Breathless

di Lost In Donbass
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Shameless ***
Capitolo 2: *** Reckless ***
Capitolo 3: *** Choiceless ***
Capitolo 4: *** Lifeless ***
Capitolo 5: *** Tearless ***
Capitolo 6: *** Memoryless ***
Capitolo 7: *** Lightless ***
Capitolo 8: *** Idealess ***
Capitolo 9: *** Cleverless ***
Capitolo 10: *** Clueless ***



Capitolo 1
*** Shameless ***


 BREATHLESS - COL FIATO SOSPESO

CAPITOLO PRIMO : SHAMELESS

Solitamente Herr Helmut, postino di terza categoria di Magdeburgo, si guardava bene dal bussare alla villetta n13 della Berlin Strasse. Lanciava al volo il giornale o le lettere sullo zerbino e poi fuggiva, pedalando il più velocemente possibile sulla sua bicicletta rosso fuoco che aveva conosciuto giorni migliori. Ma quel giorno, una calda mattinata di fine giugno, dovette fermare la bicicletta e avvicinarsi con circospezione al cancelletto verde della n13. Maledì mentalmente la raccomandata che stringeva sotto braccio, arrivata quella mattina e pronta per essere consegnata ai “Herr Kaulitz, n13 Berlin Strasse, Magdeburgo”. Non voleva bussare alla porta dei due, non voleva vedere le loro facce scanzonate e non voleva sentire la loro odiosa voce da prendi in giro. Era un anziano postino, lui. Non poteva accettare di essere dileggiato da due bambocci come quei due, dopo quarant’anni di onorata carriera.
Salì i tre gradini e suonò al campanello del portoncino rosso. Tossicchiò, e cercò di assumere un’aria il più marziale possibile, mentre da dentro sentiva degli strani rumori su cui non avrebbe indagato. “Giovinastri smidollati e senza nerbo!” pensò Herr Helmut, raddrizzandosi il cappellino blu di servizio.
-Chi rompe?!
Tom spalancò la porta, schizzando d’acqua il postino, che gli lanciò una lunga occhiata di rimprovero. Era disdicevole aprire la porta in accappatoio, e ancora più disdicevole era scrollare quelle oscenità che aveva in testa.
-Una raccomandata per voi due- disse, senza nascondere una nota acida nella voce.
-Davvero?
Tom gliela prese di mano senza tanti complimenti e se la rigirò tra le dita. Una lettera! Lui, sin da bambino, adorava le lettere, quelle missive misteriose che non sapevi mai cosa potrebbero contenere. E poi una raccomandata! Il mistero aumentava …
-Firmi qui- borbottò il postino, porgendogli un foglio e una penna.
Tom prese la penna e firmò. Uhm, no, non era una raccomandata di ritorno …
-Tooooom, ma chi è?!- l’urlo annoiato di Bill si ripercosse nella strada, assordando il povero Herr Helmut.
-Il postino con una lettera per noi!- urlò di rimando Tom.
-Ma dai! Wow!
Herr Helmut si vide piombare davanti anche l’altro essere osceno, rispondente al nome di Bill, avvolto in una specie di boa di piume rosso fuoco, con lo smalto in una mano e la bocca completamente impiastricciata di rossetto e marmellata.
-Chi è il mittente?- trillò Bill, strappando la lettera dalle mani del fratello.
-Un certo “Andrew Morrison”. Lo conosci?
-No, mai sentito nominare. Beh, ma lei che ci fa ancora qui? Vada, che il lavoro l’attende!
Il postino venne brutalmente cacciato dalla casa con il suo foglietto, e la porta gli venne sbattuta in faccia poco gentilmente. L’uomo lanciò qualche imprecazione colorita ai gemelli, chiuse il cancelletto verde e rimontò in bicicletta. Prima o poi l’avrebbe fatta pagare a quei due, sicuro come l’oro. Non l’avrebbero passata liscia, dileggiando il lavoro del postino. Suo padre aveva oltretutto servito il Reich! Come potevano quei due mostriciattoli insultarlo così?
Bill, intanto, ignaro delle maledizioni e dei pensieri vendicativi del postino, si era sdraiato sul divano stile odalisca mal riuscita e aveva strappato la busta, sfarfallando gli occhioni curiosi. Non capitava tutti i giorni di ricevere lettere a casa! Tom gli si sedette accanto, bagnando il divano come suo solito. Oramai si era scordato di essere appena uscito dalla doccia.
-Senti qua, ciccio “I Tokio Hotel sono invitati ai World Music Award che si terranno quest’anno a Berlino. Vi saranno le premiazioni per il gruppo migliore, per la canzone più in voga eccetera; insieme a voi vi saranno altre celebrità della musica contemporanea, come gli One Direction, Taylor Swift, Ed Sheeran, Justin Bieber, Avril Lavigne e molti altri. Gli Award si terranno dal 23 giugno al 27 giugno. Siete pregati di partecipare.
Cordiali saluti”
-Cavolo! Andiamo a divertirci, fratello!- esclamò Tom.
-Assolutamente si! E poi, hai sentito? Ci sono tutta quelle persone a cui possiamo fare un mucchio di scherzi terribili- Bill fece una risata malefica, saltellando nel boa di piume.
-Tipo quella racchia della Swift … - Tom venne percorso da un brivido. Ricordava anche sin troppo bene quando, qualche mese prima, la cantante americana aveva allungato le sue manacce su di lui. Aveva tentato di fuggire, terrorizzato dal sorriso maniaco e dagli occhi assatanati che lo ghermivano ma solamente il tempestivo aiuto di Bill con il suo “Non toccare mio fratello, razza di vecchia gallina pervertita!” seguita da borsettata in testa, lo aveva tirato fuori dai pasticci. Decisamente, quando voleva, e quando il french alle unghie si rovinava, Bill diventava una vera macchina da guerra, e il pericolo aumentava ogniqualvolta brandiva la sua borsa. Allora bisognava girare al largo seriamente.
-Tranquillo Tommuccio, mi sono fatto insegnare dalla nonna tutti i trucchi per le borsettate e i colpi di ombrello per proteggerti da eventuali galline pervertite.
-Sei la guardia del corpo migliore che possa esistere, con le tue borse e gli stiletti Jimmy Choo. Comunque, c’è anche quel tacchino di Bieber e quel puffo rimbecillito di Sheeran da molestare, per non parlare di quei cinque pollastri degli One Direction. Lo dico e lo ripeto, ci sarà da divertirsi!
-Certo. Ora chiamo il manager per i ragguagli, tu dillo a quei due goblin poco stilosi che mi ostino a tenermi al fianco e informali.
Bill si alzò e ancheggiando si diresse al vecchio telefono fisso che sorgeva epico da una matassa di vestiti e mutande sporche. Beh, i gemelli non brillavano proprio per pulizia. Tom strisciò agilmente dal cellulare, in bilico sulla tv, e chiamò i due “goblin poco stilosi”. Così Bill denominava chiunque non si presentasse vestito come lui comandava, ovvero, tutti. Perché nessuno si sarebbe mai vestito come lui comandava.
-Manager delle mie unghie strafighe e stracurate, voglio in dettagli del Music Award, ora, subito, non mi interessa cosa tu stia facendo!- strillò il cantante nella cornetta, mentre si passava la spazzola delle principesse nei lunghi capelli neri che tanto amava.
-Ciao Bill, si grazie, sto bene, sono felice che tu ti sia interessato a me- sbuffò il manager. Si, era abituato alla solita gentilezza e al solito tatto da principessina mestruata di Bill, ma certo che a volte esagerava proprio. – Comunque, si, allora, il piano è questo : dopodomani, che sarà il 23, ci vedremo tutti davanti all’albergo “Bentley”, nella Mann Strasse. Lì ci saremo un po’ di noi ad accogliervi, ok? La sera stessa ci sarà un incontro in diretta mondiale in cui tutti gli invitati parleranno e suoneranno, come se fosse un gigantesco show cumulativo.
-Bene, perfetto, quindi dopodomani dobbiamo essere lì, eh?
-Bill, perché stai facendo quella voce da genio del male?
-Non ti interessa. Ci si vede, e guai se uno di voi mi fa sfigurare!- e buttò giù con un sorriso soddisfatto.
-I G&G sapevano già tutto- mormorò mortificato Tom – Devono averci battuto sul tempo.
-Uh, davvero? Va beh, senti qua ciccetto e vediamo se anche a te viene la geniale idea che è venuta a me, anche se ne dubito perché tu sei troppo scemo.
Bill si accoccolò sul divano, iniziando a ripulirsi finalmente il volto dal rossetto e dalla marmellata di fragole, e spiegò il piano al fratello.
-Beh, credo che dovremmo controllare la lista dei musicisti che si presentano prima all’albergo e quindi, se c’è la gente che ci interessa sabotare, andare lì anzitempo- concluse Tom.
-Esatto amore! Non sei così scemo come sembri!- strillò Bill abbracciandolo e insudiciandolo di rossetto rosso fuoco.
-Dio Buono, Bill! Che schifo! Non puoi mettere via sta specie di rossetto da t****?! E piantala di darmi stupidi soprannomi.
Bill lo ignorò e afferrò il computer. In quello era dannatamente bravo; cercare, trovare, sabotare cose via internet : la sua specialità dopo il cantare e il mettersi nei guai. Cominciò a pestare sui tasti semi scassati del piccolo portatile, con uno sguardo che non prometteva nulla di buono. Però su quello nessuno gli poteva dare torto : ci sapeva fare, con l’elettronica, che fosse rimettere a posto un cellulare, o hackerare qualche sito (rideva ancora al pensiero di quando aveva rovinato il profilo face book di Miley Cyrus, postando foto oscene e roba varia che l’avevano praticamente portata in tribunale. Suvvia, era solo un’innocente scherzetto dopo che lei gli aveva detto che la sua messa in piega faceva schifo. E, si sa, Bill Kaulitz è una persona molto vendicativa …).
Tom, nel frattempo, saltellò in camera sua a cercare alcuni scherzi che gli sarebbero potuti essere utili una volta arrivati a Berlino. Tipo, dov’era finito quella formidabile crema che faceva macchiare la pelle? L’aveva sperimentata sulla vicina di casa e gli effetti erano stati devastanti. Poi sicuramente si sarebbe portato dietro il piccolo marchingegno che faceva prendere la scossa e altri ammennicoli vari. Se voleva divertirsi, doveva farlo con stile e con un pizzico di sadismo.
-Tooooom, allora, se domani partiamo troveremo già lì gli One Direction, Avril Lavigne e quell’idiota che io non posso vedere di Justin Bieber. Quindi …
-Ci conviene partire domani- concluse il rasta affacciandosi dalla porta del salotto – Detto ciò, fai le valigie splendore, che da domani inizia l’Armageddon.
Bill fece un sorrisino malvagio e poi seguì il fratello in camera, stringendo in una mano il cellulare con cui si sarebbe premurato di avvisare i G&G del loro piano, e nell’altra il nuovo smalto nero che aveva occasionalmente ripescato sotto una pila di libri Harmony.
****
La mattina dopo, alle undici (perché, insomma, i gemelli avevano bisogno delle loro ore di sonno), una Porsche nera ruggiva per le stradine strette e umide di Magdeburgo. A bordo della suddetta Porsche, oltre a una marea di bagagli stipati a forza nel piccolo bagagliaio, c’erano un buffo tizio con i dreadlocks impegnato a guidare come un indemoniato, superando il limite di velocità consentito di almeno 30 km/h buoni e, vicino a lui, un giulivo coso con un paio di occhiali da sole rigati nonostante le nuvole da pioggia e un foulard con i teschi avvolto attorno alle fluenti chiome. Dietro, ansimava una Ferrari con sopra uno con i capelli lunghi e lisci e la faccia del tipo “chi me l’ha fatto fare?” e una palla di lardo bionda che ogni tanto ululava “Georg, che c****, accelera che Tom ci sta seminando”. Ora, qui ci vorrebbe una precisazione. Ovvero, solitamente, i Tokio Hotel utilizzavano la povera Ferrari di Georg, che ne aveva vissute di cotte e di crude dopo che Tom era andato a sbattere ventimila volte contro il municipio. Quella volta però, Georg si era fermamente opposto allo sfruttamento della sua macchina e aveva deciso che lui e Gustav sarebbero andati con lei, belli tranquilli, senza infrangere le leggi della strada e i due disastri del volante sulla loro macchina che giaceva intoccata da un secolo e mezzo. Anche perché Georg si era stufato di vedersi recapitare multe di tutti i generi perché Tom passava perennemente col rosso e Bill voleva fare i testacoda alla James Bond.

****
Ave popolo di Alien! Eccomi qui con una nuova storia,  sottospecie di sequel di Make Some Noise. Come primo capitolo fa piuttosto pena, ma vi prometto che migliorerà tutto andando avanti. Abbiate fede, fanciulle o fanciulli che siate! Siccome i personaggi insistevano, anche loro vi lasciano qualche noticina post-capitolo:
B: Ciao splendori! Oddio, com'è bello poter far nuovamente parte di una fanfiction, anche se, detto tra noi, l'Autrice Suprema è veramente volgare ... non vi dico come va vestita! Che orrore O_O
T: E Bill, falla finita che tu ti conci peggio che andar di notte! Ehi, ciao Alien, siamo tornati ancora, più indomiti e avventurosi che mai per la vostra felicità. Ditemi, come suona Tom Bond?
G1: Buonasera gente! Cavolo, non ci credo di essere per la terza volta sulla cresta dell'onda con voi ... anche se la scena per la macchina te la potevi risparmiare. Insomma, ce l'avete tutti con me per la povera Winnie
G2: Heil Volks! Uhm ... sento odore di cioccolato .... Autrice, dammene un boccone che in questo capitolo sono apparso pochino, quindi riscattati!
A: Giù le mani villico, il cioccolato è mio! Ehi, Tom delle mie ciabatte lascia stare il mio cellulare, e tu, Georg, non ti azzardare a toccare i miei mappamondi, sai? Bill, dov'è finito, si può sapere?!
T: Dove vuoi che sia? Al cesso a mettersi a posto, no? *scuote la testa avvilito*
A: *si mette le mani nei capelli* Bill giù le mani dalla mia spuma per capelli!!!!!!!!
G1: Ok, come al solito questa sera botte da orbi ... in sta casa non si queta mai. Va beh, buonanotte a tutte/i! Ehm, Autrice Suprema, lo sai che Gus ti ha fottuto la cioccolata, vero? Bah, non mi sente, tropo impegnata a pestare Bill. Ciao!

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Capitolo 2
*** Reckless ***


RECKLESS

-Tom, sia ben chiaro, io e te- Bill fece unire gli indici.
-No!- Tom guardò il fratello con aria avvilita.
-Invece si. Lo sai che io da solo non ci dormo!
-No, non me ne frega un tubo Bill! Tu dormi nella tua camera da solo e io me ne sto in pace nella mia. Se proprio hai paura trovati qualcuno con cui dormire.
-Eh si! Vuoi lasciare il tuo fratellino innocente con qualche estraneo nel letto? Sei senza cuore!
I Tokio Hotel erano piantati davanti all’entrata del grande albergo “Bentley”, impegnati a litigare furiosamente per ogni piccola stupidaggine. Georg e Gustav si guardarono sbuffando : come al solito, la stessa solfa si sarebbe ripetuta. Ogni qualvolta che andavano in un nuovo albergo, Bill cominciava a sclerare che lui e suo fratello avrebbero dormito in camera insieme, Tom urlava come un pazzo perché non voleva, e così si scatenavano dei terribili pandemoni di sceneggiate e pianti vari. I G&G non avevano mai capito perché Bill aveva paura di dormire da solo; forse aveva paura del buio, forse dei mostri sotto il letto (Gustav ricordava una notte quando Bill aveva bussato alla sua porta, con la camicia da notte lunga fino ai piedi, i capelli arruffati e grossi lacrimoni che colavano sul viso. Tom lo aveva brutalmente mandato a f******, e così lui si era ritrovato da solo con un mostro nascosto sotto il letto e nessuno lo voleva ospitare. Al povero batterista non era rimasto che asciugargli le lacrime e farlo dormire con lui, rischiando più volte l’accecamento, perché Bill gesticolava nel sonno, e oltretutto gli era toccato setacciare la stanza per scoprire eventuali mostri assatanati), oppure se semplicemente fosse un bambino viziato. Beh, comunque, come al solito la scena si ripeté tale e quale alle altre volte.
-Dai, Tom, accontentalo!- Georg interruppe la litigata. Non erano manco entrati che già cominciavano a fargli venire un orrendo mal di testa. Ok, forse anche lui non era un esempio di maturità, ma loro erano veramente da asilo nido.
-Ma uffa Georg! Tu dai sempre ragione a lui!- piagnucolò Tom, mettendo il muso.
-Cerca di essere ragionevole. Tanto poi verrebbe comunque a disturbarti durante la notte, e chi te lo fa fare di alzarti? Se dorme già da subito con te, almeno non ti dovrai alzare e non sentirai le scuse piccine che tira fuori Bill per giustificare le sue incursioni notturne.
-Appunto, Tom, dai! Ci sono i mostri sotto il letto, io ho paura- Bill mise il broncio.
-Si, però li vedi solo te- ribatté il chitarrista.
-Non li vedo solo io, siete voi che siete ottusi. Quindi, posso dormire con te?
-E va bene. Ma guai a te se scalci.
-Io non scalcerei se tu non mi rubassi le coperte e mi dessi le ginocchiate.
-E basta, Kaulitz! Andiamo un po’ in sto benedetto albergo che c’ho una fame che non ci vedo!- tuonò Gustav, avviandosi a grandi passi verso l’entrata. Peccato che spinse troppo forte le porte girevoli e finì a gambe all’aria dall’altra parte.
Gli altri tre gli zampettarono sopra e si presentarono davanti al grande bancone della reception, tirato a lucido come uno specchio, dove segretarie in tailleur si affrettavano.
-Però noi eravamo attesi per domani. Che cosa diciamo?- chiese Georg – Magari non hanno ancora preparato le stanze e roba simile.
-Tranquillo, faccio io.
Tom si appoggiò al bancone, sfoderando la migliore espressione da playboy che gli riuscì e si rivolse alla più bella delle segretarie
-Ehi, tesoro, ce l’hai tre camere per me e i miei colleghi? Si, siamo i Tokio Hotel, cerca di dominarti bambola, capisco che forse vedermi così è sconvolgente, comunque, allora, le camere me le dai? Mi pare superfluo aggiungere che tu sarai sempre la benvenuta da me, scegliti quella che ti piace di più … - non fece in tempo a finire la frase, che con uno schiocco sordo, gli calò sulla guancia la mano della segretaria.
-Ahia, ma che ho detto!?- strillò il povero Tom, massaggiandosi la guancia rosso fuoco, e perdendo completamente la faccia da playboy.
-Dico, ma siamo impazziti, razza di pervertito maniaco?!- strillò la ragazza – Come osi rivolgerti a me in questo modo?
-Beh, non ti è piaciuto l’approccio?- mugolò Tom.
-E piantala di molestarla, deficiente!- urlò Georg, tirandogli un orecchio, per poi rivolgersi alla fanciulla con deferenza e signorilità – Scusalo, è maniaco, ma non ha mai fatto male a nessuno finora. Comunque, noi e il management saremmo dovuti arrivare domani, ma per una serie di motivi che non sto a spiegarti, noi quattro siamo già qui. Quindi, per favore, potresti indicarci le nostre camere, se sono già pronte?
Nel frattempo, Gustav, non visto, si era defilato alla ricerca delle cucine. Aveva finito le patatine e anche la barretta che gli aveva comprato Georg per tenerlo buono. Si guardò in giro con curiosità, fino a che non notò un tipo dall’aria conosciuta con la faccia da scemo e i capelli biondo tinto, intento a divorare un pacchetto di patatine al chili in compagnia di uno tutto muscoli, anch’esso dalla faccia non proprio nuova. Il biondo disse al body builder
-Ehi, Liam, io vado a cercare le cucine, poi ti dico dove sono.
-Ok Niall, io cerco quel deficiente di Louis.
Perfetto, pensò Gustav. Anche quello cercava il paradiso dei sensi, quindi sarebbe bastato seguirlo senza dare nell’occhio, come gli aveva insegnato Bill, e trovarla. Senza indugiare un attimo, i due biondi si avviarono di gran carriera verso la cucina.
La ragazza fece un sorriso sincero e ben disposto a Georg, mentre riservò a Tom un’occhiataccia bruciante.
-Benissimo, non c’è alcun problema. Le vostre camere sono queste qui – e consegnò loro quattro chiavi – Per qualunque cosa, chiedete senza problemi.
-Comunque, Tom, ora che ci penso, tu hai detto a quella lì che l’avresti invitata in camera ma … in camera con te ci sono io! Come hai potuto anche solo pensare di scalzarmi dal letto! Inqualificabile fratello senza remore!- strillò Bill.
Un altro schiaffo colpì Tom sull’altra guancia, forse più forte del primo.
-Ahia, Bill! Mi hai fatto male!
-Te lo meriti, sei cattivo.
Georg alzò gli occhi al cielo, e li trascinò verso i grandi ascensori che andavano su e giù, quando si accorse della scomparsa di Gustav. Oddio, e ora quello lì dove si era cacciato? Beh, in cucina, ovvio. Ma dov’erano le cucine?
-Ragazzi, sapete dov’è Gus?
-No, e non voglio saperlo. Dai, su, devo andare in camera immediatamente, mi sono spettinato terribilmente, e poi il trucco si è rovinato e non so se avete notato in che condizioni oscene è il fard. Sembro un mostro uscito da qualche freak show da due soldi!
-Visto che te lo dici da solo? Ti avevo proposto di partecipare, sotto mentite spoglie. Avresti sicuramente riscosso un successone!- esclamò Tom, immaginandosi già tutta la gente che rideva a veder entrare suo fratello sul palco, conciato così e barcollante sui tacchi troppo alti, con gli occhi lacrimanti. Esilarante! Poi però ci pensò bene. Non voleva che la gente ridesse di suo fratello. In realtà non voleva nemmeno che la gente lo guardasse troppo. Ok, era stato cattivo a pensarlo. Bill era Bill, e non c’era niente da fare se non tenerselo così com’era, anche se stressava, se era sconvolgente eccetera.
-No, Tom che … - iniziò Georg, ma oramai il danno era fatto. Aveva parlato. Come ogni volta, infatti, il cantante li fissò con gli occhi a palla e poi scoppiò in un pianto a dirotto, urlando e strepitando, lasciandosi cadere per terra.
Georg arrossì come un peperone, fuggendo prima che la gente lo notasse. Sempre meglio cercare Gustav nelle cucine e beccarsi una mattarellata in testa che stare dietro a Bill in lacrime. E poi quello era compito di Tom; insomma, non faceva mai un emerito tubo, che ogni tanto si desse un po’ da fare!
Infatti, a Tom non restò che prendersi suo fratello in braccio e tentare di calmarlo
-No, dai, tesoro, stai calmo … scherzavo, sei sempre bellissimo. Su, non piangere cucciolo, non è successo niente …
I valletti degli ascensori guardavano con curiosità quei due buffi ragazzi mentre, nello stesso istante, una cuoca piuttosto grassa inseguiva Gustav per tutta la hall. Il batterista correva il più velocemente possibile, stringendo tra le dita una salsiccia che era riuscito a trafugare. L’altro biondo era stato spudoratamente beccato in flagrante con le mani nel pentolone dello stufato. Accidenti, la sua missione di commando era fallita miseramente, avvistato dai nemici. Nella sua corsa a testa bassa, andò a cozzare contro Georg, facendolo volare per terra. La salsiccia gli sfuggì dalle mani e prese il volo, librandosi come una libellula obesa nell’aria, roteando a velocità vertiginosa imitando un razzo in orbita e andò a finire dritta …. Nella bocca spalancata di Bill, strozzandolo. Tom diede una botta pazzesca al collo del fratello, facendogli scricchiolare tutte le ossa. La salsiccia venne sputata fuori, finendo nella bocca pronta di Gustav, che finalmente poté godersi la salsiccia tanto agognata. Ciò, oltre a saziare il batterista, servì anche da calmante per il cantante, che, stupefatto per essere stato interrotto durante la lagna da qualcosa di così violento e incisivo, tacque e si asciugò gli occhi.
-Beh, ci siamo già fatti conoscere, eh?- commentò Tom, mentre si avviavano dall’ascensore.
-Comunque la salsiccia non era male- disse Gustav, pulendosi la bocca sulla manica della maglietta fucsia e bianca che gli aveva regalato Bill per il suo compleanno (“Il fucsia ti dona, caro, fidati di me, che ho occhio per queste cose”). Non l’aveva mai messa, ma siccome Bill cominciava a lamentarsi che non gli vedeva mai addosso la sua maglia, aveva deciso di farlo contento. Pentendosene amaramente.
-Ci metteremo davvero nei guai, se continuiamo a mantenere questo registro comportamentale- si lamentò Georg, scuotendo la testa.
-Ma di cosa ti preoccupi? Siamo qui per divertirci, mica per fare i pinguini imbalsamati. A proposito, avete mica individuato qualche preda?- chiese Bill, specchiandosi nello specchio dell’ascensore. Aveva intimato al valletto di non guardarlo per nessun motivo, pena la morte istantanea. Bill sapeva essere molto convincente.
-Io ho visto due tipi dall’aria conosciuta, uno biondo tinto e uno che pareva un body builder … non vi ricordano qualcuno? Ah e si chiamavano Liam e Niall mi pare- rispose Gustav, accarezzandosi la pancia pensieroso.
-Se ci ricordano qualcuno? Ma Gus, quelli sono due degli One Direction!- esclamò Georg.
-Ci sarà da ridere, con quei deficienti di inglesi. Davvero da ridere- dissero in coro i gemelli, scambiandosi un’occhiata che non prometteva nulla di buono.
Arrivati al quinto piano, si trovarono in un lunghissimo e anonimo corridoio, decorato da margherite altrettanto anonime e impregnato di Mastro Lindo. Si avviarono lungo il tappeto rosso amaranto, che non presentava alcuna piega, e cercarono di decifrare i numeri sulle porte, scritti con un motivo floreale decisamente complesso da leggere.
-Bene, camere 666, 667 e 668. Siamo anche attaccati, cosa vogliamo di più?- disse Georg, individuando un possibile 664. Magari le loro erano quelle dopo, sempre che avesse letto bene.
-Io nella 666 non ci sto! Porta sfiga- decise Gustav, assaggiando una margherita e sputazzandola subito per terra. Erano finte, per tutti i diavoli!
-Ma credi a ste storie da bambini?- sghignazzarono i gemelli – Come sei infantile!
-Ah, sarei infantile? Dormiteci voi due, allora!
-E no, noi stiamo nella 667. Non possiamo permettere che qualcuno, appoggiando l’orecchio al muro, sventi i nostri piani di demolizione.
Gustav e i gemelli si guardarono un po’ in cagnesco, finché Georg non sbuffò
-E ci dormirò io nella 666, ho capito. Che creduloni che siete!
Ognuno prese la propria chiave  e si infilarono nelle rispettive camere. Bill si fiondò immediatamente in bagno, studiando con il goniometro l’angolatura degli specchi. Beh, non era malaccio … forse, con l’aiuto di Tom e  di altri tre specchietti che si era portato da casa, avrebbe potuto pettinarsi decentemente.
Tom dal canto suo si buttò a peso morto sul letto, facendolo scricchiolare pericolosamente. Morbido era morbido, però era girato in un modo strano, perché la luce filtrava dalle finestre direttamente sui cuscini … se di notte c’erano le luci della strada, avrebbe fatto bene a spostarlo.
Disfarono le valigie, ordinando tutti gli scherzi sulla cassettiera. Ce n’erano per tutti i gusti, e nessuno si sarebbe potuto salvare. Forse la più difficile da gabbare sarebbe stata Avril Lavigne, che era il triplo più furba e pestifera di loro.
-Tooooom, senti, devi darmi una mano per i capelli. Vedi, si sono spettinati, e stanno veramente male così, anzi, a essere sinceri forse dovrei lavarli ma ora non ne ho voglia, quindi tu basta che me li piastri, perché se sono lisci si nota meno che sono arruffati. Quindi, mentre tu me li piastri, io mi levo questo smalto mezzo mangiucchiato e lascio le unghie un po’ libere per poi potermi fare il french domani mattina e …
Non fece in tempo a finire la pappardella, che Tom aveva attaccato alla corrente la dannata piastra e si era messo a lisciarglieli, meglio di un parrucchiere. Da quando erano diventati capace di intendere e di volere, Bill lo aveva assoldato come aiuto manicure, parrucchiere, stilista, estetista eccetera. Così anche lui era praticissimo di smalti, trucchi e roba simile e forse, doveva ammetterlo, era anche uno dei motivi per cui aveva successo con le ragazze. Sapeva cosa consigliare e cosa sconsigliare per qualunque occasione. Per quello doveva ringraziare suo fratello, e non avrebbe mai smesso di farlo. Ma solo per quello.
Bill intanto, tutto concentrato a pulirsi le unghie lunghe e acuminate, pensava a cosa gli avrebbe riservato quella premiazione. Nonostante fosse cresciuto, rimaneva un’inguaribile jettatore; dovunque andava, portava sfiga, guai, misteri, disastri. Rammentava il loro primo caso vero, al New Music of Germany. Era stato divertente, decisamente, scoprire l’assassino, inseguirlo tra la folla, aver battuto la polizia di Sulzetal. Dopo quello, si erano succeduti altri piccoli casi che lui e  suoi compari avevano brillantemente risolto, ma mai intriganti come il primo. Non c’erano più stati cadaveri, solo furti. E la sua metà sadica avrebbe voluto un altro omicidio, qualcosa per mettersi di nuovo alla prova. Aveva bisogno di usare ancora il cervello come gli anni passati, di cacciarsi nei guai, di far sfigurare la polizia. Aveva bisogno di qualcuno che gli dicesse ancora “Sei il più intelligente, Bill. Senza di te il morto non sarebbe mai stato vendicato”. Sospirò rumorosamente, cullato dalla piastra bollente sui suoi capelli. Anelava un mistero con i fiocchi e i controfiocchi, e qualcosa gli diceva che quella sarebbe stata la volta buona. La volta di mettere alla prova il suo fiuto più che unico.

***
Autrice Suprema : ehilà ragazze/i! Che ne dite della ff? Vi soddisfa? Vi diverte? Vi fa stare in bagno per ore a cacciare? Fatemi sapere cosa ne pensate :) Vi prego, ho bisogno di noticine per tirarmi su di morale!
G2: ma datti all'ippica ...
A: Gustav, ti meno e poi ti affogo nel cesso!
T: e meno male che poi ero io quello violento! 
G: Ci state zitti che sto cercando di vedere Little Miss Sunshine? Vedetelo, Alien, è un filmone!
B: Autrice Supremaaaaa, vieni qua che ho bisogno di una mano ... devo prendere quel libro in cima allo scaffale
A: Bill, dai, sei più alto di me di un chilometro, come faccio ad aiutarti io?!
B: Io ti prendo in braccio e tu me lo tiri giù! C'è troppa polvere per i miei gusti
A: Ok, arrivo Billuccio, arrivo ... Tom, mi fai un the? Earl Grey, grazie.
T: Agli ordini Autrice Suprema! Uhm, dove sono le bustine? Boooh...

A: senti, Tommuccio, lascia stare, eh? Beh, tipica serata a casa mia da quando sono arrivati loro. Aiuto!
 

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Capitolo 3
*** Choiceless ***


CHOICELESS
 
Tom sbuffò rumorosamente, quando si presentò davanti a un capo cameriere impegnato a impartire ordini severi alle cameriere che saltellavano di qui e di là con scope, scopette, stracci, lavavetri e pattine di ogni genere e dimensione.
-Ehm, mi scusi …
-Si, signore?- il capo cameriere si voltò verso di lui, cambiando espressione e sfoderando un sorriso marziale e compassato. Tom si trattenne dal dargli del pinguino e borbottò
-Senta, avete mica da prestarmi uno – deglutì – Smalto argentato con i brillantini o qualcosa che ci assomiglia molto?
Il capo cameriere alzò un sopracciglio e si schiarì la voce.
-Certamente, signore. Ragazze, avete uno smalto argento da prestare al signore?
Le ragazze si voltarono in massa, lanciarono uno sguardo interrogativo al loro capo, poi a Tom e infine si slanciarono verso il nostro povero eroe berciando
-Ce l’ho io!
-No, il mio è di marca!
-Aspetta, il mio è ancora nuovo!
Tom si trovò alle prese con uno stormo di ragazze in calore brandenti smalti di tutti i colori. Dannazione … li guardò velocemente, tentando di tenere buone le ragazze
-Lo so che forse chiedo troppo ma … esiste, o meglio, una di voi, ce l’ha con i brillantini?
Silenzio di tomba. Le cameriere guardarono i loro smalti, cercando anche la più insignificante traccia di sbrilluccichio, ma nessuna sembrava trovarlo. Il cameriere capo, non visto, lanciava silenziose maledizioni al chitarrista che aveva interrotto il celere lavoro delle dipendenti. Chissà quanto ci avrebbero messo a riacquistare il ritmo che avevano prima …
-Questo ti va bene?
Una bella ragazza con i riccioli rossi si piantò davanti a Tom con una boccetta argentata luminosa di brillantini. Il rasta fece tanto d’occhi, un po’ per essere riuscito nell’impresa impossibile di trovare lo smalto che voleva la principessa al piano di sopra, un po’ per il prosperoso davanzale della ragazza.
-Wow, si, assolutamente perfetto, grazie davvero.
Lo prese con un sorriso soddisfatto e poi continuò, a bassa voce, come aveva visto fare nei film romantici di suo fratello
-Ehi, tesoro, quando poi te lo riporto che ne dici se … - assunse l’espressione tipica che gli riusciva divinamente e che di solito faceva svenire tutte le ragazze.
-Sono lesbica.
-Cosa?!
La ragazza fece una smorfia a metà tra il divertito e l’esasperato.
-E’ inutile che ci provi, ragazzo.
-E che c****- Tom si morse la mano per evitare di mettersi a inveire come un pazzo nella hall.
-Dai, coraggio, poi vengo a riprendermelo dopo. In che camera sei?
-La 667- Tom mise il muso.
-Bene, a dopo, allora.
La rossa gli fece un sorriso luminoso (Tom si trattenne dal mordersi di nuovo la mano dalla rabbia) e ritornò al lavoro, circondata dalle sue eccitatissime amiche.
Tom si infilò lo smalto in tasca e tornò da suo fratello tutto imbronciato.
-L’hai trovato?!- lo accolse Bill, saltando in piedi.
-Toh, palla al piede, la prossima volta ci vai da solo a cercarti lo smalto.
-Col cavolo che mi faccio vedere in queste condizioni!
-Bill, sei semplicemente senza trucco, non sei nero di botte con gli occhi in ficco!
-Appunto, senza trucco mi puoi vedere giusto tu e la mamma, basta. Sono orrendo, se no.
-Sai che magari faresti il doppio del colpo senza tutti quei chili di fard, mascara, matita, ombretto, eyeliner eccetera?
-Non capisci niente, Tom! Piuttosto, perché hai quella faccia depressa?
-Ci ho provato con una figa della Madonna, ma non ha funzionato- Tom si sedette sconsolato sul letto. Insomma, nel giro di due ore già due ragazze lo avevano spento miseramente.
-E va beh, coraggio tesoro, non ti abbattere così. Poi ne troverai una talmente idiota da dartela in quest’albergo!
Bill gli si sedette vicino e lo abbracciò stretto, affondandogli il viso nel collo ridendo
-Grazie Billuccio, sei sempre così comprensivo quanto un cammello mongoloide sperso nel Sahara- Tom lo abbracciò a sua volta, scompigliandogli i capelli affettuosamente.
Bill fece una smorfia da gatto che fa le fusa  e cominciò a smaltarsi le unghie con lo smalto nuovo. Ci aveva ripensato, il french non si addiceva al suo outfit di quel giorno, quindi si era messo a cercare uno smalto che risaltasse sul nero dei vestiti ma che si intonasse con i gioielli argentati, peccato che non ce l’avesse. Aveva quindi educatamente chiesto al fratello (oddio, oddio, oddio, lo smalto! Non ho uno smalto adatto! Tom, razza di deficiente soppiantato, vammi subito a cercare uno smalto argentato con i brillantini, ora, non mi interessa cosa tu stia facendo, corri!) di cercargliene uno e meno male che l’aveva trovato. Forse un po’ pacchiano, ma pur sempre di buona marca.
-Beh, forza, chiamiamo quei due goblin poco stilosi dei G&G che dobbiamo stendere un piano per l’Armaggeddon Kaulitz.
Un urlo a diecimila decibel richiamò all’appello Gustav e Georg, impegnati a fare la cartina del grande albergo. Georg era fissato con le mappe, e dovunque andassero se ne procurava una decina, di ogni tipo, e stendeva sempre un piano tattico dell’albergo dove alloggiavano. Gustav lo seguiva, per individuare le cucine e le eventuali macchinette delle merendine per i suoi spuntini di mezzanotte.
-Eccolo che chiama- sospirò Gustav, rosicchiando una patatina.
-Chissà che stupida idea avrà in mente adesso- Georg alzò gli occhi al cielo. Aveva un brutto presentimento su quello che sarebbe potuto succedere; anche quella volta era più che certo che la sfiga proverbiale di Bill avrebbe colpito. I due si avviarono verso la camera 667, dove li accolsero i due con una sfilza di scherzi da due soldi ai piedi.
I G&G si lanciarono un’occhiata perplessa. Chissà che film avevano recentemente visto quei due per mettersi in testa una cosa simile. Sapevano per esperienza che vedere la tv in casa dei gemelli era un’impresa titanica. Bill voleva vedere i soliti film romantici o le telenovele da due soldi tipo Tempesta d’Amore, così poi piangeva perché lui era da solo e non era giusto e una marea di altre cose idiote, mentre Tom si fissava con roba inutile tipo Mad Max, o Fast&Furious e poi credeva di essere anche lui un Transformer o roba simile e saltava come una scimmia per casa fingendo di polverizzare tutti con una matita. Quindi si finiva per vedere cinque minuti di uno alternato a cinque minuti dell’altro e a fare un mix terribile delle due cose.
-Allora, geni del male, cosa pensate di fare con quegli ammennicoli?- chiese Georg
-Tirare tiri mancini alla gente, no?- spiegarono i due in coro.
-E cosa gli mettiamo? Il secchio d’acqua sullo spigolo della porta?- disse ironico Gustav.
-Bravo Gus! Ti stai svegliando sempre di più!- trillò Bill alzandosi – Allora, Geo&Geo, ce l’hai la mappa dell’albergo? Dobbiamo essere sicuri di poterci muovere con sicurezza e conoscere ogni eventuale passaggio segreto!
-Certamente!- qui Georg si gasò. Ah ah, le mappe erano il suo campo d’azione migliore. Prese tre grossi fogli fittamente disegnati e scritti – Qui ci sono i primi tre piani dell’albergo. Me ne mancano due.
-Ma secondo me è una s********- borbottò Gustav, sedendosi sul letto e rischiando di chiudersi un dito in una trappolona per topi.
-Ma no, Gus, vedi, noi renderemo la vita impossibile a tutti quei cantanti americani, inglesi, insomma a tutti i nemici della potente Germania, tutti quelli che hanno lottato contro il Reich- disse Tom, mellifluo. Avevano imparato che l’unico modo per convincere Gustav a fare qualcosa era tirare in ballo la seconda guerra mondiale; allora il batterista si gasava da impazzire e diventava un panzer da assalto, nazistoide com’era.
-Davvero? Quindi … combatteremo contro i nemici? Allora forza, miei prodi, facciamo risplendere il valore germanico del grande impero! Avanti il kaiser!- ululò Gustav alzandosi e schiacciandosi il piede in un'altra trappola per topi.
-Perfetto, ragazzi, allora, come si dispongono le camere?- chiese Tom.
-Allora, sono disposte su tutti i piani alternate, in modo che aprendo una porta tu non possa vedere quella di fronte … e alla fine e all’inizio di ogni corridoio ci sono gli ascensori – spiegò Georg – Mentre invece …
-Invece al primo piano ci sono tre macchinette delle merendine e del caffè!- urlò Gustav.
-Si, esatto, la cosa più inutile ai nostri fini. Poi, al piano terra, abbiamo le cucine nell’angolo nord, la sala da pranzo in quello est e un grosso salotto a sud, invece il bar è nel salotto mentre l’ufficio del direttore è dietro il bancone d’ingresso. Per il resto dobbiamo concludere il giro.
-Bene, allora uno di noi deve andare in giro e capire dove alloggiano gli One Direction e gli altri. Sicuramente io e mio fratello no, perché diamo troppo nell’occhio.- decise Tom.
-Ma la fate facile voi due!- disse Gustav – Tanto così nei casini ci finiamo noi se ci beccano!
-Su su, Gus, non la fare tanto lunga. Ti compro dieci pacchetti di Mars e un pacchetto di patatine se lo fai- miagolò Bill, con aria da serpente tentatore.
-Ok, dove devo andare?- cedette subito il biondo con gli occhi brillanti.
-Dio Buono Gus, ma cedi così le armi?- sbottò Georg, non riuscendo a nascondere un sorriso.
-Per i Mars questo e altro. Sono il nuovo cibo del Reich!
-Lo sai che sono americani, vero?- fece Tom, sghignazzando.
Gustav lo guardò sconvolto, arrossendo.
-Come?! Ma … ma io non ne ero a conoscenza!
Gli altri tre scoppiarono a ridere come dei deficienti, quando si udì un sordo bussare alla porta.
I Tokio Hotel tacquero improvvisamente, drizzando le orecchie.
-Chi può essere?- sussurrò Georg.
-Gli sporchi americani! Preparate gli U-BOOT- ringhiò Gustav, con aria truce.
-Facciamo così- mormorarono i gemelli – Uno di noi va ad aprire, gli altri stanno pronti a menar le mani se si presenta qualcuno  di indesiderato.
I nostri si prepararono all’assalto. Georg brandì la solita scarpa puzzolente, Gustav i soliti cioccolatini e Tom uno stivale di suo fratello. Con una taccata avrebbe steso anche un toro. Bill prese fiato e andò ad aprire la porta.
-Si?- cinguettò.
Davanti a lui si presentò la cameriera dai capelli rossi, con un sorrisone a trentandue denti.
-Salve, scusa il disturbo, ma ho prestato il mio smalto a un ragazzo rasta che mi ha detto di stare in questa camera. Sono venuta a riprendermi lo smalto.
I musicisti mollarono immediatamente le armi e Tom intervenne
-Ehi, bellezza, sei tornata. Hai cambiato idea per caso?
La cameriera rise
-No, ti ho detto che non mi piacciono i ragazzi. E poi sono già fidanzata.
Bill la guardò un po’, la studiò accuratamente e poi strillò
-Ma tesoro, che smalto fantastico che hai! Guarda, meno male che c’eri tu se no io non so come avrei fatto, davvero, ti sono debitore! Su, accomodati, scusa il disordine.
La ragazza entrò nella camera, salutò educatamente i G&G e si guardò attorno leggermente stupefatta. Perché c’erano trappole per topi e scherzetti vari disseminati in giro?
-Tieni, e scusa se te ne ho usato un po’!
Bill le tese la boccetta praticamente finita. La ragazza spalancò gli occhi ma fece finta di niente.
-Ehm, a questo punto, se te lo vuoi tenere te lo regalo- glielo restituì.
Sentite quelle parole, Georg e Tom divennero verdi. Perfetto, ottima figura da cioccolatai con la bellona rossa … sperarono almeno che Bill si scusasse ma
-Davvero? Me lo regali? Ma come sei cara, grazie!
Avevano riposto male le loro speranze.
-Sai, perché mi serviva giusto questa tonalità … non credi che si adatti a questo braccialetto?
Bill le mise davanti al naso un bracciale di borchie argento metallizzato e una collana con una grossa croce di brillantini. La cameriera studiò i gioielli, studiò Bill, studiò il suo ex smalto e commentò
-Beh, si, devo ammettere che così stai decisamente bene però, a mio modesto parere dovresti metterti anche la matita argentata e l’ombretto nero, perché così anche sul viso c’è un richiamo ai colori dei gioielli e delle mani. Cosa ne pensi?
Bill fece tanto d’occhi. Finalmente una persona che se ne intendeva veramente, che non lo giudicava, che sapeva cosa consigliargli seriamente e senza dire idiozie come suo fratello del tipo “struccati che sembri un pagliaccio”.
-Dici? Forse allora è meglio che provi … Tooooom, rapido, dammi la matita argento, veloce!
Tom gli diede la matita argento sbuffando e la ragazza rise di gusto. Poco dopo Bill riemerse dal bagno conciato come gli aveva consigliato la rossa.
-Allora, come sto?
-Molto bene- disse lei.
Gli altri annuirono anche se non lo pensavano, per evitare crisi isteriche da due soldi in presenza della cameriera.
-Perfetto, sono contento di quest’improvvisata. Come ti chiami, stellina?
-Claudia Schadenwalt.
-Benissimo, allora da oggi in poi, sarai la mia nuova aiutante, al posto di quegli incompetenti medio borghesi di mio fratello e dei miei amici. Assunta! Georg, caro, ricordati che quando quei medio borghesi del management arrivano, devi dirgli di assumere Claudia.
Tom era ben felice della cosa, per una volta che suo fratello ne promuoveva una … anche se non aveva speranze pazienza. Georg anche era felice, anche se sapeva che si sarebbe dovuto subire tutti gli improperi del manager di fronte alla richiesta. Anche se poi avrebbero obbedito perché “gli ordini di Bill non si discutono”. Gustav sperò solo che oltre che essere simpatica la ragazza fosse in grado di cucinare decentemente.
Claudia scosse la testa nuovamente e ridacchiò. Però … assunta dai famosi quanto stupidi Tokio Hotel, gruppo che oltretutto lei nemmeno ascoltava. Poteva ritenersi più che fortunata. Ricordava ancora quando una sua amica, Alien sfegatata manco a dirlo, le aveva messo sotto gli occhi il poster del gruppo strillando cose inconsulte e lei aveva commentato “Wow, com’è figa la cantante!”. La sua amica l’aveva sgridata e le aveva fatto presente che Bill era un maschio “Peccato” aveva pensato lei, perdendo subito interesse per lui in sé, ma continuando a stimare il suo eccentrico look. Chiedeva addirittura alle sue amiche di darle foto di Bill apposta per studiarsi trucchi, pettinature e vestiti.
-Beh, non so, mi pare azzardato tutto ciò, io sono una cameriera mica una stylist!
-Non mi importa, potresti essere anche una baldracca per quel che mi riguarda ma tu sei assunta. Ci parla Georg con il tuo principale, dopo che avremmo convinto il manager.
Georg, Gustav e Tom si guardarono scuotendo la testa. Ecco, Bill era partito in tromba e nessuno l’avrebbe più fermato adesso.
Claudia annuì, facendo finta di niente. Tanto figurarsi, era solo un ragazzo viziato e strambo. Non avrebbe pensato a lei mai più una volta che fosse uscita da quella camera da letto.
-Beh, ora devo tornare al lavoro, ci si vede in giro per i corridoi.
Claudia sorrise e scomparve fuori dalla porta, senza smalto ma con un gran sorriso stampato sul volto lentigginoso.
I Tokio Hotel si guardarono un po’ in silenzio e poi Tom urlò
-Benissimo, c’abbiamo anche la figa adesso, quindi possiamo tranquillamente dedicarci agli scherzi! Dove eravamo rimasti?
-Allora, stavamo dicendo … - iniziò Gustav, attaccando i cioccolatini che aveva trovato per caso in una tasca.
Ma venne interrotto da un urlo lacerante, che squarciò l’aria, facendo ammutolire persino le aspirapolvere. I ragazzi si immobilizzarono di scatto, guardandosi negli occhi. Un urlo così. Un deja-vù generale per i quattro. Gli occhi di Bill di nuovo luminosi. E il fatidico strillo
-Ragazzi, abbiamo un caso!

****
B: "Sugar and spice and everything nice wasn't made for only girls! G I Joe's in panty hose was making room for the one and only ... " *ancheggia con un boa di piume rosso semi nudo per casa*
A: *entrando in casa* Ciao ragazzi! Sono tornata!
G1: Bill razza di scostumato, vestiti! L'Autrice Suprema è arrivata, ed è minorenne!!!
B: E allora? Che c'è di male a cantare i Green Day, ogni tanto? *faccina pucciosa*
A: Ehi, che state ... BILL!!!!!! Ti ho detto di non ballare nudo dalle finestre! Cosa penseranno i vicini?!
T: Si faranno delle seghe, cosa ti devo dire *ruminando pop corn davanti a Criminal Minds*
G2: Autrice Suprema, ho fame! Cosa mangiamo?
A: Aiutami tu Gustav, facciamo i wurstel che almeno non bruciamo la casa. * vede che Tom guarda il suo programma preferito* Cioè, Gus, stasera cucini tu da solo!
G2 va in cucina ridendo satanicamente mangiando cioccolato.
B: *imperterrito* King for a day, princess by dawn, King for a day, in a lether thong, King for a day,princess by dawn!
T: Dai, fratello piantala di fare il travestito ...
A: *nascondendosi dietro il cuscino terrorizzata con Tom che ha più paura di lei* grazie a chi ha letto, davvero, siete stupendi! Se volete lasciare un segno ... vi voglio bene!!!!!
G1: E' pronto pisciasotto, sbrigatevi. E tu Bill, vedi di vestirti per la cena e levati il rossetto!
T e A: Fameeeeee!!! *corrono in cucina con i G&G*
B: Oh, sono solo? Beh, allora .... Just wait for all the guys ... GET A LOAD OF ME! Aufiedersen! * si spoglia del tutto e saltella via*

 

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Capitolo 4
*** Lifeless ***


LIFELESS
Bill non aspettò nemmeno che uno dei suoi tre colleghi aprisse bocca, dopo aver sentito quell’orrendo urlo che riverberò sulle pareti dell’albergo. Semplicemente, le sue gambe si mossero da sole, come era successo quando aveva solo quattordici anni, seguendo il flusso di coscienza che immediatamente il suo cervello aveva prodotto “Urlo. Avvenimento strano. New Music of Germany. Omicidio. Indagine. Bill Kaulitz alla riscossa”. Si precipitò giù dalle scale in scivolata, a cavalcioni della ringhiera. Aveva sviluppato questa egregia capacità di scivolo delle scale negli ultimi anni, quando doveva fuggire dall’ira di suo fratello oppure del manager quando combinava qualche disastro; siccome i tacchi non aiutavano nella ritirata, le scale si presentavano come perfetta via di fuga, semplice, efficace e rapida.
Dietro di lui le proverbiali urla dei musicisti, che cercavano di tenergli dietro e di fermarlo, ma lui non li sentiva neppure. Erano come inutili ronzii nell’anticamera del suo cervello, che ora lavorava febbrilmente solo per l’urlo. Qualcosa era successo, allora. Finalmente, il suo ruolo di jettatore aveva funzionato, si era rimesso in moto; la sua anima turbinava sprizzando gioia da tutti i pori. Atterrò in fondo alle scale (prendendo una dolorosa sederata sul pilastrino sormontato da una grossa sfera di marmo che concludeva la ringhiera. Porche le scale, non aveva ancora imparato a scendere in corsa senza spiattellarsi il fondoschiena), e si slanciò da un capannello di gente bianca in viso, intenta a telefonare, urlare, sventolarsi, tutti ammassati sulla soglia di uno sgabuzzino per le scope e gli stracci. Si avvicinò a passo di carica, facendosi largo tra la folla, stampandosi in viso l’espressione da “largo pezzenti, arriva il Furer”, come era solita denominarla Tom. Spintonò come era suo solito, levandosi dalla strada le persone che tentavano di tenerlo lontano e … tadà! Davanti agli occhi del cantante si presentò una scena terribilmente nuova, eppure stranamente poco disturbante per Bill. Una donna, piuttosto giovane, ad occhio e croce avrebbe potuto avere circa 25 anni, giaceva scompostamente sdraiata sul pavimento, in una pozza di sangue ancora fresco, luccicante, emanante il tipico acre odore ferroso, il petto squarciato da un lungo taglio verticale dritto nel cuore, tra i seni. Negli occhi, ancora aperti, Bill ci lesse un’espressione di terrore puro, di sgomento, rimasti incastrati nelle pupille della giovane cameriera, a giudicare dall’abbigliamento, e presto cancellati dalla morte. La bocca era rimasta spalancata, in una smorfia di orrore e di sbigottimento assoluto. Bill si perse un attimo a fissare il cadavere, nel suo silenzio religioso, fotografando con gli occhi tutto quello che gli poteva essere utile. Sembrava quasi che il desiderio espresso poco prima, di ottenere un altro giallo con i fiocchi e i controfiocchi, si fosse avverato, servendogli su un piatto d’argento una vittima barbaramente assassinata.
-Porca p******, Bill, ma ti ha dato di volta il cervello?!
Tom lo prese per un braccio, trascinandolo brutalmente lontano dalla scena del delitto. Il chitarrista represse una serie di conati di vomito che lo assalirono non appena intravide la chiazza di sangue che andava rapprendendosi. Cristo, il sangue. Un altro fottuto omicidio per la gioia del suo gemello, e una carrellata di guai per lui. Eppure, qualcosa nel profondo della sua coscienza sembrava dirgli, con la stessa identica voce di Bill “Dai, Tom, ammettilo a te stesso. Sei contento, quasi quanto tuo fratello, di questo fatto macabro. Ti piace, ragazzo mio, non tentare di nasconderlo, non ne sei in grado. Accettati, bello, per quello che sei.”
-Ditemi che è uno scherzo, e che non c’è nessun cadavere puzzolente, vi prego- sospirò Georg, anche se sapeva che la sua era una lotta persa in partenza.
-Ma che scherzo e scherzo!- urlò Bill – C’è una cameriera accoltellata nello sgabuzzino!
-Carne fresca … - commentò acidissimo Gustav, rosicchiando un nugget.
-Vediamo se indovino. Ora noi quattro dovremo combinare insieme indagine, scherzi, e lavoro per la vostra gioia da bambinetti ignoranti?- disse Georg
-Esatto! Sarà una settimana all’insegna del divertimento più sfrenato!- Bill saltellò allegro, ricevendo non poche occhiatacce dalla gente che li circondava.
-Beh- borbottò Tom – Sempre meglio che sorbirmi tre giorni in quel dannatissimo centro di bellezza a Francoforte con lui ad angosciare e le estetiste o brutte come il peccato o virtuose che manco la madre badessa …
All’improvviso il cellulare di Gustav (l’unico che si premurava di tenerlo sempre acceso, carico e a portata di mano) trillò, rivelando la chiamata tanto temuta, ovvero : il manager che si era accorto della loro fuga da Magdeburgo.
-Porca l’estetista trans che ci provava con me, cosa facciamo?!- sbiancò Tom.
-De … devo rispondere?- balbettò Gustav, allontanando il telefono come se fosse posseduto.
-Se non lo facciamo, si arrabbierà il doppio- mormorò Georg.
-Nah, faccio io!- Bill strappò il cellulare dalla mano dell’amico e rispose, strepitando come un’aquila. – Cosa vuoi, insensibile animale!? Non si può nemmeno più raccogliersi nel proprio dolore di fronte all’infiammazione fulminante del metatarso della povera zietta ormai prossima alla tomba?!
-Ma il metatarso può infiammarsi?- sussurrò Tom a Georg, il quale si limitò ad alzare le spalle con aria interrogativa.
-No, non mi interessano scuse di nessun genere, losco individuo! L’ospedale di Berlino ci ha già detto che non c’è più nulla da fare, cosa insisti apatica creatura? Affoga nel dispiacere delle tue macchine da soldi e sentiti colpevole di aver interrotto la mia veglia funebre!
Finito il discorso, Bill chiuse immediatamente la chiamata e spense il telefono, prendendo fiato.
-Bene, e anche lui è sistemato. Ora svelti, ci sono già le volanti fuori dall’albergo, diamo un’occhiata prima che impestino la scena del crimine.
Acchiappò batterista e bassista e li trascinò a passo spedito dalla morta, lasciando il gemello impressionabile da solo in mezzo alla sala con il perentorio ordine “Toooom, vai dalla Polizia, fai domande, infastidiscili, insomma, rallenta il loro intervento”.
Sfortunatamente per Bill, Tom non era in grado di temporeggiare con i poliziotti, non era in  grado di tirare fuori frasi di senso compiuto, non era in grado di fare alcunché se non boccheggiare come una carpa bollita alla vista del sangue rappreso che si vedeva sotto il cadavere lasciato alla vista dal capannello di gente che si era pian piano dispersa con l’arrivo della Polizia. Gli unici ancora lì a ficcanasare erano i nostri eroi, o meglio, solo il cantante. Gli altri due facevano numero e basta.
Bill sfarfallò gli occhioni truccatissimi, passando velocemente in rassegna il disegno davanti a lui. Il coltello non c’era, o perlomeno, a prima vista non si vedeva, il corpo giaceva scomposto, semi appoggiato allo stipite, quasi come se fosse crollato una volta aperta la porta dello sgabuzzino.
-Signori siete pregati di allontanarvi dalla scena del delitto- una voce non proprio sconosciuta apostrofò i ragazzi, che si girarono a rallentatore. Georg già pronto a dire “si, ci scusi, ci leviamo dai piedi”, Gustav con la faccia perplessa e Bill in versione manga ultra tenero con le lacrime formato gigante. E lo videro. Il riconoscimento fu immediato, sia da parte dei tre che dal commissario.
-Commissario Bahrens!
-Quei tre mostriciattoli del New Music of Germany! Dov’è il quarto elemento da baraccone?
-Wow commissario, che fortuna incontrarla di nuovo su una scena delittuosa come quella di qualche anno fa!- esclamò Georg, dimenticandosi immediatamente di levarsi da mezzo.
-Ehi, me le ha portate le barrette al cioccolato e riso che c’erano solo nelle macchinette del commissariato di Sulzetal?- urlò Gustav, sorridendo.
-E il caffè? Me ne offre uno?- trillò Tom, che, adocchiato il buon vecchio commissario era saltellato al loro fianco.
-Oddio, che cosa straordinariamente romantica!- cinguettò Bill, appendendosi a suo fratello – Situazione uguale, investigatori poco più grandi, e tanta voglia di avventure! Tooom, tesoro, non è assolutamente da fan fiction?
Mentre i quattro zompavano allegramente strillando cose inconsulte, il commissario Barhens tentava di non svenire lungo disteso e di riprendere fiato. Bene, dai, niente di cui preoccuparsi. L’ultimo caso prima dell’agognata e meritata pensione … in compagnia dei Tokio Hotel! Dannazione, qualcuno lassù voleva imprimergli bene a fuoco quel suo ultimo caso, che lui aveva accettato di condurre prima di ritirarsi nella casa di campagna. E ora, il peggio. Erano cresciuti, non avevano più quattordici anni, ne avranno avuti diciotto, diciannove. E in più, erano l’orgoglio nazionale, la band tedesca per eccellenza del momento, non poteva liquidarli così. Erano i Tokio Hotel, diamine, e potevano fare quello che volevano. Dal momento poi che si erano rivelati anche appassionati di misteri … non se li sarebbe levati di torno nemmeno con un mandato d’arresto perenne. Eppure, la sua coscienza gli ricordava chiaro e tondo che erano stati quei ragazzi che ora aveva davanti, uno col sorriso studiato per sembrare affascinante, l’altro con una smorfia studiata per sembrare teneramente imbronciata, e gli altri due con sorrisi non studiati da ragazzi normali che aspettavano solo il momento giusto per farsi delle sane risate, a risolvere il vecchio caso brillantemente archiviato (e che oltretutto gli aveva fruttato una promozione nonostante non se la meritasse). Chissà, magari anche quella volta avrebbero dato una significativa mano per l’indagine.
-Beh … ehm, si, anche io sono contento di rivedervi ma ora andatevene, per favore. È ora che intervengano i professionisti.
Bill stava già per ribattere che lui “era un professionista, assolutamente, e anche il migliore”, ma Tom lo trascinò lontano e Gustav lo ammutolì con un marshmellow provvidenzialmente trovato in fondo al berretto. I nostri avevano brillantemente scoperto che, per far tacere Bill, cosa piuttosto impossibile, bastava imboccarlo in continuazione di marshmellow. Se così facevi, senza dargli il tempo di parlare ma infilandoglieli in bocca a manetta, il cantante se ne stava buono al suo posto, senza parlare. Tom sfruttava spesso il metodo geniale quando portava qualche ragazza in casa. Per evitare che Bill venisse a rompere sul più bello (ed era successo, che lui entrasse nella camera senza farsi problemi dicendo che voleva dormire con loro, interrompendo tutto, e infilandosi in mezzo a Tom e alla poverina di turno, facendosi abbracciare, e costringendoli a dormire tutti e tre insieme), lo chiudeva in camera sua con un pacco formato gigante di marshmellow che lo tenesse impegnato fino al sopraggiungere del sonno. Solitamente se ne stava al suo posto, a ruminare zucchero, e taceva (sempre che non gli venisse la geniale idea di andare in salotto, e costringere Tom e ragazza a vedere un cartone animato con lui, mangiando marshmellow con conseguente partita al “gioco dell’oca” e nottata rigorosamente tutti insieme, con il peluche che Bill ficcava in bocca a Tom e alla ragazza. Fortunatamente serate così erano molto rare).
-Beh, se quella era una cameriera, allora dovremmo cominciare a chiedere qualcosa sul suo conto a Claudia- ragionò Georg.
-Giusto! Andiamo a cercarla.
I quattro si avviarono a passo spedito verso il salotto dove era riunito tutto il personale dell’albergo, più ospiti. L’entrata trionfale che i ragazzi fecero sembrava presa direttamente da uno di quei film apocalittici di Tom, dove alla fine l’eroe di turno riemerge dalle macerie. Solo che qui di eroi ne avevamo quattro e ben poco epici.
-Claudia, ciccia, vieni qui!- strillò Bill, schioccando le dita.
La ragazza riemerse dall’abbraccio di un’altra cameriera in lacrime, le disse qualcosa nell’orecchio, e raggiunse i Tokio con aria leggermente confusa.
-Avete visto che casino?- disse loro, mordicchiandosi il labbro inferiore.
-Abbiamo visto, e intendiamo indagare sulla morte della tua collega- rispose Gustav, dandosi un tono molto serio e compassato.
-Che? Voi quattro?- l’espressione quasi derisoria assunta dalla rossa demoralizzò un po’ i musicisti. E no, ‘somma, in un film che si rispetti la figacciona deve essere un minimo ammirata dai protagonisti, non guardarli come se fossero tre pollastri che ballano la salsa.
-Si, lo so che le apparenze ingannano, ma ti possiamo assicurare che hai davanti a te degli investigatori eccellenti. Come dire, possiamo paragonare la polizia alle borse finto griffate che vendono i marocchini per strada, e noi a delle pure borse Louis Vuitton. Mi spiego?- disse Bill, assolutamente immune al fascino che Claudia esercitava sugli altri tre. Ma Bill era immune al fascino di chiunque meno il suo.
-Oh, beh, figo.- Claudia sorrise – Dovete farmi una specie di terzo grado, allora?
-Che tipo era, la defunta?- chiese Georg, prendendo un quadernetto rosicchiato da Gustav in astinenza e una penna mangiucchiata da Tom per non si quale motivo.
-Boh, cioè, non la conoscevo molto bene … semplice frequentazione professionale. Comunque si chiamava Karen Moellendorf, aveva 25 anni, era di Berlino, e poi … non lo so, mi pareva che fosse appassionata di bridge online, sapete quei siti dove giochi con persone che non conosci? Beh, una volta ne avevamo parlato e mi aveva detto che era piuttosto fissata. Ah, e le piacevano i cani. Aveva un terrier piccolo e odioso.
-Ricca?- chiese Tom.
-Non lo so, non mi pare. L’unica cosa che so per certo di Karen è che aveva un anello con una stella cadente incisa sopra e che lo portava sempre al dito. Niente di pregiato, ma ci teneva molto anche se non ha mai detto perché.
-Una stella cadente?
-Parola di boyscout.
-Eri una boyscout?- esclamò Georg, interessatissimo.
-Si, anche tu?- strillò Claudia.
-Grandiosa! Io facevo parte dei Lupacchiotti della Pannonia!
-Io ero una delle Volpi del Muro. In realtà quando c’ero dentro li odiavo, ma col senno di poi li adoro.- trillò Claudia, tutta presa dal discorso.
-No, sono una grande organizzazione giovanile, ho imparato un sacco di cose, tipo come allestire un fuoco da campo, come orientarmi senza mappe, come raccogliere le bacche …
-Anche io, sono diventata autosufficiente. E poi ho incontrato Ragnhild, la mia ragazza.
-Scusate, per quanto questa storia romanticissima tra te e lei, che per inciso mi interessa molto e voglio che me la racconti il prima possibile, sia appassionante, potremmo parlare del caso invece che discorrere di cose inutili? Georg, insomma, non coinvolgerla nei tuoi pallosissimi discorsi sull’efficienza di quei buoni a nulla dei boyscout!- strillò Bill.
-Ah, prima di finire il discorso, comunque, Geo, per quanto tu possa essere stato un bravo Lupetto da bambino, sappi che come cuoco da campo fai letteralmente c*****- aggiunse Gus.
 
I G&G cominciarono a litigare sulle  rispettive doti culinarie, e i gemelli si guardarono scuotendo la testa, quando Tom decise di porre fine alla disputa furibonda
-Genug!!!! Razza di babbuini spastici incapaci anche solo di scaldare un bicchiere d’acqua, volete smetterla!?
I due tacquero seduta stante, quando una vocina sconosciuta, ironica e strascicata disse, alle loro spalle, in inglese:
-Uh uh, ma guarda un po’ te … cos’è, vi siete resi conto di essere talmente scassoni come musicisti che vi riciclate come investigatori?

 
*****
A: Ciao ragazze! Eccoci qui con il quarto capitolo … wow, è arrivata anche la defunta. Cosa dire, spero vi continui a intrigare e che vogliate continuare a seguirci. Piccola comunicazione di servizio: siccome sono in montagna e non ho internet, i capitoli verranno postati solo una volta a settimana possibilmente di lunedì. Se saltassero quindi due settimane, non disperate, vuol dire che non sono riuscita a scrivere e a mandare in città per la pubblicazione.
Ah, sinceramente non sono certa che genug voglia dire “basta!” ma mi fido di Google ;)
G2: Ehi ragazze! Vi ricordate del povero commissario Barhens? Beh, se avete letto Make Some Noise, di sicuro; se no andatevela a leggere!
T: Vi prego, io mio fratello non lo sopporto più! Da quando ha capito cosa sono le recensioni su EFP continua a piangere perché non ce ne arrivano … per favore, recensite per il nostro bene!!!
G1: Ecco, oppure adottateci! Siamo tre più una liceale; io sono un boyscout, so mettere a posto, so pulire e so fare la raccolta differenziata!
G2: Io cucino benissimo!
A: Io vi intrattengo con le mie storie!
T: Io non faccio un tubo, ma so’ figo, so’ bello so’ chitarrista modello.
B: * appena tornato a casa * ehi, ragazzi, cosa sono ste facce depresse? Recensioni? Ancora niente? TOOOOOOOOOOOOM!!!!!!!
A+T+G1+G2: Aiutooooooooooo!

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Capitolo 5
*** Tearless ***


TEARLESS

I Tokio Hotel si girarono con lentezza esasperante, come si vedeva fare nei film western anni 50 che piacevano tanto a Georg, con sguardi assassini già pronti per essere sfruttati. Davanti a loro, un nanerottolo con gli occhi azzurri e una faccia da schiaffi li fissava con un sorriso attaccabrighe. Louis Tomlinson. Gli odiati One Direction. Dannazione.
-Allora, mezza sega, cosa dovremmo dire di te?- ruggì Gustav, entrando nella gloriosa modalità “panzer da assalto” e incrociando le braccia al petto con fare minaccioso.
-Oh my God, la palla di ciccia mi minaccia!- il sorriso da sfotti non piacque alquanto ai quattro, che cominciarono a schierarsi in formazione “tattico difensiva”, come la chiamava il batterista. Quando voleva, creava dei plotoni da guerra meglio che il generale Custer.
-Senti, inglese dei miei stivali, ti ricordo che siamo in Germania, indi casa nostra, e che qui l’ospite sei tu e i tuoi tre amici mangia pudding, quindi non ci importunare con la tua vocina da bambina e tornatene a ingozzarti di pudding e non scassare ai padroni di casa- sbottò Georg, che aveva il ruolo fondamentale di ambasciatore di guerra e si occupava di risolvere le cose per via diplomatica.
-Senti un po’ tu mangia crauti, voglio proprio vedere cosa mi fate, ignoranti musicisti!
-Allora, s********** del c****, dì ancora qualcosa di simile e giuro che ti spacco la faccia e le palle.
Tom, da bravo cacciabombardiere, acchiappò Louis il nano per la collottola e lo tirò su senza troppe difficoltà, cominciando a ringhiare.
-Anche maneschi, oltre che stupidi.- l’espressione di Louis virò più sul semi spaventato. Evidentemente non si aspettava queste reazioni, ma solo una sana litigata e una bella carrellata di simpatici insulti per cominciare bene il pomeriggio.
-Bene, tesoro, ora puoi decidere come morire. Se picchiato da Tom, se schiacciato da Gustav, se soffocato da Georg, oppure se accecato da me- Bill mosse languidamente la mano di modo che le luci della sala facessero risplendere sinistramente le sue unghie da arpia, sfarfallando gli occhioni.
-Beh, sicuramente non accecato da te, checca t****** isterica!- sputò Louis, ridendo. Magari aveva ancora qualche chance di tirare fuori una bella litigata 1D-TH. Anche se ora erano evidentemente 0-1 per loro …
-Come hai chiamato mio fratello?!
Tom mollò un gancio a Louis da far girare la testa, ringhiando come un cane rabbioso.
-Bastardo mangia pudding!- pugno in testa alla Georg.
-Avanti il kaiser!- ululò Gustav, cogliendo l’occasione, e mollandogli uno sganassone.
-Sarò anche una checca, sarò anche una t****, ma isterico non lo accetto!
Lo schiaffo di Bill con artigliata fece più male che le botte dei musicisti per Louis, partito per dar fastidio agli odiati crucchi e ora malmenato violentemente senza che nessuno dei suoi amici muovesse un dito. Anzi, sentiva Niall e Liam ridere di lui: bastardi …
-Bill, demente gemello stupido, dovevi dirgli che non volevi sentirti dare della checca t****, dell’isterico non ha mica tutti i torti!- sbottò Tom.
-Ma Tom, stupido gemello demente, sei tu il primo a darmi della checca t***, ormai non mi offendo più! E non dire che sono isterico, perché non è vero!
I due gemelli cominciarono a litigare per conto loro e i G&G e Louis si scambiarono un’occhiata perplessa
-Ehm, sono sempre così?- chiese Louis.
-Si, guarda, sono fatti così- rispose Georg, alzando le spalle.
-Non c’è niente da fare- rincarò Gustav.
Louis mise loro una mano sulle spalle con aria dispiaciuta
-Auguri, mangia crauti.
-Grazie, mangia pudding.
E Louis ritornò dai suoi colleghi che sghignazzavano spudoratamente, meno Harry che non aveva capito cos’era successo, ma era intento a convincere una spaventata Avril a sposare Niall.
I G&G calmarono i due gemelli (che si erano dimenticati immediatamente di Louis) e li convinsero con abilità innata, grazie all’ausilio del marshmellow per Bill e della solita frase finta “Tom, c’è una che ti sta guardando” che funzionava anche in mezzo al deserto, a interessarsi nuovamente al caso in corso.
Tornarono a passo di carica sulla scena del crimine, dove il cadavere non c’era già più ovviamente, e il tutto era circondato dai soliti segnali gialli e neri della Polizia. Tom sospirò e si aggrappò a suo fratello, onde evitare di collassare per terra causa eventuali chiazze di sangue ancora semi fresche. Gustav riuscì a eludere le zampette di Bill e corse al bar a rifocillarsi di cibo; la litigata con la Direzione lo aveva destabilizzato, necessitava dieci Bounty e quattro Mars per riprendere le energie perdute. Georg si armò di cellulare (quello glie l’aveva regalato Bill per Natale con l’esplicita frase “Georg, tesoro mio, ho saputo che il tuo telefono è finito nel cesso, perciò te ne ho regalato uno nuovo con la macchina fotografica migliore che c’è, così per i prossimi misteri tu sarai il nostro fotografo forense”. Gli sembrava troppo bello che Bill gli avesse fatto un regalo così senza secondi fini) e si preparò a fare il fotografo forense, cominciando a scattare foto a raffica alla scena del delitto. Bill, semplicemente, si mise ad osservare la scena con il suo occhio indagatore, come un airone che scruta il lago alla ricerca del pesce.
-Bill, mi hai intasato la memoria del cellulare- borbottò Georg, quando gli arrivò l’avvisaglia della memoria piena.
-Davvero?- miagolò l’interessato, ricevendo il mano il telefono dell’amico nella Galleria, dove spiccava una cartella “selfie splendore” e dove, aprendola, ci si sarebbe potuti perdere in 1457 selfie di Bill tutti esattamente uguali e tutti esattamente terrificanti. – Non ti piace, Geo?
-Sinceramente, non ho capito perché tu usi il MIO cellulare per fare foto a TE stesso.
-Te l’ho detto! Camera fotografica migliore del mercato!
-Tom, fai qualcosa di utile per il pianeta, da bravo: compra a tuo fratello il mio cellulare così non mi intasa la memoria di selfie mentecatti.
Tom guardò disperato l’amico e il gemello, poi prese il suo telefono e lo mostrò a Georg “Galleria- cartella “selfie splendore” 2388 foto di Bill molto simili a quelle di Georg, però più inquietanti, perché ogni tanto, dietro si intravedeva Tom nudo, o un pupazzo mezzo cieco, o qualcosa di non ben identificato.
-Ci manca ancora vedere quanti ne ha Gustav e poi giochiamo al Super Enalotto- grugnì Tom.
-1399- rispose Gus, arrivato in quel momento con la bocca gonfia di cioccolato e le tasche strabordanti di patatine. – Non oso immaginare quanti ne abbia Bill nel SUO cellulare.
-Nessuno!- trillò il cantante – Sui vostri c’è più gusto a farseli. Nel mio che me ne faccio?
I musicisti evitarono di commentare, scuotendo la testa.
-Ma poi, cosa ve ne importa dei miei selfie quando abbiamo un geniale caso da risolvere! Per esempio, avete notato una cosa?- Bill si inginocchiò per terra – Se avete visto, il cadavere era poggiato scompostamente sullo stipite della porta.
-Finora non siamo ancora ciechi- commentò sarcastico Tom.
-Lo so che non siete ciechi idiota, ma sono certo che non avete osservato la situazione con la dovuta attenzione. Siamo nel salone di un grande albergo della capitale, dove in questi giorni sono ospitati i musicisti più in voga del momento, quindi, ragionevolmente, è tutto pieno di gente e per un assassino non è propriamente semplice accoltellare una in mezzo alla folla.
-Per l’appunto, l’ha uccisa nello sgabuzzino. Per una cameriera è normale accedervi- disse Georg.
-Esatto. Quindi l’omicida era nascosto nello sgabuzzino prima che lei vi entrasse e l’ha ammazzata dentro, al riparo da occhi indiscreti. E qui viene da farsi qualche domanda.
-Cioè?- Gustav attaccò un bounty con furia.
-Lei ha urlato quando l’ha accoltellata, e ovviamente, come noi stessi abbiamo fatto, la gente nei paraggi è subito accorsa. Da qui, la prima domanda: da dove diavolo si è dissolto l’assassino, se uscire dalla porta dello sgabuzzino era impossibile?
-Da un passaggio segreto!- esclamò Tom, cominciando a saltellare come un babbuino.
-Tom, risparmiaci le tue c******. Non ci possono essere passaggi segreti nello sgabuzzo di un hotel- lo rimbeccò Georg, scuotendo la testa.
-E allora cosa fa?! Si volatilizza?!- sbottò il rasta, mettendo il broncio che puntualmente metteva quando qualcuno che non fosse suo fratello gli faceva presente che diceva sempre c*****.
-Zitti, mi deconcentrate!- strillò Bill – E poi, era appunto la prima domanda. La seconda da porsi è la seguente: come ha fatto la cameriera a non accorgersi del suo assassino? Intendo dire, questo ripostiglio è veramente microscopico, quando tu entri, vedi per forza qualcuno, anche se fosse nascosto parzialmente dalle scope, cosa piuttosto assurda. Quando lei ha aperto la porta, lo ha visto in faccia, eppure, invece che tagliare la corda urlando, è lo stesso entrata, chiudendosi la porta alle spalle.
-Intendi dire che forse poteva conoscere l’assassino?- mormorarono i G&G in coro.
-Tipo … un amante? Una storia d’amore finita male?- aggiunse Tom.
Bill sfarfallò gli occhi sospirando rumorosamente.
-Questo non lo so, Tommino caro. Eppure sarebbe così bello poter avere una conturbante storia d’amore, passione, e sentimento, tanto da dover affrontare anche la morte per il proprio amore segreto, celato, nascosto agli occhi di un mondo che non comprende. Aver qualcuno pronto a sacrificarsi per te, a dare la vita per salvarti …
-Ok, è partito- borbottò Georg, allontanandosi con attenzione.
-Ritirata strategica al plotone 17- biascicò Gustav, tenendo stretti i Mars.
–Quando fa così diventa violento.- constatò Tom.
Infatti, puntualmente, Bill cominciò a strillare a pieni polmoni, e la voce non gli manca, corredando il tutto da grosse lacrime di mascara.
-Tooooooooom, sono solo, non ho nessuno, fai qualcosa!!!!!! Voglio anche io una conturbante storia d’amore!!!!! Perché non ce l’ho?!
-Ehm, fratellino caro, sai, la gente si esaurisce a stare a contatto con te e non penso che nessuno a parte me e la mamma voglia dare la vita per un pagliaccio conciato come ti conci- lo consolò molto amabilmente Tom, abbracciandolo.
-Ma io la voglio! Tom, perché io non posso avere una storia di amore passione e sentimento?- Bill si aggrappò al gemello con le unghie, affondandogli il viso nella felpa e macchiandola inevitabilmente di mascara, fard, eyeliner, rossetto violaceo – Voglio la mamma!!! Mamma!!!
“Santa donna” pensarono simultaneamente i G&G.
-Dai, Bibi, tesorino, la mamma ora non c’è e … - iniziò Tom, accarezzando i capelli del fratello. Già, la mamma non c’è. E allora, chi avrebbe potuto lavare la felpa sudicia di trucco? Chi, se non lei? Tom ci pensò un secondo e giunse alla conclusione che la sua felpa rossa preferita sarebbe rimasta sporca. Sporca. NO! LEI SPORCA NO! – Mamma!!!!! Voglio la mamma!!!
I gemelli caddero al suolo abbracciati continuando a strillare come due sirene dell’ambulanza e a chiamare l’ignara e innocente genitrice.
I G&G si guardarono annoiati e stufi, quando Claudia non li raggiunse sconvolta
-Ma che succede a Tom e Bill? È morto qualcun altro?
-No- sbuffò Georg – Uno vuole una conturbante storia d’amore, l’altro vuole la felpa pulita ed entrambi vogliono la mamma. Normale routine, compare boyscout. Facci l’abitudine.
Gustav nel frattempo aveva chiamato la signora Kaulitz, mettendola al corrente dell’incresciosa situazione, ricordandole per l’ennesima volta che si chiamava Gustav e non in qualche altro buffo modo, e poi si era limitato ad allungare il cellulare ai due lagnoni.
Quando sentirono i singhiozzi diminuire di intensità e i gemelli farsi piccoli piccoli nel loro angolino, ciucciandosi il labbro inferiore allo stesso ritmo e dicendo in contemporanea
-Si mami, scusa, no, non lo facciamo più. Si mamma, promesso. Mamma, ci manchi. Mamma, quando torniamo a casa ci compri un Lego? No? Ma mami, se stiamo bravi ce lo compri? Dai, mamma …
Sentito ciò, i G&G si diressero a passo di carica dal commissario, pronti a riferire le idee di Bill, omettendo la lagnata. Il commissario si accarezzava i baffoni a manubrio e commentò
-Anche io mi ero posto la domanda di come avesse potuto fuggire l’assassino, ma sembra non esserci nessun passaggio segreto, porta secondaria o condotto d’areazione nello sgabuzzino. La domanda rimane, e pesa alquanto. Per quanto riguarda il fatto che lei conoscesse l’assassino, sinceramente non ci avevo pensato … va beh, sentite, ora noi andiamo a vedere i nastri delle registrazioni. Voi statevene qui buoni e forse poi vi comunicherò se accade qualcosa di sospetto.
-Lei non ci comunica un tubo. Veniamo con lei- intervenne Tom, facendo una gloriosa entrata in scena, con gli occhi asciugati dalle lacrime.
-Nemmeno per sogno- si oppose serio il commissario Barhens – Non siete poliziotti!
-Però siamo più furbi- commentò Gustav, fregando dalla tasca di un poliziotto di passaggio una caramella alla fragola e limone.
-E anche più astuti- rincarò Georg, notando un interessante pacco di fogli da paciugare.
-E più belli- Bill si aggiunse ai musicisti, in posizione “non osare opporti a me”.
-E quindi veniamo con lei, punto e basta- concluse Tom, fregando una tazza di caffè a un tipo di passaggio, bevendo e rimettendoglielo in mano vuoto.
Il commissario li fulminò, già stufo di averceli in giro. Bambini lagnosi, ecco cos’erano quei quattro. Stupidi bambinetti. L’uomo sospirò, passandoli in rassegna uno per uno. Tanto valeva portarseli dietro, anche perché l’indagine doveva andare avanti e non bloccarsi per colpa dei mostriciattoli da cabaret.
-E va bene, mostrilli, venite con me.
E fece strada verso l’ufficio della sicurezza.

 
***
B: Autrice Suprema, voglio una conturbante storia d’amore seriamente ora!
A: Bill, era per divertire le lettrici, mica per altro.
T: E io voglio un Lego.
A: Fottiti, Tom, anche io voglio un Lego.
G1: Autrice, mi spieghi perché le tue mappe sono tutte macchiate?
A: Geo&Geo, non preoccuparti, è solo muffa.
G2: A proposito di muffa, il gorgonzola è uno spettacolo!
A: Gus, dovevo farci la pasta con il gorgonzola, ora che mangiamo?
T: Stasera, si mangia “Gustav gratinato con patate”.
G1 + A *guardandosi*: Sembra appetitoso!
B: E la storia d’amore dove la mettiamo?
T: Ciliegina sulla torta!
B: Mi hai fatto venire fame.
G2: Ehi, cosa sono quegli sguardi cannibali? Lettrici amorevoli, che tanto buone siete state a lasciarci recensioni gradite, aiutate il vostro “cucciolo”!
A+B+G1+T *sguardi cannibali*: Fame!!!! Gus vieni qui!!!!!!!!!
 

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Capitolo 6
*** Memoryless ***


MEMORYLESS

La sala registrazioni dell’ albergo si trovava dietro l’ufficio del direttore, calda e piccola, costellata di grossi schermi che mandavano in onda tutte le registrazioni eseguite dalle telecamere a circuito chiuso dell’albergo. Il caldo era piuttosto opprimente, a causa della presenza di una sola finestrella schiacciata. Alcune sedie girevoli piuttosto male in arnese roteavano davanti alle televisioni. Bill si impossessò di quella messa meno peggio e si aggrappò al computer come se fosse un grosso barattolo di smalto, con un sorrisetto da procione che non prometteva nulla di buono. I musicisti si scambiarono un’occhiata e lo circondarono; i poliziotti guardarono con aria interrogativa il commissario: perché lasciava interferire nell’indagine quei quattro ragazzini stupidi? Perché non li cacciava a calci?
-Commis, ma ora quindi ci guardiamo tutte le registrazioni da ieri sera all’ora dell’omicidio?- esclamò Tom, osservando ammirato e con una punta di stupore infantile il disco delle registrazioni che veniva mandato indietro a razzo dal gemello.
-Beh, teoricamente sì. E come mi hai chiamato?- il commissario lo guardò con un cipiglio severo.
-Commis! È l’abbreviazione di commissario!- trillò il rasta, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
-Se il lavoro è così lungo, allora voglio cinquanta pacchetti di patatine, un piatto di lasagne e cinque krapfen. E due salsicce come spuntino.- disse Gustav, schioccando le dita tentando di imitare Bill, ma riuscendo solo a far incastrare le dita sudate senza emettere suono alcuno e suscitando il risolino di un giovane brigadiere.
-Ma no GusGus, non lo sai fare!- lo redarguì immediatamente il cantante, girandosi di scatto e dicendo, con il tono che non ammetteva repliche, una smorfia annoiata sul bel viso e un sonoro schiocco di dita scheletriche – Veloce, ragazzo, voglio cinquanta pacchetti di patatine, un piatto di lasagne e cinque krapfen. E due salsicce come spuntino. E vedi di sbrigarti, non ho tempo da perdere con te!
Immediatamente il giovane brigadiere scattò sull’attenti e si precipitò fuori dicendo
-Certo signore, non si preoccupi, sarò subito di ritorno.
Infatti poco dopo fu di ritorno con quanto ordinato dal batterista, che si fregò contento le mani e cominciò a organizzarsi la tavola.
-Scusate, ma non è un lavoro eccessivamente lungo per noi quattro?- sussurrò Georg – Secondo me faremo meglio a osservare le ultime registrazioni e lasciare le prime alla Polizia.
-Forse ha ragione Geo, fratello. Guardare sti cosi è una rottura di palle unica.- gli diede man forte Tom, sperando che Bill, abbarbicato come un primate sulla sedia, intento a ciucciarsi il labbro inferiore e a fissare lo schermo, li avesse sentiti.
-Immagino che anche i poliziotti siano in grado di vedere delle registrazioni senza fare gaffe- continuò Georg, tentando di svegliare la gamba che puntualmente gli si era addormentata.
-Grazie della fiducia … - commentò ironico il commissario, avendo udito l’uscita di Georg.
-Prego, non c’è di che.
-Comunque, sarebbe un lavoro per le forze dell’ordine, mica per dei ragazzini fissati con la tv- il commissario guardò inviperito Bill, e gli posò una mano sulla spalla.
-No, Commis, non lo faccia … - iniziò Tom, tentando di fermarlo senza successo.
Infatti, Bill fece un salto di due metri e mezzo dalla sedia strillando e tentando di accecare il poliziotto con i suoi artigli argentati, sbraitando:
-Giù le mani maniaco depravato perverso, ti uccido!!!
-Inizia Piano Placcaggio Bill!- urlò Georg, tuffandosi sul commissario e buttandolo per terra, cercando di salvarlo dalla furia omicida del cantante, mentre nel frattempo Tom afferrava le mani del gemello e le stringeva con forza inaudita, torcendogliele dietro la schiena, mentre Gustav ululava:
-Arriva la mamma!!!!!
Tutto di svolse in un millesimo di secondo, con Georg che stava davanti al commissario versione toro arrabbiato, Gustav che finiva di ululare vari tipi di calmanti (che comprendevano “arriva la mamma”, “ti è arrivata una fornitura di rimmel a vita”, “L è risorto”), e Tom che cominciava a ingozzare Bill di marshmellow, senza tregua, canticchiando
-Dormi, dormi, tesorino, fai la nanna amore mio, gli angeli ti cantano la buonanotte dal cielo, e domani un giorno migliore sarà, dormi dormi tesorino …
Immediatamente, Bill si calmò, un’espressione serena tornò a ornargli il volto, e i marshmellow cominciarono a smettere di volare nella sua bocca. Sfarfallò gli occhioni, e cinguettò
-Uhm, avete ragione, con questo caldo i capelli soffrono … commis, le lascio il compito di verificare le registrazioni e di controllare accuratamente qualunque persona sospetta.
Il ragazzo si alzò, si stiracchiò, si passò una mano nel cespuglio nero accuratamente sparato e si diresse a passo di carica verso la porta, ancheggiando come suo solito, incerto sui tacchi vertiginosi, seguito da Tom e Georg. Il commissario rimase un attimo interdetto, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua, quando Gustav, dopo aver raccattato tutti i suoi averi di cibo, gli disse
-Lo scusi, commis, ma deve sapere che non bisogna mai toccare Bill quando è al computer, perché pensa che ci sia un maniaco pronto a violentarlo.
-Seriamente- intervenne il brigadiere – A chi verrebbe in mente di violentare quel coso lì?
-E’ quello che anche noi ci chiediamo da anni- commentò Gus, alzando le spalle – Va beh, ci si  vede gente!- e uscì dalla sala con la sua tovaglia a quadretti dove aveva avvolto i rimanenti krapfen e salsicce.
Il commissario guardò smarrito Gustav che usciva dalla stanza, guardò il giovane brigadiere e sbuffò: si prospettava un ultimo caso da incubo …
Intanto Bill e Co. Si erano fatti largo nella sala, verso i sigilli della Polizia che loro avrebbero svalicato, e si sarebbero introdotti nel luogo del delitto. A nessuno venne in mente di fermarli, mentre avanzavano gloriosi come tre guardiani della galassia al ritorno da una guerra interspaziale, seguiti fedelmente da una navicella d’assalto con un sacchetto rosso e bianco a quadretti che ricordava una tovaglia da picnic.
Si affacciarono allo sgabuzzino delle scope, svuotato per l’occasione dei secchi e degli spazzoloni, mandati alla Scientifica per accertamenti. Il vano era piccolo, buio, e puzzava di chiuso
-Sembra lo sgabuzzo dove eravamo rimasti segregati a undici anni- commentò Tom, osservando con malcelato disgusto le chiazze di muffa sul basso soffitto.
-Eravate rimasti chiusi in uno sgabuzzo?!- esclamò Gustav.
-Alla festa di compleanno di Magdalena, una nostra ex compagna di scuola- rispose Bill.
-Si giocava a nascondino, e noi avevamo brillantemente pensato di chiuderci nello sgabuzzino di casa sua, però siamo accidentalmente rimasti chiusi dentro. E non c’era verso di aprire la porta!- continuò Tom, scambiando un’occhiata divertita col gemello.
-Eppure avevamo urlato e picchiato come ossessi per più di un’ora- Bill fece un sorrisino poco tranquillo, come se ricordare quel buffo evento gli facesse venire una crisi di claustrofobia.
-Ti ricordi che stavano per allertare il vecchio capitano Moser? Esagerati!- Tom ridacchiò con un filo di isteria – E tu dovevi andare in bagno. E lagnavi.
-Avresti lagnato anche tu, se fossi stato nella mia situazione!- sbottò Bill.
-Si, ma tu devi sempre andare in bagno nei momenti meno opportuni!
-Non è colpa mia se ho la vescica debole!
-Ma dobbiamo proprio parlare della vescica di Bill?!- interruppe Georg, arrossendo.
-Hai qualcosa contro la mia vescica, metallaro fallito?!- strillò l’interessato, mentre Tom e Gustav ridevano come scemi.
-Assolutamente, però …
-E allora taci, guardati la tua e non venire a dare fastidio alla mia!
-Comunque, come avevate fatto a uscire?- chiese il batterista, tra un riso e l’altro.
I gemelli si guardarono pensierosi, si grattarono il collo allo stesso tempo, si voltarono verso il biondo e dissero, in contemporanea, con lo stesso tono di voce
-Non ce lo ricordiamo.
-Come non ve lo ricordate?!
-Buio totale.
-Bene, quindi, possiamo dedicarci all’indagine?- disse conciliante Georg, con un sorriso tirato.
-Per una volta ti do ragione, full metal failure.- annuì Bill, infilandosi nello stretto stanzino.
-Come mi hai chiamato?!- sbottò Georg
-Full Metal Failure. Fallito pieno di metallo. Quello che sei, no?- Bill alzò le spalle, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, e si inginocchiò per terra, cominciando a gattonare alla ricerca di Dio solo sa cosa.
-Mi chiedo perché non ti ho ancora ucciso- grugnì il bassista, trattenendosi dallo strozzare il suo amico di vecchia data.
-Bill, lo sai che in quella posizione, col culo per aria, sei molto equivoco?- rise Tom, scuotendo la testa. Suo fratello era veramente eccezionale, quando voleva.
Bill si girò, lo guardò instupidito, con i suoi grandi occhi da cucciolo indifeso, e poi strillò:
-Qualcuno vuole favorire del mio splendido fondoschiena da urlo?!
La gente che lo ebbe sentito non seppe se ridere, chiamare la neuro o fuggire urlando. Georg e Gustav si nascosero in un angolo, fingendo di non conoscerlo e Tom attaccò a ridere sguaiatamente. Però se avesse visto qualcuno avvicinarsi anche solo un po’ al gemello lo avrebbe distrutto di botte.
-Su su, bando alle ciance- Bill si sedette normalmente per terra – Controlliamo per bene le pareti. Potrebbe esserci qualche passaggio segreto difficile da individuare.
Tom, gasatosi un sacco all’idea del passaggio segreto, che peraltro era sua, si gettò nella stanzetta con il gemello e cominciò a toccare le pareti selvaggiamente, nella speranza che si spalancasse qualche anfratto segreto stile Indiana Jones.
Bill strisciava per terra, toccando il pavimento come un ossesso.
I G&G, che li avevano discretamente raggiunti, per quanto anche loro non passino proprio inosservati, tastarono genericamente muri e pavimento. Questa scena, fece venire in mente a Tom un evento poco piacevole di qualche settimana prima. Aveva portato a casa una ragazza decisamente figa, erano entrambi un po’ tanto brilli, e lui aveva giustamente pensato di potersi chiudere in camera con lei e starsene in pace. Bill era chiuso in camera sua a deprimersi di fronte alla tv, con le caramelle, quindi, nessun pericolo in vista. Povero illuso. Dopo un’ora circa, la porta si era aperta scricchiolando (facendo oltretutto prendere un infarto a lui. La ragazza era decisamente più coraggiosa) e Bill era entrato gattonando, tastando il pavimento della SUA camera come se niente fosse. Poi aveva alzato la testa e se ne era uscito con un “Scusate, non volevo interrompere, sto solo cercando il mio orsacchiotto preferito, non lo trovo da nessuna parte! Continuate pure eh, io esco subito!”. A parte lo shock iniziale, Bill aveva puntualmente dormito con loro, insieme all’orsacchiotto, che si era rivelato un coso di dimensioni abnormi grosso come Georg e largo come Gustav, dal pelo folto come i capelli di Bill e con la faccia da scemo tale quale a quella di Tom. Era finita che Bill, orsacchiotto abnorme e ragazza avevano dormito nel lettone di Tom, e il povero rasta si era dovuto ritirare nel lettino di Bill, che per sfortuna sua era a una piazza scarsa. L’unica consolazione era che a Bill non poteva importare meno della sua ragazza, e a lei di Bill, e che poi era potuto andare a casa sua, lasciando Bill da Georg. Che poi si era vendicato, ma quella era un’altra storia.
-Ma qui non c’è un tubo di niente- disse Gustav dopo un po’, asciugandosi il sudore dalla fronte.
-Evidentemente … - sbuffò Georg.
-Eppure non può essersi dissolto come un fantasma!- sbottò Tom.
-Si vede che non abbiamo cercato abbastanza attentamente- grugnì Bill, tirando fuori da non si sa dove la spazzola delle principesse preferita e cominciando a spazzolarsi i capelli, come faceva ogni volta che era particolarmente pensieroso.
-Ma se siamo stati peggio del commissario Rex!- ribatté Gustav – Anzi, ora che ci penso, vado a cercare una salsiccia da mangiare come Rex.
-Stanotte, giuro che non ti apro se vieni a chiedermi un Jeffer per il tuo mal di pancia- lo rimbrottò Georg con un’occhiataccia. Lui, da buon boyscout, portava sempre dietro un arsenale di medicinali di ogni genere, per ogni evenienza. Solitamente era difficile spiegare alle guardie aeroportuali la presenza di tutte quelle medicine, senza incappare in commenti del tipo “Questo finto metallaro è un trafficante messicano di medicine”. Non aveva ancora capito come mai gli davano sempre del messicano, lui, bianco come un cencio con gli occhi chiari.
-Però è strano che il manager o gente della troupe non sia venuta di corsa a farci il culo o roba simile. Non si è visto nessuno.- commentò Tom, avviandosi con Gustav verso il bar dell’albergo. Lui aveva sete. E Tom assetato non è raccomandabile a nessuno.
Bill distolse lo sguardo, fischiettando con aria da gnorri.
-Ho la vaga idea che Bill ne sappia qualcosa- ridacchiò Georg.
-Io? E perché?- ma il sorrisino malizioso del cantante faceva benissimo capire che aveva combinato qualcosa apposta per ritardare l’arrivo del furibondo manager.
-Non indaghiamo- borbottò Gustav, occupando da solo due sedie del bar e sventolando il fido berrettino nella speranza che la bella bionda lo notasse.
-Tre Stout, cinque pacchetti di patatine e tu cosa prendi, fratellino?- disse Tom, con un sorriso accecante alla bella bionda, che sembrò non averlo nemmeno notato.
-Ce l’ha una vodka? Ma forte eh, senza aromi- miagolò Bill, continuando a fissare lo specchietto che si portava sempre dietro. Da quando aveva quattordici anni era evoluto, uno specchio al posto della scheggia di vetro.
-Una vodka … alle sette di sera?- chiese la cameriera, spalancando gli occhioni blu.
-Sì, perché? Hai problemi con la gente che beve vodka alle sette? Eh? Se è così dillo subito, non formalizzarti!- ringhiò Bill, facendo nascondere la ragazza dietro Gustav.
-No no, certo, tre Stout, una vodka, cinque pacchetti di patatine!- la ragazza fuggì, senza però non lanciare un’occhiata affascinata al nostro biondo, che arrossì vistosamente.
-Ma cos’è sta cosa che in sto posto del c**** nessuna mi guarda?!- sbraitò Tom – Una s’attacca a Georg e mi mena, l’altra è lesbica, e sta qua si fila Gustav! È ingiusto!
-La rivincita dei ritmici!- ulularono i G&G.
-Susu, caro, vedrai che prima o poi una verrà anche da te- lo rincuorò Bill, aggiustandosi il fard. – Anzi, se per caso qualcuna venisse a sbattermi le sue oscene tette davanti al mio naso perfetto, te la rifilo, contento?
-Bill, sei consolante, veramente- sbuffò Tom, sperando però che qualcuna andasse a sbattere il davanzale davanti al naso del gemello, che dalla vita non aveva capito un tubo.
-Non mi quadra, però- mormorò Bill.
-Il fatto che non abbiamo trovato niente? Anche a me scoccia- disse Tom, attaccandosi alla sua birra scura, e lanciando un’occhiataccia alla ragazza che premurò il batterista di attenzioni.
-Ci sarà sfuggito qualcosa- Georg alzò le spalle, sorbendo rumorosamente la birra.
-A me non sono sfuggite le attenzioni della bellona- ridacchiò Gustav.
-Non mi quadra- ripeté Bill, concentratissimo a fissare il suo bicchierino.
-Dovremmo concentrarci sulle dinamiche dell’incidente- disse Tom, con aria saputa, copiata da Criminal Minds.
-E uno di noi fare gli interrogatori!- annuì Georg.
-Collegare le cose- continuò Gustav, rosicchiando patatine.
-Ma cosa avete capito!- urlò Bill – Parlavo della vodka, mica del caso!
I tre musicisti spalancarono la bocca come tre pesci.
-Co … cosa hai detto?
-Sta vodka sa di menta, e a me non piace la menta, la volevo liscia.- piagnucolò il cantante, attaccandosi al gemello con il magone. – Toooooom, non mi piace, fai qualcosa.
-Si, caro, subito.
E il chitarrista si alzò, prese la vodka alla menta, la buttò in una pianta (che marcì immediatamente), e ritornò poco dopo con un altro bicchierino uguale identico al primo.
-Ecco qua, Bibi, la tua vodka liscia.
-Siiiiii!- Bill gli strappò il bicchiere di mano, gli diede un bacino sulla guancia, e se la scolò in un secondo, con aria soddisfatta.
Senza farsene accorgere, Georg prese il bicchierino finito e lo annusò, come un segugio mal uscito
-Oi, Tom, ma sta vodka puzza di menta da qui a un chilometro.
-Lo so, Geo, ma non ce n’hanno altra se non alla menta. Tanto con Bill basta fingere che non sia quello che è, e beve.
-Il tuo contrario- ghignò il bassista.
Tom scosse la testa facendogli un gestaccio. Ok,  non era cambiato di una virgola da quando era piccolo. Non mangiava esattamente nulla che non fossero patate, hamburger, wurstel e cioccolato al latte. Basta. Ok, era un pieno di balle, ma non se ne poteva fare nulla. In compenso Bill era una palla per il bere. Mangiare, ingoiava anche l’amianto.
-E ora che si fa?- chiese Gustav, attaccando il quarto pacchetto di patatine con gusto.
-Ci si va a mettere a posto prima di cena. Sono le sette, e tra mezz’ora non voglio sentire lagne.- rispose Georg, alzandosi.
I Tokio Hotel si alzarono e si diressero verso le loro camere da letto, cercando di convincere Gus che le margherite dei corridoi non andavano mangiate, ma che erano per bellezza.
Una volta in camera, Tom ebbe giusto il tempo di darsi una sciacquata che suo fratello lo placcò e lo obbligò a pettinarlo e tenergli tre specchi contemporaneamente. In più, dovette anche subire una specie di pettinata.
-Bill, si può sapere che c**** pettini con i dread?!
-Tutto si può pettinare, ignorante sciattone, anche Bombolo.
-Chi?
-Bombolo, non dirmi che non ti ricordi più chi è!
Tom se lo ricordava bene Bombolo, l’orsacchiotto abnorme che ogni tanto lo spodestava dal letto e con cui Bill dormiva da quando avevano cinque anni. Solo che prima se lo dividevano, ed era un conto. Ma quando avevano compiuto quindici anni Tom si era scocciato di dormire con dei peluche, a differenza del gemello, che non se ne separava mai. Meno male che Bombolo era enorme e portarlo in giro non era semplice per niente, quindi si ricorreva a Rotolo, un coniglio grigio di peluche grosso quanto un piatto da portata di quelli grossi. Ed era piccolo, per Bill.
-Fratello, dimmi che non ti sei portato dietro Rotolo anche stavolta- sperò Tom, mentre si aggiustava il berretto.
-No, niente Rotolo- rispose Bill, con una punta di rimpianto nella voce.
-Scherzi?!- il rasta balzò in piedi entusiasta. Niente peluche ingombranti! Un sogno!
-Però ho portato Tuffolo- gli occhi del cantante divennero due grossi cuoricini.
-Ah- Tom ricadde in depressione pre-dormita. Tuffolo era un grosso cagnolino miele che perdeva irrimediabilmente chili di pelo e che Bill gli ficcava sempre in bocca. Fortunatamente lo usava meno, per il fattore pelo.
Infatti un secondo dopo, il cantante saltellava per la camera avvinghiato a Tuffolo, lasciando dietro di sé grossi batuffoli di pelo mielato.
-Andiamo a cena, và- Tom prese Bill per il polso, gli tolse delicatamente Tuffolo dalle braccia e lo trascinò giù di sotto, nell’enorme sala da pranzo, accuratamente ordinata, con piccoli tavoli elegantemente preparati.
Georg sapeva per esperienza che quella calma paradisiaca si sarebbe dissolta immediatamente al loro rumoroso e colorato arrivo. Si sedettero in un bel tavolo con la tovaglia rossa e un grosso candelabro di argento massiccio.
-I signori desiderano?- un cameriere si avvicinò con aria marziale.
-Un entrecote al pepe verde- disse Georg, tentando di sembrare una persona seria.
-Che c**** è l’entrecote?- chiese Tom, fissando il cameriere e Georg come fossero due alieni.
-Bistecca, fratello, bistecca.- ruttò Gustav, afferrando l’ultimo grissino – Per me, una bistecca alta un dito, un salmone al cartoccio, una lepre in salmì e … basta, penso che per stasera mi manterrò leggero.
-Bill, che mangio?- Tom si aggrappò al gemello, disperato.
-Allora, per lui un piatto di wurstel e patatine fritte, per me … la lepre andrà benissimo. Però sbrigati, abbiamo fame.- Bill sfarfallò gli occhi, osservando lo smalto e i cinque bracciali che sbrilluccicavano alla luce delle candele.
-Bene, signori, faremo il più in fretta possibile.
Il cameriere fuggì veloce.
-Ehi, c’è Justin Bieber là in fondo!- ridacchiò Tom.
-Gli facciamo uno scherzetto?- rincarò Gustav.
-Ho un’idea!- trillò Bill, prendendo dalle tasche immense del gemello una biglia e cominciando a cospargerla di smalto rosso fuoco.
-Bill, perché hai uno smalto rosso piuttosto da p***** nella giacca?- chiese Georg, anche se da un lato avrebbe preferito non saperlo mai.
-Full Metal Failure, farsi gli affaracci propri, a volte?- Bill lo guardò inviperito
-Senti chi parla, quello che si fa sempre i c**** degli altri!
-Shh, non è il momento Full Metal Failure!
-Piantala di chiamarmi così!
-Ma da quando vede Full Metal Alchemist e legge Full Metal Panic si è fissato- lo scusò Tom –E figurati che una settimana fa abbiamo visto Full Metal Jacket. Non se ne può più, con tutto sto metallo.
In quel momento, Bill si alzò di scatto, ululando:
-Attacco aereo ai nemici canadesi!
E lanciò con una perfetta mira la biglia ricoperta di smalto ancora non secco, che beccò perfettamente in centro alla fronte Justin Bieber, appiccicandosi alla pelle e lasciando colare lo smalto rosso fuoco. Il ragazzo cacciò un urlo, seguito dalle risate dei Tokio e di          qualche altro cantante interessato a sabotare Bieber, e di altrettante occhiatacce della gente normale.
-Ma che diavolo vi salta in testa?- strillò Justin, levandosi la pallina dalla faccia.
-E i canadesi non avevano le uniformi rosse?- sghignazzò Gustav.
-Non avete pensato ai poveri irochesi quando li avete uccisi?!- diede man forte Georg.
-Dai, bamboccio, non te la prendere- Tom si avvicinò con un sorriso poco rassicurante. – In segno di amicizia, ti regalo questa splendida entracotta. Mangia, Bieber!
E il rasta gli lanciò dritto addosso la bistecca del gemello, attaccando a ridere molto sguaiatamente seguito a ruota da Bill e dai G&G.
-Che fai, s********, non la mangi la bistecca?- cominciò a dileggiarlo Bill.
-Signori, siete pregati di allontanarvi immediatamente dalla sala!
Un cameriere corse da loro, fissandoli terrorizzato.
-Beh, per stare in una m**** del genere, leviamo le tende- sbottò Gustav – Scusi la franchezza, ma la lepre è secca, il salmone bruciacchiato e l’entrecote, non entracotta Tom!, veramente troppo al sangue. Mica siamo vampiri.
-Buon appetito, ammazza irochesi- si congedò Georg.
E i quattro ragazzi uscirono ridendo dalla sala, seguiti dagli insulti di Bieber, le risate di Avril Lavigne e degli One Direction, e le occhiate sconvolte del resto della gente.
Si avviarono a passo di carica su per le scale, verso le loro stanze
-Non saremo stati troppo vandali?- si preoccupò Georg.
-Con loro non si è mai troppo vandali- precisò Gustav, azzannando il cosciotto di lepre che, secca o no, si era portato dietro.
-E’ tanto che non ridevamo così- i gemelli si guardarono soddisfatti, battendo il cinque.
-Comunque,- commentò Georg, - Davvero non vi ricordate come eravate usciti dallo sgabuzzo di Magdalena? È tutto il giorno che mi ci sto interrogando.
-E’ vero! Dai, non potete aver dimenticato il pezzo più eccitante!- rincarò Gustav, guardandoli speranzoso. Se ne fregava che era più grande, le disavventure, vero o meno che fossero, dei Kaulitz erano imperdibili.
I gemelli si guardarono un po’, con aria afflitta, cercando di concentrarsi il più possibile.
-Ma l’unico neurone che ci dividiamo è affaticato dopo la demolizione di Bieber- si lamentarono.
-E’ faticoso lavorare in due menti diverse allo stesso momento- spiegò Tom, con aria saputa.
-Povero tesoro, il nostro neurone!- trillò Bill, facendo pat-pat contemporaneamente a se stesso e a Tom – Si affatica, cucciolo!
-Soprattutto vedendo quanto lo usate- disse ironico Georg.
-Va beh, notte- Gustav fece un gesto di saluto con il cosciotto in bocca, una versione sfigata di Thor, insomma.
-Notte- grugnì il bassista, versione molto sfigata di Iron Man.
-Andiamo da Tuffolo!- strillò Bill, versione estremamente sfigata di Sue Storm.
-A mangiare un po’ di peli- borbottò acido Tom, versione tremendamente sfigata di Capitan America.
I gemelli entrarono in camera, e dopo due ore di strucco e sparrucco, riuscirono a coricarsi, uno in mutande e maglietta, l’altro in camicia da notte vittoriana più Tuffolo, che scodinzolò allegro nelle fauci di Tom, insieme all’abbraccio stritolatore di Bill e alla coperta che quel decerebrato del cantante si ostinava a tenersi addosso nonostante i 30 gradi esterni.
-Tom, ma seriamente, come avevamo fatto a uscire?
-Non me lo ricordo, Bill. Anche se …
Tom accese di scatto la luce del comodino, come se gli fosse venuta un’idea geniale
-Eravamo usciti da una botola!
Gli occhi di Bill si illuminarono, mentre quest’ultimo saltava sul letto strillando
-Sul soffitto!
I gemelli si fissarono per un secondo, prima di berciare in coro, alzandosi all’unisono e fiondandosi in corridoio
-E su soffitto non abbiamo guardato!
 
***

A: Quanto è figo da 1 a 10 “I Guardiani della Galassia”?
T: 10 e lode. Cristo, che film epico.
G1: Sono d’accordo.
G2: Anche se non ho capito un tubo, mi dimostro d’accordo.
B: Giochiamo a fare i Guardiani della Galassia? Io faccio Gamora.
A: Ma Bill, è una femmina, non dovrei farla io?
B: *faccina pucciosa al massimo* Ti prego Autriceeeeee …
A: Ok Billuccio, allora io faccio Rocket!
G2: Groot per sempre, ragazze.
T: Io faccio Drax, quello tutto muscoli. Quello sfigato di Peter lo lascio a Georg. Autrice, io voglio fare Rocket …
A: Te lo scordi, Kaulitz 1!
G1: E io faccio Peter. Bene, allora ci siamo?
G2: Io sono Groot.
A: Proteggiamo la galassia …
B:  … da quegli sciattoni dei miei colleghi di band!
T: Bill, dovevamo dire da Ronan …
 

 

 
 

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Capitolo 7
*** Lightless ***


LIGHTLESS

Quando Gustav e Georg vennero svegliati dalle urla belluine dei gemelli, pensarono subito a “un attacco alieno”, che in gergo tokiotellista stava a significare “aiuto, c’è un ragno, qualcuno ci salvi!”. Ma bastò loro vedere le facce esaltate dei due, per ripiegare sull’idea geniale che li aveva colpiti nottetempo. Vennero scaraventati giù dal letto, Gustav ancora con il pigiama dell’Ape Maia addosso e trascinati brutalmente in corridoio senza capire minimamente cosa fosse successo.
-Dannazione, ma si può sapere che diavolo vi è preso?!- ringhiò Georg tra i denti, infilandosi al volo i pantaloni, giusto per non girare in mutande in albergo.
-Ci siamo ricordati da dove siamo usciti dallo sgabuzzino di Magdalena!- urlò Bill, saltellando.
-Bene, e vi sembra il caso di svegliarci all’una di notte e trascinarci nel corridoio urlando?- sbottò Gustav, tappando la bocca al cantante prima che svegliasse tutto il quartiere con le sue strilla.
-Ma no!- gridò Tom, saltellando a sua volta – Ci ha aperto la via!
-Sì, per il Nirvana … - grugnì Gustav, scocciato perché gli avevano interrotto il meraviglioso sogno in cui lui era il Sovrano delle Ciambelle.
-Per la risoluzione del caso.- corresse il chitarrista, fregandosi le mani. – Noi eravamo usciti dal soffitto. E noi sul soffitto di questo sgabuzzino mica abbiamo guardato.
-Beh, è vero … - Georg si grattò il mento – Mica scemo come ragionamento. Ma non vorrete mica andarci ora, spero!
-E quando, intelligenza?! Di giorno con tutta la gente in giro? E ti ricordo che domani arrivano tutti. Non avremo molto spazio per le indagini, bisogna approfittarne.- disse Bill, roteando nella lunga camicia da notte.
-Va beh- bofonchiò il batterista – Senti, Geo, tanto io c’ho fame e voglio farmi uno spuntino notturno, sti due vogliono fare i piccoli investigatori, e te … beh, fallo per me!
Georg scosse la testa e annuì, ormai intanto era abituato alla dittatura violenta dei Kaulitz, a cui lui e Gus sottostavano per non essere pestati dalle borsettate di uno e dalle urla dell’altro.
-Benissimo!- strillarono i gemelli  - Allora andiamo giù senza farci notare, e soprattutto fate silenzio assoluto. Non strillate come al solito.
-Ipocrisia portateli via … - borbottò Georg, mentre si apprestavano a scendere le scale in silenzio, come se fossero dei ladruncoli da quattro soldi.
-Tanto se qualcuno uscisse in corridoio, o si prende un infarto perché vede Bill versione Fantasma Formaggino, oppure si chiude in camera per paura di Tom in miande stile Maniaco del Bentley.- sussurrò Gustav.
-O magari sviene per la paura di vedere l’Ape Maia geneticamente modificata e cicciuta!- rispose Tom, dandogli un spinta.
-Io non sono cicciuto!- sbottò Gustav, dandosi due poderose pacche sulla pancia – Sono solo robusto, ecco tutto!
-Shh, fate silenzio, razza di idioti!- li rimbeccò Georg – A parte tutto, non vorrei che la gente ci vedesse bighellonare a mezzanotte in pigiama per i corridoi!
Bill sembrava non averli nemmeno sentiti, mentre veleggiava sognante giù dalle scale, fino a che non arrivarono tutti e quattro davanti allo sgabuzzino, superarono i nastri della Polizia e si infiltrarono dentro.
-Mette i brividi.- sussurrò Gustav, tirandosi su per sicurezza il cappuccio dotato di antenne del pigiama.
I gemelli si scambiarono un’occhiata allarmata e si strinsero uno all’altro, mettendosi davanti il biondo amico come arma impropria.
-Non è che c’è il fantasma della morta?- sussurrò Bill.
-No, ma dai, cosa dici … - balbettò Tom, nascondendosi dietro la chioma sparata di Bill.
-Magari ci perseguiterà a vita!- piagnucolò Gustav, abbracciando Tom.
-Ho paura, Tomi, fai qualcosa.- frignò Bill, aggrappandosi spasmodicamente al gemello.
Georg li guardò scettico, alzando un sopracciglio, mentre frignavano e si abbracciavano spaventati come infanti. Poi si decise ad abbaiare un:
-Bu!
-Aaaaaah!!!! Mamma!!!!
-Aiuto!!!
-Sono troppo bello per morire oggi!!!!
-E piantatela massa di imbecilli infantili e mentecatti! Sono io!- li zittì Georg, spazientito, tappando le bocche dei tre eroi che si erano saltati reciprocamente addosso urlando. Alla faccia della missione segreta.
-Ma Georg, porco te, sei rincoglionito!?- sbottò Tom, respirando rumorosamente, come se veramente avesse appena visto un fantasma.
-Sei cattivo! Lo dico alla mamma!- Bill mise il broncio.
-Belandi, veramente, Georg, cosa ti salta in mente?! Ci vogliono almeno dieci Kit Kat per calmarmi!- lo rimproverò Gustav.
-Ma accidenti a voi tre piscia sotto che vi suggestionate da soli! Sembrate tre donnicciole di paese; forse l’unico scusato è Bill, che è veramente una donnicciola!- Georg mise le braccia sui fianchi, guardandoli severamente.
-Ecco!- strillò alterato Bill – Io sono scusato!
-Bill, ti stava insultando … - gli ricordò stancamente Tom.
-Va beh, piantiamola qui!- esclamò Gustav, tirandosi giù il cappuccio con le antenne – Che come minimo domani mattina ci ritrovano ancora qui a litigare senza aver combinato un tubo di niente. Controlliamo su sto beato soffitto.
I Tokio Hotel si guardarono un po’ in cagnesco come al loro solito quando non riuscivano a concludere soddisfacentemente una litigata (che solitamente comprendeva una sana lotta senza quartiere sul pavimento. Bill no, perché si sporcava i capelli e i vestiti. Si limitava a tirare ombrellate violente a destra e a manca).
-Appunto.- Bill si mise un po’ a posto i capelli e poi strillò – Forza, Toooooom, razza di scansafatiche patentato, prendimi in braccio e datemi una scopa che così vedo se sento un vuoto.
-Ma Bill, non abbiamo scope qui … - si arrischiò a dire Georg.
-E allora vammi a prendere uno stivale su di sopra, no?! Ma se non ci fossi io, voi tre dove sareste?!- ululò il cantante, scuotendo le mani e accecando Gustav. Tom era ormai troppo veloce a scansare le unghiate del gemello.
-A dormire.- gli ricordò poi il chitarrista, issandoselo sulle spalle. – Cristo, Bill, sei ingrassato dall’ultima volta che ti ho preso in braccio !
Normalmente, a quella frase, Bill avrebbe strillato e avrebbe cominciato a picchiare Tom selvaggiamente, graffiandolo e dandogli calci finché non si fosse scusato deferentemente. In quell’occasione, però, già sovraeccitato e in agitazione per le cose appena accadute, si limitò a spalancare gli occhi a palla come un panda scemo e a riversare lacrime che avrebbero fatto andare avanti i sistemi idrici mondiali per trenta anni, salvando l’Africa dalla siccità. Lunghi fiotti di pianto fuoriuscirono dagli occhi del ragazzo, affogando Tom e Gustav e allagando di conseguenza lo sgabuzzo.
-Aaaaah, sono grasso, ora nessuno mi vorrà più, basta, posso anche suicidarmi, sono una palla di ciccia obesa orrenda! Mamma!!! Ueeeeeeeeh!!!
-Tom, sei veramente un coglione di dimensioni oscene!- tuonò Gustav – Potevi evitare anche te!
-Ma era un innocente commento!- piagnucolò Tom, cullando il gemello e cominciando a piangere lui stesso per il disastro appena combinato.
Gustav si ritrovò così con i Kaulitz seduti sul pavimento in lacrime, che si cullavano a vicenda, urlando (perché se non urlavano non erano contenti), piangendo (i G&G si chiedevano quante lacrime avessero quei due, siccome sembrava che non le esaurissero mai, nonostante piangessero più o meno, in media, due volte al giorno) e dandosi degli schiaffetti da comari a vicenda. Dannazione, e Georg non era nei paraggi. E chiamare la signora Kaulitz era fuori discussione, anche perché era l’una di notte. Questa volta, il buon Gus avrebbe dovuto cavarsela con i propri mezzi. Si mise davanti ai due e ruggì a bassa voce, come solo lui sapeva fare.
-Bill! Tom! Smettetela subito, se no non vi daremo più i marshmellow e i wurstel!
Bill tirò su col naso:
-Ma sono grasso, Gustav, non posso più mangiarli.
E Tom, soffiandosi il naso nella maglia del pigiama:
-E se lui si suicida perché è grasso, io come faccio a mangiare?!
“Dannazione, non hanno tutti i torti” pensò Gustav, e allora ricorse alla mossa 2.
-Bill, c’è L che ti sta guardando! Tom, c’è Claudia che è diventata etero e ti sta guardando!
Immediatamente, come ogni volta che si tiravano in ballo le due cose, i due balzarono in piedi, si soffiarono i nasi uno nel pigiama dell’altro, si misero a posto, si stamparono in faccia un sorrisone e urlarono:
-Eccoci qui, pronti per la merenda!
Gustav e Georg non avevano ancora capito perché i gemelli dicessero “pronti per la merenda” in situazioni in cui il cibo non c’entrava proprio un fico secco. Forse era ancora una turba infantile dovuta alle post elementari, o quello che era, comunque avevano convenuto che era un buon segno. Almeno si normalizzavano per un po’.
-Allora, gemelle Kessler, cercate la botola!- ordinò Gustav, sentendosi un importante Kaiser dell’impero di Francesco Giuseppe.
-Sì, mamma, mangiamo lo yoghurt!- trillarono i due.
Tom prese Bill sulle spalle, e la ricerca cominciò. Finalmente arrivò Georg con lo stivale, venne sgridato dal cantante per il ritardo (“Georg, sei lento! Impara da me, che sono celere e veloce!”), e in silenzio, anche se probabilmente ormai tutti si erano svegliati con tutto il caos che avevano fatto, Bill cominciò a toccare con il tacco tutto il soffitto, sorretto da Tom che ogni tanto imprecava perché il fratello gli metteva i puzzolenti piedi in faccia, o perché Gustav gli schiacciava i piedi. Quello sgabuzzino era effettivamente troppo piccolo per tutti e quattro.
-Ehi, Bill, hai trovato qualcosa?- chiese Tom dopo un po’ di toc a vuoto.
-Credo … aspetta … ehi! Deve esserci una maniglia qui nell’angolo! Fatemi un po’ di luce.
Georg puntò la pila da boy scout sul punto indicatogli dal cantante, rivelando agli occhi della band una piccola maniglia di ferro, nel punto più buio della stanza.
-Grandioso!- esclamò Tom – Forza, Bill, aprila, presto!
Bill cominciò a tirare con forza la maniglietta, facendo dei versi degni del parto di una gallina, e facendo barcollare suo fratello sotto.
-Secondo me tra un po’ cadete.- pronosticò Gustav, mangiando con gusto uno zuccherino miracolosamente trovato nel tascone del pigiama.
-Siete stabili quanto un palo della luce di Magdeburgo.- commentò Georg.
Questa affermazione proveniva dalla volta in cui Tom aveva avuto la brillante idea di arrampicarsi in cima al palo della luce dietro alla biblioteca della loro città e piantare una bandiera con su scritto “I Kaulitz sono i migliori sulla piazza”. Ovviamente, siccome Tom non brillava di intelligenza e ben che meno di astuzia, scelse l’unico palo in riparazione della città, che appena lui fu in cima, cominciò a barcollare pericolosamente, lasciando il rasta in balia delle correnti e del pendolo elettrico. Invece che aspettare come persone normali i vigili del fuoco, prontamente chiamati da qualcuno, Bill urlò “Se devi morire, morirò con te!” e si arrampicò a sua volta sul palo, facendolo dondolare ancora di più e mettendo seriamente in pericolo le loro giovani e inutili vite.
-Ma state zitti, galline isteriche, noi siamo stabilissimi … i … iiiiii!!!!
Tom non fece in tempo a finire di parlare, che rovinò al suolo con suo fratello, lasciando con un sordo clock la botola che si spalancò di scatto.
-Si è aperta!- urlò Georg, illuminando il cunicolo che si apriva sopra di loro.
-Affrettiamoci a salire!- esclamò Gustav, fregandosi le mani contento.
Afferrarono Bill prima che picchiasse Tom per averlo fatto “ignobilmente cadere” e tutti e quattro si concentrarono nell’osservare l’oscurità sopra di loro.
-Ragionevolmente, l’assassino è passato di qui.- ragionò Gustav, occhieggiando preoccupato lo spazio troppo piccolo per la sua mole. – Quindi tanto grasso non lo è.
-No, evidentemente no.- mugugnò Tom. – Va beh, Bill, levati che salgo.
Tom, fiero di poter dire di essere “il palestrato” dei quattro, anche se non era propriamente paragonabile ai veri sportivi,  si preparò a saltare senza l’ausilio dei suoi compari. Perché lui era perfettamente in grado di farcela da solo, che diavolo! Puntualmente, saltò, ma non beccò la botola, prendendo una craniata e cadendo addosso a Georg.
-Grande palestrato, come mai non è riuscito a saltare?- ironizzò il bassista, dopo aver sputato qualche dreadlocks fuggito dalla coda.
-F*****, Georg. Sono solo fuori allenamento.
Tom si rialzò grugnendo arrabbiato. E dai, la seconda sederata per terra nel giro di cinque minuti, poteva vincere il premio.
-Guardati, Tom! Mi fai vergognare di essere sangue del tuo sangue!- strillò Bill, che l’unico muscolo che aveva era quello della lingua. – Forza, Georg, prendilo in braccio, che da solo questo essere fatto a sacco non riesce a salire!
Georg ubbidì, e con Gustav intrecciarono le mani per permettere a Tom di issarsi faticosamente su per il cunicolo e atterrare in un condotto d’areazione buio come l’inferno, basso e puzzolente di muffa. Si mise carponi, e tese le braccia:
-C’è un condotto d’areazione qui sopra. E state attenti, è bassissimo e stretto.
Georg sbuffò, prese sulle spalle Bill e aspettò che Tom lo tirasse su per le braccia. Non sia mai che Bill facesse fatica o si spettinasse le folte chiome.
Una volta a gattoni nel cunicolo, Bill sentì una scarica di eccitazione quasi morbosa lungo la spina dorsale. Wow, aveva sempre sognato di infilarsi di notte in un condotto d’areazione, e ora finalmente il suo sogno era stato esaudito. L’adrenalina di scoprire cosa vi era in fondo, l’agitazione di essere a buon punto nell’indagine, l’emozione di poter fare una vera, eccitante, avventura senza che qualcuno lo sapesse. Il suo sogno a occhi aperti venne smontato dallo sbuffare da cavallo di Gustav.
-Aiuto, cavolo, sono incastrato!
Il batterista era rimasto con la parte superiore nel condotto, e la parte di sotto ancora a penzoloni nello sgabuzzino, senza andare né avanti né indietro.
-Dai, Gus, spingi!- urlava Tom, mentre lo tirava.
E da sotto si sentiva che Georg che spingeva:
-Forza amico, mettici un po’ di forza in quelle reni!
La stessa frase che aveva detto anche al New Music of Germany quando dovevano arrampicarsi sul palazzo in restauro.
-Ma porco mondo, Georg, lo vedi che non ci passo?! Ahia, Tom, fai piano!
Bill fece un risolino bastardo, di quelli che avrebbero fatto impazzire un santo, e si mise a guardare incuriosito la scena.
-Imbecille di un gemello scimunito, mi vuoi aiutare?!- abbaiò Tom.
Ma bastò anche solo che il cantante prendesse la mano di Gustav, che quello urlò:
-No, Bill no! Le unghie!
Dopo un po’, finalmente, Gustav venne catapultato nel cunicolo con un grosso buco nel fondoschiena che metteva in mostra, invece che il giallo e nero del pigiama, un pezzo di mutande a pallini rossi e gialli.
-E ora come faccio?- si lamentò il biondo, osservando il buco.
-Niente paura!- cinguettò Bill – Ci penso io a rammendare!
E così, mentre Tom cercava di tirare su Georg, Bill cavò da non si sa dove un ago da viaggio e un rocchetto di filo nero, cominciando a ricucire la pezza strappata al pigiama originale.
-Bill, ma dove hai imparato a cucire?
-C’era un inserto su Donna Moderna.
-No, era Grazia- corresse Tom.
-Ma voi due leggete Donna Moderna e Grazia?!
Bill e Tom annuirono vigorosamente.
-Anche Gioia! se è per questo.
Gustav e Georg si scambiarono un’occhiata frustrata, quando Bill trillò:
-Ho finito! Come nuovo!
Gustav si rese presto conto che Bill sì che aveva rimesso a posto il pezzo strappato, ma vi aveva cucito assieme anche le mutande; preferì comunque far finta di niente.
-Bene!- esordirono i gemelli in coro perfetto – Si va!
E cominciarono a strisciare, Bill in cima, poi Tom, poi Gustav, e infine Georg come retro guardia. Il cunicolo si dispiegava stretto e gelido, illuminato solo dalla pila che il cantante stringeva spasmodicamente tra le mani.
A un certo punto Bill si bloccò di scatto, facendo scontrare tutta la carovana contro la sua schiena.
-Bill, c****, avverti quando ti fermi!- sbottò Tom, massaggiandosi il naso.
-Ma stavo pensando … - attaccò Bill, girandosi e fissando i musicisti – E se si apre una botola e io precipito in una fossa di coccodrilli affamati?
Georg si batté una mano sulla fronte e commentò:
-Vorrà dire che avranno poco da mangiare, sei un chiodo!
-Tooooooooom, vai avanti tu!- pianse Bill, spingendo suo fratello davanti.
-E sì, ma ciocchi?! Non voglio venir mangiato! Georg, vai!- squittì il chitarrista più coraggioso del mondo.
-No! Gustav, vai tu!- il bassista più eroico del creato spedì davanti l’amico.
-Ma ho paura!- tremò il batterista più epico dell’universo.
-Ok, facciamo il gioco dei legnetti e vediamo chi va per primo.- decise il cantante più indefesso della galassia, tirando fuori quattro legnetti di diverse dimensioni – Chi becca il più corto, và.
Tremando, i quattro pescarono ad occhi chiusi i legnetti sparsi da Bill nell’oscurità del cunicolo.
Alla fine, come volevasi dimostrare, il più corto lo beccò Georg, che in sti giochi qua era veramente il più sfigato dei quattro. Riordinate le file della carovana, i quattro cominciarono ad avanzare cautamente, attenti a che non si aprissero botole strane sotto le loro ginocchia.
Gattona che ti gattona, al freddo del passaggio, Tom disse:
-Ma secondo voi sto coso sbuca da qualche parte?
-Teoricamente sì, visto che l’assassino è passato di qui.- rispose Bill.
-Se sbuca fuori, io non esco!- decise Gustav.
-Ma state zitti, che non si sa mai!- li rimbrottò Georg, per poi bloccarsi, e far prendere la seconda nasata a Tom – Ehi, vedo qualcosa!
-L’avvertire prima di fermarsi vale anche per te, eh!- sbottò il chitarrista.
-Cosa vedi, cosa vedi?!- strillò Bill, aggrappandosi alla schiena del fratello e occhieggiando incuriosito.
-C’è una grata sotto di noi, e non ci sono dei coccodrilli sotto.- esclamò fiero Georg.
-Grandioso!- Tom e Bill batterono il cinque, nella loro complicata mossa – Allora, scendiamo giù.
-Sì, anche perché qui finisce il condotto.- disse Gustav, che essendo andato poco più avanti, aveva previdentemente tastato il muro di cemento che  lo bloccava.
Bill tirò fuori un cacciavite, e Tom si mise a scassinare la grata con maestria, finché non riuscì a sollevarla e a mostrare una stanza d’albergo evidentemente vuota sotto di loro.
-Quanto ci scommettete che era la stanza del killer?- disse Bill, fregandosi le mani e calandosi giù nella stanza vuota, cadendo al suolo e prendendo una dolorosa sederata.
La camera era perfettamente in ordine, pulita e anonima come tutte le stanze d’albergo. Bill cominciò a girellare, ignorando i brontolii scomposti dei musicisti impegnati a far scendere Gustav. Si fermò davanti allo specchio giusto per darsi una veloce pettinata e controllare che la maschera da notte antirughe non si fosse rovinata, e poi cominciò a gattonare per terra alla ricerca del più minimale indizio, mentre impartiva agli altri quattro gli ordini fondamentali a cui attenersi.
-Ma non credo che troveremo molto se la stanza è stata ripulita.- commentò Tom.
-Sì, credo che coltelli o roba simile ce li sogniamo.- annuì Georg, sedendosi in poltrona.
-Allora guardiamo nei cassetti! Un pezzettino di carta non lo nota nessuno.- ricordò loro Bill, cominciando ad aprire cassetti a destra e a manca.
Mentre i G&G e Bill frugavano nei cassetti, nell’armadio e sotto al tappeto, Tom si infilò in bagno. Si ricordava una volta che suo fratello gli aveva detto, quando erano venute le loro cuginette odiose un po’ di anni prima, di avergli lasciato un biglietto dietro il gabinetto per dirgli qualche cattiveria sulle cuginette. Dietro al gabinetto … posto perfetto, esattamente come aveva ragionato Bill! Tom tremò al pensiero che il suo gemello fosse una mente criminale finissima, ma si infilò lo stesso dietro il mobile, tastando come un forsennato fino a che le sue dita non entrarono in contatto con qualcosa che sembrava carta, accuratamente schiacciato tra l’asse e il tubo di scarico. Si sentiva un po’ un idraulico, ma poi si ricordò degli scleri di suo fratello sulla “figaggine degli idraulici e dei meccanici”. Il rasta non aveva ancora propriamente capito cosa ci trovasse l’altro di figo, ma lui di sicuro lo era.
-Ehi, ciurmaglia, ho trovato il foglietto!- urlò, facendo accorrere il Fantasma Formaggino, l’Ape Maia e il Boy Scout. Sembravano i nomi ritardati di una qualche parodia di 007.
-Cosa c’è scritto?!- esclamò Gustav, tirandosi su di nuovo il cappuccio.
I quattro si ristabilirono in camera, sulla poltrona, e Tom cominciò a leggere:
-C’è scritto “Morgestern decaduta, cade la neve sulla sierra Nevada”.
-Sembra un linguaggio in codice.- commentò Georg.
-Sicuro che lo è!- trillò Bill, chinandosi sul gemello e studiando il foglietto. – Ora non ci resta che decifrarlo!
-Però sarebbe meglio non farlo qui.- disse Georg, guardandosi attorno con una leggera ansia.
-Vero.- gli diede man forte Gustav – Potrebbero scoprirci!
-Invece no, ignoranti!- li rimbeccò Bill – Dobbiamo leggerlo e capirlo qui, per un motivo semplicissimo!
-Ovvero, che se non l’ha distrutto vuol dire che magari un giorno verrà a riprenderselo e se non lo trova si allarmerà.- concluse Tom.
I G&G convennero che, come al solito, i gemelli avevano avuto un’idea geniale, e si sedettero vicino a loro, sul pavimento freddo, come quattro bambini che giocano durante un pigiama party molto esclusivo.
-Allora, iniziamo da “Morgenstern decaduta”. Che diavolo vuol dire?- iniziò Tom, grattandosi la testa.
-Beh.- grugnì Georg – Se usiamo un minimo di psicologia da tenente Colombo, “decaduta” potrebbe ragionevolmente stare per “morta, defunta, passata a miglior vita”.
-Ma guardi il tenente Colombo?!- sghignazzò Tom.
-Sì, e anche Maigret, se è per quello!- ribatté il bassista, dandogli un pugno sul braccio.
-Ma è da sfigati!- rise Bill, sguaiato come al solito.
-Ma sfigato sarai tu che leggi Gioia!, Bill.- sputò Georg, dandogli un pizzicotto.
-Vogliamo parlare del caso, magari, o fare i dementi parlando di chi è più sfigato?!- ruggì Gustav, che ne aveva la scatole piene dei vaneggiamenti di quei tre capelloni.
-Giusto.- Georg recuperò la dignità perduta – Dicevo, che ne dite?
-Beh, sì. Può essere benissimo come dici.- annuirono i gemelli, scambiandosi un’occhiata.
-Ma la morta si chiamava Moellendorf, mica Morgenstern.- obiettò Tom.
-Anche questo è vero.- brontolò Gus – Forse si riferiva a qualcos’altro.
-Allora avremo preso un granchio?- mormorò Georg.
-Io non prendo mai granchi!- Bill saltò in piedi con insospettabile agilità – Il mio settimo senso mi dice che siamo sulla retta via, non possiamo abbandonarla così!
Gustav applaudì per il trasporto, ma non poté trattenersi dal chiedere:
-Perché settimo senso e non sesto?
Bill gli lanciò l’occhiata “io sono un Dio, che cosa vuoi lurido umano?”.
-Il sesto senso è per i trucchi. Il settimo per i gialli. Comunque, dicevamo di Morgestern che non è il cognome della vittima … che vi ricorda questa parola?
-Shadowhunters.- rispose puntualmente Tom.
Bill spalancò gli occhi e cominciò a fangirlare sbaciucchiando il fratello.
-Aaaaaah!!! La Malec!!!! Oddio!!!! La Coppa Mortale!!! Aaaaaah!!!!!
-Sì, tesoro, calmo, eh? Stai calmo!- Tom gli diede un pugnetto in testa e Bill smise di fangirlare.
-Bene, Shadowhunters è un’ottima risposta, ma non credo sia quella corretta. Altro?
Gustav si grattò il mento e aggiunse:
-Forse … è un luogo. Che so, un posto dove c’è qualcosa di morto.
-Nah, non mi convince. È insensato scrivere Morgenstern decaduta.- Bill scosse la testa.
-In barba ai vostri maligni commenti su Maigret e Colombo, vediamola dal punto di vista etimologico- disse Georg, facendo fare swish ai capelli – Cosa potrebbe significare? Morgen, presa per conto suo, è “mattina.” Stern, invece, è “stella”. Ora, ricostruiamo il cognome: Morgen + Stern da Stella del Mattino.
-E ciò a che ci porta?- chiese Tom, che di grammatica non c’aveva mai acchiappato molto.
-Appunto, chissene frega che vuol dire Stella del Mattino!- sbottò Gustav, che capiva ancora meno di Tom, tutto detto.
Georg alzò le spalle, grattandosi la guancia:
-Beh, era un’idea.
Tutti si girarono verso Bill, vedendolo con gli occhi spalancati, intento a rosicchiarsi un’unghia, impegnatissimo a ragionare in chissà quali idee geniali uscite dalla sua testa prodigiosa.
-Ehi, Bill, qualche idea?- sussurrò Tom reverente.
-Cosa ne dici?- mormorò Georg come parlasse a un santone indiano.
Bill aggrottò le sopracciglia, gonfiando le guanciotte a palla, fino a che non esplose, saltando in piedi di scatto:
-Devo fare pipì! Arrivo subito!
E si precipitò in bagno di corsa, sbattendo la porta.

 
****
T: Io sono palestrato, Autrice! Uffa, mi odi!
A: Beh, tesorino mio, non mi sembri sto gran body builder, eh.
G1: Autrice, ma io non ho paura dei coccodrilli!
G2: Seh seh, Geo, guarda che mi ricordo le scene durante Godzilla.
A: Ma rompete sempre voi tre?! Almeno Bill sta buono!
B: Lo sapete perché i meccanici/idraulici sono fighi? Perché possono …
A: BIILLLLL!!!! È una storia a rating verde!
T: Perché non ci mettiamo qualche scena hot?
G1+G2: Te l’ha appena detto, idiota patentato.
A: Guardate, Kaulitz, ringraziate già che vi ho messo come protagonisti insieme ai G&G  che voi in una storia sotto all’arancione non dovreste nemmeno esserci!
T+B: *lacrimone* ueeeeeh!!! Lettrici, aiutooooo!!!
G2: Intanto vi ringraziamo tantissimo per leggere e recensire. Mi raccomando, fatevi sentire!
G1: Gustav, aiuta un po’ me e l’Autrice a costruire una zattera, che con le lacrime di sti due la vedo dura …
A: Ringraziamo, tutti e cinque, _MartyK_ ; Happy_Moon e Alien Shine J dai, ringraziate!
TH: Danke Madchen!

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Capitolo 8
*** Idealess ***


IDEALESS
 
-Quando si dice spoetizzante … - ridacchiò Gustav.
-Mi sto chiedendo quale bagno non sia stato benedetto da Bill Vescica Debole Kaulitz- ironizzò Georg.
-E’ specializzato a rovinare i momenti eccitanti- bofonchiò Tom.
Dopo poco Bill saltellò fuori sorridendo ed esclamò, buttandosi a pesce sul letto:
-Esatto Georg, la tua è stata un’idea molto valida. Mi è venuta un’idea geniale che, modestamente, solo a me poteva venire!
-Illuminaci.- borbottò Gustav, indeciso se azzannare il braccio nudo di Tom per sfamarsi o se assaggiare il polpaccio di Georg. Aveva fame, dannazione.
-Cosa c’era sull’anello portato dalla defunta?- fece Bill.
-Claudia aveva detto che c’era tipo una stella cadente.- rispose Tom, grattandosi la pancia.
-Una stella cadente. Che può anche venir interpretata con … - insisté il cantante, con una faccia tale e quale a quella dei Teletubbies quando avevano un’idea furba.
-Una stella del mattino!- urlarono i musicisti. – Quindi una Morgenstern, che è effettivamente decaduta. Un piano organizzato!
-Yuppy!- urlò Bill, rotolando sopra al gemello. – Quindi, ragionevolmente, siamo dentro a un omicidio organizzato. L’assassino deve far sapere a qualcuno che ha ucciso la ragazza e che … beh, non ci resta che capire cosa voglia dire “cade la neve sulla Sierra Nevada”.
-Beh, la Sierra Nevada è in California.- disse Georg.
-Andiamo a Las Vegas!- ululò Tom, balzando in piedi.
-Las Vegas è in Nevada, pezzo di ignorante!- lo rimbeccò il bassista, tirandolo di nuovo giù.
-Cerchiamo di fare le persone serie- sbuffò Bill – Che vuol dire neve?
I Tokio si grattarono le quattro teste in contemporanea, indecisi sul da farsi.
-Magari vuol dire qualcosa come casino, danno, problema- uscì Gustav, optando per il polpaccio di Georg.
-Oppure soldi. Anche se non capisco il nesso.- continuò Tom.
-Ritorniamo sul piano etimologico.- fece Georg con aria ispirata – Neve, da nix nivis latino. Derivato presumibilmente dal greco …
Tom gli diede un pugno in testa per farlo tacere, che lui di etimologia ne aveva già piene le tasche.
-O droga.- trillò Bill. – Siamo semplicistici, ragazzi! La “neve nelle vene” è la cocaina da sniffare.
-Beh, è vero. Tu poi sei praticissimo di droghe e affini.- grugnì Gustav fulminando i due gemelli, che non gli avevano lasciato nemmeno una striscia piccola la volta prima. Avarastri.
-E allora “cade la neve” sarà un modo contorto per parlare di un traffico di stupefacenti in cui evidentemente era invischiata la Moellendorf!- decise Tom, fregandosi le mani.
-State pensando a un cammello?- Gustav si guardò attorno; qualcosa gli diceva che stare in quella stanza non era sicuro.
-Forse. Oppure semplicemente un’informatrice. Che so, aveva fatto qualcosa che non avrebbe dovuto fare, o dire, magari un tradimento, un ricatto mal fatto, e così hanno pensato bene di eliminarla una volta per tutte.- disse Bill, aggiustandosi i capelli.
-Bene, quindi la cosa più furba da fare ora è levarsi da torno, farci dare da Claudia il registro delle presenze, scoprire chi alloggiava qui e incastrarlo in qualche modo.- concluse Georg alzandosi. – E dirlo alla polizia!
-Ok, allora forza, usciamo.
Tom aprì la porta della camera, occhieggiando nel corridoio completamente buio, tolte le odiose lucine da pavimento su cui si affollavano zampironi e moschini di ogni genere.
-Che scusa inventiamo se ci trovano nel corridoio alle due del mattino con aria da cospiratori?- aggiunse Gustav, seguendo gli altri fuori dalla porta e chiudendosi la porta alle spalle.
-Mi inventerò qualcosa che regga.- rispose Bill, zampettando per il corridoio.
Nel silenzio della notte, quattro oscure figure in pigiama si aggiravano al quinto piano, senza avere la minima idea di dove andare a imboscarsi e accendere la pila era fuori discussione perché “qualcosa potrebbe scambiarci per alieni venuti da Venere”, come direbbe Tom.
-Ehi, non vi ricorda la scena in cui Harry gironzola per Howguards con la Mappa del Malandrino? E poi incontra Piton? Ma Lupin lo salva?- iniziò a fangirlare Bill per la seconda volta.
-Io a quel punto di film dormivo da un bel po’- grugnì Gustav.
-Io devo ancora cercare di capire cos’è la Mappa del Mandarino.- borbottò Georg.
-Malandrino, ignorante babbano!- mugghiò Bill –Siete inutili voi due!
-Dai, Bill, basta con quel deficiente di Harry Potter, non se ne può più!- sbuffò Tom. Che poi, anche lui aveva letto i libri e gli erano piaciuti un sacco, ma dopo che era a cena fuori con una tizia di cui non ricordava manco il nome e Bill era entrato nel locale avvolto in una specie di cappa nera urlando come un’aquila, brandendo una bacchetta finta “Toooom, Voldemort mi vuole uccidere!! Sono un orcrux, fai qualcosa!” e aveva quindi fatto fuggire la conquista della serata, aveva cominciato a odiare Potter e compagnia. E a odiare anche la mamma, che non aveva trattenuto quell’incubo di suo fratello.
-Come spiegheremo al commissario che ci siamo imbucati in una stanza?- commentò Gustav, provando ad addentare Tom con scarso successo.
-Evitando di raccontare tutte le scenate turche.- aggiunse Georg.
-Gli diciamo che il mio criceto era fuggito e si era imboscato nel condotto, e allora l’abbiamo seguito per recuperarlo, e siamo finiti nella stanza, e che il criceto si era imbucato dietro al cesso e così abbiamo anche trovato il biglietto.- decise Bill.
-Ma Bill, i criceti non camminano sui muri.- Tom si grattò un tubo.
-Prega che il commissario non lo sappia. Anzi, qualcuno chiami il manager e gli dica che entro domani voglio un criceto.
Bill afferrò il cellulare di Gustav, previdentemente portato nel tascone dell’Ape Maia, e chiamò il povero manager nonostante gli altri provassero a strappargli l’aggeggio dalle zampette.
-MANAGER DELLE MIE UNGHIE STRAFIGHE E STRACURATE DAMMI ORECCHIO!!!!!- urlò Bill, a voce talmente alta da rigare lo schermo.
Si sentirono dei borbottii incomprensibili dall’altra parte del filo, e poi Bill dire:
-Domani voglio un criceto. Bello grasso, di quelli che posso ingozzare fino a soffocarli, possibilmente nero o grigio. E simpatico. E dolcioso. E sveglio. Insomma, domani voglio un criceto.
-Ma Bill io … - sussurrò il poverino.
-Niente ma, domani o mi porti il criceto esattamente come te l’ho chiesto, oppure ti cavo entrambi gli occhi.
-Va bene.
Bill mise giù senza nemmeno ringraziare come suo solito, con un sorrisone vittorioso sul viso.
-Visto? Tutto risolto. Tooooooom, sei contento? Avremo un criceto!
-Beh, sì, i criceti come Han Taro sono belli.- rispose Tom, pregustandosi già una palla di ciccia e pelo da spupazzare in mancanza di Gustav.
-Ma sono antipatici- si arrischiò Georg, evitando per un pelo un calcio rotante di Bill e un pugno di Tom.
Dopo mezz’ora di peregrinazioni rumorose, i Tokio Hotel arrivarono alle loro stanze e da Tuffolo che a detta del cantante li aspettava con ansia (soprattutto la bocca di Tom dove depositare il pelo in eccesso).
****
-Bill, non mi piace questo miele. Sa di piedi.
Tom era intento a osservare con disgusto la fetta di pan carré accuratamente spalmata dal suo gemello con burro e miele, perché teoricamente gli piacevano. Però quel dannato miele proprio non gli andava giù, era così … così cattivo. Ormai anche i G&G erano abituati alle scenate del chitarrista di fronte al cibo, che esso fosse dolce o salato, e l’impegno del cantante nell’imboccarlo pazientemente e così Tom era libero e tranquillo di frignare, appendersi a Bill, fare le smorfie, rompere, fare delle scenate, mettere il muso, farsi dire “arriva l’aereoplanino, apri la boccuccia gemelluccio mio” senza che nessuno si facesse domande sulla sua sanità mentale.
-Come fa a sapere di piedi, tesoro? Non sai che gusto hanno.- rispose Bill, cominciando a tagliuzzare la fetta di pane e masticando molto volgarmente a bocca mezza aperta quello che all’epoca era un pezzo di strudel.
-Sì, perché ieri me li hai messi in bocca mentre ti arrampicavi.- Tom mise il muso.
-Allora mangia una mela.- propose ignaro Georg, allungandogliela e ricevendo in cambio un conato di vomito molto realistico.
Gustav era già alla quinta tazza di cereali e ne approfittò per rubare al bassista l’ultimo pancake ai mirtilli rimasto.
-Dai, Tommuccio, coraggio, vedrai che questo ti piace.- sospirò paziente Bill, mettendogli in bocca un pezzetto di muffin al cioccolato e banane, evitando di dire che c’era la banana dentro.
Tom ingoiò con circospezione l’affare e borbottò
-Sa di banana.
-Nein!- si affrettarono a urlare gli altri tre – E’ il profumo della panzona vicino a noi.
Tom ci cascò, e continuò a ruminare attentamente il muffin, mentre Georg picchiava Gus per avergli fregato il pancake e Bill faceva le faccine sulla tovaglia con lo yoghurt.
Subito nessuno dei quattro fece caso al tizio baffuto che li osservava di traverso dal tavolo vicino, finché questo non si fece sentire con voce sorda
-Buongiorno, mostriciattoli. Abbiamo fatto le ore piccole stanotte, eh?
Si girarono in contemporanea e videro il commissario Barhens che ridacchiava sotto i baffi.
-Sapesse!- disse Gustav – Sto scemo di Bill ieri notte ha avuto la malsana idea di …
Fortunatamente Tom fu abbastanza rapido nel tirargli un calcio nello stinco e farlo tacere, prima che come suo solito facesse un disastro.
-Idea di … - il commissario li guardò con un sorriso furbo, ma Bill lo era di più.
-Di liberare Junjou, il mio cricetino adorato.- miagolò infatti, e Georg per un attimo ebbe voglia di credere che veramente avesse un criceto dal nome idiota, da quanto era credibile.
Il commissario fece una smorfia quasi delusa del fatto: bene, c’era cascato come una pera.
-Hai un criceto, ragazzo?
-Sì!- Bill sfoderò al faccina più pucciosa che gli riuscì. – Ieri sera, io e mio fratello avevamo pensato che fosse bene farlo uscire dalla gabbietta e farlo scorrazzare per la stanza, ma sfortunatamente la porta era rimasta socchiusa, e Junjou è uscito. Quindi io e miei colleghi lo abbiamo seguito per tutto l’albergo per riportarlo in camera.
-E si è sentito- commentò il commissario, rigirandosi un baffo.
-Però, siccome il nostro ciccino è molto curioso, come il sottoscritto.
-Tale padrone tale criceto.- interruppe Georg, ottenendo un’occhiata che avrebbe arrostito anche Stalin.
-E si era arrampicato nello sgabuzzino incriminato, salendo su una botola situata sul soffitto.
-Ma i criceti non salgono sui muri.- obiettò l’astuto commissario.
-Il nostro sì perché lo ingrassiamo a testosterone e Indiana Jones.- rispose secco Tom.
-Allora lo abbiamo seguito nel condotto che da sopra lo sgabuzzino porta sopra alle camere da letto e siamo arrivati fino a una grata.
-No no, aspetta un attimo ragazzino!- sbottò il commissario, interrompendo il cantante con una smorfia – Sbaglio, o il vostro criceto dal nome impronunciabile vi ha guidati alla scoperta di qualcosa inerente al caso?
-Wow, non mi aspettavo che fosse così furbo, commissario!- esclamò Tom.
-In effetti, è migliorato rispetto a quattro anni fa.- aggiunsero i G&G.
-Ritornando a Junjou- continuò Bill con un sorrisino bastardo, fiero di come la bugia si fosse perfettamente formata sulla sua lingua, pronta a uscire fuori come se fosse una vera e naturale verità, che cola come il miele dal favo. E chissà se veramente i suoi piedi sapevano di miele – Il mio povero cucciolo era finito in una grata sopra una stanza, l’unica che aveva il comodo accesso al condotto e quindi allo sgabuzzino. Siamo scesi nella stanza vuota, e abbiamo cercato disperatamente Junjou, fino a trovarlo incastrato dietro al cesso insieme a un bigliettino.
-Un bigliettino?- esclamò il commissario, ormai completamente dipendente dalle parole di Bill.
-Esatto. Full Metal Failure, faglielo vedere.
Georg estrasse molto professionalmente il bigliettino che al fine avevano recuperato e tenuto per loro, e lo tese al commissario, insieme alla decodificazione.
Il commissario Barhens lo guardò attentamente, studiandone i lati, la calligrafia, e aggrottando le sopracciglia leggendo la traduzione; poi fischiò e consegnò la scottante prova al suo vice, guardando di sottecchi i quattro con i loro sorrisi angelici da copertina.
-Bene, avete dato una giusta mano all’indagine. Ora però da qui in poi ce la caviamo noi.v
-Dite tutti così!- sbottarono i gemelli. – Senza di noi non avreste fatto un c****.
-E si potrebbe vedere questo fantomatico criceto?
-Certo!- squittì Bill – Vado su a prenderlo. Tooooom, vieni!
Acchiappò il gemello per il polso e lo trascinò a passo di carica fuori dalla sala.
-Bravo genio, ora che c**** gli facciamo vedere a Barhens?!- disse Tom tra i denti.
-Ho fatto il conto stamattina. La troupe dovrebbe arrivare a momenti, con il criceto, che mi pare ovvio che battezzeremo Junjou. È solo questioni di pochi minuti.
-Ah.- Tom si grattò la testa – Ma Junjou fa schifo come nome.
-Non è vero, è come Junjou Romantica. Te lo ricordi no, l’anime?
-Se è quello dei froci, si, me lo ricordo.
Bill gli fece una linguaccia e guardò con ansia la porta girevole dell’albergo, in attesa di veder sbucare qualcuno del management con il loro criceto. Se ce l’avessero fatta ad arrivare in orario, erano salvi. Si trattava solo di calcoli delicati di tempistiche, basati sul terrore del regime dittatoriale del vocalist; non era certo di poterci riuscire, semplicemente ci sperava che tutto andasse come aveva accuratamente predisposto. Doveva andare tutto liscio.
-Gemello scemo, sono arrivati!!- abbaiò Tom, quando vide la porta girevole girare e l’inizio di una timida troupe farsi avanti timorosa, immediatamente accolti da due gemelli strepitanti che gli piombarono addosso:
-Il criceto! Dateci il criceto!
L’innocente truccatrice tentò di dire, perché lei era una persona educata
-Ehm, ciao ragazzi, come state? Dove sono Georg e Gustav? Vi state divertendo?
-Fatti gli affaracci tuoi, dov’è il criceto?- urlò Tom, mentre suo fratello strappava dalle mani del manager una gabbietta dove dentro dormiva un grasso criceto grigio con le orecchie nere, di una dolcezza unica e inimitabile, e lo rimirava con una smorfia perversa.
-Eccolo qua, il nostro Junjou!- cinguettarono, fiondandosi di corsa verso la sala da pranzo, dove i G&G tentavano di distrarre il commissario con le loro idee balzane.
Il manager e la truccatrice si guardarono scuotendo la testa tristemente, sconvolti ancora una volta dalla maleducazione dei gemelli. Solo quando c’era la loro mamma era un esempio di educazione e dolcezza. Strani tipi.
-Lui è il nostro cucciolino adorato.- disse Tom, mettendo in mano al commissario la gabbietta con la palla di pelo ronfante.
-Non lo svegli, è un criceto stressato.- continuò Bill con aria melodrammatica.
-Ah, bene. Stavo per dubitare della veridicità della storia di Junjou.
Bill fece un versetto deliziato quando Junjou aprì i grossi occhi neri a palla e li fissò mezzo addormentato. Tom dal canto suo aprì la gabbia e lo accarezzò sulla testolina pelosa mugolando felice. Insomma, sembravano rispettivamente madre, padre e figlioletto appena nato. Una perfetta recitazione da Famiglia Felice.
-Mi dispiace per il criceto- sussurrò Georg e Gustav si fece il segno della croce.
-Ora noi dobbiamo andare.- dissero i gemelli, prendendo bestiolina e G&G, e avviandosi a passo di carica fuori dalla sala da pranzo.
-Che si fa?- chiese Gustav, tentando come Georg di salutare la troupe ma venendo violentemente portati via dai Kaulitz in versione mastini cattivi.
-Si va da Claudia, no? Così ci da l’elenco degli ospiti.- rispose sbuffando Tom come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo infilarsi come dei treni nello spogliatoio delle cameriere e venirne subito cacciati fuori con insulti.
-Uffa,- grugnì Georg – Non si è visto niente …
-Vero- sbuffò Gustav, addentando un panino al prosciutto.
-Però che irascibili ste qui.- mugugnò Tom – Manco che le avessimo violentate …
-Sai, forse hanno visto la tua faccia da maniaco e hanno avuto paura- lo rimbeccarono i G&G, che sembravano più gemelli loro che i Kaulitz.
-E basta voi tre!- interruppe Bill, mettendosi le mani sui fianchi – Uno di noi deve entrare in quel benedetto spogliatoio e imporre la sua presenza. Sono solo un branco di galline idiote con delle specie di saccocce attaccate, non ho capito cosa ci sia di bello!
-Bill, me lo dici una volta per tutte? Ma sei gay, o cosa?!- abbaiò Georg.
-Io non sono gay!- urlò Bill a tutto volume, tanto che lo sentì tutto il quartiere.
-E allora come mai disdegni così le donne?- chiese Gustav.
-Perché non sono etero!- strepitò ancora il cantante.
-Quindi in definitiva sei …?- Tom sperava di giungere finalmente a una conclusione.
-Io sono per me stesso!
E con questa brillante frase, Bill Kaulitz mise fine una volta per tutte ai dilemmi sul suo orientamento sessuale, ma questa è un’altra storia.
I tre si grattarono le tre teste in contemporanea e decisero di darci un taglio.
-Allora vado io che sono il più bello!- Tom si slanciò verso lo spogliatoio.
-No, io che sono il più serio!- lo placcò Georg.
-No, io che sono io più tenero!- Gustav atterrò gli altri due.
-Vado io che non mi faccio corrompere dalle donne, no?!- ribatté Bill, calpestando le schiene dei musicisti e entrando nello spogliatoio.
Appena entrò, le cameriere più forzute tentarono di cacciarlo fuori, ma una o due urla le fecero filare. Insieme a qualche improperio ben piazzato e qualche consiglio sul look, Bill le fece filare tutte quante, facendosele sedere tutte davanti e chiedendo finalmente dov’era Claudia. Terrorizzate, non tardarono a rispondere e finalmente felice Bill uscì dalla stanza e indirizzò i suoi compari verso la lavanderia.
Sgambettarono allegramente in lavanderia, dove rovesciarono accidentalmente una lavatrice.
-Claudia, tesoro, vieni qui!- strillò Bill, richiamando la ragazza all’ordine.
-Ditemi.- la rossa osservò con malcelata sorpresa la velocità con cui Gus ingoiava patatine e Mars contemporaneamente.
-Ci serve sapere il nome della persona che ha occupato la stanza 345 e che l’ha lasciata ieri, dopo l’omicidio. Crediamo che possa essere l’assassino.- disse Tom, con aria di superiorità.
-Ah, beh, si, vado subito. Voi guardatemi la lavatrice, per favore, dovrebbe finire a momenti.
Claudia corse via, lasciando i quattro alle prese con una lavatrice finita e un criceto dormiente, ma manco tanto, che subito approfittò della mano di Gustav con una patatina in mano per rubargliela e ingoiarla felice.
-Ehi, ma Junjou è un ladro!- urlò Gustav, additando l’animaletto in gabbia e il suo dito arrossato dal morso.
-Ma bravo amore che rubi!- strillarono i gemelli, contro ogni previsione, tirando fuori la palla di pelo dalla gabbietta e tenendolo tra le due mani.
-Come bravo?! Mi ha fregato una patatina!- li rimbeccò Gus, offeso.
-Qualcuno pensa alla dieta- ridacchiò Georg, meritandosi un gestaccio.
-Ooooh, il nostro bambino è uguale alla sua mammina e al suo paparino!- continuavano a strillare Bill e Tom, spupazzando Junjou, sbaciucchiandolo e dandogli dei buffetti affettuosi.
-Ma povero infante!- urlò Georg – Chiamiamo la protezione animali! Il WWF!
-Schifoso grasso mostro- borbottò Gustav tra sé e sé, meditando vendetta contro il roditore.
Junjou lanciò un’occhiata malefica al batterista, accoccolandosi tra le mani dei suoi esimi padroni e cominciando a prendere esempio dal loro modo di fare violento e opportunista.
Nel frattempo, Georg pensò che non sarebbe stata una brutta idea aiutare Claudia a togliere i panni dalla lavatrice, peccato che proprio in quel momento Gustav stava scartando una marmellatina fregata al buffet della colazione e la fece puntualmente cadere sui panni appena levati dal bassista, insudiciandoli di mora.
-Gustav, pezzo di c******, ma sei scemo?!- ululò Georg, osservando la marmellata spandersi sui vestiti chiari e macchiarli di un bel viola mora.
-E va beh, Georg, come la fai lunga!- Gus prese un cucchiaino e raccolse la marmellata, mentre l’altro tentava di rifare a lampo un’altra lavatrice, cercando il detersivo adeguato in mezzo a duemila marche diverse.
I gemelli non se ne erano minimamente accorti, impegnati a lodare il grasso criceto e a farsi (Bill) selfie stupidi con il criceto con il cellulare di Tom e, siccome la memoria era piena, a cancellare le foto del legittimo proprietario del telefonino, quando Claudia fece il suo ingresso nella lavanderia con un sorriso, che però gli morì sul volto lentigginoso non appena vide uscire a fiotti, dalla lavatrice dove aveva lasciato i Tokio, grossi fiumi di acqua saponata che si riversavano mollemente giù dall’oblò, con un ciuffo di capelli neri e bianchi, riconoscibili come quelli di Bill, uscire gloriosi e dibattersi dalla massa di bolle bianche.

 

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Capitolo 9
*** Cleverless ***


CLEVERLESS

-Ma si può sapere che diavolo avete combinato?!- urlò Claudia, dopo praticamente un’ora passata a ripulire tutta la schiuma che i Tokio Hotel avevano sparso per la lavanderia, e dopo aver tratto in salvo gli abiti degli ospiti dell’ albergo.
-Ehm, ma non è colpa nostra, è solo che Gustav ha rovesciato la marmellata su una camicia, e così io volevo pulirla, ma temo di aver sbagliato le dosi del sapone, ma non l’ho fatto apposta, volevo essere d’aiuto … - Georg, l’unico, vero, colpevole della faccenda, si fece piccolo piccolo in un angolo, raggomitolandosi come Junjou.
-Ah, quindi è colpa tua, essere immondo, se mi sono trovato ammollo nell’acqua saponata!- Bill si avvicinò con aria malefica, le unghie da strega protese per ghermire il povero bassista, che non trovando altro di meglio da fare, mise le braccia a croce e chiuse gli occhi, sussurrando:
-Dei, praesidio me a daemonio liberarem! Vade retro, Satana!
-Uh, Geo, ma da quando sai il latino?- esclamò Tom, acchiappando suo fratello prima che gli facesse fuori il bassista, e tenendolo stretto per la collottola mentre si dibatteva impotente, strillando:
-Lasciami andare, devo ucciderlo, devo accecarlo, devo eliminarlo dalla faccia di questa Terra!
Georg si alzò con circospezione, posizionandosi a distanza di sicurezza dal cantante, e rispose con un filo di voce:
-Ho preso lezioni da una specie di santona visionaria di “Esorcismo”. Per esorcizzare Bill quando sarà il momento opportuno; questa è la prima fase.
-Bello!- fischiò Tom, girandosi subito dal suo gemello – Eh, Bill? Cosa ne dici se ti esorcizziamo?!
-Se tu mi esorcizzi, io ti castro nel sonno. Gemello avvisato, mezzo salvato.
Bill fece un ringhio disumano, scalciando un po’ nel vano tentativo di liberarsi dalla presa di suo fratello.
-Comunque, bando alle ciance!- urlò Gustav, ristabilendo l’ordine, e notando con disappunto che il ladro criceto non era affogato nel sapone, ma anzi, se ne stava beatamente raggomitolato nella sua gabbietta a rosicchiarsi una nocciolina. -  Passando sopra al piccolo disastro che abbiamo combinato io e Geo, cosa assolutamente di poco conto, concentriamoci piuttosto su questo stramaledetto caso! Claudia, cosa hai trovato?
La ragazza lo guardò severamente, togliendogli con violenza le patatine di mano di modo che non insudiciasse ancora di più la lavanderia e i vestiti, grugnendo:
-Non sono d’accordo sul tuo “di poco conto”, Gustav, comunque ecco qua i risultati: nella camera n°345, fino al giorno dell’omicidio, alloggiava un certo Bernard Enquist. Arrivato tre giorni fa, e andato via ieri, poco dopo l’omicidio.
-Allora è lui l’assassino.- commentò Tom, grattandosi un dread.
-Tutto direbbe di sì- annuì Georg, sistemandosi per sicurezza dietro Claudia, visto che Tom aveva appena liberato Bill. – Però non abbiamo foto di sto qui.
-Beh, le troveremo. Cosa ci vuole?- strillò Bill, sorridendo a trentadue denti e fregandosi le manine entusiasta. Sembrava che tutto si stesse finalmente rimettendo al suo posto, un po’ come i puzzle delle Barbie che si divertiva a fare quando era bambino al posto di sua cugina. Così alla fine, la loro mamma e la zia Hanna trovavano lui chiuso in camera intento a fare l’enorme, splendido puzzle 500 pezzi di Barbie Principessa tutto rosa e ricoperto di brillantini, da solo come al solito, e Tom e la cugina Hilda fuori in giardino a rotolarsi nel fango. Insomma, erano letteralmente perfetti loro tre. Anche se non aveva ancora capito perché mamma e zia Hanna si mettessero sempre le mani nei capelli quando vedevano questo “capovolgimento dei ruoli”, come erano solite chiamarlo. In verità, Bill si faceva ancora molte domande sul perché, in quel lontano Natale del 1995, mamma e zia Hanna avevano insistito per farli smettere di giocare e farli andare a cantar quelle pallose carole natalizie, solo perché li avevano visti in soffitta impegnati a giocare a “Salviamo la principessa”, con lui accuratamente vestito con il travestimento da principessina di Hilda, con quello splendido vestitone rosa e la coroncina di brillantini rossi, arrampicato sull’altissima sedia a dondolo della bisnonna, che recitava oltretutto alla perfezione la parte della fanciulla in pericolo, e Tom e Hilda che facevano i due coraggiosi principi che dovevano attraversare tutta la palude-soffita, per salvarlo dal terribile drago-calzino dello zio. Come avevano spiegato alle loro ignoranti genitrici, chi sarebbe riuscito a salvare la principessa Bill avrebbe vinto un bacino sul naso, e poi ci sarebbe dovuto essere il matrimonio, mentre il principe che non era riuscito a salvarla avrebbe fatto il prete. Evidentemente, lo trovavano sbagliato, che Bill facesse la femmina e Hilda il maschio. E poi c’era Tom, stile terzo incomodo. Comunque, aveva diciotto anni appena compiuti, e ancora non aveva capito perché si ostinassero a rovinar loro tutti i giochi d’infanzia. E nemmeno Tom e Hilda lo avevano capito, visto che ogni tanto, quelle poche volte che riuscivano a vedersi, continuavano a fare queste complicate recite.
-Scherziamo?- ironizzò Gustav – C’abbiamo il nuovo Lisbeth Salander qui …
-Appunto!- disse Tom, che come al solito non aveva colto l’ironia – Eh, vedi fratello, potremmo proporre a Hilda questa nuova recita.
Bill annuì entusiasta. Certo che lui e Tom erano proprio sulla stessa, splendida linea d’onda. Avere un gemello era una cosa semplicemente geniale.
-Ma scusate- interruppe Georg – Se avessimo ragione, che la morta e questo Enquist erano nel giro della droga, non penso che abbia dato il suo nome vero.
-Anche. Va beh, andiamo su di sopra e vediamo di scoprire qualcosa. Grazie, tesoro, intanto ne approfittiamo per dire a quell’incompetente del nostro manager di assumerti.
Bill si diresse a passo di carica fuori dalla lavanderia, con la gabbietta di Junjou stretta al petto e un sorriso da poco di buono sulle labbra, seguito docilmente dagli altri tre. Claudia li osservò andarsene, scuotendo la testa. Allora era veramente convinto di farla diventare sua stylist … beh, magari l’avrebbero pagata meglio e sfruttata meno che in quell’albergo di vampiri, chissà.
I Tokio Hotel salirono nelle loro stanze, cogliendo anche l’occasione di fare lo sgambetto a Taylor Swift e farla capitombolare giù dalle scale (Tom non l’aveva ancora perdonata dopo che aveva tentato di violentarlo), di rubare un panino dalle mani di un’ignara Lana Del Rey senza che lei nemmeno se ne accorgesse (Gustav aveva scoperto che la suddetta cantante era un’appassionata di panini al tacchino: e quale migliore ladro di panini al tacchino esisteva, dopo il biondo batterista?), di rovesciare “casualmente” una tazza di caffè sul vestito ultra costosissimo di Beyoncé (Georg covava da anni una rabbia inespressa verso di lei, dopo che gli aveva rovesciato addosso un Martini sul suo maglione con le renne preferito, quello che gli aveva cucito nonna Gertrude), e di infilare a tradimento qualche pizzico di polverina irritante nel vestito di Katy Perry (Bill si era preparato a una vendetta gelida e terribile nei confronti della cantante, dopo che ella gli aveva brutalmente detto, un anno primo “Bill, tesoro, scusa se te lo dico, ma questo smalto non ti sta molto bene”. Beh, certe cose lui non le accettava.). Insomma, mettersi contro i Tokio Hotel non era cosa raccomandabile, perché non esistevano “figli della sempre potente e opulenta Germania, terra di eroi e grandi imprese”, per dirla alla Gustav, più vendicativi di loro quattro. Ricordavano, covavano, e inventavano piani diabolici per farti pentire amaramente di esserti messo contro di loro.
Si infilarono tutti nella stanza dei gemelli, chiudendosi per bene a chiave dentro, sbarrando la porta per sicurezza, e si buttarono a peso morto sul letto, sentendo il solito “crack”, che oramai facevano tutti i letti di tutti gli alberghi dove loro alloggiavano. Ma mai fu terribile come quando Tom e Bill decisero di provare a vedere cosa c’era dentro al materasso ad acqua e lo bucarono, allagando completamente tutta la stanza e ritrovandosi anche senza materasso. Oppure come quando Gustav ebbe la geniale idea di riempire il suo materasso di patatine per i suoi spuntini notturni e si ritrovò il letto completamente invaso dalle formiche. Senza dimenticare l’ ingegnoso trucco di Georg di nascondere tutte le sue scorte medicinali dentro al materasso per proteggerle da eventuali ladri e di ritrovarsi quindi il giorno dopo un cane antidroga arrabbiato sulla pancia che aveva individuato il suo letto come possibile nascondiglio per stupefacenti vari.
-Allora, banda di sciattoni, datemi il computer e vediamo di trovare questo fantomatico assassino.- Bill si stravaccò sul letto, facendosi portare l’I-Pad e cominciando a darci ditate sopra.
Gustav rovistò a lungo nelle tasche per poi riesumare un barretta energetica alla ciliegia, di quelle che gli comprava Georg per farlo star buono, e un mazzo di carte da gioco. Le agitò e disse:
-Dai, facciamoci una partitina già che la principessa è impegnata.
Gli altri due si scambiarono un’occhiata entusiasta e si affrettarono ad afferrare le carte che il batterista distribuiva con un sorriso da mazziere di Las Vegas. Ogni volta che c’era Bill in giro, era impossibile giocare, perché lui vinceva sistematicamente tutte le partite, e talmente in poco tempo che ti faceva passare la voglia. I tre si guardarono felici, stringendo le carte unte e bisunte di patatine di Gus, pronti a lanciarsi in un’appassionata partita di Scala 40, quando la petulante, acuta, antipatica, noiosa, vocina di Bill li fece bloccare.
-E a me non fate giocare?
-Ma tu stai lavorando, no che non giochi!- lo rimbeccò Georg.
-Guarda che posso benissimo giocare e lavorare contemporaneamente, non ci vuole una cima, eh.- Bill li guardò di traverso, da sotto la cortina di capelli neri.
-Va beh, piantala, siamo già in tre, non rompere.- grugnì Tom, pescando una carta dal mazzo.
-In quattro è sempre meglio giocare. Gustav, dammi le carte.
-Ma io … - tentò Gus, grattandosi la testa.
-Ti compro quattro panini quando siamo di sotto.
-Tieni, Bill!- Gustav, con gli occhi cupidi, gli diede le 13 carte di rito, mentre Tom e Georg si guardarono scuotendo la testa. Gustav era tutto meno che una buona e fedele spia. Lo si comprava con niente, bastava promettergli del cibo!
Bill fece una linguaccia divertita ai due strumenti a corda, e cominciò a giocare tranquillamente, mentre picchettava sul tablet in tutta tranquillità. Puntualmente, in meno di cinque minuti, Bill aveva già gloriosamente chiuso, lasciandoli ancora tutti con un palmo di naso e tutte le carte in mano,  se escludiamo un misero tris di re di Georg e un inutile tris di regine di Gustav.
-Ma come diavolo fa?- sussurrarono i G&G.
-E’ un demonio, ve l’ho sempre detto. Tipo figlio di Satana- sussurrò di rimando Tom, osservando con malcelato disgusto il gemello che infilava le dita nel barattolo di Nutella riesumato da Gus dalla valigia del cantante.
-Guarda che ti ho sentito, eh, Tom. – miagolò Bill, tranquillissimo. – E a parte il fatto che appena finiamo qua dirò alla mamma che me l’hai detto, e così lei ti mette in castigo, e non potrai dire niente perché ci sono i G&G come testimoni, sai come si dice no? Sfortunato in amore, fortunato nel gioco. Che oltretutto è anche meglio.
Tom impallidì di colpo e si mise a urlare, acchiappando il gemello per le spalle.
-Tu non oserai dirlo alla mamma, piccolo s**** maledetto?!
-Vediamo?- Bill tese la zampetta verso il telefono, con un ghigno malefico.
-No, no, ti prego, dai, scusa, non volevo dirti che sei un demonio, dai, ti prego … - Tom si gettò in ginocchio di fronte a Bill, le mani giunte, un’espressione implorante sul viso.
-Non accetto nessuna scusa, Tom. Ti sei giocato la carriera per sempre.
Bill rise maleficamente, prendendo il telefono e cominciando a comporre un numero. Finalmente i G&G, vedendo Tom scoppiare in lacrime, si resero conto che magari sarebbe servita la loro mediazione tra loro due e il Giudice Mamma. Che poi, Gustav si chiedeva ancora come potesse una signora così carina e gentile come lei essere il terrore cieco dei gemelli. Anche se Georg ogni tanto accennava a racconti poco tranquilli su quello che succedeva in quella casa un tempo
-Dai, Bill, su, Tom non l’ha fatto apposta, si è lasciato prendere dal momento ..
-Non accetto nessuna mediazione, G&G. Basta, mi sono rotto che lui si ostini a chiamarmi Figlio di Satana; questa volta lo dirò alla mamma, e lei lo metterà finalmente in castigo, come si merita da diciotto lunghi anni, aahahah!- Bill rise satanicamente, agitando il telefono come fosse un’arma letale.
Tom, con un balzo felino, gli rotolò sopra, tentando si strapparglielo dalle mani, sempre piangendo come un infante, scalciando e dicendo frasi sconclusionate del tipo:
-Bene, davvero? Allora io le dico che tu continui a darmi dell’idiota in continuazione, così finirai in castigo anche tu, e poi voglio proprio vedere!
Evidentemente quella frase ebbe l’effetto sperato, perché Bill si bloccò di scatto e ringhiò
-Non oserai dirglielo, vero?
-Se tu le dici questo, io le dico tutto.- Tom tirò rumorosamente su col naso, sedendosi a gambe incrociate davanti al fratello, grosse lacrimone colavano mollemente.
Bill, semplicemente, scoppiò a piangere a sua volta, tempestando di pugnetti il petto di Tom, urlando ancora più forte parole insensate
-Ti odio, ti odio, ti odio, ti odio … - si ripetevano a vicenda come una nenia, picchiandosi come fossero due bambinette di quattro anni che hanno paura di farsi male.
Sfortuna volle che nella foga, la chiamata partì veramente, e poco dopo si sentì il filo di voce della signora Kaulitz dire
-Bill, caro, è successo qualcosa?
Georg fu lestissimo ad acchiappare l’apparecchio prima che quei due scriteriati se n’accorgessero, e se lo premette contro l’orecchio
-Signora? Sono io, Georg. Scusi se l’abbiamo disturbata, ma …
Un lungo sospiro depresso.
-Cos’hanno fatto, Georg?
-Ahem … - il ragazzo si grattò la testa, osservando i due che piangevano e facevano finta di picchiarsi sul letto e Gustav che tentava con scarso successo di staccarli. – Diciamo che Bill ha minacciato Tom di dirle una determinata cosa, Tom si è messo a piangere e ha ricattato Bill con la stessa cosa girata al contrario, Bill si è messo a piangere a sua volta, e ora si stanno incolpando a vicenda di cose risalenti a quando nemmeno erano nati. Può aiutarci? Anche perché saremmo in un momento leggermente critico, e ci servirebbero svegli e normali.
La signora sbuffò di nuovo, e Georg poté immaginare la faccia stanca e tirata che assumeva ogni volta che qualcuno le faceva presente che i suoi figli avevano il livello mentale di due caviette da laboratorio, con tutto il rispetto per le caviette.
-Fai così, caro. Dì loro che a prescindere li perdono, qualunque cosa mi volessero dire, non verrà loro fatto nulla. Sono assolti.
Georg tirò un sospiro di sollievo e stava già per ringraziare, quando la signora aggiunse:
-Oh, e già che ci sei, per favore, dì a Tom che gli ho comprato il Lego che voleva, quello della stazione dei pompieri. E dì a Bill che a lui gli ho comprato quel coso dal nome impronunciabile che tanto voleva.
-Bene, riferirò. A presto signora Kaulitz, spero di vederla presto.
Georg chiuse la chiamata, prese un profondo respiro e urlò.
-Genug! Vostra madre vi ha assolti da tutto, siete perdonati a prescindere entrambi, non vi metterà in castigo né altro! Calmatevi!
Immediatamente, i gemelli si zittirono, guardarono il bassista, si guardarono, e si saltarono di nuovo addosso urlando e sbaciucchiandosi entusiasti della notizia.
-Sì, non ci sgrida! Yeah!
-Ah, e ha detto di dirvi che, Tom, quando arriverai a casa troverai il Lego dei pompieri, mentre tu Bill troverai quel coso dal nome impronunciabile che tanto volevi.
I G&G si lanciarono un’occhiata disperata quando li videro fangirlare, abbracciandosi come se non si fossero scannati fino a un secondo prima, contenti e beati come quando avevano cinque anni e la mamma portava loro lo strudel per cena. Più o meno uguale.

****
A: SCUSATE PER FAVORE SCUSATE! Ok, davvero, mi sento uno schifo ad aver aggiornato così tardi, ma non avevo più idee divertenti da darvi. Per faovre, vogliate perdonarmi :( Ma se qui c'è qualcuno che già mi conosce, sa che sono la diretta prole di un bradipo per lentezza di aggiornamenti.
B: Va beh, dai, però le tue altre storie sono carine! Se voleste darci un'occhiata a proposito ... io sono sempre così figo *si pavoneggia*
T: Cosa volete, l'Autrice Suprema è una patata bollita ... comunque, anche se il capitolo è corto, è fatto apposta per farvi vedere che siamo ancora vivi.
A: Tu non per tanto se non mi restituisci la mia maglietta!
G2: Promettiamo che frusteremo l'Autrice se non si impegna a scrivere Breathless.
G1: Esatto, Gus. Ci impegneremo tutti un sacco.
T+B+A: Non riusciamo a indentificarci con il tipo di etica professionale dei G&G ...
G1: Comunque la frase in latino sarebbe tipo "Dio, salvami da questo demone". E scusate la maccheronicità, ma l'Autrice anche se è in seconda classico è una capra di latino.
A: Ma se sono tra i più bravi! *sbuffa arrabbiata*.
G2: Va beh, ora ci ritiriamo e torneremo presto comunque. Per favore recensite!
A: E grazie per la pazienza
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Capitolo 10
*** Clueless ***


CAPITOLO DIECI: CLUELESS

-Ehi, ragazzi, forse ho trovato qualcosa!- strillò Bill, agitando il tablet.
-Abbiamo scoperto chi è Bernard Enquist?- Gustav si affacciò dalla spalla dell’amico, occhieggiando curiosamente lo schermo.
-Credo proprio di sì.- il cantante si passò una mano tra i capelli, sfarfallando i grandi occhi – Guardate qui: Enquist&Co, compagnia di antiquariato all’ingrosso e casa d’aste di prima categoria, famosa in tutta la Germania.
-Uhm, una casa d’aste è il modo migliore e anche più classico per nascondere traffici poco puliti.- commentò Tom, grattandosi i dread – Lo dicono anche in C.S.I. Miami.
-Esatto mi amor!- trillò Bill – Dobbiamo proprio dare un’occhiatina a questa casa d’aste e scoprire che cosa nasconde … vamos, hamorcito!
-Ma da quando è partito per la tangente spagnoleggiante?- commentò Georg, osservando con malcelato stupore Bill che indossava un enorme cappello di paglia a tesa larga.
-Da quando si è ricordato che a dodici anni eravamo andati in vacanza a Maiorca e che tutte le ragazze facevano il filo a noi e non agli altri.- rispose placidamente Tom, come se fosse normale vedere Bill vestito con un grosso poncho rosso e giallo e un paio di camperos di coccodrillo argento, e come se non destasse stupore vederlo saltare sul groppone di uno stravolto Gustav strillando qualcosa che poteva essere un “Vamos muchacho! A la playa!”
-Posso immaginare quante ragazze il nostro eclettico cantante si sia portato a letto … - Georg alzò un sopracciglio sarcastico, cercando di salvare il suo basso dalla furia ispanica a cavallo di un biondo toro poco avvezzo a cavalcare.
-Infatti, io ne approfittavo nel senso sconcio del termine e le avrò baciate tutte almeno tre volte a testa. E avevano pure quattordici, anche sedici anni!- esclamò Tom, ricordando con un brivido di gioia i vecchi e fulgidi tempi dei loro splendenti dodici anni – Bill si faceva aggiornare sulle nuove mode femminili e su come rendersi appetibile agli occhi dei più grandi. Comunque no, Geo, amico mio, non è gay.
-Sì, è un travestito, lo so.
-No. E’ semplicemente Bill. Ha orientamento sessuale solo per se stesso, l’unica persona da cui è attratto e che ama. Il mio piccolo Narciso!- Tom sfarfallò gli occhi, applaudendo entusiasta all’inchino colorato del Toro Gustav e del Mandriano Bill.
-Quindi dobbiamo andare … - Georg fece finta di non vedere Gustav costretto ad indossare un fazzolettino rosso al collo – nella Colonia Plaze, al “Antiquariato Magico”?
-Evidentemente sì, Pantene.- ridacchiò istericamente Gustav, felice di vedere che anche il bassista era stato placcato dal loro rumoroso vocalist e abbigliato con un sombrero rosa shocking.
-Allora forza, muchacos, dobbiamo scoprire chi ha assassinato Karen e scoprire cosa si nasconde dietro al mistero della Sierra Nevada.- Bill li squadrò attentamente, cercando di stringersi in un paio di pantaloni troppo aderenti rosso fuoco, mentre finiva di acconciarsi i capelli sparati in tutte le direzioni possibili – Propongo anche di cominciare ad armarci, nell’eventualità non poi così remota nella quale non avremmo il tempo di tornare in albergo prima della cattura dei nostri malviventi.
-Usiamo le Magnum 45 come in Il Grinta.- urlò il chitarrista, balzando in piedi e frustando Gustav con la coda di dread – I taiser! Le katane! Gli shuriken!
-Secondo te dove ci procuriamo quella roba, testa di interdetto?- abbaiò Georg – Bill, come facciamo ad armarci, sottoestratto di rimmel andato a male?!
-Infatti, useremo armi alla nostra portata, Full Metal Failure.- Bill sfarfallò gli occhioni truccatissimi con aria da maestrina – Tooooom, stupido, non hai il porto d’armi!
-A parte giusto i tuoi stivali col tacco, che razza di armi dovremmo avere? Perché non possiamo semplicemente parlarne con la Polizia come tutte le persone normali!?- sbottò esasperato Georg, affondando nel letto. Ci aveva già provato al New Music of Germany, e niente. Ci riprovava ora, che avevano diciotto anni e quasi tre dischi alle spalle, e niente. Ma ci avrebbe riprovato anche in futuro, che credevano. D’altronde, doveva rassegnarsi: se stavi con Bill Sono Un Cavolo di Iettatore Kaulitz, qualche omicidio prima o poi te lo trovavi nei piedi.
-Perché noi non siamo persone normali.- gli ricordò, ahimè, Tom, alzando le spalle. – E poi la Polizia è burocraticamente lenta e incapace a rintracciare rapidamente i criminali. Solo in Unforgettable gli va tutto liscio come l’olio.
-Per l’appunto, questa notte il mio Tuffolo ha portato buone nuove.- cinguettò Bill, agitando come una hostess durante le dimostrazioni di sicurezza in aereo il peluche perdi pelo innamorato della bocca e del naso del rasta – Con un po’ di fantasia, possiamo disporre di un catalogo di armi letali da far rabbrividire Pulp Fiction. Intanto, la cipria, come ogni romanzo rosa travestito da thriller che si rispetti.
Il ragazzo tirò fuori dalla toeletta una scatoletta di cipria rosa e la aprì, soffiandoci delicatamente sopra, liberando una nuvoletta perlacea che si andò a infilare nei nasi, già duramente provati dai vomitevoli profumi da donna di Bill, dei tre musicisti.
-Ma che c**** di arma batteriologica è?! Aprite la finestra!- latrò il biondo batterista, slanciandosi pesantemente a spalancare la finestra. – Attacco al napalm! Distruggete gli sporchi americani!
-E’ la mia cipria.- disse dolcemente Bill, mettendola in borsa – Come vedete, una semplice cipria da borsetta può rivelarsi un’arma letale se soffiata in faccia al nemico, accecandolo e soffocandolo per darci il tempo di darcela a gambe. Per lo spionaggio, anche il mio specchietto da viaggio sarà utilissimo.- dalla borsa di pelle rossa uscì uno specchietto di brillantini. – Senza alcun problema, potremo osservare non visti le mosse dei nostri avversari.
-Ok, fratello, ci manca il rossetto che scioglie il ferro e ti scritturiamo come nuova Spice Girls.- commentò acidamente Tom.
-Davvero?- Bill spalancò gli occhi da cucciolo, cominciando a saltellare istericamente per la camera – Sì! Così potrò mettermi quelle tutine fighissime, magari nera con le paillettes, e farò la leader delle Spice Girls! Bill, Clover, Alex e Sam, il terrore dei criminali di tutto il mondo! Potrò avere quell’orologio rosa confetto con la limetta per unghie al diamante e il rossetto speciale!
-Bene, Bill, sarai una Spice Girl coi fiocchi, non lo metto in dubbio, ma ora saresti così gentile da dirci le nostre, di armi?- lo gelò Georg – Che io di tutine aderenti e mascara laser ne farei volentieri a meno.
Il frontman dei Tokio Hotel lo guardò malissimo, per poi spogliarsi e mettersi a frugare nell’armadio, cavandone fuori la tutina nera con le paillette super aderente e super da battona .
-Non vorrai uscire con quella, spero.- inorridirono Gustav e Tom, stringendosi uno all’altro con orrore – Ti arrestano per prostituzione!
-L’hai detto tu, Tom. Sono o no il capo delle Spice Girls? Aspettavo da anni questo momento, dopo che David mi aveva categoricamente vietato di mettermela nel primo concerto del tour di Zimmer 483 e ora è giunto! Comunque, Gus, tu avrai sempre con te un sacchetto di Valentino, contente in realtà questo paio di stivali – il ragazzo pescò dal mucchio due stivali di vernice nera riflettente con un paio di stiletti 17. – Quando sarà il momento, li sfodererai e menerai fendenti a destra e a manca, come fossero mazze ferrate.
-All’armi! L’impero di Franz Joseph è al sicuro nelle mani del tenente Schafer!- ululò Gustav, balzando in piedi e facendo il saluto nazista – Goebbels sarà fiero del suo sottoposto! Mein Kaiser, non disperate! Mussolini è nostro alleato!
-Non puoi continuare a mischiare Prima e Seconda Guerra Mondiale, tonto!- lo rimbrottò Georg, facendolo stancamente sedere.
-Tomi, tu avrai quest’arma letale.- Bill fece un sorrisino smielato, allungando al gemello una fionda di plastica verde acido con una dotazione di biglie delle Barbie – Sei quello che ha la mira migliore tra noi.
Tom accolse con grida di giubilo la sua dotazione speciale, non accorgendosi del compare Georg che stava impallidendo a vista d’occhio alla vista del lungo scialle che Bill aveva pescato
-E tu, Full Metal Failure, sarai fornito di questo velo da baiadera per confondere e strangolare l’eventuale assalitore.- gli tese sorridendo una lunga pashmina blu notte e giallo ocra con tanto di sonagli argentati. – Senza contare questo!
Georg ricevette anche un “deodorante per bagni” al profumo di fragola.
-Perché io devo avere un deodorante e gli altri no?- piagnucolò il ragazzo, non sapendo se preferiva spruzzare quell’affare o sventolare il telo da mille e una notte.
-Tranquillo, tesoro, non sei solo!- cinguettò Bill, scappando in bagno e tornandone subito dopo con lo scopettone – Gustav, a te l’onore.
-Ma che ci devo fare? Pulire i gabinetti?- il biondo guardò disgustato l’arnese. – Non voglio!
-No, idiota, lo devi usare come arma! Scopettone del cesso e stivali, cosa vuoi di più?- Bill corse di nuovo in bagno e ne ritornò tutto giulivo con la scatoletta che si incastra nel water e che dovrebbe profumarlo – Tom, se le biglie non funzionassero adeguatamente, potrai sempre lanciare questa specie di gel profumato e spiccicarglielo in faccia!
Il ragazzo prese perplesso e vagamente schifato l’arnese, lanciando un’occhiataccia al gemello
-E tu cosa userai?
-La carta igienica “Extra Strong” di Georg, no?- gorgheggiò il cantante, andando a prendere il rotolo di carta – Faremo inciampare i nemici, senza contare il mio smalto diluito per rendere il pavimento scivoloso oltremisura.
Georg guardò affranto il suo rotolone di carta igienica che scompariva nella borsetta di Bill, mentre Gustav sbottava furibondo
-Oh Bill, ma ti ha dato di volta quel poco di cervello bacato che hai? Sembriamo la sezione Pulitura Gabinetti Pubblici! Ci manca che ci portiamo dietro il wc chimico!
-Beh, contando che io faccio pipì in media ogni ora … sì, dai, portiamoci anche quello!- lo strillo giocondo del ragazzo fece sprofondare nella disperazione più nera il trio dei musicisti.
Dopo almeno un’ora di preparativi tecnico tattici, i Tokio Hotel erano pronti a cominciare l’indagine sul campo, dirigendosi a passo di carica verso la Colonia Plaze e verso l’ “Antiquario Magico”, un affascinante negozio avente una polverosa vetrina nella quale erano mostrati antichi mobili Luigi XVI e delicati servizi di Sevres.
-Scusate, ma secondo me ci cacciano fuori a calci. Cioè, cosa diranno di un rasta, un ciccione, un metallaro e un travestito? - brontolò Georg, occhieggiando poco sicuro una gigantesca statua di marmo rosa che sorvegliava l’ingresso.
-Il piano è questo.- disse subito Bill – Tom finge di essere l’erede di un impero economico basato sulla produzione di carne in scatola, e io sono la sua fidanzata, una ricchissima contessina polacca. Dobbiamo sposarci a breve, dunque  siamo venuti qui per l’arredamento dei salotti della nostra villa. Gustav è il segretario di fiducia di Tom, che ci segue praticamente sempre come ogni segretario scassa scatole che si rispetti, mentre Georg … - il vocalist si grattò il mento – Non saprei, a dire il vero, non ci ho pensato. Vuoi fare il fidanzato di Gus, per caso?
-E se io mi confondessi abilmente nell’ambiente e, mentre voi tre tenete occupato il cassiere, mi imboscassi nelle stanze vietate al pubblico e tento di scoprire qualcosa di sostanzioso?- sospirò il bassista, immaginando con un moto d’orrore lui e Gus costretti a baciarsi in bocca.
-Ma Bill, io non ho capito perché io devo fare tuo marito e Georg si può tranquillamente evitare tutta la pantomima!- piagnucolò Tom.
-Perché io e te siamo gemelli, concentrato di demenza senile, e possiamo benissimo sbaciucchiarci in modo smielato senza sforzo, come tu puoi toccarmi il paniere senza schifo o io posso sfregarti il naso nel collo senza vergogna.- abbaiò Bill, appendendosi immediatamente al braccio di uno sconvolto Tom – E ora forza, non perdiamo tempo! Tom, comportati come un cafone che ha tutto l’impero economico più grosso del mondo, sii maleducato come sempre e zotico come tutti i giovani che si trovano ai vertici di un colosso come la fittizia EschenbachCorporation, ok? Io sarò una vera oca giuliva, innamorata persa, che prende tutto quello che dici per oro colato e che non è capace di fare nulla se tu non sei lì con lei. Gustav, tu devi fare il martire che sopporta le intemperanze del tuo padrone e l’isterismo della sua fidanzata, composto ma stufo, va bene?- poi si voltò vero Georg e strillò – Georg, va’! La sicurezza della nazione dipende da te!
E dopo un sonoro “Heil Bill!” di gruppo, si avviarono dentro l’antiquario, nel tentativo di calarsi nella parte il meglio possibile.
-Ma in che razza di posto m******o mi avete trascinato?!- inveì Tom, stringendosi addosso suo fratello, tentando di impersonare i gangster dei film.
-E’ un antiquario, amore, non ti agitare così, dobbiamo comprare i mobili per il salotto della villa in Polonia, te l’avevo detto ieri.- mugolò Bill, accarezzandogli il braccio e sfarfallando gli occhi.
-Buon giorno, benvenuti! Avete bisogno di aiuto?- un uomo si fece avanti dalle cupe oscurità del negozio.
-Vogliamo dei mobili.- grugnì Tom, grattandosi la testa – Quelli più costosi che ha. Quelle s******e che piacciono alle donne, vero bocconcino di carne in scatola?- diede una sonora pacca sul fondoschiena di Bill, cercando di trattenere un improvviso accesso di risate. Stava andando così bene!
-Su, tesoruccio, le mani … - Bill arrossì magistralmente, spostando con timidezza la mano di Tom verso il fianco, per poi guardare il commesso – Sa, ci stiamo per sposare, finalmente.
-E lei vuole arredare la sua villa in Polonia con sta roba da robivecchi.- rise il rasta – Cos’è che sei, mia piccola Simmenthal?
-Una contessa, biscottino, te lo dimentichi sempre.
-Una contessa?- il commesso fece tanto d’occhi – I miei rispetti, madamigella …
-E per l’appunto, vuole sta roba da nobilastri polacchi.- continuò imperterrito Tom, occhieggiando Georg che, non visto dal commesso, troppo impegnato a guardare quella buffa coppia, si stava infilando nel retro del negozio. – Certo, le dirò, io le potrei comprare tutto il negozio come niente, una bazzecola per un magnate dell’industria come il sottoscritto, ma la mia gelatina di carne ci teneva così tanto a sceglierseli da lei, vero vitellina adorata?
Mentre Bill mugolava un “sì, cucciolotto mio”, Georg scivolò silenziosamente nel retro del negozio, scostando la pesante tenda di velluto rosso che mostrava uno stretto corridoio buio e puzzolente che si districava nelle profondità del palazzo. Sospirò rumorosamente, muovendosi con estrema lentezza, nel tentativo di non far scricchiolare il pavimento di legno sconnesso, lasciandosi con un brivido di terrore alle spalle le strilla dei gemelli, i commenti pacati di Gustav e i discorsi sconvolti del commesso. C’era troppo buio per i suoi occhi, ma tentò comunque di abituarsi, guidandosi con l’aiuto della mano sul muro di freddo legno nodoso, acuendo l’udito nel tentativo di sentire qualche discorso interessante nell’oscurità.
-Sei proprio sicuro che nessuno sospetti di te, Bernie?
Il bassista si bloccò di colpo a sentire quella cupa voce roca che sembrava uscire proprio dal muro a cui si stava appoggiando.
-Sì, Ronnie, nessuno è arrivato a me dopo l’omicidio di Karen.- continuò un’altra voce, nell’esatto momento in cui Georg si rendeva conto che non si stava appoggiando più al muro, bensì a una porticina incassata e si inginocchiava per terra, cercando a tentoni il buco della serratura per spiare all’interno, esattamente come ricordava Poirot in “Sipario”. Cercò di non far rumore, scivolando delicatamente per terra, schiacciando il viso sul legno scheggiato e l’occhio in quel piccolo buco della serratura arrugginito. Gli parve di intravedere due uomini seduti che parlavano concitatamente di fronte a due bicchieri di liquore.
-Quella donna non avrebbe nemmeno dovuto provare a ricattarci … - borbottò quello che doveva chiamarsi Ronnie, ignaro che le sue parole stavano venendo registrate da un metallaro finto nascosto dietro alla porta.
-Era un cammello che ci è sfuggito dal lazo.- ridacchiò sinistramente Bernard. “Allora Gus aveva ragione: un cammello”, pensò Georg, sperando che i tre di là fossero ancora impegnati a distrarre e a far ammattire il negoziante.
-A questo punto, possiamo tirare un sospiro di sollievo e continuare l’affare con i ragazzi di Colonia. Il “Sierra Nevada” è un bocconcino troppo succulento per farselo fuggire così dalle mani.- Ronnie prese dei fogli – Però, seriamente, Bernie. Hai la certezza che nemmeno un misero facchino possa aver avuto il minimo sospetto su di te e su Karen?
-Ti dico di no, Ronnie, rilassati.- Bernard rise forte – Nessuno si è accorto del passaggio sul soffitto dello sgabuzzino delle scope.
“Beh, nessuno a parte la band più famosa della nazione.” ridacchiò Georg tra sé e sé.
-Non si è mai troppo tranquilli, Bernie … - ma non fece in tempo a finire di parlare, che un urlo poco rassicurante si levò alle spalle del bassista.
-Degli intrusi!
Si voltò terrorizzato e vide suo malgrado il commesso che si stagliava sull’uscio della tenda, un’espressione furibonda stampata sul brutto muso.
-No, non è come crede, io ho perso gli occhiali … - balbettò terrorizzato Georg, trovandosi seduto a gambe all’aria con un’aria particolarmente colpevole.
-Dichiaro guerra senza frontiere, all’attacco!
Il proverbiale latrato di battaglia di Bill riverberò nel corridoio buio, seguito a ruota dalla rumorosa comparsa dei tre ragazzi e di un sonoro colpo di stivale in testa al commesso dato da un formidabile panzer Gustav particolarmente intenzionato a fare onore al suo intramontabile mito dell’ “Eroico Camerata”. Certo, sarebbero stati una visione stupefacente un rasta armato di fionda, un ciccione con uno stivale in mano e un essere in tutina con la cipria spianata, se solo davanti a loro non fossero sbucati di colpo Ronnie e Bernard con due pistole spianate dall’aria molto poco raccomandabile.
-Allora, bambini, che diavolo ci fate voi tre qui dentro?
Ora, loro tecnicamente erano in quattro, pensò Georg, ancora a gambe all’aria. Sì, erano in quattro, ma uno di loro era seduto come un tonno alle spalle dei due marrani. Erano in quattro, ma uno era brillantemente riuscito a passare inosservato, lui, il suo velo da baiadera da operetta e il suo deodorante per bagni.
-Compravamo mobili, ma quel cafone del suo collega ce l’ha impedito!- abbaiò Tom.
-Sporco comunista!- inveì Gustav, meritandosi le occhiate vagamente stranite dei due uomini.
-Oi, Bernie, ma da quando Conrad era comunista?
-Io avevo capito che era democristiano, Ronnie.
Quell’attimo di confusione fu di grande aiuto ai Tokio Hotel, visto che Bill strillò
-Georg, Piano Baiadera in azione!
Non che avessero mai definito cosa fosse il Piano Baiadera, ma il bassista fu lesto a tirare fuori il suo scialle blu e giallo e avvolgerlo attorno ai piedi dei due uomini, usandolo come una sorta di sgambetto e facendoli di conseguenza cadere per terra come due salami vestiti. Tom si buttò a pesce sulle pistole che avevano lasciato cadere nella caduta, strappandogliele dalle mani, mentre Bill balzava agilissimo di fronte ai malcapitati, la tutina che rimandava inquietanti bagliori alla pallida luce artificiale che filtrava dal negozio.
-Quindi il mio ineguagliabile fiuto ci aveva visto giusto. Siete voi gli assassini di Karen Moellendorf, senza contare il vostro chiaro invischio in traffici di droga. Siete letteralmente spacciati adesso che i Tokio Hotel vi hanno beccato!
-Ma come diavolo avete fatto?- sputò Bernie, sentendo il piede di Georg pressargli la schiena contro il pavimento.
-Siamo musicisti di professione, detective per passione!- cinguettarono i gemelli, dandosi il cinque.
-Chiamo la polizia.- disse Gustav, ma non fece in tempo ad afferrare il cellulare che una voce grossa e rauca si levò dal fondo del corridoio, accompagnata dalla figura di una donna gigantesca e dall’aria molto poco femminile
-Non ci pensare nemmeno, musicista per professione detective per passione. Dovete prima fare i conti con Berta la Vergine di Ferro.
-Tom, Piano Pippi Calzelunghe in azione!- stava già per urlare Bill, prima che la canna di un fucile da caccia a canne mozze non si palesasse attaccata alla sua boccuccia.
La donna enorme si girò con un sogghigno verso gli altri tre e grugnì
-Se mettete in atto il Piano Pippi Calzelunghe, il faccino di questa bambolina è andato. – guardò uno a uno i quattro ragazzi, osservandoli alzare timidamente le mani, le mascelle tremebonde e i visi impalliditi di colpo, quindi fece un rapido gesto col fucile verso il fondo del corridoio – Muovetevi, tutti e quattro. Si va a vedere la cantina. Lo sapevate che era una prigione per i dissidenti, ai tempi del Medioevo?
 
 ***
A: Ciao ragazze! Mio Dio, è un secolo che non vado avanti con questa storia … volevo ringraziare tantissimo due ragazze grandiose che mi hanno fatto tornare la voglia di mandarla avanti dicendomelo praticamente esplicito ahahaha, anche perché il prossimo sarà l’ultimo capitolo!
G1: Oh, bentornata, eh! Pigrona! E poi, che razza di storia è questa della carta igienica?
T: Temo che abbia visto il video su YouTube “Shopping Madness With Bill”.
A: Esatto Thomas! Georg, sei tu quello della carta, mica io!
G2: Aò, ma ci hai fatto rapire da una gigantesca grifagna?!
B: Quanto sono figo io, però? Dio, sono stre-pi-to-so!
 T: Ma sta cosa della prigione per i dissidenti mica mi quadra, eh …
B: E’ umido nelle prigioni!
G2: E il cibo te lo sogni …
G1: Beh, contando che l’Autrice ha già in mente un sequel di questa in versione Kings Of Suburbia, non credo ci lasci crepare.
A: Georg, se spoileri ti faccio crepare davvero ! A parte ciò, ci si vede con l’ultimo capitolo tra due settimane! Adios Caballeros!
 

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