L'ultimo giorno di scuola

di Randa_Zero
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Mattina ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Lezione ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Parco ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - EXTRA ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Mattina ***


Quella mattina ero seduto al mio solito posto, anche se in classe non c'erano mai stati dei posti fissi ( ognuno si sedeva dove voleva, molto anarchico direi ) quello era stato dall'inizio dell'anno il mio banco.

Era disposto più o meno in fondo alla classe, non troppo vicino alla cattedra per impedirmi di svagarmi con attività varie durante le lezioni, ma neanche troppo lontano da costituire una scusa per i prof e permettergli di spostarmi ai primi posti, inoltre il banco era di fianco a una finestra che , oltre a offrire una bellissima vista sul parco, quando faceva caldo mi bastava aprire per godermi un po' di fresco; insomma era una posizione "strategica".

Così ,circa 10 mesi prima, il primo giorno di scuola, mi ero seduto a quel banco con tutta l'intenzione di non permettere a nessuno di rubarmelo.
La classe era abbastanza stretta: due file di bachi doppi appoggiati alle pareti con un corridoio centrale. Ma, anche se il posto accanto al mio era sempre libero nessuno mai ci si sedeva. Bhe non potevo lamentarmi, insomma ero stato io il primo ad allontanare tutti.

Comunque quella mattina, ero arrivato prima del solito : abitavo a circa un ora di bici dalla scuola, “di bici perchè” i miei essendo entrambi degli chef lavoravano sempre e tornavano a casa raramente (non ci eravamo trasferiti perchè i miei erano affezionati alla casa ), così mi ero dovuto arrangiare e il mio mezzo di trasporto abituale era diventata la bici ( la fermata dell'autobus più vicina era a 20 minuti di distanza ); per evitare il traffico mattutino ,inoltre, partivo da casa presto e questo vuol dire verso le 6 del mattino.

A scuola arrivavo verso le 7, e ogni mattina mi facevo aprire il portone da Lina, una bidella della scuola, fu lei la prima a darmi il permesso : era uno dei primi giorni di scuola, pioveva un casino così mi fece entrare anche se le regole lo vietavano, e da allora lo aveva sempre fatto, con l'unico avvertimento di non fare danni.

Quella mattina però ero uscito di casa un quarto d'ora perchè avevo sentito che ci sarebbe stato più traffico del solito, alla fine ero arrivato alle sei meno dieci. Entrato nell'aula mi ero letteralmente buttato sulla mia sedia: era l'ultimo giorno di scuola e ormai ero esausto.
Dopo aver sistemato con la stessa gentilezza lo zaino sul banco, ne avevo tirato fuori il cellulare con le cuffie e un libro.

Messe le cuffie alle orecchie, fatta partire la prima canzone di una playlist a caso ( "something new" ) e aperto il libro alla parte a cui ero arrivato, ero pronto per trascorrere quell'ora.

I libri erano sempre stata la mia passione, leggevo e leggo un sacco di libri ( un'estate ero arrivato a circa 40 libri !! ). Mi piaceva perdermi in mondi diversi dal mio , e adoravo immedesimarsi in personaggi con caratteri diversi dal mio. I libri costituivano la mia fuga dalla realtà e solo quando aprivo un libero mi sentivo davvero libero.
Leggevo qualsiasi cosa, dai romanzi ai libri per ragazzi, ma il genere che prediligevo era il fantasy, mi è sempre piaciuta l'azione, ancora meglio se è mescolata a un che di fantastico. Potevo leggevo ovunque, bastava non ci fosse troppo rumore, ma il mio posto preferito era al parco: ho sempre adorato girovagare a caso per il parco, considerando, poi, il fatto che è gigantesco c'erano sempre dei nuovi posti da esplorare; l'estate prima mentre gironzolavo a caso in bici, avevo intravisto una stradina che non mi era mai capitato di percorrere, era mezza coperta dai rami degli alberi e da cespugli e forse era per quello che non l'avevo mai vista, così ero sceso dalla bici e portandola a mano mi ero incamminato per quel sentiero.
Mi ricordo che dopo 20 minuti di cammino stavo prendendo in considerazione l'idea di tornare indietro, ma quando stavo per voltarmi davanti a me comparve una specie di piccolo paradiso: era una piccola radura circondata da fitti alberi, oltre alla stradina dalla quale ero arrivato ce ne era solo un'altra dal lato opposto, ugualmente nascosta. Il terreno era coperto da una bassa erba che aveva tutta l'aria di essere morbidissima, ma la cosa che mi aveva più colpito era l'enorme albero al centro della radura, imponente di erigeva per 4/5 metri, lunghi rami arrivavano a sfiorare il terreno, la chioma costituiva quasi un tetto e copriva la maggior parte della radura, le foglie larghe facevano passare poca luce dando a quel luogo una strana atmosfera fantastica.

Senza pensarci avevo lasciato cadere a terra la bici, e mi ero seduto sotto quell'albero, appoggiando la schiena al tronco di questo, avevo aperto uno dei libri che mi ero portato dietro e avevo passato l'intera giornata a leggere.

Da quel giorno quello era stato il mio posto preferito, ci andavo quando mi serviva un attimo pausa, o quando volevo semplicemente leggere in pace, o ancora, quando mi serviva un posto dove sentirmi in pace.
Non mi trovavo bene con la classe, anzi non mi ero mai trovato bene con nessuno che non fossero i miei genitori. Oltre al mio carattere chiuso e distaccato ci si metteva anche il mio aspetto ad allontanare gli altri. Chiariamoci non ero brutto, semplicemente facevo paura.
Ero alto circa 1,80, ero slanciato e i miei 15 anni di nuoto mi avevano dato un certo fisico, i miei capelli erano di un nero scurissimo, li tenevo abbastanza lunghi così che mi coprissero le orecchie e parte degli occhi, ed era per questi che non volevo tagliarli. I miei occhi erano la parte di me che più faceva paura, erano neri come i miei capelli ,se non di più, con delle pagliuzze rosse intorno alla pupilla.
Da quando un bambino si era messo a piangere vedendoli, circa sei anni prima, avevo paura di guardare chiunque negli occhi, così la soluzione era venuta da se: "bastava non tagliarsi i capelli".

Con questo atteggiamento poi mi ero allontanato dalle persone, che già mi evitavano di loro, fino a trovarmi completamente solo.
A questo pensavo mentre sfogliavo le pagine del libro quella mattina.

Stavo rileggendo per la decima volta la stessa pagina quando sentii la porta della classe aprirsi.
Distrattamente, pensando fosse Lina che mi chiamava per avvertirmi che il bar era aperto, spostai lo sguardo sull'orologio.

Erano le 7.10 il bar non apriva prima delle 7.30.

Di colpo chiusi il libro e alzai lo sguardo alla porta. 
Era Luna.
Luna era la ragazza più vivace della classe, parlava con tutti ed era la prima persona a cui gli altri si rivolgevano quando avevano qualche problema ( per questo poi era stata eletta come rappresentate ). Era abbastanza alta, 1.71 ( non sono uno stalker, glie l'avevo casualmente sentito dire in classe, e grazie ai libri ho una memoria assurda ), era magra, probabilmente faceva qualche sport come il nuoto o la pallavolo, aveva i capelli lunghi fino alle spalle e neri, non come i miei, un nero più cenere. La cosa più strabiliante erano gli occhi: blu intenso, che facevano contrasto con i capelli; se i miei allontanavano le persone i suoi le avvicinavano.
Aveva provato a parlare anche con me , più di una volta, ma non avevamo mai avuto una vera conversazione per di più io annuivo e mugugnavo, inoltre lei era sempre l'ultima che arrivava in classe, ed era per questo che non mi spiegavo la sua presenza a quell'ora.
Chiuse la porta alle sue spalle, si voltó nella mia direzione e mi sorrise.

Voi non potete capire la mia sorpresa, stavo per girarmi per vedere se ci fosse qualcun'altro.
Dopo avermi fatto un cenno di saluto, si diresse velocemente verso di me.
E quando poggió il suo zaino sul banco accanto al mio, il mio cuore perse un battito, non so se era per l'emozione o per la paura.

Senza dire una parola, poi, tirò fuori un quaderno e si mise a scarabocchiarci sopra. Non osai voltare lo sguardo per vedere cosa stesse facendo , così riaprii il libro e mi rimisi a leggere.
Leggere per così dire: l'ultima cosa che riuscivo a fare era concentrarmi su qualcosa che non fosse lei.
Sentivo la sua presenza accanto a me, la sentivo respirare anche se avevo le cuffie e musica sparata al massimo, scorgevo con la coda degli occhi i suoi capelli muoversi quando spostava il braccio, e quando per sbaglio mi colpì il braccio col gomito, non ce la feci più.

- “Scusami!”
Disse con una voce che non era solo delicata, ma vivace, allegra, piena di vita, in tra quelle parole però sentii anche un certo imbarazzo che prima di allora non le avevo mai sentito usare.
Chiusi il libro lentamente e mi tolsi le cuffie.

- “Perchè ti sei seduta qui?”

La voce mi uscì più profonda di quanto avessi voluto, ero nervoso.

Lei alle mie parole sembrò paralizzarsi. Ecco un'altra cosa che odiavo di me: crescendo la mia voce era diventata troppo profonda , e unendola al mio aspetto mi faceva sembrare davvero un mostro.

Passarono alcuni secondi di silenzio nei quali lei continuò a fissarmi, iniziai a sentire un leggero calore salirmi al volto.

- “Si può sapere cose guardi?”
Cristo, troppo brusco.
A quelle parole il volto di lei si infiammò e fu li, che per la prima volta , pensai fosse davvero bellissima.

- “Ah, oddio , s-scusa, cioè non volevo offenderti, e che ... Bhe sai... Voglio dire... La tua voce .. Come dire ...
”
Il cuore mi si fermò, e il sangue mi gelò nelle vene.

Non dirlo ti prego
- “È bellissima !
”
Ah
- “Davvero! È stra profonda , cioè , ti avevo già sentito parlare durante le interrogazioni, ma sentirti da così vicino e con questo silenzio ... Wow è stu-
... “
Aveva parlato per tutto il tempo con la testa abbassata, e quando l'aveva alzata per guardarmi si era interrotta improvvisamente: solo allora mi accorsi di avere la faccia in fiamme.

Non ero mai arrossito così tanto, ma ,capitemi, nessuno prima di allora mi aveva fatto un complimento.
Travolto dall'imbarazzo girai la testa verso la finestra.
Ci furono alcuni secondi di silenzio, un silenzio pesantissimo.

- “Allora non hai risposto alla mia domanda.”
Dissi piano, più che per curiosità per rompere quel silenzio. E dicendolo volsi lentamente la testa verso di lei.

Il rossore non era ancora sparito dal suo viso, ed ero sicuro che non lo fosse neanche dal mio; alle mie parole la sua espressione passò dall'imbarazzo , al sorpreso per poi aprirsi in un luminoso sorriso.

- “Volevo stare con te ! “     

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Lezione ***


"Volevo ... "
Non riuscì a finire la frase perché fu interrotta dal suono della campanella che segnava l'inizio delle lezioni.
Piano sembrò realizzare cosa stesse per dire, e questa consapevolezza le fece diventare il viso di un rosso acceso. Staccò lo sguardo dal mio e lo rivolse di scatto verso il foglio su cui stava scarabocchiando.
Stavo per chiederle cosa stava per dire quando la porta si aprì con un botto.
"- Lunaaaa "
A fare quel casino infernale era stata la migliore amica di Luna: Federica, la ragazza più rumorosa della classe. Era più bassa della media, magra e con un cespuglio di ricci rossi in testa.
Quando vidi che si stava dirigendo verso di noi, rimisi le cuffie e mi girai verso la finestra.
"- Luna come s- ... Waaah hai tutta la faccia rossaaa!! Cosa è successo ?"
Quelle parole, lo sapevo anche senza vederlo, avevano reso ancora più viola il viso di Luna. Immaginando la scena soffocai a stento una risata.
"- Niente, niente, niente sarà un colpo di calore ".
Finì quella frase con una specie di risata isterica, al che non riuscii a trattenere uno sbuffo divertito.
In risposta sentii Luna girarsi di scatto verso di me.
"- ... Senti, come mai ti sei seduta qui? "
A parlare, titubante, era stata Federica.  Sentendo quella domanda il mio corpo si irrigidì.
Luna non rispose, e  non riuscii a capire neanche se avesse fatto gesti con le mani .... Non che mi interessasse però.
"- 'Giorno Luna "
Questa volta a salutarla era stato Marco, un nostro compagno di classe.  Era entrato insieme al resto della classe, che ora si stava disponendo nei vari banchi.
Era alto, muscoloso e sempre sorridente, insomma uno di quello a cui sbavano dietro 3/4 delle ragazze della scuola.
Entrato, con la coda dell'occhio , l'avevo visto avvicinarsi al banco di Luna.
"- Giorno Marcoo !! Ieri non c'eri alla partita come mai? ".
Luna subito lo aveva accolto con un sorriso luminoso, come faceva con tutti del resto.
Non sapevo di che partita parlassero, ma probabilmente era una di quelle organizzate tra le classi della scuola. Una specie di torneo che i professori avevano organizzato.
"- Dovevo andare dai miei zii e non ce l'ho fatta a tornare in tempo. "
Lo sentii appoggiarsi al banco.
"- Scusami "
Il mio tavolo intanto si stava lentamente spostando, così mi voltai verso Marco, con tutta l’intenzione di dirgli di spostarsi.
Quando mi girai, mi venne quasi un colpo: il banco di Luna  era circondato di gente, e io non ero abituato alla vicinanza di tanta gente, tendevo a evitare zone affollate, e trovarmi così vicino a così tanta gente era quasi soffocante.
Poi il mio sguardo cadde su di lei, e notai subito che  sulla sua spalla era poggiata una mano di Marco.
D'un tratto mi ritrovai a serrare le mascelle; non ne sapevo il motivo ma quel gesto mi irritava, e parecchio.
Notando il mio sguardo, Luna, nervosa,  si scrollò di dosso la mano del ragazzo, e lui rivolgendomi un occhiataccia mi chiese , con una voce che non rispecchiava per niente il suo sguardo :
"- Serve qualcosa?"
Non mi piaceva confrontarmi così con le persone e in più cera troppa gente li attorno per provare a parlare normalmente con lui, così decisi di ignorare la domanda e mi rivoltai verso la finestra, borbottando un niente poco convinto.
"- Che paura"
"- Credevo ti avrebbe picchiato"
"- Luna non sarebbe meglio tu spostassi?"
"- Ha ragione ".
Questi furono pochi dei commenti che sentii prima di rimettermi le cuffie nelle orecchie e alzare al massimo il volume della musica.
 
(...)
 
Era la quarta ora più o meno, quel giorno ne avevamo solo cinque, anzi siccome era l'ultimo giorno, tutta la scuola aveva solo cinque ore, e rispetto alle nove che avremmo dovuto avere, questo era un compromesso stupendo.
Comunque era la quarta ora e stavamo facendo matematica.
Perché,  voi non lo sapete, ma avevamo una prof di matematica che si sarebbe uccisa piuttosto che non fare lezione. E quindi anche se era l'ultimo giorno di scuola, invece di festeggiare, come avevamo fatto nelle ore precedenti, stavano facendo calcoli su calcoli. E, con nostra grande gioia, la tortura sarebbe durata fino alla fine della quinta ora.
Quel giorno non riuscivo proprio a stare attento alla lezione, non solo perché non ero mai stato un genio in matematica, ma perché tutto quello che mi era successo da quella mattina mi aveva fatto sorgere un sacco di domande, che continuavano a stressarmi. Così mi ero messo a fare altro, come praticamente tutta la classe.
Tutti eccetto Luna.
Stava attenta alla lavagna e si segnava qualunque cosa la prof ci scrivesse sopra.
Notando questo, senza accorgermene, ad un certo punto mi ritrovai a guardarla.
I suoi capelli scendevano sciolti su una spalla, la mano si muoveva velocemente per scrivere sul quaderno  oppure giocava con la penna facendola ruotare fra le dita.
Quel giorno indossava una maglietta bianca che faceva risaltare la sua carnagione abbronzata e i capelli nero cenere.
Concentrata a guardare la prof a volte iniziava a mordersi l'unghia del pollice, corrugava la fronte e quando sembrava che fosse riuscita a capire il problema , un espressione di felicità assoluta le compariva sul volto e si chinava velocemente a scrivere sul quaderno, la soluzione.
Quando succedeva i capelli le scivolavano davanti al viso, e subito lei li spostava dietro alle orecchie con la mano libera, senza smettere di scrivere.
Il suo volto era quasi perfetto, le labbra erano rosate e sottili mentre i suoi occhi erano di un blu intensissimo e quando mi guardava sembrava potessero risucchiarmi in un abisso di tranquillità ....
Aspetta perché vedo i suoi occhi ?
Mi accorsi troppo tardi che si era voltata e che da alcuni secondi ci stavamo fissando negli occhi.
Appena realizzai che mi aveva sorpreso a guardarla, sentii il viso andarmi a fuoco e subito nascosi il viso con il braccio, facendo finta di scrivere.
Pochi secondi dopo la sentii strappare un foglio di carta e scriverci qualcosa sopra.
Poi mi vidi comparire un foglio di carta ripiegato davanti agli occhi.
Mi voltai verso di lei, ancora rosso in viso, con un espressione interrogativa, e allora notai che anche lei era arrossita.
Mi fece segno di leggere, così aprii il bigliettino.
"- Scusali, tendono a giudicare solo dall'aspetto fisico, ma non sono cattivi! "
Era la prima volta che qualcuno si preoccupava per me e che fosse lei, mi riempiva il cuore di gioia.
Presi la penna e scrissi la risposta, sotto la sua domanda.
"- Non preoccuparti, ormai ci sono abituato"
Lo piegai e glie lo misi vicino al gomito.
Quando lesse le parole sul bigliettino un espressione di infelicità le passò sul volto, poi decisa prese la penna , ma si bloccò pochi attimi prima di scrivere sopra al foglietto di carta.
Suonò la campanella che segnava la fine dell’ora, e la prof come sempre ci diede alcuni minuti di pausa.
Come all'inizio della giornata, parte della classe si sistemò vicino al banco di Luna. Primo fra tutti Marco, un'ondata di irritazione mi investì.
Lei appena notò l’avvicinarsi di tutta quella gente nascose velocemente il bigliettino in tasca.
Io invece mi voltai verso la finestra infilandomi le cuffiette del cellulare.
 
(...)
 
Mancavano 15 minuti alla fine della scuola, e la prof di matematica continuava a spiegarci esercizi su esercizi, illudendosi che noi avremmo preso appunti o semplicemente seguito la sua lezione.
Io intanto avevo quasi perso le speranze di una qualche risposta da parte di Luna.
Quando ad un certo punto un bigliettino comparve sul mio quaderno.
Di scatto mi girai verso di lei, e riuscì a notare parte del suo viso arrossato prima che potesse nascondersi dietro ai capelli.
Titubante lessi il messaggio.
" Io al contrario,  trovo che i tuoi occhi siano stupendi, seriamente sono bellissimi, vorrei averceli anch’io come i tuoi  "
Se quel giorno ero diventato rosso un paio di volte, nessuna di queste reggeva il confronto.
Appena lessi quelle parole divenni bordeaux,  un ondata di gioia mi partì dal cuore e provai un incontrollabile voglia di piangere. Mai prima di allora qualcuno mi aveva detto che i miei occhi fossero belli, anzi per colpa di questi alle elementari mi additavano tutti come demone.
Avevo pensato più volte di farmi fare un operazione per cambiare il colore , e ora sentirmi dire che qualcuno li trovava bellissimi, ansi li invidiava ... Fu uno shock.
Presi una penna e titubante scrissi:
"-Grazie".
Quando notò il mio viso e lesse il messaggio la sua espressione si intenerì.
Per la seconda volta quel giorno pensai che fosse stupenda.
Riprese la penna e scribacchiò qualcosa sul foglietto, poi sorridente me lo passò.
"- Il mio numero, così quest'estate possiamo sentirci! 302xxx568"
Senza pensarci un attimo strappai un pezzo di pagina dal quaderno e scrissi sopra il mio numero:
"- 392xxx986 "
Glie lo consegnai in mano, lei, già sapendo cosa fosse, emozionata se lo strinse fra i palmi e, sottovoce, mi disse:
"-Grazie mille"
Subito dopo suonò la campanella che segnava la fine delle lezioni.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Parco ***


Quel pomeriggio decisi di andare al parco.
Era stato un giorno parecchio stressante, e l'unica soluzione che mi veniva in mente per rilassarmi era quella di andare a leggere sotto l'albero nella piccola radura del parco.
Così appena l'ultima campanella era suonata mi ero precipitato nel parcheggio e , ancora scosso per gli avvenimenti di quel giorno, ero salito sulla bici e mi ero fiondato al parco.
Alle 4 del pomeriggio ero ancora li, intendo a leggere un mattone di 3.000 pagine, quando ad un certo punto il mio cellulare prese a vibrare nella tasca.
Pensai subito a mia madre che mi avvisava che erano tornati a casa, così con il sorriso dipinto sul volto presi il cellulare e lo accessi.
Invece della solita scritta "Mamma", sullo screen, a lettere cubitali, era segnato un numero di telefono, questo voleva dire che non corrispondeva a nessuno di quelli che avevo in rubrica.
Ma mi bastó leggere solo per una volta il numero per sapere il mittente del messaggio: Luna.
Premetti sullo screen per aprirlo e lessi mentalmente il contenuto:
"- Ciao, posso raggiungerti ?"
Rilessi due volte il messaggio, ma ancora non mi era chiaro del tutto il suo significato.
"- Non sai dove sono..."
E inviai.
Aspettai per dieci minuti buoni una risposata fissando lo schermo del cellulare, poi sbuffando lo buttai sull'erba e ripresi a leggere.
E come quella mattina non ci riuscii, non importava se era di fianco a me o chissadove : solo il pensiero di Luna bastava a distrarmi.
Dopo circa altri 10 minuti, il cellulare si accese e iniziò a vibrare.
Una chiamata.
Lo presi e lessi il numero, sempre lei.
Premetti sul tastino verde e misi il cellulare vicino all'orcchio.
"- Pronto?"
Nessuna risposata.
"- Pronto?"
Ancora nessuna risposta, stavo per mettere giù parecchio innervosito da quella specie di scherzo, quando una voce femminile parlò dall'altro capo del telefono.
"- P-Pronto? Francesco sei tu?"
La sua voce ansimava, doveva aver corso per un bel pezzo, o probabilmente, lo stava ancora facendo.
"- Si sono io, serve qualcosa?"
Passarono alcuni secondi di silenzio, nei quali il mio cuore prese a battere sempre più velocemente.
"- .... Ti darebbe fastidio vedermi?"
Il mio cuore perse un battino, e una strana sensazione di disagio e speranza mi si diffuse in tutto il corpo.
"- NoNoNo!! Anzi mi faresti davvero felice!!
Solo dopo aver parlato realizzai quello che avevo detto e sentii il mio viso andarmi a fuoco.
"- ... Sei davvero carinissimo quando arrossici"
"- Heii!!"
A quelle parole, ancora più rosso in viso, mi venne d'istinto alzare lo sguardo.
E nel farlo incorociai lo sguardo di lei.
Era a pochi metri da me, all'inizio della stradina opposta a quella che prendevo io.
Aveva i capelli legati e alcune ciocche sul viso.
Il volto era rosso, più rosso del mio.
Il suo petto si alzava e abbassava velocemente, e unito al fatto che aveva un leggero velo di sudore sul viso, dedussi che per arrivare li avesse fatto un bel pezzo di corsa.
Ma guardandola mi parve ...
"- Bellissima..."
Lei arrossì ancora di più e chinò il viso in avanti. Mi accorsi dopo che l'avevo detto ad alta voce.
" Cioè ... Nel senso... Anche se ... Volevo di- "
"- Posso venire li?"
In un primo momento non sapevo cosa rispondere, poi quasi non fossi io a parlare dissi:
"- Si"
Il tempo che impiegò ad avvicinarsi mi sembrò infinito, e ancora più lunghi mi sembrarono i minuti che passò seduta al mio fianco prima che mi chiedesse:
-" È bello? "
Mi voltai verso di lei con un espressione interrogativa in volto.
-" Il libro "
Disse indicando il tomo che tenevo in mano.
"-Si"
Bravo, bel modo di portare avanti una coversazione.
Mi dissi dandomi per l'ennesima volta dell'idiota mentalmente.
-" Vieni qui spesso?"
Mi chiese dopo pochi attimi di silenzio, sembrava stesse faticando a trovare un argomento di cui discutere e io non ero di certo di aiuto.
"- Si è molto tranquillo, siccome credo quasi nessuno lo conosca ..."
E li mi sorse un dubbio.
"- Come facevi a sapere che ero qui?"
Arrossì un po' quando pronunciai quella domanda.
"- Bhe ... Una volta mi è capitato di passare qui per caso e ti ho visto, poi ogni volta che ripassavo c'eri anche tu quindi ... Chiamiamolo intuito."
Finì la frase con una leggera risatina isterica, come quella di quel pomeriggio.
E ricordandolo non riuscì a trattenere una piccola risata.
"- Hai una risata davvero luminosa, dovresti ridere di più!"
Mi disse lei sorridendo. Ora capivo perché era tanto popolare fra i ragazzi.
Senza pensarci, sorridendo le dissi.
"- Anche il tuo sorriso è stupendo."
Vidi le sue guance diventare sempre più rosse fino a quando non voltò il viso verso il prato.
Di scatto mi voltai anch'io verso il mio libro, consapevole del rossore che stava comparendo anche sul mio viso.
Passarono altri minuti di silenzio.
"- Sai ... In classe sei sempre in disparte ... E all'inizio della scuola anch'io avevi timore di te ... "
Strinsi le mani intorno al libro e senza rendermene conto serrai le mascelle. Non riuscivo a capirne bene il motivo ma sentirmi dire quelle cose da lei, mi faceva più male che sentirle dire dagli altri.
Lei però non sembrò accorgersi della mia reazione.
"- Però... Una volta ti ho visto ridere ... Ed è stata una delle cose più belle che abbia mai visto. Ho iniziato a guardarti sempre di più, e non riuscivo più a capire che cosa in te spaventasse le altre persone ... Insomma i tuoi capelli si sono un po' lunghi ma sono belli! E i tuoi occhi sono qualcosa di stupendo ! Poi mi ricordo di quando hai aiutato quella bambina alla festa della scuola, quindi so per certo che tu sia una persona gentile! Leggi un sacco di libri , e non posso crede che qualcuno di così tranquillo possa provocare risse ... Quello che sto cercando di dirti ... È che ... Bhe io -."
Girandosi verso di me si bloccó spalancando gli occhi.
Poi piano sorrise, il sorriso più tenero che avessi mai viso.
Allungò le mani, e, mentre con una mi prese il volto, con l'altra mi asciugò le lacrime.
Si stavo piangendo, e non mi vergogno a dirlo.
Mai e dico mai prima di allora qualcuno mi aveva detto cose del genere. E si avevo finito per piangere per la felicità e lo stupore.
Mentre lacrime calde continuavano a scendere sul mio viso, lei continuava a sorridere, asciugandomele.
Quando mi fui calmato, le sorrisi.
"-Grazie."
Lei mi sorrise di rimando.
Non potei trattenermi.
Afferrai il suo braccio e mi slanciai verso di lei, stringendola poi al petto.
Sembrava ancora più piccolina così stretta fra le mie braccia.
Titubante anche lei mi abbracciò, prima delicatamente poi con più forza.
Una sensazione dolce e di felicità immensa mi pervase e allora capì cos'era quel nuovo sentimento.
Piano ci staccammo da quell'abbraccio, come se nessuno dei due volesse rinunciare a quel calore, e i nostri sguardi si incontrarono.
Sembrò passare un'eternità prima che allungassi le mani verso il suo volto.
Lei chiuse piano gli occhi e io le posai il mio palmo sulla guancia destra.
Dopodiché ci baciammo.
Fu qualcosa di unico.
Le sue labbra erano calde e umide.
Sentivo il suo cuore pulsare violento, e sapevo che anche il mio batteva a quel ritmo.
Quel bacio mi sembró durare un infinità e quando ci staccammo sentì di già la mancanza di quel contatto.
Lei rossa in viso avvicinò la sua fronte alla mia e sussurrando disse.
"- Mi sono innamorata di te."
Io sorridendo, la guardai negli occhi.
E dissi l'unica cosa che riuscivo a pensare in quel momento.
"- Ti amo, Luna."
Poi ci baciammo di nuovo.
Quello fu il giorno più bello di tutta la mia vita.
Il mio ultimo giorno di scuola.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - EXTRA ***


Luna POV
 
Quella mattina andai al parco .
Era appena iniziata la scuola, è quello era il primo weekend … già non ce la facevo più.
Non trovando nessuno con cui uscire ero saltata in sella alla mia bici e nel giro di una mezz’oretta, mi ero trovata a vagare a caso fra i sentieri del parco.
Mi piaceva andare al parco, era divertente stare sdraiata sull'erba a fissare il cielo, o con una palla passare il pomeriggio a giocare a qualche sport a caso, o ancora rilassarsi esplorando il parco anche semplicemente camminando.
Mi era sempre piaciuto stare un po’ da sola, non che a me desse fastidio stare con gli altri, anzi. Ma era abbastanza sfiancante passare il tempo con le persone, bisogna sempre fare attenzione alle cose che si dicono, attenti alle azioni che si compiono, cercare di sorridere il più possibile e fare qualche battuta per fare ridere un po’ gli altri.
Mi piaceva tutto questo, mi piaceva vedere felici le persone, e sapere di esserne io la causa;  ma anche a me servivano dei momenti di tranquillità, nei quali sedermi sotto un albero e pensare a cose che non fossero pertinenti alla scuola o semplicemente agli altri, ecco prendermi un po’ di tempo per me stessa.
Girai ancora per un due ore circa, poi decisi che ero abbastanza esausta per fare una piccola pausa, mi fermai in mezzo alla strada e guardandomi in torno cercai un posto abbastanza isolato dove i soliti bambini “urlanti” non sarebbero venuti a disturbarmi.
Niente, era domenica, ero un illusa se speravo di trovare un piccolo spazio libero in una zona affollata come quella, così risalii sulla bici e mi rimisi a pedalare.
Quando ormai mi convinsi che era praticamente impossibile trovare uno posto tranquillo nelle zone che di solito frequentavo, decisi di inoltrarmi nella boscaglia.
Mia madre, paranoica com’era, mi aveva sempre fatto promettere di non andare in zone troppo isolate, e per colpa sua, mentre pedalavo su uno stretto sentiero sentivo i brividi sulla pelle come se da un momento all’altro qualcuno mi dovesse assalire.
Dopo una decina di minuti e un quantità esorbitante di graffi procurati dai rami degli alberi, decisi che il resto della strada l’avrei fatta camminando, i miei piedi non sarebbero stati contenti ma quanto meno la faccia e le braccia non mi avrebbero mandato a quel paese.
Camminando notai quanto era tranquilla quella zona, e sentendo i suoni della natura così limpidi, una strana sensazione di quiete assoluta mi avvolse.
Stavo camminando da un po’ ormai, senza trovare nessun posto dove sedermi, quando intravidi una piccola radura.
Mi avvicinai quasi correndo, spingendo la bici con il manubrio, quando arrivai alla fine del sentiero però mi bloccai.
C’era già una persona li , sotto l’imponente albero che dominava il piccolo prato, appoggiato al tronco, sedeva qualcuno, un qualcuno che conoscevo  : Francesco.
Francesco era un mio compagno di classe, stava sempre in disparte e non aveva mai provato a socializzare con nessuno, e nessuno aveva mai provato a parlargli, probabilmente a causa delle voci che giravano sul suo conto : in giro si diceva avesse provocato una rissa e avesse mandato all’ospedale alcuni ragazzi, io non ci credevo, ma non potevo neanche dire di non avere paura di lui, così piano ,sperando di non farmi sentire e pregando non si fosse già accorto della mia presenza iniziai ad indietreggiare.
Poi qualcosa mi distrasse dalla mia fuga improvvisata. Una risata.
Di scatto alzai lo sguardo.
Non poteva essere: Francesco stava ridendo a crepapelle, probabilmente a causa di qualcosa che aveva letto dal libro che teneva stretto fra le mani.
Lo fissai stupita, a scuola sembrava così tetro e spaventoso, e ora … ora sembrava quasi un angelo, la sua risata cristallina era bellissimo, lui era bellissimo, stetti non so per quanto tempo ad osservarlo, studiai ogni suo movimento, fino a quando non lo vidi chiudere il libro, solo allora mi accorsi di stare fissandolo così mi ero voltata e più velocemente che potevo ero corsa via.
Fu quella la prima volta che mi accorsi veramente di lui, e fu quello il momento in cui, probabilmente, iniziai ad amarlo.
 
Riaprendo gli occhi mi voltai, Francesco stava chino come sempre davanti al cancello della scuola, titubante se entrare o no. Stavamo insieme ormai da tutta l’estate, ma ancora non voleva farsi vedere con me, forse perché aveva paura che se gli altri avessero saputo che stavamo insieme si sarebbero allontanati da me, reputandomi una persona altamente pericolosa.
Sorrisi triste e intenerita, e velocemente corsi verso di lui.
Lui mi guardò stupito poi inizio a voltarsi da tutte le parti, come a contare quanta gente stesse assistendo a quella scena, in effetti quasi tutti nel cortile si erano girati… ma a me non interessava.
Mettendomi in punta di piedi mi avvicinai al suo viso, che piano stava iniziando ad assumere il suo solito colorito rosso di quando si imbarazzava.
- Sono qui, scemo.
Poi prima che lui potesse dire qualunque cosa mi slanciai verso di lui e lo baciai, fu un bacio veloce ma non per questo fu privo di amore, anzi forse di amore ne avevo messo troppo siccome la sua faccia stava passando dal suo solito colore caramello ad un viola intenso.
Ridacchiando, lo afferrai per la mano e iniziai a correre verso l’entrata dell’edificio.
Era il primo giorno di scuola, il nostro primo giorno di scuola.

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