Alive - Still

di piperina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


 

Alive - http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2900392&i=1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AliveStill

Capitolo I

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano al sicuro. Hermione e Lucius avevano lasciato il bunker ed erano finalmente insieme a tutti gli altri.

Lei, i suoi amici.

Lui, la sua famiglia.

Era giusto così.

Il piano era di restare a casa di Remus e Tonks non oltre dieci giorni; il Trio sarebbe poi partito alla caccia dei restanti Horcrux, mentre la famiglia Malfoy si sarebbe rifugiata in un altro luogo. Nessuno doveva sapere dove fossero gli altri: in caso di cattura era meglio l’ignoranza.

Erano trascorsi quasi due giorni e nessuno sembrava essersi accorto di qualcosa. Gli sguardi di Lucius verso Hermione, ad esempio. O il fatto che lei lo evitasse in ogni modo.

Dapprima a Lucius sembrò un comportamento strano, poi si rese conto di essere lui quello strano. Doveva dedicarsi a sua moglie e suo figlio così come Hermione si stava dedicando ai suoi amici. In fin dei conti – in teoria – erano poco più che estranei, no?

 

Hermione adorava Harry e Ron, ma non sopportava più che le chiedessero continuamente se stesse bene. No, non stava bene. Era stata torturata in modo brutale, aveva attacchi d’ansia, non si sentiva sicura se non aveva le spalle contro al muro e la patologica dipendenza da Lucius era peggiorata drasticamente in quei due giorni scarsi.

Sapeva che sarebbe finito tutto nel momento in cui avrebbero lasciato il bunker, era preparata al distacco, era consapevole che avrebbe fatto male… ma non così male. Era quasi insopportabile.

Date le ristrette dimensioni della casa, lei doveva condividere la stanza con Harry e Ron. Niente che non avesse già fatto, ma si era bloccata quando aveva visto che il suo letto toccava la parete solo dalla testa.

«Posso avere l’altro letto?» aveva chiesto a Harry, indicando il singolo posizionato in uno degli angoli della stanza. Era perfetto per le sue esigenze, toccava le pareti da due lati.

Harry non aveva commentato quella strana richiesta, si era limitato a dirle di sì senza chiederle altro. Di sicuro ne avrebbero parlato più avanti.

La prima notte Hermione la passò sveglia. Si era arrotolata nella coperta, rannicchiandosi su se stessa, e si era addossata il più possibile contro il muro. Dopo un mese di notti tranquille grazie alla presenza di Lucius si era ritrovata di nuovo sola. Era stato un vero trauma.

Le notti con Lucius erano calde, sicure, senza incubi. Quella sera Hermione tremò dal freddo e dalla paura. Si sentiva sola nonostante la presenza dei suoi migliori amici a pochi metri da lei.

Si era addormentata per stanchezza solo all’alba. Harry, vedendola piuttosto serena, aveva deciso di non svegliarla. Il sonno però era durato poche ore.

Sempre meglio di niente, era stato il pensiero di Hermione quando aveva riaperto gli occhi.

Il primo desiderio dell’istinto fu di cercare Lucius. Poi si accese il cervello ed Hermione si diede della stupida. Il giorno precedente, appena arrivati, aveva voltato subito le spalle ai Malfoy. Non avrebbe sopportato di vedere Narcissa che accoglieva suo marito.

«Hermione?»

La voce di Harry la riscosse dai suoi pensieri.

«Sì?»

«Hai fame? Il pranzo è pronto se vuoi.»

Sorrise. Harry era un tesoro. «Non ho fame, grazie. Mangerò qualcosa più tardi.»

Il ragazzo si rabbuiò in volto. Era preoccupato, si vedeva chiaramente. «Sei sicura? È buono.»

«Ho solo bisogno di fare una passeggiata qui intorno. Aria fresca, sai…»

«Certo, capisco. A più tardi allora.»

Rimasta sola, Hermione si rese conto che in effetti ciò che aveva detto a Harry era vero: aveva vissuto un mese chiusa in un minuscolo bunker sotterraneo privo di aria e luce naturale e non aveva messo piede fuori dalla porta da quando era arrivata.

Chissà se anche Lucius…

Scosse la testa. Lucius niente. Doveva andare avanti e lasciarsi alle spalle quella storia. Decise di sorridere e godersi la giornata in giardino e la compagnia dei suoi ritrovati amici.

In fin dei conti aveva sempre saputo come sarebbero andate le cose: la sua strada si sarebbe separata da quella di Lucius in ogni caso. Non c’era alcuna possibilità che loro… che loro cosa? A che stava pensando?

Il vero problema era quell’indomabile dipendenza che ancora sentiva nei suoi confronti. In quel periodo insieme si era così abituata alla sua presenza che le veniva naturale cercare il suo sguardo, o rivolgersi a lui prima che a chiunque altro. Proprio per questo lo evitava, perché se gli altri avessero visto la sua espressione quando lo guardava… no, non poteva permettersi una cosa del genere, sarebbe scoppiato un putiferio.

Ma era così difficile…

Per tre notti Hermione dormì sul divano al piano terra. Non riusciva a stare nel letto da sola – senza lui – e non voleva svegliare Harry o Ron con tutto il casino che faceva girandosi e sbuffando di continuo.

Aveva pensato di calmarsi sul divano per poi tornare in camera e alla fine si era addormentata lì. Si era svegliata all’alba ed era tornata a letto – non voleva far preoccupare nessuno. Era una soluzione che poteva funzionare.

La quarta notte, però, Hermione decise di restare in camera. Per un paio d’ore fu tranquilla, poi iniziarono i sintomi. Il cuore aveva accelerato di molto i battiti. Aveva le mani sudate e il respiro veloce.

Si sedette e cercò di calmarsi, ma più ci provava meno ci riusciva. Le mancava l’aria. Sentì il familiare tremore alle gambe, come se fossero fatte di gelatina. Stava perdendo il controllo.

«Hermione…?»

«Harry…»

Il ragazzo si alzò e si avvicinò all’amica, preoccupato. «Cosa succede? Stai male?»

«No… io…»

Non respirava.

Con uno scatto che spaventò Harry, Hermione balzò giù dal letto. «Non respiro…» disse, guardandolo con gli occhi sgranati.

Ma Harry non era Lucius, non aveva idea di cosa le stesse succedendo, men che meno sapeva cosa fare per aiutarla.

«Hermione, cos’hai?»

«Ehi…» La voce di Ron. «Perché siete svegli?»

«Hermione non sta bene,» disse l’amico guardandolo alzarsi e in quel momento la ragazza uscì quasi di corsa dalla stanza.

Rischiò di capitombolare dalle scale, terrorizzando i due ragazzi che le erano corsi dietro, e aprì la finestra vicino al divano. Ansimava così forte da non riuscire a sentire le loro voci. Si portò una mano alla gola mentre con l’altra si teneva al davanzale.

«Hermione, cosa ti succede? Cos’è?» chiese Harry andandole vicino. Le posò le mani sulle spalle ma lei si allontanò di colpo facendo segno di no con la testa.

Mosse qualche passo incerto e si sedette sul divano con le gambe piegate sotto di sé e le mani che stringevano la stoffa con tanta forza da farsi male.

Un rumore di passi distrasse i due ragazzi, che videro Remus e Tonks attraversare il piccolo corridoio e raggiungerli.

Hermione non riusciva a parlare, continuava a tremare, ansimare, dire senza voce che non respirava, ma nessuno sapeva cosa fare.

Poco dopo si svegliò anche la famiglia Malfoy.

Lucius seguì suo figlio e sua moglie per capire cosa fosse tutto quel casino in piena notte. Arrivò per ultimo e vide che tutti erano radunati intorno al divano. Sentì ansimare. Hermione non era in piedi con gli altri.

«Dice che non respira,» sentì dire da Ronald.

«Ma sta respirando,» replicò la voce di Tonks. «Non capisco cos’ha.»

All’uomo prese un colpo. Hermione.

«Spostatevi, tutti quanti, la state soffocando,» ordinò con un tono che non ammetteva repliche mentre si faceva avanti. Si infilò tra loro e vide la ragazza rannicchiata sul divano in preda a uno degli attacchi di panico più forti che avesse avuto.

Sentendo la sua voce, Hermione alzò la testa. «Lucius…»

Fu puro istinto. Lucius le si sedette davanti, alzò le mani e lei le afferrò subito, stringendo con tutta la forza che aveva, conficcandogli di nuovo le unghie nella pelle.

«Sono qui

Hermione iniziò a piangere. Tremò ancora più violentemente e sembrava che stesse per svenire da un momento all’altro.

«Stringi. Rilassati.»

Le venne in mente la prima volta in cui lui le aveva detto quelle parole, con un tono di voce così controllato che da solo era bastato a farla calmare.

Hermione si girò a guardare i suoi amici e si vergognò di farsi vedere in quello stato. Debole.

«No, Hermione, guarda me,» le disse Lucius dando una piccola scossa alle sue mani.

Lei fece come ordinato.

«Brava, così. Ora respira… piano…»

Hermione si concentrò unicamente sul suo volto, sulla sua voce, sulle mani che stringevano le sue. Poteva farcela. Chiuse gli occhi, trasse un profondo respiro e usò tutta la volontà di cui disponeva per calmarsi.

Pian piano i tremori diminuirono e il respiro tornò regolare.

Qualche minuto più tardi lei emise un lungo sospiro e si lasciò cadere in avanti, tra le braccia di Lucius, che la strinse con delicatezza mentre lei gli posava la fronte su una spalla.

«È passato, visto?» lo sentì dire mentre le accarezzava la schiena.

Annuì debolmente e non si mosse. Era troppo stanca e lui era… era di nuovo vicino a lei. Fu invasa dal suo odore, dalla suo tocco ormai familiare, dal suono della sua voce.

Si sentiva a casa.

«Cosa diavolo le è preso?» chiese stupito Ronald, troppo sconvolto da ciò che aveva visto per realizzare la scena che aveva ancora davanti agli occhi – Hermione tra le braccia di Lucius Malfoy.

«Attacco di panico.»

Ci fu silenzio. Era stato Draco a parlare. I genitori lo guardarono con un velo di tristezza e rassegnazione negli occhi.

«Non sapevo che fossero… così,» disse Harry, che era rimasto immobile senza sapere cosa fare mentre la sua migliore amica stava soffrendo.

«Tesoro…» Tonks era così dispiaciuta e spaventata al tempo stesso che aveva quasi stritolato un braccio a suo marito.

Remus guardò la sua ex studentessa e aggiunse la sua sofferenza alla lunga lista delle conseguenze di quell’atroce guerra. Voldemort era responsabile anche di quello. Le sue azioni non provocavano solo morte, ma anche ferite invisibili – e indelebili.

«Un attimo… come sapevi cosa fare?» chiese Ronald spostando gli occhi sull’uomo. «Sembrava che…»

«È successo molte volte,» rispose lui, che solo in quel momento si rese conto che stava ancora stringendo la ragazza davanti a sua moglie.

«Lei non ci ha detto niente.»

«Non voleva farvi preoccupare. Pensava di poterli gestire da sola.»

Perché era Lucius a spiegare le intenzioni di Hermione?

Narcissa non disse nulla, sapeva fin troppo bene come comportarsi in quelle circostanze, aveva visto suo figlio in preda allo stesso tormento. Hermione era stata fortunata ad avere con sé qualcuno che sapeva cosa fare.

 

«Draco? Tutto bene?»

Lucius si avvicinò al figlio una volta tornati nella propria stanza; Harry e Tonks si erano occupati di riportare Hermione a letto, dove si era subito addormentata.

«È sempre stato così?»

L’uomo corrugò la fronte e scambiò uno sguardo confuso con sua moglie. «Di cosa stai parlando?»

«Gli attacchi… averli è una cosa, ma vederli…» scosse la testa, il volto pallido e le mani chiuse a pugno. «È orribile.»

Narcissa si avvicinò a suo figlio e gli strinse dolcemente le spalle. «Draco…»

«No, madre…» fece un passo indietro e scosse di nuovo la testa. «Sto bene, è stato solo… inaspettato.»

Draco guardò i suoi genitori e per la prima volta pensò di comprendere come si sentivano quando lui aveva gli attacchi. La paura quando era successo la prima volta, il dolore di vedere il proprio unico figlio soffrire in quel modo.

«Buonanotte.»

Lucius avrebbe voluto dire qualcosa, ma ogni parola sarebbe stata superflua. Narcissa gli strinse la mano e lui provò una strana sensazione. Estraneità. Colpa. Non era Hermione.

Quel pensiero lo spaventò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


 

 

 

 

 

 

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Capitolo II

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Harry, Ron ed Hermione avevano un piano. Ne avevano parlato in privato perché era la regola: nessuno doveva sapere quali fossero i loro progetti, così come quelli di Remus e Tonks e della famiglia Malfoy.

Una volte separate le strade… il nulla. Era difficile comportarsi come se non ci si fidasse gli uni degli altri, ma era molto importante per l’incolumità di tutti loro. Meno si sapeva, meglio era. Non potevano rischiare di essere catturati e costretti a rivelare la posizione o le intenzioni degli altri.

Hermione andò a dormire sul divano anche quella sera. Aveva aspettato che Harry e Ron fossero addormentati e poi aveva abbandonato il proprio letto. Non riusciva a togliersi di dosso la sensazione provata la notte precedente – Lucius l’aveva stretta di nuovo.

Si sentiva stupida, una ragazzina stupida e irresponsabile. Cosa credeva di fare? Cosa sperava di ottenere?

Era sicura che la dipendenza da Lucius sarebbe finita una volta lasciato il bunker, invece, se possibile, era solo aumentata. Sapere di non poterlo toccare, di non potergli parlare, di non poterlo neanche guardare come aveva fatto nelle settimane precedenti era un pensiero devastante.

Forse, si disse, si sentiva ancora così perché lo vedeva tutti i giorni. Una volta prese strade diverse sarebbe finito tutto e quella strana ossessione sarebbe svanita con il passare dei giorni. Ne era sicura. Doveva esserne sicura.

In quel momento Hermione era rannicchiata sul divano con le ginocchia al petto e una coperta sulle spalle. Non riusciva a dormire, ma confidava di addormentarsi almeno per stanchezza a un certo punto della notte.

Fissò a lungo la candela che aveva portato dal piano di sopra e che aveva messo sul piccolo tavolino davanti a sé. Emanava poca luce, ma era sufficiente a non farla precipitare nel buio assoluto.

Sospirò, stremata, quando all’improvviso sentì un rumore di passi. Qualcuno doveva essersi alzato. Non ci fece caso fin quando non sentì i passi farsi sempre più vicini. Uno spuntino di mezzanotte?

Sorrise all’idea, e poi lo vide.

Lucius.

L’uomo la guardò come se fosse un fantasma. Hermione si sentì a disagio per qualche istante, poi si ricordò che in casa c’erano altre persone. Non poteva succedere niente di strano, era tutto ok.

«Pensavo di non aver fatto rumore,» disse lei guardandolo.

«Non dormivo,» fu la risposta che ricevette.

Perché non dormiva? Hermione non riuscì a non porsi quella domanda. Parte della sua insonnia era dovuta al fatto di dover dormire da sola, al non poter più godere del calore e della sicurezza che aveva provato quando erano soli.

Lo guardò, forse per la prima volta da quando erano arrivati lì, senza la paura di mostrare i suoi sentimenti. Osservò ogni suo movimento, la mano che stringeva il bicchiere, il modo in cui si versava l’acqua, i capelli sciolti sulle spalle.

Pensò che un’occasione simile non si sarebbe più presentata e non voleva sprecarla.

Poi si accorse che i minuti passavano e lui era ancora lì. Le dava la schiena, ma era immobile. Non era ancora tornato in camera – da sua moglie.

Forse…

E poi Lucius si mosse. Si voltò lentamente e la fissò negli occhi. Anche a qualche metro di distanza e con la sola luce di una candela, Hermione riusciva a vedere ogni singola sfumatura di ciò che agitava il suo sguardo. Avrebbe potuto guardarlo per ore.

Lo vide fare qualche passo verso di lei, senza fretta. Lucius le si sedette accanto sul divano, posò la testa sullo schienale e chiuse gli occhi. Solo in quel momento lasciò andare un lungo sospiro. Sembrava stanco.

«Stai bene?» gli chiese Hermione – erano così vicini che le loro gambe si toccavano.

«Non so come rispondere a questa domanda,» ammise lui. «Ne hai una di riserva?»

Lucius aprì gli occhi e voltò il capo verso di lei. Era impossibile negare che quella situazione, loro due soli con la luce di una candela, gli ricordava terribilmente le settimane vissute insieme.

Se si concentrava sul viso della ragazza poteva dimenticare di trovarsi in una casa con altre persone. Poteva dimenticarsi di sua moglie. Fingere che lei non stesse dormendo nella camera in fondo al corridoio.

«Resti un po’ qui con me?»

Eccola, la Hermione che aveva conosciuto. Quella che faceva domande scomode e diceva cose che lo mettevano in difficoltà.

«Va bene.»

Hermione sorrise con il cuore. Si fece più vicina e appoggiò il capo sulla sua spalla, era un gesto che le veniva così spontaneo… Poi posò una mano sulla sua gamba.

Lucius si irrigidì per un istante, ma si rilassò subito dopo. Non c’era nessuno lì con loro, potevano godersi qualche minuto di tranquillità. Decise di lasciarsi andare, prese la mano di Hermione nella sua e per puro istinto intrecciarono le dita in una stretta che parlava per loro.

Hermione sospirò. Era stanca. Non riusciva a dormire ed era sempre in tensione. Quando non pensava agli Horcrux pensava a Ron che la guardava in modo strano, quando non pensava a lui pensava a Lucius e quando pensava a Lucius usava tutta la sua forza di volontà per mantenere l’autocontrollo al massimo.

Tutto ciò era snervante, non aveva più energie, il che era un problema, perché in quei pochi giorni doveva mettersi in forze in vista del nuovo viaggio che l’attendeva. Chissà quando avrebbe potuto mangiare un vero pasto caldo e completo, o dormire in un letto morbido una notte intera?

«Mi manchi.»

Quelle parole lasciarono le sue labbra prima che potesse bloccarle.

«È lo stesso per me,» ammise Lucius, non senza fatica.

Era difficile tornare ad essere quello di prima dopo tutto quello che c’era stato tra loro.

«Sai, io… a volte penso a… sì, insomma, ci penso e so che è stato strano e probabilmente sbagliato. So che dovrei essere pentita, che dovrei considerarlo un errore o una debolezza…»

Lucius diede una piccola stretta alla sua mano.

«Hermione,» disse in un sussurro, «non è cambiato nulla da quando siamo andati via. Non sono pentito

Lei non sapeva se sorridere o se scoppiare a piangere. Il suo cuore era così caldo e pieno di speranza ed emozione che non riuscì a dire una sola parola. Alzò la testa per guardare il viso dell’uomo che aveva cambiato la sua vita quando aveva pensato di morire e sorrise.

Lucius ricambiò il sorriso. «Cerca di dormire ora.»

 

L’alba li trovò ancora insieme, ma Lucius si svegliò alle prime luci, come sempre ormai. Nessuno si alzava tanto presto, così decise di tornare in camera.

Stranamente quelle poche ore di sonno sul divano con Hermione erano state davvero utili: non si sentiva così riposato e sereno da mesi. Si alzò facendo attenzione a non svegliare la ragazza. La fece stendere più comoda e la coprì meglio con la coperta.

Si prese qualche istante di solitudine per osservarla. Scosse la testa, incredulo: la piccola Grifondoro era molto più di una coraggiosa so-tutto-io, molto più di una mente sveglia e brillante, molto più di un’amica fedele.

Hermione per lui era qualcosa che al momento aveva paura di identificare.

Lasciò la ragazza sola e percorse il piccolo corridoio per infilarsi di nuovo nel letto dove Narcissa dormiva serena, ignara di ciò che agitava l’animo di suo marito.

 

Poteva diventare un’abitudine. Una nuova cosa che era soltanto loro, un piccolo ritaglio di spazio e tempo dove potevano lasciarsi andare. Hermione non chiedeva altro, le sarebbe bastato stare vicino a lui, stringergli la mano, addormentarsi di nuovo insieme.

Lucius pensava la stessa cosa ma, a differenza della ragazza, aveva molta più paura ad ammetterlo. Lei era giovane e libera. Lui era sposato e aveva un figlio della sua stessa età. Come poteva ammettere, anche solo a se stesso, di stare bene con lei? Di sentirsi libero e sereno soltanto quando erano insieme?

L’idillio durò due notti.

Lucius si trovava in camera quella mattina, solo con i suoi pensieri, quando Narcissa entrò. La donna chiuse la porta alle sue spalle e mormorò un incantesimo silenziatore. Aveva una strana espressione in viso.

«Cosa succede?»

«Dimmelo tu.»

Quello non era un buon inizio.

«Cosa dovrei dirti?»

Narcissa lo fissò in silenzio per quelle che sembrarono ore prima di parlare di nuovo. «È successo qualcosa tra te ed Hermione Granger?»

Lucius impallidì, ma la sua espressione rimase invariata. «Non so di cosa stai parlando.»

«Lo sai benissimo invece,» rispose la donna, facendo qualche passo verso di lui. «Dimmi che sto sbagliando, che non è come penso, perché se non è così, Merlino mi aiuti ma non risponderò delle mie azioni.»

Lui la guardò come se la vedesse in quel momento per la prima volta. Di sicuro lei sapeva molto più di quanto stesse dicendo. Doveva avere qualche asso nella manica pronto da usare contro di lui.

«Narcissa… non so davvero-»

«Vi ho visti!» esclamò a quel punto lei, interrompendo l’ennesima bugia che non aveva intenzione di sentire. «L’altra notte, e stanotte. Vi ho visti, Lucius. Abbracciati sul divano a tenervi la mano e dirvi cose che…» scosse la testa.

Lucius si sentì smarrito per qualche istante, ma forse lei non aveva davvero capito quanto coinvolti fossero lui ed Hermione. Forse c’era ancora un modo per salvare il salvabile.

«Siamo stati da soli per settimane, Narcissa, è normale che il nostro rapporto sia cambiato. Non c’era nessuno con cui intrattenerci… certe cose avvicinano le persone, lo sai.»

Lei gli rifilò un’occhiata strana. «Credi di ingannarmi così facilmente? Non sono Hermione, non sono una ragazzina-»

«Non è una ragazzina, è una donna!» gridò a quel punto lui, incapace di controllare le proprie emozioni. Era stanco, stanco di tutto e di tutti.

Si allontanò da sua moglie, che lo seguì e lo fece girare tirandogli la manica della camicia. Lo spinse contro la parete, usando la forza forse per la prima volta in vita sua.

«Ed è diventata donna con te? Ci hai pensato tu?»

Lucius non rispose. Non c’era bisogno di parole, la sua espressione parlava da sé. Non riusciva a guardare sua moglie in viso e spostò lo sguardo altrove.

«Mio Dio, Lucius… che cosa hai fatto?» Narcissa lo guardò come se non lo riconoscesse. «Cosa hai fatto?»

Di nuovo, non ottenne risposta da lui. Lo afferrò con le spalle e lo scosse con violenza, come se volesse fargli del male ma non riuscisse a fargliene davvero.

«Non importa quanto sia intelligente o matura, non importa quante cose orribili abbia dovuto superare… è una ragazzina, che tu voglia ammetterlo o no! Una ragazzina appena maggiorenne… ha l’età di tuo figlio, te ne rendi conto?»

«Credi che non lo sappia? Che non ci abbia pensato?» Lucius tornò a guardare sua moglie e lei era certa di non riconoscere più in lui l’uomo a cui era stata accanto per quasi tutta la vita.

«Dovevi fermarti! Lei non sa quello che vuole, è in balia delle sue emozioni! Era appena stata torturata e tu eri l’unico punto fisso a cui aggrapparsi, era addirittura prevedibile

Lucius abbassò lo sguardo. Narcissa aveva ragione. Hermione era debole, provata fisicamente ed emotivamente. Aveva cercato in lui un appoggio e si era lasciata andare. Lui avrebbe dovuto impedire che oltrepassasse il confine… eppure, nonostante tutto, perché non riusciva a pensare che fosse sbagliato? Perché, dentro di lui, quello che era successo con Hermione non era un errore?

Osservò sua moglie passarsi le mani sul viso e tra i capelli con gesti nervosi. «Come l’hai capito?»

«C’era qualcosa di strano tra voi quando lei è stata male,» rispose, allontanandosi da lui. «Deve essere stato il modo in cui ti ha guardato, o in cui tu la stringevi. Non ne ero sicura, poi l’altra notte ho sentito che ti alzavi… e non tornavi. Sono venuta a cercarti e ti ho visto sul divano con lei.»

Lucius si diede mentalmente dello stupido. Come aveva potuto pensare, sperare, di poter avere di nuovo uno strappo di ciò che aveva avuto con Hermione nel bunker? Che nessuno se ne accorgesse?

«Questa cosa deve finire.»

«È già finita.»

«Per sempre, Lucius.»

 

Hermione aveva trascorso l’intera mattina in camera a leggere e guardare cartine geografiche; stava studiando tutti i possibili luoghi in cui accamparsi o spostarsi in caso di emergenza, posti dove nessuno sarebbe andato a cercare il trio.

Aveva sentito delle voci al piano di sotto, ma era stata così assorta nel suo compito da non aver prestato troppa attenzione.

«Hermione, sei ancora lì?»

Harry entrò in camera e le rivolse un sorriso bonario nel vedere che sì, lei era ancora lì con le cartine sparse sul letto e sulle gambe.

«Mi sono fatta prendere la mano,» rispose al sorriso e alzò le spalle. «Ho sentito un po’ di rumore giù, è successo qualcosa?»

«Ah, sì, forse non lo sai… c’è stato un cambio di programma, i Malfoy partono domani.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


 

 

 

 

 

 

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Capitolo III

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«I Malfoy partono domani.»

 

Hermione vide tutto sfocato per qualche istante. Era rimasta a bocca aperta, incapace di rispondere a Harry. Doveva essere successo qualcosa… la partenza era fissata per la fine della settimana, mancavano ancora quattro giorni… perché l’avevano anticipata?

«Capisco,» fu tutto ciò che riuscì a dire, poi tornò a guardare le cartine sul suo letto.

Doveva parlare con Lucius prima che andasse via, ma come? Che scusa poteva usare per stare da sola con lui? Sarebbe risultato sospetto agli occhi degli altri.

Quindi finiva così? Usciti da quella casa era probabile che non si vedessero mai più… Quel pensiero da solo le provocò una crisi d’ansia che riuscì a gestire senza allarmare nessuno per fortuna.

La risposta ai suoi dubbi arrivò dopo cena, quando era già tornata in camera per pensare a qualcosa. La cena era stata strana, silenziosa, nonostante i tentativi di Tonks di fare conversazione.

Narcissa entrò in camera e chiuse la porta. Non ci era mai stata ed Hermione dubitava che fosse andata lì per salutarla in privato.

«Posso fare qualcosa per te?» chiese, guardandola con sospetto. C’era qualcosa che non andava.

«Prima di parlare voglio che tu sappia che per me non è semplice,» rispose la donna. «Non mi sono mai trovata in una situazione simile e non credevo che sarebbe successo con te.»

Hermione sentì freddo alla punta delle dita. Un brivido le percorse la schiena. Sapeva.

«Non so di cosa stai parlando.»

Narcissa le rivolse un sorriso strano. «Sono le stesse parole che ha detto Lucius questa mattina.»

«Io –»

«È inutile che provi a negare, so tutto. Non sono sicura di come prendere questa cosa, lo ammetto… e al momento preferisco non dire cosa penso, perché sarei molto cattiva nei tuoi confronti.»

A quelle parole Hermione arrossì. Forse per la prima volta si sentiva davvero in colpa per quello che aveva fatto. Era stata l’amante di un uomo sposato, una cosa che mai avrebbe creduto possibile. Se qualcuno gliel’avesse predetto sarebbe scoppiata a ridere. E invece…

«Narcissa, mi dispiace, dico davvero.»

L’altra scosse la testa. La sua compostezza era ammirevole. «So che ti dispiace e so che dispiace anche a lui. Una volta finita questa guerra farete i conti con ciò che avete fatto.»

Hermione si chiese cosa volesse fare Narcissa. Denunciarli? Accusare Lucius di averla costretta? Aggiungere il tradimento dei voti nuziali alla lunga lista che già pendeva sulla sua testa?

«È per questo che la vostra partenza è stata anticipata?»

«Sì.»

«Non è successo niente da quando siamo arrivati qui, a malapena abbiamo parlato!» esclamò a quel punto Hermione, di certo Narcissa non poteva credere che lei e Lucius si fossero appartati con tutti loro in casa?

«Di questo ne sono sicura, ma devo proteggere la mia famiglia, Hermione. Lucius è mio marito, che ti piaccia o no, che a lui piaccia o no, questa è la realtà dei fatti. Qualunque cosa credete di avere o di aver avuto è finita.»

Narcissa sembrava una madre che sgrida un bambino dispettoso. Era autoritaria, dura, eppure materna al tempo stesso.

È finita.

Lo sapeva, l’aveva sempre saputo, ma allora perché faceva così male? Perché il pensiero di allontanarsi davvero da Lucius le impediva quasi di respirare?

«Ad ogni modo, non sono un mostro… e non sono così crudele come sembra.» La voce della donna la riscosse dai suoi pensieri. «Vai a salutarlo. Ti aspetta in giardino, sul retro. Non vi vedrà nessuno.»

Hermione era sul punto di scoppiare a piangere. Non riuscì a impedirsi di sorridere all’idea di poter parlare ancora con lui.

«Grazie.»

Corse giù dalle scale senza voltarsi. Sentì delle voci provenire dalla cucina, ma non c’era nessuno nei paraggi, poteva uscire senza essere notata, come aveva detto Narcissa. Si chiese quanto fosse difficile per lei accettare quella situazione, un tale tradimento da parte del marito, e permettere anche a lui e alla sua amante di salutarsi.

L’aria quella sera era fresca. Hermione respirò a pieni polmoni prima di fare il giro della casa. Il cuore le batteva come un pazzo nel petto, era emozionata come una ragazzina al primo amore. E forse lo era davvero.

Quando vide Lucius le mancò il respiro. Le dava la schiena, sembrava assorto nei propri pensieri. Lo vide girarsi verso di lei poco dopo.

Per lunghi istanti nessuno dei due parlò. Si limitarono a guardarsi a qualche metro di distanza. Cosa potevano dirsi ancora? C’era davvero qualcosa da dire?

Hermione, però, continuava a farsi una domanda: era davvero la fine?

Fu impossibile contenere le lacrime quando lui le sorrise debolmente. Le sue gambe si mossero da sole, corse verso di lui e gli gettò le braccia al collo, piangendo come non faceva da troppo tempo. Si sentì completa quando lui la strinse a sé tanto forte da farle quasi male.

«Tornerò lì,» disse Hermione tra i singhiozzi. «Quando tutto sarà finito tornerò al bunker ogni volta che mi sarà possibile farlo.»

«Allora mi troverai ad aspettarti.»

Rimasero così a lungo. Quello era il loro addio. Non sapevano cosa sarebbe successo l’indomani ed era buffo, perché proprio quel pensiero li aveva portati dove si trovavano ora.

Hermione si asciugò le lacrime e si spostò per guardare in viso Lucius. Era così strano, eppure si sentiva più vicina a lui che a chiunque altro. Quello che avevano non si era concluso quando erano andati via.

Era indefinito, in un certo senso sbagliato, forse immorale, ma non era finito. Non poteva finire.

«Io non so cos’è questo… questa cosa tra noi,» sussurrò Hermione con un sorriso triste sulle labbra. «Non dirò di essere innamorata di te.»

«E io non dirò di essere innamorato di te.»

Le veniva quasi da ridere.

«Allora credo che dovremmo parlarne.»

Lui annuì appena. «Quando tutto sarà finito.»

Doveva lasciarlo andare, lo sapeva, ma era così difficile, così doloroso. Tutto ciò che aveva pensato in quei giorni era svanito in una nuvola di fumo.

Non avrebbe mai dimenticato le settimane trascorse da sola con lui. Non avrebbe mai dimenticato quello che aveva provato tra le sue braccia.

Non avrebbe mai smesso di avere bisogno di lui, ma questo non poteva dirglielo, perché forse lui non l’aveva ancora capito – o forse era un bugiardo migliore di quanto lei credesse.

Hermione aveva così tanti sentimenti nel cuore che credeva potesse esplodere da un momento all’altro, ma non disse nulla. Si mosse appena, il suo viso era così vicino; si cercarono nello stesso momento e si persero in quell’ultimo bacio.

Non era un bacio d’addio, era un arrivederci.

Perché lei sarebbe rimasta viva a tutti i costi e lui avrebbe dovuto fare lo stesso – aveva una promessa da mantenere.

 

Mi troverai ad aspettarti.

 

 

 

 

 

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