An impossible love.

di irispaper29
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Un amore impossibile ***
Capitolo 3: *** Salvataggio estremo. ***
Capitolo 4: *** L'arrivo al Campo Mezzosangue. ***
Capitolo 5: *** La sorella migliore. ***
Capitolo 6: *** Al ruscello con Jason. ***
Capitolo 7: *** il giro delle scommesse ***
Capitolo 8: *** La vittoria di Percy. ***
Capitolo 9: *** La punizione ***
Capitolo 10: *** Gli artigli dei ricordi ***
Capitolo 11: *** Un discorso importante. ***
Capitolo 12: *** Quella malattia chiamata codardia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 


 

“Ciao, Nico.

Come stai? Io me la cavo, più o meno. Dopo la sconfitta di Gea, in realtà, riadattarsi si è dimostrato più difficile di quanto pensassi. Stiamo tutti cercando di ricostruire lentamente le nostre vite, anche se sembra impossibile. Annabeth è quella che sta peggio: ha sofferto troppo. Prima è stata costretta dalla stessa Atena ad attraversare il Mare Nostrum, giungere a Roma e cercare l’Athena Parthenos, senza forse curarsi della pericolosità della missione e facendola lottare con colei di cui aveva più paura, Aracne. Poi, come tu ben sai, siamo caduti nel Tartaro. Avevi ragione, comunque, quel posto è orribile, spaventoso e pericoloso. Non so come abbiamo fatto a uscirne vivi, forse per miracolo divino. Nonostante la riuscita della missione, Annabeth soffre molto, ha paura, e non so minimamente come aiutarla.

Ci manchi, Nico. Ci manca vedere il tuo volto amichevole. Anche tu hai sofferto e sei stato ferito in missione, e, si, so che è egoista da parte mia chiedertelo, ma vorrei che tu tornassi al Campo. Ti piacerebbe, ne sono sicuro. Passeremmo il tempo tutti insieme, come ai vecchi tempi, magari allenandoci con la spada o facendo una partita di Caccia alla Bandiera. E credo di parlare a nome di tutti, dicendo che ti desideriamo qui, con noi. Manchi perfino a Leo, e anche Hazel sente la mancanza di suo fratello.

Ti prego, torna. Potremmo essere felici, tutti insieme, e tornare ad una vita relativamente normale Sei mio amico. So che hai sofferto anche tu ma, per favore, non isolarti, non chiuderti in te stesso.

Facci sapere presto, tutti vogliamo rivedere una faccia amica. Spero che tu stia bene e di averti presto qui con noi, al Campo.

                                                                                                      Percy”.

 

Letta la lettera, Nico sentì una stretta forte al cuore. Accartocciò quel foglio che non faceva altro che procurargli dolore e sofferenza. “Sei mio amico”, così aveva scritto, e poteva quasi sentire la sua voce mentre lo diceva. Sentì subito il dolore del rimorso, riaprì la lettera, stirandola con le mani, cercando di attutire le pieghe della carta, come se fosse stata più preziosa della sua stessa vita. E lo era.

Quella routine, l’accartocciare il foglio e il riprenderlo in mano, i sensi di colpa e i rimorsi, andava avanti ormai da quasi due settimane. Due settimane passate a meditare sulla difficoltà della scelta.

Nico non sapeva cosa fare, era confuso, e triste. Non voleva tornare al Campo. Già prima non era il benvenuto, e ora che era stato costretto da Eros a rivelargli il suo più grande segreto, davanti a Jason, poi...No, non poteva farcela, non sarebbe mai riuscito a sopportarlo.

Per essere chiari, Nico era contento che le cose si stessero rimettendo a posto, più o meno. Certo, erano tutti distrutti per la morte di Frank, ma Nico sapeva che era felice, nell’Elisio, a mangiare bistecche al barbecue. Beh, non proprio felice: gli mancava Hazel.

E Hazel soffriva per la sua assenza. Però avrebbe potuto essere peggio per entrambi. Nico sapeva che sarebbe successo. Dopotutto, la vita di Frank era stata legata solo ad un pezzo di legno bruciacchiato. Aveva però preferito non dire nulla ad Hazel, sapeva che avrebbe solo peggiorato le cose. Inoltre, la ragazza era intelligente, forse lo aveva capito. Nico sapeva che avrebbe dovuto esserle vicino, ma non riusciva a far nulla. Non poteva, aveva paura. Ma era più tranquillo, sapendo che c’era Leo, con lei, anche se lui non era il ragazzo più affidabile del pianeta. Sapeva che le sarebbe stato vicino anche per lui, che non l’avrebbe lasciata sola.

Nico, d’altro canto, avrebbe dovuto essere felice. Ora che l’Athena Partenos era stata recuperata, il Campo Giove e il Campo Mezzosangue riuscivano a coesistere senza che Greci e Romani si tagliassero la gola a vicenda. Gea e i giganti erano stati sconfitti. E Ottaviano era stato punito per aver condotto una guerra contro i Greci: oltre ad essere stato espulso dal Senato, da augure era stato degradato a “pulitore ufficiale delle latrine romane”. Nico lo chiamava così, perché non aveva la minima idea di come si chiamassero le latrine romane.

Avrebbe dovuto essere felice. Piper e Jason erano una coppia fantastica, tutto andava bene tra loro. Lo stesso valeva per Annabeth e Percy. Ovviamente, l’esperienza nel Tartaro li aveva uniti più di prima, la loro relazione era alle stelle.

Nico avrebbe davvero dovuto essere felice. Ma non lo era. Il mondo intorno a lui gli sembrava sempre buio, vuoto, e cupo.

Sapeva che tornando al Campo avrebbe rivisto i suoi amici, Leo, Hazel, Piper e tutti gli altri, ma non poteva, e tutto per colpa sua. Per colpa del suo essere...se stesso.

E Nico si odiava, per questo. Il suo “io” gli vietava categoricamente di seguire il suo cuore, di correre al Campo Mezzosangue con le braccia aperte, per rivederli tutti. Ma sapeva che sarebbe stato peggio, li avrebbe visti insieme, ogni giorno, le lacrime sarebbero tornate a scorrere, per renderlo debole. Non poteva rivederli insieme, Annabeth e Percy. Non poteva, non ne aveva più la forza.

Non sapeva come la cosa era cominciata, ma aveva le sue teorie. Probabilmente nello stesso giorno in cui si erano incontrati la prima volta, o forse con la morte della sorella. Nico era solo un bambino di nove anni, già spaventato e confuso, ritrovatosi in un’epoca totalmente diversa alla sua. Sapeva che suo padre aveva mandato lui e la sorella al Lotus per proteggerli, ma spesso il ragazzo rimpiangeva di essere giunto nel ventunesimo secolo, di non aver mai lasciato gli anni ’40. Forse così non li avrebbe mai incontrati, non si sarebbe sentito così solo al mondo, così male. Ricordava quel giorno in modo perfetto e limpido. Ricordava ancora il volto della sorella Bianca, che l’aveva sempre fatto sentire protetto e amato, al sicuro, una ragazza talmente timida che si nascondeva in un ampio cappello verde, che non sarebbe mai uscita di casa, se non fosse stato per il fratellino, un bambino gioioso anche se spaventato, che giocava a Mitomagia come tutti gli altri della sua età.

Quando li conobbe, Nico non poteva crederci. Erano diventati i suoi eroi. Ricordava ancora la sua euforia quando scoprì che gli dei e i mostri del suo amato gioco di carte, con le statuine e tutto, fossero veri. Poi Annabeth venne rapita da una manticora, e loro salvati dalle Cacciatrici di Artemide. Bianca si unì a loro, piuttosto che seguirli al Campo Mezzosangue. E Nico si sentì tradito e abbandonato dalla sorella, suo unico punto di riferimento. Solo più avanti capì che la sorella non poteva più sopportare il peso della responsabilità che aveva verso di lui.

Forse era iniziato tutto da lì. O forse dalla morte di Bianca, dopotutto, era un’ipotesi plausibile. Quando gli era stato detto che Bianca era morta per lui, per prendere una delle statuine mancanti del suo gioco preferito, Nico era morto dentro. E si ritrovò solo, senza nessuno che tenesse più a lui, che si prendesse cura di quel bambino terrorizzato di nove anni. Forse era iniziato tutto per questo. La solitudine e la mancanza della sorella l’aveva spinto ad odiare e poi ad attaccarsi alla prima persona disponibile, quella che gli ispirava più protezione. Era forse quello il motivo per cui soffriva tanto. Una punizione per aver causato la morte di Bianca? Era per questo, che sentiva un forte dolore al petto ogni volta che vedeva quei due insieme?

Perché ormai non poteva più negare a se stesso che lui si fosse innamorato perdutamente di Percy Jackson.

Nota dell'autore: salve, salve. Questa è la prima pernico che scrivo, siate clementi. Spero vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate. :)

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Capitolo 2
*** Un amore impossibile ***



 

Nico stava rileggendo quella maledetta lettera per la settantacinquesima volta, quel giorno, sdraiato sul suo letto, nella stanza riservatagli dal padre nel suo palazzo, negl’Inferi.

Nico detestava quel posto: era freddo, e vuoto, oltre che lugubre. Almeno lì poteva stare da solo, e sicuramente nessuno si sarebbe mai avventurato negl’Inferi alla sua ricerca. Lì non doveva nascondersi da nessuno, poteva essere se stesso, soffrire senza che nessuno lo giudicasse. Poteva riflettere nel silenzio senza che potesse essere interrotto. E di sicuro non rischiava di essere disturbato, soprattutto dal padre. Dopotutto, Ade era il dio degl’Inferi, e l’ultima cosa di cui poteva interessarsi era suo figlio. Certo, gli voleva bene, ma non abbastanza. Inoltre Ade aveva ben specificato che avrebbe di gran lunga preferito che Bianca fosse rimasta in vita, la considerava più forte di lui. Lo riteneva assai debole, se non inutile. Certo, Nico si era dimostrato coraggioso nella battaglia contro Crono, ma era un ragazzo sentimentale e spesso, quando credeva di essere solo, si concedeva di sfogare i suoi sentimenti. Solitamente un pianto faceva sentire meglio le persone, ma per Nico non era così. Credeva che le lacrime lo rendessero debole, ed era per questo motivo che Ade non lo prendeva mai veramente in considerazione. E Nico soffriva anche per questo.

Nico era confuso, e non sapeva cosa fare, si sentiva come diviso in due. Una parte di lui quasi lo costringeva a rimanere lì, negl’Inferi, per isolarsi, per fuggire dai problemi, e cercare di dimenticare. L’altra lo pregava e scongiurava di tornare al Campo, per poter rivedere tutti i suoi amici, cancellare quella solitudine, e, soprattutto, per nutrire il cuore con la vista di Percy.

Ma non poteva, avrebbe sofferto di più. Non avrebbe mai potuto sopportare di vedere ogni giorno Annabeth e Percy insieme che ridevano, o che si abbracciavano, o che si baciavano. Avrebbe desiderato di esserci lui al posto della figlia di Atena. Avrebbe provato rancore. E altro dolore.

Nico, pensando a tutto ciò, sentì una dolorosa stretta al cuore, che lo attanagliava come una morsa. Le immagini dei due fidanzati che si baciavano, ridevano e scherzavano davanti a lui come niente fosse, il fatto che lui desiderasse così ardentemente essere al posto di quella ragazza, così fortunata, erano ancora nella sua mente. Era per lui quasi impossibile non pensare a come Percy gli si rivolgesse, alla sua allegria, alle pacche amichevoli e scherzose che gli dava sulla schiena, quasi come fossero un complimento. Per lui era un amico, solo un amico.

“Perché non sono io? Perché lei? Perché mi sono innamorato di una persona che ama qualcun altro?”.

Le mani di Nico si strinsero in un pugno. Sentì un singhiozzo riecheggiare nella stanza semivuota. Non poteva essere stato lui, vero? No, assolutamente. Non era un debole. Si accorse di star piangendo solo quando senti le lacrime scorrere fredde, amare e lente sul suo viso. Cercò di fermarle, e tentò di asciugarle con il lembo della manica, passandosi il braccio sul volto, ma non bastava. Quelle continuavano imperterrite a scendere.

Sentì degl’altri singhiozzi provenire dalle sue labbra, suoni gutturali e impossibili da fermare.

Non poteva più affrontare il dolore da solo. Non riusciva a prendere una decisione. Aveva bisogno di parlare con qualcuno, ma con chi? Il padre? No, lui non l’avrebbe mai ascoltato. Avrebbe voluto potersi confidare con Bianca, ma lei aveva alla fine deciso di resuscitare.

Nico si alzò dal letto, e si asciugò le lacrime nuovamente. Prese la lettera e se la mise in tasca con una cura quasi maniacale, dirigendosi verso l’Elisio. Conosceva qualcuno che avrebbe sicuramente potuto dargli un consiglio.

Superata la coda della “Morte Facile”, si diresse a passi rapidi verso l’entrata dei Campi Elisi, e, una volta entrato, si sentì investire dal profumo di fiori e salsiccia abbrustolita.

Attraversate le anime felici dell’Elisio, dopo pochi minuti, riuscì ad individuare coloro che cercava: Charlie e Silena. Non riuscivano ad abbracciarsi, ma sorridevano l’un l’altro, con uno strano luccichio negl’occhi. Nico sperò di non sembrare così quando parlava con Percy.

Charlie si girò, e gli sorrise non appena lo vide. Silena fece lo stesso, ed era un sorriso più che raggiante. Entrambi erano morti giovani, quindi il loro aspetto era tale. Charlie aveva mantenuto il suo fisico robusto da figlio di Efesto e Silena era bellissima, come ogni figlia di Afrodite che si rispetti.

:-Nico?-lo chiamò il ragazzo. -Ciao, cosa ci fai qui?

:-Possiamo parlare?-chiese lui. -Non ve lo chiederei se non fosse importante.

:-Oh, ma figurati-dice Silena, sorridendo. -Vieni, parleremo con un po’ più di privacy.

Si allontanarono, dirigendosi dietro ad una delle enormi ville degl’Elisi.

:-Perfetto-disse la ragazza. -Dicci come possiamo esserti utili.

:-Beh, tu potresti aiutarmi più di chiunque altro, Silena-ribatté Nico. -Questo dovrebbe essere il campo di tua madre, dopotutto.

Silena, contenta ed eccitata, cominciò a saltellare sul posto, senza sapere cosa volesse veramente dire il ragazzo.

:-Oh, ti sei innamorato?-chiese lei, saltellando sulle punte dei piedi e battendo le mani all’impazzata. -Non ci posso credere! Solo ieri giocavi ancora con le figurine, e poi cresci così, in batter d’occhio! Di chi? Chi è la fortunata?

Nico, arrossito violentemente, guardò verso il basso, imbarazzato, prima di rispondere:-Percy Jackson.

:-Oh-disse Silena, all’improvviso non più così divertita.

:-Ma, Nico...-disse Charlie, confuso. -Lui è innamorato di Annabeth.

Nico lanciò un sospiro. Almeno non aveva detto che, effettivamente, Percy era un ragazzo, e ne aveva fatto polemiche sul fatto che si fosse innamorato di una persona del suo stesso sesso.

:-Sembrerebbe proprio la storia d’amore preferita da mia madre-dice Silena, rabbuiatasi. -Afrodite adora gli amori impossibili. E questo è davvero...non so, Nico. Percy effettivamente sembra essere innamorato di Annabeth. Non so come aiutarti.

:-Non sono qui per chiederti come conquistare il suo cuore o stupidaggini simili-ripiegò il ragazzo, impassibile. -Dopotutto, è solo una cotta, passerà presto. Sono qui per un altro motivo.

Detto ciò, fece leggere loro la lettera. Era sicuro che avrebbero potuto dirgli cosa fare.

:-Effettivamente, ti capisco-disse la ragazza. -Non deve essere facile leggere una cosa del genere.

:-Cosa dovrei fare?-chiese Nico. Sperava davvero che potessero aiutarlo, non sarebbe mai riuscito a decidere, da solo.

:-Cosa vorresti fare tu?-chiese Silena a sua volta. -Nico, mi sembri molto confuso, non è vero?

:-Già-ammise lui. -Una parte di me non vorrebbe tornare al Campo, perché significherebbe rivederlo, con Annabeth. La parte restante invece vorrebbe rivederlo, e tornare.

:-Nico, evitare i problemi non risolverà mai nulla-ribatté la ragazza. -Anzi, non faranno altro che crescere.

:-Silena ha ragione-intervenne Charlie, sicuro. -Non puoi continuare a scappare dai tuoi guai. Alla fine diventeranno troppo grandi per essere affrontati, ti conviene farlo ora.

:-Lo so-ribatté il ragazzo. -Ma ho paura. Non voglio star male, anche se solo per poco.

:-Nessuno vuole-rispose Silena. -Ed è normale avere paura. Sei un adolescente, Nico. I tuoi problemi a quest’età saranno i più grandi della tua vita, te lo posso assicurare, almeno dal punto di vista amoroso. Anche se non fosse stato Percy, avrebbe potuto essere qualcun’altro.

:-Avrei sperato che fosse qualcun’altro-snocciolò velocemente il ragazzo, stringendo i denti. -Percy non sembra proprio l’amore perfetto.

:-Beh, invece lo è-dice Silena. -Insomma, è bello, popolare, simpatico, coraggioso, ama divertirsi, è un eroe...tutto quello che un adolescente in preda agl’ormoni desidera.

:-Non sono un adolescente in preda agl’ormoni!-esclamò il ragazzo, indignato. -Non me lo sogno nudo la notte.

:-Oh, di questo ne siamo tutti felici-ribatté Charlie. -Ma arriviamo al punto...

:-E quale sarebbe?-chiese Nico. Doveva saperlo, assolutamente.

:-Entrambi crediamo che dovresti tornare, Nico-rispose Silena. -Scappando non risolverai nulla. Anzi, c’è il rischio che la tua “cotta” peggiori. Potresti star peggio, potrebbe mancarti Percy. Magari se invece torni potrebbe anche scomparire, così. A volte succede, se mia madre si stanca. Lei sicuramente vuole farti soffrire, quindi stai pur certo che se rimani qui, lo avrai nella mente per sempre. Le piace quando le storie fanno resistenza. Se invece torni al Campo e l’assecondi, potrebbe annoiarsi e lasciarti in pace.

Nico annuì. Effettivamente, avevano ragione. Afrodite non gli avrebbe mai permesso di dimenticare Percy finché lei si divertiva. Cercare di annoiarla era la cosa migliore.

:-Grazie per il consiglio, ragazzi-disse lui. -Vi auguro un buon soggiorno all’Elisio.

:-Figurati, amico-disse Charlie, dandogli una vigorosa pacca sulla spalla.

:-E torna a trovarci, vogliamo sapere!-dice Silena. -Vorrei poterti abbracciare.

:-No, tranquilla, ho letto da qualche parte che è il pensiero che conta-disse lui, sorridendole. Silena era una delle ragazze più dolci del pianeta.

Stava per andarsene, quando Silena lo avvertì:-Sappi, però, Nico, che non mi sembra solo una cotta. E ho paura che non sparirà tanto presto.

Nico deglutì, incerto e spaventato. Sperava davvero che gli passasse. Non poteva ancora sopportare il dolore.

Nico li salutò, e tornò nella sua stanza, semivuota. Prese una valigia nera da sotto il letto e cominciò a riempirla con calma dei suoi pochi vestiti, quando si sentirono delle urla. Urla stranamente umane.

:-Cosa ci fate qui? Chi vi ha fatto entrare?-chiese uno delle guardie-scheletro del palazzo di Ade. -Non sapete che è vietato l’ingresso ai vivi?

:-Spostati, esperimento di scienze!-esclamò una voce maschile. -Dobbiamo passare. Non esiteremo un secondo a ridurti a fossile.

:-Cosa, voi non potete...!-disse la voce della guardia, prima di essere sostituita dal suono di ossa tintinnanti a terra.

Nico, confuso, corse verso la porta, per capire cosa stesse succedendo. In quello stesso momento la porta si spalancò con forza tale da lanciarlo indietro.

:-Nico!-esclamò la voce maschile, stupita. -Stai bene?

Nico spalancò le palpebre, senza parole. Cosa ci faceva lui lì? Non era possibile, doveva essere una sua allucinazione. Perché c’era un ragazzo con occhi verde mare che stringeva con forza una spada di bronzo celeste.

:-Percy? 

Nota dell'autore: Ciao! Ma come, nessuna recensione? Nemmeno una piccola piccola?
Comunque, ringrazio tutte le 86 persone che hanno letto il primo capitolo, zaynshug che ha inserito la storia tra le preferite, e nami78 sister_of_Percy che seguono questa fanfiction. Un bacione grande.
Allora, spero che vi sia piaciuto il capitolo. Fatemi sapere, accetto anche critiche negative, mi aiutano a migliorare. :)

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Capitolo 3
*** Salvataggio estremo. ***



:-Percy?-ripeté il ragazzo, sconcertato. -Cosa ci fai qui?

:-Siamo venuti a salvarti, ovvio-rispose Percy, semplicemente.

:-Ah salvarmi?-chiese Nico, confuso. -Siamo?

Come per rispondere alla sua domanda, una ragazza dai capelli e la pelle color cioccolata lo aggredirono, stringendolo in abbraccio talmente stretto da fargli quasi male.

:-Hazel?-chiese il figlio di Ade, ancor più confuso e sorpreso. -Perché sei qui, sorellina?

:-Nico, siamo venuti a liberarti-disse lei, seria. -Sono contenta che tu stia bene.

:-Cosa? Liberarmi?-ripeté il ragazzo. -Ma non ha alcun senso!

Percy stava per ribattere, quando una voce maschile irruppe nella stanza.

:-Ehi, Percy, avete trovato il cadav...?-chiese Leo Valdez, che era appena entrato nella stanza di Nico. -Oh, ciao, bello.

:-Non stavi per dire “cadavere”, giusto?-chiese Hazel, retoricamente, assumendo una posizione rigida e ponendo le braccia a pugni sui fianchi.

:-Scusami-rispose lui. -Mi scappa, ogni tanto. I vecchi vizi sono duri a morire.

Hazel lanciò un sospiro ed invitò il fratello ad alzarsi da terra, mentre li guardava  con un misto di terrore, felicità e stupore.

:-Hazel, ti sei portata tutta la combriccola?-chiese Nico, esterrefatto.

:-Oh, no-rispose la ragazza. -Annabeth aveva un qualche impegno urgente, Piper e Jason sono in missione di recupero, e...

:-Ok, grazie-disse Nico, cercando di fermarla. -Non capisco. Voi siete qui per...salvarmi? Me?

:-Certo, scheletrino-ribatté il figlio di Efesto, sorridendo.

:-Leo!-lo sgridò Hazel, arrabbiatissima.

:-Oh, sicuro, scusami ancora. Per risponderti, Nico, si-ripeté Leo. -E dovremmo anche sbrigarci, insomma, siamo infiltrati qui, se ci scoprono sarà la fine...

:-Ma smettetela!-disse Nico. -Io non devo essere salvato da nessuno!

:-Però noi pensavamo che...che tuo padre non...-gli spiegò Leo, balbettando. -Insomma, lui ha una tale influenza su di te che...

:-Avete pensato che mio padre mi avesse proibito di tornare al Campo Mezzosangue, uno dei posti più sicuri per un semidio?-chiese lui. -Senza offesa, ma è alquanto stupido.

:-E allora perché non sei venuto, o non hai risposto alla mia lettera?-chiese Percy.

:-Non hai mai pensato che io non volessi tornare?-domandò il figlio di Ade, furioso. -Beh, Percy, io non sono tenuto a fare ciò che vuoi. E non voglio tornare al Campo.

Nico avrebbe voluto darsi una botta in testa. “Stupido!”pensò. E lo era stato davvero. Doveva tornare e mentiva su una cosa simile? Sapeva ciò che avrebbe dovuto fare, ma era così arrabbiato che non era riuscito a controllare le sue parole.

:-Potevi rispondermi, almeno. Per farmi sapere che non saresti venuto-ribatté Percy. -Ci siamo rimasti male.

:-Senza offesa, ma perché dovrebbe essere un mio problema?-disse il ragazzo, che avrebbe voluto chiudersi la bocca con il nastro adesivo.

:-Ah, non lo so, forse perché siamo tuoi amici!-esclamò Percy, davvero arrabbiato. -Siamo giunti qui per te Nico. Abbiamo attraversato gl’Inferi e i suoi pericoli solo per te. Ti vogliamo bene.

Nico distolse lo sguardo. Aveva paura di essere arrossito, a quelle parole. E forse lo era. E la sua pelle chiara rendeva quasi impossibile nascondere il rosso vivo delle guance.

:-Sono lusingato, davvero-disse Nico, più calmo. -Ma non posso tornare. Farebbe...troppo male. E voi dovreste capirlo, questo. Non voglio ricordare.

:-Lo sappiamo-disse Hazel, poggiandogli una mano sulla spalla. -Ma non puoi scappare dai tuoi problemi.

Nico si chiese perché tutti gli ripetessero la stessa cosa, considerando che spesso avevano fatto proprio ciò che lui stava facendo in quel momento.

:-Ora dobbiamo andarcene, Nico, o passeremo guai seri con nostro padre-disse Hazel. -Ma sappi che potrai sempre contare su di noi.

Poi si alzò, e, con uno sguardo triste, uscì dalla stanza, seguita da Leo. Invece Percy rimase ancora un momento.

:-Percy, non vieni con noi?-chiese Leo.

:-Voi andate pure-ribatté il ragazzo. -Io rimango ancora un po’. Andate avanti senza di me, vi raggiungerò presto, oppure ci vedremo direttamente al Campo.

Leo annuì e condusse fuori Hazel. Non appena furono soli, Percy scoppiò senza alcun limite, furioso.

:-Ti sembra il modo di comportarsi?-chi chiese, quasi urlando. -Prima sei scomparso senza lasciare traccia. Avremmo potuto crederti morto, se non fosse stato per Hazel...aveva capito subito che ti eri nascosto qui! Poi non rispondi alle mie lettere, e quando ci presentiamo da te, rispondi in quel modo orribile a me, Leo, ed Hazel! Hai idea di come abbia potuto sentirsi sentendoti parlare così! Cavolo, quella è tua sorella!

:-E allora?-chiese il figlio di Ade, cercando in tutti i modi possibili di nascondere l’imbarazzo con l’indifferenza. -Io non posso farci nulla, Percy. Non posso occuparmi sempre dei problemi degl’altri, tuoi, di Annabeth o di Hazel. Anche io ho i miei, e sono talmente grandi che presto o tardi mi schiacceranno.

:-Mi pare egoista da parte tua-sbottò il ragazzo.

:-A me pare egoista che abbia avanzato una richiesta del genere-rispose Nico, cercando di sembrare freddo e distante. -Magari io voglio stare solo.

Il ragazzo più grande si ammutolì, e abbassò a terra lo sguardo. Si vergognava, perché aveva tenuto conto solo dei suoi sentimenti senza pensare a quelli dell’amico, ne ai suoi desideri.

:-Anche io ho dei problemi-ribadì il ragazzo.

:-Lo so-rispose Percy. -So che hai sofferto, Nico. Sopratutto a causa mia, per non aver difeso Bianca, e nel Tartaro, ma anche io ci sono stato, forse...

:-Io ero solo!-sibilò Nico. -E lascia Bianca fuori da questa storia! Non ha nulla a che vedere con lei. Si tratta di me e te.

Il ragazzo, resosi conto della gaffe, arrossì, e si voltò dall’altra parte per non far vedere il colorito delle sue guance, per poi dire:-Non centra Bianca. Certo mi manca, ma, come ho già detto, si tratta del fatto che tu continui ad insistere per qualcosa che magari non voglio fare.

:-Ok, mi dispiace-ribadì l’amico. –Però, fino ad ora hai provato ad isolarti, non ha mai funzionato. Non pensi che per dimenticare il passato dovresti tenere la mente occupata? Se non lo facciamo tutti, non potremo mai avere un futuro.

:-Lo so, lo so-disse frettolosamente il ragazzo. –Ma non voglio soffrire ancora. Sono stanco.

:-Sei sicuro di non voler venire, Nico?-gli chiese il ragazzo più grande.

:-Non lo so-rispose semplicemente lui. -Perché cerchi di convincermi in tutti i modi?

:-Lo sai, perché. Sei mio amico. Mi preoccupo per te. E non voglio che torni ad isolarti...-ribatté Percy.

A quelle parole, il cuore di Nico perse un battito o due. “Sei mio amico” aveva detto.

:-Facciamo una cosa, Nico, un patto-disse il figlio di Poseidone. –Ti lascio un paio di minuti per pensarci, va bene? Se tu decidi di venire, tanto meglio, non ti costringerò. Ma sappi che anche se decidi di rimanere qui a fare il morto con i morti, Nico, sarai per sempre mio amico, e per te ci sarà sempre un posto al Campo.  Ok?

Nico annuii, e Percy fece per andarsene, ma Nico lo fermò, afferrandogli la manica della maglietta. Capiva che Percy, forse per la prima volta in vita sua, si sentiva veramente solo, come lui, e aveva bisogno di amici per essere felice. E lui voleva solo che fosse felice, con o senza di lui. Anche se questo significava condannare se stesso ad un dolore eterno, ad una tortura infinita.

:-Sai cosa stavo facendo, prima che voi irrompeste qui?-chiese il ragazzo, sorridendo. –Stavo facendo la mia valigia, perché volevo farvi una sorpresa.

Percy sorrise, e Nico sentì una stretta allo stomaco. Dei, quanto adorava i suoi sorrisi, più lucenti del Sole,  suo parere.

:-Potresti darmi una mano?-chiese nuovamente Nico, e il sorriso di Percy si allargò.

:-Certo, amico.

Nota dell'autore: Ciao, eccomi qui con un nuovo capitolo! Che cosa tenera, tenera tenera vero? Però Percy è così ottuso, mannaggia a lui...se non te lo sposi tu, Jackson, lo faccio io!
Ringrazio tutte le 68 persone che hanno letto il capitolo precedente e Valeria_Jackson00 che è stata la prima a recensire la mia storia. Applausi!!!!
Cosa ne pensate? Fatemelo sapere con una recensione, accetto anche quelle critiche, mi aiutano a migliorare. Io scrivo prima di tutto per voi :)
Un bacio e buona lettura. 

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Capitolo 4
*** L'arrivo al Campo Mezzosangue. ***



Nico prese la sua valigia e i due furono pronti a partire. In realtà, la valigia era piuttosto piccola, perché il ragazzo non possedeva molte cose, e l’avevano riempita con quei suoi pochi vestiti.

Quando furono pronti, disse:-Ok, come ce ne andiamo ora? Con l’autobus fino a New York? Voi come siete arrivati qui?

:-Con una macchina costruita da Leo-rispose Percy. –Però ora non ho più idee.

:-Io una ne avrei-disse timidamente il ragazzo. –Però non ti piacerà.
:-Se non c’è altra scelta…-disse Percy. –Spara.

:-Ok, prendimi la mano-gli disse Nico, imbarazzato.

:-Cosa?-chiese l’amico, stupito. Era una richiesta piuttosto bizzarra, Nico lo sapeva bene. Si diede dello stupido. Avrebbe dovuto formulare meglio la frase.

:-Non abbiamo la Signora O’Leary, e nonostante i miei ordini, gli altri segugi infernali potrebbero divorarti.  Faremo un viaggio nell’ombra-spiegò il ragazzo, che era arrossito fino alle punte dei capelli.

:-Un…un viaggio nell’ombra?-ripetè Percy, incerto.

:-Si-annuì Nico, non potendo trattenere un sorriso. Percy odiava i viaggi nell’ombra, e lui lo sapeva fin troppo bene.

:-Tranquillo, sono solo un paio di secondi, forse tre-disse Nico, sorridendogli per incoraggiarlo, e porgendogli la mano. –Devi solo tenerti forte, così non ti lascerò in Cina o da qualche altra parte.

:-Lo…lo prometti? Prometti di non mollarmi a Pekino?-chiese il ragazzo, timoroso. Nico sapeva che le sue esperienze di viaggi nell’ombra erano state poche ma orribili.

:-Te lo giuro-disse il ragazzo, porgendogli la mano. –E durerà pochi secondi, finirà subito.

Percy fece un respiro profondo, e strinse la mano del figlio di Ade, che subito lo trascinò nell’ombra. Fu un viaggio di pochi secondi, ma comunque odioso. In quei pochi secondi Nico aveva quasi temuto che Percy gli scivolasse di mano, così stringeva forte la sua mano, ma l’altro, temendo lo stesso, la stringeva ancora di più, con talmente tanta forza che temeva di fargli male. Fu talmente veloce che il figlio di Poseidone temeva che gli si staccasse la pelle dal volto. Quando arrivarono, il ragazzo avrebbe quasi baciato il terreno solido, ma la nausea lo attanagliava.

:-Ehi, tutto bene?-chiese Nico al ragazzo.

:-Si-rispose quello, barcollando un po’. –Ho solo un po’ di nausea, passerà presto. Piuttosto, com’è che tu non ne hai, dopo una corsa simile?

:-Ci fai l’abitudine, dopo un po’-rispose il ragazzo. –Beh, siamo arrivati, direi.

Superarono il confine del Campo, segnato dalla presenza del pino di Talia, a cui era appeso il Vello d’Oro. Il drago messo a protezione del Vello sonnecchiava, ma quando i due oltrepassarono il confine, si svegliò, li guardò per un secondo, per appurare che non volessero rubare il prezioso oggetto, e tornò a dormire.

I due amici si diressero verso la Casa Grande, per informare Chirone dell’arrivo di Nico, o le arpie l’avrebbero divorato il primo giorno.

Quando entrarono, Chirone e il Signor D. stavano giocando a burraco, mentre un satiro rosicchiava nervosamente una lattina di Diet Coke.  E c’erano anche Hazel e Leo, che avevano un’aria avvilita e colpevole. Cavolo, li avevano scoperti!

Non appena li vide, Chirone disse cordialmente:-Oh, Percy, bentornato. E Nico, ci sei anche tu! Che piacere vederti, ragazzo!
Il Signor D, però, non fu altrettanto amichevole:-Peter Johnson, vedo che si è divertito durante la sua piccola gita fuori programma! E ha trascinato con lei anche la signorina Lezia Levanque e Leopold Bannez!

:-Sarebbe Percy Jackson, signore-lo corresse impulsivamente Percy, mentre Nico avrebbe voluto potergli cucire la boccaccia. –E Hazel Levesque, e Lo Valdez, signore.

:-Non importa!-esclamò il dio, concludendo il suo turno. –Avete infranto le regole! Ma sarete severamente puniti, te lo posso assicurare. Dovreste essere espulsi da questo Campo.

:-Ma, signor D…-cominciò Percy, ma stavolta fu Chirone ad interromperlo.

:-Mi dispiace, Percy-disse il vecchio centauro con rammarico. –Non vorrei proprio, ma purtroppo il Signor D ha ragione. Il vostro è stato un comportamento irresponsabile, e senza alcuna spiegazione logica, e ...

Nico capì cosa intendeva il centauro. Il Signor D voleva espellere lui, Percy, Leo e sua sorella dal Campo Mezzosangue, il posto per loro più sicuro. Doveva fare qualcosa, non poteva permetterlo. Poteva farsi cacciare senza problemi, ma non poteva permettere che Percy e Hazel si trovassero in situazioni di pericolo. Doveva proteggerli.

:-No, Chirone, aspetti!-esclamò d’impulso il ragazzo, che, fino a quel momento, non aveva aperto bocca. –C’è una ragione, un’ottima ragione. Sono venuti…sono venuti a salvarmi! Mio padre non voleva che tornassi indietro al Campo, così mi aveva segregato negl’Inferi. Hanno combattuto valorosamente contro le guardie di mio padre. Se non fosse stato per loro, a quest’ora non sarei qui a parlarne, probabilmente.

:-Oh-disse Chirone, soddisfatto, sorridendo. –A questo punto, Signor D, direi che non vi è ragione per espellerli. Dopotutto, si trattava di una situazione d’emergenza. Tenendo anche conto della reazione che avrebbe Poseidone se Percy venisse espulso…

:-Andiamo, Chirone!-esclamò il dio, piagnucolando come un ragazzino capriccioso. –Almeno lascia che li trasformi in delfini. O che li faccia impazzire.

:-Per quanto Poseidone ami i delfini, non credo che ne sarebbe troppo felice-disse Chirone. –Purtroppo, Dioniso, non posso lasciargli trasformare questi ragazzi in delfini impazziti.

Il Signor D sbuffò, e disse:-E va bene, Potty Johasson, va bene. Rimarrete al Campo.

I ragazzi esultarono, ma subito il Signor D li fermò:-Oh, ma non pensate di cavarvela così a buon mercato. Sconterete una punizione da me scelta per le prossime due settimane.  

I ragazzi si rabbuiarono, ma non poterono non trattenere un sorriso. Almeno non erano stati espulsi.

:-Dica pure, Signor D-rispose Nico, sicuro come mai lo era stato prima di allora.

:-Bene, il signor Baldez e la signorina Lavaque dovranno pulire i bagni pubblici-disse Dioniso, sogghignando. –Mentre il signor Johnson e il signor Di Gambero aiuteranno le arpie a lavare i piatti.

Nico vide Percy sospirare. Nonostante le arpie lavassero le stoviglie in modo alquanto strano e pericoloso, sembrava contento di non dover pulire i bagni.

:-Ad ogni modo, ora che è tutto risolto-riprese Chirone, sorridendo. –Dicci, Nico, sei qui per rimanere?

Il ragazzo annuì:-Per il momento si.

:-Perfetto-disse il centauro. –Andate, ora, Hazel, accompagnalo tu alla sua casa. Ricordi le regole, Nico?

Il ragazzo annuì di nuovo, quindi Chirone li congedò.

Quando uscirono, Percy stava per dire qualcosa, e Nico era emozionato. Si sentiva soddisfatto di se stesso, era riuscito a proteggere le persone che più amava, finalmente.
:-Nico, io…-provò a dire il ragazzo, ma una furia più veloce di una cavalla di Diomede impedì al figlio di Poseidone di finire la frase.

:-Percy!-esclamò la voce femminile di una ragazza molto alta, con i capelli biondi e gli occhi grigi come una tempesta. Era Annabeth, la ragazza di Percy, ovviamente. La ragazza subito abbracciò il fidanzato.

:-Testa d’Alghe, si può sapere dove sei stato?-gli chiese la ragazza, cambiando velocemente l’espressione, partendo da una dolce ad una furiosa.
:-A prendere Nico-disse il ragazzo, cercando inutilmente di difendersi.

:-Beh, potevi avvisare, no? Ok, senti, lascia stare, sei solo uno stupido-disse la ragazza, imbronciata. –Solo un grandissimo stupido.

:-Si, anche io ti amo, sapientona-disse il ragazzo, sorridendole e alzando gli occhi al cielo, prima di baciarla sulla guancia.

Nico, invece, se ne andò, silenziosamente, senza dire nulla, con le lacrime agl’occhi, senza che nessuno lo notasse. Però sentiva il fuoco e la rabbia, la tristezza e la disperazione salirgli in gola. Cosa poteva fare?

Nico si odiò, perché in quel momento stava odiando Annabeth con tutte le sue forze, e non riusciva a smettere.


Nota dell'autore: Salve, salve! Ecco qua il nuovo capitolo, fresco fresco. Povero Nico, perché deve subire tutto questo? Nico, lascia perdere Percy, ti sposo io!!!!!!!!!!!!!!!
Comunque, il nostro Neeks è stato molto coraggioso, ha affrontato di petto il Signor D. Cosa succederà poi? Ah, beh, questo lo saprete nel prossimo capitolo.
Prima di andare ringrazio LauraPalmerBastilleAlex11 e Valeria_Jackson00 per le loro stupende recensioni. Un bacione! :)

 

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Capitolo 5
*** La sorella migliore. ***


 
 
 
 

Nico corse verso la casa numero tredici, quella che lui stesso aveva costruito con pura onice e ossidiana. E delle ossa, si, c’erano anche quelle. Aprì la porta di scatto e non poté più trattenersi. Si sdraiò su un letto e cominciò a piangere. Sapeva che Annabeth non l’aveva fatto con malignità, e che quell’idiota di Percy non sapeva dei suoi sentimenti, ma non poteva non sentirsi così male. Si sentiva come se l’avessero pugnalato. Ma doveva ignorare quel dolore, doveva scomparire. Dopotutto, era anche piuttosto normale che succedesse, quei due erano fidanzati. Non poteva fare nulla, e non aveva il diritto di separarli o cose simili. Voleva solo che quella sofferenza svanisse. Era chiedere troppo?

Forse si, era chiedere troppo. Forse quella era la sua punizione per non aver protetto la sorella Bianca. Forse era per quello. O per aver causato la morte della madre, Maria.

Sentì il cigolio della porta che si apriva, ma lo ignorò. Non ce la faceva, non riusciva nemmeno ad alzare lo sguardo. Si vergognava. Avrebbe dovuto essere più forte, ma era solo un debole. Piangeva come un debole. Come un ragazzino.

:-Ehi, Nico-lo chiamò una voce femminile che ormai conosceva molto bene. –Che succede? Tutto bene?

Era Hazel, avrebbe dovuto immaginarlo. Lei, dopotutto, era sua sorella, figlia di Plutone. Avrebbe dovuto sapere che sarebbe stata ospite al Campo nella casa tredici.

:-Che succede?-gli chiese la ragazza di nuovo, sedendosi accanto a lui, sul letto.

:-Nulla, Hazel-disse il ragazzo, asciugandosi il viso con la manica del suo giubbotto d’aviatore troppo grande per lui. –Vai tranquilla, non è nulla. Sto bene.

:-Smettila di dire le bugie, Nico-lo rimproverò lei, dolcemente. –Sono tua sorella, e sono perfettamente in grado di capire se menti. Siamo una famiglia, ora. Puoi sempre contare su di me. E qualunque cosa tu mi dica, rimarrà tra noi. Promesso.

Lui scosse la testa:-Non puoi capire, Hazel. Non questo. Mi riterresti un…un mostro. Non parleresti più con me. E avresti ragione.

:-Cos’è che non posso capire? Che mio fratello sta soffrendo? Che probabilmente si è innamorato e che se ne vergogna? Che si vergogna di ammettere i suoi sentimenti e delle sue stesse lacrime? Qualunque cosa sia, Nico, lo posso capire-rispose lei, sicura. –Devi smetterla di fare così, chiuderti in te stesso. Magari parlarne ti fa bene, no? E ti giuro che farò il possibile per aiutarti, qualunque cosa sia.

Lui la guardò negl’occhi, talmente caldi e accoglienti da sembrare oro liquido, e disse:-Davvero? Non…non lo dirai a nessuno?

:-Lo giuro-disse lei, determinata.

:-Io…li ho visti. Lo so che non dovrei, ma…non…non ce l’ho fatta a trattenermi e…io…-disse il ragazzo, ricominciando a singhiozzare e ansimava. Si sentiva sciocco, patetico. Voleva solo affondare tremila metri sotto terra e morire là.

:-Nico, Nico-lo fermò la sorella, preoccupata. –Fai un bel respiro profondo con il diaframma, respirazione diaframmatica. Respira.

Lui annuì e cercò di fare un respiro molto profondo, ma i singhiozzi gli chiudevano la gola, non lo lasciavano parlare. Ne fece un altro.

:-Va meglio?-chiese lei, ansiosa.

Il ragazzo annuì e cercò di parlare con più calma:-Io…ho visto An…Annabeth e Percy. Si sono…si sono baciati…proprio davanti a me.

:-Oh-disse lei, semplicemente, stupendolo. –E questo sarebbe il tuo più grande segreto, quello che non volevi rivelarmi perché credevi che ti avrei ritenuto un mostro? Credevo che mi avresti detto che in realtà hai dei tentacoli nascosti al posto dei piedi, o cose del genere.

:-Quindi…non…-balbettò lui, sollevato. –Non credi che io sia un mostro?

:-Certo che no, anche se avessi avuto davvero i piedi con i tentacoli. Non lo penserei mai di te, Nico, mai-disse lei, sicura, sorridendogli. –Credimi, Nico, nessuno può capirti più di me. Lo so, hai paura, ma noi veniamo dallo stesso posto, lo sai. Io ero sempre discriminata, tutti mi prendevano in giro, o mi picchiavano, e tutto per il colore della mia pelle. Poi la situazione è peggiorata, quando si è sparsa la voce della mia maledizione. Ma non è un problema, non lo è mai stato. Non importa quello che gli altri dicono di te, ma quello che tu stesso pensi di te. Se comincerai a credere di essere un mostro, lo diverrai. Devi avere più fiducia in te stesso.

-Davvero?-chiese lui, piangendo ancora.
:-Certo, Nico-disse lei, sorridendogli e accarezzandogli i capelli. -Se c’è una cosa che mi piace di questo secolo, è che nessuno ti ucciderà perché ti piace Percy, e nessuno ucciderà me perché sono una ragazza di colore.

:-Da quanto va avanti?-chiese lei, con un sorriso splendente.

:-Non lo so-rispose sinceramente il ragazzo. –Forse dal primo giorno in cui ci siamo incontrati, o dal Labirinto di Dedalo, credo. Non lo so. So solo che prima per me era un idolo, un eroe. Poi, di punto in bianco, ho cominciato a vederlo in modo diverso, non so quando però. So solo che da quel momento, ogni volta che li vedo insieme mi sento a pezzi, come se fossi precipitato da una rupe.

:-L’amore è difficile, eh?-sospirò lei. –Dovresti dirglielo però. Sfrutta la punizione assegnataci. Sareste soli, e sono sicura che non darebbe di matto, fidati. Percy non mi sembra proprio il tipo da prendersela, anzi. Cercherebbe di aiutarti, o, per lo meno, eviterebbe le effusioni con Annabeth davanti a te.

Il ragazzo annuì:-Sarebbe un bel passo avanti.

:-Non devi tenerti tutto dentro, Nico-ribatté lei. –Spetta a te scegliere se dirglielo o meno, ma su una cosa sono sicura. A me puoi dire qualunque cosa, siamo una famiglia. Farò il possibile, e sarò sempre dalla tua parte. Capito?

Il ragazzo annuì nuovamente, e l’abbracciò di slancio. Lei, lusingata, ricambiò l’abbraccio e disse:-Tranquillo, andrà tutto bene.

E lui rispose:-Grazie per essere mia sorella, Hazel. Sei la sorella migliore del mondo.

E pregò che non seguisse la stessa sorte di Bianca.

 Nota dell'autore: Salve, scusate il ritardo, semidei, ma ho avuto problemi al computer e scrivo molte fanfiction insieme, sto impazzendo. Per di più, fare la babysitter non è affatto semplice. E nemmeno la dogsitter.
Comunque, ringrazio AinselMadara, katie86, LauraPalmerBastille Valeria_Jackson00 per le loro bellissime recensioni! 
Beh, godetevi il capitolo. :)
 

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Capitolo 6
*** Al ruscello con Jason. ***


 

Lasciò la sua piccola valigia nella casa numero tredici, con l’intenzione di disfarla più tardi. Voleva andare nel suo posto preferito. Hazel gli era stata di grande conforto, ma non bastava. Aveva bisogno di stare da solo. Si diresse verso uno dei posti che più preferiva, dove sicuramente nessuno lo avrebbe disturbato.

Arrivato al piccolo ruscello nella foresta del Campo, si sedette ai piedi di un albero e appoggiò la testa al tronco. L’ombra lo proteggeva dalla calura estiva e il luogo era piacevolmente silenzioso, la cui quiete era infranta solo dallo scrosciare del rigagnolo.

Sospirò. A volte gli sembrava impossibile che riuscisse ad avere momenti simili, di pace. Piangere, alla fine, sfogarsi con la sorella, gli aveva fatto bene, nonostante si fosse sentito debole e vulnerabile. Si sentiva più leggero, non del tutto privo del peso, ma più leggero. Come se avesse tentato di reggere da solo il peso del cielo, e poi qualcuno l’avesse aiutato a sostenerlo. Ora stava meglio, doveva ammetterlo. Non bene, ma non male come prima. Come se invece di essere pugnalato cento volte fosse stato pugnalato solo novantanove.

Poi ebbe un’idea nuova. Si tolse le scarpe e i calzini e immerse i piedi nel ruscello. Si sentì meglio, nonostante fosse un figlio di Ade, e non un figlio di Poseidone. Non era la stessa cosa, l’acqua non curava le sue ferite, non gli dava energia. Era come se lo scrosciare del ruscello lavasse via i suoi problemi.

Sospirò di nuovo, quando sentì il rumore di un rametto rotto e il frusciare dell’erba. Se pensava che lo avrebbero lasciato in pace per almeno un paio di minuti, si sbagliava.

:-Ehi, Nico!-esclamò una voce maschile che ormai conosceva fin troppo bene, quella di uno dei suoi migliori amici, se non l’unico. –Vedo che il salvataggio è andato a buon fine.

Nico fece una smorfia infastidita:-Jason.

:-Sono proprio io-disse il figlio di Giove, sorridendo. –Posso?

Senza nemmeno aspettare una risposta dall’amico, il biondo si sedette accanto a lui.

:-Che vuoi?-gli chiese Nico, senza troppi giri di parole. Lui era un ragazzo diretto e schietto. Solo Percy riusciva a distruggere quella schiettezza.

:-Beh, voglio passare un po’ di tempo con il mio amico Nico-rispose Jason. –Perché, è vietato?

:-Si-rispose a sua volta il figlio di Ade. –Soprattutto quando Nico è solo, ai piedi di un albero, e vuole stare solo. Lo sai questo.

Il biondo lo ignorò e disse:-Sono contento di vederti qui, Nico. Ero preoccupato. Percy mi ha detto che non hai risposto alla sua lettera.

:-Non gli rispondevo perché non volevo-ribattè il ragazzo. –E tu lo sai. Tu sai che non sarei mai voluto tornare.

:-Certo che lo sapevo, e lo so tuttora. Tu vorresti essere in qualunque altro posto in questo momento, meno che qui-ammise Jason. –Ma, se può consolarti, Percy era davvero molto preoccupato. Farneticava qualcosa riguardo a tuo padre e di doverti salvare. Visto che sei qui, credo che sia riuscito a salvarti. All’inizio pensavo che fosse impazzito, ma poi ha cominciato a girare la voce oggi e…

:-Non dovevo essere salvato-ribatté frettolosamente il moro. –Percy si è sbagliato, ha dato retta alle sue fantasie. E le voci che hai sentito circolare, sono tutte bugie. Dopotutto, avevano lasciato il Campo senza avvisare nessuno, per me. Non potevo permettere che Dioniso li cacciasse, o li trasformasse in delfini pazzi, così ho confermato che erano venuti a salvarmi. Ma era una bugia.

Jason annuì, prima di chiedergli:-Come stai, Nico?

:-A te cosa importa?-chiese a sua volta il ragazzo, infastidito.

:-Sono tuo amico, certo che mi interessa-affermò il biondo.

Nico sbuffò:-Sto bene.

:-E con…con la tua…la tua cotta?-chiese Jason, incerto, passandosi una mano tra i capelli, nervoso.

:-Sto bene-ripeté il più piccolo. –Era solo una cotta, Jason. L’ho superata da un bel po’. Adesso sto bene.

:-Hai detto la stessa cosa alla fine della guerra contro Gea. E l’hai detto anche quando Er…

:-Non dire quel nome-sibilò Nico. Lui odiava quel dio. Per colpa sua, ora Jason sapeva. E, cosa peggiore, era stato costretto ad ammettere a se stesso che si era innamorato di Percy. Quando nessuno lo sapeva, gli sembrava tutto più lontano e meno reale.

 :-Scusa-si scusò il ragazzo, imbarazzato. –Ma, in ogni caso, Nico, devi ammetterlo. Non ti è passata. Non è una cottarella da liceo.

:-Non lo è?-chiese Nico, sarcastico. –A quanto pare è bello, popolare, simpatico, coraggioso, ama divertirsi, è un eroe...tutto quello che un adolescente in preda agl’ormoni desidera!

Jason alzò ironicamente un sopracciglio, come a dire “Sul serio, Nico? Tenti ancora di prendermi in giro?”.

Nico arrossì come un peperone:-Non sono parole mie, ma di Silena. Con un happy meal e un po’ di Coca Cola posso risvegliarla, se vuoi. Te lo confermerà lei stessa.

:-Ok, ok-disse Jason, alzando le mani in segno di resa. Era ovviamente terrorizzato dalla capacità di Nico di parlare con i morti. –Comunque, secondo me, Nico, a questo punto, dopo tutti questi anni, non può essere solo una semplice cotta.

:-Certo che lo è-lo contraddì il moro. –Come Silena ha detto, Percy è…Percy. In un liceo sarebbe il classico ragazzo bravo, popolare e talentuoso che gioca nella squadra di basket della scuola, con tutte le ragazze che gli cadono ai piedi. E io sarei solo il classico adolescente nerd che si prende una sbandata per il ragazzo fico, tutto qui. Ed ero in preda agl’ormoni. Ora sto bene.

:-Come vuoi, Nico-disse Jason, alzando le spalle. –Ma a me non sembra che sia finita. Insomma, quelle non saranno state parole tue, ma le hai dette con una passione da sembrare quasi…non so come descriverlo. Come se Percy fosse perfetto.

:-Oh, stai sicuro, che Percy non è perfetto-sbuffò Nico. –È solo un imbecille, ecco cos’è. Uno stupido ingenuo, un idiota con i fiocchi. Secondo te, perché lo chiamano Testa d’Alghe? Perché ha solo quelle al posto del cervello! Io non lo amo, Jason. Io lo odio. Odio tutte le parole stupide che dice, e vorrei riempirgli la faccia di sberle, ecco cosa. Vorrei dargli un calcio sugli stinchi e un pugno sulla mascella. Lo odio davvero tanto.

:-So che tu non conosci le canzoni moderne, Nico-cominciò Jason. –Ma ce n’è una di Pink, si chiama True Love, tu sai cosa significa, no? Sai, il vero amore. E in quella canzone lei dice che lei odia le cose stupide che quell’idiota dell’uomo che ama dice, e che vorrebbe picchiarlo. Però è proprio per quello che lo ama.

:-E questo cosa centra, Jason?-chiese Nico, seccato.

:-Nico, centra il fatto che odio e amore non sono poi così diversi, e nemmeno tanto lontani. Basta veramente poco per superare il confine invisibile, anche solo uno sguardo. “Odi et amo”, diceva Catullo. Lui era molto saggio, e lo sapeva.

:-Ma se davvero è come dici, Jason, dimmi perché tu e Piper non vi uccidete a vicenda?

:-Beh, Nico, tutti sono diversi, e reagiscono in modo diverso, provano cose diverse. Tanto per cominciare, io non schiaffeggerei mai Piper. E spero proprio che anche Piper non desideri picchiarmi. Comunque, il punto è che siamo tutti diversi. Prendi Annabeth e Percy. Tu hai ragione, Percy è molto ingenuo. E Annabeth questo lo sa. Spesso lei si arrabbia per le stupidaggini che dice e fa, e la settimana scorsa gli ha dato un libro di architettura in testa. E sono sicuro che questo accadesse anche prima che quei due si mettessero insieme. Non so se questo accade solo quando ci si innamora di un cretino come Percy, ma so per certo che tutti vivono le loro esperienze in modo diverso. È impossibile fare paragoni.

:-E va bene, Jason!-sbuffò Nico, arrabbiato ed esasperato, con le lacrime agl’occhi. –Mi arrendo, hai ragione tu. Sono ancora cotto marcio, va bene? È solo che…finché non lo ammettevo sembrava tutto meno reale.

:-Ti giuro che manterrò il segreto, Nico-disse Jason, dandogli delle pacche confortanti sulle spalle.

:-Non è una questione di segreti, Jason-disse Nico. –Io…io non ce la faccio. Non so perché diamine abbia accettato di tornare. Fa male. Non ho più forza.

:-Lo so Nico-disse l’amico, con uno sguardo dispiaciuto. –Fortunatamente non sono nella tua stessa situazione, ma so che non è facile.

Nico si prese la testa tra le mani, come se avesse avuto l’emicrania:-Cosa mi diceva quella cavolo di testa quando ho accettato di venire qui? Maledetta Silena, è tutta colpa sua…se non mi avesse convinto…”Si stancherà, Nico, vedrai”…col cavolo…

:-Ma chi è Silena?-chiese Jason, curioso.

:-Silena era una figlia di Afrodite. Era un’eroina, Jason. Durante la guerra contro i Titani, avevamo bisogno di ogni aiuto possibile. E la casa di Ares non partecipò subito alla battaglia. Clarisse è sempre stata una ragazza molto orgogliosa, e per una stupida questione di superbia decise che Ares non avrebbe partecipato alla battaglia. Silena indossò la sua armatura e condusse la casa di Ares in battaglia, ma morì. Però la sua morte non fu vana: Clarisse, furiosa per la morte dell’amica, decise di guidare la sua cabina contro l’esercito di Crono.

:-Perché sei andato da lei?-chiese Jason.

:-Beh, lei era una figlia di Afrodite, una delle migliori. Speravo che potesse darmi qualche consiglio, non sapevo se tornare o no. Ero diviso in due. Lei mi ha consigliato di tornare. Accidenti a lei, non avrei dovuto darle ascolto…

:-Perché ti ha consigliato una cosa del genere?-domandò il biondo, confuso.

:-Ha detto che la mia sembra proprio una delle storie preferite di sua madre, Afrodite. Secondo lei, se fossi rimasto negl’Inferi, la situazione sarebbe peggiorata. Ha detto che le piace quando le storie resistono, così mi ha consigliato di tornare, secondo lei se l’assecondo posso stancarla. E una volta annoiata, Afrodite mi lascerebbe in pace.

:-Una tattica intricata, ma potrebbe funzionare-ammette Jason. –Effettivamente, ha senso, se è tutto un desiderio di Venere.

:-Sono diventato il nuovo giocattolo di una dea-sospirò Nico, affranto. –La odio.

:-Però, Nico, non credo che sia l’unico motivo per cui tu abbia accettato di venire qui. Insomma, mi sembri parecchio arrabbiato, e in conflitto con te stesso.

:-Non capisco cosa intendi dire-disse Nico.

:-Si che lo sai. Io credo che tu sia venuto qui non per te, ma per lui. Per Percy. Non so se ha fatto una faccia da cucciolo, se si è inginocchiato, ma devi aver percepito l’intensità del suo desiderio di riaverti qui al Campo insieme a tutti gli altri. Tu devi aver capito che Percy è rimasto troppo ferito dalla guerra contro Gea, e che ha bisogno degli amici per poter tornare quello di prima. Per soffrire di meno. Tu sei tornato qui per renderlo felice.

Nico non disse nulla, ma sbuffò. Odiava quel ragazzo. Jason riusciva a leggerlo come un libro aperto. E lui non voleva certo essere un eroe. Non lo era.

:-Sai, Nico? Sei davvero coraggioso-disse Jason, sorridendo. –Non tutti avrebbero sacrificato la propria salute mentale e la propria serenità per qualcuno. Sei una delle persone più generose e altruiste che abbia mai conosciuto.

Nota dell'autore: Ok, ok, via le spade di bronzo celeste e le lance di oro imperiale, per favore. Mettetele via! Si, so di essere scomparsa dalla faccia della terra, ma ho delle ottime ragioni. Prima di tutto, Leo sarebbe molto fiero di me. Il modem e il computer stavano sclerando e li ho riparati tutta da sola, neanche fossi un figlio di Efesto. Quindi ci ho messo un po'. Sorry.
Comunqu, voglio ringraziare Sirius, Little Wings, Valeria_Jackson00, LauraPalmerBastille, katie86 e Ainsel per le loro bellissime recensioni che mi hanno riscaldato il cuore come una cioccolata calda!
Ora devo andare, godetevi il capitolo. Un bacione. :)

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Capitolo 7
*** il giro delle scommesse ***


Nico borbottò qualcosa. Lui non voleva sembrare un eroe. Non lo era di certo. Eppure Jason lo aveva guardato come se lo fosse. Ne aveva parlato come se lo fosse. Ma lui non era un eroe. Lui era quello che si nascondeva da tutto e da tutti. Come poteva essere un eroe? Era solo un ragazzino innamorato che scappava da un adolescente stupido, prestante e abbronzato.

:-Smettila-borbottò di nuovo. –Io non sono altruista, ne generoso. Sono qui solo perché così potrei far stancare Afrodite.

:-Come vuoi, Nico-disse Jason con voce ironica, e lo guardò come a dire “E ti aspetti che io ci creda?”.

:-Dei, Jason, quanto ti odio-disse Nico, sbuffando. In realtà, Nico non lo odiava. Jason era, in un certo senso, il suo diario. Qualcuno con cui sapeva di potersi confidare, perché nonostante tutto sarebbe sempre rimasto al suo fianco e non lo avrebbe giudicato. Nonostante questo, però, non riusciva a confidarsi con lui. Eppure, Jason ormai sapeva della sua cotta, avrebbe potuto dirgli qualunque cosa. Ma non lo faceva, non sarebbe stato da lui, non sarebbe stato un suo comportamento abituale. Però non poteva negare che Jason era uno dei migliori amici che avesse mai avuto, se non forse l’unico.

:-Si, anche io ti voglio bene-disse Jason, dandogli una poderosa pacca sulle spalle. –Senti, mancano ancora un paio d’ore al pranzo, ti va se ci alleniamo insieme? A scherma, magari.

Nico sbuffò di nuovo, ma Jason lo tirò su per la manica. Nico destava la forza dell’amico. E detestava essere così maledettamente magro e leggero.

:-Su, andiamo!-lo incitò l’amico, e tornarono all’Arena. Beh, più che altro, Jason correva e Nico veniva trascinato. “Maledetti muscoli!”pensò Nico, furioso.

Una volta arrivati, Jason lo lasciò andare, e Nico gli scoccò un’occhiataccia:-Avrei potuto camminare anche da solo.

Jason alzò le spalle:-Scusa, amico. È che tu sei più leggero di una foglia.

:-Non è vero-disse lui. –Altrimenti non potrei sollevare una spada.

:-Si, si-disse Jason con un gesto sbrigativo della mano. –Facciamo una sfida. Siamo tutti e due delle frane a tiro con l’arco, giusto?
:-E allora, Superman?-gli chiese Nico, cercando di avere un tono indifferente.

:-Beh, facciamo che chi centra il bersaglio per primo senza uccidere nessuno potrà costringere l’altro a fare qualcosa.

:-No-rifiutò il figlio di Ade. –So già dove vuoi andare a parare.

:-Per favore!!-disse Jason, cercando di fare una faccia da cucciolo. –Sarà divertente.

Nico sbuffò:-Solo se non riguarda il mio segreto. E non provare a chiedermi di fare cose imbarazzanti che mi portino a dire a Percy che…

:-A dirmi cosa?-chiese una voce dietro di lui. Nico impallidì visibilmente nonostante la sua carnagione chiara. Guardò Jason, confuso, e quando vide il suo sorriso soddisfatto, capì che dopo avrebbe dovuto strangolarlo.

:-Niente-disse Nico con una voce pericolosamente acuta, così si schiarì la gola. –Niente. Solo che…che se…che se perdo devo dirti che mi piacciono molto le ciambelle e che me ne ingozzerei fino a scoppiare.

:-Ah, ok-disse Percy, senza perdere il suo sorriso. Nico sospirò, Percy aveva davvero abboccato. Non poteva crederci, quel ragazzo era più stupido di quanto sembrasse. Eppure persino i sassi sapevano che lui odiava le ciambelle.

Jason alzò gli occhi al cielo, e disse:- Stavamo per fare una sfida a tiro con l’arco. Ti va di fare l’arbitro?

Percy sorrise:-Ma certo, finché nessuno dei due mi uccide.

Jason ricambiò il sorriso, e, preso un arco, scoccò una freccia che si conficcò in un albero. Il biondo fece una smorfia infastidita, e gli passò l’arco. Nico prese una freccia e prese accuratamente la mira, ma quella rimbalzò stranamente contro il bersaglio e, non si sa come, finì da tutta altra parte: i jeans di Percy. La freccia l’aveva colpito proprio sul sedere. Jason scoppiò a ridere. Il figlio di Poseidone se la tolse con una smorfia, Nico non sapeva dire se di dolore o divertimento. Probabilmente entrambi.

Arrossì come un peperone, e mormorò:-Scusami, Percy, io…

:-Figurati, succede a tutti-disse il ragazzo, senza perdere il sorriso. –Siamo i figli dei tre dei più potenti, non possiamo pretendere di essere bravi in tutto. Io alla mia prima lezione ho colpito Chirone con una freccia su una chiappa, e i centauri non indossano pantaloni.

Jason continuò a ridere mentre incoccava una seconda freccia e mancava il bersaglio una seconda volta.

Nico, intanto, sebbene Percy gli avesse appena detto che stava bene, non potè non arrossire di nuovo:-Scusami. Miglioreremo mai?

:-No-disse Percy, sincero, porgendogli l’arco. –Però conosco un trucchetto per evitare di infilzare chiunque sia nei paraggi. Me lo ha insegnato Will.

:-E quale sarebbe?-chiese Nico, curioso, senza alzare lo sguardo per la timidezza e l’imbarazzo.

:-Dipende-disse Percy sorridendogli in modo gentile, che, stranamente, non lo rassicurava per niente. –Devi sfruttare le tue debolezze. Quando hai mirato, la freccia è andata a destra, giusto?

Nico annuì, così Percy continuò:-Mira più a sinistra.

Il figlio di Ade annuì nuovamente ed incoccò la freccia, mirando a sinistra rispetto al centro. Nonostante fosse certo di mancare il bersaglio, la scoccò e quella, sibilando, si conficcò nel legno dipinto dell’obiettivo.

:-Sei stato bravissimo, Nico-si congratulò il più grande, facendolo arrossire di nuovo come un peperone.

:-Che tu sia maledetto, Jackson-disse Jason, imbronciato. –Avrei potuto vincere!

:-Zitto e accetta la sconfitta, Grace-sbottò lui, ridendo, e mettendo il braccio intorno alle spalle del più piccolo. –Nico, cos’hai vinto?

:-Ora Jason dovrà fare qualcosa per me-disse Nico a denti stretti, cercando di non pensare al braccio del figlio di Poseidone, ma aveva paura. Stava impazzendo.

:-Oh, lo so io-disse Jason, con un tono da vittima. –Ora mi farà correre nudo per tutto il Campo, lo so!

:-Cosa?-chiese Nico, strabuzzando gli occhi.

:-Sarebbe una bella idea-disse invece Percy con un tono scherzoso. –Jason Grace nudo per il Campo. Piper ti darà una mazzata in testa.

:-Cosa?-ripeté Nico, scandalizzato. –No, non se ne parla!
:-Grazie agli dei-disse Jason, sollevato. –Quindi che devo fare?

:-Niente-disse Nico. –Non voglio niente. Diciamo solo che mi devi un favore.

:-Oh, grazie, mio signore misericordioso!-esclamò il biondo, facendo un inchino teatrale.

:-Ecco, se non la smetti ti do fuoco-disse Nico, serio, cominciando a frugare nelle tasche del giubbotto d’aviatore. –Dovrei avere dei cerini da qualche parte…

Jason immediatamente tornò in piedi. Sapeva che quando Nico parlava con un tono simile non scherzava, ed era abbastanza sicuro che avrebbe potuto ucciderlo senza problemi, con o senza cerini.

:-Bene-disse Percy. –Ora che avete finito…io ero qui per allenarmi. Chi ha il coraggio di sfidarmi? Tu, Jason?

Il figlio di Giove alzò le mani in segno di negazione:-No, no, io no. Devo ancora riprendermi da una sconfitta straziante.

:-Certo, straziante-ribatté Percy ironicamente. –Nico?

:-No, Percy, io…-disse Nico, balbettando, incerto. –Non credo sia il caso. Non potrei.

:-Certo che puoi-lo incoraggiò Jason.

:-Io non…io non posso… e non voglio!-esclamò Nico, cercando di sembrare sicuro e determinato.

:-Per favore!-lo pregò Percy. –Sono venuto qui ad allenarmi, avrò pur bisogno di un avversario, no?

Nico stava per negare, quando incontrò i suoi occhi verde mare. Erano bellissimi, due pozze di acqua salata. E lo stavano implorando.

:-E va bene-sbottò il figlio di Ade, seccato, a braccia conserte. –Ma solo una volta.

Percy sorrise come un bambino a cui erano stati dati dei dolcetti e tolse il tappo a Vortice, che subito si allungò in una spada. Nico invece estrasse la sua dal fodero. Non aveva armi magiche, e odiava i colpi di scena teatrali.

Subito cominciarono a lottare. Fu Percy ad attaccare per primo. Nonostante avesse perso la Maledizione di Achille quando aveva attraversato il piccolo Tevere, era ancora dotato di una forza strabiliante. Se Nico non avesse avuto la prontezza necessaria, i suoi riflessi e la sua forza semidivina, l’impatto di Anaklusmos lo avrebbe scaraventato dalla parte opposta. Ed era anche molto veloce. Nico riusciva a parare i suoi colpi solo per chissà quale miracolo divino.

:-Sei…sei migliorato-ansimò per la fatica Nico, mentre parava un altro affondo del figlio di Poseidone con il piatto della spada.

:-Mi sono allenato-ammise Percy, asciugandosi un rivolo di sudore dalla fronte.

Nico digrignò i denti. Percy era molto più forte di quanto ricordasse, anche senza la Maledizione. Ringraziò gli dei per non essere vicino ad una fonte d’acqua. Non voleva sapere cos’era in grado di fare in acqua. Capì subito che non aveva molte speranze. Non poteva parare i suoi colpi all’infinito, prima o poi si sarebbe stancato. Non aveva scelta, doveva passare all’attacco.

E così fece. Dopo aver schivato un colpo di Percy, azzardò un affondo, stupendo non poco il figlio di Poseidone, che ricominciò ad attaccare con più foga.

Mentre scansava un attacco, sentì dei nuovi passi avvicinarsi.

:-Ehi, ragazzi!-esclamò Piper. –Che combinate di bello?

:-Nulla-disse Jason, baciandole una tempia, mentre Nico tentava una finta a destra. –Questi due bambocci dei pezzi grossi si stanno sfidando. Opinioni?

:-Io punto una dracma su Percy!-dichiarò un’altra voce, quella di Leo. 

:-Pure io-si aggiunse una voce, quella di Travis.

:-Io mi astengo-dichiarò Hazel, mentre Nico schivava un affondo dell’avversario.

:-Io su Percy-dichiarò Piper. –Scusa, Nico, ma lui…lui è Percy.

Nico fece una smorfia per lo sforzo e per la rabbia. Tutti lo credevano solo un mucchietto di ossa debole e vulnerabile. Beh, gli avrebbe provato che si sbagliavano tutti.

Cominciò a tentare affondi con più foga. Cercò di assorbire l’energia della terra, come Percy era solito fare con l’acqua. Non erano in profondità, ma poteva percepirla sotto terra, e di sicuro lo aiutava almeno un po’. Sentì l’erba intorno ai suoi piedi afflosciarsi e ingrigirsi.

:-E tu, Annabeth?-chiese Jason.

:-Non lo so, devo prima vedere-borbottò lei, mentre Nico si lanciava in un altro attacco. –Serve una strategia…

Nico continuò a colpire Percy, che parava tutti i suoi colpi. Sembrava sorpreso dalla veemenza con cui il figlio di Ade lo affrontava. Si sentì un rumore secco come quello di un uovo che rovina a terra e si rompe. Nico guardò un attimo per terra e vide una crepa piuttosto lunga che si cominciava a formare nel terreno, e sorrise.

:-Ora si gioca pesante-disse, tentando un altro affondo che Percy schivò prontamente.

:-Io punto su Nico-disse la voce di Annabeth con un tono sicuro.

:-Cavolo, lei punta su Nico-disse Jason. –Si può cambiare, Travis?

:-No, mi dispiace bello-rispose il figlio di Ermes.

Nico sentì la rabbia invaderlo. Stavano anche scommettendo su di loro? Non ci poteva credere. Però, in un certo senso, era contento. Se Annabeth aveva puntato si di lui, significava che era convinta che avesse una qualche possibilità di vittoria.

:-Per le brache di Nettuno!-esclamò Jason a voce molto alta, con un sorriso furbetto che somigliava troppo a quello di Connor quando sgraffignava qualcosa in un negozio di dolci. –Cavolo, la sfida comincia a riscaldarsi!

Nico non capì subito cosa intendeva dire, capì solo dopo. Percy sbuffò, asciugandosi di nuovo la fronte per il caldo e il sudore.

:-Per Apollo, non ce la faccio più-disse Percy, allontanandosi il più possibile da Nico senza però dargli mai le spalle, ne abbassare la guardia, e fece una delle cose che Nico temeva di più: si tolse la maglietta.

“Per tutti gli dei, che cosa cavolo faccio adesso?”pensò il re degli spettri, quando il suo sguardo cadde sul petto muscoloso e abbronzato del figlio di Poseidone, deglutendo visibilmente e assai rumorosamente.

Poi capì il piano di Jason, che sfoggiava un sorrisetto compiaciuto. Aveva scommesso contro di lui, non gli andava di perdere. Aveva ricordato a Percy che faceva caldo, senza dirglielo esplicitamente. Da una parte, era contento che non glielo avesse chiesto in modo esplicito, perché altrimenti si sarebbe capito quanto voleva vincere e che evidentemente i pettorali di Percy costituivano una vera distrazione per il figlio di Ade, e sarebbe stato sospetto. Si sarebbero chiesti perché per Nico era un problema che Percy girasse senza maglietta. Dall’altra, era furioso. Si sentiva tradito. Si sentiva sfruttato. Lo odiava, li odiava entrambi. Perché ora che Percy era seminudo il suo cuore aveva cominciato a battere più forte, come quello di un uccellino in gabbia. Sarebbe impazzito, ormai era troppo tardi per lui.

Cercò di riprendersi di quella vista spettacolare, ma Percy aveva già ricominciato ad attaccare, e a malapena riusciva a parare i suoi colpi. Cercò di pensare a qualunque altra cosa, e riuscì a riprendere dopo poco la concentrazione solo pensando a cose meno piacevoli, come gli unicorni, o gli arcobaleni. Fu allora che intervenne l’eccitazione da battaglia, quella che sentiva ogni tanto quando combatteva. Non gli succedeva spesso, ma alcune volte gli capitava. Tutto sembrava andare a rallentatore. Schivò un colpo di Percy, e capì che era il momento adatto per provare a disarmarlo. Stava per usare il piatto della spada per portare Anaklusmos verso il basso e costringere il polso di Percy a piegarsi per seguirla. È un po’ come con il mignolo, se non lo segui con tutta la mano, si spezza.

Nico stava per disarmarlo, quando capì che se lo avesse fatto, soprattutto con la forza datagli dall’eccitazione da battaglia, avrebbe fatto del male a Percy. Il polso avrebbe seguito la spada, il dolore l’avrebbe costretto a lasciarla cadere sul terreno, certo. Ma cerano ottime possibilità che Percy si spezzasse il polso. Succedeva la maggior parte delle volte, era una mossa  a doppio vantaggio per chi la usava.

No, non avrebbe mai potuto fargli del male. Non poteva. Così tentò una finta a destra, perdendo l’occasione di vincere.

E fu allora che Percy colpì la sua spada di ferro dello Stige con una forza tale che il contraccolpo gli fece perdere presa sull’elsa.

 Nota dell'autore: Ecco qua, un nuovo capitolo, fresco di tastiera! Siete contenti?
Anyway, per chi non lo sapesse, prima Percy si riferiva a Will Solace, figlio di Apollo.
Comunque, vorrei ringraziare Valeria_Jackson00Ainsel, Pussi_cat  e The_shipper_number1 per le loro fantastiche recensioni! Un abbraccio grande.
Purtroppo, ho una brutta notizia. Il richiamo di Poseidone è troppo forte, quindi la settimana prossima vado al mare, ma non c'è molta recezione, quindi non so se potrò postare entro agosto. Ora vado. Godetevi il capitolo. :)

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Capitolo 8
*** La vittoria di Percy. ***



Quando sentì l’elsa scivolargli dalle sue dita, non poté non fare a meno di sentirsi confuso. Sapeva che Percy era forte, ma era sempre riuscito a  parare i suoi colpi. Ora, invece, era diverso. Non aveva previsto una tale potenza. Sapeva che non avrebbe dovuto dare retta al figlio di Poseidone, avrebbe dovuto dirgli di no. Aveva perso. E tutto per colpa di Jason. Se non fosse stato per lui, non si sarebbe trovato in quella situazione. Si ripromise di ideare un modo originale per spedirlo negl’Inferi. Gli altri avevano ragione, Annabeth si era sbagliata. Lui era solo un debole, nient’altro un ragazzino di almeno settant’anni che si illudeva di essere forte, di avere anche un futuro, oltre ad un passato. E, proprio come Annabeth, si era sbagliato.
:-Wow-disse Percy, passandosi una mano sulla fronte. –Sei migliorato tantissimo, Nico.
:-Grazie, Percy-rispose il figlio di Ade, sperando di non essere arrossito. –Ma tu sei stato grande.
:-In realtà, pensavo che mi avresti schiacciato come un moscerino-disse il ragazzo, dandogli una pacca sulla spalla e allontanandosi distrattamente. –Sembravi molto determinato.
Nico fu certo di essere arrossito come un peperone quando avvertì le guance infiammarsi. Volse il suo sguardo a terra, vergognandosi di se stesso. Era arrossito come una stupida ragazzina.
:-Ho vinto!-esclama Jason con un sorriso. –Sgancia le dracme, Travis.
Travis brontolò qualcosa, lanciandogli una manciata di dracme d’oro in mano.
:-Non ci posso credere-mormorava Annabeth, pensierosa. –Eppure ero sicura…
Mentre gli altri semidei confabulavano, Nico ne approfittò per raccogliere la sua spada e andarsene indisturbato. Non poteva rimanere insieme a loro, non dopo quello che aveva fatto Jason.
Corse a perdifiato fino alla sua cabina e ci si chiuse dentro, per poi sdraiarsi sul suo letto, tutti suoi pochi muscoli che gridavano per lo sforzo del duello. Lanciò un sospiro. Era stanco, e non solo fisicamente. Il dolore fisico era qualcosa che poteva reggere senza problemi. Già non riusciva a sopportare quella situazione normalmente, figuriamoci con un Percy seminudo che insisteva a combattere con lui quando Nico sapeva fin troppo bene che sarebbe stata solo un’altra umiliazione.
Nico si chiese quando Afrodite si sarebbe stancata di giocare con i suoi sentimenti come con un bambolotto.
Sentendo la porta aprirsi, si alzò con un salto improvviso. Non sapeva in cosa sperasse, ma di sicuro non era Percy. Quando vide Jason entrare nella sua cabina con un sorriso a trecentosessanta gradi, desiderò solo di prenderlo a calci fino al confine del Campo. Jason aveva davvero avuto la faccia tosta di presentarsi lì, da lui, dopo ciò che aveva fatto?
Per la prima volta, Nico fu felice di essere così ossuto e leggero. Riuscì a raggiungerlo con uno scatto agile e veloce, per poi spingerlo contro il muro con tutta la sua forza e la sua rabbia. Per fortuna, Jason non era riuscito a prevedere la sua mossa, o forse non aveva la minima intenzione di difendersi, perché riuscì nel suo intento nonostante le sue braccia magre.
:-Tu, maledetto!-esclamò, stringendolo per la maglia.
:-Ok…-disse Jason, togliendosi Nico di dosso. Non sembrava affatto stupito.
:-Quello della maglietta è stato un colpo basso!-strillò il figlio di Ade, furioso.
:-Scusa, amico-rispose l’altro, senza perdere il suo sorriso. –Ma…
:-Non mi importa di quanto tu avessi puntato su Percy e quanto tu non avessi voglia di perdere-gridò, era talmente arrabbiato che le pupille si stavano lentamente restringendo. –Non posso credere che tu abbia fatto una cosa del genere! Io mi sono fidato di te Jason, ti chiamo addirittura amico. Gli amici non consigliano velatamente alla cotta di uno di loro di togliersi la maglia per vincere un paio di dracme.
:-Ok, so che è stato stupido, e mi dispiace, però…-cominciò il biondo, ma l’altro lo fermò, afferrandolo per il collo della tshirt.
:-Dammi una sola ragione perché non dovrei spedirti negl’Inferi seduta stante-ringhiò il figlio di Ade, guardandolo negl’occhi.
:-Beh…-Jason deglutì, sapendo che quando Nico minacciava di morte qualcuno non scherzava affatto, e gli incuteva un po’ di timore, nonostante avesse imparato a conoscerlo e non lo stesse nemmeno sollevando da terra. – Perché se mi uccidi potresti distruggere il cuore di un sacco di persone?
:-Sei proprio vanitoso-sbuffò il ragazzo senza lasciare la presa. –Ritenta, sarai più fortunato.
:-Perché siamo amici e a questo amico stupido dispiace?-riprovò lui. Nico lo lasciò andare e Jason si sentì un po’ più tranquillo.
:-Senti, mi dispiace, non volevo certo farti arrabbiare-disse il figlio di Giove. –Però devi ammetterlo, Nico. Le tue guance sono diventate più rosse di un pomodoro e ti ho sentito deglutire.
:-Cosa vuoi che ti dica, Jason?-sospirò il figlio di Ade, sedendosi di nuovo sul materasso, sentendo la mancanza del concentrato di adrenalina che aveva avuto poco prima. –Si, mi sono comportato come una dodicenne con gli ormoni a mille. Vorrei vedere te davanti a Piper seminuda.
:-No, grazie-ribatté lui, scuotendo la testa. –Non se è in pubblico. E comunque, non l’ho vista nuda, se è questo che ti interessa.
:-Buon per te-disse Nico, infastidito. –Perché insisti su questa cosa, Jason? Lasciami in pace.
:-Io insisto perché tu sei innamorato di lui, Nico-replicò Jason, sedendosi accanto a lui e mettendogli un braccio intorno alle spalle. –E per quanto voglia bene di Annabeth e Percy, sono anche tuo amico. E desidero che tu sia felice.
:-Non ho mai avuto il diritto di esserlo, Jason-disse Nico, stringendo i denti. –Penso che se lo avessi avuto gli dei non mi avrebbero fatto questo, non credi?
:-Non devi pensare così, Nico-lo rimproverò il biondo. –Essere felice è un tuo diritto. E non puoi stare sempre a pensare agl’altri, a quello che potrebbero dire o pensare di te. Devi essere egoista, ogni tanto, e pensare almeno una volta a quello che è meglio per te.
:-Ma Percy non sarebbe felice, non con me-rispose il moro. –Io voglio solo che sia felice, Jason. Se lo è con Annabeth…per me va bene, credo.
:-Cavolo, Nico-disse Jason ridendo. –Sei il peggior bugiardo che abbia mai conosciuto.
:-Pensa quello che ti pare, basta che la smetti-disse il ragazzo, cercando di mantenere un tono indifferente.
:-Ok, cambiamo discorso-disse il biondo. –Alla fine, come si è risolta la situazione? Ho sentito dire che volevano espellere Percy e Leo, e rispedire Hazel al Campo Giove. È vero?
:-Si-rispose il figlio di Ade, annuendo.
:-Senza offesa, ma cosa ha fatto cambiare idea il Signor D? Non ha cercato di trasformarvi in delfini, o qualcosa del genere?
:-Ci ha provato-ammise Nico, a denti stretti. –Ma siamo riusciti a fargli cambiare idea.
:-Come?-chiese Jason, confuso. Voleva proprio sapere come c’erano riusciti.
:-Ho…ho detto che erano li per salvarmi-rispose Nico, arrossendo vistosamente.
Jason gli sorrise nuovamente:-Wow, Nico. Non sapevo che tu fossi così altruista.
:-Smettila-lo minacciò il figlio di Ade. –Non sono altruista. L’ho fatto solo per Hazel.
:-E Percy.
:-Suicidati prima che ci pensi io-ribatté Nico, volgendo lo sguardo a terra per non fargli intravedere il suo sorriso. Non sapeva perché, ma ogni volta che parlava di quel maledetto ragazzo le sue labbra si tiravano fino a costringerlo a sorridere. Era una sensazione bellissima e strana insieme.
:-Non ci penso nemmeno-rispose il ragazzo. –Non prima di averti visto felice, per una volta. Dovresti essere più egoista.
Nico allora sussurrò:-Lo so

Nota dell'autore: Ehi, ehi! Salve a tutti! Sono tornata dalle vacanze. Ho fatto nuove amicizie, conosciuto una ragazza di nome Anna che si veste sempre in pantaloncini e maglietta arancione e che ama l'architettura, e sono stata al mare con Percy e gli  altri (ovviamente Nico non ha fatto il bagno).
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito fino ad ora, vi amo!!!! Spero di sapere presto cosa ne pensate di questo capitolo.
Un bacione e buona lettura. E che la Pernico sia sempre a nostro favore.

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Capitolo 9
*** La punizione ***



Nico sospirò, alzandosi dal suo letto. Erano passate due ore da quando Jason se n'era andato, e lui era rimasto nella sua cabina da solo. Gli sembrava che la giornata fosse passata fin troppo velocemente. Avrebbe voluto poter bloccare il tempo, ma non poteva. Sarebbe dovuto andare a cena, con tutti gli altri ragazzi del Campo. Avrebbe mangiato al tavolo da picnic di Ade con la sorella, se lei non era da qualche altra parte, e poi avrebbe dovuto scontare la sua punizione. Il che non sarebbe stato un problema se non fosse stato per il fatto che sarebbe stato con Percy, da solo. Avrebbe preferito di gran lunga pulire le stalle dei pegasi o i bagni pubblici con chiunque, perfino con Leo, pur di stare lontano dal figlio di Poseidone. Ma non aveva scelta, doveva farlo, o Hazel, Percy e Leo, non che gliene importasse poi molto della sorte dell'ultimo, sarebbero stati espulsi dal Campo, il posto più sicuro per loro.

Per questo motivo aprì la porta della cabina con uno scatto secco del polso e si diresse lentamente verso il padiglione della mensa. Non si stupì affatto quando vide che tutti avevano già cominciato a mangiare allegramente. Si sedette al suo tavolo e si guardò intorno. Hazel non era ancora arrivata. I figli di Ermes, che, nonostante tutti i ragazzi finalmente riconosciuti, stavano un po' stretti, ridevano e scherzavano, giocando a poker fra loro. I figli di Afrodite, più ragazze che ragazzi, stavano mangiando mentre alcune si aggiustavano il trucco, e Piper parlava con Lacy, una delle sue sorelle. I figli di Atena leggevano mentre mangiavano, ognuno occupato nella propria lettura.

Gli unici ad essere soli erano lui, Jason, a cui non sembrava pesare per nulla la solitudine, e Percy. Il figlio di Poseidone sembrava l'unico tra gli altri semidei che sembrava soffrire la solitudine. Aveva l'aria di qualcuno che si sforzava di mangiare, il che non era proprio da lui. Tutti sapevano che Percy mangiava quanto un satiro.

Il ragazzo alzò improvvisamente lo sguardo dal suo piatto, e, vedendo che Nico lo stava guardando, sorrise e scosse la mano in segno di saluto. Nico, d'altro canto, arrossì violentemente. Percy l'aveva beccato mentre lo fissava.

Il figlio di Ade, imbarazzato, si sforzò di portare i suoi occhi al piatto, e, quando arrivarono le driadi con i vassoi carichi di cibo, prese un paio di salcicce, dell'uva e un melograno, e, dopo aver offerto una delle salcicce al padre, cominciò subito a mangiare per mandare giù qualcosa nello stomaco. Mentre piluccava i semi di melograno, arrivò anche Hazel, la quale, presi del formaggio e un bel po' di frutta fresca, dopo aver bruciato una mela come offerta, si sedette accanto al fratello.

:-Un melograno?-chiese la sorella, confusa. -Seriamente? Come fai a mangiarlo, dopo tutto quello che è successo?

:-È buono-rispose Nico, alzando le spalle, come se quello potesse dire tutto.

:-Come vuoi-disse Hazel, cominciando a spalmare il formaggio morbido su una fetta di pane. -Allora, dopo c'è la punizione.

:-Si-rispose Nico, continuando a far finta di mangiare il cibo nel suo piatto. -E allora?

:-Tu e Percy sarete insieme, da soli-disse lei. -Hai intenzione di dirglielo?

Fu a quella domanda che Nico mise fine al tentativo di far finta di mangiare, e chiese, deglutendo visibilmente:-Cosa?

:-Glielo dici o no? Insomma, Nico, sei cotto marcio, innamorato perso-disse lei, addentando la fetta di pane. -Glielo dirai, stasera?

:-No-disse Nico, sicuro. -E mai glielo dirò, Hazel. Mai.

:-Perché no?-domandò la ragazza. -Sarete voi due, da soli. Non vedo occasione migliore.

:-Perché non voglio-rispose il figlio di Ade. -Non avrebbe senso. Lui è innamorato di Annabeth. Perché umiliarmi?

:-Secondo me, invece, dovresti dirglielo-rispose lei. -Nico, Percy è un bravo ragazzo. Anche se non ricambia i tuoi sentimenti, è in grado di capirti. Ti vuole bene, e sono sicura che ti accetterebbe così come sei. Non ti disprezzerebbe ne ti allontanerebbe, ci tiene a te, io l'ho visto. E poi, così ti toglieresti un peso dal cuore. Fidati, per dimenticare devi prima ammetterlo.

:-Non lo so, Hazel-ribatté Nico, alzandosi. -Forse. Ora vado, o faccio tardi.

:-Oh, per Giove, hai ragione!-esclamò la sorella. -E' tardissimo. Dobbiamo sbrigarci, o Bacc...cioè, Dioniso, ci triplicherà le settimane della punizione.

:-E noi non vogliamo che succeda-sussurrò Nico, che forse un po' ci sperava.

Si diresse con un passo lento verso le cucine del Campo. Stava cercando inconsciamente di rinviare il momento. N on voleva vedere Percy, sarebbe stato difficile mantenere la distanza necessaria.

Quando arrivò davanti alle porte della cucina, si sentì mancare. Non poteva entrare, non ne aveva il coraggio. Oltrepassarle significava avvicinarsi alla fonte del suo dolore. L'unica soluzione era andarsene, scappare via. Stava per scomparire nell'ombra, quando rammentò le parole di Silena.

Le piace quando le storie fanno resistenza. Se invece torni al Campo e l’assecondi, potrebbe annoiarsi e lasciarti in pace”.

Silena aveva ragione. Nico era diventato il nuovo giocattolo di Afrodite, più avrebbe resistito più la dea si sarebbe divertita. Doveva annoiarla il più possibile, e quindi assecondare i suoi desideri.

Perciò prese un respiro profondo e aprì le porte, consolato dal fatto che non ci sarebbero state troppe stoviglie, dato che erano all'inizio dell'Estate. Una delle arpie lo guidò in silenzio fino al lavello pieno di piatti da lavare. Percy era già li, indossava i guanti protettivi e stava lavando una grossa pentola con lo spruzzatore della lava, fischiettando un motivetto allegro. Non appena sentì dei passi, si girò.

:-Ciao, Nico-disse, sorridendogli e porgendogli un paio di guanti di protezione color giallo sole. -Vieni, io ho già cominciato.

Nico annuì e si avvicinò lentamente al lavandino, e, cercando di non guardarlo, iniziò a spruzzare un piatto di lava, che, secondo le arpie, per quanto pericolosa, era la migliore, l'unica che garantiva una pulizia più che divina. Percy invece aveva smesso di fischiettare ma continuava a strofinare la sua pentola con forza.

Dopo un po', si sforzò di intrattenere una conversazione:-Oggi...cosa volevi dirmi?

:-Quando?

:-Quando siamo arrivati ed è arrivata Annabeth.

:-Io volevo...volevo ringraziarti-rispose Percy. -Lo so che non ti fa tanto piacere stare qui. So che preferisci condurre la tua vita da solo. Eppure sei qui, con noi. Grazie, Nico. Sei un amico straordinario.

Nico sentì il suo cuore stritolato nel suo petto, mentre l'altro continuava a parlare.

:-Come è stato il tuo primo giorno al Campo?-gli chiese il figlio di Poseidone dopo poco.

:-Questo non è il mio primo giorno-rispose Nico. -Non sono un primino.

:-Beh, non so se quello di circa tre o quattro anni fa conti davvero-ribatté l'altro, ridendo.

:-Si che conta-rispose il figlio di Ade, passando ad un altro piatto.

:-Allora diciamo “il tuo primo giorno di quest'anno”, ok?-disse il ragazzo, ridendo.

:-Non è stato tanto male, alla fine-ammise Nico a denti stretti. -E allenarmi con te è stato divertente.

:-Oh, è vero-annuì il figlio di Poseidone. -Ma devo dirtelo, mi hai fatto un po' paura.

:-E pensare che prima eri tu a terrorizzare me-aggiunse il più piccolo, evitando di dire che lo terrorizzava perfino in quel momento.

:-Lo ricordo ancora, il tuo primo giorno in assoluto-affermò Percy, sorridendo con l'aria quasi sognante. -Eravamo appena scesi dal Carro del Sole di Apollo, la tua faccia era talmente verde che Echidna era pallida al confronto.

:-Non è stata colpa mia!-esclamò Nico, indignato e imbarazzato. -La colpa era di Talia e soprattutto di Apollo, che l'ha fatta guidare. Non bisognerebbe far guidare una macchina volante a qualcuno che soffre di vertigini. Che poi è..è stupido. Una figlia di Zeus che ha paura dell'altezza? Sarebbe come dire che un figlio di Apollo detesta la musica.

:-Lo so, e l'ho presa in giro per anni per questo-annuì il ragazzo, ridendo. -E non dimenticherò mai la tua faccia. E ti sei anche fatto prendere in giro da Travis e Connor. Solo un pazzo si sarebbe messo a giocare a poker con loro.

:-Ti prego, Jackson, non cominciare a parlare dei vecchi tempi con un tono nostalgico-gli chiese il figlio di Ade, cercando di mantenere un tono indifferente.

:-E invece si, di Angelo! Ricordo ancora quando mi assillavi con tutte quelle domande e la tua parlantina, le tue guance paffute e colorite, e il tuo amato gioco di carte, Mitomagia-rise il ragazzo, scrollandosi le mani dai residui di lava. -Eri un piccolo molestatore, un baby stalker.

:-Non chiamarmi piccolo-sibilò il figlio di Ade, passando ad un mucchio di posate.

:-Ed eri davvero molto tenero-affermò l'altro, scompigliandogli i capelli. -Un piccolo scocciatore molto carino, dolce e tenero.

Sentendo quelle parole, Nico sentì le sue guance infiammarsi senza che lui potesse evitarlo.

:-E sei davvero molto più carino quando arrossisci-continuò Percy, sorridendogli con uno dei suoi sorrisi splendenti che gli facevano sciogliere il cuore. -Vedrai, un giorno troverai una bella fanciulla asociale tutta per te.

:-Non voglio una ragazza-disse Nico, facendo una smorfia. Non poteva credere che il figlio di Poseidone fosse davvero così stupido.

:-E' quello che pensano tutti i bambini, Nico, ma vedrai, cambierai idea un giorno-disse il ragazzo, ridendo come se Nico gli avesse appena detto una battuta molto divertente.

:-Non sono un bambino-sbottò l'altro, infastidito.

:-No, hai ragione-ribatté Percy, improvvisamente serio. -Non sei più lo stesso di prima. Ricordo ancora com'eri, con il tuo modo assillante e fastidioso, la tua allegria, e la tua passione per quel gioco, Mitomagia. Che fine hanno fatto, dove sono ora?

:-Nel fuoco-rispose Nico con tono freddo, prendendo un'altro piatto e spruzzandolo di lava.

:-Non parlavo delle carte, Nico-spiegò Percy con un tono triste e serio. -Dove sono finite tutte quelle cose? Dov'è la tua parlantina? Dov'è quel ragazzino che mi molestava con tutte quelle domande a raffica? Dov'è a tua gioia di vivere?

“E' morto, Percy” pensò Nico con le lacrime agl'occhi. “E' morto non appena ti ha conosciuto, è morto per la tua stupidità”.

Nico si trattenne e rispose:-Non lo so, Percy. A volte si cambia e basta. Ma è stato meglio così. Sono più maturo ora, più adulto.

:-E meno felice-aggiunse Percy. -Senti, Nico io...mi dispiace per...per Bianca. So che avrei dovuto proteggerla e...non l'ho fatto. Scusami, so che era tutto per te e...

:-Smettila, Percy-ordinò Nico, stringendo i pugni. -Smettila di scusarti, e smettila di parlarne. So cosa è successo, ho parlato con Bianca, e tu lo sai. Lei ha sacrificato la sua vita per te, per la missione, e le sono grato. Certo, mi manca da morire, ogni giorno, minuto e secondo. Ma, ti prego, smettila di riportare alla luce il suo ricordo.

:-Nico io...-provò a dire il figlio di Poseidone, ma Nico lo interruppe.

:-Io ho finito la mia parte-disse il figlio di Ade, togliendosi i guanti con un gesto secco e uscendo a passi veloci e le lacrime sul volto.

Nota dell'autore: Salve, salve a tutti! Mi dispiace di essere sparita nel nulla, ma ho cominciato il primo liceo! E al classico corrisponde al terzo anno, perché l'ordine è quarto e quinto ginnasio, primo secondo e terzo liceo!! Sto impazzendo. Vi chiedo scusa, ma il capitolo è molto intenso, spero di essermi fatta perdonare.
Comunque, Percy ha ragione, Nico è davvero adorabile <3 Comunque, ringrazio tutti i recensori, vi amo. Seguite il loro esempio, aspetto le vostre recensioni <3
Ora vado che è tardi, buonanotte. <3

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Capitolo 10
*** Gli artigli dei ricordi ***


Nico chiuse la porta della casa undici con un gesto secco del polso e si sdraiò sul materasso del suo letto. E non fece nulla. Si limitò a respirare, anche se avrebbe voluto smettere di fare anche quello.

Voleva solo peoter smettere di fare quelle piccole cose che lo ancoravano alla vita. Perché vivere? Nico sapeva di non avere uno scopo. Tutti ce lo avevano. Percy aveva sconfitto Crono. Luke era diventato un eroe. Persino quel Leo aveva lo scopo fastidioso di essere maledettamente irritante. E Bianca era morta per contribuire alla missione. Ma lui non ne aveva. Lui non aveva motivi per continuare a vivere, e ci stava pensando seriamente.

Percy aveva risvegliato i ricordi assopiti che lui aveva nascosto nel profondo del suo cuore, per non essere costretto a riviverli. Cercava solo di dimenticarli, ma era inutile. E Percy aveva un talento incredibile, riusciva a farlo soffrire anche senza rendersene conto.

Non si rese conto di star piangendo finché non sentì il sapore delle proprie lacrime. Sentì un singhiozzo diffondersi nella stanza semivuota. E in quel momento odiò Percy. Stava soffrendo per colpa sua. Non soddisfatto del dolore che gli dava ogni volta che baciava Annabeth davanti a lui, Percy doveva girare anche il coltello nella piaga, rivangando nei ricordi. Era solo colpa di quell'idiota.

Era colpa sua se Nico provava quel lancinante dolore al petto ogni volta che Percy parlava ad Annabeth. Era colpa sua se Nico voleva morire in quel momento.

E a Percy non bastava tutto questo. No, lui doveva annientarlo totalmente, rammentandogli la morte della sorella in continuazione, scavando nel suo passato. Come se il dolore per lui non fosse mai abbastanza.

Nico si chiese perché, solo perché. Perché lui, tra tutti, era quello che, da quando aveva scoperto la su a natura semidivina, era sprofondato nell'oscurità, senza vedere più la luce? Da quando aveva conosciuto Percy la sua vita era diventata una disgrazia. Aveva perso la sorella, e aveva scoperto di provenire dagli anni quaranta. E si era innamorato di un idiota che mai lo avrebbe ricambiato, senza alcuna speranza certa di poterlo dimenticare.

Era talmente assorto nei suoi pensieri che sobbalzò sentendo la porta aprirsi.

:-Nico, sei già qui? Io ho appena...Nico!-esclamò la sorella, vedendo il fratello sdraiato sul letto, in lacrime. -Nico, cosa è successo?

:-Nulla, Hazel-disse lui, asciugandosi il viso, rosso per la vergogna. -Nulla, va tutto bene. Va a dormire.

:-No, non va tutto bene-ribatté lei, sedendosi accanto a lui. -Non sono ne stupida ne cieca. Cosa è successo?

:-Niente, non è successo niente-ripeté testardamente Nico. Voleva stare da solo. E si vergognava di se stesso per aver pianto.

:-E' la punizone, vero?-chiese lei, dolcemente, accarezzandogli i capelli scuri. -Cosa ha fatto Percy stavolta? E non mi dire che non e successo nulla, o ti caricherò su Arion e ti butterò giù dalla sella dal monte Olimpo.

:-E va bene!-esclamò Nico, esasperato. -E' vero, ho...ho litigato con Percy, credo.

:-Cosa è successo esattamente?

:-Stavamo...stavamo pulendo i piatti e lui...ha parlato...ha parlato di lei-balbettò, Nico, scoppiando a piangere di nuovo senza neanche rendersene conto.

:-Dei, quanto è stupido quel Jackson-disse lei, sorridendogli. -Qualcuno dovrebbe cucirgli la bocca e ripulire il suo cervello da tutte quelle alghe che lo intasano.

:-Lo odio-affermò Nico. -Voglio solo che mi lasci in pace, e fa l'esatto contrario. Che provi un piacere perverso nel vedermi soffrire?

:-Ascoltami Nico, so che sei arrabbiato-cominciò Hazel, senza smettere di accarezzargli i capelli spettinati. -Ed è giusto che lo sia, ma sono sicura che Percy non intendesse ferirti, ma solo di scusarsi. Sai com'è fatto, probabilmente si sente in colpa. Percy è un bravo ragazzo, non ti farebbe mai soffrire di sua volontà.

:-Lo so-ammise Nico. -Ma nonostante io gli abbia detto più volte di non scusarsi, lui continua a tirar fuori l'argomento. Come se io non fossi stato male abbastanza. E' vero, mi manca. Ma non voglio parlare di lei. Rende tutto più reale e meno facile da sopportare.

:-Grazie agli dei, Nico, io ho avuto una madre accanto, che si prendesse cura di me. Ma poi è cambiata, e, alla fine, è morta, insieme a me. Non avrò vissuto le tue stesse vicende, ma, credimi, so come ti senti. E non c'è nulla di bello, lo so-ribatté Hazel. -Come so che per te lei era ed è la cosa più importante. Purtroppo, so di non essere lei, e non voglio sostituirla. Però ti voglio bene. E mi preoccupa sapere che tu non sei felice. Io vorrei solo questo.

:-Lo so, Hazel-ribatté Nico, asciugandosi nuovamente le lacrime. -E tu, Hazel, sei mia sorella. Ma non ti devi preoccupare, Hazel. Io starò bene.

:-Sei sicuro, Nico?-chiese lei, incerta. -Io non credo. Non devi chiuderti in te stesso. Io ci sono e ci sarò sempre per te.

:-Te lo giuro, Hazel, io starò bene-rispose il fratello. -Nemmeno il dolore dura per sempre.

Hazel annuì, poco convinta, ma non insistette. Sapeva che Nico non se la sentiva di continuare a parlare, non in quel momento. Aveva bisogno di un po' di tempo.

E rimaserò in quella posizione per molto tempo, in silenzio, e Nico, esaurite le energie a causa della giornata molto pesante e delle lacrime che lo avevano totalmente prosciugato, stava cadendo in un leggero dormiveglia, mentre Hazel gli accarezzava i capelli scuri.
E fu allora che Nico prese la parola, stupendo Hazel, lasciandola letteralmente a bocca aperta.

:-Hazel, rimani a dormire con me?-gli chiese il figlio di Ade con un tono assonnato e quasi infantile. Hazel non potè fare a meno di sorridere, e annuì. Si sdraiò accanto a lui, e aspettò che si addormentase. E dopo poco tempo Nico cadde in un sonno profondo.

 

Nico era davanti al bagno, in attesa del suo turno. Era al Campo da pochi giorni e poteva ancora sentire il suo nervosismo e la sua eccitazione scorrereìgli nelle vene, due emozioni più veloci, forti e dense del sangue stesso. L'idea di vivere li, con i suoi nuovi amici, lo galvanizzava. Era tutto vero, come aveva sempre desiderato. I mostri, gli dei del suo gioco...erano tutti veri! Magari Zeus aveva davvero tutti quei punti di attacco.

Ma si sentiva come se mancasse qualcosa. Un vuoto nella sua vita. Una costante sparita, quella di cui aveva bisogno.

Bianca. Ecco cos'era. Le mancava da morire, anche se cercava di non darlo a vedere. Cercava di distrarsi, pensando a quanto fosse bello essere davvero li. Seguiva tutti i corsi di allenamento seguiti dalla casa undici, per poi esplorare il Campo tutto il pomeriggio. Ma non era mai abbastanza.

Era preoccupato. Bianca non era certo andata a raccogliere le fragole dei campi organizzati da Chirone e Dioniso per mantenere le spese del Campo Mezzosangue.

Lei era in missione, e stava rischiando la sua vita. Poteva perderla in ogni momento. Qualunque cosa, qualunque mostro, avrebbe potuto attaccarla. E ucciderla.

Nico scosse la testa, scacciando quei pensieri. Percy gli aveva promesso che l'avrebbe protetta. E il ragazzo si fidava di lui.

Già, Percy. Era un ragazzo strano, Nico doveva ammetterlo. Si era infiltrato nella sua scuola, e l'aveva salvato da una Manticora che aveva tentato di rapire lui e sua sorella durante il ballo. Ed erano stati salvati dalle Cacciatrici, che si erano prese anche Bianca. Ed era rimasto solo. Se non avesse mai conosciuto quel ragazzo dalla pelle abbronzata e quegl'occhi verdi più profondi dell'oceano, non sarebbe mai successo nulla. Forse lui sarebbe rimasto con sua sorella in quella scuola, forse non avrebbe mai scoperto di essere un semidio. Forse avrebbe potuto avere una vita diversa, come avrebbe potuto non averne affatto una. Sarebbe morto?

La verità è che il figlio di Ade non lo sapeva, questo. Ma sarebbe successo sicuramente, soprattutto a causa della Manticora, Mr Thorne. Il suo ex-preside.

Nonostante la sua vita fosse cambiata tanto drasticamente a causa del figlio di Poseidone, Nico non lo odiava. Nonostante fosse tutto forte e da paura, gli mancava la routine della scuola, e gli mancava Bianca.

Ma non lo odiava. Di questo Nico era certo. Lui non odiava Percy. Si fidava di lui. Così bello, così coraggioso, così...perfetto. Percy avrebbe risolto tutto, Nico ne era sicuro. Il figlio di Ade credeva in

lui. Era il suo eroe. E avrebbe riportato Bianca da lui. Perché lui aveva bisogno della sua sorellona. Doveva ancora insegnargli tante cose. Doveva spiegargli cos'era quella strana stretta allo stomaco che gli era presa da quando aveva conosciuto Percy. E l'incertezza. Doveva essere la sua guida, la sua luce nell'oscurità.

Però non era così. Si sbagliava. Nico si era sbagliato. Perché quando tornò, Percy lo prese da parte. E gli spiegò la situazione.

E, da allora, lui odiò Percy.

E cominciò a correre. Doveva andarsene da li. Di chi poteva fidarsi, ora che Bianca era morta e Percy aveva tradito la sua promessa? Chi poteva aiutarlo? Nico questo non lo sapeva. Sapeva solo che doveva andarsene.

E lo fece, con le lacrime agl'occhi. E pianse fino a che esaurì anche quelle. Perché Bianca era morta, e non sarebbe mai tornata da lui. E sarebbe rimasto solo per sempre”.

 

Nico si svegliò, urlando. Poi, non potendo trattenere le lacrime, scoppiò a piangere. Di nuovo quel sogno, quel ricordo. Per calmarsi, cercò di ripetersi che era solo un brutto sogno, ma non funzionò. Sapeva che era qualcosa di veramente accaduto. I singhiozzi lo attanagliavano. Sentì un frusciare di coperte. Sentì le braccia della sorella avvolgerlo, i capelli ricci pizzicargli il collo.

:-Un altro incubo?-gli chiese lei, dolcemente, accarezzandogli i capelli. Hazel voleva veramente bene a Nico, era parte della sua famiglia, praticamente l’unico che le era rimasto, ormai, al di fuori dei suoi amici. Il ragazzo annuì, singhiozzando.

:-Ti va di parlarne? Nico scosse la testa. Non poteva parlare di Bianca, non con lei. L'avrebbe ferita. E quel sogno, quel ricordo, era orribile.

:-Tranquillo-disse lei, senza smettere di accarezzargli i capelli corvini. –Andrà tutto bene, è tutto a posto. Era solo un brutto sogno, un incubo. Il ragazzo, piano piano, si calmò, cercò di ricordare che era solo un brutto sogno. Ma non lo era. Quello era stato solo un ricordo di un incubo, di quell'incubo oscuro e privo di senso che era la sua vita.
Però Hazel era diventata una nuova piacevole costante della sua esistenza. C'era sempre li, per lui, anche se, essendo lui il maggiore, sarebbe dovuto essere il contrario. Non lo aveva mai abbandonato. Che fosse quello lo scopo della ragazza? Era per questo che trovarla nelle Praterie degli Asfodeli gli era sembrato fin troppo semplice? Era destino?
Nico ignorava la risposta. Ma sperava davvero che lo fosse, perché Hazel non era la nuova Bianca. Era solo Hazel, e lui le voleva bene. Non poteva perdere anche lei. Sperava davvero che, qualunque fosse lo scopo della ragazza, non sarebbe stato più solo. Che lei sarebbe rimasta con lui per almeno un po'.
Ma allora, qual'era il suo, di scopo? Nico se lo era chiesto spesso. La cosa peggiore, però, e che non aveva una risposta. Però, per la prima volta dopo tanto tempo, si era sentito a casa. Si era sentito parte di qualcosa.
Nico era stanco della sua oscurità. Lui voleva la luce. Perché tutti hanno uno scopo. E decise che avrebbe trovato il suo. E forse questo gli avrebbe permesso di accettare il suo passato. E forse avrebbe distolto la sua attenzione da Percy.

Nota dell'autore: Salve a tutti*saluta con la mano.
Ok, ora che sono tornata, mettete giù le vostre armi di bronzo celeste, ferro dello stige e/o oro imperiale, grazie. Si, so di essere scomparsa in una nuvuola di mistero, ma, cari semidei, ho cominciato il 3 anno di liceo, faccio ancora un po' di fatica, e destreggiarmi tra compiti, studio e impegni vari è complicato. 
Mi dispiace che Percy sia poco presente in questo capitolo, ma vi giuro sullo Stige che è necessario, davvero importante? Perché? Perché lo dico io, ovvio ;)
Lo saprete leggendo il prossimo capitolo.
Anyway, ringrazio la_nuova_figlia_di_ade, Ansiel, Fragolina_50, Pussi_cat, Zucca_matta, Madara, Sirius, kashi_love e katie86 per le loro splendide recensioni che mi hanno scaldato il cuore. 
Ora vado che è tardi, godetevi il capitolo amanti della Pernico e dei biscotti blu, aspetto vostre notizie. <3

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Capitolo 11
*** Un discorso importante. ***



Nico sospirò e si sedette ai piedi di uno degli alberi della foresta che circondava il Campo, sconsolato. Erano passati quasi cinque giorni dalla sua discussione con Percy, e da allora non aveva fatto altro che evitarlo. Non voleva parlare con lui, sarebbe stato peggio. Non voleva sentire altro dolore.

Il figlio di Poseidone però non sembrava esssere dello stesso avviso. Non faceva altro che cercarlo in continuazione, per scusarsi ancora. Gli stava rendendo le cose ancora più difficili. Evitarlo era diventato quasi impossibile. Era stato costretto a nascondersi nella foresta. Era pericolosa, ma non aveva altra scelta. Preferiva passare la giornata li piuttosto che vedere Percy di nuovo.

Era talmente assorto nei suoi pensieri che quasi sobbalzò sentendo qualcuno sedersi vicino a lui.

:-Vattene via, Jason-disse Nico, con un tono secco. Voleva stare da solo. Non aveva bisogno di lui. Avrebbe risolto la cosa da solo, come aveva sempre fatto.

:-Anche io ti voglio bene, Nico-ribatté l'altro, alzando gl'occhi al cielo. -Col cavolo che me ne vado.

:-Invece si, te ne vai-ripeté. -Voglio stare da solo.

:-Ma tu ora sei solo-disse all'ora Jason. -Solo con me.

:-Intendo solo-ribadì. -Senza altri esseri umani intorno, capisci?

:-Meno male che io sono umano solo per metà allora.

:-Ti prego, vattene Jason-disse Nico, al limite dell'esasperazione. -Ti prego.

:-No, Nico-rispose Jason, serio come non mai. -Mi sono stufato del tuo solito “Lasciami solo, Jason. Non ho bisogno di nessuno, Jason. Io sto bene, Jason”. Tutte balle. Credi davvero che io sia così stupido?

Nico rabbrividì e disse a tentoni:-Mh...si?

:-Grazie, davvero gentile-affermò Jason con un tocco di ironia. -Grazie, davvero. Quindi è questa l'opinione che hai di me? Io non sono Percy.

:-Lo so-ribatté l'altro. -Non intendevo ferirti, Jason. So che sei intelligente, anche se a volte fai anche tu qualche stupidaggine. Ma ora voglio davvero stare solo.

:-So che ti sembra la soluzione migliore, ma credimi, non è quella giusta. Isolarti non funzionerà-disse Jason, che aveva cambiato totalmente atteggiamento -Insomma, Nico, da quanto tempo è che ti isoli? Due anni, tre? O di più? E ha mai funzionato?

Nico tacque. Non sapeva davvero cosa dire. Si era spesso chiesto perché nonostante il suo isolamento

la cotta non fosse ancora scomparsa, ma non ci aveva mai riflettuto veramente.

:-No, vero? Isolarsi non è la soluzione-disse Jason, sicuro. -Ti dico come la vedo io. Se ami davvero Percy, invece di dimenticarlo, dovresti combattere per lui.

:-E' vero, Jason-disse Nico, sentendo gli occhi inumidirsi. -Io...io sono innamorato di lui. Ormai è passato troppo tempo. Ma che posso farci? Lui non mi ama, e non mi amerà mai. Sta con Annabeth. L'intelligente, perfetta Annabeth. Che posso farci se lui ama lei e non me? Io voglio...io voglio solo che lui sia felice.

:-Lo so, Nico, e, nonostante io creda che tu abbia diritto ad un po' di felicità, rispetto la tua decisione. Ma, in ogni caso, se vuoi dimenticarlo, non credo che la tua tecnica sia quella giusta.

:-Fantastico, sei un esperto in amore adesso-sbuffò il moro. -Forza, illuminami, oh saggio Jason, esperto delle relazioni amorose.

:-Non sono affatto un esperto-affermò l'altro, sogghignando. -Ma se ne vuoi uno puoi parlare con Piper, con Afrodite, o con Er...

:-Non pronunciare il suo nome-sibilò il figlio di Ade.

:-Sei disposto ad ascoltarmi seriamente?-domandò il figlio di Giove, incrociando le braccia, serio.

Il moro sospirò e annuì.

:-Bene-disse Jason, soddisfatto. -Come ti ho detto prima, Nico, scappare è inutile. Anche se sei gracilino e piuttosto timido, e non lamentarti perché lo sei, devi cominciare ad affrontare di petto le tue paure. E non è isolandoti che risolverai la situazione.

:-Lo so, Jason-sussurrò l'altro, socchiudendo gl'occhi a causa delle lacrime che minacciavano di uscire da un momento all'altro. -Ma non so che altro fare.

:-Non che possa vantare esperienze personali, ma, di solito, se si vuole smettere di amare, non ci si bisogna isolare. Anzi, solitamente si cerca di distrarsi, in modo da non pensare più a chi si ama. Non è detto che funzioni, ma dovrebbe essere d'aiuto, ed è sicuramente più efficace dell'isolamento. E forse, conoscendo nuove persone, potresti anche innamorarti di nuovo.

:-Wow-Nico alzò gli occhi al cielo con sarcasmo. -Di solito si dice “cadere dalla padella nella brace” ma così passerei da una padella all'altra, non credi?

:-Forse-ammise Jason. -Ma ti toglieresti da questa situazione. E non è affatto detto che dopo tu non possa trovare qualcuno che ti ricambi, Nico.

:-Bene, fantastico-disse Nico, cercando di sorridere, ma ormai le lacrime avevano cominciato a scendere senza sosta, imperterrite.

Jason, vedendolo piangere, cominciò a dargli delle leggere pacche sulla schiena.

:-Tranquillo, Nico, si risolverà tutto.

:-Lo spero, Jason-singhiozzò il moro. -Ma è tutto così assurdo. Una parte di me non vede l'ora di liberarsi dei miei sentimenti per Percy, l'altra invece non vuole, anzi. Desidera che rimangano li, e che crescano. Io...ho paura.

:-Lo so, Nico, so che hai paura, ed è normale. Ma tu sei forte, ce la puoi fare. Devi solo uscire dal tuo nascondiglio e scegliere il da farsi.

:-E se non ci riuscissi? Cosa...che cosa devo fare?

:-E' più semplice di quanto sembri, Nico-disse Jason, sorridendo. -Se vuoi abbandonare l'oscurità, non devi far altro che entrare nella luce.

 

Nico si diresse verso l'arena con la spada al fianco, per allenarsi ancora. Ne aveva bisogno, il mondo dei semidei era duro e non ammetteva distrazioni o pigrizia. Sperava che Percy e gli altri fossero tutti a cena, visto che il sole stava tramontando.

Ma si sbagliava. Infatti, quando il figlio di Poseidone lo vide, non esitò un minuto. Lasciò cadere la sua spada e corse verso di lui. Le speranze di Nico erano sfumate.

:-Nico-disse il ragazzo quando l'ebbe raggiunto. -Dove eri finito? Non ti vedo da giorni.

Il ragazzo continuò a camminare imperterrito. Non voleva parlare con lui, non in quel momento. Non se la sentiva.

:-Senti, Nico, io...-provò a dire il figlio di Poseidone..

:-Non dire nulla, Percy-lo fermò il figlio di Ade, cercando di ignorarlo.

:-Nico, credimi, mi dispiace, Nico. Io non stavo pensando l'altra sera, e...

:-Vattene via Percy-ordinò Nico. -Non voglio parlare con te. Vattene.

:-Nico, io...-tentò il maggiore, ma Nico scosse la testa.

:-Lasciami solo-ripeté l'altro. -Sparisci, evapora, fa come ti pare. Basta che mi lasci in pace.

:-No-affermò allora Percy, afferrando un lembo del suo giubbotto d'aviatore. -No, Nico. Senti, lo so che è colpa mia, non avrei dovuto dire quelle cose. Credimi, mi dispiace. Vorrei poter tornare indietro, e cancellare tutto. Persino il nostro primo incontro, se serve.

Nico gli lanciò uno sguardo profondo. Non sapeva cosa dire, voleva solo che se ne andasse.

Percy allora gli disse:-Dobbiamo parlare. Stasera, durante la punizione. Ok?

E Nico fu costretto ad annuire. 

Nota dell'autore: Buonsalve. Per favore, mettete via torce e forconi di bronzo celeste, per favore. So di essere scomparsa ma ho delle valide (almeno spero) motivazioni. La prima è ovviamente la scuola. Come saprete di certo, ci sono state recentemente le pagelle. E io mi sono dovuta fare il culo, perdonatemi il linguaggio scurrile, ma quando ci vuole ci vuole, per tutte le ultime settimane dopo le vacanze. E nonostante questo continuo ad avere 2 in matematica e fisica. Ma ehi, vado al classico, non è colpa mia. XD
La seconda motivazione è stato il fatto che avevo scritto il capitolo e...si è cancellato. Yeeeee. Ho dovuto scriverlo di nuovo. 
La terza e ultima motivazione è che...ho lavorato alla vignetta che oggi fa da immagine centrale del capitolo. Vi piace? Ci è voluto un po', ma mi sono divertita tantissimo a scrivere la scena e non ho potuto trattenermi da farvi questa piccola sorpresa.
Ora passiamo ai ringraziamenti: Nico1973, Menma1, Athena22, Ainsel, kili_filiTogether, ProfeziaFiamma 25869, la_nuova_figlia_di_ade, grazie per le vostre recensioni <3
Fatemi sapere se vi è piaciuta e cosa pensate del capitolo, vi aspetto <3

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Capitolo 12
*** Quella malattia chiamata codardia ***


 


Nico si sedette sul letto, sbuffando per la frustrazione. Era ansioso di sapere cosa gli avrebbe detto il figlio di Poseidone. Aveva usato un tono molto coinciso, e l'aveva guardato dritto negli occhi, per cui aveva tutto il diritto di sentirsi tanto curioso. Dopotutto, lui era Percy, e non era mai serio. Nico era sicuro di non aver mai visto l'altro ragazzo con un espressione simile prima d'ora. Non senza Titani pazzi che cercavano di conquistare l'Olimpo e distruggere il mondo.

Un orribile senso di terrore lo invase, un brivido percorse la sua schiena. E se Percy l'avesse scoperto? Se fosse venuto a conoscenza del suo segreto?

Eppure era sicuro di aver mantenuto un profilo basso. No, non poteva averlo capito dal suo comportamento. Non perché non fosse in grado di prendersi le proprie responsabilità, ma stavolta non era davvero colpa sua.

“E se qualcuno glielo avesse detto?” si chiese. Solo Jason, Hazel, Beckendorf e Silena sapevano della sua cotta per il figlio di Poseidone. Dubitava seriamente che Beckendorf e Silena avessero fatto la spia, dopotutto erano, beh...morti. E sicuramente sua sorella non lo avrebbe mai tradito.

Jason, lui era l'unico rimasto. Forse aveva rivelato a Percy il suo segreto per aiutarlo, o cose del genere...

“Basta!”si disse. Stava diventando paranoico. Oltretutto, non aveva alcuna prova della possibile soffiata di Jason. E, dopotutto, il biondo stava solo cercando di dargli una mano, non di pestargli i piedi. Inoltre, sapeva essere insensibile, ma persino quello aveva un limite

Non era neanche sicuro che fosse quello l'argomento della futura conversazione con Percy. Chissà, magari voleva parlare di qualcos'altro. Forse voleva chiedergli come mai avesse deciso di non farlo a fette all'ultimo secondo.

Già, e in quel caso sarebbe stato costretto ad ammettere i suoi sentimenti, perché erano l'unica ragione che l'avevano bloccato. Con quella mossa di disarmo avrebbe fatto del male a Percy, spezzandogli il polso.

O forse era curioso di sapere cosa aveva fatto durante tutto quel tempo passato lontano dal Campo.

Nulla di entusiasmante, comunque. Cercare di dirigere la lunga coda della Morte Facile era piuttosto noioso, per non parlare poi del verbale di ogni anima giudicata. Era successo solo un paio di volte, per fortuna. L'unica cosa che aveva trovato piacevole era giocare con Cerbero nel tempo libero. Certo, si era dovuto procurare un centinaio di casse piene di palle di gomma rosse, perché ne distruggeva una ogni tre lanci, ma Cerbero ne aveva bisogno, ogni tanto. Dopotutto, era pur sempre un cane, almeno in parte.

Scosse la testa. Perché avrebbe mai dovuto chiedergli una cosa del genere? Soprattutto con quel tono. Percy non poteva essere tanto preoccupato per quelle sciocchezze.

Allora voleva parlargli di Bianca. Era l'unica cosa che avrebbe potuto davvero domandargli. Magari si voleva scusare ancora, così Nico avrebbe avuto la possibilità di dargli una botta in testa e di fuggire via di nuovo negl'Inferi.

Nico si lasciò sfuggire un altro sospiro. Doveva trovare un modo per evitare la conversazione con Percy. Ma come? Cosa avrebbe detto all'amico? Non poteva certo darsi malato. "Ehi, Percy, scusami, ma dovremo rimandare l'incontro. Ho un attacco di fifaggine acuta". Anche se era quello effettivamente il suo malanno.

-Già-disse Nico con un tono amaro. -Non sono altri che un codardo.

-Perché dovresti essere un codardo?-chiese Hazel. Nico era così assorto nei suoi pensieri e nelle sue cospirazioni che non si era reso conto della presenza della sorella.

-Nulla, Hazel-disse lui. -Ho solo un attacco di vigliaccheria. Passerà presto.

-Nico-disse la ragazza, sedendosi accanto a lui. -Sei un ragazzo davvero rancoroso, insicuro e testardo, ma di sicuro non sei un vigliacco.

-Ah, no?-chiese il ragazzo, ironico. -E allora cosa dovrei essere? Guardami! Sto cercando una scusa per non parlare con Percy.

-E' normale avere paura, Nico-disse la sorella, sorridendo. -E' uno degli effetti collaterali dell'amore. Non saresti umano se non la provassi.

Nico scosse la testa:-Devo assolutamente trovare una soluzione. So di non poter rimandare il confronto all'infinito ma...non ce la faccio. Al solo pensiero io...

-Lo so, Nico, non è affatto facile-Hazel gli posò una mano sulla spalla. -Ma la prima cotta è una di quelle esperienze necessarie per la propria crescita, che sia ricambiata o meno. Devi prenderla di petto e affrontarla. Nascondersi non rimedierà al problema, potrà solo posticiparlo e farlo diventare più grande di volta in volta.

Nico gemette, frustrato, e si lasciò cadere sul retto, straiandosi:-Che fatica. A saperlo, non mi innamoravo.

Hazel ridacchiò:-Oh, si, è una gran fatica. Anche io...-improvvisamente si rabbuiò. -Anche io...pensavo lo stesso dopo...dopo Frank.

Nico non ebbe il coraggio di parlare, provò vergogna. Era solo uno stupido egoista. Non faceva altro che lamentarsi del fatto che Percy fosse etero e fidanzato con Annabeth e piagnucolare come una ragazzina quando la sorella era ancora in lutto per la perdita del figlio di Marte.

-Hazel...io...-balbettò il moro. -Ecco io...scusami, non...

La figlia di Plutone si asciugò una lacrima con un la mano e cercò di sorridere di nuovo, ottenendo però solo una mera finzione.

-Non è colpa tua, Nico-disse allora la ragazza. -E' solo che...mi manca. E non posso fare a meno di rivederlo in qualunque cosa. Passerà.

-Hazel, se hai...se senti il bisogno di parlare, io sono qui-Nico le mise una mano sulla spalla. La sorella gli era sempre stata accanto, ora toccava a lui sostenerla.

-Ti ringrazio Nico, ma non devi preoccuparti-ribatté lei. -Non è che ci sia una soluzione al mio problema. Devo solo...posso solo aspettare. Migliorerò, devo solo darmi tempo.

Il figlio di Ade la guardò negl'occhi, e capì quanto la ragazza stesse soffrendo. Dopotutto, chi non impazzirebbe vedendo il proprio compagno semplicemente prendere fuoco insieme al suo pezzetto di legno brucacchiato?

Ma non doveva insistere. Nico sapeva che in quel momento la sorella aveva solo bisogno di un po' di tempo, e di stare da sola per un po'. Doveva darle la possibilità di rimanere sola nel silenzio della loro cabina.

-Senti-disse, inventandosi tutto sul momento. -Io ora devo andare da Jason, ok? Starai bene?

La ragazza annuì, guardandolo negl'occhi in segno di graditudine.

-Ok allora-disse il ragazzo, alzandosi e dandole un bacio sulla guancia. -Ci vediamo a cena.

Si diresse verso la porta, la aprì e fece per uscire, la voce della sorella lo fermò.

-Nico?-lo chiamò Hazel.

-Si?-chiese il ragazzo, voltandosi.

-Ricordati che è quando le cose sembrano prendere il verso giusto che tutto comincia a crollare.

*****

Nico corse verso la foresta, sperando che nessuno lo notasse. Voleva stare da solo per un po', ma, a quanto pare, in quello stupido Campo era impossibile.

Ma che diavolo gli aveva detto il cervello quando aveva accettato? Lui non apparteneva a quel luogo, non vi era mai appartenuto. Quando Percy lo portò li per la prima volta non c'era nemmeno una cabina per suo padre, tanto più che si credeva che i figli di Ade portassero sfortuna. Come poteva chiamarla casa? Nessuno lo aveva mai accettato davvero. Gli erano rimasti Hazel e Jason, perché Bianca se n'era andata, lasciandolo solo.

Si sedette ai piedi di uno degli alberi che circondava il Campo, lontano dal solito luogo. Magari li non lo avrebbe trovato nessuno.

Illusioni, ovviamente. Le sue erano solo illusioni. Lo sapeva, e capì che il suo piano di isolamento era andato in fumo non appena sentì i passi di Jason dietro di lui

-Jason-disse solo, quando sentì l'erba frusciare verso la sua direzione. non lo aveva visto, ma sapeva che era lui. Chi altri poteva essere, altrimenti?

-Mi raccomando, non esagerare con l'entusiasmo!-esclamò il biondo, sedendosi accanto a lui. -Ma da quando hai gli occhi anche dietro la testa?

-Nessun occhio in più, ma se te ne servono, chiedi pure ad Argo-disse il ragazzo. -Insomma, Jason, chi altri potrebbe essere più seccante, inopportuno e impiccione di te?

-Esagerato. Posso capire impiccione e seccante, ma quando mai sarei stato inopportuno?

-Qualcosa tipo sempre, Jason-ribatté Nico con voce annoiata. -L'impicciarsi di roba altrui è di fatto inopportuno.

-Io sarò seccante e inopportuno, ma tu sai essere davvero offensivo.

-Ovvio, quelli non erano certo complimenti-sospirò il moro. -Che cosa vuoi stavolta?

-Solo sapere come stai-rispose l'altro. -Ti ho visto sgattaiolare qui con la testa bassa, così sono venuto a controllare.

-Già, grazie mille. Peccato che io non ho bisogno di una baby sitter.

-Non sono la tua baby sitter. Se lo fossi, a quest'ora staresti facendo i compiti invece di startene qui a ciondolare.

-Signorina Grace, non ho professori che possano assegnarmi compiti. E se andassi a scuola, le garantisco che sarei il primo della classe.

-Dopo Annabeth-lo corresse Jason.

-Già, dopo Annabeth. Sempre dopo di lei-sospirò il ragazzo.

-Sei geloso di lei, eh?-ridacchiò il maggiore. -Si vede un sacco. Ci manca solo che diventi verde per la gelosia.

-Non sono geloso!-esclamò il figlio di Ade, indignato.

Jason gli rivolse un'occhiata eloquente, come a dire "si, come no", inarcando il sopracciglio, così lo ammise. -Ok, forse un po' geloso lo sono. Ma non così tanto.

-Ripeto, si vede-disse di nuovo Jason, prima che tra loro piombasse un silenzio pesante e decisamente poco apprezzato dal primo, date le occhiataccie di velata minaccia che il moro gli riservava.

-E comunque, lo ribadisco, non sono una baby sitter-ribadì il biondo. -Sto solo cercando di aiutarti. Quindi...parla. Così ti psicanalizzo.

-Così mi psicanalizzi?-Nico alzò un sopracciglio. -Vuoi che mi sdrai come nello studio di uno strizzacervelli?

-Ecco, quello magari evitalo-Jason rise. -Dimmi solo quello che è successo.

-Nulla-rispose il figlio di Ade, abbassando lo sguardo verso le sue mani, che si tenevano occupate strappando i ciuffetti d'erba appassita. -Sono solo preoccupato. Percy vuole dirmi qualcosa, stasera, e non so cosa. E...ho fatto piangere Hazel.

-Te lo avevo detto, no? A volte sei scortese, amico. Forse avrai esagerato un po' stavolta-disse Jason.

-Non sarei mai scortese con mia sorella, idiota-sbottò il moro. -Solo che...le ho ricordato Frank. E...beh, sai, le manca.

Jason annuì-Frank è stata una grande perdita per tutti, ma Hazel...beh, era innamorata di lui. Però è una ragazza forte, si vede, e sta reagendo relativamente bene alla situazione. Io sarei già morto senza Piper.

-Sono stato egoista-sospirò allora Nico. -Non faccio altro che lamentarmi di Percy, della sua stupidità o della sua sessualità, del Campo, e dei miei problemi. Ma non penso mai a quelli degl'atri. sono solo uno stupido egoista.

-Non sei egoista, Nico-Jason gli mise una mano sulla spalla. -Sei solo in un brutto periodo, tutto quà. E' normale il fatto che tu ti stia concentrando sui tuoi. Per Hazel non puoi far nulla, a parte starle vicino, cosa che fai comunque.

-Suppongo di si-disse il ragazzo, sospirando una seconda volta.

-Senti, è ora di cena-fece Jason. -Ti va se andiamo a mangiare?

Nico fece per scuotere la testa. Voleva evitare Percy il più possibile, anche se questo lo costringeva a saltare i pasti. Non che avesse fame, comunque.

-Nico, devi mangiare, sei ancora un essere umano, sai?-gli dissere Jason. -E comunque saltare la cena non renderà più facili le cose con Percy. sarebbe inutile.

Nico allora annuì, e si alzò, dirgendosi verso il padiglione della mensa.


Note dell'autore: Ehilà! Vi prego, vi prego, non mangiatemi. E mettete via i forconi di bronzo celeste-bellissimi, tra l'altro, dove li avete presi? Da Rappresaglia % Co?
Comunque, lo so, sono un brutto mostro. Sono sparita così, ho fatto puff. Purtroppo in questi ultimi mesi sono stata strapresa dallo studio (inutilmente perchè irispaper29 verrà bocciata quest'anno ma è contenta perché non ce la fa più a rimanere in quella scuola del cappero). E...ci sono state alcune complicazioni.
Lasciamo stare le cose brutte. Mi scuso per il capitolo corto, ma, come ho detto, sto avendo alcuni problemi al momento. Chiedo perdono*si inchina.
Spero che vi piaccia comunque. Lo dedico ad Ainsel che e' SPARITA, si è cancellata (per motivi seri, ho dedotto dalla sua "spiegazione) e mi manca un sacco, perché ora che è arrivata la solangelo tutti si son dimenticati della pernico e io non riesco più a leggere storie pernico, e lei era la più brava. Mi mancano le tue storie <3.
E, ovviamente, lo dedico a voi, che leggete silenziosamente la storia, la inserite tra le preferite, la seguite, le recensite e ricordate. Un bacione, vi amo. 
Che possa la Pernico (e anche la fortuna se possibile) essere sempre a vostro favore!
 

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