des con quel vocione che non prometteva niente di buono.

-Io... L...Louis... io vo...vorrei.... lui m...mi..-

-Io...lui...mi..- lo scimmiottò il padre. -Che cavolo stai dicendo! Parla come le persone normali!-

-Des, calmati.- lo rimproverò Anne. -Harry caro, prendi un bicchiere di coca cola e poi riprova più lentamente, nessuno ti mette fretta, tesoro.- disse sua madre accarezzandogli la schiena e porgendogli un grande bicchiere di coca cola.

Harry accettò molto volentieri e bevve la bibita rinfrescante tutta ad un fiato, tanto che quando finì i suoi occhi iniziarono a lacrimare e uno strano pizzicore iniziò a formarsi all'apice del suo naso.

-Vi saluto! Non voglio sprecare tutta l'estate per parlare con un ritardato!- sbottò Des alzandosi dalla poltrona e dirigendosi nel suo studio.

Il rumore del bicchiere caduto a terra fu l'unico suono percepibile in quella casa.

Harry era pietrificato con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite. Mai nella vita suo padre aveva usato quell'appellativo con lui, sapeva che per lui era un punto debole e l'aveva sempre difeso quando gli altri gli sputavano addosso quel titolo.

Le sue maestre lo chiamavano sempre ritardato. Ne parlavano davanti a lui come se non capisse, ma in verità Harry non era ritardato, Harry capiva tutto benissimo. Aveva solo alcuni problemi a leggere, e a scrivere, e a contare, e a risolvere i quesiti matematici, e a parlare, e nello sport, ma non era ritardato, almeno questo credeva fino a pochi secondi prima.

-Harry, amore, lo sai, lui non intendeva...- provò Anne.

-No!- la bloccò Harry incapace di dire altro.

Doveva paralizzare quella fastidiosissima sensazione di vuoto e di inettitudine nello stomaco, doveva buttarci dentro qualcosa. Si diresse in cucina, ma poi si ricordò di Louis che lo stava aspettando fuori. Così tornò verso l'ingresso. Ma non poteva continuare a vivere con quell'ombra pesante che gli ricordava tutte le sue emozioni. Così tornò in cucina. Ma Louis?

Allora Harry fece due respiri profondi, ma questi non bastarono a placare la voracità del vuoto, perciò ne fece altri due e senza aspettare altro tempo uscì di corsa di casa lasciando sua madre e le sue inutili parole d'amore.

Louis stava seduto sul primo gradino della veranda intento a giochicchiare con alcuni sassolin. Appena lo vide saltò in piedi con il suo sorriso colmo di pienezza.

-Hazzold, ce l'hai fatta final... che cosa è successo?- disse mutando la sua espressione in un espressione allarmata, facendo tornare il vuoto che aleggiava intorno ad Harry.

Il ragazzo sospirò pesantemente e superò l'amico che lo seguì di corsa guardandolo preoccupato, ma senza dire una parola.

In che guaio si era cacciato, pensò Harry. Louis avrebbe sicuramente fatto delle domande e lui non sapeva dire le bugie (un'altra cosa da aggiungere alla lista di cose che lo rendevano un ritardato) quindi avrebbe detto la verità e anche Louis avrebbe scoperto che in verità non era nient'altro che un ritardato e lo avrebbe abbandonato come tutti gli altri.

Improvvisamente i suoi occhi iniziarono a pizzicare. No, non poteva piangere proprio ora. Che figura ci avrebbe fatto davanti al suo nuovo amico. Non solo lo avrebbe ritenuto ritardato, ma anche un lattante frignone. Non poteva farsi vedere da Louis.

Così con i polpastrelli delle mani cercò di bloccare sul nascere quelle stupide lacrime, ma il tutto non sfuggì agli occhi attenti di Louis.

-Ehi, ehi, ehi, che succede?- chiese dolcemente facendo voltare Harry per guardarlo meglio.

Ormai il riccio era in trappola, non poteva più sfuggire. Così coprendosi gli occhi con le mani iniziò a piangere in silenzio.

Louis allora lo colse di sorpresa. Avvolse con le sue esili braccia il corpo robusto e morbidoso di Harry iniziando a sussurrare paroline di conforto nel suo orecchio.

Erano una strana coppia: un piccolo folletto era costretto a salire in punta di piedi per consolare il gigante lacrimoso.

-Harry, se non vuoi parlarne non insisto, ma ricorda: ci sarà sempre qualcosa di peggiore, ma anche qualcosa di migliore. La vita non finisce qui, la vita non finisce ora. La vita continua e se piangi te la perderai.- disse lasciandogli un leggero buffetto sulla guancia sinistra e sfoderando uno dei suoi sorrisi super-magici. -E ora sorridi, voglio infilare le mie dita nelle tue fossette!-

Dopo quest'ultima richiesta Harry non riuscì ad evitare una timida risata così Louis non perse tempo e soddisfò il suo desiderio.

-Allora Hazzold, desideri andare in un posto in particolare o ti fidi di me?-

-M..mi fido d..di te!- esclamò il riccio che aveva per un attimo accantonato i suoi brutti ricordi in un angolo remoto della mente.

-Ottimo! Era la risposta che speravo. Seguimi!-

Il ragazzo dai capelli color caramello, con una canottiera bianca e i pantaloncini del costume si avviò a passo spedito verso la spiaggia. Dietro di lui un ragazzone goffo, vestito di nero, con un inalatore e una montatura improbabile lo seguiva cercando di stare al passo, inciampando qualche volta nei suoi piedi.

Appena arrivato alla riva, Louis slegò la barca dal molo e aiutò Harry a salirvi sopra, come la prima volta. Il riccio si accomodò composto, osservando i movimenti esperti e sicuri dell'amico.

Quando anche Louis fu su, partì in silenzio verso il mare alto.

-M..mi piace qui, c'è molta tranquillità.- disse Harry pacatamente guardandosi intorno.

-Anche a me. È il mio posto. Qui nessuno mi raggiunge per urlarmi contro. Qui posso essere me stesso!- spiegò il ragazzo dagli occhi blu, Harry sorrise per quella rivelazione dell'amico.

-Allora Harry! Raccontami un po' di te!- propose Louis. -Cosa ti piace fare nella vita?-

Harry sussultò. La sua vita non era per niente interessante, ma non voleva passare per un ragazzo senza interessi agli occhi di Louis, così sparò la prima cosa che gli passò per la testa.

-Ho una sorella!- esclamò come se fosse la cosa più entusiasmante del mondo, cosa che fece sorridere Louis, perché amava gli occhi elettrizzati di Harry.

-Sì, lo so, Eleanor! Mi è capitato di conoscerla!- rispose con un'espressione contrariata.

-No.. non lei... c'è, sì... c'è anche lei. P...però ho anche un'altra s...s...sorella. Si chiama Gemma!- cercò di spiegare Harry.

-Wow! Interessante! Anche io ho sempre sognato di avere una sorella, o un fratello, non faccio discriminazioni! Però la vita mi ha concesso di essere solamente un nipote!- disse alzando le spalle.

-T..ti vuole b...bene tuo nonno!- affermò Harry.

-Sì, molto. A volte è un po' burbero, però sa anche essere molto dolce. Lui mi ha cresciuto!- rispose Louis arrossendo.

-P...perché Zayn e gli altri volevano picchiarti?- chiese di punto in bianco Harry. Era una cosa che gli stava molto a cuore. Ci aveva pensato tutta la notte e non riusciva a trovare una risposta valida.

-Sono gay!- rispose Louis tranquillamente.

-G..gay nel senso c..che ti piacciono i....-

-I maschi, sì!- affermò Louis ridacchiando per l'ingenuità dell'amico.

-I maschi.- ripeté Harry in un sussurro, quasi per immagazzinare meglio l'informazione. Louis scoppiò a ridere. Il riccio lo guardò confuso.

-P...perché ridi?- chiese arrossendo.

-Sei buffo, Hazzold!- esclamò Louis portando una mano davanti alla bocca. Harry arrossì ancora di più mettendo su un simpatico broncio. Il ragazzo del faro notò subito questa sua espressione e si affrettò a spiegare.

-E' dolce, Harry. Non devi prendertela! Sei tenero!- disse sorridendo e mostrando le sue rughette intorno ai lati degli occhi.

Harry alzò le spalle, poco convinto. Ma intanto le farfalle dentro di lui se la stavano dando alla pazza gioia!

I due rimasero un po' di tempo in silenzio a godersi i tiepidi raggi del sole. Ad un certo punto Louis allungò le braccia e sbadigliò.

-Fa un po' caldino, non credi?- chiese ad Harry. Il riccio si scompigliò i capelli molto selvaggiamente e annuì provando a sventolarsi con una mano.

-Ci vorrebbe proprio un bel bagno...- affermò Louis guardando Harry scuotere in modo violento e impaurito il capo. Il più grande però non si fece intimorire e alzandosi in piedi si levò con una rapida mossa la maglietta bianca che lanciò disordinatamente in un angolo.

Poi si sedette e iniziò a fissare Harry con un aria furbetta, di chi la sa lunga.

-Che c'è?- chiese il riccio sentendosi osservato.

-Niente!- cercò di rispondere in modo innocuo Louis.

Harry era confuso ma decise di guardare altrove.

-Mi chiedevo... mi faresti provare i tuoi occhiali? Voglio vedere se mi stanno bene.- provò Louis.

Harry sempre più confuso si tolse gli occhialoni neri per porgerli a Louis. Il più grande li prese in mano per poi guardare il ragazzo che aveva davanti.

Non poteva credere che un semplice oggetto coprisse così tanta bellezza. Aveva visto Harry senza occhiali solo il primo giorno, ma era troppo occupato a salvargli la vita per accorgersi veramente di lui.

Sotto quella montatura forzata Harry aveva degli occhi meravigliosi. Erano di un verde che avrebbe catturato tutti gli sguardi della gente. Erano troppo belli per rimanere nascosti sotto della plastica nera.

-Sei sicuro di non vedere senza occhiali? Hai dei bellissimi occhi!- esclamò il più grande. Harry arrossì e sussurrò un imbarazzatissimo grazie.

Però Louis non doveva perdersi in chiacchiere, doveva portare a termine quello che si era prestabilito.

Così prese Harry per le spalle e con forza lo buttò giù dalla barca. Poi, come se niente fosse, si allontanò con il suo mezzo per qualche metro.

Fu tutto così veloce. Harry affondò in acqua senza neanche accorgersene. Dopo qualche secondo, aiutandosi con gambe e braccia riuscì a riemergere. Con un grande respiro recuperò tutta l'aria che aveva perso.

Il riccio iniziò a fissare Louis con un'espressione delusa e triste sul volto. Fece stringere il cuore a ragazzo del faro, ma continuò a fissarlo soddisfatto.

Con fatica Harry riuscì in qualche modo ad avvicinarsi alla barca. Faceva bracciate lente e goffe, ma dopo qualche minuto riuscì finalmente ad appoggiarsi al legno del mezzo tirando un sospiro di sollievo.

In quel momento Louis, con una leggera rincorsa, si buttò in acqua con un tuffo a bomba, quando riemerse si avvicinò ad Harry e schizzò il ragazzo con i suoi capelli.

-Ah!- esclamò Louis. -Così va meglio, non credi?- disse sorridendo.

Harry scosse la testa guardando in basso con un'espressione ancora più triste.

-Che c'è Harry?-

-Mi hai trattato male. Ti avevo detto che non sapevo nuotare!- esclamò il riccio con una vocetta lamentosa.

-A me non sembra!-

-Ma sì! Te l'ho detto ieri!- esclamò Harry guardandolo solo in quel momento in faccia. Louis sorrideva dolcemente.

-Non mi sembra che non sai nuotare!- disse alzando le spalle.

Harry ci pensò un attimo. Doveva valutare se quello che gli aveva detto Louis era solo una stupida scusa per farsi perdonare oppure lo pensava veramente.

Ma poi si rese finalmente conto che aveva percorso quei pochi metri da solo. Lui aveva imparato a nuotare! Lui ora sapeva nuotare!

Quindi nel suo volto esplose un sorriso di immensa gioia e con una spinta dai piedi si slanciò abbracciando Louis.

Il ragazzo del faro intanto ridacchiava dolcemente.

-Visto Harry? Niente è impossibile!-

I ragazzi rimasero un altro po' in acqua a schizzarsi e a chiacchierare beatamente. Harry non era ancora molto sicuro quindi si teneva ben saldo alla barca. Louis si muoveva agilmente come se vivesse nell'acqua da sempre.

-Il sole sta per tramontare, è meglio se ci incamminiamo!- disse Louis, Harry si incupì ma poi accettò.

Louis lo aiutò a salire sulla barca spingendolo dal sedere, visto che era abbastanza alta; lui in poco tempo fu sopra senza problemi.

Dopo che la barca ripartì, porse gli occhiali ad Harry e un asciugamano a righe bianche e rosse; poi ne prese uno per se della stessa fantasia. Notò anche che il riccio aveva preso sole sugli zigomi che ora erano diventati di un rosso pesca. Era così tenero! A Louis sembrò un piccolo eschimese. Non poté fare a meno di sorridergli dolcemente.

-Harry, domani metti il costume, così non ti bagnerai tutto.- consigliò Louis.

-Non ho un co...costume.- mormorò il riccio.

-Ma come! Tutti hanno un costume!- esclamò Louis. Per lui il mare era qualcosa di fondamentale, non poteva pensare che qualcuno vivesse senza la cosa più importante che c'era per lui.

-Sì, non ho mai imparato a nuotare, qu...quindi i miei non me l'hanno mai...mai comprato.- disse Harry alzando le spalle tristemente.

-Ok, no problem. Domani mattina andremo a comprare un nuovo costume per Harry!- esclamò alzando il pugno in aria in segno di vittoria. Harry ridacchiò.

Ben presto i due misero i loro piedi sulla terraferma. Harry guardò la sua casa in lontananza e il senso di vuoto tornò ad impossessarsi di lui.

Fece dei lunghi e lenti sospiri, ma la sensazione non voleva proprio andarsene. Si stava trasformando in un vero e proprio magone.

Non voleva tornare a casa. Non voleva tornare dalla severità di suo padre, dalla finzione di sua madre e dalla cattiveria gratuita di sua sorella. Non voleva tornare ad essere il povero piccolino di casa ritardato.

Con Louis era libero. Con Louis si stava creando una nuova personalità. Stava scoprendo se stesso. Non voleva avere più le ali tarpate, ma sapeva che quella era e sarebbe stata per sempre la sua condizione, quindi i suoi occhi iniziarono a pungere. Non poteva farci nulla, era un ritardato, non riusciva a gestire le emozioni.

Improvvisamente Louis gli cinse il bacino con le sue braccia.

-Ti va di venire a cena da me, Harry?- chiese come se sapesse tutto di lui, come se lo conoscesse da una vita, come se avesse capito tutti i suoi sentimenti a riguardo. Conosceva quel ragazzo dai capelli color caramello da pochissimo, eppure l'aveva capitò più lui in quelle settimane, che la sua famiglia in tutta la vita.

-S..sì, g..grazie.- mormorò il riccio. Louis saltò di gioia, poi prese la mano di Harry e lo portò dentro il faro.

.-.-.-.-.-.-.-.-.

-Nonno, stasera abbiamo ospiti!- urlò dall'ingresso per farsi sentire dal vecchio. -Togliti le scarpe, anche se non sembra, è un malato della pulizia.- consigliò ad Harry che sorrise divertito.

Nathan sbucò dalla cucina con le mani sporche di una qualche strana poltiglia appiccicosa marrone.

-Sei tornato finalmente! Lui è un tuo amico? Ti tratta bene? È il tuo ragazzo?- chiese l'uomo con la migliore espressione indagatrice. Louis arrossì violentemente e anche Harry un pochino, ma non ci fece troppo caso perché era troppo occupato a ridacchiare.

-Sì è un mio amico, ufficialmente,- sussurrò l'ultima parola. -sì, mi tratta bene e no, non è il mio ragazzo.- mormorò imbarazzato.

-Oh, va bene. Era solo per chiedere!- si ricompose il nonno che aveva iniziato a rtidacchiare sotto i baffi.

-Come ti chiami giovanotto?- chiese.

-H..harry!- disse imbarazzato il ragazzo.

-Harry Harry Harry, ma certo! Sei il figlio del pallone gonfiato che abita qui affianco!- esclamò finalmente il vecchio. Harry arrossì.

-Già.- rispose senza emozione.

-Sì nonno, ma lui non ha niente a che vedere con suo padre, sennò non sarebbe mio amico!- lo difese Louis.

-Va bene ragazzi, finché siete felici voi, nessun vecchio di 78 anni potrà impedirvi di essere felici. Ora andate su, vi chiamo per cena. Non fate cose strane, mi raccomando. Stasera c'è il pasticcio di pesce.- li avvertì prima di indirizzarli su per le scale.

-Mi p..piace un sacco tuo nonno. E' uf..ufficiale!- commentò Harry quando furono lontani dalla vista del vecchio.

-Già. Hai mai visto un faro da dentro?- chiese Louis sorridendo.

-Mh, no, direi di n..no.-

-Bene, allora te lo farò vedere io!- esclamò Louis entusiasta.

Louis fece salire tutti i gradini della torre del faro mostrando ad Harry molto velocemente la camera del nonno per poi soffermarsi sulla sua.

Appena aprì la porta un gatto obeso si strusciò contro i piedi di Harry per poi scappare giù per le scale.

-Lui è Ciambella, non credo di averlo mai visto magro.- spiegò Louis ridacchiando. Harry si unì con piacere alla risata dell'amico.

La camera di Louis era molto caratteristica, ad Harry piacque molto. Le pareti circolari erano di un azzurro cielo e nel confine con il soffitto c'era una larga banda rossa dove erano scritte varie frasi d'autore che stavano a cuore al ragazzo. Anche le finestre erano rosse e in un lato c'era una bacheca di sughero che si adattava perfettamente al muro piena di fotografie.

Harry si avvicinò e osservò meglio. La maggior parte delle fotografie ritraevano Louis con i ragazzi che aveva conosciuto anche lui: Liam, Niall, Zayn, Danielle, ecc.

-No..non avevi litigato con loro?- chiese Harry ingenuamente voltandosi verso Louis che era stravaccato sul letto intento ad osservare con occhi dolci il suo amico.

-Sì, ma sono pur sempre i miei amici! Ogni volta che mi fanno un torto, ne brucio una. Una volta questa bacheca era stracolma di foto!- spiegò Louis.

-Un giorno metterai anche me in questa bacheca?-

-Anche subito Hazzold!- disse alzandosi di scatto dal letto e dirigendosi verso un mobiletto di legno accanto alla scrivania.

Da lì prese una macchinetta fotografica antica, la girò, poi cinse con il suo braccio il collo di Harry e scattò la foto dopo aver contato fino a tre.

La foto uscì istantaneamente. Louis la prese, la fece asciugare un po' e poi con una puntina la attaccò al centro della bacheca.

I due ragazzi iniziarono a contemplare la fotografia. Erano venuti abbastanza bene, erano stanchi, sudati, ma felici.

Harry guarò louis con gli occhi pieni di affetto.

-Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me!- mormorò.

-Non sai quello che si perdono, Hazza!- disse Louis dolcemente accarezzando la guancia paffuta dell'amico.

-M...mi porti a vedere dove il faro f...fa la luce?- chiese Harry di punto in bianco per smorzare le emozioni bollenti che si stavano creando in quel momento. Louis scoppiò a ridere. Nessuno aveva mai descritto il suo faro così.

-Andiamo, Hazzold.- così dicendo salì nuovamente su per la scala a chiocciola verso la parte più alta del faro.

Quando i due furono su, Harry si lasciò sfuggire un esclamazione di meraviglia. Da un lato c'erano tutti pulsanti di controllo, al centro la grande lampada, ma tutt'intorno una grandissima vetrata mostrava tutta la città.

Da una parte c'era il vasto mare, un immensa distesa di blu costellata da stelle. Harry non aveva mai visto così tante stelle.

Dall'altra si erigevano tutte le lucine della città.

-Ti piace, Harry?- chiese Louis incantato dall'espressione meravigliata del ragazzo.

-S... io..io..io..non...è be...è...è... meraviglios..s...so è...è... la- balbettò con gli occhi sgranati.

Louis si avvicinò a lui e posò le sue mani sui fianchi morbidi del riccio. Harry smise di parlare continuando a tenere le labbra socchiuse. Per un momento il ragazzo del faro si perse nel verde che spuntava da dietro il vetro degli occhiali. Le gote di Harry erano arrossate e i suoi ricci, asciugati al vento, erano mossi e selvaggi. Era così bello.

Man mano il respiro del più piccolo iniziò a farsi sempre più irregolare. Ad un certo punto Harry ruppe quel legame che si era venuto a creare, tirò fuori dalla tasca il suo inalatore e aspirò un po' di aria. Louis si staccò da lui imbarazzato.

Che cosa stava provando a fare? Harry era un cucciolo di panda morbidoso! Non poteva avere quei pensieri su di lui. Che razza di mostro penserebbe quelle cose riguardo ad un piccolo cucciolo di panda morbidoso inesperto del mondo.

-Ehm, L..Louis.- Louis si risvegliò dai suoi pensieri. -Tuo nonno ci...ci ha chiamati p...per la ce...cena.- lo informò.

-Oh, sì certo! Scendiamo. Tu stai bene vero?-

-Sì, mi capita spesso.- disse Harry arrossendo.

La cena fu molto piacevole, il pasticcio di pesce del nonno di Louis era molto buono ed Harry ne chiese volentieri tre piatti anche se non era un amante del pesce in generale.

Dopo cena Harry aiutò nonno Nathan a lavare i piatti mentre Louis li osservava stravaccato sul divanetto.

-Harry, ho gradito molto la tua silenziosa compagnia!- disse il nonno. Harry arrossì. Louis ridacchiò sotto i baffi.

-Gra...grazie... anche io!- sorrise imbarazzato.

Ad un certo punto dei forti colpi alla porta fecero sussultare i tre.

-Louis, ti giuro che se sono ancora loro, questa volta non mi accontenterò di un secchio di acqua in testa. Vado a prendere il fucile di mio padre!- esclamò nonno Nathan salendo in camera sua.

-Oh mamma, quello è matto!- disse Louis correndo alla porta ad aprire.

Non era nessuno dei suoi ex-amici lì fuori, era solamente Des Styles con la famiglia al seguito.

-Mio figlio Harry è scappato. Lo hai visto?- chiese con quella sua voce severa e burbera.

-Harry è stato con me tutto il giorno.- disse sinceramente Louis. Des lo spinse da un lato per entrare arrogantemente.

Harry era seduto sul divanetto mentre accarezzava Ciambella. Aveva un leggero sorriso che a contatto con la figura arcigna del padre si tramutò in una vera e propria espressione di terrore.

-Andiamo a casa.- sbraitò. Harry si alzò svogliatamente, si pulì i pantaloni neri dai peli del gatto e si diresse verso la porta.

-C...ciao Lou. Grazie di tu...tutto.- disse Harry tirando un sorriso. Des lo prese per la spalla e lo fece uscire con forza dal faro.

Louis non avrebbe mai scordato l'espressione indecifrabile che aveva visto sul volto di Harry quando era andato via dalla sua casa.

Se nella sua famiglia le fossette di Harry non spuntavano, ci avrebbe pensato lui a farle spuntare in altre occasioni. Harry era fatto per sorridere.



* La signorina Rottermeier era la governante cattiva in Heidi.

Angoletto
Sì, finalmente sono tornata! Lo so ci ho messo tanto però ero indecisa su un paio di cose.

Come avete trovato questo capitolo? l'amicizia tra i due si fa più solida e forse anche qualcosa di più. ;)

Fatemi sapere, sono curiosa!

A presto, Somriure! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Ci penso io a te! ***


Anche quella mattina il vecchio Nathan si svegliò tossendo. Prese qualche sorso di rum che riusciva a farlo respirare regolarmente per un po' di tempo, e si alzò zoppicando dal letto.

Da un po' di settimane la sua tosse era peggiorata, la notte non dormiva quasi per niente per questo motivo e da qualche giorno il suo catarro aveva preso uno strano colore rossiccio.

Aveva provato ad andare nella clinica ospedaliera, ma siccome era una piccola struttura ed era l'unica in tutto l'arcipelago, nessuno badava ad un vecchio con un po' di tosse; i pochi medici che vi lavoravano preferivano prendersi cura dei casi più gravi e dolorosi.

Nathan non voleva far preoccupare suo nipote. Louis era molto protettivo nei suoi confronti. Non avrebbe mai potuto scordare quando il suo piccolo lupetto di mare, a soli quattro anni, si era improvvisato infermiere stando giorno e notte accanto alla caviglia slogata del nonno, lasciando addirittura bacini e leggere carezzine.

Louis sarebbe diventato pazzo se avesse scoperto di quel suo malessere persistente, così aveva deciso semplicemente di omettere, anche se era sicuro che suo nipote, sveglio come era, se ne sarebbe accorto molto presto.

-Buongiorno nonno! Ti ho preparato la colazione, io vado al mercato a vendere questi!- disse Louis indicando una cassa di pesce freschissimo.

Nathan si accorse solo in quel momento che erano già le 8.00 di mattina, erano settantanni che non si svegliava così tardi! Stava davvero invecchiando.

Diede una pacca sulla spalla di Louis e lo guardò mentre, agilmente, si recava al mercato con la sua bicicletta.

Come avrebbe fatto quando Louis sarebbe tornato a scuola? Sicuramente quel santo di suo nipote lo avrebbe aiutato lo stesso facendo le levatacce anche durante i giorni scolastici, oppure, peggio, avrebbe rinunciato a studiare per star dietro alle incombenze del faro e del mercato.

No, non glielo avrebbe mai permesso. Louis era brillante. Era uno dei più bravi a scuola, a detta dei suoi professori. Non poteva rinunciare allo studio per dedicarsi ad un lavoro così poco stimolante.

Louis non glielo diceva, non glielo avrebbe mai detto, perché era buono come il pane e non voleva offendere suo nonno, ma la vita al faro era troppo stretta per lui.

Louis era un gabbiano. Doveva volare via da quell'isoletta, doveva scoprire il mondo, doveva immortalare tutti i nuovi posti con i suoi occhi blu, tanto diversi da quelli di Nathan.

Il vecchio prese una decisione, sarebbe stata difficile da accettare, sia per lui che per Louis, ma poi il ragazzo l'avrebbe saputa sfruttare a suo vantaggio e per Nathan, beh, lui era vecchio, tra un po' non ci sarebbe stato più, non ne avrebbe sofferto.

Così si vestì di fretta e si diresse verso il centro della città. Camminò per viette strette e colorate, finché raggiunse la casetta che stava cercando.

Bussò tre volte e attese al sole. Con un cigolio la porta si aprì mostrando la signora Dalpon, una sua vecchia amica d'infanzia.

-Buongiorno mio caro, cosa ti porta qui?-

-Buongiorno a te, vecchia amica, mi chiedevo se potessi farmi usare per qualche minuto quell'apparecchio del demonio che ti permette di parlare con gente lontana.-

-Oh Nathan, lo so che sei vecchio, ma potresti anche modernizzarti un po'! Si chiama telefono, e sì, te lo farò usare. Solo se mi dici a che ti serve!- disse la donna più pettegola dell'isola. Forse Nathan aveva sbagliato a chiedere proprio a lei, ma d'altronde era l'unica di cui si fidava, almeno un pochino.

Margaret condusse il vecchio Nathan per la sua fastosa dimora fino a che raggiunse un mobiletto di ebano con sopra un vecchio telefono. Nathan lo guardò con circospezione, poi si rivolse a Margaret e disse:

-Non hai uno di quei libroni dove ci sono scritti tutti i numeri? Il mio Louis ne ha usato uno per cercare il numero di Sean, l'idraulico.- spiegò.

Margaret sospirò e si diresse con il suo passo strascicato verso una delle innumerevoli stanze della casa. Tornò dopo qualche minuto con un grosso librone in mano.

-Tieni, servitene pure. Fa come se fossi a casa tua!- disse sarcasticamente quella. Nathan prese i suoi occhiali da vista e iniziò a cercare un nome tra tutti quelli che erano scritti lì sopra. Dopo circa tre ore di estenuanti ricerche finalmente trovò quello di cui aveva bisogno, così si alzò dal divanetto e si diresse nuovamente verso il telefono.

Margaret lo osservava in attesa, era assolutamente la persona più curiosa del paese e quindi non avrebbe lasciato al vecchio Nathan la privacy di cui aveva bisogno.

Il vecchio compose il numero e dopo alcuni secondi una voce professionale rispose.

-Marina Militare inglese, chi parla?-

-Salve, io sono l'ufficiale in congedo Nathan Pitman, il guardiano del faro dell'isoletta di Alderney.- si presentò il vecchio.

-Che piacere sentirla. Qual'è il motivo della sua chiamata?- esclamò il suo collega più giovane. Tutti conoscevano il vecchio del faro. Era l'unico uomo che aveva continuato a svolgere il suo lavoro anche dopo il tempo richiesto. Nathan amava così tanto il suo lavoro!

-Vorrei lasciare l'incarico da guardiano del faro.- disse di colpo, senza ripensamenti il vecchio Nathan.

Era per Louis. Lo stava facendo per il suo Louis.

-Ma come, lei è una delle persone più affidabili che ci sono rimaste. A parte qualche piccolo errore nel precorso, si è sempre dimostrato molto efficiente.-

-Sono anziano ormai, e non voglio che tutto questo ricada sulle spalle di mio nipote. Voglio che scelga la strada più adatta a lui, e se vorrà tornare ad essere un guardiano, potrà raggiungere il suo obiettivo come tutti gli altri aspiranti.-

-E' una sua scelta. Ne è sicuro?-

-Sì, sono più che convinto.-

-Molto bene. Procederemo da domani stesso a cercare un suo sostituto. È disposto a continuare il suo lavoro fino a quando non lo troveremo?-

-Ma certo. Posso continuare ad esercitare la mia professione per tutto il resto dell'estate. Sono stato guardiano del faro per 30 anni, qualche mese in più non mi cambia. Sarà un bel modo per salutare per sempre il mio vecchio faro.-

-La ringrazio. È un uomo molto altruista.-

-Ci sarebbe un'altra cosa.-

-Ma certo, mi dica.-

-Vorrei continuare a vivere all'interno del faro fino alla mia morte. Poi venderò a voi i locali, ma voglio che tutto il ricavato vada a mio nipote Louis Tomlinson.-

-Certo, è una cosa fattibile. Ora sottoscrivo subito le sue volontà, ma le consiglio di consultare un notaio per stipulare al meglio il suo testamento.-

-Molte grazie, è un uomo molto disponibile.-

-Grazie a lei ufficiale Pitman. Arrivederci.-

Quando Nathan attaccò il telefono strizzò gli occhi e fece un gran sospiro. Ormai i giochi erano stati fatti, non poteva più tirarsi indietro.

Quando riaprì gli occhi vide davanti a sé Margaret, con una mano davanti alla bocca e gli occhi spalancati.

-Ti prego Margaret. Non dire nulla in giro. Non voglio che Louis lo venga a sapere da qualcun altro che non sia io.- la vecchia signora annuì e accompagnò il suo amico alla porta.

Il vecchio Nathan tornò verso il suo bel faro a testa bassa. Non si pentiva della scelta fatta, il futuro di suo nipote era più importante di un mucchio di ricordi che sarebbero svaniti quando la sua memoria sarebbe volata via con lui.

Appena varcò la soglia di casa prese un foglio di carta, una delle penne a sfera che usava Louis per studiare e si diresse all'esterno, dove avevano posizionato un tavolino e due sedie.

Scrisse. Scrisse una lettera per il suo Louis. Una lettera lunga, dove spiegava tutte le sue ragioni e dove dava la forza al suo piccolo fagottino ritrovato in acqua. Quel piccolo fagottino che gli aveva salvato la vita.

Non sarebbe stato lui a consegnargli quella lettera. Non aveva ancora deciso chi gliela avrebbe data. Sapeva solo che quando Louis l'avrebbe ricevuta, lui non ci sarebbe stato più.

Era una lettera per i posteri. Una lettera scritta col cuore, davanti al mare e dietro ad un faro.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

-Grazie mille signora Peazer, le aggiungo in omaggio anche queste sarde.- disse Louis cordialmente alla mamma di Danielle che era andata a comprare del pesce fresco nel suo banco.

-Oh Louis, mi conosci da una vita! Chiamami semplicemente Ellen.- disse lei con un sorriso, porgendo al ragazzo i soldi e prendendo le buste. Danielle scoppiò a ridere scompigliando i capelli all'amico.

Louis abbassò il capo e sorrise imbarazzato.

-Va bene, a presto Ellen!- disse salutando la signora così simile alla figlia.

-Mamma, io resto un po' qui. Devo parlare con Louis.-

-Torna a casa per pranzo, mi raccomando.-

-Sì, sì!- rispose la figlia alzando gli occhi.

Quando la donna fu abbastanza lontana, Danielle sbuffò e la sua faccia sorridente si trasformò in una preoccupata e triste.

-Che succede Dani?- chiese Louis avvicinandosi.

-Liam.- disse solamente. Louis aspettò un po', ma visto che dalla bocca dell'amica non usciva altro, provò ad esortarla.

-Non mi aiuti molto così, Dani! Cosa c'è che non va con Liam?-

-Non lo so. È strano. Distante. Distaccato. È sempre su un altro mondo. E non ha più tempo per me.- disse tristemente.

-Ma come? Fino ad una settimana fa eravate così affiatati!- chiese Louis allibito.

-Lo so, è proprio per questo che non me lo spiego! Cosa c'è che non va in me, Lou. Dimmelo e sii sincero!-

-Dani! Non è cambiato nulla in te in una settimana! Sei sempre la solita rompiscatole con troppi ricci!-

-Come se non ti piacessero i troppo ricci!- esclamò la ragazza dandogli una leggera gomitata.

Louis arrossì vistosamente e si coprì la faccia con le mani sporche di pesce, tanto che le tolse subito con una smorfia di disgusto.

-Mi pare che stessimo parlando di te!- cercò di deviare l'argomento.

-La situazione è questa, Lou. Io gli parlerò molto chiaramente. Siamo forti. Possiamo superarlo. Se mi dovesse lasciare preparati a sopportarmi su MobyDick con intere buste di marshmallow.-

-Ma certo, dolcezza.- acconsentì Louis.

-Ora parlami della tua nuova fiamma!- esclamò rianimata.

-Non c'è nessuna fiamma!- disse Louis ridacchiando e alzandosi per andare a servire la mamma della sua presunta fiamma.

Danielle lo seguì e dopo avergli lasciato un veloce bacio sulla guancia gli sussurrò all'orecchio:

-Ci vediamo, scemo. Ti lascio parlare in privato con tua suocera!-

Louis ridacchiò e poi lanciò una sardina addosso alla sua amica che scappò urlando.

Anne era strana, non aveva il suo solito portamento fiero, teneva la testa china e i suoi vestiti non erano impeccabili come al solito.

-Salve signora Styles, cosa posso fare per lei.-

-Louis, vorrei un'aragosta. E degli anelli di pesce da fare fritti. Ieri sera Harry e Des hanno avuto una piccola discussione e voglio fare un pranzo per riappacificare gli animi.-

-Ehm, l'aragosta non ce l'ho, se me lo diceva prima me la sarei procurata. È un po' difficile così. Invece i calamari ce li ho. Quanti ne vuole?- chiese il ragazzo indicando alla donna dei pesci di media grandezza.

-Ma non sono ad anello!- esclamò la signora con disappunto.

-Beh, vanno tagliati....-

-Louis, saresti così gentile da pulirmeli e tagliarmeli ad anello?- chiese con lo stesso labbruccio del figlio.

Louis sperava con tutto il cuore che la donna non se ne uscisse con questa richiesta. Odiava pulire il pesce! Ma era il suo lavoro quindi accettò lo stesso.

Prese un calamaro e iniziò a togliergli le interiora, poi con un coltello lo affettò. Inavvertitamente con la lama colpì la sacca contenente il liquido nero, che esplose su tutto il volto del ragazzo.

-Porca miseria!- imprecò. Anne ridacchiava sotto i baffi. Louis la maledì nella sua testa, per il lavoro infimo che gli toccava svolgere e per la presa in giro.

Dopo qualche minuto di silenzio, Louis pensò di cacciar fuori da Anne qualche informazione utile su Harry, così cercò un'affermazione tattica.

-Harry è molto simpatico.- disse sorridendo.

-Veramente?- chiese Anne incredula. Louis ci rimase di stucco.

-S..sì! Abbiamo passato un bel pomeriggio ieri!- confermò Louis. -Mi dispiace se vi siete arrabbiati, ma non sapevo che non vi avesse detto nulla.-

-Io lo sapevo, l'avevo visto uscire. È mio marito che vuole sempre avere tutto sotto controllo. Eravamo un po' preoccupati perché Harry è... è diverso, ecco. Ma immagino che te tu te ne sia accorto.- Louis rimase sorpreso. Non aveva notato nulla di strano in Harry, se non una grande ingenuità.

Anne notò la perplessità di Louis e scosse la testa.

-E' una questione di tempo, Harry non è fatto per stare in compagnia!- disse ridacchiando.

Louis era ancora più perplesso, ma decise di non insistere. Quella donna non conosceva suo figlio. Non poteva conoscerlo. Una madre non avrebbe lasciato suo figlio solo per tre giorni rinchiuso in una stanza ad uccidersi il cervello. Non poteva fidarsi di Anne.

Il ragazzo continuò a tagliare il suo pesce in silenzio. Era concentratissimo. Talmente concentrato che quando una risata roca interruppe il suo lavoro, sobbalzò.

-S...sei tu...tutto sporco, Louis!- esclamò Harry.

-Ah ah ah, ma non mi dire Hazzold!- esclamò sarcastico Louis prima di alzare lo sguardo.

Quando il ragazzo del faro incontrò il volto dell'amico sussultò, ma cercò di rimanere impassibile, avrebbe sicuramente indagato più tardi.

Il volto di Harry era completamente ricoperto da fondotinta. Lo avrebbe ritenuto simpatico, o addirittura tenero se non avesse avuto la certezza che dietro a quel cosmetico si celava un volto tumefatto.

Louis lo sapeva, lui stesso usava questo metodo per andare a scuola dopo un pestaggio di Nick e della sua banda.

-Ehi Lou.- mormorò incerto Harry. Louis alzò il capo e rivolse un sorriso di incoraggiamento al ragazzo.

-T...ti ricordi c...che.... che p...poi dobbiamo... co...comprare quella co...cosa?- disse abbassando la voce per non farsi sentire dalla madre, cosa del tutto inutile visto che Anne era proprio accanto a lui e aspettava impazientemente una delucidazione.

-Ma certo che mi ricordo, Haz. Devo solo finire questo pesce, farmi una doccia e poi sono tutto tuo!- rispose Louis allargando le braccia.

Harry fece un piccolo sorriso rigorosamente munito di fossette e si rivolse alla madre.

-P...p...po...posso a..andare con...con L...louis?- chiese con un tono di voce piatto.

-Harry, lo sai, non devi chiedere a me. È tuo padre che decide!- rispose Anne scostando i capelli dalla fronte del figlio.

Harry sbuffò e chinò il capo.

-N...non verrò a...allora.- mormorò desolato.

-Ma no! Non dire così! Glielo chiederemo insieme, vedrai che accetterà!- esclamò Louis sicuro di sé consegnando ad Anne una busta con il suo pesce. Harry alzò semplicemente le spalle.

-Pulcino spennacchiato, se vuoi puoi restare qui con Louis mentre io finisco di fare la spesa.- disse Anne andando via senza aspettare neanche una risposta.

-Pulcino spennacchiato, eh?- lo punzecchiò Louis.

-Oh, s...smettila!- ridacchiò Harry imbarazzato.

Harry si sedette a terra, sotto l'ombra del capanno. Dopo qualche minuto anche Louis lo seguì e iniziò ad osservare l'amico.

Il ragazzo del faro aveva ragione. Sotto lo strato di fondotinta c'erano delle ombreggiature, soprattutto sullo zigomo sinistro. la rabbia iniziò a salire nel corpo di Louis.

Come faceva ad avere il coraggio di picchiare un ragazzo così tenero!?

Doveva indagare. Doveva aiutare Harry, e se questo significava tornare in prigione per aver picchiato un uomo lo avrebbe fatto.

-Ti ha picchiato?- sbottò. Harry sobbalzò come colpito da un fulmine.

-C...ch.. chi... ch...c...che....-

-Chicchirichì! Harry, ti ha picchiato sì o no?- lo interruppe troppo bruscamente Louis.

Harry si alzò di scatto tirando fuori dalla tasca una barretta di cioccolato.

-D...de.....devo a...a...a...and...d...dare andare.- disse prima di scappare verso la direzione di casa.

Louis non riusciva a controllare la rabbia. Era un debole. Si era fatto scappare quel piccolo pulcino di Harry. Si diede un pugno in fronte e mise via il poco pesce rimasto. Lo avrebbe portato a Ciambella.

Quando tornò al faro nonno Nathan lo guardava con una strana luce negli occhi.

-Come sta il mio lupetto?- chiese scherzoso.

-Credo che il padre di Harry lo abbia picchiato per ieri sera.- sbottò il ragazzo sedendosi sul tavolino davanti casa.

-Ma è una cosa terribile Lou! Accertati che sia la verità e poi difendi quel micetto del tuo amico.- consigliò il vecchio.

-Micetto?- ridacchiò Louis.

-Sì, anche se non è per niente piccolo è lo stesso indifeso.- puntualizzò Nathan.
.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

Dopo pranzo Louis si concesse la sua doccia rigenerante e quando si sentì abbastanza pulito decise di recarsi a casa di Harry.

Era stato nominato amico ufficialmente, quindi questa volta sarebbe entrato dalla porta e non più dalla finestra. E poi voleva vedere in faccia quel verme del signor Styles.

Suonò due volte al campanello di casa e aspettò che il maggiordomo venisse ad aprirgli. Quando l'alto signore con i baffi, vestito rigorosamente con un completo nero anche se fuori facevano 45 gradi all'ombra, aprì la porta, Louis entrò educatamente all'interno della villa. Cosa abbastanza strana per lui.

Una donna era intenta ad urlare contro Des, l'uomo la guardava annuendo e ogni tanto scuoteva il capo con delusione. Anne dietro di lui guardava tutta la situazione con tristezza. Eleanor se la rideva beatamente sul divano.

Appena Anne si accorse di Louis gli corse incontro.

-Ehi Louis. Il pesce era buonissimo!- il ragazzo sorrise imbarazzato abbassando il capo.

-Harry è su in camera, se vuoi puoi raggiungerlo. Quando Des finirà di parlare con la signorina Wilkinson potrai parlargli.- gli consigliò. Louis non se lo fece ripetere due volte e salì di corsa nella stanza del suo amico.

Bussò due volte, ma non avendo ricevuto alcuna risposta entrò con cautela.

Harry era seduto sul letto a gambe incrociate, con un broncio arrabbiato sul volto intento a prendere grandi manciate di patatine da una bustina e ficcarsele in bocca senza un domani.

-Haz...- disse incerto Louis. Solo in quel momento il ragazzo si girò per guardarlo. Aveva tolto il fondotinta quindi erano molto visibili i segni sul suo volto. A Louis si strinse il cuore. Non poteva sopportare di vedere quella creatura così ingenua, innocua e dolce in quelle condizioni.

Il ragazzo del faro si sedette accanto a lui e delicatamente gli tolse il pacchetto di patatine dalle mani.

-Come stai?- chiese. Domanda stupida. Come poteva stare in quella situazione?

Il riccio alzò semplicemente le spalle.

-Co...convincerai mio p...pa...padre ad uscire?-

-Certo, Hazzold. Se ti fa piacere.- Harry annuì accennando un sorriso. Un sorriso triste, senza fossette.

-Andiamo? Avrà finito di parlare con la signorina-faccia-topo?- chiese Louis. Questa volta Harry scoppiò a ridere tenendosi la pancia con le mani. Louis si lasciò cullare da quella bella risata.

I due scesero e si diressero verso Des che stava leggendo una rivista di moda sul divano. La sua fronte era ancora corrucciata e respirava pesantemente.

-P...p....p...pa...papà...- provò Harry, ma fu immediatamente interrotto dalle parole burbere di Des.

-Che vuoi ancora?-

-M..m..mi c..c..chi...chiedev...vo s...s...s...-

-Se buonanotte! Senti fai così, scrivi quello che stai cercando di dirmi!- sbottò, poi si ricordò del problema di Harry e iniziò a ridacchiare malignamente. -Che sbadato! Tu non sai scrivere!- disse continuando a ridere.

Se Harry avesse potuto, si sarebbe seppellito vivo. Era diventato tutto rosso e accaldato. Non voleva far sapere queste cose a Louis. Così incastonò la testa tra le spalle sperando in qualche modo di scomparire.

-Andiamo Harold. Non ho tutto il giorno! Che diamine vuoi!-

Louis posò una mano sulla schiena di Harry per effondergli coraggio.

-V...v....vo...vor...vorrei....-

-No, no no, aspetta. Evita di parlare come il ritardato che sei, per una volta. Cerca di parlare come le persone normali.- lo derise. Harry strinse i denti e poi riprovò.

-V...vorrei u...usc...uscire c....c...c...con Lou.-

-Vorresti uscire con Lou, eh?- lo sbeffeggiò. Harry annuì a testa bassa.

-E vediamo. Perché dovrei farti uscire? Come ti sei comportato ieri sera?- chiese retoricamente. Harry tacque.

-Avanti, non essere timido. Ti ho fatto una domanda! Come ti sei comportato ieri sera?-

-N...non mo...molto b...b...be...bene.- mormorò Harry impercettibilmente.

-Credo di non aver sentito. No, non ho sentito. Puoi ripetere a voce più alta o devo prendere un megafono?-

Era una situazione imbarazzante, Harry non aveva mai provato tanto disagio in tutta la sua vita. Louis doveva rimanerne fuori. Ancora si chiedeva perché il ragazzo non fosse già scappato a gambe levate.

Harry voleva mangiare. Doveva mettere qualcosa nel suo organismo. Non poteva rimanere così, solo e indifeso. Doveva avere la sua protezione. Il vuoto lo stava risucchiando vivo. Era nervoso. Troppo nervoso. Così iniziò a mangiare le uniche cose che aveva a portata di mano, letteralmente. Le sue unghie.

-Oh, andiamo! Vuoi darti una mossa? Sono stufo di te e dei tuoi stupidi monosillabi da ritardato. Ora anche le mani in bocca? Vuoi il ciuccio Harry? Considerando le tue capacità intellettive poteresti avere l'età adatta per portare il ciuccio!-

Gli occhi di Harry iniziarono a pizzicare. Il ragazzo strusciava convulsamente la mano sinistra sui pantaloni, mentre la mano destra era impegnata a farsi mordicchiare tutte le unghie.

-Oh, ma smettiamola! Non vede che lo sta facendo star male? È suo figlio, porca miseria! Non siamo in una fottutissima caserma! Questo non è un interrogatorio! Si rilassi e plachi i suoi bollenti spiriti mentre io ed Harry usciamo!- sbottò Louis prima di prendere Harry per un braccio e portarlo fuori da quella casa così malsana per lui.

-Harold, faremo i conti stasera.- tuonò Des dalla veranda.

-Oh no! Non farete nessun conto! Se rivedo ferite sul volto di Harry chiamerò la polizia e la farò arrestare per maltrattamento di minore!- sbraitò Louis.

Des scoppiò a ridere forte.

-Harry ti ha detto dei colpi? Nessuno gli crederà mai! La sua parola non vale niente, neanche davanti allo stato. Neanche davanti a tutte quelle associazioni sociali che difendono senza alcun risultato le minoranze. Lui è ritardato! Non te ne sei accorto, Louis? Sei ritardato anche tu? Tutti si placheranno quando sentiranno la mia testimonianza. Harry è dislessico, discalculico, disgrafico e balbuziente, è asociale e introverso. Il suo quoziente intellettivo è 56. È talmente incasinato che nessuno gli crederà mai!- esclamò Des continuando a ridere.

Harry era scandalizzato. Non voleva raccontare quelle cose a Louis.
 
Continuava ad emettere singhiozzi stozzati e dai suoi occhi verdi uscivano potenti cascate di lacrime. I suoi occhiali erano completamente inondati e non svolgevano più il loro lavoro per la troppa acqua. Il suo inalatore era ormai finito per tutte le volte che se ne era servito durante il discorso del padre. Ora era stretto nella sua mano destra che rimaneva a penzoloni lungo il suo corpo, incapace di svolgere un qualsiasi movimento.

A Louis bastò solo uno sguardo per capire che Harry doveva allontanarsi al più presto da quella zona. Bastò solo uno sguardo per capire che il riccio aveva bisogno di respirare nuova aria.

A Louis bastò solo uno sguardo per capire che Harry doveva essere salvato.

Louis prese delicatamente la mano sinistra di Harry che era stratta in un pugno pieno di tensione, incastrò le sue dita con quelle del ragazzo e avvicinandosi al suo orecchio gli sussurrò le uniche parole che in quel momento il riccio aveva bisogno di sentire:

-Andiamo via di qui, Harry. Ci penso io a te!-

Angoletto

Ho dovuto tagliare il capitolo, era troppo lungo. Quando Dio distribuiva il dono della sintesi io stavo sicuramente dormendo.
Il prossimo capitolo partirà precisamente da qui. :)

Come avete trovato questo? Spero vi sia piaciuto! :)

Ho un mal di testa atroce, quindi non sono riuscita a controllare bene. Se avete trovato errori fatemelo notare, provvederò a correggere! Grazie!

Ora vado, adéu ;)

A presto, Somriure <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Sorprese ***


-Andiamo via di qui, Harry. Ci penso io a te!- Louis prese Harry per mano e lo trascinò via da quel luogo, girandosi di tanto in tanto per lanciare qualche occhiataccia a Des che li guardava con un ghigno divertito.

-Ti va un gelato?- propose Louis sapendo che Harry era molto goloso. Il ragazzo continuava però a fissare davanti a sé, immobile. Così Louis gentilmente lo spinse verso il bar di Perrie.

Quando arrivarono si sedettero in un tavolino appartato. Harry fece sprofondare la testa tra le mani e Louis non poté che guardarlo con tristezza.

-Oi, Hazza, guardami. Non piangere più.- disse accarezzandogli una guancia per asciugare una lacrima.

Il riccio scosse la testa allontanandosi.

-Ti prego, parlami!-

-O...o...o...o...or..ora n..n..no...no...non v..v..vo...- Harry scosse la testa frustrato prendendosi i capelli tra le mani. Era un incapace, non riusciva neanche a parlare correttamente.

-Ehi, Haz. Calmati, prendi un bel respiro e riprova.- lo incitò Louis.

-No..non vo..vorra...vorrai più...più e..esse...essere m...m...m...mio a..ami...amico.- mormorò tristemente asciugandosi gli occhiali con la maglietta.

-E perché non dovrei?-

-P...p..perché io...io...io s...s...sono.... sono..... ri...ri..ri...rita...rita...-

-Harry, non penso che tu sia ritardato.- lo interruppe Louis stringendogli la mano.

-Ma...ma.. io.. n...non va..vado a s...s...scuola. Non... non so.. l...leggere. Né...scri...scrivere. T...t...t...ti ho me...me...mentito.- mormorò tra i singhiozzi.

-Harry, non piangere più. Non fa niente, non mi sono arrabbiato, e non mi importa nulla se hai delle difficoltà! Tutti abbiamo delle difficoltà, di vari tipi. Sei mio amico lo stesso. Questo non cambierà nulla.- Harry alzò finalmente il capo e guardò Louis negli occhi per la prima volta.

-V..ve..veramente?-

-Ma certo Hazzold! Ora, lo vuoi o no questo gelato?- chiese per stemperare la situazione. Immediatamente il più piccolo annuì con vigore tornando improvvisamente di buon umore.

In quel momento Perrie uscì dal locale per dirigersi da loro.

-Oh ma buon giorno ragazzi!- esclamò con un ampio sorriso. -Che bello vedervi, insieme! Non credevo che foste amici!-

-S...sì, siamo a...amici. Mo...molto a...a...amici!- esclamò Harry. -V...vero?- chiese conferma a Louis. Il più grande ridacchiò annuendo. Perrie li guardò con tenerezza prima di fare l'occhiolino a Louis.

Le sue due amiche, Perrie e Danielle, erano assolutamente eccitate di avere un amico gay, e lo immaginavano con qualsiasi ragazzo dell'isola.

Quando Carl, il fratellino di Nick, morì di AIDS, tutti gli abitanti, in particolare i più giovani, si erano schierati contro i due omosessuali. Per Louis e Stan iniziò una vera e propria caccia alle streghe: non potevano più uscire liberamente in giro per la città, ogni volta che venivano visti da qualcuno dei loro ex-amici, in particolare da Nick e la sua banda, venivano ricoperti da insulti e minacce, sia verbali che fisiche.

Stan appena aveva potuto era scappato negli Stati Uniti, per trovare una cura alla sua malattia e per cercare di rifarsi una vita. Louis invece era dovuto rimanere, non poteva certo abbandonare il nonno e la vita al faro. Così era stato confinato nella zona più estrema dell'isola, come un eremita. Poteva avvicinarsi alla parte abitata solo in determinati momenti, oppure sarebbe stato oltraggiato dai suoi coetanei.

Danielle e Perrie erano state le uniche a credere alla sua storia e a sostenere la sua innocenza. Erano le uniche due persone che gli erano rimaste. Danielle aveva convinto anche Liam e Niall, ma Louis non riusciva ancora a perdonarli. Insieme a Zayn, erano un gruppo molto stretto e unito, formavano "il quartetto" dal primo anno di scuola elementare. Louis non riusciva a sopportare il fatto che i suoi tre migliori amici gli avessero voltato le spalle con tanta facilità basandosi solo su una menzogna.

-Allora ragazzi, vi porto il solito?- chiese Perrie con il suo taccuino in mano. Louis ed Harry annuirono sorridendo. La ragazza rientrò all'interno del locale per preparare i loro gelati.

Louis rivolse lo sguardo ad Harry.

-E così vieni spesso qui!- disse Louis.

-S...sì, ogni tanto ve...vengo con Liam, Niall, D...D...Danielle, Tay...Taylor e gli altri.- Louis si irrigidì e cercò di pensare immediatamente ad un nuovo argomento. Fortunatamente Perrie uscì dal bar con due grandi coni. Porse a Louis il suo gelato al limone e fragola, e ad Harry il suo con nocciola, cioccolato, crema e panna, con una spolverata di granella alle mandorle sopra.

I due ragazzi iniziarono a gustare i loro gelati in silenzio. Ad Harry era tornato il buonumore e Louis non poteva che esserne più che felice.

Ad un certo punto Harry iniziò a ridacchiare coprendosi la bocca con la mano.

-Che c'è?- chiese Louis con curiosità.

-S...s...sei t..t..tu...tu..tu...tutto s...s...s...spor...sporco!- esclamò divertito.

-Ah sì? Ti stai prendendo gioco di me, piccolo Hazzold?- chiese Louis con un finto broncio arrabbiato.

Il riccio per tutta risposta annuì vigorosamente continuando a ridacchiare con le sue adorabili fossette.

-E sentiamo, dove sarei sporco?-

-P...p...pro...proprio q...qu...qui!- esclamò indicando il naso. Louis prese un fazzoletto e si strofinò con vigore la parte indicata dal riccio.

-Ora?-

-V...va bene!- concesse Harry.

Quando i due finirono di mangiare, si alzarono, e dopo aver pagato i loro gelati a Perrie, si diressero verso la parte commerciale della città.

-Allora Hazzold, come lo vuoi questo costume?- domandò Louis.

-G...g...gi...gia...giallo.- disse Harry.

-Giallo?- chiese Louis strozzando una risata.

-S..sì. Il...il gia...gia..giallo è u...un be..be. co...co...colore. N....n...n...no..non ti p...p...pia...piace?-

-Oh, sì, sì. Abbastanza. È il tuo colore preferito?-

-No, il...il m...mio c...c...co...colo...colore p...p...p...pref....f...f...ferito....preferito è il ro...ro...rosa.- Louis decise semplicemente di non commentare, né tanto meno di ridere, anche se stava trattenendo una delle risate più fragorose di sempre.

-E allora perché non lo prendi rosa?- chiese cercando di mantenere un'espressione neutra.

-M...mio p...p....p...p...pa..padre di..dice c..c..che è d..da fe...fe...femmine. I ma...maschi po...po...possono p...po...po..portarlo s...s...solo se hanno u...un bel fi...fi...fisico, se...se....sennò se...se...se...sembrano m...maiali. E...e...e..e p...p..poi q...quest'anno n...n...no...non va di mo...mo...moda.-

-Io penso che se un colore ti piace, puoi indossarlo in ogni caso, non ti deve importare il parere di tuo padre!- esclamò Louis. Suo padre non poteva bruciargli tutti i sogni! Harry alzò semplicemente le spalle.

-Q...q...qual'è i...il t...t...tuo c...c...c..colore p...preferito?-

-Il verde! Tipo i tuoi occhi!- esclamò Louis senza vergogna. Harry diventò di colpo rosso fuoco e iniziò a balbettare nel suo tenerissimo modo un grazie decisamente imbarazzato.

Il resto della passeggiata la passarono in silenzio. Camminavano l'uno affianco all'altro guardando le vetrine. Ad un certo punto Louis si bloccò davanti ad un piccolo negozio, con un insegna azzurra. Harry non riuscì a leggere, ma la rappresentazione di un onda del mare gli fece capire che si trattava di un negozio di costumi.

I due entrarono, Louis si diresse immediatamente verso il reparto maschile, Harry sorrise cordialmente alla commessa che ricambiò il suo sorriso, ma quando si accorse del suo accompagnatore, quell'espressione gentile si tramutò in orrore.

-Hazzold, vieni a vedere questo!- esclamò Louis richiamando l'amico. Si trattava di un costume giallo a tinta unita, Harry lo prese in mano felicemente.

-L...lo co...compriamo?- chiese.

-Non vuoi prima provarlo?- ridacchiò Louis. Harry arrossì e poi annuì dirigendosi verso i camerini.

Louis si sedette su una poltroncina davanti al camerino ad aspettare Harry.

Era una vita che non andava così liberamente a fare shopping con un amico. Gli era mancato. Lui era sempre stato attento al suo abbigliamento. Prima della grande litigata era uno dei ragazzi più alla moda nell'isola, ma dopo il suo esilio era stato costretto ad indossare sempre le stesse cose. Non era un problema d'inverno, aveva la divisa scolastica uguale per tutti, ma d'estate era costretto a mettere vestiti vecchi e ormai fuori moda.

Decise allora di approfittare dell'occasione e di acquistare un nuovo costume anche per sé. Si alzò dalla poltroncina e si diresse verso uno scaffale di costumi, ne scelse uno blu scuro che aveva intravisto e lo andò a provare.

Dopo aver appurato che era quella la misura giusta lo mise in un cestino che aveva precedentemente preso per mettere la roba di Harry.

Harry!

Se ne era completamente dimenticato! Erano ormai buoni dieci minuti che si trovava lì dentro, così decise di sollecitarlo un pochino.

-Allora Haz, come ti va?-

-N...n...non n...ne s..sono sicuro ma... c...c...c...credo che n...n...non mi v..vada m...m...molto be...be...bene.- mormorò.

-Vuoi farmi veder...-

-NO!- lo interruppe. -Solo.... p...p...puoi p...prendermi una...una m...m...misura p..pi...più gra...grande?- Louis cercò di non ridere e dopo aver acconsentito dolcemente andò a prendere il costume richiesto da Harry.

Dopo averglielo portato attese qualche altro minuto. Poi uno sbuffo lo richiamò.

-O...ok, que..questo mi s...sta. P...però credo che de...de...de...debba sme...smetterla c...c...c...con i dol...dolcetti!- a questo punto Louis non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere come un bambino.

-Non preoccuparti Hazzold, sei un cucciolone!- lo consolò l'amico.

Harry uscì dal camerino tutto vestito, ma con una finto broncio in volto. I due si diressero verso la cassa e posarono i loro acquisti sul bancone.

La cassiera il guardava con un'espressione di puro terrore sul volto. Prese un paio di guanti monouso e li indossò. Louis sbuffò altamente irritato. Harry li guardava in modo strano cercando di capire il perché di tutte le dinamiche. Lanciò uno sguardo interrogativo a Louis che sbottò in modo secco.

-Niente, sono gay!-

-Q..quindi n...non vu...vuole to...toccarti?-

-Così pare.- disse nervosamente.

-B...beh, allora n...n...n...non po..potrà i..impedirci di...di pre..prendere queste c...c...c...cose se...senza pa...pagare.- bisbigliò semplicemente con un alzata di spalle.

-Ha...Haz? Dici sul serio?- chiese Louis soffocando l'ennesima risata.

-P...p...p...perché no? L...la ge...ge...gente n..n..n..non può tra...tra...trattarti male!- confermò Harry.

Louis non avrebbe mai immaginato che il suo amico, dolce, sensibile e timido, potesse anche solo lontanamente pensare una cosa del genere.

Erano anni che non faceva più pazzie del genere. Un tempo con Zayn si divertivano a fare piccoli furti innocenti, ma ora la sua vita era molto monotona. Così annuì facendo l'occhiolino ad Harry.

-Preparati a correre, Hazzold!- sussurrò.

La commessa prese i due costumi e, facendo moltissima attenzione a non sfiorarli con la pelle, controllò il prezzo. Solo allora Louis prese la parola.

-Beh, vede, se prova così tanto disgusto nel toccare questi costumi, se io e il mio ragazzo decidessimo di portarli via senza il suo permesso, non potrebbe fare nulla per impedircelo!- disse Louis con un espressione da santerellino sul volto.

Harry era imbarazzatissimo per l'appellativo usato dal suo amico, ma decise di non farci troppo caso per concentrarsi sulla "missione".

Molto velocemente Louis strappò via dalle mani della donna i due costumi e si avviò verso la porta. Vedendo che la commessa era rimasta impietrita sul suo posto, il ragazzo del faro tentò un ultima pazzia.

-Harry, volevi un costume rosa? Guarda, questo con delle composizioni geometriche fucsia come è carino! Prendiamo anche questo! E poi guarda qui! Questo azzurro e verde con le palme rosa e le zebre è fantastico! Ti risalterebbe moltissimo gli occhi!- esclamò prendendo anche questi ultimi due costumi.

-Lo..Lou, questo ca....ca...cappellino è c...così ca...carino! P...Prendilo!- ridacchiò Harry posando sui capelli color caramello del ragazzo un cappello di paglia con un fiocchetto rosa. Louis rise e poi, prendendo Harry per un braccio, usci dal negozio, senza però dimenticarsi di lanciare alla donna un'occhiataccia di sfida.

Quando i due furono fuori, iniziarono a correre. Non volevano certo che qualcuno li fermasse in quel momento, dopo che avevano finito in bellezza la loro "missione".

Quando arrivarono in prossimità del faro si bloccarono per riprendere fiato.

A Louis bastò prendere qualche boccata di aria fresca.

Harry si buttò letteralmente a terra dalla fatica prendendo il suo inalatore. Louis scoppiò a ridere.

-Sei un matto, Harry. Un matto!- disse per elogiarlo. -Dopo questa, ti rispetterò a vita! Darò alla mia barca il tuo nome!- disse continuando a ridere. Harry, dopo aver ripreso fiato, si unì a lui.

-E' stato... be...be...bello! N...non av..avevo m..m...mai fa..fatto una co...cosa del genere!- eslamò Harry.

I due ragazzi si stesero sulla sabbia per riprendere fiato.

I morbidi riccioli di Harry toccavano i capelli fini di Louis.

Le loro mani si sfioravano, leggermente, con tenerezza, senza superbia, era come se il loro corpo volesse in qualche modo un contatto, era come se le loro mani avessero bisogno l'una dell'altra per andare avanti, per far combaciare i pezzi.

Le onde del mare accarezzavano i loro piedi nudi e il sole feriva la loro vista.

Il silenzio che si era creato tra di loro non era imbarazzante, era un silenzio pieno di significato, un silenzio pieno di parole.

 

Quando il cielo iniziò a diventare rossiccio, i due decisero di tornare verso le loro case.

Louis decise di accompagnare Harry fino a casa sua. Se avesse potuto sarebbe rimasto per tutta la vita per evitare che suo padre lo denigrasse ingiustamente, ma non poteva farlo. Il suo compito era solo quello di curargli le ferite. Non poteva cercare anche di evitargliele. Non ne aveva i mezzi.

Man mano che i due si avvicinavano alla villa degli Styles, Harry diventava sempre più nervoso. Quell'espressione delusa e impaurita era tornata sul suo volto, e la sua bocca aveva ricominciato a torturare le unghie.

La famiglia Styles era seduta intorno ad un tavolino in veranda. Erano in compagnia di una bizzarra ragazza con i capelli azzurri e il sorriso contagioso. Eleanor e sua madre ridevano. Des era impegnato ad osservarle spensierato.

Improvvisamente Harry si bloccò. La sua espressione triste si tramutò nuovamente in un'espressione felice ed emozionata.

-GEMMA!- urlò iniziando a correre verso la veranda.

La ragazza, sentendosi chiamare alzò lo sguardo e quando vide il suo fratellino, si alzò e corse ad abbracciarlo.

Louis fece dei timidi passi verso i due. Non voleva disturbare, ma non era un maleducato, voleva salutare Harry.

-Ecco la mia Polpetta preferita!- esclamò la ragazza stritolando Harry. Il riccio ridacchiò.

-Fai vedere quanto sei cresciuto! Cavoli Harry, sono sei mesi che non ti vedo dal vivo!- esclamò Gemma scompigliandogli i capelli e dandogli un pizzicotto sui fianchi morbidi. Harry si ritrasse imbarazzato, ma lo stesso felice.

-Che è successo? Il gatto ti ha rubato la lingua?- chiese sua sorella solleticando le sue guance paffute.

-No, ce l'ho la lingua!- esclamò Harry ridacchiando.

-Oh bene, mi stavo preoccupando!- borbottò ironicamente.

-Dove hai lasciato quel povero ragazzo di Cam?- chiese Harry in modo spensierato.

-Cam deve finire alcune cose in ospedale, ci raggiungerà tra qualche giorno.- spiegò Gemma.

-E tu per quanto resterai?-

-Per quanto vuoi che resti?- chiese lei tirandogli un ricciolo.

-Ahi! Per tutta l'estate, se non mi tiri i capelli!-

-Oh, bene. Sei fortunato per una cosa e sfortunato per un'altra, allora. Rimarrò tutta l'estate, ma non ho alcuna intenzione di lasciare i tuoi capelli illesi!- dichiarò iniziando a scompigliare bruscamente i riccioli del fratello che ridacchiava cercando in qualche modo di proteggersi.

Improvvisamente la ragazza si accorse che oltre a suo fratello c'era anche un altro ragazzo.

-Ciao!- esclamò porgendogli la mano. -Tu saresti?-

-Louis, Louis Tomlinson.- si presentò afferrandole la mano.

Gemma si accese di sorpresa.

-Ma lui... lui è il ragazzo delle farfalle!- esclamò scoppiando a ridere. Harry si passò una mano in fronte e sibilò, imbarazzato, alla sorella di smetterla.

-Ragazzo delle farfalle?- chiese Louis ridacchiando. -Di solito mi chiamano il ragazzo del faro! Ma anche il ragazzo delle farfalle è carino. Credo.- disse sorridendo.

-E' così carino! Mi piace!- sussurrò Gemma nel orecchio di Harry che diventò, se è possibile, ancora più rosso.

-Oh, basta!- esclamò il riccio divertito e imbarazzato.

Louis era decisamente disorientato. Osservava i due fratelli con un'aria perplessa. Non capiva di che cosa stessero parlando, ma in qualche modo, era felice. Era estremamente felice, non aveva mai visto un Harry così spensierato. Stava godendo di emozioni altrui.

Osservò i modi di Harry. C'era qualcosa di diverso mentre parlava con la sorella. Sembrava certamente più sicuro, ma non sembrava il timido Harry impacciato. Cioè, era sempre timido e impacciato, ma i suoi modi erano più tranquilli, non era nè ansioso nè teso. C'era qualcosa di estremamente diverso.

Decise di lasciare ai due fratelli il loro spazio, così dopo aver accarezzato affettuosamente il bacino del suo amico, si avvió verso casa.

Mentre saliva la scala a chiocciola che lo avrebbe portato nella stanza della lampada, improvvisamente la sua testa ebbe un'illuminazione.

La grande differenza che aveva notato in Harry mente parlava con la sorella, era proprio nel suo modo di parlare. Harry non aveva balbettato, Harry era sicuro di sé.

In quel momento Louis decise che un giorno avrebbe avuto anche lui quel rapporto solido con quel timido ragazzo. Harry si sarebbe fidato di lui.

In verità non sapeva da dove venisse questa improvvisa voglia di fare da mamma chioccia ad un piccolo ragazzone timido e innocente, ma voleva veramente la felicità di Harry, e lo avrebbe aiutato a tutti i costi.

 

Harry e Gemma intanto, seguiti dal resto della famiglia, erano tornati a casa.

La cena fu per la prima volta dopo troppo tempo spensierata e leggera. Era da moltissimo che Harry non parlava liberamente a tavola. Principalmente rivolgeva la parola solo a sua sorella, non parlava molto con gli altri membri, ma era pur sempre un passo avanti.

Quando la cena finì, Anne si diresse in veranda a leggere il suo libro, Eleanor si andò a preparare per uscire con Taylor, Des si sedette sul divano con il suo giornale in mano, Gemma andò in bagno e Harry iniziò a salire le scale che lo avrebbero portavato in camera sua.

-Harold, abbiamo un discorso in sospeso.- ringhiò Des. Il ragazzo si bloccò di colpo. Improvvisamente si ricompose e con un'aria terrorizzata si andò a sedere ordinatamente davanti a suo padre.

Anche se tutti i condizionatori erano in azione, Harry stava iniziando a sudare freddo. Aveva paura di suo padre. Non voleva parlare con lui. Ma ormai non poteva scappare.

Doveva alleggerire la situazione, e conosceva un solo modo per farlo: allungò una mano verso il tavolino del caffè che aveva davanti e prese una manciata di caramelle dalla ciotolina di porcellana. Iniziò a scartarle una dopo l'altra gettandole in bocca, senza neanche masticare accuratamente, con la testa bassa e le orecchie rosse mentre suo padre iniziava il suo discorso.

-Il tuo comportamento oggi è stato pessimo. Mi hai fatto sentire un lurido schiavo che si fa mettere i piedi in testa dal padrone, solo che in questo caso il presunto padrone era un rozzo pescatore, e io tutto sono che uno schiavo. Io ho un nome da rispettare, un'immagine da portare avanti. Tu mi fai solo sfigurare. Da oggi in poi non uscir....-

-Oh, ma dai, lascialo stare! È un ragazzo, ha una vita davanti! Te lo porto via, papà. Andiamo Harry, ti ho portato una cosa!- lo interruppe Gemma prendendo il fratello per un braccio. Harry si alzò, facendo cadere tutte le cartacce a terra e lanciando un'occhiata timorosa al padre che guardava i due fratelli allontanarsi, rosso di rabbia.

I due salirono in camera di Harry. Gemma si lanciò sul suo letto e Harry la seguì sedendosi in modo composto.

-Grazie per...per prima.-

-Di niente Polpetta! Mamma mi ha un po' raccontato la storia, e a me Lewis, il ragazzo delle farfalle, mi sta simpatico.-

-Si chiama Louis! E poi è il ragazzo del faro, o, al massimo, il ragazzo del mare. Io sono il ragazzo delle farfalle, perché non sono ancora volate via dal mio stomaco!- la corresse Harry.

-Oh, ma come siamo suscettibili! Ancora allevi farfalle?- lo prese in giro la sorella.

Harry mise su un finto broncio e diede una leggera spinta alla sorella che per vendicarsi si buttò su di lui iniziando a fargli il solletico.

-Oh, ma come vedo certe cose non cambiano mai! Il piccolo Harold ancora soffre il solletico!-

-Ba...ba...basta Gems!- provò Harry con il respiro mozzato dalle risate.

-VOGLIAMO FINIRLA?!- tuonò una voce. Immediatamente i due fratelli si bloccarono per notare Des appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate e lo sguardo veramente furioso.

-Gemma, in camera tua. Harry deve dormire. È piccolo e ritardato.- Gemma trasecolò. Suo padre non aveva mai trattato Harry così male. Anche se sapeva benissimo che pensava quelle cose da tutta la vita, per educazione non gliele aveva mai dette in faccia.

La ragazza lanciò un piccolo sguardo a suo fratello che si era accartocciato su se stesso, rosso in volto e con gli occhi lucidi.

-Veramente pensavo di dormire qui con Harry stanotte.- il riccio alzò lo sguardo e guardò sua sorella con un piccolo segno di speranza.

-No, non se ne parla. Lui è un maschio. Non siamo poveri! Ci possiamo permettere addirittura due stanze a testa! Tu dormirai nella tua camera. Non si discute.- disse Des con un tono che non ammetteva repliche.

-Beh, papà, non so se te ne sei accorto, ma io sono maggiorenne e se voglio stare in camera con Harry ci sto. Andiamo Pulcino, aiutami a portare il mio letto da questa parte.-

Harry seguì felicemente sua sorella per il piano, loro padre li guardava severamente, ma per una volta al riccio non importava. Sapeva di avere una sorella a guardargli le spalle.

In brave tempo trasportarono il letto di Gemma nella stanza di Harry, poi si prepararono per la notte. Gemma fu più veloce, e appena finì si intrufolò nel letto di suo fratello con un pacchetto rettangolare in mano.

Harry la raggiunse qualche minuto più tardicon il suo immancabile pigiama con le paperelle, il busto per la scoliosi e la crema per l'acne.

Gemma scoppiò a ridere. Harry arrossì.

-Certe cose non cambiano mai!- esclamo scompigliandogli i capelli. -Tieni, è per te!- disse porgendogli il pacchetto.

Harry amava i regali. Amava farli e riceverli. Per lui anche un fazzoletto nel momento del bisogno era un regalo da apprezzare, custodire e guardare con meraviglia. Quindi prese il pacchetto e con estrema cura lo scartò.

-Perché mi hai fatto un regalo?- chiese emozionato.

-Perché non dovrei farti un regalo?- chiese ovviamente Gemma. Harry non rispose e continuò a togliere quella carta in modo preciso.

Era felicissimo, e il suo sorriso non lo abbandonò neanche quando si accorse che il pacchetto conteneva un libro.

-E' il quinto libro del mago mio omonimo!- esclamò Harry battendo le mani emozionato! Gemma scoppiò a ridere.

-Harry Potter e l'Ordine della Fenice. Eravamo arrivati qui, vero?-

Harry annuì felice.

-Me lo leggerai? Come quando eravamo più piccoli?-

-No Harry, sei grande!-

Solo allora il sorriso di Harry scomparve.

-Ma...ma io...io non posso. Lo sai!- mormorò tristemente.

-Oh sciocchezze! Devi solo esercitarti. Non sarà facile, sarà difficilissimo se vuoi la verità! Ma sei intelligente e ci riuscirai. Harry, il tuo problema non ti potrà ostacolare a vita!- disse Gemma con serietà. Harry continuava a tenere la testa bassa.

-Lo leggeremo insieme. Una pagina io e una tu. Ti starò accanto se avrai difficoltà. Lo prenderemo come esercizio per l'estate.- disse. Harry annuì alzando le spalle.

-Dì la verità, ora non sei più così tanto felice di vedermi!- ridacchiò, Harry scosse il capo sorridendo.

-Andiamo, fila sotto le coperte. Inizieremo da ora!- Harry si posizionò e fece spazio alla sorella che gli mise un braccio dietro al collo. Poi prese il libro e lo aprì alla prima pagina.

-Inizia tu!- propose Harry a Gemma, la ragazza annuì e iniziò a leggere.

-Il giorno più caldo dell'estate - almeno fino a quel momento - volgeva al termine e un silenzio sonnacchioso gravava sulle grandi case quadrate di Privet Drive....-

I due fratelli lessero per molto tempo. Gemma si accorse che Harry aveva molte più difficoltà di quante se ne fosse aspettata, ma non avrebbe perso la speranza.

Avrebbe aiutato Harry a conquistare un po' di normalità. Il suo piccolo Harry ne aveva bisogno.

 

Angoletto

Ok, lo so, questo capitolo fa schifo. Più ci penso e più mi vengono male. Benvenuti nel fantastico mondo di Som! :D

Lunedì prossimo parto, spero di aggiornare un altro capitolo prima di partire. Quando sarò in vacanza continuerò a pubblicare, ma non so se potrò essere puntuale, anche perchè non mi trovo per niente a scrivere con il cel! :(

In ogni caso se volete, commentate questa specie di capitolo e fatemi sapere che ne pensate! Mi farebbe veramente piacere :)

A presto, Somriure <3

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Benvenuto! ***


Quella mattina Gemma si era alzata molto presto, svegliata bruscamente da un tiepido raggio di sole che aveva deciso di espandersi proprio sui suoi occhi.

Lanciò uno sguardo divertito a suo fratello che era ancora addormentato, con una mano sulla pancia e la bocca completamente spalancata. Gli scattò una foto da inserire nella cartella "foto compromettenti di Polpetta" e poi sistemò meglio le tende per permettergli di continuare a dormire.

Scese giù e si accorse con disappunto che la casa era già in piena attività,  c'erano camerieri che pulivano, altri cucinavano e apparecchiavano. Gemma voleva solamente un po' di tranquillità, così,  dopo essersi infilata i suoi comodi sandaletti,  uscì fuori.

Era in quell'isola solo da 15 ore, non conosceva benissimo quei luoghi,  così si incamminò per una stradina ombrosa,  costeggiata, da una parte, dal mare e dall'altra, da alberi stracolmi di frutti maturi.

Con suo enorme disappunto,  alla fine della stradina una trentina di persone urlavano e parlavano a voce alta.  Era arrivata al mercato.

Stava quasi per tornare indietro, l'unica cosa che desiderava era un posto tranquillo per iniziare bene la giornata. Eleanor le aveva detto che non c'era vita in quell'isola, sapeva che sua sorella di solito tendeva ad ingigantire le cose, ma così era eccessivo!

Ad un certo punto notò un volto familiare. Il ragazzo delle farfalle, stava parlando con un vecchio dietro un banchetto del pesce.

Immediatamente lo raggiunse. Voleva conoscerlo meglio, non avrebbe mai lasciato che il suo Harry diventasse amico di uno sconsiderato,  e, anche se si fidava ciecamente dell'opinione del suo fratellino, voleva essere sicura della correttezza del ragazzo.

-Buongiorno Lewis!- richiamò la sua attenzione.

-Buongiorno a te, Gemma. Il mio nome è Louis. Cosa posso fare per te?- chiese il ragazzo.

-Devo parlarti. Ora.- disse con quella voce che non ammetteva repliche, quella voce degna di suo padre.

-Bene!- acconsentì Louis, poi lanciò uno sguardo a suo nonno che gli diede il permesso.

Il ragazzo si lavò le mani sporche di pesce e poi si avvicinò alla ragazza.

-C'è un posto tranquillo in quest'isola?- chiese la ragazza sbuffando. Louis ridacchiò prima di annuire e condurla verso un piccolo parchetto con fontane e aiuole.

I due si sedettero su una panchina all'ombra e solo allora Gemma iniziò a parlare.

-Che intenzioni hai con Harry?- chiese di punto in bianco.

-Siamo amici, è simpatico e mi trovo bene con lui.- disse Louis prontamente. La famiglia di Harry per alcuni aspetti era molto attaccata al ragazzo. Cercavano in tutti i modi di proteggerlo da tutti e da tutto. A Louis non era mai capitata una cosa del genere.

-Mh... Harry è molto ti è molto affezionato, parla molto spesso di te. Ti prego non farlo soffrire. So che mio fratello non è il prototipo di amico che tutti vorrebbero avere, ma è dolce e tenero e non voglio vederlo triste.-

-Lo so. Non ho intenzione di farlo rattristare.-

-Sei un bravo ragazzo, Louis. Mio fratello non è stupido, non diventerebbe mai amico di uno sconsiderato. Mi fido di te perché mi fido di Harry.-

Louis annuì con un leggero sorriso, non sapendo che dire.

I due rimasero un po' in silenzio a godersi gli uccellini che cinguettavano sopra le loro teste.

-E' sereno con te!- esordì Louis. -Un po' ti invidio, sai? Mi piacerebbe che si fidasse di me come si fida di te.-

-Ricordati sempre che sono sua sorella! È ovvio che abbia un rapporto speciale con me!- disse la ragazza con un'espressione ovvia.

-Con te non balbetta, è un'altra persona! Esclamò sorridendo dolcemente. Gemma si incupì.

-Ha ripreso a balbettare? Non lo fa sempre, solo quando è estremamente stressato. Qualcuno lo sta mettendo sotto pressione.- constatò Gemma parlando più che altro a se stessa.

Louis un'idea ce l'aveva, ma non poteva certo sparare addosso a Des Styles, così, su due piedi. Era pur sempre suo padre.

-Appena mi sistemerò meglio a Boston, lo porterò via con me. Non può restare con i miei. Loro non lo lasciano libero, ma allo stesso tempo lo trascurano. È una situazione complicata.- disse grattandosi la testa. -Cavolo, sto straparlando! Mi capita abbastanza spesso, mi piace parlare.-

-Ma va, non me ne ero accorto!- pensò Louis, ma non lo disse alla ragazza per non offenderla e per non allontanare da lui l'unica fonte di informazioni che avrebbe potuto avere su Harry.

-Ora devo andare. Ciao ragazzo delle farfalle.- disse alzandosi facendo qualche passo lontano dalla panchina. Poi si bloccò e tornò indietro.

-Fagli provare nuove cose?- gli consigliò.

-Cose nuove? Che genere di cose?- chiese Louis aggrottando le sopracciglia.

-Cose che non può fare con una sorella!- esclamò facendogli l'occhiolino. Poi si voltò e finalmente si diresse verso casa.

Louis rimase altri minuti a pensare alla stramba conversazione fatta con la ragazza. Certo che in quella famiglia non ce n'era uno normale!

Poi si alzò e tornò da suo nonno.

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

-Ti ho detto che non ho visto niente!- sbottò Taylor per placare l'insistenza di Danielle.

La ragazza e Liam stavano avendo un po' di problemi di coppia e Danielle ancora non riusciva a farsene una ragione. Lei amava Liam, con tutto il suo cuore, e credeva anche di essere completamente corrisposta. Loro due erano, fino a qualche giorno fa, la coppietta più invidiata di tutta l'isola,  forse era stato propio per questo che la loro storia non stava andando come la ragazza aveva previsto.

Danielle, Taylor, Perrie ed Eleanor,  erano sedute sul letto di quest'ultima a spettegolare, come loro solito.

Danielle sosteneva di aver visto Liam sorridere mentre riceveva un messaggio. Voleva scoprire a tutti i costi chi fosse stato ad inviarglielo. Stava diventando pazza e le sue amiche non la stavano certo aiutando.

-Tu l'hai visto, Perrie?-

-No, Dani. Mi dispiace! Non pensarci troppo, lo so che ami Liam, vedrai che tutto si sistemerà, e se così non fosse, ci sono un sacco di bei ragazzi single sull'isola. Sei giovane, bella, sai quanti cadranno ai tuoi piedi. Devi far ingelosire quel brutto orso con il naso a patata!-

Danielle sbuffò poco convinta.

-Ma sì, dai!- provò Eleanor. -Ed è single ed è anche molto carino e gentile! Suona la chitarra! Chi è che non si innamorerebbe di un dolce panda dai capelli rossi che compone serenate!- esclamò.

Taylor si accigliò, Perrie la guardò con compassione. Eleanor non capiva quello scambio di sguardi, così cercò di indagare.

-E tu, Tay? Hai puntato gli occhi su qualcuno?- chiese. La ragazza si ricompose e con un ghigno di superiorità disse ridacchiando.

-Tutti i ragazzi mi cadono ai piedi. Ora voglio solo divertirmi, non ho la necessità di fare coppia fissa con qualcuno. Come si dice, carpe diem!- le ragazze scoppiarono a ridere.

Un bussare alla porta destò le chiacchiere delle ragazze. Entrò la governante di casa che dopo essersi inchinata leggermente parlò.

-Signorina Styles, sono arrivati i suoi amici. Li ho fatti accomodare in salotto.- così dicendo riuscì.

Le amiche presero le loro cose e scesero giù. Danielle era inrequieta. Aveva paura di incontrare Liam, aveva paura che il ragazzo, come al solito, non la degnasse neanche di uno sguardo.

Perrie guardò la sua migliore amica con aria preoccupata. Sapeva che Liam non era più lo stesso, ma non sapeva cosa consigliarle. Sapeva che stava soffrendo, ma non se la sentiva a spingerla a lasciarlo. Conosceva Danielle, sapeva che se ne sarebbe pentita. Un po' la capiva. Due anni fa aveva rotto con Zayn. Era stata dura da superare, ma poi ci era riuscita, più o meno, e ora scambiava qualche parola con il ragazzo. Quando Zayn aveva iniziato ad allontanarsi Perrie era imazzita, non sapeva più che fare, ma alla fine si era arresa all'evidenza: Zayn non era più innamorato di lei.

Niall, Zayn, Ed e Liam erano seduti sul divano. Anne li stava intrattenendo, ma quando vide Eleanor, li lasciò in pace tornando alle sue faccende.

-Ehi, piccola!- Liam salutò Danielle. La ragazza sorrise correndo ad abbracciarlo. Quelle poche paroline le avevano fatto tornare il sorriso.

Liam la abbracciò in modo freddo e dopo averle lasciato un insignificante bacio sulla guancia, tornò a parlare con i suoi amici.

Danielle rimase lì, impalata su se stessa, incapacedi dire altro. Così decise di andar via. Salutò tutti educatamente, lanciando un occhiataccia a Liam, e uscì di casa. Si diresse verso il faro. L'unica persona che l'avrebbe capita si trovava lì. Il suo Louis le avrebbe fatto tornare su il buonumore.

Eleanor concesse ai ragazzi di usare la Wii. Le ragazze invece tornarono ai loro discorsi usando parole in codice per depistare i maschi, anche non c'era pericolo capissero qualcosa, erano troppo presi dai loro giochi per prestare loro attenzione.

Mentre i suoi amici ridevano e scherzavano al piano di sotto, Harry era impegnato nella sua lezione di piano con la signorina Wilkinson.

Quel giorno voleva veramente impegnarsi. Non voleva deludere il padre. La sera prima stava iniziando un discorso che non avrebbe portato a nulla di buono. Suo padre voleva allontanarlo da Louis perché pensava che fosse l'unico modo per riportarlo sulla retta via, ma non aveva capito che Louis era l'unico che in quel momento gli permetteva di respirare.

Ovviamente la signorina Wilkinson non sarebbe mai stata fiera di lui e lui non sarebbe mai stato bravo a suonare il piano, quindi le sue speranze furono inutili. La signorina uscì dalla sua stanza sbattendo ferocemente la porta, delusa e indignata.

Harry si sedette sul suo letto. Aprì il cassettone sotto di lui dove aveva la sua riserva di cibo, e prese un pacchetto di patatine.

Se sua sorella avesse scoperto la sua scorta, probabilmente si sarebbe arrabbiata molto. Gemma era molto attenta a queste cose, riteneva che tutto quel cibo spazzatura facesse male ad Harry, ma lui non poteva smettere. Non ci riusciva proprio. Odiava la sensazione di vuoto che lo tormentava quando si sentiva troppo diverso rispetto agli altri. Il cibo lo aiutava. Tanto. Se avessero scoperto un farmaco per il vuoto, Harry avrebbe abbandonato per sempre il cibo spazzatura, ma fino ad allora doveva continuare a vivere con il suo rimedio casareccio.

Un colpetto alla porta lo fece distrarre.

-A..avanti.- mormorò con la bocca piena.

Niall ed Ed entrarono nella sua stanza.

-Buongiorno amico. Ti disturbiamo?- chiese Niall buttandosi a peso morto sul letto accanto a lui.

-N..no, t..t..tranquilli!- rispose Harry scansandosi un po' per far spazio all'amico e offrendogli qualche patatina. Niall tranquillamente prese tutto il pacchetto e iniziò a trangugiare il suo contenuto. Harry ridacchiò. Aveva forse trovato qualcuno che mangiava più di lui. No, impossibile.

-E' una noia mortale laggiù.- spiegò con la bocca piena di patatine. -Liam e Zayn stanno giocando a Just Dance. Ballano una canzone di Lady Gaga come delle vere dive.- disse storcendo il naso. -Le ragazze invece stanno spettegolando come delle galline in calore.-

Harry scoppiò a ridere. Conosceva sua sorella, sapeva bene che poteva tirar fuori il diavolo da una suora.

Ed era rimasto in piedi, stava sfogliando i suoi odiati spartiti con uno sguardo rapito ed interessato.

-Suoni?- chiese meravigliato.

-S..sì, ma n..non sono per...per n..n..niente po...portato.- disse sospirando.

-Nah, sciocchezze! Non c'è nessuno in questo mondo che non è portato per la musica. Devi solo trovare la tua strada musicale!-

-O...odio il p...p...p...pia...piano...pianoforte. S...suonavo la ch..ch..chitarra però.-

-La chitarra?!- chiese Ed spalancando gli occhi. -Anche io suono la chitarra! Perché hai smesso?- chiese. Harry si rattristò.

-M..m...mio p..p...p...p...pa...padre n..n..no..non vuole.- mormorò Harry.

-Oh, beh. Allora un giorno di questi porto la mia e ci facciamo una suonatina sulla spiaggia!- esclamò Ed. Harry si illuminò e annuì vigorosamente.

-Questa cosa mi ricorda moltissimo una persona.- commentò Niall guardando Ed con occhi complici.

Ed scoppiò a ridere annuendo.

-N..non s..sto capendo.- disse Harry. I due si guardarono e poi Niall iniziò a spiegare.

-Hai presente il ragazzo del faro?-

-Sì, Louis!- esclamò Harry. Niall gli lanciò un'occhiata sorpresa, poi continuò.

-Beh, lui era l'organizzatore di eventi nel gruppo. Le sue feste erano divine, pensava proprio a tutto: dal cibo, ai vestiti per partecipanti. Se non ti vestivi come diceva lui non ti faceva entrare, neanche se eri il festeggiato, neanche se eri il suo migliore amico. Non mi ha fatto partecipare alla festa di Josh perché non indossavo un cappello.-

-Da quel giorno porti sempre un cappello in testa!- gli fece notare Ed.

-Sì! Mi ha traumatizzato!- esclamò fingendosi indignato. -Le settimane prima della fatidica festa aveva i nervi a mille, si aggirava per l'isola dando ordini a destra e a manca e comprando mille dettagli che avrebbero reso l'evento ancora più sensazionale. Era talmente nervoso che non potevi neanche avvicinarti a lui.- Niall fece una pausa per ridacchiare. Harry lo guardava incantato. Amava sentir parlare del suo Louis, gli metteva allegria.

-Ed era l'addetto alla musica. Con la sua chitarra accompagnava le serate davanti al falò. Ecco perché mi è venuto in mente!- spiegò Niall.

-Beh, po...potremmo s...s...sempre fa...farla, no? Dico, una bel...be...bella festa!- propose Harry.

-Nah, ci abbiamo provato. Senza di Louis fanno schifo. Lui riusciva ad avere la visione d'insieme. Lui pensava a tutto!- disse Ed amaramente.

-Lui...lui...lui n..n..n..non è mo...morto! Si...si ve..vede c..c..che vi ma...manca. P..p..potete s...s...s...sempre f..far pa...pace!- esclamò Harry.

-Non è così semplice, piccolo Harry.- rispose Niall abbassando il capo. -L'abbiamo trattato molto male, e ora giustamente non vuole perdonarci.-

-N...n...non mi pa...pare che... sti...stiate fa...facendo mo...molto per f...fa...farvi pe...perdonare!- disse Harry, la bocca della verità.

Queste parole fecero riflettere molto i due ragazzi. Era vero, avevano tentato di riallacciare i rapporti con lui solo nel primo periodo. Si erano arresi subito e Louis non lo meritava. Louis meritava di più.

Niall decise in quell'istante che avrebbe convinto gli altri a chiedere scusa al loro ragazzo del faro. Louis sarebbe tornato a far parte del "quartetto" prima o poi. Gli mancava moltissimo il suo compagno di scherzi.

Ringraziò mentalmente Harry per avergli fatto aprire gli occhi, poi i quattro scesero in soggiorno per ricongiungersi al gruppo.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

-Vieni qui, piccola!- esclamò Louis accarezzando i capelli di Danielle. -La prossima volta che lo vedo gli spacco la faccia.- disse con voce arrabbiata.

Danielle tra le lacrime si fece sfuggire una risatina.

-Tu? Con il tuo esile corpicino e le tue manine da principessa? Liam ha un bellissimo corpo, muscoloso e... Oddio no!? Lo sto rifacendo! Tirami i capelli ogni volta che gli faccio un complimento!- esclamò sbuffando la ragazza.

-No, mi dispiace, non posso! Le mie mani da principessa si potrebbero rovinare!- rispose Louis ironicamente mettendo su un finto broncio.

-Scusa!- ridacchiò la ragazza.

Era questo il bello di Danielle. Anche se soffriva, riusciva sempre a ritrovare il buonumore.

La testa di Danielle era poggiata sulla spalla di Louis, Louis raccoglieva conchiglie che metteva sulla gamba della ragazza. Stavano bene così, senza parlare troppo.

Harry quando uscì di casa li vide subito. Immediatamente una strana sensazione si diffuse per tutto il suo organismo. Non aveva mai provato una sensazione del genere. Era simile alla sensazione che provava quando Gemma metteva lo smalto alle unghie di Eleanor, ma molto più accentuata. Era forse geloso? Ma no, come poteva ingelosirsi! No aveva nessun legame di parentela con Danielle, e neanche con Louis. In ogni caso si sentiva strano e arrabbiato. Sì, la rabbia era l'emozione più giusta. Sapeva che Louis era gay, ma in quel momento la cosa non lo rassicurava affatto.

Aveva messo il suo costume giallo, aveva lasciato gli altri ragazzi con sua sorella, voleva farsi una nuotata con Louis, ma quando lo vide con la ragazza qualche strano meccanismo scattò nella sua testa, quindi si voltò e prese una stradina che non aveva mai preso.

Camminò per un bel po' non conosceva il posto, quel punto non era molto abitato. C'erano solo grandi distese di coltivazioni. Viti, ulivi e altri alberi da frutto.

Harry rimase abbastanza colpito da un albero di pesche noce, erano cosi succose e mature. A Londra era raro trovare della frutta così buona, di solito le cose che mangiavano loro erano coltivate in serra e non avevano di certo questi sapori così genuini.

Il ragazzo, con l'acquolina in bocca, si mise in punta di piedi e allungò la mano verso una pesca con un bel colore rosso, il colore del tramonto che aveva imparato ad amare con Louis. Ancora lui! Non doveva pensare a Louis.

Prese la pesca e la pulì con la stoffa della sua maglietta. Dopo di che spalancò la bocca e morse quel frutto tanto desiderato.

Subito il sapore dolce e accogliente del frutto si sparse in tutta la sua bocca. Harry assaporava lentamente quel frutto così prelibato, con gli occhi chiusi e il sorriso sulle labbra.

-Ti ho acciuffato finalmente! Ladruncolo dei miei stivali!- tuonò con la sua vocetta un anziano signore spuntando da dietro una recinzione di filo di metallo che divideva i suoi alberi da frutto dalla strada, brandendo sopra la testa del povero ragazzo il manico di una scopa.

Harry sbarrò gli occhi. Non si era mai trovato in una situazione simile. Non sapeva cosa fare.

Così molto lentamente posò il frutto a terra, poi alzò le mani in segno di resa, come aveva visto nei film.

-Mi prendi anche in giro? Brutto figlio di una buona donna!- urlò. -Aspettami lì eh? Prova a muoverti e puoi considerarti un ragazzo morto.- così dicendo sparì tra il verde degli alberi.

Harry era indeciso su cosa fare. Sarebbe potuto scappare, non era molto veloce, ma forse avrebbe potuto battere un vecchietto; ma poi pensò che forse il signore avrebbe chiamato aiuto, magari lo avrebbe raggiunto con un trattore, o peggio, avrebbe potuto farlo sbranare dai cani.

Harry così rimase lì, immobile. Con le mani in alto e gli occhi spaventati.

Dopo qualche minuto il vecchietto lo raggiunse. Era sbucato da una porticina e teneva in mano un fucile.

Il vecchietto era la persona più bassa che Harry avesse mai visto. Era piccolissimo. Un nonnetto in miniatura. Aveva dei baffi bianchi e un cappello a scacchi. Se il ragazzo non fosse stato così terrorizzato, probabilmente avrebbe potuto schiacciarlo con un piede. Era così basso che arrivava per un pelo al bacino di Harry.

-Sporco ladro, dimmi: per caso non hai soldi? Sei povero e affamato per rubare da un campo non tuo? Lo sai che queste pesche io le vendo al mercato? Lo sai che se tu mangi le mie pesce poi io non guadagnerò e morirò di fame? Lo sai? Certo che non lo sai! Voi ladri siete capaci solo a rubare. Prendere le cose altrui con le vostre mani grassocce e mangiare, mangiare, mangiare sulle fatiche degli altri.-

Harry lo guardava con gli occhi umidicci e il labbro tremolante. Ovviamente quando aveva preso la pesca non aveva pensato alle conseguenze.

-Dimmi. Quanti anni hai?- chiese il vecchio.

-D...d...d...d...d...di...dici....dici....-

-Tombola! Fanno sempre tutti così. Prima si sentono supereroi, poi quando li scopro sembrano mongoloidi ritardati. Dimmi la verità. Non sei un mongoloide ritardato, vero?- chiese retoricamente.

Harry arrossì. Gli faceva sempre un certo effetto quando la gente lo chiamava ritardato.

Il vecchietto iniziò a piagnucolare.

-Mi è capitato proprio quello ritardato! Va via, non farti più vedere sennò la prossima volta ti impalerò nudo con la forca!- eslcmò spingendo Harry verso il sentiero.

Il ragazzo, con le lacrime agli occhi, ritornò sui suoi passi, dopo qualche minuto, avvolto nei tiepidi raggi del tramonto, arrivò finalmente davanti al faro.

Louis stava ancora ridendo con Danielle, ma appena lo vide, salutò la ragazza per correre verso di lui.

-Hazza!- esclamò. -Che succede, piccolo?- chiese preoccupato vedendo il volto dell'amico. Danielle li raggiunse.

-Ho...ho....ho... ru...ru...ru...ruba...rubato una...una... pe...pe...pe...pesca.- mormorò tra i singhiozzi.

-Harry! Non puoi rubare! Non è bello!- lo sgridò Louis. Harry lo guardò mortificato. -Non è bello rubare senza di me!- aggiunse il ragazzo sorridendo sotto i baffi.

Harry scosse la testa alzando gli occhi, Danielle ridacchiò copiando i movimenti del riccio.

-Hai rubato una pesca al signor Pumpkin?- chiese ridacchiando la ragazza.

-V...v...vole...voleva im..impa...impalarmi con...con...con... una f...f...f...f...f...forca.- disse il ragazzo.

Louis e Danielle si guardarono in modo complice.

-E' il signor Pumpkin!- ridacchiarono insieme.

-N...n...non ma...ma...mange...mangerò m...m...mai p...p...p...più u..un..una pe...pe...pesca.- decise Harry.

-Ma no, il signor Pumpkin fa sempre così, non devi preoccuparti! Tutti almeno una volta nella vita sono stati minacciati da lui. È un po' un rito di iniziazione per entrare a far parte della vita nell'isola! Benvenuto nella nostra isoletta, Harry. Ora sei uno dei nostri!- spiegò Louis dolcemente, ridacchiando. Harry annuì.

-Hai messo il costume! Vuoi farti un nuotata!- propose Louis.

-No, sono stanco. Me ne tornerò a casa. Ci vediamo!- mormorò il ragazzo dirigendosi poi verso la sua abitazione.

Louis rimase perplesso. Sapeva che Harry era molto fragile in queste situazioni, ma di solito in qualche modo riusciva a consolarlo.

Danielle gli lasciò una pacca sul sedere e poi, con un sorriso, si diresse verso casa sua.

Louis rimase qualche minuto sulla sabbia umida a contemplare il suo bel tramonto, infine si alzò e se ne tornò a casa. Era stanco, voleva solo riposare, senza pensare a niente.

Angoletto

E' tardissimo. Tra un'ora e mezza mia madre mi verrà a "svegliare" per partire. Poco male, dormirò in macchina.

Il capitolo è pieno di errori, lo immagino. Domani correggerò, ora sono troppo stanca.

Che ve ne pare? E' solo un capitolo di passaggio. Dal prossimo la situazione diventerà interessante ;)

Ora vado che se mi beccano in piedi potrebbero veramente impalarmi nuda con una forca!

A presto, Somriure <3

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Io ti guardo, Harry ***



L'alba dietro di lui proiettava la sua ombra sulla sabbia.

Harry, armato di fogli e carboncino, era impegnato a completare un vestito da sera per la sua collezione estiva.

Nella sua famiglia si era sempre parlato di moda e Harry, sapendo disegnare, aveva coltivato la passione dello stilista. Si sentiva portato per quel lavoro. Si impegnava molto per la realizzazione di quegli abiti, quando disegnava, si sentiva parte del mondo, non solo un piccolo essere dipendente dalla famiglia.

-Ehi Ciambella! Che ci fai qui? Louis lo sa che sei scappato?- chiese al gatto del faro che si era appena acciambellato ai suoi piedi.

Harry lasciò a terra la sua matita e iniziò ad accarezzare il pelo morbido di quel gattone rosso.

Il micio inizió a fare le fusa e il ragazzo lasció dei gradevoli grattini sul collo dell'animale.

-Sei proprio un coccolone tu, eh?-

Da lontano, dietro un albero, un ragazzo dagli occhi del colore del mare e i capelli del colore della paglia, osservava la scena intenerito. Non voleva disturbare il suo amico, ma la voglia di stare accanto a lui era tanta, così attraversó la strada sterrata e si avvicinò.

-Buongiorno Hazzold!- esclamò con voce squillante. Harry sobbalzó. Credeva di essere da solo con il gatto. Immediatamente arrossí. Proprio non si aspettava di trovarsi davanti il suo amico, migliore amico, in tutta la sua bellezza.

-L...lou, è. ..è tanto che mi stai osservando? -

-Il giusto per capire che sei un vero tenerone!- rispose ridacchiando. Harry diventó ancora più rosso.

-Stupido gatto ciccione, quante volte devo dirti di non scappare via dal faro? - esclamò Louis prendendo di peso il micio che soffiava e miagolava indispettito.

- Harry, tu gli piaci! Non si fa accarezzare mai da nessuno! Dovresti venire quando devo fargli il bagnetto! Magari riesco per una volta a non ritrovarmi con le braccia di un autolesionista! - ridacchió Louis. Harry sorrise.

- Aspettami qui! Porto lui a casa e ritorno da te! - disse il ragazzo del faro con il suo sorriso luminoso. Harry annuì e tornò ai suoi disegni.

Il riccio non fece neanche in tempo a sfumare la manica del suo vestito che una voce dietro di lui lo fece sobbalzare.

- E' proprio bello, Harry. Hai un vero talento! Lo indosserei se fosse in commercio! - esclamò Louis. Harry sorrise e continuó a disegnare. Non si vergognava più a disegnare davanti a Louis, il ragazzo del faro lo riempiva sempre di complimenti e ad Harry facevano piacere; non ne riceveva spesso, quindi lo facevano sentire apprezzato e importante.

- Tuo padre li ha mai visti? - chiese il ragazzo.

- No, n...non credo che po...potrebbero p...p..piacergli, sono molto diversi dalla....dalla linea di m...m...moda che s...s...segue lui.-

-Secondo me li apprezzerebbe. Potrebbe prendere spunto per una nuova collezione. Potrebbe assumerti, darti uno stipendio! Non ti piacerebbe Haz?-

-Sí, m...moltissimo.- mormorò il riccio abbassando il capo.

-Allora perché non glieli mostri!- lo incitó Louis con uno dei suoi sorrisi magici, uno di quei sorrisi ai quali Harry non sapeva dire di no.

Harry sorrise con gli occhi verdi, pieni di speranza. Solo in quel momento Louis si rese conto che forse non sarebbe stata una buona idea, forse Des non avrebbe apprezzato i disegni di Harry, forse lo avrebbe denigrato come al solito. Ma il sorriso di Harry era così luminoso che Louis non se la sentì di spegnerlo.

-Vieni, andiamo a provare il tuo nuovo costume giallo!- propose Louis. Harry sorrise e annuì entusiasta.

Quando furono in prossimità della spaggia, Louis si tolse la maglia, la gettò a terra e corse a perdifiato fino all'acqua del mare, buttandosi poi con un tuffo a bomba.

Harry decise di imitarlo, così si tolse la maglia, la piegò e la adagió a terra accanto a quella di Louis. Poi iniziò a correre, inciampando talvolta sui suoi passi, ma riuscendo sempre a rimanere i piedi. Infine, arrivato davanti all'acqua, iniziò ad immergersi molto lentamente, preparando ogni parte del corpo alla temperatura rigida del mare.

Louis ridacchiava schizzando Harry con le mani e con la bocca. Il riccio lo guardava indispettito provando anche lui a difendersi, ma senza procurare alcun fastidio all'amico che ormai era abituato al freddo dell'acqua.

Dopo buoni dieci minuti Harry ancora non era riuscito ad entrare completamente, così Louis, dopo essersi immerso nell'acqua, prese il suo amico riccio per le gambe e con un leggero colpo, ma ben assestato, lo tirò giù in acqua. Harry fece in tempo solo a fare un mugugnio contrariato prima di precipitare tra le onde del mare e tra le braccia del suo Louis.

-Oh, ce l'abbiamo fatta, Hazzold!- disse quando il suo amico rispuntó dall'acqua sputacchiando e tossicchiando.

Harry lo guardò solamente con uno sguardo minaccioso prima di sorridere in modo furbetto, prendere una manciata di sabbia e spiaccicarla sulla testa di Louis.

-Vuoi la guerra, Hazza? L'avrai! Non sono certo uno che si lascia intimorire!- disse prima di lanciarsi sul suo corpulento amico, che, non essendo molto forte, cadde con un forte spostamento di acqua.

I due iniziarono a schizzarsi e a calarsi in acqua a vicenda. Quando entrambi furono abbastanza stanchi si lasciano cadere sulla riva, cullati dalle onde del mare.

I due rimasero in silenzio per qualche istante, cercando di recuperare il fiato. Louis però aveva una domanda in testa da un po' di giorni, voleva togliersi un dubbio, doveva chiarire delle cose con se stesso e per farlo aveva bisogno di Harry.

-Di che orientamento sessuale sei, Harry?-

-O...o...o...orie...orientamento s...s..s...se...se...sess...sessuale? C...c...c..che.... che inte...intendi?- chiese Harry arrossendo di colpo.

-Preferisci Johnny Depp o Julia Roberts?- chiese con un esempio esplicativo.

-N...n...n...non l..lo s...s....s...so. N..non ci ho m...m...m...mai pe...pe...pensato, credo.- rispose Harry diventando se è possibile ancora più rosso.

-Oh beh, dobbiamo rimediare! Voglio che tu faccia una cosa per me, Hazzold: devi baciare una ragazza.- disse Louis tirandosi seduto.

-Una r...r...ragazza?- chiese Harry stralunato.

-Sì, Harry, hai presente? Personcine dolci e carine con una leggera o accentuata protuberanza all'altezza del petto.- spiegò Louis in modo beffardo.

-Conosco qualche ragazza.- sbottò Harry indispettito. -Va bene Gemma? Per...per... per il... il ba...bacio.- chiese Harry mormorando.

Louis scoppiò a ridere coprendosi la bocca con le mani.

-No, Harry, tua sorella non va bene!-

-Non credo che...che qualche raga...ragazza possa e...e...es...esssere inte...intere...interessata a m...m...m..me in quel senso.-

-Oh, non preoccuparti, qualcuna si trova sempre! Taylor ad esempio! Lei, dopo che ha rotto con Ed, sarebbe capace anche di mettersi con un tonno. Non che tu sia un tonno, eh.- disse Louis. -Prova a baciare Taylor!-

-Ma...ma ..ma come de..de..devo fa..fare?-

-Devi andare da Tay e dirle cose dolci, tipo sei bella, cose così. Poi prendi e la baci. Non è difficile, Haz!-

-N..n...n...non credo di...di...di fa...farcela.- borbottò Harry.

-Oh sciocchezze! È la cosa più facile del mondo! Credo in te, Harry!- lo incitó Louis.

-P...pr...proverò.- mormorò Harry rassegnato.

Louis gli scompigliò i riccioli, poi si lasciò cadere nuovamente sulla sabbia umida. Harry lo imitò ma con la testa colma di pensieri.

-L...lou, t..t..tu sei g...g...gay!-

-Certo Haz!- rispose Louis senza guardare l'amico.

-All...allora q...quando devo...devo p...p...provare a d...d...d...dare un b..b...b...bacio ad un m...m...m...ma...maschio, po...posso b..b...b..baciare... te?- farfugliò arrossendo.

Louis lo guardò e scosse il capo.

-Harry, faresti bene a farti piacere il bacio con Taylor. Essere gay è un grande problema!- detto questo si alzò e iniziò a fissare il riccio dall'alto. Esitó un attimo prima di scappare verso il faro.

Harry rimase lì, con le gambe nell'acqua e la bocca spalancata. Non credeva di aver detto qualcosa di brutto. Perché Louis aveva reagito così?!

Harry si alzò e dopo aver recuperato la sua maglietta, tornò di corsa a casa sua fiondandosi in cucina.

Spalancò lo sportello del frigo e quello della credenza, e prese tutto quello che riuscì a reggere con le mani: patatine, un vasetto di nutella e uno di maionese, merendine al cioccolato, cornetti alla marmellata, avanzi di pizza e quattro Polaretti alla cocacola. Poi prese tre manciate di caramelle e le infilò in tasca.

Sarebbe quasi riuscito ad arrivare in camera sua se la voce minacciosa di sua sorella non lo avesse bloccato, colto in fragrante.

-Harry, che cavolo pensi di fare con tutto quel cibo!? Riportalo immediatamente in cucina!- sbraitò Gemma puntandogli il dito contro.

Harry sbarrò gli occhi, lasciò cadere il cibo a terra e corse in camera sua sbattendo la porta e chiudendosi a chiave.

Gemma era trasecolata, chi aveva ridotto il suo fratellino così?!

Improvvisamente la porta si riapí. Harry uscì dalla stanza con i capelli più ordinati e le lenti a contatto agli occhi. Aveva addosso una camicia bianca a maniche corte e dei pantaloni neri.

Gemma lo guardò ancora più perplessa.

-D...dove stai andando conciato così?- chiese ridacchiando.

-Sto andando a scoprire me stesso.- disse Harry con un tono molto serio.

Gemma annuì sorridendo sotto i baffi. Preferiva di gran lunga l'Harry bizzarro che l'Harry troppo attaccato al cibo.

Harry uscì di casa. Doveva trovare Taylor e darle quel bacio. Non era difficile. Doveva solo trovarla, farle un complimento e unire le sue labbra con quelle della ragazza. Facile. L'aveva visto anche nei film!

Voleva dimostrare a Louis qualcosa. Non sapeva cosa, ma si sentiva in dovere di far vedere che anche lui era qualcuno. Louis sarebbe stato fiero di lui. Se non desiderava baciarlo aveva tutte le sue ragioni, non poteva obbligare nessuno. Neanche lui si sarebbe baciato.

Così si diresse verso il centro abitato, fino al bar di Perrie. Sapeva che avrebbe trovato lì Taylor.

-.-.-.-.-.-.-.-.

Louis camminava sulla sabbia bollente a piedi nudi. Era pensieroso. Aveva trattato male quel piccolo gigante indifeso. Harry non se lo meritava.

Ora non sapeva che fare. Se si fosse presentato a casa sua avrebbe dovuto dare delle spiegazioni alla sua famiglia e sicuramente sarebbe passato per un poco di buono e lui non si sentiva tale. A volte aveva i suoi momenti no, ma non era una cattiva perosna.

Quando Harry gli aveva fatto quella proposta, per un attimo nel suo cuore aveva provato gioia, ma poi improvvisamente tutte le cose brutte a lui successe dopo il coming out, la litigata con i suoi amici, l'indifferenza dei suoi concittadini, passarono davanti ai suoi occhi.

Harry era troppo fragile per affrontare tutto questo. Non l'avrebbe permesso. Doveva difenderlo, non gettarlo lui stesso nella tana dei lupi.

Così era scappato. Quando la situazione si faceva difficile Louis scappava sempre. Era una testa calda di solito, ma in questi casi non sapeva mai come reagire. Quindi scappava.

-Ehi Lou!- interruppe i suoi pensieri una voce con un forte dialetto irlandese. Louis da molto tempo aveva cancellato dalla memoria del suo cervello quella voce, quindi quando alzò lo sguardo e vide un ciuffo biondo e due occhioni azzurro cielo, rimase sorpreso.

Louis con rabbia cambió direzione, ma Niall lo bloccò con la mano.

-Ti prego, voglio parlarti!- lo implorò.

-Dopo quattro anni? Nah, grazie. Ti ho rimosso dalla mia vita ormai, non mi ricordo neanche come ti chiami.-

-Ottimo! Ricominciamo! Mi chiamo Nia...-

-Niall, non ho alcuna intenzione di tornare ad essere tuo amico. Non provare neanche a chiedermelo. Ho sofferto troppo. Non posso dimenticare.- Louis provó nuovamente ad allontanarsi, ma Niall gli bloccò la strada.

-Ti prego Lou, ho bisogno di te. Ho bisogno del mio migliore amico.- disse e, bloccando sul nascere la protesta di Louis, continuó. -Lo so che ti ho abbandonato, lo so che sono stato un pessimo amico, ma ogni mattina mi alzo e sono incompleto. Mi manchi tu, Louis. E non ce la faccio più.-

Louis lo guardò attentamente prima di rispondere:

-Devo pensarci. Lasciami i miei spazi.- disse, poi finalmente si incamminò verso il faro.

In cuor suo aveva già perdonato Niall, come si faceva tenere il broncio ad un folletto irlandese amante della buona cucina?!

Era contento che il ragazzo si fosse finalmente esposto. Louis sapeva di non essere nel torto, presto anche gli altri lo avrebbero capito.

-.-.-.-.-.-.-

Harry si avvió verso casa dopo il suo disastroso appuntamento.

Non capiva perché il mondo dovesse avercela così tanto con lui, era una brava persona in fin dei conti.

Era intenzionato a realizzare almeno una delle due proposte di Louis, così andò in camera sua e, dopo aver ingoiato quattro merendine senza neanche masticare più di tanto per il nervosismo, staccò dal suo blocco tutti i disegni migliori per mostrarli al padre. Li rilegó ordinatamente e, dopo aver preso un bel respiro, aver aperto la porta, essere tornato indietro per dare otto morsi ad un panino al salame che era nascosto sotto il suo letto da due giorni, prese coraggio e varcó la porta con i suoi disegni.

Des era intento a leggere un libro in arabo sul divano. Lui era un uomo colto, sapeva moltissime lingue. Era molto assorto, quindi Harry decise di aspettare il momento migliore rimanendo in piedi.

-Perché mio figlio mi sta deconcentrando rimanendo impalato come un pollo alle mie spalle?- sbottò Des chiudendo con violenza il libro e voltandosi di scatto.

Harry rabbrividí, ma con una forte ondata di coraggio si sedette accanto al padre porgendogli i fogli.

-L...li ho....ho...f....fa...fatti i....i...i..io.- mormorò a testa bassa.

-E cosa dovrebbero rappresentarmi quattro scarabocchi di un ragazzo ritardato?- disse Des sfogliando in modo rude i fogli. Harry prese una manciata di caramelle che erano nella ciotolina sul tavolino e le ficcò in bocca.

-No Harry, sono molto curioso. Rispondimi ti prego.- disse gettando in malo modo i disegni del ragazzo sul tavolinetto. Nella caduta rovesciarono una tazzina di caffè e si macchiarono tutti.

Harry era rimasto pietrificato, aveva tenuto in considerazione anche questo aspetto, ma non credeva che ci sarebbe rimasto così male.

-P...p...p...pe..pensavo c...c....c...c...c..ch...che po...po...potessero piacerti.- mormorò.

-Come pensi che possano piacermi? Davvero reputi la mia casa di moda di così basso livello? Harry mi stai offendendo! Pensavi di entrare a lavorare con me in questo modo? Te lo puoi scordare! Te lo devi sudare il posto, come ha fatto tua sorella Eleanor!- urlò alzandosi in piedi e iniziando a stringere Harry per il collo.

-Che cavolo sta succedendo!- disse Gemma scendendo le scale. Subito Das lasciò il collo di Harry e iniziò a spiegare con ironia.

-Questo qui, sperava di poter entrare nella nostra casa di moda con quattro scarabocchi da ritardato!- lo umiliò ridacchiando. Poi prese i disegni di Harry e li stopicciò lanciandoli poi a terra come se fossero spazzatura.

Ad Harry cadde il mondo addosso. I suoi disegni giacevano a terra, rovinati da colui che avrebbe dovuto custodirli.

Voleva piangere, ma lui era un uomo, cavolo. Non poteva piangere per ogni cosa.

Gemma e suo padre si urlavano a vicenda, Eleanor sogghignava comodamente sul divano, Anne si aggirava per la casa non sapendo cosa fare e Harry era pietrificato. Non sentiva più niente. Le cose intorno a lui accadevano a rallentatore. Era come in una bolla. Cadde in ginocchio.

Si accorse di aver smesso di respirare solo quando Anne gli porse il suo inalatore.

Improvvisamente si alzò in piedi, si fiondò in bagno e si sciacquò la faccia per riprendersi un pochino.

Quando si tirò su, notò con enorme disappunto che dei segni violacei si erano formati dove suo padre lo aveva stretto. Doveva nasconderli in qualche modo, così andò in camera sua e frugò nell'armadio di Gemma.

Trovò un foulard viola con i fiori gialli e se lo avvolse attorno al collo. Sperava solo che nessuno avesse fatto domande. Era l'ultima cosa di cui aveva bisogno.

Scese al piano di sotto e notò che la sua famiglia era ancora nel pieno della discussione: Gemma era rossa di rabbia e inveiva contro suo padre brandendo un ombrello, Des era tutto sudato e un'orrenda vena sul collo pulsava violentemente. Eleanor ridacchiava ancora, e Anne dalla disperazione si massaggiava le tempie con gli occhi chiusi.

Nessuno notò Harry entrare in cucina e rubare un pacco di patatine formato famiglia. Nessuno sentì Harry sbattere la porta e uscire.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

Louis, mentre lucidava la lampada del faro, capì subito che qualcosa non andava. Lo sentiva nell'aria. C'era qualcosa di pesante, qualcosa di strano, di troppo diverso dal solito.

Scese le scale a chiocciola di corsa e si incamminò per il molo attentamente. Controllava ogni punto, non sapeva che genere cosa era successa, quindi si guardava con circospezione.

Tutto diventò improvvisamente più chiaro quando sulla veranda di casa Styles notò il suo Harry intento a prendere grandi manciate di patatine da una bustona più grande di lui. Mangiava voracemente, come se non ci fosse più un domani. A Louis fece paura.

Si incamminò verso lui e si sedette sul gradino.

Harry non si voltò nemmeno. Non lo degnò neanche di uno sguardo, neppure una semplice parola, né un cenno di capo. Era come se non si fosse accorto della sua presenza.

-Harry, chi ti ha trattato male?- chiese Louis posando una mano sulla schiena sudata dell'amico.

-Perché qualcuno deve avermi per forza trattato male?- sbottò ficcandosi poi una manciata di patatine in bocca. Parlò direttamente, senza esitsre, senza balbettare. Senza guarda Louis in faccia. Louis ne rimase sorpreso, ma decise di non darlo a vedere, non voleva bloccare l'amico in alcun modo.

-Lo so, Harry, ormai ho imparato a conoscerti!- disse disegnando sulla sua schiena cerchi concentrici con la mano.

-Tu non sai niente di me!- affermò amaramente.

-Lo so, mi mancano ancora parecchi tasselli per completare il puzzle, ma qualcosa di te, l'ho scoperta.-

Harry non lo degnava di uno sguardo. Il pacco di patatine che diventava sempre più vuoto, era molto più interessante.

-Ad esempio ho capito che quando sei nervoso, arrabbiato, deluso e altri sentimenti tristi, ti sfoghi voracemente sul cibo.- sussurrò lisciando una ciocca di riccioli del suo amico.

Improvvisamente il rumore dei denti che trituravano le patatine croccanti e quello della plastica del pacchetto, si arrestarono. Lentamente Harry voltò il capo iniziando a fissare Louis con un'espressione indecifrabile. Restarono così, in silenzio, per molti secondi. Louis voleva parlare, ma non voleva rompere quel sottile filo che si era formato tra di loro.

-Sei l'unico che se n'è mai accorto.- mormorò Harry impercettibilmente in un sospiro. Louis passò i polpastrelli sulle sue guance paffute e fece un piccolo sorriso dolce.

-Harry, io ti guardo, non ti vedo. Non lascio che tu e quello che tu fai mi passi davanti agli occhi senza fermarsi. Io catturo ogni tua piccola cosa e la conservo in me. Sei importante per me, Harry.- disse tutto ad un fiato. Aveva bisogno di dirglielo. Harry meritava di sapere, Harry meritava di star bene.

Il riccio lo osservava. Teneva stretto a sè il pacco di patatine, come un ancora di salvezza. Non riusciva a guardare Louis negli occhi, quegli occhi che minacciavano di far cadere lacrime da un momento all'altro.

Louis solo allora notò lo strano foulard viola dell'amico. Sapeva benissimo cosa avrebbe trovato sotto quella stoffa pregiata, ma non lo avrebbe ammesso fino alla fine. Lentamente fece scivolare via il tessuto rivelando il collo tumefatto di Harry.

Il riccio provó a nascondersi in qualche modo, ma il misfatto era stato svelato. Così abbandonò semplicemente la testa sul collo cercando almeno di nascondere le copiose lacrime.

Louis aveva il sangue al cervello. L'unica cosa che voleva fare era spaccare la testa a quel verme di Des Styles. Così si alzò e si diresse rumorosamente verso il portone di casa.

-Ti prego.- un leggero mormorio lo fece arrestare sui suoi passi. -Sono ore che non fanno altro che urlare.- sussurrò Harry trattenendo un singhiozzo.

Louis osservò il massiccio corpo di quel ragazzo, tutto accartocciato su se stesso, solo e inerme, con un solo pacco di patatine semi vuoto come protezione.

Louis si rese conto che avrebbe aiutato di più quel ragazzo portandolo via per un po', facendolo evadere da un mondo che non lo meritava, da un mondo troppo crudele con lui.

-Andiamo Harry, ti porto in un posto. Il mio posto!- esclamò prendendolo per mano. Harry si guardava intorno disorientato. Prese le sue patatine, e se le mise sotto braccio.

-No Harry, queste non ci serviranno. Lasciale qui!- propose Louis con un sorriso. Harry non era per niente convinto di lasciare la sua ancora di salvezza, ma quando Louis gli porse dolcemente la mano, lasciò cadere il pacco, per afferrarla saldamente.

Louis corse fino alla sua bella moby dick, trascinando un Harry senza fiato. I due salirono sulla barca e Louis iniziò a remare. Non navigò per molto ad un certo punto si accostò ad un piano roccioso.

Era il posto di Louis. Lì passava le sue giornate nella solitudine più totale, infatti rimase sorpreso quando vide un'altra barca attraccata nel piccolo porto di fortuna costruito da lui stesso.

Scese dalla barca infuriato, quasi dimenticandosi di Harry e iniziò a guardarsi intorno per cercare gli invasori del suo piccolo pezzo di mondo.

Harry lo seguì, rimanendo vicino a lui.

Quando Louis notò in lontananza due persone una con dei capelli sicurissimi e l'altra con un corpo muscoloso, andò su tutte le furie: cosa ci facevano loro lì? Ma domanda migliore: cosa ci facevano loro lì abbracciati?

Improvvisamente iniziò a correre verso di loro, Harry arrancava dietro di lui. Quando fu abbastanza vicino si fermò e iniziò ad osservarli con uno sguardo minaccioso e con le braccia incrociate.

-L...lou, che ci fai qui?- mormorò Liam arrossendo.

-Che ci fate voi qui!- urlò il ragazzo del faro su tutte le furie. Harry posò una sua mano sulle spalle dell'amico per provare a calmarlo.

-Ciao piccolo Harry, ciao anche a te Louis!- li salutò Zayn. -Io e Liam stiamo insieme!- esclamò cingendo le spalle del suo ragazzo in un abbraccio.

-Prima di tutto, lui non è affatto piccolo, smettetela di trattarlo come se fosse un bambino! Secondo poi, voi non avete il diritto di stare insieme!- tuonò Louis, rosso in volto dalla rabbia.

-Perché no, Lou. Non eri tu quello che sosteneva l'amore libero e i pari diritti?- chiese Liam realmente confuso. Zayn sbuffò.

-Liam, vorrei ricordarti che tu sei ufficialmente impegnato con la mia migliore amica!- Liam sussultò -E tu Zayn, mi hai sempre perseguitato per il mio essere gay! E ora? Come la prenderebbe il tuo Nick se lo venisse a sapere?- anche Zayn si ammutolì.

-State zitti ora, eh? Non avete più voglia di pubblicizzare il vostro amore al mondo. Vi ho in pugno ora, ad una mia parola le vostre vite potrebbero precipitare, proprio come me! Benvenuti all'inferno, Ziam!- esclamò Louis con malignità.

Zayn sospirava pesantemente, Liam era prossimo alle lacrime. Harry si era accucciato in un angolo con le mani tra i capelli. Non sopportava vedere così tanta irruenza anche nel suo Louis, preferiva coprirsi gli occhi e fingere che tutto questo non stesse accadendo veramente.

Louis si voltò verso Harry, gli porse la mano e lo fece rialzare.

-Andiamo Haz, non ho più voglia di perdere tempo con questi qui!-

Harry si alzò e iniziò a camminare accanto a Louis.

-Lou!- lo richiamò Zayn. -Io ti conosco, so che non sei così. Ti prego.-

-Tu non mi conosci più, Zayn. Credi di conoscermi, anche io credevo di conoscerti, eppure guarda come siamo finiti.- mormorò Louis allargando le braccia.

-Non dire niente a Dani, non voglio farla soffrire.- disse Liam tra le lacrime.

-Non credi di starla già facendo soffrire, Li?- chiese Louis retorico. -Non dirò nulla.-

-Grazie Lou, sei un amico.-

-Fino a domani sera.- detto questo si allontanò senza sentire risposta.

Si arrampicò per una salita scoscesa, tra piante incolte, poco agevoli e crepe.

Era troppo arrabbiato per fermarsi, doveva sfogare la sua rabbia in qualche modo e la sua salita era la cosa migliore. Era intenzionato a non fermarsi per nessun motivo, ma quando sentì la voce del suo Harry si bloccò di colpo.

-Ti prego Lou, aspettami.- lo implorò. Louis si voltò e la scena che vide gli fece passare tutta la rabbia. Come poteva un solo ragazzo fargli provare tutte quelle emozioni in un colpo solo?

Harry era appoggiato ad un masso, che cercava inutilmente di riprendere fiato. Tra le mani aveva una grande quantità di fiori coloratissimi.

-Sono rimasto un po' indietro, volevo cogliere.... questi!- disse mostrandogli i fiori. Louis sorrise. Improvvisamente dimenticò del motivo della sua rabbia. Si sedette accanto ad Harry e iniziò ad osservarlo.

Il mare sotto di loro era calmo e dall'alto della collinetta rocciosa potevano vedere l'immensa distesa colorata di rosso dai raggi del sole morente.

-So fare le coroncine di fiori, vuoi vedere?- chiese Harry arrossendo. Louis annuì sposandogli una ciocca di riccioli dagli occhi.

Il ragazzo iniziò ad intrecciare quei fiori velocemente, con la lingua tra i denti. Louis lo guardava intenerito.

-Vuoi dirmi cosa è successo oggi per farti star male?- chiese Louis delicatamente, cercando di non turbare la pace appena formata.

Harry alzò le spalle e serrò la bocca.

-A...a...a mio padre.... n...n....n...no...non... s...s...so...sono p...p...p..p...piac...piaciaciuti i... miei... d..d...disegni...- sospirò faticosamente il ragazzo. Louis sapeva che sotto c'era di più, lo leggeva chiaramente nei suoi occhi.

Ormai aveva imparato a leggere quel ragazzo.

-Harry, tesoro, lo sai che tuo padre...-Non sapeva che dire in verità, non sarebbe mai riuscito a convincere il cuore martoriato di quel ragazzo troppo dolce per questo mondo.

Così fece la cosa che ritenne più giusta. Strinse quel ragazzone tra le sue braccia. Lo cullò e lo coccolò come mai nessuno aveva fatto prima.

-Andrà tutto bene, Harry. Te lo prometto.- sussurrò tra i suoi ricci. Harry si staccò dall'abbraccio e iniziò a fissarlo.

-Non mi piace quando tratti male gli altri.- sussurrò. -Mi prometti che non ti arrabbiarai più con Liam e Zayn, e gli altri?-

Louis voleva difendersi, voleva spiegare le sue ragioni, ma sapeva che Harry in quel momento aveva solo bisogno di certezze, quindi annuì accarezzandogli la guancia.

Harry sorrise finalmente sodidsisfatto e posò una coroncina di fiori sulla testa di Louis. Il ragazzo ridacchió, poi si stese sul terreno duro, Harry lo imitó.

I due rimasero in silenzio per qualche minuto, spalla contro spalla, testa contro testa.

-Oggi ho vomitato!- se ne uscì Harry di punto in bianco. La risata di Louis esplose, si mise seduto per tenersi la pancia dal ridere.

Harry lo osservava con un broncio leggermente offeso.

-Dai Hazzold, avrai mangiato troppe patatine!- esclamò Louis.

-No, mi fa schifo il lucidalabbra!- rispose Harry seriamente.

-Lu...lucidalabbra?- chiese soffocando una risata.

-Ho baciato Taylor, ma era piena di lucidalabbra e quindi ho vomitato. Non mi è piaciuto...... non mi piace vomitare!- spiegò Harry.

Louis li guardava incantato. Non sapeva che quel ragazzo timido si fosse spinto così in avanti. Era fiero di lui.

Lo guardava dolcemente, i suoi occhi verdi erano perfettamente in contrasto con i rossi sulle sue gote. Le sue labbra rosse e carnose si muovevano e si stendevano in continuazione.

Louis decise che avrebbe protetto il suo Harry in un altro modo. Non riusciva più a proteggerlo da lui.

Aveva smesso da un po' di ascoltare il racconto di Harry, era troppo concentrato ad ammirare ogni sua parte per ascoltare.

- Ti prego non vomitare!- mormorò prima di attaccare le sue labbra con quelle del ragazzo.

Fu un bacio molto veloce, Louis si staccò subito per vedere la reazione di Harry.

Il riccio aveva le labbra socchiuse e gli occhi chiusi; lentamente li riaprì incastrandosi nello sguardo di Louis.

Questa volta fu Harry ad avvicinarsi al ragazzo del faro. Era ancora molto inesperto, quindi lasciò che fosse Louis ad occuparsene. Lui gli diede il permesso.

Harry permise a Louis di scavare le barriere del suo cuore per far entrare un raggio di sole.

 

Angoletto
Lo so sono in ritardo, ma questo capitolo è un vero mattone! È stata una faticaccia partorirlo! :D

Sono in un paesello di mare disperso, non c'è campo, nè connessione. Posso scrivere solo in spiaggia. In spiaggia!

Quindi amatemi :)

Questo è il mio preferito :) è nato prima questo capitolo e poi il resto della storia.

Probabilmente troverete errori, ma io odio scrivere al telefono, quando tornerò nella mia bella capitale correggerò tutto.

Fatemi sapere che ne pensate, finalmente Harry e Louis sono diventati i Larry :)

Ora vado a farmi il bagno! :)

A presto, Somriure♥

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** La direzione per la felicità ***


La Red 304 sfrecciava veloce tra le acque del mare. Liam era seduto a poppa tra petali di rose rosse ormai appassite e osservava la scia di schiuma bianca che lasciava la barca. Dall'incontro con Louis non aveva ancora spiccicato parola. Se ne stava zitto ad osservare il mare con il labbro tra i denti e gli occhi lucidi, non sapeva se per via del forte vento o per un'altra causa. Zayn dal timone, lo osservava scuotendo la testa, mentre cerava di tornare a casa il più presto possibile.

Il loro primo mesiversario non era andato come sperava. Zayn aveva organizzato proprio tutto. Aveva riempito la sua barca di petali di rose, voleva portare Liam in un bel posto, farlo ridere, amava la sua risata. Voleva che passasse un bel momento. La loro storia, per motivi più che logici, non poteva essere rivelata e i due erano costretti a vedersi solo a casa di Liam. Voleva rendere speciale quella loro prima ricorrenza insieme, ma, come al solito, un nanerottolo di nome Louis Tomlinson aveva dovuto rovinargli i piani; perché era sempre stato così: se una festa o un avvenimento importante non veniva organizzato da Louis, il ragazzo volutamente o non, riusciva sempre a mandarlo in fumo.

-Li, amore, parlami!- provò Zayn.

-Che devo dirti?!- mormorò con la voce spezzata e il labbro tremolante, cercando di frenare le lacrime. -Siamo rovinati!- sentenziò asciugandosi una lacrima fuggitiva.

-No amore, me lo dici sempre tu: finché siamo insieme tutto andrà bene.- disse Zayn dolcemente accarezzando i capelli del suo ragazzo.

-Zay, come fai a dirlo? Questa è la fine! Louis rivelerà tutto e noi verremo perseguitati.- singhiozzò.

-Potremmo battere quel nanetto sul tempo! Potremmo dirlo prima noi ai ragazzi!- propose Zayn.

-A Nick? A Josh? E se poi tua madre lo venisse a scoprire?-

-Per te correrei questo rischio, amore.- disse Zayn lasciando il timone e prendendo le mani del suo ragazzo.

-Se siamo insieme, tutto andrà bene.- sussurrò sulle labbra di Liam.

-Non siamo in una fottuta commedia, le cose non vanno sempre come...-

-Li, basta preoccuparti. Andrà bene. I ragazzi saranno con noi. Nick rimarrà da solo, finalmente. Ti fidi di me, amore mio?- chiese Zayn facendo passare le sue lunghe e affusolate dita tra i capelli cortissimi del suo ragazzo.

-Sì, mi fido di te Zay.- mormorò il Liam lasciando finalmente un morbido bacio su quelle labbra tanto amate.

Una goccia di pioggia cadde sulle teste dei due ragazzi. Entrambi si voltarono verso l'alto per vedere enormi nuvoloni neri coprire velocemente l'azzurro cielo.

-Muoviamoci prima che arrivi la tempesta!-

Zayn riprese in mano la situazione e in poco tempo la Red 304 tornò in rotta.

-Magari... magari potremmo organizzare un falò sulla spiaggia domani sera, se il tempo si aggiusta!- propose Liam.

-Ottima idea! Ti lascio l'onore di organizzare tutto!- disse Zayn. -Lo sai che non sono abile in queste cose!- ridacchiò. Liam scosse la testa alzando gli occhi al cielo.

-Vedrò cosa posso fare, testone!- esclamò facendogli una linguaccia.

-Grazie, scemo!-

-.-.-.-.-.-.-.-.-

Tuoni e lampi facevano tremare i malandati vetri del faro. La luna era completamente coperta da pesanti nuvoloni neri.

Silenziosamente Louis e il vecchio Nathan cercavano di riparare la roba che di solito lasciavano all'aperto.

Louis riportò in cantina la sua bicicletta cercando di non sporcarsi con il fango. Nathan invece coprì con un tendone di plastica il piccolo orticello familiare. Di solito i forti acquazzoni distruggevano gran parte delle loro cose e ogni volta i due cercavano di salvare il più possibile.

Quando finirono si voltarono verso il mare e iniziarono ad osservarlo con meraviglia, non curanti della pioggia che scendeva pesantemente sulle loro teste.

Nathan aveva sempre amato il mare in tempesta, diceva che le onde grosse fossero i polmoni del mondo. Louis ovviamente aveva da subito accettato la passione del nonno e in poco tempo il mare era diventato anche il suo sogno.

I due pescatori sapevano benissimo che il mare dopo la tempesta era il più propizio per la pesca. L'acqua in base all'aria poteva diventare o una tavola o innalzarsi fino a raggiungere la finestrella del secondo piano del faro; i pesci, scombussolati dalle onde, erano più facili da intrappolare.

-Sarà una bella pesca domani mattina, Lou!- esclamò con voce squillante il vecchio. Louis annuì pensieroso. Aveva mille pensieri in testa da quel pomeriggio. Non riusciva a calmarsi neanche con il mare.

-Sarà meglio rientrare, ragazzo. Fa abbastanza freddo, non vorrei morire congelato.- disse Nathan. Louis annuì e strofinandosi le braccia per riscaldarsi, aprì la vecchia porta del faro per far passare suo nonno.

Appena furono dentro il vecchio Nathan prese due asciugamani: uno se lo mise sulle spalle, l'altro lo lanciò a Louis che lo prese al volo, poi accese la sua pipa sedendosi sul divanetto sgangherato.

-Nonno, è quasi l'una, non credi che sia ora di andare a letto?- chiese Louis incrociando le braccia e alzando un sopracciglio.

Nathan alzò le spalle sbuffando una nuvola di fumo.

-Prepara un po' di tè, correggilo con il rum e vieni a sederti accanto a me.- propose il vecchio. Louis ridacchiò scuotendo il capo e fece come gli era stato richiesto dal nonno.

Dopo circa quindici minuti tornò con due tazze fumanti e due fette di crostata di mele preparata da un amica di suo nonno. Prese posto accanto al vecchio e gli rubò la pipa dalla bocca per fare un tiro.

-Piccolo lupacchiotto di mare, stai crescendo proprio come me! Anche io alla tua età ho iniziato a fumare la pipa!- disse sorseggiando il suo tè.

Louis fece una smorfia disgustata.

-No, non fa per me questa roba! Preferisco di gran lunga le sigarette!- il vecchio Nathan ridacchio scuotendo la testa.

Dopo un paio di minuti di silenzio Nathan si voltò di scatto verso suo nipote e, dopo aver sbuffato una nuvola di fumo, chiese:

-Cosa ti affligge?- Louis lo guardò in modo interrogativo. -Lo vedo Louis. Ieri notte sei tornato a casa e avevi uno sguardo preoccupato. Ti conosco bene come il mare, lupetto, ma non posso leggerti nel pensiero. Dimmi cos'hai e proverò ad aiutarti!-

Louis si strinse nelle spalle. Suo nonno era la cosa più simile ad un genitore che avesse mai avuto. Lui riusciva sempre a capirlo, anche con un solo sguardo.

-Ecco... non so se posso parlartene...-

-Oh, sciocchezze! Puoi parlarmi di tutto!-

-Ho baciato Harry.- disse tutto d'un colpo.

-Harry sarebbe quel ragazzo cicciottello, che arrossisce ad ogni parola e non parla quasi mai, che hai portato qualche giorno fa a casa?- chiese grattandosi la folta barba bianca.

Louis sorrise intenerito e annuì arrossendo.

-Oh beh, era ora! Farà bene sia a lui che a te!- esclamò il vecchio.

-Sì ma...-

-Cosa ti preoccupa, Louis?-

-Lui è così... così ingenuo e.. fragile. Lo sai benissimo come è la gente di qui, lo torturerebbero e lui non è pronto; è troppo buono per difendersi da tutto ciò. L'ho messo nei guai, sono stato egoista e ho pensato solo a me, ora non gliela faranno passare liscia.-

-Louis, Harry non abita in questo paesello sperduto, dimenticato da Dio. Lui vive a Londra, la grande ed eterogenea capitale. Lì accetteranno la sua omosessualità! Non devi preoccuparti per lui più di tanto.-

Improvvisamente il grande problema che Louis aveva tra i suoi pensieri venne malamente scacciato via da uno ben più grande. Un problema che Louis non aveva ancora considerato: tra qualche settimana Harry sarebbe tornato a Londra.

Louis non riuscì più a dire altro. Si alzò dal divano e dopo aver tirato un sorriso a suo nonno come ringraziamento, salì nella parte più alta del faro. Voleva scollegare la testa, e quello era l'unico modo per farlo. Doveva trovare una soluzione.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.

-Sí Harry, me lo hai detto 47 volte: Louis ti ha baciato, tu hai ricambiato e le tue farfalle stanno avendo nel tuo stomaco un incontro di wrestling. Lo so, e mi interessa moltissimo, ma sono le 2:37 di notte e vorrei dormire, tesoro! Domani potrai assillarmi tutto il giorno, e potrai assillare anche Cam visto che arriverà! Ora dormi.- consigliò Gemma con gli occhi già semichiusi.

-Ma come posso dormire! Louis e io siamo una coppia! Siamo una coppia, non è vero? Come te e Cam!- urlò Harry con una vocetta estremamente acuta per le sue corde.

-Non lo so, Harry. Domani glielo chiederai. Ora dormiamo, ti prego!- esclamò Gemma esasperata. Harry si tirò su dal letto improvvisamente e con gli occhi a cuoricino iniziò ad elogiare per l'ennesima volta le doti del suo presunto ragazzo.

La ragazza gemette infastidita nascondendo la testa sotto il cuscino. Dopo qualche minuto si addormentò lasciando suo fratello a sproloquiare da solo.

-Gems, ha smesso di piovere!- esclamò Harry. -Gems? Ti sei addormentata?- sbuffò.

Il riccio non aveva per niente sonno, però decise lo stesso di provare a dormire. Si mise sotto le coperte e provò a chiudere gli occhi. Provò a contare le pecorelle, provò a cantarsi una ninna nanna, provò a mangiare una barretta di cioccolato, ma niente. Così si alzò e facendo più piano possibile andò in cucina e prese un pacco di Haribo, poi uscì di casa. Se suo padre lo avesse scoperto lo avrebbe sicuramente ucciso, ma in quel momento non aveva paura di niente.

L'odore di terra, tipico della calma dopo una tempesta, appesantiva l'aria.

Harry goffamente seguì l'unica luce presente a quell'ora: la luce del faro. Cercò inutilmente di evitare le pozzanghere, ma inevitabilmente si bagnò tutti i pantaloni del pigiama con le paperelle.

Man mano che si avvicinava la paura iniziò ad impadronirsi di lui. Non era mai stato il tipico ragazzo amante dei pericoli e, a dir la verità, aveva anche una grande paura del buio.

Appena sentì un insolito fruscio di foglie, sobbalzò e, con tutte le forze che aveva in corpo, corse nuovamente verso la sua casa, aiutato dalla luce del faro.

Quando posò i piedi con uno scricchiolio sulle assi di legno della veranda però, si accorse con enorme disappunto di essere rimasto chiuso fuori. Stupidamente aveva lasciato le chiavi di suo padre sul tavolino del soggiorno. Lui non aveva un mazzo tutto suo, i suoi genitori non si fidavano e poi non aveva il permesso di uscire. Era stato un vero incosciente. Non poteva certo lanciare un sasso alla finestra per provare a svegliare sua sorella Gemma, era ben cosciente delle sue pessime capacità sportive, probabilmente il sassolino sarebbe finito dritto dritto sul naso di suo padre e di certo non voleva rischiare di morire sotto le sue grinfie.

Si guardò attorno e non trovò altra soluzione che accasciarsi in un angolo della veranda, mettere il pacchetto di Haribo sotto la testa come cuscino e provare a chiudere gli occhi cercando di non tremare come una foglia ad ogni rumore sospetto.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

-Oh, ecco qui un esemplare di Harold addormentato!-

Una voce maschile svegliò Harry dal suo turbolento sonno. Il riccio si alzò sbadigliando cercando di mettere a fuoco. Un pallido sole mattutino spuntava da dietro la villa Styles.

-Un esemplare di Harry addormentato e innamorato, Cam!- lo corresse un'alta voce che indubbiamente corrispondeva a quella di sua sorella.

Immediatamente Harry si alzò in piedi con un enorme sorriso provvisto di fossette.

-Cam! Sei arrivato finalmente!- esclamò Harry saltando letteralmente addosso al ragazzo di Gemma, non calcolando più di tanto i dolori del corpo che era rimasto anchilosato per tutto quel tempo.

-Ciao anche a te, riccio! Come stai? Le tue farfalle stanno bene?- chiese Cameron ridacchiando.

-Sì, sì, stiamo tutti bene!- rispose seriamente. Gemma e Cameron trattennero a stento una risata.

-Quando sono uscita per andare al porto ti ho visto qui fuori, ma eri troppo pesante, non sono riuscita a sollevarti!- disse Gemma.

-Non fa niente. Non preoccuparti. L'importante è che mi sono svegliato presto. Ora devo scappare, ragazzi! Devo andare a chiedere quella cosa, ricordi?- chiese emozionato a Gemma.

-Ah sì, ho un vago ricordo. C'entra qualcosa Louis e il fatto che voi due siete una coppia?- lo prese in giro sua sorella. Harry le fece una linguaccia.

-Ehm, Harry. Per quanto adori quel pigiama, visto che ho contribuito a comprartelo, non credo che sia del tutto consono andare in giro in questo modo.- gli fece notare Cameron ridacchiando sotto i baffi.

Harry sbuffò con disappunto e con la sua andatura goffa e sgraziata, si recò correndo in camera sua.

-Amo tuo fratello, lo sai?- disse Cameron scoppiando a ridere. -Se non ci fossi tu, lo sposerei!-

-Dai non prenderlo in giro!- lo difese Gemma ridacchiando.

-Andiamo a salutare quei disadattati dei tuoi genitori e quella schizzata di tua sorella!- disse dirigendosi con la sua valigia verso la porta.

-Comportati bene, scemo!- rise Gemma alzandosi in punta di piedi per tirargli un orecchio.


 

Harry fu velocissimo a cambiarsi. Si sciacquò il viso e provò ad aggiustare i suoi ricci rubando i prodotti di sua sorella Eleanor. Poi infilò dei pantaloncini neri e una maglia azzurra, si guardò allo specchio per qualche minuto indeciso su che scarpe indossare. Alla fine optò per le sue solite Converse bianche. Infine uscì dalla stanza, superò velocemente Eleanor che era spalmata sul corpo del povero Cameron intenta ad accarezzargli i lunghi capelli neri legati da un codino e, senza aspettare le domande di sua madre, corse fuori dalla porta.

Quel giorno non faceva molto caldo. La tempesta della sera prima aveva rinfrescato l'aria e una leggera brezza solleticava le verdi foglie degli alberi che si muovevano leggere.

Harry correva con un sorriso sulle labbra. Era emozionato. Non era mai stato così felice in tutta la sua vita. Louis lo rendeva felice.

Nella strada il ragazzo colse tre margherite; le avrebbe donate a Louis. Per qualche strano motivo quel ragazzo gli ricordava una margherita. Quando arrivò al mercato, salutò cordialmente tutte le vecchiette che conosceva fermandosi talvolta a parlare con qualcuna. Ma appena arrivò nel banchetto del pesce di Louis si rese conto che il ragazzo non c'era. Al posto suo, suo nonno con una pipa in bocca, stava pesando delle alici con una vecchia bilancia. Harry si avvicinò al banchetto cercando rifugio dal sole in uno spiazzo di ombra e attese che il vecchio finisse di servire tutti i rumorosi clienti che erano in fila.

Quando anche l'ultima vecchia signora fu soddisfatta, si avvicinò un po' di più al nonno di Louis, cercando di non curarsi dell'orribile puzza di fumo che era nell'aria.

-E' rimasto a letto.- disse di punto in bianco il vecchio Nathan senza volgere lo sguardo ad Harry. -Non ha chiuso occhio stanotte, aveva una cera orribile. Gli ho detto di restare a casa.- raccontò l'uomo. -Trovi le chiavi sotto lo zerbino.- comunicò guardano solo allora Harry. Il riccio non ne era molto sicuro, ma era convinto di aver visto l'occhio sinistro dell'uomo contrarsi, quasi a produrre un occhiolino. Ci mise un po' per intuire quello che il vecchio gli aveva appena concesso. Non era mai stato un ragazzo molto sveglio, e queste cose lo scombussolavano molto. Quando però comprese le parole di Nathan, sorrise gioiosamente e corse nuovamente via, verso il faro.

Si fermò un paio di volte a riprendere fiato. Stupidamente aveva lasciato il suo inalatore a casa e per non morire d'asma, doveva stare attento e prendere le giuste precauzioni. Dopo dieci minuti arrivò davanti all'imponente faro. Con i piedi spostò lo zerbino per cercare le chiavi. Poi le prese e le osservò.

Improvvisamente quella di entrare a casa di Louis non gli sembrava più una buona idea. Che gli avrebbe detto quando sarebbe arrivato al suo cospetto. Non poteva certo piombare a casa sua e dirgli “vuoi essere il mio ragazzo!”. No, certamente non poteva, queste cose accadevano solo nei film.

Stava quasi per voltarsi e tornare a casa sua quando si ricordò che infondo era stato il vecchio Nathan ad invitarlo. Allora prese coraggio e infilò la chiave nella toppa.

L'interno del faro era come se lo ricordava. Lo stesso odore di salsedine e gli stessi mobili antiquati. Ciambella era stravaccata sul divano e fissava Harry con quei suoi occhi grigi.

Il riccio salì le scale a chiocciola per raggiungere il piano di Louis. Sorpassò la camera del vecchio Nathan distinta chiaramente dall'inconfondibile odore di fumo. Poi salì ancora un piano per arrivare nella camera del ragazzo.

La stanza era immersa nel buio. Non entrava neanche uno spiraglio di luce. Harry fece molta fatica a distinguere i vari oggetti dispersi disordinatamente nella camera.

Improvvisamente un oggetto di grandi dimensioni, apparve davanti a lui. Harry perse l'equilibrio e cadde su qualcosa di morbido e... caldo. Un grugnito infastidito ruppe il silenzio e l'oggetto si voltò. Harry impaurito si tirò su e prese la torcia del suo cellulare per illuminare meglio. Quando si accorse che il grande oggetto non era altro che il suo Louis addormentato in una tenera posizione, un dolce sorriso si sparse per tutto il suo volto.

Harry rimase un po' a fissarlo. Era così carino il suo grande e forte Louis addormentato. Aveva le mani sotto la testa come cuscino e le sue labbra soffici erano appena socchiuse. Le sue lunghe ciglia erano adagiate sui suoi zigomi e i suoi capelli color del caramello erano sparati in tutte le direzioni.

Il riccio sarebbe rimasto tutto il giorno a guardare il suo Louis addormentato, ma al risveglio del ragazzo la cosa sarebbe stata un po' inquietante, così, dopo aver posato le margherite sul suo cuscino, scese in cucina per preparargli la colazione. Harry amava il cibo e durante l'anno non aveva nulla da fare, quindi spesso rimaneva appollaiato su uno sgabello della cucina ad osservare Paquita, la loro cuoca cubana, mentre preparava i suoi deliziosi manicaretti. Non aveva mai cucinato prima, aveva solo osservato. Però decise che era arrivato il momento di mettere in pratica tutti gli insegnamenti. Al suo risveglio Louis avrebbe trovato una colazione con i fiocchi.

Iniziò ad aprire tutti gli scompartimenti e tutti i cassetti della piccola cucina rossa per cercare quello che gli serviva. Alla fine tirò fuori una padella e qualche ingrediente e iniziò a preparare il composto dei pancakes. Lavorò per qualche minuto in tutta tranquillità, canticchiando a mezza voce qualche canzone commerciale ascoltata da Eleanor. Voleva far felice il suo Louis, Louis doveva essere fiero di lui.

Credeva di essere nella solitudine più totale, scortato solamente dagli occhi attenti di Ciambella, così, quando, girandosi di scatto per prendere una forchetta dal cassetto, si trovò davanti due pozzi di mare immensi, trasalì.

Louis era comodamente stravaccato sulla poltroncina del soggiorno adiacente alla cucina con le margherite in mano e un sorriso sorpreso e assonnato sul volto.

-Ti... ti sei svegliato!- mormorò. -Volevo farti una sorpresa.- disse con disappunto Harry.

-Questa è una sorpresa, Harry! Non mi aspettavo di trovarti qui!- rispose Louis con la voce ancora impastata dal sonno.

-Ti... ti dispiace? Ti... ti ho svegliato? Scusa, sono un disastro. Ora me ne vado. Volevo vedere solo se...-

-Frena Hazzold, sono felicissimo che tu sia qui! E non vedo l'ora di assaggiare questi profumatissimi pancakes. Attento a non farli bruc...-

-CAVOLO! LA CUCINA STA ANDANDO A FUOCO!- urlò Harry portando le mani al cielo e correndo verso la scia di fumo nero che usciva dalla padella. Perse una presina e con quella cercò inutilmente di placare le fiamme. Louis ridacchiava divertito, ma quando vide che il suo Harry stava veramente rischiando di morire ustionato, si alzò di scatto e prendendo una pentola colma d'acqua, la rovesciò sull'incendio.

Quando anche la più piccola fiamma fu eliminata, Harry si lasciò cadere sul divano con le mani sugli occhi. Louis si avvicinò discretamente accanto a lui e gli posò una mano sulla schiena.

-Sono una frana.- mormorò Harry.

-Sì, è vero, tesoro. Sei la frana più bella del mondo e per questo ti offro la colazione al bar di Perrie.- disse deciso scuotendo giocosamente le spalle di Harry, poi lo prese per mano e lo portò in camera sua facendolo sedere sul letto sfatto.

-Resta qui, io intanto mi cambio.- disse lasciandogli un bacio sullo zigomo paffuto, prima di dirigersi nel bagnetto della sua camera.

Harry aveva ancora sul volto quel buffo broncio. Non ne combinava mai una giusta, era un vero e proprio buono a nulla. Eleanor e suo padre avevano ragione, come al solito. Decise almeno di dare una mano a ripulire il disastro da lui combinato. Una lacrima solitaria scese dal suo occhio, ben presto altre seguirono il suo esempio. Perché non poteva essere normale come tutti gli altri ragazzi? Perché non poteva essere normale almeno per Louis? Harry si alzò dal letto e con molta attenzione si diresse verso la scala a chiocciola. Guardò per un'ultima volta in direzione del bagnetto da dove proveniva la voce del suo Louis che intonava un canto patriottico e poi scese un gradino.

Poi tutto accadde in un momento: Harry poggiò il suo piede su qualcosa di morbido, troppo morbido e peloso. Il verso inferocito e spaventato di un gatto si disperse nell'aria prima che Harry ruzzolò giù dalle scale.

Louis fu subito al suo fianco. Lo prese di peso e lo fece sedere a terra iniziando ad accarezzargli il volto. Quel volto spaventato e pieno di lacrime.

-Harry, ti prego. Dimmi che stai bene. Ti fa male qualcosa?- chiese Louis preoccupato sfiorando il corpo del ragazzo per cercare di capire i punti lesi.

-Credo che mi verrà.... che mi verrà un livido.- mormorò il riccio toccandosi il gomito.

-Aspetta, vado a prenderti un po' di ghiaccio.- disse Louis alzandosi.

-NO!- urlò Harry. -No, ti prego, resta con me.- disse moderando la sua voce.

-Ok, vorrà dire che andremo insieme!- sentenziò Louis prima di sollevare di peso il ragazzo trascinandolo in cucina e adagiandolo poi sul divano.

-Lou... credo... credo di... di aver fatto... ma...ma...male a Ciambella.- sussurrò Harry.

-Nah, non preoccuparti. Lui ha nove vite!- lo rassicurò Louis lanciando un'occhiata al suo gatto che si leccava le zampette spaparanzato comodamente su una mensola della cucina.

-Mi...mi ha de...detto mamma che... è solo una leggenda metropolitana!- disse Harry sfruttando quel poco di conoscenza che aveva in testa.

-Tranquillo Haz, lui sta bene! Tu piuttosto? Come va il tuo gomito?- chiese dopo aver applicato un'enorme quantità di ghiaccio.

-Molto meglio, grazie.- rispose Harry facendo un piccolo sorriso.

-Bene, non avrei mai voluto che il mio dolce Hazzold si fosse fatto male a causa del mio gatto ciccione.- Louis giochicchiò con una ciocca di riccioli di Harry prima di metterla dietro al suo orecchio. Il riccio rimase in silenzio guardando attentamente la punta delle sue dita.

-Ehi Haz, che dici di andare finalmente a fare colazione? Sto morendo di fame! E poi...-

-Poi?- chiese il riccio tornando immediatamente interessato.

-Niente.- borbottò Louis prima di dirigersi verso la porta, seguito da un Harry ancora più curioso. Non poteva certo esprimergli tutte le sue preoccupazioni. Doveva farlo nel momento adatto, conosceva Harry, era fragile sotto questo punto di vista.

I due si diressero verso il bar di Perrie in silenzio. Louis camminava con la testa bassa, calciando distrattamente i sassolini che trovava sulla strada. Harry cercava di seguirlo come meglio poteva, saltellando e correndo leggermente; ogni tanto gli lanciava delle occhiate preoccupate. Si chiedeva dove fosse finito quel ragazzo allegro di prima. Louis a volte era così lunatico: passava dall'essere completamente euforico all'essere triste e distaccato. Harry proprio non riusciva a capirlo; non era mai stato bravo in queste cose e di certo non poteva imparare tutto in un istante.

Quando arrivarono in prossimità del bar, Harry superò Louis e si voltò per guardarlo. Per qualche secondo i due si fissarono senza dire una parola: Harry si mordicchiava il labbro in modo nervoso, Louis si grattava il sopracciglio con il pollice della mano.

-Dimmi cosa c'è che non va, Louis. Se... se quel bacio non è significato... nulla per te, dimmelo. N...n...non fa niente, posso sopravvivere, credo.- disse mormorando l'ultima parola. Harry non era ancora pronto a staccarsi da Louis. Aveva appena iniziato ad essere felice, non voleva che tutto questo finisse ancor prima di cominciare, ma non poteva costringere nessuno, di questo ne era certo.

-Ma che dici, sciocchino di un Hazzold! Quel bacio per me ha significato anche troppo. Non me ne pento e mai lo farò. Era da tempo che volevo farlo.- esclamò Louis prendendo Harry per le guance.

-E...e allora... allora che c'è?- chiese Harry ancora più confuso.

-Harry io vorrei veramente tanto che tu fossi il mio ragazzo. Lo vorrei con tutto il mio cuore. Sei la persona più bella che io abbia mai incontrato, sei dolce e...-

-Ma? C'è s...sempre un...un...un ma. Lo dice sempre mia mamma quando papà non la porta a cena fuori nel loro ristorante.- lo interruppe Harry.

-Harry tu abiti a Londra. Tra qualche sett...-

-NO NO NO! NON PROVARE A DIRE QUELLO CHE STAI PER DIRE!- urlò Harry come un ossesso tappandosi le orecchie e pestando con i piedi a terra. Louis si bloccò di colpo, cercando di trattenere una risata, nonostante tutto. Harry sapeva sempre farlo ridere, in ogni occasione.

Harry si sedette sul ciglio della strada continuando a tenere le mani sulle orecchie. Louis dopo averlo osservato per alcuni secondi, seguì il suo esempio.

-Non continuare. Non voglio sapere tra quanti giorni tutto questo... tutto questo finirà. Voglio godermi il più possibile il tutto. Non voglio sapere tra quanti giorni tornerò ad essere il p...piccolo e inutile Harold Styles figlio del più grande sti...stilista al mondo. Qui con te sono solo Harry, anzi Hazzold, e questa cosa mi piace... mi piace tantissimo. Non voglio che finisca.- mormorò Harry stropicciandosi l'occhio sinistro.

-Ma Harry, noi dobb....-

-L'unica cosa riguardante il futuro che posso dirti è che... mi piaci, tanto. E in qualche modo riusciremo a frequentarci, nonostante tutto.-

-Quindi vuoi... vuoi essere il mio ragazzo?- chiese Louis incerto.

-Queste tue uscite mi disorientano: è una richiesta o... una domanda?- borbottò Harry arrossendo.

-Una richiesta: Harry, ti piacerebbe essere il mio ragazzo?- riformulò meglio Louis sorridendo, dopo essersi seduto proprio davanti al ragazzo, prendendo tra le sue le mani di Harry che si stavano torturando a vicenda.

Il riccio lo guardò con la coda dell'occhio mordicchiandosi il labbro per l'emozione. Louis distinse chiaramente il rossore espandersi per le sue guance morbide. Harry non aveva provato mai così tante emozioni tutte in una volta. Non era sicuro di aver assaggiato neanche lontanamente la metà di tutte quelle emozioni. Per la prima volta in vita sua, si sentiva così pieno, non aveva bisogno di colmare il suo vuoto interiore con niente. Louis l'aveva salvato dal vuoto.

Si ritrovò ad annuire impercettibilmente scacciando velocemente una lacrima di gioia che era scappata dai suoi occhi.

Una farfalla si posò sulla spalla di Louis. Harry la osservò volare via. Finalmente anche le sue farfalle avevano trovato una giusta direzione: la direzione per la felicità.

Angoletto

Ok, sono pronta a ricevere i vostri peggiori insulti. Sono stata una cosa indecente, non mi era mai capitato di impiegare così tanto tempo per tradurre. Scusate veramente. Nel paesino dove sono stata in Calabria, l'unico posto con un po' di campo era il mare e non sempre mi andava di scrivere in spiaggia, capitemi! Prometto con tutto il cuore che questo non accadrà più, ora sono tornata e gli aggiornamenti torneranno ad essere frequenti come al solito.

Grazie per essere rimasti! :)

Come vi è sembrato questo capitolo, per me è stato un vero parto. L'ho abbandonato, ripreso, modificato, così tante volte che l'ho imparato a memoria. Spero che vi sia piaciuto.

Il prossimo capitolo riprenderà esattamente da qui! :)

Ora vado a letto, ci sentiamo prestissimo, lo prometto.

Baci, Somriure <3

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Non è un problema ***


-Il tempo non promette niente di buono.- disse Ed alzando il capo per osservare meglio i pesanti nuvoloni che passavano veloci sopra le loro teste. -Siete proprio sicuri di voler fare un falò proprio stasera?- chiese a Liam e Zayn. I due si guardarono incerti e annuirono sconsolati.

-Sì, stasera. Non possiamo rimandare, dobbiamo dirvi una cosa importante.- mormorò Liam.

Liam, Zayn, Ed, Taylor, Niall ed Eleanor erano seduti attorno ad un tavolino del bar di Perrie, aspettavano che quest'ultima finisse di lavorare per andare a fare un giro per le bancarelle che avevano allestito per la festa del paese.

-Non credo che per quello che dovete dirci serva per forza un falò. Alla fine credo che vada bene un posto qualsiasi. E del cibo, sì, quello deve esserci. Decisamente.- convenne Niall, tutti gli altri scoppiarono a ridere.

-Il fatto è che non sappiamo dove potervi ospitare. Casa di Liam è troppo piccola e a casa mia... non se ne parla proprio.- sbuffò Zayn.

-Non c'è problema per questo! Casa mia è abbastanza grande per tutti!- esclamò Eleanor. -Possiamo fare una grigliata in giardino e se il tempo dovesse improvvisamente diventare cattivo, ci rifugiamo a casa.- disse soddisfatta.

-Non lo so, El, non vorremmo disturbare. Alla fine è una cosa che riguarda noi...- provò Liam.

-No, sciocchezze! Sono ben felice di ospitarvi! In verità, ora che ci penso, mia madre mi aveva fatto proprio una proposta del genere qualche giorno fa!-

-Oh, beh, in questo caso, accettiamo volentieri la tua proposta, El!- ringraziò Zayn. Gli altri iniziarono ad organizzare la serata soddisfatti, soprattutto Niall, che si offrì addirittura di andare a comprare la carne, per assicurarsi che fosse abbastanza.

Quando Perrie finalmente uscì dal locale cedendo il posto a sua zia, i ragazzi, tranne Liam, si incamminarono rumorosamente verso la piazza principale della città.


 

Liam aveva un appuntamento. Così lasciò i ragazzi per attraversare nervosamente il lungomare, con le mani in tasca e la testa colma di pensieri. Doveva lasciare Danielle, doveva farlo al più presto, ma non riusciva a togliere quel bel sorriso dalle labbra della ragazza, non voleva vederla triste. Le aveva dato un appuntamento, un ultimo appuntamento, nella barca abbandonata del Capitan Rogerton, doveva dirle tutto. Danielle meritava una spiegazione. Era una ragazza splendida: solare e altruista, la tipica ragazza che ognuno vorrebbe al proprio fianco. Lei non aveva nessuna colpa per tutta questa situazione e Liam si sentiva davvero male a doverle spezzare il cuore. Ma alla fine Louis aveva ragione: doveva essere lui a dirglielo e al più presto; non poteva certo farle questa “piacevole sorpresa” davanti a tutti.

Il cuore di Liam si strinse notevolmente quando notò la figura slanciata della ragazza che fino a qualche mese fa aveva creduto l'amore della sua vita, tutta incurvata su se stessa, seduta con le gambe a penzoloni sulla barca. Così si avvicinò con un passo incerto. Quando le fu accanto si sedette vicino a lei e poi la guardò. Danielle osservava il mare con gli occhi terribilmente lucidi; sembrava che non si fosse neanche accorta della presenza di Liam.

-So quello che stai per fare, Liam. Ti prego, non dire altro, ho capito. Solo... va via.- mormorò passando il palmo della mano sotto l'occhio per evitare che una lacrima portasse via il leggero trucco che aveva addosso. Un altro fattore che faceva salire enormemente Danielle nella classifica della brava ragazza, era sicuramente la sua intelligenza. Era molto perspicace, Danielle riusciva sempre a capire le cose prima degli altri, era una delle sue doti più belle, perché la rendeva comprensiva e premurosa.

-Ti prego, Dani. Lasciami spiegare.- sussurrò Liam con la voce spezzata.

-Spiegare cosa Li? Spiegarmi come sei riuscito a trovare un'altra ragazza che ti...-

-Ragazzo.- bisbigliò interrompendola.

-Cosa?-

-Niente.- era un codardo. Non riusciva neanche a dirle la verità.

Danielle lo guardò con un'espressione indecifrabile per dieci lunghi secondi, poi mormorò:

-Grazie per la tua sincerità.- e alzandosi si allontanò da Liam lasciando le sue impronte sulla sabbia bagnata.

-Aspetta Dani, non ho finito. Ti prego!- la implorò il ragazzo rincorrendola e prendendola delicatamente per un polso.

La ragazza si voltò senza guardarlo, la sua testa era bassa e i suoi capelli mossi volavano indispettiti, guidati dal forte vento.

-Sei stata importantissima per me, Dani. Non riuscirei a lasciarti andare via così, come se nulla fosse. Ti voglio ancora nella mia vita. Non sparire, ti prego.- sussurrò Liam con le lacrime agli occhi.

-Li,- mormorò la ragazza con la voce spezzata. -è davvero difficile per me. Io ti ho amato, ti amo ancora. Fa male.-

-Non sai quanto faccia male a me vederti in questo stato a causa mia, ma ti prego, ho ancora bisogno di te.-

-Come si chiama?- chiese la ragazza alzando leggermente il capo.

-Cosa?-

-Vorrei sapere il nome della ragazza che è riuscita a farti innamorare, Li.- disse Danielle in tutta tranquillità. Liam esitò. Il momento della verità era arrivato, non poteva tirarsi indietro.

-Mi sono innamorato di Zayn, e lui ama me.- disse allora il ragazzo con fermezza.

Danielle lo osservò con la sua solita espressione indecifrabile, lo stava studiando. Doveva capire se quella che aveva detto era una pura menzogna detta solo per togliersela dai piedi.

-Grazie.- disse allora. Poi sorrise e si allontanò, questa volta per sempre.

-Dani, stasera faremo una grigliata a casa di Harry ed Eleanor e lo diremo agli altri. Ti prego, vieni anche tu. Ho bisogno di te. Ho bisogno dei tuoi occhi rassicuranti e calmi per farlo. Ti prego, Dani, ho bisogno della tua benedizione per andare avanti.-

La ragazza si voltò e lo guardò per qualche istante prima di rispondere.

-Liam, hai la mia benedizione. Sono contenta di essere stata la ragazza che in un certo senso ti ha fatto scoprire il vero te stesso. Non sono arrabbiata, non come prima almeno. Ho bisogno di un po' di tempo per elaborare il tutto. Puoi concedermelo?-

Liam annuì correndo verso la ragazza e abbracciandola di slancio.

-Dani, sei la ragazza migliore che conosco. Troverai anche tu l'amore della tua vita e non ci metterai tanto perché sei perfetta e tutti dovrebbero volerti.-

-Puoi ben dirlo, sono uno schianto!- esclamò la ragazza indicandosi in modo poco modesto. Liam scoppiò a ridere. Ne era sicuro, Danielle non avrebbe trovato problemi nel cercare l'uomo perfetto, era eccezionale e lui l'avrebbe difesa per sempre. Restava pur sempre la sua migliore amica.

-.-.-.-.-.-.-.-.-

Harry e Louis passeggiavano per la piazza adorna di bancarelle. Harry era gioioso e rilassato, indicava felicemente ogni cosa che colpiva i suoi occhi e comprava ogni sorta di oggetto bizzarro. Louis invece era teso come una corda di violino. Erano quattro anni che non usciva così allo scoperto, erano quattro anni che si perdeva la festa del paese per non dover incontrare le facce dei suoi coetanei.

-Guarda Louis! Non è adorabile questa cornice rosa con dei piccoli gattini dipinti!- esclamò Harry prendendo in mano quell'inutilissimo oggetto e mostrandolo meglio al ragazzo.

-Harry, non credi di aver esagerato con le tue spese folli? Hai già comprato un servizio da the con i gattini che bevono il the, un foulard con i gattini che mangiano il pesce, il libro delle varie specie di gatto in tedesco e un ombrello a forma di gatto.-

-Ma a me piacciono i gatti!- esclamò con fare ovvio mettendo su il suo tenerissimo broncio. E Louis non riusciva proprio a controllarsi quando vedeva Harry assumere quella buffissima espressione. Così gli fece un buffetto sulla guancia sorridendogli dolcemente.

-Va bene, Haz! Hai ragione! Compra tutti i micetti che vuoi!- gli concesse.

Ogni tanto casualmente le loro mani si sfioravano e un brivido percorreva le schiene dei due ragazzi, ma per motivi diversi nessuno dei due prendeva coraggio e afferrava con decisione la mano dell'altro per mostrare a tutti con orgoglio che erano una coppia: Harry era troppo timido e non avrebbe mai preso una decisione così audace; Louis era troppo spaventato dal giudizio altrui, non voleva che le malelingue prendessero di mira anche Harry.

Nonostante tutto, Louis si sentiva più tranquillo con Harry al suo fianco. Sentiva tutti i muscoli distendersi e i nervi rilassarsi. Era sulla buona via per raggiungere la pace interiore.

-Ehi Harry! Louis!- esclamò una voce che ruppe tutta la dolce armonia che si era creata tra loro.

-Ciao ragazzi!- esclamò Harry. Louis fece un cenno di capo con una faccia decisamente poco contenta.

-Che ci fate qui?- chiese il riccio.

-Quello che stai facendo tu, immagino!- esclamò ridacchiando Ed.

-Beh, giust...-

-Ok, è stato un piacere. Addio.- eruppe Louis prendendo Harry per un braccio e passando tra i ragazzi per farsi strada lontano da loro.

-Aspettate!- li fermò Zayn. -Stasera faremo una grigliata a casa tua, Harry.- comunicò Zayn.

-Non credo ci sia bisogno di dirglielo, Zay. Harry vive con me e sarà alla nostra festa in ogni caso.- sbottò acidamente Eleanor per nulla contenta di dover invitare anche il suo fratellino.

-Sì, lo so. Volevo invitare anche Louis.- continuò Zayn abbassando il capo.

-Non verrò. Ora, se permettete.- disse allontanandosi.

-E' importante, Lou!- riprovò Zayn, ma un gesto secco della mano di Louis lo fece arrestare. Harry si voltò verso gli altri con un sorriso dispiaciuto prima di seguire Louis con la sua andatura sbilenca.

Camminarono per un bel po' in silenzio. Si allontanarono dalle bancarelle, dalla calca e dalla festa per raggiungere un posto ad Harry sconosciuto, dall'altra parte dell'isola.

-Lou, perché non...-

-Non adesso, Harry!- lo interruppe bruscamente Louis.

Il riccio si ammutolì immediatamente, incastonando la testa tra le spalle. Ed ecco che si ripeteva la solita storia, quella storia che ormai era diventata la storia della sua vita: la gente si creava un posto nel suo cuore per poi distruggerlo dall'interno. Ed Harry sentì proprio qualcosa rompersi all'altezza del petto. Tutte le sue farfalle volarono verso l'alto, creando un forte peso all'altezza dello stomaco.

Louis si bloccò e si voltò verso Harry.

-Hazza, mi dispiace, non ce l'ho con te, tesoro.- disse provando ad accarezzargli la guancia, ma il riccio voltò la testa lasciando la mano di Louis sospesa in aria. Il ragazzo del faro però, non si perse d'animo e avvolse con le sue esili braccia il corpo del suo ragazzo.

-Harry, ascoltami. Sono stato un perfetto idiota, ok? Lo sai però che non volevo allontanarti.- disse prendendolo per le orecchie e lasciando un dolce bacio sulla sua guancia.

Harry annuì sorridendo leggermente, poi però la sua espressione tornò cupa.

-Louis, mi avevi promesso che non avresti più trattato male i tuoi amici.- mormorò il ragazzo. Louis sospirò.

-Lo so, Harry, ma è così dannatamente difficile! Ogni volta che me li ritrovo davanti mi viene voglia di prenderli a pugni per quello che mi hanno fatto.- Louis strinse i pugni per poi sbuffare.

Harry sospirò e tornò ad il suo ragazzo con un aria triste.

-Harry, ma perché te la prendi così tanto per questa cosa. Alla fine io non ti ho mai negato di stare con loro, puoi frequentarli quanto vuoi, sono delle brave persone dopotutto. Perché vuoi a tutti i costi farmi riallacciare i rapporti con loro?- chiese Louis fermandosi e allargando le braccia. Forse era stato un po' rude, forse avrebbe dovuto usare altre parole. Non voleva essere scortese con Harry, lui era l'unica persona al mondo che non meritava di soffrire, così per far vedere che le sue intenzioni erano buone, nonostante tutto, gli cinse i fianchi con le braccia.

-E' che... io...io... io tra qualche settimana... me ne andrò.. e tu... resterai qui, solo.- mormorò. -Non voglio dire che sei asociale e che mi fai pena!- si affrettò ad aggiungere. -Ma mi dispiacerebbe pensarti... da solo davanti al mare in tempesta. E poi i tuoi amici mi parlano spessissimo di te! Gli manchi tanto, Lou.-

Louis sospirò e si sedette sul ciglio della strada, facendo segno ad Harry di raggiungerlo. Il ragazzo seguì il suo esempio e si accomodò accanto a lui. I due rimasero in silenzio per un po', dopo qualche minuto Louis appoggiò la sua testa sulla spalla di Harry sospirando.

-Hai descritto pienamente i miei pomeriggi invernali, Hazza. Mi mancherai proprio tanto, lo sai?- sussurrò baciando il collo del suo ragazzo. Harry prese goffamente la mano di Louis e iniziò ad accarezzarla, soffermandosi il giusto tempo su ogni dito.

-E tu invece? Come passi le tue giornate, Haz?- chiese Louis strofinando il suo naso sulla guancia del ragazzo.

-Io... beh... io non... io non faccio niente. Proprio niente. Sto a casa e gioco con i videogiochi.- disse imbarazzato. Louis lo strinse forte, cercando di trasmettergli tutto il suo amore.

-Ci scriveremo, ok?- propose Louis.

-Lou, io non... lo sai... non... non scrivo.- mormorò Harry ancora più imbarazzato.

-Oh, è vero. Scusami tanto amore mio, sono stato uno stupido.- si affrettò a correggersi. -Vorrà dire che mi comprerò un telefono e ci sentiremo tutti i giorni.- Harry annuì soddisfatto e Louis gli scompigliò i capelli.

-Però, non voglio lo stesso che tu rimanga da solo. Tu avresti la possibilità di farti degli amici. Ti prego, Lou, dagli una chance, una sola.- disse Harry guardandolo negli occhi.

Louis non seppe mai come si ritrovò ad abbassare lo sguardo e ad annuire, ma lo fece e quando rialzò il capo vide la cosa che, in quel periodo, più gli faceva stringere il cuore: il sorriso del suo Harry.

-A che ora devo venire stasera?- chiese. Harry gli saltò addosso abbracciandolo.

-Alle 20.00, credo!- esclamò.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

-Ragazzi, ecco il cibo!- esclamò Niall correndo con tre buste stracolme verso Zayn che cercava di accendere il fuoco. Liam dietro di lui gli dava dei consigli non sempre molto pertinenti, sotto lo sguardo attento di Eleanor che controllava che tutto andasse bene e che nessuno facesse esplodere la sua casa.

Alla fine aveva deciso di presentarsi anche Danielle, non aveva molta voglia di parlare con gli altri, quindi si era seduta su una panchina bianca con la testa appoggiata sulla spalla di Perrie che la cullava dolcemente.

Ed canticchiava strimpellando la sua chitarra, osservando ogni tanto Taylor che era intenta ad apparecchiare la tavola.

Harry in camera sua era disperatissimo: che cosa doveva indossare in una cena tra amici? Tutti i suoi vestiti erano buttati alla rinfusa sul letto e il ragazzo, con un soffice accappatoio arancione, li osservava scartando i meno appropriati. Voleva fare una bella figura, ci sarebbe stato anche Louis e tutti li avrebbero visti insieme, non poteva apparire come il solito piccolo Harry.

Dopo circa 15 minuti, optò per dei pantaloni neri abbastanza stretti e una maglia bianca con delle scritte. Poi si tolse gli occhiali e, cercando di non infilare le dita negli occhi, applicò le lenti. Non poteva portarle spesso, i suoi occhi erano molto sensibili e dopo qualche ora iniziavano a bruciare, ma ogni tanto poteva fare questo sforzo, soprattutto se doveva passare la serata con il suo ragazzo.

Dopo essersi sistemato i capelli accuratamente, scese in giardino dai suoi amici.

-Ecco il mio amico Harry!- gli venne incontro Niall battendogli il cinque.

-Ehi Niall!- sorrise contento di tutte quelle attenzioni.

Ben presto tutti gli altri ragazzi furono intorno ad Harry. Il riccio non si era mai sentito così amato, era bello avere degli amici!

-Harry, vieni con me!- lo prese Ed per un braccio facendolo allontanare da tutti gli altri. -Guarda qui che cosa ho portato?- con un sorriso a 32 denti gli mostrò la sua chitarra porgendogliela.

-Posso...posso suonarla?-

-Ma certo! L'ho portata per questo!- esclamò. Harry si sedette su una sedia accanto ad Ed e iniziò a strimpellare qualcosa.

-Sei bravo! Hai una buona postura.- lo incitò il ragazzo dai capelli rossi. -Fammi sentire qualcosa.-

-Non lo so, è tanto che non suono!- borbottò Harry imbarazzato.

-Prova!- lo esortò Ed. Harry fece un respiro profondo e iniziò a fare qualche arpeggio. Gli piaceva moltissimo suonare la chitarra, non era poi così tanto bravo, ma almeno era appassionato.

-Non sapevo suonassi la chitarra!- lo interruppe una vocetta acuta. La sua voce preferita.

Louis in tutta la sua bellezza era lì davanti a lui, aveva dei pantaloni neri strettissimi e una maglietta bianca con sopra una camicia di jeans. Harry sorrise imbarazzato.

-Ciao Lou!- lo salutò incerto Ed.

-Ehi.- rispose il ragazzo del faro guardando con insistenza le sue scarpe. Ben presto anche gli altri ragazzi si avvicinarono a loro. Lentamente, con cautela, come se non volessero svegliare il leone dormiente. Danielle li raggiunse poco dopo con un sorriso stampato sul volto, poi guardò Harry con riconoscenza. Sapeva che sotto tutto questo ci fosse quel ragazzo timido.

-Loueh!- esclamò Niall saltandogli addosso. -Sei venuto allora! Sono felice! Ho comprato il cibo!- disse esultando l'irlandese.

Louis voleva mantenere la sua espressione da duro, voleva a tutti i costi e ce la stava mettendo tutta, ma non riuscì a resistere all'esuberanza di Niall, così scoppiò a ridere.

Improvvisamente l'aria tesa che si stava respirando, iniziò pian piano a diventare più leggera, tutti iniziarono a sorridere e a salutare calorosamente Louis. Il ragazzo del faro rimaneva ancora sulle sue, ma Harry sentiva che presto si sarebbe sciolto e avrebbe mostrato a tutti il suo lato tenero, il lato che lui amava.

-Cavolo! C'è puzza di bruciato qui!- urlò Niall correndo insieme ad Eleanor verso il barbecue, le altre ragazze li seguirono ridacchiando. Louis prese Liam e Zayn per un braccio e senza dire nulla li richiamò in disparte. Dopo qualche attimo di silenzio si schiarì la voce e disse:

-Non farei mai la cretinata di dire a tutti di voi due, se non vi sentite pronti per il coming-out, non fatelo. Io non sono così cattivo da obbligarvi. So più di tutti quanto sia difficile e quindi vi dico che se non vi sentite pronti non dovete farlo. Io non ero ancora pronto e... guardate come mi ritrovo ora!- disse sospirando. Liam gli posò una mano sulla spalla e con il pollice iniziò a fare dei movimenti circolari.

-Lou, grazie a te io e Zay abbiamo affrontato l'argomento e abbiamo deciso che non vogliamo più vivere nell'ombra, non vogliamo più nasconderci dietro profili non nostri, indossare una maschera che ci rende ogni giorno più distanti e meno veri. Noi vogliamo farlo. Ci sentiamo pronti.- disse Liam con sincerità. Zayn annuì.

-Sono felice che tu sia qui, veramente.- disse Zayn guardandolo profondamente negli occhi, come era solito fare un tempo, ormai troppo lontano. Louis annuì abbassando il capo. In quel momento sentì di essere tornato sulla via di casa, probabilmente era ancora distante dalla fine del percorso, la strada sarebbe stata lunga e in salita, ma sentiva che presto sarebbe arrivato a sentirsi di nuovo se stesso, di nuovo parte del mondo.

-E' qui la festa?- una voce irritante ruppe l'atmosfera di benessere che si era venuta a creare. Improvvisamente Harry corse vicino a Louis e gli prese la mano. Il ragazzo del faro sbuffò e gonfiò il petto per prendere sicurezza.

-Da stasera le cose cambieranno, Louis. Io e Liam stiamo per gettare le maschere che abbiamo portato per troppi anni. Da oggi in poi non sarai più solo.- disse Zayn con fermezza dando una pacca amichevole sul petto dell'amico. Louis sbuffò poco convinto. Non voleva certo essere il ripiego, la persona qualunque che spuntava come un fungo nel momento del bisogno. Era sicuro che presto avrebbe chiarito tutto questo con Liam e Zayn, ora era troppo occupato a pensare ad un modo per fronteggiare Nick e la sua banda, senza mandare in aria la festa e senza spaventare Harry.

-Dimmi Zayn, da quando facciamo partecipare i finocchi alle nostre feste?- chiese Nick con voce spezzante.

-Non oggi, Nick.- disse Liam con tranquillità. Zayn accanto a lui si irrigidì.

-Liam perché difendi quel frocio? Lo sei forse diventato anche tu? Ho sentito che hai lasciato Danielle, la bella e dolce Danielle.- disse dando il giusto peso ad ogni parola.

-E anche se fosse? Ci sarebbe qualche problema?- gli tenne testa il ragazzo. Ben presto tutti gli altri ragazzi si avvicinarono al gruppetto, incuriositi ma anche leggermente spaventati. Tutti sapevano cosa succedeva se Nick si arrabbiava.

-Liam, spero che tu ti stia rendendo conto di quello che hai appena detto. Certo che è un problema!- esclamò Josh provando a farlo ragionare.

-Io no credo che sia un problema. Non credo che sia un problema l'amore tra due persone. L'amore non è mai un problema.- affermò Zayn con fermezza. Questo non può essere considerato un problema.- disse prima di voltarsi verso Liam e afferrare con dolcezza la sua testa per lasciargli un dolce e passionale bacio sulle labbra.

I ragazzi trattennero il fiato. Molti di loro erano sorpresi, altri sconvolti. Le diverse emozioni che aleggiavano erano facilmente riconoscibili.

-Ok, finiamola con questa farsa!- sbottò Nick staccando di forza i due ragazzi. Zayn fissò Liam per qualche secondo prima di voltarsi verso gli altri per parlare loro in tutta sincerità, con il cuore aperto.

-Non è una farsa. Io amo Liam, da troppi anni ormai. Lo amo da quando quel giorno in prima elementare decise di rispondere male alla maestra per essere messo in punizione con me; beh, forse allora non era proprio amore, era più ammirazione. Ma oggi, dopo quindici anni che lo conosco posso dirlo: io amo Liam James Payne, e non mi vergogno. Per troppi anni l'ho tenuto nascosto. Ora voglio dirlo anche voi, che siete le persone più importanti della mia vita.- Zayn concluse il suo discorso lasciando un bacio sulla fronte del suo ragazzo che lo guardava con gli occhi lucidi e un labbro tremolante tra i denti.

-Zayn, non l'hai detto veramente.- mormorò Nick. -Ti stai schierando dalla parte sbagliata. Torna sulla retta via!- propose allungando la mano.

-No, Nick. Ora che ho capito la mia strada continuerò a percorrerla. Tu non potrai più impedirmelo.-

-E' tutta colpa tua!- urlò puntando il dito contro Louis. -Gli hai attaccato la tua malattia! Come hai fatto con mio fratello! La tua vita sarà un inferno, Louis Tomlinson. Te lo posso assicurare!- lo minacciò. -Andiamo ragazzi, venite con me! Non vorrete certo farvi contagiare da questi errori sociali!- esclamò allontanandosi. Olly e Josh furono subito al suo fianco.

-Voialtri? Non venite?- chiese rivolgendosi al resto dei ragazzi che guardava titubante i due ragazzi litiganti.

-Io sto con Liam, Zayn e Louis.- disse Niall con fermezza, avvicinandosi ai compagni di una vita. Subito Ed fu accanto a lui dando una pacca amichevole al petto di Liam. Danielle e Taylor corsero immediatamente verso Louis sorridendogli cordialmente. Harry si strinse di più al suo ragazzo dando un bacio sul suo collo.

Taylor era indecisa, estremamente indecisa. Sapeva che se si fosse schierata con Nick avrebbe goduto di una grande popolarità, ma dall'altra parte c'erano i suoi amici. Eleanor la fissava in attesa, lei avrebbe fatto fatto la stessa scelta dell'amica, quindi aspettava un verdetto.

-Tay, ti prego...- mormorò Ed. La ragazza si voltò e incontrò gli occhi del ragazzo che aveva amato per molti anni. In un istante capì che se gli avesse voltato le spalle lo avrebbe perso per sempre. Così prese Eleanor per il polso e si avvicinò al resto dei ragazzi che l'acclamarono con gioia.

-Bene! La situazione è questa?- chiese Nick con rabbia. -Ve ne pentirete. Giuro che ve ne pentirete!- così dicendo si allontanò da casa Styles con i suoi unici due compagni che lo seguivano come cagnolini.

I nove ragazzi sospirarono guardandosi negli occhi. Quel giorno avrebbe sancito un nuovo inizio, un inizio fatto di verità, lontano da ogni maldicenza e discriminazione.

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

-Guarda Des! Vieni alla finestra!- esclamò Anne emozionata. -Credo che il piccolo Harry abbia trovato un nuovo amico, più che amico!-

-Spostati, lasciami vedere.- disse Des scostando la tendina arancione per spiare i ragazzi in giardino. Louis e Harry erano leggermente in disparte rispetto agli altri ragazzi e, con in mano un bicchiere di plastica, parlavano scambiandosi dolci sguardi.

-Cavolo, non doveva andare così! Quello stupido ragazzino deve sempre mettersi in mezzo e rovinare i miei piani.- sbottò sbuffando visibilmente alterato.

-Ma Des, Harry è tuo figlio. Dovresti essere contento di lui!- provò Anne, mortificata.

-Tu non capisci niente quando si parla di affari! Vai a chiamarmi Eleanor!-

-Ma..-

-Renditi utile, Anne.- la interruppe bruscamente. La donna chinò il capo e uscì di casa per ubbidire al marito.

Dopo qualche istante Eleanor varcò la soglia, la sua espressione non era delle migliori, odiava essere interrotta o disturbata mentre era con gli amici.

-Spero che quello che tu voglia dirmi sia di vitale importanza!- sbottò svogliatamente.

-Voglio che tu faccia una cosa per me e per l'azienda. Se la porterai a termine in modo positivo ti aumenterò lo stipendio.- disse con calma, sedendosi placidamente sul divano di pelle. Eleanor lo imitò, immediatamente interessata al discorso.

-Allora, quello che devi fare è cercare di far innamorare di te il ragazzo di tuo fratello, Louis.- disse come se fosse la cosa più facile del mondo.

-Ma è assurdo! Lui è gay, papà. Come credi che possa riuscirci! E poi per quale folle motivo lo dovrei fare!?- esclamò allibita, ridacchiando nervosamente.

-Ti dice qualcosa: bel portamento, sguardo che cattura, corpo da modello? Sarebbe perfetto come tuo compagno! Non dovete stare insieme per forza, dovete solamente trovare il giusto feeling per lavorare inseme. Lo sai che per le mie collezioni migliori mi piace far sfilare una coppia e lui sarebbe perfetto per te!-

-Ma papà, è basso! E poi come riuscirai a tener fuori dai piedi quel mocciosetto di mio fratello?-

-L'altezza non è un problema, dovrà indossare delle scarpe con un leggero tacco, quindi sarbbe alto quanto te. Non devi preoccuparti di Harry, a lui penserò io.-

-Io ho già Max! Non puoi semplicemente licenziarlo! Lui è bravo e ormai stiamo inseme da molti anni, siamo una coppia affiatata e abbiamo trovato il giusto ritmo in passerella.-

-Ah è vero, tu hai già Max. Non ci avevo pensato.- borbottò l'uomo pensieroso. -Vorrà dire che passerò al piano B. Grazie Eleanor, puoi tornare dai tuoi amici.- la congedò velocemente l'uomo. Poi afferrò il suo telefono e scrisse un veloce messaggio, conciso e diretto.

 

-to: Briana Jungwirth

Ho un ragazzo per te. Raggiungimi domani mattina qui sull'isola.

Angoletto
Ecco qui, come promesso, il nuovo capitolo. Spero che vi piaccia, fatemi sapere.
Nel prossimo le cose inizieranno a complicarsi.... :)

Non mi dilungo molto, domani avrò il mio ultimo primo giorno di scuola e quindi vado a letto ora! ;)

A presto, Somriure <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Piani e bugie ***


-Buongiorno nonno.- esclamò Louis entrando nella stanza del vecchio Nathan quella mattina. -Sono andato a pescare e ho venduto i pesci al mercato. È mezzogiorno, vuoi che prepari qualcosa per pranzo?- chiese timidamente. Suo nonno quella notte non era stato per niente bene, aveva tossito in continuazione e aveva una cera orribile.

-Sciocchezze, Lou. Ci penso io! Ci manca solo che mandiamo a fuoco il faro.- disse alzandosi lentamente dal letto tenendo una mano sul petto.

-Magari possiamo mangiare qualcosa di freddo. Posso tagliare qualche pomodoro e condirlo. Ci arrangeremo!-

-Non voglio mangiare pomodori al sangue conditi con le dita di mio nipote!- ridacchiò il vecchio riportando alla mente tutti gli esilaranti momenti in cui Louis si era cimentato in cucina.

Il ragazzo lo guardò sconsolato e lo accompagnò in cucina per rendersi utile almeno nell'apparecchiare la tavola.

-Nonno, questa tosse non mi piace per niente. È tutta l'estate che ce l'hai. Per una buona volta mi puoi ascoltare e fare come ti dico? Vai in ambulatorio, ti daranno qualche medicina.-

-Oh, sciocchezze Louis! Non è nulla! Sono un vecchio lupo di mare io! E poi lo sai com'è la vita: si nasce, si diventa adulti e poi...-

-Cosa vorresti dire con questo, nonno?- esclamò Louis lasciando cadere un piatto che si ruppe in mille pezzi.

-Non ti avevo detto di star lontano dalla cucina, Lou?- ridacchiò il vecchio Nathan mettendosi la pipa in bocca.

-No ora mi spieghi il tuo discorso. E basta fumare! Peggiorerà solo la tua salute!- esclamò sfilando dalla bocca del nonno la vecchia pipa di legno. Nathan rise di gusto osservando l'espressione imbronciata del nipote.

-Avanti Louis, lo sai bene! Io non potrò vivere per sempre, tesoro! Tra un po' non ci sarò più e tu dovrai cavartela da solo! Andiamo, non fare quella faccia, Lou. Questa è la vita.- disse l'anziano signore facendo un buffetto sulla guancia al nipote che guardava a terra con gli occhi lucidi. -Dai non fare così, lupetto. Non volevo farti rattristare.-

-Sì... è solo che... che non ci avevo mai pensato, tutto qui.- mormorò il ragazzo grattandosi la testa. Il nonno gli sorrise dolcemente accarezzandogli i capelli.

-Dai su, aiutami a raccogliere i cocci del piatto!- disse chinandosi per ripulire.

-Lascia, faccio io!- lo aiutò il nipote. -Domani verrai in clinica con me? Voglio che ti ascoltino quella tosse che hai. Ti prego nonno!-

-Ci sono già stato in ospedale, Lou! Ti ricordi quando partivo la mattina presto e ritornavo nel pomeriggio? Andavo a fare i controlli!- rispose il vecchio, gettando i cocci rotti nel cestino e prendendo un piatto pulito da mettere in tavola.

-E... e che ti hanno detto?- chiese il nipote preoccupato.

-Che sto bene! Non preoccuparti, Louis.- mentì il nonno.

Come poteva dire a suo nipote, il suo piccolo ometto che aveva cresciuto con tanta dedizione, che un cancro ai polmoni lo stava portando sempre più verso il mondo del non ritorno. Non poteva. Il suo Louis ancora non era pronto. Lo avrebbe costretto a farsi curare e lui non voleva saperne di ospedali o di medicine. Lui era un uomo nato libero e cresciuto libero. Non voleva certo morire in un ospedale.

-Sei sicuro?- chiese il ragazzo ancora sulle spine.

-Stai forse dubitando di me, mascalzone?- chiese l'uomo divertito. Solo allora Louis si rilassò un pochino. -Posso chiederti un favore, ragazzo?- continuò tagliuzzando dei pomodorini.

-Qualsiasi cosa, nonno!-

-Ti andrebbe di andare in farmacia a comprarmi lo sciroppo per la tosse? L'ho finito e non vorrei che questa notte ti svegliassi ancora a causa mia.-

-Certo, vado. Non mi hai dato tanto fastidio però questa notte, tranquillo.- gli assicurò Louis. Il vecchio Nathan ridacchiò mettendosi nuovamente la pipa in bocca. -Vado ora, mentre tu finisci di preparare, va bene!-

-Va benissimo!-

Louis uscì di casa e dopo aver preso la sua bicicletta iniziò a pedalare per le strade bollenti dell'isola. Il sole era alto nel cielo, quindi le temperature erano elevatissime. In poco tempo arrivò davanti alla farmacia della signora Malik, la mamma di Zayn. Entrò e subito l'aria condizionata presente nello studio lo ristorò. Fece un sospiro di sollievo e chiuse gli occhi per godere al meglio quella meravigliosa sensazione.

-Non sei gradito in questo studio.- proferì una voce da dietro il bancone. Louis aprì gli occhi di scatto per osservare la donna con le braccia incrociate e uno sguardo severo sul volto.

-Scusi?- chiese sperando di non aver sentito.

-Hai capito benissimo. Va via!- disse con voce gelida. Improvvisamente il fresco che c'era nel negozio non sembrò più così gradevole; la pelle di Louis iniziò a diventare come quella di un'oca.

-Io devo solo comprare uno sciroppo per mio nonno. Ho i soldi.- disse il ragazzo.

-Non mi importa nulla dei tuoi soldi. Io non vendo i miei medicinali ad un errore della natura. Chissà poi cosa andrai a farci. Magari potresti drogartici e di certo in quest'isola non abbiamo bisogno di drogati, già siamo dilaniati dalla piaga che portate voi froci!-

-E' un semplice sciroppo per la tosse! E non è per me! Io...-

-Non mi importa nulla di quello che dici. Esci immediatamente da qui. Non voglio che la tua malattia contagi anche le mie figlie. Già ti sei preso il mio Zayn, il mio unico figlio maschio. Per colpa tua e di quelli come te, ho dovuto cacciare di casa il mio amato figlio! Non posso rischiare di distruggere la mia famiglia!- urlò la donna con le lacrime agli occhi. Louis la osservava allibito. Sapeva che la donna era da sempre stata molto bigotta e chiusa mentalmente; ogni volta che lo incontrava non rinunciava mai ad insultarlo e per molto tempo era riuscita a condizionare anche il pensiero di Zayn. Ma non immaginava che potesse essere arrivata a tanto. Non avrebbe mai potuto immaginare che fosse stata capace di lasciare che una stupida convinzione distruggesse il rapporto con suo figlio, tanto da cacciarlo di casa.

-Signora, io ho solo bisogno di uno sciroppo per mio nonno. Me ne andrò immediatamente quando lei mi avrà fornito quello che mi serve.- disse Louis cercando di avere più tatto possibile. In altre occasioni sarebbe già diventato pazzo dalla rabbia, ma suo nonno aveva bisogno di quella medicina e di certo Louis non aveva voglia di attraversare tre isole per procurarsela.

-Nessuno sciroppo curerà il male di tuo nonno. Mi stai solo facendo perdere tempo!- disse la donna.

-M...mio mio nonno non ha nessuna malattia!- esclamò Louis indignato. Che ne voleva sapere lei.

-Le notizie nell'isola corrono veloci, Louis.- disse sogghignando. -Sai non vedo l'ora che quel vecchio tiri le cuoia, credo che sia stato proprio lui l'origine di questa epidemia che si è abbattuta sulla nostra isola. Credo proprio che sia stato lui il primo frocio di Alderney.- disse con uno sguardo maligno. Louis immediatamente perse tutta la calma che si era promesso di mantenere. Batté ferocemente un pugno sul bancone e guardò la donna con occhi di sfida.

-Lei non sa nulla della mia vita e non sa nulla della vita di mio nonno. La prego di farsi gli affaracci suoi.- le intimò, la donna continuava a guardarlo ridacchiando. -Ora mi dia questo fottuto sciroppo.-

-Qui l'unica cosa fottuta è tuo nonno.- scoppiò a ridere. Louis trattenne un forte respiro. Stava pregando tutti gli dei dell'Olimpo per non fargli cedere alla tentazione di picchiare una donna.

-Louis, cosa ti serve?- chiese una vocina dolce e tranquilla avvicinandosi a lui. Era Waliyha, la sorellina minore di Zayn.

-Solo uno sciroppo Waliy.- mormorò Louis calmandosi immediatamente. La ragazza aprì uno scaffale e tirò fuori il medicinale richiesto.

-Spero che tuo nonno si rimetta.- disse seriamente. Louis sorrise e dopo aver lasciato i soldi sul bancone corse fuori senza voltarsi indietro. Era furioso, dovette fare il giro dell'isola tre volte con la sua bicicletta per calmarsi. non poteva certo farsi vedere così da suo nonno. La signora Malik non sapeva nulla. Suo nonno stava bene. Suo nonno non diceva bugie.

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

Quella mattina iniziò in modo strano. Erano le 12:34 quando Harry aprì gli occhi. Il letto di sua sorella accanto al suo era sparito, ma era improvvisamente apparso un condizionatore.

Harry si tirò su e si guardò attorno. Era ancora buio pesto, le serrande della sua finestra non erano ancora state tirate su.

Improvvisamente la porta si spalancò e entrarono nella sua stanza i suoi genitori con un grande sorriso in volto.

-Buongiorno Harry! Come sta il mio ometto?- esclamò Des porgendogli un vassoio colmo di cornetti e pasticcini e una tazza enorme di cioccolata calda.

Anne lo guardò in modo compassionevole accarezzandogli la fronte brufolosa e sedendosi sul suo letto.

Harry era perplesso. Cosa diavolo era successo ai suoi genitori? Era tempo che non erano così amorevoli con lui. Suo padre poi! Gli aveva anche portato la colazione a letto.

-Harry, tesoro, dobbiamo parlare di una cosa importante.- esordì suo padre. Harry si accigliò, ma annuì.

-Ieri sera, quando sei rincasato, ho sentito uno strano fischio provenire dal tuo respiro. Temo che la tua malattia sia peggiorata, tesoro. Ho già chiamato il dottor Chan, verrà nel primo pomeriggio.- disse.

-E' meglio se rimani a letto per adesso, il dottore poi deciderà per il seguito.- continuò Anne con le lacrime agli occhi stringendo convulsamente mani di quel suo bambino troppo sfortunato.

Harry boccheggiò.

-Ma...ma io..io no..non ho mai... c....c...ca....capito. Che m...malatt...malattia ho?- chiese grattandosi la testa confuso. Le decisioni dei suoi genitori lo lasciavano sempre più disorientato.

-Harry, piccolo di papà, certe cose lasciale ai grandi. Che ne vuoi capire tu!- disse scompigliandogli i ricci. Harry si scostò per niente felice di farsi toccare da quell'uomo.

-Ora fai colazione, tranquillo, e poi riposati un pochino. Ti accendo la TV, ti terrà compagnia.- disse sua madre seguendo suo marito fuori dalla porta. Certo, la televisione era un'ottima amica, era bravissima a tenergli compagnia, la compagnia che i suoi genitori non gli avevano mai offerto.

Che poi Harry non aveva grandi pretese, gli sarebbe piaciuto solamente dare due calci al pallone con suo padre o imparare a cucinare con sua madre, di certo non sopportava l'indifferenza nei suoi confronti.

Si sdraiò sul letto e iniziò a vedere un demenziale programma di cucina mentre mangiucchiava la sua abbondante colazione.

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

-Des, ti rendi conto che mi hai strappato brutalmente dalle mie meritatissime vacanze?! Spero che sia una cosa veramente importante! Potrei chiamare il mio avvocato e farti causa!-

-Calmiamoci signorina! Sei la migliore in questo campo, lo sai. Ho bisogno di te, Briana. Ti pagherò profumatamente, non preoccuparti.- disse Des con calma sorseggiando il suo caffè comodamente seduto sul divano.

-Molto bene. Cosa dovrei fare?- chiese la ragazza.

-Pare che quel ritardato di mio figlio si sia fidanzato e....- una fragorosa risata interruppe la parole dell'uomo.

-Se Harry è riuscito ad abbindolare un povero scemo, c'è speranza per tutti!- sputò malignamente.

-Lo so, è strano anche per me. Ma ora arriviamo al dunque: questo ragazzo è il prototipo di modello che servirebbe alla mia azienda. Devi fare in modo di farmelo avere. Voglio portarlo a Londra con il suo consenso e... Harry deve rimanerne fuori.-

-Era tanto che aspettavo una richiesta del genere. Lo sai, Des, amo fare queste cose!-

-Lo so e sei la migliore!-

-Beh, diciamo che ho avuto un bravo maestro!- lo adulò la ragazza.

-Spero che tu riesca a farcela in due settimane. La nostra vacanza sta finendo! Aspetta Eleanor per non destare troppi sospetti.-

-Lo sai che rispetto sempre i tempi!- esclamò alzandosi. -Io inizio ad andare. Eleanor mi raggiungerà. Devo conoscere chi sarà il padre mio futuro finto figlio!- detto questo uscì di casa.

Briana era il vero pupillo di Des Styles. L'uomo l'aveva strappata dalla strada, letteralmente. Briana lavorava di notte insieme a sua sorella maggiore nella strada più malfamata di Londra, con il nome di Blonde Davil. Appena la vide Des pensò subito che una ragazza così giovane e bella non potesse permettersi di svolgere uno dei lavori più infimi che ci siano al mondo. Briana era diventata così una delle migliori modelle dell'azienda, la vera rivale di Eleanor.

La ragazza con i suoi capelli biondi, palesemente tinti, la sua borsetta firmata e gli occhiali di marca, iniziò a passeggiare sulla sabbia umida atteggiandosi come se fosse su una passerella cercando quel Louis. Des ogni volta se ne usciva con richieste sempre più strambe e insolite. Questa volta, strappare il ragazzo da un minuscolo paesello per portarlo nella grandissima capitale, sarebbe stata veramente un impresa ardua. Briana doveva tirar fuori tutti i suoi trucchi da adulatrice ma alla fine ce l'avrebbe fatta, come sempre. Lei era la migliore, lei non perdeva mai.

Si sedette sulla riva, nella parte di spiaggia davanti al faro. Sapeva che la sua vittima sarebbe venuta fuori da lì, quindi doveva solo aspettare pazientemente.

-Ehm, ciao, posso aiutarti?- chiese una voce con uno strano accento interrompendo i suoi pensieri.

-Sei Louis Tomlinson?- chiese la ragazza seccata. Sapeva benissimo che quel ragazzo troppo sorridente, con i capelli troppo biondi e le guance troppo rosse non poteva essere quello che stava cercando lei. Non rispettava l'attendibile descrizione che le aveva fornito Des, e poi ormai aveva iniziato a comprendere i gusti del suo capo, sapeva che quel biondino con l'accento irlandese non avrebbe mai potuto neanche lontanamente rientrare negli standard che i modelli dell'azienda dovevano avere.

-No, sono Niall Horan, piacere!- disse porgendole la mano. Briana la osservò in modo quasi schifato, prima di voltarsi dall'altra parte senza degnare il ragazzo neanche di uno sguardo.

Ma Niall non si diede per vinto e sedendosi accanto alla ragazza tornò a sproloquiare.

-Louis è un mio amico, se vuoi te lo posso chiamare!- disse alzandosi nuovamente.

-Allora muoviti! Sono stufa di ascoltare la tua voce petulante!- sbottò la ragazza in modo scontroso. Niall scoppiò a ridere credendola una battuta della ragazza e si incamminò trotterellando verso il faro.

Bussò alla porta e il suo amico gli aprì.

-Ciao Louis!- esclamò Niall.

-Niall, cosa ti porta qui?- chiese il ragazzo del faro in modo freddo. Ancora non riusciva a lasciarsi dietro il passato del tutto e a ricominciare una nuova vita.

-Ti sta cercando una biondina niente male!- comunicò il ragazzo.

-Non sono interessato alle biondine da un bel po' di anni. Puoi dirle di andare via.- disse con un tono piatto.

-Oh, ti prego! È così carina! Facciamo che tu le parli un po' e poi la lasci a me! Siamo entrambi biondi tinti, siamo fatti l'uno per l'altra!- esclamò Niall con gli occhi a forma di cuoricino battendo le mani.

-E va bene. Dov'è questa portatrice di tette?-

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

-Harry, puoi tossire per me?- chiese il dottor Chan con il suo stetoscopio in mano. Il ragazzo ubbidì controvoglia. Era immensamente stufo di tutta quella situazione, ma non poteva farci nulla.

-Bene, ora ti preleverò un po' di sangue, poi controllerò i tuoi valori istantaneamente grazie a questo apparecchio di ultima generazione.- Harry non diede alcun segno di vita. Gli porse il braccio, ma rimase impassibile. Il dottore completò la sua operazione e poi uscì dalla stanza del ragazzo seguito dal resto della famiglia.

Harry rimase nuovamente solo. Accese la TV e prese tre merendine al cioccolato. Da grande avrebbe sposato di certo la cioccolata, l'unica che rimaneva sempre, soprattutto nel momento del bisogno.

Il programma che trasmettevano in TV era a dir poco noiosissimo, Harry si addormentò dopo qualche minuto, cullato dalla voce stridula della presentatrice completamente rifatta. Avrebbe preferito la voce della sua mamma, ma non si poteva avere tutto dalla vita.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

-Mh.. ci conosciamo?- chiese Louis visibilmente irritato alla bionda che si atteggiava toccandosi i capelli davanti a lui.

-No, ma mi piacerebbe moltissimo conoscerti. Io sono Briana, la migliore amica di Eleanor e sono anche molto legata ad Harry! Entrambi mi parlano molto spesso di te, quindi volevo conoscere il famosissimo Louis Tomlinson!- esclamò accarezzando il lobo dell'orecchio di Louis. Il ragazzo si scansò immediatamente, come colpito da un fulmine.

-Strano, Harry non mi ha mai parlato di te!- convenne perplesso Louis. -In ogni caso, ora mi hai conosciuto. Credo che ciascuno possa tornare alla propria vita. Addio Diana!- disse voltandosi nuovamente verso il faro.

-Mi chiamo Briana, e poi no! Non credo che in due minuti si possa conoscere una persona. Io sono dell'opinione che ogni essere umano sia così ricco di particolarità che è impossibile scoprirli in una vita, figuriamoci in due minuti. E poi voglio sapere tutto di te, sono una persona decisamente curiosa!-

-Aggiungerei anche molto logorroica.- disse in modo schietto. La ragazza scoppiò a ridere coprendosi la bocca con la mano. La sua risata era troppo acuta e decisamente poco vera. -Io invece in cinque minuti riesco a capire chi mi trovo davanti e sempre in cinque minuti decido se quella persona può provare a diventare mia amica o no. Mi dispiace, sono fatto così!-

-E io? Come mi trovi?- chiese in modo sensuale appoggiandosi alla spalla del ragazzo. Louis spostò la mano con aria schifata e tornò a guardare la ragazza.

-Tu mi irriti, tanto. E credo che tu sia una bugiarda. Questo è solo il mio istinto ovviamente, quindi non prendertela!- disse tranquillamente.

-Che dici, secondo i tuoi standard posso provare a diventare tua amica?- chiese facendogli l'occhiolino.

-Mh.. direi proprio di no. Sei troppo fastidiosa, te l'ho detto!- ribadì il concetto.

-Ti farò cambiare idea, dolcezza. Tutti vogliono essere amici di Briana Jungwirth. Voglio visitare questo paese. Dove andiamo di bello?-

-Questo plurale mi spaventa. Posso consigliarti qualche posto, se vuoi. Io non ti accompagno, ho molto altro da fare! E oggi proprio non è giornata. Il mio amico irlandese ti accompagnerebbe volentieri, però!- disse indicando il biondo che faceva finta di mandare un messaggio per non dare nell'occhio, appoggiato alla barca di Louis.

-Louis, non ti facevo così scortese! Harry non ti descriveva in questo modo! E poi il biondino non mi interessa. È troppo biondo per i miei gusti. Accanto a lui sembrerei meno bionda e se c'è una cosa che odio è sembrare meno bionda di quello che sono!- esclamò con voce acuta la ragazza. Louis sbuffò sonoramente e si incamminò verso la strada cedendo suo malgrado alle parole della ragazza troppo superficiale.

-Che bello!- esclamò quella saltellando e battendo le mani. -Dove mi porti di bello?- Louis sbuffò e senza risponderle si incamminò per la strada principale.

-Qui ci sono dei negozi di vestiti. Se vuoi entrare sei libera di farlo, ma io non ti accompagnerò neanche morto.- disse Louis con un tono annoiato.

-Mh, vivo tra i negozi, abito a Londra lo sai? Ti piacerebbe vivere lì, tra luci e moda? È una città incantevole, io la amo!- iniziò a sproloquiare la ragazza. Louis sbuffò sonoramente e alzò gli occhi al cielo.

-Beh, tutto questo per dire che no. Non voglio fare shopping. A Londra è sicuramente meglio e per ora non sento la necessità di comprare nuovi abiti. Perché sai, per me lo shopping è quasi una necessità! È il mio corpo che mi chiede di andare a comprare nuovi vestiti. Tu che ne pensi?-

Louis si risvegliò dallo stato di catalessi in cui era caduto da quando la ragazza aveva iniziato a parlare e ricomponendosi biascicò una risposta a caso:

-Non la penso come te.- Trovò che questa fosse una risposta da poter utilizzare in ogni occasione con la ragazza. Non credeva di avere qualche interesse in comune con lei e sinceramente non era neanche intenzionato a trovarne.

-Lo immaginavo, voi maschi siete tutti così riguardo allo shopping.- ridacchiò. Louis alzò le spalle infastidito.

-In verità speravo che tu mi potessi portare in qualche localino a fare un po' di festa.- disse Briana fingendosi imbarazzata.

-Ma sono le sei del pomeriggio! Che razza di festa vuoi fare?- chiese visibilmente sorpreso.

-Loueh! Non c'è un orario stabilito per fare festa!- esclamò quella saltellando. Louis ruotò gli occhi e senza fiatare si diresse verso il Midnight Memories. Briana durante il tragitto lo prese a braccetto. Il ragazzo del faro sbuffò sonoramente ma a a lei non parve una cosa di grande rilievo. La ragazza era di qualche centimetro più alta di Louis, portava i tacchi naturalmente, ma questo era un altro aspetto che lo innervosiva.

-Eccoci arrivati.- disse con voce piatta quando furono davanti alla porta argentata del locale.

-Che bello! Si presenta molto bene da fuori! Entriamo!- propose la ragazza senza esitazioni. Louis la seguì con le mani nelle tasche. Sperava almeno di trovare un po' di sollievo nell'alcool, di certo non voleva passare il pomeriggio in compagnia di Barbie!

La musica che trasmettevano nel locale non era delle migliori. Era pomeriggio inoltrato, nel locale c'erano solo alcune coppie di anziani che si dilettavano a ballare la salsa. Nonostante tutto la ragazza si buttò in pista.

-Vieni Louis! Non fare l'orso! Scatenati con me!- urlo la ragazza sculettando come una diva. I vecchietti attorno a lei la guardavano straniti, solo pochi la fissavano con lussuria.

Il ragazzo scosse il capo vigorosamente. Non sarebbe mai sceso in pista con una ragazza!

Briana si avvicinò a lui muovendosi a ritmo.

-Dobbiamo riscaldarci un po', hai ragione.- disse in modo sensuale. -Due drink per me e per il mio ragazzo!- chiese al barman. Louis sgranò gli occhi e quasi si strozzò con la birra che aveva precedentemente ordinato. -Spero che non ti dispiaccia che ti abbia presentato come mio ragazzo. Quel tizio mi guardava con degli occhi che non mi piacevano.- disse la ragazza fingendosi dispiaciuta.

-Allora, mettiamo in chiaro le cose. Io e te non siamo niente. Né amici, né conoscenti. Niente. Non so per quale strambo motivo tu sia riuscita a coinvolgermi in questa farsa e non so neanche cosa tu voglia da me di preciso. Ma ti dirò di più, non me ne frega nulla di sentire la tua risposa, come ho già detto, la tua voce mi irrita terribilmente e meno ti sento meglio sto. In ogni caso nessuno ti crede se inventi la scusa del tuo ragazzo. Sono gay dichiarato da cinque anni e fiero di esserlo. Tutti sull'isola mi conoscono come tale.- disse Louis sperando di togliersi la ragazza di torno.

Non avrebbe mai potuto immaginare che quell'arpia nelle vesti di un angioletto era riuscita ad infilare una pasticca di ecstasy nel suo drink.

In poco tempo tutto divenne più bello: la musica, i colori, Diana, o forse si chiamava Briana. Tutto era bello. Louis si fece spazio tra i vecchietti e iniziò a scatenarsi sulla pista ballando una salsa sfrenata con un ritmo tutto suo. Briana lo osservava appoggiata al bancone con un ghigno soddisfatto.

Blonde Davil aveva colpito ancora. Le bastò semplicemente avvicinarsi e lasciare un bacio poco casto sulle labbra del ragazzo. Il loro finto bambino era stato inseminato. Nessuno avrebbe avuto niente da obbiettare. Di certo non quel ragazzo che ora se la rideva a crepapelle emozionato di aver appena scoperto che il cravattino del nonnetto senza denti era a pois.

Briana lasciò il locale abbandonando Louis in un emozionante passo a due con una vecchietta dai capelli rosso fuoco. Il suo lavoro era stato fatto.


Angoletto
Sono in ritardo anche questa volta, lo so. E' iniziato il mio ultimo anno di scuola però, capitemi! ;)
Come vi è sembrato questo capitolo? Spero che vi sia piaciuto.

Mi sono resa conto che mancano pochi capitoli alla fine della storia. Sono tentata di scrivere un sequel. Che ne pensate? Datemi consigli. :)

Io non so che pensare riguardo alla tizia dai capelli biondi che aspetta il presunto figlio del nostro Louis, qui mi limito a romanzarci sopra, non voglio offendere nessuno, sia chiaro.

Ora scappo, sono in ritardo. Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo!

A presto, Somriure <3

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Libero. ***


Erano due giorni che Louis non si faceva vivo. Erano due giorni che Harry era barricato in camera sua. I suoi genitori non lo lasciavano uscire per nessun motivo, poteva lasciare la sua stanza per andare in bagno solo in presenza del signor Dalmon, un maggiordomo che aveva il compito di prendersi cura di lui. Era una situazione imbarazzante! Il signor Dalmon lo fissava con quello sguardo impenetrabile e attento e Harry si sentiva sempre più intimorito. Cercava di ridurre al minimo le passeggiate in bagno, preferiva trattenersi che essere in continuazione soggetto allo sguardo indagatore dell'uomo. Così Harry passava le sue giornate nella solitudine più totale in compagnia della sua migliore amica televisione e delle sue adorate schifezze.

Suo padre non faceva entrare nessuno in camera sua. Diceva che le altre persone avrebbero potuto attaccargli qualche virus che avrebbe compromesso ulteriormente la sua salute e poi era convinto che se avesse smesso di frequentare i suoi amici avrebbe affrontato meglio la partenza che sarebbe avvenuta a breve.

Gemma ogni tanto passava a dargli un salutino. Non era presente come i primi giorni, aveva moltissime cose da studiare e quindi preferiva sedersi sulla sabbia umida a leggere e sottolineare i suoi pesantissimi e incomprensibili tomi di medicina. Cameron sedeva sempre accanto a lei, le accarezzava i capelli e le spiegava quello che la ragazza non riusciva a capire. Cam doveva iniziare l'ultimo anno di tirocinio, era quasi un medico a tutti gli effetti ormai e presto si sarebbe trasferito nel più importante ospedale di Los Angeles che era da sempre stato il suo sogno. Harry li osservava spesso dalla sua finestra. Erano veramente una bella coppia, era molto felice per sua sorella. Si meritava un ragazzo dolce e attento come Cameron.

La felice vita sentimentale di sua sorella, non era l'unica cosa che Harry si dilettava ad osservare dalla finestra. Ormai aveva preso l'abitudine di alzarsi all'alba per osservare la barca del suo ragazzo in mezzo al mare. Lo guardava per un po' e poi si rimetteva a letto per continuare a dormire. Ultimamente le farfalle erano tornate, ma avevano portato con loro un amico elefante. Questo elefante rimaneva costantemente sulla bocca dello stomaco di Harry e, come un macigno pesante, comprimeva la sua pancia dando una sensazione di enorme pesantezza. Harry odiava questa sensazione. Gemma gli aveva spiegato che era una sensazione che si provava in momenti di tristezza. E sì, Harry era tanto triste. Aveva trovato una boccata di felicità per qualche giorno, ma improvvisamente questa era sparita lasciando nuovamente un vuoto più profondo.

Il bussare della porta lo fece destare sai suoi pensieri.

-Posso entrare?- chiese suo padre facendo capolino. Harry annuì e si mise a gambe incrociate sul letto.

-Il dottor Chan ha i risultati delle tue analisi. Ora ne discuteremo insieme e poi ti faremo sapere. Va bene Pulcino?- chiese ridacchiando falsamente l'uomo a carezzando i ricci di Harry. Il ragazzo annuì poco convinto e si stese sul letto osservando le nuvole che si intravedevano dalla finestra rigorosamente chiusa.

Des uscì dalla stanza dopo aver lasciato un nuovo gioco per la play station ad Harry e si recò nel suo studio. Il dottor Chan lo aspettava già lì mentre scorreva un dito su un foglio.

-Allora Hu, cosa può avere mio figlio?- chiese il signor Styles prendendo posto nella sua comoda poltrona.

-Vuoi la verità, Des? Tuo figlio non ha proprio niente. Noto solo qualche valore un po' sballato del sangue riguardante le sue cattive abitudini alimentari e la sua vita troppo sedentaria. Una vita sana e un bello sport all'aria aperta farebbero rifiorire tuo figlio e poi lo sai che la sua asma è perfettamente curabile con qualche medicinale.- disse il dottore togliendo gli occhiali dal naso e riponendoli accuratamente nella custodia.

-E' proprio questo il problema, Hu. Voglio che Harry abbia qualche problema. Lui è completamente inutile per la società e mi serve malato a tutti i costi.- spiegò l'uomo pazientemente.

-Io non riesco ancora a capire il perché.-

-Non dovrei spiegare tutte queste cose a te, ma visto che dopo anni credo di reputarti un amico ti svelerò i miei segreti più oscuri.- disse ridacchiando. -Il ruolo del capo nella mia azienda è tramandato, da sette generazioni, da padre in figlio. Harry è il mio unico figlio maschio, quindi spetterebbe a lui un giorno la gestione di questa impresa, ma sai meglio di me che i ritardati mentali non combineranno nulla di buono nella vita, quindi non posso permettere che Harry prenda in mano la situazione. È incapace e stupido, non sarebbe in grado di portare avanti il prestigioso nome degli Styles e di certo non voglio che la mia azienda venga mandata in aria da un incompetente. Eleanor sarà la degna padrona della mia opera.-

-Va bene, ma perché vuoi a tutti i costi negare una vita pseudo normale a tuo figlio?-

-Harry è sempre vissuto nelle quattro mura domestiche. Non sa nulla del mondo e non sembra interessato. Se per puro caso iniziasse a frequentare la vita al di fuori della carta da parati gialla che ha in camera, scoprirebbe il mondo e il suo essere completamente ritardato con il tempo verrà levigato. Questa è l'ultima cosa che voglio. Hu, devi falsificare la cartella di Harry. Ti pagherò tre volte tanto, ma devi dire a mio figlio di avere una grave malattia degenerativa che lo costringerà a letto per i prossimi... anni? Puoi farlo per la nostra amicizia? Puoi farlo per i miei soldi?-

La decisione da prendere era seria. La richiesta di Des lo avrebbe portato a trascurare ogni norma esistente; in questo modo avrebbe pesantemente infranto il giuramento di Ippocrate e se qualcuno lo avesse scoperto sarebbe finito certamente in galera. Ma i soldi erano tanti e quando uno è ricco aspira ad avere sempre di più.

Il dottor Chan sbuffò e, socchiudendo gli occhi, annuì. Des lasciò una pacca sulla spalla dell'amico e uscì dallo studio. Si ricompose un attimo trasformando la sua espressione soddisfatta in una triste e preoccupata e, seguito dal dottore, tornò in camera di Harry.

Il ragazzo stava facendo una partita a carte con Anne mentre leccava un ghiacciolo. Appena la porta si aprì i due lasciarono la partita. La donna si fiondò accanto al marito con una faccia preoccupata, Harry invece si sedette sul letto svogliatamente.

-Ci sono novità, Des?- chiese Anne. L'uomo annuì seriamente. La donna si accigliò. Harry invece rimase impassibile; il ghiacciolo al limone era molto più interessante.

Il dottor Chan indugiò un istante prima di avvicinarsi completamente al letto del ragazzo.

-Harry, le analisi che ho fatto, hanno riscontrato una grave anomalia nel tuo cuore. Purtroppo non riesce più a svolgere tutte le sue funzioni quindi devi aiutarlo tu!- disse accomodandosi sul suo letto e parlandogli come se fosse stato un bambino piccolo. Harry odiava quando la gente si comportava in questo modo con lui.

-E.. come?- chiese sbuffando.

-Devi preservare al massimo le tue forze limitando i tuoi movimenti. Purtroppo ho paura che tu debba rimanere a letto. Ti ho già messo in lista per un trapianto, ma come puoi ben immaginare questa lista è lunga.-

Harry si sentì morire. Sapeva che la situazione non era delle migliori, lo leggeva nello sguardo di suo padre. Ma non credeva che potesse essere così devastante ricevere una così brutta notizia.

-A...a letto?- chiese per assicurarsi di aver sentito bene.

-Sì Harry, è per il tuo bene.- aggiunse suo padre. Il ragazzo iniziò ad osservare lentamente le persone che gli stavano davanti. Era arrabbiato e frustrato, ma non poteva esternare i suoi sentimenti, questo lo sapeva bene, avrebbe solo mortificato sua madre, irritato suo padre e impazientito il dottor Chan. Era molto meglio rimanere in silenzio e contare fino a 10.

-O...ok, potreste andarvene tutti ora?- chiese con le lacrime agli occhi, ma non gliela avrebbe data vinta, loro non lo avrebbero visto piangere. Si stese sul letto e si accucciò sotto le coperte.

-Ma certo tesoro!- disse suo padre uscendo immediatamente accompagnato dal dottor Chan.

Anne invece si sedette sul suo letto e iniziò ad accarezzargli le gambe.

-Ehi piccolo, non è la fine del mondo. Guarirai, me lo sento. Sei forte, bambino mio!- disse la donna trattenendo un singhiozzo. Harry si accucciò ancora un po' sotterrando completamente la testa sotto al cuscino.

-Vuoi che vada via, vero?- chiese la donna sperando di ricevere una risposta che ovviamente non ci fu; così si alzo e dopo aver sospirato uscì.

Solo allora la testa di Harry, rossa per il calore e bagnata di lacrime spuntò fuori. Il mondo era ingiusto con lui. Perché doveva soffrire così tanto! Riuscì a calmarsi solamente quando, guardando fuori, scorse i capelli color caramello del suo ragazzo fare surf agilmente fra le onde alte del mare. Harry sospirò e con un leggero sorriso malinconico si rimise a letto.

-.-.-.-.-.-.-

Erano due giorni che Nathan era convinto che ci fosse qualcosa di sbagliato nei comportamenti di suo nipote. Era silenzioso e riservato, limitava i discorsi a qualche parola buttata lì e passava il minor tempo possibile a casa. Per la maggior parte del tempo se ne stava da solo nella sua vecchia barca a guardare il mare.

Erano due giorni che non vedeva Harry, Nathan ne era sicuro; gli pareva di aver sentito che il ragazzo fosse a letto malato e che non poteva ricevere visite. Nathan era in pena per i dolori di Louis. Provava a parlargli in tutti i modi possibili e cercava di avvicinarsi a lui in ogni modo: preparandogli il suo piatto preferito o non oberandolo di lavoro; ma il ragazzo rimaneva distante.

Il vecchio Nathan non ne poteva più. Voleva parlare con suo nipote; la sua malattia stava peggiorando e i medici gli avevano dato poco tempo di vita. Non voleva che il suo Louis soffrisse troppo la sua mancanza, voleva stargli vicino per gli ultimi momenti rimasti.

L'anziano guardiano del faro decise di provare l'ultima strada rimasta, avrebbe speso tutti i suoi soldi per rendere di nuovo felice suo nipote.

Uscì presto quella mattina, si recò in un negozio di attrezzature nautiche e comprò quello di cui aveva bisogno. Poi si fece aiutare a trasportare quel grande oggetto fino al molo davanti casa loro. Per dargli una parvenza di regalo lo avvolse in un grande fiocco rosso. Guardò la sua opera con le lacrime agli occhi e si sedette sulla sabbia per aspettare suo nipote e per osservare da vicino l'espressione sorpresa che avrebbe fatto alla vista di quel regalo inaspettato.

Louis arrivò poco dopo. Teneva la testa bassa, ma appena scorse il nonno con la coda dell'occhio si diresse verso di lui. Rimase sorpreso quando notò il regalo: sgranò gli occhi e si avvicinò di più al vecchio.

-Nonno ma... una barca nuova!- esclamò.

-Sì, ti piace? È la tua! Sei diventato un ometto grande ormai, è giusto che tu ne abbia una personale.-

-Ma.. nonno sarà costata tantissimo! Tutti i tuoi risparmi!-

-Oh sciocchezze! Volevo farlo, te lo meriti, Louis.- disse dando una pacca affettuosa alla spalla del nipote.

Louis guardò negli occhi quell'uomo che per anni lo aveva guidato, quell'uomo che si era preso sulle spalle il compito di accudire un piccolo orfano salvato dalle acque, quell'uomo che gli voleva bene più della sua stessa vita. Il ragazzo non ci pensò due volte, cinse con le braccia il corpo gracile di quel suo genitore un po' troppo cresciuto e si fece cullare dal calore dell'uomo che era stato un faro per lui. Dopo qualche secondo il ragazzo si staccò da quell'abbraccio riparatore con un nuovo raggiante sorriso sulle labbra. Se avesse saputo che quello sarebbe stato il loro ultimo abbraccio probabilmente non si sarebbe mai allontanato, ma con la pura felicità dell'ignoranza si diresse verso il suo nuovo mezzo di trasporto.

-Vuoi fare un giro?- chiese al nonno.

-Eh no ragazzo! Prima devi darle un nome e inaugurarla! Non puoi cavalcarla se non la conosci!- esclamò il vecchio. Louis ridacchiò.

-Va bene, oggi le darò un nome e poi la cavalcheremo insieme!-

Il vecchio sorrise e scompigliò i capelli del nipote. Il suo Louis era tornato.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

-Ora spiegami perché, per diventare medico, devo studiare diritto!- esclamò Gemma entrando nella stanza di Harry con la sua solita delicatezza.

-Devi saper riconoscere le truffe, Gemma!- rispose pazientemente quel santo di Cameron. La ragazza sbuffò e si sedette di peso sul letto di suo fratello.

-Ehi polpetta, che succede? Mamma mi ha detto che stai poco bene!- disse la ragazza accarezzandogli una guancia.

-Sto male.- borbottò Harry tristemente.

-Di che si tratta, Harry?- chiese Cameron incuriosito.

-Non lo so, non ho ben capito, il mio cuore...- mormorò il riccio con aria annoiata.

-Mh.. posso leggere la tua cartella clinica? Provo a spiegarti cosa c'è che non va! Spesso noi medici parliamo con termini troppo specifici e ci dimentichiamo che la gente, la maggior parte delle volte, non ci capisce!- ridacchiò il ragazzo grattandosi la testa.

-Credo che sia nello studio di papà, va a prenderla!- concesse Harry. Il ragazzo dai capelli lunghi annuì e uscì dalla stanza.

Gemma si stese accanto al fratello lasciandogli un bacio sulla guancia.

-Ho visto Louis sulla sua barca poco fa, era incavolato nero!- ridacchiò la ragazza, Harry sorrise immaginando il suo ragazzo e la sua poca pazienza nell'affrontare le cose.

-Non lo vedrò mai più...- mormorò tristemente.

-Ma no, non dire così. Convincerò papà. Lo sai che io ho i miei metodi!- lo consolò la ragazza scompigliandogli i capelli.

-Gemma, credo che tu debba vedere questo!- esclamò Cam allarmato entrando di corsa in camera.

-Che succede, Cameron?- chiese la ragazza continuando ad accarezzare i capelli del fratello. Il ragazzo le porse un foglio e si sedette accanto a lei.

Gemma si mise composta e iniziò a leggere cosa ci fosse scritto di tanto importante su quel foglio che aveva tutti i tratti di una cartella clinica.

Harry osservava sua sorella leggere. Aveva sempre voluto imparare a leggere bene, era convinto che ogni libro al suo interno nascondesse delle meraviglie. Gli sarebbe piaciuto viaggiare con la fantasia per mondi inesplorati e magici, ma lui non poteva. Non ne era capace.

Il ragazzo notò le varie espressioni di sua sorella: dalla faccia quasi annoiata che aveva assunto all'inizio della lettura, passò ad una incredula e indignata. Harry la fissava con un'aria interrogativa, mentre Cameron si limitava a tenere la testa bassa.

-Non è possibile! Come cazzo si permette!- urlò. -Tappati le orecchie polpetta!- esclamò prima di alzarsi inferocita.

-Ehi, ehi, ehi, ferma Gems!- la bloccò Cameron con le sue possenti braccia. -Che vuoi fare, mostriciattola?-

-Voglio strozzare quell'uomo.- ringhiò la ragazza guardando la porta.

-Ehi, piccola, così non combinerai nu...-

-Perché sei così tranquillo? Non capisci che mio padre ha falsificato la cartella clinica di mio fratello per fare i suoi interessi? Lui ha relegato Harry in una stanza per una settimana, Cam, come faccio a stare tranquilla?- urlò Gemma con le mani tra i capelli.

Harry spalancò la bocca incapace di dire altro. Si alzò dal letto e continuando a fissare i due ragazzi si diresse lentamente verso la porta, camminando come se stesse calpestando dei pezzi di vetro. Gemma lo osservava silenziosamente con gli occhi colmi di lacrime di rabbia, Cameron la stingeva forte al suo petto cullandola leggermente per farla calmare.

Harry aprì la porta e si diresse con cautela in soggiorno, dove suo padre stava sorseggiando un caffè in compagnia di Briana e di Eleanor. Rimase lì fermo ad osservarli. Ben presto Des si accorse di lui e con quella vocetta fastidiosa e finta che lo aveva accompagnato per tutta la settimana, disse:

-Harry, tesoro, non dovresti stare qui! Hai sentito cosa ha detto il dottor Chan?-

Le due ragazze sghignazzavano tra loro coprendosi inutilmente con la mano. Harry continuò a fissare il padre con uno sguardo indecifrabile.

-Harry...?- riprovò l'uomo nascondendo anche lui un sorrisetto divertito.

-Lascialo stare, Des, lo sai che è ritardato!- disse Briana sottovoce; Eleanor scoppiò a ridere, Des si limitò a sorridere. Anche Harry riuscì a sentire le parole maligne della bionda, ma per una volta volle provare a difendersi in qualche modo, quindi cercò di ricacciare dentro le lacrime e continuò a sostenere lo sguardo del padre.

-Allora, pulcino spennacchiato, vuoi dirmi cosa c'è che non va?-

-S...solo... perché?- chiese il ragazzo tutto ad un fiato.

-Perché cosa?- domandò il padre fingendo di non capire.

-Perché mi hai segregato in camera? Perché hai mentito sulla mia salute? Perché mi obblighi a stare a casa? Perché non posso andare a scuola? Perché mi costringi a suonare il piano anche se non sono capace? Perché mi umili sempre davanti a tutti? Perché devo essere sempre il tuo figlio ritardato? Cosa ho in meno di Gemma? Di Eleanor? Perché per una volta, una fottutissima volta, non puoi semplicemente essere fiero di me anche se sono solamente il tuo figlio ritardato?-

Disse tutto questo senza fermarsi, senza balbettare. Sputò queste parole dal cuore, le parole che da troppo tempo erano rimaste imprigionate dentro di lui, le parole che avrebbe dovuto dire da sempre. Harry era finalmente libero, il senso di vuoto che da una vita conviveva con lui, si era dileguato insieme alle parole. Harry era un'altra persona, si sentiva più forte, sentiva che una corazza di forza stava ricoprendo il suo cuore ormai martoriato dai troppi perché.

Le due ragazze avevano smesso di ridacchiare, Gemma e Cameron erano usciti dalla stanza e lo guardavano orgogliosi, Anne aveva gli occhi sgranati dallo stupore. Nessuno fiatava, neanche una mosca osava ronzare in un momento così delicato.

Des fece un profondo respiro, poi si alzò dal divano. Si mise i fronte ad Harry e iniziò a fronteggiare il suo sguardo. Era furioso. Mai si sarebbe aspettato che quel ritardato di suo figlio potesse in qualche modo farlo cadere così in basso umiliandolo pubblicamente.

Lo perforò con il suo sguardo, poi dopo aver sbuffato ferocemente piantò le sue cinque dita sulla guancia di Harry provocando il rumore secco e sonoro di uno schiaffo.

Improvvisamente tutte le certezze che Harry aveva costruito in quei minuti crollarono. Il riccio tornò a sentirsi il ragazzotto goffo e inutile, che non sapeva leggere e che non avrebbe mai avuto uno scopo nella vita.

Il ragazzo portò la mano sulla guancia rossa e calda guardando il padre con uno sguardo ferito e terrorizzato. Il vuoto che per quei pochi istanti lo aveva lasciato libero, tornò più forte che mai, colpendo Harry in pieno.

Il ragazzo indietreggiò di qualche passo dirigendosi con cautela verso la porta di casa. In un momento come questo avrebbe certo preferito affogare nel cibo, ma sua madre osservava allibita la scena dalla cucina e l'ultima cosa che voleva in quel momento era parlare con sua madre. Così decise di ricorrere al piano B.

Aprì la porta e senza guardarsi indietro si diresse verso quel luogo che nelle ultime settimane era diventato la certezza assoluta della sua estate: il faro.

L'unica persona che il quel momento sarebbe riuscita a calmarlo fortunatamente era lì. Harry si avvicinò lentamente cercando in modo inutile di smettere di piangere. Quando fu abbastanza vicino, notò che Louis aveva una latta di vernice in mano e un grande pennello. Era intento a dipingere una scritta su una barca nuova. Harry era troppo pigro per sforzarsi di leggere e i suoi occhi erano ancora troppo colmi di lacrime per essere del tutto in grado.

Louis era concentratissimo. Non si sarebbe mai accorto di Harry se quest'ultimo non avesse cercato invano di trattenere un singhiozzo.

Il ragazzo del faro si voltò con le guance sporche di vernice verde e dopo il primo istante di sorpresa, sorrise dolcemente ad Harry.

-Ehi, tesoro! Sei guarito!- esclamò lasciando cadere il pennello nella latta e avvicinandosi al ragazzo riccio che teneva la testa bassa.

-Non sono mai stato malato, Lou. Mio padre si è preso gioco di me, un'altra volta.- mormorò con la voce spezzata.

-Oh.- fu l'unica cosa che Louis riuscì a dire. In verità, come al solito avrebbe voluto difendere il suo ragazzo, avrebbe voluto spaccare la testa a quel verme di uomo che si divertiva a manipolare la vita degli altri; ma sapeva che Harry aveva bisogno di lui in quei momenti, e Harry era più importante di una stupida vendetta.

Così Louis si avvicinò lentamente e cinse con le sue braccia esili ma confortanti il corpo massiccio del suo ragazzo sussurrandogli all'orecchio dolci parole.

-Andrà tutto bene, Haz...-

-Tra una settimana parto.- lo interruppe bruscamente staccandosi dall'abbraccio guardandolo con quegli occhi tristi. Louis sospirò abbassando il capo.

-Lo sapevamo, amore, questo prima o poi sarebbe dovuto succedere. Godiamoci quest'ultima settimana al meglio. Comprerò uno di quei cosi che usate per comunicare... te..telefono? e ci sentiremo sempre. Te lo prometto, Harry.- disse accarezzando le guance paffute del ragazzo.

-Me...me lo prometti sul serio?-

-Certo, Hazzold, e io mantengo sempre le mie promesse.- Solo allora Harry sorrise guardando Louis negli occhi.

-E' nuova?- chiese il riccio notando solo allora la barca.

-Sì, me l'ha regalata nonno poco fa. Sto scrivendo il suo nome.- spiegò Louis arrossendo un po'. -Riesci a leggere cosa c'è scritto?-

Harry sospirò e si mise meglio davanti alla barca per cercare di leggere.

-HA...HAZ..HAZZOL... Lou?- mormorò il riccio, imbarazzato. -Lou, la tua barca ha il mio nome?- esclamò sgranando gli occhi dalla sorpresa e dalla gioia.

-Sì, amore. Te l'avevo promesso: la mia barca si sarebbe chiamata come te. Hazzold37 è un bel nome, non credi? Il numero 37 è l'anno di nascita di mio nonno. Sentivo che ci dovesse essere anche lui qui sopra!- spiegò il ragazzo del mare.

Harry annuì grato ed emozionato. Non si sarebbe mai aspettato un regalo così grande e così bello. Ora Louis quando avrebbe cavalcato il suo mare avrebbe sempre pensato a lui. Non lo avrebbe dimenticato mai. Ora Harry ne era certo e improvvisamente il grande peso che lo tormentava da giorni sparì dal suo petto. Louis si sarebbe ricordato di lui.

-Louis, io... io...io vorrei... non niente è imbarazzante.- disse arrossendo. Louis ridacchiò.

-Avanti, Haz, non essere timido!- lo esortò.

-Io vorrei baciarti.- mormorò Harry diventando, se è possibile, ancora più rosso.

Louis si perse negli smeraldi verdi del suo ragazzo continuando ad accarezzare la sua guancia. Lentamente si avvicinò a lui facendo sfiorare delicatamente le labbra di Harry con le sue, mentre socchiudeva gli occhi. Il riccio non ci pensò due volte e iniziò a baciare quelle labbra tanto amate con passione e bramosità. Il ragazzo del faro immergendo le mani nei riccioli boccolosi del suo ragazzo si appoggiò alla Hazzold37 facendo poi sedere Harry sopra di lui senza mai staccare le loro labbra. Il riccio approfondì il bacio infilando la lingua nella bocca del suo amato che lo lasciò passare gemendo leggermente.

Louis dolcemente si staccò dal bacio e facendo unire le loro fronti osservò il magnifico volto del suo ragazzo. Harry continuava a tenere gli occhi chiusi, le sue gote erano arrossate e un leggero sorrisetto emozionato faceva spuntare le sue amabili fossette.

-Ti amo, Harry.- sussurrò Louis sulla sua bocca. Sentiva che quello fosse il momento adatto, sentiva che Harry dovesse finalmente sapere quanto fosse grande l'amore che provava per lui.

Harry sgranò gli occhi e spalancò la bocca. Nessuno mai gli aveva detto questa parola. Da piccolo si divertiva a fantasticare su questo momento immaginandolo come il momento più bello della sua vita, ma questo era di gran lunga più bello di quello che per anni aveva sperato. Il senso di calore e di pienezza che si diramò nel suo cuore non era neanche lontanamente paragonabile a tutti gli altri momenti della sua vita.

Per la prima volta Harry si sentì amato, per la prima volta Harry sentì di appartenere a qualcuno.

Delle calde lacrime scesero dai suoi occhi. Subito Louis si affrettò ad asciugarle.

-Harry, scusa, se è troppo per te posso...-

-Ti amo anche io, Louis. Ti amo anche io.- disse allora senza pensarci due volte. L'espressione incredula ed emozionata di Louis fu forse più impagabile del bacio stesso. Harry non era mai stato così felice in tutta la sua vita. Era sicuro che il suo cuore presto sarebbe esploso per tutte quelle emozioni.

Harry ora si sentiva libero. Era libero di amare, libero di provare emozioni, libero di vivere la vita che desiderava.

Louis lo aveva reso libero.

Angoletto
Ok, non sono morta. Sono una persona pessima, sono 24 giorni che non aggiorno, ma non odiatemi, vi prego! :)

In questo capitolo accadono così tante cose! Harry riesce finalmente a liberarsi per un po' di tutte le menzogne che lo hanno perseguitato nella sua vita. Un po' di respiro per il povero Haz...

Come avete trovato questo capitolo? Spero che vi sia piaciuto, fatemi sapere! Mi piace ricevere i vostri commenti! :)

Oggi sono felicissima perchè sono riuscita a trovare i biglietti per i 5sos a Roma! Chi di voi ci sarà? Magari potremmo anche incontrarci! *.* Fatemi sapere ;)

Ora vado che devo studiare tantissimo per domani. Questa volta vi prometto che non sparirò. :)

A presto, Somriure <

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Tempo di addii ***


Le onde del mare sbattevano impetuose sugli scogli appuntiti del molo. Un fresco venticello pomeridiano faceva oscillare l'amaca del giardino di Louis, che cullava dolcemente i corpi dei due ragazzi innamorati. La testa riccioluta di Harry posava delicatamente sul petto del ragazzo del faro che con un piede accarezzava il suo polpaccio.

In quel groviglio di mani e piedi Harry e Louis parlavano del loro futuro, dei loro progetti e dei loro buoni propositi.

-Lou, come ti vedi tra 10 anni?- chiese Harry con gli occhi socchiusi a causa del troppo sole.

-Perché questa domanda, Haz?- chiese intrecciando distrattamente le sue dita tra i morbidi capelli del ragazzo.

-N-non lo so... mi era venuta in mente...-borbottò imbarazzato. Louis ridacchiò. La sua risata era una delle meraviglie del mondo intero.

-Umh... tra 10 anni mi vedo a convivere con il mio compagno e i nostri tre bambini, in una bella casa in riva al mare e con un grande cagnone. Tra 10 anni spero di essere entrato nella Marina Militare, mi piacerebbe seguire le orme di mio nonno. Tu invece?-

-I-io... io non lo so. Spesso ci penso ma non riesco mai a penare a niente. Probabilmente mi piacerebbe avere una famiglia abbastanza numerosa; mi piacciono i bambini piccoli!- eslamò sorridendo teneramente. -Credo di voler lavorare sempre nell'ambito della moda, ma mio padre non mi vorrà mai.-

-Saresti un ottimo stilista! Sei molto portato per il disegno. Dovresti provare! Al mondo non esiste solo l'azienda di tuo padre, potresti cercare in giro, sono sicuro che ti prenderebbero immediatamente.- disse. Harry annuì. Louis riusciva sempre ad infondergli fiducia.

-Facciamo un patto.- propose Louis. -Tra due anni dovremmo aver realizzato parte dei nostri sogni lavorativi: tu sarai diventato uno stilista e io sarò entrato in Marina. Ci stai?- chiese spostando leggermente il busto per guardare negli occhi Harry.

-Umh...- esitò il riccio. -Veramente io speravo di incontrarti prima di due anni...- borbottò a testa bassa.

-Ma quello è ovvio, idiota del mio cuore!- ridacchiò Louis. -Sto già iniziando a mettere da parte i soldi per venirti a trovare il più presto possibile!- disse scompigliando i ricci del suo ragazzo. Harry rialzò lo sguardo e con gli occhi colmi di gioia abbracciò di slancio Louis. Il ragazzo del faro rise beatamente e ricambiò quell'abbraccio pieno di affetto e di emozione.

-Allora, abbiamo un patto?- chiese nuovamente. Harry annuì sorridendo.

-Abbiamo un patto!-

I due si stesero di nuovo sull'amaca rimanendo abbracciati. Improvvisamente Harry sospirò. Louis si voltò e iniziò a fissarlo con un'espressione confusa.

-Cosa ti prende piccolo?- chiese accarezzando i suoi riccioli

-E' solo che... mi mancherai tanto. Mi mancherà la tua felicità. Il tuo coraggio, il tuo modo di fare. Mi mancherà tutto di te, anche il tuo essere così estremamente disordinato e pasticcione.- mormorò il riccio con gli occhi lucidi.

-Oh Harry! Mi mancherai anche tu, tesoro mio. Mi mancherai tantissimo. Quest'estate mi hai cambiato profondamente. Ti ricordi quando il primo giorno ti sei seduto affianco a me e mi hai offerto delle patatine? Ecco, io quel giorno ho sentito qualcosa dentro di me frantumarsi. Improvvisamente tutte le barriere che con gli anni mi ero costruito si sono sgretolate alla vista di due soli smeraldi: i tuoi occhi. Appena ho incontrato il tuo sguardo sono diventato un completo idiota incapace di parlare e pensare razionalmente. Mi hai completamente ubriacato, Hazzold! Sarà difficile tornare alla normalità. Sarà difficile riuscire a sopportare la tua assenza.- sospirò il ragazzo.

-Louis, non puoi partire con me? Tu mi rendi forte. Io voglio averti vicino.- mormorò il riccio guardando distrattamente il volto del suo ragazzo mentre giochicchiava con un bottone della sua camicia.

-Amore, piacerebbe moltissimo anche a me, ma devo restare qui! Questo è il mio posto, non saprei vivere altrove. E poi devo aiutare mio nonno e gestire il faro.- spiegò il ragazzo lisciando con i polpastrelli i ricci di Harry.

-E... e come pensi che possa andare avanti questa storia?- chiese timidamente. Le sue farfalle stavano dando un party esclusivo nella sua pancia: con alcool, droga e musica.

-Harry, sei la prima persona che mi abbia mai fatto battere il cuore così forte. Non ti lascerò andare tanto facilmente, stanne certo!- il riccio sorrise immergendo il suo naso nel petto di Louis e beandosi del suo profumo.

-Mi prometti una cosa, amore?- chiese. Harry annuì distrattamente. -Promettimi di non lasciare che quel pallone gonfiato ti metta i piedi in testa. Tu sei forte non hai bisogno di un padre finto che si prenda gioco di te.- il riccio annuì nuovamente sospirando.

-Sarà difficile.- mormorò. -E' pur sempre mio padre.-

-Lo so, ma so anche che puoi farcela! E se sei riuscito a rompere con così tanta facilità le mie barriere rese alte e possenti dall'indifferenza e dalle discriminazioni della gente, riuscirai sicuramente anche a difenderti da quell'uomo. Io credo in te, Harry.-

Il riccio osservava il suo Louis con occhi pieni di amore e riconoscimento. Ricordava benissimo il Louis che aveva conosciuto: un Louis cinico e indipendente, che non aveva bisogno di niente e di nessuno. Ora al suo fianco aveva un ragazzo del tutto coinvolto, che provava emozioni vere e genuine.

-Anche tu mi hai cambiato. Ci pensavo proprio l'altro giorno: se... se non ti avessi incontrato non avrei mai avuto la spinta per uscire dal guscio e iniziare a vivere... la mia vita. Senza di te mi sarei, imitato ad essere... un pulcino spennacchiato, per sempre. Tu mi hai aperto gli occhi al mondo, dandomi la possibilità di scoprire tutte le sue caratteristiche.-

-Credo che questo sia stato il pensiero più lungo che tu mi abbia mai detto.- ridacchiò Louis baciando la guancia del suo ragazzo. Harry sorrise arrossendo.

-E' quello che penso.- sussurrò.

-Lo so, amore.- rispose Louis lasciando un dolce bacio sulle labbra del suo ragazzo. Harry ridacchiò e sorrise.

-Mi mancherai proprio tanto, lo sai?-

-Anche tu, mio piccolo Hazzold.- mormorò il ragazzo del faro con aria triste. -A che ora partirete dopodomani?- chiese con cautela.

-Non lo so e non voglio saperlo. Non voglio rovinare questi ultimi momenti con te!- iniziò a scaldarsi Harry.

-Va bene, tesoro. Non è poi così importante.- lo calmò Louis strusciando il naso sulla sua guancia.

Il ragazzo del faro era pieno di pensieri. La partenza imminente di Harry lo stava rendendo triste e malinconico. Era sicuro che in qualche modo sarebbe riuscito a tenersi in contatto con il suo ricciolino, ma sapeva anche che i rapporti a distanza erano tremendamente difficili da portare avanti e poi Harry era, nonostante i suoi problemi, un ragazzo di città, non un misero ragazzotto di mare; avrebbe potuto iniziare a vivere veramente e avrebbe potuto lasciare le sue quattro mura domestiche per recarsi alla scoperta del mondo. Perché si sarebbe dovuto ricordare di lui che nella vita poteva solo aspirare a diventare un pescatore? Avrebbe avuto più che ragione se un giorno avesse deciso di dimenticarlo.

Louis sospirò rattristandosi improvvisamente. Harry si voltò verso di lui e iniziò ad osservarlo con curiosità.

-Che succede?- chiese lasciando un piccolo bacino sullo zigomo del ragazzo.

-Niente...- mentì Louis forzando un sorriso. Harry annuì poco convinto, voltandosi ad osservare il mare. Dopo qualche istante di silenzio tornò a guardare Louis negli occhi.

-Louis, non ti dimenticherò, stanne certo.- disse come se avesse capito i pensieri dell'altro. Louis sorrise sentendo quel peso che aveva nello stomaco sciogliersi e volar via. Si strinse nelle braccia del suo ragazzo e mormorò:

-E io non dimenticherò te, Hazzold!-

Harry accarezzò delicatamente la guancia di Louis con la sua grande mano. Poi posò le sue labbra carnose su quelle del ragazzo de faro, concedendogli un lungo e passionale bacio colmo di amore.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Dall'ultimo piano del faro il vecchio Nathan, con una tazza di tè corretto, osservava con tenerezza i due giovani. Era da tempo che non ricordava suo nipote così felice e spensierato. Sentiva che presto sarebbero tornati i giorni felici e che tutto sarebbe andato bene.

Era tempo di togliere il disturbo. Lui il suo lavoro l'aveva fatto. Il suo nipotino era divenuto un uomo ormai, era in grado di continuare la sua vita anche da solo. La sua malattia stava progredendo. Presto non sarebbe riuscito neanche più a svolgere le normali attività, sarebbe dovuto rimanere tutto il giorno coricato a letto, o peggio, Louis una mattina lo avrebbe potuto trovare morto.

Il suo medico gli aveva proposto più volte di rimanere in clinica per essere assistito da personale qualificato ad ogni ora del giorno, ma il vecchio Nathan non ne voleva sapere. Era nato libero e sarebbe morto libero. Non poteva trasgredire i suoi principi.

Il vecchio si alzò debolmente dalla sedia e scese lentamente e con fatica dalla stanza della lampada. Con un passo incerto si recò nella sua stanza. Aprì il cassetto del mobile accanto al letto e tirò fuori la lettera che molto tempo prima aveva scritto al suo Louis. La posò sul petto e sospirò. Quella lettera avrebbe sancito un nuovo inizio per suo nipote. Quella lettera lo avrebbe guidato.

Aprì la busta e vi mise dentro tutti i soldi che gli erano rimasti. Poi la richiuse con cura. Se la mise nella tasca della giacca e debolmente uscì dal faro.

I due ragazzi non erano più sull'amaca; Louis era seduto sulla sabbia ad osservare il mare, se le onde fossero state più alte avrebbe sicuramente surfato, conosceva bene suo nipote, sapeva che in momenti come quelli aveva solo voglia di immergersi tra le onde e diventare un tutt'uno con l'acqua.

Lentamente il vecchio Nathan si diresse verso la lussuosa villa degli Styles. Citofonò e aspettò pazientemente sotto il caldo sole dei primi giorni di settembre.

Quando la porta si aprì una giovane ragazza lo salutò sorridendo.

-Salve, signorina, vorrei vedere Harry!- disse schiarendosi la voce.

-Glielo chiamo subito!- esclamò la ragazza gentilmente.

Dopo qualche istante Harry corse giù dalle scale e si avvicinò saltellando alla porta. Quando si accorse del vecchio Nathan e della figuraccia che aveva appena fatto davanti al nonno del suo ragazzo arrossì di colpo deviando lo sguardo. Gemma scoppiò a ridere tornando in camera sua, Nathan si limitò a sorridere alquanto divertito.

-Ciao, Harry!- disse.

-Salve signor Nathan.- rispose educatamente il ragazzo.

-Doveri chiederti un favore, ragazzo.- Harry alzò lo sguardo per mostrare maggiore attenzione all'anziano signore.

-Vorrei che tu consegnassi questa al mio Louis.- disse tirando fuori la lettera. Harry lo guardò confuso.

-In...in che senso?- chiese.

-Quando lo riterrai il momento adatto dovrai dargliela.- spiegò meglio il vecchio.

-Come farò a sapere qual è il momento adatto?- chiese ancora più confuso.

-Confido in te, Harry. So che capirai alla perfezione quando arriverà questo momento.- il ragazzo annuì prendendo la lettera e rigirandosela tra le mani.

Il vecchio Nathan osservava con commozione il ragazzo che aveva riportato la gioia nel cuore di suo nipote. Preso da uno slancio di contentezza cinse il corpo di Harry con le sue braccia.

Harry in un primo momento esitò, ma poi ricambiò l'abbraccio respirando a fondo l'odore di tabacco e mare che l'uomo emanava. Un odore che gli ricordava Louis.

-Grazie per aver fatto tornare il mio vero Louis.- mormorò il vecchio tra le spalle del ragazzo. Harry si limitò a sorridere orgoglioso delle parole che aveva appena ricevuto.

Dopo qualche istante il vecchio si staccò e lasciò un buffetto sulla guancia del ragazzo.

-Arrivederci, Harry! Prenditi cura di te!- lo salutò prima di sparire.

Nathan con il suo passo lento e incerto tornò al faro. Salì nuovamente la scala a chiocciola e si diresse in camera sua. Lentamente si guardò intorno catturando con lo sguardo tutte le cose che avevano caratterizzato la sua vita: la sua prima canna da pesca che suo padre gli aveva regalato a sei anni, il suo primo nodo da marinaio, il suo cappello della Marina, il vecchio mandolino che lo aveva accompagnato in ogni viaggio, il primo dentino caduto di Louis che conservava gelosamente in una piccola teca. Questi oggetti avevano pian piano costruito le sue giornate e i suoi attimi, personalizzando la sua vita. Nathan sentiva il bisogno di ripercorrere la sua vita dall'inizio per scrivere una volta per tutte la parola fine.

Si alzò in piedi e dolcemente accarezzò le pareti di quel faro che moltissimi anni prima aveva costruito insieme a suo nonno. Quelle pareti umide e ruvide avevano segnato la sua storia. Nathan non riusciva a ricordare un periodo in cui non avesse vissuto lì: il suo letto di quercia ormai mangiucchiato dai tarli, appartenuto un tempo a sua nonna che da bambino aveva accolto i suoi salti, degni del miglior ginnasta. I segni sulla porta che sua madre tracciava per misurare la sua altezza e quella dei suoi fratelli, che negli ultimi anni erano stati affiancati dai segni che lui aveva iniziato a tracciare per misurare la crescita di Louis. La parete di conchiglie che si divertiva a collezionare e poi incastonare nel muro. Erano tanti i ricordi che lo legavano a quell'ambiente. La vita al faro era stata la miglior vita che avesse mai potuto desiderare. Si era sempre accontentato solo delle onde del mare, del sole cocente e dei gabbiani, era tutto ciò di cui aveva bisogno per essere felice.

Sistemò il letto e annaffiò le piantine che aveva sul davanzale. Si diresse verso la porta e diede un ultimo sguardo alla sua stanza ispirando a pieni polmoni il suo profumo vissuto.

Scese le scale a chiocciola traballanti e raggiunse suo nipote seduto sulla sabbia del bagnasciuga. Gli mise una mano sulla testa e volse lo sguardo al mare.

Louis alzò la testa e sorrise al vecchio.

-Il vento è abbastanza forte oggi. Stasera ci sarà il mare grosso.- disse con la sua pipa in bocca. Louis annuì.

-Dobbiamo ricordarci di mettere tutto dentro. Potrebbe piovere!- consigliò il giovane.

-Bravo ragazzo, sei cresciuto bene. Sono fiero di te, Louis.- disse stringendo la spalla di suo nipote. -Riuscirai ad affrontare la vita egregiamente, ne sono certo!-

-Gra-grazie nonno.- lo guardò confuso il ragazzo. -Come mai mi dici questo?-

-Arriva un momento della vita in cui dobbiamo ammettere ciò che ci sta più a cuore. Io sentivo il bisogno di dirti queste cose. Avevo bisogno di dirti che sei diventato un ragazzo responsabile e maturo e che sono molto orgoglioso di te.- disse guardandolo negli occhi.

-Grazie!- sorrise Louis. Il vecchio gli scompiglio i capelli e torno a fissare il mare.

-Credo che farò un giretto in barca, mi piace questo clima.-

-Vuoi che venga con te?- chiese il giovane alzandosi dalla sabbia.

-No, non preoccuparti. Ci rivedremo!- gli assicurò il vecchio.

-Beh, certo che ci rivedremo! Per cena ci sono i calamari fritti, non puoi perderteli!- ridacchiò il ragazzo. Il vecchio Nathan sorrise e dopo aver osservato per qualche secondo la figura di suo nipote lo strinse in un abbraccio. Louis rimase sorpreso, ma poi ricambiò.

I due rimasero abbracciati per qualche minuto, poi Nathan salì sulla vecchia barca e iniziò a remare verso l'orizzonte.

-A dopo.- mormorò Louis con una strana sensazione addosso osservando la scia che lasciava l'allontanarsi della barchetta.

Se solo avesse saputo che quelle sarebbero state le ultime parole dette a suo nonno probabilmente le avrebbe scelte con più cura. Probabilmente gli avrebbe espresso tutto il suo affetto. Probabilmente lo avrebbe raggiunto a nuoto per pregarlo di non partire.

L'unica cosa che fece però fu quella di sedersi sulla sabbia e osservare la vecchia MobyDick allontanarsi.


 

Nathan raggiunse l'orizzonte. Nathan ritrovò la sua libertà.


Angoletto

Sono imperdonabile, lo so, ho fatto passare di nuovo tantissimo tempo tra i due capitoli. Mi dispiace tanto, ma la verità è che avevo un po' perso l'ispirazione. Non avevo la testa per continuare a scrivere.

Questo è il penultimo capitolo della storia, ma non vi libererete di me tanto facilmente, infatti ho intenzione di scrivere un sequel! Yay!

Come vi è sembrato questo capitolo? Sperco che vi sia piaciuto, fatemi sapere! :)

Il vecchio Nath è felice ora. Non preoccupatevi!

Ora corro a studiare, queste per me saranno delle settimane di fuoco, ma tra 22 giorni è Natale! *_*

A presto, Somriure! <3


 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Mi troverai lì ***


Harry osservava dalla finestra il corpo magro del suo ragazzo seduto sulla sabbia. Erano le sei del mattino e tirava un forte vento. Dei pesanti nuvoloni scuri coprivano tutto il cielo e le onde del mare erano grosse. Harry sospirò. Era tutta la notte che Louis era seduto lì, nello stesso posto, ad osservare il mare. Suo padre aveva chiuso la porta di casa a chiave per non farlo uscire e aveva portato le chiavi con sé per non fargliele trovare. Non aveva la possibilità di uscire in questo modo.

Harry si mise una felpa abbastanza pesante e scese le scale lentamente. Sperava di trovare qualcuno sveglio. Per sua grande fortuna Cameron stava sorseggiando una tazzina di caffè.

-Buongiorno piccolo Harry.- lo salutò affettuosamente.

-Ciao Cam. Hai le chiavi? Vorrei uscire.- chiese mordendosi il labbro. Il ragazzo ridacchiò.

-Da quando in qua il piccolo Harold esce di casa senza fare colazione?- Harry alzò le spalle e sorrise al ragazzo un po' impaziente.

-F..fuori c'è Louis. La farò con lui.- esclamò. -Umh... ora potresti darmi le chiavi?-

-Uh, ma certo!- esclamò ridacchiando. Tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi con un batuffolo peloso rosa come portachiavi. Harry lo prese sorridendo e uscì.

Il leggero ma rilevante cambio di temperatura colpì in pieno il corpo ancora caldo dal tepore delle coperte di Harry. Quella era la prima giornata fredda dopo tantissime giornate assolate e molto calde. Questo voleva dire che l'estate stava finendo. Questo voleva dire che presto avrebbe dovuto lasciare il suo Louis.

Un peso appesantì lo stomaco del ragazzo. Il giorno in cui avrebbe dovuto salutare forse per sempre il suo Louis era arrivato. L'indomani avrebbe dovuto lasciare l'isoletta e con lei il ragazzo del faro. Harry sospirò e cercò di scacciare questi tristi pensieri per dedicarsi completamente all'anima in pena del suo ragazzo.

Harry percorse velocemente il tratto di strada che lo divideva dal suo Louis, sfregando con le mani le sue braccia per riscaldarsi un po'. Appena arrivò, notò che il suo ragazzo era completamente pallido. Aveva le labbra viola e uno sguardo perso.

-Louis...- mormorò. Immediatamente si affrettò a togliere la felpa e appoggiarla sulle spalle del ragazzo. Louis rimase impassibile. Non si accorse né del repentino cambio di temperatura, né dell'arrivo del suo ragazzo. Rimase immobile a guardare il mare.

-Lou...- mormorò nuovamente Harry sedendosi accanto a lui e abbracciando il suo corpo freddo.

-E' andato. Non tornerà.- sussurrò il ragazzo del faro con una voce quasi inudibile che si perse tra il rumore delle onde del mare.

-Chi amore?- chiese Harry. Non uscì nessun'altra parola dalla bocca di Louis. Harry allora alzò lo sguardo per capire di cosa stesse parlando. Per diversi minuti non notò nulla, poi assottigliò gli occhi e allora capì. Una minuscola barchetta, resa ancora più piccola per la lontananza, faticava a rimanere a galla tra le impetuose onde del mare. La barchetta era vuota.

-S..sei sicuro?- chiese titubante. Louis annuì.

Che cosa avrebbe dovuto dire in un momento come quello? Che cosa avrebbe aiutato Louis? Harry non lo sapeva. Decise di agire d'istinto facendo l'unica cosa che lo calmava nei momenti difficili. Harry pensò che in quel momento niente potesse essere più sensato di un abbraccio, così cinse con le sue enormi e possenti braccia il gracile corpo del suo ragazzo.

Louis si lasciò inglobare completamente. Era tanto il dolore. Non aveva mai provato tanta sofferenza. Era sempre stato un ragazzo felice, grazie a suo nonno. Non gli era mai mancato nulla, grazie a suo nonno. Sorrideva ogni giorno alla vita, grazie a suo nonno. Come avrebbe fatto ora che suo nonno non c'era più. Chi avrebbe mantenuto accesso il suo sorriso?

Louis si lasciò sfuggire un singhiozzo. Sapeva che avrebbe dovuto essere forte, sapeva che si sarebbe dovuto alzare e continuare la sua vita come sempre. Ma era così difficile. Come avrebbe potuto ora che suo nonno non era più con lui.

Harry lasciava dei leggeri bacetti sulla sua testa, ma Louis non sentiva niente. Era diventato insensibile ad ogni tipo di piacere. Solo tanto dolore colmava il suo cuore.

-C..credo di..credo di avere qualcosa per te...- mormorò Harry. -Vuoi...vuoi venire da me?- provò.

Louis scosse il capo leggermente continuando a fissare il mare.

-Umh... non puoi restare qui da solo.- constatò Harry. Si guardò intorno. La spiaggia era deserta, solo loro due macchiavano il candido chiarore della sabbia.

-Torno subito. Non muoverti.- sussurrò Harry all'orecchio di Louis. Dopo avergli lasciato un'ultima vigorosa stretta si alzò goffamente e affondando i piedi nudi nella sabbia raggiunse velocemente la sua casa.

Entrò senza fare rumore e evitò di guardare il terribile spettacolo fornito da sua sorella e il suo ragazzo sul divano intenti ad ispezionarsi le bocche con un bacio. Salì di corsa le scale sperando di non svegliare nessuno con il suo passo pesante e corse in camera.

Appena arrivato chiuse gli occhi e riprese fiato, le corse gli mettevano sempre l'affanno. Dopo che si fu ripreso alzò il materasso del suo letto e tirò fuori la lettera che il nonno Nathan gli aveva consegnato il giorno precedente. Era sicuro che quello fosse il momento adatto. La mise in tasca e scese giù.

Si avviò verso la porta ma poi si ricordò del corpo gelido del suo ragazzo. Pensò che forse una coperta lo avrebbe aiutato. Così tornò in salotto e ne prese una dal divano. Gemma si staccò immediatamente da Cameron.

-Harry, che ci fai qui?- chiese un po' imbarazzata con le labbra rosse e gonfie.

-Devo andare...- proferì il ragazzo senza degnarli di altre attenzioni. Prima di uscire andò in cucina. Prese una tavoletta di cioccolato e un pacchetto di caramelle gommose, erano delle cose che gli facevano tornare il buonumore quindi penso che avrebbero fatto bene anche a Louis.

Uscì di corsa e tornò sui suoi passi. Louis era ancora lì. Non si era ancora mosso di un millimetro. Sembrava così piccolo e indifeso nella felpona di Harry.

Il riccio tornò a sedersi accanto a lui e lo avvolse nella coperta. Poi lo cinse nuovamente in un abbraccio come per dirgli: io ci sono.

Louis non si mosse di un millimetro.

-Lou... ti ho portato della cioccolata... e... delle caramelle gommose. Ti vanno?- chiese il ragazzo cercando di smuovere l'altro in qualche modo, ma ovviamente non ricevette risposta.

-Ti ricordi, come il primo giorno che ci siamo visti. Io ero imbarazzatissimo. Non mi capitava tutti i giorni di vedere un angelo in costume davanti al mare blu come i suoi occhi. Ti ho offerto delle patatine per alleggerire la situazione.- Louis accennò un piccolo sorriso, Harry allora scartò il pacchetto di cioccolata e ne mise un quadratino tra le mani del ragazzo.

-Mangiala prima che si sciolga. Devi considerarti fortunato. Io non condivido il mio cibo con nessuno.- Louis annuì e lo mise in bocca. Il cuore di Harry esplose di gioia. Era una sua piccola vittoria. Era riuscito a distrarre Louis anche se per qualche istante. Di solito era sempre il più grande che consolava il riccio. Era la prima volta che Harry si trovava in una situazione del genere e non sapeva bene come comportarsi. Stava andando a tentativi.

-Umh... Louis... tuo nonno...tuo nonno...- il ragazzo del faro si accigliò. -Tuo nonno ieri... mi ha dato questa.- disse Harry tirando fuori dalla tasca la lettera che fortunatamente era riuscito a non sgualcire. Louis iniziò ad osservarla come se fosse un male mortale senza accennare a volerla prendere in mano.

-Mi.. mi ha detto di dartela in un momento preciso, ma non ha specificato quale. Io credo che sia questo il momento.- mormorò il riccio non smettendo di osservare il profilo ben definito del ragazzo.

-Te la lascio qui...- sussurrò appoggiano la busta ai piedi del ragazzo posando su di essa una pietra di medie dimensioni per non farla volare via. -Mh... vuoi restare da solo per leggerla?- chiese iniziando a mordersi il labbro. Preferiva di gran lunga il Louis scherzoso e logorroico al Louis triste e depresso. Non sapeva come comportarsi.

Quando Louis annuì con un lieve cenno, il ragazzo si alzò e lo coprì meglio con la coperta.

-Mi siederò sui gradini della veranda di casa. Se hai bisogno di me sono lì.- disse baciandogli i capelli che il vento stava spargendo per ogni dove. Lentamente tornò verso casa e si sedette nel luogo indicato.

Si fece portare dalla sorella il suo blocco da disegno e iniziò a disegnare la scena che gli si proponeva davanti. Tristezza. Morte. Mare in tempesta.

Non fu facile per Louis prendere la lettera e leggerla, ma dopo buoni venti minuti si fece coraggio e con mani tremanti scartò la busta.

La prima cosa che notò furono dei soldi. Tanti soldi. I risparmi di una vita. Tutto quello che suo nonno possedeva. Louis sgranò gli occhi non aveva mai visto tanti soldi tutti insieme. Ripensandoci non erano molti, ma per Louis rappresentavano un capitale. Louis non volle contarli, non era un tipo attaccato al denaro. Sapeva che la vera felicità era altra.

Dopo aver riposto con cura i soldi all'interno della busta tirò fuori la lettera. La portò al naso e ne assaporò l'odore. Sapeva di tabacco e di salsedine. Sapeva del vecchio Nathan. Probabilmente un paio di lacrime scesero dagli occhi di Louis, ma se nessuno ti vede piangere è come se non stessi piangendo veramente.

Louis accarezzò la carta ruvida immaginando di accarezzare la guancia incartapecorita del nonno e infine aprì gli occhi.

Fiumi di parole blu scritte con la calligrafia scomposta e disordinata di chi fu costretto ad abbandonare gli studi per dedicarsi al lavoro, gli saltarono agli occhi.

Louis si asciugò le lacrime e iniziò a leggere:


 

Caro Louis,

so che questa lettera sarà sconclusionata e piena di errori, ma sai, io non amo scrivere, preferisco agire.

Ti ho lasciato tutti i miei soldi. A me non serviranno più dove andrò, voglio che tu riesca a proseguire gli studi, sono importanti per la tua crescita. Non sentirti condizionato a scegliere una strada che non ti appartiene. Segui il tuo cuore, lui non sbaglia mai e ha sempre fatto scelte eccellenti.

In questi anni ho visto le tue ali prendere forma. Prima erano due ramoscelli senza piume, ora sono forti e possenti. Sono le ali di un uomo. Sei pronto a volare, Louis, sei pronto a volare come tutti quei gabbiani che per anni ci siamo divertiti a scacciare dalla nostra barchetta piena di pesce. Non hai più bisogno del tuo caro vecchio. Sei pronto per camminare con le tue gambe. Io lo so, non lasciare che le situazioni ti abbattano. Sei forte, piccolo (ormai non più così tanto) lupetto di mare.

Non essere triste per la mia partenza. È il ciclo della vita, prima o poi sarebbe dovuto accadere, Louis. Vedila come un viaggio, un giorno ci rincontreremo al di là dell'orizzonte dove il mare si confonde con il cielo e traccia quella linea retta che rappresenta la pace e la calma. Io sono lì. Sono in un posto felice ora, non ho voluto abbandonare la vita, semplicemente la mia vita è giunta al temine, come è giusto che sia. È bene che io tolga il disturbo per lasciare che il mio gabbiano preferito spicchi il volo da solo.

E se mai ti mancherò ricordarti di guardare il faro. Mi troverai lì.

Tuo nonno Nathan


 

Louis rimase a fissare le ultime parole per un tempo indeterminato. Allora era veramente quella la fine?

Alzò lo sguardo con gli occhi colmi di lacrime che durante la lettura non avevano fatto altro che uscire copiosamente dai suoi occhi e guardò la linea dell'orizzonte. Rimase parecchi minuti a fissare quella linea ferma, immobile, come la linea di un cuore che non batte più, poi strizzò gli occhi e li aprì. Un piccolo lumino in fondo al mare colse la sua attenzione. Il ragazzo assottigliò i suoi occhi per vedere meglio, si alzò e si avvicinò maggiormente, ma quel lumino non c'era più. Si lasciò cadere nuovamente sulla sabbia umida e sospirò. Suo nonno era andato, come quel luccichio nel mare.

Per la prima volta Louis si rese veramente conto di quanto la vita potesse essere fragile. Era bastato un solo momento per cancellare l'esistenza di un uomo che aveva vissuto per anni. Come un soffio di vento che cancella le parole scritte sulla sabbia.

Il ragazzo non sapeva che fare. Avrebbe dovuto reinventare la sua vita da capo. Suo nonno era la sua colonna portante. Che avrebbe fatto ora senza di lui.

-Louis. Sta piovendo.- Louis venne destato dai suoi pensieri e alzò lo sguardo verso il suo ragazzo.

-Mh...?- chiese confuso.

-Piove. Ti stai bagnando tutto.- ripeté Harry.

-Umh.. non me ne ero accorto.- mormorò Louis guardando il cielo. Era di un anonimo colore grigio. E quei pesanti nuvoloni facevano cadere una miriade di piccolissime goccioline che bagnavano tutta la sabbia. Louis non aveva notato nulla.

-Dai, vieni con me.- propose Harry porgendogli la mano. Louis si alzò e lo osservò attentamente. Il suo timido ragazzone lo stava guardando come si guardano i cuccioli di cervo investiti da un auto. Il suo Harry si era preso cura di lui per tutto il giorno. Il suo Harry stava crescendo. Forse presto non sarebbe stato neanche più lui, suo. Tra poche ore Harry lo avrebbe lasciato, come suo nonno. Perché ormai Louis l'aveva capito. La vita era fatta così. La gente non rimane per sempre. Il ragazzo sospirò e tornò a guardare il mare. Il suo corpo doleva leggermente. Era rimasto tutta la notte al freddo, seduto sulla sabbia e per tutte quelle ore non si era mai reso conto della sofferenza che stava provando il suo corpo. Si stiracchiò leggermente cercando di alleviare quella piccola sofferenza poi si asciugò la fronte bagnata di pioggia e dopo aver riposto con cura la sua lettera nella tasca dei suoi pantaloni, afferrò la mano tesa di Harry. Il ragazzo riccio sorrise e iniziò a dirigersi verso casa.

Appena arrivò sulle scale della veranda si fermò e si voltò a guardare Louis. Scese un gradino per guardarlo negli occhi e poi, senza dire alcuna parola lo strinse forte.

Il ragazzo del faro rimase fermo, immobile, lasciandosi cullare dal suo morbido ragazzo e ispirandone tutto il profumo. Dopo qualche minuto Harry si staccò e, accarezzandogli le guance, gli lasciò un casto bacio sulle labbra.

-Mi dispiace tanto, Louis.- mormorò. Il ragazzo annuì chiudendo gli occhi. Harry sospirò e aprì finalmente la porta di casa continuando a tenere Louis per mano.

Da qualche giorno Anne non rivolgeva più la parola a Des. La questione della finta malattia di Harry la aveva profondamente delusa ed era del tutto intenzionata a chiedere il divorzio al marito una volta tornata a Londra a costo di far saltare in aria l'intera azienda. Sorseggiava il suo caffè comodamente seduta sul divano rivolgendo le spalle al marito che leggeva il giornale facendo colazione accanto ad Eleanor sul divano.

Gemma e Cameron erano seduti sul bracciolo del divano intenti a leggere un interessantissimo libro di medicina.

Appena i ragazzi entrarono in casa Anne li accolse con un sorriso offendigli una tazza di the. Gemma e Cam invece gli rivolsero delle occhiate preoccupate. Gli altri due membri della famiglia rimasero del tutto indifferenti.

Harry declinò ogni offerta e portò il suo Louis in camera. Sorrise leggermente dentro di se. Finalmente in quella casa regnava il silenzio. Finalmente tutta la falsità che per anni lo aveva accompagnato era scomparsa. Da quel giorno tutti si sarebbero mostrati come quelli che erano veramente.

Harry aprì la porta della sua stanza e fece entrare Louis. Poi lo accompagnò a letto e lo fece stendere.

-Non voglio dormire.- mormorò con gli occhi stanchi.

-Va bene.- sorrise Harry accarezzandogli la frangetta color caramello.

-Domani anche tu mi lascerai.- sussurrò guardando fuori dalla finestra. Le farfalle di Harry si spostarono tutte contro la parete della sua pancia. Era forse tristezza quella che stava provando?

-No. Ti scriverò delle lettere. Sai leggere la mia scrittura ormai. Mi farò aiutare da Gemma. Non ti sto lasciando.- disse lasciandogli un bacio sulla fronte. Louis sospirò.

-Io risponderò alle tue lettere.- mormorò guardando gli occhi verdi del suo ragazzo. Harry sorrise.

-So che lo farai.-

Louis prese la testa di Harry e la fece appoggiare sul suo petto. Il riccio si fece cullare dal respiro cadenzato del suo ragazzo assaporando tutto il suo profumo.

-Mi dispiace che il nostro ultimo giorno insieme sia proprio oggi. Avrei voluto farti fare un giro in barca, ma non sono molto in vena. Scusa.-

-Non scusarti, Lou. Va bene così! A me basta stare accanto a te. E poi... questo non è il nostro ultimo giorno insieme. Ti verrò a trovare presto. Gemma mi ha promesso che mi porterà. E tu... tu sei sempre il benvenuto in casa mia.- Louis annuì.

-Grazie amore.- Harry sorrise e chiuse gli occhi.

-Ti amo Louis.- mormorò piano, come se fosse un segreto puro che non doveva essere sciupato da nulla.

Il ragazzo del faro sorrise e strinse più forte al suo petto la testa riccioluta di Harry.

-Ti amo anche io, Hazzold.-

I due ragazzi rimasero in silenzio per molti minuti, felici di stare nel loro silenzio. Non avevano bisogno di grandi parole, la presenza dell'altro riempiva il momento rendendolo migliore.

Improvvisamente un urlo ruppe l'aria. I due si alzarono dal letto spaventati. Harry aprì la porta della stanza per vedere chi stesse creando questo forte scompiglio. Louis lo seguì prendendogli la mano. I ragazzi scesero le scale silenziosamente guidati dalle forti grida che provenivano dal salone.

Quando furono giù si accorsero della presenza di una Briana in lacrime in mezzo al salotto tra le braccia di un paterno Des che la consolava. Eleanor le accarezzava i capelli e Anne li guardava confusa dalla porta del balcone. Cameron e Gemma se ne fregavano altamente trovando la scena persino esilarante.

-E' lui!- urlò la ragazza bionda puntando il dito contro i due ragazzi. -E' tutta colpa sua!- urlò per poi tornare a singhiozzare.
 

[continua]



Angoletto
Ok, sono pronta a ricevere sassate. E' tantissimo che non aggiorno, scusate. Il fatto è che avevo perso la voglia di scrivere e l'ispirazione. Purtroppo capita ed è triste perchè mi sentivo in colpa nei vostri confronti, ma allo stesso tempo non ce la facevo proprio.
Questo capitolo è stato un vero parto. L'avrò riscritto almeno 10 volte e tuttora non ne sono assolutamente soddisfatta. Spero che possa piacervi nonostante tutto.

In settimana pubblicherò il prossimo e ultimo capitolo (questa volta sarò assolutamente puntuale perchè il capitolo è già scritto), e ho deciso di scrivere anche il sequel che pubblicherò in seguito.

Spero che la mia ispirazione non mi abbandoni più perchè non è una bella cosa! :')

Fatemi sapere cosa ne pensate e se volete, lasciate qualche commento. Grazie e a presto.

Baci, Somriure. <3

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** L'ultimo saluto ***


-E' lui!- urlò la ragazza bionda puntando il dito contro i due ragazzi. -E' tutta colpa sua!- urlò per poi tornare a singhiozzare. Des si staccò da lei e si avvicinò prepotentemente a Louis e ad Harry. Il riccio si fece piccolo e indietreggiò di qualche passo non sapendo che aspettarsi dal padre. Louis invece rimase a fronteggiarlo pronto a difendere il suo ragazzo in caso di necessità.

-Mi hai causato fin troppi problemi, nanerottolo!- ringhiò Des fulminando il ragazzo del faro con lo sguardo. L'odore acre di sigaro penetrò nelle narici di Louis che storse il naso.

-Cosa avrei fatto ora?- chiese svogliatamente. L'uomo studiò il ragazzo per qualche secondo. Poi rivolse il suo sguardo ad Harry.

-Harry, guarda con i tuoi stessi occhi cosa ha combinato il tuo ragazzo.- disse con una voce palesemente falsa. Poi fece cadere sul palmo del riccio un tubetto di plastica.

-Che cosa sarebbe?- chiese il ragazzo studiando distrattamente l'oggetto.

-E' un test di gravidanza.- si intromise Briana piangendo, avvicinandosi ai ragazzi. -Serve a sapere se una donna è rimasta incinta.-

-Uhm.. buono a sapersi!- disse Harry restituendo il bastoncino alla ragazza.

-Sono rimasta incinta.- proferì lei guardando Louis con rabbia.

-Congratulazioni!- esclamò senza alcun entusiasmo il ragazzo del faro.

-Forse non mi hai capito. Sei l'ultima persona con la quale ho avuto rapporti.- disse la ragazza guardando Louis negli occhi. Per un attimo nessuno in quella casa si mosse. Tutti erano troppo impegnati ad osservare la scena.

Louis scoppiò a ridere cercando di capire quale assurdo problema esistenziale affliggesse la modella. Lui non andava a letto con una ragazza dal primo anno di liceo, quando era ancora confuso riguardo al suo orientamento sessuale.

-N...n...non può...non può essere v...v...vero...! L...Louis sta con...con me!- balbettò il riccio.

-Esiste una cosa chiamata tradimento, piccolo Harry.- spiegò Briana fingendosi comprensiva. -Mi dispiace.-

-Cosa vai dicendo? Io non ti ho mai neanche lontanamente toccata con un dito! Che vuoi da me?- chiese ridendo Louis stringendo la mano di Harry. -Hazzold, non ti ho tradito, puoi starne certo.- Il riccio annuì tirando su con il naso.

-Louis, sto dicendo la verità.- disse Briana con fermezza.

-Ma non è possibile! Io non ho mai fatto sesso con te!- esclamò il ragazzo iniziando a scaldarsi. Harry accanto a lui si muoveva nervosamente da un piede all'altro mordendosi il labbro fino a farlo sanguinare.

-Invece sì. Quel giorno in discoteca. Non ti ricordi niente perché eri talmente ubriaco e fatto che non riuscivi neanche più a dire il tuo nome.-

-Ma che balle vai raccontando! Io non ho mai fatto niente del genere?- urlò Louis ora veramente irato con la ragazza. Harry si staccò piano piano da lui e iniziò ad indietreggiare con gli occhi lucidi. Non credeva a tutta quella situazione, lo sapeva che Louis gli era fedele. Non avrebbe mai indugiato su quella cosa. Solo che la situazione lo stava facendo soffrire. Non sapeva il perché, ma tutto questo lo stava rendendo triste e insicuro.

-Dimmi un po', Louis. Cosa ricordi di quella sera?- sbottò la ragazza con gli occhi in fiamme.

-Niente! Proprio perché non è successo n...-

-Non ricordi nulla perché non eri capace di intendere e volere. Io ricordo tutto. Fin troppo bene e questo esserino qui dentro ne è la prova.-

-Questo non cambia le cose. Chi mi conferma che il padre sono proprio io. Per quanto ne so tu potresti essere stata anche con altri ragazzi prima o dopo di me!-

-Mi stai dando della puttana? Des, mi sta dando della puttana?- esclamò la ragazza indignata. Des le cinse i fianchi per proteggerla fulminando Louis con lo sguardo.

-Non sto dicendo niente di tutto ciò. Dico solo che non hai prove contro di me!- provò a spiegarsi meglio Louis.

-Io ne sono certa. Te lo posso assicurare. Des, tu mi credi vero?- chiese con le lacrime agli occhi.

-Certo che ti credo, bionda!-

-Ma...- provò Louis con le braccia abbandonate lungo il corpo. Pensandoci bene i suoi ricordi di quella notte erano molto sfocati. Ricordava solo di essersi svegliato il giorno dopo davanti al Midnignt Memories, molto stordito e con accanto una pozza del suo vomito.

-Non hai niente da dire, eh...- rise amaramente la ragazza. -Piccolo Harry, mi dispiace così tanto...- mormorò la ragazza fintamente accarezzando il braccio del riccio.

-Non toccarmi!- esclamò allontanandosi dalla ragazza come se fosse stato punto da una medusa. -N..n..non...non è possibile...- mormorò con sguardo perso.

-Purtroppo è così, Harry. Vedi, Louis non parla.-

-Harry... non devi credere alle sue parole. Non.. non è la verità.- disse Louis tentando di sorridere e prendendo la mano del suo ragazzo. La verità era che non sapeva che dire. Lui era molto convinto di non aver avuto rapporti con la ragazza. Era sicuro che anche da ubriaco le sue preferenze sarebbero rimaste tali, non credeva che sarebbe potuto scendere così in basso. Ma la ragazza sembrava così convinta. Non che se ne intendesse di ragazze, però non aveva niente a cui appellarsi. Lui aveva un enorme buco. Non ricordava niente.

Harry fissò a lungo la mano del suo ragazzo che stringeva debolmente la sua. Lui voleva credergli, ma qualcosa nella voce faceva nascere qualche dubbio. Sapeva da sempre che Briana era un'abile doppiogiochista. Sapeva mentire e recitare in una maniera impressionante, andava molto d'accordo con suo padre, infatti. Però Louis non era Louis. Era strano. Distante. Non sembrava il solito Lou. Era teso e preoccupato. Si mordicchiava il labbro nervosamente e faceva di tutto per non guardare il riccio negli occhi.

-Lou... dì qualcosa....- mormorò il riccio lasciando cadere la mano del suo ragazzo.

-Harry io... non ricordo.- ammise finalmente Louis con gli occhi lucidi.

-Come sarebbe a dire che non ricordi?- mormorò Harry sbarrando gli occhi. Improvvisamente gli cadde tutto il mondo addosso. Come era potuto accadere. Era sicuro dell'innocenza di Louis. Si sarebbe aspettato da tutti una cosa del genere, ma da lui no. Louis gli aveva voltato le spalle.

-Ho un grande buco. Non ricordo nulla di quella sera...-

-H..hai passato una sera con... con lei?- boccheggiò il ragazzo indietreggiando leggermente.

-Voleva che le facessi fare un giro per la città e...-

-E sei finito con il metterla incinta....- mormorò Harry arrivando a conclusioni affrettate.

-No! No, no! Non lo so! Io... io non mi ricordo! Io io non mi ricordo niente.- esclamò Louis portandosi le mani ai capelli con il volto rigato da lacrime.

Harry era a pezzi. Il suo cuore ormai distrutto dalle tante sofferenze era diventato polvere. Louis che per tutta l'estate aveva provato a rimettere insieme i pezzi, lo aveva distrutto una volta per tutte.

-Louis...- mormorò con le lacrime agli occhi.

-Ti prego, Harry. Devi credermi!- esclamò Louis portandosi le mani al petto.

-Credere a cosa? Non ho niente da poter credere. Tu non mi hai detto nulla...- sussurrò il riccio non riuscendo più a guardare Louis negli occhi.

-Io...io...-

-Va bene così...- proferì il riccio prima di allontanarsi. Doveva andar via. Faceva troppo male. Doveva scappare da quel posto che era diventato così stretto, soffocante. Voleva tornare a respirare.

-Ti prego non andare!- lo implorò Louis prendendolo per un braccio.

-Perché dovrei restare, Louis? T-tu...tu... tu e lei... voi....- singhiozzò il riccio. E a Louis cadde l'intero mondo addosso. Tutto avrebbe potuto sopportare, ma non le lacrime del suo Harry. Lacrime i dolore provocate da lui.

-Noi un bel niente, Harry. Io amo te. Solo te...- disse il ragazzo del faro tirando Harry per la maglietta per far combaciare i loro petti. -Solo te...- mormorò asciugando le lacrime che rigavano le sue guance. E forse ci sarebbe riuscito. E forse Harry avrebbe ceduto nuovamente e si sarebbe lasciato andare tra le braccia del ragazzo che gli aveva regalato l'estate più indimenticabile della sua vita. Harry lo avrebbe voluto veramente.

-Resta il fatto che ti ha tradito! Non vorrei intromettermi ma è questa l'evidenza. A quanto pare lui preferisce me a te!- esclamò la ragazza con voce inviperita. Harry che pareva essersi calmato leggermente tornò a versare un'altra ondata di lacrime allontanandosi definitivamente da Louis.

-Taci vipera!- urlò il ragazzo del faro avvicinandosi prepotentemente alla ragazza. Avrebbe voluto picchiarla, ma le donne non si picchiano. Des vide il suo gesto avventato e lo bloccò per i polsi.

-Des... il padre di mio figlio voleva picchiarmi!- si lagnò la donna.

-Nessuno ti farà del male finché sarai sotto la mia tutela.- disse Des con voce potente.

La ragazza sorrise e si fece piccola tra le braccia dell'uomo.

-Comunque, piccolo Harry, devo dire che hai buon gusto. Louis è un vero schianto a letto!- disse Briana facendo un occhiolino malizioso a Louis.

Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Harry lanciò un ultimo sguardo a tutti i presenti soffermandosi di più sul ragazzo che per quasi tre mesi aveva donato un po' di felicità alla sua patetica vita e voltandosi tra le lacrime, corse via, nella sua stanza.

-Harry!- urlò Louis correndo nella sua direzione. Sfortunatamente il suo tragitto fu molto breve perché una mano ampia e forte lo trattenne per un braccio.

-Dove credi di andare, signorino?- ringhiò Des stringendo con forza il braccio del ragazzo.

-A recuperare quel poco di felicità che mi rimane!- sbottò Louis cercando di dimenarsi.

-Dobbiamo organizzarci sul domani. Non vai da nessuna parte. Ora resti qui e ti prendi le tue responsabilità. Briana, vieni con noi.- disse Des strattonando Louis fino al suo studio. Lo fece sedere di peso su una sedia e su accomodò dietro alla scrivania. La ragazza si sedette accanto a Louis accarezzandosi il ventre piatto con falsità.

-Lasciatemi andare. Questo bambino non è mio!- provò Louis alzandosi di scatto dalla sedia. Provò ad aprire la porta ma Des era riuscito a chiuderla a chiave.

-Fatemi uscire!- urlò.

-E' inutile che urli. Da qui non ti muovi.- disse con una calma quasi maniacale Des.

-Lo capite che questa situazione è assurda? Io non mi prenderò cura di un bambino che non è neanche mio!-

-Ma è tuo!- si intromise la ragazza.

-Non ne hai le prove!-

-La testimonianza di Briana è più che sufficiente come prova.- decretò il signor Styles.

-Ma...-

-E ora se vogliamo iniziare... Avrei altro da fare più tardi!- propose l'uomo. Briana annuì e si sedette composta pronta ad ascoltare il suo mentore. Louis sbuffò con le lacrime agli occhi.

-Io mi occuperò solo della carriera di Briana, se poi lei vorrà chiamerà un avvocato per occuparsi dell'affidamento del bambino.-

-Non ci sarà nessun bambino...- proferì Louis. La ragazza sobbalzò. Des osservò la scena e si rese conto che la sua ragazza stava crescendo proprio bene. Era un'ottima attrice e forse un aumento di stipendio sarebbe stato un ottimo regalo, sicuramente molto gradito dalla modella.

-Ho intenzione di offrirti un posto nella mia azienda come modello. In questo modo vivrai nella stessa città di tuo figlio e potrai sostenerlo economicamente. E poi con la maternità Briana sarà completamente inutile. Tu sei ben dotato, potresti rimpiazzarla al meglio.- disse l'uomo senza lasciarsi scalfire dalle proteste del ragazzo.

-Non so se ve ne siete accorti, ma io non sono una ragazza!- sbottò Louis.

-Oh beh, non è un problema. Quello che conta è un modello in più.- rispose a tono l'uomo.

-A me sembra un'ottima idea, Des!- squittì la ragazza sorridendo.

-A me per niente. Non verrò mai a lavorare nella vostra inutile azienda. Neanche se mi doveste rapire e rinchiudere in una soffitta piena di polvere. Riuscirei a scappare in ogni caso.- si oppose Louis battendo il pugno sul tavolo.

-Nessuno vuole obbligarti. È solo una proposta. Ma se non accatterai dovrai pagare lo stesso il mantenimento al bambino e con il tuo misero lavoro non riuscirai ad affrontare nessuna di queste spese. Io ho un'anima infinitamente buona, per questo ti sto proponendo questo lavoro.-

-Non ne ho bisogno. E poi prima di dare il mio contributo voglio fare un test di paternità, quindi ne riparleremo tra nove mesi.. se mai questo bambino dovesse nascere. -

-Eh no, mio caro! L'offerta scade oggi! Prendere o lasciare!- disse l'uomo giocherellando distrattamente con una penna.

-Mi dispiace ma allora rifiuterò.- sbadigliò Louis non volendo ascoltare quella conversazione un minuto di più. Aveva problemi ben più importanti lui!

-Louis, io ti consiglierei di pensarci. Il lavoro è molto bello e la paga è alta. Non rifiutare e basta, potrebbe farti comodo.-

-Diana, non ho richiesto il tuo parere, grazie.- disse il ragazzo voltandosi infastidito verso la modella.

-E' Briana!- urlò lei indispettita. Louis ridacchiò. Per caso erano quelli i primi sintomi delle gravidanza?

-Oh, mi dispiace! Nella mia lista mentale delle persone inutili e di cui non me ne frega nulla ormai sei segnata così!- disse alzando le spalle. La ragazza sbuffò irritata.

-Sei sicuro di voler rinunciare ad una proposta del genere?- chiese l'uomo un'ultima volta. Louis annuì.

-Sicurissimo. Posso andare ora? Avete fatto scappare l'unico membro della vostra famiglia di cui mi frega veramente qualcosa.- chiese alzandosi in piedi.

-Prego...- disse l'uomo sospirando. Odiava perdere un modello così dotato. -Quando il bambino nascerà torneremo con il test di paternità e con l'importo da pagare per il mantenimento. Non ci dimenticherai tanto presto.- Louis li salutò frettolosamente con la mano e uscì dallo studio intriso di sudore e tabacco.

Corse per il corridoio di casa Styles e si diresse verso la camera del suo ragazzo.

Trovò la porta accostata. Strano, Harry non la lasciava mai aperta. La aprì del tutto e guardò dentro per cercare il suo ragazzo.

Improvvisamente qualcosa nel suo cuore si spezzò. La stanza di Harry, un tempo così vivace e ordinata, ora era vuota. Le ante dell'armadio erano aperte e ogni cassetto era stato svuotato. Louis entrò titubante nella stanza come se stesse aspettando che Harry uscisse di nascosto da dietro la porta per spaventarlo come al suo solito, ma non fu così.

Una calma quasi da film dell'orrore lo avvolse. I passi titubanti sul parquet della stanza erano gli unici rumori udibili.

Louis rimase qualche minuto a guardarsi intorno. Tutto era sparito, non c'era più nulla di caratteristico in quella stanza. Mancava Harry in quella stanza. Non poteva credere che il riccio se ne fosse andato senza neanche salutarlo. Delle prepotenti lacrime riempirono i suoi occhi. Non era ancora pronto per dire addio anche a lui. Aveva bisogno di altro tempo.

Il ragazzo si chinò a terra e notò la sua bandana, quella che gli aveva regalato il primo giorno per domare i suoi bellissimi ricci ribelli mossi dal vento. La raccolse e la osservò. Si rese conto che la stoffa di cotone era leggermente logorata. Mancava un pezzettino. La sua mente immaginò immediatamente il suo Harry con il quadratino mancante legato alla catenina che portava sempre al collo. Perché alla fine era questo quello che erano. Due pezzi combacianti di un unico puzzle. Louis senza Harry si sentiva così vuoto, perso. Non riusciva ancora a cedere che se ne fosse andato sul serio. Una parte di lui stentava ancora a crederci.

Il ragazzo del faro si asciugò le lacrime che ora scendevano incondizionatamente dai suoi occhi con la bandana, poi se la legò tra quegli spaghetti fini che si ritrovava. Questo lo fece sentire più vicino al suo ragazzo. Socchiuse gli occhi sorridendo inconsciamente. La bandana odorava di Harry. Quell'odore inconfondibile di vaniglia gli ricordava irrimediabilmente i suoi ricci.

Quando riaprì gli occhi notò un elemento molto importante sul comodino del riccio, si avvicinò e prese il suo caro inalatore. Quell'oggetto gli ricordava Harry più di qualsiasi altra cosa. Lo osservò e se lo strinse nelle mani. Se il suo inalatore era sul suo comodino forse Harry non era ancora partito. Harry non girava mai senza il suo inalatore. Un'ondata di felicità riempì il cuore di Louis che si asciugò le lacrime dopo essersi seduto sul letto sfatto del riccio. I segni della sua partenza anticipata erano troppo evidenti, ma Louis voleva rimanere nella sua beata ignoranza. Ancora non poteva dirlo con certezza. Harry non lo aveva ancora lasciato, non anche lui.

-E' partito trenta minuti fa. Lui, Gemma e mamma non ci sono più.- disse con voce piatta Eleanor affacciandosi alla porta della stanza del fratello.

Improvvisamente tutte le certezze di Louis si sgretolarono. Harry era partito sul serio. Se n'era andato senza neanche sentire le sue spiegazioni. Tutte le sue promesse erano state bruciate da un unico insignificante disguido. Harry non si era fidato di lui. Le lacrime si impadronirono nuovamente dei suoi occhi e continuarono la loro marcia destreggiandosi tra le guance di Louis.

Si rese conto improvvisamente che quel giorno aveva perso le persone più importanti della sua vita. Il suo cuore iniziò a provare dolore. Era quella la tristezza? Per anni Louis si era definito una persona triste, ma le vere sofferenze ancora non le aveva provate.

Si accasciò sul letto del suo ragazzo e strinse il cuscino che sapeva ancora di lui. Probabilmente versò altre lacrime. Solo quando il cuscino si inzuppò completamente si rese conto che forse ancora non era finita del tutto.

Il ragazzo si alzò velocemente dal letto e scese le scale. Andò a sbattere contro Briana ma certamente occuparsi di una gallina incinta era l'ultimo dei suoi problemi. Come una furia cavalcò la sua bici e corse dall'altra parte della città dove si trovava il porto.

Doveva parlare con Harry. Doveva quantomeno salutarlo. Ne aveva bisogno. Corse con la sua bici sotto la pioggia come un forsennato. Probabilmente infranse moltissimi divieti stradali, ma non gli importava così tanto. Lui aveva bisogno del suo Hazzold. Voleva infilare ancora un dito nella sua fossetta, almeno per un ultima volta.

Pedalò, pedalò e pedalò ancora. Quando ormai stremato arrivò al porto scese dalla sua bici e la abbandonò sul ciglio della strada. Un'enorme moltitudine di gente si trovava lì: c'erano lavoratori, villeggianti, marinai, pescatori. Tutti erano intenti a sbrigare le proprie faccende del tutto disinteressati al mondo attorno. Louis iniziò a correre tra tutta quella gente per cercare di trovare un riccio un po' goffo che da qualche mese era diventato l'altra metà del suo cuore, ma era praticamente impossibile cercare qualcuno in un posto del genere nell'ora di punta.

Improvvisamente il boato di una nave lo distrasse dalle sue ricerche. Alzò gli occhi verso il mare e notò un'enorme traghetto che prima gli era sfuggito.

Moltissime persone salivano, tutte con gran fretta. Nessuno si voltava indietro verso la piccola isoletta dimenticata da Dio. Tutti verso un nuovo futuro.

Louis assottigliò lo sguardo. Era sicuro che tra tutta quella gente starebbe riuscito a scovare il suo riccio preferito. Stava quasi per arrendersi quando notò una cascata di boccoli mori ondeggiare su una possente corpo intento a salire delle scale per arrivare in cima al traghetto. Louis aveva trovato il suo Hazzold.

Il ragazzo del faro iniziò a correre in modo spedito verso la nave. Doveva fermarlo. Harry non poteva partire.

Quando fu al limite tra la banchina e il mare si rese conto che non sarebbe potuto salire senza biglietto, così fece l'ultima cosa che gli restava da fare: urlare.

Con tutto il fiato che si ritrovava nei polmoni gridò a gran voce il nome del suo ragazzo:

-HAZZOLD!-

Per un momento tutto si fermò. A Louis sembrò che il modo si fosse arrestato per lui, per aiutarlo in un momento così delicato.

Il ragazzo del faro teneva lo sguardo puntato sulla figura di Harry, tanto che gli occhi gli lacrimavano per lo sforzo. Il riccio continuò a salire le scale indisturbato. Ad ogni gradino che faceva lontano da lui il cuore di Louis si frantumava sempre di più.

Fu solo per un secondo. Harry si fermò un istante e chinò il capo, dopo qualche attimo si voltò e tra tutti cercò la figura di Louis.

Non appena i loro sguardi si incrociarono, i loro petti tornarono a riscaldarsi e il loro cuore a battere normalmente. I fili di congiunzione dei loro destini erano tornati a legarsi nuovamente.

Louis non avrebbe mai voluto interrompere il contatto dei loro sguardi. Non avrebbe mai voluto tagliare quel filo che li univa, così fragile ed evanescente. Non si sarebbe mai voluto staccare da quel verde zaffiro che tanto amava. Da quel verde che lo aveva colpito sin dal primo attimo. Sentiva che lui e Harry erano fatti per stare insieme. Louis per un istante pensò che forse tutto si sarebbe potuto aggiustare, forse loro erano più forti di uno stupido teatrino messo su solamente per fini economici.

Il ragazzo del faro così accennò un piccolo sorriso per cercare di ristabilire quel rapporto meraviglioso che per un'intera estate aveva nutrito il suo spirito e curato le sue ferite, ma Harry non ricambiò. Il riccio socchiuse gli occhi tristemente e voltò per sempre le spalle al ragazzo del faro, rompendo irrimediabilmente il loro filo. Il ragazzo seguì la madre e la sorella verso il suo nuovo futuro che non comprendeva più un umile pescatore dagli occhi azzurri e dalla voce gentile.

Dopo qualche minuto la nave partì. Harry pian piano, al ritmo lento e cadenzato delle onde del mare uscì per sempre dalla vita di Louis.


Angoletto
Il bimbo è nato (e con bimbo non intendo il piccolo Freddie ma il capitolo).

Lo so, sarete tutti molto arrabbiati con me, ma l'amore non è sempre rose e fiori. Anche le più belle storie finiscono. Dispiace anche a me per i nostri ragazzi, ma questa storia doveva finire così.
Spero veramente che vi sia piaciuta nonostante tutto, mi farebbe veramente piacere ricevere un vostro parere.

Vi ringrazio veramente tanto per essrere rimasti fino alla fine, nonostante tutti i miei ritardi di pubblicazione. Se vi può far piacere avevo pensato ad un sequel. Fatemi sapere che ne pensate! ;)

Non finirò mai di ringraziarvi. Spero di potervi risentire presto tutti quanti.

Baci, Somriure <3




 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** SEQUEL ***


Ciao a tutti! Volevo dirvi che ieri sera ho pubblicato il primo capitolo del sequel di questa storia. Lo potete trovare sul mio profilo, si chiama "The storm won't hide the lighthouse". Spero di ritrovarvi tutti lì! :)
Ecco il link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3414483&i=1



A presto, Somriure <3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3135627