L'alba di una generazione sopravvissuta

di Darkness_Angel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** IV. ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI. ***
Capitolo 7: *** VII. ***
Capitolo 8: *** VIII. ***
Capitolo 9: *** IX. ***
Capitolo 10: *** X. ***
Capitolo 11: *** XI. ***
Capitolo 12: *** XII. ***
Capitolo 13: *** XIII. ***
Capitolo 14: *** XIV. ***
Capitolo 15: *** XV. ***
Capitolo 16: *** XVI ***
Capitolo 17: *** XVII. ***
Capitolo 18: *** XVIII. ***
Capitolo 19: *** XIX. ***
Capitolo 20: *** XX. ***
Capitolo 21: *** XXI. ***
Capitolo 22: *** XXII. ***
Capitolo 23: *** XXIII. ***
Capitolo 24: *** XXIV. ***
Capitolo 25: *** XXV. ***
Capitolo 26: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** I. ***


Salve a tutti!
Finalmente ecco a voi il Sequel di Una generazione Mortale :D
Poche cose e poi  vi lascio alla lettura ;)
Il raiting si è un po' abbassato perché questo sequel sarà sulla linea dei dispotici e quindi ci sarà qualche scena di violenza in più rispetto all'altro racconto; ma non preoccupatevi, non esagererò. Ci saranno degli Spoiler sul Sangue dell'Olimpo durante il racconto ma vi avvertirò :)
La storia si svolge cinque anni dopo la morte di Aibileen, quindi molto prima dell'Epilogo :)
Detto questo direi che è tutto, Buona Lettura :D

I

 
Il rumore di un sasso che rotolava sul terreno, colpendo un suo simile, ruppe il silenzio della notte.
- Per gli Dei Lilia! Vuoi fare silenzio?! –
- Mi è scappato dalle mani! –
- E allora fai più attenzione –
Lilia Jackson incrociò le braccia al petto facendo roteare gli occhi esasperata dal fratello; il sasso le era semplicemente sfuggito dalle mani mentre lo faceva saltare in aria, l’attesa la stava facendo impazzire, doveva trovare un modo per far passare il tempo e lanciare un sassolino in aria, per poi riprenderlo, le era sembrato il modo migliore per farlo.
- Non si vede ancora nessuno? – chiese sottovoce, dopo qualche secondo, guardando la sagoma scura del fratello che fissava la fine del bosco davanti a loro.
- No – sospirò Lucas girandosi verso la sorella
– Ormai dovrebbero essere arrivate… - gli ricordò preoccupata mentre Lucas si andava a sedere di fianco a lei sul terreno secco.
Il fratello le sorrise e le prese una mano stringendogliela – Arriveranno, non è più come i primi tempi, non ci facciamo più prendere alla sprovvista – le disse per rassicurarla.
- Si, ma anche i pacificatori si sono fatti più furbi –
Lucas sospirò – Non chiamarli pacificatori, non siamo in Hunger Games – l’ammonì.
- Pacificatori è molto più carino di Purificatori – gli ricordò seria – e anche se non siamo in Hunger Games la nostra situazione è peggio della loro – aggiunse sentendo la rabbia infiammarle il petto.
- Lo so’ Lili, lo so’…  – sospirò Lucas alzando lo sguardo verso la luna piena – mi chiedo quando finirà tutto questo… - le disse gesticolando con le mani in un gesto che indicava tutto il mondo.
- E’ quello che ci chiediamo tutti Lucas… il problema è che nessuno sa’ dare una risposta -.
 
Le loro vite avevano iniziato a peggiorare tre anni prima, per poi collassare completamente un anno dopo; Lilia se lo ricordava fin troppo bene.
Le cose non erano cambiate di botto; non vi era stato nessun colpo di stato e neanche un attacco che potesse far presagire qualcosa di terribile.
Tutto era cambiato così gradualmente e lentamente che si erano accorti dei cambiamenti quando ormai erano avvenuti e quando non si poteva più far nulla per fermarli; si erano semplicemente abituati al cambiamento, senza farsi troppe domande.
Il presidente Simon Eastings aveva vinto le elezioni, e si era stabilito alla Casa Bianca, un anno dopo la morte di Aibileen.
In quel periodo la famiglia Jackson aveva cercato di rincominciare a vivere, cercando di bilanciare il dolore per la perdita, al sollievo di aver visto la minore della famiglia vivere tranquilla nel regno dei morti.
Lilia e Lucas avevano ripreso la scuola; per i primi mesi era stato un supplizio ricevere le condoglianze da qualsiasi ragazzo, o professore, incontrassero nei corridoi.
Tutti pensavano di conoscere Aibileen, sostenevano di essere suoi amici, quando invece non l’avevano mai calcolata.
Questi erano stati i loro problemi principali per quasi un anno: andare a scuola, riprendere a fare sport e continuare ad uscire con i loro vecchi amici, ma poi erano iniziati i fatti strani.
Il primo era stato l’emanazione di una legge che obbligava tutti i cittadini americani a denunciare qualsiasi arma avessero in casa, non solo armi da fuoco, ma anche archi, spade, pugnali e tutto ciò che potesse essere usato come arma.
Annabeth aveva esitato prima di compilare il documento arrivato per posta, ma alla fine si era detta che  non c’era niente di sospetto e allora aveva stilato una lista delle armi che tenevano in casa ( due spade, una era Anaklusmos, due pugnali e un arco ).
Dopo di che era passato qualche altro mese di calma prima che iniziassero gli interrogatori, come li avrebbero chiamati in seguito.
Fu emanata un’altra legge in cui ogni famiglia doveva spedire direttamente al Presidente una lista, il più dettagliata possibile, del proprio albero genealogico.
Quello aveva iniziato a far spazientire un po’ la gente e a far crescere il sospetto che il Presidente stesse progettando qualcosa; il problema fu che nessuno sapeva di cosa accusarlo.
Perché il nuovo capo del governo voleva sapere le loro origini?
Il campo Mezzosangue e, in comunicazione attraverso messaggio Iride, il campo Giove, si erano messi subito d’accordo su come agire.
Se non spedivano il documento avrebbero destato troppi sospetti e lo stesso sarebbe accaduto se avessero spedito troppi documenti con scritto “ Ignoto” al posto del nome del genitore divino; così, alla fine, avevano deciso uno o più nomi mortali con cui indicare una divinità, cercando di evitare che ci fossero gemelli con padri, o madri, diversi.
Così Percy si era ritrovato figlio di Sally Jackson e Peter Norren, mentre Annabeth di Frederick Chase e Alexandra Anway; due nomi completamente inventati ma che speravano sarebbero passati inosservati in mezzo a milioni di altri nomi.
Dopo quel documento era passato un altro mese di tranquillità.
Proprio quando le persone si stavano tranquillizzando e stavano facendo cadere i sospetti, all’improvviso, degli ispettori governativi aveva iniziato a girare per scuole e uffici facendo domande a gruppi di persone, che all’inizio erano sembrate scelte a caso, ma che alla fine si erano rivelate tutt’altro che casuali.
Lilia e suo fratello furono interrogati a scuola, i loro genitori in ufficio; gli ispettori riuscirono persino ad intercettare Hazel, Piper e molti semidei che vivevano a Nuova Roma sorprendendoli quando lasciavano i confini sicuri della città.
Nel giro di qualche mese la maggior parte dei semidei era stata interrogata, anche più volte, e quando Malcom era stato arrestato con l’accusa di essere un pericolo per la nazione dopo una sua scoperta scientifica, Annabeth  aveva capito che tutte quelle non erano coincidenze e che i semidei erano in pericolo.
In qualche modo i mortali erano venuti a conoscenza delle loro esistenze e adesso ritenevano che fossero un pericolo per le loro vite.
Molti semidei avevano iniziato a trasferirsi a Nuova Roma o al Campo Mezzosangue, ma Malcom era stato solo il primo semidio ad essere prelevato dalle forze governative.
Vi erano state riunioni su riunioni tra i due Campi per decidere come agire; i figli di Ares spalleggiati da quelli di Marte ( a parte Frank ), avevano proposto di attaccare in massa la Casa Bianca e spodestare il nuovo presidente per metterne al potere uno che fosse a favore dell’esistenza dei semidei, anzi, magari mettere proprio un semidio al governo così da risolvere ogni problema.
Ma soverchiare il governo non sembrò un idea molto convincente, così fu scartata e si optò per una via diplomatica.
Un figlio di Atena, una figlia di Dike, un figlio di Apollo, un figlio di Ermes e, per sicurezza, due figlie di Afrodite ( avere dalla propria parte la voce ammaliatrice era sempre un gran vantaggio ) sarebbero andati a parlare con il presidente.
Annabeth si era subito proposta per andare, avrebbe fatto di tutto per saperli al sicuro e lontano da pericoli che non potevano affrontare,  ma Percy si era subito detto in disaccordo e aveva incominciato a litigare con lei sotto gli occhi esasperati dei capo cabina e dei funzionari di Nuova Roma.
Alla fine Annabeth non aveva voluto sentire ragioni e non aveva ceduto ne alle minacce ne alle suppliche del marito, si era unita al gruppo di semidei, metà Greci e metà Romani, tutti rigorosamente adulti sopra i trentacinque anni, che sarebbero partiti tre giorni dopo per Washington.
Piper aveva tentato di proporsi come rappresentante per Afrodite, ma tutti si erano opposti; i gemelli Grace avevano poco più di due anni e nessuno aveva voluto separarli dalla loro madre più del necessario.
Così, la fatidica mattina, Drew spalleggiata da Anne ( una figlia di Venere ), Will Solace, Elise ( figlia di Dike) e Anthony ( figlio di Mercurio) si ritrovarono sotto il pino di Talia aspettando che arrivasse Annabeth per poi partire.
Peccato che Percy, con l’aiuto di un figlio di Ipno, fosse riuscito ad aggiungere al cibo della moglie la sera prima una dose di sonnifero, stordendola.
Così, al posto della semidea, si era presentato al punto d’incontro suo fratello Jonathan.
Il piano era semplice, il gruppo doveva farsi ricevere dal presidente come un’ambasciata pacifica di semidei che voleva rassicurare il capo del governo che non erano pericolosi; ne per la nazione ne per i mortali in generale.
Se l’avessero convinto, allora gli avrebbero chiesto di liberare Malcom e gli altri semidei catturati che, fortunatamente, per ora erano solo incarcerati.
Ma nessuno poteva aspettarsi quello che accadde veramente.
La delegazione doveva ritornare lo stesso pomeriggio o al massimo il giorno dopo, ma passarono molti giorni prima che qualcuno ritornasse.
Will Solace era riapparso dopo una settimana ai margini del campo, ferito e in fin di vita.
Lo avevano avvistato un paio di ninfe mentre arrancava sulla collina mezzosangue; le creature erano andate subito a chiamare i suoi fratelli che erano riusciti a prenderlo in tempo e salvargli la vita per un soffio.
Prima di perdere conoscenza davanti a Chirone, però, il semidio era riuscito a sussurrare solo poche parole: - Era una trappola. –
Will si era ripreso solo qualche giorno seguente, dopo giorni di dolore e sofferenza dovuti alle numerose ferite che aveva riportato.
Quando si era svegliato, anche se ancora debole, aveva chiamato Chirone per raccontargli cos’era successo.
Quel giorno una quindicina di semidei si erano assiepati nell’infermeria per ascoltare il destino che era toccato ad amici e fratelli, mentre i loro figli ( quella indetta era una riunione per soli adulti) si erano accalcati alle finestre e alla porta per sentire i discorsi dei grandi che, in realtà, non avrebbero dovuto udire; naturalmente Lilia e Lucas erano in prima fila.
Era passato un minuto buono prima che il figlio di Apollo avesse trovato il coraggio per incominciare a parlare:
– Era una trappola – aveva detto – Siamo stati ricevuti dal presidente, ma quello non era un mortale e con lui c’erano dei nostri vecchi amici. – aveva continuato con voce carica di rabbia – Le sue guardie del corpo erano Lestrigoni e i suoi vice erano Gea, Crono e un tizio vestito completamente di rosso che non ho mai visto ma che, sicuramente, non era un mortale -.
Tutti i presenti nella stanza erano rimasti scioccati, Crono e Gea erano stati sconfitti molti anni prima e definitivamente, com’era possibile che fossero ritornati?
- Non ne ho idea, so’ solo che abbiamo avuto appena il tempo di realizzare ciò che stava succedendo e poi siamo stati attaccati dalle guardie Lestrigoni – a quel punto aveva fatto una pausa e stretto i pugni con forza – Non so’ cosa sia successo agli altri… io sono stato l’unico che è riuscito a scappare, o meglio, che hanno lasciato scappare – si corresse mentre le nocche gli sbiancavano per colpa della forza con cui stringeva i pugni.
La notizia aveva sconvolto tutti, non sapevano cosa dire, Annabeth  insieme a Piper si erano dovute sedere perché avevano sentito le gambe cedere.
Lilia si ricordava che sul volto di Logan, il figlio di Will, non era apparsa nessuna emozione di fronte alla rabbia e al dolore del padre, ma aveva stretto con tanta forza lo stipite di legno della finestra che, alla fine, lo aveva rotto.
A quel rumore i genitori si erano girati all’allarmati, come se Crono o Gea li stessero spiando dalla finestra.
I ragazzi non avevano fatto in tempo a nascondersi che li avevano visti e, qualche minuto dopo, Clarisse aveva aperto la porta fissandoli tutti con un sorriso tutt’altro che rassicurante dicendogli che i più grandi dovevano entrare, mentre i piccoli potevano andare a giocare ( quando si era rivolta ai piccoli aveva addolcito il tono di voce e persino sorriso dolcemente).
Tutti avevano seguito gli ordini della figlia di Ares; i piccoli si erano dileguati mentre invece “i grandi” erano entrati nell’Infermeria dove avevano ricevuto una bella sgridata per aver origliato e dove, dopo, erano stati messi al corrente di tutti i fatti.
Il giorno dopo, come se il presidente avesse saputo che Will era ritornato e che aveva riferito tutto, il capo del governo si rivelò per quello che era in realtà; un mago esperto in diversi tipi di magia di nome Setne, il cui obbiettivo era quello di impadronirsi del mondo e di spodestare tutti gli Dei esistenti per divere lui l’unico Dio e sovrano.
Contro ogni aspettativa i mortali non si ribellarono, ormai Setne gli aveva inculcato così bene in testa che il nemico erano i semidei e non lui, che nessuno provò a dargli contro.
Com’era già successo, semidei Greci e Romani si riunirono creando un unico esercito per sconfiggere Setne e le sue forze; a parte i più piccoli sotto i quattordici anni, tutti i semidei furono arruolati e preparati a combattere.
Ma non arrivarono neanche a Washinton che le forze di Setne, capitanate da Gea e da Crono, li sconfissero miseramente e li costrinsero a nascondendosi negli unici due posti sicuri su tutta la terra, al Campo o a Nuova Roma.
Lilia e la sua famiglia avevano deciso di trasferirsi al Campo Mezzosangue, erano tornati a casa per fare le valigie, ma poi non erano partiti perché, la grande affluenza di semidei ai due rifugi aveva attirato l’attenzione di qualsiasi mostro presente in America, rischiando di rivelare al nemico la posizione dei luoghi sicuri.
Avevano vissuto due settimane cariche di angoscia nella loro casa a Manhattan; le forze dell’ordine governativo cercavano semidei in ogni città, che venivano puntualmente trovati per colpa di un tradimento da parte di mortali o per colpa dell’infallibile fiuto di un segugio infernale o di un Echidna.
Alla fine erano dovuti scappare perché, un amico di Lucas, aveva rivelato ai soldati le grandi capacità come nuotatrice di Lilia e l’intelligenza sviluppata dell’amico; i Jackson avevano mancato la cattura per un soffio e da quel giorno avevano vissuto al Campo.
 
Dopo i semidei era toccato agli Dei essere spodestati.
Setne, con l’aiuto di Gea e Crono, aveva scoperto tutti i punti deboli degli Dei e le loro abilità; i giganti erano tornati e sta volta se l’erano presa direttamente con gli Dei di cui erano la nemesi mentre i Titani fedeli a Crono, attaccavano l’Olimpo senza aver nessuno intralcio.
Gli Dei aveva resistono più di anno ma poi erano caduti anche loro, indeboliti anche dalla magia sconosciuta di Setne che in qualche modo fiaccava i loro poteri.
Furono catturati e privati delle loro insigne, tutto quello che li rappresentava gli veniva strappato via, in modo da renderli deboli non solo fisicamente ma anche mentalmente.
Il piano di Setne non finiva lì però, aveva deciso che tutto ciò a cui li aveva sottoposti non bastava, allora aveva deciso che gli Dei avrebbero sfilato sino alla loro prigione incatenati uno dietro l’altro con pesanti ceppi di metallo rinforzati da un incantesimo che inibiva ogni loro potere.
Nonostante tutto quello che gli avevano fatto passare in quegli anni, i semidei non rimasero a guardare mentre i loro genitori venivano umiliati e condannati.
Un gruppo di semidei, coalizzato con le cacciatrici e le amazzoni, era riuscito ad intercettare i soldati di Setne  e ad interrompere il deprimente spettacolo prima che gli Dei arrivassero alle prigioni create apposta per loro.
Nonostante qualche perdita, gli Dei furono liberati ma Setne non prese bene quella sconfitta e giurò di vendicarsi su tutti loro quando meno se lo sarebbero aspettato.
Il problema successivo da risolvere fu dove nascondere gli Dei; l’Olimpo era assediato e non c’era modo di riprenderlo, e così, alla fine, gli Dei erano andati a vivere nell’unico posto in cui erano ben accetti e dove sarebbero stati al sicuro: al Campo Mezzosangue.
Da quel giorno, per semidei e Dei, era iniziata la loro nuova vita, quella di fuggitivi.
Erano al sicuro solo al Campo, non potevano neanche pensare di andare a Nuova Roma senza rischiare la cattura; gli unici che uscivano dai confini sicuri del Campo e riuscivano (quasi sempre) a ritornare erano Artemide e Apollo.
Tutti i semidei vivevano nel panico, non si sapeva come reagire ad una situazione del genere e gli Dei non gli aiutavano: continuavano a commiserarsi per aver perso i loro poteri ( purtroppo le loro armi erano ancora in mano a Setne) e se un semidio provava ad avvicinarli loro lo incolpavano di quella situazione e il malcapitato rischiava la pelle.
Le prime a riprendersi erano state Artemide ed Atena che avevano cercato di risollevare lo spirito, prima dei semidei, poi dei loro simili, consigliandoli su come reagire alla minaccia.
E così, col tempo, tutti si erano abituati anche a quel nuovo stile di vita; a vivere braccati e nascosti. Infondo è insita nella natura umana la capacità di modificare le proprie abitudini per sopravvivere.
Se si doveva fare un viaggio, o anche solo andare in cerca di rifornimenti, si doveva fare attraverso il viaggio ombra o accompagnati da un figlio di Ecate in modo che la foschia potesse camuffarli.
Ecate era l’unica Dea che non viveva al Campo, il suo palazzo si trovava in una specie di luogo tra gli Inferi e il mondo mortale e Setne non era ancora riuscito a distruggere le sue difese;  neanche Clizio ci era riuscito e di conseguenza la Dea continuava a resistere rimanendo nascosta nel suo palazzo.
Quella, per la famiglia Jackson, era stata una bella notizia; voleva dire che anche Aibileen era al sicuro e che la sua anima non rischiava di venir spazzata nel nulla come invece era successo ad altre che non avevano trovato rifugio in tempo nel palazzo della Dea della magia.
Quando Setne aveva consolidato il suo potere, e si era messo comodo al comando del mondo nel suo nuovo palazzo, una via di mezzo tra l’Olimpo e la Casa Bianca, si era assicurato di non avere altri problemi tra i piedi, e così come colpo finale aveva rimandato Crono nel Tartaro e fatto riassopire Gea grazie ad un potente incantesimo, dopo che li aveva ingannati e usati per i suoi scopi.
Al contrario, il tizio vestito di rosso visto da Will sembrava sparito; durante il loro patetico tentativo d’attacco all’esercito di Setne si erano presentati solo Crono e Gea insieme ad una marea di mostri, ma di persone “rosse” non ve ne era stata nemmeno l’ombra.
Dal giorno in cui il nuovo regime si era stabilizzato non era cambiato più cambiato nulla; Setne governava, Ecate resisteva e i semidei si nascondevano uscendo raramente dai confini protetti e prendendo tutte le precauzioni possibili per non farsi scoprire dai Purificatori.
 
Lilia sopirò e si rigirò un altro sassolino tra le mani, quei ricordi erano ancora vividi nella sua mente; tutti i semidei feriti, tutti i mezzosangue che non c’erano più… che erano morti.
La cosa  che la turbava di più era il pensiero dei bambini piccoli che crescevano nella paura costante di essere inseguiti da mostri, e paure, che ormai erano diventati reali e che non venivano creati soltanto dalle loro testoline.
Doveva ammettere, però, che i loro genitori cercavano di farli vivere normalmente, come se fossero al Campo solo per una vacanza e non per sempre.
- Lilia ancora?! – le gridò sottovoce Lucas che era ritornato al suo posto di guardia.
- Non sono stata io! – gli rispose sempre sottovoce riemergendo dai suoi pensieri.
Ci volle solo un secondo perché capissero cosa ciò voleva dire; Lucas si abbassò dietro al cespuglio sparendo completamente e Lilia si accucciò per raggiungerlo gattonando senza fare alcun rumore.
Se quel suono non era stato provocato da nessuno dei due, voleva dire che erano stati i Purificatori a farlo; quindi, erano spacciati.
Si erano portati dietro le loro spade ma se i Purificatori li trovavano prima che avessero il tempo di coglierli di sorpresa, c’erano ben poche speranze che riuscissero a scappare.
Setne aveva modificato delle armi con la sua magia, potevi star certo che se un purificatore ti aveva nel mirino non ti rimaneva che rivolgere le tue ultime preghiere agli Dei, perché quelle armi erano infallibili.
Setne aveva persino creato una rete che, se lanciata su un Dio, lo indeboliva a tal punto da renderlo innocuo, come se fosse un semplice mortale.
Lilia guardò il fratello e mimò con le labbra – E se fossero le Cacciatrici? –
Lucas annuì, poi si portò le mani chiuse alla bocca e vi soffiò dentro emettendo il perfetto verso di un gufo, un suono naturale che non poteva essere sospetto.
Aspettarono in silenzio acquattati dietro il cespuglio stringendosi la mano e aspettando il richiamo in risposta, che però non arrivò.
Lilia chiuse gli occhi e cercò di calmare il respiro; una volta avevano rischiato di essere catturati mentre erano in missione per recuperare un gruppo di semidei Romani insieme a Jason e Frank; i Purificatori li avevano catturati sotto una rete e un semidio era morto davanti a loro, trapassato da una spada, mentre stava cercando di liberarli. Poi il figlio di Giove aveva fulminato qualche soldato mentre l’altra parte era stata resa innocua da Frank versione Orso Bruno.
Alla fine ce l’avevano fatta, ma Lilia non ci teneva a ripetere l’esperienza; le sembrava di poter sentire ancora sul viso il sangue uscito dalla gola del semidio, trapassata da parte a parte dalla lama della spada.
- Lili, crea un clone e attirali laggiù, dove possiamo vederli – le sussurrò il fratello in un orecchio indicando un punto in una radura.
Lilia annuì, doveva rimanere calma e svuotare la mente o l’acqua non le avrebbe obbedito.
Chiuse gli occhi e si concentrò facendo apparire chiara nella sua mente l’immagine che doveva assumere il liquido.
Aprì gli occhi e mosse lentamente la mano calcolando i gesti; pochi secondi dopo davanti a loro apparve una ragazza fatta completamente d’acqua che li osservava con occhi spenti.
Quella non era una naiade, era semplicemente una marionetta fatta d’acqua che seguiva gli ordini di Lilia e che si sarebbe sciolta quando il suo compito fosse finito; non era un essere vivente.
La nipote di Poseidone mosse la mano e la marionetta ebbe un guizzo negli occhi cristallini
– Attirali laggiù – le sussurrò.
La marionetta fece un leggero cenno del capo e poi corse fuori dal nascondiglio per attirare qualsiasi cosa fosse in agguato nella boscaglia.
Passò meno di un minuto e la marionetta apparve nel punto indicatole da Lilia mentre guardava con sguardo truce il suo inseguitore ora visibile anche a loro.
- E’… è un serpente… - sussurrò Lucas con un tono di voce tra il sollevato e il sorpreso
Lilia si accigliò – No… sono due serpenti… -.
Da dietro la prima testa serpentina ne era spuntata un’altra che ondeggiava sibilando al ritmo della sua compare; le teste erano più grosse di quelle di un normale serpente, avevano delle zanne che sporgevano dalla bocca, un piccola feritoia scura, e gocciolavano bava, quasi certamente velenosa.
Probabilmente era un Idra, ma non erano Purificatori.
Lilia e Lucas si alzarono dai loro nascondigli per vedere meglio la creatura che aveva inseguito la marionetta.
Lilia si girò verso la ragazza d’acqua e le fece un cenno per congedarla; la figura fece un inchino e poi si sciolse in una pozza d’acqua che venne assorbita dal terreno.
- Allora, abbiamo trovato una Mini-Idra? – chiese Lilia girandosi verso la creatura
- Se ti dico che non ho idea di cosa sia, mi credi? – le chiese Lucas mentre guardava accigliato il mostro e Lilia faceva altrettanto.
- Si fratello… ti credo -.
Davanti a loro c’era un mostro mai visto prima; erano due serpenti, anzi, un serpente, con al posto della coda un’altra testa e delle zampe di drago che spuntavano dal centro del corpo.
Sembrava un mostro creato da un bambino piccolo che si era divertito a rompere diversi mostri giocattolo e a riattaccarli insieme alla rinfusa.
- Potrebbe essere una Chimera… - azzardò Lilia che di Chimere ne sapeva qualcosa.
- Non credo… è formato solo da rettili, è strano… - continuò Lucas mentre continuavano ad osservare la creatura con le teste piegate di lato come se guardarla da un’altra prospettiva avrebbe potuto aiutarli.
Il biserpente-drago girò entrambe le teste verso di loro e sibilò minaccioso mentre bava velenosa ( le gocce facevano fumare il terreno quando lo toccavano quindi come minimo era acida ) colava dalle quattro zanne acuminate, sembra non aver gradito i commenti di Lucas.
 - Lo uccidiamo? – chiese Lucas fissando ancora per un secondo il mostro
- No lo portiamo al museo di storia naturale – commentò sarcastica Lilia; Lucas non colse la battuta e la guardò accigliato – Certo che lo uccidiamo! – gli rispose esasperata sfoderando la spada.
E meno male che era un parente stretto di Atena!
Da quando Eris gli aveva abbandonato il cervello Lucas aveva perso un po’ della sua intelligenza; un po’ come era successo al Dr. Erik Selvig dopo esser stato controllato da Loki.
I gemelli sfoderarono insieme le spade e nello stesso momento il mostro li attaccò gettandosi in avanti e cercando di morderli con le due teste contemporaneamente.
I gemelli le schivarono, scattando lateralmente, mentre le due teste li inseguivano indecise su chi attaccare per primo.
Lilia e Lucas girarono intorno al mostro per riunirsi sul lato opposto di dov’erano prima; la creatura sembrava leggermente impacciata nei movimenti con la parte inferiore del corpo, ma le due teste serpentine si muovevano liberamente sibilando e allungandosi verso di loro mentre le gambe cercavano di avvicinarsi.
Lilia si prese un secondo per riflettere; da quando il loro periodo di latitanza era iniziato era diventata molto meno impulsiva quando combatteva.
Lanciò un occhiata al fratello, che comprese all’istante e annuì; si lanciarono di nuovo all’attacco contemporaneamente per poi separarsi all’ultimo e costringere le due teste a cambiare obbiettivo.
Lilia si lanciò contro la testa schivando un morso diretto alla sua spalla e afferrando il serpente alla base del cranio mentre con l’altra mano calava la spada sul corpo molle.
- No Lilia! Potrebbero spuntargliene due! – le gridò Lucas.
Lilia imprecò  e si scostò mollando la presa, schivando per un soffio un morso diretto alla sua mano, rotolò su un fianco rimettendosi subito in piedi e trovandosi vicino suo fratello.
- Potevi avvertirmi anche un po’ prima!! – gli gridò furiosa agitando la spada.
Lucas rimase imbambolato per una frazione di secondo, sorpreso dalla reazione della sorella – Mi è venuto in mente solo in quel momento! – le rispose con lo stesso tono, difendendosi.
Lilia emise un verso frustrato e poi si girò verso il mostro che si stava avvicinando goffamente ma molto più velocemente di quanto pensasse.
- E quindi? Come lo uccidiamo senza che ci morda? – chiese al fratello
- Devi trafiggergli il corpo, io sono riuscito a ferirlo prima di allontanarmi, vedi? – le disse indicando un taglio troppo superficiale su una zampa draghesca.
- Va bene, ma come fermiamo le teste? Le annodiamo? – gli chiese sarcastica
- Qualcosa del genere… - le disse Lucas preparandosi anche lui al nuovo assalto con un luccichio famelico ad illuminargli gli occhi – Quando ti chiamo, corri verso di me – le disse.
Lilia annuì e concentrò lo sguardo sul mostro di fronte a lei, le due teste adesso fissavano il cielo stellato senza badare a loro due, come se stessero fiutando l’aria…
- Ehi bisce! – gridò Lucas
Attenzione catturata, i serpenti tornarono a fissarli e a sibilare sbavando veleno.
Senza darsi nessun segnale, o farsi un cenno, i due gemelli si gettarono contro il mostro a spada sguainata, allontanandosi all’ultimo momento e facendogli tirare i colli – Lilia! -.
Lilia invertì il senso in cui stava correndo e si diresse verso il fratello inseguita dalla testa che cercava di morderle il didietro.
Lilia e Lucas si superarono e le due teste, ignare una dell’altra e concentrate solo sulle loro prede, cozzarono con un rumore secco di crani sbattuti l’uno contro l’altro.
I gemelli si misero di fianco e caricarono insieme per colpire con un affondo che avrebbe tranciato in due il mostro prima che potesse riprendersi dalla testata.
Ma le loro lame si conficcarono nel terreno secco, perché il mostro era saltato via come se fosse un allegro leprotto.
I due ragazzi lo fissarono increduli; con un balzo si era allontanato di quasi tre metri da loro, adesso stava fiutando l’aria e sembrava pronto a saltare un’altra volta percorrendo il confine del bosco.
- Forza seguiamolo – disse Lilia riprendendosi dalla sorpresa, scattando subito all’inseguimento e dimenticandosi di ragionare.
Il mostro iniziò a correre e a saltare come se stesse scappando da loro, come se non gli interessassero più e le parti si fossero invertite.
Lilia e Lucas lo inseguirono sino al limitare della foresta, dove il mostro si fermò inarcando i due corpi serpentini e assumendo una strana forma ad U.
- Ora sei nostro… - sussurrò Lucas per poi gettarsi subito contro biserpente-drago.
Lilia lo seguì con un secondo di ritardo e, forse, quella fu la sua salvezza.
Dall’ombra del bosco apparvero tre sagome scure, esattamente dietro al mostro; quella di fronte a tutte gridò qualcosa che Lilia non riuscì a capire, non era ne Inglese ne Greco, e poi un’enorme luce rischiarò la foresta seguita da un esplosione che distrusse il mostro ma sbalzò Lucas all’indietro.
Lilia si dovette coprire gli occhi per non rimanere accecata ma, quando li riaprì, trovò Lucas svenuto poco lontano, al posto del mostro soltanto un cumolo di sabbia e le tre figure si rivelarono tre ragazzine più piccole di lei.
Passò qualche secondo in cui le quattro ragazze si fissarono scrutandosi per capire chi si trovassero di fronte e poi, si chiesero all’unisono:
- E tu chi diavolo sei?! -.

Ed ecco il nuovo inizio :)
Spero che non mi odiate già da questo capitolo e che vi sia piaciuto :)
Come avete notato il racconto non è più in prima persona e vi avverto che ci saranno diversi Pov andando avanti nella storia.
Cercherò di pubblicare il prossimo capitolo tra una settimana, scuola e diversi impegni permettendo :P Ho deciso di pubblicare oggi perché è passato un anno preciso da quando ho pubblicato la mia prima Fanfiction :) Sono una sentimentalona :D
Direi che per ora è tutto, fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo come al solito le recensioni sono sempre bene accette :)
Un abbraccio,
Darkness_Angel.

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Capitolo 2
*** II. ***


Salve a tutti!
Sono senza speranza, è solo il secondo capitolo e io pubblico già con un giorno di ritardo... scusate -.- ma ero sommersa da compiti in classe e verifiche.
Comunque, ecco qui il secondo capitolo in cui le cose iniziano un po' a smuoversi :)
Direi che non ci sono avvertimenti strani quindi,
Buona Lettura :D

 

II.


- E tu chi diavolo sei?! –
Nessuna delle quattro ragazze rispose alla domanda.
Lilia le fissò, quella davanti al gruppo era una ragazzina che doveva avere sedici anni, gli occhi scuri e i capelli biondi raccolti in una coda alta.
Dietro di lei vi erano altre due ragazzine, probabilmente sue coetanee, entrambe di colore anche se una aveva la carnagione leggermente più chiara dell’altra.
Le tre ragazzine la fissarono a loro volta senza emettere un suono o abbassare quelle che dovevano essere le loro armi; un bastone e una specie di boomerang.
Il momento di stallo, e la sfida a chi sosteneva di più lo sguardo una dell’altra, fu interrotto da Lucas che emise un verso strano; una via di mezzo tra un gemito e uno sbuffo, richiamando l’attenzione della sorella.
Lilia decise, alla fine, che quelle tre non erano un pericolo troppo grande e che poteva permettersi di distogliere l’attenzione da loro senza il rischio di finire con un coltello in mezzo alle scapole.
Diede un colpo con un dito sul pomo della spada e questa si trasformò in una collana color bronzo con una piccola spada come ciondolo.
Efesto, dopo il trasferimento al Campo e dopo aver ritrovato vigore grazie alle due sorelle, si era messo a costruire armi per i semidei che si trasformavano in oggetti comuni così da nasconderle meglio ai Purificatori; così adesso, quasi ogni semidio, aveva un arma “trasformabile” che si portava sempre appresso.
Come lui, anche tutti gli altri Dei si erano messi all’opera per dare una mano, soprattutto perché si annoiavano senza fare niente tutto il giorno, e aiutare i semidei era la cosa migliore che potessero fare.
Il loro aiuto era sempre servito ed era stato sempre ben accetto, a parte quello di Afrodite che, un pomeriggio, si era messa con alcune sue figlie ad accoppiare i presenti che passavano davanti alla loro cabina, creando coppie improbabili ( anche se poi qualcuna aveva funzionato, ma questa è un’altra storia).
Lilia si avvicinò velocemente a Lucas mentre si riallacciava la collanina al collo; gli si inginocchiò vicino e lo chiamò scrollandolo leggermente – Luc, dai svegliati -.
Come risposta Lucas emise un altro verso e strinse gli occhi senza però aprirli – Pigrone che non sei altro – gli sussurrò Lilia fingendo di sgridarlo quando invece sentiva la paura sciogliersi nel petto lasciando spazio solo a un forte senso di sollievo.
Suo fratello ero vivo.
- Ehm… hai bisogno d’aiuto? -
Lilia si girò di scatto verso la voce ma senza allontanare una mano dal petto di Lucas; una delle due ragazzine di colore, quella con la pelle leggermente più chiara, si era avvicinata ancora con il bastone in mano e le sorrideva timorosa.
Lilia la fissò gelida – Stai lontana – le disse scandendo le parole – Non ho idea di chi voi siate, ma non ho intenzione di farmi uccidere da delle mini-purificatrici invasate – gli disse velenosa guardando a turno tutte e tre.
- Ehi! L’invasata sarai tu! Se provi un’altra volta a… –
- Ru, per favore… –
La ragazza bionda si era avvicinata furente gesticolando, ma l’altra ragazzina l’aveva fermata prima che si avvicinasse troppo a Lilia e facesse scoppiare una rissa.
A Lilia non importava se quelle erano solo delle ragazzine, lei avrebbe protetto Lucas a costo della sua vita; aveva già perso una sorella senza poter far nulla per evitarlo e aveva giurato che non sarebbe successo mai più.
- Comunque… noi non vogliamo far niente ne a te ne a quel ragazzo… - riprese la ragazzina che tratteneva ancora la biondina furente – Quel Tjesu heru ci stava inseguendo e ci ha costretto a cambiare strada, ma… -
- Non è un mostro Greco – la interruppe Lilia distogliendo per un secondo l’attenzione dal fratello, ancora incosciente, e concentrandola sulla ragazzina che arrossì leggermente sentendosi a disagio.
- N-no… non è Greco… però… - balbettò presa alla sprovvista.
Lilia le fece un cenno con la mano dicendole di zittirsi  e le fissò tutte e tre seria
– Se la luna è scoperta? – chiese portando una mano alla collana pronta ad usarla in caso di pericolo.
Le due ragazzine la guardarono senza capire di cosa stesse parlando ma poi la terza, quella che le aveva chiesto aiuto, disse: - La caccia è aperta. –
Lilia sorrise sentendo un po’ d’ansia lasciarle andare la stretta intorno al cuore – Ma se la luna è nera? – le chiese ancora.
La ragazzina le sorrise – La speranza  è reale e veritiera. -.
Lilia sentì il petto farsi leggermente più leggero e si concesse di rilassarsi un po’; se almeno una di loro sapeva le frasi di riconoscimento per quelle due settimane, allora, molto probabilmente, stavano dalla stessa parte.
- Come le sapevi Hime? – chiese la ragazzina bionda stupita alla sua compagna.
- Me le ha dette mio padre, ha detto che mi sarebbero potute essere utili – spiegò con un alzata di spalle.
Lilia lasciò che le tre ragazzine continuassero a parlare tra di loro su come o perché la compagna sapesse quelle frasi, mentre lei si concentrava di nuovo su Lucas ancora privo di sensi.
Si levò il piccolo zaino che portava sulle spalle, dentro c’erano solo due bottiglie d’acqua e qualche pezzo d’ambrosia; la missione che li avevano mandati a compiere sarebbe dovuta essere facile: andare nel posto prestabilito e aspettare Talia e le Cacciatrici che scortavano Artemide sino al Campo, nessuno poteva pensare che le cose avrebbero preso quella piega.
Rovistò dentro lo zaino e ne tirò fuori un pacchetto di fazzoletti e una delle due bottigliette d’acqua.
L’aprì e versò l’acqua sui fazzolettini imbevendoli; sprecare tutta quell’acqua non le piaceva molto, ma era l’unico modo per far riprendere un po’ Lucas.
Di usare i suoi poteri non se ne parlava, se quelle tre ragazzine erano spie nemiche, metterle al corrente delle sue capacità non l’avrebbe aiutata in un possibile scontro.
Prese uno dei due fazzoletti bagnati e lo mise sulla fronte del fratello mentre con l’altro gli tamponava il viso – Dai Luc, hai dormito abbastanza  - gli sussurrò dandogli anche qualche piccolo schiaffetto su una guancia per farlo riprendere prima.
Qualche secondo dopo le iridi grigie della ragazza incontrarono quelle verdi del fratello che le sorrise contento di vederla viva e non disintegrata dall’esplosione.
I gemelli non si dissero nulla, si limitarono a sorridersi per qualche secondo, poi Lucas tese una mano a Lilia che gliel’afferrò e gli diede una mano a tirarsi su e a mettersi seduto.
Lilia lo strinse velocemente in un abbraccio cercando di non stringere troppo e di non fargli male, poi si allontanò e prese un pezzetto di ambrosia mettendoglielo nelle mani.
Lucas iniziò a mangiarlo lentamente mentre Lilia iniziava a controllarlo e gli levava il fazzoletto bagnato dalla fronte.
- E loro chi sono? – le chiese fissando le tre ragazzine che avevano smesso di parlare e che erano tornate ad osservare quello che stava facendo Lilia, una di fianco a l’altra, come tre gufetti curiosi.
- Non ne ho idea, so’ solo che non sono purificatrici e che erano inseguite dal biserpente-drago che, a quanto pare, non è Greco  – gli spiegò mentre gli esaminava la testa cercando eventuali fratture o ferite gravi.
Le tre ragazzine si scambiarono una rapida occhiata e poi la ragazza che prima aveva fermato la biondina fece un passo avanti sorridendo.
Lilia si disse che non avrebbe risposto delle sue azioni se una di loro avesse provato a correggerla sul nome del mostro, non era il momento di essere pignoli.
- Vi posso assicurare che stiamo tutti dalla stessa parte. Noi tre siamo tutte maghe, oltre che fuggitive e ricercate. – aggiunse con una nuova sicurezza nella voce.
Lilia pensò che quella ragazza dovesse essere abituata a parlare in pubblico; il suo discorso era stato chiaro, conciso e soprattutto aveva usato un tono conciliatore nonostante la situazione fosse ancora tesa; sarebbe stata un ottima ambasciatrice.
- Quindi siete figlie di Ecate, vi state trasferendo dal Campo Giove? – gli chiese mentre fissava con sguardo critico la spalla del fratello che era chiaramente lussata, dato che l’osso era più in basso rispetto alla posizione che avrebbe avuto normalmente.
- No, noi siamo maghe, ma non sappiamo chi sia questa Ecate – le rispose la ragazzina.
- Se siete maghe dovete per forza essere sue figlie, Ecate è la Dea della magia e i suoi figli sono gli unici capaci a compiere magie – le rispose Lilia mentre osservava il fratello che fissava ancora le sconosciute senza preoccuparsi troppo della sulla spalla pendente.
- Aspetta… Ecate non è la Dea della magia, è Iside la Dea della magia – la corresse la ragazzina.
- Ok, basta, ora non ho il tempo di star a pensare di quale Dio o Dea siete figlie, ho di meglio da fare – sbottò  Lilia un po’ sgarbatamente, ma in quel momento non le importava molto degli Dei, preferiva rimettere in asse la spalla al fratello.
Lilia osservò la lussazione ancora un secondo e poi prese delicatamente il polso del fratello  con una mano facendoglielo stendere leggermente:
- Non ti fa male Luc? – gli chiese accigliata
- Cosa? – le chiese girandosi verso di lei con un leggero sorriso che si trasformò subito in una smorfia tra il sorpreso e il disgustato.
- Ah… - si limitò a dire fissando la spalla uscita dall’articolazione
- Già, devo rimettertela a posto, se non senti molto male vuol dire che basta rincastrarla – lo rassicurò.
Lucas esitò un secondo a rispondere, anche se era un semidio ed era abituato a rimanere ferito durante i combattimenti, l’idea di farsi rimettere a posto una spalla non era un pensiero che lo riempiva di gioia, e il fatto che a farlo sarebbe stata sua sorella sicuramente non lo rassicurava.
- D’accordo – acconsentì infine finendo il pezzetto di ambrosia.
Lilia gli sorrise e gli strinse la spalla del braccio sano per rassicurarlo, poi non aspettò altro tempo e l’aiutò a levarsi la maglietta.
All’improvviso un idea le attraversò la mente:
- Una di voi se la sente di aiutarmi? – chiese rivolgendosi alle ragazzine.
Le era venuto in mente un modo per risistemare la spalla del fratello in modo che non sentisse troppo dolore, ma per farlo, le serviva l’aiuto di qualcun altro.
Stava rischiando grosso, ma aveva deciso di credere quelle tre ragazzine e di considerarle alleate.
- Vengo io – si fece avanti la ragazzina che prima avevano chiamato Hime.
Le altre due ragazzine fecero qualche passo in avanti ma rimasero comunque a distanza di sicurezza, mentre la sua aiutante le si mise al fianco.
- Mettiti sull’altro lato – le disse accennando un sorriso, lei annuì e si mise al lato opposto di dov’era inginocchiata Lilia.
- Allora, da quanto ho capito non avete idea di cosa sia il Campo Giove ciò vuol dire che non venite da lì. Quindi, di dove siete? – gli chiese cambiando discorso mentre faceva sdraiare il fratello sul terreno dopo avergli avvolto la maglietta intorno al busto come se fosse una fascia.
Passò qualche secondo di silenzio in cui le tre ragazzine si guardarono per capire se potevano parlare e rivelarle qualcosa, ma alla fine la biondina parlò – Siamo di Brooklyn – le rispose.
Lilia annuì, almeno non venivano dall’altra parte dell’America – Non siete figlie di Ecate, ma siete maghe ed eravate rincorse da un Tizio tero… - continuò
- Tjesu heru – la corresse la ragazzina di fianco alla biondina
- Stessa cosa – gli disse gesticolando e riuscendo a trattenere uno scatto d’ira - In ogni caso quel mostro vi stava inseguendo – continuò Lilia.
- Si, stavamo tornando… ehm… a casa, quando ce lo siamo ritrovate alle calcagna – le spiegò la ragazzina.
- Long Island non è un po’ fuori strada per Brooklyn? – le chiese Lilia osservando ancora per un secondo la spalla del fratello che continuava a stare zitto e passare il suo sguardo dal cielo stellato al viso concentrato della sorella.
- Si… ma abbiamo avuto un problema con il… beh… con il nostro mezzo di trasporto – le spiegò.
Lilia annuì e poi si rivolse alla ragazzina che stava ancora aspettando istruzioni:
- Tieni questi due lembi della maglia e, quando te lo dico, tira piano e costantemente verso di te – le disse consegnandole i due pezzi della maglietta  che fasciavano Lucas; la ragazzina li afferrò e poi annuì.
- Ho capito, non volete dirmi di più  - disse rivolgendo un sorriso alle altre ragazzine; la nipote di Poseidone aveva una dote spiccata nel cambiare argomento con nonchalance.
Le ragazzine erano visibilmente a disagio – Non sappiamo se possiamo e i nostri genitori… -
- Ho capito, ora aspettate solo un secondo – le fermò Lilia con un gesto della mano.
Si girò verso il fratello e gli sorrise come se stessero per mettersi a combattere durante una caccia alla bandiera – Pronto Luc? – gli chiese mentre gli prendeva con una mano il polso e con l’altra lo stringeva sotto al gomito.
- Sono nato pronto Lili – le rispose scherzando ma cercando di rimanere il più calmo possibile.
Lilia gli sorrise e poi si rivolse alla ragazzina – Vai – le disse.
Come le aveva detto,  lei iniziò a tirare leggermente la fasciatura improvvisata mentre invece Lilia, che era inginocchiata di fianco al fratello, iniziò a fargli aprire il braccio verso l’esterno.
Lucas chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, pochi secondi dopo un sonoro schiocco risuonò nell’aria, segno che la spalla era ritornata al suo posto.
Lilia riappoggiò il braccio del fratello sul suo petto e gli accarezzò la fronte – Tutto bene? –
Lucas si limitò ad annuire, se avesse aperto bocca, molto probabilmente o avrebbe gridato oppure non sarebbe comunque riuscito ad emettere nessun suono.
Lilia lo fece sedere di nuovo stando attenta a non muovergli il braccio, si fece ridare la maglia e gliela rinfilò in modo che il braccio ferito rimasse piegato e bloccato sotto di essa, poi prese un altro pezzettino di ambrosia e glielo diede; al campo i figli di Apollo lo avrebbero sicuramente rimesso a posto, ma era meglio se si rimetteva un po’ in forze visto che non aveva un bel colorito e sembrava che dovesse svenire da un momento all’altro.
Lilia guardò la ragazzina che era ancora inginocchiata per terra di fronte a lei e passava lo sguardo da Lucas alla sua gemella.
Il ragazzo se ne accorse e le sorrise – Grazie, mi hai risparmiato un bel po’ di dolore – le disse sforzando un sorriso.
La ragazzina arrossì leggermente e sussurrò un “prego” così flebile che quasi non si udì, Lucas faceva sempre quell’effetto alle ragazzine.
- Comunque, quello che volevamo dirti prima, è che noi ci fidiamo di voi ma che non sappiamo se i nostri genitori sarebbero d’accordo su quello da… - incominciò a spiegare la biondina; anche lei riusciva a passare da un discorso ad un altro con estrema facilità.
- Zitta – le intimò Lilia.
Questo non fece piacere alla biondina che stava per replicare non molto cortesemente, ma poi il rumore si ripeté.
Passi, non tutti appartenenti ad esseri umani, si stavano avvicinando nella loro direzione.
Le tre ragazzine si misero in guardia; la biondina allungò una mano nell’aria e tirò fuori dal nulla un boomerang bianco con degli strani disegni sopra.
La ragazzina vicino a lei impugnò con più forza il bastone, ora che erano più vicine Lilia riusciva a vedere che anche su quello vi erano dei strani disegni.
Per ultima, anche lei allungando una mano nel nulla, la ragazzina che l’aveva aiutata a curare Lucas, aveva preso in mano una strana spada con la lama leggermente ricurva ma non per questo doveva essere meno letale.
I passi si fecero sempre più vicini, Lilia strinse con la mano la spalla sana di Lucas e si scambiarono uno sguardo d’intesa annuendo con vigore.
Lilia si alzò in piedi mettendosi davanti a lui per proteggerlo, si portò le mani al collo e sganciò la catenina che si trasformò subito in una spada ad una mano di bronzo celeste.
I passi si interruppero, ma il rumore di zampe sul terreno secco aumentò d’intensità; gli animali che lo producevano dovevano essere vicini ma, soprattutto, dovevano essere molti.
Il rumore continuò ad aumentare, Lilia era circondata dalle tre ragazzine che rimanevano rivolte verso il bosco aspettando l’arrivo del nemico.
La nipote di Poseidone fece un respiro profondo senza chiudere gli occhi; voleva continuare a mantenere il contatto visivo con la foresta che la circondava e con il pericolo che celava.
I passi rallentarono, gli animali si stavano avvicinando cautamente ma non erano per nulla intimoriti; insieme al rumore di legni e foglie schiacciate dalle zampe leggere e agili, si unirono dei bassi ringhi e centinaia di occhi gialli apparvero nell’oscurità insieme al luccichio di altrettante zanne snudate.
Lupi, non c’era nessun altro animale che potesse essere così silenzioso e allo stesso tempo incutere così tanto timore soltanto guardandoti.
Gli animali iniziarono ad avvicinarsi uscendo dall’ombra della foresta e diventando nitidi sotto la luce della luna che sembrava esser diventata più intensa.
Il manto bianco e grigio risplendeva alla luce lunare come se fosse intessuto con dei fili d’argento.
Le tre ragazzine si misero a semicerchio cercando di coprire tutti i lati e difendere Lucas seduto al centro del cerchio, lasciando un lato da difendere a Lilia.
Lilia sospirò e accennò un impercettibile sorriso, colpì la spada sul pomo e si rimise tranquillamente la collanina al collo senza preoccuparsi dei lupi che li stavano accerchiando.
- Cosa fai? Così lasci un lato scoperto e metti in pericolo tuo fratello! – le disse la biondina senza distogliere lo sguardo da un lupo che le si stava avvicinando snudando le zanne.
Lilia sospirò e si sedette di fianco a Lucas incrociando le gambe; anche il suo gemello era calmo, la paura per gli assalitori era passata e adesso le sue spalle, anzi la spalla sana, era rilassata.
- Vi conviene sedervi – le avvertì Lilia – Non ci attaccheranno se non saremo noi a farlo per primi – spiegò tranquillamente come se stesse raccontando ad una sua amica cos’aveva fatto di bello quel weekend – Ci accerchieranno e aspetteranno che le loro padrone arrivino a decidere come comportarsi con noi – finì lanciando uno sguardo ai lupi che continuavano a ringhiare contro le tre ragazzine.
- E credi che le loro padrone ci lasceranno andare? – le chiese la ragazzina di colore cercando di non mostrarsi troppo preoccupata o arrabbiata.
- Se non gli uccidi i lupi ci sono alte probabilità che lo facciano – le rispose.
Passò ancora un secondo prima che le ragazzine si decidessero ad abbassare, anche se molto lentamente, Boomerang, bastoni e spade.
Indietreggiarono senza perdere un attimo di vista i lupi e si andarono a sedere di fianco a Lilia e Lucas.
Come predetto dalla nipote di Poseidone i lupi le accerchiarono, ma smisero di ringhiargli contro.
Si acquattarono intorno a loro creando un cerchio offensivo; se uno solo di loro fosse scattato in avanti cercando di fuggire o di attaccare un lupo, i suoi compagni gli sarebbero saltati subito addosso immobilizzandolo prima che lo sprovveduto potesse anche solo pensare alla cavolata che aveva appena fatto.
Attaccare un branco di lupi non era mai stata una buona idea e mai lo sarebbe stata.
Passarono quasi cinque minuti prima che si udissero dei passi umani ma, al contrario, passarono solo pochi secondi da quel rumore prima che apparissero le proprietarie dei lupi.
Dal bosco apparvero due ragazze e una giovane donna, tutte e tre abbigliate con una tenuta mimetica grigio e argento; tutte e tre stavano impugnando un arco e portavano sulla schiena una faretra piena di frecce con le piume dell’incocco argentate.
I lupi si girarono verso le tre arrivate e chinarono la testa come per inchinarsi al loro cospetto, Lilia sorrise alle due ragazze, poi fissò la giovane donna e fece un leggero inchino con la testa imitata subito da Lucas – Divina Artemide – salutarono rivolgendosi alla giovane donna.
Artemide li salutò con un leggero cenno del capo ma senza neanche l’ombra di un sorriso sul volto.
- Vi aspettavamo nella radura, cosa ci fate qui? – chiese Talia rimettendosi l’arco a tracolla e avvicinandosi al cerchio di lupi che si aprì lasciandola passare senza nessuna esitazione.
- Un mostro ci ha attaccato, solo che poi è scappato e lo abbiamo inseguito sino a qui – le rispose Lilia alzandosi in piedi – Stavamo aspettando il tuo segnale Zia, ma il mostro è arrivato prima – si scusò Lilia con un alzata di spalle.
- Sospettavamo qualcosa del genere – ammise l’altra cacciatrice ( che a memoria di Lilia si chiamava Emily ) facendo un passo avanti ma senza riporre l’arco – Noi abbiamo ritardato perché un gruppo di Purificatori ci ha tagliato la strada – spiegò.
- Noi invece abbiamo trovato delle maghe non figlie di Ecate e Lucas si è slogato una spalla… mi sa’ che a stranezze vi battiamo – scherzò Lilia lasciandosi scappare una risata.
- I Purificatori non sono una stranezza semidea, sono la normalità ormai – la riprese Artemide fissandola con i suoi occhi che sembravano piombo fuso.
Lilia si zittì all’istante e abbassò lo sguardo; era da quasi tre anni che vivevano con gli Dei ma era sempre difficile capire quando si poteva o no, scherzare con loro.
La Dea la fissò ancora per qualche secondo e poi spostò lo sguardo sulle altre tre ragazzine che erano ancora sedute per terra e la fissavano sbalordite, la biondina aveva persino la bocca dischiusa in un espressione di puro stupore.
Lo sguardo di Artemide, se possibile, divenne ancora più duro e freddo ma non proferì nessuna parola: era una delle poche Dee a cui non piaceva immischiarsi nelle faccende di semidei e mortali.
Talia seguì lo sguardo della Dea e si accigliò vedendo le tre ragazzine, come se si fosse accorta della loro presenza solo in quel momento.
- Voi siete…? – chiese
- Suppongo le tre maghe non figlie di Ecate – le rispose la ragazzina di colore usando le parole di Lilia.
- Ci siamo scontrati mentre inseguivamo il mostro, sono dalla nostra parte – le spiegò Lucas.
Se Talia non era convinta non lo diede a vedere, al contrario di Emily, invece, che guardava le sconosciute con aperta ostilità:
- Se non siete semidee, come potete essere maghe? – gli chiese la cacciatrice sospettosa
- Lo siamo di nascita… i nostri genitori lo erano e lo siamo diventate anche noi – le spiegò la ragazzina – Solo che noi abbiamo scelto di seguire un percorso diverso e … -
- Già che ci sei digli anche dove si trovano i nostri rifugi, consegnagli i papiri con scritti gli incantesimi di difesa e occultamento e, perché no, rivelagli anche i nostri punti deboli – la sgridò la biondina di nuovo sul piede di guerra.
- Ru abbiamo davanti una Dea, credi davvero che stiano ancora dalla parte dei Purificatori? – le chiese la ragazzina che prima aveva aiutato Lilia.
- Non sappiamo se lei sia una vera Dea… insomma… è… -
- Ora basta – la interruppe Artemide prima che la biondina potesse dire una parola di troppo e scomoda per la Dea; la ragazzina si zittì all’istante.
- Dobbiamo rimetterci in cammino se vogliamo arrivare al Campo Mezzosangue prima dell’alba – continuò Artemide rivolgendosi a Talia ed Emily.
- Se loro non sono semidee non è sicuro portale al Campo – le ricordò Emily.
A Lilia quella cacciatrice non era mai piaciuta molto, però doveva ammettere che doveva avere fegato per  andare contro un ordine diretto della sua superiore non che Dea dal carattere non troppo amichevole.
- Loro verranno con noi – replicò Artemide senza esitazione
- Ma, mia signora… - si azzardò a replicare Emily
- Ho detto che loro verranno con noi – le ripeté Artemide indurendo il tono della voce e facendo capire che non c’era nient’altro da aggiungere o da replicare.
Emily capì che sarebbe stato inutile insistere così chinò il capo – Come vuole mia Signora -.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Lilia si chinò e diede una mano a Lucas a rimettersi in piedi; il suo gemello era ancora un po’ debilitato dal riposizionamento della spalla e, nonostante i due cubetti di ambrosia, si vedeva che era stanco.
- Se posso permettermi – incominciò Lilia rivolgendosi sia a sua zia che ad Artemide; la Dea non la fulminò e lei lo prese come un incitamento a continuare – Siete solo voi? Pensavamo che sarebbero venute molte più cacciatrici… non è sicuro per loro stare all’esterno – spiegò mentre continuava a sorreggere il fratello.
- Le altre cacciatrici ci hanno superato, probabilmente ora saranno già arrivate al Campo Mezzosangue; non preoccuparti stanno bene – la rassicurò Talia mentre grattava tra le orecchie un lupo che aveva chiuso gli occhi e si stava godendo le coccole inaspettate alzando la testa verso la mano della padrona.
Sembrava la Signora O’Leary  quando le grattavi un orecchio, chiudeva gli occhi e iniziava ad ansimare con la lingua di fuori per poi, dopo qualche secondo, sdraiarsi sulla schiena e pretendere che tu le grattassi la pancia; impresa assai ardua visto che era un segugio infernale.
Lilia si sentì leggermente rassicurata, scortare una Dea non era un compito semplice, anche se Setne aveva allentato leggermente la stretta rispetto ai primi tempi, era sempre molto rischioso trasferire una Dea, o un Dio, da un posto ad un altro; soprattutto se si trovavano nelle condizioni di Artemide.
- Ora andiamo – tagliò corto la Dea mettendosi in cammino.
Talia le si mise al fianco ma non prima di aver lanciato uno sguardo da: vostra-madre-non-ve-la-lascerà-passare-liscia in direzione dei gemelli.
I lupi li accerchiarono, le tre ragazzine furono spinte al centro insieme a Lilia e Lucas mentre invece Emily rimase indietro nella retroguardia chiudendo la fila.
Lilia si mise a parlottare sottovoce con suo fratello, mentre le tre ragazzine li seguivano stando bene attente a non avvicinarsi troppo ai lupi o ad Emily:
- Secondo te la mamma mi spedisce dalla nonna? – chiese all’improvviso Lilia al fratello con una nota di timore nella voce.
- Perché dovrebbe mandarti dalla nonna… Lili, abbiamo compiuto ventun anni, siamo maggiorenni, non c’è più bisogno che un nonno ci sorvegli – le ricordò
- Intendevo come punizione… - gli spiegò Lilia
Lucas scoppiò a ridere ma se ne pentì subito dopo perché il riso si trasformò in una smorfia di dolore causata dalla spalla ferita – Stare con la nonna non è una punizione, e poi non è colpa tua se mi si è slogata la spalla - le ricordò.
Lilia lo guardò come per chiedergli se la stesse prendendo in giro – Primo. La mamma mi sgriderà per non essere stata più attenta e aver lasciato che ti ferissi; Secondo. Passare un intero pomeriggio con Atena è una punizione se assomigli troppo al nonno – gli ricordò.
Lucas rise, sta volta più piano e con sua somma gioia la spalla non si fece sentire.
- Sai cosa mi piacerebbe? – le sussurrò sorridendole pensieroso – Passare un pomeriggio con la nonna Sally e nonno Frederick… - le confessò.
Sul viso dei gemelli apparve un sorriso triste carico di malinconia – Anche a me Lucas… -.
Era da quando si erano trasferiti al Campo Mezzosangue permanentemente che non vedevano i loro nonni mortali.
Da quando erano incominciate le retate nelle case dei semidei, si erano sentiti con i nonni mortali attraverso un ultimo messaggio Iride e poi basta, ogni contatto era stato vietato per non mettere in pericolo le vite dei loro cari mortali.
Costava molto, sia a loro padre sia a loro madre, non poter più vedere i genitori mortali mentre invece vedevano anche fin troppo quelli divini.
Camminarono in silenzio accompagnati solo dal rumore del terreno scricchiolante sotto i loro piedi per diversi minuti, le orecchie tese a percepire ogni minimo rumore nel caso che dei Purificatori, o qualche mostro, si fossero avvicinati.
Come al solito fu Lilia a rompere il silenzio, si girò e incominciò a camminare di schiena sorridendo; probabilmente l’idea di essere così vicina a casa, ad un luogo sicuro, la metteva di buon umore.
- Allora, suppongo che almeno i vostri nomi possiate dirceli – incominciò guardando le ragazzine e sorridendogli amichevole.
- Penso di si – ammise la ragazzina di colore – Io sono Sarah – si presentò.
- Io mi chiamo Fahime, piacere – aggiunse subito dopo l’aiutante di Lilia.
La biondina esitò un secondo a parlare, poi ricevette una gomitata e uno sguardo assassino da Sarah e si decise – E io sono Ruby – concluse.
Lilia sorrise e Lucas fece lo stesso girandosi un secondo all’indietro – Io invece sono Lilia e lui è il mio gemello Lucas – spiegò Lilia indicandolo.
- Non credo ci fosse bisogno di specificare che siamo gemelli Lili… - le ricordò Lucas esasperato
- Hai ragione, perché noi due siamo due gocce d’acqua – lo rimbeccò lei ridendo.
Lucas sospirò, poi la strada iniziò a farsi leggermente in salita e il ragazzo si concentrò soltanto sul non perdere l’equilibrio mentre saliva.
- Quindi siete di Brooklyn – continuò Lilia camminando sempre all’indietro incurante della leggera pendenza – Noi siamo di Manhattan, o almeno, vivevamo lì prima di… beh, di tutto questo casino – commentò con un sospiro.
- Già, è proprio un bel casino – assentì Ruby sconsolata
- Ruby, sai che tua madre non vuole che dici parolacce – l’ammonì Fahime
- Casino si può dire, è un eccezione – le rispose a tono.
Fahime sospirò esasperata ma lasciò perdere, probabilmente sapeva che era una causa persa discutere con Ruby.
- E adesso dove vivete? – chiese Sarah senza curarsi dello scontro verbale tra le due amiche.
Lilia sorrise – Presto lo vedrai, ormai ci siamo è in cima a questa collina. –
Come se la vicinanza a casa avesse ridato vigore a tutti, senza accorgersene, aumentarono il passo e in poco tempo furono in cima alla collina, Talia e Artemide furono le prime a sparire al di là mentre invece i ragazzi si fermarono per un secondo – Eccoci, arrivati – disse Lilia contenta e sollevata.
- Ma è una collina… - commentò Fahime delusa e confusa
Emily rise alle sue spalle – Fai un passo avanti – le suggerì.
Fecero tutti qualche passo avanti e all’improvviso, dal nulla, davanti a loro, apparvero semidei che correvano da una parte all’altra, bracieri, cabine e costruzioni di vario genere tutte in stile Greco.
Lilia si girò sorridente verso le ragazzine che erano rimase immobili fissando tutto sgomente:
- Benvenute al Campo Mezzosangue, base ribelle e… casa -.


Ed eccolo qui :)
Lo ammetto, mi piacciono i finali un po' aperti :P
Comunque, Cosa ne pensate del capitolo? :)
Sono contenta  che il primo vi sia piaciuto e che siate ritornati in tanti a recensire e a seguire :) Prometto che da oggi tutti i Giovedì ( scanso cataclismi o indisposizioni gravi) pubblicherò un capitolo :)
Ringrazio tutti quelli che seguono, che hanno messo la storia tra i preferiti o che sono passati a leggerla e che l'hanno recensita. Un ringraziamento speciale va a palmetta0708 e Talitha_love che mi hanno aiutato a scegliere il titolo per la Fanfiction e a AxXx e Darck_Angel che mi fanno da beta lettori e consiglieri :D
Direi che per ora è tutto, aspetto le vostre recensioni,
un abbraccio,
Darkness_Angel.


 

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Capitolo 3
*** III. ***


'Sera a tutti :)
Ed eccomi in tempo con il terzo capitolo nonostante tutti gli impegni che mi sottraggono alla scrittura :D
Allora, direi che non ci sono molte cose da dire, solo che riapparirà qualche personaggio ( No, non è Aibileen :D )
Direi che per ora è tutto,
Buona Lettura :)

III.

 
Appena furono nei confini sicuri del campo i lupi di dispersero lasciando i ragazzi da soli insieme ad Emily.
Lilia prese Lucas per il braccio sano e lo aiutò a scendere mentre le tre ragazzine li seguivano continuandosi a guardare intorno, incapaci di credere che quella davanti ai loro occhi fosse la realtà.
Emily si congedò raggiungendo le altre cacciatrici nella casa di Artemide, mentre invece, la Dea, stava abbracciando il fratello, Apollo, entrambi felici di essersi ritrovati sani e salvi.
- Lilia, Lucas! –
Lilia sorrise e fece in tempo a staccarsi dal fratello prima che Annabeth arrivasse di corsa e li stringesse forte in un abbraccio.
Lucas si lasciò scappare un gemito quando la madre gli strinse il braccio ferito.
- Cosa è successo? Le cacciatrici sono arrivate ma ne voi, ne Artemide eravate con loro, ho creduto che vi avessero catturati – gli spiegò Annabeth apprensiva guardando i figli.
- Tranquilla mamma, c’è stato solo un piccolo inconveniente ma stiamo tutti bene… più o meno – la rassicurò Lucas in tono calmo; l’ultima cosa che volevano era far preoccupare la loro madre più del necessario.
Annabeth guardò Lucas che aveva il braccio ferito nascosto sotto la maglietta – Cosa ti sei fatto? – gli chiese toccandogli piano la spalla per non fargli male.
- Sono caduto e la spalla si è slogata, ma Lili me l’ha rimessa a posto – la tranquillizzò.
Annabeth guardò incerta il figlio e poi la figlia, i gemelli aspettarono; se loro madre era di buon umore allora forse la sgridata si sarebbe evitata, se invece era irritata o arrabbiata per altre ragioni, si sarebbero dovuti sorbire una bella lavata di capo.
Annabeth sospirò esasperata – Forza Lucas, vieni che ti accompagno in Infermeria – gli disse avvolgendogli la schiena con un braccio e lasciandogli un bacio su una tempia.
Lilia si trattenne dal ridere, la mamma era in modalità “proteggi il cucciolo” – Mamma sono maggiorenne… - le ricordò Lucas ma senza scostarsi di un millimetro dal suo abbraccio.
Annabeth sospirò di nuovo e scosse la testa sorridendo; non l’avrebbe mai ammesso ma le dispiaceva che i suoi bambini fossero ormai diventati adulti, o almeno due di loro…
- Vostro padre sta arrivando, si era fermato a parlare con Talia – spiegò per scacciare dalla mente pensieri troppo tristi per essere riportati a galla.
- Bene, noi abbiamo incontrato delle nuove ribelli che si possono unire al gruppo – disse Lilia facendo un passo di lato e indicandole le tre ragazzine.
Annabeth si accigliò – Sono semidee? – le chiese dubbiosa
- E’ una cosa complicata – incominciò Lilia che non aveva voglia di spiegare per l’ennesima volta chi fossero le ragazze – sappi solo che sono dalla nostra parte – la rassicurò.
Annabeth osservò ancora una volta le tre ragazzine che stavano vicino a Lilia ma tenevano la testa china cercando di non incrociare il suo sguardo severo; dovevano essere molto più piccole dei gemelli.
Annabeth stava per parlare quando fu interrotta dall’arrivo di Percy – Tutti bene? – chiese guardando il figlio che se ne stava ancora nell’abbraccio della madre e la figlia che invece sorrideva contenta – Lucas è ferito lo porto in Infermeria, tu controlla Lili e le nuove arrivate – gli disse Annabeth in tono di comando.
- Certo – le rispose Percy annuendo – E’ qualcosa di grave? – chiese poi guardando Lucas.
- Spalla lussata – gli rispose il figlio con un sorriso rassegnato.
Il padre gli scompigliò i capelli – Andate, credo che Will ci sia ancora – aggiunse.
Annabeth annuì e poi si allontanò verso l’Infermeria con il figlio mentre gli diceva qualcosa, probabilmente lo stava sgridando e allo stesso tempo consolando.
Quando Annabeth e il figlio furono spariti alla vista, Percy si girò verso Lilia e le nuove arrivate per poi sorridere a tutte e quattro – Allora Lili, hai trovato delle nuove semidee? – le chiese.
- Non sono semidee – lo informò subito
- Si, siamo maghe, ma non siamo figlie di questa Ecate – chiarì subito Ruby prima che il discorso su chi fossero i loro genitori fosse ripreso di nuovo.
Percy si accigliò, quella faccenda era un enigma per Annabeth, non per lui. Passò qualche minuto in cui il silenzio fece da padrone mentre Percy rifletteva – Forse è meglio raggiungere tua madre, lei saprà sicuramente qualcosa più di me – disse Percy rivolgendosi alla figlia.
- Si, forse è meglio papà – convenne Lilia sorridendo e scuotendo leggermente la testa dopo aver visto l’espressione un po’smarrita sul volto del padre.
Si avviarono tutti e cinque verso l’Infermeria; per raggiungerla bisognava attraversare buona parte del Campo; probabilmente Annabeth aveva fatto percorrere la strada a Lucas a passo svelto in modo da arrivare il prima possibile.
Il Campo era come Lilia lo aveva lasciato, con quell’allegria che si poteva sentire timida e ferita sotto una pesante coltre di tristezza e paura.
Il sole doveva ancora sorgere e i semidei in giro per il campo erano ancora pochi, ma dalle fucine della casa di Efesto si stava già alzando del fumo.
In un angolo Artemide e Apollo stavano parlando, probabilmente lei stava facendo le ultime raccomandazioni al fratello prima che partisse; si erano appena ritrovati, dopo due mesi di separazione, e non erano ancora riusciti a stare insieme per più di qualche minuto.
All’improvviso Lilia capì perché Artemide fosse così impaziente di arrivare al Campo prima che sorgesse l’alba, voleva solo rivedere suo fratello.
Passarono oltre ma Lilia riuscì a scorgere con la coda dell’occhio i due fratelli che si abbracciavano – Posso farti una domanda? – chiese Sarah mettendosi al fianco di Lilia e interrompendo il filo dei suoi pensieri.
- Certo, dimmi – le disse sorridendole
- Hai detto di essere una semidea, ma cos’è una semidea? – le chiese dubbiosa.
- Un semidio è il figlio di un mortale e di un Dio o di una Dea – le spiegò
- E chi è il tuo genitore divino? – le chiese incuriosita Fahime che era stata ad ascoltare attentamente facendo anche lei un passo avanti.
- Io sono una figlia di semidei, ma mio padre è figlio di Poseidone – davanti a loro Percy alzò la mano come avrebbe potuto fare uno studente che rispondeva all’appello durante la prima ora di lezione – E invece mia madre, quella donna bionda che c’era prima, è figlia di Atena – le spiegò Lilia.
- Ma quindi quella Artemide… era veramente Artemide la Dea della caccia che si studia a scuola? – chiese Fahime dubbiosa.
- Si, era proprio lei in carne ed ossa -.
La ragazzina si fece dubbiosa – Ma… non dovrebbe essere una Dea vergine? – le chiese.
Lilia sospirò sconsolata – E’ una lunga storia, ve la racconterò un’altra volta – gli disse cercando di sorvolare sul discorso.
Quando Setne era riuscito a sottomettere gli Dei si era assicurato di demoralizzarli completamente privandoli di qualunque loro segno distintivo: a Zeus era stata presa la folgore, a Poseidone il tridente, ad Ade l’elmo dell’invisibilità, ad Atena l’egida e così via, ogni Dio era stato privato della cosa che lo rappresentava.
Artemide era quella a cui era andata peggio; non avendo altri segni distintivi che la sua cerva e il suo voto di castità, i Purificatori avevano pensato bene di prenderseli entrambi.
La cerva era stata uccisa appena la Dea era stata catturata;  la spedizione di semidei era riuscita a liberare gli Dei catturati ma, circa otto mesi prima, Artemide era stata catturata una seconda volta.  Era andata via dal Campo insieme ad alcune sue cacciatrici per un giro d’ispezione per verificare che non ci fossero mostri nelle vicinanze, ma i Purificatori avevano sistemato trappole nei boschi e nelle strade di tutta Long Island per catturare più semidei possibili non sapendo esattamente dove fosse il Campo. A quel tempo loro non sapevano ancora l’ubicazione delle trappole e una cacciatrice aveva rischiato di cadere dentro ad una di esse se non fosse stato per Artemide che, localizzata la trappola, l’aveva fatta scattare prima che ci potesse cadere la ragazzina; l’unico problema fu che, per far scattare la trappola, la Dea dovette usare se stessa.
Appena la trappola si fu azionata la Dea si ritrovò in una rete che iniziò ad indebolirla all’istante rendendola innocua.
Le Cacciatrici avevano provato a liberarla ma lei gli aveva ordinato di andarsene; non voleva che i Purificatori le catturassero.
Quando i soldati erano arrivati le cacciatrici si erano dovute nascondere, anche se contro voglia, e avevano assistito impotenti alla cattura di Artemide e allo scherno alla quale i Purificatori l’avevano sottoposta mentre la trascinavano nelle prigioni di uno dei numerosi palazzi di Setne, come se fosse stata un animale appena cacciato e non una Dea.
Quando le cacciatrici erano ritornate e avevano raccontato tutto, al Campo era scoppiato un putiferio. I semidei non riuscivano a decidere come agire e gli Dei se n’erano chiamati fuori; sarebbe stato troppo pericoloso mandare un gruppo di salvataggio senza avere un buon piano, rischiavano di perdere anche quei semidei oltre alla Dea.
Alla fine Apollo, assecondato dalle Cacciatrici, aveva fatto di testa sua ed era andato a salvare la sorella senza avvertire nessuno.
Erano partiti e avevano fatto irruzione nella prigione, le Cacciatrici raccontavano di non aver mai visto Apollo così furente in vita loro; se qualche purificatore o mortale intralciava la sua strada, il Dio provvedeva subito a sbarazzarsene.
Alla fine avevano scovato la cella di Artemide: l’avevano trovata costretta al pavimento da ceppi di metallo, con numerose ferite vecchie ma anche fresche da cui usciva dell’icore d’orato.
Il gemello l’aveva liberata ma la Dea non era stata solo fiaccata nel corpo, sembrava che anche la sua anima fosse stata torturata.
Questo perché i Purificatori si erano presi anche l’ultima cosa che distingueva la Dea dalle altre: la sua verginità.
Qualche settimana dopo, quando Artemide si era ripresa quasi del tutto dalla sua prigionia ed era finalmente uscita dalla sua stanza della casa otto, si era scoperto che presto sarebbe nato il primo figlio di Artemide della storia.
Tutti ne erano rimasti scioccati, sia Dei che semidei; se anche la Dea vergine per eccellenza era incinta, voleva dire che il mondo stava veramente per toccare il fondo.
Artemide aveva confessato ad Atena ( la quale  poi aveva riferito tutto ai suoi nipoti troppo curiosi ) che non credeva che un uomo l’avesse veramente violata.
Un giorno era entrato nella sua cella Setne in persona e aveva incominciato a schernirla; come se non bastasse a farla sentire debole e umiliata essere legata al pavimento con dei ceppi di ferro ed essere costretta a vivere nella sua stessa sporcizia.
Le si era avvicinato e le aveva detto, ridendo, che adesso si sarebbe preso anche l’ultimo pezzo di dignità che le rimaneva.
Nella stanza era entrato un ragazzo, che obbediva ai comandi di Setne come se fosse in trans, e le si era avvicinato, gli occhi scuri ricoperti da un filo di nebbia piantati in quelli chiari della Dea.
Setne l’aveva guardata ridendo mentre lei cercava di allontanarsi inutilmente dal suo assalitore ma trovandosi presto il muro alle spalle.
Il ragazzo, appena era stato a pochi centimetri da lei, l’aveva colpita con tanta forza da farle sbattere la testa contro il muro e farle perdere lentamente conoscenza.
L’ultima cosa di cui si ricordava, prima di perdere completamente i sensi, era stato un calore immenso ed un dolore sordo, che le pervadeva il ventre e lo sterno; dopo di che era caduta nell’oblio.
Atena aveva capito che Artemide non era stata veramente violentata ma che Setne aveva utilizzato quel ragazzo e la sua magia per far avvenire il concepimento e far credere alla Dea che fosse, invece, accaduto il peggio.
Artemide aveva deciso di tenere il bambino, non era di certo colpa sua se era stato concepito in quel modo terribile.
Da quando Setne si era rivelato, Artemide aveva deciso di cambiare aspetto per sfuggire ai soldati; se loro cercavano una bambina, non avrebbero mai fatto caso ad una ragazza poco più che ventenne. Quel cambiamento si era rivelato utile quando il ventre aveva incominciato a gonfiarsi e la gravidanza era diventata evidente; il corpo da bambina non avrebbe mai sopportato una gestazione e un parto.
Il piano di Setne per privare Artemide della sua castità era stato veramente astuto; la Dea non sarebbe stata più vergine quando il bambino sarebbe venuto al mondo e non per colpa di un rapporto carnale con un uomo.
Questo poneva alla Dea due scelte: rimanere vergine dimenticando quella storia ma uccidendo un innocente, oppure, tenere il bambino ma perdere una parte di se stessa.
Lei aveva scelto la seconda opzione, ma nessuno aveva provato anche solo a menzionare l’idea di cambiarle epiteto; Artemide era una Dea vergine e lo sarebbe rimasta anche per i secoli a venire, non importava se avesse avuto un figlio.
 
L’infermeria apparve davanti a Lilia all’improvviso, si era persa nei suoi pensieri e si era isolata da quello che le succedeva intorno; di nuovo.
Negli ultimi anni l’edificio era stato ampliato, in quanto il numero dei semidei al campo era aumentato e, con esso, il numero di malati e feriti.
Alcune fiaccole illuminavo l’entrata dell’infermeria, dietro alcuni vetri, quelli dove le tende non erano tirate, si vedeva una lieve luce e qualche letto vuoto dalle coperte bianche rimboccate.
All’entrata c’erano due semidei che parlavano sottovoce, se Lilia non si sbagliava uno era un figlio di Apollo e l’altro un figlio di Mercurio, probabilmente si stavano mettendo d’accordo per i rifornimenti di medicine mortali.
Percy li salutò con un cenno della mano e loro gli risposero con un cenno del capo e un sorriso, fecero lo stesso con Lilia ma poi guardarono dubbiosi le tre ragazzine di fianco a lei.
- Avete visto Annabeth e Lucas? – chiese Percy prima che i due semidei potessero iniziare a fare domande scomode sulle nuove arrivate.
- Sono dentro, se ne stava occupando Will – gli rispose il figlio di Apollo.
Percy lo ringraziò e poi fece segno alla figlia e alle tre ragazzine di seguirlo dentro, trattandole come se le conoscesse da tempo e non avesse alcun dubbio sulla loro innocenza.
Entrarono in una stanza ampia con una scala sulla destra che saliva al secondo piano, e altri due stanzoni che si aprivano su entrambi i lati.
Davanti a loro vi era un bancone dove, di solito, stava sempre un figlio, o una figlia, di Apollo sempre pronto a ricevere le emergenze notturne quando il numero di guaritori in infermeria era minore.
Stranamente non vi era nessuno, ma qualche secondo dopo il loro arrivo, videro Logan Solace scendere le scale rimanendo stupito di ritrovarseli davanti.
- State tutti bene? – chiese squadrando ad uno ad uno ogni membro del gruppo
- Si, Logan, non c’è nessun ferito – lo rassicurò Percy – Però volevamo sapere dove sono Lucas e Annabeth, ci hanno detto che tuo padre dovrebbe saperlo – gli spiegò.
Logan annuì – E’ su di sopra in magazzino, vado a chiederglielo -.
Il ragazzo risalì le scale di corsa sparendo al piano superiore, rimase solo il rumore dei suoi passi che correvano sul pavimento del piano di sopra.
- Scusate se ci vuole così tanto, ma l’Infermeria è grossa e la notte il Campo va leggermente a rilento – si scusò Lilia sorridendo alle tre ragazzine dietro di loro.
- Non ti preoccupare, anche da noi è così – la rassicurò Sarah comprensiva.
Lilia stava per chiederle come facevano loro a procurarsi le medicine quando Logan ritornò scendendo le scale due gradini alla volta.
- Non c’era mica tutta questa fretta – lo rassicurò Percy dandogli una pacca sulla schiena.
Il ragazzo arrossì ma poi superò il leggero imbarazzo e parlò – Se mi seguite vi porto da Lucas, mio padre mi ha detto dove sono – li informò sorridendo.
Presero lo stanzone che si apriva a destra e lo percorsero tutto in silenzio, qualche letto era occupato e tutti i semidei degenti stavano dormendo.
Prima di arrivare in fondo alla stanza svoltarono in un corridoio laterale che dava su altre stanze più piccole con al massimo quattro letti, di solito li venivano messi i semidei che dovevano rimanere in infermeria per un tempo più lungo rispetto agli altri.
Lilia sentì il senso di colpa e un dubbio pungerle la coscienza: e se avesse peggiorato le condizioni di Lucas risistemandogli la spalla, invece che aiutarlo?
- Perché Lucas è nelle stanze dei malati gravi? – chiese Lilia dando voce alla sua paura.
- Perché papà ha dovuto risistemargli la spalla – spiegò Logan – Tu avevi fatto un buon lavoro Lilia, ma la spalla andava rimessa meglio in asse – concluse.
- Ma adesso sta bene? – gli chiese Percy già in apprensione per il figlio.
- Si, suppongo che starà dormendo adesso. – lo rassicurò – La sua stanza è quella lì, adesso vi lascio che devo andare ad aiutare papà -.
Fece un cenno di saluto e poi tornò indietro sparendo dietro l’angolo – Magari noi rimaniamo fuori… - suggerì Fahime.
- Non credo che alla mamma dispiacerà se entrate, vero papà? Infondo siamo qui per chiedere a lei se conosce qualcosa riguardo a maghe non figlie di Ecate. – ricordò Lilia.
- Se tua madre sapesse chi siamo, allora vorrebbe dire che possiamo fidarci entrambi uno dell’altro – concluse Ruby; la biondina era la più sospettosa del gruppo.
- Certo, ma fate come volete, se non ve la sentite di entrare potete aspettarci qui – le rassicurò Percy con un sorriso per poi aprire la porta ed entrare, senza far rumore, nella stanza.
Lilia si girò verso le tre ragazzine aspettando che le dicessero cosa sceglievano di fare:
 – Vi aspettiamo qui – disse infine Ruby prima che le altre potessero parlare.
- Va bene, torniamo subito. – le rassicurò.
Lilia entrò nella stanza chiudendosi dietro la porta, Lucas era sdraiato in un letto che dormiva beato.
Il braccio ferito era fasciato con bende pulite in modo che la fasciatura inglobasse sia la spalla che  il petto.
Sua madre era seduta sul letto di fianco a lui e gli accarezzava dolcemente la testa come faceva quand’erano bambini, quando prendevano l’influenza ed erano costretti a stare a letto; gli accarezzava la testa come faceva con Aibileen quando voleva rassicurarla che tutto sarebbe andato bene.
Lilia scacciò il pensiero triste della sorella dalla mente e sorrise ai genitori:
- Come sta? – chiese alla madre
- Era solo stanco – la rassicurò sorridendole
- Senti Annie, volevamo parlare un po’ con te delle nuove arrivate… sono solo bambine ma non vorrei che ci fossimo portati dei nemici in casa – le spiegò il marito.
- D’accordo ma, primo: ne parliamo fuori di qui perché Lucas deve riposare. Secondo: non chiamarmi Annie – gli rispose sorridendo dolcemente e, allo stesso tempo, minacciandolo con gli occhi.
- Agli ordini Sapientona -
Lilia si trattenne dal ridere, le piaceva un sacco quando i suoi genitori scherzavano insieme come se fossero ancora dei ragazzini e come se il mondo non gli si stesse rivoltando contro.
Annabeth fece ancora una carezza a Lucas sulla fronte e poi vi lasciò un bacio prima di seguire figlia e marito fuori dalla stanza.
Le tre ragazzine erano ancora lì che li aspettavano: Ruby era appoggiata con la schiena al muro aspettando pensierosa, forse un po’ annoiata, mentre Fahime e Sarah stavano giocando a “battimano” per ingannare l’attesa.
Quando li videro uscire, però, tutte e tre si misero sull’attenti osservando Annabeth con uno sguardo leggermente intimorito e preoccupato; non importa che sia la tua o quella di un altro, se una mamma è seria incute sempre un po’ di timore.
- Venite, andiamo fuori – gli disse Annabeth addolcendo lo sguardo.
 
Uscirono dall’infermeria in silenzio, fuori il sole stava già iniziando a sorgere e la luce aranciata del mattino li prese alla sprovvista.
Percy e Annabeth si fermarono fuori dall’infermeria e si misero a guardare le ragazzine, compresa la loro figlia:
- Allora, avete detto di essere maghe ma non figlie di Ecate. – incominciò – So’ che è possibile, ma vorrei sapere i vostri nomi, spero che vi fidiate abbastanza da dirceli. Posso assicurarvi che, se voi non ci farete del male, noi non ve ne faremo – le rassicurò Annabeth.
Le tre ragazzine si guardarono un secondo per capire cosa fare; la biondina sembrava essere quella più sospettosa e più indecisa ma poi Sarah le lanciò uno sguardo severo e anche lei si convinse scrollando il capo e sospirando.
- Io sono Sarah Stone – si presentò indicandosi con la mano – E lei è la mia gemella, Ruby – disse indicando la biondina che alzò una mano in segno di saluto, ma molto svogliatamente.
I Jackson presenti rimasero un attimo sconvolti; sembrava impossibile che quelle due fossero gemelle.
Sarah era una bella ragazzina di colore con gli occhi azzurri e i capelli scuri, mentre invece sua sorella aveva la pelle chiara, i capelli biondi e gli occhi scuri.
Lilia pensò che sarebbero state perfette per fare la pubblicità della Ringo.
- Io invece sono Fahime Kane -.
Ci mancò poco che a Percy e ad Annabeth venisse un colpo; sbiancarono all’improvviso e sgranarono gli occhi sorpresi.
- Kane… come Sadie e Carter Kane? – chiese Annabeth senza preoccuparsi di nascondere lo stupore e la sorpresa.
Lilia capì che i suoi genitori dovevano essersi accidentalmente dimenticati di raccontare qualcosa d’importante sulla loro infanzia a lei e ai suoi fratelli.
Fahime guardò i due adulti interdetta e poi annuì – Si… Carter è mio padre… –
- E Sadie è nostra madre – aggiunse subito Ruby intromettendosi nel discorso.
Percy e Annabeth si guardarono scambiandosi un sorriso – Mamma, papà, come fate a conoscere i loro genitori? – chiese Lilia curiosa e chiudendo gli occhi a fessura.
Annabeth sorrise (un sorriso tirato, la domanda la stava mettendo in difficoltà ) poi, come sempre, il suo cervello le fornì una risposta sensata e che l’avrebbe levata dai pasticci.
- Li abbiamo incontrati una volta quand’eravamo giovani… ci siamo ritrovati per sbaglio a dover uccidere lo stesso mostro, ma niente di più – la rassicurò.
- Volete dire un mostro mezzo Greco e mezzo Egizio? – chiese Sarah incuriosita al pari di Lilia; neanche i loro genitori dovevano avergli mai parlato di Percy e Annabeth.
- Il mio era solo Egizio, credo… era un enorme coccodrillo che ha quasi mangiato… -
- Che ha quasi mangiato un pegaso – lo rimbeccò Annabeth con uno sguardo da “ non puoi dirglielo sei impazzito Testa d’Alghe!".
- E invece il tuo mamma? – continuò ad indagare Lilia – Il tuo mostro com’era? –
- Non me lo ricordo tesoro, è stato tanto tempo fa – le rispose la madre sorridendo – L’importante è che adesso siamo tutti sicuri che nessuno è una spia di Setne, quindi direi che per sta notte potete dormire qui e domattina manderete un messaggio Iride ai vostri genitori, così li potrete rassicurare che state bene – spiegò Annabeth cambiando repentinamente discorso e rivolgendosi alle ragazzine.
Lilia si sentì il petto scoppiare dalla rabbia, odiava quando i suoi genitori divagavano oppure cambiavano discorso non volendo parlare di quello che stava succedendo.
Odiava che la considerassero ancora una bambina, aveva ventun anni, per gli Dei! Era abbastanza grande per prendersi una sbronza ma non per sapere cosa poteva nascondersi, di buono o cattivo, dietro l’arrivo delle tre ragazzine.
- Pensi che tuo padre si arrabbierà se le facciamo dormire nella casa di Poseidone? – chiese Annabeth, all’improvviso, rivolgendosi al marito – Non mi sembra il caso di farle andare da Ermes… - gli spiegò accigliandosi.
- Non credo che papà abbia problemi – la rassicurò.
- Mamma è l’alba ormai… è inutile andare a dormire – le ricordò Lilia.
Annabeth le lanciò uno sguardo di fuoco e Lilia si sentì pietrificare dagli occhi grigi della madre:
- Siete state fuori tutta la notte, avete bisogno di dormire – le ricordò con un tono della voce stranamente dolce ma autoritario.
- D’accordo – cedette alla fine Lilia, non aveva voglia di mettersi a litigare con sua madre per l’ennesima volta.
Annabeth annuì soddisfatta – Puoi accompagnarle tu? Così noi andiamo ad avvertire Chirone – le spiegò poggiandole una mano su una spalla.
- Va bene – sospirò Lilia abbastanza scocciata.
Dopo di che si girò verso le ragazzine e gli sorrise – Andiamo – gli disse facendogli segno di seguirla; le tre ragazzine salutarono Percy e Annabeth per poi seguire Lilia, affiancandola.
- Ce l’ha con me – disse all’improvviso Annabeth appena la figlia non fu più a portata d’orecchio.
- Non dire sciocchezze – la rassicurò Percy tirandola a se’ e abbracciandola.
- Hai visto come mi rispondeva Percy… forse avremo dovuto parlargliene, è grande, non potremo proteggerla per sempre, e nemmeno suo fratello pur troppo – sospirò Annabeth rifugiandosi nell’abbraccio del marito.
- Lo so’ Annabeth, loro crescono, noi invecchiamo, ma entrambi diventiamo sempre più testardi. E’ normale scontrarsi, vedrai che le passerà – la rassicurò dandole un bacio sulla fronte. – E in ogni caso c’è un altro problema da affrontare adesso. – le ricordò serio.
- E sarebbe? – gli chiese Annabeth scostandosi dall’abbraccio e fissandolo interdetta.
- Pensavo che sarebbe meglio se anche noi ci facessimo una dormita visto che è tutta la notte che aspettiamo i ragazzi – incominciò.
Annabeth continuò a guardarlo senza capire e spronandolo ad andare avanti – Mi dici dov’è che dormiamo con la casa di Poseidone piena di ragazzine? – le chiese seriamente preoccupato.
Annabeth scoppiò a ridere, ecco un altro motivo per cui lo amava; riusciva sempre a farla ridere.
 – Vieni a dormire nella casa di Atena – gli rispose semplicemente
- Ma lì c’è tua madre… - le ricordò
- E’ tornata Artemide, probabilmente sarà già con lei a discutere su qualcosa – gli ricordò gesticolando e iniziando ad andare verso la casa grande.
- Sicura? Non rischio di subire la sua ira vero? – le chiese raggiungendola
- No, o al massimo domani una civetta ti inseguirà per tutta la giornata – le rispose tranquilla Annabeth continuando a camminare.
 
Quando Lilia si svegliò, o meglio, il suo stomaco la svegliò, il sole pomeridiano filtrava dalle tende semichiuse della casa di Poseidone arrivandole precisamente in faccia e dandole un po’ fastidio
 – Accidenti a te Apollo – sbottò sottovoce in modo che, nessun altro a parte lei, potesse sentirla.
Si tirò su dal letto e diede un occhiata alle altre inquiline dalla stanza: Ruby e Sarah dormivano ancora nel letto a castello di fronte al suo, mentre invece Fahime doveva essere sveglia dato che i suoi piedi spuntavano dal bordo del letto.
Lilia si stiracchiò e poi scese le scalette del letto fermandosi a metà per salutare la ragazzina:
- ‘Giorno – le disse sorridendole
- Buon Giorno anche a te – le rispose smettendo di giocherellare con la catenina che portava al collo e rinfilandola sotto la maglia.
- Tutto bene? – le chiese Lilia scendendo dal letto
- Si, e grazie ancora per averci ospitate e imprestato il pigiama – le disse sorridendole
- Non c’è problema, comunque questa casa non ha molti inquilini e al nonno non dispiace se viene qualche ospite ogni tanto – le spiegò.
- Ci sono pochi semidei di Poseidone?- le chiese Fahime curiosa
- Si, vedi, mio nonno è uno dei pezzi grossi dell’Olimpo e non dovrebbe avere figli semidei secondo un patto che ha fatto con i suoi fratelli anni fa – le incominciò a spiegare – Ma per fatela breve, mio padre è l’unico semidio figlio di Poseidone in circolazione, quindi, a parte lui e mio zio Tyson, che è un ciclope, qui non ci vivrebbe nessun altro – le spiegò.
- Quindi tu stai qui perché sei sua nipote – concluse
- Esatto, ho ereditato i suoi poteri, mentre mio fratello ha preso da mia nonna –
- Quindi lui non dorme qui – rifletté Fahime – Però c’è un letto a castello in più – notò.
- Prima ci dormiva anche mia sorella – le rispose Lilia velocemente
- E adesso dov’è? – le chiese Fahime sorridendo.
Quella famiglia le stava simpatica, sotto alcuni versi le ricordava un po’ la sua.
- E’ morta – le rispose Lilia con un sorriso triste.
La ragazzina sentì il senso di colpa riempirle il petto – Mi dispiace… non avrei dovuto chiedere – si scusò chinando il capo, mortificata.
- Non ti preoccupare, non mi da’ fastidio parlarne – la rassicurò.
Bugiarda, Lilia mise subito a tacere la sua coscienza rinchiudendola dentro una scatola immaginaria.
- Cosa ne dici di svegliare le tue cugine così ci prepariamo e poi andiamo a mangiare qualcosa?- le chiese Lilia con rinnovato vigore.
Fahime annuì e poi scese dal letto andando a svegliare le cugine.
Quando tutte e quattro furono pronte Lilia le accompagnò ai bagni spiegandogli a grandi linee la sistemazione delle cose nel campo così da non perdersi nel caso rimanessero sole.
Dopo che si furono preparate, Lilia decise di andare a cercare i genitori, tanto per avvertirli che, prima di andare da Chirone, lei doveva mangiare ( Ruby appoggiava in pieno il suo pensiero).
Andarono alla casa di Atena ma lì non c’erano già più ma, per fortuna di Lilia, in quel momento passò Jason che sembrava immerso nei suoi pensieri.
- Zio! –
Jason si girò in direzione della voce che lo aveva chiamato e sorrise alla nipote acquisita.
- Lilia sei tornata – le disse stringendola in un abbraccio veloce.
- Si, sai dove sono mamma e papà? – gli chiese senza troppi rigiri di parole
- Prova alla casa di Vittoria, cioè di Nike, credo che fossero lì insieme a Leo e Rachel – gli rispose il figlio di Giove.
Lilia si accigliò, se i  semidei andavano ad interrogare la Dea della Vittoria, voleva dire che presto un impresa abbastanza difficile sarebbe potuta incominciare; non era un buon segno.
- Grazie mille, ci vediamo più tardi – lo salutò
Jason annuì – A dopo – e poi riprese per la sua strada.
Lilia accelerò il passo sino alla casa di Nike, fuori dalla porta i suoi genitori insieme a Leo, Rachel e ad un paio di figli della Dea, stavano discutendo abbastanza animatamente.
Lilia si diresse subito dai suoi genitori ma, quando le videro, sua madre chiuse il discorso con gli altri adulti velocemente e le sorrise.
- Ciao Tesoro, avete dormito bene? – le chiese facendole una carezza sulla spalla
- Benissimo mamma – le rispose frettolosa – Cosa succede? – chiese subito dopo
- Nulla, abbiamo soltanto chiesto un piccolo aiuto a Nike – si intromise Rachel sorridente come al solito – Serviva solo un incoraggiamento divino – spiegò.
- Per cosa? – insistette Lilia con la curiosità alle stelle dovuta alle parole dell’Oracolo.
- Presto dovrò partire per fare una cosa, e mi serviva un consiglio; tutto qui – chiuse il discorso Leo arrivando e poggiando una mano sulla spalla di Percy.
- Quindi… quindi noi non c’entriamo? – chiese Fahime indicando lei e le sue sorelle.
- No, voi non c’entrate. – le rassicurò Annabeth – Però avete fatto bene a venire a cercarci; ieri sera abbiamo già parlato con Chirone e sta mattina voleva vedervi – gli spiegò mantenendo un tono dolce visto che le ragazzine si erano fatte subito preoccupate.
- Eravamo qui per lo stesso motivo mamma, ma prima volevo… - incominciò Lilia, ma Annabeth la interruppe.
- Noi le accompagniamo da Chirone, tu è meglio se vai da tuo fratello – le disse.
- Mamma Lucas può cavarsela da solo e poi volevamo mangiare tutte qualcosa prima di andare da Chirone, eravamo venute qui per questo. –
Annabeth sospirò – Vai da tuo fratello e vedi come sta, noi le accompagniamo alla casa grande e poi ci ritroviamo tutti al padiglione della mensa, va bene? –
Lilia sapeva che, anche se quella era una domanda, in realtà sua madre non avrebbe accettato una risposta negativa – D’accordo…- le rispose alla fine leggermente scocciata.
Il padre le si avvicinò e, dopo averla stretta in un veloce abbraccio, le lasciò un bacio sulla testa.
- Tranquilla, ci vediamo dopo – le disse sorridendole.
Lilia non capì perché suo padre le avesse detto questo.
Non stavano mica partendo per una pericolosa impresa, stavano solo accompagnando delle ragazzine alla Casa Grande.
Lilia decise di non starci troppo a pensare; con i tempi che correvano le era diventato sempre più facile farsi idee sbagliate su situazioni e, soprattutto, sui comportamenti delle persone.
La ragazza si lasciò scappare un sospiro e poi si diresse nella direzione opposta dei suoi genitori verso l’infermeria.

Ed eccolo qui :)
Allora cosa ne pensate?
So' che questi capitoli sono un po' di passaggio ma mi servono per farvi capire com'è la situazione, vi prometto che il IV e il V inizieranno a movimentarsi.
Ringrazio tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferire, che seguono e che recensiscono :) Mi fa sempre piacere ricevere le vostre recensioni.
Il quarto capitolo dovrebbe arrivare in orario, se la scuola non ha idee differenti, quindi Giovedì dovrei riuscire a pubblicare :D
Direi che per ora è tutto,
Un abbraccio,
Darkness_Angel.

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Capitolo 4
*** IV. ***


Salve a tutti!
Per fortuna sono riuscita a pubblicare nonostante la scuola fosse di idee contrarie :D Ma, grazie agli Dei, ormai manca pochissimo alle vacanze di Natale *^*
Allora, giuro che questo è l'ultimo capitolo poco movimentato, anche se è il primo a POV Egizio...
Buona Lettura :)

IV.

 
Fahime pensava di aver visto tutti gli esseri più strani esistenti nei suoi quindici anni di vita ma, quando vide il centauro in piedi sul porticato della casa, dovette ricredersi.
I genitori di Lilia le avevano accompagnate attraverso il Campo ( Fahime non riusciva ancora a credere a come fosse possibile che esistesse una cosa del genere) sorridenti e rassicurandole che quell’incontro era solo una formalità; Chirone doveva incontrarle, visto che era il direttore del Campo, voleva solo conoscerle prima di farle sistemare definitivamente.
Sarah aveva continuato a parlare con i due semidei, per tutta la strada, con la sua solita calma e il suo solito tono diplomatico che riusciva a mantenere anche nelle situazioni d’ansia ( due caratteristiche che non aveva preso sicuramente dalla Zia).
Pensare alla Zia la rattristò un po’.
Era da quasi un anno che si erano trasferiti a Brooklyn con gli zii, dopo che il Primo Nomo era stato attaccato e distrutto da un assalto massiccio da parte di mostri e Purificatori.
Da qualche mese nemmeno la Brooklyn House era stata più sicura e così avevano abbandonato anche quella andando a vivere in una città sotterranea costruita sotto di essa il cui ingresso cambiava ogni settimana.
Ma adesso si trovava in un Campo estivo ( prima cosa assurda) che era stato reinventato a base ribelle ( seconda cosa assurda), anzi, più che una base ribelle sembrava un campo di sopravvissuti; nessuno sembrava aver voglia di ribellarsi, un po’ come da  loro dopo tutto.
Dopo anni di dolore e oppressione anche la minima speranza di un futuro migliore stava ormai scomparendo sostituita da una triste accettazione dei fatti e da un atteggiamento passivo verso ciò che stava accadendo nel mondo.
- Chirone! – la voce di Annabeth riscosse Fahime dai suoi tristi pensieri e le fece focalizzare l’attenzione sulla creatura che stava parlando con un uomo alto, magro e con i capelli neri. Quando Annabeth aveva parlato di “centauro” Fahime aveva sospettato che non si sarebbe trattato di un motociclista, ma mai si sarebbe aspettata  di vedere un vero e proprio centauro come quelli di cui aveva letto a scuola.
- Papà?! – chiesero all’improvviso sbalordite ma all’unisono Sarah e Ruby.
L’uomo che stava parlando con Chirone si girò verso di loro accigliato, sorpreso dall’essersi sentito chiamare “Papà” da due perfette sconosciute.
In effetti, ora che lo osservava meglio, l’uomo davanti a loro poteva essere scambiato per lo zio ( quando lo si osservava oltre il primo strato della Duat) ma ad un occhiata più attenta si vedeva che erano due persone completamente diverse.
- Non è lui… - si affrettò a dire vedendo gli sguardi perplessi dei presenti, prima che potesse succedere qualcosa di brutto.
- E’ vero, ci assomiglia, ma non è nostro padre – convenne Sarah – Ci scusi per il fraintendimento – si scusò girandosi verso l’uomo.
- Non ti preoccupare – le rispose frettolosamente lui per poi tornare a parlare con il centauro.
- Allora va bene? – gli chiese serio
- Ne parleremo sta sera Nico, come si è sempre fatto – gli ricordò con un tono che non ammetteva repliche.
L’uomo si passò una mano nei capelli corvini e sospirò – D’accordo -.
Si girò verso di loro e li salutò frettolosamente prima di andarsene a passo spedito; doveva avere molta fretta.
Chirone osservò l’uomo scomparire e poi portò l’attenzione su di loro – Allora, queste sono le signorine di cui mi avete parlato ieri? – chiese sorridendo alle ragazzine.
- Esatto – disse Annabeth facendo un passo avanti a circondandole con le braccia in un gesto protettivo ma che le faceva avanzare di un passo allo stesso tempo.
- Lei è Fahime – disse poggiandole delicatamente una mano sulla testa – mentre invece loro sono Ruby e Sarah – finì di presentare la semidea toccando la testa anche alle altre due ragazze.
Il direttore del Campo le guardò tutte e tre come se volesse imprimere nella sua mente le loro figure o come se stesse cercando qualcosa nei loro lineamenti.
Dopo un minuto buono il centauro smise di osservarle, abbandonando l’espressione corrucciata e sostituendola con un sorriso amichevole.
- E così voi tre siete maghe della Casa della Vita… -
Fahime sentì il cuore farle una capriola; non solo Percy e Annabeth conoscevano i loro genitori, ma il direttore del Campo conosceva anche la loro istituzione; Lilia aveva ragione a sospettare che i loro genitori gli avessero tenuto qualcosa di grosso, nascosto.
- Come… come… - balbettò Ruby; per la prima volta in vita sua era rimasta senza parole.
- Come facciamo a sapere della Casa della Vita? – disse Chirone finendo la sua domanda
– Semplice, perché è da molti anni che io e il Sommo Lettore ci teniamo in contatto – spiegò Chirone incrociando le braccia sul petto e sorridendo cordiale.
- Vuole dirmi che lei e mio padre vi sentite regolarmente senza che nessun’altro mago sappia niente?!?- chiese Fahime incredula.
All’improvviso si sentì ferita come se qualcuno l’avesse pugnalata e, allo stesso tempo, tradita; da quello che si ricordava non si era mai sentita così.
Era sempre andata fiera del rapporto che aveva con suo padre; da quando era diventata abbastanza grande per capire aveva stretto con lui un patto: lei gli diceva tutto e lui diceva tutto a lei, non importava se fosse stata una cosa triste, brutta o difficile da capire, loro se la sarebbero confidata.
E adesso scopriva che le aveva tenuto segreto un fatto di quella portata, le sembrava impossibile.
- Suppongo tu sia la figlia di Carter Kane – disse Chirone sorridendole accondiscendente come si sorriderebbe ad una bambina capricciosa per farla calmare.
Fahime fece un respiro profondo e cercò di calmarsi; era arrabbiata con suo padre non con quelle persone e in più lei non poteva permettersi di arrabbiarsi troppo.
- Si, sono io – si limitò a rispondere ancora a testa china evitando di guardare negli occhi Chirone e aprendo e chiudendo i pugni per cercare di calmare l’ondata di rabbia che l’aveva travolta all’improvviso.
Fahime si sentì prendere una mano e vide quella di Ruby chiudersi intorno alla sua stringendola forte; alzò lo sguardo sulla cugina e la ragazzina le fece un sorriso strizzandole l’occhio.
- Io, tuo padre e tua madre abbiamo deciso di comune accordo di tenere segreta l’esistenza del Campo, ai maghi, e della Casa della vita ai semidei; avevamo paura che se ci fossimo uniti sarebbe potuto succedere qualcosa di inaspettato e non per forza buono, quindi non devi essere arrabbiata con i tuoi genitori se non ti hanno mai detto nulla – le spiegò.
Fahime riuscì finalmente ad alzare lo sguardo e a incrociare quello di Chirone, ma un’altra ondata di rabbia la travolse; la stava guardando con uno sguardo dispiaciuto e compassionevole, come la guardava sua madre dopo che la vedeva fallire in qualcosa.
Riabbassò lo sguardo e ristrinse con più forza la mano della cugina.
- Anche se non ci siamo rivelati uno all’altro qualcosa di brutto e inaspettato è successo comunque, quindi, penso, che se anche adesso contattassimo i nostri genitori, il mondo non potrà rovinarsi ancora di più di quanto non abbia già fatto – intervenne Sarah.
Chirone annuì e sorrise a Percy ed Annabeth che avevano ascoltato in silenzio, dietro di loro, sino a quel momento.
- E’ quello di cui abbiamo parlato ieri sera- le disse Annabeth sorridendole – pensiamo che sia arrivato il momento di rivelarci e di proporre ai vostri genitori di venire qui al Campo – terminò.
La frase cadde sui presenti portando con se’ solo silenzio e facce stupite.
Fahime non lo diede a vedere, lo stupore si era impossessato dei suoi muscoli facciali impedendo, così, alla gioia di mostrarsi, ma dentro di lei la sentiva saltellare.
Quel Campo era un posto protetto, lì sarebbero stati al sicuro e non avrebbero più dovuto aver paura tutte le volte che un mostro, o un purificatore, si avvicinava troppo al confine delle loro zone protette.
D’accordo, quel campo era pieno di semidei Greci mentre loro erano maghi Egizi, ma sapeva che avrebbero imparato a convivere e, soprattutto, sperava che quell’unione avrebbe potuto portare ad un’alleanza e magari ad un contrattacco.
- Inoltre, il silenzio di questo periodo mi ha preoccupato – aggiunse Chirone - non vorrei mai che fosse successo qualcosa – spiegò parlando ed incupendosi.
Tutte e tre le ragazzine trattennero il respiro; loro erano in missione da circa tre settimane, ed era da una che non mandavano ne ricevevano messaggi dai genitori.
L’ultima volta che li avevano sentiti le avevano avvertite di stare attente e di contattarli solo quando fossero arrivate vicino all’entrata della casa perché di recente i Purificatori si erano avvicinati molto allo scoprire un entrata.
Adesso Chirone diceva di aver paura che fosse successo qualcosa visto che non gli rispondevano; i dubbi che si erano creati nelle loro menti stavano lentamente prendendo consistenza, dovevano sentire i loro genitori il prima possibile.
- Quindi ci lascerete mandare un messaggio? – chiese Ruby per conferma – non faremo prima a chiamarli? Vorremmo avere una risposta il prima possibile. – spiegò passando lo sguardo dai due semidei al Centauro.
Percy le poggiò una mano sulla spalla, Ruby si girò e lui le sorrise – I messaggi Iride sono come una specie di video chiamata, potrete parlare in tempo reale con i vostri genitori. – la rassicurò.
- E allora cosa stiamo aspettando? – gli chiese Ruby che già si stava sovra eccitando e stava per partire per la sua tangente.
Annabeth scoppiò a ridere – Li chiamerete subito, vi portiamo da Lilia e Lucas e loro vi mostreranno come fare – la rassicurò – dopo che vi sarete parlati, io gli spiegherò la situazione e gli proporremo di venire qui, a seconda della risposta vedremo come agire – spiegò la madre di Lilia senza perdere nemmeno per un secondo il sorriso.
- D’accordo – concluse Ruby riuscendo a trattenere a stento l’impazienza; Fahime sentiva che la cugina le stringeva forte la mano e che le sue dita continuavano a muoversi.
- Avete qualche altra domanda? – chiese Chirone rivolgendosi alle tre ragazzine.
- Nessuna a cui serva una risposta immediata, quindi direi che no, non ne abbiamo – rispose Sarah per tutte e tre.
La gemella le lanciò un’occhiata interrogativa, probabilmente lei aveva qualche domanda da fare, ma Sarah le rispose con un’occhiata dura che non ammetteva repliche e che significava solo una cosa: ne parliamo dopo.
- Bene, allora andiamo – concluse Percy.
Salutarono il direttore del Campo che gli rispose con un sorriso per poi rientrare nella Casa alle sue spalle; mentre si dirigevano verso il padiglione della mensa Percy e Annabeth parlavano dietro di loro sottovoce in modo che loro tre, che gli camminavano davanti, non li sentissero.
Fahime guardò le cugine davanti a lei, Ruby e Sarah stavano litigando animatamente ( anche se molto sotto voce) perché la seconda non aveva lasciato parlare la prima quando Chirone aveva chiesto se ci fossero state domande.
- Non c’erano domande importanti da chiedergli, la cosa importate ora è rivedere mamma e papà – le rispose seria Sarah dopo un’altra risposta insolente da parte della gemella.
- Io avevo da fargli una domanda importate! – le rispose Ruby
- Cosa Ru? Se va bene volevi chiedergli cosa c’era per cena –
Ruby diventò paonazza e trattenne il respiro per un secondo, Sarah aveva centrato il bersaglio.
- E se anche fosse? E’ una domanda importante è da quasi dodici ore che non tocchiamo cibo! –
- Per una volta puoi pensare prima alle persone e poi al tuo stomaco? –
Fahime decise che non era una litigata a cui dare troppo peso, Ruby e Sarah litigavano spesso ma la loro lealtà reciproca non era mai cambiata; una lite sulla cena non avrebbe incrinato il loro rapporto.
La ragazzina allora decise di ascoltare cosa stavano dicendo gli adulti alle sue spalle; sembrava che Percy e Annabeth sapessero molto di più di quanto volevano far credere su quella alleanza che era stata tenuta segreta fino a quel momento.
Pensò che se Lilia fosse stata lì, molto probabilmente, avrebbe iniziato a tartassare i genitori di domande; lei non poteva farlo però poteva allungare le orecchie.
Fahime si concentrò sulle voci dei due adulti; Annabeth parlava velocemente e talmente sotto voce che quasi non riusciva a sentirla nonostante l’avesse alle spalle.
Percy invece faceva meno attenzione, parlava sotto voce ma non si preoccupava troppo di quello che gli usciva dalla bocca; per fortuna del semidio, ma per sfortuna di Fahime, ciò che diceva erano solo risposte che non avevano alcun significato se prima non si sentiva la domanda.
La ragazza si concentrò su quello che stava dicendo la semidea, parlava così in fretta che sembrava stesse parlando in un’altra lingua.
Dopo qualche secondo, Fahime capì che non riusciva a comprendere neanche una parola di quello che stava dicendo Annabeth, semplicemente perché la semidea stava parlando veramente in un’altra lingua ( molto probabilmente era Greco ) e che invece suo marito le rispondeva in Inglese.
La ragazzina sospirò pesantemente e lasciò cadere le spalle; il suo piano per recepire informazioni si era appena trasformato in fumo e con esso una distrazione per non pensare alla rabbia che provava verso i suoi genitori in quel momento.
 
Quando arrivarono in vista del padiglione della mensa, o quello che Fahime supponeva fosse quella costruzione che era un grande spiazzo, circondato da un colonnato al cui interno vi erano disposti diversi tavoli più o meno tutti della stessa lunghezza e dei bracieri disposti un po’ per tutto il  piazzale.
Lilia e Lucas erano fermi davanti ad una colonna, Lilia vi era appoggiata e parlava tranquilla con il fratello che annuiva e intanto mangiava quella che sembrava una pera.
Lilia fu la prima a vederli, si staccò dalla colonna e si sbracciò salutandoli per farsi vedere, Lucas si girò e anche lui alzò un braccio per salutarli; Fahime si soprese nel constatare che era il braccio con la spalla lussata, possibile che fosse già guarito?
I gemelli si avvicinarono entrambi sorridenti, Fahime si accorse che Lilia portava appesa al gomito un sacchetto di tela pieno di qualcosa che da lì non riusciva ad identificare.
- Allora? Com’è andata con Chirone? – chiese la nipote di Poseidone sempre sorridendo
- Bene, ora non rimane che mandare il messaggio Iride, ci pensate voi? –  le chiese Annabeth prima che una delle tre ragazzine potesse anche solo formulare il pensiero di cosa dire.
Lilia annuì e sorrise ancora, stavolta guardandole; Fahime non riusciva a credere come fosse possibile che quella ragazza non perdesse mai il sorriso, l’unica volta che l’aveva vista rabbuiarsi era quando le aveva parlato della sorella… ma infondo poteva capirla, non doveva averla persa da molto, magari era morta a causa di un mostro o di una retata da parte dei Purificatori, di quei tempi ci si poteva trovare con un membro in meno della famiglia ancora più facilmente che in tempo di pace.
- Prima lasciali mangiare qualcosa Annie, è da ieri che non toccano cibo – le ricordò Percy; sembrava che il padre di Lilia e Ruby fossero sulla stessa lunghezza di pensiero.
- Non ti preoccupare Papà, abbiamo la soluzione – lo rassicurò Lucas mostrando la pera ormai completamente mangiata e tirando su il braccio della sorella sul quale vi era appeso il sacchetto.
Lilia lo guardò imbronciata – Mollami il braccio Luc, non sono una marionetta – lo ammonì la gemella scherzando.
Fahime allungò lo sguardo per guardare cosa c’era dentro il sacchetto; dalla cima spuntava della frutta matura e dai colori accesi che avrebbe fatto venir fame a chiunque.
- Dove l’avete presa? – chiese Annabeth anche se con il tono di voce di chi sa’ già la risposta.
- Siamo andati in mensa a chiedere se si poteva già mangiare, ma ci hanno detto che era troppo presto e ci hanno mandati via – spiegò Lucas.
- Poi, mentre tornavamo indietro con le nostre facce affrante, abbiamo incontrato Demetra che ci ha chiesto cosa fosse successo; noi glielo abbiamo spiegato e lei ci ha offerto della frutta dal giardino di Persefone – disse Lilia mostrando il sacchetto aperto.
- E come si può dire di no ad una Dea che, per una volta, non ci ha bistrattato? – concluse Lucas.
Annabeth sospirò e si portò una mano alla fronte scuotendo leggermente il capo, Percy invece fissò per un attimo il sacchetto come se volesse approfittarne e prendere un frutto anche lui, ma poi distolse lo sguardo.
- Con Demetra non vale questa scusa, quella Dea offre cereali o frutta a tutti i bambini tristi che vede – gli ricordò Annabeth accigliata
- Beh, sta volta ne avevamo veramente bisogno, non potevamo lasciare le nostre ospiti senza cibo – le ricordò la figlia.
Fahime guardò Lilia, poi la frutta; per qualche ragione quando Lilia aveva nominato Persefone il suo cervello l’aveva messa in allarme ricordandole che tra quel nome e i frutti c’era un legame importante, solo che non aveva la minima idea di quale fosse.
Per fortuna ci pensò Sarah a rifrescare a tutti la memoria:
- Ma… il mito non dice che se qualcuno mangia i frutti di Persefone sarà costretto a rimanere negli Inferi per sempre? – chiese la ragazzina ( da quando sua cugina era così informata sulla mitologia Greca? ) passando lo sguardo da Lucas che aveva appena intaccato una mela ai due adulti.
Annabeth le sorrise – E’ vero, ma solo se sono anche stati coltivati negli Inferi; abbiamo scoperto qualche tempo fa che, se crescono qui da noi sono dei semplicissimi frutti, solo più buoni – spiegò.
Lilia scoppiò a ridere come se quello che avesse appena detto sua madre fosse stata una battuta.
- A Nico era venuto un colpo quando aveva visto Maria che se ne stava mangiando uno bella tranquilla, è stato grazie a lei se abbiamo scoperto che i frutti non erano più maledetti. – spiegò la ragazza.
Fahime rimase un po’ interdetta; Lilia parlava come se loro potessero conoscere quelle persone e potessero ridere anche loro di quel fatto, ma lei non ci trovava nulla di divertente in una bambina che mangiava un frutto e rischiava di rimanere imprigionata negli inferi.
Sei arrabbiata con i tuoi genitori, non con loro, controlla la rabbia Hime!
Fahime fece un respiro profondo e sorrise – Quindi se li mangiamo non ci succede niente? – chiese guardando Annabeth.
- No, sono sicuri al cento per cento – la rassicurò.
Lilia gli porse il sacchetto così che potessero servirsi, Ruby fu la prima a prendere una pera bicolore che, da quanto era perfetta, sembrava fatta di cera; poi Sarah prese un arancia ed infine toccò a lei.
Fahime esitò un secondo, si fidava ma adesso, con la mente leggermente annebbiata dalla rabbia, sentiva il sospetto farsi largo nella sua mente come un fiume che rompe gli argini e si riversa in strada.
Lottò contro la parte di se stessa che le diceva di non fidarsi, che era una trappola; odiava quando le succedeva e le emozioni negative prendevano il sopravvento, ma aveva scelto quella strada da sola e di sua spontanea volontà tanti anni prima e doveva riuscire a controllarla.
Infilò la mano nel sacchetto e preso una mela rossa che, da tanto era lucida, sembrava la mela di Biancaneve.
Prima che qualche altro pensiero pessimista la bloccasse, diede un morso alla mela e la mangiò chiedendosi perché ci avesse messo così tanto a decidere di mangiarla.
Quella mela era la cosa più buona che avesse mai mangiato da qualche anno a quella parte.
- Accidenti se è buono! – commentò Ruby dopo aver mandato giù il boccone, Sarah non gliel’avrebbe fatta passare liscia se avesse parlato con la bocca piena.
- Demetra, insieme a sua figlia e Iride si occupano delle scorte di frutta, verdura e cereali per rifornire il campo, almeno quelli li abbiamo senza doverli… diciamo… “comprare” – spiegò Percy ridendo.
- Beh anche noi molte cose le dobbiamo “comprare” – commentò Sarah facendo il gesto con le dita di mettere tra virgoletto la parola “comprare”.
- Vi state rovinando l’appetito… - commentò Annabeth scuotendo leggermente il capo, guardando i suoi figli e le tre ragazzine che avevano intaccato un altro frutto dopo aver divorato il primo come se non mangiassero da anni.
Fahime non capì se era un vero rimprovero, e quindi doveva mettere giù il frutto, oppure era una constatazione e avrebbe potuto continuare a mangiare ( cosa che le sarebbe piaciuta fare, visto che lo stomaco stava reclamando altro cibo).
- Mamma posso assicurarti che divoreremo anche tutta la cena – la rassicurò Lilia dopo aver inghiottito un pezzo di mela – E poi la frutta fa bene, e va mangiata fuori dai pasti – aggiunse.
Annabeth sospirò esasperata mentre invece suo marito si mise a ridere e le passò una mano intorno alla vita per poi avvicinarla a se’ e stringerla:
- Ora però andiamo a mandare il messaggio Iride, non vogliamo che i vostri genitori si preoccupino troppo – gli ricordò Percy.
Ruby masticò un pezzo appena preso dalla pera e li guardò alzando un sopracciglio, accigliata.
- Venite anche voi? Avevo capito che ci avreste raggiunti dopo… – spiegò stupita
- Si, vorremmo parlare con i vostri genitori, sia per rassicurarli che per fargli la proposta di venire qui al Campo, ma prima lasceremo parlare voi  – chiarì Annabeth.
- Aspettate, cos’è questa novità? – chiese Lilia
- Ti spiego tutto io, ora però andiamo, ho voglia di risentire mamma e papà.- disse Sarah sorridendo.
Si incamminarono verso la casa di Poseidone; Sarah, Lilia e Ruby in testa al gruppo, le sue cugine stavano aggiornando l’altra ragazza sulle ultime novità.
Lucas era subito dietro di loro che parlava con i genitori facendogli vedere che il braccio non gli faceva male e che la spalla era andata a posto.
Fahime si ritrovò a chiudere la fila da sola e iniziò a pensare che in quel momento non condivideva il pensiero della cugina; sapeva che se avesse rivisto adesso i suoi genitori, soprattutto suo padre, le si sarebbe scatenato un attacco di rabbia che sarebbe solo potuto peggiorare.
Si sarebbe arrabbiata con suo padre per le bugie e poi sua madre le avrebbe intimato di non arrabbiarsi se non voleva che quella rabbia si trasformasse in qualcosa di peggio, e a quel punto lei avrebbe perso, molto probabilmente, le staffe.
L’unica persona della sua famiglia con cui probabilmente avrebbe parlato volentieri sarebbe stato suo fratello.
- Pensieri?-
Fahime sussultò presa alla sprovvista e riportata all’improvviso sulla terra dalla voce che l’aveva chiamata.
- Scusa non volevo spaventarti – la rassicurò Lucas sorridendole.
Fahime sentì la faccia andare a fuoco, probabilmente si vedeva chiaramente che era diventata paonazza nonostante la sua pelle fosse già scura; se c’era una cosa che non riusciva mai a fare era quella di parlare con i ragazzi, soprattutto se erano anche carini come Lucas…
- No, cioè si ma sto bene – rispose mentre sentiva un nodo serrarle lo stomaco e la lingua attorcigliarsi.
- Sei preoccupata per quello che potrebbero dirti i tuoi genitori? – le chiese ignorando la sua timidezza e sorridendole, cosa che fece andare ancora di più nel pallone Fahime.
- No, sono preoccupata per come potrei reagire io – gli rispose sottovoce.
Lucas si accigliò e la guardò – Cosa intendi? – le chiese.
Fahime si accorse di aver parlato troppo, qualunque argomento che toccasse quell’altro argomento era pericoloso.
- Mi… mi arrabbio facilmente… - balbettò – soprattutto se mio padre mi mente… - aggiunse.
- E’ per il fatto che Chirone si teneva in contatto segretamente con il vostro capo? – le chiese
Fahime annuì.
- Beh, non è colpa di tuo padre se non ti ha detto nulla… magari non lo sapeva nemmeno lui – provò Lucas per cercare di aiutarla.
Fahime gli sorrise – Potrebbe anche essere, se mio padre non fosse il “nostro capo” – gli rispose usando le sue stesse parole.
- Ah… beh, i genitori ci mentono a volte, ma spesso lo fanno per il nostro bene – la rassicurò – quindi non avercela troppo con tuo padre… avrebbe potuto nasconderti cose più gravi – le disse sorridendole e poggiandole una mano su una spalla.
Fahime gli sorrise, è proprio questa la mia paura, che mi stia nascondendo cose più gravi.
Però non si confidò con quel ragazzo, lo conosceva appena e anche se era stato gentile non se la sentiva di parlargli di cose delle quali non trattava nemmeno con le sue cugine.
- Si, hai ragione, grazie mille – si limitò a rispondergli alla fine.
Lucas sembrò sul punto di dirle qualcos’altro ma alla fine si limitò a sorriderle e scuotere leggermente le spalle come per scacciare un pensiero:
- Di nulla -.
Per fortuna di Fahime in quel momento arrivarono alla casa di Poseidone e lei riuscì a lasciare Lucas senza sembrare troppo scortese e raggiungere le cugine, evitando un silenzio imbarazzante.
Si riunirono tutti vicino alla fontana di acqua calda ( la sera prima Ruby aveva scoperto a sue spese che quell’acqua era calda ); si sedettero, Fahime e le sue cugine davanti mentre Lilia e Lucas si misero al loro fianco.
- Mandare un messaggio Iride è facile, lanciate questa, cioè una dracma – incominciò a spiegare Lucas facendogli vedere una moneta argentata che brillò leggermente alla luce del sole
- nell’arcobaleno che si viene a creare grazie alla luce che passa attraverso le gocce del vapore acqueo creato dalla fontana di acqua calda perché…-
- Lucas, stringi – gli intimò la sorella interrompendolo.
Lucas esitò un secondo, Fahime pensò che forse avrebbe ignorato il consiglio della sorella e avrebbe continuato a spiegare a tutti come si formava l’arcobaleno; infondo lui era quello che aveva preso da Atena e, se non ricordava male, Atena era la Dea Greca della sapienza.
- Comunque, gettate la dracma nella nebbiolina arcobaleno e poi dovete recitare una formula – spiegò.
- Con le formule non ce la caviamo male – ammise Ruby ridendo.
- E’ una specie di invocazione per la Dea – spiegò Lilia – dovete dire “Oh Iride, dea dell’arcobaleno, mostrami…” e poi dite in nome di chi volete vedere – concluse.
- E’ semplice – commentò Sarah stupita.
- Molto, ora chiamate i vostri genitori, forza – le incitò Annabeth in piedi dietro di loro.
All’improvviso tutti gli sguardi si rivolsero verso Fahime e la ragazza avvampò – Co-cosa c’è? – chiese guardando le due cugine che la fissavano.
- Chi chiamiamo? Va bene lo zio o vuoi che chiamiamo nostra madre o… -  le chiese Sarah
- No no, va bene mio padre – le rispose frettolosamente senza quasi starci a pensare.
Lucas diede in mano a Fahime la dracma argentata sorridendole, lei la prese titubante, poi fece un respiro profondo e la lanciò nell’arcobaleno.
La moneta sparì dentro l’arcobaleno con un “plop”, Fahime guardò Lilia che la incitò a parlare con un sorriso e un gesto della mano.
La maga fece un altro respiro profondo controllando l’ansia che iniziava a stringerle il cuore e poi parlò con la voce più ferma che riuscì a produrre:
- Oh Iride, Dea dell’arcobaleno mostrami Carter Kane. –
La nebbiolina tremolò un istante e poi apparve un immagine chiara; un uomo di colore con una pelle di Leopardo drappeggiata sulle spalle ( suo padre) stava parlando animatamente, girato di fianco, con una donna che era la copia esatta, solo più grande, di Ruby ( sua zia).
- Carter non le sentiamo da quasi una settimana! Potrebbero essere state… Fahime! –
Sua zia si era accorta prima di suo padre del messaggio Iride e, come al suo solito, aveva interrotto il discorso per scostare il fratello bruscamente e fissare la nipote incredula.
- Mamma! –
Nello stesso momento, Fahime era stata assalita dalle sue cugine in modo che entrassero anche loro nel messaggio, per farsi vedere dalla madre, prese dall’eccitazione.
Il padre di Fahime sgranò gli occhi sorpreso quando si vide davanti figlia e cugine, poi la sorpresa passò e sorrise sollevato anche se Fahime poteva vedere una piccola ruga di preoccupazione nascergli in mezzo alle sopracciglia.
- Dove siete? E come avete fatto a contattarci? – chiese sua zia senza lasciar parlare suo fratello.
- Siamo al Campo Mezzosangue, ci hanno trovato i figli di Annabeth e Percy – le disse Ruby che era uguale a sua madre non solo nell’aspetto fisico.
- I figli di Percy e Annabeth…? – chiese dubbiosa sua zia.
Annabeth si sporse leggermente in modo da rientrare anche lei nell’ovale che aveva formato il messaggio e sorrise – Ciao Sadie – le disse agitando leggermente una mano.
- Annabeth! Ma allora siete veramente al Campo dei semidei ma… com’è possibile? – chiese sua zia girandosi verso il fratello e guardandolo con gli occhi a fessura.
- Sadie calmati, ti spiegherò tutto – la cercò di calmare il fratello, ma Fahime sapeva che non sarebbe bastato quello a calmare sua zia.
- Cosa dovresti spiegarmi Carter? – chiese Sadie con voce calma ma che non preannunciava nulla di buono.
- Dopo Sadie, dopo, adesso pensa solo che le nostre figlie stanno bene – le ricordò.
La zia emise un sospiro e decise di accantonare l’argomento; in quel momento il sollievo di sapere le sue figlie al sicuro era l’unica cosa che contava.
Fahime vide suo padre girarsi verso di loro e sorriderle, lei gli sorrise frettolosamente e poi decise che toccava a lei parlare e così raccontò a suo padre e a sua zia tutto quello che era successo, di come avessero trovato un gruppo di Purificatori all’uscita del portale, che erano state obbligate a cambiare direzione ma che un Tjesu heru gli si era messo alle calcagna e che, alla fine, lo avevano distrutto ma allo stesso tempo avevano incontrato Lilia e Lucas.
- Quindi è da ieri notte che siete lì al Campo? – chiese suo padre
- Si – gli rispose Fahime laconica.
Suo padre sorrise – Dobbiamo andare ad avvertire Ziah e Walt che stanno bene – disse rivolgendosi alla sorella.
- Si, vai ad avvertire papà, mamma, che abbiamo anche una notizia importante – le disse Sarah
- Che notizia?- chiesero insieme suo padre e la zia.
- Ve ne parleremo noi – si intromise Annabeth – adesso prendetevi il tempo che volete per salutarvi, comunque le bambine stanno tutte bene, hanno dormito, mangiato e hanno fatto le brave. –
Fahime, seguita a ruota dalle sue cugine, arrossirono sino alla radice dei capelli, era da tanti anni che ormai non le chiamavano più bambine.
Sadie sparì dal messaggio Iride per poi ritornare qualche secondo dopo con suo marito e, purtroppo per Fahime, sua cognata.
Gli occhi scuri di Fahime si incontrarono subito con quelli della madre e la ragazzina sentì la rabbia e la frustrazione stringerle le viscere in una morsa; non si erano ancora dette nulla e lo sguardo di sua madre esprimeva già disapprovazione e, forse, un poco di sollievo, ma doveva essere davvero una parte minima.
I venti minuti successivi passarono con Sadie e Walt che parlavano con le figlie assicurandosi che stessero bene e che fossero al sicuro, mentre Fahime si era limitata ad un dialogo di qualche minuto con suo padre e sua madre rispondendo a monosillabi e cercando di non incontrare lo sguardo dei genitori.
Quando si furono assicurati tutti e quattro che le rispettive figlie stavano bene, allora riportarono il discorso sulla “notizia importante”.
- Prima Sarah ci aveva accennato che dovevate dirci qualcosa – riprese il discorso Carter.
Percy e Annabeth si misero davanti al messaggio Iride con di fronte i genitori delle maghe; loro, i bambini, erano stati fatti mettere da un lato mentre i “grandi” parlavano, ma da quel punto Fahime riusciva a cogliere tutti i particolari della discussione.
Annabeth si portò un ciuffo di capelli biondi e mossi, sfuggiti alla coda di cavallo, dietro l'orecchio e poi parlò:
- Chirone ci ha informato che vi tenevate in contatto, Carter - gli spiegò.
Fahime non vedeva al di là del messaggio Iride ma si poteva immagine suo padre che annuiva grave prima di rispondere - Quando mio Zio era ancora Sommo Lettore era sembrata la decisione più saggia - le spiegò.
- Ed infatti lo è stata, sino a questo momento - continuò Annabeth - ma il Fato ha voluto che i nostri figli si incontrassero, e quindi, converrai con me, che tenere segrete le esistenze uno all'altra ormai non è più possibile.-
Fahime pensò che Annabeth e suo padre sarebbero andati molto d'accordo, entrambi sembravano dei libri stampati quando parlavano.
- So' che hai ragione, ma se anche ci rivelassimo adesso, rischieremo soltanto di attirarci le ire di Setne, e i maghi ora non possono permetterselo. - le rispose Carter con una nota di rammarico.
Fahime sentì una fitta di dolore trapassarle il cuore; era solo da un anno che la situazione era leggermente migliorata e che i maghi erano riusciti a salvare quel poco che era rimasto.
- Neanche noi ce la caviamo molto bene e per questo abbiamo una proposta da farvi - incominciò - Chirone ha deciso di invitarvi qui, per viverci. Le nostre barriere  reggono bene agli attacchi dei mostri e i Purificatori non ci hanno ancora scoperto, questo è un posto sicuro. -
Dopo quella affermazione nella stanza calò il silenzio; Fahime si accorse che, come lei, anche le sue cugine si erano fatte attente e allungavano le orecchie per sentire la risposta dei genitori.
- Carter... -
Fahime sussultò, quella che aveva appena parlato era sua madre, e sua madre non si intrometteva quasi mai nelle decisioni che riguardavano il futuro della Casa della Vita.
- Potremmo rincominciare, potremo riunirci e vedere quanti sono sopravvissuti... - continuò quasi in un sussurrò - So' che non ti piace l'idea di abbandonare il rifugio, ma se riuscissimo a riunire quello che rimane degli altri nomi, forse... -
- Qui c'è posto per tutti e sarete ben accetti - aggiunse Annabeth sorridendo - E magari, se riuscissimo ad organizzarci, maghi e semidei insieme potrebbero avere qualche possibilità - quest'ultima frase Annabeth la disse così piano che soltanto Fahime riuscì a sentirla dato che era la più vicina.
Le scappò da sorridere, non era l'unica allora che sperava in un'alleanza, non era l'unica che non aveva perso la speranza.
- Non sono discorsi da fare per messaggio... so' che questi sono sicuri ma non si è mai troppo prudenti - disse Carter ripresosi dal mutismo in cui era caduto - quindi suppongo che ne potremo parlare quando saremo lì -.
Annabeth e Percy sorrisero, dal messaggio Iride arrivò un verso strano ( probabilmente emesso dalla Zia) e poi Fahime sentì suo padre scoppiare a ridere, si girò verso le cugine per gioire con loro ma si ritrovò davanti soltanto Lilia e Lucas che ridevano guardando dietro di lei.
Fahime si girò e vide le sue cugine che si erano gettate davanti a Percy e Annabeth per vedere i genitori.
- Davvero? Quindi ci raggiungerete? - chiese Ruby con la sua solita euforia contenuta a stento.
Fahime sentì sua zia scoppiare a ridere - Si, tesoro, veniamo - la rassicurò.
- Rimane solo il problema di come raggiungere il vostro Campo... - commentò lo zio di Fahime.
- Per questo non c'è problema, sta sera al falò parleremo con Chirone e gli altri semidei e indiremo una missione per venire a prendervi e portarvi qui - spiegò Percy
- Noi potremo venire con voi, sappiamo dove vi trovate adesso, potremo portare i semidei...- propose Fahime avvicinandosi al gruppetto.
- E' troppo pericoloso, adesso che siete in un posto sicuro non voglio che vi mettiate di nuovo in pericolo - rispose subito Sadie.
- Però sarebbe l'unico modo per farli arrivare da noi senza scoprirci troppo ai non-morti di Setne - le ricordò Carter.
Annabeth si accigliò, probabilmente loro non si erano mai scontrati con i non-morti di Setne, ma la semidea decise di rimandare il discorso ad un altro momento - Le vostre figlie non rischieranno, siamo diventati abbastanza esperti a muoverci in mezzo alle forze nemiche, ce la faremo - li rassicurò.
Carter annuì - D'accordo, allora vi aspetteremo, l'entrata aperta è quella a Sud - disse guardando le ragazzine.
- Che sfortuna... proprio quella doveva essere aperta... - si lamentò Ruby.
- Ruby Stone, non fare la bambina piagnucolosa - l'ammonì sua madre.
Ruby abbassò il capo e non rispose - Allora è deciso, sta sera decideremo quando partire e vi informeremo - concluse Annabeth.
Carter annuì – Allora aspettiamo vostre notizie – concluse.
Annabeth sorrise e poi si rivolse alle ragazzine – Ora vi lasciamo salutare i vostri genitori, non stateci troppo però, che tra poco è l'ora di cena.
I due semidei salutarono gli amici e poi si allontanarono portandosi dietro i figli, dalla faccia di Lilia Fahime capì che non sarebbe stata una chiacchierata di famiglia, probabilmente si sarebbero beccati la sgridata che si erano evitati il giorno prima.
Mentre lei guardava la famiglia Jackson uscire, Ruby e Sarah, avevano iniziato a salutare i loro genitori e loro avevano iniziato a dargli tutte le raccomandazioni possibili, oltre ad assicurarsi ( per l’ennesima volta) che per ora non gli mancasse niente e che stessero bene.
- Hime, tocca a te – le disse Sarah sorridendo mentre si allontanava con la sorella dal messaggio Iride – quando hai finito pasa una mano sulla nebbia e il messaggio si interromperà, noi ti aspettiamo fuori. -
Fahime annuì e prese il posto delle sorelle, i suoi zii non c'erano più ( aveva sperato che rimanessero) e davanti a lei c'erano solo su madre e suo padre.
Ci fu un momento di silenzio in cui nessuno dei tre disse nulla, alla fine Fahime decise di parlare:
- Come sta Eric?- chiese
Suo padre le sorrise – Sta bene, anche se era un po' preoccupato per te – le disse.
-  Tu stai bene Fahime? - le chiese sua madre scrutandola come se, soltanto guardandola, potesse capire se la rabbia stesse prendendo possesso della sua mente.
-  Sto bene mamma, non c'è bisogno che ti preoccupi per me, so' controllarmi – le disse con una nota di veleno nella voce.
Lo sguardo di sua madre si indurì, sembrava quasi ferita – Fahime, eravamo veramente preoccupati per te, non fraintendere – le disse suo padre.
-  Io l'ho detto solo per informare la mamma, così deve farmi meno domande e può tornare a fare quello che vuole prima – gli rispose alterandosi.
- Fahime non fare la bambina – l'ammonì sua madre seria.
Fahime non le disse nulla ma la guardò con rabbia, sentiva che l’ira le iniziava ad infiammare il petto e, se sua madre avesse continuato ad assillarla probabilmente si sarebbe lasciata andare un pochino, tanto per zittirla una volta per tutte.
-  Devi capire che lo faccio per il tuo bene, Fahime. Se lui prendesse il controllo adesso, le cose potrebbero finire male per tutti. So' che è stata una decisione un po' impulsiva, eri piccola, ma se adesso... –
- Ziah per favore, non sono discorsi da fare ora – la interruppe Carter poggiandole una mano su una spalla.
Fahime vide sua madre sospirare e poggiare la sua mano su quella di suo padre – Stai attenta Hime quando partirai per l'impresa; ascolta Annabeth ed ubbidisci. Io e la mamma ti aspettiamo qui. - le disse suo padre sorridendole e stringendo la moglie.
- Va bene – si limitò a rispondere – Adesso vado, non voglio far aspettare troppo gli altri... -
-  Va bene – le disse sorridendo – e ricordati che ti vogliamo bene – aggiunse suo padre.
Fahime annuì e passò una mano sulla nebbiolina come se stesse cancellando i suoi genitori, cosa che non le sarebbe affatto dispiaciuta in quel momento.
Rimase un secondo seduta per terra, mentre sentiva il pianto salirle dalla gola agli occhi bruciarle; si permise di emettere un singhiozzo sommesso, ma non lasciò che nemmeno una lacrime le cadesse lungo le guance.
Anch'io vi volevo bene.
Fu solo un pensiero veloce, poi si alzò e raggiunse gli altri fuori dalla casa, non poteva permettersi di creare una falla nel muro, non ora.

Ta-Dan!
Ecco qui il capitolo :)
Cosa ne pensate?
Spero di poter aggiornare in tempo Giovedì prossimo perché mi si prospettano settimane un po' impegnative e quindi il tempo per scrivere potrebbe mancare :/ Ma non
disperate se mai per rimediare pubblicherò due capitoli uno più vicino all'altro ;)
Ringrazio chi segue, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensisce :) Mi fa sempre piacere ricevere le vostre recensioni :3
Spero di non far passare molto tempo per il prossimo capitolo; se non ci riuscissi
Buone Feste a tutti <3
un abbraccio,
Darkness_Angel

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Capitolo 5
*** V ***


BUON NATALE!!
Tantissimi Auguri a tutti :)
Per qualche grazia divina sono riuscita a scrivere il V capitolo nonostante lavorassi :D
Quindi, ecco a voi il V capitolo, il mio regalo di Natale per voi :3
Buona Lettura :)

V

 
Lilia vide Fahime uscire dalla casa di suo nonno con la faccia di qualcuno che ha appena deciso di non poter piangere; la vide tirare su il capo e sorridere nascondendo per bene qualunque emozione le avesse procurato la discussione con i suoi.
La ragazza decise di lasciarla stare, quella non era sua sorella ( non era la prima volta che doveva ricordarselo), e non potevano neanche definirsi amiche, quindi non doveva per forza aiutarla... anche se le dispiaceva un sacco non farlo.
Mentre aspettavano che le tre ragazzine li raggiungessero, Annabeth gli aveva fatto una lavata di capo che non si sarebbero scordati presto.
Sua madre l'aveva sgridata per aver permesso che Lucas si ferisse, poi l'aveva sgridata per avergli rimesso a posto la spalla senza la supervisione di un figlio di Apollo; a quel punto era intervenuto Percy che aveva ricordato alla moglie che Lilia aveva fatto un ottimo lavoro e che, se non fosse stato per Lilia, la spalla di Lucas sarebbe potuta peggiorare nel tragitto.
Allora Annabeth si era leggermente calmata, ma poi era passata a sgridare Lucas per essersi cacciato nei guai e aver attaccato da solo un mostro che non conosceva e, come ciliegina sulla torta, loro madre non si era certo dimenticata di dargli le punizioni.
A Lucas era toccato il turno di Annabeth per pulire le stalle dei Pegasi mentre invece a Lilia, come sospettava, le era toccato di dover passare due giorni insieme a sua nonna; Lilia avrebbe preferito pulire per una settimana le stalle dei Pegasi, almeno avrebbe avuto conversazioni interessanti.
Quando Fahime si mise di fianco alle cugine, Percy sorrise e batté le mani chiudendole insieme
- Allora, andiamo a cenare? - chiese.
- Si, quella frutta mi ha aperto lo stomaco, ad essere sincera - ammise Sarah seguendo Percy e Annabeth che si avviavano.
- Beh, cibo ce ne' quanto ne volete, è l'unica cosa che qui non manca - spiegò Lilia sorridendo.
- Davvero? Come fate ad avere sempre provviste sufficienti? - le chiese Sarah incuriosita
- Ad ognuno i suoi trucchi - le disse Lilia facendole la linguaccia e pendendola in giro.
La ragazzina sembrò rimanerci male per un attimo, ma poi le sorrise - Avete detto che dopo cena, al falò, se non sbaglio, si deciderà quando partire - si intromise nella discussione Ruby.
- Si, dopo cena ci riuniremo tutti insieme, Dei compresi, e si proporranno le imprese e le missioni da compiere; se la maggioranza approva la missione, allora si decidono i dettagli della partenza, se no', si rimanda o si lascia stare - spiegò Annabeth.
- E' un sistema molto democratico - constatò Ruby riflettendoci
- Siamo Greci, cosa ti aspettavi? - le chiese Lilia ridendo.
- Pensate che la nostra missione verrà approvata? - chiese Sarah preoccupata.
- Se parlerà Annabeth si - la rassicurò Percy stringendo la moglie per le spalle - Annabeth è architetto, ma ha tutte le doti anche per essere un ottimo avvocato, come suo fratello Malcom - disse dandole un bacio su una guancia.
- Quindi abbiamo buone possibilità - confermò Sarah
- Esatto - confermò Lucas.
Lilia lanciò un occhiata alla terza ragazzina che rimaneva un po'più indietro rispetto a loro, molto probabilmente persa nei suoi pensieri; se mai dopo cena avrebbe provato a coinvolgerla un po' nei loro discorsi.
Arrivarono al padiglione della mensa mentre altri semidei vi entravano; da quando tutta (o quasi) la comunità di semidei si era riunita al Campo, le regole della mensa erano state un po' modificate.
Ognuno poteva sedersi dove voleva e con chi voleva, gli Dei sedevano al tavolo principale, che dominava il padiglione, insieme a Chirone; sembrava un po' il tavolo con i professori nella mensa di Hogwarts.
Le offerte agli Dei erano state abolite, gli Dei mangiavano alla mensa normale e se tutti i loro figli gli offrivano qualcosa, succedeva che ogni Dio si ritrovava con una quantità di cibo immane che non avrebbe mai consumato; gli Dei non l'avevano presa molto bene all'inizio ma alla fine vi avevano fatto l'abitudine e si erano accontentati di un semplice ringraziamento prima di incominciare a mangiare.
Appena entrarono individuarono subito il tavolo dov'erano seduti, Leo, Jason e Nico.
Li raggiunsero presentando le nuove arrivate e poi si sedettero per cenare. La cena passò velocemente, le tre ragazzine ( anche se Fahime un po' meno) si erano integrate con gli altri semidei e parlavano tranquillamente anche con loro, mentre Annabeth si era assicurata di raccontare la situazione in cui si trovavano agli amici, così da avere del sostegno in più quella sera al falò.
Lilia si ricordava che le prime volte si era sentita un po’ a disagio a dover pranzare e cenare o consumare qualsiasi pasto della giornata sotto lo sguardo attento degli Dei; i primi giorni durante i pasti nessuno parlava, con la paura di poter dire qualcosa di sbagliato e di venir fulminato all’istante, poi, come per tutto il resto si erano abituati.
A Lilia piaceva fermarsi ogni tanto, sempre di nascosto mentre mangiava, a guardare come si comportavano gli Dei e alla fine si era accorta che, per molte cose, assomigliavano moltissimo agli umani; per esempio, Afrodite si sedeva sempre di fianco a suo marito, Efesto, ma ad ogni occasione lanciava sguardi languidi ad Ares, sguardi che il Dio sembrava apprezzare molto.
Suo nonno era seduto di fianco ai suoi fratelli e spesso parlava o scherzava con Ade ( visto che Zeus aveva di fianco Era che lo teneva impegnato per tutto il tempo); il dio degli Inferi rimaneva quasi sempre impassibile ( Lilia giura di averlo visto sorridere ad una battuta una volta) ma rispondeva sempre al fratello intavolando vere e proprie discussioni.
La nonna, invece, era seduta di fianco ad Artemide e ad Ebe, che in pratica erano le sue migliori amiche; Ermes era uno dei pochi Dei che ogni tanto si sedeva a mangiare con i figli, ma la coppia più bella e dolce, secondo lei, erano Dioniso e Arianna che si sedevano sempre sul lato più lontano dagli altri Dei, per poter scherzare e parlare tranquillamente.
Sotto alcuni versi, quando li guardava ridere e scherzare, le sembrava di vedere i suoi genitori.
- Suppongo che voi due sappiate che avrete il nostro supporto per sostenere la vostra impresa, quindi quello che vi chiedo in cambio è di dare supporto alla nostra, sta sera. –
Lilia distolse l’attenzione dalla tavolata degli Dei per concentrarsi sul suo tavolo e su quello che suo zio, Jason, stava dicendo: di che impresa parlava?
- Sai come la penso Jason – incominciò Annabeth – mi sembra un azzardo fare una cosa del genere… ma se è l’unico modo, allora vi sosterremo – concluse.
Lilia guardò il fratello che era seduto di fronte a lei inarcando un sopracciglio.
Ne sai qualcosa?
Lucas scosse il capo e la guardò dubbioso Che centri l’incontro con Nike di cui mi hai parlato?
Lilia ci pensò un secondo e poi sorrise al fratello Qualunque cosa sia, la scopriremo tra poco.
Adorava il legame empatico che c’era tra lei e suo fratello, gli bastava un semplice scambio di sguardi e potevano discutere senza che nessun’altro capisse cosa si stessero dicendo.
 
Rimasero ancora una decina di minuti a discutere del più e del meno, dopo il frammento di notizia per l’approvazione reciproca delle imprese, l’argomento non si era più toccato.
Quando gli altri semidei presenti alla mensa incominciarono ad alzarsi per andare a riunirsi intorno al falò anche loro si alzarono:
- Lilia, posso chiederti una cosa? – le disse Ruby avvicinandosi e affiancandola.
- Certo – le rispose la ragazza sorridendole
- Ma il falò a cui stiamo andando, è realmente un falò o è solo una metafora? –
Lilia stava per rispondere ma il suo gemello la anticipò ( Lucas non perdeva mai l’occasione, se si presentava, di spiegare qualcosa)
– Non è una metafora, è veramente un grande falò circondato da un anfiteatro; per altro il fuoco è magico e reagisce alle emozioni delle persone cambiando colore o aumentando di dimensioni a seconda dell’umore generale -.
Gli occhi di Ruby scintillavano di eccitazione – Sul serio? – gli chiese con un sorriso enorme la ragazzina – Certo, tra poco lo vedrai – la rassicurò Lucas ridendo.
- Ragazzi! – Tutti i ragazzi si girarono al richiamo di Annabeth e si avvicinarono – Noi aspettiamo Frank prima di andare al falò, se voi intanto volete andare potete farlo – li informò.
- Se mai andiamo avanti a prendere i posti – suggerì Lucas – visto che dobbiamo proporre un impresa è meglio se ne prendiamo qualcuno sul davanti – suggerì.
Annabeth annuì – Allora ci vediamo là – disse per poi tornare dal gruppo degli altri adulti.
Lilia e Lucas si incamminarono seguendo il resto di folla di semidei che si radunava verso il falò; era triste pensare che prima quello era un momento di festa per finire in allegria la giornata mentre adesso era diventato un momento cruciale per decidere le sorti del Campo e dei semidei.
Per loro fortuna riuscirono a trovare dei posti sulla prima e sulla seconda fila, undici posti occupati in modo da essere seduti tutti vicini.
Lilia osservò le tre ragazzine che continuavano a fissare stupite la costruzione e la mole di semidei presenti; l’anfiteatro era troppo piccolo per ospitare tutti e quindi, gli ultimi arrivati, si accampavano vicino all’entrata o rimanevano in piedi per tutto il tempo, l’ultimo spalto dell’anfiteatro era tenuto per gli Dei che volevano partecipare all’assemblea; la loro nonna c’era sempre, non se n’era mai persa una.
Di solito partecipavano anche Ares e Artemide ma quella sera la Dea non c’era, probabilmente si era andata a riposare, era pur sempre di otto mesi.
Dopo circa dieci minuti gli adulti arrivarono, Frank e Jason stavano parlando fitto rimanendo leggermente più indietro rispetto agli altri; probabilmente le loro cariche da pretori c’entravano qualcosa con l’impresa che stavano per proporre.
I nostri genitori ci salutarono velocemente e poi si sedettero, insieme agli zii, proprio mentre Chirone richiedeva il silenzio per iniziare l’assemblea.
- Semidei e Dei, dichiaro aperta l’assemblea di questa sera – incominciò Chirone guardando i presenti – Prima di passare alle notizie di ordine generale, abbiamo dei semidei che richiedono la vostra attenzione per proporre un impresa -.
L’anfiteatro era già silenzioso ma, dopo quella frase, il silenzio si fece ancora più pensante e rumoroso.
Chirone si girò verso il gruppetto di semidei e fece un cenno nella loro direzione, Lilia si sporse per vedere chi si sarebbe alzato, se sua madre oppure Jason; alla fine dallo spalto si alzarono in piedi Jason, Frank, Leo e Nico.
I quattro semidei si misero al centro dell’anfiteatro e Jason incominciò a parlare:
- Come sapete alcuni semidei sono ancora a Nuova Roma, e vorremmo proporre un impresa per andare a recuperarli – spigò il figlio di Giove.
I pezzi del mistero iniziarono a riunirsi nella mente di Lilia; Piper e Hazel erano ancora a Nuova Roma con tutti i bambini ( Reyna, i gemelli, Hope, Maria e Sammy ) perché i piccoli avevano iniziato a sentire nostalgia di casa e avevano iniziato a disobbedire e a dare segni di insofferenza ( Hope dava fuoco a cose a caso; Reyna evocava fulmini; Sammy si trasformava in gatto e andava a farsi le unghie sugli stipiti delle porte e Maria non riusciva quasi a controllare i viaggi ombra); così le due madri erano partite quasi un mese prima, ma adesso dovevano esserci buone ragioni per farle ritornare.
- Vuoi dire riportare indietro tua moglie e i tuoi figli, Grace? – chiese qualcuno facendo alzare dalla folla mormorii di assenso.
- No – intervenne Nico – insieme a mia sorella faremmo un viaggio ombra e porteremo qui tutti i semidei che sono rimasti a vivere a Nuova Roma – spiegò il figlio di Ade.
- Perché? Ci state dicendo che Nuova Roma non è più sicura? – chiese un altro semidio dall’altra parte dell’anfiteatro, mormorii impauriti si levarono fagli spalti; il fuoco alle spalle dei quattro semidei non faceva altro che cambiare dimensioni e colore.
- Fonti molto attendibili ci hanno informati che gruppi di purificatori sempre più grossi si avvicinano ai confini di Nuova Roma; se tra di loro ci fossero dei semidei traditori o dei prigionieri potrebbero costringerli a portarli sino ai confini – spiegò Frank.
- E allora cosa ci fate qui Pretori? Non dovreste essere là a difendere la città? – gli chiese un semidio.
I semidei nell’anfiteatro iniziarono a parlare uno sopra all’altro; chi era impaurito, chi arrabbiato, quella sera lì dentro sembrava regnare il caos.
Per fortuna c’era la nonna:
- Fate silenzio! – tuonò Atena fissando tutti i presenti con due occhi grigi di pietra – Fateli parlare – ordinò.
I presenti si ammutolirono all’istante, impauriti dalla reazione della Dea; Jason esitò un secondo, si schiarì la voce e poi continuò – Vogliamo sfollare Nuova Roma prima che accada il peggio, quando il pericolo sarà passato allora, chi vorrà, potrà fare ritorno – concluse il figlio di Giove.
- Vi stiamo chiedendo di portare in salvo altri semidei, non di portare in salvo dei nemici – aggiunse Leo.
Il figlio di Efesto faceva parte del gruppo perché Hope era andata insieme alle zie a Nuova Roma mentre i suoi genitori erano entrambi al Campo; il padre che aiutava a creare nuove armi e la madre che aiutava i figli di Apollo in Infermeria.
L’assemblea di semidei iniziò a rumoreggiare, tutti parlavano sotto voce per prendere una decisione; Lilia non si sarebbe mai aspettata di trovare così tante obbiezioni per un viaggio a Nuova Roma.
Chirone guardò per un secondo i semidei e poi parlò:
- Chi è a favore? – chiese il centauro con voce autoritaria.
Molte mani si levarono verso l’alto ( tra cui le loro); Lilia guardò suo fratello che aveva iniziato a contare i favorevoli, dopo qualche minuto si girò verso di lei e sorrise: erano in maggioranza.
Lilia abbassò la mano in quel momento come fecero i suoi genitori e anche le tre maghe.
Chirone guardò la folla e poi guardò Atena che annuì leggermente con capo come se stesse acconsentendo.
- L'impresa è stata approvata – concluse.
Sui volti dei quattro semidei apparve un sorriso sereno, probabilmente non vedevano l'ora di rivedere le mogli e i figli ma, soprattutto, di saperli al sicuro.
Jason, Frank, Nico e Leo tornarono a sedersi ai loro posti scambiandosi sorrisi con i genitori di Lilia  e Lucas.
Lilia si sentì toccare un braccio, si girò e vide che era Sarah che stava richiamando la sua attenzione: - Dimmi – le disse sorridendole
- Adesso tocca a noi?  - le chiese la ragazzina mostrando un po' d'ansia.
- Si, adesso mia madre si alzerà e parlerà per noi; poi si passerà alla votazione. Se durante il discorso sentirete opinioni contrarie non preoccupatevi, mi madre saprà come sistemare le cose e l'importante è la votazione finale, a cui noi non parteciperemo in quanto siamo i proponitori dell'impresa. - le spiegò.
La ragazzina annuì e poi guardò sorella e cugina annuendo per rassicurarle, anche loro avevano sentito la spiegazione di Lilia.
- Ora passiamo alla seconda impresa che deve essere presa sotto esame – continuò Chirone.
Lilia sorrise ai suoi genitori che si alzarono; sua madre tranquilla con lo sguardo sicuro mentre suo padre invece mostrava qualche segno di agitazione.
Quando gli altri semidei videro chi stava per proporre l'impresa calò un silenzio sorpreso: i nostri genitori non proponevano imprese da anni, probabilmente dalla sconfitta di Gea.
Annabeth sorrise a tutti i semidei riuniti cortesemente e affabilmente prima di incominciare a parlare:
- Come sapete, se non si trattasse di una reale emergenza, non avremo chiesto il permesso a Chirone di parlare di fronte a questa assemblea – incominciò.
- Come molti di voi sapranno, ieri i miei figli sono ritornati al Campo insieme alla divina Artemide, alle cacciatrici e a tre ospiti – spiegò indicando le tre ragazzine sedute vicino a Lilia e a Lucas.
- Queste tre ragazze non sono semidee ma, come noi, la loro cultura è stata, ed è, minacciata dal potere sempre crescente di Setne. – continuò.
Lilia ascoltava sua madre facendo finta d’essere una persona esterna alla storia che doveva essere convinta. Non poteva negare che sua madre ci stava riuscendo egregiamente, sia il tono sia le parole usate invogliavano l’ascoltatore a seguire la vicenda e ad essere favorevole alla causa.
- Se non sono semidee, allora, cosa sono? – chiese un semidio da uno spalto.
- Sono maghe, diverse da quelle che conosciamo noi, le figlie di Ecate – spiegò – Loro credono in altri Dei, ma il punto che unisce le nostre due comunità è uno: Setne ci vuole distruggere – le ultime parole le disse con enfasi e scandendole una dall’altra in modo che si capissero bene.
- Se sono nostri alleati, allora dov’erano quando venivamo catturati come pesci o quando il nostro esercito ha fallito contro le truppe di Crono e di Gea? – chiese una semidio facendo alzare dagli altri spalti voci concordi.
Lilia vide che sua madre si trovava in difficoltà, non aveva pensato a come rispondere a questa domanda, o forse lo aveva fatto ma non era riuscita a trovare una risposta.
- Eravamo nascosti –
Quella che si era appena alzata a parlare, con grande sorpresa di Lilia, era stata Sarah che aveva risposto alla folla con voce sicura e ferma.
- Setne ha colpito il cuore della nostra organizzazione; lui è di origine Egiziana, non greca, anche se utilizza sia la nostra che la vostra magia, ed ha voluto vendicarsi come prima cosa su chi per primo gli arrecò danno.
Mentre voi combattevate su un fronte noi combattevamo sull’altro, come voi anche noi siamo stati sconfitti dalle forze del caos e adesso siamo costretti a nasconderci; per questo non siamo mai venuti in vostro aiuto, perché non potevamo permettercelo. – spiegò la ragazzina tutto d’un fiato senza perdersi neanche una parola.
Lilia scambiò uno sguardo meravigliato con suo fratello, nessuno si aspettava che una di loro parlasse; erano ancora molto piccole e non le credevano capaci di una cosa del genere.
La folla era ammutolita e Sarah era arrossita all’improvviso, forse stava diventando consapevole del gesto appena compiuto.
Annabeth le sorrise e le poggiò una mano su una spalla facendola avvicinare a lei nel centro dell’anfiteatro:
- Ora è il momento di unire le nostre possibilità e di organizzarci per ritornare a vivere, ed il primo passo per fare questo è accogliere, qui al Campo, gli altri maghi Egiziani. – terminò Annabeth con voce ferma.
Lilia poté vedere che molte facce si erano infiammate e si erano rinvigorite alle parole “ritornare a vivere” ma, come sempre, non tutti si erano convinti subito.
Incominciarono le domande come“ Ma possiamo davvero fidarci?” o “Come si chiamerebbe questa congregazione di maghi, e chi sono realmente?” alle quali risposero Percy e Annabeth, sino alla domanda fatidica “ Perché non sapevamo nulla della Casa della Vita?”.
A questa domanda rispose Chirone, spiegando nei minimi dettagli i vari motivi per cui i Campi e la Casa della Vita non si erano mai alleate prima.
La risposta in poche parole era stata questa: si aveva avuto paura che unire così tanti semidei e maghi potesse attirare l’attenzione di qualche mostro o divinità antica sopita, o nascosta da molto tempo, che avrebbe potuto attaccare entrambe le parti.
- Semplicemente vi stiamo chiedendo il permesso di mandare qualche semidio a prendere i maghi e ad offrirgli asilo mentre raduniamo le forze per una possibile ribellione – concluse Percy in modo che tutti potessero capire.
Passò quasi un minuto in cui  semidei iniziarono a parlare tra di loro e un leggero brusio riempì l’aria; Lilia lanciò un occhiata allo spalto dov’era seduta sua nonna.
Atena sembrava pensierosa, come se l’idea di portare al Campo maghi Egizi non le andasse molto a genio ma allo stesso tempo non volesse contestare, o intervenire, per vedere come sarebbe andata a finire.
- Come si svolgerebbe l’impresa? –
Come non detto, ad Atena piaceva troppo intervenire per rimanere zitta durante una discussione del genere.
Annabeth guardò sua madre senza abbandonare il sorriso che aveva tenuto prima con gli altri semidei e la guardò incrociando gli sguardi.
- Un figlio di Ecate partirà insieme alle tre maghe e a due semidei; recupereranno i maghi e torneranno al Campo nel minor tempo possibile tenendo presenti tutte le misure di sicurezza per non farsi scoprire dai Purificatori. – spiegò.
Lilia non ci aveva pensato prima; se Nico andava a Nuova Roma per recuperare figlia, sorella e nipote, loro non avrebbero potuto chiedergli un viaggio ombra per trasportare i maghi ed essere portati sino al punto d’incontro.
- Chi proponete per l’impresa? – continuò Atena, curiosa.
- Io e Percy ci proponiamo come semidei accompagnatori poi può venire con noi un figlio di Ecate che se la sente – spiegò Annabeth.
- No, non potete andarvene tutte e due – a parlare era stato Connor – Se malauguratamente dei mostri o dei Purificatori attaccassero il Campo, rimarremo con pochi semidei molto abili a combattere – ricordò.
Annabeth sospirò e annuì, anche lei capiva che il figlio di Ermes aveva ragione – Allora andrò solo io e Percy rimarrà al Campo – decise la madre di Lilia fissando il marito che era rimasto di sasso.
- Annabeth no, devo andare io, tu servi qui - sussurrò Percy prendendole una mano e stringendogliela.
- No Testa d’Alghe, tu sei molto migliore di me nel combattimento, devi rimanere tu a difendere il Campo – gli rispose sempre tenendo un tono di voce basso in modo che gli altri semidei non li sentissero.
- No, Annabeth, tu servi qui perché sei un ottima stratega e se ci fosse bisogno di… -
- Smettetela, andrò io al posto tuo mamma – si alzò in piedi Lilia che si era stufata del diverbio tra i genitori.
- E io andrò al posto tuo papà – si offrì Lucas alzandosi sempre pronto ad affrontare un’impresa con la sorella.
- No Lucas, tu non ti muovi di qui, sei ancora convalescente -.
Con grande sorpresa di tutti era stato suo padre a parlare e non Annabeth.
Lilia sospirò, da quando Aibi li aveva lasciati i suoi genitori erano diventati molto più apprensivi ma, tra i due, suo padre era quello che spesso esagerava.
- Sto bene papà, il braccio è a posto e sono pronto per tornare in attività; tu e la mamma dovete rimanere qui al Campo, io e Lilia andremo insieme a Sarah, Fahime e Ruby a recuperare i loro genitori – concluse Lucas con tono risoluto.
Lilia fissò suo fratello, poi suo padre, poi di nuovo suo fratello e d infine di nuovo suo padre che sembra trattenere la rabbia a stento.
Il pubblico si era zittito mentre si godeva lo spettacolino della famiglia Jackson, Lilia non sapeva come intervenire per mettere fine a quella situazione di stallo, per fortuna c’era sua madre.
- Percy, per quanto mi sia difficile ammetterlo e per quanto mi dispiaccia lasciarli andare dobbiamo farlo… Lucas ha ragione, è l’unica soluzione – gli spiegò in tono calmo stringendogli la mano.
Percy esitò un secondo e guardò la moglie negli occhi grigi che gli sorridevano dolcemente, Annabeth sapeva sempre come convincere il suo Testa d’Alghe a fare qualcosa.
 - E va bene… - disse infine lanciando però ancora un’occhiata di traverso ai figli.
Annabeth gli lasciò un bacio sulla guancia e si girò di nuovo verso l’assemblea – Per l’impresa proponiamo Lilia e Lucas Jackson – disse.
I due gemelli si sentirono puntare addosso un migliaio di occhi e cercarono di non arrossire troppo per l’imbarazzo, visto che la loro famiglia aveva dato già abbastanza spettacolo per quella sera.
Chirone annuì e poi si rivolse all’assemblea – Ora serve un figlio di Ecate volontario per unirsi all’impresa – annunciò.
Per l’anfiteatro si alzò un leggero mormorio causato dai figli di Ecate che parlavano tra di loro per mettersi d’accordo e decidere chi dovesse partire: il loro ruolo nell’impresa sarebbe stato di vitale importanza, con la foschia avrebbero dovuto camuffare gli altri componenti del gruppo in modo che non venissero riconosciuti dalle forze di Setne.
- Vengo io – si offrì un ragazzo alzandosi in piedi.
Lilia lo guardò meglio, era un ragazzo di circa diciotto anni con i capelli rossi tagliati corti e pettinati in modo disordinato, aveva alzato la mano come se si stesse offrendo per un interrogazione a scuola ma i suoi occhi neri erano duri e convinti.
- Ma quello non è Nathaniel, l’amico di Aibi? – le chiese Lucas avvicinandosi alla gemella.
- Si che è lui… è l’unico figlio di Ecate che abbia mai visto con i capelli rossi -  gli disse Lilia.
Chirone fece segno a Nathaniel di avvicinarsi e il ragazzo scese dagli spalti facendosi strada tra i fratelli.
Il figlio di Ecate si andò a mettere vicino a Percy e Annabeth sorridendogli mentre passava.
- Ora è il momento di decidere, chi è a favore per l’impresa di Lilia, Lucas, Nathaniel e delle tre maghe Egizie per andare a recuperare gli altri maghi? – chiese Chirone.
Molte mani scattarono subito in alto senza segno di esitazione ( come quella dei loro amici), altre invece ci misero un po’ per salire ma alla fine la maggior parte dei semidei aveva alzato la mano, vi era quasi l’unanimità.
Lilia guardò le tre ragazzine che sorridevano felice, stranamente anche Fahime sorrideva serena; l’impresa era stata accettata e ora non rimaneva che partire.
 
Quella sera, prima di andare a dormire, Sarah, Ruby e Fahime mandarono un ultimo messaggio Iride ai genitori per avvertirli che sarebbero partiti l’indomani e che, nel giro di qualche giorno, sarebbero arrivati; in quella occasione Lilia poté riscontrare che tutti i genitori hanno gli stessi timori per i figli e che tutti si esaltano per le stesse piccole cose.
Percy e Annabeth diedero le ultime raccomandazioni per la partenza del mattino dopo: sarebbero partiti all’alba, quando il numero di squadre di Purificatori che controllavano la zona era ancora basso.
Lilia si coricò a letto dopo aver dato la buona notte alle altre ragazzine ma non riuscì subito ad addormentarsi; continuava a pensare a Nathaniel, a come quel ragazzo si era subito proposto per l’impresa anche se sapeva che sarebbe stata pericolosa.
Pensò anche che nessuno si era mai preoccupato di chiedergli se andasse tutto bene dopo che Aibi era morta ( Lilia non aveva mai creduto alla storia che fossero solo amici), lo avevano sfruttato per rivederla e poi nessuno aveva più fatto caso a lui, se ne erano semplicemente dimenticati; Lilia decise che dal giorno dopo avrebbe rimediato.
 
Buio, all’improvviso si accesero le luci e un corridoio divenne visibile.
Lilia si guardò intorno; era in un corridoio di roccia illuminato soltanto da torce poste tutte alla stessa distanza.
Guardò dietro di lei e vide soltanto un muro di pietra invalicabile che le bloccava la strada; poteva solo andare avanti.
Prese una torcia per essere sicura di avere sempre una luce in caso che le altre torce si spengano.
Lilia sapeva di trovarsi in un sogno, era certa di essersi addormentata nel suo letto, e probabilmente era ancora lì e non in quel corridoio umido e tetro pieno di ragni e vari insetti al quanto schifosi.
Ad un certo punto davanti a lei il corridoio svoltava a sinistra creando un muro diagonale illuminato sul davanti dalle luci di altre moltissime torce.
 Lilia fece un passo avanti per continuare a camminare ma, all’improvviso, due ombre si stagliarono sul muro.
Una era una figura alta, un adulto, che ne sovrastava una più minuta ma che non sembrava affatto impaurita e fissava l’altra figura.
- Sei sola, ti hanno abbandonata qui – rise l’ombra più grande – nessuno ti verrà mai a recuperare, sei solo un inutile pedina di qualcosa molto più grande di te, sul serio credevi di essere importante? L’ombra più piccola tremò come se stesse trattenendo la rabbia oppure la paura:
- Loro ritorneranno, lo so’ –
Il cuore di Lilia perse un battito, quella era la voce di sua sorella, quell’ombra era Aibileen!
Lilia cercò di scattare in avanti per raggiungere la sorella e aiutarla ma i suoi piedi sembravano ancorati al terreno.
- Come fai ad esserne così sicura, piccola semidea? La storia è piena di gente che tradisce e abbandona altra gente, io ne sono un esempio, perché credi che torneranno? – le chiese ancora una volta quella voce che non le sembrava del tutto estranea.
- Perché loro non sono come te – gli rispose velenosa Aibileen.
A quel punto l’ombra adulta rise e allungò una mano davanti a lui, stretta a pugno – Peccato che non arriveranno in tempo -.
L’ombra di Aibileen fu sollevata da terra e Lilia sentì la sorella soffocare; i piedi le si staccarono dal pavimento e iniziò a correre verso di lei, doveva salvarla almeno questa volta, non le importava se la sua vera sorella in realtà era nel palazzo di Ecate; lei doveva salvarla.
Lilia corse ma prima che potesse raggiungerla le ombre sparirono e sul muro apparve solo una chiazza di sangue fresco che colava sulla roccia scura.
- So’ che non vuoi che ciò accada – una voce di donna rimbombò nella caverna – puoi fermarlo, ma prima dovrai ridare agli Dei ciò che hanno perso -.
Lilia stava per rispondere ma all’improvviso tutto tornò buio e lei piombò in un sonno senza sogni.
 
Il mattino dopo, qualche minuto dopo che Apollo spuntava ad Est; Lilia, Lucas, le tre maghe e Nathaniel erano in cima alla collina mezzosangue con gli zaini in spalla carichi di provviste.
Annabeth e Percy presero un secondo da parte i figli per parlargli mentre le tre ragazzine facevano conoscenza con Nathaniel.
Annabeth sospirò e abbracciò prima Lilia e poi Lucas – State attenti, evitate i pacificatori e rimanete sempre nel raggio d’azione della foschia di Nathaniel – gli disse seria stringendo una mano a Lilia ed una a Lucas.
- Certo mamma, non è la prima volta che partiamo per un impresa di questi tempi– la rassicurò Lilia sorridendole dolcemente.
- Staremo bene, voi prendetevi cura del Campo – scherzò Lucas però senza smettere di sorridere.
I genitori li guardarono ancora per un secondo e poi sospirarono – Ritornate tutti interi – disse infine Percy prima di abbracciare i figli.
Dopo altri due abbracci Annabeth e Percy si decisero a riportare i figli dagli altri componenti del gruppo – Allora, siete pronti? – chiese Annabeth per cercare di concentrarsi su altro che non fossero i suoi bambini che stavano per partire per un impresa pericolosa.
- Si, abbiamo presto tutto – disse Ruby che come al solito era la più emozionata del gruppo.
- Bene, allora ci siamo – concluse Percy.
Lilia vedeva chiaramente che i suoi genitori avrebbero fatto di tutto pur di non vederli partire un’altra volta.
Lilia e Lucas abbracciarono ancora una volta i loro genitori, si strinsero forte, come se volessero rimanere uniti e non separarsi più.
- E’ meglio se andiamo, più aspettiamo e più squadre di Purificatori troveremo sulla nostra strada – ricordò Nathaniel sistemandosi lo zaino.
- Certo, andate pure – disse Annabeth imponendosi su se stessa e non stringere a se’ i suoi figli e non lasciarli più andare.
- Ci vediamo presto – disse Lucas mentre si incamminavano verso il fondo della collina e stavano per attraversare la barriera del Campo.
Lilia vide i suoi genitori salutarli con una mano ma stringersi l’altra, mentre più in basso, Nico insieme agli altri semidei sparivano nelle prime ombre del mattino.
Le imprese erano incominciate.
 
Camminarono in silenzio finché non arrivarono al confine del campo, la barriera era davanti a loro invisibile, di fronte a loro si estendeva il bosco che poi li avrebbe portati sulla strada dove vi era una macchina mascherata da suv dei Purificatori che li avrebbe potuti portare il più vicino possibile a Brooklyn.
Si guardarono tutti e sei per un secondo e poi attraversarono tutti insieme la barriera.
Appena furono fuori la foschia di Nathaniel entrò in azione avvolgendosi intorno ai loro piedi e trasformando il loro aspetto: se una persona dall’esterno li avesse visti sarebbero sembrati dei semplicissimi mortali vestiti con l’uniforme grigia e bianca dell’esercito.
Si guardarono intorno e, dopo un minuto, quando furono sicuri che lì in giro non ci fosse nessuno si misero in cammino.
Continuarono a mantenere il silenzio nessuno se la sentiva di parlare rischiando di far cadere la copertura ma, proprio quando Ruby stava per aprir bocca e la strada era davanti a loro Nathaniel fermò il gruppo.
- Cosa succede? – chiese Lucas guardandosi intorno.
- Guai – rispose Nathaniel diventando serio.
Lilia si sporse leggermente e trattenne un imprecazione a stento: la strada, su entrambi i lati, era bloccata da Purificatori in tenuta azzurra.
Cosa ci facevano così vicini al Campo? Sarebbe bastato un passo e i soldati li avrebbero scoperti.
- Cosa sta succedendo? – chiese Fahime facendo un passo avanti prima che Lilia potesse fermarla.
- Fahime… torna… - provò a dirle Lucas ma era troppo tardi.
- E voi! Cosa fate lì?! –
Li avevano scoperti.

Ed eccolo qui :)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e sia venuto qualcosa di decente nonostante il poco tempo che ho avuto a disposizione :)
Se non ci sono disguidi dovrei riuscire a pubblicare in tempo Giovedì prossimo, con i veri primi capitoli movimentati :D
Come sempre ringrazio chi segue, chi ha messo la storia tra le prederite e chi recensisce; mi fa sempre piacere ricevere le vostre recensioni e i vostri pensieri :)
Direi che per ora è tutto, ancora una volta
Buon Natale e Felice Anno Nuovo!
Un abbraccio,
Darkness_Angel.

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Capitolo 6
*** VI. ***


Buon Primo dell'Anno!
Come iniziare meglio l'anno con un bellissimo capitolo della vostra Fanfiction preferita? Sto scherzando, ma comunque ecco a voi il capitolo VI :3 Il vero primo capitolo movimentato :D
Direi che non ho avvertenze da darvi, a parte che in questo capitolo ci saranno scene di violenza e che il Pov è di nuovo di Fahime :)
Buona Lettura :)

 

VI.

 
 
Quando Fahime sentì la voce di Lucas ormai era troppo tardi, il Purificatore l’aveva già vista e aveva già puntato i suoi occhi di pietra su di lei.
Mai una giusta ne combini, vero piccola Hime?
La maga scacciò dalla mente quella voce opprimente e beffarda e cercò di concentrarsi sul gruppo di Purificatori che si avvicinava imbracciando fucili e portando al fianco corde di acciaio modificato, quello in grado di privare un mago ( e supponeva anche un semidio) dei suoi poteri.
- Allora? Identificatevi! – ordinò il Purificatore a capo della squadriglia.
- Facciamo parte della decima divisione in attivo su Long Island – rispose prontamente Lucas mentre Nathaniel modificava la foschia in modo da far credere ai Purificatori che tutti e sei fossero già usciti allo scoperto e non solo due di loro.
Il Purificatore li osservò attentamente e Fahime pregò che la foschia dei figli di Ecate funzionasse davvero bene come tutti dicevano, o la loro impresa sarebbe finita ancor prima di iniziare.
Cosa che ci farebbe comodo… anche se non ora.
- Nessuno ci aveva avvertito di una squadra in attivo in questo settore – continuò il Purificatore mentre i compagni alle sue spalle iniziavano ad allungare le mani alle corde – La vostra missione di ricognizione doveva finire due giorni fa – continuò l’uomo controllando sul piccolo schermo che portava sull’avambraccio; a Fahime aveva sempre ricordato per certi versi lo stesso mini computer che portava Buzz Lightyear.
- Il comando ci ha lasciato qui in attesa dell’undicesima divisione – continuò Lucas.
Fahime quasi ci stava credendo a quello che sentiva, Lucas parlava con tanta sicurezza che poteva benissimo sembrare un soldato semplice; sperava soltanto che i Purificatori non iniziassero a fare domande a lei o agli altri.
- Il comando non ci ha avvertito della vostra presenza qui – continuò il Purificatore squadrando tutti e sei uno ad uno; sembrava quasi volesse attraversare lo strato di foschia che li circondava per vedere chi fossero veramente.
- Potrebbe esserci stata una dimenticanza, siamo qui solo per aspettare l’undicesima divisione, come ho già detto, non abbiamo un vero e proprio compito – continuò Lucas mantenendo la farsa.
Il Purificatore lo osservò attentamente e un sorriso beffardo gli si disegnò sul viso rasato:
- Tenente! – la voce del Purificatore prese Fahime alla sprovvista.
Un uomo più giovane, sempre in tenuta da Purificatore, si avvicinò al capo facendoli il saluto militare – Mi dica Signore! – gli rispose guardando il suo superiore senza l’ombra di un sorriso.
- Perché non chiama il generale della decima divisione e chiede conferma della presenza dei nostri amici? Nel frattempo potremo aiutarli al tornare alla base, l’undicesima divisione l’aspetteremo noi-Era fin troppo chiaro, anche Fahime aveva capito cosa stava per succedere; il Purificatore non era così stupido com’era sembrato all’inizio, aveva capito che loro non erano dei veri soldati; però forse non sapeva ancora che erano semidei e maghi.
Lucas si giocò la sua ultima risorsa:
- Non credo che al comando farà piacere sapere che abbiamo lasciato il nostro posto – replicò Lucas continuando a mantenere un tono autoritario.
- Non preoccuparti, al comando non darà fastidio se prendiamo il vostro posto e in ogni caso, tra poco qui serviremo soltanto noi – gli rispose ghignando.
Il Purificatore fece un cenno con la mano e alcuni soldati dietro di lui avanzarono accerchiando loro sei e facendoli avvicinare in fila per due.
Lucas era davanti al gruppo insieme a Sarah, Fahime si ritrovò dietro di loro insieme a Lilia, mentre a chiudere la fila vi erano Ruby e Nathaniel.
I Purificatori li circondarono, Fahime vide Lilia guardarsi intorno, i loro occhi si incrociarono e le fece un leggero occhiolino.
Pochi secondi dopo Lilia inciampò nel nulla finendo addosso al fratello che però la prese al volo facendo fermare il gruppetto.
Il tenente che li stava scortando imprecò sottovoce e guardò Lucas e Lilia con disprezzo – E voi dovreste essere soldati – sussurrò sotto voce.
Fahime guardò i gemelli, Lucas stava aiutando la gemella a rialzarsi ma si vedeva che le stava parlando sottovoce; lo sguardo di Nathaniel era fisso sui due semidei, come se aspettasse un segnale, le cugine di Fahime invece guardavano i Purificatori con la coda dell’occhio pronte a reagire anche se non avrebbero potuto avere speranze visto che erano sei contro trenta.
- Vi volete muovere?! – ringhiò il purificatore portando la bocca del fucile sulla schiena di Lilia che si stava alzando.
Fahime vide Lucas stringere il braccio della sorella e i suoi occhi saettarono verso il purificatore che minacciava la vita della sorella.
- Quando il comando verrà a sapere come ci state trattando, state pur certi che ne pagherete le conseguenze – intervenne Fahime ritrovando coraggio e parole.
Lei aveva messo tutti in quel casino e lei doveva cercare di rimediare in qualche modo.
- Ma certo, non vorremo mai che diceste al Capo che vi abbiamo trattati male – commentò il Purificatore spostando il fucile dalla schiena di Lilia.
La semidea riprese a respirare.
Si rimisero in cammino attraversando tutto il campo dei purificatori; quei trenta che Fahime aveva contato erano solo una minima parte di tutte le forze presenti.
Fahime sentiva il cuore batterle all’impazzata nel petto, se avesse potuto avrebbe preso la mano di Lilia e l’avrebbe stretta per cercare un po’ di sicurezza, ma dei soldati di Setne non l’avrebbero mai fatto inoltre, Lilia era tenuta ancora più sott’occhio da dopo la sua caduta; un purificatore le camminava costantemente accanto con il fucile imbracciato e carico; se la semidea avesse fatto un’altra mossa sbagliata l’impresa, per lei, sarebbe finita lì.
- Bene, eccoci arrivati, salite. – ordinò il tenente indicandogli un fugone nero senza i finestrini e con il parabrezza oscurato.
Fahime fece forza sulle sue gambe per farle muovere e costringerle a salire nel retro del furgone.
I soldati li fecero sedere tre per lato insieme a cinque purificatori, altri due salirono davanti mentre le porte del cassone venivano chiuse con forza riempiendo l’abitacolo del frastuono del metallo che sbatte su altro metallo, mentre un piccolo neon rettangolare si accendeva sopra le loro teste.
Sotto la luce del neon le uniforme bordeaux dei Purificatori prendevano lo stesso colore del sangue, mentre i loro occhi assomigliavano in modo impressionante a quelli dei lupi della zia dei gemelli, o meglio, ai lupi delle cacciatrici.
Il purificatore seduto al posto di guida mise le chiavi nel blocchetto d’accensione e mise in moto.
Fahime sentì bussare sul finestrino del guidatore e vide il tenente apparire appena il vetro scese di qualche centimetro:
- Non sono cose che ti interessano – un purificatore le tirò un colpo al braccio con il calcio del fucile facendole capire senza ombra di dubbio che doveva farsi gli affari suoi; ma Fahime non era famosa per la sua obbedienza.
Si mise a fissarsi le scarpe che adesso sembravano degli alti stivali neri invece che delle semplici scarpe da ginnastica, ma tese le orecchie esternando qualsiasi altro suono e concentrandosi solo sulla voce del tenente.
- Portateli alla base centrale, lì sapranno cosa fare di loro, potrebbero rivelarsi utili. – il soldato alla guida annuì, richiuse il finestrino e poi partirono con un sussulto.
I dubbi di tutti e sei erano fondati; quegli uomini li stavano ingannando.
Fahime alzò lo sguardo quel poco che le permetteva di incrociare quello di sua cugina Ruby seduta di fronte a lei.
Pericolo. Mimò con le labbra, una lettera alla volta, in modo che i purificatori non la vedessero.
Ruby le sorrise e annuì impercettibilmente; lo sapeva, e non sarebbe rimasta con le mani in mano ancora per molto.
Il diversivo ebbe inizio dieci minuti dopo.
 
All’improvviso il furgone inchiodò spedendo i tre purificatori contro la parete di metallo di fronte a loro e gli altri due per terra mentre i due al posto di guida imprecavano contro l’intralcio che si trovava in mezzo alla strada; loro sei non esitarono.
Fahime si alzò in piedi di scatto e tirò una gomitata in faccia al purificatore di fianco a lei spaccandogli il setto nasale che prese a sanguinare copiosamente, Lilia tirò un calcio in faccia ad uno dei purificatori ancora a terra mentre il suo gemello si slacciava un braccialetto dal polso che divenne una spada di bronzo celeste il cui pomo andò a colpire un purificatore alla nuca.
Gli altri due purificatori non si fecero prendere alla sprovvista, però,  uno liberò la fune dalla vita e l’altro sfoderò un pugnale dallo stivale gettandosi su Sarah che stava recuperando il suo bastone dalla Duat.
- Sarah giù! – la maga si abbassò in tempo mentre la gemella, dopo aver recuperato due lunghi coltelli, si lanciava sul purificatore parando il colpo del pugnale con una lama e conficcando l’altra nel ventre dell’uomo all’altezza della bocca dello stomaco.
- Cosa sta succedendo?! – gli uomini alla guida si girarono e videro il loro compare stramazzare al suolo reggendosi il ventre mentre Ruby estraeva l’arma e due dei loro che cercavano di recuperare i fucili mentre il sangue gli imbrattava il viso.
Il terzo purificatore fece l’errore di gettarsi su Nathaniel che, sino a quel momento, era rimasto un po’ in disparte e protetto dagli altri in modo da poter controllare la foschia che modificava le loro sembianze.
Il purificatore sorrise perfido mentre preparava la corda a forma di lazzo per lanciarla addosso al semidio e bloccarlo, Nathaniel lo fissò con i suoi occhi neri di pietra e l’uomo dovette lasciare andare la corda mentre indietreggiava con un imprecazione.
- Cosa state combinando, razza di imbecilli?! Sono semidei, ucciditeli! – sbraitò il purificatore che stava alla guida mentre si gettava fuori dall’abitacolo per poi raggiungere i suoi compagni dall’altro lato.
Lilia si levò la collana e roteò la spada che andò a colpire un purificatore alla gamba recidendo il tendine, l’uomo si accasciò a terra recuperando, però, il coltello che teneva nell’altro stivale e ferendo di striscio la semidea alla gamba.
- Dobbiamo uscire di qui! Rischiamo di ferirci a vicenda! – gridò Sarah mentre  colpiva un purificatore facendolo andare a terra.
- Ci stanno venendo ad aprire gli altri così… - incominciò Lilia
- Giù! – gridò Fahime che sapeva sin troppo bene come reagiva Ruby quando le facevano notare che era rinchiusa in gabbia.
- Ha-di!-
Un geroglifico si disegnò nell’aria e poi le porte di metallo del furgone esplosero volando a metri di distanza.
I due purificatori scesi dall’abitacolo, purtroppo, rimasero illesi e guardarono increduli le porte scardinate.
Semidei e maghe si gettarono fuori dal furgone, Lucas saltò addosso al purificatore più vicino con la spada sguainata, il soldato riuscì a parare il colpo con il corpo del fucile, ma non fece in tempo a sfoderare il pugnale che Lucas gli tagliò la mano per poi trafiggerlo in mezzo al petto.
- Così impari a minacciare mia sorella – gli disse con rabbia mentre estraeva la spada e l’uomo lo guardava con la consapevolezza della morte negli occhi.
Fahime uscì dall’abitacolo schivando il purificatore che era alla guida ( l’unico furbo ad avere una spada con se’ oltre che a corda e fucile) richiamando la sua attenzione e permettendo ai suoi compagni di uscire dal furgone e raggiungerla creando un unico fronte comune sul lato opposto del furgone.
- Accidenti Ru! Ma imparerai mai che “ Distruggi” non è sempre la soluzione a tutto?! Bastava “Apri” questa volta! –si mise a sgridare Sarah alla sua gemella nel pieno della battaglia.
Ruby borbottò qualcosa sospirando, ma poi lasciò perdere e incassò la sgridata.
- Nathaniel, lascia cadere la foschia, ora ci servi per altro – gli disse Lilia continuando a fissare crudelmente i purificatori che stavano cercando di riunirsi dopo la perdita di due dei loro.
Il figlio di Ecate annuì e la nebbia che Fahime aveva visto e sentito avvolgerli scomparve rivelando chi erano veramente e lasciando i purificatori di sasso.
- Non è possibile… - sussurrò uno
- Allora ragazzi, che ne dite di prenderci il furgone? Non ho voglia di farmi tutta quella strada a piedi – disse Nathaniel mentre faceva scrocchiare le nocche.
- Mi sembra un ottimo piano – commentò Sarah.
I Purificatori li guardarono con odio, quelli col naso spezzato avevano recuperato i loro pugnali, il guidatore aveva la spada sguainata davanti a se’ e quello con il tendine reciso si reggeva a mala pena in piedi brandendo il fucile, l’ultimo purificatore non sembrava più molto contento di possedere la fune, soprattutto perché adesso, agli occhi di tutti, la corda era diventata un boa gigantesco ( opera di Nathaniel).
Non ci fu veramente qualcuno che ridiede il via allo scontro, semplicemente riprese da solo.
I purificatori in grado di muoversi si lanciarono contro i semidei, Sarah protese il bastone evocando un incantesimo - A’max! – e un muro di fiamme si alzò tra di loro.
Nello stesso momento la terra tremò e dal terreno si aprì una crepa dalla quale uscì un’onda d’acqua che fermò i purificatori ma allo stesso spense le fiamme di Sarah.
- Scusami! – le gridò Lilia mentre fronteggiava il purificatore con la spada e respingeva il suo attacco.
- Cercate di usare incantesimi che non coinvolgano elementi che siano l’acqua e i suoi opposti, o Lilia diventa inutile – spiegò Nathaniel mentre un purificatore lottava contro la sua stessa corda che cercava di stringerlo nelle sue spire.
- Va bene – Disse Sarah annuendo.
Sarah non era mai stata un ottima combattente, ma si era sempre rivelata un ottima maga, e adesso era il momento di dimostrarlo proteggendo i suoi amici.
- N’dah! – gridò mentre uno scudo si creava davanti a Lilia bloccando un colpo a tradimento con un pugnale del suo assalitore che l’avrebbe sicuramente ferita.
Vide sua sorella gettarsi con i due lunghi pugnali sguainati contro uno dei due purificatori con il naso spezzato; l’uomo cercò di placcarla ma lei saltò usando l’uomo come appoggio e gli atterrò alle spalle dopo una capriola a mezz’aria.
Il purificatore si girò furioso per colpirla ma Ruby girò su stessa in una specie di piroetta e una lama dei due coltelli andò a recidere la carotide dell’uomo che crollò a terra all’istante morendo dissanguato qualche secondo dopo.
Nathaniel continuava a far indietreggiare il purificatore grazie alla corda-serpente che schivava ogni colpo dell’uomo.
Troppo tardi il soldato di accorse d’essere finito tra le braccia di Lucas che gli sorrise prima di prendergli la testa e rigirargliela spezzandogli il collo e uccidendolo sul colpo.
Ne rimanevano due, di uno se ne stava occupando Fahime e dell’altro Lilia.
La nipote di Poseidone schivò un affondo del suo avversario e richiamò l’acqua in modo che gli avvolgesse le gambe e lo tirasse a terra.
L’uomo sbatté a terra e Lilia provò a trafiggerlo ma l’uomo bloccò il colpo con la lama allontanando quella della figlia di Poseidone che fu costretta ad indietreggiare.
Lilia imprecò quando la gamba ferita le cedette leggermente, non era una ferita grave ma le bruciava e sanguinava.
- Allora piccola bastarda, preferisci morire subito, oppure prima vuoi che qualcuno si diverta con te? – le chiese ridendo.
- Cosa ne dici se prima ti uccido, e poi ti rispondo? – gli chiese Lilia mentre evocava un getto d’acqua che prese l’uomo in pieno petto, probabilmente rompendogli qualche costola.
Allo stesso tempo Lilia scattò in avanti e appena il getto d’acqua cadde colpì l’uomo al petto con un calcio e, con un tondo della spada, colpì l’uomo al ventre che cadde a terra non rialzandosi più.
Lilia crollò seduta a terra, con le ultime forze evocò una specie di bolla d’acqua che si andò ad appicciare al viso dell’uomo come un parassita, finché questo non soffocò con un ultimo spasmo.
- Ah, e comunque preferisco morire subito. -
Fahime si lanciò verso uno dei purificatori con il Khopesh sguainato, il purificatore si lanciò contro di lei con il pugnale fermando la lama ricurva con l’avambraccio e cercando di pugnalarla alla spalla.
Fahime si scansò di lato allontanandosi con una capriola e rimettendosi in piedi.
Lascia fare a me piccola Hime e questo tizio non darà più problemi a ne a te ne ai tuoi amici.
Zitto!
Fahime si preparò a riattaccare lasciando che un po’ di rabbia fuoriuscisse così da darle il coraggio necessario a colpire.
Il purificatore l’aspettò con un ghigno sulla faccia, il pugnale davanti a lui pronto a colpire; quando furono a pochi centimetri uno dall’altro il purificatore si gettò su Fahime puntando a colpirla al cuore, la maga si spostò leggermente di lato facendo in modo che il purificatore si sbilanciasse e la mancasse.
Prima che potesse ritrovare l’equilibro dalla torsione che stava facendo per cercare di riattaccare la maga, Fahime abbassò la spada curva e colpì l’uomo al ventre, lacerandoglielo.
Il purificatore cadde a terra a peso morto lasciando andare il pugnale che cadde a terra tintinnando.
Fahime respirò profondamente cercando di calmare il leggero affanno mentre sentiva una strana forza pervaderle le membra, adesso che aveva ucciso quell’uomo avrebbe potuto ucciderne altri cento così da riprovare la sensazione di appagamento alla rabbia che aveva appena provato.
Lottò contro se stessa e rinchiuse quei sentimenti infondo al petto, poi si voltò verso i suoi compagni.
Lucas era corso dalla sorella e le stava dando una mano a rialzarsi, Lilia sembrava stremata. Nathaniel ansimava, provato dall’uso dei poteri, Ruby era appollaiata sul tetto del furgone con le lame ancora sguainate e Sarah si guardava in torno; sulla strada vi erano sei corpi senza vita di purificatori.
Sei corpi…
Il pensiero attraversò la mente di Fahime alla stessa velocità con cui partì il primo colpo.
I purificatori che li avevano scortati erano sette.
Il settimo purificatore si era appostato sotto al furgone nascosto dietro una ruota e aveva aspettato la fine della battaglia per iniziare a sparare su di loro.
Il primo colpo era diretto verso Sarah, che però non era ancora riuscita a identificare da che punto era avvenuto lo sparo.
Fahime e Ruby reagirono allo stesso tempo ma entrambe troppo tardi:
- Sa–per! – gridò Ruby
- Heh–sieh! – gridò invece Fahime.
“Sbaglia mira” e “torna indietro”, due incantesimi che avrebbero funzionato benissimo se lanciati al momento giusto; il proiettile eseguì i due ordini ma troppo in ritardo.
La mira venne modificata e il colpo prese Sarah alla spalla invece che al cuore e tornò indietro con una leggera curva che la fece beccare solo di striscio, senza trapassarla, ma la maga cadde comunque a terra per colpa dell’urto.
Ruby scese con un salto giù dal furgone correndo dalla sorella, mentre il proiettile tornava indietro al suo possessore centrandolo in piena fronte prima che potesse spararne un altro.
Fahime corse dalla cugina mentre anche i semidei si avvicinavano, Ruby aveva riposto i pugnali nella Duat e si era messa al fianco di Sarah tirandola su a sedere mentre la maga si teneva la spalla sanguinante.
- Dobbiamo trovare un posto dove nasconderci così da potervi curare entrambe – disse Nathaniel guardando Lilia e poi Sarah che respirava con affanno, probabilmente per lo spavento.
- Poco lontano da qui c’è uno slargo con una boscaglia non tanto fitta dove potremo trovare riparo – sentenziò Ruby stringendo la sorella.
- Come fai ad esserne così sicura? – le chiese Lilia che stava utilizzando il gemello come stampella.
- Me l’hanno detto loro – rispose la maga tranquilla indicando qualcosa dietro il furgone.
Tutti si girarono, anche Fahime, era curiosa di sapere quanti ne avesse richiamati questa volta sua cugina.
Da dietro il furgone e dal limitare della strada apparvero circa una ventina di gatti randagi, tutti di diverso colore e razza che si avvicinarono a loro camminando altezzosi e tenendo le code ben ritte a formare tanti punti interrogativi.
- Gatti? – chiese Lucas incredulo
- Esatto, gatti – rispose sorridendo Ruby – sono stati loro a fare da intralcio sulla strada e a fermare il furgone – spiegò fiera la maga - e adesso ci faranno da navigatori – concluse.
I tre semidei sembravano abbastanza sorpresi, ma non replicarono – Rimane solo il problema del furgone e… beh… dei cadaveri – fece notare Lucas.
Subito calò il silenzio, per nessuno era stata la prima volta ed infatti non si sorpresero di come avessero appena ucciso sette persone a sangue freddo, ormai si erano abituati all’idea che i purificatori fossero nemici, loro andavano uccisi:
Fahime si accorse che ormai, tra loro e i loro nemici, le differenze che li dividevano non erano poi così tante.
- Ai cadaveri penso io – si propose Nathaniel – Se Lucas mi da’ una mano possiamo radunarli e poi posso spedirli negli Inferi – spiegò.
- Al furgone penso io, riattaccare le porte sarà un gioco da ragazzi – si offrì Fahime.
- Va bene, io rimango qui con Ruby e Sarah – disse Lilia sedendosi vicino alle due ragazzine.
Annuirono tutti quanti e poi ognuno andò a svolgere i suoi compiti, Fahime si avvicinò alle porte scardinate e prese la sua bacchetta dalla Duat.
- Hi–nehm – disse in tono quasi solenne, le due porte si alzarono dal terreno e andarono a rimettersi al loro posto.
La maga le provò a chiudere e queste si mossero come se fossero nuove e l’auto appena uscita dalla fabbrica.
Lucas e Nathaniel radunarono i sette cadaveri dei purificatori sul bordo della strada, poi il figlio di Ecate chiuse gli occhi e pregò la madre.
- Ecate, Dea della magia e guida dei vivi nel regno dei morti, io ti chiedo di accettare questi corpi e di portarli nel luogo che spetta loro -.
Pochi secondi dopo si formò un avvallamento nel terreno e i sette corpi vi sparirono all’interno senza lasciare alcuna traccia.
Ritornarono tutti dalle tre compagne ferite, Lucas prese in braccio Sarah che era ancora stordita dal colpo e si stringeva la spalla cercando di fermare l’emorragia.
Mentre invece Lilia si appoggiò a Nathaniel e zoppicò sino al furgone dove le fecero sedere:
- La tua ferita non è molto grave Lili – disse Lucas dopo aver esaminato la gamba della sorella
- Lo so’, brucia soltanto come le fiamme dell’inferno – gli rispose ridendo e facendogli una linguaccia.
Lucas sospirò esasperato e poi si avvicinò a Sarah facendole scostare leggermente la mano e controllando la ferita – Abbiamo avuto fortuna, è solo un colpo di striscio, profondo, ma soltanto di striscio; basterà qualche punto – concluse sorridendo alla ragazzina.
- Sarebbe meglio farlo lontano da qui però – disse Ruby che stava accarezzando un gatto rosso
– Dice che di qui passano spesso molte macchine come la nostra – spiegò la maga.
- Va bene – disse infine Lucas ancora sorpreso dalle capacità di Ruby – Io guido, Nathaniel tu ce la fai a ricucirla intanto? – chiese al rosso che gli stavo al fianco.
- Certo – gli rispose sorridendogli sicuro
- Bene, lui vi farà da navigatore, quando arriveremo nei pressi della radura miagolerà – concluse Ruby prendendo in braccio il gatto rosso che miagolò per assicurarli che non avrebbe mancato al suo dovere.
- Poi possiamo tenerlo? – chiese Lilia guardando il fratello e facendogli gli occhi dolci.
Lucas sospirò esasperato – Andiamo -.
Fahime si andò a sedere sul sedile del passeggero di fianco a Lucas mentre, nel retro, Nathaniel ricuciva la spalla a Sarah e Ruby aiutava Lilia a fasciarsi la gamba.
Il gatto rosso si era acciambellato sul cruscotto e guardava la strada che passava davanti a lui come se stesse aspettando una preda.
Dopo circa una mezz’oretta il gatto si stiracchiò ed emise un lungo miagolio, Lucas si accostò e, come predetto da Ruby, poco oltre la strada vi era una radura abbastanza nascosta.
- Non potremmo rimanerci per molto, giusto il tempo di rimetterci un attimo in forze – avvertì Lucas mentre tutti e sei lasciavano il veicolo.
- Il tempo di bere un po’ d’acqua e mangiare un pezzettino d’ambrosia Luc, poi ripartiamo – gli disse Lilia che era stranamente pallida.
Fahime pensò che il pallore fosse dovuto all’uso dei suoi poteri sommati al combattimento, anche loro si stancavano facilmente quando usavano i loro poteri.
Si sedettero tutti nella radura, Nathaniel aprì lo zaino e ne tirò fuori un pacchettino da cui prese dei cubetti color del miele, sembravano delle gelatine di frutta, e poi ne distribuì uno per uno.
Sarah, Ruby e Fahime li guardarono un attimo stranite, se non si ricordava male Lilia aveva dato la stessa cosa a Lucas quando si era slogato la spalla e l’aveva aiutato a riprendersi, ma avrebbe funzionato anche per delle maghe?
- Nostra madre ha detto che potete mangiarla anche voi – disse Lilia intaccando il suo pezzettino – E’ un ricostituente che va bene sia per semidei che per maghi – spiegò sorridendo.
Fahime ne prese un morso un po’ titubante, ma poi si accorse  che sapeva veramente di gelatina di frutta, di caramella all’albicocca, le sue preferite.
Mangiarono tutti il loro pezzettino di ambrosia e poi bevvero un sorso d’acqua ciascuno, prendendosi qualche minuto per riposare mentre controllavano su una cartina dov’erano finiti.
- I purificatori hanno guidato per circa mezz’ora, e se non mi sbaglio siamo andati verso Ovest, cioè nella direzione giusta, quindi dovremmo essere più o meno, qui – disse Lucas indicando un punto sulla cartina.
Fahime stava per replicare ma poi il gatto rosso, sfuggito dalle braccia di Lilia, si mise a zampettare sulla mappa stesa sul terreno per poi sedervisi al centro e iniziare a miagolare e a toccare un punto con la zampa.
Tutti si girarono verso Ruby che sorrise – Dice che siamo qui, leggermente più ad Ovest dal punto che hai segnato tu – spiegò puntando il dito sul punto preciso.
- Quindi siamo solo a mezz’ora di distanza dall’entrata Sud – constatò Fahime sorridendo.
- Questa è una buona notizia – constatò Lilia che si era avvicinata ( più che altro per riprendersi il gatto) – con quel furgone passeremo anche inosservati entrando in città; Nathaniel credi di riuscire a farci avere a tutti delle uniformi da pacificatori? – gli chiese la nipote di Poseidone.
- Certo, nulla di più semplice – li rassicurò il figlio di Ecate.
- C’è ancora una cosa da fare, però, prima di partire – intervenne Lilia, tutti la guardarono dubbiosi – I purificatori erano davanti alla barriera del campo, pochi metri e ci avrebbero sbattuto contro, se qualche semidio uscisse pensando di essere al sicuro così vicino alla barriera, verrebbe subito catturato, se non ucciso – spiegò la nipote di Poseidone incupendosi.
- Quei purificatori stavano aspettando dei semidei, sperano di intercettare gli sfollati di Nuova Roma secondo me… le informazione che avevamo erano vere – concluse Lucas facendo cadere il gruppetto in un silenzio pesante.
- Dobbiamo avvertirli in qualche modo – intervenne Lilia
- Il messaggio Iride non si può mandare – le ricordò Nathaniel
- Possiamo mandare Rouge! – esclamò Ruby prendendo il gatto dalle braccia di Lilia.
- Il gatto? – chiese Lucas scettico
- Certo, i vostri Satiri possono parlare con gli animali, Rouge riferirà il messaggio – gli ricordò Ruby accarezzando il gatto sopra la testa che iniziò a fare le fusa.
- Possiamo tentare, è anche l’unica possibilità che abbiamo – fece notare Lilia
Lucas annuì, Ruby prese in braccio il gatto e gli sussurrò qualcosa all’orecchio; gli occhi del gatto si illuminarono famelici e iniziò a muovere la coda avanti e indietro.
Ruby lo mise a terra, il gatto si stiracchiò si strofinò contro Ruby, poi contro Lilia, emise un lungo miagolio e poi scattò nella direzione in cui erano venuti; il messaggio era partito.
- Quindi adesso si parte? – chiese Sarah che si era riuscita un po’ a riprendere dopo il quadretto di ambrosia.
- Esatto, si parte – confermò Lucas.
I gemelli si misero ai posti di guida, erano i più grandi e sarebbero passati più facilmente per purificatori.
Nathaniel rimise in moto la foschia e donò ad ognuno un uniforme vermiglia da purificatore; loro quattro si misero nel cassone del furgone, l’ambiente non era dei migliori, quella luce al neon dava l’idea di una prigione e i muri di ferro nero erano tutt’altro che ospitali.
Durante il viaggio parlarono poco e niente, Lilia e Lucas si alternarono alla guida, mentre gli altri ne approfittarono per appisolarsi e riprendere le forze perse durante lo scontro con i purificatori.
Fahime si sentì smuovere lentamente e si svegliò dal leggero torpore in cui era caduta; davanti a lei vide Lucas che le sorrideva gentile.
La prima cosa che pensò fu di star ancora dormento e che quello fosse un sogno, un bellissimo sogno, ma quando il ragazzo parlò la sua illusione si infranse.
- Siamo arrivati in città, dovete dirci dove andare per raggiungere l’entrata – le disse facendole cenno di prendere il suo posto di fianco a Lilia che era al volante.
- Dove siamo? – chiese andandosi a sedere e sperando che la timidezza che sentiva dentro non si stesse riversando anche fuori come rossore.
- Ho appena svoltato in Tillary Street, siamo qui – le rispose Lilia indicando la cartina poggiata sul cruscotto.
Fahime la guardò e, dopo pochi secondi, capì subito dove si trovavano – Gira in Jay Street appena puoi e parcheggia – le disse indicandole la traversa in cui infilarsi.
Lilia annuì e seguì le indicazioni, per strada era pieno di soldati semplici in uniforme grigia e di civili vestiti normalmente a parte che di grigio e rosso, i colori dell’esercito.
Lilia svoltò in Jay Street e parcheggiò dietro un palazzo – Ora? – chiese guardando Fahime.
- Ora si va a piedi – rispose Ruby spuntando da dietro il sedile.
Scesero tutti e sei dal furgone, Lilia non zoppicava più, mentre Sarah aveva ancora qualche problema con la spalla ricucita che le mandava qualche fitta quando muoveva il braccio.
- Sapete come ritrovare l’entrata? – chiese Nathaniel mentre la sua foschia creava uniformi da purificatori a tutti e sei e faceva sembrare più grandi lui e le tre maghe.
- E’ facile, anche se piuttosto schifoso – ammise Ruby
- Fai sempre la schizzinosa, preferisci avere un altro incontro ravvicinato con i purificatori? – le chiese la gemella alterata.
- No, ma quando devo rientrare io è sempre aperta l’entrata a Sud, mai quella a Nord – le ricordò.
- Semplicemente perché è la più sicura – le ricordò Fahime.
Ruby sbuffò e poi si fermarono tutti di colpo – Bene, eccoci arrivati – disse Ruby scocciata.
I tre semidei si guardarono intorno cercando la possibile entrata – Ma dove… -
- Sotto i tuoi piedi – rispose Sarah con una leggera risata.
Lucas e Lilia fecero un passo indietro e videro che sotto di loro vi era un tombino rotondo in cui ci sarebbe passata giusto una persona – L’entrata è nelle fogne… - constatò Nathaniel
- E ora ditemi che le mie lamentele non hanno fondamento – disse Ruby mentre si inginocchiava vicino al tombino.
- Ruby, ricordati che devi aprirlo – le ricordò la gemella calcando la voce su “aprirlo”.
Ruby sospirò, poi allungò una mano sopra di lei e prese la sua bacchetta dalla Duat.
- W’peh – un geroglifico d’orato apparve sopra il tombino, e questo si aprì come se fosse una scatoletta – A voi l’onore – disse Ruby indicando il buco nero.
Lucas guardò l’antro buio un po’ titubante – Ci sono dei ragni lì sotto? – chiese quasi spaventato.
- No è troppo umido anche per loro, solo tanti bei topi – commentò Fahime sarcastica.
Si calarono uno ad uno nel tombino, Fahime fu messa all’inizio della fila mentre invece Ruby alla fine; Sarah era al centro, volevano che fosse più protetta visto che era quella ferita.
Fahime alzò il braccio nell’oscurità ed estrasse il suo bastone dalla Duat; ormai a prendere cose dai loro armadietti intra dimensionali erano diventate delle esperte, i loro genitori le avevano sempre spronate ad imparare bene quell’incantesimo.
Fahime batté il bastone per terra e questo si accese di una luce rossa ma chiara, che rischiarò il cunicolo davanti a loro.
- Questa però è una magia da Gandalf… non da maga egizia – commentò Lilia scherzosa alle sue spalle.
A Fahime riuscì a scappare una leggera risata prima di rimettersi in cammino; il corridoio era un lungo cunicolo buio in cui scorreva un rivolo d’acqua sul verdognolo che non aveva niente di invitante.
Ogni tanto si fermavano per sentire se, oltre hai loro, ci fossero altri passi nella fognatura ma, a parte una pantegana nera che gli squittì davanti ai piedi facendogli prendere un colpo, non incontrarono nessuno.
Ad un certo punto il cunicolo si fece più largo, tanto che adesso potevano stare in fila per due senza rischiare di toccare con le braccia le pareti ricoperte di muschio ( o almeno quello che speravano fosse muschio).
- Manca ancora molto? – chiese Lilia che si era messa al fianco di Fahime e camminava con lei.
- No, la porta dovrebbe essere qui vicino… mettono sempre un segno per far capire agli altri maghi dove… -.
Fahime non riuscì a finire la frase che una specie di ringhio basso e gutturale riempì il cunicolo, il problema era che la fonte del rumore era davanti a loro.
- Potrebbe essere un mostro – disse Lucas pronto a slacciarsi il braccialetto dal polso.
- Ma non avevate detto che questo percorso era sicuro? – chiese Nathaniel
- Certo che lo è, infatti non credo sia un mostro – rispose abbastanza tranquilla Sarah
Dall’ombra davanti a loro iniziò a profilarsi, sempre più chiaramente, la figura di un enorme rettile che apriva e chiudeva le fauci emettendo il suono che avevano sentito prima.
Fahime sorrise e sentì un po’ di gioia riempirle il cuore.
- Ma non era solo una diceria che nelle fogne di New York ci fossero i coccodrilli? E in più qui siamo a Brooklyn – constatò Lilia dopo aver riconosciuto l’animale che avevano davanti.
Le tre maghe non la considerarono e si concentrarono solo sulla creatura davanti a loro:
- Filippo! – gridarono in coro abbracciando il bestione senza timore che le attaccasse.
- Filippo? – chiese Nathaniel dando voce alla domanda comune.
- Si è il nostro coccodrillo – disse Fahime contenta – Lui è Filippo di Macedonia, è un animale dolcissimo con nostri amici, è il segnale che cercavamo – spiegò la maga.
- Ben visibile, un coccodrillo albino nella fogna… - commentò Lucas.
- Non dire la parola con la A, lui è suscettibile – lo ammonì Sarah grattando la testa del grosso rettile.
Lilia era rimasta incantata, Fahime poteva vedere nella penombra gli occhi che le sbrilluccicavano.
- Voi avete un coccodrillo come animale domestico… - sussurrò quasi in trance.
- Si, e anche un babbuino – le rispose Ruby alzandosi in piedi.
Lilia si girò verso suo fratello estasiata – Tanto non te li prendono Lilia – fu il suo aspro commento che spense tutta l’eccitazione della sorella in un batter d’occhio.
- Bene, se abbiamo trovato il segnale vuol dire che siamo vicini – constatò Nathaniel per cercare di superare quel momento di imbarazzo.
- Si, ormai ci siamo – annuì Sarah.
Si rimisero in cammino seguendo il coccodrillo, adesso che avevano trovato Filippo, Fahime si sentiva sia eccitata che spaventata.
Voleva ritornare a casa, ma allo stesso tempo non voleva rivedere i suoi genitori, in particolare sua madre; ma ormai non poteva tornare indietro.
Arrivarono davanti ad un muro, Filippo emise un basso gorgoglio e la parete di fronte a lui si mosse mostrando un corridoio in salita con delle scale percorso da torce.
Fahime sentì Lilia sussultare dietro di lei come se qualcosa l’avesse spaventata, ma la semidea non disse nulla e rimase al suo posto.
La prima ad imboccare le scale fu Ruby, saltò ( letteralmente) Filippo e si precipitò su per le scale si corsa; sua sorella alzò gli occhi al cielo ma poco dopo la seguì a passo svelto e dietro di lei tutto il gruppo.
Dopo pochi minuti le scale terminarono e sopra di loro si aprì un enorme stanza illuminata da cui provenivano delle voci.
- Sarah! –
Fahime vide sua cugina fare gli ultimi gradini a due a due per poi correre tra le braccia del padre mentre invece Ruby si stava già crogiolando nell’abbraccio della madre.
Il cuore di Fahime le diede una leggera fitta, anche lei avrebbe voluto avere un accoglienza del genere, avrebbe voluto per una volta sentirsi accettata… sentirsi a casa.
- Hime! –
Da uno dei corridoi una figura alta poco meno di un metro e venti le corse incontro; era un bambino con i capelli scuri, ricci e la carnagione del suo stesso colore; Fahime non poteva non riconoscerlo.
Si accucciò per terra e il bambino le saltò al collo stringendola – Ciao fratellino – lo salutò stringendolo.
- Bentornata a casa Hime – le disse il piccolo Eric stringendo la sorella con tutte le sue forze.
Fahime nascose il viso nella spalla del fratello e lo tenne stretto a se’:
Forse aveva ancora un motivo per chiamare quel posto casa.

Ta dan!
Che ne dite?
Spero di non essere arrugginita con le descrizioni di combattimenti, era da un po' che non ne scrivevo, ad essere sincera :)
Allora, in questo capitolo iniziamo a vedere la figura dei Purificatori, parenti alla lontana dei Pacificatori, ma cattivi uguale :D In questo capitolo c'è una cosa palese su Ruby che tutti quelli che hanno letto The Kane Chronicles noteranno ma, per chi non lo notasse, non preoccupatevi lo farò diventare ancora più palese tra poco :P
Come sempre ringranzio chi segue, chi legge, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensisce :) Mi fa sempre un immenso piacere ricevere le vostre recensioni :)
Direi che per ora è tutto, spero di poter aggiornare in tempo Giovedì prossimo :) Buon 2015!
Un abbraccio,
Darkness_Angel.

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Capitolo 7
*** VII. ***


Sera a tutti!
Sopravvissuti al rinizio della scuola? :P
Io no, infatti sto pubblicando dall'Ade...
So' che è tardi ma è l'unico momento libero che ho avuto per pubblicare oggi... Comunque, settimo capitolo, piccolo avverimento: è meno movimentato del sesto ma servirà a chi non ha letto The Kane Chronicles a capire un po' i maghi Egizi, ma vi prometto che questo è l'ultimissimo capitolo lento :)
Quindi, Buona Lettura :)

 

VII.

 
Lilia credeva che sarebbero passati anni prima di rivedere una scena del genere.
Ruby e Sarah erano strette ai genitori senza la minima intenzione di volerli lasciar andare mentre le stringevano a loro come se non le vedessero da anni.
Ora che la nipote di Poseidone vedeva, dal vivo, i genitori delle due gemelle capiva come fosse possibile che Ruby fosse caucasica e Sarah di colore.
La loro madre ( Sadie se non si ricordava male ) era una donna poco più giovane di sua mamma, con i capelli biondi tagliati pari sino all’altezza delle spalle e con gli occhi azzurri chiarissimi; il padre, invece, era un uomo di colore più o meno dell’età di suo papà, con i capelli scuri tagliati cortissimi, quasi a zero , e gli occhi dello stesso colore di Ruby.
Lilia si sentì scaldare il cuore vedendo quella famiglia riunita.
Alla sua destra, invece, Fahime stava abbracciando un bimbetto molto più piccolo di lei con i capelli ricci e scuri che le si stringeva al collo come se vi fosse stata la super colla a tenerli uniti.
Fahime si alzò in piedi prendendolo in braccio ( il bambino non voleva proprio staccarsi) mentre da un corridoio laterale arrivavano due persone.
Lilia li riconobbe subito; erano i genitori della ragazzina, Carter e Ziah.
Il padre di Fahime sembrava stanco, dimostrava molti più anni di quelli che aveva e la pelle di leopardo sembrava pesargli sulla schiena come se fosse stata imbottita di pietre, però sorrideva.
La madre della maga si vedeva già da subito che era una donna austera, portava i capelli tagliati corti a caschetto sotto l’orecchio e a Lilia stava venendo l’impellente bisogno di andarle di fronte e dirle di rilassarsi, di andarsi a prendere una camomilla e di sputare il manico di scopa che aveva ingoiato.
Quando Fahime li vide, il sorriso nato dall’incontro con il fratellino si adombrò, diventando un sorriso di circostanza.
Lilia pensava che nella sua famiglia ci fossero state, e ci fossero ancora adesso, delle situazioni che viaggiavano sul filo del rasoio, ma guardando il gelo che vi era in quella famiglia si sentì la figlia più amata e fortunata del mondo.
Carter accelerò il passo e andò ad abbracciare la figlia riscaldando un po’ la situazione, Fahime rimase rigida, come se fosse sorpresa, stringendo il fratellino che si lamentò per essere stato abbracciato troppo stretto e che non gli andava un abbraccio a “panino”.
Ziah, invece, si avvicinò ai figli, salutò la figlia con un sorriso, un tiepido “ben tornata” e poi la strinse in un rapido e veloce abbraccio.
- Mi sento a disagio… - le sussurrò Lucas allungando una mano e prendendo quella della sorella per stringerla inconsciamente.
- Anche io… - gli confidò Lilia stringendogli la mano.
- Sembriamo i terzi in comodo… - aggiunse Nathaniel
Nessuno dei tre voleva parlare avendo paura di rovinare quel momento di riunione familiare; se loro fossero stati al posto delle maghe non avrebbero mai voluto che qualcuno li interrompesse, per fortuna ci pensò Sadie a rompere il momento di stallo.
- Santo cielo, non mi avete mai dimostrato tanto affetto in questi sedici anni come adesso, mi sa’ che dobbiamo stare una settimana lontani più spesso – scherzò la donna dando poi ancora un bacio in testa a Sarah ( le gemelle si erano scambiate genitore dopo qualche minuto di abbraccio prolungato).
- Ma non è vero… - si lamentò Ruby staccandosi dall’abbraccio del padre e imbronciandosi.
- Sai che tua madre scherza – la rassicurò il padre poggiandole una mano sulla testa e facendola tornare a sorridere.
- Sadie scherza sempre, infatti è difficile capire quando è seria – la imbeccò Carter facendo ridere figli e nipoti.
- Sappi, fratellino, che non ti picchio solo perché abbiamo ospiti  - gli rispose prontamente Sadie per poi girarsi verso Nathaniel, Lilia, Lucas e sorridergli – Scusate l’interludio familiare – gli disse.
- Non si preoccupi, capiamo perfettamente – le rispose cordiale Lucas risolvendo il problema di Lilia se dare del lei o del tu a quelle persone.
- In ogni caso benvenuti nella base del ventunesimo nomo – li accolse Carter mentre i ragazzi si avvicinavano creando un gruppo più compatto – Io sono Carter, lei è mia moglie Ziah, mia sorella Sadie e mio cognato Walt – presentò il padre di Fahime mentre teneva le mani poggiate sulle spalle della primogenita.
- Molto piacere, io sono Lucas Jackson e lei è la mia gemella, Lilia. E lui è Nathaniel Jordan, un nostro amico semidio. Vi siamo grati per averci permesso di venire e vi portiamo i saluti dei nostri genitori – concluse Lucas.
Lilia lo lasciò parlare limitandosi a sorridere, se c’erano da fare dei discorsi di presentazione Lucas era la persona più indicata.
- Assomigliate molto ai vostri genitori – commentò Sadie.
- Ce lo dicono in molti – commentò Lilia sorridendo e portandosi una mano alla nuca – ma raramente credono che io e Lucas siamo gemelli – aggiunse senza pensare.
- Ma pensa che strano, eppure vi assomigliate così tanto…  un po’ come Sarah e Ruby – Scherzò Sadie  arruffando i capelli di entrambe le figlie sollevando due “mamma!” di protesta.
Lilia decise che Sadie le stava molto simpatica e che, per alcuni versi, le ricordava suo padre; sempre con il sorriso sulle labbra e una battuta pronta, era l’opposto di sua cognata che continuava a sorridere tenendo il figlio minore per mano ma non aveva ancora spiccicato una parola.
- Ci fa piacere che siate arrivati così presto – iniziò Carter mentre faceva segno ai ragazzi Jackson e a Nathaniel di seguirli – vi abbiamo fatto preparare una camera, così se volete potete riposare – gli disse.
- Pensavamo che saremmo partiti il prima possibile… prima ritorniamo al Campo meglio è… senza offesa – aggiunse Lilia che non si era mai allontanata da suo fratello.
Carter sospirò – Dobbiamo ancora convincere molti maghi… non è facile fargli capire che venire con voi al Campo è la scelta migliore invece che rimanere sotto terra… ho indetto una riunione con i rappresentanti dei nomi rimasti per sta sera, e allora lì si deciderà – gli spiegò.
- Quindi non c’è niente di sicuro? Quindi questi nomi non hanno ancora deciso se venire o no… - constatò Nathaniel sorpreso.
Carter annuì - Per ora solo il ventunesimo nomo, cioè noi, ha deciso che si trasferirà – spiegò.
Probabilmente era la sua discendenza di Poseidone a parlare ma Lilia iniziava a stufarsi di riunioni per decidere cosa fare, per decidere il destino delle persone; il Campo era un luogo sicuro, se si trasferivano lì avrebbero potuto vivere tranquilli, era la scelta migliore, punto.
Perché invece bisognava perder tempo a parlare e parlare per poi, magari, decidere lo stesso di fare quella cosa?
Perché non ci poteva essere qualcuno che decideva per tutto il gruppo?
Perché così diresti addio alla democrazia e fonderesti un’altra dittatura molto simile a quella sotto cui state vivendo.
In quel momento Lilia odiò il suo cervello ma non poté che dargli ragione, la democrazia era l’unico modo per tenere ancora in piedi quel poco che era rimasto del vecchio modo di vivere.
- Però almeno voi siete arrivati e anche presto – constatò Carter
- Vedi Zio, abbiamo abilmente rubato un furgone ai pacificatori è per questo che siamo arrivati così presto – spiegò Ruby con nonchalance.
Tutto il gruppo si fermò e i genitori sgranarono gli occhi:
- Che cosa?! – chiesero tutti e quattro in coro sorpresi.
- Cosa non avevate capito della frase, non mettetevi nei guai? – chiese Ziah guardando sia la figlia che le nipoti.
- Non abbiamo esattamente rubato il furgone – intervenne Nathaniel – E’ successa una serie di eventi che ci hanno permesso di impossessarcene – spiegò il figlio di Ecate.
- In poche parole un gruppo di Purificatori voleva portarci alla base centrale ma li abbiamo uccisi e ci siamo tenuti il furgone – concluse Fahime.
Tutti e quattro i genitori erano abbastanza sorpresi  - Accidenti bambine… - commentò Sadie con una nota preoccupata nella voce.
- Non ti preoccupare mamma, io sto bene, Hime anche; a Sarah hanno sparato ma l’hanno presa solo di striscio e Nathaniel l’ha ricucita – la rassicurò Ruby.
Lilia vide Sadie sbiancare e pensò che le mancava poco per svenire – Ti hanno sparato? – chiese alla figlia facendola girare verso di lei.
- Si… ma era solo di striscio, la spalla mi fa solo un po’ male – le spiegò mostrandole la ferita ricucita sotto la maglietta.
- Voi finite il giro turistico, io porto Sarah da Jaz – disse Sadie stringendo la figlia per le spalle ma senza sfiorarle la ferita.
- Mamma sto bene – la rassicurò la ragazzina sorridendole
- Mi fido delle doti da guaritore di Nathaniel, ma sono una mamma apprensiva quindi ti farò vedere anche dalla nostra guaritrice di fiducia. – le rispose sorridendo al figlio di Ecate.
Il semidio le sorrise comprensivo, Nathaniel non era ragazzo da prendersela per delle piccolezze simili.
- Fammi sapere – le disse il marito facendo una carezza sulla testa alla figlia suscitando uno sbuffo da parte di Sarah.
- Si, magari le deve amputare il braccio – scherzò la gemella
- Ma cuciti la bocca Ru! – le rispose la sorella
- Tanto me l’aprirebbe di nuovo papà – le rispose Ruby facendole la linguaccia.
La loro madre sospirò leggermente esasperata – Ora andiamo, così voi due la smettete di litigare e io posso stare tranquilla prima -.
Sarah e la madre salutarono gli altri e poi presero un corridoio che svoltava a sinistra mentre loro continuarono per la strada dritta.
 Lilia si sentiva inquieta; quei corridoi di mattoni con torce accese ad intervalli regolari le ricordavano troppo il sogno che aveva fatto con sua sorella, le sembrava che i piedi le si potessero incollare al pavimento da un momento all’altro e che, sulla parete davanti a lei, potesse apparire l’ombra che aveva ucciso Aibileen.
All’improvviso i muri si fecero più larghi e davanti agli occhi di Lilia si aprì una vera e propria città con case basse squadrate e persone che camminavano velocemente andando da una parte all’altra.
Tutti e tre i semidei rimasero immobili a fissare stupiti lo spettacolo che gli si mostrava di fronte:
- Mi sa’ che voi non avete basi segrete sotterranee – commentò Carter sorridendo davanti allo stupore dei tre ragazzi.
- No Signore, noi ci sviluppiamo soltanto in superficie – spiegò Lucas continuando a guardarsi in giro stupito.
- Certo, se non si tiene conto della resistenza di mia madre negli Inferi… ma questa è tutta un’altra cosa – commentò Nathaniel.
- Ci siamo dovuti riorganizzare da quando Setne ha scoperto tutte le nostre basi in superfice e ha distrutto il primo nomo – spiegò Ziah mentre camminavano – Ora tutti i nomi rimasti sono sotto terra, è l’unico modo non essere presi di mira sperando di non venir scoperti – spiegò la madre di Fahime.
Lilia riuscì a vedere che la donna, mentre pronunciava le ultime parole, lanciava un occhiata torva alla figlia che le aveva risposto con uno sguardo altrettanto cupo; tra le due non doveva scorrere buon sangue.
- Ci sarà tempo per spiegare, ma non ora – intervenne Carter che non negava mai un sorriso a nessuno – Sono sicuro che l’avventura di oggi vi abbia stancato e poi, tra poco, è l’ora di pranzo, quindi possiamo rimandare gli aggiornamenti a dopo – continuò – almeno che non abbiate notizie di vitale importanza da riferirci – concluse.
- No, l’unica notizia era quella che mamma e papà vi salutano e ci hanno raccomandato di dirvi di non preoccuparvi per il numero di maghi che vorrete portare con voi; al Campo c’è posto – spiegò Lilia sorridente, anche lei non negava mai un sorriso a nessuno.
- Bene, allora possiamo rimandare a dopo – concluse Carter.
Attraversarono la cittadina, tutte le persone che incrociavano lo sguardo del padre di Fahime lo salutavano con rispetto e cortesia, ma dopo il loro sguardo correva subito a Lilia, Lucas e Nathaniel; i tre semidei non si erano mai sentiti così tanto al centro dell’attenzione.
Poco prima di arrivare a casa di Fahime, Ruby insieme a suo padre, li salutarono e presero una strada che costeggiava i palazzi sulla sinistra; casa loro era da quella parte.
Si salutarono, Ruby assicurò i semidei che si sarebbero rivisti tra poco alla mensa comune per il pranzo e poi si allontanò ridendo e tenendo suo padre sotto braccio.
Lilia vide Fahime stringere la mano del fratellino e poi accucciarsi di fianco a lui all’improvviso, rischiando che sua madre inciampasse non vedendosela più davanti .
- Eric, facciamo a chi arriva prima a casa? – gli chiese sorridendogli complice mentre invece la madre li guardava emettendo un lungo sospiro.
- Si! Però voglio due secondi di vantaggio – si lamentò il bambino
- Ma guarda che io sono stanca, sono appena uscita da un combattimento – gli ricordò la sorella arruffandogli i capelli scuri.
- E va be’, tu non sei mai stanca anche dopo che hai combattuto, quindi voglio i due secondi – argomentò il bambino impuntandosi.
- D’accordo – concesse Fahime rimettendosi in piedi – Pronto? – gli chiese guardandolo con aria di sfida.
- Prontissimo! – le rispose il fratellino mettendosi già in assetto da partenza.
- E allora… Via! – gridò la maga.
Il bambino scattò subito in avanti, Fahime aspettò anche un po’  più di due secondi e poi si lanciò dietro di lui rincorrendolo.
- Scusateli – disse Ziah guardando i figli che correvano verso una casa squadrata a due piani e poi voltando lo sguardo sui semidei e guardandoli con aria dispiaciuta.
- Non si deve scusare, lo facevamo anche noi – ammise Lucas
- Si, e vincevo sempre io – aggiunse Lilia facendo una smorfia al fratello.
A Nathaniel sembrava che avessero ancora sedici anni e che fossero pronti a combinarne un’altra, molto probabilmente, ai danni di Aibileen; solo che ora i gemelli erano maggiorenni e non c’era più nessuna Aibileen a cui fare uno scherzo.
- Certo che vincevi sempre tu Lili, la mamma mi pregava di farti vincere e io ubbidivo – le rispose il fratello mentre camminavano verso la palazzina dove si erano appena infilati Fahime e suo fratello.
- Cosa? No, vuoi dirmi che per dieci anni mi hai lasciato vincere? – gli chiese Lilia incredula e demoralizzata.
- Si Lili, sul serio hai sempre creduto di avermi battuto… tutto quelle volte? – le chiese stupito il fratello.
- Io si… ma… -
- Ragazzi, potreste riprendere il discorso in un altro momento? – gli chiese Nathaniel che incominciava a sentirsi leggermente in imbarazzo.
- Non ti preoccupare Nath – lo rassicurò Lilia – il discorso si chiude qui e, sappi fratello, che appena avrò l’occasione ti sfiderò di nuovo e sta volta vincerò, ma senza imbrogli – concluse Lilia con uno sguardo identico a quello della madre quando si arrabbiava ed era decisa su qualcosa.
- Come vuoi Lili – le rispose il fratello alzando le mani in segno di resa.
Arrivarono davanti alla porta della casa, Fahime e suo fratello erano sull’uscio che ridevano, il piccolino aveva il fiatone ma sembrava caricato a molla e continuava a saltellare; molto probabilmente aveva vinto.
- Questa è casa nostra – spiegò Carter mentre entravano
– Al piano di sopra vi abbiamo preparato una camera in cui starete tutti e tre. Va bene o preferite stanze divise? Lilia potrebbe dormire con Fahime se mai… - propose la madre di Fahime.
- No, io e mio fratello dormiamo insieme da una vita e Nathaniel sa’ tenere gli occhi chiusi nel caso dovessi cambiarmi – la rassicurò Lilia mentre prendeva il figlio di Ecate per le spalle e lo stringeva.
- Bene – a Lilia sembrò che Ziah fosse sollevata dal fatto che lei non dormisse in camera con sua figlia – Fahime li puoi accompagnare tu al piano di sopra? – le chiese gentilmente la madre.
- Certo mamma – la rassicurò la figlia con un sorriso gelido
- Anch’io aiuto Hime! – disse il piccolino prendendo per mano Lilia che rimase leggermente sorpresa ma poi strinse la mano del bambino.
- Va bene Eric, fai l’ometto di casa – gli disse la mamma sorridendogli amorevolmente ( il primo vero sorriso dolce che Lilia vedeva sul volto di quella donna).
Il piccolo sorrise e gonfiò un po’ il petto, orgoglioso di se stesso.
- Vi veniamo a chiamare quando è l’ora del pranzo – aggiunse come ultima cosa Carter mentre loro imboccavano già le scale che portavano al piano di sopra.
- Va bene papà – gli rispose Fahime prima di sparire su per le scale.
Lilia salì subito dopo di lei con Eric che la teneva per mano e l’accompagnava al piano di sopra; la nipote di Poseidone sapeva che non era solo una coincidenza che il piccolo avesse scelto lei per accompagnarla alla sua camera.
Quando arrivarono sul piano Fahime si girò e gli sorrise – Bene, questa è la vostra camera, di fianco c’è la mia e quella di fronte è la cameretta di Eric – spiegò la ragazzina aprendo la porta della stanza che sarebbe andata ai semidei.
Dentro vi era un letto a castello e un letto singolo sull’altro lato che Lilia decretò subito come suo; era l’unica ragazza del gruppo, gli altri due avrebbero dovuto concederglielo.
- Se vi servisse, il bagno è quella porticina là in fondo – concluse Eric indicandolo con la manina.
- Grazie mille di avercelo detto – lo ringraziò Lilia sorridendogli.
- Prego – sussurrò il bambino che era arrossito leggermente.
- Allora ci andiamo a sistemare, aspettiamo che ci chiamiate per il pranzo – concluse Lucas levandosi, finalmente, lo zaino dalle spalle.
- Va bene, a dopo – li salutò Fahime.
Lucas e Nathaniel entrarono nella stanza, mentre invece Lilia si prendeva ancora un secondo e salutava Eric ringraziandolo per avergli fatto da guida.
Salutato il bambino Lilia entrò in camera e si sfilò lo zaino dalle spalle – Nathaniel vai a dormire con Lucas, il letto singolo lo vorrei avere io – disse avvicinandosi al letto.
- Ah… va bene – accettò il figlio di Ecate spostando la sua roba.
- Non avrai mica paura a dormire con mio fratello – scherzò Lilia mentre si stendeva sul letto e si lasciava andare ad un sospiro.
- Ma no! Avevo pensato che voi due avreste preferito dormire vicino, tutti qui – le spiegò mentre prendeva posto sul letto di sopra.
- Tranquillo, Lilia non ha più bisogno di me per combattere gl’incubi da dieci anni – scherzò Lucas.
- Lucas, d’accordo che Nathaniel è di famiglia ma ora non mi sembra il caso di raccontargli tutta la nostra infanzia, soprattutto le mie brutte figure – intervenne Lilia.
- D’accordo Lili, farò il bravo –
La nipote di Poseidone annuì soddisfatta e poi chiuse gli occhi cercando di riposare un po’, anche se aveva il terrore di iniziare un altro sogno.
 
Per qualche assurda ragione (per la quale fu grata) Lilia non sognò niente, si addormentò cadendo in un sonno profondo e senza sogni che terminò soltanto quando suo fratello la venne a svegliare perché era ora del pranzo.
La mensa comune assomigliava molto a quella del Campo Mezzosangue, tutti gli abitanti si riunivano lì ai pasti e si sedevano ai tavoli come volevano.
Carter, essendo il Sommo Lettore, avrebbe avuto il tavolo principale ( un po’ come quello degli Dei al Campo) ma vi aveva rinunciato e si erano riuniti tutti allo stesso.
Sarah stava bene, la guaritrice non le aveva amputato il braccio ma le aveva levato i punti e fasciato la spalla dopo averle fatto un incantesimo di guarigione e adesso stava molto meglio.
Pranzarono parlando principalmente del Campo.
Carter, Sadie, Walt e Ziah continuavano a chiedere notizie, su come si sarebbero sistemati i maghi e com’era organizzato.
Lilia, Lucas e Nathaniel rispondevano tranquilli ad ogni domanda senza  sembrare scocciati o annoiati.
- Posso ancora farvi una domanda?  - chiese Walt dopo che le domande sul Campo sembrarono esaurite.
- Certo, ci dica pure – lo rassicurò Nathaniel
- Aspettate, prima mettiamo in chiaro una cosa – disse Sadie – potete darci tranquillamente del tu, non siamo così vecchi da meritare il “lei”… tutti a parte Carter – la maga non ce la faceva proprio a non far battute su suo fratello; Carter si limitò a sospirare.
- Ehm, d’accordo… allora chiedi pure – si corresse Nathaniel.
- La domanda è su di voi – incominciò Walt – voi siete semidei di seconda generazione ma Ruby mi ha raccontato che, per esempio, Lilia sa’ usare gli stessi poteri di suo padre, giusto? – chiese
- Esatto, io possiedo i poteri di mia nonna e Lilia quelli del nonno; le caratteristiche semidivine vengono passate come se fossero caratteri genetici ereditari, anche se si è visto che col tempo diventano sempre più deboli sino a scomparire – spiegò Lucas.
- Quindi vi siete divisi i poteri, essendo gemelli – concluse Ziah.
- Nel nostro caso si, ma può succedere anche che il figlio prenda i poteri da uno solo dei genitori oppure da entrambi – continuò a spiegare Lucas.
- Vuoi dire che abbia i poteri divini da entrambi i genitori? Questo lo farebbe un Dio o una Dea… - rifletté Carter.
- Non esattamente, una parte umana rimane sempre anche se il semidio in questione riesce ad usare entrambi i poteri… nostra sorella era così – concluse Lilia cercando di non far sentire la tristezza che provava ripensando alla sorellina.
Fortunatamente non ci furono domande del tipo “ Come era?” Lilia era stanca di spiegare tutte le volte cosa le era successo e cos’aveva passato, le sembrava di ucciderla un’altra volta e di dover rivivere la sua morte decine e decine di volte; perché nessuno le chiedeva mai di raccontare di quando si erano ritrovate o del tempo che avevano passato insieme come una vera famiglia?
- Io invece sono un semidio di prima generazione, mia madre è Ecate, la Dea della magia – spiegò Nathaniel per evitare che cadesse un silenzio imbarazzante.
 - Quindi sei un mago anche tu – constatò Ziah sorridendo
- Esatto, anche se da quello che mi ha spiegato Sarah siamo maghi molto diversi – continuò
- Si, noi scegliamo la via di un dio da seguire, non ne siamo diretta progenie e, a seconda di quello che scegliamo, i nostri poteri si sviluppano diversamente – spiegò Carter.
- Beh, a volte non sarebbe male poter scegliere chi seguire, i genitori divini se la prendono non poco se dai ragione ad un altro dio o dea, anche se magari loro hanno torto – spiegò Lucas.
- Oh, ma anche noi abbiamo dei problemi a seconda di chi scegliamo di seguire… non siamo poi molto diversi – commentò Fahime per poi tornare a concentrarsi sul cibo che le era rimasto ancora nel piatto.
Lilia vide Ziah lanciarle un occhiata di fuoco, probabilmente se non ci fossero state altre persone le avrebbe detto qualcosa, molto probabilmente niente di carino o dolce.
- Quindi non seguite la stessa via dei vostri genitori? – chiese Lucas curioso.
- No, a parte mia sorella che ha deciso di seguire le stesse orme di papà perché è la sua cocchina – rispose Ruby facendo la linguaccia alla sorella che le rispose nello stesso modo.
- Bambine! – le ammonì il padre
- Tanto se non seguivo la via di Anubi seguivo quella di Iside e poi parla quella che ha seguito la via della zia – le rispose a tono la sorella.
- Aspettate, ma avete appena detto che non avete parenti divini… - constatò Lucas
- Infatti, la Dea di cui parlano è soltanto una zia acquisita – spiegò Sadie – Bast, la dea dei gatti, è stata la protettrice mia e di Carter da bambini e poi lo è stata, anche se meno, dei nostri figli. Inoltre è l’unica dea che è rimasta in contatto con noi dopo l’arrivo di Setne – concluse.
- Quindi anche i vostri Dei sono stati spodestati? – chiese Nathaniel
- Non proprio, si sono rintanati prima che Setne potesse agire e da allora non abbiamo più avuto contatti con loro – spiegò Carter
- Invece Bast è rimasta a proteggerci, se volete ve la faccio conoscere, è la nostra gatta – rispose Ruby entusiasta.
Lilia si immaginò una scena in cui lei aveva sul braccio una civetta e diceva “Ecco, questa è mia nonna. State tranquilli, se è di buon umore non becca”.
Lilia si mise a ridere sotto voce e suo fratello la guardò dubbioso accigliandosi, le scosse il capo e cercò di scacciare quell’immagine dalla testa prima che sembrasse completamente pazza.
- Sta sera la conosceranno, anche lei sarà presente all’assemblea – le ricordò Ziah – E invece i vostri dei? Si fanno ancora sentire? –
- Anche troppo – commentò Lilia sconsolata facendo ridere suo fratello e Nathaniel mentre i maghi li guardavano dubbiosi.
- Gli dei vivono al campo insieme a noi… è una situazione abbastanza tesa, nessuno è abituato a vivere così a stretto contatto con i suoi parenti divini – spiegò Lucas.
Quella fu l’ultima domanda, finirono di mangiare e poi il gruppo si divise: Nathaniel andò con Sadie e Walt, volevano vedere se la magia Egizia poteva essere praticata anche da un figlio di Ecate; Carter e Ziah dovettero raggiungere già la sala dove si sarebbe svolta l’assemblea e così tutti i ragazzi si ritrovarono da soli e con l’ordine da parte degli adulti di andare a casa di Carter e Ziah e di rimanerci sino all’ora dell’assemblea.
Mentre camminavano Lilia si stava facendo raccontare da Sarah e Ruby com’era la loro dea-gatta e com’era il loro babbuino, la nipote di Poseidone adorava tutti gli animaletti da compagnia esotici e strani.
Lucas invece parlava tranquillo con Fahime che teneva per mano il fratellino che era intento a camminare e a calciare un sassolino con i piedi.
Le ore che li separavano dall’assemblea le passarono come se fossero dei ragazzi normali; parlarono un po’ di loro cercando di conoscersi e Lilia si mise un po’ in mostra facendo vedere qualche giochetto che sapeva fare con l’acqua, così, quando Ziah bussò alla porta della camera degli ospiti tutti e sei rimasero sorpresi.
La maga aprì la porta e sorrise a tutti – Tra poco inizierà l’assemblea, dobbiamo iniziare ad andare – avvertì.
- D’accordo, ti finisco di far vedere dopo quel trucchetto Eric – disse la semidea al fratellino di Fahime facendogli l’occhiolino e arruffandogli i ricci scuri; il piccolo rise e annuì.
- Fahime puoi venire un secondo? – chiese subito dopo Ziah prendendo tutti alla sprovvista, anche la stessa Fahime, che rimase un attimo stupita da quella frase.
- Va bene… - disse infine alzandosi in piedi e raggiungendo la madre.
- Ruby, Sarah, li accompagnate voi? Noi arriviamo subito – le rassicurò Ziah continuando a sorridere e poggiando una mano sulla spalla della figlia.
- Certo zia – le risposero le ragazzine sorridendo.
La maga ci salutò ed uscì e le gemelle si lasciarono andare ad un sospiro:
- Cosa c’è? – chiese Lucas
- Non è un buon segno che Fahime sia stata richiamata dai suoi genitori – spiegò Ruby.
- Hime è brava! Non farebbe più quella cosa! – la difese a spada tratta il fratellino.
- Ma certo che non lo farebbe più – lo rassicurò Sarah sorridendogli.
Lilia era perplessa, che cos’aveva fatto Fahime di così pericoloso da meritarsi l’odio della madre e la paura costante verso di lei dei suoi familiari?
Che Fahime e Lucas avessero più cose in comune di quante pensassero?
L’argomento non fu più affrontato, si alzarono tutti dal pavimento e uscirono dalla stanza; le gemelle che tenevano Eric per mano e lo facevano giocare, probabilmente per fargli dimenticare il discorso sulla sorella, davanti, mentre Lilia e Lucas le seguivano.
Quando fu sicura che le sorelle fossero abbastanza lontane da non sentirla Lilia prese la mano del fratello facendolo rallentare:
- Lucas, secondo te cosa è successo? – gli chiese sottovoce
- Mi dici come faccio a saperlo Lili? – le rispose il fratello accigliandosi
- Sei tu il discendente di Atena e sei sempre tu che hai più confidenza con lei – gli ricordò la sorella imbronciandosi.
Lucas arrossì leggermente – Le ho solo parlato più di voi… - le ricordò
- Ergo la conosci meglio, non ha mai nemmeno accennato ha… -
- Lo senti ancora vero?! Lui è rimasto in contatto con te! -
- Smettila mamma!! Ho preso la mia scelta e non sono affari tuoi di quello che sento! –
La porta davanti a loro si spalancò ed uscì Fahime con il viso rigato di lacrime tramutato in una maschera di  rabbia.
- Fahime sai che non devi… - quando Ziah si accorse che il corridoio non era vuoto si bloccò e non terminò la frase, ma per qualche ragione Lilia sapeva che l’ultima parola che avrebbe voluto pronunciare era “arrabbiarti”.
- Ehm… scusate, noi stavamo seguendo Ruby e Sarah non volevamo essere tra i piedi – si scusò Lilia stringendo il braccio del fratello.
- Non preoccupatevi, tanto io e la mamma abbiamo finito di parlare – disse Fahime rabbiosa, sembrava la stessa rabbia che ti nasce dopo che una persona ti ha deluso per l’ennesima volta.
- Fahime… - le disse la madre che aveva abbandonato lo sguardo iroso per uno preoccupato
- Faremo tardi all’assemblea, meglio che andiamo – tagliò corto Fahime mentre scendeva le scale senza lasciar il tempo a sua madre di replicare.
Lucas e Lilia la seguirono, il nipote di Atena lasciò il braccio della sorella e andò ad appoggiare una mano sulla spalla della maga.
- Tutto bene? – le chiese facendola fermare
- Certo, non hai sentito? – gli chiese ancora arrabbiata
- Mi dispiace che tu e tua madre non abbiate un buon rapporto… - si scusò Lucas; Lilia pensò che fosse una scusa molto banale.
- Non ti preoccupare, è così da quando ho nove anni, ormai ci ho fatto l’abitudine – gli rispose mentre si asciugava le lacrime dalle guance.
- Beh, mi dispiace comunque… succede spesso che i genitori non ci capiscano – cercò di consolarla Lucas.
Fahime scrollò le spalle – Mia madre non accetta la via che ho scelto, crede che non sia in grado di sopportarla… non capisce che vi ho riflettuto molto prima di prenderla – gli spiegò.
Sembrava che i due si fossero dimenticati della presenza di Lilia, alle loro spalle, che poteva ascoltare tutto
- Quindi la lite era per colpa del dio che hai scelto… -
La maga annuì – Vedi, il dio che ho scelto io potrebbe non essere esattamente ben visto… insomma è una lunga storia, solo che lui è uno dei pochi che non si è nascosto e a volte lo sento, mi parla ancora… e mia madre non vuole che gli dia retta, non capisce che lui non mi controlla – gli spiegò.
Fahime sembrava avere veramente bisogno di parlare con qualcuno che non la giudicasse e che la lasciasse parlare:
- So’ cosa vuol dire avere un dio in testa che ti parla e ti dice cosa dovresti fare… non è bello ma si può controllare e soprattutto si può allontanare – la rassicurò stringendole la spalla.
Anche se Fahime avesse voluto replicare in qualche modo, sua cugina non glielo permise.
- Era l’ora! Vi siete persi scendendo le scale? – ci chiese scherzando
- No, abbiamo recuperato l’ultimo componente del  gruppo – spiegò Lilia mettendosi tra Lucas e Fahime.
La maga accelerò il passo e raggiunse le cugine mentre Lilia si metteva di fianco al fratello
– Pedofilo – gli sussurrò prima di superarlo per raggiungere le ragazzine mentre rideva e suo fratello arrossiva.
 
 
L’assemblea si teneva in un enorme stanza dove, sul fondo, vi era una specie di palco dove sedeva Carter con Ziah al suo fianco.
 Lilia insieme al resto del gruppo ( e la gatta delle gemelle) era seduta in prima fila davanti al palco.
L’assemblea fu molto più noiosa di quello che la nipote di Poseidone si aspettava, in confronti i falò del campo le sembravano molto meno “politici” eppure erano tenuti da Dei che avevano fondato la democrazia e le riunioni popolari.
Venne fuori che la partenza degli Egizi per il Campo non era il solo punto all’ordine del giorno ma che ve n’erano molti altri ( tutti quanti noiosi) e a cui Lilia non si interessò nemmeno, le venne quasi sonno.
Alla fine, la partenza fu tenuta come ultimo argomento e sollevò moltissime obbiezioni; semplicemente i maghi Egizi non si fidavano dei semidei Greci e Romani.
Appena Carter ebbe accennato l’idea tutta l’assemblea si era alzata protestando, solo l’intervento di Sadie e di qualche altro mago era riuscito a sedare la folla.
- I semidei ci stanno offrendo l’opportunità di uscire dai nostri nascondigli, ci stanno dando l’opportunità di ribellarci – spiegò Carter
- Se andrà a finire come l’ultima volta preferisco rimanere nascosto qui sotto per sempre – gridò una voce facendo alzare grida di assenso – E poi chi dice che quando arriveremo al loro campo non ci imprigioneranno? –
- Questo non accadrà perché ho un patto di collaborazione scritto anni fa dal vecchio Sommo Lettore e dal direttore del Campo dei semidei dov’è scritto, nero su bianco, che nessuna delle due parti può attaccare l’altra – spiegò Carter mantenendo la calma.
- Anche se si decidesse di andare… spostare così tanti maghi non sarebbe pericoloso? Soprattutto senza un portale… -  chiese una maga.
- Si, sarebbe pericoloso ma abbiamo pensato anche a questo – le disse Carter sorridendo – Un gruppo di maghi andrà in avan scoperta al campo e porrà le basi per creare un portale che dal ventunesimo nomo vada direttamente al Campo; per gli altri nomi creeremo portarli che arriveranno qui in modo da non doverne creare troppi  – spiegò.
- E chi sarebbero i maghi che andrebbero al Campo per primi? – chiese un mago.
- Mia sorella, suo marito, mia moglie ed io siamo pronti a partire anche domattina mentre Bast rimarrà a proteggere il nomo in nostra assenza – concluse.
Per l’assemblea si alzarono diversi mormorii, fortunatamente non irosi, e la gatta in braccio a Sarah si stiracchiò sedendosi sulle gambe della padrona ed incominciando a leccarsi una zampa e facendo spuntare i piccoli artigli bianchi.
Lilia non poteva credere che quella fosse una dea, neanche mezz’ora prima gli aveva fatto le carezze e grattato la pancia!
- Passiamo alla votazione – annunciò Ziah – Chi è a favore che domani il gruppo di maghi parta per il Campo Mezzosangue, crei una luce azzurra -.
Lilia, Lucas, Nathaniel e le maghe si girarono all’unisono e iniziarono a contare le luci azzurre che lentamente si accendevano aumentando sempre più di numero.
I minuti che passarono dall’inizio della votazione al verdetto finale sembrarono durare anni, ma alla fine Ziah sorrise e disse – Abbiamo la maggioranza, il gruppo di maghi partirà domattina -.
Per l’assemblea si alzò ancora qualche mormorio mentre i maghi iniziavano ad uscire per tornare alle loro vite.
Lilia e Lucas si alzarono ma, vedendo che gli altri non si muovevano rimasero al loro posto e si misero a parlare con Nathaniel.
Il ragazzo aveva passato il pomeriggio a provare incantesimi e qualcuno gli era anche riuscito, questo voleva dire che anche un semidio poteva riuscire ad usare la magia Egizia, l’unica preoccupazione del semidio era che sua madre se la prendesse se avesse saputo che utilizzava altri tipi di magia.
Quando tutta la stanza si fu svuotata, Carter e Ziah li raggiunsero – Quindi domani si parte – concluse Sadie battendo le mani – Si, era da un po’ che non uscivamo – convenne Ziah guardando il marito.
- Beh, domani lo faremo, ma prima di preparare i bagagli, Bast devo parlarti -.
La gatta in braccio a Sarah iniziò a miagolare e a cercare di divincolarsi dalle braccia della padrona – Sarah lasciala andare – l’ammonì il padre.
Sarah sospirò ma poi lasciò andare la gatta che toccò per terra fece qualche passo e si trasformò in una donna.
Ora Lilia poteva credere che quella era una dea; era una donna molto bella con i capelli scuri legati in una coda di cavallo alta e una tutina leopardata, aveva le unghie che assomigliavano molto ad artigli, gli occhi erano gialli con la pupilla che si restringeva a seconda della luce e quando sorrise mise in mostra una dentatura perfetta con due canini affilatissimi.
- Sempre lieta di dare una mano Carter – disse la donna sorridendo al ragazzo – ma prima fammi salutare le mie gattine preferite – e detto questo abbracciò Sarah, Ruby e Fahime stringendole forte.
Lilia non voleva crederci ma le sembrava che la Dea stesse facendo le fusa.
 
Durante la serata non accadde nulla d’interessante e Lilia quasi si annoiò; ormai la sua giornata tipica era così movimentata che passare del tempo senza fare nulla le sembrava solo tempo perso.
Così, quando andarono tutti a coricarsi per far si di essere pronti per partire il mattino dopo, si ritrovò stanca per la noia e non per la fatica, ma sta volta non fu così fortunata per i sogni.
- Pensi che reggerà? – Aibileen…
- Lo spero, o almeno spero che vi darà il tempo di ricreare la barriera – questa era una voce che non conosceva, era tutto buio e riusciva soltanto a sentire le voci.
- State attente! – una terza voce si aggiunse al sogno gridando anche lei nell’oscurità
- Cosa… Ah! –  questa era di nuovo sua sorella.
All’improvviso nell’oscurità si disegnò una figura sempre più chiara che si rivelò il corpo di sua sorella stesa in posizione fetale che tremava, la pelle ricoperta di graffi e ferite gli occhi chiusi e stretti per non vedere.
All’improvviso sua sorella tirò su la testa di scatto e fissò un punto davanti a lei, ma Lilia non vedeva nulla, lì c’era solo oscurità.
- Se ci tieni tanto fallo! Uccidimi e facciamola finita! – gridò sua sorella con un ultimo impeto di coraggio prima che l’oscurità l’avvolgesse di nuovo.
Devi riportare agli Dei quello che hanno perso, o tutto questo accadrà.
 
Lilia si svegliò di soprassalto trattenendo un grido e portandosi una mano al petto:
Lei sta bene, lei sta bene, era solo un sogno…
- Lilia… Lili tutto bene? – Lucas si era inginocchiato di fianco a lei  e la guardava preoccupato, lei gli sorrise e annuì – Solo un incubo… ma ti prego, dimmi che è l’ora di andare via – gli chiese.
- Si… ti stavo venendo a svegliare… - le disse.
- Grazie agli Dei – sussurrò.
Si prepararono velocemente non mangiando quasi niente; con sua grande sorpresa Lilia scoprì che anche Eric sarebbe andato con loro, il bambino era contentissimo di poter  rimanere con la sorella.
Ripercorsero la strada segreta protetta dall’alligatore e sbucarono di nuovo dallo stesso tombino, Nathaniel attivò la foschia creando per tutti uniformi da purificatori.
Per la prima volta da molto tempo, ebbero fortuna, il furgone che avevano “preso in prestito” era ancora dove lo avevano lasciato.
Carter si mise alla guida mentre gli altri si stiparono nel retro del furgone; finché rimasero a Brooklyn nessuno parlò, la foschia di Nathaniel funzionava ma avevano paura che qualcosa andasse storto.
Arrivarono a Long Island dopo un ora e mezza di viaggio – Fai attenzione, l’ultima volta abbiamo lasciato questo posto pieno di purificatori – avvertì Lucas.
Carter annuì e, prima di fermarsi nel punto indicatogli dai semidei, rifece la strada un paio di volte, ma non vi era l’ombra di nessun mezzo delle forze dell’ordine.
Carter parcheggiò e scesero dal furgone circospetti e con i nervi tesi al massimo, i maghi avevano già estratto il bastone che, grazie alla foschia di Nathaniel, sembrava un fucile dato in dotazione alle forze dell’esercito.
Si inoltrarono nel bosco con i semidei a fare da guida continuando a guardarsi intorno, ma tutti i purificatori del giorno prima sembravano spariti.
Lilia non sapeva se essere felice oppure preoccuparsi, c’erano soltanto due possibilità: i purificatori erano riusciti ad entrare nel Campo e adesso dei loro cari e della loro casa non rimaneva che un ammasso di cenere oppure per qualche motivo i soldati se n’erano soltanto andati.
Quando arrivarono in cima alla collina mezzosangue Lilia chiuse gli occhi e attraversò la barriera trattenendo il respiro; quando si ritrovarono dall’altra parte Lilia riprese a respirare e un odore di bruciato la investì in pieno mentre vedeva del fumo alzarsi da un punto del Campo.
Il suo cuore perse un battito, forse la prima possibilità era quella esatta.


Ed eccolo qui :)
Cosa ne pensate?
So' che non è uno dei miei capitoli migliori, ma andava scritto per fini di trama :)
Non linciatemi se Ziah è così poco materna con Fahime, ci sono forti ragioni per cui si coporta così ma sotto sotto le vuole bene :3
Come al solito ringrazio chi segue, chi legge, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensice :) E' bello sapere cosa pensate dei capitoli e ricevere consigli per migliorare :)
Nel prossimo capitolo succederanno un paio di cosette :3... ( Lettori: Finalmente! ) e spero di poter pubblicare in orario come al solito :)
Direi che per ora è tutto,
un abbraccio,
Darkness_Angel.

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Capitolo 8
*** VIII. ***


'Sera a tutti :)
Siete pronti per l'ottavo capitolo? ;)
Spero di si, è di nuovo un Pov Lilia ( per i prossimi capitoli i Pov saranno principalmente suoi, ma non preoccupatevi, nessuno verrà accantonato :) ) e non è un capitolo lento, iniziamo ad entrare nel vivo della storia e diciamo che accadono un paio di cosette..... :3
Beh, vi lascio leggere e poi mi direte, Buona Lettura :)

 


VIII.

 
- No… - il primo a riscuotersi fu Nathaniel che guardava il fumo alzarsi da un punto alla loro destra, denso e grigio.
- Io devo andare là – disse Lilia girandosi verso il gruppo.
- Vengo anche io Lili – le disse Lucas mettendosi al suo fianco.
- No, porta gli altri da mamma, papà, Chirone o chi che sia, vi raggiungerò appena posso – gli disse seria.
Lucas esitò un secondo – Va bene Lilia, ma non farti del male -.
Lilia gli sorrise e poi guardò gli altri:
- Io vi lascio qui, ma non preoccupatevi, ci rivedremo presto – salutò gli altri membri del gruppo.
Prima che uno dei maghi potesse dire qualcosa, Lilia stava già correndo a perdifiato verso il fumo.
Se c’era del fumo 99 su 100 vi erano anche delle fiamme, ed una nipote di Poseidone che sapeva controllare l’acqua era quello che serviva.
Più si avvicinava e più l’odore acre del fumo si faceva chiaro e le irritava la gola, questo voleva dire che il fumo era creato da del fuoco; perfetto, allora sarebbe stata utile, molto utile.
Lilia arrivò al punto in cui il fumo proveniva e si sentì invadere dal sollievo.
No, non era impazzita del tutto.
Davanti a lei vi erano delle fiamme che stavano lambendo le pendici della collina e molti semidei vi si affaccendavano intorno cercando di spegnere le fiamme con secchi riempiti d’acqua, ma non vi era l’ombra di purificatori.
Possibile che non ci siano ancora…
Lilia non riuscì a finire il pensiero che su due lati dell’incendio si riversarono due getti d’acqua che ne spensero una parte.
… il nonno e papà concluse con sorriso sia felice che esasperato.
Scese per il pezzo che la separava dal gruppo di semidei più vicino e fermò una figlia di Efesto:
- Serve una mano? – le chiese sorridendole e facendole prendere un colpo visto che le era apparsa alle spalle.
La semidea stava per parlare ma poi un altro pensiero prese possesso della sua bocca.
- Sei Lilia Jackson, giusto? – le chiese dubbiosa e speranzosa allo stesso tempo.
- La sola e unica – le rispose Lilia sorridendole – Posso farvi da idrante? – scherzò la nipote di Poseidone facendo ridere la semidea.
- Volentieri, questo lato è quello in cui siamo riusciti a fare meno, è tutto tuo – le disse.
Lilia le sorrise, poi iniziò a richiamare acqua dal terreno e gettarla sulle fiamme per spegnerle e dopo passare ad un’altra zona.
In una ventina di minuti, in cui Lilia si divertì molto, il fuoco fu completamente spento e i figli/nipoti di Demetra iniziarono già a darsi da fare per eliminare le piante incenerite e iniziare a farne crescere di nuove.
Non sembrava ci fosse traccia di cadaveri umani, ne segni che quell’incendio potesse essere opera dei purificatori, ma Lilia non poteva ancora esserne certa.
- Sapevo che eri tu! –
La nipote di Poseidone si girò verso la voce e sorrise al padre che le veniva incontro con il viso leggermente sporco di fuliggine.
Lilia gli corse incontro e lo abbracciò stretto facendolo leggermente sbilanciare all’indietro, suo padre rise e poi la strinse accarezzandole i capelli.
- Pensavo ci avreste messo molto più – le disse scostandola da se’ e guardandola per capire se fosse stata ferita o vi fosse qualcosa che non andava.
- Si.. è una storia lunga ma stiamo tutti bene – lo rassicurò sorridendogli.
Percy stava per dirle qualcosa, probabilmente dove fosse suo fratello o i maghi, ma furono interrotti dall’arrivo del nonno.
- La mia nipotina sta proprio migliorando! – le disse dandole una pacca sulle spalle e stringendola velocemente.
Lilia sorrise e si sentì fiera del complimento; Poseidone era suo nonno ma sapeva che non le aveva fatto quel complimento soltanto perché era sua nipote.
Nonostante i pericoli e lo stress Poseidone era rimasto sempre uguale: Camicia colorata, bermuda, pelle abbronzata, capelli neri e occhi verdi identici a quelli del figlio; sembrava che fosse in vacanza.
- Percy mi ha detto che eri in missione, com’è andata? – le chiese il nonno sorridendole
- Oh, molto bene, siamo riusciti ad andare e a tornare senza subire vittime o rimanere gravemente feriti – spiegò Lilia – Abbiamo avuto un leggero scontro con dei Purificatori all’andata… ma adesso stiamo tutti bene – rassicurò la nipote di Poseidone prima che suo padre iniziasse a fare congetture che non esistevano e a pensare al peggio.
- L’incendio invece da che cosa è stato causato? Non saranno mica riusciti ad infiltrarsi dei Purificatori… - chiese Lilia mentre sentiva un po’ d’ansia tornare a stringerle il petto.
- No, abbiamo solo avuto un piccolo incidente con del fuoco greco proveniente dal Bunker 9 – spiegò Poseidone.
- Già – concordò Percy per poi sorridere alla figlia – Abbiamo ricevuto il vostro messaggio attraverso il gatto, così abbiamo attrezzato la linea di difesa lungo lo scudo del campo, in modo da non farci prendere alla sprovvista in caso che i purificatori avessero attaccato – le spiegò.
- Quindi Rouge ha riferito il messaggio – constatò Lilia contenta
Suo padre annuì – Si, Grover ha parlato con lui, ha detto che è stato anche molto educato, poi gli abbiamo dato un po’ di pollo e se n’è andato –
Lilia rimase un po’ delusa, aveva sperato sino all’ultimo che Rouge sarebbe rimasto con loro dopo aver svolto la sua missione, ma si vede proprio che il Fato non voleva che lei avesse un animaletto domestico.
- Gli altri dove sono Lilia? – le chiese il padre cambiando discorso.
- Li ho lasciati con Lucas e Nathaniel, dovevano cercare qualcuno che scortasse i maghi ai loro alloggi… magari hanno incontrato mamma – suppose la nipote di Poseidone mentre i tre si avviavano verso il campo; tutto ciò che riguardava il post incendio non era più affar loro, così preferirono lasciare libertà d’azione ai figli di Demetra.
- Non credo… tua madre oggi si è offerta di aiutare i figli di Apollo in infermeria – le spiegò il padre.
Lilia ne fu leggermente sorpresa, ma forse vi era stato un surplus di malati quel giorno.
- L’incendio ha causato gravi danni e molti feriti? – gli chiese preoccupata.
- No, solo qualche semidio scottato non ti preoccupare – la rassicurò
- E allora perché la mamma è andata a fare il turno in infermeria? – gli chiese dubbiosa.
- Ad Ares è saltato in testa di sfidare Atena per vedere se dopo millenni era ancora lui il più forte – spiegò Poseidone ridendo prima che il figlio potesse dire qualcosa – Atena l’ha ignorato per la prima mezz’ora, poi quel bambinone l’ha insultata pesantemente e le ha detto che era solo una fifona, a quel punto Atena ha perso la calma e i due dei si sono scontrati – continuò a raccontare il dio ridendo – Qualche semidio purtroppo è finito in mezzo allo scontro, soprattutto dopo la vittoria di Atena; i figli di Ares non l’hanno presa molto bene e si sono lanciati sugli altri semidei – spiegò
- E’ stato davvero divertente, mi è sembrato di tornare ai vecchi tempi, peccato che tu te lo sia perso – rise il dio poggiando una mano sulla spalla della nipote e del figlio.
Lilia non era sicura che le sarebbe piaciuto assistere allo spettacolo, due dei che combattevano fino allo sfinimento mentre i loro figli ( o almeno quelli di Atena ) provavano a fermarli.
Soprattutto non avrebbe voluto vedere Ares post sconfitta… probabilmente molti semidei si erano feriti per colpa sua.
- Si, dev’essere stato molto divertente… - commentò fingendo di condividere l’entusiasmo del nonno.
- Si molto – concluse gelido il padre di Lilia.
Poseidone guardò dubbioso entrambi i suoi parenti ma poi tornò a sorridere – Io vi lascio qui, vado a vedere se hanno bisogno di me giù al lago per pescare la cena – disse fermandosi e facendo fermare anche Lilia e Percy.
- Va bene papà, ci vediamo in giro – lo salutò il figlio sorridendogli
- Ciao nonno – lo salutò Lilia con la mano sorridendogli anche lei.
Suo padre sembrava leggermente sollevato che il parente divino si fosse allontanato, probabilmente aveva paura che istigasse la figlia a fare qualcosa di pericoloso o semplicemente non voleva passare troppo tempo insieme a lui.
- Il nonno sembrava euforico… - commentò la nipote di Poseidone mentre imboccavano la strada che portava alla Casa Grande e incominciavano a vederne il tetto.
- Niente gli ha dato più gioia che vedere Ares con il sedere per terra e la lancia di tua nonna puntata alla gola – le spiegò il padre sottovoce mentre si guardava intorno sperando che non vi fossero semidei di Ares ad ascoltarlo; non aveva voglia di incominciare una rissa.
- Sono sicura che se ci fosse stata la nonna con il sedere per terra e la spada di Ares puntata alla gola sarebbe stato ancora più felice – gli fece notare.
Si fermarono un secondo in cui rimasero tutti e due in silenzio ad osservarsi per poi scoppiare a ridere insieme.
 – Ma guarda te, che cosa mi tocca sentire – le disse Percy stringendola a se’ e poi scompigliandole i capelli facendo aumentare soltanto le risate della figlia.
Arrivarono davanti alla Casa Grande ancora ridendo, ma il loro sorriso si smorzò leggermente quando videro la faccia truce di Talia e Chirone che parlavano con Lucas e Carter.
La prima cosa che passò per la mente della nipote di Poseidone fu che fosse successo qualcosa agli altri, ma poi si diede della stupida e si disse che, più probabilmente,  erano solamente andati a sistemarsi nei nuovi alloggi costruiti dai figli di Efesto.
Quando li videro arrivare, la figlia di Zeus, Lucas e Carter gli sorrisero.
 - Chi non muore si rivede, eh Carter? Sta volta, però, non c’è nessun coccodrillo – gli chiese scherzando Percy dopo aver stretto la mano al mago ed averlo stretto in un abbraccio caloroso.
Carter rise – Eh già, ma posso dire la stessa cosa a te – gli rispose dandogli una pacca sulle spalle.
Lilia e Lucas rimasero leggermente stupiti, non pensavano che loro padre e il mago fossero così in buoni rapporti; probabilmente erano anni che non si vedevano.
- Allora, come sta Ziah? E tua sorella e suo marito? – gli chiese Percy
- Tutti bene, una semidea li ha accompagnati alla casa dove staremo, suppongo che li vedrai sta sera al più tardi – gli rispose Carter – Non ho ancora visto tua moglie, tutto bene? –
- Si, si, oggi aveva il turno in infermeria, anche lei la vedrai sta sera – lo rassicurò.
Chirone e Talia aspettarono che i due finissero di salutarsi e poi Percy si rivolse a loro:
- Allora, qual era l’argomento che abbiamo appena interrotto? – chiese il figlio di Poseidone
- Stavamo parlando con Carter dell’arrivo degli altri maghi e dell’apertura di un portale per permettere più facilmente gli spostamenti – spiegò Chirone.
Percy si accigliò – Vuoi dire che non sei arrivato con tutto il ventunesimo nomo? – gli chiese dubbioso.
Carter sospirò affranto – Purtroppo no,  i maghi sono molto restii a muoversi dalle basi sicure… hanno paura di quello che potrebbe succedere durante il viaggio –
- E chi non ne avrebbe – commentò Talia scuotendo leggermente il capo.  
- Però ieri sera molti maghi sembravano essersi convinti… - commentò Lucas che si era messo al fianco della sorella.
Carter annuì – E’ vero, qualcuno si è convinto ieri sera, ma molti sono testardi e prima di convincerli ci vorrà molta pazienza e molto tempo – spiegò
- Che purtroppo non abbiamo – commentò Talia – Non è stato un caso che ieri i Purificatori avessero circondato il campo e le Amazzoni di stanza sui confini di Nuova Roma ci hanno detto che ieri vi sono stati movimenti sospetti… - spiegò il luogo tenente delle Cacciatrici.
Sia Chirone che Percy si rabbuiarono – Sei riuscita a contattare di nuovo Hylla? – le chiese il semidio speranzoso.
La figlia di Zeus scosse la testa – Non da dopo ieri mattina – gli spiegò.
- Ma, scusate, perché non chiedete a Nico, Leo o agli sfollati di Nuova Roma se le hanno viste? – chiese Lilia confusa per poi rimanere ancora più perplessa vedendo i visi di sua zia, suo fratello suo padre e di Chirone rabbuiarsi.
- Perché non sono ancora tornati - le disse Chirone.
Quelle parole caddero nel silenzio come se fossero stati macigni, Lilia si girò verso suo fratello che le sorrise triste e le prese la mano, stringendogliela: lui sapeva già.
Lilia si sentì mancare il fiato per un secondo; quello non poteva essere un falso allarme come lo era stato il fumo dell’incendio.
Niente messaggi dalle Amazzoni e il gruppo partito per Nuova Roma che non ritornava; era successo qualcosa.
Alla nipote d Poseidone  girò la testa come se all’improvviso il suo cervello si fosse fermato perché non riusciva a metabolizzare l’idea che ai suoi zii fosse potuto succedere qualcosa.
- Stai tranquilla Lili – le sussurrò il fratello stringendole la mano – sono tutti semidei, se la caveranno, proprio come abbiamo fatto noi – la rassicurò.
Lilia stava per rispondergli, per confidargli la sua paura quando arrivò verso di loro tutta trafelata una ragazzina di circa dieci anni che indossava una un completo argentato: una cacciatrice.
- Talia, Talia! – gridò spaventata correndo verso la figlia di Zeus che la guardò dubbiosa.
La bambina arrivò davanti alla sua compagna, si fermò un secondo per riprendere fiato e poi la guardò con gli occhi castani grandi per la paura.
Talia poggiò le mani sulle spalle della bambina e le sorrise rassicurante per calmarla:
- Calmati Elise, poi dimmi cosa succede – le disse.
Lilia vedeva chiaramente dalla faccia della bambina che non stava portando buone notizie, forse erano notizie da Nuova Roma.
Fai che lo siano, non mi importa se non sono buone! Pensò Lilia.
- La.. la Divina Artemide… - balbettò la bambina sia per la paura che per il fiatone
- La Divina Artemide cosa? – le chiese Talia cercando d’invogliarla a parlare.
- Il… il bambino… sta nascendo – riuscì a dire infine controllandosi a stento.
La notizia lasciò tutti spiazzati e senza parole, sapevano che prima o poi sarebbe successa quella cosa ma ancora non gli sembrava vero.
- Artemide ti vuole… non vuole maschi ma figlie di Apollo libere non ce ne sono… e Ilizia non si trova… -
La bambina stava per scoppiare a piangere, tremava e dominava la paura a stento: probabilmente era più spaventata ora che quando si era trovata per la prima volta davanti ad un mostro.
- Stai tranquilla Elise, vengo subito – la rassicurò la figlia di Zeus per poi girarsi verso il resto del gruppo  - Io devo andare, nel caso avessi notizie vengo a riferirvele – disse.
- Certo… Io e Carter dobbiamo parlare ancora di molte cose, quindi ci trovi qui – le disse Chirone avvicinandosi al mago che sorrise: anche lui doveva esser rimasto incredulo dalla notizia.
- Io posso venire con voi… se servisse potrei aiutarvi – disse Lilia pensando un secondo dopo:
Ma cosa cavolo mi è saltato in testa?
- Penso che ci servirà tutto l’aiuto possibile – ammise Talia pensierosa.
- Beh, io e Lucas siamo maschi quindi Artemide ci ha tagliato fuori – disse Percy cingendo il figlio per le spalle – quindi andremo a vedere se troviamo Annabeth o se c’è bisogno di noi da qualche altra parte – concluse.
Lilia pensò che suo padre era sollevato di non dover partecipare ad un altro parto, nonna Sally le aveva raccontato che la mamma non era stata molto “simpatica” mentre lei e suo fratello nascevano.
- Ehm… d’accordo. Allora vieni Lilia, è meglio se ci muoviamo – le disse Talia.
 
Quando Lilia si trovò davanti alla casa otto le sembrò di trovarsi davanti all’entrata di un formicaio in pieno fermento.
Qualche cacciatrice ( a Lilia sembravano le più piccole) erano fuori dalla porta che aspettavano ansiose giocherellando con le mani o guardando dentro dalle finestre.
Elise portò tutte e due sin dentro la casa, rallentando sempre di più mentre si avvicinavano alla stanza di Artemide.
Lilia non era mai entrata prima nella casa di Artemide al Campo, ma si sorprese di constatare che sembrava in tutto e per tutto una baita di montagna.
Elise stava per dire qualcosa, ma poi la porta della stanza si aprì e ne uscì una corrucciata Annabeth insieme ad un grido di dolore trattenuto a stento.
- Mamma! –
- Lilia! –
Si dissero madre e figlia entrambe stupite di vedersi in quel posto.
- Sei già tornata – si meravigliò Annabeth chiudendosi la porta alle spalle e abbracciando frettolosamente la figlia.
- Si… ma tu che ci fai qui? – le chiese sorpresa.
- Storia Breve. Ero di turno in infermeria, Artemide è entrata in travaglio, sono una donna, ho avuto tre figli e quindi hanno pensato che fossi un ottima candidata per far nascere questo bambino – spiegò velocemente mentre superava la figlia e andava verso una cacciatrice che le porse un catino pieno d’acqua con dentro una pezza di stoffa.
- Sono qui per aiutare anch’io… - commentò Lilia leggermente stordita dalla situazione.
- Perfetto! Allora seguimi, anche tu Talia, Artemide ti voleva – spiegò Annabeth prendendo il controllo della situazione.
Talia e Lilia annuirono, la figlia di Zeus lasciò la bambina ad un’altra cacciatrice e poi entrarono tutte e tre nella stanza della Dea.
La stanza non era molto grande e dentro sembrava regnarvi il caos più assoluto.
Al centro della stanza vi era un letto disfatto con qualche cacciatrice intorno che si tormentava le mani perché non aveva idea di quello che doveva fare; a destra della porta vi era un tavolo dove sopra vi erano coperte e asciugamani ripiegati e dove Annabeth vi andò a posare sopra il catino con l’acqua.
Artemide era seduta su una sedia vicino ad una finestra aperta; era piegata in avanti, una mano che stringeva il ginocchio, l’altra che circondava il ventre gonfio in un gesto protettivo.
La Dea emise un grido sommesso e si strinse con forza il ginocchio piegandosi ancora di più in avanti mentre Emily le poggiava una mano sulla schiena e le sussurrava qualcosa che, nel casino della stanza, Lilia non riuscì a sentire.
Lilia guardò sua madre che emise un sospiro esasperato e poi alzò gli occhi al cielo – Qui dentro c’è troppa gente – incominciò – tutte le cacciatrici, a parte Emily e Talia, escano fuori di qui – ordinò mentre si avvicinava alla Dea.
- Ma noi vogliamo aiutare… - disse una delle cacciatrici che se ne stava al bordo del letto giocherellando con le mani.
- Allora andate a cercare Ilizia, Estia, una figlia di Apollo o Era… - spiegò Annabeth
- Era no! – gemette Artemide
- Insomma, qualcuno che sappia anche la teoria di come far nascere un bambino e non solo la pratica – riprese la figlia di Atena mentre accarezzava la schiena della Dea.
Alcune cacciatrici annuirono ed uscirono senza aggiungere altro, ma qualcun’altra invece rimase ancora dov’era, indecisa se dare ascolto a quell’ordine oppure no.
Lilia vide sua zia alterarsi e aprire bocca per parlare ma la dea l’anticipò:
- Obbedite alla figlia di Atena… - gemette riuscendo a mettersi leggermente più eretta ma chinando il capo pochi secondi dopo per contrastare un’altra fitta di dolore.
A quelle parole anche le ultime cacciatrici uscirono dalla stanza e Lilia andò a chiudere la porta prima che altre ragazzine potessero prendere il posto di quelle appena uscite e riempire di nuovo la stanza; adesso che lì dentro erano solo in cinque si riusciva a respirare e vi era molto più calma.
Artemide si fece coraggio e si mise seduta appoggiando la schiena alla sedia e facendo un respiro profondo mentre, inconsciamente, si accarezzava il ventre.
- Come si sente mia signora? – chiese Talia avvicinandosi cauta.
- Sono stata meglio – ammise Artemide – preferirei provare dolore per una ferita piuttosto che per questo… ma non posso farci niente – gemette, piegandosi di nuovo leggermente in avanti.
- Lilia, portami la pezza bagnata – le ordinò la madre sorridendole.
La nipote di Poseidone obbedì subito, immerse il pezzo di stoffa nell’acqua, lo strizzò e poi lo portò alla madre che si mise a tamponare delicatamente la fronte e il collo della dea.
- Da quanto è iniziato il travaglio? – chiese Talia all’amica
- Da circa un’ora, il problema è che non troviamo Ilizia – spiegò Annabeth mentre cingeva le spalle ad Artemide che si era di nuovo piegata in avanti per sopportare il dolore dell’ennesima contrazione.
- E serve proprio lei come ostetrica? Non potete andare a… ehm… convincere gentilmente una figlia di Apollo a venire? – propose Lilia.
- No semidea – interloquì Artemide che si era appena ripresa dall’ennesima contrazione e aveva assunto una posa più rilassata  mente faceva dei lunghi respiri – Le Dee possono partorire soltanto in presenza di Ilizia; se lei non c’è il bambino non può nascere e rimaniamo in travaglio finché lei non ci può assistere – spiegò la dea.
Lilia rimase sorpresa; Artemide non sembrava preoccupata di rimanere in travaglio anche per ore,  ok, forse un po’ lo era, ma sicuramente non quanto lo sarebbe stata Lilia se le si fossero preannunciate davanti ore di travaglio e dolore.
- Ma, mia signora, anche lei è la dea del parto… - le ricordò Emily che sembrava più spaventata della sua signora.
- Non vale che mi assista da sola – le spiegò la Dea prima di emettere un leggero grido e piegarsi davanti stringendosi il ventre.
- Faccia respiri profondi – le sussurrò Annabeth massaggiandole la schiena all’altezza delle scapole.
- Quindi no Ilizia, no parto – concluse Lilia mordendosi la lingua quando si accorse della stupidità della frase che aveva appena detto.
- Esatto, come è accaduto in parte per mia madre – spiegò Artemide riprendendo fiato.
Lilia si ricordava del mito della nascita dei due gemelli: Leto era stata maledetta da Era in modo che non potesse partorire in nessun posto che ancorasse le sue radici nella terra, così la Titanide aveva vagato per tutta la terra finché non aveva trovato l’isola vagante di Delo dove, finalmente, aveva potuto partorire aiutata dalle altre Dee.
In alcune versioni del mito si diceva che Era avesse anche trattenuto Ilizia per non permettere che il parto avvenisse; Lilia sperava che ad Artemide non toccasse lo stesso destino.
La Dea della caccia ebbe un’altra contrazione, e questa doveva essere più forte e lunga delle altre perché provò a trattenersi ma un gridò le uscì ugualmente dalla bocca insieme ad un singhiozzo strozzato.
- Divina Artemide, forse le converrebbe tornare a letto, probabilmente sentirebbe meno dolore – le disse Annabeth parlando in tono pacato.
La dea annuì, Emily e Talia la presero per le braccia e le diedero una mano ad alzarsi in piedi; la dea gemette e si portò una mano dietro alla schiena per sorreggere il peso della pancia che a Lilia sembrava enorme.
Le due cacciatrici l’aiutarono a mettersi a letto e poi la madre di Lilia prese il catino con l’acqua e lo poggiò su un comodino vicino al letto riprendendo a tamponare la fronte della dea.
- Forse è stato un bene che non sia entrata nelle cacciatrici – le disse le dea abbozzando un sorriso che poi si trasformò in una smorfia di dolore seguita da un gemito.
Che cosa?! Questa è nuova! Pensò Lilia, sua madre non aveva mai accennato alla sua volontà di entrare nelle cacciatrici da piccola.
Lilia decise che avrebbe chiesto spiegazioni quando quel bambino sarebbe nato e quella storia fosse finita.
Proprio mentre formulava quell’ultimo pensiero la porta della stanza si aprì e quattro dee con una cacciatrice entrarono nella stanza seguite dal vociare sommesso delle altre cacciatrici alle loro spalle; con grande sollievo di tutti ( soprattutto di Artemide) in testa al gruppo divino vi era Ilizia.
- Mia Signora, abbiamo trovato Ilizia e… ehm… le altre dee – disse la cacciatrice facendosi da parte mentre la dea del parto andava al fianco di Artemide.
- Lei cosa ci fa qui?! – ringhiò la dea della caccia dopo aver visto Afrodite entrare nella stanza dopo le altre tre dee.
- Sono venuta a darti supporto cara, e si dia il caso che sono una delle dee che ha avuto più figli qui dentro – le rispose la Dea dell’Amore mentre si rigirava una ciocca di capelli tra le dita.
- Vattene! – le rispose prontamente Artemide mentre si tirava su a sedere per colpa di una contrazione.
- Artemide il bambino deve nascere, litigherai dopo con Afrodite – le disse Ilizia in tono pacato mentre faceva sdraiare di nuovo la dea della caccia.
Ilizia era la dea più calma che Lilia avesse mai conosciuto, era sempre tranquilla qualunque cosa stesse succedendo, anche se due dee stavano litigando.
- Credi di poter dare una mano ad Artemide con suo figlio anche se tu non ne hai mai cresciuto uno? – chiese Atena fissando la dea dell’amore.
- Parla la Dea vergine che ha i figli che le nascono dalla testa – le rispose borbottando Afrodite guardandosi le unghie.
Atena trattenne il respiro e fu pronta a risponderle per le righe quando intervenne Era:
 – Ora smettetela, ci sono cose più importanti adesso a cui pensare che alle vostre litigate – disse la regina degli dei guardando le due dee con gli occhi socchiusi – Afrodite, esci per favore, Artemide adesso non può sopportare la tua presenza, i tuoi consigli da madre glieli darai dopo – le disse.
La dea dell’Amore la fissò alterata, poi però decise che sarebbe stato meglio ubbidire alla regina e allora si trasformò in un colomba e se ne volò fuori dalla finestra con fare altezzoso ( si, una colomba può essere altezzosa).
A Lilia cadde lo sguardo su Emily, la cacciatrice era sbiancata ed era in un angolo abbastanza lontana dal letto dove la sua signora si piegava e tratteneva grida di dolore per colpa delle contrazioni che sembravano essersi fatte più forti da quando era arrivata Ilizia; Talia invece era abbastanza calma, era concentrata e aspettava che le venisse detto cosa fare mentre cercava di calmare e aiutare la dea.
- Bene, ora che siamo tutti contenti, possiamo far nascere questo bambino – disse Ilizia sorridendo tranquilla e mettendosi al capo opposto del letto rispetto ad Artemide.
- Era che ci fai qui? – le chiese Artemide mentre resisteva all’impulso di spingere e si stringeva il ventre con le mani.
- Sono la Dea della maternità, ho il diritto di essere qui – le rispose incrociando le braccia sotto il seno.
Nessuno ebbe da dire niente contro la presenza della nonna di Lilia, era risaputo che lei era la migliore amica di Artemide, anche se non sapeva niente di come far nascere o crescere un bambino.
Ilizia iniziò a dare ordini; Lilia e Annabeth iniziarono a seguirli alla lettera senza replicare mentre Talia e Atena supportavano Artemide, Era assisteva senza dire niente ed Emily se ne stava in un angolo al quanto spaventata dalla situazione.
Artemide aveva smesso di provare a fermare le grida di dolore, era troppo occupata a spingere e a fare in modo che quella tortura finisse il prima possibile.
Lilia si sentì poggiare una mano sulla spalla, si girò e vide sua madre che le sorrideva dolcemente.
- Tutto bene? – le chiese sotto voce.
Lilia sapeva che sua madre aveva paura che lei si spaventasse o impressionasse, ma ormai aveva ventun anni, e probabilmente, se le cose fossero migliorate, tra una decina d’anni sarebbe stata al posto di Artemide.
Lilia la guardò, le sorrise e annuì; era un esperienza nuova, ammetteva d’essere un po’ spaventata, ma non più di tanto.
- Forza Artemide, manca poco, ormai sta nascendo – la incitò Ilizia dopo aver controllato la situazione.
La Dea strinse la mano della suo luogo tenente e gridò spingendo con tutte le sue forze, neanche un minuto dopo il primo vagito di un bambino riempì la stanza.
- Lilia intiepidisci l’acqua dell’altra bacinella, come quando facevo il bagnetto ad Aibi – le disse la madre anticipando l’ordine di Ilizia.
Lilia annuì e si avvicinò alla bacinella d’acqua posandoci una mano sopra e obbedì alla madre scaldando l’acqua al punto giusto.
 
- Cosa stai facendo mamma? – Lilia ha solo cinque anni e guarda sua madre con in braccio la sua sorellina che ride e gioca con una ciocca dei suoi capelli biondi.
- Controllo che l’acqua non sia troppo calda prima di fare il bagno a tua sorella – le spiega continuando a passare la mano nell’acqua.
- E come fai a sapere se è giusta? -  le chiede guardando l’acqua della vasca che si increspa.
- Semplice, se riesco a tenerci la mano per un po’ senza scottarmi allora va bene – le spiega sorridendole.
Lilia vede sua madre tirare fuori la mano dall’acqua e sorridere ad Aibileen che sgambetta contenta. Annabeth immerge la sua sorellina nell’acqua facendola  ridere ancora più forte; è l’unica volta in cui da piccola, Lilia, trovò sua sorella simpatica.
 
- Scusami, ma devo lavare la piccolina –
Lilia si riprese e si scostò dal tavolo permettendo a Ilizia di lavare un piccolo neonato tutto rosso che gridava e sgambettava, annunciando al mondo che era nato.
Ilizia lavò la bambina con cura stando attenta a non farle male e a levarle il residuo di liquido amniotico; la piccola semidea continuava a strillare, probabilmente non aveva molta voglia d'essere lavata.
Artemide era sdraiata a letto e respirava lentamente ad occhi chiusi per riprendersi dal dolore appena provato con la coperta tirata su fin sopra al seno.
Lilia fu costretta a spostarsi ancora una volta mentre sua nonna si avvicinava ad Ilizia con in mano una coperta tessuta a telaio bianca su cui spiccava lateralmente uno spicchio di Luna argentata.
La dea del parto asciugò la bambina, le mise un pezzo di stoffa come pannolino (non erano ancora riusciti a trovare un pannolino vero e proprio) per poi avvolgerla nella coperta tessuta da Atena.
Quando la piccolina fu al calduccio nella coperta abbassò leggermente il tono del pianto, anche se continuò a mugugnare e a passarsi le mani sulla faccina rossa.
Ilizia si avvicinò sorridente ad Artemide, che si era messa a sedere con l'aiuto di Talia (Emily era ancora sconvolta in un angolo ), mentre la bambina che aveva in braccio emetteva versetti.
Artemide guardò la figlia come se ne avesse paura, come se fosse un mostro che l'avrebbe potuta attaccare da un minuto all'altro.
- Devi prenderla in braccio, così si calma - le suggerì Era rimanendo sempre ferma al suo posto.
Lilia si mise vicino a sua madre; si sentiva leggermente di troppo in quella situazione ma se fosse andata via adesso, sapeva che avrebbe rovinato quel momento.
Annabeth la cinse con un braccio prendendola per la vita e avvicinandola a se'; probabilmente quella scena risvegliava il suo senso materno e Lilia era l'unica su cui poteva riversarlo.
Artemide lasciò che la Dea le sistemasse la figlia tra le braccia in modo che fosse ben sorretta e non cadesse.
Come se sapesse di essere finalmente finita tra le braccia della madre, la piccolina si calmò e cercò di avvicinarsi a lei, Artemide se la avvicinò al petto e lei vi si accoccolò poggiandole una manina sul cuore.
Per la prima volta da quando Lilia aveva visto Artemide in quella giornata, la dea sorrise e prese la manina della figlia stringendogliela forte.
- Dovresti sceglierle un nome - le suggerì Era concedendole un sorriso, nemmeno lei poteva rimanere impassibile davanti ad una bambina carina come quella.
Artemide annui e guardò la figlia mentre le faceva una carezza sulla guancia che rise guardando di rimando la madre con i suoi occhi argentati, gemelli ai suoi.
- Questa è una cosa facile – sussurrò Artemide sorridendo complice alla figlia ma in modo che tutti i presenti sentissero – non è vero Kallisto? – chiese sempre parlando alla piccola ma con un tono di voce più forte e chiaro.
A quel nome Era ebbe un sussulto e tornò seria ed impassibile, mentre invece Atena  trattenne una risata e scosse leggermente il capo.
- E’ un bellissimo nome – commentò la Dea della Saggezza sorridendo ad Artemide.
- Si… molto bello, se non ti dispiace adesso vado a dare la lieta notizia al resto degli Dei… anche se il pianto di quella bambina l’avrà sentito persino Setne dall’Olimpo – commentò glaciale la regina degli dei per poi uscire dalla stanza a testa alta e chiudendosi la porta alle spalle.
Ed ecco come Era iniziò ad odiare Kallisto, la prima ( ed ultima ) figlia di Artemide della storia.
- Con il suo permesso, Divina Artemide, anch’io e mia figlia vorremmo andare – colse l’occasione Annabeth cingendo con un braccio le spalle della figlia.
Artemide le sorrise mentre si sistemava meglio la piccola tra le braccia che, lentamente, si stava addormentando .
- Certamente, andate pure. E grazie mille ad entrambe per l’aiuto, se posso fare qualcosa per sdebitarmi non esitate a chiedere – disse la Dea cordialmente – invece, Talia, Emily, andate ad informare le altre cacciatrici, per favore – ordinò alle due cacciatrici anche se non usò un tono di comando, era troppo concentrata su sua figlia.
Emily si mosse dal suo angolo ( ebbene no, non vi aveva messo radici) e si portò al fianco di Talia per poi chinare il capo e rispondere tutte e due in coro – Si, mia signora -.
- Bene, allora arrivederci – disse la figlia di Atena mentre si avviava verso la porta con la figlia.
- E congratulazioni – concluse Lilia sperando di non essere troppo inopportuna.
Mentre uscivano dalla stanza, Lilia vide sua nonna sorridere a sua madre e farle un cenno di approvazione con il capo, quello era un “ Sono fiera di te, brava la mia bambina” ma Atena non lo avrebbe mai detto in faccia a sua figlia, non era da lei, così bisognava interpretare i suoi gesti ed accontentarsi di quelli.
Quando furono fuori dalla stanza, e dalla casa otto, Lilia si sentì più tranquilla, come se un peso le si fosse levato dal petto.
- Allora, come ti è sembrata questa nuova esperienza? – le chiese Annabeth sorridendole mentre si dirigevano verso la casa di Poseidone dove si era trasferita tutta la famiglia Jackson.
- Dolorosa – le rispose la figlia arricciando il naso.
Annabeth scoppiò a ridere e scosse leggermente il capo – Fidati, poi quello te lo dimentichi appena lo prendi in braccio – la rassicurò – quindi non preoccuparti e fammi tanti bei nipotini – la stuzzicò Annabeth.
Lilia si fermò e sentì il viso diventare paonazzo – Mamma! Ma che cavolo dici!? – le chiese imbarazzata.
Annabeth rise di nuovo  - Sto scherzando Lilia – la rassicurò sorridendole mentre la figlia riprendeva un colorito normale e non quello che la faceva somigliare ad una fragola matura.
- A parte gli scherzi – riprese Annabeth – Sono contenta che Ilizia sia rimasta insieme ad Artemide… tua nonna non sa’ nemmeno da che parte iniziare per prendersi cura di un bambino, e forse è stato un bene che Era se ne sia andata; meglio che quella bambina non prenda esempio dalla regina degli Dei – commentò seria.
- Non credo che Artemide glielo permetterà e comunque credo anche che Era non vorrà avere niente a che fare con Kallisto – le disse Lilia.
La prima Kallisto era stata una cacciatrice di Artemide, una delle prime, non che migliore amica della Dea e, purtroppo, amante non consenziente di Zeus; Lilia si ricordava che alla poveretta non era toccato un bel destino.
Chiamare la propria figlia come la propria prima migliore amica era stata una cosa molto bella, come se la dea avesse voluto riappacificarsi una volta per tutte con la vera Kallisto; sarebbe stato come se sua nonna avesse chiamato la sua prima figlia Pallade… magari era successo.
Arrivarono a casa ed entrarono continuando a chiacchierare di quanto fosse carina la bambina e di quanto, fortunatamente, assomigliasse alla madre.
- Siete già di ritorno? – chiese Percy quando vide moglie e figlia entrare in casa
- Si, le dee partoriscono molto velocemente a quanto pare – gli rispose Annabeth – a proposito, dov’è l’altra metà di Lilia? – chiese cercando Lucas per la stanza.
- Non sono l’altra metà di Lilia! – si lamentò il nipote di Atena andando ad abbracciare la madre che lo strinse forte per un minuto buono.
- Hai ancora tutte le braccia a posto sta volta? – gli chiese ispezionandolo
- Si mamma – le rispose Lucas ridendo.
- Comunque, anche voi, cosa ci fate qui? Volete dirmi che al Campo non c’è più niente da fare? – chiese Lilia ironica.
- No, ma Chirone ha indetto una riunione per i capo cabina, i pretori e i maghi per oggi pomeriggio, quindi abbiamo mezza giornata liberata – le rispose  prontamente il padre.
- Oh, bene, mi ci voleva proprio un po’ di riposo dopo sta mattina – commentò Annabeth.
 
 
Alle cinque e mezza, tutti i capo cabina ( a parte Will che era rimasto in infermeria ma era stato sostituito da un suo fratello), i pretori e i maghi si ritrovarono nella sala ricreativa della Casa Grande seduti intorno al tavolo da ping pong per discutere della situazione attuale.
Come prima cosa si fecero le presentazioni, qualche spiegazione e poi iniziarono le brutte notizie:
Talia non era più riuscita a contattare Hylla e non si potevano mandare ancora cacciatrici in avan scoperta perché vi era il patto di lasciar passare 24 ore prima di agire.
Carter aveva contatto Bast, la dea gatto a protezione del nomo, per sapere quanti maghi avessero già deciso di raggiungerli e se fosse successo qualcosa: la buona notizia era che non era accaduto nulla, ma la brutta era che solo pochi maghi si erano convinti a seguire l’esempio del Sommo Lettore.
- Possiamo fare qualcosa per convincerli a venire? – chiese Lacy che era il capo cabina della casa di Afrodite in assenza di Piper.
Sadie scosse la testa ( si era scoperto che le due erano andate a scuola insieme da giovani ) – No purtroppo, i maghi sanno essere molto testardi quando ci si mettono – le spiegò.
- Dopo quello che avete passato non c’è da biasimarvi – commentò Will
Carter annuì grave – Da quando i purificatori hanno trovato e distrutto il primo nomo siamo diventati tutti più refrattari all’idea di esporci – spiegò.
- Posso farvi una domanda? – chiese Frank corrucciato
- Certo, chiedi pure – lo rassicurò Carter
- Voi siete maghi Egizi, e molto potenti a quanto ho capito, com’è che non vi siete accorti dell’arrivo di Setne? Come avete fatto a non riconoscerlo quando si è mostrato in pubblico? – chiese il figlio di Marte.
Tutti e quattro i maghi emisero un profondo respiro – Si è camuffato – rispose semplicemente Carter – Ha usato la vostra foschia rinforzata con potenti incantesimi per ingannarci, quando abbiamo iniziato a mostrare sospetti e ad arrivare alla conclusione esatta ha iniziato ad attaccare i nomi e i singoli maghi in massa, abbiamo resistito per tanto, ma col passare del tempo Setne ha rinforzato la sua magia mischiandola a quella Greca, e non siamo più riusciti a contrastarlo – spiegò il Sommo Lettore con una nota di rabbia nella voce.
- Ci siamo dovuti nascondere perché morivano maghi ad ogni combattimento, abbiamo provato un ultimo attacco di massa ma gli dei ci avevano abbandonato, impauriti che Setne potesse spodestarli, così abbiamo perso e ci siamo ritirati prima che tutta la Casa della Vita venisse sterminata – continuò Ziah – dall’attacco dei nomi abbiamo contato che il numero dei maghi si è dimezzato… -
Nella stanza calò un silenzio pesante, i semidei se l’erano vista brutta ma almeno per ora non avevano ancora avuto uno sterminio del genere; anche se molti di loro avevano subito un destino simile se non peggiore.
- Cosa stanno dicendo? – chiese Ruby affacciandosi dalla finestra che dava dentro la stanza mentre Nathaniel lavorava con la foschia per tenere nascosta la maga.
- Non dicono più niente, stai giù Ru! Se la mamma ci becca ad origliare ci scuoia – le intimò la gemella.
Come per ogni riunione importante ai bambini non era stato permesso di prendere parte l’assemblea e così si erano appostati alla finestra più vicina mentre Sarah metteva in atto un incantesimo che permetteva di sentire cosa stavano dicendo gli adulti anche se vi era un muro a dividerli dalla discussione.
I grandi ( sino ai quindici anni ) si erano appostati sotto la finestra, mentre invece Charlie Rodríguez (sei anni ) doveva tenere a bada Eric e sua sorella Silena ( quattro anni ) che stava tormentando leggermente il piccolo Kane per sapere se sapeva combattere e, se si, come.
- Silena smettila! Fai la brava – le disse il fratello allontanandola
- Charlie parla piano, o potrebbero sentirci – lo ammonì Lilia staccandosi un secondo dallo stipite della finestra.
- E’ una brutta situazione per tutti… - commentò alla fine Clarisse.
Tutti i ragazzi stavano ascoltando le parole della figlia di Ares quando dal centro del campo si iniziò a sentire un forte vociare e dopo pochi secondi Katie Gardner arrivò di corsa bianca come un lenzuolo ed entrò nella Casa Grande senza badare ai ragazzi; neanche due secondi dopo fece la sua entrata nella sala ricreativa: sembrava che la semidea avesse appena visto un fantasma.
- Sono arrivati! I semidei da Nuova Roma, Nico e Leo sono ritornati – disse con un leggero affanno, tra i presenti si tirò un sospiro di sollievo che però fu subito spezzato dalla frase dopo – Sono feriti, qualcosa è andato storto! –
I primi ad alzarsi in piedi e a correre fuori dalla casa furono Frank e Jason, seguiti subito dopo dagli altri mentre Lacy rimaneva per far calmare Katie.
Lilia e Lucas si guardarono presi dal panico e si alzarono – Dobbiamo andare – dissero in coro
- Vi seguiamo – risposero in coro gli altri ragazzi presenti.
I gemelli si misero a correre dietro i genitori finché non arrivarono nel punto del Campo in cui erano arrivati i semidei sfollati da Nuova Roma; a Lilia si bloccò il fiato in gola.
Molti semidei ne stavano sorreggendo altri feriti, mentre alcuni si caricavano altri moribondi sulle spalle per poi correre verso l’infermeria, alcuni semidei in maglia viola erano accasciati a terra con grandi rose vermiglie che si allargavano sulle maglie col passare dei secondi.
Lilia si guardò in giro cercando volti conosciuti tra i feriti e i semidei; fu un secondo, un semidio si spostò e lei vide Hazel appoggiata a Leo con ancora la spatha stretta in una mano; tremava, molto probabilmente stava piangendo.
- Sono là! – gridò al fratello, cercando di sovrastare le grida dei feriti e degli altri semidei, prima di correre verso gli zii.
Quando arrivò poco distante vide che, insieme ad Hazel e Leo, c’era anche Nico; Frank, Jason e Calypso li avevano raggiunti e i suoi genitori lo stavano per fare… ma non vi era l’ombra dei bambini o di Piper…
Frank prese Hazel sorreggendola al posto di Leo e la semidea romana si accasciò su di lui lasciando andare la spatha e scoppiando in un pianto disperato mentre il marito la stringeva.
- Dove sono i bambini? – chiese Calypso dopo essersi assicurata che Leo stesso bene nonostante stesse zoppicando.
- E dov’è Piper?! – chiese Jason con un tono di voce tra l’alterato e il spaventato.
- Mi dispiace… - sussurrò Nico respirando a fatica per lo sforzo dovuto al viaggio ombra appena fatto.
- Per cosa ti dispiace?! Parla figlio di Ade! – gli gridò Jason prendendo Nico per la giacca e tirandolo su; da che Lilia si ricordava non aveva mai visto suo zio così arrabbiato.
- Lascialo andare – lo fermò Percy prima che il figlio di Giove si lasciasse andare alla collera.
- Le informazione che avevamo su Nuova Roma… erano vere – incominciò Leo affranto, Lilia credette che il suo cuore si fosse fermato.
- Vuoi dire che… che siete stati attaccati? – chiese la nipote di Poseidone facendosi avanti.
Nico annuì a testa china – Nuova Roma non esiste più… i purificatori ci hanno attaccato di sorpresa e… - le parole si bloccarono nella gola del figlio di Ade.
- Li hanno presi… Piper e i bambini… i Purificatori li hanno catturati. –


Ed eccolo qui! :D
Allora che ne pensate?
Spero non mi odiate ma vi avvevo avvertito che le acque non sarebbero rimaste calme ancora per molto :D
Chiedo scusa se ci fosse qualche errore di grammatica/ortografia, ho ricontrollato il capitolo un paio di volte ma riesco raramente a scovarli tutti :)
Ultima cosa sul capitolo: il mito di Kallisto esiste veramente, solo che mi sono presa la libertà di modificare il nome che in realtà si scriverebbe così ---> Callisto.
Come al solito ringrazio chi segue, chi ha messo la storia tra le preferite, chi legge e chi recensisce :3 Sono sempre contentissima quando ricevo le vostre recensioni e, se vi sorgesse qualche dubbio, non fatevi problemi e chiedete pure :D
Direi che per ora è tutto, spero di riuscire a pubblicare in orario anche la prossima volta :)
Un abbraccio,
Darkness_Angel.

 

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Capitolo 9
*** IX. ***


'Sera a tutti Lettori :)
Scusate se pubblico sempre così tardi, ma ho i pomeriggi stra pieni e riesco a ritagliarmi soltanto questo momento per regalarvi un'altro capitolo :)
Avvertenze sul capitolo: Qualche scena di violenza e doppio Pov, anche se non vi dico di chi :)
Scusatemi ancora per l'ora,
Buona Lettura.



IX.

 
A Lilia sembrò che all’improvviso la piana si fotte fatta silenziosa, che le grida dei feriti non ci fossero più mentre un silenzio assordante si impossessava di tutto e il tempo sembrava arrestarsi.
Non era possibile…
Nuova Roma distrutta, Piper e tutti i bambini catturati dai pacificatori… non era possibile quello era solo un brutto sogno dal quale si sarebbe svegliata tra poco.
Ma purtroppo non lo era, la prima cosa che Lilia rincominciò a sentire fu il pianto di Hazel che si sentiva, nonostante fosse attutito; la semidea stava piangendo contro il petto del marito che la stringeva e le accarezzava i capelli cercando di calmarla anche se si leggeva negli occhi di Frank che anche lui era distrutto dalla notizia.
Jason fece un passo indietro sconcertato, Leo dovette sorreggere Calypso con l’aiuto di Percy perché le erano cedute le gambe dopo l’annuncio.
- Mi dispiace… - disse Nico – Abbiamo provato a… -
- Ti dispiace?! – gli gridò contro di nuovo Jason – Mi dici cosa me ne faccio delle tue scuse?! Mia moglie e i miei figli potrebbero morire nel giro di qualche ora e mi dovrebbero bastare le tue scuse?! – gridò il figlio di Giove contro il figlio di Ade che si reggeva a mala pena in piedi.
- Smettila Jason! Siamo tutti sconvolti e arrabbiati ma picchiare Nico non farà ritornare indietro Piper e i bambini! Quindi vedi di darti una calmata! – gli gridò Annabeth strattonandolo per un braccio.
- Forse qualcuno è riuscito a seguire Maria – disse Leo cercando di risollevare un po’ la situazione.
- Forse… anzi, devo trovarla, era spaventata spero solo che sia riuscita ad arrivare al Campo senza finire in un altro continente – disse il figlio di Ade cercando di rimettersi eretto e camminare per poi rischiare di cadere al terzo passo per colpa della stanchezza.
Lilia scattò in avanti e lo prese prima che il figlio di Ade potesse toccare terra, Nico le sorrise e la ringraziò per poi rimettersi in piedi e riprendere a camminare.
- Non credo sia una buona idea zio… è meglio se prima ti fai vedere in Infermeria… - gli disse seguendolo e tenendolo per un braccio.
- Devo trovare mia figlia Lilia! Dopo potrò riposarmi! – le rispose leggermente alterato, ma Lilia non gli diede peso e continuò a sorreggerlo.
- Nico, Lilia ha ragione – gli disse Annabeth
Il figlio di Ade stava per replicare ma prima che potesse dire qualcosa, qualcuno lo chiamò dalla folla – Nico! –
Will Solace iniziò a farsi largo tra i semidei per cercare di raggiungere il gruppetto, anche lui aveva una faccia stralunata, probabilmente l’infermeria era stata appena invasa da centinaia di semidei feriti.
- Will cosa fai qui? – gli chiese Nico stupito mentre vicino a lui, Frank riusciva finalmente ad allontanare leggermente Hazel asciugandole le lacrime e Annabeth cercava di far calmare Jason.
- Stavo cercando te, devo dirti una cosa – gli rispose il figlio di Apollo
- Beh, me la dirai dopo, adesso devo cercare Maria – gli rispose il figlio di Ade scostandolo e cercando di camminare mentre Lilia lo obbligava ad usarla come bastone.
- So’ io dov’è Maria – gli disse Will aiutando Lilia a sorreggerlo
- Cosa?! – gli chiese Nico sorpreso
- Si, l’ho lasciata in infermeria, è per questo che sono venuto a cercarti – gli spiegò.
- Will non mi stai mentendo solo per farmi venire con te, vero? – gli chiese il figlio di Ade sospettoso.
- No, Maria è in infermeria – gli ripeté
- Le ho ordinato di fare un viaggio ombra… ha solo quattro anni! – gli ricordò, in quel momento si stava pentendo di aver lasciato la figlia e di averle permesso di fare un viaggio così lungo da sola, ma era stata l’unica cosa che avrebbe potuto fare per salvarla.
- Si, è arrivata qualche minuto fa, era finita nell’intercapedine di un muro vuoto dell’infermeria, l’abbiamo tirata fuori, adesso è solo spaventata, stanca e vuole suo padre – gli spiegò.
Nico sembrò rilassarsi ma poi ritornò serio – Era da sola? O con lei c’era qualche altro bambino? – gli chiese speranzoso.
Will si rabbuiò – No, era da sola… - gli rispose tristemente.
Nico imprecò in silenzio mentre anche le loro ultime speranze che qualche altro piccolo si fosse salvato crollavano miseramente.
- Dobbiamo andare a riprenderli! – intervenne Jason ancora infervorato per colpa della rabbia e del dolore – non possiamo lasciarli al loro destino! –
- E non lo faremo Jason! – gli gridò Frank, cosa che prese tutti alla sprovvista – ma adesso non siamo in grado di fare nulla, non sappiamo neanche cosa sia successo e, cosa più importante, loro sono feriti – gli ricordò il figlio di Marte mentre sorreggeva la moglie che si teneva in piedi a stento sia per colpa delle ferite che per il dolore emotivo.
- L’unica cosa che possiamo fare adesso è calmarci, e ragionare sul da farsi, se andassimo adesso rischieremo solo di farci catturare anche noi – concluse.
Lilia guardò suo zio, Jason sembrava sul punto di dire qualcos’altro ma alla fine si lasciò andare ad un profondo respiro – D’accordo – disse passandosi sconsolato una mano nei capelli biondi.
 
Lilia aveva creduto che vi fosse stata confusione nella casa Otto quando era nata Kallisto, ma soltanto perché non aveva ancora visto l’infermeria del Campo dopo l’arrivo di centinaia di feriti.
L’infermeria era piena; i feriti e i malati erano stati messi un po’ ovunque mentre i figli di Apollo ( e Apollo stesso) correvano da una parte all’altra cercando di prestare cure a tutti.
Ma la vera confusione non era causata dalla frenesia dei figli di Apollo o dai feriti, il problema principale di tutto quel caos erano i parenti e le famiglie dei feriti che cercavano i loro cari intralciando il lavoro dei guaritori o disturbandoli per avere informazioni.
- Mi sa’ proprio che vi serve una mano – disse Annabeth a Will appena ebbero varcato la soglia d’ingresso.
- Te la sentiresti Annabeth? – le chiese il figlio di Apollo speranzoso
- Ma certo! Infondo oggi ho soltanto fatto nascere un bambino – lo rassicurò sorridendo.
Lilia si accorse che Will era molto teso, perché sorrise ma con un sorriso che non comprendeva gli occhi.
- Grazie agli Dei sei tornato papà – disse Logan arrivando di corsa
- Cosa è successo? – gli chiese Will lasciando solo Lilia a sorreggere Nico.
- Ci sono troppi feriti gravi da operare e troppi pochi semidei in grado di farlo – gli rispose il figlio
Will imprecò sottovoce – D’accordo, accompagnali nella stanza dove c’è Maria e poi visitali: quando hai finito raggiungi me – gli disse il padre prima di andare via nella direzione da cui era arrivato il figlio.
- Lilia vuoi una mano? – le chiese il nipote di Apollo
- No, ce la faccio grazie – lo rassicurò Lilia mentre aiutava Nico a rimanere in piedi.
Logan annuì e poi guidò il gruppetto attraverso l’infermeria schivando semidei e figli di Apollo, fino ad un gruppetto di stanze che si trovavano sul fondo della costruzione e dove, stranamente, vi era calma.
- Come mai qui non ci sono feriti? – chiese Percy mentre superavano due stanze e aiutava Calypso a sorreggere Leo.
- Di solito queste stanze le usano i guaritori che hanno il turno di notte; se non ci sono feriti gravi possono venire a dormire qui – spiegò il nipote di Apollo mentre apriva una porta ed entrava.
Appena la porta fu aperta si sentì chiaramente un singhiozzo, Nico trovò la forza di reggersi in piedi, lasciò l’appoggio di Lilia ed entrò nella stanza un secondo prima di lei.
- Papà! –
Maria saltò giù dal letto, lasciando da solo il nonno, e corse incontro al padre che si inginocchiò per terra e la strinse forte; probabilmente se fossero stati soli Nico si sarebbe messo a piangere per il sollievo.
La piccola, invece, non si fece troppi problemi appena fu al sicuro tra le braccia del padre scoppiò a piangere stringendosi a lui.
- Tranquilla piccolina, è tutto finito, sei al sicuro adesso – le disse il padre dandole un bacio sulla fronte mentre Maria si calmava lentamente ma rimaneva avvinghiata a lui.
Percy e Frank entrarono nella stanza mentre Annabeth andava ad aiutare sua figlia a far alzare Nico in piedi con la bambina in braccio.
Percy fece sedere Leo su una sedia mentre Frank sistemava Hazel, ancora sconvolta, sul letto aiutato dal padre della ragazza che le accarezzò la fronte in un gesto quasi dolce.
Annabeth e Lilia accompagnarono Nico sino all’altro letto che occupava la stanza, il figlio di Ade vi poggiò sopra la figlia e poi vi si sedette lui riprendendola in braccio.
- Se non servo più, vado a vedere se hanno bisogno di me o se serve una mano a Lucas e agli altri ragazzi per portare dentro i feriti – disse Annabeth che, in realtà, non vedeva l’ora di poter constatare che il figlio stesse bene visto che si erano separati poco prima di venire in Infermeria.
- Anch’io vado con Annabeth – si offrì Calypso.
- Sicura? – le chiese Leo in un sussurro, preoccupato che la moglie potesse stare male.
- Si… non posso stare ferma senza fare niente, devo distrarmi – gli rispose con un sorriso.
- Andate pure, qui ci penso io – le rassicurò Logan.
Le due donne annuirono, poi Annabeth sorrise a Calypso ed entrambe uscirono dalla stanza mentre Logan iniziava a visitare i semidei.
Lilia gli diede una mano portandogli garze, medicine o quello che gli serviva; per fortuna nessuno aveva subito ferite gravi: Nico aveva solo qualche graffio ed era stanco, ma non poteva mettersi a dormire finché non fosse riuscito a calmare Maria che continuava a piangere dicendogli che gli dispiaceva per non essere riuscita a salvare i suoi amici e che aveva paura che fossero morti tutti.
- Non sono morti – le ridisse per l’ennesima volta il padre mentre le accarezzava la testa
- Come fai a dirlo? – gli chiese singhiozzando
- Sai che io posso sentire se una persona è viva o morta – le ricordò
- E se ti stessi sbagliando? E se avessi ragione io? – gli chiese la bambina riprendendo a piangere.
Nico sospirò e si passò una mano tra i capelli neri cercando di trovare una soluzione a quella situazione.
- Maria, tu ti fidi di me? – le chiese il nonno sorridendole e accarezzandole la nuca, Lilia pensò che vedere Ade sorridere le suscitava stupore e paura allo stesso tempo, ma Maria sembrò calmarsi, invece.
- Certo che mi fido di te nonno – gli rispose asciugandosi le lacrime.
Ade le sorrise di nuovo – Allora credi a quello che ti dice il tuo papà, perché anch’io sento che nessuno di loro è morto – la rassicurò.
Maria guardò il nonno, poi guardò il padre e poi si guardò le scarpe giocando un po’ con l’orlo della maglietta – Va bene vi credo – disse concedendo un sorriso ad entrambi.
Nonno e padre tirarono un sospiro di sollievo e la piccolina si andò a sedere in braccio al padre appoggiandosi a lui come se volesse mettersi a dormire.
Hazel e Jason erano sotto shock; Frank era seduto di fianco alla moglie e le accarezzava i capelli mentre la semidea cercava di dormire, anche se i suoi occhi d’orati erano fissi su un punto indefinito della stanza.
Jason invece era seduto su una sedia e si fissava le mani strette tra di loro posate sulle gambe; Lilia non sapeva se il semidio stava rimuginando su quello che era successo o anche lui era in uno stato di shock, cosa assai probabile visto che aveva in ostaggio sia moglie che figli.
Leo era quello messo peggio, aveva la caviglia destra slogata e Logan gliela dovette fasciare mettendoci una stecca.
Logan ricontrollò un’ultima volta Nico e Maria, che si stava addormentando in braccio al padre, poi sorrise a Percy e Lilia che erano gli ultimi due semidei sani presenti nella stanza.
- Io devo andare a dare una mano a mio padre, se voi volete potete rimanere a fare compagnia a loro se no’… beh, suppongo che ci sia ancora qualcosa da fare – commentò il nipote di Apollo.
- Io penso che tornerò dagli altri Dei – disse Ade alzandosi dal letto del figlio – credo che avranno molto da dire su questa faccenda – commentò il dio rabbuiandosi e avvicinandosi alla porta.
- Ehm… Divino Ade, potrei chiederle un favore? – chiese Logan incespicando quando il dio gli rivolse uno sguardo dubbioso.
- Potrebbe uscire dalla porta sul retro? Sa’ in infermeria è pieno di feriti e potrebbero spaventarsi vedendola… - gli spiegò
Ade sospirò esasperato – Non sono mica Thanatos! – si lamentò.
- Lo so’… ma vede lei viene comunque associato alla morte… e se un ferito la vedesse… - cercò di spiegargli Logan senza incorrere nell’ira del dio.
- Ho capito semidio, ho capito – lo fermò Ade con un gesto della mano – fammi vedere dov’è questa uscita secondaria – gli disse con un sospiro il dio facendolo passare davanti a se’.
Logan rimase un po’ sorpreso ma non esitò troppo – Certo mi segua – gli disse superandolo e uscendo dalla stanza insieme a lui.
- Noi cosa facciamo papà? – chiese Lilia guardando Nico che si stava sdraiando mentre teneva stretta Maria che si era addormentata.
- Quello che vuoi Lili, se sei stanca puoi anche tornare a casa – la rassicurò il padre accarezzandole la testa.
Lilia si fermò un secondo a riflettere: a dire il vero c’era una cosa che voleva fare e che le stava chiedendo di essere espressa da un bel po’.
- Io vorrei sapere cosa è successo – disse infine guardando Leo e Nico – vorrei sapere come ha fatto una città come Nuova Roma a cadere – gli spiegò.
Nico chiuse gli occhi e sospirò, Leo fece lo stesso – Non ora Lilia… adesso è ancora tutto troppo fresco… sta sera vi racconteremo tutto – la rassicurò il figlio di Efesto.
Lilia rimase un po’ delusa, ma capì che suo zio aveva ragione: doveva dargli il tempo di assimilare i fatti, adesso erano ancora tutti troppo sconvolti.
Suo padre le mise una mano sulla spalla e le sorrise stringendogliela leggermente:
- Allora andrò a vedere dove serve il mio aiuto o se riesco a ritrovare mio fratello o le maghe – concluse Lilia con un sorriso stanco.
- Va bene, io rimango ancora un po’ – le disse il padre dandole un bacio sulla fronte.
Lilia annuì e poi uscì dalla stanza gettandosi nel caos nell’infermeria e poi nel caos che regnava all’esterno.
Ora capiva perché Calypso fosse andata ad aiutare invece che rimanere ferma a rimuginare: anche lei sentiva il bisogno di muoversi e tenere mani e testa occupate per non pensare a Piper e ai bambini.
Se non si fosse messa subito a fare qualcosa, probabilmente l’ansia o la paura l’avrebbero divorata.
 
Il resto del pomeriggio Lilia lo passò aiutando i figli di Apollo a portare nelle rispettive cabine i semidei che stavano meglio e ad aiutare suo fratello e gli altri ragazzi a sistemare i nuovi alloggi per i semidei di Nuova Roma.
Anche Fahime, Sarah e Ruby gli diedero una mano; non conoscevano nessuno ma si vedeva che sapevano cosa fare in caso di un attacco di massa ad un luogo ritenuto sicuro.
La nipote di Poseidone aveva visto solo di sfuggita una volta sua madre che stava aiutando una semidea, ma poi non aveva visto nessun’ altro della famiglia, per fortuna era rimasta con suo fratello; in quel momento le sembrava che, se si fosse separata da lui, avrebbe perso l’orientamento e si sarebbe smarrita in mezzo a tutto quel caos.
Lilia aprì la porta della casa di Poseidone ed emise un lungo sospiro, le sembrava di non essere mai stata così stanca in tutta la sua vita.
Lucas la seguì stringendole la mano, non si ricordavano quando se l’erano presa, probabilmente mentre tornavano a casa, ma anche se si erano accorti di quello che stavano facendo, nessuno dei due  aveva lasciato la presa.
- Eccovi – esclamò Annabeth andando incontro ai figli e stringendoli in un unico abbraccio che gli trasmise tutto il suo amore e tutta l’ansia e la preoccupazione che aveva provato in quelle ore ma che non aveva potuto esprimere.
Lilia pensò che, molto probabilmente, sua madre si era immedesimata in Calypso, in Hazel o forse persino in Jason e avesse immaginato cosa si prova a perdere l’intera famiglia; Lilia bloccò il pensiero sul nascere, già aver perso una sorella le faceva male, non avrebbe potuto sopportare nemmeno l’idea di perdere anche Lucas e i suoi genitori.
I gemelli ricambiarono con vigore con vigore l’abbraccio della madre, i suoi capelli sapevano di limone, era un profumo rassicurante.
Quando Annabeth li lasciò, si sorrisero tutti e tre felici di essere ancora assieme – Abbiamo finito adesso di sistemare i semidei sfollati, erano un bel po’ – commentò Lucas lasciando andare la mano della sorella e grattandosi la nuca.
- Vi credo, in infermeria ci sono ancora molti feriti, ma non ci sono state più vittime – li rassicurò Annabeth con un sospiro di sollievo.
- E per quelli che… per quelli che sono già arrivati… - per qualche assurdo motivo Lilia non riusciva a dire “morti”.
- Sta sera faremo un funerale per tutti – le rispose Annabeth anticipando le parole della figlia – e credo che poi, Nico o Leo, ci racconteranno cosa è successo – terminò la figlia di Atena.
- Tu non sai ancora nulla mamma? – le chiese Lilia mentre recuperava dall’armadio un cambio d’abito, sentiva il bisogno di andarsi a fare una doccia; le sembrava di avere impregnato nei vestiti l’odore di cenere e di morte.
- No, non se la sono ancora sentita di raccontare nulla, forse hanno raccontato a Jason cosa è successo a Piper… tanto per prepararlo, ma nessun altro sa nulla – le spiegò la madre.
I gemelli annuirono, poi presero entrambi le cose per cambiarsi ed uscirono di nuovo di casa per andare ai bagni e farsi una doccia.
Mentre Lilia era sotto il getto bollente dell’acqua mille pensieri incominciarono a vorticarle in testa; sembrava che la sua famiglia non potesse mai stare tranquilla!
Direttamente o indirettamente loro erano sempre coinvolti in qualcosa, ed erano sempre cose brutte.
Prima il rapimento dei genitori da parte di una dea primordiale psicopatica, poi la morte di Aibileen, la presa al potere di Setne e, adesso che si erano leggermente stabilizzati, il rapimento della zia e di tutti i bambini che Lilia considerava a tutti gli effetti sui cugini.
Perché?!
Si chiese Lilia trattenendo una grido di rabbia e conficcandosi le unghie nella fronte mentre fuori un lavandino saltava.
Sei figlia dei semidei che hanno sconfitto Crono e Gea, sul serio pensavi di poter avere una vita tranquilla?
- Jackson! – le gridò una ragazza da fuori.
Lilia si riprese e si sentì leggermente in imbarazzo – Scusa! – gridò di rimando cercando di calmarsi.
 
Quella sera a mensa la situazione era tesa, tutti parlavano sottovoce e anche gli Dei borbottavano tra loro a bassa voce.
Quella sera Artemide si era presa un giorno di vacanza e adesso sedeva vicino ad Atena ed Estia con in braccio Kallisto che se la dormiva della grossa tra le braccia della madre avvolta nella copertina.
Al loro tavolo tutti avevano un aria piuttosto afflitta; Jason non aveva ancora spiccicato parola, Hazel si era leggermente ripresa ma si vedeva chiaramente che era ancora tesa come una corda di violino.
Ruby, Sarah e Fahime con rispettive famiglie erano seduti con loro ed Eric cercava di tirare su il morale a Maria chiedendole cose sui suoi poteri e disegnando sul tavolo con un gessetto quelli che sembravano semplici geroglifici che, appena il piccolo vi passava la mano sopra, scoppiettavano e poi il fumo si trasformava in animali diversi; a Maria sembrava divertire e continuava a ridere timidamente.
Lilia era seduta di fianco a suo fratello e continuavano a lanciarsi sguardi mentre gli adulti parlavano di cose futili e del più e del meno, senza parlare di nulla in particolare ed evitando qualsiasi argomento che potesse anche solo avvicinarsi per sbaglio a quello che era successo a Nuova Roma; i gemelli invece fremevano dalla voglia di sapere.
La loro curiosità però dovette aspettare ancora, dopo cena, prima di riunirsi, al centro dell’arena del campo fu allestito un enorme falò costruito dai figli di Efesto, e poi iniziò una lenta e straziante processione di persone che trasportavano cadaveri avvolti in teli con sopra l’insigne del proprio parente divino oppure, per i mortali, un semplice telo viola con sopra ricamato in oro la corona di alloro e la scritta “SPQR” a chiare lettere.
A molti figli di Ecate toccò il compito di portare i cadaveri che non erano stati indentificati o che non avevano parenti e amici che potessero portare le loro spoglie al falò.
Quando Lilia vide Nathaniel trasportare, insieme ad un suo fratello, due cadaveri di quelli che potevano sembrare due ragazzi, avvolti in teli viola, gli corse di fianco, subito seguita da Lucas e le tre maghe e gli si misero vicino reggendo anche loro la barella, mettendosi ai lati mentre Lucas sostituiva il fratello di Nathaniel.
Il figlio di Ecate li guardò stupito e tutti e cinque risposero con un sorriso amaro – Siamo amici no? E gli amici non si abbandonano –gli ricordò Ruby poggiandogli una mano sulla spalla.
Nathaniel sorrise di rimando  - Grazie – gli disse.
I ragazzi si avviarono verso il falò e depositarono anche quei due ragazzi sulla pira per poi allontanarsi e tornare dai rispettivi genitori.
Annabeth prese le mani ai gemelli e  le strinse forte, Lilia e Lucas gliela lasciarono e abbracciarono la madre uno per lato; Percy poggiò una mano sulla spalla di Nathaniel e gli sorrise rassicurante; Hazel strinse la nipote mentre il marito stringeva lei; Leo e Calypso si sorreggevano a vicenda mentre Jason era davanti a tutti, con le braccia incrociate e la rabbia causata dal dolore fin troppo visibile sul volto.
E mentre Nico, insieme a suo padre, alla capo cabina di Ecate e Chirone,  recitavano i riti per la sepoltura di quei corpi e accendevano la grande pira, la nipote di Poseidone giurò sullo Stige che quella sarebbe stata l’ultima volta che così tante persone avrebbero sofferto, che quello sarebbe stato l’ultimo falò di quelle dimensioni per celebrare la morte dei compagni; giurò che nel suo piccolo lei avrebbe messo fine a tutto questo.
Rimasero a fissare le fiamme finché non si estinsero del tutto e tutte le ceneri furono portate via dal vento; l’arena divenne all’improvviso buia e dell’enorme falò rimasero solo delle ceneri ardenti.
Solo a quel punto tutti i semidei sciamarono fuori dall’arena per riunirsi nell’anfiteatro dove di solito tenevano il falò, anche se quella sera vedere altre fiamme che bruciavano non dava allegria a nessuno; il falò era basso e il rosso era smorto, come se si vergognasse a bruciare.
Lilia lanciò un occhiata ai posti riservati agli dei e le sembrò che anche Estia non fosse in grandissima forma.
Quando tutti i semidei si furono seduti, Chirone richiamò il silenzio; non che ce ne fosse bisogno, l’anfiteatro era già silenzioso di suo.
- Come, purtroppo, tutti sappiamo, oggi vi è stato un attacco a Nuova Roma dove molte persone hanno perso la vita – incominciò Chirone con voce affranta – Molti di noi non sanno ancora come sono andati i fatti e per questo Leo Valdez e Nico Di Angelo ci racconteranno com’è avvenuta la vicenda – spiegò il centauro facendosi leggermente da parte e facendo avvicinare i semidei.
Nico si era completamente ripreso, mentre invece Leo camminava con una stampella; ma sembravano avere tutti e due una cera migliore rispetto a quel pomeriggio.
Se possibile il silenzio si fece ancora più pesante quando i due semidei incominciarono a raccontare:
- L’attacco è iniziato all’improvviso – incominciò Nico – avevamo già avvertito i cittadini di Nuova Roma che era il caso che si trasferissero temporaneamente al Campo Mezzosangue, e li stavamo radunando al campo Marzio, quando i Purificatori hanno attaccato – spiegò il figlio di Ade.
- Sono arrivati in massa dalle colline e alcuni di loro si erano riusciti ad infiltrare nella guardia cittadina, ci hanno accerchiato e in quel momento è iniziato lo scontro – spiegò Leo.
- Siamo riusciti a fermare la prima ondata di purificatori, ma subito dopo ne è arrivata un’altra e un’altra ancora, e molti di loro avevano le armi modificate, che neutralizzavano i nostri poteri – continuò il figlio di Ade cercando di non far tremare la voce – quando abbiamo visto che la situazione si stava mettendo male abbiamo deciso di battere in ritirata e fare il viaggio ombra il più velocemente possibile -.
- L’ordine è stato dato, ma eravamo tutti separati e mischiati con le forze nemiche così riunirci è stato molto difficile è da stato qui che abbiamo subito le maggiori perdite – spiegò il figlio di Efesto – mentre semidei e mortali si giravano per ricreare un gruppo i purificatori hanno aperto il fuoco e hanno iniziato a sparare sulla folla – continuò.
- Molti purificatori hanno preso dei semidei come prigionieri, iniziando dai bambini. A questo punto alcuni sono tornati indietro per salvarli e proteggerli, come per esempio Piper e alcuni semidei figli di Mercurio e Apollo, il problema è stato che i Purificatori hanno preso anche loro insieme ai bambini e noi abbiamo dovuto abbandonarli per poter salvare il numero più alto di persone possibile – spiegò il figlio di Ade con una leggera rabbia nella voce quando pronunciò le ultime parole.
E così ecco che la curiosità dei gemelli era stata soddisfatta: Piper era stata rapita perché era rimasta a proteggere figli e nipoti, Lilia non poteva che essere fiera di sua zia.
 
 
 
Fahime
 
 
Fahime si rigirò nel letto per l’ennesima volta.
Tutti stavano già dormendo da un pezzo ma lei non riusciva a chiudere occhio; tutte le volte che chiudeva le palpebre rivedeva l’enorme falò che vi era stato quella sera e le sembrava che le lingue di fuoco si trasformassero in anime che, prima di scomparire la guardavano con fare accusatorio, e lei avrebbe solo voluto gridargli che quella volta non era colpa sua, che non erano morte per un suo errore.
Alla fine decise di mettersi a fissare il soffitto, cercando di svuotare la mente e di non pensare al racconto degli zii di Lilia e Lucas, di non pensare a quello che era accaduto a Nuova Roma, che assomigliava così tanto a quello che era accaduto nel primo nomo.
Senza accorgersene alla fine si addormentò e quando riaprì gli occhi non era più nel suo letto e nemmeno nel suo corpo.
Provò a guardarsi in giro, ma il corpo in cui era non le rispondeva, sembrava che il suo ba fosse stato imprigionato in un altro corpo e che lei potesse essere solo una spettatrice.
Fahime cercò di ribellarsi ma una voce che conosceva fin troppo bene le attraversò la testa.
Ti sto facendo un regalo piccola Fahime, fai la brava e rimani lì ferma mentre io ti mostro.
Fahime avrebbe voluto gridargli di stare zitto e di lasciarla andare ma poi rifletté che, qualunque cosa lui le stesse per far vedere avrebbe potuto aiutare a far tacere le anime che sentiva ancora accusarla nella sua testa.
La maga si concentrò su quello che vedeva; era in un corridoio costruito in pietra grezza che assomigliava molto a quelli che si vedevano nelle tombe egizie, solo che i muri non erano decorati con geroglifici colorati ma soltanto con torce poste sui entrambi i lati alla stessa distanza.
Non era sola, davanti a lei vi erano due pacificatori che imbracciavano due fucili e avevano delle corde legate alle vita; erano dello stesso materiale che indeboliva e privava dei poteri.
Ad un certo punto, un lato del corridoio si fece più largo e apparirono delle celle molto grandi, dentro alcune vi erano tenute persone che assomigliavano molti a degli scheletri e che sembrava dovessero morire da un momento all’altro; quelle celle erano buie e Fahime riusciva a sentire la puzza di rancido e muffa che aleggiava nell’aria stantia.
Andando avanti le celle erano illuminate e dentro vi erano diverse persone, alcuni erano semidei perché portavano la maglietta arancione o quella viola dei due cambi; purtroppo neanche loro sembravano avere una bella cera.
Il suo gruppetto passò vicino ad una cella al cui interno vi erano cinque bambini che si abbracciavano uno con l’altro mentre una bambina con i capelli scuri raccolti in due trecce scompigliate li guardava passare esprimendo tutto il suo odio in un solo sguardo; lei non sembrava aver paura.
Ad un certo punto il corpo di Fahime si fermò davanti ad una cella più illuminata delle altre, i purificatori l’aprirono e tutti entrarono dentro.
In un angolo, appoggiata al muro, vi era una donna con polsi e caviglie legate che appena li sentì entrare si tirò subito su in piedi fissandoli con odio.
Si vedeva chiaramente che doveva esser stata maltrattata, lo zigomo sinistro era gonfio e aveva una sfumatura violacea, il labbro era spaccato in due punti e il sangue non doveva aver smesso di uscire da molto.
La donna concentrò il suo sguardo sulla persona di fianco a Fahime, la maga cercò di voltarsi ma il corpo rimase fisso sulla donna, così che lei non potesse vedere l’altro uomo.
- Che cosa volete? – chiese la donna con rabbia continuando a fissarli.
- Facile semidea, dicci dove si trova la posizione esatta del Campo Mezzosangue e noi ti lasceremo andare – le disse l’uomo di fianco a Fahime.
La maga conosceva quella voce, ma per qualche ragione le arrivava distorta.
La donna scoppiò a ridere, nonostante la situazione la sua era una risata cristallina, probabilmente dentro era divorata dall’ansia ma, intelligentemente, non lo faceva vedere ai suoi aguzzini.
- Certo, morta ma mi lascerete andare – commentò sarcastica
- Se collabori potremmo anche lasciarti in vita – le disse cordiale l’uomo
- Chissà come mai io non mi fido – continuò chinando il capo.
Quando lo rialzò qualcosa nel suo sguardo era cambiato, Fahime non riusciva a capire di che colore fossero gli occhi di quella semidea che adesso brillavano di una luce furba.
- Perché invece non mi dite voi dove ci troviamo? – chiese con voce melliflua; se Fahime avesse saputo la risposta probabilmente gliel’avrebbe data subito, senza esitare.
- Voi mi dite dove siamo, mi lasciate le chiavi delle celle e poi date l’ordine di lasciarmi passare a questo punto potrete tornare ai vostri soliti compiti – continuò la semidea sempre con lo stesso tono di voce.
Fahime aveva voglia di fare tutto quello che la semidea le stava chiedendo e non perché voleva liberarla e sapeva che quella era la cosa giusta da fare, soltanto perché lei glielo stava dicendo.
Il purificatore che aveva aperto la cella si avvicinò alla semidea allungando la mano con il mazzo di chiavi che conteneva tutte le chiavi delle celle di quel piano, mentre un altro si avvicinava con un coltello pronto a tagliarle i lacci delle caviglie e dei polsi.
Fahime pensò che la semidea avesse vinto, che adesso si sarebbe liberata e avrebbe portato con se’ anche tutti gli altri prigionieri ma, come succedeva tutte le volte che c’era di mezzo lui le cose non andarono per il meglio.
L’uomo di fianco a lei scoppiò a ridere e si mise a battere le mani rompendo l’incantesimo che si era venuto a creare, i due purificatori si risvegliarono dalla trance e si allontanarono dalla semidea con una leggera imprecazione.
- Complimenti, c’eri quasi riuscita figlia di Afrodite, ma credi davvero che la tua lingua ammaliatrice possa confondere me? – le chiese deridendola.
La semidea si rabbuiò e cercò di controllare la paura anche se le mani le tremavano – Te lo richiedo un'altra volta semidea, dimmi dove si trova il Campo Mezzosangue e come posso superare le sue difese – le richiese l’uomo.
- Te lo richiedo anche io – riprese la semidea riusando lo stesso tono di voce e aggiungendovi tutte le sue speranze – Dimmi dove ci troviamo, e lasciami andare – gli disse fissandolo truce.
L’uomo accanto a Fahime sospirò, quasi tristemente – Sei proprio testarda… - sussurrò – E va bene, ti dirò dove ci troviamo e ti lascerò andare, voglio proprio vedere cosa farete voi semidei con queste informazioni – le disse mentre faceva un cenno ai purificatori che avanzarono di un passo.
L’uomo accanto a Fahime si portò davanti alla semidea finché non le fu a pochi centimetri dal viso, Fahime cercò di identificarne i lineamenti ma se vi si soffermava troppo la figura diventava sfocata e una fitta le attraversava il cervello, così si concentrò soltanto su quello che l’uomo diceva:
- Siamo ad Alessandria – le disse in un sussurro – in una mia base – continuò – ora che ti ho accontentata puoi andare a portare le informazioni ai tuoi amichetti semidei… sempre che tu riesca a parlare o che tu ci riesca ad arrivare – le disse sorridendole perfido.
L’uomo si alzò e si rivolse ai purificatori mentre sul volto della semidea si disegnava una maschera di pura paura; sapeva che adesso non l’avrebbero semplicemente lasciata andare.
- Tu e tu – disse l’uomo rivolto ai purificatori – fate in modo che questa bellissima figlia di Afrodite non possa più ammaliare nessuno con la sua bella voce – disse ridendo – e poi lasciatele un nostro bel ricordo – disse dando al purificatore un pugnale dalla lama ricurva.
La semidea guardò il pugnale con gli occhi grandi per la paura e si girò verso il suo aguzzino
– Lascia andare almeno i bambini! Loro non ti hanno fatto nulla! – gli gridò cercando di divincolarsi mentre i due purificatori la sollevavano per le braccia e la trascinavano via.
- Tranquilla, a loro penserò tra poco – la rassicurò sorridendole mentre la portavano via.
- No! Lasciali stare! – gli gridò cercando di saltargli addosso, ma un purificatore le tirò un colpo alla nuca con il manico del pugnale stordendola.
Fahime vide la semidea essere portata via, mentre cercava di lottare contro l’incoscienza, e i purificatori che la trascinarono in una stanza laterale sbattendola su un tavolo di pietra.
Le slegarono prima le mani per poi legargliele di nuovo con delle corde immobilizzandola alla tavola e rifecero la stessa cosa con le gambe, non servì a nulla che la semidea continuasse a dibattersi e a lottare.
- Lasciatemi andare! – gridò presa dal panico.
- Stai zitta bastarda! – le gridò un purificatore estraendo, pochi secondi dopo, il pugnale per poi conficcarlo nel fianco della semidea che emise un grido di dolore inarcando la schiena.
Fahime avrebbe voluto tapparsi le orecchie, quel grido era stato straziante, ma trovò il coraggio di non distogliere lo sguardo.
Il purificatore che l’aveva appena pugnalata le prese la testa tenendogliela ferma mentre il secondo soldato si avvicinava a lei con in mano quello che a Fahime parve ago e filo.
Prima che potesse sapere cosa stesse succedendo la voce di lui le rimbombò di nuovo in testa.
Direi che hai visto abbastanza piccola Fahime.
No!
Fahime si ritrovò catapultata di nuovo nel suo corpo e si svegliò di soprassalto portandosi una mano al petto.
Il sole era già sorto e sua madre era già in piedi che stava svegliando Eric – Fahime… che succede? – le chiese guardandola stupita.
- Devo trovare Lilia – le disse scendendo con un balzo giù dal letto e vestendosi mentre correva. Attraversò la sala da pranzo mentre gli altri facevano colazione e lei s’infilava la maglietta.
- Hime dove corri? – le chiese la cugina che sentiva già puzza di guai
- Devo trovare Lilia!  - le disse fermando si un secondo per parlarle.
- Perché cosa è successo? – le chiese il padre
- E’ quello che le ho chiesto anche io – disse Ziah apparendo con in braccio Eric.
- Vi spiegherò dopo, ma adesso devo parlarle! – gli disse la maga con l’urgenza nella voce.
- Vengo con te – dissero in coro le gemelle seguendo la cugina fuori dalla casa.
Fahime era solo parzialmente cosciente dei loro genitori che si lamentavano dietro di loro, adesso l’unica cosa che doveva fare era trovare Lilia e dirle che quella semidea sarebbe arrivata verso il confine tra poco e che sarebbe stata più morta che viva.
La maga vide la nipote di Poseidone che parlava con sua madre e suo zio Jason abbastanza animatamente.
- Lilia! – gridò andandole in contro correndo
- Ciao Fahime, come mai qui? – le chiese Lilia sorridendole
- Devo dirti una cosa importante – le disse la maga fermandosi a riprendere fiato.
- Puoi aspettare un attimo Fahime? – le chiese Annabeth
- Ma… - protestò la maga
- Le ninfe hanno dato l’allarme e hanno chiesto alla ronda notturna di aspettare qui, hanno trovato qualcosa sui confini, aspetta che arrivino e poi parlerai con Lilia – le disse Jason serio.
Fahime voleva replicare, dicendo che non avevano trovato qualcosa ma qualcuno sul confine, però il tempo era contro di lei, dal bosco arrivò di corsa un semidio che stringeva tra le braccia una donna piegata su se stessa.
- No… - Jason scattò in avanti subito seguito da Lilia, Annabeth e le tre maghe.
Più Fahime si avvicinava più riusciva a riconoscere la figura rannicchiata in braccio al semidio.
Era la donna del suo sogno che si stringeva il fianco pugnalato con una mano sporca di sangue mentre la maglia ne era intrisa.
- Piper! –
Jason strappò praticamente la donna dalle braccia del semidio mentre sul suo volto appariva la paura, anzi il puro terrore.
- Jason cosa… - Annabeth si fermò quando vide com’era ridotta l’amica.
Quella era sicuramente la semidea del sogno di Fahime, stessi occhi cangianti ( anche se velati ) stessi capelli color mogano e pelle leggermente scura.
La semidea si strinse al marito ed emise quello che sarebbe stato un grido se solo avesse potuto emetterlo chiaramente.
C’era un unico impedimento: aveva le labbra cucite.

Ta dan!
Non odiatemi :D
Visto che ho liberato Piper dopo un solo capitolo? Non sono stata brava? *si prepara ad essere lapidata dai lettori*.
Comunque, questo è il nono capitolo che spero vi sia piaciuto e non vi abbia sconvolto troppo :) Se vi interessasse l'ho scritto mentre ascoltavo gli Imagine Dragons, quindi in parte è anche colpa loro per quello che è uscito :)
Come sempre ringrazio chi segue, chi legge, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensisce :) Adoro ricevere le vostre recensioni, quindi lasciatemene tante ( anche insulti vanno bene :P).
Direi che per ora è tutto, spero di riuscire a pubblicare sempre in orario,
un abbraccio,
Darkness_Angel.

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Capitolo 10
*** X. ***


'Sera a tutti :)
Come al solito mi scuso per l'ora in cui pubblico, ma tra scuola, impegni vari e una mezza influenza riesco a pubblicare solo ora :)
Comunque, Pov Lilia senza troppi traumi :P
Spero vi piaccia, ci vediamo in fondo ;)
Buona Lettura.


X.

 
Lilia credette di aver perso dieci anni di vita in meno di un minuto.
Quando aveva riconosciuto la figura di sua zia in braccio al semidio un’enorme gioia l’aveva invasa; sapeva che poteva essere ferita, nessuno scappava dalle mani di Setne illeso, ma mai si sarebbe aspettata una cosa del genere.
Subito non aveva visto cosa le avevano fatto,  quando il semidio l’aveva portata Piper era girata col viso verso il suo petto e si stringeva convulsamente la ferita al fianco, ma non sembrava avere altri danni oltre a quello.
Poi Jason l’aveva presa in braccio e a Lilia era venuto un colpo quando aveva visto cosa Setne aveva fatto a sua zia; le labbra di Piper erano cucite con del filo nero che le attraversava da parte a parte in verticale creando una specie di rete che non le permetteva di aprirle; i punti in cui il filo attraversava la pelle quasi non si vedevano se non fosse stato per il sangue coagulato che si vedeva in alcuni punti.
Jason strinse la moglie a se’ e guardò Annabeth – Devi andare a chiamare Will o Apollo, io intanto vado in infermeria – le disse.
La madre di Lilia annuì ancora con la faccia sconvolta e poi corse verso la cabina di Apollo mentre Jason si mise a correre verso l’infermeria seguito a ruota da Lilia e le tre maghe.
Lilia sapeva che sarebbe stata solo d’impiccio seguendo suo zio, ma non poteva aspettare di ricevere notizie da terzi sulla sorte di sua zia, le sarebbe sembrato troppo simile a quando aveva perso sua sorella.
Jason entrò in infermeria come una furia chiedendo aiuto, mentre Piper si stringeva a lui, e subito una figlia di Apollo gli venne incontro.
- Cosa le è successo? – gli chiese mentre guardava la ferita della figlia di Afrodite che aveva incominciato a tremare.
- E’ scappata da un avamposto di Purificatori, l’hanno ferita e le hanno cucito la bocca – le spiegò mentre la semidea assumeva un aria preoccupata e corrucciata.
- D’accordo, seguimi – gli disse camminando rapidamente e portando tutti e sei in una stanza laterale oltre lo stanzone pieno di feriti.
La camera era una stanza molto piccola con una sola finestra a rischiarare l’ambiente, aveva un letto su un lato ( che assomigliava molto ad una branda) una sedia in un angolo e una specie di armadio sul lato opposto.
La semidea fece segno a Jason di posare Piper sopra il letto mentre lei apriva un cassettone dell’armadio e ne tirava fuori delle garze e una bottiglia con dentro un liquido trasparente.
- Stai tranquilla, ora sei al sicuro – sussurrò Jason a Piper accarezzandole la fronte per poi lasciarvi un bacio e stringerle una mano.
Lilia pensava che lo sguardo di Piper fosse lo sguardo più disperato che avesse mai visto in vita sua; sua zia era terrorizzata e preoccupata, ma la cosa peggiore era che non poteva esprimere quello che provava per colpa della cucitura.
Lilia, Ruby, Sarah e Fahime si misero in un angolo della stanza per non dare fastidio alla semidea che si era avvicinata a Piper e le aveva scoperto la ferita scostando la maglia arancione che ormai, in quel punto, era diventata bordeaux.
Piper emise un gemito e sussultò appena il tessuto si staccò dalla sua pelle e incominciò a respirare velocemente con affanno.
- La ferita è profonda e sporca, ma posso sistemarla velocemente – spiegò la semidea mentre incominciava a pulire delicatamente la ferita con una garza imbevuta nel liquido trasparente.
- E per le labbra? – le chiese Jason mentre cercava di tranquillizzare la moglie accarezzandole la fronte e stringendole una mano.
- E’ meno grave, prima devo far rimarginare la ferita – gli spiegò la semidea finendo di pulire il taglio.
Lilia decise di guardare la ferita, perché non sopportava di guardare il viso sofferente di sua zia; il taglio era largo circa sei centimetri e, ad ogni respiro, un po’ di sangue fuoriusciva.
La figlia di Apollo passò la garza ancora una volta sulla ferita e poi vi impose sopra le mani chiudendo gli occhi per concentrarsi.
Piper emise quello che doveva essere un lungo sospiro e poi si rilassò; la semidea stava usando i suoi poteri per far richiudere un po’ la ferita in modo che smettesse, almeno, di sanguinare.
Quando la semidea riaprì gli occhi barcollò un secondo ma poi ritrovò la stabilità e scosse leggermente il capo – Ho fermato l’emorragia, adesso la fascio e poi pensiamo alla bocca – spiegò.
Nello stesso momento in cui la semidea finì la frase, la porta della camera si aprì ed entrarono Will ed Annabeth.
Il semidio figlio di Apollo sorrise a Jason e poi si avvicinò a Piper, mentre Annabeth si metteva in un angolo insieme alla figlia e alle maghe; la figlia di Afrodite provò a sorridere ma il movimento le causò soltanto dolore.
- Penso io alla bocca, tu finisci con la ferita – ordinò Will mentre sua sorella tornava vicino a Piper con una crema, della garza e dello scotch medico di carta.
La semidea annuì e poi si chinò di nuovo al fianco di Piper iniziando a passare sopra la ferita la crema; quando ebbe finito vi mise sopra due pezzi di garza abbastanza larghi, uno sopra all’altro, e li fermò con il nastro adesivo.
Will andò a prendere un paio di piccole forbicine di metallo da uno dei cassetti dell’armadio e le passò nel disinfettante; poi imbevve un piccolo pezzo di carta nell’acqua e si andò a mettere vicino a Piper, per poi rivolgersi un’ultima volta alla sorella.
- Vai a prendere dell’antibiotico ad ampio spettro e prepara una flebo, così evitiamo che le vengano infezioni – le disse.
- Certo, torno subito – lo rassicurò uscendo dalla stanza e chiudendosi dietro la porta.
- Ho paura che non abbiano usato un filo o un ago sterile – disse tra se e se mentre guardava la cucitura fatta.
- Adesso taglio il filo, in modo che tu possa aprire la bocca, dopo ti farò una leggera anestesia e ti sfilerò quello che rimane, così non sentirai dolore – le spiegò sorridendole tranquillo.
Lo sguardo di Piper si tranquillizzò leggermente, e un po’ di terrore se ne andò dalla sua espressione, Jason le fece ancora una carezza sulla fronte – Tra poco sarà finito tutto – la rassicurò.
Will aspettò ancora un secondo, poi Piper chiuse gli occhi e lui le avvicinò le forbicine alla bocca iniziando a tagliare il filo che però non diede segno di volersi rompere.
Il figlio di Apollo si accigliò, si alzò e andò a prendere un altro paio di forbici assicurandosi prima che fossero ben affilate, poi si rimise al fianco di Piper e riprovò.
Neanche sta volta il filo diede segno di volersi anche solo scalfire.
Will imprecò sotto voce e si alzò – Perché non si taglia? – chiese Jason preoccupato mentre Piper iniziava a tremare per colpa della paura.
- Non lo so’, sopra deve esserci qualche incantesimo che non mi permette di tagliarlo – spiegò Will pensieroso.
- Vado a chiamare un figlio di Ecate allora – si offrì Annabeth.
Per qualche ragione Lilia non era sicura che un figlio di Ecate sarebbe riuscito a rompere quell’incantesimo; Setne non poteva essere stato così stupido da rimandargli indietro Piper ( perché ormai era lampante che fosse stato il mago a lasciarla scappare) con ferite che loro avrebbero potuto curare facilmente.
- E’ stato Setne a creare quel filo… credo – disse Fahime rompendo il silenzio.
- Che cosa stai dicendo? – le chiese Jason quasi alterato.
Fahime guardò il figlio di Giove sentendosi leggermente in imbarazzo – Io ho sognato Setne che la torturava… le ha cucito le labbra perché ha provato ad usare la lingua ammaliatrice su di lui – spiegò la maga.
Tutti si voltarono verso Piper che riuscì ad annuire mentre incominciava a piangere stufa di quella situazione e stanca di avere paura.
- Setne ha dato il rocchetto di filo ad un purificatore, quindi ho paura che sia stato lui ad incantarlo – concluse Fahime.
I tre adulti imprecarono sottovoce, se era stato Setne ad incantare quel filo c’erano poche possibilità di riuscire a romperlo, e se non fossero riusciti a romperlo, Piper sarebbe morta di fame visto che era impossibile nutrirla in quelle condizioni.
- Ma certo, papà! – esclamò all’improvviso Sarah facendo prendere a tutti un colpo.
- Cosa c’entra papà adesso? – le chiese Ruby accigliandosi.
- Setne potrebbe aver usato un incantesimo Egizio per incantare quel filo – le fece notare Fahime.
- E allora dovremmo chiamare la mamma, non papà, è lei l’esperta d’incantesimi – ricordò Ruby alla gemella.
Sarah scosse la testa – No, ho pensato ad una cosa… dobbiamo andare a chiedere a papà però perché non so’ se sia fattibile – le spiegò.
- Facciamo così, andate a chiamare entrambi i vostri genitori, dobbiamo provarle tutte – disse Annabeth sorridendo alle due gemelle.
Le due ragazzine annuirono – D’accordo – dissero in coro.
- Vengo anche io – dissero, anche loro all’unisono, Lilia e Fahime.
Le gemelle annuirono e poi tutte e quattro uscirono di corsa dalla stanza e poi dall’Infermeria correndo spedite verso la casa dove alloggiavano i maghi:
- Tu hai idea di cosa sia venuto in mente a tua cugina? – chiese Lilia a Fahime mentre correvano.
- Forse – le rispose la maga pensierosa.
Entrarono nella casa spalancando la porta senza nemmeno bussare e rischiando di scontrare Ziah che le guardò stupita:
- Si può sapere dov’è che correte, tutte di fretta, sta mattina? – chiese la maga fissando la figlia e poi le nipoti.
- Dove sono mamma e papà? – le chiese Sarah evitando la domanda.
- Stanno provando degli incantesimi insieme ad una figlia di Ecate, non so’ se vi conviene disturbarli – gli spiegò seria.
- E’ una questione di vita o di morte – le rispose Ruby mentre seguiva la sorella verso la stanza dove stavano i genitori.
- Addirittura? – chiese scettica Ziah guardando la figlia e la nipote di Poseidone.
- Si mamma, c’è in gioco la vita di una semidea – detto questo Fahime raggiunse le cugine mentre Lilia sorrideva alla donna ( non aveva idea di come comportarsi in una situazione del genere ) e raggiungeva le maghe.
Sarah aprì la porta della stanza senza farsi troppo problemi a bussare o ad aspettare il permesso dei genitori.
- Mamma! Papà! – gridò entrando e raggiungendo i genitori che erano seduti ad un tavolo insieme alla capo cabina della casa di Ecate.
- Sarah Stone, le buone maniere le hai lasciate nella Duat? – le chiese sua madre leggermente alterata.
Sarah arrossì leggermente ma poi si riprese subito – Scusa mamma ma è una questione davvero importante – le disse la figlia avvicinandosi al tavolo insieme alla sorella.
- Davvero? E allora sentiamo – sospirò Sadie chiedendo scusa con lo sguardo alla semidea che le sorrise comprensiva con una leggera alzata di spalle.
- Sta mattina hanno ritrovato una semidea che Setne ha lasciato andare da una delle sue prigioni, il problema è che non l’ha lasciata andare illesa, ma l’ha pugnalata ad un fianco e le ha cucito la bocca per non permetterle di usare… com’è che l’hai chiamata Hime? – chiese Sarah interrompendosi e rivolgendosi alla cugina.
- Lingua ammaliatrice… la chiamavano così nel sogno che ho fatto – le rispose.
- Ecco, le ha cucito le labbra in modo che non potesse usare la lingua ammaliatrice, e adesso ci serve il vostro aiuto – spiegò la maga ai genitori.
- State parlando di Piper? – chiese la figlia di Ecate preoccupata
- Si – le disse Lilia annuendo.
Secondo la nipote di Poseidone, Sarah stava prendendo il discorso troppo alla lontana, se davvero i suoi genitori potevano aiutare Piper lei avrebbe optato per qualcosa di molto più rapido e conciso.
Sia Sadie che Walt si accigliarono – Ci dispiace Sarah, ma non capisco come noi possiamo essere d’aiuto, sai bene che non siamo guaritori – le ricordò il padre tristemente.
- Si invece che potete aiutarci – riprese – il filo che le cuce le labbra non si riesce a tagliare con delle forbici normali e, secondo Fahime, il filo è stato incantato da Setne, quindi potrebbe essere magia Egizia e non Greca – le spiegò la ragazza infervorandosi nel discorso.
Madre e figlia si scambiarono sguardi eloquenti e poi lo sguardo della madre si illuminò:
- Ma certo! – esclamò alzandosi in piedi e sbattendo una mano sul tavolo – Walt ci serve una lama netjeri – disse rivolgendosi al marito.
Lilia era spaesata, non aveva idea di che cosa fosse una lama netjeri e non aveva idea di come quella avrebbe potuto tagliare i fili che tenevano chiusa la bocca di sua zia meglio di un paio di forbici chirurgiche ben affilate.
Walt guardò un attimo dubbioso la moglie ma poi anche lui capì quello che, prima di tutti, Sarah aveva intuito.
- Certo, potrebbe funzionare – ammise alzandosi anche lui.
- Suppongo che continueremo un'altra volta – disse la figlia di Ecate alzandosi.
- Si, scusaci, ma nostra figlia ha avuto un idea geniale per salvare questa semidea, e purtroppo possiamo metterla in atto solo noi – spiegò Sadie scusandosi.
- Non c’è problema, questo può aspettare, Piper no – li rassicurò.
- Ora però andiamo, non so’ cosa potrebbe succederle se aspettiamo ancora – ammise Sarah.
Uscirono fuori dalla stanza mentre Sadie allungava una mano nel vuoto e prendeva una borsa; Lilia si ripromise di chiede a una delle ragazze come fosse possibile che riuscissero a prendere le cose dal nulla, tutte le volte che glielo vedeva fare si destabilizzava.
- E se Fahime si stesse sbagliando? –
Lilia allungò un orecchio e vide Ziah che parlava sottovoce con Walt – Potrebbe, ma provare non ci costa nulla Ziah, se c’è una possibilità di aiutare quella semidea  lo faremo – le rispose.
- Lo so’, ma se ci fosse qualcos’altro sotto? Se Setne sapesse che siamo qui, l’incantesimo potrebbe andare per il verso sbagliato e peggiorare la situazione di quella donna -  gli ricordò.
- Lo so’, ma è meglio tentare e fallire che non tentare affatto – le rispose Walt.
A quel punto Ziah sospirò e si limitò ad augurargli buona fortuna prima che uscissero tutti di casa.
Si incamminarono verso l’infermeria a passo svelto mentre Walt e Sadie parlavano sottovoce tra di loro.
- Sarah, io non so’ niente di queste cose, ma come credi che questa tua idea possa aiutare Piper? – chiese Lilia cogliendo il momento per chiarire almeno un po’ di suoi dubbi.
La maga le sorrise – Nell’antico Egitto vi era una cerimonia a cui venivano sottoposti i morti prima di esseri seppelliti ed era la cerimonia dell’apertura della bocca – spiegò.
Lilia non poté non pensare a come Sarah assomigliasse così tanto a Lucas in quel momento, avevano la stessa capacità di farti perdere interesse per un argomento dopo sole poche parole, se poi si ci aggiungeva il grave deficit d’attenzione di Lilia, il gioco era fatto.
- In pratica, usando una lama netjeri si apriva la bocca del morto in modo che potesse continuare a vivere, come faceva prima, anche nell’aldilà – spiegò Sarah.
- Quindi la mia sorellina ha avuto la brillante idea di aprire la bocca di Piper usando quella lama – concluse Ruby abbracciando la sorella.
- Si… ma Piper non è ancora morta – gli fece notare Lilia.
- Vero, ma abbiamo la prova che la lama funziona anche sulle persone viventi – spiegò Fahime. Lilia la guardò accigliata – Avventure adolescenziali dei nostri genitori – le risposero le tre maghe in coro sospirando e facendole capire che era una lunga storia.
- Capisco fin troppo bene – gli rispose Lilia alzando lo sguardo al cielo.
Arrivarono all’infermeria e Lilia scortò il gruppetto nella stanza dov’era ricoverata Piper; sta volta prima di entrare bussarono e fu Will a dargli il permesso di entrare.
La situazione non era molto cambiata; Piper era a letto ancora con la bocca cucita che respirava lentamente ma con il terrore negli occhi, una flebo pendeva di fianco al letto e il tubicino andava ad infilarsi nel braccio della semidea.
Jason aveva preso la sedia e si era seduto di fianco a lei e continuava a stringerle una mano mentre le accarezzava la testa con l’altra, dolcemente.
- Siete arrivati finalmente – disse Will sollevato vedendoli entrare.
- Si, nostra figlia ci ha spiegato la situazione – disse Sadie – e credo che possiamo essere d’aiuto – concluse.
- Davvero? – chiese Jason stringendo la mano della moglie che rispose alla stretta con lo stesso vigore.
Walt annuì poi Sadie poggiò la sua borsa in un angolo e si avvicinò a Piper – Piacere io sono Sadie Kane, tu sei Piper giusto? – le chiese Sadie sorridendole.
La semidea annuì e  le porse la mano per salutarla – Piacere mio – le rispose stringendogliela – adesso tagliamo quei fili così possiamo presentarci meglio – le disse sorridendole.
Walt si avvicinò e guardò la cucitura con fare critico – Posso provare, ma dovrai stare immobile, non voglio rischiare di ferirti – le disse.
Piper annuì, Lilia pensò che sua zia avrebbe fatto qualunque cosa pur di mettere fine a quella situazione.
Walt le sorrise, poi allungò una mano anche lui nel nulla e prese quello che sembrava una vecchia lama da barbiere però fatta di ferro dello Stige.
Sadie si mise dietro a Piper e le prese il viso tra le mani in modo da tenerlo parallelo al soffitto:
- Guarda me e non muoverti – le disse sorridendole.
Lilia avrebbe voluto che sua madre fosse lì in quel momento, ma Annabeth sembrava sparita; quando erano entrati nella stanza non c’era più, probabilmente era andata ad avvertire gli altri semidei che avevano ritrovato Piper.
La figlia di Afrodite guardò Sadie mentre Walt poggiava la lama sui primi fili e faceva una leggera pressione.
Appena la lama si mosse il primo filo saltò liberando una parte della bocca, Sadie sorrise e tornò a guardare Piper – Si stanno tagliando, tu rimani ferma e in meno di un minuto sarai libera – la rassicurò la maga.
La figlia di Afrodite non emise un suono e sembrò quasi che avesse smesso persino di respirare; Walt tagliò tutti i fili facendo molta attenzione e in  poco tempo liberò Piper.
La prima cosa che la figlia di Afrodite fece appena ebbe la bocca completamente libera fu inspirare per poi sussurrare con voce roca – Jason… -.
Il figlio di Giove la prese e la strinse con forza e la baciò sulle labbra finalmente libere strappandole un gemito.
- Jason, aspetta ancora un attimo, lascia che le curi anche quella ferita – gli consigliò Will mentre Jason faceva stendere di nuovo la moglie sul letto.
- Posso avere un po’ d’acqua prima? – chiese Piper con la voce roca di chi non parla da molto.
- Certo – le rispose Will.
Lilia si mosse automaticamente, andò al mobile prese un bicchiere di carta e lo riempì d’acqua fino all’orlo – Tieni zia – le disse dandoglielo tra le mani sorridendole.
Piper lo prese e lo bevve in due sorsi, sembrava che non bevesse da giorni; quando finì ridiede il bicchiere a Lilia e poi sorrise a Sadie e Walt – Non so’ davvero come sdebitarmi – disse mentre si ristendeva.
- Tranquilla, l’importante è che tu stia bene e sia viva – la rassicurò Sadie
- Beh, forse più tardi potrei essere d’aiuto, pensando che non sarei mai sopravvissuta Setne mi ha dato delle informazioni – spiegò Piper sorridendo furbescamente.
- Allora considerati sdebitata – scherzò Walt.
- Sta sera racconterai tutto, ma adesso devi riposarti – le disse Jason mentre guardava Will che preparava gli strumenti per liberare definitivamente Piper dai fili.
- Certo, anche noi adesso ce ne andiamo, così puoi riposarti – disse Sadie lanciando occhiate eloquenti alle figlie e alla nipote.
- Credo che andrò anch’io, così cerco la mamma – disse Lilia che si sarebbe sentita la quarta in comodo rimanendo lì.
- Solo una cosa Lili – le disse Piper richiamando la sua attenzione prima che la nipote di Poseidone uscisse dalla stanza.
- Cosa? – le chiese Lilia sorridendole
- Di agli altri che i bambini stanno bene, tutti – le disse Piper sorridendole.
Il cuore di Lilia si riempì di gioia e si sentì scaldare il petto – Glielo dirò stanne certa – la rassicurò per poi uscire dalla stanza.
 
Per la prima volta in quattro anni Lilia stava assistendo ad una riunione dei capo cabina del Campo senza essere alla finestra o utilizzando qualche stratagemma per origliare; lei e suo fratello erano seduti vicini con al fianco le tre maghe, sistemati una fila dietro i rispettivi genitori.
Tutti i capo cabina si erano riuniti nella sala ricreativa del Campo per ascoltare le notizie che aveva portato Piper dalla sua prigionia nelle carceri di Setne.
Quando era uscita dall’Infermeria quel pomeriggio, Lilia, era subito corsa ad avvertire tutti gli interessati che Piper era tornata, che aveva visto i bambini e che stavano tutti bene.
Gli animi dei suoi zii si erano leggermente risollevati, non avevano di nuovo i figli con loro ma sapere che erano vivi era già una consolazione.
Jason era seduto accanto a Piper e non le lasciava andare la mano nemmeno per un istante, la semidea sorrideva finalmente libera da qualsiasi tipo di cucitura o filo.
Se Lilia non l’avesse vista con le labbra cucite a doppia mandata non avrebbe mai creduto che alla zia fosse toccata quella tortura; Will aveva fatto un ottimo lavoro e i segni delle cuciture erano quasi del tutto spariti.
Prima che arrivasse Chirone tutti gli adulti andarono a parlare con Piper, mentre i maghi si presentavano ufficialmente; Leo strinse la migliore amica con forza per un minuto buono prima di lasciarla andare.
Quando Chirone arrivò abbracciò Piper e poi aspettò che gli altri semidei e maghi si accomodassero tutti prima di incominciare a parlare.
- Prima di iniziare questa riunione voglio ancora una volta esprimere la mia gioia nel constatare che Piper è di nuovo tra noi sana e salva  - disse il centauro sorridendo sollevato.
- E vi porto anche informazioni che potranno esserci d’aiuto – aggiunse la figlia di Afrodite.
- Lilia ci hai detto che hai visto i bambini – interloquì Hazel che si sentiva ancora in colpa per non aver potuto fare nulla per salvare il figlio durante l’attacco a Nuova Roma.
Piper annuì – Mentre i purificatori mi trascinavano via, per poi mandarmi qui al campo, sono passata davanti alle altre celle del mio piano – incominciò a spiegare – i bambini erano qualche cella prima di quella dove avevano messo me e, quando sono passata, erano tutti stretti uno all’altro e dormivano tranquilli ma, cosa più importante, erano illesi. –
Tutti i presenti tirarono dei lunghi sospiri di sollievo, anche se i maghi erano al Campo da poco pure loro si sentivano coinvolti nell’attacco a Nuova Roma, probabilmente perché loro vi erano già passati in una situazione simile.
- Oltre a loro, passando, ho visto molti altri semidei ancora vivi, sia Greci che Romani – continuò – Setne non li uccide, li tiene imprigionati cercando di estorcere informazioni o semplicemente per il gusto di vederli soffrire, è possibile che molti altri semidei rapiti in precedenza siano ancora vivi – spiegò la figlia di Afrodite.
Lilia vide il volto di sua madre accedersi di speranza e la sua mano correre a stringere quella del marito; suo fratello, Malcom, era stato uno dei primi semidei ad essere rapito, ma se quello che Piper diceva corrispondeva al vero, forse vi era ancora un possibilità di ritrovarlo.
- E queste sono soltanto le informazioni che Setne mi ha dato senza accorgersene – proseguì – prima che… prima che mi ferissero – disse esitando soltanto per un secondo – Setne mi ha rivelato dove si trovava la prigione dove mi ha tenuto prigioniera – disse tutto d’un fiato.
Tra i presenti calò il silenzio e il cuore di Lilia perse un battito; Piper sapeva dove si trovavano tutti i semidei scomparsi e, soprattutto sapeva dove si trovavano i bambini.
- Scusate se faccio la guasta feste – s’intromise Ziah – ma conosco abbastanza Setne da pensare che ti possa aver dato informazioni false – le disse la maga con il tono di voce di una che sa’ quello che dice.
- Ci ho pensato anche io – ammise Piper – ma sono portata a pensare che non sia così per due ragioni – incominciò a spiegare – Setne non credeva che io sarei mai arrivata viva al Campo con la ferita che i Purificatori mi avrebbero inferto e poi, se anche fossi arrivata, come avrebbero potuto scucirmi le labbra se il filo era incantato con magia Egizia? – gli ricordò.
Il ragionamento non faceva una piega, persino Lilia era riuscita a capirlo senza doverci pensare troppo, c’erano grandi possibilità che le informazioni che aveva Piper fossero esatte.
- E quindi? Dove si trova la base di Setne? – chiese Clarisse che si era leggermente stufata di aspettare risposte.
- Ad Alessandria – le rispose finalmente Piper.
- Vuoi dire in Egitto? – chiese stupito Nico
- Avrebbe molto senso – intervenne Carter – Nonostante sia vissuto anche in epoca Greca Setne è molto affezionato alla sua parte Egizia, ed Alessandria sarebbe la città ideale per la sua base centrale – rifletté il padre di Fahime.
- Ma Alessandria dista a molti kilometri di distanza da qui – fece notare il padre di Lilia
- Si, sono 8.810 Kilometri – informò Annabeth
- Esatto, quindi sono tanti – concluse – com’è possibile che siano riusciti a portarti qui in meno di un giorno, Pipes? – le chiese dubbioso il figlio di Poseidone.
- A questo possiamo rispondere noi – intervenne Sadie – Setne è in grado di aprire portali ovunque voglia, non mi sorprenderebbe se ne avesse fatto aprire uno qui vicino quando i Purificatori sono venuti a circondare il Campo – spiegò la maga.
Tutti i tasselli del puzzle andarono al loro posto, tutto si stava allineando perfettamente e, finalmente dopo anni, le cose iniziavano a farsi chiare.
- Quindi… pensate che adesso, con il supporto dei maghi… potremmo provare a fare delle incursioni? – chiese timorosa, anche solo di proporre l’idea, Katie.
- Si potrebbe provare… Bast dice che molti maghi iniziano a capire che unirsi ai semidei non è una cattiva idea – spiegò Carter.
- E in più Setne ora non sa’ che siamo alleati, o avrebbe incantato il filo in modo che ne magia Egizia ne magia Greca potessero spezzarlo – fece notare Frank.
- E allora cosa stiamo aspettando? – chiese Calypso prendendo un po’ tutti alla sprovvista; di solito non era tipo da proporre un impresa così su due piedi ( di solito era Clarisse a farlo) ma sta volta vi era in gioco la vita di sua figlia.
- Ne parleremo sta sera al falò – la rassicurò Chirone – se quest’impresa verrà accettata potrebbe essere un punto di svolta per le nostre vite – commentò il centauro scalpitando leggermente.
- Beh, almeno il falò sarà un po’ più allegro di quello di ieri sera – commentò con triste sarcasmo Leo.
 
Da quando Lilia fu uscita dalla sala ricreativa, sino a quando non si riunirono per il falò, rimase immersa nei suoi pensieri e ragionamenti.
Non le sembrava vero che Setne avesse fatto finalmente un passo falso, gli aveva detto dove si trovava la sua base principale, il suo centro nevralgico da cui coordinava tutte le operazioni e controllava i mortali da lui assoggettati.
Se i maghi avessero deciso di unirsi veramente a loro, e avessero anche accettato di intraprendere delle incursioni per salvare i semidei, allora la situazione si sarebbe rivoltata, avrebbero finalmente avuto una carta per agire contro Setne e, se l’avessero fatto velocemente, forse avrebbero anche potuto sconfiggerlo; se solo gli Dei li avessero aiutati…
- Che hai Lili? – le chiese Lucas scuotendola leggermente
- Cosa? – gli chiese Lilia riemergendo dai suoi pensieri
- Ti ho chiesto cos’hai – le ridisse Lucas sorridendole dolcemente.
Era da quel pomeriggio che sua sorella era corrucciata e sembrava in ansia; aveva deciso di lasciarla sbollire e di andare a chiedere a Fahime se le fosse successo qualcosa quando avevano trovato Piper e che quindi fosse quello a causarle quello stato d’animo, ma aveva trovato la maga che si arrovellava anche lei nei suoi pensieri e sembrava ancora più preoccupata e triste di sua sorella; così si era ritrovato a vagare senza una vera meta per il campo aspettando l’ora per andare alla Casa Grande.
Nonostante fossero arrivati i romani, il Campo non era cambiato di molto; semidei continuavano a correre da una parte all’altra, Dee passeggiavano tra loro ( a Lucas era sembrato che Afrodite gli avesse fatto l’occhiolino ma sperava di sbagliarsi ) e Ares continuava a correre per il campo incitando figli e nipoti a combattere e ad allenarsi con, come al solito, come prima della fila Silena che correva dietro al nonno gridando e agitando le braccia in aria, mentre Clarisse la rincorreva gridandole di fermarsi.
Si, il Campo era tornato decisamente alla normalità.
Ora non restava che far ritornare sua sorella al Campo; Lilia sembrava persa in una sua dimensione da dopo la riunione.
Lilia gli sorrise stancamente – Sto bene Luc… sono solo un po’ stanca – gli rispose rimestando con la forchetta la sua cena.
- E pensierosa – aggiunse il fratello, la conosceva troppo bene per non capire che stava mentendo.
Lilia guardò per un secondo Piper che rideva con i loro genitori e gli altri adulti – Si, è vero… vuoi dirmi che tu non lo sei dopo quello che hanno detto oggi pomeriggio? – gli chiese sottovoce per non farsi sentire dalla madre.
Lucas si guardò in giro, le maghe non li stavano ascoltando – Certo che lo sono Lili… ma finché la missione non verrà accettata sta sera al falò non mi sembra il caso di pensarci troppo e farci dei tarli mentali – le ricordò sorridendole fraterno.
Lilia gli sorrise allo stesso modo e gli strinse la mano – Cosa bisbigliate voi due? – gli chiese Annabeth guardandoli di sottecchi; conosceva bene i suoi bambini, se si mettevano a sussurrare voleva dire che stavano tramando qualcosa.
- Niente mamma – gli risposero i gemelli in coro, arrossendo leggermente perché erano stati appena colti sul fatto.
Annabeth li guardò ancora per un secondo studiando le loro espressioni ma poi sorrise e sospirò.
- Ventun anni e non sentirli – commentò sarcastica tornando a parlare con gli altri adulti.
Come predetto da Leo quella fu una cena più allegra,  anche se mancavano i bambini a ridere con loro, già solo l’arrivo di Piper aveva rallegrato gli animi di presenti.
Annabeth si era divertita ad aggiornare la figlia di Afrodite sugli ultimi avvenimenti e spiegandole come mai Apollo stesse tenendo in braccio una bambina che gridava come una forsennata e che lui non riusciva a calmare mentre Estia si apprestava a dargli una mano.
Anche i maghi furono più loquaci della sera precedente e si integrarono meglio nei discorsi a parte Ziah che sembrava anche lei persa nei suoi pensieri e che continuava a lanciare sguardi alla figlia che parlava tranquilla con Lucas; Lilia sospettava che suo fratello non fosse la causa di quelle occhiatacce.
Dopo cena si riunirono tutti al falò e, con sollievo generale, tutti i semidei chiacchieravano tra di loro e non vi era il silenzio pesante che aveva regnato incontrastato la sera precedente.
- Si, si si, vanno proprio bene –
Lilia si girò verso la voce che aveva parlato e vide Afrodite che se la rideva sottovoce con una sua figlia mentre guardavano Lucas e Fahime.
- Scusi, ha detto qualcosa? – gli chiese Lilia cogliendola alla sprovvista e facendo spaventare la dea.
- Come cara? – le chiese Afrodite facendo finta di nulla e sorridendole dolcemente.
- Le ho chiesto se ha detto qualcosa, sa’ mi sembrava di aver sentito un sibilo – gli rispose prontamente Lilia sorridendo ad entrambe.
La semidea si impuntò, divenne rossa e fece per aprire bocca ma la madre la fermò:
- Tranquilla tesoro – la rassicurò mettendole una mano davanti al petto per fermarla – Sono sicura che non voleva dire questo, vero Lilia Jackson? – le chiese cordialmente.
- E invece intendevo dire proprio quello che ha sentito – la rimbeccò Lilia – la smetta di accoppiare gente come se fosse una ragazzina, lasci che vivano la loro vita – concluse.
Afrodite mise il broncio e sospirò scocciata – Sei solo una frigida, non mi sorprende che nessuno abbia anche solo provato a mettersi con te – le rispose la Dea spostandosi i capelli biondi da una spalla e fissandola con due occhi grigi che promettevano solo guai.
Lilia si sentì infiammare il petto – Ci sono state cose molto più importanti da fare che pensare ai ragazzi – le rispose alzando leggermente il tono di voce.
Afrodite rise di nascosto nascondendosi dietro ad una mano – Ma certo, mia cara, eri troppo occupata a salvare il mondo – le rispose annuendo e fingendosi comprensiva.
Lilia sospirò esasperata – Lasciamo stare – disse portandosi una mano sulla faccia – torni pure ad accoppiare gente, basta che lasci in pace la nostra famiglia – le disse sapendo che intanto era inutile continuare, quella dea pensava soltanto a se’ stessa e al suo torna conto.
Afrodite le sorrise raggiante – Lo farò volentieri, a presto – e con quelle parole prese la figlia sotto braccio e se andò.
Lilia si lasciò andare ad un profondo sospirò scocciato, ma perché si era andata a impelagare proprio in una discussione con la dea dell’amore?
Era come parlare con sua nonna cercare di avere una discussione con Afrodite e uscirne vincitrice!
- Tutto bene Lilia? – le chiese Hazel fermandosi dopo averla vista sospirare.
- Si, ho solo avuto un incontro tutt’altro che piacevole con la mamma di Piper – le rispose la nipote di Poseidone sconsolata lasciando che la zia le passasse un braccio dietro alle spalle e la stringesse.
- Non pensarci – la rassicurò Hazel sorridendole – Non tutto quello che dice Afrodite è legge – le ricordò mentre s’incamminavano all’anfiteatro che ospitava il falò.
Quando entrarono Ruby iniziò a sbracciarsi dalla quarta fila per farsi vedere, con lei c’erano anche tutti gli altri ragazzi mentre gli adulti si erano riuniti nelle prime file perché avrebbero dovuto riferire le nuove informazioni che avevano e proporre un’alleanza con i maghi che, successivamente, avrebbe portato al primo attacco alla base di Setne.
- Vado dagli altri e tu non pensare troppo a quello che ti ha detto Afrodite – le ricordò la zia dandole un bacio sulla fronte e poi raggiungendo il marito e gli amici.
Lilia salì fino alla gradinata dov’erano seduti gli altri ragazzi e si sedette tra Sarah e suo fratello.
- Come mai ci hai messo tanto? – le chiese Lucas smettendo per un secondo di parlare con Fahime.
- Un contrattempo, però più tardi voglio che mi ringrazi – gli disse.
Lucas guardò la sorella dubbioso ma non fece domande, se Lilia agiva in quel modo voleva dire che c’era un motivo.
Anche se avesse voluto, Lucas,  non avrebbe potuto dire altro perché Chirone richiamò la calma e l’anfiteatro cadde nel silenzio con, come unico rumore, il fuoco del falò che scoppiettava.
- Semidei, come tutti ormai saprete, oggi Piper McLean è stata rilasciata dalle prigioni di Setne – incominciò il centauro indicando la figlia di Afrodite che sorrise; dagli spalti si levarono applausi, una semidea era riuscita a scappare da Setne, era un’occasione per festeggiare.
- E inoltre ha riportato informazioni che potranno essere molto utili –.
Dopo quella frase lasciò la parola a Piper che incominciò a raccontare di quello che aveva visto nelle prigioni, dei semidei sopravvissuti e poi parlò delle informazione che Setne le aveva lasciato pensando che non sarebbe mai vissuta abbastanza per riferirle.
Raccontò a tutto il campo quello che aveva raccontato ai capo cabina quel pomeriggio ma tralasciando la parte della tortura.
Alla fine del racconto il falò al centro dell’anfiteatro scoppiettava allegro, alto e di un rosso vivo, tutti i semidei stavano ascoltando senza fiatare, infervorati dalle buone notizie.
- Ed è alla luce di tutte queste notizie, che vorremo proporre un piano a lunga durata che vedrà i Campi allearsi permanentemente con la Casa della vita dei maghi – concluse la figlia di Afrodite.
I semidei continuarono a non fiatare, neanche quando Carter si alzò dal suo posto, con la pelle di leopardo drappeggiata sulle spalle, e si mise di fianco alla semidea.
- Quello che vorremo proporre è di attaccare la base di Setne per iniziare a far evadere dei semidei… - Piper non riuscì a finire la frase che tutti i figli di Ares e Marte ( Dio compreso ) si alzarono in piedi gridando e alzando i pugni in aria.
Lilia vide Clarisse che faceva risedere la figlia sgridandola dopo che Silena si era alzata in piedi insieme al nonno e agli zii, come se anche lei fosse pronta per andare a combattere.
Chirone richiamò il silenzio mettendo a tacere la folla per poi ridare la parola a Piper che adesso sembrava leggermente a disagio.
- Dicevo, vorremo iniziare delle incursioni per far evadere i semidei imprigionati, e crediamo che ciò sia possibile grazie all’aiuto dei maghi – spiegò la figlia di Afrodite.
- Molti di noi hanno già accettato di raggiungerci il prima possibile qui al Campo, se avremo il permesso d’iniziare le operazioni, appena arriveranno, inizieremo a pianificare l’attacco con i figli di Atena e vi aggiorneremo su ogni decisione – spiegò Carter.
I semidei iniziarono a mormorare sottovoce – Ora vi chiediamo di mettere ai voti la cosa, di rifletterci bene prima di decidere, questo potrebbe essere un punto di svolta – terminò Piper.
Chirone lasciò molto più tempo ai semidei per decidere, quella era una scelta davvero importante, non una semplice impresa per andare a fare provviste.
Dopo una decina di minuti il silenzio fu richiamato:
- Chi è a favore che inizi il gemellaggio con i maghi della casa della vita e la pianificazione degli attacchi per la liberazione dei semidei, alzi la mano -.
Lilia non esitò un secondo e la sua mano fu una delle prime a scattare verso l’altro insieme a quella di Lucas, delle maghe e dei loro genitori e zii.
Il verdetto fu fin troppo evidente: la maggioranza dei semidei approvava l’impresa.
- Bene, l’impresa è stata approvata ora… -
- No! –
Tutti i semidei si girarono verso la voce che aveva parlato; Lilia vide Rachel con il capo chino i capelli rossi e ricci che le ricadevano sul viso impendendole di vederlo.
- Rachel… cosa c’è? – le chiese Piper
- Le cose non possono andare come avete deciso voi – disse alzando lo sguardo e fissando la semidea con gli occhi di un verde acceso in cui non si riusciva quasi a vedere la pupilla.
Lilia sgranò gli occhi, era da anni che Rachel non veniva posseduta dall’Oracolo di Delfi, soprattutto da quando Apollo era arrivato al Campo e aveva annunciato che le profezie sarebbero diminuite.
Rachel si alzò in piedi mentre intorno a lei si alzavano volute di fumo verde, camminò fino a che non fu in mezzo a Piper e Carter ma con lo sguardo che fissava Lilia, Lucas e le tre maghe.
Lilia sentì un brivido freddo percorrerle la schiena e poi Rachel iniziò a parlare, ma quella non era più la sua voce:
 
I nuovi eroi divini del Sud e dell’Ovest dovran collaborare
Se il mondo vorranno salvare.
Negli Inferi l’aiuto che lor serve troveranno
Ma soltanto se al calar del 17esimo sole vi andranno.
Otto eroi partir vedremo
Ma altri cinque perderemo.
Un’unione sarà cruciale,
Per metter fine all’era del male.
Ma le gemelle della morte avran l’ultima parola,
Per riprendere l’anima che ormai s’invola.
 
Appena ebbe pronunciato le ultime parole, Rachel perse conoscenza e Carter la prese al volo prima che finisse a terra.
Lilia continuava a risentire le parole di Rachel in testa e a vedere i suoi occhi verdi che la fissavano; non c’erano dubbi i nuovi eroi erano di sicuro lei, suo fratello, le gemelle e Fahime, ma tutto il resto della profezia ( come al solito ) era un unico indovinello.
- C-cosa è successo? – chiese Fahime confusa
- Oh niente di che, siamo appena stati incastrati in una nuova impresa – le rispose Lilia sarcastica
- Tutti e cinque? – chiese Sarah confusa come la cugina
- Si, stava fissando noi… possibile che ci tocchi sempre andare negli Inferi? – chiese Lucas a nessuno in particolare.
- E poi quali inferi? I nostri o i vostri? – chiese Ruby a cui l’idea non andava molto a genio.
- Credo i nostri… - disse Lucas pensieroso – l’aiuto di cui parla la profezia potrebbe essere quello di Ecate – spiegò il nipote di Atena.
- Ok, ma cosa vuol dire che dobbiamo andarci al calar del 17esimo sole? – chiese Fahime.
Lucas non rispose e si mise a pensare, ma per la prima volta fu Lilia a dare la risposta al quesito.
- Il calar del 17esimo sole… il 17esimo giro che ha compiuto il sole intorno alla terra dalla nascita di qualcuno – spiegò la nipote di Poseidone.
- Io e Ruby abbiamo appena compiuto sedici anni… non credo parli di noi – commentò Sarah tristemente – chi altri c’è che deve compiere diciassette anni tra poco? – chiese.
Sul volto di Lilia apparve un sorriso sorpreso e poi scosse leggermente il capo facendosi scappare una leggera risata, poi alzò lo sguardo e guardò suo fratello e le maghe che la fissavano confusi.
- Mia sorella… Aibileen compie diciassette anni fra due giorni - .


Ed ecco qui :)
Sta volta sono stata brava, non ho torturato nessuno :D
Finale aperto... ma suppongo che sia fin troppo ovvio cosa stia a significare :) E abbiamo anche una nuova profezia :D
Come sempre ringrazio chi legge, chi segue, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensisce :) Mi fa sempre piacere ricevere le vostre recensioni, così da sapere cosa vi è piaciuto o no del capitolo :)
Spero, come ho fatto sin ora, di riuscire a pubblicare in orario anche il prossimo Giovedì :)
Direi che per ora è tutto,
un abbraccio,
Darkness_Angel.

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Capitolo 11
*** XI. ***


'Sera a tutti :D
Come va? Finito bene il quadrimestre?
Allora ci eravamo lasciati con una bella profezia e con un finale al quanto scontato, quindi suppongo capirete cosa succederà in questo capitolo ;)
Direi che non ci sono avvertenze particolari, Pov Fahime e niente morti/feriti gravi :D
Buona Lettura :)

XI.

 
Fahime entra di corsa in cucina, ha sentito i suoi genitori che sono tornati e lei ha bisogno di notizie.
Ha otto anni, suo fratello non è ancora nato,  la sua vita è ancora tranquilla e sua madre le vuole ancora bene.
Entra in cucina con l’irruenza che solo i bambini piccoli hanno, con un grande sorriso stampato in faccia anche se dentro di se’ è preoccupata.
Sta per parlare quando si accorge che, oltre ai suoi genitori, in cucina, ci sono anche gli zii; la zia sta piangendo e suo padre si sta trattenendo soltanto perché non è da solo con sua moglie.
- Mamma cosa è successo? – chiede avvicinandosi e iniziando a giocare nervosamente con una ciocca di capelli.
Sua madre le sorride tristemente e la prende in braccio per poi passarla subito a suo padre che la stringe forte come se non la vedesse da anni.
- Cosa è successo? – richiede la piccola Fahime staccandosi leggermente da suo padre per poterlo guardare in viso.
A suo padre manca veramente poco per piangere, e il suo viso è un'unica maschera di dolore e tristezza.
- E’ successa una cosa brutta? – chiede Fahime che inizia ad intuire qualcosa anche se il suo cuoricino le dice che non è possibile, che quella sarebbe una cosa veramente troppo brutta se fosse successa veramente.
- Si tesoro, è successa una cosa brutta – le risponde suo padre sorridendole dolcemente e tristemente allo stesso tempo.
Fahime non riesce a dire nient’altro, vorrebbe spronare suo papà a parlare ma non vorrebbe aggravare la situazione, magari lo blocca del tutto e non le dice più niente.
Poi alla fine suo padre parla, e mentre le da’ la notizia sorride per non piangere:
- Lo zio Amos è morto -.
Fahime sente il suo cuore che smette di battere e che si frantuma in mille pezzi, sgrana gli occhi e trattiene il respiro mentre si rivede seduta vicino al suo prozio nel corridoio dell’età del primo nomo mentre le racconta tutte le storie degli Dei e dei Faraoni, bevendo ogni singola parola che le dice.
Era la persona a cui voleva più bene dopo i suoi genitori, lo ammette, gli voleva più bene che ai suoi zii, non può essere morto!
- N-non è vero – riesce a dire infine mentre trattiene un singhiozzo – Lo zio non è morto – gli risponde mentre la tristezza si tramuta in rabbia.
Suo padre le sorride tristemente e la stringe a se’ mentre sua madre le accarezza la testa dolcemente – Neanch’io lo vorrei piccola mia, ma purtroppo è successo – le dice cullandola.
Fahime non vuole crederlo, sente il cuore che le batte all’impazzata e le duole, sembra quasi che le voglia uscire dal petto.
- Non è vero! Mi stai dicendo una bugia! – gli grida divincolandosi tanto che suo padre è costretto a lasciarla andare.
Appena i suoi piedi toccano terra Fahime corre nella sua camera e si chiude dietro la porta sbattendola.
Lui non può essere morto, non può essersene andato senza salutarla!
E’ triste e arrabbiata, si siede in un angolo con le spalle al muro e le ginocchia rannicchiate al petto e inizia a piangere calde lacrime di rabbia.
Fa così tanto male che non vuole essere triste, è solo arrabbiata con il mondo che le ha strappato una delle persone a cui voleva più bene.
- Ciao piccolina –
Fahime si gira e guarda con rabbia la persona che ha appena parlato e che le è seduta al fianco; è un uomo abbastanza giovane, con la pelle rosso scuro, la barba a punta e i capelli rossi raccolti in una strana treccia che le ricorda vagamente una freccia.
E’ seduto di fianco a lei con indosso un completo vermiglio e le sorride mostrando i denti appuntiti che sembrano quasi zanne.
Fahime sa’ chi è e non ne ha paura – Cosa vuoi? – gli chiede scocciata.
Il dio le sorride di nuovo – Che bel caratterino che abbiamo – commenta sarcastico continuando a guardarla – Sai vero chi sono piccolina? Figuriamoci se i tuoi non ti hanno parlato di me – dice sistemandosi la cravatta rosso rubino – Non hai paura? – le chiede fingendo sorpresa.
- No, io non ho paura di te Seth – gli risponde Fahime pronunciando le parole con rabbia – mio zio mi ha parlato di te, e mi ha insegnato a non temerti – gli risponde sicura.
Il cuore le si stringe in una morsa dolorosa al pensiero di quando suo zio le ha spiegato come mai lui avesse seguito la strada di Seth, e di come non dovesse averne paura.
Seth sorride e guarda il muro davanti a se’ – Eh si, Amos era davvero un grande uomo – sospira – è un peccato che se ne sia andato così presto – commenta lanciando uno sguardo in tralice alla bambina.
Fahime stringe di più le ginocchia al petto e vi poggia il mento – Già… - commenta sconsolata smettendo di fingere che suo padre le abbia mentito.
- Gli volevi molto bene vero? – le chiede il dio osservandola
- Tanto – gli risponde Fahime mentre sente il dolore, la tristezza e la rabbia arrampicarsi di nuovo nel petto.
- Anche lui  te ne voleva tanto –
A quelle parole Fahime alza lo sguardo di scatto e fissa il dio sorpresa, Seth scoppia a ridere e le poggia una mano sulla testa – Potevo sentire quello che provava piccola – le ricorda per poi avvicinarsi a lei leggermente – Non dirlo alle tue cugine, ma eri la sua nipote preferita – le rivela.
Quelle parole sono come un balsamo per il cuore di Fahime e riesce a far nascere un sorriso.
- Non avrebbe mai voluto lasciarti ma, sai com’è, voi mortali morite – le ricorda scostandosi.
Fahime si rannicchia di nuovo, mentre la poca gioia che aveva trovato la lascia di nuovo per far posto alla rabbia.
Seth la guarda di sottecchi e sorride – Fai bene ad essere arrabbiata – aggiunge.
Fahime lo guarda da sopra le ginocchia dubbiosa – Tutta quella rabbia che provi potrebbe tornarti molto utile un giorno – continua il dio sorridendole – se solo sapessi come usarla… -.
Fahime sa’ che non deve ascoltarlo, Seth è cattivo, ecco quello che le ripetono tutti i giorni i suoi genitori; ma suo zio si fidava di lui, lo controllava, una persona non può nascere cattiva, lo diventa per qualche motivo, quindi è buona in fondo.
- Mi stai chiedendo di seguire la tua via? – gli chiede senza tanti giri di parole.
Seth le sorride – Sei una piccola intelligente – commenta – Ebbene si, te lo sto proponendo – ammette – So’ che sei ancora piccola, ma ti sto dicendo di prendere in considerazione anche me e di non scartarmi a priori – le spiega.
Fahime continua ad osservarlo dubbiosa e scettica – Amos riusciva a controllarmi, perché non dovresti riuscirci tu che sei sua diretta discendete e che gli assomigli così tanto? –
Fahime pensa che il dio non abbia tutti i torti, però…
- E poi sarebbe un modo per rimanere vicino a lui anche se adesso non c’è più… anch’io sto soffrendo per la sua scomparsa, ti capisco piccolina – conclude il dio guardandola con aria triste e comprensiva mentre le accarezza la testa.
Ed è allora, che l’anima di Fahime si aggrappa all’unica cosa che sembra darle sicurezza e capirla, alla prima persona che si è mostrata comprensiva; che c’è stata.
- D’accordo, non ti scarterò a priori – decide infine guardando il dio che continua a tenerle una mano sulla testolina.
Seth le sorride – Brava bambina, sarebbe un peccato se una maga potente come te seguisse il sentiero di un dio mediocre – le dice facendole l’occhiolino; Fahime si lascia scappare un sorriso.
Seth le sorride ancora una volta e poi si alza in piedi e si stira l’abito vermiglio con le mani.
- Adesso devo andare piccola, ma penso che noi due ci intendiamo molto bene – le dice sorridendole.
Il dio fa un movimento circolare con la mano chiusa e pugno, poi la apre e sorride.
- Questa è per te, non pensare che sia un vincolo o qualcosa del genere, è solo un regalo – le dice aprendo la mano sulla sua manina.
Fahime guarda cosa le ha dato il dio, è una collanina d’oro rosso con due anelli uniti, come ciondolo, da cui pende una chiave della vita, dentro gli anelli vi sono scritti dei geroglifici che però Fahime riconosce da un’ iscrizione che ha visto su un libro; vi è scritto Seth.
Senza pensarci due volte apre la chiusura della collanina e se la mette al collo nascondendola sotto la maglietta, poi sorride al dio che le risponde con una sorriso simile.
- A presto Fahime Kane – e scompare.
 
- Hai idea di quello che hai appena fatto! – sua madre le sta gridando contro da circa mezz’ora.
- Ho scelto il sentiero che scelse lo zio, posso farlo mamma, non sono obbligata a seguire Horus o Ra! – le grida a sua volta Fahime – Neanche Ruby ha scelto lo stesso sentiero dei genitori – le ricorda.
- Si, ma tua cugina non ha scelto di seguire il dio del caos, Fahime! – le grida di rimando – Seth è potente, bambina, potresti non riuscire a controllarlo – le ricorda le madre calmandosi leggermente, sembra quasi preoccupata.
Eric scoppia a piangere nella stanza a fianco e sua madre va a prenderlo in braccio per calmarlo, Fahime la segue, sa’ che la litigata non è finita.
- E’ pericoloso il sentiero che hai preso, non è detto che tu ce la faccia Fahime, ti prego, scegli un dio diverso – le chiede sua madre mentre culla il fratellino di due anni per farlo calmare.
Fahime sente la rabbia salirle nel petto e la collana calda sulla sua pelle – No, io ho scelto la via di Seth e continuerò a seguirla. Io sono forte mamma, posso farcela! – le dice cercando di farle capire.
Ma sua madre è irremovibile, la guarda con rabbia e stringe Eric come se volesse proteggerlo da lei.
- Papà mi ha accettato, perché tu non ci riesci? Perché non ti fidi di me? – le chiede sull’orlo del pianto.
Ziah la guarda con rabbia, anzi no, è paura e Fahime capisce che sua madre non l’accetterà mai, perché non ha fiducia in lei, perché voleva che seguisse il sentiero di Ra per dimostrarle che le vuole bene.
Sua madre è invidiosa del rapporto che aveva con suo zio, lei non la capisce, lei teme Seth, lei non c’era quando stava soffrendo.
- E’ una tua scelta Fahime, ma sappi che non l’approvo, da mia figlia non mi aspettavo un comportamento così sconsiderato – le dice la madre stringendo il figlio piccolo che si calma lentamente mentre gli accarezza la testolina – sappi che mi hai deluso -.
Il petto di Fahime si riempie di rabbia – Bene, sappi che anche tu mi hai deluso – e con quelle parole esce dalla stanza e poi di casa, sbattendo la porta alle sue spalle e sentendo il cuore scoppiare per la rabbia e per il dolore; capisce che, da oggi, sua madre ha soltanto un figlio.  
 
Fahime spalancò gli occhi e si portò istintivamente una mano al petto stringendo tra le dita la collana che le aveva dato Seth.
Perché risognava quelle cose?
Perché proprio adesso?
Si rigirò nel letto e si coprì meglio mentre un brivido freddo le correva lungo la spina dorsale facendola tremare da capo a piedi.
Non aveva idea del perché i sogni sulla sua infanzia fossero tornati a tormentarla ma sicuramente non aveva aiutato la storia dell’impresa e del viaggio negli Inferi.
Appena Rachel, l’oracolo di Delfi, era svenuta e i gemelli Jackson avevano interpretato una parte di profezia, i loro genitori li avevano presi tutti e cinque da parte e li avevano portati da una parte per discutere di quella profezia.
In tutta la sua vita Fahime non aveva mai visto così tanti adulti essere d’accordo su qualcosa: nessuno di loro sarebbe partito per gli inferi.
C’era voluta un’ora e le doti oratorie di Sarah e Lucas per convincerli che se la profezia diceva che dovevano andare, loro sarebbero andati.
Quando poi avevano spiegato la parte riguardante la sorella dei gemelli, che aveva scoperto chiamarsi Aibileen, Percy ed Annabeth si erano rabbuiati e avevano assunto un aria molto preoccupata e triste.
Fahime non aveva capito bene cosa fosse successo alla minore dei Jackson, sapeva solo che era morta circa quattro anni prima, ma non aveva idea del come e del perché dovessero cercare proprio lei negli Inferi quando c’erano altre milioni di anime là dentro che avevano bisogno di aiuto come, per esempio, quella di sua nonna e di suo zio.
Naturalmente, come faceva di solito, se n’era rimasta zitta e aveva tenuto i suoi dubbi per se’ ben rintanati nella sua coscienza.
Il giorno dopo che era stata emessa la profezia, tutti avevano iniziato i preparativi per la partenza; lei, le sue cugine e i gemelli Jackson sarebbero partiti all’alba del nove marzo per riuscire ad arrivare al tramonto del medesimo giorno alle porte del palazzo di Ecate dove avrebbero incontrato Aibileen e la dea della magia.
Appena la notizia dell’impresa si era propagata, Nathaniel era subito corso a proporsi per scortare tutto il gruppetto negli Inferi, lui sapeva dove si trovava il palazzo di sua madre e non li avrebbe fatti perdere.
A Fahime questa cosa era suonata molto strana, quando il ragazzo aveva spiegato il perché volesse andare con loro, dopo una lunga spiegazione su come lui fosse capace di muoversi nel Tartaro con naturalezza, aveva aggiunto:
- E poi voglio vedere Aibileen –
Ed era stata questa la frase che aveva messo la pulce nell’orecchio a Fahime, che tra Nathaniel e la minore dei Jackson ci fosse stato qualcosa?
Ecco un altro dubbio che si sommava ai precedenti, quell’impresa era un unico grande punto di domanda; un’altra cosa che continuava a chiedersi era: come avrebbe fatto Aibileen ad aiutarli se anche lei era un fantasma? non potevano portarla semplicemente indietro, giusto?
La testa di Fahime era sempre in fermento e non smetteva mai un attimo di pensare, forse era per quello che aveva risognato quei due episodi della sua infanzia, il suo cervello lavorava così tanto che aveva riscovato dei pensieri nascosti ben in profondità; un po’ come quando rimetteva in ordine camera sua dopo un po’ di tempo e ritrovava cose che si era dimenticata di avere o che credeva di aver perso.
Fahime decise che non sarebbe riuscita a dormire oltre e che, comunque, tra poco si sarebbe dovuta alzare per prepararsi per l’impresa, quindi tanto valeva alzarsi.
Si infilò la collana sotto la maglia del pigiama e scese dal letto silenziosamente, Eric stava ancora dormendo nel lettino di fronte a lei; a Fahime scappò da sorridere e poi lo coprì meglio per evitare che prendesse freddo.
Senza fare il minimo rumore si levò il pigiama e si infilò jeans, maglietta e felpa, si legò i capelli in una coda e poi prese il suo zaino mentre usciva dalla stanza chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle.
- Già pronta? –
Fahime si girò e vide suo padre che le sorrideva, sarebbe sembrato quasi sereno se una ruga di preoccupazione non gli fosse apparsa agli angoli degli occhi e della bocca.
- Si… non riuscivo a dormire, sai l’agitazione per la partenza – gli mentì Fahime fingendo un sorriso.
Suo padre le poggiò una mano su una spalla e lei ebbe l’impulso di sottrarsi – Mi dispiace tanto Hime – le disse infine chinando il capo e sospirando.
Fahime credette di aver sentito male, così non disse nulla e si limitò ad osservare suo padre stupita.
- Mi dispiace di averti mentito sui semidei Hime… ma davvero non potevo dirti nulla, ne andava della sicurezza di troppi – le spiegò sorridendole tristemente.
- Tranquillo papà, capisco – lo rassicurò lei poggiando la sua mano su quella del padre.
Carter le sorrise e fece per dirle qualcos’altro ma furono interrotti dall’arrivo di Sarah.
- Anche tu già pronta Hime? – le chiese nascondendo un po’ di ansia dietro all’euforia.
Fahime annuì – Ruby? – le chiese
Sarah sospirò pesantemente – Si è alzata due minuti fa dopo l’intervento della mamma, nemmeno l’ansia per un impresa negli inferi riesce a farla svegliare – commentò sconsolata.
Fahime riuscì a rilassarsi un po’ parlando del più e del meno con suo padre e sua cugina; l’argomento principale fu la stravaganza degli dei greci, di com’erano diversi ma uguali, per certi aspetti, ai loro.
Quando, finalmente, anche Ruby si presentò pronta, con lo zaino in spalla e salutandoli con un enorme sbadiglio, poterono dirigersi tutte e tre, insieme al padre di Fahime, al padiglione della mensa dove li stavano aspettando Lilia, Lucas e Nathaniel.
Le maghe li salutarono e si andarono a sedere insieme a loro mentre una colazione leggera, ma sostanziosa, appariva nei loro piatti.
Leggermente lontano dal tavolo, Annabeth stava parlando fitto, fitto con Sadie; Fahime pensò che, molto probabilmente, la zia stava chiedendo informazioni sull’impresa e su quello che li avrebbe potuti aspettare negli Inferi.
Anche lei aveva fatto quella stessa domanda a Lilia, ma la semidea le aveva risposto che non ne aveva idea; l’ultima volta che era andata negli Inferi era prima che Setne prendesse il potere e quindi non sapeva assolutamente cosa li stava aspettando nell’Ade.
Fahime sospirò e bevve due sorsate del suo succo di frutta mentre si ritrovava a cercare con lo sguardo sua madre che, naturalmente, non c’era.
E’ rimasta a casa con Eric, lui non lo può lasciare solo. si ricordò scuotendo leggermente il capo.
- Allora – incominciò Ruby per rompere il silenzio mentre tagliava un pezzo di pancake – come entriamo negli Inferi? Apriamo un portale o voi Greci avete qualcosa di simile che ci possa permettere di arrivare nell’oltre tomba? – chiese tranquilla mettendosi in bocca un pezzo di dolce.
- Niente portali, nel mondo mortale ci sono tre modi, a noi conosciuti, per entrare negli Inferi  - spiegò Lucas.
- Vi è l’entrata ufficiale a Los Angeles dove, prima che Setne se ne impossessasse, Caronte aspettava le anime per traghettarle – spiegò il nipote di Atena.
- Poi vi è un’entrata a Central Park che è quella che usò Orfeo, ed è quella che useremo noi, anche se si apre soltanto con la musica. – spiegò Nathaniel
- E il terzo modo? – chiese Sarah quando vide che nessuno dei tre parlava.
- E’ il più semplice ma il meno consigliato, morire – le rispose Lilia ridendo.
- Direi che l’entrata da Central Park  è la migliore – commentò Fahime sorridendo leggermente.
- E sapete anche come aprirla? – gli chiese Ruby – Cioè, sapete già che musica usare? – specificò.
I tre semidei si guardarono dubbiosi – Lucas sa’ suonare qualcosa – spiegò Lilia – Si era offerto di accompagnarci nostro zio Grover, è un satiro, ma sarebbe stato troppo pericoloso farlo tornare indietro da solo senza l’aiuto di un figlio di Ecate – spiegò la nipote di Poseidone.
- Beh, Sarah non è male quando canta – commentò Ruby dando una leggera pacca sulla schiena alla gemella che era diventata paonazza.
- Ru, ma che cosa dici?! Tu non mi hai mai sentito cantare – le ricordò la gemella, imbarazzatissima.
Ruby le sorrise  - Sai, ti si sente quando canti sotto la doccia – le rispose con naturalezza.
Sarah la guardò sorpresa e si irrigidì per poi ammutolirsi del tutto; Fahime sapeva che sua cugina era molto timida quando si trattava di mettere in mostra le sue doti, ma naturalmente Ruby non se ne ricordava mai o, se non succedeva, Ruby faceva in modo di dimenticarsene.
Finirono di fare colazione e poi si ridivisero ancora una volta per finire i preparativi per la partenza.
Quando Fahime entrò in casa insieme a suo padre e alle cugine, Eric le corse incontro andando ad abbracciarla, mentre singhiozzava.
- Cosa è successo Eric? – gli chiese sorpresa prendendolo in braccio mentre il fratellino la guardava imbronciato e si asciugava le lacrime.
- Stavi per andare via senza salutarmi – le rispose arrabbiato incrociando le braccia al petto e facendo l’offeso.
Fahime gli sorrise dolcemente e lo strinse a se’ – Ma non dire sciocchezze, come potrei andare via senza salutare il mio fratellino? – gli ricordò abbracciandolo con forza.
Lui rise e la strinse – Ti voglio bene, Hime – le sussurrò mentre la stringeva.
Il cuore di Fahime perse un battito e per un secondo tutti i suoi muri crollarono, per poi ritornare alti e saldi neanche un secondo dopo impedendole di cedere e di piangere.
- Anch’io ti voglio bene – gli sussurrò lasciandogli un bacio su una guancia e poi rimettendolo a terra.
 
Una ventina di minuti dopo il gruppo dell’impresa più rispettivi genitori, erano riuniti davanti alla casa grande dove Chirone li stava ragguardando sulle ultime indicazioni.
- Passate sempre su strade poco trafficate e non fermatevi finché non arriverete a Central Park – gli ricordò il direttore del Campo.
- Vi ricordate dov’è la porta di Orfeo? – chiese Nico mentre si sistemava Maria in braccio che era ancora mezza addormentata e stava cercando il punto più comodo di suo padre per riprendere la dormita.
- Certo, a Nord del laghetto – gli rispose Lilia sorridendogli.
- E sapete già come aprire la porta? – chiese Annabeth.
- Certo – mentì spudoratamente Lucas.
- Avete sufficienti provviste? – chiese Sadie
- Si mamma, per ben tre giorni – le rispose Sarah
- Bene, Nathaniel ricordati che toccherà a te fare da guida quando dovrete uscire dal Tartaro, non perdetevi – concluse il padre di Lilia; Nathaniel annuì rassicurante.
Chirone lì osservò tutti e sei come se stesse riflettendo su qualcosa d’importante, poi scosse il capo e sorrise:
- Direi che non c’è altro da dirvi, solo un ultimo consiglio, non volate troppo basso e non atterrate finché non siete dentro Central Park -.
Fahime credette di aver sentito male – Atterrate? Non volate troppo basso? – chiese sorpresa.
Lilia le sorrise e le cinse le spalle con un braccio – Esatto Hime, sta volta niente furgoni rubati ai purificatori, sta volta useremo i pegasi – le spiegò la figlia di Poseidone sorridendole.
Fahime si ricordava, vagamente, che Pegaso, nella mitologia Greca era un cavallo con le ali… ma che ne esisteva solo uno.
- Intendi cavalli alati? – le chiese Sarah che doveva essere arrivata alla stessa conclusione della cugina.
- Esatto, qui al campo ne abbiamo circa una dozzina e sono uno dei modi più sicuri per spostarsi – spiegò Lucas – Nathaniel ci coprirà con la foschia trasformandoci in nuvole, così non desteremo sospetti e non verremo identificati dai radar – continuò il nipote di Atena.
- Nessuna di voi soffre di vertigini, vero? – chiese preoccupata Annabeth.
- No tranquilla, sono abbastanza abituate a volare – la rassicurò Carter guardando figlia e nipoti.
- Già, è un peccato che Freak non sia qui, si sarebbe divertito – commentò Ruby leggermente delusa.
Fahime trattenne una risata – Chi è Freak? Un altro vostro gatto? – chiese curiosa Lilia
- No, è il nostro grifone psicopatico – le rispose Ruby allegra.
Gli zii di Fahime sospirarono mentre Lilia si girava verso il fratello e lo guardava con uno sguardo come per dire: “ Loro hanno un grifone psicopatico!”
- Non ora Lili – le rispose laconico il fratello spegnendo l’eccitazione della semidea.
- Comunque, meglio se siete abituate a volare – commentò il padre di Lilia cercando di chiudere il discorso.
Chirone annuì – Ora è meglio che andiate, prima partite, e più tempo avrete per attraversare gli Inferi – gli ricordò.
Tutto il gruppo salutò Chirone e Nico, che si allontanò con la figlia addormentata in braccio, per poi dirigersi alle stalle mentre Lilia e Percy facevano strada.
La stalla dove venivano tenuti i Pegasi era una normalissima stalla da maneggio, suddivisa in box con dentro un pegaso dal colore diverso che dormiva rannicchiato a terra oppure mangiava fieno dalla mangiatoia.
- Sono bellissimi – disse Sarah guadando gli animali, Fahime non poté che darle ragione.
Lilia sorrise e si avvicinò, insieme a suo padre, ad un pegaso completamente nero:
- Lui è Blackjack, il pegaso di mio padre che adesso uso io – presentò Lilia; il cavallo alato nitrì infastidito – D’accordo, d’accordo,  il pegaso che ha deciso di essere cavalcato da me – rettificò Lilia sospirando esasperata.
- Voi potete scegliere un qualsiasi Pegaso tra questi – spiegò Lucas avvicinandosi ad uno bianco che si mise a scalpitare allegramente quando lo vide.
Fahime si guardò intorno, Nathaniel era andato da un pegaso pezzato e lo aveva salutato chiamandolo “ Ally” per poi fargli delle carezze sul muso.
Le sue cugine avevano adocchiato lo stesso pegaso marrone con una chiazza bianca sulla fronte e stavano “discutendo amichevolmente” su chi delle due dovesse prenderlo; lei era indecisa.
Si avvicinò ad un pegaso che stava mangiando tranquillamente del fieno da una mangiatoia e gli sorrise amichevolmente allungando una mano; era un bell’esemplare, forte e con il manto grigio chiazzato di nero.
Appena il Pegaso la vide si alzò sulle zampe posteriori e iniziò a nitrire infastidito sbattendo le ali e arretrando.
Fahime fu costretta a spostarsi mentre Percy la superava e andava a calmare l’animale:
- Credo di non piacergli – commentò la maga allontanandosi.
- Succede a volte con i pegasi… chissà che cosa ha sentito che non gli andava a genio, magari non gli piace l’odore del tuo shampoo – la rassicurò il figlio di Poseidone mentre calmava il cavallo alato.
- Già, può darsi… - commentò Fahime fingendo una risata
O magari ha sentito me.
Zitto!
- Fahime può cavalcare con me, se vuole – si offrì Lucas vedendo che la maga esitava ad avvicinarsi ad un altro pegaso… forse Seth non aveva tutti i torti.
- Si, magari è meglio così – commentò Fahime lanciando un grazie silenzioso a Lucas che le sorrise dolcemente.
- Se loro cavalcano in coppia possiamo farlo anche noi? Così la smettiamo di litigare? – chiese Sarah accarezzando il muso del pegaso marrone.
L’animale nitrì e allargò le ali – Lui è d’accordo – le rassicurò Lilia.
- Li capisci? – chiese Fahime sorpresa mentre Lucas l’aiutava a montare.
- E’ una dote dei discendenti di Poseidone, capiamo animali marini e cavalli – le rispose Percy
- Utile – commentò Sarah.
Dopo che tutti furono saliti sul proprio pegaso uscirono dalle stalle dove i genitori li guardarono sorridendogli apprensivi.
Fahime guardò suo padre e gli sorrise mentre stringeva la vita di Lucas con le mani per non cadere, poi alzò lo sguardo e vide che, poco dietro a suo padre, vi era sua madre con in braccio Eric che si stava avvicinando.
Fahime la guardò confusa:
- Voleva salutarti – le rispose la madre.
- Fai buon viaggio Hime, e torna presto – le disse il fratellino salutandola con la mano e sorridendole.
- Certo che torno presto Eric, tu proteggi mamma e papà mentre non ci sono – gli rispose sorridendo; il piccolino sorrise ancora di più e annuì.
- Bene, ora direi che potete partire – commentò Walt dopo che ebbe salutato le figlie.
I ragazzi annuirono e si prepararono alla partenza:
- Fahime – la ragazza si girò e vide sua madre vicino a lei che la osservava con una sguardo indecifrabile, forse un po’ preoccupato – Stai attenta – le disse soltanto per poi allontanarsi di nuovo.
La maga avrebbe voluto risponderle a tono ma non ne ebbe il tempo; la prima ad alzarsi in volo fu Lilia ( che non vedeva l’ora ) seguita da Nathaniel e le sue cugine.
- Pronta? – le chiese Lucas stringendo le redini.
Fahime strinse la presa sui suoi fianchi – Prontissima – gli rispose sorridendogli; Lucas le rispose allo stesso modo, poi spronò il pegaso e si alzarono in volo seguendo gli altri.
 
Con grande gioia e sorpresa di tutti il volo con i pegasi andò bene; volarono tutto il tempo tenendosi a livello delle nuvole stando attenti a non finire su rotte aeree trafficate, dove i purificatori avrebbero potuto identificarli nonostante il mascheramento.
Fahime aveva continuato a guardare per tutto il viaggio sotto di se’, non era mai salita così in alto e il paesaggio di New York che scorreva sotto di lei, tra le nuvole, era qualcosa di meraviglioso.
Dopo poco meno di un ora, Lilia fece cenno al resto del gruppo che avrebbero iniziato a planare; la nipote di Poseidone era in testa al gruppo e aveva parlato per tutto il tempo con il suo pegaso come se fosse un amico di vecchia data e non un animale.
La fase di discesa, se possibile, fu ancora più bella del volo.
Iniziarono a scendere lentamente disegnando degli ampi cerchi nel cielo planando su Central Park mentre strade e i laghetti si facevano sempre più chiari.
Fahime era stata solo due volte a Central Park, e tutte e due le volte quando era poco più che una bambina. I motivi per cui c’era stata così poco erano principalmente due; lei era cresciuta in Egitto e ai suoi zii non piaceva lasciare Brooklyn.
Atterrarono su un’aiuola circondata da grandi cespugli che li nascondevano in parte semplificando il lavoro a Nathaniel; per le stradine del parco famiglie e bambini correvano, scherzavano e ridevano come se fosse una normale giornata invernale, non sembrava di essere in recessione.  
- Ehm… quale sarebbe la porta? – chiese Ruby guardandosi in giro mentre teneva il Pegaso e faceva smontare la sorella.
- Questa – disse Lilia indicando un mucchietto di rocce.
Sul volto di Fahime e delle sue cugine apparve la stessa espressione sorpresa, molto probabilmente credevano che la figlia di Poseidone fosse impazzita del tutto; infondo non aveva appena finito di parlare con un cavallo?
- Orfeo incantò la terra con la sua musica, e in questo modo aprì un’altra porta per gli Inferi per andare a riprendere la moglie, solo che non riuscì a portarla indietro perché… -
- Luc, la lezione di mitologia Greca la rimandiamo ad un’altra volta, va bene? – gli disse la gemella fermandolo e sorridendogli.
- Quindi… ehm… dovremmo cantare ad un mucchio di rocce? – chiese Sarah scettica.
- Si… oppure Lucas dovrà suonare ad un gruppo di rocce -.
Il pegaso nero scoppiò in un forte nitrito, che assomigliava molto ad una risata – Smettila Blackjack! Non c’è niente da ridere! – lo ammonì Lilia – anzi, è meglio se ora tornate al Campo, non vorrei mai che dei purificatori vi vedessero – aggiunse addolcendo il tono di voce.
Tutti e quattro i pegasi scalpitarono quando la nipote di Poseidone nominò i soldati, poi Blackjack mosse il capo su e giù e nitrì rivolto ai suoi compagni.
Gli altri pegasi non risposero, il pegaso di Sarah e Ruby gli tirò una musata per uno per salutarle, il pegaso di Nathaniel fece lo stesso con lui mentre, il pegaso di Lucas e Fahime, si limitò a sbuffare; un minuto dopo tutti i Pegasi erano ripartiti e volavano verso il Campo.
- Bene, e adesso musica! – commentò Lilia scherzando, ma nessuno scherzò con lei.
- Devo proprio? – commentò Lucas esitante.
- E’ l’unico modo per aprire la porta… almeno che Sarah non voglia cantare – aggiunse Lilia guardando la maga che arrossì subito.
Fahime guardò le cugine e poi Lucas, che sembrava in imbarazzo tanto quanto Sarah, probabilmente non sapeva neanche suonare bene lo strumento che si era portato dietro, ma se no’ non avrebbero saputo come fare.
- E se… e se cantassimo noi tre? – chiese all’improvviso Fahime prendendo le cugine alla sprovvista.
- Noi tre Hime? – le chiese stupita Ruby.
- Si, da piccole lo facevamo… possiamo riuscirci anche ora – gli ricordò sorridendogli.
Le cugine la guardarono perplessa – Anche se accettassimo… cosa potremmo cantare? Abbiamo tutte e tre generi di musica differenti che ci piacciono, non troveremo mai una canzone che sappiamo tutte e tre – le ricordò Sarah.
- Beh, potremmo sempre cantare la nostra canzoncina – le ricordò Ruby
- E’ una canzone per bambini – le fece notare la sorella
- Non importa… basta che sia una canzone – le rassicurò Lilia.
Fahime guardò le cugine, Ruby ormai era convinta, Sarah sospirò e poi annuì; si guardarono per un secondo, Ruby contò sino a tre e poi iniziarono a cantare come quando erano bambine.
La canzone era facile e con un ritmo ripetitivo, solo che era in Egiziano; gliel’aveva insegnata sua madre prima che i loro rapporti si tagliassero, e poi lei l’aveva insegnata alle cugine.
Mentre cantavano si misero a ridere tutte e tre, e per un attimo gli sembrò di essere bambine, quando la maggiore preoccupazione che avevano era cosa far indossare alle loro bambole quella mattina.
- Si è aperta – esclamò Nathaniel interrompendo il loro canto.
Fahime si avvicinò e guardò nell’apertura triangolare che si era aperta tra le rocce da cui veniva un odore di muffa, morte e zolfo; dalle massi partivano delle scale ripide, e non molto belle, che scendevano in profondità verso l’oscurità più nera.
- Bene, tutti pronti per andare a trovare mia madre? – chiese Nathaniel mettendosi a capo della fila.
Tutti annuirono poco convinti e poi si incamminarono per le scale che portavano nel nulla.
 
Per le prime tre ore il viaggio andò bene, la foschia di Nathaniel funzionò alla perfezione come se fosse rinvigorita dallo stare negli Inferi, e ingannò alcuni strani mostri che si vedevano in lontananza.
L’Ade era una distesa di terra nera, come se fosse tutto carbone o legno bruciato, attraversato ogni tanto da fiumi nomali e da un fiume di fuoco che loro, naturalmente, stavano costeggiando; tutto era illuminato da una strana luce rossa che Fahime sentiva estranea a quel posto.
- Il Flegetonte passa vicino al palazzo di mia madre – spiegò Nathaniel mentre si fermavano per fare una sosta, bere un po’ d’acqua e mangiare qualcosa – se lo seguiamo ci porterà direttamente da lei – spiegò il figlio di Ecate.
- Sapete cos’è bello e strano allo stesso tempo? – chiese Ruby prendendo una sorsata d’acqua.
- Cosa? – le chiese Lilia.
- Il Tartaro è dove dovrebbero vivere tutti i mostri, giusto? Ma per ora, da vicino, non ne abbiamo incontrato nemmeno… -
La maga non poté finire la frase che, dalle loro spalle, si levò un enorme fragore seguito da un ruggito - … uno – completò la frase scocciata.
Si girarono tutti verso  la sponda opposta del fiume, e da una grotta che non avevano notato saltò fuori un enorme leone a due teste; una era leonina e l’altra serpentina.
- E questo che cosa sarebbe? – chiese Fahime mentre prendeva il suo Khopesh dalla Duat e si preparava a combattere.
- Non è un vostro mostro? – chiese Lucas mentre prendeva la sua spada.
Fahime scosse il capo, anche nella loro mitologia avevano dei mostri, ma quello non l’aveva mai visto e poi la testa serpentina sembrava cucita al corpo di leone in fretta e furia.
- E’ una chimera di Setne – capì Nathaniel.
Il leone ruggì e il serpente sibilò, mentre il corpo si preparava a saltare il fiume:
- Cosa facciamo? Combattiamo o corriamo? – chiese Lilia mentre, per sicurezza, anche lei estraeva la sua spada.
Il mostro prese la decisione al posto loro, ringhiò e sibilò ancora una volta, poi li fissò con odio e se ne andò, correndo nella stessa direzione in cui dovevano andare loro.
- Perché ho la sensazione che stia correndo verso il palazzo di Ecate? – chiese Ruby mentre guardavano il mostro che si allontanava.
- Stai tranquilla, non ce lo farò arrivare – le disse Lilia; dopo di che raccattò il suo zaino e, senza avvertire nessuno, partì di corsa dietro al mostro.
- Lilia! – le gridò il gemello per poi imprecare – Andiamo! –
Fahime prese il suo zaino e fu la prima a seguire Lucas; Lilia si era gettata all’inseguimento di quel mostro senza una ragione veramente valida, d’accordo, stava andando al palazzo di Ecate dove stavano andando anche loro, ma avrebbero potuto benissimo fermarlo appena fossero arrivati lì.
- Ehi! Felino mal assemblato! Prenditela con noi! – gli gridò Lilia iniziando a lanciargli addosso sassi e tutto quello che le capitava tra le mani.
Il mostro decise che, qualunque cosa dovesse fare, era meno importante di quella sciocca ragazzina che gli stava lanciando addosso cose fastidiose.
La testa leonina ringhiò e poi, con un salto, saltò il Flegetonte e atterrò sull’altra riva proprio davanti alla semidea.
- Mi dici cosa ti sta dicendo il cervello? – le chiese Lucas mettendosi al suo fianco.
- Dobbiamo proteggere Aibi! – gli rispose Lilia come se fosse la cosa più ovvia.
Lucas sospirò – Voi siete pronti? – chiese ai compagni.
- Certo – gli risposero tutti sicuri annuendo con le armi in pugno.
- Piano? – chiese Sarah mentre prendeva il suo bastone dalla Duat e Ruby estraeva le sue lame.
- Lo immobilizziamo e poi lo facciamo fuori – le rispose Lilia mentre si preparava ad attaccare.
- Ad immobilizzarlo ci penso io, voi distraetelo e indebolitelo – disse Fahime mentre un piano le si formava lentamente in testa e un sorriso le increspava le labbra.
Sei sicura di riuscire ad usarli da sola? Sai che sono sempre pronto a darti una mano, piccola Fahime.
La maga fece tacere la voce dentro la sua testa e si concentrò soltanto sul combattimento:
- D’accordo – le disse Lilia un secondo prima di gettarsi contro il mostro.
Fahime si tenne leggermente in disparte mentre le sue cugine e i semidei, colpivano e saltavano intorno al mostro ferendolo e schivando le sue zampate.
La maga sapeva per esperienza che, i mostri così grandi, non potevano essere uccisi se prima non venivano bloccati per bene, doveva solo trovare il momento giusto per agire.
Sarah evocò un muro di fuoco facendo indietreggiare il mostro mentre Lilia lo feriva alla zampa destra facendolo ringhiare.
Ora!
Fahime evocò il suo bastone e chiuse gli occhi, mentre il suo corpo iniziava a muoversi da solo in una danza che conosceva molto bene e che terminò davanti al muso del mostro.
Lo fissò nei quattro occhi ed aprì il pugno della mano destra; sette nastri rosa si srotolarono allungandosi finché non cinsero completamente il mostro in una morsa ferrea.
- Ti incateno con i Sette Nastri di Hathor – disse senza staccare lo sguardo dai due musi animaleschi – Sottomettiti, o la tua essenza arderà in eterno – gli ordinò puntando il bastone verso di lui.
Il mostro emise un sibilo e un ringhio di dolore mentre il suo corpo veniva stretto dai nastri rosa.
Fahime si concentrò e non distolse mai lo sguardo, ma il mostro sembrava non voler collaborare; strinse la presa sul bastone e lo inclinò mentre il mostro seguiva il suo movimento.
Appena toccò terra i nastri iniziarono a stringersi e dal mostro iniziò ad alzarsi una nuvola di fumo nero mentre l’essere si contorceva.
Fahime si concentrò e fece per mettere fine al rito, ma Lilia agì prima di lei; con un salto salì sul corpo del mostro e lo trapassò con la lama, la creatura diventò polvere e i nastri si afflosciarono diventando rossi.
- E questo cos’era? – chiese Nathaniel avvicinandosi alla maga con un certo entusiasmo.
- Sono i Sette Nastri di Hathor… è una tecnica che mi insegnò mia madre, serve per immobilizzare il nemico – gli spiegò Fahime mentre riponeva il bastone.
E quelli erano i nastri  di mia madre… aggiunse mentalmente mentre un sentimento dolce le nasceva nel petto.
Che ti ha dato prima che ti disconoscesse come figlia, perché non hai fatto quello che LEI voleva… vedi, piccola Fahime, ha sempre cercato di condizionarti a scegliere la sua via.
- Pensi che io potrei riuscirci? – le chiese Nathaniel distogliendola dai suoi pensieri
- Non ne ho idea… - gli rispose dubbiosa.
Nathaniel stava per chiederle qualcos’altro ma Lilia lo interruppe – Nath! Quello è ciò che credo? – gli chiese la nipote di Poseidone guardando un punto rialzato sopra la roccia.
Il figlio di Ecate guardò nella sua stessa direzione  e sorrise – Si Lilia, quello è il palazzo di mia madre – le rispose, ma poi si accigliò – Solo che non dovrebbe essere così visibile… - appena il figlio di Ecate terminò la frase, in un angolo del palazzo, vi fu un esplosione e delle fiamme divamparono; tutti imprecarono all’unisono e si misero a correre verso di esso.
Nathaniel fece da guida, portando tutto il gruppo attraverso una strada che si inerpicava per le rocce appuntite e affilate da cui si alzavano vapori sulfurei dall’odore sgradevole.
Ad un certo punto arrivarono in uno spiazzo su cui si apriva un portico formato da colonne nere scalfite da chiari segni di armi, mentre su un angolo, le fiamme che avevano visto poco prima, stavano venendo spente da dei fantasmi.
Fahime vide che al centro del portico vi era una ragazza che stava impartendo ordini ai fantasmi in una lingua che lei non conosceva, ma sicuramente non era una di loro; aveva la pelle bianca, ma era una figura solida e non eterea, indossava un tunica viola scura che portava drappeggiata e fermata sulle spalle con due fermagli neri che si intravedevano soltanto quando muoveva la testa e i lunghi capelli mossi, castani si scostavano.
- Non è possibile… - sussurrò Nathaniel incredulo.
Fahime guardò le cugine dubbiosa, mentre i gemelli Jackson si scambiavano un occhiata, sembravano tutti e due sorpresi e sconvolti, poi, come sempre, Lilia non perse tempo.
- Aibileen! – gridò correndo in avanti mentre loro non esitarono a seguirla; Fahime aveva paura che la nipote di Poseidone si sarebbe potuta cacciare in un altro guaio.
La ragazza sotto il portico si girò guardandoli confusa ma poi sgranò gli occhi grigi per la sorpresa:
- Lilia… Lucas… e voi cosa ci fate qui? –

Ed è tornata :D
Vi era mancata la piccola Jackson? :) Beh, adesso rimarrà per un po' e potrebbe avere anche i suoi Pov...
Comunque, che vi è sembrato? :)
Chiedo scusa a tutti per non essermi soffermata troppo sullo scontro e sul viaggio ( chiedo scusa soprattutto ai figli di Ares ed Ermes ) ma se no' il capitolo sarebbe diventato davvero troppo lungo :)
Oltre al ritorno di Aibi, ho deciso di mettere in chiaro chi sia il dio che Fahime ha scelto di seguire :) Ce la farà a controllarlo? Lo scoprirete soltanto se continuerete a leggere :P
Come al solito ringrazio chi legge, chi segue, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensisce :) Mi piace sempre ricevere le vostre recensioni :D ( scusate se vi rispondo tardi ).
Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare in orario, scanso contrattempi divini o lettori che vengono a trovarmi e decidono di farmi fuori per ciò che ho fatto a Piper... ah! se vi interessa ho il disegno della collana di Fahime, se siete curiosi ditemelo che lo metto nel prossimo capitolo :) *cala il silenzio*
Comunque, direi che per ora è tutto,
un abbraccio,
Darkness_Angel. 

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Capitolo 12
*** XII. ***


'Sera a tutti :)
Ed eccomi qui con il nuovo capitolo, come al solito pubblicato ad ore indecenti :D
Perdonatemi, ma la scuola mi richiede abbastanza spesso :/
Comunque, ecco a voi il dodicesimo capitolo, Pov Lilia con un paio di SPOILER dal Sangue dell'Olimpo. Come facevo per l'altra storia non li segnalo, così non sapete qual'è lo spoiler, naturalmente per chi volesse saperlo basta chiedere :)
Ci sentiamo in fondo, Buona Lettura.


XII.

 
Lilia non poteva credere ai suoi occhi, quella che aveva davanti non poteva veramente essere sua sorella!
Quella ragazza non aveva quasi più niente della bambina che aveva visto, quasi cinque anni prima, sorridente e piena di aspettative anche se era appena morta.
Ma poi gli aveva risposto, i loro occhi gemelli si erano incrociati e lei non aveva avuto più alcun dubbio; quella era la sua sorellina.
 La nipote di Poseidone non aveva nemmeno risposto alla domanda e si era limitata a saltarle addosso e ad abbracciarla con forza stringendola a se’.
- Lili… - le sussurrò Aibileen mentre lentamente si riprendeva dalla sorpresa e si scioglieva abbracciando la sorella.
Lilia la strinse per quasi un minuto, solo gli Dei sapevano quanto le era mancata!
Aibileen stava bene, era lì, era cambiata molto ma altre cose erano rimaste le stesse dell’ultima volta; sua sorella era sempre fredda come il ghiaccio, il suo petto non si muoveva e il cuore era immobile.
- Lilia, non monopolizzare nostra sorella – le ricordò Lucas facendola scostare per poi abbracciare anche lui la sorellina che rispose all’abbraccio con la stessa intensità.
- Mi volete dire cosa fate qui? – chiese Aibileen quasi alterata fissando i fratelli dopo che li ebbe salutati.
Lilia rise – Siamo venuti per festeggiare il tuo diciassettesimo compleanno! – le rispose
- Ah si? E dov’è il regalo, e la torta? – gli chiese Aibileen scettica.
Lucas scoppiò subito a ridere ma Lilia si fece dubbiosa – Ma perché, hai ancora bisogno di mangiare? – le chiese scherzando.
Aibileen scosse la testa e poi si girò verso il resto della comitiva, Lilia si accorse subito che lo sguardo della sorella era andato a quello di Nathaniel; il ragazzo le aveva sorriso:
- Ciao Aibileen Jackson  – la salutò con un cenno della mano
- Ciao a te Nathaniel Jordan – le rispose accennando un sorriso, poi si girò verse le tre maghe e gli sorrise – Non credo di conoscervi… - si scusò.
- No, loro sono delle nostre nuove amiche e alleate, sono maghe egizie – le spiegò Lucas.
Aibileen guardò il fratello e poi tornò a sorridere verso le maghe – Piacere di conoscervi, sono Aibileen Jackson -  si presentò porgendogli la mano.
- Piacere, Fahime Kane – le rispose la maga.
- Ruby Stone, sua cugina e gemella della ragazza che conoscerai tra un secondo – si presentò Ruby.
- Io sono Sarah Stone – disse la terza maga esitando un secondo mentre stringeva la mano alla minore delle Jackson – ma tu sei morta… - le disse guardandola stupita.
Aibileen scoppiò a ridere – Beccata – disse grattandosi la nuca – sono morta cinque anni fa – ammise senza smettere di ridere.
- Ma sei… - disse Sarah continuando a fissarla
- Solida? Non ancora decomposta? – propose Aibi senza perdere il sorriso, Sarah annuì – è una storia complicata che credo di potervi raccontare… magari dentro però – suggerì indicando la porta buia del palazzo alle sue spalle.
- Dici che Ecate ci lascerà entrare? – chiese Lucas dubbioso guardando la porta dalla quale entravano ed uscivano vari spiriti che cercavano di risistemare le parti danneggiate dall’incendio.
Aibileen sorrise e annuì – Si, di questi tempi Ecate è molto ospitale, soprattutto dopo gli attacchi – spiegò guardando le colonne martoriate mentre si teneva l’avambraccio sinistro con la mano destra.
- Altri mostri? – chiese Lilia preoccupata
- A dire il vero non lo so’… non sono i soliti mostri da Tartaro che s’incontrano o che ci attaccavano all’inizio… questi sono strani – spiegò Aibileen fissando il gruppetto.
- In che senso? – chiese Nathaniel dubbioso.
- Sono per metà umani e per metà armi, nel senso, quei segni sulle colonne li hanno creati dei mostri con la testa a forma di accetta e cavatappi… - spiegò la semidea confusa.
Fahime sospirò sonoramente – Setne sta attingendo alle riserve di mostri egizi – spiegò – quelli sono nostri demoni -.
- Ne avete di fantasia voi egizi – scherzò Aibileen – Dei con teste di animali e demoni con teste da posate, carino – commentò ridendo.
Quella battuta strappò una risata a tutti, ma Lilia si accorse che sua sorella non stava ridendo anche dentro, quella era solo una risata di facciata per smorzare la tensione.
- Ora però venite, credo che a qualcuno interesseranno le vostre conoscenze su questi demoni – disse girandosi e facendo strada nell’atrio del palazzo.
Tutto il gruppetto la seguì, ma Lilia accelerò il passo in modo da camminare di fianco alla sorella.
- Allora? – le chiese sottovoce in modo che gli altri non la sentissero.
- Allora cosa? – le chiese a sua volta Aibileen facendole un sorriso che però, non comprendeva anche gli occhi grigi che sembravano spenti.
- Come va… insomma Aibi, sono cinque anni che vivi nel Tartaro e quattro che… -
- Che un gigante prova a scovarci e ad ucciderci, che mostri di varie etnie ci attaccano cercando di ucciderci e quattro anni che cerchiamo di salvare il maggior numero di anime possibile? – le suggerì
- Esatto – le rispose Lilia, sua sorella non aveva perso la sua parlantina.
Aibi si fece pensierosa e poi alzò le spalle facendole un sorriso stanco – Come vuoi che vada Lili, si sopravvive – le ricordò – cosa che non ha molto senso visto che la maggior parte della gente qui è già morta, ma dato che non credo esista la parola “soprammuore”… - commentò sarcastica.
Lilia si lasciò scappare una risata e scosse leggermente il capo – Sei sempre la solita – le disse poggiandole una mano sulla testa e scompigliandole i capelli in modo scherzoso.
Aibileen le sorrise e poi guardò dal lato opposto rispetto alla sorella – Non sai quanto ti stai sbagliando… - sussurrò, ma questo Lilia non lo sentì.
Passarono attraverso un corridoio delimitato da colonne, con appese delle torce, che portava in un enorme salone che sembrava illuminato dalla luce elettrica, e non da semplici torce, da quanta luce vi era.
Appena arrivarono all’ingresso della stanza, Lilia vide che, sul fondo, vi era un trono di pietra nera ( probabilmente ferro dello Stige ); sulla testata, in alto, vi erano delle punte dello stesso materiale poste a semicerchio mentre, ai lati dello schienale, vi erano intagliati in rilievo due serpenti che poi si posavano sui braccioli appoggiandovi la testa; sotto i loro crani vi era l’intaglio di due chiavi.
Di fianco al trono vi erano due bracieri di metallo scuro da cui usciva una torcia per uno; quella era sicuramente la sala del trono del palazzo di Ecate, ma sembrava che la dea non fosse in casa.
Lateralmente al trono vi era un enorme tavolo con sopra una cartina, che Lilia non riuscì a capire bene che posto rappresentasse.
- Aibi… dov’è mia madre? – le chiese Nathaniel avvicinandosi e guardandosi intorno cercando la Dea.
- Dovrebbe arrivare – lo rassicurò.
Appena Aibi ebbe finito la frase, da una porta laterale entrarono due fantasmi e una donna avvolta in una tunica nera che sembrava fatta dell’inchiostro più nero e denso esistente.
- Divina Ecate – chiamò e salutò allo stesso tempo Aibi appena la vide.
Lilia e Lucas, subito imitati dalle tre maghe, si inchinarono mentre Aibi si limitò a sorride e Nathaniel a sussurrare un “Ciao mamma”.
La Dea guardò il gruppetto e poi sorrise, Lilia non capì bene se al figlio o a sua sorella:
- Aibileen, che notizie ci porti? – le chiese la dea mentre avanzava verso il trono seguita dai fantasmi che alla nipote di Poseidone non sembravano del tutto sconosciuti.
- Abbastanza buone, siamo riusciti a fermare l’attacco dei nuovi mostri e i miei fratelli, suo figlio e delle maghe egizie ci sono venuti a trovare – spiegò Aibileen mentre si avvicinava alla Dea.
Ecate fissò le tre maghe che sembravano molto a disagio – Maghe Egizie… qualcuna di voi è in stretti rapporti con Iside? – chiese guardando le maghe con gli occhi a fessura.
- No signora, nessuna – rispose prontamente Sarah – Io seguo il percorso di Anubi, mia cugina di Seth e mia sorella di Bast – spiegò la maga.
Ecate guardò Ruby – Preferisco i cani – commentò – In ogni caso meglio che nessuna di voi segua Iside, quella dea è insopportabile – sbottò alzando gli occhi al cielo.
Lilia guardò le tre maghe imbarazzata e mormorò un “scusa” loro le sorrisero facendole capire che non doveva preoccuparsi.
- Divina Ecate, perdoni l’intrusione ma… -
- Non ti ho dato il permesso di parlare discendente di Atena – gli ricordò la dea lanciandogli uno sguardo di fuoco; Lucas si zittì all’istante.
- Mia signora, i miei fratelli vengono per informarci su qualcosa di molto importante e le maghe hanno informazioni che potrebbero esserci utili per sconfiggere i nuovi mostri – spiegò Aibileen in tono autoritario.
- Davvero conoscete quelle specie di chimere? – chiese uno dei due fantasmi.
Al contrario di Aibileen, quel fantasma sembrava la figura di un essere umano sbiadita e tremolante; era una ragazza, molto probabilmente una semidea romana visto che da sotto l’armatura spuntava una maglia viola del campo Giove, portava i capelli neri raccolti in una treccia che le ricadeva su una spalla e i suoi occhi scuri erano fissi su di loro.
Lilia si accorse che la ragazza aveva il mantello, attaccato all’armatura, sgualcito sul fondo e che quest’ultima aveva un taglio all’altezza del ventre.
Fahime si fece avanti racimolando un po’ di coraggio – Si, sono Demoni Egizi, li conosciamo molto bene – spiegò la maga.
- Bene, allora se ad Ecate non dispiace, mi piacerebbe consultarmi con le maghe su questo argomento – disse la ragazza guardando la dea.
Ecate annuì – Si, parlate pure con le maghe, la mia magia è potente e il mio palazzo solido, ma non è immortale come me, purtroppo – le ricordò la dea.
L’altro fantasma annuì, questo era un semidio Greco ( aveva la maglietta del Campo mezzosangue) ed era un ragazzo di colore che non smetteva mai di sorridere, al contrario della semidea Romana, lui non sembrava portare segno della ferita che gli era stata mortale.
- Bene – sospirò Ecate mentre si avvicinava al suo trono – ora che il problema mostri è stato risolto, potete informarmi dell’altra cosa molto importante e, magari, del motivo per cui vi siete dati tanto disturbo per raggiungerci – disse mentre si accomodava sul suo trono.
Lilia notò che le punte di metallo, adesso che la dea si era seduta,  sembravano circondarle il capo come se fossero una corona.
Com’era logico pensare, il primo a farsi avanti per parlare fu Lucas – Il motivo per cui siamo qui è semplice, divina Ecate – incominciò il gemello di Lilia – è stata emessa un’altra profezia, diceva che dovevamo venire qui, negli Inferi – spiegò.
Ecate alzò gli occhi al cielo – Pensavo che Apollo si fosse stancato di emettere profezie dopo la punizione che suo padre gli aveva dato  successivamente alla sconfitta di Gea – commentò la Dea della magia mentre si rilassava sul trono e iniziava ad accarezzare il serpente sul bracciolo destro.
- Ehm… lo credevamo anche noi, ma sembra che sia stato proprio lo spirito di Delfi a parlare – spiegò Lilia.
Ecate fece un gesto svogliato con la mano per accantonare il discorso – Si può sapere cosa diceva questa profezia sugl’Inferi? – chiese la Dea attenta.
- Negli Inferi l’aiuto che lor serve troveranno, ma soltanto se al calar del 17esimo sole vi andranno – recitò Lucas.
Ecate si fece pensierosa e diede un leggero tocco con l’indice al serpente sul bracciolo, i suoi occhi di rubino si accesero e il serpente prese vita iniziando a risalire il braccio della dea.
- Il calar del 17esimo sole è… - commentò Aibi stupita
Lilia annuì – E’ il tuo diciassettesimo compleanno, si – le spiegò la sorella.
- Ciò vuol dire, mia cara ancella, che tu sei parte integrante della profezia – le disse Ecate fissando Aibileen.
- Di nuovo? – gemette la minore delle Jackson scocciata – la mia prima profezia mi ha già fatto morire… cosa vuole ancora il Fato da me? – chiese leggermente esasperata.
- Non ti preoccupare, lo scopriremo – la rassicurò Nathaniel sorridendole rassicurante.
- Mio figlio ha ragione Aibileen, ora però vorrei sapere tutta la profezia, se non vi dispiace – continuò la dea mentre accarezzava il serpente che adesso le stava in grembo sibilando leggermente.
Lucas si schiarì la voce e recitò tutta la profezia mentre la Dea lo ascoltava attentamente, quando finì di recitare l’ultimo verso, Ecate sembrava corrucciata.
- E’ molto strana come profezia… - ammise – ma ho il presentimento che non tutti gli otto eroi torneranno indietro – disse fissando tutto il gruppo.
Nella stanza calò il silenzio, interrotto soltanto ogni tanto dal sibilo del serpente della dea.
- Profezia o no, voi semidei e maghi non potrete rimanere per troppo tempo, vi concedo sino a questa sera e poi dovrete tornare in superficie – annunciò Ecate fissandoli con due occhi duri come la pietra.
- Ma… mamma… - provò Nathaniel.
- No, anche tu tornerai in superficie – gli rispose dura senza lasciargli modo di replicare.
A Lilia, Ecate, incominciava a fare leggermente paura, quando un dio iniziava ad alterarsi era sempre meglio levare il disturbo:
- Con il suo permesso, vorremmo riposarci un po’ e mangiare, prima di decidere il da farsi – chiese la nipote di Poseidone per levarsi dall’impiccio.
- Certamente, andate pure – li congedò la Dea ancora pensierosa.
- Se non le dispiace andremo anche noi – disse il ragazzo-fantasma Greco.
Ecate non si degnò nemmeno di rispondergli e fece soltanto un leggero cenno con una mano; Aibi fece cenno al gruppo di seguirla mentre, insieme ai fantasmi, entravano nella stanza laterale.
- Simpatica tua madre – commentò Ruby quando la dea non fu più a portata d’orecchio ( molto probabilmente ce l’aveva ancora per la storia dei cani ).
- Le piace porre quesiti e proporre scelte, ma odia quando lei deve decidere tra diverse possibilità – gli rispose il figlio di Ecate con un alzata di spalle.
- Devi capire che è anche molto stressata ragazzo – s’intromise la semidea- fantasma romana.
- Questo è vero, ma lui rimane comunque suo figlio Reyna – le ricordò Aibi.
I tre semidei si bloccarono appena Aibileen concluse la frase – Reyna? – chiese sorpresa Lilia – Reyna Avila Ramirez Arellano, pretore del Campo Giove? – chiese per conferma; sapeva che quel volto non le era completamente sconosciuto.
Il fantasma le sorrise amichevolmente – Ex pretore del Campo Giove, ma si, sono io – le rispose cordialmente – Tu devi essere Lilia, la sorella di Aibileen – constatò.
Lilia annuì – In effetti sei il ritratto di tuo padre, se non fosse per gli occhi grigi – commentò l’altro fantasma.
- Lei conosceva nostro padre? – chiese Lucas sorpreso.
Il fantasma sorrise – Charles Beckendorf, figlio di Efesto – si presentò porgendogli la mano e sorridendogli.
Lilia non poteva credere di avere davanti due amici dei suoi genitori, non che due eroi di due guerre diverse; le loro foto erano appese nella casa grande, era per questo che i loro volti non le erano nuovi.
- Quindi siete riusciti a salvarvi – commentò Lilia ancora sorpresa – E… la tua ragazza, Silena? – chiese nipote di Poseidone curiosa.
- Silena si occupa di assegnare un compito alle anime che arrivano o che riescono a scappare dalla forza distruttrice di Setne – spiegò Aibi mentre si andavano a sedere ad un tavolo.
- Riuscite a recuperare molte anime? – chiese curiosa Sarah
Aibileen annuì – Caronte non è ancora stato catturato, in cambio della nostra protezione lui trasporta qui da noi tutte le anime “fresche” destinate ai campi Elisi o ai campi degli Asfodeli – spiegò mentre sul tavolo davanti a loro apparivano dei frutti dall’aspetto molto invitante e che sembravano risplendere come gemme.
- Frutti di Persefone? – chiese meravigliato Nathaniel
- Esatto, per mantenere questo stato devo continuare a mangiare e i frutti del giardino di Persefone sono l’unica cosa che mi da’ abbastanza energia – spiegò Aibileen mentre prendeva una melagrana ed iniziava ad estrarne i semi piccoli e rossi come rubini.
- E’ ancora maledetta? – le chiese Fahime scrutando una mela perfetta in tutto.
- Come ancora? – le chiese dubbiosa Aibileen.
- Poi ti spiego, non è importante – la rassicurò Lilia mentre tirava fuori le sue provviste dallo zaino – ci sono cose molto più importanti di cui parlare – aggiunse.
- Per esempio? – chiese Charles incuriosito
- Che questa profezia è arrivata in un momento non molto buono – rispose Lucas – Setne ha scoperto dove si trovava e poi attaccato nuova Roma e… -
- Ed è stata rasa al suolo – concluse Reyna sconsolata.
Lilia guardò la semidea-fantasma stupita – Come fai a saperlo? –
Reyna le sorrise tristemente – Quando Setne ha preso il potere sugli Inferi, cacciando Ade, è riuscito ad imprigionare Thanatos e con esso a controllare le porte della morte e, dopo aver iniziato a ripulire gli Inferi dalle anime, si è divertito a riportare in vita semidei, mostri e tutto quello che gli poteva tornare utile – spiegò l’ex pretore con uno sguardo affranto e arrabbiato – E tra queste anime ce n’era una che conosceva Nuova Roma e il Campo Giove alla perfezione – continuò.
- Non sarà quell’Ottaviano che i nostri genitori odiano tanto – commentò Lucas scettico.
Reyna rise – No, credo che Ottaviano sia così antipatico e codardo che nemmeno Setne abbia voluto riportarlo in vita – spiegò – il semidio che è tornato si chiama Michael Varus, era un figlio di Giano, se foste semidei romani probabilmente lo conoscereste… -
- Fu il pretore che indisse la spedizione con la quinta coorte in Alaska nel 1980, nella quale morì e perse l’aquila della legione che ha ritrovato papà quando era giovane – spiegò Lilia sorridendo.
Tutti i presenti la guardarono stupiti, e la nipote di Poseidone si sentì in grande imbarazzo tanto che arrossì – Cosa c’è…? – chiese dubbiosa.
- Mi sarei aspettata una risposta del genere da Lucas, non da te Lili… senza offesa – le spiegò Aibileen.
- Lo sai che se non m’impongono di studiarle le cose me le ricordo meglio – disse con un mezzo sorriso e alzando le spalle.
- Ora capirete che per Setne è stato molo facile, con il suo aiuto, rintracciare la legione e Nuova Roma – spiegò Reyna con uno sguardo pieno di rabbia, il suo spirito vibrò, ma Aibileen si affrettò a stringerle la mano e lo spirito di Reyna smise di agitarsi.
Lilia pensò che quello spirito doveva proprio avercela molto con  i suoi fratelli e amici per tradire il Campo Giove in modo così spudorato.
- E cosa ne è stato di lui? – chiese Sarah quando capì che Reyna non avrebbe continuato.
- Non ne abbiamo idea – spiegò Charles mentre Reyna sospirava e scuoteva il capo – qui non è tornato – concluse il figlio di Efesto.
- Ciò vuol dire che potrebbe essere ancora al lavoro per Setne – commentò Fahime pensierosa.
Tutti si rabbuiarono a quel pensiero; se un semidio del genere, anche se morto, era ancora sotto il potere di Setne era molto probabile che il mago non lo stesse tenendo in panchina, quasi sicuramente Michael era a capo delle operazioni dei Purificatori, Lilia ci avrebbe scommesso.
Aibileen sospirò – Ed ora si spiegano i numerosi arrivi dei giorni scorsi – commentò mentre giocava con la buccia sgranata del melograno che aveva appena mangiato.
- Siete riusciti a salvare tutte quelle anime? – chiese Sarah
- Molte – ammise Aibileen con un debole sorriso – Caronte fa del suo meglio per portarle qui ma, allo stesso tempo, per non venir catturato – spiegò.
- Hanno rischiato grosso anche gli zii – la informò Lucas – Zia Piper era stata imprigionata ma per, chiamiamola fortuna,  l’hanno liberata – continuò – purtroppo tutti i bambini sono ancora nelle mani di quel mostro – concluse Lucas con una nota di rabbia nella voce.
Lilia vide calare un velo nero sul volto della sorella, come se qualcuno le avesse gettato sul capo un sottile strato di tessuto fino, quasi invisibile.
- Pensavo ad una cosa – riprese a parlare Nathaniel quando vide che il silenzio si stava protraendo troppo allungo – Credo che dovrete approfittarne per consultarvi sui mostri il prima possibile, il tempo che abbiamo a nostra disposizione non è molto – spiegò il figlio di Ecate.
- Perché, che ore sono? – chiese Ruby guardando i presenti.
- Dovrebbero essere circa le sei del pomeriggio in superficie – le rispose Aibileen – Ecate vi ha lasciato tempo sino alla mezzanotte – spiegò.
- Bene, allora direi che non abbiamo tempo da perdere – disse Fahime quando ebbe finito di mangiare la sua porzione.
Il fantasma di Reyna annuì e si alzò in piedi facendo muovere il mantello – Voi maghe verrete con me e Charles, così potrete ragguardarci su questi demoni – commentò con un leggero sorriso mentre gli altri interessati si alzavano.
- Credo che anche Lucas e Nathaniel potrebbero esservi d’aiuto – commentò Aibileen alzandosi pure lei  - E credo che… -
- Che io potrei aiutarti in quello che stai per andare a fare, qualunque cosa sia – rispose prontamente Lilia che aveva capito sin troppo bene il piano della sorella per rimanere da sola.
Aibileen la guardò dubbiosa – Non credi che… -
Lilia la interruppe di nuovo – Aibi sono una nipote di Poseidone, l’unico piano di attacco che conosco è quello di buttarmi nella mischia – le ricordò scherzando e strappandole un debole sorriso.
Aibileen scosse il capo e non replicò – Va bene, andrò a vedere se a Silena serve una mano, se non ci saranno altri disguidi ci rivediamo qui alle undici – concluse la sorella di Lilia.
I fantasmi annuirono e poi i due gruppi si separarono prendendo direzioni opposte.
Lilia si mise a seguire Aibileen in silenzio, mentre sua sorella avanzava sicura per i corridoio di pietra nera con un leggero fruscio di stoffa causato dal vestito.
- Allora… cosa ti ha convinto a provare questo radicale cambio di stile? – chiese Lilia per rompere il silenzio pesante che le divideva.
- Ecate non vuole che la sua prima ancella si vesta come l’Empuse del mondo mortale, sarebbe un po’ la mia divisa da lavoro – le spiegò passandosi inconsciamente le mani sulla stoffa viola.
- Beh, non ti sta affatto male e… -
Aibileen si bloccò e fissò la sorella con due occhi di pietra – Perché hai voluto seguirmi a tutti i costi? – le chiese inchiodandola al suo posto.
La nipote di Poseidone fu presa alla sprovvista e si sentì leggermente intimorita dallo sguardo e dal tono di voce che stava usando sua sorella, anche se Aibi era più bassa di qualche centimetro:
Quand’era che sua sorella era cresciuta così tanto?
Appena lo stupore fu passato anche lo sguardo di Lilia si indurì e fissò la sorella minore:
- Per questo Aibi, e perché voglio sapere cosa ti è successo – le rispose seria.
Aibileen resse ancora per un secondo il suo sguardo, poi sospirò sconsolata lasciando cadere le spalle – Credi di poter aspettare una decina di minuti? – le chiese guardandola.
- Si, quelli posso concederteli – le rispose Lilia cercando di non cedere allo sguardo della sorellina, le venne il dubbio che forse era stata un po’ troppo dura, ma non ebbe il tempo di pensarci troppo che ripresero a camminare per entrare in un porticato che dava sull’esterno e su un costone di roccia affacciato in un abisso nero.
In un angolo del patio vi erano numerosi fantasmi che sembravano un po’ smarriti, mentre altri li direzionavano o li aiutavano a calmarsi.
Aibileen avanzò tra i fantasmi come se fosse una normalissima folla, mentre Lilia le stava dietro; trovarsi in mezzo a tutte quelle anime le stava creando non pochi problemi, all’improvviso aveva freddo e le sembrava che Thanatos potesse piombare su di lei da un momento all’altro.
- Silena! – chiamò la minore delle Jackson a voce alta, ma ferma, per farsi sentire sopra i lamenti dei fantasmi.
Neanche un minuto dopo, dalla folla di anime bianche, apparve un fantasma più colorato di una semidea, molto bella, del Campo Mezzosangue che sorrideva allegra.
Anche se sua sorella non l’avesse chiamata per nome, Lilia avrebbe potuto riconoscere Silena anche fra tutti quei fantasmi, sua madre non aveva mai detto bugie su quanto fosse stata bella e dolce allo stesso tempo.
- Aibileen, c’è qualche problema? – le chiese la semidea in tono pacato e gentile.
- Volevo sapere se avevi bisogno d’aiuto con le nuove anime – le spiegò sorridendole
- No, tutto apposto, anche gli arrivi di ieri ormai sono quasi sistemati tutti – poi fece una pausa e guardò alle spalle di Aibileen incrociando lo sguardo di Lilia – tu sei Lilia, vero? – le chiese mettendosi al fianco della Jackson minore.
- Io… si, sono io Lilia – le rispose presa un secondo alla sprovvista mentre cercava continuamente di schivare spiriti che le camminavano in torno.
- Assomigli molto a tuo padre – le disse Silena osservandola senza smettere di sorridere.
- Grazie… non è la prima che me lo fa notare – gli rispose la nipote di Poseidone con un sorriso.
- Se qui non ti servo allora avevo pensato di passare un po’ di tempo con mia sorella, ma se ci fosse bisogno… -
- Ti avverto Aibi, non ti preoccupare – la rassicurò la figlia di Afrodite facendole una carezza sulla nuca; Lilia vide sua sorella fare il primo vero sorriso da quando era arrivata lì, per poi salutare la semidea e prendere lei per mano.
- Dove andiamo? – le chiese mentre le stringeva la mano gelata e si lasciava guidare tra i fantasmi e poi su, per un costone di roccia.
- Nel mio rifugio – le rispose Aibileen senza guardarla.
 
Non camminarono per molto, ad un certo punto Aibileen si fermò su uno spiazzo non molto grande di roccia e si andò a sedere sul bordo del crepaccio con i piedi a penzoloni nel vuoto.
- Vieni? – chiese a Lilia che era rimasta ad osservarla.
La nipote di Poseidone annuì e poi si andò a mettere vicino a lei; lo strapiombo dava sulla piana da cui erano arrivati loro, il Flegetonte era ben visibile e rischiarava l’ambiente con la sua acqua incandescente e rossa che spiccava sul terreno nero e spoglio, era uno spettacolo stupendo e angosciante allo stesso tempo.
- Quindi vuoi sapere cos’è successo? – le chiese Aibileen mentre dondolava i piedi nel vuoto e fissava le acque ribollenti del fiume di fuoco.
- Si, sapevo che saresti cambiata in questi cinque anni ma sei davvero molto diversa – le spiegò calcando l’accendo sul “davvero”.
Aibileen le sorrise triste – Cosa vuoi che ti dica Lilia, vivo nel Tartaro – le ricordò – I primi tempi è stato divertente, non è male fare l’ancella di Ecate, poi però è arrivato Setne, e allora le cose sono molto cambiate; quasi ad intervalli regolari i mostri ci attaccano, ed Ecate è riuscita a sconfiggere Clizio soltanto dopo tre anni di battaglie, le cose si sono un po’ complicate e non c’è più stato tempo per rimanere bambina, quindi eccomi qui – le rispose alzando le mani con i palmi rivolti verso l’alto e alzando le spalle.
Lilia sapeva che non era tutto lì, che non era soltanto stato l’inizio degli attacchi a farla diventare così, ma le sembrava che sforzare sua sorella non fosse la cosa giusta e così decise che avrebbe scoperto tutto quello che le era successo, ma con calma.
- Posso chiederti un favore Lili? – le chiese Aibileen prendendola alla sprovvista mentre si fissava i piedi.
- Tutto quello che vuoi – le rispose la sorella poggiandole una mano sulla sua – Raccontami cosa è successo da quando ci siamo visti l’ultima volta, non voglio tutti i dettagli, ma solo le cose più importanti – la rassicurò.
Quello era un favore che Lilia le avrebbe fatto molto volentieri, così incominciò a raccontarle dell’avvento di Setne e di come si erano svolte le cose su da loro; le raccontò di come si erano dovuti trasferire al Campo mezzosangue, degli Dei che erano andati a vivere con loro e poi l’aggiornò su tutti i nuovi arrivi in ambito nascite.
- Ed infine l’ultima arrivata è Kallisto, la figlia di Artemide, dovresti vederla è dolcissima – le disse Lilia che, segretamente, si era innamorata di quella bambina dagli occhi argentati e le guance rosee.
Aibileen sospirò – Non sarebbe male… – ammise sottovoce con un sorriso triste.
Lilia la guardò prendendo consapevolezza di uno dei problemi di sua sorella – Tu vuoi tornare in superficie – le disse sorridendole sorpresa.
Aibileen la guardò con un’espressione indecifrabile – Vorrei solo rivedere mamma e papà, magari anche gli zii – ammise – ma tanto non posso tornare – le ricordò
Lilia provò a replicare ma Aibi la fermò – No, neanche con i poteri di Ecate, non posso più fare spoletta tra gli Inferi e il mondo mortale, c’è il rischio che Setne mi trovi, sono bloccata qui Lili – le spiegò indurendo lo sguardo.
- Aibi ma se tu… - riprovò Lilia
- Lili ti ho detto di no, il mio posto è qui sotto, quindi… – Aibileen si bloccò e si alzò in piedi mentre guardava la pianura che si estendeva alla loro destra.
- Ciò non toglie che tu voglia tornare in superficie – le ricordò Lilia alzandosi anche lei in piedi.
- Vlacas! Non ci voleva ora! – imprecò Aibi ignorando al sorella e scendendo per la scarpata alla sua destra senza lasciare il tempo a Lilia di riflettere.
- Aibileen! – Lilia si lanciò dietro la sorella scendendo per la discesa scoscesa; sua sorella era molto più veloce di lei, scivolava e correva sul terreno impervio come se l’avesse fatto milioni di volte senza perdere l’equilibrio o rallentare.
Lilia non aveva idea di che cosa fosse passato nella mente della sorella, che anche il suo cervello iniziasse a dare segni d’instabilità per colpa del Tartaro?
Ma poi vide quello che, dalla cima, i suoi occhi poco abituati alla penombra non avevano ancora scorto; dalla pianura ad Est stavano arrivando di corsa quelle che sembravano pantere, il manto così nero da confondersi con il terreno.
Se Lilia non contava male erano cinque, forse con l’aiuto di suo fratello avrebbe potuto sconfiggerle ma da sola sarebbe stato difficile visto che, molto probabilmente, quelle non erano semplici pantere.
Aibileen arrivò alla fine della scarpata, fece un salto e corse al centro della pianura, esattamente davanti alle bestie.
Perfetto, mi è impazzita la sorella pensò Lilia accelerando la corsa e raggiungendo Aibileen mentre la sua collana diventava una spada.
- Aibi, che cosa stai facendo? – le chiese irata mettendosi al suo fianco.
- Devono essere fermate prima che arrivino al palazzo, Ecate non è ancora riuscita a ristabilire le difese magiche, l’ultima volta che hanno attaccato abbiamo rischiato grosso, un pezzo si palazzo mi è quasi crollato addosso, meno male che sono già morta – le spiegò la sorella mentre si concentrava sui felini in arrivo.
Come un fulmine a ciel sereno, a Lilia ritornò in mente un sogno che aveva fatto quando si trovava nel ventunesimo nomo; ciò voleva dire che, forse, anche gli altri sogni che aveva fatto su Aibileen avrebbero potuto avverarsi.
- Lilia, credi di riuscire ad impegnarmene qualcuna per circa un minuto? – le chiese Aibileen guardandola di sottecchi.
- Certo, te ne ammazzo anche qualche d’una  - la rassicurò mentre faceva roteare la spada.
- Bene, solo una cosa, non farti mordere perché secernono veleno e attenta perché sputano palle di fuoco – le disse Aibileen mentre le pantere si fermavano davanti a loro.
- Grazie per l’avvertimento – le disse Lilia, per poi gettarsi contro le bestie roteando la spada.
Lilia era poco cosciente di quello che stava facendo sua sorella, magari stava chiamando aiuto, Aibileen non era brava a combattere e da sole non ce l’avrebbero mai potuta fare.
La nipote di Poseidone schivò il morso di una pantera e poi, sfruttando la posizione, le tagliò la testa e il mostro divenne sabbia.
Un’altra le si piazzò davanti, ringhiando, e vide chiaramene dietro le sue fauci crearsi una sfera incandescente; pochi secondi prima che la sfera di fuoco la colpisse Lilia scartò di lato, salvandosi.
- Lili non muoverti! – le gridò Aibileen.
Lilia guardò la sorella che era ferma a poca distanza da lei ma con gli occhi fissi sulle bestie; li chiuse per un secondo mentre alzava una mano e dal Flegetonte si alzò una colonna di acqua e fuoco.
Aibileen aprì gli occhi e abbassò la mano lentamente mentre l’acqua del fiume seguiva i suoi movimenti dirigendosi sulle pantere più distanti da Lilia, in modo che l’acqua infuocata non la colpisse; tre mostri si disintegrarono appena furono sommersi dall’acqua ribollente controllata dalla semidea.
- Ti lascio l’ultima! – gridò Aibileen a Lilia mentre faceva rientrare l’acqua nel fiume.
- Allora farò fare un bagno anche lei – le rispose concentrandosi per evocare l’acqua del Flegetonte, le piaceva il trucco usato da sua sorella.
- No! Potrebbe corromperti, non controllare quest’acqua! – le gridò.
Lilia non se lo fece ripetere due volte, si lanciò contro il mostro schivando una palla di fuoco e lo trafisse al fianco dopo aver fatto uno semi giravolta per schivare un suo morso; anche l’ultima pantera si ridusse in polvere.
- Stai bene? – le chiese Aibileen raggiungendola
- Ma sei pazza?! Non puoi usare i tuoi poteri! – le gridò Lilia ignorando la domanda della sorella.
Aibi rimase sorpresa dalla sua reazione – Sono morta, posso utilizzare i miei poteri senza il rischio di sentirmi male – le piegò per rassicurarla.
Lilia scacciò la rabbia e cercò di tornare calma – L’acqua del Flegetonte a te non corrompe? – chiese cambiando discorso.
Aibileen le sorrise – Stessa risposta di prima, essere morta qui sotto ha dei vantaggi – le rispose mentre le faceva segno di seguirla verso il palazzo di Ecate.
- Sembra che il fatto che tu sia morta ti abbia reso più forte – notò Lilia.
Aibileen scosse la testa – Ho solo perso l’impedimento che erano il mio cuore e i miei polmoni malandati – le rispose.
Lilia non sapeva cosa risponderle, fino a pochi secondi prima sua sorella non sembrava contenta di essere lì nel Tartaro, ora invece diceva che la sua condizione l’aveva liberata di un peso… questo la stava mandando in confusione.
- Lilia, tra poco rientreremo al palazzo di Ecate… se hai qualche domanda, diciamo, scomoda, fammela ora – le disse Aibileen mentre camminavano.
Lilia si rimise la collana e guardò la sorella, come faceva ad anticiparla così facilmente? C’era solo una domanda che le premeva ancora fare.
- Quando Reyna si è arrabbiata prima, il suo spirito si è messo a tremare e tu sei riuscita a fermarlo… non è che hai preso anche qualche potere sui fantasmi? – le chiese dubbiosa.
Aibileen scosse la testa – No, ho sempre i miei soliti poteri anche se Ecate mi ha insegnato un po’ di magia – ammise – il problema dello spirito di Reyna è un altro – le spiegò.
- E quale sarebbe? – chiese Lilia curiosa.
- Sai che ci hanno sempre detto che Reyna morì durante la guerra contro Gea? – le chiese, Lilia annuì – Bene, quella è una bugia. Reyna è stata assassinata circa un mese dopo a Nuova Roma, non chiedermi come, so’ solo che l’hanno trafitta e lei è morta dissanguata – le spiegò – ciò vuol dire che per il suo spirito è più facile arrabbiarsi e, se ciò accade, diventa instabile, e ti assicuro che tu non vuoi vederla ridotta così – le disse Aibileen mentre incominciavano a salire per un sentierino scavato nella roccia.
- E tu? Anche tu diventi instabile se ti arrabbi? – le chiese a tradimento Lilia.
Aibileen si fermò e le sorrise – La mia anima è ancora legata ad un corpo Lili – le ricordò riprendendo a camminare e lasciando la sorella confusa.
 
Alle undici precise si riunirono tutti nella stanza in cui si erano lasciati, Charles non c’era e Reyna li aveva lasciati subito; si erano seduti tutti ad un tavolo e avevano deciso di affrontare il problema di petto.
- La profezia dice che dagli Inferi ci arriverà un aiuto, dobbiamo solo sapere quale – disse Lucas mettendo le carte in tavola.
- Penso che la cosa sia semplice, l’aiuto che vi serve è quello di Ecate, è l’unico aiuto che potete trovare qui sotto – gli ricordò Aibileen.
- Credi davvero che sia così facile da interpretare quel verso? – le chiese Nathaniel scettico.
- Io non vedo altra interpretazione se non questa – gli fece notare.
Dall’arco che dava sulla sala del trono di Ecate, arrivarono di corsa un cane nero e una donnola che si arrampicò sul tavolo per poi andare a mettersi davanti ad Aibileen ed incominciare a squittire mentre il cane abbaiava.
- Ehm… e ora loro che cosa c’entrano? – chiese Fahime confusa.
- Ecate vuole vederci – disse Aibileen alzandosi mentre gli animali si mettevano dietro di lei.
Lilia si sorprese di come sua sorella avesse capito quelle due bestie, ma  probabilmente cinque anni passati con la dea della magia t’insegnavano a fare cose strane.
Lilia vide il cane nero fissare intensamente Ruby con un basso ringhio e la maga fare lo stesso con lui, scoprendo i denti e soffiandogli; ecco, quella era davvero una cosa strana.
- Buona Ecuba – ammonì Aibileen rivolta al cane.
Entrarono nella sala del trono e trovarono Ecate seduta composta sul suo seggio, anche se sembrava avere uno sguardo più pallido e stanco.
- Mia signora – la salutò Aibileen chinando il capo
- Molto bene, vedo che ci siete tutti – commentò mentre il cane andava a sedersi davanti al trono e la donnola a posizionarsi sulla spalla della padrona – per vostra gioia, sono riuscita a districare la profezia e a capire quale aiuto vi dovrà arrivare dagli Inferi – spiegò la dea.
Tutto il gruppo rimase in attesa della risposta che però, la dea sembrava non voler dare – E… sarebbe il tuo aiuto, mamma? – gli chiese Nathaniel facendosi coraggio.
Ecate lo guardò interrogativa – No, io devo badare al mio palazzo e alle anime che vi sono nascoste – gli rispose semplicemente – l’aiuto di cui si parla nella profezia è quello della mia ancella, Aibileen tornerà in superficie e poi sarà il fato a decidere cos’altro dovrà fare -.
Lilia si girò verso la sorella che era sbiancata  e aveva sgranato gli occhi – Ma io sono morta… - le ricordò.
- Ho fatto un patto con Ade, tonerai in vita per tutto il tempo dell’impresa, quando tutto ciò sarà finito tornerai alla vita che conducevi adesso – le spiegò la dea con un leggero sorriso – prendilo come un regalo di compleanno – concluse.
Lilia era al settimo cielo ma in qualche modo riuscì a trattenere tutta la sua euforia; Aibileen sarebbe tornata a casa!
Sua sorella non disse nulla e si limitò ad annuire e a sorridere leggermente – Come volete mia signora – le rispose.
 
A mezzanotte precisa si ritrovarono fuori dal palazzo, Aibileen aveva lasciato la tunica per indossare Jeans e maglietta, si era legata i capelli e aveva preso uno zaino dove aveva infilato delle cose che le sarebbero potute essere utili.
Lilia incominciava a sentire un po’ la stanchezza, la prima cosa che avrebbe fatto appena arrivata al campo sarebbe stato sdraiarsi a letto e rimanerci per molte ore.
- Come torniamo in superficie? – chiese Ruby – di nuovo la porta di Orfeo? – chiese.
- No, Ecate ci ha autorizzato a passare per uno dei suoi ingressi, vi farò uscire il più vicino possibile al Campo – spiegò Aibileen
- Usciremo – la corresse Lilia, la sorella annuì.
Si allontanarono dal palazzo di Ecate, Aibileen e Nathaniel come capo fila, Lilia si mise subito dietro la sorella, continuava ad osservarla per vedere cosa sarebbe successo.
Ecate aveva detto che Aibi sarebbe tornata in vita, ciò voleva dire che il cuore e i polmoni avrebbero potuto rincominciare a funzionare da un momento all’altro.
La nipote di Poseidone non aveva idea da quanto stessero camminando, Aibileen e Nathaniel li coprivano dai mostri con la foschia, anche se per ora non li avvicinavano visto che stavano percorrendo un sentiero di roccia in salita.
- Ci siamo – annunciò Aibi quando si trovarono davanti ad un muro di roccia; lei e Nathaniel vi appoggiarono una mano sopra contemporaneamente, la roccia vibrò e scomparve facendo apparire una scalinata che saliva verso l’alto.
La imboccarono e, senza accorgersene, dieci minuti dopo Lilia sentì l’aria fresca del mattino e il sole tiepido dell’alba sulla pelle.
- Finalmente – sospirò Lucas anche lui contento di essere uscito dal sottosuolo; per una volta tutto era andato per il meglio.
- Aibileen!! –
Lilia si girò di scatto quando sentì Nathaniel chiamare sua sorella; come al solito aveva parlato troppo presto, non era andato tutto per il meglio.
Aibileen era sdraiata a terra che si stringeva il petto con una mano, con l’altra avvinghiava il terreno sotto di se, mentre stava cercando di respirare.

Ed eccolo qui :D
Cosa vi sembra?
Finalmente Aibileen è tornata ufficialmente, vi avverto che non sarà la stessa bimba innocente che avevamo lasciato in " Una Generazione Mortale" ma infondo sono passati cinque anni :)
Direi che non ci sono da dire moltissime cose su questo capitolo, spero solo che vi sia piaciuto :)
Ringrazio, come sempre, chi legge, chi segue, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensisce :) Mi fa sempre piacere ricevere le vostre recensioni con i vostri pareri :)
Spero di poter pubblicare il prossimo capitolo in tempo, scanso impegni scolastici ma abbiate fiducia in me :D
Direi che per ora è tutto,
Un Abbraccio,
Darkness_Angel.

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Capitolo 13
*** XIII. ***


'Sera a tutti! :D
Eccomi di ritorno con un capitolo pubblicato ad un ora indecente :P
Comunque, Pov Aibi :D Finalmente torna anche lei a farsi sentire :) E' un capitolo un po' di passaggio ma non è noioso, tranquilli :)
Ci si legge in fondo, Buona Lettura :)

 

XIII.

 
Aibileen non si ricordava che vivere facesse così male.
Appena era uscita dal passaggio di Ecate, che univa inferi e mondo mortale, il sole le aveva picchiato sulla pelle gelida riscaldandola e il vento le aveva sfiorato il viso; così le era venuta da fare la cosa più semplice del mondo quando si ci trova in una situazione del genere e si sente l’anima rilassarsi: inspirare.
Il problema era arrivato in quel momento, aveva inspirato, l’aria era entrata nei polmoni solo che non era stata fresca e rigenerante, le era sembrato di respirare aria calda o vapori acidi dal dolore che le avevano fatto i polmoni mentre si gonfiavano dopo cinque anni di immobilità.
Si era portata una mano al petto, come se potesse lenire il dolore e, a quel punto anche il cuore aveva rincominciato a battere con un primo, forte, colpo che le aveva mozzato il fiato appena ritrovato e, nel giro di pochi secondi si era ritrovata sdraiata sul terreno cercando di resistere al bruciore che sentiva e alle leggere fitte che il cuore le mandava ad ogni battito.
Non posso tornare in vita, non ho i mezzi per continuare a farlo…
- Aibi, Aibileen cos’hai? – le chiese Nathaniel mettendosi davanti a lei e riparandola dalla luce del sole.
Aibi decise che gli avrebbe risposto dopo, adesso voleva solo trovare un ritmo regolare per respirare e far calmare i battiti del cuore.
- Lasciale spazio Nath – gli disse Lilia mentre si avvicinava alla sorella e le poggiava una mano sulla fronte – Aibi, sei calda… - le disse prendendole una mano per essere sicura che tutto il corpo di sua sorella si fosse veramente riscaldato.
- E stai respirando – notò Lucas
- Si, mi batte anche il cuore e fa un male cane  – gli rispose mentre faceva forza sulle mani per sedersi per terra.
- Fai piano – le disse Lilia aiutandola.
Aibileen si guardò intorno, anche le maghe si erano avvicinate per vedere cosa le fosse successo, tutta l’attenzione era su di lei, e questo non le faceva molto piacere.
- Sto bene, solo che mi sono ripresa troppo alla sprovvista – spiegò.
- D’accordo, ma appena arriviamo al Campo ti farai visitare da un figlio di Apollo – le ricordò Lucas mentre le dava una mano ad alzarsi in piedi, sorreggendola.
Aibileen annuì e non replicò, avrebbe dovuto farlo per forza, aveva il timore che il cuore e i polmoni non potessero reggere per tutta la durata dell’impresa.
Si sentiva come se Ade ed Ecate si fossero presi gioco di lei, come se lei fosse stata una bambola a cui si erano scaricate le pile e loro gliene avessero messe un paio quasi scariche che l’avrebbero riportata in vita ma soltanto per un breve periodo, giusto il tempo per far divertire un po’ il fato e poi rimandarla nel Tartaro.
- Dove siamo usciti? – chiese Fahime guardandosi intorno.
- E’ l’uscita più vicina al Campo – le rispose Aibileen  mentre riprendeva a respirare normalmente mentre si sorreggeva al fratello.
- Quelle sono le colline del Campo – spiegò Nathaniel indicando dei rilievi non molto distanti – abbiamo scelto di usare questo passaggio nel caso i purificatori o dei mostri ci trovassero, vi sarebbero meno rischi di rivelare la posizione del campo – spiegò il figlio di Ecate.
- E… più o meno quanto dista il campo da qui? – chiese Ruby che era visibilmente stanca.
Aibileen bevve una sorsata d’acqua dalla borraccia che Lilia le passava prima di rispondere:
- Due ore, due ore e mezza se ce la prendiamo con calma – rispose.
- Io opto per prendersela con calma – propose Sarah alzando la mano.
Lilia annuì – Concordo, siamo tutti stanchi, ed Aibileen non può fare sforzi – ricordò la nipote di Poseidone.
- Lili non sono più malata – le ricordò Aibileen
- Questo non lo sappiamo ancora, e in ogni caso sei appena tornata in vita, non mi sembra il caso che inizi già con un bello sforzo – le ricordò la sorella.
Come scoprirono poco dopo, Aibileen avrebbe fatto comunque un “bello sforzo” anche se avevano deciso di prenderla con calma.
Aspettarono ancora un minuto prima di rimettersi in cammino, bevvero tutti un sorso d’acqua e controllarono di avere ancora tutti le armi e che non se ne fossero dimenticate nel Tartaro, e solo allora presero la direzione per il Campo Mezzosangue inoltrandosi nella boscaglia.
Ad Aibileen sembrava di essere tornata piccola, il mondo che sino a qualche anno prima non la impressionava più, adesso le sembrava completamente nuovo; la luce del sole, l’aria fresca che portava l’odore di salsedine e non di zolfo, tutti i colori invece del solito nero e rosso, le sembrava che il mondo fosse morto e rinato con lei.
Nathaniel le camminava a fianco e spesso era successo che si fossero ritrovati a fissarsi senza accorgersene; il ragazzo le sorrideva rassicurante, lei rispondeva con un sorriso timido e poi distoglieva lo sguardo, non sapendo cosa avrebbe potuto dirgli se il ragazzo le avesse parlato.
Non si sentiva pronta a riallacciare tutti i rapporti che aveva prima sapendo che, in meno di un mese, sarebbe dovuta tornare di nuovo nel Tartaro e abbandonare, ancora una volta, tutti.
Per questo preferirei non rivedere mamma e papà… pensò fissando il manto erboso sotto i suoi piedi.
- Aibileen… - la ragazza alzò lo sguardo e si ritrovò di fronte Nathaniel che aveva trovato il coraggio di avvicinarsi e parlarle – volevo chiederti scusa per non essere riuscito a venire a trovarti in questi anni e poi… -
E poi un forte ruggito fece tremare l’aria intorno a loro, salvandola da una possibile domanda scomoda di Nathaniel.
- E ti pareva che non potevamo arrivare al Campo tranquilli! – commentò Lilia mentre si toglieva la collana che diventava una spada.
Davanti a loro, uscendo con un balzo da due alberi, apparve una tigre grossa il doppio del normale con il mantello nero e grigio, peloso, ma che non sembrava affatto morbido o vulnerabile.
L’animale era una delle poche chimere che a Setne erano venute bene, aveva mantenuto il corpo di tigre ma la coda era un serpente corallo, anche quello di dimensioni molto più grosse del normale; la cosa strana era che, intorno al collo, la bestia aveva un collare spesso di cuoio nero da cui partiva una lunga catena che arrivava sino a dietro agli alberi.
- Chi cavolo è che porta a spasso un mostro del genere? – chiese Ruby che, anche lei come Lilia, era tutt’altro che felice di quella situazione.
Nessuno ebbe il tempo di risponderle perchè i padroni della bestia uscirono da dietro gli alberi; due purificatori dalle uniformi vermiglie spiccavano sul verde del bosco come macchie di sangue su un prato.
- Vlacas! Scontato, davvero scontato – imprecò Lucas impugnando anche lui la spada.
I purificatori li osservarono per un secondo mentre tutto il gruppo estraeva le proprie armi – Fermi Semidei! – gridò uno alzando una mano.
- Guarda che sono maghi – lo corresse l’altro purificatore
- Ma no, quello ha parlato in greco! – gli fece notare
- Si, ma quelle sono bacchette! – lo rimbeccò l’altro.
Fahime guardò Aibileen e poi le cugine alzando gli occhi al cielo e lasciando cadere le spalle in un espressione che diceva “sul serio?”
- Non importa chi siano! – decise infine il primo purificatore che si era stancato di litigare con il suo compare; i ragazzi non li avevano ancora attaccati perché si stavano divertendo non poco a vedere i purificatori che litigavano sulla loro identità mentre la tigre chimera li guardava ringhiando e pulendosi gli artigli delle zampe anteriori.
- Lasciamo che ci giochi la piccola e, se ne rimane qualcosa, portiamoli alla base, se sono veramente maghi e semidei il capo sarà molto contento di avere la notizia che si sono alleati -.
Quei due purificatori non erano tanto stupidi come avevano dimostrato sino a quel momento, se l’informazione della loro alleanza fosse caduta nelle mani di Michael Varus, o peggio, di Setne, qualsiasi speranza di ribellione sarebbe morta.
- Non possiamo lasciare che scappino – disse Aibileen lanciando sguardi al gruppo e prendendone istintivamente il comando – Io mi occupo della chimera, voi prendete i purificatori – ordinò.
- Aibi, non so’ se è il caso… - le disse Lucas preoccupato
- Ho già affrontato bestie del genere quand’ero nel Tartaro, so’ come prenderle, lasciatela a me e non vi preoccupate – ordinò con un  tono, forse, un po’ troppo duro.
- Va bene, ma non fare l’eroina – le disse la sorella fissandola seria.
Aibileen annuì, poi si levò lo zaino dalle spalle e staccò dalla tasca davanti due spille nere con sopra incise due lettere greche: α e ω.
Le strinse nei pugni e poi vi diede un forte colpo vero il basso, tre secondi dopo stringeva nei pugni l’elsa di due spade corte di ferro dello Stige che fece roteare una volta per stringere meglio la presa.
- Bando alle ciance, attacca SherKan! – gridò il purificatore che teneva il guinzaglio lasciando andare la bestia che si gettò sui semidei ringhiando.
Aibi si prese solo un secondo, prima di attaccare, pensando che fantasia avevano avuto i purificatori nel dare il nome alla tigre, ma poi si gettò nel combattimento.
SherKan arrivò con un balzo davanti al gruppo, ruggendo; semidei e maghe si dispersero mentre invece Aibileen rimaneva davanti alla chimera fissandola negli occhi spaiati, uno completamente nero ed uno azzurro, mettendosi in posizione d’attacco con il corpo leggermente flesso all’indietro una lama sopra la testa per attaccare e l’altra in posizione di difesa davanti al suo petto.
La chimera ringhiò ancora una volta e poi le si gettò addosso con un balzo, Aibileen rotolò di fianco rialzandosi subito in piedi e tagliando di netto la testa del serpente corallo che aveva appena tentato di morderla.
La coda della chimera si agitò ancora un attimo e un secondo dopo si divise in due facendo nascere altri serpenti.
- Perfetto – commentò Aibileen sarcastica mentre schivava una zampata della tigre flettendosi all’indietro e ritornando in piedi  dopo aver eseguito un ponte ed una verticale degne di una ginnasta.
La tigre le si riposizionò davanti e ringhiò un’altra volta mentre i serpenti sibilavano; attaccarla frontalmente non era un buon piano, doveva trovare un altro modo.
Prima che la tigre ripartisse all’attacco, Aibileen scorse la catena di metallo, che era il suo guinzaglio, strisciare sul terreno ed un piano le si formò in testa.
Appena la tigre si lanciò di nuovo in avanti per attaccarla lei scattò di lato, rotolò per terra schivando l’ennesima zampata e batté l’elsa della spada sinistra sul fianco in modo che ritornasse ad essere una spilla che infilò in tasca; raccolse la catena del guinzaglio e, prima che la tigre potesse rigirarsi di nuovo, le saltò in groppa avvolgendole la catena intorno al collo iniziando a tirare per soffocarla.
Stava per tagliarle la gola quando qualcosa le attanagliò il braccio, Aibileen si lasciò scappare un grido e si girò di scatto tenendo ancora stretta la catena; un serpente della coda si era allungato e l’aveva morsa sul braccio.
La semidea imprecò sotto voce, non pensava che quei serpenti fossero così lunghi; tranciò la testa del serpente che scomparve lasciando sul suo braccio soltanto il segno di denti, poi si alzò in piedi sul dorso della tigre per evitare che l’altro serpente riuscisse a raggiungerla, lasciò andare la catena e conficcò la spada in mezzo agli occhi della bestia che aveva alzato la testa per fissarla.
La chimera emise un ultimo ringhio frustrato per poi diventare sabbia facendo cadere Aibileen per terra ancora con la spada stretta tra le mani, leggermente ansante.
- E questo quando cavolo lo hai imparato?! – le chiese la sorella che la guardava incredula mentre alle sue spalle Nathaniel faceva sparire nel terreno i due cadaveri dei purificatori.
- Mi ha allenata Reyna mentre ero nel Tartaro – le rispose mentre faceva ritornare anche l’altra spada spilla.
- Si, vede… tanto – commentò la sorella con un sorriso sereno e fiero.
Aibileen avrebbe voluto sorriderle ma una fitta improvvisa al braccio la fece gemere e le gambe le cedettero facendola cadere a terra.
- Aibi! – le gridò Lilia correndole in contro e sorreggendola – cos’hai? – le chiese preoccupata.
- Il serpente mi ha morso – le disse con un gemito mostrandole il segno dei due denti sul braccio sinistro che ormai non riusciva più a muovere.
Lilia imprecò, la prese in braccio e la portò dal resto del gruppo – Cosa succede? – chiese Lucas preoccupato vedendo la sorella minore che non si reggeva in piedi e che aveva la parte sinistra del corpo paralizzata.
- L’ha morsa il serpente della coda – gli spiegò Lilia poggiando Aibileen a terra mentre Lucas esaminava la sorella.
- E’ un veleno neurotossico, la sta paralizzando – disse dopo averle provato a far muovere il braccio.
Aibileen sapeva che veleno rilasciavano quelle serpi, e ed era stata una stupida a sottovalutarle, se non le avessero dato un antidoto nel giro di una ventina di minuti il veleno sarebbe arrivato ai polmoni e al cuore e lei sarebbe morta per soffocamento e arresto cardiaco, di nuovo.
- Forse posso fare qualcosa – disse Fahime prendendo il suo zaino e incominciando a rovistarci dentro – nel frattempo bloccatele il flusso sanguigno del braccio – disse mentre cercava freneticamente qualcosa nello zaino.
Lilia si sciolse i capelli e poi infilò l’elastico nel braccio avvelenato della sorella fino a che non arrivò poco sopra il segno dei denti.
Aibileen si lasciò sistemare come se fosse una bambola, ormai non sentiva più tutto la parte sinistra del suo corpo, nemmeno la mano di Lilia che le stringeva il fianco per sorreggerla.
- Siano ringraziati tutti gli Dei! – esclamò Fahime tirando fuori dallo zaino una scatolina di metallo e correndo vicino a Lilia ed Aibileen.
- Che cos’è? – le chiese Nathaniel scettico e preoccupato mentre Fahime tirava fuori dalla scatolina quello che sembrava muschio, ma bianco.
- E’ una pianta che ha modificato Jazz, la nostra guaritrice – spiegò Sarah per rassicurare i presenti mentre Fahime schiacciava due pezzi di quel muschio in una mano – Assorbirà il veleno dal sangue – spiegò.
- Fidati di lei, Nath – gli disse Lucas vedendo il figlio di Ecate ancora scettico.
- Però prima devo allargare un po’ la ferita, devo farti un taglio Aibileen – le disse mentre prendeva un coltellino svizzero dalle mani di Ruby.
- Non ti preoccupare – la rassicurò la semidea con un mezzo sorriso mentre sentiva una stretta gelata invaderle il petto.
Fahime prese il coltello, poggiò un attimo il muschio sulle ginocchia e poi sussurrò A’max e delle fiamme le si avvolsero intorno alla mano senza bruciarla; ecco un trucchetto che potevano usare coloro che sceglievano di seguire la via di Seth.
Vi passò in mezzo la lama, senza che il metallo si arrossasse, poi spense il fuoco e fece una piccola incisione con la lama sterilizzata tra i buchini lasciati dal serpente; Aibileen emise soltanto un piccolo gemito quando sentì la lama calda inciderle la carne ma provò invece sollievo quando la maga le poggiò sul braccio il muschio.
- Quando rincomincerà a muovere la mano, leva l’elastico e lascia che il muschio continui ad agire, dovrebbe levarle il grosso del veleno – spiegò mentre lasciava che fosse Aibileen a reggere il medicamento.
Passarono cinque minuti ed Aibi iniziò a sentir formicolare la mano sinistra, incominciando a flettere le dita; Lilia tagliò il suo elastico permettendo al muschio di iniziare a richiamare il veleno anche dal resto del corpo, mentre Aibileen incominciava a sentire il freddo al fianco scomparire e l’animo calmarsi.
- So’ che sei ancora convalescente Aibileen, ma non è sicuro rimanere qui ancora per molto, ho la sensazione che quei due purificatori non siano venuti qui da soli – disse Sarah scusandosi.
- Hai ragione, è meglio muoversi – convenne Aibileen cercando di tirarsi in piedi ma rischiando di cadere se Lilia non l’avesse ripresa al volo - Ok, forse sono troppo debole… - ammise sconsolata.
Appena ritornata in vita e sono già un peso.
- Vorrà dire che farò una cosa che avrei dovuto fare ma che non ho mai fatto in vita mia – disse Lucas ridendo e avvicinandosi ad Aibileen.
- Che cosa? Non rubarmi il dolce? – gli chiese scherzando
- No, per quello perdi pure la speranza, continuerò sempre a farlo – scherzò mentre si accucciava davanti a lei – ma ti porterò in spalla – le spiegò facendole l’occhiolino.
Aibileen sorrise sospirando e scosse il capo, poi Lilia le diede una mano e la mise sulle spalle di Lucas dopo averle legato al braccio il muschio con una benda che aveva tirato fuori Nathaniel dal suo zaino.
Aibileen mise le braccia intorno al collo del fratello stando attenta a non strozzarlo e gli cinse i fianchi con le gambe mentre il fratello la sorreggendola da sotto il sedere.
- Comoda? – le chiese Lucas rialzandosi in piedi.
- Mai stata meglio – gli rispose Aibileen.
 
Si rimisero in cammina dopo che Lilia ebbe preso lo zaino di Aibi e Fahime si fu offerta di portare quello di Lucas.
Il resto del viaggio al campo fu tranquillo, il muschio sulla ferita di Aibi funzionava e la camminata di Lucas le metteva sonnolenza, ma riuscì a combatterla e a rimanere sveglia.
- Eccoci quasi a casa – le disse Lilia quando iniziarono a salire la collina del campo facendole una carezza e parlandole come se fosse ancora una bambina.
Aibi non disse nulla, incapace di dire se quel gesto la urtasse o le facesse piacere.
Arrivati in cima alla collina Aibi batté una mano sula spalla del fratello – Ce la posso fare adesso – lo rassicurò.
- Sicura? – le chiese Nathaniel quando vide che si erano fermati.
- Si, non voglio far preoccupare mamma e papà appena mi vedono – gli rispose mentre Lucas la metteva a terra.
- Però è meglio se ti fai vedere da un figlio di Apollo dopo averli salutati – le ricordò Lilia.
Fahime si avvicinò ad Aibi e le levò il bendaggio, il muschio era diventato nero – Ha levato la maggior parte del veleno, ma ho paura che tu ne abbia ancora un po’ in corpo – si scusò la maga facendo cadere il muschio per terra, tanto era tutto naturale e biodegradabile, e i satiri non avrebbero avuto niente in contrario.
Mai mettersi contro un satiro.
- Non ti preoccupare – la rassicurò Aibileen – mi hai salvato la vita in ogni caso – le ricordò.
Lucas la mise a terra e le diede una mano a mantenere l’equilibrio, Aibileen gli sorrise e poi gli lasciò la mano – Ci sono, ci sono – lo rassicurò.
La semidea, ripreso lo zaino dalla sorella, se lo mise sulle spalle; si sentiva ancora un po’ intontita ma non voleva che la prima emozione che avrebbero provato i suoi genitori appena la vedevano fosse la preoccupazione, l’avevano già provata abbastanza per lei.
Attraversarono la barriera del campo e, all’improvviso, Aibileen sentì in lontananza il rumore del Campo in piena attività e dovette ammettere che quei suoi le erano mancati.
Scesero con calma dalla collina decisero di prendere la strada per la Casa Grande in modo d’avvertire subito Chirone che erano ritornati sani e salvi.
- Io e Lucas andiamo avanti per avvertire, vi affidiamo Aibileen, non perdetecela – scherzò Lilia prendendo sotto braccio il gemello.
Aibileen avrebbe voluto tirare un pugno a sua sorella, continuava ad avere la pessima abitudine di lasciarla sempre sola quando si presentavano situazioni di possibile imbarazzo.
- D’accordo, non preoccuparti – la rassicurò Sarah che si era sentita chiamata in causa.
I gemelli si allontanarono camminando a passo spedito e presto sparirono alle pendici della collina:
- I tuoi genitori saranno molto contenti di rivederti – le disse Nathaniel per rompere il silenzio.
- Anche io sono molto felice di rivedere loro – gli rispose Aibileen.
E la discussione finì lì.
Le maghe decisero di lasciare Aibileen e Nathaniel all’incrocio della strada che portava alla Casa Grande e agli alloggi dei maghi, per prima cosa volevano andare ad avvertire i loro genitori che erano tornate sane e salve dagli Inferi.
Così Aibileen e Nathaniel si ritrovarono a percorrere il pezzo di strada che li separava dalla Casa Grande in completo silenzio, per qualche ragione, che non riusciva a comprendere, Aibi non trovava un modo per iniziare una discussione abbastanza lunga con il figlio di Ecate.
Quando arrivarono alla Casa Grande, Aibileen vide i suoi genitori che le davano le spalle mentre stavano parlando animatamente con Lilia e Lucas; possibile che fossero già riusciti a farsi sgridare in nemmeno venti minuti da quando erano ritornati?
Lilia incrociò il suo sguardo e le fece capire di avvicinarsi di soppiatto senza farsi sentire dai genitori; Aibileen scosse la testa sorridendo ma decise di stare al gioco.
- Aspetta qui Nath – gli disse Aibileen
- No, ho delle cose da fare, si ci vede dopo – le rispose frettolosamente per poi allontanarsi.
- Ok… a dopo – lo salutò mentre si avvicinava cauta e silenziosa alle spalle dei genitori che continuavano a parlare con Lilia e Lucas ad alta voce.
- Allora, ci volete dire qual è stato l’aiuto che avete portato dagli Inferi? – chiese suo padre scocciato.
- Non credo sia Ecate visto che nessun dio ha ancora protestato per il suo arrivo – aggiunse sua madre riflettendo.
- Infatti non è Ecate, è un’altra cosa – disse Lucas prendendo tempo mentre Aibileen si sistemava dietro ai genitori.
- E si può sapere cos’è questa cosa? – chiese Annabeth.
- E’ una cosa strana… ma non dovrebbe farvi arrabbiare… - disse Lilia mordendosi il labbro inferiore creando un espressione contrita anche se in realtà lo faceva per trattenere le risate.
- Beh, diteci cos’è, e vedremo – le disse Percy.
- D’accordo… allora giratevi – disse Lucas infine con un sospiro.
Percy e Annabeth si girarono all’unisono guardando dietro di loro, Aibileen gli sorrise allegra e, con la stessa allegria del sorriso insista nella voce disse – Ciao mamma, ciao papà! –
Non è facile descrivere la reazione di Percy e Annabeth, probabilmente fu la somma di diverse emozioni tra la quale prevalse la sorpresa e la gioia ( probabilmente se non fosse prevalsa anche la seconda entrambi sarebbero svenuti per lo shock ).
- Aibileen! – gridarono all’unisono i due semidei per poi abbracciare stretta la figlia che si ritrovò a soffocare tra le braccia dei genitori e i baci della madre ( cosa che non le dispiacque).
- Fai piano mamma, non vorrai mica rimandarla nel Tartaro proprio adesso che è ritornata – scherzò Lucas.
Annabeth però non l’ascoltò e prese il viso della figlia tra le mani guardandola negli occhi mentre i suoi si riempivano di lacrime per la gioia; non le sembrava vero che la sua bambina fosse di nuovo tra le sue braccia, aveva paura che se avesse chiuso gli occhi la sua piccolina si sarebbe rivelata soltanto l’ennesimo sogno.
- Sei qui – le sussurrò stringendola a se’ con forza come se così potesse tenerla con se’ per sempre.
- Si, e credo che ci resterò per un po’  - le disse Aibileen accoccolandosi tra le braccia della madre e fregandosene di avere diciassette anni e non più dodici.
- Allora, piaciuta la sorpresa che vi abbiamo portato dal Tartaro? – scherzò ancora Lilia avvicinandosi alla madre  che continuava a cingere le spalle di Aibileen con un braccio.
- Non pensavo fosse possibile… - disse Percy guardando la figlia e trattenendosi anche lui dallo scoppiare a piangere.
- Ecate l’ha lasciata andare per il tempo dell’impresa – spiegò Lucas
- Sembra che l’aiuto che vi serviva dagli Inferi sia io – rispose Aibileen guardando i genitori.
- Dovreste vedere come combatte! – disse Lilia – Ha ammazzato una chimera in meno di dieci minuti, l’ha morsa, ma è stata mitica -.
Alle parole “l’ha morsa” sui visi di Percy e Annabeth apparve il panico – Dove ti ha morsa?! – le chiesero all’unisono preoccupati.
Aibileen rise – Sul braccio, ma Fahime è riuscita a medicarmi prima che ci lasciassi di nuovo la pelle, sto bene, ma per sicurezza andrò da un figlio di Apollo – aggiunse per far si che altre ansie o paranoie non assalissero i genitori.
- D’accordo – disse suo padre cercando di calmarsi – l’importante è che tu sia qui, ma fammi capire una cosa… adesso tu sei viva? – le chiese poggiandole due dita sotto il mento cercando il battito cardiaco.
Aibileen sorrise – Certo che sono viva, Ecate ed Ade mi ha rimesso in piedi cuore e polmoni per permettermi di partecipare all’impresa – spiegò mentre tutta la famiglia incominciava ad incamminarsi verso l’infermeria.
Annabeth si corrucciò – Questo vuol dire… -
Aibileen le prese la mano e gliela strinse – Non pensarci mamma, adesso sono qui e non me ne vado – la rassicurò con un sorriso, sua madre le sorrise dolcemente e le strinse la mano come per assicurarsi che fosse tutto vero.
 
Arrivarono all’infermeria tranquillamente, stranamente ( molto stranamente) non incontrarono nessuno che conosceva Aibileen così bene da notare il suo ritorno.
Il problema iniziò quando arrivarono in Infermeria perché Will riconobbe subito Aibileen e si fece raccontare cos’era successo, naturalmente anche Logan la riconobbe e, non riuscendo a trattenersi gli scappò la notizia con un suo zio, insomma, nel giro di neanche mezz’ora in cui Will diede un antidoto ad Aibileen per smaltire completamente il veleno e le controllò funzionalità di cuore e polmoni, tutto il campo venne a sapere del suo ritorno.
Aibileen fece un respiro profondo mentre Will le ascoltava i polmoni – Allora? – gli chiese Annabeth che non aveva più voglia di aspettare.
- Sembra tutto a posto – le rispose mettendo via lo stetoscopio.
- Vuoi dire che è guarita? – chiese Percy sorpreso mentre la figlia si sistemava la maglietta.
- No, i polmoni non suonano come due polmoni in perfetta salute, ma sicuramente funzionano meglio di prima – spiegò Will mentre si appoggiava al tavolo e incrociava le braccia sotto il petto.
- E il cuore? – chiese Annabeth
- Il cuore è rallentato rispetto ad un cuore normale – le rispose il figlio di Apollo ma guardando Aibileen – ma questo credo sia dovuto al fatto che sei appena ritornata in vita – continuò con un sorriso rassicurante.
- Quindi sta bene – concluse Lilia stringendo di sorpresa Aibileen.
- Per una che è appena ritornata in vita si – ammise Will – ma non esagerare, non so’ comunque quanto potrebbero reggere cuore e polmoni, anche se ora funzionano, sono sempre quelli di prima quindi, fa attenzione – le ricordò il figlio di Apollo serio.
Aibileen annuì – Tranquillo, mi ricordo come tenerli a bada – scherzò la semidea portandosi una mano al petto.
Salutarono Will ed uscirono dall’infermeria, nessuno parlò di quello che aveva detto il semidio, ora era un momento di gioia e non sarebbe stata l’ennesima diagnosi a rovinarlo.
Aibileen rise ad una battuta di suo padre mentre uscivano dall’infermeria insieme al resto della famiglia, come se non fosse passato neanche un giorno, e non cinque anni, da quando si erano separati.
- Ma allora è vero! –
Annabeth e Lilia, che erano al fianco di Aibileen, fecero in tempo a scostarsi che Poseidone corse verso la nipote prendendola in braccio e strappandole un grido sorpreso che poi si trasformò in risata.
- Ma allora è vero che il mio scorbutico fratellino ti ha lasciato andare – disse il Dio stringendo la nipote per poi rimetterla a terra.
- Solo temporaneamente ma si – gli rispose Aibileen sorridendo e abbracciando il nonno.
- Sappi che siamo tutti molto felici di riaverti qui – le disse Atena avvicinandosi e poggiandole una mano su una spalla, gesto secondo lei molto affettuoso.
- Nonna! – Aibileen invece optò per un normalissimo abbraccio che lasciò la dea sorpresa e abbastanza rigida.
- Anch’io sono felice di rivederti tesoro – le rispose Atena dandole dei colpetti affettuosi sulla testa come si farebbe ad un cane troppo festoso per farlo stare buono, ma Aibileen non se la prese, sapeva che sua nonna non era molto espansiva di natura.
Aibileen si staccò e si sporse per vedere chi altro fosse venuto a salutarla per essere tornata in vita; fare l’elenco di tutti i nome sarebbe stato impossibile dato che erano venuti a trovarla tutti i suoi zii.
Da quel momento in poi Aibileen perse la cognizione del tempo.
Tutti le si fecero intorno, compresa la sua famiglia, accerchiandola e assalendola con tutte le domande più disparate o le manifestazioni d’affetto che andavano da quelle eccessive a quelle normali ma che sommate insieme erano veramente troppo.
Sentì il battito del cuore accelerare, il fiato mancarle e la testa svuotarsi, doveva avere aria o avrebbe rischiato di svenire.
- Grazie, ma… ma ora devo andare – disse all’improvviso senza pensare che lì c’era anche la sua famiglia facendosi largo tra l’accerchiamento di parenti e amici per poi, quando fu libera, correre verso il bosco con il cuore che le batteva a mille nel petto.
Corse finché non si fu inoltrata nella foresta, sempre nei confini del campo, trovò un albero che avesse i primi rami non tanto alti, si diede lo slancio e vi si attaccò per poi incominciare ad arrampicarvisi.
Sentiva dentro al petto una paura e un ansia crescente che si iniziò a calmare soltanto quando fu salita abbastanza in cima all’albero e le fronde l’ebbero nascosta parzialmente.
C’erano troppe persone che aveva ritrovato e a cui voleva bene, ma lei non poteva permettersi di riaffezionarsi a loro e non poteva lasciare che loro si riaffezionassero a lei.
Quelle persone avevano già sofferto troppo a causa sua e non era giusto che risuccedesse di nuovo visto che non sarebbe rimasta per sempre e lei non voleva farli soffrire ancora… lei non voleva soffrire di nuovo…
- Possibile che tu non trovi mai un posto normale per andarti a nascondere? –
Ad Aibileen prese quasi un colpo quando sentì la voce del figlio di Ecate affiorare tra i rami seguita subito dopo da una zazzera rossa.
- Nathaniel… - riuscì a dire soltanto sorpresa.
- Lo fai tutte le volte, dici che non ti puoi sforzare ma se hai un problema vai sempre ad appollaiarti su di un albero – l’ammonì mentre si sedeva sul ramo accanto a lei.
- Più vado in alto e più sto meglio – gli rispose semplicemente mentre alzava lo sguardo al cielo che sbucava tra le fronde.
- Soprattutto dopo che hai vissuto molto in basso per tanto tempo – le rispose il ragazzo
- Era una battuta? – gli chiese Aibileen scettica
- Si, e riuscita molto male a quanto pare – le rispose con un mezzo sorriso.
- Perdonami Nathaniel, ma… devo riabituarmi a… a tutto – gli rispose gesticolando per indicare tutto ciò che la circondava.
Ci fu un momento di silenzio in cui Nathaniel si guardò le scarpe ed Aibileen invece continuò a fissare il cielo e le nuvole che le passavano sopra la testa.
- Sai Aibi… sei cambiata, non ti riconosco quasi più – le disse all’improvviso il semidio guardandola.
Aibileen gli sorrise con un velo di tristezza – Le persone cambiano Nathaniel, sono passati cinque anni, ma posso assicurarti che sono sempre io – gli disse per poi sospirare e tornare a guardare il cielo – Sono successe cose che mi hanno costretto a cambiare, che mi hanno fatto crescere; sono diversa, è vero, ma dentro, sono sempre io.  – concluse tornando a sorridergli.
Il ragazzo rimase in silenzio fissando il terreno come se ci volesse guardare attraverso.
- Nathaniel… Devi solo farci l’abitudine, poi tornerà tutto come prima – lo rassicurò provando a toccargli una spalla, ma il ragazzo si ritrasse di scatto.
- No! Tu non capisci! – le gridò arrabbiato – io volevo esserci Aibi! Volevo essere parte del tuo cambiamento, ma invece il fato non l’ha voluto e niente tornerà come prima! Io non c’ero Aibi, è questo il problema! – le gridò in uno scatto d’ira dovuto alla frustrazione e alla rabbia trattenute in quei lunghi cinque anni.
Aibileen lo guardò seria indurendo lo sguardo – Non possiamo e non puoi tornare indietro nel tempio Nathaniel – gli ricordò – Non ci sei stato, è vero, ma puoi esserci ora -.
Il figlio di Ecate non disse nulla e la guardò, sapeva che aveva ragione ma non riusciva a darsi pace.
Quella che aveva davanti era e non era, allo stesso tempo, la Aibileen che conosceva lui.
Da come si comportava, come reagiva quando stava con lui e con gli altri sembrava una persona sconosciuta ma, allo stesso tempo, se la guardava negli occhi riusciva ancora a vedere la ragazzina di dodici anni di cui si era innamorato.
- Io sono questa adesso Nathaniel e difficilmente tornerò ad essere quella di prima, quindi non so’ cosa dirti, spero potrai accettarmi per come sono – concluse la semidea chinando il capo e guardando il terreno.
- Aibileen io… -
Il ragazzo si bloccò all’improvviso e si mise in ascolto come se vi fosse stato un rumore, Aibileen chiuse gli occhi per poi riaprirli nella stessa direzione in cui stava guardando Nathaniel.
- Lo senti anche tu? – le chiese il figlio di Ecate leggermente sorpreso.
Aibileen annuì – Si, qualcuno sta usando un passaggio dal Tartaro a qui, e lo sta aprendo molto vicino al confine del campo – gli disse guardando un punto indefinito dietro di loro – E credo anche di sapere chi sia – disse prima di iniziare a scendere ( o meglio a buttarsi ) giù dall’albero.
- Aibileen, ferma! – le disse Nathaniel seguendola di corsa.
La semidea, logicamente, non lo ascoltò; scese giù dall’albero rapidamente per poi mettersi a correre nella direzione dove aveva percepito la presenza.
Nathaniel le si mise a correre dietro chiedendosi perché Aibi fosse cambiata così tanto ma non avesse perso la sua impulsività.
Aibileen corse seguendo il senso di orientamento che aveva acquisito vivendo con Ecate e nel Tartaro; superò senza farsi troppi problemi la barriera del campo per poi fermarsi di colpo.
- Dovrebbe essere qui – disse a Nathaniel che l’aveva raggiunta.
Aibileen annuì mentre si guardava intorno, poi vi fu un addensamento di ombre e ne uscì un ragazzo che si spazzolò la giacca come se vi fosse della polvere; lo sguardo di Aibileen si tramutò in una maschera di rabbia.
- Che cosa fai qui? Vuoi farci scoprire tutti?! – chiese infuriata avvicinandosi al ragazzo.
- Ma stai tranquilla, ho preso le mie precauzioni – la rassicurò il ragazzo ridendo.
- Si, certo, perché di te c’è da fidarsi – gli rispose Aibileen fermandosi davanti a lui imbronciata.
- Certo che puoi fidarti di me, Desiderio – le rispose il ragazzo continuando a ridere.
- Piantala – gli rispose caustica Aibileen.
- Come vuoi – gli rispose con un alzata di spalle il ragazzo.
E poi la baciò.

Lo so', chi shippa Aibi con Nathaniel mi sta odiando in questo momento :D Chi sarà il ragazzo sconosciuto?
Ma non potevo mica far andare tutto bene no? Che divertimento ci sarebbe se no? :3
Comunque, cosa ne pensate?
Giuro che non lo faccio apposta a mettere Aibi in situazioni di pericolo, è lei che si ci caccia da sola :D
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero di riuscire a pubblicare in tempo per Giovedì prossimo, perchè mi aspetta una settimana davvero Infernale >.<
Ringrazio chi legge, chi segue, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensisce :) Mi fa sempre piacere rivevere le vostre recensioni, con i vostri pensieri :D
Direi che per ora è tutto,
Un abbraccio,
Darkness_Angel.

 

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Capitolo 14
*** XIV. ***


Domani ( speriamo di no :P ) arriverà l'Apocalisse, sono riuscita a pubblicare ad un orario decente!  XD
Comunque, 'Sera a tutti sono qui per presentarvi il XIV capitolo, che sarà un capitolo un po' di passaggio, ma mi serviva per introdurre i prossimi capitoli....  :3 con Pov Aibi.
Buona Lettura, ci si vede in fondo ;)

XIV.

 
Aibileen rimase per un secondo stordita mentre il ragazzo la baciava ma, appena riprese le sue facoltà mentali e motorie, lo allontanò con uno spintone.
- Ma sei scemo, Esdra?! – gli gridò infuriata.
Il ragazzo rise come se fosse accaduta la cosa più divertente del mondo e poi fissò Aibileen che invece lo guardava furente.
- Te la prendi così tanto Desiderio? L’’ultima volta non mi sembra... –
- Esdra, tappati immediatamente la bocca! – gli gridò Aibileen arrossendo.
- Aibi, si può sapere cosa sta succedendo? – le chiese Nathaniel avvicinandosi e studiando il nuovo arrivato come un lupo studia un altro animale che è appena entrato nel suo territorio.
- Già, chi è la carota? – replicò Esdra.
Aibileen fece un respiro profondo, i due ragazzi si stavano fissando come se fossero pronti a saltarsi addosso, ci mancava solo che si mettessero a ringhiare uno contro l’altro,  e lei era l’unica che poteva fermarli.
- Se mi date un secondo spiego ad entrambi! – disse infine scocciata – pensate che possiamo tornare dentro i confini del campo o avete bisogno di azzuffarvi qui? – chiese.
- Almeno che carota non abbia messo radici per me non c’è problema – rispose il nuovo arrivato sorridendo ad Aibileen e mostrando dei canini aguzzi.
- Io ho un nome, non mi chiamo carota – gli rispose Nathaniel guardandolo con gli occhi ridotti ad una fessura.
- Se lo sapessi lo userei, Carota – lo rimbeccò Esdra.
- Smettetela! – gridò Aibileen al limite della sopportazione – ora rientriamo al campo, e solo allora riprenderemo il discorso! – gridò infuriata.
Entrambi i ragazzi si zittirono all’istante fissando gli occhi grigi della semidea che minacciavano di scatenare l’inferno.
Aibi annuì decisa e poi risalì la collina seguita dai due ragazzi che la seguirono senza dire una parola.
Sapeva che Esdra non se ne sarebbe rimasto nel Tartaro per sempre, ma non si sarebbe mai aspettata che il suo arrivo sarebbe stato un incontro in stile “Twilight” con lei nel ruolo di Bella, Nathaniel nel ruolo di Jacob ed Esdra in quello di Edward, insomma  non era proprio il suo genere.
Decise di fermarsi a qualche metro dalla barriera, sapeva che se lei e Nathaniel avevano sentito l’arrivo di Esdra l’avevano percepito anche tutti i figli di Ecate, Hazel e Nico, ciò voleva dire che non sarebbero rimasti soli ancora per molto e che non aveva tantissimo tempo per risolvere la situazione.
Aibileen si fermò e si girò fissando i due semidei con le braccia incrociate al petto:
- Ora posso sapere il nome di Carota o hai bisogno di andare nella tua base super segreta, Desiderio? – le chiese Esdra continuando a ridere.
- No, ora va bene – gli rispose Aibi scocciata, quella situazione stava mettendo alla prova la sua pazienza.
- Bene – la anticipò Nathaniel girandosi verso Esdra – Io sono Nathaniel Jordan, figlio di Ecate – gli disse porgendogli la mano.
- Ah! Ma allora sei La Carota – rispose il ragazzo stringendogli la mano e ridendo – Io sono Esdra Lux, figlio di Nyx, piacere mio – gli rispose il ragazzo serio fissando Nathaniel con i suoi occhi rosso fuoco mentre gli stringeva la mano.
Aibileen li guardò mentre i due semidei si studiavano; Esdra figlio di Nyx con i capelli neri e gli occhi rossi, Nathaniel figlio di Ecate con gli occhi neri e i capelli rossi.
Al pensiero che gli unici due ragazzi della sua vita fossero uno l’esatto opposto dell’altro le venne quasi da ridere, e l’avrebbe fatto se quei due non avessero continuato a stringersi la mano con forza, come se volessero rompersela a vicenda, e a fissarsi in cagnesco.
- Ok, ora credo possiate smetterla di salutarvi – disse per fermare il gelo che si stava venendo a creare.
I ragazzi si lasciarono la mano ma continuarono a fissarsi; Nathaniel stava per dire qualcosa ma, per grande gioia di Aibi, furono interrotti da Nico, Annabeth, Hazel e la capo cabina di Ecate che stavano risalendo la collina.
- Aibileen! –
La semidea sorrise alla madre che la stava raggiungendo, a grandi passi, seguita dagli amici.
– Sapevo che ci saresti stata anche tu – commentò con un sospiro – non ce la fai proprio a tenerti fuori dai guai, vero? – le chiese.
Aibileen non riuscì a capire se stesse scherzando o fosse un rimprovero vero e proprio.
- Abbiamo sentito l’arrivo di qualcuno dagli Inferi – spiegò la capo cabina di Ecate guardandosi intorno.
- Colpa mia – rispose Esdra avanzando e mettendosi al fianco di Aibileen – Sono venuto a trovare Aibi e non mi andava di fare troppa strada a piedi – spiegò mettendo un braccio sulle spalle di Aibileen.
- E tu saresti? – gli chiese Nico tutt’altro che rassicurato dall’aspetto del ragazzo.
- Esdra, figlio di Nyx, io ed Aibileen siamo diventati molto amici mentre eravamo nel Tartaro – spiegò il ragazzo enfatizzando il “molto” e stringendo la semidea per un fianco e avvicinandola a lui facendola arrossire.
- In che senso molto amici? – chiese Annabeth fissando il figlio di Nyx con gli occhi ridotti ad una fessura.
- Ora ti spiego tutto mamma – disse Aibileen mettendo le mani avanti prima che succedessero disastri – ma posso assicurarvi che è dalla nostra parte – concluse.
- Desiderio ha ragione – disse Esdra sorridendo ad Annabeth – anche se mia madre non è molto contenta che frequenti dei Jackson – aggiunse scherzoso.
Annabeth continuò a fissare il ragazzo in malo modo, qualcosa la portava a non fidarsi di lui, già solo il fatto che avesse deciso di arrivare vicino al Campo rischiando di rivelare la posizione di tutti loro non era un punto a suo favore ed in più era figlio di una Dea che avevano battuto per ben due volte.
- Quindi sei arrivato da solo? – chiese Hazel scettica.
- Da solo come quando sono nato, non mi credi figlia di Plutone? – le chiese.
Aibileen pensò che, se Esdra continuava a comportarsi così ( che poi era come si comportava di solito ), non sarebbe mai riuscito a farsi accettare.
- Senti ragazzino, non mi importa da dove tu venga, o cosa tu abbia fatto sino ad ora, ma vedi di portare rispetto alle persone più grandi di te – lo sgridò Annabeth con gli occhi grigi che erano diventati pietra.
- Perdonalo mamma…  - le disse Aibileen difendendo il ragazzo e beccandosi anche lei un occhiataccia da sua madre che esprimeva tutta la sua delusione.
- Ora è meglio se andiamo – disse Nico cercando di non far precipitare la situazione.
Aibileen lanciò uno sguardo a Nathaniel per cercare supporto, ma il figlio di Ecate le lanciò uno sguardo indecifrabile e raggiunse sua sorella in cima al gruppo; Esdra era controllato a vista dagli altri tre adulti e la semidea si ritrovò in fondo al gruppo, da sola.
Se c’era una cosa che Aibileen aveva imparato in quegli anni era a morire dentro mentre continuava a sorridere spensierata e allegra.
Nonostante fosse morta aveva mantenuto ancora un corpo piuttosto solido, e con esso, le emozioni erano rimaste; solita fortuna.
I primi tempi, dopo la sua morte, si era detta che sarebbe passato, che dopo un altro giorno i suoi genitori non le sarebbero mancati così tanto, che il cuore non le si sarebbe stretto in una morsa tutta le volte che pensava ai suoi fratelli o a chi aveva lasciato.
Ma non era successo, e così, per trovare un modo per stare meglio, si limitava a nascondere tutto e a seppellirlo; Ecate non si poteva definire una persona molto paziente e non se la sentiva di confidare i suoi timori a Silena o Reyna, quindi teneva tutto per se’.
Così aveva imparato a stamparsi un sorriso in faccia e a svolgere i suoi compiti senza che le sue emozioni la intralciassero; il problema era che tutto quel dolore le stava consumando l’anima, letteralmente.
Lei sapeva chi era, non era un fantasma perso nei campi degli asfodeli, però, giorno dopo giorno, il dolore la divorava e aveva paura che prima o poi anche lei sarebbe diventata un fantasma perdendo quel poco di umano che le era rimasto e vagando senza una meta per l’eternità.
Poi era arrivato Esdra.
E adesso era ritornato Nathaniel, la sua vita si era complicata in meno di ventiquattro ore nelle quali aveva già messo in allarme sua madre, fatto arrabbiare il suo migliore amico e rischiato di morire un’altra volta; era proprio un bell’inizio.
Presero la strada che portava alla Casa Grande ma, prima che vi potessero arrivare, Annabeth prese Aibi facendola fermare – Noi andiamo a casa, pensate voi a lui – disse la figlia di Atena stringendo la mano della figlia.
- D’accordo, poi ti informiamo – le disse la figlia di Plutone continuando a camminare.
- A dopo Desiderio – disse Esdra prima di seguire gli altri semidei e soffiando un bacio ad Aibileen che diventò color dei pomodori maturi.
Annabeth riprese a camminare verso la casa di Poseidone  tirandosi dietro la figlia; Aibileen sentiva che sua madre non era dell’umore migliore.
- Ora tu mi spieghi – le disse Annabeth mentre camminavano – perché quel figlio di Nyx ci stava provando così palesemente con te – le disse mantenendo una calma che non era sintomo di vera tranquillità.
- Perché è uno stupido mamma, fa così con tutti – le rispose abbastanza tranquilla Aibileen.
- Quindi ci proverebbe anche con tua sorella? – le chiese Annabeth a bruciapelo.
- Non lo so’, forse no, Lilia è più grande di lui – le ricordò mentre iniziava a sentirsi leggermente in imbarazzo.
- Quanti anni ha? – le chiese Annabeth osservandola di traverso.
- Diciotto – le rispose la figlia capendo che adesso sarebbe iniziato un interrogatorio.
- Come l’hai conosciuto? –
- Nel Tartaro mamma, è figlio di Nyx – le rispose semplicemente – quando suo padre non lo accettò, Nyx lo prese con se e lo fece vivere nel Tartaro, è per questo che non ha una faccia molto affidabile – le spiegò.
Annabeth non disse nulla finché non arrivarono alla casa di Poseidone, ma il suo viso si era corrucciato ed Aibileen sapeva che, con quell’espressione, il cervello di sua mamma stava lavorando a pieno ritmo.
Aibi stava per aprire la porta quando sua madre la fermò e la fissò un istante con due occhi di pietra; probabilmente era arrivata alla fine del suo ragionamento.
- State insieme? – le chiese schietta senza tanti giri di parole.
Aibileen diventò paonazza ma le rispose quasi automaticamente – No! Siamo solo amici! – le disse mettendo le mani davanti a lei come per frenare la madre.
Annabeth la fissò ancora per un secondo ma poi il suo sguardo si aprì in un sorriso – D’accordo, ti credo – le disse lasciandole campo libero per entrare in casa.
Aibileen colse l’occasione ed entrò nella casa di Poseidone di slancio, sia perché aveva paura di possibili domande da parte di sua madre, sia perché voleva finalmente andare in un posto che poteva chiamare casa.
Quando entrò le sembrò che il tempo si fosse fermato all’ultima estate che aveva passato al campo; la cabina non era cambiata di una virgola, anche se il letto di Lilia adesso era molto più in disordine, ma solo perché aveva avuto il tempo di mettere a soqquadro la sua parte di stanza.
In compenso il suo letto era ancora in ordine, con le coperte rimboccate come se non aspettasse altro che qualcuno vi entrasse dentro e vi schiacciasse una dormita.
- Tutto bene? – le chiese Annabeth poggiandole una mano su una spalla e stringendola a se’.
- Si si solo che… sono a casa – le disse sorridendole.
Annabeth annuì e l’abbracciò forte, le sembrava strano non doversi più abbassare per poterle far appoggiare la testa sulla sua spalla.
- Mi sei mancata – le sussurrò stringendola e accarezzandole la testa dolcemente.
Aibileen non disse nulla e rimase a godersi l’abbraccio della madre.
 
Il resto della giornata Aibi lo passò riabituandosi al campo e al suo via via pieno di vita.
Passò del tempo un po’ con gli zii, con i bambini e con i nonni; Atena passava molto tempo con Artemide che si portava sempre appresso la piccola Kallisto, di conseguenza Aibi aveva fatto conoscenza della piccola semidea che l’aveva subito salutata con una risata allegra.
Decisero, a consiglio unanime, di prendersi mezza giornata di riposo e di non pensare alla profezia; avrebbero discusso di strategie militari e delle prossime azioni il giorno dopo.
Nessuno voleva portare via Aibi hai genitori o vice versa, anche la famiglia Jackson aveva bisogno di passare un po’ di tempo insieme come una famiglia normale.
Quella sera, rientrarono un po’ prima dal falò, e si misero a parlare tutti e cinque insieme prima di andare a dormire, scambiandosi domande a vicenda.
- E i nonni? – chiese ad un certo punto Aibileen – i nonni mortali, intendo – specificò.
Gli sguardi di Percy e Annabeth si rabbuiarono – Non abbiamo più loro notizie da quando siamo andati via da Manhattan – le disse suo padre.
- Ma non li hanno scoperti, non sanno che sono genitori di semidei, quindi sono al sicuro – la rassicurò Annabeth stringendole una mano.
- Tu non li hai visti, vero? – le chiese Lucas timoroso di fare quella domanda, Aibileen scosse il capo.
- Controllavo le anime che arrivavano, e non ho mai visto le loro – disse con un sorriso.
- Allora stanno bene – concluse Lilia con un sospiro.
Continuarono a parlare ancora per un po’ poi decisero di andare a letto dato che l’indomani si sarebbe dovuta tenere la riunione.
Aibileen prese in prestito uno dei pigiami più piccoli di sua sorella e poi fece per mettersi a letto, quando Lucas la fermò.
- Cosa c’è Luc? – gli chiese mentre si sistemava i capelli castani dietro le spalle in modo che non le dessero fastidio.
- Pensavo che questo potrebbe servirti – le disse.
Aibi lo guardò dubbiosa, poi il fratello le mostrò le mani nascoste dietro la schiena e le porse un piccolo peluche a forma di civetta bianca.
Gli occhi di Aibi si illuminarono, allungò le mani e prese il peluche accarezzandolo; nonostante fossero passati cinque anni era ancora morbido e riusciva a trasmetterle sicurezza come quando era piccola.
- Lo hai tenuto tu? – gli chiese sorridendo al fratello.
Lucas arrossì leggermente – Non l’ho usato… l’ho solo tenuto al sicuro – le disse sorridendole lievemente a disagio; per anni, Lucas, aveva voluto rubarglielo, ma quando l’aveva avuto tra le mani non se l’era sentita di trattarlo come se fosse un suo peluche, così lo aveva messo da parte, ad aspettare non si sa bene cosa.
Ma alla fine, aveva fatto bene.
- Grazie Luc – gli disse Aibi abbracciandolo.
Lucas rimase sorpreso ma poi strinse la sorella a se’, godendo di quel momento – Oh che bello, un abbraccio tra fratelli – ed anche Lilia s’intromise all’abbraccio, anche se ne aveva leggermente frainteso il motivo.
Dopo che si furono sciolti dall’abbraccio, Aibileen si mise a letto stringendo il peluche tra collo e spalla, rimboccandosi le coperte fin sopra alle spalle.
Segretamente sperò fino all’ultimo, cioè fin quando le luci non si furono spente, che sua madre venisse a darle il bacio della buona notte e a rimboccarle le coperte, ma non accadde.
La semidea però non se ne preoccupò; adesso era grande e quelle cose sua madre avrebbe smesso di farle anche se lei fosse rimasta e avesse vissuto normalmente ma, in ogni caso, adesso si sentiva a casa e questo le bastava.
 
Il giorno dopo, subito dopo colazione, i capo cabina, i maghi, i pretori e i diretti interessati della profezia, si riunirono nella sala ricreativa della Casa Grande per discutere la situazione.
- Allora – incominciò Annabeth – Ora che la prima parte di profezia si è rivelata, possiamo provare a capire cosa fare in seguito – continuò lanciando uno sguardo alla figlia.
- Mi sembra abbastanza ovvio, ora che abbiamo tutti i componenti della profezia è il momento di indire l’impresa per andare a salvare i bambini e gli altri semidei – concluse Piper.
- Con calma, non prendiamo decisione troppo affrettate – disse Annabeth frenando l’amica che non vedeva l’ora di potersi andare a riprendere i suoi bambini.
- La profezia non è chiara su quale impresa debbano affrontare i ragazzi – ricordò Carter che era abbastanza preoccupato per il coinvolgimento della figlia e delle nipoti.
- Volete dire che non era questa l’impresa della profezia? – chiese Ruby senza capire.
- No, questa era solo un impresa per dare inizio alla profezia – le spiegò Percy
- Diciamo pure che il peggio deve ancora venire – commentò caustica Lilia.
Calò per un attimo il silenzio mentre tutti riflettevano sulla profezia e su quello che poteva significare; c’erano troppe cose da fare che richiedevano un impresa, come avrebbero fatto a capire quale sarebbe stata quella giusta.
- E se partecipassimo tutti a tutte? – propose Aibileen rompendo il silenzio.
I genitori la osservarono per un secondo e poi le risposero all’unisono – No! –
- Non se ne parla! – aggiunse Annabeth
- Rischiereste troppe volte la vita infiltrandovi nella base di Setne così spesso – continuò Sadie
- Ed inoltre rischiereste di mettere a repentaglio la missione, le guardie di Setne vi riconoscerebbero e dopo la seconda, forse la terza volta, si farebbero trovare preparati – gli ricordò Carter.
- Potrei usare la mia foschia – suggerì Nathaniel
- Sarebbe uno sforzo eccessivo – gli ricordò la capo cabina di Ecate.
- Anch’io so’ usare la foschia, potremmo dividerci i compiti – suggerì Aibileen
- Tu non userai i tuoi poteri più del necessario – l’ammonì suo padre guardandola di sottecchi, Aibileen incassò la testa nelle spalle sentendosi sgridata.
- E quindi chi dovrebbe andare? Rischiamo di mancare la profezia se ci dividiamo, però – ricordò Lucas.
- Forse… forse io dovrei andare – disse Piper facendosi coraggio – conosco un pezzo di prigioni, almeno non gireremo alla cieca per cercare i bambini… - spiegò.
- No, tu non andrai – disse Jason categorico – ti sei appena salvata per un pelo, non ho intenzione di saperti di nuovo in pericolo, al massimo andrò io – disse deciso.
Piper stava per replicare ma non poté farlo, Rachel si alzò in piedi dalla sedia dov’era seduta e dov’era stata ad ascoltare la discussione in silenzio fino a quel momento.
Aibileen guardò la donna, un sottile strato di fumo verde la circondava, come quando era posseduta dallo spirito di Delfi, ma non era della stessa solita intensità, sembrava quasi sbiadito.
- Rachel… tutto bene? – le chiese Hazel guardando l’amica che era in piedi ma teneva il capo chino.
Quando si sentì chiamare Rachel tirò su la testa e fissò la riunione; al contrario del solito, invece di avere entrambi gli occhi verde acceso, come quando lo spirito di Delfi prendeva il controllo per dire una profezia, sta volta solo un occhio era di quel colore mentre l’altro era normale.
Aibileen non capiva, una profezia era già stata emessa, perché lo spirito si era impossessato di nuovo di Rachel?
Che si ricordasse non era mai successo e, soprattutto, mai per metà come sembrava accadere ora.
- Rachel, cosa succede? – le chiese Percy sfiorandole un braccio.
Quando la ragazza parlò, anche la sua voce era mutata per metà, sembrava che lei e lo spirito dell’oracolo stessero parlando all’unisono, una voce sopra l’altra.
-  Io sono lo spirito di Delfi e Rachel Elizabeth Dare  - annunciò – E a voi serve il mio aiuto per districare il futuro che il fato vi ha rivelato – continuò.
- Da quand’è che l’oracolo spiega le profezie? – chiese Nico alzando un sopracciglio dubbioso.
- Io non spiegherò la profezia, figlio di Ade, ma vi metterò sulla retta via per capirla – spiegò smettendo di fissare Nico con i suoi occhi spaiati ed inquietanti per tornare a guardarsi intorno.
Nessuno disse nulla e aspettarono; Aibileen pensò che i maghi probabilmente erano terrorizzati da quello spettacolo e che il loro mutismo fosse anche dovuto a quello.
- Sappiate che questo è un grande dono che vi viene fatto, ma vi è in gioco anche la mia sopravvivenza e per questo vi aiuterò – sentenziò l’oracolo.
Aibileen vide sua sorella sospirare e poi avvicinarsi a lei – E ti pareva, l’oracolo rischia in prima persona e allora gli viene l’istinto di fare il bravo samaritano – le sussurrò all’orecchio.
Aibi rise sottovoce, non poteva darle torto  – Bambine! – le ammonì Annabeth sottovoce per zittirle; la minore delle Jackson si era aspettata che sua sorella rispondesse per le rime alla madre ricordandole che non era più una bambina, ma Lilia invece se ne stette buona e zitta rimettendosi ad ascoltare l’oracolo.
- Il Romano ha ragione ­– iniziò – Lui dovrà andare con l’impresa per proteggere i tre greci e l’egizia, questa non sarà l’impresa della profezia – sentenziò l’oracolo continuando a fissare uno per uno i presenti.
- E chi saranno gli altri prescelti per l’impresa? – si azzardò a chiedere Ziah
L’oracolo spostò lo sguardo su di lei e la fissò duramente – Non è ancora arrivato il tuo momento, maga ­– le disse seria per poi tornare a fissare l’assemblea.
- Un unico altro aiuto posso darvi, perché il futuro si compia come deve essere, due dominatori della foschia dovranno andare, ma non un figlio di Ecate potrà partecipare.
Questo è tutto quello che vi posso dire, fate i vostri conti e preparatevi a partire. – detto ciò Rachel crollò perdendo conoscenza, ma fu subito presa da Will che era seduto di fianco a lei.
Il silenzio calò su tutti i presenti; se Nathaniel non poteva partecipare all’impresa allora c’erano soltanto altre due persone che non fossero figli di Ecate ma che sapessero controllare la foschia…
- Vedete che ho fatto bene a venire a trovare il mio Desiderio? – esclamò Esdra apparendo sull’uscio della porta mentre si appoggiava allo stipite con nonchalance.
Aibileen diventò paonazza, quel ragazzo riusciva sempre a cogliere il momento meno opportuno per uscire con una delle su battute.
- Come prego? – chiese Percy fissandolo truce.
- Papà, Esdra intende che solo io e lui non siamo figli di Ecate ma sappiamo controllare la foschia, e perciò noi due siamo due membri sicuri per l’impresa – gli spiegò Aibileen.
- Che l’oracolo dica quello che vuole, tu non vai – commentò caustica Annabeth.
- Mamma, devo andare se vogliamo che l’impresa vera e propria abbaia successo dopo – le ricordò Aibileen cercando di mantenere un tono pacato; d’accordo che sua madre non voleva più perderla, ma non poteva mettere a repentaglio tutte quelle vite pur di saperla al sicuro.
- Non si preoccupi signora, Desiderio sarà al sicuro, la proteggerò io – disse Esdra poggiando le mani sulle spalle di Aibileen che ritornò di nuovo color fragola.
- Chissà perché questo non mi rassicura – gli disse Annabeth.
Aibileen vide suo padre fissare Esdra con uno sguardo che preannunciava un maremoto mentre Nathaniel avrebbe, molto probabilmente, voluto trasformare il figlio di Nyx in qualche creaturina orrenda in modo da poterla spiaccicare; Aibileen sperava vivamente che, qualunque bestia fosse stata, non sarebbe stata un ragno.
- Non preoccupatevi, proteggerò io Aibileen – disse Jason in modo da far calmare le acque ed evitare spargimenti di sangue.
- Perfetto, ora ci manca solo un greco e una maga, che suppongo dovrà essere una di voi tre – disse Sadie guardando le figlie e la nipote sospirando.
Aibileen guardò le tre maghe, probabilmente nessuna di loro aveva mai affrontato una vera impresa, missione o una cosa simile a cui i maghi davano, sicuramente, un altro nome da sola e per questo nessuna si offrì subito volontaria.
La semidea vide Fahime che mostrava segni d’insofferenza, la maga iniziò ad aprire e chiudere le mani tenendole sul grembo mentre chinava il capo e stringeva gli occhi come se stesse per fare o dire, qualcosa che andava contro la sua volontà ma che doveva fare lo stesso.
- Vado io – disse alzando la testa di scatto con la convinzione di chi non ha altra scelta, nello sguardo.
- No Fahime – le disse la madre fissandola gelida – non puoi andare tu –
- Si invece, credo che potrò essere molto d’aiuto con i miei poteri  - continuò la maga cercando di mettere più convinzione possibile nelle sue parole, più che altro per convincere più se stessa che gli altri.
- Fahime, per favore, non è proprio il caso che… -
- Ziah, se lei pensa di poter aiutare nell’impresa lascia che vada – le disse Carter fermando la moglie prima che potesse finire la frase.
Ziah sembrò sul punto di replicare, ma poi sospirò e scosse il capo – Bene, ci manca un greco allora – commentò Piper già pronta per offrirsi.
- Vado io – disse Lilia allegra come se si stesse proponendo per andare a buttare la spazzatura o per fare la spesa ( cose che avrebbe fatto, sicuramente, con molto meno entusiasmo).
- Volete proprio farci morire d’ansia a me e vostro padre? – chiese Annabeth sconsolata scuotendo il capo.
Lilia scoppiò a ridere – Sarah mi ha detto che tra poco arriveranno i maghi – disse la nipote di Poseidone – E avrete bisogno di tutta la diplomazia possibile, perciò è escluso che Lucas o zia Piper vadano – continuò – in più avrete bisogno che qualche semidio adulto rimanga a proteggere il campo, Nathaniel non può venire, perciò, per esclusione, rimango solo io – concluse la ragazza con un’alzata di spalle.
Il ragionamento non faceva una piega, Aibileen si disse che sua sorella era davvero cambiata molto da quando l’aveva lasciata cinque anni prima, era molto meno svampita.
Annabeth sospirò – D’accordo… Allora Jason, Aibileen, Lilia, Fahime ed Esdra – disse lanciando un occhiataccia al ragazzo che continuava a tenere le mani appoggiate sulle spalle di Aibi – partiranno in missione per andare a salvare i bambini e fare un sopraluogo, mentre posticiperemo l’impresa per andare a recuperare gli altri semidei, tutti d’accordo? – chiese con il tono di voce di qualcuno che non lo è affatto.
Un “Si” generale si alzò dalla riunione mentre Rachel rinveniva chiedendo se quello che aveva vissuto era stato solo un sogno oppure la realtà.
La riunione più ufficiale si sciolse e nella sala rimasero soltanto i diretti interessati all’impresa con i rispettivi genitori.
- Bene, adesso dobbiamo solo capire come farvi arrivare e tornare, senza il rischio che vi lasciate la pelle – iniziò Lucas mettendo tutti di buon umore.
- I Pegasi non si possono utilizzare, vero? – chiese Lilia speranzosa anche se conosceva la risposta.
- No, il viaggio è troppo lungo ed inoltre vi è un oceano da attraversare – le ricordò la madre.
- Quindi? Cosa proponete? – chiese Jason.
- Si potrebbe passare attraverso il Tartaro – propose Esdra che si era accomodato di fianco ad Aibi senza chiedere il permesso a nessuno e adesso se ne stava rilassato con una gamba incrociata sull’altra.
La semidea scosse il capo – Forse noi ce la potremo anche fare, Esdra, ma non gli altri. Noi siamo abituati a vivere nel Tartaro, tu ci sei nato, ma loro no, rischierebbero di impazzire o di morire – gli ricordò la semidea – ed inoltre ci vorrebbe troppo tempo per arrivare ad Alessandria – concluse.
- Quindi escludiamo il Tartaro, altre idee? – chiese Lilia.
- Non potreste usare un portale? – propose Sarah che era rimasta con la sorella e i genitori per rimanere informata su come si sarebbe svolta la missione e, nel caso, aiutare nelle decisioni.
- Sarebbe un ottima soluzione, ma credi che Setne non controlli l’apertura dei portali? – le ricordò Carter sorridendole; la maga annuì e si corrucciò iniziando a pensare ad un'altra soluzione.
- Se solo ci fosse un modo per viaggiare attraverso la Duat come loro viaggiano attraverso il Tartaro… -  rifletté Ruby.
- Se anche ci fosse sarebbe un problema, i semidei non riescono a vedere la Duat come la percepiamo noi, rischierebbero di perdersi – le spiegò sua madre.
- E se… e se usassimo la barca? – chiese Fahime
- Vuoi attraversare l’oceano Atlantico con una barca? – le chiese perplessa Lilia.
- Non è una barca normale, è una barca che ci permetterebbero di arrivare ad Alessandria nel giro di qualche minuto ed, inoltre, può percorrere qualsiasi corso d’acqua ed Alessandria si trova sul mare – spiegò la maga.
- Sai che non è facile controllare quella barca, soprattutto se non conosci precisamente il posto dove attraccare – gli ricordò suo padre.
- Lo so’, ma lo zio mi aveva insegnato a comandarla e se studio bene una mappa di Alessandria posso portarla in porto senza il rischio di incidenti – continuò Fahime sempre più convinta.
- Rimane comunque pericoloso, Fahime – le ricordò la madre.
- Scusate se mi intrometto, ma se è il modo più sicuro per arrivare ad Alessandria, non importa se è leggermente pericoloso – intervenne Jason – potremmo chiedere a Leo di imprestarci Festus, ma arrivare sulla città con un drago ci farebbe perdere l’effetto sorpresa – ricordò il semidio.
- Quindi direi che la barca è l’unica soluzione – concluse Annabeth.
Aibileen guardò Fahime che si lanciava sguardi di fuoco con sua madre, sicuramente c’era qualcosa che non andava; per quel poco che le aveva viste assieme, Aibi, aveva sempre notato che tra madre e figlia vi era sempre una certa tensione, e non soltanto causata dalla madre che si preoccupava troppo.
- Quando arriverete lì, avete già pensato a cosa fare? – chiese Piper – Io posso spiegarvi dove si trovano le celle dei bambini, ma non ho idea di come arrivare alla prigione – spiegò la semidea.
Ci fu un momento di silenzio in cui tutti si misero a riflettere, ma con tre discendenti di Atena nella stanza, il problema fu presto risolto.
- Io ed Esdra useremo la foschia per trasformarci in purificatori, troveremo un convoglio che vada alla prigione, e ci infiltreremo tra loro – spiegò Aibileen sorridendo come se fosse la cosa più semplice ed ovvia del mondo.
- Ottimo piano, se tutto andrà come abbiamo programmato, cosa in cui non credo assolutamente, dovremmo fare tutto in un giorno massimo – disse Lilia sorridendo già con l’animo proiettato all’impresa.
- Non rimane che decidere quando partirete – disse Percy tutt’altro che contento all’idea di decidere il giorno in cui le sue figlie sarebbero dovute partire per un impresa quasi suicida.
- Domani? – propose Jason – prima partiamo, prima torniamo e meno i bambini resteranno nelle mani di quell’essere – aggiunse con una nota di rabbia nella voce.
- Almeno che non ti serva più tempo per prendere la barca – aggiunse Lucas sorridendo a Fahime in un modo che ad Aibileen non sembrava solamente amichevole.
- No, la barca la evocherò quando saremo pronti per partire – gli spiegò Fahime – quindi basta il tempo per prepararsi per una partenza normale – concluse.
Dopo quella decisione la riunione fu sciolta del tutto; quando uscì dalla casa grande Aibileen vide Nathaniel appostato poco lontano.
La semidea fece per staccarsi dal gruppo ed andare a parlargli, ma il ragazzo si girò e scomparve creando un illusione con la sua foschia.
Perfetto, adesso il mio migliore amico non vuole nemmeno più parlarmi perché mi sono imbarcata in un’impresa dove lui non può venire lasciandomi in balia di Esdra.
- Allora Desiderio, pronta per partire per un’impresa? – le chiese Esdra avvicinandosi a lei e mettendole un braccio intorno alle spalle e abbracciandola.
Come volevasi dimostrare…
- Certo Esdra, era il mio sogno segreto partire per un’impresa con te – gli rispose Aibileen guardandolo e alzando gli occhi al cielo.
- Dai, sarà come ai vecchi tempi, io e te contro un orda di mostri – le disse facendola fermare e indicandole il cielo come per farle immaginare tutti i mostri che avrebbero potuto incontrare.
- Non vedo l’ora – commentò caustica Aibileen.
- Già, formiamo una coppia fantastica – commentò Esdra ridendo.
- Già , soprattutto io e mia sorella – disse Lilia intrufolandosi nella discussione e strappando Aibi dalla stretta del figlio di Nyx – le sorelle Jackson sono inarrestabili – gli disse stringendo la sorella e ridendo.
- Oh lo so’, Aibi mi ha raccontato di com’eri inarrestabile da piccola, Lilia Jackson – le rispose Esdra sarcastico.
- Smettila – lo ammonì Aibileen leggermente irritata dal suo comportamento.
- Come vuoi Desiderio – le rispose con un’alzata di spalle – ci si vede presto ragazze – concluse il figlio di Nyx sparendo in una nuvola nera creata dalla foschia di morte.
Lilia ed Aibi rimasero per un secondo a fissare il punto dove, fino ad un momento prima, vi era il ragazzo, poi Lilia ruppe il silenzio.
- Ma quanto è irritante? – chiese guardando la sorella
Aibileen scoppiò a ridere – Solo perché è in mezzo a persone che non conosce, se no si comporterebbe in modo diverso – le spiegò la sorella mentre si incamminavano verso la casa di Poseidone.
- Se lo dici tu – le disse Lilia con un’alzata di spalle - Ma, levami una curiosità, perché continua a chiamarti “Desiderio”? – le chiese dubbiosa.
- Semplice, perché è il significato del mio nome – le rispose con un sorriso sincero.
 
Il mattino dopo, poco dopo che Apollo aveva iniziato il suo giorno lavorativo, il gruppo dell’impresa si ritrovò sulla spiaggia per partire alla volta di Alessandria.
Il giorno prima l’avevano passato quasi tutti ad allenarsi; Aibileen aveva sorpreso tutti con le sue nuove doti e avevano appurato che, anche se usava i suoi poteri, per ora, non si sentiva male.
Aibileen si strinse nella felpa e si avvicinò a Fahime e Lucas che parlavano:
- Allora, è tutto pronto? – chiese per fare un po’ di conversazione, non aveva avuto il tempo di parlare con la maga.
- Si, aspetto solo il vostro ordine – disse Fahime sorridendole.
Aibileen annuì a poi guardò i suoi genitori che stavano parlando con Jason, avevano uno sguardo molto serio.
- Dov’è il tuo amico? – chiese Lilia raggiungendo Aibileen e cercando Esdra con lo sguardo che non si vedeva da nessuna parte.
- Sono qui, non ti preoccupare tesoro –
Ci mancò poco che a Lilia venisse un infarto quando il ragazzo le apparve alle spalle sorridendole e scostandosi dalla fronte un ciuffo di capelli.
- Come mai in ritardo? – gli chiese Aibileen
- La carota mi ha trattenuto – le disse accantonando il discorso con un’alzata di spalle.
- Direi che ci siamo tutti – constatò Annabeth guardando il gruppetto per l’impresa che si era separato da loro.
- Bene – disse Fahime con un sorriso poi estrasse il suo bastone dalla Duat e si mise a disegnare sulla sabbia bagnata dei geroglifici.
Pochi secondi dopo, sulla riva era ormeggiata una barca, apparsa dal nulla, costruita con canne e con due torce accese sul davanti.
- Quando volete possiamo andare – concluse Fahime.
A quel punto vi fu il momento dei saluti, Aibileen fu l’ultima ad essere salutata dai genitori che la tennero stretta per qualche minuto buono.
Sua madre fu quella che la tenne di più, stringendola con forza, riluttante all’idea di lasciarla andare
- Ti prego… torna – le sussurrò trattenendosi dallo scoppiare a piangere.
Aibileen la strinse con forza – Te lo prometto -.
A quel punto si allontanò da sua madre e le sorrise per poi salire sulla barca insieme agli altri che la stavano aspettando.
Quando Fahime fu salita sulla barca si levò la felpa e la lasciò sospesa a mezz’aria, questa iniziò a muoversi da sola e afferrò il timone.
La barca iniziò a muoversi lentamente verso il mare aperto prima di iniziare veramente il viaggio; Aibileen guardò le figure dei genitori che diventavano sempre più piccole mentre si allontanavano.
Si girò verso il mare aperto e guardò il sole che saliva alto nel cielo:
La sua prima impresa come semidea era appena cominciata.

Ed eccolo qui :)
Chiedo scusa se il capitolo è un po' noioso, cercherò di rimediare nel prossimo :)
Spero di aver saziato un po' la vostra curiosità rigurardo ad Esdra che da adesso in poi apparirà spesso :3
Come sempre ringrazio che legge, chi segue, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensisce :) Mi fa sempre piacere sapere cosa pensate dei capitoli e della storia.
Spero di riuscire a pubblicare in orario anche il prossimo Giovedì,
Direi che per ora è tutto,
Un abbraccio,
Darkness_Angel.

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Capitolo 15
*** XV. ***


'Sera a tutti :)
Nonostante abbia rischiato di pubblicare questo capitolo dagli Inferi, sono qui per presentarvi il XV capitolo a Pov Fahime :D
All'interno vi è un piccolo SPOILER dal Sangue dell'Olimpo ma non è evidente, quindi fate finta che non vi abbia detto niente :)
Non mi resta che dirvi,
Buona Lettura :)

XV.

 
Il viaggio andò meglio di quanto Fahime si sarebbe mai aspettata.
Quando furono usciti dalla baia di Long Island, e quindi la strada fu libera, aveva avvertito gli altri di reggersi o di andare a sistemarsi nel capanno al centro della barca; sapeva che il primo viaggio poteva disorientare un po’; lei, la prima volta, aveva dato di stomaco.
Lilia, Jason ed Esdra si erano andati a sedere nel capanno, mentre Aibileen era voluta rimanere al suo fianco.
- Ho eredato anche i poteri di Poseidone da mio padre, il mare non ha segreti per me, potrei esserti d’aiuto – le aveva detto sorridendole.
Fahime non se l’era sentita di rifiutare, le aveva solo detto di reggersi e poi aveva dato ordine alla sua felpa-timoniere di raggiungere Alessandria.
La barca era partita con un sussulto e, nel giro di qualche minuto, era arrivata nelle vicinanze del porto della città dove altre navi si avventuravano oppure partivano.
La maga si appoggiò al bordo della nave per riprendere un attimo fiato e far smettere al cuore di battere all’impazzata; anche se adesso stava meglio delle prime volte quel modo di viaggiare la lasciava sempre un po’ scombussolata.
- Tutto bene? – le chiese Aibileen che dal tono di voce sembrava fosse lei quella che aveva bisogno di aiuto.
Fahime si alzò e annuì facendo un respiro profondo – Tu? – le chiese quando ritrovò la voce.
Aibileen annuì mentre si portava una mano al petto – Non credo che questo abbia fatto molto bene al mio cuore malandato… ma per ora regge – scherzò sorridendo.
La maga sorrise in risposta, le sembrava impossibile che esistesse una persona che riusciva a scherzare sempre, qualunque cosa le succedesse, a ridere nonostante il destino le mettesse davanti milioni di ostacoli.
Quella che sento è invidia, piccola Fahime? Mi piace…
La ragazza scosse il capo e poi tornò a guardare Aibileen che si rimetteva in piedi lentamente, probabilmente cercando di calmare la nausea che sentiva premerle sulla bocca dello stomaco.
- Siamo in porto – l’avvertì – adesso tocca a te e al tuo amico, dovete tramutarci in una nave di quelle – disse indicando delle navi mercantili e dei pescherecci mezzi arrugginiti che si avvicinavano lentamente al porto.
Aibileen annuì  - Sarà meglio che lo andiamo a chiamare allora – le disse dirigendosi verso il capanno da cui stava uscendo Jason.
- Tutto a posto? – le chiese vedendola e poggiandole una mano su una spalla.
- Si, mi serve Esdra per camuffare la nave – gli spiegò con un sorriso.
- La prossima volta, piuttosto che viaggiare così, mi attraverso tutto il Tartaro a piedi – commentò caustico il figlio di Nyx uscendo dal capanno con il viso che aveva una leggera sfumatura verdognola.
- Ma cosa dici Esdra, io ho viaggiato tanto bene – commentò Lilia stiracchiandosi che, al contrario di tutti gli altri presenti, aveva il viso riposato e tranquillo come se si fosse appena alzata; Fahime continuava a chiedersi quando i membri della famiglia Jackson avrebbero smesso di sorprenderla.
- Quante storie per un piccolo viaggio in mare – commentò Aibi alzando gli occhi al cielo per poi tornare a fissare Esdra – credi di riuscire ad aiutarmi con la foschia o devo fare tutto da sola? – gli chiese Aibileen scocciata imbronciandosi.
- Non  lascerei mai che un peso così grande ti gravi sulle spalle, Desiderio – le rispose Esdra con il suo solito tono affabile che Fahime incominciava a sopportare sempre meno.
- Certo, certo, ora smetti di concentrarti sulle parole, e vedi di concentrarti sulla foschia – gli disse Aibileen afferrandolo per un polso e portandolo in cima alla barca.
- Mi piace quando prendi il comando – le disse scherzando.
Aibileen sbuffò scocciata – Smettila di fare il cascamorto e concentrati – gli disse la semidea fissandolo truce.
- Va bene, va bene – le disse per farla calmare – Allora, in quale nave ci trasformiamo? – le chiese guardandosi intorno.
- Io vi consiglierei niente di troppo vistoso – intervenne Fahime avvicinandosi – quando saremo scesi, la barca sparirà finché non sarà il momento di ripartire, quindi è meglio non dare nell’occhio – spiegò la maga.
Aibileen annuì pensierosa – Allora cosa ne dici di quella nave laggiù? – disse indicando un peschereccio che si avvicinava lentamente.
- Mentre noi ci trasformiamo in quello, Lilia potrebbe allontanarlo ancora un po’ e direzionare le correnti in modo che arrivi esattamente nel  nostro stesso attracco – suggerì la semidea.
- Per me non è un problema – commentò la maggiore delle Jackson che non vedeva l’ora di usare i suoi poteri.
- Ottimo – concordò Fahime con un sorriso non del tutto sincero.
Aibileen rimase un secondo a guardarla ma poi le sorrise – Bene, allora diamoci da fare – disse tornando a guardare il peschereccio, fissandolo con intensità.
- Esdra, rimani fedele all’originale, pronto? – gli chiese senza guardarlo.
- Sono nato pronto – le rispose il ragazzo mentre anche lui fissava la nave che si avvicinava a loro.
Fahime guardò i due ragazzi che rimasero immobili fissando ancora per qualche secondo la nave che si avvicinava, poi chiusero entrambi gli occhi all’unisono.
Aibileen alzò leggermente le mani con i palmi rivolti verso l’alto, mentre invece Esdra rimase immobile anche se con un espressione concentrata.
Tutti intorno alla barca iniziò ad alzarsi una leggera nebbia grigio scuro, totalmente diversa dalla foschia di Nathaniel che invece era bianca, ed iniziò a circondarli lentamente offuscando la loro visuale per qualche secondo.
- Scusa la domanda sciocca, ma gli altri non vedranno la nebbia che si addensa all’improvviso sul mare? – chiese Fahime a Lilia che era concentrata sulla sorella.
- No, il bello della foschia è che non si vede dall’esterno anche se la sua opera non è ancora completa  - le spiegò la nipote di Poseidone distogliendo per un secondo l’attenzione dalla sorella.
- E come mai questa foschia è grigia? – chiese Fahime allungando una mano per toccare il fumo denso e grigio che li stava circondando.
- Perché Aibi usa la foschia di Ecate mentre invece Esdra usa la foschia di morte, che è una prerogativa di sua madre, l’unione delle due foschie da’ questo colore – le spiegò.
Fahime riusciva a capire abbastanza bene, anche se la “foschia di morte” non la rassicurava molto, sperava solo che Aibileen sapesse cosa stava facendo alleandosi con quello strano ragazzo.
Chissà se sapeva cosa stava facendo anche quando ha deciso di allearsi con te.
Fahime chiuse gli occhi e scosse leggermente la testa  cercando di far sparire dalla sua mente la voce canzonatoria e irriverente di Seth.
Lentamente la foschia diventò sempre più leggera, finché non sparì del tutto; Aibileen abbassò le mani ed emise un sospiro mentre sia lei che Esdra riaprivano gli occhi.
- Fatto – disse la semidea girandosi verso di loro e sorridendo.
- Aibi, le tue mani… - sentì sussurrare Fahime alle sue spalle.
Era stato lo zio di Lilia a parlare, Jason, ma non le importava, fece la cosa più logica e guardò le mani della semidea.
Aibileen stava aprendo e chiudendo i pugni mentre rigirava le mani che avevano perso colore e stavano diventando della stessa consistenza della nebbia, ma trasparenti.
- Cosa sta succedendo? – le chiese la sorella preoccupata cercando di afferrarle le mani con le proprie ma senza risultato.
- Va tutto bene, è già successo – la rassicurò sottraendo le mani che lentamente tornavano normali.
- No che non va tutto bene Aibi, stavi sparendo! – le disse Lilia che sembrava sia preoccupata che arrabbiata.
- Calmati maremoto, le è già successo quando utilizzava la foschia o i suoi poteri, quindi non ti scaldare – le disse Esdra difendendo Aibileen.
Fahime notò come il ragazzo avesse avuto un cambiamento radicale da prima, adesso era serio e non sembrava possibile che lui e il ragazzo che stava facendo il cascamorto e stesse scherzando fino a cinque minuti prima fossero la stessa persona.
- Esdra, calmo – gli sussurrò Aibileen posandoli una mano su una spalla ritornata solida.
Il semidio si girò verso di lei e la guardò con sguardo serio e dubbioso allo stesso tempo, lei gli rispose con un leggero cenno di diniego con il capo e lo fissò truce; il figlio di Nyx scosse le spalle e non disse più nulla.
- Scusalo Lili, comunque davvero, non preoccupatevi, questo è un segno che indica il mio legame con gli inferi, non è niente di grave – li rassicurò Aibileen creando l’ennesimo sorriso.
Fahime guardò Lilia che osservava la sorella storcendo il naso, per niente convinta di quella spiegazione, che per altro non convinceva molto nemmeno lei.
- Fidati di me – le disse Aibileen sorridendole.
Lilia sospirò pesantemente ma poi annuì – D’accordo, ora però lasciatemi lavorare – disse facendo finta di rimboccarsi le maniche e mettendosi anche lei a prua.
La nipote di Poseidone stese le mani davanti a se concentrandosi sul peschereccio gemello e, dopo qualche secondo, l’acqua intorno alla nave s’increspò e questa fu sospinta esattamente dietro di loro anche se a qualche metro di distanza.
- Ecco fatto, da quando attraccheremo avremo circa dieci minuti prima che l’altra nave ci salga addosso – informò la figlia di Poseidone.
- Allora sarà meglio muoversi – disse Fahime facendo un altro cenno alla sua felpa-timoniere che si rimise a remare per portarli al molo.
Il piano che crearono durante il restante viaggio era semplice.
Edra ed Aibi avrebbero usato la foschia per trasformare se stessi, Lilia e Fahime in purificatori mentre avrebbero cambiato l’aspetto di Jason per non farlo riconoscere, ma facendo finta che fosse loro prigioniero in modo d’avere una scusa per chiedere indicazioni per arrivare alla prigione.
La barca di canne attraccò al molo con un leggero sciabordio d’acqua, il primo a scendere fu Esdra che poi porse la mano ad Aibi per aiutarla a raggiungere la terra ferma.
Subito dopo di lei scese Lilia ( a cui Esdra non porse la mano), poi Jason ed infine Fahime che raggiunse gli altri membri del gruppo dopo aver impartito alcuni ordini alla sua felpa-timoniere.
Appena si furono raccolti in un gruppetto la foschia di Aibileen ed Esdra si mise in azione trasformando tutti nei propri rispettivi personaggi.
Fahime guardò i suoi compagni e il suo cuore ebbe un sussulto; sapeva che quelli non erano veramente purificatori ma, prima che il cervello glielo ricordasse, le venne il timore di essere finita in mezzo al nemico.
L’unico di cui non aveva avuto timore era stato Jason, che adesso era un semidio con i capelli castani, gli occhi azzurri ed una maglia del campo Giove mezza sgualcita.
- Pronti? – chiese Lilia sottovoce mentre tornava ad assomigliare alla semidea che era e non ad un purificatore in tenuta vermiglia.
Fahime annuì imitata da tutti gli altri e poi si misero in cammino nel porto; Lilia era in prima fila come guardia principale, dietro di lei seguivano Aibi ed Esdra che tenevano “il prigioniero” legato con catene di ferro e subito dopo vi era lei, che chiudeva la fila. 
Fahime era già stata ad Alessandria altre volte ma la città non sembrava più la stessa.
Da quando Setne aveva preso la città come base principale per il suo governo e come centro nevralgico militare, aveva cambiato radicalmente le strutture presenti nella città.
Alcuni vecchi palazzi erano rimasti, come anche alcune vie, ma gli edifici del potere erano stati distrutti e ricostruiti in modo da far piacere al nuovo sovrano, per questo la maga non riusciva ad orientarsi in quel posto.
Per la prima volta da un po' la fortuna gli sorrise; appena usciti dal porto una camionetta di purificatori, seguita da svariati gruppi armati, li superarono.
Ora non rimaneva che trovare il coraggio per fermare un purificatore, magari di grado non troppo elevato, e chiedergli informazioni per la prigione ma, per fortuna, a capo del gruppo vi era Lilia che di coraggio ne aveva da vendere.
- Ehi voi! -
Perfetto, la loro fortuna era appena finita, un purificatore ( fortunatamente uno di grado non molto alto a giudicare dal numero di piastrine che aveva sul bavero dell'uniforme ) li aveva fermati.
Fahime si tenne pronta a prendere il bastone e la bacchetta dalla Duat in caso il loro piano fosse fallito.
- Signore – rispose Lilia senza farsi prendere alla sprovvista esibendosi in un perfetto saluto militare.
L'uomo fissò tutto il gruppo con sguardo critico e poi fissò lo sguardo su Jason che, all'improvviso, sembrava più mal messo e pallido di prima.
- Dove state andando? - chiese fissando tutto il gruppo con intensità come se volesse trapassare il velo di foschia che Aibi ed Esdra stavano creando e controllando magistralmente.
- Stiamo portando questo bastardo di un semidio alle prigioni – disse Lilia girandosi verso Jason e lanciandogli uno sguardo di puro odio.
Il purificatore fissò Jason e poi Lilia - Siete leggermente fuoristrada per la prigione – gli fece notare sospettoso.
- Ci avevano detto che un soldato di stazza alle carceri sarebbe venuto a prenderci per accompagnarci, noi proveniamo da San Francisco, non siamo avvezzi alla conformazione di questa città – spiegò Aibileen salvando la situazione ma rischiando di andare contro l'autorità di Lilia.
Fahime sperò che il purificatore ci cascasse, che Esdra fosse così bravo con la foschia da modificare persino i gradi di Lilia ed Aibi.
- Tutte le città sono state ricostruite all’incirca con la stessa pianta geografica in modo da semplificare il movimento di civili e militari – disse il purificatore mentre portava una mano una mano alla pistola che portava al fianco.
- Quindi la notizia qui non è ancora arrivata? – chiese Esdra sorpreso
- Che notizia? – chiese il purificatore dubbioso
- A San Francisco, e in America, stanno cambiando le topografie perché alcuni semidei erano riusciti a comprendere il trucco – rispose Esdra.
Il purificatore sembrò leggermente confuso ma sembrò continuare a credere alla bugia  - E questo, inoltre, è uno dei semidei fuggiti da Nuova Roma – disse Esdra dando uno strattone a Jason che emise una specie di grugnito di disapprovazione.
- Chiederò conferma di quello che mi avete detto – disse l’uomo confuso mentre cercava di non darlo a vedere e mantenere un tono di comando – ma adesso è meglio se portate quel figlio bastardo di un dio alle carceri, salite su quella camionetta laggiù, sta andando là – disse indicando una specie di furgone con il cassone scoperto dove vi erano seduti sopra altri tre purificatore con due prigionieri.
Fahime non li conosceva di persona, ma avrebbe potuto giurare con la piuma della verità in mano che quei due erano maghi.
- Grazie signore – gli disse Lilia mentre rifaceva il saluto militare e si preparava ad allontanarsi verso la camionetta.
Il purificatore la salutò con un cenno del capo e poi tornò a guardare Jason, di nuovo dubbioso.
- Levami una curiosità soldato – le chiese prima di lasciarla andare – come mai ci vogliono quattro purificatori per scortare un unico sporco semidio indebolito ed in catene? – le chiese l’uomo guardandola di sottecchi.
- Il bastardo è un figlio di Marte, non si è mai troppo prudenti con quelli come lui – gli rispose tranquilla.
- D’accordo, ora andate – ordinò.
Non se lo fecero ripetere due volte, Lilia rifece il saluto militare e poi fece segno agli altri di seguirla; Aibileen fu la prima a muoversi dando uno strattone alle catene che tenevano Jason mentre invece Esdra lo intimava a camminare puntandogli la bocca del suo fucile alla schiena ( che in realtà era solo un bastone tramutato dalla foschia).
Fahime seguì il figlio di Nyx guardandosi in torno e controllando che gli altri purificatori non si insospettissero; doveva ammetterlo, la foschia stava funzionando alla perfezione, anche se era una maga non avrebbe mai sperato in risultati del genere.
Ora capiva quanto era stato d’aiuto ai semidei quel trucco per non essere rintracciati ed imprigionati, capiva che era stato questo a fare la differenza.
Ma tra un po’, anche se avessero tutta la  foschia del mondo, non potranno più fare nulla, vero piccola Fahime? Rise Seth nella sua testa.
La maga cercò di allontanarlo e zittirlo senza lasciare che nessuna espressione si manifestasse sul suo volto; quella missione sarebbe dovuta andare secondo i piani prestabiliti, ne andava del bene di tutti.
Se qualcosa fosse andato storto, se i purificatori li avessero scoperti o se non fossero riusciti ad arrivare alle prigioni in tempo, il loro destino avrebbe preso una gran brutta piega e sarebbe stato impossibile risollevare la situazione.
Quindi, per una volta, tutto doveva andare secondo i piani.
Arrivarono davanti alla camionetta e fecero salire Jason prima di loro, dopo di che salirono anche loro andandosi a sedere nei posti liberi, Fahime dovette sedersi vicino ad un purificatore che teneva ben strette tra le mani le catene di uno dei due maghi.
La ragazza incrociò lo sguardo dell’uomo che la fissò con così tanto odio che Fahime non riusciva a credere che fosse possibile, eppure lei era una di loro: possibile che anche lei guardasse i purificatori in quel modo?
Esdra chiuse il cassone mentre l’altro purificatore a cui era stato affidato il secondo mago batteva tre volte sull’abitacolo della macchina e gridava – Parti! –
Il veicolo partì con uno scossone e si inoltrarono per le vie polverose di Alessandria mentre Fahime non riusciva a distogliere lo sguardo dai suoi compagni sapendo che non avrebbe potuto fare nulla per salvarli.
 
 
Il blocco delle prigioni si riconosceva già da kilometri di distanza.
L’edificio era alto, squadrato e grigio; era un parallelepipedo di cemento con poche finestre ma solo dal secondo piano.
Piper aveva spiegato che le celle dei semidei non erano ai primi piani ma interrate, in modo che nessuno potesse cercare di scappare rompendo le sbarre delle finestre.
Il viaggio fu lungo e polveroso, la macchina sfrecciava tra le strade sterrate e il conducente se ne fregava altamente di loro che erano seduti sul cassone e venivano sballottati da una parte all’altra; molto probabilmente le si stavano formando tanti di quei lividi che non sarebbe nemmeno riuscita a medicarli tutti.
La cosa peggiore del viaggio, però, non furono gli scossoni, la polvere o il caldo; Fahime non riusciva a distogliere lo sguardo dai due maghi seduti di fianco a lei che venivano punzecchiati dagli altri due purificatori senza poter reagire.
-  Oggi è stata una giornata buona – commentò il purificatore seduto accanto a lei – noi portiamo due maghi superstiti di qualche nomo e voi un semidio sopravvissuto a Nuova Roma, il generale sarà molto contento – spiegò.
-  Hai ragione, oggi abbiamo pescato proprio molto bene – intervenne Lilia tirando un pugno sulla spalla di Jason.
Fahime non sapeva come la semidea riuscisse a trattare così male suo zio, lo stava trattando come se lo odiasse veramente, cose se realmente fosse contenta di averlo imprigionato e di consegnarlo ai carcerieri.
Fingerebbe sicuramente sempre meglio di te.
La maga stava veramente iniziando a stancarsi di Seth; da quando era incominciata l’impresa aveva iniziato a farsi sentire sempre più spesso e lei iniziava a stufarsi delle sue intrusioni nei suoi pensieri.
Una delle prime cose che aveva imparato a fare, quando aveva accettato Seth, era stato bloccare il dio in modo che non potesse sentirle i suoi pensieri, ma in quei giorni, che aveva molto altro per la testa, il dio era riuscito a passare e a scoprire qualcosa; il problema era che le aveva dato ragione e aveva deciso che l’avrebbe aiutata nell’attuazione del suo piano.
Quindi adesso, appena ve ne era la possibilità, il dio continuava a ricordarle che cosa avrebbe dovuto fare e come; questo lo odiava.
La camionetta prese una strada asfaltata che si avvicinava sempre di più al blocco delle prigioni.
La carreggiata portava direttamente dentro la prigione, imboccarono un tunnel che si infilava sotto il palazzo e, all’improvviso, si trovarono al buio con solo qualche luce al neon ad illuminare l’asfalto, in fondo vi era un posto di blocco.
Fahime guardò i compagni, Lilia fissava la strada davanti a loro cercando di immaginare cosa sarebbe successo; Jason se ne stava a capo chino fissandosi le mani imprigionate da manette di metallo che avrebbero dovuto indebolirlo ma che in realtà erano soltanto nebbia.
Esdra lo punzecchiava ogni tanto, così da non sembrare troppo diverso dagli altri purificatori; Aibileen, invece, teneva le mani in grembo che erano di nuovo diventate trasparenti, aprendole e chiudendole.
Quella ragazza era ancora un immenso punto interrogativo per lei, non solo perché la conosceva molto poco, ma anche perché le sembrava che, come lei, nascondesse dei segreti.
Aibileen vide che la stava guardando, nascose le mani e le sorrise come se non fosse successo nulla.
La macchina frenò di botto sbalzando tutti in avanti e facendo chiedere a Fahime chi cavolo avesse dato la patente al tipo che stava guidando.
Davanti a loro vi era un piazzale con altre camionette parcheggiate insieme a furgoni telonati e Jeep.
Dai lati della piazza coperta vi erano diversi tunnel, alcuni asfaltati e larghi per le macchine mentre altri più piccoli, solo pedonabili.
Un soldato in uniforme nera e scarlatta si avvicinò all’abitacolo lanciando prima un occhiata a loro e poi rivolgendosi al guidatore – Carico? – chiese gelido.
-  Due maghi e un semidio – rispose l’autista come se avesse appena detto che trasportava della frutta.
Il soldato annuì – Posto cinque – gli disse spuntando qualcosa su un blocco che aveva e facendo segno ad un altro di alzare la sbarra che gli bloccava il passaggio.
La macchina ripartì con un sobbalzo ed entrò nella piazza andandosi a parcheggiare nel posto che gli era stato indicato.
I purificatori che portavano i maghi scesero per primi trascinando i prigionieri senza aspettare che scendessero da soli dal camion e rischiando di farli cadere per terra; Fahime pensò che se anche fossero caduti a terra li avrebbero trascinati senza dargli il tempo di rialzarsi.
-  E ora? – sussurrò Lilia mentre smontavano dal cassone ed Esdra spingeva giù Jason.
-  Dobbiamo trovare il tunnel che porta alle celle dei semidei – le ricordò Aibileen.
-  Hai idee su come trovarlo? Non avremo sicuramente tutta la fortuna di prima – le ricordò Fahime mentre iniziavano a seguire gli altri purificatori.
-  Voi! Dove credete di andare?! –
Il cuore di Fahime perse un colpo, non erano nemmeno entrati e la loro copertura era appena saltata; che il problema di Aibi avesse influito sulla sua foschia?
Lilia si girò vero il purificatore e fece il saluto militare – Signore – salutò.
-  Dove state andando con quel semidio? – chiese fissando Jason con odio.
-  Alle carceri signore – rispose Lilia semplicemente.
-  Di là ci sono soltanto le carceri dei maghi, vi si è fuso il cervello?! – chiese il purificatore alterato – Se questi sporchi mezzosangue o quei dannati maghi venissero a conoscenza  gli uni degli altri non ci verrebbe mai perdonato – gli gridò l’uomo.
Il purificatore si girò verso Jason e lo fissò con odio – Portatelo in cella e dite al capo carceriere di aggiungerlo alle esecuzioni di oggi, ha sentito troppo – ordinò.
Lilia annuì – Certamente signore -.
Il purificatore annuì, con uno sguardo pieno di rabbia – E ora andate! – gridò indicando un tunnel di fronte a loro.
Tutti e quattro all’unisono salutarono con un saluto militare che venne perfettamente coordinato ( non sarebbe riuscito meglio nemmeno se si fossero messi d’accordo ) e poi presero il tunnel mentre Esdra continuava a strattonare Jason, molto probabilmente si divertiva.
Imboccarono il corridoio che, per fortuna, era quasi deserto.
- Direi che ora va bene – sussurrò Aibileen fermandosi.
Fahime si guardò intorno in cerca di eventuali purificatori in arrivo – Fate presto, non credo che questo corridoio rimarrà sguarnito ancora per molto – gli disse la maga mentre lei e Lilia si mettevano ai lati opposti e controllavano i movimenti nel corridoio.
- D’accordo – disse Esdra sorridente – Desiderio, a te l’onore – le disse lasciando andare le catene di Jason che si dissolsero in fumo.
Aibileen sospirò e poi si concentrò chiudendo gli occhi; dopo pochi secondi nel corridoio vi erano cinque purificatori e non quattro.
- Quando questa storia sarà finita e riavrò i miei figli con me, parleremo del vostro comportamento – disse il semidio lanciando occhiate di fuoco a Lilia ed Esdra.
- Ma era solo per mantenere le apparenze zio – si scusò Lilia.
- Ne riparlerete dopo, stanno arrivando dei purificatori – disse Fahime tornando dal gruppo.
- Allora muoviamoci, da qui in poi guido io – disse Jason prendendo il comando.
Per i primi venti minuti tutto andò bene, la strada era lineare senza vari sbocchi, ogni tanto incontravano qualche purificatore ma nessuno ebbe mai sospetti ma, come sempre, la fortuna finì presto.
Ad un certo punto si trovarono di fronte a due corridoio paralleli che proseguivano apparentemente nella stessa direzione.
- E adesso? – chiese Lilia fissando i due tunnel.
- Piper ha detto che dobbiamo prendere il tunnel di sinistra – rispose Jason.
- La sua o la nostra? – gli chiese Aibileen.
Il semidio non rispose, probabilmente iniziando a darsi dello stupido per non aver chiarito quel piccolo particolare ma che stava per mettere a repentaglio tutta la missione.
- Non ci resta che dividerci – disse Fahime guardando intensamente i due corridoi
- Non se ne parla – rispose prontamente Lilia.
- Rischiamo di far fallire l’impresa, se ci dividiamo avremo il cinquanta per certo di possibilità di riuscita – le ricordò la sorella.
- Aibileen ha ragione – intervenne Jason bloccando Lilia – Dobbiamo dividerci: Io, te ed Aibileen prenderemo il corridoio di sinistra, mentre Fahime ed Esdra quello di destra, in questo modo saremo protetti dalla foschia – spiegò.
- Non servirà – gli disse Fahime smettendo di fissare l’imbocco dei tunnel e guardando i compagni d’impresa mentre sentiva lo stomaco iniziarle a fare male – Più avanti, su entrambi i corridoi, vi sono incantesimi che servono a rivelare qualsiasi tipo di occultamento, la foschia cadrebbe – spiegò.
Brava Fahime, un passo alla volta.
- E allora cosa suggerisci di fare? – le chiese Lilia dubbiosa
- Dovremo sempre dividerci ma in modo diverso… - spiegò.
- Concordo – disse Aibileen annuendo – Io ed Esdra prenderemo il corridoio di destra mentre voi quello di sinistra – spiegò.
- No Aibi, io non ti lascio – le disse la sorella.
La semidea le sorrise – So’ cavarmela, e poi mi fido di Esdra – la rassicurò sorridendo al figlio di Nyx dietro di lei che scrutava il corridoio.
Lilia sospirò e scosse leggermente il capo – D’accordo, ma qualunque cosa succeda, Esdra, vedi di riportare mia sorella indietro al campo o conoscerai la mia ira – lo minacciò Lilia puntandogli un dito sul petto.
- Ma certo, stai tranquilla – le rispose Esdra ridendo.
- Mi raccomando Aibileen, stai attenta – le disse Jason mentre i due ragazzi facevano cadere la foschia e facevano ritornare tutti con le sembianze di prima.
Aibileen gli sorrise e poi sparì nell’altro corridoio insieme ad Esdra sparendo alla vista.
- Fahime, credi di poter sentire la presenza di altre trappole o simili? – le chiese Jason sottovoce mentre imboccavano cautamente il corridoio di sinistra.
- Si, grazie alla via che ho scelto questa cosa mi riesce più facile – spiegò mentre estraeva il bastone dalla Duat per sicurezza.
- Allora tienici informati – le disse Jason mentre avanzava cauto.
Il corridoio non sembrava finire più, era lungo ed illuminato da semplici torce, le luci al neon sembravano sparite come il resto della tecnologia; a Fahime sembrava di essere finita in cunicolo di qualche tomba egizia.
Poi, all’improvviso il tunnel si allargò in una specie di slargo dove su un lato vi era una porta e sull’altro lato invece il suo continuo.
Senza dire una parola, Lilia si avvicinò alla porta e vi poggiò un orecchio sopra.
- Io entro a vedere cosa c’è – disse mettendo mano alla maniglia.
- Lilia non dire sciocchezze, proseguiamo – le intimò Jason.
- E se le prigioni fossero lì dietro? Dobbiamo guardare – disse Fahime prendendo le difese della nipote di Poseidone.
- D’accordo ma non rimaniamoci troppo allungo – disse Jason avvicinandosi anche lui allo porta.
La prima ad entrare fu Lilia, seguita subito dopo da Fahime e da Jason.
- Oh perfetto, il posto che preferisco di meno – commentò la figlia di Poseidone avventurandosi nella stanza che si era rivelata un enorme biblioteca su due piani.
- Bene, ora che abbiamo scoperto che le prigioni non sono qui, possiamo andare via? – chiese Jason impaziente.
- Potremmo trovare qualcosa di utile – commentò Fahime mentre anche lei si metteva a cercare tra i libri, solo sul lato opposto di Lilia.
- Siamo venuti qui per un motivo serio – gli ricordò Jason – è in gioco la vita dei bambini non possiamo stare qui a cincischiare cercando documenti e scartoffie – gli ricordò il semidio abbastanza alterato.
- Zio, lasciami ancora dieci minuti – gli chiese Lilia che si era messa a cercare rapidamente qualcosa in uno scaffale.
Credo che il momento più opportuno sia adesso, piccola Fahime.
La maga alzò lo sguardo dai documenti che stava facendo finta di visionare e guardò il suo bastone che era appoggiato lì di fianco su una libreria.
Siamo abbastanza dentro, è arrivato il momento di farlo.
Fahime sospirò e allungò una mano verso il bastone ma questa si fermò prima che lo stringesse; sapeva che doveva farlo ma allo stesso tempo le pesava.
Sai cosa succederà se non lo fai, sbrigati, o devo darti un incentivo io?
Dopo quella frase Fahime sentì una forza estranea prendere possesso del suo corpo e il suo braccio si allungò verso il bastone stringendolo nella mano.
Smettila, ora lo faccio!
Rispose con rabbia al dio che si ritirò lasciandole di nuovo il controllo del suo corpo.
Brava piccola Fahime, è così che ti voglio.
La maga si girò e guardò i due semidei che stavano guardando un plico di fogli presi da un cassetto, sentì il cuore stringersi in una morsa ma poi trovò il coraggio per farlo:
- Hi–nehm – sussurrò protendendo leggermente il bastone verso davanti a se mentre un geroglifico d’orato si creava davanti a lei.
- Fahime che cosa stai facendo? – le chiese Lilia, alzando lo sguardo, richiamata dalla luce causata dalla magia.
- Mi dispiace - sussurrò la maga.
Lilia la guardò dubbiosa – Cosa… -
La semidea non riuscì a finire la frase che, da porte finte nascoste da librerie al piano di sopra della stanza, uscirono fuori decine di purificatori che si appostarono sulle scale puntando fucili e pistole contro Lilia e Jason che si bloccarono sul posto.
- Fahime che cosa significa?! – le chiese Jason in un misto di stupore e rabbia dovuta all’impotenza e alla paura per la vita di Lilia.
Fahime non disse nulla e fece sparire il bastone, mentre sul viso le si disegnava una faccia spaventata.
- Significa che chi non muore si rivede, Grace – rispose una voce dal piano di sopra.
- No, non può essere – sussurrò Jason digrignando i denti e guardando la figura che si stava facendo largo tra le uniformi vermiglie dei purificatori.
Al centro del patio superiore uscì fuori un ragazzo con una maglia del campo Giove, capelli neri e un sorriso ferino sul volto.
- Direi che per te questo non vale Michael, visto che io ti avevo già ucciso – gli rispose Jason imbestialito.
Il semidio romano rise e poi guardò Jason con uno sguardo perfido e pazzo allo stesso tempo:
- Vorrà dire che mi prenderò la mia rivincita vedendoti soffrire come un cane mentre guardi morire i tuoi figli, a quel punto, forse, potrei farti il favore di ucciderti. – gli disse senza smettere un attimo di sorridere in modo feroce.
Jason si mosse in avanti pronto a sfoderare la sua spada ma una ventina di caricatori scattarono facendo capire che i colpi erano pronti per essere sparati.
- Zio, dobbiamo andare via – gli sussurrò Lilia.
- Accetto consigli su come scappare senza essere riempiti di pallottole – le rispose a tono.
L’attenzione di Michael Varus si spostò su Fahime alla quale sorrise accondiscendente – Ottimo lavoro piccoletta, alla fine abbiamo fatto bene a crederti – le disse congratulandosi.
Il cuore di Fahime si strinse in una morsa e fissò il semidio con odio, ma non disse nulla.
- Bene, ed ora, catturate i semidei – disse il figlio di Giano rivolto ai suoi scagnozzi.
Nello stesso momento in cui i purificatori si mossero per catturarli, Jason aprì la zaino che Lilia portava sulle spalle, prese una borraccia e gliela diede.
La nipote di Poseidone l’aprì e ne versò il contenuto che si andò a condensare creando una specie di scudo tra loro e i purificatori.
- Corri! – le disse Jason trascinandola via mentre i purificatori, dopo un comando diretto di Michael, incominciarono a sparargli addosso.
Jason tenne Lilia stretta vicino a se mentre correvano verso la porta che ormai non distava molto; tra tutte le cose che la semidea pensavano potessero andare storte  il tradimento di Fahime era l’ultima cosa che le sarebbe mai potuta venire in mente.
Lilia si sentiva male al pensiero di come avrebbero reagito tutti, e soprattutto suo fratello, a quella notizia.
Tutti gli altri pensieri nella testa della semidea furono bloccati sul nascere quando un forte dolore le pervase l’avambraccio facendola gridare di dolore.
- Lilia! – Jason la sorresse e la semidea riuscì in qualche modo a sorreggere ancora un po’ lo scudo mentre sentiva il dolore al braccio diminuire.
- Cosa… - cercò di chiedere mentre si guardava il braccio.
- Ti hanno preso di striscio, ora però corri – le disse Jason facendola rialzare a forza e riuscendo, finalmente ad imboccare la porta.
Fahime guardò i due semidei uscire di corsa dalla stanza mentre il braccio di Lilia sanguinava, sperava vivamente che si salvassero.
- Vieni maga, qualcuno vuole vederti – le disse il figlio di Giano fissandola con odio mentre i purificatori uscivano in massa dalla stanza per inseguire Lilia e Jason.
Fahime annuì e seguì il semidio in silenzio.
Brava la mia piccola Fahime, alla fine ci sei riuscita.
Dimmi un po’, come ci si sente dopo che si hanno tradito le uniche persone che si erano fidate di te?

Non ho idea di come reagirete ora...
Non sono molto sicura sulla buona  riuscita di questo capitolo, forse è un po' noioso, quindi chiedo scusa, ma l'ho scritto che non ero esattamente nel pieno della mia salute migliore :)
Mi rifarò nel prossimo capitolo Muahahah :D
Ma, a parte questo, cosa ne pensate?
Come sempre ringrazio chi segue, chi legge, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensisce :) Mi fa sempre piacere leggere i vostri pareri :)
Se tutto va bene dovrei riuscire a pubblicare Giovedì, come al solito :)
Direi che per ora è tutto,
un abbraccio,
Darkness_Angel.

 

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Capitolo 16
*** XVI ***


'Sera a tutti :)
Scusate l'ora indecente, ma non sono stata tanto bene e per questo pubblico tardi; per lo stesso motivo chiedo scusa in anticipo se nel capitolo troverete qualche errore di Ortografia/Grammatica, l'ho riletto ma non sono nel pieno della mia forma fisica purtroppo :/
Comunque, passiamo al Capitolo :) Doppio Pov Aibi e Lilia, niente Spoiler e tanti casini :D
Buona Lettura :3


XVI.

 
Ad Aibileen le cose erano sembrate troppo facili sino a quel momento e sapeva, per esperienza, che  se ad un semidio un’impresa stava andando bene e gli sembrava semplice, allora le cose, da lì a poco, si sarebbero complicate non poco.
Il corridoio che stavano percorrendo sembrava infinito; pareti umide di mattoni con, ad intervalli regolari, torce appese, si ripetevano di continuo rendendo l’ambiente tutto uguale e ripetitivo.
Quel corridoio le ricordava quelli che vi erano nel palazzo di Ecate, ma qui le torce illuminavano l’ambiente solo parzialmente non riuscendo a trasmetterle la stessa sicurezza di quelle della Dea.
- Credi che abbia una fine? – le chiese Esdra mentre si appiattivano contro un muro per colpa di un rumore di passi di fronte a loro.
- Spero vivamente di si, non ho voglia di passare l’eternità in uno stupido corridoio – gli rispose scocciata.
Esdra rise sottovoce – Soffriamo di claustrofobia Miss “vivo nel Tartaro e ci sto bene”? – le chiese prendendola in giro.
Aibi sospirò ma sorrise – Come no signorino “preferisco vivere nel Tartaro che come un diciottenne qualsiasi” – gli rispose a tono.
Esdra le mostrò la lingua suscitandole una risata che Aibi provvide subito a soffocare; aveva fatto bene ad andare in missione con lui.
Le era dispiaciuto separarsi da sua sorella, ma sapeva che, se Lilia fosse venuta con lei, non le avrebbe lasciato usare i suoi poteri per paura che potesse sentirsi di nuovo male; Esdra invece sapeva quali erano i suoi limiti e l’avrebbe lasciata agire come meglio credeva, infondo insieme ne avevano passate tante.
Quando il rumore di passi si fu allontanato e fu sparito, Aibi ed Esdra si rimisero in cammino sempre senza allontanarsi troppo dal muro  in modo da avere un fianco protetto.
Camminarono ancora per un tempo che Aibi non riuscì a calcolare, potevano essere passati dieci minuti come mezz’ora, lì dentro non vi era nulla che le potesse far capire a che ora del giorno fossero.
In più era concentrata su cose molto più importanti, prima avevano sentito dei passi ma per ora non avevano incontrato ancora nessun purificatore: se quello fosse stato veramente il corridoio che portava alle prigioni non avrebbero dovuto incontrarne a centinaia?
Un pensiero terribile le attraversò la mente; e se lì non vi fossero purificatori perché erano tutti nell’altro corridoio?
O peggio, che Lilia e il suo gruppo fossero stati scoperti e che i purificatori si fossero riversati tutti su di loro per catturarli.
Beh, in quel caso li troveremo nelle prigioni, quindi non andrebbe nemmeno tanto male…
- Credo che ci siamo, finalmente – disse Esdra fermandosi e appiattendosi, se possibile, ancora di più al muro.
Aibileen allungò leggermente il collo e guardò davanti a se’; il corridoio, finalmente, finiva con un arco squadrato e di forma rettangolare.
A bloccare il passaggio vi era un purificatore che avrebbe voluto essere ovunque tranne che lì; se ne stava sdraiato su una sedia con le gambe allungate a bloccare il passaggio.
Aveva la testa a ciondoloni, le braccia incrociate sul petto e, se Aibileen non si sbagliava, stava anche russando sottovoce.
- Sul serio? – chiese Aibileen incredula alzando un sopracciglio e guardando Esdra.
Il figlio di Nyx alzò le spalle – Magari lì dietro vi è la dispensa e non le prigioni… - commentò.
Aibileen stava per rispondergli ma l’idea di Esdra fu smentita qualche secondo dopo.
Dei passi arrivarono dalla stanza dietro l’arco e dopo qualche minuto apparvero due purificatori che trascinavano per le braccia un uomo con addosso una maglietta arancione lacera.
Il semidio era sorretto solo dai due uomini; le gambe molli che strusciavano sul pavimento, ferendole, le braccia che penzolavano, la testa abbandonata sul petto.
- Ehi! – uno dei due purificatori che trascinava il semidio tirò un calcio alla guardia seduta facendola svegliare di soprassalto.
- Che c’è? – gli chiese l’uomo con la voce ancora impastata per il sonno ma con una leggera nota di rabbia per essere stato svegliato troppo presto.
- Ne abbiamo un altro, devi smarcare – gli rispose l’uomo scocciato.
- Ah, si si – gli rispose tirandosi su dalla sedia e stiracchiandosi un po’ prima di prendere un plico da un tavolino al suo fianco e una penna, battendola sul retro per farla scattare ed aprirla.
Esdra ed Aibileen rimasero in silenzio ai loro posti, nascosti dall’ombra, osservando la scena non riuscendo a capire esattamente quello che stava succedendo.
- Allora, che cosa abbiamo? – chiese il purificatore con in mano il blocco.
Il secondo purificatore che reggeva il semidio gli poggiò una mano sulla nuca e gli spinse la testa verso il petto, l’uomo non reagì.
- LI 12-8-5 – gli rispose il purificatore lasciando andare la testa del semidio che rimase inerte sul petto.
- LI 12-8-5… - rifletté ad alta voce l’uomo sfogliando il blocco che aveva in mano – Oh, eccolo qui, blocco 3S – disse dopo qualche secondo per poi tirare una riga sul codice del semidio – Mi dite come mai di recente ci sono stati così tanti morti? Avete di nuovo avvelenato le razioni? – chiese il purificatore rimettendo a posto il blocco.
- No, niente veleno, questo è uno dei primi che abbiamo preso, è morto perché non ha più retto – gli rispose il compare che reggeva il cadavere del semidio.
- Anche se, a dire il vero, le razioni le abbiamo un po’ diminuite ultimamente – ammise fingendosi in colpa l’altro purificatore.
- Meglio, più cibo per noi, ora portatelo all’inceneritore prima che inizi a decomporsi sui miei piedi – disse la guardia tirando un leggero calcio al cadavere.
- Certo, mica abbiamo intenzione di tenercelo come ricordo – gli rispose il secondo purificatore scocciato.
- Ci si vede, magari stai attento e non dormire troppo – gli disse il primo purificatore prima di rimettersi a camminare – magari il capo passa di qui – gli disse mentre si allontanavano riprendendo a trascinare il cadavere.
La guardia scoppiò a ridere e si rimise a sedere nella stessa posizione di prima:
- Figurati se il signor “secondo in comando” si scomoda a portare le sue chiappe importanti sino a qui – gli rispose mentre i suoi compagni ridevano allontanandosi e alzando la mano libera in segno di saluto.
- E’ il momento di andare – disse Esdra girandosi verso Aibileen; ma lei non era pronta ad andare.
Aveva il capo chino e stava stringendo i pugni con forza come per cercare di sedare la rabbia che sentiva dentro.
- Aibileen calmati – le disse Esdra prendendole le mani che  rincominciavano a farsi trasparenti.
Aibileen alzò lo sguardo e il ragazzo poté vedere tutta la rabbia repressa che stava trattenendo; vedere un semidio, anche se morto, conciato così l’aveva sconvolta e invece che crollare e piangere per lui, si era arrabbiata contro i purificatori.
Esdra sapeva di doverla fermare prima che la sua rabbia sfociasse in modi poco accettabili.
- Aibileen ti vendicherai, te lo prometto, ma ora ritorna in te, calmati – le sussurrò continuando a stringerle le mani che stavano lentamente sparendo e lanciando occhiate al purificatore accertandosi che non li vedesse.
- Io… io… - gli sussurrò mentre lentamente riprendeva il controllo e con esso le sue mani tornavano consistenti.
- Dillo, sai che ti aiuta – le disse Esdra tranquillo.
Aibileen alzò lo sguardo e lo fissò con rabbia mischiata ad odio che il semidio sapeva non essere rivolta verso di lui.
- Li odio, non possono trattarci così, come bestie – gli disse mentre tornava completamente in se.
- E allora andiamo a fargliela sotto il naso portando via da qui i tuoi amichetti – le disse facendole l’occhiolino e strappandole un sorriso ed un cenno di assenso.
- Bene, ed ora lascia a me quel fannullone, Desiderio – concluse Esdra facendole il baciamano per poi addossarsi al muro e confondersi con le varie ombre.
Se Aibileen non l’avesse già visto usare quel trucco non si sarebbe mai accorta della sua presenza; Esdra, in quanto figlio di Nyx, aveva la capacità di fondersi con le ombre che lo circondavano, diventandone parte integrante e sparendo in esse.
Il semidio arrivò senza alcun problema alle spalle del purificatore, uscì dall’ombra e gli tirò un unico colpo secco con l’elsa della sua spada.
L’uomo non ebbe nemmeno il tempo di emettere un fiato che era già sdraiato a terra privo di conoscenza e con un bernoccolo che gli stava crescendo sul capo.
- Ottimo lavoro – si congratulò Aibileen uscendo dall’ombra e mettendosi al fianco di Esdra.
- E’ stato un piacere, cara – le rispose il semidio con un leggero inchino.
Aibi rise sottovoce e poi prese il blocco su cui erano scritti tutti i codici dei prigionieri, era un blocco veramente sostanzioso.
- Cosa fai? – le chiese Esdra dopo aver legato per bene il purificatore.
- Cerco i bambini – gli rispose continuando a guardare i fogli.
- Sono una serie di numeri e lettere, come credi di fare? – le chiese il figlio di Nyx dubbioso.
Aibi continuò a guardare il foglio corrucciata – LI sta per Long Island, cioè per i semidei del Campo Mezzosangue – gli spiegò – NR per Nuova Roma quindi per i semidei trovati al Campo Giove, quindi il codice dei bambini inizierà con NR – gli spiegò.
- Ok… i numeri? – le chiese guardando il blocco.
- Mese e Giorno di cattura i primi due mentre il terzo è il numero della cella – gli spiegò confrontando i numeri, poi il suo viso si illuminò in un sorriso quando scorse  cinque codici uguali tutti nella stessa cella – Eccoli – esclamò indicandoli – cella 10, blocco 5S – disse girandosi e sorridendo ad Esdra.
- E come faremo a capire qual è il blocco 5S? – le chiese mentre Aibileen rimetteva a posto il blocco.
- Cinque è il piano, S sta per “semidei” quindi dobbiamo raggiungere il quinto piano – gli rispose.
- Sei proprio una nipote di Atena – commentò il figlio di Nyx
- Lo prendo come un complimento – gli rispose Aibileen facendogli una linguaccia.
Si guardarono un attimo intorno prima di decidere cosa fare; dovevano scendere ai piani inferiori, loro erano al primo visto il numero dipinto in bianco sul muro vicino ad una rampa di scale.
- Non possiamo prendere quelle – disse Esdra guardando le scale che scendevano verso l’oscurità
- Saremo troppo allo scoperto – le disse mentre Aibi continuava a guardarsi in giro.
- E… se usassimo quello? – disse indicando un montacarichi che non aveva un aspetto molto rassicurante visto che il pavimento di metallo aveva delle chiazze di sangue secco sopra.
- L’importante è non aggiungere altre macchie di nostra produzione – scherzò Esdra mentre salivano sul montacarichi.
Si misero uno per lato e si misero a manovrare, con lentezza e cautela, le corde spesse e gli argani.
Aibileen si concentrò soltanto sulla forza che doveva usare per far scendere il montacarichi senza farli precipitare o inclinare per colpa del ritmo sbagliato.
Ogni tanto stabilizzavano il montacarichi per vedere a che piano erano, in quei momenti Aibi si prendeva un minuto di riposo per far rilassare i muscoli tesi dallo sforzo.
Dopo qualche minuto di silenzio completo e tensione, rotta ed amplificata soltanto dai cigolii della struttura, riuscirono ad arrivare al quinto piano.
Uscirono dal montacarichi per poi andarsi ad appiattire sulla parete di fronte; davanti a loro vi erano le scale che salivano e scendevano, mentre alla loro destra vi era un corridoio illuminato, dal quale venivano dei rumori sommessi, un misto tra gemiti e rumore di metallo contro la pietra.
 - Devono essere lì le celle – disse Aibi indicando il corridoio.
Esdra annuì – Sii cauta – le sussurrò.
Aibileen annuì e poi si infilò nel corridoio che si rivelò molto più largo di quello che sembrava; sul lato destro vi era un muro normale, mentre invece, il sinistro, era un muro completamente formato da celle che si susseguivano.
La nipote di Atena era allibita e non riusciva a credere ai suoi occhi, in tutte le celle vi erano almeno otto semidei ridotti pelle e ossa che se ne stavano rintanati negli angoli più bui e profondi delle celle con gli occhi grandi per la paura; Esdra imprecò.
- Torneremo a prendervi, ve lo giuro – sussurrò incautamente ma per dar pace al suo animo che la stava torturando con il senso di colpa.
Ora devo trovare i bambini si disse mettendosi a camminare e cercando di non guardare gli altri semidei.
Percorse quasi tutto il corridoio senza vedere l’ombra dei piccoli Grace, Valdez o Zang; che il suo ragionamento fosse sbagliato?
Arrivò davanti alla penultima cella e ringraziò gli Dei; raggomitolati uno vicino all’altro, nell’unico angolo illuminato ed asciutto, c’erano i bambini che dormivano.
Aibileen si avvicinò alle sbarre ancora incredula e felice.
La prima ad accorgersi della sua presenza fu Reyna che tirò su la testa e guardò al di là delle sbarre con gli occhi ridotti a fessura per cercare di mettere a fuoco Aibileen nonostante la semioscurità.
Lo bambina sgranò gli occhi, incredula – Aibileen...? - le chiese sorpresa – ma tu sei... tu eri... - balbettò.
La nipote di Atena annuì – Si, ero morta lo so', è una storia lunga ma posso giurarti che sono io, sono qui per salvarti – le disse.
Reyna sembrava dubbiosa – Perché non sono venuti i nostri genitori a prenderci? - chiese.
-  Perché c'era di mezzo un profezia – gli spiegò Aibileen mentre Esdra controllava che non arrivassero purificatori – ti prego Reyna, fidati di me – le chiese con un sorriso.
La bambina non le rispose, poi smosse un po' Sammy ed Hope che erano addormentati sul lato opposto rispetto a lei, mentre Damide e Augustus ( i gemelli Grace ) continuavano a dormire.
-  Che c'è Reyna? - le chiese Hope preoccupata.
-  Sono venuti a salvarci – spiegò.
-  Ci sono mamma e papà? - chiese Sammy girandosi verso il corridoio ma rimanendo deluso quando vide i due semidei.
-  Aibileen... -  la riconobbero contemporaneamente i bambini anche loro sorpresi.
-  Ho paura che non sia lei ma che sia uno scherzo della foschia – spiegò Reyna – Dobbiamo capire se è veramente lei – spiegò la più grande dei Grace.
Aibileen pensò che assomigliava molto alla sua omonima, la Reyna da cui aveva preso il nome, non avesse saputo chi fossero i suoi genitori avrebbe potuto scambiarla per una vera figlia di Bellona.
-  Chiediamole qualcosa che sa solo lei – le suggerì Hope con un alzata di spalle mentre veniva supportata da Sammy.
Reyna annuì e poi fissò Aibileen  - Cosa mi facesti la prima volta che ci incontrammo? - le chiese seria.
Aibileen sorrise – Le trecce, perché tuo papà non sapeva fartele – le rispose tranquilla.
-  Ed io in cosa mi trasformai? - le chiese Sammy per sicurezza.
-  Ti vennero le orecchie e la coda da tigrotto – gli rispose Aibileen sorridendo al ricordo di quanto era tenero il bimbo metà umano e metà cucciolo.
-  Io direi che è lei – disse Hope mentre tutti i bambini le sorridevano sereni.
-  Ora che vi siete accertati che non è un impostora, muovetevi, non vorrei mai dover intrattenere una discussione con una squadra di purificatori – disse Esdra frettoloso.
Aibileen sospirò e si trattenne dal tirargli uno scappellotto – Forza venite – gli disse lei più tranquilla mentre si levava lo zaino dalle spalle e vi tirava fuori la sua borraccia.
Reyna svegliò i fratellini che si alzarono lamentandosi di voler dormire ancora, così lei e Sammy furono costretti a prenderli in braccio.
Aibileen si versò un po' d'acqua sulla mano e poi la controllò in modo che entrasse dentro la serratura e che prendesse la forma della chiave; la semidea ruotò la mano e la porta si aprì con un cigolio.
Aibileen non ebbe nemmeno il tempo di alzarsi in piedi che i bambini le andarono incontro e l'abbracciarono tutti insieme; a qualcuno scappò un singhiozzo ma lei non riuscì a capire a chi appartenesse.
-  Tranquilli, adesso torniamo a casa – li rassicurò alzandosi in piedi e stringendoli.
-  Bene, ora facciamo un viaggio ombra e usciamo da qui – disse Esdra poggiando una mano sul braccio di Aibileen e allontanandola dalla cella insieme ai bambini.
-  Mi dispiace per voi, ma per oggi i viaggi ombra non sono ammessi -
Aibileen alzò lo sguardo  aspettandosi di vedere un generale dei purificatori con il fucile già pronto a sparare ma, invece, davanti a lei, vi era un uomo di mezza età a lei non del tutto sconosciuto; era un uomo piccolo e magro, ma il suo sguardo era fiero e spingeva all’infuori il petto come se fosse la persona più importante del mondo.
Aveva un naso a becco, le palpebre pesanti e le labbra erano sottili ma esprimevano solo crudeltà; portava i capelli tagliati abbastanza corti ma tirati all’indietro, come se si fosse messo in testa un chilo di brillantina.
Indossava un uniforme della stessa foggia dei purificatori, solo che i colori erano invertiti; il tessuto nero e gli inserti bordeaux.
Nonostante ciò, non riusciva ad associare quel volto ad un nome, ma bastò una parola di Esdra per dare al suo cervello lo stimolo che le mancava.
-  Vlacas -
-  Anche per me è un piacere rivederti Esdra Lux, vuoi che ti saluti tuo padre? - scherzò l'uomo con una risata sarcastica.
-  Setne... - ringhiò il ragazzo mettendosi davanti ad Aibileen e ai bambini che la stavano abbracciando impauriti.
Setne gli rivolse un sorriso smagliante e poi si rivolse alla semidea – E tu devi essere Aibileen Jackson, la piccola ancella di Ecate, è un piacere conoscerti di persona, finalmente -
Aibileen non gli rispose e gli lanciò un occhiata di puro odio; aveva la causa di tutti i loro guai davanti ai suoi occhi, ad un centimetro da lei e non poteva fare nulla per fermarlo; Setne era, probabilmente, il mago più potente del mondo.
-  Va bene, mettiamo fine ai convenevoli – disse Setne stringendo le mani una con l'altra – mi piacerebbe sapere dove credete di portare i miei piccoli semidei – disse sorridendo e guardando i bambini.
-  Noi non siamo tuoi! - gli gridò Damide Grace trovando coraggio.
-  E non siamo nemmeno piccoli – aggiunse il suo gemello anche se leggermente più timoroso.
Aibileen strinse i bambini in un gesto protettivo – A casa, dove li aspettano i loro genitori e le persone che gli vogliono bene – gli rispose la semidea.
Setne annuì e sospirò – Già, è proprio un bel discorso, e mi piacerebbe molto poterti aiutare ma, purtroppo, in questo caso devo fare il cattivo, quindi non posso permettervi di andarvene – disse il mago fingendosi dispiaciuto.
-  Tu sei sempre il cattivo Setne, non solo oggi – gli ricordò Esdra.
-  Davvero Esdra? Quindi vuoi dirmi che tuo padre, quando ti usò per entrare nelle mie grazie usandoti come cavia per i suoi esperimenti sulle armi che adesso vi indeboliscono, non era cattivo? Vuoi dirmi che è stato un padre perfetto? Colui che avrebbe tranquillamente ucciso il figlio a forza di esperimenti in nome della scienza? – gli ricordò Setne con un sorriso compiaciuto.
-  E tu Aibileen Jackson? Anche tu credi ancora nei semidei? - le chiese con un sorriso compatito
-  Tu che sei stata maltrattata per tutta la tua infanzia da semidei, e che poi hanno deciso di liberarsi di te appena hanno scoperto che eri più forte di loro, davvero vuoi ancora proteggerli? - le chiese scettico.
-  Certo! - gli rispose senza pensarci un attimo – Loro sono la mia famiglia ed io non li tradirei mai ,  neanche se ne andasse della mia vita – gli disse stringendo i bambini che erano alquanto spaventati.
-  Conosco chi non la penserebbe come te – le rispose con un sorriso perfido – In ogni caso, lasciami i piccoli semidei e ve ne potrete andare – disse tranquillo.
-  Ed io ci credo – gli rispose Esdra scettico
-  Posso giurarvelo sullo Stige, come dite voi Greci, o se avete la piuma della verità a portata di mano, su quella – gli rispose calmo.
-  I bambini non si barattano – disse Aibileen senza l'ombra di dubbio nella voce.
-  E allora morirete tutti e sette – rispose con un'alzata di spalle.
I bambini, se possibile, si strinsero ancora di più ad Aibileen iniziando a tremare.
La semidea non si fece prendere dal panico e guardò Setne dritto negli occhi:
-  Cosa diresti se ti proponessi un patto? – gli chiese furbescamente.
Setne si fece attento – Sentiamo, cos’hai da propormi semidea? – le disse facendole cenno di continuare.
- La cosa è semplice: tu lascia andare Esdra e i bambini, ma prendi me – disse sicura.
- Cosa?! No! – le gridò Esdra furioso.
- E’ l’unico modo – gli ricordò la semidea sottovoce.
- Sentiamo, perché mai dovrei rinunciare a cinque giovani semidei che potrei modellare a modo mio? -  le chiese scettico.
- Perché io sono una doppia semidea, possiedo sia i poteri di Atena che di Poseidone, inoltre sono stata anche istruita da Ecate perciò ho anche dei fondamenti di magia, quindi sarei una nemica molto forte.
Inoltre, è risaputo che, chiunque abbia al suo servizio una semidea come me, sarà molto potente – spiegò Aibileen come se volesse fare pubblicità ad un oggetto.
Setne si fece pensieroso ma poi le sorrise –Mi sembra un ottimo patto, c’è solo una piccola, piccola cosa che vorrei cambiare – le disse sorridendole accondiscendente.
- Quale? – gli chiese Aibileen attenta.
- Semplice, verrai trattata come una prigioniera qualsiasi, con tutto ciò che ne consegue – le spiegò.
- Accetto – gli disse senza pensarci troppo.
- Non puoi farlo! – le disse Esdra afferrandola per un polso.
- Devo, e lo sai anche tu – gli disse fissandolo negli occhi – Prendi i bambini, trova gli altri e riportali al Campo Mezzosangue, io me la caverò – lo rassicurò seria.
Esdra la fissò, avrebbe voluto dirle di tutto, legarla a lui e scappare via, ma gli occhi di Aibileen si erano fatti di pietra; lei sapeva che cosa stava facendo, non era una scelta disperata.
- Sappi che tornerò a prenderti, dovesse il Tartaro assorbirmi nelle sue propaggini – le disse stringendole la mano.
Aibileen gli sorrise, felice che il figlio di Nyx avesse capito che sarebbe stato inutile continuare a litigare – Prima porta al sicuro tutti gli altri, io resisterò – lo rassicurò stringendoli a sua volta la mano.
- Aibileen non andare… – le disse Sammy quando la semidea iniziò a staccarsi dai bambini per farli andare con Esdra.
- Tranquillo piccolo, io starò bene, ora voi andate con il mio amico Esdra, vi porterà dai vostri genitori, mi raccomando, non lasciatelo mai – gli disse mentre tutti i bambini, lentamente e recalcitranti, si allontanavano da lei mentre il figlio di Nyx li prendeva sotto la sua protezione.
- Fate con calma, tanto io non ho nient’altro da fare – gli disse Setne sarcastico.
Aibileen gli lanciò un occhiata di fuoco e si allontanò dal gruppetto per avvicinarsi al mago:
- Voglio vederli partire – gli disse quando si trovò a pochi centimetri da lui.
- Ma certo – la rassicurò.
Aibileen si girò e vide Esdra che radunava i bambini intorno a lui che si aggrapparono alla sua giacca e alle sue braccia.
- Stai attenta – le sussurrò il semidio.
- Contaci – gli rispose lei.
Detto ciò Esdra controllò che tutti i bambini si stessero tenendo a lui e poi sparì con un viaggio ombra.
- Molto bene, e adesso a noi – disse Setne.
Aibileen si girò e, senza nemmeno accorgersene si ritrovò le mani imprigionate in due corde; provò a tirarle per liberarsene ma invece queste si strinsero ancora di più intorno ai polsi, ferendoli.
- Credevi davvero che mi sarei limitato a gettarti in una cella? – le chiese sarcastico e maligno allo stesso tempo.
Aibileen stava per rispondergli ma una fitta alle viscere non glielo permise, si piegò in avanti mentre sentiva le forze venirle meno – Cosa…? – provò a chiedere.
- Beh, non potevo nemmeno lasciarti i tuoi poteri – le ricordò come se fosse ovvio.
Aibileen si accasciò a terra cercando di sopportare il dolore mentre intorno a lei tutto si faceva sfocato.
No, non addormentarti!
Setne scoppiò a ridere – Buona notte piccola Aibileen –.
La semidea cercò di reagire, ma lentamente perse conoscenza, finché tutto non divenne buio.
 
 
 

Lilia

 
Lilia credeva che ormai la sua ora era giunta.
Era corsa via dalla stanza insieme a Jason e i purificatori si erano lanciati su di loro, all’inseguimento.
Perché erano ancora in vita e non con una pallottola conficcata nella schiena?
Semplice, perché gli era stato dato l’ordine di catturarli vivi.
Il braccio dove il proiettile l’aveva colpita di striscio le pulsava e bruciava, più che altro era fastidioso, sicuramente non era grave.
La loro situazione peggiorò completamente quando riuscirono ad arrivare alla fine del tunnel, nel punto in cui si erano divisi da Aibi ed Esdra, ed i purificatori arrivarono dal corridoio che portava all’uscita, circondandoli.
Jason e Lilia furono costretti a fermarsi, ed il figlio di Giove imprecò.
- Lilia, dimmi che ce la fai a richiamare l’acqua che sta sotto di noi per far fare un bel bagno a tutte queste persone – le disse Jason mentre sfoderava la sua spada e guardava i purificatori, pronto per ogni possibile attacco.
Lilia scosse il capo affranta – La roccia sotto di noi è troppo spessa… e poi non so’ quanto riuscirei a controllarla con il braccio ridotto così – gli ricordò.
Jason non disse nulla, ma la semidea capì che anche lui era a corto di idee.
- Abbassate le armi e arrendetevi – ordinò un purificatore.
- Certo, così ci catturerete facilmente? – gli chiese sarcastico Jason – Non ho intenzione di semplificarvi il lavoro, bastardi! – gli gridò.
Lilia non si ricordava di aver mai sentito Jason così arrabbiato, ma infondo aveva tutte le ragioni per esserlo.
La loro impresa era fallita miseramente; Fahime li aveva traditi, Aibi ed Esdra erano spariti da qualche parte in quella fortezza e, molto probabilmente, erano stati catturati anche loro ed infine non erano riusciti a salvare i bambini.
E questa era la cosa che gli causava più rabbia di tutte.
- Se opporrete resistenza siamo stati autorizzati a catturarvi con la forza – rispose il purificatore mettendo mano alla corda che portava appesa alla vita mentre i suoi compagni preparavano altre corde e reti.
- Non ci conoscete proprio vero? – gli chiese Lilia – secondo voi saremo così stupidi da rinunciare alla nostra libertà? A lasciarci uccidere o catturare così facilmente? – gli chiese guardandoli uno ad uno.
La nipote di Poseidone stava prendendo tempo, forse il Fato avrebbe deciso di regalargli un altro giorno, forse in qualche modo sarebbero riusciti a scappare se avessero aspettato e non si fossero subito gettati contro i purificatori e la cattura certa.
Infondo non si dice che “ la fortuna aiuta gli audaci” ?
Peccato che Tiche sia al Campo Mezzosangue adesso.
- Voi non lottereste contro chi minaccia di togliervi la libertà? Contro chi vi vuole sottomettere o distruggere la vostra vita? – continuò Lilia infervorandosi.
Non aveva mai fatto un discorso del genere in vita sua; di solito era Lucas che faceva i discorsoni con tante parole e, soprattutto, molto convincenti, non lei.
Però credeva in quello che diceva, e le parole le uscivano spontanee dalle labbra.
Il purificatore che aveva parlato sino a quel momento la fissò truce – E’ quello che sto facendo sporca semidea, sto proteggendo la mia libertà, la mia vita e quella dei miei simili da voi mezzosangue che volete prendere il controllo su tutti noi per schiavizzarci – le rispose serio.
Lilia non sapeva come replicare, l’uomo sembrava veramente convinto di quello che stava dicendo, entrambi erano convinti delle loro idee ed entrambi avrebbero lottato per esse; c’era solo una piccola differenza:
Loro pensavano quelle cose perché era stato un mago egocentrico a fargliele pensare.
- Ed ora basta con le chiacchiere – disse il purificatore stufo del troppo parlare – ora verrete con noi, se non con le buone, con le cattive – concluse – prendeteli! – gridò dando l’ordine.
La nipote di Poseidone sentì il cuore batterle all’impazzata nel petto, capendo che ormai era giunta la fine dei giochi.
- Perdonami Lilia – le sussurrò Jason dispiaciuto ma con una nota di rabbia nella voce.
Lilia gli sorrise rassicurante e gli strinse un polso, era colpa di entrambi se si trovavano in quella situazione.
Anzi, è tutta colpa di Fahime se ci troviamo in questa situazione pensò con rabbia.
I purificatori si gettarono su di loro, Lilia e Jason si prepararono a respingerli come potevano ma, nonostante fosse al sicuro al campo, Tiche decise di mandargli un aiuto.
Esattamente prima che avvenisse lo scontro, l’aria davanti ai due semidei vibrò e apparve Esdra circondato dai bambini che si tenevano stretti a lui.
Ci fu un attimo in cui rimasero tutti sorpresi e i purificatori fermarono l’assalto.
- Esdra?! – chiesero Lilia e Jason sorpresi.
- Si, ora muovetevi dobbiamo andarcene – gli disse facendogli segno di avvicinarsi e di attaccarsi a lui.
- Dov’è Aibileen? – le chiese Lilia non vedendo la sorella.
- Le spiegazioni dopo Jackson, ora muoviti! –
Lilia e Jason non se lo fecero ripetere due volte, si aggrapparono alla giacca di Esdra e il ragazzo fece un altro viaggio ombra proprio mentre i purificatori rincominciavano l’attacco.
Lilia si tenne stretta ad Esdra mentre sentiva il freddo glaciale degli Inferi e del Tartaro invaderle le membra mentre un unico pensiero le occupava la testa:
Dov’era sua sorella?
Il viaggio fu breve e finì non tanto bene; apparvero sulla collina mezzosangue, dentro lo scudo protettivo, crollando tutti a terra perché Esdra si era accasciato al suolo per il troppo sforzo.
Molto probabilmente avevano messo in allarme tutto il campo.
- Papà! –
Reyna, Damide e Augustus si alzarono in piedi di scatto, per primi, e si gettarono su Jason che era ancora seduto a terra abbracciandolo e stringendolo mentre scoppiavano a piangere.
Il figlio di Giove strinse tutti e tre i figli con forza, mentre tratteneva le lacrime di gioia a stento.
Lilia si sedette sull’erba portandosi una mano alla testa; era ancora stordita dal viaggio e il mondo le vorticava davanti agli occhi ma, lentamente si stava riprendendo.
Fece un respiro profondo e poi aprì gli occhi; Esdra era seduto sull’erba poco distante da lei che cercava di riprendere fiato mentre gli altri bambini raggiungevano Jason per ricevere un abbraccio di conforto anche loro, nonostante quello non fosse loro padre.
La figlia di Poseidone si alzò in piedi e si avvicinò cauta, come se avesse tutto il tempo del mondo, ad Esdra.
Il figlio di Nyx le sorrise con un sorriso sfacciato preannunciando tempesta.
- Ehi maremoto, piaciuto il viaggetto? – le chiese scherzando.
Lilia lo fissò truce – Dov’è mia sorella? – gli chiese con calma.
- Ah non è con noi? Non è che ha deciso di scendere prima e fermarsi nel Tartaro in memoria dei vecchi tempi? – le chiese continuando a scherzare.
Gli occhi di Lilia divennero di fuoco, mentre la collera le ribolliva nel petto e la sua indole impulsiva prendeva il sopravvento.
Allungò una mano di scatto verso Esdra e lo afferrò per la maglia sollevandolo da terra  con uno strattone mentre il ragazzo cecava di rimanere in piedi nonostante le gambe molli dovute al viaggio ombra.
- Ascoltami bene figlio di Nyx, e apri quelle orecchie – lo minacciò – Dov’è mia sorella?! – gli richiese avvicinandolo al suo viso e stringendo la presa sulla maglietta.
Lilia vide lo sguardo di Esdra cambiare e diventare mortalmente serio, perdendo tutta la sfacciataggine.
- E’ rimasta là, è nelle mani di Setne -.

Ed ecco qui il capitolo :3
Cosa ne pensate? :D
Ho paura che qualcuno di voi sviluppi istinti omicidi verso di me dopo questo capitolo... Ma ricordatevi, se morissi non potrei continuare a scrivere ed Aibileen rimarrebbe in questa situazione :3
Mi scuso ancora se aveste trovato errori di Grammatica/Ortografia :)
Come sempre ringrazio chi legge, chi segue, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensice :) Mi fa sempre un grande piacere ricevere i vostri parere sulla Ff :)
Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare in orario scanso peggioramento della mia salute ( mi sa' che mi conviene pregare un po' Apollo... ).
Direi  che per ora è tutto,
un abbraccio,
Darkness_Angel.

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Capitolo 17
*** XVII. ***


Chiedo umilmente perdono >.<
Lo so' sono in ritardo di un giorno, ma ieri e Mercoledì sono stata malissimo e non riuscivo nemmeno a stare davanti al computer, perdonatemi.
Questo è un capitolo di passaggio, Pov Lilia ( si sono crudele non si sa' niente di Aibi :D ).
Non è gran che come capitolo ma mi rifarò nel prossimo capitolo 3:)
Buona Lettura.


XVII.

 
Lilia lasciò andare Esdra con uno strattone e un urlo frustrato.
- Come, è nelle mani di Setne?! – gli gridò mentre calde lacrime di rabbia le rigavano le guance – Mi stai dicendo che mia sorella è rimasta ad Alessandria?! – gli richiese cercando di trattenere la rabbia.
Esdra gemette e si mise a sedere sull’erba – Si Lilia, è rimasta per permettere a me di portare via i bambini – le rispose cercando di rimettersi in piedi.
- Dovevi trascinare via anche lei! – gli gridò furibonda
- Sa’ quello che fa! – gli gridò in risposta il ragazzo.
- Ha solo diciassette anni Esdra, non sa’ quello che fa! – gli ricordò furibonda avvicinandosi a grandi passi – Ora ti faccio vedere io… -
- Papà! – Lilia si girò verso la voce dimenticandosi temporaneamente di Esdra, era stata Hope a gridare.
Dalla collina stavano arrivando di corsa i suoi genitori, insieme a quelli degli altri bambini e ai genitori di Fahime; i piccoli si staccarono da Jason e corsero incontro ai rispettivi papà, o mamme, che li presero in braccio stringendoli con forza.
- Lilia! –
Tre secondi dopo la nipote di Poseidone si ritrovò stretta tra le braccia del suo gemello.
- Lucas – gli disse stringendolo con forza e trattenendosi dal piangere.
- Lili che succede… - le chiese il gemello dubbioso.
Lilia cercò di non scoppiare a piangere –Non è andato proprio tutto come speravamo… - gli disse stringendogli le mani.
- Cosa… - le chiese dubbioso.
- Ce l’avete fatta, li avete trovati tutti! – disse Hazel stringendo e baciando Sammy che si lasciava coccolare dai genitori senza fare storie visto che lo stavano stringendo forte.
- E state bene – constatò Piper dopo aver controllato da capo a piedi tutti e tre i suoi bambini e aver notato che non avevano nessuna ferita.
- Però ho fame mamma – le disse Damide aggrappandosi alla sua maglia.
- Certo tesoro, andiamo subito a mangiare – lo rassicurò Piper dandogli un bacio sulla fronte.
- Sarete tutti stanchi, è meglio se mangiate e poi andate tutti a riposare – disse Percy.
- Esatto – convenne Carter.
- Dov’è Fahime? – chiese Ziah dopo essersi guardata intorno per qualche minuto.
- Infatti… e dov’è Aibileen? – chiese Annabeth preoccupata e stupita.
Sui presenti calò il silenzio, Jason e Lilia si scambiarono sguardi loquaci, mentre invece Esdra chinò il capo continuando a fissare il prato.
Annabeth fissò la figlia – Lilia… dove sono tua sorella e Fahime? – le chiese la madre mentre la preoccupazione prendeva il sopravvento.
Lilia tenne lo sguardo basso e le scappò un singhiozzo; non sapeva come dirglielo, non era colpa sua ( forse un po’ si ) ma le parole erano bloccate in gola.
Non per paura della reazione di sua madre, ma per il dolore e la rabbia che sentiva nel petto.
- Aibileen è… - provò a dire cercando coraggio.
- Aibileen è rimasta nelle prigioni, ha preso il nostro posto – completò la frase Hope stringendosi alla madre che le fece una carezza e l’abbracciò con più forza.
Annabeth sgranò gli occhi incredula, guardò la bambina e poi la figlia – Sta dicendo che è rimasta ad Alessandria? – le chiese con una calma che nascondeva tutta la sua paura – che è rimasta nelle prigioni di Setne?! – le chiese alzando leggermente il tono della voce mentre il marito le prendeva una mano e gliela stringeva.
- Si ma… - provò a dire Lilia.
- Ma cosa Lilia! – le gridò la madre mentre le lacrime iniziavano a rigarle le guance.
Lilia la guardò sentendosi ancora più in colpa mentre Lucas le stringeva la mano per darle supporto.
- Non è colpa di Lilia – intervenne Esdra che si avvicinò al gruppo guardando Percy e Annabeth seriamente – se volete incolpare veramente qualcuno, quello sono io -  disse.
Tutti i presenti lo guardarono dubbiosi, Ziah e Carter ancora in ansia perché non sapevano cosa ne fosse stato della loro bambina ma combattuti dal chiedere informazioni per non interrompere Percy e Annabeth.
- Cosa sta dicendo? – chiese Percy confuso guadando Jason mentre stringeva la moglie.
- Non so’ bene cosa sia successo, siamo riusciti ad entrare nella base e ad imboccare il corridoio che portava alle prigioni, ma poi ad un certo punto la strada si divideva in due tunnel, all’apparenza uguali e allora ci siamo divisi – gli spiegò – Io, Lilia e Fahime siamo andati in uno ed Esdra con Aibileen nell’altro; poi non l’ho più rivisto finché non ci è apparso davanti con un viaggio ombra insieme ai bambini e ci ha portato qui – raccontò – quindi non ho idea di cosa sia successo ad Aibileen – gli disse deluso.
Esdra guardò i due genitori preoccupati – La nostra strada era quella giusta, abbiamo trovato le celle ma dopo che abbiamo salvato i bambini è apparso Setne – spiegò – Aibileen si è offerta di rimanere al posto dei bambini e me, io ho fatto il viaggio ombra e salvato gli altri prima che i purificatori li facessero fuori – spiegò.
La spiegazione fu rapida e concisa ma bastò per far capire a tutti i presenti la situazione in cui si era andata a cacciare la ragazza; adesso sarebbero dovuti andare a salvarla ed anche velocemente visto che Setne non l’avrebbe lasciata semplicemente a marcire in una cella.
- Mi avevi promesso che l’avresti protetta! –
Nello stesso momento Percy si gettò contro Jason e, dalla foschia che aveva creato per nascondersi, apparve Nathaniel che si gettò su Esdra assestandogli un pugno sulla mascella.
Lilia rimase sconvolta dalla scena, come pure sua madre, e rimasero ad osservare i quattro uomini che se le suonavano di brutto.
La prima a riprendersi fu Annabeth – Smettila Percy! – gli disse afferrandolo per le braccia e allontanandolo da Jason.
- Ti avevo chiesto di proteggerla Jason! E tu l’hai lasciata andare da sola! – gli gridò contro ma senza saltargli più addosso.
- Mi dispiace! Non pensavo sarebbe finita così – gli disse mentre si rialzava in piedi con l’aiuto di Piper – Se l’avessi saputo sarei tornato indietro a prenderla, non abbandonerei mai uno dei tuoi figli – gli ricordò.
- E’ vero papà, se non fosse stato per Jason io adesso potrei essere morta – gli disse Lilia avvicinandosi e poggiando una mano sulla spalla del padre.
Percy fissò Jason con rabbia ancora per qualche secondo e poi emise un grido frustrato e si allontanò.
- Scusalo, è solo preoccupato – gli disse Annabeth scusandosi al posto del marito.
- Non ti preoccupare – la rassicurò il figlio di Giove.
Lilia si girò e guardò i due ragazzini che continuavano a prendersi a pugni – Non li hai ancora fermati? – chiese Lilia a suo fratello.
- No, era troppo divertente guardarli – le disse ridendo.
La nipote di Poseidone sospirò, e pensò che quello era un comportamento un po’ infantile: che Lucas fosse geloso di Esdra e Nathaniel che volevano portargli via la sorellina?
- Ti sei divertito abbastanza però, aiutami – gli disse.
Lucas sospirò e fece come gli diceva la sorella, si misero ai lati dei ragazzi e li separarono tenendoli lontani – Massacrarvi di botte non farà liberare Aibileen prima – gli ricordò Lucas- quindi vedete di smetterla e di dare un aiuto concreto – disse lasciando andare Esdra con uno strattone.
Il figlio di Nyx gli lanciò uno sguardo di fuoco ma non disse nulla mentre tutti i presenti rimanevano a fissare in silenzio i due litiganti.
- E invece, cosa è successo a Fahime? – chiese Carter rompendo il silenzio mentre si sentiva, chiaramente nella sua voce, che aveva il terrore che a sua figlia fosse toccato lo stesso destino della Jackson minore.
Lilia e Jason si scambiarono un occhiata, questo era difficile da raccontare, proprio come lo era stato la vicenda di Aibileen, non avevano idea da dove iniziare.
- E’ rimasta anche lei catturata? – chiese Ziah cercando di semplificargli la spiegazione.
- No… A metà strada abbiamo trovato una specie di archivio dove siamo entrati abbiamo iniziato a cercare qualcosa che potesse tornare utile per i futuri attacchi, ma… Fahime… - e Lilia non riuscì a dire altro.
Come poteva dire ai genitori della maga che li aveva traditi, lasciandoli in mano ad un plotone di purificatori che li avrebbe sicuramente catturati, o uccisi, se Esdra non li avesse salvati?
 - Fahime ci ha tradito – disse infine Jason con un coraggio che Lilia non avrebbe mai avuto – Quando eravamo nell’archivio ha evocato un geroglifico e, pochi secondi dopo, Michael Varus è entrato con un centinaio di purificatori che ci hanno circondato e che volevano catturarci – spiegò.
Su entrambe le facce dei genitori apparve la sorpresa, che rimase su quella di Carter insieme alla delusione mentre sul viso di Ziah apparve anche la rabbia, ben nascosta, ma c’era; a Lilia sembrò quasi che la donna fosse preparata ad una notizia del genere.
- Siete sicuri che non sia stata costretta? Che non l’avessero minacciata? – chiese, con sorpresa di tutti Lucas, guardando la gemella e lo zio sconvolto.
- Non sembrava… pareva sapere quello che stava facendo – gli disse Lilia tristemente – Mi dispiace Luc… - aggiunse sussurrando.
- Questo spiegherebbe, anche, come mai sembrava che Setne sapesse benissimo dell’arrivo mio e di Aibileen… - commentò Esdra guadagnando soltanto occhiatacce dai presenti.
Lilia guardò suo padre, che non aveva ancora sbollito la rabbia per la notizia della scomparsa di Aibileen, sperava solo che non saltasse anche addosso a Carter accusando anche lui.
L’unico colpevole di tutta quella storia era Setne; Fahime era stata soltanto un’altra sua marionetta, adesso che Lilia era calma riusciva a capirlo con chiarezza.
- Perfetto, direi che non rimane una cosa da fare – intervenne Percy sorprendendo tutti che erano rimasti ancora scioccati dalla notizia del tradimento della maga.
- E sarebbe Testa d’alghe? – gli chiese Annabeth dubbiosa.
- Andrò a riprendermi mia figlia, e se Carter si vuole unire a me per venirsi a riprendere la sua è ben accetto perché credo proprio che Fahime non avrebbe fatto una cosa del genere se non fosse stata spinta da buone ragioni – concluse.
Carter gli sorrise e gli poggiò una mano su una spalla mentre sul suo volto appariva la determinazione – Sono dei tuoi Jackson – gli disse.
- Fermi un attimo – intervennero Ziah e Annabeth prima che i loro mariti si lasciassero prendere troppo dall’entusiasmo.
- Non potete imbarcarvi in un impresa del genere senza un piano – gli ricordò Annabeth
- E sono sicura che il vostro arrivo è proprio ciò che Setne si aspetta che succeda – aggiunse Ziah.
- E quindi? Cosa suggerite di fare? – chiese il padre di Lilia.
- Dobbiamo elaborare un piano – concluse la figlia di Atena – velocemente, prima che possa succedere qualcosa alle bambine, ma senza tralasciare nessun dettaglio – spiegò.
- Forse queste potrebbero servirvi – intervenne Lilia mentre si levava lo zaino dalle spalle, lo apriva e ne tirava fuori delle carte arrotolate; se n’era quasi dimenticata nella confusione generale.
- Cosa sono Lili? – le chiese Lucas prendendo in mano un foglio e dispiegandolo.
- Planimetrie, mappe e piantine delle prigioni di Alessandria – spiegò Lilia – Sono riuscita a rubarli prima che fossimo costretti a scappare – spiegò consegnando le carte un po’ a tutti.
- E brava la mia pesciolina, si vede che hai preso tutto dal tuo papà – le disse suo padre, chiamandola con il soprannome che usava quando era piccola, stringendola in un abbraccio e dandole un bacio su una tempia.
Lilia si godette quell’affetto inaspettato, non pensava che potesse farla sentire così bene un soprannome che non sentiva da quasi undici anni.
- Queste potrebbero essere utili per te zio – disse Lilia dando un foglio arrotolato a Leo che lo prese in mano mentre, nello stesso tempo, reggeva Hope che si mise a guardare i fogli insieme al padre e alla madre – Sono i sistemi di sicurezza della prigione – notò Leo con il classico sguardo che aveva quando il suo cervello si metteva al lavoro.
- E da queste annotazioni sembra che siano l’unione di meccanica e magia – aggiunse Calipso.
- Credete di riuscirle a decifrare? – gli chiese Lilia.
- Certo che ce la faremo! – le rispose Hope entusiasta stringendosi al collo del padre che rise.
- Ce la possiamo fare, magari qualche mago potrebbe darci una mano per capire se c’è della magia Egizia dietro – aggiunse Leo sorridendo a Carter.
- So’ già che mia sorella si offrirà volontaria – gli rispose il mago.
Passò qualche minuto in cui si misero tutti ad osservare le carte cercando di capire chi sarebbe stato più utile a fare cosa.
- Mamma ma alla fine non mangiamo? – chiese Augustus richiamando l’attenzione della madre e distogliendo tutti dai loro progetti.
- Certo tesoro, andiamo subito – disse Piper prendendolo in braccio.
- E’ meglio se voi portate i piani a Chirone mentre noi ci occupiamo dei bambini – suggerì Hazel.
Annabeth annuì – Appena sappiamo qualcosa vi avvertiamo – gli disse la figlia di Atena decisa.
- Noi vi raggiungeremo dopo – aggiunse Carter consegnando le carte ad Annabeth – Dobbiamo andare ad aggiornare gli altri… - disse con una nota triste nella voce.
Annabeth e Percy gli sorrisero comprensivi – Allora ci aggiorniamo a quando sapremo qualcosa di concreto – concluse Annabeth.
I maghi e i genitori, con i rispettivi figli, si diressero verso il padiglione della mensa e verso gli alloggi dei maghi che stavano crescendo man mano che arrivavano.
Alla fine lì rimasero i quattro Jackson, Nathaniel ed Esdra – Se a voi non dispiace io vado a rintanarmi da qualche parte a dormire – disse il figlio di Nyx cercando di dileguarsi.
- Non ci provare, tu eri con Aibileen, sai dove si trovano le celle e il modo più semplice per arrivarci, quindi rimarrai con me e mi aiuterai a capire le planimetrie – gli disse Annabeth senza dargli modo di replicare.
Lilia aveva imparato a rispettare e temere quello sguardo in quei vent’un anni; se sua madre era così seria, aveva già un problema a cui stava pensando, non era consigliabile darle contro se volevi arrivare a fine giornata.
- Tu invece, Nathaniel, è meglio se vai a vedere se serve il tuo aiuto a Leo per studiare i sistemi di sicurezza – ordinò la figlia di Atena al figlio di Ecate.
- D’accordo… - le rispose leggermente scocciato mentre continuava a lanciare a occhiatacce ad Esdra, probabilmente invidiandolo perché poteva rimanere con la famiglia Jackson.
Lilia avrebbe voluto dirgli qualcosa, anche lui stava soffrendo come loro per l’incarcerazione di Aibileen; sembrava che lei fosse l’unica ad essersi accorta che il figlio di Ecate era innamorato della sua piccola sorellina.
Nathaniel se ne andò lasciandoli soli – Se tu vuoi Lili, puoi andare a riposarti un po’, ci raggiungerai dopo – la rassicurò il padre facendole una carezza su un braccio.
Lilia gemette leggermente e scostò il braccio – Cos’hai? – le chiese il gemello guardandole l’arto corrucciato.
- Ah si, un purificatore mi ha sparato – si ricordò Lilia tirando su la manica della maglia e mostrando il segno del proiettile che l’aveva presa di striscio e che adesso aveva intorno del sangue secco e coagulato nel punto dove la ferita era più profonda.
Lilia vide  volti dei suoi genitori sbiancare, come se stessero perdendo anni di vita.
- Come ti ha sparato? – le chiese Annabeth prendendole il braccio e controllando la ferita.
- Si, mentre scappavamo – le spiegò – ma è una ferita solo di striscio basterà sciacquarla un po’ – la rassicurò.
Annabeth le guardò il braccio con attenzione, adesso che uno dei suoi bambini era in pericolo diventava molto più apprensiva con gli altri due.
- Lucas, vedi di portare tua sorella dai figli di Apollo e assicurati che si faccia medicare per bene la ferita, poi falle mangiare qualcosa e solo dopo raggiungici alla casa grande – gli disse sorridendo dolcemente ad entrambi e lasciando andare il braccio alla figlia.
- Voglio venire anche io alla Casa Grande per aiutarvi, c’ero anche io là – le ricordò Lilia non volendo essere estraniata dalle discussioni.
Suo padre le sorrise dolcemente – D’accordo Lili, ma solo dopo che ti sarai riposata, va bene? – le disse stringendole una mano.
Lilia sospirò sentendosi molto più piccola della sua età – D’accordò papà  - gli disse con un leggero sorriso.
- Bene, adesso ognuno per la sua strada – concluse Annabeth prendendo lo zaino della figlia con tutti i progetti e le carte presi dalle prigioni di Setne – Esdra, davanti a noi – gli ordinò la figlia di Atena autoritaria.
- Come vuole – gli rispose un po’ scocciato incamminandosi.
Lilia e Lucas guardarono allontanarsi i genitori che non perdevano di vista Esdra.
- Sai Lili, non lo invidio per niente – le disse Lucas scherzando mentre l’accompagnava verso l’infermeria.
 
 
Alla fine alla ferita di Lilia bastò veramente una sciacquata.
Quando arrivarono in infermeria una figlia di Apollo la portò da parte, gliela pulì, disinfettò, vi mise sopra un bel cerotto di carta bianco e la rimandò a casa.
Lucas trascinò la gemella al padiglione della mensa, dove trovarono anche i bambini che mangiavano raccontando ai genitori cosa gli era successo; i gemelli Jackson si misero al loro tavolo.
A Lilia fece piacere ascoltare le chiacchiere dei piccoli che, nonostante la grande paura che avevano provato, cercavano di descriverla facendo vedere ai loro genitori che erano stati dei bravissimi e coraggiosi semidei.
Da parte loro, i grandi, gli davano corda e stavano al gioco, contenti che i loro piccoli stessero bene e non fossero rimasti troppo scioccati da quello che avevano passato.
- Sai però Gus, i grandi semidei le verdure le mangiano – disse Jason al figlio avvicinandogli il piatto che aveva leggermente allontanato da se.
Il piccolo lo guardò accigliato, purtroppo lui non aveva preso i poteri dalla mamma e quindi non poteva contare sulla lingua ammaliatrice per convincere il padre, ma anche lui sapeva come non farsi prendere impreparato.
- Papà, se la mamma è vegetariana, e mangia solo le verdure, allora io sono carnariano e mangio solo la carne – gli rispose con la faccia furbetta.
Lilia trattenne una risata e continuò a mangiare mentre Jason rimaneva stupito e cercava di spiegare al figlio piccolo che i “carnariani” non esistevano e che, al massimo, si poteva dire “carnivoro”.
Era bello respirare aria di casa, adesso poteva tirare un sospiro di sollievo e rilassarsi leggermente lasciando che la paura provata durante l’attacco dei purificatori sparisse.
Purtroppo, al posto della tensione per essere riuscita a scappare, subentrò la paura per Aibileen, per quello che avrebbe passato o che stava passando in quelle ore.
- Luc, ti dispiace passare un secondo prima dalla Cabina di Poseidone? – gli chiese Lilia sottovoce quando ebbe finito di mangiare.
- Certo andiamo – le disse.
Salutarono gli zii e i cuginetti, poi  uscirono dalla mensa dirigendosi verso le cabine.
- Come mai hai cambiato idea e non vuoi andare subito alla Casa Grande? – le chiese il gemello dubbioso.
- Ora ti spiego – gli disse tranquilla mentre camminava a testa bassa.
Lucas non disse nulla ma si accorse che c’era qualcosa che non andava; Lilia non stava mai zitta per così tanto tempo almeno che non ci fosse qualcosa che la stesse turbando o che stesse architettando qualcosa.
E sta volta sapeva che era il primo caso, c’era qualcosa che le stava occupando pienamente la mente e che le metteva in subbuglio l’anima.
Anche lui, però, non era ridotto meglio e si stava accorgendo che non gli dispiaceva l’idea di passare un attimo da casa prima di tornare dai genitori e buttarsi a capofitto nell’ideazione dei piani per andare a recuperare sua sorella e Fahime.
Lucas strinse i pugni con rabbia; sta volta avrebbe fatto di tutto per partecipare all’impresa.
Non avrebbe abbandonato le sue sorelle di nuovo e, soprattutto, voleva trovare Fahime e chiederle perché avesse fatto una cosa del genere.
Aveva avuto modo di parlare un po’ con la maga, e lei gli aveva rivelato che sua madre non era mai stata d’accordo sul dio che aveva scelto di seguire e che le cose erano peggiorate dopo che il primo nomo era stato trovato e distrutto; da come gli aveva parlato Lucas sospettava che lei avesse avuto una parte significativa in quella storia.
Arrivarono alla cabina di Poseidone ed entrarono chiudendosi dietro la porta, Lucas sorrise alla sorella che guardava davanti a se’.
- Allora Lili, ora mi puoi dire come ma… -
Lucas non riuscì a finire la frase che la sorella gli si gettò al collo stringendolo e iniziando a singhiozzare – Calmati Lili, va tutto bene – le disse stringendola e accarezzandole i capelli.
- Non l’ho protetta Lucas – gli disse tra i singhiozzi – non l’ho protetta e adesso lei è in mano all’ultima persona che avrebbe dovuto sapere della sua esistenza – continuò – l’ho lasciata andare con quel ragazzino credendo che l’avrebbe veramente protetta, e invece, come al solito, ho sbagliato – gli disse in lacrime.
Lucas strinse la gemella finché non sentì che i suoi singhiozzi si stavano calmando leggermente, poi la allontanò in modo che potesse guardarla in viso e Lilia si asciugò le lacrime.
- Ventun anni e piango ancora come se fossi una bambina – disse sgridandosi.
- Lilia invece va benissimo – le disse stringendola per le spalle – piangi sfogati, così riuscirai a stare meglio e potrai contribuire completamente al salvataggio di Aibileen – le disse sorridendole.
- Anch’io sto male, mi sento terribilmente in colpa perché non ho potuto fare nulla per impedire che ciò accadesse –
E non parlo solo di nostra sorella…
- Ma adesso so’ che posso riscattarmi aiutando tutti gli altri a capire come cavolo sono fatte quelle prigioni e come trovare il modo migliore per entrare, salvare più semidei possibili insieme ad Aibileen e uscire senza perdere nessuno – le spiegò.
Lilia, finalmente, sorrise sentendosi leggermente rincuorata mentre il senso di colpa veniva lentamente lenito dalla voglia di fare e dalla nuova carica che iniziava a pervaderle le membra.
- Andiamo allora, prima ci mettiamo al lavoro e prima andiamo a recuperare Aibileen – disse Lilia al gemello con rinnovato vigore.
Lucas le sorrise ma la trattenne ancora un secondo – Posso chiederti un ultima cosa Lili? – le chiese tristemente.
- Certo, dimmi – lo rassicurò con un sorriso.
- Hai idea del perché Fahime abbia fatto quello che ha fatto? – le chiese sospirando.
Lilia emise un lungo respiro e scosse il capo  - Non ne ho idea Luc… so’ solo che prima che arrivassero i purificatori ci ha detto che le dispiaceva, non so’ dirti altro – gli spiegò.
Lucas annuì e sorrise triste, per niente soddisfatto della risposta – Grazie mille Lili – le disse sorridendole.
La gemella lo prese per mano e lo scortò fuori dalla casa di Poseidone – Forza Lucas, non pensarci adesso, usa il tuo bel cervello da nipote di Atena per creare piani, soffrirai nel tempo libero per le tue pene amorose – gli disse scherzando per alleggerire la situazione.
 
Quando arrivarono alla Casa Grande, la maggior parte delle cose era già stata decisa.
Tutto il campo, insieme alla collaborazione dei maghi, avrebbe partecipato alla creazione dell’impresa per andare a recuperare, definitivamente, maghi e semidei dalle carceri di Setne ad Alessandria.
Ad ogni casa era stato dato un compito e dei piani da elaborare a seconda delle capacità; per esempio, i figli di Efesto lavoravano insieme ai maghi per capire i sistemi di sicurezza, mentre i figli di Atena e Ares ( gli dei non erano stati entusiasti di quelle collaborazione) si erano uniti per preparare il piano di attacco.
Annabeth aveva scoperto che, in mezzo ai documenti che Lilia aveva trafugato, vi erano anche delle indicazioni sulla stanza blindata dove Setne teneva nascoste le armi degli Dei, ciò voleva dire che, durante l’impresa per salvare Aibileen e gli altri prigionieri, un altro gruppo sarebbe dovuto andare a recuperare le armi in modo da poter ridare i pieni poteri agli dei.
A creare l’azione per questa parte d’impresa erano stati Annabeth, Lucas ed Atena.
Lilia aiutava dove poteva servire, era il jolly della situazione anche se spesso finiva ad aiutare i figli di Atena ed Ares.
Ormai era da due giorni che il campo non faceva altro che lavorare a quei progetti; Lilia si rigirava nel letto non riuscendo a prendere sonno.
Aveva il terrore d’iniziare a sognare, di avere incubi in cui sua sorella che veniva torturata, o peggio, uccisa dagli scagnozzi di Setne.
Suo fratello invece non sembrava avere questo problema, era addormentato pesantemente nel suo letto e ogni tanto russava addirittura.
Lilia si mise su un fianco e guardò la stanza accanto a quella dove dormivano; la luce era ancora accesa e da lì vedeva chiaramente sua madre china su dei fogli a lavorare.
Aveva la testa appoggiata su una mano e nell’altra teneva una penna che ogni tanto metteva in bocca e mangiucchiava; persino da lì Lilia riusciva a vedere che era stanca.
Sta ancora lavorando, ma è tardissimo…
Qualche secondo dopo, Percy apparve dietro le spalle della moglie e vi poggiò sopra le mani; Annabeth alzò la testa e gli sorrise prima che si scambiassero un bacio a fior di labbra.
- Non credi sia l’ora di andare a letto, Annie? – le chiese tenendole le mani sulle spalle e osservando tutto il lavoro che aveva fatto in quei giorni.
- Non ce la faccio… ci stiamo mettendo troppo e la nostra bambina… - Annabeth non riuscì a finire la frase perché le parole le si erano bloccate in gola.
- Lo so’, ma se continuai a lavorare così tanto, anche se dici di non essere stanca, rischierai di fare errori e questo non aiuterà – le ricordò stringendola.
- Lo so’… ma voglio salvarla il prima possibile – gli ricordò girandosi verso di lui – l’abbiamo già persa una volta, Percy… e adesso rischiamo di perderla di nuovo… non potrei sopportarlo – gli confidò stringendosi a lui.
- Neanche io Annie… - le confidò – ma adesso è davvero troppo tardi, ti prometto che domattina continuerai, ma adesso devi riposarti un po’ – le ricordò dandole un bacio sulla fronte.
Annabeth sospirò – D’accordo Testa d’alghe – gli disse concedendogli un sorriso.
Quando Lilia si accorse che i genitori stavano venendo verso di lei, si girò sul lato opposto del letto e fece finta di dormire, non voleva che i suoi genitori la trovassero sveglia e si preoccupassero anche per lei.
 
Ci volle ancora un giorno prima che le ricerche dessero dei risultati; nel primo pomeriggio del terzo giorno di lavoro, tutti i capi progetto si riunirono nella sala ricreativa della Casa Grande per fare il punto della situazione.
Ci vollero almeno due ore prima di mettere insieme tutti i documenti ma, alla fine, un piano ben delineato venne fuori.
- La cosa è abbastanza semplice – iniziò Annabeth dopo aver ricontrollato ancora una volta tutti i piani– sarà un impresa che richiederà un numero abbastanza grande di semidei; una parte si occuperà di liberare i prigionieri mentre l’altra dovrà occuparsi di restituire le armi agli Dei – spiegò la semidea.
- Perfetto – concordò Clarisse che si era stufata di tutte quelle pianificazioni – chi dovrebbe andare allora? – chiese.
- Per liberare i maghi abbiamo già deciso – intervenne Carter – Io e mia sorella guideremo il gruppo, e li porteremo via aprendo un portale mentre voi libererete i semidei, in questo modo non avranno il tempo di rintracciarci – spiegò.
Annabeth annuì – Perfetto, per liberare i semidei invece? – chiese.
- Secondo me si dovrebbe fare un gruppo misto – intervenne Jason – metà Romani e metà Greci, in questo modo è probabile che qualche prigioniero venga riconosciuto e sia più facile non fargli credere che è una trappola – spiegò il figlio di Giove.
- Io e Annabeth vorremo venire – intervenne Percy – Aibileen sarà in mezzo a loro, e vogliamo riportarla a casa – spiegò il figlio di Poseidone.
- Allora voi due farete parte dell’impresa – convenne Jason – come membro romano vorrei propormi io, so’ già dove si trovano le prigioni e faremo prima -.
- Io vi servirò per i sistemi di sicurezza – intervenne Leo – Sadie si occuperà di quelli dalla parte dei maghi, invece -.
- Bene, e mentre voi quattro libererete i maghi, insieme a qualche altro semidio, noi andremo a recuperare le armi – intervenne Ruby.
- Che cosa? – chiese suo zio stupito mentre tutti i presenti si giravano verso i ragazzi.
- Noi siamo più piccoli, e abbiamo notato che il modo più sicuro per arrivare alla stanza è passare per le condutture dell’aria – spiegò Lilia – così io, Ruby, Sarah, Lucas e Nathaniel vogliamo offrirci per recuperarle – concluse.
- Non se ne parla, rischiereste troppo – intervenne Annabeth.
- Ma vogliamo aiutarvi e questo è l’unico modo, staremo attenti e sappiamo come agire, lasciateci provare – disse Sarah.
Annabeth guardò Carter, e il mago guardò lei, poi entrambi si girarono verso figli e nipoti con aria molto seria – Se venite dovrete stare sotto i nostri ordini, se vi diciamo di andarvene ve ne andate senza fare storie, fosse anche il caso di abbandonarci – disse Annabeth.
Lilia avrebbe voluto farle notare che lei e Lucas ormai erano maggiorenni, ma non le sembrò il caso, e poi voleva a tutti i costi partecipare all’impresa.
- Obbediremo a qualsiasi ordine – li rassicurò Ruby.
- Allora va bene – sospirò Carter – anche se so’ che vostra madre mi ucciderà – aggiunse scherzando.
La riunione non durò ancora moltissimo, si decise di arrivare ad Alessandria con l’apertura di un portale, sarebbe stato più sicuro; l’avrebbero aperto a distanza di sicurezza dalla prigione e poi l’avrebbero raggiunta.
- Bisogna solo decidere quando partire – disse Jason.
- Domani? – suggerì Percy – voi maghi credete di essere pronti per quella data? – chiese a Carter.
- Domani andrà benissimo, prima lo facciamo meglio è  - gli ricordò il mago decretando la fine della riunione.
Quella sera il campo fu abbastanza in subbuglio, tutti si preparavano per la partenza del mattino dopo mentre, i semidei che sarebbero rimasti, riorganizzavano le difese.
Anche a Lilia fu dato un compito molto importate pre-impresa: fare da baby sitter a otto semidei iperattivi dai quattro ai dieci anni che erano più eccitati di lei per l’impresa del giorno dopo, con Silena che voleva a tutti i costi imitare le battaglie contro i purificatori.
Quando si sdraiò a letto, a fine giornata, si addormentò subito e cadde in un sonno pesante e senza sogni.
 
Il mattino dopo, mentre il sole iniziava a salire ad Est, tutti i maghi ed i semidei coinvolti nell’impresa si ritrovarono davanti alla casa grande per aprire il portale che li avrebbe portati ad Alessandria.
Annabeth e Carter avevano appena ripassato il piano, ognuno con il proprio gruppo, mentre Lucas aveva ripassato sulla carta quello che sarebbero andati a fare loro.
Il piano era semplice, mentre gli adulti andavano a liberare i prigionieri, loro avrebbero approfittato del trambusto per infilarsi nelle condutture ed arrivare alla stanza, lì avrebbero invocato un paio di Dei che si sarebbero caricati le armi e poi le avrebbero portate alle altre divinità.
Era facile ed erano in tanti, ce l’avrebbero fatta.
All’improvviso un forte rombo attraversò l’aria, seguito da uno scoppio e poi da una colonna di fumo che si levò alta e grigia dal confine del campo.
- Che cosa sta succedendo?! – chiese ad alta voce Percy dando voce alla domanda di tutti.
- Viene dal confine – notò Jason.
Pochi secondi dopo, vi fu un altro scoppiò e poi la barriera divenne visibile mentre qualcosa che non era un uccello vi andava a sbattere contro cercando di attraversarla.
Dal sentiero videro arrivare di corsa una figlia di Ecate già in armatura da battaglia ( Lilia si ricordò che, la prima volta che l’aveva conosciuta, l’aveva scambiata per una figlia di Ares perché si era comportata esattamente come tale ).
- Che succede? – le chiese Lucas senza darle nemmeno il tempo di parlare.
La ragazza lo fissò per un secondo arrossendo ma poi si riscosse e parlò – Non sappiamo come ma i purificatori hanno localizzato la barriera e vi stanno sparando contro – ci disse preoccupata.
Lilia e Lucas si guardarono all’unisono entrambi increduli, erano arrivati tutti e due alla stessa conclusione contemporaneamente.
Per quanto strano e assurdo potesse essere, quella era la verità, la pace era finita:
Il campo era sotto attacco.

Si lo so' non è il massimo... voi cosa ne pensate?
Spero Giovedì di poter pubblicare in orario, salute, scuola ed impegni permettendo... Apollo non è per niente dalla mia parte in questi giorni :/
Ringrazio chi legge, chi segue, chi ha messo la storia tra i preferiti e chi recensisce :)
So' che non vi ho ancora risposto ma rimedierò subito :)
Mi scuso per il capitolo in ritardo e se ci fossero errori di grammatica/sintassi; spero di poter pubblicare in orario.
Direi che per ora è tutto,
Un abbraccio,
Darkness_Angel.

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Capitolo 18
*** XVIII. ***


Sera a tutti!
Questa settimana sono riuscita a pubblicare in orario :D Anche se ho paura che mi odierete...
Capitolo a Pov Aibi, spero che vi piaccia :)
Buona Lettura.

XVIII.


Sarò anche nipote di Poseidone, ma sto iniziando ad odiare l’acqua.
Aibileen aprì gli occhi cercando di mettere a fuoco la cella dove l’avevano rinchiusa.
Era la prima volta che riusciva a svegliarsi del tutto, da quando aveva perso conoscenza insieme a Setne si era ripresa più volte, ma poi era sempre ricaduta in una sorta di dormiveglia senza riuscire a ritornare del tutto cosciente.
L’unica cosa che aveva continuato a sentire, e che le ricordava costantemente che era viva, era il ripetitivo e snervante ticchettio di una goccia d’acqua che cadeva per terra.
Aibileen si mosse lentamente e le catene che la tenevano legata contro il muro tintinnarono contro le pietre e una contro l’altra.
Mosse con lentezza le mani che erano bloccate da ceppi di metallo sopra la sua testa cercando di sgranchire un po’ le braccia che le si erano intorpidite, le gambe stavano un po’ meglio; erano bloccate anche quelle da ceppi, ma le catene erano leggermente più lunghe e quindi riusciva a piegarle e a muoverle.
Si guardò intorno, la cella era larga, all’incirca, tre metri per quattro, poco illuminata, piena di spifferi e umidità che le facevano marcire le ossa.
Ma quello non era niente in confronto a ciò che era annidato in un angolo della cella, di fronte a lei.
Anche se era abbastanza distante riusciva chiaramente a vedere un grosso ragno nero, appeso dall’altra parte della cella che se ne stava, per ora, inerte nella sua ragnatela.
Bene, oltre a trovare un modo per scappare da qui, so’ cosa  fare.
Si disse continuando a fissare il ragno, magari Setne aveva riportato in vita anche Aracne, e quella era una sua spia, non le conveniva perderlo d’occhio.
Ora che aveva confermato le priorità non le rimaneva che iniziare ad elaborare un piano di fuga per scappare da lì e, magari, portare con se’ qualche altro semidio.
Non le rimaneva che andare per tentativi.
La prima cosa che provò a fare fu la più scontata; prese coraggio e tirò le braccia verso di se facendo scorrere i ceppi lungo i polsi finché non si andarono a bloccare contro l’inizio della mano.
A quel punto iniziò a tirare con più forza e a girare a destra e a sinistra la mano cercando di farla passare attraverso il cerchio di metallo.
La pelle iniziò a tirarle e a farle male mentre sentiva le ossa allungarsi troppo, quando sentì uno stock poco rassicurante si fermò e rilassò le braccia.
Alzò la testa e si guardò i polsi, erano arrossati e graffiati, se provava a girare il polso le faceva male; il primo tentativo era fallito.
Abbandonata l’idea di liberare una mano come aveva fatto Arya in Inheritance, provò il suo secondo piano.
Chiuse gli occhi e si concentrò sul fastidiosissimo ticchettio dell’acqua che cadeva nella sua pozza di condensa cercando di localizzarla; dalla sua posizione non riusciva a vederla, di conseguenza doveva essere nella parte di cella buia che la luce delle torce non riusciva a raggiungere.
Quando pensò di aver capito abbastanza bene dove si trovasse, riaprì gli occhi e richiamò i suoi poteri da figlia di Poseidone ordinando semplicemente alla goccia di smettere di cadere, niente di troppo complicato.
Quando sentì il formicolio alla base dello stomaco che indicava che i suoi poteri le stavano rispondendo, il cuore di Aibi si riempì di speranza e li richiamò più velocemente, se avesse avuto ancora i suoi poteri da semidea le cose sarebbero state molto più semplici.
Sentì il formicolio aumentare ma quando la goccia d’acqua avrebbe dovuto fermarsi, un forte senso di nausea strinse lo stomaco di Aibileen in una morsa costringendola a smettere di evocare i suoi poteri e a sporgersi di lato per rigettare saliva e bile.
Dopo due o tre conati si risedette con la schiena appoggiata al muro cercando di riprendere fiato; no, non poteva nemmeno usare i suoi poteri da nipote di Poseidone, molto probabilmente le catene erano fatte con lo stesso metallo che indeboliva semidei e maghi bloccando le loro capacità.
Perfetto, dopo cinque anni sono di nuovo mortale, meno male che ci sono abituata scherzò adesso siamo solo io e te cervello.
Era una delle cose che adorava delle sue discendenze; aveva notato che, da quando la nonna le aveva sbloccato i poteri da figlia di Atena, il suo cervello era diventato più acuto ( anche se lo era pure prima) e nessuna catena magica avrebbe mai potuto fermare le sue attività cerebrali.
Una catena no, ma una droga si.
Beh, io non gli darò questa idea.
Erano passati gli anni, ma la sua coscienza continuava a darle contro.
Aibileen si lasciò scappare un sospiro e si sedette a gambe incrociate cercando di far rilassare la schiena indolenzita.
- Comoda? –
Aibileen girò la testa di scatto verso la voce che ormai conosceva molto bene, Setne era appoggiato alle sbarre e la osservava sorridendole.
- Moltissimo, anche se un cuscino non mi dispiacerebbe – gli rispose la nipote di Atena mostrandosi tutt’altro che impaurita.
Setne rise – Allora rispondi a qualche domanda, ed io ti porterò un cuscino e magari anche una coperta, mi sento particolarmente gentile oggi – le disse continuandole a sorridere.
Aibileen gli sorrise, sospettava che non l’avrebbero lasciata lì a fare la muffa, dimenticandosi di lei.
- Sentiamo, su Ecate o sul campo? – gli chiese fingendosi collaborativa.
- Un po’ e un po’, non vorrei mai che ti annoiassi – le disse con finta premura.
- Se avessi le mani libere sarei più propensa a rispondere, però – gli fece notare facendo tintinnare i ceppi dei polsi.
Setne le sorrise, poi infilò la mano in tasca e ne estrasse una chiave piccola e mezza arrugginita che infilò nella serratura della cella.
- Facciamo così, tu rispondi a qualche mia domanda, ed io potrei decidere di abbassare un po’  i ceppi – le disse mentre entrava nella cella e chiudeva la porta cigolante dietro di lui – se invece non collabori li alzerò, o potrei aggiungere delle punte interne, o perché no, un bel pezzo di roccia che esce dal muro proprio dietro la tua schiena – le disse continuandole a sorridere ma con una punta di perfidia nello sguardo.
Aibileen non perse la calma – Sentiamo queste domande – gli disse seguendolo con lo sguardo.
Setne le si inginocchiò davanti – Come avete fatto a sconfiggere Clizio? – le chiese.
- Per sconfiggere un gigante ci vuole la collaborazione di un Dio e di un mezzosangue, Ecate l’ha avuta – gli rispose semplicemente.
Setne le sorrise, alzò una mano, schioccò le dita e la base a cui era attaccato il ceppo della mano destra scese fino ad arrivare all’altezza del gomito di Aibileen.
- Bene, adesso continuiamo, così vediamo di far abbassare anche quell’altro braccio – le disse sorridendole – chi ha ucciso il gigante? Tu o il mio amichetto Esdra Lux? – le chiese.
Aibileen esitò un secondo a rispondere mentre il suo cervello vagliava tutti i possibili doppi fini e motivi per quella domanda.
- Io – gli rispose decidendo infine che, qualsiasi fosse la motivazione di Setne, non avrebbe mai messo nei guai Esdra.
Il mago le sorrise e schioccò di nuovo le dita, ed anche il ceppo sinistro scese all’altezza dell’altro.
- Ora passiamo alle domande difficili, anzi, alla domanda difficile, qui ci sono in gioco la coperta e il cuscino – le disse ammiccando – Dimmi un po’, dove si trova precisamente il Campo Mezzosangue? – le chiese calcando la voce su “precisamente”.
Aibileen non disse nulla e rimase zitta serrando le labbra e fissando Setne con durezza – Forza piccola Jackson, è facile come domanda, dove si trovo il tuo Campo? – le richiese.
Lei continuò a rimanere zitta e a fissarlo negli occhi facendogli capire che non avrebbe mai detto una parola.
Sente sospirò e si alzò – Nipoti di Poseidone, sempre mute come pesci – commentò – ed io che volevo essere gentile, sei proprio come tua sorella – le disse scuotendo il capo.
La paura attanagliò il cuore di Aibileen – Cos’hai fatto a Lilia? – gli chiese arrabbiata.
- Rispondimi e te lo dico – le disse sorridendole.
Aibileen si morse la lingua e rimase zitta, stava mentendo, Lilia non poteva essere prigioniera.
- Come vuoi, le dirò che la sua sorellina l’ha sacrificata al posto di una semplice informazione – le disse sospirando ed uscendo dalla cella – ci si vede presto, piccola Jackson – le disse con un sorriso ferino mentre si allontanava in corridoio.
 
Aibileen non riusciva a tenere il conto delle ore che passavano, all’inizio aveva provato a contare i secondi, o i minuti, ma poi aveva lasciato stare.
Contare le metteva sonno e non poteva permettersi di dormire se voleva trovare un piano per andarsene da lì; doveva studiare ogni minimo particolare, imparare a memoria gli orari del cambio delle guardie e quando passava l’omino rachitico e ingobbito a portare le razioni.
Per mangiare aveva avuto dei problemi, il vecchietto le aveva fatto scivolare il piatto sul pavimento, ma aveva messo troppa poca forza, così si era dovuta sdraiare a terra e avvicinarsi il piatto con i piedi prima di riuscire a mangiare.
La razione era poca, ma almeno il cibo era decente; un pezzo di pane duro, ma non ammuffito, e dei pezzi di carne, sicuramente gli scarti del pasto dei purificatori.
Aibileen mangiò e poi allontanò il piatto con una spinta verso le sbarre in modo che il vecchio potesse prenderlo senza dover entrare nella cella; sembrava impaurito nell’avvicinarsi troppo ai prigionieri.
Dopo aver mangiato, anche se poco, la stanchezza iniziò a farsi sentire; la semidea lottò contro il sonno e gli occhi che avevano deciso di chiudersi, ma era davvero stanca e il rumore ritmico della goccia che cadeva non l’aiutava per niente.
- Sveglia signorina! –
Aibileen non fece nemmeno in tempo ad aprire gli occhi che un calcio le arrivò al fianco strappandole un gemito; non gliene arrivarono altri, semplicemente perché l’uomo aveva raggiunto il suo obbiettivo, l’aveva svegliata.
La nipote di Atena fissò il suo carceriere dalla posizione semi sollevata in cui era; si trattava di un ragazzo dai capelli scuri con addosso una maglietta del campo Giove, gli occhi che la fissavano crudeli  mentre nella mano destra stringeva una catena con un moschettone.
Aibileen non credeva ai suoi occhi; come poteva un semidio lavorare per Setne?
Poi il ragazzo girò leggermente il braccio e la semidea riuscì a vedere il suo tatuaggio della legione, sei linee e il simbolo che lo identificava come figlio di Giano; quello non poteva che essere Michael Varus, il vecchio pretore di Nuova Roma morto molti anni prima in Alaska.
Il semidio le sorrise ferino – Bene, era ora – commentò caustico – Staccatele i ceppi e consegnatemela – ordinò.
I purificatori che erano rimasti fuori dalla cella entrarono, due staccarono le catene dei ceppi che aveva ai piedi dal muro e le richiusero intorno alle sue caviglie in modo che potesse camminare ma che non fosse in grado di correre.
Altri due, invece, staccarono le catene dei polsi e le consegnarono a Michael che le tirò con uno strattone, rischiando di far cadere Aibi, e le chiuse insieme utilizzando il moschettone e l’altra catena.
Perfetto, ora sono anche tenuta al guinzaglio commentò sarcastica mentre il semidio dava uno strattone alla catena facendola avanzare davanti a lui.
- Cammina sempre davanti a me, non emettere un suono e guai a te se chiedi dove stiamo andando – le disse dandole uno spintone nella schiena.
Aibileen lo guardò con odio ma non disse nulla limitandosi a camminare con il semidio che teneva strette in pugno le catene.
Mentre camminavano per il tunnel Aibileen cercò di guardare le altre prigioni, magari riusciva a scorgere qualche viso familiare, magari riusciva a vedere Lilia.
Non sapeva se credere o no alle parole di Setne, e non sarebbe mai riuscita a scoprire se sua sorella era veramente lì visto che i purificatori l’avevano circondata creando delle barriere che non le permettevano di vedere.
Camminarono per cinque minuti prima di uscire dal corridoio e superare un arco che portava in una stanza più grande; a quel punto i purificatori si dispersero permettendole di vedere dove l’avevano portata.
Si trovava in uno stanzone rettangolare grosso due, se non tre volte la sua cella; in un angolo vi era una pozza d’acqua poco profonda che non aveva un bell’aspetto, su una parete vi era una specie di armadio non molto spesso ma alto che non aveva idea a cosa servisse.
Alla sua destra, invece, vi erano due pali conficcati nel pavimento e, in mezzo ad essi, vi erano chiazze si sangue raggrumato; a qualunque cosa servissero quei pali sicuramente non era qualcosa di piacevole.
Varus non disse nulla, le diede ancora un forte strattone rischiando di farla finire faccia a terra e facendole bruciare i polsi feriti.
- Legatela – ordinò consegnando le catene ai purificatori.
I due uomini la presero e trascinarono Aibileen fino ai due pali mettendocela in mezzo, un terzo purificatore le arrivò da dietro e le tirò una pedata nella parte posteriore delle ginocchia costringendola a mettersi a terra.
Aibileen si sentì cadere e cercò in tutti i modi di non perdere l’equilibrio, ma il purificatore dietro di lei la prese per i capelli, tirandoglieli per non farla cadere in avanti e accompagnarla ( per modo di dire ) a terra, mentre gli altri due uomini tiravano con forza le catene in modo da fissarle ai pali e tenerle le braccia tese.
- Resta in ginocchio – le ringhiò il purificatore lasciandole i capelli con uno strattone e rubandole l’ennesimo gemito di dolore; Aibileen avrebbe voluto stare zitta, ma dopo l’immobilità quei movimenti così bruschi le causavano più dolore di quanto avrebbero fatto se fosse stata nel pieno della forma.
Qualche minuto dopo Aibileen si ritrovò inginocchiata a terra, impossibilitata a muoversi e riuscendo a mala pena ad alzare il capo.
- Molto bene, adesso che sei a posto possiamo diminuire i partecipanti a questa chiacchierata – disse il semidio alzando una mano e dando, così, l’ordine ai purificatori di uscire a parte uno che rimase al fianco di Aibileen.
- Ora, non ti farò molte domande, sono solo due e molto semplici, d’accordo? – le chiese il semidio mentre prendeva una sedia e si metteva di fronte a lei.
Aibileen provò ad alzare il capo per guardarlo in faccia ma la cosa si rivelò più difficile e dolorosa del previsto.
- Prima domanda: in quanti siete al Campo Mezzosangue? Mi va bene anche un numero approssimativo, almeno che tu non ti ricordi precisamente con quanti semidei vivi – le spiegò.
Aibileen lo guardò con odio, non avrebbe aperto bocca su niente che riguardasse il Campo Mezzosangue o su domande che chiedessero spiegazioni troppo esplicite sui piani di Ecate.
Michael aspettò qualche secondo e poi sospirò – Bene, passiamo alla prossima domanda – continuò, non sembrava troppo alterato dal fatto che Aibi non gli avesse risposto.
- Dimmi, dove si trova precisamente il Campo mezzosangue? – le disse chinandosi leggermente in avanti in modo che i loro occhi si potessero incrociare.
Ad Aibileen scappò una leggera risata, non aveva risposto prima a Setne, davvero credevano che avrebbe risposto a lui?
Michael aspettò ancora, poi sospirò e la testa gli cadde in avanti – Ma voi nipoti, figli di Minerva –
- Atena – lo corresse automaticamente Aibileen
- Scusa, Atena, non dovreste essere intelligenti? – le chiese Varus sia scocciato che fingendo delusione – quanti anni hai ragazzina? – le chiese accigliato.
- Diciassette – gli rispose Aibileen senza lasciar trapelare nessuna emozione.
- Diciassette… e quanto è stata senza parlare? – chiese rivolgendosi al purificatore.
- Sessantacinque secondi signore – gli rispose l’uomo.
Varus annuì – Bene, allora sono ottantadue, tocca a te adesso -.
Aibileen non riusciva a capire, guardò Varus e poi il purificatore che si allontanava da lei per andare all’armadio, ma non fece in tempo a vedere cosa stesse prendendo perché il semidio romano le prese il viso con una mano e la obbligò a fissarla.
- Sappi che questa è solo colpa tua – le disse mentre i passi del purificatore tornavano ad avvicinarsi a lei – voglio proprio vedere dove sono i tuoi dei adesso – le disse ridendo malvagio lasciandole andare il viso con uno strattone e tornando a sedersi sulla sedia.
- Tutta tua – disse sorridendo al purificatore che era tornato al suo posto.
Aibileen non vide l’uomo arrivare e capì cos’erano quelle ottantadue soltanto quando la frusta ( sperando che Varus non avesse scelto un modello simile a quello usato in epoca romana) le artigliò la schiena strappandole un grido di dolore e facendole tirare le catene in un vano tentativo di fuga.
- Se rispondi le faccio smettere – le disse sorridendole cordiale.
Aibileen si fece coraggio e rimase zitta mentre due lacrime di rabbia e dolore le rigavano le guance.
Il semidio sospirò – Come vuoi tu – alzò una mano e la fustigazione riprese.
Aibileen chiuse gli occhi ed incominciò a contare, il purificatore aveva un ritmo costante; non troppo veloce in modo che non finisse tutto presto, ne troppo lento in modo che il dolore non scemasse del tutto e che lei non potesse prendere un respiro di sollievo.
Sperava, almeno, che lentamente la schiena le sarebbe diventata insensibile e lei avrebbe sentito meno dolore.
Non puoi sentire meno dolore, più va a fondo e più ti scopre i nervi.
Odio sapere le cose!
Cercò di sottrarsi all’undicesima sferzata inarcando la schiena in avanti, ma le catene la tirarono ferendole i polsi e facendola ritornare alla posizione iniziale.
Non poteva scappare e non avrebbe sentito meno dolore con il tempo, non le rimaneva che sperare che il suo corpo cadesse nell’incoscienza.
 
Aibileen perse coscienza alla settantaduesima frustata, il suo corpo si afflosciò e il suo cervello si spense, come se avesse chiuso l’interruttore che collegava i nervi con i recettori del dolore; adesso ad ogni colpo sussultava solamente sentendo il sangue viscoso che le scendeva giù per la schiena, non riusciva nemmeno più a piangere.
Quando l’ultima frustata arrivò, Aibileen si accasciò in avanti ansante lasciando che fossero le catene a sostenerla; sentiva dei rumori ovattati, Varus che parlava con il purificatore mentre metteva a posto la frusta che, fortunatamente era liscia e senza pezzi di metallo o ossa, ma non riusciva a capire cosa dicevano.
Dalla porta entrarono due purificatori che si avvicinarono a lei staccando le catene dai ceppi; Aibileen si accasciò completamente a terra emettendo un gemito soffocato, non aveva nemmeno la forza per fare quello.
Un purificatore le afferrò i polsi e le levò i ceppi mentre il secondo faceva lo stesso con i piedi; per quale accidenti di motivo la stavano liberando? Avrebbe potuto ribellarsi senza ceppi che fermavano i suoi poteri…
Voglio proprio vederti.
I due purificatori la sollevarono per le ascelle e la trascinarono attraverso la stanza, Aibileen pensò di assomigliare molto al cadavere che avevano portato via dalle prigioni mentre lei ed Esdra vi entravano.
La portarono sino al bordo della fossa con dentro l’acqua, non aveva un bel colore ma almeno non puzzava; però era strano, Varus sapeva che lei era imparentata con Poseidone, anche se adesso era debole, perché rischiare così tanto?
I due uomini la tennero stretta e la girarono per poi gettarla, all’improvviso e con forza, di schiena nell’acqua gelata, e fu proprio il freddo la prima cosa che percepì Aibileen prima che le ferite aperte e sanguinanti che aveva iniziassero a bruciarle come fuoco per colpa del sale contenuto nell’acqua.
Il freddo e il dolore improvviso la fecero tornare cosciente ed ebbe l’impulso di alzarsi e allontanarsi dall’acqua per trovare un po’ di sollievo, ma i due purificatori l’afferrarono per le spalle costringendola a rimanere immersa mentre nuove lacrime e un nuovo grido di dolore le usciva dalle labbra.
Varus entrò nel suo campo visivo, offuscato dalle lacrime, sorridendole – Comodo essere imparentata con Nettuno, vero? –
E’ Poseidone! Gridò la mente di Aibileen lottando contro il dolore.
- Senza ceppi l’acqua ti può guarire ma sei troppo stordita per poter usare i tuoi poteri – le fece notare  - e domani avrai anche la schiena come nuova, ti sto invidiando sai piccola? – le disse prendendola in giro.
Aibileen lo guardò con rabbia, ma ormai il suo corpo era allo sfinimento, e la sua mente non ce la faceva più; smise lentamente di lottare contro i purificatori, e contro se stessa, lasciandosi cadere nella dolce rassicurante tenebra dell’oblio.
 
Quando Aibileen si svegliò, sdraiata sul pavimento freddo e umido della sua cella, il ragno era ancora nel suo angolo che la fissava.
Non aveva idea per quanto avesse dormito, sapeva solo che la schiena era ancora un po’ indolenzita ma che non le bruciava più, l’acqua doveva averla guarita del tutto.
Si mise a sedere, accorgendosi che aveva le caviglie legate tra di loro ma non ancorate al muro o al terreno, quella era una bella notizia; le mani invece erano ancora legate ai ceppi e alle catene che si infilavano nella parete, quella non era una bella notizia.
Rimase appoggiata al muro sospirando e cercando di non pensare a quello che era successo, se si concentrava le sembrava di poter sentire le sue grida rimbombarle nel cranio.
Non vi furono segni di vita sino a qualche minuto dopo, quando il vecchietto gobbo e rachitico arrivò trascinandosi dietro un enorme secchio d’acqua e un mestolo, dietro di lui vi era un purificatore ( che lei aveva già visto, ciò voleva dire che era passato almeno un giorno); il soldato si avvicinò alla cella, l’aprì e, con grande sorpresa di Aibileen, l’omino storpio entrò, avvicinandosi a lei senza dire una parola.
Le si mise di fianco, riempì il mestolo d’acqua e poi glielo avvicinò alla bocca – Bevi – le disse inclinandolo leggermente in modo che l’acqua potesse sfiorarle le labbra.
Aibileen non sapeva di aver sete finché l’acqua non le entrò in bocca e poi le scese per la gola dandole un piccolo sollievo  - Ancora? – le chiese l’omino quando il mestolo fu vuoto.
- Si per favore – gli rispose con la voce ancora leggermente arrochita.
L’omino riempì di nuovo il mestolo e poi glielo ridiede da bere – Grazie – gli sussurrò Aibileen.
Il vecchietto annuì e poi uscì di nuovo dalla cella claudicante.
Aibileen lo osservò allontanarsi per passare al prigioniero successivo insieme al purificatore, mentre nel suo cervello si veniva a formare un idea e forse un piano che le avrebbe permesso di scappare, ma per metterlo in atto avrebbe dovuto aspettare il cambio della guardia.
Non dovette aspettare molto, il nuovo purificatore ( con sua gioia quello che si aspettava di vedere ) passò davanti alla sua cella mentre il suo compagno lo ragguardava su cos’era successo.
I due uomini si allontanarono, poi si sentì il cigolio di una porta che si apriva e chiudeva, e alla fine la nuova guardia ripassò davanti alla cella della semidea.
- Ehi! – lo chiamò Aibileen con la voce più impaurita e dolce che fosse capace a simulare.
- Uhm? Dici a me? Che vuoi? – le chiese il purificatore fermandosi ad osservarla.
Aibileen ringraziò gli dei perché il ragazzo ci era cascato; era un soldato molto giovane, abbastanza svogliato e il giorno prima non aveva nemmeno tentato di nascondere le occhiate languide che le aveva tirato.
Afrodite, ti prego, aiutami; so’ che non sono nemmeno minimamente imparentata con te, ma fai che questo allocco ci caschi!
- Si… per favore, puoi darmi un po’ d’acqua? – gli chiese con voce dolce e tanto tremante che si fece disgusto da sola.
- L’hai già avuta – le rispose sbrigativo.
- Ma ho tanta, tanta sete…  - gli ridisse guardandolo tristemente – ti prego, se fai questo per me farò qualsiasi cosa tu voglia – gli disse maliziosa e lanciandogli un occhiata di sbieco.
Il ragazzo era veramente più ingenuo di quel che Aibi pensava, la guardo per un istante, annuì e pochi secondi dopo Aibileen aveva in mano un bicchier d’acqua e stava bevendo.
Quando ebbe finito, il purificatore glielo strappò dalle mani e la guardò soddisfatto mettendosi sopra di lei.
Aibileen diventò paonazza ma cercò di farsi coraggio – I piedi – gli ricordò – Non staresti più comodo se fossero separati? -.
Il purificatore alzò le spalle, prese una chiave e le levò i ceppi dai piedi liberandogli – Ora niente scuse – le disse avvicinandosi a lei e mettendo una gamba tra le sue.
- Concordo – gli rispose.
In una frazione di secondo, Aibileen piegò la gamba che si trovava sotto il purificatore tirandola verso di se’, colpendo il ragazzo nella sua parte più sensibile, lui si piegò in avanti gemendo ed Aibileen colse l’occasione per tirargli una testata facendolo accasciare definitivamente accanto a lei.
Non perse tempo, si allungò finché poté e riuscì a raccogliere il mazzo di chiavi, trovò quella delle manette e se le levò, si alzò in piedi gettando tutto vicino al corpo del purificatore che gemeva non sapendo se tenersi la testa o l’inguine.
- Grazie… e scusa – gli disse prima di uscire dalla cella di corsa.
Si prese un secondo per analizzare la situazione fermandosi sulla porta d’ingresso della cella, il corridoio era vuoto, il ragazzo che aveva atterrato era l’unica guardia del piano.
La cosa le sembrò un po’ strana, quando avevano liberato i bambini non vi erano guardie semplicemente perché vi era stato Setne in persona ad aspettarli, ma aveva pensato che nelle giornate “normali” per ogni piano vi sarebbero almeno state due guardie.
Ma di cosa ti lamenti? Meglio se non c’è nessuno, ora vai!
Aibileen uscì dalla cella e si concentrò, i poteri le risposero subito e un leggero velo di foschia le si addensò intorno facendola assomigliare al purificatore accasciato nella sua cella.
Si girò e diede un giro di chiave alla porta della prigione, il ragazzo sarebbe rimasto svenuto ancora per molto, ma la sicurezza, in questi casi, non era mai troppa.
Si mise a percorrere tranquilla il corridoio dal lato opposto dove aveva visto andare tutti gli altri purificatori; riaveva i suoi poteri ma non voleva sfidare troppo la sorte.
Nel corridoio vi era un silenzio irreale, le celle si susseguivano buie e tetre.
Non era più al piano dei bambini, qui, dentro ogni cella, vi era uno, massimo due prigionieri che se ne stavano rintanati al buio al suo passaggio.
Aibileen non riusciva a non guardare quei volti trasfigurati dalla paura o dal digiuno delle prigioni, chissà se anche loro avevano subito quello che era successo a lei.
Poi, all’improvviso, si fermò davanti ad una cella; dentro vi era un uomo seduto con la schiena contro il muro che fissava la parete buia davanti a lui.
Aveva i capelli lunghi e biondi, leggermente mossi, la barba incolta e il volto segnato dalla prigionia e dalla magrezza, ma Aibileen non avrebbe mai potuto confondere quei lineamenti.
Il semidio prigioniero si girò verso di lei e la fissò con aria truce, gli occhi grigi che sembravano pietre  – Cosa vuoi? – gli chiese con voce roca e arrabbiata.
La semidea si avvicinò alle sbarre – Zio… -
Il semidio la fissò senza capire, e lei si ricordò in quel momento della foschia che la stava circondando, era logico che suo zio non la riconoscesse.
Aibileen si guardò intorno, non sapeva cosa fare, voleva farsi riconoscere ma era rischioso se abbassava la foschia e si scopriva mentre passava un purificatore avrebbe potuto finire male… molto male.
Però una cosa era certa, avrebbe portato suo zio con lei, non lo avrebbe lasciato lì ad aspettare una nuova irruzione da parte del Campo.
La semidea si guardò ancora una volta intorno e poi fece abbassare la foschia, appena fu visibile con le sue vere sembianze il semidio sgranò gli occhi sorpreso.
- Aibileen… - le disse riconoscendola mentre, sotto la sorpresa, si formava un sorriso.
- Ciao zio Malcom, felice quanto te di vederti vivo – gli rispose la semidea sorridendogli.
 
Malcom la fissò per qualche minuto, non potendo credere di avere davanti agli occhi sua nipote che, per altro, doveva essere morta.
- E’… è impossibile che tu sia qui – le disse avvicinandosi alle sbarre quel tanto che le catene gli permettevano.
- Lo so’, ero morta, ma sai è saltata fuori una nuova profezia e sono stata resuscitata per prendervene parte; solo che non credo che l’oracolo si aspettasse che venissi catturata – gli spiegò brevemente.
- Dove ti hanno catturata? A Manhattan? Setne fa ancora le retate in città? Oppure il Campo è stato preso? – le chiese freneticamente.
Aibi gli sorrise cercando di mettere in ordine le domande e trovare una risposta rapida a tutte; da quello che le aveva raccontato Lilia suo zio era in prigione dall’inizio della vicenda, anzi da ancora prima che si scoprisse la verità su Setne, era stato uno dei primi semidei a sparire.
Tutti lo avevano dato per morto ormai, ma per qualche ragione che le era sconosciuta il mago non lo aveva ancora ucciso.
- Mi hanno catturata perché ero venuta a salvare i figli di Piper, Leo e Frank che erano stati presi quando Nuova Roma è caduta; il Campo resiste ancora, ma ci vivono quasi tutti i semidei esistenti e gli Dei, Setne continua a darci la caccia come se fossimo dei parassiti da estirpare. – gli spiegò.
Malcom annuì e si fece pensieroso – Quindi le cose sono solo peggiorate… - commentò.
- Esatto… ma come mai sei ancora vivo? Sei stato uno dei primi a sparire – gli chiese Aibileen affamata di risposte.
Malcom sospirò – Quando mi catturarono non mi sbatterono subito in cella, per un po’ sono rimasto a New York, probabilmente stavano finendo di costruire queste prigioni – le spiegò – l’unico motivo per cui sono ancora in vita è perché gli servo; Setne pensava che potesse tornargli utile un figlio di Atena tra le sue file invece che andare a resuscitare qualche grande semidio Greco – le spiegò.
- La cosa principale che voleva sapere era dove si trovavano Nuova Roma e il Campo ma, nonostante ammetta che qualcosa possa essermi scappata di bocca – mentre diceva questa frase rabbrividì, ed Aibileen capì che anche suo zio era stato torturato – posso assicurarti che non ho mai detto nulla su quello – la rassicurò.
- Per risolvere il problema di Nuova Roma ha richiamato Michael, ormai è solo un fantasma che non ha niente delle persona che era, è pura malvagità e pazzia, ma credo che, se ti trovi qui, tu l’abbia già capito - .
Come gesto istintivo Aibileen fletté la schiena mentre sentiva un brivido e delle stilettate di dolore percorrerla.
- Per il Campo… beh, proverà con te, anche se ho sentito voci che Setne abbia trovato un alleato che sa’ molte cose – le raccontò.
Aibileen si accigliò – Nessun semidio Greco si venderebbe mai a Setne… per non palare di quelli romani – gli ricordò dubbiosa.
- Non so’ cosa dirti piccola, so’ solo che se Setne ha trovato qualcuno che parla, capirà che sono soltanto un peso  - le rispose con un sorriso – ora vai, salutami tua madre e gli altri figli di Atena  - Aibileen sentì il cuore stringersi in una morsa – Non ti lascio qui, verrai con me – gli disse; prima che Malcom potesse replicare Aibileen era tornata indietro alla zona di sosta dei purificatori a cercare le chiavi della cella e delle manette di suo zio.
Si mise a cercare tra le varie carte e cassetti, vi erano una marea di mazzi di chiavi di forme diverse; poi vide una specie di bacheca a cui ne erano appese diverse tutte con sopra un numero.
Il gancio della cella otto era vuoto, quella era la sua, quindi se tornava indietro avrebbe trovato quella della cella di suo zio.
Prese due chiavi per sicurezza, così che se avesse sbagliato a contare non sarebbe dovuta tornare indietro e sarebbero potuti scappare direttamente.
- Ehi tu! Cosa stai facendo lì?! –
Aibileen si prese solo due secondi:
Uno per vedere quanti purificatori avrebbe avuto di lì a poco alle calcagna;
ed uno per darsi ripetutamente della stupida.
Prese le chiavi e si mise a correre in direzione della cella di Malcom, forse sarebbe riuscita ancora a scappare, doveva solo tirarlo fuori di lì, poi la foschia avrebbe fatto il resto.
- Eccoti brutta bastarda – le gridò il ragazzo che aveva atterrato qualche secondo prima per riuscire a scappare, bloccandole la strada.
Aibileen si infilò le chiavi in tasca e si gettò contro il purificatore, il ragazzo caricò per colpirla ma lei approfittò del suo slancio per tirarlo a terra e proseguire la corsa mentre sentiva i passi degli altri purificatori farsi sempre più vicini.
Ormai c’era quasi, vedeva Malcom che cercava di sporgere una mano dalle sbarre per farsi passare la chiave delle manette.
- Ferma! –
Aibileen non eseguì l’ordine e, una frazione di secondo dopo, si ritrovò a terra mentre un dolore lancinante le prendeva la gamba sinistra.
La semidea emise un grido e si guardò la gamba, all’altezza della caviglia vi era una specie di tagliola in miniatura che le stava azzannando la gamba.
La nipote di Atena provò a rimettersi in piedi, ma la tagliola strinse ancora di più la presa strappandole un altro grido di dolore – Stai ferma! – le gridò un’altra voce.
Aibileen provò a trascinarsi in avanti, non voleva essere ripresa, non voleva che la convincessero a parlare di nuovo con i loro metodi.
Il dolore alla gamba era insopportabile e stava continuando a perdere sangue; sentì dei passi che le correvano incontro finché alla fine non fu circondata da purificatori che le puntavano contro i loro fucili, avrebbe voluto scoppiare a piangere.
- Ora capisco cos’avete di speciale voi figli di Atena – le disse Michael entrando nel suo campo visivo e sorridendole ferino – siete così intelligenti, o forse così stupidi, che non vi arrendete mai -.
Aibileen avrebbe voluto gridargli contro di tutto, essere coraggiosa, insultarlo e magari sputargli in faccia ma, nonostante tutto quello che aveva passato, rimaneva sempre una ragazzina di diciassette anni e adesso aveva paura.
Michael si accucciò davanti a lei e le sorrise scostandole una ciocca di capelli ribelle dal viso
– Ricordati, tutto quello che ti succederà è colpa tua – le disse per poi allontanarsi.
Aibileen non ebbe nemmeno il tempo di seguire con lo sguardo il semidio romano che il calcio di un fucile le colpì una tempia con forza facendo diventare tutto dolore e buio.

Ed eccolo qui :)
Cosa ne pensate?
So' che volete uccidermi ma resistete, almeno finché non avrò pubblicato gli ultimi capitoli :D
Siate fieri di me che sono riuscita a pubblicare in orario nonostante le varie interrogazioni, i numerosi impegni e l'influenza che non passa :D
Grazie a tutti quelli che leggono, che seguono, che hanno messo la storia tra le preferite e che recensiscono; mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensate della Fanfiction :)
Direi che per ora è tutto, spero di riuscire a pubblicare in tempo Giovedì, se potete non odiatemi troppo
Un abbraccio,
Darkness_Angel.

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Capitolo 19
*** XIX. ***


Sera a tutti! :D
Grazie alle bellissime vacanze di Pasqua appena cominciate posso pubblicare ad un orario decente :D
Allora, altro capitolo a Pov Aibi, anche se riceverà una visita :3
Questo capitolo doveva essere contenuto del XVIII ma sarebbe venuto troppo lungo e allora ho preferito dividerlo a metà :)
Non mi resta che dirvi;
Buona Lettura :)

 

XIX

 
Il freddo.
Sta volta fu il freddo a svegliarla e non il ripetitivo e snervante ticchettio di una goccia d’acqua.
Aibileen aprì gli occhi mentre la testa le mandava ancora qualche fitta per colpa della terribile botta che aveva preso, anzi, che le avevano dato.
La vista era ancora un po’ offuscata, ma capiva che non si trovava più nella cella di prima e che, stranamente, non era legata al muro o al pavimento, ma a quello che sembrava un letto, o almeno una tavola di pietra.
Provò a tirare leggermente i lacci che la tenevano, non erano catene ma lacci di cuoio che le immobilizzavano caviglie e polsi ai quali erano anche stretti degli anelli di metallo.
Provò a tirare con forza per cercare di allentare le chiusure dei lacci ma fu tutto inutile, alla fine si accasciò sulla lastra con un grido frustrato e soffocato.
Era stata una stupida!
Aveva fatto la sentimentale e aveva perso tempo a parlare con suo zio quando avrebbe potuto benissimo inventarsi una scusa e portarlo via da lì rimanendo un purificatore; poi aveva fatto l’errore di non rialzare la foschia mentre era andata a cercare le chiavi, ora che ripensava a quello che aveva combinato non si stupiva più di come i soldati fossero riusciti a riacciuffarla di nuovo con così tanta facilità.
 Mentre si stava dando ripetutamente delle stupida sentì le porte metalliche della cella aprirsi con un cigolio e rumore di passi sul pavimento di pietra.
Aibileen cercò di tirare su il capo, ma le braccia erano bloccate  e, i movimenti che riusciva a fare, erano minimi; tutto ciò che riuscì a vedere fu un rapido movimento di vesti nere e color porpora, ma non ci voleva molto per capire chi fossero le persone appena entrate.
- Ben svegliata piccola Jackson – le disse allegra la voce di Setne – Dormito bene? – le chiese mettendosi di fianco a lei in modo da poter entrare nel suo campo visivo.
- Come non dormivo da anni – gli rispose caustica – le botte in testa sono sempre un ottimo sonnifero – continuò sarcastica.
- Beh, anche tu te la sei cercata però – le ricordò – non te l’ha mai detto nessuno che non si scappa di prigione? – le chiese scuotendo leggermente il capo.
- Sa’, il soggiorno non era dei migliori – gli rispose acida.
Aibileen era terrorizzata, sapeva cosa quelle persone erano capaci di farle ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di farsi vedere impaurita o terrorizzata.
- Su questo hai ragione, infondo tu sei una Jackson, meriti un trattamento migliore che le solite torture scontate o i soliti ceppi al muro; per questo ho deciso di trasferirti in una cella super lusso – le disse ridendo.
Aibileen non disse nulla e rimase a fissare, in silenzio Setne mostrando tutta la sua rabbia e il suo odio; in risposta il mago le mostrò un sorriso ferino.
Setne alzò una mano e fece segno all’altro occupante della stanza di avvicinarsi.
Ancora prima di vederlo, la nipote di Poseidone sapeva che si trattava di Michael Varus; il semidio romano si avvicinò al suo capo tenendo tra le mani un cofanetto nero e argento che poi porse al mago.
C’era qualcosa di diverso in Michael; al contrario del giorno prima sembrava spento.
I suoi occhi erano vuoti e non carichi di rabbia o di odio come il giorno prima, dentro non vi era nessuna emozione, stava soltanto eseguendo degli ordini.
Setne prese il cofanetto dalle mani del semidio e poi sorrise gentilmente ad Aibileen.
- La domanda è sempre la stessa Jackson, dove si trova precisamente il Campo Mezzosangue? – le chiese mentre accarezzava il coperchio del cofanetto come se fosse un gatto.
La semidea rimase in silenzio, niente l’avrebbe fatta parlare rischiando di mettere in pericolo tutti i suoi amici e la sua famiglia.
Setne sospirò – Sei proprio testarda… - commentò – beh, allora non mi resta altra scelta -.
Aibileen gli guardò le mani che lentamente si muovevano per aprire il cofanetto rivestito, all’interno, di seta nera.
Il mago vi infilò una mano dentro e, quando la tirò fuori, per la prima volta durante tutta la sua prigionia, Aibileen mostrò paura.
Sulla mano di Sente vi erano appollaiati cinque ragni neri, grassocci e pelosi che facevano schioccare le tenaglie davanti alle piccole e invisibili bocche.
- Queste sono mie piccole creature che oggi ti aiuteranno a fare dei bei sogni e, spero, a scioglierti la lingua – mentre parlava avvicinò la mano al braccio di Aibileen ed i ragni vi si arrampicarono provocandole brividi di ribrezzo e paura in tutto il corpo.
D’accordo, sono aracnofobica, ma non ti spiffererò tutto solo perché mi fai camminare addosso dei ragni.
Era anche vero che, insieme all’intelligenza, dopo lo “sblocco” dei poteri da parte di sua nonna, pure l’aracnofobia era peggiorata; ma non sino a quel punto.
- Vedi, le mie le mie creaturine producono una tossina che, in casi come questi, è molto utile -.
Aibileen si diede della stupida per non aver pensato a quella eventualità; figuriamoci se erano solo ragni!
Gli aracnidi iniziarono a risalirle il corpo, due le rimasero sul braccio destro, uno migrò al braccio sinistro mentre due le attraversarono il petto per arrampicarsi sul collo e ancorarsi dietro alle orecchie.
- Ultima possibilità piccola Jackson, se mi dici di tua volontà dove si trova il Campo, li faccio ritirare – le disse con voce seria.
Aibileen rimase in silenzio, chiuse gli occhi e inspirò profondamente preparandosi a qualsiasi cosa sarebbe successa di lì a poco.
- Come vuoi –
Setne ritirò la mano e, in un unico sincrono movimento tutti i ragni le fecero un taglio, largo quanto la loro lunghezza, con le zampette anteriori affilate come bisturi.
Aibileen emise un forte gemito di dolore che si trasformò in un grido quando i ragni allargarono le ferite per usarle come entrata nel suo corpo.
I ragni s’infilarono sotto pelle e si mossero tra i tessuti sino a raggiungere i centri nervosi principali dove andarono ad attaccarsi con le tenaglie inoculando la tossina che raggiunse in pochi secondi il cervello.
La nipote di Poseidone trattenne grida e lacrime mentre sentiva le bestioline entrarle dentro, sopportando il dolore a denti stretti.
Quando la neurotossina le raggiunse il cervello, il suo corpo fu scosso da un forte spasmo che l’avrebbe fatta cadere se non ci fossero stati i lacci ad immobilizzarla; spalancò la bocca in un grido muto e in cerca d’aria prima che il suo corpo si accasciasse sulla lastra privo di forze.
 
E’ tutto buio.
Le sembra di essere di nuovo sotto le vesti di Nyx, una cupola nera, senza inizio o fine.
Non vede nulla, ma poi, all’improvviso, si delineano nell’oscurità quattro figure che lei conosce molto bene e che le riempiono il cuore di gioia al sol vederle: sua madre, suo padre e i suoi fratelli.
Le sorridono e sua madre allarga le braccia nel chiaro segno di volerla invitare in un abbraccio.
Lei non resiste e vi si getta  a capofitto, lasciandosi stringere nell’abbraccio rassicurante della madre e del resto della famiglia che adesso si è unito a loro.
Le sono mancati, vuole solo un po’ di riposo e di tranquillità; la sicurezza di essere finalmente in salvo.
Si gode l’abbraccio della famiglia che, però, all’improvviso diventa freddo.
Aibileen si scosta per guardare il sorriso di sua madre ed essere rassicurata ma ciò che vede è solo il terrificante sorriso di un viso in decomposizione.
La semidea si sposta di scatto trattenendo un grido di terrore quando si accorge che tutta la sua famiglia si è trasformata in quattro cadaveri che si decompongono lentamente.
- Non scappare tesoro – le dice sua madre allungando una mano scheletrica verso di lei – vieni con noi, rimani con noi, se torni indietro sarai sola – le dice.
- No! Voi siete vivi, siete al Campo, io devo tornarci! – gli dice indietreggiando per non essere toccata.
- Il campo non c’è più tesoro, anche se tornassi troveresti solo cadaveri e macerie, rimani con noi – le dice suo padre mentre avanzano diventando sempre più scheletrici.
- No! Sono solo bugie! – grida Aibileen.
La sua voce rimbomba ovunque e il suo “No” riverbera sino a diventare una profonda risata che muta ancora in voci e risa di scherno.
Il modo nero vortica prendendo colore e Aibileen si ritrova catapultata nella sua infanzia, a quattro anni, la seconda Estate al Campo durante la quale aveva finto di essere una semidea pur di venire accettata dagli altri bambini.
E’ di nuovo nel bosco, accerchiata dai suoi fratelli e i loro amici che continuano a gridarle contro “Bugiarda”, canzonandola e indicandola, marcandola come reietta.
Per qualche ragione adesso il dolore è più forte, reale, è fisico; le sembra che il cuore le sanguini, che ogni lacrima pianta le costi uno sforzo incredibile e sa per certo che sta volta zia Juniper non verrà a salvarla.
- Dimmi dove sei, ti porterò via io – sussurra una voce ma Aibi non riesce a capire da dove provenga  - dimmi solo dove sei… -
Aibileen vorrebbe risponderle per mettere fine a tutta quella tortura, ma sa’ che se lo fa, condannerà e farà soffrire molte più persone.
- Meglio io che loro – risponde alla voce con la poca forza che le rimane.
- Sbagliato -
Aibileen sente le gambe cederle e si ritrova inginocchiata su un pavimento freddo e duro mentre lacrime ghiacciate le scorrono sulle guance.
- Aibi –
La nipote di Poseidone alza lo sguardo e vede davanti a se’ Nathaniel, inginocchiato alla sua altezza che le sorride dolce.
- Nath… - gli sussurra alzando il capo e sedendosi sui talloni.
- Aibi –
Aibileen si gira verso la nuova voce che sta volta viene dalla sua sinistra; e lì vi è Esdra, che le sorride anche lui dolcemente.
- Cosa ci fate q… -
La ragazza non riesce a finire la frase perché il fiato le manca all’improvviso e sparisce mentre sente il rumore di qualcosa che rompe una superficie.
Si gira verso Nathaniel con la bocca ancora aperta per lo stupore; il ragazzo continua a sorriderle ma ha una mano infilata nel suo petto sino al polso e essa è stretta intorno al cuore pulsante della ragazza.
Il ragazzo le sorride, inclina leggermente la testa e, con un gesto secco, ritira la mano strappandole il cuore dal petto e lasciandola senza fiato.
Aibileen si porta le mani al petto per cercare di coprire il buco che vi si è formato.
- A te Lux – dice Nathaniel ridendo e lanciando il cuore pulsante della ragazza al figlio di Nyx.
Esdra prende il cuore al volo e se lo rigira un po’ tra le mani mentre il battito regolare riverbera per tutto il vuoto.
- E’ leggero – nota per poi rilanciarlo a Nathaniel che lo prende al volo.
- Molto leggero considerando quello che ha fatto ai nostri – commenta Nathaniel soppesando anche lui il cuore.
- Vi prego ragazzi… ridatemelo – li supplica Aibi in preda al panico mentre tiene le mani premute sul buco dove prima vi era il suo cuore e da dove, adesso, sta scorrendo del sangue rosso scuro e vischioso.
Nathaniel le sorride ferino e scuote il capo mentre Esdra si avvicina a lui con lo stesso sorriso stampato sul volto.
- No no Aibileen, tu hai giocato con i nostri cuori ed ora noi giocheremo con il tuo – le risponde il figlio di Nyx.
- Ma morirò! – gli ricorda premendo le mani sul buco.
- Succede – le risponde il figlio di Ecate.
Aibileen non riesce a credere a ciò che sta sentendo, sa’ che è tutto solo un incubo ma non ha idea di come svegliarsi, di come uscirne.
- No, non avere quella faccia triste – le sussurra Esdra inginocchiandosi davanti a lei e sorridendole fingendo comprensione – sei molto più carina se sorridi -.
Il figlio di Nyx la fissa con i suoi occhi rossi, magnetici, le prende le mani e gliele allontana dal petto lasciando la ferita completamente scoperta e libera di sanguinare.
Il ragazzo le sorride, infila un dito nel foro intingendolo nel sangue e poi lo passa sulle labbra e le guance di Aibileen disegnando un bel sorriso – così va meglio – le dice alzandosi in piedi e tornando di fianco a Nathaniel.
La ragazza non sa’ cosa fare, trema leggermente perché ha perso troppo sangue, ma è immobile come se si fosse trasformata in una statua di pietra.
I due ragazzi ridono e si mettono a giocare con il suo cuore, tirandoselo o prendendolo a calci per poi, all’ultimo, iniziare a tirarlo per dividerlo.
Il cuore non regge, Aibileen sa di averlo fragile, e in una frazione di secondo vede i due ragazzi tirare in direzioni opposte e il suo cuore strapparsi perfettamente in due.
In quel preciso istante Aibileen crolla su un fianco senza scomporsi e, quando tocca il terreno, si rompe in mille pezzi come se fosse una bambola di porcellana.
 
La testa le duole da impazzire.
Le sembra di essere appena tornata da una festa di Dioniso e di non aver avuto ancora il tempo per smaltire tutto l’alcool.
I pensieri sono confusi, spessi come la nebbia e altrettanto indecifrabili.
Non si ricorda molto di quello che è accaduto prima ma i sogni si, insieme alla paura, al dolore, alla tristezza e alla rabbia che hanno provocato.
Di una cosa è sicura però: non ha parlato.
- Aibileen… Aibileen forza svegliati, so’ che ce la fai –
Aibi riconosce quella voce, non l’ha sentita molto spesso ma sa’ che è una voce conosciuta, solo che non riesce ad associarle un volto e di aprire gli occhi per guardare la sua interlocutrice non se ne parla, le palpebre sono troppo pesanti e fa troppo male anche solo pensare di alzarle.
- Forza, bevi un po’ -  le sussurra la voce.
Pochi secondi dopo sente il freddo dell’acqua bagnarle la bocca e allora un istinto primordiale la porta ad aprirla e a bere; non si era nemmeno accorta di aver sete.
Beve finché sente che la gola non le brucia più e fino a quando la mente non inizia a snebbiarsi un poco grazie alla bevuta.
- Aibileen apri gli occhi – la richiama la voce.
Finalmente la semidea ce la fa, raccoglie le forze e riesce ad aprire gli occhi mettendo a fuoco l’ombra sfocata del suo salvatore, anzi salvatrice, anche se è l’ultima persona che si aspettava di vedere in quel posto: che sia ancora preda delle allucinazioni?
- F…Fahime? – le chiese titubante non riuscendo a credere a quello che i suoi occhi le facevano vedere.
La maga egizia le sorrise dolcemente – Felice di vederti sveglia Aibileen – le disse veramente contenta.
- Cosa fai qui? – le chiese ancora incredula.
- E’ una lunga storia, ma ora bevi ancora un po’ – le disse avvicinandole il mestolo di metallo con dentro l’acqua.
Aibileen bevve un altro sorso d’acqua, non aveva idea di quanto fossero durate le illusioni ma di sicuro molte ore visto la sete che aveva.
Quando ebbe finito di bere si accasciò contro il muro tirando  un sospiro di sollievo, per fortuna l’avevano spostata in una cella normale, forse non avrebbe più rivisto quei ragni.
- Come ti senti? -  le chiese Fahime sorridendole dolcemente e comprensiva.
- Tu cosa fai qui?  Hanno catturato anche te? – le chiese leggermente in ansia ignorando la domanda – e Lilia? Jason? –
Se Fahime era nelle prigioni voleva dire che qualcosa doveva essere andato storto anche all’altro gruppo.
Aibileen fu presa dal terrore, lei non sapeva nulla di quello che era successo agli altri, aveva dato per scontato che fosse rimasta solo lei nelle prigioni, che fosse l’unica prigioniera dell’impresa, non le era nemmeno passato per l’anticamera del cervello che qualcun altro potesse essere stato catturato.
Non aveva neanche pensato che, forse, Esdra non era riuscito a scappare con i bambini, magari erano ancora tutti nelle prigioni, o peggio, potevano essere morti.
Lei aveva dato tutto per scontato, senza ragionare; la nonna sarebbe stata molto delusa da lei.
- Stanno bene, credo… Lilia aveva una piccola ferita ma stava bene, non ho notizie della loro cattura – la rassicuro.
Aibileen si rilassò leggermente, anche se vi era ancora qualcosa che non le quadrava; come faceva Fahime a sapere cos’era successo se anche lei era stata tenuta prigioniera?
Anche se era Egizia non credeva che Setne avesse fatto favoritismi solo perché condividevano la nazionalità.
E poi cosa ci faceva nella sezione di prigione dedicata ai semidei?
- Fahime, tu cosa ci fai qui? – le chiese Aibileen indurendo il tono della voce e lo sguardo.
La maga sospirò e si sedette di fronte alla semidea: lei non era legata, non aveva i ceppi di ferro o i bracciali ai polsi che servivano a bloccarle i poteri; era libera.
- Io sono qui volontariamente, come te – le rispose.
- E allora com’è che io sono ridotta così – le disse scettica alzando le braccia e mostrandole le catene che aveva i polsi le quali tintinnarono – mentre tu sei libera di scorrazzare dove vuoi? – concluse leggermente alterata.
- E’ difficile da spiegare… tutte e due siamo qui per salvare le persone che ci stanno care, ma abbiamo un accordo differente con Setne – le spiegò guardandola con determinazione nello sguardo.
Le due ragazze si fissarono per qualche secondo – Sei tu vero? – le chiese Aibileen dopo aver assemblato tutti i pezzi – sei tu l’informatrice di Setne – quella non era una domanda, era un’affermazione.
Fahime le sorrise tristemente – Te l’ho detto, abbiamo accordi differenti – le disse semplicemente.
L’animo di Aibileen era diviso in due parti e non sapeva a quale delle due dar retta.
Una parte era arrabbiata con Fahime perché li aveva traditi e lo avrebbe fatto di nuovo; Malcom aveva sentito bene, Setne aveva con se’ qualcuno che gli avrebbe potuto rivelare dov’era il campo mezzosangue, solo che non era un semidio.
L’altra parte, invece, era indecisa; nonostante tutto quello che aveva fatto, sentiva che Fahime aveva una buona ragione per comportarsi così.
- Da quanto? – le chiese cercando di accettare la notizia.
- Da quasi due anni ormai – le rispose con una calma innaturale
Aibileen la osservò quasi con rabbia – La distruzione del primo nomo… -
Fahime annuì  - Da quel giorno Setne iniziò a vedermi come un alleata, anche se fu solo per sbaglio che gli rivelai l’esatta ubicazione del primo nomo – le spiegò.
- Perché? – le chiese semplicemente.
- Metti il caso che ci sia una ragazza a cui capita l’occasione, a cui viene data l’occasione, di salvare i suoi familiari e tutte le persone a cui tiene ma dovendo prima tradirli, rinunciare a qualcuno e alla fine debba fare un grande sacrificio; mettiti nei suoi panni e dimmi: tu cosa faresti? – le chiese osservandola con durezza.
Aibi si mise a pensarci; per lei le promesse, o i giuramenti, difficili per salvare i suoi cari non erano una novità.
Per salvare la sua famiglia si era donata ad Ecate come sua ancella solo qualche anno prima, quindi capiva cosa significava sacrificarsi o fare scelte faticose per salvare gli altri.
- Questa ipotetica ragazza, è stata costretta ad accettare dopo alcune minacce? – le chiese continuando ad usare il gioco della terza persona che Fahime aveva iniziato.
- No, nessuno l’ha minacciata, ma ciò che vi è in gioco alla fine basta e avanza come incentivo – le spiegò.
- E questa cosa che salverà molte persone, accadrà presto? – le chiese Aibileen cercando di carpire più informazioni possibili  dalla maga.
- Prima di quanto pensi, questa ragazza ha contatti molto vicini a Setne che le danno informazioni parecchio attendibili, sa’ che tra poco dovrà agire – le raccontò.
Aibileen le sorrise – Perché Setne si fida di lei ma non troppo – le disse, Fahime annuì e le sorrise.
La nipote di Poseidone iniziava a capire cosa stava succedendo, la maga stava già mettendo in atto il suo piano e la stava mettendo al corrente , e forse in guardia, perché aveva bisogno del suo aiuto.
- Le informazioni sono davvero attendibili?  - le chiese la semidea
- Molto, vengono dal Signore Rosso, il braccio destro di Setne – le spiegò.
Aibileen si concesse un sorriso; ora non aveva dubbi, il signore rosso era Seth, il dio che aveva deciso di seguire Fahime, per questo aveva notizie fresche di prima mano: Setne non si fidava di Fahime, ma del dio si.
- La ragazza è sicura di quello che fa e farà? – le chiese Aibileen per conferma e riuscendo a nascondere un leggero timore.
Fahime le sorrise – La ragazza ha fatto tutti i suoi calcoli e sa’ cosa l’aspetta; è pronta ad accettarlo – le spiegò.
Aibileen sospirò mentre sentiva acquietarsi la sua parte indecisa ma alimentarsi quella rabbiosa e priva di ragionamento.
- Fahime… - le chiese a capo chino.
- Si? – le chiese stupita la maga dal repentino cambio di tono.
- Sai che tutto quello che mi hai detto, e che questa ragazza farà, non potrà mai cancellare quello che hai fatto?  - le disse guardandola con rabbia.
- Lo so’ – le rispose seria la maga – so’ che niente potrà cancellare le mie azioni e quello a cui hanno portato – la rassicurò.
- Setne ci aspettava nelle celle perché lo avevi avvertito tu, vero? E’ per questo che volevi unirti a tutti i costi all’impresa? – le chiese – Io sono qui per colpa tua, vero?! – le chiese cercando di reprimere la rabbia che sentiva crescerle nel petto ma non riuscendo più a contenerla.
Sapeva che non era colpa di nessuno se si trovava lì, non era colpa certamente di Fahime ma soltanto sua perché lei si era offerta volontaria per salvare i bambini.
Varus aveva ragione, era soltanto colpa sua quello che le era successo, ma adesso voleva soltanto trovare un capro espiatorio e liberarsi le spalle da un po’ di peso.
Fahime la guardò dubbiosa, senza capire cosa intendesse la semidea – Setne ti ha imprigionata per colpa mi ma… -
- Tu non sai quello che mi hanno fatto, vero? – le chiese sorridendo leggermente e scuotendo piano il capo – tu non hai idea di quello che mi hanno fatto – realizzò ridendo e ricacciando indietro le lacrime che avevano iniziato a solcarle le guance.
La maga la guardava sempre più dubbiosa  - Come credi che volessero farmi parlare Fahime? Offrendomi the e biscotti? – le chiese Aibileen sarcastica mentre sentiva la rabbia sbollire.
Gli occhi della maga si riempirono di comprensione – Vuoi dire che… -
- Che mi hanno torturata? Si – le rispose facendo un respiro profondo e cercando di non far tremare la voce.
E’ tutto passato Aibi, è tutto passato.
- Non lo sapevo Aibileen, ti giuro che non avevo idea che avrebbero usato questi metodi per farti parlare – le disse scusandosi a capo chino – a dire il vero ho saputo della tua presenza solo oggi, Setne non aveva detto niente a nessuno… pensavo fossi riuscita a scappare anche tu – le spiegò.
- No, Setne ha voluto uno scambio: me per i bambini ed Esdra, non potevo lasciare qui quelle povere creature – le disse rannicchiando le ginocchia al petto.
Fahime la guardò e scosse leggermente il capo, Aibileen capì che anche lei avrebbe fatto la stessa cosa se fosse stata al suo posto; forse discendevano da mitologie differenti, avevano piani distinti ma alla fine, forse, non erano poi così diverse.
- Tu non hai ancora parlato vero? – le chiese Aibileen dopo un minuto di silenzio, non vi era bisogno che specificasse riguardo a cosa avesse già parlato.
Fahime sospirò – Oggi – le disse quasi sottovoce – mi dispiace per quello che hai dovuto passare, ma se avessi saputo che eri qui… - scosse il capo – ti prometto che cercherò di rimediare! – le disse afferrandole i polsi e stringendoglieli proprio sopra le catene e i ceppi.
Aibileen sgranò gli occhi sorpresa da quell’azione improvvisa.
D’accordo, Fahime si sentiva leggermente in colpa per quello che le avevano fatto ma non pensava che la maga potesse slanciarsi in una manifestazione d’affetto così palese.
- Scusami, non volevo… - le disse allontanandosi leggermente imbarazzata
- No, io ti ringrazio Fahime… davvero, ma non so’ se ora mi conviene ritentare la fuga – le spiegò mentre un brivido le attraversava tutta la schiena.
Fahime si mostrò sorpresa – Hai già provato a scappare? – le chiese.
Aibileen annuì – Si, e ci ho ricavato questi – le disse mostrandole le ferite rosse e non del tutto guarite dei tagli che le avevano inferto i ragni.
Spero solo di non averli più dentro…
- Posso solo immaginare quello che hai passato Aibileen – le disse Fahime con lo sguardo basso – ma ti prometto, davvero, che cercherò di aiutarti come posso d’ora in avanti – le disse poggiandole le mani sui ceppi delle caviglie.
- Davvero Fahime, pensa a quello che aspetta te… io me la caverò – la rassicurò cercando di farla calmare e non farla spaventare troppo.
La maga annuì – D’accordo… forse ora è meglio che vada – le disse alzandosi.
- Fahime, posso chiederti solo un ultima cosa? – le chiese Aibileen addolcendo il tono della voce.
Fahime voleva comportarsi da ragazza adulta e responsabile ma Aibileen vedeva chiaramente che non era ancora del tutto pronta ad esserlo.
Mentre avevano parlato la ragazza aveva cambiato spesso tono di voce e modo di fare facendo capire che era sicura ed insicura allo stesso tempo; Fahime sapeva cosa avrebbe dovuto fare e voleva seguire il piano ma allo stesso tempo sembrava averne paura.
- Cosa vuoi chiedermi? – le chiese la maga sorpresa.
- Perché non hai avvertito nessuno di questo piano? – le chiese.
Quella domanda sembrò dar fastidio alla maga che tornò seria e si alzò in piedi pronta ad andarsene raccogliendo il secchio con l’acqua.
- Rispondi per favore – le chiese Aibileen quando la ragazza era ormai dalla porta e stava per uscire.
- Non tutti lo avrebbero accettato – le rispose frettolosa.
- Perché avresti dovuto tradire la tua famiglia e i tuoi amici? – le chiese Aibileen dubbiosa – sono sicura che se gli avessi spiegato la situazione loro avrebbero capito – le ricordò.
Fahime si girò verso di lei visibilmente irritata – Non è per quello, è per quello che dovrò fare alla fine il motivo per cui non sarebbero stati d’accordo – le spiegò.
La semidea la guardò dubbiosa, se Fahime credeva che nemmeno la sua famiglia avrebbe potuto capirla, il sacrificio che avrebbe dovuto compiere doveva essere molto grande.
- Avresti comunque potuto provare a chiedere, se non ai tuoi genitori alle tue cugine, o a noi – le ricordò Aibileen – se si ha un alleato in questi casi, è sempre meglio… -
- Smettila! Se sapessi di cosa sto parlando sono sicura che capiresti perché non ho voluto dire nulla – le disse alterata  - se aveste saputo mi avreste fermata, e questo non deve accadere – le spiegò.
Aibileen non disse nulla ma riuscì chiaramente a vedere le emozioni contrastanti che stavano tormentando l’animo di Fahime.
C’è solo un sacrificio che potrebbe turbarla così tanto… ma è impossibile!
- Sappi solo che se ti servisse una mano l’avrai, non sei rimasta sola – le disse mentre la maga si girava di schiena e apriva la porta della cella dopo aver giocherellato con le dita sopra la serratura.
La maga sospirò e si girò verso di lei dopo che fu uscita dalla cella – Grazie… e non ti preoccupare, anche tu non rimarrai sola – le disse chiudendo dietro di se’ la cella e richiudendo Aibi dentro la sua prigione.
La semidea sospirò e si portò le gambe al petto, cercando di farsi piccola, piccola e cercare di sparire.
Appoggiò la fronte sulle ginocchia e si lasciò andare ad un lungo sospiro mentre cercava di riordinare le idee.
Tutte quelle notizie le affollavano la mente e doveva cercare di rimetterle insieme logicamente per potersi poi concentrare e creare un secondo piano di fuga che sta volta, però, avrebbe dovuto funzionare.
Non sapeva quando l’aiuto di Fahime sarebbe arrivato, ma non si sarebbe fatta trovare impreparata, avrebbe sfruttato a pieno l’occasione.


Con questo capitolo si concludono le torture di Aibi, giuro :3
Allora, cosa ne pensate?
Se ancora qualcosa del piano di Fahime vi risulta dubbioso non vi preoccupate, nei prossimi capitoli si dipanerà tutto :)

Spero che il capitolo vi sia piaciuto :)
Ringrazio chi legge, chi segue, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensisce. Mi fa sempre piacere sapere cosa pensate della storia :)
Spero di riuscire a pubblicare in tempo nelle prossime settimane perché mi inizia un periodo pieno a scuola e spero di trovare tempo per scrivere.
Infine vi auguro
BUONA PASQUA!! :)
Direi che per ora è tutto,
un abbraccio,
Darkness_Angel.

 

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Capitolo 20
*** XX. ***


Sera a tutti :)
Scusate il giorno di ritardo nella pubblicazione ma la scuola mi sta uccidendo >.<
Comunque, ecco qui il XX° Capitolo :3 Doppio Pov Lila - Aibi, niente spoiler e spero che vi piaccia :)
Buona Lettura :)

XX.

 
- Vlacas! –
Da che si ricordava Lilia aveva sentito imprecare ad alta voce sua mamma soltanto due volte.
La prima era stata diciassette anni prima quando sua madre era entrata precocemente in travaglio dopo l’attacco di un mostro, insomma, quando era nata Aibileen.
La seconda, invece, cinque anni prima quando Aibileen aveva avuto il primo attacco di cuore e il problema ai polmoni; ora che ci rifletteva, dietro ad ogni imprecazione pesante di sua madre, vi era sempre sua sorella…
Ma non questa volta.
- E adesso cosa facciamo? – chiese Annabeth guardando incredula il fumo che si alzava dal confine.
- Il piano non cambia, voi andate, a proteggere il Campo ci pensiamo noi – le disse Hazel.
- Se la situazione è grave quanto sembra vi servirà anche il nostro aiuto – le ricordò Percy
- Ma dovete andare a liberare i semidei ed Aibileen – le ricordò la semidea.
- Ma se il campo cade non sapremo dove tornare e saremo da capo – le ricordò.
La situazione era critica e non potevano permettersi di perdere altro tempo in inutili discussioni, il problema era che quelle “inutili discussioni” servivano a decidere come agire.
Era una di quelle situazioni che Lilia odiava profondamente.
- Non discutete, i gruppi ormai sono stati decisi, noi faremo sopravvivere il Campo ma voi dovete tornare con i semidei – concluse Clarisse stanca delle troppe ciarle.
Percy stava per replicare ma, con un enorme boato e una vampa di fuoco, un pezzo di barriera iniziò a creparsi come se fosse vetro.
Senza che nessuno avesse dato l’ordine, tutti i semidei corsero verso quel punto già pronti con le armi sguainate.
Lilia aveva l’animo combattuto, voleva andare a salvare sua sorella ma, allo stesso tempo, non voleva lasciare il campo in balia dei purificatori; se avesse potuto si sarebbe voluta dividere in due per poter fare entrambe le cose.
Ma purtroppo lo sdoppiamento non era uno dei poteri che poteva possedere una nipote di Poseidone.
Quando Lilia arrivò davanti alla barriera e vide cosa li aspettava dall’altra parte, sentì il suo cuore accelerare in preda alla paura e allo stupore.
Dietro alla barriera, che era costellata di crepe ed incrinature vi era un esercito di mostri, purificatori e chimere del quale non si riusciva a scorgere la fine.
La prima linea era costituita principalmente da mostri, probabilmente i più sacrificabili, che continuavano a gettarsi contro la barriera con armi, palle di fuoco o, in mancanza d’altro, direttamente con i corpi massicci e mostruosi.
- La barriera non reggerà ancora molto – avvertì Chirone che stava già coordinando i semidei per l’attacco e la difesa del campo.
- Non possiamo andarcene, rinvieremo l’impresa – decise Annabeth a malincuore e cercando di nascondere il dolore che le provocava quella scelta.
- Ma Aibileen, Fahime e gli altri prigionieri… - disse Lucas sorpreso.
- Non possiamo lasciare il campo scoperto Lucas, ora hanno bisogno di  qualunque semidio e mago disponibile – gli ricordò suo padre.
Lilia guardò il gemello che era in completo disaccordo con quello che aveva appena detto il padre; Lilia avrebbe voluto poter partire lo stesso per l’impresa, non era facile decidere chi abbandonare.
- Tu hai torto semidio
Nonostante il chiasso assordante che proveniva dai nemici al di là della barriera e i ferventi preparativi per l’imminente battaglia, la voce dell’oracolo mista perfettamente a quella di Rachel fece sobbalzare lo stesso tutti, come se fosse stata nel silenzio.
Com’era già successo, Rachel non era stata posseduta completamente dall’oracolo ma solo in parte.
Si avvicinava a loro lentamente, il corpo avvolto dal fumo verde solo su un lato, un occhio era verde normale mentre invece l’altro era di un verde acceso, quasi fosforescente; nonostante non fosse la prima volta che la vedeva, un brivido percorse la schiena di Lilia.
- Come scusa? – le chiese Percy incredulo.
- Il campo non ha bisogno di tutti i semidei e i maghi possibili, di sei può far a meno – disse con voce solenne l’oracolo.
- Ma le sembra il momento di parlare per indovinelli? – le chiese scocciata Sadie mentre osservava la barriera tremare e incrinarsi sempre di più.
- Mamma… - l’ammonì Ruby.
- La prego Oracolo, ci spieghi – le chiese gentilmente Annabeth ma senza nascondere l’urgenza nella voce.
L’occhio di Rachel, se possibile, si fece ancora più verde e luminoso.
- L’ora è giunta, il tempo della profezia è arrivato – annunciò.
Il cuore di Lilia si paralizzò e sentì le orecchie fischiare e tapparsi come se la pressione fosse aumentata all’improvviso.
Alla fine era giunto il momento, la profezia aveva incominciato ad agire, trascinando di nuovo tutti nel suo vortice con un’unica uscita.
- Ma gli eroi della profezia erano otto, perché gliene servono solo sei? – chiese Ziah scettica.
- Perché due sono già ad Alessandria – intuì Sarah.
L’oracolo non rispose ma tutti capirono che quella era l’unica opzione possibile.
- Ma se anche altri due membri fossero già ad Alessandria, qui siamo solo in cinque – fece notare Nathaniel.
Nessuno rispose ma, anche se avessero voluto farlo non avrebbero potuto; con un altro forte boato la barriera si venò ancora e un pezzo si staccò da una delle parti superiori, i nemici sul lato opposto esultarono.
- Credo che il vostro ottavo eroe sia io –
Lilia si girò verso la voce riconoscendola all’istante.
Esdra era lì vicino, appena apparso dall’ombra di un albero, che si avvicinava non curante al gruppo con le mani in tasca.
- E cosa te lo fa pensare? – gli ringhiò contro Nathaniel
- Che anch’io sono stato pescato dagli Inferi al calar del 17esimo sole – gli rispose compiaciuto.
Nathaniel stava per rispondergli a tono ma un altro botto riempì l’aria e il secondo pezzo di barriera venne giù.
- Non c’è tempo per le litigate – tagliò corto Annabeth che era entrata in modalità battaglia – seguite il piano com’era stato creato, dividetevi e cercate di portare a temine entrambe le imprese, ma se vedete che la situazione degenera, per favore, lasciate tutto com’è e venite via – gli chiese per favore e con un po’di preoccupazione nella voce.
Un altro boato e la barriera vibrò pericolosamente rischiando di scomparire ed essere distrutta del tutto.
- Fate attenzione – dissero all’unisono Sadie e Annabeth per poi stringere con forza e affetto, ma frettolosamente, i figli.
- Ora andate – disse Annabeth confinando il dolore infondo al cuore.
I ragazzi annuirono e poi si diressero verso l’arena.
Lilia cercava di non pensare a quello che si stava lasciando alle spalle, senza accorgersene qualcuno aveva deciso per lei cos’avrebbe dovuto fare, e non era ancora sicura che la cosa le andasse completamente a genio, ma stava andando a salvare sua sorella, e questo le bastava come motivazione.
Arrivarono nell’arena e si posizionarono al centro della terra battura sollevando un po’ di polvere; era strano vedere quel luogo vuoto, anche in tempo di guerra era sempre pieno di vita con i semidei di tutte le età che si allenavano; ma adesso la battaglia era vera, non c’era più tempo per gli allenamenti.
- Pronta Sarah? – le chiese Ruby mentre prendeva il suo bastone dalla Duat per poter fare l’incantesimo che avrebbe fatto aprire il portale.
Lilia non capiva ancora bene la magia Egizia, vi era stata a contatto ma non capiva esattamente come funzionava per questo aveva deciso di fidarsi completamente di Ruby e Sarah nonostante ciò che era successo con loro cugina.
Sarah estrasse il suo bastone e la sua bacchetta dalla Duat, poi aprì la sua borsa e tirò fuori una piccola statuina d’orata che rappresentava una donna con delle ali attaccate alle braccia; a Lilia sembrava un po’ sua zia Ella, ma Sarah le aveva spiegato che quella era Iside, la dea della magia egizia e che, se volevi che un incantesimo difficile andasse a buon fine dovevi pregare lei o comunque coinvolgerla in qualche modo ( quindi non era una buona idea paragonarla ad una Arpia).
Le due maghe egizie si misero ai lati della statuina e poi gli fecero segno di fare un passo indietro; i semidei annuirono, nessuno voleva rischiare di essere polverizzato da qualche magia egizia.
Sarah e Ruby intonarono una specie di litania tenendo i bastoni protesi davanti a loro; quando le loro voci si spensero all’unisono una leggera luce blu si sprigionò dalla statuetta per poi allargarsi creando una fessura larga più o meno quanto un uomo che scricchiolava ed emetteva una strana luce.
- Bene, ora dobbiamo andare – disse Sarah mettendosi di fronte al portale.
- Ma siete sicure che sia sicuro? – chiese Esdra dubbioso – perché se no io vi porto volentieri ad Alessandria con un viaggio ombra – si offrì guardando scettico il portale.
- No Esdra, ci servi in forze – gli disse Lucas poggiandogli una mano su una spalla e, forse, stringendo un po’ troppo.
- Come vuoi, come vuoi – lo rassicurò Edra sorridendogli.
- Forza adesso… - Ruby non riuscì nemmeno a finire le frase che, dietro di loro, vi fu un enorme rombo come di mille tuoni e la barriera divenne visibile, completamente venata ed iniziò a ricadere su stessa.
Lilia e Lucas si presero istintivamente la mano, cercando conforto, mentre le urla dei semidei e dei nemici pronti ad attaccarsi a vicenda si propagavano nell’aria.
Rimasero tutti immobili, increduli di quello che stava accadendo – Muoviamoci! – gridò Esdra facendoli riprendere.
Tutto il gruppo si riscosse, la prima a gettarsi nel portale fu Ruby seguita da Esdra, Nathaniel e Lucas, Lilia rimase ancora un attimo ad osservare il punto dove vi era la collina mezzosangue e i suoi genitori che combattevano.
- Lilia, andiamo – le disse Sarah capendo perfettamente cosa stava provando la semidea.
La nipote di Poseidone esitò un secondo e poi annuì – Certo eccomi – le disse tuffandosi nel portale cercando di non pensare quello che si stava lasciando alle spalle.
 
Lilia non avrebbe saputo bene cosa rispondere se qualcuno le avesse chiesto cosa si provava ad attraversare un portale.
Appena aveva messo piede nella porta azzurra, aveva sentito il corpo che veniva tirato in avanti, lo stomaco aveva fatto una capriola e poi si era ritrovata con il piede che poggiava su una superficie poco solida e leggermente in discesa.
Provò a mantenere l’equilibrio, ma il piede perse la presa e Lilia si ritrovò a rotolare giù per una collina di sabbia finendo contro qualcosa che poi le cadde addosso strappandole un “Ahi”.
- Lili – si lamentò suo fratello rialzandosi in piedi e scuotendo leggermente il capo.
- Non è colpa mia se eri tra i piedi, potevi spostarti – gli ricordò la nipote di Poseidone mentre si rimetteva in piedi.
Nello stesso momento il portale sfrigolò di nuovo e vi uscì Sarah che, invece di rotolare, scivolò con grazia giù per la collina mente il portale si richiudeva dietro di lei.
- Ci siamo tutti? – chiese la maga guardando il gruppetto e contandoli.
- Si, tutti e sei – la rassicurò Lilia mentre si spolverava i vestiti dalla sabbia.
- Devi ripassarti un po’ come si aprono i portali, Sarah – le disse Ruby ammonendo un po’ la sorella.
La maga alzò gli occhi al cielo – Che ne potevo sapere io che qui c’era una duna? – le ricordò – e l’importante è che siamo arrivati – le ricordò imbronciandosi.
- Ragazze non è il momento di litigare – le cercò di fermare Esdra sorprendendo tutti – abbiamo problemi più gravi – gli fece notare.
Lilia si guardò intorno cercando i problemi, o meglio, cercando i purificatori, ma intorno a loro non vi era nulla, solo deserto e qualche ombra in lontananza; erano nel nulla.
- Come arriviamo ad Alessandria? – chiese il figlio di Nyx continuando a guardarsi intorno.
- Non ci potete guidare voi? Tu e Nathaniel siete quelli più connessi con il sottosuolo… - gli ricordò Lucas.
- I figli di Ecate si riescono ad orientare senza problemi solo se sono nel sottosuolo – spiegò Nathaniel scrollando le spalle.
Tutti si girarono verso Esdra – Non guardate me, io mi oriento solo al buio e la notte – si difese il figlio di Nyx.
- E allora? – chiese Ruby – Come facciamo a raggiungere Alessandria? Sarebbe assurdo non riuscire nell’impresa perché non riusciamo a trovare la città – commentò sconsolata la maga.
- Lilia può guidarci – intervenne Lucas poggiando una mano sulla testa della sorella.
- Io? – gli chiese stupita Lilia.
- Certo, Alessandria è una città che ha sbocco sul mare, puoi portarci verso di esso – le spiegò – dovresti riuscirci grazie ai tuoi poteri da figlia di Poseidone -  le ricordò.
- Oppure potrebbe guidarci Ruby fiutando l’aria – propose in alternativa Sarah guardando la sorella – una volta l’hai fatto – le ricordò.
Ruby si imbronciò e guardò la sorella di sottecchi – Guarda che io sono imparentata con un gatto, non con un cane da fiuto; quella che è in stretto contatto con i canidi, sei tu – le ricordò con voce quasi offesa.
Sarah sospirò scuotendo leggermente il capo – D’accordo, usiamo Lilia – disse sospirando.
Lilia era confusa; d’accordo poteva percepire la presenza dell’acqua, ma come avrebbe fatto a guidare tutti, trovando anche il percorso più breve?
Lei non era un navigatore, non conosceva la strada per niente… però forse un modo per arrivare velocemente ad Alessandria c’era.
- Allora… ci penso io – disse abbastanza convinta – ma faccio a modo mio – gli spiegò.
- Mi fido di te Lili – le disse il fratello poggiandole una mano su una spalla.
Lilia gli sorrise, poi chiuse gli occhi richiamando i suoi poteri e recitando, nella sua testa, una piccola preghiera a suo nonno.
Fai che funzioni, ti prego, fai che mi sia venuta una buona idea!
Riaprì gli occhi e fissò l’orizzonte dove sapeva esserci il mare, se il suo piano avesse funzionato sarebbero arrivati ad Alessandria in un batter d’occhio.
Passarono un paio di minuti, il sole picchiava sulle loro teste, ma non accadeva nulla – Ehm… Lili… - le chiese il fratello dubbioso.
Lilia si morse il labbro – Giuro che stanno arrivando – disse guardando tutti e chiedendogli ancora un attimo di fiducia.
Le maghe e Nathaniel le sorrisero comprensive mentre invece Esdra sbuffò; Lilia stava per inveirgli contro quando, dalla direzioni in cui aveva guardato sino a qualche minuto prima, arrivarono al galoppo lasciandosi dietro di loro una scia di fumo, sei cavalli color acquamarina con le criniere fatte d’acqua che si muovevano nel vento.
- E questi da dove saltano fuori? – chiese Ruby estasiata quando i cavalli si fermarono davanti a loro nitrendo piano e scuotendo le teste.
- Sono cavalli fatti con l’acqua del mare di Alessandria… ho pensato che fossero i più adatti per portarci alla città – spiegò.
Una nipote di Poseidone non poteva sdoppiarsi in duo o fare un viaggio ombra, ma poteva sopperire creando dei cavalli dall’acqua di mare.
Ognuno salì su un cavallo, Lilia si mise in testa al gruppo e poi spronò il suo destriero che partì di corsa verso la città.
I cavalli erano molto più veloci di quanto sarebbero stati se fossero stati normali e, in poco tempo, arrivarono al confine della città.
A quel punto abbandonarono i cavalli che tornarono nel mare ritornando onde e acqua salata ( con grande dispiacere di Lilia); di lì in poi entrarono in azione Nathaniel ed Esdra che crearono dei perfetti camuffamenti grazie alla foschia.
Trovare l’entrata del complesso delle prigioni fu più semplice, vi erano molti più purificatori ma loro erano sicuri di dove andare e nessuno gli fece domande.
Quando arrivarono al punto prestabilito, dove vi era il corridoio che portava alle celle e dove vi era il condotto d’aria che avrebbe portato alla stanza delle armi, si fermarono creando una porta di foschia e facendo finta di farci la guardia.
- Come ci dividiamo? – chiese Lilia guardandosi intorno circospetta.
- Un mago e un creatore di foschia per uno – decise Lucas.
- Io voglio andare a salvare i prigionieri – disse preventivo Nathaniel
- Ma non sarebbe meglio che vada io? So’ dove sono le prigioni – gli ricordò Esdra ridendo.
- Niente liti, Nathaniel verrà con me a salvare i semidei – decise Lucas
- Se non ti dispiace allora io mi prendo Ruby – disse Lilia sorridendo complice alla maga – i gatti s’infilano bene nei cunicoli stretti – spiegò.
Lucas annuì – Molto bene, seguite il piano, se ci fossero problemi tornate direttamente al campo, non pensate a noi; se tutto va come deve ci riuniremo al punto prestabilito – concluse Lucas.
Tutti annuirono, poi Ruby fece aprire la conduttura d’aria e vi s’infilò dentro seguita da Esdra e Lilia – Stai attento Luc – gli disse la gemella – e salutami Aibi – aggiunse con un sorriso.
- Certo, ora vai però – le ricordò serio.
Lilia sogghignò – Certo fratellino  - lo rassicurò mentre richiudeva la griglia – tu stai attento ai baccelli e che la fortuna possa sempre essere a tuo favore – gli disse scherzando prima di scomparire nel buio del condotto.
 
 
Aibileen
 
Da quando Fahime era venuta a trovarla in cella, dopo la tortura, la permanenza di Aibileen nelle prigioni era stata molto noiosa; sino a quando l’allarme non era scattato.
L’unica visita che aveva ricevuto era stata quella di un purificatore che l’aveva portata in uno stanzino poco illuminato con un buco nel pavimento dove aveva dovuto espletare i suoi bisogni ( per fortuna l’uomo si era girato); dopo di che l’aveva riportata in prigione e lì era rimasta, annoiandosi e fissando il muro nero ed umido fino a quando non era scoppiato il caos generale.
All’improvviso una sirena aveva incominciato a suonare ed una luce ad intermittenza arancione si era azionata illuminando il corridoio e le celle da punti indefiniti.
Aibileen cercò i sporgersi per vedere cosa stesse succedendo, ma i ceppi la tenevano legata troppo stretta e l’unica cosa che riuscì a vedere fu un gruppo di purificatori che correva verso l’uscita gridando.
La nipote di Poseidone iniziò a strattonare le catene frustrata, voleva liberarsi e sapere cosa stava succedendo, anche combattere se fosse stato necessario, ma non rimanere lì immobile e magari morire senza provare a far nulla.
Si fermò di scatto interrompendo il tentativo di liberarsi e smettendo di tirare i ceppi che si erano riscaldati all’improvviso iniziando ad emettere una leggera luminescenza d’orata.
- Ma che cosa… - chiese Aibileen al nulla fissandosi i polsi confusa.
La luce d’orata iniziò a condensarsi sino a formare tre stani simboli; vi era una “x” con sopra un serpente e a lato una specie di retino ma senza rete, più un cappio attaccato ad un bastone.
Il simbolo diventò così luminoso che Aibileen fu costretta a distogliere lo sguardo, il calore aumentò sino al limite del sopportabile e poi i ceppi scoppiarono, rompendosi e liberandole le mani.
- Non è possibile… - sussurrò guardandosi i polsi arrossati ma finalmente liberi.
All’improvviso il bagliore d’orato riapparve cominciando a diventare sempre più forte, sta volta proveniva dai ceppi che e immobilizzavano le caviglie.
Aibileen richiuse gli occhi e scostò il viso poco prima che anche quelli si spaccassero e cadessero a terra con un tintinnio.
La piccola Jackson non poteva crederci, era libera dai ceppi e adesso avrebbe anche potuto usare i suoi poteri senza problemi o blocchi.
Si alzò in piedi sgranchendosi le gambe e sorridendo; quello che l’aveva appena liberata dai ceppi era un incantesimo egizio basato su dei geroglifici.
Quando aveva parlato con Fahime, alla fine della loro chiacchierata, la maga non aveva avuto uno slancio affettivo o di solidarietà quando l’aveva stretta, ma aveva soltanto cercato un modo per poter imprimere sui ceppi gli incantesimi per liberarla stando attenta a non farle capire cosa stesse realmente facendo nel caso in cui Setne avesse trovato un modo efficace per estorcerle informazioni.
A quel pensiero Aibileen rabbrividì e cercò di non pensare a ciò che le era successo ma soltanto a quando avrebbe ringraziato Fahime.
Si avvicinò alla porta della cella e scosse le sbarre con forza per vedere se, per caso, la serratura avesse ceduto ma la porta rimase dov’era, chiusa.
Aibileen imprecò sottovoce, doveva trovare un modo per aprire la porta o non sarebbe servito a nulla che i ceppi fossero rotti.
La semidea si avvicinò alla serratura e iniziò ad osservarla cercando un punto debole o un modo per forzarla, quando, all’improvviso, una luce d’orata irruppe dalla serratura.
Aibileen imprecò a mezza voce e si gettò a terra proprio nel momento in cui la serratura esplodeva e la porta si spalancava per il contraccolpo colpendola allo stomaco e levandole il fiato.
Almeno si è aperta…
La semidea sapeva che non era il momento di perdersi in lamentele; si alzò in piedi sorreggendosi alle sbarre mentre si massaggiava un po’ lo stomaco e la pancia per far passare in dolore causato dalla botta.
Quando fu in piedi si guardò intorno per controllare la situazione; la luce arancione continuava a lampeggiare e l’allarme, fuori dalla cella, era ancora più assordante ma, almeno, aveva coperto il rumore delle esplosioni.
Se mai avesse rivisto Fahime quando quella storia fosse finta avrebbe dovuto ringraziarla tre volte.
Aibileen uscì completamente dalla protezione che le offriva la cella; si trovava sullo stesso piano dove l’avevano tenuta prigioniera la prima volta.
La nipote di Poseidone sorrise; finalmente un po’ di fortuna!
Conosceva il piano dove si trovava e quindi sapeva che strada avrebbe dovuto prendere per scappare; l’unico problema era che sarebbe dovuta passare di nuovo davanti alla cella di suo zio ( sempre che fosse stato ancora vivo ) ma, se come credeva, quel casino era stato creato dall’attacco del Campo Mezzosangue, allora non avrebbe dovuto aspettare molto prima di essere liberato definitivamente.
Aibileen aspettò  ancora un secondo, prese un respiro profondo e alzò un velo di foschia su se stessa che la fece assomigliare subito ad un giovane purificatore; dopo di che si mise a correre in direzione dell’uscita senza voltarsi indietro.
Superò le altre celle di semidei e riuscì ad imboccare le scale senza che nessuno la fermasse, continuò a correre anche quando, di fianco a lei, apparve lo sbocco per un altro piano di celle.
- Ehi tu! Dove corri?! –
Vlacas!
Possibile che tutte le volte che fuggiva riusciva sempre a dimenticarsi di qualcosa o a concentrarsi così tanto sulla fuga che, alla fine, si dimenticava di ciò che aveva intorno?
- Mi vogliono ai piani superiori -  rispose Aibileen modulando la voce con la foschia e mostrandosi più calma di quanto non fosse realmente.
- L’ordine è stato quello di recarsi in massa al settore sette c, non credo che tu abbia avuto ordini speciali – le rispose il purificatore sospettoso.
Aibileen si mise a ragionare velocemente mentre seguiva l’uomo attraverso il corridoio in direzione dell’altra uscita.
- Pensavo di arrivarci più velocemente passando dall’altra parte – gli rispose puntando sull’innocenza.
- Sei nuovo? – le chiese sospirando.
- Si signore, mi hanno assegnato da poco qui – gli rispose Aibileen.
Il purificatore sospirò – Pivellino…  - disse sotto voce.
La nipote di Poseidone stava per creare un piano di fuga per allontanarsi quando il fato le andò di nuovo contro.
- E’ scappata! La semidea AE-03-10-8 è fuggita di nuovo! –
Oh ecco come mi chiamano qui… però carino come soprannome.
- Che cosa?! – chiese il purificatore sorpreso – E come? –
- I ceppi e la serratura erano spezzati… - gli spiegò anche lui abbastanza incredulo.
- Dobbiamo trovarla prima che… -
L’uomo non riuscì a finire la frase perché Aibileen lo colpì con forza alla nuca facendolo stramazzare a terra.
- Ma cosa … - Aibileen gli sorrise scherzosa – Sei tu! – le gridò l’uomo.
La semidea richiamò i suoi poteri condensando l’acqua che filtrava dalle pareti e facendola avvolgere intorno all’uomo.
Un forte dolore costante le strinse il petto all’improvviso mozzandole il respiro e facendola piegare leggermente in avanti per cercare di lenirlo.
O la foschia, o l’acqua, cosa credi di fare? Non ti hanno mica dato l’immortalità  Le ricordò la coscienza.
Aibileen lasciò cadere la foschia e si concentrò solo sull’acqua che soffocava l’uomo sino a fargli perdere conoscenza.
Quando lasciò defluire l’acqua, la nipote di Poseidone si ritrovò madida di sudore e con il fiato corto come se avesse appena corso la maratona di New York.
Proprio adesso dovevate rincominciare a farvi sentire?!
Ecate ed Ade le avevano ridato in prestito per un po’ il suo corpo mortale ma, purtroppo, non le avevano guarito i vecchi acciacchi, vi avevano messo solo delle toppe che adesso avevano incominciato a staccarsi scegliendo, logicamente, il momento peggiore per farlo.
Decise che non era il momento di pensarci ma che era arrivato il momento di scappare.
Stabilì che avrebbe lasciato perdere la foschia, ormai sapevano che era scappata e sarebbe stato inutile sprecare energia per nascondersi; voleva andarsene, anche a costo di dover allagare tutte le prigioni.
Raccolse il pugnale che portava al fianco il purificatore, tanto per non affidarsi solo ai suoi poteri, e poi corse di nuovo verso le scale ma il fato, ormai, le aveva voltato le spalle.
Mentre correva verso le scale un gruppo di una decina di purificatori arrivò dietro di lei prendendola alla sprovvista.
Aibileen vi rifletté soltanto un secondo, non era nelle condizioni per affrontare tutti e dieci e uscirne abbastanza illesa da poter ancora scappare.
- E’ lei, prendetela! –
La semidea si mise a correre verso le scale a testa bassa, concentrandosi solo sulla fuga e a come mettere più distanza possibile tra lei e i purificatori.
Prima di imboccare la rampa, la semidea si prese un secondo per guardarsi alle spalle e vedere quanta distanza avesse messo tra lei e i purificatori; fu proprio per questo che non si accorse delle persone che arrivavano dalla parte opposta alla sua.
Aibileen andò a sbattere contro qualcuno; prima che questo sconosciuto potesse farle qualcosa, suppose che fosse un purificatore e che quindi non avesse buone intenzioni, caricò un colpo che avrebbe dovuto stordirlo quel poco che le sarebbe servito per estrarre il pugnale e ferirlo, ma lui la bloccò.
- Aibileen! –
La nipote di Poseidone alzò lo sguardo e i suoi occhi increduli incontrarono quelli altrettanto sbalorditi del fratello.
- Lucas! –
Aibileen si dimenticò per un attimo della situazione non molto piacevole in cui si trovava e saltò addosso al fratello abbracciandolo forte; finalmente qualcuno che era dalla sua parte.
Lucas strinse la sorella in un forte abbraccio, felice di averla ritrovata sana e salva, non come un cadavere o come qualcosa che vi assomigliava molto.
- Grazie agli Dei siete qui! – disse sciogliendosi dall’abbraccio del fratello e sorridendo a Sarah e a Nathaniel.
- Sei nei guai? – le chiese il fratello stringendo la presa sull’impugnatura della spada.
- Ho dieci purificatori alle calcagna – gli rispose velocemente.
Lucas annuì – Bene, ci pensiamo noi – fece un cenno a Nathaniel e i due ragazzi si gettarono nel corridoio, pochi secondi dopo si iniziarono a sentire clangore di spade e grida di rabbia, oltre a quelle di dolore.
- Stai bene? – le chiese Sarah poggiandole una mano su una spalla.
Aibileen annuì – Solo un po’ di stanchezza – la rassicurò con un sorriso.
Neanche cinque minuti dopo, Lucas e Nathaniel riapparirono sul pianerottolo delle scale, leggermente sporchi di sangue ma che, per fortuna, non era il loro.
- Non ce n’è più – informò Lucas mentre prendeva fiato
- Bene, allora andiamocene – gli disse Aibileen mentre stava per imboccare le scale.
- No, siamo qui per liberare i semidei – le rispose Nathaniel
- Solo voi? – chiese Aibileen stupita; si sarebbe aspettata molti più semidei per un impresa del genere, non soltanto due e una maga.
- Lunga storia, ci sono stati dei problemi al Campo – le spiegò frettolosamente Lucas facendole capire che non era il momento – hai idea quale piano sarebbe meglio liberare per primo? – le chiese.
- Certo che lo so’ – gli rispose sorridendo sicura.
Aibileen guidò il gruppo sino al piano dov’era stata tenuta prigioniera lei; liberarono loro zio e poi iniziarono ad aprire le celle del resto del piano ed Aibi scoprì che era stata un ottima idea.
Setne non era stato molto intelligente, aveva riunito sullo stesso piano due celle completamente piene di figli di Ares e Marte che, appena le celle furono aperte, nonostante il lungo periodo di prigionia, erano già pronti a lanciarsi in battaglia.
- Qual è il piano? – chiese Malcom che, fortunatamente, era ancora vivo.
- Liberare tutti i semidei e i maghi imprigionati – gli rispose Lucas – mentre un altro gruppo pensa a trovare le armi e riportarle agli dei – concluse.
- Vi aiutiamo noi – rispose prontamente il figlio di Atena – ci occuperemo dei semidei su questi piani e poi andremo a liberare i maghi – decise.
- Ma non sapete dove sono – gli ricordò Sarah
Lucas non disse nulla ma si levò lo zaino dalle spalle ed iniziò a cercarci dentro  - Ho una mappa, posso lasciartela io l’ho memorizzata – gli spiegò consegnandola al semidio dopo averla trovata.
- Perfetto –
Mentre Lucas spiegava il piano allo zio e Sarah lo ragguagliava sulle possibili trappole magiche che avrebbero potuto incontrare, Aibileen e Nathaniel rimasero in disparte.
- Come stai? – le chiese facendole una carezza su un braccio.
- Bene – gli rispose forse con troppa sicurezza.
- Aibileen… sai che a me puoi dire tutto, vero? – le chiese Nathaniel che aveva capito che, in realtà, non andava “tutto bene”.
- Lo so’ Nath… ma non è il momento, davvero, ora sto bene – lo rassicurò con un sorriso e stringendogli la mano.
Il figlio di Ecate esitò per un secondo ma poi le sorrise e strinse a sua volta la presa sulla mano.
- Bene, ora direi che noi dobbiamo andare, non voglio mancare all’appuntamento con Lilia – disse Lucas dopo che ebbe chiarito tutto il da farsi con suo zio; nello stesso istante le mani di Aibi e Nathaniel si staccarono prima che il nipote di Atena potesse notare che erano strette l’una nell’altra.
- Credi che abbiano già fatto? – gli chiese Sarah dubbiosa.
- A giudicare dal casino che è scoppiato credo proprio che il piano sia andato a buon fine – scherzò Lucas.
- Quindi adesso cosa facciamo? – chiese Aibi cercando di essere tenuta aggiornata.
- Raggiungiamo gli altri senza farci ammazzare e vediamo se tornarcene al campo o prendere la base – le spiegò il fratello.
- Molto bene, allora muoviamoci -.
Mentre i semidei liberati si dividevano per andare a scarcerare i loro compagni e amici, il gruppetto con Aibileen percorse tutte le scale di corsa sino a che non arrivarono al livello uno, dove si aprivano tre corridoi.
Lucas prese il comando del gruppo guidandoli attraverso il labirinto e fermandoli quando sentiva dei passi troppi vicini o delle voci che gridavano.
Imboccarono un corridoio deserto, illuminato solo da luci al neon, che avrebbe dovuto portarli direttamente al punto d’incontro con il secondo gruppo, quando Lucas si fermò all’improvviso dopo una svolta.
- Lucas perché ti sei… - le parole morirono sulla bocca di Nathaniel quando vide il motivo per cui si erano fermati.
Fahime era in mezzo al corridoio e li guardava con un sorriso tra il sorpreso e il compiaciuto.
- Hime… - sussurrò Sarah con voce rotta.
Fahime le sorrise dolcemente e poi tornò a fissare i due semidei – E’ un piacere rivedervi – salutò.
- Il piacere è tutto tuo – le ringhiò contro Nathaniel mentre la foschia iniziava a vorticargli intorno segno che presto avrebbe scagliato un incantesimo.
- Fermo Nath – gli disse sottovoce Lucas poggiandogli una mano su una spalla.
Aibileen vide, e sentì nella voce del fratello, che Lucas era combattuto; anche lui non sapeva se odiare Fahime o no, e per lui era ancora più difficile visto i chiari sentimenti che erano nati in entrambi, non ci voleva una figlia di Afrodite per capirlo.
- Non possiamo lasciarla andare Lucas! E’ una traditrice! – gli ricordò il figlio di Ecate.
- Invece è meglio per tutti se mi lasciate andare – gli rispose Fahime
- E’… è una minaccia? – le chiese Sarah preparando il bastone e andando contro se stessa.
- No, non è una minaccia, è un consiglio – le rispose Fahime continuando a rimanere calma.
- Lasciala andare Nath – gli disse Aibileen mentre incrociava lo sguardo della maga
- Ma…! – provò a replicare il figlio di Ecate
- Dalle ancora una possibilità – disse Lucas anche se lo stava dicendo più a se stesso che agli altri.
Nathaniel non replicò ma sospirò scocciato – Grazie – sussurrò Fahime per poi incatenare il suo sguardo a quello di Aibileen – Ti aspetto – le disse sorridendole complice prima di sparire in un corridoio laterale completamente buio.
- Cosa voleva dire? – le chiese il fratello confuso.
- Non ti preoccupare, ora andiamo – tagliò corto la nipote di Poseidone facendo capire chiaramente al fratello che non era il momento di parlarne.
Ripresero a correre finché non arrivarono in un corridoio più largo rispetto agli altri con due porte nere di ferro sui lati e apparentemente vuoto.
- Dove siamo? – chiese Aibileen guardandosi intorno.
- Dietro quelle porte ci sono i generatori della base – le spiegò Sarah – E’ il punto d’incontro che abbiamo con gli altri e…  -
- Aibileen! –
La semidea non fece in tempo a girarsi che sua sorella la prese e la strinse in un forte abbraccio
– Stai bene – le disse osservandola da capo a piedi, Aibileen rise e annuì.
- Allora? Ce l’avete fatta? – chiese Sarah alla cugina.
- Oh si, gli Dei sono arrivati e ora si stanno preparando per… - un esplosione non lasciò finire il discorso a Ruby – scherzavo, sono pronti per attaccare – rettificò.
- E adesso noi che facciamo? – chiese Aibileen osservando tutti i presenti confusa.
- Semplice sorellina – le rispose Lilia con un sorriso ferino mentre si scrocchiava le nocche delle mani – Andiamo a fare il culo a Setne -.

E con questo capitolo entriamo nelle battute finali della Fanfiction :3
Ancora 4/5 Capitoli e anche questa avventura di Aibileen sarà finita :)
Cosa ne pensate del Capitolo? :)
Ho liberato Aibi e ora sapete cosa è successo al Campo, non sono brava? :P
Mi scuso ancora per il ritardo ma, comprendetemi, due mesi alla fine della scuola e tutte le attività e verifiche spuntano fuori come funghi -.-"
Ringrazio chi segue, chi legge, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensice :) Scusate se non ho ancora risposto ma il tempo mi è mancato :/ Rimedierò, mi piace sempre ricevere i vostri pensieri sulla Ff :)
Spero di pubblicare in orario la prossima settimana :)
Direi che per ora è tutto,
Un abbraccio,
Darkness_Angel.

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Capitolo 21
*** XXI. ***


Salve a tutti! :)
Questa settimana riesco a pubblicare in orario nonostante molto tempo sia stato dedicato alla lettura in Italiano ( finalmente *^* ) del Sangue dell'Olimpo... voi lo avete? :3
Comunque, eccoil XXI capitolo :) Doppio Pov, niente Spoiler, succedono tante cose ;)
Buona Lettura :)

XXI.

 
Lilia non era claustrofobica, ma i posti bui e stretti non le erano mai piaciuti molto.
Ruby era in testa al gruppo che illuminava leggermente il percorso con un globo luminescente che le volava poco lontano dalle testa permettendole, così, di controllare la mappa più comodamente.
Quella palla luminosa, alla nipote di Poseidone, ricordava moltissimo i fuochi fatui che aveva visto ad un Halloween, insieme a Lucas e a dei suoi amici, dopo che si erano riusciti ad infilare in un cimitero.
Quelle lucine volavano sopra le tombe come se fossero spiriti e, anche se poi Lucas aveva spiegato che erano fiammelle dovute alla combustione del metano e del fosfano per colpa della decomposizione di composti organici ( in poche parole dei cadaveri), a Lilia erano continuante a sembrare le anime dei morti che si aleggiavano sopra la propria tomba.
- Manca ancora molto? – chiese Esdra che non ne poteva più di procedere a carponi.
Forse non era stata una bella idea quella di mandare Ruby avanti come apri fila, nonostante stessero procedendo a quattro zampe camminava spedita; possibile che c’entrasse in qualche modo la sua vicinanza alla Dea gatto?
- Non molto, dovremmo svoltare ancora una volta a sinistra e poi la prima grata è la nostra – gli rispose la ragazzina.
Sia Lilia che Esdra sospirarono di sollievo e ripresero a seguire la maga senza lamentarsi più.
Qualche minuto dopo vi fu la svolta a sinistra e poi apparve una grata da cui filtrava una leggera luce.
- E’ questa? – le chiese Lilia sempre con un tono di voce basso, non sapevano cosa li avrebbe potuti aspettare nella stanza.
Ruby annuì, poi fece del suo meglio per mettersi seduta ed estrasse il suo bastone dalla Duat con molta facilità.
- State indietro – gli intimò la maga mentre protendeva il bastone davanti a se’ – W’peh
Davanti ai ragazzi si accese un geroglifico d’orato formato da un rettangolo pieno con al fianco una “x” e sopra quelle che a Lilia sembravano ali di gabbiano stilizzato aperte.
- Fai che non esploda, fai che non esploda –
Lilia non seppe mai se anche Esdra avesse sentito il sussurro della maga, se lo sentì non si fece vedere per nulla preoccupato mentre invece lei si mise a pregare gli Dei che Ruby non li facesse saltare tutti in aria.
Qualche secondo dopo la grata si aprì verso l’esterno con un leggero cigolio di cardini arrugginiti.
- Si! Non è esploso! – esultò Ruby un po’ troppo ad alta voce presa dall’entusiasmo – Ehm… perché non doveva esplodere… cioè non è l’incantesimo “esplodi” ma quello “apriti” – cercò di dire per rimediare a quello che aveva detto .
- Ruby, calmati, ora scendiamo – le disse Esdra serio mentre si calava nella stanza.
La maga sembrò sentirsi un po’ in colpa e guardò Lilia con faccia contrita – Scusa… di solito non apro mai le cose perché anche se ci provo mi esplodono… per questo uso spesso l’altro incantesimo – confidò a Lilia.
La semidea le sorrise – Tranquilla, è andato tutto bene, ora continuiamo la missione – le disse rassicurandola; la maga annuì e poi scese anche lei nella stanza.
Lilia si aspettava di trovare una cassaforte con dentro tanti armadi o teche piene di oggetti preziosi e di armi sottratte, non solo agli Dei, ma anche alle persone più disparate; invece la stanza era completamente diversa da come gliel’aveva fatta immaginare la sua fantasia.
La prima cosa che i piedi di Lilia toccarono non fu un solido pavimento di pietra ma una montagna di monete che rischiò di farla scivolare, per fortuna riuscì a mantenere un certo equilibrio e a cadervi sopra con le ginocchia.
- Ma cosa… - chiese guardandosi intorno e prendendo le monete tra le mani.
- Setne crede di essere Paperon de Paperoni – scherzò Ruby mentre giocherellava con una manciata di monete.
La nipote di Poseidone si guardò intorno, la stanza era di media grandezza ma era piena di monete, reperti e vari monili; Lilia si chiese se tra tutte quelle cose non vi fosse anche il famigerato libro di Thot.
No, non sarebbe così stupido…
Decise che se mai lo avrebbe cercato dopo, adesso la cosa importante erano le armi degli Dei che spuntavano da sotto l’oro; avrebbero dovuto disseppellirle tutte, e trovarle tutte, prima di evocare i legittimi proprietari.
- Allora, aggiornatemi su quali sono le armi divine da trovare – disse Ruby mentre cercava di mantenere un equilibrio stabile sopra il pavimento di monete.
Lilia si fece pensierosa e iniziò a contare sulla punta delle dita – La folgore di Zeus, l’elmo dell’invisibilità di Ade, il tridente di mio nonno, l’egida di mia nonna, l’arco di Artemide e quello di Apollo, il caduceo di Ermes e la falce di Demetra – concluse.
- Non sono tutti i simboli dei dodici dei – le fece notare Esdra.
- Lo so’, ma noi non evocheremo tutti gli Dei, solo un paio, che poi si prenderanno la briga di cercare le altre cose e spedirle ai legittimi proprietari – gli spiegò Lilia – in questo modo ci libereremo prima e potremmo passare alla fase tre del piano più velocemente – concluse.
- Bene, allora mettiamoci al lavoro –
Ritrovare tutti gli oggetti fu molto più complicato del previsto.
Lo strato di monete che copriva il pavimento era spesso, e le armi vi erano seppellite sotto o nascoste dietro altri oggetti che le camuffavano.
Sembrava che, dopo aver fatto tanto caos per strapparle agli Dei e far vedere a tutti che era il più potente, Setne le avesse gettate alla cavolo in quella stanza senza curarsene più.
Se Lilia fosse stata in lui le avrebbe esposte o, per lo meno, messe in modo che tutti potessero vederle o che spiccassero quando qualcuno entrava nella stanza; insomma, stavano a significare che aveva battuto gli Dei dell’Olimpo, perché le teneva come se fossero dei vecchi giocattoli con cui non voleva più giocare?
Magari se fossero state quelle degli Dei Egizi le avrebbe esposte in bella mostra; da quanto le avevano raccontato Ruby e Sarah, Setne era sempre stato molto in conflitto con le divinità Egiziane, soprattutto con le loro divinità dell’oltretomba, Anubi e Osiride ( non che padre e nonno materno delle gemelle, ma questa è un’altra storia ).
La prima a trovare qualcosa fu Ruby, rovistando sotto una pila di monete riuscì a trovare la falce d’orata di Demetra, dopo di lei Esdra riuscì a trovare gli archi dei due gemelli divini.
Anche Lilia trovò qualcosa e, come per sua solita fortuna, una delle due armi che sarebbe stato meglio non toccare almeno che non volesse far scoppiare una guerra tra fratelli.
- Ho trovato la folgore, qualcuno di voi due la prenda e la metta con le altre… io è meglio se non la tocco – disse la nipote di Poseidone scostandosi come se, solo la sua presenza vicino all’arma, potesse scatenare le ire di Zeus.
A scanso di equivoci fu Ruby a prenderla e ad ammassarla vicino alle altre.
Dopo circa un’altra mezz’ora erano riusciti a ritrovare tutte le armi che si erano prefissati più la cintura di Afrodite per la quale vi era stata una lite su chi dovesse spostarla e prenderla in mano.
Quando ebbero radunato anche quella sulla pila, scesero dalle monete sino ad un piccolo spiazzo vicino alla porta, dove stranamente il pavimento era libero, e fecero un ultimo controllo.
- Direi che c’è tutto – disse Lilia guardando le armi luccicanti e molto pericolose.
- Evochiamo gli Dei? – le chiese Esdra.
Lilia sospirò, evocare dei era l’ultima delle cose che le andava di fare in quel momento come, del resto, sempre, ma non vi era altra scelta.
Per giunta aveva dovuto inventare, insieme a Nathaniel, un’invocazione a tutti gli Dei, non sarebbe bastato chiamarli a gran voce.
La nipote di Poseidone sopirò, poi si schiarì la voce e iniziò a recitare l’evocazione in greco:
 
Olimpi,
rivolgete a me lo sguardo e ascoltate la mia preghiera.
Zeus, signore del fulmine, inizio e principio.
Unico corpo in cui si muove l’universo, paura ancestrale;
onorami della tua presenza e prestami la tua forza.
O tu dall'animo forte, che abiti la dimora sotterranea,
nel prato del Tartaro dall'ombra profonda e senza luce;
Ade che hai le chiavi di tutta la terra, unisciti a me nell’impresa.
Ascolta Poseidone signore dei cavalli, scuotitore della terra,
che tieni nelle mani il tridente lavorato in bronzo,
lascia il tuo immenso palazzo e aiutami a vincere.
Pallade Atena, tu che porti buon senso nell’uomo, donami la tua saggezza.
Divina Artemide, eterna fanciulla, donami la tua mira così da non mancare mai il bersaglio.
Demetra, madre che porta il bel tempo e l’estate, onorami della tua gloria.
Ermes, divino messaggero, corri da me con i tuoi sandali alati e recapita il mio messaggio.
Dei dell’olimpo, io vi chiamo, invoco la vostra presenza!
Ascoltatemi, e avrete la mia obbedienza.
 
 
Quando finì di pronunciare quelle parole, Lilia si sentì stanca.
In un'unica volta aveva dovuto evocare sette dei, inventando di sana pianta una preghiera ( per altro molto lunga) e poi se l’era dovuta imparare a memoria, neanche fosse a scuola, mente vi era Apollo che li tormentava perchè l’invocazione non era in rima.
All’inizio non accadde nulla, a tutti e tre i ragazzi venne il dubbio che gli Dei li avessero ignorati, che forse sarebbe stato meglio qualcosa di più sobrio, magari un “nonni, zii, cugini, parenti di non so’ quale grado aiutatemi” da parte di Lilia ma poi l’aria intorno a loro iniziò a tremare.
Dal nulla, o meglio, dalla parete davanti a loro, apparve una cerva mentre, dal soffitto, scesero una civetta ed un falco.
Da una parte indefinita della stanza si sentì provenire una brezza estiva che si andò a mischiare con una che sapeva di salmastro e Lilia non poté non pensare quanto gli Dei fossero esibizionisti.
Infine, Ermes apparve con una specie di “pop” mentre invece Ade apparve da una crepa che si era aperta nel pavimento, Lilia non poté che stimare quei due dei per aver fatto un entrata normale.
Gli altri dei presero le loro sembianze umanoidi e sorrisero ai ragazzi.
- Ciao Lili, allora, avete trovato le nostre cose? – le chiese suo nonno scendendo vicino a lei subito imitato da Atena e Artemide.
- Si, abbiamo trovato in più anche la cintura di Afrodite… - aggiunse
- Non vi preoccupate, a quella e agli altri oggetti penserò io, li riporterò a chi di dovere – la rassicurò Ermes.
- Allora, fate pure – terminò Lilia spostandosi e facendo allontanare gli altri in modo che gli Dei potessero riprendere le loro armi.
Ognuno prese il suo, Zeus rimase sulle sue soppesando la folgore e sorridendo soddisfatto; Ermes ebbe un’allegra chiacchierata con George e Martha, di quanto gli fossero mancati in quegli anni.
- Ora si che si ragiona – disse Poseidone stringendo il tridente e riprendendo vigore.
Artemide si mise l’arco a tracolla e poi raccolse l’arco del fratello arricciando il naso e scuotendo leggermente il capo – Gli ha ammaccato l’arco… ora dovrò sorbirmi le sue lamentele – sospirò alzando gli occhi al cielo.
Atena strinse l’egida e la lancia per poi sorridere alla nipote ( forse era la prima volta, Lilia non se lo ricordava ).
Gli Dei rimasero qualche minuto a giocherellare con le loro armi ritrovate come se fossero dei giocattoli che avevano perso e poi ritrovato.
Esdra diede un leggero colpo con il gomito a Lilia e la guardò dubbioso.
Lei scosse il capo e alzò le spalle non sapendo cosa fare.
Dall’altra parte Ruby le tirò una gomitata e mimò con le labbra – Li lasciamo fare ancora per tanto?-
Lilia sospirò, era lei la maggiore del gruppo e quindi era compito suo smuovere la situazione e a levarli dall’impiccio.
Sospirò e poi si schiarì la gola rumorosamente – Ehm… scusate, ma se avete controllato che le vostre cose siano a posto, ci sarebbe un piano da seguire… -
- Ma certo, ora ci pensiamo noi – la rassicurò Atena prendendo il suo cipiglio severo – mentre noi iniziamo ad attaccare, Ermes porterà le armi agli altri che ci raggiungeranno per mettere fine a questa pazzia – concluse la Dea della saggezza.
- Bene, e nel frattempo noi finiamo di liberare gli altri semidei e cerchiamo di non farci ammazzare dai purificatori – aggiunse Lilia con una nota divertita che però non fece ridere sua nonna.
Vorrei trovare una cosa che la fa ridere.
- Molto bene ragazzi, allora buona fortuna – gli augurò Ermes, poi fece un gesto della mano e la porta principale della stanza si aprì aprendogli la via d’uscita.
 
Ruby aveva dato la mappa a Lilia in modo che li potesse guidare attraverso i vari corridoi della prigione.
Esdra aveva alzato la foschia per nasconderli e farli assomigliare a purificatori in tenuta vermiglia.
Per loro fortuna sembrava che, la maggior parte dei purificatori, andasse dalla loro stessa parte e quindi che la loro corsa passasse inosservata.
Lilia gli fece un leggero segno e svoltarono in un secondo corridoio che era completamente deserto di purificatori ma, davanti a due porte, ve ne era un piccolo gruppo che si osservavano in giro come se stessero controllando qualcosa.
Si avvicinarono cauti ma, più la distanza si accorciava, più la foschia diventava chiara agli occhi dei semidei e della maga rivelando chi vi fosse veramente sotto.
Lilia accelerò il passo e corse verso la figura della ragazza che era in piedi vicino a suo fratello.
- Aibileen! –
Lilia strinse la sorella con forza, cercando di trattenere l’impeto di gioia  che l’aveva attraversata appena aveva visto la sua figura diventare chiara.
Aibileen si era leggermente irrigidita, forse aveva tremato un poco, ma poi si era rilassata tra le braccia della sorella, come se si sentisse rassicurata.
Lilia non voleva pensare a cosa avesse potuto passare sua sorella in quei pochi giorni.
La semidea controllò che la sua sorellina stesse bene, che fosse ancora tutta intera e con gli arti a posto, poi chiese se l’altro gruppo era riuscito nella loro piccola impresa.
Per una volta era andato tutto bene; il gruppo di Lucas era riuscito a liberare alcuni semidei che adesso, come un’enorme reazione a catena, stavano via via liberando gli altri e rifornendosi di armi.
Ruby spiegò com’era andata a loro e poi un forte scoppio giunse dalle stanze vicine alla fine del corridoio, anche gli Dei avevano iniziato a combattere; la fine del dominio di Setne era vicina.
- E quindi? Come intendiamo fare il “culo” a Setne? – chiese Aibileen trattenendo una risata
- Piano? – chiese mentre tutto intorno a loro iniziavano a sentirsi vari scoppi e grida sia di allarme che di dolore.
- Dobbiamo raggiungere Setne nel centro di comando – le iniziò a spiegare Lucas – lo imprigioneremo lì dentro senza dargli via d’uscita e poi gli dei ci raggiungeranno per sconfiggerlo una volta per tutte – concluse suo fratello.
Quella parte del piano era piaciuta molto a Lilia, vi era molta più azione e poi non vedeva l’ora di confrontarsi contro un nemico antico, molto simile a quelli contro cui avevano combattuto i suoi genitori quand’erano piccoli.
- Se non ci sono altre domande, direi di andare – disse Lucas che si era autoeletto capo gruppo.
- Non dovremmo abbassare la foschia? – chiese Sarah – adesso sono i purificatori che se la stanno vedendo brutta, per una volta da quattro anni a questa parte ci tornerà utile essere maghi e semidei in una base nemica – gli ricordò.
- La maga ha ragione – convenne Esdra mentre faceva abbassare la foschia – vedi testa di gufo? Non ci avevi pensato -.
Lilia si trattenne dal lasciarsi scappare una risata, alcune battute di Esdra erano fuori luogo, altre scomode, ma certe facevano davvero ridere.
Nathaniel sospirò, il figlio di Ecate odiava il figlio di Nyx, ma anche lui abbassò la foschia lanciando, però, una strana occhiata ad Aibileen.
- Molto bene, ora però andiamo  - concluse Lucas.
- Ah no! Aspetta! – lo fermò un secondo Lilia mentre si metteva a rovistare nelle tasche – Ho trovato queste mentre cercavo le armi degli dei – disse tirando fuori dalla tasca dei pantaloni due spille che consegnò alla sorellina.
- Grazie Lili – le disse stringendola in un rapido abbraccio per poi dare un colpo verso il fondo con le mani in modo che le apparissero le due spade – ora si che siamo pronti – concluse Aibileen con la decisione nello sguardo.
Tutto il gruppo si mise in movimento mentre Lucas apriva la strada; il centro di comando si trovava un piano sopra di loro, avrebbero dovuto prendere due rampe di scale e attraversare un corridoio pe poi ritrovarsi davanti a due porte che si aprivano soltanto se si sapeva la password.
Tutto questo passando davanti a stanze e altri corridoi che, normalmente sarebbero stati protetti dal doppio dei purificatori normali.
 Sbucarono fuori dal corridoio ritrovandosi in un enorme spiazzo che sembrava adibito a parcheggio o a ricovero per i mezzi di trasporto; e il primo ostacolo fu quello.
Tra loro e la porta che li avrebbe portati al piano di sopra vi era uno scontro a fuoco tra semidei e maghi, su un lato, e purificatori dall’altro.
- E ora come si passa? – chiese Ruby dubbiosa.
- Ehi voi! –
I ragazzi si girarono in direzione della voce che li aveva chiamati; una semidea che avrà avuto circa l’età dei loro genitori stava avanzando nella loro direzione.
A Lilia non sembrava un volto completamente sconosciuto e, dall’espressione della semidea, anche lei sembrava avere l’impressione di averli già visti.
- Ma voi non siete i figli dei Jackson? Lilia, Lucas ed… Aibileen? – chiese osservandoli dubbiosa ( soprattutto la minore delle Jackson ).
- Si siamo noi, siamo qui per portare a termine un impresa – rispose Lilia prontamente.
- Lo so’ tesoro, Malcom mi ha informato di tutto – la rassicurò.
- Ma lei non è Drew Tanaka? La figlia di Afrodite che fece parte della prima delegazione? – chiese Lucas.
La semidea si passò una mano nei capelli e poi sorrise radiosa – Esatto, sono io. Insieme a Malcom siamo gli unici due sopravvissuti – si vantò.
- Ma anche Will Solace… - cercò di farle notare Lilia
- Dettagli – le rispose frettolosa la semidea.
Ora Lilia si ricordava di quella donna, era l’unica semidea che ce l’avesse a morte con sua zia Piper e, logicamente, l’antipatia era reciproca.
- Allora, cosa fate qui?  - chiese con l’aria di chi non aveva tempo da perdere.
- Dobbiamo arrivare a quella porta – le rispose Nathaniel indicando le due porte rosse che segnalavano la presenza delle scale che li avrebbero portati al piano superiore.
- E per ciò passare in mezzo al conflitto – aggiunse Ruby guardando i maghi e i semidei che sparavano o lanciavano incantesimi contro i purificatori dietro a barriere poco convenzionali.
- E’ indispensabile per l’impresa? – chiese pensierosa e leggermente scocciata Drew.
- No, se conosce un altro modo rapido per salire al piano di sopra e trovarsi praticamente davanti al centro di comando senza dover attraversare mezza prigione – le rispose con lo stesso tono Lilia che dovette essere trattenuta da Aibileen.
Drew alzò gli occhi al cielo – Vi facciamo passare noi – gli rispose con uno sbuffo – aspettate solo un secondo – disse mentre ritornava di corsa verso il suo gruppo.
- Non mi è nuovo il nome di quella semidea… - commentò Sarah pensierosa mentre andavano a nascondersi dietro una lamiera che fungeva da scudo.
- Neanche a me… credo di averlo sentito dalla mamma – le disse Ruby fissando la gemella.
- Ma non è possibile – gli ricordò Nathaniel – a parte i Jackson nessun semidio è mai venuto in contatto con un mago prima – gli ricordò.
- Non so’ se sia possibile o no, ma mi ricordo che nostra madre un giorno ha detto peste e corna su di lei – spiegò Ruby.
- Oh, questo è molto probabile – la rassicurò Lilia.
Pochi secondi dopo, Drew gli fece segno di avvicinarsi a lei e ad un gruppetto di tre semidei e due maghi.
I ragazzi si alzarono dalla protezione che gli offriva la lamiera e corsero verso di lei stando attenti a non lasciarsi colpire da qualche proiettile nemico vagante.
- Noi sei vi scorteremo dall’altro lato, arrivati di là voi correrete su per le scale e vi dimenticherete di noi, capito? – chiese la figlia di Afrodite.
- Ma… - si lamentò Nathaniel
- Lo ripeto per i duri d’orecchi, avete capito? – chiese seria.
Tutti i presenti annuirono, il piano della semidea sembrava non essere preciso su come il suo gruppo sarebbe ritornato indietro incolume, e a Lilia sarebbe scocciato non poco abbandonare altri semidei in mano la nemico com’era successo poche ore prima al Campo.
Scosse leggermente la testa scacciando dalla mente il pensiero di casa sua sotto attacco e dei suoi genitori che combattevano sino allo stremo; purtroppo non avevano più diciassette anni.
- Siete pronti? – chiese un mago che reggeva il suo bastone e si era messo a capo del gruppo.
Tutti i ragazzi annuirono ma, invece di iniziare a correre, Drew si alzò in piedi.
- Non sparate! Non vogliamo farmi del male! – disse ad alta voce in modo che tutti la potessero sentire con le parole intrise di voce ammaliatrice.
Il silenzio calò nella stanza.
Sia amici che nemici smisero di sparare e attaccarsi per ascoltare la voce ammaliatrice della semidea.
- Non vogliamo farvi del male, vogliamo solo passare – continuò mentre faceva segno al resto del gruppo di iniziare ad avanzare.
Le loro scorte continuavano a tenere le armi spianate in caso qualche purificatore fosse sfuggito al controllo della voce di Drew.
Ormai erano a metà strada e le cose sembravano andare bene, la figlia di Afrodite continuava a parlare rassicurandoli che era una cosa buona se loro passavano, che dovevano lasciarli fare, che andava tutto bene.
Ma per dei semidei non va mai tutto dritto.
Una porta dal lato dei purificatori si spalancò ed entrarono due uomini armati che rimasero sorpresi quando si ritrovarono nella stanza completamente silenziosa.
Drew fu presa alla sprovvista e si zittì poco prima che potesse rincominciare a parlare e riportare sotto il suo controllo anche i nuovi purificatori questi si riscossero.
- E’ una strega figlia di Afrodite! Uccidetela! –
Accadde tutto in una frazione di secondo, lasciarono perdere il piano e si misero a correre verso la porta mentre il primo colpo partiva.
- Andate!  - gridò Drew dando una spinta a Ruby che era rimasta leggermente indietro.
Lilia si girò per prendere per mano la maga e in quel momento un proiettile colpì la semidea figlia di Afrodite esattamente alla fronte, dritto in mezzo agli occhi.
La donna cadde a terra a peso morto con un espressione sorpresa in volto ed emettendo un ultimo gemito mentre gli occhi le diventavano vitrei e vuoti.
- Muoviti maremoto – le disse Esdra afferrandola per un braccio e tirandola via insieme a Ruby ( che la semidea stava stringendo protettiva) portandola al sicuro nell’androne delle scale.
Quando furono entrati tutti e sette le loro guardie gli sorrise e poi si accucciarono iniziando a riattaccare i purificatori, Lucas chiuse la porta e loro si ritrovarono nella semi oscurità rischiarata soltanto dalle luci di sicurezza e da qualche neon mezzo scarico.
- Drew è… - chiese Aibileen sottovoce quasi avesse paura di parlare forte.
- Morta – le disse Lilia chinando il capo e lasciando Ruby che però afferrò subito la mano della sorella.
- Se non mi avesse spinta… - incominciò la maga.
- Non è il momento d’incolparsi – intervenne Esdra arrabbiato – Drew sapeva quello che faceva e doveva aver tenuto in conto questa possibilità o non si sarebbe offerta per scortarci – gli ricordò mentre la sua voce tremava di rabbia.
- Quindi non è il caso di piangersi addosso, siate tristi per lei ma non fermiamoci, o la sua morte sarà vana – ricordò.
- Esdra ha ragione – intervenne Aibileen – prima mettiamo fine a tutto, prima possiamo portare il suo corpo al campo e permetterle di andarsene tranquilla – ricordò cercando, in un modo o nell’altro, di tirare su di morale tutto il gruppo.
Sempre che ci sia un Campo a cui tornare… pensò caustica Lilia.
 
 
 
Aibileen
 
 
La morte di Drew aveva lasciato Aibileen abbastanza sconvolta.
Aveva passato gli ultimi quattro anni della sua vita nel Tartaro ad accogliere anime e a farle rifugiare nel palazzo di Ecate per far si che non finissero disperse nel nulla ma ora, che una semidea le era morta davanti, si sentiva improvvisamente un peso sul petto; come se avesse ritrovato un pezzo di puzzle che le mancava ma avesse scoperto che il disegno non era quello raffigurato sulla scatola.
Lei non aveva memoria della sua morte.
Prima di rimettersi in cammino si presero tutti qualche secondo per riprendersi dall’accaduto anche se camuffarono la loro insicurezza facendo finta di controllare armi e scorte; purtroppo però, senza il rumore delle loro voci, il suono di spari e grida al di là della porta era sin troppo chiaro.
- Siete pronti? Sarebbe meglio andare adesso – disse Lucas lanciando ancora un occhiata alla porta.
Tutti annuirono – Muoviamoci – concordò Sarah seguendo subito il semidio.
Imboccarono le scale cercando di rimanere raggruppati ma, allo stesso tempo di formare una specie di fila.
Davanti vi era Lucas che faceva da apri strada, dietro di lui Sarah e Ruby che avevano acceso dei globi luminosi per sopperire alla mancanza di illuminazione; poi seguivano Nathaniel e Lilia pronti ad usare foschia o poteri semidivini in caso di attacco.
A chiudere il gruppo vi erano Aibileen ed Esdra, il figlio di Nyx si trovava leggermente più indietro rispetto alla semidea in modo da poter proteggere le spalle a tutto il gruppo.
La strada era deserta.
Probabilmente quelle erano delle scale di servizio o comunque un corridoio poco usato, si vedeva soprattutto dalla mancanza di manutenzione e dall’odore forte di chiuso e muffa che vi alleggiava.
Visto che non vi era nulla che richiedesse tutta la concentrazione di Aibileen o le sue doti da semidea, si mise a ragionare su quello che li avrebbe attesi nel centro ci comando.
Setne vi sarebbe stato sicuramente ed anche Fahime, aveva avuto un po’ di tempo per pensare a quello che le aveva raccontato la ragazza e credeva di aver capito, anche se a grandi linee, il suo piano.
Vi sarebbero stati purificatori? Può darsi.
Mostri? Molto più probabile.
Seth? Quasi certamente.
Michael Varus?
Questo era un quesito a cui non sapeva rispondere.
L’ultima volta che lo aveva visto Michael era ridotto ad una specie di burattino che eseguiva gli ordini di Setne senza battere ciglio.
Quindi non poteva sapere come avrebbe deciso di usarlo Setne se come un soldato normale o come sua guardia del corpo.
Le cose non cambiano, è già stato ucciso tre volte, non sarà difficile farlo una quarta.
Rifletté mentre uscivano dalle scale e si ritrovavano all’inizio del corridoio sul quale si trovava la loro meta.
Prima di gettarsi allo scoperto Lucas fece un rapido sopraluogo e poi fece segno che la strada era libera.
Mantenendo le posizioni si infilarono tutti nel corridoio cercando di rimanere con le spalle rivolte verso il muro in modo da avere almeno un lato coperto.
Si vedeva che quello era un piano “importante” e non solo adibito per rinchiudere prigionieri; i muri erano dipinti e lisci, ad intervalli regolari vi erano delle nicchie che avrebbero benissimo potuto ospitare quadri o statue.
La cosa più strana di tutte era, però che per terra vi era una specie di moquette color grigio-viola che Aibileen non avrebbe mai messo su un pavimento neanche se l’avessero pagata o minacciata di morte se non lo avesse fatto.
L’unico lato positivo di quella tappezzeria era che i loro passi non si sentivano e venivano attutiti dal pavimento soffice dal colore improponibile.
Fu proprio per la moquette orripilante che Aibileen non si accorse del luccichio proveniente da una nicchia.
Accadde tutto in una frazione di secondo.
Esdra, che era rimasto all’erta, vide l’ex-pretore Romano uscire fuori dal suo nascondiglio con una balestra carica e pronta a sparare un freccia dalla punta acuminata che aveva come obiettivo la nipote di Atena.
- Aibileen! – le gridò il figlio di Nyx spingendola in avanti e facendola cadere a terra proprio mentre la freccia partiva e stava per colpire il bersaglio.
Aibileen cadde a terra riuscendo a fermare un po’ la caduta e a non sbattere la testa; vide Michael gettare a terra la balestra, sfoderare la sua spada e gettarsi su di loro.
Nello stesso istante Nathaniel lasciò il gruppo correndo verso di lui ed intercettando il suo colpo con la sua spada; i due si scambiarono qualche rapida stoccata poi Sarah usò la magia per spingere, e inchiodare, il semidio al muro e il figlio di Ecate lo trapassò da parte a parte.
Michael non disse nulla, non emise un gemito, semplicemente si trasformò in fumo appena il bronzo celeste l’ebbe attraversato.
Aibileen si tirò su a sedere girandosi verso Esdra per ringraziarlo per averla salvata ma, appena lo vide, il cervello le si bloccò, fu il suo corpo ad agire da solo.
- Esdra! – gridò disperata alzandosi in piedi e correndo vicino al ragazzo.
Il figlio di Nyx era sdraiato sulla schiena che cercava di respirare normalmente mentre la parte terminale della freccia gli usciva dal petto esattamente all’altezza del cuore.
Aibileen gli si inginocchiò di fianco e guardò la ferita impotente mentre le lacrime le riempivano gli occhi facendoglieli pizzicare.
- Dobbiamo aiutarlo, Lucas dammi l’ambrosia e Sarah o Ruby, so’ che ne sapete qualcosa di guarigione – gli disse ricacciando indietro le lacrime e guardando gli altri membri del gruppo determinata.
Ma i presenti la guardarono con sguardi compassionevoli e tristi, questo la fece arrabbiare ancora di più.
- No! Non è possibile che non possiamo fare niente! – gridò frustrata.
- Ehi Desiderio, calmati – le disse Esdra con un filo di voce prendendole una mano e stringendogliela – va tutto bene – le disse con un debole sorriso mentre il suo petto si alzava sempre più lentamente.
Ad Aibileen scappò un singhiozzo misto ad una risata mentre il suo volto sorrideva ma lacrime di dolore le rigavano le guance – Per te va sempre tutto bene – gli rispose sarcastica senza lasciargli andare la mano – Devi fare sempre l’eroe, tu – continuò mentre sentiva la consapevolezza entrarle nel cuore iniziando ad incrinarglielo.
Esdra emise una risata rauca - Perché va tutto bene e perché io sono un cavaliere – le ricordò, poi fece una pausa per riprendere fiato mentre i suoi respiri si riducevano a dei corti sospiri – sto tornando a casa – le fece notare.
Aibileen si accucciò vicino a lui e lo strinse tra le braccia; non le importava se intorno a lei vi erano altre cinque persone, che pensassero un po’ quello che volevano, lei non si sarebbe fatta problemi ora.
- Esdra non mi lasciare – lo supplicò sottovoce stringendolo a se in modo che gli altri non la potessero sentire.
- Non è un addio Aibileen, ti aspetterò al palazzo di Ecate – le rispose stringendole la mano – E ricordati che non sei più sola – le sussurrò ancora.
Aibileen lo strinse forte e si lasciò sfuggire un singhiozzo mentre nuove lacrime le rigavano le guance.
- Giurami che non ti perderai – gli chiese fissandolo, occhi verdi incrociati in occhi rossi un tempo uguali a rubini ora che perdevano lentamente la loro brillantezza.
Esdra emise un risata soffocata che si trasformò in un colpo di tosse – E come potrei? Te l’ho detto, ti aspetterò giù – la rassicuro con un debole sorriso.
Aibileen tirò su col naso e poggiò la fronte su quella del ragazzo entrambi sospirarono e poi un sorriso si disegnò sulle labbra di entrambi.
- Smettila di piangere Desiderio – le sussurrò Esdra con un filo di voce mentre ormai il suo cuore stava rallentando completamente – Te lo dissi quattro anni fa e te lo ridico ora, le lacrime si addicono solo ai coccodrilli – le sussurrò.
Aibileen si lasciò sfuggire una risata – Allora a dopo? – gli chiese cercando di non far tremare la voce.
- A dopo  - le rispose con un sorriso.
La piccola Jackson rimase a terra, con la fronte poggiata su quella di Esdra finché il cuore del ragazzo non smise completamente di battere, il respiro non si fermò  e le sue sofferenze finirono mentre il suo corpo diventava una nuvola sempre meno densa di nebbia grigia.
Aibileen rimase immobile, con  il capo chino e gli occhi chiusi finché tra le sue braccia non rimase che il nulla.

Ecco il capitolo :)
Mi dispiace ma dai capitoli finali dovevate aspettarvi qualcosa del genere... Spero vi sia piaciuto :) Perdonatemi se ho distrutto la ship di qualcuno :D
Ringrazio chi legge, chi segue, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensisce; mi fa sempre piacere ricevere i vostri pareri.
ATTENZIONE! è molto probabile che il prossimo capitolo venga pubblicato con molto ritardo causa scuola/lavoro e giornate senza un minuto per poter scrivere, ma non perdete la speranza, arriverà lo stesso :)
Direi che per ora è tutto,
Buona Lettura del Sangue dell'Olimpo a tutti :P
Un abbraccio,
Darkness_Angel

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Capitolo 22
*** XXII. ***


Perdonatemi! >.<
Sapevo che avrei ritardato ma non avrei mai pensato così tanto, chiedo umilmente perdono >.<
Nonostante la lunga attesa ecco il capitolo 22 con il quale ci avviciniamo sempre di più alla fine :3
Pov Lilia, niente Spoiler.
Buona Lettura :)

XXII.

 
Otto eroi partir vedremo
Ma altri cinque perderemo.
Un’unione sarà cruciale,
Per metter fine all’era del male.
Ma le gemelle della morte avran l’ultima parola,
Per riprendere l’anima che ormai s’invola.
 
 
 
Aibileen si alzò da sola.
Contro ogni aspettativa di Lilia, la sua sorellina di diciassette anni che aveva appena perso il suo migliore amico, si alzò dal pavimento spolverandosi i jeans con il viso asciutto e un leggero sorriso impresso sul volto.
Nel corridoio era calato un silenzio strano e molto pesante; nessuno sapeva come comportarsi.
Se Aibileen fosse rimasta a terra, in lacrime e distrutta dal dolore la cosa più semplice e giusta da fare sarebbe stato andare da lei, consolarla e dirle di farsi forza facendola distrarre con l’impresa; ma lei sembrava stare bene.
Lilia non negava che sua sorella fosse veramente distrutta dal dolore, che stesse morendo dentro, ma aveva il terrore a trattarla come se stesse esternando tutto.
Era chiaro che Aibileen aveva eretto una specie di protezione tra lei e le sue emozioni e la nipote di Poseidone non avrebbe mai voluto rischiare di farla cadere e quindi di fare del male a sua sorella; ma allo stesso tempo non poteva rimanere con le mani in mano…
Lilia e Nathaniel si mossero contemporaneamente; il figlio di Ecate si avvicinò ad Aibileen e le cinse le spalle con un braccio, mentre invece sua sorella la prese e la strinse per la vita lasciandole un bacio sulla fronte.
- Va tutto bene Aibi, prima finiamo e prima possiamo rimanere da sole – le sussurrò, Aibileen annuì impercettibilmente chiudendo per un secondo gli occhi.
- Dobbiamo andare – disse la nipote di Atena sciogliendosi dalle strette amiche – abbiamo un impresa da finire – ricordò raccogliendo le sue spade e stringendole nei pugni.
- Se vuoi puoi prenderti ancora un minuto…  - le ricordò il fratello poggiandole una mano su una spalla.
La nipote di Atena gli sorrise – Cosa c’è di meglio di uccidere un vecchio mago dittatore per tirarsi su di morale? – gli ricordò scherzando leggermente.
- Ha ragione, dobbiamo vendicare Esdra e Drew, se la causa delle loro sofferenza morirà allora anche le loro anime saranno in pace – gli ricordò Sarah.
- E allora cosa stiamo aspettando? Andiamo a mettere fine a questa storia! – concluse Ruby carica.
 
Si rimisero in cammino, sta volta controllando tutte le nicchie; Lilia si mise al fianco della sorella, non aveva nessuna intenzione di lasciarla sola adesso.
Non aveva avuto molto tempo per parlare con sua sorella, soprattutto per parlare di Esdra, ma da quanto era riuscita ad intendere quel ragazzo era stato un forte punto d’appoggio negli anni che aveva passato nel Tartaro.
Lilia guardò la sua sorellina che si guardava intorno con sguardo serio e concentrato, solo adesso si accorgeva veramente di quanto fosse cresciuta; non era più la bambina di tredici anni che avevano perso una notte in ospedale.
- Secondo le carte che ci ha portato Lilia la stanza è quella – disse Sarah indicando una porta bordeaux scuro con ricami d’orati a doppio battente – il centro nevralgico del potere di Setne è dietro quella porta – continuò.
- Tutti pronti? – chiese Lucas incrociando lo sguardo di tutti i presenti.
Lilia incrociò gli occhi verdi del fratello e annuì decisa, Aibileen fece lo stesso mentre le due maghe e Nathaniel annuirono decise.
Si conoscevano da poco e provenivano da universi completamente differenti, ma una profezia li aveva uniti e non sarebbe stata la paura a divederli: loro erano una squadra.
Avanzarono sin alle due porte e si divisero mettendosi tre su un lato e tre sull’altro; Sarah si mise a contare silenziosamente con le dita e poi usò un incantesimo che fece spalancare le porte come se fosse stata una folata di vento, usando quel metodo non rischiavano che qualcuno rimanesse ferito se dei purificatori fossero stati appostati dietro la porta.
Il silenzio rimase sovrano della stanza, da dentro non arrivò nessun rumore di voci o di armi caricate e pronte per sparare.
Lilia e Ruby si lanciarono uno sguardo d’intesa e si gettarono in avanti creando entrambe uno scudo e avanzando lentamente mentre gli altri le seguivano con le armi sguainate; ma la stanza era vuota, anzi, quasi vuota.
La semidea e la maga fecero sparire gli scudi protettivi sorprendendosi quando videro davanti a loro Fahime, completamente disarmata che li guardava con un sorriso tranquillo, anche se Lilia avrebbe giurato che fosse finto.
- Ciao ragazzi – li salutò come se si fossero appena incontrati mentre giravano per Central Park.
- Fahime, dov’è Setne? – le chiese Nathaniel con la rabbia fin troppo chiara nella voce.
- Arriverà… ma ha mandato prima me per accogliervi – spiegò la maga.
- Vuoi iniziare a combattere contro la tua stessa famiglia? – le chiese Sarah stringendo con forza il suo bastone sino a farsi sbiancare le nocche.
- No… almeno che non mi obbligate a farlo – rispose mantenendo una calma estrema ma, allo stesso tempo, allungando una mano nel nulla e recuperando il suo bastone dalla Duat.
Quello, per Lilia, era un segno tutt’altro che pacifico.
- Fahime non vogliamo combattere – le disse Aibileen portandosi in prima linea e cercando di tranquillizzare la situazione.
La maga annuì, nonostante tutto quello che stava succedendo manteneva una calma che sembrava soprannaturale e totalmente inadatta al momento.
- Setne ti ha mandata come scudo? Così che se avessimo attaccato saresti morta soltanto tu? – le chiese Ruby.
 -No, Setne mi ha mandato come sua portavoce –
Lilia stava per scoppiare a riderle in faccia ma, in qualche modo, riuscì a trattenersi; le sembrava impossibile che Setne avesse mandato Fahime come sua “portavoce”, le sembrava molto più possibile l’ipotesi di Ruby.
- E saresti la sua portavoce per riferirci cosa? – gli chiese Nathaniel scettico.
Lilia fissò la maga che continuava a rimanere calma e poi, inconsciamente, spostò lo sguardo su suo fratello che non aveva ancora spiccicato una parola.
Lucas era immobile al suo posto, fissava Fahime come se volesse leggerle dentro e capire il suo piano e i suoi pensieri.
Nessuno aveva mai creduto che Fahime avesse soltanto intenzioni malvagie quando si era unita a Setne, la sua famiglia si era subito schierata a suo favore anche se aveva ammesso che un comportamento del genere era sconsiderato e pericoloso.
La maga concesse a tutti un piccolo sorriso – Setne mi ha mandato per proporvi un patto – spiegò
- Non vogliamo fare patti Hime, vogliamo solo mettere fine a questa storia per poter tornare a vivere normalmente – le rispose la cugina – perché tu non vuoi? – le chiese.
Fahime si lasciò scappare un sorriso e per la prima volta da quando erano entrati mise da parte la sua tranquillità e lasciò che le sue vere emozioni venissero fuori.
- Io voglio che tutto ritorni com’era prima, ed è per questo che vi sto parlando – fece una leggera pausa e alzò lo sguardo per incrociare quello di Lucas - ed è per questo che ho fatto quel che ho fatto… - disse con la voce leggermente più bassa.
- E allora, cosa vuoi proporci da parte di Setne? – le chiese Aibileen.
Fahime riprese la maschera di tranquillità e sicurezza incrociando lo sguardo della minore delle Jackson.
- Nonostante Setne abbia vissuto in molte epoche, rimane molto legato al passato – incominciò a spiegare – quando gli è possibile vuole rispettare le vecchie tradizioni, come riti, luoghi o… -
- Ah, allora è per questo che si tiene bello stretto il libro di Thot? – gli chiese Lilia leggermente scocciata dal lungo rigiro di parole, lei preferiva passare subito all’azione.
- Possibile… - ammise Fahime precipitosamente – in ogni modo, ciò che vuole proporvi lui, è un accordo, o meglio, un alleanza -.
Ci mancò poco che tutti i presenti le scoppiassero a ridere in faccia; davvero Sente pensava che adesso si sarebbero alleati a lui?
- Fahime è inutile che vai avanti – l’anticipò Lilia – i semidei e i maghi sono liberi, i nostri dei stanno fulminando e incenerendo qualsiasi cosa capiti sul loro cammino e presto scoveranno anche Setne da quel buco dove si sta nascondendo con la coda tra le gambe e faranno fuori anche lui; davvero credi che vorremmo allearci con chi sta andando incontro a morte certa? – le chiese Lilia scettica.
Quando Lilia finì di parlare lo sguardo della maga era realmente sorpreso; possibile che Setne l’avesse mandata a parlare con loro senza avvertirla della situazione in corso?
Eppure Lucas le aveva detto che l’avevano incontrata mentre scappavano dalle prigioni… com’era possibile che non sapesse della rivolta che stava avvenendo proprio dentro la prigione?
Vi era un’unica situazione che poteva essere la più plausibile e sensata; Setne aveva mandato avanti Fahime per cercare di farle perdere tempo mentre faceva i bagagli e si preparava ad andarsene lasciando che la prigione venisse presa.
Non gli importava di Fahime e nemmeno di tutti i purificatori che sarebbero potuti morire, l’importante era che sopravvivesse lui, non era importante se avesse fatto la figura del codardo.
A Lilia rimaneva un unico dubbio ma dall’importanza secondaria; il mago si stava ritirando per leccarsi le ferite o per preparare un nuovo attacco?
- Fahime, perché invece non sei tu a tornare dalla nostra parte? – le chiese Lucas avvicinandosi alla maga.
Lilia avrebbe voluto andargli dietro, afferrarlo per la collottola e gridargli nelle orecchie che erano in guerra, che quella era una nemica e che non doveva lasciarsi trasportare dal cuore; ma non ce la fece.
Tra suo fratello e la maga non si capiva chi aveva lo sguardo più triste o affranto, da quale dei due occhi si riuscisse a vedere meglio il cuore più mal ridotto.
- Non posso Lucas – gli sussurrò la maga cercando di controllarsi e non far tremare la voce mentre gli occhi le luccicavano ma non per la sicurezza.
- Si che puoi! Non vedo cosa te lo impedisca! – le gridò il semidio ormai a un soffio da lei.
Lilia si ritrovò a pensare se Fahime fosse stata sempre così alta…
- Io… -  provò a dire la maga.
- Credi che io sia un motivo abbastanza sufficiente, semidio? –
All’improvviso, e dal nulla, dietro le spalle di Fahime apparve Setne senza produrre il minimo rumore.
Il mago sorrideva pacifico, come se non si trovasse in una prigione sotto assedio ma in vacanza.
Appena sentì la voce del mago, Fahime fece un passo indietro ma non si allontanò del tutto da Lucas.
- Finalmente si è degnato di raggiungerci – commentò Nathaniel stringendo la presa sulla sua spada e stringendola così forte che le nocche gli sbiancarono.
- L’anima della festa si fa sempre aspettare, non te l’ha mai detto nessuno semidio? – gli chiese il mago sorridendogli sornione – però… mi manca un componente… che fine a fatto il caro Esdra Lux? – chiese guardando il gruppetto e fingendosi preoccupato.
Lilia sentì sua sorella emettere una specie di basso ringhio e stringere con forza la presa sull’elsa delle due spade.
- Come se non lo sapessi! – gridò contro il mago con la voce carica di rabbia e dolore.
Setne, invece di mostrarsi intimorito, o anche solo sorpreso, le sorrise dubbioso – Aibileen già in piedi? Sicura di farcela dopo tutto quello che hai passato?  - le chiese preoccupato – non sia mai che qualche ferita si riapra – concluse con un sorriso soddisfatto.
Lilia si girò verso sua sorella in allarme; Aibileen non mostrava nessun segno di ferita, a parte un graffio sul braccio ancora rosa, probabilmente del giorno prima, ma che sembrava tutto tranne che mortale.
Di cosa sta parlando? Le chiese con lo sguardo corrucciato.
Aibileen le lanciò uno sguardo fin troppo chiaro Non ora.
A Lilia bastò questo per capire che i suoi peggiori incubi si erano avverati, che forse il sogno di sua sorella rannicchiata in posizione fetale che chiedeva pietà non era stato solo un sogno.
Aibileen era sempre stata molto brava a nascondere il dolore e le ferite.
- Davvero credete che questa farsa possa distruggere tutto quello che ho messo in piedi in questi anni? – gli chiese sarcastico – voi e un gruppetto di dei stagionati? – rise il mago.
Lilia sperò ardentemente che gli Dei lo avessero sentito e che improvvisassero un attacco per fargli rimangiare quello che aveva detto, ma la stanza rimase silenziosa.
- Ormai tutto è sistemato, non riuscirete mai a liberarvi di me, non importa quanti dei avrete dalla vostra parte, con il libro di Thot nelle mie mani e la magia Greco-Egizia ogni vostro tentativo di ribellione sarà inutile – continuò in tono tranquillo il mago.
Lilia stava odiando quell’uomo con tutta se stessa, lo aveva odiato prima di conoscerlo e, adesso che erano faccia a faccia, provava un odio ancora più profondo.
All’improvviso all’esterno iniziarono a sentirsi rumore di spari e grida sovrapposte a ordini urlati nella confusione.
Sul viso della semidea si allargò un sorriso soddisfatto, forse gli dei “stagionati” stavano arrivando e presto si sarebbe visto chi avrebbe prevalso, se le parole di Setne non erano soltanto fumo.
- Molto bene, direi che per me e Fahime è l’ora di levare il disturbo – disse Setne sorridendo e battendo una volta le mani.
Vlacas non ora! Imprecò Lilia nella sua testa.
Alla fine, allora, Setne era veramente un codardo, stava letteralmente scappando dal combattimento.
- Fahime, sai dove raggiungermi – concluse lanciando uno sguardo serio verso la maga.
Prima che qualcuno potesse anche solo muovere un passo per attaccare o semplicemente fermare il mago, Setne scomparve nel nulla mentre l’aria intorno a lui si faceva densa.
- Non seguirlo, resta con noi, non andartene –
Lucas afferrò la mano di Fahime prima che la maga potesse scomparire; Lilia stava imprecando contro Afrodite nella sua testa, possibile che dovesse sempre complicare le cose?
La maga sembrò riscuotersi e guardò Lucas arrossendo leggermente; per un attimo Lilia pensò che Fahime si sarebbe ricreduta e sarebbe rimasta con loro.
La maga fissava il semidio mentre si vedeva chiaramente che dentro di lei combattevano due entità: quella che voleva rimanere e quella che invece voleva seguire Setne.
Lilia non aveva idea del perché la maga avesse scelto di fare il doppio gioco per il nemico, ma non sembrava una scelta completamente autonoma, forse sotto vi era dell’altro, aveva tutta l’aria di essere una scelta obbligatoria.
Alla fine, però, la luce che le illuminava gli occhi si spense sostituita da un immensa tristezza e da un velo di lacrime.
- Perdonami Luc… - lo sussurrò così piano che Lilia quasi non lo sentì ma ciò che avvenne dopo, invece, lo videro tutti chiaramente.
Fahime strinse la mano di Lucas e lo tirò leggermente verso di se’ per poi baciarlo; non era un bacio da film, uno di quelli in cui, la prima volta che due amanti si baciano, è perfetto come se non facessero altro da anni, fu uno di quei baci un po’ impacciati, a fior di labbra, tenero e privo di malizia.
Durò giusto qualche secondo, la faccia di Lucas era un misto di sorpresa e dolore mentre la maga era leggermente arrossita.
Fahime fece un passo indietro e sorrise tristemente a Lucas, lui fece per afferrarle di nuovo la mano ma la maga sparì nel nulla.
 
- Dobbiamo inseguirli! –
Il primo a riprendersi fu Nathaniel, forse perché era l’unico non coinvolto famigliarmente nella situazione.
A Lilia ci volle meno di Aibileen a metabolizzare ciò che era accaduto, forse perché la nipote di Poseidone aveva avuto più esperienze romantiche rispetto alla sorellina, in ogni caso reagì quasi immediatamente.
Sempre senza abbassare la guardia si avvicinò a Lucas e gli appoggiò una mano su una spalla:
- Luc… - gli sussurrò stringendo la presa della mano.
- Sto… sto bene – la rassicurò riprendendosi e metabolizzando l’accaduto – dobbiamo inseguirli! – aggiunse riscuotendosi di nuovo, animato da quella forza caratteristica degli amanti che cercano di ricongiungersi.
- Certo – lo rassicurò la gemella con un sorriso, contenta di non avere più un fratello stordito di cui doversi preoccupare.
- E io che ho detto? – si lamentò Nathaniel sottovoce.
- Come facciamo ad inseguirli? – chiese Ruby – se non sappiamo… -
- Dov’è?!? –
Le porte della stanza si spalancarono di colpo venendo scardinate e gettate a terra; sulla soglia vi era Ares, con gli occhi fiammeggianti nei quali avvenivano esplosioni atomiche.
- Mi sembra chiaro che non sia qui – gli rispose Atena con la sua solita flemma entrando nella stanza seguita dagli altri dei, tutti nelle loro migliori e splendenti armature da battaglia.
Ecco, quella era una delle poche cose che ancora poteva sorprendere Lilia.
Gli altri ragazzi del gruppo fecero due passi indietro e si misero al fianco di Lilia e Lucas, si sentivano leggermente inferiori, sia come forza che come numero.
- Se non ci fossimo fermati a indicare la strada alle anime, forse lo avremo trovato! – ringhiò Ares prendendosela con Ecate visto che sapeva di avere poche speranze di vincere un confronto con Atena.
La dea della magia lo fissò con i suoi occhi d’ebano emanando odio puro – Se non avessi ucciso così tante persone, non ve ne sarebbe stato bisogno – gli rispose a tono.
- Ora non è il momento di litigare – tuonò Zeus con voce imperiosa – abbiamo l’Olimpo da riconquistare – ricordò.
- E gli Inferi – aggiunse Ade facendo prendere uno spavento a tutti; era davvero sempre stato lì?
- E gli inferi – concordò Zeus sospirando.
I ragazzi si guardarono tutti interdetti; le due maghe erano leggermente spaesate, era vero che al campo gli dei avevano vissuto in mezzo a loro come se fossero dei comuni mortali ( o quasi, Lilia non si ricordava di aver mai visto nessuno di loro fare una semplice faccenda ) ma ora, tutti, emanavano una forza tale da metterti in soggezione e far provare timore reverenziale con la sola presenza.
- Ma… scusate se mi intrometto – si fece avanti Aibileen con un coraggio che Lilia le invidiò; tutti gli Dei si girarono verso di lei, sua nonna le sorrise quasi impercettibilmente e annuì in segno d’approvazione.
- Ma non dovreste aiutarci a sconfiggere Setne? – chiese cercando di non abbassare troppo lo sguardo e, allo stesso tempo, di non guardare nessuno degli dei negli occhi.
- No ragazzi, quella è la vostra impresa, non ricordate la profezia? Non vi era nessun Dio di mezzo – ricordò Apollo con uno smagliante sorriso.
A Lilia crollarono le braccia, e lei che aveva pensato che la situazione si sarebbe semplificata, invece adesso sarebbero dovuti partire per affrontare un mago pazzo che fin ora nessun semidio, o mago, era riuscito a sconfiggere.
- Non potete nemmeno darci un aiutino piccolo, piccolo? – chiese Sarah speranzosa.
- Se la profezia dice che… - incominciò Afrodite scocciata.
- La profezia non dice esplicitamente che gli dei non possono intervenire a priori – le ricordò Atena.
- E allora come credi di poterli aiutare senza andare contro la profezia, Miss Saggezza? -  la rimbeccò la Dea dell’amore.
Atena, molto probabilmente, avrebbe voluto impalare Afrodite, ma si trattenne solo perché vi erano dei minori.
- Potremmo aiutarli a raggiungere Setne – dichiarò Atena osservando Zeus con lo stesso sguardo che usava Lilia per convincere suo padre a fare qualcosa.
- Non sarebbe nemmeno la prima volta  che lo facciamo – convenne Demetra.
Zeus divenne pensieroso, prima guardò le due dee e dopo i semidei, Lilia si mise a sperare ardentemente che il dio fosse di buon umore.
- D’accordo – concordò alla fine fissando i ragazzi con gli occhi grigi che minacciavano un uragano – ma solo un passaggio – sottolineò.
-Certo, va benissimo, allora, dove dobbiamo andare? – chiese Lilia cercando di allentare la tensione che si era venuta a creare.
- La seguace di Anubi dovrebbe riuscire a capirlo, adesso anche i vostri dei sono di nuovo liberi – le spiegò.
Lilia si girò verso le maghe e le osservò, le ragazzine chiusero per un secondo gli occhi concentrandosi e poi li riaprirono sorprese.
- Riusciamo di nuovo a sentire gli dei – esclamò Sarah contenta.
Zeus sbuffò – Horus, piccione grasso che non sei altro, aspetti sempre che gli altri facciano il lavoro per te – si lamentò a mezza voce il re degli dei.
Se Sarah e Ruby lo sentirono, non se la presero, non vi era tempo per dar retta a tutti gli asti tra dei.
- Comunque, dov’è che dobbiamo andare? – chiese Lucas impaziente.
Sarah si fece pensierosa – Fahime era al Campo poco fa, ciò vuol dire che vi era anche Setne… - concluse.
- Cosa ci sono andati a fare al Campo? – chiese Nathaniel a tutti e nessuno.
- Non possiamo aiutarvi in questo – rispose Artemide anche se aveva lo sguardo leggermente preoccupato.
Lilia capiva anche perché, se lei e tutti gli altri dei erano lì, voleva dire che la piccola Kallisto era rimasta al campo mezzosangue con le cacciatrici; era ben protetta, ma come ogni madre, era normale che la dea si preoccupasse.
- Allora portateci al Campo, poi non vi daremo più fastidio – chiese Aibi abbastanza agitata; Lilia le prese la mano e gliela strinse, al campo c’erano i loro genitori, qualunque cosa Setne  fosse andato a fare là i loro genitori sarebbero stati i primi ad essere in pericolo.
- Verrete con me, vi porterò con un viaggio ombra – sentenziò Ade facendo un passo avanti e uscendo dal gruppo di Dei.
Poseidone gli poggiò una mano su una spalla – Non perdermi i nipoti, fratello – gli ricordò con il tono di voce che era una via di mezzo tra il serio e lo scherzoso.
- Non ti preoccupare, ormai ci so’ fare con i bambini – gli rispose; se per Poseidone era stato difficile capire se stesse scherzando o no, con Ade fu impossibile.
Il signore degli Inferi si avvicinò ai ragazzi che, cautamente, afferrarono un pezzo della sua veste o gli poggiarono una mano su un braccio in modo da non rischiare di perdersi nelle tenebre ma senza stringere troppo.
La più a suo agio era Sarah, che poggiò tranquillamente la mano sulla spalla del Dio, come se lo conoscesse da anni.
- Ci siete tutti? – chiese il dio lanciando una veloce occhiata a tutti i presenti, i ragazzi annuirono troppo preoccupati per parlare.
- Molto bene – annuì il dio e poi, senza alcun preavviso, sparirono nelle ombre.
                                                                                                                                            
Come ogni volta che Lilia era costretta a fare un viaggio ombra, alla fine, se ne pentiva e il suo stomaco non faceva che peggiorare la situazione.
Arrivarono esattamente al centro del Campo Mezzosangue, facendo prendere un colpo a vari semidei.
I ragazzi si allontanarono velocemente da Ade, meno stavano vicino al dio degli Inferi in quel momento meglio era; il campo era in pieno fermento e sembrava che la battaglia fosse finita.
- Nonno!! –
Maria di Angelo, che doveva aver avvertito il loro arrivo, arrivò di corsa inseguita dal padre e si gettò tra le braccia del nonno che la prese in braccio e la stringe.
- Cosa ci fai qui? – gli chiese Nico mentre sua figlia stringeva il nonno al collo.
- Ha portato noi – disse Aibileen spuntando mentre anche gli altri si facevano vedere.
Lo sguardo di Nico si illuminò – Ce l’avete fatta,  Aibileen! -.
Con grande sorpresa di tutti il figlio di Ade abbracciò velocemente la ragazza e le sorrise.
- Nico dove sono mamma e papà? Dobbiamo trovare Setne  ma prima vogliamo vederli – gli disse Lucas.
A quel punto lo sguardo del figlio di Ade si rabbuiò e Lilia si sentì mancare la terra sotto i piedi.
- Nico… cosa è successo ai nostri genitori?  - chiese preoccupata.
Si vedeva chiaramente che Nico non sapeva come affrontare l’argomento.
- Con voi non c’è Fahime… e nemmeno Esdra… - notò.
- Nico, che fine hanno fatto i nostri genitori?! – gli ridisse Lilia più ordinandoglielo che chiedendoglielo.
Il figlio di Ade era visibilmente nel panico – C’entra Setne, vero? -  gli chiese Ruby con voce tremante; se Nico non le aveva ancora rassicurate voleva dire che anche i loro genitori erano coinvolti.
- Si… Setne è apparso pochi minuti fa – incominciò il figlio di Ade trovando il coraggio di parlare – ci ha preso alla sprovvista, i vostri genitori insieme a Carter e a sua sorella lo hanno affrontato, ma erano già provati dal combattimento… -
- Sono morti? – gli chiese Lilia mentre sentiva il cuore caderle infondo ai piedi.
- No! No, sono vivi, ma Setne li ha rapiti – si affrettò a specificare Nico.
La nipote di Poseidone avrebbe voluto strangolare il figlio di Ade, l’aveva fatta tanto lunga e difficile che tutti avevano inevitabilmente pensato al peggio.
- Bene, ora abbiamo un altro motivo per trovarlo il prima possibile e fermarlo una volta per tutte! – disse Ruby piena di Energia.
 - Si ma ora non sappiamo di nuovo dove sia… - le ricordò Nathaniel spegnendo un po’ l’entusiasmo generale.
- Sta volta non contate su di me – disse Ade poggiando a terra la nipotina che gli sorrise e poi trotterellò dal padre – devo andare a riconquistarmi gli inferi – e detto questo scomparve.
- Ciao Nonno – lo salutò con la manina Maria.
- E ora come facciamo? – chiese Sarah leggermente nel panico
- Ma nostro padre e la zia sono qui? – chiese Ruby confusa e speranzosa.
- Vi sono state molte perdite durante la battaglia? Perché se ci fossero ancora abbastanza semidei e pegasi… - incominciò a ragionare Lucas mentre le maghe continuavano a riempire Nico di domande.
Lilia si stava perdendo nel discorso e le sembrava che il cervello  le si stesse annodando su se stesso.
- State calmi! – gridò Aibileen cercando di far calmare le acque – so’ che è una situazione terribile, ma dobbiamo mantenere la calma e elaborare un piano – disse la nipote di Atena con gli occhi grigi di pietra; Lilia si accorse che in quel momento sua sorella assomigliava moltissimo alla loro madre.
- Aibileen ha ragione –la supportò Nathaniel poggiandole una mano su una spalla.
- Vi porto dagli altri, adesso, magari tutti insieme faremo prima –
Nico prese per mano la figlia e si incamminarono; Lilia continuava a guardarsi intorno per cercare di valutare i danni causati dalla battaglia.
Sul terreno vi erano chiare chiazze di sangue e molti mucchi di polvere, ciò che rimaneva dei numerosi mostri uccisi durante lo scontro.
Molti semidei zoppicavano in giro per il campo sorreggendone altri, alcuni erano sdraiati su portantine che venivano trasportate verso l’infermeria, infine vi erano i semidei che raccoglievano i cadaveri sia di amici che nemici; Lilia sperava ardentemente di non riconoscere nessun viso amico in mezzo a tutti quei morti.
La casa grande era distrutta per metà; i loro zii, Walt e Ziah erano riuniti intorno a un tavolo sotto una parte di portico che era rimasta ancora in piedi.
Nessuno dei loro amici era illeso; vi era Frank con un braccio al collo, Jason con una fasciatura sulla fronte mentre tutti gli altri avevano ferite più o meno gravi.
- Papà! – Ruby e Sarah si lasciarono andare e corsero ad abbracciare loro padre che, appena le vide, si staccò dal gruppo e gli andò incontro per stringerle.
Lilia si sentì stringere la mano, chinò il capo e vide che era sua sorella che gliela stava stringendo con forza.
La nipote di Poseidone ricambiò la stretta, capiva che Aibi non avrebbe voluto altro che un abbraccio rassicurante dai genitori, anche Lilia non lo avrebbe rifiutato, invece Setne gli aveva rubato anche quello.
Le maghe si strinsero al padre e poi anche alla zia; la maga sorrise agli altri semidei.
- Fahime? – chiese con la voce che nascondeva leggermente il dolore.
- La stiamo andando a riprendere – la rassicurò Lucas.
- Aibileen! –
Lilia fu costretta a lasciare la mano alla sorella perché le sue zie le andarono incontro stringendola in un abbraccio ( una specie di consolazione per il mancato abbraccio materno) e controllando velocemente per vedere se stesse bene e non avesse ferite troppo gravi.
- Sto bene zie, ora dobbiamo mettere fine a questa storia – disse Aibileen allontanandole ma con garbo.
- I bambini hanno ragione, dobbiamo pensare a riportare indietro Percy, Annabeth, Carter e Sadie adesso – disse Jason.
Lilia avrebbe voluto ricordare che bambina non lo era più, ma decise di sorvolare.
- Avete qualche informazione su dove possa essere andato Setne? – chiese Lucas avvicinandosi al resto degli adulti.
- Sappiamo che è rimasto in America – intervenne Ziah avvicinandosi – ma non riusciamo a capire bene dove sia perché ha coperto le tracce del portale che ha aperto – spiegò.
- Che sia tornato a Washington? – suppose Lucas guardando una cartina stesa sul tavolo.
- No, sta cercando di ritrovare la sua forza… vorrà tornare in un punto nevralgico del suo potere – gli ricordò Hazel.
- Ma non era Alessandria? – chiese Sarah che se ne stava con sua sorella stretta al padre.
- Si, ma ce ne dev’essere un altro… un posto solo suo dove li porterà, un posto che conosce solo lui – gli ricordò Leo.
- Un posto dove potrebbe tener nascosto anche il libro di Thot – aggiunse Lilia.
Aibileen si fece pensierosa, Lilia poteva chiaramente vedere le rotelle del suo cervello che si muovevano e mettevano in moto tutti i ragionamenti possibili per risolvere il problema.
Tra lei e Lucas sarebbe stato bello vedere chi dei due sarebbe arrivato prima alla soluzione, ma Lucas era troppo preso da Fahime per riuscire a pensare del tutto lucidamente, quindi il colpo di genio era nella mani di sua sorella.
- Forse… - sussurrò Aibileen
- Cosa? – le chiese Lilia riconoscendo sul viso della sorella la faccia da “credo di esserci arrivata ma non ne sono sicura al 100%” e richiamando l’attenzione di tutti i presenti sulla sorellina.
- Quando Fahime ci ha parlato nel quartier generale, ti ricordi cosa ci ha detto? – le chiese.
Lilia se lo ricordava, d’accordo che non era una nipote di Atena, ma non aveva una memoria così terribile da non ricordarsi cosa aveva sentito neanche mezz’ora prima.
- Ha fatto un prologo inutile su come Setne fosse un tipo che teneva alle tradizioni e poi ci ha proposto di unirsi a loro, ma cosa c’entra ora? – le chiese confusa.
- Fahime ha detto che Setne vuole anche rispettare riti e luoghi, ciò vuol dire che per il suo ritorno avrà scelto un posto che gli ricordi il passato – le spiegò.
- Ma tutta la storia di Setne si svolge in Egitto – le ricordò Nathaniel – e hanno detto che invece è rimasto in America -.
Aibileen annuì – Infatti potrebbe essere in un posto che gli ricorda il passato, ma non che sia il vero luogo – le fece notare.
Quella era una cosa a cui Lilia non avrebbe mai pensato, troppo complicato, perché i maghi psicopatici non potevano trovarsi un bel palazzo in piena vista nel posto più ovvio per costruire i loro covi?
- Stai dicendo che dobbiamo trovare una corrispondenza tra i posti che visita Setne nella sua storia e le città Americane? – le chiese Ziah che, in quanto a cervello, era al pari di una figlia di Atena.
Aibileen annuì e le sorrise e annuì – Esatto, quali sono le due città principali nella vicenda di Setne?  - chiese.
Le maghe gli avevano raccontato per filo e per segno chi fosse il mago, ma nessun semidio si ricordava perfettamente tutti i particolari della storia dopo averla sentita una sola volta ( a parte Annabeth, forse, ma ora era occupata ad essere rapita ).
- Nella storia vengono nominate due città principali – incominciò Sarah – Copto e Menfi – spiegò.
Gli occhi di Aibileen e Lucas si illuminarono contemporaneamente ed aprirono bocca nello stesso momento – So’ dove sono! – esclamarono all’unisono.
Sarebbe stato strano se non lo aveste saputo… ci stavo arrivando pure io commentò Lilia.
- L’unica città Americana che corrisponde è Memphis in Tennessee – spiegò Aibileen.
- Ora non rimane che capire precisamente dove… - disse Lucas facendosi pensieroso.
- Pensiamo di sapere dove – commentò Walt dopo aver lanciato uno sguardo di pura sorpresa a Ziah – Davvero? – gli chiese Piper sorpresa.
- Il Dio Thot si rifugiò per un periodo a Memphis, nell’Università, non sarebbe strano se Setne avesse nascosto il libro proprio nel posto più ovvio dove si poteva trovare – gli spiegò Ziah.
- Quindi è praticamente certo che troveremo tutti all’università di Memphis? – chiese Lucas deciso.
I maghi annuirono – E allora cosa aspettiamo a partire? – chiese Ruby già carica.
- Solo il tempo di preparare cinque pegasi – le rispose Nathaniel
- Preparane pure sette, non abbiamo intenzione di lasciarvi andare da soli – disse Walt mentre Ziah si metteva al suo fianco e annuiva decisa.
 Lilia sorrise e fece scrocchiare le nocche delle mani – Molto bene, e ora vediamo di mettere fine a questa storia una volta per tutte -.

Ed ecco a voi il capitolo 22, piaciuto? :)
C'è il primo bacio della Luchime *^* Spero che qualcuno li shippi...
Comunque, capitolo leggermente di passaggio, ma l'ho fatto per voi così prendete un attimo di respiro dal capitolo prima e vi preparate per quello dopo :3
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi giuro che non avrò più ritardi così lunghi, dovessi mettermi a scrivere alle due di notte!
Ringrazio come sempre chi legge, chi segue, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensisce, mi fa sempre piacere sapere i vostri pensieri :)
Direi che per ora è tutto, scusate ancoa per il ritardo,
Un abbraccio,
Darkness_Angel

 

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Capitolo 23
*** XXIII. ***


Salve a tutti!
Ed ecco, in orario, il 23° capitolo! :D
Doppio Pov Aibileen e Lilia, niente spoiler ma uno dei capitoli più importanti...
Buona Lettura :)

XXIII.

 
Erano in volo ormai da quattro ore quando, sotto gli zoccoli di Blackjack ed i piedi di Aibileen apparve Memphis.
Erano partiti dal Campo dieci minuti dopo aver scoperto l’ubicazione di Setne, non avevano chiesto troppe autorizzazioni e non si erano fatti problemi, avevano preso le armi ed erano partiti.
In testa al gruppo vi era Lilia con al fianco Ziah che le indicava la strada verso l’università di Memphis, messi a triangolo dietro loro due vi erano tutti gli altri.
I pegasi erano stati un po’ restii all’inizio a partire per un viaggio così lungo con poco preavviso ma poi Blackjack aveva fatto un bellissimo discorso ai suoi amici ( di cui avevano potuto godere soltanto Aibileen e Lilia ) e alla fine aveva convinto altri sei pegasi a partire.
Dalla cima del gruppo Lilia fece un cenno ed indicò che stavano per scendere, Aibileen strinse le redini del pegaso e questo nitrì.
“Non essere nervosa figlia piccola del capo, vedrai che riuscirete nell’impresa, non è neanche la prima che fate” la rassicurò Blackjack mentre iniziavano a scendere verso il piazzale dell’università disegnando grandi cerchi nell’aria; Aibileen gli sorrise e gli accarezzò il collo amorevolmente, se fosse stata solo l’impresa a renderla nervosa e instabile sarebbe stato tutto più semplice.
La voce di Esdra continuava a rimbombarle nella testa:
Ti aspetterò al palazzo di Ecate.
Non voleva pensarci, l’idea di dover tornare del Tartaro le stava rodendo l’anima come aveva fatto in primis quel posto; da una parte sapeva che sarebbe dovuta tornare, il mondo dei vivi non era più il suo posto, ma dall’altra avrebbe voluto ancorarsi alla terra, rimanere sotto la luce dei raggi del sole e respirare l’aria carica di zolfo degli Inferi solo dopo altri molti anni.
Ma tu sei morta, il Fato ha deciso che saresti dovuta morire, sei qui solo per concessione divina quindi fattene una ragione e preparati a tornare nell’abisso.
Aibileen scosse il capo, ora doveva concentrarsi sulla missione, di quello che ne sarebbe stato della sua anima quando tutto sarebbe finito ci avrebbe pensato in seguito.
Uno dopo l’altro tutti i pegasi atterrarono nello spiazzo principale dell’università, gli zoccoli ferrati produssero dei leggeri ticchettii toccando il terreno.
- Da qui dobbiamo proseguire a piedi – spiegò Ziah smontando dal suo pegaso ed estraendo dalla Duat il suo bastone.
L’università era deserta; l’unico rumore che si sentiva era il canto sussurrato di qualche uccellino e il vento che passava tra le ringhiere che delimitavano la zona e i tetti.
Aibileen smontò e controllò di avere le spille ancora attaccate alle tasche laterali dei pantaloni, avrebbe aspettato prima di sfoderare le spade, se aveva imparato qualcosa in quegli anni era che l’effetto sorpresa, in alcuni casi, era ciò che faceva la differenza fra la vita e la morte.
- Siete liberi di tornare al Campo – disse Lilia sorridendo ai pegasi – quando avremo finito torneremo indietro da soli – li rassicurò.
I pegasi scossero leggermente il capo ed emisero un basso nitrito prima di rialzarsi in volo.
“ Stai attenta piccola figlia del capo” disse Blackjack con un nitrito e dando una leggera musata alla guancia di Aibileen prima di volare via insieme agli altri; la nipote di Atena si chiese se lo avrebbe mai più rivisto.
Walt e Ziah presero il comando del gruppo, subito seguiti da Ruby e Sarah.
- Come facciamo a trovarli? Questo posto è enorme – sussurrò Lucas mentre si addentravano circospetti per i corridoio dell’Università.
- Ci penso io – lo rassicurò Ruby, poi si mise davanti al gruppo e si mise a fiutare l’aria.
- Ma allora è vero che lo sai fare… - commentò Nathaniel.
- Posso fiutare facilmente l’odore degli Dei – gli spiegò la maga mentre si guardava intorno circospetta - e non ci vuole molto a riconoscere la puzza di Seth – gli rispose arricciando leggermente il naso come se avesse appena sentito un odore fastidioso.
- Trovato? – le chiese la zia.
- Si, seguitemi – rispose la maga facendo scivolare fuori dalle maniche della felpa i due lunghi pugnali con cui era solita combattere.
Attraversarono corridoi e stanze, tutte ancora arredate come se di lì a poco centinaia di studenti avessero dovuto iniziare a far lezione, ma negli edifici non vi era anima viva.
I loro passi rimbombavano sui pavimenti di piastrelle ed i muri bianco-azzurri mettevano ad Aibileen ansia; quei corridoio così lunghi e stretti le ricordavano troppo le corsie degli ospedali.
Ad un certo punto Ruby si fermò e tirò su leggermente il capo per fiutare di nuovo l’aria e poi emettere un leggero soffio – Siamo molto vicini – disse girandosi verso un corridoio con finestre su entrambi i lati che davano sul cortile esterno.
Percorsero quegli ultimi metri con la classica calma che maschera l’agitazione e la carica dei corpi pronti alla battaglia.
Ruby si fermò davanti a due porte di mogano scuro – E’ qui - sussurrò alzando il capo e stringendo con forza le lame.
Nello stesso momento Lilia si levò la collana e Lucas il bracciale trasformandoli in spade; Aibi staccò le spille e diede un colpo secco verso il basso ritrovandosi in mano le due spade di ferro dello Stige mentre Nathaniel iniziava ad evocare leggeri strati di foschia e stringeva la sua spada di bronzo celeste.
Ziah e Walt sorrisero con sicurezza al gruppo di ragazzi, fecero un respiro profondo e poi spalancarono le porte riversandosi dentro la stanza.
Alla fine, il covo segreto di Setne era la biblioteca dell’università che aveva leggermente riarredato piazzandoci un trono rialzato al centro di essa, sul quale se ne stava comodamente seduto mentre Fahime era in piedi al suo fianco.
Il mago li accolse con un grande sorriso – Benvenuti, vi stavamo aspettando – disse indicando con una mano Fahime e con l’altro un lato della stanza.
Aibileen girò di scatto lo sguardo in quella direzione e il suo cuore perse un battito;  tenuti sospesi a mezz’aria, da delle corde che gli legavano polsi e caviglie, con le teste abbandonate sul petto, vi erano i loro genitori.
 
- Mamma! –
Il grido di Sarah fece riscuotere tutti a parte i quattro prigionieri che rimasero immobili senza dar alcun segno di vita.
- Che cosa gli hai fatto?! – gli gridò la maga stringendo con forza il suo bastone mentre gli occhi le si velavano di lacrime.
- Intendi dire se sono morti? – le chiese Setne rimanendo calmo e sorridendole – beh, se è questo che vuoi sapere… no, non li ho ancora uccisi – la rassicurò.
Aibileen avrebbe voluto mettersi a gridare, lanciarsi contro Setne e conficcargli una spada nel ventre finché quel bastardo non fosse morto tra atroci sofferenze ma non poteva; staccò lo sguardo dai corpi inerti dei suoi genitori e incrociò quello di Fahime che annuì impercettibilmente chiudendo soltanto le palpebre.
La giovane maga era rimasta quasi del tutto impassibile, aveva sussultato leggermente e sul suo viso era apparso chiaro lo stupore, quando aveva visto che nel gruppo vi era anche sua madre, ma poi aveva rialzato la barriera che aveva creato per tenere a freno le sue emozioni e la maschera di calma e concentrazione le era scesa di nuovo sul viso.
Setne scrutò il gruppetto ancora per qualche secondo sorridendo, poi emise un sospiro e incrociò le mani posandosele in grembo.
- Molto bene, ora parliamo di cose serie – incominciò – siete venuti qui per accettare la proposta di allearvi con me? – gli chiese sorridendo.
- No, siamo venuti qui per riprenderci i nostri genitori – gli rispose Lucas stringendo l’elsa della spada, pronto a scattare per l’attacco.
- Calmati nipote di Atena, non c’è motivo di scaldarsi tanto – gli disse ridendo – cosa ne dite se lascio andare i vostri genitori ma voi restate con me? Così la profezia si annulla, i vostri genitori sono salvi, io vinco e siamo tutti felici? – continuò – non vi sembra un finale perfetto? – chiese.
Lilia sbuffò e sorrise ironica – Cosa ne dici invece di liberare i nostri genitori, di darci il libro di Thot e… perché no, morire? – gli chiese la figlia di Poseidone mentre, dal bagno accanto, si sentiva scoppiare un tubo.
Setne sbuffò e si alzò in piedi – Ora capisco perché non vi erano discendenti di Poseidone nella delegazione che mandaste anni fa – commentò scuotendo leggermente il capo.
- Non farla tanto lunga Setne – gli gridò contro Ziah – sta volta non ce la farai a farla franca di nuovo – gli disse.
- E cosa te lo fa credere, mia cara Ziah Rashid? Che adesso non hai più sedici anni? – le chiese in tono duro.
Era la prima volta che Aibileen vedeva il mago veramente serio o arrabbiato, sino a quel momento aveva sempre scherzato praticamente su tutto, come se prendesse la faccenda poco sul serio, come se fosse tutto un gioco.
- Lo credo perché sta volta siamo preparati, e sappiamo quale buffone abbiamo davanti! – gli gridò la maga mentre nella mano libera che non reggeva il bastone si creava una sfera di fuoco.
- Abbiamo ucciso anche Michael - aggiunse Nathaniel facendosi avanti – Non puoi più sottrarti allo scontro – gli fece notare.
- Non mi conosci ancora, figlio di Ecate? Credi davvero che abbia già esaurito tutte le mie carte? – gli chiese sorridendo ferino.
Nello stesso momento in cui il mago finì  la frase, Fahime allungò una mano ed estrasse il suo Khopesh dalla Duat preparandosi a combattere.
- Ultima chance mie cari nemici, siete con me o contro di me? – chiese Setne di nuovo con una nota irriverente nella voce.
Semidei e maghi si misero a semicerchio preparandosi ad attaccare con armi e bastoni sguainati.
Setne sospirò sconsolato – Siete davvero testardi – commentò scocciato.
Si girò verso di loro e allargò le braccia iniziando a pronunciare parole in una lingua che Aibileen non conosceva, anzi che riusciva a riconoscere solo in parte.
Era una litania che si ripeteva uguale ogni due versi, Setne stava mischiando parole Greche ed Egizie, e le poche che riusciva a capire “Richiamo” e “tutti” non la rassicuravano per niente.
- State indietro! – gridò Walt facendo arretrare tutto il gruppo di un passo.
Quando il mago finì di parlare sul pavimento si aprirono delle grosse crepe dalle quali iniziarono ad uscire dei vapori giallo-verdi e rossi, qualche secondo dopo iniziarono ad uscirne mostri di tutti i generi, dalle chimere alle echidne e dopo di loro si arrampicarono fuori gli stessi demoni che, ultimamente avevano iniziato ad attaccare il palazzo di Ecate; demoni Egizi.
I mostri si allinearono davanti a loro mentre le loro file venivano costantemente rifornite da nuove creature che uscivano fuori dalle crepe del terreno ringhiando e sbavando.
- Spero vi divertirete, quando avrete finito con i miei amichetti, allora forse potrete giocare con me – gli disse Setne per poi sorridere e rivolgersi a Fahime – perché non ti unisci alla festa anche tu? – le chiese il mago.
La maga non disse nulla ma fece roteare la spada ricurva una volta e si mosse verso lo schieramento dei mostri unendosi alle fila di Setne.
- Ce li dividiamo un po’ per uno? – chiese Lilia pronta a partire all’attacco.
- Appena ne abbiamo abbattuti una buona parte, due di voi vadano a liberare Percy, Annabeth, Carter e Sadie, il loro aiuto potrebbe servirci  - aggiunse Ziah.
Aibileen e gli altri annuirono, il piano c’era e la nipote di Atena sapeva esattamente cosa fare.
- Lasciate Fahime a me – disse prima che il caos della battaglia cominciasse.
- Ma… - provò a contraddirla Lucas.
Lilia gli prese il polso e lo fissò con intensità – Servi qui – gli disse.
Lucas sospirò e annuì poi, ad un ordine muto, si gettarono tutti nella battaglia.
Mentre gli altri si gettavano a fronteggiare i mostri, Aibileen si scansò di lato e si diresse verso Fahime.
La maga la vide e si mise ad avanzare verso di lei con la spada pronta a scattare in caso di evenienza, diede un ordine a dei demoni che le lasciarono passare andando a concentrarsi solo sull’altro gruppo.
- Cosa vuoi Aibileen?! – le chiese la maga mentre continuavano a fissarsi e a girarsi intorno pronte a scattare una contro l’altra.
- Sono venuta a ringraziarti per avermi fatto scappare di prigione – le rispose provando un affondo che Fahime parò subito per poi riattaccare.
- Non c’è di che – le rispose mentre anche Aibileen parava il suo attacco.
Iniziarono a scambiarsi veloci stoccate che però non portavano in vantaggio nessuno, erano entrambe delle ottime spadaccine e nessuna sembrava voler iniziare ad usare la magia.
Si allontanarono una dall’altra per poi ripartire all’attacco incrociando le lame, nonostante Fahime fosse più piccola questo non influiva sulle sue capacità.
- Come mai non usi i tuoi poteri? – le chiese Aibileen sfidandola.
- Potrei farti la stessa domanda – le rispose Fahime.
Si gettarono di nuovo una contro l’altra, sta volta Aibileen ebbe la meglio e riuscì a gettare Fahime a terra facendole perdere la spada; la maga non si fece prendere alla sprovvista, afferrò con forza i polsi della semidea che fu costretta a mollare le sue spade.
Fahime riuscì a ribaltare la situazione con un movimento di bacino e immobilizzare sul terreno Aibileen portandole le mani al collo, la semidea fece lo stesso.
I loro occhi si incrociarono mentre si soffocavano a vicenda – Preparati – le disse la maga in un soffio.
- Sorprendimi – le rispose Aibileen.
Fahime le sorrise e poi, all’improvviso, sparirono nel nulla.
 
Lilia
 
Il tempo, e con esso la battaglia, sembrarono rallentare all’improvviso quando Aibileen e Fahime scomparvero.
- Aibileen! –
- Fahime! –
Le grida sorprese e spaventate di Lilia e Ziah si sommarono proprio nel momento in cui le due ragazze sparivano all’improvviso mentre cercavano di soffocarsi a vicenda.
Lilia si sentì confusa e perduta, dove erano andate a finire?
Fahime non sembrava aver aperto un portale, sembrava più un viaggio ombra, ma era impossibili perché , di ombre, lì dentro ve ne erano ben poche.
- Dove le hai mandate?! – gridò la nipote di Poseidone dopo aver decapitato un mostro che le si era lanciato addosso con le fauci spalancate.
Setne rise e si strinse nella spalle – Io non ho fatto nulla semidea, tua sorella e la maga se ne sono andate per conto loro – le rispose tornando ad osservare la battaglia.
- Che cosa…? – chiese Lilia sempre più confusa.
- Attenta Lili! –
La nipote di Poseidone si scansò e rotolò a terra un attimo prima che una chimera dalle sembianze leonine le si gettasse addosso prendendola alle spalle; Lucas la trafisse al fianco rendendola un mucchio di polvere.
- Lilia devi stare attenta – le disse il fratello mettendosi dietro di lei mentre incominciavano a combattere schiena contro schiena come facevano ormai da anni.
- Aibileen è scomparsa nel nulla! – gli fece notare mentre colpiva un echidna che si trasformò immediatamente in polvere.
- Lo so’ Lilia! Lo so’! – le disse su fratello facendo una torsione del busto per trafiggere una chimera e poi ritornare vicino alla sorella – Ma la battagli è qui adesso, tutti vorremo andare a cercare Aibileen e Fahime, ma ora ci servi – le fece notare mentre attaccava un demone con la testa a forma di cavatappi.
Lucas aveva ragione, tutti si erano accorti della sparizione delle due ragazze e tutti avrebbero voluto lasciare la battaglia per cercarle, ma se non sconfiggevano quelle creature molto probabilmente non avrebbero potuto fare neanche un passo in quella direzione senza soccombere subito, e poi non poteva essere solo una coincidenza che Aibileen gli avesse chiesto di lasciare a lei Fahime…
D’accordo piccola mortale, fai quel che devi, ma se non torni indietro, giuro che ti vengo a tirare fuori dal Tartaro a suon di calci.
Lilia svuotò la mente dal pensiero di sua sorella e si concentrò solamente sui movimenti precisi e calcolati che doveva fare per uccidere quelle bestie subendo meno danni possibili.
Lucas combatteva al suo fianco passando a fil di spada più mostri possibile; Ziah continuava ad evocare muri di fuoco per respingere le creature e rigettarle nell’abisso da cui erano venute, ma si vedeva che non avrebbe resistito ancora per troppo tempo, la fronte iniziava ad imperlarsi di sudore per lo sforzo.
Ruby correva da una parte all’altra del campo di battaglia uccidendo tutti i mostri e i demoni che avevano la sfortuna di trovarsi tra lei e le sue lame; alcune volte era così veloce che Lilia la perdeva di vista e avrebbe potuto giurare di averla scorta correre a quattro zampe.
Walt e Sarah alternavano la magia al combattimento tradizionale facendo del loro meglio per tenere a bada un gruppo di demoni con le teste a forma di posate; Nathaniel, invece, confondeva i mostri con la foschia per poi attaccarli alle spalle di sorpresa e farli fuori prima che potessero colpire lui.
Lilia si prese un secondo di respiro dopo aver ucciso una chimera che aveva cercato per dieci minuti buoni di farla fuori tagliandola in due con le sue chele e trapassarla con il pungiglione.
Tutti intorno a lei la situazione stava degenerando; erano tutti stanchi da precedenti battaglie e non avrebbero retto troppo a lungo, presto i mostri avrebbero preso il sopravvento.
- Dobbiamo chiudere la breccia! – gridò Lucas per farsi sentire sopra le grida della battaglia mentre estraeva la sua spada dal costato di una chimera.
- Possiamo farlo, ma dovete darci il tempo di pronunciare l’incantesimo – gli gridò in risposta Walt mentre gettava un demone dalla testa di martello nell’abisso.
- D’accordo, solo un secondo – gli rispose Ziah mentre respingeva un’altra ondata di demoni con una fiammata.
In qualche modo Lilia, Lucas, Ziah e Nathaniel riuscirono a riunirsi abbastanza vicini così da poter parlare ed elaborare un piano.
- Dobbiamo tenere lontani i mostri da loro giusto quei pochi minuti per permettergli di recitare l’incantesimo – gli spiegò Ziah mentre continuavano a combattere.
- Potrei nasconderli con la foschia e creare una loro copia da un’altra parte – suggerì Nathaniel mentre respingeva un demone.
- Ottimo, noi cosa facciamo? – gli chiese Lilia mentre cercava di capire se poteva usare i suoi poteri da nipote di Poseidone o se l’acqua era troppo lontana.
- Copritemi per qualche secondo – gli disse il figlio di Ecate.
Lilia annuì e, prima di lanciarsi di nuovo nella battaglia, lanciò un occhiata a Setne che se ne stava abbandonato sul trono guardando la battaglia svogliato sapendo già di avere la vittoria in pugno.
La nipote di Poseidone raccolse tutta quella rabbia che provava e la lasciò andare quando si mise a combattere di nuovo contro i nemici proteggendo Nathaniel che si era messo ad evocare volute di foschia densa e grigia.
All’improvviso Walt e Sarah sparirono dal loro posto di fianco alla breccia e apparvero in posizione d’attacco davanti al figlio di Ecate; i mostri rimasero per un secondo storditi ma poi non si fecero troppe domande e ripresero l’attacco verso il resto del gruppo.
- Ora! – gridò Nathaniel.
Walt e Sarah tornarono visibili al bordo della crepa entrambi con i bastoni protesi davanti a loro per recitare i due incantesimi.
- Ha–di! – gridò Walt con voce chiara che sovrastò i vari versi dei mostri.
- Hi–nehm! – gridò a sua volta Sarah superando anche lei i rumori della battaglia.
Vi fu’ un attimo di quiete in cui anche i mostri smisero di combattere, confusi da ciò che stava succedendo, poi una forte scossa fece vibrare il pavimento e la crepa si richiuse su se stessa non permettendo più a nessun mostro di uscire.
- Ora si che si ragiona – commentò Lilia sorridendo ferina ai mostri assiepati intono a lei.
Ora che la crepa era chiusa non rimaneva che eliminare i mostri che ve ne erano rimasti fuori ed, infine, battere Setne.
Nathaniel, di fianco a loro, ebbe un leggero giramento di testa e le gambe gli cedettero.
- Ehi, non ci mollare proprio ora! – gli disse Lucas afferrandolo per un braccio e tenendolo in piedi.
- Ho usato troppo i miei poteri – gli spiegò il figlio di Ecate mentre riprendeva fiato.
- Allora non ti sforzare, lascia a noi i mostri e vai a liberare gli altri – gli disse Ziah sorridendogli ma, allo stesso tempo, osservando i mostri che cercavano in modo patetico di riorganizzare le loro fila.
Il figlio di Ecate annuì e, appena il resto del gruppo si lanciò di nuovo nella mischia con un grido, corse verso il lato della biblioteca dov’erano tenuti i prigionieri.
Lilia continuava a combattere come una furia, i mostri ogni tanto la ferivano, ma non sarebbero stati due graffi a fermarla.
Ogni tanto lanciava un occhiata a Nathaniel e a Setne; il mago lanciava occhiate annoiate verso di loro che stavano decimando i suoi soldati e verso il figlio di Ecate che aveva trovato il sistema di leve che permetteva di far abbassare le corde che tenevano sospesi i loro genitori senza doverle tagliare.
Aveva ancora sul viso quell’espressione di tracotanza, come se sapesse che era ancora lui in vantaggio e che non importava se loro stavano distruggendo il suo piano.
Tra un affondo e un tondo riuscirono ad uccidere altri mostri, quando ne rimasero solo dieci si radunarono in un'unica fila per riprendere fiato; Lilia si passò una mano sulla fronte per pulirsela dal sangue che le colava su un occhio e che le stava dando abbastanza fastidio, in quel preciso momento le leve che tenevano sospesi i loro genitori scattarono e i quattro corpi, ancora incoscienti, furono deposti a terra.
Nathaniel corse a liberarli dalle corde e, tra un gemito ed un’imprecazione, i loro genitori iniziarono a muoversi aprendo gli occhi.
Il cuore di Lilia fece una capriola e si lasciò scappare un respiro di sollievo, stavano bene.
- Andate, li teniamo noi sotto controllo – gli disse Walt vedendo l’urgenza negli occhi dei ragazzi.
Senza pensarci due volte Lilia, Lucas, Ruby e Sarah corsero verso i genitori per inginocchiarsi di fianco a loro e stringerli.
- State bene – sussurrò Annabeth guardando i figli sollevata per poi corrucciarsi – dov’è vostra sorella? – gli chiese preoccupata.
- Sta bene mamma, ma adesso ci serve il vostro aiuto – disse Lucas guardando tutti gli adulti.
- Dacci solo ancora due minuti Lucas, non abbiamo più sedici anni – gli rispose suo padre mettendosi a sedere.
I mostri rimasti ringhiarono e si prepararono ad attaccare Ziah e Walt ma poi, accadde l’impensabile; intono a loro si sprigionò una luce rossa e i pochi demoni rimasti furono assorbiti dal terreno.
- Ma cosa?! – Setne si alzò di scatto dal suo trono, per la prima volta con la voce incrinata dalla preoccupazione.
Sadie scoppiò a ridere – Ora tocca anche a noi divertirci – disse alzandosi in piedi insieme al fratello.
Senza che nessuno desse ordini, il gruppo si alzò in piedi e iniziò a distribuirsi a semicerchio davanti a Setne alternando un semidio ad un mago; quando furono in posizione i maghi evocarono il potere dei loro dei venendo avvolti da una luminescenza che, lentamente prese consistenza, sino a formare delle specie di dei giganteschi che li contenevano ( dovevano essere gli avatar di cui Ruby aveva parlato a Lilia, ora che anche i loro dei erano tornati potevano di nuovo evocarli ).
I semidei, da parte loro, estrassero tutte le loro armi, la foschia iniziò a vorticare e quasi tutte le tubature nelle vicinanze esplosero richiamate dal potere dei discendenti di Poseidone.
- Ti arrendi? – chiese Carter a Setne con la voce leggermente distorta.
Il mago fece per rispondere ma poi, con un movimento d’aria e d’ombre, accanto a lui apparve Fahime mentre invece Aibileen spuntò tra Lilia e Sadie poggiando una mano per terra in modo da mantenere l’equilibrio; la rabbia deformava il volto di entrambe.
- Oh bene!  Finalmente ci siamo tutti, Fahime a te l’onore di mettere fine a questa farsa – le disse il mago trovando di nuovo la sua sicurezza, consapevole di avere la vittoria ormai in pugno con la maga al suo fianco.
La maga sorrise e si girò in modo da poter guardare il mago negli occhi – Con molto piacere, mio caro Khaemwaset -.
L’unica cosa che Lilia riuscì a capire era che quella non era solo Fahime; la voce della ragazza sembrava parlare all’unisono insieme a quella di un uomo e i suoi occhi, un tempo scuri e color cioccolato, adesso erano rosso scuro ricordando vagamente il colore del sangue.
Sul volto di Setne si aprì un espressione di puro panico quando, intorno alla ragazza, si creò un riverbero rosso che contornava completamente la sua figura.
- N-non è possibile… - disse il mago incredulo indietreggiando e rischiando di cadere inciampando sul suo stesso trono.
- Felice di rivedermi? – gli chiese Fahime mentre gli sorrideva ferina.
- Tu… tu eri dalla mia parte! – gridò il mago ormai nel panico.
- Hai detto bene, ero dalla tua parte, ma sai mi piace stare dal lato dei vincitori – gli rispose la maga avanzando verso Setne e costringendolo ad indietreggiare.
- Fahime non può averti accettato Seth, lei.. lei.. – balbettò il mago.
- E invece l’ho fatto – sta volta era solo la voce di Fahime a parlare e Lilia non l’aveva mai sentita così dura e piena di convinzione; un verso della profezia le risuonò nella mente:
Un’unione sarà cruciale, Per metter fine all’era del male.
Fahime aveva accettato dentro di se’ completamente il dio Seth in modo da poter sconfiggere una volta per tutte Setne.
- E adesso è l’ora che tu te ne vada negli Inferi, per sempre! – gli gridò estraendo il suo bastone.
Accanto a Lilia l’avatar di Ziah scomparve e, dopo poco, anche quello degli altri maghi, la nipote di Poseidone guardò la madre di Fahime che stringeva con forza i pugni e fissava la figlia, un’ unica parola le uscì dalle labbra – Perché… -.
Fahime si girò verso di loro e guardò gli altri membri della profezia chiedendo silenziosamente il loro aiuto – Mamma, Papà, state indietro – disse Lucas spingendo leggermente indietro i genitori.
- Anche voi – dissero Sarah e Ruby facendo allontanare zii e genitori.
- Cosa?! No! – si ribellarono Percy e Sadie.
- Non potete interferire con la profezia – gli ricordò Lilia – state indietro, ora tocca a noi – gli disse facendo lontano da loro.
- Se pensate che vi lasceremo a combattere da soli vi sbagliate! – gli gridò Carter.
- Nathaniel, ora! – gridò Aibileen facendo un cenno al figlio di Ecate.
Prima che i loro genitori potessero di nuovo avvicinarsi troppo, la nipote di Atena e il figlio di Ecate alzarono una barriera trasparente,  ma solida, di foschia che confinò le famiglie dall’altra parte.
- Aibileen Jackson! Per gli Dei! Abbassa subito questo muro! – le gridò Annabeth con la voce incrinata da rabbia e paura di perdere di nuovo i suoi bambini.
- Fidati di me – le sussurrò Aibileen allontanandosi dalla barriera e correndo dagli altri che, lentamente, avevano accerchiato Setne.
Il mago era sceso dal suo podio, spinto dall’impulso di allontanarsi da Fahime e dal dio che aveva in corpo che stavano minacciando la sua vita, solo per rimanere bloccato in un cerchio di semidei e maghi con le armi sguainate e l’odio contenuto a stento.
- Sarah, il portale per gli inferi – le disse Fahime mentre chiudeva gli occhi, si concentrava iniziando a danzare intorno a Setne con movimenti precisi e calcolati che conosceva a memoria e che Lilia le aveva già visto fare quando erano nel Tartaro per imprigionare un mostro che li aveva aggrediti.
La danza terminò davanti al viso terrorizzato di Setne, Fahime gli sorrise ferina e aprì la mano destra dalla quale si srotolarono sette nastri rosa scuro che andarono ad incatenare il dio in una stretta ferrea.
- No! – gridò il mago cercando di divincolarsi.
- Ti incateno con i Sette Nastri di Hathor – disse senza staccare lo sguardo dagli occhi terrorizzati di Setne – Sottomettiti, o la tua essenza arderà in eterno – gli ordinò puntando il bastone verso di lui.
Il mago scoppiò a ridere, una risata da pazzo, quella che sgorga dal petto quando si sa’ che anche l’ultima speranza sta per morire – Non puoi confinarmi negli Inferi Fahime! Io ho il libro di Thot, scapperò un’altra volta e ve la farò pagare! – gli gridò continuando a ridere.
- Intendi questo libro di Thot? – gli chiese Aibileen sorridendo beffarda ed estraendo da sotto la felpa un vecchio libro mezzo consunto.
Il riso morì sulla bocca di Setne e l’unica cosa che rimase fu la piena consapevolezza che tutto era finito, non gli rimase altro che la disperazione.
- Non puoi farlo – le disse con una risata isterica e fissando il portale per gli inferi, un cerchio circolare nel pavimento che aspettava solo lui – siamo dalla stessa parte… noi siamo i cattivi, non puoi farlo – le disse cercando di ammansirla.
- Non siamo mai stati dalla stessa parte – gli ricordò la maga fissandolo negli occhi.
- Segui Seth! E’ implicito che tu sia malvagia! – le gridò disperato.
- Un potere non nasce buono o cattivo, è come lo si usa a renderlo tale – gli ricordò la maga senza staccare per un secondo lo sguardo da quello del mago – e ora mettiamo fine ai giochi -.
Stese il bastone davanti a se e i sette nastri continuarono ad attorcigliarsi intorno al mago finché non diventò una mummia color zucchero filato che emetteva gemiti incomprensibili.
Lilia iniziò a lasciare andare l’ansia, ormai Setne era imprigionato bisognava solo gettarlo negli Inferi e lasciare che Ade, Osiride o a chi toccasse giudicarlo, lo spedissero nel posto più buio e isolato del Tartaro.
Fahime si avvicinò al portale, con il braccio che reggeva il bastone sempre teso mentre la mummia-Setne procedeva davanti a lei, fu in quel momento che la nipote di Poseidone si accorse che i nastri rosa non si arrotolavano solo intorno al corpo di Setne ma anche al polso della mano destra di Fahime, la volta prima non era successo, c’era qualcosa che non quadrava.
- No… no Fahime! – il grido di Ziah arrivò dall’altra parte della barriera chiaro come se la maga fosse di fianco a loro.
La madre della maga era in piedi attaccata alla barriera e vi batteva contro con forza i pugni.
- Non farlo Fahime! – le gridò con la voce incrinata dalla paura.
- Ziah cosa stai dicendo? – le chiese Sadie guardandola e poi voltando lo sguardo verso il fratello che fissava la figlia con la consapevolezza che prendeva possesso di lui.
- I nastri non sono ancora carichi! Sta usando se stessa per alimentarli! – gridò la maga continuando a battere i pugni contro la lastra invisibile – seguirà Setne negli Inferi… - continuò in un singhiozzo.
Lilia si girò verso la maga e vide un enorme dolore celarsi dietro agli occhi mentre s’imponeva di non piangere.
- Fahime, non farlo! – le gridò il padre riscuotendosi e andando di fianco alla moglie – troveremo un altro modo per portarlo al giudizio, sciogli i nastri! – le gridò disperato.
- Questo è l’unico modo, lo sai anche tu, devo farlo – gli rispose con una calma che sorprese tutti.
- Ti prego tesoro… non farlo… se non per noi… pensa ad Eric - la supplicò la madre con le lacrime agli occhi.
Lilia guardò i genitori della maga poi le sue cugine che stringevano con forza le armi trattenendo a stento le lacrime e tremando leggermente; si voltò verso Aibileen e vide che sua sorella stava guardando Fahime sorridendole tristemente ma non pietosamente, e a quel punto capì che sua sorella sapeva già tutto, che non era un caso che fosse sparita prima con la maga.
La nipote di Poseidone guardò la maga e sentì il petto stringersi in una morsa, Fahime si sarebbe gettata nel portale e avrebbe portato Seth al giudizio, solo che nel frattempo i nastri si sarebbero alimentati attraverso di lei, prosciugandola da ogni energia.
Lucas arrivò alla stessa conclusione di Lilia una frazione di secondo prima.
- Hime… - le disse avvicinandosi mentre gli occhi si facevano grandi per la paura.
- No Luc – gli rispose la maga facendo un altro passo verso il portale.
- No a te, non puoi farlo! – le gridò avvicinandosi.
- Lucas ha detto di no – gli disse Lilia afferrandogli una mano e tirandolo indietro – non rendere più doloroso qualcosa che lo è già troppo – gli sussurrò.
Fahime sorrise un’ultima volta a Lucas, poi si girò verso Aibileen e le sussurrò un “grazie” lei le sorrise scuotendo il capo e alzando le spalle.
- Ti prego Fahime… non farlo… - la supplicò un ultima volta sua madre mentre le lacrime le solcavano le guance sporche di terra e sangue.
La maga le sorrise e strinse la presa sui nastri, ormai era sull’orlo del portale, vi lanciò un occhiata e poi riportò lo sguardo sui genitori.
- Vi voglio bene – sussurrò, poi guardò sua madre negli occhi gemelli ai suoi – ti voglio bene mamma – le disse trattenendo le lacrime e continuando a sorridere.
- Ti voglio bene anch’io piccola mia – le disse Ziah sorridendole a sua volta mentre le lacrime le rigavano il viso e Carter la stringeva.
La maga tirò su col naso una volta e poi sorrise a Lucas, Lilia vide le labbra della ragazza muoversi ma non sentì quello che disse anche se i movimenti assomigliavano ad un pericoloso “Ti amo”.
Fahime guardò l’abisso che si apriva sotto ai suoi piedi.
Sei pronta piccola Fahime?
Sono nata pronta.
E senza indugiare ancora, si lanciò nel portale che si chiuse sopra di lei lasciando la stanza in un silenzio doloroso e pesante.

Ed eccolo qui...
Lo so', ora volete uccidermi, ma non è l'ultima volta che vedremo Fahime.
Una nota positiva c'è, Setne ormai è stato sconfitto :)
Lascio a voi i commenti/insulti, so' di essere stata cattiva ma non la lascerò così in balia del fato :)
Come al solito ringrazio chi legge, chi segue, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensisce :) Mi fa sempre piacere ricevere i vostri pensieri anche se mi sa' che adesso riceverò anche qualche insulto...
Spero di riuscire a pubblicare in orario :) Direi che per ora è tutto,
un abbraccio,
Darkness_Angel.

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Capitolo 24
*** XXIV. ***


Salve a tutti :)
Ecco il XXIV° capitolo :3
Questo capitolo è più corto rispetto agli altri, perché doveva avere insieme un pov Aibi ma se lo avessi fatto sarebbe stato sacrificato e se lo avessi fatto come ho in mente il capitolo sarebbe venuto veramente troppo lungo :D
Quindi, ultimo capitolo a Pov Fahime, non che penultimo capitolo della Ff :)
Buona Lettura.

XXIV


 
La caduta durò meno, e l’arrivo fu più semplice di quello che Fahime si aspettava.
Il portale si era aperto proprio di fronte alla sala del Giudizio ma, quando la maga toccò terra, sentì le gambe cederle e il fiato mancarle, poi tutto ritornò come prima e seppe che era morta.
Non ha fatto male…  si disse portandosi una mano sul cuore ormai inerte nel suo petto.
- Certo che non ti ha fatto male, Piccola Fahime, morire così non è doloroso -.
La maga alzò lo sguardo e di fronte a lei vi era Seth, in tutta la sua magnificenza divina.
- Cosa ne sai tu della morte? – gli chiese Fahime scettica – Sei un dio… sei immortale – gli ricordò.
- Dettagli piccola Fahime, dettagli – gli rispose con un cenno non curante della mano.
- Ora pensa a portare il nostro principe-mummia ad Osiride prima che i nastri smettano di funzionare – le ricordò dando un leggero colpo con un dito al fascio di nastri rosa che fluttuava vicino alla maga.
- Vieni con me? – gli chiese la ragazza stringendo i nastri nella mano visto che ormai le avevano lasciato andare il polso.
Seth scoppiò a ridere – Mi hai preso per un baby sitter? – le chiese deridendola – e comunque non credo che Osiride, Anubi o quei due greci sarebbero contenti di vedermi – le spiegò.
- Due Greci? – chiese Fahime confusa.
Seth le sorrise ferino – Ci si vede in giro Fahime – le disse dandole le spalle e salutandola con una mano prima di trasformarsi in uno sciacallo e sparire nei meandri della Duat.
 
Fahime non aspettò altro tempo, strinse la presa sui nastri e attraversò il pre-ingresso del tempio formato dal colonnato nero e si apprestò ad entrare nel tribunale del giudizio.
Da quando le cose si erano un po’ risistemate tra gli dei, Anubi e Osiride avevano deciso di dare un nuovo tocco al tempio del tribunale del giudizio aggiungendo una porta e per non lasciare, così, la stanza con la bilancia e Ammit senza una protezione.
La maga bussò leggermente e poi spinse la porta, anch’essa di pietra nera, e davanti a lei si rivelò il tribunale del giudizio; non era per niente cambiato dall’ultima volta che vi era andata.
La stanza era illuminata da numerosi bracieri accesi, in un canto vi era la bilancia sulla quale sarebbero dovuti essere confrontati il cuore del defunto con la piuma della verità; sotto di essa Ammit aspettava cercando di prendersi la coda da ippopotamo.
In fondo alla stanza vi era il trono di Osiride; suo nonno le sorrise e Fahime fece altrettanto solo che la sua attenzione fu poi attirata dalle altre persone presenti nella stanza.
Alla destra di suo nonno, in piedi, vi era suo zio, Anubi, con le sembianze di ragazzo con i capelli neri con addosso il classico abbigliamento egizio.
Alla sinistra di suo nonno vi erano due uomini; uno dei quali che non le era del tutto sconosciuto.
Subito al suo fianco, seduto su una sedia d’orata, vi era un uomo con i capelli scuri e la carnagione pallida; aveva addosso una tunica drappeggiata su tutto il corpo nera e grigia, dalle quale ogni tanto apparivano dei volti confusi che sembravano gridare.
Se la memoria non la ingannava quello era Ade, il dio degli Inferi greco; lo aveva incontrato un paio di volte quand’erano ancora al Campo Mezzosangue.
L’altro invece, supponeva fosse un altro dio greco, ( Egizio non lo era di sicuro ) ma al campo non lo aveva mai visto girare.
Era un uomo alto e di colore, con un enorme paio di ali che gli si aprivano sulla schiena, nere e piumate.
- Ben arrivata Fahime – la salutò suo nonno cordialmente.
- Vi ho potato un regalo – disse sorridendo a tutti e quattro gli dei e tirando i nastri in modo che si srotolassero da Setne.
Appena fu libero dalla sua prigione, il mago fece dei passi incerti e inciampò sui nastri che si erano accumulati per terra.
Osiride sorrise al mago con un sorriso molto soddisfatto, alcuni nastri stringevano ancora le caviglie e i polsi di Setne, ricordavano le manette che venivano messe ai condannati a morte quando venivano trasportati attraverso la prigione.
- E’ un piacere rivederti,  Khaemwaset – lo salutò Osiride alzandosi in piedi subito imitato da Ade.
- Osiride e… Ade, ma che piacere rivedervi – disse il mago guardandosi intorno preoccupato e cercando una via di fuga – e che piacere rivedere anche te Anubi… e Thanatos se non sbaglio… - continuò il mago prendendo tempo.
Il dio con le ali neri incrociò le braccia la petto e annuì, non era di molte parole.
- Suppongo che tu sappia perché sei qui – gli disse Ade con un sguardo che fece rabbrividire Fahime.
- Certamente… - rispose il mago incerto.
- Sei qui per essere giudicato da un tribunale degli Inferi molto speciale – continuò Osiride – visto che ti sei vantato, e ci hai dato prova, di saper usare sia la magia Egizia che quella Greca, oltre ad aver attaccato con essa entrambi i popoli, mi è sembrato d’obbligo coinvolgere nel tuo giudizio anche i nostri amici d’oltremare. – spiegò.
Fahime sentiva il cuore scoppiarle di gioia nel vedere il mago palesemente in difficoltà e nel panico.
Non sapeva come rispondere e continuava a guardarsi intorno cercando l’ennesima via d’uscita che lo avrebbe sottratto al giudizio per l’infinitesima volta.
- Mi sembra un ottima idea e poi… è un onore essere al cospetto di quattro dei dell’oltre tomba-morte – continuò il mago servilmente.
- Sai che elogiarci non servirà a nulla, vero? – gli chiese Anubi sorridendo e scuotendo leggermente il capo.
- Ma io sono sincero – si difese il mago.
- Sarebbe la prima volta in tutta la tua vita – commentò caustica Fahime.
Suo zio trattenne una risata e un sorriso affiorò sulle sue labbra.
- Ora, non perdiamo altro tempo, penso che nessuno di noi abbia da perdere tutto il giorno in questa faccenda – commentò Ade sbrigativo.
Osiride annuì – Prima voi o noi? – chiese gentilmente.
- So’ che il vostro rito è un po’ più lungo, e poi è un’anima principalmente tua – gli ricordò il dio degli Inferi greco – quindi, ce la sbrighiamo velocemente noi, e poi è tutto vostro – concluse.
Il dio Egizio annuì e gli fece segno di procedere.
Fahime fece un passo indietro avvicinandosi di più agli dei, non aveva la più pallida idea di quale fosse il rito per giudicare le anime dei morti nell’oltretomba greco e non voleva rischiare di finire in qualche super-inferno solo perché si apriva un buco nel pavimento all’improvviso.
Ade si fece avanti e si mise davanti al mago – Noi non abbiamo strane bilance, piume o animaletti che mangiano il cuore dei giudicati - incominciò.
Ammit si mise a trotterellare sul posto sentendosi chiamato in causa.
- Però posso vedere chiaramente l’anima di chi mi sta di fronte – gli spiegò Ade con un sorriso ferino che sembrava illuminato da una luce fredda e tetra – e posso assicurarti che la tua anima sarebbe degna delle mie mutande – gli disse ridendo.
La veste del dio si mosse da sola e le facce che Fahime aveva visto affiorare poco prima ritornarono chiare e sta volta si sentì anche qualche lamento; quella situazione la fece rabbrividire, il dio aveva dei vestiti fatti di anime dei morti.
- Ma per tua fortuna, se anche Osiride ti riterrà colpevole, c’è una confortevolissima prigione che ti aspetta a metà del mio Tartaro e dei vostri Inferi più profondi – lo rassicurò il dio poggiandogli una mano su una spalla e sorridendogli ferino.
- Per me è colpevole di tutte le accuse – decise infine tornando a sedersi sulla sua sedia.
La maga continuò a guardare il dio;  gli piaceva sul serio e lo divertiva veramente il suo lavoro.
Adesso sarebbe toccato agli Egizi giudicare Setne.
Fahime conosceva a memoria quel rito, lo aveva studiato alla casa della vita e, quando Sarah scopriva qualcosa di nuovo o di poco conosciuto su di esso, ci teneva sempre ad informarla estasiata.
Anubi si avvicinò a Setne e gli sorrise, poi gli poggiò una mano all’altezza del petto e, qualche secondo dopo, il cuore del mago era nelle mani del dio; Ammit iniziò a scodinzolare con la sua piccola coda da ippopotamo, pronto alla pappa.
La maga non aveva mai visto un cuore pronto al giudizio, ma non si sarebbe aspettata che fosse così normale.
Aveva la forma di uno di quei cuori che si vedono nei libri di scuola, solo molto meno sanguinolento, batteva ancora ma non vi era sangue che usciva fuori dai vasi recisi; in poche parole non le faceva schifo.
Anubi lo soppesò sulla mano e si accigliò per poi guardare Osiride con uno sguardo che diceva:
Ma davvero dobbiamo pesarlo?
Se fosse stato per Fahime avrebbe preso il cuore e lo avrebbe gettato ad Ammit senza farsi troppi problemi, tanto le anime venivano dannate in eterno ma non sentivano dolore; purtroppo però, una caratteristica degli dei Egizi, non che quella che aveva lasciato sfuggire Setne alla giustizia per tutti quegli anni, era che dovevamo seguire alla lettera tutti i riti e le usanze.
 Anubi si avvicinò alla bilancia e posò su di un piatto il cuore del mago, poi fece un leggero cenno con la mano e su di essa apparve la piuma della verità.
Nella stanza calò il silenzio quando Anubi poggiò la piuma sull’altro piatto della bilancia; come tutti si aspettavano questa non si mosse, la piuma rimase in alto e il cuore in basso, troppo pesante.
- Molto bene – disse Osiride nascondendo malamente il suo entusiasmo e la gioia che stava per provare.
Setne deglutì vistosamente – E quindi ora… darete il mio cuore in pasto al vostro cucciolino? – chiese indicando Ammit che si era messo a girare intorno ad Osiride tutto contento.
- Esatto, dopo di che verrai portato nella cella speciale che è stata costruita soltanto per te, quella a cui accennava prima Ade – gli spiegò il dio egizio stringendo nella mano il cuore che Anubi gli aveva consegnato.
Osiride si girò verso Ammit e gli fece vedere il cuore, il divoratore iniziò a scodinzolare e ad alzarsi sulle zampe posteriori tutto eccitato.
- Aspetta Osiride, non possiamo fare un patto? – gli chiese Setne disperato spostando lo sguardo da Ammit al dio – vi spiegherò il libro di Thot, farò qualsiasi infimo lavoro che nessuno vuole fare, sarò… -
- Setne, per favore, smettila – gli disse Anubi – se ti arrendi adesso puoi ancora preservare un po’ di quella poca dignità che ti rimane – gli consigliò.
Il mago si zittì all’istante e Fahime vide che, finalmente, aveva accettato il fatto che era arrivata la fine.
- Ecco a te – Osiride lanciò il cuore ad Ammit che lo afferrò al volo e iniziò a mangiarlo.
In due morsi lo aveva già finito, così trotterellò sino alla sua cuccia sotto la bilancia e si assopì per digerire il pasto.
Senza nessun ordine, Thanatos si mosse e si avvicinò a Setne, in confronto al dio, alto e muscoloso, il mago sembrava un bambino; la morte fece un gesto con la mano e i nastri rosa divennero pesanti catene nere che il dio prese nelle mani.
- Andiamo? – chiese rivolto ad Anubi.
Il dio annuì – Torniamo subito -.
Al posto della porta della stanza si aprì un portale che dava su un luogo da cui proveniva un calore immane e un odore quasi insopportabile di zolfo.
Fahime era troppo contenta di non essere nei panni di Setne, anche se l’avessero punita per i suoi vari volta faccia, la sua punizione non sarebbe mai stata paragonabile a quella toccata in sorte al mago.
Prima Anubi, e poi Thanatos che si trascinava un affranto Setne, entrarono nel portale che si chiuse dietro di loro.
E quella fu l’ultima volta che Fahime vide il mago che le era costato la vita.
 
Non passò molto che i due dei tornassero, Fahime avrebbe voluto correre da suo nonno e sentire un abbraccio famigliare dopo tutto quello che era successo, sempre che fosse ancora sensibile alle sensazioni esterne, ma non si azzardò vista la presenza di Ade.
Rimasero un paio di minuti in silenzio e poi, Ade ed Osiride, iniziarono a parlare tra di loro fitto e sottovoce, era chiaro che Fahime non avrebbe dovuto sentire.
La maga restò al suo posto, fissandosi le scarpe e le mani senza fare alcun rumore e gettando, ogni tanto, uno sguardo ad Ammit che sonnecchiava tranquillo sotto la bilancia; a Ruby era sempre piaciuto tanto come animaletto.
Senza nessun preavviso il portale si riaprì e ne uscirono fuori i due dei della morte con un sorriso appena accennato sui volti; erano a mani vuote, ciò voleva dire che Setne adesso si trovava nella sua prigione eterna.
- Fatto? – chiesero all’unisono Ade e Osiride.
Thanatos e Anubi annuirono – Da lì non potrà più uscire – lo rassicurò il dio egizio.
I due dei si guardarono e si sorrisero per poi stringersi la mano – E’ stato un piacere lavorare con te – disse Osiride al dio greco.
- Lo stesso vale per me, anche se spero che non debba più succedere in circostanze del genere – gli rispose Ade – Ora è meglio che andiamo, non possiamo lasciare gli Inferi sguarniti troppo a lungo, non vorrei che mia moglie e sua madre combinassero qualche disastro – spiegò con un sospiro.
I due dei Greci si avvicinarono e, in un movimento d’aria come Fahime aveva visto fare ad Aibileen, scomparvero nelle ombre.
La maga aspettò solo qualche secondo, per essere certa che se ne fossero andati veramente, e poi corse tra le braccia del nonno che l’abbracciò forte.
- Va tutto bene – le disse accarezzandole i capelli.
Fahime iniziò a piangere silenziosamente, ormai era finita, lei si era sacrificata e non poteva tornare più indietro, avrebbe rivisto la sua famiglia poche volte e si sarebbe riunita a loro solo quando fosse arrivato anche il loro momento di morire; di tutta quella storia, la cosa che le pesava di più, era che non avrebbe potuto stringere un’amicizia più forte con Aibileen e che non avrebbe potuto rivedere mai più Lucas…
Dopo qualche minuto si sciolse dall’abbraccio e si asciugò le lacrime e sorrise, mentre suo nonno le continuava a tenere un braccio su una spalla.
Suo zio le si avvicinò e le sorrise – Lo sai che hai fatto una gran stupidata? – le chiese scherzando ma riuscendo a farla ridere.
- Lo so’ – gli rispose sorridendo.
Da un corridoio dietro di loro si sentirono dei passi, Fahime credeva che se fosse stata ancora in vita non li avrebbe mai uditi, e poco dopo apparve una donna con i capelli biondi e gli occhi azzurri, la sua figura circondata da una leggera luminescenza; era la copia identica di sua zia.
- Ciao nonna – la salutò la ragazzina lasciando la stretta del nonno e andando ad abbracciarla.
La donna la strinse e le diede un bacio sulla fronte per poi scostarla leggermente e sorriderle con gli occhi azzurri.
- Come ti senti? – le chiese.
Fahime capì che sua nonna sapeva già tutto, che non avrebbe dovuto spiegarle che era morta e per quale ragione.
- Bene – le rispose sincera – non pensavo potessi sentirmi così… viva - ammise.
- Adesso cosa pensi di fare? – le chiese la nonna mentre tornavano verso gli altri.
La maga non ci aveva pensato; cosa voleva fare? Davvero aveva una scelta?
Aveva sempre pensato che sarebbe morta, sarebbe stata giudicata e poi sarebbe finita lì, non avrebbe mai creduto di poter avere una scelta.
Suo zio la guardò e le sorrise – Pensavamo… forse si potrebbe chiudere un occhio per oggi – le spiegò – accidentalmente potresti trovare un passaggio che ti riporti indietro… -
Fahime guardò con gli occhi sgranati suo zio e suo nonno, le stavano offrendo di tornare in vita, di andare contro le regole e di tornare nel mondo dei vivi; d’ingannare la morte, proprio come aveva fatto per tutti quegli anni Setne.
Sarebbe potuta tornare, vivere gli anni che le spettavano serena con tutta la sua famiglia, in un mondo di pace e con i suoi nuovi amici semidei.
Avrebbe potuto rivedere sua madre, abbracciarla e dirle, stringendola, quanto bene le voleva; avrebbero potuto riprendere il tempo perduto.
Avrebbe visto Eric crescere, diventare un mago potente e ( magari) vederlo scegliere il sentiero di uno degli Dei, dei loro genitori.
Era un occasione unica, una seconda chance, che le veniva offerta su un piatto d’argento; sarebbe tornata in vita e nessuno le avrebbe chiesto qualcosa di altrettanto importante come pegno.
Ma qualcosa la bloccò dall’accettare.
Le tornò in mente Aibileen, di quello che stava passando, un anima di un morto non era fatta per tonare a vivere sulla terra, quello non era più il suo posto e immancabilmente sarebbe stata richiamata dall’oltre tomba alla prima occasione.
La terra era un posto per i vivi, non per i morti.
La maga sorrise e guardando suo zio e suo nonno in viso – No, voglio rimanere qui, giudicatemi e poi mandate la mia anima dove le spetta – gli rispose sicura di se.
Anubi si accigliò ma poi le sorrise – D’accordo, se è questo che vuoi – le disse facendole segno di avvicinarsi.
Fahime fece un respiro profondo e si mise davanti allo zio, che le sorrise e le poggiò una mano sul petto – Non fa male – le sussurrò.
La ragazza si accorse che il suo cuore era finito nella mano di Anubi, soltanto quando ve lo vide sopra, immobile, ma che trasmetteva per certi versi un senso di vitalità.
Il dio poggiò il cuore su un piatto della bilancia che, com’era logico pensare, si inclinò verso di esso.
Ammit si svegliò dal suo pisolino post-pranzo e si mise a gironzolare intorno alle caviglie di Fahime, al contrario di prima non sembrava troppo contento di essere di nuovo richiamato al lavoro; la maga non sapeva se fosse perché era ancora pieno o perché lei gli stesse particolarmente simpatica.
Anubi fece un gesto con la mano e su di essa riapparve la piuma della verità che andò a poggiare sull’altro piatto della bilancia.
La ragazza si aspettava che il suo cuore pesasse per forza di più, ne aveva combinate troppe in vita per avere il cuore ancora così leggero da battere la piuma; ma, contro ogni sua aspettativa, la piuma scese fino a toccare il piano e l’altro piatto salì.
- Ma non è possibile – disse d’impulso lamentandosi – ho fatto distruggere il primo nomo e ho fatto la doppiogiochista, com’è possibile che risulti buona? – chiese sorpresa.
- Le cose che hai fatto non le hai fatte con cattiveria o per ferire qualcuno, le hai fatte a fin di bene – le ricordò suo nonno poggiandole una mano su una spalla.
- Quindi… sono perdonata? – gli chiese dubbiosa, non era facile che succedesse.
Suo nonno annuì – Esatto -.
In quel momento Fahime avrebbe voluto che sua cugina fosse lì, per tenerle una velocissima lezione dal tema “Cosa succede ad un’anima buona nell’oltretomba egizio”.
- E… quindi? Adesso cosa mi succede? – chiese dubbiosa.
- Cosa ne dici di rimanere qui insieme a me e il nonno? – chiese sua nonna Ruby proponendo l’idea prima che suo marito o Anubi potessero partire con la spiegazione lunga e noiosa sull’oltretomba.
Alla maga l’idea piacque all’istante – Posso? – chiese guardando suo nonno.
- Non vedo perché no – le rispose sorridendole.
Probabilmente, se Fahime avesse ancora avuto il cuore nel petto, questo avrebbe fatto un immensa capriola di gioia.
Alla fine non avrebbe lasciato completamente la sua famiglia, sarebbe rimasta con i suoi nonni e avrebbe potuto vedere spesso suo zio nonché avere notizie dalla superficie; quello era ancora meglio di quanto avrebbe potuto immaginare nelle sue più rosee aspettative.
- Allora è deciso, rimani qui – concluse suo zio riponendo la piuma mentre Ammit tornava a dormirsene tutto contento di non aver dovuto mangiare il cuore della maga.
- Si – Fahime esitò un secondo – potresti avvertire gli altri che sto bene? – gli chiese – però… cerca anche di dissuaderli a venire subito a trovarmi, ci sono cose più importanti ora a cui pensare – gli ricordò.
Il dio le sorrise – Non ti preoccupare – la rassicurò.
Fahime si sentì mettere una mano su entrambe le spalle, da una parte vi era sua nonna e dall’altra suo nonno che le sorridevano sereni; forse, essere morta, alla fine, non sarebbe stato così male.
 
Ed eccolo qui, scusate se ci fossero errori di ortografia o grammatica ma le ore a cui mi sono ritrovata a scrivere erano invereconde e, nonostante abbia ricontrollato, qualcosa potrebbe essermi sfuggita :D
Cosa ne pensate?
Questo è il penultimo capitolo, poi ve ne sarà uno a Pov Aibileen ed infine un Epilogo :3
Insomma, manca davvero poco ormai... :)
Come sempre ringrazio chi legge, chi segue, chi ha messo la storia tra le preferite e chi recensisce; mi fa sempre piacere ricevere le vostre recensioni a cui risponderò prestissimo :)
Spero di poter pubblicare in orario, direi che per ora è tutto,
un abbraccio,
Darkness_Angel

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Capitolo 25
*** XXV. ***


Salve a tutti!
Ed ecco il XXV° capitolo non che ultimo della storia principale ma in realtà penultimo... l'epilogo non me lo faccio mancare :D
Sta volta tutto Pov Aibileen e conclusione della storia :)
Buona Lettura.

XXV.

 
 Arrivarono al campo grazie ad un portale aperto da Sadie utilizzando una reliquia egizia che avevano trovato nell’Università.
Da quando Fahime era sparita nel portale le uniche parole che tra tutti si erano scambiati erano state:
- Torniamo a casa? –
- Si –
Ziah e Carter non si erano lasciati andare nemmeno un istante, gli sguardi colmi di dolore, se fossero stati da soli probabilmente si sarebbero consolati a vicenda, ma ora non se la sentivano di esternare il loro dolore con altri.
Aibileen avrebbe voluto, appena lei e Nathaniel avevano fatto cadere la barriera, correre dai suoi genitori e stringerli così forte da fondersi con loro, fare un enorme, rassicurante, abbraccio di famiglia; ma si era trattenuta.
Sarebbe stato un altro colpo al cuore, per i due maghi, vedere una famiglia che si riuniva, Sarah e Ruby fecero lo stesso con la loro madre visto che Walt era sparito poco dopo che Fahime era entrata nel portale.
Passato il portale, Aibileen e il gruppo, si ritrovarono nello spiazzo dell’arena dove regnava un silenzio pesante che le faceva fischiare le orecchie.
- Noi andiamo da Eric – disse Carter sorprendendo tutti e rompendo il silenzio – se c’è da fare rapporto… voi andate, noi lo faremo più tardi – spiegò.
Percy gli sorrise incoraggiante ed Aibileen vide suo padre poggiare una mano sulla spalla del mago – Non ti preoccupare, non c’è alcuna fretta – lo rassicurò e Carter gli sorrise tristemente, uno di quei sorrisi di chi sente di aver perso una delle parti più importanti della sua vita.
La nipote di Atena capì che suo padre e sua madre erano le uniche persone che potevano realmente capire il dolore che provavano i due maghi, visto che loro, cinque anni prima, avevano perso lei.
- Ci vediamo tra poco – disse Sadie facendo una carezza sull’avambraccio di Ziah – aspetto Walt – spiegò.
I due maghi annuirono e poi si avviarono a passo svelto verso i loro alloggi mentre, come se fosse scoppiata una bolla, Aibileen tornò a sentire chiaramente i rumori e, con essi, il grido di sua sorella.
- Oh mie dei, Aibileen! –
La nipote di Atena non capì subito cosa stesse accadendo, guardò la sua famiglia che la osservava terrorizzata e sua sorella che le fissava incredula le mani.
Aibileen si guardò le mani che lentamente stavano diventando trasparenti sino a scomparire; il resto del corpo stava reagendo nello stesso modo.
Alla fine era arrivato anche il suo momento, il tempo della profezia era finito e quindi il Tartaro stava richiamando la sua anima.
La nipote di Atena si osservò, sentiva il corpo sparire ed essere attirato dal terreno.
Era come la prima volta, non faceva male, presto la sua coscienza si sarebbe annullata e avrebbe riaperto gli occhi sulla sponda dell’Acheronte  per essere traghettata dall’altra parte; chissà se ci sarebbe stata di nuovo Ecate dall’altra parte per farle saltare la coda all’entrata degli Inferi e portarla subito nel suo palazzo.
Una cosa però la rincuorava, quando erano andate a recuperare il libro di Thot non aveva mentito a Fahime.
 
Aibileen scuote la testa e sfoglia il libro di Thot corrucciata.
- La causa dei nostri guai… - commenta.
- Aibileen… posso chiederti una cosa? – le dice Fahime tormentandosi le mani.
- Cosa? – le chiede sorridendole.
- Morire… fa male? – le chiede leggermente preoccupata.
La domanda non sorprende Aibileen, anche lei avrebbe voluto fare quella domanda a qualcuno quando era arrivato il suo momento, inoltre sa’ del sacrificio che la maga dovrà fare tra non molto.
- No, non fa male – la rassicura stringendole una mano – ti addormenti in un posto e ti svegli in un altro, a me è successo così, ma ho conosciuto altre anime e… neanche loro a fatto male -.
La semidea e la maga si sorridono e poi si stringono la mano.
 
I suoni iniziarono a sparire, le voci della sua famiglia che la chiamavano divennero sussurri; chiuse gli occhi e si preparò a sparire completamente e, sta volta, per sempre.
Almeno rivedrò Esdra…
Ma invece che cadere nell’oscuro oblio della morte, sentì sua sorella gridare qualcosa e il suo corpo tornò, di colpo, solido.
Aibileen spalancò gli occhi sorpresa mentre l’aria le entrava nei polmoni e suoni ed immagini intorno a lei si facevano via via più chiare.
I suoi genitori la guardavano con sollievo e stupore mentre Sarah e Maria di Angelo le stringevano un polso come se le stessero impedendo di cadere.
Cosa ci faceva la nipote di Ade lì?
- S-stai bene? – le chiese Lilia riprendendosi per prima dallo stupore e andando a stringere la sorella dopo che la maga e la piccola semidea l’avevano lasciata andare.
Aibileen non sapeva cosa rispondere, stava bene?
Si, stava bene.
Era viva?
Si, lo era, il problema era come facesse ad esserlo visto che il suo corpo aveva iniziato ad essere richiamato dall’oltretomba.
- Come mai Maria è qui? – tra tutte le cose che poteva chiedere, chiese la più sciocca.
- Ti ho sentito andare via – le rispose la bimba sorridendole vicino a lei – ma sapevo che la tua mamma, il tuo papà, la tua sorellona, il tuo fratellone e i tuoi nonni non volevano che tu andassi via così ti ho presa – le rispose la piccola sorridendo fiera e contenta.
Prima che una delle due sorelle potesse dire qualcosa furono interrotte dal grido di Nico.
- Per gli dei Maria! Quante volte ti ho detto di non scappare? – le chiese il padre, più preoccupato che arrabbiato, raggiungendola di corsa.
- Ma dovevo fermare Aibileen… - si giustificò la nipote di Ade.
- E’ possibile Nico? – gli chiese Annabeth rubando la figlia dalle braccia della sua figlia maggiore.
Il figlio di Ade guardò Aibileen e poi la figlia dubbioso – Nessun figlio di Ade ha al capacità di fermare così un anima…  ne può riportare una dagli Inferi, ma solo se un’altra vi finisce – ricordò.
- E allora come fa ad essere ancora qui? – chiese Percy facendo una carezza sulla testa della figlia.
Nessuno rispose, ne i maghi ne i semidei avevano una risposta a quello che era appena avvenuto e questo spaventava Aibileen più di qualsiasi altra cosa.
- La profezia… - si illuminò Lucas dopo qualche secondo – l’ultimo verso della profezia, Ma le gemelle della morte avran l’ultima parola, Per riprendere l’anima che ormai s’invola – recitò.
Tutti lo guardarono dubbiosi aspettando che spiegasse cosa gli era appena passato per la mente anche se Aibileen ed Annabeth forse iniziavano ad intuire qualcosa.
- Le gemelle della morte sono Sarah e Maria, perché entrambe figlie, o parenti molto strette del dio degli inferi, anche se una è egizia e l’altra greca – gli spiegò.
- Scusa se ti smonto il ragionamento… ma biologicamente sono io la gemella di mia sorella – gli ricordò Ruby.
- Si, ma tu non hai seguito il sentiero di Anubi – le spiegò il nipote di Atena.
- E’ una sottigliezza… - si lamentò la maga.
- Le profezie funzionano così – le rispose Annabeth stringendo la figlia.
Aibileen lasciò andare il respiro e si rilassò tra le braccia della madre che, istintivamente, la strinse di più, finalmente era finita… forse…
Ma il fato non voleva così, all’improvviso Aibileen sentì il petto farle male e il fiato mancarle, istintivamente iniziò a tossire.
- Vlacas, Aibi – sua madre la allontanò per lasciarle più spazio per respirare ma sembrava che il suo cuore e i suoi polmoni non fossero compresi nella profezia, stavano smettendo di funzionare ( un’altra volta ) ma senza che l’anima si avvicinasse agli Inferi.
- Vado a chiamare un figlio di Apollo – disse Percy pronto a correre verso l’Infermeria.
- Rimani dove sei figlio di Poseidone –
Dal nulla, dietro di loro, apparvero Ecate, Ade ed Artemide che avanzarono verso la nipote di Atena con un espressione indecifrabile; tutti si fecero da parte, tranne Annabeth che continuò a stare vicino alla figlia rassicurandola e cercando di lenire il dolore.
Aibileen vide i tre dei avvicinarsi, non aveva idea di cose le avrebbero fatto… per come si stava svolgendo la situazione avrebbe preferito morire una volta per tutte.
- La volete portare via? – chiese ai tre dei stringendo la figlia.
- No, figlia di Atena,  tua figlia è stata salvata stranamente dal fato – le spiegò Ecate.
- Aibileen rimarrà qui, ormai è viva, ma il suo corpo è quello di prima – spiegò Ade.
- E quindi? Dovrà soffrire così per sempre senza morire? – chiese Annabeth.
No! Piuttosto pugnalatemi pensò Aibileen stanca di non riuscire a respirare.
- No, per questo qui ci sono anche io – rispose Artemide avvicinandosi ad Aibileen e inginocchiandosi di fianco a lei.
La nipote di Atena guardò la madre e poi la dea che le sorrise nel suo corpo da ragazza poggiandole una mano al centro del petto.
Sta volta Aibileen sentì un immenso calore irradiarsi nel suo petto, ma era un calore benefico che le diede sollievo al bruciore costante che aveva nel petto.
Quando la dea si allontanò Aibileen stava bene, si sentiva bene, ma non capiva come fosse possibile.
- Il patto è questo Aibileen Jackson – le disse Artemide tornando con il suo sguardo serio e mettendosi in piedi – vivrai, il tuo corpo reggerà agli anni di vita che ti aspettano, ma solo se terrai fede al patto con Ecate – le disse.
La nipote di Atena guardò la dea della magia – Tanti anni passerai sulla terra, tanti ne passerai nel tartaro con me – le spiegò – in questo modo potrai vivere la tua vita come una mortale, o una semidea, insomma come vorrai finché non finirai i tuoi anni – le rispose la maga liquidando il discorso con un gesto della mano.
- Quindi… sono guarita? – chiese la nipote di Atena incredula.
- No, non del tutto, cerca di non sottoporre il tuo corpo a sforzi troppo eccessivi – le consigliò Artemide.
- Sono stata brava nonno? – chiese Maria andando ad abbracciare Ade che dovette lottare contro se stesso per noi lasciarsi andare e prendere in braccio la sua nipotina.
- Si, sei stata proprio brava – le rispose il dio facendole una carezza sulla testolina.
Ad Aibileen non sembrava un patto così terribile, sarebbe potuta rimanere sula terra e, allo stesso tempo, tornare nel Tartaro per rincontrare i suoi amici fantasmi; in questo modo entrambe le sue vite potevano coesistere senza rinunciare a nessun aspetto.
La prima a stringerla in un abbraccio improvviso fu sua madre, facendola sbilanciare e cadere completamente per terra, subito dopo si aggiunse Lilia, poi Lucas ed infine suo padre che strinse tutti.
La nipote di Atena si sentì soffocare un po’ da quell’abbraccio, ma non disse nulla e si godette la sua famiglia, finalmente riunita, e per un tempo maggiore di quanto avesse mai potuto immaginare.
 
Il resto della giornata era passato in fretta, forse troppo, Walt era ritornato pochi minuti dopo che i tre dei se n’erano andati ( Artemide non aveva voluto lasciare per troppo tempo sua figlia nella mani dello zio ) e aveva portato notizie di Fahime.
La maga stava bene, aveva deciso di rimanere negli Inferi ma di vivere insieme ai suoi nonni; quando Ziah e Carter lo avevano saputo un lieve sorriso gli aveva illuminato il viso.
Quella era una piccola consolazione per loro, da quanto aveva capito per i maghi era più facile andare dalla terra alla Duat e, quindi al tribunale del giudizio, ciò voleva dire che avrebbero potuto rivederla abbastanza facilmente.
Il fratellino di Fahime, Eric, non sembrava della stessa opinione, continuava a fissare tutti i membri dell’impresa con una leggera rabbia e il viso corrucciato, probabilmente era ancora nella fase in cui incolpava tutti per quello che era accaduto alla sorella.
Purtroppo non vi fu tempo di consolarlo o di fare supporto morale alla famiglia perché la conchiglia, che di solito suonava quand’era l’ora di pranzo, suonò e tutti i semidei furono richiamati a radunarsi davanti al padiglione della mensa.
Quando arrivarono davanti a loro si presentò una scena tanto strana quanto preoccupante; Chirone, insieme a quasi tutti gli dei, erano riuniti davanti alla mensa e fissavano i semidei con visi seri.
- Come mai questo richiamo? – chiese Annabeth leggermente scocciata ma incuriosita.
- Vorremo parlare con voi – interloquì Atena che sembrava essere stata eletta come portavoce – con tutti quelli presenti quando Setne è stato sconfitto e i capo cabina – specificò.
Un mormorio si diffuse tra la folla di semidei, non era un buon segno se gli dei volevano vederli, soprattutto dopo avvenimenti del genere, ma nessuno ebbe coraggio di replicare.
Mentre si dirigevano verso la casa grande Ruby e Sarah lanciarono sguardi perplessi a Lilia ed Aibi, ma nemmeno le due semidee avevano idea di cosa volessero gli Dei.
Si riunirono nella parte di Casa Grande che ancora era rimasta in piedi, gli Dei su un lato mentre i semidei ed i maghi sull’altro.
- Possiamo sapere come mai ci avete convocato? – chiese Piper come rappresentante della casa di Afrodite.
- Oh, niente di preoccupante tesoro, solo noiosa burocrazia – le rispose sua madre facendo un cenno come per accantonare il discorso e ricevendo numerose occhiate di disappunto.
- La questione di cui dobbiamo parlare è come far affrontare la fine della guerra ai mortali – spiegò il re degli Dei – siamo tutti di comune accordo che non sia una cosa positiva che i mortali sappiano della nostra esistenza – continuò – perciò vogliamo trovare un accordo con voi, chiedere il vostro aiuto, per elaborare un soluzione accettabile per fargli dimenticare – spiegò il dio anche se nella sua voce era chiaro che gli pesava dire tutto ciò.
I semidei e i maghi, da parte loro, erano completamente sorpresi da quella reazione, nessuno si sarebbe aspettato che gli dei venissero a chiedere il loro parere.
- Questa decisione è stata approvata anche dal nostro Pantheon? – chiese Carter dubbioso.
Zeus alzò gli occhi al cielo abbastanza scocciato – Si, anche i vostri dei approveranno la decisione comune che prenderemo – gli rispose il dio, non gli faceva piacere parlare con e degli Egizi.
- Voi avete già pensato a qualcosa? – chiese Will cortese.
- L’idea generale che ci era venuta era quella di cancellare la memoria a tutti i mortali invece che cancellarli completamente – spiegò Ermes lanciando un occhiataccia a suo padre.
- Questo mi sembra un ottimo inizio – commentò Percy.
- Se posso suggerire… dovremo trovare una soluzione che possa cancellare la memoria ai mortali ma non a tutti senza alcuna distinzione – spiegò Annabeth ricevendo molti sguardi dubbiosi e perplessi.
- Non tutti i mortali dovrebbero dimenticare, per esempio, i nostri genitori mortali potrebbero mantenere la memoria, anche loro sono stati molto coinvolti e non vorrebbero mai dimenticare cosa è successo ai loro figli o ai loro nipoti – spiegò la figlia di Atena.
Aibileen ripensò ai suoi nonni mortali, di quanto tempo fosse passato da quando li aveva visti l’ultima volta, di quanto le fossero mancati e di come sperasse che stessero bene; loro non avrebbero sicuramente voluto dimenticare nulla.
- Mi sembra una cosa importante da tener di conto – commentò Atena.
- Ora bisogna solo trovare questo modo – ricordò Frank pensieroso.
Lucas alzò una mano e aspettò che sua nonna gli desse il permesso di palare – Non si potrebbe chiedere aiuto a Mnemosine? – suggerì – essendo la dea della memoria potrebbe effettuare un lavoro simile – spiegò.
A parte l’espressione rabbiosa che apparve sul volto di Era per una frazione di secondo, gli altri dei non sembrarono entusiasti di chiedere aiuto alla Titanide.
- E’ difficile… e ci vorrebbe troppo tempo per contattarla – liquidò la questione il re degli dei – trovate un’altra soluzione – concluse.
Tutti i semidei presenti si misero a riflettere anche se gli sguardi erano principalmente puntati verso Annabeth, Lucas ed Aibileen dai quali si aspettavano una risposta abbastanza nell’immediato.
In realtà alla nipote di Atena un idea era venuta, ma non aveva avuto ancora il coraggio di proporla ai presenti visto che non sarebbe stata una cosa facile neppure quella.
Dopo diversi minuti in cui nessuno disse nulla, Aibileen si fece coraggio e parlò – Forse un modo ci sarebbe… - incominciò titubante.
- Non avere paura Aibi, parla – la incitò suo nonno sorridendole affabile come sempre.
La nipote di Atena sorrise e racimolò il coraggio per parlare davanti ad una assemblea di dei.
- Potremmo sfruttare le acque del Lete – spiegò – se ne viene usato una dose esatta si riesce a controllare il periodo di memoria che si vuole cancellare, giusto? – chiese a tutti ma rivolgendosi principalmente ad Ade.
Il dio degli Inferi annuì – E’ giusto, con la quantità esatta si può cancellare un periodo preciso di memoria, ma il Lete scorre negli Inferi, come credi di riuscire a portarlo sulla terra e a fare in modo che solo determinate persone lo ricevano? – le chiese dubbioso.
Aibileen si rimise a pensare ma sta volta la soluzione venne proposta da Lilia – Con della pioggia o mettendo l’acqua del fiume direttamente nelle tubature cittadine, con i poteri di Poseidone sarà uno scherzo far andare l’acqua contaminata solo nelle case di coloro che devono dimenticare – spiegò la semidea.
- Per me non vi è alcun problema – rispose il dio del mare – basta che il mio caro fratello mi lasci libero accesso al suo fiume – concluse Poseidone.
- Per me vale lo stesso nel caso della pioggia – s’intromise Zeus.
- Possiamo decidere da soli su come somministrare l’acqua del Lete ai mortali, questo non sarà un problemi dei semidei – intervenì Atena prima che scoppiasse l’ennesima lite tra fratelli.
- Quindi ora la situazione è risolta? – chiese Afrodite frettolosa – possiamo tornarcene sull’Olimpo? – aggiunse.
- Si possiamo tornarcene sull’Olimpo – le rispose Atena  leggermente scocciata.
Per fortuna di tutti i semidei presenti gli Dei decisero di uscire dalla stanza sulle loro gambe e non con uscite di scena spettacolari ma che avrebbero messo a serio rischio le numerose vite semidivine presenti.
Maghi e semidei aspettarono che gli Olimpi fossero usciti e poi fecero pre imitarli, ora che la faccenda di Setne era finita tutti volevano starsene un po’ con la loro famiglia senza pensare a questioni che esulassero da “Mamma ho fame, mi scappa questo, ho sonno”, ma Chirone gli fece segno di rimanere seduti.
- Vi è ancora una questione da discutere, quindi i capo cabina e i maghi dovrebbero rimanere – spiegò il Centauro.
- Anche noi? – chiesero Ruby e Sarah stupite ma allo stesso tempo curiose.
- No, solo gli adulti – rispose Chirone.
- Noi siamo adulti – risposero in coro i gemelli che, come ultima cosa, volevano essere estraniati dell’ennesima riunione.
 - Ma non siete capo cabina, io e vostro padre non abbiamo intenzione di lasciarvi il posto, quindi, fuori – ordinò perentoria Annabeth senza lasciare spazio alle repliche.
Sinceramente, anche Aibi avrebbe avuto da ridire, non era giusto che li tenessero fuori da un’altra decisione quando erano stati loro a salvare il mondo da Setne, non erano adulti ma, sta volta, avevano fatto più di loro.
- State tranquilli, non è una cosa grave – intervenne Carter per evitare liti tra genitori e figli – dobbiamo solo rivedere gli accordi tra Casa della Vita e i due Campi, potete andare a riposare, non vi perderete nulla, è solo burocrazia – li rassicurò il mago.
Tutti i ragazzi tirarono un sospiro di sollievo.
Mentre uscivano dalla Casa Grande, Aibileen si guardò intorno cercando Nathaniel, l’ultima volta che lo aveva visto era quando era entrato con loro nel portale poi sembrava essersi volatilizzato.
Riuscì in qualche modo a convincere i suoi fratelli che stava bene, ma che voleva essere lasciata sola, e a dileguarsi prima che qualsiasi altro semidio la intercettasse.
Si mise a camminare senza una vera meta, immersa in pensieri e riflessioni confuse, i piedi si muovevano da soli e rischiò di andare a finire varie volte contro qualche semidio; alla fine si fermò con un sospiro, trovandosi per un attimo spaesata e non riuscendo a riconoscere il punto del campo in cui era finita.
L’unica cosa che riconosceva era il laghetto delle canoe e, seduta sulla sponda con la figlia in braccio, vi era Artemide.
Forse perché quella dea le stava simpatica, forse perché Aibileen adorava i bambini, le venne l’idea suicida di avvicinarsi alla dea e di inginocchiarsi davanti a lei senza alcun permesso mettendosi a guardare la piccola semidea che rideva e si toccava la faccia.
- Hai bisogno di qualcosa Aibileen Jackson? – le chiese un po’ bruscamente la dea.
Aibileen arrossì sino all’attaccatura dei capelli e sorrise imbarazzata – No, io… mi perdoni ma ho un debole per i bambini e Kallisto è così carina… - le spiegò sperando che la dea non se la prendesse.
Sono una ragazza… posso fare complimenti a sua figlia senza rischiare di essere trasformata in un orsa o in una cerva, giusto?
Artemide si lasciò sfuggire un sorriso da “mamma fiera” guardando la sua bambina; Kallisto era una bella bambina paffuta con gli occhi chiari, quasi argentei, e dei radi capelli castano-rossiccio che le coprivano la testolina.
- Posso…? – le chiese titubante avvicinando una mano alla piccola.
La dea annuì leggermente ed Aibi accarezzò la testolina della bambina che rise, senza alcuna ragione precisa pensò che anche lei, più avanti, avrebbe voluto avere una bambina.
Sospirò e scosse la testa, nelle sue condizioni non poteva permetterselo, non poteva permettersi di affezionarsi a nessuno che non fosse un membro della sua famiglia, sarebbe stato troppo perdere qualcun altro…
- Non amare per paura di soffrire, è come non vivere per paura di morire –
Aibileen scosse la testa e guardò incredula la dea, aveva davvero sentito bene?
- Ehm… come? – le chiese dubbiosa.
- So’ che hai sentito semidea, non chiedermi di ripeterlo – le disse fissandola truce.
La semidea chinò il capo – Mi scusi, ora forse… è meglio che vada, grazie ancora – le disse alzandosi in segno di congedo; la dea le sorrise ed Aibileen se ne andò velocemente, meno aveva a che fare con gli dei, meglio stava.
Sta volta prese una strada conosciuta, decise di andare verso il bosco, in un punto in cui il laghetto vi entrava creando una piccola ansa tranquilla.
Mille pensieri, sta volta sensati, la iniziarono a tormentare; non era mai esistito qualcuno nella sua condizione e non aveva esempi da cui prendere spunto.
Quanto le conveniva rimanere sulla Terra?
Non troppo, o avrebbe dovuto passare lo stesso tempo nel Tartaro e non voleva rischiare di nuovo, non sapeva come fosse ridotto Esdra, forse non avrebbe potuto aiutarla.
Camminò immersa nei pensieri, riflettendo su tutto ciò che le era accaduto, cercando di immaginarsi come sarebbe potuta essere la sua vita in futuro; grazie allo stratagemma del Lete avrebbero potuto approfittarne per far sparire i documenti che certificavano la sua morte e farla tornare in vita, ma vi erano altre cose, non burocratiche, che avrebbe dovuto affrontare.
- Pensieri? –
Ad Aibileen prese un colpo quando la voce conosciuta la riportò sulla terra.
- Nathaniel – gli disse sorridendogli e salutandolo.
- Ciao Aibileen Jackson – le rispose scherzoso – la tua mente da nipote di Atena è troppo agitata? – le chiese.
La semidea gli sorrise tristemente – Già… -
Rimasero in silenzio e camminarono sino alla sponda del laghetto dove si sedettero.
- Sai, se vuoi con me puoi smettere – la rassicurò il figlio di Ecate guardando l’orizzonte.
- Di fare cosa? -  gli chiese Aibileen dubbiosa fissandolo.
- Di fingere – le rispose con un sorriso tra il dolce e il divertito.
Aibileen sorrise e sospirò mentre, lentamente, faceva abbassare il leggero strato di foschia che l’aveva protetta sino a quel momento.
Sulle braccia apparvero dei segni rossi, sotto l’occhio destro apparve un leggero livido insieme a delle occhiaie ben visibili e, intorno ad entrambi i polsi, segni rossi e ferite rimarginate solo parzialmente; Aibileen ringraziò gli dei che la sua schiena fosse coperta.
Il figlio di Ecate le prese una mano e le sfiorò con un dito i segni rossi sul polso.
- Ti manca Esdra? – le chiese alla sprovvista.
- Un po’… - ammise la nipote di Atena.
- Tornerai tardi nel Tartaro? – le chiese ancora.
- Non troppo… quel posto non mi fa bene – gli spiegò mentre un brivido le percorreva tutto il corpo.
- Cosa intendi? Più tardi vai più puoi rimanere qui e non sembrava che stessi male quando sei ritornata – le fece notare.
- Solo perché Esdra mi aveva salvata – gli confessò – ho rischiato di perdermi negli Inferi Nathaniel, di diventare un anima persa, stavo smettendo di ricordarmi chi ero -.
Era la prima volta che lo confessava a qualcuno, e doveva ammettere che aveva un qualcosa di liberatorio non tenere più il segreto solo per se stessa.
Il figlio di Ecate la guardò sgranando gli occhi e stringendole istintivamente la mano – Aibi… -
- Per questo non voglio tornare troppo tardi nel Tartaro, ho paura di perdermi di nuovo, di smettere di esistere una volta per tutte, di non riuscire più a ritornare – gli spiegò mentre una nota di panico le stringeva la voce.
Senza nessuna ragione valida, Nathaniel, la tirò a se’ e la strinse con forza facendole nascondere il viso sul suo petto.
- Non sparirai – le promise
- Come fai  ad esserne così sicuro? – gli chiese senza scostarsi dalle sua braccia, si sentiva così protetta in quell’abbraccio.
- Perché io verrò con te, sono un figlio di Ecate, posso resistere al Tartaro – le ricordò convinto.
Aibileen si scostò e fissò il figlio di Ecate con rabbia e determinazione.
- Non reggeresti nemmeno un mese, non sei abituato al clima di là sotto e posso assicurarti che era un oasi quando siete venuti a recuperarmi, rischieresti di morire – gli spiegò – quindi non verrai con me – concluse perentoria.
Nathaniel la guardò serio – Ma non ti lascerò perdere in quegli abissi infernali, parlerò con mia madre, troverò l’anima di Esdra o…  -
- Smettila Nath, ce la farò… - lo interruppe Aibileen sorridendogli tristemente tutt’altro che sicura delle sue parole – sai che ne sono capace – gli ricordò.
- Io non dubito delle tue capacità Aibileen, ma non voglio che tu sia da sola in questa cosa, perché non devi affrontare sempre tutto da sola – le spiegò.
- E allora cosa vuoi fare? – gli chiese dubbiosa e sorridendo alla determinazione del tuo ragazzo.
- Posso darti un motivo per ricordarti chi sei, un bel motivo per tornare sulla terra oltre alla tua famiglia – le disse sicuro di se’.
- Davvero? E quale sarebbe? – gli chiese ridendo la semidea.
Il figlio di Ecate esitò solo per un secondo e poi, senza alcun preavviso, strinse Aibileen a se’ e la baciò.
La semidea rimase all’inizio sorpresa, non aveva mai baciato nessuno prima e non aveva idea di come si facesse, si sentiva soltanto molto imbarazzata e un po’ confusa.
Poi però si rilassò, chiuse gli occhi e dischiuse le labbra lasciando che Nathaniel la baciasse e lei potesse rispondere il meno impacciatamente possibile.
Il bacio non durò molto, anche Nathaniel non doveva essere un esperto, però fu dolce ed Aibileen fu soddisfatta del suo primo bacio.
I due semidei si guardarono e arrossirono entrambi distogliendo subito lo sguardo; Aibileen si scostò un ciuffo di capelli che le era caduto davanti al viso dietro l’orecchio cercando di dissimulare l’imbarazzo.
- Mi… mi sembra un ottimo motivo per tornare – commentò timidamente.
Rimasero per qualche tempo seduti sulla riva ad osservare gli alberi e l’acqua che venivano illuminato dall’ultimo sole della giornata.
 
Lilia li trovò poco prima di cena, la nipote di Poseidone non disse nulla ma continuò a guardare la sorellina lanciandole sguardi complice e occhiate ammiccanti.
Quella sera, al campo, la notte fu lunga.
Subito dopo cena vi furono i funerali per i semidei morti nell’ultima battaglia; Aibileen, dopo aver chiesto aiuto a sua mamma, aveva tessuto un drappo per Esdra e lo aveva bruciato insieme agli altri anche se non avevano un corpo su cui avvolgerlo.
Anche i maghi parteciparono ai riti funebri greci e romani, Aibileen non pensava che fossero così tanti, era stata poco al campo e maghi ne aveva visti ben pochi.
Fu tessuto anche un drappo per Fahime, che fu bruciato insieme agli altri, questo fece molto piacere a Carter e Ziah che parteciparono al rito portandolo sino al falò.
Aibileen partecipò, e rimase sorpresa quando vide una gatta rossiccia seguirli per tutto il cammino ed emettere un miagolio sofferto mentre il drappo prendeva fuoco.
Dopo di che la serata cambiò completamente faccia e iniziarono i festeggiamenti per la fine della guerra e per la pace ritrovata, vi era così tanta confusione che Aibileen si sentì come se fosse ubriaca e molti fatti della serata le sfuggirono completamente di testa.
Il mattino dopo però riuscì a svegliarsi normalmente, nella Casa di Poseidone, in un ambiente famigliare e che sapeva di vita.
La porta si spalancò all’improvviso e Lilia entrò come un uragano nella stanza.
- Svegliati piccola mortale, oggi è una nuova giornata e molto importante – le disse la sorella strappandola letteralmente dal letto.
- Perché, cosa succede? – le chiese preoccupata e ancora mezza assonnata.
- Io e Lucas ci siamo sfidati ad una gara di corsa – le spiegò la semidea
Aibileen guardò sua sorella stranita – In una gara… di corsa? – le chiese mentre scendeva dal letto.
- Si, mentre tu non c’eri è venuto fuori che, tutte le gare di corsa che ho vinto da piccola contro Lucas, erano truccate, Lucas mi lasciava vincere. – le spiegò mentre le passava i vestiti.
- E quindi ora… -
- Voglio la rivincita, una vera gara – le spiegò sicura.
La nipote di Atena si vestì mentre la sorella la osservava impaziente – Non ho fatto colazione… - si lamentò sentendo che anche il suo stomaco aveva già da ridire.
- Ti ho preso qualcosa io, ora però muoviti – le disse Lilia mettendole in mano un muffin al cioccolato e un succo di frutta.
Lilia la trascinò verso l’arena mentre Aibileen mangiucchiava la sua colazione improvvisata.
Il campo era in fermento, tutti i semidei, e molti maghi, si erano messi al lavoro  per ricostruire; presto molti semidei avrebbero seguito i maghi nei nomi per aiutarli allo stesso modo.
Era impressionante la facilità con cui maghi e semidei riuscivano a rialzarsi dopo una catastrofe.
Entrarono nell’arena ed Aibileen salutò i suoi amici già seduti sugli spalti; Lilia e Lucas erano riusciti a racimolare un folto pubblico.
Aibileen lanciò un occhiata a suo fratello, Lucas sorrideva ma si vedeva chiaramente che vi era qualcosa che non andava.
Si andò a sedere tra Nathaniel e Ruby mentre Sarah era in piedi di fianco ai gemelli come giudice della gara.
- Buon giorno Aibileen Jackson, come va? – le chiese Nathaniel sorridendole.
- Molto bene a parte la sveglia un po’ troppo brusca – ammise ridendo.
I due ragazzi sorrisero e poi arrossirono leggermente.
La semidea guardò i suoi fratelli pronti sulla linea di partenza mentre Sarah dava il via alla gara e loro partivano di corsa.
La nipote di Atena  guardò di nascosto Nathaniel che stava facendo il tifo per Lilia ( scelta molto saggia ) e sorrise.
Aibi sapeva che le era stata concessa una seconda possibilità e aveva deciso che, sta volta, non ne avrebbe sprecato nemmeno un giorno.

Ed eccolo qui, in questo capitolo sono stata particolarmente brava :3
Spero vi sia piaciuto e chiedo scusa per eventuali errori di ortogrfia o grammatica, ma mi ritrovo a scrivere sempre ad ore impossibili -.-"
Il prossimo sarà l'ultimo capitolo e giuro che non sarà un Epilogo traumatizzante come quello di Una Generazione Mortale :D
Spero di riuscire a pubblicarlo in orario, mi aspetta una settimana infernale a scuola -.-"
Come sempre ringrazio chi legge, chi ha messo la stora tra le preferite, chi segue e chi recensisce; mi fa sempre piacere ricevere le vostre recensioni ^.^
Direi che per ora è tutto, grazie per avermi seguito sino a qui :3
Un abbraccio,
Darkness_Angel

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Capitolo 26
*** Epilogo ***


Salve a tutti!
Scusate per il ritardo nella pubblicazione ma mi sono presa l'influeza e non avevo la forza di alzarmi dal letto e mettermi al computer T.T
In ogni caso, ecco a voi l'Epilogo :3
Si svolge 10 anni dopo la fine dello scorso capitolo ed è a Pov Lilia, non ché leggermente più corto :)
Spero che vi piaccia,
Buona Lettura.

Epilogo

 
La sveglia incominciò a suonare ricordando a Lilia che era l’ora di alzarsi.
La nipote di Poseidone emise un gemito sofferto e allungò la mano in modo da raggiungere l’arnese infernale e spegnerlo una volta per tutte.
Aprì un occhio cercando di prendere bene la mira e non rischiare che la sveglia cadesse per terra, sarebbe stata la quarta rotta nel giro di un anno, ma vide che il suo cellullare era illuminato, chiaro segno che le era arrivato un messaggio.
Si allungò con la grazia degna di un gatto che sta cercando di stirarsi appena sveglio, e afferrò il telefonino per vedere chi la stava cercando:
“ Buon compleanno alla mia piccola bambina che oggi diventa ancora più grande”
Lilia sospirò ma sorrise, sua madre non si smentiva mai, non poteva semplicemente scriverle “Buon trentunesimo compleanno”.
Le rispose velocemente, ripose il cellulare sul comodino e poi si mise un braccio sugli occhi cercando di fermare la luce che filtrava dalle tende semiaperte.
Oggi è il mio compleanno… compio trentun anni e nessuno dei miei fratelli è presente.
Emise un lungo sospiro e poi si alzò a sedere sul letto pronta per iniziare un’altra giornata; oggi non aveva il lavoro, quindi sarebbe potuta andare  trovare i suoi nonni oppure Veronika…  aveva ancora un po’ di tempo per pensarci, avrebbe deciso dopo.
Per tutta la mattina, mentre si preparava e faceva colazione il cellulare continuò ad emettere piccoli trilli per avvertirla dei numerosi messaggi di auguri che le arrivavano; suo padre, i suoi nonni, Ruby e Sarah ( ebbene si nel primo nomo vi era campo ), dal suo ex-ragazzo Jess, da tutti i suoi cugini acquisiti e naturalmente da tutti gli zii acquisiti.
Lilia si stava infilando la maglietta quando un suono diverso dai soliti messaggi proveniente dal suo cellulare la riscosse.
La semidea si gettò sul letto e afferrò il cellulare aprendo subito il messaggio con la suoneria personalizzata che identificava suo cognato, sopra vi erano solo poche parole.
“ E’ tornata”
Lilia non riuscì subito ad identificare il senso del messaggio, anche se ormai era quasi un avvocato il suo deficit da nipote di Poseidone si faceva sentire quando doveva ragionare sulle cose di tutti i giorni.
E’ tornata… ma no, non è possibile!
Ricontrollò i messaggi ricevuti per essere sicura che tra la miriade di auguri non vi fosse un altro messaggio di Nathaniel che le spiegasse meglio la situazione ma non ve ne erano, l’unico era quell’enigmatico “è tornata”.
La nipote di Poseidone emise un sospiro frustrato e gli rispose velocemente “Arrivo” se Nathaniel voleva fare il criptico allora anche lei non si sarebbe sprecata con le parole.
La filosofia di Lilia era sempre stata semplice:
“ Mai chiarire per iscritto le cose che si possono chiarire di persona”.
Seguendo questa sua teoria aveva evitato molti fraintendimenti, come quando aveva lasciato Jess perché aveva capito che non era il suo tipo ( come i ragazzi in generale) o come quando sua sorella le aveva detto che si sarebbe sposata poco dopo aver compiuto ventiquattro anni.
L’unico con cui non aveva potuto chiarire era stato Lucas, che lentamente si era sempre più allontanato dalla loro famiglia per poi distaccarsi del tutto con la scusa di voler andare a studiare medicina fuori città; Lilia sapeva che suo fratello non si era mai veramente ripreso dalla morte di Fahime, lo dimostrava il fatto che aveva mantenuto un rapporto abbastanza stretto solo con una figlia di Ecate, ma che non avevano mai dichiarato ufficialmente di stare insieme ( e questo era successo solo anni dopo la morte della maga).
La nipote di Poseidone scosse la testa e allontanò i pensieri dal fratello e dal messaggio di auguri che gli aveva inviato il quale, come ogni anno, sarebbe stato ignorato e rimasto senza risposta.
Si finì di vestire rapidamente, buttando dentro una borsa le cose che le sarebbero servite più nell’immediato, la cosa che le premeva ora era scoprire cosa cavolo era successo.
Uscì di casa ricordandosi, per fortuna, di chiudere a chiave l’appartamento e di lasciare qualche vivere di sussistenza al gatto che quella mattina aveva deciso di continuare a poltrire su una sedia nonostante la frenesia che agitava la sua padrona.
La semidea percorse velocemente i pochi metri che la separavano dalla fermata di metropolitana più vicina, scese le scale e salì sul primo treno che l’avrebbe portata sino a casa di sua sorella.
Il viaggio le sembrò durare delle ore invece che i soliti venti minuti e le fermate sembrarono triplicarsi; continuava a ripetersi di stare calma, che se fosse successo qualcosa di grave Nathaniel gliel’avrebbe scritto e non l’avrebbe lasciata così all’oscuro di tutto.
Quando, finalmente, la voce metallica chiamò la sua fermata, Lilia si  gettò fuori dal treno e risalì in superficie come se avesse un mostro alle calcagna.
Dalla fermata della metro all’appartamento di sua sorella vi erano ancora dieci minuti a piedi che Lilia percorse a passo svelto schivando e superando le persone che le camminavano intorno; le dava fastidio che tutti fossero tranquilli a parte lei.
Aibileen e Nathaniel  abitavano in un appartamento al terzo piano in una strada leggermente in periferia rispetto al centro di New York.
Se fosse stato per su sorella, sarebbe andata a vivere in periferia, in un quartiere con casette basse, ringhiere bianche e giardino, ma la sua casa ideale era troppo lontana dall’Ospedale, caratteristica che non andava affatto ben per una ragazza con i suoi problemi; ogni metro in meno era una possibilità in più di salvarle la vita.
Lilia arrivò davanti al portone e suonò il citofono tre volte, in modo da far capire che era lei; nessuno le rispose ma il portone si aprì solo dopo qualche secondo.
La semidea entrò dentro all’atrio con slancio, come se stesse partecipando ad una corsa, lasciando che la porta sbattesse dietro di lei.
Aspettare l’ascensore le avrebbe fatto perdere tempo, così si gettò su per le scale e percorse le sei rampe in meno di un minuto.
- Non c’era bisogno di correre – la rassicurò Nathaniel sulla soglia dell’appartamento mentre Lilia riprendeva fiato.
- Cosa è successo? In che senso “è tornata”? Si è sentita male? – chiese la maggiore delle Jackson mente entrava in casa.
Nathaniel rise – “E’ tornata” significa che è tornata – le rispose.
Lilia non capiva come mai suo cognato la prendesse così alla leggera.
Aibileen non poteva essere tornata, era scesa nel Tartaro solo due settimane prima dopo aver passato due mesi sulla terra, ciò voleva dire che sarebbe dovuta ritornare dopo altri due mesi; se Ecate l’aveva lasciata andare così presto voleva dire che c’era qualcosa che non andava.
- Perché è tornata? Da quando Ecate le fa sconti sul soggiorno nel Tartaro? – gli chiese Lilia confusa e leggermente irritata.
Lilia si ricordava di quando Aibileen aveva iniziato a fare avanti e indietro dal Tartaro; le prime volte aveva sbagliato lasso di tempo e vi era rimasta troppo, aveva rischiato di perdersi e solo grazie all’aiuto di Nathaniel, e del fantasma di Esdra, era riuscita a rimanere se stessa, per questo le sembrava strano che Ecate la lasciasse andare così facilmente visto che, neanche quando aveva rischiato di diventare un anima perduta, aveva dato il suo benestare per portarla via.
- Lilia devi stare tranquilla, sta bene, è tornata ma non per un motivo… grave – la rassicurò.
La semidea non riusciva ancora a capire perché il figlio di Ecate non le parlasse chiaro, ma la sua anima si diede una calmata quando vide uscire fuori dal salotto sua sorella che le sorrideva radiosa.
- Lili! – la salutò Aibileen mentre le due sorelle correvano ad abbracciarsi.
La nipote di Poseidone strinse la sorellina e poi la allontanò un secondo per vedere se vi fosse qualcosa che non andava, ma sua sorella stava bene.
Aibileen sembrava il ritratto della salute, gli occhi di un verde brillante, i capelli scuri e ricci tagliati corti sulle spalle e persino un leggero colorito roseo sulle guance.
- Cosa ci fai qui? Come mai Ecate ti ha lasciato andare così presto? Hai qualcosa? – le chiese apprensiva.
Aibileen scoppiò a ridere e questo fece irritare ancora di più Lilia, possibile che nessuno fosse preoccupato?
- Calmati Lili va tutto bene – la rassicurò la sorella stringendole la mano – c’è una novità, per cui Ecate mi ha fatta tornare, ma non è una cosa brutta – aggiunse cercando di trattenere un sorriso di pura gioia.
La nipote di Poseidone era sempre più confusa, si girò verso Nathaniel per ricevere informazioni più precise ma il figlio di Ecate si limitò a ridere di sottecchi.
- Oh per gli Dei, volete darmi una risposta per una buona volta? – sbottò la figlia di Poseidone.
Aibileen scoppiò a ridere – Eh va bene, ecco la tua risposta – le disse.
La nipote di Atena si lisciò la maglia fermandosi con la mano poco sotto l’ombelico e sorrise; Lilia non capì subito il gesto della sorella ma poi vide che la maglia non seguiva le forme del corpo longilineo della sorellina ma che, all’altezza del ventre, prendeva una curva perfettamente rotonda.
Lilia arrivò subito alla conclusione più ovvia; sgranò gli occhi e fissò Aibileen che le rispose sorridendole ancora più radiosa.
Ora era tutto chiaro, vi era un unico motivo per cui Ecate l’aveva lasciata andare via così presto:
sua sorella era incinta.
 
Come le capitava  quando una cosa la coglieva di sorpresa, Lilia disse la cosa più stupida tra le tante che le passavano per la mente.
- Come..? –
Nathaniel ed Aibileen scoppiarono a ridere, Lilia cercò di non arrossire e dissimulò il leggero imbarazzo con una risata – Cioè so’ come, ma quando? – le chiese abbracciando la sorellina.
- Circa tre mesi fa, solo che ce ne siamo accorti adesso – le spiegò la sorella.
La nipote di Poseidone la strinse forte – E’ una notizia bellissima Aibileen, diventerò Zia! – le disse eccitata.
Aibi rise – Puoi fermarti un pochino? Così ti racconto – le disse con lo stesso tono che usava da ragazzina quando prendeva da parte Lilia per raccontarle gli ultimi aggiornamenti su lei e Nathaniel.
- Certo, tanto per oggi non avevo programmi – la rassicurò.
Le due Jackson andarono in cucina mentre Nathaniel, dopo aver dato un bacio di sfuggita ad Aibileen, tornava nel suo studio per continuare a lavorare.
- Davvero non hai programmi per oggi? – le chiese Aibileen mentre preparava il the per entrambe
- pensavo ti vedessi con Veronika o che la mamma ti avesse invitato a cena – le spiegò sorridendo.
- Forse mi vedo con Veronika e aspetto la chiamata della mamma da un momento all’altro – le rispose ridendo – ma ora non pensiamo al mio compleanno che arriva tutti gli anni, raccontami un po’ della tua novità – le disse mentre prendeva la sua tazza di te e andavano a sedersi nel tavolinetto che sua sorella aveva messo sul balcone della casa; era una delle poche case nel circondario che aveva uno sbocco sull’esterno e, soprattutto, sul parco antistante.
Aibileen sospirò e sorrise – Sinceramente non ce lo aspettavamo, sai che fare avanti e indietro dal Tartaro mi aveva dato problemi che non mi sarei mai nemmeno sognata di riuscire ancora ad avere un bambino – le spiegò – ed invece eccomi qui, senza cercarlo è arrivato – gli rispose facendosi una carezza sopra il ventre.
- Lo hai già detto alla mamma? – le chiese
- No, sono tornata nemmeno due ore fa ma… volevo che fossi la prima a saperlo – le spiegò.
Lilia sospirò e sorrise - Quindi tra sei mesi diventerò zia… - commentò ad alta voce – è il più bel regalo di sempre! – le disse eccitata come una bambina.
Aibileen scoppiò a ridere ma poi si fermò lasciando scappare un gemito e raddrizzando la schiena.
Lilia si fece attenta – Le ferite? – le chiese leggermente apprensiva.
Aibileen annuì ma ritornò a sorridere lanciando uno sguardo al parco davanti a loro – Si fanno sentire se sforzo troppo la schiena o se c’è umido… è probabile che domani pioverà – scherzò la ragazza.
La nipote di Poseidone rise ma non di gusto, non si sarebbe mai dimenticata di quando Aibileen le aveva confessato cos’era successo nelle prigioni di Setne, di quando si era levata la maglietta per farle vedere la schiena segnata dalla frusta, o di quando si svegliava nel cuore della notte gridando in preda ad incubi che le avevano causato le torture.
- Pensi che ti potrebbero dare problemi con l’avanzare della gravidanza? – le chiese
- No, ormai sono guarite, sono solo le cicatrici che rendono la pelle meno elastica, stai tranquilla Lili – la rassicurò la sorellina prendendole una mano.
La maggiore delle Jackson le sorrise e sospirò – D’accordo, infondo si dice che il tempo guarisce tutte le ferite… – commentò.
Aibileen le sorrise – Sai Lili, non so’ se il tempo possa curare veramente tutte le ferite, ma di una cosa sono certa: prima o poi la ferita si rimarginerà e al suo posto rimarrà solo una bianca cicatrice di cui, piano piano, ci dimenticheremo – le  disse sorridendole dolcemente e accarezzandosi la leggera curva del ventre.
Lilia rimase a casa della sorella ancora per qualche ora parlando del più e del meno; alla nipote di Poseidone mancavano quei momenti tra sorelle, con Lucas lontano Aibileen era l’unica con cui poteva confidarsi all’interno della sua famiglia; i loro genitori non avevano più l’età per stare ad ascoltare tutti i problemi, anche un po’ inutili, della figlia.
Poco prima di pranzo Lilia decise di andare, anche se sua sorella e Nathaniel le avevano proposto di fermarsi per pranzo, per qualche ragione la nipote di Poseidone si sentiva di troppo.
Salutò la sorella con un lungo abbraccio mentre l’altra le diceva che l’avrebbe tenuta informata e che si sarebbero sentite presto, le augurò ancora una volta buon compleanno e poi Lilia scese di nuovo in strada per riandare a prendere la metro.
Istintivamente prese il cellullare per guardare se qualcuno  l’avesse cercata mentre era da sua sorella, non sapendo quale fosse la questione lo aveva messo in silenzioso, e logicamente trovò quattro chiamate perse e un messaggio.
Due chiamate erano di sua madre mentre la terza di suo padre ( anche se probabilmente era sempre sua madre che aveva tentato con l’altro telefono) e la quarta era di Veronika, avrebbe richiamato tutti subito dopo aver controllato il messaggio.
Proveniva da un numero che conosceva, ma spesso i suoi amici semidei cambiavano numero perché quello vecchio aveva attirato troppi mostri.
Lo aprì e il suo cuore perse un battito.
“ Tanti auguri sorellina, Luc”.
Lilia non credeva a quello che leggeva sullo schermo; suo fratello le aveva fatto gli auguri di compleanno, questo voleva dire che era vivo e che adesso aveva un numero sicuro dove poterlo rintracciare, era davvero il suo più bel compleanno.
Rimase a guardare il messaggio ancora per qualche secondo ripensando a quello che le aveva detto sua sorella.
Forse, alla fine, tutte le vecchie cicatrici sarebbero scomparse per davvero.
 

  Fine.


Ed eccoci giunti alla fine :)
Qualcuno mi ha chiesto se ci potrebbe essere un Sequel parte 3 ma non ci sarà :) Però potrebbe esserci un ritorno di Aibileen anche se è un "forse".
Il finale è  aperto perché voglio lasciare spazio alla vostra immaginazione su come sarà il futuro di Aibileen, almeno non si rischiano traumi anche in questo Epilogo :P
Di mia idea però ( quindi la versione, "ufficiale" ) Aibileen morirà di parto a 31 anni, dopo aver messo al mondo il secondo figlio, perché il suo corpo non reggerà ad un'altro sforzo simile.
Inoltre ( piccole note :D ): A Lilia picciono le ragazze ( penso si sia capito); Eric seguirà il sentiero di Seth e i suoi genitori lo approveranno; la madre di Maria di Angelo era una mortale, con cui Nico era stato per un certo periodo ma che, purtroppo, morì in seguito ad un incedente.
Spero di aver chiarito qualsiasi dubbio, se ve ne fossero ancora scrivetemi e ve li chiarirò :)
Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguito anche in questa seconda avventura leggendo, recensendo, mettendo la storia tra le preferite, etc. Grazie per la fiducia :D <3
Spero che questo finale vi sia piaciuto, sentirete ancora parlare di me :D
Un abbraccio e un bacio,
Darkness_Angel.




 

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