Un gioco di luce in un mondo di tenebre

di deborahdonato4
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. Saluti al Campo Mezzosangue ***
Capitolo 2: *** 02. In viaggio verso la nuova casa ***
Capitolo 3: *** 03. Niente armi a casa Solace! ***
Capitolo 4: *** 04. A cena con i Solace [Parte 1] ***
Capitolo 5: *** 05. A cena con i Solace [Parte 2] ***
Capitolo 6: *** 06. Bruciato o al cioccolato? ***
Capitolo 7: *** 07. Una festa da urlo ***
Capitolo 8: *** 08. Primo giorno di scuola per Nico di Angelo ***
Capitolo 9: *** 09. Natale negli Inferi [Parte 1] ***
Capitolo 10: *** 10. Natale negli Inferi [Parte 2] ***
Capitolo 11: *** 11. Will, sono io. Tuo padre ***
Capitolo 12: *** 12. Al fuoco di un nuovo anno [Parte 1] ***
Capitolo 13: *** 13. Al fuoco di un nuovo anno [Parte 2] ***
Capitolo 14: *** 14. Il compleanno di Nico ***
Capitolo 15: *** 15. Il ferro dello Stige in azione [Parte 1] ***
Capitolo 16: *** 16. Il ferro dello Stige in azione [Parte 2] ***
Capitolo 17: *** 17. Il ferro dello Stige in azione [Parte 3] ***
Capitolo 18: *** 18. Lo voglio se lo vuoi anche tu [Parte 1] ***
Capitolo 19: *** 19. Lo voglio se lo vuoi anche tu [Parte 2] ***
Capitolo 20: *** 20. Lo voglio se lo vuoi anche tu [Parte 3] ***
Capitolo 21: *** 21. Cenetta romantica ***
Capitolo 22: *** 22. Dialoghi da divano ***
Capitolo 23: *** 23. Babysitter per un giorno [Parte 1] ***
Capitolo 24: *** 24. Babysitter per un giorno [Parte 2] ***
Capitolo 25: *** 25. Babysitter per un giorno [Parte 3] ***
Capitolo 26: *** 26. Will, io... No, aspetta... Cosa?! ***
Capitolo 27: *** 27. La piccola Christal ***
Capitolo 28: *** 28. Nico e Christal ***
Capitolo 29: *** 29. La figlia di Venere ***
Capitolo 30: *** 30. Depressione ***
Capitolo 31: *** 31. Contrattempi (in)attesi ***
Capitolo 32: *** 32. Una giornata alle giostre [Parte 1] ***
Capitolo 33: *** 33. Una giornata alle giostre [Parte 2] ***
Capitolo 34: *** 34. Una giornata alle giostre [Parte 3] ***
Capitolo 35: *** 35. Sei un ottimo padre, Nico ***
Capitolo 36: *** 36. Aaron Navarro ***
Capitolo 37: *** 37. Riunione di famiglia [Parte 1] ***
Capitolo 38: *** 38. Riunione di famiglia [Parte 2] ***
Capitolo 39: *** 39. Riunione di famiglia [Parte 3] ***
Capitolo 40: *** 40. Dialoghi da vasca ***
Capitolo 41: *** 41. Mai più profezie [Parte 1] ***
Capitolo 42: *** 42. Mai più profezie [Parte 2] ***
Capitolo 43: *** 43. Mai più profezie [Parte 3] ***
Capitolo 44: *** Extra. Bentornato al Campo Mezzosangue [Parte 1] ***
Capitolo 45: *** Extra. Bentornato al Campo Mezzosangue [Parte 2] ***
Capitolo 46: *** Extra. Bentornato al Campo Mezzosangue [Parte 3] ***
Capitolo 47: *** Extra. Insieme ***



Capitolo 1
*** 01. Saluti al Campo Mezzosangue ***


Nico di Angelo si guardò attorno, pensieroso. Quella situazione non gli piaceva per niente. E se pensava al giorno seguente, le cose potevano solo peggiorare.
«No, così non va.» sbottò Will Solace.
Nico guardò il ragazzo biondo aprire per la terza volta consecutiva la borsa, e non mosse un muscolo mentre svuotava il contenuto della borsa sul letto.
«Will...» mormorò Nico, senza forze. «Will, per favore...»
Will gli scoccò un'occhiataccia e Nico si zittì. Si coricò sul letto di Angel, le dita posate sul ventre, e rimase ad osservare il figlio di Apollo. Lamentarsi era inutile, lo sapeva bene.
Will incominciò a piegare daccapo i suoi vestiti. Era da più di un'ora che stava cercando di farlo, ma quando era il momento di sollevare la borsa e uscire dalla sua cabina... be', notava una maglietta spiegazzata e si affrettava a disfare la borsa.
Era un lavoro che andava fatto meticolosamente. Non intendeva lasciare il Campo Mezzosangue senza avere tutto in ordine. E se poi avesse dimenticato qualcosa?
Will lanciò un'occhiata a Nico, che attendeva paziente. Il figlio di Ade aveva dimostrato una calma inumana, nelle ultime ore. Di tanto in tanto, però, si alzava in piedi, con il desiderio fisso di aiutarlo, ma si ritirava sul letto di Angel quando capiva che Will avrebbe preferito ucciderlo piuttosto che farsi dare una mano.
«Tu hai preso tutto?» abbaiò Will, e Nico sussultò.
«Sì, tutto.» affermò Nico.
«Sei sicuro?»
«Sì.»
«Ne sei assolutamente certo?»
«Sì.»
Will sbuffò e tornò alla sua occupazione. Nico rimase a guardarlo per qualche altro minuto, prima di chiudere gli occhi e schiacciare un pisolino.
Una volta aver riempito la valigia, Will la chiuse, e guardò la sua scrivania. Tutti i libri di medicina erano stati spediti a casa la settimana precedente, assieme a tutti i suoi romanzi. Ormai non gli restava più nulla, in quella cabina. Aprì i cassetti, tolse tutte le lettere e le infilò all'interno dell'album di fotografie. I suoi fratelli glielo avevano regalato qualche giorno prima, durante la consegna delle perle. Ora portava al collo ben sei perle. Aveva passato ben sei anni al Campo Mezzosangue. Ora era il momento di andarsene, vivere una vita diversa. Con una persona sola al suo fianco.
«Will, sei ancora qui?»
Will si voltò verso l'entrata e guardò suo fratello Angel avvicinarsi un po' titubante. Non fece commenti riguardo al figlio di Ade che sonnecchiava sul suo letto.
«Sì. Ho appena finito la valigia.» gli disse Will.
«E Nico?»
«Dice di aver già concluso la sua.»
Angel sorrise. «Be', lui non è un maniaco dell'ordine.»
Will puntò lo sguardo su di lui. «Io non sono un maniaco dell'ordine.» farfugliò Will.
Angel rise, e anche Nico ridacchiò.
«Pensavo dormissi.» gli disse Will, mentre Nico si rigirava tra le coperte e si alzava in piedi. I capelli gli erano ricresciuti di pochi centimetri, a sufficienza per farli sparare in aria, completamente in disordine. Non li spazzolava mai.
«Ho solo chiuso gli occhi per un po'.» rispose Nico, tranquillo. Afferrò la valigia di Will, che pesava un quintale. «Abbiamo finito qui?»
Will annuì, un po' titubante.
Angel li accompagnò fuori, e Will recuperò lo zainetto nero e blu che li attendeva fuori dalla cabina di Ade. Nico non possedeva molte cose, e alcuni vestiti aveva deciso di lasciarli nella sua cabina.
«Immagino che vi divertirete tantissimo.» disse Angel, sgranchendo le braccia.
«Non stiamo andando in vacanza, Angel.» gli fece notare Will. «Anzi, è tutt'altro.»
Angel sorrise. «Entrerete a far parte della società. Che bell'affare.»
Si avviarono verso l'uscita del Campo, e Will si voltò un secondo per lanciare un'occhiata alla capanna. Nico non gli aveva permesso di portarsi via la sua tavola da surf. Era come lasciare un pezzo del suo cuore.
Ma visto che l'altra parte più generosa del suo cuore stava venendo via con lui... be', tornò a guardare davanti a sé.
«Allora partite, eh?» disse Jason Grace, avvicinandosi a loro. Era più alto, e nelle ultime settimane aveva addestrato nuovi semidei.
«Sì, è arrivato il momento.» annuì Nico. «Tu e Piper, invece?»
«Ancora qualche settimana, credo.»
«Verrete a trovarci?»
Jason spostò lo sguardo su Will, che non fece commenti, e annuì. «Certo.»
Jason e Nico si scambiarono un breve abbraccio, poi Nico e Will furono risucchiati dalla folla di semidei venuti a dargli il loro ultimo saluto prima della partenza.
Will venne stretto da tutti i suoi fratelli più di una volta, e diede un bacio a Rose sulla fronte, che piangeva disperata. Le promise di scriverle, tanto, ma lei sembrò non sentirlo.
Nico si ritrovò stretto da decine e decine di persone, ma ormai non provava più il desiderio di ritrarsi ogni volta che veniva toccato. Abbracciò Jason, Piper, Leo e Calypso, ancora al Campo, e poi tutti gli altri semidei. Nessuno sembrava voler fare a meno di un suo abbraccio, nemmeno Clarisse Le Rue o Drew Tanaka. Nico fu tentato di rifiutarlo ad entrambe, ma una gli incuteva ancora un po' di timore e l'altra sembrava abbracciarlo come se fosse una penitenza.
«Aaron Navarro!»
Nico diede un buffetto sulla testolina riccioluta di Chuck, il piccolo figlio del Coach Hedge. Il satiro lo abbracciò in lacrime, sporcandogli la maglietta di fluidi, e Nico, ormai un campione di pazienza, riuscì a trattenere una smorfia di disgusto.
«Aaron Navarro, parlo con te!»
Nico si sentì afferrare per la spalla e si voltò. Il signor D lo stava fissando torvo.
«Aaron Navarro?» ripeté Nico, perplesso, mentre attorno a lui i suoi coetanei semidei ridevano. «Sul serio? Io sono Nico di Angelo.»
«E io che ho detto?» sbuffò il signor D, agitando la mano. «Volevo augurarti tanta fortuna, e spero vivamente che tu non ti faccia mangiare da qualche mostro, o cose simili.»
«Oh!» esclamò Nico, e attorno a lui le risate crebbero. «Grazie mille. Sono le parole più gentili che mi abbia mai rivolto.»
Il signor D sbuffò una seconda volta, poi si allontanò, placcando Will.
«E tu, Wilbur Smith...»
«Will Solace.» annuì il figlio di Apollo, e Nico sorrise.
«Sì, sì, è uguale. Comportati bene, e non uccidere nessuno, ed evita i mostri.»
Will annuì. Fu anche tentato di abbracciarlo, ma il signor D sgusciò via dalla folla di semidei e non si guardò più indietro.
«Percy e Annabeth vi verranno a salutare, in settimana.» li avvertì Piper, mentre Nico e Will, prendendosi per mano, si avviavano verso il cancello.
«Bene, li aspetteremo.» disse Nico. Derek e Jason si offrirono di caricare i loro pochi bagagli nel Suv nero di Will. Il signor Solace glielo aveva portato la settimana prima, come regalo di compleanno. O per il diploma. Nico non lo ricordava più.
«Un giorno verremo anche noi!» esclamò Leo, passando un braccio attorno al collo di Nico e guidandolo alla macchina. «Io e Lypso, si intende.»
«Lypso?» ripeté Nico, e Will rise. «Ti permette di chiamarla Lypso?»
«In realtà, no. Non lo sa che la chiamo Lypso. E vorrei che non lo sapesse. Comunque, fate i bravi, eh?»
Detto questo, Leo strizzò l'occhio e Nico arrossì, Will rise e gli diede il cinque.
«Sei il figlio di Efesto più simpatico che abbia mai conosciuto.» gli disse Will, sincero.
«Sono anche l'unico figlio di Efesto appetibile, vero?» sorrise Leo, abbassando lo sguardo su di sé. «Insomma, sono stupendo!»
Will rise un po' più forte, in imbarazzo, e Nico sbuffò. In un anno, Leo era diventato più alto, leggermente più muscoloso e sembrava importarsene sempre meno se i suoi vestiti fossero sporchi di grasso e olio oppure bruciacchiati.
«Ci vediamo, Leo.» salutò Nico, dandogli una pacca sulla schiena.
«Torneremo di nuovo!» gridò Will, salutando con la mano i loro amici semidei. Entrò in auto, al posto del guidatore, e Nico prese posto al suo fianco.
«Quando hai preso la patente?» chiese Nico, allacciando la cintura, pensando a Jean-Albert, il suo autista zombie privato.
«L'anno scorso, dopo che tu...» Will si interruppe e si allacciò la cintura.
Nico annuì soprappensiero. Dopo che lui era scomparso negli Inferi.
Will mise in moto, socchiuse gli occhi e sorrise leggermente, voltandosi verso Nico.
«Lo stiamo facendo sul serio, eh?» gli disse.
«Lasciare il Campo Mezzosangue e la vita tranquilla di cui abbiamo goduto finora?» rispose Nico, alzando un sopracciglio.
Scoppiarono a ridere. Non si poteva proprio dire che la loro vita al Campo Mezzosangue fosse stata così tranquilla. Tre mesi prima, la sera del ritorno di Nico al Campo, dopo aver lasciato la Cabina di Ade, avevano partecipato alla festa in spiaggia organizzata da Jason e Piper. Per circa un'ora avevano fatto finta che tra di loro non fosse accaduto nulla, ma Will non era riuscito a resistere. Lo aveva cercato tra la folla, spaventato all'idea che fosse scomparso di nuovo, e lo aveva abbracciato. E baciato. In pubblico. Per la sorpresa, Leo Valdez era andato a fuoco, incendiando un paio di festoni, e il resto della serata era andata a rotoli: semidei che strillavano, cercando di spegnere i vestiti brucianti; figli di Apollo che fissavano Nico in cagnesco, e chiedevano a Will spiegazioni sul suo comportamento. Will ebbe modo di parlare con loro nei giorni seguenti, in infermeria, curando segni di bruciatura da quasi tutti i semidei del Campo.
«No, intendo...» Will sospirò, alla ricerca delle parole giuste, voltandosi a guardare i semidei che li salutavano dalla collina. «Sì, lasciare il Campo e andare a vivere insieme.»
Nico si accigliò. In effetti, ora che ci pensava, sembrava strano anche per lui. Finalmente avrebbero vissuto nella stessa casa, e le loro preoccupazioni sarebbero state diverse: l'affitto da pagare, il frigo da riempire, la scuola, il lavoro.
Si fissarono, colti dallo stesso pensiero.
«Siamo ancora in tempo a tornare indietro.» mormorò Will.
Nico scosse la testa, mordicchiandosi il labbro. «No, dobbiamo proseguire. Dobbiamo arrivare fino alla strada, voltare a destra e guidare sempre dritto. Senza voltarci più indietro. Siamo... adulti.»
Will fece qualche esercizio di respirazione, e si domandò a cosa stessero pensando i suoi fratelli sulla collina.
Con uno scatto di coraggio, Will ingranò la marcia, arretrò di qualche metro, girò il volante leggermente a sinistra, suonò il clacson tre volte e partì, con uno stridore di gomme, attorniato da applausi e strilla di gioia e pianti dei loro amici. Dopo duecento metri, voltò a destra, mettendosi sulla strada. Intravide il cartello e, individuata una zona di sosta, si fermò.
Nico gli posò una mano sul ginocchio, sorridendogli, fingendo di non accorgersi delle sue lacrime. Il Campo Mezzosangue era stata la casa di Will per sei anni, e ora, dopo tanto tempo, aveva la possibilità di ritornare in città e vivere una vita per lo più normale.
«Dai, Will.» gli sussurrò Nico. «È ora di andare.»
Will annuì, si asciugò le lacrime e lasciò la zona di sosta.

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Capitolo 2
*** 02. In viaggio verso la nuova casa ***


Nico rigirò il cellulare di Will tra le mani, in attesa che squillasse. Jem doveva richiamarli, ma ancora non dava sue notizie.
Will si appoggiò alla portiera, continuando a bere il suo frullato alla fragola, gli occhi puntati sulla pompa di benzina.
«Mio padre poteva anche mettere il pieno.» brontolò Will, fissando in silenzio i dollari che continuavano a salire sul display.
«Credo sia colpa delle figlie di Demetra.» disse Nico, posando il cellulare sul tettuccio e aprendo un pacchetto di patatine appena comprato. «Le ho viste gironzolare attorno alla macchina, questa mattina.»
«E perché non me lo hai detto?»
«Non volevo distrarti dalla preparazione della tua valigia.»
Will non ribatté, continuò a bere il suo frullato alla fragola, questa volta con gli occhi puntati su Nico. Quando il serbatoio fu pieno, Will estrasse dalla tasca una manciata di banconote trovate in macchina e le inserì nella macchinetta.
«Su, possiamo andare.» disse Will, togliendo la pompa dal serbatoio e posandolo. «Non ti dimenticare le patatine.»
«Non le dimentico.»
Salirono in macchina e ripartirono. Nico si offrì di tenergli il frullato, e Will finse di non notare che lo sorseggiava.
Dopo una decina di chilometri, Will si tastò le tasche, perplesso. «Nico, hai tu il mio cellulare?» chiese.
«Sì, è in tasca...»
Nico posò il pacchetto vuoto di patatine sul cruscotto, e si affrettò a prendere il cellulare dalla giacca. Ma il cellulare lì non c'era. Controllo nelle tre tasche dei jeans e, scioccato, alzò lo sguardo sul tettuccio.
«Jem ha chiamato?» domandò Will, senza distogliere lo sguardo dalla strada.
«Ehm, non lo so.»
«Come, non lo sai? Dov'è il cellulare?»
Nico deglutì e indicò il tettuccio.
Will frenò di colpo. Scesero entrambi dalla macchina e scrutarono il tettuccio - vuoto.
«Mi dispiace.» balbettò Nico, imbarazzato. «Io... credo di averlo dimenticato lì. Potremo tornare indietro a cercarlo...»
Will spostò lo sguardo su Nico, sui suoi capelli in disordine, e la sua espressione mortificata.
«Non importa.» brontolò infine, rientrando in auto. «Tanto era vecchio.»
Nico tornò in auto e non disse niente. Era stato un idiota. Ora come avrebbero parlato con Jem?
Will tenne gli occhi puntati di fronte a sé per cinque minuti, prima di tornare a sorridere.
«Era un vecchio cellulare di Alec.» disse. «E credo che, prima di lasciarlo a mio padre per me, abbia avuto vita lunga nelle sue mutande.»
Nico si affrettò a pulirsi le mani sui jeans, disgustato.
«Quando avrò modo di incontrare il tuo adorato fratello?» domandò Nico, prendendo un altro pacchetto di patatine. Erano partiti dal Campo Mezzosangue ormai da tre ore.
«Be', appena arriveremo a casa. Abitiamo due piani più su di lui e Jem.»
«Ah, giusto.»
Will sorrise. «Hai intenzione di fare due chiacchiere con lui?»
Nico aprì la mano, lasciando fuoriuscire un po' della sua magia nera. «Sì, ho intenzione di fare due chiacchiere con lui.» annuì il figlio di Ade, sorridendo leggermente.
«Non ne vale la pena.»
«Ti ha messo la testa nel water.»
«Rimane lo stesso mio fratello.»
«Ti ha fatto mangiare un panino pieno di vermi!»
«Uhm, è mio fratello.»
«Ti ha fatto uscire di casa nudo e bagnato!»
Will ragionò per un secondo prima di dire: «Okay, è tutto tuo.»
Nico ridacchiò. Non avrebbe restituito ad Alec Solace cinque anni di dispetti tremendi nei confronti di Will, ma avrebbe fatto lo stesso giustizia al suo ragazzo.
Quando arrivarono in città, Will tirò un sospiro di sollievo. Era stanco di guidare. Voltò a destra ad un paio di incroci, tirò dritto ad una rotonda, e poi lo vide. Il povero Jem dai capelli verdi seduto sui gradini di un palazzo di otto piani. Stava fumando, e leggeva il giornale, scocciato.
Will parcheggiò l'auto e scese in fretta, correndo verso il fratello. Prima che Nico potesse chiedergli qualcosa, Will afferrò la sigaretta dalle labbra di Jem e la lanciò sul marciapiede, pestandola fino a spegnerla.
«Il fumo fa male ai polmoni!» esclamò Will.
Jem alzò lentamente gli occhi sul fratello e rimase in sua contemplazione per una decina di secondi.
«Non lo metto in dubbio.» sbuffò Jem. «Ma io l'ho pagata.»
«Hai sprecato i tuoi soldi. Dammi il pacchetto.»
«Lavoro per comprarmi le sigarette, e non capisco perché ti debba importare se...»
«Tra cinque giorni inizierò la facoltà di medicina. Un giorno sarò un grande dottore. Ora dammi il pacchetto.»
Jem glielo tese borbottando, e guardò il fratello biondo accartocciare il pacchetto e gettarlo nel bidone più vicino.
«Sei arrivato da meno di un minuto e mi hai già stufato.» borbottò Jem, alzandosi in piedi, spazzolandosi i pantaloni.
«Vivo qualche piano più su di te. Sarà proprio divertente.» ribatté Will.
Jem lo abbracciò e Will restituì la stretta. Ah, quanto gli era mancato il suo caro fratello!
Nico chiuse le portiere dell'auto, recuperò le chiavi e si avvicinò di qualche passo a Jem e Will. Qualche settimana prima, erano partiti insieme verso il Campo Giove, per salutare Hazel e Frank. Reyna gli era corsa incontro gridando, prima di ricordarsi di essere un Pretore e stringergli calorosamente la mano.
Jem notò Nico vicino alla macchina. «Chi è costui?» domandò, districandosi dalla presa del fratello. «È il tuo coinquilino?»
«Sì.» annuì Will, facendo un passo indietro per affiancarsi a Nico. «Lui è Nico di Angelo. E lui è mio fratello Jem.»
I due si sondarono con lo sguardo. Nico cercò di imprimersi nella memoria il volto di Jem, simile a quello di Alec. Notò qualche vaga somiglianza con Will, come un piccolo neo sul collo, o lo sguardo arcigno.
«Nico di Angelo.» ripeté Jem, senza fretta. «Sei straniero, vero?»
«Ho origini italiane.» affermò Nico.
«E quando ti sei trasferito qui?»
«Oh, più o meno prima della scoppio della...»
«Jem, che ne pensi di mostrarci l'appartamento?» chiese Will ad alta voce, battendo le mani, attirando su di sé l'attenzione del fratello. «Siamo stanchi per il viaggio.»
«D'accordo.» annuì Jem, accigliato, lanciando un'occhiata a Nico, che si stava maledicendo per aver aperto bocca. «Posso chiederti perché hai il telefono spento?»
«L'ho perso.» disse Will, aprendo il portabagagli. «L'ho, ehm, dimenticato sul tettuccio prima di partire.»
Jem alzò gli occhi al cielo. «Chissà perché la cosa non mi sorprende.» disse, prendendo la valigia di Will e lo zaino di Nico. «È proprio una cosa da te, Will.»
Will e Nico si lanciarono un'occhiata divertita.
«Ho una brutta notizia per voi.» aggiunse Jem, mentre Will chiudeva il portabagagli e si ricordava di mettere l'antifurto. «L'ascensore è rotto.»
«E magari l'appartamento è all'ultimo piano.» sbuffò Nico.
Jem annuì.
Nico alzò gli occhi sul palazzo e contò i piani.
«Siete giovani.» aggiunse Jem. «E siete piuttosto in forma. Potrete farcela.»
Nico borbottò e si avviò verso il portone. Will fu tentato di raggiungerlo e abbracciarlo, ma si voltò verso il fratello, che lo guardava con occhi luminosi.
«Alec?» si limitò a chiedere.
«È a casa della sua ragazza.» ridacchiò Jem, aprendo il portone e invitandoli ad entrare. «Non ricordo il suo nome, ma so che ha la tua età.»
«Interessante.» rispose Will.
«Dovresti vederlo. Passa tutte le serate fino a tardi a mandarle messaggini, a volte rimane sveglio fino alle tre! Per fortuna dormiamo in stanze separate, altrimenti lo avrei già appeso fuori dalla finestra.»
«Wow.» disse Will, pensando ad Alec, sempre così chiuso, solitario, imbronciato, e pronto a picchiarlo. «Non ci credo.»
«Oh, sì, invece. È innamorato. Lo prenderei in giro, ma ha la brutta abitudine di preparare il pranzo e la cena per entrambi, e non vorrei che mi sputasse nel piatto. L'altra volta Raphael lo ha insultato e... be', Raphael ha passato la notte in bagno a vomitare.»
Will ridacchiò. Nico si voltò verso di lui, chiedendosi cosa ci fosse da ridere, e Jem lo raggiunse.
«Allora, tu chi saresti?» gli chiese, sorridendo. «Un figlio di Zeus, vero?»
Nico si mise a ridere. «Proprio per niente.»
«No? Mmh... allora sei un figlio di Efesto?»
«Nemmeno.»
Jem lanciò un'occhiata a Will, che ridacchiava divertito. «Ah, allora sei un figlio di Ares. Hai l'aspetto di un figlio di Ares.»
«No, non sono un figlio di Ares. E tu che ne sai dell'aspetto dei figli di Ares?»
«Ogni tanto Will porta qualche foto dei suoi amici al Campo... Sei non sei figlio di Ares, di chi sei figlio?»
«Dei suoi genitori, naturalmente!» trillò Will alle loro spalle, mentre da una porta usciva una coppia di signori. «È figlio dei suoi genitori, mamma Laure e papà Paul!»
Nico e Jem si fermarono al pianerottolo e lo fissarono accigliati, mentre la coppia di anziani scuoteva la testa e scendeva le scale brontolando qualcosa sui giovani d'oggi.
«Lo sai che il consumo di droghe fa male, vero?» gli domandò Jem, divertito.
Will borbottò tra i denti e continuò a salire. Alle sue spalle, Jem continuò a provare ad indovinare.
«Atena? Afrodite? O Ermes?»
«No. No. E... no.»
«Poseidone? Ecate? Ipno? Iride?»
«No. No. No. E... no.»
«Dai! Aiutami!»
«No.»
«Non sei figlio di Apollo, vero? Questo farebbe schifo, giusto?»
«Sì.» annuì Nico.
«Ah, quale altro dio mi rimane?» Jem iniziò a borbottarli tra sé. «Sei figlio di Era?»
«Era è una divinità casta. Non ha figli.»
«Sei sicuro di non essere figlio di Ares?»
«Piuttosto sicuro, sì.»
«Quindi... ho nominato Ares, Afrodite, Ermes, Efesto, Zeus, Ipno... Poseidone? Atena? Ehm, mi sto ripetendo?»
«Sì.» Nico lanciò un'occhiata a Will, che scosse le spalle. Doveva sopportarlo.
«Hai intenzione di aiutarmi?» domandò Jem.
«È uno di quelli che non hai detto.»
Jem roteò lo sguardo e lo puntò su Will. «Simpatico.» sbuffò.
Nico e Will ridacchiarono.
«Aspetta... non sarà mica Ade, vero? O l'ho detto?»
«È giusto.» annuì Nico con un sorriso.
Jem strabuzzò gli occhi. «Sei il figlio di Ade?»
«Esatto.»
Il fratello di Will continuò a fissarlo a bocca aperta fino a quando non arrivarono all'ottavo piano. Lì, Jem posò le borse a terra e cercò la chiave nella tasca. La tirò fuori e la tese a Will.
«Ecco casa vostra.» disse, facendo un passo indietro.
Will e Nico si guardarono, e Will inserì la chiave nella serratura, la fece scattare e spalancò la porta.
Will si era aspettato una topaia, simile all'appartamento di Jem e Alec. Ma il disordine in casa loro era dovuto alla pigrizia e al fatto che passavano a casa solo la notte, tra lo studio e il lavoro.
«È venuto Thomas questa mattina per dare una ripulita.» spiegò loro Jem. «Gli ho offerto cinquanta dollari per pulire anche casa mia, ma è tornato a casa fingendo di non aver sentito.»
Will sorrise, e lui e Nico entrarono nel loro nuovo appartamento. Si entrava subito nell'immenso soggiorno. Alla loro destra c'era la cucina, e alla sinistra un divano a tre posti e una tv. Di fronte, una porta finestra che conduceva ad un balcone spazioso, da cui si poteva godere di una buona vista sull'intera città.
«Allora.» si fece avanti Jem, indicando prima il corridoio alla loro destra, e poi quello a sinistra. «Di là c'è uno sgabuzzino e una camera, e dall'altra parte il bagno e l'altra camera da letto. Da entrambe le camere si può accedere ad un balcone. Non vi dovrete preoccupare dei vicini, perché non avete alcuna parete che confini con loro. Volete fare un tour?»
Will e Nico annuirono all'unisono.
Jem li fermò prima che potessero fare un altro passo. «Prima ho da porvi una domanda, la domanda da un milione di dollari.» disse.
«Okay, spara.» disse Will, curioso.
«Voi due state insieme, giusto?»
Nico, impallidendo, lanciò un'occhiata a Will.
«Come puoi pensare una cosa del genere?» gli chiese Will, osservando il fratello. «Ne hai parlato con Raphael?»
Jem sorrise. «No. Quel gran chiacchierone ora non c'entra. Me ne hai parlato tu, non ricordi?»
Will cercò di ricordarselo. Negli ultimi tre mesi e mezzo, ovvero da quando Nico era tornato al Campo, non era più tornato a casa. Aveva scritto delle lettere intestate a Thomas, dicendogli che stava alla grande, e che sarebbe tornato ai primi di settembre. E Thomas lo aveva avvertito della macchina e dell'appartamento.
«Be', sì, stiamo insieme.» annuì Will, afferrando la mano di Nico e stringendola. «Ma lo dirò io ai nostri genitori, a tempo debito.»
Jem annuì. «Bene. Però sappi che stasera hanno invitato me, Alec, te e il tuo amico a cena.»
Will impallidì e si voltò verso Nico. «Non sei obbligato ad andarci.» gli disse.
«Oh sì, invece.» annuì Nico, sorridendo. «Tu hai conosciuto mio padre ed Hazel, perché io non dovrei conoscere la tua famiglia?»
Jem sgranò gli occhi mentre il fratello cercava qualcosa da dire.
«Hai conosciuto Ade?» esclamò Jem, pimpante. «Sul serio? E com'è?»
«È...» mormorò Will, cercando di ricordare. Aveva incontrato Ade un'unica volta, un anno prima, e al pensiero avvampò. «È Ade.»
«Molto utile.» sbottò Jem. «Ade è Ade. Comunque, dormite insieme o in letti separati?»
«Non credo che siano domande da rivolgere...» borbottò Will, mentre Nico soffocava una risata.
«Quindi immagino che dormite nel letto insieme.»
«Sì.»
«Meno male.» sospirò Jem, passandosi le dita tra i capelli tinti di verde. «Una mia ex stava scaricando questo materasso matrimoniale, e io ve l'ho preso. Si trova di là.» aggiunse, indicando la camera alla sinistra.
«Tu hai preso un letto matrimoniale?» ripeté Will, avvampando. «Hai dato per scontato che io e Nico fossimo fidanzati?»
«Be', quando tu mi hai detto il nome di questo tuo amico con il quale andavi a convivere, ho capito che era il tuo ragazzo... Lo stesso per il quale ti sei disperato l'anno scorso. Il che,» aggiunse, voltandosi a guardare Nico negli occhi, «se dovesse ricapitare, non mi importa se sei figlio del Signore dei morti. Nessuno può far piangere mio fratello, eccetto me.»
Nico lo sondò con lo sguardo. «Mi ricorderò di questa tua minaccia per il futuro, Jem.» rispose, tranquillo.
Will guardò prima uno e poi l'altro, sbalordito. Non riusciva a capire chi fosse il più minaccioso: Nico con i suoi vestiti scuri, o Jem con i capelli verdi.
«Ehm...» balbettò Will, fissando prima uno e poi l'altro. «Nico non ha più intenzione di lasciarmi, Jem, quindi le tue minacce sono vane.»
«Non si sa mai.»
«In quanto a te, Nico...» aggiunse Will, voltandosi a guardare gli occhi scuri del figlio di Ade. «Niente magia dell'Oltretomba contro di lui, d'accordo? È uno dei pochi fratelli che adoro, e mi dispiacerebbe molto se si facesse del male.»
Nico annuì lentamente, pensieroso. Jem osservò curioso Will, con una mano sul collo.
«Sai, mi fa proprio piacere sentirtelo dire.» disse, sorridendo. «Sono il tuo fratello preferito!»
«Non ho detto questo!»
«Però lo hai pensato.» Jem batté le mani, felice, le guance accese per l'emozione. «Ora è il caso di lasciarvi. Tra un quarto d'ora devo andare al lavoro.»
«Dove lavori?» chiese Will, interessato, mentre Nico si avvicinava ad una portafinestra che dava sul balcone.
Jem scoccò un'occhiata a Nico. «Non posso dirtelo. C'è un minorenne in giro.»
Will aggrottò la fronte, e Nico si incuriosì.
«Ora scappo.» continuò Jem, avvicinandosi alla porta. «Il tour potrete farlo da soli. Questa sera verso le sette verrò qui, così andremo tutti e tre insieme a casa, d'accordo?»
«Okay.»
«Ora vi lascio alle vostre faccende. Immagino vogliate inaugurare la casa...»
Nico divenne paonazzo, e Will si affrettò a sbattere la porta in faccia a suo fratello. Le risate di Jem risuonarono oltre la porta chiusa.

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Capitolo 3
*** 03. Niente armi a casa Solace! ***


«Se tutti i tuoi fratelli sono simpatici come Jem, ho fatto un affare ad innamorarmi di te, eh?» borbottò Nico.
Will gli lanciò un'occhiata sorridente. «A parte Alec, sono tutti simpatici come Jem. Tranne Gideon. Lui è solo volgare. Quindi, a meno che le sue domande non siano decisamente senza doppio senso, ti consiglio di non rispondere.»
Nico annuì, continuando ad aggirarsi per casa.
L'appartamento era bello. Più che sufficiente per due persone, spazioso, soleggiato e godeva di un'ottima vista dalla maggior parte delle finestre. Tutte le pareti erano state tinteggiate di fresco, e Will immaginò che fosse opera di Thomas e Jem.
Nico entrò nella seconda camera da letto. C'erano alcune scatole vuote, un armadio e una scrivania.
«Questa sarà la mia zona studio.» lo avvertì Will, avvicinandosi di soppiatto alle sue spalle e passandogli un braccio attorno alla vita. «Mi sistemerò in un angolino, e passerò splendide giornate di sole a studiare.»
«E io?» domandò Nico, soprappensiero. «Io che faccio?»
«Domani andremo ad iscriverti alla scuola superiore. Primo anno. Hai già affrontato gli esami nei mesi scorsi, quindi sei al pari con i tuoi compagni.»
«Ma sono indietro di una classe, rispetto all'età.» notò Nico, facendo un rapido calcolo.
«Be', tecnicamente, rispetto all'età sei più avanti anche dei miei genitori. Ma pensavo che avessimo già superato questa crisi di mezza età.»
Nico sbuffò forte, infastidito, ma stava sorridendo. Will lo rigirò lentamente tra le sue braccia e lo baciò, a lungo. Nico gli carezzò la schiena, finendo per arruffargli i capelli, poi si separarono leggermente.
«Cosa dovremo portare questa sera a casa dei tuoi?» chiese Nico, in pensiero.
Will osservò la stanza. «Una bottiglia di vino, magari.» disse. «Oppure niente. Insomma, sono figlio loro, non un ospite.»
«Ma io sono l'ospite.»
«Tu sei mio amico. Cioè, il mio ragazzo.» Will appoggiò la fronte contro la sua. «Ti giuro che parlerò con loro di te.»
«Non c'è fretta.» lo rassicurò Nico, districandosi dal suo abbraccio. «Non c'è assolutamente fretta.»
«Oh, sì che c'è fretta.» annuì Will, attirandolo di nuovo a sé e baciandolo una seconda e una terza volta. «I nostri padri divini sanno della nostra relazione. E anche tua sorella, e tutti i nostri amici. E ora lo sa anche Jem.»
«Questo perché hai la lingua lunga.» borbottò Nico.
Will gli fece l'occhiolino. «Non mi sembra che te ne lamenti.»
Nico arrossì e lo baciò per farlo stare zitto.
Dopo qualche altro minuto, Will lo lasciò andare e si avvicinò lentamente al frigo. Jem gli aveva comprato il minimo indispensabile per andare avanti un giorno. Di sicuro, quella sera, suo padre gli avrebbe lasciato qualche soldo per fare la spesa.
«Hai ancora delle patatine?» domandò Will, affamato.
«Sì, sono nel mio zaino.»
Nico riprese il suo tour solitario per la casa. Jem li aveva lasciati soli ormai da più di un'ora, e da allora avevano fatto avanti e indietro per tutta la casa. Nell'armadio della loro camera, Jem vi aveva lasciato una pila di vestiti puliti, alcuni suoi vecchi. Will aveva in mente di prendersi la sua roba da casa sua, e per Nico sarebbero andati a fare spese il giorno seguente.
Nico si ritrovò nella camera che avrebbero condiviso, e riprese a posizionare i libri di Will sulla scrivania. Nell'ultimo mese ne aveva letti la maggior parte, e Will insisteva sul farlo continuare.
«Tralasciando Alec, com'è la tua famiglia?» domandò Nico, ad alta voce, per farsi sentire.
«La mia famiglia?» ripeté Will, entrando in camera e appoggiandosi allo stipite e guardandolo, mangiando patatine. «Incredibilmente simpatica.»
«Se lo dici con questo tono...»
«Mia madre... be', diciamo che non riceverà mai alcun tipo di premio come madre modello. Papà, invece, è diverso. Mi ha sempre voluto più bene di lei.»
«Quindi Alec ha preso la sua simpatia da lei?»
«Oh sì. Gli altri sono tutti tipi tranquilli. Tra un po' sarà il compleanno di Danny, a proposito. Compie dodici anni. Tu sei invitato, in caso faccia una festa.»
Nico posò l'ultimo libro sullo scaffale e si voltò a guardarlo. «Fammi sopravvivere alla serata di oggi.» gli disse, serio. «E poi organizzeremo tutte le feste di compleanno che desideri, d'accordo?»
 
Poco prima delle sette, Jem bussò alla porta di casa del fratello, che gli andò ad aprire. Will era già pronto per la cena. Indossava una camicia azzurra, dei pantaloni neri e, per una volta, aveva deciso di indossare scarpe diverse dalle sue solite infradito.
«Siete pronti?» domandò Jem, che indossava la solita T-shirt grigia e i pantaloncini. Per lui faceva ancora caldo.
«Io sì, Nico no.» sospirò Will, invitandolo ad entrare. «Perché ti sei tinto i capelli di verde?»
Jem entrò nell'appartamento, guardandosi attorno. Era esattamente come lo aveva lasciato qualche ora prima, sebbene ora ci fossero delle scatole vuote ammucchiate vicino alla porta, in attesa di essere buttate.
«Alla mamma non piacevano arancioni.» spiegò Jem, lanciando un'occhiata verso la porta aperta del bagno. «Così li ho fatti verdi.»
«E scommetto che è diventata matta, quando ti ha visto conciato così.»
Jem ghignò. «Si è limitata a dire che fosse una fortuna che non vivessi più a casa con lei. Perché altrimenti mi avrebbe buttato fuori. Che sta combinando il tuo ragazzo?»
«Si sta preparando. Nico?» aggiunse, chiamandolo.
Nico spuntò nel soggiorno. Era in mutande.
«Sono ancora indeciso.» disse il figlio di Ade, poi arrossì alla vista di Jem. «Ehm, ciao.»
«Ciao.» rispose Jem, cortese.
«Devi solo conoscere la mia famiglia...» borbottò Will, seguendolo in camera da letto. Jem lo seguì, curioso. Il letto era ricoperto di vestiti.
«Be', tu la conosci già, la tua famiglia, quindi per te non è un gran problema.» sbottò Nico, afferrando un paio di jeans tutti strappati all'altezza delle ginocchia. «Che ne pensi di questi?»
«No, assolutamente no. I miei non devono pensare che tu sia un barbone. Non mi farebbero più vivere con te. E comunque, credevo di averteli già buttati, quei jeans.»
Nico li piegò con cura e li rimise nel cassetto, ignorando Will.
Jem rimase a guardare i due battibeccare per qualche minuto, e alla fine Nico si vestì. Indossò una T-shirt rosso sangue, il suo giubbetto da aviatore e dei jeans blu scuro.
«Wow, che bella cintura!» esclamò Jem, prendendo una cintura nera con i teschi bianchi.
«Sono teschi veri. Regalo di mio padre.» lo avvertì Nico, e Jem la lasciò cadere sul letto, disgustato.
«I familiari dei suoi ex, per la precisione.» aggiunse Will, soffocando un sorriso. «Quindi, comportati bene, James.»
Jem assunse una tonalità verdognola.
«Sono pronto.» disse infine Nico, afferrando la sua spada, il ferro dello Stige, e facendo per legarsela alla cintura.
«Nico, Nico, tesoro.» mormorò Will, in fretta. «Qui in città nessuno gira armato.»
Nico lo guardò confuso. «Ma io la porto sempre con me.»
«Ora dovrai farne a meno. Niente armi a casa Solace. Mia madre ha un set di coltelli da bistecca molto carino, e letale. In caso di pericolo, ti consiglio di prendere uno di quelli.»
Nico guardò Will in silenzio, poi posò la spada sulla scrivania vuota. «Non uscirò di qui senza un'arma.» disse.
Will trovò un piccolo pugnale infondo alla sua borsa e lo tese al figlio di Ade, che lo infilò nello stivale.
«Ti senti più sicuro?» gli chiese Jem con un filo di voce.
«Sì.» annuì Nico, sforzandosi di sorridere. «Ora andiamo.»

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Capitolo 4
*** 04. A cena con i Solace [Parte 1] ***


In auto, nessuno dei tre fiatò.
Jem era ancora preoccupato per aver toccato dei teschi veri. Nico si stava ripetendo tra sé qualche frase da dire assolutamente alla signora Solace, come «Bel taglio di capelli» o «Che bel lampadario!» Will notò che erano cinque mesi abbondanti che non vedeva la sua famiglia, da quando aveva fatto l'ultimo esame di ammissione per la facoltà. Prima che Nico tornasse al Campo. Doveva essere in quel momento che aveva parlato di Nico con Jem, anche se non si ricordava di aver pianto.
«Sai, Nico, magari tra un mese o due ti iscriverò a scuola guida.» disse Will, avviandosi senza fretta verso Villa Solace. «Tra qualche mese compirai sedici anni, e devi assolutamente avere la patente.»
«Sedici anni?!» esclamò Jem alle loro spalle. «Hai solo sedici anni?»
«Sì. E allora?» chiese Nico, voltandosi verso Jem, ignorando completamente la richiesta di Will. La prospettiva di mettersi alla guida, per lui, non era molto allettante.
«No, solo che... Non dovresti avere un tutore, o qualcosa del genere?»
«Il signor D è il mio tutore.» disse Nico, con una scrollata di spalle. «Metterà tutte le firme al posto giusto fino a quando non compirò sedici anni. E posso sempre usare la Foschia.»
«Il signor D?» ripeté Jem. «La Foschia?»
«Ah, i nostri piccoli e sciocchi umani...» sorrise Will. Anche Nico ridacchiò. Jem rimase a fissarli in silenzio, un po' arrabbiato, ma decise di non commentare ulteriormente.
Quando Will si fermò di fronte ad un enorme cancello di ferro nero, Nico si sporse dal finestrino per guardare la casa. Era enorme.
«Papà produce musical.» lo avvertì Jem alle sue spalle, divertito dalla sua espressione sbigottita. «E ultimamente lo hanno anche chiamato per dei film.»
«E la mamma è un'ottima agente immobiliare.» disse Will, aprendo il cancello con un telecomando passatogli da Jem.
«Ora capisco perché non mi hai fatto mettere gli altri jeans.» disse Nico, osservando la villa di tre piani, immensa. «Quando tornerò a casa, ti giuro che li getterò dal balcone.»
«Bravo.»
Jem rise.
Will parcheggiò la sua auto dietro la Volvo bianca di Alec, e la Porsche di Gideon. Avevano ricevuto tutti un auto, al compimento dei diciotto anni, ma Jem aveva deciso di lasciare la sua a Thomas, per quando ne sarebbe giunto il momento, e preferiva viaggiare in bicicletta. Non gli piaceva guidare, ma anche lui aveva la patente.
Nico scese dall'auto per primo, osservando la villa. Era così immensa... Non riusciva quasi a credere che Will fosse cresciuto lì. Si voltò a guardare il fidanzato, che con le mani in tasca, pensieroso, fissava l'auto bianca.
«È spettacolare.» disse infine, riferendosi alla casa.
«E non hai ancora visto il campo da tennis e la piscina!» esclamò Jem, divertito, porgendo la bottiglia di vino a Will. «Chissà cosa dirai, quando li avrai visti!»
Jem passò un braccio attorno alle spalle di un Nico sconvolto, e lo condusse in una stradina di ciottoli grigi che li avrebbe condotti dall'altra parte della casa.
Will si avvicinò all'auto di Alec e si piegò sulle ginocchia. Sentì una gocciolina di sudore attraversargli la fronte mentre si affrettava a svitargli il gommino. Guardò la ruota sgonfiarsi e, soddisfatto, entrò in casa.
«Will!» esclamò Danny, correndogli incontro non appena si fu chiuso la porta alle spalle. «Che bello vederti!»
«Che bello vedere te!» ribatté il fratello, abbracciandolo e dandogli una pacca sulle spalle. «Stai mangiando gli spinaci, eh? Sei super forte!»
Danny scosse la testa, divertito, e lo guardò eccitato. Will lo osservò. Il fratellino stava entrando nella fase adolescenziale. E come tutti i Solace in quella fase, era già arrivato al metro e 68. Ancora pochi anni, e sarebbe arrivato all'altezza standard della famiglia.
«Perché sei da solo?» si incuriosì Danny, spiando dietro il fratello. «Credevo che avresti portato uno dei tuoi amici del Campo Mezzosangue.»
«È così. Ma Jem lo sta trascinando in giro per il giardino. Saranno qui a minuti, immagino.»
Danny annuì. «Dai, ti porto di là. La mamma sarà... ehm, felice di vederti!»
Will roteò gli occhi sul soffitto bianco, e seguì il fratello minore lungo diversi corridoi tempestati dalle loro foto da bambini. Infine spuntarono nel soggiorno. Sua madre indossava un elegante abito viola, e chiacchierava con il marito. Entrambi si voltarono quando Danny e Will entrarono nel soggiorno.
«Will!» lo salutò Logan, balzando in piedi e correndo ad abbracciarlo. Will si sentì sollevare di quindici centimetri, e poi stretto dalle braccia d'acciaio del patrigno. «Che bello vederti così in forma!»
«È bello essere di nuovo a casa.» disse Will, stringendo il padre, e lanciando una veloce occhiata alla madre, che lo stava fissando con i suoi impassibili occhi grigi. Qualsiasi cosa le avesse detto, era sicuro che lei non gli avrebbe mai creduto.
«E il tuo amico?» chiese Logan, lasciandolo andare e guardandolo da capo a piedi. «Mi era parso di capire che saresti venuto con uno dei tuoi amici semidei. Ha preferito rimanere a casa?»
«No, è qui.» disse Jem, spuntando nel soggiorno e facendo un cenno verso Nico, che si muoveva adagio attento a non urtare nulla.
«Ah!» esclamò Logan, illuminandosi, e avviandosi verso Nico. Logan aveva lo spirito solare di un bambino, e Will si chiese se non fosse a causa dei poteri ricevuti da Apollo in persona. Infondo, i due avevano avuto una breve relazione, e Apollo lo aveva lasciato con difficoltà, concedendogli dei poteri musicali. «Immagino tu sia un figlio di Ares.»
«Ah, ehm, no.» mormorò Nico, imbarazzato, mentre Logan gli tendeva la mano.
«Sono Logan Solace, il padre di Will.»
«Nico di Angelo, figlio di Ade.»
Nella stanza scese un breve silenzio, interrotto solo dallo strillo eccitato di Danny.
«Figlio di Ade?» esclamò il ragazzino, correndogli incontro, e fissandolo con gli occhi sgranati. «Ade è quello degli Inferi, vero?»
«Mmh, sì.»
«E tu sei cresciuto lì?»
«No, sono cresciuto... a Venezia, e poi mi hanno condotto al Campo Mezzosangue.»
Nico scoccò a Will un'occhiata di aiuto, ma Will lo ignorò. Era il momento giusto per fargli fare un po' di pratica con le interazioni sociali.
«Oh... A Venezia non c'è un Campo come quello per semidei come qui? O gli dei si accoppiano solo con le donne americane come la mia mamma?»
Will chiuse gli occhi, massaggiandosi la fronte, imbarazzato, come tutti i presenti, dalle parole di Danny.
Logan risolse la situazione afferrando il figlio minore in braccio e disse: «Io e te dobbiamo fare una chiacchierata, figliolo. Da quanto conosci il significato della parola accoppiare
Nel mentre, iniziò a fargli il solletico e lo portò fuori dalla stanza. Nico e i tre Solace rimasero in ascolto delle risate di Danny, tamponate da alcune porte chiuse.
«Be', devo dire che la serata ha iniziato a prendere una piega del tutto inaspettata.» disse Jem, sorridendo, occhieggiando prima la madre, e poi il fratello semidio.
«Direi che il caso di andare in sala da pranzo.» borbottò la signora Solace, avviandosi verso un'altra porta. «Nico, è un piacere conoscerti. Will, bentornato.»
In sala da pranzo, Nico conobbe gli ultimi tre fratelli di Will: Thomas, dalla curiosità più fine di quella di Danny; Gideon, il fratello maggiore che messaggiava con la moglie rimasta a casa a badare alla piccola Tessa; e infine il gemello di Jem, Alec, che Nico non vedeva l'ora di conoscere.
Nico strinse la mano a tutti i fratelli Solace, e aumentò la presa sulla mano di Alec, che non si fece scomporre, e restituì una stretta più forte. I due si fissarono in cagnesco, e Will percepì la tensione tra loro.
Alec era simile al gemello quanto un porcospino assomigliava ad un cactus. Avevano la stessa corporatura, e anche lo stesso volto, ma Alec portava i capelli tagliati a spazzola, e dietro il collo spuntava un tatuaggio, un punto di domanda. Lui e Jem avevano lo stesso tono di voce, ma Jem parlava sempre con un sorriso, mentre Alec sorrideva raramente, ancor più raramente di Nico.
Era un po' come vedere Will Solace sdoppiato: da una parte il figlio di Apollo, sorridente, raggiante, super abbronzato, con la passione per il surf e la capacità di guaritore; dall'altra il figlio di Apollo serio, super concentrato nel suo lavoro, con l'umorismo pari a zero.
«Quindi tu sei figlio di Ade?» gli domandò Thomas, e Nico si riprese dai suoi pensieri per volgere lo sguardo su Thomas. «E cosa faresti, in quanto figlio di Ade?»
Nico lanciò una breve occhiata a Will, per sapere se dovesse o meno rispondere, e il figlio di Apollo scrollò le spalle, annuendo.
«Be', posso chiamare i defunti e farli combattere per me.» iniziò a spiegare Nico, e la signora Solace lanciò un'occhiata al lampadario. «Posso visitare gli Inferi con l'approvazione di mio padre. Posso...»
«Voi non siete affamati?» lo interruppe la signora Solace, sorridendo, guardando i ragazzi. «Ho preparato il tacchino arrosto con le patate. Il piatto preferito di Will.»
Will le sorrise di rimando, trattenendosi dal dire che quello era il piatto preferito di Alec, non il suo. Alec intercettò il suo sguardo e ghignò con soddisfazione.
Si sedettero tutti a tavola, presto raggiunti da Logan e Danny, che aveva la faccia stravolta, un enorme sorriso in volto e gli occhi lucidi, come se avesse pianto fino alle lacrime per le risate. Il che era vero, probabilmente.
«Lo sai, tesoro, che tuo figlio ha un'innamorata segreta?» le disse Logan, sorridente, mentre Cindy si affrettava a servire la prima portata. «Ci toccherà rifare un'altra volta quel discorsetto.»
La donna sbuffò.
«Non parliamo di quel discorsetto.» li mise in guardia Gideon, distogliendo la sguardo dal cellulare. Nico notò le ombre scure sotto i suoi occhi, e un paio di occhiali che gli pendevano dal taschino della camicia. «Tremo al pensiero di quando Tessa avrà quindici anni. E non voglio pensarci fino a quando non li avrà compiuti.»
Logan rise, seguito da Jem.
Nico si guardò attorno. La tavola era lunga, e i due genitori sedevano ai capi opposti della tavola. Di fronte a lui si erano seduti i gemelli, e così ravvicinati, si potevano notare tutte le somiglianze del volto e dei movimenti. Alec era mancino, e Jem si divertiva a spostargli le posate a destra, mentre gli occhi verdi erano posati su Thomas alla sua destra. Danny e Gideon, invece, si erano seduti ai lati di Will e Nico, vicino ai genitori.
Logan si schiarì la voce due volte, prima che il figlio maggiore capisse di dover togliere il cellulare. Per qualche minuto nessuno parlò, e Nico si sorprese a scoprire quanto fosse meraviglioso quel momento. Era davvero a cena con una famiglia normale. Be', normale...
«Allora, Nico...» iniziò Logan, interrompendo il silenzio, e i due figli più piccoli puntarono i loro magnetici occhi verdi su Nico. «Tu frequenti il Campo Mezzosangue con Will, dico bene?»
«Sissignore.» annuì Nico, teso. Non era esattamente la verità, ma negli ultimi mesi aveva passato molto tempo al Campo Mezzosangue, più di quanto ne avesse mai passato nei cinque anni precedenti.
«Chiamami pure Logan, ragazzo. Hai un compito, al Campo? So che Will è un ottimo guaritore, e lavora in infermeria.»
«Io... sì, ho un lavoro al Campo.» annuì Nico, sempre più teso. «Mi occupo dei riti funebri.»
«Be', essendo figlio del Signore degli Inferi, immaginavo che non dipingessi arcobaleni sulle facciate dei palazzi.» borbottò Alec.
Nico, Will, Jem e Logan gli scoccarono un'occhiataccia.
«E fai tante cerimonie funebri?» domandò la signora Solace, interessata.
«Fortunatamente, l'ultimo anno è stato un periodo piuttosto tranquillo. Non è morto nessuno, e per noi è un gran traguardo. Ma l'anno scorso, ai primi di agosto, siamo stati un po' indaffarati, tra morti e feriti, per colpa di...»
Nico si interruppe e si morse la lingua. Non perché avesse notato negli occhi dei Solace un motivo per fermarsi, ma perché Will, a cinquanta centimetri di distanza, gli aveva appena tirato un calcio. I due si scambiarono un'occhiata frettolosa, e Nico capì quel c'era da capire: Will non aveva avvertito la sua famiglia della guerra contro Gea.
«Be', i soliti combattimenti che dobbiamo affrontare noi del Campo, nulla di che!» esclamò Will, sorridendo con calore alla famiglia mentre Nico si massaggiava il ginocchio. «Voi, invece, qualcosa di interessante da raccontare?»
«Avete lasciato il Campo, giusto?» si intromise Danny. «Non tornerete più?»
«Torneremo qualche volta per fare visita ai nostri amici e fratelli, ma vivremo entrambi qui in città.» disse Will.
«Ah, a proposito... non dovrete preoccuparvi dell'affitto per i prossimi quattro mesi.» li avvertì Logan. «Poi dovrete trovare qualcosa da fare. Ma se insorsero problemi, ragazzi, non temete. Vi verrò incontro.»
Le mascelle di Nico scricchiolarono in modo sinistro mentre esibiva un gran sorriso per il padre di Will.
«Grazie.» dissero Will e Nico in coro.
«Perché avete deciso di...?» domandò Danny, ma Jem lo interruppe.
«Hai altri fratelli e sorelle, Nico?» chiese, curioso.
«Ho una sorella.» disse Nico. «Hazel.»
«È carina?» si interessò Thomas.
«È fidanzata.» aggiunse Nico.
«Con un figlio di Marte, perennemente arrabbiato.» mentì Will. Frank Zhang era un ottimo ragazzo.
«Marte?» ripeté Danny, e si illuminò. «Oh, intendi Ares! Ah sì, i figli di Ares sono cazzuti, non vi conviene farli arrabbiare.»
Will ridacchiò.
«Stiamo studiando la mitologia greca, a scuola!» continuò Danny, eccitato, gli occhi scintillanti. A Nico ricordò molto Will. A Will, invece, ricordò molto un giovane Nico di Angelo appena arrivato al Campo Mezzosangue. «È interessantissima! Tuo padre è ancora sposato con Persefone?»
«Purtroppo sì.» annuì Nico, e sperò che il padre non lo avesse sentito.
«Che forza! Ma tuo padre ha l'aspetto di un vecchio, o...?»
«Assomiglia ad un dark trentenne.» disse Will, pensieroso, ricordando il suo unico - e imbarazzante - incontro con Ade. «Senza offesa.»
Nico scrollò le spalle.
«Tu lo hai conosciuto, Will?» chiese immediatamente Danny, con gli occhi che gli brillavano dalla gioia.
«Ehm, sì.» ammise Will, arrossendo violentemente. «Per pochi e indimenticabili minuti.»
«E tua madre, Nico?» chiese la signora Solace, spostando gli occhi grigi su di lui. Occhi grigi che nessuno dei suoi figli aveva ereditato. «Si è risposata?»
«Mia madre è morta quand'ero piccolo.»
«Oh, mi dispiace.»
Danny scrutò Nico con attenzione. «Quindi tuo padre non fa delle eccezioni? Insomma, non poteva lasciarla vivere?»
«No, mio padre non fa eccezioni.» mormorò Nico, pensando a Bianca. Il suo corpo ebbe una scarica di adrenalina al pensiero della madre e della sorella, e alle sue spalle udì un breve pop, seguito subito da un silenzio tombale.
«Per gli Dei!» esclamò Will, non sapendo se ridere o restare serio. «Nico, hai appena ucciso il pesce rosso.»
Nico si voltò, scoprendo alle sue spalle una piccola boccia d'acqua. Un piccolo pesce rosso galleggiava sul filo dell'acqua.
«Oh!» esclamò Nico, scosso, e l'adrenalina che aveva accompagnato la sua scarica di tenebre si assopì. «Mi dispiace tantissimo!»
«Non importa.» lo tranquillizzò Thomas, mentre Danny fissava a bocca aperta il suo pesce rosso. «Ne muore almeno uno ogni tre giorni. Questo è il..?»
«Tredicesimo, del mese.» annuì cupo Logan.
«Oggi è il cinque settembre.» notò Will, scioccato, spostando lo sguardo su Danny.
«Qualcuno si è dimenticato di dare da mangiare agli altri dodici.» sospirò Gideon. Era la prima cosa che diceva dall'inizio della cena.
«Almeno questo avrà un epitaffio diverso.» disse Jem, prima di scoppiare a ridere.
Alec si nascose la bocca con la mano e ridacchiò anche lui, presto seguito dal padre, dai fratelli maggiori e minori, e persino dalla madre.
Nico rimase ad osservare il pesce rosso che aveva ucciso. Ma era stata veramente colpa sua, o anche quello era morto di fame?

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Capitolo 5
*** 05. A cena con i Solace [Parte 2] ***


Will osservò la sua famiglia. Diversamente dalle altre cene, quella era diversa. La madre non stava facendo alcun commento riguardo la sua vita al Campo, e nessuno sembrava intimorito da Nico, sebbene avesse appena fatto fuori il tredicesimo Sol del mese di settembre.
Danny non aveva alcuna fantasia con i nomi dei suoi pesci rossi. All'inizio li chiamava come il mese, ed un numero. Poi aveva deciso di chiamarlo Sol, da Solace.
I suoi genitori e Jem si offrirono di sbarazzare la tavola e Danny portò a tavola il dolce, un enorme torta di fragole preparata da Thomas, come tutti gli altri dolci. La sua scuola privata di cucina dava sempre i suoi frutti.
Alec tagliò fette di torta per tutti, e durante il dolce Danny parlò dei suoi progressi a scuola, Logan del suo ultimo musical, e Gideon raccontò di aver passato le ultime tre sere a dormire sul pavimento della camera di Tessa, perché la bambina aveva le coliche e piangeva spesso durante la notte.
Erano tutti piuttosto felici. E tranquilli. Will notò un numero esagerato di sorrisi tra la madre e il padre, che forse si erano aspettati qualche commento più acido da parte di Alec. Durante quelle cene, infatti, Will e Alec avevano la cattiva abitudine di insultarsi per un nonnulla, e dopo il pugno che Alec aveva tirato a Will durante il matrimonio di Gideon, i due si rivolgevano la parola ancora meno del solito.
Ma quella sera filava tutto liscio. Will occhieggiò Alec, che mangiava di gusto la sua fetta di torta. Forse non voleva dare mostra del suo pessimo carattere dinanzi ad un figlio di Ade.
Will si voltò lentamente verso Nico. Anche lui si stava godendo ogni boccone della torta. Come se sentisse il suo sguardo, Nico aggrottò la fronte e puntò i suoi occhi neri nei suoi celesti.
Penso che sia il caso di dirglielo ora, pensò tra sé Will. Negli ultimi mesi, lui e Nico avevano imparato la straordinaria capacità di comunicare con lo sguardo. Due volte su tre indovinavano.
Nico sgranò gli occhi. Sei sicuro?, gli chiese.
Più che sicuro.
Puoi... ehm, almeno farmi finire il dolce?
Will abbassò lo sguardo sul piattino di Nico, e annuì. Nico ebbe il tempo di infilarsi in bocca altri due bocconi prima che Will si voltasse verso la madre, e poi verso il padre.
«Ho un annuncio da fare.» disse, con il suo miglior tono autoritario che riuscì a trovare.
Nico gemette al suo fianco. Gli rimaneva ancora un quarto della torta nel suo piattino.
Jem sgranò gli occhi e alzò le sopracciglia in attesa di conferma.
«Credo che lo sappiamo tutti che sei stato ammesso alla facoltà di medicina con il massimo dei voti.» disse Thomas, con un sospiro, rigirando la cannuccia nel bicchiere.
«Non è quello.» Will lanciò una breve occhiata a Nico e si impose coraggio. L'anno precedente aveva fatto nascere due bambini, una volta senza esperienza, la seconda con una brutta esperienza alle spalle. Aveva dovuto amputare l'indice di un ragazzino di undici anni - la stessa età di suo fratello Danny - figlio di Ermes, senza possibilità di scelta. Aveva perso e ritrovato Nico, lo aveva perdonato. Erano andati a vivere insieme. E ora poteva parlare con la sua famiglia.
«Sono gay.» annunciò infine, e aggiunse, con un lieve movimento di mano in direzione di Nico: «E lui è il mio ragazzo.»
Nico non aveva mai udito un silenzio del genere, nemmeno negli Inferi. Be', lì era improbabile trovare silenzio, a causa delle centinaia di migliaia di defunti che si lamentavano per la morte o per il servizio scadente che veniva loro riservato. Come se si fossero aspettati di finire in un motel a cinque stelle dopo i loro comportamenti sconsiderati in vita.
Nico contò sessanta secondi di perfetto silenzio, nei quali si domandò se potesse finire la sua torta. Ma sentiva gli occhi dei Solace su di lui, e decise di tenere lo sguardo puntato sul motivetto a fiori gialli della tovaglia.
Fu Alec a interrompere il silenzio, dopo sessanta secondi esatto.
«Ah, magnifico!» esclamò, gli occhi puntati taglienti puntati su Will. «Non solo sei il bastardo di un dio, ma sei anche frocio.»
«Bada a come parli.» ringhiò Jem al suo fianco. «È tuo fratello.»
«E con questo? Rimane lo stesso un...»
«Alexander!» esclamò Gideon, dall'altra parte del tavolo. Aveva di nuovo il cellulare in mano, e Nico sospettò che avesse inviato la notizia alla moglie. «Will ha dei gusti diversi dai tuoi, o dai miei, e con questo? Almeno sono sicuro che Nico non lo frequenti solo per i soldi. È così?» aggiunse, voltandosi verso Nico, che annuì in fretta.
«Con questo cosa vorresti dire?» sbraitò Alec, paonazzo, balzando in piedi e facendo rovesciare la sedia.
«Che la maggior parte delle ragazze che hai frequentato negli ultimi mesi, era interessata solo al tuo patrimonio, e non di certo a te!»
«Fatemi capire un momento.» li interruppe Danny, mentre Alec ansimava offeso. «Questo significa che Will e Nico si sposeranno?»
Will sorrise al fratello minore. «Forse, un giorno...» gli disse.
«Col cavolo!» esclamò Alec, ignorando Gideon e puntando lo sguardo su Will. «Non ti permetterò di sposarti e sputtanare completamente il nome di famiglia!»
«Non prendo ordini da te, Alexander! E non ti preoccupare per il nome di famiglia: tu lo rovini ogni giorno che passa!»
«A ben pensarci, William, è normale che non ti importi del nome di famiglia, visto che tu non sei un Solace!»
Will balzò in piedi, furioso, le mani strette a pugno. Un metro e mezzo lo separava da Alec, ma non aveva problemi a saltare sul tavolo e gonfiarlo di botte. Aveva sopportato abbastanza.
«Alec!» esclamò Logan, alzandosi in piedi a sua volta, gli occhi puntati su uno dei suoi figli gemelli. «Non osare rivolgerti a Will con quel tono. E piantala con questa storia: Will è un Solace almeno quanto te. E l'ho deciso io, diciotto anni fa, non tu. Quindi falla finita.»
«Me ne vado!» sbraitò Alec, allontanandosi dalla tavola. «Sono stufo di voi. Di tutti voi. Continuate a chiudere gli occhi e a far finta di niente. Will non ha il tuo sangue, papà, quindi piantala di comportarti come un padre per lui. Hai deciso che fosse tuo figlio solo per non rovinare la reputazione di famiglia. E se continui a tenertelo stretto come fai ora, la...»
«Alec.» disse la signora Solace, prendendo il suo calice di vino e voltandosi appena verso il figlio. «Non te ne stavi andando?»
Alec sembrò desideroso di tirare un calcio a qualcosa, ma alla fine prese la giacca e la sciarpa e uscì di casa sbattendo la porta.
Un silenzio carico di elettricità si diffuse tra i Solace rimasti. Più che sorpresi dalla confessione di Will, tutti fissavano la signora Solace sbalorditi, Will più di tutti. Si era aspettata che la madre lo bandisse di casa con torcia e forcone, non che si mettesse a difenderlo.
«Be'...» mormorò la signora Solace, senza guardare il figlio. «Sono felice di avere un genero, finalmente. Nico, benvenuto in famiglia.»
Nico rischiò di versarsi addosso dell'acqua mentre si affrettava a bere. Si era ritrovato con la gola secca, a causa delle parole della madre di Will. Da come Will gliel'aveva descritta in passato, l'aveva associata ad alcuni di quei mostri che si potevano trovare negli Inferi, come le Arpie.
«Voglio solo che mi specifichi qualcosa, Gideon.» disse Jem, voltandosi verso il fratello maggiore. «Prima intendevi che Alec è brutto o è una mia supposizione?»
Gideon non rispose. Si voltò verso Nico e Will. «Da me non otterrete insulti. La sorella di Janet ha una sfilza di fidanzate alle spalle, più di quante ne abbia mai avute io. E se un giorno vorrete venire da me, e chiacchierare di ragazzi con Janet, mi andrà bene. A patto che beviate una birra.»
Will annuì, teso, lanciando un'occhiata al padre. Si aspettava qualche altra parola da lui, ma Logan sembrava a corto di fiato dopo aver litigato con uno dei figli. Spostò lo sguardo sulla madre. Era così strana... aveva preso le sue difese.
Al suo fianco, Nico si agitò sulla sedia e i due si guardarono dritto negli occhi. Era andata meglio di quanto Will pensasse.
«Be'...» mormorò Thomas, alzando gli occhi su di loro, sorridendo. «Sono contento per voi. E visto che siamo in argomenti spinosi, e che la torta ormai è quasi finita, devo confessarvi una cosa. Prima di mettere la torta in frigo, mi è caduta sul pavimento. L'ho ritoccata un po'.»
Nico perse l'appetito, come Gideon, che lasciò ricadere la forchetta sul piatto, e lo allontanò da sé disgustato.
Danny balzò in piedi, e corse ad abbracciare Nico, che reagì con un sussulto. Ormai si era abituato ad essere toccato e abbracciato dai semidei, ma gli estranei erano un'altra faccenda. Anche quelli che possedevano il 50% del DNA simile al suo ragazzo.
«Ah, spero che tu possa venire alla mia festa di compleanno, l'otto settembre!» esclamò Danny, con gli occhi luccicanti e un enorme sorriso. «La farò sul tema degli Dei dell'Olimpo!»
«Wow.» esclamò Will.
«E immagino che tu saresti perfetto nel ruolo di Ade! Però dovrai far sorgere qualche scheletro, se la festa si rivela una palla!»
Nico annuì, le guance paonazze, e osservò il fratello del suo ragazzo ancora mezzo abbracciato a lui. «Vedrò cosa posso fare.» borbottò.
Danny gli diede un bacio sulla guancia, poi filò in camera sua, lasciando gli adulti a parlare tra loro. Thomas strinse di nuovo la mano a Nico, e seguì il fratello minore.
Gideon si pulì le labbra sul tovagliolo, guardò il cellulare e sospirò. «Devo tornare a casa.» disse, alzandosi in piedi. «Tessa dorme solo se sente la mia voce.»
«Wow, che padre modello.» sorrise Jem, alzandosi in piedi a sua volta. «Will, Nico, credo che sia ora di tornare a casa. Voi che ne pensate?»
Will lanciò un'occhiata ai suoi genitori, e annuì. Nico si alzò a sua volta, facendo scivolare la sedia che risuonò con un gran fracasso. Gideon e Nico si chinarono a raccoglierla contemporaneamente, scontrandosi con la fronte. Gideon fece una smorfia divertita, Nico rantolò di dolore per mezzo secondo prima che Will lo prendesse sotto braccio.
«Vi ringrazio per la cena.» disse Will ai genitori. «Spero possiamo tornare.»
«Ma certo.» annuì la donna, sempre senza guardarlo. «Tornate quando volete.»
Logan li salutò con un cenno della mano.
«Che bomba.» disse Gideon, uscendo di casa e prendendo il cappello dalla tasca. «Ti devo fare i miei ringraziamenti, Will. Se non te ne fossi uscito tu con questa tua notizia, li avrei avvisati che stanno per diventare di nuovo nonni.»
Jem e Will lo guardarono sorpresi, poi Jem gli diede due pacche sullo stomaco. «Mi pareva di aver notato dei chili in più!» ghignò Jem.
Gideon gli diede una spallata, facendolo inciampare e ruzzolare a terra.
«Di quanto è?» domandò Will, aiutando Jem a rialzarsi.
«Sei settimane. Giorno più, giorno meno.»
«Will è capace di far nascere i bambini.» disse Nico.
«Sì, ne ho sentito parlare. In caso di bisogno, Will, ti chiamerò. Buona nottata!»
Gideon si allontanò verso la Porsche nera, e quando lasciò il parcheggio rischiò di investire Alec.
«Mi dai un passaggio a casa?» gridò Alec, facendogli dei cenni con la mano, mentre Will, Nico e Jem si fermavano ad osservare la scena. Gideon aveva già investito una volta Thomas, ma per fortuna non gli aveva provocato tante ferite.
Gideon abbassò il finestrino. Nico notò che aveva lo sguardo divertito.
«Mi dispiace, fratello adorato, ma abito da tutt'altra parte rispetto a te.»
«Sono solo dieci isolati di distanza, Gid, per favore...»
Gideon proruppe in una grassa risata, e si avviò verso i cancelli, facendogli ciao ciao con la mano.
Will aprì la portiera del suo Suv e Jem si soffermò a guardare l'auto di Alec.
«Cos'ha che non va?» chiese, mentre Alec si avvicinava al gemello, frustrato. «Motore fuso?»
«Gomma a terra.» bofonchiò Alec, scoccando un'occhiataccia a Will, che si chiese se immaginasse o sapesse di chi era la colpa.
«Sai, sei fortunato.» disse Jem, passandogli un braccio attorno alla vita e sospingendolo verso il Suv di Will. «Il mio bel fratello qui, di nome William Solace, non porta rancore nei confronti dei fratelli stronzi. Se glielo chiedi gentilmente, sono sicuro che ti darà uno strappo a casa, visto che stiamo andando tutti nella stessa direzione.»
Nico osservò Will, un po' curioso. Jem aveva ragione, naturalmente. Will non portava rancore, altrimenti non sarebbero mai più tornati insieme, loro due, non dopo il fattaccio accaduto nell'ultimo anno. Will era di buon cuore, era generoso, con un carattere che cambiava in fretta come le belle giornate estive.
«D'accordo.» annuì Will, senza guardarlo.
Alec sgranò gli occhi e borbottò un grazie.
«Sì, ma devo avvisarti.» si intromise Nico, puntando lo sguardo sugli occhi verdi di Alec. «Nello stivale destro porto un pugnale. E se tu osassi di nuovo insultare Will, giuro che lo userò.»
«Quelli della tua razza possono uccidere gli umani?» domandò Alec, nervoso, lanciando un'occhiata a Will, sperando che negasse.
«Sì, e non saresti il primo che uccido.» disse Nico, freddo.
Will sorrise ad un pallido Alec. «Ti auguro un buon viaggio.» disse, entrando per primo.
Il viaggio in macchina fu piuttosto silenzioso. Alec tenne gli occhi puntati sullo stivale sinistro di Nico, e Nico tenne d'occhio il gemello cattivo di Jem con la coda dell'occhio, la mano pronta a prendere il pugnale. Will gli scoccò occhiate ogni trenta secondi, per avvisarlo che non lo avrebbe perdonato se gli avesse ucciso un fratello.
Dal canto suo, Jem teneva gli occhi puntati su Will.
«Vi insegnano a guidare, al Campo dei Metà Dei?» chiese, accigliato.
«No. Ed è il Campo Mezzosangue, non Campo dei Metà Dei. È insentibile.»
«Campo dei Metà Dei.» ripeté Jem, sorridendo. «Campo dei Metà Dei.»
«Stanno per sanguinarmi le orecchie. Dacci un taglio.»
«Okay. Quindi... è tutto merito mio se sai guidare?»
«Tuo, di papà e di Gideon.»
«E tu, Nico? Sai guidare?»
«Ehm, no.»
«Se vuoi, ti insegnerò io.»
«Devo pensarci.»
«Ah, non devi pensarci.» disse Will, duro, lanciandogli una rapida occhiata. «Prenderai la patente, dopo aver compiuto sedici anni. Che tu lo voglia o no. Ordini del dottore.»
«Non puoi obbligarmi.» borbottò Nico, incrociando le braccia al petto, dimentico del pugnale.
«Oh sì, invece. Devo ricordarti tutte le cose che ti ho obbligato a fare?»
«Non su questa macchina, vero?» si affrettò a chiedere Jem.
«Me le ricordo.» borbottò Nico, fingendo di non aver udito l'altro. «Come se fosse ieri.»
Will gli diede un buffetto sul ginocchio.
Jem si sporse verso Nico. «Cosa ti ha obbligato a fare?»
«Cose troppo imbarazzanti da raccontare ai propri cognati.» ridacchiò Will, parcheggiando l'auto nel posto libero più vicino a casa. «Eccoci arrivati.»
Le quattro portiere si aprirono nello stesso momento e si chiusero una dopo l'altra. Alec estrasse le chiavi di tasca e aprì il portone, ed entrarono tutti dentro.
«Oh mio Dio!» esclamò Jem, indicando l'ascensore e quasi mettendosi a saltellare. «Lo hanno aggiustato!»
«Sul serio?» domandò Alec.
«No.» Jem scoppiò a ridere e iniziò a salire le scale. Nico e Alec lo seguirono borbottando, e Will chiuse il corteo, ridacchiando.
Quando si fermarono al piano sei, Jem e Alec avevano il fiatone, e quasi si trascinavano a terra. Nico si appoggiò contro il muro, riprendendo fiato, e Will si massaggiò un muscolo dolorante del braccio.
«Be', ci vediamo.» disse Alec, prendendo la chiave di tasca e aprendo la porta dell'appartamento 6B.
«Sì, giusto.» annuì Will, posando il piede sul primo gradino.
«Aspetta!» esclamò Jem, mentre Nico si affrettò a seguire Will. «D'accordo, ci avete detto che state insieme, ma io esigo una prova.»
«Una prova?» chiese Nico, perplesso.
«Lasciali stare.» bofonchiò Alec, aprendo la porta, e voltandosi a lanciar loro un'occhiata.
Will afferrò Nico per la maglietta, lo attirò a sé e lo baciò. Nico rispose al bacio con entusiasmo. Jem saltellò felice, e Alec distolse lo sguardo.
«È sufficiente?» chiese Will, lasciando Nico, che rimase a guardarlo con gli occhi brillanti. «O dobbiamo farlo qui, di fronte a voi?»
«Quindi fate già sesso?» chiese Jem, sorridente.
«James!» gracchiò Alec, rosso in viso. «Non puoi continuare a chiedere ai tuoi fratelli se fanno già sesso con i loro partner!»
Will rise. «A chi lo hai chiesto?»
«Un po' a tutti.» annuì Jem, pensieroso. «A Gideon e Janet, quando lui l'ha presentata la prima volta. A Thomas con la sua fidanzatina. Alla tipa di Alec...»
«Dianne.» borbottò lui.
«Dianne. Come puoi pensare che io possa ricordarmi un nome del genere?!»
«Non me lo aspetto, infatti. Non ti ricordi nemmeno i nomi delle tue ex, figuriamoci delle ragazze degli altri!»
Jem spostò lo sguardo su Nico. «Ma del tuo nome mi ricorderò di sicuro.» gli promise.
Nico sorrise leggermente. Will gli batté sulla spalla, salutarono i gemelli e salirono le ultime rampe di scale. Nico aprì la porta e si catapultarono nel loro appartamento.
Will si sedette sul divano, mentre Nico chiudeva la porta a chiave.
«Sono fuori esercizio.» disse, con gli occhi chiusi.
«Sulle scale?»
«No, delle cene con la mia famiglia. Mi dispiace per Alec. Spero non ti abbia offeso.»
«Non sembrava intenzionato ad offendere me.»
«Sì, anche a me ha dato questa impressione.»
Nico si chinò su di lui e gli baciò la fronte. «Vado a fare una doccia.» lo avvisò.
«D'accordo. Io andrò a ripulire il letto. Ci sono ancora i tuoi vestiti?»
«No, li abbiamo tolti prima.»
Will annuì e rimase con gli occhi chiusi per qualche minuto, poi afferrò il telecomando. La televisione al plasma che Jem gli aveva gentilmente donato era stupenda. Ad alta definizione. Will cercò subito qualche documentario e si ritrovò a seguire un servizio sui pesci marini. Pensò che Percy Jackson ne sarebbe stato ugualmente emozionato.
Il servizio si stava spostando sui pesci pagliaccio quando udì la porta del bagno aprirsi.
«Will?» lo chiamò Nico, e Will si voltò a guardarlo, mordicchiandosi la lingua. Nico indossava solamente un asciugamano blu attorno alla vita snella. Tutto il resto esplodeva di muscoli. Affascinante.
«Non c'è acqua calda?» domandò Will, inumidendosi le labbra.
«No, no, quella c'è, per fortuna. Solo che...» Nico si osservò le mani, fece un respiro profondo, e puntò i suoi occhi neri sul volto abbronzato del biondo. «Solo che mi sono reso conto che c'è un punto sulla schiena che non riesco a raggiungere da solo, e mi chiedevo se avessi voglia di darmi una mano.»
Will spense il televisore e balzò in piedi, sbottonandosi la camicia e lasciandola cadere sul divano.
«Sai che adoro darti una mano in questo genere di cose.» gli disse Will, sorridendo. «Che punto sarebbe, per curiosità?»
«Qua dietro, sotto la scapola...»
«Ah, sì, capisco. È un punto che non riesco a toccare nemmeno io. Magari ora io aiuto te, e poi tu aiuti me. Che ne pensi?»
Nico annuì, lo prese per mano e lo trascinò nel bagno.

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Capitolo 6
*** 06. Bruciato o al cioccolato? ***


Quando Will si svegliò la prima volta, fu a causa di uno scampanellio furioso. Era la prima volta che udiva quel rumore dopo tanto, tanto tempo, e impiegò qualche minuto a rendersi conto di trovarsi in una stanza a lui sconosciuta, ma che conteneva i suoi effetti personali.
«Chi è?» borbottò Nico al suo fianco, rigirandosi tra le lenzuola e coprendosi le orecchie con il cuscino.
«Sarà arrivato un pacco. O qualche bolletta.» brontolò Will, stendendosi a pancia in giù e posando una mano sulla schiena nuda di Nico.
«Intendi andare ad aprire?»
«Dovranno andarsene, prima o poi. E sono solo le sette. C’è ancora tempo per dormire.»
Nico annuì, e si raggomitolò contro di lui. Will affondò le dita tra i suoi capelli soffici, e iniziò a scorrere lentamente la mano su di lui, soffermandosi sul fondoschiena. Mordicchiò la pelle di Nico, ma il figlio di Ade non era intenzionato a fare giochetti di alcun tipo. Era tornato di nuovo nel mondo dei sogni.
Will gli lasciò un segno sulla spalla, e anche lui si assopì di nuovo.

La seconda volta, non fu il suono del campanello alla porta. Fu qualcos’altro. Will, steso nudo e da solo sul letto, osservò con attenzione il lampadario sospeso a tre metri da lui. Era semplice. Quattro braccia, ognuna con una lampadina e un paraluce, completamente nero. Doveva essere uno di quelli vecchi di Gideon. Al fratello maggiore piaceva spendere soldi almeno quanto al loro padre, a cui piaceva guadagnarli.
Will batté le palpebre un paio di volte, intontito, e guardò il posto vuoto di Nico. Avevano inaugurato due stanze dell’appartamento, quella notte, e già non vedeva l’ora di fare lo stesso lavoro anche nelle rimanenti. E sul divano. Forse anche sul tavolo, se fosse riuscito a convincere il pudico figlio di Ade.
Will si mise seduto, sbadigliando e portandosi all’indietro una ciocca di capelli. Annusò l’aria due volte, e capì cosa c’era che non andava. L’odore di bruciato.
«Nico.» mormorò Will, mentre il suo cuore dava una serie colpi rapidi nella sua cassa toracica. Scese di colpo dal letto e corse in cucina, immaginandosi il suo fidanzato riverso sul pavimento, un enorme incendio intento a fagocitare la loro cucina – più o meno – nuova di zecca.
Invece, si bloccò, meravigliato. Nico era in piedi davanti ai fornelli, intento a preparare pancake, o qualcosa che gli somigliava. Indossava dei boxer neri e la camicia blu che Will aveva indossato la sera prima.
«Ehi, ciao.» salutò Nico, sorridendo a Will, lasciando cadere un nuovo e gustosissimo pancake color pece su una pila circa dello stesso colore. «E ciao anche a te!» aggiunse il figlio di Ade, arrossendo, e abbassando lo sguardo sul corpo nudo di Will. «Che ne pensi di metterti qualcosa addosso? Mi distrai.»
Will lo osservò perplesso. «Mi sono svegliato e tu non eri con me.» gli disse.
«Volevo portarti la colazione a letto.» spiegò Nico, lasciando cadere un altro mestolo di pastella nella padella, che sfrigolò in modo tutt’altro che allegro. «Una sorpresa.»
Will abbassò lo sguardo sul piatto di pancake. Ne contò circa due dozzine, la maggior parte nera come il carbone da un lato.
Deglutì. La vera sorpresa sarebbe stata sopravvivere.
«Wow, ti ringrazio.» disse Will, facendo un passo indietro. «Vado a mettermi qualcosa addosso.»
Nico annuì, entusiasta.
Quando Will tornò in cucina, indossava solo un paio di boxer aderenti di un intenso blu scuro, che attiravano l’attenzione più di tutto il resto. Nico borbottò qualcosa, e Will recuperò i pantaloni del giorno prima mentre si avviava verso il bagno.
Nico finì di cucinare e guardò soddisfatto il suo lavoro. D’accordo, erano un po’ più scuri dell’immagine del libro, ma con un po’ di sciroppo non si sarebbero accorti di nulla.
Chiuse gli occhi quando sentì Will abbracciarlo, e posargli il mento sulla spalla. Gli diede un lieve bacio sul collo.
«Come hai fatto a farli?» domandò Will, stringendolo contro di sé.
«Circa un’ora fa Jem ha suonato alla porta, e mi sono svegliato. Non volevo disturbarti, e sono andato ad aprire. Mi ha consegnato una busta di spesa, dicendo che te l’ha mandata tua madre.»
«Ah.» Will ricordò lo scampanellio di quel mattino. Abbassò un po’ la camicia di Nico sulla spalla, e notò il succhiotto che gli aveva lasciato. Si domandò se il figlio di Ade l’avesse già notato. «Che carina. Ti hanno dato anche la ricetta dei pancake?»
«No, l’ho trovata in un libro qui nel cassetto. Cercavo un coltello. Tutti questi mobili…»
«Sono dei miei fratelli maggiori. E immagino ci sia anche lo zampino di Logan.»
«Sai, mi piace questo appartamento.» disse Nico, posando le mani sulle sue. «Siamo sufficientemente alti per evitare il più del traffico urbano, godiamo di una bella vista, e dai due giri in auto di ieri, ci sono parecchi negozi interessanti nei dintorni.»
«Per non parlare della tua scuola, che dista solo quattro isolati…»
«È la stessa che frequenta Thomas?»
«Sì. Quindi immagino che vi incrocerete nei corridoi. Oppure lui ti pedinerà, il che è probabile.»
Will iniziò a dargli piccoli baci leggeri sul collo, e Nico, dopo averlo lasciato fare per un minuto, si districò dalle sue braccia e indicò i pancake.
«Dobbiamo mangiarli prima che si raffreddano.» disse Nico, prendendo il piatto.
Will aprì bocca per dirgli che non scappavano da nessuna parte, ma osservandoli con attenzione decise di fare silenzio.
«D’accordo, ma dopo non avrai scelta.» gli disse Will, prendendo lo sciroppo al cioccolato dal mobile.
«Ma non dovresti pensare a studiare?»
«Ho ancora del tempo libero.»
Si sedettero a tavola, e Nico servì entrambi di quattro pancake. Will versò una dose generosa di cioccolato nel suo piatto, e si chiese come sarebbero sopravvissuti. Nessuno dei due aveva competenze in cucina, e non avrebbero potuto vivere per sempre con il cibo d’asporto.
Il sapore di cioccolato non eliminava del tutto quello di bruciato, ma Will si impose di mangiare tutti i pancake, visto che Nico li aveva fatti con tanto, tanto amore, e solo per lui. Ma si alzò in piedi, grato, quando bussarono alla porta, dopo cinque minuti.
«Olà!» salutò Jem, entrando in casa e posando una busta sul divano. «Finalmente siete entrambi svegli. E più o meno vestiti.»
«Ciao, Jem.» salutarono Will e Nico in coro.
«C’è odore di bruciato.» disse Jem, annusando l’aria, affrettandosi ad aprire una finestra. «Cos’è successo?»
«Nico ha cucinato.» spiegò Will, tornando a sedersi.
Jem si avvicinò saltellando al piatto. «Wow!» disse, prendendo uno dei pancake. «Come hai fatto a farli al cioccolato? Ah. Oh…»
Jem arrossì per la gaffe, e Will si morse la lingua per non ridacchiare della sua espressione. Nico fissò il fratello di Will in cagnesco.
«Non sono al cioccolato.» borbottò.
«Sì, ma sono buoni lo stesso!» esclamò Jem, infilandosi in bocca tutto il pancake, le guance accese per l’imbarazzo.
Nico si voltò dubbioso verso Will, che riprese a mangiarli.
«Sono buoni.» lo rassicurò. «Dico davvero.»
Nico sembrò leggermente rassicurato.
Jem corse al frigo a prendere la bottiglia di succo d’arancia, e quasi la svuotò per liberarsi del sapore in bocca. Si mise a preparare il caffè con la loro macchinetta, e fu sul punto di chiedere se lo volevano quando bussarono alla porta.
«Ciao.» salutò Alec, entrando dopo che Will gli ebbe aperto la porta. «Spero di non disturbare.»
Will era così scioccato da averlo lì di fronte che lo lasciò passare.
Alec si guardò attorno, ignorò il gemello che lo fissava dalla cucina e si avvicinò a Nico, ancora intento a mangiare, un po’ a disagio tra tutti quei Solace.
«Oh, pancake.» disse Alec, lasciandosi cadere sulla sedia vuota di Will. «Sono bruciati, vero? O al cioccolato? Non si riesce a capire.»
«Sono buoni.» si affrettò a dire Will, mentre Nico trucidava Alec con lo sguardo.
«No, credo di no.» disse Alec, scuotendo la testa, incrociando le braccia al petto. «Chi li ha fatti?»
«Io.» borbottò il figlio di Ade.
Alec alzò un sopracciglio. «I morti non ti insegnano a cucinare?»
«No. Sono appunto morti.»
«Dovresti aprire un agriturismo, negli Inferi.»
«Già. In cucina con i morti. Bell’idea.»
Will guardò prima il fidanzato, poi il fratello, e si avvicinò di corsa a Jem, senza sapere cosa fare. Stavano solo parlando, con tono sempre più acceso, e insulti nascosti tra le righe. Will aveva in mente di recuperare la sua valigetta del pronto soccorso dal bagno. Perché immaginava che prima o poi i due si sarebbero aggrediti.
Poi, all’improvviso, mentre Jem stava servendo il caffè per tutti e quattro, Nico e Alec scoppiarono a ridere. Jem si versò il caffè bollente sulla mano, urlò e Will lo costrinse a mettere la mano sotto l’acqua fredda. Entrambi si voltarono verso i due ragazzi che ridevano della grossa a tavola.
«Che diamine è successo?» balbettò Jem.
«Non lo so, ma… è una cosa bella, no?» borbottò Will, guardando Nico alzarsi in piedi, le lacrime agli occhi dalle risate.
«Immagino di sì… ed è anche interessante.»
Mentre Nico andava in camera a finire di vestirsi, Alec prese la sua tazza di caffè e li osservò perplesso.
«Che state facendo?» chiese.
«Mi sono rovesciato del caffè addosso.» spiegò Jem.
«Tipico da James.»
«Non sarebbe successo, se tu e Nico non vi foste messi a ridere.»
Alec sorrise. Sul suo volto il sorriso spiccava male. «Nico ha il mio stesso senso dell’umorismo. Andremo molto d’accordo.»
Will lo guardò sorpreso. In effetti, Alec e Nico si assomigliavano quanto lui e Jem, per i loro comportamenti. Anche se Alec aveva ormai concluso la sua fase dark, durata quattro anni, e Nico non sembrava intenzionato a smettere di vestirsi di nero.
Nico tornò in cucina. Vestiva di nero come al solito, e aveva rimesso i piercing alle orecchie. Portava una borsa a tracolla sulla spalla, Will la riconobbe come una delle sue vecchie.
«Alec si è offerto di accompagnarmi ad iscrivermi a scuola.» disse Nico, sorseggiando il suo caffè. «Ti dispiace, Will?» 
«Oh, no.» balbettò lui. «Non mi dispiace affatto. Hai tutti i documenti del signor D?»
«Tutti quanti.»
Si scambiarono un bacio, poi Nico si rivolse ad Alec. «Andiamo?»
Alec annuì, salutò i due fratelli e lasciarono l’appartamento.
«Dici che si metteranno a tirare calci ai gatti randagi insieme?» domandò Jem, massaggiandosi la mano dolorante. «O ruberanno 101 cani per farne delle pellicce?»
«No. A Nico piacciono gli animali. Ma potrebbero mettersi a braccetto e cantare qualche canzoncina insieme.»
Jem rise, e gli diede una pacca sul petto nudo. «Te lo saresti aspettato?»
«No, mai. Nella mia lista dei fratelli adorati, lui non è proprio al primo posto.»
«Lo so, perché quel posto spetta a me.»
Will rise. «Poco modesto, eh?»
Jem scrollò le spalle. «Mi conosci. Cosa vuoi fare?»
«Be’, visto che Nico non c’è, e nemmeno Alec… direi di fare qualcosa che ho rimandato da tanto, tanto tempo.»
Jem lo studiò. «Vuoi giocare ai videogiochi?»
Will annuì. «Solo un’oretta. Poi torneremo a comportarci da adulti, d’accordo?»

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Capitolo 7
*** 07. Una festa da urlo ***


Will finì di incartare il regalo per il fratellino minore. Finalmente Danny avrebbe compiuto dodici anni, e poteva ricevere il suo vecchio guantone da baseball tutto malandato. Lo aveva usato per due anni, prima di trasferirsi in modo permanente al Campo Mezzosangue.
«Will!»
Will ignorò la richiesta di aiuto di Nico. Recuperò il regalo che Nico aveva fatto a Danny – in realtà lo aveva comprato Will, Nico non era molto bravo a fare regali – e lo incartò. Gli aveva comprato un libro sui draghi. Danny adorava i draghi. In effetti, Danny adorava un sacco di cose.
«Will! Sei sordo? O te ne sei andato?»
«Me ne sono andato!» esclamò Will, divertito, lasciando il regalo e avviandosi nel corridoio. «Che cosa… oh!»
Will si interruppe, osservando Nico di fronte all’armadio. La sua prima reazione fu quella di saltargli addosso, spingerlo a letto e dimenticare la festa di Danny. La seconda reazione fu quella di aggrottare la fronte.
«Che diavolo stai indossando?» domandò.
Nico si voltò a guardarlo. Aveva una strana espressione. «L’ho comprato ieri con Alec.» spiegò.
A Will non piacque molto quella frase, ma non poteva litigare con Nico solo perché trovava simpatico il fratello che più detestava.
«E come mai lo hai comprato?» chiese Will, avvicinandosi di un passo.
«Per la festa di Danny.» borbottò Nico, arrossendo. «Ricordi? Voleva che mi travestissi da mio padre…»
Will si mordicchiò la lingua. In effetti, alcuni giorni prima, alla cena di famiglia, Danny aveva invitato Nico alla sua festa di compleanno dei dodici anni, dicendogli che l’avrebbe fatta sul tema degli Dei dell’Olimpo. Nico si era lasciato convincere con estrema facilità, a quanto sembrava. O forse voleva solo fare colpo sui Solace.
Will decise di tenere per sé che, avendo superato i quindici anni, Nico poteva anche andare alla festa non travestito, e rimanere in disparte con gli altri Solace. Vestito in quel modo, tutti gli amichetti pazzoidi di Danny gli sarebbero stati con il fiato sul collo, e Nico tendeva ad uccidere pesci rossi quando era scosso.
Per fortuna le doti da guaritore di Will imploravano di essere usate.
«Sei bello.» si decise a dire infine Will, sistemandogli il colletto. «Sei… elegante. Tutto tuo padre.»
Nico fece una smorfia, sistemandosi il polsino.
«Però devo ammettere che assomigli a Thor.» aggiunse Will.
«È un tuo amico?»
«Lascia perdere.»
Nico tornò a guardarsi allo specchio. Portava stivali neri, fino a metà gamba, con riflessi rossastri. Come a voler ricordare tutto il sangue versato negli Inferi. Indossava una tunica stretta, nero pece, con tanto di mantello a coprirgli le spalle. Il mantello non era semplicemente nero, ma descriveva alcune scene di morte. Era terrificante. I capelli rasati sui lati, e i quattro centimetri di cresta gli davano, assieme alla tunica, un aspetto molto simile all’Ade descritto dagli umani.
«Stai bene?» domandò Will, scrutando il volto pallido e tirato di Nico. I suoi occhi, però, erano puntati sulle sue occhiaie.
«Sì.» annuì Nico, trattenendo una smorfia e lisciandosi una piega della tunica. «Hai presente i pancake dell’altro giorno? Be’, credo mi abbiano fatto male.»
Will finse di esserne sorpreso. Quando lui e Jem erano stati male per via dei pancake, Nico e Alec non erano ancora tornati. Non glielo aveva detto per paura di offenderlo. Vedere Nico così a suo agio nella cucina lo rendeva di buonumore. Sperò solo che nel resto della loro convivenza, Nico imparasse a cucinare meglio.
Will gli posò le mani sulle spalle e gli placò il dolore con un semplice incantesimo. Nico socchiuse gli occhi, sentendosi decisamente meglio, e Will gli baciò la gola. Il succhiotto lasciato pochi giorni prima era ancora visibile.
«Credo che sia arrivato il momento di truccarmi.» disse Nico, liberandosi del fidanzato, e afferrando la trousse di trucchi che Alec gli aveva comprato.
Will spalancò la bocca per la sorpresa.
«Scusa? Cosa hai detto?!»
Nico si rigirò tra le mani una matita nera.
«Devi truccarmi.» ripeté. «Io non credo di farcela. Potrei accecarmi. Non l’ho mai fatto prima.»
Will era troppo sbalordito solo per muoversi. Travestimenti? Trucchi? Nico conosceva Alec da qualche giorno, e già Alec era riuscito a rovinarglielo.
Sbuffando, Nico spedì un messaggio ad Alec dal cellulare di Will. Alec si presentò cinque minuti dopo alla porta di casa. Nico gli aprì.
«E tu chi saresti?» domandò Will debolmente, fissando il fratello maggiore, che indossava dei vestiti neri e rossi.
«Ares.» rispose Alec, con un’alzata di spalle.
«Ares.» ripeté Will, e preferì sedersi sul divano, scuotendo la testa.
«Dove sono i trucchi?» chiese Alec a Nico, serio.
«Vado a prenderli.»
«Non lo trasformare in una drag queen.» lo pregò Will.
Alec rise. «Non ti preoccupare. Solo un po’ eye-liner per dare un tocco di eleganza agli occhi, e un po’ di fard per vivacizzare il suo volto.»
Will accese il televisore senza altri commenti.
Quando Nico fece ritorno, Alec lo obbligò a sedersi e cominciò a truccarlo. Will si sporse dal divano per guardarli, sentendo una fitta allo stomaco che non aveva nulla a che fare con il dolore degli ultimi giorni.
«Will, c’è una sorpresa per te sul letto.» disse Nico, sorridendo, e Alec ridacchiò.
«Che tipo di sorpresa?» domandò Will, scoprendosi per nulla curioso. Quei due cominciavano a dargli sui nervi.
«Vai a dare un’occhiata.» lo incitò Alec, con tono leggero.
Will si alzò guardingo. Quei due che facevano comunella non gli piacevano affatto. Entrò in camera sua, quasi aspettandosi di vedere un mostro nell’armadio o la scrivania in procinto di cadere dalla finestra. Quello che non si aspettava era un costume bianco e oro, con una lira tra i gadget.
«Mi prendete in giro?» urlò Will, correndo in cucina. «Cosa dovrei farci con quello?!»
«Indossarlo per la festa di Danny, naturalmente!» esclamò Nico, entusiasta, con un occhio chiuso. «Sapevo che tu eri intenzionato ad andare alla festa vestito in modo normale, così ti ho preso il costume da Apollo.»
Will scosse la testa. «Io non ho alcuna intenzione di travestirmi!»
«Dai, Will.» gli disse Alec, cominciando a passare il fard sul volto di Nico. «Impara a divertirti!»
«Impara a divertirti? E me lo dici tu, che hai vent’anni, e ti travesti come un Dio dell’Olimpo?! Tu, che mi hai sempre disprezzato per le mie origini?»
Alec finse di non averlo sentito.
«Dai, Will.» disse invece Nico, tossicchiando. «È la festa del tuo fratellino. Qualcosa glielo devi.»
«Gli devo dei soldi, non un travestimento da Apollo! E poi io la lira non la so suonare!»
«Usa i tuoi poteri, allora.»
«Sono un guaritore, non un musicista. Dovrei starmene in disparte in attesa che qualcuno si faccia male?»
Alec si voltò a guardare Will. «Non fare il guastafeste.» borbottò.
Will lo fissò torvo, poi capì che Alec stava alludendo a Nico. Si sentì male all’idea che suo fratello avesse capito prima di lui che Nico voleva partecipare a quella festa di compleanno perché non ne aveva mai avuta una sua.
Nico si alzò dalla sedia, spazzandosi i vestiti delle tracce di trucco e guardò Will, che si sentì mancare. In effetti, l’eye-liner lo rendeva una persona del tutto diversa.
«Alec, puoi lasciarci soli cinque minuti?» domandò Nico, e Alec annuì. Si guardò attorno per qualche secondo, poi andò a chiudersi nella camera degli ospiti.
Nico si avvicinò a Will e gli puntò un dito al petto. «Ora tu vai di là, ti infili quel costume, fingerai di suonare la lira, e ti divertirai. È il tuo fratellino.»
«D’accordo.» sussurrò Will, fissandolo dritto negli occhi.
Nico esitò. Immaginava di dover litigare con lui. «E se tuo fratello te lo chiedesse, ballerai e canterai.» aggiunse.
«Okay.» annuì Will.
«Che ti prende?» domandò Nico, confuso.
«Sei sexy.»
Nico avvampò. «Credo che sia il momento di andare.»
Will gli accarezzò le braccia. «Quando torneremo a casa questa sera, mi lascerai togliere il tuo costume?»
Nico lo studiò e annuì. «Tu mi farai levare il tuo?»
«Puoi scommetterci.»
«È andata.»
Si scambiarono un bacio ripieno di promesse per quella sera, poi Nico si mise il rossetto nero per darsi un tocco di eleganza in più. Will scomparve in camera a vestirsi prima di trascinare Nico con lui.

Jem rise per tutto il tragitto fino a Villa Solace. Non riusciva a credere che i suoi due fratelli preferiti si fossero lasciati fregare da Danny. Non fece alcun commento sul figlio di Ade. Con quello sguardo tagliente e arcigno, Jem ne era terrorizzato.
A Villa Solace erano già arrivati molti degli amici di Danny. Nico guardò quei travestimenti poco convincenti, e decise che, da quel giorno in poi, il negozio in cui lui e Alec si erano recati, sarebbe stato il suo preferito, per eventuali altre feste a tema.
Danny gli corse incontro e lo abbracciò. «Grazie!» esclamò, con gli occhi umidi. «Non mi aspettavo che lo facessi sul serio!»
Nico gli diede una pacca sulla spalla. «Ho avuto la tua età anch’io, una volta.» rispose Nico, ricordandosi di come era stato geloso, per un breve periodo, nel non avere una vita normale.
Danny gli sorrise. Da come era vestito, Nico immaginò che si fosse travestito da Poseidone. Teneva un tridente flessibile in mano, e indossava pantaloncini azzurri e camicia hawaiana. Forse aveva intravisto Poseidone in città.
«Wow, Will!» esclamò Danny, restando a bocca aperta. «Sei…»
«Sì, questo è un vestito da donna.» mugugnò Will, sistemandosi la veste bianca, che a stento lo copriva fino alle ginocchia abbronzate. «Se solo lo avessi notato prima di uscire…»
«Ricordati questa sera.» borbottò Nico, facendo sorridere Alec.
Will decise di tenere duro.

La signora Solace non fece commenti riguardo al figlio biondo che si faceva strada tra i bambini nella sua direzione. Non disse nulla nemmeno quando lo vide riempirsi un bicchiere di vino – Jem doveva averlo avvertito delle scorte segrete – e svuotarlo in un sorso.
«Nico è stupendo.» disse la donna, tanto per fare conversazione.
«Glielo dirò. Sarà soddisfatto di sé.» borbottò Will. «E avrà l’autostima alle stelle. Meglio così…»
Stava già sognando la loro serata insieme. Sperò che a Nico non sbavasse il trucco nel resto del pomeriggio.
Will cercò con lo sguardo Gideon. Teneva sulle gambe la sua piccola principessa, che giocherellava con un pupazzo. Will gli andò contro.
«Ciao, splendore!» esclamò Gideon, guardandolo divertito. «Come sei affascinante. Dov’è il tuo protettore?»
«Tra la folla, a lui non piace che mi si chiami splendore.»
«Bene, allora cercherò di non dirglielo.»
Will osservò curioso la nipotina. I capelli rossicci della bambina gli misero allegria.
«Tua moglie?» domandò Will.
«È a casa. Ha la nausea, e non voglio che la mamma sappia che è incinta almeno fino alla settimana prossima.»
«Perché?»
«Lasciamogli superare il trauma che non avranno mai nipotini biondi con i tuoi begli occhi azzurri.»
«Ci sono rimasti male?»
«Immagino che un po’ se lo aspettavano.»
«Così è veramente offensivo.»
«È la verità.»
Will notò Nico tra la folla. Lui e Ares – Alec! – stavano fingendo un litigio a beneficio dei ragazzini. Un piccolo spettacolo per intrattenere gli ospiti. Nico aveva la sua espressione da divertimento. Gli brillavano gli occhi. Will si chiese se i due avessero studiato insieme le battute per quello spettacolo.
«Il tuo ragazzo è truccato?» domandò Gideon, serio.
«Solo per questa volta.»
«Sai che non ho pregiudizi a riguardo.»
«Sempre meglio sottolinearlo. Di solito non si trucca mai. Lo ha fatto solo per rendersi più nel personaggio. E per far contento Danny.»
«Dici che suo padre lo punirà per quanto sta facendo?»
«No, non credo. Infondo non sta facendo nulla di male…»
Will si mordicchiò la lingua. Forse Ade se la sarebbe presa con loro sé, quella notte, avrebbero finto di essere Ade e Apollo, e non Nico e Will. Ma Ade poteva anche non venire a saperlo. Immaginò che ci fosse qualche confine invisibile su quello che Nico raccontava al padre divino.
«Dov’è Thomas?» chiese Will, guardandosi attorno.
«Con Jem, immagino. Prima era seduto lì al tuo posto…»
Will fu sul punto di alzarsi in piedi e cercare il fratello sedicenne, quando la terra ai suoi piedi cominciò a tremare. I bambini si misero a strillare, compresa Tessa tra le braccia di Gideon, e Will spostò subito lo sguardo su Nico.

Nico e Alec avevano deciso di dare vita insieme ad un breve spettacolo, un piccolo combattimento tra Ade e Ares per decidere chi fosse il più figo. Nico conosceva entrambi gli Dei, sebbene non avesse rapporti di alcun genere con Ares. Ma conosceva Clarisse Le Rue, quindi presunse che il dio fosse una versione più adulta e battagliera della ragazza.
E Alec lo impersonava benissimo.
I bambini sembravano entusiasti da quello spettacolo, e anche Danny, che aveva le lacrime agli occhi dalla gioia. Nico fu felice di aver fatto qualcosa di carino per la famiglia Solace. Forse una parte di lui aveva sempre desiderato avere una famiglia normale… e Danny ora aveva la stessa età di sua sorella Bianca quand’era morta.
Il ricordo lo fece sussultare, e venne colpito al fianco dalla spada di legno di Alec. Cadde a terra, confuso e dolorante, e Alec fu sul punto di aiutarlo ad alzarsi quando la terra tremò.
Da uno spacco a mezzo metro da Nico iniziò ad uscire uno scheletro.
«Merda!» brontolò Nico, balzando in piedi, e cercando Will con lo sguardo. Will e la sua splendida veste bianca lo osservavano da dieci metri di distanza.
I bambini più vicini allo scheletro cominciarono a strillare e piangere.
«Scherzavo!» urlò Danny a Nico. «Non era necessario farli sorgere davvero!»
«Non era mia intenzione farlo!» strillò Nico, mentre Alec acciuffava i bambini più vicini e li faceva correre in casa.
In quel momento, Nico desiderò avere sua sorella Hazel. Con la Foschia, avrebbe cancellato i ricordi dei bambini, e anche quella scena raccapricciante.
Nico notò che lo sguardo vuoto dello scheletro era puntato su Alec. Di sicuro non gli era piaciuto che il suo padrone venisse attaccato. O era stato mandato da Ade per mettere fine a quell’assurda interpretazione?
Will corse da Nico, che stava riprendendo il controllo della situazione. Riuscì a scacciare lo scheletro, e Will trovò un tappeto da posare sopra la crepa.
«Bell’effetto a sorpresa.» fischiò Alec, e Nico decise di non dire che aveva appena rischiato la vita. «Se mai mi sposerò, ti inviterò alla cerimonia per intrattenere i miei ospiti.»
«Non sono un mago.» borbottò Nico, mentre Will trascinava Danny a casa per controllare i danni subiti dagli altri bambini.
«Potresti lo stesso risucchiare mia suocera.»
Nico sospirò, esasperato.

Quando Nico e Will tornarono a casa tre ore più tardi, erano entrambi esausti. Si stesero nel letto, senza la forza di parlare, e pensarono agli avvenimenti della giornata.
Per fortuna, la maggior parte dei bambini aveva visto solamente un grosso ragno uscire dal fogliame, ed erano corsi dentro Villa Solace urlando «Ragni!» e non «Morti!»
Will aveva distribuito caramelle a tutti i bambini, chiedendo scusa per l’intoppo, e si era intromesso nello spettacolo cantando e ballando. Non era male, le doti sonore dei figli di Apollo erano donate a tutti, guaritori compresi. Nico ne era rimasto affascinato.
Mentre Will cantava e ballava accompagnato da Alec, Nico si era ritirato con Gideon e Thomas, osservando la scena da lontano. Per Nico travestirsi da Ade era una cosa, mettersi a cantare e ballare tutt’altra.
Thomas aveva ripreso tutto con il cellulare.
«Lo mostrerò al vostro matrimonio!» sghignazzò Thomas, facendo ridacchiare un Nico imbarazzato.
E ora, finalmente, quella giornata era conclusa.
«Doccia?» domandò Nico, che non vedeva l’ora di levarsi quel trucco dalla faccia.
«No.» rispose Will, attirandolo a sé.
«Tra pochi giorni comincio la scuola.» sbottò Nico, mentre Will gli baciava il collo.
«Non possiamo farlo oggi perché tra circa una settimana incominci la scuola?»
«Non intendo questo.»
«E cosa intendi allora?»
«Non ne ho idea.» ammise Nico, e Will lo colse come il segnale che poteva osare un po’ di più.
Nico gli infilò le mani sotto le vesti.
«Credevo non ti fossi messo gli slip.» rise Nico.
«Volevo farlo, ma c’erano degli innocenti bambini.»
Nico lasciò che l’altro lo baciasse con dolcezza.
«E poi, devo ammetterlo.» mormorò Will, alzandogli la tunica fino alle ginocchia. «Il costume da tuo padre ti dona molto.»
«Ed ecco che va a finire nell’armadio. Will, grazie per… per non avermi giudicato.»
«Ehi, se ti piace travestirti, chi sono io per impedirtelo?»
Nico riuscì a divincolarsi dalla sua presa e a scappare via. Will lo seguì ridendo e cantando.

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Capitolo 8
*** 08. Primo giorno di scuola per Nico di Angelo ***


«Nico, è ora di alzarsi.»
Nico sprofondò la faccia nel cuscino, ignorandolo.
«Nico, ti prego. Non fare così. Lo sai che oggi inizi la scuola.»
Nico mugugnò nel cuscino.
«Figlio di Ade!» gridò Will, gettandosi sul letto. «Comportati da uomo!»
Nico strillò mentre Will gli faceva il solletico ai fianchi. Cominciò a scalciare, liberandosi dalle lenzuola e si ritrovò avvinghiato a Will, che iniziò a baciarlo con dolcezza. Nico si lasciò trasportare dal bacio, il cuore gonfio di quel sentimento che negli ultimi mesi aveva imparato ad apprezzare.
Will si scostò da lui. Aveva le guance rosse. E le ombre scure sotto gli occhi. I capelli gli svolazzavano allegri sulle spalle.
«Ti ho preparato la colazione.» gli disse, scendendo dal letto e gettando a terra le lenzuola stropicciate. «Dai, o farai tardi.»
Nico rimase a guardarlo, a braccia aperte, in attesa che Will tornasse da lui. Il figlio di Apollo incrociò le braccia al petto, e rimasero a fissarsi.
«Nico, è tardi.» disse Will. «E oggi è il tuo primo giorno di scuola.»
«E se restassi qui?» mormorò Nico, sorridendo, e dando un colpetto al materasso. «Se rimanessimo qui, insieme, a rotolarci tra le coperte fino al prossimo giorno?»
Will scoppiò a ridere. «Dovevo solo iscriverti a scuola per avere questa tua reazione, Nico?» disse, tra le risate. Gli tese la mano. «Su, avanti. Ora niente scuse. Devi studiare. Lo studio è importante. E nel pomeriggio, alle quattro, devi andare al lavoro. Sei sicuro di volerci tornare, a proposito?»
Nico annuì, accettando la mano di Will e mettendosi in piedi. Notò che erano solo le sei e mezza, e la scuola sarebbe iniziata nel giro di un'ora. Fu sul punto di gettarsi di nuovo sul letto, scosso, ma Will lo sollevò di peso e lo chiuse in bagno, ignorando le sue urla di protesta.
Quando Will gli aprì di nuovo la porta del bagno, Nico aveva fatto la doccia e si era vestito. In quel momento si stava pettinando i capelli, spostando il ciuffo superstite da un lato. Il giorno prima, Alec gli aveva rasato di nuovo la testa su entrambi i lati.
«Non ho intenzione di smetterla di andare al lavoro.» lo avvisò Nico, abbassando il pettine. «La lite di sabato non ricapiterà più.»
«D'accordo.» annuì Will, sebbene fosse un po' dubbioso. «Ma se la tua media scolastica subirà una discesa, smetterai di andarci.»
«Non ce l'ho ancora, una media scolastica!»
«Dovrai averla. 8 è il minimo che ti concedo.»
Nico roteò gli occhi al soffitto, sospirò, si avvicinò a Will scoccandogli un bacio e andò a fare colazione senza una parola. Will si affrettò a preparargli la borsa di scuola.
Nico e Alec, ormai, dopo dieci giorni, erano diventati ottimi amici, il che sorprendeva tutti quanti, Will primo tra tutti. I due si trovavano simpatici a vicenda, forse perché non avevano bisogno delle parole per comunicare. Ogni tanto si lanciavano un grugnito e ridevano, o condividevano battute penose che nemmeno Jem trovava spiritose. Spesso Will li trovava sul divano a giocare ai videogiochi. Di tanto in tanto si insultavano, per mantenere alto l'interesse, altrimenti rimanevano un po' apatici a guardare lo schermo della tv.
Alec aveva presentato al fratello e a Nico la sua nuova conquista, Dianne, una ragazza davvero deliziosa che faceva la ballerina. Ed era vegetariana. Alec si stava sforzando in tutti i modi di seguire la sua dieta.
Dopo circa tre giorni dalla cena con i Solace, durante la festa di compleanno di Danny, Alec aveva comunicato a Nico che nel suo luogo di lavoro stavano cercando un nuovo commesso. Nico si era presentato, ed era stato assunto dopo nemmeno dieci minuti dal penoso colloquio. E quando Nico aveva gentilmente declinato l'invito di una cliente di passare il resto della serata insieme a lei nel suo appartamento, il suo capo lo aveva sgridato, e i due si erano messi ad urlarsi in faccia, fino a quando le tenebre non avevano cominciato a lasciare il corpo di Nico, corso a rifugiarsi in bagno. Alec lo aveva accompagnato subito a casa.
E in quei giorni, Will aveva ripreso a studiare. Passava tutto il giorno a studiare in casa, spesso da solo, altre volte con Thomas, che gli teneva compagnia e preparava qualcosa da mangiare per le sere successive. Quando Nico tornava a casa dopo il lavoro, lui e Will avevano il tempo di cenare insieme prima di mettersi a letto. Non facevano quasi altro, erano troppo stanchi persino per guardare un film.
Ora Nico avrebbe cominciato la scuola, e Will se ne sarebbe andato a studiare in biblioteca per avere un po' di silenziosa compagnia attorno. Non sopportava la casa senza il suo amato.
«Ti ho preparato il pranzo.» annunciò Will, sistemando il sacchetto nella borsa. «Un panino al formaggio con il prosciutto. E una mela. Dovresti proprio mangiare un po' di frutta.»
«Chi lo dice?» domandò Nico, mangiucchiando una fetta di pane tostato.
«Lo dice il tuo dottore.» sorrise Will, avvicinandosi per dargli un bacio sulla fronte. Nico lo afferrò per il colletto e lo costrinse a baciarlo.
Will si divincolò. «Non credere di cavartela così!» rise Will, scompigliandogli i capelli bagnati. Al suo tocco, iniziarono ad asciugarsi da soli. «Devi andare a scuola. Non me lo sono dimenticato.»
Nico borbottò contro la sua fetta di pane tostato e Will si allontanò verso la camera da letto, ridendo forte.
 
Alle sette e venti, Will parcheggiò in un posto libero, osservando lo sciame di ragazzi e ragazze di fronte alla scuola. Nico li fissò in cagnesco. C'erano gruppi di due o più ragazzi ogni due metri, e tutti sembravano felici di vedersi dopo tre mesi di vacanza. Alcuni iniziarono a confrontarsi l'abbronzatura.
«Will, vai a dimostrargli chi è la vera star.» disse Nico.
Will sorrise. «Sbrigati, dai. Cerca di stringere qualche amicizia. Lì in mezzo, da qualche parte, dovrebbe esserci Thomas. Sono sicuro che ti presenterà ai suoi amici.»
Nico annuì, bofonchiando, e gli diede un bacio sulla guancia. Dopo qualche passo e un paio di occhiatacce, Nico fu raggiunto da Thomas, che gli passò un braccio attorno al collo e salutò Will con un paio di strilli. Will mise in moto e si allontanò. Nico fu sul punto di districarsi dall'abbraccio di Thomas e seguire il fidanzato, ma si impose di darsi un contegno. Poteva farcela. Era sopravvissuto a cose peggiori del primo giorno di scuola.
 
Thomas gli presentò una decina di suoi amici, ragazzi e ragazze, e Nico riuscì a dimenticarsi i loro nomi prima ancora della stretta di mano. Loro sembrarono tutti entusiasti di avere un ragazzo di origini straniere nella loro scuola, e Nico si trattenne a stento dal comunicar loro che non abitava più in Italia da prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Alle sette e trenta, gli studenti del primo anno furono chiamati all'interno della scuola, e Nico, a malincuore, dovette salutare Thomas e tutta la massa dei suoi amici.
Una volta dentro, i ragazzi vennero chiamati uno ad uno da alcune insegnanti, e Nico si ritrovò a stringere un foglietto con il suo orario di lezione, senza capire bene come fosse successo. Sbirciò quello del suo vicino, un ragazzo allampanato con il volto ricoperto di lentiggini, e lo seguì alla prima lezione che avevano in comune, letteratura.
 
«Mi chiamo Nico di Angelo, ho quindici anni. Sono nato a Venezia, in Italia, ma mi sono trasferito qui in America quando ero piccolo, non ricordo molto. Ho una sorella minore, Hazel. Mmh, mi piace leggere, e giocare ai videogiochi. Sono un appassionato di Guitar Hero. Non pratico sport, ma ogni tanto vado a correre con un amico.»
Nico ripeté queste frasi almeno una decina di volte all'ora. Lo ripeteva ai compagni, agli insegnanti che lo invitavano a presentarsi, e anche al preside, un figlio di Dioniso, eccitato all'idea di aver un semidio nella sua scuola.
Will e Nico avevano passate ore a studiare la sua presentazione. Di certo non poteva lasciarsi scappare di essere nato nel 1924, di essere rimasto intrappolato in un casinò per settant'anni e di aver ripreso lentamente ad invecchiare una volta uscito. Nico aveva deciso di non parlare né di Bianca né di sua madre, ma solo di Hazel, per evitare occhiate di compassione. E Will gli aveva categoricamente vietato di dire di essere omosessuale.
«Ma perché?» aveva brontolato Nico, nella vasca da bagno, mentre Will si radeva la barba e Alec preparava la cena fischiettando un motivetto stonato. «Terrei alla larga le ragazze.»
«E i ragazzi.» gli fece notare Will, sospirando. «E sarai emarginato già il primo giorno di scuola. E dovrai passare almeno altri quattro anni in quella scuola.»
«Meglio. Non voglio avere amici!»
«Dovresti volerne, invece.»
«Ah, che palle! Non voglio negare il fatto di amarti, okay?»
«Non lo negherai, se non dirai niente a nessuno.» Will aveva posato il rasoio e si era seduto sul bordo della vasca. Nico aveva posato soprappensiero un dito bagnato sulla gamba scoperta del figlio di Apollo. «Per il primo giorno, limitiamoci a poche battute, d'accordo?»
Nico aveva sospirato e infine annuito.
 
Durante la pausa pranzo, al tavolo di Nico, fuori nel cortile, si sedettero alcune ragazze molto allegre della sua classe, che lo trovavano attraente. La tentazione di urlar loro che preferiva i biondi, con le manie di controllo, super abbronzati e decisi a diventare dottori, era troppo forte, quindi si limitò ad affondare i denti nel suo panino e ad ignorarle fin quando poté.
«Ehi, ragazzi, ora c'è ginnastica!» gridò loro un ragazzo, lo stesso allampanato che Nico aveva seguito quel mattino. Si chiamava Andrew. O Jamie. O Kevin. Insomma, aveva un nome. «L'insegnante ha detto che possiamo giocare a calcio o a pallavolo, se facciamo i bravi. Nico, ti aggiungi alla nostra squadra?»
Nico annuì, cupo. Si sarebbe volentieri unito alla squadra di pallavolo, ma non gli sembrò il caso, visto che tutti i ragazzi avevano optato per il calcio.
 
Nico riuscì a fare gol nei primi minuti di gioco, ma nella rete sbagliata, quindi nessuno lo plaudì. Ma nessuno sembrava averlo nemmeno notato, perché erano troppo impegnati a discutere con l'insegnante. Nico recuperò la palla e si ricordò di segnare dall'altra parte.
Quando il gioco finalmente ebbe inizio, Nico cercò di ricordarsi le regole snocciolate a memoria da uno dei compagni, ma per fortuna dei ricordi di lui e Bianca che giocavano fuori casa riaffiorarono alla mente. Segnò un gol, poi un secondo, e quando la partita finì fu circondato da una decina di compagni che lo guardavano ammirati.
«Dove hai imparato a giocare così bene?» chiese un ragazzo con gli occhiali.
«Ah, giocavo con mia sorella.» balbettò Nico.
«Ti ha insegnato tuo padre?»
«Devi assolutamente unirti alla nostra squadra!»
«Devi essere un vero asso negli sport! Insomma, guarda che braccia!»
«Mi sembra ovvio che sappia giocare.» notò uno dei ragazzi dai capelli rossi. «È italiano!»
Quasi tutti lo ignorarono, e Nico si dispiacque per lui.
«Hai la ragazza, Nico?» chiese un biondo.
Ecco, ci siamo, pensò Nico tra sé. «No.» ammise.
«Come no?! Be', la troverai, se continuerai a giocare in questo modo!»
Nico non fece commenti, e pensò che, alla fin fine, Will sarebbe stato orgoglioso di lui.
«Vuoi entrare a giocare nella nostra squadra di calcio?» gli domandò un altro ragazzo, scuro di carnagione.
«Ah, ehm...»
«Abbiamo una squadra di calcio?» chiese qualcun altro, sorpreso.
«Non ancora, ma la professoressa ci ha assicurato che un giorno l'avremo.»
«Un giorno quando? Prima del diploma? Durante l'estate?»
«Non lo so, ha detto un giorno!»
Nico riuscì a fuggire ai compagni che battibeccavano tra di loro. Si chiese come facessero ad essere già arrivati a quel punto. Insomma, si erano conosciuti solamente quel mattino! E litigavano come se si conoscessero da una vita. Era quella l'amicizia?
«Vuoi essere il mio ragazzo?»
Nico sussultò e si voltò a guardare una ragazza dai capelli castani, bassa, gli occhi verde acqua. Gli ricordarono un po' quelli di Percy Jackson.
«Ci conosciamo?» le chiese Nico, perplesso, cominciando a sudare. Will non aveva considerato una cosa del genere.
«Sono Lucy, siamo compagni di classe. Allora? Vuoi essere il mio ragazzo?»
Nico maledì mentalmente il fidanzato. Se nella sua presentazione ufficiale avesse anche inserito la frase: Sono gay e felicemente fidanzato, non si sarebbe trovato in una situazione del genere.
«Mi dispiace, ma sono già impegnato.» disse, mite, pensando a come fossero strane le ragazze umane. Si conoscevano solo da qualche ora. Per quanto ne sapeva lei, Nico poteva essere un giovane serial killer...
«Come?! A loro hai detto che non hai la ragazza!» strillò Lucy, facendo zittire i ragazzi e facendoli accorrere. Presto Nico si ritrovò circondato da compagni di classe curiosi.
Meraviglioso, pensò Nico tra sé, guardando la ragazzina. Will non deve aver preso in considerazione una possibilità del genere. Be', io ci ho provato.
«Infatti non ho una ragazza!» esclamò Nico, sospirando.
«Allora perché le hai detto che sei impegnato?» sbottò un'altra ragazza, questa volta bionda. Nico si sorprese a conoscere il suo nome. Alison. Ma prima di felicitarsene, notò la collana con il nome che ella portava al collo.
«Perché ho un ragazzo! Si chiama Will.»
Tutti e ventitré gli studenti attorno a lui si zittirono di colpo, e lo fissarono. Nico iniziò ad avvampare. Ora capiva Will. Ma sinceramente non gli importava essere escluso. Gli era successo per tutta la vita. Bianca lo aveva escluso, scegliendo le Cacciatrici di Artemide al Campo Mezzosangue. Percy lo aveva escluso, scegliendo Annabeth. Solo Will lo aveva implorato ad entrare nella sua vita, e Nico si sorprese nello scoprire che non gli serviva altro. Solo Will. Con Will che lo attendeva a casa tutti i pomeriggi, anche se impegnato a studiare, sarebbe giunto alla fine dei quattro anni di scuola, avrebbe ottenuto il diploma e poi chissà cos'altro avrebbe fatto.
Una mano gli si posò sulla spalla, e Nico roteò lo sguardo fino al ragazzo dalla pelle scura e gli occhi blu, diversi da quelli del figlio di Apollo di cui era innamorato.
«Nico, questo tuo ragazzo, questo Will... ti vieterà di giocare nella squadra di calcio?»
«Credo di no.» disse Nico, aggrottando la fronte.
«Allora per me non c'è problema. Sveglia, gente! La nostra vicepreside è stata beccata ad amoreggiare con un ragazzo che poteva avere l'età di suo nipote! Credo che sia una cosa peggiore di Nico e Will.»
Quel ragazzo, di cui Nico non riusciva proprio a ricordare il nome, divenne il suo primo amico nella scuola.
 
Alle tre, Will parcheggiò l'auto di fronte alla scuola di Nico. Rimase in attesa fino a quando non lo vide uscire dall'istituto, seguito da una combriccola di ragazzi.
Accigliato, Will scese dall'auto e gli si avvicinò. Nico lo sorprendeva ogni giorno di più. Aveva iniziato ad andare d'amore e d'accordo con il fratello Solace più odiato, addirittura ogni mattina alle nove andavano a correre insieme, e lavoravano pure nello stesso posto. E ora, dopo aver dichiarato di non voler amici, eccolo seguito da almeno una dozzina tra ragazzi e ragazze.
«È lui.» disse Nico, mentre Will si avvicinava. «Will Solace.»
Qualche ragazza sospirò, e un'altra gli scattò una foto con il cellulare.
Will batté le palpebre per la sorpresa e guardò Nico negli occhi. «Gliel'hai detto?» chiese, scoprendosi a sorridere.
Nico scrollò le spalle.
«Io e te faremo una lunga chiacchierata.» disse Will, con un sospiro.
«Mi raccomando, Nico, domani portati un cambio che ci alleniamo per la squadra!» gli gridò qualcuno.
«D'accordo, a domani!» lo salutò Nico, ed entrò in auto con Will.
Dopo due isolati di distanza, e dopo aver sentito le storie di Nico sul suo primo giorno, Will mormorò: «Quindi ti sei fatto degli amici, eh?»
«Sì.» annuì Nico, con mezzo sorriso.
«Sei ancora sicuro di non volerne?»
«No.»
«Come si chiama quello che ti ha salutato per ultimo?»
Nico socchiuse gli occhi, a disagio. «Non lo so, ma sono sicuro che ha un bel nome.» borbottò.
Will cominciò a ridere.

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Capitolo 9
*** 09. Natale negli Inferi [Parte 1] ***


Will cominciò la facoltà di medicina il cinque di ottobre. Dopo la prima ora di lezione, capì quanto fosse stato fortunato ad aver continuato a studiare per tutta l'estate. Senza quello studio approssimativo, non avrebbe capito nulla delle prime lezioni.
Nel corso delle settimane, le lezioni non migliorarono. Entrava in facoltà alle otto del mattino e usciva tutti i giorni alle due. Aveva il tempo di comprarsi un panino e di raggiungere la scuola di Nico, tornare a casa, e chiudersi nell'altra stanza a studiare, mentre Nico faceva i compiti e si preparava per andare al lavoro fino alle sette.
Nessuno dei suoi fratelli osò disturbarlo durante le prime settimane. Jem aveva rischiato di prendersi un pugno in faccia dopo aver suonato il campanello, e Alec aveva deciso di farsi una copia delle chiavi per entrare in casa di soppiatto e preparare la cena. Anche se dopo le prime settimane, Nico iniziò a chiedergli lezioni private più che altro per non dar fastidio a Will - e aveva cominciato a cucinare lui. I successivi pasti non erano conciati come il primo che Nico aveva cucinato.
Ma a Will non importava molto di quello che mangiava, ed ora era Nico ad obbligarlo a mettere qualcosa sotto i denti. Ne era passato di tempo da quando succedeva il contrario.
 
Il ventidue di dicembre Will si preparò per il primo esame del corso, e l'ultimo dell'anno. Dopodiché, non avrebbe dovuto pensare alla facoltà fino al quindici di gennaio, e non vedeva l'ora di prendersi un po' di pausa, un po' di riposo.
Quando Will tornò a casa esausto dopo l'esame, trovò Nico intento a preparare il pranzo. L'odore diffuso nell'aria non era tra i migliori, ma a Will finse di non preoccuparsene. Abbracciò e baciò Nico diverse volte, prima di lasciarsi cadere sul divano.
«Come... ehm, com'è andato?» domandò Nico, avvicinandosi di soppiatto, pronto a difendersi.
«Immagino bene.» rispose Will, con gli occhi chiusi. «Devo essere entrato almeno tra i primi venti. Sono sicuro di aver risposto sbagliato almeno a due domande.»
«Be', mi sembra... ehm, buono.»
Will grugnì. Ora era in vacanza, finalmente. Ed era in ritardo con i regali di Natale, sia per i suoi numerosi fratelli, che per i suoi amici. E per Nico. Aprì gli occhi e notò che il figlio di Ade era ancora nel suo campo visivo.
«Devo dirti una cosa.» disse Nico, nervoso, sedendosi sul bracciolo della poltrona, a pochi centimetri di distanza da lui.
«Sei stato espulso?» chiese Will, comprensivo, posando una mano sulla sua gamba.
«Cosa? Oh, no.»
«Ti hanno tolto dalla squadra di calcio?»
«No, continuo a giocare nella squadra. Sono il numero 13.»
«Ma che sorpresa.» sbadigliò Will, chiudendo di nuovo gli occhi, e Nico si affrettò a dirgli quello che doveva.
«Ho ricevuto un messaggio da mio padre.»
Will lo guardò, sentendosi assalire da un profondo dolore all'altezza del petto. L'ultima volta che Nico era andato da suo padre, era scomparso per dieci mesi.
Will batté le palpebre. Era da tempo che non guardava a dovere il suo ragazzo. Sembrava cresciuto di un altro paio di centimetri in altezza, e gli allenamenti di calcio tutti i giorni al mattino, sommati al lavoro pomeridiano e alle corse con Alec, stavano avendo i loro frutti. In più aveva un piercing al naso di cui Will non ricordava affatto. Doveva essere stato Alec.
«Devi tornare negli Inferi?» gli chiese Will. E poi aggiunse, in fretta: «Se è colpa mia, ti giuro che smetterò di pensare allo studio così tanto. Posso evitare alcune lezioni e studiare a casa, quando non ci sei. Potremo andare al cinema, per rimediare un po' al tempo che ho fatto perdere ad entrambi. Ti va? Andare al cinema? Penso ci sia qualche film carino in programmazione, e...»
Nico lo zittì posandogli un dito sulle labbra.
«Mio padre mi ha inviato un invito, la settimana scorsa, e non te ne ho parlato per non distrarti dal tuo esame.» continuò Nico, e Will fu sul punto di parlare, ma l'altro lo bloccò. «Ha invitato me, e te, a festeggiare il Natale con lui e Persefone, nel suo palazzo.»
Will rimase scioccato.
«C-Come?» balbettò il figlio di Apollo, e Nico si lasciò scivolare sulla poltrona, le braccia incrociate. Sembrava aver dimenticato il pranzo sul fornello. «N-Negli Inferi?»
«Sì.»
«A festeggiare il Natale?»
«Sì.»
«T-Tu c-cosa gli hai..?»
«Gli ho detto che ne avrei parlato con te, e che gli avrei fatto sapere. Oggi è l'ultimo giorno della sua pazienza. Cosa vuoi che gli risponda?»
Il cervello di Will faticava a concentrarsi. L'ultima - e l'unica - volta in cui aveva incontrato Ade, il Signore dei Morti, padre di Nico, era stato più di un anno prima, al Campo Mezzosangue. Il ricordo gli fece arrossare le guance. Ancora pochi minuti, e Ade li avrebbe colti in flagrante.
«Hazel?» domandò Will, per prendere tempo. «Ci saranno anche Hazel e Frank?»
«No. Loro sono partiti per Tokyo la scorsa settimana, e torneranno gli ultimi giorni dell'anno. A proposito, Jason e gli altri ci aspettano al Campo Giove per festeggiare tutti insieme Capodanno.»
«Mmh... d'accordo.» acconsentì infine Will. «Va bene.»
Nico batté le palpebre perplesso. «Vuoi davvero festeggiare il Natale giù negli Inferi?» gli chiese. «Non è un posto, ehm, allegro.»
«Be'...» mormorò Will, arruffandosi i capelli tremendamente lunghi. «Abbiamo passato la festa del Ringraziamento con la mia amata famiglia, quindi ora dobbiamo andare dalla tua.»
«Ma gli Inferi...»
«Lo so, lo so.» Will sorrise. «Non è un posto allegro. Tu non vedi tuo padre da chissà quanto tempo...»
«In realtà l'ho visto durante l'estate, al Campo Mezzosangue. Tu dormivi.»
«E cosa ti ha detto?» chiese Will, ansioso.
Nico scrollò le spalle e non rispose. «Quindi gli mando un messaggio dicendogli che ci saremo?»
«Sì. Ci saremo. Cosa possiamo regalare a tuo padre? Un golfino?»
Nico scoppiò a ridere, poi imprecò ad alta voce, correndo verso il pranzo ormai del tutto carbonizzato.
 
Dopo la doccia, Will tornò in cucina. Nico aveva estratto delle lasagne dal congelatore e le stava riscaldando nel forno, mentre quello che rimaneva del pasto precedente giaceva nell'immondizia. Will notò che aveva una forma un po' strana, e decise di non indagare oltre.
Pranzarono insieme, uno di fronte all'altro, e Nico gli raccontò la sua giornata: avendo concluso la scuola il giorno precedente, era rimasto a casa a leggere, era andato al lavoro alle nove, e al ritorno si era messo a preparare il pranzo.
A Will piaceva molto sentirlo parlare. Da quando aveva iniziato la scuola, Nico si era aperto di più, sembrava avere di nuovo una vita. Tra gli allenamenti di calcio, lo studio, il lavoro al negozio di dischi, Nico sembrava quasi un ragazzo normale, fatta eccezione per il pugnale che continuava a portare imperterrito al polpaccio, stretto da un laccio, la sua passione per il macabro che stava avendo vita propria, e il piercing al naso che Alec lo aveva costretto a fare per divertimento.
Il rapporto di amicizia tra Alec e Nico continuava ad impressionarlo sempre di più. Erano arrivati al punto in cui uno dei due - di solito Alec - provava ad imitare l'altro in ogni cosa che faceva, e Nico prestava spesso i suoi vestiti ad Alec. La prima volta che Will aveva visto il maglione di Nico addosso ad Alec, aveva fatto commenti acidi su entrambi, subito rielaborati in complimenti da Jem che lo aveva spedito nell'altra stanza a studiare, invitandolo a non uscire.
Nico fu sul punto di parlare del suo aumento - di circa due dollari l'ora - e del motivo che lo avevano portato - un ragazzo più grande di lui aveva rubato dei cd, e Nico lo aveva seguito per tre isolati, sbattendolo al muro, recuperando la merce rubata - quando bussarono alla porta. Nico corse ad aprire.
«Ciao!» salutarono Jem e Alec all'unisono. Alec indossava una maglia di Nico, e il piercing al sopracciglio sembrava scintillare accanto ai capelli blu elettrico di Jem.
«Hai fatto l'esame, vero?» aggiunse Jem, fermandosi dietro Will, dubbioso.
«Sì, questa mattina.»
«Perfetto. Allora...»
Jem gli sedette in braccio, mangiando una forchettata di lasagna, mentre Alec e Nico iniziavano a chiacchierare, con il loro solito tono ombroso, del lavoro.
«È il mio pranzo.» borbottò Will, e Jem iniziò ad imboccarlo sorridendo.
«Io e Alec abbiamo deciso di passare le feste di Natale in montagna.» disse Jem, arrivando subito al dunque prima che Will decidesse di lanciarlo fuori dalla finestra. «Alec ha litigato con la sua ragazza, e io devo assolutamente allontanarmi da casa.»
«Hai litigato con mamma?»
«No, peggio. Ho fatto notare a Janet che, oltre al bambino, sembra aver parecchi chili in più. Gideon mi ha detto che ha pianto per tutta la notte, e se mi farò vedere prima della nascita di Amber, mi percuoterà di botte.»
Will rise. «Ha detto veramente percuotere
«Lo sai come gli piacciono le parole, a Gideon. Comunque, io e Alec abbiamo deciso di partire, solo noi due. Ma credo che alla fine lui e Dianne faranno pace, e Dianne porterà la sorella...»
«Mary Lou.» ricordò Alec.
«Ecco, Mary Lou, e quindi sarà una specie di appuntamento a quattro di durata di una settimana. E volevamo invitare te e Nico. Partiamo domani alle cinque, e torneremo il 30, in serata.»
«Mi dispiace, ma io e Nico abbiamo un impegno.» si scusò Will, spingendo via il fratello dalle ginocchia e riprendendo a mangiare da solo.
«Intendete andare alla festa di Natale di mamma?» si lagnò Jem, preferendo rimanere in terra con le gambe incrociate.
«In realtà, andremo negli Inferi da mio padre.» spiegò Nico, suscitando sbalordimento da parte dei gemelli Solace.
«Cioè... Ade si travestirà da Babbo Natale e tutto il resto?» domandò Alec, basito.
Will rise al pensiero di Ade con barba bianca e completo rosso, intento a distribuire regali.
«No, non credo.» disse Nico, ridendo a sua volta. «Non penso farà una cosa del genere.»
«Aspetta un momento.» disse Jem, voltandosi verso Will. «Tu ti lamenti sempre di quanto sia lunatico il tuo carattere durante l'inverno, e ora te ne vai negli Inferi? Senza un barlume di luce?»
«Sarà solo per qualche giorno.» si difese Will. «E poi, Nico ogni quindici giorni viene a casa nostra, ad incontrare i nostri genitori... Per una volta posso andare a trovare suo padre!»
Will lanciò un'occhiata a Nico, che annuì, entusiasta.
«Bah.» sbottò Jem, infastidito. «Fratello, andiamocene. Non vogliono venire con noi.»
«Be', vanno in un posto decisamente più figo della montagna.» sorrise Alec.
«Alexander, non ti ci mettere anche tu!»
«Oh, falla finita, James!»
I due gemelli battibeccarono e uscirono dall'appartamento. Will si affrettò a chiudere a chiave la porta, poi si voltò verso Nico.
«Tuo padre non intende darmi in pasto, ehm, a qualche creatura oscura, vero?» chiese, guardingo.
«No, no. Sa che sei il mio ragazzo, lo sa da tantissimo tempo.»
«D'accordo.» Will si passò le dita tra i capelli poi aggiunse, nervoso: «Apollo è ancora negli Inferi?»
«Immagino di sì.»
«Quindi potrei incontrarlo?»
«Se lo vorrai, sì.»
Will annuì, mangiucchiando un pezzetto di pane, poi ripeté: «Allora? Cosa regaliamo a tuo padre? Un golfino?»

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Capitolo 10
*** 10. Natale negli Inferi [Parte 2] ***


Quando Will finì di preparare la borsa, scoprì Nico appoggiato allo stipite della porta. Con una mano giocherellava distratto con il piercing al naso, e con l'altra mandava un messaggino sul cellulare. In tre mesi nel mondo tecnologico, Nico era diventato una persona diversa, simile agli umani che tanto voleva evitare. Ma aveva ancora azioni da figlio di Ade.
«Con chi stai messaggiando?» domandò Will, curioso, chiudendo la borsa.
«Con Dale, un mio compagno di squadra.» rispose Nico. «Mi ha mandato questa immagine divertente di un gatto dentro un acquario con i pesci che gli nuotano attorno... È divertente... Devo troppo spedirla ad Alec!»
Will socchiuse le palpebre. Devo troppo spedirla ad Alec! Aveva anche imparato ad utilizzare il linguaggio del ventunesimo secolo.
Will continuò a guardare Nico, in attesa. Non era geloso. Se avesse eliminato dal mondo tutti i Dale e gli Alec del pianeta, Nico avrebbe ripreso il suo passato comportamento solitario, e quel suo lato di carattere che stava lentamente sorgendo sarebbe scomparso.
«Allora.» disse Will, osservandolo. «Tu hai intenzione di prepararti una valigia?»
«Nah.» disse Nico, alzando le spalle. «Gli armadi della mia camera sono pieni di vestiti mai usati. Ne troverò qualcuno della mia taglia.»
«Hai preparato il cibo?»
«Sì. È tutto sul tavolo. Papà passerà a prenderci entro mezz'ora.»
Will annuì e arrivò in salotto, posando la borsa vicino al divano, su cui sedevano i gemelli, intenti a mangiare popcorn guardando i cartoni. A causa di una frana, avevano dovuto rimandare il viaggio in montagna. Ma Alec aveva già fatto i biglietti per andare a Miami quella sera, insieme a Dianne e alla sorella Mary Lou.
«Non vi conviene essere nei paraggi, quando arriverà Ade.» li avvertì Will, prendendo una manciata di popcorn. «Potrebbe sentire la sozzura delle vostre anime e portarvi subito negli Inferi.»
«Dici che c'è un girone riservato ai gemelli?» chiese Alec, recuperando il cellulare e sorridendo all'immagine mandata da Nico.
«Oh, cielo!» esclamò Jem, scosso, gli occhi puntati su Alec. «Intendi darmi il tormento anche da morto?! Mi vuoi lasciare un po' di respiro?!»
Alec ridacchiò e scosse la testa.
Will spiò nella borsa fatta da Nico. Biscotti, confezioni di patatine, panini di tutti i tipi, tutte cose che potevano resistere per due giorni consecutivi negli Inferi. Sarebbero tornati nel pomeriggio del 25, per la cena di Natale a casa Solace.
«Ci siamo conosciuti nell'utero di nostra madre, e hai iniziato a prendermi a calci.» iniziò ad elencare Jem, e Nico passò un braccio attorno alla vita di Will, sorridendo. «Poi siamo nati, e hai tentato di strangolarmi con il cordone ombelicale. Di notte, strillavi e mi svegliavi, senza farmi chiudere occhio. A cinque anni, il giorno del nostro compleanno, hai detto a mamma e papà che volevi una festa da solo, senza di me. A otto anni mi hai spinto giù dal minipony perché volevi cavalcare te, e mi hai fatto rompere un braccio. A quindici anni mi hai interrotto mentre ero in compagnia di una bella ragazza. A diciassette hai detto a mamma e papà che mi ero comprato la moto, e me l'hanno requisita. Durante il nostro ultimo compleanno, mi hai chiuso fuori casa per mezza giornata perché volevi farti il bagno. Vivremo ancora ottant'anni, chissà quante altre cattiverie mi farai. Non mi merito un po' di riposo?!»
Alec scoppiò a ridere sonoramente, seguito da Will e Nico. Jem li fissò furioso e imbarazzato. Aveva sperato che almeno il figlio di Ade fosse dalla sua parte.
«Be', se può tirarti su di morale, James Solace, un giorno avrai la tua vendetta.»
Le risate si spensero una dopo l'altra, e Jem fissò ad occhi sgranati l'uomo sui trent'anni vestito di pelle che usciva dalla camera/studio di Will. Il padre di Nico lasciò ticchettare allegramente gli stivali sul pavimento, osservando i Solace e il proprio figlio, poi sorrise a Jem.
«Vuoi sapere altro?» chiese.
Jem svenne e ricadde sulle ginocchia del fratello, che fissava il dio a bocca aperta.
Ade spostò lo sguardo su Will e Nico, ancora mezzi abbracciati.
«Che bello vedervi vestiti, per una volta.» puntualizzò il dio, e Will avvampò sotto lo sguardo di Alec. «Siete pronti per la partenza?»
 
Will si chiese esattamente cosa si fosse aspettato dagli Inferi. A primo impatto, era rimasto un po' deluso dalla lunga fila di anime che aspettavano il processo e il giudizio finale che li avrebbe condotti nelle Praterie degli Asfodeli, ai Campi della Pena, o ai Campi Elisi. L'enorme Cerbero lo preoccupò, ma alla fine era un enorme cane a tre teste che aveva solo bisogno di coccole, un po' come il vecchio pastore tedesco della famiglia Solace.
E il palazzo di Ade... scene di morte sui portoni, nei quadri all'interno, e il trono di Ade era fatto di ossa. Se l'era aspettato, quasi scontato.
Ade li condusse fino alla sala del trono, e presentò a Will Persefone. La donna era stupenda, ma aveva l'aria annoiata. Ma nell'incontrare Will, si illuminò.
«Figlio di Apollo.» lo salutò lei, osservandolo con attenzione. «Tuo padre ti ha parlato bene degli Inferi, ragazzo?»
«Non esattamente.» borbottò Will.
«Vino?» chiese Persefone, tendendogli il bicchiere.
Will scosse il capo. «No, grazie.» le disse. Nico gli aveva sconsigliato di mangiare qualsiasi cosa non fossero le loro. Persefone si annoiava, e poteva benissimo decidere di farlo rimanere dandogli qualche frutto dell'albero del suo giardino. Will sarebbe rimasto negli Inferi per sempre, se avesse mangiato qualcosa offerto direttamente dalla padrona di casa.
«Persefone, tesoro, non lo tentare.» disse Ade, abbozzando una specie di sorriso. Lì, nel suo ambiente, aveva ripreso un aspetto normale. Will si chiese dove fosse la vestaglia nera con il cappuccio e la falce. «I ragazzi devono aver compiuto almeno ventuno anni, per bere.»
Persefone rise, e lanciò un'occhiata a Will da cima a fondo, che iniziò a sentirsi a disagio.
«Ti accompagno in camera mia.» si affrettò a dire Nico, prendendolo sotto braccio e trascinandolo per una decina di corridoi, ognuno più tetro dell'altro. Alla fine, quando Will iniziò a domandarsi quanto fosse grande il palazzo, Nico si fermò di fronte ad un porta rossa con il suo nome scritto con le ossa. «Eccola qua.» disse, aprendo.
Alcune settimane prima, Will gli aveva mostrato la sua camera in casa Solace. Era ben diversa da come la ricordava, perché i fratelli minori si erano impossessati di quasi tutte le sue cose. Avevano lasciato i poster alle pareti di gare di surf, attori meravigliosi, e i quadri con paesaggi mozzafiato. C'erano delle foto di lui alla Cabina 7 con i suoi numerosi fratelli figli di Apollo, e solo qualche vestito avanzato nel suo armadio, dopo il passaggio di Danny.
Ma la stanza di Nico non conteneva poster, foto, o qualche bene personale del giovane. C'erano teschi e ossa che spuntavano in ogni dove, accompagnati da statue di gufi e di tori neri. Il letto era grande, coperto da tende di velluto nere e rosse come il sangue. La stanza era illuminata solo da qualche luce penzolante dal soffitto.
«Mmh.» disse Will, guardandosi attorno. «Uhm, che carino.»
Nico sorrise. «Orribile, eh?»
«Non tanto. Sono fortunato, però, che siano stati Thomas e Jem ad occuparsi dell'arredamento di casa nostra.»
Nico poggiò una mano sull'armadio di quercia nera. «È stato Ade ad occuparsi di tutto questo.» spiegò. «Il giorno in cui morirò, prenderò questo posto.»
«A meno che tu non voglia seguirmi nei Campi Elisi.» gli ricordò Will, e Nico annuì frettoloso.
«Certo. Sempre meglio i Campi Elisi di questo posto.» mormorò Nico, storcendo il naso.
Posarono le borse ai piedi del letto, e Will vi saltò sopra. Non c'erano molle che scricchiolavano, e Will scoprì con piacere che le colonne del letto erano fatte di ferro nero, e non di ossa come aveva temuto.
Nico accettò la sua mano tesa e si ritrovarono a saltare sul letto come due ragazzini. Alla fine si stesero per riposarsi del "lunghissimo viaggio", e Will si raggomitolò contro Nico.
«Non mi lascerai solo con la tua matrigna, vero?» borbottò, pensando al sorriso sornione della matrigna di Nico.
«No, non ti preoccupare.»
«Tuo padre mi sta... ehm, simpatico.»
«Bene. Non ho altri parenti da presentarti.»
«Non so se esserne felice.»
«Non accettare nessun cibo da Persefone, d'accordo?»
«Sì, non ti preoccupare. Comunque...» Will accarezzò le coperte di velluto fino a fino a trovare il fianco di Nico. «Visto che siamo qui... io e te... che ne pensi di..?»
«Vuoi vantarti con i tuoi fratelli di aver fatto sesso in un posto pericoloso?»
«Io direi strano, non pericoloso.»
Nico gli lasciò un lieve bacio sulle labbra, poi si alzò in piedi. «Su, avanti.» lo esortò. «Devo farti fare un tour del palazzo. E se lo desideri, dopo ti accompagno nei dintorni dei Campi.»
«Wow, Nico, mi hai proprio letto nel pensiero. Non vedevo l'ora di fare un tour degli Inferi!» disse Will, sarcastico, alzandosi in piedi e seguendolo contro voglia.

 
Ciao!
Volevo solo avvertirvi che i capitoli doppi (o tripli) verranno pubblicati nello stesso giorno! Io li considero un solo capitolo!
Buona lettura! :)
 

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Capitolo 11
*** 11. Will, sono io. Tuo padre ***


Gli Inferi si rivelarono più interessanti di quanto Will si fosse aspettato.
Era notevole il modo in cui Ade aveva perfezionato ogni più piccola parte degli Inferi, e il modo in cui cercava di far passare ai due ragazzi dei momenti felici. Aveva appeso decorazioni natalizie/macabre in molte stanze, e nella sua sala del trono c'era un notevole albero di natale, morto, con teschi ghignanti appesi. Ade aveva anche istruito alcuni fantasmi a cantare canzoncine natalizie, in teoria allegre, ma che facevano venire la pelle d'oca a Will.
Nico sembrava piuttosto entusiasta del modo in cui suo padre stava cercando di far sentire Will a suo agio, e gli era grato per tutti i tentativi. Will era felice quanto Nico, ma sperava di non dover più passare un Natale negli Inferi.
Will era sempre molto stanco. La mancanza del sole lo rendeva non solo più acido, ma anche più pallido. Nico aveva deciso di non rivolgergli più la parola per evitare insulti, e Will sperò di riprendersi una volta tornato a casa.
La seconda sera, dopo aver scartato i regali da parte di Ade - piuttosto normali, notò Will: una sciarpa nera e argento per lui, e un nuovo giubbetto da aviatore per Nico, con tanto di occhialini - i due decisero di andare a letto un po' prima del solito.
Si stesero uno affianco all'altro, sapendo bene a cosa questo li avrebbe portati, e furono sul punto di svestirsi e lasciar perdere ogni buon pensiero, quando bussarono alla porta.
«Non è possibile.» borbottò Will, abbottonandosi di nuovo la camicia. «Tuo padre si diverte ad interrompere?»
I ricordi di diversi mesi prima al Campo Mezzosangue riaffiorarono, ma Will era troppo arrabbiato con il Signore dei morti per arrossire.
«Penso non lo faccia apposta, ma non si può mai sapere.» mormorò Nico, prendendo la vestaglia e andando ad aprire. Si trovò di fronte una specie di sosia di Will, se Will avesse mai avuto la pelle pallida come carta, un paio di occhiali da sole spostati sulla fronte, e un secondo paio incastrati nella maglietta grigia.
«Ciao.» lo salutò nervoso il ragazzo sui diciassette anni di fronte a lui. «Will è qui?»
Nico lo studiò, e quasi si sentì cedere le ginocchia capendo di trovarsi di fronte un dio.
«Sì, è qui.» gracchiò Nico, allacciandosi la cintura della vestaglia alla vita. «Will, è per te. Io... ehm, io vado da Ade. Credo mi stia cercando.»
Will guardò Nico lasciare la stanza, e si incuriosì. Si avvicinò alla porta, notando Nico infondo al lungo corridoio, fatto di ossa e cenere, con ombre rosse create dalle fiamme, che gli lanciava un'occhiata profonda. Quel genere di occhiata che si erano lanciati una volta, in macchina, mentre lasciavano il Campo Mezzosangue per iniziare una nuova vita.
«Ehi, ciao Will.»
Will spostò lo sguardo sul ragazzo alto, biondo e più o meno abbronzato che gli stava restituendo lo sguardo. Will notò subito quanto si somigliassero, sebbene l'altro portasse dei vestiti dai toni spenti che lo ingrigivano più di quanto non fosse di suo.
«Ah.» balbettò Will, senza parole, facendo un passo indietro.
Dal canto suo, il ragazzo ne fece uno in avanti e si chiuse la porta alle spalle. Si torse un po' le dita, si guardò attorno come alla ricerca di qualcosa, e si voltò a guardarlo, le pupille dilatate.
«Quando sei nato, sono venuto a trovarti.» disse il ragazzo, passandosi le dita tra i capelli spenti. «Non mi aspettavo che diventassi un combattente, oltre un ottimo guaritore. Hai, ehm, capito chi sono, vero?»
Will annuì, turbato. Aveva immaginato un incontro del genere, ma non si era aspettato che capitasse davvero. Lo aveva incontrato varie molte al Campo Mezzosangue, ma non lo aveva mai avuto di fronte a sé, pronto per fare due chiacchiere. E il sapere che fosse negli Inferi...
«Tu sei Apollo.» mormorò Will, ringraziando che Nico se ne fosse andato. Non stava facendo proprio una bella figura.
«Sì.» annuì il dio in forma di ragazzo di diciassette anni, dalla pelle smunta e i capelli secchi, privi di sole. Gli occhi azzurri covavano dentro di sé una muta forma di tristezza. «Sono io, Apollo. In tutta... la sua magnificenza.»
Apollo si guardò attorno, e iniziò a curiosare nell'armadio a muro, e infine si sedette sul letto.
«Ade ti tratta male?» domandò Will, sedendosi anche lui, ma distante.
«Be', no. Non ne ha bisogno. Ho una stanza tutta mia, e di tanto in tanto viene a giocare a carte. Non male. Il problema è che non posso mangiare. Sono a digiuno da mesi, ormai. Come sai, noi dei non moriamo di fame, ma possiamo soffrirla.»
Will recuperò un pacchetto di biscotti da sotto il cuscino - Nico aveva fame nei momenti più strani della notte - e li offrì al suo padre divino, che si illuminò di una tiepida luce.
«Chi li ha fatti?» domandò, allarmato.
«Li ho comprati ad un market, sulla terra.» disse Will. «Sono buoni, alla vaniglia.»
Apollo li accettò e cominciò a mangiarli adagio, affamato. Di tanto in tanto gli lanciava delle occhiate e dei sorrisi, e Will arrossì.
«Avevi questo aspetto quando... insomma, quando ti sei presentato a mia madre?» domandò Will, a stento, osservandolo. Gli somigliava molto. Si chiese come i suoi genitori riuscissero a sopportare la sua vista. Ora poteva quasi capire sua madre.
«Più o meno.» annuì Apollo, con una scrollata di spalle. «Ero solo un po' più alto. E abbronzato. E in quell'epoca mi divertiva il surf. Tua madre è Cindy Vidal, giusto?»
Will annuì. Si domandò se gli Dei avessero un'agenda, dove segnavano tutte le loro conquiste, e le frecce che li conducevano al nome del figlio avuto con loro. Per alcuni c'erano tante frecce, per altri, come Nico, poche.
«Sì, ero più alto.» riprese Apollo. Poi il dio tossicchiò, imbarazzato. «Come sta Logan Solace?»
«Sta bene.» Will avvampò. Non voleva intraprendere una discussione con Apollo riguardo il suo patrigno.
«Utilizza il mio dono?»
«Sì. È un ottimo produttore musicale.»
Apollo annuì, lo sguardo puntato verso l'armadio, intenerito al ricordo dell'umano. Poi tornò a guardare il figlio. Sembrò studiare ogni minimo particolare del suo volto. Sorrise amaramente.
«Gli Inferi stanno risucchiando anche te.» disse.
«Che intendi dire?» domandò Will, perplesso.
«Le tenebre esistenti qua giù hanno la cattiva abitudine di appropriarsi della vitalità, soprattutto dei figli di Apollo. E gli dei non fanno eccezione.»
Will annuì. Nico gli aveva predetto una cosa del genere, ma gli aveva assicurato che per due giorni non sarebbe morto.
Apollo mangiò un altro paio di biscotti prima di fermarsi e osservarlo.
«Sai, tu devi essere il mio figlio semidio che mi somiglia di più.» gli disse.
«Sì, lo credo anch'io.» borbottò Will, pensando a tutti i suoi fratelli.
«Insomma, non ho usato sempre questo aspetto nella mia vita, ma tu mi ricordi me stesso... E lo hai sempre fatto, Will. Sono felice di essere tuo padre.»
Will si chiese quanto della sua vita il dio Apollo conoscesse. Si chiese se lui e Ade si mettessero a chiacchierare dei loro figli, mentre giocavano a carte. Per un momento, rabbrividì al pensiero.
Esitante, Apollo gli domandò se avesse qualche strumento musicale nella sua borsa, ma Will scosse la testa. E in quel momento decise di lasciargli un regalo. Recuperò dalla giacca di Nico il suo iPod con più di mille canzoni e le cuffie, e le tese al padre.
«È musica.» disse.
Apollo si illuminò. Si infilò le cuffiette e ascoltò in silenzio una canzone rock di cui Will non conosceva il titolo. Lo osservò scuotere la testa a tempo, entusiasta.
«Ti ringrazio, figliolo.» disse Apollo, alzandosi in piedi. «Sarà meglio che ora vada... Ade mi ha concesso solo trenta minuti di passeggiata. Sono felice di averti conosciuto, finalmente.»
«Anch'io.» disse Will. I suoi sentimenti erano in netto contrasto, però. Era felice di averlo conosciuto, ma allo stesso tempo ne era deluso. Apollo era un dio come un altro. Per anni aveva creduto che fosse un dio meraviglioso, colmo di potere... e ora eccolo lì.
Ma faceva male a giudicarlo. Il dio Apollo si trovava negli Inferi da più di un anno, come punizione inflittagli da Zeus. Nessuno dopo un anno negli Inferi sarebbe stato all'altezza delle sue aspettative, e si decise a concedergli una seconda chance nel futuro.
Apollo lo abbracciò. In questo slancio Will riconobbe i gesti dei suoi tanti fratelli semidei, e anche i suoi. Se non li avesse avuti, ora non si sarebbe trovato negli Inferi in compagnia di Nico. Diede una pacca ad Apollo, che lasciò la stanza con un cenno e un altro smagliante sorriso. Fu sul punto di chiudere la porta, quando Nico entrò.
«Eri nei dintorni ad origliare?» sbuffò Will.
«Ero nei dintorni, ma non ad origliare.» lo rassicurò Nico. «Non ho trovato mio padre, e ho preferito aspettare che Apollo uscisse dalla stanza... Come stai?»
Will scosse la testa, e si stese sul letto.
Nico si coricò affianco a lui, steso su un fianco, il mento appoggiato alla mano.
«Ti ha insultato?» si incuriosì Nico.
«No, abbiamo parlato del più e del meno.» disse Will, scrollando le spalle.
«E... sei felice di averlo incontrato?»
Will non rispose. Stava ancora pensando. Era felice di averlo incontrato?
Nico si rotolò sopra di lui, gli bloccò i polsi contro il materasso e si chinò verso di lui per baciarlo. Will chiuse gli occhi, sorridendo. Nico non faceva mai la prima mossa, a meno che non fosse costretto.
Quando sentì le labbra di Nico premergli sul collo, Will si decise a confessarsi.
«Gli ho regalato il tuo iPod.» disse.
Nico si immobilizzò. «Il mio iPod?» ripeté. «Quello che mi ha regalato Alec? Quello con millecentoventitre canzoni?»
«Sì, quello.»
Nico scrollò le spalle. «Puoi comprarmene un altro prima che Alec se ne accorga.» rispose, e riprese a baciarlo.
Will lo strinse a sé.

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Capitolo 12
*** 12. Al fuoco di un nuovo anno [Parte 1] ***


«Hai davvero visitato gli Inferi a Natale?» gli domandò Leo Valdez, sorpreso, porgendogli un piatto di pasticcini blu. Ordine di Percy, immaginò Will prendendone uno.
«Sì.» annuì il figlio di Apollo, mangiucchiando il pasticcino. Il ripieno era al cocco. «È stato... un Natale interessante.»
«Ah, davvero? Il papà di Nico ha cantato Feliz Navidad?» ridacchiò Leo, passandosi le dita tra i capelli.
Will sorrise a sua volta, scuotendo la testa. «No, ma è stata lo stesso una festa incantevole.»
Leo lo guardò, un po' dubbioso, e scrollò le spalle. «Ognuno ha i suoi gusti. Presto vedremo anche te completamente vestito di nero, con l'aria truce e i piercing in faccia.»
Will rise, e lanciò un'occhiata a Nico, che chiacchierava con Annabeth e Jason. Negli Inferi, era cresciuto di un'altra manciata di centimetri, e la sua pelle pallida non sembrava più così malaticcia.
Mentre su Nico avevano avuto un effetto ristoratore, gli Inferi avevano devastato Will. In soli due giorni, la sua pelle super abbronzata era diventata di un semplice color miele chiaro, i capelli si erano spenti e scuriti, in un orribile biondo cenere, e anche gli occhi erano diventati più scuri. Ora che aveva lasciato gli Inferi da meno di una settimana, Will sentiva di essere quasi tornato in sé, ma non vedeva l'ora che iniziasse la primavera, quando il suo normale colorito sarebbe sbocciato di nuovo.
Leo passò un braccio attorno alle spalle di Will, che si lasciò guidare ovunque volesse portarlo il figlio di Efesto.
Guardandosi attorno, però, Will notò quanto fosse strano quel gruppo che si era formato negli anni. Una figlia di Afrodite e il figlio di Poseidone, assieme alla figlia di un Titano, si trovavano in cucina a preparare la cena, e Will riusciva a udire le loro risate, le strilla di Calypso e il tintinnare continuo dei piatti. In cucina si stava svolgendo una guerra a cui non aveva alcuna intenzione di partecipare.
Lì nel salotto, il figlio di Zeus chiacchierava con la figlia di Atena e il figlio di Ade riguardo la struttura del Campo Giove. Era una discussione animata, e tutti e tre sembravano parecchi presi dalle loro affermazioni, e dal voler dire la propria.
Invece, il figlio di Efesto stretto al suo fianco, non era intenzionato ad assorbirsi chiacchiere noiose come quella sull'architettura, o rischiare di venire aggredito da Piper. E poi c'era lui, il figlio di Apollo, che non sapeva bene quale fosse il suo posto. Voleva godersi un periodo di pace senza gli esami, e non intendeva discutere di università con Annabeth, iscritta già al primo anno di architettura. Percy era iscritto al suo stesso college, ma con lezioni diverse. Si incontravano spesso, e anche loro vivevano insieme, lì a Nuova Roma.
Leo condusse Will fuori, nel giardino. Per la festa insieme avevano preferito prendere in affitto una baita di due piani, per tre giorni. Dal 31 dicembre al 2 di gennaio. Will aveva accettato la proposta, poiché l'alternativa sarebbe stata rimanere a casa con Thomas e Danny. Non che gli dispiacesse. Ma quello era il primo vero anno che passava in compagnia di Nico, e voleva averlo vicino. Baciarlo allo scoccare della mezzanotte.
«Leo, dove mi stai portando?» borbottò Will, mentre l'aria fresca della sera gli carezzava il viso. Mancavano quattro ore allo scoccare del nuovo anno.
«Voglio mostrarti una cosa. Ma non devi parlarne con nessuno.» disse Leo, con quell'enorme sorriso che a Will fece venire i brividi. Ora poteva capire Nico, sempre un po' allarmato quando lo vedeva sorridere in quel modo.
Will fu tentato di dargli un calcio al polpaccio e correre di nuovo a casa, al sicuro, ma la curiosità ebbe la meglio. Le mani instancabili di Leo corsero alla cintura degli attrezzi, e Will lo guardò costruire una specie di telecomando.
Si fermarono vicino ad un cespuglio. Leo osservava il cespuglio come un padre orgoglioso, e Will arretrò istantaneamente di un passo.
«Vuoi mostrarmi un cespuglio di rose?» domandò Will, deglutendo, e desiderò che fosse veramente così. Che quelle fossero veramente rose. Solo dei bellissimi fiori, innocenti, e non delle armi.
«Non un cespuglio di rose.» sospirò Leo. «Ma il Cespuglio di Rose.» Indicò orgoglioso i fiori sbocciati, ognuno di diverso colore: rosso, bianco, giallo, blu, verde acido, arancione, viola.
«Vuoi regalarle a Calypso?»
«No, per gli Dei!» Leo rise. «Ho fatto una faticaccia a portarle qui...»
«Lei hai fatte tu?» domandò Will, il cuore che iniziava a battere rapido. Fece un secondo e impercettibile passo indietro.
«Sì, le ho fatte io.» Leo sogghignò. «Volevo portarvi dei fuochi d'artificio, ma Calypso ha detto no.»
«Quindi... hai fabbricato un cespuglio di rose?»
Gli occhi brillanti e furbi del figlio di Efesto lo fecero rabbrividire e si pentì di non essere rimasto nei Campi Elisi.
«Non sono semplici rose.» gli disse Leo, cancellando ogni più piccola traccia di speranza ancorata al cuore di Will. «Sono petardi. Razzi. Li ho creati con i miei fratelli quando Calypso non era a casa. E sapendo che saremo venuti qua, le ho infilate nel cespuglio.»
Will si sentì le gambe molli. Si trovava di fronte ad un cespuglio minato da bombe. I figli di Efesto...
«E... ehm, perché me le hai mostrate?» balbettò Will.
«Perché quando usciremo tutti qui, più tardi, ti darò il segnale e tu metterai in azione il cespuglio. Basta che gli tiri un calcio...»
«Non mi farà saltare la gamba, vero?»
«Oh, no.»
«Questo lo dici perché ne sei assolutamente certo?»
Leo si mordicchiò il labbro. «Sono rischi del mestiere.» tagliò corto.
«Non del mio mestiere!»
«Will, posso assicurarti che la perdita di una gamba sarà ben ricompensata dallo spettacolo!»
Will si massaggiò la fronte, sperando con tutto il cuore che il figlio di Efesto stesse semplicemente scherzando. Ma dal modo in cui guardava le rose colorate, come se fossero i suoi teneri pargoletti, capì che invece era tutto vero. Pensò con nostalgia ai due fratellini minori. Probabilmente si stavano dividendo una birra analcolica mangiando schifezze e giocando con i videogiochi. Ah, erano belli i tempi in cui si divertiva con così poco...
 
Nico si accorse della scomparsa di Will quando udì chiudere la porta. Si guardò attorno, preoccupato, e quando notò anche la mancanza di Leo, la preoccupazione salì alle stelle.
«Ehi, avete visto Will?» chiese Nico, storcendosi il piercing al naso mentre entrava in cucina.
«No, mi spiace.» rispose Piper. Percy era occupato a decorare una torta con della glassa blu.
Calypso sembrò nervosa. «È uscito con Leo?»
«Può darsi.»
Nico e Calypso si lanciarono un'occhiata profonda, del tipo: "Se il tuo fidanzato uccide il mio, giuro che io ucciderò te".
«Staranno prendendo una boccata d'aria. Non preoccupatevi. Nico, vuoi darmi una mano?» si affrettò a chiedere Piper, e prima che Nico potesse rifiutare, gli affibbiò il compito di preparare i cannoli, ricetta di Reyna. Avevano invitato il Pretore Romano alla festa, ma aveva cortesemente rifiutato l'invito.
Nico brontolò mentre aiutava Piper, che finse di non udirlo. Chiamò Jason e Annabeth per aiutarlo, e i due sembrarono ancora più scocciati del figlio di Ade.
Nico aveva le mani sporche di ricotta e zucchero quando Will e Leo comparvero di nuovo. Nico si rilassò. Da quanto poteva vedere, Will aveva ancora tutti gli arti al suo posto, ma sembrava distante con il pensiero. Leo sorrideva. Ma Nico, come tutti gli altri, non si lasciò ingannare.
«Cos'hai combinato, Leo?» domandò Jason, curioso.
«Hai ucciso qualcuno?» chiese invece Piper, distratta. «Will ti ha aiutato a seppellire il cadavere?»
«Stavamo solo parlando di botanica.» sorrise Leo, dando una pacca a Will, che gli scoccò una strana occhiata. «Sapete, i soliti argomenti da uomini.»
«Già, giusto.» annuì Calypso, scocciata, guardando il fidanzato. «Come abbiamo fatto a non pensarci? Gli uomini parlano sempre di politica, sport e botanica, quando stanno tra loro.»
Annabeth iniziò a ridacchiare, e Nico non riuscì a trattenere una smorfia divertita. Incrociò gli occhi azzurri di Will. E capì che Leo aveva in mente qualcosa.
 
Dopo aver finito i preparativi per la cena, e dopo che Leo ebbe rassicurato tutti dicendo che non aveva intenzione di combinare nulla, si accomodarono tutti e otto a tavola. Mentre Percy e Jason discutevano su chi dovesse essere il primo a dover prendere la prima porzione di... be', di tutto, suonarono alla porta.
Nico corse ad aprire, e dopo mezzo secondo si ritrovò stretto tra le braccia di Hazel.
«Siete arrivati, finalmente.» sorrise Nico, dando pacche alla schiena della sorella. «Pensavo vi foste persi. Ehm, perché sei ricoperta di peli?»
Hazel si sfilò guanti e cappello di lana, lasciando fuoriuscire la chioma bruna. Alle sue spalle, Frank chiuse la porta, e Nico pensò di averlo visto arrossire.
«Qualcuno di non meglio specificato si è trasformato in un gatto.» disse Hazel, lo sguardo puntato sulla sua sciarpa, e questa volta Nico fu sicuro di vedere Frank con le guance arrossate. «Per fortuna eravamo fermi ad un semaforo.»
«Sì, una vera fortuna.» annuì Nico, pensando a tutti gli incidenti stradali a cui sua sorella era appena scampata, e tutti e tre si incamminarono verso la sala da pranzo.
«Purtroppo, proprio in quel momento stava passando un'auto della polizia, e ha pensato che fosse un po' strano che un gatto si trovasse al posto di guida.» continuò Hazel, e Frank borbottò qualcosa sul bagno. «Gli ho detto che stavo cercando di rimetterlo in gabbia, e che mi sarei messa subito a guidare.»
«Sst!» esclamò Annabeth, rivolta a Percy, intenzionato ad interrompere. «Questa voglio sentirla.»
Hazel alzò la voce, sforzandosi di non ignorare l'amica, e tutti voltarono la testa verso la porta socchiusa del bagno, da cui notarono subito l'ombra di Frank. «Mi hanno chiesto patente e libretto. Il libretto naturalmente lo avevo. Ma non la patente, come ben sapete. Mi stavano per fare un multa, ma il gatto ha deciso di tornare uomo proprio in quel momento. Ho dovuto usare la Foschia per scappare, e ne ho utilizzata parecchia.»
Will iniziò a ridere di gusto, e fece cambio di posto con Nico per permettergli di restare seduto accanto alla sorella. Piper e Percy applaudirono Frank quando ebbe il coraggio di farsi vedere da tutti loro. Le guance erano ancora accese di rossore e gli occhi erano puntati saldamente sul pavimento.
«Per fortuna non c'era Leo alla guida.» disse Calypso, sorridendo a Frank ed Hazel. «Lui avrebbe dato come minimo fuoco ai poliziotti.»
Leo sorrise. «Piccola, sono molto bravo a controllarmi.»
«Lo so, ma lo avresti fatto lo stesso.»
Leo annuì, e Will rise nervoso, ma si scostò di un altro paio di centimetri dal fianco di Leo. Annabeth se ne accorse, e inclinò il bicchiere colmo di Coca-Cola nella sua direzione.

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Capitolo 13
*** 13. Al fuoco di un nuovo anno [Parte 2] ***


Nel corso della serata, rimasero tutti in ascolto del resoconto del viaggio di Hazel e Frank in Giappone. Erano intenzionati a tornarci di nuovo, però, prima della primavera.
Calypso accese lo stereo dopo la cena, e lei e Piper ballarono insieme fino a quando i loro cavalieri non si fecero coraggio e le seguirono. Leo sfidò Jason in una gara di ballo, e Piper l'accettò con piacere.
«Papà ti offre i suoi auguri.» disse Nico ad Hazel, mentre Annabeth e Will si affrettavano a sbarazzare.
«Oh, giusto.» annuì Hazel. «Tu e Will siete stati da papà, negli ultimi giorni. Come sono gli Inferi, Will?»
«Una festa continua.» disse Will, avvicinandosi, facendo sobbalzare Frank. «Cadaveri che ballano il moonwalk, tuo padre che racconta terrificanti storielle horror prima di andare a letto, la tua matrigna che ha tentato in tutti i modi di farmi rimanere negli Inferi per l'eternità...»
«È sarcastico, ma si è divertito parecchio.» ammise Nico, occhieggiando Will e sorridendo ad Hazel.
«Ho conosciuto John Lennon!» esclamò Will, illuminandosi. «Un tipo simpatico.»
«È uno dei suoi fratelli.» aggiunse Nico. «I Beatles erano figli di Apollo...»
«Due sono ancora vivi.» gli fece notare Frank.
«Hai ragione.» annuì Will, scompigliando i capelli di Nico. «E John non è simpatico perché è mio fratello, sia chiaro.»
«A me è sembrato il contrario.» ghignò Nico.
«Hai incontrato Apollo, negli Inferi?» domandò Hazel, curiosa.
Will la studiò, e annuì lentamente. «Un tipo apposto.» disse, senza molta convinzione.
«Dovremo fondare un club.» mormorò Frank, alzandosi in piedi e tendendo una mano ad Hazel. «Un club sui figli fieri dei propri genitori divini.»
«Io mi iscrivo volentieri.» sorrise Percy.
«Naturale, hai il padre più simpatico.» notò Jason.
«Sst.» borbottò Piper, guardandosi attorno nervosa. «Non voglio ricevere sorprese, questa sera.»
Tutti annuirono e decisero di cambiare argomento.
 
Per un'ora ballarono, si raccontarono aneddoti sulla loro vita lontana dal Campo Mezzosangue e parlottarono sull'imminente futuro. Quasi tutti decisero di tenere le cose importanti per sé stessi, in caso fosse accaduta qualche disgrazia.
A dieci minuti da mezzanotte, Leo si schiarì la gola e lanciò un'occhiata a Will, che era troppo occupato a inviare messaggi ai fratelli che lo stavano bersagliando. Nico gli sedette in braccio, studiando il display.
«Leo ti sta fissando in modo strano.» gli bisbigliò Nico all'orecchio.
«Vuole che usciamo tutti fuori.» borbottò Will, scrivendo un messaggio di auguri a Gideon.
«Per quale motivo?»
«Se usciamo fuori, lo scoprirai.»
I due si studiarono con attenzione, e in quel momento Piper disse: «Che ne dite di uscire in giardino? Dovranno iniziare i fuochi da un momento all'altro.»
«Oh, sì!» esclamò Leo, gioioso, balzando in piedi. «Andiamo fuori.»
Nico deglutì. Will recuperò le giacche e se le infilarono seguendo gli amici fuori. I due rimasero appiccicati, avvinghiati con le braccia, e Will sorrise guardando le guance di Nico arrossarsi per il freddo.
Will gli baciò la fronte e lo strinse a sé.
Leo gli passò accanto. «Meno amoreggiamenti e più azione.» gli sussurrò.
Will si chiese se stesse parlando del cespuglio di rose o di qualcos'altro. Preferì questa seconda opzione.
Jason e Percy corsero in casa a prendere le bottiglie di champagne, e quando Piper, Annabeth e Will iniziarono il conto alla rovescia, si affrettarono ad aprirle. I due botti li fecero sussultare, ma ridevano, e Will continuò a ridere anche quando Jason gli lasciò cadere tra i capelli le bollicine bianche che fuoriuscivano dalla bottiglia. Sospettò che fosse una specie di rivincita per tutte le volte che al Campo Mezzosangue lo aveva maltrattato, quando si trovava nei pressi di Nico, il che era capitato spesso. Will continuava a non fidarsi nello lasciare Jason e Nico da soli, sebbene Jason fosse etero e fidanzato.
Il figlio di Ade gli passò le mani sui fianchi, ignorando i capelli bagnati e si scambiarono un lungo bacio. Leo, notandoli e capendo che non poteva contare su Will, lanciò un bullone nel cespuglio, che si attivò, e si accese di una luce bluastra, abbagliante.
Will aveva visto diverse volte, in compagnia dei fratelli, i documentari che riportavano la partenza dello Space Shuttle, il rumore sordo che lo aveva accompagnato, con le scintille e tutto il resto.
Il cespuglio di rosse, accompagnato da una luce bluastra, più o meno fece la stessa cosa, accompagnato da urla di sorpresa e spavento.
Partì come un razzo, lasciando ricadere le foglioline e qualche spina su tutti loro.
Rimasero tutti con il naso all'insù, osservando quell'arcobaleno di colori che esplodeva in cielo. Will riconobbe i simboli di tutti e dodici gli Dei dell'Olimpo, e in più anche i simboli degli altri dei del Campo Mezzosangue.
In più, quando Will pensò che i figli di Efesto fossero straordinari, oltre che temibili, comparve un enorme scritta in cielo, tuta colorata, che lo fece sorridere.
Calypso, vuoi sposarmi?
«Dovevo aspettarmi che fosse opera tua.» borbottò Calypso, e Will voltò lo sguardo su di lei. Sentiva un acuto fischio all'orecchio destro, e pensò di non essere l'unico momentaneamente sordo. «Chi altri avrebbe nascosto un'arma del genere in giardino?»
«Io e i miei tanti fratelli.» tossicchiò Leo, guardandola di sottecchi. «Allora?» Leo si rimise in fretta a giocherellare con qualcosa all'interno della sua cintura.
Nico e Will si strinsero più forti l'uno all'altro, in attesa della risposta. Will sentì qualcosa gocciolargli sul collo, e si domandò se fosse sangue.
Calypso si guardò intorno in cerca di aiuto, ma individuò solo occhi curiosi che attendevano la sua risposta. Piper sembrava sul punto di scoppiare a piangere dalla gioia.
«Io...» balbettò Calypso, e Will scoprì che a gocciolare sul suo collo non era acqua, ma qualcosa di viscido, e schifoso. Alzò lo sguardo. «Io... D'accordo. Sì, Leo. Voglio sposarti.»
Leo scoppiò a ridere dalla gioia e l'abbracciò forte, baciandola. Percy e Annabeth applaudirono. Jason lanciò qualche schiamazzo, insieme ad Hazel e Frank, per nascondere i singhiozzi sommessi di Piper, felice che il suo migliore amico avesse messo - più o meno - la testa apposto. Nico plaudì anche lui, e lanciò un'occhiata a Will, voltato di tre quarti ad osservare il tetto.
«Will?» lo chiamò e, incuriosito, alzò lo sguardo anche lui. All'opposto di Will, non si lasciò congelare dalla paura e afferrò il ferro dello Stige, come al solito, per fortuna, attaccata al suo fianco.
Ma prima che Nico potesse fare un qualsiasi movimento contro il mostro bavoso sopra la sua testa, una palla di fuoco lo colpì e lo fece strillare. Will lo strattonò e lo tirò all'indietro. Mentre il mostro guaiva di dolore, si udì la voce di Leo.
«Nessuno può rovinarmi la festa di fidanzamento.» ringhiò Leo, rimboccandosi le maniche.
«Leo!» esclamò Hazel, scossa. «La casa è di legno...»
Scioccati, guardarono il mostro dar fuoco al tetto della dependance, e all'albero di ciliegie lì affianco.
«Be', almeno lui è morto.» borbottò Leo, mentre il fuoco continuava ad alimentarsi.
Jason spiccò il volo e si ritrovò a librare sopra la casa. Percy fece scoppiare il tubo dell'acqua, e sommerse sia il tetto che Jason, che lo fissò in cagnesco.
«Mmh.» mormorò Frank, nervoso, guardando la casa. «Dite che la padrona se ne accorgerà?»
Una buona porzione del tetto era stata inghiottita dal fuoco, e la baita non sembrava molto stabile. Jason attraversò il tetto e recuperò le borse, i regali di Natale scambiati in ritardo, e quel che rimaneva della torta.
«No!» urlò Percy, combattuto, mentre un altro tubo dell'acqua scoppiava alle sue spalle. «La mia torta blu!»
Annabeth gli diede qualche pacca di conforto sul braccio, e Nico si voltò verso i suoi amici. «Immagino sia il caso di tornare al Campo Giove.»
Will annuì. I due si presero per mano e furono sul punto di uscire dal cancello quando la voce di Piper li fermò, fermò tutti.
«Chi pagherà i danni?»
Tutte le mani, comprese quelle di Calypso, si puntarono su Leo, che sussultò sorpreso.
«È colpa mia?» gracchiò. «E perché sarebbe colpa mia?»
«Hai dato fuoco a quel mostro!» esclamò Annabeth.
«Be', sì, ma vi ho anche salvato la vita...»
«La mia torta no.» brontolò Percy.
Leo lo ignorò. «È colpa vostra.» disse, indicando Percy, Jason e Nico uno dopo l'altro. «Insomma... un figlio di Efesto, di Atena, di Afrodite e di Apollo che fanno una scampagnata possono passare inosservati, ma voi tre...»
«Cosa intendi dire?» chiese Jason.
«Siete figli dei Tre Prezzi Grossi! Devono avervi fiutato da centinaia di miglia di distanza!»
Will poggiò una mano sulla spalla di Nico. «Tranquillo, non puzzi.» gli disse piano.
Nico fece una smorfia seccata.
«Prima di venire attaccati di nuovo, raggiungiamo il Campo Giove.» consigliò Will. «Poi decideremo a chi dare la colpa. Hazel, puoi usare la Foschia sulla casa? Almeno fino a domani?»
Hazel annuì.
«In quanto a quello che faremo dopo...» borbottò Will, guardando quel che restava della baita. «Be', direi di dormirci su. E a lungo.»
«Tutti da Reyna!» gridò Frank, precedendo il gruppo, e si allontanarono il più possibile da quella casa bruciata.

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Capitolo 14
*** 14. Il compleanno di Nico ***


Da qualche parte nella stanza, la sveglia cominciò a suonare. Will si voltò dall'altra parte, affondando il volto nel cuscino. Era così stanco da non riuscire nemmeno ad aprire gli occhi. Ed era andato a dormire verso le tre. Il tempo era trascorso veramente in fretta.
Fu sul punto di alzarsi mugolando, ma Nico lo fermò.
«È la mia.» gli disse, e la sveglia smise di suonare. «Tu puoi dormire ancora un paio d'ore.»
«Ah...» borbottò Will, appoggiando di nuovo la testa sul cuscino.
Nico rotolò tra le coperte, si mise seduto e si chinò su di lui per dargli un bacio sulla guancia. Il suo bel Will. Così stanco e impegnato!
Will, però, rimase sveglio, e ascoltò i passi di Nico, che prima si diressero in cucina per preparare il caffè, e poi in bagno. Si addormentò per una decina di minuti, svegliandosi quando Nico gli baciò la fronte con un sorriso.
«Vado a scuola.» lo avvertì.
«Mmh.» borbottò Will.
«E alle quattro vado al lavoro. Sarò di ritorno per le sette. Tu sarai già a casa, a quell'ora?»
«Non lo so.»
«D'accordo.» Nico gli diede un altro bacio, questa volta sulle labbra. «La preparo io la cena, tu non ti affaticare, okay?»
Will annuì e lo guardò prendere la borsa di scuola e lasciare l'appartamento.
 
Il figlio di Apollo rimase steso sul letto per un quarto d'ora. Non riusciva più a prendere sonno, e aveva una strana stretta allo stomaco. Come quando si è dimenticato qualcosa di importante. Ma cosa c'era di così importante da dimenticare?
Will si alzò intontito dal letto e si strofinò gli occhi. Si guardò attorno. La camera era tutta sottosopra. Con i turni in ospedale, lui non aveva tempo di mettere in ordine, mentre Nico, con la scuola, gli allenamenti con la squadra di calcio e il lavoro come cassiere al cinema, rientrava stanco quanto lui, se non di più.
Raccolse i vestiti dal pavimento e li lanciò sul letto. Spalancò la finestra, lasciando che la brezza mattutina gli carezzasse il viso, poi guardò l'ora sul suo cellulare. Quasi le otto. Sperò che Nico fosse arrivato in orario a scuola. Ma tanto anche lui, ora, aveva l'auto, regalatagli da Logan per i diciotto anni. Principalmente Nico non intendeva servirsene, ma Will lo aveva obbligato a prendere la patente, e Nico si era accorto che con la macchina sbrigava le sue faccende molto più in fretta di quanto non facesse con i mezzi pubblici o a piedi.
Erano già gennaio. Will non si era accorto del tempo trascorso. Si era laureato quell'anno, durante l'estate, con un anno di anticipo rispetto ai suoi compagni, e ora si trovava già ai corsi di specializzazione in ospedale, davvero martellanti. La prima settimana aveva avuto un turno di quarantotto ore, ma per fortuna la sua esperienza al Campo Mezzosangue si era fatta valere. Era l'unico tra gli altri undici compagni ancora capace di intendere e di volere allo scoccare delle quarantotto ore. E aveva vinto il suo primo intervento, una semplice appendicite, ma gli era bastata per cominciare quegli anni di specializzazione. Nessuno poteva sospettare cosa facesse al Campo Mezzosangue.
Gennaio... Will si mordicchiò il labbro. Quel mese gli ricordò qualcosa. Andò in cucina e si versò una generosa tazza di caffè ancora caldo, e si affacciò dal balcone. Solo dopo qualche minuto si accorse di essere nudo, ma non vi badò. Ormai, tutto il quartiere doveva essersi abituato a vederlo in quelle condizioni di prima mattina, quando aveva il tempo di prendere il caffè, ammirando il panorama.
Quando ebbe finito, ritornò in soggiorno, e si rese conto che anche quello non era messo tanto meglio della sua camera. E se non fosse stato per la lavastoviglie regalatagli dalla madre un paio di anni prima, Will era sicuro che ora i piatti nel lavello potessero sfiorare il soffitto.
Lo squillo del cellulare lo fece sussultare. Will corse in camera e lo afferrò, scoprendo il messaggio inviatogli da Jem.
Ehi, fratello, che combinate stasera tu e Nico per il compleanno? Posso invitarvi a cena?
Il compleanno? Il compleanno di chi?
Deglutendo a fatica, Will controllò il calendario del cellulare e si sedette sul letto, su una sua vecchia e maleodorante camicia.
La risposta alla domanda era semplice, davvero, davvero semplice. Era il diciannovesimo compleanno di Nico di Angelo. E Will, preso dal lavoro, dalla stanchezza dovuta al lavoro, e dalle interessanti notizie scoperte al lavoro, se n'era completamente dimenticato.
Si stese sul letto, gli occhi socchiusi, cercando di tornare col pensiero al volto sorridente di Nico di quel mattino. Lui aveva capito che non se lo ricordava, e aveva fatto finta che fosse una giornata come le altre.
Non che Nico sbandierasse al vento il suo anniversario di nascita. Ai sedici anni, Will aveva dovuto obbligarlo a festeggiare. Per i diciassette, Will lo aveva convinto a fare un breve viaggio nel week-end. Invece, per i diciotto, erano andati a trovarli Hazel e Frank, ed erano rimasti tutti in casa a festeggiare, e poi di sera avevano cenato tutti e quattro insieme al ristorante.
E ora... ora cosa poteva fare? Organizzare una cenetta romantica in un ristorante? Ma Nico sarebbe rientrato alle sette, probabilmente stanco, e avrebbe declinato l'invito per un altro giorno. Ed era troppo tardi per chiamare i loro amici per una festa a sorpresa. O per organizzare un viaggio.
Will cercò di ricordarsi cosa avesse fatto lui, per i diciotto anni. Ma certo, se lo ricordava perfettamente. Quello era stato il periodo in cui Nico era scomparso negli Inferi, dimenticandosi di lui. Will lo aveva semplicemente passato sul divano con i fratelli a mangiare schifezze, guardando tutti i film immaginabili che potessero non fargli pensare a Nico di Angelo. C'era quasi riuscito.
Will prese il cellulare, digitò il numero del suo superiore e gli spiegò che quel giorno non si sentiva affatto bene, e che non sarebbe andato al lavoro. L'uomo fu dispiaciuto, gli augurò di riprendersi in fretta, e Will lo salutò, sperando di sentirsi meglio il giorno dopo.
Bene. Al lavoro, ora, lo sospettavano malato. Ora doveva darsi da fare per organizzare qualcosa di meraviglioso per Nico. Non si compivano diciannove anni tutti i giorni, giusto?
 
Dopo la doccia, e un altro po' di caffè, Will cominciò a riordinare la casa, lavoro che gli rubò quasi tutta la mattina. Pulì le camere, la cucina, lavò i pavimenti, pulì i vetri, spolverò i libri, piegò i vestiti e li pose nell'armadio. Andò al supermercato più vicino e comprò gli ingredienti per fare una torta. Cosa c'era di più meraviglioso di una torta preparata dal proprio fidanzato? Magari che fosse anche commestibile...
Mentre preparava la torta, Will sfogliò in fretta il ricettario dei dolci. Forse poteva chiedere ad Alec di prepararla, e prendersi tutto il merito alla fine. Ma non sarebbe stato corretto nei confronti di Nico, che si impegnava sempre molto in quello che faceva. All'ultimo compleanno di Will, Nico gli aveva fatto trovare la cena pronta, con tanto di dessert, ed era tutto così delizioso che Will era quasi scoppiato a piangere dalla gioia.
Will si sforzò di finire la torta, ripetendosi che Nico l'avrebbe mangiata lo stesso per amore nei suoi confronti, qualsiasi aspetto o sapore avesse. Quando la mise in frigo, desiderò farsi un bagno. Lungo e caldo. Bollente.
Le chiavi nella serratura lo fecero sussultare. Nico era già di ritorno? Forse non si era sentito bene, ed era uscito prima. Insomma, tutti gli umani tendevano ad utilizzare a sproposito il libretto delle assenze scolastiche grazie alla loro compiuta maggiore età. E Nico, grazie all'aiuto di Alec, era diventato un umano come altri, a parte per il fatto che continuava a portare un pugnale legato al polpaccio.
«Ehi, Will, che sorpresa vederti a casa!»
Will rilassò le spalle e guardò Alec entrare in casa. Il look del fratello era cambiato ancora. Ora portava i capelli con il ciuffo alla Paul Wesley - lo Stefan di The Vampire Diaries - e aveva accettato i consigli del suo oculista. Portava gli occhiali, e la lieve miopia si era impossessata anche di Jem, che non intendeva sembrare un idiota come il gemello e aveva optato per le lenti a contatto.
«Ciao, Alec.» lo salutò Will, osservandolo. «Non ti sei ancora sbarazzato della copia delle chiavi?»
Alec scosse la testa. Da quando aveva lasciato Dianne e si era fidanzato con Matilde - era incredibile: Alec si sarebbe sposato nel giro di quattro mesi! - sorrideva più spesso. E sembrava anche più maturo, con i vestiti più sobri e il lavoro di agente immobiliare come la madre.
«No. Possono essere utili. E se dovessi nascondermi a casa vostra quando Jem porta le sue ragazze a casa?» gli ricordò Alec, e Will lo guardò posare sul tavolo due pacchetti dalla carta colorata. «Nico è a scuola?»
«Sì, torna stasera, dopo il lavoro. Quelli cosa sono?» aggiunse, curioso, e imbarazzato. Suo fratello si era ricordato del compleanno di Nico. Ma certo. Alec e Nico avevano stretto un'amicizia salda: si inviavano messaggini, chiacchieravano di tutto, giocavano insieme con i videogiochi, si consigliavano libri da leggere, si insultavano e, naturalmente, non si scordavano mai degli eventi importanti dell'altro.
«Per Nico, naturalmente!» sorrise Alec. «Un paio di libri. Li ha visti l'altro giorno in libreria e mi sono affrettato a comprarglieli... Perché mi guardi in quel modo? Ti sei dimenticato che oggi è il suo compleanno?»
«Certo che non l'ho dimenticato, sono rimasto a casa per preparargli una festa!» mentì Will.
«Una festa? E perché non sono stato invitato?»
«Perché ci sono momenti in cui io e Nico preferiamo rimanere soli. Ma se l'idea non gli dispiace, questa sera ti farò assistere da un angolino.»
Alec arrossì. «Grazie, ma preferisco continuare a credere che tu e Nico vi sfioriate le mani di tanto in tanto, scambiandovi dolci baci. Non voglio pensare tu e lui in altri tipi di atteggiamenti.»
Will ridacchiò. «Dai, dammi i regali, li metto nell'armadio...»
Alec lo fissò pensieroso e, prima che Will potesse prenderli, li afferrò. «Sai? Preferisco darglieli stasera di persona... o magari domani mattina. Oppure vado a prenderlo a scuola dopo e glieli consegno.»
Will batté le palpebre, confuso. «Che ti prende?»
«Ho il sospetto che tu ti sia dimenticato di fare il regalo al tuo ragazzo, e che tu voglia rubare i miei regali.»
Il figlio di Apollo avvampò. «Come puoi pensare una cosa del genere?» farfugliò. L'idea gli aveva attraversato la mente, ma solo per un secondo. Un folle secondo, ma pur sempre un secondo.
Alec tornò alla porta. «Ci vediamo domani o più tardi, Will. Continua a fare quello che stavi facendo. E, a proposito, hai delle roba bianca sulla faccia.»
Mentre Alec sbatteva la porta alle sue spalle, Will si pulì il volto e si chiese cosa potesse regalare a Nico per il compleanno. Era sicuro che Alec avesse come minimo un centinaio di idee, ma non intendeva dargliela vinta.
 
Will si preparò un sandwich, e quando lo ebbe finito curiosò tra la roba di Nico, in cerca di qualcosa che potesse aiutarlo. Aprì tutti i cassetti del figlio di Ade, e si ritrovò a piegargli con cura la biancheria, soprappensiero, in attesa di un lampo di genio.
Alla fine, Will fu tentato di chiamare il fratello per chiedergli aiuto, ma il sorriso sprezzante e gongolante non gli sarebbe stato di certo di aiuto, quel giorno. Così, uscì di casa e passeggiò per negozi.
Forse poteva comprargli un nuovo anello da mettere al sopracciglio. Dopo aver trascorso dieci mesi con il piercing al naso, Nico lo aveva tolto, con grande gioia di Will, solo per metterlo al labbro. Ad entrambi era piaciuto parecchio, ma sei mesi prima Nico aveva fatto un altro cambio, al sopracciglio destro. Will aveva considerato l'idea di trasferirsi il più lontano possibile da Alec e la sua cattiva influenza. Nico si era anche fatto tatuare la schiena, un sole, simbolo di Apollo, e delle spirali. Will non aveva avuto la forza di ribattere: infondo, anche lui aveva un tatuaggio, sebbene in un luogo che vedeva solamente una persona.
Si chiese se poteva chiedere aiuto a Jem, ma l'altro gemello era occupato con il lavoro. Dopo quattro anni di lavoro in un sexy shop, aveva deciso di farsi assumere nella stessa agenzia di Gideon, anche se entrambi per motivi diversi: Gideon per mantenere la moglie e i tre figli - Tessa, Amber, e il piccolo Dom - e Jem per incontrare più ragazze. Il che, visto le numerose volte che Will aveva sorpreso Alec a sonnecchiare sul suo divano, accadeva spesso.
Danny era ancora piccolo - Will lo avrebbe visto sempre come quel bambino di tre anni che lo seguiva per casa trascinando il peluche, pregandolo di raccontargli una favola - e Thomas frequentava il college in un istituto privato fuori città, dopo aver rischiato la prigione per essere stato sorpreso con della droga.
E i suoi genitori... Non avrebbe mai chiesto a loro aiuto per la festa a sorpresa di Nico. Certo, i due volevano bene a Nico quasi quanto ad uno dei loro figli, e Logan gli aveva pure regalato una Golf nera ai diciotto anni. Will non intendeva chiedere loro dell'altro, avevano già fatto troppo accettando il loro amore e ricoprendo Nico di attenzioni affettuose.
Alla fine, con un barlume di idee, Will comprò un cd dei Green Day nel vecchio luogo in cui Nico aveva lavorato, una maglietta nera e rossa con il disegno di un teschio - Will si maledì: stava sforzandosi di far cambiare look a Nico, senza farglielo capire, ma le vecchie abitudini erano insormontabili - e una cravatta con le paperelle gialle. Non riuscì a capire perché l'avesse comprata nemmeno quando arrivò a casa.
Alle sei cominciò a preparare la cena. Nico aveva gusti semplici: burger e patatine lo rendevano felice, proprio come un bambino. Invece, era già un giovane adulto diciannovenne. Com'era passato in fretta il tempo. Non se n'era nemmeno accorto.
Si erano trasferiti in quella casa da più di tre anni, e ormai ogni stanza coglieva in sé ricordi di loro. Tenevano anche un album di fotografie nella libreria, piena di foto dei loro amici semidei, Nico nella sua squadra di calcio, e Will il giorno della laurea. Nell'arco di pochi mesi avrebbero aggiunto anche la festa del diploma di Nico.
Erano quasi le sette quando Will recuperò uno scatolone dallo sgabuzzino con le decorazioni di Halloween, e appese qualche festone per il soggiorno. Poi si cambiò per la serata, indossando abiti familiari: una vecchia maglietta arancione, dei jeans blu. E le infradito. Nico si illuminava quando gliele vedeva ai piedi, ormai molto raramente. La sua vita adulta lo aveva costretto a scarpe più comode e autoritarie.
Dalla mente di Will riaffiorò un episodio che aveva tentato di dimenticare. Ad un esame, due anni prima, si era presentato ancora in pigiama. Nico lo aveva buttato giù dal letto dieci minuti prima dell'inizio dell'esame, e non aveva avuto tempo né di vestirti né di fare colazione. L'insegnante aveva fatto finta di non notare gli animali sui suoi pantaloni, o i succhiotti di Nico sulle spalle, malamente coperte da una canottiera.
Will ingannò il tempo facendo un po' di zapping con il telecomando, e quando udì le chiavi nella serratura abbassò il volume e balzò in piedi, torcendosi le dita, nervoso.
«Ciao, Will.» disse Nico, aprendo la porta e richiudendosela alle spalle. «Guarda cos'ho trovato!»
Will si avvicinò di qualche passo e vide un gatto nero, molto piccolo, tra le braccia di Nico. Strabuzzò gli occhi per la sorpresa.
«Sembra svezzato da poco.» notò Will, e Nico assunse un'espressione colpevole. «È stato proprio un colpo di fortuna, eh?»
«Be'...» Nico accarezzò il gatto, che iniziò a fare delle specie di fusa. «Il mese scorso la gatta di Troy ha avuto i cuccioli, e mi ha lasciato questo da parte. È un maschio. L'ho battezzato Zen, mentre venivo qui. Ma...» Nico si guardò attorno, meravigliato. «Cosa succede?»
Will si schiarì la gola. «Buon compleanno, Nico!» esclamò, tirandogli una manciata di coriandoli e sistemandogli in testa un cappello a punta colorato.
Nico sorrise. «E mi hai preparato una festa?»
«Il minimo che potessi fare.»
«Ci sono gli altri nell'altra stanza?»
«No, ho preferito che fosse, ehm, una festa intima.»
Nico capì e posò a terra Zen, che si mise a perlustrare la sua nuova casa. I due si abbracciarono.
«Ho preparato la cena.» disse Will, dandogli un bacio sul collo. «E più tardi ti preparerò il bagno.»
«Mmh, d'accordo.» Rimasero stretti per un altro minuto, nei quali Nico bofonchiò: «Sai, questa mattina mi ero proprio dimenticato che fosse il mio compleanno. Infatti non capivo perché gli altri mi facessero gli auguri, o perché il cellulare continuasse a squillare.»
Will trattenne un sorriso. Almeno non era stato l'unico, in quella casa, a dimenticarsi del compleanno di Nico di Angelo.
«E per questo che sei arrivato prima?» aggiunse Nico. «Per preparare tutto questo?»
Will annuì. Nico si sarebbe imbarazzato moltissimo se gli avesse detto la verità, ovvero che era rimasto a casa per lui, per rendergli quella serata più piacevole. E per farsi perdonare di aver dimenticato il suo compleanno.
«Mi hai fatto anche dei regali?» domandò Nico, fissando il tavolino di fronte al divano.
«Oh, sì. Puoi scartarli dopo, se non sei troppo curioso.»
Nico abbozzò un sorriso, carezzandogli la schiena. «C'è un solo regalo che voglio scartare, in questo momento.»
Will rise, arrossendo. Non gli capitava da tempo. E non capitava nemmeno che Nico si lasciasse andare a frasi del genere. Non era più il ragazzo solitario del Campo Mezzosangue, ma non era sempre così espansivo.
«Dai, la cena si raffredda. E questa è una serata dedicata a te, quindi raccontami cosa ti è accaduto oggi, come è andata al lavoro, e come hai fatto a nascondermi Zen per un mese. E dopo potrai scartare me e gli altri regali, se proprio non riesci a contenerti.»

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Capitolo 15
*** 15. Il ferro dello Stige in azione [Parte 1] ***


Nico uscì dalla doccia, reggendosi l'asciugamano alla vita. A casa non c'era nessuno, quindi avrebbe potuto benissimo camminare nudo. Anche se Will non si dispiaceva a vederlo camminare nudo per casa. E valeva anche il contrario.
A pensarci bene, a nessuno dei due dispiaceva vedere l'altro nudo, dopo ben sei anni di relazione. Nico aveva ormai superato il trauma del figlio di Apollo che lo baciava e toccava e stringeva e baciava, a tutte le ore del giorno e della notte.
All'inizio era stato veramente traumatico. Quella prima volta nella Cabina di Ade al Campo Mezzosangue era andata bene, essendo entrambi impacciati e felici di ritrovarsi dopo ben dieci mesi di distanza. E dopo il bacio durante il falò... Avevano evitato il più possibile di incontrarsi in posti isolati, e Chirone aveva fatto del suo meglio per tenerli divisi. Aveva ricordato a Nico delle sue mansioni, come sistemare la parte del Campo tenuta come cimitero, e la scrittura dei nuovi riti funebri.
Ma nonostante questo, erano riusciti lo stesso ad incontrarsi. Anche per merito degli altri figli di Apollo, che coprivano i mille turni di Will - aumentati senza esitazione dopo il bacio al falò - e coprivano anche le mansioni di Nico. E il figlio di Ade era riuscito ad avere un discepolo, George, sempre figlio di Apollo.
La loro relazione era filata liscio come l'olio mentre si trovavano al Campo Mezzosangue. E anche ora, dopo averlo lasciato. Certo, litigavano, e Nico una volta gli aveva lanciato dell'insalata fritta addosso, ma i litigi erano fattori comuni in tutte le relazioni. E poi, era naturale litigare con il proprio ragazzo dopo aver passato una giornata a lavorare, non vedendo l'ora di tornare a casa per cena e trovare pronta dell'insalata fritta... Era naturale lanciarla in giro per casa, subito dopo!
Ma nel resto del tempo le cose erano andate bene. Facevano la pace come qualunque altra coppia normale del mondo - nella stanza da letto - e facevano anche lunghe passeggiate nel parco come le vere coppie, mano nella mano.
La famiglia di Will, ormai, adorava Nico. Non avevano mai espresso giudizi negativi su di lui, sebbene la sua tendenza a vestirsi sempre e solo di nero, e sebbene avesse cambiato il loro Alec. Li aveva conosciuti cinque anni prima, e lo sorprendevano ogni volta che andava da loro per cena o per pranzo. E anche quando non era in compagnia di Will lo trattavano benissimo. Danny si comportava in modo strano in sua presenza, ma Nico pensò che fosse piuttosto normale, dopo le storie raccontate su di lui da Will.
Nico fece qualche passo sul pavimento, lasciando orme bagnate alle sue spalle, e si fermò di fronte al lavandino. Ombre di barba non fatta gli segnavano le guance. Quello era il suo primo giorno di riposo dopo cinque giorni di lavoro. E da quel mattino aveva dormito, mangiato schifezze, guardato episodi di serie tv fino a quando non si era rovesciato una gran quantità di tè freddo sui vestiti. E sul gatto. Per questo si era infilato nella doccia.
E per questo si era chiuso in bagno, perché sapeva che Zen lo avrebbe pedinato fino a fargliela pagare. Nico aveva provato ad asciugarlo con il phon, ma il gatto era scappato, e ora profumava di tè al limone. Almeno non era caffè. E chissà come avrebbe reagito Will.
Nico si accarezzò le guance, soprappensiero. Will era uscito quel mattino per andare al lavoro, e ancora non aveva dato sue notizie. Era insolito, visto che almeno un messaggio glielo inviava verso l'ora di pranzo e poi poco prima di rientrare in casa. Una volta, alcuni anni prima, Will gli aveva comunicato che avrebbe fatto tardato la sera, e quando Nico era tornato a casa come al solito alle sei e mezza, aveva trovato una scia di petali di rosa dalla porta di casa fino alla camera da letto, dove i petali finivano in una piccola montagnola sul corpo abbronzato di Will.
«Ho dimenticato il nostro anniversario?» aveva domandato Nico, fissando i petali senza riuscire a distogliere lo sguardo.
«No.» aveva riso Will, prendendo un paio di petali dalle dita e soffiandoli nella sua direzione. «Mi hanno lasciato mezza giornata libera, e speravo che tu fossi d'accordo con me nel passare la serata in compagnia.»
Nico lo aveva raggiunto senza aggiungere altro, e si era lasciato spogliare molto volentieri.
Nico batté le palpebre, spezzando la magia di quella serata stupenda e, stringendosi meglio l'asciugamano, si decise ad uscire. Si guardò attorno, nervoso, notando piccole impronte di gatto bagnato dal tè freddo che vagavano sole nel soggiorno, sul tavolo della cucina, e su tutti gli altri mobili che Will aveva pulito il giorno prima.
«Ma sei proprio stronzo.» mormorò Nico, sapendo di dover ripulire tutto quanto prima che Will tornasse.
Sgattaiolò in camera sua, trovando il gatto seduto sul suo cuscino, con l'aria soddisfatta.
Nico si rilassò. Il gatto non sembrava più arrabbiato con lui. Sì, gli aveva inzuppato il cuscino, ma almeno non gli era saltato addosso.
Nico frugò nei cassetti fino a trovare i suoi boxer preferiti di Batman e lasciò cadere l'asciugamano a terra. Il gatto gli saltò sulla schiena proprio in quel momento, graffiandolo e mordendogli la coscia, poi fuggì via.
Borbottando per il dolore, Nico lo seguì, la schiena dolorante per i graffi. Il suo regalo di compleanno fatto da sé stesso non era stato granché, alla fine. Il gatto odiava sia lui che Will, ma di più lui. O di più Will? Non riusciva a capirlo.
Nico si vestì, cercando di medicarsi al meglio le ferite alla schiena, una scapola coperta dal tatuaggio, e fu sul punto di mettersi a pulire casa quando il suo cellulare squillò. Da sotto il divano.
«Zen.» ringhiò Nico, stendendosi pancia a terra per recuperare il cellulare. Mentre lo sfiorava con le dita - era Will a chiamarlo, riconosceva l'allegra suoneria dei Green Day - Nico sentì le zampe umide di Zen sulla sua schiena. Rischiò di rompersi il braccio tentando di rimettersi subito seduto, e quando fu in piedi, il cellulare stretto in mano, Nico tenne lo sguardo puntato su quello ferino del gatto.
«Ora capisco Katniss che voleva mangiare il suo gatto.» bofonchiò Nico, accettando la chiamata di Will.
«Ehi!» salutò Will, allegro. «Sei a casa? Ci hai messo un po' a rispondere.»
«Sto avendo dei problemi con Zen.» spiegò Nico.
«Be', cerca di sgridarlo, altrimenti continuerà a farlo.»
«Ah, sì, certo...» mormorò Nico, vago. Da quando aveva preso il gatto, Nico non aveva mai osato sgridarlo per nulla, lasciandogli fare tutto ciò che voleva. Ora ne pagava le conseguenze.
«Ah, tesoro...» sospirò Will. «Ehi, hai già preparato la cena?»
Gli occhi di Nico scattarono sull'orologio appeso sopra il televisore. Quasi le sette. «Non ancora. Ma credo che ordinerò cinese.»
«Non ordinare niente. Vieni qui.»
«Vieni qui dove, esattamente? Sei in ospedale? In biblioteca? In macchina? Al parco?»
«Con qui, intendo qui. A Villa Solace. Mio padre sta facendo il barbecue.»
Nico socchiuse gli occhi. Le grigliate a Villa Solace erano una delle cose che più amava di Will.
«D'accordo.» disse Nico. «Mi preparo e arrivo.»
«Uh-uh. Sei in mutande?»
«Ti piacerebbe, vero?»
«Un pochino. Mandami una tua foto.»
«Vuoi ancora fare questi giochetti erotici con me?»
«Continuerò a provarci per tutta la vita, Nico. Ti saluto, do una mano a papà a preparare le bistecche.»
«Okay, a dopo...»
«È Nico?» domandò la voce gracchiante di Alec. «Puoi passarmelo? È importante.»
«Alexander, piantala di molestare il mio fidanzato!»
«Non lo sto molestando, lui è consenziente!»
«Ehm, Will, stacco, non piace la direzione che hanno preso le vostre chiacchiere.»
Nico riattaccò prima di udire la risposta di Will, ma non era nemmeno molto sicuro che il figlio di Apollo lo avesse sentito, impegnato com'era a litigare con Alec per telefono. Sorridendo, Nico tornò in camera e si cambiò la maglietta. Ne infilò una azzurra di Will, che gli stava un po' stretta sulle spalle. Si fissò allo specchio per mezzo secondo prima di scuotere la testa, gettarla via vicino all'asciugamano e prendere una delle sue, nera, con un teschio sanguinante.
Avrebbe riordinato la casa il giorno seguente, nel suo secondo giorno di riposo prima di riprendere la settimana di lavoro. Mentre si guardava attorno, i suoi occhi si posarono sulla sua spada nera, il ferro dello Stige. Non lo usava più da tempo. Prese il pugnale dalla scrivania, lo soppesò per un secondo, poi afferrò la borsa della palestra di Will e la svuotò. Era piena di libri di medicina. Will fingeva di andare in palestra per andare in biblioteca, e Nico decise di non indagare oltre sulla strana mania di studiare del fidanzato. Afferrò qualche vestito a caso preso dall'armadio, poi vi posò dentro il ferro dello Stige. Avrebbe lasciato la borsa nei pressi della Villa, in caso di attacco. Prese anche il pugnale, legandolo al polpaccio con il solito laccio di cuoio, e si avviò alla porta.
Nico individuò Zen che lo osservava seduto sul tavolo.
«Quando torno ti faccio il bagno, è una promessa.» lo minacciò, e uscì di casa.

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Capitolo 16
*** 16. Il ferro dello Stige in azione [Parte 2] ***


Quando Nico arrivò nei pressi di Villa Solace, cominciò a cercare nel vano portaoggetti il telecomando per aprire il cancello. Vi aveva appena posato le dita sopra quando il cancello di ferro nero si aprì, e Nico notò la figura di Alec che lo salutava allegro, dirigendosi verso di lui.
«Ehi!» esclamò Nico, facendogli un cenno, sorridendogli. Con Alec il sorriso gli usciva naturale quasi come con Will.
«Ehi!» rispose Alec, entrando in auto. «Volevo chiederti di imprestarmi una tua maglia per domani sera, ma Will si è messo a sbraitare e mi ha requisito il telefono.»
Nico parcheggiò l'auto dietro la bici di Danny, rischiando di metterla sotto, e si voltò a guardare Alec. «Sei fortunato.» gli disse. «Ho messo delle magliette nella borsa qua dietro.»
Alec e Nico si fissarono in silenzio, entrambi imbarazzati per quella lettura involontaria del pensiero. Nico afferrò la borsa, recuperando una delle sue maglie nere prima che Alec potesse uccidersi con il ferro dello Stige.
«Wow.» fischiò Alec, osservando la spada. «Che figata.»
«Ed è letale. Deve rimanere in macchina.»
«D'accordo, non la toccherò. Non posso punzecchiare Gideon, vero?»
«Se vuoi che Gideon muoia sì, puoi punzecchiarlo.»
Alec scosse la testa e scese dall'auto. Nico posò la borsa e scese a sua volta, ignorando Will a braccia conserte che fissava il fratello in malo modo.
«Senti, ho una ragazza.» sbottò infine Alec, infastidito. «Anzi, una moglie.» aggiunse, sottolineando la parola mostrandogli la fede al dito. «E sono etero al 100 percento. Quindi non mi guardare così solo perché sono appena sceso dalla macchina del tuo ragazzo.»
«Comprendo che siete amici, ma continuate a darmi sui nervi.» disse Will, mentre Nico gli passava un braccio attorno alle spalle per costringerlo a baciarlo. «Anzi, siete BFF.»
Alec arrossì violentemente. Nico aggrottò la fronte. «Che significa?»
«Significa Best Friends Forever.» disse Will, cercando di togliersi il braccio di Nico dalle spalle.
«Oh.» Nico arrossì, lanciando una rapida occhiata ad Alec. «Non dirlo più. Mi mette i brividi.»
«BFF.»
«Will, basta.»
«BFF.»
«Will, se non la fai finita, giuro che racconterò a Nico di come te la sei fatta addosso al terzo anno di elementare!» esclamò Alec, infuriato.
«Cosa?!» esclamò Nico, guardando prima uno e poi l'altro.
«BFF.» ripeté Will, furioso, fissando torvo il fratello. In quegli anni erano andati d'accordo, ma bastava poco per farli litigare.
«William, giuro che se lo ripeti un'altra volta, dirò a tutta la tua famiglia quello che mi hai chiesto di fare qualche giorno fa.» proruppe Nico.
Will diventò color rosso peperone, segno che si ricordava delle proposte sconce e indecenti che aveva riservato a Nico sere prima nel loro letto matrimoniale.
«D'accordo, d'accordo, come siete suscettibili...» brontolò Will, baciando Nico e dirigendosi verso il cortile.
«Cosa ti ha chiesto?» domandò Alec, curioso.
Nico sorrise enigmatico. «Non lo vuoi sapere davvero.»
«In effetti, hai proprio ragione.»
 
Quando Nico, Will e Alec giunsero in cortile, il signor Solace aveva quasi finito di cuocere la carne sul barbecue. Thomas era in casa a concludere la sua magnifica torta, mentre Danny e Janet erano in piscina, assieme a Tessa e Amber. Gideon era steso in costume sulla sdraio, lasciando che Dom, il figlio minore, gli spalmasse un pasticcino alla crema sul petto.
«Che bello.» disse Alec, sarcastico. «Non vedo l'ora di diventare genitore.»
«Matilde è incinta?» si incuriosì Nico.
«No. Non vuole avere figli per un altro paio di anni. E visto che la parte più ardua della gravidanza deve farla lei, rispetterò la sua scelta.»
«Quindi non farai sesso con tua moglie per altri due anni?» domandò Gideon, lanciandogli un'occhiata divertita.
«Lo farò, ma userò le precauzioni.» sbuffò Alec lanciando, senza volerlo, un'occhiata ai tre nipoti e a Janet, incinta di quasi nove mesi. La data prevista per il parto era per il dodici marzo. «Non credo tu sappia cosa siano.»
«Non lo sapevano nemmeno mamma e papà, a quanto pare.» rise Gideon, e il figlio rise con lui.
«Potete cambiare argomento?» domandò Logan, fissandoli torvo, rigirando un burger sulla piastra. «Ci sono dei bambini, qui. E Dom è alla ricerca della sua prima parola.»
«Giusto, giusto.» annuì Alec, mentre Will si metteva il grembiule e aiutava il padre. Nico fissò interessato il grembiule di Will, tutto blu con scaglie gialle, e riuscì ad immaginarselo perfettamente con solo quello indosso. Si schiarì la gola e si voltò verso Alec, cercando di distogliere l'immagine sexy di Will dalla mente.
«Dov'è tua moglie, a proposito?» chiese Nico. La moglie di Alec non gli piaceva, e sperò che fosse normale.
«Non lo so.» rispose Alec, lanciando un'occhiata all'orologio. «Ho provato a chiamarla tutto il giorno, ma non risponde al cellulare. Forse è in riunione, oppure ha la suoneria spenta.»
«E tuo fratello?» chiese Logan, mentre Will si affrettava a tagliare dei wurstel a forma di polipo per i bambini. E per tutti gli altri, perché piacevano a tutti. «Lo hai sentito? È in ritardo.»
«Gli ho scritto trecento messaggi su Whatsapp, ma non ha ancora risposto. Probabilmente è con Raphael, di sicuro a bere e fumare.»
«Farò finta di aver sentito: è con Raphael, di sicuro in Chiesa o a far volontariato in qualche comunità in centro.» disse la signora Solace, spuntando con un vassoio pieno di verdure tagliate a mo' di spiedini.
«Non devi origliare gli argomenti da uomini.» bofonchiò Logan, fissando torvo la verdura.
«Mi sarebbe piaciuto avere qualcuno di femminile con il quale chiacchiere di cose da donne.» sospirò Cindy, lasciando il vassoio a Will.
«C'è Janet.» le ricordò Alec. «E Matilde.»
«Janet sta insegnando alle figlie a nuotare, e Matilde non c'è. Non ti risponde al telefono da questa mattina?»
«So a cosa stai pensando, e sappi che Matilde non mi tradirebbe mai.»
«Mai dire mai!» esclamò Gideon dalla sdraio.
Cindy gli lanciò un'occhiataccia, e guardò Nico. «Hai una maglietta nuova.» notò.
Nico guardò Will. «Lei lo ha notato subito.» gli disse.
Will rise. «Deve essere il sesto senso femminile. Insomma, le tue magliette mi sembrano tutte uguali.»
«No, questa è diversa. Questo teschio ha del sangue che gli sfugge via dagli occhi.» disse Cindy, lisciandogli la maglietta.
Nico sorrise timido alla suocera.
«Ho guardato quella serie tv che mi hai consigliato, Cindy.» disse Nico. Si imbarazzava sempre un po' a chiamare i suoceri per nome, ma doveva farlo per abituarsi.
«E quale, precisamente?»
«Lost
Gli occhi di Cindy si illuminarono. «A quale stagione sei arrivato?»
Nico alzò tre dita della mano, nascondendole alla vista di Will, e disse a voce alta: «Sono solo a metà della prima.»
Will scosse la testa, Alec rise e Cindy gli diede una pacca sulla spalla, prendendolo sottobraccio. «Abbiamo tante cose di cui parlare, io e te.»
 
Will guardò Nico e sua madre andare a sedersi attorno al tavolo apparecchiato, chiacchierando di incidenti aerei, isole misteriose, dispersi, su quanto fossero fighi Sawyer e Boone. Almeno andavano d'accordo. Sua madre non la smetteva di consigliare a Nico serie tv, e Nico gliene consigliava delle altre. Ne parlavano solamente quando si vedevano, e Will fu fortunato che almeno non si mandassero sms alle tre di notte.
«Sono felice che tua madre abbia un così buon rapporto con Nico.» disse Logan, lanciando loro un'occhiata, ignorando le chiacchiere sui pettorali di Sawyer.
«Mi sta deviando Nico.» disse Will, tetro.
«Le serie tv piacciono a tutti, che lo si voglia o meno.» disse Alec, cominciando a posare gli spiedini di verdura sulla piastra. «Insomma, anche a te piacciono, Will.»
«Sì, ma il Nico che conoscevo io non avrebbe mai perso tempo a guardare serie tv...»
«Be', qui non ci sono mostri da combattere giorno e notte come al Campo Mezzosangue.» gli ricordò Alec. «Deve annoiarsi.»
Will annuì, pensieroso. A questo non aveva mai pensato. La vita di città stava annoiando il suo ragazzo? E se sì, perché non glielo aveva mai detto? Forse non voleva farlo star male, o si imbarazzava a parlargliene. Infondo, con il suo lavoro in ospedale, non si vedevano quasi più, e Nico era impegnato con gli studi in facoltà.
«Puoi continuare ad essere il BFF di Nico.» disse Will ad Alec, che si bruciò il dito sulla piastra. «A patto che non diventiate troppo appiccicaticci.»
Alec rise. «Più appiccicaticci dei migliori amici ci sono solo i tromba-amici, e io non ho alcuna intenzione di andare a letto con un ragazzo.»
«Sei sicuro? Nemmeno con il mio?»
«Nemmeno con il tuo.»
Logan si schiarì la gola. «Potreste chiacchierare di altro?»
«Vuoi che ti racconti dei bambini che ho fatto nascere durante l'ora di pranzo?» domandò Will, sorridendo.
«No, grazie. Ho già assistito a sei parti.»
«E la sconosciuta?» chiese Alec, sforzandosi di non ridere. «Quella che credevi fosse la mamma? Durante il travaglio di Thomas?»
«Giusto, sette.» Logan scosse la testa, rabbrividendo. «Ho abbracciato il mio quinto figlio con un occhio nero.»
Will e Alec risero.

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Capitolo 17
*** 17. Il ferro dello Stige in azione [Parte 3] ***


Dopo un quarto d'ora, Alec si scusò e rientrò nella villa, chiamando la moglie e il gemello a ripetizione, in attesa di risposta. Gideon andò a farsi una doccia veloce insieme al figlio minore, e Will finì di aiutare il padre con il barbecue.
Nico e Cindy apparecchiarono la tavola e riunirono tutta la famiglia presente. Nico ignorò tutti i bambini che lo stavano fissando, e quando Alec e Thomas si unirono alla cena, Nico sperò che Alec intendesse conversare con lui.
«Torno a casa.» li avvertì Alec, nervoso. «Matilde non risponde, e sono già le otto. Sono seriamente preoccupato, ora.»
«D'accordo.» annuì Cindy, un po' delusa. «Passa anche da Jem, controlla se è ancora vivo.»
«Certo.»
Alec li salutò e rientrò in casa per uscire sul vialetto. Nico e tutti gli altri ripresero a mangiare, dispiaciuti per la partenza di Alec, che da quando aveva stretto amicizia con Nico e si era sposato aveva cambiato del tutto atteggiamento. Nico fu sul punto di prendere uno spiedino di verdura quando udì le strilla di Alec.
«Nico! Will! Aiuto!»
I due semidei si lanciarono un'occhiata e schizzarono in piedi prima del resto della loro famiglia. Nico estrasse il pugnale dal polpaccio e, affiancato al fidanzato, corse per il cortile, fino al vialetto.
Nico e Will individuarono subito Alec inginocchiato a terra, che cercava di proteggersi dai colpi violenti di un mostro alato.
«Vado a prendere l'arco.» mormorò Will.
«Posso sconfiggerlo da solo.» disse Nico.
«Se ne stanno avvicinando altri tre.»
Nico lanciò un'occhiata al cielo. «Vai a prendere l'arco.» annuì.
Mentre Will rientrava in fretta in casa e si dirigeva nella sua vecchia camera da letto, Nico lanciò il pugnale contro l'ala del mostro, che gracchiò indispettito e si spostò. Nico si avvicinò di corsa ad Alec. Aveva un braccio ricoperto di graffi, ma sembrava stare bene.
«Raggiungi gli altri, rifugiatevi in casa.» gli consigliò Nico.
«Da-D'accordo.» balbettò Alec, tenendosi il braccio dolorante. «Non posso assistere, vero?»
«Dentro casa, al sicuro.» ripeté Nico, spaccando il finestrino della sua macchina per recuperare il ferro dello Stige. Non c'era tempo per prendere le chiavi.
«Credo fosse aperta.» mormorò Alec, prima di fuggire via.
Nico constatò che l'amico aveva ragione e si trattenne dall'imprecare.
«Il ferro dello Stige?!» esclamò Will, uscendo dalla Villa con il suo vecchio arco e una faretra piena di frecce. «Che cazzo ci fa il ferro dello Stige nella tua auto?!»
«È una fortuna che fosse lì, non trovi?» gridò Nico, alzando la voce, sperando che non dovesse rispondere a quella domanda. Si chiese se fosse stato il ferro dello Stige ad attirare i mostri a Villa Solace, oppure se fosse solo una fortuita coincidenza.
Will decise di non rispondere, perché in effetti era davvero una fortuna se Nico impugnava la sua spada e non un misero pugnale di fronte a quei quattro volatili. Si arrampicò sull'auto di Nico e prese la mira. Le prime tre frecce colpirono il secondo mostro alato, che scomparve in una nube azzurrognola. Nico si affrettò a colpire la prima, più a portata di mano per lui.
Nico e Will si sentivano osservati, ma erano troppo indaffarati a salvare la pelle dell'altro per voltarsi verso i Solace che li fissavano affascinati da dentro la casa.
«Visto che potremo morire da un momento all'altro... Ho rovesciato il tè sul gatto!» urlò Nico, colpendo a morte il primo mostro, e venne investito dalla nube azzurra.
«Tè caldo?» gridò Will, mirando al terzo mostro e lasciando andare la freccia. Il quarto si stava avvicinando più veloce, e ne era spuntato un quinto.
«No, freddo.»
«Allora va bene. No, aspetta. Lo abbiamo lasciato da solo. Avrà distrutto casa.»
«Conoscendolo...»
Will sospirò e uccise il terzo mostro. Mirò al quarto, colpendolo dritto in mezzo agli occhi mentre il quinto lo superava e gli artigliava il fianco. Mentre Will grugniva per il dolore, Nico saltò sul tettuccio della sua auto e uccise infuriato il mostro.
«Ti ha fatto male?» domandò Nico, scrutando il cielo in cerca di altri mostri.
«Non molto. Tieni l'arco.»
Nico posò la spada ai suoi piedi e mirò la freccia verso il cielo, in attesa di un nuovo nemico. Will si curò i tre lunghi graffi sul fianco senza batter ciglio, dispiaciuto per la maglietta rovinata.
«Come hai fatto a rovesciare il tè su Zen?» domandò Will, curioso, pulendosi le mani sporche di sangue sul resto della maglietta. Tanto era da buttare.
«Oh, be', lui era steso sopra di me, e mi è scivolato il bicchiere.»
«Hai macchiato il divano?»
«Sì, ma ho già pulito, nulla di cui preoccuparsi.»
Will annuì, riprendendo l'arco. «Vado a dare un'occhiata ad Alec. Chiamami se arriva qualcuno.»
«Sì, certo.»
Nico rimase in allerta per altri dieci minuti, nei quali Will curò la spalla fasciata di Alec e ignorava i complimenti della famiglia. Thomas era riuscito a far loro un video, e Cindy lo minacciò per assicurarsi che non lo caricasse su Internet.
«Non credo ne arriveranno altri.» disse Nico, tornando verso la casa, la spada stretta in pugno. «Stai bene, Alec?»
«Sì.» annuì Alec. «Vi ringrazio per essere accorsi subito.»
«Avevo notato che c'era qualcosa che non andava.» mentì Nico, spudoratamente. «E sentendoti urlare, ho risolto i miei dubbi.»
Will sorrise tra sé, poi aggiunse: «Non mi piace che tu abbia chiamato prima Nico.»
«Vi ho chiamato in ordine alfabetico.»
«Sì, certo.»
«Sapete, è una vera fortuna che si dissolvano da soli.» disse Logan. «Sarebbe stato difficile spiegarlo ai vicini.»
Mentre Nico e Will cominciavano a ridere, per il soggiorno di casa Solace si fece spazio un orribile rumore di acqua grondante. Scoprendone la provenienza, Nico rischiò di vomitare quel poco che aveva mangiato quella sera.
«Ehm...» balbettò Janet, tenendosi una mano sul ventre gonfio. «Credo di dover andare in ospedale. Gideon?»
Gideon annuì, pallido in volto. Will e Nico si affrettarono a sbarazzare la tavola, mentre Thomas e Danny recuperavano i tre nipotini e li portavano in camera loro. I signori Solace partirono verso l'ospedale con Gideon e Janet, seguiti da Alec, Will e Nico.
 
Alec li salutò al sesto piano. Aveva deciso di andare a controllare prima Jem, per avvertirlo della nascita della piccola Chloe, e poi sarebbe tornato a casa. Nico si lasciò abbracciare brevemente da Alec, e Will evitò commenti maligni a riguardo. Alec aveva rischiato brutto, quella sera, e Nico gli aveva salvato la vita. Un abbraccio era il minimo.
Ma un bacio sarebbe stato troppo, e il sesso di ringraziamento avrebbe incluso una bara per entrambi.
Will sussultò quando le porte dell'ascensore si aprirono al loro piano. Nico lo trascinò fino alla porta tirandolo per il polso, e una volta dentro si diressero subito in bagno.
«Pensavo peggio.» disse Will, guardandosi attorno. «Immaginavo facesse più disastri. Gli hai dato da mangiare prima di uscire?»
«L'ho dimenticato.»
«Naturale.»
Nico si spogliò e si infilò sotto la doccia, scacciando via il ricordo delle urla di Janet durante il parto. Will lo raggiunse dopo due minuti, insaponandogli le spalle e baciandolo, spingendolo contro il muro gelido. Nico premette forte le mani sulle natiche di Will, sospirando nella sua bocca.
«È una vera fortuna che tu avessi la spada in macchina.» mormorò Will, lasciandogli le labbra e baciandogli la gola.
«Dobbiamo parlare di questo?» disse Nico, spingendolo contro l'altro muro, accarezzandolo. «Perché se ne vuoi parlare posso fermarmi...»
Will sorrise e scosse piano la testa, riprendendo a baciarlo. Si toccarono a vicenda, ansimando nella bocca dell'altro, ignorando completamente l'acqua calda che carezzava le loro schiene. Entrambi si lasciarono sconvolgere dall'orgasmo e premettero i loro corpi uno contro l'altro, stringendosi, gli occhi chiusi.
Will baciò delicatamente il collo di Nico, notando i graffi causati da Zen, e fu sul punto di rimediare a quelle piccole imperfezioni quando udì le urla.
«È mezzanotte.» borbottò Nico, spostando la testa dal petto di Will e guardando verso le pareti divisorie della doccia. «Chi può urlare a quest'ora?»
«Andiamo a vedere.» disse Will, sorridendo.
Si diedero una veloce ripulita e uscirono dalla doccia. Will si infilò una tuta e una canottiera, Nico si limitò ad infilarsi l'accappatoio e le infradito nere.
«Che vicini spioni.» borbottò tra sé Will, afferrando le chiavi di casa.
«Sì, be', immagino che tutti a quest'ora siano un po' curiosi.» disse Nico, spalancando la porta. Zen uscì insieme a loro. «Magari stanno cercando di ammazzarsi. Dovremo chiamare la polizia.»
«Però...» Will chiuse la porta alle loro spalle, lanciando un'occhiata alla tromba delle scale. «Non ti sembrano familiari, queste voci?»
Nico si mise in ascolto. E sì, le voci gli sembravano piuttosto familiari. Diverse, ma simili.
I due si affrettarono a scendere le scale fino al sesto piano, ignorando gli altri inquilini del palazzo che discutevano tra loro. La porta dell'appartamento 6B era socchiusa, e Will e Nico vi entrarono senza un attimo di esitazione.
Alec e Jem si stavano azzuffando. Will notò qualche traccia di sangue, e notò anche che Jem era nudo. Si affrettò a separarli, mentre Nico si domandò perché i due gemelli si fossero messi ad urlare e a picchiarsi a mezzanotte inoltrata.
Nico lanciò un'occhiata alla camera da letto e comprese. La sua mente deviata da serie tv e libri gli fece subitocapire quello che era successo. Nico tornò a guardare i fratelli Solace mentre Matilde, la moglie di Alec, gli si avvicinava timidamente, gli occhi rossi dal pianto, sistemandosi la vestaglia.

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Capitolo 18
*** 18. Lo voglio se lo vuoi anche tu [Parte 1] ***


Nico si guardò con attenzione allo specchio. Si sentiva uno stupido. Un idiota. Non poteva uscire dalla stanza e mostrarsi a tutti vestito in quel modo. Aveva bisogno dei suoi jeans neri, magari anche strappati, e della sua maglietta preferita con i teschi sopra. Non si sentiva lui con quegli abiti addosso.
Si tirò la manica fino al polso, poi si tirò il colletto della camicia. Si sentiva un pinguino, ed era anche sul punto di soffocare. Non stava bene. Aveva bisogno di correre via.
«Hazel.» ansimò Nico, guardando la sorella negli occhi, che stava cercando di sistemargli la cravatta. «Hazel.»
«Sono qui, Nico, non ti lascio.» lo rassicurò lei, rifacendogli il nodo per la quinta volta consecutiva. Nico non riusciva a stare fermo, e lei aveva problemi nel concentrarsi. Non riusciva a credere che...
«Hazel, mi viene da vomitare.»
Hazel sgranò gli occhi. «Stai scherzando, vero?»
Nico scosse la testa, e la sorella notò il colorito verdastro nel volto del fratello maggiore. Si lasciò prendere dal panico.
«D'accordo.» disse lei, frettolosa, guardandosi attorno. «Vai in bagno. E fai attenzione a non sporcarti i vestiti.»
Nico la superò di corsa, Hazel afferrò una tovaglietta di pizzo beige da un tavolino - chissà quanto era costato! - e rincorse il fratello in bagno. Nico ebbe il tempo di piegare la testa sul lavandino, ed Hazel gli passò la tovaglietta attorno al collo. Gli tirò indietro i capelli, cercando di non guardare, dandogli lievi colpa sulla schiena.
Sussultando, Nico si rimise dritto, pulendosi le labbra con la tovaglietta. «Non si può rimandare, vero?» borbottò. Aveva lo stomaco sottosopra.
Hazel scosse la testa. «No, non puoi rimandarlo. Ora lavati i denti. Tre o quattro volte, decidi tu. E cerca di non sporcarti i vestiti, oggi sei tu la star!»
Nico sentì di nuovo un dolorino fastidioso alla gola e si chinò una seconda volta.
 
Quando ebbe finito, il figlio di Ade si lavò il volto e cominciò a lavarsi i denti con il colluttorio e il dentifricio. Hazel gli consigliò di lavarsi i denti per una decina di volte, poi lo scortò di nuovo davanti allo specchio.
«Non credo di farcela.» balbettò Nico. Sentiva le ginocchia molli, e il suo colorito si era fatto più pallido.
«Oh, sì che puoi farcela!» ribatté Hazel, sistemandogli la camicia, la giacca e la cravatta. «Sei sopravvissuto una settimana in un'urna mangiando semi di melograno. Hai salvato i semidei del Campo Mezzosangue rischiando la tua vita. Mi hai salvata dagli Inferi. Credo che tu possa arrivare alla fine di questa giornata normale!»
Nico si sedette sul divanetto, desiderando sprofondarvi. E desiderò anche fare un ultimo viaggio-ombra. Non ne faceva più da diversi anni. Will glielo aveva proibito, e Nico glielo aveva promesso. Si prese la testa tra le mani, cercando di riprendere il controllo del proprio respiro.
«Oh, greacus.» borbottò Hazel, e Nico non ebbe nemmeno la forza di scoccarle un'occhiataccia. «Vuoi che chiami Jason?»
Nico scosse la testa, chiudendo gli occhi. Voleva dormire, allontanarsi il più possibile da quella stanza, ma al tempo stesso non vedeva l'ora che tutto quello finisse. Non era mai stato così terrorizzato in vita sua.
Hazel aprì la porta chiusa a chiave e fece cenno agli amici di entrare. Quando Nico aprì gli occhi, si ritrovò di fronte Jason Grace, Annabeth Chase e Piper McLean. Forse attendevano fuori dalla porta da almeno un quarto d'ora.
«No!» gemette Nico, fissando la figlia di Afrodite sconvolto. «Lei no!»
Piper gli sorrise dolcemente, arruffandogli i capelli. Hazel accorse subito con un pettine e un borbottio, e ripristinò la capigliatura del fratello.
«Non puoi infondermi coraggio con la tua lingua ammaliatrice.» mormorò Nico a Piper, impaurito alla sola idea.
«Posso farlo, e lo farò. Ma se tu mi prometti di comportarti da uomo, non la userò.»
Nico socchiuse le palpebre. Comportarsi da uomo...
Jason lo sollevò in piedi, facendogli sfuggire un rantolo, e gli sistemò in modo definitivo la cravatta. Hazel lo pettinò in fretta.
«Ah, Nico, ti ringrazio per non aver più tagliato i capelli.» gli disse Hazel, con un sospiro.
«Ho dovuto, Will mi ha minacciato.» borbottò Nico, lanciandosi un'altra occhiata allo specchio. Il suo volto aveva ancora delle ombre verdastre, ma stavano migliorando a vista d'occhio. Forse, da lì a venti minuti, avrebbe riottenuto il suo aspetto normale.
Le ginocchia di Nico cedettero. Venti minuti... chi glielo aveva fatto fare?
Jason gli tirò uno schiaffo, che risuonò in tutta la stanza. Annabeth sussultò, Hazel lanciò un grido, Piper rise e Nico fissò torvo l'amico biondo.
«Che ti è preso?» gli chiese, massaggiandosi la guancia.
«Stavi per svenire.» gli rispose Jason, tranquillo. «Ho dovuto farlo.»
«Non sarei svenuto.»
«Invece sì. Per Giove, Nico, ti sei lavato i denti? Hai un alito che fa schifo.»
Bofonchiando, Nico si trascinò di nuovo in bagno e si sciacquò la bocca per l'ennesima volta con il colluttorio. Ascoltò Annabeth e Jason litigare.
«Tra venti minuti si deve sposare, Jason, e gli hai lasciato l'impronta della tua mano sulla guancia!»
«Almeno avrà qualcosa di colorato! Hai visto com'è pallido? Sembra morto!»
Nico abbozzò un sorriso. Su questo aveva perfettamente ragione. Si sciacquò il viso una terza volta, si asciugò, si diede dei pizzicotti alle guance e raggiunse gli amici. Tutti e quattro lo scrutavano con attenzione, per controllare i danni provocati da Jason.
«Bevi un po' di nettare.» si decise a dire Annabeth, passandogli una bottiglietta viola. «Solo un sorso. Per rinvigorirti.»
Nico accettò la bottiglia ma non la bevve. «Non voglio rinvigorirmi.» borbottò. «Voglio andarmene. Voglio gettarmi in mare e affogarmi. Voglio scappare via, e non voltarmi più indietro.»
Hazel inarcò un sopracciglio. «Vuoi lasciare Will solo all'altare?»
«Mi dispiace, ma immagino lui capirà.» disse Nico, sentendosi assalire di nuovo dalla nausea.
«Capirà solo che tu sei un coniglio.» gli fece notare Piper.
Nico le scoccò un'occhiataccia. «Non sono un coniglio.» ringhiò.
«Dimostracelo.» sorrise Jason.
Nico bevve un piccolo sorso di nettare, sentendolo bruciare giù per la gola. L'energia aumentò, ma sapeva che nel giro di pochi minuti si sarebbe ritrovato a trascinarsi di nuovo come uno zombie per la stanza. Nico si accomodò sul divano, lisciandosi le pieghe dell'abito nuziale, cercando di non alzare lo sguardo sugli altri.
«Dov'è Percy?» domandò Nico infine.
«È con Will.» disse Annabeth, mentre Piper frugava un momento nella borsetta. «Insieme a Leo, Frank e Calypso.»
«I fratelli di Will?»
«Stanno aspettando di là.»
«Nico, alza il volto.»
Nico alzò la testa, perplesso, e individuò Piper con il fard in mano. Fu sul punto di balzare in piedi e correre a chiudersi in bagno - non si sarebbe mai lasciato truccare da vivo, o senza Alec - ma la figlia di Afrodite gli sorrise.
«Nico, tesoro, resta fermo.» gli disse, dolce.
Nico si ritrovò a combattere con le due metà di se stesso, quella che voleva ascoltare Piper e l'altra parte che voleva fuggirle. Rimase seduto, gli occhi puntati sul volto di Piper, che gli passò un leggero strato di fard su entrambe le guance, cancellando le tracce dello schiaffo di Jason.
«Sei perfetto.» gli disse infine Piper, sorridendogli. «Sei meraviglioso.»
«Grazie.» sorrise tra sé Nico. «Quanto manca, ancora?»
Jason guardò l'orologio al polso. «Mancano dodici minuti. Hai ancora dodici minuti da uomo libero. C'è qualcosa in particolare che desideri fare o dire?»
Nico scosse la testa, mansueto. Osservò la finestra più lontana: aveva le sbarre alla finestre, e si domandò se lo avessero chiuso in quella stanza apposta per non farlo scappare. Si rigirò i pollici, in attesa che il tempo scadesse, e in quel momento bussarono alla porta.
«Sono Logan.» disse la voce. «Posso parlare un momento con lo sposo?»
Annabeth gli aprì la porta e Logan entrò. Teneva in mano un flute di champagne. Sorrise a Nico.
«Ciao, Nico.» lo salutò. «Ti trovo bene.»
«Sì, io, ehm, sto bene.» annuì Nico, poco convinto.
«Sta bene.» ripeterono Jason e Piper.
«Sto bene.» ripeté Nico, con più forza, balzando in piedi, scrutando la porta aperta.
«Ti ho portato qualcosa per calmare i nervi.» gli spiegò Logan, tendendogli il bicchiere. «Ne vuoi..?»
Nico lo superò in gran fretta, ritrovandosi in corridoio. Lo avevano chiuso in quella stanza alle otto del mattino, e ora erano quasi le undici. Aveva bisogno di scappare da quella situazione, di allontanarsi, di prendere una boccata d'aria.
Di parlargli.

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Capitolo 19
*** 19. Lo voglio se lo vuoi anche tu [Parte 2] ***


Calypso gli sistemò il farfallino, con un sorriso da un orecchio all'altro. Will le restituì il sorriso, sentendosi leggermente accaldato. Si trovava chiuso in quella stanza da un'ora, e voleva uscire, fare una passeggiata, cercare Nico e baciarlo. Aveva un disperato bisogno di baciarlo.
«Sei stupendo.» gli disse infine Calypso, facendo un passo indietro, e fissandolo dall'alto in basso. «Sei stupendo.»
«E tuo marito è qui.» aggiunse Leo, fissando torvo la moglie. «Te lo sei dimenticata?»
Lei gli fece un gesto vago con la mano. «Sto solo facendo dei complimenti allo sposo.»
«Voi avete visto Nico?» domandò Will, scrutandosi allo specchio e lisciandosi un ciuffo ribelle.
«Di sfuggita.» ammise Percy, seduto su un pouff, giocando a carte con Frank. «Ho accompagnato Annabeth nella stanza di Nico.»
«Com'era vestito?» domandò Will, con il cuore affranto.
«Era ancora in mutande.» spiegò Frank, lanciandogli un'occhiata.
Will sperò con tutto se stesso che suo marito non intendesse sposarsi in mutande. Certo, sarebbe stato splendido lo stesso, ma i suoi parenti avrebbero avuto come minimo un infarto. Già in parecchi avevano impiegato un po' ad accettare la sua omosessualità, e il fatto che intendeva sposarsi in spiaggia con un altro uomo. Suo padre aveva minacciato la famiglia, e la famiglia era venuta quasi al completo.
Ma a Will non importava di loro. Per lui erano più che sufficienti gli amici semidei, i suoi fratelli mortali e i suoi colleghi di lavoro. E, naturalmente, Nico. Senza di lui, non avrebbe fatto granché.
Lasciò perdere il ciuffo e lanciò un'occhiata a Zen, steso sul divano, intento ad osservare Leo piuttosto guardingo, seduto al suo fianco. Percy si era offerto di tenere il loro gatto fino al ritorno dalla luna di miele. Will era stato sul punto di aprire un bottiglia di champagne, ma aveva cambiato idea. Non voleva che Percy glielo restituisse senza avere almeno avuto un assaggio di quello che sapeva fare il gatto.
«Allora, Zen.» disse Will, attirando l'attenzione del gatto con uno schiocco di dita. «Ti piaccio?»
Il gatto continuò a guardarlo con disgusto, e spostò la sua attenzione su Frank, anche se era allarmato da Leo. Probabilmente lo aveva visto dare fuoco alla tovaglietta mezzora prima.
«Sei bellissimo.» ripeté Calypso, sistemandogli il fazzolettino nero nella tasca.
«Assomigli ad un surfista in pensione.» aggiunse Leo, scrutandolo. «Insomma, capelli biondi, occhi azzurri, pelle abbronzata, tutto quel po' di sorriso...»
«È vero, assomigli ad un surfista.» notò Percy, divertito.
Will spostò lo sguardo al soffitto. «Avrei preferito la squadra di Nico.» borbottò.
Calypso rise. «Nico aveva più bisogno dell'altro staff di preparatori.»
«Sì, saranno pronti a picchiarlo se tentasse la fuga.» ridacchiò Leo.
Will lo guardò confuso. «Perché deve tentare la fuga?»
Nessuno rispose.
Will si mordicchiò il labbro. Doveva aspettarselo. Nonostante le belle parole di Nico, il suo futuro marito doveva essere avvolto dall'angoscia di sposarsi, di unirsi con lui fino alla fine delle loro vite. Poteva benissimo capirlo.
Ma lui non era spaventato. Per lui quella non era altro che una nuova, grandissimo, e stupenda avventura. Finalmente si sarebbe svegliato al fianco di suo marito Nico, avrebbe avuto al dito la fede nuziale per far capire a tutti la sua relazione e poteva baciarlo in pubblico, più o meno.
Will si osservò le mani. Non era per niente nervoso. Non stava tremando, non era agitato. Non vedeva l'ora di vedere Nico. Non lo vedeva più da una settimana, da quando Thomas e Gideon si erano intrufolati in casa sua travestiti da Tartarughe Ninja, trascinandolo via. Nico gli aveva lanciato un bacio, e non aveva avuto sue notizie per un'intera settimana.
Will sorrise lentamente, osservando gli amici semidei in stanza con lui. «Qualcuno sa dirmi quanto manca?» domandò.
«Dieci minuti.» disse Leo, alzandosi in piedi, lisciandosi la cravatta rossa. «Direi che sia il caso di muoverci. Di avviarci. Anche se non è lontano. Perché avete deciso di sposarvi in spiaggia?»
Will alzò le spalle senza rispondere. La spiaggia significava molto per entrambi, e avrebbe donato loro bei ricordi dei loro giorni al Campo Mezzosangue, quando stavano stesi sulla sabbia a guardare le stelle o il tramonto, o quando surfavano insieme. O quando Will medicava le ferite di Nico fatte dopo essere caduto dalla tavola. La spiaggia era il posto perfetto per entrambi.
«Dove dovevano andare, in un vulcano?» sbuffò Percy, lanciando un'occhiata a Leo.
«No, magari in qualche posto al chiuso... Sono stati fortunati che non stia piovendo.»
«Jason si sta occupando di tenere i nuvoloni di pioggia il più lontano possibile.» disse Frank, rischiando di sbadigliare. «Anche se siamo a giugno, e c'è un tempo da favola.»
Will lanciò un'occhiata alla finestra, e annuì. C'era un bel sole, e l'aria mattutina sembrava ancora fresca e frizzante. Fu sul punto di avviarsi alla porta quando udì un urlo. O meglio, il suo nome urlato.
«WILL! DOVE SEI, WILL?»
Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque. Si avvicinò alla porta, ma Leo e Calypso lo bloccarono prima che potesse aprirla.
«Ehi, Nico!» esclamò Will, sentendo gli angoli degli occhi pizzicare. Non sentiva la voce del giovane da una settimana. La lontananza giocava proprio dei brutti scherzi. «Sono qui!»
«Ehi!»
Udì un colpo alla porta, abbastanza forte da far tremare tutta la casa, e Will cercò di immaginarselo. Purtroppo riusciva a vederlo solo in boxer.
«Ehi, Will, che ne pensi di posticipare il matrimonio al prossimo mese?! Non mi sento ancora pronto.»
Will batté le palpebre mentre Calypso e Leo si lanciavano un'occhiata nervosa. Frank balzò in piedi, passando un braccio attorno alla vita di Will per trattenerlo.
«Cosa?!» urlò il figlio di Apollo, facendo sobbalzare tutto il suo staff e anche Nico fuori dalla porta. «Tu cosa vuoi fare?!»
«Ehm, non mi sento pronto per...»
«Nico di Angelo, faresti meglio a sparire dalla porta prima che mi liberi di Zhang e venga lì a prenderti a calci!»
Nico non rispose, e Will sperò che fosse tornato nella sua stanza. Sentì un ticchettare alla porta, e udì la voce di suo padre.
«Un buon modo per infondere coraggio.» disse, ridendo.
«Be', immagino abbia funzionato.» sbottò Will. «Frank, lasciami.»
Frank annuì nervoso.
Will si sistemò il farfallino, si strofinò le guance bollenti e guardò gli amici.
«Su, ora è il momento di andare. Prima che Nico se ne esca di nuovo fuori con delle frasi del genere. E questa volta non mi tratterete dal saltargli addosso.»
 
Nico venne agguantato da Annabeth e Hazel non appena lasciò libero il corridoio della stanza di Will. Le due ragazze sembravano sul punto di fargli una bella lavata di capo, ma un uomo, avvicinandosi nella loro direzione, le bloccò.
«Nico!» salutò, con tono burbero ma con un lieve sorriso sulle labbra. «Non riuscivo più a trovarti. Ti trovo... bene.»
Nico desiderò scomparire, svanire, venire risucchiato dal pavimento. Cosa ci faceva lui lì?
«Padre.» balbettò Nico. «Cosa..?»
«Will mi ha invitato, e io sono venuto.» rispose Ade, guardando prima Annabeth e poi Hazel. «Ciao, figliola. Ciao, figlia di Atena.»
«Ciao.» balbettò Annabeth, fissandolo ad occhi sgranati.
«Ciao, papà.» rispose Hazel, sorridendogli, e dandogli un bacio sulla guancia. «Ti trovo in gran forma.»
«Ti ringrazio. Anche tu non sei male. Di quanto sei?»
«Sei mesi.» disse Hazel, sfiorandosi la pancia.
«È una femminuccia. Avete già deciso il nome?»
Hazel sospirò. «Era una sorpresa.»
«Oh.» Ade guardò pensieroso la pancia della figlia, e spostò lo sguardo su Nico. «Mi è stato chiesto di accompagnarti all'altare. Mmh, anche se non credo ci sia un altare, qui in spiaggia.»
«Ah.» Nico guardò la sorella e Annabeth. «D'accordo.»
«Bene.»
Padre e figlio si fissarono per un minuto impacciati, poi si avviarono dall'altra parte del corridoio, verso la porta, seguiti da Hazel e Annabeth. Quest'ultima era la testimone di Nico, scelta dopo un vivace scambio di battute colorite tra Jason e Percy.
 
«Ade è già qui.» mormorò Logan al figlio, offrendogli il braccio, che Will accettò volentieri. «L'ho visto prima, stava parlando con Apollo.»
«Anche Apollo è qui?» chiese Will, senza parole. Quello non se l'era aspettato. Aveva inviato un invito ad Ade e signora, ma non si era aspettato di vedere suo padre. L'aveva incontrato una volta sola, anni prima, nell'unico Natale che aveva passato negli Inferi.
«Sì, anche lui è qui.»
Will non fece altre domande al padre, che aveva avuto dei trascorsi con Apollo. Chissà come doveva essere stato per i signori Solace incontrare quel giovane Dio che aveva rubato i loro cuori.
«Chi arriverà per primo?» domandò Will, iniziando a innervosirsi. Il papillon cominciava a restringersi.
«Tu.» spiegò paziente Logan. Lo aveva ripetuto per ore. «Nico ti seguirà dopo un minuto. E dovrai essere di un passo avanti a lui, quando vi fermerete davanti al parroco.»
Will fu sul punto di passarsi le dita nervose tra i capelli, ma la mano di Gideon comparve dal nulla.
«No.» disse Gideon. Aveva la pelle del volto tirata, pallida. Jon doveva averlo tenuto sveglio tutta la notte, di nuovo. «Non rovinare il lavoro del parrucchiere.»
«Se n'è occupata Calypso.»
«Be', hai capito, non fare l'idiota.» Gideon si rivolse al padre, ignorando completamente il fratello. «Siamo tutti pronti. Nico sta aspettando il segnale, e quando inizieranno a suonare voi dovrete muovervi, d'accordo?»
Will e il padre annuirono.
Gideon sorrise al fratello, e tornò fuori, a cercare la propria famiglia e a sedersi lì con loro.
«Come sta James?» domandò Will, nervoso, scrutando la folla oltre la portafinestra.
«Sta bene.» annuì Logan, teso. Non parlava più molto dei suoi figli gemelli.
«Ha preso l'anello, vero?»
«Sì, non ti preoccupare... Ah, la senti? È la musica. Dobbiamo muoverci.»
 
Uscendo dalla casa a braccetto con il padre, Will cercò di non guardare più del dovuto l'angolo da cui sarebbe arrivato Nico. Voleva incrociare solo per un secondo gli occhi scuri del futuro marito, ma non lo vide. Un minuto, e lo avrebbero seguito.
Will fece cenni di saluti ai suoi fratelli semidei, alla sua famiglia umana, e ai colleghi di lavoro che avevano deciso di partecipare, a patto di tener lontano il cercapersone. Il suo capo gli aveva assicurato che non lo avrebbero chiamato per tutto il mese della Luna di Miele. Nico gli era saltato addosso dalla gioia, quando glielo aveva detto, dieci giorni prima, e Will aveva deciso di dedicarsi una Luna di Miele più spesso solo per vedere il fidanzato felice.
Deglutendo, Will notò due figure vestite in nero con la coda dell'occhio intente ad avvicinarsi a lui e a suo padre. Fino al giorno prima aveva pregato Hazel di assicurarsi che il vestito di Nico fosse bianco, ma invece nemmeno la figlia di Plutone lo aveva accontentato.
Logan lo lasciò per andare a sedersi tra la moglie e il figlio minore, e Will individuò gli occhi celesti del Dio che aveva ereditato. Gli fece un cenno col capo, e Apollo gli sorrise raggiante. Emanò un'ondata di calore che investì tutti, ma per fortuna la Foschia era in azione.
Will immaginò che quella fosse la prima uscita del Dio dagli Inferi dopo la punizione lanciatagli da Zeus. Sembrava rinvigorito, la pelle era più scura, e splendeva.
Alle sue spalle, affiancato dal padre divino, Nico cercò in tutti i modi di non guardare la figura slanciata di Will. Fece un cenno di saluto ai semidei riuniti, sapendo che se avesse aperto bocca avrebbe di certo vomitato la misera colazione che Hazel gli aveva concesso, e quando si ritrovò affiancato al biondo figlio di Apollo, a meno di un metro da Annabeth che lo guardava raggiante, si domandò come fossero arrivati a quel punto.
Nico e Will si voltarono a guardarsi nello stesso momento, curiosi, entrambi trovando bellissimo il loro futuro marito. Will indossava un completo azzurro cielo, in armonia con gli occhi azzurri. I capelli di Will erano stati tagliati recentemente, e gli sfioravano soffici le spalle. Era più abbronzato di quanto Nico ricordasse, e sembrava veramente felice di vederlo.
Dal canto suo, Nico indossava un completo nero, a piccole righe bianche. Da quando aveva deciso la data del matrimonio, fissata per il 22 gennaio 2019, Nico si era impegnato a non tagliare più i capelli. Will gli aveva detto che non intendeva riguardare le foto del matrimonio e vederlo con la testa mezza rasata. Nico lo aveva accontentato. I capelli gli ricadevano sulle spalle, mossi, arricciati vicino al mento. Gli davano al contempo uno sguardo arcigno e adorabile.
Will cercò qualcosa di diverso in lui, ma non trovò nulla. Certo, la pelle era pallida, aveva leggere ombre sotto gli occhi, e le labbra cercavano ancora di formare un sorriso mite. Quello era il suo Nico. Il Nico che avrebbe sposato. Gli sfiorò la mano, sorridendogli, e Nico riuscì a sorridere a sua volta. La preoccupazione era svanita solo guardandosi.

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Capitolo 20
*** 20. Lo voglio se lo vuoi anche tu [Parte 3] ***


Sordo alle orecchie del prete, ma conscio della mano di Will che l'aveva sfiorato, Nico rimase in attesa di sentire quelle due parole ripetute che li avrebbe uniti per sempre. E che gli avrebbe permesso di togliersi quel vestito e di tornare ad indossare una canottiera e un pantaloncino più leggero. In un giorno come quello, vestirsi con un completo caldo era da idioti.
Quando udì il suo nome completo detto dal prete, Nicola, Nico pensò due cose: la prima, che senz'ombra di dubbio Percy Jackson si era lasciato scappare una risata prima che Hazel potesse dargli una gomitata. E secondo, avrebbe dovuto dare una strigliata anche a suo padre. Era stato lui, insieme a sua madre, a scegliergli il nome poco meno di un secolo prima, ma poteva evitare di spifferarlo ai quattro venti. Chiamarsi solo Nico gli era più che sufficiente.
Jem, con normalissimi capelli scuri, porse la fede a Will. Senza fatica Will la infilò all'anulare sinistro di Nico, che udì il suo cuore battere all'impazzata. Quando Annabeth gli passò la fede, Nico se la lasciò scappare di mano per quanto le aveva sudate, ma per fortuna i riflessi della figlia di Atena erano pronti a qualunque intoppo. La recuperò a metà strada verso il pavimento, e mezzo secondo dopo Nico la ritrovò in mano, pronta ad infilarsi al dito di Will, che gli sorrideva divertito.
«Vi dichiaro marito e marito.» sorrise il prete, alzando le mani, e Annabeth fece un passo indietro. «Potete baciare lo sposo.»
Nico ispirò a fondo. Negli ultimi giorni, si era ripetuto spesso che un semplice bacio a stampo fosse più che sufficiente in quell'occasione. Non doveva baciarlo con trasporto, non doveva saltargli in braccio, doveva cercare di reprimere quella voglia dell'altro che lo aveva assalito vedendolo. Era un matrimonio, non un film osé! Doveva tranquillizzarsi.
Will gli prese il volto tra le mani, infischiandosene completamente delle telecamere accese o di tutta la folla che li osservava attenti. Baciò Nico come aveva sognato di fare negli ultimi giorni, a lungo, accarezzandogli la lingua con la sua e lasciando che l'altro affondasse le dita tra i suoi fianchi. Quando udì il borbottio di James, Will lasciò andare il marito sorridendo, infischiandosene completamente delle guance rosse di Nico.
«Siamo sposati!» esultò Will, afferrandolo per mano.
«Evviva!» balbettò Nico, lasciandosi stringere e lasciando che fossero i suoi piedi a seguire il neo sposo, mentre una cascata di coriandoli li colpiva in pieno.
 
«Nico, dico sul serio, sei bellissimo.»
Il figlio di Ade riuscì a lasciarsi andare ad un debole sorriso. «Grazie, Will. Anche tu non sei niente male. Mi ricordi un surfista in pensione.»
Will rise di cuore e lo abbracciò, incrociando le sue labbra una seconda volta e baciandolo. Il fotografo aveva lasciato loro cinque minuti per riprendersi dagli eventi del mattino, prima di cominciare a disturbarli con le foto. Will non vedeva l'ora di farle solo per avviarsi al buffet. Ma non tanto perché aveva fame. Più che altro per il viaggio in macchina, un tète a tète con il marito.
«Sei mio marito.» sussurrò Will, lasciando un momento le labbra infuocate di Nico. «Sono tuo marito.»
Nico sorrise. Era accorto di parole. Non sapeva cosa dire, quindi si limitò a baciarlo ancora una seconda, e una terza volta. Entrambi desiderarono che quel giorno si concludesse lì, ma la giornata era ancora lunghissima, piena di impegni.
Passarono l'ora successiva a fare le foto. Prima con la famiglia Solace al completo, poi con i singoli individui, le singole famiglie. Poi passarono alla famiglia di Nico, che comprendeva tutti i semidei. Ne sarebbero usciti almeno una dozzina di album fotografici.
Nico individuò Zen tra la folla e riuscì a recuperarlo. Fecero una foto tutti e tre insieme, e Nico vide Piper comparire dal nulla, togliendogli il gatto e passandogli sul vestito un affare per rimuovere i peli.
«Non farlo più.» brontolò Piper, scomparendo di nuovo.
Nico si domandò a lungo se non se la fosse solo immaginata.
Quando il fotografo disse loro che avevano finito con le foto, Nico e Will balzarono sulla limousine. Per arrivare alla sala buffet ci avrebbero messo otto minuti, il che erano piuttosto sufficienti per recuperare almeno la metà del tempo perduto in quella settimana. Rimasero avvinghiati l'uno all'altro, abbracciati, affondando le dita in ogni tessuto possibile.
Annabeth e Percy, seduti di fronte a loro, cercarono di ignorarli.
«Ehm.» mormorò Percy, arrossendo, mentre Nico si scostava dal volto di Will per riprendere fiato. «Perché non aspettate, ah, questa sera?»
Nico e Will scoppiarono a ridere increduli.
«Questa sera saremo troppo stanchi, ed è meglio rimediare ora.» spiegò Will, mentre Nico gli sedeva di nuovo in braccio.
Percy alzò le spalle, e si voltò verso Annabeth, che accettò il suo lungo bacio.
Quando la limousine si fermò, fu Frank ad aprire loro la portiera. Rimase per un secondo di stucco ad osservare i due neosposi avvinghiati, e borbottò: «Avete ancora i vestiti addosso?»
«Più o meno.» annuì Nico.
«Mmh, bene, allora. Scendete. Vi stiamo aspettando.»
 
Il pranzo fu lungo, e Nico ne apprezzò ogni minuto. I suoi amici semidei fecero a gara per parlare, per dire tante cose belle su di lui, e Nico si ritrovò a scuotere la testa, divertito dalle parole di Jason, Leo e Percy.
Anche i fratelli i Will, sia semidei che umani, lo elogiarono. Nico scrutò i presenti, cercando Alec, senza successo.
Il fratello Solace che preferiva di più tra tutti gli altri era scappato dopo aver firmato le carte del divorzio, e nessuno sapeva che fine avesse fatto. Aveva ritirato circa diecimila dollari dal suo conto, aveva comprato dieci biglietti aerei, tutti con destinazioni diverse, e i Solace non sapevano dove fosse finito. Però avevano fatto pace con James, veramente pentito delle sue azioni passate.
Una volta concluso il pranzo, si ritirarono nella stanza successiva, e Nico si ritrovò a ballare tra le braccia di Will. Aveva preso lezioni di ballo nei due mesi precedenti, ma non era neanche lontanamente bravo come Will, a cui aveva già pestato i piedi tre volte.
«A che ora abbiamo l'aereo?» domandò Nico, rosso in viso.
«Piper ha detto che il volo parte alle dieci.» sospirò Will, mordicchiandosi la lingua per non massaggiarsi il piede. «Manca ancora molto.»
«E non possiamo sgattaiolare da qualche parte, eh?»
Will rise. «Certo. Ma prima dobbiamo almeno ballare un'altra mezzora. Poi io fingerò di andare in bagno, e tu mi seguirai. Okay?»
Nico annuì entusiasta. Tutta quella folla cominciava a fargli girare la testa.
Oltre Will, Nico si ritrovò a ballare con sua sorella, con Annabeth, Piper e Calypso. Quando vide Reyna, Nico si lasciò scappare un urletto di gioia. La figlia di Bellona gli aveva detto che forse non sarebbe potuto venire, ma alla fine ce l'aveva fatta.
Dal canto suo, Will ballò con la madre, le cognate, le sorelle semidee. Individuò Angel flirtare con una sua cugina, ma Will non ebbe nulla da obiettare a riguardo. Angel aveva lasciato il Campo per cominciare una carriera da giornalista come la madre, ed era veramente in gamba. Tutti quegli esercizi al Campo erano serviti a qualcosa.
I due neo sposi non riuscirono più ad arrivare al bagno, ma a nessuno dei due importò, circondati da amici e conoscenti. Si divertirono molto, e Nico fu felice di non essere scappato.
 
Quando, verso le sette, si ritrovarono di nuovo in limousine, erano entrambi a corto di fiato e si limitarono a sorseggiare i loro drink e a mangiare patatine in attesa di arrivare in aeroporto. Piper aveva annunciato loro che, una volta giunti nel loro hotel londinese, avrebbero trovato pronti i nuovi biglietti per il viaggio successivo.
«Dove ci manderanno, dopo l'Inghilterra?» domandò Nico, liberandosi delle scarpe e coricandosi sui sedili doppi.
«Non lo so, spero non troppo lontano. Non mi piace volare.» si scusò Will, accarezzando i capelli di Nico. «Dovresti lasciarli crescere.»
«Non ti affezionare troppo, alla fine della luna di miele li taglierò come prima.»
Will soffermò le dita tra una ciocca di Nico, pensieroso. «Siamo sposati.» ripeté.
«Già.» mormorò Nico, osservando la fede nuziale. «Hai visto i riflessi pronti di Annabeth?»
«Immagino che con un vestito del genere, piegarsi a raccogliere un anello non sia una cosa fattibile.» ridacchiò Will.
«No, immagino di no.» Nico si mordicchiò il labbro. Era stato così preso da Will, e da quello che quella giornata stava portando, per rendersi conto di come fossero vestiti i suoi amici. L'unica cosa che aveva notato era stata la pancia voluminosa di Piper, oltre quella di sua sorella.
«Piper aspetta un maschio o una femmina?» domandò Nico, osservando Will.
«Un maschio.» grugnì Will, bevendo un sorso di champagne. «Nascerà a fine agosto. Perché?»
«Perché Hazel aspetta una femmina.»
Will si chinò su di lui e lo baciò. Nico affondò le dita in quella massa di capelli biondi, e in un attimo Will si stese sopra di lui. Erano ancora vestiti, e sapevano bene di trovarsi dentro una limousine in movimento.
«Ti amo.» mormorò Nico, torcendogli il papillon. «Anche se hai messo questo affare. Ti amo.»
«Oh, Nico.» sospirò Will, baciandolo a lungo. «Non vedo l'ora di ritrovarmi da solo con te nella stanza d'hotel a Londra. Ti mostrerò quanto mi sei mancato.»
Nico sorrise, e ricambiò il bacio.
«Ti amo.» bofonchiò Will contro la sua bocca. «E sappi che per gli anni a venire non mi stuferò mai di dirlo.»
«Nemmeno io. Will... ti ringrazio per le parole di incoraggiamento di stamattina.»
Will ricordò vagamente di avergli urlato oltre la porta, e ridacchiò. «Figurati. Sono sempre qui se hai bisogno di me.»
«Mi hai quasi fatto venire nostalgia dei litigi durante le mie recite scolastiche.» sospirò Nico, e Will si mise seduto, lanciando un'occhiata fuori dal finestrino. La strada era lunga. «Ricordi?»
«Che il giorno della recita di Amleto non volevi andare? E nemmeno alla recita di Romeo? O di Macbeth?»
Nico arrossì. La sua insegnante si era divertita ad inserirlo nel corso di recitazione per fargli prendere dei crediti in più, e gli lasciava sempre la parte dei tormentati protagonisti di Shakespeare.
«Per fortuna ci sono sempre stato io a spronarti.» sospirò Will, sorridendo, prendendo una fragola da un vassoio. «E anche ora, per fortuna. Altrimenti ti troveresti ancora chiuso nel bagno.»
Nico gli strappò via la fragola dalle mani, mangiandola lui, e lasciando che Will si prendesse il resto dalle sue labbra. Si baciarono, un bacio al sapore di fragola.
«Lo avrei trovato, il coraggio.» disse Nico, mettendosi seduto e poggiando i piedi contro il sedile davanti. «Ma forse non oggi. Forse domani.»
«O dopo domani, eccetera...» rise Will, passandogli un braccio attorno alle spalle.
«Forse.» sorrise l'altro.
Will lo guardò. «Mi spieghi perché abbiamo passato un mese a decidere lo smoking bianco giusto per te, e alla fine ti presenti con questo completo ancora più sexy?»
Nico sorrise imbarazzato. «Dovevo mettermi quello bianco, lo giuro. Solo che, per Hazel, non andava bene. Troppo simile alla mia carnagione.»
«Infatti ti avevo chiesto di prendere un po' di sole...»
«Ah, non dirlo.» lo bloccò Nico, trattenendo uno sbuffo divertito. «Ho fatto due lampade al giorno per una settimana, e questo è il risultato.»
Nico si alzò la manica della camicia, mostrandogli la sua solita e pallida pelle.
Will batté le palpebre. «Hai speso più di trecento dollari senza ottenere nemmeno un po' di abbronzatura?»
«Esatto. Ma mi hanno fatto uno sconto di cinquanta dollari, visto che assicuravano un'abbronzatura perfetta e con me non hanno avuto successo.»
«Avrebbero dovuto restituirti tutto quanto, mio dolce vampiro.»
Nico scosse la testa, infastidito. «Non chiamarmi vampiro.»
«Death Boy?»
Nico sbuffò. C'erano dei bei ricordi associati a questo nomignolo. «Nemmeno.»
«Cucciolo tenebroso?»
Nico arrossì. «Questo è intimo.»
Will gli scoccò un bacio sulla fronte. «Noi siamo intimi.» gli sussurrò. Gli accarezzò le spalle, osservando le loro fedi nuove di zecca alle dita.
«Wow. Siamo sposati.» mormorò Will, ancora incredulo. «Non mi sembra vero.»
«Già, nemmeno a me. Ma chiamami vampiro un'altra volta, e giuro che divorzio!»
Will si posò un dito sulle labbra e finse di lanciare via la chiave. Nico lo baciò.
«Cosa faremo per un mese?» mormorò Nico, infilandogli una mano sotto la maglietta per assicurarsi che gli addominali del ragazzo fossero ancora al loro posto sebbene il matrimonio. Sì, c'erano tutti.
«Quello che facciamo sempre.» sorrise Will. «Visiteremo musei, scatteremo delle foto, faremo shopping, mangeremo le cose tipiche del posto, e non dimentichiamoci...»
«Le cartoline!» esclamò Nico, trionfante. «Dobbiamo spedire cartoline a tutti i nostri amici!»
«Sì, certo, le cartoline.» annuì Will, serio, trattenendosi dall'alzare gli occhi al soffitto, baciandolo per zittirlo.

 
Ciao!
Se vi sembra un po' fuori stono dagli altri capitoli, scusatemi! Avevo in programma di inserirlo alla fine, ma ho preferito infilarlo qui!
Un bacio a tutti, grazie, a domani!
Debby
 

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Capitolo 21
*** 21. Cenetta romantica ***


«Ehi, Will, sono già le otto. Tra quanto arrivi?»
«Dieci minuti, più o meno. Una signora mi ha vomitato addosso mentre stavo per uscire, e mi sono dovuto cambiare... Vuoi che prenda delle pizze?»
Nico storse il naso. «No, grazie. La signora mi ha fatto passare la fame.»
Will rise.
«E poi, ho preparato i ravioli al formaggio.» aggiunse Nico, lanciando un'occhiata al tavolo, con la tovaglia bianca di pizzo, i piatti ben allineati, la bottiglia di vino e le candele ancora spente. «E ho affittato qualche film.»
«Di che genere?» si incuriosì Will.
Nico guardò i dodici dvd d'amore, per lo più tratti dai romanzi di Nicholas Sparks. La roba più sdolcinata e strappalacrime che avesse trovato.
«Be', sai, quel genere che piace ad entrambi.» mentì Nico, spostando lo sguardo su Zen. In sette anni, il gatto nero era cresciuto parecchio. Lo stava fissando con i suoi grandi occhi verdi dal divano, in attesa, forse, di qualche segnale.
«Ah, okay... mi sa che per stasera non guardo nulla, amore. Ho operato per tre ore di fila, e sono stanchissimo.»
Nico abbassò le spalle. «Quindi il tuo programma è doccia, cena e nanna?»
«Sì. Sono tre settimane che lavoro nel reparto di pediatria, tra l'altro... Non ti puoi immaginare quanti bambini ci siano. Oh, tu avevi in mente qualcosa di particolare?»
«Nah.» rispose Nico, prendendo le candele e gettandole alla rinfusa nel cassetto. «Credo che seguirò il tuo programma anch'io. »
«Ti lascio, sto salendo in macchina. A dopo.»
«A dopo.»
Nico riattaccò e posò il cellulare sul mobiletto. Tolse i piatti dal tavolo e li cambiò con il servizio malandato di piatti che avevano trovato in casa al loro arrivo, tanti anni prima. Riposò la bottiglia di vino bianco nel mobiletto riservato agli alcolici, e nascose i dvd sotto le riviste di ingegneria meccanica sparse sul tavolino. Afferrò Zen e lo tenne in braccio per qualche minuto, lasciando che la vitalità e le fusa del gatto lo tirassero su di morale. Per Will quello era un giorno come tanti...
Esattamente dodici anni fa, Will e Nico si erano scambiati il loro primo bacio nell'infermeria del Campo Mezzosangue, alcuni giorni dopo la battaglia contro Gea.
Ripensandoci, forse non era un giorno da festeggiare. Infondo, Nico aveva ferito Will con la spada e gli aveva provocato un occhio nero, minacciandolo di non riprovarci. Will non aveva accolto in pieno la minaccia, e per fortuna ci aveva riprovato.
Nico chiuse gli occhi, sprofondando il viso contro il collo del gatto, che aveva iniziato ad agitarsi. Già dodici anni... Erano passati già dodici anni da allora. E tante, tantissime cose erano capitate.
I loro amici si erano sposati. Hazel e Frank erano già diventati genitori di una splendida bambina, Emily, soprannominata da tutti Emy. E anche Jason e Piper avevano avuto un maschietto pestifero di nome Jasper. Anche Calypso e Annabeth erano incinte, una di due gemelli, l'altra ancora non si sapeva.
Continuavano a vedersi, una volta al mese di solito, o anche di più, se c'era da celebrare qualche evento importante. Come l'officina Valdez. Un nome, una certezza! di Leo e Calypso. O la laurea in architettura di Annabeth, poco dopo seguita dall'inaugurazione del suo primo palazzo costruito. Erano stati tutti presenti al parto di Hazel, anche se non nella stessa stanza con lei, sebbene Leo avesse cercato di curiosare. Dopo lo svenimento di Frank, Hazel aveva voluto il fratello e Will nella stanza, e Piper e Percy avevano trattenuto Leo prima che potesse sgattaiolare all'interno e disturbare. Piper, invece, più furba, aveva avvertito gli amici del parto solo quando questo era avvenuto, e Will aveva tirato un sospiro di sollievo. Alla fine, la piccola Emy era nata grazie a lui.
Nessuno di loro aveva ancora trent'anni, e Nico non riusciva a credere che fossero sopravvissuti così a lungo. In quel periodo ne erano capitate di tutti i colori con i mostri. Nico ricordò quella volta in cui era entrato in banca, con Jason e Percy, inseguito da tre mostri sputa fuoco. Avevano dato un po' di spettacolo a coloro che aspettavano il loro turno, ed erano scappati prima che potesse arrivare la polizia.
In quel lontano Capodanno di diversi anni prima, Leo aveva avuto ragione: i figli dei Tre Prezzi Grossi, in compagnia, tendevano a farsi seguire da molti più mostri in città. per fortuna Frank era sempre pronto a trasformarsi in drago, e Leo ad incendiare tutto quello che poteva, nei limiti della legalità.
E i matrimoni. Ce n'erano stati a bizzeffe, di matrimoni... Per due volte, Nico aveva fatto da testimone: ad Hazel e a Jason. E diverse volte aveva pianto. L'invito al matrimonio di Clarisse Le Rue con Chris Rodriguez li aveva colti di sorpresa: Will non si aspettava che Clarisse lo volesse al suo matrimonio, ma poi la sorpresa era stata vinta e vi avevano partecipato insieme a tutti gli altri. Almeno Clarisse non gli aveva chiesto di farla partorire.
Zen lo morse, facendolo tornare alla realtà, e Nico lo lasciò andare. Il gatto atterrò in piedi e corse via, scoccandogli un'occhiataccia quando fu abbastanza lontano. Nico sbuffò, osservando la nuova ferita. Se avesse saputo che tenere un gatto era così doloroso, ci avrebbe pensato tre volte, anni prima. Però era utile. Quando nessuno dei suoi padroni udiva la sveglia, Zen aveva preso l'abitudine di graffiarli e morderli fino a svegliarli. Doloroso, ma utile.
Nico guardò l'orologio. I dieci minuti di Will erano già scaduti. Ma ormai non aveva più fretta. Si sedette sul divano e sfogliò alcune delle riviste di ingegneria. Dopo il diploma e un anno sabbatico, aveva deciso di iscriversi al college, anche se per mesi aveva affermato l'esatto contrario. Aveva deciso di seguire il suo sogno da ragazzino, il ragazzino che era prima di scoprire di essere un semidio, prima di passare 70 anni in un casinò, prima che sua madre morisse. Quel giovane ragazzino dalla pelle olivastra che giocava con gli aeroplanini insieme alla sorella maggiore. Sarebbe diventato pilota di aerei.
E visto che la retta del college gli era stata gentilmente offerta dal signor Solace, Nico non intendeva deludere nessuno, nemmeno sé stesso.
Il cellulare del figlio di Ade squillò e Nico si affrettò a rispondere prima che il gatto saltasse sul mobile e glielo gettasse a terra. Gli aveva già rotto tre cellulari, in quel modo.
«Ciao, Nico, ti disturbo?»
Nico sorrise. «No, Hazel. È bello sentirti.»
«Come sei carino, fratellino. Come stanno Zen e Will?»
«I miei uomini stanno bene.» annuì Nico, appoggiandosi al frigo, e tenendo gli occhi incollati alla porta. «Anche se uno dei due continua a mordermi.»
«Devo proprio fare una chiacchierata con Will!»
Nico rise.
«Voi state bene?» domandò Nico. «Frank, Emy... tutto bene?»
«Sì, stanno bene. Devo chiederti un favore enorme, Nico.»
«Avanti.» la esortò Nico, serio. Se sua sorella gli chiedeva un favore, significava che era successo qualcosa di grave.
«Ecco... Io e Frank dobbiamo partire dopodomani, dobbiamo andare a Washington per un convegno.»
Nico chiuse gli occhi. Aveva un orribile sospetto. Decise di tacere.
«Sai, abbiamo una riunione importante. Vogliamo spostare una delle nostre sedi in quella zona, e vogliamo farlo prima delle ferie.» insistette Hazel.
«Mmh. Il favore, Hazel? Accompagnarvi in aeroporto?»
«Non proprio. Tu e Will potreste guardarci Emy?»
Nico si sedette sul mobile. «Emy?» ripeté, con voce strozzata. «Tu e Frank volete che noi guardiamo vostra figlia?»
«È solo per un giorno. Naturalmente, ripagheremo con il tenervi Zen quando andrete in vacanza.»
Nico si trattenne dallo sbuffare. Zen, sentendo il suo nome, si avvicinò e iniziò a strusciarsi contro le caviglie di Nico.
«Sabato?» mormorò Nico, fissando il gatto. Negli ultimi anni, era diventato più mansueto.
«Sì, sabato. Se dite di sì, mi farete un grande favore. Siete i più vicini.»
«Io... devo parlarne con Will. Non è ancora tornato.»
«Vuoi consultarti con lui, prima?»
«Sì, ma tanto conosciamo già la risposta di Will.»
Hazel sorrise tra sé, vittoriosa. «Ve la porto verso le sette e mezza. Abbiamo l'aereo alle otto, e la prima riunione è alle dieci. Tu sei ancora in vacanza, vero?»
«Fino al primo di ottobre.»
«Okay. Allora... ti ringrazio, Nico. E ringrazia tanto anche Will.»
«Ma certo. Saluta Frank e dai un grosso bacio ad Emy da parte mia.»
Nico udì vagamente lo scattare della serratura.
«Ti salutano anche loro! Grazie ancora, Nico.»
«Figurati. Ciao, Hazel!»
Nico riattaccò e posò il cellulare sul mobile, affrettandosi verso la porta. La tenne aperta, e fu subito aggredito da un voluminoso mazzo di fiori.
«Sorpresa!» urlò Will, entrando in casa. «Credevi che me ne fossi dimenticato, eh? Dovresti sapere che io non dimentico niente!»
«Dimenticare cosa?» domandò Nico, cercando di resistere all'enorme sorriso che gli stava per comparire in volto. Sputacchiò qualche petalo di rosa.
Will lo fissò con attenzione. Il Will ventinovenne era molto simile a quello diciassettenne, anche se portava i capelli molto più corti, e indossava un sobrio abito blu mare. Le perle del Campo Mezzosangue le portava ancora con sé.
«Ah.» disse Will, entrando in casa e chiudendosi la porta alle spalle. «Non te lo ricordi?»
«Che cosa?» domandò Nico, afferrando il mazzo di rose. «Queste sono per me?»
«Ehm, sì.»
Will si agirò in fretta per la cucina, mentre Nico recuperava un vaso di vetro e lo riempiva d'acqua, posandovi i fiori. Will curiosò nella pentola, aprì il frigorifero e lo richiuse, deluso.
«Non te lo ricordi davvero?» chiese infine, abbattuto.
«Non so di cosa tu stia parlando.» annuì Nico, mordicchiandosi il labbro per non ridere.
Will si passò le dita tra i capelli. «Nulla.» disse. «Io...»
Nico aprì il cassetto, recuperò le candele e le portò sul tavolo. Sotto lo sguardo di Will, cambiò anche i piatti e si voltò verso di lui.
«Non l'ho dimenticato.» disse.
Will si illuminò e gli corse incontro. Nico si sentì sollevare e stringere da Will. Lo baciò, si baciarono a lungo, appoggiandosi contro i fornelli e rischiando un ustione.
«Ti amo.» mormorò Will.
«Ti amo anch'io.» rispose Nico, accarezzandogli i capelli. «Come è andata la giornata?»
«Noiosa come al solito.» sorrise Will. Da quando aveva iniziato a lavorare in ospedale, operando tutti i giorni, aveva cessato quasi del tutto i suoi racconti dettagliati. Nico aveva rischiato più volte di rigettargli la cena addosso mentre Will si preparava ad affrontare passo dopo passo con lui una semplice tracheotomia.
 
Ciao!
Mi scuso se dovessero esserci delle congruenze con i capitoli precedenti.
Un bacio a tutti, e grazie!
Debby
 

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Capitolo 22
*** 22. Dialoghi da divano ***


Dopo la cenetta romantica passata a chiacchierare di quei giorni al Campo Mezzosangue che entrambi ricordavano ancora così bene, Nico mostrò a Will la serie di film affittati per la serata.
«Pensavo che "con il nostro genere" intendessi il tuo genere.» disse Will, prendendo il dvd di The last song.
«Ovvero?» domandò Nico, allontanando il gatto.
«Horror, azione, e... ancora horror.» sorrise Will.
«Sì, be', sono stato tentato, ma alla fine ho pensato che non fosse il caso. Insomma, stiamo festeggiando...»
«A proposito di festeggiamenti.» ghignò Will. «Sono in ferie! Quindici giorni a partire da domani! Però devo tenere il cercapersone acceso, in caso di bisogno.»
Nico annuì. L'anno prima erano quasi riusciti a fare un viaggio: erano appena saliti sull'aereo quando il cercapersone di Will aveva squillato. Mentre Will tornava di corsa in ospedale, Nico era partito da solo verso la loro meta, le Hawaii. Aveva passato i primi tre giorni nella casa imprestata dal padre di Piper, guardando la maggior parte dei film in cui compariva Tristan Mclean, e mangiando. Quando Will gli scrisse un messaggio prima di salire sull'aereo, Nico aveva fatto fuori la maggior parte delle scorte della casa, e si era affrettato a fare la spesa in attesa di Will.
Per fortuna, la luna di miele in Europa era stata splendida, senza imprevisti. Avevano viaggiato per più di un mese, quasi come i Sette sull'Argo II tanti anni prima. Avevano visitato Londra, il Galles, per poi passare all'Italia, Roma, Firenze e Venezia, dove Nico aveva trovato la tomba di sua madre. Numerosi giri in gondola dopo, avevano preso l'aereo per la loro ultima tappa: Parigi. Avevano scattato centinaia di foto e mandato più di una dozzina di cartoline a tutti i loro amici.
Will si sedette sul divano, liberandosi della giacca e lasciando che Zen gli salisse in grembo, cospargendogli i pantaloni di peli. Mentre gli arruffava il pelo, divertito, Nico si stese sul resto del divano, la testa sul bracciolo, gli occhi puntati sulla fede nuziale all'anulare sinistro.
«Siamo già sposati da tre anni.» notò Nico, rigirandosi l'anello.
«Tre anni, due mesi e dodici giorni.» rispose Will, automatico. «Per gli Dei, abbiamo festeggiato di meno, per il nostro primo anniversario.»
«Hai lavorato, al nostro primo anniversario.» borbottò Nico.
Will si tolse il gatto dalle gambe, provocandogli un miagolio infastidito, e si sistemò sopra il petto di Nico, passandogli le dita tra i capelli.
«Be', non è colpa mia se un treno ha deragliato e sono arrivati nel mio ospedale una quindicina di feriti.» sorrise Will.
«Certo che non è colpa tua, però... sai, mi sarebbe piaciuto passare il primo anniversario di matrimonio in tua compagnia, non vedere la tua immagine in televisione.»
Will aggrottò la fronte.
«Potrei aver visto il video del matrimonio, un paio di volte.» borbottò Nico, arrossendo.
«Con un paio di volte intendi solo due, o...?»
«Forse è più corretto dire una quindicina.»
Will annuì. Lo sapeva. Quando era tornato a casa il mattino seguente, per una doccia e un minuto di normalità, aveva trovato Nico addormentato sul divano con Zen tra i capelli, e il video del matrimonio impostato su a ripetizione. Si era quasi messo a piangere, alla vista del marito steso sul divano con una scatola di kleenex e fazzolettini sparsi sul tavolino. Era uscito di casa sperando che Nico non lo scoprisse, e fino a quel momento era riuscito a mantenere il segreto.
«Sai...» mormorò Will, passando un dito sulle due perle colorate che Nico portava al collo. Quella che aveva creato lui con i suoi fratelli figli di Apollo cambiava ancora colore: dall'arancione al viola, e dal viola all'arancione. Ed era vero, quello che aveva detto a Jason tempo prima: preferiva molto l'arancione.
L'occhiata di Nico gli fece capire che era meglio non discuterne. Forse Nico si era immaginato di vederlo, quel mattino, o di percepire la sua presenza. Non voleva sapere la verità, e di sicuro non voleva ricordare di essersi mostrato così debole. Sebbene Will continuasse a considerarlo il ragazzo più coraggioso che avesse mai incontrato.
Will gli baciò delicatamente il collo, la gola, e risalì fino ad incontrare le sue labbra. Si baciarono a lungo, senza fretta, ignorando Zen, balzato di nuovo sul divano, intento a graffiare ad entrambi le dita dei piedi per avere un po' di attenzione.
Nico si separò dalle labbra morbide di Will e lo osservò, accarezzandogli la schiena.
«Jem mi ha consigliato di guardare Grey's Anatomy.» mormorò il figlio di Ade, studiando l'altro con attenzione.
«Di questi tempi, i consigli di mio fratello non sono ben accetti.» disse Will, un po' freddo.
«Tu sei mai stato in una di quelle stanzette?»
«Sul set di Grey's Anatomy
«No, nell'ospedale in cui lavori.»
Will lo studiò per qualche secondo. «Cosa mi stai chiedendo, esattamente?» domandò.
Nico gli lisciò il colletto della camicia senza guardarlo. «Solo se nel tuo ospedale ci sono quelle stanzette del sesso.» disse.
«Sì, ci sono.» annuì Will.
«E tu ci sei mai stato?»
«Sì.»
Nico si irrigidì.
«Sai, non sono nate come stanzette del sesso.» sorrise Will, sollevandogli di qualche centimetro la maglietta e posandogli le dita sul ventre piatto. «Sono nate come stanzette di riposo per quei poveri medici che passano trentasei ore di turno consecutivi e vorrebbero schiacciare un pisolino prima di cominciarne un secondo.»
«Quindi tu vi sei andato per dormire?»
«Sì. Cavoli, Nico... siamo sposati da tre anni, e fidanzati da dodici, e mi chiedi se ti tradisco?»
«Non ti sto chiedendo questo. Solo che, essendo fan di Grey's Anatomy, e visto che ho anche urlato virtualmente a Meredith di non lasciare che il dottor Stranamore tornasse dalla moglie, posso riconoscere che se io, te e il tuo presunto amante fossimo in una serie tv, la storia tra te e l'amante è la più interessante e appagante. E poi, io e te stiamo insieme da circa dodici anni, e non abbiamo figli, proprio come Derek e la moglie, ed è possibile che tu...»
Will lo zittì scoppiando a ridere. «Se è il problema dei figli che ti preoccupa, possiamo adottarne una quindicina dall'orfanotrofio! C'è una bambina meravigliosa, Christal: ha perso i genitori in un incidente d'auto sei mesi fa, e continua a fare la fisioterapia tutte le settimane. Gli assistenti sociali le gironzolano intorno tutto il giorno, e vive in orfanotrofio quando non è in ospedale...»
«Non è il problema di figli che io e te non avremo mai a farmi intraprendere questa assurda conversazione.» sbottò Nico, arrossendo ancora di più. «Mi stavo solo preoccupando. Cioè, tu passi più tempo a lavoro che a casa, e sarebbe normale se il tuo cuore si fosse puntato su un'altra persona...»
«Nico di Angelo.» disse Will, alzando il tono di voce. «Il mio cuore è tuo, lo sai bene. Sai, dodici anni fa non avrei mai creduto possibile intraprendere un discorso del genere con te. Non dopo la nostra chiacchierata nella tua Cabina.»
«Sei sicuro di non essere attratto da nessuno dei tuoi colleghi?» domandò Nico, a bruciapelo.
«Sì, ne sono altamente sicuro. Io guardo solo te. Voglio solo te. E se domani ti venisse voglia di cambiar sesso, continuerò a guardare e volere solo te.»
«Io non ho alcuna intenzione di cambiare sesso.» disse in fretta Nico.
Will sorrise. «E chi ne ha parlato?»
Nico gli diede un pizzicotto e Will appoggiò la testa sul suo petto, auscultando il battito del suo cuore.
«E tu, Nico?» domandò piano Will, accarezzandogli le braccia. «Hai iniziato a sentirti attratto da qualche tuo collega?»
«No.»
«Sicuro? Non ne guardi nessuno?»
«Be', sono obbligato a guardarli, altrimenti potrebbero pensare che io abbia dei problemi...»
Will scese con la mano di qualche centimetro e gli diede un pizzicotto in una zona molto intima. Nico si lasciò scappare un gemito.
«Sai bene cosa intendo dire.»
«Sì, scusa. No, io non guardo nessuno.»
«Quindi stiamo parlando di tradimenti e cose varie solo perché tu, come centinaia di altre migliaia di donne, adori la relazione tra Meredith e Derek di Grey's Anatomy
«All'incirca, sì. Ehm, mi hai paragonato ad una donna?»
Will finse di non averlo sentito.
«Sai, devo veramente sconsigliarti di guardare le serie tv indicate da James.» mormorò.
«No, la maggior parte sono apposto. Ho iniziato a guardare anche Breaking Bad...»
«Ora vuoi metterti a spacciare droga? Thomas è finito in istituto privato...»
«E ho iniziato anche Arrow. E non per questo voglio andare in giro in calzamaglia a tirare frecce alla gente.»
«Giusto, e scommetto per due motivi: primo, non possiedi una calzamaglia e, secondo, fai schifo con il tiro con l'arco.»
Nico sbuffò, infastidito, e iniziò a fare il solletico all'altro. Will si scostò dalle sue dita e scivolò giù dal divano. Nico lo osservò, divertito.
«Dovresti guardare Glee.» disse Will, ridendo. «Mi piacerebbe vederti cantare e ballare.»
«Mi sembra che al nostro matrimonio io abbia ballato.» gli ricordò Nico.
«Se quello lo chiami ballare...»
Nico gli tirò addosso un cuscino.
Ridendo, Will se lo tolse dal volto e lo guardò negli occhi. «Ti amo, sai?»
«Sì, lo so.» annuì Nico, appoggiando la guancia contro il bracciolo. «Ti amo anch'io, lo sai?»
«Sì, lo so.»
Will si mise seduto, stiracchiando le braccia e si sbottonò la camicia. Quando ebbe toccato terra, Zen vi si acciambellò sopra, facendo le fusa. Will si voltò verso Nico.
«Comunque devo raccontarti una cosa.» esclamò Will, gli occhi luminosi.
«Anch'io.» disse Nico, pensando ad Hazel e la sua richiesta per sabato.
«Prima io perché la mia fa ridere.»
«Stai insinuando che i miei racconti non facciano ridere?»
«Esatto. Devo ricordarti il mezzo discorso che hai fatto al matrimonio di Hazel?»
Nico avvampò al ricordo. Si era quasi lasciato sfuggire di aver trovato la sorella figlia di Plutone negli Inferi.
«Ecco.» Will ridacchiò e gli scompigliò i capelli. «Comunque, dicevo: questo pomeriggio sono andato a schiacciare un pisolino in una di quelle stanzette del sesso, come le chiami te... Ho dormito per circa un'ora, indisturbato, poi sono entrati due miei colleghi. Entrambi single... ah, li conosci! Simon e Hannah, te li ricordi? Be', sono entrati, hanno chiuso la porta, e hanno iniziato a spogliarsi, e a baciarsi, e a far cadere tutto quello che potevano mentre si avvicinavano ad uno dei letti. Io ero da un'altra parte, voltato verso di loro. All'inizio ho pensato di fingere di dormire e di far finta che non stesse accadendo, ma poi mi è squillato il cercapersone.»
Nico iniziò a ridere.
«Hannah e Simon hanno controllato i loro cercapersone, e a quel punto io mi sono alzato in piedi dicendo loro "È il mio, non preoccupatevi. Continuate pure, e controllate che non ci sia nessun altro".»
«E loro?»
«Be', diciamo che avrei voluto immortalare il momento con una foto. Erano più nudi che vestiti...» Will rabbrividì. «E credo che questa sia stata la mia unica esperienza con le stanzette del sesso. È tradimento, se ho visto qualcosa che non volevo assolutamente vedere?»
Nico gli diede una pacca gentile sulla spalla. «No, non lo è.» lo rassicurò, poi aggiunse: «Almeno credo.»
Will si alzò in piedi, iniziando a slacciarsi la cintura, e Nico si godette lo spettacolo.
«Tu di cosa volevi parlarmi?» domandò Will, curioso.
«Nulla. Hazel e Frank ci lasciano Emy per tutto sabato. Hanno delle faccende da sbrigare, e necessitavano di babysitter...»
«Gli hai risposto di sì?»
«Mi sembra che le mie parole esatte siano state: Conosciamo già la risposta di Will.»
Il figlio di Apollo rise, e lasciò scivolare i pantaloni alle caviglie. Se ne liberò con un paio di calci e, prima che Nico potesse ribellarsi, lo prese in braccio.
«Sai, non mi piace essere un libro così aperto per te.» disse, avviandosi verso la camera da letto.
«Be', come hai detto tu, siamo sposati da tre anni, e fidanzati da dodici... Attento!»
Will inciampò nel gatto, a cui non piaceva assolutamente che Will si prendesse certe libertà con il suo padroncino preferito, e i due ruzzolarono a terra. Sebbene la schiena dolorante, Nico non riuscì a fare a meno di ridere, e Will lo accompagnò.
«Immagino che non raggiungeremo mai la camera da letto.» mormorò Will, sorridendo malizioso.
«No, immagino di no...»
Zen soffiò nella loro direzione.

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Capitolo 23
*** 23. Babysitter per un giorno [Parte 1] ***


Da quando viveva nel mondo umano, Nico aveva scoperto di provare un profondo odio verso alcuni suoni. Uno di questi, agli inizi della sua carriera scolastica, quando per lui alzarsi alle sei del mattino era una vera tortura, era lo squillo penetrante della sveglia, subito seguito dal campanello e il clacson.
A questi, si aggiungevano le risate stridule delle sue compagne di classe, gli insegnanti che urlavano, i compagni che battibeccavano per decidere se era o meno un fallo quello appena subito, il vicepreside che lo richiamava nei corridoi almeno due volte al giorno per ricordargli che «Questa è una scuola, signor di Angelo, deve adeguarsi ad un certo tipo di comportamento!» e solo perché mostrava i suoi diversi piercing. Per fortuna, nascondeva bene il tatuaggio.
Un pomeriggio, mentre usciva dal cinema con Will, Nico aveva anche visto un incidente, ma per fortuna non si era fatto male nessuno, grazie all'intervento tempestivo di Will, che attirava feriti come calamità naturale. Il rumore dello schianto e delle urla continuavano a rimbombare nelle orecchie del figlio di Ade, nonostante il tempo trascorso.
Nel corso degli anni, i suoni erano cambiati. Ora, nella sua lista privata, si potevano contare: le sirene della polizia nel cuore della notte; le strilla dei figlioletti di Gideon, che ogni tanto li chiamavano per telefono - Janet aveva partorito il sesto, Alaric, tre mesi fa, e Gideon aveva deciso di darci un taglio, in tutti i sensi; e i miagolii insistenti di Zen alle tre del mattino.
Poi era arrivato il suono insopportabile che era giunto in vetta alla classifica di Nico sin dal primo momento che lo udì. Il suono che gli faceva venire voglia di lanciare il colpevole fuori dalla finestra, e legare Will a letto.
«No.» borbottò Nico, mettendosi seduto, intontito dal sonno, e guardandosi attorno. Sperò che si trattasse di un sogno. «Will, no.»
Il marito si mise seduto senza una parola e afferrò il cercapersone. I suoi occhi celesti erano più stanchi di quelli dell'altro.
«Mi dispiace.» mormorò Will, passandosi le dita tra i capelli e voltandosi a guardarlo. «Devo andare. Un'urgenza.»
Nico accettò il bacio di Will, ma lo trattenne per un braccio. «Anche qui tra poco ci sarà un'urgenza!» esclamò Nico, con voce strozzata. «Emily! Io non posso guardarla da solo!»
«Sì che puoi.» annuì Will, scendendo dal letto. Come negli ultimi due giorni, era nudo. Si passò le dita sulla barba non fatta, osservando Nico. Peccato, la routine di quei giorni - che comprendeva letto, frigo, bagno, letto - gli era piaciuta parecchio.
Will si rifugiò in bagno mentre Nico, raccogliendo vestiti a casaccio e infilandoseli senza guardarli, lo seguiva borbottando. Erano le sette e venti del mattino. Da un momento all'altro Hazel sarebbe arrivata.
«Non puoi dire che sei partito in Italia, o qualcosa di simile?» domandò Nico, teso, osservando Will scomparire sotto il getto dell'acqua.
«No, non posso.» sbuffò Will, trattenendo una risatina. «Ho promesso loro di chiamarmi in caso di bisogno.»
«Non puoi... cavoli, non puoi dirgli che tuo marito soffre di cancro e vorresti passare con lui qualche minuto in più?»
«Mi direbbero di ricoverarlo in ospedale.»
Nico imprecò. «Dai, Will! Sei in ferie per quindici giorni!»
«Mi dispiace.»
«Ah, ti dispiace? Bene. Allora mettiamola così: se oggi esci di casa, chiederò il divorzio.»
Will spense l'acqua calda e aprì il divisorio del box doccia. Nico si godette la scena di Will tutto nudo e bagnato, vittima continua dei suoi sogni ad occhi aperti, poi si costrinse a passargli un asciugamano.
«Mi stai veramente chiedendo di fare una scelta, Nico?» domandò Will, scoccandogli un'occhiata.
Nico si mordicchiò il labbro. «Tu cosa sceglieresti?»
«Sai che la mia risposta non ti piacerebbe. In nessun caso.»
Nico sospirò. «Sì, lo so. Io... Non voglio comportarmi da bambino viziato, ma... Cazzo, tu sei in vacanza per altri tredici giorni!»
Will ridacchiò. Gli baciò la fronte, gli sistemò il colletto della felpa e tornò in camera.
«A quanto pare le mie vacanze slitteranno di un altro paio di giorni.» disse Will, cominciando a vestirsi. «Almeno non sei da solo alle Hawaii.»
«Sai, mi sono divertito, in quei primi giorni.» ammise Nico, osservandolo a braccia conserte.
«Sì, e sei anche ingrassato di due chili, in quei primi giorni.»
«Devono essere state le serie tv.»
«Sì, infatti è risaputo che guardare serie tv fa ingrassare.»
Sbuffando, Nico andò a preparare il caffè. Di solito Will non faceva mai un'adeguata colazione quando usciva di corsa al mattino.
Will lo colse alla sprovvista, un minuto dopo. Mentre Nico controllava la caffettiera, Will gli giunse alle spalle, lo sollevò senza troppi complimenti e lo spinse sul tavolo.
Fecero rovesciare qualche sedia mentre cercavano di recuperare la giornata di vacanza perduta.


Dieci minuti più tardi, udirono il campanello suonare. Nico si affrettò ad aprire, il volto arrossato, i capelli corti in disordine, i vestiti stropicciati, il fiato corto. Alle sue spalle, Will si stava versando il caffè con estrema naturalezza, e un'ombra di compiacimento sulle labbra.
«Ciao!» salutò Hazel, sorridendo al fratello maggiore, fingendo di ignorare il suo rossore. Teneva tra le braccia la piccola Emy, molto somigliante alla madre per il colore dei capelli e della pelle. Il taglio degli occhi, leggermente a mandorla, ricordava quelli del padre, esattamente scuri nello stesso modo. Sorrideva, e agitava le braccine entusiasta.
«Ciao!» Nico rispose al saluto e guardò oltre la sorella. «Frank è rimasto in macchina?»
«No, sta salendo con la borsa di Emy... Com'è possibile che il vostro ascensore sia sempre rotto?»
Nico scrollò le spalle e si voltò verso Will, che aveva appena posato la tazza vuota nel lavandino. Il dottore si infilò il cercapersone nella cintura, si ravvivò i capelli e lanciò un'occhiata all'orologio.
«Io devo scappare.» disse. «Hazel, è sempre un piacere rivederti. Emy... oh, per gli Dei, com'è cresciuta!»
Will strappò la bambina dalle braccia della cognata e le diede una decina di baci su tutto il volto. Emy strillò e rise, cercando di allontanarlo ma accettando tutte quelle attenzioni. Nico si chiese se non dovesse lasciargli l'opportunità di adottare un figlio... Poi ricordò che, con Will sempre al lavoro, avrebbe dovuto crescere il bambino da solo, e cambiò idea.
«Bene, io ora scappo.» riprese Will, raggiante, porgendo la bambina a Nico, che la prese controvoglia. «Tesoro, ci vediamo nel pomeriggio, ti faccio uno squillo. Hazel... Puoi venire qui quando vuoi. Casa mia è anche casa tua, e cose simili.»
Hazel annuì e lo salutò. La chioma bionda di Will sparì nella tromba delle scale. Nico lo udì parlare con Frank per una manciata di secondi, poi il marito della sorella comparve. Negli ultimi anni era diventato più alto, più massiccio, e più Frank Zhang di sempre, con la voluminosa borsa rosa appesa al braccio.
«Ecco qui.» disse Frank, entrando in casa e posando la borsa sul divano. Cominciò ad elencarne il contenuto a memoria. «Una decina di pannolini, il biberon, il ciuccio, il suo animaletto portafortuna, una nostra foto in caso avesse un po' di nostalgia...»
Nico roteò gli occhi al soffitto, evitando di sbuffare, e Hazel si trattenne dal ridere.
«Frank è un po' apprensivo.» rivelò piano.
«Oh, non l'avevo notato.» rispose Nico, sarcastico, poi aggiunse, rivolto al cognato: «E se tu rimanessi qui, Frank, e io partissi con Hazel?»
«Ah, mi piacerebbe.» annuì Frank, scoccando un'occhiata speranzosa alla moglie. «Ma lei non me lo permetterebbe.»
«No, infatti.» rise Hazel, scuotendo la testa. «Su, Frank, dobbiamo andare. L'aereo parte tra mezzora.»
Frank annuì, e Hazel si voltò verso Nico. «Può mangiare tutto quello che vuoi, tranne i latticini. È intollerante come il padre.»
«D'accordo.»
«Tienila lontana dal gatto. Ha la brutta abitudine di farsi graffiare.»
«Okay.»
«Non permetterle di fare tutto quello che vuole. Ogni tanto dille di no, ma non troppo forte, altrimenti piangerà.»
Nico annuì, nervoso.
«Bene. Mi sembra che sia tutto. Ah... Il fratello di Will è tornato?»
Nico scosse la testa. «Non ancora.»
«Come sta?» aggiunse Frank, pensieroso.
«Alec? Sta bene. Mi ha spedito una cartolina, ora si trova in Francia. Ha detto che intende sposarsi, ma che non vuole nessuno oltre me e Will al suo matrimonio.»
Hazel annuì, dispiaciuta per Alec, poi afferrò il marito sottobraccio e scese le scale, dando gli ultimi saluti. Deglutendo, Nico chiuse la porta e guardò con intensità i profondi occhi neri della piccola nipote, incuriositi dal trovarsi sola con lui.
«Allora...» mormorò Nico, a disagio. Come doveva comportarsi con lei? Era la prima volta che si trovava solo con un bambino. «Che ne dici, ehm, di guardare qualche cartone?»
Si sedettero sul divano, ed Emy gli rimase seduta in braccio come una bambola. Nico fece zapping, saltando da un canale all'altro, evitando film violenti che avrebbe volentieri guardo, e soffermandosi su un programma tutto colorato in cui comparivano dei pony.
Quando Zen spuntò sul tavolino, i magnetici occhi verdi fissi su di loro, Emy si accese di gioia e iniziò ad allungare le manine paffute verso il gatto.
«Scappa!» gridò Nico al micio, che scese dal tavolino miagolando. «Scappa, tu che puoi!»
Zen sembrò seguire il suo consiglio e si dileguò per la casa.

 

Quando Emy, dopo due episodi del cartone con i pony diede segno di cedimento, Nico la lasciò camminare e la seguì con lo sguardo mentre curiosava in giro. Le disse no quando prese una serie tv in dvd, le disse no mentre cercava di arrampicarsi sulla sedia, e ribadì il no quando la bambina entrò in bagno puntando lo sguardo giocoso sulla vaschetta del gatto.
Nico recuperò una serie di bambole e peluche dalla borsa, e si sedette a terra, la schiena contro il divano, giocando con la nipotina. Era davvero carinissima, e portava con sé tutta la curiosità tipica dei bambini. Ancora non parlava, sebbene sapesse gridare qualche parola, tipo mammaacqua, e qualcosa che somigliava vagamente a drago. Nico si domandò divertito cosa facesse Frank nel tempo libero, oltre trasformarsi in drago davanti agli occhi della figlia.
Mentre fingeva che la sua bambola fosse appena morta di overdose per evitare l'utilizzo di vocette infantili, i pensieri di Nico volarono su Alec Solace. Erano passati cinque anni dall'ultima volta che aveva visto il secondo Solace che gli stava tanto a cuore.
Dopo una relazione durata circa due anni, Alec si era sposato con Matilde. Il loro matrimonio era filato liscio come l'olio fino a quando, cinque anni prima, Alec non aveva sorpreso il fratello Jem a letto con sua moglie, nell'appartamento che i due gemelli avevano condiviso per anni. Nico ricordò di aver udito le urla di Alec e Jem fin sotto la doccia, dove si trovava con Will dopo l'accesa giornata vissuta insieme. Erano usciti di casa, curiosi - Nico con indosso solo l'accappatoio - seguiti dal gatto.
Nei giorni a venire, Alec aveva dormito sul loro divano, ignorando completamente il resto della famiglia, mangiando di malavoglia e parlando a stento, quasi a grugniti. Solo Zen riusciva a tirargli su il morale. Dopo aver firmato le carte del divorzio, Alec aveva preparato le valigie ed era partito verso una meta sconosciuta, senza rivolgere la parola al gemello che pregava il perdono.
Alle orecchie di Nico, le scuse di Jem e Matilde erano sembrate banali, stupide e ripetitive: Matilde era andata a cercare il marito a casa di Jem, che gli aveva fatto delle avances in quanto ubriaco. Matilde diceva di non averlo riconosciuto, sebbene Jem portasse i capelli rasati a zero, e Alec aveva un tatuaggio a forma di punto interrogativo sul collo.
Diversi anni prima, quando erano ancora alle prime fasi della loro amicizia, Alec aveva spiegato a Nico che con quel tatuaggio intendeva dare una forma al suo destino. Un grande punto di domanda, perché non si può mai sapere cosa può riservare il futuro. Difatti, quando credeva di essersi sistemato a vita, di poter avere una famiglia sua, il destino lo aveva tradito.
Negli ultimi anni, Nico aveva ricevuto continuamente messaggi sul cellulare da numeri sconosciuti, ma con la firma di Alec, e anche diverse cartoline e lettere. Nonostante tutto, Alec si ricordava di spedirgli l'immagine divertente di un animale, almeno ogni sei settimane.
Quando una bambola dalla pelle verdastra gli si abbatté contro il volto, Nico sussultò e osservò in silenzio la bambina che lo fissava in cagnesco.
La morte prematura della bambola non era piaciuta molto alla bambina, e Nico si affrettò a farla resuscitare prima che potesse tirargli addosso dell'altro.

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Capitolo 24
*** 24. Babysitter per un giorno [Parte 2] ***


Forse giocare con le bambole e le bambine di due anni non era il mestiere adatto a Nico. Lasciò la piccola Emy da sola mentre si affrettava a preparare il pranzo, rischiando di bruciarsi più volte per tenere lo sguardo puntato sulla bambina.
Non c'erano finestre aperte, le porte del bagno, delle camere e quella di entrata erano chiuse a chiave, ma Emy poteva farsi male in qualche altro modo, ad esempio tirandosi addosso il televisore, cadendo sul tavolino di vetro, tirando la fila di dvd, o facendo cadere il vaso colmo di rose che Will aveva regalato a Nico un paio di giorni prima, al loro anniversario. In molte avevano già lasciato cadere i loro petali, tranne una, che Nico sospettò fosse di plastica. Era una cosa da Will.
Nico pensò di non essere affatto adatto a fare il genitore. Insomma, non poteva continuare a controllare la bambina mentre cucinava. E il solo pensiero di andare in bagno e di lasciarla sola per più di un minuto gli fece venire la pelle d'oca.
Quando ebbe finito di preparare il pranzo, Nico tornò da Emy. La sollevò, le lavò le mani, cercò un bavaglino nell'infinità di cose che Frank aveva stipato nella borsa e glielo legò malamente al collo. La sedette su un ginocchio e la fece mangiare, quasi a forza. Mentre Emy gettava a terra la prima forchetta, Nico si chiese se anche sua madre avesse scontrato tutti quei problemi per farlo mangiare.
Dopo più di un quarto d'ora, e una decina di forchette sparse attorno al tavolo, Nico andò a sedersi sul divano. Guardò altri cartoni con la nipotina e, quando lei si addormentò, Nico la stese sul divano con addosso una copertina.
Nico impiegò cinque minuti a finire il pranzo, ormai freddo, e a ripulire il disastro commesso dalla bambina, ricordandosi di dare gli avanzi a Zen, che lo guardava con soddisfazione. Nico pensò che, probabilmente, il gatto aveva leccato l'avanzo nella pentola e anche nel suo piatto. Si chiese come avesse fatto a trovarlo così tenero e carino, quel cosino che continuava a fargli i dispetti.
Quando ebbe finito di pulire, tornò sul divano, stanco. Cambiò canale, azzerando quasi il volume e guardò la replica del quarto episodio della terza stagione di Ghost Whisperer. Tenne una gamba allungata verso la bambina, per evitarle di cadere dal divano se si fosse rigirata. Provò ad immaginarsi come genitore. Quasi certamente, lui sarebbe stato quello cattivo, sempre presente, che vietava ai figli qualsiasi cosa di qualsiasi genere. Il padre che non gli permetteva di uscire la sera. Che non gli permetteva di invitare amici a casa. Che non gli permetteva di dire che i nonni paterni erano Ade e Apollo, sì, quelli dell'Olimpo. Invece Will sarebbe stato il padre buono, quello assente dalla vita dei ragazzi, ma che per ripagare questa mancanza donava ai figli tutto il possibile, e in gran quantità. Quello da cui si era sicuri di avere un sì per qualsiasi cosa.
Nico si ritrovò anche ad immaginare un bambino dai capelli neri e con gli occhi azzurri, la pelle abbronzata, un sorriso contagioso, già a due anni pratico con il surf e con la capacità di richiamare a sé i morti. Il volto di quel bambino immaginario somigliava sia al suo che a quello di Will. Ma a meno che la scienza non si fosse già spinta ad una gravidanza esclusivamente maschile, con tutti i possibili problemi, un bambino con il carattere genetico suo e di Will era impossibile. E se la scienza era già arrivata a quella svolta, Nico non intendeva saperne.
Nico pensò alle parole di Will di alcuni giorni prima. Forse poteva davvero fare un cambio di sesso, diventare Nicole di Angelo, o Nikki di Angelo, o... Nico rabbrividì. Se Will desiderava un giglio così tanto, che lo diventasse lui, la donna. Wilhelmina Solace. Anche se poi non era detto che sarebbe riuscito a mantenere una gravidanza.
Nico cambiò canale, frustrato. I suoi pensieri lo stavano spaventando. Da quando in qua si sentiva così... con quel sentimento così... così... materno?! Gli uomini covavano dentro di sé il sentimento di diventare mamme? Sperò di sì, e che non fosse l'unico ventiseienne strambo in quella città.

Quando Emily si svegliò, Nico tornò ad un programma per bambini, in cui i protagonisti erano degli animali. Mentre la bambina guardava la tv insonnolita, Nico le portò dell'acqua nel biberon e dei biscotti. La bambina riottenne la sua allegria, e gli lanciò qualche occhiata profonda domandando: «Mamma?»
«La mamma torna stasera, cucciola.» si decise a dirle Nico, sforzandosi di sorridere, e di non farlo in modo pauroso. Una volta aveva spaventato Jasper Grace, e Piper lo aveva allontanato dalla culla per il resto della giornata. «La mamma tornerà questa sera e ti riporterà a casa, così zio Nico smetterà di uccidere le tue spregevoli bambole, tutte vittime di incidenti stradali, incendi dolosi o di overdose... oh merda. No.»
Nico sbiancò. Oh, no. Quell'odore... No, no, no...
Schizzò in piedi e recuperò il cellulare, allontanandosi il più possibile dalla bambina come se fosse affetta da qualche malattia contagiosa. Digitò, quasi febbricitante, il numero di cellulare di Will.
«Ehi, amore.» lo salutò il suo dottore preferito, dopo qualche squillo. Il suo tono era caldo e amorevole come sempre.
«Will!» gracchiò Nico, tenendo gli occhi sulla bambina, e allontanandosi di un altro passo. «Devi tornare subito a casa!»
«Cos'è successo? Emy si è fatta male? Mando subito un'ambulanza...»
«No, non si è fatta male. Credo sia... ehm, da cambiare.»
Il silenzio di tomba dall'altra parte gli fece pensare che Will avesse riattaccato.
«E allora?» chiese Will, stanco.
«Quindi devi venire qui e cambiarle il pannolino!» esclamò Nico, fuori di sé.
«Mi dispiace, Nico, ma ho altri impegni...»
«Io non ho alcuna intenzione di sporcarmi le mani per...»
«Nico, amore mio, ascoltami bene. C'è un'infermiera molto gentile che mi sta tenendo il cellulare, e io ho appena finito di lavarmi le mani. Mi sto preparando per operare. Un Taglio Cesareo di urgenza. Se vuoi, posso venire a casa e cambiare Emily, ma tu in cambio dovrai venire qui, indossare i miei abiti, e far nascere quei due bambini che si sono uncinati a dieci giorni dal parto. È un buon piano? Inizi a raggiungermi?»
«Buon intervento, Will.» borbottò Nico, paonazzo.
«Ah, grazie. Ci vediamo stasera a cena. Buona fortuna.»
Nico riattaccò e fu sul punto di lanciare il cellulare quando si ricordò di Jem. Lui viveva ancora all'appartamento al piano di sotto, che ora condivideva con la sua ragazza, Caroline. Erano due zii differenti, Jem e Nico, e di sicuro Jem aveva fatto pratica con i figli di Gideon.
«Ehilà, cognato, qual buon vento ti porta a chiacchierare con un eremita come me?» lo salutò Jem, allegro. Nico ricordò che lui, come Will, Thomas, Gideon e Danny, si erano schierati automaticamente dalla parte di Alec quando Matilde e Jem erano stati sorpresi nello stesso letto. I signori Solace avevano trattenuto giudizi di ogni genere, sebbene tutti avevano notato che Jem non era più il benvenuto a cena tutte le sere. Andare a letto con la moglie del proprio gemello era un vero colpo basso, e tutte le cattiverie che Alec gli aveva fatto da ragazzo erano niente in confronto.
L'ultima volta che Nico aveva rivolto la parola a Jem era stato il mese prima, quando si erano scontrati in ascensore nel giorno di compleanno dei gemelli. Per il resto del tempo, i due si scambiavano messaggi su Whatsapp.
«Ciao, Jem. Ho bisogno di aiuto.» mormorò Nico, imbarazzato.
«Avanti, chiedi pure. A meno che tu non abbia paura che io finisca a letto con tuo... No, un momento. Questo fa schifo, e non mi chiamo Cersei Lannister.»
«Mia sorella Hazel mi ha lasciato sua figlia, e ha un estremo bisogno di essere cambiata.»
Jem rimase qualche secondo in silenzio per cercare di capire quale fosse il problema, poi ci arrivò e scoppiò a ridere. Nico si sentì meno nervoso quando udì Jem uscire fuori dal suo appartamento.
«Se ti faccio questo favore, Nico, tu mi dici dove si trova Alec?» gli domandò Jem, mentre Nico si affrettava ad aprirgli la porta.
«Mi dispiace, ma non ho idea di dove si trovi.» rispose Nico, riposando il cellulare in tasca.
Jem sospirò, passandogli di fronte e occhieggiando la bambina. «Be', grazie per avermi mentito guardandomi negli occhi.»
Nico avrebbe tanto voluto dirgli che erano affari loro, che dovevano vedersela tra di loro e che lui non voleva essere mischiato in quelle faccende. Ma tutto questo si era infranto, e ben prima di aver detto a Will «Lo voglio». Si era fatto carico dei problemi della famiglia Solace quando aveva capito di essere innamorato di un loro componente.
Jem cambiò il pannolino ad Emy mentre Nico faceva arieggiare la casa. Lo ascoltò mentre cambiava tono di voce per parlare con Emy, proprio come facevano i suoi genitori o Will. Ed Emy rideva, estasiata.
Jem posò a terra la bambina, e Nico disinfettò il tavolo una decina di volte, tanto per essere sicuro.
«Be', se hai di nuovo bisogno, Nico, chiama pure.» gli disse Jem, avviandosi alla porta, stringendo a sé la busta con il pannolino sporco.
«Jem, James...» mormorò Nico, sforzandosi per trovare le parole adatte. «Sono sicuro che Alec ti perdonerà.»
«Quando?» domandò Jem, triste. «Quando sarò con un piede nella fossa? Quando la mia futura moglie mi farà le corna? Ero ubriaco, e Raphael può confermarlo, visto che ho bevuto con lui per tutta la sera.»
«Lasciagli un po' di tempo...»
«Gli ho già lasciato cinque anni, Nico. Mi manca. Di quanto tempo ha bisogno ancora?»
Jem uscì di casa, senza sbattere la porta, e Nico spostò lo sguardo sulla bambina. Si chiese cosa avrebbe fatto lui in una situazione del genere. Però, a sentir Will, non doveva temere nulla del genere. Will lo amava esattamente come il loro primo giorno insieme, e il fatto che fossero sposati non cambiava le cose.

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Capitolo 25
*** 25. Babysitter per un giorno [Parte 3] ***


Guardando Emily giocare con i suoi peluche, Nico impiegò qualche minuto in più del normale ad accorgersi che ci fosse qualcosa di strano in quella scena. Un padre normale, o una persona più attenta, se ne sarebbe accorto subito. Tenne lo sguardo sulla bambina senza battere le palpebre, pensieroso, poi capì.
Le erano spuntati coda e orecchie da gatto.
«Oh, cavoli.» borbottò Nico, evitando l'impulso di chiamare di nuovo Jem. Si avviò alla grande libreria di Will nella stanza degli ospiti. Quando Danny si fermava a dormire da loro, soprattutto in quelle sere in cui era gravemente ubriaco, diceva di star dormendo in una grande biblioteca. E Nico non poteva dargli torto, con tutti quei volumi di medicina. Cominciò a sfogliarli uno dopo l'altro, alla ricerca di una spiegazione scientifica per quella crescita improvvisa.
Quando sentì qualcosa di morbido contro le caviglie, fu sul punto di allontanare Zen con un calcetto del tutto amichevole, ma per fortuna si accorse che la coda apparteneva alla nipote.
Si sentì uno zio orrendo e la sollevò.
«Vediamo cosa dice zio Will.» mormorò Nico, recuperando il cellulare e digitando in fretta il numero del marito. Gli rispose la segreteria telefonica, ed immaginò che Will fosse ancora in sala operatoria. Le possibili soluzioni erano due: o l'infermiera aveva messo il silenzioso, oppure Will aveva chiesto alla donna di ignorare le sue chiamate.
Era più probabile la seconda. Nico sperò che non lo stessero prendendo in giro, in quella sala operatoria.
Con un lungo sospiro per calmarsi, telefonò ad Hazel. Erano le cinque del pomeriggio.
«Ciao!» lo salutò la sorella, pimpante. «Come sta andando?»
«Va tutto bene, è una bambina fantastica, è tranquilla. Ha organizzato una festa, c'è erba ovunque. Io sono nell'altra stanza a farmi gli affari miei...» disse Nico, e udì la sorella scoppiare a ridere.
«Deve essere una gran festa. Voglio qualche foto, eh! Quando è il turno di Frank di guardarla, lui le tiene gli occhi incollati addosso per tutto il tempo, manco fosse una carcerata... Tra mezzora ci sarà il nostro volo di ritorno! Arriveremo verso le otto. È un problema se cenassimo da voi?»
«Certo che no. Se ho tempo, preparerò qualcosa... Oh, giusto. Will sarà qui per le sette, quindi riuscirò proprio a cucinare... Comunque, ti ho chiamato per un'altra ragione.»
«D'accordo. Dimmi pure.»
«Ecco... Non so come dirtelo, ma...»
«Respiro profondo, Nico...»
«Hazel, ehm, a mia nipote è cresciuta la coda!»
Hazel rimase per un attimo in silenzio prima di sospirare. «Oh, di nuovo?»
«Cosa devo... aspetta, cosa? Di nuovo?»
«Sì, le capita almeno una volta alla settimana... Ma questa volta è già la terza consecutiva. Non ci sono dubbi su quale sia il carattere genetico dominante!»
Nico spostò lo sguardo sugli occhi nero liquido della piccola, che agitava le mani per prendersi il cellulare. Udiva la voce della madre, decisamente più familiare di quella dello zio.
«Quindi... È normale? Non devo fare niente?»
«No. Tra qualche giorno le andranno via da sole. Ha mangiato tutto, a pranzo?»
«Sì, lei e il pavimento non si sono lamentati.»
«Mi dispiace.»
«Cose che succedono. Vi aspettiamo per cena.»
«D'accordo. Nico, grazie ancora di tutto.»
«Tu avresti fatto lo stesso per Zen.» le rispose Nico, sorridendo.
Riattaccò la chiamata e guardò la bambina, delusa per non aver parlato con la madre. Le accarezzò i capelli, le orecchie da gatto, domandandosi distratto se fosse anche capace di trasformarsi in un mezzo drago. Poi sperò che non lo facesse in casa sua.
La bambina si divincolò dalle sue braccia e Nico la posò a terra, e la guardò correre per la casa, aprendo un mobile dopo l'altro e svuotando i contenuti. Nico la rincorse, cercando di rimettere tutto in ordine e, allo stesso tempo, di non perderla d'occhio.
«Ho appena detto a tua madre che sei stata brava.» sbottò Nico, imbronciato. «Questa è una punizione?»
La bambina iniziò a ridacchiare, e giocarono a rincorrersi per l'ampio salone, rovesciando le sedie del tavolo, proprio come Will quel mattino. Ma le situazioni erano ben diverse.
«Emy!» la sgridò Nico, quando la bambina pestò la coda al gatto, che le soffiò contro e scappò a nascondersi sotto il letto. «Emily, fai la brava, per favore...»
Nico continuò a borbottare tra sé mentre Emy, molto lentamente, scaricava le pile della sua vitalità. Quando si fu stancata a dovere, e la casa fu irriconoscibile, la bambina si arrampicò sul divano e Nico le sedette affianco, cercando qualcosa in televisione che entrambi potevano guardare. Nico sapeva di dover alzarsi e rimettere in ordine prima dell'arrivo di Will, ma il solo pensiero gli fece venire i brividi.

Quando Will rientrò in casa, poco dopo le sette, rimase per qualche secondo imbambolato di fronte alla porta spalancata, osservando il caos all'interno. Doveva aver sbagliato appartamento. Lì dentro sembrava essere scoppiata una bomba. Una bomba di nome Emy di circa due anni e mezzo.
Richiusa la porta e superando lo shock, Will lanciò un'occhiata curiosa verso i fornelli. Tutto spento. Nico non aveva preparato la cena. Trovò Nico sul divano, assopito, con la testa a ciondoloni sul petto. La piccola Emy si illuminò nel vederlo e Will la prese in braccio sorridendo, cercando di non svegliare il marito.
«Hai fatto stancare zio Nico, eh?» ridacchiò Will, dandole un bacio in fronte, e notando Zen seduto di fronte alla camera degli ospiti, gli occhi verdi puntati su Nico e la bambina. La cosa lo inquietò non poco. «Per stancare zio Nico a me serve una notte intera. Devi insegnarmi i tuoi trucchetti, piccola.»
Emy cominciò a tirargli i capelli per gioco, e Will iniziò a preparare la cena fischiettando e raccontandole la giornata senza soffermarsi molto sui dettagli. Il giorno seguente non avrebbe dovuto tornare a lavoro, ma era possibile che lo cercassero per dei consulti sui suoi pazienti. A Nico non avrebbe fatto piacere, ma per fortuna poteva offrire ottimi consulti anche via telefono.
Quando Nico si svegliò, e scoprì che la bambina non era al suo fianco, scattò in piedi allarmato. Era già pronto ad urlare il suo nome quando la vide spuntare dalle braccia muscolose di Will.
«Ehi.» salutò Nico, avvicinandosi a loro. «Quando sei arrivato?»
«Venti minuti fa, più o meno.»
«E stai già cucinando?»
«Sì. Tu non hai fame?»
«Sì, sì, ho fame...» Nico si mordicchiò il labbro. «Hazel e Frank cenano da noi.»
«Lo so, Frank mi ha spedito un messaggio prima che salissero sull'aereo. Mi ha detto che ha provato a chiamarti, ma tu non hai risposto. Immagino che solo l'intervento di tua sorella gli abbia impedito di mandare una pattuglia di polizia qui a casa.»
Will posò la bambina sul divano e le cambiò il pannolino in meno di due minuti. Nico studiò ogni suo movimento, promettendosi che non gli avrebbe fatto toccare di nuovo i fornelli. Ma lo vedeva bene, Will Solace, con un figlio tutto suo.
Una volta che la bambina fu cambiata, Will la tese a Nico, che la prese controvoglia, e si scambiarono un lungo e lento bacio.
«Hai già fatto la doccia?» chiese Nico, mentre la bambina gli posava le dita sul piercing al sopracciglio.
«Al lavoro, come tutti i giorni.» annuì Will, allontanando le dita paffute della bambina.. «Vuoi riordinare o guardare la piccola?»
«Credo che per oggi il mio lavoro con lei sia stato abbastanza.» disse Nico, restituendogli la bambina.
Mentre Will ed Emy si accomodavano sul divano guardando i cartoni, Nico riordinò la casa. Impiegò dieci minuti a sistemare di nuovo il contenuto dei mobili, apparecchiò la tavola per cinque. Raggiunse il marito sul divano mentre aspettavano gli ospiti, appoggiandogli la testa sulla spalla.
«Come è andato l'intervento?» domandò Nico, giocherellando con un lembo della camicia di Will.
«Alla grande. La mamma dei gemelli è stata così felice che ha deciso di dare il mio nome ad uno dei bambini. Per l'altro le ho consigliato Nicolas, ma ha detto che preferiva Christopher.»
«Questione di gusti.» sbuffò il figlio di Ade.
«Già.» Will lanciò un'occhiata alla piccola Emy seduta sulle sue ginocchia. «Ha una bella coda, non trovi?»
«Assomiglia a quella di Zen.»
«Immagino abbia deciso di trasformarsi in Zen, ma essendo piccola le sue funzioni si sono fermate a metà.»
«Hazel dice che succede continuamente.»
«Be', allora non abbiamo dubbi sul suo carattere genetico dominante!»
Nico rise.
«Ho scoperto Zen che vi faceva da guardia, quando sono entrato.» disse Will, scoccando al gatto un'occhiata. Era ancora seduto di fronte alla porta della camera degli ospiti. «Voleva assicurarsi che la bambina non scappasse.»
«O che fosse abbastanza lontana da me per aggredirla.»
«Nah, non credo. A Zen piacciono i bambini. Ti ricordi quando vengono a trovarci i figlioletti di Gideon?»
Nico annuì, tetro. La sua casa non era più la stessa da quando tutti i figli di Gideon e Janet erano andati da loro.
«Le hai cambiato tu il pannolino, alla fine?» si incuriosì Will, decidendo di tacere al marito lo scambio di scommesse girate durante il Taglio Cesareo.
Suonarono alla porta.
«No, ho chiamato Jem.» rispose Nico, alzandosi in piedi. «Io non faccio quel genere di cose.»
Will ridacchiò, pensando di aver perso la scommessa.

Hazel e Frank si trattennero per quasi tutta la sera, raccontando del loro viaggio e della nuova azienda a Washington. Entrambi sembravano più felici del solito, e Will notò che Hazel stava accuratamente evitando il vino. E anche Frank. Solo Nico sorseggiava il suo bicchiere, senza accorgersi degli altri.
«Da quanto sei incinta?» le domandò Will a bruciapelo. Se i suoi fossero stati sospetti infondati, avrebbe ricevuto uno schiaffo. Probabilmente da tutti i presenti, Emy compresa.
Hazel e Frank arrossirono di colpo. Nico rischiò di strozzarsi con il vino.
«Lo abbiamo scoperto questa mattina.» borbottò Hazel, scoccandogli un'occhiataccia. «E tu hai impiegato quanto? Due minuti per scoprirlo?»
«Sì, all'incirca.» Will sorrise entusiasta ad Emy. «Avrai un fratellino! O una sorellina!»
«Evviva.» mormorò Nico.
Hazel gli diede delle pacche gentili sul braccio. «Tranquillo, non te li porterò mai insieme.» gli disse.
«Allora va bene. Sono felice per voi.» sorrise Nico.
«Ehi.» disse Will a Hazel. «Vuoi venire in ospedale a fare una visita, domani? Posso fartela fare gratis. Ho un sacco di agganci.»
«Che vita entusiasmante.» disse Frank, imboccando la figlia, che con lui mangiava tutta felice e contenta. «C'è chi riesce ad ottenere i biglietti della partita di basket grazie ai suoi agganci, e tu riesci ad ottenere delle visite dal ginecologo gratuite.»
Nico e Hazel trattennero una risata.
«Conosco anche chi può farmi avere dei biglietti della partita gratis.» rifletté Will. «Ne vuoi un paio? Per te e la tua attraente signora?»
Frank si voltò verso Hazel, che scosse la testa. «Un paio, per me e Leo.» disse Frank, sorridendo. «Glielo devo.»
Will scrisse velocemente un messaggio a Simon, il suo collega. Due biglietti della partita di basket, gratuiti, dopo quanto aveva visto era il minimo ricatto di cui poteva usufruire.
«E io e Calypso? Cosa faremo mentre voi vi divertite?» sbuffò Hazel, un po' infastidita all'idea.
«Posso portarvi in un ottimo locale di spogliarello.» disse Nico, e Will si voltò verso di lui sbalordito. «Che c'è? È lo stesso locale dove Danny voleva portarci all'addio al celibato.»
«E ti sei tenuto, ehm, un biglietto da visita?»
«Per possibili eventi importanti.» alzò le spalle Nico, sorridendo e facendogli l'occhiolino.
Hazel e Frank risero.

Quando la cena fu conclusa, Frank e Nico pattugliarono la casa per riempire di nuovo la borsa di Emily, affidandosi alla memoria di Frank. Will ed Hazel, invece, chiacchierarono di seconde gravidanze.
Verso le dieci, Frank ed Hazel li salutarono e Nico si assicurò di chiudere bene la porta di casa, un po' per evitare che tornassero indietro.
«Scommetto che sei stanco e che hai voglia di dormire.» disse Will, incrociando le braccia al petto, studiandolo divertito.
Nico lanciò un'occhiata al lavandino. La pila dei piatti del pranzo e della cena erano aumentati a colpo d'occhio.
«Sono stanco, sì, ma non ho voglia di dormire.» disse Nico, picchiettando le dita sul tavolo.
«E cosa ti va di fare?»
«Strano che tu me lo chieda.»
Will rise, e si lasciò trascinare fino alle lenzuola.

Poco dopo aver finito, Will passò un braccio attorno alla vita di Nico e gli posò il mento sulla spalla.
«Non devi tornare al lavoro domani, vero?» mormorò Nico, osservando gli occhi spiritati del marito.
«No, ma ho detto loro che sono disponibile per dei consulti telefonici.»
Nico sospirò rassegnato.
«Immagina quel giorno, quando prenderai la laurea come ingegnere meccanico e il brevetto da pilota.» gli sussurrò Will, accarezzandogli l'addome. «Tu volerai tutto il giorno e io opererò tutto il giorno.»
«Ci vedremo solo più la sera.»
«Già.»
Nico sospirò. Essere sposati con un dottore era molto impegnativo. Will gli diede un bacio sul collo, gli augurò la buonanotte e chiuse gli occhi, il volto affondato sul petto del marito. Nico rimase ad osservare la sveglia digitale fino a quando non vide segnata l'una del mattino, e a quel punto abbassò le palpebre, sistemando la testa sul cuscino, e posando le mani su quelle calde di Will.
«Che ne pensi di adottare un bambino?»
Nico sussultò e spalancò gli occhi.

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Capitolo 26
*** 26. Will, io... No, aspetta... Cosa?! ***


Nico scattò giù dal letto come un pupazzo a molla e raggiunse la cucina, rischiando di inciampare su Zen e il suo orsacchiotto. Si avvicinò al lavandino, ignorò la pila di piatti sporchi e cercò la bottiglia di succo d'arancia nel frigo. Gli tremavano le mani mentre svitava il tappo.
«Nico?»
Will lo seguì fino in cucina. Nico lo ignorò. Bevve a lungo, direttamente dalla bottiglia, cercando di darsi un contegno, di riprendere almeno un po' della sua aria da duro e menefreghista. Aveva ventisei anni, doveva affrontare gli ultimi mesi per ottenere la laurea e il brevetto, ed era sposato con una persona stupenda che gli aveva appena proposto di adottare un figlio, dopo aver passato un'intera giornata ad immaginarsi come padre.
«Ti faccio un massaggio?» si offrì Will. Spesso Will aveva risolto delle grandi lite con dei massaggi.
Nico scosse la testa e si posò le mani sui gomiti, riflettendo. Il figlio di Apollo, nudo e perfetto come un Adone, gli stava creando dei problemi di concentrazione.
«Scherzi?» domandò infine, con voce molto più flebile di quanto immaginasse.
Will scosse la testa. «Immagino che raggiungere la cucina per bere del succo d'arancia sia il tuo modo di capire che non stavo affatto scherzando.» mormorò Will.
«Will, io... No, aspetta... Cosa?!»
Nico continuò a farfugliare alla ricerca di parole di senso compiuto, ma alla fine scosse la testa e tornò in camera. Si infilò un pantalone abbandonato sulla scrivania, e alle sue spalle Will si coricò sul letto.
«Dobbiamo fare una chiacchierata.» disse Nico, senza guardarlo. «Mettiti qualcosa addosso.»
«Ah, giusto, ti distraggo.» Will infilò un paio di boxer e si coprì fino all'ombelico con il lenzuolo. Nico si sedette a gambe incrociate sul resto del letto, più o meno a distanza.
«Bene, ora...» mormorò Nico, prendendo fiato. «Ora possiamo avere una conversazione normale. Fatti avanti.»
Will lo scrutò e deglutì. «Nico, amore, che ne pensi di adottare un bambino?» ripeté, cauto.
Nico si massaggiò le tempie. La giornata era stata lunga e stancante. Aveva badato alla nipotina, si era fatto assalire dal panico, aveva giocato con lei proprio come un tempo faceva con sua sorella. Aveva pensato a come sarebbe stato da genitore, e non si era ben visto in quei panni.
«Okay, riflettiamo su ogni particolare.» disse Nico, come gli avevano insegnato a scuola. «Perché vuoi adottare un bambino?»
Will fece una smorfia. «Perché io e te non potremo mai averne uno nostro.»
«Le scienze moderne non ci permettono di averne uno nostro?»
«Sì, ma... sinceramente vorrei dare a mio figlio una vita normale, non segnata continuamente dai mostri. Oggi in ospedale è entrato un uomo che ha tentato di ferire una bambina, una piccola figlia di Demetra, che ha seguito per miglia e miglia.»
«Come sta?» si preoccupò all'istante Nico. La vita dei semidei non era semplice. Non era rosa e fiori.
«Per fortuna bene. Ho chiamato Angel, è venuto subito a prenderla. L'ha portata al Campo Mezzosangue.»
«Bene.»
«Ma se tu vuoi avere un figlio tuo, con i tuoi stupendi tratti genetici, io non ne sarei per niente offeso, o contrario.»
«No, va bene.» annuì Nico. «La penso anch'io come te. Noi stiamo cercando di avere una vita normale, e nemmeno io desidero un figlio che rischi la vita ogni giorno. Non lo sopporterei.»
Ripensò ai mille pensieri che lo avevano assalito quel giorno sui possibili pericoli presenti in casa, e rabbrividì a pensieri molto più sofisticati di quelli.
Will annuì nervoso. Si osservarono per qualche minuto, poi il figlio di Apollo sorrise. «Quindi, rimane l'adozione.»
«Sono perché abbiamo messo da parte i figli biologici, non significa che...»
«Potremo rapire un bambino.» lo interruppe Will. «Ma anche quella sarebbe una sorta di adozione.»
Nico lo ignorò. «Sì, d'accordo, rimane l'adozione. Però... Perché, Will? Non sei felice con me?»
«Certo che sono felice con te, Nico. Solo che...»
«Alla nostra relazione manca qualcosa?» aggiunse Nico, riflettendo veloce. «Potremo fare più sesso, in effetti, ma poi tu non potresti andare al lavoro e quando riprenderò l'università io non potrò andarci. Dovremo vivere unicamente con i soldi imprestati da tuo padre. Il che mi va bene, a patto che tu non te ne vada di casa.»
Will si mise a ridere e gli posò una mano sulla gamba. «Il sesso che facciamo è abbastanza, è soddisfacente, ed è meraviglioso. Ed è una vera fortuna che non abbiamo vicini che combacino la loro parete con la nostra.»
Nico annuì. In effetti, era una vera fortuna.
«Comunque, dicevo...» Will lo guardò dritto negli occhi, e le sue guance diventarono paonazze. «Stasera stavo guardando Hazel e Frank. Sono così felici con Emy. E solo l'idea di averne un altro li rallegra, li rende ancora più splendidi. Hai visto Frank? Come gli brillano gli occhi ogni volta che guarda Emy? O Hazel? Il modo in cui abbraccia sua figlia? Ecco, io... desidero qualcosa di simile.»
Nico giocherellò con un lembo del lenzuolo, pensieroso. Quello che gli stava dicendo Will combaciava con le sensazioni che aveva provato quel giorno in compagnia di Emy. Okay, quindi anche altri uomini in altre fasce di età provavano quel sentimento materno. O magari era riservato solo ai gay.
«D'accordo.» disse Nico, soppesando le parole, sperando che il marito non decidesse di rielaborarle a modo suo. «Quindi tu vuoi adottare il bambino di un altro.»
«Sì.»
«Hai già un'idea precisa?»
«C'è questa bambina, in ospedale.» mormorò Will, sorridendo. «Si chiama Christal. È rimasta vittima di un incidente stradale con i genitori, mesi fa. Loro sono entrambi morti, e lei è rimasta in ospedale per le ferite riportate. Ora sta bene.»
«Ti sei affezionato a lei?»
Will annuì. «Molto. Anche tu ti affezioneresti a lei, se potessi vederla.»
Nico trattenne uno sbuffo. Lo dubitava.
«Di parenti in vita ha degli zii, che non possono occuparsi di lei.» continuò Will, osservando Nico. «Hanno i loro figli, i loro problemi, e non ne possono prendere a carico degli altri. Avrebbe ancora una nonna, ma ha circa ottant'anni, e soffre del Morbo di Parkinson, quindi non è una buona idea.»
«Quanti anni ha, questa Christal?»
«Cinque, quasi sei. Li compie alla fine di questo mese.» E poi, come un fiume in piena, Will aggiunse: «Ha i capelli biondi, abbiamo dovuto tagliarglieli per operarla, ma ora le stanno crescendo a vista d'occhio! Ha gli occhi marrone scuro, come i tuoi, e ha un piccolo neo sotto la palpebra sinistra. È intelligente, è socievole. Le piace disegnare, e il suo colore preferito è l'azzurro, anche se a volte le piace molto il giallo. Il suo gruppo sanguigno è A positivo, le piacciono gli ippopotami e sa già leggere. Ha già letto tutto il primo libro di Harry Potter, e le piace Daniel Radcliffe perché è proprio come lei se lo è immaginata nel libro.»
«Be', devo dire che sai poco, di lei.» mormorò Nico, colpito.
Will arrossì. «Ho passato molto tempo in pediatria nell'ultimo periodo, te ne ho parlato... E lei viene spesso per la fisioterapia, e ha tanta voglia di parlare.»
«Un po' come te.»
«Sì, esatto. In questo senso, mi somiglia molto.»
Will tamburellò le dita sulla gamba del marito. «Se ti va, possiamo andare a trovarla, oggi...» disse, con tono innocente, lanciando un'occhiata alla sveglia. Quasi le due del mattino.
«So cosa vuoi fare.» ringhiò Nico, allontanandogli la mano con uno schiaffo. «Vuoi che io la veda, così mi affeziono a lei dopo nemmeno cinque minuti di chiacchiere, e che ti implori in ginocchio di adottarla.»
«Esatto, mi hai scoperto.»
Nico scosse la testa. «Non accadrà mai.» affermò. «Mai. E poi, sei proprio sicuro che la darebbero a noi?»
«Ho parlato con gli assistenti sociali.» mormorò Will, imbarazzato, pensando che fosse il caso di svuotare tutto il sacco. «Mi sono fatto dare dei documenti, e ho iniziato a studiarli quando ho del tempo libero.»
Nico si trattenne dal saltargli addosso e prenderlo a schiaffi. Anni prima, Nico aveva fatto una cosa simile. Aveva deciso di prendere un gatto ad insaputa di Will, ma un animale era diverso da un altro essere umano. Zen era più indipendente, rispetto ad un piccolo uomo.
«E poi, la sorella di una mia collega lavora al centro di adozione, e possiamo farci mettere una buona parola.»
«Will, ti sfugge un piccolo fatto.»
«Cioè che tu non sei pronto per diventare padre?»
«Okay, allora due piccoli fatti.» si corresse Nico. «Tu vuoi adottare una bambina. Vuoi darle una casa, l'amore, e altre cose simili. Ma tu passi venti ore al giorno in ospedale.»
«Venti mi sembra esagerato.» borbottò Will.
«Sì, giusto. Ho esagerato. Passi diciotto ore in ospedale. Ti ho tutto per me solo per la cena, e a volte quasi per tutta la notte. Quando mi sveglio al mattino e sei ancora steso al mio fianco, mi sento fortunato. Anche se di solito, in quel momento, squilla il tuo fottuto cerca persone e devi andartene.»
«Lo sapevi che...»
«Lo sapevo. Lo sapevo quando hai iniziato a studiare alla facoltà, lo sapevo quando hai fatto il tirocinio, quando ti sei laureato, quando hai fatto il giuramento di Ipo...»
«Ippocrate.» lo corresse Will.
«Sì, il giuramento di Ippocrate, quello moderno e quello nei confronti di tuo padre. Quando hai iniziato a lavorare lo sapevo, quando ti ho sposato lo sapevo, e lo so benissimo anche ora, Will. Lo so che i tuoi pazienti, i tuoi feriti, sono al primo posto, vengono prima di me. E questo lo accetto perché era il tuo sogno quando eravamo ragazzi. Ma non accetto che tu prenda la responsabilità di adottare un bambino per fargli avere una vita normale, per farlo amare da due bravi genitori, e che poi questo bambino cresca senza di te.»
«Posso cambiare i miei turni.» lo avvisò Will. «Posso modificarli. Posso fare in modo di rientrare a casa sempre alla stessa ora. Alle cinque, magari, tutti i giorni. Così posso stare con te e con lei.»
Nico sospirò. «Lo puoi fare veramente?»
«Sì, posso farlo.»
«Allora va bene. Possiamo adottare un figlio. Quella bambina. Ma prima voglio che tu abbia dei turni normali. Se poi succederà una disgrazia nel cuore della notte, potrai andare. A patto che tu non scompaia tre giorni in ospedale, come per il nostro anniversario, due mesi fa.»
Will annuì, imbarazzato. Il giorno del loro terzo anniversario, c'era stata una sparatoria in una scuola. Dei bambini erano stati feriti e portati nel suo ospedale. Will aveva passato le successive settantadue ore visitando pazienti, operando, confortando genitori spaventati e fuori di sé. Nico era comparso all'improvviso per portarlo via, e Will lo aveva riconosciuto a stento. Si era preso qualche giorno di pausa, dopo.
«Quindi... è un sì?» mormorò Will. «Possiamo adottare Christal?»
«Sì, d'accordo.» annuì Nico. «Possiamo farlo. Ma... ne sei sicuro?»
«Di cosa?»
«Di volerla adottare? Di volere proprio lei?»
«Sì, sono sicuro.» annuì Will, sorridendo. «Quando l'ho vista la prima volta, necessitava di molte cure mediche. E io le ho dato tutto quello che ho potuto, e anche qualcosa in più.»
Nico doveva immaginarsi che Will avesse usato un po' della sua magia guaritrice nei confronti della bambina.
«Per i suoi genitori non ho potuto fare niente, ma per lei sì. L'ho guarita, ho pianto con lei per i suoi genitori, le sono stato affianco negli ultimi mesi. Ha quasi sei anni, il mese prossimo comincerà la scuola elementare, ed è già autosufficiente. Non dovrai cambiarle il pannolino, o darle il biberon, o cose del genere.»
A questo, Nico non aveva pensato. Adottare la bambina di sei anni, ora, non gli dispiaceva più. Anzi, gli sembrava pure una buona idea. Infondo, guardando Will amorevole nei confronti di Emily, non aveva deciso di dargli l'opportunità di avere un figlio?
«Però...» mormorò Nico, aggrottando la fronte, mentre Will si avvicinava a lui e gli posava le mani sui fianchi, accarezzandolo. «Cioè... è una femmina.»
«Già.» disse Will, un po' confuso. «Come tua sorella Hazel. E tua nipote Emy. Per non parlare delle altre nipotine, Tessa, Amber e Chloe.»
«Non fare l'idiota. Lo so che è una femmina come le nostri nipoti o mia sorella. Il problema è... che noi non siamo femmine.»
«Immagino che se uno dei due fosse stato femmina, a questo punto non ci troveremo qui.» notò Will, infilandogli le mani sotto i pantaloni.
Nico gli tirò un pugno scherzoso sul braccio. «Piantala. Sono dell'idea che tu non ti saresti fatto problemi a provarci con me, se fossi stato una ragazza.»
«Ma se tu avresti avuto un altro tipo di preferenze, avrei riscontrato dei problemi.»
«Diamoci un taglio. Christal è una femmina. Ora è una bambina. Poi diventerà una ragazza. E le ragazze... be', hanno dei loro problemi, che noi maschi non possiamo capire...»
Will scoppiò a ridere. «Stai cercando di dirmi che non possiamo adottare Christal o altre bambine perché un giorno loro avranno il ciclo mestruale?»
Nico avvampò.
«In questo caso, nessun maschietto dovrebbe avere una sorella femmina, visto che alla fine si arriva allo stesso punto. E in effetti io non ho avuto sorelle da parte di mia madre.»
Nico borbottò.
«Quando arriveremo al momento del ciclo mestruale, caro marito mio, potremo chiedere aiuto a Janet. Le sue figlie hanno circa la stessa età di Christal. E possiamo sempre chiedere aiuto ad Hazel, ad Annabeth, a Piper... saranno più che felici di aiutare nostra figlia.»
Nico lo guardò. La piccola Christal, che ancora non aveva nemmeno conosciuto, era già diventata "nostra figlia".
Will gli portò le mani al volto, in attesa di risposta, e Nico non ebbe il coraggio di dirgli di no.
«D'accordo.» acconsentì il figlio di Ade, e Will si lasciò scappare un urletto di gioia. «Ma sappi che non le lasceremo avere degli amichetti fino ai ventuno anni compiuti.»
«Nico, non ti va di diventare nonno?»
«Per gli Dei, Will! Per il momento cerchiamo di essere dei bravi genitori. Per fare i nonni avremo tempo...»

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Capitolo 27
*** 27. La piccola Christal ***


La prima volta in cui Nico incontrò Christal, pensò che fosse una bambina esattamente come tutte le altre. Si chiese cosa avesse visto Will di speciale in lei. Guardando quei grandi occhi neri, e quella splendida chioma color grano, Nico non si sentì travolgere da alcun sentimento diverso.
Dopo le prime settimane passate dalla proposta notturna di Will, Nico aveva creduto che, incontrando la bambina, anche lui sarebbe stato vittima dello stesso vortice di emozioni che aveva rapito Will. Si era aspettato di sentire il cuore traboccante di amore, pronto ad esplodere, mentre il cervello gli strillava: Sì, quella è mia figlia!
Forse stava commettendo uno sbaglio. Forse stavano commettendo uno sbaglio. La loro relazione andava benissimo, era quasi tutta rosa e fiori, i litigi erano al minimo e il sesso era grandioso. Perché mettere a rischio tutto questo con un bambino?
Ma Nico dovette considerare il marito. Da quando avevano firmato insieme le carte di adozione, Will era diventato ancora più raggiante del solito. Sorrideva ancora più spesso, e Nico si preoccupò che il marito potesse avere una paralisi facciale. Will passava molto più tempo a casa, aveva degli orari in ospedale piuttosto normali, e stava anche cercando di imparare a cucinare. Nico associò la gioia di Will ad una sottospecie di gravidanza. Non poteva rovinare la felicità dell'altro solo perché non si sentiva adeguato al ruolo del padre.

Prima che il tribunale dei minori desse loro la piccola Christal in affidamento, Will e Nico trasformarono completamente la camera degli ospiti.
Dipinsero le pareti di giallo canarino e celeste, spostarono la libreria vicino al televisore, Will riempì la cabina armadio di vestitini nuovi, tutti colorati. Nico appese alle pareti qualche vecchio dipinto trovato a casa Solace, di cui Cindy stava cercando disperatamente una nuova sistemazione. Erano quadri dipinti da Gideon e Danny.
Inoltre, per la visita degli assistenti sociali, Nico e Will ripulirono la casa da cima a fondo. Nico lustrò i fornelli, pulì il forno, il freezer e il frigo, lavò ogni centimetro della cucina, e anche sotto il divano, trovando schifezze di vario genere, tra cui anche l'incarto di un Mars, e l'unico che mangiava Mars su quel divano era Alec.
Dal canto suo, Will pulì il bagno, il resto del soggiorno, tolse la polvere dai libri e dai dvd, tolse le ragnatele dai lampadari, lavò le finestre. Per non sporcare la cucina, ordinarono cibo cinese. Durante l'attesa lavarono il gatto, provocandosi un'infinità di graffi e morsi, che Will curò ad entrambi, perché non voleva che gli assistenti pensassero che si gettassero in risse da strada.
Mentre aspettavano gli assistenti sociali, previsti per la seconda settimana di settembre, Nico e Will mangiarono cibo d'asporto per due giorni, guardando episodi di serie tv una dopo l'altra.
Finalmente, interrompendo il decimo episodio della quinta stagione di Grey's Anatomy, suonarono al citofono e Will corse a rispondere. Fece cenno affermativo a Nico, che spense il televisore, si diede una ravvivata ai capelli e minacciò Zen, dicendogli di comportarsi bene.
Il gatto gli soffiò contro e Nico capì che, quella notte, gli avrebbe dormito tra i capelli.
Quando arrivarono gli assistenti sociali, Nico si scoprì molto nervoso, e lasciò che Will rispondesse a tutte le loro domande. Nico notò che dalle proprie mani fuoriuscivano continue ombre nere, e rimediò restando dietro al marito a braccia conserte.
«Signor di Angelo, una domanda.» disse uno dei due, e Nico riuscì a strozzarsi con la saliva ma nascose il tutto con un lieve colpo di tosse.
«Certo, dica pure.» mormorò Nico, nervoso, mentre Will gli sorrideva incoraggiante.
L'assistente sociale abbassò gli occhi sui documenti, e Nico si domandò se avesse indagato su di lui. Avevano forse scoperto la sua vera data di nascita? La sua parentela con Ade? O che alcuni giorni prima era stato visto correre per il parco scalzo, dopo aver rincorso un mostro per tre isolati?
«So per certo che lei è un cliente fisso al poligono di tiro, ormai da quattro anni.» disse l'uomo, e il sorriso di Will si congelò sulle sue labbra perfette. «Ha anche il porto d'armi?»
Nico annuì, senza il coraggio di guardare il marito negli occhi. «Sì, ma non possiedo pistole.»
«Sì, ho letto che il suo porto d'armi è per una... spada.» L'avvocato gli lanciò un'occhiata strana.
«Un ricordo di famiglia.» mentì Nico spudoratamente, e Will iniziò ad annuire lentamente, fingendo di esserne al corrente. «Un antico cimelio di famiglia. Ogni tanto mi piace portarlo con me e, ehm, ho tutte le carte in regola.»
«Per viaggiare con una spada.» precisò l'altro assistente, con la fronte aggrottata.
«Sì, ma... ehm, la tengo in un posto sicuro. Nessuno può avvicinarsi senza che io lo sappia.»
I due avvocati annuirono senza lanciarsi occhiate, e Nico sperò che fosse un segno positivo. Lui stava sudando, e sentiva odore di guai provenire da Will.
I due continuarono con le domande imbarazzanti ancora per qualche minuto - Da quanto tempo siete sposati? Da quanto vi conoscete? Perché questo desiderio di diventare genitori? - poi si congedarono. Nico strinse la mano ad entrambi - i due assistenti sociali ebbero il tatto di non asciugarsi le mani sui pantaloni - e quando lasciarono l'appartamento, scomparendo nell'ascensore, Nico rimase in attesa dello scoppio di rabbia del figlio di Apollo.
Will, calmo, si avvicinò al frigorifero, estrasse la bottiglia di succo d'arancia, e cominciò a servirsi da bere. I suoi occhi si posarono freddi su Nico, che prima iniziò a giocherellare con la fede, poi con l'altro anello a forma di teschio.
«Un poligono di tiro.» disse infine Will, riposando la bottiglia in frigo e pulendosi le labbra con la manica della camicia. «Un poligono di tiro.»
«Già.» annuì Nico, imbarazzato.
«È sognare ad occhi aperti sperare che sia un poligono di tiro con l'arco, eh?»
«Giusto un pochino.»
Will chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. «Sai, mi sono preoccupato per nulla. Credevo che da un momento all'altro avrebbero tirato fuori dai loro documenti una domanda del genere: perché, il mese scorso, ha rifiutato di dare un rene a Tizio Caio, dottor Solace?»
«Tizio Caio?» ripeté Nico, confuso.
«È un modo di dire. »
«E perché non gli hai dato un rene?» domandò in fretta il figlio di Ade, sperando di riuscire a distrarlo.
«Perché avevo già iniziato a curare il mio paziente con la magia, e sapevo che un rene dato a lui sarebbe stato sprecato. Il suo ha ripreso magicamente a funzionare. Comunque, non funziona. Potrebbe funzionare se ti togliessi i vestiti, ma sono troppo arrabbiato, ora. Perché diavolo frequenti un poligono di tiro?! Sai che odio le armi da fuoco!»
Nico sospirò, abbracciandosi i gomiti. «Tuo fratello Gideon.» borbottò infine. «Per i miei ventuno anni mi ha regalato un abbonamento di tre mesi, e mi ha accompagnato. Poi l'ho trovato un'esperienza decisamente interessante, e...»
«E tu e Gideon, un padre di famiglia di tutto rispetto, ora siete i due boss mafiosi di qualche gang!»
«No! Passiamo solo un po' di tempo insieme sparando a bersagli mobili, mica usciamo di notte per andare ad uccidere capi mafiosi!»
«Vorrei ben sperare.» Will si massaggiò gli occhi. «Gideon ha sei figli, e alcuni sono già in grado di raggiungere una pistola, ovunque questa sia.»
«Be', in verità...» mormorò Nico, mordicchiandosi il labbro, e arrossendo. «Teresa è già in grado di sparare, con una pistola. Un paio di volte Gideon se l'è portata dietro...»
Will iniziò a ridere in modo convulso. «Mi stai dicendo che la mia adorabile nipotina dai capelli rossi, da tre anni al primo posto come miglior ballerina del suo corso, è capace di usare un'arma da fuoco?»
«E anche piuttosto bene.» annuì Nico, sapendo che con ogni parola si stava scavando la fossa da solo. «È riuscita a sparare ad un piccolo bersaglio che né io né Gideon siamo riusciti a prendere...»
Will lo guardò in silenzio, molto intensamente. Poi gli puntò un dito contro. «Guai a te se vi porterai Christal!» gli gridò.
Nico sollevò le mani. «Non ne ho alcuna intenzione!» rispose, poi aggiunse: «E poi, dovresti essere felice che io abbia trovato un passatempo diverso dal guardare serie tv o anime giapponesi!»
«Sai, preferirei che tu usassi la tua carta di credito gold per svaligiare un negozio di dvd o di fumetti, piuttosto che sperperarli per un abbonamento al poligono di tiro... Tra quanto finirà, comunque?» aggiunse, aggressivo.
«Sei mesi.» rispose Nico, mite.
«Perfetto. Mi darai il tuo abbonamento tra sei mesi. Mi divertirò moltissimo a tagliarlo in due. E dirò a Janet di fare altrettanto.»
Nico annuì, tornando sul divano, decidendo di tenere per sé che anche Janet si era presentata al poligono una manciata di volte.

 

Quando arrivò la convocazione in tribunale, Will era steso sul divano, nudo, con solo una ciotola di popcorn posta tra le gambe, e Nico stava studiando al tavolo per un esame. Suonarono alla porta.
«Vai tu.» disse Nico, senza alzare lo sguardo dal tavolo della cucina, e voltando pigro una pagina.
«Ma stiamo per scoprire chi è il colpevole!» esclamò Will, tetro.
«Patrick Jane lo sa già, e se tu fossi furbo quanto lui lo avresti già capito.» sbuffò Nico, e Will si alzò dal divano, passandogli davanti. Nico osservò l'arco di Apollo tatuato sulla chiappa del marito, e fu sul punto di fermarlo.
Will spalancò la porta.
«Mmh, il signor di Angelo?» domandò il postino.
«No, sono il dottor Solace.» rispose Will, sbadigliando.
«Ah, sì, d'accordo.» annuì l'uomo, porgendogli una busta e guardando con estremo interesse il soffitto. «Lei e il signor di Angelo siete attesi domani alle due in tribunale per un caso di adozione minorile.»
Will si illuminò e prese la busta. Nico afferrò la sua agenda e tirò un sospiro di sollievo. La maratona di Game of thrones sarebbe iniziata alle sei.
«La ringrazio.» sorrise Will, e l'uomo si allontanò. Will chiuse la porta, cominciò a scartare la busta e si bloccò. «Sono nudo, vero?» domandò.
«Sì, ma sei una visione celestiale.» rispose Nico, malizioso.
«Oh, ti ringrazio.» Il sorriso di Will si fece più ampio. «Allora? Hai da vedere qualche serie tv, domani alle due?»
«Per fortuna, no. Game of thrones inizia alle sei.»
Will sospirò. «Guardi pure Game of thrones
«Sì, è interessante.»
«Interessante non è lo stesso termine che avrei utilizzato io per definirlo. Lo guardi solo per le scene di sesso, vero?»
«Will, lo critichi tanto, ma so che piace anche a te.»
«D'accordo, lo ammetto. Ma solo perché c'è una delle mie cotte adolescenziali, Nikolaj Coster-Waldau.»
Nico sbuffò. «Come fai a ricordarti un nome del genere?»
Will non rispose, e tornò sul divano, lasciandosi sfuggire un gemito. «No! The mentalist è finito! Ora cosa faccio?»
«Un'idea ce l'avrei.» disse Nico, voltandosi verso di lui, ammiccando.
Will sorrise, e alzò le sopracciglia. «E cosa, esattamente?»
«Puoi preparare la cena.» rispose Nico, tornando allo studio. «Sono quasi le sei e mezza, e inizio ad avere fame.»
Will sospirò, combattuto.

 

Il pomeriggio seguente si presentarono in tribunale, perfettamente agghindati, scortati da Jem e Caroline. Lei era un avvocato, e intendeva assistere. Will e Jem avevano ormai fatto pace per quanto era successo nei confronti di Alec. E dai messaggi che Alec inviava a Nico, sembrava felice ovunque si trovasse.
Mentre il giudice blaterava, e gli avvocati minorili blateravano anch'essi, Nico si guardò attorno nell'aula e la vide. La bambina di sei anni che stava - forse - per diventare sua figlia. Il cuore accelerò al solo pensiero di dover badare ad un'altra persona, oltre Will, e si chiese se le avrebbe mai causato un'intossicazione alimentare. Il primo piatto che aveva cucinato Nico in assoluto, quei famosi pancake tutti bruciati, avevano creato dolori di stomaco a tutti coloro che li avevano mangiati, e grasse risate ad Alec, l'unico che si era rifiutato di mangiarli.
Ma dopo dieci anni da quel primo piatto, le capacità culinarie di Nico erano migliorate, e Will non si era più lamentato.
Come se sentisse il suo sguardo, la bambina si voltò verso di lui. Per qualche secondo si studiarono, poi Christal spostò lo sguardo su Will, emozionato nel vederla. Nico dovette ammettere che lo sguardo della bambina gli ricordò molto quello di Annabeth Chase. Forse anche la piccola Christal era una figlia di Atena.
Will strinse brevemente la mano di Nico, sorridendo, e il marito tornò a rivolgere lo sguardo sul giudice. Nico tornò con la mente al loro matrimonio: la spiaggia, le onde che si infrangevano sugli scogli, i delfini chiamati da Percy che facevano capolino dall'acqua per curiosare. Solo in quel momento aveva udito lo stesso silenzio appena calato in quell'aula, un silenzio carico di tensione che avrebbe cambiato per sempre la sua vita.
Nico non udì le parole che il giudice pronunciò per dire che Christal Price era, a tutti gli effetti, figlia sua e di Will, ma gli bastò leggere gli occhi del marito per capire.

 

Quando uscirono dall'aula, Will aveva le lacrime agli occhi e si puliva le guance con un fazzoletto. Corse contro alla bambina e i due si abbracciarono forte.
«Sono diventato di nuovo zio.» fischiò piano Jem, sorridendo, ammirando la scena. «Ma almeno questa volta il fratello è diverso.»
Nico gli diede una spallata. «Se Thomas continua di questo passo, io mi preoccuperei per lui.» mormorò. Jem era appena diventato zio, e lui era appena diventato padre.
«Io sono più in pensiero per Danny...»
Nico scosse la testa, divertito, e i suoi pensieri volarono ad Alec. Chissà come se la stava passando, Alec.
Will si avvicinò a loro stringendo la bambina, e Nico incrociò di nuovo lo sguardo di Christal. Ora che erano più vicini, Nico si accorse delle piccole cicatrici che le segnavano il volto. Di sicuro erano dovute all'incidente in cui erano morti i suoi genitori.
«Christal, questo è l'altro tuo papà, Nico.» disse Will. Aveva ancora gli occhi rossi, ma il sorriso era splendente. «Nico, lei è Christal. Finalmente puoi conoscerla.»
Nico continuò a studiare la bambina con attenzione, e la piccola fece lo stesso. Quando Jem gli diede una gomitata tra le costole, Nico si ricordò di sorridere.
«È bello conoscerti, finalmente.» le disse Nico, dandole un goffo bacio sulla fronte. Non provava niente per lei. Lanciò un'occhiata a Will, che sembrava già immerso in quella nuova avventura.

 

Ciao a tutti!
Ho inventato tutto il procedimento dell'adozione, forse c'è solo qualche barlume di verità!
La storia doveva essere raccontata in questo modo.
Un bacione a tutti

 

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Capitolo 28
*** 28. Nico e Christal ***


Dopo quindici giorni dall'adozione, Nico capì che lui e la bambina non sarebbero mai andati d'accordo. Insieme non parlavano mai, e Will faceva spesso da intermediario. Il dottor Solace non sembrava essersi reso conto della tensione che si era creata tra le due persone che amava di più al mondo.
Ad alimentare la tensione tra Christal e Nico si era creato uno spiacevole contrattempo. Ogni sera, quando Nico e Will si accoccolavano a letto con intenzioni tutt'altro che pudiche, Christal irrompeva nella stanza dicendo di non riuscire a dormire. Si avvinghiava a Will, e Nico si ritrovava dall'altra parte del letto a fissare torvo quelle due testoline bionde che, ridacchiando, si assopivano insieme.
La frustrazione salì alle stelle. Nico aveva continui rimorsi sull'essere diventato genitore. Si scoprì a pensare di non volere la bambina. E, secondo lui, a Christal non importava molto. Christal adorava solo ed esclusivamente Will. I due si illuminavano quando si vedevano nel pomeriggio, rientrati da scuola o dal lavoro. Si abbracciavano e guardavano la tv insieme, dimenticando Nico impegnato nello studio, o impegnato a fissarli torvo dalla poltrona.
Nico e Christal avevano mille occasione per passare del tempo insieme e solidificare il loro rapporto, ma in quei momenti non si rivolgevano mai la parola: al mattino presto, quando Nico l'accompagnava a scuola, o nel pomeriggio quando andava a riprenderla. Oppure quando andavano insieme a fare la spesa, o quando restavano attorno allo stesso tavolo per due intenti a studiare.
Ma ormai non 'cera più niente che Nico potesse fare. Christal era sua figlia. Non poteva riportarla all'orfanotrofio e restituirla, dire: Salve, vorrei vederne degli altri, magari qualcuno più taciturno o pallido di carnagione. Ormai era un genitore, un padre, e la bambina gli mostrava chiaramente tutti i giorni che non era lui quello preferito.
Proprio come Nico aveva pensato, lui si ritrovava a vestire i panni del genitore cattivo, mentre Will era quello angelico.

Era un venerdì pomeriggio di fine ottobre, quando Nico e Christal si ritrovarono allo stesso tavolo per fare i compiti. O meglio, Christal stava studiando le tabelline, e Nico ripassava le lezioni di quel mattino. Era una sfortuna, per lui, che le sue ore di lezione coprissero solo la mattina, e non più il tardo pomeriggio. Era costretto a passare tutto il pomeriggio in compagnia della figlia che lo considerava peggio di una tata.
«Cosa c'è dopo il sette?» domandò Christal, alzando appena lo sguardo su di lui.
«L'otto.» rispose Nico. Fu tentato di dirle un numero sbagliato, ma cambiò idea. Will lo avrebbe strapazzato.
Christal tornò a riempire il quaderno di numeri, e Nico lanciò un'occhiata alla pagina. Stava studiando la tabellina dell'uno. Fantastico. Ricordò quel pomeriggio di tanti, tantissimi anni prima, quando Will lo aveva costretto a studiare con lui le materie basi per iscriversi al liceo.
«Vuoi mangiare qualcosa?» domandò Nico, alzandosi in piedi, e recuperando un pacchetto di biscotti dal mobile.
«Voglio solo una spremuta.»
Nico annuì. Christal aveva la cattiva abitudine di chiedere le stesse cose che mangiava Will. Gliene versò un po' in un bicchiere e glielo posò davanti. Quando Nico tornò a sedersi e a fissare le pagine del suo librone, mangiucchiando biscotti e lasciando cadere briciole dappertutto, Christal chiuse il libro di scatto e lo fissò con quegli occhi scuri che racchiudevano all'interno una grande intelligenza. Doveva essere proprio figlia di Atena.
«Mettiamo in chiaro una cosa, papà Nico.» disse Christal, e Nico la fissò sorpreso, a bocca aperta, più che altro per il tono, e non per essere chiamato "papà Nico". La bambina li chiamava in quel modo per distinguerli. «Tu non mi piaci.»
Nico sbatté le palpebre e rinunciò al quarto biscotto per schiarirsi la gola. «Io non ti piaccio?» ripeté.
«No.» disse lei, con tono più basso, gli occhi che sembravano intenzionati a fulminarlo. «Tu non mi piaci.»
«Wow.» disse Nico, appoggiandosi allo schienale della sedia e osservandola divertito. «È la terza dichiarazione diretta che mi abbiano mai fatto in tutta la mia vita.»
Christal lo fissò, non capendo se lui la stesse prendendo in giro. «Non mi piaci.» ripeté.
«Be', non devo piacerti per forza. Sono tuo... padre da due settimane, avremo tempo per...»
«No! Io non voglio conoscerti meglio, papà Nico.»
«Ah, no?» ribatté Nico, senza parole.
«No. Io voglio bene a papà Will, e voglio chiarire una cosa con te. Lascialo.»
Nico si mise a ridere. «Lascialo? Dovrei lasciare Will per cosa, esattamente Perché tu non vuoi bene a me ma vuoi bene a lui?»
Christal bevve un sorso di spremuta. «Conosco Will da quasi sei mesi.»
«Be', io ti batto. Lo conosco da dodici anni.»
«Con te non è felice. Con me sì.»
Nico si mordicchiò il labbro. «Con me è felice. E con te è un riflesso della felicità avuta da me.»
«Non è vero.»
«Sì, invece.»
Christal appoggiò i gomiti sul tavolo. «Te lo spiegherò in modo da farti capire meglio.»
Nico ebbe voglia di registrare la conversazione.
«Devi lasciare Will.» ripeté Christal, con lo stesso tono utilizzato dagli adulti per parlare con un bambino molto stupido. «Lui è mio.»
«Lui è mio, non è tuo.»
«No, lui è mio.»
Nico quasi non riuscì a credere di avere una conversazione del genere con una bambina di sei anni.
«Lui è mio, e quando sarò abbastanza grande lo sposerò.» aggiunse Christal, compiaciuta.
«Quando tu sarai abbastanza grande da sposarlo, lui sarà vecchio.» le fece notare Nico.
«No, non lo sarà.»
«Be', come vuoi. Ma Will è sposato con me, ora, e lo sarà per sempre.»
«Devi separarti da lui. E subito.»
«Altrimenti?»
Christal sorrise leggermente. «Lo vedrai.»
Nico si ritrovò di fronte ad un bivio: alzarsi in piedi e urlare a quel piccolo demonio «Fila in camera tua!» o ridere e scuotere la testa, e continuare a studiare. Scelse la seconda opzione, sebbene la terza, ovvero quella di imbavagliare la bambina fino all'arrivo di Will, fosse la più interessante.
«Non ridere!» esclamò la bambina, infastidita dal sorriso di Nico. «Un giorno sposerò Will, e per allora tu dovrai andartene!»
«Mi dispiace, ma mi allontanerò dal fianco di Will solo perché sarò morto, e non perché me lo hai chiesto tu.»
«Se le cose stanno così, bene.»
Nico si chiese cosa intendesse la ragazzina con quel «Bene» detto in modo così freddo e distaccato, tanto da spaventarlo. Fu sul punto di chiamare suo padre e chiedergli una mano, ma Zen, con le sue fusa e il sibilo indirizzato alla bambina, gli balzò sul grembo.
«Posso chiederti perché non ti piaccio?» domandò Nico, affondando le dita tra il pelo morbido del gatto, che aumentò le fusa, gli occhietti verdi puntati su Christal. Nemmeno a lui piaceva tanto la bambina, e Nico fu contento di avere un alleato.
«Perché vuoi Will sempre tutto per te.» rispose Christal, tornando ai compiti.
«E ne sei gelosa? D'accordo, lo ammetto, è un bravissimo padre, e con te immagino stia facendo un buon lavoro. Ma lui è solo tuo padre, ed è mio marito, e anche a me piacerebbe...»
«Quando ero in ospedale, l'ho visto baciarsi con un altro.» disse Christal, con un tono così splendente e tranquillo che a Nico, per un momento, sembrò parlasse del tempo. «Li ho visti avvinghiati in una stanza dei dottori. Pensavano che nessuno li avesse visti.»
Nico si sentì avvampare. Rabbia o dolore? Sapeva che non doveva crederci. La bambina era arrabbiata con lui, forse addirittura lo odiava, perché attirava su di sé le attenzioni di Will. E poi... glielo aveva chiesto, due mesi prima. Gli aveva chiesto se lo tradiva e Will aveva risposto di no, lo aveva guardato negli occhi dicendogli di no, prima di parlare di adozioni e di fargli entrare in casa quella bambina demoniaca.
Ma... con tutte le serie tv che seguiva, e soprattutto Grey's Anatomy, non gli aveva aperto gli occhi sui tradimenti? E i dottori non tradivano continuamente i loro partner con altri? Addirittura una di loro era scappata dal suo matrimonio per sposarsi con un altro...
«Non è vero.» sbottò Nico, sforzandosi di sorridere. «Lo dici solo perché speri che me ne vada e lo lasci da solo con te.»
«No, lo dico per il tuo bene.» sorrise la bambina, un orribile ghigno sornione. «Il tipo con cui l'ho visto baciarsi è alto, muscoloso, con i capelli rossi e gli occhi neri, con delle lentiggini sulle guance, la pelle bianca come la tua, e una voglia a forma di macchia sulla mano.»
Nico si accorse di conoscerlo. Quella descrizione corrispondeva al profilo di Robert Green, un ex collega di Will, che aveva preferito la strada della dermatologia dopo essere stato bocciato al primo esame di specializzazione. Nico lo ricordava bene perché Will aveva organizzato una serata al bar con i colleghi, una serata post-esame, e Nico era stato costretto dal fidanzato a partecipare. E Robert aveva passato tutta la serata a provarci con lui, mentre Will giocava a freccette o a biliardo e dava spanciate ai suoi colleghi ululando di gioia. Nico era stato tentato più volte di svuotare il suo cuba libre sulla faccia tonda di Robert, ma si era trattenuto. Quando Will lo aveva affiancato per ordinare un altro bicchiere, Nico lo aveva tirato a sé per la cravatta e lo aveva baciato a lungo, sotto gli applausi e i fischi dei colleghi di Will. Robert si era allontanato senza aggiungere una parola, e Will si era dato un gran da fare nel salutare i suoi amici e tornare subito a casa con lui.
Nico focalizzò a fatica il volto di Christal, che lo studiava attenta. Non era possibile che fosse vero. Non intendeva crederci. Ma...infondo, due mesi prima, non aveva avuto il sospetto che Will lo stesse tradendo? Non era per quello che aveva dato inizio a quella conversazione imbarazzante?
Bussarono alla porta, e Christal corse ad aprire. Nico sperò che fosse Will solo per potergli chiedere la verità.
«Zio James!» salutò Christal, illuminandosi, e abbracciando Jem non appena questi varcò la soglia di casa. «Che bello vederti!»
Nico allontanò via dalla mente il pensiero che Christal adorava chiunque non fosse lui.
«È bello vedere anche te!» esclamò Jem, dandole un bacio sulla tempia e lanciando un'occhiata a Nico. «Ancora nel club dello studio? Torno più tardi?»
«No, resta pure.» disse Nico, un sorriso tirato che gli dolse le guance.
«Okay. Caroline, entra.»
La fidanzata di Jem entrò in casa e si chiuse la porta. Nico la studiò per un secondo. Era una versione al femminile di Will, con più seno e i capelli più pallidi e lunghi. Gli occhi li aveva verdi come Jem e tutti i Solace, fatta eccezione per uno.
«Ciao, Nico.» lo salutò Caroline, avvicinandosi a lui e dandogli un bacio sulla guancia, molto vicino alle labbra. Caroline aveva sei anni più di lui, la stessa età di Jem, ed ogni volta che si incontravano diceva molto spesso che lui e Will erano uno spreco per la popolazione femminile.
«Ciao, Caroline. Posso offrirvi un caffè?»
Nico iniziò a preparare il caffè con le mani tremanti, rischiando di far cadere la caffetteria, e Jem corse in suo aiuto mentre Caroline si dirigeva in bagno.
«Tutto bene?» gli domandò Jem a bassa voce.
«Sì, sto bene.» annuì Nico, i pensieri rivolti a Robert. «Stavo pensando ad un paragrafo del mio testo di sociologia.»
«Sociologia.» ripeté Jem, senza fare commenti.
Nico ascoltò Jem chiacchierare del suo lavoro, senza prestarci molta attenzione. Lui e Caroline si trattennero per mezzora, poi li salutarono. Nico li udì salutare Will, che doveva essere già arrivato, e quando lo vide entrare e abbracciare la figlia Nico si sentì stringere le budella.
«Ehi, amore!» salutò Will, avvicinandosi a lui e dandogli un bacio, sfregandogli via il rossetto dalla guancia. «Sembri un po' pallido. Ti senti bene?»
«Sì.» mentì Nico.
Will gli sfiorò la fronte, ma Nico si sottrasse al tocco e tornò a studiare. Will lo studiò per un momento, riflettendo, chiedendosi se avesse fatto qualcosa di male.
«Come sta andando lo studio?» domandò, lanciando un'occhiata al librone aperto di Nico.
«Mmh.» si limitò a rispondere lui, voltando la pagina.
«Va bene!» annuì Christal, sorridendogli raggiante. «Ho imparato tutta la tabellina dell'uno!»
«Wow!» esclamò Will, scompigliandole i capelli. «Quindi hai finito di studiare?»
«Devo solo colorare i numeri sulla scheda.»
«Allora sbrigati, così dopo guardiamo i cartoni.» Will spostò lo sguardo su Nico, ingobbito, chino sul libro. Gli diede una carezza sulle spalle e gli baciò la fronte.
«Ordiniamo la pizza questa sera?» domandò, appoggiando il mento sulla testa di Nico. «E invitiamo anche Jem e Caroline?»
«Come vuoi.» sbuffò Nico.
«Sei il padrone di casa tanto quanto me.»
«Fai come vuoi.»
Il tono acido di Nico non gli piacque, ma visto che Christal li stava osservando da sopra il quaderno e le matite colorate, Will decise di non indagare. Si limitò a scompigliare i capelli di Nico e dirigersi in bagno fischiettando.
Nico si voltò a guardarlo. Will si comportava come al solito. Se negli ultimi mesi lo tradiva, non avrebbe dovuto accorgersene?
Tornò a concentrarsi sul libro, ma le parole si confondevano davanti ai suoi occhi. Li stropicciò, e quando Will lo chiamò dal bagno si lasciò andare ad un sospiro di sollievo. E anche per quel giorno, il suo dovere sui libri era finito.
Christal gli tenne gli occhi incollati addosso per tutto il tragitto che lo separava dal bagno, e Nico fu tentato di voltarsi e farle la linguaccia.
«Cosa succede?» domandò Nico, aprendo la porta del bagno, e scoprendo Will davanti al lavandino, intento a lavarsi le mani, ancora vestito.
«Ho trovato una cosa, qui, nel cestino.» disse Will, prendendo qualcosa di bianco e blu dal lavandino. «C'è qualcosa che desideri dirmi, Nico?»
«Ah, sono io a dover dire qualcosa a te?» sbottò Nico, tenendo gli occhi sul volto di Will, che sorrideva divertito.
«Che intendi dire?» gli domandò, perplesso.
Nico spostò lo sguardo dagli occhi azzurri fino al test di gravidanza tra le mani di Will.
«Non è mio.» disse Nico, prima che Will potesse chiedergli spiegazioni. «Te lo giuro.»
«Sei sicuro?» chiese Will, ridendo, tendendoglielo. «Insomma, di solito succede così. Prima adotti un figlio, e poi scopri di aspettarne uno.»
«Non ho mai comprato uno di questi così...» borbottò Nico, rigirandosi il test tra le mani. «E non so di chi possa essere. Perché è tutto...? Oh!»
Nico lo lasciò cadere per terra e si lavò in fretta le mani disgustato. Will lo raccolse e lo gettò di nuovo nel cestino, dove entrambi avevano la tendenza a gettare i rasoi usati.
«Calmo, Nico, è solo un po' di orina.» disse Will, sorridendo.
«Be', per te è solo un po' di orina. Tu e le tue mani siete abituati a tante cose schifose.»
«Sì, posso darti assolutamente ragione. Non ti dico cosa ho operato oggi perché non mi crederesti... cioè, mi crederesti ma poi ti ritroveresti con la testa nel water e non voglio vederti vomitare.»
«Prima Caroline è andata in bagno.» disse Nico, insaponandosi le mani fino a farle diventare completamente bianche di sapone. «Deve essere senz'altro suo.»
«Ah, che bel modo di scoprire che diventerò di nuovo zio.» rise Will, scuotendo i capelli.
«È positivo?»
«Già. Dovrò offrirle un consulto gratuito.»
«Come ai vecchi tempi, eh?»
Will arrossì. Quando era al Campo Mezzosangue, aveva fatto nascere due bambini. Poi, durante tutti quegli anni in ospedale, ne aveva fatti nascere almeno due dozzine. Per non parlare della figlioletta di Hazel, Emy. Con Frank svenuto su una poltrona e Nico che le faceva aria con un vecchio giornale, sforzandosi di non voltarsi, Hazel si era trovata più sicura nel lasciare a Will le redini del dottore.
«Già, le vecchie abitudini non muoiono mai.» sospirò Will, passando una mano sulla pancia piatta di Nico. «Peccato, mi sarebbe piaciuto sapere dell'esistenza di un bimbo qui dentro.»
«Scordatelo. Non ci sarà mai un bimbo qui dentro.»
Will gli passò le braccia attorno al petto e gli diede un bacio sul collo. Nico osservò l'immagine riflessa di Will dallo specchio.
«Con chi vai a letto nelle ultime settimane?» chiese infine Nico, decidendo di andare subito al punto.
«Con nessuno.» rispose Will, accigliato. «Ogni volta che provo ad entrare in intimità con mio marito, mia figlia irrompe nella stanza e interrompo tutto sul nascere. Dovremo rimediare, a proposito. Potremo spedire Christal da Jem e Caroline, stasera, e fingere di avere qualche impegno importante. Anche se capiranno tutti.»
«Sul serio, Will, non sto scherzando.»
«Ah, d'accordo. Mi hai beccato. Negli ultimi dieci giorni mi masturbo sempre sotto la doccia. È imbarazzante, non ho più quindici anni, e non mi piace averlo condiviso con te.»
«E pensi a Robert Green?»
«No, penso sempre a mio marito, e qualche volta a Nikolaj, ma questo lo sai già.» Will lo obbligò a voltarsi verso di lui. «Chi diavolo è Robert Green?»
Nico lo studiò. «È un tuo collega, no?»
Will si premette le meningi. «Ah, Bob.» annuì. «Il dermatologo. Quello che ha fatto l'esame con me, ma ha deciso di passare a cose più facili. No, non penso a Robert Green, e vorrei sapere chi diavolo ti abbia messo in testa cose del genere.»
Nico studiò il marito con attenzione, e si sentì sollevare. Will era incapace di mentire. E, le poche volte in cui lo faceva, Nico lo beccava sempre.
«Christal.» disse infine, decidendo all'istante di far ricadere tutta la colpa sulla figlia. «Me lo ha detto Christal.»
«E cosa ti avrebbe detto con esattezza?»
«Che ti ha visto baciare Green, eravate in atteggiamenti intimi.»
«Be', ti giuro che non l'ho mai fatto.» disse Will. «Te lo giuro sullo Stige. E se le mie labbra avessero toccato quelle di Green me le ricorderei, perché le avrei disinfettate con la candeggina. E poi, Bob si è sposato con un'infermeria, ha i capelli biondi, potrebbe averla scambiata per me.»
Nico lo studiò. «È davvero sposato? Con una ragazza?»
«Sì.»
«Una volta, al bar, ci ha provato con me.»
Will rise. «So che Bob ci ha provato con ogni essere umano che respiri. Ma sono sicuro che ci ha provato con te perché sei incredibilmente bello. E stupido. Guardi troppo Grey's Anatomy, Nico. Io non ti tradisco. E se non vuoi che dia fuoco alla tua collezione di dvd...»
«Sì, scusa, scusa...» annuì Nico, posandogli le mani sul petto. «Ti chiedo scusa. Non avrei dovuto crederci.»
Will lo baciò teneramente, stringendolo a sé, e Nico gli mordicchiò l'orecchio, dandosi dell'idiota per aver creduto alla bambina. Lei stessa gli aveva detto che voleva che si lasciassero. E che intendeva fare di tutto per farlo accadere.
La porta del bagno si spalancò e Will si ritrasse dal marito con un sussulto per voltarsi.
«Papà Will, ho finito di colorare.» disse Christal, spostando gli occhi su Nico, che faceva capolino da dietro la spalla di Will.
«Ah, arrivo.» disse Will, arrossendo. Per fortuna avevano ancora i pantaloni indosso, e la figlia non sembrava scandalizzata per averli scoperti avvinghiati contro il lavandino.
Nico strinse più forte Will, gli occhi puntati sulla bambina. Lo strinse fino a quando Will non borbottò che gli stava facendo male, e sperò che la figlia capisse il messaggio. Lui è mio.
Quando Will uscì dal bagno sistemandosi la camicia, Nico rimase ad osservare la figlia, che gli dedicò un'occhiata di ghiaccio. Nico comprese che la battaglia per tenersi Will era appena cominciata.

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Capitolo 29
*** 29. La figlia di Venere ***


«Non capisco molto di queste cose, ma credo che papà Nico ti tradisca.»
«Ah, sì?» disse Will, esausto, cambiando canale, gli occhi puntati sul televisore. Non aveva visto un cartone decente negli ultimi minuti. Solo Peppa pig e qualcos'altro di orribile.
«Sì.» annuì Christal con energia. «Nell'ultima settimana non mi è venuto a prendere a scuola, ha lasciato che venissero zio Jem e zia Caroline. Poi, quando torna, di solito prima di te, ha sempre i vestiti stropicciati come se qualcuno lo avesse abbracciato a lungo. E l'altro giorno mi è parso di sentire sulla sua camicia del profumo diverso da quello che mette di solito.»
Will abbassò leggermente il telecomando.
«Hai iniziato ad annusare le magliette di tuo padre?» domandò Will, sorpreso, guardando la figlia.
«Non l'ho fatto apposta.» mentì Christal, tenendo gli occhioni puntati sul volto di Will. «Allora? Hai intenzione di scoprirlo?»
«Ehm...»
«Se ti tradisce, dovresti lasciarlo. Possiamo cavarcela bene, io e te.»
Will diede una pacca gentile alla bambina e tornò a guardare lo schermo. Come poteva spiegare ad una bambina di sei anni che Nico non lo stava tradendo? Nell'ultima settimana non era andato a prenderlo a scuola perché si trovava in ospedale con lui, e i vestiti stropicciati erano colpa sua, come il nuovo profumo sulla sua camicia, presa in prestito da un collega dal suo armadietto.
Visto che a casa era impossibile avere un po' di intimità, Nico si era offerto volontario per andarlo a trovare in ospedale, e ciò che la prima volta si era dimostrata una sorpresa incredibile, durante la settimana era diventata una routine entusiasmante. Will non vedeva l'ora di andare al lavoro perché sapeva che Nico, alle due e mezza, lo avrebbe raggiunto.
E Jem e Caroline erano loro complici. Loro sapevano cosa combinava Nico nel pomeriggio, e avevano deciso di mantenere il loro segreto, anche perché la bambina non sarebbe riuscita a capirlo.
Erano felici di mantenere il loro segreto, come Will manteneva il loro. Non avevano ancora fatto sapere in giro che Caroline fosse incinta - a giudicare dalla prima ecografia che Will le aveva fatto giorni prima, era in attesa di due gemelli - perché i signori Solace attendevano un matrimonio, prima. Quindi avevano solo nove mesi per organizzarlo prima che i bambini nascessero.
«Papà Nico non è tipo che fa queste cose.» la rassicurò Will. «Papà Nico è tremendo quando deve approcciarsi con gli altri. Solo io riesco a sopportarlo. E i tuoi numerosi zii.»
«Ma allora dov'è adesso? Non dovrebbe essere a casa con noi? È sabato pomeriggio!»
Will rimase in silenzio. In quel preciso momento, suo marito e suo fratello maggiore si trovavano al poligono di tiro, sparando a grandi sagome di cartone e, conoscendo entrambi, bevendo una birra e sparlando di lui e Janet. Sì, Nico era il genere di marito che si concedeva una birra con il cognato e si divertiva a sparlare di tutto le usanze di Will. E di sicuro Gideon gli stava raccontando un sacco di suoi ricordi infantili.
«È con zio Gideon.» si decise a dire infine Will, prendendo le patatine. «Il sabato pomeriggio a quest'ora è sempre con zio Gideon.»
Ma non per molto, pensò tra sé e sé Will, guardando il calendario. Ancora qualche mese, e quella tessera verrà distrutta.
Si trattenne dallo sorridere in modo ebete, visto che la figlioletta lo stava studiando.

Quando Nico entrò in casa, verso le sei, Christal gli scoccò un'occhiataccia e Will lo raggiunse.
«Una o due?» domandò, studiandolo.
Nico sbuffò. «Due.» ammise.
Will scosse la testa, sorridendo. «E Gideon?»
«Due anche lui, ma non ti preoccupare. L'ho accompagnato a casa io. Non sembrava molto contento di andarci.»
«Be', con la piccola squadra che si è creato...» ridacchiò Will, dandogli un bacio.
«Vado a fare la doccia.» lo avvertì Nico, avviandosi in bagno.
Will gli fece un cenno. Una volta si sarebbe divertito a seguirlo. Ma questa volta si limitò a prendere il cellulare che Nico aveva lasciato sul tavolo e raggiunse la figlia. Iniziò a scorrere i messaggi su WhatsApp, leggendo le poche battute che Gideon e Nico si scambiavano durante la settimana. Notò anche che Nico chiacchierava tutti i giorni con tutti i fratelli Solace, nessuno escluso, e che aveva spedito ad Hazel alcune foto di lui e Christal.
«Quello è il cellulare di papà Nico?» domandò Christal, fissandolo.
Will guardò il teschio ghignante che pendeva dal fianco del cellulare.
«Sì.» annuì Will.
«E perché hai il suo cellulare? Stai controllando che non ti tradisca?»
«Io... ehm, sto aspettando una telefonata.»
«Dal cellulare dell'altro papà?»
«Sì, dal suo cellulare.»
Will tenne gli occhi puntati sullo schermo del televisore, sperando di non arrossire, e dopo qualche secondo la figlia tornò a guardare anche lei i cartoni.
Will sussultò quando il cellulare nero che teneva in mano cominciò a squillare. Era arrivato a Nico un messaggio su WhatsApp di Alec Solace. Senza riflettere, andò subito a controllare.
Ehi, Nico, tu e Will siete disponibili per una video chat su Skype?
Will fissò il messaggio del fratello e deglutì. Non vedeva Alec da anni. E ora si era deciso di dedicar loro una videochiamata. Balzò in piedi e accese il pc portatile sulla scrivania nella sua camera. Era il pc di Nico, e Will non si sorprese di trovare come immagine di sfondo del desktop una loro foto del matrimonio, insieme a tutti i loro amici semidei, compresi alcuni fratelli di Will, quali Derek, Austin e Angel.
Quando si sedette sulla sedia, Christal lo raggiunse e Will lasciò che le sedesse sulle gambe. Ebbe appena il tempo di connettersi su Skype che Alec gli mandò la chiamata.
Will la accettò subito.
Due paia di occhi verdi lo fecero sobbalzare per la sorpresa.
«William!» lo salutò Alec, sorridendogli, e facendogli un cenno con la mano, forse più per controllare se la telecamera funzionasse a dovere. «E quella con te deve essere la tua stupenda figliola. Christal, vero?»
«Sissignore.» annuì Christal, guardandolo curioso. «E tu sei il gemello di zio James, vero?»
«Mi hanno chiamato con nomi peggiori.» sorrise Alec. «Sì, sono io. Tuo zio Alec. Mi dispiace che non sia ancora venuto a trovarti, ma spero di rimediare.»
«Chi è quello?» borbottò Will, spostando lo sguardo sul bambino che Alec teneva in bilico sulle ginocchia abbronzate.
Il sorriso di Alec si fece più radioso. «Lui è Jean-Jacques, ma lo chiamiamo solo Jacques per non confondergli le idee.»
«D'accordo.» annuì Will, guardando il bambino. Doveva avere circa due anni. «È tuo figlio?»
Alec sogghignò. «Non noti da solo la somiglianza?»
«Certo che la noto, ma potrebbe essere un inganno.»
«No, non c'è alcun inganno. Lui è mio figlio Jacques. Ti mostrerei anche l'altro, ma ora sta dormendo.»
«L'altro?!»
Alec ridacchiò, scompigliando la chioma scura del bambino. «Jérôme. Sai, quel giorno c'era solo l'offerta "prendi due e te li tieni", e non ho potuto tirarmi indietro.»
Will pensò all'ecografia di Caroline. «Hai avuto due gemelli?» chiese, senza parole.
«Già.» annuì Alec, mentre il figlio decideva che fosse il momento adatto per lanciare il peluche contro la videocamera. Will lo sentì mentre lo sgridava divertito in un fluente francese. «Due gemelli in un colpo solo. Finché si trovavano nella pancia di Mélisande erano una cosa formidabile, ma ora, dopo quasi due anni... Ogni tanto ho voglia di strapparmi i capelli, ma loro hanno la tendenza ad imitarmi.»
«Mamma e papà ti uccideranno.» sussurrò Will, e Alec rise.
«Già, due figli fuori dal matrimonio... Immagino che decideranno proprio di uccidermi, quando verremo a vivere dalle vostri parti, l'anno prossimo.»
«Verrete a vivere qui?»
«Sì. Ma stavo pensando in una di quelle casette a schiera vicino ai nostri genitori. E, tra parentesi, io e Mélisande siamo sposati. Un mese prima che nascessero i bambini siamo andati in comune. Intendiamo fare le cose per bene in un altro momento.»
«Wow.» mormorò Will, scombussolato da quel pieno di notizie fresche. Fu sul punto di dirgli che anche Jem era in attesa di due gemelli, ma qualcosa nell'espressione di Alec gli fece cambiare idea.
«Ehi!»
La voce di Nico alle sue spalle lo fece sussultare, ma guardando meglio lo schermo di fronte a lui riuscì a vederlo. Indossava solo un accappatoio.
«Alec!» ruggì Nico, correndo alla scrivania, e quasi spingendo via Will.
«Nico!» strillò Alec, e Jacques strillò più forte. «Che bello vederti!»
«Quello è tuo figlio?»
«Sì, è Jacques. Jérôme sta dormendo.»
«Tu lo sapevi?» domandò Will al marito, sospettoso.
«Può darsi.» sorrise Nico, poi scosse la testa. «Non ho mai chiesto ad Alec le novità.»
«Ma lui sapeva di Christal.»
«Sì, be'...» Nico scrollò le spalle, imbarazzato.
Christal scese dalle gambe del padre biondo e corse fuori dalla stanza, forse si era stufata. Nico si affrettò a cambiarsi.
«Wow!» esclamò Alec, coprendo gli occhi del figlioletto. «Credo di aver appena visto le chiappe di tuo marito, Will.»
«Be', non sei il primo Solace che le ha viste.» sorrise Will, lanciando un'occhiata verso Nico, che gli lanciò addosso l'accappatoio, prima di andare a sedersi sulle sue ginocchia.
«Tua moglie dov'è?» domandò Nico, mentre Will gli passava un braccio attorno alla vita. Indossava solo una felpa nera e dei pantaloni corti.
«È sotto la doccia. Volete che ve la presenti?»
«No!» esclamarono Nico e Will insieme.
«Lasciala in pace!» aggiunse Will.
«Non è il caso di incontrarla ora!» aggiunse Nico.
Alec ridacchiò. «Nico, tu l'hai mai vista una donna nuda?»
«Può darsi.» rispose Nico, vago, senza guardare Will.
«Guarda Game of thrones.» spiegò Will, divertito.
«Ah. Allora sì.» rise Alec, sollevando il figlio. «Scusate, c'è un'emergenza pannolino. Torno subito.»
«Il tuo o quello di Jacques?» domandò Nico, sorridendo.
«Spiritoso.» sbuffò Alec, e scomparve dalla webcam, lasciando ai due una bella visuale della finestra aperta e della Tour Eiffel in lontananza.
«Alec padre.» mormorò Will. «Incredibile.»
«Noi padri.» notò Nico, a bassa voce. «Questo non ti sembra ancora più incredibile?»
«Be', rivendendo meglio, Jem padre è ancora più incredibile.»
«Ehi!» esclamò Alec, avvicinandosi alla webcam, i grandi occhi verdi ingigantiti per la sorpresa. «Ho sentito Jem padre. Che significa?»
«Anche lui e la sua ragazza sono incinti.» disse Nico.
«Oh.» Alec aggrottò la fronte. «Sono già sposati?»
«Non ancora.»
«Bene. Spero si sposino quando sarò tornato in città. Mélisande mi ha concesso un unico tradimento, e so benissimo come spenderlo.»
Nico scosse la testa, e Will ridacchiò. «Vuoi rovinare il matrimonio di James?»
«Lui non si è fatto problemi a rovinare il mio, e...» Alec si interruppe e cominciò a gridare in francese parole incomprensibili, coprendo la webcam. Nico e Will udirono una voce femminile che strillava, e dopo qualche minuto il volto ridacchiante di Alec tornò ad essere visibile.
«Scusate.» disse. «Non ho avvertito Mélisande di avere un pubblico. E lei non è solita usare l'accappatoio quando esce dalla doccia. Cosa che, tra parentesi, amo.»
«Ora è vestita?» domandò Will. «Possiamo vederla?»
Alec lo chiese alla moglie in francese, e dopo qualche secondo una donna dell'età di Nico comparve vicino ad Alec.
«Salut!» esclamò la donna, imbarazzata, salutandoli con la mano. «Ça va?»
Nico e Will studiarono la ragazza, poi distolsero lo sguardo, cercando di non guardarsi per non ridere. Mélisande aveva i capelli biondi a boccoli, forse per colpa della doccia, gli occhi celesti, ed era alta almeno un metro e ottanta quanto Alec. Doveva essersi infilata in fretta i primi due vestiti trovati nell'armadio, ma era lo stesso splendida.
Era incredibilmente somigliante a Caroline, ma né Nico né Will erano intenzionati a dirlo ad alta voce.
Alec e Mélisande parlarono per qualche minuto tra di loro, poi Alec si rivolse al fratello e al cognato.
«Non vuole che ve lo dica, ma lei è una figlia di Venere.» disse.
«Ah.» disse Nico, colpito. «E come ha fatto ad interessarsi a te?»
«Sono i misteri della vita a cui non voglio dare una risposta.» sorrise Alec, facendogli l'occhiolino, e tornando a guardare la moglie, che gli schioccò un bacio sulle labbra prima di andare alla ricerca dei figli.
«Figlia di Venere... Wow.» mormorò Will. «Come l'hai trovata?»
«Penso che lei abbia captato il mio cuore infranto non appena ci siamo scontrati nei pressi della Tour Eiffel.» spiegò Alec, sorridendo. «Mi ha offerto un caffè, e io l'ho rifiutata. Insomma, una come lei mi offre un caffè? Pensavo fosse stata inviata da Jem per farmi uno scherzo di pessimo gusto. E dopo altri incontri casuali, siamo usciti insieme, e ora siamo sposati felicemente con due bellissimi bambini. Ah, Nico, non per farti piangere, ma il secondo nome di Jérôme è Nicolas. Tutto per te. E vorrei tanto che tu fossi il padrino di mio figlio.»
«Oh.» Nico tenne gli occhi puntati su Alec, e Will si domandò se fosse il caso di lasciar loro un po' di intimità. «D'accordo.»
Alec rise. «La tua infinita emotività continua a stupirmi. Comunque, state bene? Vi piace fare i genitori?»
«Sì.» annuirono i due nello stesso momento.
«E gli altri come stanno? Gideon e la sua squadra? Thomas? Danny? Mamma e papà?»
«Tutti bene.»
«Anche Jem sta bene.» aggiunse Nico. «Ha saputo di diventare padre la scorsa settimana. La sua fidanzata ha fatto il test di gravidanza qui, nel nostro bagno.»
«Ah, stupendo. Voleva far ricadere la volpa su uno di voi?»
«Non credo di aver capito.»
«Lascia perdere.»
Alec si mordicchiò il labbro, e Will rimase in attesa.
«Sta bene?» domandò infine, e Will trattenne un sorriso. «Cioè, insomma, non me ne frega niente...»
«Sì, sta bene bene.» annuì Will. «Lui e Gideon hanno aperto una società, e ne sono i proprietari. Jem e Caroline vivono ancora nel vecchio appartamento quaggiù.»
«E tutte le mie cose? Le ha bruciate?»
«No, sono nella loro seconda camera, in attesa del tuo ritorno.»
Alec si voltò a guardare la Tour Eiffel, in silenzio, riflettendo, poi sospirò e tornò a volgere lo sguardo su di loro.
«Tornerò lì l'anno prossimo.» promise loro. «Ho ricevuto un'offerta di lavoro, e il padre di Mélisande è morto tre mesi fa, e lei non ha più alcuna intenzione di rimanere qui.»
«Oh, mi dispiace.» disse Will, serio. «Cosa gli è successo?»
«Una cosa che spero non mi tocchi mai. Cancro alla prostata.»
Will e Nico rabbrividirono entrambi.
Alec inclinò la testa verso un punto oltre la telecamera. «Scusate, ragazzi, ma devo andare. Il capo della mia piccola gang si è svegliato, e ora sono guai seri.»
«D'accordo. Ci vediamo, Alec. Dai un grosso bacio ai tuoi figli.»
«E salutatemi tanto Christal.» sorrise Alec. «E non dite a nessuno che verrò a vivere lì. Deve essere il nostro segreto.»
«Tranquillo, Alec.» lo salutò Nico con un cenno. «Ormai siamo diventati molto bravi a mantenere segreti.»
Alec sorrise e la videochiamata si spense. Will guardò l'immagine del desktop, soffermando gli occhi su Piper. Suo fratello si era sposato una figlia di Venere. Vecchi ricordi riguardo Drew Tanaka gli tornarono alla mente, ma li scacciò via.
«Dovremo dirlo a Piper?» disse Nico, dubbioso, anche lui con gli occhi fissi sulla loro amica figlia di Afrodite.
«Cosa?»
«Che una sua sorella è sposata con tuo fratello?»
«Nah. Immagino che un giorno si incontreranno.»
«Giusto.»
Nico passò le gambe attorno alla vita di Will, e lanciò un'occhiata alla porta.
«Pomiciamo un po' prima che torni la piccola peste?» borbottò, e Will annuì entusiasta.

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Capitolo 30
*** 30. Depressione ***


SPOILER Grey's Anatomy 11esima stagione

 

 

Will aprì la porta di casa, quasi aspettandosi di vedere Nico sul divano intento a guardare serie tv come al suo solito, e la piccola Christal nella sua camera, a giocare con le bambole o a leggere un buon libro.
Invece, stupito, Will vide la figlia al tavolo della cucina intenta a fare i compiti, da sola, con il televisore spento. Nico doveva di sicuro essere sotto la doccia, o morto da qualche parte. Per il figlio di Ade, ogni occasione era buona per guardare serie tv.
«Ciao.» lo salutò Christal, sorridendogli e andando di corsa verso di lui.
«Ciao.» rispose Will, dandole un bacio sulla fronte e accarezzandole i capelli. Ancora non riusciva a crederci. Aveva una figlia. Lui e Nico di Angelo avevano una figlia. «Hai già finito i compiti?»
«Non ancora.» rispose Christal, tornando a sedersi. Erano passati una decina di giorni da quando avevano parlato con Alec, e in quei giorni Will si era deciso a cambiare casa. Ormai quell'appartamento non ospitava più una coppia di ragazzi, ma una famiglia. Ed era il momento di cercare una casa per una famiglia.
«Dov'è tuo padre?» domandò Will, servendosi un bicchiere d'acqua.
«È morto qualche mese fa.» rispose Christal, distratta.
Will sussultò, Christal sussultò e si lanciarono un'occhiata. La bambina arrossì.
«È di là, sul letto.» disse Christal, schiarendosi la gola. «Non ho ben capito cosa gli sia successo.»
Will le accarezzò i capelli. «Vuoi parlarne?» le chiese, dolce. Christal non aveva più parlato dei veri genitori da quando essi erano morti.
«No, tu e Nico siete i miei papà. Anche se da come si è comportato oggi, lo considero più come una mamma matta.» sorrise Christal, tornando ai compiti.
Will la guardò pensieroso, poi si diresse in camera sua. Individuò subito Nico, steso sul letto in posizione fetale, la faccia spremuta contro il cuscino. C'erano delle piume sparse sul pavimento, e il ferro dello Stige giaceva colpevole sulla scrivania.
«Ehi.» mormorò Will, sedendosi sul letto e posando una mano sul braccio di Nico. «Cos'è successo? Stai bene?»
Nico mugugnò contro il cuscino.
Will aggrottò la fronte. Aveva già visto Nico di Angelo in quello stato, quindi inspirò a fondo.
«Hai di nuovo letto della morte di Dobby?» chiese Will, comprensivo. Anche lui aveva pianto a quel punto, e continuava a farlo.
«No! Non ne voglio parlare.»
«Ah, per caso hai letto qualche mio volume di medicina? O hai ricevuto l'esito delle analisi?»
Nico aveva fatto il test medico di idoneità per pilotare aerei, test che dei bravi figli di Atena gli avevano modificato per non far notare il suo strano carattere genetico.
«No. La lettera non è ancora arrivata.»
«Ah, bene. No, male. Cos'hai, Nico? Hai concluso un'altra serie tv?»
Nico alzò lo sguardo su di lui e Will si spaventò. Il marito aveva gli occhi sgranati, ombre scure sotto gli occhi e la pelle era più pallida di quanto già non fosse. In più, il suo corpo emanava scure ombre di tenebra.
«No, è peggio.» ringhiò Nico. «Giuro che ammazzerò Shonda Rhimes.»
Will cercò di ricordare a chi appartenesse quel nome.
«Anzi no, non la ucciderò.» si corresse Nico, affondando le dita nel cuscino. «Chiederò a mio padre di trovarle una giusta punizione quando arriverà negli Inferi. Prima o poi morirà, giusto? Lasciamola vivere un altro po', poi la vendetta mia e di tanti altri fans giungerà. E lei soffrirà in eterno. Ade le troverà una punizione orribile.»
«Chi è Shonda Rhimes? Una scrittrice?»
Nico aveva detto frasi del genere dopo aver finito di leggere la trilogia di Divergent di Veronica Roth.
Nico gli scoccò un'occhiataccia. «È quella che ha ideato Grey's Anatomy
«Oh, per gli Dei.» brontolò Will. «Credo che andrò ad affogarmi nella vasca.»
«Perché non prendi mai sul serio i miei turbamenti?!»
«Perché...» Will abbassò lo sguardo su Nico, e subito si ricordò del ragazzino di dieci anni che era stato un tempo, appena arrivato al Campo Mezzosangue, colmo di domande. «Oh, sì, scusa. Dimmi pure. Cos'ha fatto stavolta?»
«Derek!» proruppe Nico. «Ha ucciso Derek! Se aveva dei problemi di ascolto, poteva benissimo creare altri mille personaggi e uccidere uno qualsiasi di loro! Ma Derek! Stiamo scherzando?!»
Will cercò di ricordarsi chi fosse Derek, e quando gli tornò in mente sospirò. «Le mie colleghe se ne sono lamentate anni fa...»
Nico gli scoccò un'occhiataccia. «Scusami se non ero ancora arrivato all'undicesima stagione, allora!»
«Nico, perché continui a guardare quella serie? Insomma, questo è il decimo personaggio che ti sta simpatico che fanno fuori!»
«Lo so, ma non riesco a smettere. Anche se non credo di riprendere tanto presto. Mi ha deluso.»
Will annuì. Aveva sentito quella frase milioni di volte: alla fine di un film, alla fine di un libro, alla fine di una serie tv. Nico notò la sua espressione e inspirò a fondo.
«Come è andata la tua giornata, invece?» domandò, sperando di distrarsi.
«Un andirivieni come al solito.» rispose Will, con un'alzata di spalle. Ricordò quando Nico aveva finito di guardare la sesta stagione di Grey's Anatomy e lo aveva costretto ad andare al lavoro con un giubbotto antiproiettile.
«Hai operato qualcuno?»
«Sì. Ho fatto due operazioni. E sono andate tutte molto bene.»
«Hai incontrato altri bambini da adottare?»
Will sorrise divertito. «Scommetto che ti piacerebbe.»
Nico sbuffò e non rispose.
Will gli diede un bacio sulla fronte. «Oltre questo trauma di Derek, come è andata la tua giornata? Hai fatto amicizia con Christal? L'hai aiutata con i compiti?»
Nico avvampò. «Credo... credo di averla terrorizzata.»
«E in che modo?»
«Be', lei stava facendo i compiti mentre io finivo di guardare Grey's Anatomy... e quando ho visto quel che è accaduto, ecco, mi sono messo ad urlare, e ho ucciso un
cuscino.»

«L'ho notato.» mormorò Will, guardando le piume sul pavimento.
«Credo di aver anche detto qualcosa di imbarazzante.» aggiunse Nico, pensieroso. «Ma non lo ricordo.»
«Meglio così.» Will si schiarì la gola e lo guardò. «Devo dirti una cosa molto importante. Mi hanno lasciato un giorno libero, domani.»
«Wow.» disse Nico, senza enfasi. I giorni liberi di Will, nove volte su dieci, si dimostravano pieni di spiacevoli notizie, e corse al lavoro.
«No, domani è un vero giorno libero. Mi hanno detto che ho lavorato troppo questa settimana, anche se secondo me non è vero...»
Nico alzò gli occhi al soffitto.
Will lo ignorò e riprese: «Domani rimarrò a casa tutto il giorno. E, visto che ci sono le giostre in città, pensavo di andare a fare un picnic lì nei dintorni e poi andare sulle giostre.»
«Vuoi veramente portarmi sulle giostre?» disse Nico, perplesso.
«Be', non proprio te. Penso che Christal potrebbe trovarlo un momento piacevole. Che ne pensi? È sempre a casa, ad ascoltarti mentre lanci improperi contro la televisione...»
«Non è colpa mia se quella stronza di Shonda Rhimes ha ucciso Derek!» disse Nico, scaldandosi. «Separare Derek da Meredith è come... come non darmi più gli Happy Meal! È una cosa ingiusta
«A proposito di Happy Meal... Non sei diventato un po' troppo grande per...?»
Nico gli scoccò un'occhiata furibonda.
«Per... ehm...» Will iniziò a farfugliare, arrossendo. «Lascia perdere.»
Nico scese dal letto, sgranchendosi le gambe e lanciò un'occhiata fuori dalla finestra.
«D'accordo.» disse infine, riferendosi al parco giochi. «Se domani è una bella giornata possiamo anche uscire... Ma stasera cucini tu, sono troppo sconvolto.»
Will scoppiò a ridere e annuì. Gli si avvicinò, gli passò un braccio attorno alla vita e lo strinse a sé. Forse non era il momento giusto per parlargli di un possibile trasloco in una casa più grande.

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Capitolo 31
*** 31. Contrattempi (in)attesi ***


Mentre Will, fischiettando, preparava i sandwich per il picnic, Nico cercava qualcosa da mettersi che potesse sporcare di erba. Nel corso degli anni i suoi vestiti si erano accumulati, come quelli di Will, in un unico e gigantesco armadio. A sinistra spiccavano i capi scuri di Nico, a destra quelli colorati di Will.
Ed erano capi firmati. Una volta Nico avrebbe indossato volentieri anche i jeans smessi di un barbone. Ma ora che frequentava i Solace, e uno in particolare, si era costretto a vestirsi meglio. E poi, al lavoro lo prendevano più seriamente se non portava maglioni scuciti o jeans strappati. Alla prima lezione di volo gli avevano anche fatto i complimenti per la camicia.
Nico trovò dei vecchi jeans - neri - infondo all'armadio e li indossò, lanciando un'occhiata a Will, che riusciva a scorgere vicino al tavolo della cucina. Come al solito, Will aveva indossato dei vestiti molto casual, come una vecchia maglia arancione del Campo Mezzosangue, e dei pantaloni corti fino al ginocchio. E scarpe da ginnastica.
Will non era poi così cambiato da quando avevano lasciato il Campo Mezzosangue. In dodici anni era cambiato ben poco, molto meno rispetto Nico. Forse vestiva in modo più sobrio - quando andava al lavoro indossava sempre un completo blu senza cravatta, e le infradito erano solo più un lontano ricordo - e sembrava molto più adulto. Un po' come Leo Valdez.
«Sai, non credo di esserci mai andato, alle giostre.» disse Nico, indossando una maglia avviandosi in cucina.
«Sì, ci siamo andati tre anni fa, con Jason e Piper.»
«Non me lo ricordo.»
«Siamo andati nel tunnel dell'amore!»
«Ehm, no.»
Will sospirò. «Controlla Christal.»
«Agli ordini.»
Nico si chiese perché non riusciva a ricordarsi di quel pomeriggio alle giostre con Jason e Piper, e pensò che forse era stato così imbarazzante che il suo subconscio aveva eliminato da sé il ricordo. Gli era capitato altre volte.
Christal stava giocando con le bambole sul suo letto. Nico si fermò sulla soglia della stanza, osservandola pensieroso. Lui e Christal non avevano fatto molti progressi nelle ultime settimane. Si comportavano come due estranei costretti ad abitare sotto lo stesso tetto, e il fatto che lei lo chiamasse "papà Nico" non cambiava di certo le cose.
«Sei pronta?» domandò Nico.
«Sì.» annuì Christal. Indossava un abito bianco a pois rossi. Uno dei tanti vestiti che Will le aveva comprato colmo di gioia e felicità. E Christal somigliava proprio a Will sotto molti punti di vista. Il colore dei capelli, la stessa vivacità, e anche lo stesso modo logorroico di parlare quando era in vena di chiacchiere.
Nico tornò da Will, domandandosi come avrebbe reagito il marito se avesse scoperto che lui e Christal si sopportavano a malapena, e non si consideravano per niente padre e figlia. Nico parlava con Hazel con tono molto distaccato quando riferiva di Christal, e nemmeno la chiacchierata con Alec Solace gli aveva tirato su il morale. Stava ancora aspettando il giorno in cui si sarebbe svegliato proclamando "quella è mia figlia!"
Nico vide Will lanciare un'occhiata al cellulare e subito impallidì.
«Il lavoro?» gli domandò, quasi urlandogli in faccia. «Devi andare al lavoro?»
«No, è un messaggio di Leo. Una foto di lui e Calypso con un enorme gelato blu. Immagino che Percy non ne sarà molto contento.»
Nico sorrise, leggermente sollevato. Si era preoccupato per nulla. Will non lo avrebbe abbandonato quel giorno, non dopo tutti quei preparativi.
Will lo sondò con lo sguardo. «Non puoi metterti una di quelle camicie che ti ho regalato il mese scorso?» gli chiese.
«No.»
«Sono più... vivaci.»
«E per quello che non le metto.»
Will si trattenne dall'alzare gli occhi al soffitto, e Nico tolse senza fare commenti Zen che tentava di entrare nella borsa frigo.
«Siamo tutti pronti?» domandò Will, occhieggiando Christal sbucare dalla sua camera.
«Sì.» annuì Nico, lanciando il peluche di Zen lontano dalla porta. «Chiederò a Jem di passare in casa a dare da mangiare al gatto, più tardi.»
«Giusto. Christal? Hai preso tutto?»
Christal indicò il libro che teneva in mano e annuì.
«Prendiamo la mia auto.» disse subito Nico, afferrando il suo mazzo di chiavi. «È più veloce. E ieri ho fatto il pieno.»
«Sai, credo che uno di questi giorni potremo anche andare a trovare Austin.»
«Cerchiamo di arrivare sani e salvi alla fine di questa giornata, prima di organizzare altri viaggi.»
Will sorrise.
Mentre Christal correva nel pianerottolo e pigiava il bottone di chiamata dell'ascensore, Nico afferrò la borsa frigo e guardò il marito chiudere la porta di casa.
«Hai il tuo cercapersone dietro?» domandò Nico, controllandogli la cintura.
«Sì.» Will gli lanciò una rapida occhiata. «Credevi che non mi sarei messo a cercarlo tra le tue mutande?»
«Mentre lo nascondevo, un po' ci speravo.»
Will scosse la testa, controllò che la porta fosse chiusa e afferrò il marito per la t-shirt, costringendolo a baciarlo.
«Non mi baciavi così da tre giorni.» notò Nico, mentre le loro labbra si separavano.
«Credo di essere stato impegnato.» rispose piano Will, spingendolo contro il muro. Entrambi avevano dimenticato Christal, che attendeva impaziente l'ascensore.
«Per questo ci siamo incontrati per un certo periodo in ospedale.»
«Già. Mi dispiace che abbiamo dovuto smettere.»
Nico scoccò un'occhiataccia a Christal. Era tutta colpa di quella bambina, di lei e delle sue assurde trovate. Lui che tradiva Will? Bah...
«È arrivato!» lì avvertì Christal, entrando in ascensore e tenendo le porte aperte.
Will e Nico si separarono e la raggiunsero.
«Potremo invitare anche zio Jem e zia Caroline!» esclamò Christal, pimpante.
Will storse il naso. «Zia Caroline è in un periodo molto delicato, e deve rimanere tranquilla...»
«Perché non dici che aspetta un bambino? Io lo so come si fanno i bambini.»
Nico fece un sorriso tirato. «No, io non credo.»
Christal gli fece la linguaccia. «Lo so, invece!»
Will zittì entrambi. «Be', se sai come si fanno i bambini, Christal, tienilo per te. Non voglio scandali a scuola, più di quanto non ce ne siano già...»
Come Nico e Will avevano pensato, i genitori degli altri bambini amici di Christal non erano stati molto entusiasti nello scoprire che quella tenera bambina dai capelli biondi era stata adottata da una coppia omosessuale. Me né Nico né Will ci badavano. Uno era troppo impegnato in ospedale, e l'altro aveva mostrato il suo carattere irascibile in un paio di occasioni.
«Lo sai che è Raphael che rompe sempre l'ascensore?» disse Will ad un tratto, osservando i pulsanti che si illuminavano man mano che scendevano.
«Sì, lo so.» sbuffò Nico. Raphael, figlio di Ecate e amico dei Solace da molti anni, si divertiva a bloccare l'ascensore ogni volta che andava a visitare Jem.
«Come fa?» domandò Christal, innocente.
Will le arruffò i capelli mentre le porte si aprivano. «Te ne parleremo quando sarai più grande.»
Will e Nico avevano deciso di non dire nulla riguardo alla loro discendenza divina, anche perché Christal era ancora troppo piccola per capire la gravità della situazione, e sapevano che non avrebbe resistito dal comunicare ai suoi nuovi amichetti il segreto dei genitori.
Christal non fece storie riguardo alle parole di Will, e Nico ebbe il forte sospetto che se fosse stato lui a dirle una frase del genere, «Te ne parleremo quando sarai più grande», la bambina avrebbe piantato i piedi per terra e si sarebbe messa ad urlare fino a quando Nico, stufo della scenata, non le avesse parlato per tranquillizzarla.
Erano quasi arrivati alla macchina quando la tasca di Will iniziò a squillare. Christal sospirò, Will si immobilizzò e lanciò una rapida occhiata al marito, che teneva lo sguardo puntato verso la strada, indeciso se lanciare o meno il cercapersone sotto un pullman.
«Non credo sia importante.» disse infine Will, recuperando le chiavi dalle mani di Nico e aprendo una portiera.
«Se non fosse importante, non ti cercherebbero.» gli fece notare Christal.
«Will, ne abbiamo già discusso.» brontolò Nico, mentre Will lanciava la borsa frigo nei sedili posteriori. «Il tuo lavoro prima di me.»
«Sì, ma oggi mi hanno lasciato la giornata libera, e...»
Anche il cellulare di Will cominciò a squillare e lui, imbarazzato e arrabbiato, lo tolse dalla tasca. Si scostò di qualche metro per rispondere.
«Un'altra bella giornata solo io e te, papà Nico.» disse Christal, senza enfasi, senza guardarlo.
«Possiamo fare quello che ci viene meglio.» le rispose Nico, gli occhi puntati sul sedere di Will. «Guardare la televisione ed ignorarci.»
«Okay, ma la tv è mia. Voglio vedere i cartoni.»
«Okay, tanto devo studiare.»
Nico tolse la borsa frigo dalla macchina e chiuse la portiera, ricordandosi di inserire l'antifurto.
Will tornò verso di loro, affranto.
«C'è stata una sparatoria.» disse, a disagio, guardando il marito dritto negli occhi. Nico non aveva voglia di guardarlo. Di strozzarlo sì, ma di guardarlo no. «Tre agenti feriti, e uno deve essere operato con urgenza. E hanno chiamato me. Non credo che ci metterò molto...»
«Be', noi saremo a casa, se ti vuoi aggiungere.»
«A casa? E perché?» Will li guardò stranito. «Potete andare lo stesso a fare il picnic senza di me!»
Nico e Christal si lanciarono un'occhiata sbigottita.
«Solo io e lei?» gracchiò Nico, mentre Christal scuoteva la testa.
«Mi sono ricordata che ho un mucchio di compiti da fare...»
«Ho guardato il tuo diario, e non è vero.»
«Anch'io ho degli esercizi da fare...»
«Ho guardato la tua agenda, e non è vero.» Will li studiò. «Mi state nascondendo qualcosa?»
«Oltre che non sarebbe una bella giornata di picnic senza di te?» disse Nico, sorridendo. «O che non saremo in grado di divertirci?»
Will gli strappò le chiavi di mano, tolse l'antifurto e riaprì la portiera. «Vi prego di divertirvi anche per me.» disse, posizionando la borsa frigo tra i sedili. «E cercate di vincermi un peluche, alle giostre. Qualcosa di bello.»
«Ma...» provò Nico, ma Will lo interruppe.
«Niente ma. Divertitevi, e godetevi questa giornata. Quando tornerete a casa, vorrò tutti i particolari.»
Nico annuì, esausto. Era stupido continuare a discutere con Will, che aveva già deciso. Di sicuro, da un momento all'altro, gli avrebbe ricordato che erano ordini del dottore.
«E scattate qualche foto.» aggiunse Will, dando un bacio a Christal sulla fronte e voltandosi verso Nico. «E voglio vedervi sorridere entrambi. Ordini del dottore.»
Nico sospirò, lanciando un'occhiata al cielo azzurro e alla giornata che si preannunciava stupenda. Will gli scoccò un bacio sulle labbra prima di avviarsi verso la sua macchina.
Nico fu tentato di seguirlo e prenderlo a calci. Will si era aspettato di venire fermato prima di partire con loro per il picnic, perché altrimenti non avrebbe avuto in tasca le chiavi della sua auto. Ma riuscì a trattenersi e salì al posto del guidatore. Attese che Christal, tra uno sbuffo e un borbottio, allacciasse la cintura e lasciò il parcheggio.

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Capitolo 32
*** 32. Una giornata alle giostre [Parte 1] ***


Fu il viaggio in macchina più silenzioso degli ultimi dodici anni. Jean-Albert, di tanto in tanto, si lasciava scappare qualche parola in francese priva di significato, ma almeno era un po' di dialogo. Nico ricordò quando aveva richiamato a sé l'autista zombie durante il viaggio di nozze in Europa. Non gli era mai sembrato di averlo visto più felice.
Christal passò tutti i tre quarti d'ora di viaggio in silenzio, a leggere il suo libro dalla copertina colorata, che Nico riconobbe come il terzo della saga di Harry Potter, uno dei libri appartenenti a Will. Non fece commenti a riguardo, e Christal non disse niente nemmeno quando Nico iniziò a insultare a gran voce l'automobilista di fronte a lui che avanzava a passo d'uomo.
«Questo non dirlo a tuo padre.» mormorò Nico, superando l'anziano signore di fronte a lui, ed evitando di restituirgli il gestaccio. «Non mi farebbe più prendere l'auto.»
Christal grugnì, e Nico si maledì tra sé. Ora poteva essere sicuro che la bambina avrebbe riferito al padre biondo della sua guida spericolata e sboccata.
Nico le lanciò un'occhiata dallo specchietto retrovisore. La bambina non alzò mai lo sguardo dal libro, e Nico si chiese quanto avrebbero potuto divertirsi loro due soli senza Will. Il figlio di Apollo continuava a fare da intermediario tra di loro senza nemmeno rendersene conto.
O forse... Nico tenne gli occhi puntati sulla strada. Forse Will sapeva che tra loro due le cose non erano proprio al massimo, e aveva atteso di essere chiamato in ospedale. Forse addirittura aveva chiesto ad una delle infermiere di cercarlo, e ora Will era in casa, di sicuro nudo, sul divano a guardare la televisione, ridendo alle loro spalle.
Nico fu tentato di inchiodare in mezzo alla strada e tornare indietro, per cercare di confermare i suoi sospetti.
Ma si decise a non dargliela vinta. Se era davvero così, se Will aveva davvero pensato in quel modo, Nico se lo sarebbe ricordato per il futuro. E non c'era niente che, ora, gli proibiva di divertirsi con la bambina.
A parte la bambina. Su certi aspetti del loro carattere, i due erano molto simili.

Il parco per il picnic distava poco più di cento metri dall'entrata delle giostre. Nico individuò una grande ruota panoramica, e anche una di quelle giostre con le montagne russe.
E all'improvviso ricordò il motivo per cui non ricordava l'uscita a quattro di alcuni anni prima: si era annoiato. Will, Jason e Piper lo avevano trascinato nella casa stregata, nella casa degli specchi e anche su una di quelle montagne russe, e Nico non aveva fatto altro che annoiarsi. Certo, la discesa delle montagne russe gli aveva strappato un piccolo urletto di sorpresa, ma non di più. Infine, lo avevano condotto nel tunnel dell'amore, e lì sì che si era divertito, mentre lui e Will si mettevano le mani ovunque, protetti dall'oscurità del locale.
Nico sospirò e lanciò un'occhiata a Christal, che forse era decisa a non divertirsi quel giorno in sua compagnia. Ma i suoi occhi la tradivano. Brillavano come quelli di Will quando Nico gli lasciava campo libero in camera da letto.
«È ancora presto per mangiare.» disse Nico, lanciando una breve occhiata al display del cellulare. Will gli aveva spedito un messaggio con uno smile e tanti, tantissimi cuoricini, e Nico si trattenne dal rispondergli. La giornata senza Will Solace stava per cominciare.
«Entriamo?» domandò Christal, posando il libro sul sedile vuoto vicino a lei.
Nico annuì a malincuore.

Un minuto dopo essere entrati, Christal lo trascinò sulla giostra piena di carrozze e cavalli. Nico comprò cinque biglietti e Christal lo costrinse a sedersi su uno dei cavalli neri. Nico ricordò il viaggio in compagnia di Blackjack diretto al Campo Mezzosangue, e sorrise tra sé.
«Gli adulti non possono salire.» gli disse il proprietario della giostra.
«Ho solo vent'anni!» esclamò Nico.
«Mi dispiace, ma se vuole aspettare sua sorella può farlo anche laggiù, sulla panchina...»
Nico fu tentato di ribattere, ma si limitò a porgere altri tre dollari per un nuovo biglietto. L'uomo non aggiunse altro e fece partire la giostra. Nico curiosò nel portafoglio. Aveva più di settanta dollari in banconote da dieci, cinque e uno. Ora non aveva più dubbi riguardo Will e il suo doppiogioco.
E il desiderio di prenderlo a calci, una volta tornato a casa, salì alle stelle.
Dopo cinque giri sulla giostra, Nico scese, le gambe un po' traballanti, e si lasciò prendere per mano dalla bambina.
«Prendiamo lo zucchero filato?» chiese Christal, eccitata.
«Magari dopo pranzo.» rispose Nico, trattenendosi dall'andarlo a comprare. Vide un bambino con dello zucchero filato blu, e si decise a mandare una foto a Percy, più tardi.
Leo aveva creato uno stupido gruppo su Whatsapp denominato: I sette della Profezia, più Calypso, Will e Nico. Dopo un'ora di insulti, Leo si era deciso a cambiarlo in: Gli stolti amici di Leo, il che aveva creato ancora più insulti da parte di tutti, e un abbandono collettivo del gruppo. Dopo un'altra giornata di nomignoli scartati, Leo li aveva raggruppati con: Mai Più Profezie. E il nome era più o meno piaciuto a tutti.
Di solito, sul gruppo si mandavano foto e immagini divertenti, le ultime notizie, in modo che le sapessero tutti, e anche i progressi dei bambini. Jasper aveva imparato ormai da mesi a camminare e si divertiva a lanciarsi dal divano e volare come il padre. Emy era riuscita a trasformarsi in un gatto per un quarto d'ora, nei quali Frank e Hazel avevano messo a soqquadro la casa e chiesto ai vicini se l'avevano vista. Leo aveva anche postato il test di gravidanza positivo di Calypso. Will era stato tentato di fare una foto a quello di Caroline, ma Nico lo aveva gettato nei rifiuti prima che il marito potesse farlo. Ma, ripensandoci, sarebbe stato divertente. Lo avrebbero riservato per il futuro.
E, dopo i primi giorni, tutti avevano trovato molto simpatico inviare foto di cose blu - dai cibi ai vestiti - per farli vedere a Percy. Le sue reazioni lo facevano ancora ridere.
Christal lo riscosse dai suoi pensieri continuandolo a trascinarlo in giro. Nico pagò cinque dollari per cinque gettoni e salirono sulle autoscontro. Christal rivelò una piccola parte di sé molto simile a quella di Nico, e Nico si ritrovò a sbattere contro tutte le coppie felici, mentre Christal rideva sadicamente al suo fianco.
Dopo gli autoscontri, Christal lo condusse nella casa stregata, e Nico si trattenne dal commentare tutto quanto. Ma quando vide un uomo travestito da Ade, con indosso mantello e falce, Nico gli scoppiò a ridere in faccia e Christal lo condusse via, imbarazzata.
«Guarda!» esclamò Christal, indicandogli una postazione di tiro, e dei peluche come trofeo. «Papà Will vuole che gliene portiamo uno!»
Nico annuì, studiando i peluche uno dopo l'altro.
«Quale gli prendiamo?» chiese infine Nico, puntando lo sguardo su una coppia di orsacchiotti. Nelle loro serate più sdolcinate, Will era solito chiamarlo "il mio orsetto tenebroso" e Nico si decise a non regalargli nulla che potesse etichettarlo per il resto della sua vita con quel nomignolo imbarazzante.
«Quello giallo!»
Nico spostò lo sguardo su e giù lungo la fila di peluche e individuò un Minion. Alcuni giorni prima, loro tre avevano visto alcuni film con quei cosetti gialli, e Christal e Will se n'erano innamorati.
«D'accordo.»
Si avvicinarono all'uomo, e per qualche minuto si scambiarono alcune battute riguardo il punteggio che doveva fare per vincerne uno.
«Devi fare almeno duemila punti, ragazzo, e sono sicuro che un ragazzino come te non possa farcela.» sghignazzò l'uomo, sondandolo con lo sguardo.
Nico lo fissò a sua volta. Era stato nel Tartaro, era sopravvissuto per una settimana mangiando semi di melograno, rischiando la vita, e aveva pilotato un aereo per dieci minuti alcuni mesi prima. Non avendo ancora il brevetto da pilota e non avendo nemmeno ricevuto l'idoneità per volare, lui e il pilota avevano deciso di non riferire niente a nessuno.
«Posso provarci, almeno?» domandò Nico, calmo, mentre Christal sorrideva tra sé.
«Certo, accomodati pure.»
«Fucile o pistola?» chiese il figlio di Ade, osservando le armi giocattolo esposte di fronte a lui.
«Quello che vuoi, figliolo.»
Nico prese la pistola, abbassò lo sguardo su Christal e le borbottò: «Non dire nulla a tuo padre.» Christal annuì dubbiosa.
Nico sparò a tutti i bersagli uno dopo l'altro, con massima precisione, e si ritrovò a pensare che Gideon sarebbe stato fiero di lui. Non si accorse di aver attirato su di sé una piccola folla.
«Cosa sei, un poliziotto?» borbottò l'uomo, arrampicandosi per recuperare il peluche.
«Se te lo dicessi, dopo dovrei ucciderti.» sorrise Nico, afferrando il peluche. Era più grande di Christal, quindi si decise a tenerlo lui. «Invece, per averne uno più piccolo per la bambina..?»
L'uomo ne afferrò uno molto più piccolo e lo tese senza una parola alla bambina.
«Forse ci vediamo più tardi.» sorrise Nico, prendendo Christal per mano e allontanandosi.
«Wow.» disse Christal sorpresa, guardandolo con un misto di adorazione. «Non sapevo fossi così bravo.»
«Mmh, è un talento naturale.»
«Non sono stupida. Lo so che tu e zio Gideon sparate.»
Nico abbassò lo sguardo su di lei. «E come fai a saperlo?»
«Io ascolto.» rispose Christal, scrollando le spalle e stringendo a sé il piccolo peluche giallo. «Ascolto sempre.»
Nico impallidì, chiedendosi se ascoltasse proprio tutto.
Lasciarono le giostre e tornarono alla macchina. Nico infilò il peluche per Will nel portabagagli, sperando che non intendesse farlo dormire a letto con loro. Alcuni giorni prima, Christal aveva avuto un brutto sogno e Nico si era ritrovato a dormire sul divano con Zen che gli soffiava vicino alla testa. Christal aveva la brutta abitudine di prenderlo a calci e tenerlo sveglio tutta la notte.
«Papà Will ha preparato il pranzo, vero?» domandò Christal, aprendo la borsa frigo.
«Sì.» annuì Nico, chiudendo il portabagagli. «Cos'ha combinato? Ha preparato i sandwich al tonno?»
«Non lo so.» rispose Christal. «La borsa è vuota. C'è solo acqua, dentro.»
Nico sospirò. Non era la prima volta che Will si dimenticava di mettere il cibo nella borsa. Per un certo periodo, quando frequentava ancora il liceo, Will aveva la tendenza di preparargli il pranzo al mattino, e dopo due settimane di cibo della mensa, Nico non si sorprendeva più di trovare il suo pranzo pronto sul tavolo della cucina, mangiato dal gatto. Will era spesso in altri posti con la testa, e Nico lo amava troppo per farglielo notare.
«Immagino ci sia un McDonald's da qualche parte.» disse Nico, guardandosi attorno. «A patto che tu non dica niente a tuo padre.»
«Non lo farò.» annuì Christal, sorridendo, stringendo a sé il piccolo Minion.

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Capitolo 33
*** 33. Una giornata alle giostre [Parte 2] ***


Dopo tre Happy Meal, Nico si sentì veramente sazio. Si massaggiò la pancia, chiedendosi se Will gli avrebbe ripetuto dei suoi problemi infantili con i giochini del McDonald's, e lasciò che la bambina giocasse anche con i suoi. Nico aveva riempito un cestino di giocattoli in meno di dodici anni, di cui Will si vergognava profondamente quando i nipotini andavano a trovarli e ricevevano la minaccia di non toccarli.
Tornarono alle giostre, fermandosi in macchina per posare i giocattoli di Nico, e Christal puntò lo sguardo sulle montagne russe.
«Potrei vomitare.» mormorò Nico, scuotendo la testa, declinando il muto invito. «Facciamo qualcos'altro.
Andarono a giocare nel recinto delle palline, e Nico tenne gli occhi puntati su Christal, ricordando vagamente Sheldon Cooper che esclamava «Bazinga!» ogni volta che usciva dalle palline.
Dopo quindici minuti, Christal uscì fuori dal recinto e andarono a mangiarsi dello zucchero filato azzurro. Nico scattò un paio di foto e le spedì nel gruppo Mai Più Profezie. Di solito non scriveva quasi mai. Era Will quello socievole.
«Ora andiamo sulle montagne russe?» domandò Christal.
«D'accordo, ma se mi vomiti sulle scarpe, ti metterò in punizione.» borbottò Nico, e la bambina rise.
Christal era troppo piccola per salire su quell'enorme montagna russa, e così andarono in quella per bambini. Nico si sentì sconfortato all'idea di metterci piede, ma si sentì più ringalluzzito quando vide altri genitori nelle sue stesse condizioni. Anche se molti di loro lo consideravano solo il fratello maggiore della bambina.
Dopo tre giri di giostra, si sedettero entrambi con le gambe molli su una panchina, cercando di riprendersi, e subito dopo andarono sulla ruota panoramica.
«Mandiamo una foto a papà!» esclamò Christal, entusiasta, guardando il parco giochi.
«Sei sicura? Vuoi ingelosirlo così tanto?»
«Sì!»
Nico recuperò il cellulare, sperando che non gli cadesse, e scattò una manciata di selfie. Scelsero quella più carina, e la inviarono a Will.
«Ho avuto una cattiva opinione su di te.» gli disse Christal, senza guardarlo, rigirandosi il peluche in mano.
«Mmh.» rispose Nico, lanciandole un'occhiata. La bambina non era poi tanto male. Gli dispiaceva solo aver aspettato circa due mesi per capirlo.
«Sei simpatico, ma non come papà Will.»
«Sì, lui lo è molto più di me. Ma le sue battute non fanno per niente ridere.»
«Come vi siete conosciuti?»
Nico cercò di ricordare le chiacchierate con Will sulla risposta adatta a quella domanda, ma non ci riuscì. Di sicuro, Will doveva essere nudo, mentre gli parlava. E Nico faticava molto a concentrarsi quando il marito era nudo.
«Mmh... In un campo estivo, durante le vacanze estive.» disse Nico, lentamente, vago, osservando il paesaggio sotto di lui. Erano veramente in alto. «È, ehm, successo dodici anni fa.»
«E vi siete sposati subito?»
«Oh, no. Ci siamo sposati tre anni fa. Tutti i nostri amici si sono sposati e noi siamo stati gli ultimi.»
«Cosa vi siete detti, la prima volta che vi siete visti?»
Nico non sapeva la risposta corretta. Sapeva di aver incontrato Will la sua prima volta al Campo, ma erano passati diversi anni da quando lui ne aveva dieci. Ricordava vagamente il figlio di Apollo come uno dei tanti semidei durante la battaglia contro Crono, e Will si era occupato dei feriti, oltre che del combattimento. Ma nei mesi successivi, dopo la scomparsa di Percy Jackson, Nico lo aveva incontrato più spesso, essendo Will capo cabina. Ma i loro incontri non erano stati sensazionali fino a quando Will, durante l'ultimissima battaglia contro Gea, gli aveva afferrato le mani. Era quello il ricordo che teneva per sé. Quando Will era passato da "un semplice figlio di Apollo" a "il ragazzo che è sopravvissuto toccando Nico di Angelo".
«Stavamo giocando.» spiegò Nico, lasciando che una scarica di energia gli attraversasse la spina dorsale. Dopo tutti quegli anni, pensare a Will Solace gli faceva venire le stesse sensazioni sentite un tempo. Sebbene ora i sentimenti erano più forti ed entrambi portavano una fede al dito. «Eravamo nella stessa squadra. Dovevamo sconfiggere il nemico. Ci siamo salvati a vicenda, poi, visto che lui si occupava insieme ad altri dell'infermeria, mi ha costretto a rimanere lì qualche giorno per riprendermi dalle fatiche.»
«E quindi dopo avete deciso di sposarvi?»
«È tutto molto più complicato di così.» ammise Nico. «E sono cose che ancora non puoi capire, sei piccola.»
«Me lo ha detto anche un'infermiera quando sono morti i miei genitori.» disse Christal. «Invece papà Will mi ha detto che loro erano morti, e che non sarebbero più tornati.»
Nico la osservò. «Ehm, come stai?» le chiese, titubante.
«Sto bene.» annuì Christal. «Ho perso la mia vera mamma e il mio papà, ma ho incontrato te e papà Will. Sto bene.»
Nico esitò, prima di dire: «Sai, io ho perso mia madre quando ero poco più grande di te. E, più o meno, ho perso anche una sorella alla stessa età. Quindi, se vuoi parlare dei tuoi genitori, con me puoi farlo.»
Christal annuì lentamente.
«Ma non parlarne con Will.» aggiunse Nico, abbozzando un sorriso. «Ha la brutta tendenza a piangere, quando si tratta di cose brutte.»
Christal rise, e Nico le passò un braccio attorno alle spalle. Era il primo vero gesto da padre che compiva nei confronti di sua figlia.

Quando scesero dalla ruota panoramica, oltre un secondo giro di zucchero filato - «Appena arrivi a casa, lavati i denti.» la redarguì Nico, occhieggiando la bambina. «E non dire niente a tuo padre!» - Christal chiese anche di tornare alla prima giostra, quella con i cavalli. Voleva fare delle foto nella carrozza, e Nico l'accontentò. Dopo una decina di scatti, Nico la lasciò da sola su un cavallo e andò a sedersi sulla panchina a tre metri di distanza, gli occhi puntati sulle giostre.
Nico controllò il cellulare una volta sola. Will gli aveva risposto, e anche gli altri sul gruppo, ma non aveva intenzione di leggere. Stava ripensando alla sua chiacchierata con Christal... Era filato tutto liscio. Ed era stato piuttosto piacevole chiacchierare con la bambina.
«Ehi, scusa, hai una sigaretta?»
Nico alzò lo sguardo su una formosa ragazza bruna che gli sorrideva.
«No, mi dispiace.» disse Nico.
«Non fumi?» insistette la ragazza.
«Se fumassi, mio marito mi avrebbe già staccato la testa.» rispose Nico, calmo, alzando la mano con la fede. Non riusciva a credere a tutti i sotterfugi che trovavano le ragazze per attaccar bottone con lui. E nemmeno Will gli credeva. Nonostante tutta la scuola sapesse del suo orientamento sessuale, Nico trovava un centinaio di bigliettini d'amore alla settimana nel suo armadietto, che gettava via, costernato. I suoi amici lo invidiavano, e Nico restava ogni giorno più stupito dal comportamento femminile. Lui e Will avevano fatto bene a trovarsi.
«Oh.» disse la ragazza, imbarazzata. «Che peccato.»
«Me lo hanno detto spesso.» borbottò Nico, occhieggiando la giostra.
Nonostante la fede, molte donne continuavano a provarci con lui. Nico ricordò le ultime due, una hostess e una collega di studi. La hostess aveva provato a saltargli addosso quando si erano fermati a destinazione, e Nico aveva sentito nostalgia dei biglietti d'amore. I primi li aveva portati a casa, lasciando che Will si sbizzarrisse per sbarazzarsene. All'inizio del secondo anno, per evitare altri consumi di carta, Will si era impegnato ad accompagnare a scuola Nico per un mese intero, baciandolo sempre più a lungo come arrivederci mattutino. Ma le ragazze erano implacabili.
«Da lontano non si nota che sei gay.» aggiunse la ragazza, e Nico aggrottò la fronte, chiedendosi cosa lo facesse sembrare gay da vicino. Non aveva lo stesso aspetto?
«Scusa, ma cosa ti fa dedurre che sono gay?» le chiese Nico, alzandosi in piedi, un po' curioso, lanciando un'altra occhiata alla giostra. «È perché ti ho accennato a mio marito?»
«No. Il modo in cui sei vestito. Così curato, così abbinato...»
«Abbinato?»
«Be', scarpe, cintura e piercing sono abbinati. Hai un gusto impeccabile nel vestirti.»
Nico fu tentato di prendere il cellulare e registrare la ragazza che gli diceva quelle frasi. Will doveva assolutamente sentirle. Will che continuava a lamentarsi del suo look dark. Will che gli aveva comprato una decina di capi colorati, ordinatamente piegati e nascosti in una scatola nello sgabuzzino.
«Grazie.» disse infine Nico, compiaciuto. «Scusami, ma devo andare.»
La ragazza gli fece un cenno e si allontanò in fretta, gettandosi solo un'occhiata alle spalle.
Nico scosse la testa. Leo si sarebbe di sicuro messo a ridere per delle avances del genere. Si avviò alla giostra, sorridendo al pensiero di Will che rideva a lungo delle parole della sconosciuta.
Nico impiegò solo un minuto a tornare alla realtà e a capire che qualcosa non andava.
Perché Christal non gli era ancora andata incontro?

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Capitolo 34
*** 34. Una giornata alle giostre [Parte 3] ***


Nico si guardò attorno. Non vedeva la bambina da nessuna parte. Con il cuore in gola, saltò sulla giostra e controllò tutte le carrozze, poi si catapultò dall'uomo che vendeva i biglietti.
«Ehi!» esclamò Nico, sentendo l'adrenalina scorrere nelle vene. «Ehi, dov'è la bambina che era con me?»
«Se non lo sai tu...» rispose l'uomo, burbero, lasciando due biglietti ad una donna e al figlio.
«La stavo aspettando laggiù!» disse Nico, cominciando a sentirsi male. «L'ha vista allontanarsi? Ci sono i bagni nelle vicinanze?»
«Laggiù.» sbuffò l'uomo.
Nico fu sul punto di mettersi a correre quando la donna con il figlio lo fermò.
«È una bambina bionda? Con un peluche in mano?» gli chiese, la fronte aggrottata.
Nico annuì.
«L'ho vista allontanarsi in quella direzione con il fratello più piccolo.»
«Non ha fratelli piccoli.» ringhiò Nico, e si mise a correre nella direzione indicatagli dalla donna.
Cominciò ad urlare il nome di Christal, sperando che comparisse da un momento all'altro, chiedendogli scusa per essere scappata da sotto il suo sguardo. Per un momento, gli tornò alla mente il volto della ragazza bruna, e Nico lo scacciò in fretta.
Nico aveva guardato la giostra per tutto il tempo, sebbene distratto dalla ragazza. E la giostra aveva fatto solo due giri, e Nico le aveva dato due biglietti. Forse si era allontanata per andare al bagno. No, lo avrebbe avvertito. Ma chi era il bambino con lei?
Nico iniziò a fermare la gente tra le giostre e gli mostrò la foto di Christal dal cellulare, chiedendo se l'avessero vista. Alcuni scossero la testa, altri gli risposero che avrebbero tenuti gli occhi aperti. Qualcuno gli consigliò di chiamare la polizia, e Nico iniziò a sentire una stretta dolorosa allo stomaco.
L'aveva persa. Si era distratto per un minuto e l'aveva persa.
«Ben!» gridò una donna, avvicinandosi nella loro direzione. «Qualcuno ha visto Ben?»
Nico guardò la pozza di tenebre allungarsi vicino ai suoi piedi e alzò lo sguardo verso la signora, la donna dai capelli biondi, di circa quarant'anni, dall'espressione terrorizzata. Stringeva a sé un bambino che le somigliava molto, e Nico notò che aveva i capelli biondi anche lui. Pensò all'altra donna, quella vicino alla giostra, che gli aveva accennato al fratellino minore di Christal...
«Credo che mia figlia sia con il suo bambino.» disse Nico alla donna, che sembrava sul punto di mettersi a piangere.
«Mi sono distratta un momento, e lui è scomparso.» disse la donna, agitata.
Nico fu tentato di mettere a soqquadro l'intero posto chiamando a sé un'orda di zombie, o anche solo suo padre, quando lo vide. Il minion di Christal gettato a terra, a pochi metri da un cancelletto. Un bambino non poteva scavalcarlo, ma un adulto sì.
Lo scavalcò senza una parola e si guardò attorno. I suoi occhi si puntarono sul parcheggio, cercò la sua macchina. Alle sue spalle, la donna lo chiamò e Nico captò vagamente che era intenzionata a chiamare la polizia.
Aveva letto dei libri riguardo i bambini rapiti, per non parlare di quello che sentiva al telegiornale, che gli faceva venire il voltastomaco. Genitori distratti e bambini scomparsi. Non aveva alcuna intenzione di lasciare che il suo nome e quello di sua figlia comparissero su quella lista.
Nico si guardò attorno, e vide la ragazza bruna che gli aveva chiesto una sigaretta. La seguì con lo sguardo, e la vide salire su un furgoncino, che subito si mise in moto. Il cuore gli saltò in gola mentre cercava di capire.
Forse non era la pista giusta, però...
Nico si mise a correre. Il furgoncino aveva un vantaggio di tre minuti su di lui, ma il figlio di Ade non si lasciò scoraggiare. Continuò a correre, ignorando la fitta al fianco. Per alcuni anni, prima che partisse, Alec lo aveva costretto a correre con lui tutte le mattine. Quando Alec era scomparso, Nico si era ritrovato a correre da solo, per allentare un po' la pressione e la preoccupazione nei riguardi del suo secondo Solace preferito. Sebbene le tante serie tv che si vantava di aver visto, non aveva ancora fatto a meno dell'esercizio fisico. E si consigliò di comprare un tapis roulant, durante la settimana, per allenarsi a casa mentre Christal faceva i compiti.
Sempre se avesse trovato la bambina.
Nico scacciò quel pensiero. L'avrebbe trovata, anche a costo di far scendere gli Dei dall'Olimpo per aiutarlo nella ricerca.
Il furgoncino si fermò ad un semaforo rosso e Nico quasi gli sbatté contro. Iniziò a tirare pugni contro le fiancate, fino a quando l'autista non scese.
«Ehi!» gridò l'uomo, confuso. «Mi hai ammaccato la macchina!»
«Mi mostri cosa sta trasportando.» ringhiò Nico. «E alla svelta.»
L'uomo lo fissò torvo. «Sei tutto matto.»
«Sono matto, ho dei problemi di autocontrollo e ho la mania di aggredire gli sconosciuti.» disse Nico. «Aprimi subito il retro.»
L'uomo gettò un'occhiata alla donna sul sedile posteriore, e Nico capì tutto quello che c'era da capire. Tornò indietro di qualche passo, ignorando i passanti che lo additavano, e tirò un pugno al finestrino. Ne dovette tirare tre, prima che il finestrino si frantumasse. Nico non udì il rumore, attutito da una sirena della polizia che si fermava alle sue spalle, e anche per il sollievo e la rabbia che lo assalirono quando incrociò gli occhi scuri della figlia.
«Signore.» lo chiamò uno dei poliziotti alle sue spalle. «Signore, si calmi...»
Nico lo ignorò. Iniziò a tirare pugni contro lo sportello, cercando di aprirlo, e alla fine raccolse il pugnale che teneva attaccato al polpaccio. Sapeva che un giorno gli sarebbe servito. Ignorò i due poliziotti alle sue spalle, che probabilmente avevano appena tirato fuori le pistole, visto il rumore emesso, e aprì gli sportelli con il pugnale.
«Christal.» esalò Nico, entrando in fretta, e avvicinandosi alla bambina. Era stata imbavagliata e legata, ma non sembrava riportare altri danni. Al suo fianco, un bambino dagli occhi verde prato lo guardava terrorizzato.
Tagliò via le corde da Christal e da Ben, e Christal gli saltò al collo piangendo. Anche Ben, timoroso ma in lacrime e bisognoso di sicurezza, lo abbracciò.
Nico li cullò per un minuto, cercando di tranquillizzarli, e chiedendo loro di stringerlo un po' meno forte perché stavano rischiando di soffocarlo. Rinfilò il pugnale nel laccio legato al polpaccio, e uscì dal furgoncino stringendo a sé i bambini.
Uno dei poliziotti, vedendo i due bambini legati all'interno, aveva fermato l'autista, che ora era ammanettato contro il cofano dell'auto della polizia.
«Sono suoi figli?» gli chiese il secondo poliziotto.
«Una sì, ma dell'altro conosco la madre.» disse Nico, stringendoli a sé, gli occhi puntati sull'uomo che sudava e cercava una scappatoia, sebbene con le manette strette ai polsi. «Christal, Ben, potete lasciarmi andare solo per un secondo? Vi giuro che non mi allontanerò.»
Christal ubbidì, titubante, e costrinse Ben a fare lo stesso. Nico li guardò con attenzione, poi afferrò l'autista del furgoncino e gli piantò un destro dritto in volto, spaccandogli il naso. Sentì le nocche scorticate della sua mano destra, e qualche frammento di vetro gli si conficcò più a fondo nella carne.
«Bene, ragazzo, ora basta.» gli disse il poliziotto numero 1.
«Tocca di nuovo mia figlia, bastardo, e ti giuro che un naso rotto sarà la tua ultima preoccupazione.» ringhiò Nico, afferrandogli la nuca e facendogli sbattere il volto contro il tettuccio. Il poliziotto numero 2 fece un passo nella sua direzione, ma bastò un'occhiata di Nico per fermarlo.
Nico prese di nuovo in braccio i due bambini. Il dolore alla mano non era niente in confronto al dolore al petto, alla preoccupazione che lo aveva assalito, alla paura che ancora lo possedeva.
Ben gli scese dal braccio e Nico gli tenne forte la mano mentre lo riaccompagnava dalla madre.


 

Ciao!

Ho scritto questo capitolo mentre leggevo un libro sui neonati rapiti alla nascita, e dati per morti ai genitori. Mi è sembrato giusto ricordare i fatti quotidiani che possono capitare nel mondo reale.
Fate attenzione!!
Baci, Debby

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Capitolo 35
*** 35. Sei un ottimo padre, Nico ***


Quando Will entrò in casa, capì subito che ci fosse qualcosa che non andava. Nico e Christal guardavano la tv a basso volume, uno stretto all'altra, in silenzio. Nelle ultime settimane, Will non li aveva mai trovati in quella situazione.
Chiuse la porta alle sue spalle e si avvicinò al divano. Sfiorò i capelli di Nico.
«Ehi.» lo salutò.
Nico sussultò e strinse a sé la bambina, alzando lo sguardo su di lui. Lo studiò per un secondo con sguardo vacuo.
«Ehi.» rispose Nico, senza entusiasmo.
Will lo esaminò. «Vado a fare la doccia.»
«Ah, sì, okay.» annuì Nico.
Will rimase in bagno dieci minuti, notando la vasca usata e i vestiti di Christal sparsi per il bagno. Strano. Nelle ultime settimane, Nico si era intestardito, non era per nulla intenzionato ad aiutare la bambina a fare la doccia. A quanto pareva, quel giorno aveva cambiato idea.
Will si stava controllando le occhiaie allo specchio quando Nico entrò in bagno, lasciando socchiusa la porta. Gli occhi da medico di Will videro subito la benda bianca che gli fasciava la mano.
«Cos'hai fatto?» domandò subito il figlio di Apollo, avvicinandosi e prendendogli la mano ferita tra le sue.
«Ho aggredito un tipo.» rispose Nico, con una scrollata di spalle.
Will sgranò gli occhi e commentò: «Sai, con quel tono di voce, di solito dico ai parenti che il paziente è sopravvissuto senza complicazioni.»
Will sfasciò la benda e controllò la ferita. Individuò tagli attorno alle nocche, e subito mormorò un incantesimo di guarigione. Quando la pelle pallida del figlio di Ade fu di nuovo compatta, Will alzò lo sguardo.
«Cos'è successo?» domandò. «Perché hai aggredito un tipo?»
Nico scrollò le spalle e non rispose. Will si chiese cosa potesse turbarlo così tanto. Gli diede un bacio e lo spedì di nuovo sul divano mentre ordinava le pizze. Era la sua unica arte culinaria.
Si sedette sul divano insieme agli altri, e si trattenne dal chiedergli come fosse andata la giornata.
«C'è una sorpresa sul letto.» gli disse Nico, abbozzando una sottospecie di sorriso. «Ti piacerà.»
Will socchiuse le palpebre, cercando di cogliere un segnale dal volto di Nico o dalla figlia, che lo osservava sorridendo, gli occhi scuri ricoperti da una patina di angoscia, e balzò in piedi. Corse in camera e lanciò un urlo entusiasta alla vista del Minion alto un metro steso sul letto. Corse ad abbracciarlo.
«Mi piace!» esclamò Will, raggiante, voltandosi verso la porta. Nico lo aveva seguito e ora stava con la spalla appoggiata allo stipite della porta. «È meraviglioso! Come hai fatto a vincerlo?»
«Con una capacità che non vuoi che sviluppi.»
Will aggrottò la fronte. «Hai ripetuto l'alfabeto ruttando? Al contrario di quello che dice Jem, non è per niente sexy.»
«No, non quella capacità.» Nico mimò il gesto di sparargli, e Will fu tentato di lanciargli addosso il peluche.
«E Christal non ha detto niente?»
«No.»
Will affondò il volto nel peluche giallo, poi tornò a guardare Nico. Gli si avvicinò stringendo il Minion.
«Cos'è successo?» chiese, piano, occhieggiando Christal sul divano. «È successo qualcosa alle giostre? Sei stato attaccato dai mostri?»
Nico scosse la testa, e aggiunse: «Non voglio parlarne. Come è andata la tua giornata? Hai operato quel poliziotto? Sei riuscito a salvarlo?»
Will annuì, ripensando alla sua giornata. Aveva finito di operare prima dell'ora di pranzo, e il suo superiore gli aveva ricordato del suo giorno libero. Will era andato a pranzo dai genitori, aveva fatto una passeggiata con Danny, ed era corso a casa di Gideon quando il fratello maggiore lo aveva chiamato per dirgli che Jon stava male. Lasciando la casa di Gideon, si era scontrato con Jem e Raphael, diretti al lavoro. Poi era tornato a casa.
«Nico, per favore.» disse Will, osservando il marito negli occhi. La fede al dito non gli era mai sembrata così pesante, prima di allora. «Cos'è accaduto? Sei stato attaccato da un mostro?»
Nico si mordicchiò il labbro, poi sospirò. «Ma non dare di matto, quando ho finito.» gli disse.
Will annuì.
Nico si fece coraggio e gli raccontò cosa fosse successo. Il quasi rapimento di Christal e dell'altro bambino, la ragazza che lo aveva distratto, come si era fatto male alla mano, Christal che era scoppiata a piangere prima in auto e poi nella vasca da bagno...
Will rimase in silenzio dopo che Nico ebbe finito di parlare. Non si guardarono in volto. Uno era scioccato, l'altro esausto.
«Be'...» mormorò Will, sforzandosi di trovare le parole adatte, ma non ci riuscì. Aveva male al cuore al pensiero di quello che era successo quel pomeriggio, in sua assenza.
Nico rimase in attesa.
«Sei stato in gamba, Nico.» disse Will, infine.
Nico strinse gli occhi. «Tutto qui?» disse. «Insomma, ho rischiato di perdere nostra figlia, e tu mi dici...»
«Sei riuscito a ritrovarla.»
«E se non ce l'avessi fatta? Will...» Nico si massaggiò le tempie e mormorò: «Avremmo dovuto avere un figlio nostro. Almeno i mostri li so combattere. Invece, gli umani... non so come difenderla dagli umani.»
Nico teneva gli occhi puntati sul pomello della porta. Si sentiva esausto, stravolto, e il cuore gli doleva, gli batteva così forte da fargli male. Aveva avuto paura di perdere Christal, di tornare a casa senza di lei. Ne aveva lette di storie di quel genere, sui figli rapiti, e ascoltava anche il telegiornale. Il solo pensare che stava per succedere anche a loro...
Will lo abbracciò, capendo il suo turbamento. Si chiese cosa avrebbe fatto lui in quella situazione. Tra i due, Nico era il più forte, quello che non si tirava indietro se c'era da inseguire un furgone per due isolati. Mentre lui... cos'era capace di fare senza un bisturi in mano?
«Ne ho sentito parlare alla radio.» mormorò Will, senza riflettere. «E non mi è nemmeno passato per la testa di collegare il tutto con te e Christal. Mi dispiace non esserci stato.»
Nico lo strinse senza aggiungere una parola.

 

Quando suonarono alla porta, Will aprì e pagò i venti dollari per le pizze. Lasciò il resto al fattorino, e riunì la silenziosa famiglia a cena.
Will tenne gli occhi puntati su Christal. Il giorno seguente le avrebbe programmato un incontro con la psicologa dell'ospedale, la sua amica Kate Owl. Le due si conoscevano già, Kate aveva avuto in cura Christal dopo l'incidente che si era portato via i suoi genitori. E a Christal la donna stava simpatica.
Ma Nico... Will spostò lo sguardo sul figlio di Ade... Lui era un'altra faccenda. Aveva ancora il terrore di perdere Christal, e lo capiva. Portare lui dalla psicologa dell'ospedale sarebbe stato uno sforzo eccessivo.
Quando finì la pizza, Christal andò in bagno a lavarsi i denti, diede un bacio sulla guancia di Will e sparì in camera sua a dormire. Nico si offrì di andare a buttare le scatole della pizza, e tornò in casa dopo un quarto d'ora, con sguardo arcigno.
«Io vado a letto.» lo avvertì, dirigendosi in camera.
Will si affrettò a spegnere la tv e lo seguì. Si spogliarono e Will posò il grande Minion alla sedia della scrivania. Quando si voltò verso il letto, Nico era già steso sotto le coperte, intento a contemplare il soffitto.
«Sai, non te ne volevo parlare, ma invece lo farò lo stesso.» disse Will, infilandosi sotto le coperte e passando una gamba attorno a quelle di Nico. «Ti ricordi, mmh, una decina di anni fa?»
«Che cosa, esattamente?» chiese Nico, senza guardarlo. «La guerra contro Gea? La "morte" di Leo? Io che sono sparito negli Inferi per dieci mesi?»
«No, intendevo quando abbiamo lasciato il Campo Mezzosangue per venire a vivere qui. Te lo ricordi?»
Nico grugnì. Aveva memoria solo di un gruppo di semidei che lo abbracciavano e lo salutavano e tante mani sudate che stringevano la sua.
«Ecco, ricordi il Signor D?»
«Come potrei dimenticare il Signor D?»
«Giusta osservazione. Ricordi come ti ha chiamato il Signor D, quel giorno, prima che lasciassimo il Campo?»
Nico scosse la testa. «Non ricordo cos'abbiamo mangiato ieri a pranzo. Come puoi sperare che io ricordi una frase detta dal Signor D più di dodici anni fa?»
Will sorrise, divertito, e fu sul punto di ricordarglielo quando la porta si aprì e comparve Christal. Come nelle ultime settimane, Will e Nico controllarono di avere almeno un capo addosso - Nico indossava solo un vecchio pantalone di tuta - prima di guardarla.
«Posso dormire con voi?» domandò Christal, titubante, gli occhi puntati su Will. «Non riesco a dormire.»
Will annuì e si separò da Nico. La bambina si arrampicò sul letto, si infilò sotto le lenzuola e, con sorpresa di entrambi i papà, si voltò verso Nico e gli si avvinghiò contro.
Will spense l'abat-jour augurando ad entrambi la buonanotte, fingendo di non aver visto gli occhi del marito riempirsi di lacrime. Quando la luce fu spenta, si girò anche lui di lato, dando un leggero bacio sulla testa alla piccola Christal.
 

Christal si addormentò dopo una decina di minuti, e Nico la portò a letto, dandole un bacio sulla fronte. Si divertì molto a rimboccarle le coperte, e quando tornò da Will si sentì più leggero, più tranquillo.
Nico lasciò la porta aperta, in modo che Zen potesse dormire sul letto con loro, e quando tornò sotto le coperte, sussultò. Will aveva acceso di nuovo l'abat-jour.
I due si guardarono con attenzione.
«Cosa c'è?» borbottò Nico, imbarazzato. «Avrei dovuto lasciarla dormire con noi tutta la notte?»
Will scosse la testa, sorridendo appena. Il suo tenebroso orsetto...
«Hai fatto bene a portarla di là.»
Nico annuì poi aggiunse, esitante: «Sappi che non sono dell'umore adatto.»
Will rise. «Fammelo segnare sul calendario. È una data da ricordare.»
L'altro sbuffò.
Will gli si accoccolò vicino, e Nico gli accarezzò distratto la schiena.
«Cosa stavi dicendo, prima?» disse il figlio di Ade. «Riguardo il Signor D?»
«Oh, sì, giusto!» annuì Will, cercando di mettersi seduto, ma il suo fu un movimento goffo, e diede una gomitata a Nico tra le costole. «Il Signor D, quando stavamo andando via dal Campo, ti ha chiamato due o tre volte Aaron Navarro.»
Nico scosse la testa. «Non me lo ricordo.» ammise. «Tu come fai a ricordartelo?»
«Tesoro, io ricordo tutto.»
Nico roteò gli occhi fino al soffitto. Will gli accarezzò l'addome, pensando che anche lui doveva tornare al più presto in palestra, e rimase in attesa.
«Perché me lo hai ricordato?» domandò infine Nico, esasperato dal fatto che Will non intendesse aprir bocca. «Perché mi hai ricordato che il Signor D non sapeva il mio nome?»
«Oh, fidati, lui se lo ricorda, il tuo nome. Chi non se lo ricorda?»
«Stai per caso cercando di dirmi che ho un nome famoso quanto quello di Harry Potter? Non ci sarà bambino nel nostro mondo che non conoscerà il suo nome?»
«Oh, per gli Dei, Nico. Sgonfia il tuo Ego.»
Nico si lasciò scappare una risatina, e Will riuscì a mettersi seduto e a guardarlo dritto negli occhi. Nico notò che l'altro aveva le guance arrossate. Non era un buon segno.
«Ecco, oggi, in ospedale, c'erano quei tre poliziotti feriti.» gli ricordò, e Nico annuì lentamente. «E uno di loro...»
«Si chiama Aaron Navarro?» disse Nico, alzando le sopracciglia. «Non mi sembra questa gran novità. Insomma, se non ricordo male, il Signor D ti ha chiamato Wilbur Smith, e Wilbur Smith è uno scrittore.»
«Non è il poliziotto ha chiamarsi Aaron Navarro.» lo tranquillizzò Will, per poi aggiungere: «Ma suo figlio.»
Nico aprì la bocca per un secondo, la richiuse, e riprovò. «Quel tipo sta bene, vero?» domandò. «Cioè, non sta per morire, vero?»
«No, è fuori pericolo. Per il momento. Ma è andato molto vicino alla morte.»
«Be', mi spiace per lui.»
Will fece una smorfia. «Che sia ancora vivo o che ha rischiato la morte?»
«Che abbia rischiato la morte. Will, William, perché ho la cattiva impressione che tu mi stia per chiedere di adottare quel bambino?»
«Be', non te lo sto chiedendo.» sbuffò Will, incrociando le braccia al petto. «Il padre è ancora vivo, e sta bene. Volevo solo dirti che ho incontrato un bambino con lo stesso nome usato dal Signor D.»
«Come ho detto, Wilbur Smith...»
«Sì, sì, ho capito.»
Will si coricò sul letto, le mani intrecciate sotto la testa, e Nico si appoggiò contro di lui, studiandolo.
«È un figlio di Atena.» disse infine Will.
«Chi? Il poliziotto?»
«No, Aaron Navarro. Quando ho chiesto all'uomo informazioni sulla moglie, lui mi ha detto che non la conosceva, e poi si è lasciato scappare che fosse figlio di Atena.»
«Mmh.» disse Nico. «Annabeth ha un altro fratello. La chiami tu per darle la notizia?»
Will scosse la testa, poi mormorò: «Stavo pensando...»
«Che vuoi accidentalmente uccidere l'uomo durante un operazione, ma non prima di avergli chiesto di farti diventare il padrino del bambino? No, Will. Insomma, oggi ho avuto una giornata stressante, abbiamo rischiato di perdere Christal, la nostra bambina, e stai già pensando di adottarne un altro?»
«No, Nico, mi hai frainteso, io...»
«Sì, certo.» sbottò Nico, scendendo dal letto e afferrando il cuscino. «Sono sicuro di averti capito benissimo. Vado a dormire sul divano.»
Will scoppiò a ridere e gli fece cenno di tornare sotto le coperte. Nico continuò a tenere il suo cipiglio arrabbiato per un altro lunghissimo minuto, prima di decidere di tornare a letto. Risistemò il cuscino e fece cenno a Will di parlare.
«Stavo dicendo... che forse faremmo meglio a conoscere quell'uomo.» disse Will. «Insomma, suo figlio è un semidio come noi, e sono sicuro che lui non capisca la gravità di questa situazione.»
Nico lo scrutò. «Vuoi diventare suo amico? E poi invitarlo ad un pigiama party?»
«No. Per gli Dei, Nico...»
«Sì, sì, ho una mente strana, e bla bla bla. Will, sei sicuro di quello che mi hai detto?»
Will si trattenne per un altro secondo prima di sbottare: «D'accordo, mi hai beccato. Stavo per chiederti esattamente quello. Di adottare il piccolo Aaron in caso al padre fosse successo qualcosa. Ma tu devi sempre parlare a sproposito.»
«Non parlo a sproposito. Ormai ti conosco troppo bene, William.»
«Non chiamarmi William, altrimenti ti restituisco il favore, Nicola
Nico avvampò. «L'ultima persona che mi ha chiamato Nicola è stato quel tipo al nostro matrimonio.» borbottò.
«Ah, giusto.»
«Comunque, vuoi davvero uccidere quel pover'uomo?»
«Certo che no, questa è stata un'idea tua. E poi, non è mio paziente, io mi sono occupato di un suo collega. Ma se dovesse capitargli qualcosa...»
«No.» sbottò Nico, guardandolo torvo. «Christal è più che sufficiente, Will. Abbiamo una figlia. Basta così. Non ne voglio avere altri. Insomma, ti rendi conto del mondo in cui viviamo? È uno schifo, e non voglio mettere a repentaglio la vita di un altro bambino...»
«Ma lui è un figlio di Atena, quindi andrebbe a vivere al Campo Mezzosangue quando...»
«Ah, e quindi? Non so se siano meglio i mostri, o gli esseri umani con i loro comportamenti disastrosi. Non adotterò un altro figlio, Will. Christal mi piace, ed è sufficiente. Io ti amo, Will, cerca di non dimenticarlo, ma non ho alcuna intenzione di lasciarti comandare una seconda volta. Non ho intenzione di avere un altro figlio. Siamo intesi?»
Will annuì, e aggiunse: «Era solo un'idea. E poi il padre è ancora vivo...»
«Certo, certo.» Nico lo sondò con lo sguardo. «Ma almeno abbiamo messo le cose in chiaro. Non voglio altri figli oltre Christal. Siamo d'accordo? Non ne voglio altri. E non ti lascerò mai il permesso di adottarne un altro. M A I
Will gli augurò la buonanotte senza aggiungere una parola, e si trattenne a stento dallo sorridere mentre Nico gli posava la guancia contro la spalla e gli passava un braccio attorno al petto.
«Sei un ottimo padre, Nico.» mormorò, accarezzandogli i capelli. «Lo sai?»
«Will, credevo che...»
«Qualsiasi cosa sia successa oggi, tu rimani sempre un ottimo padre.»
Nico tenne gli occhi chiusi e borbottò: «Ti ringrazio. Ma ribadisco il mio mai!»
Will ridacchiò, e chiese: «E che ne pensi, invece, di cambiare casa?»
«Perché dovremo cambiare casa?»
«Siamo in tre, Nico. E questa casa inizia a restringersi.»
«Ma ci sono dei bei ricordi, tra queste mura. Per non parlare del pubblico che ti attende quando esci fuori nudo sul balcone.»
Will sorrise tra sé. «Sì, be', credo di poter fare a meno del mio pubblico.»
Nico alzò lo sguardo su di lui, lo studiò e infine sospirò. «Non mi va molto l'idea di traslocare, a dirti la verità.»
«E se ti dicessi che c'è una casetta libera a pochi numeri di distanza da quella di Alec?»
Nico si illuminò. «Inizio a fare le valigie domani.»
Will borbottò e gli diede un bacio sulla gola, prima di avvinghiarsi a lui per dormire.

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Capitolo 36
*** 36. Aaron Navarro ***


Nico osservò il giardino di casa, pensieroso. C'era qualcosa che gli sfuggiva, ma non riusciva a capire cosa fosse. Aveva forse dimenticato di dare da mangiare al gatto
Batté le palpebre e studiò il giardino. C'erano giochi sparsi ovunque, per non parlare dell'altalena con la catena spezzata a metà. I figli di Gideon, tutti tranne il più piccolo, si erano divertiti a saltare sul sedile fino a quando la catena non si era spezzata. Gideon aveva sgridato i figli uno dopo l'altro, scusandosi per loro. A Nico non era importato molto di scoprire l'altalena rotta. Si considerava fortunato che nessuno si fosse fatto male, sebbene Will il dottore sarebbe stato in grado di curarli tutti
Nico tirò un calcio ad una palla, e la osservò rotolare per qualche metro prima di fermarsi.
«Papà Nico!» lo chiamò Christal, uscendo fuori nel giardino. Era a piedi nudi, e indossava il vestito nero che Nico le aveva regalato due mesi prima. «Aaron ha bisogno di essere cambiato.»
Nico si trattenne dal sospirare, e seguì la figlia in casa. L'odore che proveniva da Aaron gli strinse lo stomaco, ma nelle ultime settimane si era abituato.
Dopo cinque minuti, Nico lasciò di nuovo il piccolo Aaron a gattonare liberamente per la casa. Sapeva già camminare, ma il bambino aveva scoperto che, quando camminava a due gambe, si faceva molto più male dopo una caduta.
«Christal.» chiamò Nico, guardando la figlia seduta sul divano intenta a leggere un libro. «Credo di essermi dimenticato qualcosa.»
Christal sospirò, lanciando un'occhiata all'orologio appeso al muro. «Zio Alec arriva tra un'ora in aeroporto.»
Nico sussultò. Ecco cosa si era dimenticato. Corse in camera a vestirsi, e spedì un messaggio a Will, chiedendogli quando sarebbe tornato a casa.
«Ehm, Nico?»
Il figlio di Ade si voltò di scatto verso la porta del bagno aperta. Will lo stava osservando, fradicio per la doccia, più o meno vestito.
«Cosa fai tu a casa?» domandò Nico, perplesso.
«Ti ho detto che sarei arrivato alle tre.» disse Will, reprimendo una smorfia. «Perché non ti ricordi mai niente di quello che ti dico?»
«Alcune cose me le ricordo.»
«Fammi un esempio.»
Nico si massaggiò le tempie cercando di ricordare qualcosa di utile, mentre il marito si vestiva senza fretta. Con una rapida occhiata al salone, dove Aaron giocava con le costruzioni - regalo di Annabeth - e Christal continuava a leggere il suo libro, Nico inspirò profondamente.
«Be', mi ricordo una conversazione avvenuta circa sei mesi fa.» disse Nico, incrociando le braccia al petto, gli occhi puntati su Will.
«Di che genere?» domandò il dottore, osservando due magliette, una azzurra e l'altra giallo sole.
«Del genere: non voglio avere altri figli all'infuori di Christal. E non voglio cambiare casa.»
Will rise, divertito. «Be', sono felice che ti ricordi quella conversazione. Però sappi che, okay, non volevi avere altri figli, e ora sei contento di avere Aaron, giusto?»
Nico annuì. Nonostante avesse cambiato una montagna di pannolini in quattro mesi, e nonostante brutti episodi indimenticabili, voleva bene ad Aaron ed era felice che Will fosse riuscito a convincerlo.
«Mentre, per la seconda cosa che hai detto...» disse Will, sorridendo appena, infilandosi la maglietta azzurra. «Ti ricordo che ti sei lasciato convincere a cambiare casa solo per Alec.»
«Sì, be'. Non dirla in questo modo. Non l'ho fatto solo per Alec.»
Will rise. «Sì, certo.»
Nico arrossì leggermente. «Sì, be', d'accordo. Forse un pochino.»
L'altro continuò a ridacchiare, e Nico decise di tornare in soggiorno.
La casa era grande. Molto grande. Contava due piani, un giardino sul retro e uno sul davanti, circondato da una cancellata tinta di bianco. Case del genere, Nico le aveva trovate solo nei libri.
Ogni stanza era grande, ma non quanto Villa Solace, che sembrava aver ingoiato una decina di case come quella.
Ai piani superiori c'erano quattro camere da letto, una comprendeva il bagno, e un secondo bagno alla fine del corridoio. Senza contare la porta che conduceva alla mansarda. Christal si era impossessata di una camera tutta per lei, già dipinta di rosa e con quadri di unicorni alle pareti. Aaron occupava un'altra stanza, sebbene Nico e Will preferivano che dormisse con loro o con Christal.
Nico e Will si erano impossessati della camera grande, con il bagno, soprattutto per via della vasca enorme. Negli ultimi mesi avevano fatto un'infinità di bagni insieme, solo per il gusto di farlo, e non tanto perché ne avevano bisogno.
Invece, il piano terra era composto dalla sala da pranzo, dal soggiorno, la cucina, e l'ufficio di Will, usato da tutti come studio. Sparse per la casa c'erano varie fotografie dei loro amici del Campo Mezzosangue, e anche degli ingrandimenti di altre foto, come il loro matrimonio, il dottorato di Will e Nico dopo aver preso il suo brevetto da pilota.
Il mese prima, dopo aver concluso l'ultimo anno di università, Nico era stato assunto da un uomo molto ricco per pilotare il suo jet privato. E anche, sebbene non lo avesse detto a gran voce, per fargli da guardia del corpo. L'aspetto di Nico continuava a turbare molti dei suoi colleghi, e anche i nuovi clienti, ma Nico non si lasciava convincere da nessuno a cambiare il proprio aspetto. Era l'unica parte di lui sopravvissuta nel tempo.
Nico si sedette vicino ad Aaron e lo aiutò a costruire un castello. L'influenza di Annabeth Chase era stata di grande aiuto, per Aaron. Entrambi erano figli di Atena, e Aaron stava dimostrando che, un giorno, sarebbe diventato architetto come sua zia - o come sua sorella?
Nico tenne gli occhi puntati su Aaron, così occupato a costruire il suo edificio da non accorgersi del padre che stava cercando di aiutarlo. Nico vide Will uscire dal bagno vestito, il cellulare in una mano e il cercapersone nell'altra.
Osservandolo, Nico ricordò altre conversazioni con Will. Non era vero che il padre di Aaron Navarro era fuori pericolo, come gli aveva detto il figlio di Apollo quella sera. Tutt'altro. Dopo l'operazione, non si era svegliato dall'anestesia, e i genitori avevano dovuto staccargli la spina dopo due settimane di attesa. Will si era chiuso in sé stesso, si era dato la colpa per non averlo aiutato, e Nico aveva cominciato ad informarsi sull'adozione un'altra volta. Aveva parlato con i nonni del piccolo Aaron, appena sessantenni entrambi, che sapevano della maternità divina del nipote. Dopo sei settimane, Nico e Will erano riusciti ad ottenere l'adozione del bambino, a patto che i signori Navarro potessero incontrare il nipote di tanto in tanto. A nessuno dei due dispiaceva, e avevano deciso che, quando il figlio fosse stato abbastanza adulto, avrebbe scelto da sé un proprio cognome.
Anche se Aaron Navarro Solace di Angelo non stonava poi così tanto.
«Ehi.» disse Will, fermandosi a pochi passi di distanza. «L'aereo di Alec ha un ritardo di un'oretta.»
«Come fai a saperlo?» domandò Nico, curioso.
«Ho chiamato l'aeroporto. Cosa facciamo? Cominciamo ad uscire?»
«Nah.» rispose Nico. «Aspettiamo un'ora. Lo sai che preferisco fare le cose all'ultimo minuto.»
Will sospirò. «Sì, purtroppo lo so. Vado a dare un'ultima occhiata al mio lavoro top secret.»
Nico annuì. Il lavoro top secret di Will era una ricerca medica, la cura di qualcosa che Nico non ricordava, ma sapeva che Will gliene aveva parlato sotto le coperte.
Nico diede un'occhiata al suo cercapersone. Il suo capo, il signor Hunter, aveva l'abitudine di chiamarlo all'improvviso e chiedergli se potevano partire nel giro di un'ora. Nico, spesso, aveva solo il tempo di chiamare Danny o Jem per fare da babysitter ai bambini, e nel mentre vestirsi, prima di scappare via. Per fortuna, il signor Hunter gli chiedeva di spostarsi solo lì, negli Stati Uniti. Solo una volta gli aveva chiesto di arrivare fino a Panama, ma non erano atterrati.
Oltre a volare, Nico seguiva il signor Hunter e i suoi collaboratori, gli occhiali da sole che accompagnavano la sua espressione arcigna. Non si era ancora preoccupato di scoprire cosa facesse il signor Hunter, e finché lo pagava puntualmente alla fine di ogni viaggio, non gli importava.
Inoltre, ricordò che Ade si era assicurato che non gli sarebbe accaduto nulla di male in volo. A Zeus non piaceva molto che i figli dei fratelli invadessero il suo spazio, ma Ade, mentre Nico frequentava il primo anno di università, gli aveva fatto notare che avrebbe tenuto Apollo negli Inferi per un altro decennio, e come minimo doveva fargli un favore. Ovvero quello di non uccidere suo figlio mentre era in volo. Nico si scopriva molto fortunato ogni volta che toccava terra con il jet.
«Papà Nico...»
Nico alzò lo sguardo su Christal, che lo stava studiando. «Dimmi, piccola.»
«Mi stavo facendo una domanda. Lo zio Alec tirerà un pugno in faccia a zio Jem, quando si incontreranno?»
Nico scrutò la bambina. «Chi ti ha detto questo?»
Christal aprì bocca e lei e Nico risposero all'unisono alla domanda. «Lo zio Thomas.»
«Naturalmente.» aggiunse Nico, con un sospiro. «Non lo so. Sono affari che non ci riguardano. E se vedi che stanno per picchiarsi, allontanati, non voglio che tu ti faccia male.»
Christal annuì, e sprofondò di nuovo nel libro.
Dai fatti accaduti mesi prima, il loro rapporto era decisamente migliorato. Era arrivato alle stelle, e non sembrava voler regredire. Si adoravano a vicenda. Forse era grazie a quel rapporto che Nico era riuscito ad accettare Aaron nella sua vita.
Spostò lo sguardo su di lui. I capelli castano biondo gli ricadevano riccioluti sugli occhi, e quando Nico o Will decidevano di tagliarglieli, il bambino sfrecciava sotto il letto, o il mobile più vicino, fino a quando le forbici non sparivano. Gli occhi erano grigi, come quelli di Annabeth, il grigio delle nuvole temporalesche. Dal padre umano aveva ereditato una carnagione perennemente abbronzata, come quella di Will, che ne sembrava assolutamente soddisfatto. Will aveva ancora la brutta abitudine di far notare a Nico e Christal quanto fossero pallidi rispetto a loro.
Aaron aveva poco più di due anni, e sapeva già dire il suo nome, quello della sorella e quello di Nico. Will non riusciva a pronunciarlo, ma almeno rimediava chiamando Will papà. Nico si era domandato perché i loro figli preferissero Will a lui, e ancora non riusciva a trovare una risposta adeguata.
Leo aveva provato a fargli notare che, forse, i bambini erano intimiditi da lui, e che Will, con il suo aspetto "soleggiato" assomigliava più ad una mamma. In più, aveva aggiunto, provocando imbarazzo sia a Nico che a Will, che il "tenebroso orsacchiotto" aveva bisogno di... Be', Nico non gli aveva lasciato concludere la frase, rimasta in sospeso negli ultimi tre mesi, e lo aveva rincorso per quattro isolati senza fermarsi, deciso a prenderlo a pugni, e a chiedergli come conoscesse quel soprannome che ogni tanto Will gli sussurrava in momenti intimi. Leo sapeva conoscere sempre qualcosa in più rispetto agli altri.
Nico giocò con Aaron per un'altra ora, prima di recuperare lo zainetto del bambino. Vi posò dentro una decina di pannolini puliti, un biberon e anche una brioche. Chiamò Will, e si affrettò a portare i due figli sul SUV. Alec sarebbe finalmente arrivato nel giro di un'ora.
«Nessuno lo sa che oggi viene zio Alec?» domandò Christal, mentre Will si affrettava a chiudere la porta di casa e Nico allacciava Aaron al seggiolino.
«No, è un segreto.» le rispose Nico, mentre Will correva verso di loro, rischiando di inciampare in un frisbee abbandonato sul vialetto da due giorni. «Lo scopriranno tutti questa sera a cena.»
Christal si mordicchiò il labbro, mentre Will raggiungeva il SUV sano e salvo. Si sedette al posto di guida e Nico rimase seduto vicino ad Aaron mentre Christal si accomodava vicino al padre biondo e abbronzato.
«Da quanto tempo non vedete zio Alec?» domandò, mentre Will metteva in moto e lasciava il vialetto di casa. Nico lanciò una rapida occhiata alla piccola villetta vicino alla loro: presto vi avrebbero vissuto i Solace capitanati da Alec.
«Be', se non teniamo conto delle ultime videochiamate, direi circa sei anni.» rispose Will.
«E perché è andato via?»
Nico e Will si lanciarono un'occhiata, e Will tossicchiò. «Cose da adulti.» rispose. «Cose di cui tu non devi preoccuparti.»
Christal fissò i due padri in silenzio, pensierosa, poi tornò a guardare fuori dal finestrino.

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Capitolo 37
*** 37. Riunione di famiglia [Parte 1] ***


Will si era ricordato di mettere in macchina un pezzo di cartone con una scritta per Alec. Non vedeva quel suo particolare fratello maggiore da anni, e per la prima parte della sua vita lo aveva odiato. Ma i suoi sentimenti per Alec erano cambiati da un decennio, ormai, da quando Alec e Nico avevano iniziato ad andare d'accordo.
Will finse di non notare il marito agitato, che saltellava da un piede all'altro, gli occhi puntati sul tabellone degli arrivi. Teneva in braccio Aaron, tutto occupato a giocare con una delle bandierine che si era trascinato da casa.
«Cos'hai lì?» domandò Christal, curiosa, osservando il pezzo di cartone.
«Un messaggio per Alec.» sorrise tra sé Will, ridendo dell'espressione della bambina che stava cercando di decifrare il messaggio.
«Qualcosa di offensivo?» chiese Nico, distratto, gli occhi puntati sul tabellone.
«No, stai tranquillo.»
Il volo da Parigi era appena atterrato, e Will sentì le ginocchia tremare. Non riusciva a credere che vedere suo fratello dopo tutto quel tempo potesse provocargli una sensazione del genere. Certo, un tempo lo avrebbe volentieri soffocato con il cuscino durante la notte, ma ormai le cose erano cambiate. Erano entrambi padri, erano sposati, e Will aveva messo da parte i vecchi rancori.
Rimasero in attesa per altri cinque minuti, poi Will li vide. Alec portava gli occhiali, e la moglie al fianco era splendida. Entrambi tenevano in braccio un gemello, e chiacchieravano tra loro. Will alzò il cartello.
«Eccolo!» esclamò Nico, illuminandosi. Will finse di ignorarlo, ma ci rimase male.
«Sei proprio un Solace!» urlò Alec, a più di cinquanta metri da lui, ridendo. «Mi fai quasi vergognare di essere tornato!»
Nico scoccò un'occhiata al messaggio di Will: Il mio bellissimo Alec.
«Carino.» disse Nico, con un lieve sorriso.
«Ho dovuto.» rispose Will, sorridendo a sua volta, e lasciando il cartello alla figlia. «Dai, dammi Aaron. So che muori dalla voglia di abbracciarlo, quindi vai.»
Aaron accettò lo scambio di braccia senza un lamento.
«Cosa dovrei fare?» borbottò Nico, imbarazzato.
«Lo sai perfettamente.» Will gli diede una pacca sulla spalla e Nico si mise a correre in direzione di Alec, che aveva appena passato il bambino alla moglie - Jérôme o Jacques? - e si affrettò anche lui a raggiungere Nico. Will riuscì a recuperare in fretta il cellulare dalla tasca, e scattò una foto al marito che abbracciava di sua spontanea volontà il cognato.
«Sei geloso?» domandò Christal, curiosa, mentre Will la prendeva per mano e si avviavano verso Nico e Alec, che stavano attirando l'attenzione di molti passanti.
«No, perché dovrei? Sono entrambi sposati, uno è mio marito e l'altro mio fratello.» rispose Will, aggrottando la fronte. Jem doveva essersi trovato a pensare una cosa del genere.
Quando raggiunsero Alec e Nico, i due erano ancora abbracciati. Mélisande si avvicinò a Will e gli tese una mano, mentre i due piccoli gemelli le si attaccavano ai jeans, osservando perplessi il loro padre.
«Mélisande, sono la molie di Alec.» disse la donna.
Will le strinse la mano, mentre Aaron spostava lo sguardo sui suoi cuginetti. «Will, il marito di Nico e il fratello di Alec. Ehm, dici che ne hanno per tanto, ancora?»
«Non lo sho, Alec continuava a parlare di lui in aereo.»
Will guardò i due che, lentamente, si stavano separando. Alec strofinò la mano sui capelli di Nico, divertito, e Will si rese conto che nel giro di qualche giorno, Alec avrebbe compiuto trentatre anni. Non riusciva a credere che fosse passato così tanto tempo da quando aveva lasciato il Campo Mezzosangue.
«Sai, quello che mi è mancato di più è stato buttarti giù dal letto per andare a correre.» rise Alec, riferendosi a Nico, che borbottò in proposito, per poi voltarsi verso Will. «E mi sei mancato anche tu, in altri modi.»
«Non voglio sapere quali.» ribatté Will, scoccando al marito una strana occhiata. Alec lo abbracciò brevemente, e gli presentò i figli.
«Lui è Aaron.» presentò Will, mostrandogli il bambino che teneva in braccio.
«Di lui non mi avete detto niente.» notò Alec, sorridendo. «È vostro vostro, o..?»
«È nostro e basta.» disse Will, con una scrollata di spalle, mentre Aaron imitava alla perfezione il broncio di Nico mentre scrutava il volto di Alec alla ricerca di indizi sulla sua pericolosità.
«È carino!» esclamò Mélisande, riprendendo in braccio Jacques. «Tu sei figlio di Apollo, vero?»
«Sì. Lui è figlio di Ade.» aggiunse Will, con un cenno a Nico.
«Non ho mai conosciuto un figlio di Ade.»
«Be', eccomi qua.» sorrise Nico, stringendole la mano. «Come funzionano le cose a Parigi? Avete anche voi un Campo Mezzosangue?»
«No. Ho frequentato un istituto femminile privato fino ai diciotto anni, e mi hanno anche insegnato a combattere.»
«Wow.» disse Will, colpito. «Deve essere divertente.»
«Un istituto pieno di ragazze?» rispose Alec, guardando curioso la fede al dito del fratello. «Non penso sia il tuo genere.»
Mélisande, Nico e Will gli tirarono un pugno sul braccio. Alec emise una sottospecie di risatina e, con il figlio Jérôme, si avviò verso il ritiro bagagli.
«La sua simpatia non è cambiata.» notò Will, con un sospiro, seguendolo.
«Nessuno sa che noi siamo qui, vero?» domandò loro Mélisande, mentre Christal la guardava ammirata. Era davvero molto bella.
«No, non lo sa nessuno. Questa sera ci sarà una cena di famiglia, e voi farete irruzione.» le sorrise Will.
«Sarete la gran sorpresa.» aggiunse Nico. «Nessuno si aspetta di vedervi.»
«Ci sarà anche James?»
«Sì. Alec ha brutte intenzioni?»
«Ah, non credo. Se James non avesse fatto quello che ha fatto, io e Alec non ci saremmo mai incontrati.»
«È assurdo pensare ad un abbraccio di ritrovo, vero?» domandò Nico, pensieroso, e Will annuì.

 

Una volta ritirati i bagagli - il resto della roba era già stata inviata a casa, e Nico e Will si erano dati un gran da fare a sistemare i mobili nella nuova casa di Alec, e tenerla pronta per il loro arrivo - si avviarono al SUV di Will.
«Ci stiamo tutti?» domandò Alec, dubbioso. «Potrei chiamare un taxi.»
«Vengo con te.» si offrì Nico.
«No!» esclamò Will, occhieggiando male il marito. «Ci stiamo tutti, in macchina.»
Nico non fece commenti riguardo il tono brusco del marito, mentre Alec ridacchiò in maniera inquietante.
«Allora, Nico.» disse Alec, posando le valigie nel portabagagli. «Sei già diventato pilota?»
«Sì.»
«Di questo tipo di aerei?»
«No. Sono stato assunto da un uomo, piloto il suo jet privato, e sono disponibile ad ogni sua chiamata.»
«Questo mette i brividi.» notò Alec, chiudendo il portabagagli e recuperando uno dei gemelli che stava cercando di scendere dal sedile. «E quante volte ti chiama?»
«Di solito il lunedì mattina e il giovedì pomeriggio, e qualche rara volta nel week-end.»
«E fin dove voli?»
«Salite in macchina!» esclamò Will, stizzito. Si sentiva stupido nel sentirsi geloso nei confronti del fratello etero, ma quella parte di lui non riusciva a farne a meno. Si chiese se anche Nico provasse lo stesso, alle sue cene di lavoro.
Alec si sedette nel posto del passeggero, mentre Nico e Mélisande sgridavano i bambini e cercavano di farli sedere composti. Christal sedeva tranquilla in disparte, il libro aperto, e cercava di ignorarli.
«Mi piace la famiglia che avete tirato su.» disse Alec, scrutando Aaron e Christal. «Vi somigliano.»
«Anche i tuoi ti somigliano.» sorrise Will, lasciando il parcheggio. «Non riescono a stare zitti.»
Alec fece una smorfia, si voltò verso i due bambini e gridò, in francese: «Faite silence vous deux!»
I bambini si zittirono all'istante e guardarono il padre, immobili come statue. Mélisande ridacchiò per la sorpresa di Nico. Aaron tornò a puntare lo sguardo sulla sua bandierina colorata.
«Wow!» esclamò Will, colpito. «Cosa gli hai detto?»
«Di fare silenzio.» Alec osservò la città che scorreva veloce attraverso il finestrino. «Qui non è cambiato nulla, vero?»
«No, nulla. Tu, invece, mi sembri cambiato. Vai in palestra?»
«Tutte le settimane.» Alec sorrise. «Non voglio sfigurare in costume affianco a Mélisande.»
«Finiscila, tu sei perfetto.» gli disse Mélisande.
«Questo lo dici tu ora.» rispose Alec, ridendo, voltandosi verso di lei. Si baciarono, e Nico lanciò un'occhiata alla nuca di Will.
«Anche noi siamo così smielati in pubblico?» domandò.
«Credo proprio di sì.»
«Oh, per gli Dei...» borbottò Nico, imbarazzato, e gli altri risero.

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Capitolo 38
*** 38. Riunione di famiglia [Parte 2] ***


La prima tappa prevista era nella nuova casa di Alec. Mentre Mélisande e Nico si occupavano dei bambini, aiutati da una svogliata Christal, Will e Alec scaricarono le valigie.
«Avete fatto tutto tu e Nico?» domandò Alec, ammirato, guardandosi attorno.
«Be', più o meno.» annuì Will, preferendo rimanere sul vago.
Non potendo chiamare i suoi fratelli Solace, Will aveva chiesto aiuto ai suoi fratelli semidei - Derek, George e Angel erano accorsi subito - mentre Nico era ricorso a Frank e Jason. Leo doveva occuparsi della sua officina, mentre Percy della figlioletta appena nata, Pearl. Avevano spostato mobili, tinteggiato le pareti, e tenuto tutto pulito fino al loro arrivo. Naturalmente, tutto questo gratuitamente. A parte una settimana di babysitting gratuito per Emily e Jasper, la settimana in cui Hazel e Piper avrebbero partorito, Hazel due gemelli e Piper una femminuccia.
«Be', vi offrirò la cena, una di queste sere.» disse Alec, curiosando attorno. «Sono sicuro che a Mélisande piacerà tutto questo. Tra quant'è la cena?»
«È alle sette.» disse Will, lanciando una rapida occhiata all'orologio. «Quindi... tra venti minuti.»
«Ce la faremo.» annuì Alec, tornando dalla moglie. «Come sta, ehm, James?»
Will si sforzò di non sorrider. Jem gli chiedeva spesso di Alec, ed era normale che Alec facesse lo stesso.
«Sta bene.» sorrise Will. «Lui e Caroline si sposeranno il mese prossimo, dopo il parto.»
«Sono maschi?»
«No, sono due femmine. Abby ed April.»
«Che nomi.» sbuffò Alec.
«Jean-Jacques e Jérôme Nicolas. Ne vogliamo parlare?»
Alec sospirò. «Jean-Jacques è il nome del nonno paterno di Mélisande, mentre Jérôme il nome del padre, e Nicolas quello del tuo fidanzato. A proposito, congratulazioni per il matrimonio.»
Will sussultò leggermente. Alcune settimane prima, lui e Nico avevano festeggiato i quattro anni di matrimonio.
«Grazie.» disse Will, uscendo dalla casa, e guardando i due piccoli gemelli che si rincorrevano nel prato. Aaron li guardava curioso, agitando la bandierina. «Comunque, non mi piace che tuo figlio si chiami come mio marito.»
«Ormai non posso più farci niente. Andiamo, Will. Io e Nico siamo amici. A M I C I. Io non andrei mai a letto con tuo marito.»
«Farò finta di non aver sentito.» rise Mélisande, avvicinandosi con Nico, che li scrutava perplesso.
«Bene.» rise a sua volta Alec, cingendola con un braccio. «Abbiamo deciso di chiamarlo Nicolas perché è un bel nome, e poi sì, l'ho fatto per Nico, che ha continuato a mandarmi messaggini sebbene fossi lontano, e...»
«Ah, giusto.» annuì Will, sorridendo, incrociando gli occhi della figlia. «Tu e Nico siete BF .»
«BF?» ripeté Mélisande, confusa, mentre Alec avvampava.
«Non è vero...» farfugliò Nico, imbarazzato, mentre Alec evitava il suo sguardo.
«Cosa significa?» domandò Christal, curiosa.
«Nulla.» le disse Alec, carezzandole i capelli. «Solo che tuo padre è una faccia di bronzo.»
Nico rise, Will sbuffò, Mélisande guardò tutti confusa e Christal tornò da Aaron, pensando che i grandi fossero tutti strambi.
Dopo che Mélisande ebbe fatto un tour della sua nuova casa, salirono di nuovo tutti sul SUV di Will e partirono alla volta di Villa Solace. Alec e Mélisande tremavano per la fifa, e Nico ricordò la prima volta che aveva fatto quel viaggio. Aveva provato ad essere impassibile, ma dopo aver visto la Villa dei Solace i suoi nervi d'acciaio - invincibili dopo mesi come ragazzo di Will - avevano iniziato a cedere, e solo la passeggiata attorno alla proprietà con Jem lo aveva fatto calmare.
Era stato tentato di rigettare il misero pranzo in un cespuglio, quella sera, ma era riuscito a resistere.
Quando Will parcheggiò l'auto dietro il minivan rosso di Gideon - usava ancora la Porsche per recarsi al lavoro - Alec inspirò profondamente e guardò il fratello alla guida.
«Ho cambiato idea.» disse, frettoloso. «Non voglio più fare una sorpresa a mamma e papà. Riportami a casa.»
«No, dai, siete arrivati fino a questo punto.» notò Nico, osservando la casa.
«Sai, Nico, ora come ora preferirei rincontrare tuo padre.» borbottò Alec.
«Sst!» esclamò Nico. «Potrebbe averti sentito!»
«Se mi ha sentito, dici che mi trascinerà negli Inferi? Credo che i Campi della morte, o come si chiamano, siano preferibili.»
«Campi della Pena.» lo corresse Nico. «Credimi, non li preferiresti.»
«Credo di capire cosa significhi BFF, ora.» disse Mélisande rivolta a Will.
«Ho passato circa sei anni della mia vita a vedere e sentire frasi del genere.» sospirò Will, occhieggiando il fratello e il marito. «Fino a quando non si finiscono le frasi a vicenda va bene.»
«Dai, piantala...» borbottò Nico.
«...Will, noi non ci...» ribatté Alec, sorridendo.
«...Concludiamo le frasi...» aggiunse Nico.
«...A vicenda!» esclamò Alec, prima di scoppiare a ridere, accompagnato da Nico.
«Questo mette i brividi.» disse Will a Mélisande.
«Sì, hai ragione.» annuì Mélisande, posando una mano sulla spalla del marito. «Ti ho concesso un solo tradimento, per il matrimonio.»
Alec smise subito di ridere e guardò la moglie, poi il fratello. «Solo perché io e Nico ridiamo insieme, non significa che...» Alec si interruppe, notando i quattro bambini che stavano osservando silenziosi lo scambio di battute.
«Dai, andiamo.» disse Alec, aprendo per primo la portiera. «È il momento di fare gli adulti!»

 

Will e Nico entrarono in casa per primi, Nico con in braccio Aaron, e Will stringendo la manina di Christal, impaziente. Non vedeva l'ora di vedere il cugino Dom, l'unico tra i figli di Gideon che aveva la sua stessa età.
«Vi faccio uno squillo quando potete entrare.» disse Will ad Alec, che annuì. Si stava storcendo le dita, e Will immaginò che non vedesse l'ora di accendersi una sigaretta.
Si avviarono subito nel soggiorno, e videro la famiglia Solace al completo, fatta eccezione per Alec.
«Ah, siete arrivati!» esclamò Logan, balzando in piedi. Come al solito, vedendolo, Nico pensò che il patrigno di Will non era cambiato di una virgola. Forse era a causa del potere donatogli da Apollo circa trent'anni prima. «Siete in ritardo.»
«Solo di dieci minuti.» notò Will, abbracciando il padre e tenendo d'occhio Christal che correva dai cuginetti. Dom fu felice di vederla, e Will prese mentalmente nota di tenerli lontani fino alla maggiore età.
«Stai bene, Nico?» chiese Gideon, scrutando il cognato. «Sembri più... ehm...»
«Colorito.» lo aiutò Danny, sorridendo. «Hai un aspetto migliore del solito.»
Nico si sforzò di sorridere, sapendo che non stavano cercando di offenderlo. I suoi occhi scrutarono i tanti volti dei Solace e, infine, si posarono su Caroline.
«Ti trovo in forma.» le disse.
Caroline gli scoccò un'occhiataccia, mentre Jem tratteneva a stento una risata. Era all'ottavo mese di gravidanza, le bambine le tiravano calci in continuazione, non riusciva a prendere sonno ed era ingrassata di almeno sei chili dall'inizio della gravidanza.
Deglutendo, Nico distolse in fretta lo sguardo, sperando che Caroline non intendesse ucciderlo.
«Thomas?» domandò Nico, curioso. Non lo vedeva.
«Sta finendo di preparare la cena.» disse la signora Solace, osservando fuori dalla finestra. «Qualcuno può spiegarmi perché ci sono dei bambini che rincorrono il gatto?»
Will e Nico si lanciarono un'occhiata.
Chiamali tu, io li trattengo, disse Will a Nico, che annuì. Lo superò in gran fretta mentre Will si schiariva la gola.
«Ho un annuncio da farvi.» disse Will, teso, guardando i fratelli, i genitori, le cognate e i nipoti, più interessanti a giocare che ad ascoltare le sue parole.
«Volete adottare un altro bambino?» si incuriosì Janet, lanciando un'occhiata ai suoi. «Puoi prenderne uno a casa tra i miei. Ma, se accetti dei consigli, ti prego di prendere Jon.»
Sentendo il suo nome, il piccolo Jon dagli occhi grigi e i capelli rossicci, sorrise in modo cattivo e tirò le trecce di Amber, che strillò inviperita e tentò di tirargli un calcio, fermata da Tessa.
«Ecco.» borbottò Janet. «È pestifero. Non so più cosa fare con lui.»
«Non vogliamo adottare un altro bambino.» li tranquillizzò Will, e aggiunse, veloce: «Per il momento.»
«E allora cosa ci fanno quei bambini fuori in giardino?» domandò Danny, curioso.
«Sono miei.»
Il sussulto fu generale. Anche Alaric, di appena un anno, si voltò a guardare la soglia del soggiorno, dove erano appena comparsi Nico, Alec, Mélisande e i due piccoli gemelli, che si tenevano per mano, le guance rosse per la corsa, e gli occhi impauriti di fronte a tutta quella folla di persone, di cui la maggior parte aveva gli occhi verdi come il loro padre.
I signori Solace aprirono la bocca senza riuscire ad articolare una parola, gli occhi puntati sul secondogenito. Notarono appena la presenza della donna bionda e dei bambini.
Gideon, invece, teneva gli occhi puntati sui bambini. Dovevano avere l'età di Jon e Aaron. Poi sorrise tra sé pensando di avere un altro babysitter gratuito a cui chiedere aiuto quando lui e Janet preferivano passare la notte in albergo, fingendo importanti riunioni, piuttosto di tornare a casa.
Gli occhi di Alec si soffermarono prima su Caroline, poi scivolarono via dal gemello come se si trattasse solo di un vecchio soprammobile.
Nico si accorse di essere in ansia. Non era la prima volta che si trovava gli occhi di tutti i Solace puntati addosso, ma questa volta era diverso. Sapeva che non stavano guardando proprio lui, ma il panico lo assalì. Cercò aiuto sul volto di Will, che gli sorrideva tranquillo. Gli tese la mano e la strinse, grato, trovando riparo contro il fianco del marito.
«Wow.» disse infine Danny, che nonostante i suoi vent'anni rimaneva lo stesso ragazzo curioso di sempre. «Questa è stata la miglior entrata ad effetto della storia.»
Alec fece una smorfia, e Mélisande sorrise, stringendo a sé i bambini. Anche lei guardava in direzione di Jem, che sembrava aver visto un fantasma. Nico riconosceva l'espressione perché l'aveva provata su di sé decine di volte, quando era più piccolo.
«La tua battuta, Alec.» mormorò Will al fratello, che riuscì a recuperare un sorriso.
«Ah.» disse Alec, aggrottando la fronte, guardandosi attorno. «Sorpresa!»

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Capitolo 39
*** 39. Riunione di famiglia [Parte 3] ***


Gli unici suoni udibili non provenivano dal soggiorno. Addirittura i bambini si erano zittiti, capendo quanto fosse importante quel momento, e che la loro prima parola avrebbe costato loro una punizione.
Dalla cucina, i Solace potevano sentire il fischiettare allegro di Thomas, le sue chiacchiere solitarie, e i suoi complimenti a mezza voce per la sua bravura nel cucinare.
Nico aveva voglia di ridere per Thomas, ma un'occhiata di Will lo fece rimanere impassibile, in attesa che qualcuno, uno qualsiasi, dicesse qualcosa.
Jérôme starnutì. Nico riusciva a distinguerli perché Jérôme era completamente vestito di blu - a Percy sarebbe piaciuto - mentre Jean-Jacques vestiva di verde. Avevano i capelli tagliati nella stessa maniera, e Jérôme aveva una cicatrice sulla fronte, vicino all'attaccatura dei capelli, dovuta ad una svista dei genitori e ad una caduta dal seggiolone.
Il suo BF gli aveva parlato dei gemelli fino allo svenimento.
Nico si lasciò scappare un gemito. Aveva appena definito Alec come il suo BF?
«Ehi, la cena è pronta, e se non volete che si freddi vi consiglio di portare i vostri culi sulle sedie... oh!»
Will voltò lo sguardo su Thomas. Non si sorprese nel vedere i suoi capelli lunghi e scarmigliati, e sperò di non trovarne nessuno nella cena. Dopo il terzo figlio, Gideon aveva deciso di evitare il linguaggio scurrile a casa, e Thomas aveva preso volentieri il posto dello sboccato di famiglia.
Thomas strizzò gli occhi dietro le lenti spesse - la miopia dei Solace aveva già colpito mezza famiglia, escludendo Will - guardò in fretta verso Jem e disse: «Oh, mio Dio! Alec! Che bello vederti!»
Thomas si affrettò ad avvicinarsi al fratello maggiore, che accettò un suo abbraccio.
«Che bello!» esclamò Thomas, occhieggiando Mélisande e non facendo caso ai bambini. Diede per scontato che fossero di Gideon. «Per fortuna ho preparato abbastanza dolce per tutti! Chi è lei, Alec?»
«Lei è Mélisande, mia moglie.» disse Alec, presentandola. Furono quelle due parole a far riprendere vita all'intera famiglia, che si rivolse occhiate sbattendo le palpebre e chiedendosi se non fosse un sogno.
«Tua moglie?!» esclamò Thomas, esprimendo ad alta voce i pensieri dei familiari. «Wow! Complimenti, è bellissima!»
«Loro, invece, sono i nostri figli. Jacques e Jérôme.» aggiunse Alec, riportando la famiglia nella dimensione dell'incredulità.
«Gideon, ho bisogno di un po' di vino.» disse Janet al marito.
«Ah, eh, la cucina è di là.» balbettò Gideon.
«So dov'è la cucina. Ma volevo avvisarti che questa sera guiderai tu.» sbuffò Janet, avvicinandosi ad Alec e abbracciandolo.
«Mi alzerei anch'io ma, be', avrei bisogno di una gru.» borbottò Caroline. Jem non sembrava intenzionato ad aiutarla.
Nico le tese la mano, per rimediare alla gaffe di poco prima, e finse di ignorare la stretta mascolina di Caroline. Una volta in piedi, lei si avvicinò ad Alec e Mélisande, poi seguì Janet in cucina.
«Bene.» disse Thomas, guardandosi attorno. «Direi che è il momento di lasciar parlare gli adulti da soli per un po'. Bambini, seguitemi in cucina. Danny, vieni con me.»
Danny si voltò a guardare scocciato il fratello. «No.»
«Danny, vieni con me.» ripeté Thomas, facendo cenno ai due gemellini di seguirlo.
«Suivez votre oncle Thomas.» mormorò Alec ai bambini, che annuirono.
«Non vengo, Thomas.» ringhiò Danny, incrociando le braccia al petto. «Non sono un bambino, faccio parte degli adulti, e...»
«Daniel!» gridò Janet dalla cucina. «Vieni subito qui!»
Nico e Will trattennero una smorfia divertita mentre Danny seguiva i bambini e Thomas in cucina, brontolando, chiudendosi la porta alle spalle.
«Be'...» mormorò Gideon, alzandosi in piedi per scrutare meglio il fratello. Alec cercava in tutti i modi di non guardare verso Jem, rimasto da solo sul divano. «È davvero una sorpresa vederti, Alec. Accompagnato da una moglie e da due figli.»
«Sì, be', i gemelli capitano.» sorrise Alec.
Gideon era più il tipo da strette di mano, e nemmeno quella volta fu da meno. Poi rimase in disparte, a braccia conserte, osservando i genitori che fissavano il secondogenito come se fosse uno strano essere verde sceso sulla terra.
«Come si chiamano i bambini?» domandò infine la signora Solace, gli occhi puntati su Mélisande.
«Jacques e Jérôme.» rispose per lei Alec. «E lei si chiama Mélisande, è mia moglie. Ed è francese.» aggiunse.
La signora Solace si illuminò. Nico ricordà che anche lei era di origine francese. Si rivolsero alcune frasi in francese, seguite da Logan e Alec, mentre Nico guardava prima una e poi l'altra. Capiva vagamente il francese.
«Alexander.»
Alec sussultò e voltò lo sguardo su Jem, appena balzato in piedi, gli occhi puntati sul gemello. Nico notò che aveva gli occhi lucidi.
Tutto questo è meglio di Grey's Anatomy, pensò tra sé Nico.
«Mi dispiace.» balbettò Jem, avvicinandosi al gemello un passo alla volta. «Mi dispiace tanto. Ero ubriaco, ed ero confuso, non capivo niente, non l'ho nemmeno riconosciuta. Mi dispiace.»
Jem scoppiò a piangere a due passi dal fratello, che si guardò attorno a disagio. Nico desiderò avere una manciata di popcorn a portata di mano.
«Era una stronza.» mormorò infine Alec, con voce tremante, posando le mani sulle spalle del fratello. «Avremmo divorziato comunque. Smettila di piangere idiota, che... che...»
Will prese Nico per mano e lo trascinò in cucina, mentre i gemelli Solace si abbracciavano singhiozzando. Nico fu tentato di piantare i piedi e rimanere ad origliare, ma il marito non glielo permise.
Quando Logan chiuse la porta alle proprie spalle, Nico notò che gli unici mancanti erano proprio i due gemelli adulti.
«Benvenuta in famiglia, Mélisande.» disse Thomas, sorridendo alla cognata.
«Grazie.» rispose Mélisande, mite, in imbarazzo. Ora tutta la famiglia la stava guardando, e non aveva il marito al suo fianco per proteggersi da quelle occhiate curiose. «Ehm, tu sei..?»
«Thomas, piacere. Spero ti piaccia il pesce.»
«Vi siete sposati prima o dopo la nascita dei bambini?» si incuriosì Janet. Doveva già essere al secondo bicchiere.
«Ehm, un mese prima.» confessò Mélisande, in imbarazzo.
Caroline sospirò.
Si sedettero tutti a tavola, e Nico non si sorprese nel notare la nuova cognata seduta al suo fianco. Di fronte a loro rimasero due posti voti, probabilmente i signori Solace desideravano che i figli gemelli si accomodassero lì.
Gideon si offrì di andare a controllare i gemelli, e scomparve per dieci minuti, nei quali Mélisande raccontò come aveva conosciuto Alec, di come si fossero innamorati, e fossero andati a vivere insieme. Nico notò che stava cercando di evitare il più possibile di nominare il nome della sua madre divina. Forse non voleva allertare la famiglia.
I bambini sedevano tutti insieme ad un altro tavolo, a pochi passi da loro. Will tenne gli occhi su Christal e Dom, e cercò di farlo notare anche a Nico, che stava sorseggiando un bicchiere di vino chiacchierando con Mélisande e Caroline. Le due donne andavano molto d'accordo.
Quando Gideon e i gemelli comparvero in cucina, tutti gli occhi furono puntati sui gemelli. James aveva abbandonato ormai da tempo la sua capigliatura colorata, e dopo averli rasati per tre volte, li stava facendo crescere, un nero corvino simile a quello del gemello al suo fianco. Entrambi erano cresciuti e cambiati in quegli anni.
«Sì, ho pianto.» brontolò Jem, tirando su con il naso e andando a sedersi vicino alla futura cognata. «Potete piantarla di guardarmi in quel modo.»
Al suo fianco, Alec ridacchiò e strizzò l'occhio alla moglie.
«Quindi, voi due siete sposati e avete due figli.» disse Danny, osservando prima lui e poi lei.
«Già.» annuì Alec, lanciando una veloce occhiata al fratello minore. «E tu, invece?»
«Io? In questo momento ci sono troppe ragazze per far si che io mi sistemi con una sola.»
Logan, il più vicino a Danny, gli tirò uno schiaffo sul collo.
«Sai, lo dicevo anch'io.» disse Gideon, guardando la moglie e i sei figli. «E poi...»
«Non voglio indagare oltre, ma sappi che questa sera dormirai sul divano.» ringhiò Janet, e Caroline rise.
«Questa famiglia comincia ad assomigliare ad una soap opera.» notò Thomas, osservando pensieroso la famiglia. «Insomma, c'è il figliol prodigo appena tornato, il figlio maggiore con una famiglia numerosa, e il quasi padre. Abbiamo anche una coppia gay, un aviatore e un dottore. Senza offesa.»
«Senza offesa.» ripeté Nico, inclinando il bicchiere di vino verso di lui.
«Ci sono i nipotini. E poi abbiamo lo sciupa femmine...» continuò Thomas, guardando il fratello minore.
«E poi abbiamo un idiota, che al posto di cercare una donna dice queste cose alle cene di famiglia.» disse Danny, sorridendo al fratello. «Il single della famiglia.»
Thomas sospirò. «Sto aspettando la persona giusta, Daniel, non sono come te...»
«Argh!» esclamò Will, puntandogli il dito contro. «Hai detto la persona giusta! Senza una chiarezza di sesso! Ti ho beccato! Avanti, questa è la sera delle confessioni, Thomas! Fatti avanti.»
Thomas guardò impassibile il fratello, e Nico gli bisbigliò all'orecchio: «Vuoi ricevere un pugno?»
«Be', mi sono sbagliato.» disse Will, scrollando le spalle e occhieggiando il fratello Thomas. «Capita a tutti di sbagliare, no?»
«Ho incontrato molte ex di Thomas.» disse Danny, sorseggiando un po' di acqua. «Posso assicurarti che non ha il tuo stesso gusto in fatto di sesso.»
«Direi che sia il caso di tornare alla cena.» mormorò Logan, reprimendo un sorrisino.
«Sono figlia di Venere.» annunciò Mélisande, dopo mezzo minuto.
«Ah, tesoro...» sospirò Alec, massaggiandosi la fronte. «Potevi aspettare ancora un momento prima di liberarti di questo peso...»
«Ma Will ha detto che è la sera delle confessioni...»
«Sì, giusto, ma Will è un idiota...»
«Questa sì che è una notizia!» esclamò Nico, alzando il calice. «Un brindisi!»
Will rise, in imbarazzo, ma nessuno vi fece caso.

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Capitolo 40
*** 40. Dialoghi da vasca ***


«Sai, mi aspettavo almeno un pugno sul naso.»
Will sbuffò, sbottonandosi la camicia e osservando il marito nell'enorme vasca da bagno, gli occhi chiusi e le mani appoggiate sui bordi.
«Anch'io, e tutti gli altri, ma immagino che Alec voglia dimostrare di non essere più un bambino.» disse Will, lasciando cadere la camicia a terra e controllando che la porta fosse ben chiusa. Christal e Aaron stavano già dormendo, e Nico aveva insistito per fare il bagno, sebbene fosse mezzanotte passata.
«Be', non lo è più. È un adulto. Un padre di famiglia. Un marito.» disse Nico, aprendo un occhio per spiarlo.
«Un BF.» aggiunse Will, ridendo, slacciandosi la cintura.
«Dai, piantala.»
«Non c'è nulla di male nel dichiarare di avere un BF.»
«Ah sì? E il tuo chi sarebbe?»
Will si posò le mani sui fianchi mentre i pantaloni gli scivolavano fino alle caviglie. Si liberò di loro con un piccolo calcio e scrollò le spalle.
«Non ne ho idea.» ammise. «Immagino... boh, Angel.»
«Angel è tuo fratello.»
«Percy. O Leo. Devo dire che con Leo ho un gran bel rapporto.»
«Sai, andare a casa sua alle tre di notte per medicargli una ferita non è proprio un bel rapporto...»
Ridendo, Will finì di spogliarsi ed entrò nella vasca, lasciando che Nico gli lanciasse un'occhiata di apprezzamento. L'acqua era ancora calda, e Nico ritirò le gambe mentre Will si metteva seduto.
«Io credo che siano queste le cose che fanno i BFF.» disse Will, passando un dito sul bordo della vasca e soffermandosi sulle dita di Nico. «Uscire di casa alle tre di notte e medicare ferite prima che la moglie possa accorgersene. Almeno tre volte la settimana.»
«Già.» sospirò Nico, scoccandogli un'occhiataccia. «Poi ti lamenti di me e Alec. Io e lui non ci siamo mai incontrati nel cuore della notte.»
«Grazie agli Dei.» fischiò Will, divertito. «Fino a ieri abitava da tutta un'altra parte, e se fossi partito me ne sarei accorto. Ora è più vicino. Tre metri. Potresti scavalcare la staccionata e già ti ritroveresti tra le sue braccia.»
«Magari.» disse Nico, con un sospiro. «Purtroppo è sposato.»
Will gli schizzò un po' d'acqua in faccia e Nico rise. Gli si avvicinò, scoccandogli un bacio sulla guancia, poi si appoggiò a lui con la schiena. Will lo avvolse con le braccia, poggiandogli il mento sulla spalla.
«Ti amo.» borbottò Nico.
«Sai, mi è sempre piaciuto il tuo modo di dirmelo.» sorrise Will, dandogli un lieve bacio sulla pelle candida. «Me lo dici come se fossi un condannato a morte.»
«No, te lo dico come una cosa che mi esce dal cuore.»
«Dal cuore di un condannato a morte, suppongo.»
Nico si portò una mano dietro la schiena e gli diede un pizzicotto. Will sobbalzò.
«Cos'è questo?» domandò Nico, iniziando a toccare.
«Lo sai benissimo, cos'è quello.» ridacchiò Will.
Nico arrossì. «Ah, sì, giusto. Per un momento l'ho dimenticato. Ma, insomma, Will... Non possiamo nemmeno farci un bagno tranquilli?»
«Immagino che nemmeno tu sia così tanto calmo, al momento.»
Nico gli diede un bacio sulla gola, e rimasero stretti l'uno all'altro per qualche altro minuto, in silenzio. Nico sentiva il cuore di Will battere contro la sua testa. Batteva forte, a ritmo con il suo.
Quando sentì le dita di Will che scendevano di millimetro in millimetro sotto l'acqua, verso la sua intimità, Nico si schiarì la gola.
«Aspetta, Will.» disse. «Mi è venuta in mente una cosa.»
«Be', sbrigati, allora. Non so quanto posso tenere a bada le mie mani. Sei così sexy...»
Nico arrossì ancora di più. Posò le mani su quelle di Will, bloccandole, e inspirò.
«Guardando la tua famiglia, stasera, mi è venuta in mente una cosa.»
«Vuoi per caso fare un'orgia? Be', io mi tiro indietro. È la mia famiglia, e se tu...»
«Will, certe volte mi sorprendi e mi disgusti al tempo stesso.»
«Lo dicono anche i miei colleghi. Ora credo di avere qualcosa che non va.» sospirò Will. «Dai, continua.»
«Che ne pensi di organizzare un barbecue?»
Will batté le palpebre, cercando di sconfiggere la presa salda di Nico sulle sue mani. «E questa sarebbe la tua idea geniale? Fare un barbecue?»
«Fammi finire. Organizziamo un barbecue e invitiamo tutti i nostri amici. L'ultima volta che ci siamo riuniti tutti insieme è stato a Natale...»
«Già, quando Christal ha quasi beccato Jason a volare in cortile. Un momento indimenticabile.»
«Allora, che ne pensi? Organizziamo una festicciola, li invitiamo tutti qui... Sono sicuro che verrebbero tutti. Con tanto di famiglia.»
«D'accordo.» annuì Will, dandogli un lungo bacio sul collo, e sentì la presa di Nico allentarsi. «Ma se Leo da di nuovo fuoco alla casa, giuro che lo ammazzo.»
«È il tuo BF, no? Sei libero di fare quello che vuoi...»
Will ridacchiò, e gli mordicchiò l'orecchio, mentre Nico si appoggiava completamente contro il suo petto.


L'acqua era diventata fredda, ma Nico non aveva alcuna intenzione di abbandonare le braccia di Will. Coricarsi a letto significava dormire, e perdere del tempo prezioso con il proprio marito, che sarebbe scomparso al lavoro al mattino presto.
Nico lasciò scorrere via un po' d'acqua, chinandosi in avanti di qualche centimetro e lasciando che Will sospirasse sulla sua schiena e ripetesse con le dita i contorni del suo tatuaggio. Oltre al sole e alla spirale, Nico aveva aggiunto anche uno scheletro, le mani tese verso il sole, come se volesse appropriarsene e tenerlo tutto per sé. Il che era vero. Nico voleva Will tutto per sé.
Will cominciò a fargli un massaggio e Nico accese l'acqua calda, riempiendo di nuovo la vasca e scaldando i loro corpi. Rimase steso in avanti fino a quando Will non smise di massaggiarlo, e tornò a stringersi tra le braccia del marito.
«Fino a quando intendi rimanere qui?» gli chiese Will, giocherellando con i suoi capelli.
«Se vuoi, puoi andartene.»
«Non voglio andarmene. Voglio rimanere qui il più a lungo possibile.»
«Allora rimaniamoci fino a quando non prendiamo una polmonite.»
Will rise e gli girò il volto per baciarlo. Si ritrovarono stretti l'uno all'altro, avvinghiati nella grande vasca, l'acqua che trasbordava. Nico affondò le dita tra i capelli di Will, ricordando quella sera nella sua Cabina, quando loro due si erano stretti nello stesso modo, ma con i vestiti e Ade ad impedire di andare più a fondo. Ora, per fortuna, non c'era nessuno dei due.
«Aspetta.»
Nico lasciò andare le labbra di Will e si allontanò di qualche centimetro. Sentiva il sesso dell'altro premere contro il suo. Will aveva il volto arrossato, e gli occhi scintillanti.
«Hai sentito i bambini?» domandò Nico, lanciando un'occhiata nervosa alla porta. «Oppure Zen?»
«Nessuno dei due. Io... devo chiederti una cosa.»
«D'accordo, spara pure.»
«È una cosa che avrei dovuto dirti tempo fa, ma che mi sono sempre dimenticato.»
«Okay.»
«E volevo parlartene ora, prima che mi salti di mente un'altra volta.»
«Va bene.»
«E visto che questa è la sera delle confessioni...»
«Will, muoviti.»
«Nico, ricordi... ecco, al Campo Mezzosangue? Quando... ehm, quando sei tornato dopo aver passato del tempo negli Inferi?»
Nico annuì, trattenendosi dall'aggrottare la fronte. "Del tempo negli Inferi" era un eufemismo ai suoi dieci mesi di lontananza, di partenza, di abbandono.
E Nico capì quello che Will voleva chiedergli.
«Mi hai detto di aver spedito una lettera.» continuò Will, guardandolo dritto negli occhi. «In cui mi spiegavi il motivo del tuo ritardo. Una lettera che non mi è mai arrivata, e che tu hai affidato ad Ermes.»
«Sì, me lo ricordo.» annuì Nico, mite. «Qual è la domanda?»
«Questa lettera... esiste?»
Nico deglutì.
«Me lo sono domandato in tutti questi anni.» riprese Will, abbassando gli occhi sul suo petto. «Ma non ho mai avuto il coraggio di parlartene. E poi, naturalmente, me ne sono dimenticato. E ora sono pronto a dirti che... be', anche se non l'hai mai scritta, non importa. Tanto ora siamo sposati, e abbiamo due figli meravigliosi.»
Nico posò le dita bagnare sul petto di Will. «L'ho scritta davvero.» mormorò Nico, imbarazzato, e Will sembrò rilassarsi. «Ma, ecco, non l'ho mai spedita.»
Will spalancò la bocca, sorpreso.
«Non so perché.» Nico cominciò ad avvampare. «Ma l'ho scritta. Credo che gli Inferi mi abbiano dato alla testa. L'ho scritta, ed era una lettera bellissima, con mio modesto parere. Ma... non l'ho spedita. Non l'ho mai data ad Ermes.»
«Ma...»
«Io credevo di averlo fatto.» continuò Nico. «Pensavo di avergliela lasciata e di avergli chiesto di portartela. Ma invece deve essere stata un'allucinazione, perché... perché quando abbiamo passato quell'unico Natale negli Inferi da mio padre, l'ho trovata in un cassetto. Era indirizzata a te, ma essendo nel cassetto ho capito di non avertela spedita.»
«E dov'è adesso?» domandò Will con un filo di voce.
Nico si storse le dita. «L'ho bruciata.» borbottò. «Anzi, no, mi correggo. Leo l'ha bruciata. Ce l'avevo ancora nella borsa quando siamo andati a passare quel Capodanno nella baita con tutti gli altri. E sai, no, che mi è andata a fuoco la borsa. La lettera era lì dentro. Volevo dartela il mattino dopo. Ma visto che Leo l'ha bruciata, ho pensato che fosse un segno del destino di farmi i cazzi miei e di lasciarla perdere.»
Will sorrise leggermente. «Quindi l'hai scritta, ma non l'hai spedita.»
«Giusto.»
«E quando volevi farmela leggere, Leo l'ha bruciata.»
«Esatto.»
«Leo non è più il mio BF.»
«Ottimo.»
Will chiuse gli occhi.
Nico si preoccupò. «Sei arrabbiato con me?»
Will scosse la testa. «Non sono arrabbiato con te. Anzi, forse è meglio così.»
«Lo pensi sul serio?»
Il biondo annuì.
Nico gli accarezzò il petto, e gli prese il volto tra le mani, baciandolo il più dolcemente possibile.
«Hai qualche altro oscuro segreto da confessarmi, di Angelo?» sussurrò Will, restituendogli il bacio.
«Sapevo dei gemelli di Alec.»
Will rise. «D'accordo, basta confessarmi i tuoi segreti. Vuoi sapere uno dei miei, Nico?»
«Sì, lo voglio sapere.»
«Ogni giorno che passa, mi sento un idiota. Non ti dimostro abbastanza amore, e mi fa star male passare tutto quel tempo in ospedale, quando in verità vorrei stare solo con te. Quando avevo sedici, diciassette anni, sognavo di diventare un grande dottore, ma ora che sono quasi ai trenta, sogno di passare ogni minuto della giornata in tua compagnia. Non voglio essere un dottore, voglio solo essere tuo marito.»
Nico lo baciò con più ardore, e Will si chiese se la vasca potesse staccarsi dal pavimento. Sentiva le guance bagnate di Nico, ma tenne gli occhi chiusi per lasciarlo sfogare da sé.
«E io...» mormorò Nico contro la sua bocca. «Stavo pensando che fosse il caso di confessarti che ho mangiato tutti i tuoi biscotti preferiti, e che ho chiesto a Christal di prendersi la colpa al posto mio sapendo che non l'avresti sgridata. Sono un marito orribile.»
Will soffocò una risata. «Sei un marito fantastico.» lo rassicurò. «Il migliore che potessi desiderare.»
«Anche tu.» singhiozzò Nico. «Anche tu sei un marito fantastico. E io ti amo. Ti amo con... con tutto me stesso, e anche qualcosa in più! E da domani ti comprerò una montagna dei tuoi biscotti preferiti.»
Will lo strinse forte contro di sé, e Nico posò la fronte contro la sua. Le lacrime calde di Nico gli scivolarono sul petto, e Will intuì che quell'episodio non avrebbe mai abbandonato il bagno. Ciò che succede nella vasca, rimane nella vasca. Sia le parole, sia le cose fisiche.
«Ti amo.» mormorò Will, sorridendo, osservando gli occhi bagnati di Nico. «Ti amo, e puoi continuare a mangiare tutti i miei biscotti. Che mi importa dei biscotti se ho te?»
Nico non smise di piangere, e Will si pensò incapace di confortare il marito. Lo baciò, a lungo, sulle labbra, sul collo, e sulla gola, lasciandogli un segno dopo l'altro. Lo aiutò ad uscire dalla vasca e lo avvolse in un accappatoio, portandolo nel loro enorme letto matrimoniale. Si amarono lentamente, dolcemente, senza fretta, solo vagamente consci che il loro amore non faceva altro che rafforzarsi di giorno in giorno, di anno in anno.

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Capitolo 41
*** 41. Mai più profezie [Parte 1] ***


Era il dodici dicembre quando Nico riuscì ad organizzare la festa. In tutto quel lasso di tempo, i suoi amici erano stati troppo occupati con il lavoro, o con i bambini, oppure a partorire.
Mentre cercava una data che potesse andare bene per tutti, Nico ricordò un'altra festa, nell'estate dei suoi quattordici anni. Questa festa era stata organizzata da Will Solace, e aveva passato tutta la giornata in spiaggia con lui e i suoi sentimenti confusi. In quella splendida giornata di sole, Will gli aveva insegnato a nuotare e a fare surf, si erano baciati due volte, in acqua e nel capanno delle tavole da surf dei figli di Apollo - e in entrambi i casi, Nico ricordava perfettamente di aver tentato di fare del male all'altro, forse addirittura di ucciderlo - e gli aveva regalato la prima perla che portava ancora al collo
Ricordava nei dettagli anche il giorno successivo, e il momento del suo saluto al Campo. E anche il suo ritorno, quello che lui e Will si erano detti nella Cabina di Ade, le chiacchiere nella doccia - Nico arrossì al solo ricordo di Will che entrava tronfio nella doccia con lui - e in seguito... be', il letto della sua Cabina ne aveva viste delle belle, quel pomeriggio.
Rosso come un peperone, Nico tornò a controllare se fosse tutto pronto per la festa. Erano solo le nove del mattino, ma presto gli invitati sarebbero arrivati.
Will aveva dovuto attivare ben quattro sveglie per alzarsi in orario quel mattino, ma non erano servite. Il cercapersone di Will aveva squillato tre volte poco dopo le sei, e si erano svegliati entrambi. Nico non aveva fatto nessun genere di commento mentre Will si scusava e si preparava in fretta per scappare in ospedale.
«Non starò fuori tutto il giorno, te lo prometto!» gli aveva gridato, prima di avviarsi alla macchina.
Nico si era limitato a borbottare e a sedersi sul divano in attesa che i figli si svegliassero, per avere almeno un po' di compagnia.
«Papà, ti sta squillando il telefono.» gli disse Christal, e Nico sussultò, lasciando cadere i piatti di plastica. La figlia aveva dei buoni riflessi - grazie agli allenamenti di baseball di Will - e riuscì a prenderli prima che toccassero terra.
«Hai visto chi è?» domandò Nico, tornando in soggiorno.
«No.»
Nico calpestò la macchinina telecomandata di Aaron - l'aveva fatta Leo - e finse di ignorare l'occhiataccia del figlioletto mentre rispondeva al cellulare.
«Ehi, amore.» lo salutò Will, e Nico riuscì a mettere a fuoco il suo volto solare, con tanto di bandana colorata che gli tratteneva la chioma bionda.
«Ehi, tesoro.» sbuffò Nico. «Tra quanto torni?»
«Direi per le undici. Un mio vecchio paziente si è ripresentato, e voleva solo me. Ho ancora un'oretta di operazione, e poi tornerò a casa. È già arrivato qualcuno?»
«No, non ancora, ma è presto.» Nico abbassò la voce. «Will, Aaron mi sta fissando male. Cosa posso fare?»
«Tu cosa gli hai fatto?»
«Penso di avergli rotto la macchinina telecomandata. Sai, quella che gli ha regalato Leo.»
«Ah, sì, la ricordo. L'hai proprio rotta?»
«Ha fatto crack quando gli sono passato sopra.»
«Perché gli sei passato sopra?»
«Per rispondere al telefono.»
«Ah.» Will ridacchiò. «Stai cercando di darmi la colpa?»
«Non ho detto questo. Cosa posso fare?»
«Prova a distrarlo. E assicurargli che dopo Leo gliela rimetterà a posto.»
Nico annuì. «Posso provarci.»
«Ti amo.»
«Me lo dici in caso Aaron tentasse di uccidermi?»
«È sempre meglio essere pronti a qualsiasi evenienza.»
Nico lo salutò e staccò la chiamata. Lentamente, si voltò verso il figlio, che stava giocando con i resti della macchina.
«Zio Leo te la rimetterà apposto in un istante.» lo rassicurò Nico, recuperando la macchinina rotta e posandola sul tavolo. «Ne sono, ehm, certo. Perché non giochi con le costruzioni nel mentre?»
Nico recuperò la scatola dallo scaffale più alto e la posò di fronte al bambino, che subito dimenticò la sua arrabbiatura per la macchinina. Aaron aveva compiuto tre anni, e preferiva non rivolgere la parola a nessuno. Le maestre dell'asilo, però, avevano detto che era un gran chiacchierone. Un degno figlio di Atena.
Nico si sedette con lui, ripassando tutte le cose da fare. Frank e Percy avrebbero portato le bistecche, Piper la verdura e Leo si era offerto di portare qualcosa di indimenticabile. Nico sperò che Calypso lo avesse legato al letto, dopo averlo tramortito.
Quando suonarono alla porta, Nico si rese conto di cosa si fosse dimenticato. I pantaloni. Indossava ancora i vecchi pantaloncini con i quali era abituato a dormire.
«Christal, vai tu ad aprire!» urlò Nico, correndo in camera. In tutta fretta si tolse i pantaloncini - li avrebbe anche tenuti, se non avessero avuto ananas e pappagallini, un vecchio regalo di Will - e indossò i suoi soliti jeans neri. Si infilò le scarpe ed entrò in soggiorno. Christal aveva appena aperto la porta, e stava salutando Jasper ed Emy.
«Ehi, Nico!» esclamò Jason, entrando in casa seguito dalla moglie e gli altri amici. «Sei diventato più alto, vero?»«No. Tu invece sei diventato più miope, vero?»
Jason sospirò. «Non ho più la vista perfetta di un tempo.»
«Non credo tu l'abbia mai avuta, la vista perfetta.» notò Nico.
Jason lo ignorò.
Nico osservò Christal sfrecciare in cortile, seguita da Emily e Jasper, i più grandicelli. Piper teneva in braccio Alesha, di circa sette mesi, e sembrava più pallida del solito. Hazel, al suo fianco, spingeva il passeggino doppio con i piccoli Denzel e Opal, che avevano un mese in più di Alesha.
«Dov'è Frank?» domandò Nico, curioso, occhieggiando la porta aperta.
«Sta prendendo la borsa dei bambini.» sospirò Hazel. Frank era imbattibile nel preparare le borse da viaggio dei bambini. Forse i suoi amici potevano anche prenderlo in giro, ma sotto sotto lo invidiavano.
«E gli altri?» chiese Piper, curiosa, lasciando la figlia tra le braccia di Nico. «Sei così gentile!»
«Ah, già, tantissimo.» sospirò Nico, mentre Hazel e Jason ridevano. Ormai ci sapeva fare con i bambini. «Oltre voi, non è ancora arrivato nessuno.»
«Will è sotto la doccia?» si incuriosì Jason, lanciando un'occhiata verso le scale.
«No, è al lavoro.» Nico lo soppesò con lo sguardo. «Cos'è tutto questo interesse per mio marito sotto la doccia?»
«Era solo curiosità, visto che non si vede da nessuna parte. Oh, posso?»
Nico annuì, e guardò Aaron che si lasciava prendere in braccio dallo zio Jason. Aaron si lasciava prendere in braccio per studiare meglio le persone, e la sua curiosità lo spinse ad afferrare gli occhiali.
«È come Annabeth.» sorrise Jason. «Deve guardare tutto quanto.»
«Già. Tu fai attenzione a dove metti i piedi...» disse Nico, preoccupato, e Piper si affrettò a prendere il marito miope sotto braccio e ad accompagnarlo sul divano.
Frank entrò in casa proprio in quel momento, con la borsetta di Emy appesa al braccio. Nico dovette ammettere che faceva una gran bella figura quell'omone alto e massiccio con la borsetta rosa.
«Ehi, facciamo a cambio? Sembra pesante.» gli disse Nico, e Frank annuì, tendendogli la borsa. Effettuarono lo scambio in fretta, e Frank fissò senza parole la bambina.
«Pensavo fosse la mia.» disse Frank, scoccando a Nico un'occhiataccia.
«Non distingui nemmeno tuo figlia?» sbuffò Nico, divertito.
«Leo e Calypso saranno qui a momenti.» li avvertì Hazel, interrompendo sul nascere qualsiasi diverbio, mentre Denzel emetteva dei simpatici gorgoglii per attirare l'attenzione del padre.
«E sai qual è la cosa indimenticabile che porterà?»
«Spero sia una torta.» bofonchiò Piper, sedendosi sul divano e appoggiandosi al marito. Aaron stava chiudendo le stanghette degli occhiali e le fissava eccitato. «Solo una torta.»
Jason le diede delle pacche di conforto sulla schiena, e Aaron gli restituì gli occhiali prima di scendere dalle sue gambe. Nico lo tenne d'occhio mentre usciva in giardino e raggiungeva Christal, Jasper ed Emily.
«Mi piace tuo figlio.» disse Jason, rivolgendosi a Nico, inforcando gli occhiali. «Ti somiglia.»
«E in che modo mi somiglia, esattamente?»
«È scontroso, non dice una parola, è un solitario...»
«Be', io non sono più così, no?»
«No, non lo sei più grazie a Will. Ma prima che arrivasse lui, lo sei stato.»
Nico si mordicchiò il labbro, e fu tentato di tirargli un colpetto in testa quando la porta, lasciata socchiusa da Frank, si spalancò.
«Salve!» esclamò Leo, con un enorme sorriso luminoso. «Vi siamo mancati?»

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Capitolo 42
*** 42. Mai più profezie [Parte 2] ***


Nico, Piper e Hazel puntarono lo sguardo su Leo, in cerca di possibili armi assassine. Lo sondarono con attenzione, sapendo che qualsiasi cosa indossasse Leo potesse essere un'arma. MA Non ne videro alcuna, e si rilassarono leggermente.
«Ciao.» aggiunse Calypso, superando il marito. Teneva in braccio un bambino di nove mesi con i riccioli del padre. «Leo, dov'è Santiago?»
Leo fissò la moglie perplesso. «Tesoro, ce l'hai in braccio.» le fece notare.
Calypso scosse la testa. «Questo è Felix. Lo hai lasciato in macchina?»
Leo sussultò e sorrise. «Ma certo che no!»
Calypso non fece commenti e Leo corse in auto.
«Felix e Santiago.» ripeté tra sé Frank.
«Avrei dovuto chiamarli Leo Junior e Leo due.» sospirò Calypso. «Fanno i dispetti come il loro padre.»
«Oh, mi dispiace per te.» disse Hazel, comprensiva, dandole una pacca sulla spalla.
Nico si chiese come fosse vivere con tre Leo Valdez in giro per casa. Ciò lo fece rabbrividire, e non fu il solo. Anche Jason e Piper dovevano aver pensato a qualcosa di simile, perché avevano la sua stessa espressione spaventata.
Leo fece ritorno con il gemello di Santiago stretto in braccio. I riccioli di Felix erano fitti quanto quelli del fratello, ma la sua espressione era più birichina. Nico sentì la pelle d'oca.
«A volte mi dimentico di avere due figli.» spiegò Leo.
«Questo la dice lunga su possibili figli futuri.» disse Piper a Calypso.
«Mi piacerebbe avere una femminuccia.» ammise Calypso, mentre Santiago si ribellava tra le sue braccia.
«Io metterei loro addosso un GPS.» le consigliò Jason. «Tanto per essere sicuri che Leo non riesca a perderli.»
«Be', dai, non mi succede spesso di dimenticare i bambini in macchina.» disse Leo, sedendosi su una sedia.
«Una volta al mese, all'incirca.» gli fece notare Calypso.
«Non è spesso.»
«Per fortuna sono sempre con te.»
«Leo, potresti aggiustarla?» si intromise Nico, indicando la macchinina di Aaron sul tavolo. Almeno per qualche minuto Leo sarebbe stato occupato. E zitto.
«Certo. Cosa le è successo?»
«Le ho camminato sopra.»
«E come mai? Un momento di passione con Will?»
Nico decise di non rispondere.
Leo gli passò Felix, che subito cominciò a tirargli i capelli e infilargli le dita in bocca e nel naso. Nico cercò di tenerlo il più lontano possibile dal piercing al sopracciglio. Lo posò in terra, e Calypso fece lo stesso. I due bambini gattonarono per un po', e quando videro Zen spuntare dal corridoio si misero a inseguirlo ridacchiando.
«Corri, Zen. Corri!» urlò Nico, dispiaciuto per il gatto. Ormai aveva quasi otto anni. E dei figlioletti sparsi nel vicinato.
«Tutte le porte sono chiuse?» domandò Calypso, preoccupata.
«Sì. Salgono già le scale?»
Calypso impallidì e Frank la seguì per riportare i bambini in soggiorno.
«Dov'è Will?» si incuriosì Leo, mentre aggiustava la macchinina con la stessa facilità con cui una donna stende il bucato. «È al lavoro?»
«Dovrebbe tornare tra un paio d'ore. Percy e Annabeth si sono persi?»
«Può essere.» annuì Jason, ghignando.
«Ci stavamo perdendo anche noi.» aggiunse Piper, dando una gomitata al marito. «Abbiamo impiegato un po' a trovare casa. È un bel quartiere. I genitori di Will abitano in quella villa enorme infondo al quartiere?»
«Sì.»
«Wow.» sospirarono Hazel e Piper in coro.
«Avete qualche novità da raccontare?» si incuriosì Nico, osservandoli.
«Reyna ti porta i suoi saluti.» disse Jason. «Voleva unirsi anche lei, ma Cedric non sta bene.»
«Oh!» esclamò Nico, dispiaciuto. «Cos'ha?»
«La varicella.» grugnì Hazel. «Frank voleva portare i bambini in un altro Stato, per evitare il contagio.»
Nico e Piper risero.
«Will vuole portare Aaron in ospedale per fargliela prendere.» disse Nico, recuperando delle caramelle da un mobile e servendole ai presenti. «Dice che prima la contraggono, meglio è.»
«Facciamoglielo spiegare a Frank, allora.»
Nico diede un bacio alla sorella, e guardò curioso i due bambini nel passeggino. Denzel continuava ad agitarsi, con la vana speranza di essere preso in braccio, mentre Opal al suo fianco dormiva tranquilla. Lui assomigliava alla madre, lei al padre.
«Puoi prenderlo, non ti morde.» lo mise in guardia Hazel.
Nico lanciò un'occhiata al corridoio, dove sentiva le grida di Frank e Calypso ancora intenti ad acciuffare i piccoli Leo.
«Temo per il padre, in realtà.» ammise Nico. Poi aggiunse: «Vi fermate tutti a dormire qui? Non c'è alcun problema per le stanze. Mal che vada, mio cognato Alec si è offerto di ospitare qualcuno di voi.»
«Andiamo io e Piper volentieri.» disse in fretta Jason. «Ma dovrete tenerci i bambini.»
«Non ci penso neanche.» disse Nico. «Ce ne sono già troppi, a cui badare.»
«E poi, se qualcuno deve proprio prendere una vacanza di una notte dai figli, questa è Calypso.» fece notare Hazel. «Insomma, i miei gemelli sono tranquilli, mentre i suoi...»
«Sì, brava.» sorrise Leo, posando la macchinina funzionante sul tavolo, e tirandosi all'indietro i ricci ribelli. «Io e Calypso andremo a dormire da Alec.»
«Non ho detto tu e Calypso. Ma solo Calypso.» ripeté Hazel, calma, arruffandogli i capelli.
«E perché? Sono suo marito...»
Hazel gli sussurrò qualcosa all'orecchio, e Leo corse ad aiutare la moglie a recuperare i figli.
«Cosa gli hai detto?» domandò Nico, curioso, mentre Denzel gli strattonava il dito.
«Gli ho fatto notare che farebbe bene ad aiutare la moglie, se non vuole un divorzio.»
Piper scoppiò a ridere, e Jason uscì in cortile dai bambini.
 

Will si scontrò con la famiglia Jackson subito dopo aver parcheggiato. All'inizio non riconobbe Percy, troppo occupato a sistemare il passeggino, con la testa china e l'espressione concentrata. Ma le grida di Annabeth erano fin troppo familiari.
«Percy, non importa, tanto stiamo per entrare a casa!»
«Sì, ma dobbiamo arrivarci, a casa!»
Will scese in fretta dalla sua auto e raggiunse i Jackson. Percy lo squadrò mentre si stagliava di fronte a lui con un enorme sorriso.
«Will!» lo salutò Annabeth, sollevata. «Che bello vederti!»
«Non dovresti essere a casa ad intrattenere gli altri?» gli chiese Percy. Era diventato più alto, e i capelli neri erano tagliati corti. Gli occhi verdi splendevano sul suo volto.
«Sono sicuro che Nico stia intrattenendo tutti.» sorrise Will, abbracciando prima lei e poi lui. Sistemò il passeggino in un attimo, e guardò la piccola Pearl dagli occhi smeraldi che lo osservava curiosa dal seggiolino.
«Oh, ma è adorabile, Annabeth!» esclamò Will, slacciandole la cintura e prendendola in braccio. «È bellissima!»
«Grazie, Will.» sorrise Annabeth, compiaciuta.
«Ehi!» esclamò Percy, offeso. «Ho dato anch'io il mio contributo.»
Will e Annabeth gli scoccarono un'occhiata seccata.
«Come sei volgare.» gli fece notare Will, precedendo Annabeth nel vialetto di casa.
Percy borbottò, chiuse la macchina e li seguì trascinandosi dietro il passeggino.
Quando Will entrò in casa, sapeva di essere in ritardo almeno di un'ora da quanto aveva detto a Nico. Ma anche i Jackson erano in ritardo, quindi non se ne preoccupò.
In casa, Will individuò subito Jason e Piper sul divano, mentre gli altri seguivano i piccoli Valdez che correvano strillando e ridendo per casa. Le risate gli fecero tornare in mente alcuni film horror.
«La festa è iniziata senza di noi, a quanto sembra.» sorrise Percy.
«Ehi!» esclamò Nico, fermandosi e raggiungendoli. Aveva la fronte imperlata di sudore. «Se volete unirvi a noi, basta che vi mettiate a seguirli.»
«Siete un branco di genitori quasi trentenni che non riescono a prendere due bambini?» domandò Percy, ridendo.
«Sì, esattamente.» annuì Nico, facendogli un cenno. «Rincorrili anche tu, Perseus.»
«Wow. Il nome intero è segno di disprezzo.»
«Infatti. Siete arrivati tardi. Questo me lo segnerò.»
Mentre Percy si avviava verso Calypso, Leo e Frank, Annabeth andò da Jason e Piper sul divano. Nico posò le mani sui fianchi di Will per dargli un bacio di saluto, e Will lo accettò volentieri.
«Ti segnerai anche il mio ritardo?» domandò Will, curioso, mentre Pearl afferrava la maglietta di Nico per cambiare braccia.
«Sì, e te ne farò pentire.» Nico prese Pearl in braccio e si avviò nel cortile, controllando gli altri bambini. Jasper era scivolato, ma era un duro, lui non piangeva. Will si diresse in bagno a cambiarsi - aveva fatto la doccia in ospedale, ma un secondo cambio d'abito era consigliato - e quando tornò in soggiorno, individuò i figli di Leo stretti tra le braccia di Frank e Leo.
Will fece un veloce giro di abbracci e saluti vari, poi lasciò che la figlia lo sommergesse di baci, prima di tornare dagli altri bambini. Will la tenne d'occhio. Sua figlia, un giorno, avrebbe avuto un seguito di fidanzatini, partendo da Dom Solace e Jasper Grace. Nico sarebbe diventato nonno molto prima di quanto pensasse.
«Allora, Will, cosa hai fatto di interessante oggi?» si incuriosì Jason, mangiando delle patatine.
Will scoccò un'occhiata a Nico e disse: «Molti anni fa, ho deciso con Nico che non avrei mai parlato del mio lavoro a casa.»
«Sì, be', ma immagino che oggi Nico ti farà fare un'eccezione...»
«No.» disse Nico, tranquillo.
«Dai.» lo pregò Hazel.
«Okay, d'accordo.» sbuffò Nico.
Will inspirò e cominciò a raccontare di quelle cinque ore passate al lavoro. Aveva operato un suo paziente, che aveva avuto un cancro allo stomaco e che Will era riuscito "miracolosamente" a guarire, rimuovendo il cancro. Il signor X Si era ripresentato quel mattino con dolori intestinali, e aveva temuto che gli fosse tornato il cancro. Ma dopo un'attenta operazione di più di due ore, Will lo aveva rassicurato dicendogli che era in ottima forma, e che doveva solo cambiare alimentazione.«Fammi capire bene.» disse Leo, scrutando Will, trattenendo Felix con una mano. «Hai passato tutta la mattina con gli intestini di un uomo tra le mani?»
«Esatto.»
Leo storse il naso e guardò il pallido Nico. «Come fai a sopportarlo? Insomma, che schifo!»
Nico fece un gesto vago con la mano e non rispose.
Will sorseggiò un po' di Coca-Cola, imbarazzato, e Piper batté le mani.
«Parliamo di altro.» disse, e Will annuì.

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Capitolo 43
*** 43. Mai più profezie [Parte 3] ***


Frank e Leo uscirono in cortile a sistemare il barbecue, e i piccoli Valdez furono di nuovo liberi di gironzolare per casa, ma questa volta Nico mise il cancelletto per impedir loro di salire al piano di sopra e cadere dalle scale.
Percy e Jason uscirono in cortile a controllare i bambini, mentre le ragazze rimasero in soggiorno sul divano a chiacchierare e raccontarsi le ultime novità.
Will e Nico rimasero in cucina per qualche minuto, stretti l'uno all'altro, intenti a pomiciare lontano da sguardi indiscreti.
«Voglio fare tanti giochi con te.» borbottò Will contro la bocca di Nico.
«Mi dispiace, ma abbiamo troppa gente in casa per passare inosservati.» rispose Nico, infilandogli una mano sotto la camicia.
«Lo so, ma... se fingessimo di andare al supermercato?»
«E invece dove vuoi andare?»
«Possiamo restare in macchina. Oppure affittare una stanza d'hotel. O chiedere ad Alec se ci impresta una stanza.»
«Will, ti prego, va' a farti una doccia fredda...»
«Solo se vieni con me.»
Nico scosse la testa e ripresero a baciarsi. Entrambi volevano stare da soli con il loro marito, ma per le successive ventiquattro ore avrebbero avuto degli ospiti, quindi l'intimità era ridotta a zero.
Quando si separarono in modo definitivo, prima di sgattaiolare al piano di sopra come due adolescenti arrapati, Nico si lavò il viso nel lavandino e Will stappò una bibita ghiacciata dal frigo.
«Ora dobbiamo fare una scelta.» disse Will, occhieggiando le ragazze sul divano, intente a ridere e chiacchierare e di sicuro fare gossip sui mariti.
«Ovvero? Vuoi adottare un altro bambino?»
«Ne vuoi un altro?»
«Non ho detto questo.»
Will lo studiò. «Ne riparleremo un'altra volte. Dobbiamo fare una scelta. Rimaniamo qui in casa con le ragazze a sparlare di uomini, o usciamo fuori dai ragazzi a fare conversazioni da maschi?»
«Conversazioni da maschi... È da tanto che non ho delle conversazioni da maschi.»
«Tu e Alec di cosa chiacchierate al telefono?»
«Be', di concerti. Di lavoro. Di mogli ficcanaso.»
«Spero parli di Mélisande.»
«Certo, certo, ficcanaso.» Nico sorrise enigmatico, un sorriso che aveva perfezionato nel tempo.
Will gli diede un bacio e disse: «Lasciamo scegliere alle ragazze, eh?»
Nico annuì, sapendo benissimo chi avrebbero scelto.
Infatti, appena spuntarono nel soggiorno, le quattro donne chiamarono Will come se fossero una sola, e Will si accomodò vicino a Piper e ad Annabeth. Nico aveva portato loro da bere, ma nulla di alcolico visto che erano tutte e quattro in fase di allattamento.
Nico uscì fuori, dove gli altri quattro uomini, oltre a badare ai bambini e a tenere sotto controllo la carne sul barbecue, bevevano birra. Ne prese una tesa da Jason, la stappò e la sorseggiò osservando Aaron. Il bambino rideva forte giocando con Jasper. Non lo aveva mai visto così allegro.
«Di cosa stavate parlano?» domandò Nico agli amici, appoggiandosi al tavolo di plastica.
«Della mio officina.» spiegò Leo, attizzando il fuoco. «Io e Calypso passiamo quasi tutto il giorno a lavorare insieme. Ed è stupendo.»
«E i bambini? Li lasciate ad una babysitter?»
«Ma certo che no! Aiutano anche loro. Sono così fiero di Felix! Sa distinguere un cacciavite a stella da uno a croce...»
«Pearl sa lanciare con precisione il suo piatto sulla mia faccia.» disse Percy, altrettanto orgoglioso della propria figlia.
«Emy ha già imparato le tabelline.» gongolò Frank. «Ma è un po' timida.»
«Jasper sa fare la ruota.» ribatté Jason, sorseggiando la sua birra. «E credo sappia anche volare.»
«Opal richiama a sé le pietre preziose.» aggiunse Frank, pensieroso. «L'altro giorno ho portato i gemelli a spasso, e abbiamo oltrepassato una gioielleria. Le vetrine si sono infrante, e una scia di diamanti ci ha seguito per mezzo isolato, prima di cadere a terra.»
«E cosa hai fatto?» si incuriosì Leo. «Le hai intascate?»
«È sbagliato rubare.» gli ricordò Frank. «Ho chiamato un taxi e ho fatto il giro più lungo per tornare a casa.»
«Come fai a sapere che è opera di Opal?» domandò Jason, mentre Nico sospirava.
«Perché a Denzel sono spuntate le ali, tre mesi fa. Ali da pipistrello.»
«O da drago?»
«Spero fossero da pipistrello.»
«Sapete, se volevo parlare dei progressi dei bambini, restavo dentro con le ragazze.» disse Nico, tornando a bere la sua birra. Dopo la sbronza apocalittica di un Capodanno passato con i gemelli Solace, si limitava ad una birra o a dello champagne. Invece, Will non beveva quasi mai, per essere sempre sobrio in caso di chiamata.
Leo scoppiò a ridere. «Sì, capisco, siamo noiosi. Ma oltre officina e bambini, non faccio molto altro.»
«Come vanno i vostri lavori?» chiese Nico agli altri.
«Bene.» disse Percy, serio. Percy era diventato una di quelle persone che tanto aveva odiato in gioventù: un professore. Insegnava storia greca e romana agli stessi studenti del suo patrigno Paul, insegnante di inglese. E aveva anche pubblicato dei libri sugli dei greci. «L'altro giorno ho sorpreso alcuni dei miei alunni intenti a fare disegnini osceni sulla mia auto, e li ho pagati per fare la stessa cosa sull'auto del professor Iron. Non lo sopporto.»
Nico scosse la testa divertito.
Annabeth, invece, era un architetto, aveva già costruito tre palazzi, e ristrutturato alcune vecchie scuole, dei musei e un paio di negozi. Tre volte a settimana insegnava architettura nella sua vecchia facoltà. I suoi corsi erano i più seguiti, anche se Percy diceva che gli studenti avevano troppa paura di mollare per poi essere pedinati da un Annabeth furiosa.
Hazel e Frank avevano aperto un'agenzia di viaggi, e nelle ore libere Frank faceva da babysitter ai loro figli. Avevano iniziato a lavorare in agenzia nello stesso periodo, ed entrambi avevano ottenuto una promozione quando il loro boss aveva dato le dimissioni, affidando l'intero incarico ad Hazel. Nel tempo libero, Hazel gestiva un museo d'arte.
Piper aveva dato vita ad un centro di recupero, con l'aiuto del padre, e Jasper l'aiutava quando non era troppo impegnato nel suo lavoro da archeologo.
Erano tutti bei lavori, e Nico pensò che, se non fosse diventato aviatore, di sicuro avrebbe intrapreso carriera nell'agenzia delle pompe funebri.
«Tu piloti anche elicotteri?» gli chiese Leo, curioso. Aveva già cotto diverse bistecche.
«Di solito no, ma lo so fare.» spiegò Nico, lanciando un'occhiata nel soggiorno. Rimase per qualche minuto in contemplazione, poi si schiarì la gola. «Ehm, Jason? Perché tua moglie sta mostrando le tette a mio marito?»
Le teste di Percy e Leo voltarono di scatto verso il soggiorno, ma Piper dava loro le spalle. Frank tenne gli occhi puntati su Emily.
«Ah, sì.» disse Jason, alzando le spalle. «Ha un seno più gonfio dell'altro. E tuo marito fa visite gratuite agli amici.»
«Giusto, giusto...» sospirò Nico.
Jason tirò un pugno a Percy e Leo. «Che state facendo?» gridò loro.
«La curiosità è uomo.» spiegò Leo.
«No, la curiosità è donna!»
Frank e Nico ridacchiarono.

 

Nico si fece aiutare da Percy e Jason mentre apparecchiava il tavolo del soggiorno. L'aria si stava raffreddando, e presto avrebbe anche nevicato, secondo il figlio di Giove.
Mentre i bambini si rincorrevano per casa, Leo finì di preparare la carne al barbecue e lasciò che Frank lo aiutasse.
«Allora, Will.» disse Leo, posando la carne cotta sul tavolo. «Ti sono piaciute le tette di Piper?»
Will arrossì leggermente, in difficoltà. Guardò i coniugi Grace, non sapendo cosa rispondere. Una sua risposta avrebbe dato una reazione differente da parte di Piper e Grace.
Se avesse detto di no, com'era giusto, visto che quel tipo di cose non gli piacevano, Piper si sarebbe offesa e non gli avrebbe più rivolto la parola.
Se avesse detto di sì, Jason lo avrebbe fissato male per tutto il resto della giornata, e di sicuro gli avrebbe ricordato tutti i pomeriggi al Campo Mezzosangue passati a punzecchiarlo perché passava troppo tempo con Nico.
«Papà Will, Felix si è fatto male!» gridò Christal, arrivando di corsa in soggiorno.
«Oh, arrivo subito!» urlò Will, correndo nella direzione delle strilla del bambino, seguito a ruota da Calypso.
Non avendo ricevuto risposta, Jason e Piper tirarono un pugno sulle spalle di Leo, che sussultò.
«Non si dicono cose del genere!» disse Jason.
«Non di fronte ai bambini, poi.» aggiunse Piper.
«Sono fatto così, cosa potete farci?» disse Leo, facendo spallucce.
Nico scosse la testa, e finì di apparecchiare la tavola. Naturalmente non era geloso di Will. Con il suo lavoro, doveva aver visto parecchie persone nude, mentre Nico ne vedeva in serie tv. Per il loro terzo anniversario di matrimonio, erano andati in un locale di spogliarello, e poi erano finiti in un bar.
Nico aveva capito che, per quanto potessero essere belli gli umani, lui preferiva il figlio di Apollo Will Solace, suo marito, biondo, con un corpo da favola, abbronzato, sempre sorridente, e con un lavoro di gran prestigio. E Will aveva avuto conferma della sua passione per Nico di Angelo, per la sua pelle pallida come latte, i suoi modi ombrosi e adorabili, il suo modo di vestire scuro, i piercing al capezzolo e al sopracciglio. Ma avevano passato una notte indimenticabile, a casa, al pari della sorpresa con i petali di rosa che Will aveva fatto anni prima.
Nico accompagnò Percy, Hazel, Leo e Piper al piano di sopra. I loro figli avevano già mangiato, e li sistemarono in due camere per gli ospiti per il sonnellino pomeridiano. La vivacità di Denzel era sorprendente, ma quando la madre gli diede il biberon si addormentò quasi all'istante.
«Siamo sistemati.» disse Leo, soddisfatto, tornando al piano di sotto, mentre Piper controllava se i baby monitor funzionassero. «I più piccoli dormono. Potremo giocare a strip poker, dopo.»
«Sì, certo.» disse Hazel, scendendo le scale e lanciando un'occhiata all'amico. «Sono sicura che Frank, Percy, Jason e Will non avranno nulla in contrario a giocare con te.»
«Io voglio giocare con voi signore.»
«Leo, ti ricordo che sei sposato!»
Leo sospirò. «Non devi ricordarmelo, Pip.»
La donna alzò gli occhi al cielo e Nico sorrise. Alcune cose non cambiavano proprio mai.
Si radunarono al tavolo e cominciarono a mangiare. Christal capitanava il gruppo dei bambini, composti da Emily, Jasper e Aaron.
Per qualche minuto rimasero in silenzio a mangiare, ascoltando le chiacchiere dei bambini. Jasper ed Emily avevano imparato a parlare da meno di otto mesi, e non la smettevano mai. Jason disse che Jasper aveva la brutta abitudine di parlare durante la notte.
Will si scusò poco prima del dolce per rispondere al telefono, ma la telefonata durò così poco che Nico non ebbe nemmeno il tempo di alzare gli occhi al cielo.
«Logan voleva che andassimo a cena da loro questa sera.» spiegò Will a Nico.
«Hai detto che abbiamo ospiti, e che fino a domani non riusciremo a liberarcene?»
«Sì.»
«Se disturbiamo, andiamo via...» disse Piper, con mezzo sorriso.
«Per me, potete rimanere anche... mmh, fino a domani sera.» disse Nico.
Chiacchierarono del Campo Mezzosangue, parlando dei loro amici, delle loro famiglie, di Chirone e del Signor D. Percy spiegò che voleva avere come minimo tre figli, mentre Annabeth era intenzionata a non dargliene più di due. Per Jason e Hazel, i figli che avevano erano già abbastanza, mentre Frank ne voleva di più e Piper non fece commenti.
Parlarono delle loro vite quasi tranquille una volta lasciato il Campo, risero di come avessero preferito i mostri in un certo periodo della loro vita, dei primi anni di matrimonio. Parlarono anche del giorno al falò, il bentornato a Nico, quando lui e Will si erano baciati pubblicamente, e Jason era quasi svenuto dalla gioia perché «L'ho sempre saputo, ragazzi!».
Poi si ritrovarono a parlare delle profezie che li aveva uniti. Sebbene fossero un po' scontenti al pensiero, erano felici di essersi conosciuti, di aver intrapreso quel tipo di vita insieme. Nel corso degli anni erano morti dei loro amici, ma altri erano sopravvissuti, e le loro vite avevano continuato, rendendo tributi ai morti.
Avevano amato, avevano dato alla luce delle nuove creature simili a loro. Erano diventati amici, e i vecchi rancori ormai erano stati dimenticati.
Leo uscì per qualche minuto, per andare a prendere la sua sorpresa "indimenticabile". Frank fu tentato di chiuderlo fuori casa, e Will gli urlò che se avesse osato dare fuoco a casa sua, com'era successo tanti anni fa con la baita, gliel'avrebbe fatta pagare di tasca sua. E Calypso gli avrebbe chiesto il divorzio e si sarebbe tenuta figli e officina.
«Dai, la mia sorpresa è questa!» esclamò Leo, un po' offeso per i loro modi di fare, mostrando loro due bottiglie di vino rosso di annata eccellente. «Le ho comprate per quest'occasione.»
Will recuperò i bicchieri da vino, e Leo lo servì. Restarono tutti e dieci in piedi ad osservarsi con il calice pieno, studiando i cambiamenti che gli anni avevano portato loro. Quando si erano trovati sull'Argo II, nessuno di loro aveva pensato anche solo per un momento che, dopo quasi quindici anni, si sarebbero trovati lì, a festeggiare, con i loro figli che li guardavano felici.
«Direi che è il caso di fare un brindisi.» disse Leo, schiarendosi la gola, alzando per primo il proprio calice. «A noi, i Mai Più Profezie!»
Gli occhi di tutti si voltarono verso i bambini. Esclusa Christal, ognuno dei loro figli si sarebbe potuto trovare un giorno nelle profezie di Rachel Elizabeth Dare. Erano figli di Eroi, dopotutto.
Nico si voltò a guardare Will, che lo stava già studiando. Si osservarono sorridendo, ammirando il lavoro che il tempo aveva fatto con l'altro. Erano cresciuti, il loro amore si era fatto sempre più forte negli anni, e niente era riuscito ad abbatterlo. Certo, c'erano stati degli alti e bassi, soprattutto di primo mattino quando Will scappava di casa per andare al lavoro, e Nico guardava stanco il posto vuoto lasciato dal marito.
Si erano amati tanto, in quegli anni, ed entrambi capirono, ad una sola occhiata, che avrebbero continuato ad amarsi per tanti altri anni. Gli Dei erano stati misericordiosi con ognuno di loro. Gli stavano lasciando un periodo di pace, il più lungo che si fosse mai visto, e nessuno poteva lamentarsene.
Will diede un buffetto sulla guancia di Nico, che si voltò a guardare Leo, in attesa che tutti seguissero il suo brindisi. Nico alzò il braccio.
«Mai Più Profezie.» disse, e Will unì la sua voce a quella del marito. Anche gli altri lo dissero, e i bambini non capirono il significato di quelle parole che facevano rallegrare e intristire al tempo stesso i loro genitori.

 

Ciao a tutti!
Mi scuso per aver pubblicato in ritardo questi capitoli...
Volevo solo farvi sapere che se non pubblicherò niente domani, ci vedremo di sicuro venerdì!
Un bacione a tutti, e grazie per la pazienza.

Debby
 

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Capitolo 44
*** Extra. Bentornato al Campo Mezzosangue [Parte 1] ***


Will si svegliò dopo più di venti minuti. Il suo cuore galoppava nella cassa toracica, e non riusciva a capirne il motivo. Guardandosi attorno, si rese conto di trovarsi steso nel letto della Cabina di Ade. Non era possibile. Si era addormentato in quella cabina un'altra volta? Ma c'era qualcosa di diverso. Riusciva a captare il sole. Dovevano essere le sei di sera, quasi ora del tramonto. Ma allora perché...?
Con un sussulto, Will si voltò verso il resto del letto. Il suo cuore batté più rapido alla vista di Nico di Angelo che sonnecchiava vicino a lui. Will non fu sorpreso nel notare che il figlio di Ade fosse nudo, perché anche lui lo era.
Le immagini di quanto fosse successo tra loro nell'ultima ora lo fecero arrossire. Ricordò di aver raggiunto Nico sotto la doccia, di aver parlato con lui, di averlo baciato... E Nico gli aveva confessato che non sarebbe più tornato negli Inferi, perché lui desiderava una vita normale con lui al suo fianco. E gli aveva anche fatto una specie di proposta di matrimonio.
Will osservò l'anello a forma di teschio al dito, oro e nero. Era simile a quello argentato di Nico. E tratteneva a sé una splendida richiesta.
Will spostò lo sguardo su Nico. Se il figlio di Ade si fosse svegliato in quel momento, scoprendolo ad osservarlo mentre dormiva, di sicuro gli avrebbe tirato un pugno sul viso. Stava sbavando sul cuscino. Will ridacchiò, passandogli un dito tra i capelli corti e lo osservò rabbrividire. Gli tirò le coperte addosso, nascondendo la pallida pelle nuda, e scese dal letto. Non intendeva andarsene dalla cabina, ma solo infilarsi qualcosa addosso. Non voleva che Nico si svegliasse da solo, non dopo quanto era successo.
Will recuperò i suoi vestiti, sparsi tra la porta della cabina e il bagno. Una volta vestito, raccolse anche quelli di Nico, appoggiandoli ai piedi del letto, per permettergli di cambiarsi se lo avesse voluto. Poi tornò a stendersi nel suo posto, quasi sfiorando il braccio di Nico.
Poco più di dieci mesi prima, Nico di Angelo era partito per gli Inferi, dicendo che sarebbe tornato nel giro di tre settimane, massimo un mese. Invece, era passato molto più tempo, e Will, per ogni giorno di ritardo, aveva sentito il proprio cuore spezzarsi sempre più. Aveva perso fiducia nel figlio di Ade, aveva raccolto la sua rabbia e l'aveva rilasciata in allenamenti continui, e lunghi turni in infermeria. Si era anche occupato di aiutare Jason Grace ad allenare i nuovi semidei, un lavoro che non gli veniva molto facile, soprattutto in compagnia del figlio di Giove.
Will chiuse gli occhi, assaporando ogni secondo della giornata appena trascorsa. Quando quel mattino si era alzato dal suo letto nella cabina di Apollo, non si era di certo aspettato quell'esito. Si era infilato in bagno, si era vestito, aveva fatto colazione con Derek, aveva passato qualche ora in infermeria, e poi aveva trascorso un paio d'ore alla postazione di tiro con l'arco, mirando al tipico bersaglio, ad un manichino e alla tavola da surf regalata a Nico diversi mesi prima. Poi Nico era spuntato alle sue spalle, travolgendogli il resto della giornata.
Will si mordicchiò il labbro, osservando il soffitto. In tutti quei mesi di distanza, si era promesso di non dare più fiducia a Nico, ma quando se l'era visto davanti... e poi quando aveva sentito quelle parole... la sua fermezza era andata a farsi benedire, e lo aveva perdonato. E aveva anche fatto l'amore con lui. Al pensiero, le guance abbronzate di Will si tinsero di un forte rossore.
Gli venne in mente anche qualcos'altro. Doveva parlare con i suoi fratelli prima che questi potessero aggredire Nico. Negli ultimi mesi, i suoi fratelli si erano resi conto del dolore che gli aveva provocato la partenza di Nico, e loro erano stati i loro primi fan in assoluto. Lo avevano visto peggiorare di giorno in giorno, spremersi fino allo stremo. E quando era arrivato Nico, erano già stati tentati di picchiarlo. Doveva parlare assolutamente con loro.
Nico bofonchiò qualcosa, e Will rimase fermo e immobile, in attesa. All'improvviso si scoprì spaventato. Quale poteva essere la reazione di Nico nello scoprirsi nudo, e in sua compagnia? Forse non l'avrebbe presa bene.
Nico ripeté il suo sussurro, e Will sentì il cuore rallentare, colmo di gioia. Nico aveva appena mormorato il suo nome. Will.
Ma il figlio di Apollo si trattenne lo stesso dal dire all'altro di trovarsi lì, al suo fianco. Nico doveva scoprirlo a suo tempo, e da solo.

 

Nico alzò lentamente le palpebre, mettendo a fuoco con fatica la sua camera. La sua camera della Cabina di Ade. Circa un anno prima, aveva rimesso a nuovo tutta la cabina, dando nuovi colori e sistemando degli altri mobili. Osservò il computer regalatogli dai figli di Atena, e si domandò se fosse ricoperto di polvere. Lo aveva usato rare volte.
Sbadigliò, e si strofinò i palmi sugli occhi. Aveva fatto un lungo viaggio per tornare al Campo Mezzosangue, per parlare con Will. Sapeva di aver parlato con lui, riusciva a ricordarselo, e sapeva anche di avergli confessato apertamente i suoi sentimenti. Forse era per quello che si sentiva così strano.
Nico tenne lo sguardo puntato sul soffitto, pensieroso. C'era qualcosa che non andava. Si mise seduto, scoprendosi nudo, e notò subito la montagnola dei suoi vestiti al fondo del letto. I ricordi lo travolsero come un fiume in piena e spostò lo sguardo su Will Solace, steso al suo fianco, sveglio.
«Ciao.» lo salutò il figlio di Apollo, cauto.
«Ah, ciao.» rispose Nico, osservandolo con attenzione. Era vestito, ma i capelli spettinati e le guance rosse gli fecero capire che anche lui ricordava molto bene i fatti accaduti nell'ultima ora.
Nico arrossì di colpo, e Will si mise seduto, facendo di tutto per non sfiorarlo.
«Allora...» mormorò Will, lanciandogli un'occhiata imbarazzata. «Come stai?»
«Sto bene.» annuì Nico, strofinandosi le guance, sentendole bollenti. «Sto benissimo.»
Will si affrettò a passargli i pantaloni, e Nico li infilò senza aggiungere una parola. Fece attenzione a non farsi male con la cerniera, e tornò ad osservare Will. Sebbene i vestiti, Nico riusciva a ricordarsi alla perfezione ogni più piccolo dettaglio della sua pelle nuda. Il pensiero lo fece avvampare un'altra volta.
«Credo che andrò a fare la doccia.» borbottò Nico, scendendo dal letto con passo malfermo.
«Sì, credo che lo farò anch'io.» disse Will, con voce roca.
Si lanciarono un'occhiata.
«Ma torno nella mia cabina.» si affrettò a dire Will, mentre le loro guance si imporporavano un'altra volta. «Credo che, ehm, abbiamo già salvato l'ambiente facendo la doccia insieme, prima.»
Nico sentì il cuore battere più forte mentre gli tornavano i ricordi. «Sì, ehm, lo penso anch'io.» annuì imbarazzato.
Will e Nico si studiarono per qualche altro minuto, cercando qualcosa da dirsi. Nico era imbarazzato. Aveva fatto l'amore con quel ragazzo, che gli piaceva tantissimo, ma non riusciva a guardarlo negli occhi. E Will era imbarazzato perché sapeva quello che stava vorticando nella mente del figlio di Ade.
«Ci vediamo alla festa.» disse infine Will.
«Quale festa?» domandò Nico, portandosi una mano al petto e sistemandosi il piercing, che aveva iniziato a dargli fastidio.
«La tua festa di bentornato. Te la sei dimenticata?»
Nico socchiuse le palpebre e ricordò. Jason, Piper e altri semidei gli avevano assicurato una festa per quella sera, una festa di bentornato al Campo. Ma sembravano essere passati secoli da quel momento.
«No, lo ricordo.» mormorò Nico. «Sì, ci vedremo alla festa. Ma, ehm, mi vieni a chiamare?»
«Credo che verranno Jason e Piper.»
Nico annuì. Gli girava la testa, e aveva bisogno di un po' d'aria fresca. Senza volerlo, i suoi occhi si posarono sul letto. Le lenzuola erano tutte sfuggite dal materasso, segno che era accaduto qualcosa di diverso dal solito.
«Nico...»
Il figlio di Ade si voltò, incrociando gli occhi di Will. Il figlio di Apollo gli avvicinò, posandogli le mani sulle spalle, per guardarlo dritto negli occhi infossati. Nico sussultò a quel lieve contatto, e i ricordi si fecero più intensi.
Ora sì che aveva bisogno di una doccia fredda.
«Vuoi parlarne?» domandò piano Will, studiandolo.
«Nah.» borbottò Nico, sentendo l'odore di Will. Non aveva mai creduto possibile che qualcuno potesse odorare di sole. Il sole aveva un odore? Be', doveva essere per forza quello di Will. «Ho, ehm, quindici anni, e non ho bisogno di parlare di quello che è successo.»
«Come vuoi.» mormorò Will, abbracciandolo. Nico gli strinse le mani dietro la schiena, evitando il contatto con il suo bacino. Ma obbedì all'impulso di baciargli le labbra, e Will non si tirò indietro.
«Questa sera.» bofonchiò Will, separandosi da lui, e Nico pensò che fosse stupendo, con le gote di un rosso acceso. «Ci vediamo questa sera.»
«D'accordo. Will, io...»
«Anch'io.» rispose Will, con il suo solito sorriso solare, e indietreggiò fino alla porta. Nico gli fece un saluto e lo guardò sparire dalla sua cabina.
Non si era mai sentito così leggero.

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Capitolo 45
*** Extra. Bentornato al Campo Mezzosangue [Parte 2] ***


Will non si guardò attorno mentre usciva rapidamente dalla cabina di Ade, gli occhi puntati sulla sua. Non voleva incrociare gli occhi di nessuno, tantomeno dei suoi fratelli, ma se si fosse preso la briga di guardarsi attorno, si sarebbe accorto che non c'era assolutamente nessuno di cui incrociare gli occhi. Era già tutti in spiaggia, in attesa della festa, e del festeggiato.
Will spinse la porta della cabina e si fermò confuso. La sua cabina era vuota. Non era mai stata così vuota, nemmeno quando erano tutti in spiaggia a prendersi il sole. Controllò i letti uno ad uno, e annuì. Nella cabina non c'era proprio nessuno.
Recuperò alcuni vestiti dal suo cassetto e li lasciò sul letto, poi si diresse in bagno. Tenne la porta chiusa, perché i piccoli figli di Apollo erano curiosi quanto gli adulti.
Si svestì e si infilò nella doccia. Quando il getto caldo gli bagnò le spalle, Will si accorse dei piccoli graffi che Nico gli aveva provocato sulle braccia. Avvampò, e cercò di ricordare tutta la dolcezza possibile di quei momenti. Quello sarebbe stato uno dei ricordi che non avrebbe mai eliminato dalla sua testa.
Passò più di mezz'ora sotto il getto della doccia, girando la manopola dell'acqua da calda a fredda in intermittenza. Calda quando i suoi pensieri erano puri, fredda quando i suoi pensieri si spostavano anche solo per un secondo su Nico di Angelo. Alla fine, quando girò la manopola in modo definitivo per spegnerla, si rese conto di aver fatto una doccia molto più fredda di quanto non fosse calda.
Will recuperò un asciugamano pulito, e si osservò allo specchio. La pelle del viso era ancora ricoperta di chiazze. Si domandò quando quel rossore più o meno verginale lo avrebbe abbandonato per sempre.
«Will, sei in bagno?»
Will sussultò per la sorpresa, e scivolò sui propri piedi bagnati, cadendo in avanti, dritto nella vasca. Sbatté la fronte contro il muro, e sentì il proprio sangue colargli sul volto.
«Oh!»
Will si rimise in piedi, mentre Angel - chi altri poteva essere? - si affrettava a bloccargli il sangue con un incantesimo. Will si lavò il viso, cancellando le tracce di sangue. Osservandosi allo specchio, notò che le sue guance erano solo più abbronzate. Angel era servito a qualcosa, dopotutto.
«Scusa, non volevo spaventarti.» bofonchiò Angel, tendendogli l'asciugamano bianco. Will se lo legò alla vita, mentre i capelli gli si asciugavano da soli. La nudità nella cabina di Apollo era considerata del tutto normale, a qualunque età.
«Sono stato stupido io.» disse Will, strofinandosi le dita sulle guance. Sì, finalmente non era più paonazzo. «Avrei dovuto immaginare che sarebbe arrivato qualcuno.»
Angel non rispose, gli occhi puntati su di lui. Will si ravvivò i capelli, e lanciò un'occhiata al fratello, giusto in tempo per capire quello che l'altro stava guardando. Il rossore sulle guance tornò, come per salutarlo, per chiedergli se gli fosse mancato.
«Come ti sei fatto questi graffi?» domandò Angel, curioso, ma i suoi occhi non erano colmi di curiosità. Era come se... se lui già lo sapesse.
Will emise un gemito. Angel Garner. Il detective più arguto che avesse mai incontrato.
«Io... io mi sono fatto male oggi durante gli allenamenti.» mentì sfacciato Will, uscendo di corsa dal bagno.
Angel lo seguì senza una parola, e rimase qualche passo dietro a lui mentre si vestiva. Will desiderò lasciare subito quella cabina. Si sentiva così confuso e felice, e non voleva che Angel rendesse il tutto ancora più fastidioso.
«So cosa hai fatto.»
Will deglutì e guardò Angel. «E cosa avrei fatto?»
Angel fece spallucce. «Lo sai.»
«Okay, io lo so, ma tu lo sai?»
Angel aggrottò la fronte. «Non sono un bambino, Will. So benissimo cosa tu e Nico avete fatto. O, almeno, posso immaginarlo.»
«E come fai a saperlo?» Un assurdo pensiero si fece strada nella sua testa e, arrossendo, Will quasi gridò, puntandogli il dito al petto: «Ci hai spiato?!»
«Oh, per gli Dei, no!» esclamò Angel, paonazzo a sua volta. «Non vi ho spiato!»
«Ci mancherebbe altro...»
«Cioè... non vi ho spiato dalla finestra, ecco.»
Will si irrigidì, chiedendosi perché non avesse ucciso Angel quando ne aveva avuto l'opportunità. Si infilò per bene la maglietta arancione del Campo, sistemandosi le perle e scrutandolo. Angel era diventato tutto rosso.
«Cosa vuoi dire?» domandò Will. «Non ci hai spiato dalla finestra? Hai aperto la porta? Hai installato delle telecamere sul soffitto?»
Questo avrebbe spiegato l'aria di superiorità del fratello ogniqualvolta tornava dalla cabina di Ade dopo averci passato la notte in tutti quei mesi.
«No, no, no, Will. No! Io...» Angel si storse una ciocca di capelli, imbarazzato. «Tu mi hai detto di aspettare te o di Angelo in infermeria, e io vi ho aspettato. Non vedendovi, mi sono messo a guardare la porta della cabina 13, non sapendo se venire a controllare se non vi foste ammazzati a vicenda. Ma poi... ecco, dopo quasi un'ora da quando tu sei entrato, ne sei uscito, e ho immaginato quello che poteva essere successo.»
Will si sedette sul suo letto con le ginocchia tremolanti. «Ah.» disse, mite. Se fosse stato zitto, avrebbe potuto mentire al fratello, dicendogli che probabilmente si era sbagliato.
Angel si storse le dita e lo guardò curioso. «Allora avete fatto pace, eh?»
Will sorrise dolcemente. «In tutti i modi possibili.» mormorò.
Angel sgranò gli occhi. «Ah... quindi mi stai confermando che avete proprio fatto sesso! Wow, che scoop!»
«Scoop? Lo scoop sarà quello di non farti uccidere, Angel. Ti conviene tenere questo segreto per te, se non vuoi tornare da tua madre un pezzo alla volta.»
Angel lo guardò amareggiato. «Sei sempre così aggressivo con me, Will.»
«Sì, penso di averlo appena notato.» borbottò tra sé Will, un po' dispiaciuto.
«Con me, il tuo, il vostro segreto è al sicuro. Dico sul serio.» Angel si scompigliò i capelli. «Anche se immagino che non resterà segreto a lungo, vero? Insomma, immagino che vi amiate, e presto o tardi lo direte a tutti.»
«Conoscendo Nico, non lo diremo in giro tanto presto. Ma ti ringrazio per il tuo silenzio, e se c'è qualcosa che posso fare per te...»
Angel sorrise compiaciuto. «Aspettavo da tanto di sentirti dire una cosa del genere. Troverò qualcosa da farti fare.»
Will sospirò, rassegnato.

 

Nico uscì dalla doccia. Era nervoso, stava tremando, ma si sentiva bene. I suoi pensieri erano bloccati su Will, sui suoi baci e le sue carezze. Su loro due insieme. Sapeva che quei pensieri non sarebbero passati tanto facilmente.
Nico recuperò dei vestiti puliti dall'armadio e li indossò. Si passò una salvietta sui capelli bagnati, asciugandoli velocemente. Erano quasi del tutto rasati, non c'era granché da asciugare. Si asciugò il volto e tornò in bagno. Non tanto perché doveva fare qualcosa, ma perché voleva rivivere ciò che era successo.
Osservando la doccia, Nico riuscì a rivedere Will Solace, nudo, che entrava sotto il getto caldo con lui. Ricordò di avergli insaponato le spalle, facendo di tutto per non abbassare lo sguardo. E ricordò di come aveva sentito gli occhi cedere sotto il petto di Will, ma quella tentazione era passata.
Nico tornò a guardare il bagno, individuando i due asciugamani che lui e Will avevano tenuto per pochi minuti, prima di liberarsene e coricarsi insieme nel letto. Erano stati lanciati, l'unica cosa che avevano indossato dopo la doccia.
Nico recuperò le coperte, cercando in tutti i modi di rifarsi il letto, ma alla fine vi rinunciò. Forse avrebbe fatto meglio a cambiare lenzuola, ma non ne aveva la forza.
Si osservò le mani, le dita, studiò nei minimi dettagli il teschio d'argento che portava al dito come anello. Ne aveva regalato uno simile a Will, oro e nero, fatto fare su misura per lui negli Inferi. Will aveva le lacrime agli occhi quando lo aveva accettato.
Il figlio di Ade sorrise leggermente, e si stese sul letto, gli occhi chiusi, sentendo il profumo di Will. Ne aveva sentito anche prima sul cuscino, ma non aveva trovato il modo di chiedere a Will se fosse stato nella sua cabina in quei giorni, in quei mesi di lontananza.
Nico si sforzò di rimettersi seduto, le guance arrossate. Perché si comportava in quel modo? Come una ragazzina infatuata? Non era una ragazzina, e non era nemmeno infatuato. Era innamorato di Will Solace. Punto e basta. E aveva anche intenzione di passare il resto della sua vita con lui, sempre se non fossero morti prima per colpa di qualche nuova guerra contro gli Dei.
Nico aprì le finestre della sua cabina, lasciando scorrere l'aria, e ripulì i libri dalla polvere, tanto per ingannare il tempo. Non sapeva se doveva andarci di sua spontanea volontà in spiaggia, oppure se doveva aspettare che Jason Grace venisse a prenderlo. O forse era meglio aspettare Will?
Il ricordo di Will lo fece bloccare. Il suo cuore fece una specie di capriola di gioia, e Nico si mordicchiò il labbro, aspettando che quella sensazione da favola lo abbandonasse. Anche Percy provava qualcosa del genere, pensando ad Annabeth? E lo stesso valeva per Frank nei confronti di Hazel? O Jason per Piper? Tutti loro sentivano le gambe molli, il cuore volenteroso di esplodere, e...
Nico si sedette sul letto, ripensando a quello che era successo quel mattino. Finalmente, dopo tanti giorni di attesa, aveva salutato il padre e la matrigna, promettendo loro di fargli avere sue notizie, ed era partito verso il Campo Mezzosangue. Aveva impiegato solo tre viaggi-ombra per arrivarci, e continuava a sentirsi rinvigorito. Quel periodo negli Inferi gli era proprio servito. Anche se gli dispiaceva aver abbandonato Will.
Con gli occhi chiusi, Nico rivide il figlio di Apollo alla postazione di tiro con l'arco. Lo aveva cercato subito lì, in un posto aperto, perché andare in infermeria significava sbandierare a tutto il Campo del suo ritorno. E prima di chiacchierare con qualunque altro semidio, Nico intendeva parlare con lui.
Lo aveva osservato tirare una freccia dopo l'altra contro i tre bersagli - era stato piuttosto scosso nel notare la sua tavola da surf là in mezzo, ma non poteva farci niente - e ritrovando il coraggio aveva deciso di interromperlo.
Non si era aspettato un trattamento del genere da parte di Will, ma avrebbe dovuto pensarci meglio. Certo, per lui erano trascorsi solo tre mesi, ma per Will il tempo era stato più esteso, più duraturo. E, come minimo, Will avrebbe dovuto tirargli un pugno dritto sul naso, ma era stato cauto.
Will gli aveva concesso di spiegarsi, e Nico non si era fatto mancare l'opportunità. Ed era filato tutto liscio fino alla comparsa del figlio di Ermes, che aveva detto a tutto il Campo de suo ritorno. Poi erano comparsi Jason e Piper, Leo Valdez che non vedeva da tempo, e aveva intravisto i figli di Apollo fratelli di Will pronti a picchiarlo.
E poi... Nico era rientrato nella sua cabina e aveva scoperto Will che lo stava aspettando. Avevano discusso, avevano deciso di incontrarsi alla festa, ma Will lo aveva seguito sotto la doccia. E tutto il resto non era stato affatto programmato.
Nico si passò la lingua sulle labbra, osservando il letto. Tutto il resto non era stato programmato, ma lo avrebbe rifatto volentieri.
Il bussare timido alla porta lo fece scattare. La spalancò, prima che il suo visitatore avesse il tempo di bussare una seconda volta.
«Ehi, Nico.» lo salutò Jason Grace, e Nico lo osservò. «Ti sei riposato? Dobbiamo andare alla festa, sono tutti in attesa.»
Nico annuì, scrutando il Campo oltre le spalle di Jason. Individuò Will e Angel che uscivano dalla cabina di Apollo, dirigendosi verso la spiaggia senza voltarsi nemmeno una volta.
Il cuore di Nico ebbe un sobbalzo, ma non fu un sobbalzo cattivo. Sapeva che Will non poteva aspettarsi che, se si fosse voltato, lo avrebbe intravisto. Di sicuro pensava che fosse già in spiaggia.
Nico si infilò le infradito blu che Will gli aveva lasciato mesi prima, e seguì il figlio di Giove fuori dalla sua cabina senza aggiungere una parola.

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Capitolo 46
*** Extra. Bentornato al Campo Mezzosangue [Parte 3] ***


«Sono felice che tu sia tornato al Campo.» gli disse Jason, per spezzare quel momento di silenzio che si era creato tra di loro.
«Sono felice anch'io.» annuì Nico, soprappensiero, gli occhi puntati sulla schiena lontana del suo figlio di Apollo. E anche sul suo sedere. «Mi sono perso qualcosa, in questi mesi?»
«Nulla di che. Sono comparsi alcuni mostri, ma li abbiamo sconfitti in fretta. Eravamo fuori allenamento. Dopo aver trovato Leo, mi sono occupato degli allenamenti dei semidei più piccoli, quelli appena arrivati.»
Nico annuì una seconda volta. Doveva aspettarselo. Jason era bravo.
«Leo e Calypso si trovano bene qui?» domandò, sforzandosi di fare conversazione.
«Nessuno dei due si lamenta. E Leo è felice di essere tornato nella sua cabina. Ha perfezionato il suo Festus, e immagino che ora sia irrompibile, o qualcosa del genere. Tu cosa hai fatto negli Inferi, Nico?»
«Ah, nulla di che. Ho gestito il posto fino al ritorno di mio padre.»
«È stata una bella esperienza?»
«Più o meno.»
Will e suo fratello Angel scomparvero, e Nico si mordicchiò l'interno del labbro per non corrergli dietro. Si accorse di portare il ferro dello Stige al fianco. Non si era nemmeno accorto di averlo preso. E Jason non aveva fatto alcun commento a riguardo.
«Jason.» mormorò Nico, voltandosi a guardarlo negli occhi. «Tu... ehm, tu hai, ehm, sei stato a contatto con, mmh, con Will Solace, in questi mesi, o... o no?»
Jason batté le palpebre, senza rispondere, osservando dritto davanti a sé, cercando di dare un senso a quei farfugliamenti.
«Be', io e lui non siamo amici.» mormorò infine Jason, senza guardarlo.
«Ah, be', giusto.» annuì Nico, sentendosi ardere le guance.
«Però negli ultimi mesi l'ho visto.» continuò Jason. «Ha passato un sacco di tempo da solo, ad allenarsi. Altrimenti, era in infermeria a guarire pazienti. Ha lasciato due volte il Campo, la prima volta a dicembre, e la seconda volta il mese scorso, per festeggiare il suo compleanno e per fare un esame per la facoltà di medicina, a quanto sono riuscito a capire...»
«Lo hai mai visto...»
«Frequentarsi con qualcun altro che non fossi tu?» concluse Jason per lui, sorridendo, e Nico avvampò ancora di più. «No. Se non era da solo, era con i suoi fratelli, o con quel figlio di Ecate di nome Raphael. Mai visto in atteggiamento intimi con altri semidio.»
«Ah, okay.» bofonchiò Nico. Ma se fosse successo il contrario, Nico non se la sarebbe presa. Infondo, dal punto di vista di Will, era come se loro due si fossero mollati.
«Tu e lui vi siete chiariti?»
«Credo di sì.»
«Devo aspettarmi qualche confessione, durante la tua festa di bentornato?»
Nico scosse la testa, più o meno sicuro di sé.
A duecento metri da loro, Will fu fermato da un capannello di figli di Efesto, che gli chiedevano se fosse più grave un ustione di primo grado o una di terza.
Rispondendo, Will notò Jason Grace e Nico di Angelo superarlo. Nico si voltò appena per lanciargli un'occhiata, incrociando i suoi occhi, e Will cominciò a farfugliare.
«Ora è a riposo.» gli venne in soccorso Angel, spingendolo via dai quattro figli di Efesto. «Domani sarà di nuovo in servizio. E non vi date fuoco, non è affatto una cosa bella.»
Will si lasciò trascinare via, gli occhi puntati sulla schiena di Nico, e non riuscì a fare a meno di sorridere nel notare che il figlio di Ade indossava delle infradito, proprio come lui.
Nel giro di una manciata di minuti, Will si ritrovò a sorseggiare un cocktail di frutta analcolico - come tutto il resto, d'altronde - -consegnatogli da una figlia di Demetra. Lo sorseggiò, guardando intimorito la folla di semidei che si era creata sulla spiaggia. C'erano dei cartelloni di benvenuto per Nico, e Will aveva perso il figlio di Ade tra la folla già da qualche minuto.
«È qui.» tentò di tranquillizzarlo Angel, senza molto successo. «Da qualche parte, ma sappi che è qui.»
Will annuì, terrorizzato alla sola idea che Nico potesse lasciarlo di nuovo. Non glielo avrebbe permesso, non dopo quei momenti indimenticabili che avevano passato insieme.
Will si sedette goffo sul tronco di un albero, osservando la distesa di oceano di fronte a lui. La voglia di farsi un bagno a quell'ora non gli era passata, e sapeva che, da un momento all'altro, qualcuno dei suoi fratelli lo avrebbe sfidato. E Will non era intenzionato a tirarsi indietro. Sentiva nelle vene una certa euforia che non sarebbe passata tanto presto.
Angel scomparve dal posto al suo fianco, e Will si ritrovò stretto tra Derek e Austin. Entrambi tenevano gli occhi posati su di lui, e Will capì quello che i fratelli gli avrebbero detto da un momento all'altro.
«Allora.» disse Austin, porgendogli un vassoio pieno di panini al formaggio. «Cosa dobbiamo fare con Nico di Angelo?»
«Lasciarlo in pace?» domandò dubbioso Will, prendendo un panino.
«Stai scherzando, fratello?» rise incredulo Derek, mentre Austin sondava con attenzione il volto del suo capo cabina. «Dopo quanto abbiamo visto negli ultimi mesi, credi davvero che lo lasceremo senza un graffio?»
Will giocherellò nervoso con la manica della maglia. Angel gli aveva fatto notare che i segni di Nico erano ancora ben visibili, e allora Will aveva optato per infilarsi una maglia lunga e nera, e sopra quella arancione del Campo Mezzosangue.
Come poteva chiedere ai suoi fratelli di lasciar in pace Nico senza creare in loro delle domande insistenti a cui sarebbero giunto rispose imbarazzanti?
Mordicchiandosi il labbro, Will scrutò i semidei alla ricerca di Nico. Lui doveva essere lì, da qualche parte. Portava ancora il laccio al collo, con quell'unica perla arancione che cambiava colore, diventando viola. La portava ancora. Non doveva essersela mai tolta.
«Lasciatelo in pace.» ripeté Will ai fratelli, senza guardarli. «Io e lui dobbiamo ancora, ehm, parlare. E quando avremo finito di parlare, se quello che mi avrà detto non mi è piaciuto... Lo lascerò a voi.»
Derek e Austin lo guardarono disgustati. «Questo tuo modo pacifico non mi convince, Solace.» disse Derek, mentre Austin si alzava. «Insomma, fino al mese scorso dicevi che se ti fosse comparso davanti, lo avresti spedito in ospedale con il naso e qualche ossa rotti.»
Will arrossì. Non ricordava di averlo detto, ma non era improbabile.
«Le persone cambiano.» bofonchiò.
«Vedremo, Will.» mormorò Austin. «Vedremo.»
Will li osservò allontanarsi e si voltò a guardare Angel, che lo stava osservando più nervoso di lui.
«Ti va di tenerli d'occhio?» lo pregò.
Angel lanciò un'occhiata al cielo, che cominciava a scurirsi. «E chi tiene d'occhio te?»
«Sono abbastanza grande per tenermi d'occhio da solo.» lo tranquillizzò Will, anche se sapeva, in cuor suo, che non era affatto così.
Nico sedeva tra Leo Valdez e Calypso. Di fronte a loro, c'erano Piper e Jason, che ridacchiavano raccontandosi storielle del loro ultimo viaggio insieme.
Nico si sforzò di non ascoltarli, e cercò di concentrarsi su quello che gli stava dicendo Leo. Calypso sedeva a poca distanza da lui, con un leggero sorriso sul volto, e lo stava studiando con gli occhi. Nico le si era già presentato, e fino a quel momento l'aveva trovata simpatica.
Leo gli stava spiegando come avesse fatto a sopravvivere, e a trovare l'isola di Calypso, quando cominciarono a partire i fuochi d'artificio. Tutta la spiaggia si fermò, osservando quel meraviglioso gioco pirotecnico gestito da figli di Efesto e figli di Ecate.
«C'è il tuo zampino, Leo?» domandò Nico, affascinato, mentre il suo nome, scritto in grandi lettere oro, compariva sul cielo.
«Potrei aver fatto qualche ritocchino qui e là.» annuì Leo, sorridendo. «Ma vi giuro che non ho lavorato attivamente per creare questo tipo di fuochi d'artificio.»
«Non ti credo.» mormorò Calypso.
«Piccola, ho passato tutto il pomeriggio in tua compagnia...»
Calypso lo zittì, e Nico sorrise.
«Oh, per gli Dei, Nico di Angelo sta sorridendo!» esultò Leo, facendo voltare di scatto Piper e Jason. «Abbiamo bisogno di una foto!»
Nico si ritrovò gli occhi quasi lacrimanti per le decine di foto con flash che gli vennero scattate, sempre con meno sorriso.
«Hazel passerà di qui in settimana.» lo avvisò Piper, mentre Jason le mostrava gli scatti di Nico. «Vuole venirti a salutare.»
«Le hai detto tu che sono qui?» domandò Nico, strofinandosi gli occhi.
«Sì, ho dovuto. E l'ho detto anche ad Annabeth e a Percy. Ti mandano i loro saluti, e degli abbracci.»
Nico annuì, pensieroso. Finché gli abbracci erano solo virtuali, gli andava bene.
«Ti saluta anche Reyna.» aggiunse Jason.
«Oh!» esclamò Nico. Il Pretore Romano gli era mancato molto, in quei mesi negli Inferi, ma non quanto Will. Si mise a cercarlo tra la folla, ma non individuò quei fluenti capelli biondi da nessuna parte. C'erano molti semidei intenti a mangiare, a ridere e a scherzare, e anche a ballare. Will doveva essere da qualche parte a festeggiare il suo ritorno.
Nico comprese di volere essere con Will a festeggiare il suo ritorno al Campo. Non voleva stargli lontano un altro minuto. Voleva stringerlo a sé, baciarlo, e ripetergli «Scusa» per la millesima volta. Sebbene Will, ormai, lo avesse perdonato.
Jason notò qualcosa attraversare gli occhi scuri del figlio di Ade, e non fece commenti, attirando su di sé l'attenzione di Leo, Piper e Calypso, che osservavano il figlio di Ade curiosi.
Will bevve quattro cocktail alla frutta, ascoltando le chiacchiere di Angel e di alcune figlie di Demetra. Erano tutte tipe simpatiche, che forse lo guardavano più del dovuto, ma era passato tanto tempo da quando le attenzioni femminili lo avevano attratto. Si guardò attorno, alla ricerca di Nico, e il suo cuore perse un battito notando Jason e Piper da soli, senza Nico.
Mille dubbi, mille domande, cominciarono ad invaderlo. E se Nico fosse tornato negli Inferi senza dirgli niente? E se fosse partito, questa volta lasciandolo in modo definitivo, spezzando non solo il cuore ma tutto il resto?
Will schizzò in piedi, lasciando il suo bicchiere vuoto tra le mani di un perplesso Angel. Cominciò a farsi largo tra la folla, alla ricerca di Nico. Dopo un minuto, mentre l'ansia lo avviluppava sempre più, cominciò a chiamarlo.
«Nico! Nico, dove sei?»
Ricordi di lui bambino che chiamava in quel modo il cane Sparky lo invasero per un secondo, ma scacciò in fretta quei ricordi. Il cane era stato investito da un camion, e non c'erano camion sulla spiaggia.
Riuscì a vederlo. Stava chiacchierando con Leo e Calypso, chissà di cosa. Nico sembrava rilassato, ma la postura delle sue spalle era rigida. E sembrava sul punto di scattare in piedi da un momento all'altro.
Will sorrise vedendolo, e il suo cuore sembrò tornare al suo posto.
«Nico.»
Lo aveva quasi sussurrato, ma il figlio di Ade lo sentì lo stesso. Spostò lo sguardo su di lui, e si osservarono. Distavano più di cinquanta metri, ma ormai non c'era più distanza che li avrebbe separati. Erano fatti l'uno per l'altro. Erano destinati a vivere una vita insieme, una vita piena di momenti felici, una vita meravigliosa, fino alla morte di uno dei due. Will riuscì quasi ad immaginarsi Nico di Angelo adulto che spirava tra le sue braccia.
«Will.»
Nico notò gli occhi di Will ingigantirsi nel sentir chiamare il suo nome. Forse non si era aspettato che lo avesse sentito. Nico si alzò in piedi, come un soldato pronto al combattimento, e gli fece cenno di avvicinarsi, di sedersi lì con lui.
Will gli si avvicinò in fretta, mentre i pensieri gli tornavano all'ultimo momento, di dieci mesi prima, in cui l'aveva visto. Derek lo aveva trascinato via da Nico dicendogli che Raphael stava di nuovo male, e Will era andato in infermeria, senza voltarsi di più verso Nico. Ad averlo saputo...
A meno di un metro dal figlio di Ade, Will si lasciò prendere dall'emozione e lo abbracciò. Non era un abbraccio fraterno. Non era per niente un abbraccio fraterno. Will lo strinse a sé, e Nico lo abbracciò a sua volta, chiudendo gli occhi, assaporando il suo profumo.
«Ho temuto che te la fossi svignata.» mormorò Will, vergognandosi di sé stesso.
«Non me la svignerò più, è una promessa.» gli sussurrò Nico.
Will sciolse l'abbraccio, gli prese il volto tra le mani e lo baciò. Baciare Nico di Angelo gli causò anche un lieve momento di sordità. Oppure sulla spiaggia era calato un silenzio tombale.
Quando i due semidei lasciarono andare le labbra dell'altro, Will notò di non essere sordo. Sentiva ancora il crepitio delle fiamme. I semidei che li circondavano li osservavano a bocca aperta, sbalorditi, increduli. Will si domandò se fosse più per il fatto che fossero due ragazzi, o se perché nessuno si sarebbe mai aspettato il figlio di Ade intento a baciare un'altra persona, indifferentemente dal sesso.
«Oh, per gli Dei!»
Nico spostò lo sguardo su Leo, mentre la mano di Will scivolava nella sua. La strinsero, e Nico si rese conto che non gli importava più dell'opinione di nessuno. Era vissuto per anni da solo, non sentendo la mancanza delle chiacchiere o dell'amicizia. I suoi occhi si spostarono su Piper e Jason. Entrambi lo guardavano sorridendo, e Nico capì che su di loro avrebbe sempre potuto contare.
«Dovevo immaginarmelo!»
Nico sussultò, guardando Leo, appena schizzato in piedi. Gli andavano a fuoco le mani. Aveva le guance arrossate, e gli occhi da pazzo. Calypso si allontanò per precauzione.
«Avevo sentito Jason parlarne, l'altro giorno, ma non credevo che fosse proprio così..! Oops.» aggiunse Leo, prendendo del tutto fuoco.
Will e Nico fecero un passo indietro, mentre Calypso si gettava sulla sabbia per bloccare sul nascere delle nuove fiamme. Leo rischiò di inciampare nel tronco, e si appoggiò a dei festoni colorati, collegati a tutti gli altri festoni sparsi per la spiaggia.
Will guardò la spiaggia accendersi delle fiamme di Leo, e per qualche secondo rimase sordo alle strilla di aiuto dei suoi compagni semidei.
Leo, spente le proprie fiamme, cercò di spegnere i festoni, dopo essersi assicurato che Calypso stesse bene.

Nico perse la cognizione del tempo. Lui e Will corsero in aiuto di molti semidei, aiutandoli a bloccare le fiamme, rendendosi a malapena conto che quello lo stavano facendo tutti quanti. I figli di Apollo stavano cercando di prendere il controllo della situazione, ma la maggior parte di loro aveva altro di cui occuparsi.
Nico si sentì afferrare per le spalle e non si preoccupò minimamente di quello che sarebbe accaduto di lì ad un secondo. Sentì un doloro acuto alla guancia, e si ritrovò con il sedere per terra, la guancia dolorante.
«Derek!» urlò Will, sbalordito. «Che diamine ti è saltato in testa?!»
«A me?» gridò Derek, furioso, mentre i figli di Apollo fronteggiavano il proprio fratello. «A te cos'è saltato in testa? Ti sei per caso dimenticato come sei stato male negli ultimi mesi? Hai bisogno di una rinfrescatina?»
Will lo ignorò, aiutando Nico ad alzarsi. Nico si massaggiò la guancia, e Will gli tolse via un po' di sabbia dai capelli.
«Hai smesso di mangiare!» gridò Austin, arrabbiato quanto Derek. Will notò che mancava George. Doveva essere da qualche altra parte con Mitchell, probabilmente. «Hai cominciato a comportarti come se fossi un morto! Come puoi dimenticare tutto quello che ti ha fatto?»
Will scosse la testa. «Voi non capite.» bofonchiò.
«Noi non capiamo?» ripeté Helen, frustrata. «Aiutaci a capire, allora. Cosa diamine è accaduto per farti cambiare idea così velocemente su Nico di Angelo?»
Will guarì una bambina figlia di Afrodite da una brutta bruciatura sulla spalla, e guardò i semidei che, finalmente, avevano smesso di assomigliare a delle torce umane. C'erano così tante cose da fare, così tante ustioni da guarire, e i suoi fratelli gli chiedevano spiegazioni sul suo comportamento con Nico...
«Lo amo.» mormorò infine Will, guardando con sfida i fratelli. «E anche voi avete fatto cose stupide per amore.»
«La cosa stupida è stata perdonarmi così in fretta?» domandò Nico, curioso. Era turbato dalle parole dei figli di Apollo, e sapeva che avevano detto il vero. Will si era ridotto male per colpa sua.
«No, idiota.» sospirò Will, dandogli un altro bacio. «Perdonarti è stata la cosa migliore che io abbia mai fatto. Fratelli, vi ringrazio per essermi stati così vicini negli ultimi mesi, ma Nico mi ha spiegato il motivo che lo ha tenuto distante da me... Senza contare che mi ha scritto una lettera che è andata perduta.»
«Ah, molto comodo.» sbottò Austin, furioso. «Ti ha scritto una lettera, ma la lettera si è persa.»
«Può capitare.» ringhiò Will. «E ora, se non volete finire tutti in punizione, segregati nella cabina per il resto dell'estate, vi consiglio di darvi una mossa a guarire i feriti. E se non potrete fare a meno di questa conversazione, ne riparleremo domani in infermeria.»
I figli di Apollo si allontanarono borbottando, e Will capì che ne avrebbero discusso anche quella notte in cabina.
Nico gli prese le mani tra le sue, osservandolo. Aveva le guance arrossate.
«Mi dispiace tanto per tutto.» gli disse, piano.
Will gli prese il volto tra le mani. «Ti ho già perdonato, Nico.» gli disse, baciandolo. «Ti amo. Non dimenticarlo.»
«Ti amo anch'io. Non dimenticarlo nemmeno tu.»
«Vuoi aiutarmi a non dimenticarlo?» sorrise Will, lanciandosi un'occhiata attorno. «Che ne pensi di aiutarmi con i feriti?»
«Ma certo, Will. Qualsiasi cosa per te.»
Will sorrise dolcemente al figlio di Ade, che lo prese per mano. Ma presto dovettero lasciarsi, perché le vittime di Leo Valdez erano più numerose di quanto pensassero.

Certo, la serata non era finita nel modo tranquillo che entrambi avevano immaginato, ma finalmente stava giungendo al termine. Nessuno dei due, svegliandosi quel mattino, avrebbe mai creduto ad un epilogo del genere. Ma ormai era fatto. Era successo. Loro si amavano, e il Campo lo sapeva. Lo sapevano tutti, e tutti ne erano così entusiasti dall'andare a fuoco.
Nico sapeva di non dover ridere in una situazione del genere, ma non ci riuscì. Will, percependo quello che gli era saltato in testa, sorrise a sua volta, e gli strizzò l'occhio.
Quello si preannunciava solo l'inizio di una nuova vita insieme.




FINE       <3
 

Ciao a tutti!
Mi dispiace aver pubblicato dopo due giorni.
Questa Solangelo si è conclusa in questo modo, con un tuffo nel passato. Tecnicamente questo doveva essere il finale della prima Solangelo, Avere una seconda vita..., ma ho preferito inserirla negli extra qui.
Come tutto è iniziato.
Come tutto è nato.
Grazie a tutti voi.
Un bacione gigantesco
Debby

 

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Capitolo 47
*** Extra. Insieme ***


Nico Di Angelo era steso sul letto, intento ad osservare il soffitto bianco sopra la sua testa. Uno dei suoi figli, molto probabilmente Kurt, doveva aver dato il bianco di recente. Aveva l'abitudine di fare tutti i lavori di casa, sebbene non servissero. Con un sorriso, ricordò quando il figlio aveva riparato il rubinetto del lavandino. Will lo aveva aperto, pieno di fiducia come suo solito, e si era ritrovato investito da un getto d'acqua. Per fortuna Leo Valdez era arrivato in loro soccorso dopo nemmeno un'ora.

Con una smorfia, Nico si sistemò sul letto, cercando di non fare rumore. Aveva già una pila di cuscini dietro alla schiena, e non voleva dare alla figlia un altro motivo per dargliene altri. Sette erano più che sufficienti.

Nico chiuse gli occhi, pensando ai suoi figli. Crescerli non era stata una passeggiata, sebbene ognuno di loro gli avesse regalato delle emozioni infinite. Soprattutto la sua Christal. Il loro viaggio insieme non era cominciato nel migliore dei modi, con la gelosia della bambina e la sua cattiveria, ma alla fine l'amore paterno aveva vinto su tutto. Ne avevano passate di tutti i colori insieme, e Nico ricordava ancora come gli si fosse spezzato il cuore quando la sua bambina, ormai di diciassette anni, aveva cominciato a frequentare Jasper Grace, il figlio dei loro amici Jason e Piper. Will gli aveva nascosto la spada e ogni altro oggetto affillato per settimane, prima che Nico si abituasse all'idea. La sua bambina capricciosa, ormai, era diventata una giovane donna molto intelligente. Aveva seguito le orme di Will e, nonostante fosse completamente umana, sembrava avere dalla sua parte il potere della guarigione. Apollo doveva averle fatto un dono, nonostante continuasse a negare a distanza di anni.

Christal e Jasper si erano sposati, forse un po' troppo presto per Nico e Jason, ma con enorme piacere da parte di Will e Piper. Avevano avuto una bellissima bambina, Stella, e poi un maschietto che Jasper aveva deciso di chiamare Theo, in onore di sua zia Thalia che passava a trovarli una volta all'anno, con il solito giubbetto d'argento e l'aspetto giovanile di un tempo. Essendo una Cacciatrice di Artemide, Thalia non era mai invecchiata nell'aspetto, ma solo nello sguardo. E ogni volta che Nico la guardava, aveva un tuffo al cuore pensando alla sorella che non c'era più. Anche lei avrebbe potuto vivere per sempre, se solo non avesse fatto quell'orribile fine.

Stella e Theo non erano gli unici figli di Christal e Jasper. Avevano avuto un terzo bambino, un maschietto dai capelli biondi, chiamato William Nicolas. Christal aveva pensato a lungo di chiamarlo Solangelo, un mix dei cognomi dei padri, ma Nico si era messo a ridere, dicendo che era un nome terribile per un bambino. Will era stato d'accordo, sebbene la pensasse decisamente in modo diverso.

Nico si concesse un sorriso pensando, invece, al figlio di mezzo, Aaron. Era diventato un celebre architetto, come sua sorella Annabeth, e il suo nome era conosciuto in tutto il paese. Subito dopo la laurea, presa a vent'anni, Aaron aveva cominciato a girare per il mondo, costruendo edifici e dando la sua consulenza a chiunque glielo chiedesse. Aveva viaggiato in ogni angolo del pianeta, spesso da solo, o in compagnia del suo fidanzato.

Aaron e Luke Jackson, il figlio di Percy e Annabeth, si erano lasciati e ripresi dozzine di volte nel corso degli anni, soprattutto a causa dei viaggi di Aaron, e ormai nessuno si sorprendeva quando dichiaravano di essersi lasciati. La prima volta, Will era scoppiato a piangere di fronte alla tristezza del figlio, maledicendo gli occhi verde mare e proibendo ogni contatto con i Jackson. Una settimana dopo, Will abbracciava Percy con calore mentre i loro figli si promettevano di non separarsi più, con un Nico perplesso che li guardava.

Quel tira e molla aveva disturbato parecchio Nico nel corso degli anni. Lui e Will si erano trovati e non si erano più lasciati. Perché suo figlio non riusciva a fare lo stesso? Aaron e Luke avevano gli stessi pensieri, lo stesso carattere e la stessa voglia di cambiare il mondo che spesso li metteva uno contro l'altro. Ma si ritrovavano sempre. E forse era questa la parte speciale tra di loro.

Ma un giorno, dopo un viaggio a Istanbul, Aaron aveva deciso di sposare Luke di punto in bianco, senza consultarsi con nessuno della sua famiglia, nemmeno i fratelli. Nico ricordava di aver sospirato a lungo all'annuncio del figlio, così a lungo e così tanto da far allarmare Will. Lui e Annabeth avevano fissato le nozze tre volte prima che i loro figli riuscissero a sposarsi senza litigare per gli abiti, le decorazioni, il luogo. Però, una volta sposati, non si erano più lasciati e Nico si era sentito confortato dal fatto di non averli visti più litigare. Forse il figlio aveva finalmente trovato un po' di stabilità, lasciandosi ammorbidire da Luke. E viceversa. Insieme, avevano viaggiato per anni prima di prendere casa nella stessa città della loro famiglia.

In quanto a Kurt... Nico si portò una mano sul petto. L'ultimo dei suoi figli gliene aveva fatte passare di tutti i colori nella sua vita, procurandogli più capelli bianchi di quanto desiderasse. L'aveva visto in ospedale, mentre cercava Will per ricordargli di prendere un giorno di permesso. Aveva posato gli occhi sul bambino urlante che l'infermiera portava in braccio... e se n'era innamorato, proprio come era successo a Will con Christal. Non era riuscito a distogliere gli occhi dal bambino, sentendo le infermiere lamentarsi per il fatto che non riuscissero a calmarlo. Nico si era avvicinato un po' titubante, offrendosi di prenderlo in braccio. Le infermiere lo avevano riconosciuto come il marito del dottor Solace e non avevano opposto resistenza, felici di potersene liberare anche solo per pochi minuti. Nico aveva un po' sperato che il piccolo dai capelli rossi smettesse di piangere tra le sue braccia, ma invece le sue urla erano come raddoppiate. E vedendo quel viso rosso e le lacrime, i pugni chiusi agitati all'aria, Nico si era dimenticato di trovarsi in ospedale e si era messo a cantare delle canzoncine in italiano, che sua madre gli ripeteva prima di andare a dormire. Kurt aveva smesso di piangere, guardandolo male per tutto il tempo della canzone, e Nico aveva sorriso a quello sguardo un po' cattivo.

Quando Will li aveva visti in piedi nel corridoio, vicino alle infermiere che guardavano suo marito con adorazione, si era bloccato. E aveva sorriso, immaginando di aver trovato il suo terzo bambino. Era stato lasciato nella culla della vita, senza messaggi, ma con il simbolo del dio Ares sulla copertina. Will immaginò che la madre del bambino non avesse avuto la forza di crescerlo, lasciando però un semplice messaggio. E lui l'aveva capito.

Nico ricordava di non averlo dovuto nemmeno chiedere, al marito. Gli era bastato guardarlo una volta negli occhi, e Will si era limitato a sorridere, dicendo solamente che poteva dormire con Aaron. Crescere un figlio di Ares non era stata una passeggiata, soprattutto per via del suo carattere irascibile sin da piccolo, ma Nico e Will non si erano tirati indietro. Will aveva pianto molto mentre Nico urlava e sbraitava al muro, con Christal che cercava di ignorare i padri, presa dalla voglia di picchiare il nuovo fratellino. Non l'aveva mai fatto, o almeno era quanto sperava Nico.

Crescendo, Kurt era diventato una calamita per mostri, incontrandoli quasi ogni giorno. Nico lo aveva addestrato al combattimento, e Will aveva deciso di spedirlo al Campo Mezzosangue a dodici anni appena era esplosa la sua vena combattiva. Qui, aveva cominciato a frequentare Esme, la figlia di Leo, in gran segreto, almeno fino a quando Christal non aveva spifferato tutto su loro due. Dopo tre anni, Kurt aveva lasciato Esme, “rubandole la sua innocenza”, come aveva detto un Leo furioso che cercava vendetta per le lacrime della figlia. Nico era stato ben felice di aiutarlo, ma Kurt era scappato ed era tornato solo quando Will gli aveva assicurato che nessuno l'avrebbe picchiato.

E poi, ad appena sedici anni, Kurt se n'era andato. Aveva ricevuto una profezia da Rachel Elizabeth Dare al Campo, ed era partito per un'impresa assieme ad un figlio di Apollo e un figlio di Ares. Nico ricordò quanto lui e Will avevano sofferto nell'apprendere di quell'impresa, e avevano atteso il ritorno del figlio minore per settimane, contattando Chirone tutti i giorni nel caso fosse tornato lì.

Nico, steso nel suo letto, chiuse gli occhi, portandosi la mano sul petto. Ricordava fin troppo bene la fitta che lo aveva attraversato quando il figlio era morto. Era come se il suo cuore si fosse fermato, facendolo annaspare in cerca di aria. In quel momento stava sparecchiando la tavola dopo la cena, e aveva fatto cadere tutti i piatti di mano. Si era portato la mano al petto e Will, a pochi passi da lui, era saltato in aria con un urlo, credendo avesse un infarto. Nico non era riuscito a pronunciare una parola, impallidendo sempre più finché, un minuto dopo, tutto riprese a scorrere. L'aura vitale del figlio, così lontana, era tornata. Kurt era morto solo per un minuto, in quell'impresa di cui non aveva proferito parola, prima di tornare alla vita grazie alle cure del figlio di Apollo in viaggio con lui.

Kurt era tornato due anni dopo la sua partenza, con della peluria rossa sul mento, una cicatrice che gli ricopriva la guancia e una bambina di sei mesi tra le braccia. Non aveva detto nulla della madre, né il suo nome, né se fosse ancora viva. Aveva detto solo che era sua figlia, nata il tredici luglio, e che l'aveva chiamata Bianca. E nel sentire quel nome, Nico aveva avuto quasi il primo infarto della sua vita, subito fermato da Will che non aveva avuto alcuna intenzione di lasciarlo andare così presto.

Nico aveva provato a non piangere di fronte alla piccola Bianca Di Angelo dai capelli rosso fuoco e gli occhi scuri, ma non c'era riuscito. Will lo aveva stretto talmente tanto e talmente a lungo, che Nico ad un certo punto si era spaventato all'idea che le sue ossa potessero aver preso la forma del suo corpo. Aveva tenuto in braccio la piccola Bianca per settimane, senza riuscire a distogliere gli occhi dal so viso, ed era sempre il primo ad offrirsi quando Kurt aveva bisogno di una babysitter per la piccola.

Certe volte, quando Bianca lo guardava con quei grossi occhi nocciola, a Nico sembrava quasi di vedere la sorella. Non ne parlava mai con la sua famiglia, ma non ce n'era bisogno. Tutti lo sapevano, e lo lasciavano in pace quando si trovava con lei. Molte volte, nel corso della notte, si era chiesto se sua sorella si fosse reincarnata n quella bambina, e Will gli aveva sempre sorriso con dolcezza, senza mai dargli una risposta. Era possibile e impossibile al tempo stesso. Amava quella bambina, e il fatto di averla vista crescere, gli riempiva il cuore di gioia.

Al contrario dei fratelli maggiori, Kurt non si era sposato, ma aveva dato altri nipoti ai suoi genitori: Ilary, Zoe, Harper e, infine, l'unico maschio, che aveva deciso di chiamare Nicolas. Nico aveva alzato gli occhi al cielo quando il figlio si era presentato con quello che doveva essere l'ultimo della sua prole, e Will aveva riso. I figli di Kurt avevano tutti un temperamento austero, forse causati dai loro fiammeggianti capelli rossi.

Nonostante tutti i nipoti che i suoi figli gli avevano dato – Aaron e Luke si erano sistemati al Campo Giove cinque anni dopo il matrimonio, stabilizzandosi lì come insegnanti e prendendosi cura di tutti i bambini organi del Campo – Nico era comunque molto affezionato a Bianca. Provava sempre ad essere un nonno imparziale, senza gran successo. Anche Kurt riusciva a farla franca, quando Nico era occupato con lei. Bianca, con il suo carattere irascibile, era una copia in miniatura del padre, ma andava molto d'accordo con Nico. Cambiava del tutto personalità quando si trovava con lui, preferendolo molto a Will. Will non se l'era presa – Christal non aveva fatto proprio così con lui, molti anni prima? – anzi, ne era felice. Adorava il rapporto tra i due, e non si era mai intromesso. Dopotutto, anche lui aveva un nipote preferito, il piccolo William Nicolas che era una copia sputata della madre.

Solo nel suo letto e nella sua camera, Nico ridacchiò. Will si era sforzato sempre di dire di non avere un nipote preferito, ma Christal gongolava, sapendo la verità. Lei e Kurt avevano visto giusto nel dare quei nomi ai loro figli. Nico immaginò che Christal l'avesse fatto apposta per ingraziarsi il padre che già l'amava all'infinito, e Kurt, forse per paura di quello che poteva dirgli la famiglia dopo che era sparito per due anni, aveva fatto lo stesso. Nico ricordava il sorrisetto sornione del figlio dopo aver pronunciato quel nome che nessuno osava fare in quella casa. Vedendo Nico in lacrime, Will si era trattenuto a stento dallo schiaffeggiare il figlio minore.

Con un sospiro, Nico smise di ridere e si sistemò sul letto, lasciando scorrere lo sguardo lungo le pareti, osservando i quadri sparsi per la stanza. Lui e Will al Campo Mezzosangue, lui e Will il giorno delle loro nozze. Lui, Will e i bambini. Lui, Will, i loro figli e nipoti. Lui e Will e la famiglia Solace al completo. Lui, Will e i loro amici del Campo con le loro famiglie.

In ogni foto della stanza, Nico vide il sorriso di Will, e vederlo così giovane, in compagnia di un ragazzo dai capelli neri con una smorfia sulle labbra, gli scaldò il cuore. Quanto avrebbe voluto tornare indietro a quei giorni, e cancellare quella smorfia ogni qual volta Will lo vedeva. Avrebbe evitato anche di pugnalarlo, quando si erano baciati nel capanno delle tavole da surf del Campo Mezzosangue. E senz'altro avrebbe evitato di chiedergli di rimandare il matrimonio, prendendosi una sgridata da dietro la porta.

Ma forse Will, vedendo Nico Di Angelo sorridente, pronto ad accettare ogni attività in sua compagnia, si sarebbe spaventato. E l'ultima cosa che voleva Nico era far allontanare il giovane Will.

Nico si portò le mani sul petto, pensieroso. Tutto sommato, non avrebbe cambiato niente della sua vita con Will. Forse qualche litigata, qualche scenata davanti ai bambini, ma non avevano fatto altro che stimolarli, stringendo sempre di più il loro rapporto. Non si erano mai lasciati, a parte quella volta nella loro giovinezza, quando era sparito negli Inferi per un paio di mesi, scoprendo che invece ne erano passati dieci. Quell'episodio ancora lo intristiva, ma quando era tornato al Campo, quando avevano fatto pace... la loro vita insieme era cominciata.

Nico sorrise, tenendo lo sguardo stanco sulla foto più vicina di Will, quella dal lato del letto. Quando aveva scattato quella foto, Will era steso sul divano, intento a lamentarsi di quel 4 di matematica che Nico aveva preso all'ultimo anno di liceo. Era bellissimo, con quegli occhi luminosi e il sorriso solare nonostante si stesse lamentando. Si era dato la colpa perché Nico era stato distratto da lui mentre studiava, quindi in pratica si stava lamentando di sé stesso. Nico non era riuscito a resistere alla tentazione di scattargli una foto, immortalandolo per sempre. L'aveva stampata e tenuta vicino al letto negli ultimi anni, per ricordarsi di quel piccolo momento di gioia avuta con il suo ragazzo, il suo futuro marito, padre dei suoi figli.

Nico spostò lo sguardo sulla parte del letto vuota lasciata da Will. Vi posò la mano sopra, sperando di sentire il calore del figlio di Apollo, ma sentì solo il freddo delle coperte. Lo stesso freddo che gli trapassò il freddo e gli fece distogliere lo sguardo.

Non ci pensare, pensò Nico tra sé, sorridendo. Presto lo rivedrò.

 

Nico si era assopito, con la mano sul petto, e si svegliò di scatto nel sentire le voci dei figli nel corridoio. Si rilassò, divertito. Christal stava dicendo agli altri due di fare silenzio, e il suo tono di voce era più alto del solito. Si sistemò le coperte sul petto, sperando di avere un aspetto migliore dell'ultima volta che si erano visti, e sorrise nel vederli entrare. Nonostante fossero passati così tanti anni, riusciva solo a vedere degli adolescenti.

«Ciao, papà.» lo salutò Christal, fiondandosi sulla sedia vicino a lui e prendendogli la mano nella sua. Nico abbassò per un attimo lo sguardo su quella mano calda, così simile a quella di Will, e sorrise.

«Ciao, piccola.» rispose Nico, cercando di non dar troppo peso al modo in cui la figlia lo stava guardando. «Non vi aspettavo.»

Gli occhi scuri di Kurt rotearono, mentre Aaron gli tirava un pugno sul braccio.

«Ma se ti sei messo tutto in ghingheri.» disse Aaron, sedendosi un po' timidamente nella parte vuota del letto.

«Si nota molto?» chiese Nico, passandosi la mano libera tra i capelli ormai bianchi.

Gli occhi di Christal si riempirono di lacrime e Aaron tossicchiò, lanciandole un'occhiataccia. Toccò a Nico alzare gli occhi al cielo.

«Quindi... quindi è davvero l'ora?» domandò Kurt, a disagio, avvicinandosi al letto.

«Sì.» annuì Nico, guardando il figlio minore.

«Come... lo sai?»

Nico sorrise appena. «Essere il figlio del dio dei morti ha i suoi vantaggi.»

«E perché hai scelto proprio oggi?» insistette Kurt. Come sempre, il tatto non era nelle sue corde.

«Devo fare un dispetto a Will.» si limitò a dire Nico, e questa volta il sorriso gli si fece più largo. «Sarebbe stato il suo compleanno, oggi.»

«Ed è anche...»

Kurt non concluse la frase, perché fu attraversato da un singhiozzo. Nico guardò i figli, cercando di non dar troppo peso alle loro lacrime e ai loro sguardi tristi. Voleva poter avere la forza di alzarsi e abbracciarli uno alla volta, con lo stesso slancio con cui li inseguiva da bambini, quando combinavano dei disastri.

«Lo so.» mormorò piano Nico, e socchiuse gli occhi. Non era solo il compleanno di Will, ma anche l'anniversario della sua morte.

Nonostante tutte le frasi sdolcinate scambiate nel corso del tempo, nonostante tutti i «Morirò prima io di te» detti da Nico, Will lo aveva battuto sul tempo. Nico era stato arrabbiato con il marito per mesi dopo la sua scomparsa, sperando di seguirlo presto e rincorrerlo negli Inferi. Invece, erano passati ben dieci anni da quel giorno. E Nico non aveva più voglia di invecchiare senza suo marito al suo fianco. Da quando lo aveva superato di età, di età effettiva, non su carta, aveva solo desiderato la morte. E ora, la sentiva nelle ossa. Riusciva a sentire il richiamo della morte nelle orecchie. Ora era il momento per seguirla.

Chiuse gli occhi, ricordando quel compleanno di Will. Quel giorno che aveva amato per tanti anni, e che negli ultimi aveva odiato.

 

*

 

Nico e Christal si erano sbattuti tanto per riuscire ad organizzare quella festa. Christal aveva chiesto favore ai fratelli, figli e nipoti, chiedendo loro di essere liberi nel 67° compleanno di papà Will. Aveva annullato tutti i loro impegni, per poter passare quel giorno in famiglia. Non si vedevano da Natale, ormai una festa di rito nelle loro case, e voleva che si riunissero tutti. Era uno dei grandi desideri di Will, dopotutto. Lui amava le feste, e ancora di più amava che fossero tutti insieme, che fosse un compleanno, la festa di Natale o semplicemente i festeggiamenti che seguivano le prime volte dei nipotini: il primo giorno di scuola, la prima partita di football, il primo bel voto.

Will aveva sempre adorato le feste, quindi dargli una grandiosa festa di compleanno era il minimo che Nico potesse fare per il suo compleanno. Era anche riuscito a tenerglielo nascosto, nonostante il sorrisetto del biondino – ormai non più molto biondo – gli facevano capire che sapesse qualcosa. Nico immaginò che Kurt, quel chiacchierone, si fosse lasciato scappare qualcosa.

La casa era stata agghindata per il grande giorno. Sul tavolo c'era un buffet con tutte le cose preferite di Will, e la stanza pullulava di piccoli soli disegnati dai più piccoli. C'era l'immagine del sole sulla torta, lo stesso sole che Will si era tatuato per ricordare la sua discendenza, il sole che Nico aveva baciato a lungo nella loro camera da letto, al sicuro sotto le coperte.

Nico si era occupato degli striscioni, Christal del cibo. Kurt aveva preso i fiori e Aaron si era limitato nel prendere le bevande. Nessun alcolico, per evitare che i figli di Kurt si versassero da bere come era successo a Natale. Un litigio tra quattro fratelli discendenti di Ares era un'esibizione che tutti evitavano volentieri.

Quando Will era arrivato nella casa silenziosa, accompagnato dal piccolo William Nicolas che gli raccontava dell'ultimo film della Disney visto e rivisto, una parte di lui sapeva quello che lo aspettava, ma reagì con un urletto di pura gioia e sorpresa. Nico finse di ignorarlo – era l'unico ad aver capito che già sapeva – e lo abbracciò, deciso a chiedergli come avesse fatto a scoprirlo. Kurt era stato avvisato all'ultimo. Dovevano avere un'altra spia in giro per casa.

«Auguri, amore mio.» mormorò Nico, baciandolo. Non aveva mai smesso di baciare quelle labbra morbide e dolci, e sperò che non avrebbe mai smesso.

«Grazie, tesoro.» sorrise Will, stringendolo forte tra le braccia, prendendolo un po' in giro con quella parola che Nico odiava.

«Te la lascio passare solo perché è il tuo compleanno.» scherzò Nico, dandogli un altro bacio, senza sapere che fosse l'ultimo.

Will ridacchiò, facendo il giro della sala per abbracciare i figli e i nipoti. Era entusiasta di vederli tutti lì, nel giorno del suo compleanno, e mandò un sacco di sorrisi in direzione di Nico, che si era messo a chiacchierare con Bianca, ormai non più tanto piccola. Bianca si stava lamentando della sua amica Lyla, che le aveva fatto l'ennesimo dispetto. Nico cercò di non dirle che probabilmente Lyla l'aveva fatto perché innamorata di lei, e sperò che Bianca ci arrivasse da sola, a suo tempo.

Tutto sommato, fu un bel compleanno. Will era al centro di tutta l'attenzione della sala, passando da nipote in nipote, da figlio a figlio. Mangiarono e tagliarono la torta. Will ballò con tutti i suoi figli e infine con Nico, che lo costrinse ad un lento nonostante Will non vedesse l'ora di ballare con lui. Will finse di essere contrario e Nico si trattenne a stento dal roteare gli occhi, divertito da quel suo gesto.

Ballarono per ore, secondo Nico, e Will non fece altro che guardarlo negli occhi. Voleva baciarlo, desiderava baciarlo, ma era conscio che, se l'avesse fatto, nulla lo avrebbe fermato dal trascinarlo al piano di sopra. Nico dovette leggerglielo negli occhi, perché arrossì. Nonostante avessero passato insieme cinquant'anni della loro vita, riusciva ancora ad arrossire.

«Questa sera potrai scartare il tuo regalo.» mormorò Nico, cercando di far passare il rossore sulle guance.

«Non vedo l'ora.» sogghignò Will, e Nico lo lasciò andare prima di essere lui a trascinarlo su nel loro letto.

Will si ritrovò a ballare con Kurt, cosa che fece ridere tutti perché Kurt non sapeva ballare. Bianca si avvicinò di corsa al padre per impedirgli di pestare i piedi del nonno, e si ritrovarono a ballare tutti insieme. Luke, ormai abituato alla famiglia Solace Di Angelo, teneva la foto camera in mano. Scattava foto a tutti, e ne scattò parecchie sia al marito che ai suoi suoceri. Li trovava meravigliosi, un po' come i suoi genitori.

Nico tenne gli occhi incollati su Will per tutto il tempo delle danze, cercando di ricordare la prima volta che avevano ballato insieme. La sua memoria era spesso traballante nell'ultimo periodo, ma si vantava sempre di ricordare ogni cosa fatta con Will. Forse lo aveva dimenticato perché era stato terribile, imbarazzante, e terribilmente imbarazzante.

Will si sedette sulla poltrona quando le danze cessarono, lasciando che Kurt gli portasse del succo d'arancia da bere e guardando divertito tutti i regali che gli erano stati fatti. Nico si sedette accanto a lui sul bracciolo della poltrona, osservando i maglioni, i libri, i peluche regalati dai nipoti. Nico passò un braccio attorno alle spalle di Will mentre il marito apriva il suo regalo e restava senza fiato.

«Oddei!» esclamò Will, abbracciando l'album di fotografie e sollevando lo sguardo sul marito. «Dove le hai trovate?»

«Un po' in giro.» ammise Nico, mentre Will apriva l'album con tutte le foto più significative dei loro cinquant'anni insieme. Le aveva chieste agli amici, ai loro parenti, ai figli, ai nipoti. Addirittura ai colleghi di Will. Non aveva saltato nessuno, a parte, ovviamente, Will.

Will passò le dita su ogni foto, pensando con nostalgia ai tempi passati. Non avrebbe cambiato una sola virgola della loro vita insieme, e rivedere quelle foto gli piacque moltissimo. I bronci di Nico che pian piano si trasformavano in fugaci sorrisi fu la sua parte preferita, e Will si trattenne a stento dal non piangere di fronte alle foto del loro matrimonio, dei figli piccoli, della nascita dei nipoti.

«Non piangere.» sibilò Nico all'orecchio del marito, trattenendo un sorriso.

«Non sto piangendo.» disse Will, tirando su col naso. «Mi è entrata solo una profezia nell'occhio.»

Nico rise, come i figli. William Nicolas, notando che il nonno fosse sul punto di scoppiare in singhiozzi, radunò i più piccoli e li portò fuori nel giardino per giocare a palla. Aaron e Luke li seguirono, non dopo che Luke ebbe scattato qualche foto alla coppia sulla poltrona. Christal corse fuori nel cortile e Nico diede un bacio sulla testa dell'uomo, prima di alzarsi.

«Io resto qui ancora un minuto.» disse Will, abbassando lo sguardo sull'album di fotografie.

«D'accordo, vecchietto.» lo prese in giro Nico.

«Ah ah. Ti amo, tesoro.»

Nico abbozzò un sorriso e uscì in cortile. Guardò i figli che rincorrevano i loro figli, o i nipoti. Rise mentre i suoi figli si guardavano a vicenda come a dire “cosa abbiamo fatto di male?”, proprio come lui e Will facevano molti anni prima. Sentiva l'amore traboccare dal suo cuore, e forse fu proprio per questo che impiegò qualche minuto a rendersi conto di quello che stava succedendo.

«Papà?»

Nico rientrò in casa, spostando lo sguardo su Kurt vicino alla poltrona dove Will era seduto. Il figlio minore sembrava impallidito mentre i suoi occhi scuri si posavano sul padre in piedi vicino alla porta finestra. E lo sguardo di quest'ultimo si puntò sull'altro, ancora seduto immobile sulla poltrona. Will teneva l'album di fotografie stretto al petto, un sorriso dolce sulle labbra. I suoi occhi erano chiusi, e il suo petto immobile.

«Oh, Will.» sussurrò Nico, avvicinandosi al marito e inginocchiandosi di fronte a lui. Gli prese la mano tra le sue. «Mio Will. Mio amore. Perché lo hai fatto?»

Kurt si lasciò scappare un singhiozzo e Nico tenne gli occhi incollati su Will, con la speranza che il marito gli chiedesse di fare silenzio, che voleva solo dormire. Ma Will non disse nulla, il sorriso dolce sulle labbra, il petto immobile. Nico gli accarezzò il dorso della mano con dolcezza, sentendosi attanagliare da una profonda tristezza.

«Dovevo morire prima io.» sussurrò Nico, portandosi la mano dell'altro alle labbra, baciandola. «Te lo ricordi?»

Nico aspettò di sentire una risata, la risata pura e piena di gioia dell'amore della sua vita, che purtroppo non arrivò. Spostò l'altra mano sulla testa dell'altro, sistemandogli un ciuffo ribelle.

«Portalo di sopra.» mormorò Nico, senza alzare lo sguardo dall'uomo che aveva vissuto con lui per quasi tutta la sua vita. «Nel nostro letto.»

I singhiozzi di Kurt si intensificarono, ma annuì. Nico impiegò un minuto di troppo a lasciare la mano del suo biondino, e si alzò in piedi, con le ginocchia che gli tremavano. Si appoggiò alla poltrona mentre Kurt, trattenendo un gemito di dolore, sollevava il padre dalla poltrona. Nico chiuse gli occhi. Il dolore di Kurt non era dovuto di certo alla pesantezza di Will. Li riaprì quando vide il figlio salire le scale, senza smettere di piangere, con il corpo tra le braccia.

Il corpo...

Nico scosse quel pensiero dalla testa e fece un respiro profondo. Non era un corpo. Era suo marito.

E si augurò di seguirlo presto.

 

Quando Christal rientrò in casa, ancora divertita dalla caduta di suo fratello dall'altalena, il sorriso le morì sulle labbra alla vista di Nico, in piedi vicino alla poltrona, con lo sguardo puntato sulle loro foto sparse nel soggiorno. Christal si avvicinò quasi di corsa al padre, portandogli una mano sulla schiena, cercando di capire cosa stesse succedendo. Nico la guardò in silenzio, e Christal si portò una mano al petto, abbassando lo sguardo sulla poltrona, vedendo l'album di fotografie.

I due si guardarono negli occhi, e Christal cercò di scacciare le lacrime dai suoi. Avvicinò le mani alle guance del padre e gliele ripulì con lentezza.

«Mando Jasper e Luke a casa con i bambini.» mormorò Christal, e Nico annuì, felice che la figlia sapesse sempre cosa si dovesse fare. Nico la guardò mentre si asciugava gli occhi e si sforzava di sorridere, tornando in cortile.

Nico rimase in silenzio mentre i nipoti lo salutavano e andavano via assieme a Luke e Jasper. Entrambi gli posarono una mano sulla spalla, come se volessero dargli la loro forza, e uscirono. Quando Nico pensò di essere rimasto solo, sentendo solo i singhiozzi dei suoi figli provenire dal cortile, si voltò, incrociando gli occhi scuri di Bianca. Spalancò le braccia e Nico le si avvicinò, stringendola, lasciandosi andare ad un rantolo di paura e di dolore. E ora, senza il suo Will, che cosa avrebbe fatto?

 

Tre giorni dopo, una bara vuota fu seppellita nel cimitero della città, circondati dai colleghi, dai loro amici e dalla loro famiglia. Nico teneva gli occhi puntati sulla lapide, senza riuscire a leggere le parole scritte. Christal e Aaron si erano occupati di tutto, con Nico e Kurt che annuivano ad ogni loro decisione. A parte quella di seppellirlo in un cimitero.

«È un semidio.» aveva ricordato loro Kurt, soffiandosi il naso. «Lo porteremo al Campo Mezzosangue, ed eseguiremo la cerimonia funebre.»

Christal si era opposta. Era l'unica umana della famiglia, ed era l'unica che non poteva assistere al funerale. Nico le aveva concesso un funerale normale, per i colleghi di Will e la sua famiglia. Vedere i Solace in lacrime non aiutò Nico, tantomeno i loro sguardi che sembravano implorargli di scendere negli Inferi e riprenderlo. Come se Nico non ci avesse pensato da solo. Ma non ce l'aveva fatta. L'ingresso degli Inferi era stato sigillato tanti anni prima, e solo suo padre poteva aprirgli un varco.

Dopo il funerale nel cimitero, e dopo aver abbracciato Alec Solace a lungo, Nico salì in auto con i figli e la vera bara, diretti al Campo Mezzosangue. Era Aaron a guidare, con gli occhi fissi sulla strada, serio come non mai. Nico sedeva dietro, lo sguardo che si spostava dal finestrino alla bara dietro di lui.

«Ti ricordi quando lasciai il cellulare sopra la macchina?» disse Nico, piano, rivolgendosi al marito come se fosse seduto accanto a lui. «Santi dei, quanto tempo è passato?»

Christal gli prese la mano e per un po' Nico non la guardò, sorridendo appena per quel contatto. La mano della figlia era morbida, piccola, diversa da quella di Will, ma allo stesso tempo calda. Sembrava proprio la sua.

Quando arrivarono all'entrata del Campo, Nico guardò dei giovani semidei uscire con un carretto per prendere la bara. Aaron e Kurt li aiutarono, ma senza entrare nel Campo. Volevano aspettare i loro amici. Dovevano essere dietro di loro.

«Allora ci vediamo dopo.» disse Christal, guardando con tristezza la bara e il pino di Thalia. Vedeva la statua dell'Athena, e solo il contorno del drago. «Vi aspetto in macchina.»

«D'accordo.» disse Aaron, facendo un cenno di saluto alla sorella.

«Non credo proprio.»

La voce, squillante e profonda al tempo stesso, apparteneva ad un ragazzo biondo, sui diciassette anni, appena comparso accanto alla macchina. Nico sentì il proprio cuore perdere un battito mentre quel ragazzo si avvicinava. Era alto, biondo e bello. Somigliava molto a Will, ma senza i suoi lineamenti dolci e la solita tranquillità che emanava. Questo ragazzo trasmetteva dolore, perdita, tristezza.

«Sei la mia protetta.» disse il dio Apollo, prendendo Christal per mano. «E sei mia nipote. Se posso entrare io nel Campo Mezzosangue, potrai anche tu.»

«Non credo...» borbottò Aaron, ma Apollo gli scoccò un'occhiata.

«Nessuno può darmi ordini.» disse Apollo con dolcezza, salutando il nipote con una carezza sulla guancia. Si fermò davanti a Nico, osservandolo con attenzione. Lo abbracciò brevemente e Nico ricambiò l'abbraccio, sentendosi svuotato.

«Andiamo.» disse Kurt, avviandosi verso l'entrata.

Nico tenne d'occhio Apollo e Christal di fronte a lui, e tirò un sospirò di sollievo quando vide la barriera aprirsi per farli passare. Apollo avrebbe potuto entrare lo stesso con facilità, ma Christal... Nonostante il dolore che sentiva nel petto e nel cuore, Nico fu felice che Christal potesse finalmente vedere l'interno del Campo. Non era una bella occasione, ma almeno avrebbe soddisfatto la sua curiosità.

Gli occhi della figlia saettavano per tutto il Campo, e per tutti i semidei che li circondavano, guardando la bara con rispetto. Chirone, in versione centauro, si avvicinò a Nico, posandogli una mano sulla testa. Nico notò pure il signor D, sulla veranda della Casa Blu, che sollevava un calice di vino rosso nella direzione della bara. Nico si portò una mano al petto, ringraziandolo tra sé. Significava molto per lui vederlo lì.

La bara fu portata fino al laghetto delle canoe, e Nico guardò in silenzio mentre veniva messa su una delle canoe. Dei figli di Apollo vi posarono sopra il drappo della cabina 7, intonando una canzone di perdita e dolore che fece scendere qualche lacrima a Nico. Poi, prima che qualcuno potesse dire o fare qualcosa, accanto alla bara comparve Ade in persona, che posò un drappo della cabina 13 sopra quello del sole. Poi si avvicinò al figlio, posandogli la mano sulla spalla, stringendola appena. Nico guardò suo padre, per nulla sorpreso di vederlo lì, e tornò ad osservare la bara. Il drappo d'oro e quello nero erano in netto contrasto, ma facevano un bell'effetto insieme.

Nico si chiese per quanto tempo avrebbe dovuto trattenere le lacrime, fino a quando non vide i suoi tre figli avvicinarsi alla bara. Kurt posò il drappo dei figli di Ares accanto agli altri, e Aaron fece lo stesso con quello di Atena. Christal si tolse la sciarpa dal collo e la posò sulla bara, allontanandosi.

Al che, Nico iniziò a piangere. I suoi figli lo avevano ucciso dentro quasi quanto la morte di Will.

 

Aveva atteso a lungo che la morte prendesse anche lui, sperando di riconciliarsi con l'amore della sua vita il primo possibile. Ma le settimane erano diventate mesi, e poi anni, e ancora il suo cuore batteva. I suoi figli sapevano quello che gli passava per la mente, e nessuno di loro poteva dargliene una colpa. Nessuno poteva capire quello che provava. Loro avevano perso un padre, ma Nico aveva perso molto di più.

Rendendosi conto che la morte, più l'aspetti più tardi arriva, Nico si sforzò nelle settimane successive di tornare a giocare con i nipoti, sgridare i figli per qualche cazzata sebbene ormai fossero più che adulti. Quando Bianca gli confidò dei sentimenti di Lyla nei suoi confronti, Nico rise, felice di averci azzeccato. Tre anni dopo, accompagnò la nipote all'altare, felice come non lo era mai stato negli ultimi anni.

Le foto di Will lo circondavano, ricordandogli cosa lo stesse aspettando negli Inferi, e Nico si augurò che il suo uomo fosse andato avanti, che avesse deciso di reincarnarsi. Uno spirito come il suo doveva tornare nel mondo umano il prima possibile, per insegnare l'amore. Ma l'altra parte di lui sperava che non l'avesse fatto. Voleva vederlo un'ultima volta, prima di dirgli addio per sempre.

Erano stati anni lunghi, senza Will al suo fianco, e Nico non dovette più sforzarsi di sopravvivere. I suoi figli, i suoi nipoti, e i bisnipoti lo tenevano sull'attenti. Anche i suoi amici, soprattutto Leo Valdez, gli tenevano compagnia continuamente, organizzando uscite all'ultimo e uscire con lui per prendere una cioccolata calda. Nico usciva sempre, sapendo di somigliare molto di più al marito che a Nico Di Angelo.

 

Nico spostò lo sguardo sui figli attorno al letto. Aveva chiuso gli occhi solo per pochi minuti, e le espressioni di tutti e tre si erano fatte più spaventate. Kurt teneva il pugno in bocca, pronto a mordersi la mano per non piangere.

«Ragazzi.» disse Nico, con un sospiro, stringendo la mano di Christal. «Sapevate che sarebbe arrivato questo momento.»

«Non capisco perché oggi.» insistette Aaron.

«È il compleanno di Will.» ripeté Nico, scrollando appena le spalle. «E poi, tanto tempo fa, mi aspettò per dieci mesi mentre ero negli Inferi. Ora, lui è negli Inferi, e sono passati dieci anni. Direi che ho pagato per quella mia lunga assenza.»

Nico sorrise. In un certo senso, lo considerava quasi poetico. Will lo aveva aspettato per dieci mesi, tentando in tutti i modi di non impazzire. E ora era Nico che aveva atteso la morte per dieci lunghi anni. Il fatto che ne fossero proprio passati dieci, per Nico era poetico, un messaggio.

«Non piangete troppo quando me ne sarò andato.» mormorò Nico, lanciando un'occhiata a Kurt.

«Piangerò un sacco.» sbuffò suo figlio minore, trattenendo un singhiozzo.

«Prendetevi cura l'uno degli altri.» aggiunse Nico, osservando Christal.

«Ci proverò.» promise Christal, sebbene non avesse fatto altro per tutta la vita.

«E fate i bravi, con tutti.» concluse Nico, guardando Aaron, che si asciugò una lacrima sulla guancia.

«D'accordo.» disse Aaron, abbozzando un sorriso. «Farò il bravo. Papà...»

Nico lo guardò in silenzio, sorridendo. «Vi amo tantissimo.» disse, osservandoli. Muovere la testa stava cominciando a pesargli, ma si concesse quell'ultimo sforzo. «E amo i vostri figli e nipoti nello stesso modo. Ditegli che mi mancheranno.»

«Lo faremo.» promise Christal.

Nico annuì. Pensò a Bianca, sua nipote. L'aveva vista la settimana prima, splendida e incinta. Intendeva chiamare sua figlia Nicole, e Nico abbozzò un sorriso, rattristato all'idea che non avrebbe mai incontrato la sua bisnipote.

«Papà, ti voglio bene.»

Nico alzò lo sguardo su Kurt, che si era avvicinato. Prese posto accanto a lui, tenendo la mano sopra la sua e quella di Christal. Nico guardò le loro mani tutte insieme, e sorrise quando Aaron avvicinò la sua.

«Salutaci papà Will.» sussurrò Christal, con le lacrime agli occhi, e Nico annuì. Sentiva le palpebre pesanti.

«Bacialo da parte nostra.» aggiunse Aaron, tirando su col naso.

Nico mosse appena la testa, chiudendo gli occhi. Riuscì a sentire i respiri dei suoi figli, i loro singhiozzi e poi, più niente. La pace assoluta.

 

*

 

Quando Nico riaprì gli occhi, si ritrovò negli Inferi.

Era strano pensare a quanto tempo vi avesse trascorso nella sua giovinezza. Ora si trovava di nuovo lì, ad osservare il soffitto della caverna in cui si trovava, comodamente sdraiato su del terriccio.

L'odore che lo assalì era tremendamente familiare e Nico sospirò. Puzza di morte, cadavere e sofferenza.

Ma dov'era suo padre? Nessun comitato di benvenuto? Nessun “oddei ragazzo, che fai qui?”

Nessun sorriso solare?

Nico si mise seduto. Si guardò attorno, notando il palazzo di Ade ad un centinaio di metri di distanza. Aggrottò la fronte. Aveva il vago sospetto che le anime non dovessero comparire così vicine al palazzo, ma dopotutto non era lui a fare le regole.

Nico abbassò lo sguardo sulle proprie mani. Non erano più vecchie, rugose e piene di strane macchie. Erano pallide, morbide, giovani. Si toccò il viso, sempre più confuso. Ricordava piuttosto bene di aver oltrepassato la settantina, ma era come se avesse di nuovo quindici anni.

E quando si alzò in piedi con un solo scatto, senza dolori alla schiena o alla ginocchia, si rese conto che aveva davvero di nuovo quindici anni. Si stiracchiò, sollevando le braccia in aria e poi piegandosi, sfiorando le punte dei piedi. Si risollevò, sorridendo. La schiena non gli faceva male. Era proprio ringiovanito.

«Sono contento che tu abbia riscoperto le gioie dell'avere un corpo giovane.»

Nico si voltò, incrociando gli occhi scuri del padre.

«Lui dov'è?» salutò Nico, abbozzando un sorriso.

Ade sospirò. «Non mi saluti neanche?»

«Dov'è?»

«Nei Campi Elisi.»

Nico sorrise. Non si era aspettato altro, da Will.

«Nico...»

Il ragazzo sollevò lo sguardo sul padre.

«Mi dispiace.» disse il dio.

Nico scosse la testa. «Per cosa?»

«Per la tua morte.»

«Papà...» Nico rifletté per un attimo prima di proseguire. «I primi anni della mia vita sono stati un disastro, d'accordo. E ci sono state troppe guerre, troppe morti. Ho avuto una famiglia, ho amato, e sono stato amato fino alla morte. E lo sarò anche dopo. Dovresti dispiacerti per chi non ha potuto avere questa possibilità.»

Ade lo osservò.

«Ho avuto una vita piena e felice.» continuò Nico, portandosi una mano al petto. Il suo cuore non batteva, e lo trovò strano. «Ho avuto tanto amore. Tanti amici. Tanti figli e nipoti. Sono... felice della mia vita. La morte... è solo il livello successivo.»

Ade sorrise. «Vai, Nico Di Angelo. Mi mancherà non avere più un figlio degno come te.»

Nico sorrise a quelle parole. Fece per abbracciare il padre, ma lui si scostò con una smorfia. Nico lo abbracciò lo stesso, in modo goffo, e si allontanò verso i Campi Elisi. Non capì se conosceva la strada a memoria, o se semplicemente i suoi piedi lo stessero portando da Will.

Quando arrivò ai Campi Elisi, Nico si fermò a guardare la distesa di persone di fronte a lui. Si portò una mano tra i capelli, chiedendosi quanto tempo gli ci sarebbe servito per cercare la sua testa bionda preferita.

«Hai perso la strada?»

Quella voce...

Nico chiuse gli occhi.

«Stai cercando qualcuno?»

Nico sentì il proprio petto esplodere. Il suo cuore aveva ripreso a battere.

«Magari una bella ragazza?»

Nico si trattenne a stento dallo scoppiare a ridere.

«Sto cercando un idiota.» disse infine.

«Ah... mh, non so se ce ne sono.»

«Io credo di sì.»

Nico si voltò, il cuore che gli batteva talmente forte nel petto che era certo sarebbe esploso. Incrociò gli occhi azzurri, limpidi, felici di un giovane Will Solace. Doveva avere la sua stessa età. Riusciva a guardarlo dritto negli occhi senza doversi alzare sulle punte.

«Eccolo qua.» disse Nico, piano. «Il mio idiota.»

«Ah, parlavi di me?» disse Will, trattenendo un sorriso. «Scusami, non l'avevo capito.»

Continuarono a guardarsi negli occhi, beandosi della loro vista, poi corsero l'uno nelle braccia dell'altro. Nico voleva piangere contro la sua spalla, e picchiarlo per averlo osato abbandonare così presto. Ma non ci riuscì. Trovò le sue labbra calde pronte ad accoglierlo e lo baciò, un bacio deciso e pieno di passione che si sentì sollevare dal terreno, stretto tra le braccia del suo biondo.

«Santi dei.» disse Will, dopo qualche minuto, scostandosi dalle sue labbra. Appoggiò la fronte alla sua, senza spostarsi. Nico notò con piacere quelle adorabili guance arrossate e le accarezzò, sentendo il suo calore familiare. «Mi mancava baciarti così.»

«Dieci anni dal nostro ultimo bacio.» gli fece notare Nico, e Will sospirò.

«Dieci lunghissimi anni.» lo corresse Will. «Ma spero di poterti baciare ancora e ancora. Devo recuperare.»

Nico annuì, con le labbra socchiuse, pronto per il bacio successivo. Non si aspettava altro, dopotutto. Si fiondò sulle labbra di suo marito e lo sentì sospirare nella sua bocca. Avevano parecchio tempo da recuperare.

 

«Cosa hai fatto in questi anni?» domandò Nico, stringendo forte la mano di Will nella sua. Non sapeva da quanto tempo fosse lì, con Will al suo fianco, le labbra bollenti per i baci.

«Mi sono annoiato.» sospirò Will, trattenendo un sorriso. «Ma ho chiacchierato molto con i nostri padri. Erano piuttosto dispiaciuti di vedermi quaggiù.»

«Li ho invocati un sacco di volte, ma non sono mai venuti.»

«Lo so.»

«Ho provato anche a scendere negli Inferi per riprenderti, ma non ce l'ho fatta.»

Le labbra di Will tremolarono per qualche secondo. «So anche questo.» ammise. «Ho chiesto ad Ade e Apollo di non venire più da te. Non volevo che facessi giuramenti dei quali ti saresti pentito. Volevo che ti concentrassi sui nostri figli, sui nipoti e gli altri bambini.»

«È quello che ho fatto.»

«Rischiando di morire prematuramente per intrufolarti qui dentro, però.»

Nico trattenne una smorfia. Se avesse continuato a fare il saccente, l'avrebbe spinto.

«Quando mi sono ritrovato qui, ho capito quello che avresti fatto.» disse Will, guardandolo negli occhi. «Sono andato da Ade per chiedergli di impedirtelo. Temevo che il viaggio potesse farti del male. E non era ancora giunta la tua ora.»

«Ma la tua sì.» Nico lo fissò. «Perché sei morto, Will?»

Il biondo si strinse nelle spalle.

«Eri in pensione da cinque anni.» continuò Nico. «Dovevamo fare un sacco di cose insieme, ricordi?»

«Ricordo.» Will sorrise dolcemente. «Possiamo farle qui.»

«Non possiamo.» sospirò Nico, scuotendo la testa. «Non sarà la stessa cosa.»

Will continuò a guardarlo in silenzio, e Nico incrociò il suo sguardo. Quegli occhi azzurri, così vivi e pieni di desideri e speranze. Quanto gli erano mancati.

«Sai perché sono morto, Nico?» mormorò Will, piano.

«Sei morto di qualcosa di stupido.» sbuffò il figlio di Ade, stringendo con forza la mano dell'altro, che non si lamentò. «Sorridevi, quindi direi di gioia.»

Will rise, e scosse la testa. «Vorrei essere morto di gioia.» ammise. «Però... forse è successo proprio questo. Quell'album di fotografie... vederci giovani, spensierati, con tutta la vita davanti... mi ha reso molto felice. Ma è stato il mio cuore. Ero malato.»

Nico abbassò appena lo sguardo sul petto del suo amato biondino, e sospirò. «Lo so.» ammise, e Will sgranò gli occhi. «Credi davvero che non avessi visto l'aurea di morte che alleggiava sopra di te? Sapevo che sarebbe successo, solo che non volevo dargli retta. Non volevo che la possibilità della tua morte rovinasse quel poco di vita che ci restava insieme.»

Will scacciò le lacrime dai suoi occhi. «Quindi è per questo che mi guardavi così tanto, negli ultimi giorni.»

«Ti guardavo così tanto perché ti amo.» sorrise Nico. «E perché temevo che scoprissi della tua festa a sorpresa.»

«Ah, quello...» Will rise, e il cuore di Nico traboccò di pura gioia. Quanto gli erano mancate, quelle risate. «Lo sapevo già.»

«Te l'ha detto Kurt, vero?»

«No.» Will sogghignò, e Nico gli si avvicinò, baciandolo sotto l'orecchio. Will rabbrividì di piacere a quel contatto. «Okay, scusa. È stato Leo.»

«Leo Valdez?» ripeté Nico, sorpreso.

«Già. Mi ha chiesto come mai non fosse stato invitato. Gli ho risposto che non avevo idea di cosa stesse parlando. Mi ha risposto dopo qualche minuto, dicendo di aver sbagliato chat, e lì ho capito.» Will sorrise. «La festa in famiglia. Adoro le feste in famiglia.»

Nico sorrise a sua volta. «Lo so. È proprio per questo che te l'ho organizzata.»

Will lo baciò, e Nico pensò che non ne avrebbe mai avuto abbastanza, nemmeno ora che era morto e che non aveva più bisogno di niente. A parte Will.

«Posso chiederti perché hai deciso di morire il giorno del mio compleanno?» chiese Will, accarezzandogli la guancia.

Nico notò che nessuno dei due aveva intenzione di lasciare la mano dell'altro. Le guardò per un momento, pensando a quanto tempo fosse passato dalla prima volta che si erano presi così per mano.

«Volevo farti un dispetto.» disse Nico, scrollando le spalle. «E poi... volevo morire proprio il giorno in cui te ne sei andato tu. E casualmente era il giorno del tuo compleanno.»

Will scosse la testa, divertito. «Ti mancavo così tanto?»

Nico quasi lo fulminò con lo sguardo. «Sai che è così.»

«Sì, lo so.» Will tacque per qualche secondo, e Nico si ritrovò a guardare le sue splendide lentiggini. Come faceva ad essere così solare anche nel mondo dei morti? «Comunque, volevo dirti che... piangi davvero un sacco.»

«Scusami?» disse Nico, aggrottando la fronte, sentendosi arrossire.

«Ti ho guardato, dopo la mia morte.» disse Will. «Ed eri sempre in lacrime.»

«Sei uno stupido.» sbuffò Nico, dandogli un pugno forte sulla spalla. «Cosa ti aspettavi? E tanto per la cronaca, erano lacrime di felicità. Nessuno mi avrebbe più svegliato alle sei del mattino...»

Will alzò gli occhi al cielo, e scoppiò a ridere. Nico lo guardò, chiedendosi come avesse fatto a piangere così tanto per quell'idiota, e prima che riuscisse a formulare il pensiero, si ritrovò in lacrime.

«Mi sei mancato.» singhiozzò Nico, e Will si zittì subito. «Mi sei mancato ogni fottuto giorno. Ti cercavo in continuazione. Mi sono circondato delle tue foto, ma non ti sentivo più con me. È come se, morendo, ti fossi portato via tutta la luce del mondo. Era tutto buio, senza di te.»

«Nico...»

Il labbro di Will tremolò e Nico lo abbracciò, singhiozzando sulla sua spalla. Si era promesso di non piangere, mentre aspettava la morte, e invece eccolo lì, a singhiozzare come un bambino.

«Mi sei mancato tanto anche tu.» disse Will, tra un singhiozzo e l'altro. Gli passò le dita sulla schiena, e Nico chiuse gli occhi nel sentire quel gesto familiare. «All'inizio ti guardavo, e piangevo con te. E ho pianto ancora di più il giorno del mio funerale. Quella lapide è bellissima. E poi... ti ero vicino, quando i nostri figli posavano i loro drappi sulla mia bara. E quando hai detto quella frase in macchina... ero lì con te. Mi si è spezzato il cuore, quando non ho potuto risponderti.»

Nico annuì, ora capendo come mai avesse percepito la sua presenza così forte. Lo strinse a sé, scoprendo meravigliato quanto ancora riuscisse ad amarlo dopo tutti quegli anni.

 

Dopo un po', e Nico non seppe se erano passati cinque minuti, cinque ore o cinque anni, smisero di piangere. Nico fece comparire una panchina fatta di ossa, e Will la guardò sorridendo, sedendosi senza esitare. Si sedettero vicini, le dita intrecciate, e parlarono di quei dieci anni divisi. Nico parlò dei figli e dei nipoti, raccontando tutto ciò che gli venisse in mente. Will lo ascoltò, felice di poter rivivere quei ricordi non suoi. Parlarono solo del tempo già trascorso, cercando di non pensare a cosa stesse facendo la loro famiglia in quel momento. Parlare del futuro avrebbe reso entrambi tristi.

«Hai scoperto chi fosse la mamma di Bianca?» chiese Nico, con curiosità. Quel segreto di Kurt ancora lo infastidiva.

Will fece una smorfia. «Sì.» sospirò. «Me lo ha detto Apollo. Era una... ehm, donna umana di facili costumi.»

Nico alzò gli occhi al cielo. «Chissà perché sono così sorpreso...» borbottò. «Comunque, non è importante.»

«No, infatti.»

Nico non riuscì a staccare gli occhi dal volto del marito, che guardava davanti a sé con un sorrisetto sulle labbra. Nico lo baciò sulla guancia, stringendosi a lui, e fu felice quando Will lo circondò con un braccio.

«Nico, voglio reincarnarmi.»

Il figlio di Ade annuì. «Me l'immaginavo, da te.» sospirò.

«Non subito, però.» precisò il figlio di Apollo, guardandolo con i suoi occhi azzurri luminosi, pieni di vita. «Voglio passare ancora un sacco di tempo con te.»

«Immaginavo anche questo.»

Will sorrise, e Nico ricambiò il sorriso. Si baciarono di nuovo, a lungo, pomiciando proprio come quando erano adolescenti, nonostante Nico avesse cercato più volte di ferirlo.

«Will Di Angelo.» disse Nico, lasciandogli le labbra e strofinando il naso contro il suo.

«Nico Solace.» ribatté l'altro, guardandolo divertito.

«Volevo dirti che non ti libererai mai di me.»

Will aggrottò la fronte, ma sorrideva.

«Anche se ti reincarnerai, io ti cercherò.» promise Nico, accarezzandogli i ricci ribelli. «Ti troverò, e mi innamorerò di te di nuovo, così tanto e così forte, qualunque aspetto tu abbia. Che tu sia bianco, nero, verde, maschio, femmina, non binary, gatto.»

«Gatto?» ripeté Will, con uno schiocco di labbra.

«Gatto.» annuì Nico, serio. «Mi innamorerò di te di nuovo. Quindi... aspettami.»

«Ti aspetterò. E ti cercherò a mia volta. Perché la penso esattamente come te. A parte sulla storia del gatto...»

Come se non aspettasse altro, un gatto nero saltò sulle gambe di Nico, che subito abbassò lo sguardo. Nico lanciò uno strillo.

«Ma è Zen?» disse, mentre il gatto miagolava come per rispondergli.

«Sì, è lui. Mi ha trovato dieci anni fa. Credo aspettasse di vederti.»

Zen cominciò a fare le fusa e Nico coccolò il suo gatto, con gli occhi ricoperti di lacrime. Quando lo aveva portato dal veterinario per l'ultima volta, aveva pianto un sacco. Will aveva ragione, piangeva sempre. Sollevò gli occhi sul marito, stringendo il gatto tra le sue braccia, e Will gli sorrise, raggiante.

«Ti amo, Nico Di Angelo.» disse il biondo.

«Ti amo, Will Solace.» disse Nico, tenendo gli occhi puntati nei suoi. Poi disse: «Non voglio lasciarti andare mai più.»

Will gli sorrise, stringendo le loro dita insieme. Per un attimo, si ritrovarono a guardarle con un enorme sorriso stampato sul viso. Si baciarono un'altra volta, con Zen che faceva le fusa a ritmo con il battito dei loro cuori.

 

 

 

Nota dell'autrice: grazie per aver letto questo capitolo, e scusatemi per questo capitolo, nel caso vi avessi turbati. Buona vita :)

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