Save my soul

di Angel51
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


SAVE MY SOUL


“Signore sembra non ci sia più nessuno dentro!” Il giovane ragazzo di colore fece rapporto, togliendosi la maschera dal viso, con voce affannata.

L’edificio in fiamme alle loro spalle era un cumulo di polvere, fuoco e fumo; era impossibile riconoscere la centrale di polizia che fino a pochi minuti prima troneggiava su tutto il resto.

“Che nessuno entri! Spegnete il fuoco!” disse autoritario il sergente dei vigili del fuoco.

“No, no, no!!” Un giovane uomo, con appoggiata sul viso la maschera dell’ossigeno che toglieva solo per parlare, si fece spazio fra loro mentre altri agenti cercavano di fermarlo. “La mia partner è ancora là dentro! Non è uscita, ne sono sicuro!”

“Ne sei certo, Salvatore?” chiese allarmato il tenente di polizia.  “Forbes!!” urlò a gran voce verso il resto della folla dietro di lui “Caroline!”

“Non c’è! L’ho cercata! Dovete tornare là dentro!! Dovete tirarla fuori!”

"E’ troppo pericoloso, l’edificio sta crollando!” disse il pompiere dalla pelle scura, arrestando la marcia spedita di Stefan dentro l’edificio “Nessuno può entrare!”

Stefan Salvatore strinse con tutta la forza che gli rimaneva le braccia che lo braccarono “Caroline Forbes è l’agente, la persona! migliore che tu possa sperare di conoscere! E se non mi fai passare, giuro che ti sparerò ad un piede!” sibilò minaccioso.

Marcel strinse la sua presa, fermando la furia che stringeva fra le mani “Non posso!”

“Ci penso io” disse una voce dietro di loro. Prima che Stefan potesse voltarsi e vedere da chi proveniva, un uomo lo sorpassò di corsa, gettandosi davanti ai suoi occhi in quell’inferno.

“Klaus!! Torna indietro! Klaus!!” Solo allora Marcel lasciò la presa per cercare di raggiungere l’amico.

“Spegnete le fiamme Marcel! Mi sarà più facile tornare!” gli urlò Klaus con voce sicura, per poi mettersi la maschera che gli nascondeva il volto.

Nicklaus Mikaelson aveva ricevuto tanti onori quanti richiami durante l’intera carriera da vigile del fuoco, e il motivo era sempre lo stesso: correva il rischio quando gli altri non lo facevano, osava quando era troppo pericoloso. Matricola, capitano, tenente... Per lui non c’era alcuna differenza: contavano le vite, non le medaglie.

“Vigili del fuoco c’è nessuno? Rispondete!!” aveva urlato quella frase ogni secondo da quando era rientrato nell’edificio. Una bomba. Una bomba nel giorno di San Valentino alla stazione di polizia del suo stesso distretto. Nessuno avrebbe controllato le innumerevoli scatole di cioccolatini che sarebbero arrivate quel giorno. Scosse la testa buttando giù l’ennesima porta.

Il primo piano era crollato e le macerie erano ovunque i suoi occhi si posassero, continuavano a cadere secondo dopo secondo. Le fiamme avevano invaso il lato ovest del terzo piano, Klaus guardò le scale e il lungo corridoio... Non era sicuro che sarebbe riuscito a tornare indietro una volta attraversato. Inghiottì il magone che sentiva salirgli in gola e seguì il suo istinto gettandosi in quell’inferno.

All’ennesimo richiamo, oltre al brusio delle fiamme risuonò qualcosa di diverso. Uno sparo o, meglio, tre spari vicini. Poi altri tre ancora. E dopo un istante ancora altri tre. Mentre Klaus si chiedeva cosa stesse succedendo, i suoi piedi già correvano nella direzione da cui venivano i colpi. Continuava ad urlare incessantemente la formula di rito. D’un tratto, spostando alcune macerie, un sorriso nacque sul suo viso: gli spari, nove in tutti con due pause, erano un codice morse. Un SOS... Geniale!

Si guardò intorno: polvere, fumo e detriti. “Vigili del fuoco...” Le parole gli morirono in bocca non appena udì una flebile voce chiedere aiuto.

Schiacciata sotto ad una pesante scaffalatura, piccola e fragile c’era quell’unica persona che nessuno aveva visto prima. Klaus corse verso la donna che lottava con tutte le proprie forze raccogliendo il fiato in quei flebili gridi d’aiuto.

“Sono qui! Ti tiro fuori!” Spinse contro quel grosso ripiano impiegando tutta la forza che aveva. Alla fine, riuscì a sollevarlo quel tanto che bastava per farla uscire. La vide trascinarsi via strisciando a fatica; non appena lei fu fuori portata lasciò la presa.

“Sono il tenente Nicklaus Mikaelson, adesso ti porto fuori di qui!” disse, inginocchiandolesi di fronte “Sei Caroline?” La vide spalancare gli occhi e annuire mentre con fatica tentava di sollevarsi sui gomiti “Riesci ad alzarti?”

“No” rispose lei tornando distesa senza forze “Mi fa male da morire!” sussurrò toccandosi l’addome.

Klaus le scostò i vestiti per vedere se fosse ferita, ma non appena sollevò la maglia notò che il suo torace si espandeva in maniera anomala.

“Andrà tutto bene!”

Si scansò da lei. Ma, prima che riuscisse ad alzarsi del tutto, Caroline gli afferrò una mano “Non lasciarmi, ti prego!” lo supplicò con un filo di voce. 

“Non vado da nessuna parte, ma devo controllare il perimetro. Ci vorranno pochi secondi!”. Tornò indietro, sui passi di pochi secondi prima: una parte delle scale era crollata e poteva sentire lo stridulo ronzio del soffitto che stava per cedere anche in quel punto. “Maledizione!” Non potevano tornare indietro da quella via!

“Marcel! Mi sentite?" urlò nella radio alla sua spalla.

“Ti riceviamo, amico”

“L’ho trovata, era sotto alcune macerie! Siamo al terzo piano. E’ ferita, forse ha una lesione interna! Non posso tornare indietro, non ho una via sicura!”

“Useremo una finestra, Klaus! Ci serve la tua posizione precisa!”

Klaus si guardò intorno in cerca di una via di fuga “Lato est... finestre con tende bianche. Mi avvicinerò per pochi secondi, ma poi dovrò allontanarmi. C’è rischio che crolli tutto!”

Un segnale luminoso indicò la loro presenza ad una delle finestre, ormai ridotta in frantumi.

“Posizione accertata, amico! Resistete, vi raggiungiamo!”

“Sbrigatevi... Non so quanto possa aspettare!” sussurrò nella radio.

Tornò da lei, la spostò delicatamente in quello che Klaus appurò come lo spazio più sicuro, lontano da probabili crolli “Gli altri stanno arrivando, Caroline. Andrà tutte bene” le sussurrò rassicurante.

“Ho sentito, tenente, ho sentito tutto...” disse sorridendo mesta “Non c’è via di fuga dalla porta e i suoi colleghi potrebbero trovare un arrosto piuttosto che noi due ancora vivi!”

“Klaus, puoi chiamarmi Klaus” le disse, appoggiandole la propria maschera al viso così che potesse respirare meglio “E puoi credermi, Caroline, sono tornato indietro solo per te... E ti porterò fuori!”

Caroline respirò un paio di volte quell’ossigeno che prima tanto faticava ad entrarle in corpo, poi si tolse la maschera sorprendendo il suo eroe “Io sono spacciata Klaus, risparmia l’ossigeno per te... So riconoscere la morte quando la incontro”

“Anche io” insistette lui premendole la maschera sul viso “E non mi piace concederle una vittoria così facilmente. Devi combattere contro di lei Caroline... E tu mi sembri una che combatte, agente Forbes!” le disse sorridendo per infonderle coraggio.

“Detective... Detective Forbes! Tengo molto al mio grado, ho lottato per guadagnarlo” rispose sagace Caroline.

Klaus gettò uno sguardo alla finestra. Perché ancora non erano arrivati?

“Marcel! Dove diavolo siete?” urlò nella radio.

“Abbiamo problemi ad avvicinarci. Un minuto, Klaus!”

Klaus guardò la donna stesa accanto a lui, sempre più debole. “Dannazione!”

“Caroline, devi restare sveglia! Parla con me!” disse mettendosi alla sua altezza e accarezzandole il viso, così da scostare i capelli che aveva sugli occhi

Lei sorrise. La perseveranza del suo eroe la fece sorridere, nonostante sentisse la vita scorrere via lenta da lei.

“Devi farmi una promessa, tenente. Puoi farlo?” Klaus annuì guardandola negli occhi “Abito in un appartamento sulla 154esima, quinto piano, proprio sopra ad una piccola pasticceria. La finestra sulla scala d’emergenza è difettosa, basta un colpo forte e si apre.” Caroline si fermò per respirare un paio di volte nella maschera “Per prima cosa devi dar da mangiare al mi gatto.” La voce della donna si screziò di un mesto divertimento. “Povero Meatball! Sono due giorni che non mangia!” Klaus sorrise dell’ilarità di quei pensieri. “Poi devi andare in camera mia. C’è una cosa nel mio armadio di cui devi sbarazzarti!”

“C’è per caso un cadavere, detective?” chiese sarcastico.

“Peggio! Sono uno sbirro, so far sparire un cadavere! C’è uno scatolone con un sacco di robaccia del mio ex fidanzato... Brucialo! Non voglio che Tyler creda che pensi ancora a lui, dopo tutto questo tempo”

“Perché ce l’hai ancora, allora?” chiese curioso. Maledizione, quanto tempo avrebbe ancora impiegato Marcel?

“E’ pesante e sono troppo pigra per trascinare quell’enorme scatola fino al cassonetto...” disse ridendo e coinvolgendo anche lui.

“D’accordo, brucerò quella scatola!”

“Perfetto... E tanto che ci sei potresti gettare nel falò anche la trilogia di Cinquanta sfumature e Twilight? Non vorrei davvero che qualcuno li trovasse! Ho una certa reputazione da mantenere! Sono dietro ai libri di cucina”

Klaus proruppe in una fragorosa risata, ma un rantolo di tosse lo bloccò. Caroline si tolse la maschera dal viso e la appoggiò nelle mani di lui. “Prendila per un po’... Altrimenti chi salverà entrambi?” Lui respirò a fondo, continuando a stringerle la mano.

“Oh mio Dio! Stavo per dimenticarmene...” continuò lei strizzando gli occhi in una smorfia, imbarazzata e terrificata allo stesso tempo “C’è un vibratore fucsia e una scatola di profilattici alla frutta nel mio comodino, ti prego butta anche quelli nel fuoco! Non oso pensare a cosa potrebbe succedere a mia madre se li scoprisse!” disse lei tossendo e ridendo insieme.

Klaus rise, rise davvero, e rimise sul suo viso la maschera. Come potava ridere così tanto quando sentiva il fumo invadergli i polmoni?

Era lei. Era lei che rideva in faccia alla morte e coinvolgeva anche lui.

“Potrai farle da sola queste cose, Caroline! Quando sarai fuori da qui, farai tutto questo! Ma se vuoi posso comunque aiutarti a trascinare via quella pesante scatola.” Klaus vide i suoi occhi azzurri riempirsi per la prima volta di lacrime e lasciarle scendere leggere sul suo viso, mentre scuoteva la testa.

“Non potrò farlo... Lo so io e lo sai anche tu, tenente” disse stanca stringendogli più forte la mano “Non ce la faccio più a resistere”

“Marcel! Marcel! Dove siete?” Ma alla sua domanda seguirono soltanto mormorii d’inutili scuse da parte della sua squadra. Era difficile raggiungere quel lato. Fuori era un disastro. Ce la stavano mettendo tutta. 

Per la prima volta da quando faceva quel lavoro, Klaus sentì gli occhi inumidirsi. Prese dolcemente la ragazza agonizzante fra le braccia, accostandosi contro una delle poche pareti rimaste in piedi. Appoggiandole la testa sul proprio petto, come se volesse cullarla, si tolse i pesanti guanti e iniziò ad accarezzarle i capelli. Con l’altra mano le teneva premuta sul volto la fonte d’aria.

“Ti prego Klaus... Cerca mia madre, dille che non avrei mai voluto lasciarla sola. Siamo solo noi due, noi due contro il mondo! Dille che ho lottato per non lasciarla sola...” singhiozzò Caroline togliendosi dal volto l’erogatore.

“Caroline...”

Lei lo interruppe, lasciando la mascherina sopra al suo petto, per stringendogli la mano che la sorreggeva “E Stefan Salvatore... Lui è stato il miglior partner e amico che potessi trovare! Non lo ringrazierò mai abbastanza per tutto quello che ha fatto in questi dieci anni”

“Ti prego, Caroline!” cercò di dire Klaus ascoltando i suoi singhiozzi.

“No, lasciami finire, per favore! La mia migliore amica, Elena… Abbiamo litigato. Dille che mi dispiace, che non sono arrabbiata! Che può stare con Damon o con chiunque lei voglia, se lei è felice lo sarò anch’io! Ti prego, diglielo. Non posso morire senza che lei lo sappia!”

La donna sospirò sfinita “Ho così tanta paura” disse stringendosi contro Klaus per quanto poteva “Non voglio morire!”

 “Non ti lascio, Caroline” mormorò  l’uomo sulla sua tempia quando lei chiuse gli occhi “Non ti lascio andare!”

“Grazie per essere tornato per me, Klaus... Grazie! Nessuno lo aveva mai fatto” sussurrò posando lo sguardo su di lui per un’ultima volta.

Klaus spalancò gli occhi a quella rivelazione, a quello sguardo carico di calore, affetto, gratitudine... Per la prima volta non seppe cosa dire.

Il respiro di Caroline si face ancor più leggero, mentre un rantolo uscì dalla sua gola quando cercò di parlare nuovamente.

“Non parlare, non ce n’è bisogno. Risparmia le forze e continua a lottare, detective! Io sono qui con te..” le ripeté Klaus, stringendole forte le mani nella sue “Io non ti lascio...”

Dopo pochi secondi sentì le voci degli uomini che stavano arrivando a salvarli, con il tempismo peggiore che avrebbero mai potuto avere.

Le piccole mani della donna, che deboli ancora stringevano quelle di Klaus, si rilassarono lasciandole andare.

“Caroline! Caroline!” A nulla servirono i richiami disperati del giovane tenente. Sembrava impossibile che pochissimi minuti fossero bastati alle loro anime per legarsi indissolubilmente.

Nicklaus Mikaelson portò fuori la giovane donna stringendola a sé per tutto il tempo. Non l’avrebbe lasciata andare per nessun motivo, glielo aveva promesso.

Guardò i paramedici andargli incontro, strappargliela dalle braccia e affannarsi intorno a lei come se stesse guardano le scene di un film: attonito e impassibile. Solo quando stavano per portarla via si riscosse e chiese di salire anche lui in ambulanza.

“Le ho promesso che sarei rimasto con lei. Non posso lasciarla sola”  disse ai suoi colleghi, poi salì e mentre i medici cercavano di riuscire nell’impossibile, lui continuò solamente a stringerle la mano “Non ti lascio Caroline, sono qui”

 

 

**************angolo autrice.

Ben trovati a tutti! come alcuni già sapevano, eccomi tornata con quella che doveva essere una breve shot, ma che grazie alla mia beta Marina (che ringrazio profondamente per tutto il gran lavoro che fa) forse avrà uno o due capitoli come seguito! non so ancora, voi che ne dite?? fatemi sapere!! 

spero che la storia vi piaccia, è nata così vedendo una scena di un film che mi ha fatto scendere i lacrimoni, e ho voluto "reinterpretarla" a modo mio! la situazione era molto diversa, ma il succo è lo stesso!! ah dimentivaco che sono una grande appassionata di Chicago Fire e che questa è stata la scusa buona per mangiarmi letterlamente tutta la seconda stagione: dovevo documentarmi!!

vi ringrazio per essere arrivati a leggere fin qui, spero che lascierete le vostre impressioni, mi farebbe molto piacere sapere che ne pensate!

per chiunque voglia passare sto scrivendo anche una long, sempre Klaroline ma mooolto diversa: anni venti, vampiri e umani, sangue, sex, un ibrido calcolatore e una queen che gli tiene testa! "ROAR!" "/">http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2949160&i=1 ... e  se questa vi è piaciuta passate pure sul mio profilo, sono sicura che trovere molto altro che vi piacerà!! ;)  

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


****Caroline pov****
Tutto era confuso. Tutto sembrava non avere un senso. Caroline si trovava in un limbo dove si alternavano sogno e realtà, che lei non riusciva più a distinguere. Sentiva delle voci, ricordava momenti, poi silenzio, poi più niente. E si sforzava di aprire gli occhi e ci riusciva. Ma, ancora, non distingueva se fosse solo un sogno: un lunghissimo sogno, senza fine, contrassegnato da momenti in cui più che un sogno le sembrava di star vivendo in un incubo. Voragini che si aprivano per inghiottirla, una fitta nebbia che l’avvolgeva e il fuoco che l’investiva.

Poi una voce la riportava indietro e una mano la trascinava via dall’inferno. Sentiva il suo corpo stanco stretto in un abbraccio, sentiva qualcuno proteggerla. Sempre. Quella sensazione non l’aveva mai lasciata.
Non riusciva a distinguere lo scorrere del tempo, le sembrava solo tanto, tanto tempo che quel sogno continuava ad andare avanti.
Poi, lentamente, tutto iniziò ad essere più chiaro. Le voci: alcune erano sconosciute, ma le altre erano familiari e le riconosceva! Sentiva qualcuno accarezzarle il viso e prenderle la mano, sentiva il freddo sulle braccia e il calore di una coperta calda. Sentiva il cattivo odore di alcool e medicine, ma c’erano anche degli aliti di un profumo familiare. Sempre più chiaramente poteva distinguere il sogno dalla realtà. Si impose di aprire gli occhi, era tremendamente difficile, come mai le era successo prima! Ma ci riuscì, solo per pochi attimi, solo figure sfocate. Provò e riprovò ancora e, alla fine, tutto iniziò ad essere chiaro.
Caroline venne indotta in un coma farmacologico per tre giorni, quando poi iniziarono a favorirne il risveglio, alternò momenti di lucidità a momenti di pura confusione, fino a quando quest’ultimi non scomparvero per sempre.
 
“Caroline va tutto bene?”
“Si mamma! Ancora un attimo ed esco!”
Caroline guardo il suo riflesso nello specchio del bagno nella sua camera all’ospedale. Era forse il primo momento in cui poteva stare davvero con se stessa da quando aveva ritrovato la sua lucidità. Non c’erano più tutti quei tubi a legarla al letto, l’avevano lasciata alzarsi e lei aveva voluto togliersi quell’orribile camice e darsi una rinfrescata. Guardò scettica il pigiama azzurro che sua madre le aveva preso al negozio vicino l’ospedale: era orribile, aveva addirittura le paperelle gialle! Lei non lo avrebbe mai comprato. Liz aveva anche dovuto tagliare una manica, altrimenti il gesso del braccio non sarebbe entrato... Era ancora peggio così!
Scosse la testa e dovette sedersi prima che un capogiro la gettasse a terra. Continuò a guardarsi riflessa... Gli occhi le si riempirono di lacrime quando con una mano andò a pettinarsi i capelli: una grossa ciocca non c’era più, avevano dovuto tagliarla per metterle i punti sopra l’orecchio. Lasciò andare quelle lacrime salate e si sentì una stupida a piangere per i suoi capelli... I suoi bellissimi e lunghissimi capelli biondi. Era tutto fuori dal suo controllo e, come per i capelli, lei non poteva farci niente.
“Caroline?” la voce preoccupata di sua madre la raggiunse nuovamente, ma questa volta lei aprì la porta, pronta per farsi accompagnare al suo letto. Sua madre sorrise mesta e con il tono più dolce che avrebbe potuto usare, aggiunse “Ricresceranno, tesoro. Sono solo capelli e ricresceranno...”
“Lo so ” rispose dura  sedendosi comoda fra i cuscini. Non era più in terapia intensiva da poche ore, ciò significava che poteva ricevere visite e ne avrebbe ricevute tantissime, ne era sicura “Non voglio che nessuno mi veda in questo stato, dì a tutti che sono molto stanca o che sto dormendo!”
“Caroline... Ci sono i tuoi amici, i tuoi colleghi, sono venuti a trovarti perché ti vogliono bene!” disse Liz a mo di rimprovero.
“Mamma per favore!”
“Stefan ed Elena sono stati qui fino a poco fa, che differenza c’è?”
“Elena ha portato i muffin al cioccolato e Stefan mi ha già visto nei miei momenti peggiori! Non voglio che nessun altro mi faccia visita... anzi forse dovresti andare anche tu, devi riposare un po’”
“Non potrai rimandare le visite per sempre...” le rispose rassegnata sua madre “ti lascio sola per un paio d’ore d’accordo? Per qualsiasi cosa chiamami! Dirò alle infermiere di non far entrare nessuno... Ciao tesoro” concluse baciandole la testa e andandosene.
Dopo qualche minuto, una minuta infermiera di colore entrò nella sua stanza accompagnata da un inserviente, portando palloncini e mazzi di fiori “Un uccellino mi ha detto che qualcuno è di cattivo umore oggi! Forse questi ti aiuteranno a riprendere il sorriso!” disse solare disseminandoli per la stanza.
“Ma che...” provò a chiedere confusa Caroline.
“Sono regali! Sono arrivati quando eri ancora in coma, ma in terapia intensiva non si può tenere nulla in camera... Così li abbiamo conservati finché non ti hanno spostata in reparto! Questi sono i miei preferiti...” disse appoggiando un bellissimo mazzo di fiori bianchi sul suo comodino “... non li trovi bellissimi? Sono gladioli, simboleggiano la forza! Ormai sono un’esperta!”
“Chi li manda?” chiese interrompendola guardandoli ammaliata.
“Il tuo salvatore” le disse dolce “ti ha portato i fiori ed rimasto qui notte e giorno”
“Il mio cosa?” domandò confusa.
“Ma come non lo sai? Il vigile del fuoco che ti ha salvato dall’incendio... Lui è venuto in ospedale con te, ti è stato accanto finché non è arrivata tua madre, poi è rimasto qui per tutto il tempo che eri sotto i ferri. Non c’è giorno che non sia venuto a trovarti, anche se non poteva entrare” le spiegò affascinata la giovane donna.
“Io non lo sapevo, mia madre non ha voluto raccontarmi niente dell’incendio” disse concentrata allungando una mano per toccare delicata uno dei fiori “Non mi ricordo di nulla, nemmeno di lui...”.
Prima che Caroline potesse fermarla, l’infermiera iniziò a raccontarle di come il suo eroe l’avesse portata in salvo, di come le aveva stretto la mano fino a quando glielo avevano permesso, di come avesse consolato sua madre quando era arrivata in ospedale ed era stato accanto anche a lei: era rimasto seduto nella sala d’aspetto per quarantotto ore, finché non gli avevano detto che era fuori pericolo, solo allora se ne era andato per poi tornare la mattina dopo, con quel mazzo di fiori.
“E’ stato come in un film...” ma prima che l’infermiera potesse ricominciare, Caroline le chiese di uscire esasperata, dopo aver ascoltato l’ennesima predica sul non alzarsi per nessun motivo.
Chiuse gli occhi stancamente, appoggiandosi sui cuscini. Aveva avuto un salvatore e nemmeno lo ricordava.
“Cosa c’è adesso?” chiese seccata sentendo la porta aprirsi ancora e immaginando che fosse di nuovo l’infermiera.
“Scusami! Non volevo disturbarti...”
Una voce familiare e sconosciuta allo stesso tempo, fece spalancare gli occhi di Caroline sorpresi. Osservò l’uomo, incerto sulla porta, guardarla imbarazzato.
“... Ho sentito le infermiere dire che stavi riposando e... Volevo solo assicurarmi che stessi bene” le disse sorridendo sghembo.
“Ci conosciamo?” chiese lei confusa.
Lui la guardò dritto negli occhi, mentre un sorriso spontaneo gli si allargava sul volto “Sono io Caroline... sono Klaus”
Lei scosse la testa, malinconica e triste  “Io... mi dispiace... non mi ricordo di te... io non mi ricordo di nulla...” disse sconsolata abbassando lo sguardo.
“Mi avevano avvertito che probabilmente non mi avresti riconosciuto... Non ricordi nulla dopo l’esplosione vero?” 
“Non ricordo nulla nemmeno di quella mattina! Il pessimo caffè della centrale è l’ultima cosa che ricordo...” rispose amaramente.
“E sei triste perché non ricordi nulla di quell’inferno?” chiese ironico “Io pagherei oro per dimenticare alcuni incendi!”
Caroline alzò gli occhi su di lui, così velocemente che sentì la testa girarle, ma finalmente sapeva chi era l’uomo davanti a lei “Sei tu non è vero? Sei tu il vigile del fuoco che mi ha salvata?”
Lui sorrise allargando teatralmente le braccia “Credi che mi sia guadagnato il diritto di entrare ora?”
Caroline annuì svelta “Credo di doverti ringraziare per... beh per ogni cosa! Mi hai addirittura portato dei fiori!” disse impressionata “Vorrei poter ricordare, per ringraziarti davvero...”
“No, ti prego smettila! Credimi... Mi hai già detto molto, poco prima che perdessi i sensi” disse sedendosi accanto al letto , stringendole le dita lasciate libere dal gesso “Non c’è bisogno di aggiungere altro”
Lei trattenne a stento le lacrime, e fissando gli occhi in quelli di Klaus, annuì mesta. Poteva riconoscere quella stretta, riusciva a riconoscerne il calore, in una strana sensazione di dejà vu.
“Forse è meglio che ti lasci riposare” aggiunse lui vedendola provata.
“Potresti restare... Sempre hai tempo... Non sono stanca, volevo solo stare un po’ tranquilla così ho detto all’infermiera di voler dormire, ma sarei contenta se restassi” gli chiese Caroline con un sorriso.
“Si da il caso che abbia molto tempo libero” le rispose divertito e vedendo il suo sguardo confuso continuò “Sono stato sospeso per qualche settimana, ho respirato molto monossido di carbonio durante l’incendio e devo aspettare che i miei valori si ristabiliscano prima di tornare a lavoro... Quindi che ne dici se mi siedo con te?”
Lei annui triste “Mi dispiace, che ti abbiano sospeso... Immagino che tu voglia tornare al tuo lavoro il prima possibile... Te lo leggo negli occhi”
Il sorriso sul volto di Klaus svanì, lasciando il posto ad un’espressione dolce amara “Lo sai bene perché anche per te è così, non è vero?” lei arrossì, colta in fragrante, distogliendo lo sguardo “Ma proprio perché amo il mio lavoro, che non mi pento di niente. Lo rifarei ancora, Caroline, a costo di rimetterci la pelle... Io non ho niente da perdere, salvarti è stata la cosa migliore che abbia mai fatto dopo tanto tempo”
“Perché?” chiese lei a bruciapelo.
“Perché qualcuno ti ha definita la persona migliore che potessi sperare di incontrare ed era disposto a sparare ad un mio collega per venirti a cercare... Non ho avuto nemmeno bisogno di pensarci” rispose Klaus deciso.
“Nessuno poteva entrare! Tu sei pazzo!” disse lei scuotendo la testa con gli occhi umidi che non si erano mai asciugati da quando lui era entrato in quella stanza.
“E tu sei viva!” esclamo ghignando vittorioso “E il mondo ha bisogno di persone come te che vivono beffandosi della morte proprio quando se la trovano di fronte, che ridono quando ci sarebbe da spararsi un colpo in testa! Non ha bisogno che persone come te muoiono a causa di una bomba”
“Saresti potuto morire anche tu!” urlò distrutta “Saresti potuto morire per colpa mia!”
Klaus scosse la testa paziente “Te l’ho detto Caroline, io non ho niente da perdere... Tu sei una di quelle persone che cambia la vita di chi gli è vicino... Io sono qualcuno per cui nessuno rischierebbe di entrare in un incendio”
“La mia vita non vale più della tua!” continuò lei in un sussurro mentre lui scuoteva la testa con un ghigno triste disegnato sulle labbra “Nemmeno mi conosci!”
“C’è una cosa di cui mi fido ciecamente” la interruppe lui “... il mio istinto! E dopo esattamente un minuto che ero con te, sapevo di aver fatto la cosa giusta”
Caroline restò in silenzio, rammaricata dalle sue parole... Quale uomo poteva tenere così poco alla sua vita?! Cosa poteva mai aver vissuto per poterla pensare in quel modo?  Con un po’ di fatica si sedette più dritta fino ad arrivare a stringergli il braccio in una stretta affettuosa, che catturò l’attenzione di Klaus.
“Io lo farei” disse sicura “Io rischierei la mia vita per te... perché il mondo ha bisogno di persone come te” continuò usando le sue parole “coraggiose, che credono negli altri”
Klaus la guardò, deglutendo il magone che aveva in gola, colpito dalle sue parole e dalla sincerità del suo sguardo. A disagio, spostò lo sguardo sul mazzo che lui stesso le aveva regalato, dietro al letto “Lo dici solo per...”
“Puoi dire o pensare quello che vuoi, puoi credere di non avere niente da perdere, ma rischi ogni giorno la tua vita per gli altri e l’unica cosa che mi viene in mente è che sei un eroe!”
“Non sono un eroe, tu non puoi sapere... Sono tutto, ma non un eroe” le rispose amaramente continuando a guardare lontano, ma Caroline non si arrese.
“Chiunque fa quello che tu hai fatto per me, e per tutti gli altri che mi hanno preceduta, merita il mi rispetto e la mia ammirazione... e tutta la mia gratitudine! E il resto non conta... tu Nicklaus Mikaelson sei un eroe!” disse sforzandosi per accarezzargli una guancia con la mano sana, costringendolo a guardarla “Sei un eroe!”
Klaus ascoltò in silenzio ogni parola, godendo di ogni momento di quella sincera gratitudine. Sì... Salvarle la vita era la cosa migliore che avesse mai potuto fare, ne era sicuro.
Le labbra di Klaus si allargarono in un grande sorriso dopo qualche secondo “Non ti ho mai detto il mio nome oggi... te lo dissi il giorno dell’incendio! Stai ricordando qualcosa”
“Davvero?” chiese Caroline sorpresa ritirando la sua mano e sedendosi comoda fra i cuscini “io... non so... mi è venuto naturale” disse confusa “Il dottore ha detto che i miei ricordi sono nascosti molto profondamente nella mia mente, o qualcosa del genere, e che non dovrei sforzarmi di ricordare. Potrei iniziare a ricordare qualcosa con il passare del tempo, potrei fare delle terapie, ma lui mi ha consigliato di lasciare le cose così... se il mio inconscio le ha nascoste c’è un motivo valido. Ma io continuo ad avere dei sogni agitati che non ricordo e non fanno altro che riempirmi di sonniferi”
“Credo che abbia ragione, non dovresti ricordare cose da cui stai cercando di proteggerti”
“So che deve essere stato orribile, ma io mi sento così impotente nel non ricordare. Ho perso il controllo del mio corpo, è come se stessi affogando ma le mie braccia e le mie gambe non volessero darmi ascolto  e muoversi! Ma tu, potresti aiutarmi Klaus! Sei l’unico che può farlo...”Caroline guardò Klaus pregandolo con lo sguardo “Ti prego”
Il giovane tenente ci pensò a lungo, sotto lo sguardo supplicante di Caroline. Si stava aggrappando a quella richiesta con tutte le forze, come poteva negarle il suo aiuto?
“Niente particolari, solo qualche dettaglio... non voglio che tu abbia gli incubi per il resto della vita, i sonniferi in quel caso sarebbero inutili!”
“Starò bene, promesso... e in caso contrario saprò chi chiamare per essere salvata!” rispose con un sorrisetto adulatore.
Klaus sospirò e concentrandosi cercò le parole giuste per descriverle quell’inferno “Ti ho trovata sotto delle macerie, hai sparato alcuni colpi con la tua pistola per farti sentire. Ti ho tirata fuori, ma non riuscivi ad alzarti così ti ho presa in braccio e ti ho spostato dove c’era meno fumo, ti ho dato la mia maschera ma non volevi tenerla sul viso”
“Perché non volevo la maschera?” chiese sorpresa.
“Perché non riuscivi a tenere la bocca chiusa e non potevi parlare con la maschera!” rispose canzonatorio.
“Cosa? No, non è vero!” disse colpendolo al braccio con un briciolo di forza “Avanti, sii sincero!”
Klaus sospirò e rispose “C’è soltanto una maschera e tu volevi che l’avessi io perché ti credevi spacciata”
Lei rimase in silenzio, assimilando quelle parole, e lui continuò sperando di distrarla “ Abbiamo aspettato che la mia squadra creasse un varco per uscire dalla finestra e non potevo farti addormentare, così abbiamo parlato. Hai la lingua lunga, detective Forbes!”
Caroline alzò lo sguardo stralunato e Klaus continuò “Mi hai detto di avere un povero gatto dal nome orribile e mi hai fatto una promessa”
“Meatball è un nome dolcissimo” rispose lei oltraggiata e divertita “ e le promesse in punto di morte non contano!”
“Oh questa conta e come!” disse Klaus alzando teatralmente le braccia “Hai promesso di fare un gran falò e bruciare un grosso scatolone che hai nell’armadio” lo sguardo sbigottito di lei lo incoraggiò ad andare avanti divertito “e buttarci dentro anche una trilogia di libri che nascondi dietro quelli di cucina... Vampiri e sesso violento se non sbaglio!” concluse in una fragorosa risata Klaus.
“Non posso crederci di averlo detto davvero” disse sgomenta chiudendo gli occhi dalla vergogna.
“Oh sweetheart non è ancora finita! Mentre sono d’ accordissimo nel gettare nel fuoco tutto quello che abbiamo appena detto, credo che invece dovresti ripensare all’ultima parte della promessa...” la riprese ghignando sarcastico.
“E sarebbe?”
“Il vibratore e i profilattici colorati nel tuo comodino... Io aspetterei a gettarli nel fuoco, potrebbero sempre servirti in futuro! Magari potresti nasconderli meglio, ma...”
“Ti prego smettila!” disse fra le risa del suo interlocutore “Oh Mio Dio! Come ho potuto dirtelo!” continuò nascondendosi il viso con un cuscino “Vattene, non voglio mai più vederti! Mi vergogno troppo!”
Dopo qualche secondo, Caroline si tolse il cuscino dal viso lentamente, non sentendo più nessun suono da Klaus. Lui la stava guardando, con le labbra strette in un sorriso mentre tratteneva ogni risata difficilmente, gli occhi pieni di divertimento.
“Ok puoi  ridere, ma  non ne parleremo mai più!” disse scoppiando a ridere anche Caroline all’espressione buffa di lui.
“Non contarci” biascicò fra le risate Klaus.
Dopo qualche minuto in cui entrambi avevano ripreso un certo tono, Caroline ricominciò il loro discorso “Cos’è successo dopo?”
Klaus pensò bene a cosa risponderle, non voleva turbarla, ma non voleva nemmeno mentirle “Mi hai chiesto di cercare tua madre, se le cose non fossero andate bene, e Stefan Salvatore, e anche una certa Elena... Il fumo era sempre più forte, respiravi a malapena così parlavo io per entrambi” Klaus controllò la sua reazione prima di andare avanti “La squadra tardava ad arrivare e sapevi di avere poco tempo ancora, mi hai ringraziato per essere tornato indietro e poi quando non riuscivi più a parlare mi hai stretto le mani”
“La tua stretta è familiare...” lo interruppe lei “Non come qualcosa che saprei riconoscere, ma prima quando mi hai stretto la mano è come se avessi già vissuto quel momento. Mi ricordo la tua voce allo stesso modo... E’ come se fossi un estraneo e un amico insieme!”
“Ti sei addormentata pochi secondi prima che arrivassero i miei ragazzi, ma sono rimasto sempre con te e ti ho tenuto la mano fin quando è stato possibile... Ti avevo promesso che non ti avrei lasciata. Quando siamo arrivati in ospedale, ti hanno portato via subito e nessuno mi diceva niente... Mentre mi visitavano, ho sentito un’infermiera parlare della tua operazione: c’erano state complicazioni, ma lottavi come pochi altri per restare aggrappata alla vita... Tua madre è stata gentile, ha permesso che mi informassero come un familiare e mi ha fatto entrare un paio di volte nella tua stanza quando i medici non mi vedevano... Poi credo che tu sappia il resto”
“Non mi ha mai lasciata... Lo hai fatto davvero...” ripeté Caroline colpita.
“Te l’avevo promesso e io mantengo sempre la mia parola”
“Grazie”
“Smettila di ringraziarmi! Lo hai già fatto!”
“Non ci riesco! Vorrei poter fare qualcosa, ma niente sarebbe abbastanza!” rispose Caroline frustrata.
“Potresti invitarmi a cena, sarebbe un inizio! E magari togliermi qualche multa per eccesso di velocità”  disse affabile.
“Per le multe posso fare qualcosa, ma per la cena la vedo difficile” affermò divertita mostrando il braccio con il gesso “Ci vorrà un po’ di tempo prima che riesca a mangiare usando due posate!”
“Aspetterò... qualunque sia l’attesa”
Lei sorrise alla sua affermazione. Vedeva qualcosa nei suoi occhi e nel suo sorriso gentile, era qualcosa più profondo della gratitudine, era qualcosa che li legava intimamente dopo tutto quello che avevano passato. Si rilassò fra i cuscini chiudendo gli occhi, mentre uno sbadiglio ritardò la sua risposta “Magari potresti propormi qualcos’altro che non implichi l’uso del mio braccio...”
“Ci penserò più tardi, non vorrei ma credo sia meglio lasciarti dormire ora” disse alzandosi dalla sua poltrona.
“Puoi restare se vuoi... è molto tranquillo e mia madre garantisce che quella poltrona è molto molto comoda!” propose Caroline timidamente “E più tardi potrei dividere la mia gelatina con te!”
Klaus le sorrise compiaciuto al suo velato invito a restare “Non volevi restare un po’ sola?”
“Non più” rispose lei con un filo di voce mentre faticava a non chiudere le palpebre.
“Allora sarò qui quando ti sveglierai” disse lui alzandosi per sistemarle le coperte.
“Non mi lasci sola... Perché tu mantieni le tue promesse” e prima di cadere in un riposo sereno dopo i sonni agitati dei giorni precedenti, Caroline sentì Klaus scansarle delicato i capelli dalla fronte e posarvi un bacio leggero mentre le stringeva la mano in quella stretta calda e familiare che la faceva sentire così tanto protetta.





****Angolo autrice:
Ringrazio infinitamente voi tutti che siete arrivati fin qui a leggere, spero che la storia vi sia piaciuta! il primo capitolo è stato scritto di getto, e all'inizio l'idea era di fermarsi lì con la morte di Caroline, molto drammatico lo ammetto, ma non ce l'ho fatta! io sono la prima sostenitrice dell'happy ending!!! così è nato il secondo! durissimo è stato cercare di reggere il confronto con il primo, ma questo potete dirmelo soltanto voi! io da parte mia, ho fatto del mio meglio!
per ora la storia è finita qui, volendo avrei una story line in mente da poter seguire, e ho già gettato le basi per poterla riprendere in futuro, ma voglio vedere se la storia avrà il successo che spero, fra virgolette parlando! per adesso mi impegno a finire la long che ho già iniziato, anzi mi sono già distratta troppo con questa short! vi invito a passare a dargli un'occhiata! troverete tutte le mie storie sul mio profilo efp!!
ringrazio chi ha già recensito e chi si prenderà qualche minuto per farlo in futuro, la mia beta fantastica che revisiona le mie storie Marina Oceano, e tutti voi che avete messo la storia fra le preferite ecc... 
detto questo, alla prossima!! 

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