Destiny Justice Morgens

di Morgens
(/viewuser.php?uid=849420)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Destiny Justice Morgens ***
Capitolo 2: *** Diamond-20 years old ***



Capitolo 1
*** Destiny Justice Morgens ***


Ero nata a Los Angeles ben 20 anni prima. Ma non ero una di quelle ragazze che frequenta scuole prestigiose, possiede una villa ed è sempre la reginetta indiscussa di ogni cosa. No, Destiny Justice Morgens era ed è ancora molto diversa. Mi ritrovo qui oggi, a questa scrivania, a raccontarvi la mia storia perché credo che possa insegnare a molti ragazzi il valore di una buona famiglia stabile e l'importanza dell'affetto che si riceve da un fratello. Dunque, ero nata nella periferia di L.A., una di quelle zone malfamate che solo pochi abitanti del posto conoscevano. Non avevo mai riconosciuto nel volto di un uomo la figura di un padre, ma non me ne curavo perché nemmeno mio fratello maggiore, il mio dolce Christian, sapeva l'identità del suo. In realtà io e mio fratello avevamo solo nostra madre, Alexandra Morgens, a fornirci un legame di sangue, infatti quando era stata abbandonata dal suo ragazzo a soli 15 anni ed incinta di un bambino dopo il parto era stata costretta a prostituirsi per sfamare sé stessa e Christian. La famiglia, non appena saputo della gravidanza, l'aveva abbandonata e da quel giorno non aveva più avuto notizie dei suoi genitori. Tre anni dopo, quando mio fratello già sgambettava per strada, ero venuta al mondo io, un altro errore, un'altra bocca da sfamare. Crescendo, Chris si occupava di me e mia madre continuava a fare ciò che doveva per garantirci un misero pasto al giorno. Quando io avevo 5 anni e il maggiore 8, la mamma non ci diede più il permesso di salire a casa, lasciandoci a dormire in strada e a giocare di giorno, mentre l'appartamento veniva usato da lei e dai suoi clienti. Io non capivo, ma ero solo una bambina, e ogni mia curiosità veniva bloccata da mio fratello con delle risposte secche "Mamma sta male, non vuole che stiamo con lei perché potrebbe contagiarci. Vedi gli uomini che salgono a casa? Sono tutti dottori che la guariranno, vedrai" e gli occhi verdi gli diventavano lucidi, come ogni volta che parlava della donna. Andò avanti così finché una primavera, vidi dei fiori gialli che crescevano agli angoli della strada e li raccolsi. Pensavo che sarebbero piaciuti molto alla mia mamma, che magari sarebbe guarita più in fretta. Per vederla avrei dovuto aspettare la sera, quando ci portava da Johanna, la signora dell'osteria che ci avrebbe servito la minestra, ma non so perché decisi che volevo darglieli subito. Il portoncino del nostro palazzo stava sempre chiuso, era difficilissimo da aprire e servivano le chiavi; mi ero quasi arresa quando vidi un uomo dalla'aria familiare, uno di quelli che salivano sempre nel nostro vecchio appartamento, sfuggii a mio fratello che stava giocando a biglie e aspettai che l'uomo aprisse il portone per intrufolarmi anche io. Aspettai che salisse, che si chiudesse la porta alle spalle, e salii anche io al primo piano. Alla porta sgangherata trovai appesa la chiave, la girai piano piano nella serratura e con uno scatto sordo si aprì, dandomi libero accesso. Sentivo delle voci, dei sospiri, gli uni appartenevano a mia madre, gli altri probabilmente al dottore. Raggiunsi la camera da letto di mia madre e mi caddero i fiori dalle mani: mia madre indossava solo una vestaglia aperta sul petto, lasciando vedere i seni prosperosi, e il dottore, che non sapevo più chi fosse, la stava palpando, con già i pantaloni slacciati.
"Mamma...mammina..che succede..?"  chiesi ingenuamente, col cuore in gola e gli occhi  colmi di lacrime. Gli altri presenti nella stanza si girarono all'unisono, mia madre si richiuse immediatamente la vestaglia e mi chiamò vicina a lei "Des, amore di mamma..quante volte ti ho detto di non salire qui? Mamma non sta bene..vai da Chris, ti prego..", piangeva..perché piangeva? Non capivo. L'uomo, molto alto e massiccio, mi si avvicinò, il suo alito puzzava di vino. Mi sollevò il mento con due dita "Alexandra..è tua questa piccola bastarda? Dov'è tuo figlio? Eh? Glielo avevi raccomandato, doveva tenerla a bada! Deve pagare..", si chiuse la zip dei jeans e si diresse alla porta. Io lo seguii, mentre mia madre rimase seduta sul letto, quasi impietrita, a piangere. Scesi le scale col cuore che batteva all'impazzata, mi nascosi nell'androne e guardai fuori: l'omone teneva mio fratello per la gola e lo strattonava, il ragazzino di appena 11 anni scalciava nel vuoto e boccheggiava. Mi misi ad urlare "Mollalo! Gli fai male! Perché gli fai questo!?", il colosso si voltò e mi gridò, ridendo beffardo "È colpa tua! Doveva tenerti a bada mentre ero con tua madre! Deve pagare a causa tua!", nel frattempo mio fratello gli sferrò un calcio tanto forte da fargli mollare la presa su di lui e si mise a correre velocissimo mentre l'uomo lo inseguiva, con una pistola in mano. Mia madre arrivò e mi strinse contro il suo petto mentre mi dimenavo e cercavo di sfuggirle per andare da mio fratello. In lontananza sentimmo uno, due, tre colpi, al quarto un urlo lancinante di Christian e successivamente il silenzio. Non andai mai a controllare, era morto, non sapevo dove, ma ne ero quasi certa. Mi voltai, puntai gli occhi in quelli di mia madre e mi liberai dalla sua stretta "Ti odio. È morto per colpa tua. I tuoi amici fanno schifo!" e corsi via prima ancora di sentire la sua risposta, so solo che non mi seguì. Crebbi per strada, da sola, imparando a rubare sempre di più e sempre con più agilità. A 15 anni venni a sapere della morte di mia madre e a 16 fui assunta da una banda di malviventi che si occupavano di  furti di gioielli e pietre preziose su scala internazionale. Col mio talento per il furto, divenni presto una delle migliori e segnai i colpi più memorabili, rimanendo tutta via completamente insospettabile. Voglio iniziare però il vero racconto dal mio ventesimo anno di età, perché in quell'anno avvennero cose straordinarie e iniziai le mie ricerche per ritrovare mio fratello. In 12 anni avevo capito che Christian Morgens, quel lontano giorno di primavera, non era morto.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Diamond-20 years old ***


Mi ritrovo nuovamente alla stessa scrivania di legno scuro e logoro per raccontarvi un altro pezzo della mia storia. Diciamo che partì tutto dopo il mio ventesimo compleanno. Ormai facevo la ladra di professione, avevo portato a termine ogni tipo di furto e tutti i miei "colleghi" si stupivano della mia abilità nel non lasciare mai segni della mia presenza o frammenti di DNA. Tutto, al contrario, per me non aveva nulla di straordinario. La verità era che io ero stata fin da giovane un genio ed ero a conoscenza della mia bravura e delle mie capacità. Pianificavo tutto, ogni singolo secondo e non mi introducevo mai in una banca o in una gioielleria senza prima averne studiato la mappa, la quantità di vie di accesso, il sistema di sicurezza e vigilanza. Creavo piani talmente elaborati e complessi che nessuno avrebbe potuto cogliermi in fallo, mai, qualsiasi azione, reazione, mossa veniva da me preventivata e ne studiavo una controffensiva vincente. A 20 anni seppi di un diamante proveniente dagli Emirati Arabi e diretto a New York per una esposizione al pubblico. Mi sembra inutile precisarlo, rubai anche questo, ma mi lasciai sfuggire un particolare fondamentale: lo raccontai al capo della mia banda e dovetti spartire con lui il ricavato del furto. Con i soldi ottenuti mi comprai una nuova auto e viaggiai per giorni per tornare a Los Angeles e visitare la tomba di mia madre, morta 5 anni prima. Trovai dei fiori freschi, di qualche vecchio amante probabilmente, io comprai una dozzina di rose rosse e le depositai lì, rimanendo in silenzio e osservando il suo nome scritto sulla lapide e la foto. Alexandra Morgens, una femme fatale, che aveva pagato caro il prezzo della lussuria. Pensare a lei mi fece tornare in mente Christian, avrei voluto visitare anche la sua di sepoltura, avere la conferma che lui fosse lì, sotto un cumulo di terra. Ma forse sarebbe stato peggio, un dolore troppo grande, negli anni avevo portato avanti l'idea che lui abitasse ancora su questa terra e la speranza di riconoscere un giorno, in un volto maschile, quello del tenero bambino che avevo stretto nelle notti di inverno quando ancora non sapevo quanto fosse cattiva e ingiusta la vita. Mi portavo sulle spalle il peso di essere l'ultima Morgens, cognome di origine tedesca, l'ultima che lo avrebbe portato e tenuto vivo. Mi rimisi dopo poco in viaggio e tornai a New York per il weekend. Gli altri soci della nostra associazione di delinquenti mi avevano aspettato per una riunione. Mi presentarono dei nuovi soci ed entro le 21 di quella giornata fui libera di recarmi nel mio pub preferito e svagarmi un po'. A quei tempi avevo un flirt innocente con il barista e riuscivo sempre a scucirgli qualche cocktail se poi mi offrivo di ripagarlo in natura, si intendo, ma mi divertivo, mi regalava serate piacevoli e non avevo preoccupazioni. Quella sera, come le altre, dopo che avevo alzato un po' troppo il gomito iniziammo a baciarci nel retro del locale sempre deserto, ma stavolta mi metteva le mani addosso con troppa insistenza e dopo che lo respinsi un paio di volte, tirò fuori un coltellino. Ricordo che portavo delle autoreggenti e da lì estrassi un pugnale. In pochi secondi mi strappò di mano anche quello, ferendomi alla braccia e fui costretta ad estrarre la pistola, col silenziatore inserito e ucciderlo con un colpo secco poco sopra il cuore. Stramazzò a terra e mi allontanai velocente, mi accorsi però che un ombra si era nascosta dietro dei sacchi dell'immondizia e aveva visto. Notai anche che mi stava seguendo e corsi in auto, mentre aprivo la portiera però, la mia mano fu afferrata da quella di uno sconosciuto.

TO BE CONTINUED..

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3142822