Complicazioni

di Evans92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo capitolo ***
Capitolo 3: *** Secondo capitolo ***
Capitolo 4: *** Terzo capitolo ***
Capitolo 5: *** Quarto capitolo ***
Capitolo 6: *** Quinto capitolo ***
Capitolo 7: *** Sesto capitolo ***
Capitolo 8: *** Settimo capitolo ***
Capitolo 9: *** Ottavo capitolo ***
Capitolo 10: *** Nono capitolo ***
Capitolo 11: *** Decimo capitolo ***
Capitolo 12: *** Undicesimo capitolo ***
Capitolo 13: *** Dodicesimo capitolo ***
Capitolo 14: *** Tredicesimo capitolo ***
Capitolo 15: *** Quattordicesimo capitolo ***
Capitolo 16: *** Quindicesimo capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Nonostante quello che diceva mia madre, la mia vita era perfetta. 
Per lei ero una specie di barbone destinato all'inferno prima dei 25 anni, ogni volta che veniva a trovarmi nel mio appartamento a New York la giornata finiva con lei in lacrime in salotto, e un fazzoletto sul volto per, testuale, "impedirle di prendere una di quelle malattie di noi poveracci".
Io la vedevo diversamente.
Per me andare a dormire alle 6 del mattino, svegliarmi alle quattro del pomeriggio e fare cena con una birra e un pacchetto di patatine non era poi così grave.
C'era di peggio.
Avrei potuto essere come mio fratello Simon e vivere la mia vita per compiacere mio padre, quello sarebbe stato un disastro. O avrei potuto fare come mia sorella Victoria e fidanzarmi a 10 anni con quello che sarebbe stato il mio futuro marito impedendomi così di conoscere gente e innamorarmi veramente, per finire a 24 anni ingabbiato in un matrimonio con un perfetto idiota di cui non m'importava assolutamente nulla, solo perché avere più di una relazione era "riprovevole". 
Io ero solo un musicista di 21 anni, che per non morire di fame lavorava come cameriere in un ristorante. Che si pagava da solo l'affitto e che viveva in un appartamento che divideva con due cari amici. 
Cosa c'era di sbagliato in ciò che facevo?
Mi alzavo e non sapevo chi avrei incontrato, chi avrei amato per 24 ore, se avrei suonato, se avrei lavorato, se a qualcuno sarebbe piaciuta la mia musica.
La mia vita era esaltante. Imprevedibile. Pura.
Senza legami e regole. 
Non m'importava dei miei genitori, del loro parere, del loro giudizio da impeccabile famiglia americana.
Cercavo di sentirli il meno possibile e così eravamo tutti più felici. Loro potevano fingere che io non esistessi, e io potevo ignorare di avere due genitori come loro. 
Per questo quando mia madre mi chiamò per invitarmi alla cena per la promozione di Simon rimasi a lungo scioccato. Alla fine accettai solo perché ero così sorpreso da non riuscire ad inventare in tempo una scusa credibile per rifiutare. Il "mamma mi hanno rapito gli alieni e lobotomizzato il cervello" l'avevo già usata tre volte, purtroppo.
Cosi decisi di andare solo per non sentirla piangere, di nuovo, certo di un'altra interminabile serata piena di cerimonie inutili e chiacchiere superflue, certo che avrei odiato ogni singolo istante nella casa che mi aveva visto nascere e crescere. 
Non sapevo, non potevo neanche lontanamente immaginare la realtà.
Non sapevo che quelle complicazioni che avevo sempre così profondamente odiato mi stavano aspettando, per sconvolgere per sempre la mia vita così perfetta. 
 

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Capitolo 2
*** Primo capitolo ***


Primo capitolo
 
Quando sentii la sveglia iniziare a suonare affondai il viso nel cuscino e pregai che tutto ciò fosse solo un fottuto incubo. 
Uno di quelli da cui ti svegli sconvolto, ma sano e salvo. Eppure nonostante stessi aspettando, la sveglia continuava a suonare e io ad imprecare sotto ai denti. Alla fine mi tirai a sedere l'afferrai e la scaraventai con una certa violenza dall'altro lato della stanza. Il rumore di vetro rotto fece muovere qualcosa accanto al mio corpo sotto le coperte, sobbalzai finché non ne uscì la testa bionda di un ragazzo che ancora con gli occhi mezzi chiusi borbottò:
- La sveglia? Ma quanti anni hai? 12?- Lo fissai per un attimo sconcertato poi mi passai una mano fra i capelli rosso scuro e gli chiesi
- e tu saresti..?- Mi guardò offeso prima di alzarsi e completamente nudo uscì dalla mia camera. 
Lo seguii con lo sguardo perplesso e quando sentii sbattere il portone all'ingresso caddi di nuovo sul letto, con un gran mal di testa e la voglia di vomitare che si faceva sempre più intensa. 
Quella era davvero una giornata di merda. 
 
- La sveglia Alex? Che bravo bimbo che sei, vuoi la merendina?- Afferrai una delle mele dal cesto della frutta sul tavolo e la tirai contro Matt che la schivò ridendo per un soffio -Non devi esserti divertito molto ieri se oggi sei così suscettibile.- 
Gli lancia un'occhiataccia e mi attaccai al cartone del latte. Matt era uno dei miei migliori amici nonché coinquilino da ormai 3 anni, cioè da quando il giorno del diploma avevo lasciato casa mia per trasferirmi a New York. Era un bravo ragazzo, uno dei pochi che conoscevo ad avere ancora la fedina penale pulita, studiava per fare l'infermiere e aveva degli occhi castani che ispiravano tenerezza, però in quel momento se avesse continuato a parlare, lo avrei ucciso.
- Il tuo bisonte di ieri notte non aveva l'aria molto felice questa mattina-
 Cantilenò felice come una pasqua, sbuffai e lo guardai improvvisamente curioso
- A proposito, hai idea di chi fosse? Sembrava che dovessi saperlo-
Matt scoppiò a ridere forte 
- è il proprietario del locale dove vi siete esibiti nelle ultime tre sere Alex!-
Avrei voluto morire. Li, in quel preciso istante.
- oh cazzo-
- puoi dirlo forte- 
Mi ero anche giocato il lavoro e tutta per colpa di quella stupida maledettissima sveglia! Ficcai con eccessiva foga il latte in frigo, e Matt si schiarì la gola prima di dire con voce innocente: 
- puoi controllare la segreteria telefonica per favore?- 
Già stanco dopo solo 10 minuti in piedi sbottai 
- fallo tu-
Matt sgranò sconvolto gli occhi da Bambi 
- mi hanno svegliato la tua sveglia e la tua ultima conquista l'unica cosa cosa che puoi fare, per farti perdonare, è farmi un piccolo favore e..- 
- ok ok basta che stai zitto!- 
Mi avviai verso il telefono in salotto mentre lo sentivo ridacchiare. C'era una lucina rossa che lampeggiava sul dispositivo, sospirai e la premetti. Neanche tre secondi dopo, una voce fin troppo famigliare riempì il mio povero piccolo appartamento
- Alexander, sono la mamma, ti chiamo per ricordarti della cena di questa sera!- Impallidii e mi voltai verso Matt, che piegato in due moriva dal ridere, che maledetto figlio di.. -Mi raccomando sii puntuale, è una serata importante per tuo fratello. Porta una bottiglia di vino, una che venga più di 5 dollari. Ah e vestiti in maniera normale.. Hai ancora quegli orrendi capelli rossi? Dio, spero di no, ci saranno tutti i nostri più cari amici! Anche tua sorella sarà presente! Non voglio problemi Alexander! Ho bisogno della famiglia al completo, per una volta cerca di non mettermi in imbarazzo! Bene, chiamami tesoro un bacio- 
Quando il bip mi avvisò che il messaggio era concluso mi voltai verso Matt che stava ancora ridendo e sibilai 
- Tu. Sei morto- Lui corse via e io afferrai il telefono e glielo lanciai addosso, mentre dentro di me restava l'eco della voce di mia madre che dava la conferma a tutti i miei peggiori sospetti.
No, purtroppo non era un incubo.
 
La porta della mia camera si riapri dopo circa un'ora quando ero disteso sul letto a fumarmi una canna. Alzai il viso solo per assicurarmi che non fosse quel traditore e infatti trovai Ko, l'altro ragazzo con cui dividevo l'appartamento, nonché il chitarrista del gruppo in cui suonavo. Era un 20enne di origini giapponesi che però non sapeva neanche mangiare con le bacchette, era un tipo molto più pacato di me e Matt e più di una volta  ci era stato utile come una figura quasi paterna. Aveva in mano il telefono rotto, poi guardò la sveglia in frantumi e infine me, non c'era bisogno che parlasse. Sbuffai e diedi un altro tiro. 
- ho fottuto l'ingaggio per la band, letteralmente e.. Spiritualmente..- Ko sollevò un sopracciglio e io mi tirai a sedere - ..e ha telefonato mia madre- 
Sospirò e annuì buttandosi accanto a me sul letto, poi mi guardò e con un ghigno disse 
- Non puoi rompere un telefono ogni volta che chiama, non abbiamo abbastanza soldi per fare una scorta- 
Risi piano e gli passai la sigaretta lui diede un tiro e poi tossì un po prima di aggiungere - è questa sera la cena?- 
-Già..- 
- Scusa non andare!- 
Lo guardai fingendomi scioccato 
-Stai scherzando? È la promozione di Simon! E torna Victoria! Inaudito- 
Ko scoppió a ridere scuotendo la testa
-Sei davvero un'idiota- 
Alzai le spalle 
-Lo dicono tutti- 
Mi ripassò la canna e dopo qualche secondo mormorò 
- E così non abbiamo più un lavoro eh..- 
Sospirai pesantemente e ricaddi sul letto fissando il soffitto pieno di crepe e sussurrai solo 
- No..- 
 
A volte sospettavo di aver scelto di fare il batterista non perché amassi chissà quanto la musica ma solo per fare un dispetto ai miei genitori. 
Era un pensiero che non avevo mai rivelato a nessuno, ma che a volte tornava prepotentemente facendomi chiedere fino a che punto quei due ancora influenzassero la mia vita. 
Ero cresciuto nel lusso che una ricca ereditiera e uno degli avvocati più importanti dello stato possono assicurarti, in una bella villa in campagna, tra vestiti da piccolo lord, scuole private e foto di famiglia. Ero stato un bambino calmo, ubbidiente e timido, uno di quelli che arrossiscono pure se gli chiedi il nome. Fino a quando crescendo non avevo iniziato a sentirmi soffocare da quel mondo così ottuso e bigotto. Credo che la mia voglia di ribellione sia uscita quando ho scoperto la mia omosessualità.
All'inizio è stata davvero dura accettarla. Era strano, perché avevo paura di essere rifiutato proprio da quel mondo che mi stava così stretto, non credevo ci fosse altro spazio per me se non li..  poi quando il figlio degli Stevenson era partito di punto in bianco per il college senza tornare più e mia madre aveva detto che avevano fatto proprio bene a liberarsi di un figlio con certe strane tendenze avevo capito che pur non sapendo se ci fosse un altro posto per me al mondo, non volevo che fosse quello. E avevo iniziato a tatuarmi, tingermi i capelli e a fare tardi la notte. Avevamo trascorso tutti degli anni molto difficili.. I miei fratelli Simon e Victoria non avevano mai dato problemi, per questo quando ero partito era stato un sollievo per tutti. 
Avevo cercato di tornare a casa il meno possibile, chiamavo solo se necessario.. Alla festa di laurea in legge di Simon avevo mandato delle rose e un biglietto di scuse dicendo che non potevo partecipare perché avevo il morbillo, ai compleanni di Austin, il figlio di 4 anni di Victoria mandavo dei regali e un messaggio via sms.. Era così la nostra famiglia e ci andava bene.. Ma ora se mi avevano richiamato all'ovile doveva essere per non insospettire i loro tanto amati amici, per mantenere l'immagine di quella famiglia amorevole e unita che non eravamo mai realmente stati. 
Potevo non andare, ma quella restava mia madre e ormai le avevo detto di si per cui non mi restava che pregare che sarebbe passata in fretta e il più indolore possibile. 
- Mamma mia che figurino!!!- mi voltai con un sorriso verso la porta dove c'era Laura, la ragazza di Matt. Feci un profondo inchino e lei mi applaudì. In realtà mi ero messo solo un paio di pantaloni scuri e una camicia nera, mia madre mi avrebbe trovato fuori luogo, ma erano gli unici vestiti un po più seri che avevo e doveva accontentarsi. 
- Allora è vero! Vai!- 
Le sorrisi teso, lei era la mia migliore amica, la prima che avevo conosciuto a New York quella che mi aveva trovato quella casa, quella a cui dovevo tutto.
-Vado-
-Buona fortuna!- 
Ne avrei avuto bisogno. 
 
I miei genitori vivevano in un paese fuori New York, in modo da avere quella pace e quella serenità che la grande mela non poteva offrirgli e una villa grande quasi tutto il resto della città. 
Arrivai in ritardo, dopo un'ora d'auto e con lo stomaco completamente sottosopra.
Parcheggiai davanti all' ingresso e rimasi a lungo li fuori indeciso se scappare o meno. Fumai circa tremila sigarette e mi chiesi chi me l avesse fatto fare. Solo stare in cortile mi stava provocando quasi una crisi isterica, una volta entrato dentro rischiavo seriamente di avere un collasso.. Stavo per mettere in moto l'auto e scappare, quando qualcuno bussò al mio finestrino. Trasalii e mi voltai teso come se fossi il protagonista di un film horror di serie b. Mi trovai davanti il volto ancora giovane e truccato di mia madre. Ingrid Larsen. 
Ero in trappola. 
 
- Ma come ti sei conciato? Ti avevo detto di essere elegante! E il vino! Dov'è il vino?- 
Sbuffai sbottonandomi i polsini della camicia e tirando su le maniche, dall'auto al salotto non aveva smesso un attimo di brontolare, cazzo.. Non ricordavo che fossero così lunghi questi dannati corridoi.. 
- Mamma, o compravo il vino o mangiavo per un mese.- 
Alzò gli occhi al cielo e mi ficcò tra le mani una bottiglia infiocchettata che non avevo la più pallida idea dove fosse nascosta fino a un minuto prima. 
- Sapevo che di te non ci si può fidare.- Non mi offesi a quelle parole ne mi colpirono, negli anni aveva detto oggettivamente ben di peggio. - E quei capelli.. Cielo ma non ti vergogni ad andare in giro conciato in questo modo ridicolo?- 
- Se i tuoi amici possono portare un parrucchino io posso avere i capelli rossi- 
-Alexander!- 
-Tranquilla mamma, non proverò a toglierlo al signor Edwards.. Per questa sera- 
- Inizio a credere che sia stata davvero una pessima idea chiederti di venire- 
Mi accesi una sigaretta e con una smorfia notai che era l'ultima del pacchetto, poi le sorrisi felice di essere d'accordo con lei finalmente su qualcosa 
- Visto? La pensiamo uguale-  
Le feci un occhiolino ed entrai nella sala principale, che era già piena di gente, vecchi magnate tutti amici dei miei genitori. Non appena varcai la soglia un silenzio irreale cadde fra di loro. Li guardai uno ad uno e sorrisi sfrontato. 
Passai da Simon che rideva a qualche battuta sicuramente poco divertente di un vecchio notaio che non ci sentiva più da un pezzo, a Victoria che ignorava bellamente il suo figlio indemoniato che faceva impazzire la tata e il marito che guardava sotto la gonna di quest'ultima fregandosene del fatto che tutti se ne fossero accorti e infine mi soffermai su mio padre. Sul suo volto da 45enne ancora affascinante e il Rolex nuovo di zecca al polso. Mi fissava come se l'incubo improvvisamente fossi diventato io. 
Ghignai e continuai a fumare come se tutti non mi stessero guardando sconvolti. 
Il figliol prodigo era tornato. 
 
Nota: salve a tutti! Questa è la mia prima storia pubblicata e sarei davvero felice di avere un vostro parere! Per migliorare e correggere eventuali errori! Grazie a tutti quelli che hanno speso qualche minuto del loro tempo per me!! Alla prossima! 

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Capitolo 3
*** Secondo capitolo ***


Secondo capitolo 
 
Ero una persona piuttosto egocentrica. Non mi facevo molti problemi ad ammetterlo, perché, insomma, se decidi di fare un lavoro che richiede avere dei riflettori puntati addosso e ti tatui una buona parte del tuo corpo, dai per scontato che la gente lo sappia.
Eppure.. Eppure mentre ero al centro dell'attenzione in quella sala, in quella casa, tra quelle persone, desiderai ardentemente di diventare invisibile. O, in un modo ancora più folle, di essere come loro e passare inosservato, ma fu solo un attimo. Un istante di smarrimento, che mi ricordò maledettamente i 18 anni trascorsi tra quelle mura. Io non sarei mai stato come loro, per fortuna. 
Allora li lasciai guardare come spettatori in uno zoo di fronte al l'attrazione principale. 
Sorrisi, in quel modo che usavo solo quando dovevo far arrabbiare qualcuno e mi passai una mano fra i capelli, mettendoli in risalto, poi decisi che era meglio affrontare subito il problema principale.
Mio padre
- Papà!- mi feci largo tra le persone che continuavano a guardarmi indiscrete e lo raggiunsi -Ho portato il vino-
Il suo volto non fece una piega, però dopo solo pochi minuti che mi aveva davanti già sembrava invecchiato di 10 anni. Doveva essere una mia abilità speciale quella di avvicinarlo alla morte con un solo sguardo. 
-So che l'ha comprato Ingrid-
Sospirai pesantemente. E poi si stupivano che io fossi cresciuto così? 
- Bene, vorrà dire che me lo terrò io.-
- Sei in ritardo-
- Scusami. Avevo provato ad emigrare in Nuova Zelanda, questo mi ha fatto perdere un po di tempo-
Oliver Larsen doveva aver perso l'umorismo con l'arrivo dei primi capelli grigi, o forse era successo quando aveva sposato mia madre. Potevo immaginare che 25 anni con lei facessero perdere la voglia di sorridere. No, doveva essere così dalla nascita. Speravo che non fosse ereditario, come una strana malattia che si manifestava con la vecchiaia precoce. 
- Alexander!- mi riscossi all'improvviso e incrociai i suoi occhi grigi identici ai miei e pensai che era un colore davvero inquietante. Freddo e inconsistente. Anche i miei erano così? - Non mi stavi ascoltando!- 
Sentii un sorriso enorme aprirmi il volto 
- In effetti no-
Alzò gli occhi al cielo e a denti stretti sibilò 
- Vedi di non combinare disastri. Almeno per questa sera-
E poi si allontanò, lasciandomi solo con una strana sensazione alla bocca della stomaco, ma fortunatamente sapevo esattamente cosa dovevo fare per riempirla. 
Guardai la bottiglia che avevo in mano e sorrisi tra me e me. Ora, dovevo solo trovare un cavatappi. 
 
Trovato il cavatappi, mi sedetti in un angolo e mi godetti lo spettacolo di mio fratello che a 25 anni appena compiuti si crogiolava tra i complimenti di gente, che con il doppio della sua età e il triplo della sua esperienza gli leccavano il "regal deretano" per aver tolto a ognuno di loro il posto, solo perché in passato era stato uno degli spermatozoi di Oliver Larsen. Divertente. 
Bevvi un lungo sorso di vino direttamente dalla bottiglia. Ero abbastanza nascosto, e questo mi permetteva di evitare seccature come presentazioni e strette di mano, e di poter osservare la scena comodamente seduto.
Simon non era un ragazzo cattivo. Eravamo cresciuti con obbiettivi diametralmente opposti: lui compiacere nostro padre e io deluderlo, ignorarci era stata sempre la cosa migliore che potessimo fare. Era però stato l'unico a non offendermi quando a cena, decisamente ubriaco avevo deciso che quello era il momento perfetto per il mio coming out, prima di vomitare anche l'anima su una tovaglia del 1889. Mi aveva guardato e basta, e ricordavo quello sguardo come una fotografia davanti ai miei occhi, perché non era disgustato o furioso, solo preoccupato. Non aveva detto nulla, ma era comunque bastato a riempirmi di gratitudine. 
Anche quella sera aveva deciso di non dire nulla, mi aveva fissato sorpreso appena ero arrivato, sicuramente non si aspettava che sarei andato veramente, ma poi aveva continuato quello che stava facendo come se nulla fosse. Anche quella sera mi ero ritrovato ad essergli stranamente grato. Era l'unico ad aver capito che per non creare problemi era meglio far finta che non ci fossi. Forse, dopotutto, era così intelligente da essersi meritato la promozione.. Non feci in tempo a darmi una risposta che un paio di lunghe gambe che terminavano in scarpe eleganti tacco 12 entrarono nel mio campo visivo. 
- Sei disgustoso- 
Bevvi un altro sorso di vino e poi sollevai lo sguardo verso quello che ritenevo il motivo principale per il quale ero gay. 
- Victoria. Non hai la tua progenie di satana a cui badare o che ne so.. Dello smalto da metterti da qualche parte?- 
Lei mi guardò per nulla colpita dal modo in cui avevo chiamato suo figlio. Forse dopo 4 anni aveva accettato anche lei la realtà
- No, preferisco guardare te, che ci metti tutti in imbarazzo- 
Risi spostando lo sguardo altrove
- Se ti diverti con così poco.. Fa pure. Dev'essere parecchio noiosa la tua vita per esaltarti con hobby simili-
Era veramente uno spasmo quello nelle sue piccole narici? Altri 5 minuti con me e avrebbe iniziato a sputare fuoco, e non mi avrebbe neanche troppo stupito.. Che avesse le squame, lo avevo sempre saputo. 
Victoria era l'esempio opposto di Simon. Con lei avevo sempre litigato per tutto, su tutto. Lei era stata quella che mi aveva urlato le cose peggiori, ma le sue parole non mi avevano mai ferito. Mi bastava guardare suo marito Robert per capire che, poteva dire ciò che voleva, la mia vita sarebbe stata sempre migliore della sua. Aveva sposato il suo primo ragazzo, quello con cui era cresciuta, più per abitudine che per amore, lui era il figlio di un senatore e la pigrizia e l'avidità le avevano fatto credere che diventare sua moglie fosse la cosa giusta da fare, ma con uno status sociale elevato si era ritrovata anche un uomo completamente senza cervello e con il "simpatico" vizietto delle orge. Che carina a dirmi di non mettere in imbarazzo la mia famiglia. Ma lui lo faceva con discrezione, io ero diverso senza mascherarlo. Quello era il vero scandalo per loro. Disgustosamente ipocrita. 
- Potresti evitare per una volta di comportarti come una bestia?-
- Potresti evitare per una volta di essere una stronza rompiballe?- le chiesi annoiato, mentre il mio sguardo vagava per la stanza fino a fermarsi sull'uomo che stava parlando con mia madre. 
Fu così che lo vidi la prima volta.
Non ci furono fuochi d'artificio o frecce di cupido, solo un'occhiata a un bell'uomo, mentre cercavo di portare la pazienza di mia sorella al limite. Un istante come un altro. Eppure impresso nella mia pelle come un marchio indelebile. Indimenticabile. 
Ma quella sera non potevo saperlo, quella sera tornai con gli occhi su Victoria per concludere con voce cantilenante: 
- È nel dna amore, accettalo-
Victoria con uno scatto nervoso mi tolse la bottiglia di mano, provai a protestare, ma lei con cattiveria esclamò a denti stretti:
- Ora ti alzi, fai il giro della stanza e saluti tutti, educatamente. Sei qui solo perché i Mcfarden avevano sparso la voce che fossi in una clinica  a disintossicarti dall'eroina- ecco spiegato il mistero -Nessuno ti vuole qui, tanto quanto tu non vuoi esserci- le scoccai un occhiataccia ma lei continuò a sputarmi contro il suo veleno imperturbabile - Per cui se non sei già troppo ubriaco alza il culo e fa il tuo dovere. Prima lo accetti..- e marcò su quest'ultima parola con un sorrisetto cattivo - ..prima potrai sparire, di nuovo. E fidati. È ciò che vogliamo tutti- 
La fissai qualche secondo, poi lentamente mi alzai, sovrastandola con il mio metro e ottanta di altezza. Ero certo che in quel momento i miei occhi fossero come quelli di mio padre e provai una certa soddisfazione quando la vidi abbassare la cresta e guardarmi un po intimorita. Ma non le dissi nulla.
Mi ripresi il "non mio" vino e la superai con una leggera spallata. Ancora una volta ero arrabbiato ma non offeso. 
Dopotutto aveva detto solo la verità. 
 
Dopo mezz'ora di "dove vivi?" "Cosa fai per vivere?" "Il centro era accogliente?" "O povero ragazzo" "la batteria è uno strumento musicale?" ero davvero stanco. Con uno sbuffo decisi che per me era arrivato il momento di fingere un attacco apoplettico e lasciare la festa. Stavo per farlo, quando qualcosa catturò la mia attenzione. 
Robert, l'amabile marito di mia sorella, che chiacchierava con altri tre uomini, tra cui il moro che avevo visto poco prima con mia madre. Ora che era a pochi metri da me potevo vedere che aveva sui 35 anni, che era alto, molto, persino più di me, che aveva un bel fisico asciutto da ex atleta o da persona troppo vanitosa, messo perfettamente in mostra dal completo nero di alta sartoria che indossava e che aveva i capelli neri non troppo corti e gli occhi fin troppo azzurri. Era inquietante. Le persone troppo perfette non mi erano mai piaciute, voleva solo dire che avevano qualcosa di così grave che andava nascosto. 
Esitai. 
Poi decisi che il mio attacco poteva aspettare 5 minuti e spinto dalla curiosità, mi avvicinai al gruppetto
- È stato un vero affare! Così ora Victoria ha finalmente il suo resort a le Fiji!- 
Intervenni in quel momento 
- Hai proprio ragione Bob! Mi sono sempre chiesto come facciano certe persone a vivere senza un resort personale, che gentaccia che c'è in giro al giorno d'oggi- gli battei una mano sulla spalla e sorrisi con fare confidenziale - Meno male che poi ci sono anche quelli come te- 
Mio cognato mi guardò infastidito e stupito. Aveva le pupille dilatate e la fronte sudaticcia. Ah, era passato anche alle droghe. Un salto di qualità. 
- Alexander! Che... Sorpresa!-
Sorrisi e guardai velocemente gli altri, cercando di non soffermarmi troppo sull'uomo con gli occhi azzurri, ma mi concessi comunque abbastanza tempo per notare che mi stava osservando impassibile, senza la curiosità morbosa, il timore o il fastidio che vedevo sul volto degli altri. Era come se mi aspettasse esattamente così com'ero. Sollevai un sopracciglio e dissi 
- Mi manca solo una coccarda in testa vero?- riconobbi uno dei Mcfarden nel gruppo e allegro esclamai - Oh perdonate l'interruzione! È che al centro ci hanno insegnato a liberarci di tutti i nostri pensieri per non avere demoni tentatori nel cuore- a volte mi chiedevo da solo da dove mi uscissero fuori così tante idiozie. Ma loro incredibile ma vero mi credettero e mentre il volto di Mcfarden si fece paonazzo un altro esclamò sconvolto:
- Eravate veramente ricoverato?- 
Scoppiai a ridere forte
- Cazzo no! Io non mi faccio di eroina e lei signor Smith?-
- Io??-
- Lei- precisai con un sorriso mentre bevevo dell'altro vino, non dalla bottiglia. Quella me l'aveva strappata di mano mia madre circa 25 minuti prima, con tanto di schiaffo che con tutti quegli anelli, aveva fatto terribilmente male, e ora dovevo "accontentarmi" del vino bianco che offrivano i camerieri. - Se potete parlare di resort a le Fiji potete anche permettervi una dose- 
Bob sottovoce provò a richiamarmi ma io ormai ero inarrestabile. Notai qualcun altro e con una risata esclamai
- Signor Edwards! Gran bei capelli! Sono nuovi?- 
In poco tempo chi con una scusa chi con un'altra si dileguarono tutto.
Rimanemmo io, occhi azzurri e Bob.
Un trio decisamente bizzarro. 
Con un sospiro soddisfatto mi voltai verso lo sconosciuto, che però non sembrava affatto sconvolto dal mio sproloquio. Anzi, l'ombra di un sorriso divertito gli incurvava le labbra, facendomi accapponare la pelle. Decisamente inquietante.
- Ora dirai qualcosa che farà scappare anche me?-
Aveva una voce bassa, roca, piacevole. Maschile. 
Sorrisi spontaneamente e alzai le spalle con disinvoltura 
- Prima dovrei conoscerla- 
Un angolo della sua bocca si piegò verso l'alto, mentre i suoi occhi continuavano a guardare dritto nei miei con fin troppa sicurezza. 
Mi chiesi quali debolezze potesse avere una persona del genere.
In un istante di follia pensai che mi sarebbe piaciuto vederle. 
Ma Bob parlò in quel momento facendomi perdere quel pensiero prima che potessi recepirlo, dargli una forma, lo dimenticai e mi concentrai su quello che stava dicendo mio cognato: 
- Alexander ti presento Dylan Montgomery, è un caro amico di tuo padre e uno dei soci anziani del suo studio... Dylan ti presen..-
Ma lui lo interruppe continuando a guardare me
- Credo che tutti qui dentro sappiamo chi sia.. Grazie Robert- 
Risi un po imbarazzato, cosa che non accadeva dal 2006, credo.
- Sono famoso-
Dylan sorrise lievemente  
- Ti piace farti notare- 
Bob si scusò e si allontanò per correre dietro a una cameriera, ma non importò a nessuno dei due
- E poi..- riprese tranquillo lui prendendo un drink da uno dei vassoi che passavano - ..tuo padre mi ha parlato così tanto di te, che avrei potuto riconoscerti in qualsiasi situazione-
Rabbrividii a quelle parole e mi feci scappare una smorfia 
- Deve avermi descritto bene- 
Dylan ghignò annuendo 
- Abbastanza- 
Per cambiare argomento dissi 
- Socio anziano.. E amico di mio padre.. Suona noioso e.. Impegnativo- 
Dylan sollevò un sopracciglio mantenendo l'espressione divertita sul volto
- È arrivato il momento di farmi scappare?-
- Ho recepito abbastanza informazioni-
- Davvero? In così breve tempo?-
Annuii serio, e finii il mio bicchiere di vino, ne presi al volo un altro
- È facile in realtà- lo guardai e trovai la sua fronte leggermente corrugata, nessuno doveva avergli mai detto che era un uomo facile da capire. Era evidente. - È uno dei grandi capi, mi basterebbe fare una o due battute su qualche dittatura o sulla sua cravatta e correrebbe via senza pensarci due volte-
Dylan si accigliò ed esclamò colpito 
- Cos'ha la mia cravatta che non va bene?-
Scoppiai a ridere sinceramente divertito 
- Nulla, ma lei non lo saprebbe mai-
Mi guardò sorpreso e poi sorrise
- Tecnica interessante..-
Annuii 
- E contemporaneamente le rimarrà per sempre il dubbio se quello che ho detto é vero oppure no!-
Sospirò tragicamente e si guardò la cravatta nera che aveva al collo prima  di brontolare 
- Ora non potrò metterla mai più..-
Alzai le spalle con noncuranza 
- Una vera tragedia..-
- Una tragedia interamente per colpa tua- 
- Però non è corso via con qualche scusa patetica- 
- Non hai ancora detto nulla di concreto- 
Mi morsi il labbro inferiore indeciso e lui sorrise studiando i miei movimenti, poi sospirai ed esclamai arrendendomi
- È fortunato. Sto cercando di fare il bravo, per la famiglia-
Rise in maniera così naturale che mi colse di sorpresa. Mi indispettì un po, mi ero avvicinato per sconvolgere lui, l'inverso non era previsto. 
- Era per fare il bravo, che hai insinuato che George fosse un eroinomane e hai fatto piangere Edwards?-
- Oh certo, sono stato buono.. Avrei potuto fare di peggio- 
Si umettò le labbra e fu costretto a darmi ragione
- Non ne dubito- 
Finì di bere e mi ritrovai a guardare il suo pomo d'Adamo che si alzava e s'abbassava, e mi si seccò la gola. Dovevo essere più annoiato del previsto per turbarmi per così poco.. Dylan però agganciò il suo sguardo al mio e improvvisamente pensai che quella serata aveva ancora una possibilità per essere interessante. Dylan Montgomery non era il mio tipo, però per un piacevole diversivo potevo anche fare un eccezione. Stavo per dire qualche frase ad effetto o proporgli di andare a guardare la mia collezione di farfalle di quando ero piccolo, quando una voce femminile mi anticipò esclamando: 
- Eccoti Dylan, ti ho trovato finalmente!- 
Ci voltammo contemporaneamente è un sorriso incredibilmente dolce comparve sul volto del "grande capo socio anziano pezzo grosso" quando vide una donna sui 30 anni molto bella e degli spettacolari capelli biondo platino raggiungerlo. Le sfiorò il fianco con la mano e disse 
- Sei stata tu a perderti- 
Lei rise e gli diede un buffetto affettuoso sulla spalla, prima di voltarsi verso di me e guardarmi sconcertata con gli occhi verde prato.  Probabilmente si stava chiedendo se non fossi un barbone in cerca di qualche spicciolo, ma non mi importava granché perché Dylan guardandomi fece le presentazioni proprio in quel momento
- Emma ti presento Alexander il figlio di Oliver e Ingrid..- lei a quelle parole parve ancora più stupita, le tesi la mano e con un sorriso educato ma teso dissi 
- Preferisco Alex.. Piacere- 
Lei ricambiò la stretta e rispose solo - Piacere- mentre Dylan tornava a parlare 
- Alex ti presento Emma, mia moglie, anche lei è una cara amica di tua madre- 
Ma non lo ascoltavo più, come non realizzai subito le sue parole, poi quando le compresi a pieno, mi paralizzai e vidi il mio piacevole diversivo sfumare per sempre, e quella notte tornò ad essere più pesante di come l'avessi lasciata.
Ecco.
Era arrivato il momento di fingere quell'attacco.
 
E invece mi ritrovai seduto tra il signor Edwards e la signora Brown a mangiare polletto aromatizzato al tartufo. 
Volevo andare via. Subito.
Ma non potevo, ero in trappola fino al dolce. 
Guardai verso Dylan e signora, erano seduti vicino a mia madre, e dal modo in cui parlavano erano davvero amici. A quanto pare quella era per me la giornata delle cattive idee. E non avevo neanche una fottutissima sigaretta. Ma sapevo dove mio padre teneva i sigari! 
Sorrisi con fare cospiratore e sgusciai via cercando di non farmi vedere, mentre mettevo in pratica un'altra delle mie brillanti idee. 
 
Dylan mi trovò seduto alla scrivania di mio padre, nel suo studio, con un sigaro in bocca e le gambe accavallate sul mobile napoleonico. Lo guardai per un attimo sorpreso, poi espirai il fumo e buttai indietro la testa un po esasperato, altro che diversivo stava solo diventando parte integrante dell'incubo. 
Lui si chiuse la porta alle spalle e disse con un sorriso 
- Mi ha mandato tua madre a cercarti, ci ha visti prima parlare e voleva assicurarsi che stessi bene-
Ghignai ironico
- O per meglio dire, che non dessi fuoco alla biblioteca con una canna- 
Lui alzò le spalle e si avvicinò prendendosi un sigaro e sedendosi di fronte a me 
- Sono interpretazioni-
- No, è l'esperienza-
Tagliò l'estremità del sigaro e lo accese prima di sistemarsi sulla poltrona 
- É successo davvero?-
- Non lo so, credo di si, ho dei ricordi confusi.. Ma da come lei me lo rinfaccia ogni volta che mi vede suppongo che sia successo davvero- 
- Sei la pecora nera di casa- 
Sorrisi 
- E tu da grande capo sei diventato il baby sitter della pecora nera- risi piano - Sinceramente, chi è messo peggio?- 
I suoi occhi azzurri mi guardarono indagatori poi però il ghigno che mi rivolse era sereno 
- Prima mi davi del lei- 
- Prima volevo farti vedere le mie farfalle, ora non mi interessa più tanto- 
Neanche questa volta Dylan Montgomery si sconvolse. Iniziava ad essere irritante. 
- Preferisco comunque il tu- 
Scoppiai a ridere 
- È l'unica cosa che ti viene in mente da dire?- 
Dylan sospirò ed diede una boccata al sigaro, provocandomi più di un pensiero indecente, distolsi lo sguardo e lui mormorò quasi premuroso 
- Sinceramente non so cosa dire.. A parte che sono il migliore amico di tuo padre- 
- Oh tranquillo non mi struggerò d'amore per te, volevo solo scopare per non odiare del tutto questa stupida festa, me ne farò una ragione- 
Dylan mi guardò per un lungo istante poi disse solo - Bene- 
Sorrisi continuando a fumare 
- Visto? Sono bravo a far scappare le persone-
- Non mi sembra di essere scappato- 
Lo fissai stupito, e mi persi in un attimo nelle sue iridi chiare, guardai subito altrove e mi sentii il viso avvampare un po. Ero arrossito? Sul serio? Quello era davvero sconvolgente!
Mi schiarii la gola e solo per superare l'imbarazzo gli chiesi 
- Come mi hai trovato?-
Sorrise forse sollevato dal cambio del discorso
- Cercandoti in tutte le stanze- 
- Però! Prendi sul serio tutti i lavori-
- Prendo sul serio tutto in effetti- 
Lo guardai e sollevai un angolo della bocca mentre lo prendevo in giro 
- Sei proprio un socio anziano-
Rise 
- Fino al midollo- 
Sorrisi e abbassai lo sguardo sulla foto che mia padre aveva sulla scrivania, era uno scatto che avevano fatto dopo che ero andato via, c'erano tutti, mancavo solo io..
- Alex..-
- È davvero un peccato che sei sposato, sarebbe stato divertente- dissi risollevando lo sguardo e finalmente riuscii a coglierlo di sorpresa. Mi fissò senza parole e con gli occhi che mi guardavano a fondo perplessi e titubanti.. Non era andato via ma potevo godere lo stesso di quella piccola vittoria. 
Ancora non si riprendeva che mio padre entrò nel suo studio, ci guardò e sospirò 
- Allora eravate nascosti qui- 
- Preoccupato per la virtù del tuo amico?- Forse avevo bevuto un po troppo vino. 
- Alexander!- Il tono di rimprovero di mio padre mi fece sussultare e fui costretto a non dire altro come un bambino in punizione. - Dici tu a Ingrid che è tutto a posto?- Dylan si alzò e annuì, poi mi lanciò un ultima occhiata prima di guardare mio padre in modo significativo, forse non voleva che fosse troppo severo con me. Questo servì solo a farmi avvampare ancora di più le guance. Non mi piaceva che mi trattasse anche lui come un moccioso, ma forse era proprio ciò che ero. Poi Dylan uscì e mi lasciò solo con lui che duramente disse
- Devi portare più rispetto ai miei amici- 
Sospirai e lasciai il sigaro alzandomi, mi era passata la voglia di fumare
- Mi dispiace- 
Papà parve sorpreso, non si aspettava che gli dessi ragione, in genere non lo facevo mai. 
- E se volevi un sigaro potevi chiederlo- 
- Volevo solo una pausa- Mi passai una mano fra i capelli e poi scossi le spalle - Ma forse è meglio se vado via, mi hanno visto tutti, sanno che non sono ricoverato in qualche centro a farmi di metadone.. Posso andare-
- La cena non è finita- 
- Papà sono ubriaco, e non mi interessa molto ne della cena ne della promozione di Simon. Ho fatto quello che voleva la mamma, ho insultato i tuoi amici, fumato i tuoi sigari, direi che la mia serata è sufficientemente conclusa- 
Papà mi guardò indeciso sul da farsi, i suoi occhi erano meno severi di quanto mi aspettassi e questo mi faceva sentire a disagio, preferivo quando mi disprezzava apertamente che le volte in cui provava a mascherarlo 
- Hai bisogno di soldi?- 
Mi accigliai e gli chiesi sconvolto 
- Cosa?!?- 
- È una semplice domanda la mia- 
Sbuffai, mi sfregai il volto con le mani e poi esclamai esasperato 
- Non voglio i tuoi soldi!- 
Ecco che Oliver perdeva la pazienza finalmente 
- Perché? Perché devi fare così! Vieni qui con l'obbiettivo preciso di offenderci tutti! Non vuoi i miei soldi come se fossero sporchi! Non provi per niente a rendere la tua vita rispettabile! A trovarti un lavoro, un partner stabile! Una casa vera! Perché devi rendere tutto così difficile Alexander??? Perché non puoi crescere??? Cambiare???- 
- Io non posso cambiare!!- esclamai arrabbiato, con il cuore in gola e le mani che mi tremavano leggermente, sempre più di quanto avessi voluto. Lui non aveva urlato, ma era come se lo avesse fatto, e le sue parole a differenza di quelle di Victoria mi erano arrivate come un pugno nello stomaco. E allora avevo urlato io per entrambi. Stanco e ferito dal fatto che per loro non andassi bene così com'ero, avevo urlato, ma non mi ero sentito meglio. Era tutto ancora solo uno schifo. - Io non posso cambiare e non voglio farlo! Mi va bene come vivo e cosa faccio. Mi va bene non avere una moglie e non avere un lavoro rispettabile! E, assurdo ma vero, ci ho provato questa sera! Si ci ho provato! Ma non ci riesco! Non ci riesco perché sono maledettamente così! E non voglio i tuoi stupidi soldi perché non voglio la tua stupida pietà! Mi disprezzi da 3 anni e ti aspetti davvero che io mi renda ridicolo permettendoti di pagare la mia vita?! Il tuo super lavoro non deve averti insegnato un cazzo papà!- Scostai la sedia e lo superai agitato, perché non potevo essere indifferente e basta ai miei genitori? 
- Qui gli unici che rendono tutto difficile siete voi! Lasciatemi vivere in pace e se non vi va bene fate finta che non esisto tanto siete già allenati bene!- 
Mio padre mi guardò e nei suoi occhi grigi lessi rabbia e rammarico. Un mix che mi fece tremare dentro e che mi costrinse ad accelerare la mia fuga
 - Salutami la mamma e Simon. Victoria no, a lei dille che può andare beatamente a fanculo- e me ne andai sbattendomi la porta alle spalle, camminando veloce verso l'uscita. 
Quando fui fuori, il freddo della notte mi investi e in un lampo di lucidità mi piegai in avanti e rigettai tutto il vino sulle aiuole di mia madre. Mi accasciai sfinito contro la mia auto, e mi chiesi perché ogni volta che mettevo piede li dentro doveva finire in quel modo. 
Non mi diedi il tempo di darmi una risposta. Salii in auto e me ne andai veloce. 
Alla fine l'unico ad essere scappato ero io.
 

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Capitolo 4
*** Terzo capitolo ***


Terzo capitolo
 
Quello doveva essere il peggior mal di testa nella storia dei mal di testa. E peggiorò drasticamente quando aprendo gli occhi vidi la veglia funebre che si stava svolgendo al mio capezzale. 
Ficcai la testa sotto al cuscino e grugnii 
- Andate via!-
Sentii subito dopo Matt bisbigliare 
- Per me ieri è andata alla grande!-
Afferrai l'altro cuscino e glielo lanciai contro Laura rise 
- Almeno da segni di vita- 
Sbuffai e sollevai la testa non riuscendo ancora ad aprire bene gli occhi 
- Anche tu no- 
Ko mi si sedette accanto
- Non eri molto in te ieri sera quando sei tornato, eravamo preoccupati- 
Sospirai e ricaddi sul letto. Guardai il soffitto e il flash di me che urlavo contro mio padre e parlavo di farfalle con il suo migliore amico mi fecero rantolare e dire
- Voglio morire-
Laura mi abbracciò da dietro e carezzandomi i capelli mi chiese dolce
- Cosa è successo?- 
Chiusi gli occhi e mi lasciai andare alle sue coccole 
- Credo di aver molestato un uomo sposato, ho litigato con mio padre, bevuto il regalo di Simon e circa centomila altri liquori e.. Ah si ho vomitato sui fiori di mia madre- 
Matt mi sorrise
- Ve l'avevo detto che era andata bene!-
Sorrisi di fronte a quel ragazzo così assurdo, mai una volta che prendesse qualcosa seriamente. 
- Si è andata una meraviglia- 
Ko mi sorrise triste ma incoraggiante
- Poteva andare peggio..-
- Triste ma vero..- Borbottai con la bocca schifosamente impastata, malgrado non conducessi una vita esemplare, non mi riducevo in quello stato da un bel po' di tempo ormai, probabilmente dall'ultima cena in casa Larsen. Be era andata. Ora dovevo solo dimenticare e andare avanti.
Mi tolsi la coperta di dosso per alzarmi e fare una doccia quando Matt iniziò ad urlare coprendosi gli occhi, e Ko e Laura si alzarono voltandosi veloci dall'altra parte. Matt sconvolto urlò
- Dimentichi sempre che quando ti ubriachi ti spogli nudo Alex!! Copriti deficiente!!- 
Mi guardai e scoppiai a ridere
- Oh guardate pure! Non mi dispiace- 
E con i gioielli al vento me ne andai tranquillamente in bagno mentre loro continuavano ad insultarmi imbarazzati.
Era bello essere a casa. 
 
Oltre ad essere un batterista lavoravo come cameriere in un ristorante elegante di Manhattan, era buffo guadagnarsi da vivere in un posto in cui, di mio, non potevo permettermi neanche un'insalata. Davvero spassoso. Mentre mettevo la divisa, negli spogliatoi del locale, ripensai all'offerta economica di mio padre. Odiavo quando le sbronze non servivano neanche a cancellarmi la memoria, diventavano solo una rottura di scatole a quel punto. I miei pensieri furono interrotti da un paio di braccia che mi strinsero da dietro
- Era un po che non ti vedevo, iniziavo a preoccuparmi- Sorrisi voltando appena la testa verso destra dove un ragazzo alto e biondo mi teneva stretto a se 
- Sono stato un po impegnato- 
- Credevo mi avessi abbandonato- 
Risi e mi districai dal suo abbraccio per poterlo guardare negli occhi 
- Ho dovuto saltare dei turni per suonare in un locale- 
- Oh ed è andata bene?- 
Si finché io non ho rovinato tutto, ripensai al proprietario che ora aveva messo me e tutti i miei amici sulla sua lista nera. Ma visto che Derek aveva una cotta per me decisi di risparmiargli dettagli. In fondo non era necessario essere sempre stronzi, e lui mi piaceva, anche se avevo sempre evitato di andarci a letto, perché essendo il figlio del direttore del ristorante non volevo problemi. 
- Oh si benissimo! Sbaglio mai qualcosa io?- Lui scoppiò a ridere perché sapeva che in realtà ero semplicemente un disastro in tutto
- Dopo il turno usciamo insieme?- 
Gli sorrisi e risposi solo -Certo- prima di allontanarmi con un occhiolino. 
In fondo Derek era una compagnia piacevole, lavorava come modello e per arrotondare veniva qualche volta ad aiutare il padre. Era simpatico e se lo avessi incontrato fuori non ci avrei pensato due volte ad andarci a letto, però, davvero, avevo già abbastanza guai per procurarmene altri. Comunque la sua infatuazione per me non mi disturbava, anzi mi divertiva e lusingava, e uscivo spesso con lui a bere una birra. Dopotutto avevo sopportato di peggio che la compagnia di un modello palestrato e biondo.
Con un sospiro iniziai il mio turno. 
Il ristorante era pieno di gente elegante, donne con troppi gioielli, uomini con portafogli troppo pieni, profumi costosi che si mischiavano e impregnavano ogni angolo della sala. Ero nauseato, ma continuavo a sorridere e a servire tavoli, con la speranza che le mance di quella serata bastassero per ripagare almeno il cordless che avevo fatto a pezzi quasi 48 ore prima. 
Arrivai perciò da alcuni nuovi clienti che erano appena arrivati fornito di sorriso smagliante e i phone per le ordinazioni. 
- Buona sera io sono Alex e sarò il vostro cameriere per tutta la durata della vostra cena, per ogni cosa rivolgetevi pure a me. Avete già scelto il vino o...-
Ma fui interrotto dal tono sorpreso dell'uomo che non avevo guardato per niente preso com'ero a ripetere a memoria il mio copione. 
- Alex?!?- 
Lo riconobbi subito malgrado avessi sentito quella voce solo una volta e da ubriaco. 
Sollevai veloce gli occhi e incrociai quelli azzurri e stupiti di Dylan Montgomery, che mi fissava a sua volta come se fossi una specie di scherzo. 
Il mio cuore perse un battito per l'imbarazzo che riaverlo davanti mi procurava e mi voltai verso la signora che lo accompagnava. E benché la sera prima non fossi affatto lucido, potevo giurare che quella non fosse sua moglie. 
 
- Tuo padre non mi aveva detto che lavorassi qui- 
Mi schiarii la gola e tornai a guardare lui, che ora sembrava più tranquillo, come se già si fosse abituato a me. Be io non mi ero abituato per niente a lui! Ne volevo altri casini beccando il migliore amico di mio padre, che già mi odiava abbastanza, a tradire la migliore amica di mia madre! 
Perché dovevo essere così sfigato?
- Non credo che lo sappia- 
Dylan mi guardò attentamente poi si umettò veloce le labbra e si rivolse alla ragazza che lo accompagnava. Molto bella, non le si poteva dire nulla sotto quell'aspetto. Forse sui 28, 29 anni, con i capelli voluminosi neri e il volto molto truccato. - È il figlio di Oliver..- Lei parve capire e si voltò verso di me sorpresa, probabilmente si stava chiedendo se Dylan non la stesse prendendo in giro.. Insomma.. Era impossibile che io fossi un Larsen. Eravamo sostanzialmente d'accordo su quel punto. Nel frattempo mi resi conto che anche mio padre sapeva di loro, che la conosceva e velocemente mi feci un film mentale in cui li aiutava a coprire la tresca. 
Nel giro di pochi secondi avevo raccolto le prove, li avevo giudicati e condannati.
- Bene se dovete ancora scegliere vi lascio soli così potete riflettere con calma, chiamatemi appena avrete deciso- 
E senza aspettare una risposta me ne andai, più veloce della luce. 
 
Tornai al loro tavolo per prendere gli ordini e servire le portare. Ma lo feci a tempo di record, battendo qualche Guinness mondiale probabilmente. Dovevo controllare se c'era qualcosa di simile, magari avrei potuto vincere anche qualche premio in denaro... I miei pensieri furono interrotti da Derek che sottovoce mi chiese 
- Conosci il signor Montgomery? Continua a lanciarti occhiate strane- sollevai lo sguardo stupito e in effetti incrociai sul suo a distanza di metri. Quando vide di essere stato scoperto, non si preoccupò di guardare altrove, sostenne il contatto visivo finché la sua bella bambolina non riattirò la sua attenzione. Abbassai lo sguardo verso le posate che stavo raccogliendo e mi sentii le guance stranamente calde. Stupido arrogante di un Montgomery!
- No non lo conosco- 
- Sicuro?- 
Annuii per confermare quell'innocua bugia ed entrai veloce nelle cucine. Una serata peggiore dell'altra.
Anche quello doveva essere un nuovo record. 
 
In realtà ero piuttosto infastidito. Insomma anch'io poche ore prima ero stato attratto da quel bell'uomo, ma il pensiero che lui uscisse a cena con me era fantascienza pura, e ora mi toccava servire la cena a lui e a una non molto più grande di me, che non aveva chiaramente intenzioni più caste delle mie, solo perché il suo organo genitale era quello giusto. 
Ero parecchio infastidito. E poi c'era la questione genitori. Mi avevano tutti resi complici di un tradimento (pur involontariamente)! E il fatto che lui continuasse a guardarmi, come mi aveva fatto notare Derek, non aiutava. Affatto. Poi finalmente quando arrivai al suo tavolo per la 154esima volta Dylan si decise a pronunciare la frase più bella di sempre 
- Mi porti il conto per favore?- 
Sorrisi, il primo vero sorriso della serata e mi allontanai saltellando. Era finita! Era davvero finita finalmente! 
O almeno così mi illudevo io. 
 
Dylan pagò con la sua carta di credito platino e poi aiutò la "sua signora" a mettere il cappotto, ma non mi salutò come mi aspettavo che avrebbe fatto, invece si voltò verso di lei e le disse 
- Ti raggiungo fra un minuto-
 A quelle parole mi crollò il mondo addosso.
Perché non poteva andarsene e basta? Perché con quella gente si doveva sempre parlare e parlare? Sbuffai seccato e capriccioso come un poppante mentre lei annuendo mi lanciò un ultimo sguardo perplesso prima di allontanarsi, lasciandoci soli all'ingresso del ristorante.
Dylan mi guardò con l'ombra di un sorriso sul volto, e ruppe il silenzio dicendo con quella sua voce roca 
- E così hai anche tu un lavoro onesto- 
Sollevai un sopracciglio guardandomi intorno un po troppo agitato per i miei gusti 
- Si ma non dirlo in giro ho una certa reputazione da difendere- 
Dylan sorrise questa volta apertamente come se io fossi davvero un poppante
- Come vuoi, eppure a tuo padre farebbe piacere saperlo- 
- Preferisco parlargli dei miei traffici di armi in Sudamerica, adoro guardare le sue vene pulsare sul collo taurino- 
- Alex..- 
- Senti facciamo un patto. Io non ho visto te tu non hai visto me. È conveniente per entrambi no?- 
Dylan mi guardò improvvisamente confuso. Oh bene voleva recitare la parte dell'innocente ora. Con me non avrebbe funzionato poco ma sicuro.
- Quella non era tua moglie- 
Dylan capì e scoppiò a ridere, aveva una bella risata, non troppo rumorosa ma contagiosa, mi fece arrossire mentre aspettavo che mi desse una risposta
- No, non è mia moglie, ma mi dispiace per te Alex non hai scoperto nessuna torbida relazione.. È la figlia di un cliente- 
Sbattei le palpebre cercando di capire e poi mi accigliai. Mi aveva preso per stupido? 
- Non sapevo rientrasse nei compiti dei soci anziani intrattenere le clienti- 
Sembrava quasi una scenata di gelosia ma non lo era. Ero io che non volevo essere trattato da idiota da un borioso don Giovanni in giacca e cravatta. Punto. 
- E invece lo è.- Mi sorrise sollevando solo un angolo della bocca - Lasciamo il lavoro vero agli stagisti sai com'è-
Scossi la testa e lasciai perdere dopotutto che importava a me di chi era quella ragazza? Al diavolo. 
- Questo però non ci permette di fare un patto. Io non ho nulla da nascondere tu si- Tornò a parlare Dylan, lo guardai esasperato 
- Puoi fare quello che ti pare. Vuoi dirlo a mio padre? Fa pure. Basta che non gli viene in mente d'intromettersi nella mia vita- 
- Quello che tu chiami intromettere per alcuni vuol dire solo dare una mano- 
- No, vuol dire essere degli impiccioni maniaci del controllo- 
- Sei paranoico- 
- Anche tu sei un impiccione. E posso assicurarti che Oliver non ha bisogno dell'avvocato difensore. Da quel che mi dicono se la cava bene anche da solo- 
Dylan mi guardò storto poi però sospirò e con voce più pacata e in qualche modo distaccata disse
- Non m'intrometterò Alex, malgrado quel che pensi so farmi gli affari miei, ma..- Fece una pausa e tirò fuori un biglietto da visita dal portafoglio, me lo diede e disse - Prima o poi un aiuto potrebbe servire anche te, e se vuoi chiamami- 
Mi accigliai tenendo quel pezzo di carta fra le mani come se fosse una specie di bomba pronta ad esplodere 
- Perché?- Dopotutto mi conosceva da 24 ore, cosa gli importava di me? Dylan alzò le spalle con noncuranza e mise il suo cappotto 
- Perché no?- 
Sentii un improvviso calore soffocarmi la gola. 
Avrei buttato quel pezzo di carta. 
Di sicuro non lo avrei chiamato mai e poi mai. 
Ma per il momento lo misi comunque nella tasca posteriore dei pantaloni neri. Dylan sorrise compiaciuto 
- Allora io vado, buon lavoro- 
Lo guardai andar via con la sua schiena ampia e il portamento fiero e gli gridai dietro sarcastico 
- Buon lavoro anche a te- 
L'eco della sua risata e il suo numero di telefono furono le uniche cose che mi lasciò quella notte. 
 
 
Note:
Salve! Sono tornata! Anche questo è un po un capitolo di passaggio!!! Dovevo trovare una scusa per farli rivedere e da adesso inizierà la vera storia.
Spero di sapere i vostri pareri, suggerimenti, consigli o critiche costruttive!
Grazie a quelli che hanno letto, seguito, messo tra le preferite e ricordate la mia storia! 
Alla prossima!!
 
 
 

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Capitolo 5
*** Quarto capitolo ***


Quarto capitolo
 
- Un'altra birra Doug- urlai per sovrastare il rumore della musica nella discoteca. 
- Non mi chiamo Doug Alex- 
Sorrisi mezzo brillo al barista, mentre venivo spintonato da un numero considerevole di ragazzi e ragazze che di sicuro non erano molto pazienti 
- Oh andiamo tutti i baristi si chiamano Doug!- 
- Sai come mi chiamo?-
Sorrisi sornione
- Bob?-
- Sei un coglione- 
- Be... È un modo alternativo per essere affascinanti-
- No, sei un coglione e basta- 
Mi diede la birra e io scoppiai a ridere lasciando il posto a qualcun altro
- Grazie Rob!-
Tornai al mio tavolo dove il bassista del gruppo mi aggredì non appena mi vide
- Sei un coglione!- 
Guardai Ko con gli occhi sbarrati
- Credo di aver già vissuto questo momento..- Mi sedetti e eccitato esclamai - Oddio posso viaggiare nel tempo!!-
Il bassista anche detto Chris guardò un ragazzo con i capelli lunghi castani e diversi piercing sul viso e esasperato disse 
- È fatto.- Poi si rivolse a Ko - È fatto vero?- 
Lo guardai offeso
- Non sono fatto. Sono magico- 
Chris si battè una mano sul viso e rantolò 
- Sono nelle mani di un coglione strafatto, non posso crederci- 
Il ragazzo con i piercing finì la sua vodka e con voce profonda intervenne
- Non è fatto, non esagerare Chris- poi però sottovoce chiese a Ko -Non lo è vero?- 
Ko alzò le spalle 
- Francamente non lo so- 
- Smettetela non sono fatto- 
Chris esclamò all'improvviso 
- E invece sarebbe meglio! Almeno si spiegherebbero tutte le cazzate che fai!- 
- Che permaloso..- 
Chris mi scoccò uno sguardo omicida poi si alzò e si allontanò veloce, io tranquillo bevvi un lungo sorso di birra e mi guardai intorno. 
Il motivo di tanto nervosismo erano i 30 giorni trascorsi dal mio piccolo incidente con il nostro unico ingaggio e il fatto che non eravamo più riusciti a trovare un posto dove esibirci. A parte qualche karaoke bar. Ma gli altri non sembravano aver apprezzato la mia proposta. 
Chris era quello più polemico, di solito l'erba rendeva Alan (il ragazzo piercing) più mansueto, infatti non aveva fatto particolari storie, e Ko era Ko. Mi voleva bene, quindi anche se avrebbe voluto il mio cadavere come trofeo non me lo avrebbe mai detto. Eravamo un gruppo strano, i No name, perché non eravamo riusciti a metterci d'accordo nemmeno sul nome. Ci eravamo formati per caso dopo il mio arrivo a New York. Io e Ko, dividendo l'appartamento, avevamo scoperto di avere la musica in comune, e poi lui aveva contattato Chris e Alan, suoi grandi amici dai tempi del liceo, per il basso e la tastiera. Eravamo uniti... Finché io non facevo qualcosa che faceva infuriare Chris come quella volta.
- Dovresti andare a parlarci- 
Sorrisi a Ko 
- No-
- Andiamo Alex..- 
- Se vado da lui ora, ricomincerà solo a urlarmi contro.. E non sarebbe... Com'è che dici sempre tu Al?- 
Lui mi guardò paziente 
- Costruttivo- 
- Esatto, non sarebbe costruttivo- 
Ko mi guardò e sospirò voltandosi verso Alan 
- Hanno ragione tutti sei un coglione.- 
Alan scoppiò a ridere e io gli diedi un sonoro bacio a schiocco sulla tempia 
- Lo sai cosa sarebbe costruttivo Ko?-
- Cosa Alex?- mi chiese stanco come se sapesse già la risposta 
- Un pompino. Da quel bel ragazzone laggiù- 
Mi guardò paziente mentre io ridendo e barcollando cercavo solo un modo per non pensare. 
 
Normalmente ero un tipo piuttosto logorroico ma mentre ero chiuso in un cesso con uno sconosciuto inginocchiato proprio davanti a me non avevo più una gran voglia di parlare, a meno che il tizio non facesse proprio pena, e quello era bravino. Doveva essere un abitudinario della situazione. 
Alla fine mi stancai e lo sollevai sbattendolo con la schiena al muro, lo baciai mettendoci più lingua del necessario e stavo per andare oltre quando qualcuno bussò alla porta. Sbuffai e tornai al mio piacevole diversivo ma i colpi si fecero più insistenti. 
- Mi serve il bagno! Sto male!- 
- Prendine un altro!- urlai mentre quel tipo se la rideva. La ragazza però non andò via come avevo sperato 
- Per favore! Sto malissimo!- 
Alzai gli occhi al cielo 
- Vomita vicino ai lavandini come tutti-
- Oddio no! Per favore!- 
Chiusi per un secondo gli occhi e poi guardai il ragazzo 
- Tu vieni con me- 
Aprii la porta con un calcio e lo trascinai fuori. Mi trovai davanti una ragazzina al massimo di 16 anni che arrossì non appena vide di aver interrotto due uomini. Scossi la testa, vogliono fare i grandi e poi non reggono una birra. 
- E comunque questo è il bagno degli uomini-
Sbottai e portai lo sconosciuto fuori dalla discoteca in un vicolo piuttosto appartato. Forse non proprio isolato ma sufficientemente al buio per finire. Lo spinsi contro una parete sudicia e lui gemette mentre iniziavo a frizionare il mio bacino contro il suo e a sbottonargli i pantaloni. 
Liberai i corpi di entrambi e lo baciai, poi decisi di ricambiare il favore di prima e mi inginocchiai, quando una luce mi accecò gli occhi. 
Mi voltai infastidito credendo fossero i fari di un auto e invece era la torcia di un uomo. Un uomo che aveva dei vestiti spaventosamente simili a una divisa. 
- Fermo li giovanotto, credo che tu sia appena finito nei guai- 
Guardai incredulo il poliziotto, che avanzando verso di me disse 
- Vi conviene rivestirvi andiamo in centrale- 
Oh merda. 
 
Ero stato davvero indeciso. 
Chiamare mio padre o non chiamare mio padre? 
Dirgli "ehi papà ricordi che ti avevo detto che la mia vita andava benissimo così com'è? Mi hanno arrestato per atti osceni in luogo pubblico, verresti a pagarmi la cauzione? Ah si mi serve anche un avvocato" o non dirglielo?
Marcire in galera per un pompino o non marcire in galera? 
Per quasi un'ora, dopo la lunga infinita chiacchierata con il poliziotto, mi ero posto quelle domande dubbioso sul da farsi, poi nel mio portafoglio avevo trovato un'alternativa. 
Potevo farlo. 
Potevo chiamare quel numero che non avevo buttato senza un motivo preciso. 
Potevo farlo, e uscire da lì senza coinvolgere mio padre però... Però quel numero mi rendeva agitato e inquieto, mi faceva sentire una pressione sul petto che non avevo mai provato prima e una strana sensazione alla bocca dello stomaco... Alla fine decisi che stavo male per colpa del pollo che aveva cucinato Matt a pranzo e lo chiamai
- Pronto?- 
Quando sentii la sua voce chiusi un secondo gli occhi e poi a fatica pronunciai le parole decisive 
- Dylan? Sono Alex, ho bisogno di aiuto..-
 
Quando uscii lo trovai che parlava con un poliziotto, lo osservai per un po prima che si accorgesse di me. Aveva l'aria stanca, dovevo averlo svegliato, chissà che ore erano.. Portava solo un maglioncino nero su dei jeans scuri, la giacca anch'essa nera era arrotolata sul suo braccio. Era carino. Sembrava più giovane senza completo da lavoro. 
Dylan forse sentendosi osservato si voltò e quando mi vide, i suoi occhi azzurri rimasero fissi nei miei senza mostrare rimprovero o fastidio. 
Mi guardavano e basta. Poi salutò il suo amico e mi fece cenno di seguirlo. Veloce lo affiancai e lo vidi aprire una Lamborghini grigia con la chiava elettronica. Entrammo nell'abitacolo sempre in silenzio, ma li quando lui non partì, e invece accese il riscaldamento sentii l'esigenza di dire qualcosa, che spezzasse quell'atmosfera carica di tensione, diventata ormai irrespirabile.
- Ti ridarò tutti i soldi della cauzione- 
Dylan mi guardò sorpreso come se si fosse addirittura dimenticato che c'ero anch'io con lui, poi scosse la testa
- Non pensarci ora-
- No sono serio te li ridarò!- 
- Come vuoi-
- Mi dai ragione solo per chiudere la questione ma io sono davvero davvero serio- 
- Voglio chiudere la questione perché sei ubriaco e domani non ricorderai nemmeno mezza parola di questa notte- 
Ma io non lo ascoltai e ribadii il concetto 
- Te li restituirò con gli interessi- 
Dylan alzò gli occhi al cielo e accese l'auto
- Dove abiti?- 
- In un appartamento- 
Lo vidi sollevare un sopracciglio e poi spegnere il motore dell'auto, si guardò intorno e mormorò 
- Sei un ragazzino complicato- 
- Non ti aveva avvertito Oliver?- chiesi con una mezza risata appoggiando la testa contro il sedile in pelle, socchiusi gli occhi. Li dentro il suo profumo era davvero forte. Era così piacevole... 
- Ehi non ti addormentare! Devi dirmi dove..- 
Ma era troppo tardi. Cullato dal suo odore ero già nel mondo dei sogni.
 
Da quando il mio letto era così comodo?
Schiacciai il viso sul cuscino, l'ammorbidente alla rosa mi solleticò le narici e mi fece sorridere, mentre distendevo ogni muscolo del mio corpo. 
Eh si era davvero comodo.... Aprii un occhio ancora perso in quel mare di beatitudine quando seduto su una poltrona proprio davanti a me trovai Dylan che mi osservava impassibile.
Cacciai un urlo e mi tirai a sedere quando vidi che A) non ero nel mio letto e B) ero nudo. Mi coprii velocemente e lo guardai spaventato. 
Aveva le gambe incrociate e delle profonde occhiaie sul viso. Non doveva aver riposato molto.. 
- Che diavolo ci fai tu qui?!- 
Dylan piegò un lato della bocca verso l'alto e mormorò 
- Come previsto, non ricordi nulla- 
Mi riguardai, ero proprio nudo! 
- Cosa avevi previsto??? Oddio non dirmi che abbiamo..- 
Dylan sospirò e con due dita si pizzicò il naso
- Sei stato arrestato per atti osceni in luogo pubblico, eri ubriaco, hai insultato la moglie di un poliziotto, mi hai chiamato per venire a prenderti, non ricordavi dove vivi, ti sei addormentato, ti ho dovuto trascinare nel mio appartamento e a un certo punto, non ho la più pallida idea del perché, ti sei spogliato- 
Mi coprii il viso con le mani e ricaddi indietro sul cuscino. Avrei dovuto capirlo subito. Quanto mai a casa nostra si usava l'ammorbidente? 
- Quando sono ubriaco mi spoglio- dissi fissando il soffitto bianco, poi guardai lui che con un sorriso esclamò 
- Mistero risolto- 
Lo osservai e borbottai 
- Dev'essere stata una nottata infernale per te- 
- È stata.. Interessante- 
- Sei il mio baby sitter- 
Sorrisi mesto e lui si alzò venendo a sedersi accanto a me, il letto rimbalzò leggermente e io arrossii rendendomi conto della situazione. Insomma ero nudo su un letto con lui. Era decisamente imbarazzante. 
- ehm..-
- Alex non dirò nulla a tuo padre di ieri- 
Lo guardai sorpreso e poi mormorai 
- Grazie-
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi e lui mi chiese 
- Era la prima volta?- 
- Che facevo un pompino? No- ridacchiai teso ma lui si spiegò
- Che ti arrestavano- 
- Si..- 
Sorrise e io iniziai a sentirmi davvero a disagio, era orgoglioso perché era la prima volta che mi arrestavano per atti osceni? Li il più strano non ero di certo io
- Quindi questa è casa tua? Emma..-
- Emma è nella villa a Fort Hale.. Ho questo appartamento a New York per comodità, lavoro spesso in città- 
Mi guardai intorno sollevato di non incontrare sua moglie una volta in piedi con le chiappe al vento 
- I miei vestiti...- 
- Ah non ti ho detto che a un certo punto hai vomitato e delirato contemporaneamente.. Sono nella lavatrice-
Mi coprii con il lenzuolo
- Mi dispiace tantissimo- 
Lo sentii ridere
- Riesci a perdere davvero il controllo da ubriaco-
- Ho già detto che mi dispiace?-
- In realtà mi fa piacere che hai chiamato me- 
Mi scoprii per guardarlo perplesso e lui alzò le spalle - Quando ti ho dato quel numero non credevo lo avresti usato- 
- Neanch'io- 
Le sue iridi azzurre puntarono le mie e per un attimo mi fu impossibile distogliere lo sguardo e indirizzarlo su altro o anche semplicemente pensare. Erano così chiare che davano l'impressione che ti ci potessi specchiare, ma era solo un'illusione. Non erano uno specchio. Erano le acque di un oceano che ti inghiottivano se osavi avvicinarti troppo.
Distolsi lo sguardo imbarazzato e dissi frettoloso 
- Ho bisogno di una doccia- 
Ma non mi alzai mostrandomi con spavalderia come facevo con i miei amici. Con lui non riuscivo a fregarmene e basta. 
Dylan si schiarì la gola e si alzò dal letto, poi uscì dalla camera senza aggiungere altro.
Chiusi gli occhi e ricaddi sul letto frastornato e con il cuore che batteva un ritmo inusuale. Veloce e irregolare. 
Come eravamo noi, senza neanche capirlo. 
 
Uscii dalla doccia con un paio di boxer che erano comparsi magicamente fuori dalla porta della bagno, trovai Dylan, in quella che doveva essere la cucina, al telefono, ma quando mi vide riattaccò e sorrise versandomi del cafe. Non lo presi e invece gli chiesi 
- Mio padre?-
Lui mi guardò sorpreso poi rispose solo 
- Emma- 
Mi rilassai e andai a sedermi davanti a lui. 
- Chiamo qualcuno per farmi venire a prendere- 
- Posso riaccompagnarti io- 
- No, grazie, credo di avere già troppi debiti con te- 
Dylan sorrise con una smorfia che nascose nella sua tazza 
- Allora qualcosa ricordi-
- No ma vengo da una famiglia di avvocati, so che mi hai tirato fuori pagando- 
- Non importa-
- Importa a me- 
Chiusi li la conversazione. Per un po tra noi cadde un silenzio pesante, carico d'imbarazzo. Non avevamo punti in comune, non potevamo semplicemente sederci e parlare.
Lo vidi leggere le e mail, perdere tempo col telefono, e nel frattempo in me cresceva la voglia di scappare da li, da quella casa perfetta col letto comodo e la doccia calda. 
Mi sentivo fuori posto e piccolo. Un bambino che non può competere con un adulto. 
Sbuffai e mi alzai facendogli sollevare lo sguardo chiaro verso di me.
- I miei vestiti?- 
- Non sono asciutti- 
- Non importa devo proprio andare-
- Alex calmati- 
- Io sono calmissimo!-
- Non lo dai a vedere allora!- 
Lo guardai accigliato
- Senti ti ringrazio per quello che hai fatto, ma ora non ho proprio voglia di restare qui.-
- Hai tanta fretta di tornare in qualche vicolo a ubriacarti e rimorchiare uomini? Siediti, fa colazione e calmati!-
Ero senza parole. 
Come si permetteva di parlarmi in quel modo? Se volevo, potevo anche scopare sul parabrezza di un poliziotto. Non erano affari suoi. 
- Non darmi ordini!-
Dylan sospirò. E questo mi irrito. Stavo perdendo il controllo. Più lui mi trattava come se fossi un moccioso capriccioso più io mi sentivo in dovere di comportarmi proprio come se lo fossi.
Strinsi i pugni e lo guardai rosso in viso
- Non sono affari tuoi quello che faccio o non faccio. Ti ho chiamato, mi hai aiutato ma la cosa finisce lì. Ti ridarò i soldi e questi stupidi boxer firmati! Come se a qualcuno importasse che paghi 200$ per delle mutande! Ora voglio solo i miei vestiti e andarmene via.- 
Dylan scosse la testa e buttò il telefono sul tavolo 
- Perché non puoi semplicemente aspettare che si asciughino i vestiti? Non ti caccio, chiama i tuoi amici e dì loro che stai bene, rilassati Alex! Nessuno ti giudica, nessuno vuole darti ordini! Voglio solo che ti riprendi dalla nottata!-
- Non devo riprendermi da nessuna nottata!-
- Ti hanno arrestato ubriaco! Si che devi riprenderti!!-
Feci mezzo passo indietro colpito da quella frase.
Ora voleva prendersi cura di me? Ma chi si credeva di essere, il Gandhi dell' Upper East Side?!
- Tu sei peggio di mio padre! E per la cronaca. Mi basta e mi avanza lui-
Mi girai e andai veloce verso la sua camera, deciso a prendergli una t shirt e un paio di jeans, glieli avrei rispediti indietro. Ora dovevo solo uscire da quel posto.
L'ultima cosa che volevo, era che qualcuno iniziasse a preoccuparsi per me e a dirmi che fare una buona colazione ti dava le energie sufficienti per affrontare al meglio la giornata. L'ultima cosa che volevo era sentirmi a disagio e in imbarazzo. E Dylan mi faceva sentire proprio così. 
Mi guardava come se non capissi. Come se stessi puntando i piedi per uno stupido giocattolo. Era la mia vita; non un pupazzo dei power ranger visto in una vetrina, cazzo.
Dylan mi raggiunge e mi trovò mentre rovistavo nel suo armadio, e annaspavo cercando di non respirare il suo odore fra i suoi completi di Gucci e Armani. Mi superò, aprì un cassetto e mi prese un paio di pantaloni di una tuta e una maglietta bianca, me li porse in silenzio e io lo guardai allibito. Ma allora il suo era proprio un vizio. 
- Li avrei trovati da solo!-
Li afferrai e mi vestii velocemente, sotto i suoi occhi impassibili. Feci per uscire quando con un braccio mi sbarrò la strada.
- Hai frainteso Alex. Non sto cercando di controllarti, e non sono tuo padre.. Voglio solo farti capire, che accettare un aiuto qualche volta non è sbagliato, non vuol dire che hai fallito. Significa solo che anche tu hai bisogno di fidarti di qualcuno di tanto in tanto- 
Era vicino, ma cercai di non distrarmi. Non potevo soffermarmi sulla sua bocca o sulle sue ciglia o peggio dalla barba che ancora non tagliava sul collo. Dovevo restare concentrato sul mio obiettivo e cioè fargli capire che gli amici della mia famiglia, non potevano essere anche amici miei.
- Io so già di chi posso fidarmi- 
Dylan mi guardò e sembrò quasi frustrato dalla mia risposta, forse di solito a lui bastava sbattere gli occhioni azzurri per averla vinta. Non lo dubitavo. Persino io che ero testardo peggio di un mulo, stavo faticando a non crollargli davanti completamente soggiogato da lui. La sua mascella si contrasse e il suo sguardo divenne severo, quando pronunciò il mio nome lo disse con una nota di rimprovero che mi fece rabbrividire, e non per i motivi giusti. Stava per riattaccare con qualche sermone infinito e io non potevo permetterlo.
Dovevo liberarmi. Dargli un motivo per farmi andare via senza ritrovarmelo intorno dopo una dozzina di metri. 
Così feci l'unica cosa che mi riusciva bene, quella che dopotutto sognavo di fare sin dal primo istante in cui lo avevo visto. 
Mi accostai a lui e lo baciai.
Fu un bacio rapido, a fior di labbra, che mi bastò per capire che avrei voluto averne ancora e in quantità maggiori. La sua bocca era più morbida del previsto e mi chiesi, in un attimo di follia, come sarebbe stato morderla. 
Dylan s'irrigidì e si allontanò da me di un passo guardandomi decisamente sorpreso. Non credeva che avrei avuto il coraggio di farlo, questo perché non mi conosceva. Io non avevo limiti, non se qualcuno mi piaceva. 
Gli sorrisi, felice di essere tornato ad essere me stesso. Lo stronzo e scandaloso Larsen, così irrispettoso da baciare il migliore amico sposato del padre. 
Guardai un secondo le sue iridi azzurre e poi me ne andai, senza ringraziarlo come avrei dovuto fare, e portando via con me i suoi vestiti, il suo odore, la sua schifosa moralità. 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Quinto capitolo ***


Quinto capitolo
 
C'era stato un tempo in cui anch'io ero stato un ragazzino innocente. 
Poi mi ero chiuso nello stanzino delle scope accanto all'aula di chimica con Tyler Brown e avevo scoperto il sesso.
Da quel momento proprio il sesso era diventata una specie di missione per me, ma crescendo avevo anche imparato a tenere a freno l'ormone. 
Fino all'arrivo di Dylan Montgomery nella mia vita. 
Lo avevo baciato, lo avevo lasciato lì come una specie di pesce lesso, e da quel momento avevo ricominciato ad intingere il mio biscotto un po ovunque.
Per non essere volgare, certo.
Insomma.. Non volevo ammettere a me stesso che lo volevo, che ottenerlo sarebbe stata quasi una sfida.. Ma anche se non lo ammettevo sapevo che era così. 
Oh se lo sapevo. 
Quando accompagnai alla porta l'ennesimo sconosciuto di quel periodo trovai ad attendermi gli sguardi di rimprovero di Laura e Ko e la voce sarcastica di Matt
-Sei una donnaccia-
Alzai gli occhi al cielo e poi gli mostrai il medio.
Mi trascinai al frigorifero e Laura rincarò la dose dopo aver schiaffeggiato il fidanzato
-Che ti succede? Sei strano nell'ultimo periodo-
Sono ossessionato da un uomo sposato che mi considera una specie di moccioso da salvare. 
No, non andava bene così.
-Mi va solo di divertirmi, l'ho sempre fatto-
Ko alzò le spalle
-Ieri sera ti ho visto al locale con un ragazzo diverso di quello che è uscito adesso-
-Sempre più donnaccia..- Cantilenò Matt mentre beveva il suo caffè, il singhiozzo di dolore che sentii dopo voleva dire che Laura gli aveva dato un bel calcio da parte mia sotto al tavolo.
-E allora? Non ho fatto nulla di male-
Ko guardò l'amica con un'occhiata carica di sottintesi che mi fecero sbuffare forte, e poi ti dicono la cazzata che per essere autonomo devi andare a vivere da solo! Quelli erano peggio di mia madre.
-Stasera sto buono buono a mangiare caramelle al tavolo con voi ok? Ma solo se mi comprate un giocattolo nuovo-
Laura rise più sollevata
-È una promessa?-
Annuii e malgrado tutto mi sentii felice di sapere che c'era ancora qualcuno disposto a prendersi cura di me. Ed ero molto più felice se a farlo non era un uomo alto con degli spaventosi occhi azzurri e una bocca che.. No! Alex no! 
Scossi la testa e sorrisi
-Si esce stasera?-
Ecco.
Dimentica Alex, e va avanti! 
Sembrava l'orrendo spot di una campagna progresso. 
E invece era solo la mia vita.
 
-Perché stai leccando una busta?-
La voce di Derek mi fece sorridere 
-Per te amore-
Lui arrossì e io risi. Adoravo metterlo a disagio.
-Devo restituire dei soldi a un amico di mio padre, tuo padre mi ha appena pagato, e anche se in minima parte, voglio saldare il debito-
Molto molto in minima parte, ma questi erano dettagli, futili inutili dettagli. Volevo solo che Dylan sapesse che avrebbe riavuto tutti i suoi soldi. Potevo essere una donnaccia ubriacona, ma di certo ero anche un uomo d'onore.
Derek sorrise
-Esiste la colla sai?-
Lo guardai basito e poi scoppiai a ridere
-Ma così poi che gusto c'è?-
Le sue guance avvamparono di nuovo.
Troppo facile.
 
Dopo aver imbucato la lettera io e Derek raggiungemmo gli altri in un bar piuttosto tranquillo, dove a detta di Laura non avrei avuto molte tentazione. Peccato che ultimamente non avevo gusti molto difficili e che entrando in quel posto avevo individuato già due o tre ragazzi interessanti.. 
-Smettila-
Guardai la mia migliore amica spaventato 
-Di fare cosa?-
-Di comportarti da maniaco! Inizi a preoccuparmi e io odio preoccuparmi per cui smettila!-
La guardai accigliato indietreggiando di un passo
-Cosa sei una specie di sensitiva? Come hai..-
-La tua faccia Alex. La tua faccia dice tutto-
Sbuffai e mi sedetti tra Alan e Ko mentre Matt e Chris parlavano tra di loro di non so cosa
-Così non è divertente però-
-Questa sera non ti devi divertire ricordatelo-
-Di cosa state parlando?-
Guardammo Derek contemporaneamente e io ghignai mentre rispondevo allegro
-È solo Laura che ha l'istinto materno fuori controllo! Poverina a una certa età è normale!-
Laura mi arrivò uno scappellotto dietro la testa ma con una risata riuscii a chiudere la conversazione 
-Abbiamo un nuovo ingaggio-
Sorrisi allegro a Chris. Era anche ora, iniziavo a sentirmi leggermente in colpa per aver reso tutti i miei migliori amici disoccupati.. Lui mi guardò severo
-Al Seventeen. Il proprietario è una donna!-
Scoppiai in una fragorosa risata
-Oh be meglio così! Troverò altro-
Alan mi arrivò una gomitata
-Ci esibiamo domani- 
-Non fare casini Alex- 
Mi accigliai voltandomi verso Chris 
-Perché dai per scontato che farò io qualche casino? Mi offendi! Forse questa volta la rivelazione sarai tu!-
-Io?!?-
Alan e Laura risero alle mie parole e io ghignai
-Pensaci Chris potresti anche divertirti, basta solo che ti togli quella scopa che porti perennemente su per il..-
Chris avvampò e Derek ridacchiò mentre la birra gelata del mio chitarrista faceva la conoscenza con i miei capelli
-Ti avverto Alexander. Basta cazzate- Poi si alzò e si allontanò furioso, sorrisi scuotendo i capelli bagnati 
-Ohi ohi anche il nome completo sei nei guai piccolo Alex- 
Mi prese in giro Matt, proprio in quel momento passò un gran bel ragazzo che mi sorrise e io sorrisi tragicamente incassandomi nel mio posto.
Ero decisamente nei guai.
 
Il Seventeen era un bel posto. 
Grande caotico, sempre pieno di persone. Ci andavamo spesso, e sapevo che uno dei due buttafuori non disdegnava affatto le mie attenzioni.
Per cui ero pronto a trascorrere davvero una bella serata. Avrei suonato, bevuto e mi sarei portato a casa un bel ragazzone di un metro e novanta! Dopotutto avevo fatto il bravo per 24 ore (ora più ora meno) ora mi meritavo una bella ricompensa!
Ok, forse aveva ragione Laura a dire che ero un maniaco. Ma ora proprio non volevo pensarci. 
Avevo una maglietta a giro maniche dei Kiss, la mia preferita, il piercing al labbro e i capelli più rossi che mai. Ero pronto. Diedi un tiro alla mia canna e sorrisi a un paio di ragazze che conoscevo di vista poi vidi i miei amici. Urlai per sovrastare la musica
-Credevo mi aveste dato buca-
-Te lo saresti meritato ma era solo Alan che non voleva svegliarsi- 
Chris sbuffò seccato e Alan alzò gli occhi al cielo 
-Ho lavorato tutto il giorno dammi un po di tregua- 
Sorrisi per quel piccolo battibecco. Quei due erano due fratelli separati alla nascita. Mi ricordavano un po me e Matt solo che nessuno di noi due era una lagna come Chris.
-Suvvia Christopher non mettere il broncio! Ora siamo qui e siamo pronti per spiccare di nuovo il decollo verso i Grammy! Sorridi e scalda la tua meravigliosa chitarra che ci serve questa sera!-
Chris scosse la testa con fare di rimprovero, ma lo vidi anche trattenere un sorriso. Feci un occhiolino ad Alan che ridacchiò fra se e se.
Ghignai anch'io. 
Era davvero bella quella famigliarità. 
 
Stavo suonando. Ero completamente concentrato sul basso che avevi tra le mani e sulla voce di Ko. Esistevamo solo noi 4 su quel palco al lato del locale. Non sentivo neanche le urla delle persone che ballavano sotto di noi, un po perché ero fatto un po perché ero esaltato dal rifare una cosa che amavo così tanto, come suonare. Ero libero, ero me stesso. 
Mi sentivo di nuovo un ragazzino innocente.
Solo quando la nostra ennesima canzone finì e ci fu la prima pausa concessi un po d'attenzione al mondo che ci circondava. 
Vidi un paio di bei ragazzi, Laura e Matt che pomiciavano duramente in un angolo, e un uomo che assomigliava spaventosamente a Dylan.
Mi venne da ridere. Ora iniziavo pure ad immaginarmelo in giro. O quella canna era stata un po troppo forte o io ero impazzito del tutto. 
Poi lui sollevò il viso e i suoi occhi azzurri brillarono grazie alle luci artificiali e per un soffio il basso non mi cadde di mano, mentre perdevo tutta la mia voglia di ridere.
Oh porca puttana.
 
-Oh ma stai scherzando?!?-
Dylan era seduto a un tavolino, indossava la camicia bianca e i pantaloni di un completo, probabilmente veniva direttamente dal lavoro, perché aveva un'aria un po stropicciata ma elegante, doveva aver lasciato la cravatta nella Lamborghini. 
Era così fuori luogo da risultare buffo. Mi avrebbe fatto sorridere se non fossi stato così fottutamente furioso di trovarmelo davanti. 
Dylan non si scompose. Sollevò un sopracciglio nero e con la sua voce ruvida mi chiese
-Mi hai baciato e spedito 50$ credevi davvero che avrei lasciato perdere?-
Mi uscì una smorfia e mi passai una mano fra i capelli, guardandomi intorno, poi mi sedetti davanti a lui stanco
-Lo speravo, ma ormai ho capito che sei davvero un rompiballe-
Dylan sorrise increspando quelle labbra che ultimamente mi avevano tenuto sveglio gran parte della notte, poi bevve un lungo sorso di birra e sorrisi sarcastico
-Birra? Non è troppo umile per voi?-
Mi rispose mentre si guardava intorno
-Ogni tanto mi abbasso anch'io-
Ridacchiai per il doppio senso che lessi nelle sue parole e mormorai 
-Se lo dici tu..-
Mi guardò e capì, alzò gli occhi al cielo
-Sei proprio un ragazzino-
-Smettila, non sono tanto più piccolo di te-
-Ho 34 anni. Sei decisamente più piccolo-
Scossi la testa e frustrato mi appoggiai allo schienale della sedia
-Dylan perché sei qui?-
Lui fece scivolare di nuovo il suo sguardo sul locale e poi lo posò su di me, mi parve di vedere un sospiro sfuggirgli dalla bocca, ma ero mezzo fatto e lì dentro c'era una pessima illuminazione così mi convinsi di averlo solo immaginato.
Di certo non potevo essere io il motivo dei sospiri di Dylan Montgomery.
-Sinceramente?- annuii e lui sorrise sempre guardandomi -Non lo so-
Alzai gli occhi al cielo
-Ma che razza di risposte dai? Sei un avvocato porca miseria impegnati un po di più!- 
Lui rise e quel suono mi vibrò addosso nella frazione di un secondo. 
Da quando tempo stavamo parlando? 5 minuti, un anno, una vita intera? Mi era bastata una risata per perdere del tutto la cognizione del tempo. 
-Be sono qui per te- 
Sentii il cuore precipitarmi non so dove e per un attimo mi dimenticai di respirare. Poi mi ricordai che non ero l'eroina di un romanzo di Jane Austen e mi schiarii la gola
-Penso ancora che potresti fare di meglio.. Ma va avanti-
Dylan alzò le spalle con noncuranza come se fosse normalissimo per lui andare in una discoteca in una zona non proprio rispettabile di New York a bere birra all'una di notte, per me. 
Per me. 
Quelle due parole mi scaldarono dentro ma decisi di non pensarci. Dovevo solo ascoltare e non pensare. Punto. 
Semplice. Facile.. Si, come no.
-Mi sono arrivati i tuoi soldi, ho chiesto alla segretaria di cercare un modo per rintracciarti, volevo dirti che puoi ridarmeli quando li avrai tutti.. Non li vorrei, ma so che sarebbe inutile discuterne. Lei mi ha detto che avreste suonato qui, e ho deciso di venire spendermi i tuoi 50$ in birra scadente-
Sollevò la bottiglia di vetro verde verso di me e poi fece un lungo sorso guardandomi, infine storse la bocca e mormorò -Disgustosa- 
Ero piuttosto sconvolto dal fatto che lui avesse fatto tutto quello per rintracciarmi quando gli avevo mandato i soldi, ma riuscii a rimanere impassibile e questo mi rese davvero soddisfatto di me stesso. Altro che moccioso! Ero una statua di cera. 
Lo osservai e poi tranquillo decisi di ridare fiato alla bocca
-E così fai fare i lavori inutili alla segretaria-
Dylan mi guardò sorpreso e poi scoppiò a ridere
-Se vuoi metterla così..-
-La paghi abbastanza?-
-Non può lamentarsi-
-Ah bene-
-È tutto quello che t'interessa? Quanto pago Margot?-
Aggrottai la fronte sconvolto
-Davvero si chiama Margot?!-
-Si ma non cambiare discorso-
Sospirai e questa volta a distogliere lo sguardo fui io
-Che vuoi che ti dica? Che eri uno stalker lo sapevo già, che eri un capo sfruttatore anche, dopotutto sei sempre un amico di Oliver, non sono poi molto sorpreso-
Dylan alzò le sopracciglia in un espressione di puro stupore che mi fece sorridere 
-Ah be.. Ok allora-
-Tua moglie non è preoccupata sapendoti in giro di notte?-
-No, si fida-
La sua risposta rapida e sincera mi arrivò come un piccolo schiaffo, ma accusai il colpo senza darlo a vedere.
-Che carini- 
Dylan ignorò di proposito il mio ultimo commento, e si appoggiò sul tavolo con i gomiti sporgendosi un po verso di me
-Dovremmo parlare del bacio-
Arrossii, ringraziai quelle maledette luci, e raccogliendo tutto il mio coraggio e lo guardai dritto negli occhi
-Ti ho baciato per tenerti alla larga, speravo che ti saresti spaventato e che non ti avrei più avuto tra i piedi. Ma a quanto pare ho fatto male i conti. Sei più rompipalle del previsto-
Dylan si accigliò leggermente poi si allontanò e si rilassò contro la sedia, giocherellando con la bottiglia, vidi la sua fede scintillare e m'incantai ad osservarla, mentre mi volteggiava sotto gli occhi.
-Bene- solo quando Dylan parlò mi decisi a distogliere lo sguardo e a riportarlo su di lui, che sembrava sereno ma in modo un po' artificiale, forse la mia risposta lo aveva lasciato più pensieroso di quanto era disposto ad ammettere -Mi risparmio un bel discorso sul fatto che non sono l'uomo per te e di come il vero amore ti stia aspettando sotto qualche arcobaleno o cose così- 
Sorrise e fu sincero. Mi rilassai e ridacchiai un po in imbarazzo
-Sul serio? Davvero Dylan puoi fare molto molto di meglio-
Alzò le spalle
-Ho avuto poco tempo per pensarci-
Stavo per ribattere quando Chris mi comparve accanto
-Eccoti!! Mi hai fatto preoccupare! Credevo ci avessi abbandonato per il buttafuori! Ti avrei ucciso! Muoviti tocca a noi..- Chris notò Dylan e notò anche che non era il genere di uomo che di solito frequentavamo noi e sorpreso mormorò -Oh.. Salve- 
L'altro gli rispose con un divertito
-Salve- 
Io mi alzai e mi rivolsi a Dylan 
-Puoi andare ora, ti ridarò i soldi e.. Niente, ti ridarò i soldi-
Chris trattenne il fiato e Dylan mi sorrise
-Siete bravi e la birra non fa poi così schifo, credo che resterò un po-
-Perché?- 
Ero stanco. Non poteva lasciarmi in pace e basta?
Dylan mi sorrise. No. Non poteva lasciarmi in pace, perseguitarmi doveva essere una specie di missione per lui. Una vocazione. Altro che avvocato.
Non mi rispose. Sorrise e basta e io irritato mi allontanai, mi passai una mano fra i capelli rossi e mi accesi una sigaretta mentre raccattavo il mio basso. Stavo per salire sul palco quando Chris mi fermò
-Devi dei soldi a quell'uomo?-
-Si.. È una lunga storia ok?- 
Feci per andar via quando lui mi bloccò di nuovo. La mia vita stava diventando decisamente stressante. 
-Non è ok. Alex sii sincero.. È un mafioso?-
Lo guardai confuso e poi via via sempre più stupito. La mente tragica di Chris aveva colpito ancora, e quella volta servì a sciogliermi dalla tensione accumulata per tutto il tempo in cui ero stato con Dylan e a farmi ridere forte di nuovo libero e spensierato, di nuovo sereno e sicuro di me. Mi sentivo confuso solo se avevo "lui" davanti. Mi bastava allontanarmi per riuscire a essere di nuovo Alex.
-No non è un mafioso Chris-
Lui tirò un sospiro di sollievo e poi mi chiese
-Chi è?-
Lo guardai e sorrisi della sua sua curiosità e poi risposi solo -Nessuno- prima di risalire sul palco. 
Ma questa volta non riuscii a dimenticare il mondo che mi circondava.
Questa volta non eravamo in 4.
Questa volta eravamo in due. Solo io e lui. I miei occhi che ogni tanto cercavano i suoi e i miei respiri accaldati che si velocizzavano ogni volta che lo sentivo. 
Lui stava guardando me. Lui era lì per me. 
Era nella mia pelle.
Potevo ignorarlo. Potevo non pensarci. Potevo fingere.
Ma lui c'era già.
 
-Sei fastidioso- 
Dylan sorrise, e abbassò lo sguardo. 
Dopo aver finito di suonare, avevo ignorato tutti i miei amici ed ero tornato da lui, avevo indossato la giacca e preso il pacchetto di sigarette, Dylan mi aveva seguito fuori come se fosse un ovvietà, un gesto naturale che non aveva neanche bisogno di parole. E io avevo sorriso come un ebete mentre mi facevo largo tra la folla seguito dall'uomo più elegante che probabilmente quel posto avrebbe mai visto. Non avevo riconosciuto nemmeno il buttafuori che volevo farmi, c'era solo quell'uomo che in completo scuro sovrastava tutto e tutti. Lo avevo portato in un vicolo simile a quello in cui mi avevano arrestato. Poi ci eravamo accesi una sigaretta a testa e per un po eravamo rimasti in silenzio. E a quel punto io avevo deciso di dover dire qualcosa, perché non sopportavo più quella tensione, quell'imbarazzo, non sopportavo più nemmeno di vederlo fumare. Era troppo. Lui era troppo.
Dopo aver sorriso Dylan fece cadere un po di cenere a terra ed espirò il fumo verso l'alto poi si voltò verso di me
-Non è vero-
Risi nervosamente
-Prego?-
-Tu mi hai chiamato quella notte, tu ora sei qui con me, tu non mi trovi affatto fastidioso-
Arrossii di nuovo, e questa volta, complice uno stupido lampione lo vide, osservò compiaciuto i miei zigomi troppo rosa e un sorriso gli sollevò un angolo della bocca. 
Tirai un calcio a qualche sassolino sulla strada e borbottai
-Attento, il tuo ego si sta gonfiando così tanto che tra poco ci soffocherà-
Lui rise e alzò le spalle
-Non si tratta di ego-
-E di cosa allora?-
-Ci dev'essere per forza qualcosa? Non può essere che mi fa piacere e basta che tu non odi la mia presenza?-
-C'è sempre qualcos'altro-
-Non questa volta- non risposi e lui continuò a fumare finché non disse -Sei bravo.. Tuo padre mi ha sempre detto che perdi tempo suonando il basso, ma vedendoti questa sera non ci credo più.. Lo capirà anche lui prima o poi-
-Non farlo-
-Cosa?- 
Sorrisi. Ora mi era tutto chiaro. Perché era lì, perché era rimasto, perché continuava a riproporsi nella mia vita.
Il motivo ora mi era limpido davanti agli occhi e non ero io. 
Mi aveva detto solo una cazzata e io per un attimo mi ero illuso che fosse davvero così, ma ora capivo quale fosse la realtà. Era così ovvia che mi sentii stupido per non averla vista prima.
-Non provare ad aggiustare i rapporti tra me e mio padre. Sprecheresti energie inutilmente-
Dylan si accigliò
-Non è quello che sto facendo-
-Ah no? Davvero? Non sei qui per fare l'amico spingermi a fidarmi di te e poi a tradimento organizzare un incontro chiarificatore con il grande Oliver? Magari speri pure di riportarmi all'ovile, o addirittura ti ha chiesto lui di fare tutto questo? Magari sono proprio i miei genitori a dirti di scodinzolarmi dietro-
Dylan buttò arrabbiato la sigaretta e sibilò nervoso
-Dio quanto sei paranoico!-
-Paranoico? Io non sono abbastanza paranoico! Ho già subito questo genere di attacco! So cosa aspettarmi!-
-Ma senti come parli? Attacco? Nessuno ti sta attaccando!! O per lo meno non io! Non è una guerra Alex! Non sono qui perché Oliver mi ha detto di venire! Sono qui per te! Che cazzo mi hai baciato! Ero preoccupato! E 50$! Mi sono arrivati 50$ dentro una busta umidiccia! Che cosa dovevo fare?? Ignorarli e basta?? Che cavolo.. l'ultima volta che ti ho visto ti avevano arrestato! Che male c'è ad assicurarsi che stai bene? Non c'entra proprio niente Oliver! L'unico a tirarlo fuori sempre sei tu!-
-Non mi conosci! Non è normale!-
-Tu non sei normale!-
Mi accigliai indietreggiando di un passo
-Senti. Di certo non credo a tutta questa tua generosità-
-Non è generosità. Voglio solo farti capire che il mondo non ti è nemico. Che io potrei essere un amico!-
-Ti ho già detto che questo è impossibile!-
-Questo perché sei un ragazzino ottuso!-
-Solo perché non ti voglio fra i piedi? E tu saresti l'uomo maturo?-
-Decisamente!- 
-Non ti voglio come amico!-
-E allora cosa vuoi? Parla Alex!-
Parlare? Non ne avevo alcuna voglia. Con la mano libera dalla sigaretta lo afferrai per la giacca e lo spinsi contro il muro, non gli diedi il tempo di dire o fare nulla, la mia bocca era già contro la sua.
Questa volta provai a baciarlo con forza, provai a far passare la mia lingua fra le sue labbra ma Dylan rimase inerme a guardarmi ermetico mentre faceva di tutto per farmi capire che non avrebbe risposto al bacio.
Mi allontanai di un centimetro e sorrisi amaramente
-Visto? Non puoi aiutarmi Dylan- 
I suoi occhi azzurri rimasero sospesi nei miei, erano così intensi che mi ritrovai a trattenere il fiato senza neanche volerlo. 
Scioccamente riprovai a baciarlo. Il mio corpo si schiacciò contro il suo mentre lasciavo cadere la cicca a terra e passavo una mano fra i suoi capelli neri trovandoli morbidi. Non mi aspettavo nulla da parte sua. Volevo solo togliermi quella soddisfazione. Ci avevo pensato tanto negli ultimi giorni, troppo. Tanto voleva approfittarne per avere un bel ricordo. 
Chiusi gli occhi e sospirai mentre provavo a decidermi di porre fine a quella stronzata. Ora che mi ero umiliato ben bene cosa avevo ottenuto? 
Stavo per allontanarmi (o almeno stavo pensando di farlo) quando qualcosa all'improvviso cambiò. 
Dylan allungò una mano e mi afferrò il polso della mano che lo stava accarezzando, si piegò verso di me, e  spinse la sua bocca verso la mia, con una specie di rantolo che aveva il suono di un ringhio mi aprì le labbra e cercò la mia lingua, la trovò subito e se ne appropriò mentre io stupito mi lasciavo guidare non capendo più cosa stesse succedendo.. Smarrito risposi al bacio fin troppo timidamente, mentre Dylan continuava a farmi impazzire leccandomi le labbra e mordendomele piano, aveva un sapore forte: di birra e fumo che mi stava letteralmente mandando il sangue alla testa. Era assurdo. Non poteva star succedendo realmente. 
Poi decisi che non m'importava. Reale o meno la sua bocca era lì ed era la cosa più buona che avessi mai assaggiato. Non potevo non approfittarne.. Sapevo che da un momento all'altro mi sarei svegliato e avrei capito che era solo un sogno. Dovevo vivermelo finché potevo.
Mi alzai sulle punte e ripresi il controllo del mio corpo. Fui a spingermi su di lui, a guidare il bacio, a godere della sensazione del suo petto contro il mio.
Fu un bacio indecente.
Non ne avevo dati molti così. Ero più da sesso. Ginocchia e gemiti. Non perdevo tempo con baci e sospiri. Eppure ero lì contro un muro con Dylan a fare miei i suoi sospiri, il suo sapore, e non mi importava di nient'altro. Le sue mani erano sui miei fianchi, stringendoli in modo quasi possessivo, mentre io quasi svenivo per il piacere.
Fu un bacio lungo e forte. Un bacio dolce per certi aspetti. Un bacio che non mi sarei mai aspettato. Un bacio che mi ridiede un po d'innocenza e che me la tolse definitivamente. 
Un bacio che non mi bastava. Scoprii che non era ciò che volevo. Ero davvero un viziato capace solo di fare capricci. Ma cazzo non mi interessava. Non mi bastava.. Stavo per spingermi oltre, senza rimpianti o pensieri, quando Dylan parve rinsavire e mi allontanò di colpo. Mi guardò sconvolto con le labbra rosse e lucide e i capelli spettinati. Provai a dire qualcosa ma per la prima volta ero senza parole. Lui impallidì capendo cosa aveva appena fatto e veloce mi superò e andò via. 
Io avrei voluto seguirlo, ma avevo le gambe troppo molli e il cervello troppo in panne per anche solo pensare di farlo. 
Mi accasciai contro il muro e sollevai il viso verso il punto in cui era sparito, sorrisi con amarezza mentre la realtà si abbatteva contro di me spietata e razionale. 
Alla fine ero riuscito a far scappare anche lui. 
 
N.d.A
Salve! Volevo ringraziare di nuovo tutti e scusarmi per eventuali errori! Rileggo molto prima di pubblicare ma qualcosa mi sfugge sempre e puntualmente me ne accorgo solo dopo! Spero di avere un vostro parere anche sul nuovo capitolo! Alla prossima :)
 

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Capitolo 7
*** Sesto capitolo ***


Sesto capitolo
 
Ero stato giorni indeciso se andare o no da Dylan per parlargli di quello che era successo fuori dal Seventeen, ero stato ore a chiedermi cosa fosse giusto fare. 
Una parte di me voleva cercarlo, rivederlo, e discuterci, magari avrei voluto anche scusarmi, dirgli che mi dispiaceva di averlo sconvolto, che era un uomo sposato e che non avrei neanche dovuto provare a baciarlo.. Ma un'altra parte di me aveva paura. Non sapevo dire di preciso di cosa, ma la paura mi attanagliava lo stomaco ogni volta che anche solo pensavo di riavere Dylan davanti. 
E così dopo un lungo periodo di inerzia, in cui mi presi il mio tempo per riflettere riuscii a prendere la mia decisione. 
Io ero Alexander Larsen e avrei fatto quello che in qualsiasi altra situazione avrei fatto.
Ma ne sarei fregato.
Al diavolo Dylan, al diavolo il suo profumo, al diavolo la sua lingua. 
Era stato solo un bacio, ed era un problema più suo che mio. 
Dopotutto era stata solo la follia di una notte.
 
Non avevo quasi neanche avuto il tempo di godermi la mia nuova decisione, che al ristorante vidi entrare Emma Montgomery, seguita da altre due signore, tutte e tre, con abiti eleganti dai colori stravaganti. 
Quando la riconobbi, con i suoi capelli biondo platino e la silhouette perfetta, rimasi a bocca aperta, con le forchette che stavo lucidando in mano, a chiedermi come fosse possibile una cosa del genere.
Possibile che quella famiglia non potesse lasciarmi in pace? 
Mi girai deciso ad ignorarla, con il cuore che batteva troppo forte e la mia memoria che aveva deciso che quello era il momento perfetto per ricordarmi come fosse il sapore di Dylan. 
Chiusi per un secondo gli occhi e presi un leggero respiro. Li avevo finito.. Ora dovevo solo allontanarmi senza farmi vedere e sarei stato salvo..
-Alexander!-
Maledetti capelli rossi.
Mi voltai con un sorriso fintissimo sul viso e vidi Emma venirmi incontro, mentre le sue amiche mi guardavano perplesse
-Signora Montgomery, non l'avevo riconosciuta..-
Lei rise e aveva persino una bella risata. Non era fastidiosa ne stridula. Tutto in quella donna era perfetto così come in Dylan.
Loro erano perfetti.
Deglutii e sorrisi mentre lei diceva
-Io invece con quei capelli ti ho visto subito.. Dylan mi aveva detto che lavori qui.. Ma credevo fosse qualcosa di temporaneo, Ingrid non mi ha mai detto nulla-
Era normale che Dylan le avesse raccontato tutto. Eppure mi sentii lo stesso infastidito. Scacciai con forza quella sensazione dalla bocca dello stomaco e alzai le spalle
-Non dico tutto a mia madre-
Lei mi guardò per un attimo stupita poi sorrise
-E chi è che lo fa? Io ho 30 anni e ancora le nascondo che odio la musica classica e che preferisco Britney Spears a Mozart-
Mio malgrado mi ritrovai a ridere anch'io
-Che notizia indecente-
Lei annuì 
-Come stai? Dylan era molto preoccupato per te dopo..-
-L'arresto?-
Lei arrossì un po
-Si..-
-Oh benone, insomma..- Ancora quel fastidio.. Mi schiarii la gola -Grazie a Dylan- mi appoggiai al muro, Dio... Iniziavo a sentirmi stanco, quella conversazione mi stava togliendo tutte le energie -Anzi, mi dispiace aver creato così tanto disturbo-
Ma quel ragazzo così educato ero davvero io??? Dovevo essere proprio agitato per ricordarmi di essere un tale diplomatico.. Comunque Emma parve apprezzare perché tornò a sorridere
-Ma quale disturbo? È il suo lavoro! Era indeciso se parlarmene o meno per via di Oliver e Ingrid, ma tranquillo, manterrò il segreto-
Questa volta ad arrossire fui io. 
Mi sentivo la testa in un pallone, in cui la sua bella voce femminile mi arrivava ovattata, lontana.. Quella situazione era così surreale che non sapevo cosa fare, cosa dire, cosa pensare.. Non mi ero mai trovato in una situazione simile prima d'ora.. Ero inerme di fronte alla sua solarità alla sua sicurezza.. Lei era così luminosa, che tutte le mie ombre mi sembravano più chiare a mano a mano che le restavo accanto.
-E poi almeno grazie a te ha bevuto della birra era dai tempi del college che non accadeva- 
Le sorrisi. 
Le aveva detto anche del bacio? No, non poteva essere così serena se aveva saputo del bacio.. A meno che non l'avesse presa come una cazzata giovanile.. E la lingua di suo marito nella mia bocca com'era giustificabile? E le sue mani su di me? 
Dylan mi aveva toccato. 
Eppure lei ora mi stava facendo sentire come se avessi immaginato tutto, perché era impossibile che con una donna simile accanto, lui toccasse me.
Smisi di fregarmene in quel momento e ricominciai ad avere mille dubbi in testa, domande, ricordi, paure che non sapevo spiegarmi e che sarebbero rimasti sempre dei punti irrisolti della mia vita.
E lei continuò a parlare non accorgendosi di niente, mentre io mi auto convincevo che mi avesse baciato per pietà, per convincermi a fidarmi di lui, perché ero il figlio di un amico. E basta. 
Emma intanto mi disse che era lì perché doveva scegliere un posto in cui organizzare una serata di beneficienza e che quel ristorante era il luogo più adatto, con quella sala grande, le vetrate aperte che davano l'impressione che quel locale fosse sempre arioso e luminoso, quei colori chiari, le rose nei vasi, e le tende di raso. Poi con un personale del genere era davvero il posto giusto. 
E io ero così sconvolto che mi ritrovai a darle ragione, e a non pensare che a quel genere di serata sarebbero andati anche mia madre e mio padre, Dylan.. E che avrei dovuto vederli tutti, e affrontarli di nuovo. Non ci pensai, risi per la battuta sul personale e annuii incitandola quasi a farlo li, il suo gran gala per ricconi. 
Poi le sue amiche la chiamarono e lei mi salutò, baciandomi sulla guancia, lasciandomi addosso il suo profumo così dolce, che mi fece girare la testa. La guardai cercare il direttore e poi tornai al mio lavoro. 
Distrutto.
 
Alla fine la serata di beneficienza si tenne al ristorante, e io ero tra i camerieri scelti per servire le portate. 
Il direttore ci disse di indossare la divisa speciale, quella con i risvolti dorati, e anche se con un po di riluttanza, lo feci. Attaccai i capelli in un codino, e arrivai al locale con le ginocchia molli. Quando vidi Derek negli spogliatoi tirai un leggero sospirò di sollievo. Almeno non sarei stato solo.
-Ti hanno incastrato?-
Derek mi sorrise
-È una serata importante, dobbiamo fare bella figura- 
-Con te in divisa sarà un successone assicurato- gli feci l'occhiolino e lui arrossì abbassando lo sguardo, dopo un po disse
-Nella lista degli invitati ho letto Larsen..-
Mi uscì una smorfia
-Si, i miei genitori-
Derek non conosceva bene la mia storia, sapeva solo che i rapporti con la mia famiglia non erano dei migliori, e allora premuroso si limitò a chiedermi
-Tutto ok?-
Gli sorrisi infilando i guanti bianchi e poi sollevai strafottente un sopracciglio mentre gli tenevo la porta aperta
-È sempre tutto ok bellezza!-
Bastò per farlo ridere, e questo mi fu sufficiente per riacquistare un po di forza utile per iniziare quella serata.
 
Mi muovevo fra le persone in frac, in giacca e cravatta e lunghi abiti da sera, tenendo in equilibrio un vassoio e sorridendo come un idiota a chiunque. Quei tipi che si credevano tanto superiori a me non sarebbero stati in grado di fare un passo in quella situazione.
Stavo iniziando a sperare che in mezzo a tutte quelle persone non avrei visto nessuno dei miei parenti (o dei loro amici) quando la voce di mia madre, sovrastò il vociare di tutta la nobiltà della zona, il quartetto d'archi e persino la barriere del suono e dello spazio, colpendomi dritto al cervello. 
Mi voltai pietrificato verso il punto in cui l'avevo sentita e li vidi.
Oliver, Ingrid, Dylan e Emma. 
Ognuno con un espressione diversa in faccia, che mi fissavano come uno strano insulso quadretto comico.
Peccato che non ci fosse nulla da ridere.
 
-Che ci fai qui? E vestito in quel modo? E.. Con un vassoio in mano?- 
Mia madre stava per avere una crisi isterica mi sembrava ovvio. 
Le sorrisi come facevo con tutti i clienti
-Desidera una tartina al salmone madame?- 
Lei si portò una mano sul viso sconvolta
-Non posso crederci.. Oddio Oliver non posso..- 
Mio padre parlò con la sua voce distaccata solo in quel momento. Fino ad allora si era limitato a fissarmi inespressivo, tanto da convincermi che lo shock gli avesse procurato una specie di paralisi. Meno male non era così. Non volevo averlo sulla coscienza. 
-Alexander fa poco lo spiritoso, e Ingrid smettila, almeno ha un vero lavoro e non spaccia erba come temevamo- 
Ingrid annuì e io alzai gli occhi al cielo
-Papà mi deludi.. Potrei fare benissimo entrambi-
L'occhiataccia di mio padre mi convinse a non insistere e con riluttanza mi voltai verso la super coppia del momento. 
Emma indossava un abito lungo blu che le stava d'incanto, e Dylan uno dei suoi soliti completi che lo mettevano in risalto senza eccedere troppo. 
Avrei voluto vomitare.
Sorrisi in modo un po' meno arrogante e un po più teso
-Le piace come è stato organizzato tutto signora Montgomery?-
Sentivo il suo sguardo su di me, mentre io mi ostinavo a tenerlo fisso sulla moglie. Era dalla sera del bacio che non ci vedevamo ed era strano. 
Avevo il cuore in gola e la salivazione azzerata. Che cavolo... Avevo baciato un numero infinito di uomini, perché solo con lui doveva essere così fastidioso?
-Oh si è tutto perfetto! E anche tu stai benissimo con questa divisa-
Arrossii un po
-Grazie.. Personalmente credo che tutto questo color oro sia un po eccessivo-
Mio padre intervenne
-Che t'importa devi lavorare non fare una sfilata di moda.-
Mi voltai verso di lui e scoppiai a ridere
-Questo cos'era? Il proverbio del giorno? Rilassati grande Oliver, so servire tartine meglio di chiunque altro. E anche a stappare bottiglie non sono male- gli feci un occhiolino e mio padre divenne rosso di rabbia. 
Quello fu il segnale per allontanarmi. Con un leggero inchino beffardo mi allontanai verso altri ospiti.
Il suo sguardo mi seguì e quella volta, tornare a sorridere fu davvero faticoso.
 
A fine serata ero così stanco, emotivamente parlando, che ero crollato su una sedia, come se avessi corso la maratona di New York in 5 minuti. 
Mi sciolsi i capelli mentre la sala si svuotava e mi piegai in avanti prendendo una serie di respiri profondi. 
Non mi ero più avvicinato ai fantastici 4 per tutta la serata. 
Avevo visto Dylan e Emma ballare, parlarsi, ridere, civettare come una coppia di stupidi adolescenti in calore, e tanto mi era bastato per confermare la mia teoria di una vita: un bacio non significava un cazzo.
Derek si avvicinò e io gli sorrisi
-Stanco?-
Lui alzò le spalle e mi si sedette accanto
-Un po tu?-
-No, sempre meglio servire questo genere di eventi che parteciparvi- 
Lui rise
-A volte dimentico che tu sei cresciuto in mezzo a questo genere di cose-
Mi uscì una smorfia e decisi di cambiare discorso. 
La voce di mio padre che mi salutava con un "niente mancia per te, dopotutto non vuoi i miei soldi no?" Era più che sufficiente a non farmi desiderare di pensare al passato.
-Hai fatto colpo su qualcuno mio bel modello?-
Derek mi guardò e poi alzò le spalle
-Non su chi vorrei io-
Oh.
Forse dovevo limitare le battutine, non potevo creare un casino con Derek.
Risi un po nervoso
-Ci vuole ben poco per far colpo su chi vuoi tu-
Mi guardò infelice, e si sporse verso di me, rimasi per un attimo incantato a guardarlo.. Era davvero bello.
-Vieni a casa con me questa sera- 
La sua voce decisa e bassa mi diede i brividi
-Non è una buona idea-
-Alex per favore..-
Sorrisi mentre lui si avvicinava sempre di più
-Sei proprio un novellino Derek non si prega mai nessuno-
Lui arrossì imbarazzato
-E allora cosa dovrei fare? Baciarti e basta?-
Rabbrividii di nuovo pensando a me in un vicolo che.. Scossi la testa
-No.. No.. Ma dovresti..ecco..-
-Sei in imbarazzo Alex?-
Ero confuso.
Volevo baciarlo, volevo scoparci e distrarmi. Derek sarebbe stato perfetto per quel compito. Era bello, simpatico, dolce.. E soprattutto non etero e non impegnato.. Però.. Però era il figlio del mio capo! Non potevo farlo.. La sua mano mi sfiorò la guancia..
-Alex..- 
Gli guardai la bocca.. Non era la sua, ma poteva andar bene lo stesso.. Feci per toccarla quando un'altra voce più bassa e più roca chiamò il mio nome. 
Sussultai come scottato mentre mi allontanavo veloce da Derek e mi voltavo.
Dylan ci guardava con una strana espressione sul volto che non riuscivo a decifrare. 
Ma non mi importava farlo perché una sola domanda mi assillava in quel momento.
Perché cazzo Dylan era ancora lì?
 
-Possiamo parlare?-
Annuii più per gentilezza o spossatezza che per un reale desiderio di trovarmi di nuovo solo con lui a parlare. 
Derek mi guardò interrogativo ma mi lasciò andare, uscimmo fuori, sul retro del ristorante, dove c'erano solo due bidoni della spazzatura e qualche gatto randagio. 
Per un po nessuno dei due disse nulla, e quel silenzio mi gravò addosso come un macigno, e fu per liberarmene che mi accesi una sigaretta a sbottai
-Non mi scuserò per averti baciato- Dylan sollevò il viso verso di me, gli occhi azzurri leggermente sgranati ma la bocca ancora serrata, le mani serrate infilate nelle tasche dei pantaloni di alta sartoria. -Quindi, se è per questo che sei qui.. Vattene-
Dylan sospirò, poi scosse la testa e abbassò lo sguardo mormorando
-È davvero tutto un casino- 
-Nulla è un casino invece. Sono solo un moccioso che si è preso una cotta per l'amico di papà, che male c'è? Mi consolo in fretta Dylan, tranquillo-
Voltò il viso verso di me e disse solo
-Io ti ho baciato-
-Vuoi fustigarti per aver assecondato i miei capricci? Chiamami quando stai per iniziare non vorrei perdermi lo spettacolo-
-Vuoi stare zitto un secondo?- sbuffò e si passò una mano fra i capelli spettinandoseli e io incredibile ma vero feci quello che mi disse lui e tacqui all'istante, il mio cuore batteva così forte che per un po rimase l'unico rumore nella strada. 
-Io non ho assecondato nulla. Io ti ho baciato- ripeté con tono duro e io arrossii mentre mi sforzavo per non distogliere lo sguardo dal suo. Si morse il labbro istintivamente mentre continuava a guardarmi e per me fu davvero troppo. Se aveva intenzione di provocarmi, di dirmi quelle cose e aspettarsi che io sarei rimasto buono buono a guardarlo, si sbagliava di grosso. Perché dopotutto non amavo tanto parlare. 
Lo baciai e questa volta non provò nemmeno a spostarsi, questa volta saggiò le mie labbra e la mia lingua, ma non fu neanche impetuoso come la prima volta. Questa volta se lo aspettava. Questa volta mi aveva chiesto di parlare a posta. Sorrisi per quella piccola consapevolezza, e Dylan sollevò una mano e la incastrò nei miei capelli attirandomi a se, facendo scontrare le nostre bocche e prendendo il controllo del bacio e del mio corpo.
Mi piaceva.
Mi piaceva essere travolto e non travolgere.
Mi piaceva sentire il suo respiro affannato che si mischiava con il mio. 
Mi piaceva avere le sue dita che mi accarezzavano i capelli stringendoli. 
Quando si allontanò appoggiò la fronte contro la mia, e chiuse per un secondo gli occhi. Io no. Rimasi a guardarlo. Aggrappato alla sua giacca, sentendo distintamente ogni centimetro che ci separavano in altezza. Poi Dylan si riappropriò delle mie labbra e le succhiò leggermente facendomi genere piano, lo schiacciai contro la parete, e sentii che tutto ciò non era poi così tanto indifferente al suo corpo. E mi chiesi come potesse essere li con me quando fino a un quarto d'ora prima lo avevo visto sorridere alla moglie, mi chiesi come fosse possibile che gli piacessi io se gli piaceva anche lei, mi chiesi perché per la prima volta non riuscivo a fregarmene e basta. Come avevo sempre fatto. Probabilmente senza saperlo mi ero fatto molti uomini sposati, qualcuno conoscevo anche la loro lei.. Eppure non mi era mai importato.. Con Dylan continuavo a pensarci, con Dylan era un problema..
Mi scostai un po e lui appoggiò la testa contro il muro, non allontanandomi, ma limitandosi a guardarmi
-Gli altri?- 
La mia voce uscì incerta e tremolante, ma avevo bisogno di perdere tempo, di riacquistare un po di lucidità. 
-Sono andati via- 
Deglutii
-Tutti?-
-Si-
-E tu?-
-Per lavoro devo restare a New York-
-Lavoro Dylan? Sul serio?-
Sorrise in modo sghembo, mentre guardava la mia bocca muoversi
-Non è una scusa Alex, devo davvero lavorare-
-Alle 2 di notte?-
-No, alle 8, di domani mattina-
-Allora ti conviene andare a dormire-
Sospirò 
-Alex..-
-Dimmi-
-Vieni con me-
Un brivido. Mi scostai ancora di un altro mezzo passo. Questa volta il mio cuore dopo tanto correre aveva frenato bruscamente
-Non verrei a casa tua per parlare Dylan-
Fui categorico in questo, non volevo una storia d'amore ma non volevo neanche perdere tempo, dovevo essere chiaro, e lui mi guardò sorpreso, forse un po spaventato perché dopotutto anche se aveva avuto tempo per pensarci, si stava mettendo in qualcosa che non era pronto ad affrontare, qualcosa che era troppo grande perfino per lui, che era un uomo vissuto, che di sicuro non s'intimidiva facilmente, poi lentamente annuì.
Sgranai leggermente gli occhi. 
Non poteva fare sul serio.
Stavo per farglielo notare quando Dylan ribaltò le nostre posizioni e mi ritrovai contro il muro, con il suo corpo che formava una gabbia umana intorno a me
-Vieni a casa mia. Poi li vedremo. Ho bisogno di stare un po' solo con te-
-Sei..-
-Una notte sola Alex- mi interruppe lui e poi accostò la bocca alla mia ma non mi baciò, la sfiorò e basta, sensualmente, facendomi tremare dentro. Lo guardai incantato e lui ripeté
-Una notte e mai più-
Sospirai.
-L'altra volta sei scappato..-
Dylan quasi sbuffò
-È dall'altra volta che non riesco più a dormire-
-Ti serve un sonnifero?-
-Forse..- 
Sorrise e io scossi la testa
-Non sono una specie di pasticca per uomini etero confusi-
-Non ho detto questo-
-So cosa hai detto-
-Alex..-
Un sospiro basso e lungo.
Poi piano annuii e mi sentii debole ma sincero. 
Bastava che pronunciasse il mio nome per farmi crollare. Da quando avevo così poca volontà?
Pensai che avrei fatto sesso con lui, mi sarei tolto lo sfizio, e poi tutto sarebbe tornato come prima. 
Si, era la cosa giusta da fare. 
Ti fa male un dente? Basta toglierlo nel modo più veloce e indolore possibile. 
Avevo bisogno di riprendere in mano la mia vita. 
E ok, forse Dylan era un dente del giudizio particolarmente fastidioso, ma mi aveva lasciato la possibilità di decidere e alla fine in quell'enorme caos mi ci ero messo da solo, eppure sapevo con disarmante chiarezza la verità.
Sapevo che la mia era stata una libertà fittizia, ipocrita come poche altre cose nella mia vita.
Perché io non avevo mai avuto scelta.
Lo sapevo io, lo sapeva lui. 
E non importava a nessuno dei due.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** Settimo capitolo ***


Settimo capitolo
 
Ok, la serata non stava andando come previsto.
Eravamo bloccati nel traffico newyorkese, in un silenzio così pesante, che iniziava ad essere davvero soffocante.
Ed era strano. Perché io non stavo mai zitto! 
E ora che ero con l'uomo su cui avevo più fantasticato negli ultimi tre mesi, niente. Avevo la lingua attaccata al palato e lo stomaco del tutto annodato.
Su Alex, non è ora di essere timidi.
-Sei stato a lavoro oggi?-
Dylan neanche si voltò verso di me, teneva lo sguardo fisso sulla strada, una mano sul volante e l'altra sul cambio, che stringeva forse con un po troppa forza. Non ero pratico di auto super costose, ma nelle auto normali se si rompe il cambio, si è fottuti.
-Si-
-Hai mandato in galera qualche super cattivone?-
Wow Alex. 
Hai l'arte della conversazione in tasca.
-Non sono Batman Alex, solo un avvocato-
Sbuffai infastidito dal suo tono annoiato. 
-E allora trovalo tu un argomento di conversazione! Avanti!-
Non volevo urlare, ma urlai. Dylan mi guardò sorpreso, finalmente la sua testa si era voltata verso di me. Oh esistevo!
-Credevo non volessi parlare!-
-Voglio fare sesso Dylan! Non voglio morire d'imbarazzo perché mi ignori!-
Con mio enorme stupore sorrise, anche se in modo lieve, sollevando appena un angolo della bocca, poi scosse la testa e tornò a guardare la strada, pur in modo più rilassato. Non rischiava più di strappare il cambio in un attimo almeno. 
-Vuoi attenzioni-
-Non voglio attenzioni- Precisai scandendo bene le parole -Voglio..- 
Cosa diavolo volevo?
Baciarlo?
Be ovvio, volevo sempre baciarlo.
Parlare?
Altrettanto scontato, chiudevo la bocca solo se costretto.
Allora, qual'era il mio problema?
-Si, voglio attenzioni!- Sbottai irritato, e lui ridacchiò -Non ridere! Non voglio questo silenzio così opprimente! Io non sopporto il silenzio! E perché diavolo non accendi la radio? Cosa ce l'hai a fare? L'hai pagata! Usala!-
Dylan continuò a ridere e a scuotere la testa
-Se vuoi accenderla accendila!-
-Dovresti farlo tu! È la tua auto!-
-Sei nervoso Alex?-
Rimasi a bocca aperta a quella domanda. L'aveva sputata fuori in modo del tutto inaspettato e mi era arrivata addosso con la stessa potenza di un uragano.
Dopo qualche secondo di stordimento, rinvenni e gli chiesi
-Nervoso?!? E perché?-
Il traffico si rimise in moto, e anche noi riuscimmo a fare qualche passo in avanti
-Lo sai il perché-
Questa volta a ridere fui io.
La mia risata uscì forte e senza controllo e si, fu utile a tranquillizzarmi.
 Mi appoggiai contro il sedile e mi sentii di nuovo in pieno delle mie forze, mi sentii di nuovo me stesso.
-Non ti credevo così ingenuo- Sollevai un sopracciglio e lo guardai con la coda dell'occhio. Era sexy al volante, aveva un braccio fuori dal finestrino e un'aria così sicura di se, che mi ispirava pensieri non proprio casti. Sorrisi tra me e me e dissi con fare da uomo vissuto -Non è di certo la prima volta che mi trovo in una situazione del genere-
Una smorfia gli contrasse il volto
-Buon per te-
-Che risposta è?-
-Non ti piacciono mai le mie risposte-
-Non ne dai mai di decenti- aprii il finestrino e mi accesi una sigaretta, diedi un tiro ed espirai il fumo.
Volevo chiedergli anch'io delle cose, tipo se per lui era la prima volta che tradiva la moglie, e soprattutto con un uomo.
Ma non ne ebbi il coraggio.
Quelle parole mi rimasero sulle labbra senza avere la possibilità di esprimersi. 
Avevo paura che nominando la moglie si tirasse indietro, capisse che stava facendo un errore e mi mandasse via.
Il mio era un comportamento meschino.
Sarei dovuto essere più sincero, e lasciargli la possibilità di capire e tirarsi indietro, ma non era ciò che volevo.. E allora tacqui.
-Siamo arrivati-
Mi riscossi, buttai la sigaretta dal finestrino e ironicamente gli chiesi
-Di già?-
Lui non mi rispose e scese dalla Lamborghini. Lo seguii. Eravamo nei parcheggi sotterranei del grattacielo in cui c'era il suo appartamento. Entrammo nell'ascensore di nuovo in silenzio, e io iniziai ad essere davvero nervoso.. La cosa peggiore era che non riuscivo a mascherarlo bene. Era già abbastanza irritante avere le mani sudate e le gambe tremanti, ma che lui lo capisse era una cosa odiosa.
Grazie all'ora tarda nessuno entrò nell'ascensore e riuscimmo almeno a salire in pace. Poi le porte si aprirono, e dopo neanche un minuto, mi trovai per la seconda volta nell'umile dimora da lavoro di mr Montgomery.
La prima volta era stato troppo ubriaco e troppo preoccupato a scappare per prendermi il mio tempo ad osservarla e decisi di recuperare ora. 
Avrei fatto meglio ad evitare. 
Dopo aver ammirato la vetrata che dava su una spettacolare New York notturna, con un arredamento moderno e minimalista notai un altro piccolo particolare.
Era piena di foto di Emma. 
Emma e Dylan al college. Emma e Dylan al matrimonio. Emma e Dylan a Parigi. Emma che vince un concorso di bellezza, Emma con Armani, Emma e Dylan a un gran gala.. Era un incubo. 
-Vuoi qualcosa da bere?-
La voce bassa e roca di Dylan mi riportò alla realtà, ma mi ricordò anche che fino a poche ore prima era con lei. Ora come poteva essere con me e non mostrare la minima esitazione?
Cos'era successo? Mi ero perso qualcosa? 
Dylan si tolse la giacca e la cravatta, poi andò al mobile degli alcolici e si versò del whisky, non sentendo arrivare la mia risposta sollevò il viso verso di me e un sospiro frustrato mi uscì quando incrociai i suoi occhi azzurri. Troppo azzurri.
Mi trovavo a un bivio. Potevo parlare, e chiedergli di lei, e rovinare irrimediabilmente la serata, o potevo agire da perfetto incosciente e andare fino in fondo.
Ok.
Ero davvero nervoso.
-Alex..- 
Quando pronunciò il mio nome presi la mia decisione.
Forse me ne sarei pentito per il resto della mia vita, forse stavo commettendo l'errore più stupido fra tutti i miei errori, ma non m'importava.
Perché era esattamente ciò che volevo.
Mi avvicinai veloce e lo baciai, al diavolo le mie domande, era solo una notte, in cui non servivano risposte.
 
Dylan parve sorpreso all'inizio di trovarsi il mio corpo addosso, ma fu solo un attimo, poi lasciò il bicchiere e avvolse il braccio intorno alla mia vita, aprendo la bocca e accarezzandomi con la sua lingua. Non fu un bacio famelico. 
C'ero io che trattenevo il respiro e c'era lui che respirava per entrambi.
Fu un bel bacio.
In quel bacio sentii Dylan pienamente. Sentii le sue dita sulla mia pelle, attraverso il tessuto della camicia, sentii i suoi denti graffiare le mie labbra, sentii i suoi capelli solleticarmi il collo.
Era lui, e mi stava facendo impazzire. 
Mi allontanai per non fare troppo la figura della dodicenne infatuata e mi gettai sul suo collo, mentre gli sbottonavo la camicia.
Leccai la sua pelle come non avevo mai fatto prima d'ora con nessun altro, me ne presi cura, mentre scivolavo tra i bottoni con la mano sempre più in giù.. Stavo per arrivare al punto che mi interessava, quando Dylan mi afferrò il polso, fermandomi. Temetti che volesse tirarsi indietro, invece mi baciò di nuovo la bocca, mentre l'altra mano s'incastrava ai miei capelli, tirandoli un po. Gemetti, quando mi passò la punta della lingua sulla mandibola, e con fare esperto mi liberò dalla camicia da cameriere che ancora indossavo.
Feci scontrare i nostri petti nudi, e affondai le dita nei suoi capelli neri avvicinandolo a me il più possibile.
Facevamo qualche pausa solo per respirare, ci sorridevamo e poi ricominciavamo. Non era una gara, era ancora l'inizio. Era qualcosa da gustare, non da perdere nella foga del momento. Era come se avessimo a disposizione una vita intera, e non una notte per un occasione unica.
Fu Dylan questa volta a fare il passo successivo, mi spinse contro il muro e con le mani mi toccò il cavallo dei pantaloni, pur continuando a baciarmi. Trasalii sorpreso, e mi risposi involontariamente a una delle mie tante domande: non era decisamente la prima volta con un uomo, nessun etero straconvinto è così disinvolto a toccare un altro ragazzo se non l'ha mai fatto prima. Arrossii e lo lasciai fare, mentre sbottonava i pantaloni e li tirava via, staccandosi dalle labbra solo i secondi necessari per fare l'operazione. Trattenni il fiato mentre facevo lo stesso guardandolo dritto negli occhi, lui mi osservò con uno sguardo indecifrabile, e quando lo toccai chiuse gli occhi e appoggiò la fronte contro la mia spalla, lo sentii sospirare prima di chiedermi
-La camera..?-
Sorrisi mordendomi le labbra gonfie e sensibili, quando lui mi vide allungò una mano e me le sfioro con il pollice facendomi rabbrividire
-E chi ha bisogno di una camera?-
Poi lo attirai a me e lo baciai, lui rispose subito con forza questa volta, sollevandomi quasi, mentre mi strappava l'anima e la buttava al vento.
Provai a ripetermi continuamente che era una volta come tante altre, che mi stavo togliendo solo uno sfizio e che non lo avrei più rivisto, che potevo iniziare a cancellarlo sin da subito perché era solo una scopata. 
Cazzate.
Aveva già complicato tutta la mia vita.
 
-Non era la prima volta-
La mia voce uscì affannata e bassa, mentre disteso accanto a lui sul piccolo divano in pelle, guardavo il suo pomo d'Adamo, deglutire, a un centimetro dal mio naso.
-No-
Sollevai un sopracciglio. Eravamo come in una bolla di sapone, non c'erano più i morsi, i baci a ricordaci che eravamo terreni, e non c'era la realtà a ricordarci che avevamo una vita. C'eravamo solo noi, ancora stanchi e sudati, che avevamo appena fatto sesso ed eravamo in un universo tutto nostro.
-Con chi?-
-Un amico, al college.. É successo una volta sola, ero ubriaco e fino a poco fa ero certo che fosse stata un'idiozia giovanile dovuta all'alcool, ma ora è evidente che mi sbagliavo-
Sorrisi felice che non stesse già rinnegando tutto
-Stai bene?-
Dylan mi sorrise in un modo un po' malinconico e mi scostò una ciocca di capelli dal viso
-Dipende dai punti di vista.. Sto bene e sto uno schifo al tempo stesso-
Smisi di sorridere
-Capisco..-
-No, non puoi capire- non allontanò la mano, e io quasi volevo che lo facesse, perché la realtà stava arrivando, e a me sembrava ancora troppo presto.
-Non c'entra nulla il fatto che sei un uomo. Ho tradito Emma per la prima volta-
Eccolo.
Il suo nome. 
Mi parve quasi di sentire la bolla di sapone esplodere e io cadere nel vuoto per farmi male. Sospirai e chiusi gli occhi
-Mi sembra un po tardi per pensarci, goditi il momento Dylan, non accadrà più, tu lo dimenticherai e vivrete felici e contenti finché morte non vi separi-
Dylan continuò ad accarezzarmi i capelli
-Parli davvero tanto lo sai?-
-Si-
Dylan passò la punta dell'indice lungo il contorno di un succhiotto che mi aveva fatto sul collo
-Sei stanco, andiamo a dormire sul letto..-
-No, riposo un po' gli occhi e poi vado via-
-Sono le 4 del mattino Al, non vai da nessuna parte-
-Io non dormo mai a casa degli altri-
Lo sentii irrigidirsi, poi con un braccio mi circondò le spalle, e sospirò pesantemente prima di dire
-Vuol dire che questa volta farai un eccezione-
E io stavo così bene che non ebbi il coraggio di opporre resistenza, mi strinsi a lui e piano mi addormentai.
 
Mi svegliai dopo circa due ore, guardai Dylan incredulo, era assurdo pensare di aver fatto sesso con lui poche ore prime. Scossi piano la testa e osservai i suoi lineamenti dritti, la bocca socchiusa e l'accenno di barba sul volto.. Per un attimo quella visione mi fece desiderare distendermi e dormire un altro po', poi feci pace col cervello e capii che la cosa migliore era andarmene.
Mi stavo rivestendo quando all'improvviso disse alle mie spalle
-Stai scappando?-
Trasalii così forte che andai a sbattere contro lo spigolo del tavolo, accusai il colpo e mi voltai verso di lui scioccato
-Sei impazzito? Vuoi farmi venire un infarto?-
Dylan si tirò a sedere sul divano, continuando a guardarmi severo. Indossava un paio di boxer, e questo bastava a distrarmi molto più della sua espressione arcigna
-Rispondi Alex-
Sbuffai passandomi una mano fra i capelli sempre più lunghi e infilai i pantaloni
-No, vado a fare jogging torno fra mezz'ora-
-Non è divertente-
-Non voleva esserlo-
Dylan sospirò 
-Non serve che te ne vai come un ladro, ormai il peggio è fatto che senso ha?-
Peggio? Accusai il colpo che quella parola mi aveva inferto e sollevai un sopracciglio
-Che senso ha restare? Quello che dovevamo fare l'abbiamo fatto, addio Dylan, auguri e figli maschi-
Mi infilai la camicia senza abbottonarla, e Dylan esclamò nervoso
-Ti accompagno-
-No-
-Fatti chiamare un taxi-
-E come lo pago?-
-Non essere sciocco!- sbottò spazientito e io scrollai le spalle
-Ho telefonato a un amico sta arrivando-
-Sei pieno di amici eh-
-Attento Dylan potresti sembrare infastidito da questo-
-Sono infastidito dal tuo comportamento. È ridicolo, devi farlo diventare per forza squallido?-
-È squallido! Sei sposato e tra due ore ti vedi con mio padre per lavoro! Non potevamo fare nulla di più squallido! -
Mi guardò trattenendo il fiato e vidi i suoi occhi azzurri farsi più grandi, più limpidi.. Solo ora aveva realizzato che scoparmi quello voleva dire? 
Che cosa ridicola.
-L'unica differenza tra noi è che a me non importa mentre vedo già il terrore nei tuoi occhi, quindi si, Dylan è meglio se me ne vado con uno dei miei tanti amici-
Afferrai la giacca e uscii sbattendo la porta, con il cuore che andava troppo veloce e per nulla soddisfatto. 
Non volevo che finisse così.
 
In realtà a prendermi venne Ko, che era come un fratello per cui era stato sciocco lasciar intendere a Dylan chissà cosa, ma dopotutto cosa mi importava? Era tutto finito. Poteva credere ciò che voleva.
-Tutto ok?-
Mi voltai verso Ko e risposi solo
-Si-
-Sei silenzioso, è strano-
Alzai le spalle 
-Sono solo stanco-
-Si è comportato bene?-
-Chi?-
Ko sospirò e guardò la strada imbarazzato
-Il tuo..amico.. Si è comportato bene con te? No perché se è successo qualcosa..-
Scoppiai a ridere non appena capii cosa volesse dire, mi sporsi e gli diedi un bacio sulla guancia 
-Sei tenero come fratello maggiore-
Ko arrossì 
-Ma va al diavolo-
Ridacchiai ancora un po poi dissi con un po più di vita nella voce
-È stato un vero gentiluomo-
-Wow-
Sorrisi
-Già.. Ma credevo che dopo aver fatto del buon sesso con lui mi sarei sentito meglio.. E invece..-
-Invece?-
-E invece sono ancora insoddisfatto.. Ero convinto che fosse un problema fisico, sai.. Un prurito, invece no.. Non capisco-
Ko ci pensò un po e poi cauto disse
-Forse.. Forse non ti basta il sesso.. Forse vuoi rivederlo-
Mi voltai verso di lui con gli occhi sgranati poi scoppiai a ridere
-Oddio ma cos'è questa la posta del cuore?!?- continuai a sghignazzare forte e Ko alzò gli occhi al cielo
-Sei un deficiente-
-No lo sei tu! Ma ti pare che voglio rivedere qualcuno! È già stato abbastanza una notte fidati, ha creato problemi ad entrambi per i prossimi 50 anni, no no.. Sto benissimo così-
-Ok-
Ridendo annuii
-E più che ok! E ora accendiamo questa stupida radio!-
La misi a massimo volume e iniziai a cantare e a ballare mentre ancora ridevo per la cazzata che aveva detto Ko.
Rivedere Dylan Montgomery! 
Per carità!
 
Nota dell'autore:
Salve!
In realtà non so bene cosa dire in questa nota, a parte grazie a tutti quelli che leggono e che spero di avere un vostro parere o consiglio! È come sempre se c'è qualche errore grammaticale o ti battitura vi chiedo scusa e vi prometto che la prossima volta sarò più attenta :)
Alla prossima!  
Evans92
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Ottavo capitolo ***


Ottavo capitolo
 
Quasi ringhiai mentre mi spingevo dentro a quel corpo sudato che gemeva sotto al mio.
Gli morsi la spalla e affondai le dita nei suoi capelli tirandoli indietro scoprendogli la gola che succhiai, lui si strinse a me e mormorò 
-Ancora..-
Sorrisi e lo accontentai.
 
Uscii dal bagno del Seventeen chiudendomi la zip dei jeans, trovai Ko appoggiato contro una parete ad aspettarmi, non aveva affatto un'espressione amichevole sul volto orientale, infatti non appena mi vide esclamò arrabbiato
-Gli hai chiesto almeno come si chiama?-
Dio che noia, lo superai mentre rispondevo con un laconico
-No-
La discoteca era piena, e per passare dovetti spintonare un po di gente, qualcuno ne approfittò anche per toccare. Non mi importava delle loro mani su di me, se erano così disperati da accontentarsi di così poco, che si divertissero pure.
Arrivai al bancone del bar, e sorrisi affascinante al barman che con un occhiolino mi diede la mia solita ordinazione senza farmi neanche parlare. 
Bravo ragazzo.
Ci ero stato una volta con lui.. Avrei anche potuto fare il bis...
-Alex-
Il mio entusiasmo fu smorzato da Don Ko che era appena tornato alla carica con una predica nuova di zecca per il sottoscritto
-Ko, se vuoi farmi il discorso della farfalla e del fiore, è un po troppo tardi-
-Stai esagerando-
Lo guardai allibito
-Calmati era solo una battuta-
Lui alzò gli occhi al cielo e mi si fece più vicino
-Stai esagerando con il...sesso-
Oh Be aveva detto la parola del peccato, doveva essere serio.. Gli si tinsero le guance di rosso e io sorrisi
-Sei così tenero-
-Smettila! Ok senti.. Ho come la sensazione che, negli ultimi tempi, ogni volta che hai dei pensieri tu ti butti sul sesso! Ed è ok! L'hai sempre fatto.. Ma quando c'entra.. lui, esageri-
Oh wow, era davvero un discorso serio.
Avevo parlato a Ko di Dylan, a grandi, grandissime linee. 
Di sicuro non sapeva che era sposato o avrebbe dato di matto. Sapeva che era un collega di mio padre, con qualche anno più di me, e già mi aveva assillato con le sue stupide preoccupazioni, avevo cercato di fargli capire che per me era stata solo una scopata, ma lui continuava ad insistere con le sue teorie inverosimili.. L'ultima era che quell'uomo mi piaceva. Troppo. 
Mai sentita un'idiozia più grande.
-Ogni tanto tu e Laura vi fissate con questa cazzata! Io non esagero mai.. Il sesso non è mai troppo!-
Quella si che era una perla di saggezza alla Alexander Larsen. 
-È una casualità che l'ultima volta in cui andavi a infilare il tuo coso ovunque poi lui è venuto qui al locale?-
Aveva davvero definito il piccolo Alex coso?!?!? Avrei potuto anche offendermi seriamente se non fossi stato così scioccato dalle sue deduzioni logiche. Da prete si era appena trasformato in Sherlock e faceva paura cavolo!
Arrossii e bevvi tutto d'un fiato il mio drink
-Si-
-Questa è una cazzata-
Gli gettai un'occhiataccia, una di quelle fredde e letali che di solito faceva dire alle persone che ero uguale a Oliver, ma su Ko non ebbe alcun effetto, lui sostenne il mio sguardo e poi mormorò con tutto l'affetto di cui era capace
-Io sono solo preoccupato per te.. Per gli altri puoi anche essere uno stronzo ma io so quanto sei stato male in passato.. Vorrei solo evitare di farti ferire ancora-
Abbassai lo sguardo e un nodo alla gola mi impedì di dire qualsiasi cosa
-Cerca di non pensare più a lui in qualche altro modo.. Questa non è la soluzione migliore.. Va a casa, riposati..-
Sbuffai e mi sollevai guardandolo negli occhi, non cercai più d'intimidirlo, era inutile con lui che mi conosceva così bene, avrei voluto ribadire che non avevo bisogno di dimenticare nessuno, ma quella volta non lo feci.
Mi limitai a scuotere la testa e ad andar via, senza riuscire a dire una sola parola.
La verità era l'unica cosa in grado di togliermi davvero la voglia di parlare.
 
Arrivai al mio appartamento fin troppo lucido per essere sabato sera.
Lasciai la jeep parcheggiata sotto al palazzo e con le gambe pesanti mi trascinai fino al portone.
Mentre cercavo la chiave giusta nel mazzo provai a ragionare.
Davvero Dylan mi piaceva così tanto? 
Era passato un mese da quella notte.. Possibile che pensassi ancora a lui?
-Alex..-
Mi bloccai e il mio cuore iniziò a battere un ritmo furioso. 
No..
Non era possibile.. 
Non poteva essere..
Mi voltai lentamente e quando vidi Dylan nella penombra con addosso il suo cappotto nero un gemito esasperato mi sfuggì dalle labbra.
Per un attimo rischiai seriamente un infarto
-È uno scherzo?-
Lui mi guardò e lo vidi deglutire.
Cazzo.. Era bello da fare schifo. Era sempre stato così alto? E i suoi occhi erano sempre stati così chiari? 
-Possiamo parlare?-
-No, abbiamo già fatto tutto quello che dovevamo fare insieme addio-
Fui soddisfatto della mia voce sicura, e del fatto di non tremare o di riuscire comunque a mascherarlo bene. Ora dovevo solo scappare da lui il più in fretta possibile prima di mandare a puttane tutta la mia meravigliosa recita.
Feci per voltarmi, quando lui mi fu accanto, facendo aderire il suo petto alla mia schiena.
Potevo sentire il suo respiro sul mio collo. Trattenni il fiato senza neanche rendermene conto, e quando sollevò una mano e me la passò fra i capelli, chiusi gli occhi d'istinto, perdendomi nella delicatezza dei suoi gesti.
Appoggiò le labbra sotto al mio orecchio e mi baciò con dolcezza, è un sospiro mi scappò dalle labbra. Fanculo la forza di volontà.
-Credevo volessi parlare..-
-Volevo dirti che mi manchi, ma posso anche dimostrartelo con i gesti-
Sorrisi e scossi piano la testa, mentre l'altra sua mano andava a stringermi possessivamente il fianco
-Ti ha chiamato Ko?-
-Chi?-
-Niente lascia perdere-
Sentii le sue labbra aprirsi in un ghigno mentre mi faceva sentire scherzosamente i denti sulla pelle
-Fammi entrare Alex..-
-No..-
-Mi odi?-
-Puoi scommetterci la Lamborghini-
Dylan rise 
-Non mi vuoi?-
Mosse le dita e le sentii addosso anche se avevo una giacca e un maglioncino. 
Lui era ovunque. 
Mi aveva avvolto con il suo corpo e sembrava impossibile riuscire a liberarmi.
-Dylan..-
-Non mi vuoi Alex?-
Mi voltai e con una specie di sospirò lo baciai, lui rispose immediatamente aprendo le labbra e accogliendo la mia lingua come se fosse una nuova terra tutta da esplorare, mi strinse a se e mi schiacciò contro il portone, mentre sembrava che volessimo mangiarci a vicenda.
In un attimo di lucidità folle pensai che Ko mi avrebbe ucciso. Ma dopotutto poteva essere anche contento di aver ragione. 
Avevo perso la testa per Dylan Montgomery.
 
-Questa è la tua stanza?-
Ero disteso completamente nudo sul corpo caldo di Dylan che nel frattempo si era acceso una sigaretta e si guardava intorno.
Avevamo perso il conto di tutte le volte che avevamo fatto sesso e ora avevamo entrambi bisogno di una pausa, ma non credevo se ne sarebbe uscito con frasi tanto stupide o avrei continuato a scopare.
-Oh sta zitto Dylan..-
Lo sentii ridere attraverso il mio addome e sorrisi mio malgrado di riflesso. Avevo gli occhi chiusi e il viso affondato nel suo collo, mentre mi godevo le sue carezze sulla mia schiena, l'ultima volta non ci eravamo concessi molte coccole, mi ero perso qualcosa di incredibile.
-Se tu dici di star zitto è grave-
-Sei di buon umore-
-Chi non lo sarebbe?-
Aprii gli occhi e guardai il suo profilo, sollevai l'indice e seguii il percorso della sua mascella
-Non hai più i dubbi dell'altra volta?-
Esitò poi disse
-L'ultima volta non erano dubbi.. Ma sensi di colpa-
-E ora non hai più sensi di colpa?-
-Avrò sempre dei sensi di colpa.. Ma.. Li ho anche pensandoti tutto il giorno tutti i giorni per cui tanto vale farla completa-
Sorrisi un po mesto 
-Che poesia-
-Alex..-
Dylan mi fece distendere con cura sul materasso, spense la sigaretta e mi guardò sovrastandomi. 
Per un attimo quando me lo trovai addosso mi mancò il respiro.. I suoi capelli neri mi solleticarono la fronte e i suoi occhi chiari mi riempirono l'anima. Mi sentivo così bene da essere quasi imbarazzante. 
Sollevò una mano e mi carezzò una guancia
-Voglio essere sincero con te. È mia moglie, e io la amo-
Fu brutale e dolce al tempo stesso, riusciva a spezzarmi pur trattandomi come se fossi di cristallo. Mi confondeva e mi rendeva piccolo. Era fastidioso, eppure indispensabile. Mi aveva appena detto qualcosa di orribile ma io avrei ricominciato ad averlo dentro di me da subito.
-Lo so-
Un'ombra gli incupì lo sguardo
-Non so quello che provo per te, so solo che non faccio altro che pensarti e che voglio starti accanto.. Sei libero di mandarmi al diavolo, lo accetterei ma devo essere onesto con te per non sentirmi ancora di più una merda-
Sospirai. 
Se era difficile per me per lui lo era il doppio forse il triplo. 
Non ero un ragazzino.. Potevo capirlo, potevo accettarlo.. E forse ero ancora in tempo per mantenere la relazione sul piano fisico..
Ko aveva ragione.. Mi piaceva.. 
Se avessi continuato ad andare a letto con lui senza farmi coinvolgere dai sentimenti forse avrei potuto anche smettere di cercare sempre sesso occasionale ed essere più tranquillo.. Avrebbe accontentato tutti, e non fatto feriti.. 
Emma non avrebbe saputo nulla, neanche i miei genitori.. Avrei fatto in modo che i miei amici non sapessero alcuni particolari e noi ci saremmo divertiti fino a quando non ci saremmo stufati, poi ognuno avrebbe di nuovo avuto la sua vita e tante care cose.
Si, poteva funzionare.. O per lo meno potevo auto convincermi che potesse funzionare..!
-Non sono la tua fidanzata Dylan non mi devi spiegazioni. Vuoi sapere cosa c'è tra noi? Attrazione, ed è divertente, per cui non facciamolo diventare un polpettone melenso, e lasciamo le cose così come stanno. Noi scopiamo e basta, fino a che ci andrà, non servono domande dubbi o sensi di colpa. È un gioco, facciamolo rimanere tale-
Dylan aggrottò le sopracciglia, sembrava perplesso, lo osservai e le budella del mio stomaco si attorcigliarono fra loro.
Oddio non credevo neanche io a quello che avevo appena detto..
Dylan mi baciò e allora mi lasciai andare.. Chiusi gli occhi e affondai le mani fra i suoi capelli, tenendo la sua testa vicino alla mia.
Fu un bel bacio.. Lento e tenero, che mi fece tremare e desiderare di fermare il tempo per sempre.
Non potevo essere davvero io quello che stava pensando cose così schifosamente sdolcinate.
Dylan si allontanò e un sorriso sghembo gli curvò la bocca mentre si passava la lingua sulle labbra per sentire al meglio il mio sapore. Sentii il sangue affluirmi sulle guance e lui con voce roca e sensuale mormorò
-Possiamo anche dormire per favore? Sono distrutto-
Scoppiai a ridere e con un sorriso a 32 denti annuii mentre mi allungavo per spegnere la luce. 
Lui sospirò e mi abbracciò, facendomi un po di spazio sul letto pur rimanendomi vicino. Credevo si fosse già addormentato quando sussurrò
-Mi sei mancato..-
Sorrisi accarezzandogli i capelli
-Lo hai già detto-
Sorrise
-Tu non hai detto nulla..-
Esitai, poi lo abbracciai chiudendo gli occhi
-Dormi Dylan..-
Lo sentii sospirare e dopo poco ascoltai il suo respiro diventare pesante.
Chiusi gli occhi ma non riuscii a prendere sonno con la sua stessa velocità.. pensai invece a tutti i ricordi che custodiva quella camera.. 
Dalle foto appese sulle pareti logore, ai poster che risalivano alla mia adolescenza, ai troppi amanti, fino ai vestiti sparsi ovunque, anche sulla chitarra e che rappresentavano la mia storia... 
E ora li dentro sarebbe rimasto per sempre un pezzo anche di Dylan che non sarei riuscito a cancellare neanche volendo..
Si.. Mi era mancato Dylan.. mi era mancato da morire.
 
 
 

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Capitolo 10
*** Nono capitolo ***


Nono capitolo
 
Aprii gli occhi e trovai il volto addormentato di Dylan a circa 4 centimetri dal mio naso. Serrai le palpebre e gemetti spossato.
No non andava affatto bene. 
Non era esattamente quello che associavo alla definizione di sesso occasionale. Dormire abbracciati era già abbastanza fuori luogo, ma avere anche la voglia di guardarlo dormire era decisamente troppo.
Resistetti poco.
Poi aprii un occhio e lo osservai. 
Era davvero bello. Quel genere di bellezza con qualche piccola imperfezione che serve a rendere tutto ancora più perfetto.. Come quelle rughe di espressione leggere intorno agli occhi, o quella piccola cicatrice sulla curva del naso.. Doveva essere un giocatore di football da ragazzo.. Probabilmente se l'era procurata così! 
Improvvisamente mi riscossi.
Eh no cazzo.
Voler sapere anche il passato era decisamente troppo.
Veloce mi sollevai, e lo scossi con violenza, Dylan sussultò e sollevò il capo mezzo addormentato e mezzo spaventato
-Ci bombardano?-
-La guerra è finita da un po soldato-
Esclamai cercando di trattenere una risata, mentre lui mi guardava sconcertato con gli occhi ancora mezzi chiusi e poi crollò sul cuscino sfinito
-Alex..-
-Chi ti aspettavi di trovare Naomi Campbell?-
Mi ignorò
-Un risveglio meno brutale sarebbe stato anche meglio-
Ridacchiai, e guardai il suo pomo d'Adamo fare su e giù mentre deglutiva, con il braccio nudo si coprì il viso e io ne approfittai per riacquistare un po di lucidità e trovare la forza per alzarmi e allontanarmi da lui
-Devi andartene Dylan-
Non parve neanche troppo sorpreso, tolse il braccio dal viso, osservò per un po il soffitto e poi con voce stanca mi chiese
-Perché?-
Infilai un paio di pantaloni della tuta e mi voltai verso di lui con la fronte aggrottata
-Perché sono quasi le 7 e non voglio che incroci i miei coinquilini-
Girò la testa verso di me, e mi studiò per bene mentre mi accendevo la prima sigaretta del giorno, poi si sollevò e si passò una mano sul viso, sentii la sua pelle grattare la barba ancora sfatta e un brivido mi attraversò la spina dorsale, scossi piano la testa e diedi un tiro esasperato alla sigaretta 
-Alza il tuo bel culo Dylan-
-No-
Mi bloccai e lo guardai sconvolto. Avevo capito male?
-Dimmi che sei bipolare e che ora sto parlando con la tua versione imbecille e che tra 3 minuti parlerò di nuovo con il te normale!-
Un piccolo sorriso gli increspò le labbra screpolate
-Dici davvero un mucchio di stronzate lo sai vero?-
Certo che lo sapevo, ma non era quello il punto in quel momento.
-Dylan. Va. Via.-
Sospirò e si alzò 
-No-
Cazzo era nudo. Distolsi lo sguardo mentre si metteva i boxer e spensi con una certa violenza al sigaretta nel portacenere 
-Questa tua stupida crisi adolescenziale ora è fuori luogo-
Dylan rimase in intimo e si avvicinò a me, mi schiacciai contro il bordo della finestra ancora chiusa mentre lui metteva le mani appoggiati ai miei lati intrappolandomi li come un idiota, mi osservò per bene, e con voce bassa mormorò 
-Buongiorno-
Mi persi per un attimo a guardargli le iridi celesti e con un sospiro mi rilassai leggermente
-Non sono l'unico a dire stronzate qui-
Sorrise, e la mia mente registrò quel movimento come un marchio a fuoco. Persino il suo profumo era buono appena sveglio. Doveva essere irreale. Non c'erano altre spiegazioni
-Ok. Ma è stata una bella notte, invece di cacciarmi dalla finestra non potremmo goderci una colazione tranquilla?-
Voleva stare ancora con me.. Mi sentii lusingato da quella sua premura, ma cercai di non darlo a vedere. Ghignai non staccandogli gli occhi di dosso neanche per un istante. Ok essere imperscrutabile, ma ero pur sempre fatto di carne.
-Vedi? È qui che ti sbagli. È proprio per non cacciarti dalla finestra che ti sto mandando via ora, se tutti dormono puoi passare dal portone-
Dylan sospirò e reclinò la testa in avanti, poi tornò a guardarmi e si morse il labbro inferiore, stavo per cedere e baciarlo, quando lui si allontanò e mormorò 
-Come vuoi-
Provai una punta di amarezza acuta dentro di me, ma non mi opposi, lo guardai rivestirsi, e per un po nella stanza regnò il silenzio più assoluto finché mentre si allacciava i polsini della camicia non mi chiese 
-Stasera vieni da me?-
Rimasi per un attimo sorpreso, poi mormorai 
-Stasera suono-
-Puoi venire dopo-
Volevo andare.
Volevo andare da morire.
Però c'era qualcosa che mi impediva di fare quel passo che mi avrebbe portato si un mucchio di guai, ma anche una felicità piena.. Maledetto orgoglio dei Larsen.
-Non lo so.. Non credo- 
Dylan mi guardò per un po.. Poi disse con voce incolore
-Io domani torno a casa Alex-
Questo voleva dire che sicuramente non ci saremmo potuti vedere per un po. Mi si seccò la gola ma mi limitai a dire
-Ok-
Sorrise con amarezza e prese la sua giacca, uscì dalla mia camera senza più guardarmi e senza aggiungere altro, c'era solo una vaga traccia della sua colonia nell'aria a ricordarmi che era stato tutto reale e che non avevo sognato nulla.
Sospirai piano e mi accasciai contro la finestra alle mie spalle.
Complimenti, ero riuscito a rovinare tutto. Di nuovo.
 
-Stamattina ho sentito il portone chiudersi-
Mi voltai verso Matt.
Il seventeen era strapieno e noi due per parlare dovevamo praticamente urlarci nell'orecchio, ma quello era il mio genere di serata e ormai ci ero abituato.
-Ho scopato-
Matt scosse la testa
-L'avevo immaginato-
Sorrisi bevendo il mio drink 
-Cos'è ora ti ci metti anche tu?-
Matt rispose al mio sorriso 
-Basta e avanza Ko per le prediche da post coito, io voglio solo dirti di avvertire i tuoi "amici" di non sbattere le porte perché non vivi da solo-
Aveva sbattuto la porta? Era andato via arrabbiato? Be potevo anche immaginarlo..
Mi presi il labbro inferiore tra i denti e sentii una leggera ansia scorrermi sotto la pelle.
-Non è un amico. Tu e Ko siete amici, anche Alan e Chris lo sono, lui no-
-Quel'è la differenza?-
Ci pensai.
Potevo scopare con i miei amici. L'avevo fatto con altri che non erano nella nostra compagnia, e non mi ero mai posto domande o problemi. Per me il sesso era sempre stato uno svago.. E perché non condividerlo con chi vuoi bene? Ma Dylan.. Dio.. Dylan non era decisamente un amico.
Abbassai per un attimo la testa, la voglia di mollare tutto e correre da lui che si faceva sempre più insostenibile e quel l'ansia sempre più pressante. Potevo davvero permettere che tornasse da Emma arrabbiato perché io ero un idiota confuso?! 
-Nulla, senti non dire nulla a Ko, ho già abbastanza pensieri così, ora me ne vado sono stanco-
Non aspettai neanche una risposta. Presi la mia giacca e uscii dal locale, solo e senza neanche la voglia di scopare. 
Perché la differenza la faceva lui.
 
Non andai da Dylan.
Lo lasciai tornare da sua moglie deluso per il mio comportamento, e per giorni questo pensiero non mi abbandonò neanche per un attimo, poi lentamente riuscii ad accantonarlo e a tornare alla mia vecchia vita fatta di alcool canne e ragazzi senza volti.
Ero meno.. Intraprendente di prima, e questo spinse Ko a lasciarmi stare, quindi per 10 giorni circa, riebbi la mia vita, esattamente così come la volevo.
Stavo bene?
Si. 
Ero soddisfatto?
No.
Non ci pensavo, non mi importava, non contava nulla per me, eppure mi mancava un pezzo.
Quando Dylan mi aveva cercato perché gli mancavo doveva riferirsi a quella sensazione perenne in cui ti sembra che c'è qualcosa di profondamente sbagliato nella tua vita perché stai sprecando del tempo che potresti utilizzare con "lui". Ora potevo capirlo davvero. Perché Dylan mi mancava moltissimo. Anche se vedendomi dall'esterno, nessuno avrebbe potuto dirlo.
Ma era ok. La mia vita si basava sull'apparenza, perché non continuare?
Una mattina qualunque di un giorno come tanti altri il mio telefono squillò. Non mi sollevai dal letto e lo lasciai squillare finché il ragazzone che era accanto a me non lo prese per farlo zittire quando esclamò spaventato
-Perché cazzo ti sta chiamando uno studio d'avvocati?!? Guarda che se sei nei guai non voglio essere coinvolto!-
Ma io avevo smesso di ascoltarlo alla parola avvocati. Mi sollevai e improvvisamente sveglio afferrai il telefono e risposi con il cuore in gola.
Non mi aspettavo una risposta del genere da parte del mio corpo. Improvvisamente tremavo e sudavo come un adolescente in calore.
Parlai con la voce strozzata e le dita che stringevano troppo forte quel povero cellulare che oggettivamente non mi aveva fatto nulla di male. 
-Pronto?- 
Un attimo di silenzio, eppure infinito. 
-Alexander? Sono Simon.. Ti disturbo?-
Mi sentii deluso.
Era solo Simon.
Credevo davvero che Dylan dopo due settimane mi avrebbe chiamato? 
Era piuttosto evidente che non ero l'unico orgoglioso li. 
-Alex? Ci sei ancora?-
Sospirai e mi pentii improvvisamente di aver risposto al telefono.
-Si.. Si ci sono ancora..-
-Ah bene.. Sei impegnato? Posso richiamare..-
-No, parla ora..-
E chi voleva risentirlo?
Lo sentii schiarirsi la gola dall'altro capo del telefono. 
-Volevo parlarti di una cosa piuttosto importante-
Come se qualcosa che riguardasse i Larsen non fosse per loro assolutamente importante.
-Sono tutto orecchie-
Dopo un sospiro la voce atona di Simon mi raggiunse di nuovo
-Ricordi la propria Sylvia?-
Mi accigliai perplesso
-Non credevo avessimo prozie, pensavo che fortunatamente tutti i nostri parenti fossero limitati nelle mura domestiche! Questo si che è un evento che ha bisogno di un annuncio, attento mondo ci sono dei Larsen in giro-
Mi allungai presi una sigaretta e l'accesso mentre mio fratello ignorando del tutto il mio sproloquio disse
-È morta una settimana fa, aveva 92 anni e non ha lasciato eredi- 
Diedi un tiro alla sigaretta e mi passai una mano fra i capelli
-Doveva essere una persona deliziosa-
Sentii dall'altra parte uno sbuffo che sembrava una risata, ma no, ero certo di essermi sbagliato. 
Simon non sapeva ridere.
-Ci ha ricordati nel suo testamento, tutti i figli di Oliver, intendo.. Compreso te-
Attimo di silenzio.
-Stai scherzando?-
Mi alzai, e uscii dalla mia stanza, lasciando l'energumeno solo, ed entrando direttamente in quella di Ko, mi sedetti sul suo letto, lui mezzo addormentato si riscosse e mi chiese
-Ma che cazzo..?-
Gli feci cenno di stare zitto e lui dopo avermi mostrato il medio tornò a dormire
-No Alexander, ho di meglio da fare che prenderti in giro sulle nostre prozie morte-
Sbuffai
-E sentiamo, quale sarebbe la grande eredità?-
Ko sollevò di scatto la testa e io scossi le spalle per fargli capire che non ci stavo capendo nulla, si alzò a sedere e mi prese il telefono e mise in vivavoce
-La nostra carissima zia, ha lasciato a me un criceto, a Victoria delle vestaglie e a te la sua collezione di francobolli-
Io e Ko ci guardammo e scoppiammo a ridere, lui tornò a dormire e io esclamai
-É incredibile come l'unica parente disposta a ricordarmi nel suo testamento sia anche l'unica messa peggio di me-
-Almeno la tua eredità non prova a staccarti un dito ogni volta che vuoi dargli da mangiare-
Sorrisi
-Non sarei così sicuro di questo-
Questa volta Simon rise davvero
-Vieni a ritirare la tua parte? Ho fatto in modo di far venire oggi Vic così da non farvi incontrare, tu potresti passare domani mattina-
Sorrisi apprezzando sinceramente il suo gesto
-Certo, non mi perderei i miei francobolli cannibali per nulla al mondo-
-Bene allora..-
-Simon?-
-Dimmi-
Esitai, presi il telefono e me lo riportai all'orecchio
-Papà ci sarà?-
Dopo un attimo di silenzio Simon si decise a rispondere
-No.. C'è una riunione importante domani-
Tirai un sospiro di sollievo
-Questo vale anche per.. Dylan? Non vorrei incontrarlo dato che è un suo amico-
Sentii Ko grugnire ma lo ignorai
-Si tranquillo-
Sorrisi di nuovo.
Troppi sorrisi per una telefonata di famiglia. 
Non c'ero abituato, sarei potuto collassare per lo schok da un secondo all'altro 
-Ok... Grazie-
Riattaccai e mi sentii strano. 
Mio fratello non sembrava poi così male ora. 
Mi stordiva pensare una cosa del genere.
Mi riscossi e saltai addosso a Ko
-Sono ufficialmente un ereditiere! Inchinati al mio cospetto!-
Ko lasciò perdere l'argomento Dylan e mi spinse via ridendo, e io per un secondo dimenticai tutti i miei pensieri.
Ero felice di non vederlo. 
Non ero pronto ad incontrarlo e ad essergli indifferente. Meglio non incrociarlo affatto piuttosto che sbagliare ancora. Decisamente. 
 
Lo studio di New York di mio padre &co era uno strano incesto tra gossip girl e suits, con qualche tocco kitsch di mia madre che voleva essere arte moderna o contemporanea, questo non l'ho mai capito. 
Quando ero piccolo adoravo quel posto. 
Alla mia tata di turno chiedevo sempre di andare li piuttosto che al parco o dal gelataio.
Mi sedevo a uno dei tavolinetti di vetro all'ingresso e facevo disegni sulla carta intestata con una stilografica da 300 $ e spesso neanche vedevo mio padre. Lui sapeva che ero lì ma non usciva mai a salutarmi e quando capitava si fermava solo per sorridere di fronte alla mia opera d'arte e poi passava subito oltre, lasciandomi con la sua segretaria che mi riempiva lo zainetto con le mente che di solito davano ai clienti per ingannare l'attesa.
Li dentro avevo trascorso la mia infanzia e ogni volta tornarci mi procurava un certo effetto.
Forse perché lo avevo tanto amato da bambino da adolescente avevo iniziato ad odiarlo. Avevo concentrato in un unico posto nel mondo tutto ciò che c'era di più marcio nella mia vita e avevo iniziato ad evitare di andarci come se li ci fosse il male più oscuro.
Senza esagerazioni.
Ma ora ero un adulto.
Potevo andare li firmare due documenti prendere i miei francobolli ammuffiti e andarmene indenne. Si potevo farcela.
Eppure trattenni il respiro per tutto il viaggio in ascensore e quando le porte di vetro si aprirono la voglia di correre fu tanta. Fu immensa.
Forse non ero così adulto come credevo.
Mi violentai per andare dalla ragazza alla reception, per costringere il mio corpo a fare quell'ennesimo passo. Ma vinsi, e alla fine riuscii ad avvicinarmi alla ragazza dietro al bancone di legno alla reception. O come si chiamava insomma.
-'giorno-
Lei mi guardò sorpresa. Mi analizzò e poi parve decidere che di fronte a un tipo come me li dentro era meglio mostrarsi sconcertata e basta. 
Era carina.
Una bambolina perfetta per l'accoglienza di riccastri che stanno per spendere buona parte del loro patrimonio per una consulenza senza neanche rendersene conto.
Le sorrisi affascinante suonando il campanello e lei sussultò
-Buongiorno posso aiutarla?-
Mi sporsi sul bancone e lei mi guardò più interessata, questo mi fece venir una gran voglia di ridere, ma decisi di giocare un po, dopotutto ero particolarmente annoiato quel periodo.
-Sono certo di si-
Le sue guance si tinsero di rosso 
-Mi dica..-
Mi umettai le labbra e la guardai 
-Cerco Simon.. Ho un appuntamento con lui per le 11, è una questione di famiglia piuttosto importante-
Lei parve di nuovo sorpresa
-Di famiglia?-
Ghignai 
-Sono suo fratello, Alexander Larsen-
-Oh.. È lei?-
Avrei dovuto offendermi?? In realtà che le persone faticassero ad associarmi a loro era sempre stato motivo d'orgoglio per me.
-In tutto il mio splendore-
Lei ridacchiò tesa
-Mi scusi.. È solo che.. È molto diverso da suo fratello-
Guardai il cartellino sulla sua camicetta bianca
-Ti ringrazio Lisa, detto da una così bella ragazza mi fa ancora più piacere-
Lei mi sorrise lusingata, e io mormorai
-Ti chiederei di uscire..- I suoi occhi seguirono il movimento delle mie labbra che umettai e lei si lasciò sfuggire un piccolo sospirò.. Poi mi sollevai e con voce meno maliziosa e più allegra esclamai -Peccato che tu non sia un ragazzo e che io sia gay, piuttosto incompatibile non trovi?- lei spalancò la bocca mentre le sue guance diventavano rosso fuoco, scoppiai a ridere -Allora, dov'è quel poltrone di Sam? Scommetto che è a giocherellare su qualche sito on line! Spero che non sia un sito porno, non vorrei mai disturbarlo in un momento tanto..-
-Lisa cos'è tutto questo casino?-
Una voce interruppe il mio momento clou. Una voce che riconobbi all'istante e che mi graffiò dentro togliendomi il respiro in un istante, mentre memorizzavo che mai e poi mai avrei dovuto prender per buona una qualsiasi frase detta da un Larsen. 
Chiusi gli occhi e pregai di diventare invisibile all'istante mentre lui si fermava alle mie spalle e con il mio stesso stupore esclamava
-Alex?-
Cercai di prendere un respiro profondo e poi mi voltai incrociando gli occhi azzurri di Dylan, che mi fissava come se fossi una specie di fantasma, venuto da un Natale passato a tormentarlo un po.
E la cosa che mi diede più fastidio fu trovarlo così maledettamente bello.
Ancora più bello di quanto lo ricordassi.
Questo mi faceva incazzare da morire.
Dopo un attimo in cui annaspai per cercare la frase più giusta da dire, sorrisi teso e incerto e sputai fuori la frase più stupida di tutta la storia
-Sorpresa!-
 
-Signor Montgomery! Il signor Larsen ha.. Ha un appuntamento con suo fratello.. E.. Ecco..-
Dylan sollevò una mano zittendola senza distogliere lo sguardo dal mio neanche per un istante. Sospirai e sentii tutte le mie ultime energie abbandonarmi. Ero fottuto.
-Me ne occupo io- 
Poi mi fece un cenno con la testa e si avviò verso un lungo corridoio immacolato un bel po' inquietante, salutai Lisa con un ultimo sorriso sfrontato e poi corsi per raggiungerlo, ma rimasi un passo indietro a lui. 
Era sempre stato così alto? Le sue spalle erano sempre state così ampie? I completi scuri gli erano sempre stati così bene?
Si fermò davanti all'ascensore e io sussultai fermandomi a mia volta. Le porte si aprirono e noi entrammo uno alla volta. Quando si richiusero, Dylan sospirò e senza guardarlo, con il cuore in gola esclamai
-Sono qui davvero per vedere Simon, è morta..-
-Lo so- mi interruppe lui con voce incolore, fissando i numeri che segnavano i piani -Sei qui per l'eredità di tua zia-
-Prozia, e comunque si-
Dylan abbassò lo sguardo sul mio
-Sapevo che prima o poi saresti venuto per risolvere la questione.. Non credevo però che avevi l'appuntamento proprio oggi-
I miei occhi pizzicarono quando sentirono quelle parole. Mi appoggiai con i fianchi alla sbarra dell'ascensore e distolsi lo sguardo dal suo. 
Era ovvio che anche Dylan non mi voleva li, per un attimo avevo sperato che avesse organizzato tutto lui, per parlarmi.. Ma era evidente che la realtà era ben diversa. E dopotutto era anche giusto così.. No? 
-Be è colpa di Simon. Io ero certo che fossi in riunione o non sarei mai venuto qui! A proposito dov'è quella specie di traditore?-
-Ho avuto un imprevisto all'ultimo minuto e ha dovuto sostituirmi- 
La sua voce pronunciò quelle parole in modo piuttosto seccato, e io non osai aggiungere altro.
Il mio cuore stava battendo un ritmo troppo elevato e non ragionavo con lucidità. Dovevo andarmene alla svelta prima di dire o fare qualcosa di veramente sbagliato di cui avrei potuto pentirmi..
Le porte si aprirono e lui uscì, lo seguii teso e passammo davanti a una bella ragazza mora che sorrise non appena vide Dylan 
-Signor Montgomery ha un appuntamento tra..-
-Non ora Margot, annulla tutto-
Era lei Margot? 
Mi voltai per guardarla meglio, quando Dylan mi afferrò per un braccio e mi sospinse dentro il suo ufficio. Chiuse la porta e io lo guardai accigliato
-Ehi ma che diavolo fai?!-
-Sai cosa mi fa davvero incazzare Alex? Che alla fine tu- e sottolineò quella parola come se mi avesse dato un pugno e indietreggiai di un passo di riflesso -stai evitando me! Tu sei quello arrabbiato! Credevi che se mi avessi incontrato avrei fatto una scenata? Be non sono il tipo Alexander!-
Lo guardai perplesso, era una vena quella che gli pulsava sul collo? Si sciolse la cravatta e io esclamai sulla difensiva 
-Ah no? E questa cosa sarebbe allora?!?-
-Questa è perché tu mi fai incazzare!-
-Sei ripetitivo!-
-Alex..-
-No! Dammi quegli stupidi francobolli e facciamola finita-
-Dopo due settimane vuoi davvero chiuderla così! Non ti sei mai fatto sentire! Mai una telefonata, un cavolo di messaggio, vieni qui e ti trovo a importunare una delle segretarie, e vuoi solo quattro francobolli che non valgono un cazzo!-
-Anche tu non ti sei fatto sentire!-
-Stai scherzando? Sono un uomo sposato di 35 anni che ti è venuto dietro, ti ha detto che gli mancavi ed è stato cacciato da casa tua come se fosse uno sconosciuto conosciuto in discoteca! Non averti chiamato è stato il minimo!-
Mi presi il labbro inferiore tra i denti, e strinsi i pugni come un bambino che si sta prendendo una vera e propria strigliata dal padre. Lo guardai come farebbe un moccioso capriccioso troppo stupido per capire i suoi errori e sibilai
-Era una scopata-
-Non era una scopata. Non era una scopata Alex. Lo sai anche tu anche se sei troppo idiota per accettarlo-
Tremai dentro a quelle parole, si passò le mani tra i capelli e mi diede le spalle.
Quello era il suo ambiente, era una seconda casa per lui, e quel posto lo rappresentava a pieno. 
Era elegante, privo di fronzoli, ma confortevole. Mi piaceva e lui li dentro si muoveva come un leone che conosce bene la sua gabbia. Era bello e fiero. E mi era mancato. Aveva ragione lui. Ed era arrivato il momento di farglielo capire a modo mio. 
Chiusi a chiave la porta. Abbassai le tapparelle della porta.
Dylan si voltò verso di me
-Cosa stai facendo ora?-
-Mi faccio perdonare-
Il mio corpo si rilassò, il suo si irrigidì. Eppure non mi fermò.
Mi avvicinai a lui, passai una mano tra i suoi capelli, e abbassai il suo viso sul mio fino a far scontrare le nostre bocche, lui rimase inerme, mentre gli succhiavo le labbra e facevo entrare la mia lingua dentro di lui. Lo guardai negli occhi celesti che erano incredibilmente vicini ai miei, e gli diedi il bacio più profondo che avessi mai dato nella mia vita.
Mi sentii scosso nell'intimo. Era una sensazione bellissima e viscerale, che mi terrorizzava ed eccitava al tempo stesso. Si doveva provare lo stesso a camminare su una fune sospesi nel vuoto. Sorrisi e mi allontanai da lui, il tempo di respirare e Dylan mi guardò la bocca 
-Sei un piccolo bastardo-
Mi umettai le labbra e con la stessa voce bassa e roca mormorai 
-Mi sei mancato Dyl-
-Non ti credo-
Sorrisi. Volevo che mi dicesse che gli ero mancato anch'io, ma sapevo che non l'avrebbe fatto. Dovevo accontentarmi della sua rabbia quella volta.
-Va bene-
Lo baciai di nuovo, e questa volta con un gemito, Dylan si lasciò andare, e i nostri corpi subito iniziarono a cercarsi.
Si conoscevano, si erano mancati, ora volevano solo marchiarsi, fondersi, cercarsi e rincorrersi.
I denti di Dylan mi morsero la pelle sensibile del collo, mentre io lo spogliavo di fretta. Le sue mani mi arpionarono i glutei, mi sollevò e mi appoggiò sulla scrivania, soffocai i nostri gemiti con la bocca. Baciandolo. Ancora.. Ancora.. Ancora.. Sorrisi, togliendomi gli ultimi vestiti e attirandolo a me. E fu con il cuore in gola che lo accolsi in me. 
Afferrai le sue spalle e le graffiai, mentre lui mi ribadiva ad ogni spinta che potevo scappare ovunque volevo, che potevo cacciarlo, comportarmi da stronzo fino alla morte, ma che alla fine sempre da lui sarei tornato. Perché era lui che volevo. Sempre e solo lui. 
E con un brivido per una volta desiderai essere sincero. Senza filtri o maschere. C'ero solo io che scosso dal piacere più vero mormorai
-Non sparire più Dylan-
Lo sentii sorridere su di me, e quel sorriso mi fece male, per quanto mi fece bene. Mi aveva perdonato. Era di nuovo con me. 
Ma per quando?
Scacciai quella domanda e lo baciai. Non volevo pensarci in quel momento. 
Volevo vivermelo senza dubbi o problemi.
Era la soluzione migliore per me. 
Mi dava l'illusione di non amarlo.
Di essere ancora in tempo per salvarmi. 
Dylan mi baciò sul petto, all'altezza del cuore. E in quel punto la mia pelle andò a fuoco. E io avrei voluto piangere per quanto ero felice, li fra le sue braccia, in quel posto che era la mia tana e la mia prigione, con le mie debolezze esposte al suo volere. 
Ero per la prima volta indifeso. Vulnerabile. Fragile. Come forse in 23 anni non ero mai stato. 
Ero già oltre i miei limiti. Anche se era più facile fingere che non fosse così, che accettare la realtà e affrontarla. 
In realtà ero solo un codardo spaventato. 
Ma quel giorno finí in quel modo, con una resa che sapeva di vittoria e i francobolli della prozia Sylvia completamente dimenticati in un angolo dell'ufficio di Dylan.
 
 
N.d.A.
Finalmente ho aggiornato!! Scusatemi!! È che sono stati due mesi intensi.. spero che qualcuno leggerà questo capitolo :D ma che soprattutto vi piaccia e di avere un vostro parere, con consigli o critiche costruttive.
Al prossimo capitolo
Evans92

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Capitolo 11
*** Decimo capitolo ***


Decimo capitolo
 
Ero in discoteca, c'era un rumore assordante gente ubriaca che ballava scatenandosi in tutti gli angoli e io per la prima volta negli ultimi 8 anni non avevo la lingua di uno sconosciuto infilata in bocca.
Il mondo probabilmente stava per finire.
Ma la cosa più sconvolgente fu rendersi conto che se non rimorchiavi quello diventava un posto piuttosto noioso.
-La mia vita è ufficialmente una tragedia-
Ko alzò gli occhi al cielo e passò un braccio intorno alle spalle
-Sfogati pure con me Miss O'hara, qual'è l'ultimo dramma della tua vita?-
Ignorai il suo sarcasmo e bevvi tutto d'un fiato la mia birra 
-Mi annoio!-
Ko rise
-Ommioddio che tragedia, cosa posso fare per svagarvi mio lord?-
Lo ignorai e mi guardai intorno
-La risposta sarebbe troppo volgare per la nostra amicizia-
Lo vidi alzare gli occhi al cielo
-Balla, bevi, fa amicizia! Puoi conoscere gente anche senza puntare ai suoi genitali-
-Non dire sciocchezze Ko, sono serio!- A stento trattenne un verso esasperato -Io sono in una discoteca e mi sto annoiando!-
Ko sgrano i suoi occhi a mandorla
-Amico accettalo, ti annoi perché sei cotto di quell'uomo-
Finii la birra tutto d'un fiato e mi sembrò particolarmente amara
-Cotto eh?-
Ko annuì 
-Decisamente cotto-
Sospirai drammaticamente e mormorai 
-Una vera tragedia-
 
Me ne tornai a casa fin troppo presto, entrai nella mia camera e mi accesi una sigaretta, diedi un tiro e storsi la bocca rendendomi conto di essere sobrio.
Storsi la bocca, e diedi un tiro alla sigaretta, quando era accaduto l'ultima volta? Non potevo ricordarlo, perché era stata una vita fa. Scaricai il tabacco nel posacenere e mi buttai sul mio letto, che cigolò sotto il mio peso. Improvvisamente, senza rendermene conto, avevo il telefonino in mano, mi torturai le labbra mentre cercavo il suo numero in rubrica.
Eccolo.
Registrato con Dyl, sembrava aspettare me, lo stava facendo anche il proprietario di quel diminutivo?
Guardai l'orologio, erano le 2 di notte probabilmente stava dormendo.. Con Emma.. Quella vocina fastidiosa nella mia testa poteva anche andare a farsi fottere.
Lo chiamai. Lo feci quasi sicuramente per dispetto. Per disturbarlo mentre era con lei.
Ascoltai gli squilli col cuore in gola. Poi la sua voce, un po stanca forse, ma sveglia mi riscosse dall'altro capo del mio Nokia
-Ti hanno arrestato?-
Scoppiai a ridere, e mi rilassai immediatamente
-Che razza d'idea ti sei fatto di me?-
-La più giusta-
Chiusi gli occhi e mi lasciai andare a una risata liberatoria 
-Non sei un po troppo vecchio per essere sveglio a quest'ora?-
La sua risata mi fece venire le farfalle nello stomaco. 
Dio.
Mi facevo schifo da solo.
-Ho del lavoro arretrato-
Deluso dal fatto che non stesse aspettando me dissi con leggerezza
-Scommetto che Margot é ben felice di aiutarti-
-Già, è una causa importante la sto costringendo a fare orari impossibili-
-Mi sto annoiando ti va del sesso telefonico?-
Sinceramente, non mi interessava ne del suo lavoro, ne degli orari della sua segretaria.
Ma Dylan non sembrava pensarla allo stesso modo
-Oh scusami, se ogni tanto voglio anche parlare oltre che scopare-
Mi sollevai poggiandomi su un gomito
-Ti sei arrabbiato?!-
Ero decisamente incredulo
-No-
-Be a me sembra di si, ed è ridicolo perché ti ho chiamato alle 2 di notte, cosa credevi che volessi? Un trattato di diritto penale?-
-No certo che no, non posso aspettarmi che tu abbia voglia di conoscere anche un po della mia vita, questo sarebbe assurdo-
Chiusi gli occhi e ricaddi a peso morto sul letto.
Non ci potevo credere.
Stavamo litigando ancora.
-Dylan, ti stai comportando da checca isterica-
Pessimo pessimo pessimo modo per evitare un litigio.
-Oh be grazie Alex, ora si che va meglio-
-Senti, non sono tua moglie ok? Non starò ad aspettarti a casa, con una tazza di stupido the, a farti uno stupido massaggio per lasciarti sfogare. Io scopo. E se questo non ti va bene, è francamente un problema tuo, perché non stiamo neanche insieme! È tutta questa litigata è ridicola!-
Ok avevo esagerato.
Ma io ero logorroico! Ormai lo sapevano anche i muri! Non poteva davvero prendere sul serio quello che diceva nei momenti di panico.. Se mi conosceva minimamente avrebbe capito.. Giusto?
Attesi col cuore in gola mentre il suo silenzio si allungava ogni secondo verso l'infinito.. Poi:
-Buonanotte Alexander-
Riattaccò lasciandomi senza parole.
Non mi conosceva affatto.
Merda.
 
Quella era la cosa più stupida che avessi mai fatto. 
Erano le 3 di notte e si gelava. Ma cavoli, ero davvero li! 
Guardai l'enorme palazzo che comprendeva l'ufficio dei Larsen&co da dentro il taxi e mi morsi le labbra fino a sentire il sapore del sangue.
-Allora cosa fa?-
Sussultai alla voce del tassista e poi sospirai premendomi una mano sul cuore, che batteva velocissimo e non per lo spavento.
-Prego di poter tornare indietro nel tempo a quando non mi importava un cazzo negli altri-
Lui masticò il suo tabacco e poi chiese
-Nel frattempo scende?-
Alzai gli occhi al cielo, dove era finito il romanticismo in quel mondo?
Gli pagai la corsa e scesi nel bel mezzo di New York senza neanche la certezza di trovarlo ancora li.
Mentre del vapore condensato mi usciva dalla bocca, sfregai le mani tra loro, quella giacca di pelle era bellissima ma di sicuro non faceva il suo dovere scaldandomi.
Riconobbi l'auto di Dylan al parcheggio e sollevato mi ci accostai.
Lo avrei aspettato li vicino. 
Non avrei rischiato di incontrare mio padre e Simon salendo. Cosa avrei potuto dire in quel caso? 
Sono qui per chiedere scusa al vostro socio con cui faccio dell'ottimo sesso? 
No, non mi sembrava il caso.
Mentre morivo assiderato mi rendevo sempre più conto che quella era davvero davvero stata un' idea stupida. 
Quel piano faceva acqua da tutte le parti, e prevedeva persino la mia morte! 
Per cosa? Per un uomo?
Potevo uscire e trovarne decine come lui, forse anche migliori.
Si. 
Uomini attraenti e senza tutti i suoi problemi. 
Dovevo solo andar via.
Ma i miei piedi dovevano essere congelati perché proprio non volevano muoversi
-Accidenti-
Dovevo andare via.
Avrei preso la metro.
Eppure non riuscivo a fare un passo lontano da quell'auto.
Quello era davvero davvero davvero..
I miei pensieri caotici e fastidiosi furono zittiti da lui, che in tutta la sua disarmante perfezione uscì dalla porta di vetro del palazzo accompagnato da Margot che rideva a qualcosa che lui aveva detto.
Mi innervosii.
Che aveva da ridere? Dylan non era una persona simpatica. E doveva camminargli per forza così vicino? 
Quando Dylan sollevò gli occhi azzurri e incrociò sorpreso i miei non resistetti e abbassai lo sguardo.
Era stata davvero una cazzata andare li.
-Alex.. Cosa ci fai qui?-
Sorrisi ironico violentandomi per guardarlo di nuovo.
Era davvero scioccato di trovarmi ad aspettarlo.
-Facevo due passi-
Margot guardò prima me poi lui, e quando la fulminai con lo sguardo trasalì e in fretta disse
-Io ora vado, a domani signor Montgomery-
-A domani Margot-
Lei si allontanò verso la sua auto, e tra noi non volò una mosca mentre aspettavamo che se ne andasse. Poi sbottai
-Ma cos'hanno quelle galline? Sei un uomo sposato potrebbero anche evitare!-
-Di fare cosa?-
Mi chiese aggrottando la fronte e io esclamai quasi isterico
-Di guardarti come se fossi una specie di ciambellone alla Nutella!-
Anche i paragoni non erano il mio forte, decisamente.
Dylan mi guardò sorpreso e poi scoppiò in una fragorosa risata
-Proprio tu parli?-
Indignato infilai le mani nelle tasche dei jeans così forte che temetti di averli rotti. 
-A me neanche piace la Nutella. E non vuol dire che ora perché ci sono io tu debba accettare le... Le... Avance di tutti.-
Dylan aprì l'auto e ci lanciò dentro la sua valigetta in pelle, poi si appoggiò alla fiancata e incrociò le braccia al petto guardandomi con aria di sfida
-Perché no?-
Ok.
Ora ero davvero senza parole.
Il mio cuore iniziò a battere fortissimo.
Cosa diavolo voleva dire quello?
-Come perché no?-
-Perché non dovrei accettare le avance di altri. Continuerei a scopare con te, ma.. Margot è una ragazza carina, intelligente, ambiziosa.. Potrebbe essere interessante conoscerla meglio-
Lo fissai per qualche istante è solo in un secondo momento mi resi conto di non star respirando.
I suoi occhi azzurri mi fissavano intensamente e io non riuscivo a pensare razionalmente.
Lui con un altra. 
Eppure dormiva con Emma.. Ma.. Potevo accettare questo?
-Cos'è da tua moglie ora ti serve un harem?-
Ma il mio tono non era più sicuro come prima. Non riuscivo neanche a guardarlo. 
-Be.. Non è una cattiva idea-
Annuii ma non riuscii a parlare. 
Improvvisamente non avevo idea di come avrei fatto a trovare un altro come lui, che mi facesse provare ciò che provavo con lui. 5 minuti prima ero pronto a cercare altra compagnia, ora il mio unico pensiero era impedire di farlo fare a lui.
Perché io ero rimpiazzabile.
Io ero solo un ragazzo.
Lui.. Lui.. Era.. Un uomo affascinante, bello, paziente. Era protettivo, dolce.. Intelligente, carino, gentile.. Lui era un letto caldo quando hai sonno, un bicchiere d'acqua quando hai sete.
Dylan era l'unico che aveva dimostrato di tenere a me oltre ai miei 3 amici più fidati. Lui era stato l'unico a cercarmi, e a baciarmi come se fossi importante.
Una Margot avrebbe fatto carte false per una sola notte con lui. E io che facevo? Lo trattavo di merda e basta. 
Ogni volta la stessa storia.
-Alex..-
La sua voce si era addolcita. 
Sollevai lo sguardo intimorito verso il suo e notai che si era anche avvicinato. Ora potevo sentire il suo profumo sulla mia pelle, ovunque. 
Sollevò una mano e l'appoggiò sulla mia guancia fredda.. Era così caldo.. Come faceva ad essere caldo in un parcheggio alle 3 di notte?
-Alex stavo scherzando.. Io non ho bisogno di altri.. -
Mi sforzai di sorridergli, ma non riuscii a convincerlo, sospirò e con l'altra mano mi prese le dita e me le strinse teneramente
-Perché sei qui?-
Quanto tempo ci sarebbe voluto prima che si stufasse di me? 
E da quando io ero così insicuro?
Mi girò la testa, chiusi gli occhi sentendo il suo tocco amplificato all'ennesima potenza. 
Era così piacevole..
Lo guardai e mormorai stranamente sincero
-Volevo scusarmi, sono stato uno stronzo-
Dylan mi fissò le labbra per qualche secondo poi con voce bassa e roca sussurrò
-Si lo sei stato.. Ma non serviva che tu venissi qui..-
Già, il mio grande gesto era stato del tutto inutile.
Mi scostai da lui e feci un passo indietro sforzandomi di sorridere, non riuscii a convincere neanche me stesso, e non potevo guardarmi, lui che mi fissava atterrito non era certo da biasimare.
-Si hai ragione-
Ma che ci facevamo insieme? Improvvisamente quello scopare che per me era sempre stato così importante non mi sembrava più abbastanza. Non era nulla. Eravamo due così diversi.. Così.. 
-Alex.. Guardami..-
-Ti sto guardando-
-No non mi stai guardando e non mi stai ascoltando, perché hai iniziato ad autoconvincerti che tutto ciò che tu sai pensando ora sia esatto, ma ti posso giurare che sono cazzate-
Sorrisi questa volta con più sincerità.
-Che ne sai?-
-Lo so-
Dylan si chinò su di me e mi baciò, fu uno sfregarsi di labbra piuttosto casto, eppure io mi sentii il volto andare in fiamme. Quando si allontanò, senza lasciarmi andare veramente avevo l'azzurro dei suoi occhi che riempiva tutto il mio mondo. 
Era bellissimo.
-Non mi interessano altri, e non voglio un harem, sono così felice che tu sia qui..-
Mi presi il labbro inferiore tra i denti mentre lui non si perdeva neanche un mio movimento, era così preso dai miei denti che mi riempì di tenerezza.
Non me lo meritavo.
Mi tesi verso di lui e appoggiando una mano sulla sua nuca lo attirai a me, lo baciai, gli feci sentire la mia lingua sulla sua e lo sentii gemere per me. Per un mio bacio. Accostai il mio corpo al suo, muovendomi con fare esperto, con la mia solita sicurezza, strafottente, mentre dentro stavo letteralmente morendo.
Perché era lui. 
Le sue mani mi strinsero i fianchi e sussultai appena, infilando le dita dell'altra mano tra i suoi capelli, e schiacciandomi contro di lui, mentre il bacio diventava esigente, disperato. Tremai e mi scostai quasi con violenza, con gli occhi chiusi, e il respiro sulle sue labbra umide, e il suo sulle mie.
Entrammo in auto, continuando a baciarci, a sfiorarci, senza preoccuparci troppo di chi poteva vederci, di cosa stavamo realmente facendo.
-Spogliami-
E Dylan obbedì senza parlare.
Mi spogliò lentamente, un pezzo alla volta, gettandolo via, e guardandomi. 
I suoi occhi non mi abbandonarono neanche un istante e mi misero a disagio. 
Io, che non mi vergognavo di nulla, stavo arrossendo di fronte ai suoi occhi chiari, semplicemente perché ero nudo. 
Quando avevo iniziato a provare così tanto per quell'uomo? 
Feci scivolare via la sua giacca, e gli sciolsi la cravatta, sollevai lo sguardo verso il suo e mi parve di sentire il suo respiro contrarsi, trattenersi mentre mi osservava con una tale intensità da farmi sentire vivo.
Slacciai la sua camicia e non persi tempo ad ammirare il suo corpo, lo baciai mentre lo liberavo dei pantaloni, mentre lui faceva lo stesso con i miei, ci liberammo dai boxer mentre continuavamo a baciarci, a toccarci, frementi ma non impazienti. 
C'era qualcosa di profondamente diverso. 
Qualcosa di spaventoso.
Le sue mani erano ovunque sulla mia pelle. Calde, forti, delicate.
Fu un attimo e mi ritrovai la sua bocca addosso, il suo corpo sudato sul mio, mentre scivolavo in basso, e cercavo di fargli provare almeno un pizzico di tutte le emozioni che lui stava suscitando in me. Dylan sembrava rapito, preso, perso dai miei movimenti sul suo sesso duro, dalla mia bocca, dalle mie mani, ma non ero soddisfatto. 
Non era abbastanza. 
Con un bacio lui mi aveva fatto perdere la testa, come potevo ricambiare? 
Mi issai su di lui e lo presi dentro di me, a cavalcioni sui suoi fianchi, e i versi divennero quasi animali, mentre ci abbracciavamo respingendoci. 
E in un attimo di pura follia, mi domandai come avrei fatto a vivere in un qualsiasi momento del futuro senza di lui. 
 
Ci rivestimmo in un silenzio quasi surreale, finii di allacciarmi i pantaloni, mentre lui cercava di pettinarsi attraverso lo specchietto, poi mi guardò e mormorò colpevole
-Vorrei passare la notte con te-
Gli piaceva proprio complicare le cose
-Devi tornare a casa tua-
Dylan sospirò e guardò fuori dal finestrino
-Lo so, ho solo detto quello che vorrei fare-
Mi morsi il labbro indeciso su cosa fare o dire e poi con voce bassissima, che quasi speravo che non mi sentisse, sussurrai
-Lo vorrei anch'io-
Vidi la bocca di Dylan storcerai in un mezzo sorriso e poi mi guardò stanco ma dolce
-Con te dev'essere tutto sempre difficile vero?-
Alzai gli occhi al cielo con uno sbuffo esasperato ma scoppiai a ridere, pochi secondi dopo gli riero seduto in braccio, con la testa nell'incavo del suo collo, cullato manco fossi un moccioso.
Lo sentii sospirare e accarezzarmi la schiena e per un po nessuno dei due disse nulla, entrambi persi nei nostri pensieri, nei nostri dubbi, quando Dylan all'improvviso disse
-Questo weekend tieniti libero-
Lo guardai sorpreso
-Perché?-
Dylan mi passò una mano fra i capelli, tirandomeli indietro 
-Ti porto da qualche parte-
Scoppiai a ridere, ma già non vedevo l'ora che fosse venerdì. Infilai le mani sotto la sua giacca e lo strinsi a me mentre esclamavo
-Come mai?-
Dylan sospirò 
-Non ci vediamo molto, a volte mi manchi-
Mi morsi l'interno della guancia emozionato, chissà se poteva sentire il mio cuore battere furioso attraverso le nostre maglie.
-A volte- marcai volontariamente quale due parole e lo vidi sorridere nella penombra dell'abitacolo -Anche tu-
Rise piano
-Allora è deciso-
Sospirai sollevandomi un po
-Non lo so, devo vedere con i lavori...-
Dylan mi afferrò il viso e mi baciò profondamente quando mi lasciò andare ero letteralmente senza respiro 
-Credo di potermi liberare dopotutto-
Dylan ghignò
-Ti chiamo per i dettagli-
Annuii e scivolai di lato 
-Bene allora vado-
-Dove?-
Aggrottai la fronte 
-A casa?-
Dylan ruotò gli occhi seccato
-Lo trovo difficile a piedi-
Scoppiai a ridere
-Esiste una cosa chiamata metropolitana, l'hanno inventata a posta-
-O non lo sai? Hanno inventato una cosa ancora più moderna chiamata auto, e guarda caso io ne ho una-
Mi finsi scioccato e spalancai gli occhi 
-Non ci posso credere. Non pensavo che voi riccastri snob conosceste il sarcasmo. La mia vita non sarà più la stessa-
Dylan mi guardò offeso 
-Io non sono snob!-
-Dipende dai punti di vista-
Scosse la testa e mise in moto l'auto, lo osservai per un po con la coda dell'occhio, con ancora tutti i miei timori addosso.
Non avevamo risolto nulla. Con il sesso le cose erano rimaste confuse come poco prima. Lui non voleva un harem. Bene. E io che volevo? 
Quello era il reale problema. 
Mi annoiavo in discoteca solo senza di lui, ma non volevo affezionarmi a lui. Non volevo restare ferito. Esisteva una via di mezzo? Io potevo trovarla?
Sospirai e mi accesi una sigaretta poi con finta casualità gli chiesi
-Allora, che lavoro ti tiene impegnato fino a notte fonda con la tua minorenne assistente?-
Dylan mi guardò sinceramente sorpreso
-Margot ha 27 anni-
-Non è questo il punto-
Ci guardammo per un attimo poi lui si voltò verso la strada e vidi un sorriso piegarli la bocca. Aveva capito?
Rispose a quella tacita domanda quando iniziò a parlarmi del suo lavoro. E io rimasi in silenzio ad ascoltarlo per tutto il viaggio di ritorno verso casa, segretamente felice di conoscere anche quella parte di lui.
 
N.d.A 
 Sono tornata! Chiedo scusa per l'attesa di secoli, spero come sempre di sapere i vostri pareri su questo capitolo in cui Alex finalmente ha iniziato a capire i suoi sentimenti. Spero di riuscire a scrivere più in fretta i prossimi capitoli.
Un abbraccio Evans92 
 

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Capitolo 12
*** Undicesimo capitolo ***


Undicesimo capitolo 
 
 
-Tutto questo è folle-
Sorrisi tra me e me mentre portavo il mio borsone all'ingresso.
Laura mi seguì sconvolta
-Tu che frequenti un uomo!-
Scoppiai a ridere e mi voltai verso di lei passandomi le mani tra quelli che erano diventati capelli biondi da poco più di 48 ore. Splendidi capelli color platino che speravo con tutto me stesso che sarebbero piaciuti a Dylan, anche se non avrei mai ammesso ad alta voce che mi interessava il suo parere, ovviamente. 
-Dolcezza quanto mai ho guardato le ragazze?-
Laura mi arrivò un pugno al braccio
-Tu che frequenti qualcuno!-
-Frequentare è un parolone- risposi massaggiandomi la spalla -Diciamo che è.. Uno scopare frequente-
Dal divano Ko urlò 
-Se vedi solo lui è frequentare-
Laura spalancò gli occhi scioccata. Avevo seriamente paura che le sarebbe venuto un infarto da lì a poco
-Solo lui?!?-
Mi passai una mano sugli occhi improvvisamente stanco. Se dovevo subire tutti quei terzi gradi tanto valeva continuare a vivere con Ingrid, almeno lei potevo mandarla a fanculo senza sentirmi troppo in colpa.
-Non è una cosa premeditata! Solo che ancora non incontro qualcuno di abbastanza decente da..-
-Frequenti solo lui-
Dissero i due in coro. Quasi urlai per lo stress
-Non è assolutamente vero!-
-Week end romantico, monogamia.. Hai una relazione- Laura mi abbracciò in uno slancio che mi fece venir voglia di vomitare -Sono così felice per te-
La scostai brusco 
-Non è una relazione. Se voglio posso far sesso con chi mi pare. Potrei fare anche un orgia e lui non potrebbe dire nulla perché non è una fottuta relazione!-
-Ma lui cosa ne pensa?-
Perché Ko doveva sempre essere la voce della mia coscienza?
Mi voltai stanco verso di lui
-E a chi interessa?-
-Dal modo in cui gli sei corso dietro l'altra notte a te-
Gli alzai il medio. Ma era più rivolto a me stesso. Così imparavo a raccontargli le cose. 
Sbuffai passandomi le mani fra i capelli mentre Laura esclamava così eccitata da farmi temere che se la sarebbe fatta addosso
-Gli sei corso dietro?!-
Oddio ma cosa avevo fatto di male?
Il suono del campanello mi salvò, corsi ad aprire mentre lei minacciosa mi urlò -Guarda che non è finita qui!-
Aprii il portone facendole una linguaccia ma mi bloccai con la lingua a penzoloni quando mi trovai di fronte Dylan che, con uno dei suoi completi addosso, mi rivolse un sorriso affascinante prima di chiedermi
-Pronto?-
Arrossii furiosamente mentre dietro di me Ko e Laura ammutolivano improvvisamente.
Di sicuro non si aspettavano che quello fosse il mio tipo.
Sapevano che era un avvocato, che era più grande di me, ma di sicuro non si aspettavano Dylan. 
Ko lo aveva intravisto una volta, ma avevo fatto in modo di non dargli il tempo di vederlo veramente bene. Ora di sicuro era sotto shock.
Mi schiarii la gola e con sollievo notai che si era tolto la fede. Se i miei amici avessero scoperto quel particolare mi avrebbero come minimo ucciso. Rabbrividii al solo pensiero e dissi con voce strana
-Credevo mi avresti fatto uno squillo, non che saresti salito-
Dylan ghignò guardandomi. Stava studiando divertito i miei capelli
-Ti dispiace?-
-Ti importerebbe? L'hai fatto a posta- borbottai imbronciato mentre mi accarezzavo i capelli sentendomi a disagio, lui rise 
-È vero- 
Mi superò e tese una mano verso Laura
-Piacere Dylan-
Lei mi guardò con gli occhi sgranati poi veloce gli strinse la mano
-Laura..-
Dylan le rivolse uno dei suoi sorrisi migliori poi si avvicinò a Ko
-Dylan-
Ko lo guardò perplesso. Probabilmente sentiva puzza di guai e volendomi bene era più restio a farsi incantare dagli occhioni azzurri di Dylan
-Ko, piacere-
Dylan si voltò verso di me
-Andiamo?-
Annuii e presi la mia borsa, lui fece per togliermela ma io glielo impedii
-Non sono una signora-
Dylan rise
-Lo avevo notato, buona giornata-
E mi anticipò fuori dall'appartamento, io salutai i miei amici con la mano certo che al ritorno mi aspettava un interrogatorio record e mi affrettai a seguirlo
-Visto? Non è stato difficile-
La sua voce soddisfatta mi irritò
-È stata un imboscata! Ti odio-
Lui non parve turbarsi per le mie parole, mi aprì una Ferrari rossa fiammante che vedevo per la prima volta e gettò la mia roba nel portabagagli 
-Hai una Ferrari?!-
Dylan salì sul lato del guidatore 
-Volevo solo conoscere i tuoi amici-
Mi accomodai al posto accanto al suo. Ero su una Ferrari. Ero abituato al lusso ma quello sembrava un sogno
-Quanti cavolo di soldi hai?-
-Non più di tuo padre-
-Lui non ha una Ferrari, ne sono certo o l'avevo già usata per una fuga alle Bahamas-
-Come faresti a scappare alle Bahamas in auto?-
-Con una Ferrari si può tutto-
Esclamai sicuro delle mie parole. Lui rise e poi partì, quasi ebbi un orgasmo a sentire il suo motore animarsi sotto le mie cosce
-Mi dispiace per l'imboscata, ma ci tenevo a vedere con chi vivessi-
Scossi le spalle con nonchalance mentre mi schiacciavo contro il sedile in pelle
-Il punto è che ora mi assilleranno per sapere tutti i particolari. Non si aspettavano che a me potesse piacere un tipo come... Te-
Dylan prese i suoi Ray ban e mi guardò confuso. Appunto.
-In che senso?-
Scoppiai a ridere
-Fino ad ora i miei "ragazzi"- e feci le virgolette con le dita per essere certo che capisse l'antifona -Potevano permettersi Ray ban e Ferrari solo dopo una rapina molto fruttuosa-
Dylan rimase per un po in silenzio, cambiò la marcia e imboccò l'autostrada
-Ce ne sono stati molti?-
-Di cosa?-
-Di ragazzi-
La sua voce era leggera, ma io potevo capire che era teso dalla linea dura della sua mascella, non ne capivo però il motivo. Aggrottai la fronte e dissi sincero
-Dipende dai punti di vista-
Dylan voltò brevemente la testa verso di me
-In che senso?-
-Non ho mai avuto un fidanzato, ma si, di.. Incontri occasionali ce ne sono stati parecchi-
-Ah..-
Che razza di risposta era? 
Dylan accese la radio, e continuò a guidare con una mano sul volante e l'altra rilassata sulla sua gamba. Sembrava tranquillo. A me stava per venire un infarto.
Ripensai alle parole di Ko e Laura. Gli avrebbe dato fastidio se avessi visto qualcun altro?
-Dyl..-
-Si?-
Improvvisamente mi mancò il coraggio di chiederglielo
-Dove stiamo andando?-
Pensavo che mi avrebbe risposto con un "è una sorpresa" come in quel polpettone romantico che Laura mi aveva scritto la sera prima, e invece sereno disse
-Ho una casa in montagna, andiamo un po' a sciare ti va?-
-Eh ah si si certo-
Perché ora mi sentivo deluso? 
Davvero credevo mi avrebbe portato al lago o al mare o un qualsiasi altro posto del genere? 
Faceva freddo si andava a sciare, punto.
Da quando non sapevo più che risposte volere da lui?
 
La casa in montagna di Dylan era bellissima. Un po appartata rispetto alla pista da sci e ai relativi stabilimenti. Era fatta completamente in legno, e mi ricordava un film horror che avevo visto una volta in cui era finita in fiamme per colpa del bambino pazzo.
-È un bel posto-
Dylan mi sorrise, mentre si toglieva cappotto e giacca
-È stata la prima casa che mi sono comprato da solo, altre erano della mia famiglia-
-Davvero?-
Dylan annuì mentre si dirigeva al salone, lo seguii e sorrisi felice quando vidi che c'era il camino, un tappeto grande persiano e dei divani dall'aspetto molto morbido. Era un luogo caldo e confortevole. Mi sentivo molto più a mio agio li che nella sua pratica e funzionale casa di New York.
-La Ferrari è stata la prima cosa che ho comprato dopo aver vinto una causa importante. Ho finito tutto il mio stipendio ma ero così soddisfatto e..-
Si bloccò all'improvviso, e si voltò ad accendere il camino, mi accostai a lui, mi strinsi nel mio maglione di lana bianco
-E?-
Dylan mi guardò sorpreso, poi sollevò un sopracciglio e mi sorrise quasi con amarezza
-E Emma mi prese in giro per mesi, perché per colpa di un capriccio eravamo senza soldi, ero orgoglioso, non volevo chiedere ai miei, e per un periodo non sapevamo neanche cosa mangiare, ma ehi almeno avevo una Ferrari- 
Trattenni il respiro ma lui non se ne accorse. Aveva davvero tanti ricordi con lei. Era normale, era ovvio, non potevo farmi infastidire da questo.
Emma era la sua vita.
Mi inginocchiai accanto a lui, con le ginocchia premute contro l'addome e gli sorrisi
-Se può consolarti avrei fatto esattamente le stessa cosa- 
Dylan rise e delle fossette adorabili comparvero sulle sue guance, poi allungò una mano e la passò tra i miei capelli
-Non è un po troppo presto per avere i capelli bianchi?-
Offeso esclamai
-Non sono bianchi! Sono biondo platino!-
Dylan rise
-Non importa come si chiamano, sembrano bianchi-
Misi il broncio
-Sto male?-
Dylan mi osservò e si morse il labbro inferiore con naturalezza
-Non ho detto questo-
-Hai detto che sembro vecchio!-
-Non..-
-Be tu sei vecchio. Anche con i capelli neri-
Spalancò sconvolto gli occhi
-Questo è un colpo basso-
-La verità fa male tesoro-
Cantilenai soddisfatto mentre cercavo di far animare il fuoco.
Lui mi fu addosso in un attimo e io scoppiai a ridere forte, e dopo per la prima volta sperimentai cosa volesse dire farlo su un tappeto, davanti a un camino proprio come in un qualsiasi banale film d'amore.
 
-Sicuro di saper sciare?-
Mi chiese Dylan mentre uscivamo di casa, dopo ore e ore di sesso assolutamente fantastico, ok non lo avevamo fatto per ore, ma io mi ero addormentato come un idiota subito dopo, per cui più o meno quello era stato il risultato.
-Sono un Larsen, so andare a cavallo, so giocare a tennis, a scacchi e ho imparato a sciare a St moritz, come un qualsiasi bravo figlio di papà- Lo guardai con un sorriso mentre mi appiattivo il cappello di lana in testa -Non è qualcosa di cui vado fiero-
Dylan rise
-Buono a sapersi- 
Mi fece l'occhiolino e mi accompagnò a comprare l'attrezzatura necessaria per buttarmi da una montagna. Il commesso fu molto cordiale e riuscii a trovarne una bianca e nera che si abbinava perfettamente al mio nuovo colore di capelli. 
Stavo provando gli scarponi quando mi accorsi di un tipo che mi stava guardando. Sollevai incerto il viso, e cavoli era davvero un bel tipo! Un ragazzone di circa 28 anni molto alto e molto abbronzato, che mi rivolse un sorriso perfettamente bianco e luminoso, mentre si passava una mano fra i capelli biondo cenere. Risposi un po timidamente e continuai a provarmi gli scarponi, lanciai un'occhiata a Dylan, stava parlando con il commesso e non si era accorto di nulla, un po ero curioso di sapere come avrebbe reagito, ma un'altra parte di me non aveva il coraggio di provare, ancora una volta perché non sapevo che risposta avrei voluto da lui.
Codardo soffocai quella vocina interiore con un cuscino immaginario e continuai a farmi i fatti miei quando una voce mi chiese allegra 
-É la prima volta da queste parti? Non ricordo di averti mai visto prima-
Sorpreso sollevai il viso era il ragazzone biondo
-Oh, Be ciao!- mi schiarii la gola, da quando ero timido? Ma soprattutto erano tutti così sfrontati in montagna? -Si è la prima volta da queste parti-
Il suo sorriso si allargò. Non ero un novellino. Sapevo esattamente cosa stesse pensando quel tipo: sesso facile perché quasi sicuramente non mi avrebbe rivisto più. Era strano. Fino a poco tempo prima lo avrei sbattuto da qualche parte senza problemi, anche perché ero d'accordissimo con quel tipo di mentalità, ora invece pregavo solo che Dylan s'intrattenesse il tempo necessario per mandarlo via. 
E poi perché?
Non stavamo insieme.
Non potevamo stare insieme, visto il suo bellissimo e perfetto matrimonio.
-Cameron-
Mi tese una mano e io gliela strinsi
-Alex-
-Da dove vieni Alex?- marcò sul mio nome con fare sensuale e un po di voglia di assaggiarlo venne anche a me
Gli sorrisi
-New York, tu?-
Si umettò le labbra
-Sono di più, sono l'istruttore di sci-
-Peccato..- Mi guardò confuso mentre mi alzavo, mi piegai volutamente davanti a lui per riprendere tutti i miei scarponi, nel frattempo avevo scelto il paio meno costoso, poi gli sorrisi 
-..So già sciare-
Lo mollai li avvicinandomi velocemente a Dylan che appoggiato al bancone mi osservava con fare imperscrutabile, lasciai le altre scatole e gli sollevai davanti al viso quella che avevo scelto
-Ti ridarò tutti i soldi-
-Devi ancora finire di ridarmi la cauzione, non crearti altri debiti va bene così- disse distratto guardando oltre alla mia spalla, poi all'improvviso i suoi occhi fulminarono i miei e mi chiese -Chi è?-
-Cameron- risposi, perché far finta di non sapere di chi stesse parlando? -Fa l'istruttore di sci-
-Credevo sapessi sciare-
Gli sorrisi
-Gliel'ho detto-
Dylan mi guardò per qualche altro istante e poi annuì estraendo la carta di credito. Per un attimo avevo temuto la sua reazione. 
Non volevo rovinare il nostro fine settimana.
 
Dylan era bravo nella discesa libera, ma il mio spirito competitivo mi aveva portavo a sfidarlo un paio di volte, e a vincere in una e a cadere nell'altra. Mi ero divertito, cosa che sinceramente non credevo possibile con Dylan. Insomma il sesso era fantastico e tutto ma di li a ridere con lui, ce ne passava di acqua sotto al ponte.
Mi si accostò mentre io mi rialzavo e cm togliendosi gli occhiali protettivi mi rivolse un sorriso bellissimo e divertito
-Ne devo ancora fare di strada ragazzino-
-Non chiamarmi ragazzino. Siamo pari-
Dylan rise
-Vuoi cadere di nuovo? Mi serve intatto il tuo bel culetto- 
Spalancai sconvolto gli occhi
-Dylan Montgomery! Non credi di essere un po troppo esplicito? Non temi di andare nell'inferno degli avvocati se continui con certe volgarità?-
Alzò gli occhi al cielo e mi ignorò facendomi ridere 
-Allora cosa vuoi fare?-
Ma non ebbi il tempo di rispondergli perché qualcuno veloce si accostò a me, ci voltammo sorpresi. Era Cameron che mi sorrise nella sua posa statuaria
-Forse dopotutto hai ancora bisogno di lezioni-
Non osavo voltare la testa verso Dylan. Mi schiarii la gola e mi sforzai di sembrare naturale
-È stato un caso-
Cameron rise e con voce suadente disse
-Se lo dici tu-
Poi scivolò via. Lo seguii con lo sguardo e poi mi voltai verso Dylan che stava guardando la discesa di Cameron. Non aveva detto nulla, forse non gli importava. 
Sospirai pesantemente
-Ho fame, andiamo?-
Dylan annuì e mi precedette al ristorante. 
 
Non aveva detto nulla su Cameron ne fatto battutine, perciò lentamente le cose erano tornate alla normalità. Stavamo mangiando una zuppa calda al ristorante dello stabilimento quando sentimmo chiamare Dylan. 
Avrei voluto sbattere la testa contro il muro. 
Possibile che non si riusciste a stare tranquilli, anche Dylan sembrava pensarlo dall'espressione cupa che aveva in volto, un istante prima di sorridere e salutare la persona che lo aveva chiamato. 
Mi voltai. Erano una coppia di suoi coetanei. Marito e moglie, entrambi affascinanti, entrambi eleganti. Andai nel panico. Come avrebbe giustificato la mia presenza li? Lo guardai rapido ma lui sembrava serenissimo.
-Claire, William.. Anche voi a sciare-
Claire mi lanciò un'occhiata veloce mentre il marito esclamava 
-Abbiamo approfittato del momento di pausa, sai com'è, bisogna cogliere al volo le occasioni- risero tutti e tre. Io no. Che cazzo c'avevano da ridere?
Dylan mi guardò poi veloce come se si fosse dimenticato della mia presenza li ed esclamò 
-Ah, lui è Alexander, il figlio di Oliver e Ingrid-
Strinsi loro la mano, ora teso. Ma certo, anche loro conoscevano i miei genitori. I ricconi erano come una setta, tutti conoscono tutti, tutti frequentano gli stessi posti.
Improvvisamente sentii il week end romantico andare a farsi fottere
-Ah certo!- Claire rise più amichevole, ora il ragazzo dai capelli bianchi aveva un titolo nobiliare -Credevo che avessero solo due figli Simon e Victoria, a proposito come sta quell'adorabile bambino?-
In un primo momento non capii, poi realizzai che si riferiva al figlio di mia sorella e risposi tranquillo 
-Se l'esorcismo è andato a buon fine meglio-
Tra i tre scese il silenzio. Risi solo io e poi mi alzai
-Se volete scusarmi vado alla toilette-
E mi allontanai veloce e seccato. Pure questa ci mancava. Aprii la porta del bagno con una spinta un po troppo energica, forse ero eccessivamente nervoso. 
Ma le persone vedevano me e Dylan insieme e la prima cosa che pensavano era "che accidenti ci fanno questi due insieme?" E poi subito successivamente realizzavano che era solo il buon Dylan che teneva compagnia al figlio disagiato del suo migliore amico. Perché Dylan era sposato con la meravigliosa Emma ed era impossibile qualsiasi altro scenario.
Mi appoggiai al lavandino e feci cadere la testa in avanti, con il cuore che batteva fortissimo. 
Non che volessi creargli problemi.. Ma perché per la gente era così impossibile vederci come coppia? 
Persino Cameron non aveva pensato per niente che potessimo stare insieme. 
Che problema avevo?
Come se lo avessi invocato proprio Cameron entrò in bagno in quel momento. Lo guardai attraverso lo specchio e sorrisi stanco
-Inizio a crederti uno stalker-
-Ti ho visto entrare tutto solo.. E ho pensato che forse avresti voluto fare due chiacchiere-
-Non mi piace parlare mentre piscio- 
Mi voltai e lui sorrise
-Ok-
In un attimo gli fui addosso, lo schiacciai al muro e mi accorsi di essere alto quanto lui, lo guardai negli occhi, mentre i nostri bacini si toccavano, una scossa elettrica mi attraversò la spina dorsale. Avevo la vista annebbiata, la mente oscurata. Ero in un cavolo di stabilimento sciistico di lusso, con i miei migliori amici dei miei genitori a pochi metri pronti a guardarmi dall'alto in basso, a giudicarmi. E io ero li, con un ragazzo bellissimo, che voleva solo scopare, e poteva essere l'ennesimo schiaffo morale per quel mondo che schifavo da quando ero piccolo, che avevo rifiutato ma che negli ultimi tempi mi stava perseguitando. 
Sentii le mani di Cameron sotto la felpa e chiusi per un secondo gli occhi, poi li riaprii e mormorai
-Sei troppo sicuro di te-
-È vero-
Ghignai e premetti una mano sul suo petto avvicinandomi ancora di più a lui, aveva il cuore che batteva fortissimo. Sorrisi, e lui avvicinò la sua bocca alla mia. Mi baciò e subito fu una lotta di lingua e denti, eravamo eccitati entrambi. 
Volevamo solo quello. 
Ma bastò un attimo per rendermi conto di quanto tutto ciò fosse sbagliato. 
Ero lì con Dylan.
Avevo fatto l'amore poche ore prima con lui. E il fatto che lo considerassi un gesto d'amore bastava a farmi aprire gli occhi per capire che stavo sbagliando tutto, che quella non era la soluzione. 
Io volevo Dylan. 
Volevo ridere con lui. 
Volevo baciare lui. 
Volevo persino conoscerlo. 
Volevo farmi vedere in pubblico con lui.
Era quello il significato di relazione?
Era quello frequentarsi?
Spinsi via Cameron che mi guardò rosso di voglia e sconvolto
-Cosa?-
-Sono qui con una persona-
-Quell'uomo moro? Possiamo anche fare una cosa a tre non è un problema-
Scoppiai a ridere e mi allontanai
-Avvicinati a lui e te lo taglio- con quello lo salutai e uscii dal bagno, aggiustandomi capelli e felpa.
Quasi andai a scontrarmi contro Dylan che con un sorriso esclamò 
-Non tornavi e..-
Si zittì quando vide chi uscì dal bagno subito dopo di me. 
-Alla prossima Alex- Cameron rise e si allontanò. 
Lo seguii con lo sguardo raggelato e poi mi voltai verso Dylan, che mi fissava incredulo, sbattè per un paio di volte le palpebre, poi si passò una mano fra i capelli e sorrise sconvolto scuotendo la testa. 
Sbiancai 
-Dylan non..-
-Sta zitto- sibilò improvvisamente, sollevando una mano -Sta zitto- e poi se ne andò via, lasciandomi solo e con tutte le risposte che volevo in mano. 
Ed era una verità che sinceramente non avrei mai voluto scoprire.

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Capitolo 13
*** Dodicesimo capitolo ***


Dodicesimo capitolo
 
Tornai alla villetta subito, e non mi stupii molto di trovare Dylan seduto sul divano con le valige che ancora non avevamo disfatto davanti. Non appena mi vide sospirò alzandosi
- Bene, andiamo-
Scossi la testa e stranamente timido mormorai
- Non ho fatto nulla con Cameron-
- Oh certo- 
Dylan mi guardò sarcastico e sorrise prendendomi in giro, allargò un braccio e con tutto l'astio che non gli avevo mai sentito fino ad ora sputò fuori
- Mi prendi per un idiota Alex?-
- Se tu smettessi di comportarti come tale no!-
- Hai davvero una bella faccia tosta cristo!-
- Non ho fatto nulla con Cameron! Ok, vuoi la verità? L'ho baciato! E ci avrei anche scopato perché è davvero una troia! Ma non l'ho fatto-
- Ma ti rendi conto delle cose che mi stai dicendo?-
- Si! Ti sto dicendo, che non sono il tuo ragazzo, non ho nessun motivo per rispettarti o per non uscire con altri.- scoppiai a ridere senza allegria e Dylan si passò una mano sul volto dandomi le spalle - Ti sto dicendo che sei sposato e praticamente non ne abbiamo mai parlato, che tu sei a quanto pare il marito perfetto, e io il nulla. Eppure ti sto dicendo che non sono andato con Cameron per te. Come diavolo fai a non capirlo?-
Sentii il mio volto scaldarsi e il mio respiro accelerare. - Credi che se ci fosse stato un altro al posto tuo mi sarebbe importato? Che avrei detto o sto con tizio meglio non ferirlo? Avrei proposto una cosa a tre e mi sarei divertito- 
- È fantastico sapere queste cose, davvero-
Sussurrò ancora teso e io mi avvicinai, lo afferrai per un braccio e lo costrinsi a voltarsi verso di me, i suoi occhi mi sfuggirono, ma mi accontentai di averlo di nuovo davanti 
-È ciò che sono e non mi pare di avertelo mai nascosto-
- Non sono sicuro che mi vada bene- 
- Io sono sicuro che non me l'hai mai detto-
Dylan spostò gli occhi azzurri verso i miei e io trasalii quando mi fissarono arrabbiati e feriti ma comunque bellissimi. In quel momento più che mai sentivo l'assurdo impulso di saltargli addosso e baciarlo ma cercai di contenermi. Non era decisamente il momento. 
- Credevi davvero che mi andasse bene che vai con altri mentre stai con me?-
Lo lasciai andare e sospirai 
- Ti ho già detto che mentre sto con te non vado proprio con nessuno!-
- E quando non ci sono?-
Mi ammutolii e lo guardai sorpreso. È questo cosa voleva dire. Boccheggiai per un po e lui ghignò andando verso le valigie 
- Ma va al diavolo-
Mi voltai verso di lui
- Dylan questo non ha senso-
- Credevi che sarei stato felice che ti limiti a uno quando ci sono io in giro? Alex, stai zitto -
- Non hai alcun diritto di dirmi queste cose. Io non ti chiedo cosa fai quando non ci sono io-
- Lo hai fatto invece, con Margot, e io ti ho risposto. Anche se non ne avevi alcun diritto- ripeté con un filo di cattiveria scimmiottandomi, spalancai gli occhi incredulo e poi sbuffai un 
- Ok, vuoi sapere cosa faccia quando non ci sei tu. Un cazzo Dylan.- iniziai a tremare dall'imbarazzo come se avessi qualcosa di cui vergognarmi. Come se avessi fatto realmente qualcosa di sbagliato. Dylan mi guardò sorpreso e io sollevai le sopracciglia come a sfidarlo - Non mi ricordo nemmeno quando è stata l'ultima volta che effettivamente ho scopato con un altro, perché probabilmente ero fatto e tu eri appena un conoscente. Contento ora? - 
Dylan mi fissò per qualche secondo senza dire una parola e io me ne corsi in camera sentendomi assurdamente umiliato. Non avevo mai permesso a un uomo di tenere in mano la relazione, ero io che guidavo le cose, ero io che dettavo i ritmi del rapporto, e poi arrivava un testa di cazzo simile con la sua stupida Ferrari e mi metteva con le spalle al muro e mi costringeva a dire tutte quelle cose così assolutamente imbarazzanti. 
Lo odiavo. 
Feci per chiudermi la porta alle spalle, quando Dylan ci infilò un piede e mi seguì dentro
- Dicevi sul serio?-
- Dio ma non ti stanchi mai di perseguitare le persone?-
Mi buttai sul letto, e mi parve quasi di sentire Dylan sorridere, affondai il viso nel cuscino per non fargli vedere quanto fosse rosso in quel momento e un secondo dopo sentii il suo fiato sul mio collo. Si era disteso al mio fianco e mi aveva appoggiato il mento tra le mie scapole. Avevo il cuore che minacciava di esplodere da un momento all'altro.
- Sono davvero davvero contento di sapere che non devo condividerti con altri uomini-
Lo sussurrò piano, così piano da essere appena udibile e a me venne voglia di piangere, anche se non avevo alcun motivo di farlo, mi trattenni ma sentii comunque il mio respiro scaldarsi
- Perché?-
- Come perché?-
Il suo tono si era addolcito, e io girai il volto per poter sbirciare verso di lui, i suoi occhi azzurri più teneri erano a pochi centimetri da me
- Perché t'importa? Io sono solo un po di sesso Dylan, presto ti stuferai e tornerai alla tua vita perfetta-
Non si scostò ne si arrabbiò mi chiese solo
- È questo che pensi?-
Annuii e mi sollevai a sedere costringendolo a fare lo stesso
- Penso che ami Emma ma probabilmente eri solo annoiato e hai trovato me.- 
Dylan mi guardò negli occhi per qualche istante e non disse nulla, sorrisi tristemente - Non è che non vado con altri perché ti devo qualcosa, non lo faccio perché voglio te, voglio solo te. Vorrei chiederti se tu non vai più a letto con tua moglie per lo stesso motivo ma non voglio sentire la risposta -
Mi alzai e mi chiusi in bagno non appena lui abbassò lo sguardo senza riuscire più a dire una parola.
 
Non sapevo dire per quanto tempo fossi rimasto disteso nella vasca a idromasaggio vuota e con i vestiti addosso a fissare il soffitto con la speranza che Dylan uscisse e non dovessi vederlo per un po. Ma non sentii il portone sbattere è presto mi venne fame, così raccolsi tutto il mio coraggio e mi decisi ad uscire da qual maledetto bagno. Dylan non era in camera e sperai che magari lui fosse uscito veramente in un mio attimo di distrazione. Con un sospiro andai in cucina e trovai un sandwich sul tavolo, con accanto una birra, mi tornò quella strana voglia di piangere quando lui alle mie spalle mormorò 
- Non so cucinare mi dispiace-
Voltai appena il viso e lo trovai sui gradini che dividevano la sala da pranzo dal salone con le mani nelle tasche dei pantaloni e lo sguardo più consapevole di pochi minuti prima, meno spaventato o confuso, solo più se stesso. Non mi aveva abbandonato li, in mezzo alla neve, non appena avevo pronunciato il nome di Emma era già qualcosa.
- Di solito ceno con i pop corn va benissimo grazie-
Mi sedetti per mangiare, quando Dylan si decise a parlare di nuovo
- L'ultima volta che ho fatto qualcosa con mia moglie ho pensato a te-
Ecco, mi era passato l'appetito. Lasciai il panino nel piatto e stanco mi appoggiai contro lo schienale della sedia
- Credi che ne sia lusingato? Perché diavolo me lo stai dicendo?- mi alzai di scatto guardandolo incredulo lui non si scompose e mi rispose come se gli avessi chiesto del tempo 
- Perché non è una scopata -
Rimasi a bocca aperta e Dylan mi sorrise un po folle
- Io penso di continuo a te, vedo Oliver e passò metà del mio tempo a chiedermi perché diavolo non apprezzi di più ciò che sei e l'altra metà del tempo a guardargli gli occhi perché sono come i tuoi, lo trovi normale?-
Scoppiai a ridere
- Non provare ad andare a letto con lui non lo apprezzerebbe -
- Non scherzare - mi zittì tagliente - Io vorrei passare il mio tempo libero con te. Tornare a casa e trovarti lì, raccontarti del lavoro, venire a sentirti suonare, mi piace persino litigare con te per Margot, quella povera ragazza non ha fatto nulla di male-
- Povera ragazza?! Quella vuole scoparti!-
Dylan rise
 - Visto? Mi piace tutto questo Alex! Credi che mi piacerebbe se fosse solo sesso?-
Scossi la testa e borbottai un patetico non lo so che lo fece spazientire un po - Emma è stata la mia compagna per anni non l'ho mai desiderata come desidero te-
Buttò lì la bomba e io mi dovetti appoggiare con la mano allo schienale della sedia per non cadere.
Non era una dichiarazione d'amore vero?
Mi guardò con aria di sfida e porca puttana lo era. 
Deglutii e cercai di essere più stronzo possibile quando esclamai
- Magari è perché sei solo un frocio represso-
Dylan ghignò capendo perfettamente il mio gioco e sollevò un sopracciglio
- Perfetto per capirlo dovrò solo andare con un altro giusto? Quell'idiota che hai rimorchiato al negozio potrebbe essere disponibile per provare -
Mi presi il labbro inferiore tra i denti e cercai di non arrivargli un pugno per averlo solo pensato
- Me lo aveva già proposto vedi?-
- Perfetto mi basterà cercarlo -
Era un maledetto figlio di puttana.
Mi guardò soddisfatto sicuro di avermi messo in trappola, rafforzai la presa sullo schienale della sedia e ottuso ribadii 
- Perfetto -
Dylan assottigliò lo sguardo di ghiaccio e poi scosse la testa quasi con rassegnazione. 
Rise piano, e andò verso il salone, lo seguii con il cuore che accelerava pericolosamente nel petto e lo vidi afferrare la giaccia
- Non aspettarmi sveglio - 
E uscì. 
Rimasi per qualche secondo a fissare il portone chiuso, sperando di vederlo rientrare ma non accadde, e io mi sentii solo solo un povero coglione.
 
Quello era l'unico locale della zona, per cui se tanto mi dava tanto e se quel tipo, Cameron, era davvero simile al sottoscritto, doveva essere per forza li, ad ubriacarsi, e a cercare di rimorchiare il mio ragazzo. Anche se non potevo davvero definire Dylan così. Sospirai pesantemente e mi passai una mano fra i capelli bianchi mentre la musica assordante mi impediva di ascoltare anche i miei stessi pensieri. Mi guardai intorno e trovai solo troppe facce che si confondevano per colpa delle luci basse. 
Quella vacanza si stava rivelando fin troppo stressante. 
Mi feci largo tra la folla ignorando le ragazze e i ragazzi che mi guardavano e sperai che Dylan fosse lì. E se aveva incontrato qualcun altro? Dylan era un bell'uomo, attirava certamente l'attenzione, non avrei dovuto lasciarlo uscire solo. 
Sospirai e pregai che fosse lì. Altrimenti dove diavolo sarei potuto andare a cercarlo?
Mi maledii continuando a guardarmi intorno, e poi finalmente lo trovai.
Mi dava le spalle, era seduto a un tavolino davanti a quel tipo e sembrava abbastanza rilassato. Altro che frocio represso. Sembrava fin troppo a suo agio per i miei gusti. Esitai, ma quando vidi la mano di Cameron avvicinarsi al suo braccio, camminai verso di loro prima ancora di rendermi conto che ero incazzato come una bestia.
-Andiamo- 
Dylan sollevò lo sguardo verso il mio e non sembrava neanche troppo sorpreso di vedermi li, sorrise divertito e allungò un braccio sullo schienale della sedia accanto al suo ruotando leggermente il busto verso di me, Cameron invece esclamò 
-Tu sei il ragazzo del bagno.. Alex vero?-
Sorrise guardando Dylan piacevolmente stupito
-Tu sei il suo ragazzo!-
Dylan rise mentre io arrossivo come una scolaretta
-No no io sono quello con cui scopa-
Lo guardai scioccato 
-Hai bevuto per caso? Andiamocene-
-Non ho bevuto. È quello che hai detto tu, perché non ti rilassi?-
Fissai i suoi occhi azzurri con rabbia e paura. Dove voleva spingermi? Strinsi i pugni, e rimasi ad osservarlo senza riuscire a dire una parola. Qualcosa nel volto di Dylan vacillò, fece per dire altro, ma Cameron si alzò precedendolo 
-Si rilassati, prenditi una birra e siediti, sei carino possiamo divertirci- 
Guardai oltre la sua spalla e vidi che ora Dylan era fottutamente serio. Cameron mi toccò la spalla e lui seguì il movimento attentamente e il suo sguardo cambiò, non amava che qualcun altro mi toccasse, beh benvenuto nel club stronzo. Esitai. Fino a 24 ore prime avrei colto al balzo l'occasione per provocarlo un po, mi sarei seduto e avrei fatto lo scemo con quel ragazzo volutamente solo per farlo arrabbiare, avrei spinto tutti e tre fino a casa sua per portare Dylan al limite. E sarebbe stato divertente vederlo arrabbiato mentre mi trascinava via da li. E sarebbe stato ancora più divertente fare l'amore con lui dopo aver litigato. Solo io e lui. Ma quella volta rimasi in silenzio a fissare Cameron come se fosse qualcuno da eliminare e basta. Ma che diavolo voleva quel ragazzo?
- Si Alex perché non ti siedi?-
Guardai di nuovo Dylan. Ma faceva sul serio?
- Vieni a casa. - 
Sorrise di nuovo, era evidentemente sollevato che non fossi in vena di threesome quella sera.
- Perché? Mi sto divertendo -
- Senti ho capito ok? Ora alzati e vieni a casa - 
- Cosa hai capito? Perché io devo ancora finire di schiarirmi le idee - 
Spalancai gli occhi
- Tu non vuoi andare a letto con quest'idiota! Lo fai solo per provocarmi! -
Cameron mi guardò arrabbiato 
- Ehi! - 
Lo ignorai perché avevo un pugno pronto per lui
- E anche se fosse a te che importa? È solo sesso no? Non credo che tu vada in giro a fare scenate a tutti quelli che ti porti a letto -
Le mie guance si scaldarono. Le ultime parole gli uscirono con un tono di voce più duro e io divenni piccolo sotto la sua presenza.
Cameron questa volta intervenne con un tono di voce più duro
- Senti ci stavamo divertendo prima del tuo arrivo per cui perché non te ne vai tu a casa? - 
Si stavano divertendo?! 
Quelle parole mi rimbombarono dentro due o tre volte prima di voltarmi e colpirlo dritto sotto la mascella, Cameron vacillò per un po e io lo afferrai per il maglione che portava sbattendolo contro il tavolo, mi ridiede il pugno, ma lo afferrai di nuovo, perché visto la posizione di svantaggio era stato piuttosto debole, stavo per colpirlo ancora, quando Dylan mi afferrò per un braccio trascinandomi via e tranquillizzando al tempo stesso il proprietario del locale. 
Fuori l'aria della notte era piacevole e pungente, presi una serie di respiri profondi cercando di calmarmi, quando la sua voce mi arrivò dura alle orecchie
- Ehi Rambo cosa diavolo credevo di fare?-
Mi voltai verso di lui sconvolto
- Io?! Cosa diavolo credevi di fare tu! - 
Dylan mi guardò con quella che doveva essere la sua faccia da avvocato migliore. Fredda e impassibile.
- Non capisco -
Gli arrivai una spinta, mi doleva la mano ma lo ignorai perché al momento ero davvero arrabbiato con lui
- Se non fossi arrivato io ci saresti andato a letto? Rispondi stronzo! - 
Lui continuò a guardarmi come se gli avessi detto che era finito il latte, forse un po' infastidito ma tutto sommato tranquillo.
- Dovevo capire no? - 
- E cosa diavolo hai capito puttaneggiando tutta la sera con quel coglione eh? Sentiamo! - 
Aggrottò perplesso la fronte 
- Puttaneggiando?! - 
Lo ignorai
- Voglio una risposta! - 
- E tu? Quando diavolo ti deciderai a rispondere tu? Hai capito qualcosa Alex? O con te si deve sempre ricominciare da capo? - 
Il suo improvviso attacco mi fece indietreggiare di un passo, dalla mia bocca uscì uno sbuffo di respiro condensato, ma non dissi nulla, Dylan scosse la testa e mi superò tornando verso casa, lo seguii stando attento alla strada ghiacciata, e per un po non riuscii a parlare, poi lo afferrai per un braccio fermandolo 
- Ti avrei ucciso se fossi andato con lui -
Dylan mi guardò cercando i miei occhi
- Perche? - 
Sospirai stanco 
- Ma come perché Dylan? - 
- Si, perché? - 
- Non sono io quello sposato, non sono io che devo rispondere a questa domanda -
Questa volta mi divincolai dalla sua presa e feci per superarlo, quando lui mi fermò di nuovo
- Mi sembra di essermi esposto molto più di te - 
Scoppiai a ridere scettico
- Per quello che mi hai detto prima? E credi che possano competere con una relazione perfetta di 10 anni? Dylan non prendermi in giro -
Mi lasciò il polso e lo odiai per questo sentivo improvvisamente molto più freddo. Mi guardò negli occhi e con voce più calma mi chiese
- É questo il problema? - 
- Qui ci sono così tanti problemi che non riusciamo neanche a fare un week end senza farne un dramma - 
Sorrise tristemente e annuì passandosi una mano fra i capelli, si umettò le labbra fredde e mormorai teso
- Per me non sei come tutti gli altri - mi guardò sorpreso e io sorrisi alzando le spalle - Non mi faccio portare a sciare da tutti, di molti non ricordo il nome e non mi interessa neanche saperlo. Dylan non sei mai stato solo una scopata. - 
Dylan mi fissò per un lungo istante più sospirò 
- Era così difficile ammetterlo? - 
- Sarà difficile quando mi mollerai. - 
Dylan si accigliò 
- Pensi questo? - 
Scettico gli chiesi
- Tu no? - 
Mi rincamminai verso casa, Dylan mi seguì, entrammo dentro, ma lui mi afferrò per un polso e delicatamente mi sospinse contro il muro, mi prese il viso tra le mani e premette le labbra contro le mie, risposi subito, malgrado non fosse il momento più adatto per qualcosa del genere.
- Tu proprio non riesci a capire quanto sia difficile per me vero? - 
Le sue labbra erano a un millimetro dalle mie, le sue mani mi carezzavano ovunque e i suoi occhi ispezionavano ogni centimetro della mia pelle, sospirò stanco e io mi aggrappai a lui disperato 
- Prova a spiegarmi allora..- 
Annuì 
- Potrei amarti Alex - 
Quelle parole mi tolsero il respiro e non riuscii a dire nulla, lui mi carezzò una guancia e mormorò 
- Anzi sono piuttosto sicuro di amarti, non sarei mai andato con quel ragazzo e non perché non mi attragga, ma perché voglio te. Ma volevo solo capire se per te è lo stesso. - 
Avevo il cuore che minacciava di esplodere da un momento all'altro e le gambe che tremavano pericolosamente, ero letteralmente paralizzato dal terrore.
Amavo Dylan? 
Sollevai una mano e l'appoggiai sulla sua, con un sospiro tremulo avvicinai la mia fronte alla sua e chiusi gli occhi. Il suo corpo era caldissimo e stava scaldando il mio. Era così bello averlo accanto che mormorai sincero
- Potrei.. Potrei amarti anch'io - 
Non avrei mai pensato di dire una frase del genere. I miei amici mi avrebbero preso in giro per giorni, io stesso mi sarei preso a calci da solo non appena avrei realizzato cosa avevo appena ammesso.
Dylan sorrise accontentandosi per il momento di quel semplice potrei, mi baciò di nuovo con dolcezza, e realizzai che lui mi aveva sempre toccato come se fossi qualcosa di delicato, fragile, e al tempo stesso prezioso. Lui era l'unico a tenere a me in quel modo. Era così bello che ebbi voglia di piangere, mi tratteni per un soffio e Dylan mormorò 
-Era così difficile? - 
Sorrisi guardandolo
- È ancora difficilissimo - 
- Non ho voglia di lasciarti. -
- Buono a sapersi - 
Dylan si morse un labbro inferiore e poi mi accarezzò di nuovo il viso 
- Se ora ti vedo con qualcun altro ti taglio il cazzo - 
Scoppiai a ridere e passai le braccia intorno al suo collo, la tensione si alleggerì improvvisamente
- Molto di classe signor Montgomery -
Mi baciò con forza, quasi possessione e io glielo lasciai fare. Perché era bello appartenere a qualcuno, anche solo momentaneamente. 
- Ovviamente vale anche per me - 
Dylan ghignò e mi trascinò nella camera da letto. Era inclusa Emma nel mio discorso, sperai lo avesse capito, non glielo chiesi. 
Non avevo voglia di iniziare una nuova discussione. 
Per quel giorno andava bene anche così.
 
N.d.A
E sono tornata!! Con un nuovo capitolo, fresco fresco e spero di avere i vostri pareri, non ho molto da dire, sono due personaggi molto fragili. Alex ha paura di essere un passatempo e in fondo per Dylan è lo stesso, per questo entrambi sono stati piuttosto frenato fino a questo momento. Non si conoscono benissimo e la paura di affrontare certi argomenti li ha sempre frenati, ora cosa accadrà? Sinceramente non lo so! Al prossimo capitolo :) 

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Capitolo 14
*** Tredicesimo capitolo ***


Tredicesimo capitolo
 
 
Una scia di baci mi svegliò. Potevo ammettere a me stesso che era un bel modo per iniziare la giornata. Sospirai restando ad occhi chiusi, mentre la bocca esperta e dolce scendeva verso il basso, la sentii sorridere contro la mia pelle, fermarsi sospesa vicino al mio fondoschiena e poi risalire lenta, fino al mio orecchio, mordere un lobo, e sussurrare bassa e sensuale
- Sei pigro -
Mugugnai assonnato
- Stavi andando così bene.. Sta zitto -
Lo sentii ridere e mordere leggermente la mia mascella 
- Non vuoi uscire? -
- Dopo ieri? Voglio restare chiuso qui con te che mi vizi -
La sua mano scivolò sulla mia spina dorsale 
- Mi piace viziarti -
Sorrisi ad occhi chiusi, la sua voce roca era già una coccola 
- Siamo in due allora -
Dylan si appoggiò con le mani ai lati del mio corpo, sovrastandomi
- Hai una pelle molto dolce -
Aprii un occhio e mi trovai il suo sguardo azzurro che mi copriva, rotolai trovandomi ancora sotto di lui ma con la possibilità di guardarlo, e passai le mani sul suo petto fino a salire sulle sue spalle 
- Odio essere svegliato lo sai -
Dylan ghignò
- Odi tante cose, chi ci fa più caso - 
Scoppiai a ridere e sollevandomi lo baciai, Dylan mi cadde addosso e mi abbracciò mentre il bacio si trasformava in qualcosa di più, le sue mani vagarono sulle mie gambe, che allargai e cinsi ai suoi fianchi, la sua bocca scese sul mio collo, e io sospirai offrendoglielo, perché Dio se si fosse fermato in quel momento avrebbe scoperto un lato del mio carattere particolarmente violento. Non so come fece ma riuscì ad afferrare uno dei preservativi, e dopo una preparazione un po rapida, mi riempì. Sospirai correndo a baciarlo. 
Era mio. Solo mio.
 
- Davvero non vuoi uscire? -
Mi sedetti al tavolo della cucina e misi in bocca un cucchiaio di cereali, lo inghiottii e scoppiai a ridere mentre lui beveva il suo caffè nero.
- Assolutamente no, sto bene con te, finché non vedo persone, per cui..  -
- Non ti ho portato qui per stare chiusi in casa -
- Si perché non andiamo a sciare, ah no aspetta c'è quel coglione che ho preso a pugni ieri per colpa tua.. Potremmo andare a pranzo fuori, aspetta, ci sono gli amici dei miei genitori che poi sono i tuoi amici! Io resto qui, se tu vuoi esci -
Dylan alzò gli occhi al cielo
- Punto primo, Cameron è stata tutta colpa tua, punto secondo, non è detto che incontriamo qualcuno oggi - 
- È meglio se taci, su entrambi i punti -
Per questa volta Dylan non insistette oltre e io sorrisi tra me e me. Dylan sospirò e venne a sedersi accanto a me
- E se andassimo a fare un giro da qualche parte lontano da qui? -
Lo guardai un po incantato dal suo sguardo, ma il mio tono fortunatamente uscì comunque sarcastico
- Cioè.. Mi stai proponendo di scappare dalla nostra vacanza? -
- Esattamente - 
Scoppiai a ridere, e lui inclinò leggermente il capo di lato. 
Semplicemente irresistibile.
Roteai gli occhi e sbuffai con il cuore che sfarfallava un po
- Fa un po come ti pare -
Sorrise vittorioso e io non riuscii più a reggere il suo sguardo. 
Era abbagliante.
 
Fu una bella giornata in realtà. 
Andammo in un paese vicino dove c'era una piccola fiera e fu divertente comprare qualche regalino a Ko e agli altri mentre provavamo specialità del luogo, e stavamo attenti a non spaccarci un ginocchio con il ghiaccio.
Era strano. Ero abituato a tutt'altra vita. Alcool e discoteche. Era raro che alle 11 del mattino fossi in piedi o che respirassi dell'aria pulita di mia spontanea volontà. Eppure quel giorno non sentii la mancanza di nessuna di queste cose. Non amavo le smancerie in pubblico, per cui non lo prendevo o baciavo per strada, ma la sua semplice presenza bastava a rendermi tranquillo, vederlo al mio fianco, poter parlare con lui o chiedergli un parere su un cappello era già tanto per me. Era tutto. Potevo abituarmi a quella vita. 
Tutto questo era terrificante. 
Quando tornammo alla villetta quella sera eravamo stanchi ma felici, finimmo per fare l'amore in salotto, e poi sotto la doccia. 
Era stato un week end pieno, stressante ma bellissimo e purtroppo era finito. Quella sera saremmo tornati a casa. 
Iniziai a mettere a posto le mie cose e lui le sue, in silenzio, perché tornare a New York significava anche tornare a quella situazione incerta e complicata che ormai erano le nostre vite. 
Mi sentivo pesante e stanco. Sapevo che era lo stesso per lui, per questo non parlava e cercava di non guardarmi. Sapevo anche che tutto era molto più doloroso per Dylan di quanto non fosse per me. Aveva detto di amarmi. Ma c'era tutto il suo mondo in ballo, il matrimonio, il lavoro, gli affetti.. Lasciare Emma e accettare me voleva dire perdere tutte queste cose. E io ero un ragazzino rispetto a lui. Sapevo che tutto ciò lo spaventava, non potevo fargliene una colpa. Mi avvicinai e lo abbracciai da dietro, Dylan sospirò e accarezzò le mie mani unite sul suo petto
- Come siamo dolci... -
- Non prendermi in giro, potrei mordere da un momento all'altro - 
Rise e mi strinse a se, appoggiai il mento sulla sua spalla e gli baciai il collo
- Andrà tutto bene lo sai? - 
Mi guardò con la coda dell'occhio e poi mi trascinò sul letto, ci si sedette sopra e mi mise a cavalcioni su di se. Non ero piccolo, ma non si lamentò comunque del peso
- Sei preoccupato per me? - 
Feci una smorfia di disappunto e passai le mani fra i suoi capelli neri scoprendogli il viso 
- Se sei depresso non sei più divertente e se non sei più divertente diventi solo un inutile vecchietto. Non sono pronto a fare il badante - 
Dylan sospirò pesantemente 
- Sei un bastardo -
Scoppiai a ridere e mi chinai a baciarlo, Dylan rispose dolcemente e io lo guardai negli occhi. Erano bellissimi. Così profondi da potercisi perdere dentro. 
Stavo diventando davvero troppo sdolcinato, però mi ritrovai a dire sicuro 
- Andrà davvero tutto bene -
- Me lo prometti? - 
- Certo - 
Dylan sorrise. 
Mi afferrò per la nuca e mi baciò con forza, stavo per perdere il controllo quando squillò il suo iPhone. Lo prese e osservò perplesso lo schermo. Seccato pensai che fosse Emma, mi alzai e feci per tornare alla mia borsa quando lui rispose
- Oliver dimmi -
Lo guardai sorpreso e atterrito. 
Cazzo Oliver! Quasi preferivo fosse Emma.
Dylan si chinò in avanti ascoltando la voce di mio padre dall'altro capo del telefono, appoggiò i gomiti sulle ginocchia e si portò una mano sul viso stanco. Fino a tre minuti prima stava vagliando l'eventualità di riscoparsi il figlio, non doveva essere affatto  facile per lui. 
- Si.. Lui.. È qui..- 
Mi guardò e io spalancai gli occhi terrorizzato.
- Se lo incontro glielo dirò.. - sospirò - Torno a casa stanotte avvertirò anche Emma, ciao, grazie - 
Riattaccò e fece una smorfia
- Domani è l'anniversario dei tuoi, siamo invitati a cena -
Tirai un sospiro di sollievo 
- Oh Be.. Io ecco.. Ho un impegno, un grande impegno con.. Gli alcolisti anonimi -
Dylan alzò un sopracciglio 
- Sei serio? - 
- Quando l'anno scorso ho detto loro che avevo delle ore di servizi sociali da scontare ci hanno creduto, perché non tentare anche quest'anno? -
- Ecco perché non ti avevo mai incontrato -
Gli sorrisi
- Sei stato fortunato, immagina l'imbarazzo se avessi perso la testa per me quando ero un minorenne - 
Fece una smorfia
- Non farmici pensare.. Comunque quest'anno devi esserci per forza -
- Ah si? Chi l'ha detto? Ingrid? Neanche se mi legano imbavagliano e..-
- Sarà al ristorante in cui lavori tu, per cui o sei seduto al tavolo o a servirci, visto che tuo padre si è accertato che fosse il tuo turno domani -
Lo guardai sconvolto, lui annuì e io mormorai 
- Lo odio quel maledetto figlio di.. -
- Ehi - 
- Ehi un corno! Mi ha fottuto! -
Dylan sospirò pesantemente e non aggiunse altro. 
- È tutta colpa di quei pettegoli del cazzo dei vostri amici! Sono corsi ad avvertirlo che ero qui! Io.. Io do fuoco alle loro auto! -
- No infatti, meno male che ti ho conosciuto ora che sei così maturo e adulto -
Mi voltai verso di lui incazzato nero
- Ti ignoro, solo perché devo risparmiare tutte le mie energie per domani sera, ma sappi, che me la lego al dito -
E corsi a raccattare le mie poche cose in bagno.
Ancora non eravamo in viaggio, e già l'odore di casa ci stava allontanando di nuovo. 
 
Laura mi saltò addosso non appena varcai la soglia di casa, mi urlò nell'orecchio, e poi mi rimase attaccata come un koala per tutto il tempo in cui salutai anche gli altri. Ko mi sorrise e mi chiese
- Allora? -
- Abbiamo trovato uno che voleva fare una cosa a tre -
Scoppiai a ridere di fronte alle loro espressioni sconvolte. Si aspettavano seriamente racconti romantici e sdolcinati? Chris borbottò uno stanco
- È sempre lo stesso.. - 
Matt mi tirò il pacchetto di sigarette e mi chiese
- Usciamo stasera? -
Ci pensai un po su e poi gli sorrisi
- No, stasera no.. Sono stanco -
È sempre col sorriso sulle labbra me ne andai in camera.
 
Mi bastò entrare nel ristorante per avere la conferma di aver fatto un enorme cazzata ad andare li.
Mi aggiustai la giacca dal taglio elegante che mi aveva prestato Matt, e che mi stava decisamente troppo grande, e mi incamminai con passo deciso verso il bar visto che tutto ciò era una trappola del cazzo per il sottoscritto.  
- Joseph, un drink, uno qualsiasi, mettilo sul conto dei Larsen..- 
- Alex! Non ti avevo riconosciuto... Sei... Bianco? -
Sorrisi un po teso verso Derek 
- Preferisco dire biondo.. -
Mi guardò con un bel sorriso sul volto che servì solo a far aumentare il mio imbarazzo, mi schiarii la gola e presi il bicchierino che era appena comparso sul bancone
- L'ho fatto solo per procurare un infarto a mio padre, sono anni che ci provo, non sono bravo ad accettare una sconfitta -
Lui rise credendo che scherzassi
- In realtà stai benissimo-
- Sapevo che il verde acqua sarebbe stato migliore -
- Questo colore ti mette in risalto gli occhi -
Arrossì non appena finì di pronunciare quelle parole e io gli sorrisi intenerito
- Grazie.. -
- È un po che non ti vedo! - esclamò per cambiare discorso - Credevo saresti venuto a lavorare sabato -
- Week end in montagna, con.. Amici.. Non amo la neve, ma ehi se serve a saltare un turno di stressante lavoro!- 
Ridemmo entrambi sollevati di aver superato il momento d'imbarazzo, con la coda dell'occhio vidi entrare i quattro cavalieri dell'apocalisse. 
Oliver, Ingrid, Emma e Dylan.
Parlavano tranquillamente e perfino Dylan sembrava perfettamente a suo agio, o era un attore bravissimo o non gliene fregava niente del gran casino che era quella serata. Ma cosa pretendevo? Che si comportasse come un martire sul patibolo? 
Nessuna paranoia Alexander, nessuna paranoia, nessuna..
- Già al bar, hai un problema te ne rendi conto? - 
La voce esasperata di mia madre mi diede la conferma che era stata una pessima idea andare a quella cena. 
- Non ve l'ha detto Dylan? Ho saltato un incontro dagli alcolisti anonimi per questa buffonata.. Oh pardon per questa celebrazione.. Ma sono ancora in tempo per.. -
- Fermo dove sei. - il tono perentorio di Oliver mi bloccò sullo sgabello. Gettai un'occhiata a Dylan ed Emma e notai che la cravatta di lui era abbinata al vestito grigio antracite di lei. Repressi un conato di vomito e lo salutai con un involontariamente ironico
- Buonasera -
Emma rimase al braccetto di Dylan e mi sorrise scrutando i miei capelli 
- Buonasera Alexander, Dylan mi ha detto che eri anche tu in montagna.. -
Mi schiarii la gola mentre Dylan continuava a guardarmi senza farmi capire un accidenti di ciò che stava pensando.
- Si ero con amici.. -
Lei mi sorrise un po più forzatamente del solito
- Ma che coincidenza.. -
Dylan sospirò e io lo guardai perplesso.. Mi ero perso qualcosa? Derek attirò la mia attenzione appoggiandomi una mano sul braccio, mi voltai verso di lui un po a disagio 
- Facciamo un giro dopo? - abbassò la voce per non farsi sentire dai miei parenti, ma io sentii comunque quel paio d'occhio perforarmi la schiena.
- Io.. Io non lo so.. -
Derek mi sorrise
- La solita birra Alex, ti salvo dai tuoi genitori se non hai finito di cenare quando stacco - mi feci una risata, non pensavo che fosse una buona idea, ma anche Emma aveva iniziato a fissarmi, e dal modo in cui stringeva possessiva suo marito, forse era meglio accettare.
- Si dai.. Tu mi apri la finestra del bagno, li distrai e io scappo al segnale ok? -
Derek sorrise come se gli avessero detto che il Natale si sarebbe fuso col suo compleanno per 365 giorni l'anno e poi si allontanò lanciandomi un occhiolino. 
Inutile dire che non ebbi le palle di voltarmi verso Dylan.
L'ingresso di Simon, Victoria marito e prole mi salvarono.
- Ora siamo al completo, evviva! - 
Bob si asciugò la fronte umidiccia con un fazzoletto e Victoria mi lanciò uno sguardo tagliente 
- Ommioddio sei davvero qui?-
Il mostro che si ostinava a chiamare bambino mi arrivò un calcio dritto al polpaccio facendomi un male cane. Mi piegai e sibilai minaccioso
- Scappa prima che decida di usare le tue budella per farmi una collana-
Quello si mise a piangere e mamma esclamò indignata
- Alexander è solo un bambino!-
Ma chi me l'aveva fatto fare ad andare li? 
 
All'inizio venni abbastanza ignorato. 
Tutte le conversazioni furono incentrate sul lavoro di papà Dylan e Simon e io riuscii a respirare per un po. Certo, se Emma avesse smesso di fulminarmi con lo sguardo e io non mi fossi sentito così terribilmente fuori luogo probabilmente sarebbe andata meglio, ma potevo anche accontentarmi, finché mia madre (quella gran donna di mia madre) non esclamò con tono indagatore
- E tu Alexander cosa ci racconti? -
Mi fermai con la forchetta a un millimetro dalla bocca e gli occhi di tutti puntati addosso, cercai di non voltarmi verso Dylan e mi schiarii la gola 
- Nulla -
Emma sorrise fintissima 
- Ma come? Non sei appena tornato da una vacanza? -
Mi schiarii la gola
- Non c'è un granché da raccontare.. -
- Oh suvvia, un ragazzo di vent'anni in vacanza con gli amici e non ha nulla da raccontare? - Emma rise portandosi il tovagliolo alla bocca - Ti ricordi amore delle nostre gite in montagna? - Si voltò verso Dylan e gli toccò con fare casuale la gamba - Dylan aveva una moto all'epoca, poteva anche esserci una tormenta di neve, che mi chiamava alle due di notte, e partivamo senza neanche sapere la meta - Rise e io sollevai un sopracciglio mentre Dylan mi lanciava un'occhiata rapida prima di sorridere ad Emma senza dire nulla. Ingrid annuì 
- Ho visto delle foto splendide a casa vostra -
Oliver esclamò rilassato
- Che bella la gioventù -
Mi era improvvisamente passata la voglia di mangiare quando Emma tornò all'attacco 
- Allora Alex, sicuro di non avere proprio nulla da raccontare? -
Era una sfida? 
Ero piuttosto certo che iniziasse a sospettare che avessi una specie di cotta per suo marito. Dopotutto ero gay dichiarato e negli ultimi tempi dovevo esser stato un nome ricorrente nelle discussioni di famiglia, tra visite in ufficio, cauzioni e vacanze. Era infastidita. Anche se sicuramente non dubitava della fedeltà del marito, lei mi vedeva soltanto come una delle tante troiette che sbattevano le ciglia quando vedevano Dylan. 
In pratica stava marcando il territorio.
Il battito del mio cuore accelerò non appena realizzai ciò che stava realmente accadendo quella sera a quel tavolo. Perché aveva ragione. Io ero proprio quello. Solo che Dylan mi ricambiava. Lui aveva detto di amarmi. Lui mi amava. 
Vero?
Emma sollevò un sopracciglio vittoriosa e io mi sentii di nuovo il ragazzino timido che si vergognava di avere un infatuazione per il quaterback della scuola. 
Ma io non ero più quel ragazzino.
Dovevo solo ricordarlo.
Presi un respiro profondo, poi con la mia miglior faccia tosta imitai la sua espressione arrogante e scivolai con lo sguardo su ognuno di loro prima di dire tranquillo e a mio agio  
- Ho conosciuto un ragazzo - con quella frase conquistai in un attimo l'attenzione di tutti, mio padre perse completamente la voglia di ridere e io sorrisi sollevando l'angolo della bocca in un ghigno malizioso. 
Mi soffermai sugli occhi truccati alla perfezione di Emma e parlai allegramente, come se non mi importasse di nulla - Mi ha proposto una specie.. Ecco.. Non so come dirlo... Una specie di orgia, già. - Mia madre sbiancò e gli altri si zittirono. Sentivo lo sguardo di Dylan perforarmi. Lo ignorai accuratamente e con finta innocenza chiesi ad Emma - Accadeva anche a voi quando scappavate in moto nei gloriosi vent'anni? - Lei smise di sorridere, ma continuò a fissarmi, mi schiarii la gola e continuai a raccontare - È l'istruttore di sci, gran bel ragazzo, piacerebbe anche a te Emma, abbronzato, alto.. Mi ha rimorchiato in un negozio e dopo un'ora ha provato a scoparmi in bagno.. Ma ehi prima devi almeno offrirmi da bere mica sono una troia.. -
- Ora basta! - 
Il pugno di mio padre sul tavolo mi zittì. Riuscii a non trasalire e questo mi rese molto fiero di me. Non ebbi però il coraggio di guardare ne lui ne Dylan che continuava a fissarmi muto. Mi limitai a mantenere lo sguardo sospeso su Emma che lo sostenne tesa quanto me. 
- Perché devi fare sempre così? - 
Victoria rise bevendo dal suo bicchiere di vino
- Perché è un ragazzino volgare e disgustoso -
Simon mormorò all'improvviso
- Non è il momento - 
Gliene fui grato e provai a comunicarglielo con lo sguardo, Simon sospirò e poi disse così come se stesse parlando del tempo
- Io una volta sono stato con due ragazze. Non ricordo neanche cosa è successo, era capodanno, il più grande rimpianto della mia vita, nel senso che sarei voluto essere più sobrio per ricordarmelo - 
Sorrisi tra me e me mentre nella tavolata si ricominciava a respirare. Mia madre sconvolta esclamò 
- Simon! C'è un bambino! -
- Mamma non serve che continui a ripeterlo, l'abbiamo capito -
Guardai Simon ammirato e sorpreso, quasi emozionato e lui parve imbarazzarsi mentre rapido riportava la conversazione sul lavoro. 
Per la prima volta mi sentii davvero felice di sentir parlare di cause e lavoro d'ufficio. Ma soprattutto per la prima volta sentii Simon come mio fratello, e fu bellissimo. 
 
Quando finalmente la cena finì vidi Derek che mi aspettava al bar. Avevo bisogno di una birra e di luoghi a me famigliari, come un locale notturno o un bar squallido. Gli feci segno che lo avrei raggiunto presto e poi mi accostai a Simon 
- Tu ubriaco e con due ragazze?!- 
Simon rise e sottovoce esclamò 
- Cielo no! Ho una morale cosa credi? -
Scoppiai a ridere e gli diedi una pacca sulla spalla 
- Grazie - 
- Non cercare sempre di far arrabbiare papà.. - 
Feci una smorfia 
- Ti sembrerà strano ma non era per far arrabbiare papà.. - 
Simon mi guardò e io mi sentii arrossire 
- Sta attento Alex, se è come penso.. Limitati a far arrabbiare mamma e papà - 
Si allontanò e io mi sentii morire. Aveva capito? Speravo sinceramente di no. Victoria fortunatamente era già andata via, mio padre stava parlando con Dylan fuori, e mia madre improvvisamente mi comparve davanti, mi aggiustò la giacca e disse
- Sembra un bravo ragazzo - 
Mi accigliai 
- Chi? -
- Il cameriere -
Alzai gli occhi al cielo ma le sorrisi
- È un amico -
- Lui vorrebbe qualcosa di più, ti ha guardato per tutta la sera.. - 
Sospirai pesantemente
- Non mi piacciono le relazioni - Mi stupii di scoprire che in parte era una bugia ora, non odiavo più le relazioni, solo che se dovevo averne una, la volevo con una persona in particolare e basta. Persona che era sposata con una stronza incredibilmente intuitiva e gelosa.
- Be, cambia idea. Ci sentiamo tesoro - mi baciò una guancia e uscì dal ristorante, presi un respiro profondo e feci per raggiungere Derek quando la sua voce mi fermò. 
- Non si saluta? - 
Mi voltai e Dylan mi si avvicinò 
- Tua moglie? - 
- In auto con Oliver e Ingrid, siamo venuti insieme, ho dimenticato il telefono, oh eccolo - lo prese dal tavolo e a me venne da ridere
- Scusa patetica Montgomery - 
Dylan fece una smorfia e guardò oltre alla mia spalla
- Ti sta aspettando il tuo amico.. -
- Ho bisogno di uscire un po.. - Dylan sembrava irritato così aggiunsi - E tu devi tornare da Emma. - sospirò e si passò una mano fra i capelli, bene, aveva capito anche lui.
- Senti, a proposito di Emma.. -
Mi presi il labbro fra i denti e poi esclamai deciso 
- Mi ha provocato lei -
Dylan si guardò intorno prima di soffermarsi su di me, non disse nulla ma il suo sguardo fu abbastanza eloquente da farmi capire molte cose e schiarirmi le idee. Distolsi lo sguardo e indeciso mormorai - Non so.. Non so che intenzioni tu abbia.. Se di parlarle.. O no.. Ma lei inizia sicuramente a sospettare.. Di un mio interesse.. Questo.. Questo.. Potrebbe crearci problemi.. Forse per un po è meglio essere cauti -
Dylan si accigliò 
- Cosa intendi dire? -
Gli sorrisi tristemente 
- Ciò che ho detto - 
Dylan mi guardò per qualche istante poi sospirò e a bassa voce disse
- Va bene, allora ci sentiamo - 
Non aspettò neanche la mia risposta che era già fuori dal ristorante. Scossi la testa per scrollarmi quell'orribile sensazione di dosso e poi andai verso Derek. 
Odiavo ciò che stava diventando la mia vita.

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Capitolo 15
*** Quattordicesimo capitolo ***


Terminai la canzone e feci un plateale inchino prima di scendere dal palco con gli altri ragazzi, presi un respiro profondo e mi feci servire un birra dal ragazzo al bar, l'unico lato positivo di quell'idea del cavolo di fare il musicista erano le consumazioni gratis a fine serata, bevvi un lungo sorso finché due mani non mi sfiorarono i fianchi, sorrisi voltandomi sapendo esattamente chi avrei trovato. 
Derek mi sorrise e io ghignai osservandolo
- Ormai sei una specie di groupie, ti manca una maglietta con la faccia di Chris e poi sei perfetto -
Derek mi rivolse uno dei suoi sorrisi più smaglianti
- Ok, però preferirei la tua faccia se posso scegliere -
Scoppiai a ridere appoggiandomi al bancone. Era passato un po di tempo dal week end in montagna, Derek era uscito con noi spesso e potevo ammettere almeno a me stesso che mi trovavo bene con lui, ci provava sempre più spudoratamente, ma non mi importava, non ero una ragazzina timida, qualche battuta non mi sconvolgeva più di tanto.
Era altro a sconvolgermi. 
Anzi, qualcun altro. 
Dylan non si era più fatto sentire molto, ero stato io a chiedergli spazio, ma non intendevo in questo modo. 
Qualche telefonata e un paio di sms in quanto? 10 giorni? Due settimane? Forse anche di più.. La cosa che più mi infastidiva era sentire così forte la sua mancanza. Non si trattava di sesso. Mi mancava il suo sorriso, la sua voce, il suo modo di parlare, la sensazione di pace che provavo ogni volta che ero vicino a lui..
- Ehi Alex, ci sei ancora? -
Voltai il viso verso Derek e gli chiesi
- Hai mai avuto un ragazzo? - 
Derek sbatte i suoi occhioni un paio di volte e poi un po imbarazzato mi richiese
- Cioè.. Se ho mai avuto una relazione? - annuii e lui sospirò - Si.. Una volta - 
- Per quanto tempo? - 
- Due anni -
Spalancai incredulo gli occhi 
- Stai scherzando? -
Derek sospirò appoggiandosi al bancone 
- No, è stato al liceo, lui.. Era uno dei miei migliori amici. È stato il mio primo bacio, la mia prima volta, il mio primo tutto -
Ci pensai un po, poi quasi spaventato gli chiesi
- Perché è finita? -
Derek sembrava stesse facendo uno sforzo immane per raccontarmi quelle cose
- È andato al college, e dopo il primo mese si è trovato una ragazza, una tipa del corso di algebra avanzata, una secchiona in pratica, così ho scoperto che oltre ad essere uno stronzo era anche bisex - feci una smorfia e Derek si riscosse domandandomi
- Ma perché tutta questa curiosità? -
Alzai le spalle e non dissi nulla, Derek alzò gli occhi al cielo ed esclamò 
- Laura mi ha detto che frequenti una persona.. -
- Frequentare è decisamente un parolone -
Non ci credevo neanche io alle parole che dicevo. Perfetto.
- Eppure sono secoli che non ti vedo con qualcuno -
- E ti dispiace? -
- Non cambia molto visto che la tua astinenza non è per me -
Mi presi un labbro fra i denti e lo guardai sinceramente dispiaciuto. Non ero stato molto delicato a fare quelle domande proprio a Derek. Io lo vedevo come un amico ma lui no. Dovevo stare più attento. 
- Scusami -
Derek scosse la testa e appoggiò una mano sul mio braccio, mi sorrise 
- Nah, non scusarti, in realtà è piuttosto divertente vederti soffrire un po per amore -
Lo guardai scioccato mentre lui se la rideva  con una faccia da schiaffi comunque molto bella 
- Io?! Ma.. Ma cosa dici?! Di certo non.. Oh fanculo -
Bevvi tutto d'un fiato il mio drink e lui rise 
- Davvero, davvero divertente -
E malgrado tutto sorrisi anch'io, perché era un po il karma che era venuto a prendermi a schiaffi in faccia.

Non sapevo dire come, ma ero finito a dormire da Derek.
Probabilmente l'idea ci era venuta perché casa sua era vicino al club e io ero troppo ubriaco anche solo per immaginare dove avevo lasciato l'auto, fatto sta che il mattino dopo mi svegliai nel suo letto in boxer e con Derek spalmato addosso.
Quest'ultimo particolare pochi mesi prima mi avrebbe fatto piacere, ma ora con un gemito riuscivo solo a pensare che probabilmente Dylan mi avrebbe ucciso, se davvero gli importava qualcosa di me, se fosse venuto a saperlo.
Grugnii e tentai di soffocarmi col cuscino
- Cazzo, cazzo, cazzo! -
Ancora mezzo addormentato Derek sollevò il viso 
- Sei impazzito? -
- Penso a lui appena sveglio. - lo guardai schifato - Mi sono trasformato in una schifosa canzonetta pop -
Derek sembrò rifletterci 
- Alcune canzoni pop non sono male, anzi.. -
Lo gettai di lato in malomodo e mi alzai, cercai i jeans e sbottai
- Io sto vivendo un dramma, e questo è tutto quello che sai dirmi?! -
Derek si sollevò appoggiandosi sui gomiti
- In questo momento sei davvero gay -
- Io sono gay, tu invece sei molto stupido al mattino -
Derek rise non prendendosela e io sorrisi infilando la maglia, ero tornato rosso nel frattempo, cercai di pettinarmi mentre correvo verso l'ingresso
- Ti chiamo! -
Scappai così di fretta che non mi diedi il tempo di sentire la sua risposta.

Ero in auto quando vidi le 5 chiamate perse di Simon, confuso provai a richiamarlo, e dopo un po mi rispose
- Avrei dovuto dare per scontato che non ti avrei trovato a casa di sabato mattina -
Lo ignorai sbuffai e misi un vivavoce mentre maledivo il traffico di New York 
- Sei a casa mia? -
- Si, e dimmi che tu sei almeno in questo stato -
- Nel nostro stato ci sono le palme, gli uomini in perizoma e la tequila a colazione? -
- Alexander -
Sbuffai
- Fammi sognare Simmy, supero dei taxi molesti e sono li, ma è successo qualcosa? -
- Non preoccuparti, ma è meglio se mi raggiungi, così ne parliamo di persona -
- Ok -
Riattaccai e sospirai.
Maledetti sabato mattina.

La prima cosa che vidi quando imboccai la strada di casa, fu Dylan appoggiato alla sua auto, che fumava una sigaretta mentre chiacchierava con Simon, la seconda fu che era bello da morire con una camicia blu e i pantaloni di un abito grigio scuro, la terza fu il quasi infarto che mi venne notando le prime due cose.
Iniziai a prendere respiri profondi, a sudare, a tremare e ad aver voglia di vomitare, ed era ridicolo. Perché avevo fatto sesso con quell'uomo, vederlo ora per strada, in una situazione così normale non avrebbe dovuto provocarmi nulla di tutto ciò. 
Eppure parcheggiai e mi avvicinai ai due come se fossi un condannato al patibolo.
Deglutii uno, due, tre mila volte prima di riuscire a dire con un tono che suonasse normale
- Che comitato d'accoglienza d'eccezione! Prima che dite qualsiasi cosa, mi dichiaro innocente vostro onore! -
Puntai gli occhi su Simon mentre sentivo lui che scrutava ogni centimetro del mio corpo. 
Mio fratello alzò gli occhi al cielo e disse
- Hai un aspetto orribile -
Oh, al diavolo Simon 
- È il fascino del bello e dannato, Simmy ma tu non puoi capire -
Simon sospirò pesantemente, giusto per farmi capire che disapprovava ogni mia parola, sorrisi e mi violentai psicologicamente per trovare il coraggio di voltarmi per un nano secondo verso Dylan
- Fatemi indovinare poliziotto buono e poliziotto cattivo? Tu dal modo in cui non parli sembri davvero quello cattivo -
Lo guardai di nuovo, Dylan diede un tiro alla sigaretta e un mezzo sorriso gli increspò il volto, era sexy da morire, ma il suo silenzio mi diedero una buona scusa per voltarmi verso Simon
- È diventato per caso muto? È per questo che siete qui? No perché nel caso non vi donerò le mie corde vocali, non m'importa di quello che dice papà, io.. -
- Bene, se Alex ha finito di parlare a sproposito io direi di salire, fare colazione e parlare del motivo per cui siamo qui -
Sorrisi a Simon poi con un gesto plateale aprii ai due il portone del palazzo, mi feci da parte per farli passare, e Simon fu il primo ad entrare, Dylan non mi gettò neanche un'occhiata mentre seguiva il collega.
Ebbi di nuovo voglia di vomitare.
Mi aspettava una lunghissima giornata.

Feci loro il caffè, e lo portai a tavola, quando feci per correggere il mio con della vodka Dylan me la tolse di mano e con voce profonda disse
- Mi sembra che ti sei divertito a sufficienza, cerca di restare sobrio fino all'ora di pranzo -
Arrossii fino alle punte dei capelli ma con la mia solita noncuranza sbottai 
- Se mi sono divertito così tanto perché ora sono qui con voi due? -
Simon fece per dire qualcosa ma Dylan lo anticipò
- Giusto per toglierci la curiosità, dov'eri? Abbiamo scommesso sai, è una questione di soldi -
Il suo tono di voce un po troppo duro fu come una scossa elettrica, era quello il problema? Era geloso? 
Il mio cuore accelerò i battiti, e io cercai sfrontatamente il suo sguardo azzurro
- Davvero? E giusto per togliermi una curiosità cosa avete scommesso? -
Bevvi il mio caffè nascondendo un sorriso dietro la tazza, Simon gettò un'occhiata a Dylan e poi come se fosse alla presenza di due bambini disse paziente 
- Io ho detto che eri a casa di qualcuno ubriaco perso, lui ha detto che eri svenuto in qualche vicolo ubriaco perso -
Dylan aggiunse
- 20 $ Alex, su avanti mi pare di capire che siamo tutti curiosi -
Ghignai e dopo un secondo, senza sapere bene perché dissi
- Mi spiace Larsen ha vinto Simmy -
No in realtà sapevo benissimo perché, amavo che fosse geloso, volevo che quel sentimento così esclusivo lo corrodesse vivo, volevo essere anche io il suo primo pensiero la mattina.
Ero esattamente come mio padre. Un egoista.
Dylan mi fissò per qualche istante, poi volse lo sguardo a mio fratello
- Avrai i tuoi 20$ -
Simon sorrise
- Bene, ora per favore parliamo del vero motivo per cui siamo qui,  Alex, non voglio che ti agiti ma.. Ecco.. La mamma ha avuto un piccolo malore e... -
- La mamma sta male? -
Simon sospirò
- No.. A quanto pare è dovuto allo stress.. Un piccolo mancamento, ma i medici per precauzione la fanno restare 48 ore in ospedale.. C'è Victoria con lei ma..-
- Se è lì per lo stress perché diavolo c'è Victoria con lei? -
Simon ridacchiò 
- Ottima osservazione.. Comunque sono venuto a dirtelo di persona perché per telefono o messaggio sembrava troppo... Grave ecco...-
- Grazie... -
- Poi.. Si insomma.. Le farebbe piacere se tu andassi a trovarla.. -
- Simon tu sai vero cos'è lo stress? -
- È li con Vicky da quasi 14 ore non puoi fare di peggio -
Sorrisi tra me e me un po imbarazzato
- Ci penserò.. -
Simon annuì e dopo un istante di silenzio mi voltai verso Dylan 
- E tu cosa ci fai qui? -
Dylan scosse le spalle
- Ho accompagnato Simon.. -
Quella risposta mi lasciò l'amaro in bocca, sapevo che era arrabbiato, ma non aveva il diritto di darmi certe risposte, visto che a casa sua c'era ancora Emma ad aspettarlo.
Mi alzai
- Bene, se è tutto.. -
Simon si alzò Dylan no
- Devo parlare di una cosa con Alex, tu vai chiamerò un taxi -
Simon mi guardò incerto poi gli chiese
- Sei sicuro? -
Dylan annuì, Simon ci osservò per qualche istante confuso poi mi salutò e andò via uscendo di scena e lasciandoci soli.
Per qualche istante nessuno dei due riuscì a dire una parola, poi agitato mi alzai e dissi
- Ora si chiederà perché sei rimasto, peggio lo chiederà a me, ma cosa hai in quella tesa Dylan tu proprio non.. -
Mi baciò, con forza, facendomi perdere l'equilibrio, appoggiai i miei fianchi contro il tavolo per non cadere, e le sue mani mi circondarono il viso infilandosi nei miei capelli tirandomela quasi mentre la sua lingua mi toglieva l'anima, quando si allontanò avevamo entrambi i volti accesi e le labbra gonfie
- Cosa.. Per cosa... Io...-
Dylan sorrise accarezzandomi una guancia con il pollice 
- Balbetti Alexander? -
Deglutii a fatica e provai a spingerlo via
- Non prendermi in giro..-
Una sua mano vagò sul mio corpo fino ad arrivare al mio sedere me lo strinse e io trasalii
- Mi sei mancato..-
Chiusi gli occhi, poi provai ad essere convincente mentre dicevo 
- Forse tu non sei mancato a me -
Dylan sorrise
- Dovresti guardarti ora per capire che non sei credibile -
Provai a spingerlo via di nuovo
- Sei uno stronzo -
Mi baciò il collo, la mascella sospirai mentre stringevo la sua camicia nei pugni
- Dillo Alex.. -
- No..-
Dio ero patetico, tremavo di voglia eppure provavo a fare il difficile, mi sentivo un ragazzino inesperto, stupido e succube
- Alex... -
Fui io a baciarlo senza riuscire più a resistere, lo attirai a me con forza, e dal modo in cui mi trascinò a terra, sopra di lui, quella risposta lo aveva soddisfatto più di qualsiasi altra parola.

Morsi piano il suo petto, non gli lasciai un segno, ma il pensiero di non doverlo fare perché lo avrebbe visto la moglie mi raffreddò un po
- Con chi sei stato questa notte? -
La sua voce mi catturò via dai miei pensieri
- Nessuno -
- Alex.. 
- Derek.. Il mio collega -
- Ricordo chi è Derek -
- Non ci ho fatto nulla, ero così ubriaco che.. -
- Alex per favore -
- Dico sul serio -
Dylan si tirò a sedere e io rimasi seduto a cavalcioni sopra di lui, si passò una mano fra i capelli e poi scosse piano la testa
- Non dovresti darmi spiegazioni -
Mi morsi il labbro inferiore amareggiato da quella risposta malgrado l'avessi pensata io stesso pochi minuti prima
- Magari tu sei l'unico a cui ho voglia di darle -
Dylan mi guardò per qualche istante, poi mi fece una strana carezza sul viso
- Non scherzavo quando ho detto che mi sei mancato -
Sorrisi
- Forse invece io si -
Scosse la testa ma sembrava un po più rilassato, circondai il suo collo con le mani e me lo avvicinai
- Non sono mai stato con qualcun altro da quando sto con te -
- Ma.. -
- E non voglio che mi dici che posso, voglio che ti dia fastidio, che.. Che tu... -
Ma il mio balbettio fu di nuovo interrotto dalla sua bocca sulla mia in un nuovo bacio dolce e passionale 
- Ucciderei se qualcuno dovesse anche solo guardarti per cui non preoccuparti di questo -
Me lo soffiò addosso, mi investì con ognuna di quelle parole appena pronunciate, mi sembrarono parole enormi, importanti, mi suonarono come una dichiarazione.
Aspettai la solita paura paralizzante che mi investiva ogni volta che sentivo nell'aria odore di sentimenti, ma non avvenne.
Rimasi in attesa, con i sensi all'erta, e quando capii che per la prima volta in vita mia non avevo voglia di scappare, sorrisi. Per la prima volta da chissà quanto tempo sorrisi sincero e dal suo sguardo capii che aveva lo aveva notato, che a sua volta per la prima volta mi aveva capito. E forse era così anche per lui. 
Mi sembrava che il mio corpo stesse urlando basta, basta litigi inutili, basta trappole per star male, basta allontanamenti. 
Non avevamo bisogno di vie di fuga.
Mi sembrava per la prima volta che potessimo farcela.
Forse saremmo riusciti ad essere una coppia, forse insieme tutto sarebbe stato diverso.
Era una pensiero nuovo e terrificante. Ancora neonato e pieno di forse, troppi pesanti forse eppure ora che c'era non avrei potuto far nulla per soffocarlo.
C'era.
Ed era bellissimo.

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Capitolo 16
*** Quindicesimo capitolo ***


Quindicesimo capitolo
 
Guardai Dylan rivestirsi e mi sorpresi nel sentirmi così triste. Di solito ero io quello scappava, ma immaginai di dovermi abituare a tutte quelle novità. 
- Aspetterò che sia tu a chiamarmi, suppongo -
Dylan mi sorrise da sopra la sua spalla e il mio stomaco fece le fusa mentre incrociavo le braccia sopra alle ginocchia e ci appoggiavo sopra il mento osservandolo rapito
- Veramente stavo pensando che potremmo vederci domani -
Mi accigliai sollevando il viso 
- Sei sicuro? Emma.. -
Dylan con un movimento rapido si chinò su di me e schiacciò le labbra sulle mie, mi sciolsi e risposi al bacio passando la mano fra i suoi capelli lasciandola scivolare dietro, sul suo collo dove affondai le dita 
- Domani Alex -
Annuii sulla sua bocca e soffiai 
- Domani -
Dylan sorrise, mi guardò, mordendosi il labbro inferiore già gonfio grazie ai miei baci, poi si sollevò e afferrando la giacca uscì dal mio appartamento. 
Il silenzio che si lasciò alle spalle fu assordante. 
Mi accasciai sul letto e fissai il soffitto stravolto.
Ero fottuto.
 
Nel pomeriggio decisi di cercare un po di figlio amorevole nel mio intimo e andai a trovare mia madre all'ospedale.
Non mi stupii di saperla in una stanza privata malgrado avesse avuto solo un semplice malore nè mi stupii di trovarla circondata da tutti i confort possibili ed immaginabili malgrado sarebbe rimasta lì solo per due giorni. 
Mia madre mi accolse con un sorriso contenuto sollevando gli occhiali da lettura dal suo nasino sottile
- Tesoro! Che piacevole sorpresa -
Almeno non mi aveva accolto assicurandosi che non avessi rubato qualche droga, ma probabilmente c'era tutto il tempo per quello. 
- Oh finalmente! Ho proprio bisogno di una pausa! -
Facendo tintinnare le sue collane e picchiettare i suoi tacchi, Victoria si alzò e lasciò la stanza senza neanche salutarmi. 
La seguii con lo sguardo e con un fischio chiusi la porta con un calcetto 
- Simpatica -
- È solo stressata -
Sollevai le sopracciglia buttandomi sulla sedia appena abbandonata
- Già le sue 14 domestiche la capiranno -
Mia madre mi guardò con un'occhiata di rimprovero
- Sei sempre così acido con lei.. Dovreste provare ad andare d'accordo.. -
- Cielo Simon non mi aveva detto che era grave fino a questo punto, pensavo fosse solo un calo di pressione e invece sei del tutto pazza -
- Alexander... -
Lasciai stare
- Come stai madre? -
- Sto bene, grazie. Anche se qui gli infermieri sono davvero sciatti, sono ore che chiedo un the verde con zenzero fresco e limone di Sicilia e ancora non arriva -
Scoppiai a ridere
- Forse perché non sono i tuoi camerieri -
- Sono una paziente -
- Se vuoi c'è un distributore sotto posso prenderti del the li -
Mi guardò come se fossi uscito del tutto di senno, non aveva avuto una reazione simile nemmeno quando le avevo detto che nel mio appartamento non avevo una sala massaggi.
- Tu mi vuoi morta! - giusto per non esagerare - Sono stata male poche ore fa e tu vorresti darmi quella roba liofilizzata -
- È più facile che andare in Sicilia -
- Il tuo humor diventa sempre più inappropriato -
Lasciai stare anche quello
- Niente the -
- Arriverà, Victoria provvederà - mi sorrise come se il discorso fosse chiuso - E tu come stai? Non mi aspettavo di vederti -
Finsi che quella frase non mi avesse offeso e scossi le spalle continuando a sorridere 
- Tutto bene -
- Sicuro? Hai l'aria un po sciupata -
- Sono le droghe, non fanno bene alla pelle, e le orge.. Dio quelle ti distruggono -
Mio padre non avrebbe apprezzato un'uscita del genere, ma mia madre era molto più brava a sopportare, puntai su quella consapevolezza e lei mi ripagò arrivando addirittura a sorridermi
- Non devi stare sempre sulla difensiva lo sai? -
La osservai e sorrisi anch'io
- Sicura di stare bene? -
Annuì
- Non volevo farti preoccupare - 
Feci una smorfia
- Non sono mica preoccupato -
Ridemmo insieme, poi mia madre si fece seria un istante
- Ho parlato con Emma -
Sbiancai. O almeno, io mi sentii sbiancare, non ero certo in che stato fosse il mio viso quando lei sganciò la bomba.
Rimasi immobile e con un fintissimo colpo di tosse le chiesi
- Emma? -
- La moglie di Dylan -
- Si, mi ricordo di lei.. -
Mamma esitò prima di dire 
- Dice che hai un ottimo rapporto con Dylan -
Non sapevo davvero cosa risponderle, così alzai le spalle e borbottai 
- Non è male -
Altro pesantissimo silenzio. 
- Alexander.. -
- Mamma se devi dirmi qualcosa dilla e basta -
Sospirò e mi prese anche una mano, dallo sbiancare mi sentii arrossire. Doveva essere grave, perché mia madre non era mai stata affettuosa, nemmeno quando ero bambino.
- Sai, a 18 anni mi invaghii del dottor Marrin, era un uomo molto più grande di me e affascinante, era sposato, ma io ero così infatuata che passavo le giornate ad immaginare tutta la mia vita con lui e..
- Oddio mamma.. -
Volevo morire. Tirai fuori la mia mano dalla sua e mi alzai
- E pensavo che anche lui mi ricambiasse, ma non era così. Era solo una fantasia che è sparita crescendo. -
Mi passai le mani fra i capelli e scossi la testa, del tutto nel panico. 
Quindi era quello che tutti credevano. 
Il povero frocio cotto dell'amico di papà, il marito fedele. 
Volevo difendermi, perché la mia non era solo una fantastica. Dylan non era solo un capriccio della gioventù. Ma cosa potevo dire? Cosa potevo fare? 
- Alexander.. Forse io e tuo padre non abbiamo.. Non siamo mai stati in grado di affrontare la tua sessualità.. Ma.. - prese un respiro profondo - ..ma sono certa che troverai un ragazzo gentile che ti rispetti e.. -
Mi si riempirono gli occhi di lacrime, mentre le sue parole quasi venivano soffocate dai rimbombi del mio cuore.
Quando tempo avevo aspettato quelle parole? 
E ora che erano arrivate desideravo solo non sentirle, perché erano sbagliate. 
Io non volevo un ragazzo gentile, io volevo Dylan. Io avevo Dylan. Io lo amavo. 
Mi fermai dal mio muovermi nervoso, con una lacrima che stupida mi scivolò sulla guancia, fino a rendermi salata la bocca, l'asciugai veloce, ma lei vide tutto ed ebbe solo la conferma di tutti quei sospetti.
- Tesoro.. -
- Dylan è il mio avvocato. Mi avevano arrestato per atti osceni in luogo pubblico e lui mi ha tirato fuori. E l'ho incontrato in montagna. È gentile.. È premuroso.. Ma.. Tutto qui -
Mia madre mi guardò dispiaciuta 
- Va bene Alexander -
Scossi la testa. Cosa avrei dovuto fare? Dire che stavo con lui? Io non stavo con lui. Io ero l'amante. E non volevo rovinarlo. Non volevo essere il solito Alex che dice le cose impulsivamente e distrugge tutto quello che lo circonda. Volevo essere diverso. E lo sarei stato. Potevo esserlo.
Mi accasciai sulla sedia e senza avere il coraggio di guardarla mormorai 
- Passerà.. Lo sappiamo tutti.. -
Mi sorrise e mi accarezzò la testa, un nuovo gesto di affetto che mi riempì gli occhi di lacrime
- Andrà bene Alex.. Vedrai -
Annuii e mi sforzai di risponderle al sorriso e poi mi alzai 
- Adesso devo andare, tra poco lavoro.. Magari un giorno potresti venire a cena da noi.. -
- Certo mamma -
Uscii da quella stanza il più velocemente possibile. 
Non riuscivo più a respirare.
 
- Tutto ok? -
Guardai Derek e gli sorrisi mentre posizionavo i bicchieri sui tavoli e lui mi seguiva con le posate.
- Certo perché? -
- Sei cupo e non lo sei mai -
- Cose di famiglia -
Derek mi guardò a lungo prima di dire
- Devi imparare a fregartene Alex -
Scoppiai a ridere, ma in quel momento la mia risata non parve convincente nemmeno alle mie orecchie 
- Io sono il re del menefreghismo, il sovrano del.. -
- No, non è vero. -
Ci guardammo per qualche secondo e poi abbassai lo sguardo
- Sei crudele -
Sospirò 
- Sono tuo amico, ti voglio bene.. E meriti il meglio -
Gli sorrisi e questa volta sentii il mio viso aprirsi in maniera sincera 
- Saresti un padre fantastico -
Il volto di Derek divenne bordeaux e scoppiai a ridere mentre lui borbottava
- Ma cosa dici.. -
Gli arrivai un colpetto al fianco
- Grazie Derek -
Mi osservò per qualche secondo e mi sentii in colpa nei suoi confronti. Derek mi piaceva. Era un ottimo amico, il migliore che potessi desiderare, ma per lui io ero altro. Era egoistico da parte mia essergli così vicino? 
Fortunatamente il capo ci interruppe dicendoci che era ora di iniziare il servizio. Scappai via piano, tirando un sospiro di sollievo. Non ero pronto per tutti quei confronti.
 
Ero convinto che Dylan mi avrebbe raggiunto al ristorante, stupidamente aspettai di vederlo entrare fino alla fine è quando non lo fece mi sentii doppiamente deluso per quella sensazione di smarrimento che mi pervase.
Dissi ai miei colleghi che me ne sarei tornato a casa, perché non ero proprio dell'umore per andarmene in giro a folleggiare e provai una sensazione di conforto non appena entrai nella calma del mio appartamento. 
Erano tutti in giro a mezzanotte e il silenzio per una volta non fu opprimente ma rassicurante. Sospirai e mi liberai delle scarpe calciandole lontano nell'ingresso e mi trascinai in salotto.
- Alex! Sei già a casa? -
Mi voltai trovandomi accanto Ko già con il pigiama addosso e l'aria mezza addormentata
- Anche tu -
Scrollò le spalle e sbadigliò a bocca aperta
- Tutto ok? -
Non risposi e feci un verso che in sostanza non voleva dire nulla 
- Sono solo stanco, a lavoro c'era questa tavolata di cafoni che.. -
- Tua madre? Come sta? -
Perché diavolo doveva conoscermi così bene? La mia bocca si fece amara, ma risposi comunque con un tono casuale
- Meglio di me e te sicuramente. Cercava del The verde, davvero buffo non trovi? -
- Alex.. Sicuro sia tutto a posto? -
Presi una birra dal frigo, la stappai e ne bevvi un lungo sorso finendone metà
- Una meraviglia -
Ko scosse la testa
- Posso coccolarti stanotte se vuoi -
Scoppiai a ridere
- Fanculo -
Mi sorrise, poi divenne serio 
- Sai vero di non doverli ascoltare? -
Perché continuavano tutti a ripetermelo? Io ero un ribelle. Non li ascoltavo mai. Bastava vedere in che condizioni vivevo per capirlo.. Eppure solo in seguito realizzai quanto ancora i miei genitori condizionassero la mia vita, come mi colpissero, come tutte le mie azioni fossero manovrate da loro, anche se non per soddisfarli. Quella notte ero stanco e basta.
- Potrebbero aver ragione questa volta -
Ci guardammo
- Allora è grave -
Feci una smorfia
- È complicato -
Il suono del campanello ci fece sussultare entrambi. Borbottai un imprecazione e dopo un'ultima occhiata Ko andò ad aprire la porta, non mi sorprese neanche troppo di vedere Dylan con un completo spiegazzato addosso e l'aria di chi ha appena fatto un giro nel frullatore.
Mi guardò sopra la spalla del mio amico, che si fece da parte e tornò a dormire senza dire nulla. 
- Sei un vampiro? Hai bisogno dell'invito per entrare? -
- Hai rivisto The vampire diaries? -
- Non giudicarmi -
Dylan entrò in casa chiudendosi il portone alle spalle. Non avevo il coraggio di guardarlo così mi presi un'altra birra.
Dopo un po mormorò 
- Sei silenzioso -
Alzai le spalle
- Capita -
Dylan si appoggiò con i fianchi al tavolo, portava ancora il cappotto e profumava di aria notturna. Non mi ero ancora concesso di guardarlo bene e un po mi mancava, perché era così bello che meritava di essere ammirato, ma non quella notte.
Cosa dovevo fare quella notte?
- Alex.. Ho parlato con tua madre -
Mi mordicchiai l'interno della guancia e neanche quella rivelazione mi sorprese. Erano amici. Era ovvio che ne avrebbero parlato 
- Ti ha detto della stupida cotta adolescenziale di quel disastro che è il loro bambino? -
- Più o meno -
Mi uscì una risata scarna e finii la seconda birra per prendere la terza
- Me ne ha parlato anche Emma -
Adesso potevo capire l'aria da frullatore. Alzai gli occhi al soffitto e la vista mi si appannò leggermente, Dylan con voce bassa, calma, disse
- Non ti accusano di nulla.. Anche tuo padre.. -
- Oddio.. -
- Ti capiscono -
- Certo che lo fanno! -sbottai voltandomi finalmente verso di lui - Sono solo un povero finocchio! Era ovvio che mi infatuassi dell'amico di papà, perché sono pieno di complessi e tu sei stupendo -
Ignorò il mio tono sarcastico e continuò tranquillo, doveva essere una capacità che aveva acquisito con anni di lavoro come avvocato, quella di essere totalmente indifferente a tutto quello che gli capitava davanti agli occhi, quella di restare impassibile come se nulla lo riguardasse realmente, ma lo conoscevo abbastanza bene da sapere che non era così. 
- Non farla così tragica, questa volta nessuno è contro di te, anche Emma.. Si, è infastidita, ma non ce l'ha con te -
Capii subito cosa volevano dire quelle parole e invece di rasserenarmi ebbero il potere di farmi innervosire
- No vero, è arrabbiata con te, perché pensa anzi pensano che sia colpa tua. Perché mi hai dato troppa corda -
Non rispose e mi bastò come risposta. Era così. Mi passai le mani sul viso e scoppiai a ridere - Fantastico -
- Sistemerò tutto -
- Come? Standomi lontano? Così loro si calmeranno e tu potrai tornare a fare il marito perfetto e a scoparmi di nascosto? Ma non in montagna perché potremmo incontrare i vostri amici? -
- Ti preferivo silenzioso -
- Dylan.. -
- Da quando ti importa così tanto? Non eri per il vivi e lascia vivere? Non eri tu quello a cui non importava che fossi sposato e che se ne fregava del pensiero dei tuoi genitori? -
Il suo tono di voce si fece più duro e il mio volto paonazzo
- Quindi ora è colpa mia? -
- Non ti capisco cazzo! Non so mai cosa vuoi o cosa dovrei fare per te! -
- Per me?! Hai mai fatto qualcosa per me? -
- Ho fatto tutto per te! Sto mettendo a rischio il mio matrimonio, le mie più care amicizie per te! Il mio lavoro! Tutto quello che ho costruito è in pericolo e lo sto facendo per te! Non ti basta? -
Lo fissai sconvolto
- Non eri costretto a farlo. Non ti ho chiesto nulla. Volevi scopare anche tu.. -
- Oddio davvero sei ancora fermo a quel punto? -
Si passò una mano fra i capelli e si tolse il cappotto, lo gettò sul tavolo e mi raggiunse per prendersi qualcosa da bere.
Lo osservai in silenzio e per un po nessuno dei due fiatò. Era una situazione strana quasi surreale, avevo paura a muovermi per timore di smuovere altro.
Fissai il suo corpo e il mio cuore iniziò a battere forte, così forte da sembrare un cavallo imbizzarrito. 
Presi coraggio dalla sua schiena ampia e sussurrai 
- Ti amo -
Dylan s'irrigidì, ma nè si voltò nè disse una sola parola.
Non era quella la reazione al momento più importante della mia vita, che volevo. Anni di paure, avevo trovato la forza di provare dei sentimenti di rivelarlo e quella era la sua risposta? Il nulla? 
Ma ormai ero in ballo e non mi sarei tirato indietro. Deglutii e abbassai lo sguardo sulle mie scarpe consumate
- Sono innamorato di te, per cui no, non sono fermo a una scopata. All'inizio del tuo matrimonio non m'interessava perché eri solo uno dei tanti uomini sposati nel mio letto ma.. -
- Quindi non sono più solo un dispetto a tuo padre? -
Quella domanda così cruda e così vera mi colpì allo stomaco e mi riempì di nuovo gli occhi di lacrime.
- Non sono sicuro tu lo sia mai stato -
Dylan chiuse gli occhi e voltò il viso verso di me, quando mi guardò i suoi occhi azzurri erano inquieti e capii subito che non sarebbe andata come volevo io. Che non era disposto a sacrificare tutto per me. Poteva metterlo in pericolo, ma non abbandonarlo.
- Devo andare a casa. -
Mi venne da vomitare.
- Si, vai a casa tua -
Dylan fece una smorfia
- Devo pensarci Alex -
- Ci pensi da mesi -
- No, non è vero -
- Allora forse quello con l'infatuazione non ero io. Torna da tua moglie Dylan -
Questa volta furono i suoi occhi a diventare lucidi. Mi fece male ma non provai a capirlo ne ad andargli incontro. Rimasi fermo a fissare il vuoto, non certo di poterlo aspettare.
Afferrò la giacca e si avviò lentamente alla porta, non mi guardò né si fermò. 
Mi lasciò solo, con una lattina di birra semivuota sul tavolo come unico ricordo del suo passaggio. 
 
 
Non mi pare quasi vero che sono riuscita a scrivere il capitolo di Complicazioni!! Qua l'unica complicazione sono io che mi incasino la vita con 1500 cose da portare avanti, ma ora eccomi qui e spero di non aver fatto un disastro completo dopo così tanto tempo che non aggiornavo! Un abbraccio e un bacio speciale a quelli stoici che leggeranno questa storia malgrado tutto!!

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