Sanshu no Jingi: I Tre Sacri Tesori della regione di Sinnoh

di Taiyou_no_shita
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***



Capitolo 1
*** I ***


Sanshu no Jingi

I

Guardare Giubilo TV era l'attività preferita di Yui Uchino da circa un anno e mezzo, da quando aveva deciso di diventare una hikikomori. Quando si alzava dal letto la mattina, ancora prima di mettere il bollitore del tè sulla fiamma del gas, accendere la televisione era la prima cosa che faceva. Ancora un po' intontita dal sonno, con le palpebre semichiuse, premeva il pulsante del telecomando e iniziava a immagazzinare informazioni indesiderate. Ascoltava l'annuncio del numero fortunato giornaliero, anche se non aveva mai acquistato un biglietto della lotteria. Ascoltava quali comparse massicce di Pokémon selvatici si sarebbero verificate nella regione di Sinnoh, anche se non si sognava nemmeno di uscire a catturarne qualcuno. Ascoltava le notizie dei ritrovamenti più sensazionali nei Sotterranei, anche se non vi si sarebbe avventurata per niente al mondo.
Ascoltava, ascoltava e ascoltava, e attendeva trepidante l'intervallo pubblicitario. Perché sapeva che nelle pubblicità ci sarebbe stato lui.
Kenta Aoyama lavorava per Giubilo Tv da meno di un anno. Era di bell'aspetto, aveva già una certa esperienza come modello di abbigliamento e una parlantina inarrestabile, anche se il senso della metà delle cose che diceva era alquanto discutibile. All'inizio era stato assunto solo per le pubblicità del Pokémon Market, ma da lì aveva iniziato a fare una certa carriera. In quel periodo, compariva nella campagna pubblicitaria del Centro Globale di Giubilopoli; di recente costruzione, era un edificio innovativo i cui macchinari consentivano ai visitatori di collegarsi con tantissimi Allenatori provenienti da tutte le altre regioni e intraprendere scambi e lotte in link. A Yui non interessava il Centro Globale: non metteva piede fuori di casa da un paio di mesi, e quello non era nemmeno il suo record personale. A Yui interessava Kenta Aoyama.
Da quando Yui era diventata un'eremita e si era auto-rinchiusa in casa, era Kenta che andava a farle la spesa e a pagarle l'affitto alla posta. Quando non era impegnato con il lavoro in tv, la veniva a trovare: insieme sgranocchiavano del cibo-spazzatura guardando un dvd, chiacchieravano dei bei tempi andati, coccolavano i Pokémon del ragazzo, un Bibarel e un Azumarill molto affettuosi. Anche Kenta era affettuoso, anche se un po' superficiale e frivolo qualche volta. Nonostante ciò, era l'unica persona con cui Yui desiderasse davvero avere un contatto umano da quando Senji se n'era andato.
A Kenta non interessava che Yui fosse una ragazza insignificante, impacciata e asociale, con la voglia di vivere di un Magikarp morto; la accettava così com'era, da quel momento in cui l'aveva incontrata cinque anni prima, alla Scuola per Allenatori di Giubilopoli.
E per Yui, una ragazza di diciassette anni perennemente seduta sul divano del suo minuscolo appartamento nel centro di Giubilopoli, questo era sufficiente.
I capelli castani, lunghi, spettinati e pieni di nodi, le ricadevano sugli occhi grigi, che sarebbero stati incantevoli se non fossero stati contornati da profonde occhiaie scure. Il viso di Yui aveva lineamenti graziosi, ma l'espressione di tremenda noia che vi campeggiava per la maggior parte del tempo non gli rendeva giustizia. Il corpo magro, senza un filo di muscoli a causa della sedentarietà della ragazza, quasi scompariva dentro il pigiama cadente che indossava quella mattina: un completino formato da una t-shirt oversize celeste e dei pantaloncini a righe da cui spuntavano le gambette ossute.
Con uno sforzo in più, qualcuno avrebbe potuto considerare Yui molto carina: ma era uno sforzo che la ragazza non aveva la minima intenzione di compiere.
Il campanello suonò, e Yui si alzò con lenti, apatici movimenti dal divano. Strinse debolmente tra le dita la cornetta del citofono è gracchiò: «Chi è?».
«Yui-chan! Sono Kenta! Ti ho portato delle novità!» disse la voce concitata del suo migliore amico.
«Avrei preferito un gelato, ma ti apro» rispose lei con voce tranquilla, anche se, come sempre in questi casi, il battito del suo cuore aveva già cominciato ad accelerare.
Prima che Kenta salisse, spense la televisione, sul cui schermo un ragazzo dai capelli color caramello e gli occhi verdi sullo schermo, mostrando agli spettatori il pollice alzato, cantilenava: «E ricorda: se Sinnoh ti sta stretta, c'è il Centro Globale che ti aspetta!».
Non voleva che Kenta notasse che stava guardando le sue pubblicità, o meglio, che le aspettava fremente come un assetato aspetta la pioggia nel deserto. Il suo amico non spiccava certo per la sua intelligenza, né aveva mai dimostrato una gran perspicacia, questo era vero; ma Yui assolutamente non poteva permettersi che si accorgesse che era innamorata di lui dall'età di dodici anni.
 
 
 
Il primo giorno di scuola si stava rivelando sempre più un trauma per la dodicenne Yui Uchino. Si era ritrovata per compagno di banco qualcuno che parlava meno di lei, e questo era davvero un problema. Questo qualcuno, a giudicare dal nome scritto sulla cartella, si chiamava Senji Hyuga e aveva i capelli più strani che Yui avesse mai visto sfoggiare da un ragazzino della sua età: neri, sparati in tutte le direzioni e con la frangia e due ciocche laterali colorate di blu. Forse sua madre faceva di mestiere la parrucchiera e si divertiva a provare su di lui le tinte per capelli; o forse, più semplicemente, era un tipo stravagante con dei genitori molto permissivi.
Yui non poteva fare a meno di lanciargli delle occhiate di tanto in tanto.
A ricreazione, invece, le si avvicinò il ragazzino del primo banco, che non aveva fatto altro che intervenire durante tutta la lezione, dando tutte le risposte sbagliate alle domande dell'insegnante pur non essendo stato interpellato.
«Ciao! Io sono Aoyama Kenta e voi siete gli unici due della classe a cui non mi sono ancora presentato! Sono qui perché voglio diventare un Pokémon Master».
«Uhm... Io sono Uchino Yui, piacere» mormorò lei.
«E io adesso sono l'unico della classe che non ti ha ancora detto come si chiama» aveva risposto il compagno di banco di Yui, alzando un sopracciglio.
Yui trasalì, ma Kenta non si scompose. «Daiii, non fare così, voglio solo essere amichevole!».
«Sparisci» tagliò corto l'altro, fissandolo dritto negli occhi. Il suo viso era impassibile, gli occhi ridotti a due fessure e le labbra strette in una linea sottile e perfettamente dritta. Yui non poté fare a meno di osservare che sembrava una statua con quell'espressione fredda come il marmo.
«Ok, ok, ho capito. Allora parlerò solo con Yui-chan. Come mai ti sei iscritta alla Scuola per Allenatori, Yui-chan? Qual è il tipo di Pokémon che ti piace di più? Ma wow, hai degli occhi bellissimi!».
Yui si nascose dietro la pila di libri sul proprio banco, abbassando la testa in modo da scomparire dietro la cascata di capelli castani. Senji se ne accorse e apostrofò duramente Kenta: «La stai mettendo in imbarazzo, stupido idiota». Nonostante l'intento fosse chiaramente quello di insultare, il tono con cui Senji proferì quelle parole era secco, privo di emozioni.
«N-no, è tutto a posto Hyuga-kun, grazie...» balbettò Yui.
«Ha! Hyuga-kun! Ti ho fregato, Hyuga-kun!» saltò su Kenta.
Resasi conto dell'errore, Yui arrossì fino alla radice dei capelli e si girò verso Senji aspettandosi un rimprovero, che tuttavia non arrivò. Senji Hyuga la fissò con quel suo sguardo trasparente per qualche secondo, poi alzò le spalle.
«Senji Hyuga è il mio nome completo. Ma se provi a chiamarmi Senji, sei morto» minacciò rivolto a Kenta, con una tranquillità spiazzante da parte di un bambino di dodici anni. Dopo di che, si voltò verso Yui e le rivolse un'ombra di sorriso.
A distanza di anni, Yui se lo sarebbe ricordato così: il momento in cui era nata quella che sarebbe stata la loro splendida amicizia. Non avrebbe mai immaginato che cinque anni dopo, ad opera del Pokémon leggendario Uxie, Kenta se lo sarebbe dimenticato completamente.


 
«Allora? È una notizia buona o una notizia cattiva?» lo incitò Yui, tornata a stravaccarsi sul divano.
«Un po' tutte e due...» iniziò Kenta, assottigliando le labbra. «Ti ricordi la signora Hyuga? La madre di Senji?».
«La parrucchiera? Ehm. Non la vedo da tre anni, però sì... Più o meno...».
«È venuta a mancare due giorni fa. Siamo stati invitati al funerale da suo marito» la informò dispiaciuto.
Il volto di Yui s'incupì. Aveva passato qualche pomeriggio a casa della signora Hyuga: lei e suo marito avevano avuto Senji in età avanzata, quindi non era giovanissima, ma la notizia della sua morte coglieva Yui completamente impreparata. «Questa è la parte cattiva. E l'altra?» domandò con voce incrinata.
«Non la immagini?».
Yui scosse debolmente la testa.
«Senji sta tornando in città».


°°°

È la mia prima storia. Siate clementi... 
Per ideare la trama, mi sono basata sulla leggenda vera a cui sono ispirati Uxie, Mesprit e Azelf. Potete tranquillamente cercare Insegne Imperiali del Giappone su zia Wikipedia, ma sarò buona e vi farò un riassunto. Le Insegne sono tre tesori del Giappone considerati sacri e che simboleggiano le tre virtù di saggezza, benevolenza e valore. Rispettivamente:
- Uxie, l'Essere della Conoscenza, è basato sullo specchio Yata no Kagami (saggezza);
- Mesprit, l'Essere delle Emozioni, è basato sulla gemma Yasakani no Matagama (benevolenza);
- Azelf, l'Essere della Volontà, è basato sulla spada Kusanagi (valore).
Ho immaginato che questi tre Pokémon decidessero di andare in aiuto di questo gruppo di tre amici, ognuno dei quali è carente in uno dei tre valori da loro incarnati... ed ecco una storia sconclusionata che non so ancora dove andrà a parare.
Beh, se volete comunque seguirla, fatemi sapere cosa ve ne pare finora!
Alla prossima, 

Taioyu_no_shita


 

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Capitolo 2
*** II ***


II
 
L'ultima volta che Yui era uscita di casa, due mesi prima, era stato per andare all'ospedale. Era successo un deplorevole incidente: Kenta si era scordato di portarle la spesa settimanale e Yui, in mancanza di cibo dentro casa, aveva preferito lasciarsi deperire lentamente piuttosto che uscire a comprarsi un misero panino. Era stata ritrovata dall'amico dopo tre giorni di digiuno, mezza svenuta sul divano, e portata all'ospedale d'urgenza. Fosse stato qualcun altro, Yui non glielo avrebbe mai perdonato, ma siccome si trattava di Kenta non ci aveva messo molto ad archiviare persino una dimenticanza simile.
L'occasione, quella volta, non era molto più allegra: la sepoltura della madre di Senji Hyuga si sarebbe tenuta presso il cimitero di Giubilopoli e Yui aveva deciso, dopo non poche tribolazioni, di prendervi parte. Kenta era passato a prenderla quel pomeriggio e l'aveva trovata davanti allo specchio, avvolta da un vestito nero lungo fino alle ginocchia, a tentare di domare i capelli aggrovigliati.
«Stai bene, Yui-chan» osservò affabile.
«Faccio schifo» ribatté lei mesta.
«Tranquilla! Ti sei alienata dalla civiltà da così tanto tempo che non ti riconoscerà nessuno» scherzò Kenta, che in versione funerale non perdeva un briciolo del suo fascino. Invece di svilirlo, il completo nero lo slanciava - Kenta non era molto alto, soprattutto se paragonato a quella stanga di Senji - e gli metteva in risalto la chioma biondo-rossiccia che sembrava fatta di caramello fuso.
Yui invece era poco interessante come al solito: il vestito nero, lungo, accollato e con le maniche a tre quarti, era volutamente molto castigato e non faceva nessun effetto particolare accostato alla massa informe di sottili capelli castani. Yui odiava i propri capelli: avevano la caratteristica di svolazzare da tutte le parti al minimo alito di vento, intricandosi in nodi tanto complessi che solo un vero marinaio professionista avrebbe saputo realizzare.
«Ti sei messo in contatto con Senji?» domandò Yui per spostare l'attenzione da sé.
«Sì, è arrivato questa mattina e ci aspetta al cimitero».
«Come l'hai sentito?» osò chiedere la ragazza.
Kenta alzò le spalle in un modo che ricordava molto l'altro amico. «Come al solito. Impassibile. Non sembrava neanche un po' triste».
Yui aggrottò un po' le sopracciglia. «Scommetto che è triste».
«Chi lo sa...» sospirò Kenta, che adorava Senji tanto quanto adorasse Yui, ma non era mai stato una cima a capire nessuno dei due.
 
 
«Cosa? Te ne stai andando?».
«Ho quindici anni, e sono diplomato alla Scuola per Allenatori. È ovvio che me ne sto andando» rispose Senji alla domanda disperata dell'amico. Aveva convocato Kenta e Yui dicendo che aveva un annuncio importante da fare. Yui già aveva intuito di cosa poteva trattarsi - ultimamente Senji era stato più irrequieto del solito - ma per Kenta la rivelazione era giunta tanto improvvisa e sgradita quanto una doccia fredda a tradimento.
«Ma non è giusto! Dovevamo partire tutti insieme!» protestò Kenta, con gli occhi che avevano iniziato a luccicare quando aveva capito che Senji faceva sul serio. Yui pensò che avrebbe dovuto arrivarci prima: Senji faceva sempre sul serio. 
«Beh, dovreste partire anche voi. Ma non posso aspettarvi. Yui non ha nemmeno un Pokémon» sottolineò l'amico, severo.
Yui non intervenne, perché non aveva nulla da ribattere. Senji aveva ragione, ma il fatto era che Yui non aveva nemmeno intenzione di procurarsi un Pokémon al più presto. Aveva deciso che non sarebbe mai partita.  Kenta aveva Bidoof: avrebbe potuto mettersi in viaggio anche lui insieme a Senji, ma Yui non aprì la bocca per suggerirglielo. Sapeva che lui da solo non ci sarebbe arrivato e, egoisticamente, voleva che Kenta rimanesse vicino a lei.
«Quindi è un addio? Adesso?» chiese Kenta, mordendosi il labbro inferiore.
Era decisamente un addio, e sarebbe stato proprio adesso: Senji aveva uno zaino sulle spalle, comodi vestiti da viaggio, Scarpe da Corsa ai piedi e la Pokéball di Gible assicurata a un passante della cintura.
«Avevi detto che volevi diventare un Pokémon Master, Kenta. Che fine ha fatto il tuo sogno?» sputò secco Senji in risposta.
«Ho trovato qualcuno da proteggere» replicò Kenta, cingendo le spalle di Yui con un braccio.
«N-non tirarmi in m-mezzo a questo...» balbettò Yui, parlando per la prima volta, ma Kenta continuò imperterrito.
«Non ti interessa più proteggere Yui-chan? Avevamo detto che l'avremmo fatto insieme!» gridò, a metà tra il furioso e l'affranto. Invece di rispondere, Senji  si avvicinò ai due amici. Batté una mano sulla spalla a Kenta, diede un buffetto sulla guancia a Yui, poi girò le spalle a entrambi. Si incamminò verso il Percorso 203, e quella fu l'ultima volta che lo videro per due lunghi anni.
Kenta si riprese solo dopo qualche minuto. Si girò verso Yui e le disse: «Mi dispiace... Mi dispiace che non gli importi». Yui incurvò gli angoli della bocca; Kenta non era mai stato bravo a capire Senji.
«Scommetto che gli importa, Kenta-kun» disse flebilmente Yui, ma Kenta non le credette. Kenta non era mai stato bravo nemmeno a capire lei.
 
 
Yui e Kenta trovarono Senji in piedi davanti al cancello del cimitero. Seppero subito che era Senji, perché la sua frangetta era più azzurra che mai. Ma se non fosse stato per quello, sarebbe stato difficile rivedere il ragazzetto dinoccolato con le gambe troppo lunghe per il busto scheletrico che era partito in quell'uomo che portava il suo metro e ottantacinque con fierezza e solidità. I videotelefoni dei Centri Pokémon, attraverso cui qualche volta Kenta - e, per i primi mesi, anche Yui - aveva mantenuto i contatti con l'amico, avevano potuto inquadrarne solo il volto. E nessun messaggio di quelli che si erano saltuariamente scambiati attraverso il PokèKron avrebbe mai potuto riprodurne la voce monocorde e profonda che li salutò con un «Ehi» distaccato, come se si fossero visti al bar appena la sera prima.
Kenta gli corse incontro. Yui lo seguì al proprio passo, intimidita.
«Senji! È bello rivederti, amico mio, anche se in questa circostanza triste» disse il primo, slanciando le braccia in avanti per abbracciare il moro.
 «S-senji-kun. Condoglianze» gli fece eco la seconda.
Senji non mosse un muscolo per ricambiare l'abbraccio di Kenta, ma tantomeno si sottrasse. Quando fu liberato dalla stretta, accarezzò leggermente Yui sulla sommità della testa, come si fa con uno Skitty.
«Vi vedo bene».
Kenta rise. «Mi hai visto in tv?».
«A volte, mio malgrado. Fai un po' la figura dello stupido» commentò Senji lapidario.
Yui arrossì come un pomodoro maturo.
«Kenta mi ha detto che hai cinque medaglie» tentò di cambiare argomento lei.
«Già. Dopo te le faccio vedere, se vuoi. Ma adesso venite, dobbiamo entrare» li incitò Senji, oltrepassando l'ingresso del cimitero.
Le campane della chiesetta avevano infatti cominciato a rintoccare a un ritmo sepolcrale, dando inizio al rito funebre della signora Hyuga. Durante la triste cerimonia, Kenta pianse. Yui, invece, si ritrovò spesso a lanciare occhiate furtive al volto di Senji. La ragazza sapeva che Senji aveva amato profondamente sua madre, ma la sua espressione non tradiva neppure un briciolo di questo amore né di una qualche tristezza; nemmeno una lacrima scorse sul suo viso.
Dopo il funerale, i tre amici si separarono. Senji decise di tornare a casa con suo padre; vivevano in una grande casa dalle parti della Scuola, mentre Yui e Kenta abitavano nei più modesti condomini vicino all'emittente di Giubilo Tv. Yui scappò dritta a casa: era rimasta fuori per troppo tempo. Tuttavia aveva proposto a Senji di passare a trovarla la mattina dopo, prima di ripartire, per un ultimo saluto. Anche Kenta promise che ci sarebbe stato.
 
 
Senji
 
Quando Senji Hyuga si chiuse alle spalle la porta della propria stanza, c'era qualcuno dentro. Un Pokémon che non aveva mai visto levitava a pochi centimetri dal suo letto intoccato da anni. Dal corpo grigio e la testa rosa, il Pokémon fluttuava tenendosi in equilibrio sulle due code sottili. Era abbastanza grazioso, ma non abbastanza da smuovere il ragazzo.
«Scio'» digrignò i denti Senji. Non era dell'umore per avere a che fare con un cavolo di Pokémon selvatico evidentemente entrato dalla finestra aperta. Ma quello, per niente intimorito, socchiuse gli occhi gialli sornione, e produsse il suo verso. «Meeesprit».
Mesprit... Quel nome gli ricordava qualcosa, ma Senji non aveva voglia di pensarci. Senza scomporsi, gli si avvicinò e provò a prenderlo di peso per sbatterlo fuori, ma le sue mani passarono attraverso il corpo del Pokémon.
«Un tipo Spettro?» si stupì. «No... Una proiezione...» si corresse poi. Nel mentre, il Pokémon aveva emesso un versetto simile a una risata argentina e aveva iniziato a fare evoluzioni a mezz'aria. A un certo punto, gridò: «Mespriiit!» e si scagliò a tutta velocità contro il petto di Senji. Il giovane Allenatore non fece in tempo a scansarsi e fu colpito all'altezza precisa del cuore; l'incorporeo Mesprit lo attraversò, ma Senji barcollò come se fosse stato davvero centrato in pieno da un pugno.
Quel pugno nel cuore risvegliò in lui strane sensazioni da cui si sentì sopraffatto. Gioia, dolore e altre emozioni a cui non sapeva dare un nome gli attanagliavano la gola, lo stomaco... Le sentiva nei posti più impensabili, cose che non aveva mai provato e cose che aveva dimenticato come si provassero.
Senji si accasciò sul letto. Raggiunse con le dita intorpidite il comodino, sul quale due vecchie fotografie si trovavano ancora in bella mostra. Lui stesso insieme a Kenta e Yui, tutti e tre sorridenti in via del tutto eccezionale, il giorno del diploma alla Scuola per Allenatori. Una foto di famiglia, con lui in mezzo a suo padre e sua madre, seduti sul dondolo del giardino di casa. Afferrò entrambe le cornici e se le strinse al petto freneticamente.
«Kenta... Yui...» iniziò a piagnucolare Senji con voce lamentosa. «Mamma...» sussurrò poi, con voce rotta. Si raggomitolò nel letto e scoppiò in un pianto incontrollabile come quello di un bambino.
 
Yui
 
Era ora di cena per Yui Uchino. E aveva proprio bisogno di una cena molto sostanziosa. Uscire di casa era un dispendio di energie a cui non era abituata da molto tempo. Senza nemmeno togliersi il mesto abito nero, si diresse in cucina e posizionò nel forno a microonde una schifezza surgelata. Mentre il piatto si scaldava, Yui andò ad affacciarsi alla finestra. Poiché viveva al quinto piano, la città di Giubilopoli si estendeva sotto di lei a perdita d'occhio, con le lucine tremolanti delle case che iniziavano ad accendersi nella sera. Molto probabilmente, Yui Uchino l'avrebbe sempre vista così, dall'alto. Non avrebbe mai avuto il coraggio di scendere e vivere la sua vita, se non per sporadiche apparizioni in pubblico come quel pomeriggio.
«Non è vita questa» mormorò Yui. «Ma posso mettere fine a questa farsa quando voglio».
Non era la prima volta che la ragazza pensava al suicidio. Kenta diceva scherzando che Yui aveva la voglia di vivere sotto le scarpe, ma probabilmente non immaginava quanto la sua battuta indelicata fosse azzeccata. Così per gioco, Yui si sporse in avanti, sbilanciando le braccia finché non penzolarono nel vuoto. Il vento le spingeva indietro i capelli e mai come in quel momento pensò che lasciarsi morire sarebbe stata la scelta più facile.
«Azeeelf!» scandì una sottile vocina dietro di lei.
Yui trasalì e si voltò all'istante. C'era un Pokémon nel suo appartamento. Per un attimo pensò che potesse trattarsi di uno dei Pokémon di Senji che non aveva mai visto, ma c'era un'aura particolare emanata da questo. Era azzurro, con due lunghe code evanescenti e, sebbene fosse molto piccolo, sembrava riempire tutta la casina di Yui con la sua presenza.
«Azelf». Il Pokémon disse il proprio nome e si lanciò alla carica contro Yui; la ragazza si preparò all'impatto, che di certo l'avrebbe scaraventata giù dalla finestra, ma questo non avvenne. Quello che a quanto pareva era solo lo spirito del Pokémon le passò attraverso. Yui si sentì come pervasa da una lingua di fuoco: sentì il calore generarsi nelle mani, e da lì irradiarsi in tutto il proprio esile corpo. Quando arrivò al viso, divampò in una fiammata quasi insopportabile.
«Ma cosa...? Fermati! Ehi! Dove vai? Dove diavolo vai?» strillò Yui, stupendosi lei stessa di quell'energia. Scattò alla porta, afferrando le ballerine nere di prima e facendo per infilarsele per uscire alla rincorsa del Pokémon. Ma quello - Azelf - le fece ciao con la zampetta, abbozzando un sorriso. Poi scomparve nel cielo, lasciando una scia di brillantini azzurri. Fu allora che Yui cadde a terra svenuta.
 
Kenta
 
Kenta Aoyama accompagnò Yui Uchino fino alla porta del suo condominio, ma poi non tornò a casa. Quella giornata era stata molto pesante per lui. Aveva ritrovato un amico dopo due anni, aveva pianto al funerale di sua madre, aveva rivisto Yui fuori di casa per la prima volta dopo quel disgraziato incidente dell'ospedale che, lo sentiva, era accaduto per colpa sua. Tutto ciò gli aveva riportato alla mente dei ricordi incancellabili: quelli della Scuola per Allenatori. Quelli erano stati gli anni più belli per Kenta: gli anni in cui Senji era con loro e qualche volta gli scappava un sorriso, gli anni in cui Yui usciva ancora di casa ogni mattina e qualche volta era addirittura lei che proponeva di andare a fare un giro al parco.
Quando cadeva vittima di quelle ondate inarrestabili di nostalgia, c'era un solo posto che poteva placare la tristezza di Kenta: la Scuola. Entrava da una finestra rotta sul retro - l'aveva rotta lui, quando ancora era uno studente, con un attacco Rotolamento di Bidoof e ancora non l'avevano aggiustata - e si sedeva nel suo vecchio banco, chiacchierando da solo, inscenando nella propria mente interrogazioni, baruffe con Senji, scambi di confidenze con Yui. Ma quando quella volta entrò, si accorse che non era da solo nell'aula.
Un piccolo Pokémon dal corpicino giallo e grigio gravitava sopra la cattedra con gli occhi chiusi; sembrava che stesse dormendo, a giudicare dal ritmo del petto che si alzava e si abbassava.
Kenta non conosceva quella specie, tuttavia pensò che fosse un Pokémon Psico dimenticato in classe quella mattina da uno degli studenti e non ci fece caso, andando a sedersi nella sua solita prima fila. Abbandonò la testa sul banco e la cinse con le braccia.
«Ciao! Io sono Kenta Aoyama e voglio diventare un Pokémon Master!».
«Avevi detto che volevi diventare un Pokémon Master, Kenta. Che fine ha fatto il tuo sogno?».
«Adesso ho Yui da proteggere. Il Pokémon Master...Sì, mi sarebbe piaciuto quando ero un ragazzino...Ma non sono abbastanza intelligente...».
A quel punto, il Pokémon sulla cattedra parve riscuotersi. 
«Uxie...» bisbigliò la creaturina, raddrizzandosi senza aprire gli occhi e cominciando a levitare verso di lui. Il giovane se ne accorse solo quando, alzando lo sguardo, se lo ritrovò perfettamente davanti. Kenta fissò Uxie e seppe che Uxie stava fissando lui, nonostante avesse le palpebre chiuse.
«Uxieee!» disse più forte il Pokémon Leggendario, passando attraverso la testa di Kenta, il quale si raggelò sulla sedia come se fosse stato immerso in una vasca d'acqua gelida.
«I Pokémon... Uxie, Mesprit, Azelf... I Guardiani dei Laghi... Devo dirlo a Senji... a YUI...» iniziò a snocciolare in tono piatto come una macchinetta, mentre il suo cervello si riempiva di informazioni. «Yui... Ma chi è Yui?» mormorò poi, confuso, prima che tutto intorno a lui diventasse nero.
 
 


°°°
 
Ok, questo è lunghissimo. Non so se farò mai più un capitolo così lungo, quindi approfittatene. Ringrazio moltissimo Mizu_Yume_Haru per aver dimostrato fiducia mettendo la storia nelle preferite sin dal primo capitolo: grazieee! Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione :)
 
Taiyou_no_shita



 
 

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Capitolo 3
*** III ***


III


 
Yui si risvegliò la mattina dopo con lo stomaco che brontolava. Non aveva cenato la sera prima e stava morendo di fame. Si alzò dal pavimento e si fiondò alla credenza, aprendola e tirandone fuori una scatola di biscotti al matcha. Se ne mangiò la metà, in preda a un anormale appetito. Trangugiò mezzo cartone di latte di riso direttamente dal frigo, senza prima scaldarlo in un pentolino, dopo di che si esaminò i vestiti.
Valutò che non le piaceva affatto il severo abito nero che indossava, così si diresse in camera sua e lo sostituì con un maglioncino bianco, gonnellina a pieghe grigia e calze velate. Guardò la sua immagine riflessa nello specchio e, per una volta nella vita, si piaceva proprio: apprezzava soprattutto quel colorito roseo e sano che le pervadeva le guance, facendola sembrare vitale come mai da troppo tempo.
Si lavò frettolosamente e uscì di casa, facendo cinque piani di scale a balzelli, senza nemmeno pensare a prendere l'ascensore. Solo quando mise piede in strada si rese conto, finalmente, che qualcosa non andava. All'improvviso i ricordi della sera prima le invasero la mente: il funerale, il Pokémon che sembrava chiamarsi Azelf, e quel calore improvviso. Quel Pokémon le aveva fatto qualcosa. Guardò l'orologio: erano le dieci, e Senji e Kenta avrebbero dovuto già essersi presentati a casa sua. Decise che, ormai che c'era, sarebbe stata lei ad andare da loro.
Kenta era quello che abitava più vicino, così dovette solamente fare il giro dell'isolato per ritrovarsi nell'androne del suo condominio. C'era già qualcuno che stava suonando febbrilmente uno dei campanelli; Yui riconobbe delle striature azzurre in mezzo alla chioma corvina dell'individuo.
«Senji-kun?» lo chiamò,
«Yui!» rispose il ragazzo, girandosi. Aveva un'espressione stupita, ma mai quanto la sua quando Senji le corse incontro, stringendola in un abbraccio. «Ho avuto paura, sono venuto a casa tua stamattina e non rispondevi al citofono, poi sono corso qui da Kenta e nemmeno lui risponde, così ho pensato che ieri tornando a casa vi fosse successo qualcosa...» disse velocemente Senji in tono affannoso.
«Scusa, stavo... dormendo, credo. Non so bene come spiegarlo. Ehm, Senji-kun, potresti anche lasciarmi andare adesso...» osservò Yui, ancora avvolta dalle braccia dell'amico, che mollò subito la presa e si grattò la nuca imbarazzato.
«Ma... Yui, sei fuori di casa?».
«E allora? Piuttosto, tu come mai ci cercavi così tanto in ansia?» si schermì Yui.
I due amici si fissarono per un po', entrambi cercando indizi sul comportamento tanto bizzarro che l'altro stava manifestando.
«A dire la verità...» cedette Senji, che però fu interrotto da un forte rumore di frenata; un'ambulanza aveva inchiodato proprio di fronte al condominio. La sirena non era attivata, tant'è che, quando il portellone sul retro fu aperto, la figura che ne uscì camminava sulle proprie gambe.
Le onde caramellate di capelli erano indubbiamente quelle che sfoggiava Kenta, ma gli occhi verdi erano privi del luccichio smeraldino che li contraddistingueva: sembrava che un'ombra vi fosse calata davanti, offuscandoli completamente. Anche il suo modo di incedere, così privo di energia, fece impensierire Yui, che scattò in avanti gridando il suo nome.
«Kenta-kun!».
«Kenta!» le fece eco Senji, che si precipitò al suo fianco con gli occhi sgranati. Kenta non ebbe nessun tipo di reazione, si limitò a fissarli con lo sguardo vacuo di prima. L'infermiera dai capelli rosa che era scesa insieme a Kenta si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla.
«Conoscete questo ragazzo?» domandò apprensiva.
«Certo!» rispose Yui. «C'è stato qualche problema?».
«L'abbiamo trovato questa mattina svenuto nell'Aula Tre della Scuola per Allenatori. Quando l'abbiamo rianimato, ci ha detto di chiamarsi Kenta Aoyama, ma non ha saputo rispondere a nessun'altra domanda su di sé. Abbiamo trovato questo indirizzo nel suo biglietto da visita che conservava nel portafoglio».
Yui si morse il labbro preoccupata.
«Kenta, cosa ti è successo?» chiese con foga Senji, e allungò una mano per afferrargli il polso.
«Ehi, ehi! Buono, chi saresti tu?» protestò Kenta, allontanandosi per sfuggire al suo gesto.
Senji si lasciò scappare una risatina. «Sì, lo so che tutto questo contatto umano non è da me, ma è una storia lunga, ti spiegherò...» si giustificò, ma il ragazzo dai capelli rossicci lo interruppe.
«No, non hai capito. Io non so proprio chi sei tu» chiarì Kenta. «Ho perso la memoria». Si girò quindi verso Yui, che lo guardava incredula.
«Wow. Hai degli occhi bellissimi. Io e te ci conosciamo?».
 
 

Entrarono a casa di Kenta, che rimase piacevolmente sorpreso dal vedere che le chiavi che si era ritrovato in tasca giravano perfettamente nella serratura di quell'abitazione di cui non aveva memoria. Da parte dei due amici ci volle un po' di tempo e molto autocontrollo per spiegargli la situazione.
«Quindi, ricapitoliamo» disse Kenta una volta che Yui e Senji gli ebbero fornito un riassunto degli aspetti salienti della sua vita. «Ho diciassette anni, voi siete i miei amici d'infanzia, tu sei una hikikomori e tu sei appena tornato dopo due anni di viaggio. Recito nelle pubblicità in tv e i miei Pokémon sono un Bibarel e un Azumarill, ma non sono un Allenatore».
Gli altri due annuirono energicamente col capo.
«Scusate... ho mai saputo la radice quadrata di 27.225?» indagò Kenta.
«Non che io sappia» rispose dubbiosa Yui, mentre Senji commentò sicuro, con un tono che ricordava molto quello della sua vecchia personalità: «Assolutamente no».
 «Beh, adesso sì. È 165».
Di fonte agli sguardi stupiti degli amici, Kenta continuò: «È strano... È come se la mia mente fosse stata svuotata da tutto ciò che sapevo sulla mia vita e sui miei amici e in seguito riempita di tutte queste conoscenze sensazionali. Non ricordo nulla di amici, colleghi... Non so nemmeno se avevo una ragazza...».
Kenta si piegò in avanti sulla sedia, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e prendendosi sconfortato la testa tra le mani.
Yui parve raggelarsi. «Non parliamo di questo adesso. Parliamo di come ci è successa questa trasformazione!» propose velocemente.
Il fatto era che Kenta aveva una ragazza. O qualcosa del genere, comunque. Da un paio di mesi aveva iniziato a frequentare una certa Akiko Ando, una sua collega che faceva la modella di piedi nelle pubblicità delle Scarpe da Corsa. Dai racconti di Kenta, non era una storia importante: qualche frappé al bar, un bacetto fugace, qualche pausa caffè sul posto di lavoro. Ma Yui aveva continuato a rodersi il fegato per settimane; per quanto stesse appiccicata alla tv, tutto ciò che poteva vedere di questa ragazza erano i piedi, piedini da fata avvolti in calzetti candidi, che lasciavano immaginare un viso altrettanto angelico. Poi Kenta le aveva mostrato una foto di lui e questa tipa, e finalmente aveva potuto abbinarvi un volto: fronte un po' spaziosa, occhi leggermente piccoli, capelli corti di un biondo quasi bianco. Nulla di speciale, e Yui si era lasciata sfuggire un sospiro di sollievo. Kenta non si sarebbe di certo perso l'amore della vita se Yui avesse taciuto la questione. Era piuttosto certa che Senji non sapesse nulla di questa Akiko - Kenta di sicuro non la riteneva così importante da andare a parlare di lei a un amico lontano - e quindi questa informazione poteva benissimo essere tralasciata nel quadro generale delle cose.
Tanto era che Kenta aveva già iniziato a parlare d'altro.
«Non ricordo cosa è successo a me, ma so cosa è successo a voi. Avete parlato di questi due Pokémon: Azelf e Mesprit. Si tratta dei due dei tre Guardiani dei Laghi di Sinnoh. A questo punto è legittimo pensare che il terzo, Uxie, sia quello che ha fatto visita a me».
«I Guardiani dei Laghi... esatto! Ecco cosa mi ricordava il nome di Mesprit!». Senji si batté un pugno sull'altra mano aperta.
«Ognuno di loro è portatore di una virtù che può infondere o togliere agli umani a piacimento. Volontà, emozioni e conoscenza» continuò a illustrare, spostando lo sguardo da Yui a Senji per enfatizzare la spiegazione. «Almeno questo spiega perché una che mi ha appena detto di essere una hikikomori si trovava a sbraitare sotto casa mia prima» osservò strizzando l'occhio a Yui, che arrossì.
«Quindi vorresti dire che questi Pokémon Leggendari ci hanno... cambiati?» domandò Senji.
«Mi sembra l'unica spiegazione sensata».
«Figo!» commentò affascinata Yui, stringendo i pugni per la felicità.
«Orribile» le rispose Senji con uno sguardo di rimprovero. «C'è un modo di tornare come prima?».
Kenta incrociò le braccia al petto. «Se c'è, non lo so. Ma so dove potremmo trovarlo. Alla biblioteca di Canalipoli, che contiene un numero straordinario di volumi sui miti e leggende più misteriosi di Sinnoh. E non chiedetemi come faccio a saperlo, perché vi risponderei 'boh'».
«Sono stato a Canalipoli meno di una settimana fa, anche se non ho fatto in tempo a sfidare la Palestra. Posso farvi da guida» si offrì Senji, che ad ogni modo avrebbe avuto l'intenzione di andarsene da Giubilopoli.
«Un momento» li frenò Yui. «Se non ho capito male, vorreste che partissimo tutti insieme verso Canalipoli per avere informazioni su questi Guardiani dei Laghi e trovare il modo di tornare come prima».
Nessuno la corresse, perciò continuò. «Ma il fatto è che... io non voglio tornare come prima» protestò.
«Io voglio assolutamente tornare come prima» si lagnò invece Senji, pestando i piedi come un bimbo.
«Io... vorrei solo ricordarmi chi ero» sospirò pesantemente Kenta.
I tre si squadrarono per un momento. Di fronte a quell'ultima affermazione, lo sguardo di Yui si intristì e la ragazza parve cedere, così il ragazzo dagli occhi verdi ne approfittò.
«Ok, due contro uno. Si va alla biblioteca di Canalipoli» decretò matematicamente Kenta.
Yui si piantò le unghie nei palmi delle mani. Non era possibile. Quella fiamma che l'aveva invasa la sera prima... voleva sentirla ancora. Non voleva tornare a essere la reclusa apatica e svogliata di prima, o per lo meno non subito; ora che ne aveva l'occasione, aveva ancora tante cose che voleva fare nel mondo esterno, prima di chiudersi di nuovo alle spalle le porte del suo appartamento.
«Affare fatto. Ma ho delle condizioni» esclamò.
«E perché dovremmo sottostare alle tue condizioni?» fece Senji polemico.
«Abbiamo iniziato questa cosa insieme, ed è molto probabile che anche il processo di ritrasformazione debba essere fatto insieme. O con me o rimani come sei» lo canzonò Yui, mostrandogli la lingua. Approfittando del silenzio rassegnato che seguì, Yui espose la sua proposta. «Andiamo tutti insieme a Canalipoli, ma voglio dei Pokémon».
«Cosa?» trasalirono Senji e Kenta.
«Avete capito bene. Prima di tornare a essere la smidollata di prima, voglio vincere le otto Medaglie della Lega di Sinnoh».
 
 
 
°°°

Ok, forse non è il massimo, ma mi serviva un capitolo un po'... così, per fare metabolizzare ai ragazzi quello che è successo prima di farli partire all'avventura. Un ringraziamento specialissimo va a Morning Musume ( Momo *^* ) per le sue adorabili recensioni! Il quarto capitolo è quasi pronto, e ho già in mente quale sarà il primo Pokémon di Yui. Un indizio? Non sarà nessuno dei tre starter originari di Sinnoh :) 
A presto e grazie a tutti i lettori. Spero che la piega che sta prendendo la storia sia di vostro gradimento!


Taiyou




 

 

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Capitolo 4
*** IV ***


IV 

 
 
Lo sguardo di Kenta percorse la stanza alla ricerca di qualcosa che potesse risvegliare in lui una qualche scintilla, ma invano. Quei due ragazzi, Yui e Senji, l'avevano lasciato da un po', dicendo che sarebbero andati a preparare gli zaini per partire la mattina successiva. Kenta era dunque rimasto solo nel suo appartamento. Seduto su una sedia di paglia nel piccolo soggiorno-cucina, osservava quella casa sconosciuta. Sembrava che quel luogo per il suo vecchio io non fosse molto più di una stazione di servizio, un punto dove passare tra il lavoro e il videonoleggio, tra il supermercato e la casa di Yui. Il vecchio Kenta non amava quella casa: si capiva dal fatto che era troppo impersonale, non l'aveva decorata quasi per niente. Chiunque abbia intenzione di mettere radici in una casa, fa in modo di seminare ovunque pezzettini di sé. Invece, Kenta non aveva notato nulla del genere in quel luogo: nessuna data cerchiata sul calendario, nessun poster di band preferite o Allenatori seguiti alle pareti... Solo la camera da letto faceva eccezione: qualche fotografia che lo ritraeva insieme ai due amici d'infanzia era esposta sul cassettone di fronte al letto - ed era quello l'unico motivo che l'aveva convinto a fidarsi dei due ragazzi sconosciuti che aveva incontrato quella mattina. Yui e Senji gli avevano raccontato che il vecchio Kenta era allegro, solare, e dalle loro parole si poteva evincere che fosse anche un po' superficiale. Il nuovo Kenta, invece, non si sentiva affatto così.
«Bibarel, Azumarill. Venite fuori!» disse Kenta, lasciando che le Pokéball si ingrandissero sul palmo della sua mano. I due Pokémon apparvero in un fascio di luce rossa.
Per un attimo, Kenta si emozionò. Era davvero come rivedere due vecchi amici. Allungò la mano destra per accarezzare sulla testa prima il grassoccio Pokémon Castoro e poi il Pokémon Acquaniglio, che agitò felice le lunghe orecchie. Scese dalla sedia e si mise a gattoni di fronte a loro con l'intento di esaminarli.
Il vecchio Kenta aveva dovuto amare i suoi Pokémon, ma di sicuro non possedeva le conoscenze adeguate per curarli a dovere: i denti di Bibarel, che dovevano essere limati periodicamente per rendere più pericolose le sue mosse caratteristiche, erano stati lasciati crescere in modo sregolato, e Azumarill sembrava al di sopra del suo peso forma. Nel complesso, le due creature sembravano in tutto e per tutto due Pokémon domestici, e non temibili combattenti.
«Ciao ragazzi. Sono... io, Kenta. Ho avuto un piccolo incidente e mi chiedevo se poteste aiutarmi a ricordare» iniziò determinato.
Di fronte agli sguardi perplessi dei due Pokémon si alzò, frugò per un po' nella stanza alla ricerca di un bloc notes che finalmente trovò in un cassetto, afferrò una penna dal cappuccio tutto mangiucchiato e si sedette a gambe incrociate sul parquet.
«Allora, Bibarel. Tu conosci l'attacco Cascata?» cominciò.
Ben presto, il foglio iniziò a riempirsi di strategie, combinazioni, piani di allenamento. Kenta sorrise; avrebbe trasformato quei Pokémon in due guerrieri d'eccezione.
 
 
 
«Devi per forza ripartire?» domandò il padre di Senji, posando l'ampia mano sulla spalla del figlio. Il signor Hyuga e Senji erano della stessa altezza, ma l'uomo aveva già raggiunto una certa età e Senji sapeva che presto avrebbe cominciato a incurvarsi.
Il ragazzo dalla frangia blu sapeva che la risposta a quella domanda era sì, ma era restio a pronunciare quella singola parola. Se tutta quella storia dei Pokémon Leggendari non fosse mai successa, magari gli sarebbe stato possibile rimanere a casa con il padre; la morte della madre gli aveva ricordato quanto affetto provasse nei confronti della sua famiglia, e suo padre stava cominciando a diventare vecchio, quindi Senji non sapeva quanto tempo ancora gli rimanesse da passare al suo fianco.
Quel lutto gli aveva fatto venire dei dubbi sulla sua vocazione di Allenatore. I suoi genitori avevano fatto tanto per lui, pagandogli gli studi, permettendogli di spiccare il volo e viaggiare senza che mai una volta gli avessero rinfacciato di averli lasciati soli in un momento di bisogno come quello della malattia della mamma. Era tutta colpa di quel maledetto Pokémon Leggendario...
Ma poi allontanò tutti quei pensieri con una scrollata di capo, ricordandosi che, se non avesse mai ricevuto la visita di Mesprit, quelle emozioni non sarebbero mai riaffiorate dentro di lui, che fino al giorno prima era accecato dalla freddezza, l'ambizione e l'insensibilità. In un modo o nell'altro, si sarebbe ritrovato ad abbandonare l'anziano padre lo stesso.
Perciò, tristemente, fece segno di sì con il capo.
«Papà, vorrei lasciarti una cosa» sospirò Senji, parlando a voce bassa affinché suo padre non si accorgesse delle lacrime imminenti che la incrinavano. Trasse fuori dalla tasca una Friend Ball verde decorata con pennellate rosse e gialle e la fece rimbalzare sul palmo.
«Miiiime!» esclamò il piccolo Pokémon che ne uscì, un esserino rosa con una specie di cappello blu da giullare in testa.   
«Ti presento Mime Jr. Avevo intenzione di allenarlo, ma non siamo mai andati troppo d'accordo... Sai, sono dei Pokémon capaci di percepire i sentimenti umani, e immagino che in me non... vedesse granché. Comunque, ho intenzione di lasciartelo» spiegò Senji con un sorrisino triste.
Il signor Hyuga si piegò con fatica verso il piccolo Mime Jr. e lo prese in braccio, sistemandoselo poi sulla spalla. Senza dire nulla, attirò a sé Senji per un caloroso abbraccio, che il figlio ricambiò con forza.
Quando se ne andò di casa, la mattina successiva, promise di ritornare presto a fare un saluto. Quella questione dell'iper-emotività era destabilizzante, ma poteva avere i suoi lati positivi, pensò Senji. Quando finalmente fosse riuscito a sciogliere quello strano incantesimo, avrebbe continuato a fare tesoro di quei legami.
 
 
 
«Ma come ti sei vestito?» trasalì Yui.
Kenta si era presentato all'appuntamento in un completo a dir poco allucinante. Potevano passare la camicia azzurrina e i pantaloni gessati grigi, anche se non erano proprio l'outfit da viaggio più comodo, ma quel camice bianco da scienziato e gli occhiali da vista appesi al collo con una catenina erano inspiegabili.
«Ssssh. Hai davanti a te l'apprendista più brillante del maggior Professore Pokémon della regione di Unima».
«Tu non ci sei nemmeno stato, a Unima. Nel caso te lo fossi sognato ieri notte e avessi pensato che fosse un flashback della tua vita passata» lo freddò subito Senji, stupito tanto quanto Yui.
«Lo immaginavo. Ma ho tutto qui dentro» replicò Kenta, battendosi l'indice destro sulla tempia.
«È un'idea balzana del nuovo Kenta secchione?» chiese piccato Senji.
«È un'idea geniale del nuovo Kenta secchione» lo corresse lui. «Sentite qua».
Yui si avvicinò, sentendosi improvvisamente a disagio di fronte a quello sconosciuto con la faccia della sua grande cotta. Cercò di fare del suo meglio, però, per non farglielo capire. Magari, se non era riuscita a fare breccia nel cuore del Kenta che conosceva, a questa sua nuova personalità lei sarebbe piaciuta. E almeno a questo ragazzo prodigio con gli occhiali finti non sarebbe andata a genio una modella di piedi con la testa tra le nuvole come Akiko Ando.
Kenta, nel frattempo, stava iniziando a spiegare. «Se vogliamo accontentare il desiderio di Yui prima di farci tornare alle nostre vecchie personalità, abbiamo bisogno di farle conquistare otto medaglie in poco tempo. Ora, quale modo migliore se non farle da coach? Io, con la mia conoscenza superiore in campo di Pokémon...» iniziò, spostandosi poi verso Senji e appoggiandogli una mano sulla spalla. «E te, con la tua esperienza nelle lotte».
Yui si fermò un momento a valutare la proposta, anche se quell'adrenalina che le scorreva in corpo da un giorno e mezzo sembrava avere offuscato le sue capacità di giudicare lucidamente. Accettare l'offerta di aiuto da parte di Kenta le sembrava la scelta più logica, anche se una piccola parte dentro di lei combatteva per rifiutarla a tutti i costi. Era un sentimento nuovo e strano, che si manifestava come un nodino infuocato nello stomaco; Yui era piuttosto certa che fosse orgoglio.
Senji si fece avanti. «Suona ragionevole. Ti darò una mano, ok?» esclamò, rivolto verso Yui.
La castana aprì la bocca per protestare, ma subito dopo la richiuse e fece di sì con la testa.
«Perfetto!» esultò Kenta. «Sapevo che avresti accettato, così mi sono preso la briga di fare questo per te». Mosse qualche passo verso di lei e le allungò un foglio a quadretti ripiegato. Yui lo aprì e lesse ad alta voce.
 
Le decisioni del Professor Aoyama riguardo alla strategia da adottare in una lotta in Palestra sono insindacabili. La squadra da schierare verrà concordata insieme al professor Aoyama e all'Allenatore Esperto Hyuga. Ogni lotta in Palestra deve essere supervisionata dal professor Aoyama che si posizionerà sugli spalti o, in casi di estrema necessità, accanto all'Allenatrice Uchino. Per ogni Palestra, verrà concesso un massimo di due tentativi per ottenere la Medaglia. Alla seconda sconfitta consecutiva in una Palestra, ai fini di non perdere un quantitativo di tempo eccessivo, la suddetta Palestra verrà saltata e si procederà con il tentativo di conquista della Medaglia successiva.

 Quando ebbe finito di leggerne il contenuto, Yui ripiegò in quattro il pezzo di carta e se lo mise in tasca. Alzò lo sguardo verso Kenta e gli occhi grigi di lei dardeggiarono nella sua direzione, adirati per la supponenza e la presunzione che trapelavano dal suo scritto. Non era sicura che il nuovo Kenta le piacesse poi così tanto.
«Ci mettiamo in cammino?» si intromise Senji, che aveva fiutato il pericolo nell'aria. Il corvino non si chiese come fosse possibile, ma tutto a un tratto sembrava essere diventato bravo a percepire le emozioni forti provenienti dagli altri. Fortunatamente Yui e Kenta gli diedero retta.
Lasciarono Giubilopoli passando per il casello Nord, quello che divideva la grande città dal sentiero che conduceva a Mineropoli. La brezza mattutina soffiava piacevole sul viso di Yui, allontanandole dal viso i fili scuri dei suoi capelli, che l'avevano coperto per troppo tempo. Quella mattina il Percorso era sgombro da Allenatori, perciò non incontrarono rallentamenti nel cammino e in poco tempo arrivarono ad avventurarsi nel Varco Mineropoli. Il grottino era breve, per cui non era nemmeno molto buio: dall'apertura filtrava quel po' di sole che bastava per illuminare alla perfezione i primi metri.
«Comunque, Yui... La Palestra di Mineropoli è specializzata nel tipo Roccia» iniziò Kenta. «Quindi direi che come primo Pokémon ti conviene catturare uno dei Budew che gironzolano verso la fine del tunnel, così sarà un gioco da ragazzi conquistare la Medaglia».
Yui fece un saltello per evitare una roccia sul suo cammino prima di rispondere. «Budew è quello che poi diventa Roselia?». Il suo viso si contrasse in una smorfia di disgusto e fece finta di vomitare.
«Oppure, se preferisci posso provare a inoltrarmi un po' qui dentro per catturarti uno Psyduck. Il mio Medicham può frantumare le rocce che bloccano l'accesso ai laghetti sotterranei!» si offrì Senji, volendo fornire un'alternativa a Yui, che vedeva molto poco convinta della scelta del Pokémon Erba.
«Ok, anche uno Psyduck non è una cattiva idea» concesse Kenta. «Però, Yui, metti in conto anche di dover catturare Pokémon che non ti piacciono, ok? Più utile è meglio di più bello quando si tratta di una lotta in Palestra, e...».
«Mi lasci in pace?!» lo interruppe Yui quasi urlando, avendone fin sopra i capelli del suo comportamento. Non riusciva proprio ad accettare che quelle parole da maestrino potessero uscire dalla bocca di un ragazzo buono come il pane come Kenta, e questo provocava in lei un fastidio insopportabile.
Al grido di Yui, dalle profondità della grotta si levò uno stridio molesto. Un nugolo di Zubat disturbati si stava scagliando contro di loro. Piccoli artigli affilati si conficcarono nel braccio della ragazza, mentre altre unghiette aguzze le tiravano i capelli. A giudicare dagli 'ahia' acuti che udiva, anche i suoi compagni stavano subendo la stessa tortura.
«Honchkrow, Neropulsar!» sentì Senji che dava ordini a un Pokémon che aveva appena liberato dalla sfera, anche se, con tutti quei pipistrelli che le turbinavano intorno al viso, Yui non poté distinguerne i contorni. Il Pokémon di Senji stava abbattendo a ripetizione gli Zubat scaraventandoli lontano, ma i piccoli Pokémon non sembravano voler desistere, a giudicare dai graffietti che ancora continuavano a infliggerle sulla pelle. Che fegato, pensò Yui, e la sua mente fu attraversata da un pensiero improvviso.
Estrasse una Pokéball vuota dalla tasca.
«Yui, che cavolo fai?» udì la voce di Kenta protestare, il quale a quanto pareva si trovava in una posizione favorevole per vedere cosa stesse facendo. «Sono Zubat! Pokémon inutili!».
Senza curarsi delle sue lamentele, Yui lanciò la sua sfera contro uno degli Zubat ancora in volo, che venne risucchiato all'interno. Mentre la Pokéball si agitava al suolo, incrociò le dita e iniziò a sperare. Quello era il suo viaggio. E nessun professorino improvvisato l'avrebbe rovinato.
 
 
 
 
---
 
 
Gomen! Ci ho messo un bel po', ma stavolta il capitolo è bello lungo :) Grazie ad Aura Nera per aver Seguito la mia storia! Spero di non aver deluso nessuno con la scelta dello Zubat, ma c'è tutto un lavoro psicologico dietro, nulla è lasciato al caso ^-^ Se avete delle lamentele, volete lanciarmi dei pomodori perché la pensate come Kenta riguardo agli Zubat e tutte queste amenità, potete inviarmele tramite recensione :D
Alla prossima!
Taiyou

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Capitolo 5
*** V ***



 
V

 
Usciti dal Varco Mineropoli, i tre compagni di viaggio si erano seduti in uno spiazzo erboso appena prima dell'ingresso della città per recuperare le forze e permettere a Yui di familiarizzare un po' con il proprio starter, che si scoprì essere un esemplare maschio e molto giovane. Nonostante ci fosse la Cava a pochi chilometri, quella piana conservava ancora le caratteristiche del Percorso 203: l'erba era verde e tenera, sicuramente grazie all'influenza positiva delle acque del laghetto sulla cui riva si era seduto il gruppo.
Senji non poté trattenersi dal pensare che, in fondo, quello Zubat era piuttosto carino. I dentini acuminati del Pokémon affondarono con gusto nella polpa della Baccamela che Yui gli stava porgendo sul palmo della mano; i due sembravano aver legato piuttosto rapidamente. Kenta continuava a tenere il muso: la cattura da parte di Yui di un Pokémon Veleno/Volante aveva scombinato tutti i suoi piani.
«Molto bene, hai deciso di fare di testa tua, ma ti ci voglio vedere poi a battere i Pokémon Roccia di Pedro con quel pipistrellino!» aveva commentato con sufficienza. Senji, dal canto suo, si era astenuto dal giudicare. Dopo tutto quel tempo passato a esplorare la regione di Sinnoh, come accadeva alla maggior parte degli Allenatori itineranti, anche lui aveva iniziato a considerare i fastidiosi sciami di Zubat che infestavano le grotte più una seccatura che dei potenziali membri da aggiungere al proprio team. Ma se Yui, che - soprattutto in quella nuova versione cazzuta - non era affatto una scema, aveva deciso di iniziare il suo viaggio con uno di loro, non era certo compito suo mettere becco. Tuttavia Kenta non aveva tutti i torti: uno Zubat non era lo starter ideale per affrontare una sfida nella Palestra specializzata nel tipo Roccia di Mineropoli.
Si ricordava ancora di quando era toccato a lui, tre anni prima: Gible, grazie al suo attacco Sabbiotomba, aveva seppellito con facilità della squadra di Pedro, ma il piccolo Pokémon Pipistrello di Yui non avrebbe avuto dalla sua parte alcun attacco Superefficace con cui scalfire Geodude, Onix e Cranidos.
«Ripartiamo?». La voce di Yui lo riscosse dai suoi pensieri. Aveva fatto rientrare il piccolo Zubat nella sfera e si era alzata dal prato in cui avevano consumato una merenda veloce.
«Certo» acconsentì Senji, rimettendosi in piedi a sua volta e sistemandosi lo zaino sulle spalle.
Quando gli altri due si furono alzati, Kenta, che era già in piedi, si informò: «Yui, con quale dei miei due Pokémon vai più d'accordo?».
La ragazza rifletté un attimo prima di rispondere. «Non lo so... Entrambi, direi. Ma conosco Bibarel da più tempo. Perché?».
«Dato che sono di tipo Acqua, ti presterò uno di loro per la sfida in Palestra» stabilì.
Senji poté avvertire chiaramente il fastidio di Yui, le cui guance si tinsero di un rosso vivo per l'agitazione. «Non ce n'è bisogno, grazie mille» rispose secca.
«Io penso di sì» ribatté Kenta. Senji non sapeva bene se l'intenzione di Kenta fosse davvero quella di aiutare e quindi stesse facendo tutto ciò in un eccesso di zelo, oppure se la sua offerta fosse dettata semplicemente dal voler guadagnare tempo e sbrigare in fretta la faccenda Medaglie.
«Io penso di no!» si ostinò Yui, che stava iniziando pericolosamente a scaldarsi.
A quel punto entrambi si girarono in contemporanea verso Senji, chiamandolo in causa ancora una volta a risolvere la contesa. Il ragazzo stava proprio iniziando a stancarsi di quel ruolo di paciere del gruppo, che gli era stato affibbiato ad honorem nonostante non gli si addicesse affatto.
«Yui, capisco se non vuoi usare un membro della squadra di Kenta, ma penso che un Pokémon d'Acqua o d'Erba ti sarebbe molto d'aiuto. Zubat non può ragionevolmente farcela» intervenne pacato.
«Sarebbe inutile usare Bibarel o Azumarill, comunque» obiettò lei critica. «Kenta non li ha mai allenati a dovere, sono praticamente Pokémon ammaestrati per comparire in televisione».
Punto sul vivo, Kenta reagì. «È qui che ti sbagli. Ma se è questo che pensi, ti sfido subito» la provocò, aggiustandosi il suo nuovo accessorio, quel pretenzioso paio di occhiali senza lenti, sulla punta del naso. Senji vide Yui sobbalzare, colta alla sprovvista. Di certo quel gesto impulsivo da parte di Kenta aveva sortito su di lei lo stesso effetto che aveva avuto su se stesso: un tuffo indietro nel tempo, agli anni della scuola, quando l'inseparabile coppia formata da Kenta e Bidoof affrontava un avversario diverso a ogni ricreazione. Bambini e bambine, del primo o ultimo anno che fossero, erano tutti uguali agli occhi di Kenta. Come il classico protagonista di un manga shōnen, il ragazzo accettava e lanciava sfide a destra e a manca senza curarsi del livello o fare un minimo di calcolo della probabilità che avesse di uscirne vittorioso. E di solito erano Senji e Yui a metterci le pezze: il primo gli faceva giustizia, vendicando il suo compagno a colpi di Ira di Drago di Gible, e la seconda curava le ferite, rimettendo in sesto Bidoof al tappeto o incerottando Kenta, che nel peggiore dei casi si era beccato un cazzotto sul naso.
E adesso sembrava tornato il Kenta di una volta, con l'unica differenza che l'avversaria stavolta era Yui, contro la quale non aveva mai azzardato puntare una Pokéball.
«Ci sto! Lottiamo!» esclamò Yui, sfoderando di nuovo la Sfera di Zubat, impaziente di farla pagare alla nuova versione di Kenta che le stava facendo girare le scatole da quella mattina.
Quella scena era troppo per Senji, che non poté fare altro che sgranare gli occhi incredulo. Ora poteva capire almeno un po' lo sgomento di Kenta quando aveva perso la memoria il giorno prima e non riconosceva nessuno: quelle persone con cui si era ritrovato in viaggio non erano i suoi amici ritrovati dopo anni, ma persone completamente sconosciute. Quei tre Guardiani dei Laghi ci avevano calcato un po' troppo la mano e la biblioteca di Canalipoli non gli era mai sembrata così lontana.
 

 
Quella Yui era caduta nella sua trappola, abboccando all'amo come un Goldeen vanesio, troppo sicuro delle sue capacità. Quando aveva parlato in quella maniera dei suoi Pokémon, lei aveva in mente il team del vecchio Kenta, dei Pokémon coccoloni ed estremamente obbedienti. Ma lui, il nuovo Kenta, aveva lavorato una notte intera per rovesciare quell'immagine, e adesso avrebbe mostrato a quei due le capacità appena acquisite dalla propria squadra.
Lo Zubat di Yui, inutile come un Magikarp con una Pietrastante, volteggiava già in aria, scandagliando i dintorni con il suo Supersuono per individuare l'avversario, e Yui stessa, già entrata in sintonia con il Pokémon, era concentrata al massimo.
«Vai, Azumarill!» gridò Kenta, liberando il Pokémon Acquaniglio sul terreno. «Azumarill, vai a immergerti in quel laghetto!». Il Pokémon eseguì, trotterellando verso il piccolo stagno vicino al quale si erano accampati prima e tuffandosi a bomba.
Yui, forse agitata per via del fatto che si trattava della sua prima lotta da vera e propria Allenatrice, non aveva ancora dato alcun comando allo Zubat che, non essendosi mosso dalla sua posizione iniziale, non fu colpito dagli schizzi d'acqua come l'altro aveva sperato.
Kenta rimase in paziente attesa finché la ragazza, recuperata la lucidità, non ordinò a Zubat: «Raggiungilo e attacca con Supersuono!».
«Sott'acqua!» disse in fretta Kenta.
Il Pokémon Pipistrello volò fino alla superficie del lago e liberò nell'aria le sue onde nel tentativo di Confondere Azumarill, ma quest'ultimo era già scomparso sotto il pelo dell'acqua. Quando Kenta vide affievolirsi le emissioni di Zubat, esclamò: «Riemergi e usa Bollaraggio!».
«Zubat, individua le bolle con i tuoi ultrasuoni e schivale!» gli suggerì Yui, ma, quando Azumarill ricomparve dalle profondità dello stagno e scagliò un fascio di piccole bolle trasparenti contro il pipistrellino, quello ne fu investito in pieno, subendo danni.
«No, Zubat! Cosa succede?» si disperò Yui.
«Succede che le bolle di Azumarill sono molto efficaci ma estremamente sottili. Il loro peso specifico è così minimo che l'ecolocalizzazione di uno Zubat così giovane è troppo imprecisa per poterle individuare!» spiegò Kenta trionfante.
Yui digrignò i denti. «Adesso tocca a noi attaccare! Zubat, avvicinati e vai con Sanguisuga!».
Kenta dovette ammetterlo: quell'esserino era veramente veloce. Quando si lanciò a tutta velocità contro Azumarill, il coniglio acquatico non fece in tempo ad immergersi nell'acqua che l'altro Pokémon aveva già affondato i dentini nella sua pelle, iniziando a succhiargli via energia vitale. Ma Kenta aveva già pronta la sua contromossa, e ordinò ad Azumarill di difendersi con Ricciolscudo. Improvvisamente, la pelle del Pokémon d'Acqua si indurì sotto i canini di Zubat, e il Pokémon si trovò in difficoltà.
«Non mollare e recupera energie, Zubat!» lo incitò Yui. Dimostrando una tenacità fuori dal comune, lo Zubat resistette; mollò la presa solo per un beve istante, per poi tornare ad affondare le zanne con maggiore violenza nella carne di Azumarill, che si dibatté in preda al dolore.
«Quell'attacco... Era diverso...» notò Yui, piacevolmente sorpresa.
«Credo che abbia appena usato da solo l'attacco Morso» le spiegò Senji, che fino a quel momento aveva assistito all'incontro in silenzioso stupore, ancora scioccato dall'improbabilità della situazione.
«Scrollatelo di dosso, Azumarill: Docciascudo!» esclamò a quel punto Kenta. In realtà, Docciascudo era una mossa difensiva studiata prevalentemente per difendersi dagli attacchi di tipo Fuoco, ma anche in quel momento poteva risultare utile a Kenta e Azumarill: infatti lo scudo acquatico generato dal Pokémon investì Zubat come una cascata e il peso dell'acqua lo fece allontanare un po' stordito.
«Riprenditi, Zubat! Riprova con Morso!».
«Non mi fregherai due volte, Yui... Azumarill, Idrondata!».
Sulla superficie del laghetto si sollevò un'onda di discrete dimensioni che Zubat, poiché in quel momento era lanciato a gran velocità contro il suo avversario, non riuscì a scansare. Venne colpito in pieno e, sconfitto, perse quota, cadendo inerme nel laghetto.
«Zubat!» lo chiamò Yui disperata.
Kenta alzò le spalle. «E la vittoria è mia. Te l'avevo detto, ti stavi sbagliando. Questi non sono più i Pokémon che ricordi...» iniziò a pavoneggiarsi, ma Yui non lo stava a sentire. Non riusciva a staccare gli occhi inorridita dal corpicino del suo Pokémon svenuto che andava a fondo nel lago.
«Ripescalo!» urlò.
«Eh?» cadde dalle nuvole Kenta, che non si era accorto di nulla.
«Ripescalo! Ripescalo! Ripescalo!» cominciò a strillare isterica.
«Che cazz...» disse Senji tra i denti, resosi conto del pericolo. Lo Zubat di Yui era scomparso sotto il pelo dell'acqua non proprio limpida, e ormai era indistinguibile tra le alghe.
Kenta sobbalzò quando finalmente si accorse di quello che stava succedendo. «Azumarill, cerca Zubat!» chiese al proprio Pokémon, che si immerse all'istante. Il ramato si voltò verso Yui, con un'ombra di preoccupazione sul volto; le avrebbe anche chiesto scusa, ma le parole gli morirono in gola e, nonostante non fosse nulla la situazione adatta, arrossì furiosamente a quella vista. La ragazza si era sfilata le scarpe e anche la maglietta, rimanendo con una canottierina molto poco coprente, e sembrava avere tutte l'intenzione di buttarsi nel laghetto per salvare il suo compagno affondato. Ma non ci fu bisogno di intervenire oltre, perché la loro attenzione fu catturata da un Pokémon che era appena uscito dall'acqua melmosa, zampettando verso di loro.
Non si trattava di Azumarill: con il piccolo Zubat privo di sensi al sicuro tra le zampe anteriori, un flessuoso Buizel si fermò ai piedi di Yui.
 
 
 


 
Stavolta ci è voluto più del solito e temo che anche il prossimo capitolo non arriverà prestissimo... È un periodo pieno di impegni :/ Comunque spero che, anche se l'ho scritto di fretta, questo capitolo possa convincervi, specialmente perché c'è la prima lotta della storia! Com'è? Ci vorrebbero più dialoghi? Più descrizioni? Fatemi sapere :)
Dietro consiglio della gentilissima immunopathology, ho deciso di ingrandire il carattere del capitolo! Grazie
a tutti i recensori per il loro supporto :)
 
Taiyou




 

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