Spock and Nyota. di kikka_67 (/viewuser.php?uid=260038)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Pon Farr di Spock. ***
Capitolo 2: *** Rotta verso Olias. ***
Capitolo 3: *** Una reminiscenza ritrovata. ***
Capitolo 1 *** Il Pon Farr di Spock. ***
Capirai che possedere non è dopotutto così importante come desiderare. Spock
Ciao, mi sono invaghita di questa coppia inconsueta e tenera tanto tempo fa. Il racconto si distacca un po’ dalla trama presentata nei film, ma l’equipaggio dell’Enterprise è sempre lo stesso. Concludo dicendo che ciò che leggerete è il frutto della mia fantasia, che i personaggi sono totalmente di proprietà degli autori e che ho scritto questo piccolo testo solo per diletto da cui non trarrò nessun vantaggio personale. Grazie e Buona lettura.
L’Ufficiale Scientifico Spock non si era mai soffermato a lungo a riflettere sul corso della sua vita. Tutto ciò che aveva visto fin ora, lo aveva vissuto in funzione alla carriera che aveva scelto, ne aveva fatto una missione, scoprire nuovi mondi e popoli che mai nessuno aveva visto. Che lui lo ammettesse o meno, il Capitano Jim Kirk e i compagni dell’equipaggio dell’Enterprise erano diventati la sua famiglia, che aveva sopperito alle mancanze di quella natia. Spock nonostante sia stato partorito da una donna terrestre, ha scelto di rinunciare alle irritanti, illogiche e insensate emozioni umane. Un vulcaniano segue una dottrina rigorosa, in cui il raziocinio domina gli istinti primordiali come la rabbia, la passione, la paura.
Ma non si può sfuggire a sé stessi e il racconto inizia in un momento molto difficile e complesso nella vita di Spock, in cui è costretto a relazionarsi e confrontarsi con l’essere più irrazionale, incongruente, insensato e irritante del creato, una donna, su di una tematica a lui pressoché sconosciuta, l’amore.
Il Pon Farr di Spock.
Ero stata convocata nel Quartier Generale della Flotta Stellare con un messaggio breve e conciso che riportava la firma dell’Ammiraglio James T. Kirk. Ero stata assegnata all’Enterprise appena cadetto, sotto il suo comando avevo viaggiato per decenni nello spazio e durante quel periodo era nata un’amicizia sincera che andava oltre il rispetto dovuto per il tuo superiore. Eravamo una squadra affiatata, bastava uno sguardo dell’allora Capitano Kirk per comprendere quali fossero i suoi ordini ed eseguirli perfettamente, lui si fidava di noi ufficiali e noi del nostro Capitano. Eppure quelle poche righe che ormai sapevo a memoria, non mi facevano presagire nulla di buono, era una convocazione ufficiale e questo poteva significare solo una cosa: guai.
Insegno Xenolingustica all’Accademia della Flotta, addestro le nuove leve ad affrontare gli innumerevoli linguaggi e dialetti alieni. Ho chiesto il trasferimento a Terra dopo il matrimonio con Steve, un membro illustre della squadra scientifica che avevo conosciuto durante una missione. Ero convinta che una moglie dovesse restare vicino al marito per costruire un futuro comune. Ci avevo provato, avevo speso fino all’ultimo grammo di pazienza, d’inventiva, di determinazione per far funzionare il rapporto con mio marito, ma nulla aveva impedito che tutto naufragasse in un oceano di dolore e rancore. Steve aveva capito che non ero felice, che non sarei mai stata felice sulla Terra. Aveva capito che non potevo più continuare a vivere lontano dallo spazio, dall’Enterprise e dai miei compagni, il Dottor McCoy, Scotty, Sulu, Chekov e non per ultimo Spock.
L’unico ufficiale scientifico vulcaniano ibrido della Flotta, concepito da una donna umana e da un gelido e raffinatissimo ambasciatore alieno, Sarek, che aveva sposato una terrestre contro ogni aspettativa e logica. Nonostante il biasimo palesatogli dai suoi simili, non aveva desistito dalle sue intenzioni, aveva sposato Amanda e dato vita ad una nuova specie. Il figlio dell’ambasciatore, era per metà umano, ma fu educato severamente nella disciplina profondamente filosofica e ritualistica su cui si basa la cultura vulcaniana. Ogni vulcaniano, attraverso lunghi periodi di meditazione, sopprime e domina la propria sfera emozionale. Questa pratica consente loro di controllare le proprie azioni e di interagire con altri esseri viventi senza perdere il controllo su sé stessi. Ogni loro gesto è scandito da una logica ferrea incontrastabile, ineluttabile, apparentemente disumana.
Quando lo conobbi, Spock era una delle menti più brillanti dell’Accademia, nonostante la giovane età, aveva terminato gli studi con successo in brevissimo tempo. L’avevo notato subito il primo giorno di corso, alto, corporatura asciutta ma flessuosa, capelli e occhi d’onice, orecchie dalla particolare forma appuntita, forse i suoi lineamenti si presentavano un po’ spigolosi, ma risultavano assolutamente interessanti. Come lo erano le sue labbra, perfettamente delineate, sottili e di una interessante tonalità verdognola.
La sua voce, a mio avviso, era uno dei suoi tratti migliori, afona e costantemente monotona. Quando spiegava la lezione, si raggiungeva l’assoluta sconcertante certezza che fosse stato generato da una macchina. Sembrava incapace di esternare una qualsiasi emozione, era sempre corretto e cortese ed estremamente controllato. Passavo notti intere chinata sui libri pur di ottenere un suo commento benevolo che immancabilmente non giungeva mai . La presenza di Spock sull’Enterprise era stato l’unico motivo per cui avevo accettato di imbarcarmi per la missione quinquennale di esplorazione alla ricerca di altre forme di vita e l’unico motivo per cui, anni dopo, avevo abbandonato il mio posto.
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- Ammiraglio Kirk. – mormorai compita irrigidendo gli arti nel classico saluto dovuto ad un superiore.
- Comandante Uhura. E’ un piacere rivederla. Si sieda. – rispose sorridendo mentre con un gesto della mano congedava la guardia che mi aveva scortata nel suo ufficio.
Jim non era cambiato molto, capelli chiari, occhi azzurri e sorriso smagliante. Era un uomo intelligente che sapeva valutare le persone che aveva davanti e solo perché conosceva bene e stimava Uhura che aveva deciso di convocarla. Aveva sempre parlato chiaramente con i suoi uomini, la verità anche se difficile da affrontare è sempre da preferire ad una bugia, ma dopo tanti anni in quell’ufficio si era trasformato in un uomo diplomatico e ragionevole e soprattutto conscio che alcune guerre si vincevano o si evitavano, seduti intorno ad un tavolo.
- Uhura l’ho convocata perché ho una missione da affidarle, vorrei che mi permettesse di esporle tutta la delicata situazione in cui ci troviamo in questo momento, mi lasci parlare senza interrompere e le prometto che risponderò a tutte le innumerevoli domande, che probabilmente vorrà pormi. E’ d’accordo? – chiede adagio.
- Si signore. – Avevo altra scelta?
- Come ben sa, stiamo cercando di convincere gli Olioni ad unirsi alla Flotta Stellare. La loro tecnologia è estremamente avanzata, quindi sarebbe utile averli al nostro fianco e non di fronte in un conflitto armato. Le negoziazioni sono sempre state molto difficili e fino al mese scorso erano ad un punto morto. Fortunatamente una delle nostre navi ha difeso e salvato una loro ammiraglia che si trovava a subire un attacco da una nave aliena nemica. Senza saperlo il Capitano della nostra nave ha salvato la Regina degli Olioni. Per dimostrare la sua gratitudine alla Flotta, il suo ambasciatore ha presentato un invito per la nave e il suo equipaggio su Olias. –
- Capisco. E quali sarebbero i suoi ordini per me? –
- Uhura, non ho ancora finito. –
- Scusi signore. -
- Stiamo organizzando una spedizione diplomatica su Olias e ho bisogno che lei affianchi il Capitano Spock in questa delicata occasione. –
Prima di proferire parola lo guardai intensamente per accertarmi che non stesse scherzando, ma il suo sguardo acuto non vacillò. Prima di rifiutare dovevo concedermi ancora qualche minuto per comprendere bene i motivi che lo avevano spinto a convocare proprio me. Avevo presentato a lui personalmente la richiesta di sbarco sulla Terra, sapevo che aveva intuito le ragioni che mi avevano portata a prendere quella decisione, ma le aveva accettate senza opinare ed aveva avallato e disposto il mio trasferimento all’Accademia sulla Terra. Lo vidi alzarsi dalla sua poltrona pensieroso e rivolgere la sua attenzione al panorama che si intravvedeva oltre l’immensa vetrata. Era evidente che stava cercando di trovare le parole giuste per introdurre con delicatezza il nocciolo della questione. Avevo come l’impressione che per la missione non avrei presenziato solo in veste di esperta di comunicazioni ed esclusivamente a vantaggio delle interazioni con il corpo diplomatico di Olias.
- La Regina ha richiesto espressamente la presenza di Spock. Lei deve affiancarlo in questa visita diplomatica. – riprende a parlare con un tono di voce più cauto.
- Ammiraglio, il Capitano Spock è in grado di esprimersi perfettamente in svariati linguaggi e dialetti alieni. – gli assicuro perplessa. L’ammiraglio conosce quanto me le ampie conoscenze linguistiche del Capitano.
- Voglio che lei gli stia vicino. In questo periodo Spock non sta….. ehm…. bene e il popolo Oliano ha delle capacità sensoriali e telepatiche molto sviluppate. Non voglio che Spock nel suo stato, diventi inconsapevolmente la causa di uno screzio con la Regina e il suo seguito. –
- Ha utilizzato una ben strana espressione per descrivermi lo stato di salute del Capitano, notoriamente i vulcaniani non hanno problemi di salute. Le spiace dirmi la verità? – chiedo decisa.
- Le ordino di salire sull’Enterprise e affiancare il Capitano Spock in questa delicata missione. Sulla nave Bones le spiegherà i particolari. – ordina spazientito girandosi verso di me.
- Ammiraglio! Io non posso! Mi assegni ad una stazione ai confini dell’Universo, mi ordini di pulire i cessi di tutte le stazioni spaziali, di pelare le patate nella cucina dell’ultimo sobborgo malfamato di una città penitenziaria, ma non mi mandi sull’Enterprise! – lo prego alzando di qualche ottava il tono di voce.
- Le sue asserzioni negli anni hanno assunto una sfumatura vintage, lei non si può rifiutare. Quando ha avuto bisogno del mio aiuto, le ho concesso di sbarcare sulla Terra perché capivo le sue ragioni. Ora io ho bisogno di lei e mi aspetto la sua totale disponibilità. Nyota non posso fidarmi di nessun altro! Tu conosci Spock quanto me, mi spiace coinvolgerti ma non ho altra scelta. Spero che tu capisca. Puoi andare. –
Ero stata congedata, era inutile continuare a discutere. In silenzio mi alzai e mi diressi dall’ufficiale di guardia per avere tutte le informazioni. La mia destinazione era già stata disposta, ero attesa a bordo dell’Enterprise la settimana seguente, non avevo vie d’uscita. Le porte dell’ascensore silenziosamente si spalancarono e senza prestare attenzione a chi ne usciva, vi entrai. Nel Quartier Generale della Flotta transitano migliaia di persone terrestri e aliene ed io di sicuro non mi aspettavo di incontrare l’unico “uomo” che paventavo di rivedere.
- Buonasera Comandante Uhura. -
Il timbro della “sua” voce si è arricchito di profondità e strane vibrazioni fastidiosamente allettanti per le mie orecchie mentre pronuncia il mio nome. Se non lo conoscessi giurerei che è rimasto piacevolmente sorpreso di vedermi. Prima di incontrare il suo sguardo è il suo profumo ad invadermi i sensi. Il doloroso spasmo che mi attraversa il grembo è causato principalmente dalla mia insana fantasia, anche senza vederlo ho perfettamente chiari in mente i lineamenti del suo viso, in realtà è solo il ricordo che ne ho serbato in un angolo della memoria per tutti questi anni.
A differenza di Kirk, il Capitano Spock è molto cambiato. Delle leggere rughe conferiscono un’inaspettata dolcezza ai suoi lineamenti, lo sguardo pacatamente riflessivo che ricordavo, ha assunto una sfumatura più austera e intensa. Ha ceduto ad una debolezza umana, una leggera e curatissima barbetta gli contorna le labbra finemente cesellate. E’ vestito di nero e un lungo impermeabile copre quasi totalmente il suo corpo. Il mio attento esame non dura che pochi secondi, ma sono sicura che ha percepito il battito frenetico del mio cuore e il repentino cambio di temperatura nel mio corpo dovuto allo stress.
- Buonasera….Capitano Spock. – mormoro impegnandomi con tutte le mie forze affinché la mia voce risulti ferma e sicura.
- La sua presenza, oggi, nel Quartier Generale mi pare una interessante e inaspettata coincidenza. E’ già avuto modo di interloquire con l’Ammiraglio Kirk? – mormora pacato mentre il suo sguardo mi sfiora sereno.
- Sono stata appena congedata. E non la chiamerei una interessante coincidenza. Potrei azzardare a descriverla una casualità aleatoria. Immagino sia atteso, non la trattengo. Buonasera. -
- Buonasera comandante Uhura. –
Mi allontano da lui lentamente, so perfettamente che mi sta fissando con uno sguardo perplesso e che la sua mente logica cerca di trovare una decifrazione plausibile con cui giustificare il mio contegno freddo e distaccato. Un vulcaniano non capirà mai le ragioni che plasmano l’umore di una donna e molto probabilmente la sua metà umana è assolutamente priva di recettività.
Quando finalmente raggiungo l’uscita, respiro profondamente l’aria fredda mista a pioggia che scende fitta da qualche giorno, se mi riduco in questo stato dopo averlo visto per non più di due minuti, cosa ne sarà di me quando risalirò sull’Enterprise?
§§
Prima di autorizzare l’imbarco dei membri dell’equipaggio, l’equipe medica del Dottor McCoy era tenuto a sottoporre tutti gli uomini ad un severo checkup. Ormai ero stesa sul lettino da un paio d’ore e l’infermiera stava ancora esaminando le mie analisi. Mi fu detto di rivestirmi e di attendere il medico di turno nell’ufficio attiguo all’infermeria. Io odio subire punture fastidiose da apparecchiature invasive e consultazioni tediose con qualche dottorino zelante appena laureato che oltre al corpo tenta di curare anche la mia psiche. Rimasi sorpresa quando il Dottor McCoy in persona entrò nello studio sorridendo con simpatia.
- Comandante Uhura! Che piacere rivederla! Come sta? –
- Me lo dica lei dottore, sono in salute mi auguro. – rispondo sorridendo a mia volta.
- Certo. Ho appena controllato le sue analisi, tutto in ordine. –
- Grazie. L’ammiraglio Kirk mi ha ordinato di far riferimento a lei per venire finalmente a conoscenza delle mie mansioni in questa missione. – commento pacatamente.
- L’ammiraglio ha creduto opportuno che fosse un medico a spiegarle in maniera più adeguata le “delicate” caratteristiche dei suoi compiti. Sono nel giusto se la ritengo non propriamente entusiasta di essere ritornata a bordo? –
- Dottore, mi parli della missione la prego. –
- Come vuole, ci tengo comunque a dirle che può venire da me in qualunque momento abbia bisogno di parlare, oppure di un consiglio. Io sono a sua disposizione. –
- Lo so e la ringrazio. –
- Bene, so che Kirk non le ha spiegato praticamente nulla. La situazione è molto complicata, vede la Regina oliana pare sia molto riconoscente al nostro Capitano Spock di averla salvata, così riconoscente che lo vorrebbe accanto a sé per un lungo periodo. –
- Prego? Cosa intende che lo vorrebbe accanto a sé? – chiedo sgomenta.
- Esattamente quello che sta pensando. La cultura oliana consente matrimoni misti. Le donne oliane sono dotate di un potere psicocinetico e telepatico molto similare a quello vulcaniano. La Regina è rimasta…..ehm molto affascinata dal nostro Spock…. – s’interrompe per la seconda volta cauto, spiando la mia reazione.
- Non avrei mai creduto di vivere abbastanza per poter vedere Spock ……sposato… - riconosco basita, mentre una dolorosa morsa mi costringe il petto .
- Fosse questo il solo problema sarebbe di facile risoluzione. Nyota…. Spock ha la febbre. – rivela serio.
Il Pon Farr è uno dei periodo più oscuri e temuti da ogni vulcaniano, in quel periodo, la loro vita e la loro essenza sono seriamente in pericolo. E’ il periodo in cui la loro natura falsamente distaccata si focalizza su di un devastante desiderio, bramano l’accoppiamento. A causa del Pon Farr i vulcaniani sono soggetti ad un forte squilibrio neurochimico inarrestabile, il cui culmine, il Plok Tow, se non viene soddisfatto, può causare nell’individuo la pazzia e nei casi più gravi addirittura la morte.
Notoriamente i matrimoni vulcaniani non sono misti, tranne rarissime occasioni, i genitori usano scegliere il compagno del proprio figlio già durante l’infanzia. In età adulta, nel periodo del Pon Farr, si uniscono in matrimonio e… beh.. fisicamente. Finora Spock ha superato queste “crisi” con l’ausilio di lunghi periodi di meditazione. Anni addietro aveva ripudiato la sua promessa sposa e non aveva mai ritenuto opportuno spendere tempo ed energie per cercarne un’altra. In questo delicato momento il Capitano avrebbe bisogno di concentrazione e di meditazione ma in questa occasione non può esimersi dal portare a termine la sua missione, indurre la sovrana di Olias a collaborare con la Flotta Spaziale.
Per un attimo mi sfiora l’assurdo presentimento che Kirk mi abbia richiamato sull’Enterprise, accanto a Spock, durante la fase più destabilizzante e sconvolgente della sua vita, in cui diventa fragile e incapace di controllare le proprie azioni, per un motivo ben preciso. Un motivo che coinvolgerebbe anche me emotivamente. La sola idea di essere considerata come l’unica donna in grado di accettare di diventare la compagna di Spock per placare il suo Pon Farr, mi si riversa addosso come una doccia gelata, conscia che un qualsiasi mio tentativo di “sedurlo” avrebbe degli effetti più che positivi e solo perché lui non avrebbe scelta, mi fa impazzire. Ma la sola idea di averlo in questo modo mi nausea e mi attrae nello stesso istante.
- Dottore…….mi dica che sbaglio quando presumo che Kirk sia stato sfiorato anche solo per un attimo dal pensiero che io….. possa…. in qualche modo…. con il Capitano…. – la rabbia che provo m’impedisce di continuare.
- Si Uhura lei è in errore. Kirk e anche io pensiamo che lei sia la persona più adatta ad aiutare Spock, quando arriverà il momento di divenire custode del suo Pon Farr. Se mi concede un po’ di tempo le spiego con calma. In questi anni ho studiato a fondo i .. ehm… traumi che subiscono i vulcaniani in questo periodo e ho scoperto che sono in grado, con la fusione telepatica, di trasferire queste… sensazioni ad un altro essere vivente… ehm… consenziente. –
- Dottore!! Ma siete impazziti?! Ed io dovrei …… subire la fusione con Spock ed assorbire la sua…… “pazzia ninfomane ”??!! – sbraito al limite della pazienza.
- Nyota ascolti, non sarebbe pericoloso, noi umani sopportiamo meglio le emozioni e… per lei sarebbe come superare una…. crisi isterica, tanto per farle capire. E dopo la missione Spock la libererà da quest’incombenza e potrà ritirarsi in meditazione. La prego di pensarci bene, abbiamo bisogno di questo accordo per evitare una guerra. Il Capitano dev’essere nel pieno delle sue facoltà logiche e del suo raziocinio. –
- Da questo escamotage dipende la riuscita della missione? Cosa si aspetta da me l’Ammiraglio? –
- L’Ammiraglio si aspetta che lei utilizzi tutte le sue capacità di comprensione e che basandosi sull’amicizia e il rispetto che sente verso Spock accetti di prestarsi per risolvere questo delicato aspetto della missione. Il Capitano è appena rientrato da Vulcano, dove si è sottoposto a lunghi periodi di meditazione, ma questo non basterà a placarlo quando giungerà il Plok Tow. Un’altra problematica deriva dall’interessamento della Regina oliana, che potrebbe con i suoi poteri soggiogare il nostro Spock, ma se lui la rifiutasse…. non avremmo altra scelta che prepararci ad una guerra. – mormora lentamente McCoy senza lasciarmi con lo sguardo.
- Non è possibile che io sia l’unica donna che…. – tento ancora di confutare, opponendomi con tutta me stessa all’idea di un coinvolgimento così intimo con l’unico uomo che non si è mai accorto di me come donna.
- Infatti lei non è la sola….. che potrebbe prestarsi. Vede.. la mia capo infermiera era presente durante le mie ricerche ed è a conoscenza di tutto ciò che le ho appena esposto. E Christine sarebbe disponibile a…. sottoporsi a questa fusione… volentieri. – conclude distogliendo i suoi occhi azzurri dalla mia espressione incredula.
- Io… non ci posso credere! Ho lasciato il Primo Ufficiale Spock dedito ai suoi compiti e lo ritrovo conteso da …. –
- Già…. Gli ibridi con le orecchie a punta sono molto affascinanti a quanto pare… -
- Per quale ragione l’infermiera Christine non è stata ritenuta adeguata a ricevere il Pon Farr? – chiedo pacatamente reprimendo in fondo al cuore la forte sensazione di fastidio che mi suscita il solo pensiero di una donna vicino a Spock.
- Vede….ho avuto come l’impressione che Christine voglia ehm…. avvicinare il Capitano in questa delicata fase e indurlo a credere che sia innamorato di lei. Mi creda le sue intenzioni sono più che onorevoli. Vorrebbe sposarlo. Ma sia io che Jim non possiamo permettere che il nostro amico venga “coinvolto” in una situazione del genere quando non è in grado di riflettere in modo assennato. – replica con un tono di voce decisamente contrariato.
- Ritengo che questa conversazione sia durata anche troppo. Lei è autorizzata ad imbarcarsi sull’Enterprise. Bentornata. Mi faccia sapere se decide di aiutarci. – conclude consegnandomi la mia cartella personale.
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Capitolo 2 *** Rotta verso Olias. ***
Ritornare al mio posto nella plancia di comando mi sembrò come fare un salto indietro nel tempo. Un tempo in cui avevo creduto che le affinità che condividevo con il Primo Ufficiale mi sarebbero bastate per convivere con il sentimento assolutamente platonico che avevo, erroneamente, considerato solo un’amicizia basata sul rispetto reciproco. Durante una missione Spock venne ferito gravemente e per riprendere coscienza di sé rimase per settimane in infermeria. I vulcaniani hanno una percezione sensoriale sensibilissima anche nell'incoscienza e la notte in cui mi ritrovai al suo capezzale da sola, feci lo sbaglio di toccarlo. Non ricordo esattamente il motivo per cui decisi di sfiorargli la mano e poi il viso ma ricordo perfettamente l’effetto che suscitarono in me quei semplici gesti. Mi accorsi di amarlo, irrazionalmente, istintivamente. Lo stimavo per le sue capacità, per il suo coraggio , per la sua intelligenza superiore e soprattutto per quei brevi barlumi di umanità che di rado incendiavano i suoi occhi, mostrando per alcuni minuti il peso che sopportava essendo l’unico della sua specie, un ibrido reietto dai suoi simili.
All’epoca non ero a conoscenza del fatto che Spock, anche privo di sensi, potesse percepire la mia presenza e le mie carezze. A posteriori lui non ne fece parola, come non lo feci io, ma i nostri rapporti inevitabilmente cambiarono e incapace di vivere accanto ad un essere indifferente alle emozioni, decisi di rinunciare a mostrargli i sentimenti di cui forse ignorava l’esistenza e di lasciare la nave.
Ancora risento le dure parole di Steve che mi accusava di averlo ingannato, era convinto che avessi accettato di sposarlo solo per dimenticare un altro uomo. In fondo al cuore sapevo che non aveva propriamente torto, quando lo sposai non lo amavo come meritava. Mi ero imposta di essere una buona moglie, di renderlo felice e di riuscire a vivere lontano da un mezzo alieno che non mi aveva mai considerata null’altro che un compagno di viaggio.
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Durante le prime settimane di navigazione mantenni sempre un atteggiamento distaccato ed efficiente in plancia e nei momenti di ricreazione e durante i pasti, cercavo di riallacciare i rapporti con i miei vecchi compagni, ignorando totalmente il mio diretto superiore. Mi ritrovai ad osservare in più occasioni l’irritante familiarità con cui l’infermiera Christine Pollak, una biondona, di un paio di spanne più alta di me, esibiva i suoi sorrisi e le sue movenze lascive a totale beneficio del suo superiore.
Ero nauseata di me stessa, riconoscevo l’assoluta inconsistenza dei suoi miseri tentativi di scuotere l’attenzione del Capitano e gioivo del contegno impassibile con cui Spock ignorava i maneggi dell’infermiera. Le rare occasioni in cui notavo nel suo sguardo una “divertita” perplessità dovuta alla sfrontata spensieratezza della donna, venivo prontamente trascinata in palestra dal Dottor McCoy che aveva assunto le funzioni di mio confidente personale che decisamente preferiva che io sfogassi il mio “disappunto” sull’attrezzatura sportiva invece che sulla sua collaboratrice più stretta.
- Cosa preferisci oggi? Pungiball o pesi? – chiede ilare osservando la mia espressione tesa.
- Pungiball. – mormoro decisa, dirigendomi verso il sacco appeso alla parete di fronte a me.
- Va bene, ma metti i guanti. Se torni in plancia domani con un polso fratturato, come glielo spiego al Capitano? – ribatte posizionandosi dietro il sacco.
- Potresti suggerire alla tua capo infermiera di mantenere un contegno più consono in sala ristoro davanti a lui ed io non sentirei il bisogno di…. pestare il sacco! – borbotto irritata vibrando il primo pugno con rabbia.
- Quanto mi piacerebbe dare una scossa a quel essere ….. –
- Bones, dimmi la verità è così evidente? – chiedo sconsolata.
- Che sei innamorata di lui? No, sei un’attrice nata, ma io sono più intelligente di Spock! L’ho sempre detto a Kirk. – esclama serafico.
- Il Capitano ha dovuto sottoporsi di nuovo al trattamento? –
- Purtroppo la sua temperatura è aumentata parecchio in queste settimane, ultimamente salta i pasti e si rinchiude in camera sua a meditare. Ho paura che la sua instabilità prenda il sopravvento prima del previsto. - replica tornando serio.
- Il capitano è a conoscenza di ciò che mi avete proposto? – sussurro fissando senza vederlo il sacco davanti a me.
La sola idea che lui acconsenta a coinvolgermi in un rituale così strettamente personale, mi provoca una serie fastidiosa di spasmi muscolari all’altezza dello stomaco. Ah già dimenticavo… IO non ho ancora accettato! O forse non aspetto altro?
- Si, ne è a conoscenza e se vuoi chiedermi cosa ne pensa, ti dico sinceramente che non ne ho la più pallida idea. Non ha sillabato una parola mentre gli suggerivo quella soluzione. Deve aver parlato con Kirk prima di partire e forse lui è riuscito a convincerlo. –
- Gli hai parlato anche di Christine? – chiedo di nuovo senza riuscire a frenarmi.
- No, non le ho parlato di lei… - ammette incerto.
- Sai penso che tu sia innamorato della tua capo infermiera! Perché non ti fai avanti? – esclamo falsamente ilare per sfuggire a quelle emozioni contrastanti che rischiano di soffocarmi.
- Che Dio me ne scampi e liberi!! Non ho la più pallida intenzione di prendere una cantonata per una donna che corre dietro a Spock!! Ma…nonostante le tue strane preferenze…. potrei chiedere a te di sposarmi!! – ribatte prostrandosi ai miei piedi.
La mia risata divertita viene interrotta da una presenza inconsueta in palestra, il Capitano si ferma accanto alla porta basito mentre ci guarda con attenzione, immagino che la scena che ha davanti agli occhi sia abbastanza eloquente senza che il Dottor McCoy rincari la dose baciandomi la mano e cingendomi le spalle per affrontare il cipiglio aggrottato di Spock.
- Scusate il disturbo…. Avrei bisogno di parlarle Dottore. – mormora con voce fredda ignorandomi.
- Nessun disturbo Capitano, la raggiungo subito. Riprendiamo dopo. Scusami. -
Olias è uno stupendo pianeta molto similare a Marte, dove regna sovrana una landa desolata e una moltitudine deprimente di crateri. Inaspettatamente dove sorgono i pochissimi assembramenti abitativi che formano le città Oliane, sono presenti spazi verdi e notevoli esempi di architettura e il palazzo reale è una meravigliosa costruzione posta sotto a quella che sembra una sfera di cristallo, invece come meglio specificato dallo stesso Capitano, la sfera è un potente campo di forza che protegge la capitale e il palazzo.
Le rigide regole del cerimoniale di Corte, non permettevano una visita in forma privata alla Regina, che avremmo visto solo durante una celebrazione pubblica a cui erano stati invitati tutti gli ufficiali dell’alto comando della Flotta Stellare. Per contrattare un eventuale accordo di alleanza con la Flotta, era stato fissato un incontro formale con gli ambasciatori Oliani.
Durante una riunione sulla nave spaziale ci erano state delineate, in modo chiaro, il complicato insieme delle usanze e regole di comportamento pretese da tutti gli umanoidi in visita. La Regina era considerata una divinità e il Capitano salvandola dai nemici era considerato un eroe nazionale.
Alcuni nobili oliani avevano sollecitato un colloquio privato con Spock e McCoy era convinto che fossero saliti a bordo per sondare la sua disponibilità ad abbandonare il comando dell’Enterprise e trasformarsi in un Principe consorte. Questa possibilità lo divertiva parecchio e non si faceva scrupolo di puntualizzare la questione anche davanti al diretto interessato.
- Mi chiedo se faticherà molto ad accettare il titolo di … Sua maestà… - borbottava sardonico. E poi….
- Secondo me gli si addice la corona….. magari la modificheranno a causa di quelle protuberanze appuntite che si porta dietro….. – e ancora…..
- Forse alla Regina è concessa la poliandria, un esperto di antropologia sociale… ci potrebbe illustrare, quali sono …. –
- Dottore…penso che… forse...lei stia esagerando. Se non è interessato a passare il resto della nostra permanenza su Olias agli arresti è opportuno che desista dal continuare quello che mi pare un ben strano passatempo. – mormora pacato il Capitano entrando in plancia.
- Come vuole Capitano…. –
- Bene, penso che abbiano bisogno di lei in infermeria. E’ congedato. E McCoy? –
- Si ..Capitano? -
- Avverta Uhura che ho bisogno di conferire con lei quanto prima. La ringrazio. –
§§
- Livello Sette. – gracchia la voce metallica del computer mentre si aprono silenziosamente le porte dell’ascensore.
Nello spazio non vi è giorno né notte, dopo aver svolto il proprio lavoro, ci si ritrova nella sala ristoro o ci si ritira nella propria camera. Normalmente gli ufficiali di grado più elevato occupano degli spazi più ampi di quelli concessi all’equipaggio. L’ alloggio privato del Capitano è fornito di uno spazio che funge da studio ed è lì che sono diretta. Il dottor McCoy non ha potuto spiegarmi il motivo per cui Spock vuole conferire con me. Il disagio che provo a raggiungerlo proprio nella sua stanza si sta tramutando in una sorta di panico. Da quando siamo partiti i nostri rapporti sono sempre stati assolutamente formali e limitati dalla mansione che svolgo nel ponte di comando. E’ stato semplice assecondare il suo abituale contegno compassato in mezzo ai miei compagni, ma non lo sarà altrettanto, mantenere una parvenza distaccata in un colloquio privato svolto in un contesto così riservato. La consapevolezza che lui è in grado di percepire il mio turbamento è un ulteriore motivo di disagio.
- Comandante Uhura, sono attesa dal Capitano. – mormoro pacata mentre il computer spalanca le porte dopo aver verificato la mia identità.
L’arredamento della stanza è spoglio ed essenziale, nessun oggetto personale orna i pochi mobili. La luce appena smorzata che illumina dolcemente l’ambiente mi sorprende, i corridoi della nave spaziale sono illuminati perennemente da una luce accecante. Il Capitano è seduto dietro la sua scrivania intento a scrutare lo schermo davanti a sé.
- Buonasera comandante Uhura, si accomodi. – mormora alzando lentamente lo sguardo.
- Grazie signore, posso sapere il motivo di questo colloquio? –
- Sono stato informato dal dottor McCoy che le è stato reso noto con novizia di particolari…. il mio attuale stato di… salute, è corretto? –
- E’ corretto. – replico cauta.
- La felice conclusione delle trattative in corso tra gli ambasciatori di Olias e la Flotta Stellare dipendono in gran parte dalla buona riuscita dell’incontro a cui dovrò presenziare insieme all’Ammiraglio Kirk. –
Prima di proseguire mi osserva attentamente e forse è solo una mia impressione ma nei suoi occhi affiora uno sguardo dispiaciuto.
- Visto il coinvolgimento personale che le è stato richiesto in questa missione, volevo sincerarmi della sua disponibilità a.. sottoporsi ad una pratica che ho già condotto con successo e che, le assicuro, non le recherà nessun danno psicologico o fisico. Mi affido al suo senso del dovere che ha dimostrato onorevolmente in più occasioni in passato… e … alla sua umanità. La fusione mentale per noi vulcaniani, in questo frangente, rappresenta quanto di più intimo ed esclusivo si possa verificare nel corso della nostra vita e sarebbe opportuno condividere con una persona di fiducia i miei più riservati e irrazionali…. Impulsi… -
Non so cosa rispondere non mi aspettavo una richiesta diretta da parte sua, molto probabilmente con la meditazione non riesce più a contenere gli effetti del suo Pon Farr e l’incontro con gli ambasciatori è imminente. Non ho riflettuto a lungo sulla possibilità di prestarmi alla fusione mentale, ho ben presente i miei doveri, quale ufficiale della Flotta, ma non sono sicura di riuscire a mostrargli la mia anima e condividere i tormenti della sua, senza ritrovarmi alla fine di tutto irrimediabilmente ferita e umiliata. So perfettamente che nel momento in cui Spock sfiorerà il mio katra, verrà a conoscenza di tutti i miei più reconditi pensieri e sentimenti.
- Capitano vorrei porle alcune domande prima di darle la mia risposta. –
- Mi dica. –
- Conosco perfettamente cosa rappresenta per lei il Pon Farr e a cosa andrei incontro se mi prestassi per la fusione mentale. Quello che vorrei sapere è, se lei è in grado di ….. affidarmi i suoi pensieri…. senza invadere i miei. – chiedo fissandolo attentamente.
Spock sembra valutare rapidamente le mie parole e mi studia a sua volta con uno sguardo insolitamente acceso e penetrante, sono sicura che i vulcaniani non posseggano facoltà telepatiche così sviluppate da invadere il pensiero altrui a distanza, ma che necessitano del contatto fisico. Il perdurarsi del suo silenzio m’innervosisce.
- Nella fusione mentale, comandante Uhura, si è totalmente esposti da entrambe le parti. Le prometto che utilizzerò tutte le mie energie per aiutarla a superarla indenne e… le chiedo di avere fiducia. Non le farò del male. –
- Come le ho detto in precedenza non ho ancora deciso… -
- E’ in errore comandante, lei ha deciso tempo fa, nel momento in cui il Dottor McCoy gliene ha parlato per la prima volta, se così non fosse stato sarei già stato informato del suo diniego. E lasci che la ringrazi come non mi ha permesso in precedenza, in tutti questi anni ho conosciuto più o meno profondamente alcuni dei miei compagni di viaggio e solo poche persone hanno lasciato un impronta indelebile nella mia memoria e una di questi è lei. La ringrazio di quello che farà per me, lo considero un atto di amicizia in un rapporto basato sul rispetto reciproco. –
- G-grazie….. – sono senza parole, Spock che parla di amicizia, di rispetto reciproco e ringrazia a prescindere?
Ma l’uomo che pare seduto tranquillamente intento ad osservarmi chi è? Forse sono i miei occhi che m’ingannano, perché lentamente, nella luce tenue che gli addolcisce i lineamenti, le sue labbra sembrano curvarsi in un’angolazione strabiliante e decisamente inconsueta per lui, in un sorriso, appena accennato, certo, ma indubbiamente è un sorriso. Le sue lunghe dita prendono vita e s’intrecciano l’una all’altra con movenze che paiono sinuose. I suoi occhi divengono all’improvviso più torbidi e il suo sguardo si fa più intenso, quasi tormentato.
- Comandante Uhura….? Si sente bene? -
Quelle poche parole penetrano nella spessa coltre di nebbia che ottenebra i miei sensi….STAVO SOGNANDO AD OCCHI APERTI?
- Come….? Ehm… chiedo scusa Capitano. Sono un po’ stanca. Le chiedo il permesso di ritirarmi. – mormoro con voce tremula alzandomi.
- Permesso accordato. –
§§
Spock rimane immobile a fissare la porta da cui è appena uscita il comandante Uhura, inconsciamente ha permesso che il suo katra penetrasse quella parte della sua mente che domina le percezioni. Un potere scarsamente sfruttato, celato nei recessi più reconditi dell’animo umano. Nel lasso di pochi minuti Nyota ha intuito lo straziante impeto del suo Pon Farr.
Non doveva permettere che accadesse nuovamente, la sua mente non era preparata per un’invasione estranea e certamente non era preparata per sopportare la portata della sua, esaltata dalla irrazionale ma costante propensione che aveva sempre nutrito verso il suo ufficiale delle comunicazioni.
Era maturata in modo graduale durante gli anni di studio all’ Accademia. La consuetudine di averla accanto tutti i giorni e osservare i suoi meritevoli sforzi per migliorare e ricercare la sua approvazione si era trasformato lentamente in assuefazione. Era giusto osservare che era la sua metà umana ad aver bisogno di lei, del suo sorriso, della sua presenza. Ma il logico e perentorio veto che s’impose a manifestare una qualsiasi preferenza nei confronti del migliore cadetto della sua classe, scaturiva dalla ferrea convinzione che un rapporto confidenziale con il proprio insegnante ibrido semi-vulcaniano non fosse auspicabile per nessuna giovane donna umana.
Averla ritrovata a bordo dell’Enterprise dopo tanti anni, lo aveva reso consapevole di ciò che aveva costantemente sottovalutato. Lo strano disagio che lo infastidiva quando il comandante Uhura gli era vicino non era causato dalla fobia relativa al contatto fisico, ma dall’assenza di quest’ultimo. Per cui coscientemente aveva ignorato i maneggi del suo amico Kirk ed aveva accettato di coinvolgerla in questa missione.
Uhura era diventata una donna splendida. I suoi lineamenti avevano perso quella delicatezza giovanile ma il suo viso risplendeva di un’aurea di pacata sensualità che gli urtava i sensi ogni qualvolta esalava un sospiro, muoveva un passo o gli rivolgeva uno sguardo.
Il Pon Farr centuplicava l’effetto deleterio che il desiderio fisico provocava sul suo autocontrollo, nonostante le ore di meditazione e l’assunzione di farmaci che McCoy insisteva ad iniettargli, nulla gli impediva di anelare un qualsiasi contatto con Nyota e purtroppo aveva avuto modo di constatare che nessun’altra donna lo sconvolgeva come solo lei, oltretutto inconsapevolmente, era in grado di fare.
L’infermiera Pollak aveva superato e vinto tutte le leggi della Fisica, delle Probabilità e della Corte Marziale, anche se non era sicuro che avesse infranto qualche regola della Flotta Stellare. Era riuscita ad introdursi in quelle stesse stanze e aveva atteso celata nella penombra il suo ritorno. Forse a sorprenderlo non era stata l’audacia sconsiderata della donna ma la repentina avversione che aveva scatenato il breve contatto, alquanto “umido”, a cui era stato costretto. Bastarono poche parole e il suo atteggiamento glaciale a scoraggiare ulteriori effusioni e a ferire la dignità della donna. Ciò nonostante era stato indubbiamente interessante osservare l’evolversi del fulmineo mutamento dei suoi impulsi. Decisamente gli umani non finiranno mai di sorprenderlo.
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Capitolo 3 *** Una reminiscenza ritrovata. ***
L’oscurità m’impedisce di vedere le mura della mia stanza ornate da qualche quadro e da tante foto. Ho ereditato l’amore per la fotografia da mio nonno e forse sono l’unica sull’astronave ad averne. In una di quelle cornici c’è una foto scattata il giorno del diploma. Eravamo in classe tutti ammassati intorno alla cattedra e all’unico insegnante presente, Spock. Sorridevamo felici verso l’obbiettivo in quel nostro giorno importante.
Rientrando in camera questa sera l’ho osservata a lungo, eravamo tutti girati verso la macchina fotografica tranne lui. Mi sono sempre rammaricata che l’unica foto in cui eravamo insieme fosse poi risultata in fase di sviluppo sfuocata. Questa sera mi sono accorta che la figura di Spock non era sfuocata, nello stesso istante in cui la macchina aveva impresso l’immagine lui si era girato a guardare qualcuno che aveva accanto.
Non sapevo neanche io perché fosse così importante verificare chi stesse guardando, dopo tanto tempo che importanza avrebbe avuto? Forse si era distratto per colpa di qualche mio compagno esaltato, oppure finalmente aveva notato le moleste occhiate sexy che gli riservava la mia compagna di banco. Con pochi passaggi il computer aveva analizzato la foto e il display mi aveva mostrato nel dettaglio l’immagine.
Spock stava guardando me. Ne sono certa. Non sono più una matricola illusa e sognatrice di venti anni innamorata del suo professore…. adesso. Sono un comandante della Flotta Stellare con anni di esperienza e in possesso di strumentazioni tecnologicamente avanzate e…… questa foto è assolutamente incontrovertibile, LUI GUARDAVA ME.
Perché mi guardava? Era il nostro ultimo giorno insieme. LUI GUARDAVA ME. Mai una volta, durante tutti gli anni di accademia, ho avuto sentore di una qualsiasi sua inclinazione nei miei confronti. LUI GUARDAVA ME!
Se mi avesse sfiorato anche solo con un dito sarei caduta ai suoi piedi, allora. Non ero la sola ad essere innamorata di lui in classe e una di quelle più determinate per scoraggiare le avversarie aveva sparso delle voci riguardanti la sua natura ibrida. Aveva malignamente subodorato che l’assenza di una presenza femminile al suo fianco era facilmente riconducibile alla sua natura distaccata e imperturbabile e al suo disinteresse ad avere una compagna. Ovviamente nessuna di noi era a conoscenza del fatto che durante l’infanzia gli era stata scelta una futura moglie che lo attendeva su Vulcano. Invece di scoraggiare l’interesse generale quelle chiacchere inconsistenti avevano scatenato una sorta di fanatismo che lo aveva coinvolto in prima persona, costringendolo a rifiutare le numerose profferte palesategli.
§§
Gli esami erano vicini e non di rado mi rinchiudevo in biblioteca a studiare. Le mie compagne di stanza erano in grado di lavarsi, depilarsi, truccarsi e vestirsi senza interrompere il flusso forsennato delle loro chiacchere insulse ed io non ero più in grado di trattenere la mia stizza, per cui passavo giornate intere da sola chinata sui libri. In uno di quei pomeriggi, durante un tremendo temporale mi accorsi con sollievo di essere rimasta da sola nella sezione in cui studiavo e con un sospiro esausto lasciai che i miei pensieri seguissero il percorso delle gocce di pioggia che si scagliavano sui vetri.
- Buonasera cadetto Uhura. –
Mi girai di scatto, sapendo in anticipo chi aveva parlato in vulcaniano. Una parte della mia mente rifletteva rapidamente che la furiosa tachicardia che mi scuoteva il petto e l’espressione sconvolta che sicuramente alterava il mio viso, avrebbe potuto essere facilmente ricondotta alla sua imprevista e repentina apparizione e non dal reale stato di shock in cui ero precipitata essendosi concretizzato l’oggetto principale delle mie fantasie.
Spock non era in divisa e forse a causa dell’adrenalina che vorticava furiosa nel mio corpo, non mi era mai sembrato così attraente, aveva una dolcevita nera e un lungo pastrano che gli copriva quasi interamente le gambe. Tra le mani aveva un paio di libri dall’aria consunta, sicuramente qualche vecchissimo reperto di letteratura terrestre. Si avvicinò al mio tavolo con passo felpato osservando la quantità di libri e appunti sparsi davanti a me.
- Buonasera professore. – balbettai senza fiato.
- Mi auguro di non averla spaventata. Posso sedermi? –
- M-ma certo e no non mi ha spaventata ero solo sovrappensiero. Ma l’avverto, sto studiando, potrei disturbare la sua lettura. – confutai imbarazzata.
- Non si preoccupi, sono sicuro di poter continuare a leggere mentre ripete le nozioni memorizzate. – mi assicurò aprendo il primo libro.
Era rimasto vicino a me per tutto il pomeriggio e all’ora di cena, quando stremata, con gli occhi in fiamme e con un’emicrania terribile a torturarmi le tempie, mi ero congedata, lui cortesemente aveva insistito ad accompagnarmi fino al dormitorio. Mi risvegliai la mattina dopo nel mio letto riposatissima e senza nessun ricordo della sera precedente ad affollare la mia memoria. Perché non sono mai riuscita a ricordare nulla di quella sera?
L’unico destabilizzante e fastidioso pensiero ricorrente che mi ha tenuta sveglia fin ora è l’assoluta certezza che i vulcaniani hanno bisogno del contatto fisico per raggiungere un’unione telepatica con un altro essere vivente, come sono sicura che se mi avesse sfiorata me lo sarei ricordato e visto che non mi ricordo nulla di quella sera, lentamente ma inesorabilmente sono giunta alla sconcertante conclusione che il mio professore aveva soppresso “qualcosa” dalla mia memoria.
- Dottor McCoy, ho deciso di accettare. Aiuterò il Capitano. –
Sono seduta davanti a lui ad occhi chiusi, in questo frangente non ho la forza di sostenere lo sguardo nuovamente tormentato di Spock, ma stranamente riesco a percepirne il turbamento. Siamo da soli, avvolti dalla stessa penombra in cui versavano le sue stanze la prima volta che vi sono entrata, il Capitano non ha permesso neanche a McCoy di presenziare. L’unico frastuono di cui ho sentore è causato dal susseguirsi disordinato delle mie pulsazioni cardiache.
Nel momento in cui mi sfiora, un rantolo attonito mi sfugge dalle labbra e riprendere il controllo di me stessa è stato dannatamente penoso. Le sue dita sono fresche, morbide e straordinariamente profumate. Spock mormora con voce pacata e rassicurante una litania che io non riesco ad intendere.
Una strana tensione m’invade repentinamente ma altrettanto velocemente scompare lasciandomi in balia di un’insolita sensazione di sollievo. Il mio corpo inerte si piega ad una forza sconosciuta e con il passare dei minuti questi scompensi aumentano di intensità e inesorabilmente, ogni volta che i miei muscoli si rilassano, un feroce sollievo m’incendia le vene lasciandomi spossata e senza respiro. Non ce la faccio più a soffrire silenziosamente e ad un tratto mi rendo conto che è inutile trattenere le mie emozioni, io non sono vulcaniana, per me esternare gioia e dolore è giusto e naturale e così mi lasciai andare.
§§
La mia mente nella sua mente… la sua mente nella mia mente….
I suoi pensieri sono i miei pensieri…. I miei pensieri sono i suoi pensieri… -
Il primo sospiro aspro che esala, lo accolgo con “piacere”, il rigido contegno mantenuto fino ad allora dal comandante Uhura è stato veramente lodevole ma non necessario, inconsciamente si è rifiutata di adeguarsi ai miei pensieri. Le ho spiegato molto chiaramente che la sua fiducia nei miei riguardi sarebbe stata un coadiuvante sufficiente per superare indenne gli squilibri che le avrebbe causato la fusione.
Nyota si è opposta istintivamente alla nostro contatto, rendendo più arduo il mio compito. Non sono riuscito ad ignorare ciò che la sua mente mi stava mostrando. Con un’intensità inconsueta e destabilizzante, il suo desiderio più radicato si è manifestato e come un’enorme onda di lava incandescente, inesorabile ha invaso i miei sensi, marchiando in modo indelebile il mio Katra.
Per mantenere il controllo necessario per guidare e sostenere la sua mente e per far si che accettasse le forti sensazioni che le impongo, ho bisogno io stesso di evitare “ distrazioni “ che possano sconvolgere il mio equilibrio, ma sconsideratamente non ho tenuto conto della sopita esuberanza che è intrinseca nella natura della donna che ho di fronte.
Più le sensazioni che le ingiungo la disturbano, più aumenta la necessità di esternare il suo disagio. I suoi gemiti sommessi si sono tramutati in grida appena trattenute che collimano al livello del dolore che gli procurano gli spasmi. Gli umani quando soffrono hanno bisogno di contatto fisico e Nyota non sfugge alla sua natura. Le sue mani sono saldamente aggrappate alla mia divisa e per sopportare il dolore che la scuote si addossa completamente a me in cerca di conforto.
Noi vulcaniani siamo notoriamente afefobici, il contatto con il suo corpo avrebbe dovuto suscitarmi un repentino senso di repulsione ma stranamente il mio primo impulso è quello di trattenerla tra le mie braccia e sostenerla. Uhura ha una corporatura slanciata e sottile ma sorprendentemente morbida, la sua pelle ambrata è caldissima come lo è il suo respiro agitato. Il contatto telepatico si è infranto ed entrambi fatichiamo a sopportarne il brusco distacco.
Nyota riapre gli occhi e mi fissa insolitamente decisa. Le sue mani, apparentemente spinte da una volontà propria, si posano sul mio viso. Il contatto non dura che pochi attimi ma Nyota sembra restia a rinunciare ad una pressante intenzione, sfiorare con le dita le mie labbra.
- Basta…… - si lamenta sottovoce.
- Uhura….. –
- No…. basta… La prego…. Spock…-
Il tono tormentato della sua voce è un chiaro segno che sta per cedere, lentamente si lascia cadere a terra, le forze sembrano averla abbandonata. Con delicatezza la sollevo e l’aiuto a rilassarsi, Uhura docilmente si lascia guidare verso l’incoscienza mentre un lieve sorriso le piega le labbra.
Dopo aver chiamato McCoy, l’osservo, mentre gli infermieri la posano sulla lettiga, sembra così indifesa senza la scintilla di vitalità che le appartiene e che guida i suoi gesti, sembra solo un corpo slegato dalla sua anima. Il katra di Nyota dopo qualche ritrosia, mi aveva accolto e avvolto tra le sue spire ed sono certo che non riusciro' piu' ad ignorare quella donna. Uhura mi ama. Adesso ne sono certo, mi ama dai tempi dell’Accademia e ha rinunciato a palesare quell’affetto solo a causa del mio atteggiamento freddo e indifferente.
Il fastidioso crucio che per anni aveva minato il contegno distaccato che aveva sempre contraddistinto le interazioni con la mia migliore allieva, ritorna con forza a tormentarmi. Gli scrupoli che avevano inibito le tenere propensioni verso il mio ufficiale delle comunicazioni si ripropongono prepotentemente.
Che diritto avevo di costringere Nyota a sopportare i disagi della mia natura ibrida? I miei meriti, la mia mente, il mio lavoro e le varie onorificenze di cui ero stato insignito non significavano nulla per i miei compatrioti, sono e sarei stato per sempre un ibrido, un essere a sangue misto.
Ormai da tempo avevo superato i disagi morali che la mia natura comportava ma non potevo permettere che Nyota subisse ciò che aveva patito mia madre. Una donna stupenda che per amore di mio padre, aveva affrontato ingiurie e disprezzo, che aveva ignorato a testa alta, forte dell’affetto del marito e per amor mio.
Amanda era una donna forte, come lo è Uhura, ma io non riuscirei ad ignorare i patimenti altrui come invece aveva fatto mio padre. Non potrei in nessun caso permettere che la mia discendenza patisca quello che ho subito da bambino, anche per questo ho rinunciato a contribuire ad estendere il retaggio di Sarek e Amanda.
La mia parte logica aborriva questi affanni insensati, ma il mio cuore h a riconosciuto i sentimenti che mi legano a Nyota, il Pon Farr amplifica l’intensità del mio desiderio ma non ne era la causa principale, volevo quella donna perché l’amavo.
§§
Il perpetuo bippare degli apparecchi dell’infermeria mi aiutano a riordinare i miei pensieri che al momento sono confusi da immagini inconsuete e che molto probabilmente non sono mie. La febbre di Spock mi scorre nelle vene, mi sento bruciare. Non riesco a muovermi né ad aprire gli occhi ma finalmente sono cosciente. Sento qualcuno muoversi vicino a me, ma prigioniera della mia immobilità non riesco a richiamare la sua attenzione.
- Per quanto tempo rimarrà incosciente? – mormora il Capitano.
- Le ho dovuto somministrare un calmante molto forte, l’effetto varia in relazione al metabolismo dell’individuo, sono tre giorni che versa in questo stato. – constata serio il dottore.
- Ne sono al corrente. Tuttavia le sue funzioni vitali sembrano essere nella norma. Mi avverta appena riprende conoscenza. –
- Certo Capitano. -
Se avessi potuto avrei sorriso, il mio diretto superiore che viene al mio capezzale, forse seriamente preoccupato. Bene, un piccolo miglioramento che intacca quella sua corazza coriacea di logica imperturbabilità. Sono fisicamente e moralmente a pezzi, la fusione mentale è decisamente peggio che essere investita da una mandria di bestie imbizzarrite, ma c’è un lato positivo che mi rende più facile sopportare la situazione.
Mi è tornata la memoria su quella sera davanti al dormitorio, il velo che celava i miei ricordi è stato spazzato via dal furioso turbine di pensieri e sensazioni che ho assorbito da quel brutto bastardo vigliacco di un ibrido alieno, traditore della fiducia altrui. Per anni il persistente e fastidioso “buco nero” che mi opprimeva la memoria aveva pungolato la mia coscienza, era come se mancasse un tassello importante nella mia vita. E infatti ne mancava uno essenziale. Il ricordo del primo e unico bacio di Spock.
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