Poison In My Blood

di myavengedsevenfoldxx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1st June 2005, Mental Hospital ***
Capitolo 2: *** The Angel From My Nightmare ***
Capitolo 3: *** Do Just What You Want ***
Capitolo 4: *** Just Think Happy Thoughts ***
Capitolo 5: *** Seize The Day ***
Capitolo 6: *** I Had a Dream So Big And Loud, I Jumped So High I Touched The Clouds ***
Capitolo 7: *** Happiness ***
Capitolo 8: *** Music Is Great When It Makes You Who You Are ***
Capitolo 9: *** Damned Alone ***
Capitolo 10: *** In Fate's Hand ***
Capitolo 11: *** But Our Life Is Made Up By Choises ***
Capitolo 12: *** Behind This Wall That You've Built ***
Capitolo 13: *** Old Scars ***
Capitolo 14: *** Life ***
Capitolo 15: *** Take the best of this life and never forget ***
Capitolo 16: *** When you smile I melt inside ***
Capitolo 17: *** How to safe a life ***
Capitolo 18: *** How does it feel? ***
Capitolo 19: *** What were we build for? ***



Capitolo 1
*** 1st June 2005, Mental Hospital ***


I
 

The pain is strong

 


1 giugno 2005
Casa di riabilitazione
Huntigton Beach.


 

 

Mi chiamo Synyster Gates, ho 24 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntigton Beach, suono la chitarra e facevo parte di una band formatasi nel 1999, suonavamo Heavy Metal e avevamo spopolato grazie al warped tour del 2003.

Mi chiamo Synyster Gates, ho 24 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach, sono alto 1 metro e 78, ho i capelli neri, il piercing al naso e porto sempre una bandana attorno al capo.

Mi chiamo Synyster Gates, ho 24 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach, vivevo in una strada poco fuori la città dove anche provavo con la band e la casa accanto alla mia era abbandonata, da piccolo ci andavo spesso a giocare, non avevo paura.

Mi chiamo Synyster Gates, ho 24 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach, non ho paura di niente, vivo la mia vita, amo, odio, vivo e basta.


-Brian ci sono i tuoi amici.-
-non mi chiamo Brian-
-non cominciare- rimasi in silenzio. Brian non era il mio nome, cioè si lo era, era il mio nome di battesimo, ma amavo un altro nome, il mio nome d’arte, quello si cazzo che era bellissimo.
-allora ti muovi?- rimasi impassibile.
-Synyster Gates la attendono i suoi amici si vuole accomodare nell’altra stanza?-
-adesso va molto meglio- dissi alzandomi in piedi dal letto su cui ero disteso. Amavo stare disteso. Passavo ore disteso a fissare il soffitto e fissare le crepe dell’intonaco. Una volta, circa un paio di mesi dopo che arrivai lì mi diedero una pallina anti stress, vedete a quel tempo ero assai stressato e con molti più problemi di ora, quando sono arrivato lì?
Aspettate, lasciatemi controllare nel fascicolo, ah si ecco, settembre 2003. Cazzo, erano già passati due anni da quando ero stato messo lì?
Come passa il tempo.
Mi infilai le scarpe, l’infermiera col vestito giallo mi attendeva sulla porta.
-ti muovi?-
-posso farcela anche da solo, so qual è la strada- la signora sbuffò. Era una normale donna di mezza età, con le borse sotto gli occhi, i capelli raccolti in una coda e un’uniforme giallo canarino che la faceva apparire più grassa di quello che era. Si chiamava Valary ed era stata trasferita qua alcuni mesi fa da New Orleans, all’inizio la odiavo per i suoi metodi bruschi e presuntuosi, poi ci ho fatto l’abitudine, non volevo odiare nessuno, era la mia prerogativa, odiavo una sola persona, che magari non esiste, o forse sì chissà, chissà se proprio in quel momento mi stava fissando, magari contemplava ogni mia mossa, e per di più se la rideva di gusto a vedermi soffrire in quelle quattro sbarre di ferro.
Dio.
Dio, esisti?
Mandami un segno. Oh beh, non era la prima volta che glielo chiedevo e come al solito non succedeva mai nulla, chissà perché.
La risposta mi pare ovvia.
Dio non esiste.
È nato dalla mente umana solo per spigare quei fatto impossibili e per affidarsi a qualche cosa. Ma affidarsi a cosa, mi chiedo? Alla fine si nasce, viviamo e poi moriamo. A che cazzo devi affidarti?


Camminai dietro a Valary che mi condusse nella stanza dove si incontravano i parenti, come vi aveva avvisato poco prima, a trovarmi erano venuti i miei amici, o almeno quei quattro individui che da due anni a sta parte mi venivano a trovare.
Si chiamavano James, Zackary, Matt e Johnny.
Dicevano di essere miei amici, di conoscermi da anni, sapevano tutto di me, ma non lo davano a vedere. Io avevo cominciato a tenere a loro, mi facevano felice e dentro di me sentivo che avevano fatto parte e che dovevano far parte della mia vita.
-ciao ragazzi- salutai battendo il pugno ad ognuno di loro
-ciao syn- salutò Zacky
-ciao fratello- dissero Matt e Johnny.
James invece mi abbracciò.
-come stai?- mi chiese James
-bene dai-
-cosa hai fatto questa settimana?-
-riabilitazione, lettura, suonato un po’ con la chitarra, le solite cose- d’altronde era vero. tre volte a settimana andavo a riabilitazione e per il resto del tempo o dormivo o suonavo o leggevo. Il tempo passava abbastanza in fretta e non mi dispiaceva stare lì.
Ovviamente non ero da solo, c’erano altri 100 ragazzi con il mio stesso problema, ma forse più gravi.
E no, non ho fatto amicizia con nessuno di loro.
-voi raga che avete fatto?-
-i concerti vanno alla grande, abbiamo milioni di fans in tutto il mondo e le persone ci amano, amano la nostra musica, amano noi, è una bellissima sensazione- rispose eccitato Matt sorridendo e facendo apparire quelle due fossette che a dirla tutta erano davvero belle.
- ti abbiamo portato un regalo- disse Johnny aprendo lo zaino
- un regalo?- chiesi curioso scrutando con sguardo attento il corpo di Johnny che si piegava per riporre lo zaino a terra.
-ecco- disse porgendomi un pacco.
Lo scartai divertito, amavo scartare i regali, non ne ricevevo tanti e perciò era sempre una piacevole sorpresa.
Misi la carta da regalo da parte e fissai la copertina del cd che mi avevano regalato.
“Avenged Sevenfold – City Of Evil”
-mio dio allora avete davvero successo!- esclamai aprendo il cd e fissandolo l’interno. Sobrio ed elegante, rosso e il teschio era bellissimo.
-eh cosa pensavi che fossimo una band da quattro soldi?- disse Zacky e tutti ci mettemmo a ridere.
mi dicevano che facevo parte di quella band prima che succedesse quell’evento.
Mi dicevano che ero bravo, molto bravo e che molte case discografiche avevano puntato su di noi grazie ai miei mitici assoli, da una parte non ci credevo, cioè ogni tanto prendevo in mano la chitarra e facevo qualche accordo, ma niente di eccezionale.
Forse lo dicevano per farmi stare meglio, forse per rincuorarmi, o forse era la verità.
Chissà.


-Syn hai iniziato?- mi chiese Matt
-no-
-lo sai che devi farlo-
-non ho voglia-
-ti aiuterebbe molto-
-seh come se fosse utile- Matt rimase in silenzio. Più volte mi avevano detto che per curare il mio problema dovevo scrivere, mi avrebbe aiutato.
Mi avrebbe curato.
Non ci ho mai provato, solamente che non sapevo da che punto partire. Qual’era il primo ricordo del mio passato? Chi cazzo se lo ricordava.
-dai, se vuoi ti aiutiamo- disse Vee
-okay-
-tanto appena ce ne andiamo non continui- disse Johnny
-esatto-
-allora devi fotterti, noi cerchiamo di aiutarti, ma se non ci dai una mano non possiamo venirti incontro-
-non posso semplicemente rimanere così?-
-stai scherzando?- sbottò James, rimasto taciturno fino a quel momento.
-nah-
-vaffanculo allora, quello che ti raccontiamo non serve a nulla?-
Rimasi in silenzio, Jimmy si stava alterando e non avevo ben capito il perché.
Non che me ne importasse molto alla fine.
Almeno credo.
-Brian cazzo fallo per Angelica- e detto ciò James si alzò e se ne andò seguito dagli altri.
Angelica … Angelica.
Quel nome non mi suonava nuovo, ma non mi diceva niente.

 

-perché devi farli sempre incazzare?- chiese Valary accompagnandomi in camera
-non è colpa mia-. Risposi togliendomi le scarpe, la signora paffuta rimase sulla porta.
-fai quello che vogliono, ti aiuterebbe molto, te lo garantisco-
-non so da dove partire-
-parti da Angelica, come ha detto il tuo amico-
-ma se non so nemmeno chi sia-
-sforzati, tutto ritorna alla mente, dai tempo al tempo- e sorridendo se ne andò.

Angelica.
Chi cavolo era Angelica?
E perché James se l’era presa cos’ tanto?
Fissai il soffitto poi mi decisi.
Presi una penna e un foglio, tolsi il tappo e appoggiai la punta sul foglio.
Scrissi il nome della ragazza.
Angelica”
-chi cazzo sei?- mi chiesi esasperato.


Angelica …..

 

Mi chiamo Synyster Gates, ho 24 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach e il 23 settembre 2003 ho perso la memoria.

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Capitolo 2
*** The Angel From My Nightmare ***


II
 

Decisions made for me, no control
Fire burns but never dies


 

 

Estate 2002



 

Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntigton Beach, vivo da solo in un appartamento e suono la chitarra, i miei amici sono Matt e Johnny.

 

-allora quando facciamo le prove?- chiese Matt al telefono
-anche adesso se vuoi- risposi
-ok 10 minuti e arrivo-
Abito in un appartamento un po’ fuori dal centro, ero all’ultimo piano e ogni giorno dovevo farmi tutte le rampe di scale poiché l’ascensore non funzionava.
Erano anni che dovevano metterlo a posto, ma non lo facevano.
Presi la chitarra, me la misi sulle spalle e uscii dalla porta.

Sul mio pianerottolo ero da solo, la stanza di fronte alla mia non era abitata, ma quando uscii rimasi sorpreso di trovare degli scatoloni pieni di libri e altre cianfrusaglie.
Controllai sulla porta, ma non c’era ancora nessun nome, ero curioso di sapere se ci sarebbero venuti a vivere dei ragazzi o delle ragazze o una coppia. Speravo delle belle ragazze tanto per farci il filo e magari portarmele a  letto.
Erano settimane che non scopavo e che non uscivo, non avevo mai avuto una storia d’amore seria e non volevo averla.
Sono giovane no? Devo vivere la mia vita senza impegni per ora, pensare a qualche cosa di stabile c’è tempo, c’è tutta la vita.
-è la buona ora che abbia compagnia qua- dissi ridendo e cominciai a scendere i gradini due a due per fare più in fretta, non trovai nessuno lungo le scale e men che meno all’ingresso. Chissà dov’erano finiti i nuovi vicini.

Io, Matt e Johnny rispettivamente, chitarra, voce e basso, provavamo nella casa abbandonata accanto alla villa dei miei genitori con cui vivevo fino a due anni prima, poi a causa di furibondi litigi, me ne andai e non ci parlai più.
Anzi facevamo di tutto per evitarci.
Bella famiglia eh?
Quella casa dove provavamo era il nostro rifugio, ogni tanto dormivamo lì, ma non era una residenza fissa, in quanto cadeva a pezzi e prima o poi l’avrebbero abbattuta.
Presi la macchina, accesi il motore e mi avviai verso la casa, da piccolo mi piaceva andare a insinuarmi nei meandri, a scoprire ogni centimetro dell’edificio e divertirmi. Passavo le estati in quel posto, era come una seconda casa seppur mal ridotta.

Nel 1999 avevo fondato una band con Matt e Johnny, gli “avenged sevenfold” la sfiga? Non trovavamo un batterista che fosse alla nostra altezza, infatti provavamo senza batteria e non era nemmeno tanto male, credo. Fatto sta che erano mesi che cercavamo il quarto componente senza ottimi risultati.
Si presentava un’ottima carriera lavorativa in campo musicale senza una batteria.
Speravo davvero di trovare il più presto possibile un batterista, la musica era il mio sogno, il sogno di tutta una vita, non avrei mai pensato di fare altro.
Altro non mi si addiceva.
Io sono Synyster Gates, Brian Haner, e sono un chitarrista e basta.
Nella vita non voglio fare altro.


Arrivai con la macchina dopo 10 minuti, entrai dentro e sentii le note di un basso.
Johnny era già li.
-ciao Johnny - salutai battendogli il pugno come sempre.
-ciao Syn, tutto bene?-
- si tira avanti. Tu?-
-si dai bene- e ritornò a pizzicare le corde del basso a ritmo di Enter Sandmen dei Metallica.
Matt arrivò in ritardo, come sempre, mai che fosse puntuale quel ragazzo; entrò in casa col fiatone, aveva corso.
Povero sfigato.
-arrivare in orario no?- dissi facendogli l’occhiolino.
-scusa capo, la macchina non partiva-
-allora potevi venire correndo- dissi sarcastico prendendo la mia chitarra dalla custodia. La mia chitarra. Era bellissima, una Schecter bianca e nera. La amavo alla follia.
L’unica ragazza che avrei mai amato veramente.
L’aria nella stanza era fresca, nonostante fosse estate, le finestre erano aperte e c’era un po’ di corrente che mi scompigliava i capelli.
Fissai i miei amici, gli unici amici rimasti fedeli che ho avuto fin dall’infanzia.
Matt e Johnny.

Matt, il cantante, aveva le braccia muscolose, i capelli neri e corti e il corpo tatuato, era fiducioso, sicuro di sé e non era spavaldo, un po l’opposto di me che nonostante la mia spavalderia, mi nascondevo dietro un muro di insicurezze, non sapevo il perché, ma ne ero certo.
Sono una persona abbastanza insicura e non riesco a non cambiare.
Sono un po’ strano lo so. Spavaldo, ma insicuro.
Matt inoltre era fidanzato da tre anni con una bellissima ragazza, Hannah, di 18 anni conosciuta al liceo e da cui non si era mai separato, ogni tanto mi faceva la battutina sulla mia vita sentimentale e ridevo.
Aveva provato più di una volta a trovarmi una morosa, ma nessuna mi aveva davvero colpito.
O troppo stronza, o troppo altezzosa o troppo … troppo di troppo.
Nessuna aveva quelle caratteristiche adatte che rispecchiavano i miei ideali di ragazza ideale, okay dalla vita non si può pretendere tutto, ma cazzo.
Io sono Synyster Gates e ottengo ciò che voglio.
Come vorrei la mia ragazza ideale? Semplice: voglio che dica le cose in faccia, che sia diretta e che non si nasconda dietro un muro di menzogne, perché le menzogne poi crollano e odio le bugie. Deve ascoltare la mia stessa musica e accettarmi per quello che sono, senza cercare di cambiarmi o altro, voglio essere me stesso e basta e gli altri non devono intaccare la mia personalità.

Johnny invece, era basso, portava sempre la cresta e suonava il basso.
Bello strumento.
Aveva qualche tatuaggio, ma niente di vistoso come quelli di Matt o i miei ed era il più taciturno dei tre, ascoltava, faceva le battute, ma parlava poco; in compenso dava ottimi consigli e sapeva cucinare benissimo.
È più piccolo di me e Matt, è nato il 18 novembre del 1984, aveva 18 anni, dio che piccolo. Quanto sarebbe stato bello tornare a quell’età e invece sto invecchiando, giorno dopo giorno.
Alla fine non è questa la vita?
Nascere, vivere per poi morire?
Siamo tutti accomunati da un unico destino.
Ah si, se qualcuno scopre la fonte della giovinezza, fatemi un fischio che per me è d’obbligo.
Tutti stavano in silenzio, il quale venne rotto dalla lattina di birra che presi dal frigo bar e che stappai bevendone un sorso fresco.
-sapete che ho dei nuovi vicini?-
-finalmente qualcuno in quel sudicio pianerottolo- commentò Matt ridendo
-eh lo so-
-è figa?- chiese Christ facendomi l’occhiolino, a quel punto risi io.
-lo spero per lei, almeno avrei una scopa amica della porta accanto- appoggiai la lattina sulla custodia della chitarra.
-ma fidanzarti no?- chiese Shadows, bene stava per ricominciare la solita ramanzina del fatto che mi trombo le ragazze, ma senza nessuna con cui inizi qualche cosa di serio.
-ne abbiamo già parlato-  risposi secco
-okay, solo che mi avrebbe fatto piacere vederti con una ragazza-
Tagliai la conversazione lì. Matt lo sapeva che non volevo una ragazza, ma lui insisteva lo stesso.
A volte era davvero insistente come pochi.
-cosa proviamo?- chiese Johnny
-le solite canzoni in ordine?- rise Matt attaccando con Black Dog dei Led Zeppelin.
Avevamo buttato giu qualche pezzo per conto nostro, ma fin quando non ci fosse stata la batteria, non avremmo potuto concretizzare nulla.
Ma quanto era difficile trovare un batterista?
Così passammo il pomeriggio a provare tra canzoni dei Metallica, Led Zeppelin, Pantera e Iron Maiden.


Parcheggiai la macchina entro le strisce del condominio, la chiusi e mi avviai per le scale.
Salii i gradini due a due per fare più in fretta. L’unica cosa che volevo era farmi una bella doccia fredda e uscire al bar a bere qualche birra. Tanto non avrei fatto nulla lo stesso.
Salii velocemente le scale e giunsi al mio pianerottolo.
Sul parquet rovinato, nella porta di fronte la mia c’erano ancora le scatole, sta volte erano di più e la porta aperta, proprio quando finii le scale un ragazzo alto quasi due metri uscì dall’appartamento e si piegò per prendere le scatole.
-ciao- mi salutò vedendomi comparire da dietro l’angolo
-ciao- dissi titubante. Il ragazzone posò a terra lo scatolone e si avvicinò a me porgendomi la mano.
-piacere, sono James Sullivan o più semplicemente, Jimmy o The Rev per gli amici-
-piacere Brian, per gli amici Synyster- ricambiai la stretta di mano.
James o Jimmy, aveva le mani callose e grandi, era alto, i capelli ribelli e neri, gli occhi scuri e un sorriso sulle labbra.
-sei il nuovo vicino?- chiesi sbirciando dentro la stanza
-eh già mi son trasferito qua da Phoenix-
-come mai?- chiesi curioso ma forse toccai un tasto dolente poiché il suo volto per un secondo si rabbuiò.
-problemi di famiglia-
-capisco-  tagliai coro per evitare di ricevere altre occhiatacce mortali.
Notai che al polso aveva un bracciale dei Pantera, lo amavo già.
-ti piacciono i Pantera?- chiesi e gli occhi gli si illuminarono, si guardò il polso e sorrise.
-Vinnie Paul è il mio batterista preferito-
E parlammo per una mezzora dei gruppi che ascoltavamo e scoprii che avevamo tantissime cose in comune e che ascoltavamo le stesse band.
Poi il nostro discorso venne interrotto da una voce bellissima, femminile che proveniva dall’appartamento di James.
- Jim vieni ad aiutarmi a spostare il mobile!-
Una voce così angelica non l’avevo sentita.
-arrivo subito!- urlò di rimando il mio nuovo amico – scusa devo andare, ci vediamo- ma proprio in quel momento una ragazza si affacciò dalla porta.
Gli occhi mi si illuminarono e il cuore quasi si fermò da quanto era bella.
Lei mi sorrise e il mio cuore si fermò davvero.

Era un angelo.








nota dell'autrice: buonasera! eccomi con secondo capitolo della nuova FF. spero vi piaccia e che non sia monotona.
Me la fate una piccola recensione tanto per farmi sapere che ne pensate? mi farebbe un sacco piacere! anche per sapere cosa potrei modificare o aggiungere e in tal caso eliminare.
e niente *vi prega in ginocchio* se vi è piaciuta la storia aggiungetela alle preferite e ci vediamo alla prossima settimana!

 

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Capitolo 3
*** Do Just What You Want ***


III

Like walking in a dream



Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach, la mia vita non è interessante, non frequento il college, suono, lavoro durante la settimana e passo i week end al bar e con gli amici, la vita monotona di un ventunenne californiano.


La vita è fatta di emozioni.
Ogni emozione ha un colore.
Il verde è il colore della speranza, verde come le foglie degli alberi o i giardini estivi contornati dalle pratoline.
il giallo dell’allegria, giallo come il sole che da la vita e ti riscalda.
Il blu dell’infinito, vedi il cielo notturno, è quel blu scuro interrotto da puntini luminosi che sono le stelle, chissà quanto è profondo quel blu, quanto è grande l’universo, chissà se siamo soli in questa vita.
Poi ci sono quei colori che hanno un doppio significato come ad esempio il rosso; rosso, colore della passione, dell’amore, ma anche il colore del sangue.
Fin da piccolo ho sempre avuto la fobia del sangue, non so il perché, ma è sempre stato così.
Odiavo fare le punture, odiavo fare i prelievi del sangue, odiavo quando mi facevo male e usciva una goccia di sangue.
Era la mia piccola grande fobia.
Poi c’era il nero, amavo quel colore, era così profondo, non sapevi mai cosa si celava dietro di quello. Il buio, l’oscurità, la paura dell’attesa. Era qualche cosa che mi intrigava, non sapevo spiegarlo, ma il nero mi piaceva un sacco.
Nero e rosso.
L’oscurità e il sangue.

 

Lei apparve sulla porta come appare un angelo dinnanzi le porte del paradiso, così perfetta, così pura, così … bella.
Rimasi come imbambolato di fronte alla sua figura tanto che James dovette darmi uno scossone perché non gli rispondevo.
-James, lei è Angelica- disse Jimmy presentandomela e lei uscì dalla stanza a piedi nudi con passo leggero per stringermi la mano.
-ciao, piacere- disse. Aveva una voce così bella, soave, quasi angelica.
-cciao- balbettai ricambiando debolmente la stretta di mano. –sono Brian-
-angelica sullivan- si presentò sorridente.
Annuii e le lasciai la mano sudata.
Stavo sudando? Cazzo non mi accadeva mai.
Merda.
Odiavo sudare. I vestiti appiccicaticci e quell’odore orribile.
No grazie
-siam felici di non essere soli su questo pianerottolo, è da tanto che abiti qua?- chiese lei
-due anni circa, mi sono trasferito dopo aver litigato con i miei.- risposi sincero
-oh, mi dispiace- disse e piegò leggermente il capo.
Cazzo quanto era adorabile.
Angelica era una ragazza così bella, non ne avevo mai viste di così belle e nemmeno quelle che mi ero portato a letto emanavano tanto splendore.
Sembrava un angelo sceso dal cielo, e forse il suo nome lo confermava.
Angelica …
Che nome soave.
No aspettate che mi stava succedendo? Stavo pensando cose romantiche su una ragazza e non mi era mai capitato.
Cercai di tornare in me, senza ottimi risultati. Rimasi a fissare la ragazza per alcuni istanti fino a quando la voce di James mi avvertì che doveva andare.
Penso di essermi perso nei suoi occhi, o nei suoi capelli ricci o nel suo viso a contare le lentiggini. Forse mi ero perso in lei.
-Brian devo andare, ci si vede allora- e detto ciò entrò seguendo la bella ragazza.
-ciao- sussurrai appena richiuse la porta.


Entrai nel mio appartamento, chiusi la porta e mi appoggiai ad essa lasciandomi scivolare fino a toccare terra.
Angelica …
Avrà avuto si e no 18 anni, massimo 19, così piccola, così bella.
Aveva dei lunghi ricci neri che le ricadevano sulle spalle e le incorniciavano il viso, gli occhi scuri, il naso all’insù e un sorriso da mozzare il fiato. Era alta quasi quanto me, e era agile con un corpo sottile e snello, chissà come sarebbe stato toccare quel corpo.
La canotta, nera le stringeva il seno e lo metteva in risalto, le gambe snelle le davano una forma slanciata e atletica e aveva qualche lentiggine sulle gote rosse per il caldo.
“cazzo quanto sei bella” sussurrai pensando al suo corpo e al suo sorriso.
Penso di aver avuto in quel momento un sorriso da vero coglione.
Poi la realtà mi piombò addosso.
Angelica si era trasferita lì assieme a James.
E i due vivevano assieme.
E quindi molto probabilmente stavano assieme o peggio ancora si stavano per sposare perché lei era rimasta incinta.
“fanculo, addio la possibilità di scoparmela” esclamai e mi rialzai in piedi.
Ordinai una pizza accompagnata da una cola e dopo verso le 23 uscii per spassarmela in qualche bar a bere.
Quelle erano le mie sere, o almeno alcune.


Non passavo tutte le sere della mia vita nei locali di spogliarelliste a bere, lo facevo ogni tanto per trovare qualcuna con cui divertirmi.
Non volevo di certo trovarmi una ragazza fissa. 
-ciao Brian- ,mi salutò il barista.
- ciao Zacky- ricambiai. Io e Zacky ci conoscevamo da un paio d’anni, lui faceva il barista e io stavo al bancone a bere e parlargli della mia cazzo di vita.
Giuro, ho davvero 21 anni e sono felice, ma cosa dovevo fare sennò?
-come stai?- mi chiese pulendo con uno strofinaccio un bicchiere
-si vive, tu?-
-lo stesso- rispose appoggiandomi davanti un boccale di birra, gli sorrisi.
Zackary Vengeance suonava la chitarra, era diventato barista perché l’aveva  voluto suo padre essendo il locale appartenuto a suo padre e non era male, era alto giusto, i capelli neri sbarazzini e il solito trucco nero che gli risaltava gli occhi.
Passò un po’ di tempo a fissarmi, io non cagavo lui e lui parlava e serviva gli altri clienti.
-ehy …- disse una bella ragazza bionda sedendosi accanto a me. Era bella, davvero e un seno molto sostanzioso, ma la liquidai con una sorsata di birra.
Che mi stava succedendo?
-Brian che succede?- intervenne a quel punto Zacky – sono anni che ti conosco e non ti ho mai visto rifiutare una bella ragazza così-
Alzai lo sguardo, aprii le mani in gesto teatrale e dissi che anche i migliori hanno le loro giornate no
-colpa di una in particolare?- indagò
-no- ma ritardai nel rispondere
-dai adesso sono curioso- appoggiò i gomiti sul banco lustro e mi guardò –sono in attesa-
-ma niente … solo una molto bella che si è appena trasferita nel mio pianerottolo- risposi mandando giu anche l’ultimo sorso di birra.
-te la sei già fatta?- indagò
-no-
-ah-
-ha il fidanzato-
-brutta storia, nome?-
-Angelica-
Zacky annuì con la testa.
Quella ragazza mi aveva stregato con la sua bellezza e non potevo scoparmela.
Però io sono Synyster Gates, no?
E ottengo sempre ciò che voglio.
Così svuotai in un unico sorso il secondo boccale di birra, lasciai sul tavolo la mancia e tornai a casa.
L’avrei scopata prima o poi e non me ne fregava un cazzo del suo moroso.
James si fotteva.
Lei sarebbe stata mia per una notte.


Tornai a casa praticamente sobrio, prima di entrare nel mio appartamento però fissai la porta di fronte la mia e sospirai.
Entrai, lasciai le scarpe all’entrata, feci due giri di chiave e senza nemmeno cambiarmi andai a buttarmi sul letto, disfatto come era solito e mi misi a fissare il soffitto rischiarato dalla flebile luce che proveniva dagli scuri che non avevo chiuso bene.
Pensai ai suoi capelli ricci che le incorniciavano il volto.
Pensai al suo fisico perfetto.
Pensai al suo sorriso.
Pensai alle sue lentiggini, dio quanto era bella.
Quanto era perfetta.

E mi addormentai col sorriso sulle labbra. 

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Capitolo 4
*** Just Think Happy Thoughts ***


IV
 

I’m not insane,
I’m not insane.


 

 


Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach, a volte i pensieri non mi danno tregua e mi tormentano, mi divorano dentro e non capisco cosa vogliono.

 

Mi svegliai la mattina di soprassalto, avevo dormito bene, nonostante il cado pazzesco, ma fin da subito i pensieri mi tornarono a tormentare, ma non erano pensieri negativi, anzi erano positivi, ma irraggiungibili. Ero così contento, ma allo stesso tempo infelice, avevo conosciuto una bella ragazza, anzi altro che bella, stupenda anche se non la conoscevo di persona, a ero abbastanza giù di morale perché non la potevo avere.
Vita ingiusta.
Misi le mani dietro la testa e fissai il soffitto, cominciai a pensare a quanto fosse bella Angelica.
Tanto bella quanto irraggiungibile. Avevo una voglia di scoparla, ma non riuscivo a immaginare la scena, qualche cosa me lo impediva.
Forse era solo il suo corpo che mi ispirava sesso.
Forse non volevo scoparmela perché era cos’ fragile e bella, non volevo sciupare tutto quel ben di Dio in una notte e solo per una notte.
Però c’era il solito problema: il suo moroso o fidanzato o marito, James.
Che poi non ero nemmeno sicuro che stessero assieme, potevano benissimo essere fratelli, dato che portavano lo stesso cognome. E se lei avesse preferito, una volta sposata, chiamarsi col cognome di lui?
Mettiamo caso che fossero sposati, cosa avrei dovuto fare? Ovviamente lasciare perdere anche se la voglia era così grande.
Mettiamo caso che fossero fratelli. Se me la scopassi solo per una notte, suo fratello mi odierebbe a morte dato che l’avrei solamente usata e non fosse stato qualche cosa di serio.
Ma perché la vita deve essere così complicata?
Perché è così difficile fare solamente una sana e bella scopata?

Mi alzai e andai sotto la doccia, aprii il getto freddo e passai sotto l’acqua fredda quasi dieci minuti; fare la doccia in acqua fredda mi rilassava e mi consentiva di non pensare, era una buona soluzione per chi avesse avuto una vita assai tormentata.
Uscii dalla doccia, mi avvolsi l’asciugamano attorno al bacino e andai a fare colazione.
Era lunedì mattina, iniziava una nuova settimana e dovevo andare a lavorare.
Sgranocchiai qualche biscotto, un sorso di the e tornai in camera, presi la maglietta dei Led Zeppelin, i jeans e le cuffiette. Per andare al lavoro prendevo il bus, utilizzare la macchina era troppo complicato, troppo traffico e si faticava a trovare parcheggio. Quindi ogni mattina prendevo il bus sotto il mio condominio, mi fermavo in centro e poi 5 minuti di strada per andare al lavoro.
Adesso vi chiederete, che lavoro può fare un metallaro come me?
Beh di sicuro non qualche cosa di molto prestigioso, come l’avvocato o il dottore dato che andavo con una misera t shirt di band.
Facevo il commesso, ma il commesso era una lavoro fico, se ti occupavi di qualche cosa che ti importasse. Bene, lavoravo come commesso in un negozio di cd in centro, aveva un buon rendimento quel negozio, mi pagavano abbastanza bene e ogni tanto avevo lo sconto su qualche cd appena uscito, erano tre anni che lavoravo lì, avevo iniziato appena finito il liceo nonostante i miei ambissero a mandarmi al college, ma non avevo molta voglia di studiare. Perciò ben venga un lavoro nel campo della musica, me lo sarei tenuto fin quando non avrei sbarcato con il mio gruppo, gli Avenged Sevenfold, e poi sarei andato a fare tour mondiali con loro.
“Spetta e spera Brian” mi diceva Chad, il proprietario del negozio quando ascoltava i miei progetti per il futuro, lui rideva alle mie idee, ma io ero serio, ci credevo e ci sarei riuscito.
-Non sognare troppo Brian-
-Ma sognare è bello- risposi
-Non quando ti credi una realtà perfetta- mi rispose, lo guardai con aria interrogativa, non capivo cosa intendesse.
-cioè?-
-quando ti crei una realtà perfetta dentro di te con ambizioni, sogni e realtà che sei sicuro che porterai a termine, niente poi accadrà per davvero oppure se succederà, ci sarà qualche cosa che te lo distruggerà. Guarda me, ho 30 anni e da piccolo volevo fare il surfista, mi immaginavo di solcare le grandi onde dei più prestigiosi tornei internazionali ed ero anche bravo, poi a 19 anni sono caduto con lo skate e mi sono rotto il femore, mi hanno operato ed è per questo che ora zoppico. Quello che voglio dire è che nella vita è bello sognare, ma non metterci tutto te stesso, perché poi ci puoi rimanere male-
-ah- rimasi male alle sue parole, mi piaceva sognare, amavo farlo, mi rassicurava e trovavo un modo per fuggire dalla realtà oppressiva che mi circonda.
-non sto dicendo di smettere di sognare, solo fallo con cautela- e mi diede un pugno sulla spalla per rassicurarmi e voltandosi andò a mettere a posto i vinili della sezione punk.
 

Ripensai a quel discorso di alcuni mesi prima, ci pensavo spesso, ma non gli davo molta importanza, perché secondo me, bisogna sognare sennò diventeremmo tutti pazzi.
Presi la spazzatura, presi le chiavi e richiusi la porta dietro di me, iniziai ad avviarmi verso le scale per scendere, ma una voce mi fermò.
-Brian!- e tornai indietro. Era Angelica. Il cuore mi prese a battere forte.
-ciao- salutai sorridendole e tornando indietro per aspettarla.
-come stai?- mi chiese
-bene grazie, tu?-
-tutto bene- e notai che aveva anche lei il sacco della spazzatura da portare giù.
-vuoi che lo porti giù io?- chiesi gentilmente.
-oh grazie mille- e me lo diede – così evito di affaticarmi di prima mattina-
Affaticarsi? Perché? Okay erano un po’ di scale, ma guardando il suo fisico sembrava una che si tenesse in forma.
-dovrebbero aggiustare l’ascensore- disse
-eh sono anni che è così, ma il condominio non ha i fondi necessari e preferisce le scale, che poi sono anche salutari-.
-non quando uno è malato- commentò lei.
Malato? Lei è malata? Sta male? Cos’aveva?
-vabbeh mi ci abituerò- aggiunse in fretta vedendo il mio sguardo indagatore quando aveva pronunciato la parola “malato”.
Poi mi persi nei suoi ricci, nella canotta stropicciata, il seno perfetto e il fisico stupendo. Le lentiggini le contornavano le gote rosse di prima mattina e un ciuffo ribelle le ricadeva sul davanti degli occhi.
-come mai sveglia adesso?- chiesi
-tra due ore devo … andare via – rimase vaga.
-capisco- e sentii dei colpi provenire dal suo appartamento. Colpi flebili, come se delle bacchette colpissero una batteria elettronica.
non era possibile. Il suono era quello e i colpi perfetti, ritmici e non perdevano nessun valore.
Angelica mi stava fissando, curiosa dal mio sguardo poi capì e intervenne spiegandomi il tutto.
-scusa è mio fratello che suona con la batteria elettronica è insopportabile a volte, ma non riesce a farne a meno, dato che una batteria normale non può permettersela e non potrebbe suonarla in un condominio-
Però la prima cosa che mi arrivò delle sue parole fu …
-fratello?-
-si-
-Jimmy?
-si-
-pensavo fosse tuo marito o il tuo fidanzato- lei rise, aveva una bellissima risata.
-no scemo, non sono fidanzata né tanto meno sposata, lui è mio fratello anche se non ci assomigliamo molto. Lui è dell’81, ha 21 anni mentre io sono dell’85, ne ho 17 anche se tra poco ne faccio 18- sorrise
-ah wow, mi dispiace per l’errore- lei rise ancora
-da quanto suona la batteria?- chiesi
-da quando aveva 5 anni, ha vinto un sacco di competizioni e in molti gli anno detto che è un mito con la batteria-
Assimilai tutte quelle notizie dell’ultimo minuto.
Guardai l’ora e mi accorsi che se non avessi corso avrei perso il bus e sarei arrivato tardi al lavoro.
-angelica, io scappo che sennò arrivo tardi al lavoro! Ci vediamo!- e le sorrisi.
Corsi giù per le scale sorridendo come un coglione. Quella giornata era iniziata benissimo, con due notizie favolose: avevo un batterista che viveva nell’appartamento di fronte e la ragazza che volevo farmi non era sposata o fidanzata.
Quella era la mia giornata.
Cazzo se lo era.

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Capitolo 5
*** Seize The Day ***


V
 

Seize the day
Or die regretting the time you lost


 

 

Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach, l’estate del 2002 e del 2003 furono le più importanti della mia vita e l’unico periodo in cui fui davvero felice.



L’estate del 2002 fu abbastanza calda, anche se talvolta c’era qualche temporale che prendeva alla sprovvista, ma nulla di che. Una cosa che amavo era stare sotto la pioggia, era bellissimo.
Le gocce che prima scendevano sparse qua e là bagnandoti i vestiti, si facevano sempre più fitte fino a quando non eri zuppo tanto che l’acqua ti penetrava fin nelle mutande.
Non so il perché, ma era una sensazione bellissima.
Non capivo come mai tutti appena cadevano delle gocce cominciavano a correre e urlare come se fosse chissà cosa, io invece no, mi fermavo, alzavo gli occhi al cielo e li chiudevo, allargando le braccia e assaporando il gusto della vita.
Perché la vita è bella, se sai come prenderla.
Al lavoro praticamente non mi concentrai, non che dovessi fare grandi cose, ma avevo la mente dall’altra parte.
-non sognare Brian- disse Chad tirandomi un pezzo di carta arrotolato
-scusa capo-
-a che pensi?- indagò, era curioso e sempre gentile a darti buoni consigli. Pensai un momento prima di rispondere, dirgli la verità o no? Massì dai, alla fine eravamo amici e come lui mi raccontava tutto di lui, io mi sentivo in dovere di fare lo stesso.
-ad una ragazza e al fatto che forse ho trovato un batterista-
-wow- mi osservò con uno sguardo rassicurante, sapeva che era da tanto che cercavo un batterista. –da quanto lo conosci?-
-da ieri, ho scoperto stamattina che suona la batteria, appena torno a casa devo chiedergli se vuole unirsi a noi o no, ma non so come chiederglielo-
-“ehy coso vuoi far parte di una band di metallari?” Prova così, magari ci sta- ridemmo entrambi, Chad era un tipo simpatico, non era monotono e le giornate al lavoro con lui passavano in fretta, ogni tanto quando lui andava in vacanza mi lasciava gestire il negozio da solo, ero un tipo affidabile e lui era contento di avere un po’ di tempo libero da dedicare a lui e alla sua fidanzata.
-non posso, devo prima parlarne con Matt e Johnny- risposi amareggiato.
Stavo mettendo a posto i dischi dei Led Zeppelin e nel frattempo riflettevo, dovevo parlare con Matt e Christ del fatto che forse avevo trovato un batterista, ma il problema era: se lui avesse fatto una prova con noi e a Matt non andava bene, lui ci sarebbe rimasto male e io come sarei riuscito a salutarlo dopo avergli detto esplicitamente , sempre se fosse stato così, che non era alla nostra altezza.
Mal che vada mi sarei fatto un nemico, un nemico con una bella sorella che era il centro dei miei pensieri.
-e la ragazza?- chiese a quel punto Chad
-cosa?- chiesi facendo finta di nulla
-com’è?-
-bella, ha le lentiggini, ha i capelli ricci e alta quasi come me e ha un sorriso da farmi morire-
Chad sorrise, si divertiva a vedermi così, d’altronde era la prima volta che mi succedeva di pensare così tanto ad una ragazza.
-come si chiama?-
-Angelica-
-wow bel nome, magari è la sorella del batterista no?- Chad lo disse per ridere, ma ci azzeccò in pieno.
-si, sono fratelli- lui ci rimase un po’ male, non se l’aspettava, rimase in silenzio e tornò al lavoro.
Una decina di minuti più tardi entrarono i miei amici, ogni tanto mi venivano a trovare, per dare una spulciata ai cd nuovi o per salutarmi, a Chad non dava fastidio anzi, basta che non rubassero e andava tutto bene.
-ciao ragazzi- salutai appoggiando per terra lo scatolone dei cd jazz
-ciao Brian! – salutò Johnny tutto contento – stasera veniamo da te a festeggiare-
-a festeggiare?- chiesi sorpreso
-ho trovato il modo per farci inserire al Warped Tour del prossimo anno, a settembre, conosco uno che è riuscito a inserirci nella lista delle band-
Lo guardai incredulo, il warped tour era per noi come un sold out per i Metallica, era il top, non ci stavo nella pelle, cominciai a saltare e urlare per il negozio e i pochi clienti mi presero per pazzo anche Chad mi disse che dovevo darmi una calmata, ma aveva sentito il discorso di Christ ed era contento per noi, lo si leggeva sul suo volto.
Ma c’era un piccolo problema.
-però con calma, manca un anno, in un anno dobbiamo mettere su una decina di canzoni, provarle fino allo sfinimento e trovare un batterista-
Risi
-il batterista ce l’ho già-
-cosa?- dissero in coro Sanders e Christ, sul loro viso apparve l’espressione di incredulità e gioia
-l’ho trovato stamattina, è bravo e abita nell’appartamento di fronte al mio, si chiama James Sullivan, ha la nostra età-
-da quanto suona?- chiese Matt
-da quando aveva 5 anni-
-glielo hai già proposto?-
-ehm no-
-allora stasera facciamo tutto in grande stile-
Mi sorrisero e sprizzai gioia da tutti i pori, stavo per avere un batterista, eravamo inseriti nel warped tour del 2003 e dovevo trovare il coraggio di parlare con Angelica, fin qui andava tutto bene.
La mia vita stava prendendo una nuova piega, più bella, più attiva e più frenetica.
Quell’anno sarebbe stato ottimo.
Ci speravo.
Ci credevo.
Sarebbe stato così.

 


Quella sera Chad mi fece finire prima il lavoro, secondo lui dovevo festeggiare per la buona notizia, così tutto contento tornai a casa alle 17, mi cambiai, indossai la tuta e andai un’ora a correre lungo la spiaggia; dai Sullivan non si sentiva nessun rumore, forse erano via o forse non stavano facendo nulla. Se fossero via, speravo tanto di trovarli nella sera in modo da proporre a James di unirsi a noi o almeno provare a intraprendere qualche cosa per mettere insieme qualche base.
Misi le cuffiette a ritmo dei Metallica e mi avviai verso la spiaggia, correre mi rilassava ed era salutare, poi incontravi tante persone, una volte alcuni mesi prima ero andato a sbattere contor una ragazza con cui ho fatto inseguito amicizia anche se ora come ora non so dove sia finita.
Presi la laterale, corsi e svoltai a destra imboccando la via per raggiungere il  mare.
Alle sei di sera c’era tantissime persone che correvano, camminavano, portavano i cani a passeggio o i figli in giro, i ragazzi pattinavano con i roller blade e le vecchiette fissavano la spiaggia in ricordo dei vecchi tempi.
Chissà cosa pensavano, chissà se sarei arrivato anche io a quell’età, ritrovarmi così a fissare i giovani e a rivivere i bei tempi passati, a ricordarmi di Matt e Johnny e di tutte quelle belle pollastre portate a letto. Chissà se mai mi sarei sposato e avuto dei figli chissà, nella vita può capitare di tutto, non sai mai quello che ti aspetta.
Quando ero piccolo desideravo fare il chitarrista e basta, un po’ come adesso d’altronde, so per certo che la mia vita era la musica e la musica solo, ma nonostante abbia parlato con Angelica due volte, mi sentivo come se mi mancasse qualche cosa, una parte di me era incompleta, volevo qualcuno nella mia vita che non fosse solamente la birra o la mia chitarra o gli amici.
Forse avevo bisogno di una ragazza che mi aiutasse ad affrontare la vita, alla fine non volevo rimanere solo.
Forse qualche cosa dentro di me si era smosso.
Forse tanto duro non ero, anche io avevo le mie insicurezze e i miei desideri.
Credo che con l’arrivo di Angelica la mia vita sia cambiata, lei ha distrutto il Brian duro, spaccone, senza paure e sicuro di se.
Maledetta Angelica.
Colpa sua se stavo cambiando.
Ma mi piaceva e non le facevo una colpa. L’amore fa strani effetti nelle persone, fa fare strane cose però è da un semplice incontro che nasce qualche cosa di forte.
O forse volevo portarmela solo a letto? forse mi ispirava solo sesso e non volevo niente con lei, volevo solo una scopata, forse il Syn non è morto, forse ha solo bisogno di scopare.
Si, probabilmente è così.
Ovviamente. 
Tornai a casa verso le 19, mi feci una doccia e mi buttai sul divano in attesa degli altri due che come al solito erano in ritardo.
Poi mi venne un’idea geniale, quasi caddi per terra dalla fretta in cui cercai il telefono per chiamare Matt.
-pronto Matt? Si ciao, no è tutto ok, senti, prendi altre due birre e altre due pizze che abbiamo ospiti- dissi e riattaccai, poi piombai fuori dalla porta e andai a suonare dai Sullivan.
Li avrei invitati a cena, da buon vicino e chiesto a Jimmy  se voleva entrare nella band.
Ottimo, perfetto, fantastico.
Che bella serata.









nota dell'autrice: buongiorno! chiedo scusa per aver saltato la scorsa settimana, ma la connessione internet non funzionava. se la storia vi piace, aggiungetela alle preferite e se vi va lasciate una piccola recensione, mi farebbe molto piacere!

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Capitolo 6
*** I Had a Dream So Big And Loud, I Jumped So High I Touched The Clouds ***


VI
 

The best thing you can ever do is follow your dreams

 

 

Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach, e di una cosa sono assai sicuro, i miei sogni di bambino diventeranno realtà che Dio lo voglia o no.
Diventerò uno dei migliori chitarristi di tutti i tempi.
 


-Angelica, Jimmy, loro sono Matt e Johnny, rispettivamente voce e basso- e I Quattro si presentarono, le pizze erano fumanti sul tavolo e io avevo un sorriso stupido sul volto.
Avevo avuto un’idea geniale: invitare i vicini a cena e offrire a Jimmy un posto nella band, e poi volevo conoscere meglio Angelica, non sarebbe stato male conoscerla più a fondo, no?


Penso che i due fratelli non si aspettavano proprio per nulla la mia offerta, ero andato da loro, avevo suonato e ad aprirmi era venuto Jimmy e dopo un breve “ciao come stai spero tutto bene” gli avevo proposto di venire a cena da me, che c’erano anche dei miei amici e avremmo potuto conoscerci meglio tutti. Non suonava come una cattiva idea, almeno così speravo.
-aspetta un secondo – e tornò dentro nell’appartamento, lo sentii bisbigliare con la sorella e dopo mezzo minuto saltare fuori di nuovo.
-okay ci stiamo, tra quanto?- chiese raggiante
-mezzora?-
-ottimo- e me ne tornai nel mio appartamento, sorridente.
Dopo una ventina di minuti Matt e Johnny erano arrivati con un pacco fumante di 5 pizze e un pacco di 12 lattine di birra.
-ciao ragazzi- salutai facendoli accomodare
-ora spiegami perché ci han fatto prendere due pizze in più- chiese Matt appoggiandole sulla tavola assieme alle lattine.
-vi voglio presentare James e Angelica Sullivan, James è il batterista di cui vi parlavo e l’altra è sua sorella-
-è figa?- chiese Johnny
-coglione- e gli tirai la lattina di birra che lui prontamente afferrò al volo, se l’avesse fatta cadere, sarebbero stati cazzi amari per lui
-se cadeva, giuro su dio che ti facevo raccogliere la birra con la cannuccia- lo guardai con sguardo minaccioso.
- okay capo- rispose e risi, si gettò sul divano comodo e Matt mi aiutò a spostare il tavolino del soggiorno e far spazio, da noi era solito mangiare la pizza seduti sul pavimento con la birra a lato e afferrare i tranci con le mani, ovviamente senza macchiare il pavimento, chi lo macchiava doveva pulire e pagare un pegno di 10 euro, le regole erano queste, da anni, praticamente da sempre, conoscendoci da una vita.
Sentii la porta chiudersi e delle voci bisbigliare.
-eccoli- sussurrai e mi alzai proprio nel medesimo momento in cui il campanello suonava, aprii la porta e li feci accomodare, facendoli passare per primi e Angelica mi sorrise, un sorriso da farmi svenire.
-ciao Brian – mi salutò e io feci un cenno col capo, l’unica cosa che riuscii a fare essendo immortalato da tanta bellezza.
Cazzo se era bella, indossava una semplice canotta grigia aperta a V sul davanti che mostrava leggermente il pizzo del reggiseno e un paio di jeans strappati che le davano forma alle curve dei fianchi, i capelli erano raccolti con un nastro e alcuni ricci ricadevano sulle spalle, aveva un leggero filo di trucco e un profumo di menta da farmi accapponare la pelle.
Richiusi la porta e passai alle presentazioni, si strinsero la mano tra loro e cominciarono a parlare, ero contento che si trovassero subito bene, un punto a mio favore.
Spiegai ai nuovi arrivati come era solito mangiare la pizza da noi e loro si adeguarono ai nostri modi, trovandoli sì insoliti, ma molto divertenti, vedevo lei sorridere e il mio cuore sprizzava gioia, poi mi parlò.
-Brian devo chiederti un favore-
-si certo dimmi- le sorrisi cordiale
-hai qualche cosa che non sia birra?- mi chiese abbastanza a disagio
-oh – rimasi immobile, non mi aspettavo quella domanda – si certo- le risposi – ho della coca, ti va bene?-
-benissimo grazie- e mi alzai andando a prenderla nel frigo e porgendogliela, lei la prese e mi spiegò che non le faceva bene la birra e non era abituata a berla, la rassicurai che non c’era nessun problema.
Passammo la serata a ridere e scherzare, ogni tanto gettavo occhiate ad Angelica e talvolta la scoprii che mi stava guardando anche lei, e appena mi giravo lei distoglieva lo sguardo e guardava colui che stava parlando in quel momento e un piccolo sorriso le appariva sul volto, provava a mascherarlo bevendo un sorso di coca cola, ma invano, lo scorgevo e mi stavo  gasando parecchio.
Non tirammo fuori alcolici, la birra bastava, quella non era una di quelle serate da vodka o quant’altro era una serata per proporre qualche cosa di favoloso.
Parlammo dei concerti a cui avevamo assistito, a cui ci eravamo imbucati e alle cazzate fatte da ragazzini, Jimmy e Angelica ci raccontarono un po’ della loro vita e noi della nostra.
Poi andai in cucina a prendere altre lattine e un’altra persona si alzò dal cerchio, ma essendo di spalle non potei vederla.
-così avete una band eh?-
-si, si chiamano Avenged Sevenfold- sorrisi ad Angelica girandomi a guardarla
-siete bravi?-
-ovvio- e le feci l’occhiolino, lei si mise a ridere –tuo fratello ha già una band?- chiesi tanto per confermare la proposta che avrei fatto di lì a poco
-no, ma ne vorrebbe una, è da anni che ci prova, ma a causa mia non riesce, si preoccupa troppo per me e non pensa abbastanza a se sesso.
-beh con una sorella così, mi preoccuperei anche io dei ragazzi che le ciondolano attorno-. Dissi, lei rise, di nuovo poi però mi fece sentire una merda.
-no, di ragazzi non ne ho, James si preoccupa per altre cose ben più gravi-
Avevo toccato un tasto dolente, non avrei dovuto farlo e rimasi in silenzio, non sapendo cosa dire poi lei disse che avevo arredato la casa molto bene.
-grazie, un po’ di mio dovevo metterci- risi
-e la morosa dove sta?- indagò curiosa
-morosa?- risi di nuovo
-deve trovare ancora quella giusta- urlò Matt dall’altro capo della stanza, ridemmo tutti
-non si origlia coglione- dissi di rimando e facendo cenno a lei di tornare di là.
Però l’ho fatta ridere più di una volta ed era un segno positivo, no?


-bene, adesso parliamo di cose serie- dissi e tutti si ammutolirono di colpo, non mi ero immaginato che mi avrebbero cagato subito, beh bene così.
-James, io e i ragazzi abbiamo una band, gli Avenged Sevenfold, solamente che ci manca un batterista, il prossimo anno, nel settembre del 2003 intraprendiamo il warped tour e ci chiedevamo se volevi far parte del gruppo-
Jimmy rimase di sasso, non si aspettava di certo una proposta,mi fissò a bocca aperta e poi Angelica intervenne.
-Jimmy, stamattina ho trovato Brian sul pianerottolo mentre tu suonavi e gli ho spiegato che cos’erano quei rumori che sentiva, eri tu che suonavi la batteria elettronica-
Guardò prima me poi la sorella e poi di nuovo me, per poi alla fine posare di nuovo lo sguardo sul volto della sorella
-Angelica, non posso-
-è il tuo sogno no?-
- si ma tu? Lo sai che abbiamo degli impegni-. Disse e lei ci pensò un momento
-fallo, è il tuo sogno, troveremo il modo di cavarcela-
Pensò un attimo e intervenni io.
-possiamo accordarci per le prove, cioè ognuno ha degli impegni, ce la caveremo con le prove e poi noi abbiamo già buttato giù qualche cosa e u devi solamente preparare la base della tua parte e provare-
-non lo so ragazzi- rispose amareggiato.
-Jimmy, e dai è il tuo sogno, e finalmente che ti si presenta l’opportunità tu non sprecarla, non eri tu che dicevi che la miglior cosa da fare è seguire i propri sogni? Questo è il tuo, quindi accetta o non ti parlo più- disse Angelica e mi fece l’occhiolino.
James rise, e accettò contento però spiegava che non aveva una batteria, ma Johnny lo rassicurò.
-abbiamo tutto noi, stai tranquillo, tu vedi solo di portare il tuo fondoschiena a prove e basta- ridemmo e brindammo.
-agli Avenged Sevenfold- e ci scolammo la birra, tranne Angelica, lei la coca, ma era lo stesso, bastava che fosse lì assieme a noi.

 

 

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Capitolo 7
*** Happiness ***


VII
 

I’m going to take my time
I have all the time in the world
To make you mine
It is written in the starts above*

 


Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach, iniziammo le prove come una vera band, basso, batteria, voce e chitarra però mi stavo anche innamorando di una ragazza.


-a quando le prove?- mi chiese Jimmy uscendo di casa e recandoci a portare sotto la spazzatura,aveva una maglietta stropicciata e un paio di ciabatte consumate ai piedi, noi che io in casa fossi messo meglio dato che andavo in giro a petto nudo, scalzo e in boxer, talvolta la mattina presto quando il condominio era in vacanza scendevo anche così a prendere la posta, ero a casa mia pur condividendola con altri, ma non mi importava gran che, alla fine tutti vedevano uomini in boxer, no? 
-di solito le facciamo il venerdì, sabato e domenica o di sera, quando capita, però forse ora sarebbe meglio iniziare a fare le cose in modo più serio e a stabilire un orario fattibile per tutti- dissi trattenendo un grande sbadiglio, mi ero alzato pochi minuti prima e mi ero anche svegliato tardi, se non mi fossi dato una mossa sarei arrivato tardi al lavoro, cosa che non potevo permettermi dato che quel giorno Chad non c’era, essendo via con la fidanzata.
-okay-
-domani alle 15 sei libero?-  chiesi
-certo-
-bene allora ti porto a prove, la batteria ce l’abbiamo l’unica cosa è che devi portarti le bacchette-
Giungemmo al primo piano e gettammo i sacchi nei bidoni.
-certo capo- ridemmo, poi lo salutai e feci per andare a lavoro quando mi prese per la manica per fermarmi.
-può venire anche Angelica?- mi trattenni dalla felicità.
-certo- e sorrisi cercando di trattenermi dal non sorridere troppo, lui mi ringraziò e tornò verso le scale.
Quindi domani ci sarebbe stata anche Angelica, avrei potuto parlarle e scoprire qualche cosa di lei, magari cercare di farmela amica.
Durante il tragitto non feci altro che pensare a lei e al fatto che domani l’aria della vecchia casa accanto alla villa dei miei, con cui non parlavo da due anni, sarebbe stata impregnata del suo buonissimo odore di menta. Mi immaginai una scena, lei seduta su una sedia con una coca in mano e io lì con gli altri a fare mitici assoli, lei che rimaneva incantata e si innamorava di me.
Sorrisi come un coglione tanto che andai a sbattere contro un palo e caddi per terra.
-devi stare attento ragazzo- mi disse un vecchio che teneva sotto mano un giornale, mi alzai massaggiandomi la testa e riprendendo a sorridere.
Ma allora ero davvero coglione eh
-ho lasciato la testa a casa-
-eh si vede, qualche bella ragazza ci scommetto-
Risi facendo un cenno di sì col capo, i vecchi qua in paese erano cordiali e simpatici e sapevano sempre come passare le giornate nonostante l’unica attrazione di Hutington Beach fosse l’immensa spiaggia e le onde per fare surf.
Salutai il vecchio e corsi verso il bus che stava per ripartire ma vedendomi correre si fermò aprendo le porte, salutai il conducente e attesi la fermata.
Angelica mi stava facendo andare fuori di testa, non era possibile. I suoi ricci, le sue gambe, i suoi occhi e le lentiggini e poi quei bellissimi ricci. Che voglia di toccarle quei capelli e baciare quelle belle labbra carnose e tenerla per mano.
Forse quello che provavo non era un semplice desiderio di scoparmela, ma semplicemente mi piaceva, non ne ero innamorato, almeno credo, mi piaceva, m i piaceva e anche molto.
Forse me ne stavo innamorando.
Non ne ero innamorato, ma ero nella fase dell’innamoramento.
Chissà lei cosa pensa di me.
Le piacevo? Le facevo schifo? Avevo una misera possibilità?
Lei era così bella.
Tutte le mie sicurezze stavano vacillando per una ragazza che conoscevo a malapena.
Se mi avessero chiesto fino a qualche settimana prima se avevo una ragazza rispondevo che ero giovane che dovevo ancora giocare e sperimentare.
Con quella frase volevo intendere che mi trombavo tutte le ragazze che ci stavano e non mi importava perché sono giovane e impegnarsi comportava un grande impegno, ma ora come ora tutto vacillava, volevo Angelica e non per farmela ma la sua sola compagnia mi faceva stare bene, era diversa da tutte le altre, non sapevo spiegare il perché. Era così e basta.

 


Arrivai al negozio, lo aprii e sistemai gli scaffali e i vari CD  e vinili, il tempo passò in fretta cercando di concentrarmi su ciò che facevo e non pensare ad Angelica, non fu una giornata abbastanza impegnativa anche perché si stava avvicinando ferragosto e tutti erano in vacanza da qualche parte negli USA o in Europa.
Magari le persone stavano mangiando la pizza sotto qualche tendone in Italia, o la paiella nei raffinati ristoranti di Barcellona o al fresco in Canada.
Comunque, ovunque basta non ad Huntington Beach, la città sì si popolava di visitatori, ma a tutti importava solamente della spiaggia e i veri cittadini erano altrove.
Beati loro.
Passai il pomeriggio al lavoro, la sera a mangiare una scatoletta di tonno e la notte a provare gli accordi delle canzoni che avevamo provato a scrivere. Non dovrei usare il plurale dato che sono due e non sono nemmeno complete, ma va beh.
Mi canticchiai a mente le parole composte da Matt e intanto le mie dita scorrevano veloci passando da una nota all’altra e sorridendo per Angelica, era nei miei pensieri non potevo farci niente. 
Il giorno dopo l’avrei conosciuta meglio, promesso, chiesto quali erano le sue passioni, le sue ambizioni e tutto. Volevo conoscere ogni minimo dettaglio della sua vita e cercare di evitare di fare figuracce.
L’indomani andai al lavoro, lavoravo solo metà giornata e il pomeriggio avrei accompagnato Angelica e Jimmy a prove.
Alle tre in punto suonai alla loro porta e una voce, quella suadente, di Angelica, mi disse di entrare.
-permesso- dissi cortesemente ed entrai chiudendo alle miei spalle la porta.
-ciao- salutai Jimmy che apparve dal bagno asciugandosi i capelli con un asciugamano.
-ciao Brian, chiediamo scusa se siamo in ritardo, ma stamattina eravamo all’ospedale e abbiamo fatto tardi.- si scusò. Era a torso nudo, i capelli che gocciolavano acqua, non aveva addominali scolpiti, ma era in forma ed era alto (un metro e novantadue) e sembrava un gigante. Aveva un bel fisico;
-è tutto okay?- chiesi
-sisi tranquillo- intervenne Angelica sbucando da una porta e gettando un’occhiataccia a suo fratello. – io sono pronta- disse rivolgendosi a me con un sorriso, i capelli legati, una canotta bianca e un paio di short verdi.
-un minuto e ci sono anche io- rispose James infilandosi i pantaloni e una maglietta presa alla rinfusa dall’armadio e afferrando le bacchette al volo.
Uscimmo, lei chiuse la porta e ci avviammo insieme verso il garage, per una volta avrei preso la macchina e fatto la strada secondaria, meno trafficata e più scorrevole.
-se non volete venire in macchina potete prendere il bus tre e fermare alla terza fermata e girando questo angolo, siete arrivati- dissi svoltando appunto nell’angolo e una via lunga apparve davanti a loro.
-la prima casa- dissi parcheggiando nel vialetto - ci andavo da piccolo a giocare, è abbandonata e la vorrei comprare e ristrutturarla, per ora è messa sì a posto, ma la usiamo come sala prove e ogni tanto restiamo a dormire qua io e i ragazzi. È fuori e non disturbiamo nessuno, a parte i miei che abitano lì accanto- e indicai una villa rosa con i fiori alle finestre –ma più confusione facciamo meglio è, quindi Jimmy pesta più che puoi con la batteria.
-che batteria avete?- chiese abbassando il capo per entrare dalla porta.
-una pearl con doppia cassa e un assai numero di piatti di tutte le marche- risposi – l’abbiamo trovata in saldo e i piatti li abbiamo presi alle varie fiere di musica del paese, non è brutta no?-
Jimmy la fissò, non aveva mai avuto una sua batteria vera mi spiegò sua sorella e vederla lì lo aveva emozionato, si sedette e fece un minuto di puro casino con la batteria.
-è perfetta- disse e sorrise facendomi sorridere a mia volta, sembrava un bambino che ha appena avuto un regalo. In quel momento non aveva 21 anni, ne aveva 6 ed era nel pieno dell’infanzia.
Johnny e Matt apparvero dopo cinque minuti e stranamente non ero io quello in ritardo, feci accomodare Angelica su una poltrona che era nella mia camera quando ero adolescente e che ora avevo portato qua in quanto nel mio appartamento non ci stava.
Jimmy ascoltò le due canzoni che avevamo provato a scrivere, non erano male e disse che ci avrebbe lavorato in quei giorni e che sperava ce l’avrebbe fatta per la prossima settimana in quanto aveva da fare anche col lavoro.
-non sapevo che lavorassi- dissi sorpreso – cosa fai?-
-come credi che mantenga me e mia sorella? – rise – comunque faccio il cameriere in un ristorante sulla costa, pagano bene e avevano messo una buona parola per me, è abbastanza agiato come posto e la paga è più che buona, ci permette di arrivare a fine mese e mettere qualche cosa da parte-
-e tu Angelica?- chiese Johnny
- leggo, guardo la tv e vado in giro a fare fotografie- rispose.
-foto?- disse Matt sorpreso
-si, amo la fotografia, ho fatto un corso anche per perfezionarmi e adesso faccio foto a tutto ciò che capita e le raccolgo, è una sorta di album della vita.
-e perché non ce l’hai ancora fatta a noi?- dissi
-dai tempo al tempo e avverrà anche questo- mi rispose facendomi l’occhiolino.
Riprendemmo a suonare e in James inseriva dei groove e fill e se li annotava su un quaderno, era molto concentrato.
Dopo un’ora e mezza decidemmo di fare una pausa e andai a prendere le birre nel frigo e tirando fuori anche una coca per Angelica, mi sedetti accanto a lei, sul bracciolo della poltrona porgendole la lattina.
-come mai fotografia?-
- l’ho sempre amata, fin da piccola, mi piace raccogliere le foto di qualche cosa di speciale in modo che col tempo non venga persa o dimenticata, anche cose banali come un fiore perché è una cosa unica e speciale e uno identico non riapparirà più.-
-pretendo la foto anche con me-
-certo capo- rispose ridendo, facendomi sorridere come un coglione.
-poi cos’altro ti piace?- Chiesi
-intendi di hobby?- chiese inclinando la testa
-si-
-ascoltare musica, guardare serie tv, uscire e stare in mezzo alla natura e poi beh, non saprei- rise
-perché in mezzo alla natura?-
-perché mi rilassa, da piccola a casa mi arrampicavo di notte sul tetto e guardavo le stelle, mi sentivo così piccola, perché se ci pensi noi non siamo nulla in confronto all’universo e poi è rilassante-
Sapevo dove portarla, a un paio di miglia da qua c’era una collina che ci arrivavi in macchina, vedevi la città dall’alto e le stelle, era romantico e bellissimo e lontano dal rumore della città.
Passammo così il pomeriggio e parte della serata, poi decidemmo di tornare a casa e ci saremmo rivisti la prossima settimana in quanto nel week end Johnny andava dai genitori e Matt portava la morosa in vacanza, molto romantico da parte sua.
-io ci lavoro su e dovrei farcela- disse Jimmy
-grazie-
-ma i nomi delle canzoni?- chiese il batterista perplesso avendo scritto come titoli “canzone 1” e “canzone 2”
-oh si giusto- disse Matt – la prima, è Streets e la seconda è An Epic Of Time wasted-
-ottimo, grazie- rispose Jimmy
-bene gente, noi ce ne andiamo- dissi facendo segno ai due fratelli di uscire dalla porta.
Ce la stavamo facendo, dovevamo lavorare ad altre canzoni e migliorarle fino a farle perfette, ma però la base c’era e potevamo farcela.
Dovevamo farcela.

 

 

 

*la canzone è presa dal testo di IT’S NO GOOD dei DEPECHE MODE

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Capitolo 8
*** Music Is Great When It Makes You Who You Are ***


VIII
 

I’m too weird to live, but much too rare to die

 


Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach, alla band mancava qualche cosa, un tocco di magia che non sapevamo dove trovare.

 

-manca qualche cosa- dissi sorseggiando la birra nel fresco salotto dell’appartamento dei Sullivan
-che cosa manca?- chiese James ridendo – abbiamo un basso, un cantante, un chitarrista e il sottoscritto alla batteria, cosa vuoi di più dalla vita?-
-non lo so … è che non mi convince propriamente, nel senso è tutto perfetto o quasi, ma manca un niente per essere proprio il top, non so se mi spiego-
Guardai Jimmy, era un mese che provavamo insieme, un mese che lo conoscevo, ma ormai sapeva già tutto di me, con lui era facile aprirsi e parlare, ti sapeva ascoltare, era come Johnny solamente che era più attivo e meno smidollato, senza offesa per il bassista ovviamente.
-cosa vorresti fare?-
-non lo so ancora-
Mi fissò per un po’ poi cambiammo discorso, era domenica pomeriggio dei primi di settembre e mancava un anno esatto al Warped Tour, ero più che contento, solamente che dovevamo impegnarci tanto.
In quel mese passato, avevo conosciuto più a fondo Angelica e me ne stavo davvero innamorando, era bellissima sia esteticamente che caratterialmente e mi convincevo sempre più che volevo stare con lei, ma come dirglielo? Non volevo fare la figura dell’idiota andando lì e dicendo “ehi ciao, sai che ho una cotta per te da quando ci conosciamo? Prima volevo solo portarti a letto, adesso no è un sentimento più forte” no che non andava bene.
Angelica aveva trovato lavoro al Centro Sociale di Huntington Beach, passava il pomeriggio con gli anziani e si divertiva e a tempo perso faceva la fotografa anche se avrebbe voluto farne un vero e proprio lavoro, ma aspettava il momento giusto.
-momento giusto?- le chiesi un giorno di fine agosto
-beh si, quando non avrò più certi problemi e sarò più libera- mi aveva risposto, lei parlava sempre di “certi problemi” che però non aveva mai approfondito e questo mi preoccupava abbastanza perché non sapevo di cosa si trattasse, di certo ero sicuro che sarebbe rimasta qua sennò Jimmy non avrebbe accettato di entrare nella band, o almeno spero. Jimmy mi aveva spiegato che i loro genitori erano morti alcuni anni prima a causa di un incidente e che erano rimasti soli, per loro non era stato un grande colpo in quanto non avevano un buon rapporto, sua madre era disoccupata e passava il giorno tra gli alcolici, mentre suo padre era un camionista che quando non guidava, fumava e beveva, inoltre non parlavano molto, il padre picchiava i figli i quali non li avevano mai denunciati, poi i signori Sullivan erano andati in banca a riscuotere del denaro e tornando a casa non si erano fermati al semaforo e un camion aveva distrutto la macchina. Erano morti sul colpo. Nonostante ciò i figli avevano continuato ad andare avanti con i soldi che gli venivano garantiti dallo stato e con i lavori  che facevano, ma tutto ciò non bastava per sostenere le spese dell’ospedale, e lì non continuò.
-c’è qualche problema?- chiesi quando mi parlò della sua famiglia e delle spese dell’ospedale.
-no … - disse troppo in fretta, poi mi guardò, sospirò e disse – si, dobbiamo andare spesso all’ospedale per dei problemi-
-gravi?-
-abbastanza-
-mi dispiace- risposi sinceramente in attesa che mi dicesse quali erano i problemi.
-Dio a volte non è proprio buono con tutti, a volte la vita ha degli ostacoli che sono duri da sorpassare- mi disse e capii che la conversazione doveva chiudersi lì. 

Mi divertivo con Angelica, la facevo ridere e lei ogni volta che poteva veniva a prove e usciva assieme a tutta la band, si trovava bene e andava d’accordo anche con Hannah, la fidanzata di Matt, non erano nemmeno tanto diverse caratterialmente.
Se mai mi ci sarei messo assieme, Hannah avrebbe organizzato di sicuro un uscita a quattro, conoscendola.
Man mano che passava il tempo scoprii i suoi gusti, le piaceva il colore nero, le stelle, la natura in generale, e amava la fotografia. Preferiva le stagioni di mezzo come l’autunno e la primavera, le piaceva andare al mare , ma non troppo, preferiva leggere un buon libro invece che passare la giornata sul divano e amava uscire e non aveva avuto un solo ragazzo con cui era finita abbastanza male, ma non aveva accennato ad altro riguardante il suo ex.
Ogni tanto la sfioravo e quando la sfioravo il mio cuore batteva all’impazzata, una sera al locale aveva fatto una battuta ironica su di me per scherzare e io l’avevo presa, stretta al petto e cominciato a farle il solletico, quella notte non avevo dormito un cazzo perché nella mente ripensavo solamente alla bellissima sensazione di lei contro di me.
Il cuore è andato a farsi fottere.
Già.

-stasera usciamo?- chiese The Rev facendomi tornare con la mente al presente, avevo divagato con i pensieri sul mese appena trascorso ed ero rimasto a fissare il vuoto, cosa che nell’ultimo periodo mi capitava spesso. Meditai sulla proposta di Jimmy, il giorno dopo avrei dovuto lavorare e gli altri non sarebbero venuti, ma d’altro canto potevo passare una serata fuori invece che restare chiuso in casa, sul divano a guardare la tv da solo.
-ma gli altri non ci sono- dissi
-usciamo solo noi due-
-e Angelica?-
-è stanca la lascio dormire-
-okay-  e accettai, forse avrei scoperto qualche cosa in più su Angelica e poi mi avrebbe fatto bene stare un po’ fuori, stava per iniziare una nuova settimana e non sarei potuto uscire fino al venerdì, quindi okay, vada per l’uscita con il batterista.


Uscii di casa verso le 22, dopo essermi fatto una doccia, un piatto di pasta e un sonnellino breve sul divano. Andai a bussare a casa Sullivan, sperando che mi aprisse la porta Angelica dato che in tutta la giornata non l’avevo nemmeno mai vista, ma sperai invano in quanto mi aprì Jimmy che uscì velocemente senza aspettare,mi salutò, chiuse la porta e ci avviammo per le strade arieggiate di Huntington Beach dei primi di settembre.
-dove andiamo?- mi chiese Jimmy
-in un locale che conosco io, ci lavora un mio amico e mi pare che oggi sia la serata di musica, la fanno due volte al mese e ogni tanto vado a sentire le band emergenti locali, non si sa mai che diventino famose e un giorno possa vantarmi di essere stato uno dei loro primi spettatori-
Ridemmo emi chiese se avevamo mai suonato nei locali.
-si, avevamo fatto un paio di esibizioni con delle cover, eravamo ancora alle basi e lo facevamo per puro diletto e nel ’99 per un paio di mesi abbiamo avuto un batterista, che poi per motivi di studio se ne andò in Florida e da quel momento siam rimasti non tre e non abbiamo più potuto esibirci appunto a causa dell’assenza del batterista.-
-mi spiace-
-ma va, adesso abbiamo te, e davvero, è la cosa migliore che ci sia mai capitata in tre anni di formazione, vedrai spaccheremo il culo a tutti-
The Rev rise e aggiunsi che ogni tanto nei due anni scorsi ero andato a suonare con la chitarra in alcuni locali fuori dalla zona perché faticavo a pagare le spese e le tasse, poi Chad mi aveva aumentato lo stipendio e ora non servivano più.
-beato te, noi invece arriviamo a stento, nonostante sia poco più di un mese che abitiamo qua, agosto è stato abbastanza duro e non ci è rimasto un soldo-
-se hai bisogno chiedi- dissi sinceramente
-non mi permetterei mai-
-siamo amici no? Gli amici si aiutano- e gli sorrisi, lo avrei aiutato anche perché so cosa voleva dire essere senza soldi e senza famiglia.
Girammo a destra e arrivammo al locale del mio amico, entrammo e andai direttamente al bancone per prendere due birre e presentargli James. Trovai il mio amico seduto ad un tavolo con una chitarra in mano e una birra accanto.
- Zackary Vengeance, vorrei presentarti James The Rev Sullivan, il nostro nuovo batterista-  dissi tutto contento.  Zacky si girò e si alzò in piedi raggiante.
-Piacere! Sono Zackary o Zacky- e gli strinse la mano
-ciao sono Jimmy –
E ci sedemmo al tavolo con lui; Zacky suonava la chitarra ma non l’avevo mai ascoltato, era abbastanza riservato su certi argomenti.
-come mai con la chitarra?- gli chiesi
-mi esibisco-
-wow era ora che lo facessi-
Lui sorrise e guardò il palco, stava cantando una ragazza di 20 anni, vestita di nero con delle calze a rete, i capelli raccolti e molto sensuale, sarebbe stato bello portarla a letto e farci un pensierino, ma evitai essendo in compagnia di Jimmy e perché il cuore era rivolto ad un'altra persona.
Parlammo per un po’ del più e del meno e poi Zacky ci lasciò, era il suo turno.
Andò un pochino impacciato sul palco e si presentò.
-buonasera, sono Zackary Vengeance e come la maggior parte di voi sanno sono il barista di questo bar- un applauso partì dalle persone tra cui me e James. – stasera suono due canzoni, nothing else matter dei Metallica e sweet child o mine, dei Guns-
A quel punto partì la base della prima canzone e io urlai “VAI ZACKY”  e lo vidi sorridere.
Suonò e a quel punto mi paralizzai. Le sue mani scorrevano veloci sulla chitarra, erano pulite, senza errori e perfette, mai niente di sbagliato. Tutti lo ascoltavano e nessuno fiatava, era bravissimo. Non l’avevo mai sentito suonare prima d’ora e a quel punto capii.
Era una magia quel chitarrista che suonava il suo strumento per passione e per passare il tempo, la sua chitarra era magica, le note erano magiche, lui era magico.
Era quel tocco in più che mancava alla band.
Lui sarebbe stato il quinto degli Avenged Sevenfold.

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Capitolo 9
*** Damned Alone ***


IX
 

Fight for honor, fight for your life
Pray to God that our side is right



Mi chiamo Angelica e ho 17 anni e ho perso entrambi i genitori anni fa, non ne sento la loro mancanza, erano cattive persone e nonostante siano coloro che mi hanno dato la vita, non mi mancano per nulla.
Anzi sono contenta che siano morti.
Adesso ho mio fratello, solo lui, James. James è tutta la mia famiglia e non chiedo altro, gli voglio un bene dell’anima e mi ha cresciuta e tenuta d’occhio, senza farmi mancare nulla. Lui è la mia famiglia, tutto di quello che ho bisogno.
17 anni e un piccolo problema di cui sono affetta, per questo sono costretta ad andare in ospedale, questo piccolo problema, non è tanto piccolo, è abbastanza grave, ma lo sto curando e tenendo sotto controllo, non voglio che mi rovini la vita più di quanto i miei genitori abbiano già fatto. L’unico che ne è a conoscenza è Jimmy e mi aiuta ad affrontarlo, nonostante ho qualche ricaduta ogni tanto.
Il mio problema deriva da mia madre, è colpa sua se ne sono stata vittima, me lo ha trasmesso e per questo la odio, non poteva farmi più male di così.
Dio non sa nemmeno quando odio provo per lei. Ho cancellato tutti i ricordi che avevo di lei, non se ne è salvato uno, mio fratello dice che mi amava, ma non gli credo.


James suona la batteria, starei ore a sentirlo picchiare con le bacchette sui tamburi, non so il perché ma mi rilassa, lo fa da quando aveva 5 anni, mi ha tenuto sempre compagnia e mi rilassa, quando sono in ansia o nervosa e lo sento suonare, tutti i miei problemi se ne vanno. Ha dovuto vendere la sua batteria per pagarmi le visite mediche, così per il natale passato ho fatto un concorso fotografico istituito da un parroco del paese dove abitavamo prima e ho vinto un po’ di soldi con i quali ho comprato una batteria elettronica economica per riprendere a suonare.
Quando gli ho mostrato il regalo, prima rimase allibito poi mi abbracciò forte. Non sono mai stata più contenta in vita mia, vedere il suo sorriso è stata una scossa che mi ha ridato vitalità.
Una cosa che mi piace da morire è la fotografia, fotografo ogni cosa: dalla posizione dei bicchieri a tavola alle persone che si baciano nel parco, poi le sviluppo e le raccolgo, una volta mi hanno chiamata per un servizio ad un matrimonio perché avevano visto le foto su un blog, ma ho dovuto rinunciare a causa del mio problema.
Mamma ti odio.
Ora come ora esco ogni tanto, magari con i ragazzi e faccio loro qualche foto senza che se ne accorgono, sono troppo presi dalla musica per notare me, anche se Jimmy le ha viste le foto e mi ha detto che sono molto belle, chissà se mi chiederanno di diventare la loro fotografa, lo spero. Una volta però ho dovuto cancellare una foto, Jimmy l’aveva vista e aveva sorriso, con la coda dell’occhio avevo sbirciato e ho scoperto che fissava la foto di Synyster.
Avevo fotografato Brian in una bellissima posizione, ovviamente lui non se ne era accorto, ma amavo quella foto, era una piccola opera di cui andavo assai fiera. La foto ritraeva Brian seduto sulla poltrona con la chitarra accanto e la birra nella mano destra, aveva i capelli scompigliati e un ciuffo gli ricadeva negli occhi che con la mano sinistra si stava spostando, aveva un bellissimo sorriso, mi ricordo perfettamente quel momento, era la terza volta che facevano le prove e l’autunno era alle porte, infatti dietro di lui c’era la finestra dal quale si intravedeva un albero ormai non più verde come lo era qualche settimana prima, le foglie erano alcune a terra e altre si reggevano a stento al ramo dell’albero che si preparava ad affrontare l’inverno di Huntington Beach.
Però non l’avevo cancellata del tutto, il computer era riuscito a recuperarla, non ero mai stata più felice.

 

-Angelica?-
-Dimmi Jimmy- risposi dalla cucina mentre stavo preparando la cena.
-come ti trovi con i ragazzi?- chiese curioso.
Smisi di affettare il sedano e mi girai, guardando verso il salotto, mio fratello stava ancora fissando la televisione.
-bene, perché?- domandai
-così-
-okay-
E tornai alle mie faccende.
-che ne pensi di Brian?-
-in che senso?- chiesi spalancando gli occhi, poi scossi la testa e cercando di essere il più naturale possibile attesi la risposta sua.
-è un bel ragazzo, no?-
-abbastanza, forse un po’ troppo spavaldo e sicuro di se-
-okay-
Non toccammo l’argomento Brian per il resto della serata, ma nella mia testa rimuginava il pensiero di quanto fosse bello e di come i suoi tatuaggi fossero come scolpiti apposta per la sua pelle in modo da risaltare i muscoli.
E poi la bandana che portava al capo, lo faceva sentire naturali e non legato a nessuno, indipendente. Brian era Brian e non me lo sarei mai immaginato in modo diverso.
No, non ne ero innamorata o quant’altro, l’amore non era permesso nella mia vita, a causa della mia condizione, del mio problema, non potevo legare in modo stretto con nessuno, già ne era di mezzo mio fratello, e una persona ne era già abbastanza, non volevo far soffrire altre. Chissà poi un ipotetico fidanzato, stroncato dal dolore a causa del mio “problema” . che schifo di vita vivere così, senza poter amare o poter essere ricambiata, sarei rimasta sola.
Sola.
Dannatamente sola.

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Capitolo 10
*** In Fate's Hand ***


X
 

You could be the one who listens to my deepest inquisitions
You could be the one I’ll always love




 


Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach, finalmente la band era al completo e il mio sogno si stava realizzando.




 

Matt Shadow alla voce.
Zackary Vengeance alla chitarra.
James The Rev Sullivan alla batteria.
Johnny Christ al basso.
Synyster Gates alla chitarra.
Eravamo al completo, la band c’era, il sogno e la passione anche, bisognava solo provarci e riprovarci fino a che i brani non sarebbero venuti fuori. 
Cercavamo di far coincidere gli orari, non era facile farlo, c’era chi aveva il lavoro, chi aveva problemi in famiglia e nell’intermezzo di una cosa e l’altra dovevamo fare anche le prove, scrivere i testi e comporre la musica. Ce la potevamo fare, dovevamo farcela.
Angelica ci dava una mano, per quel poco, ci teneva su il morale e ci dava spunti per i testi e poi ci scattava foto.
-Angelica?-
-dimmi Brian- mi rispose sorridendo e voltandosi verso di me, dio sentii un’esplosione, sorrisi come uno scemo e le parole non mi vennero, la stavo fissando inebedito e lei mi guardava. Quei bellissimi occhi nocciola, i capelli scuri, la maglietta attillata dei dream theater e una gonna di jeans con le calze invernali. Ai piedi portava un paio di converse alte rosse e i capelli erano legati in una coda e qualche riccio le ricadeva sulla spalla.
-Brian?- mi chiamò Matt cantilenando il mio nome, e sventolandomi la sua mano davanti al mio viso.
-eh si ecco- mi ripresi velocemente, tutti si erano accorti che i ero imbambolato a fissarla, ma cercai di non darlo a notare, come se non fosse successo nulla.
-perché non diventi la nostra fotografa ufficiale?-
-non sono così brava- rispose imbarazzata, Jimmy rise ma non disse nulla.
-e dai, dobbiamo averne una no? Sennò che band siamo-
-ma non sono granchè- si giustificò
-Angelica, non dire cazzate che sei bravissima- rispose il fratello
La ragazza sbuffò e sorrise, annuendo.
-va bene, dai poi non lamentatevi se gli scatti vi fanno schifo eh-
Annuimmo tutti.
Eravamo al completo, adesso avevamo pure la fotografa ufficiale.
Angelica si stava inserendo, e non ne potevo essere più felice.
Il prossimo passo sarebbe stato invitarla ad uscire o comunque passare un po’ di tempo con lei. Volevo conoscerla meglio e capire se mi stavo innamorando o volevo solo portarmela a letto.
Se era la prima ipotesi, beh nell’arco di breve tempo avrei dovuto darmi una regolata e cercare di capire se lei ricambiava o meno, se ricambiava ben venga avremmo potuto provarci, sempre se suo fratello non mi avesse ammazzato prima, se non ricambiava mi sarei dovuto adattare e andarmi a scopare le altre per dimenticarla.
Se volevo solo scoparmela, beh bene potevo scordarmelo perché Jimmy mi avrebbe amputato le braccia così non sarei più riuscito a suonare.
Però non mi era mai capitato di provare sentimenti così nei confronti di una ragazza, solitamente a 21 anni uno non si innamora davvero o almeno se sei uno come me, no, pensi solo a scopare e farti fare qualche lavoretto a basso, ma sta volta era diverso, nel mio io sapevo che non volevo solo trombarla e farmi fare qualche lavoretto, ma volevo qualche cosa di serio, senza pensieri riguardanti il sesso.
Forse mi ero presa una grande cotta per lei, forse mi stavo innamorando, alla fine era un mese che provavo questi sentimenti. Lei era arrivata ad agosto, siamo ad ottobre …
Dio che schifo.
Stavo cambiando totalmente.
Stavo cambiando per una ragazza, il Synyster Gates, forte e sicuro di sé, spavaldo, stava vacillando per i sentimenti che provava per una ragazza.
No, non poteva essere, non potevo innamorarmi.
Merda.
Che schifo.
Mi stavo innamorando.
Merda.
Sono fottuto.

 

 

 

-abbiamo un problema- questo era Matt che mi stava chiamando e nel frattempo stava correndo. Lui iniziava sempre così le conversazioni, mai un ‘ehi ciao tutto bene? No, andava subito al nocciolo della questione.
Solitamente lui non chiamava mai nessuno, chiamava di rado e se chiamava era per questioni urgenti. E questa era una questione urgente.
-arrivo da te tra tre minuti-
-ok-
E riattaccò. Matt odiava dare le brutte notizie via telefono, appena le riceveva si metteva a correre, mentre correva chiamava e avvisava che stava per arrivare a casa tua, normale no?
Solitamente lui veniva sempre da me, essendo migliori amici, e non prendeva mai la macchina, troppa poca strada e poi saresti rimasto imbottigliato nel traffico di Huntington Beach. Ormai sapeva tutte le scorciatoie e per venire da me impiegava al massimo 7 minuti.
Andai con calma ad aprire la porta, la lasciai spalancata e andai a preparare il caffè.
-eccomi- disse Matt col fiatone reggendo in mano un foglio
-ciao Matt- salutai inserendo il caffè macinato nella mocca.
-abbiamo un problema.-
-sennò non saresti qua- risposi andandomi a sedere accanto a lui – cosa c’è?-
-riguarda il warped tour-
Mi paralizzai, allora era davvero importante.
-mi è arrivata questa e-mail stamattina presto... –
-devo preoccuparmi?-
-abbastanza- disse lui amareggiato.
Presi il foglio dalle sue mani, era abbastanza stropicciato a causa della corsa, ma non mi importava e lessi.


Egregi, M. Sanders, B. Haner, Z. Baker, J. Seward
In merito alla lettera ricevuta alcune settimane fa da voi, abbiamo riscontrato alcuni problem, primo fra i quali la pubblicazione di nessun cd o ep, per partecipare al Warped Tour 2003-2004, dovreste avere almeno un demo pubblicato. Se per caso abbiamo errato in questa informazione e al contrario avete qualcuna delle cose richieste, saremmo lieti di avervi nel  tour con noi.
Inoltre il materiale deve essere inviato entro il primo febbraio 2003 e tutto il materiale che dovete fornirci è nella pagina 2.
Per chiarirsi meglio potete contattare il numero che trovate a fondo pagina.

Cordiali saluti.

 

 

-non siamo ammessi al warped tour- il mondo mi crollò addosso.
In questi mesi ci eravamo impegnati per buttare giù i testi, okay non ne avevamo tanti, eravamo a quattro, ma abbiamo fatti numerosi progressi.
-cosa facciamo?-
-niente-
-come niente?- chiesi esterefatto.
-vogliono che consegniamo il materiale entro il primo febbraio. Abbiamo 4 mesi e vogliono un minimo di 10 canzoni e quale inedito. Più della merce da far rivendere –
-merda-
-già-

 

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Capitolo 11
*** But Our Life Is Made Up By Choises ***


XI
 

While looking for the answers
Only questions come to mind




 

Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach e la vita è fatta di ostacoli più o meno difficili e impegnativi che devono essere affrontati. Solo così si impara a vivere.





-e adesso cazzo facciamo?- Johnny si teneva la testa tra le mani, si era impegnato, aveva fatto di tutto per mettere le basi di basso, aveva lavorato giorno e notte per quelle quattro canzoni che a stento avevamo faticato a mettere in piedi.
-o rinunciamo oppure non lo so, anche perché scrivere una 10 di canzoni in quattro mesi è molto difficile, poi dobbiamo anche trovare una sala prove per registrare e fare i cd e qualche altra cazzata da vendere- disse Matt
-davvero vuoi rinunciare ad un sogno?- chiesi
-no, ma non vedo altra soluzione – disse
Angelica stava seduta sul tappeto a scrivere su un quaderno piccolino che le stava in borsa, l’aveva sempre con sé, come la macchina fotografica, non se ne separava mai. Su quel quaderno non avevo la minima idea di cosa ci scrivesse, non lo sapeva nemmeno suo fratello. Poi da quello che avevo compreso, lui non si voleva intromettere troppo nella vita di lei, voleva lasciarle i suoi spazi e se aveva problemi sapeva che si poteva confidare tranquillamente.
-qualche idea?-  dissi
Tutti scossero  la testa, Jimmy fissava fuori.
-perché non proviamo a chiamarli e chiedere il materiale necessario?-
-l’hanno già scritto nella mail- rispose Matt secco
-si, ma magari gli inediti e il materiale si può portare più tardi rispetto al demo- disse il batterista.
-okay- acconsentì la voce – chi chiama?-
-faccio io- mi proposi.
Tirai fuori  il telefono dalla tasca e composi il numero che Matt mi indicava col dito dal foglio.
Feci partire la chiamata, il cuore mi stava battendo velocemente, e se non avessero risposto?
-salve, siamo i coordinatori del warped tour-*
-salve vorremmo parlare con i responsabili del materiale necessario alla partecipazione- dissi mettendo in vivavoce in modo che sentissero tutti, i quali si avvicinarono silenziosi senza far rumore.
-si un momento, la metto in linea-
Attesi un minuto, intanto una musica allegra ci teneva compagnia.
-si?- rispose una voce maschile, sembrava appartenesse ad un uomo sulla quarantina, magari obeso e con gli occhiali, quei tipici uomini che pensano solo a mangiare.
-salve, siamo gli Avenged Sevenfold, ieri ci è arrivata una lettera nella quale ci dite che è necessario del materiale di base per partecipare al tour-
-esatto-
-ci potrebbe spiegare?-
-semplicemente dovete presentare entro il primo febbraio un demo, se non ce l’avete già, scegliere delle canzoni che rientrano in 40 minuti, oltre a ciò dovete portare delle canzoni inedite in modo che se vediamo in voi qualche possibilità futura vi lanciamo sul mercato e vi proponiamo a delle case discografiche. –
-tutto ciò entro il primo di febbraio?-
-si e no, la demo si, gli inediti potete tranquillamente lavorarci fino a giugno 2003, poi dovete consegnarli a noi assieme alla merce che volete rivendere-
Rimasi in silenzio a meditare sulle parole, a quel punto intervenne Johnny che chiese cosa sarebbe successo se non avessimo portato la demo in tempo.
-semplice, non sarete convocati al warped tour di quest’anno, ma non vi garantisce un posto in quello futuro-
-okay grazie mille- ringraziai.
-si figuri- e riattaccai. Rimasi in silenzio, tutti rimanemmo in silenzio. Nessuno sapeva cosa dire, io per primo. Le cose erano due: o mettersi sotto e pubblicare il demo o rinunciare e tentare il prossimo anno.
Tutti volevamo partecipare al tour, ma come avremmo fatto a organizzarci per il lavoro e i vari impegni? Dovevamo lavorare per vivere e ormai nessuno viveva più con i genitori, okay qualche soldo potevano darlo, ma non vivere di loro, abbiamo 21 anni non 18.
Dovevamo trovare una situazione.
E anche in fretta.



 

-quindi?- chiese Zacky rimasto silenzioso fino a quel momento
- non lo so – disse Matt
Silenzio di nuovo, odiavo il silenzio, non sapevi cosa stavano pensando gli altri. E se volevano abbandonare? No, non potevano. Era il sogno di tutti noi, lo avevamo fin da bambini e non potevamo farcelo sfuggire così, alla cazzo via.
Silenzio.
Cazzo.
Silenzio ancora.
Passarono i minuti e nessuno parlava.
Poi la voce soave di Angelica risuonò nella stanza dove avevamo gli strumenti.
-fatelo no? Almeno provateci, okay dovete metterci tutto il vostro impegno, ma suonare dal vivo in un tour è il sogno di ognuno di voi no?-
Annuimmo.
-mi ricordo quando io e James eravamo piccoli, lui ha iniziato a suonare la batteria a 5 anni, quando ne aveva 10, io ne avevo 6 e lui parlava che voleva diventare un batterista famoso, conosciuto in tutto il mondo e non si è mai smosso da questa idea, l’ha sempre coltivata e noi ne abbiamo avuti e ne abbiamo di problemi, ne sono consapevole ma anche io ho sempre cercato di non farglieli gravare, facendo la mia parte e prendendomi delle responsabilità, infatti ho lasciato scuola appena ho potuto e mi son data alla fotografia, per pagare le visite all’ospedale ha venduto la sua batteria e l’anno dopo gliene ho presa una elettrica con i soldi vinti in un concorso, appena l’ha vista gli è apparso un sorriso che nemmeno un bambino di 3 anni quando gli regalano un peluche nuovo. Quindi se il vostro amore per la musica è come quello di Jimmy con cui ho convissuto fino a oggi, beh fatelo, perché per una passione si farebbe di tutto-
A quel punto Jimmy si alzò dal divano e la abbracciò, erano così belli assieme.
-ti voglio bene sorellina-
-anche io Jimbo- e lui le scompigliò i capelli.
Riflettei sulle parole di lei, prima sul fatto che doveva pagare le visite all’ospedale, poi sull’amore per la musica.
Quindi era malata ed era grave o forse è tutto passato? Adesso sta meglio? ora come ora vedendola così direi di si, ma cosa ne so io? Non posso sapere dei problemi a vista, magari ce n’erano altri ben più gravi, chissà se mai ne sarei venuto a conoscenza.
-facciamolo- dissi – o almeno proviamoci-
-sicuro?- chiese Johnny
-si! Cazzo! dobbiamo cogliere l’attimo, se non ci riusciamo, va beh sarà per un'altra volta, ma volete vivere col rimorso di non averlo fatto? Io no. E non penso nemmeno voi. Quindi facciamolo cazzo!-
Mi guardarono, si guardarono vicenda e sorrisero.
-facciamolo-
Ero un ragazzo felice, dovevamo farcela.
Anzi.
Ce l’avremmo fatta. 





 


 

*ovviamente non so come funziona il warped tour, come ci si entra a far parte e tutto, questo quindi è pura finzione dell’autrice, non pensate che sia veramente così.

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Capitolo 12
*** Behind This Wall That You've Built ***


XII

 

Time is a valuable thing
watch it fly by as the pendulum swings.






Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach, la vita è fragile e non sai mai quello che può succedere.




Ottobre era praticamente finito, il giorno dopo sarebbe stato Halloween, da quando avevamo deciso di partecipare davvero al warped tour ci eravamo messi sotto, provavamo quasi tutti i giorni e il tutto si stava facendo pesante, Angelica ci dava una mano, faceva foto e andava in giro a cercare spunti per la merce, aveva detto che se ne sarebbe occupata lei anche per toglierci un peso ed ero contento, almeno passava un po’ il tempo senza stare sempre li con noi.
A metà novembre sarebbe stato il suo compleanno e volevamo organizzare qualche cosa di speciale, non avevo ancora avuto l’occasione di stare solo con lei, ma spero che ci sarebbe stata. Volevo farle inoltre un bel regalo, ovviamente senza farle capire che mi ero preso una cotta per lei.
Chissà se gli altri del gruppo l’avevano capito, spero di no, però volevo parlarne con Matt che era il mio migliore amico, però anche con Jimmy mi sentivo particolarmente legato, ma Jimmy era il fratello di lei e non so quanto mi converrebbe.
-domani niente impegni che siete tutti invitati a casa mia – disse Matt
-dobbiamo venire mascherati?-  chiese Jimmy
- no, non serve-  rispose, tanto non è una festa di halloween andremo solamente un po’ in giro a spaventare i bambini e a rubargli le caramelle, e poi vedremo un film di paura-
-poveri bimbi- disse Angelica tirando un pugno sul braccio a Matt il quale per scherzo cadde a terra a gemere.
-AAAAH MI HAI FATTO MALE, SONO FERITO, ADESSO  MUOIO AMBULANZAAAA-
Tutti ci mettemmo a ridere, e io mi girai verso Angelica, dio quanto era bella quanto rideva, i denti bianchi e perfetti e le labbra carnose.
Per un attimo ho avuto l’impulso di abbracciarla e stringerla a me, volevo essere stato io a farla ridere così, chissà se mai ci riuscirò.
Lei poi si girò e mi vide che la stavo fissando e mi sorride piegando leggermente il capo verso destra.
Dio quanto era bella.
Lasciammo la sala prove una mezzora dopo, c’era un leggero venticello che segnava l’arrivo dell’inverno, io dovevo andare al lavoro, erano le cinque di sera e avrei dovuto fare le ultime tre ore io. Chad mi aveva cambiato gli orari, sapeva quanto era importante per me la musica e se fossimo entrati al warped tour lui mi avrebbe sostenuto, pubblicando i nostri cd e facendoci pubblicità, era contento per me e non potevo non essergli riconoscente.

 

Halloween quell’anno capitava di domenica, quindi niente lavoro e niente prove, nell’arco di due settimane avevamo perfezionato Streets e Thick and Thin, mentre avevamo già completato Forgotten Faces. Matt scriveva i testi, spiegava come voleva la musica e non sulla basa sua elaboravamo il tutto, non era complicato solamente che il problema era quando dovevamo far coincidere basso, batteria, voce e le due chitarre.
Li si che venivano su i problemi, così passavamo due settimane per mettere a posto una sola canzone, poi la provavamo un’infinità di volte fino a quando non la facevamo corretta e il tutto risultava perfetto.
Eravamo puntigliosi si, ma dovevamo mettercela tutta per arrivare a gennaio con le canzoni già pronte e solo da registrare.
Ci saremmo visti da Matt alle 18, avremmo mangiato una pizza e saremmo usciti a bere qualche cosa prendendo per il culo i bambini che mascherati andavano a fare dolcetto o scherzetto alle varie case.
Sarei inoltre passato a prendere Jimmy e Angelica, abitando sullo stesso piano andiamo sempre assieme a prove o se dobbiamo uscire, non avrebbe senso andarci da soli.
-dove ho messo la birra merda – era il mio turno sta volta di portare da bere, l’avevo presa il giorno prima tornando a casa dal lavoro, la trovai sotto il lavello e uscii di casa chiudendo a chiave. I Sullivan mi stavano già aspettando sul pianerottolo.
-non si fa tardi- scherzò Angelica
-scusi Madame –  dissi facendole l’occhiolino –mi potrà mai perdonare?-
-no, non credo-
-Jimbo rimprovera tua sorella- dissi lanciandogli un’occhiataccia
-Angelica non perdonarlo- rispose ridendo
-non vale che vi mettete in due contro uno solo, sempre a sfavore del più debole- dissi amareggiato facendo finta di mettermi a piangere.
-oh povero Brian- disse lei e si avvicinò, il mio cuore prese a battere forte e scoppiò del tutto quando mi diede un bacio sulla guancia, non l’aveva mai fatto e non c’eravamo mai toccati da quando l’avevo conosciuta.
-ti perdono Gates- disse e si avviò verso le scale con il cappotto grigio che si alzava di un paio di centimetri ad ogni suo passo, dio quanto era leggiadra.
Rimasi lì a fissare il vuoto per alcuni istanti poi sentii un scossone e Jimmy che mi tirava dicendo:
-andiamo innamorato- feci finta di nulla, ma dentro di me sorrisi, avevo ancora la bellissima sensazione delle labbra di Angelica sulla mia  guancia.


Arrivammo da Matt nel giro di una decina di minuti, c’era un arietta fredda che ti faceva stringere il cappotto al petto, ma si stava bene,i primi bambini stavano già andando in giro a chiedere l’elemosina di caramelle. Angelica li guardava tutta felice, chissà cosa pensava, ogni tanto volevo saper leggere nella mente delle persone tanto per sapere cosa pensavano. Anche perché se andavi lì e chiedevi “che pensi?” la maggior parte delle persone non diceva la verità. Per esempio, se in quel momento mi avessero chiesto cosa stavo pensando non avrei detto che stavo pensando a quanto sia bella Angelica, ma avrei detto una bugia come le canzoni che stavo mettendo su con la  band, cosa che doveva essere il pensiero di tutti.
-ben arrivati!- disse Matt aprendoci la porta, io entrai e appoggiai le bottiglie sulla tavola, presi il cappotto di Angelica e la giacca di Jimmy e li appoggiai sull’appendiabiti, ormai ero di casa.
- gli altri?-  chiesi a Matt
-non li senti?- poi prestai attenzione, delle urla e risate provenivano dal soggiorno, Zacky e Johnny erano a giocare con l’x-box
-ciao ragazzi- salutai entrando nella stanza e appoggiandomi sulla poltrona libera
-ciao Syn- salutarono in coro senza distogliere gli occhi dallo schermo.
-sono lì da un’ora- disse Matt –vengono da me solo per giocare quei bastardi-
-esatto- confermò Johnny – usufruiamo della tua amicizia per giocare all’x-box-
-ti vogliamo benee- disse Zacky e tutti ridemmo.
L’unica ragazza del gruppo entrò nella stanza e essendo solo la poltrona la feci accomodare, non volevo farla rimanere in piedi, non era galante no?
Così dato che non sapevo che fare andai a preparare la tavola assieme al padrone di casa.
Tirai fuori la tovaglia, io bicchieri e li posizionai nel tavolo, niente coltelli o forchette, i Sevenfold  mangiavano così, con le mani, anche Angelica si era abituata.
Sentivo gli occhi di Matt fissarmi mentre mi sedevo sulla sedia.
-vuoi dirmi qualche cosa?- chiese lui
-no – risposi, che cosa voleva sapere?
-vuoi parlarmi di qualche cosa?-
-non che io sappia-
-e dai stupido, si vede lontano un miglio che sei innamorato di Angelica- il mondo mi crollò addosso.
Davvero si capiva?
E lei l’aveva capito?
-tranquillo, nessuno lo sa, lo so io perché ti conosco da anni e anni-
-non mi ero mai innamorato di nessuno-
-lo so, ho visto come ti comporti con lei-
-avrò possibilità?-
-mai dire mai nella vita-
Sospirai, che cosa voleva dire? Che lei ricambiava? Che provava qualche cosa per me? Stavo per chiedergli un’altra cosa, ma venni interrotto dal campanello che suonava.
-.deve essere la pizza- disse il cantante e corse ad aprire reggendo in mano i soldi. Lo sentii ringraziare e chiudere la porta, nella stanza stava arrivando un dolce profumino di pizza, la pose sul tavolo e nel giro di cinque secondi eravamo tutti radunati attorno alle due maxi che Matt aveva ordinato.
-prima dobbiamo pregare- disse Zacky
-cosa?- dissi spalancando gli occhi – che cazzo stai dicendo?-
-stavo scherzando stupido, per chi mi prendi?- e ci  avventammo sulla pizza.


La sera verso le nove uscimmo, avevamo giocato a turno con l’x-box sorseggiando la birra e ora andavamo a fare un giro lungo il lungo mare di Hutington beach, era un paradiso, il vento si era calmato. Passeggiammo per la via, era calmo e i bambini erano tutti col sorriso sulle labbra contenti dei loro dolci, era bellissimo vederli. Dalla via centrale imboccammo una laterale e finimmo in centro, andammo in un locale e ordinammo delle birre, di nuovo e iniziammo a parlare della vita e di quanto era bella se sapevi prenderla per il verso giusto.
Ero seduto accanto ad Angelica e lei aveva preso un’acqua tonica.
-vuoi un po’?- le offrii la mia birra.
-no-
-come mai?-
-non bevo-
-e dai un sorso- cercai di convincerla
-Angelica, non muori eh- le disse il fratello sorridendo e bevendo un sorso dal suo bicchiere.
-va bene- e sorrise, le passai il boccale e ne bevve un po’.
-allora?-
-buona- sentenziò. Sorrisi e la strinsi a me dandole un bacio sui folti capelli, era la prima volta che lo facevo.
Forse era colpa della birra, ne avevo bevuta troppa.
-ragazzi! Dobbiamo festeggiare!- sentenziò Johnny
-che cosa?- chiese Matt
-gli Avenged Sevenfold!- disse alzandosi in piedi sulla sedia.
-BARIIIIIIIIIIIISTAAAAAAAAAAAAAA- urlò dalla sedia –PORTACI UNA BOTTIGLIA DI VODKA E IL CONTO!-
Pagammo, con Johnny mezzo ubriaco e andammo in giro con una bottiglia di Vodka per il lungo mare, tutto normale insomma.
Angelica stava davanti a tutti, passeggiava e faceva strada, ad un certo punto si fermò, si girò verso di noi e fece:
-chi arriva per ultimo al mare non beve nemmeno un goccio di vodka!- e in fretta e furia si tolse le scarpe e corse verso l’acqua.
Io guardai Jimmy, Jimmy sorrise e iniziammo tutti a correre, lei era già arrivata e il fiatone le era passato quando io arrivai, seguito da Jimmy, Matt e Zacky, per ultimo Johnny ubriaco, era inevitabile.
-Johnny, niente vodka per te!- sentenziò Angelica prendendo la bottiglia e aprendola, portandola alle labbra e bevendo un sorso e passandola al fratello. Poi si distese per terra e si mise a fissare il cielo.
Non l’avevo mai vista così e penso nemmeno Jimmy, però non si stava preoccupando, anzi era contento che sua sorella si stava divertendo.
Rimanemmo così per un’ora e mezza o forse di più, poi il vento cominciò a soffiare e decidemmo di tornare a casa. Raggiungemmo la strada, Angelica si mise di nuovo le scarpe, rimase però appoggiata al muretto senza rialzarsi, nel frattempo noi eravamo andati avanti convinti che lei ci avesse raggiunto e invece no.
Sentimmo il clacson e un colpo secco.
Ci girammo tutti di colpo.
Angelica era distesa per terra, i fari della macchina puntati su di lei.

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Capitolo 13
*** Old Scars ***


XIII
 

And I can't look away
From the headlights
The red light
Stop at the red light



 


Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach, il Gates spavaldo e senza emozioni è definitivamente crollato, sono un ragazzo normale in preda alla rabbia, all’amore e al desiderio di vedere lei stare bene.




-non l’ho toccata giuro. Ho deviato e sono andato a sbattere contro l’albero- l’uomo si stava tendendo le mani sul capo, era disperato e non sapeva cosa fare.
-Angelica- sussurrò piano Jimmy e corse da lei.
Una macchina era andata a schiantarsi contro l’albero e per terra stava la sorella di James, che piangeva, senza un graffio.
-che cosa ti è preso?- Jimmy si buttò a capofitto sul corpo di lei scosso dai gemiti, la tirò su mentre il conducente della macchina stava fissando la scena.
Accorremmo anche io, Zacky,Johnny e Matt e rimanemmo a fissare la scena. Angelica non si era fatta un graffio, stava solo piangendo e fissava il vuoto, non si era nemmeno accorta che Jimmy l’aveva tirata su di peso e messa a sedere. Il fratello le stava sussurrando qualche cosa all’orecchio, ma lei sembrava non prestare attenzione, fissava il vuoto come se fosse in uno stato di shock.
-senta, cosa è successo?- chiese Matt al conducente dell’auto che era in preda al panico.
-niente, avevo appena acceso la macchina per uscire dal parcheggio quando vedo lei fiondarsi sulla strada e per non beccarla ho girato il volante dall’altra parte e sono andato addosso all’albero. Lei poi si è accasciata al suolo-
-cazzo-
-la conoscete?-
-è la sorella di lui-
-sta bene?-
-non ne ho la più pallida idea-
-devo chiamare l’ambulanza?-
-no- disse secco Jimmy alzandosi in piedi e venendo verso di noi -,mia sorella sta bene … - mentì. Lo sapevo che stava mentendo, lei stava seduta a fissare il vuoto, no che non stava bene.
- Jimmy che cosa le è preso-
-niente-
- Jimmy … - tentai
-HO DETTO NIENTE DIO CANE- urlò lui e strinse i pugni tanto da conficcarsi le unghie nella carne, non aprii più bocca.
- Jimmy calmo- disse Zacky avvicinandosi, il nostro batterista si sedette per terra, il volto tra le mani e gli occhi che stavano per riempirsi di lacrime. Cosa stava succedendo?
-possiamo fare qualche cosa?-
-dovete prestarmi una macchina-. Disse dopo un paio di minuti passati in silenzio – devo portarla all’ospedale-
-ma avevi detto che stava bene- mi intromisi
-so ben io cosa le è preso, vi prego non chiedetemi altro- disse alzandosi e prendendo in braccio la sorella come se fosse leggera come un piuma. Io non osai avvicinarmi, avevo come un vuoto nel mio cuore, appena avevo sentito lo schianto una fitta al cuore e vedere Angelica in quelle condizioni non aiutava affatto, volevo fare qualche cosa, ma cosa? Ero impotente.
Andammo a casa di Matt, lui prese la macchina e Jimmy posizionò la sorella sul sedile dietro con lui accanto. Io, Johnny e Zacky rimanemmo lì a fissare i fari della macchina farsi sempre più deboli man mano che la distanza tra noi e loro aumentava.
Abbandonai il chitarrista e il bassista sotto casa Sanders e io mi avviai solo verso casa mia, i lampioni erano l’unica luce che illuminava la strada, anche la luna era scomparsa dietro le nuvole, il vento soffiava e il freddo entrava nella mia giacca, l’inverno si stava avvicinando.
Andai a casa e mi rinchiusi in camera, non uscii ‘per tutto il giorno successivo.



***



-Matt?-
-ciao Brian-
-dove sei?-
-a casa mia- rispose, non sembrava felice.
Era passata una settimana da quando era successo l’incidente con Angelica e non avevo ancora sentito nessuno del gruppo e non avevo  mai visto Jimmy entrare o uscire di casa. Angelica come stava?
Era ancora in ospedale?
Era grave?
Potevo andarla a trovare?
-sai qualche cosa …?- tentai la domanda, alla fine lui aveva accompagnato i fratelli Sanders in ospedale, magari era stato lì con Jimmy e sapeva qualche cosa.
-Angelica sta bene, è ancora in ospedale però-
-sai quando esce?-
- no-
-cosa le è successo?-
-non lo so. – mentiva, sapevo che stava mentendo, conoscevo Matt da una vita e lui non era mai stato così freddo, mi stava dicendo una bugia, ne ero certo.
-posso andarla a trovare-
-stanza 14b piano terzo- disse subito, me lo annotai per non scordarmelo – stai attento, non parlare di quello che è successo okay?-
-va bene- dissi – James è li?-
-lui è sempre li-
-grazie- risposi – ah Matt, posso chiederti una cosa?-
-certo.- rispose sospirando
-Angelica non lo sa che sono innamorato di lei, vero?-
-no, non lo sa- e riattaccò.
Erano le tre del pomeriggio, l’orario visite era appena iniziato.
Scesi le scale del condominio due a due e presi la macchina, saltai su, accesi il motore e partii verso l’ospedale, cercai di non oltrepassare i limiti, ma la voglia di vedere Angelica era troppa tanto che se fosse stato per me sarei andato come un fulmine.


Ci misi dieci minuti per raggiungere l’ospedale e altri 10 per trovare parcheggio, mai una volta che ce ne fosse uno libero e che riuscissi a fare le cose in modo giusto. Così parcheggiai alla cazzo lungo la via e camminai per circa trecento metri, entrai nell’ospedale e andai al terzo piano.
Dopo venti minuti trovai la stanza di Angelica.
Era in stanza da sola e Jimmy era seduto sulla poltrona. Non sapevo se entrare o no, e se non voleva vedermi? E se stava meglio sena la mia compagnia? E se avessi detto qualche cosa di sbagliato e l’avrei fatta arrabbiare?
Bussai.
-avanti- cantilenò la voce di squillante di Angelica, questo mi riportò il cuore in pace. Stava bene e non era ammalata o quant’altro, quando la vidi il mio cuore scoppiò di gioia. Immaginate un metallaro vestito sempre di nero provare tanta gioia per una ragazza seduta su un letto d’ospedale.
-ciao angelica- salutai – ehy Jimmy- lui si alzò dalla poltrona e mi venne ad abbracciare
-ciao fratello, mi sei mancato- e mi strinse a lui, ricambiai la stretta, anche lui mi era mancato da morire.
Quando mi staccai fissai per un attimo Angelica, il corpo esile sotto una camicia bianca lunga fin le ginocchia, era fuori dalle coperte e non aveva nessun filo attaccato, quindi stava bene.
Ero sollevato.
-me non mi abbracci?- chiese facendo una smorfia –sei cattivo Brian-
-mi scusi Madame- e rimedia, le andai vicino e la abbracciai, annusai i capelli che sapevano di lavanda e mi persi nel suo profumo.
Fui il primo a staccarmi, non volevo che capisse male e andai a sedermi accanto a Jimmy.
-mi dispiace di non aver portato nulla … - dissi affrancato vedendo delle rose sul tavolo.
-tranquillo, è stato Matt, è tanto gentile e premuroso,però mi basta la tua presenza-
Un tuffo al cuore, aveva detto che le bastava la mia presenza.
Le sorrisi.
-come state?- chiesi rivolto ad entrmbi.
-bene dai, ho sonno e non vedo l’ora di tornare a casa-  disse Jimmy
-scemo di un fratello, te l’ho detto che posso stare qua anche da sola non c’è nessun problema-. Disse sorridendo la sorella
-stupida sorella, non ti abbandono-
- gn –
E lei gli fece la linguaccia.
Sorrisi. Era bellissimi insieme, si vedeva che tenevano un botto l’uno all’altro.
Parlammo un po’ del più e del meno senza accennare alla vicenda e mi dissero che l’avrebbero dimessa di lì a due giorni e che il 15 novembre sarebbe stato il compleanno di Angelica, cazzo dovevo prenderle il regalo.
-appena esci quindi devi portare il tuo fondoschiena alle prove cara mia che ti devo far sentire l’assolo di Lips Of Deceit.-
-è bello?- chiese lei
-bello è banale-
-wow come se la tira-
-scusa diventerò il miglior chitarrista del mondo, mi pare ovvio- e scoppiammo tutti a ridere.
Già il miglior chitarrista al mondo con a fianco la miglior ragazza del mondo, almeno così speravo.
Parlammo per un’altra mezzoretta poi vennero le cinque passate e decisi di tornare a casa, salutai Angelica con un bacio sulla guancia e Jimmy mi accompagnò fuori dalla porta.
Stava per richiuderla quando mi richiamò.
-Brian ..-
-dimmi Jimmy- dissi girandomi di nuovo
-mi dispiace per la reazione che ho avuto quella sera solamente che ero tanto preoccupato per mia sorella che non pensavo a nient’altro-
-lo so ti capisco, anche io avrei reagito così-
-ti voglio bene fratello-
-anche io-
-e un'altra cosa-
-si?-
-Angelica pensava non saresti mai venuto a trovarla … -
-non sapevo se mi voleva vedere o no-
-perché non avrebbe voluto?-
-non lo so-
-le ha fatto tanto piacere-
-anche a me –
-grazie-
Gli sorrisi e me ne andai.
Angelica voleva vedermi e pensava che non sarei venuto a trovarla.
Angelica era felice.
Angelica era felice grazie alla mia visita.
Dio quanto la amo.

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Capitolo 14
*** Life ***


XIV
 

Heaven and hell live in all of us




Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach e ultimamente sto cambiando caratterialmente , metto la felicità degli altri al primo posto, specialmente quella di Angelica.






Stavo girovagando per il negozio di alimentari, a casa avevo finito praticamente tutto e nella mattinata mi ero svegliato con la voglia di farmi una buona pasta al ragù per pranzo, ma aperto il frigo, avevo scoperto che era vuoto, ci ero rimasto malissimo, così sono uscito col cappotto a fare la spesa.
Alla fine me la so cavare, sono un bravo uomo di casa, no?
Camminavo tra gli scaffali a cercare il vario necessario e a fare un po’ di rifornimento, dovevo riempire il frigo, non potevo lasciarlo vuoto. Così riempii un carrello intero, la commessa mi stava guardando in modo strano come se pensasse ‘ragazzo padre che deve fare la spesa alla moglie bisbetica che sta a casa a vedere del pargolo’. A dire il vero non mi sarebbe dispiaciuto, cioè ovviamente non adesso, ma tra qualche anno tipo sui 30, i bambini erano carini e poi sarebbero stati i miei, avrei insegnato loro a suonare la chitarra, sarebbero entrati in una band e avrebbero seguito le mie orme, le orme del padre.
Cosa mi stava succedendo? Adesso avevo anche l’istinto paterno! Dio, come stavo cambiando e tutta colpa di Angelica, mi sono innamorato e la mia vita sta cambiando. Fino a mezzo anno fa, chi l’avrebbe detto che sarei diventato così? Così premuroso, così pensieroso, meno puttaniere, e beh se ci pensate non scopo da mesi, da alcune settimane prima che i Sullivan arrivassero, che facendo i conti sono 3 mesi.
Tre mesi che non trombo.
Nuovo record personale.
Però stranamente non ne avevo il bisogno, stavo benissimo così.
Pagai il conto e uscii con tre borse stracolme che reggevo a malapena, pregavo dio che non me le facesse cadere, ma ovviamente la sfiga mi perseguita ovunque e una delle borse si ruppe subito facendo crollare la pasta, il tubo del sugo e l’insalata (ovviamente era nel sacchetto, almeno quella). La pazienza per cose che si possono evitare, non sono il mio forte così mi scappò qualche bestemmia tanto da far girare due vecchiette che stavano parlando alcuni metri più in là, mi guardarono male e tornarono a farsi gli affari loro, sicuramente a spettegolare sugli eventi successi nell’ultimo periodo in cui non si erano viste.
-hey, aspetta che ti aiuto- disse una voce graziosa di una ragazza che con una sola borsa poco piena, si piegò per aiutarmi a raccogliere il tutto e a rimettere nella borsa mezza rotta, mi alzai di nuovo.
-grazie mille- dissi e la guardai, aveva dei bellissimi capelli rossi ricci, un leggero tocco di cipria e un rossetto chiaro che metteva in risalto le labbra, era alta poco meno di me e aveva le lentiggini, tutto sommato era una bella ragazza.
-figurati, è successo anche a me un paio di volte-  disse lei ridendo.
-per me è la prima volta-
-va beh dai capita a tutti-
-si dai- le sorrisi cordiale.
-comunque, piacere sono Beatrice-
-Brian- dissi, le stavo per stringerle la mano quando mi ricordai delle borse così evitai.
-evita, che sennò ricade tutto- commentò ridendo.
-beh hai ragione, allora fai finta che te l’abbia stretta per galanteria- ridemmo. Era una bella ragazza, non il mio tipo ma una botta e via gliela avrei data, cancellai subito quei pensieri anche perché avevo Angelica.
- sei italiana?-  le chiesi riflettendo sul suo nome
-sono nata a New York, ma i miei sono italiani, ho vissuto per alcuni anni a Roma, poi siamo venuti qua in California-
-bel posto l’Italia- commentai
-ci sei andato?-
-no mai, ma mi piacerebbe- risposi
-beh se hai occasione dimmi così ti faccio da guida turistica- ci stava provando? Le piacevo? Non volevo creare casini nella mia testa dato che ero preso da Angelica, ma lei stava flirtando e mi faceva strano, era parecchio che non succedeva.
-dio è tardissimo devo scappare- disse lei guardando l’orologio che aveva al polso.
-okay ciao- dissi in fretta e mi voltai per andarmene.
-aspetta!- mi fermò, cazzo voleva ancora? – il mio capo mi ha dato questi da distribuire, sono volantini per un concorso qua in città di fotografia e se ti piace o conosci qualcuno, beh … tieni- e mi infilò un foglietto giallo nella borsa e scappò via veloce urlandomi un ‘ciao Brian!’.
All’inizio non diedi peso a ciò che aveva detto, avevo capito solo le parole, ‘capo’ e ‘concorso’ così non me ne preoccupai molto all’inizio, salii in macchina appoggiando le buste nei sedili posteriori e accesi il motore per partire di nuovo verso casa, fu proprio quando uscii dal parcheggio che ripensando alla conversazione, le parole si collegarono. Frenai a colpo, per fortuna non avevo nessuno dietro e mi sporsi nei sedili posteriori per prendere il foglietto che recitava



“vi piace la fotografia? Vi piace scattare istantanee dei migliori momenti della vostra vita? O semplicemente per pura passione? Allora iscriviti al Concorso di Fotografia di Huntington Beach, presentaci alcune delle tue foto e compila il modulo di iscrizione che troverai sul sito e poi ti contatteremo noi! L’iscrizione è libera e possono partecipare tutti e il primo classificato vincerà 3 mila dollari e un anno da fotografo ufficiale presso la nostra agenzia!

 

Iscriversi entro il 14 novembre”


 

-concorso fotografico- dissi ad alta voce – ANGELICA- urlai, -HO TROVATO IL FOTTUTO REGALO DI COMPLEANNO, SONO UN GENIO- e rilessi altre cento volte il volantino.
Però dovevo sbrigarmi, le iscrizioni si concludevano il 14 …
-aspetta che giorno è oggi?- dissi prendendo il telefono e vedendo la data. Merda era il 13, avevo un giorno per presentare la richiesta, trovare le foto.
Riaccesi il motore e partii veloce verso casa, sorridevo come uno scemo, ma ero felicissimo.
Angelica sarebbe stata contentissima di quel regalo, alla fine la fotografia era la sua passione e oltre a ciò poteva vincere denaro che avrebbe fatto assai comodo sia a lei che a suon fratello dato che arrivavano a stento a fine mese.
Dio quanto ero fortunato.
Grazie dio.

 

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Capitolo 15
*** Take the best of this life and never forget ***


XV


So take the photographs, and still frames in your mind
Hang it on a shelf in good health and good time


 

 

Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach e volevo che Angelica coronasse il suo sogno perché la sua felicità era un sorriso sulle mie labbra.


-stampa- dissi al computer – e dai cazzo muoviti.- erano quasi le sei di pomeriggio ed ero appena tornato a casa dal lavoro in negozio, avevo passato il dopo mezzogiorno a pensare se sarei riuscito a compilare il modulo  e trovare le fotografie per la mattina seguente, dato che il negozio era aperto solamente la mattina.
Avevano dimesso Angelica qualche giorno fa e avevamo iniziato anche a fare prove, ma per le foto non sapevo ancora come fare. Alla fine lei era a casa a quell’ora ormai mancava un ora all’ora di cena e solitamente era lei che preparava. Poi era tanto felice che di lì a poche ore avrebbe compiuto18 anni che non prestava nemmeno molta attenzione quando le si parlava.
Come ieri, a prove, si era portata dietro come al solito la macchina fotografica e le avevamo chiesto io e Johnny di fare una foto a noi due assieme.
- Angelica …?- chiamai
-dimmi Brian -
-fai una foto a me e Johnny?-
-certo- prese la macchina, provò a mettere a fuoco, ma si vedeva che era con la testa fra le nuvole.
-mettetevi in posa!- cantilenò lei felice
-tu la foto non la fai se non togli il tappo dall’obbiettivo- dissi
-cosa..?- guardò la macchina e si mise a ridere, a dire il vero sembrava un po’ fatta, ma non glielo dissi. Fatto sta che da quando era tornata a casa dall’ospedale era così, chissà che le avevano dato là dentro.


-GRAZIE DIO PER AVERMI STAMPATO IL FOGLIO-  urlai appena vidi sbucare il foglio stampato dalla stampante. Lo presi e cominciai a compilarlo, alla fine era un regalo, dovevo prima vedere se la prendevano, almeno non c’era scritto di firmare …
Fatto questo, che impiegai al massimo due minuti, scrissi con una calligrafia abbastanza orrenda, ma non importava. Uscii di casa, feci due passi e bussai alla porta di fronte, James venne ad aprirmi.
-ciao Jimmy –
- ehy Brian, tutto ok?-
-si si tu?-
-certo.- dissi tutto contento
-sembri fatto – commentò Jimmy ridendo, poi sentii una voce da lontano che disse “JAMES CHI E’ ALLA PORTA?”
- mi sto facendo quattro chiacchiere con Brian- rispose lui
-CIAO BRIAN- urlò Angelica dalla cucina, almeno presumevo fosse dalla cucina
-ciao Angelicaaaa- urlai dai corridoio e poi aggiunsi sotto voce – esci fuori un momento dobbiamo parlare- e chiuse la porta dietro di sé.
-sapevo io che c’era qualche cosa che non andava- dissi fissandomi negli occhi, lo guardai strano poi smentii.
-no no è tutto a posto-
-sicuro? Sembri strano- ammise lui piegando leggermente la testa verso destra.
-riguarda Angelica- Jimmy rimase in silenzio così continuai – l’ho iscritta ad un concorso di fotografia, come regalo di compleanno-
-davvero?-  il volto del batterista si illuminò
-si, guarda questa è l’iscrizione, che ho compilato, almeno non chiedevano la firma-
-sei grande Gates-
-lo so, lo so, ma c’è un piccolo problema-
-ossia?-
-dobbiamo portare 5-6 foto per vedere se passa … -
-adesso son cazzi- ammise lui girandosi a fissare la porta di casa –come facciamo? Non possiamo chiedergliele-
-ma tu sai dove le tiene, no?- mi guardò con aria indagatoria, amavo far rimanere le persone in attesa della mia risposta o affermazione. – la distraiamo per un momento e tu ne prendi alcune, quelle che reputi migliori, anche perché le avrai viste decine e decine di volte-
-si, si potrebbe fare, ma la spazzatura l’ha portata giù prima e non saprei che farle fare-
-si è fatta la doccia?-
-solitamente la fa dopo cena, okay idea-  disse alzando le sopracciglia, io lo guardai – la mando a farsi un bel bagno caldo e tu rimani a cena da noi e mentre io metto quattro cose in riga in pentola tu vai in camera sua, sotto il letto ha un pacco, lo apri e li ha le foto più recenti, però devi fare in fretta-
-ci sto-
-perfetto- disse The Rev il quale poi si voltò e aprì la porta. – sorella, ho invitato Brian a cena-
- COSA- urlò apparendo dalla porta della cucina – potevi avvisarmi così facevo qualche cosa di più decente –
-stai tranquilla, tu ora vai a farti un bagno e io finisco di preparare la cena-
-no?-
-si invece sennò mi arrabbio-
-ma, stavo ..- non finì il discorso che il fratello la interruppe.
-niente ma, muoviti- la ragazza sbuffò e si avviò verso il bagno, io invece seguii Jimmy in cucina, c’era un buonissimo odore di carne e non vedevo l’ora di assaggiarla, aspettammo che lei aprisse l’acqua della vasca e poi il fratello mi diede il consenso per andare nella sua camera.
-prima porta a destra del corridoio- disse e io annuii con la testa. Il corridoio era pieno di foto dei fratelli Sullivan da piccini ed erano così teneri, entrai nella camera e le pareti furono la prima cosa che notai. Erano tappezzate da foto della natura e di Jimmy da piccolo, inoltre sulla mensola accanto a dei libri c’era una cornice con quattro persone, erano loro due con i genitori, mi si strinse il cuore.
Mi sedetti sul letto e fissai la stanza, i vestiti erano gettati un po’ alla rinfusa, le penne sulla scrivania accanto alla finestra e la macchina fotografica su un ripiano poco più in alto, mi inginocchiai ai piedi del letto e tirai fuori una scatola nera con su scritto “foto”. Il primo pacco di foto che mi capitò in mano era quello datato agosto-settembre-ottobre-novembre 2002, sarebbe andato benissimo e poi non potevo perdere tempo, James mi aveva detto che lei non stava tanto tempo nella vasca in quanto lo reputava una perdita di tempo e così dovevo darmi una mossa. Aprii il fascicolo e le prime erano foto della casa da varie inquadrature, poi c’erano paesaggi e persone sconosciute che aveva visto al parco.
-dio quanto sono belle- sussurrai, erano davvero belle, lo pensavo davvero. Erano semplici, non c’era nulla di esagerato e ti colpivano parecchio. Tra le prime che vidi scelsi quella che ritraeva due ragazzi di spalle che passeggiavano mano nella mano sotto un arco di rami di alberi con i fiori appena sbocciati.
Continuai a guardare le foto, ora passammo a quelle di James mentre stava in casa: o giocava con la play o con le bacchette o stava dormendo, scelsi la più semplice quella dove era stata scattata senza che l’occhio di The Rev si accorgesse, erano semplici scatti della vita di tutti i giorni.
La presi e la misi da parte.
Poi iniziarono una serie di foto di Huntington Beach e della sua spiaggia nelle varie ore del giorno e della notte e tra le tante ne scelsi due, una che aveva immortalato il riflesso della luna nell’acqua e una che mostrava un castello di sabbia con l’oceano dietro. Erano stupende. Non pensavo che fosse così brava, sapeva immortalare ogni momento con estrema delicatezza come se fosse stato apposta per lei, poi coglieva tutte le ombre e i giochi di luce erano bellissimi.
Meritava di vincere solo a vista di quelle foto che segretamente stavo raccogliendo.
Poi iniziarono le foto della band, io, Johnny e tutti gli altri, foto scattate mentre non ce ne accorgevamo o che avevamo chiesto noi, foto degli strumenti, foto della nostra sala prove, poi definirla sala prove era pessimo dato che era una vecchia casa in cui andavo a giocare da bambino, ma nessuno la voleva comprare.
Scelsi le foto di noi mentre suonavamo e che eravamo stati immortalati senza accorgercene, poi due degli strumenti e basta, ero a 8 e andavano più che bene, ma non misi via il tutto, perché ce n’erano ancora e le sfogliai, oltre a quelle delle band c’erano una ventina di foto che ritraevano solo me, mentre ridevo, scherzavo o mentre dormivo sulla poltrona. Chissà quando le aveva fatte, non me lo ricordavo, ma erano stupende.
Ne girai per caso una e trovai la data, così in tutte.
20 agosto, 13 settembre, 5 novembre … aveva delle mie foto con la data, perché?
Poi sentii la porta della camera aprirsi, mi girai di scatto in preda al panico pensando che fosse Angelica che aveva finito di lavarsi e invece no. Tirai un sospiro di sollievo, era James.
-cazzone hai finito?-
-si si metto via ora- risposi piegandomi a raccogliere e rinfilare il tutto nella scatola, uscii dalla stanza e chiusi la luce, arrivai in cucina che Angelica uscì dal bagno e ci raggiunse.
Nel frattempo le foto le avevo nascoste in una rivista di musica.
-spero che non la apra- pensai dando un’occhiata alla rivista appoggiata sul tavolino vicino l’entrata.
-è pronto?- chiese entrando nella stanza e cospargendo l’ambiente di un profumo di fresco e lavanda, la guardai. Aveva i capelli bagnati che le ricadevano sulle spalle, una canottiera rossa e i pantaloni del pigiama rosa con i coniglietti.
-a tavolaaaa- cantilenò James e mi accomodai vicino alla ragazza che da li a poco avrebbe fatto 18 anni. 

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Capitolo 16
*** When you smile I melt inside ***


XVI

When you smile I melt inside

 


Mi chiamo Synyster Gates e ho 21 anni, sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach e vedere la ragazza che amo felice e sorridere è la cosa più bella del mondo, anche perché so che dietro quegli occhi c’è dolore.

 

Mi svegliò il telefono che stava squillando, era quasi mezzogiorno e quel giorno avevo il turno pomeridiano al negozio. Dalla mia posizione comoda nel letto e sotto le coperte, tirai fuori un braccio, presi il cellulare dal comodino e lo aprii.
-pronto?-
-salve cercavo la signorina Angelica Sullivan, sono il responsabile del concordo di fotografia a cui ha presentato la domanda di iscrizione- mi alzai dal letto nella fredda stanza di un giorno di metà novembre, il 15 precisiamo e mi svegliai come non mai.
-ora come ora non è in casa, ma può rilasciare a me il messaggio- dissi. Il signore sembrò riluttante, ma poi parlò con tono bacato.
-deve dirle che abbiamo inviato via e-mail un foglio su cui sono scritti tutti i dati della giovane e le regole per partecipare, deve firmarlo e portarlo entro il primo dicembre al nostro negozio in modo da inserirla ufficialmente nell’elenco e fornirle tutto il materiale necessario e avvisarla di ciò che deve fare-
-perfetto-
-grazie e buona giornata- disse lui e riattaccò. Mi buttai di nuovo con la schiena sul letto, che ormai si era raffreddato e un brivido mi passò per la schiena, ma non mi importava.
Angelica era passata e tutto ciò grazie a me, avrebbe partecipato, avrebbe vinto e sarebbe stata felicissima.
E tutto ciò per merito mio.
Mio.
Sorrisi.
-Brian sei fottutamente innamorato- mi dissi ad alta voce coprendomi il volto con le mani e ripensai al giorno prima quando non avevo sentito la sveglia.

 


La luce entrava dalle finestre già da un bel pezzo di tempo, ma non avevo fatto caso all’ora, la sveglia non aveva ancora suonato e quindi ero a posto, non era ancora ora.
La sera prima ero tornato a casa verso le tre ed ero mezzo addormentato, infatti la mattina dopo mi ero svegliato vestito, non mi ero nemmeno tolto le scarpe. Ero disfatto. Tutta colpa di Jimmy e Angelica, mi avevano fatto divertire troppo.
Così ero rimasto a letto aspettando la sveglia, il sole continuava a salire e i raggi entravano nella stanza, illuminandola sempre di più.
Non avevo idea di che ora fosse.
Ipotizzai fossero nemmeno le 10 così presi il telefono tanto per controllare l’ora e quasi lanciati un urlo, mancavano venti minuti a mezzogiorno e il negozio tra poco avrebbe chiuso e se non avessi portato la richiesta entro quella mattinata, addio regalo di diciotto per Angelica. Così corsi per le scale con la busta in mano con dentro l’iscrizione e le foto, le scarpe in mano che stavo infilando mentre scendevo le scale in fretta e furia.
Corsi fino al negozio, che stava  15 minuti da me, non presi la macchina per non incappare nel  traffico e corsi come se non ci fosse un domani, arrivai al negozio, entrai e mi parai di fronte una ragazza, alta con i capelli rossi e ricci.
-ciao Brian.- mi salutò lei
-ciao – farfugliai cercando di riprendere fiato.
Beatrice mi passò oltre e andò a girare il cartello del negozio, da APERTO a CHIUSO. Quel giorno indossava una gonna con delle calze, un maglioncino marroncino chiaro e i capelli sciolti, avrebbe mozzato il fiato a chiunque.
-lo sai che siamo chiusi?- disse le
-ti prego, devo darti questa- dissi porgendole la busta e alzandomi col il fiato di nuovo regolare.
-è la richiesta di partecipazione al concorso?-. chiese lei appoggiando la busta sulla scrivania.
-si, è di una mia amica- risposi abbozzando un sorriso.
-è oltre l’orario-
-ti prego- implorai Beatrice –non è colpa mia, la sveglia non ha suonato-.
-vedrò che posso fare- disse sedendosi sulla scrivania e fissandomi. Mi fece l’occhiolino.
-grazie Beatrice, grazie mille- e le sorrisi, volevo andare lì e abbracciarla, ma evitai.
Poi parlammo per un po’, lei era la figlia del fotografo e gli faceva da segretaria, ma la sua ambizione era quella di viaggiare nel mondo e scoprire le varie culture di tutte le civiltà.
Poi le parlai di me, non che ci fosse molto da dire, ma rimase colpita dal fatto che avessi una band.
-vi verrò a vedere- disse lei e sorrise, aveva un bel sorriso, molto raggiante.
Le dissi che eravamo iscritti al warped tour del 2003 e che stavamo lavorando al nostro primo album, lei ne sembrò entusiasta e le dissi che l’avrei contattata se ci saremmo esibiti da qualche parte.
Uscii dal negozio tutto contento e andai a lavorare, passando per casa a farmi un panino da mangiare al volo.

 

 

Ed ecco perché ero così contento, Beatrice mi aveva fatto un favore e dovevo ripagare, lei mi aveva lasciato il suo numero e l’avrei contattata prima o poi anche solo per andare a bere un caffè o fare una passeggiata.
Non volevo provarci, io avevo Angelica, ma dovevo sdebitarmi, poi era simpatica e non mi sarebbe dispiaciuto passare un po’ di tempo con lei.
Nel pomeriggio andai al lavoro, ero abbastanza sovra pensiero anche perché nella sera sarei andato dai Sullivan assieme agli altri della band e avremo festeggiato il compleanno di Angelica.
18 anni. Cazzo che giovane.
Non che io fossi vecchio, ma è stato per me tre anni fa e sembrava passata una vita.
Tornai a casa prima delle 7, mi feci una doccia e aspettai fuori dalla porta Matt e gli altri, ci eravamo organizzati per la serata. Io portavo da bere, Matt la pizza, Johnny la torta e Zacky nulla, come al solito.
Il solito scansafatiche.
Entrammo quando Jimmy ci diede il consenso, Angelica era a farsi il bagno e preparammo il tutto. Avevamo anche preso dei regali. Suo fratello ci disse che non aveva mai festeggiato un compleanno con gli amici, ma che con lei c’era sempre e solamente stato il fratello e non aveva bisogno di nient’altro.
Eravamo tutti pronti a urlare TANTI AUGURI appena sarebbe apparsa dalla porta. Sentimmo quella del bagno chiudersi e entrare in camera, pensai che si stava vestendo con una canottiera e i pantaloncini del pigiama come al solito. Non si vergognava a farsi vedere così, alla fine era se stessa e non c’era niente di più bello al mondo.
La porta della sua camera si richiuse e apparve in soggiorno.
Tutti insieme urlammo TANTI AUGURI  e il suo volto si riempì di emozione, gli occhi le si illuminarono di gioia e il mio cuore sprizzò gioia da tutti i pori.
Ero felice perché lei era felice.
Non mi era mai capitato mai prima d’ora. uno ad uno andammo ad abbracciarla e baciarla.
-18 anni non si compiono tutti i giorni- dissi io stringendola a me
-sei vecchio ormai- scherzò lei.
Mangiammo al pizza accompagnata dalla birra e da un po’ di musica in sottofondo come facevamo sempre, poi giocammo un po’ a carte e con la wii e poi l’ora della torta.
Era stato Johnny a prendersi responsabilità della torta.
-faccio tutto io, fidatevi di me- aveva detto e noi tutti ci eravamo fidati. Nessuno aveva la più pallida idea di come fosse.
Fu James a toglierla dal pacco e lei rimase senza fiato. Era a due piano, con panna e glassa nera, con la scritta 18 ANGELICA e sotto TANTI AUGURI ed era bellissima, c’erano le fragole e le praline di cioccolato. Scattai un paio di foto ad Angelica mentre soffiava sulle candeline e poi lei, che ovviamente era più pratica di me, appoggiò la macchina su uno scaffale, mise il timer e disse:
-raga al terzo segno rosso un bel sorriso che fa la foto-
-okay capo- rispose Johnny.
Ne facemmo una seria e una decina stupide, tipo con un po’ di torta sul viso di lei, io che la prendevo in braccio o cose simili, eravamo amici che si divertivano ad una festa, la prima vera festa di compleanno della ragazza che amavo.
-ora i regali- disse Zacky porgendo il suo –questo da parte mia e di Johnny- e sorrise.
Lei lo scartò, era una scatolina dorata con puntini neri, era molto graziosa, lei la aprì e sorridendo mostrò una collanina d’orata con un ciondolo.
-il ciondolo è una nota musicale, alla fine sei come musica per noi, ci dai la forza per andare avanti e non so come faremmo senza di te- disse Johnny
-grazie, è stupenda- rispose porgendola al fratello perché gliela mettesse al collo, io nel frattempo stavo fotografando ogni sua mossa, poi lei abbracciò i due ragazzi e Matt le diede il suo regalo.
Era una semplice busta, lei la aprì e tirò fuori due biglietti.
-sono due biglietti per la cover band ufficiale dei Metallica, si esibiranno a maggio prossimo- lei sorrise commossa e lo abbracciò.
-ora tocca il mio- cantilenai – e Jimmy mi ha aiutato- e lo guardai. Lui mi sorrise e porsi ad Angelica la busta bianca.
Lei la aprì e tirò fuori il foglio stampato nella mattinata. Impiegò alcuni minuti per leggerlo, poi mi guardò e disse:
-James sei un cazzone, mi pareva che non mi tornassero i conti con tutte le foto-. E rise.
Ridemmo tutti e mi venne ad abbracciare.
-mi hanno presa per un concorso fotografico, Brian ha presentato delle mie foto a mia insaputa e il tutto inizia a gennaio, si possono vincere fino a 3 mila dollari per il primo posto.- spiegò agli altri.
Mi abbracciò di nuovo e la strinsi a me baciandola sul capo. Stava sorridendo e io sorrisi a mia volta.
Era come se il suo sorriso mi provocasse dentro qualche cosa.
E come dicono i blink 182 “When you smile I melt inside”.
E il suo sorriso mi stava sciogliendo.
Davvero.

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Capitolo 17
*** How to safe a life ***


XVII
 

Can you tell from the look in our eyes?
We’re going nowhere
We live our lives like we are ready to die
We’re going nowhere

 


La vita è fragile, sei sempre appeso ad una fune, un passo falso e cadi per terra,tutti abbiamo la stessa fobia, la stessa paura, la stessa agonia, perché è inevitabile non averla, è destino di tutti.
Ogni persona dovrebbe guardarsi dentro e chiedersi qual è la cosa che le fa più paura.
La paura è qualche cosa che incomincia fin da quando nasci.
Da piccolo hai paura del buio, ecco perché i genitori ti mettono la lucina in camera per riuscire ad addormentarti, con quella piccola lucina ti senti al sicuro perché nel buio si può celare qualsiasi cosa, tipicamente i bambini han paura dei mostri, del così detto mostro sotto il letto o il mostro nell’armadio, ma alla fine sono bambini e non distinguono ciò che sia reale da ciò che sia fantastico. I bambini sono esseri angelici che non fanno del male ad una mosca. Sono docili.
I bambini sono le creature più pure del mondo.
Come gli angeli. Gli angeli sono puri, bianchi e puri. Vengono dal paradiso, ti salvano, ti aiutano.
Poi cresci e la paura del buio scompare. Diventi adolescente e la tua paura è quella di non essere apprezzato, di rimanere escluso dalla massa, di non fare parte di nessun gruppo. E per ciò incominci a chiedere i soldi a mamma e papà, a volere il motorino, a seguire la massa, a volere tutto ciò che hanno loro: la borsa della Camomilla, le scarpe della Nike, il cappellino della Obey, siamo tutti uguali con delle facce diverse,  ma alla fine ognuno è una copia dell’altro. Viviamo in un mondo di copie dove l’unica paura è quella di non avere amici.
Poi ovviamente questa fase passa e diventi un uomo o una donna di 35 – 40 anni e hai paura di non arrivare a fine mese, di non riuscire a pagare l’affitto e la bolletta, di non fare felici i tuoi figli. Hai paura che i tuoi figli possano vivere un inferno e questo potrebbe distruggerti dentro, perché loro sono la tua felicità e se loro non sono felici, chi fa felice te? Tuo marito che ti ha lasciato per una cagna di 25 anni?
poi i tuoi figli crescono, vanno a vivere da soli, si creano una loro famiglia e tu in un batter d’occhio ti ritrovi a 80 anni su una sedia a rotelle in un ospizio a fissare la pioggia dalle finestre e a chiederti come tutti questi anni siano potuti volare così rapidamente.
E inizia una nuova paura, la paura di morire, quel vuoto che ti assale dentro e non sai come liberartene.
Vuoto.
Buio.
Come salvarsi?
Non c’è via di scampo.
Questo è il destino.
Sei lì con la tazza di te caldo in mano e ti chiedi “sembrava ieri che stavo giocando con mamma in giardino” quando tua madre è morta quarant’anni prima e ora sei solo, solo e senza nessuna compagnia e nessuno che ti rassicurerà dicendo che andrà tutto bene.
La mamma è morta.
Papà non sai dov’è.
E tu sei lì con la tazza a 80 anni a chiederti cosa ci sarà dopo, cosa ci sarà domani, sempre se ci arriverai a domani. Perché la morte ti può cogliere in ogni momento.
Ma la paura di morire non è solo nei vecchi, la paura della morte c’è sempre, ma la senti solo con l’età che avanza.
Io non ho mai pensato seriamente alla morte, fino a quando James non mi ha parlato del problema di sua sorella. Da quel momento ho temuto seriamente a cosa può succedere quando non respirerò più.
Il mio corpo si decompone e la società andrà avanti e io? Io sono ossa sotto terra.
Senza più niente.
Non sono più niente.
Sono morto.
E non voglio morire.

 

-James, adesso devi dirmi cosa è successo a tua sorella- ho passato tutta la notte in ospedale accanto a James che era in preda a crisi di pianto e non riusciva a calmarsi. Era la notte che Angelica si era buttata in mezzo alla strada senza un apparente domanda.  La domanda gliela posi attorno alle 4 del mattino. Lungo i corridoi dell’ospedale non camminava nessuno, di rado si sentiva l’ambulanza arrivare e qualche persona gemere per il dolore.
Nessun medico che venisse a dirci come stava Angelica.
Nessuna notizia.
Eravamo come sconosciuti che aspettavamo qualche cosa senza mai ottenerla.
-hai mai paura di morire?- chiese James
-no ..- balbettai – non ci penso e non ci voglio pensare-
-io lo faccio, lo faccio spesso, specialmente quando accadono cose così ad Angelica-
-cioè?-
-non è la prima volta che Angelica fa una cosa del genere, erano passate settimane dall’ultima volta e pensavo non capitasse di nuovo o per lo meno non con voi e non in modo così rischioso-
-Jimmy, non capisco- e li mi raccontò tutta la storia.
Rimasi agghiacciato, non pensavo potesse succedere una cosa simile, per di più ad una ragazza così dolce, fragile e buona come sua sorella.
No, non era possibile.
Non ci volevo credere.
Parlammo per alcune ore del problema di Angelica, lui mi raccontò i vari episodi successi e che potevano accadere, mi disse i farmaci che prendeva e che a volte non voleva. Si metteva a piangere la notte lui a causa del male della sorella, che non è a causa sua, ma della madre.
La madre le ha rovinato la vita, ecco perché la odia e non ne vuole mai parlare.
-io voglio solo che lei sia felice- farfugliò James
-e lo sarà Jimmy, fidati, vedrai che avrà una bella vita-
-lo spero, spero di averla fatta vivere serenamente-
-sei il migliore uomo della sua vita-
-grazie Matt-
-figurati Jimmy, sono qua per questo.-
Passammo un’ora a fissare il muro davanti a noi, aspettare nella sala d’attesa era snervante, le pareti bianche, tutto bianco e poi l’odore di chiuso, di non so nemmeno come chiamarlo, odore di ospedale, mi dava la nausea, ma James aveva bisogno di me e non potevo abbandonarlo proprio nel momento del bisogno.
-tu vedresti bene insieme mia sorella e Brian?-  chiese ad un certo punto il batterista
-beh .. si non sarebbero male assieme- risposi
-Brian è cotto di lei, si vede come la guarda-  ammise il ragazzone
-si, hai visto bene, è innamorato perso, me ne aveva parlato poco fa …-
-si vede come guarda Angelica, come se non ci fosse nessun’altra persona al mondo, come se al mondo fosse solo lei e lei e basta. Non ha occhi per nessun’altra-
-da quanto lo sai?- chiesi
-da un po’- ammise lui –voglio solo che lei sia felice e se ricambia meglio così, sarebbe bellissimo-
-già- rimasi in silenzio
-non dirglielo però- lo guardai senza capire –a Brian, non voglio che lui lo sappia, se Angelica vorrà dirglielo lo farà lei sennò no. Non voglio dirglielo io, magari poi ci starebbe malissimo o si allontanerebbe tanto da danneggiare il tutto e lei ci starebbe troppo male, dato che penso a lei interessi Syn-
-lei ricambia?-
-credo di si, ha detto che è un bel ragazzo, e poi gli ha tantissime foto… arrosisce quando lui le parla-
-si amano senza sapere dell’amore corrisposto-
-già …-
-tranquillo Jimmy non dirò niente, conta  su di me-
-grazie fratello-
-grazie a te-

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Capitolo 18
*** How does it feel? ***


XVIII
 

Take a breath
And let the rest come easy



 


Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntington Beach, e gli Avenged Sevenfold stavano diventando qualcuno, qualche cosa di importante e io ne facevo parte.



Mi stavo innamorando ogni giorno di più di quella ragazza.
Quella ragazza con i capelli fino alle spalle, neri come la pece e mossi, che le davano un senso di leggerezza.
Quella ragazza che alla sola vista mi aveva rubato il cuore, Angelica Sullivan, l’angelo della mia vita.
Angelica, 18 anni e con un problema che non avevo ancora capito quale fosse, sì mi interessava ma non potevo obbligarla a dire ciò di cui soffriva; poteva benissimo essere una baggianata come la voglia di avere di nuovo i genitori o qualche cosa di ben più grave come il cancro o qualche cosa di simile.
E se avesse avuto il cancro?
No.
Non poteva averlo.
Se era benigno l’avrebbe curato, ovviamente e saremmo potuti stare insieme per sempre … ma se fosse stato maligno? Se le avessero dato si e no un anno di vita? Io stavo sprecando il mio tempo, la amavo, ma non glielo dimostravo.
Cosa dovevo fare?
Cosa potevo fare?
Niente, semplicemente niente. Sono un essere umano e non posso fare nulla per combattere il cancro. Ovviamente Angelica non se fosse stata malata di cancro, la mia era un’ipotesi anche se mi faceva male solo a pensarla.
Così decisi di cancellare tutti i pensieri negativi e di vivere la mia vita.
Angelica stava bene.
Non aveva nessun problema.
Angelica sarebbe stata mia e l’avrei resa la ragazza più felice al mondo.

 

***

Eravamo a metà dicembre, nel giro di breve tempo sarebbe stato Natale e avremmo dovuto anche registrare il cd.
Nel giro di breve tempo avevamo migliorato tutte le parti, Matt si esercitava con la voce e tutto funzionava alla meraviglia.
E in parte era merito anche di Angelica. Dio se non ci fosse stata quella ragazza.
Angelica era riuscita a contattare dei locali per farci esibire, avevamo iniziato i primi di dicembre e da allora avevamo suonato solo un’altra volta. I locali ci volevano il sabato sera, ci pagavano abbastanza bene e avevamo anche una consumazione gratuita e ovviamente suonavamo nella zona di Huntington Beach, non eravamo ancora sbarcati oltre città, ma a mio parere entro breve tempo sarebbe successo.

 

-ragazzi- cantilenò Angelica quella sera del 25 novembre 2002 entrando nella sala prove – ho una bellissima notizia da darvi-
-dicci tutto- disse Johnny accordando il suo basso.
-indovinate- disse sorridendo
-siamo diventati ricchi sfondati vincendo alla lotteria con un biglietto trovato nel gabinetto da Brian- disse Matt per scherzare
- nah – Angelica fece una smorfia adorabile guardandomi mentre  mi stavo alzando.
La ragazza infatti reggeva in mano un blocco di volantini bianchi con su delle scritte che non riuscivo a decifrare essendo poca luce e lei lontana da me.
Mi avvicinai e da dietro la spalla lessi ad alta voce il primo foglietto, immaginai che anche gli altri fossero uguali.
- Sabato 1 dicembre siete tutti invitati presso il bar in centro ad Huntington Beach all’insegna del rock puro assieme alla band emergente AVENGED SEVENFOLD-
-COSA- urlai di scatto
-ehehe visto che brava?-
-tu vuoi farci esibire davanti ad un bar?-  chiese Zacky
-certo, sennò come pretendete di farvi strada al Warped Tour?- disse lei facendo l’occhiolino al fratello.
-sorella ti amo-
-anche io bro-. E rise
-ma come hai fatto…?-  chiesi stupefatto, tra le tante cose che tutti noi dovevamo fare non ci era nemmeno passata l’idea di esibirci nei locali.
-l’idea mi è venuta così guardando la tv e beh, a convincere il direttore ci son volute queste- disse toccandosi il seno e sorrise, tutti quanti ridemmo e io la abbracciai forte.
-vi danno 100 euro però, non vogliono di più perché non siete famosi- spiegò lei sedendosi e distribuendo un volantino ciascuno, io preso il mio e toccai le sue dita, così’calde e sottili e perfette, avrei voluto prendere la mano e non staccarmi mai più da esse.
Rimanemmo un momento il silenzio a contemplare i foglio, a guardare Angelica e fissarci tra di noi-
-ci esibiamo il 1 dicembre. Mi raccomando, niente cazzate- disse lei
-andrà bene- disse Jimmy
-andrà bene- ripetemmo noi altri

 

Il primo dicembre arrivò in un baleno, faceva abbastanza freddo per la temperatura solita della california e i primi fiocchi erano apparsi già, si stava entrando nel clima natalizio.
Era il nostro primo concerto ufficiale, avevamo suonato di rado a qualche piccolo evento, ma dove ci stavano al massimo 10 persone e non sapevamo nemmeno che nome dare alla band, quindi quella era la prima volta su un palco vero e proprio.
-e se non piacciamo?- chiese Johnny
-cazzi loro- risposi
- e se sbaglio?-
- il basso non si sente, nessuno ci farà caso-
-e se Matt stona? Gli va via la voce?-
-JOHNNY DIO CANE BASTA EH- urlò Zacky dall’altra parte della stanza.
Erano quasi le nove di sera e tra poco sarebbe stato il nostro turno.
Ero pieno di adrenalina e niente mi avrebbe potuto fermare.
Uscimmo sul palco improvvisato e non si vedeva praticamente nulla, le luci erano tutte puntate su di noi e si sentiva solamente il brusio delle persone. Accanto a me Johnny tremava, era sempre stato così, a volte timido e poco sicuro di sé. Altre volte invece tirava fuori un Jhonny Christ che la dava da torcere a tutti e nessuno riusciva a stargli dietro. Ecco perché era mio amico.
Aveva grinta.
Grinta da vendere.

 


È stato strano suonare davanti a delle persone che ti stavano solamente lì a fissare senza fare nulla, okay noi non pretendevamo chissà cosa essendo la nostra prima volta, ma ciò che mi fece implodere il cuore di gioia u a fine serata, quando smontato tutta l’attrezzatura e un gruppo di tre ragazzi della nostra età ci vennero vicini.
-ciao ragazzi- ci salutò quello più alto con un tatuaggio al braccio, gli altri due, un ragazzo con i capelli rasati e una ragazza bionda col piercing al naso – volevamo farvi i complimenti-
-oh grazie- dissi girandomi –piacere sono Brian, in arte Synyster Gates- mi presentati e poi – loro sono Matt, Jimmy, Johnny e Zacky-  e ognuno di loro si avvicinò per stringere la mano.
-io sono Anthony- salutò il ragazzo col tatuaggio – e loro sono Alex e Lisa- e ci fecero un cenno della testa.
-siete davvero bravi-. Continuò Anthony
-grazie- disse Matt sorridendo –ma tutto questo non sarebbe stato possibile se non grazie alla sorella del batterista.-
Mi sentivo bene, eravamo apprezzati. Qualcuno ci considerava bravi musicisti. Un senso di gioia mi pervase il corpo. Un brivido di adrenalina mi pervase le vene.
Ero carico.
Potevo affrontare tutto. 
Potevamo farcela.
Ce l’avremmo fatta.
La vita era la nostra e quello che volevamo era suonare e ce l’avremmo fatta.
-quella che scattava fotografie tutto il tempo?- chiese Alex
-esattamente- rispose Jimmy –le piace tantissimo la fotografia.-
-è carina, è fidanzata?- continuò, ma a quella parola gli gettai un’occhiataccia addosso.
-si mi dispiace- intervenne Matt a quel punto –voi avete una band?- chiese tanto per deviare il discorso.
Mi cadde il mondo addosso.
Angelica fidanzata? Con chi? E perché aveva risposto Matt?
-ci abbiamo provato, ma non è uscito niente di che- sta volta a parlare fu la ragazza, Lisa, aveva una voce carina, pensai, ma era bassa e non ispirava granchè, ma il pensiero di Angelica fidanzata non mi lasciava scampo.
Cercai di scacciarlo.
Invano.
Parlammo per alcuni minuti di musica, confrontando delle idee poi arrivò Angelica, io guardai Alex che la stava guardando avidatamente.
-ciao- salutò lei i tre ragazzi e consegnando a noi le birre, loro poi  ci lasciarono finire di mettere a posto.
Mi avvicinai a Matt, senza farmi sentire da nessuno.
-ma davvero Angelica è fidanzata?-  lui alzò lo sguardo e assunse un’aria stanca
-si- disse, sentii il vuoto dentro di me – è fidanzata con la sua macchina fotografica.- e rise
-coglione di merda- dissi tirandogli un pugno sul braccio
-no, non è fidanzata anche perché è sempre con noi e sennò lo sapresti. L’ho detto solo perché quel tipo ne parlava come se la volesse scopare sul posto e tu … beh … tu lo guardavi come per dire ‘di una sola parola su di lei e sei morto’-
Risi, allora si era notato.
Ero contento.
Poi mi sorse un dubbio.
-ma lo sanno gli altri che son cotto di lei?-
Matt rimase in silenzio per alcuni istanti, tanto da far vacillare la verità su quel che rispose.
-no, lo so solo io-
-okay …- dissi guardando Angelica seduta sull’orlo del palco con una birra in mano e parlava con Johnny.
La guardai sorridere, con quei bellissimi capelli.
L’avrei fatta mia.
Anche a costo di superare tantissimi altri ragazzi.
Sarebbe stata mia,per semppre.
-innamorato muovi il culo e carica queste cose nel furgone- mi disse Matt tirandomi un jack in testa.

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Capitolo 19
*** What were we build for? ***


XIX

I’m so sorry for the errors
Of my life

 

Mi chiamo Synyster Gates, ho 21 anni e sono nato il 7 luglio ad Huntigton Beach, a volte nella vita si commettono degli errori a cui non si presta la minima attenzione, errori piccoli, fatali e micidiali.
Errori piccoli che se si sommano ad altri errori piccoli, creano qualche cosa di gigantesco a cui non si può riparare.

 

Quel giorno ero uscito per andare a ritirare al negozio le magliette che Angelica aveva fatto ordinare con il nostro logo e degli adesivi, per i cd avremmo dovuto aspettare la fine di gennaio in quanto il 10 del mese avremmo avuto la sala prove solo per noi e un ragazzo che ci avrebbe registrato.
Angelica aveva organizzato tutto, come facesse non lo sapevo, ma ero contento, io non ce l’avrei mai fatta. I soldi per il pagamento li avevamo trovati grazie alle esibizioni che stavamo facendo nei vari locali. Stavamo diventando popolari. Nel giro di due settimane avevamo organizzato già alcune esibizioni in bar della zona e alcuni ci avevano chiamato, stavamo sfondando tra i giovani.
I ragazzi ci venivano vicini, si complimentavano, chiedevano foto e se ne andavano. A noi faceva piacere, ci sembrava essere una di quelle band come guns o led zeppelin che erano in circolo da anni e tutti li amavano.
I proprietari ci chiamavano, aumentavano di prezzo e ci davano anche la cena gratis, non male per una band della periferia di Huntington Beach che aveva suonato dal vivo solo pochissime volte. Poi il tutto era aiutato da Zacky che essendo barista, aveva contatti con altri bar della zona e ci inseriva nella serata, stava andando tutto a gonfie vele.
Ed ero contento, molto contento.

Uscii dal negozio con le magliette e i loghi in un sacchetto che recitava l’insegna del negozio a cui Angelica si era riferita e mi avviai verso la macchina. Faceva freddo e un po’ di neve si era accumulata sui marciapiedi, bisognava stare attenti se non ci si voleva ritrovare col culo per terra al gelo.
Svoltai a sinistra e una donna sul ciglio della strada stava facendo segno ad un taxi di fermarsi.
Aveva un che di familiare, ma da dietro non la riconoscevo.
-TAXI- urlò la donna correndogli dietro, ma cadde rovinosamente a terra. Corsi da lei per aiutarla.
-si è fatta male?- chiesi preoccupato. Il suolo era gelato e non si sapeva cosa sarebbe potuto succedere.
-si si grazie- disse mentre la aiutavo a rialzarsi. Si guardò il cappotto fradicio, si sistemò la cuffia e mi guardò.
Era Beatrice.
-oh ciao Brian-
-ah ciao Beatrice- la salutai, non l’avevo per nulla riconosciuta –non pensavo fossi tu-
-non ti avevo visto nemmeno io- rise. Non mi ricordavo che avesse una risata così carina. Era un mese che non ci vedevamo.
-allora, la tua amica?- chiese avviandosi accanto a me di nuovo sul marciapiede.
-l’hanno presa- dissi orgoglioso
-son contenta-
-merito tuo che mi hai lasciato consegnare le carte oltre l’orario- dissi oltrepassando una donna col passeggino.
-son stata gentile, vero?-
-già- dovevo ripagare il favore invitandola a bere qualche cosa? Ovviamente il tutto in amicizia, non volevo che pensasse che potesse esserci qualche cosa, anche perché amavo Angelica e non volevo nessun’altra.
-senti … - incominciai –andiamo a bere qualche cosa? Così da ripagarti per il favore ce mi hai fatto.-
-è un appuntamento?- chiese maliziosa
-no, vedila come un uscita tra amici- dissi subito.
-okay, fammi strada-

 

La portai in un posticino accanto al centro della città, era poco frequentato e ci mettevano ottima musica, andavo sempre lì a fare colazione quando cominciavo il lavoro un’ora più tardi se a casa non avevo nulla, mettevano sempre ottima musica e conoscevo il proprietario. Suo figlio era stato a scuola con me e ora era all’università, eravamo rimasti in buoni rapporti e ogni tanto mi faceva qualche sconto.
Avrei dovuto portarci Angelica, le sarebbe piaciuto quel posto.
-cosa ci fai in giro?- mi chiese Beatrice sedendosi di fronte a me
-ero andato a prendere le magliette e i loghi per la band- risposi guardandomi attorno in cerca del cameriere che stava prendendo l’ordine ad una coppietta di vecchietti.
-uh e come va con la band?- sorrise
-benissimo, abbiamo cominciato a suonare in alcuni locali, ogni tanto qualcuno ci viene a fare i complimenti e a chiedere qualche foto, ogni volta torniamo a casa contentissimi- spiegai
-ti avevo chiesto di invitarmi- fece il broncio. È vero, me l’aveva chiesto e mi ero completamente dimenticato.
-oddio scusa, è che con tante cose mi era passato di mente- dissi vedendo il cameriere con la coda dell’occhio arrivare.
-volete ordinare?- chiese il ragazzo con il septum e un tatuaggio sul braccio, deve essere stato nuovo dato che non l’avevo mai visto prima.
-un caffè- dissi
-una cioccolata calda- disse lei a sua volta.
-okay- rispose annotandosi il tutto su un quadernino nero.
-quando suonate di nuovo?- chiese Beatrice accavallando le gambe. Aveva un vestito nero aderente e abbastanza corto, con le gambe accavallate la coscia era ben visibile, infatti un ragazzo seduto al tavolo a fianco di noi assieme al suo amico, la guardarono che mancava loro solo la bava alla bocca.
Dio che maiali.
-suoniamo sabato al bar di fronte il Ponte sul lungomare, hai presente?-
-si si, ci son stata un paio di volte, bel posto, ci sarò-
-perfetto-  risposi tirando indietro i gomiti in quanto il cameriere stava per appoggiare i nostri ordini.

Parlammo per un'altra ora poi lei disse che doveva andare, le offrii un passaggio ma rifiutò così lei mi salutò con un bacio sulla guancia e mi disse che sarebbe venuta sicuramente al nostro concerto.
Uscii dal bar e mi avviai verso la macchina.
-che cazzo ho fatto- mi dissi calciando una lattina di birra.

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