Le risposte che stai cercando

di Chiaramor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mio nome è John Smith ***
Capitolo 2: *** Domande ***
Capitolo 3: *** Qualcosa di più ***
Capitolo 4: *** Presentimento ***
Capitolo 5: *** Paura ***
Capitolo 6: *** Un cuore annerito ***



Capitolo 1
*** Il mio nome è John Smith ***


Era un sole splendente quello che illuminava il cielo di Starling City mentre Thea Queen, dopo essere stata lontana per due mesi, tornava finalmente a casa. La giovane ragazza sedeva su un sedile di pelle di una costosa limousine nera e guardava fuori dal finestrino il paesaggio che per molto tempo era stato il suo mondo: un'alternanza di alberi e cemento.
La sua città le era mancata, se ne rendeva conto solo ora. Anche se a Starling City non le era rimasto più nulla, sua madre era morta, non aveva più soldi e suo fratello era un bugiardo, Thea riusciva comunque a sentirsi al sicuro lì.
Dopo due mesi di riflessioni era riuscita a tornare serena, superando il vuoto che le si era creato dentro quando tutto il suo mondo era caduto a pezzi lasciandola sola e ferita.
Anche il suo ragazzo Roy, l'uomo che amava, l'aveva lasciata dopo quasi aver cercato di ucciderla. Se chiudeva gli occhi Thea riusciva ancora a sentire le sue forti mani attorno al suo collo. Roy era un pazzo. Era stato pazzo ad assumere strane droghe e a voler imitare il Vigilante. Thea ormai lo sapeva, la Freccia non era un eroe, non aveva fatto nulla per salvare la sua famiglia. E così sua madre era morta...
“Sei pensierosa. Non devi preoccuparti Thea, ora non sei più la ragazza indifesa di un tempo.”
La voce di Malcolm Marlyn colse Thea di sorpresa e la ragazza quasi saltò sul sedile per lo spavento. Malcolm aveva ragione. In quegli ultimi due mesi suo padre l'aveva allenata a sopportare il dolore, fisico e psicologico, facendola diventare più forte. Era solo grazie a lui se era riuscita a non crollare. Ma non lo aveva perdonato per aver causato un terremoto nel Glades. Non aveva perdonato sua madre, che amava, e di certo non avrebbe perdonato lui. Però poteva non pensarci, in fondo Malcolm era stato l'unico a non mentirle, a dirle la verità. “Voglio fare un giro al Verdant domani, ho bisogno di tenermi occupata.” Disse Thea al padre. “Fai pure. Ricordati però che nessuno deve sapere che sono qui, non ancora...” “Non preoccuparti, ormai sono un'esperta a gestire i segreti” e mentre pronunciava queste parole Thea guardava fuori dal finestrino, cercando di non pensare alla possibilità di rivedere suo fratello.

 

Eccolo lì il Verdant. Un gigante di cemento grigio, nulla più. L'esterno non era cambiato per niente durante la sua assenza. Erano le 10 di mattina e l'entrata del locale era vuota, a parte per un ragazzo che fissava la porta indeciso se entrare o meno. Era un ragazzo alto, con corti capelli neri e una corporatura muscolosa. Niente male, pensò Thea. “Ei, non mi sembra che quella porta faccia così tanta paura!” Il ragazzo si girò al suono delle parole di Thea e le sorrise quasi arrossendo. “Hai ragione, è che sono un po' indeciso. Sto cercando lavoro ma non so se questo posto faccia per me. Ma tu sei Thea Queen, giusto? La proprietaria?” “Veramente questo posto non è più mio, la mia famiglia ha perso tutto da quando...beh, no, non sono la proprietaria.” Il ragazzo abbassò lo sguardo e quasi sussurrando le rispose: “Sì, mi...mi dispiace per tua madre e tutto quanto.” Thea non aveva nemmeno nominato la madre, ma in quel momento non ci fece caso, era troppo incuriosita dal ragazzo che le stava di fronte.
“Ei non è giusto però! Tu conosci il mio nome...” Il ragazzo rialzò lo sguardo e allungò la mano. “E' vero”, sorrise, “John Smith.” Thea scoppiò a ridere. “Mi stai prendendo in giro?” “No! Lo so, reagiscono tutti così quando dico come mi chiamo. Ma cosa posso farci se il mio nome è il più comune d'America?!” “Beh John Smith”, disse Thea stringendogli la mano, “mi dispiace dirtelo ma sto cercando lavoro pure io, perciò, che vinca il migliore!” Senza dargli il tempo di rispondere Thea aprì la porta ed entrò al Verdant, sorpresa ma contenta per quel piacevole incontro. Forse tornare a casa non era stata poi una cattiva idea...
Senza smettere di sorridere John la seguì dentro al locale.


 

Appena Oliver Queen scese le scale del suo nuovo rifugio, capì subito, dallo sguardo di Felicity, che era successo qualcosa. “Cos'è successo?” chiese Oliver con il suo solito tono di voce diretto ma gentile. “Beh, tu mi avevi detto di tenere d'occhio Thea, nel...nel caso tornasse e, ecco, l'ha appena fatto!” Oliver, a bocca aperta, corse da Felicity e l'abbracciò “Thea è di nuovo qui? E sta bene?” Imbarazzata come non mai Felcity toccò la schiena di Oliver, giusto per non sprecare il momento. “Questo non lo so, però è un bene che sia tornata, no? Non avevamo più sue notizie da mesi” Oliver si staccò da lei, tenendole le mani sulle spalle. Tutto l'entusiasmo era già svanito dal suo volto. “Sarà ancora arrabbiata con me..” “Devi darle il suo tempo, Oliver. Quando sarà pronta lei verrà da te.”
“Lei chi?” Roy Harper scese i gradini delle scale a due a due. “Thea è tornata?”, chiese con voce speranzosa. Oliver gli sorrise. “Sì, il programma di Felicity l'ha rintracciata. Ma non possiamo andare da lei, non ancora”. Roy si sedette su una sedia e fissò pensieroso una cabina di vetro che conteneva un costume di pelle rosso. “Ok, posso aspettare. Quando arriverà il momento lei sarà orgogliosa di me.” 

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Capitolo 2
*** Domande ***


“Alla fine ce l'abbiamo fatta tutti e due collega!”. Thea e John erano seduti a un tavolo al Verdant e sorseggiavano da un lungo bicchiere un liquido arancione, la nuova specialità del locale. Entrambi i colloqui erano andati a buon fine e ora tutti e due lavoravano lì come camerieri. Era passata una settimana dal loro primo incontro e i due giovani erano ormai diventati buoni amici, forse anche qualcosa di più. Da quel che Thea era riuscita a scoprire John aveva lasciato la sua famiglia di New York per trasferirsi a Starling City e provare a cavarsela da solo. “Allora, com'è la vita da solitario?” chiese Thea con un sorriso. “Faticosa ma soddisfacente. Pensa, mi lavo addirittura il bucato da solo!” Thea scoppiò a ridere. “Però, complimenti!” John era l'unico che riusciva a farla sentire così bene e serena dopo tutte le brutte cose che le erano successe. Le ultime volte che si era sentita così risalivano al tempo della sua storia con Roy o a ancora prima, quando Robert Queen era suo padre ed era vivo. Ma tutto quello riguardava il passato e il passato le causava solo dolore. Per fortuna Malcolm le aveva insegnato a evitare il dolore. “Tu invece ora vivi con tuo fratello, giusto?” le chiese John con finta ingenuità. “No...al momento io e lui non abbiamo un bel rapporto.” Rispondendo Thea evitò di guardare John negli occhi. “Mi...mi dispiace. In fondo lui è l'unico parente che ti è rimasto.” John continuava a scusarsi per cose per le quali non aveva la minima responsabilità. “Sì, l'unico... Ma è complicato, non ho voglia di parlarne.” Il tono di Thea si era fatto più serio e brusco. “Giusto, non sono affari miei.” L'atmosfera era diventata pesante e Thea cercò di cambiare discorso “Parlami della tua famiglia invece.” John si agitò un po' sulla sedia. “Non c'è molto da dire... i miei divorziarono quando io ero piccolo. Mia madre è sempre stata una donna molto autoritaria e mio padre non si è più fatto sentire.” Dal tono di voce si capiva che nemmeno a John piaceva parlare del suo passato. Il ragazzo finì con un ultimo sorso la sua bevanda. “Ora vado, anche un bel ragazzo come me deve fare la spesa ogni tanto.” Dopo aver parlato John uscì dal locale, non senza aver prima premuto le sue labbra su quelle di Thea Queen.
 

 

Oliver Queen e Laurel Lance sedevano su una panchina fuori da un fast food. “Ora un hot dog è tutto ciò che il ricco Oliver Queen può permettesi?” scherzò Laurel. Oliver sorrise “Non c'è nulla da ridere. Sono determinato a riprendermi la compagnia di mio padre.” I due ripresero a mangiare e solo dopo Oliver si accorse che Laurel continuava a fissarlo. “Cosa c'è?” le chiese “sono sporco di ketchup?” “No,” Laurel sorrise, “è solo che non ti sembra strano? Insomma tu ed io che parliamo in questo fast food dopo tutto quello che è successo? Dopo che ho scoperto la verità?” Oliver si fece serio. “Strano? Per me è fantastico, non doverti più mentire è una liberazione, posso finalmente essere me stesso con te. Una parte di me ha sempre voluto raccontarti la verità ma avevo paura della tua reazione e non volevo mettere a rischio la mia attività di vigilante. Ora è tutto perfetto.” Laurel abbassò lo sguardo. “Non so cosa succederà d'ora in avanti, vorrei solo dirti che ti ringrazio per tutto quello che hai fatto. Però sono preoccupata per te Oliver. Tu non sei solo un eroe, sei anche una persona e meriti di essere felice, non importa con chi.” Oliver era sorpreso. “Cosa vuoi dire?” “Che non mi importa se a renderti felice sarà un avvocato, una vigilante o un'informatica bionda. Io voglio solo il meglio per te.”

 

 

Qualche ora dopo Oliver Queen si trovava nel suo rifugio a riflettere sulle parole di Laurel quando un infuriato Roy Harper entrò nella stanza. “Dobbiamo fare qualcosa!”disse tirando un pugno al muro. Oliver si alzò di scatto e andò a fermare il ragazzo. “Di cosa stai parlando?” Roy fece un respiro profondo “Ho visto Thea fuori dal Verdant. STAVA BACIANDO UN RAGAZZO!!” Roy provò a colpire il muro di nuovo ma Oliver lo bloccò. “Torna dopo essere sparita per dei mesi e ha già un nuovo ragazzo! Ma chi si crede si essere quello?!” “Calmati ora Roy” disse Oliver con fermezza. “Ti sta sanguinando la mano”. Oliver prese una garza e fasciò la ferita di Roy. In quel momento arrivò Felicity. “Voi due avete fatto di nuovo a pugni?!” Oliver le sorrise “Problemi di cuore.” Roy lo spinse via infuriato. “Problemi di cuore?? E' di tua sorella che stiamo parlando! Da quando è tornata tu non hai fatto nulla per incontrarla. Se lei è arrabbiata con me è anche per colpa tua! E ora sta con uno che potrebbe essere pericoloso e tu contini a non fare nulla!!” Oliver fissava Roy senza dire nulla. Lo guardò a fondo e poi se ne andò senza replicare. Gli occhi di Roy incontrarono quelli di una dispiaciuta Felicity: “Tu non sai quello che sta passando” disse lei prima di uscire dall'edificio e seguire Oliver Queen.

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Capitolo 3
*** Qualcosa di più ***


“Oliver, Oliver aspetta ti prego!” gridò Felicity correndogli dietro, “sono sicura che Roy non pensasse veramente tutte quelle cose, è solo preoccupato per Thea.” Il parcheggio fuori dalla nuova “caverna” era vuoto, c'erano solo loro due e tanta amarezza. Oliver non si fermò e continuò a camminare verso la sua macchina. Appena appoggiò la mano sulla maniglia però si girò, mostrando a Felicity il suo volto scoraggiato. “Ho sbagliato tutto con Thea, fin dall'inizio. Roy ha ragione. E' arrivato il momento di parlarle.” Felicity si avvicinò a Oliver “se vuoi posso venire con te.” Oliver scosse la testa sorridendo “grazie, ma devo farlo da solo.” Stampò un bacio sulla fronte di Felicity e poi salì in macchina. La ragazza rimase qualche momento a fissare l'auto che si allontanava, senza riuscire a smettere di pensare alle labbra di Oliver Queen.


 

L'appartamento di John Smith era un piccolo monolocale al centro del Glades, marrone all'esterno e bianco all'interno, stretto e impersonale. Per quella sera però John aveva dato alla cucina un aspetto romantico, comprando candele e usando per la prima volta da quando ci abitava una tovaglia. “Wow...è...è decisamente un appartamento da maschio” commentò Thea Queen guardandosi attorno. “Lo so, non è nulla di speciale. Però è tutto mio, nessuno ci disturberà...” disse John sorridendo prima di baciare Thea. La ragazza ricambiò, ma poi il suo stomaco ebbe la meglio “sto morendo di fame!” I due si sedettero a tavola e iniziarono a mangiare il cibo cinese comprato nel ristorante sotto casa. Ci fu qualche momento di silenzio e Thea notò che John voleva dire qualcosa, ma sembrava non trovare le parole. “E' tutto a posto?” gli chiese Thea prendendogli la mano. John sembrava agitato e ci mise un po' a risponderle. “Sai, ormai sono in città da un po' e la gente parla... ho sentito della voci a proposito di un certo Vigilante. So che ti ha salvato la vita in varie occasioni...” Thea ritrasse la sua mano, scuotendo la testa. “No, non voglio parlare di questo. Il Vigilante ha solamente rovinato la mia vita, allontanando da me il mio ex ragazzo che era fissato con lui, e non facendo nulla per salvare mia madre.” John, vedendo gli occhi di Thea arrossarsi si pentì subito di quella domanda. Provò a scusarsi asciugandole una lacrima. “Io no.....” Thea gli impedì di finire la frase. “Ti prego, tu mi piaci davvero tanto, sei una delle poche persone che fanno parte della mia vita ora. Non rovinare tutto con stupide domande sul vigilante.” John annuì e la serata procedette tranquilla.


 

Thea era nervosa all'idea incontrare suo fratello. Oliver le aveva mandato un messaggio la sera prima, chiedendole di incontrarla. Suo fratello le era mancato, era questa la verità. Anche se l'aveva delusa e tradita era comunque una parte di lei e in più Thea aveva bisogno di incontrarlo di persona e sbattergli in faccia tutti i suoi cambiamenti e il suo rancore. Sfogarsi le avrebbe fatto bene. “Hey Speedy.” Una voce tremante, proveniente dalle sue spalle, la fece sobbalzare. “Oliver...” “Sei stata via per molto tempo, ero preoccupato per te.” Oliver la guardava negli occhi. Thea indietreggiò, quasi per sottrarsi al suo sguardo. “Beh non dovevi, io sto bene. Anche senza di te.” Oliver alzò le spalle, tutte le sue speranze di riappacificazione stavano svanendo solo dopo pochi minuti. “Non sono qui per discutere Speedy, volevo soltanto rivederti. Mi sei mancata Thea, ho solo te ora.” Thea scosse la testa allontanandosi ancora di più. “E' tutto colpa tua se la mamma non c'è più, se siamo rimasti solo noi due. E' colpa di tutti i tuoi segreti e delle bugie. Non hai mai voluto raccontare niente di ciò che hai vissuto sull'isola e io l'ho accettato, ma il tuo passato ci ha messo in pericolo Oliver! IO SONO STATA RAPITA e mamma è morta. Quella sera non hai perso solo lei Oliver, hai perso anche me.” Finito di parlare Thea se ne andò, trattenendo le lacrime come Malcolm Marlyn le aveva insegnato a fare. Oliver non provò a fermarla e non impedì ai suoi occhi di diventare rossi.
 

 

Il Glades di sera non era certamente il luogo migliore in cui girare da soli se non si era in cerca di guai. Quella notte però una figura in giacca di pelle nera si aggirava per le strette vie del quartiere. Ciò che la persona, un giovane ragazzo dai capelli e occhi nerissimi, cercava non erano i guai però, ma era un'altra persona: Roy Harper. John Smith aveva chiesto in giro e aveva scoperto che il posto migliore per incontrarlo era nel retro di un locale del Glades. E come John aveva sperato il ragazzo era lì. “Roy Harper?” Roy, appena sentì pronunciare il suo nome si girò, e quando riconobbe la persona che lo stava cercando fece una faccia schifata. “Perchè mi cerchi?” John notò subito l'ostilità nella sua voce. “So che hai avuto dei contatti col Vigilante, che lavori con lui. Io ho bisogno di parlargli.” Roy alzò gli occhi al cielo e prima di girarsi gli disse: “le tue informazioni sono sbagliate, non conosco nessun Vigilante.” John lo afferrò per un braccio: “Amico, è per una questione importante.” Roy provò a sottrarsi dalla sua stretta ma il braccio di John era stranamente forte e lo stava tenendo fermo con una certa tecnica. “Io non sono tuo amico. So chi sei, stai uscendo con la mia ex. Ora toglimi le mani di dosso e sparisci!!” Con tutta l'adrenalina che aveva in corpo Roy riuscì a liberarsi e se ne andò. Doveva assolutamente parlare con Oliver: John Smith non poteva essere solo un comune cameriere.

 

 

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Capitolo 4
*** Presentimento ***


Anche dopo vari mesi, passare davanti alla Queen Consolidated, l'azienda che era stata la sua famiglia, l'orgoglio di suo padre, lo faceva stare male: ora quel posto non era più suo, non apparteneva più ai Queen. Era soltanto un'altra delle innumerevoli cose importanti della sua vita che finiva nella lista delle cose perdute. Quella lista diventava più lunga ogni giorno di più, e tutto era cominciato quando lui era diventato Arrow. Per fortuna la vibrazione del suo cellulare lo fece distogliere dai quei pensieri. “Pronto?”. “Sono Roy, devi venire subito!” Oliver non fece in tempo a rispondere che Roy aveva già chiuso la comunicazione. Lanciando un ultimo sguardo desolato verso la Queen Consolidated Oliver si diresse al rifugio.

 

Appena scese le scale notò subito la figura di Roy camminare avanti e indietro e borbottare: “Nasconde qualcosa, me lo sento...”
Oliver non perse tempo con inutili saluti. “Roy!! Allora, cosa sta succedendo?”. Finalmente Roy si fermò e guardò Oliver negli occhi con uno sguardo di rimprovero. “John Smith, l'amico di Thea, è venuto a cercarmi ieri sera, voleva sapere come mettersi in contatto con te, con il Vigilante!! Non capisci che sta tramando qualcosa?!! E tu non fai nulla, lasci che esca con Thea, e che..” 
“BASTA Roy!. Oliver lo afferrò per le spalle. Non darmi la colpa di tutto solo perchè sei ferito. E non arrivare a conclusioni affrettate! Magari John sta cercando il Vigilante per un buon motivo, ha bisogno del mio aiuto.” Roy si tolse le mani di Oliver di dosso e disse: “Tutte balle! Io e lui abbiamo avuto una specie di scontro e ti dico che è una persona estremamente forte, allenata! In fondo cosa sappiamo su di lui? Poco o nulla. Solo il suo nome e che prima abitava a New York.”
Felicity, che era presente nella stanza ma che fino a quel momento era rimasta in silenzio a guardare la scena divertita, si intromise nella conversazione. “Invece di discutere all'infinito, che ne dite di fare una piccola ricerca sul nostro John Smith? Certo, cercare un John Smith in America sembra una barzelletta, ma posso provarci. Oliver, che ne dici?” Oliver prima sospirò, poi le sorrise. “Mi sembra un'ottima idea.”
Felcity si mise subito a smanettare al computer, mentre Roy non smetteva di lanciare occhiate torve a Oliver. “Mhmm.. come ho detto prima non è una cosa facile. Sto trovando tantissimi John Smith, ma nessuno di loro è quello che cerchiamo noi. Ho appena hackerato il server del Verdant, per prendere le informazioni sul curriculum di John... solo un momentto...non combacia nulla!! Tutte le informazioni che lui ha dato esistono, ma non si riferiscono a nessun John Smith in particolare!.” Fel si girò, guardando prima Roy e poi Oliver. “Credo Roy abbia ragione, questo ragazzo sta nascondendo qualcosa!”. “Lo sapevo, LO SAPEVO!!” Roy riprese a muoversi su e giù per la stanza. Oliver si avvicinò a Felicity. “Dobbiamo ottenere delle risposte. Non voglio che faccia del male a Thea. Roy, chiamalo e dagli un appuntamento, digli che il Vigilante vuole incontrarlo.”

 

 

John Smith camminava con le mani in tasca, guardandosi attorno. Era notte fonda, circa le tre, e per strada non c'era nessuno oltre a lui. Nel pomeriggio Roy Harper gli aveva telefonato e finalmente stava per incontrare il Vigilante. Nella sua testa si era immaginato più volte quell'incontro, le domande che gli avrebbe fatto e le risposte che avrebbe ottenuto. John era teso, ma anche determinato a scoprire la verità, a qualunque costo.
All'improvviso sentì un rumore alle sue spalle, un arco che si stava tendendo. Una voce mascherata attirò la sua attenzione.”Chi sei?” Senza girarsi John rispose. “Mi chiamo John Smith, ho delle domande per te” La voce replicò. “Tu non sei John Smith. Quel è il tuo vero nome?”
John, attonito, fece per girarsi ma una freccia lo colpì sulla coscia. Prima di cadere a terra riuscì a vedere una figura in rosso allontanarsi di corsa.

 

Roy raggiunse Oliver e Felicity, che lo stavano aspettando in un magazzino lì vicino. “Okay, è a terra ferito. Devo dire che colpirlo non mi è dispiaciuto...” Oliver lo zittì subito. “Roy, rimaniamo concentrati sul piano. Ora tocca a me, qualsiasi cosa succeda non intervenite. Non voglio che la mia copertura salti.” Detto questo si allontanò, senza riuscire a sentire le parole di Felicity: “Fai attenzione!”


 

John era riuscito a strisciare vicino a un muretto e stava cercando di togliersi la freccia dalla coscia quando vide qualcuno avvicinarsi, un uomo che assomigliava al fratello di Thea. Quello era Oliver Queen! Oliver si avvicinò a lui. “Hey, tutto bene? Sei ferito?” “Sì...dei malviventi hanno cercato di derubarmi e quando ho reagito mi hanno fatto questo” e indicò la gamba. Sta mentendo, pensò Oliver, perchè dovrebbe mentire? Oliver si chinò al suo finaco. “Hai bisogno d'aiuto? Posso portarti all'ospedale se vuoi.” Parlandogli, per la prima volta, gli occhi di Oliver incontrano quelli di John e per un attimo Oliver tornò indietro nel tempo.
Quelli che stava fissando erano degli occhi neri, nerissimi, come quelli di una persona che una volta conosceva.

 

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Capitolo 5
*** Paura ***


Oliver aveva lasciato John all'ospedale e ora era tornato alla Arrow Cave, dove Felicity e Roy lo stavano aspettando. Non fece in tempo a scendere un solo gradino che Roy gli chiese: “Allora? Cosa hai scoperto? Chi è in realtà quel bastardo?”. Oliver non rispose e scese le scale fino ad arrivare davanti a uno dei computer. Felicity se ne accorse subito, c'era qualcosa di preoccupante nello sguardo di Oliver. Sembrava spaventato e turbato. Si alzò dalla sedia e gli posò una mano sulla schiena. “Oliver, tutto bene?”. Oliver non riusciva a parlare, e nemmeno a pensare. Il suo cervello aveva smesso di funzionare nel preciso momento in cui aveva incontrato gli occhi di John Smith. Lo aveva portato in ospedale come un automa, poi se ne era andato. Ora faceva fatica persino a respirare, la paura, il puro terrore del passato, lo bloccavano. Chiuse gli occhi prima di parlare. “Felicity, per favore, trova tutto quello che puoi su Joseph Wilson.

 

Appena sentì il cognome Wilson il cuore di Felicity iniziò a battere più forte del normale. A volte la notte, quando chiudeva gli occhi, sentiva ancora il braccio di Slade attorno alla sua gola.
Roy sgranò gli occhi:”Cosa vuoi dire Oliver?? John in realtà è il figlio di Slade? Ma è assurdo! Cosa vorrebbe fare, vendicare il padre, uccidere te?!”.
Finalmente Felicity riuscì a muoversi e digitò il nome sul server:

JOSEPH WILSON-NESSUNA INFORMAZIONE-ASIS

“Cos'è l'ASIS?” chiese Roy. Oliver sospirò “Sono i servizi segreti australiani. Slade lavorava per loro. Felicity, pensi di riuscire ad hackerarli?” “Sì, ma mi ci vorrà un po' di tempo...devo fare in modo che non riescano a rintracciare la mia posizione o, oltre all'ARGUS, avremo presto un'altra organizzazione governativa come nemico...” disse Felicity prima di farsi completamente assorbire dal suo lavoro.
Solo in quel momento Oliver si sedette e si concesse di pensare alle conseguenze della sua scoperta. Il figlio di Slade era vivo e evidentemente cercava la Freccia. Quando l'aveva incontrato non gli era sembrato pericoloso, John aveva l'aspetto di un ragazzo determinato, ma anche solo. Cosa ci faceva a Starling city? Voleva ottenere risposte su suo padre, o vendicarsi uccidendo la Freccia? Ma allora perchè avvicinarsi a Thea? Chissà se aveva avuto dei contatti con Slade negli anni precedenti, chissà se il padre, scampato dall'isola, era andato a trovarlo... Troppe domande alle quali Oliver non aveva risposte, o forse non voleva trovarle...

 

 

Sdraiato sul letto dell'ospedale John continuava a pensare alla notte precedente, cercando di capire cosa fosse successo. Roy Harper gli aveva promesso un incontro con il Vigilante, ma la persona che si era presentata portava un costume rosso. Tu non sei John Smith, qual è il tuo vero nome? Chiunque fosse l'uomo in rosso sapeva che lui stava mentendo. Ma com'era possibile? John era stato attentissimo a non lasciare tracce, a tenere un profilo basso e a non mettersi nei guai. Era stata tutta colpa di Roy. John strinse i denti e giurò che appena sarebbe uscito dall'ospedale gliela avrebbe fatta pagare. Per colpa di Roy Harper aveva perso tempo prezioso.
“John!! Oh John, come stai?” Thea entrò di corsa nella sua stanza e si catapultò fra le sue braccia. “Mi hai fatto preoccupare!! Cosa ti è successo?” John la strinse forte e poi le rispose: “sto bene, sto bene. Ho solo avuto un incontro sfortunato...” “Ma cosa ci facevi da solo, di notte, nel Glades?!” John guardò Thea e le sorrise, accarezzandole i capelli. “Non riuscivo a dormire, così sono uscito per fare una passeggiata...scelta stupida. Ma ora sto bene, e sono davvero felice che tu sia qua.”

 

 

 

“Ecco, ce l'ho fatta!!” Felicity allontanò la sedia dalla scrivania e si girò prima verso Roy e poi verso Oliver. “Siete pronti?” Entrambi annuirono e Felicity cliccò invio.
Sugli schermi apparve l'immagine di John, o meglio di Joe, con una tuta nera e una pistola alla cintura. Roy si mise a leggere le informazioni più importanti: Joseph Wilson, figlio di Slade Wilson e Adeline Kane, da due anni membro dell'ASIS, ora ricercato dall'ASIS perchè scappato sei mesi fa senza lasciare traccia...
Felicity lo interruppe: “Sei mesi fa, cioè da quando Slade ha attaccato Starling City!”

Oliver scosse la testa: “Sei mesi da quando il mondo pensa che Slade Wilson sia rimasto ucciso negli scontri.”

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Capitolo 6
*** Un cuore annerito ***


John odiava gli spazi chiusi e controllati. Durante il suo addestramento nell'ASIS aveva dovuto condividere una stanza piccolissima con altri quattro ragazzi e in ogni momento della giornata erano costantemente vigilati da telecamere. Tutto dell'ospedale nel quale era ricoverato gli ricordava di quel posto, a partire dai muri bianchi e altissimi fino al continuo via vai di gente.
Aveva deciso di entrare nell'ASIS qualche mese dopo la scomparsa di suo padre. Slade era stato mandato in missione in un'isola sperduta per recuperare un soldato giapponese, ma dopo qualche settimana non aveva più dato sue notizie. A lui nessuno diceva niente, nemmeno sua madre.
E così alla fine si era arruolato.

 

“Ora cosa facciamo, come intendi agire? E' solo un ragazzo Oliver...” Felicity guardava Oliver senza riuscire a trovare le parole giuste da dirgli.
Roy sbuffò e prese Oliver per il braccio “C'è solo una cosa che possiamo fare, dobbiamo metterlo in prigione! John è pericoloso e sta usando Thea per arrivare a te, esattamente come aveva fatto Slade!! Smettila di non fare nulla e agisci, o mi occuperò di John da solo.”
Oliver non disse nulla e lasciò il rifugio senza voltarsi, mentre Roy ribolliva di rabbia.

 

Stanza bianca, muri bianchi, camici bianchi.
A stare chiuso in ospedale John stava impazzendo. Non era un tipo calmo e non sapeva stare tranquillo per più di cinque minuti. Invece ormai era sdraiato a guardare il soffitto da sei ore.
Toc toc. Qualcuno aveva bussato alla porta della stanza di John.
“Avanti... Oliver! Ciao. Non serviva che venissi a trovarmi anche oggi in ospedale, sei stato gentile ad accompagnarmi ieri sera.”
“Io...” Oliver si avvicinò al letto. “Seriamente John, cosa ci facevi da solo e di notte nel Glades? Non dirò nulla a Thea, ma dimmi la verità.”
John si mosse nervoso e si tirò su dal letto. “Oliver non...non posso dirtelo, non so COME dirtelo. Non so nemmeno se riusciresti a credermi.”
Oliver si sedette su una sedia di fianco al letto. “Prova a spiegare. Ti prometto che ascolterò tutto quello che hai da dire”.
John prese un bel respiro. “Okay... da dove cominciare... So che la tua famiglia ha sofferto molto in questi ultimi anni e che... che tua madre è stata uccisa. Vedi io sono venuto qua a Starling City per avere notizie su mio padre. So che si trovava qua fino a sei mesi fa e... beh è morto. Io ho molte domande e in questa città c'è chi ha le risposte. Non ho mai voluto nascondere qualcosa a te o a Thea, ma non so di chi posso fidarmi.”
Oliver chiuse gli occhi per qualche secondo. “Mi...mi dispiace per tuo padre. Ma devi capire che Starling è una città pericolosa, non puoi fare domande in giro e non pensare alle conseguenze. Il Vigilante è...”
“Cosa? Come fai a sapere che sto cercando il Vigilante?” John provò ad alzarsi dal letto, ma la ferita alla gamba gli faceva ancora troppo male. Oliver lo bloccò.
“Roy mi ha detto tutto... Non devi avere paura di me John.” Oliver lo guardò dritto negli occhi. “Io so.”
“COSA?? Non capisco di cosa stai parlando.”
Oliver gli si avvicinò. “Per anni sono stato bloccato su un'isola di nome Lian Yu, ma non ero da solo. E' stato lì che ho conosciuto uno degli uomini che più mi ha cambiato la vita, nel bene e nel male: Slade Wilson.” Oliver si zittì un attimo. “Tuo padre.”
John lo guardò con occhi spalancati senza sapere cosa dire. Non voleva sbilanciarsi troppo e rivelare chi era davvero. Non sapeva ancora se poteva fidarsi di Oliver.
Oliver capì che John stava rimuginando sulle sue ultime parole e proseguì il suo discorso. “Su Lian Yu Slade è stato la mia forza, è grazie a lui e ad un altro uomo, Yao Fei, se sono riuscito a sopravvivere. Ma devi capire John che l'isola ha cambiato tuo padre, l'ha fatto diventare spietato e purtroppo dall'oscurità non si può tornare indietro. Lui incolpa me per delle cose che sono accadute in quel “purgatorio” ma la verità è che a volta le cose accadono, e noi non possiamo impedirlo. Slade mi odiava e per questo ha fatto del male alla mia famiglia. E il Vigilante l'ha punito.”
Gli occhi di John iniziarono a lacrimare ma lui nemmeno se ne accorse. “MIO PADRE NON ERA UN MOSTRO. Lui mi adorava e ora capisco che è tutta colpa tua se non è tornato da me. Mi dispiace per la morte di tua madre, ma sei stato tu a provocarla. Lui non avrebbe mai... non potrebbe...”
Oliver gli impedì di finire la frase. Lo guardò dritto negli occhi e John scorse nel suo volto... pietà.
“Slade non è tornato da te perchè non eri la sua priorità. Sono passati cinque anni da quando è scappato dall'isola, John... e in tutto questo tempo non ha provato a cercarti o a mettersi in contatto con te, non è vero? Aveva messo la vendetta e me al primo posto. Lui ti voleva bene, io lo so. Mi ha parlato tanto di te sull'isola, ma come ti ho detto il suo cuore si era annerito. Provava solo odio e rancore... mi dispiace...”

Mentre Oliver parlava gli occhi di John divennero rossastri, poi si gonfiarono fino a scoppiare in lacrime e singhiozzi.

 

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