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Questa
è, con qualche modifica, la storia che prima si intitolava “La
Dea, i supereroi e gli assassini”. È stata rivista e
resa un po' più sensata e ora è una storia a quattro
mani scritta da me e l'amore mio, Lawrence Victory.
Speriamo
quindi che la rivisitazione vi piaccia e per quelle di voi che
avevano preso in simpatia la cara Artemide, niente paura, la
rivedremo presto.
Come
sempre, buona lettura.
CAPITOLO
1
In cui Stark è senza
parole e Barton rompe una finestra
Erano
lì in piedi già da venti minuti. Tony Stark aveva lo
sguardo vacuo e non aveva detto una parola, ma d'altronde Pepper
sapeva che, per il suo fidanzato, neanche indossando la sua armatura
sarebbe stato più facile. Quel giorno ricorreva l'anniversario
della morte dei coniugi Stark e la signorina Potts aveva pensato che
fosse giusto andare a rendere omaggio al loro capezzale, ma ora non
sapeva che dire, qualsiasi parola sembrava inappropriata. Si limitava
a fissare Tony senza capire se stesse pregando o cercando di far
esplodere la tomba del padre con lo sguardo.
Il
suono di passi vicini infranse il silenzio e Pepper si voltò,
sollevata, per vedere chi fosse il suo salvatore. Si ritrovò a
fissare un paio di pettorali scolpiti nascosti da un completo
elegante e da una camicia a strisce. Imbarazzata, alzò
(parecchio) lo sguardo per riuscire a guardare negli occhi azzurri il
leader dei vendicatori.
-Capitano
Rogers, come mai qui?-domandò Pepper, grata di aver trovato un
pretesto per rompere il silenzio.
-Signorina
Potts-esclamò l'uomo facendo un elegante inchino-Sono passato
per rendere omaggio ai signori Stark. Ci ho messo un po' per trovare
questo posto: non riesco ad orientami in questa metropoli-
-Oh,
è molto gentile da parte sua-rispose la donna-So che non ha
avuto molto tempo per conoscere Howard Stark-
-Purtroppo,
ma il merito è anche suo se oggi sono l'uomo che ha
davanti-rispose il capitano, poi spostò lo sguardo su Tony
Stark che nel frattempo non si era mosso di un centimetro.
-Da
quanto tempo è così?-chiese lui.
-Ormai
da quasi mezz'ora-rispose la donna, laconica.
-Beh,
deve essere un record per lui-lo provocò il capitano.
Tony
grugnì seccato.
-Non
tutti hanno avuto mezzo secolo di tempo per esercitarsi nel gioco del
silenzio, Mr. Calippo- esclamò risvegliandosi dal suo
torpore-Io sono un uomo d'azione-
I
due si scambiarono una vigorosa stretta di mano e Pepper sorrise. Non
avrebbe mai creduto che Tony potesse un giorno avere dei veri amici.
-Mi
hanno detto che è stato un terribile incidente d'auto-disse
Cap, indicando la tomba.
-Sì.
Organizzato dall'Hydra. La macchina è esplosa. Nessuno è
sopravvissuto-rispose Tony-Un gran bel botto.
Steve
annuì in silenzio.
Pepper
guardò tristemente il fidanzato.
Tony
si guardò il polso, fingendo di avere un orologio.
-Bene,
possiamo terminare la fase contemplativa, andiamo al “campo
base” per un aperitivo, Capitano?.
Rogers
sorrise.
-Mi
spiace, ma non posso bere in servizio-rispose lui.
-Pensavo
che la Sua fosse una visita di piacere-disse Tony, perplesso.
-Lo
era infatti, ma ora abbiamo un impegno: c'è una missione-
-Per
chi?-
-Per
tutti-rispose fiero il paladino a stelle e strisce.
-Bene,
riuniamo le Giovani Marmotte...qui solo i morti hanno il diritto di
riposare...- e tutti insieme si avviarono verso la Avengers Tower.
Appoggiata
alla ringhiera che dava sull'immensa sala da ballo sottostante,
Natasha Romanoff sembrava annoiata e distratta, ma in realtà
stava memorizzando ogni singolo movimento del suo bersaglio.
L'apparenza era un'arte per la bionda, ex rossa, dall'abito
scarlatto. Un passo falso e se ne sarebbe accorto. Un passo falso e
poteva cadere in un baratro senza fine.
L'uomo
in elegante smoking nero passeggiava tra gli invitati con
disinvoltura, ballava con le ragazze più belle, non così
belle secondo lei, e beveva chiacchierando con i diplomatici presenti
alla festa. Ad un occhio comune sarebbe sembrato un perfetto damerino
pomposo, ma lei, anche da lontano, notava tanti, troppi particolari
che lo tradivano.
Lo
conosceva troppo bene.
-Come
procede, Vedova Nera?-chiese la secca voce di Hill nel suo orecchio.
-Nel
complesso bene, Maria. Ma c'è qualcosa che non va. Sembra un
novellino-rispose, senza perderlo di vista.
-Sta
lasciando la sala, credo sia il momento-aggiunse, andando con
nonchalance nella direzione presa dall'uomo.
Rimase
distante, mentre lui si intrufolava negli appartamenti privati del
padrone di casa, Armand Lijbishe,un sospetto contrabbandiere di armi
chitauriane rubate da New York.
-Sta
entrando. Ora viene il difficile-sussurrò nel comunicatore.
-Non
perderlo, mi raccomando Vedova. Conosci i rischi.
Lo
vide imboccare il corridoio che portava al caveau, senza guardarsi
attorno.
Primo
errore.
Poi
si mise ad hakerare con un dispositivo la serratura elettronica,
senza accorgersi videocamera sul soffitto.
Secondo
errore.
-Hill,
fermalo! Sta aprendo la porta senza staccare l'allarme!-sussurrò
rapidamente all'auricolare.
Lo
vide fermarsi e ascoltare ciò che gli veniva comunicato,
Vedova Nera poté tirare un sospiro di sollievo. Purtroppo il
suo bersaglio non era l'unico ad aver commesso errori quella sera:
Natasha era tanto concentrata su di lui, non si era accorta di una
ronda di guardie nel corridoio dietro di lei.
-Ferma!
Mani in alto!-gridarono, attirando anche l'attenzione del soggetto.
Per
la vendicatrice non sarebbero un problema mezza dozzina di guardie di
sicurezza armate, il guaio era che il soggetto non doveva
assolutamente vederla. Lanciò delle piastrine elettriche ai
due più vicini e rapidamente prese la porta che portava alle
scale di servizio, tallonata da un buon numero di uomini nerboruti.
La inseguirono in una stanza al buio. La vedova ne uscì poco
dopo mentre si risistemava i capelli. Ritornò sui suoi passi
nella speranza di ritrovare il suo bersaglio, ma fu il suo bersaglio
a trovare lei. E aveva una pistola.
-Romanoff.
Esigo una spiegazione.
-Barton...anche
tu qui?-chiese sorridendo civettuola.
-Eccoli!!!-
urlò qualcuno in fondo al corridoio.
Prima
che lui potesse chiederle spiegazioni, una mandria di omoni in nero
gli fu addosso.
-D'yavol-sbottò
Romanoff. (al diavolo)
-Allora?
Che ci fai qui?-le urlò Clint, afferrandone uno per il collo.
-Ti
sembra il momento?-rispose sganciando un cazzotto nello stomaco di
qualcuno.
-Sì-sbottò
lui sparando ai più vicini.
-Dopo
New York...sei diverso...hai fatto un sacco di errori stupidi in
questa missione...io e Maria eravamo preoccupate...-spiegò,
mentre ribaltava quello e strangolava l'altro.
-Quindi
mi stavi spiando?...pensavate che non fossi in grado?-tuonò
arrabbiato.
Quindici
nemici erano già a terra a quel punto.
-Cerca
di capire...cercavamo di proteggerti...se non le avessi detto di
fermarti avresti fatto scattare...l'allarme-rispose, continuando a
combattere.
-Mi
aspettavo più fiducia da te!-ruggì stendendo due uomini
in un impeto di rabbia.
-Intanto
ti ho salvato il culo-ribatté lei, iniziando a irritarsi.
-E
hai fatto fallire la missione!-continuò, sempre più
furioso.
Un'altra
ventina di uomini si aggiunse ai precedenti, più armati e
arrabbiati.
Clint
si guardò attorno, l'unica via di fuga era la finestra.
-Reggiti-ordinò,
stringendo a se la compagna.
Nat
intuì cosa stava per fare.
-No!
Aspetta! È troppo al...-
Prima
che lei potesse fermarlo si erano lanciato contro il vetro.
Precipitarono
nel vuoto a sette piani dall'asfalto.
…
Il
tempo sembrò rallentare. Clint vedeva la sua partner
precipitare nel vuoto.
Esaminò
la situazione: nella migliore delle ipotesi sarebbero stati ancora
vivi, ma con gambe e qualche costola rotte, la fuga sarebbe stata
comunque impossibile. Si rese conto di non avere scampo: aveva ucciso
entrambi.
Il
suo ultimo errore.
“Forse..”
pensò “se le attutisco la caduta, lei può ancora
salvarsi, magari con qualche costola rotta...ma può farcela”.
Annuì
convinto mentre il tempo ritornava a scorrere.
Strinse
a se la sua migliore amica e si lasciò cadere, lieto di poter
rimediare almeno a questo suo sbaglio.
A
nulla valsero i tentativi di Nat di divincolarsi.
Sembrava
aver avuto la sua stessa idea, ma Clint era comunque più forte
di lei.
4
piani.
“Fortuna
che quando si libererà sarò già morto...”.
2
piani.
“Credo...
che avrei dovuto diglielo. Magari posso ancora farlo”.
Clint
disse qualcosa che si perse nel frastuono dell'aria sferzante.
1
piano.
Qualcosa
colpì la coppia che si ritrovò a parecchie decine di
metri dalla villa.
Atterrarono
e lasciarono un profondo solco nel terreno, ma non erano morti...
nessuno dei due.
Qualcosa
li aveva fatti cadere molto più dolcemente del previsto e a
una buona distanza dalla villa.
Un
indistinta macchia nera li spinse di lato, si rialzò dal
canale scavato con il proprio corpo e con un balzo silenzioso si
allontanò.
Clint
cercò di seguirla con lo sguardo, per capire chi e soprattutto
cosa fosse, ma un dolore lancinante lo bloccò, permettendogli
solo di intravedere una strana luminescenza, dopodiché la
figura sparì nella notte.
Barton
era attonito.
Si
costrinse a risvegliarsi dal suo torpore per sincerarsi delle
condizioni della compagna.
-Nat!
Stai bene!?- la ragazza sembrava svenuta.
-Nat!!
Svegliati- un sonoro cazzotto smorzò i richiami dell'arciere.
Natasha
Romanoff balzò in piedi e con aria minacciosa si rivolse al
collega.
-Dopo
ti ammazzo, ma ora corri!-sbottò.
Al
che anche Clint si accorse del berciare concitato proveniente dalla
direzione della villa.
Spero che
la rivisitazione sia stata di vostro gradimento, torneremo in due
settimane con il capitolo successivo, ricco d'azione.
Uao!
Ma siete tantissimi! Siamo veramente molto molto felici delle
recensioni e di tutte le persone che ci seguono :-D per premiare la
vostra gentilezza abbiamo deciso di farvi due regali: gli
aggiornamenti non saranno più ogni due settimane, bensì
ogni settimana, precisamente ogni sabato! E inoltre vi suggeriamo di
controllare questa storia nei prossimi due/tre giorni, perché
potreste trovare una sorpresa :-D
Vi
ringraziamo ancora e vi auguriamo una buona lettura.
Chekkumeto&Lawrence_Victory
CAPITOLO
2
In
cui Rogers fa nuove amicizie e Fury ha dei dubbi sul futuro del
pianeta
Appena
arrivati all'Avengers Tower, Tony fece accomodare Steve sul divano
del gigantesco salotto e dal bar prese snack salati e due calici di
un cocktail analcolico color verde acido.
Il
Capitano guardò il bicchiere inarcando un sopracciglio.
-Che
cos'è?-chiese perplesso.
-E'
un cocktail... Sai, succhi di frutta, concentrati e roba simile
mescolati insieme... trovo strano che tu non li conosca, siete
praticamene coetanei- esclamò il miliardario. -Questo è
kiwi, mela verde e pompelmo [nota: si chiama Capoverde]. Suona
strano, ma ti assicuro che è buono-.
Non
molto convinto il capitano ne assaggiò un sorso e dovette
ammettere che quel chictail,
o come si chiamava, era davvero delizioso.
-Ci
vuoi del ghiaccio? o ti sei portato il tuo?- Scherzò Tony.
-No,
grazie- rispose Rogers, troppo impegnato a godersi la bibita per
capire la battuta.
-Dottore,
benvenuto. Posso offrirle un drink?-chiese il padrone di casa,
prendendo al volo un altro bicchiere di cocktail verde.
-Oh...non
è alcolico, vero?-chiese il dottore, accettando l'offerta.
-No,
siamo in servizio-bofonchiò Stark, citando il capitano.
-Lo
provi dottore, è delizioso, a parte il colore orrendo- esclamò
il capitano.
-Ehm...già...-mormorò
Banner.
Subito
Steve si accorse della gaffe.
-No!...cioè,
volevo dire...è brutto come colore di una bibita...è un
bel verde sulle altre cose...a lei sta benissimo...-tentò di
recuperare Cap.
Bruce
inarcò un sopracciglio.
-Non
nel senso...bah...lasciamo perdere-bofonchiò il vendicatore,
imbarazzato.
Stark,
che non aveva detto una parola durante lo scambio, ora sorrideva
divertito.
-Ahi
ahi, il Capitan Perfettino che si perde in un bicchiere... di succo
di frutta- ridacchiò, guadagnandosi un'occhiataccia.
-Anche
lei è qui per la missione, dottore?- chiese Rogers, per
togliersi dall'impiccio.
-Sì,
anzi, sono stato io a consigliare a Fury di riunire la squadra per
questo lavoro. Vi informerò tutti quando arriveranno anche
Barton e Romanoff-spiegò.
-E
Point Break?-chiese Stark.
-No,
Thor non poteva venire...- cominciò Banner.
-Meno
male... so che ha un modo "particolare" di manifestare il
suo apprezzamento per le bevande- Lo interruppe Tony.
-...
L'abbiamo contattato con questo strano aggeggio che ci ha dato
l'ultima volta, ha detto che deve sedare certe rivolte- continuò
il dottore esibendo uno strano aggeggio simile ad un diapason dai
riflessi dorati.
-...
e questi bicchieri in cristallo di Boemia sono un regalo di Pepper-
proseguì Stark come se Banner non avesse aperto bocca.
-Peccato,
quindi questa volta non ci sarà il nostro Pikachu nella
squadra!- esordì Barton, facendo irruzione nel salotto,
seguito a ruota dalla rossa partner, ancora visibilmente indisposta.
-Barton,
Romanoff, vi aspettavamo- esclamò Steve alzandosi, reggendo in
una mano il suo bicchiere e nell'altra il vassoio con i cocktail, che
porse ai due.
-Abbiamo
avuto un contrattempo- tagliò corto Natasha, fulminando
Barton.
-Uhuhu...attenzione!
Il mirabolante duo è in crisi?-chiese Stark, in risposta un
bicchiere gli sfiorò il naso a tutta velocità per poi
infrangersi contro il muro.
-Romanoff!
Quel bicchiere... -cominciò Tony, ma incrociando lo sguardo
dell'assassina si zittì come un topolino.
-Avete
finito di spettegolare, signorine?-esclamò la secca voce del
direttore Fury.
-Ehi,
monocolo. Anche tu a questo party?-ridacchiò Stark.
-E'
ora di spiegarvi la missione. Barton, Romanoff, dopo devo parlarvi in
privato-esclamò Nick.
-Attento
capo, oggi tira una brutta aria in paradiso-rise il miliardario.
-Che
vuoi dire?-borbottò Fury inarcando un sopracciglio.
-La
coppia è scoppiata-rispose Stark.
Il
direttore continuava a non capire.
-Il
ragno e il falco hanno litigato-sospirò Tony.
Fury
alzò lo sguardo al cielo.
-Avengers:
l'ultima linea di difesa. Che dio ci aiuti-borbottò.
Tutti
quanti raggiunsero la sala briefing.
Fury
si piazzò in piedi davanti al proiettore olografico.
Barton
si appollaiò sulla ringhiera della scala.
Gli
altri si accomodarono sui pouf rossi e oro.
-Che
diavolo è questa roba, Stark?-chiese il Capitano, sollevando
disgustato la massa di morbido tessuto.
-E'
un pouf, Vecchia cariatide-borbottò il padrone di casa,
stizzito.
-Color
Iron Man-aggiunse Steve-Megalomane.
-Stark,
Rogers! Posso avere la vostra attenzione o siete troppo impegnati a
bisticciare?- esclamò il direttore.
-Sissignore-risposero
in coro, mettendosi seduti (Rogers con non poche difficoltà).
Perfino
Tony sapeva che con il “grande capo” non bisognava
scherzare troppo.
-La
situazione è molto, molto grave. Un pazzo che si fa chiamare
“Thunderwhite” ci ha lanciato una sfida:da tre giorni a
questa parte ha annunciato un attentato ogni 24 ore, se non lo
troviamo entro questa scadenza fa una strage di civili in un posto
affollato…-spiegò Fury, palesemente irato.
Un
brusio si levò dal gruppo.
-Cosa...civili?
Ma è orribile…
-Perché
ancora non l’avete preso?!
-Cosa
stiamo aspettando, troviamo questo bastardo!-gridò scattando i
piedi Captain America.
-Lo
so, è terribile, ma ora calmatevi, non ho finito-continuò
Fury. -Sul luogo dell'attentato lascia un indizio sulla prossima
città. Sono già state colpite Edimburgo, Bruxelles e
Ottawa. Stessa dinamica: un esplosione in pieno centro abitato,
nessuna traccia di ordigni, gas o sostanze esplosive-
-Credete
che siano soggetti “Extremis” lasciati detonare, come
quelli di Aldrich Killian?- interruppe Tony. Dalla faccia sembrava
molto turbato.
-Lo
abbiamo escluso. Lo S.H.I.E.L.D. ha controllato tutta la
documentazione sul progetto: nessuna cavia è rimasta in vita e
i creatori della formula hanno fatto tutti la stessa fine. Tranquillo
Stark: Pepper non corre più alcun pericolo- spiegò
comprensivo Nick.
-Comunque
non sono stati registrati picchi di temperatura. Inoltre ho
analizzato il primo cratere. c’è qualcosa di molto
strano: Sono perfettamente circolari e il terreno sembra carico di
elettricità statica-si intromise Banner.
-Quindi
di che può trattarsi?-chiese Barton, pensieroso.
-Secondo
me è tecnologia aliena-rispose il dottore.
Tutti
sgranarono gli occhi.
-Oh
avanti...dopo New York vi sembra così assurdo?-replicò
Bruce, guardandoli di sottecchi.
-E
va bene...il dottor karma ha ragione. Dobbiamo considerare tutte le
possibilità-lo sostenne Tony.
-Sappiamo
qual’è il prossimo obbiettivo?-chiese Natasha.
-Non
ancora, i miei uomini mi informeranno appena avranno risolto l'enigma
che ci ha lasciato ieri. Ma ormai mancano cinque ore al prossimo
attentato. Ho qui dei video dei precedenti attacchi: Stark, falli
analizzare a quella tua diavoleria parlante, forse scopriremo
qualcosa di utile-ordinò il direttore.
-C'è
una cosa che non torna...-esclamò Natasha -Come può
organizzare attacchi di questa portata, in così poco tempo e
in città così distanti?-
Banner
scosse la testa-Non possiamo escludere che abbia un bel numero di
complici...per ora non abbiamo indizi a riguardo-
-Riunione
terminata, partiamo per il Triskelion appena Stark scopre qualcosa-
Fury
uscì lanciando uno sguardo eloquente a Occhio di Falco e
Vedova Nera, che lo seguirono.
-Jarvis?
Esegui un controllo incrociato su tutti i video con il software di
riconoscimento facciale e prendi nota di qualsiasi anomalia-ordinò
Tony.
-Subito
signore-rispose l'AI.
-Credo...che
il mio aiuto qui non sia necessario. Dottore, le va un altro
checktail?-chiese
Steve, a disagio davanti a tutte quelle stranezze tecnologiche.
-Volentieri-rispose
l'altro, e si avviarono verso il soggiorno.
---
-Agenti-esordì
il capo dello SHIELD.
I
due rimasero immobili, sul divano, davanti al direttore; sapevano
cosa li aspettava.
-Ho
sentito una voce riguardo a quanto accaduto a Mosca-continuò
assottigliando lo sguardo-Avete una spiegazione?
-Sissignore,
vede, io stavo facendo la mia missione...-
-Io
e Maria eravamo preoccupate, capisce, New York...-
-...ero
quasi riuscito a portarla a termine quando è sbucata lei, che
non doveva essere lì...-
-...lui
non era più lo stesso, ha fatto un sacco di errori da
principiante in quella missione...-
-...e
ha attirato le guardie, quindi siamo dovuti scappare...-
-...c'è
stato un combattimento, lui ci ha quasi uccisi lanciandoci da una
finestra...-
-E'
stata tutta colpa sua!-conclusero le spie in coro.
-Ehi!
Uno alla volta! Mi state facendo venire mal di testa!-sbottò
il direttore.
-Scusi,
signore-risposero, mesti.
-Quindi.
Romanoff, non è stato carino spiare Barton. Se avevi dei dubbi
avresti dovuto parlarne con lui. Barton. Lei era preoccupata per te,
anche tu avresti fatto lo stesso per lei-disse il direttore, ora più
calmo-Siete la mia squadra migliore, non tollero che i vostri
problemi personali interferiscano con il vostro lavoro. Chiaritevi e
poi andata ad aiutare Stark.-
I
due agenti abbassarono lo sguardo, imbarazzati.
Senza
aggiungere altro, il direttore li lasciò soli.
I
due rimasero immobili ancora per qualche secondo.
-Scusa
Nat, capisco che fossi preoccupata per me, mi dispiace...-bofonchiò
Clint.
-Ci
sei arrivato finalmente- rispose secca lei.
Barton
la guardò storto -Credo che la battuta giusta sia “Scusami
anche tu Clint, torniamo amici come prima”- disse in falsetto.
-Non
ho nulla per cui scusarmi-.
-Capisco
di aver fatto male i miei calcoli quando ti ho lanciata giù
dalla finestra, ma ho cercato di rimediare...-
-RIMEDIARE?
QUELLO TU LO CHIAMI RIMEDIARE?- ringhiò lei alzandosi in
piedi.
-CERCAVO
DI SALVARTI LA VITA!-.
-SACRIFICANDO
LA TUA-.
-NON
C'ERA MODO DI SOPRAVVIVERE ENTRAMBI!-
-IO...
TU... SEI UN IDIOTA!- Rispose la ragazza per poi uscire sbattendo la
porta.
Clint
rimase solo con la sua rabbia. -STUPIDA DONNA!!- gridò
affranto.
Maria
Hill, che aveva sentito l'ultima parte della conversazione (come
probabilmente tutti nella torre), rivolse uno sguardo eloquente al
direttore dello SHIELD accanto a lei. Fury iniziava a pensare che il
mondo non fosse poi così al sicuro.
Eccoci
qua! Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia divertiti
come ha divertito noi scriverlo :-D
A
presto, e ricordate di controllare per la sorpresa :-D
Come
era stato presagito nell'episodio precedente, ecco qui un piccolo
dono, un biscottino diciamo, per chi ci segue assiduamente.
ATTENZIONE!
QUESTO NON E' UN CAPITOLO! E' UN FLASHBACK! NON AGGIUNGE E NON TOGLIE
NIENTE ALLA STORIA PRINCIPALE!
Buona
lettura a tutti!
Chekkumeto&Lawrence_Victory
CAPITOLO
2.5
In
quel di Amsterdam
-Ho
una missione per te, Barton-
Occhio
di Falco inarcò un sopracciglio, fissando l’immagine
digitale del suo capo, nello schermo del portatile. Doveva essere
qualcosa di urgente se non aveva aspettato di dirglielo tra cinque
ore al Triskelion.
-Abbiamo
avuto conferma che Viktor Blumart, serbo, è stato visto
entrare nell'hotel "Saturn moon" nella zona a luci rosse di
Amsterdam-disse la voce registrata del direttore, mentre sullo
schermo apparivano le foto di un uomo alto con i capelli
brizzolati-Blumart è un noto contrabbandiere di preziosi
rubati, al momento è in fuga dopo un colpo a Mosca. Non
conosciamo la sua destinazione, a dirla tutta è stata già
una fortuna riuscire ad individuarlo: quel tipo sa come non farsi
trovare. Catturalo e portalo alla base, vivo!,dobbiamo interrogarlo.
Ha informazioni su uno 084 che ci sta dando qualche noia. Attento
Barton, non avremo una seconda possibilità. Passo e chiudo-.
Clint
spense il computer, radunò le sue cose e prese quella che
sembrava una custodia per violini. Si trovava in Belgio e con la sua
fedele Jeep sarebbe arrivato a destinazione in poche ore.
Una
volta sul posto si guardò attorno, alquanto divertito. Il
Saturn Moon era esattamente il tipo di posto dove ti aspetti di
trovare un ladro dai gusti tanto raffinati. L’apoteosi della
pomposità: pavimenti in velluto rosso, pareti bianco perla
ornate di rilievi barocchi placcati d’oro.
Al
centro dell’immenso atrio c’era un palco circondato da
divanetti in pelle, probabilmente vera, la luce era fioca e rossa
mentre si svolgeva lo spettacolo: una meravigliosa ragazza, snella e
aggraziata, danzava sinuosa nel suo abito pesca, sventolando con
charme i lunghi capelli rossi e arricciati. Attorno a lei ballavano
altre splendide ragazze, ma era lei quella che attirava gli sguardi.
Clint
era convinto di non aver mai visto una creatura tanto affascinante,
ma si costrinse a distogliere lo sguardo per cercare Blumart.
Ovviamente
anche lui era lì, in prima fila, imbambolato come tutti a
guardare la bella ragazza. A Fury però non piaceva attirare
l’attenzione, Barton avrebbe dovuto aspettare che il soggetto
salisse in camera o andasse in bagno per prenderlo da solo e lontano
da occhi indiscreti.
Clint
si mise comodo, visto che doveva aspettare. Aveva una splendida
visuale sulla sua ballerina preferita, e prese pure un drink (a spese
dello SHIELD, ovviamente).
Alla
fine del balletto le ragazze scesero dal palco per trovare qualche
“pollo” da adescare e con cui passare qualche ora in
camera, sotto lauto, anzi, lautissimo, compenso.
Per
un attimo Barton osò sperare che nessuna delle ragazze andasse
via con Blumart, ma ovviamente la ballerina dai capelli rossi andò
proprio da lui.
“Neanche
avesse sentito l’odore dei diamanti” pensò Clint
divertito.
Tra
le esclamazioni e gli incitamenti dei suoi scagnozzi, Blumart si
avviò verso la sua stanza a braccetto con la ragazza.
Barton
aspettò qualche istante prima di seguirli.
Quando
si fermarono in mezzo ad un corridoio, Barton si fermò dietro
l’angolo, sbirciando senza farsi vedere.
Si
sporse appena in tempo per vedere Blumart spingere la ragazza al muro
e baciarla con foga. Lei gli avvolse una gamba attorno ai fianchi e
fu allora, quando la lunga gonna si sollevò sulla coscia, che
Clint capì perché quella ragazza era andata dritta da
Blumart:
Legata
poco sopra al ginocchio, aveva una pistola.
Barton
imprecò mentalmente.
Altro
che ballerina! Minimo è un’assassina! Sarà qui
per ucciderlo dopo il colpo in Russia.
Senza
perderli di vista accese il comunicatore.
-Cheese,
mi ricevi?-sussurrò.
-Sì,
Occhio di Falco. Che succede?-rispose Coulson, dall’altra parte
della linea.
-Ho
bisogno di un’identificazione. Donna, una ventina d’anni,
attraente, capelli rossi, occhi verdi, potrebbe essere russa, ha una
pistola e sta andando in camera con il nostro uomo-spiegò
rapidamente.
-La
descrizione è un po’ rozza ma...è probabile che
sia... LEI-rispose il gestore.
-Dannazione...lo
sospettavo-sospirò l’arciere.
-Attento
Clint, è la più letale assassina mai vista in
circolazione. E’ stata addestrata dalla Red Room-Barton
rabbrividì sentendo quel nome-ed è ricercata da 7
diverse agenzie, hai l’ordine tassativo di ucciderla a vista-lo
avvertì il gestore.
Alzando
gli occhi al cielo l’agente spense l’auricolare.
La
coppia era arrivata in cima alle scale e Blumart stava cercando con
una certa fretta la chiave della suite. Barton li teneva d’occhio
da lontano, la sua specialità, e, poco prima di chiudersi la
porta alle spalle, la ragazza gli fece un occhiolino malizioso.
-Merda…-esclamò
Clint, attraversando il corridoio di corsa.
Spalancò
la porta, pistola in mano, e rimase basito.
Erano
passati si e no dieci secondi da quando la porta si era chiusa e
Blumart era già legato ad una sedia con l'assassina che
sorrideva beffarda in piedi dietro di lui.
-Ma
come diavolo…-esclamò incredulo.
-Non
mi sembra di aver richiesto il servizio in camera, Occhio di Falco. O
posso chiamarti Clinton Barton?-chiese lei ridacchiando.
Lui
la guardò sorpreso, come conosceva la sua identità?
-Anche
se dubito che tu sua qui per farci una serenata-disse, indicando la
custodia sulla sua spalla.
-Sei
una ragazza perspicace, Vedova Nera. O posso chiamarti Natalia
Romanov?-ribatté Barton.
Per
un attimo la donna rabbrividì sentendosi chiamare per nome, ma
si riprese subito.
-Facciamo
così: tu te ne vai e io non ti uccido-sbottò
improvvisamente Vedova.
-Ho
ordini di portarlo con me vivo...-rispose Barton.
-...E
i miei capi lo vogliono morto-lo interruppe lei.
-Allora
temo che uno di noi due si farà molto male…-
La
Romanov colse al volo l’invito e con un calcio poderoso spinse
Blumart e la sua sedia contro il Falco, dopodiché piroettò
di lato e con il tallone fece volare via la pistola di Clint. Provò
a colpirlo con un altro calcio, allo stomaco stavolta, ma lui si
riprese dallo stupore iniziale e le afferrò la caviglia con
entrambe le mani. L’atletica assassina ne approfittò per
ruotare su se stessa e assestargli un altro calcio sullo zigomo che
gli fece mollare la presa.
Alquanto
irritato la afferrò per i fianchi, spingendola violentemente
contro il muro ma Natalia gli tirò un forte schiaffo sul viso
e una ginocchiata in mezzo alle gambe. Mugolando Barton cadde a terra
e lei gli si mise sopra a cavalcioni, bloccandolo, caricò un
pugno ma l’arciere alzò le mani.
-Blumart
è scappato-esclamò Clint.
Natalia
guardò verso la porta ed effettivamente la sedia che aveva
spinto poco prima era in frantumi e non c’era traccia del suo
obbiettivo.
Imprecò
in russo e colpì comunque Clint al viso, per poi correre fuori
dalla stanza.
Vide
di sfuggita la giacca nera di Blumart sparire dietro l’angolo
del corridoio a sinistra. Gli aveva rotto il femore con un calcio,
prima di legarlo alla sedia, zoppicando non poteva andare troppo
lontano. Si lanciò in quella direzione, ma poco prima di
svoltare una freccia si conficcò sul muro, a pochi centimetri
dal suo naso.
Seccata
si voltò verso il corridoio e vide Barton con il suo arco,
un’altra freccia già incoccata e la custodia per violini
aperta sul pavimento.
-Quest’arco
non ha mai sbagliato un colpo, Vedova-l’avvertì lui.
-C’è
sempre una prima volta, Falco-rispose, estraendo la preziosa freccia
dal muro e spezzandogliela davanti agli occhi.
Mai
l’avesse fatto.
Clint
si infuriò come mai in vita sua.
Natalia
sgusciò su per le scale e lui le corse dietro più che
deciso a spezzarle a sua volta qualcosa, possibilmente un braccio.
Blumart
aveva imboccato le scale di servizio e saliva verso il tetto, dove lo
aspettava un elicottero. Evidentemente Natalia aveva sottovalutato la
sua resistenza al dolore, pure con la gamba rotta correva parecchio
veloce.
All’altezza
dell’ultima rampa, Clint riuscì a raggiungere
l’assassina e la afferrò per il vestito. In risposta lei
sfruttò la sua posizione sopraelevata per ruotare su se stessa
e piantargli una potente ginocchiata al viso facendo rotolare Clint
giù dalla scala.
Questo
movimento, però fece sfilare la sua pistola dal fodero che
finì molti piani più in basso.
Imprecò
ancora in russo: non aveva tempo per recuperarla e l’agente si
stava rialzando, inoltre lui era armato. Natalia salì qualche
altra rampa di scale e apri, infine, la porta che dava sul tetto
dell’hotel.
Lì
finì la sua corsa.
Davanti
a lei erano schierati mezza dozzina di uomini che le puntavano contro
altrettante mitragliette.
Blumart
era appoggiato al suo elicottero dietro di loro. Il malvivente
sorrise bieco e, aiutato da un suo sgherro, si portò nel mezzo
del suo muro di bocche da fuco.
-Bene
bene, ecco qui un bel ragnetto disarmato… pensavi che non
avessi pronto un piano di fuga per ogni evenienza?-disse il
criminale.
Natalia
era in trappola.
-Occhio
per occhio, signorina-aggiunse, poi prese una pistola e le sparò
alla gamba sinistra.
Con
un gemito Natalia cadde a terra.
Doveva
fuggire, ma se non avesse portato a termine la missione la Red Room
le avrebbe riservato cose ben peggiori della morte.
Un
colpo secco poco lontano da lei attirò la sua attenzione: una
freccia era piantata nel cemento poco lontano e lampeggiava
minacciosamente.
Quando
pensava che stesse per esplodere e ammazzarli tutti, iniziò ad
emettere una nuvola di fumo che in pochi secondi rese impossibile
vedere.
Clint
uscì dalla porta che dava sulle scale indossando degli
occhialoni speciali. Si fece largo nel tra gli uomini di Blumart ,
troppo impegnati a tossire per fare qualunque cosa, e lo tramortì
con una freccia narcotizzante. Approfittando del fumo trascinò
il contrabbandiere sull’elicottero, era pronto a fuggire e
concludere così la sua missione.
Prima
di salire a bordo, però, ebbe un attimo di esitazione: si
voltò e vide Natalia, ferita, inerme e circondata da uomini
armati. Una volta accortisi della scomparsa del capo l’avrebbero
sicuramente uccisa. Infondo non erano questi gli ordini? Ma era
giusto lasciarla così? Cint Barton non sapeva cosa fare.
Sospirò.
Aveva
preso la sua decisione.
Natalia
vide il suo avversario venirle in contro. il fumo si stava diradando.
Era completamente scoperto.
-Non
muoverti-disse alla ragazza.
Lei
si lasciò caricare in braccio, troppo sorpresa per protestare.
L'arciere
corse più veloce che poteva verso l’elicottero, mentre
gli scagnozzi di Blumart lanciavano gli ultimi colpi di tosse misti
ad imprecazioni.
Adagiò
l’assassina vicino a criminale, chiuse il portellone e aprì
la portiera del pilota per salire.
Si
diede mentalmente dello stupido, aveva dimenticato il pilota!
Ora
che il fumo si era completamente dissipato, il pilota poteva vederlo
benissimo e gli stava puntando una pistola alla testa.
Prima
che potesse premere il grilletto, qualcosa sfondò con uno
schiocco lo scafo antiproiettile dell’elicottero e lo colpì
alla schiena.
Clint
intravide uno scintillio dorato, dopodiché quel…qualunque
cosa fosse, si dissolse senza lasciare traccia. L’arciere non
rimase poi così sorpreso. Non era la prima volta che gli
capitava una cosa simile, tuttavia non era il momento di giocare a
cluedo: era ora di prendere il volo.
Natalia
era distesa accanto al suo obbiettivo, non si muoveva, teneva gli
occhi chiusi, stava pensando. Perché quel tizio l’aveva
portata con se? Forse voleva qualcosa da lei? In ogni caso, questa
era l'occasione che aspettava. Aveva le mani libere, quell’idiota
non l’aveva legata (anche se probabilmente sarebbe servito a
poco), così allungò silenziosamente le mani verso il
collo del suo obbiettivo. Poteva strangolarlo mentre era ancora
addormentato, nulla di più semplice.
-Non
devi farlo per forza-sospirò Clint, senza voltarsi verso di
lei.
Per
un secondo rimase spiazzata, era stata più silenziosa di un
gatto!
-E’
la mia missione! E poi questo qui merita di morire-rispose, senza
ritrarre le mani.
-E’
questo che ti ripeti per giustificare quello che fai?-chiese ancora
lui.
-Io
uccido. E’ quello che faccio, non ho bisogno di giustificarmi
con me stessa, ne tanto meno con te!-ringhiò l’assassina,
iniziando ad arrabbiarsi.
-E
sentiamo, quale sarebbe il tuo piano?-
-Uccido
lui, poi stordisco te, ti lascio da qualche parte e piloto questo
coso verso casa: missione compiuta-
Finalmente
l’arciere si voltò.
-Come?
non mi uccideresti?- chiese curioso.
-...No...non
so quale sia il tuo piano, ma mi ha permesso di uscirne viva. Diciamo
che te lo devo-confessò lei.
-
In ogni caso non credo riusciresti a stordirmi in quelle condizioni,
o a pilotare qualunque cosa-ridacchiò lui.
-Oh,
posso fare questo e molto di più!- rispose lei, risentita.
-Se
ne sei convinta...- ribatté lui, ridendo sempre di più.
Dopo
pochi secondi di silenzio, Vedova si decise ad allontanare le mani
dal gracile collo del suo bersaglio per sincerarsi delle proprie
condizioni.
-Sotto
il mio sedile dovrebbe esserci il kit di primo soccorso-la informò
Barton.
-Tu
sai che potrei attaccarti in qualunque momento, vero?- disse lei,
sentendosi vagamente sottovalutata.
-Perché?
Io non voglio farti del male-
-E
COSA VUOI ALLORA? QUALI SONO LE TUE ISTRUZIONI? DOVE MI STAI
PORTANDO? I TUOI CAPI VOGLIONO UCCIDERMI PERSONALMENTE? TORTURARMI?
SONO PIU’ RESISTENTE DI QUANTO SEMBRA, CREDIMI! NON DIRO’
NULLA!!!- sbottò lei, estremamente frustata.
-Ti
rilasserebbe sapere che non c’è nessun piano?- tagliò
corto lui.
Natalia
era basita.
-Non
voglio farti del male,né tantomeno portarti da nessuno. Ci
stiamo dirigendo verso una casa sicura dello SHIELD. Rimani li per un
po’, rimettiti in sesto e sentiti libera di andartene quando
vuoi. Ti do la mia parola che nessuno saprà che sei lì-spiego
finalmente.
Vedova
non sapeva più cosa pensare, la stava portando in una casa
sicura dello SHIELD. Lei! Un’assassina pluriricercata in mezzo
pianeta!
-Cosa
vuoi da me?-chiese, sempre più confusa.
-Nulla,
solo, non toccare le mie faretre nell'armadio della camera da letto.
Sai, sono un maniaco dell’ordine-
-Tu...vuoi
il mio corpo?-chiese lei, come se fosse la cosa più normale di
questo mondo.
Clint
si voltò nuovamente, disgustato.
-COSA?
No! Io non...ma ti pare?-esclamò incredulo.
-Cosa…
sei tu?- chiese lei.
-Sono
un agente se è questo che intendi. Ma sono prima di tutto un
essere umano. E sono certo che anche tu lo sia-
-Io
sono una macchina di morte, non ho sentimenti né
compassione-sospirò lei.
-Conosco
il tuo “curriculum” Nat, ma so che non è del tutto
vero-
Natalia
sobbalzò sentendosi chiamare con quel nomignolo.
-Ti
ho vista su quel tetto. Tu avevi paura…-
-IO
NON HO MAI PAURA!-lo interruppe.
-Fammi
finire…avevi paura, non di morire, ma di deludere i tuoi capi,
che ti faranno se torni senza aver compiuto la missione? Conosco di
fama la Red Room, non hanno rispetto per la vita umana-
-Anche
tu uccidi...Lo SHIELD non è migliore della Red Room-
-E’
vero, ma non vorremmo farlo. Siamo obbligati ad uccidere per salvare
delle persone innocenti. So che puoi capire questo ragionamento-
-So
che io sono un pericolo e che lo SHIELD mi vuole morta, tu dovresti
uccidermi o qualcun altro lo farà-
-Non
permetterò a nessuno di farti del male. Tu non sei cattiva,
Nat. Tutti facciamo scelte, giuste o sbagliate. Tu non hai avuto
neanche questa possibilità. Sei meglio di quello che credi
sai?-le disse lui, parlando con il cuore in mano.
-Cosa
vuoi che faccia?-gli chiese lei.
-Per
ora voglio che entri e ti medichi quella ferita visto che non ci hai
messo neanche un cerotto. Troverai tutto il necessario in cucina. Ti
aiuto a scendere-
Natalia
non si era nemmeno accorta che l’elicottero era fermo. Erano
arrivati a destinazione e sembrava non esserci nessuno ad aspettarla,
né dello SHIELD, né della Red Room.
-E
tu cos’hai intenzione di fare?-domandò Nat, mentre Clint
la aiutava a scendere dall’elicottero.
-Torno
indietro-rispose Occhio di Falco-Ho lasciato la mia Jeep davanti
all’hotel-
Speriamo
che questo piccolo fuori programma vi sia piaciuto e ci vediamo
sabato con il prossimo capitolo!
Attenzione!
In questa premessa ci sono un paio di punti importanti.
Per
prima cosa, vogliamo fare a tutti le nostre scuse per il ritardo nel
postare il nuovo capitolo, ma il bonus ci ha occupato i primi giorni
della settimana e quindi non abbiamo fatto in tempo ieri a finire
questo.
In
secondo luogo, vorremmo proporre una specie di “premio”
per il/la fan più attivo (cioè che ci recensisce
sempre, fa commenti esaurienti e dettagliati, cose così) che
sarà a sorpresa tra i prossimi capitoli, quindi abbiamo
bisogno di sapere se siete tutti d’accordo. Ovviamente il
premio non sarà nulla di materiale, bensì qualcosa
riguardante la storia.
Infine
devo dire che siamo rimasti un po’ delusi dal calo di
recensioni nel capitolo bonus che ci aspettavamo vi sarebbe piaciuto
di più e ci auguriamo che torniate a esprimerci la vostra
opinione che ci fa sempre tanto piacere.
Ultima
cosa, questo capitolo è un po’ lento e sentimentale, dal
prossimo però ci sarà tanta azione, quindi godetevi la
calma prima della tempesta.
Ora,
come sempre vi auguriamo buona lettura.
Chekkumeto&Lawrence_Victory
CAPITOLO
3
In
cui Banner si improvvisa analista e Pepper tesse la sua tela
Mentre
sorseggiava l’ennesimo cocktail verde, Banner cercava di
concentrarsi su una rivista scientifica che aveva ricevuto quella
mattina, ma l’evidente disagio del suo amico a stelle e strisce
lo distraeva.
-C’’è...uhm...qualcosa
che non va, Steve?-chiese, con un briciolo d’esitazione.
Lui
rimase fermo e silenzioso per qualche istante prima di voltarsi verso
il dottore.
-Ti
capita mai di non sentirti te stesso?-chiese Steve.
Il
Dottore scoppiò a ridere.
-Sei
serio?- rispose.
Rogers
prese una sedia e si sistemò di fronte al suo interlocutore.
-Intendevo…
di sentirti inadatto, fuori posto, che la gente ti veda diversamente
da come sei realmente…-.
-Scusa,
non ti seguo- rispose il dottore, perplesso, richiudendo il giornale.
-Sai:
Tony Stark è uno scienziato pazzo pieno di soldi oltre ad
essere Iron Man, Natasha e Clint sono agenti dello SHIELD oltre che
vendicatori e tu sei una delle menti più brillanti del nostro
tempo, ma chi è Steve Rogers quando non è Captain
America?-
Bruce
sembrava interdetto, così Steve cercò di spiegarsi
meglio.
-Quando
non sono in missione per Fury tutto quello che faccio è
allenarmi. Non so come comportarmi con le persone di questo tempo-.
-beh…-
cercò di dire Banner.
-E
poi tutta questa tecnologia mi mette a disagio. Non saprei dove
andare se uscissi dalla torre: non ho un hobby, amicizie al di fuori
del lavoro… Ho solo il mio appartamento- continuò il
capitano.
-Sai,
credo di sapere di cosa hai bisogno- azzardò Bruce.
-Ovvero?-
-Una
ragazza- sorrise il dottore.
Il
mastodontico capitano arrossì come una scolaretta il primo
giorno di scuola.
-E’
che… non saprei cosa… non saprei che fare, dove
andare…- si giustificò.
-Non
ce n’è bisogno! lascia che sia lei a condurre le danze,
fatti portare al cinema, prova qualche fast food, accompagnala al
centro commerciale… cose di questo tipo-.
-Si…
beh… ma in questo caso… chi?- chiese speranzoso Steve.
-Ah
non guardare me! questo devi deciderlo tu-
-e
poi chi si prenderebbe uno come me?-
Il
dottore lo squadrò da testa a piedi.
-Stai
scherzando vero? le donne stravedono per gli uomini alti e muscolosi,
e tu hai il vantaggio di rimanere del tuo colore per essere così-
scherzò Bruce.
-Scommetto
che le ragazze svengono ai tuoi piedi anche quando vai a comprare il
latte-
-Veramente
non mi piace molto il latte, però mentre andavo in lavanderia,
una volta, una signora ha avuto un mancamento e ho dovuto rianimarla-
disse serio Rogers.
Banner
evitò di commentare.
-Comunque
non so come comportarmi con le ragazze di questo tempo- continuò
lui, ancora scettico.
-In
questo caso hai bisogno di un po’ di pratica… prova a
chiedere a Natasha!- esclamò il dottore.
-Romanoff?-
-Conosci
qualche altra Natasha?-
-Dici
che mi aiuterebbe?-
-Perché
no? Mi sembra la persona più adatta in materia di…
corteggiamento- rispose Banner.
Rogers
ci pensò un attimo, poi scattò in piedi facendo
sobbalzare l’amico.
-Dottore!
Sei un genio! Avresti dovuto fare lo strizzacervelli, non lo
scenziato- scherzò raggiante.
Bruce
rise alla battuta.
-Si
certo, e chi può avere interesse a parlare con me?-
-Dottore,
avrei interesse a parlare con lei-
La
voce divertita di Pepper Potts placò in un istante le risate
dei due uomini.
-Buongiorno
Miss Potts-disse subito il Capitano scattando sull’attenti.
-Salve,
Virginia. Non faccia caso a noi, io e il Capitano stavamo discutendo
di una sciocchezza- disse educatamente Bruce.
-Oh...ma
certo, prego, mi dica pure…-disse Bruce, sistemandosi più
elegantemente sul divano.
-Io
vado ad...allenarmi-esclamò il Capitano, congedandosi con un
piccolo inchino a Pepper, che sorrise imbarazzata.
-Io
e Tony ci sposiamo-sparò la donna, dopo che il capitano si fu
allontanato.
Bruce
fece cadere la sua rivista per la sorpresa.
-Oh
mio...congratulazioni! E’ una notizia bellissima, non capisco
perché Tony non me l’abbia…- Banner si interruppe
davanti all’espressione colpevole di Pepper-...Tony lo sa?-
-Ne
abbiamo parlato...un paio di volte. Volevo chiederglielo oggi, dopo
la visita al cimitero ma è arrivato il signor Rogers…-spiegò.
-Ma
scusi, non dovrebbe essere lui a...no certo, stiamo parlando di Tony
Stark, è ovvio che sia lei a proporre…-si corresse il
dottore, alzando gli occhi al cielo.
-Quindi...secondo
lei va bene che sia io a farmi avanti?-chiese Pep torcendosi le mani.
-Sì,
certo. Insomma, oggigiorno non è poi così strano. E poi
l’importante è il matrimonio, non chi lo propone a
chi-sorrise Bruce.
-Bene.
Grazie infinite dottore...ci sarebbe ancora una cosa Bruce. Ehm,
posso darti del tu, vero? Vuoi essere uno dei nostri
testimoni?-chiese Pepper sorridendo.
-Cos...sì,
sì certo. Sarebbe fantastico. Grazie-esclamò Banner con
un ampio sorriso.
-Grazie
a te Bruce. E’ bello vedere che Tony ha finalmente qualcuno che
tiene a lui-
Pepper
si voltò verso la porta appena in tempo per vedere un
inferocita Natasha attraversare il corridoio.
-Scusami
Bruce, devo andare a parlare con Natasha. Devo chiederle di farmi da
damigella-disse la donna, alzandosi e rassettandosi la gonna.
-Forse
è meglio chiedere in prestito lo scudo di Steve. Giusto per
precauzione-ridacchiò il dottore.
-Si,
credo sia meglio, grazie dottore-rispose la donna e filò via
prima che Banner potesse dirle che stava scherzando.
Pensò
che la gente, forse, lo prendeva un po’ troppo sul serio,
dopodiché riprese la sua rivista.
In
prima pagina, svettava la notizia di una nuova scoperta dei giovani
scienziati Leopold Fitz e Gemma Simmons dello SHIELD, di cui Banner
aveva letto ogni pubblicazione.
-Bruce,
volevo chiederti…-esclamò Clint, entrando nella stanza.
-NO.
Basta. Per oggi lo psicologo Banner ha chiuso i battenti. Chiedi a
Sark-sbottò il dottore, chiudendo definitivamente la sua
lettura maledetta.
-Vado
a rinchiudermi in camera, li potrò starmene tranquillo-.
Il
dottore sparì subito e Clint rimase fermo con ancora il dito a
mezz’aria.
-...se
sai dov’è Natasha-concluse a bassa voce.
L’
assassina era nella sua camera e stava violentemente colpendo un
povero sacco da boxe.
Quando
sentì bussare si augurò con tutto il cuore che non
fosse Clint, o stavolta avrebbe preso lui a pugni.
Spalancò
la porta e si trovò a fissare una grossa stella bianca
circondata da un cerchio blu e uno rosso.
-Ehi,
Nat...-esclamò Pepper, seminascosta.
-Pepper.
Perché lo scudo?-chiese la rossa sconcertata.
-Precauzioni-ridacchiò
lei.
Incredibilmente,
riuscì a strappare un sorriso a Nat.
-Prego,
entra-disse l’assassina, facendosi da parte.
Si
accomodarono sul divano e Pepper appoggiò lo scudo di lato.
-Allora,
come posso aiutarti?-chiese Natasha incuriosita.
-Beh,
in pratica, io voglio chiedere a Tony di sposarmi…-iniziò.
-Sei
incinta?-la interruppe la rossa, guardandola con attenzione.
-Che…?
No! No non sono incinta. E’ che io e Tony stiamo insieme da
parecchio-spiegò l’altra, leggermente indignata.
-Scusa...è
che...Stark...cioè...non sposerei uno così neanche se
fosse l’ultimo uomo sulla terra. E poi, non dovrebbe essere lui
a...no, certo. Stiamo parlando di Stark-commentò l’assassina
ridacchiando.
A
Pepper venne quasi da ridere sentendo le stesse parole di Bruce.
-Il
punto è: vuoi farmi da damigella?-chiese mordicchiandosi il
labbro.
Natasha
rimase per un secondo senza parole, immobile.
Lentamente
un sorriso si allargò sul volto della rossa.
-Ne
sarei... molto felice-rispose, stringendo delicatamente la mano di
Pepper.
Natasha
era già stata a molti matrimoni, ma era sempre stato solo una
copertura. Non aveva mai partecipato al matrimonio di un’amica…
forse perché non aveva mai avuto amiche.
Era
raggiante al pensiero di fare da testimone a Pep, e di non dover
nascondere ingombranti armi sotto quei minuti vestiti da damigelle.
Si sentiva normale.
si,
quella notizia l’aveva davvero resa felice.
-Perché
non gli organizzi un matrimonio a sorpresa?- suggerì.
-A…
Sorpresa… si, SI è un’idea stupenda- rispose
Pepper.
-Così
il caro Iron Man non avrà via di scampo!- Scherzò
l’altra.
-Devo
solo decidere quando- Pep cominciò a rimuginare su una
possibile data.
-Che
ne dici di: Appena tornati dal Triskelon?-
-Cosa?
intendi… ma ci sono un sacco di cose da organizzare e troppo
poco tempo!-
-Insomma
Pepper gestisci uno dei più grandi agglomerati societari del
mondo e mi vieni a dire che non riusciresti a farlo? Avverto gli
altri, andiamo a fermare quel pazzo, torniamo indietro e tu e Tony
siete marito e moglie- cercò di convincerla Nat.
-...
D’accordo, tu sarai la mia talpa e mi avvertirai dei suoi
spostamenti-
-Non
sarà difficile- rise Nat, era entusiasta di fare la spia “per
gioco” per una volta.
-C’è
molto da fare! devo chiamare qualcuno per gli abiti, fortuna che ho
le misure, e potrei chiedere a Happy di chiedere a suo cugino per il
Catering, me ne parla sempre, e poi la cerimonia, potrebbe essere
proprio sulla torre, devo cercare un…- sparò tutto d’un
fiato Pep, alzandosi in piedi.
-Dai,
vai a preparare tutto, ci penso io a riportare questo al suo
proprietario- disse Nat, prendendo in mano lo scudo.
-Grazie
mille Nat- squittì entusiasta la bionda, abbracciando l’amica.
Nat
non ricordava di essere mai stata così felice.
Eccoci
qua! Speriamo che il capitolo non vi abbia annoiati, in ogni caso il
prossimo non lo farà di sicuro!
Ci
scusiamo tantissimo per il ritardo di ben una settimana, ma sono
entrate in gioco quelle belle cose chiamate “esami di stato”
e che riducono il tempo che il mio collega Lawrence può
dedicare alla scrittura, lasciando me da sola a lavorare con solo le
sue correzioni.
Per
questo motivo purtroppo anche il prossimo capitolo sarà
domenica 21, a meno che io non riesca a fare un miracolo e a farlo
prima. In ogni caso ci sarà una sorpresa un po' diversa
dall'ultima, per allora.
Spostiamo
la pubblicazione dal sabato alla domenica perché il sabato è
il giorno in cui abbiamo più tempo per scrivere.
Abbiamo
vagamente (XD) inteso che vi attira l’idea del piccolo
“concorso” quindi nel prossimo futuro sarà
sfruttata.
Spero
che questo capitolo sia di vostro gradimento, perché scriverlo
è stato un parto.
Buona
lettura
Chekkumeto&Lawrence_Victory
CAPITOLO
4
In cui cambiano i
piani e squillano i telefoni
Stark
stava ancora lavorando quando Fury fece irruzione nel laboratorio,
seguito dagli altri Avenger.
-Ehi,
che succede? E’ già ora di partire?-chiese il
miliardario padrone di casa.
-Sì
ma non per il Triskelion, ci sono novità Stark-rispose
rapidamente il direttore, collegando una chiavetta USB al computer.
Sul
maxi schermo apparve un’immagine della Statua della Libertà.
Era stata perimetrata e circondata di poliziotti.
-Venti
minuti fa una telecamera di sorveglianza della statua si è
oscurata per trenta secondi. Quando hanno ripreso a filmare, questa
era la scena-spiegò Fury, cambiando immagine.
Sullo
schermo comparve quella che a giudicare dalla quantità di
contatori elettrici era la stanza che controllava tutto l’impianto
di illuminazione del monumento, al suo interno tre uomini e due
donne, tutti con la stessa tuta blu scuro, legati con quelli che
sembravano cavi elettrici a una valigetta nera. La valigetta aveva un
timer sul lato visibile e sotto era stata disegnata una grande A
rossa cerchiata. Tutti gli Avengers trattennero il fiato.
-Dobbiamo
intervenire subito!-esclamò il Capitano.
-Aspetta
Rogers, qui c’è qualcosa di strano. Perché New
York? Le altre città erano tutte capitali-osservò
Stark.
-Non
possiamo dare per scontato che sia il nostro attentatore, nessuno al
di fuori dello SHIELD sa che vi ho coinvolti, potrebbe anche essere
opera di qualcun’altro- rispose il direttore.
-Che
importa? Lì ci sono dei civili legati ad una bomba!-ribattè
Banner, alquanto nervoso.
-Quanto
tempo ci rimane? Qualcuno sta cercando di disinnescarla?- chiese
subito Natasha.
-Quando
è comparsa la valigetta il timer segnava 60 miuti, ora rimane
poco più di mezz’ora…-rispose Nick.
-Coincide
con l’ora dell’attentato, ma c’è qualcosa
che non torna! Ho riletto i precedenti indizi e…- lo
interruppe Tony con fare pensieroso.
-Per
ora concentriamoci su QUESTA bomba, Stark. Ho mandato il tuo
decriptatore alla base, una volta decifrato l’indizio
sguinzaglierò tutti gli agenti disponibili alla ricerca
dell’attentatore. Per rispondere alla tua domanda, Romanoff,
no, gli artificieri stanno ancora cercando di entrare, le porta sono
bloccate elettronicamente-rispose Nick.
-Digli
di fermarsi-rispose Nat.
Il
direttore inarcò un sopracciglio e le chiese per quale motivo.
-Chiunque
sia questo tizio è chiaro che ci vuole in quella stanza. Se
riesce a controllare porte e telecamere è probabile che stia
sorvegliando l’ingresso: se vede entrare degli estranei forse
può far esplodere la bomba a distanza-spiegò
l’assassina che aveva già incontrato stratagemmi simili
in passato.
-Un
punto per la vedova, muoviamoci allora. Direttore, portaci alla
statua e avvisa anche noi non appena scopri qualcosa
sull’indizio-ordinò Stark scattando in piedi.
Nick
annuì e si diresse alla piattaforma
Gli
Avengers si diressero verso l’ascensore per raggiungere la
pista di atterraggio dove li attendeva il Quinjet di Fury, ma quando
le porte si aprirono si trovarono davanti Pepper, rossa in viso e con
uno scatolone tra le braccia.
-Pepper,
che c’è lì dentro?-chiese Stark incuriosito.
-Niente,
tranquillo. Scartoffie-disse lei, chiedendo aiuto mentalmente ai suoi
“complici”.
Fortunatamente
Nat sembrava aver capito cosa contenesse potesse contenere quello
scatolone.
-Vieni
Stark, hai un appuntamento con una bomba-disse l’assassina
trascinandolo dentro l’ascensore.
-C’è
una bomba nella statua della libertà: vado, risolvo la
situazione e torno- fece Tony, ammiccando alla fidanzata.
-Fate
con calma va bene?-disse Pepper ai Vendicatori, ma solo Nat e Banner
capirono che era iniziata l’operazione “matrimonio a
sorpresa”
Le
porte dell’ascensore si chiusero su un ignaro Stark che stava
ancora elaborando teorie sul modus operandi del loro attentatore.
---
Il
quinjet atterrò rumorosamente sulla strada poco lontano dalla
statua.
Gli
agenti dello SHIELD trattenevano la folla, ansiosa di avvicinarsi al
gruppo di supereroi per una foto o un autografo.
-Non
sarà pericoloso lasciare qui tutta questa gente?-chiese
Banner, sempre più nervoso.
-Non
se ne andrebbero nemmeno se gli piombasse addosso Hulk in persona-gli
fece notare Stark.
Senza
ulteriori esitazioni entrarono nella statua, diretti verso la stanza
della valigetta mentre Fury ripartiva alla volta del Triskelion.
-Dietro
questa porta c’è la bomba. Ora io la apro e poi starò
di guardia al corridoio-cominciò a ordinare Rogers- Barton,
pensaci tu alla bomba; Romanoff, vai alla console di controllo e
prendi tutti i video di sorveglianza; Stark e Banner, voi controllate
gli ostaggi e cercate di liberarli. Salviamo un po’ di vite-.
Steve
lo ignorò e scardinò completamente la porta.
I
cinque ostaggi iniziarono ad agitarsi, al loro ingresso, e Banner
cercò subito di calmarli.
Clint
corse alla valigetta e iniziò ad esaminarla mentre Stark
cercava di capire se poteva liberarli.
Il
timer segnava ormai dieci minuti.
-Ci
vorrà molto?-chiese Steve.
-Sto
controllando se ci sono meccanismi che innescano la bomba e la
valigetta viene aperta. Ci sono quasi-rispose Barton.
-Stark,
quei cavi?-chiese ancora Rogers.
-Potrei
spezzarli a mani nude, ma potrebbero essere collegati al
detonatore-rispose il miliardario.
Banner
notò che Clint era ancora impegnato e che il tempo era agli
sgoccioli, c’era bisogno di un piano di riserva e in quel
momento ebbe un idea.
-Taglia
quei fili Stark, io mi trasformo e vi faccio da scudo
dall’esplosione- disse subito.
-Dottore,
se la bomba è come quella degli altri attentati anche Hulk
potrebbe non resistere, perfino le mie armature finirebbero
disinegrate- rispose in fretta Stark.
-Hai
ragione-disse Captain America entrando nella stanza-ma il mio scudo
no-.
-Cos’hai
in mente?- chiese il milliardario che stava ancora trafficando con le
cavigliere che inprigionavano gli ostaggi.
-Portiamola
in cima alla statua, mi butto dalla testa con la bomba mentre nello
stesso istante tagliate i fili. Con una buona rincorsa posso
allontanare la valigetta quanto basta-
-Steve!
Il mondo ha bisogno di te, non sappiamo con cosa abbiamo a che fare e
il vibranio potrebbe non resistere. Lascia che lo faccia io!-ribattè
il medico.
-Io
sono il leader di questa squadra, devo essere io a farlo-disse ancora
Steve.
-Esatto!
tu devi restare per guidare la squadra, io sono un mostro!-commentò
il dottore.
In
quel momento uno squillo fastidioso iniziò a risuonare nella
stanza.
-Non
è il mio-disse subito Stark.
Gli
altri iniziarono si guardarono sbigottiti, poi rivolsero lo sguardo
alla valigetta che teneva in mano Clint.
Con
un sospiro il super soldato la aprì con un violento strattone.
Gli ostaggi sobbalzarono all’unisono.
qualcosa
cadde per terra e quel qualcosa porduceva una snervante musichetta
polifonica.
-Toh!
Un cellulare! Tenete lo spirito di sacrificio in caldo per la
prossima volta!- disse Tony sostenendo gli sguardi omicidi di Banner
e Rogers.
Quest’ultimo
liberò gli ostaggi che corsero fuori dalla stanza mentre il
cellulare continuava insistentemente a squillare.
I
cinque eroi si guardarono, senza toccarlo, come se potesse mordere.
Fu
il Capitano, stufo, a prendere il dispositivo e pigiare, come aveva
imparato da poco, il tasto verde sullo schermo e subito dopo quello
del vivavoce.
-Salve
Avengers. Non vedevo l’ora di parlare con voi-disse una voce
modificata, proveniente dall'apparecchio.
-Non
è necessario mettere in pericolo degli innocenti per parlare
con noi-disse Steve con calma.
-Pericolo?
come avete potuto vedere nessuno era in pericolo. E’ stato uno
spasso osservare il vostro teatrino-.
Automaticamente
i quattro si voltarono verso la porta dove la videocamera di
sicurezza lampeggiava di rosso ad intermittenza.
-Chi
sei?-chiese invece Banner.
-Sono
il game master, l’organizzatore della piccola sfida tra me e
Nick Fury, potete chiamarmi… Thunderwhite- rispose il
misterioso interlocutore.
-Perché
hai organizzato questa pagliacciata?-chiese Clint.
-Volevo
solo avvertirvi di persona-
-Avvertirci
riguardo a cosa?-chiese lì’arciere.
-Alle
conseguenze. Fury non avrebbe dovuto chiedervi aiuto nel nostro
gioco. Ha barato… e ora dovrò barare anch’io-.
Tutti
si guardarono inquieti.
-Chi
ti ha detto che il direttore ci ha coinvolti? Hai un'informatore
all'interno?-sbottò Clint furioso.
-Vi
basti sapere che qualsiasi cosa farete d’ora in poi, io lo
saprò- rispose Tunderwhite.
-Che
c’è? il nostro amico tanto sicuro di se ha paura di
perdere?- lo canzonò Tony.
-curioso
che proprio lei dica una cosa del genere, signor Stark. Sappiate che
state scherzano con forze al di sopra di voi, e quando l'avrete
capito sarà troppo tardi- Minaccò la voce.
-Perché
non ci spieghi? Adesso sono curioso-rispose il miliardario.
-Ma
così il gioco finisce subito e voi siete appena arrivati- rise
Thunderwhite -E a proposito. E’ il momento che il gioco
continui. Ti conviene rispondere al telefono, sigor Stark-.
La
chiamata si chiuse e un istante dopo il cellulare di Tony cominciò
a suonare. era Fury.
Il
milliardario esitò un momento prima di rispondere.
-Avengers,
ci siamo, grazie al decriptatore di Stark abbiamo scoperto
l’indizio-annunciò la voce del direttore.
-Benissimo,
qual’è l’indizio?-chiese subito Stark.
-”Il
nuovo colosso di New York”-citò Fury.
-Che
vuol dire?-chiese Barton perplesso.
Tutti
si guardarono perplessi. Rogers prese il telefono dalle mani di
Stark.
-Quindi
sappiamo che è a New York, qual’è la situazione?-
chiese.
-Resta
poco tempo- tuonò la voce del direttore proveniente dal
dispositivo, -stiamo facendo evacuare grattaceli, centri
commerciali e tuto gli edifici affollati che possono essere definiti
un “nuovo colosso”. Voi a che punto siete?- domandò.
-Falso
allarme, ma a dopo le spiegazioni. Veniamo a darvi una mano. passo e
chiudo- disse il capitano chiudendo la chiamata.
-Noi
non ci muoviamo di qui!- dichiarò Tony.
-Cosa?-
chiesero all’unisono gli altri tre.
-Ho
capito cosa voleva dire quel bastardo! i precedenti indizi erano
citazioni, parti di canzoni, l’ultimo era un’intera
poesia: “...sentite questo rumore nelle foglie d'acero? E' il
soffio del mondo nuovo che arriva." "... l' uragano si
prepara tutto il mondo si allinea. Tenete alta la testa e non abbiate
dubbi, un passo a sinistra, un passo a destra è così
che si prosegue diritti.”- esclamò Tony.
Il
milliardario continuò vedendo le facce attonite dei suoi
amici.
-E’
una poesia di Georges Oshawa. L’ultima volta la bomba è
scoppiata sulla collina del parlamento ad Ottawa, che si trova su un
isola dell’omonimo fiume. Pensateci: la foglia d’acero è
il simbolo del Canada, l’uragano è presente sullo stemma
della capitale, “il mondo si allinea, un passo a sinistra, un
passo a destra…” il fiume Ottawa è la linea che
divide il Quebec dall’Ontario e il parlamento si trova su una
collina, in alto...-
-D’accordo,
abbiamo capito Stark, ma questo cosa significa?- chiese il capitano.
-Il
nuovo colosso! è il titolo della poesia…sulla base di
questa statua!- esclamò esasperato Stark, stupendosi della
mancanza di cultura dei suoi amici.
-La
statua è stata evacuata e, a parte la valigetta, non c’è
nulla di strano- rispose Rogers.
-E
se la bomba fosse nelle fondamenta? Se Thnderwhite volesse far
crollare la statua su quella folla di curiosi qui fuori?-
-Stark,
non torna. La statua è politicamente nel New Jersey, non a New
York!- spiegò Banner.
-Sta
barando! Lo ha detto che avrebbe barato! cerca di fregarci, ci manda
a cercare una bomba a New York e invece fa esplodere la statua, vuole
coprirci di ridicolo! Per questo ci ha fatti venire qui! vuole…-
-NON
TI MUOVERE!-
Una
voce proveniente dal corridoio attirò l’attenzione dei
vendicatori che corsero fuori dalla stanza. Nat stava puntando la
pistola contro una figura incappucciata, bassina, dal corpo
slanciato, si riuscivano ad intravedere dei lunghi capelli castani.
Vi
stava spiando! l’ho vista arrivare dalle telecamere di
sorveglianza poco fa, quando gli ostaggi sono scappati!- esclamò
Nat, furiosa.
-Sei
con Thunderwhite? hai nascosto qui una bomba?- chiese il capitano.
La
figura rimase immobile.
-Tony!-
esclamò una voce femminile sotto il cappuccio. -La torre Tony!
corri, non pensare a me!- continuò.
i
presenti si guardarono, straniti.
la
ragazza approfittò di quell’attimo di confusione per
voltarsi e far volare via la pistola di Nat. l’assassina,
ancora prima di accorgersene, si ritrovò per terra mentre la
figura misteriosa lasciava il corridoio.
-Fermati!-
Le ringhiò Nat rimettendosi in piedi, pronta all’inseguimento.
Clint
la fermò. -Lasciala andare, se ne occuperano gli agenti fuori
dalla statua- disse.
-Gli
stessi che non si sono accorti che fosse entrata?- rispose lei.
Stark
interruppe il litigio, -dobbiamo scoprire dove ha nascosto la bomba,
mancano pochi minuti!- ordinò.
-Ragazzi,
la torre…-ripetè il Capitano un po’ più
forte.
-La
torre cosa Rogers?-esclamò il miliardario spazientito.
-E’
quello l’obbiettivo. Quel tipo ha detto che ci sarebbero state
delle ritorsioni contro di noi!-esclamò finalmente il super
soldato.
-Ma
la poesia…-attaccò Tony.
-Dimentica
la poesia Stark! Ha barato, è questo che intendeva!! Siamo noi
il suo obbiettivo!!- gli tuonò contro Rogers.
Tony
rimase paralizzto.
Natasha
cercò di dire qualcosa, -ma… Pepper…-.
-Signore-
esclamò
JARVIS nel comunicatore di Tony
-C’è
un intruso nella to…-
La
trasmissione si interruppe.
Una
forte esplosione eccheggiò a chilometri di distanza.
Salve
ancora,
speriamo
che vi sia piaciuto questo capitolo e se volete lasciare un’opinione
ci fa sempre molto piacere.
Probabilmente
ormai ci davate per dispersi, e avevate ragione, ma come potete
vedere siamo tornati. Esame di stato mandato a quel paese, ora siamo
di nuovo liberi di scrivere e portare avanti questa storia come
precedentemente previsto. Stiamo anche lavorando ad una cosuccia che
spero vi piacerà e che sarà pronta questo pomeriggio.
Qualcosa che vi permetterà di essere continuamente informati
sul nostro lavoro ;-); la
pagina facebook ufficale di Avengers Beside!!!!
Mi
raccomando, venite a mettere mi piace per avere disegni, immagini e
tanto altro sulla storia!
Ma
bando alle ciance, è ora di godervi questo atteso e durissimo
capitolo. Non vi diciamo che fatica a scriverlo.
Buona
lettura,
Chekkumeto&Lawrence_Victory
CAPITOLO
5
In
cui...è meglio se lo scoprite da soli.
Gli
Avengers si fiondarono fuori dalla statua e guardarono in direzione
dell'Avengers Tower. L'edificio era ancora in piedi, ma sovrastato da
una fitta colonna di fumo nero.
-JARVIS?!
JARVIS!! rapporto!! Pepper è nella torre?!- continuava ad
urlare Tony nell’auricolare.
Natasha
e Bruce si guardarono mestamente, loro sapevano che la fidanzata di
Stark non si sarebbe mossa da là fino al loro ritorno.
Alla
fine Tony tolse bruscamente l’auricolare e lo scagliò a
terra.
-Dobbiamo
andare alla torre!-sbottò ai suoi compagni-Subito! -.
-Ma
Fury è ripartito…-gli fece notare Clint.
-Agente!
Gli Avengers devono requisire questo elicottero! Immediatamente!-
ordinò Captain America ad un poliziotto vicino alle transenne,
che, senza una parola, si fece da parte. Rogers fece cenno agli altri
di salire, Clint e Natasha presero i comandi e in tutta fretta fecero
decollare il velivolo della polizia nel silenzio generale delle forze
dell’ordine e della folla, tutti intenti a guardare increduli
la torre.
-Ci
vorrà ancora molto?-chiese il miliardario per la sesta volta
in pochi minuti.
-Quest’affare
non va più veloce di così!- ringhiò Natasha,
preoccupata quanto lui.
Gli
Avengers erano fissi con lo sguardo sulla torre che diventava sempre
più nitida. C’era un grande squarcio, perfettamente
circolare, sulla facciata. L’esplosione aveva distrutto la
grande A, simbolo della squadra.
Steve
si stava rigirando lo scudo tra le mani, Nat imprecava in due lingue
diverse e diverse volte rischiò di spezzare la cloche
dell’elicottero. Bruce aveva nell’iride una chiara
sfumatura verde e scuoteva nervosamente la gamba facendo oscillare
l’elicottero.
Il
mezzo si avvicinò alla piattaforma di atterraggio e la
situazione alla torre divenne chiara: l’esplosione aveva
coinvolto sei piani. Il cratere era chirurgicamente circolare,
sembrava che la torre fosse stata costruita così. Ovunque
c’erano vetri polverizzati, cavi scoperti, macerie e
distruzione. Nessun segno di vita.
Banner
si stava già trasformando quando afferrò Tony per un
braccio e si lanciò all’interno dello squarcio, per
cercare Pepper. Appena il l’elicottero toccò terra anche
Nat, Clint e Steve si precipitarono alla ricerca.
Hulk
andava in giro ribaltando ogni cosa, scavando nelle macerie,
sfondando muri e causando qualche crollo, seguito da un
preoccupatissimo Tony Stark.
-Pepper!!!
Pepper!!! PEPPER!!! JARVIS ci sei?!- gridò Tony.
-AfFr...Zz..tVo..
Sg...ORe- fu la risposta della AI.
-Pepper
è qui? Nella torre?-chiese speranzoso.
-S...rInA
Po...ZZz.Pre..Nte ne..LLa T..RR-
Il
miliardario sbiancò.
-Dimmi
dove si trova!!- ordinò immediatamente.
-SiG...INa..
zzZ PoTS… Ci...TadU...Mo PiAn...o…-
-Sentito
Hulk? Cinquantaduesimo piano!-disse Stark, avvicinandosi al gigante.
Subito quest’ultimo cominciò a colpire il pavimento e
così precipitarono di due piani.
-PEPPER!!
MI SENTI?! PEPPER!!!-
-Tony…
siamo qui…l’abbiamo trovata-si voltarono entrambi nella
direzione da dove arrivava la voce di Clint, temendo il peggio.
-Bel
lavoro bestione, ora però mi serve quello piccolo-disse Stark
affrettandosi mentre Hulk, grugnendo, lasciava spazio al suo
alter-ego.
Stark
raggiunse gli amici facendosi largo tra le macerie e rimase
pietrificato dallo spettacolo che gli si presentava.
-L’abbiamo…
trovata così…- sussurrò Clint.
Lo
sguardo attonito di Tony si postava alternatamente dal corpo di
Pepper al volto dei suoi compagni che sembravano più
terrorizzati di lui, poi cadde in ginocchio, la mente annebbiata.
-E’...E’...-
cercò di domandare.
-E’
viva?- concluse Bruce, appena arrivato.
-Non
lo sappiamo: non possiamo avvicinarci-
Davanti
a loro Pepper era stesa sulla schiena.
A
un metro da terra.
Circondata
da polvere e detriti disposti in cerchi concentrici.
-Sta...volando?-chiese
Rogers, basito.
-Levitando...credo-ribattè
Romanoff, ancora più incredula.
-Sembra...un...magnete!-
esclamò Banner.
-Guardate
questo- disse Clint, raccogliendo un pezzo di calcestruzzo da terra.
Caricò
il braccio puntando al corpo fluttuante della ragazza.
-Fermo!-
gridò Tony sconvolto, ma il coccio era già in volo e a
pochi metri da Pepper si sgretolò fino a diventare sabbia, poi
i frammenti si disposero ordinatamente nei cerchi sul pavimento.
-Che
vuol dire che sta vibrando?-domandò Natasha, preoccupata.
-C’è
questa teoria, chiamata “teoria delle stringhe”, che
tenta di conciliare la meccanica quantistica con la relatività
generale…-attaccò il dottor Banner.
-Nella
nostra lingua, dottore-chiese Steve, inarcando un sopracciglio.
-In
pratica ogni molecola vibra ad una sua frequenza. La frequenza
determina la densità della massa della sostanza-sbuffò
Bruce.
-Quindi
Pepper è come un diapason: sta emettendo vibrazioni talmente
forti da modificare la massa delle molecole che la
circondano-continuò Stark -Nessuno di voi ha mai visto
Fringe?-.
-Cos’è
Fringe?-chiese Steve perplesso.
-Cercalo
su Wikipedia-sbottò il miliardario.
Nel
frattempo Clint e Natasha si erano ritirati in un angolo, con il
cellulare in mano.
-Stark
abbiamo informato Fury della situazione, un trasporto dello SHIELD
sarà qui in mezz’ora per portarla in una struttura
adeguata-esclamò Natasha.
-Non
abbiamo mezz’ora, Romanoff! Non sappiamo nemmeno se sia
viva!-sbottò Stark-.
-Quelle
vibrazioni non ci permettono di avvicinarci, ci serve una protezione
resistente- borbottò Bruce.
-Hai
ancora qualche armatura Stark? Hai visto com’è finito
quel ciottolo- osservò Barton.
-No…
sono tutte andate!- Si maledì Tony.
-Fury
deve avere qualcosa allo SHIELD per contenerla, ma ci vuole
tempo-spiegò Nat.
-Lo
faccio io, la porterò io alla base-si offrì subito il
Capitano.
-Capitano,
vuoi diventare polvere di supereroe?-gli chiese Barton, inarcando un
sopracciglio.
-Sono
un po’ più resistente di te, Falco. Posso cavarmela con
danni lievi-rispose il soldato.
-Una
vibrazione così forte potrebbe distruggerti i timpani…-lo
rimbeccò il miliardario, ma un ruggito animale fermò
ogni protesta.
Istintivamente
Natasha si aggrappò al braccio di Clint accanto a lei, mentre
il gigante verde si ergeva nuovamente in tutta la sua altezza.
Hulk
fece un passo verso Pepper ma si ritrasse prima di afferrarla,
lamentandosi.
Sulla
mano destra erano comparse delle escoriazioni, quando aveva provato
ad avvicinarla.
Ruggendo
di rabbia balzò sulla ragazza ignorando le ferite che si
moltiplicavano, e la prese tra le braccia, poi con due falcate balzò
fuori dalla torre.
Gli
altri corsero subito a guardare di sotto e lo videro atterrare con
una capriola maldestra e dirigersi verso la base dello SHIELD.
Gli
Avengers si diressero verso la pista di atterraggio per seguire i
movimenti del gigante dall’elicottero.
Per
Clint non fu difficile trovare Hulk: bastava seguire la scia di
distruzione che si lasciava dietro. Il bestione però sembrava
affaticato e sofferente. Si era caricato Pepper su una spalla per
poter potersi appoggiare sul braccio libero mentre correva.
Dall’elicottero
si auguravano che il gigante non travolgesse nessuno quando un forte
gracchiare alla ricetrasmittente di Nat attirò la loro
attenzione.
-Ehi
banda!-esclamò la voce di Fury nell’apparecchio -Mi
dicono che un grosso tizio verde sta intasando il traffico. Ne sapete
niente?-chiese.
-Hulk
sta…portando la signorina Potts alla base. Non c'era tempo per
aspettare un trasporto speciale- rispose Romanoff.
-Ammirevole,
ma sarà inutile portarla base, dobbiamo raggiungere il nostro
centro medico fuori città-rispose subito il direttore.
-Fantastico!
E come lo diciamo alla nostra ambulanza verde che va nella direzione
sbagliata?- si lamentò Stark nella ricetrasmittente.
-Basta
dargli qualcosa da seguire!- rispose pacato Fury e quasi
contemporaneamente un quinjet sorpassò a tutta velocità
l’elicottero.
Il
velivolo si abbassò tagliando la strada al gigante e dal
portellone si sporse il direttore dello SHIELD in persona con un
megafono in mano. Fury squadrò Hulk: era visibilmente esausto,
si reggeva a malapena sulle gambe e aveva ferite ed escoriazioni
ovunque. Notò anche che nel punto in cui si era fermato Hulk
la strada si stava sgretolando descrivendo un cerchio perfetto. In
aggiunta, il gigante verde sembrava sofferente e parecchio arrabbiato
per quella brusca interruzione della sua corsa.
-Ehi,
colosso-parlò Fury nel suo megafono-Stai andando dalla parte
sbagliata! Seguici!- continuò il direttore ma l’altro
sembrava non l’avesse sentito.
Hulk
scapitò e ruggì, dopodiché caricò il
quinjet, il pilota fece partire i propulsori e riuscì a
scansarsi all’ultimo secondo. L'Avenger arrabbiato finì
con la faccia a terra ma poco dopo si rialzò e ruggì
ancora: era pronto a caricare.
-Beh…
almeno ora ci segue!-sospirò il direttore-Pilota, verso il
centro medico! E cerca di rimanere… alla sua portata- ordinò.
Il
quinjet prese quota e lentamente si diresse verso la Hudson Valley,
seguiti da un infuriato Hulk e dall’elicottero degli Avengers.
---
Era
passata più o meno un ora da quando il quinjet aveva lasciato
New York. Hulk stava arrancando dietro il velivolo dello SHIELD
quando all'improvviso cadde scaraventando Pepper poco lontano, la
quale, libera dalla presa del gigante, riprese a levitare. Hulk era
veramente malridotto quando si ritrasformò in Bruce Banner. Il
dottore era livido, ferito in più punti e perdeva sangue dalla
bocca e dalle orecchie. Gli Avengers atterrarono per raggiungere
l’amico, era la prima volta che vedevano Bruce in quello stato.
Fortunatamente si trovavano a poca distanza dal centro medico e un
furgone gli stava già venendo incontro.
Anche
l’aereo di Fury era atterrato e il direttore raggiunse Tony
Stark e i suo gruppo.
-Ormai
è fatta! Stanno portando una speciale capsula per Pepper,
abbiamo deciso di metterla in un liquido che abbiamo sintetizzato dal
gravitronio: assorbe le vibrazioni e mantiene una temperatura
costante. L’avevamo progettata per… un’altra
persona ma ci sono state delle… complicazioni- spiegò
il direttore.
Stark
annuì mentre i medici scesi dal furgone cominciavano le
operazioni di soccorso, il miliardario era troppo preoccupato per
fare domande: l’importante e che quella cosa funzionasse.
In
pochi minuti il gruppo raggiunse il centro medico dello SHIELD e
Pepper e Bruce furono portati in reparti speciali. Gli Avengers
dovettero aspettare pazientemente fuori, seduti e in silenzio dato
che nessuno osava proferire parola. Erano passate alcune ore,
Rogers aveva ripreso a girarsi lo scudo tra le mani. Clint si era
addormentato con la testa sulla spalla di Nat mentre lei aveva
preferito appoggiarsi al muro. Tony continuava a camminare nel
corridoio passando continuamente davanti alle porte delle stanze di
Bruce e Pepper. Solo dopo un’alta mezz’ora un medico uscì
da una delle porte: quella di Pepper.
-Allora?-
chiese impaziente Tony, subito raggiunto da Steve e lo Strike Team
Delta ancora assonnato. -Beh… è difficile capire
cos’abbia…- cominciò la dottoressa.
-Questo
lo abbiamo notato dottoressa… Cho- disse Tony sbirciando il
cartellino che sporgeva dalla tasca, -Pepper è viva?-.
-La
signorina Potts è viva, ma sembra in stato di coma- disse
pacata lei.
Tony
si sedette sulla sedia li vicino e si mise le mani tra i capelli.
-Si
risveglierà?- chiese Steve, preoccupato.
-Non
lo sappiamo, finché non scopriamo cos’ha non possiamo
fare ipotesi. Per ora è stabile, la vasca sta funzionando-.
-E…
per quanto riguarda il dottor Banner?- domandò il capitano.
La
dottoressa si grattò le estremità degli occhi a
mandorla, come avesse mal di testa per il troppo lavoro.
-Il
dottore è stato spostato nella culla rigenerativa: aveva
lesioni sull'80% del corpo e temiamo che il suo udito sia gravemente
compromesso- disse.
Tony
si risvegliò dal suo torpore e si alzò in piedi.
-Possiamo
vederli?- chiese improvvisamente.
-...beh…
Il dottor Banner potrete vederlo al termine del trattamento, credo
possiate far visitare alla signorina Potts, ma solo per pochi
minuti..-
La
dottoressa Cho non terminò la frase che gli Avengers si erano
già fiondati nella stanza.
L’interno
era completamente buio fatta eccezione per una luce verde acido
proveniente da una specie di armadio di vetro sul fondo della stanza.
Tony si avvicinò e vide che Pepper era al suo interno,
collegata ad un tubo per l’ossigeno. sembrava che la vasca di
contenimento avesse fermato le vibrazioni emanate da Pepper che ora
riposava in piedi davanti a loro.
-Non
vorrei sembrare fuori luogo, ma come mai i suoi vestiti non sono
finiti… ecco… in polvere- osservò Clint, curioso
e allo stesso tempo imbarazzato.
Solo
allora Tony si rese conto che la sua ragazza era ancora vestita del
tailleur rovinato dall’esplosione con cui l’avevano
trovata.
-Probabilmente
le vibrazioni si intensificano solo a pochi centimetri da lei,
probabilmente è per questo che Hulk non si è
polverizzato dato che la stava portando in spalla- ipotizzò
Tony.
Calò
il silenzio.
-...Vuoi
che ti lasciamo solo con lei?- chiese Nat dopo un po’.
-Si,
grazie…- rispose Tony, voltandosi.
Nat,
Steve e Clint si incamminarono verso la porta. Poco prima di uscire
Nat, che chiudeva la fila, voltò la testa e vide Tony Stark
abbracciare il bizzarro armadio di vetro che lo separava da quella
che sarebbe ormai dovuta essere sua moglie.
Eccoci
qua. Immagino siate molto preoccupati per la nostra Pepper, ma non è
in gravi condizioni. E' solo un diapason ambulante.
Voci
di corridoio mi dicono che nel prossimo episodio potrebbe esserci del
sano Clintasha, quindi tenete gli occhi ben aperti ;-).
Ci
vediamo sabato prossimo, davvero stavolta :-P, con nuove mirabolanti
avventure.
Tra
il computer andato a quel paese e capire come diavolo funziona
l'editor html di EFP c'è voluto un po', ma eccoci qui. Abbiamo
infine deciso di liberarci definitivamente delle scadenze, il
capitolo arriverà quando sarà finito e basta. Detto
ciò, le pubblicazioni saranno comunque più rapide delle
ultime, ora che sono finite le vacanze e quant'altro.
Non
ci resta che augurarvi buona lettura e rinnovare l'invito a visitare
la nostra pagina facebook con link al capitolo precedente.
Chekkumeto&Lawrence_Victory
CAPITOLO
6
In
cui Natasha si diverte un po' troppo
Tornati
nel corridoio, Clint e Natasha si sedettero vicini, mentre Rogers
prese posto sulla sedia proprio davanti a loro. I tre amici erano un
po' più tranquilli ora che Pepper non era in pericolo di vita,
ma nessuno riuscì a trovare nulla da dire e fu ancora
silenzio. Nat, anche se non lo dava a vedere, era la più
triste di tutti: lei e Pepper avevano appena iniziato a legare e
subito un attentatore fuori di testa per poco non l'ammazzava. Non
riusciva a togliersi dalla testa il pensiero che fosse colpa sua,
Coulson e la Stanza Rossa le avevano ripetuto più volte che
creare dei legami era pericoloso. Proprio per questo motivo si era
ripromessa di non innamorarsi di nessuno. Mai.
-Ti
va... di parlare di...tu sai cosa?- disse all'improvviso Clint,
rompendo il silenzio.
-Non
so cosa- rispose Nat, un po' infastidita con l'amico per aver
interrotto i suoi pensieri.
-Ma
sì... la missione... la nostra fuga- le ricordò lui.
-Oh,
intendi quando hai cercato di ucciderci entrambi?- lo schernì
l'assassina, incrociando le braccia.
-Andiamo
Natasha, sai di cosa parlo. Non possiamo rimandare in eterno-
-Non
ho voglia di parlarne, e forse non l'avrò mai, quindi
piantala- il tono dell'assassina prese una sfumatura più
grave.
-Dovremmo
informare Fury dell'esistenza di…-
-NO!-
rispose Nat perentoria, e il tono acuto riscosse Steve dal suo
torpore.
I
tre si guardarono per qualche secondo, poi Cap intuì che
quella conversazione non lo riguardava e tornò ai suoi
pensieri.
-No,
il direttore non lo deve sapere- riprese Nat.
-Perché?
Pensi che venendo a conoscenza della sua esistenza possa dubitare
delle tue abilità di agente?- rispose Clint senza riflettere.
Come
risposta ricevette un calcio sullo stinco che lo fece mugolare. Anche
se perplesso, il Capitano fece finta di non essersene accorto.
-Lei
non vuole che si sappia- rispose poi Nat.
Clint
sgranò gli occhi.
-Lei?
È una Lei?- chiese incredulo.
-Sorpreso?-
rispose lei fingendosi offesa.
-Da
quanto tempo sai che è una lei?-
Nat
sospirò prima di rispondere.
-Da
Amsterdam. Quando ha messo KO il pilota dell'elicottero e ci ha
permesso di fuggire. L'ho vista tirare la freccia. Non aveva il
cappuccio, probabilmente pensava di essere abbastanza lontana da non
essere vista...- raccontò.
-Vorrei
tanto sapere chi è. Sembra una specie di angelo
custode-ipotizzò Clint.
Nat
rise.
-Gli
angeli custodi di solito hanno un solo protetto, non due-
-...Sai
Nat, in verità credo che lei protegga me...-
-Cos'è,
pensi di avere l'esclusiva sugli angeli custodi?-sbuffò
Natasha ridendo.
-E'
che... non te lo ho mai detto... ma lei mi aiutava da prima che
conoscessi te... da prima che mi unissi al circo in effetti. E
ora mi dici che è una lei... e se fosse... mia madre?-
-Clint...-
-Siamo
entrambi arcieri, magari mi ha trasmesso le sue abilità...-
-Clint,
anche io la conosco da prima di conoscere te. Da quando ero alla
Stanza Rossa-sbottò l'assassina.
Da
sempre Clint sognava di rivedere la madre e illudersi l'avrebbe solo
fatto soffrire dopo.
-...Tu...
ma allora chi...-
-
Non lo so, ma non credo sia tua madre, mi dispiace- lo anticipò
lei, gelida.
Calò
nuovamente il silenzio.
All'improvviso
Clint si spose verso la sua migliore amica e le stampò un
bacio a tradimento sulla guancia.
Nat
si sentì bruciare e dovette fare ricorso a tutto il suo
addestramento per non tradire emozioni sconvenienti.
-Grazie
per avermi detto la verità Nat. Parleremo della nostra
salvatrice quando te la sentirai, va bene?-mormorò l'arciere
con un timido sorriso.
Non
attese la risposta, diede un altro dolce bacio alla guancia di
Natasha.
La
ragazza non sapeva cosa dire, quel bacio innocente aveva cancellato
la sua rabbia nei confronti di quello stupido di Clint. Da molto,
troppo, tempo i due non erano così vicini, già da prima
che Loky li mettesse l'uno contro l'altra.
Per
un attimo pensò di voltarsi e rispondere con qualcosa di più
di un bacino fraterno, ma le parole di Coulson le rimbombarono nella
mente: "Non permettere a Clint di diventare più di un
amico. Le coppie di spie non hanno mai funzionato e mai lo faranno. E
dopo non sareste più in grado di essere lo Strike Team Delta".
E
poi Clint non se la sarebbe cavata così a buon mercato.
Senza
contare che Steve li stava osservando.
-Allora
Steve, vogliamo parlare del nostro appuntamento?- disse infine.
quelle
poche parole furono sufficienti a far quasi cadere dalle sedie ben
due Avenger.
-C...
c... cos.... qui? A... adesso?- fu la risposta dell'impavido e
imbarazzato Captain America.
Lo
sguardo di Clint viaggiava da Steve a Nat ad una velocità
impressionante e l'assassina capì di aver fatto centro.
-Certo!
Quale momento migliore? Non daremo a quel pazzo la soddisfazione di
rovinare i nostri programmi. Ovviamente aspetteremo che Pepper e
Bruce stiano meglio ma fino ad allora c'è così tanto da
organizzare...- rispose.
Natasha
non aveva bisogno di voltarsi verso Clint per sapere che era
impallidito.
Un
colpo di tosse lì avvisò della presenza di un quarto
ascoltatore.
-No
vi prego, continuate, sembrate una soap argentina per ragazze-
I
tre amici non si erano accorti che il tempo concesso a Stark era
finito da un pezzo e che probabilmente il miliardario li stava
osservando da un bel po'.
-Pepper
come stà?- chiese Clint cercando di cambiare argomento.
-È
stabile, non credo che corra pericoli. Aspettiamo solo che finisca
di... vibrare- disse Tony in un tono a metà tra il serio e il
divertito-Ora vorrei solo avere notizie del nostro dottore- riprese
incupendosi.
-È
arrivato giusto in tempo allora-esclamò una voce entusiasta
poco lontano.
La
dottoressa Cho era appena uscita dalla stanza accanto a quella di
Pepper, seguita da un uomo dall'aria stanca, un accenno di barba sul
viso, capelli lunghi e brizzolati e una sfumatura vagamente verde
negli occhi.
Gli
Avengers si precipitarono verso il dottor Banner molto sollevati e
cominciarono a tempestarlo di domande sulla sua salute. Bruce guardòò
la dottoressa Cho con aria interrogativa.
Lei
alzò gli occhi al cielo e zittì il gruppo di supereroi
con un gesto della mano.
-Bruc...
ehm... il Dottor Banner si è ripreso quasi totalmente dalle
ferite e può essere già dimesso, come
vedete...purtroppo c'è ancora il problema dell'udito. I
timpani si sono danneggiati più di tutto il resto-
Gli
amici si guardarono tra loro, preoccupati.
-Se
fosse stato un uomo normale sarebbe rimasto audioleso a vita, ma
considerando il suo fattore rigenerativo potrebbe recuperare l'udito
in poco più di un mese- li tranquillizzò la dottoressa.
-Quindi
dobbiamo fare un corso accelerato di linguaggio dei segni?- domandò
Stark, dando una pacca sulla spalla dell'amico scienziato.
-Non
sarà necessario- esclamò Clint con un sorriso furbetto.
I
suoi amici (Banner compreso) lo videro estrarre qualcosa dalla tasca,
una specie di congegno dalle dimensioni di una palla da golf.
Cominciò a girarlo tra le dita mentre cominciava a spiegare.
-Fury
me ne ha dato solo uno di scorta per ogni evenienza ma per ora
basterà. È un apparecchio acustico dello SHIELD ed è
quasi meglio di un timpano normale. Provare per credere-disse
indicandosi l'orecchio.
Passò
il dispositivo a Bruce che sembrava aver capito di cosa si trattasse.
Banner se lo sistemò all'orecchio e cominciò a
regolarlo, ma l'attenzione di tutti era su Clint.
-Non
avevo idea che tu fossi sordo, Clint- disse Steve a nome di tutti,
esclusa Nat.
-Sì…una
missione…non è finita bene-confessò Clint,
andando a cercare la mano di Nat, che gli dette una stretta
amichevole.
-Come
va' amico?- chiese al dottor Banner.
-Beh...
ti ho sentito, penso sia positivo- rispose lui mentre si massaggiava
l'orecchio privo di dispositivo.
-Lo
so, da fastidio averne solo uno. Chiederò a Fury di
procurartene un paio come soluzione temporanea-.
Tony
si rivolse alla dottoressa -Grazie per il suo aiuto signorina Cho-
Lei
arrossì-oh non ho fatto nulla di speciale…praticamente
il dottore si è curato da solo-
Banner
e Stark stavano osservando la torre dalla pista di atterraggio. Era
ormai buio e con la poca luce dei palazzi vicini era impossibile
vedere in che condizioni fosse dall'esterno. Bruce avrebbe voluto
dire qualcosa all'amico ma il fragore dei motori del Quinjet in
decollo copriva qualsiasi altro suono.
I due
entrarono nell'enorme atrio: ovunque c'erano vetri rotti e pezzi di
mobilia sparsi sul pavimento, dal soffitto cadevano ancora dei
detriti e i cavi scoperti mandavano scintille a intervalli regolari.
Stark
si fermò a osservare quello spettacolo desolante. Voleva che
la torre fosse un simbolo di speranza e di protezione, ma non era
riuscito a proteggere nemmeno la sua ragazza.
-La
ripareremo, Tony. Tornerà ad essere grandiosa-lo rassicurò
Bruce.
-Si...certo...-mormorò
Tony-Ma prima dobbiamo trovare l'indizio. Quel bastardo è
venuto a fare casino a casa nostra e adesso noi lo ridurremo in
briciole-aggiunse con sguardo determinato.
Il
prossimo indizio poteva essere ovunque ma i due pensarono di
cominciare dal piano colpito dalla bomba, dopotutto Thunderwithe non
aveva avuto molto tempo per nascondere la valigetta dopo
l'esplosione.
Cominciarono
a cercare nelle stanze vicino al cratere, Stark spostava tavoli,
sedie rotte, armadi e tutti i detriti che occupavano il pavimento, ma
Bruce si guardava attorno. Appesi alle pareti c'erano gli striscioni
bianchi e i palloncini scoppiati. Per terra spuntavano mazzi di rose
bruciacchiate e un tappeto rosso ricoperto di detriti attraversava il
salone. Era impossibile che Stark non li avesse notati, eppure non
aveva fatto domande.
-Lo
sapevi vero?-chiese Bruce con un timido sorriso.
Stark
si fermò e lo guardò.
-Beh..Pepper
è una donna fantastica e un'eccezionale amministratore
delegato, ma non è brava a fare le cose di nascosto...
soprattutto in una torre piena di telecamere-rispose piatto Tony,
ricominciando a lavorare.
Bruce
era senza parole.
-Non
preoccuparti, ti farò avere una copia della lista nozze dopo
che avremo preso quel bastardo-aggiunse il miliardario, facendogli
l'occhiolino.
Il
dottore scoppiò a ridere.
-Quindi
vuoi farlo?- chiese.
-Pepper
si merita il suo grande giorno e una bella famiglia, soprattutto ora
che ho appeso l'armatura al chiodo-
Banner
si avvicinò all'amico e gli mise una mano sulla spalla.
-Hai
ragione. Ma prima avremo bisogno un'ultima volta del grande Iron Man,
in tutta la sua forza e genialità. Non riusciremo a prendere
quel pazzo senza di te-
Tony
annuì.
-Signore,
ho terminato il download dei video di sorveglianza-
Era
stato JARVIS ha parlare.
Banner
sbarrò gli occhi sorpreso.
-Pensavo
che JARVIS fosse rimasto danneggiato nell'esplosione...-
-Infatti,
ti presento JARVIS mobile, non avrai pensato che abbia passato tutto
il tempo all'ospedale a piangermi addosso!-sorrise Tony, mostrando il
suo telefono all'amico.
-E'
un piacere rivederla dottor Banner-rispose l'AI.
-Comunque
una volta riparata la torre sistemerò anche lui. JARVIS,
mostraci il video. Telecamera 23, 24 e 25, dalle ore 6:55 in poi-
Sul
display apparve un'indaffarata Pepper che si muoveva avanti e
indietro con un telefono in mano. Ora sistemava un mazzo di rose
e ora rispondeva ad una chiamata. Non si fermava per un secondo. In
tutti e tre i filmati la ripresa si interrompeva improvvisamente,
l'ultima immagine era quella di Pepper che si sistemava i capelli
allo specchio.
-Niente
di utile-commentò piatto Tony rimettendosi il telefono in
tasca.
Banner
poteva giurare di aver visto scendere una lacrima solitaria sul volto
dell'amico ma decise di non parlarne.
Bruce
tirò fuori dalla tasca il già visto diapason e si
guardò attorno in cerca di qualcosa.
-Dobbiamo
dargli la scossa, funziona con l'energia elettrica-spiegò.
-E
qui di corrente ne è rimasta poca... a parte quei cavi che
pendono dal soffitto-indicò Tony.
-Non
ci tengo a rimanere folgorato. Proviamo a tirarcelo contro?- suggerì
Bruce.
Tony
ci pensò un attimo, poi schioccò le dita e si diresse
verso la finestra, scansando le macerie sul pavimento.
-Che
vuoi fare?- domandò Banner.
-Possiamo
chiamarlo in un altro modo!- disse Tony, poi si affacciò alla
finestra e guardò il cielo stellato.
-Ehi,
tu lassù! Heimdal, Hedall o come diavolo ti chiami! Se dovessi
vedere Thor digli che sulla terra abbiamo urgente bisogno di lui!-
gridò.
Stark
ritrasse la testa e guardò l'amico.
-Visto?
Meglio di una mail!- disse Stark con aria soddisfatta, ma Bruce non
lo stava guardando, anzi, stava guardando i suoi piedi.
-Ehm...Stark?-esclamò.
Tony
abbassò lo sguardo e si accorse di avere un piede su una
valigetta nera.
****
-…o
magari una passeggiata sulla spiaggia, dopo il cinema e il
ristorante…-
Nella
statua della libertà, a metà della scala che portava
alla sala di controllo, Clint Barton provava l’incontrollabile
desiderio di sbattere la testa contro il muro, ripetutamente.
Da
quando il Quinjet si era sollevato dalla pista di atterraggio
dell’Avenger Tower, Natasha non aveva fatto altro che parlare
con Steve del loro appuntamento.
Già
solo l’idea che uscisse con lui gli faceva venire la nausea,
figuriamoci sentirne parlare in continuazione.
-Ma
la vuoi smettere!-sbottò furioso.
Natasha
si azzittì e il Capitano lo guardò perplesso.
-Scusa
Capitano, ma abbiamo un lavoro da fare ora-disse all’amico,
mentre li superava e proseguiva la salita.
Pur sapendo
i motivi della sua rabbia, Natasha era sconcertata. Non aveva mai
sentito Clint usare quel tono.
Per
un po’ decise di starsene buona, sia perché dovevano
effettivamente fare un lavoro e sia perché non voleva
rischiare di tirare troppo la corda.
La
sala di controllo era ovviamente deserta, scura, con un distributore
di bibite, uno di snack, tre sedie e tre schermi che inquadravano tre
diverse zone: la testa, l’ingresso e la sala dell’impianto
elettrico, dove avevano messo la finta bomba.
Raggiunta
la loro destinazione, Natasha si mise al lavoro per trovare i filmati
a partire dall’apertura al mattino, sperando di trovare qualche
traccia dell’attentatore, oltre che della ragazza misteriosa.
Per
un po’ non volò una mosca, finché…
-Nat,
Cap! Qui!-esclamò Clint indicando la testa della statua.
Premette
un pulsante e tirò indietro la registrazione.
-Ecco,
guardate. Qui è quando hanno trovato la bomba e stanno
sgomberando la statua. Laggiù, la ragazza con i jeans e la
felpa blu che guarda fuori dal vetro-indicò.
Quando
gli agenti entrarono, la ragazza controllò che nessuno la
guardasse e si piegò a terra. La folla di gente impediva ai
tre Avenger di vedere cosa stesse facendo e quando si spostarono lei
non c’era più.
-Dov’è
andata?-esclamò Steve basito.
Nat
indicò il punto in cui si intravedeva una macchia scura sul
pavimento.
-Lì.
C’è una specie di grata. E’ l’impianto di
areazione. Si è infilata nel condotto-spiegò-E’
una brava-commentò.
-Mica
come certa gente che si fa beccare dietro gli angoli-la rimbeccò
Clint.
-Ma
sentitelo…hai fatto certi errori che nemmeno una recluta al
primo giorno di addestramento-sbottò Natasha fulminandolo.
-Se
se…intanto per poco non ci facevi catturare-rise lui
amaramente.
-E tu
non ci facevi ammazzare-aggiunse piccata.
-…e
adesso esce-disse Steve a voce alta.
I due
assassini spostarono la loro attenzione sullo schermo e videro la
grata spostarsi e la ragazza ne uscì rapidamente. Ora aveva
anche uno zainetto e ne estrasse una felpa nera.
La
indossò, tirò su il cappuccio e uscì di corsa
dalla stanza.
-Ed
eccola che arriva da noi-disse Clint un attimo dopo, indicando lei
che compare e parla con Stark.
-Non
ha guardato la telecamera neanche una volta-sbuffò Clint-Ci sa
fare-
-Aspetta,
torna a quando sono arrivati gli agenti di polizia-disse Natasha.
Clint
riavvolse il filmato come richiesto.
-Ecco.
Ferma qui-
Il
video inquadrava la ragazza voltata verso la loro direzione, quando
aveva controllato di non essere osservata.
-Riesci
ad ingrandire?-chiese Clint a Natasha.
La
ragazza annuì e l’immagine zoomò sul volto, anche
se molto sgranato.
-Non
si vede un granché…-mormorò Steve.
-Però…non
so…Nat…non ti sembra…familiare?-chiese Clint.
-Sì…mi
ricorda qualcuno, ma non si vede abbastanza bene-
Un
rumore di passi nel corridoio li mise in allarme.
Clint
incoccò una freccia, Steve imbracciò lo scudo e Natasha
tolse la sicura alle pistole.
I
passi si avvicinarono e la porta si spalancò seguita da un
clangore di armi.
I tre
Avenger si trovarono sotto il tiro di cinque fucili d'assalto.
-Fermi!-tuonò
una voce fin troppo familiare.
Il
direttore Fury si fece strada tra i suoi soldati e sorrise.
-Non
penserete di essere gli unici a voler vedere quelle registrazioni-
-Poteva
almeno avvisare-puntualizzò Steve, abbassando lo scudo.
-Avete
trovato qualcosa?-chiese il direttore, ignorandolo.
-Sissignore,
qui si vede in viso la donna che è venuta ad avvertirci-spiegò
Clint, indicando il video.
-Io e
Clint pensiamo di averla già vista. Lei sa chi è?-chiese
Natasha affiancandolo.
-Qualcuno
che non dovrebbe essere lì. Prendete le registrazioni e
portatele alla base-abbaiò ai soldati.
Clint,
Nat e Steve rimasero immobili a guardare le loro prove sparire in una
borsa.
-Ma
signore…può dirci chi è?-chiese Romanoff.
-E'
riservato-sbottò lui lasciando la stanza.
Chi
poteva essere così classificato che nemmeno i migliori agenti
dello SHIELD potevano saperlo?
Speriamo
che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e vi ringraziamo
per l'affetto con cui ci seguite.
Questo capitolo
bonus non è come il precedente, è un capitolo un po'
particolare. Triste e sentimentale, però ci è sembrato
giusto.
Chekkumeto&Lawrence_Victory
IL GIORNO DIVERSO
Tony Stark faceva sempre
la stessa strada, ogni mattina, per andare a salutare Pepper nel suo
ufficio. A volte in armatura, a volte in macchina, ma sempre la
stessa strada, tranne un giorno. C'era un giorno in cui la strada
cambiava, si allungava. Una volta partito dalla Stark Tower, prima di
arrivare alle Industries, si fermava. Parcheggiava la macchina in
mezzo alla strada, come solo Tony Stark può fare, e si fermava
per uno, due, a volte cinque minuti, sul marciapiede. Guardava fisso
davanti a se, nessuno sa a cosa pensasse. Alla fine della sua
contemplazione risaliva in macchina e riprendeva il tragitto. Nessuno
sapeva che lo faceva, nemmeno Pepper. Perché Tony Stark non è
un sentimentale.
Nick Fury era un ligio
lavoratore, sempre nel suo ufficio o sul campo a gestire qualche
operazione. Sabati, domeniche e festivi non esistevano per lui,
tranne un giorno. C'era un giorno in cui il suo ufficio restava
vuoto, le vetrate oscurate. Prendeva la macchina e andava sempre
nello stesso posto e restava lì, a volte per ore. Salutava
Tony Stark quando lo vedeva arrivare e lo salutava ancora quando se
ne andava. Nessuno dei due aveva mai parlato, ne si erano avvicinati.
Non c'era niente da dire. Poi, il giorno dopo, tornava in ufficio
come se niente fosse successo, riprendeva a lavorare con vigore
ancora maggiore, perché giorni come quello non ci fossero mai
più. Perché quello era il giorno del suo fallimento.
Clint Barton aveva visto
di tutto nella sua lunga carriera, aveva visto i terroristi
sterminare interi villaggi senza pietà, ormai i massacri non
gli facevano più nessun effetto, continuava la sua vita come
se niente fosse. Eppure c'era un giorno all'anno, un giorno in
particolare, sempre lo stesso, in cui Natasha sapeva di doverlo
lasciare in pace. Fin dal risveglio quella luce che di solito animava
i suoi occhi astuti non c'era, il sorriso scaltro non increspava le
labbra nemmeno per un secondo. Lavorava come sempre, centrava il
bersaglio come sempre, ma non c'era la sua solita allegria. Natasha
non condivideva quel sentimento, appartenendo ad una patria diversa,
ma lo comprendeva. Perché a Clint Barton non fanno nessun
effetto le stragi dei terroristi, tranne quando vengono a farle a
casa sua.
Per Captain America questo
è un giorno come gli altri, almeno finché non arriva al
quartier generale dello SHIELD e vede tutti, agenti, analisti,
inservienti fermi, sull'attenti e con lo sguardo basso.
-Che gli prende?-chiede
sottovoce a Maria Hill, ferma accanto a lui.
La donna non risponde, si
limita ad accendere il computer del direttore Fury e a mettere su un
video-reportage.
I minuti passano, le
immagini, le interviste e gli articoli di giornale scorrono davanti a
suoi occhi e quando lo schermo diventa nero, l'unica cosa che resta
sono le lacrime che scendono copiose dagli occhi azzurri e imbrattano
la maglietta bianca.
Senza dire nulla il
Capitano lascia il Triskelion e sale sulla sua moto. Pochi minuti
dopo raggiunge il marciapiede dove il suo capo e i suoi amici stanno
fermi ad aspettare, seguito da due furgoncini. Gli autisti scendono,
scaricano un buon numero di casse e ripartono. Cap si avvicina alle
casse, ne apre una e ne estrae un mazzo di rose bianche. Una alla
volta comincia a posare i fiori per terra, perfettamente allineati e
una volta terminato il mazzo ne prende uno nuovo. Proprio lì,
nello spazio desolato, dove 14 anni prima si ergevano fiere due
splendide torri, Capitan America aveva lasciato su quel marciapiede
2749 rose bianche e ora, osservato dai suoi amici e da tutti i
presenti, stava li, sull'attenti, con le lacrime agli occhi.
speravo
di riuscire a pubblicare ad un orario decente, ma le ultime
correzioni si trascinano sempre fino a tardi.
La
quasi totale assenza di recensioni degli ultimi capitoli ci ha un po'
rattristati, ma speriamo che questo ricco ed emozionante capitolo
invogli qualcuno di voi a farci sapere che ne pensa.
Buona
lettura a tutti.
Chekkumeto&Lawrence_Victory
(PS
di Chekku: preparatevi. Questo sarà tosto)
CAPITOLO
7
In
cui vanno di moda i cappucci e i “Fermi”
Poco
dopo Clint ricevette una chiamata. Era Tony e aveva trovato il
prossimo indizio.
I due assassini ripartirono con il Quinjet verso la torre, ancora
pensierosi per quanto successo con Fury.
Stark,
invece, era più tranquillo. Al telefono il direttore lo aveva
rassicurato sulle condizioni di Pepper, in netto miglioramento.
Raggiunta
la torre, Bruce e Tony si unirono al gruppo e il Quinjet si diresse
al Triskelion.
Grazie
al decriptatore del miliardario, gli analisti dello SHIELD iniziarono
subito a lavorare sul nuovo indizio, mentre ai cinque eroi fu
consigliato di mangiare qualcosa, fare una doccia e dormire un po',
soprattutto a Clint e Natasha che non dormivano decentemente da
almeno quarantotto ore. Inizialmente tutti si opposero, ma si resero
conto in fretta che la loro presenza in quel frangente era pressoché
inutile. A Tony fu assegnata una stanza nella zona per gli ospiti,
mentre Clint, Steve e Nat preferirono i loro soliti appartamenti
nell'area riservata agli agenti. Nel frattempo Bruce, per nulla
stanco dopo il ricovero, si fece visitare
dai medici della struttura e in poco tempo gli furono consegnati i
suo nuovi apparecchi per l’udito perfettamente calibrati.
Fu
il direttore Fury in persona a richiamare tutti i vendicatori quando
l’indizio fu risolto. Il
prossimo obbiettivo dell'attentatore
era il Museo del
Genocidio di Yerevan, in Armenia.
-
Sembra che Thunderwhite abbia un pessimo senso dell'umorismo! - fu il
commento di Tony.
Grazie
all’ingegno di Stark, gli
Avengers potevano contare su un largo anticipo e furono sul luogo
diverso
tempo prima dell’ora fatidica.
Il
direttore Fury aveva già predisposto l'evacuazione e in men
che non si dica il posto era deserto.
-
Io mi occupo di pattugliare il perimetro, voi organizzate una ronda.
Mi raccomando, fate attenzione - disse Steve, appena scesi dal
Quinjet.
Gli
altri quattro raggiunsero il centro di coordinamento mobile dello
SHIELD, per avere una pianta dell'edificio.
-
Ci sono solo due piani da perlustrare, il piano terra e il primo
piano. Sopra ci sono le tre sale circolari con le esposizioni del
genocidio mentre sotto ci sono la biblioteca, le sale di studio, la
sala conferenze e un magazzino. Io e Clint controlliamo il piano
terra, Tony e Bruce al piano superiore - ordinò
Nat mentre indicava i luoghi sulla mappa.
Furono
portati giubbotti antiproiettile per tutti ma Banner declinò
l’offerta con un sorriso amaro. Poco dopo gli Avengers stavano
entrando in squadre separate nel museo, determinati a mettere la
parola fine a quella storia.
Al
piano inferiore i due agenti dello SHIELD stavano perlustrando per la
terza volta la sala conferenze. Avevano controllato sotto ogni sedia,
dietro ogni anfratto, avevano persino smontato il palco per cercare
tracce della bomba ma non avevano trovato nulla né li, né
da nessun’altra parte. Tra loro mantenevano un silenzio quasi
snervante, interrotto solo dalle sporadiche comunicazioni nei
rispettivi ricevitori. In ogni caso non fecero molta fatica a non
rivolgersi la parola, c’era ancora molta tensione tra loro. Al
piano superiore invece Tony non smetteva di parlare nemmeno per un
secondo di sé stesso, delle sue ultime invenzioni, di sé
stesso, di serate che aveva organizzato, di sé stesso, di
Pepper o di sé stesso. Bruce stava per addormentarsi in piedi
quando una parola lo risvegliò dal suo torpore.
-
...armatura -
-
C...come scusa? Cosa dici dell'armatura? - balbettò
improvvisamente interessato.
Tony
lo squadrò indispettito e scosse la testa.
-
Dunque Bel Addormentato, dicevo che allo SHIELD stavo rispolverando i
progetti di Mark 42, l’armatura che potevo pilotare a distanza…
-
-
Non avresti dovuto riposare? - lo rimproverò l’amico.
-
Dormirò quando sarò morto. Comunque, pensavo di
costruirne altre e applicare alcune migliorie che modestamente trovo
geniali, in pratica… -
-
Vuoi costruire altre armature? Scusa, quando ho detto che avremmo
avuto bisogno del grande Iron Man intendevo che avremmo avuto bisogno
di TE - lo interruppe Bruce.
-
Come stavo dicendo… non ho più intenzione di costruire
armature, ma droni, androidi - continuò Tony, seccato.
-
Che piloterai tu immagino… -
-
Sono un genio, è vero, ma non posso comandare più Iron
Man nello stesso momento. No, intendo lasciare il controllo dei miei
droni a JARVIS - rispose il miliardario.
-
Ma tutte le tue armature potevano già essere controllate da
JARVIS… si insomma, prima che diventassero fuochi d’artificio
-
-
Questa volta sarà diverso - rispose l’altro, i suoi
occhi si illuminarono - Ho intenzione di integrare JARVIS con un
programma strategico militare in modo che i droni si muovano come un
gruppo uniforme e ben organizzato. Facendo un rapido calcolo saranno
almeno il 63,7% più solidi delle armature dato che non saranno
vuoti all’interno ma potrei renderli anche più leggeri
con una nuova lega che sto testando per i rivestimenti dei
sottomarini dello SHIELD… - Tony era partito come un treno e
il dottore sapeva bene che se non l’avesse interrotto avrebbe
continuato all’infinito.
-
Uhm, dunque non hai intenzione di tornare dentro un’armatura? -
Banner era scettico, ma Tony sembrava molto convinto.
-
No, sto per sposarmi Bruce, e se morissi... Pepper mi ucciderebbe.
Però non posso smettere di aiutare la gente. Allora che ne
pensi? È un progetto ambizioso e avrò bisogno anche de
tuo aiuto - disse Tony.
-
Dunque… droni comandati a distanza da JARVIS… -
-
Massima precisione e pericolo praticamente zero - cercò di
convincerlo Tony.
-
E… quanti androidi vorresti costruire? -
-
Dieci, cento, mille, quanti ne vogliamo! - esclamò Tony
allargando le braccia.
-
Una Iron Army quindi - rise l’amico.
-
Mmh… non mi piace. Iron Soldiers? Iron Troop? - suggerì
Stark.
-
Iron legion? -
Tony
si grattò il mento pensieroso.
-
Iron legion… Orecchiabile! Vedi che quando ti impegni da quel
tuo cervello geniale esce anche qualcosa di buono! - disse stringendo
ironicamente la mano all’amico.
Banner
non fece in tempo a ribattere che la voce del capitano li chiamò
nel ricevitore.
-
Ragazzi sono io, ho visto qualcosa muoversi nel cortile sul lato sud.
Voi vedete qualcosa da lì? - li chiamò.
Bruce
e Tony corsero alla finestra vicina e fecero in tempo a vedere
qualcuno entrare da una porta al piano terra.
-
Avvertiamo Barton e Romanoff - esclamò Banner.
Clint
e Natasha erano ormai al decimo giro del piano quando la voce di
Stark risuonò nei comunicatori.
I
due agenti estrassero le armi e si diressero all'ingresso sulla
piazza, pronti ad affrontare l’intruso.
Raggiunsero
la porta sul lato sud ma non videro nessuno. Le stanze vicine erano
state chiuse a chiave e non c’era altri corridoi oltre a quello
da cui erano arrivati loro.
-
Qui non c’è nessuno. Voi due, scendete e guardate nel
cortile esterno, forse ha visto che il museo è evacuato e sta
cercando di darsela a gambe! Allertate anche gli agenti sul
perimetro, che stiano più attenti! - ordinò Nat nel
ricevitore.
Clint
guardò l’orologio: mancava meno di un minuto all’ora
X. I due erano ormai convinti di aver fermato Thunderwhite, quando
udirono il rumore di una porta che veniva sfondata. Clint e Natasha
si scambiarono uno sguardo e corsero nel corridoio verso la fonte del
rumore. Da lontano riuscirono a vedere la stanza violata sulla
sinistra, il magazzino. Mentre si avvicinavano con le armi spianate
nel corridoio esplose un flash proveniente dalla stanza. D’istinto
si ripararono dove poterono, in attesa dell’esplosione ma tutto
ciò che udirono fu un perentorio: - FERMO! -.
Si
precipitarono verso l’uscio e gridarono a loro volta - FERMI!
-, ma qualsiasi altra parola gli si spense sulle labbra. Nella
piccola e fredda stanza si avvertiva un piacevole tepore, come una
sensazione di protezione. Due figure gli si presentavano di fronte,
entrambe di spalle: la prima era incappucciata a decisamente più
alta e robusta della ragazza che aveva atterrato Nat alla statua,
l’altra era coperta da un lungo mantello nero come la notte e
pieno di inserti dorati. L'unica cosa che fuoriusciva dal cappuccio
era una cascata di capelli biondi. La figura si voltò di
profilo e Nat e Clint ebbero un sussulto: era una donna, vestita con
una specie di armatura, aveva dei copri spalle, una gonna e dei
calzari verde ambra con intricati disegni dorati e teneva in mano un
arco e una freccia, anch’essi dorati, puntati verso la figura
incappucciata. Il suo viso era pulito, dipinto, bellissimo, due occhi
verdi come pini selvatici. La donna aveva un’oscura
espressione, sembrava felice, stupita e allo stesso tempo
terrorizzata.
-
FERMI! -
Qualcun
altro era sopraggiunto dal corridoio e teneva in mano una pistola. I
due agenti si voltarono e videro una ragazza bassina con i capelli
castani, corti, ondulati. Aveva due occhi grigi e penetranti e dei
tratti molto delicati, simili a quelli di una bambola di porcellana.
Era la ragazza della statua, aveva la stessa felpa e la stesa
altezza. Natasha e Clint rimasero attoniti da quella serie di
scoperte improvvise, come se una nota acuta risuonasse nelle loro
teste e gli togliesse il fiato ma Nat era troppo occupata a cercare
di respirare per capire che il suono c'era davvero e si diffondeva
attorno a loro. Anche Clint si sentì mancare il respiro e
stordito cadde a terra in ginocchio, seguito dalla ragazza della
statua. Quello che venne poi fu solo confusione e smarrimento. La
donna dall’arco d’oro si era gettata sui due agenti e
l’altra ragazza, mentre tutt’intorno c’erano fuoco
e scariche elettriche. Era come vedere un film in tv, quando si vede
un’esplosione, solo che i due agenti avvertivano davvero il
calore sulla pelle. Nat e Clint non riuscirono a tenere gli occhi
aperti e caddero svenuti. Al loro risveglio nessuno dei due capiva
cosa fosse successo. Si guardarono attorno, si trovavano in un
cratere, dove prima c’era il magazzino e il resto del museo ora
c’era solo un enorme buco. La porzione di pavimento dove si
trovavano Clint e Nat era l’unica cosa rimasta intatta. Le due
donne misteriose non c’erano più. I due si rialzarono a
fatica, ancora rintontiti. D’avanti a loro, a qualche metro di
distruzione di distanza, c’erano Fury, Tony, Bruce, Rogers e
una trentina di agenti dello SHIELD. Tutti li stavano fissando con la
stessa espressione sbigottita stampata su volto.
Quattro
agenti si fecero subito avanti e aiutarono i due storditi colleghi a
raggiungere l'unità mobile, dove attendeva già un
dottore.
Furono
sottoposti a qualche test basilare per verificare che non avessero
difficoltà a concentrarsi o a muoversi e che non ci fosse
nessun tipo di ferita. Infine il medico fece un prelievo abbondante a
entrambi, su richiesta del dottor Banner.
-
Ne ho bisogno per l'indagine. Mandatemi i risultati il prima
possibile, per favore - spiegò.
-
Barton! Romanoff! Siete tutti interi? - abbaiò il direttore,
avvicinandosi con passo spedito.
-
S...sissignore...stiamo...bene - mormorò Clint scambiando
occhiate allarmate con la sua collega.
-
Rapporto, prego -
Clint
e Natasha spiegarono per filo e per segno quanto accaduto, omettendo
ovviamente tutto ciò che riguardava la ragazza dall'arco
d'oro.
-
Nient'altro? - chiese il direttore, inarcando il sopracciglio.
Natasha
abbassò lo sguardo, indecisa se fosse il caso di parlargliene,
dopo quanto accaduto con le registrazioni.
-
Abbiamo...abbiamo visto il volto della donna che era con noi sulla
statua della libertà... - mormorò, alzando gli occhi
verso di lui.
Purtroppo
non poté continuare perché le sue orecchie cominciarono
a fischiare, subitò si guardò attorno per scoprire
l'origine di quel suono fastidioso per poi scoprire che era solo la
suoneria del telefono personale di Fury.
Era
strano, di solito il direttore usava solo il cellulare dello SHIELD
ma Fury aveva un'aria troppo tetra per approfondire la questione. Per
qualche istante l'uomo non disse nulla.
-
Sto arrivando - concluse, riattaccando.
-
Signore, la donna che... - disse Clint.
-
Dopo Barton, ora ho una questione più urgente. Trovate un
posto sicuro e andateci, ci vedremo lì, è un ordine! -
sbottò il direttore, subito dopo si allontanò a grandi
passi.
I
suoi due migliori agenti rimasero lì fermi, senza dire una
parola, sempre più sospettosi sul suo bizzarro comportamento.
-
Sta nascondendo qualcosa - bofonchiò Clint assottigliando lo
sguardo.
Nat
voleva rispondere ma in quel momento li raggiunsero Cap e Tony,
esordendo con un ironico - E' Fury. Nasconde sempre qualcosa -
-
Come vi sentite? - chiese invece un più preoccupato Steve.
-
Bene, non preoccuparti Rogers. Siamo pronti a tornare in azione -
ammiccò Barton.
-
Si vede, non avete nemmeno un graffio - disse Stark squadrandoli da
capo a piedi.
-
Ne parliamo dopo - lo liquidò Romanoff, - Fury ha detto di
andare in un posto sicuro -
-
La torre non è sicura, Thunderwhite l'ha già violata
una volta. E casa mia a Malibù è...beh...ha fatto una
brutta fine - bofonchiò Stark.
-
Ah sì...quando hai invitato il Mandarino per un caffè,
giusto? - ridacchiò Romanoff.
-
Io ho una...ehm...casa. Uno chalet nel bosco. Praticamente
indistruttibile. E controllato dallo SHIELD - propose il dottore.
-
Grazie Bruce, ma è meglio tenerci fuori dal radar di Fury per
un po'. Almeno finché non avremo scoperto cosa ci nasconde -
ribattè Rogers e i due agenti annuirono all'unisono. - Andiamo
al mio appartamento, non è grandissimo ma almeno lontano da
orecchie indiscrete - continuò.
-
Solo se mi prometti che casa tua non è un museo delle
anticaglie. Dimmi che non hai uno di quei giradischi...quelli con
quella specie di tuba sopra... - disse Tony affiancandolo.
-
No Stark, non ho un grammofono - sbuffò alzando gli occhi al
cielo.
-
E...le stoviglie? Ce le hai di pietra? -
-
Vuoi venire o no? - bofonchiò seccato il capitano, Bruce,
Natasha e Clint erano già lontani e stavano parlando con
alcuni agenti per rimediare un passaggio.
-
Umh...la bandiera. La bandiera Americana attaccata al muro ce l'hai
di sicuro! -
Il
biondo capitano arrossì fino alle orecchie.
-
Ah. Lo sapevo -
Soddisfatto
il miliardario trotterellò verso i suoi amici.
L'appartamento
di Steve era come quello di qualsiasi altro cittadino americano
single. Un normale bilocale, in un normale condominio di un
normalissimo quartiere.
L'arredamento
non era niente di eclatante, tranne che per la già nota
bandiera americana attaccata alla parete del soggiorno. Una piccola
cucina, un tavolo da pranzo con poche sedie, un divano, un vecchio
televisore e un computer portatile.
-
Rogers. Tu. Hai. Un. Portatile? - esclamò Stark con gli occhi
fuori dalle orbite.
-
Certo che ho un portatile. Mi serve per navigare in rete e
aggiornarmi - spiegò stringendosi nelle spalle.
-
Bel posto amico. Per vivere qui da solo sei molto più ordinato
di Natasha - ridacchiò Clint dal divano, beccandosi un cuscino
in testa dalla diretta interessata.
-
Posso offrirvi qualcosa? Un caffè? O...ehm...un caffè?
- chiese Steve imbarazzato, guardando il frigo vuoto.
-
Dimenticato di fare la spesa? - sorrise Romanoff - Anche Clint. Più
o meno tutti i giorni -.
-
Siete sicuri di vivere in due case separate, voi due? - chiese Tony
assottigliando lo sguardo.
-
Barton, Romanoff. Raccontateci cosa avete visto - esclamò
Rogers, ignorando l'uomo di latta.
Steve
e Banner si accomodarono difronte ai due assassini, mentre Stark
preferì continuare a gironzolare tra gli effetti personali del
Capitano.
Con
un rapido scambio di sguardi, i due agenti concordarono di tenere la
versione già data a Fury.
-
Quando Banner e Stark ci hanno avvertiti della donna che si
avvicinava all'ingresso, ci siamo preparati ad accoglierla - spiegò
Clint.
-
Prima che lei entrasse, abbiamo sentito una voce e visto un bagliore
provenire dal magazzino -
-
Ci siamo precipitati all'interno e c'era un uomo, di spalle, con il
cappuccio. Gli abbiamo detto di alzare le mani e arrendersi, ma in
quel momento è arrivata la donna -
-
Abbiamo avuto appena il tempo di guardarla in volto prima che la
stanza esplodesse - concluse Natasha.
-
E così l'unica persona che poteva dirci qualcosa è
esplosa - sbuffò Stark.
-
Un attentatore kamikaze...non ci avevo pensato... - mormorò
Banner.
-
Se usa sempre questo sistema sarà impossibile trovarlo...ogni
uomo che scoveremo si farà esplodere subito dopo! - esclamò
Rogers alzandosi in piedi, nervoso.
-
Ricordate nulla dell'esplosione? Un suono? - chiese Bruce sporgendosi
verso di loro.
-
Umh...sì...un suono c'era...una specie di nota...acuta...ma
non saprei dirti da cosa era causata - rispose Natasha.
-
Immaginavo. Anche io e Stark abbiamo sentito qualcosa, dal perimetro
di sicurezza -
-
Dobbiamo scoprirne di più di questa donna
misteriosa...potrebbe essere una complice di Thunderwhite - commentò
Steve.
-
Beh...non è proprio misteriosa - mormorò Clint,
attirando l'attenzione di tutti.
Lui
e Natasha si scambiarono l'ennesimo sguardo.
-
E', o meglio era, un'agente dello SHIELD. Nome in codice: Starlight -
spiegò Nat.
-
Perché Fury non ce l'ha voluto dire? - chiese Cap perplesso,
ripensando ai momenti nella statua.
-
Era un'agente di livello otto, nessuno di noi aveva l'autorizzazione
per avere informazioni su di lei - sbuffò Clint.
-
In ogni caso è morta nell'esplosione, quindi non può
esserci molto utile - borbottò Stark.
-
Appena vediamo Fury dobbiamo comunque chiedere come si chiamava -
disse Rogers.
Con
uno scatto la porta d'ingresso si aprì, rivelando una giovane
donna sorridente.
-Piacere,
Ebony Stark-
Ka-Boom!
Ci
venderemmo la casa per vedere le vostre facce ora.
Adesso
vogliamo sapere cosa ne pensate, lasciate un commentino per due
poveri scrittori tristi e soli :'(
Al
prossimo capitolo cari amici e grazie dell'affetto con cui ci
seguite.
Ci
scusiamo immensamente per il ritardo ma non è stato un
capitolo facile e l'università e il lavoro non hanno certo
aiutato. Abbiamo comunque cercato di fare un buon lavoro come sempre
e speriamo che sia di vostro gradimento.
L'ultima
volta vi abbiamo lasciati con molti interrogativi e finalmente avrete
un po' delle risposte che desiderate.
Buona
lettura
Chekkumeto&Lawrence_Victory
-Appena
vediamo Fury dobbiamo comunque chiedere come si chiamava - disse
Rogers. Con
uno scatto la porta si aprì, rivelando una giovane donna
sorridente. -Piacere,
Ebony Stark -
CAPITOLO
8
In
cui arrivano ospiti
La
nuova arrivata entrò nell'appartamento con disinvoltura,
togliendosi lentamente il trench. Salutò con un educato cenno
del capo tutti i presenti, soffermandosi volutamente qualche secondo
in più su Tony Stark. Solo Natasha e Clint risposero al
saluto. -Posso?-
chiese al padrone di casa indicando una sedia vicina. Il
Capitano non rispose ma lei non aspettò e drappeggiò
educatamente il soprabito sopra la sedia, per poi accomodarvisi,
sotto lo sguardo di tutti i presenti, l'uno più attonito
dell'altro. -Stark?-
ripeté Banner lentamente, togliendosi gli occhiali. Ebony
annuì. -Chi
sei?-chiese Tony. -Sono
io, Ebony- disse lei con un sorriso. Tony
assunse un'espressione indecifrabile, a metà tra stupore e
rabbia. -Che
ci facevi alla statua?-chiese Natasha. -Chi
sei?-ripeté il miliardario. -Tel'ho
detto, sono Ebony Stark- -Smettila
di dire Ebony Stark. Dimmi il tuo nome, il tuo vero nome-continuò
Tony, eclissando Nat. -Ascolta
Tony...- provò a dire lei. -No,
ascoltami tu. Solo tre persone erano a conoscenza dell'esistenza di
Ebony Stark e due sono morte, quindi ora voglio sapere chi è
lei e chi le ha parlato di mia sorella!- -Tony.
Devi credermi. Io sono davvero lei!- gridò. Stark
alzò le mani in segno di resa. -D'accordo...
allora dimmi, come sei sopravvissuta all'incidente d'auto?- chiese
con un sorriso cattivo. -Aspetta
aspetta... tu hai una sorella?- lo interruppe un incredulo Bruce. -È
complicato, e comunque avevo
una sorella- -A
quanto pare ce l'hai ancora...- -Quella
non è mia sorella!- alzò la voce Tony. -Hey
Stark! Abbassa... i Tony- ridacchiò Clint, ricevendo in
risposta un paio di occhiate assassine da Tony, Bruce e Natasha -Sono
sicuro che l'agente Starlight ci spiegherà tutto, lasciamola
parlare- mormorò, ritraendosi da quegli sguardi. L'attenzione
di tutti si spostò ancora sulla nuova arrivata. -È
vero, sono l'agente Starlight dello SHIELD. Io, Barton e Romanoff
abbiamo lavorato spesso insieme, in passato. Il mio vero nome è
Ebony Stark e sono la figlia di Howard Stark, nonché sorella
minore del qui presente Tony Stark- cominciò lei guardando
Tony dritto negli occhi. -Nessuno,
ad eccezione dei miei familiari era a conoscenza della mia
esistenza... diciamo che la mia è una storia complicata...
Molti
anni fa, all'apice della sua carriera, mio padre ebbe una figlia
da... dalla sua assistente. Quando nacqui la mia esistenza venne
tenuta segreta, sarebbe stato uno scandalo e il grande Howard Stark
non poteva permettersi di rovinare la sua immagine...- A
queste parole tutti si girarono a guardare Tony, come se si
aspettassero una smentita da parte sua ma lui annuì
semplicemente. -Oh
vi prego, non travisate le mie parole- continuò Ebony -Capisco
le ragioni di mio padre e non serbo rancore, lui stesso decise di
raccontare tutto a Maria Stark e anche lei capì che tutto
questo non era altro che l'avventura di una notte...- Ebony
abbassò lo sguardo tristemente, Tony schioccò la lingua
e prese posto anche lui sul divano per ascoltare attentamente la
versione della presunta sorellastra. -Comunque,
fu deciso di nascondere questa storia a Tony per paura della sua
reazione, tra l'altro in quel periodo si stava laureando all'MIT e la
mia esistenza avrebbe potuto danneggiare il suo futuro. In qualche
modo però lui lo venne a sapere...- In
quel momento Tony alzò la mano per prendere la parola: -Una
sera sentì mio padre e mia madre litigare, durante quella lite
mamma si lasciò sfuggire dell'esistenza di Ebony. Quando si
accorsero di me cercarono di giustificarsi ma era troppo
tardi...- Lei
fece un lento cenno di assenso -Non perdonasti mai nostro padre per
quello che aveva fatto- disse, guardando tristemente il
fratello. -Mio
padre- mormorò lui. -Nonostante
ciò Tony non ritenne giusto che io crescessi lontana da mio
padre e da mio fratello, mia madre era morta durante il parto ed io
vivevo con mia nonna in Baviera. Avevo cinque anni e non ho ricordi
chiari di quel periodo, non ho nemmeno più rivisto mia
nonna...non so neppure se sia ancora in vita. Comunque la famiglia
Stark venne a prendermi e da quel giorno vissi insieme a loro, come
una vera famiglia-. Tony
guardava fisso sua sorella, aveva ancora quella strana espressione
sul volto. -Tutti
mi accolsero nel migliore dei modi. Se la mia presenza avesse
infastidito Maria, lei non lo diede mai a vedere, anzi mi trattò
come fossi sua figlia. Anni dopo Howard e Maria decisero che non
potevano continuare a nascondermi dall'opinione pubblica, prima o poi
la stampa avrebbe scoperto che una bambina sconosciuta viveva a casa
Stark, così io e i miei genitori partimmo per Londra per
incontrare un legale, amico di mio padre, che avrebbe reso ufficiale
la mia adozione senza indagare troppo sul mio passato. Purtroppo il
destino volle diversamente e mentre ci stavamo recando in auto da
quell'amico cademmo in un'imboscata e...- -...e
mia sorella, mia madre e mio padre morirono in quell'auto! Fine della
storia!- interruppe Stark alzandosi in piedi. -Ma...
non capisco. In quell'auto vennero trovati solo i corpi dei coniugi
Stark... non è mai stata trovata nessuna bambina- intervenne
Banner, perplesso. -A
questo posso risponderti io: Fury. Lui e mio padre erano diventati
buoni amici allo SHIELD e Fury era appena diventato direttore. Lui
era uno dei pochi a sapere dell'esistenza di Ebony. Volle onorare la
memoria di mio padre nascondendo alla stampa la presenza di mia
sorella su quell'auto. Mi ha confermato che mia sorella è
stata trovata morta a bordo, quindi questa tizia sarà anche
molto informata su di me e sulla mia famiglia ma di sicuro non è
mia sorella!-. -Mi
dispiace Stark, ma all'epoca ho dovuto nasconderti la verità-
esclamò qualcuno apparso sulla soglia dell'appartamento. Tutti
si voltarono tranne Ebony, che cercò di nascondersi dietro lo
schienale della sedia. Nell'appartamento
era appena entrato il direttore dello SHIELD: Nick Fury. Nuovamente
in quelle quattro mura cadde il silenzio, ma questa volta durò
poco perché il nuovo arrivato sembrava avere molte cose da
dire. -Ebony,
che ci fai qui?- sbottò adirato. La
diretta interessata tentò di assumere un’aria
innocente. -Sai
che sono una grande fan di Captain America, ho scoperto il suo
indirizzo e volevo chiedergli un autografo- rispose. Clint
guardò Tony come a voler dire: “hai ancora dubbi che sia
tua sorella?” ma l’attenzione del miliardario era
catalizzata dal direttore. -Non
ti avevo espressamente vietato di avere contatti con tuo fratello?-
continuò lui come se non avesse sentito la risposta di
Ebony. Lei
si strinse nelle spalle e si limitò a rispondere: -Scusa
papà-. A
quelle parole il livello di sbigottimento degli Avengers raggiunse il
limite e tutti in coro esclamarono: -PAPÀ?!?!?!-. Il
direttore Fury si grattò la nuca imbarazzato, era ora di dare
delle spiegazioni e a lui non piace dare spiegazioni. Mai. -Si,
lei è mia figlia… Ma prima che tu faccia una delle tue
battute, Stark, è adottata- spiegò il direttore, ma
Tony non era in vena di fare battute. -Voglio
sapere tutto! E subito!- esclamò.
Fury
si strinse nelle spalle. -Come
già tua sorella ti ha spiegato, ero in buoni rapporti con tuo
padre. Prima di partire per Londra mi chiese di guardargli le spalle,
così segretamente mi recai personalmente a Londra con qualche
agente. I sospetti di tuo padre erano fondati: non arrivarono mai a
destinazione e in tutto ciò fu coinvolta anche la loro figlia
minore. Quando arrivai sul luogo dell’imboscata tuo padre era
ancora vivo e anche lei, era solo svenuta. Mi fece promettere di
prendermi cura di Ebony e così ho fatto, ora lei è
legalmente mia figlia-. -Vuoi
dire che “la tua agente che finge di essere mia sorella”
è legalmente tua figlia- precisò Tony. Nick
si rivolse a Ebony –Te lo dicevo che non l’avrebbe presa
bene-. -Senti
Tony, io sono Ebony! Hai la conferma del direttore dello SHIELD, ti
ho raccontato tutto! Sono viva, fattene una ragione!- esclamò
lei furente. -Tutto?-
chiese Tony sarcastico –Non mi hai ancora detto cosa ci facevi
alla statua!- -Sono
un’agente! Mi occupo di investigare sugli attentati organizzati
da Thunderwhite. Sono già stata ad Edimburgo, Bruxelles e
Ottawa per cercare indizi, senza risultati- chiarì Ebony, poi
guardò verso Natasha –A proposito, senza rancore per
l’incidente alla statua Romanoff, ma non potevo farmi
riconoscere- aggiunse. A
quel punto Bruce prese la parola. -Esatto!
La statua! Cosa ci facevi nascosta alla statua? Se conoscevi il luogo
dell’attentato perché non sei andata lì?-
chiese. Ebony
abbassò lo sguardo. -E
a proposito, come sapevi che l’attentato sarebbe stato alla
torre? Te lo ha detto il tuo amico Thunderwhite?- la incalzò
Tony. Ebony
continuò a fissare il pavimento –Non sono autorizzata a
divulgare dettagli sulla missione senza l’autorizzazione del
direttore- disse meccanicamente. -Ma
il direttore è proprio qui o sbaglio?- si interpose
Bruce. Fury
sospirò, non gli piaceva davvero dare spiegazioni. -L’agente
Stark è stata informata, come tutti gli agenti dello SHIELD,
della presunta ubicazione della bomba. Ebony si è recata sul
posto per indagare. Da quello che ho letto nel suo rapporto ha
ricevuto una chiamata dal suo partner: l’agente
Blake…- -L’agente
Blake? Nome in codice “Blackstorm”? La leggenda?- lo
interruppe Clint, ma il direttore sembrò non farci
caso. -…l’agente
Blake sta indagando assieme all’agente Stark sugli attentati.
Si sono recati sui luoghi per indagare ma in quest’occasione si
sono separati-. -L’agente
Blake ha preferito mandare me in ricognizione mentre continuava le
sue indagini, dato che, a differenza di qualcuno, sa che la Statua
della Libertà non si trova a New York!- continuò
Ebony. A
quel punto Tony era rosso dalla rabbia –IL NUOVO COLOSSO NON
POTEVA ESSERE ALTRO CHE LA STATUA! E COMUNQUE C’ERA UN KAMIKAZE
CHE STAVA PER FARSI SALTARE IN ARIA E POCO TEMPO A
DISPOSIZIONE!- Nick
cercò di appianare gli animi. -Ascolta
Tony, quello che l’agente Stark cerca di dire…- -E
TU SMETTILA DI METTERE IL MIO COGNOME VICINO ALLA PAROLA “AGENTE”!
SUONA DA SCHIFO!- -L’agente
Starlight ha ricevuto una chiamata dal suo partner che la informava
sul reale obiettivo dell’attentatore, dopodiché è
corsa ad avvertire prima voi...- fece una pausa per lanciare
un’occhiataccia a Ebony –...e solo dopo me-.
-E
per fortuna aggiungerei- commentò Banner -Se avesse aspettato
probabilmente Pepper sarebbe morta... dunque, ora che conosciamo la
storia della tua vita, cosa ti porta al nostro quartier
generale?-chiese Banner, indicando lo spoglio appartamento del
Capitano.
-Temporaneo!
Quartier generale temporaneo-puntualizzò Stark.
-L'agente
Starlight è qui per errore e ora mi seguirà al
Triskelion senza fare storie!- intervenne Fury per lei, che però
non era tipo da accettare gli ordini senza discutere.
-Sono
qui per darvi una mano. Possiamo prendere quell'uomo se uniamo le
forze!- disse.
-Grazie
tante ma anche se per ora abbiamo un posto vacante il proprietario
potrebbe scatenare una guerra interplanetaria se scoprisse che lo
abbiamo sostituito, e ora se permetti ti mostro l'uscita!- affermò
il miliardario, deciso a non volerla più tra i piedi.
-Ebony,
ne abbiamo già parlato...- cominciò Fury.
-...Dopo
l'esplosione al museo, lo so. La situazione però è
grave e Shawn... voglio dire, l'agente Blake...- disse lei.
Clint
e Nat si scambiarono una fulminea occhiata interrogativa.
-Direttore.
Ormai Stark è a conoscenza della mia vera identità. A
questo punto non ci sono più motivi perché non possa
aiutare gli Avengers a fermare Thunderwhite, quindi chiedo di poter
continuare le indagini assieme a loro, in caso contrario la prego di
accettare le mie dimissioni- continuò Ebony mettendosi
sull'attenti. Il direttore a quel punto era davvero furyoso.
-Chiedo
scusa, ma per quanto riguarda il suo partner? L'agente Blake?- chiese
Clint. Il volto di Ebony si incupì.
-Lui
preferisce continuare ad indagare da solo- lo liquidò lei, poi
si rivolse a Fury -Direttore, qual'è la sua risposta?-.
Nick
alzò l'occhio al cielo -Tu e tuo fratello non farete altro che
rimbeccarvi come dei bambini, compromettendo l'intera operazione-.
-Le
assicuro che presto andremo d'amore e d'accordo- rispose l'agente
Stark facendo l'occhiolino al fratello.
-...Va
bene- si arrese il direttore, poi si rivolse alla squadra -da questo
momento Ebony soggiornerà con voi alla Stark Tower e vi
aiuterà ad arrestare Thuderwhite. Ci sono obbiezioni? Signor
Stark?-
Tutti
si voltarono verso l'amico che balbettò qualcosa di
incomprensibile, poi trasse un respiro profondo e si rivolse a Ebony
-Il mostro rosso ti fa paura?-.
-Non
più, perché tu sarai la mia armatura- rispose subito
lei. I presenti si guardarono straniti. Nessuno, nemmeno il
direttore, aveva capito cosa si erano detti.
Tony
incrociò le braccia, visibilmente turbato -Perché ora?
Perché non prima?- chiese.
-Saresti
stato una distrazione, invece sei stato il motivo che mi ha spinta ad
andare avanti e a diventare un agente. Voglio onorare la memoria di
papà, anzi dei nostri genitori! Tony, fermiamo Thunderwhite
insieme!- disse.
I
due fratelli si guardarono negli occhi per un lungo istante senza che
nessuno dicesse nulla.
-Io
non la voglio con noi alla torre. Si, direttore, io obbietto- disse
infine Tony rompendo il silenzio.
Ebony
sospirò profondamente, ma aveva previsto una simile evenienza
-È per te!- disse con un sorriso malefico mentre estraeva una
busta dal trench e la porgeva a Tony. Lui ne estrasse un foglio
ingiallito dal tempo e con qualche bruciatura qua e la,
ma il contenuto era ancora leggibile.
Prima
di dire qualsiasi cosa, il miliardario lo lesse da cima a fondo. Si
soffermò qualche istante in più solo sulle firme
apposte infondo al documento, firme che non vedeva da molti anni.
Quando
finalmente alzò gli occhi dal foglio, il suo sguardo era
furente.
-Il
testamento dei miei genitori-disse gelido.
-Il
certificato di adozione è andato distrutto nell'incidente, ma
non questo- spiegò Ebony con un'aria malvagia negli occhi
-Speravo di non doverlo usare in questo modo, ma non mi lasci altra
scelta. Puoi non accettare che io sia tua sorella, ma stando a questo
foglio metà delle Stark Industries è mia-
Tony
non era mai stato così arrabbiato in vita sua. Negli anni un
sacco di donne si erano avvicinate a lui per il suo immenso
patrimonio, ma questa aveva superato ogni limite.
-Questo
non vuole dire nulla! Nessuno sa dell'esistenza di mia sorella...-
-Oh
è qui che ti sbagli. Il direttore dello SHIELD qui presente
può garantire la mia identità nonché
l'autenticità delle firme. Posso far autenticare questo
documento quando voglio... ma ti propongo un patto. Tu accetterai la
mia esistenza fino a quando non prenderemo quel pazzo attentatore.
Dopodiché io sparirò di nuovo e ti lascerò il
testamento. Potrai strapparlo, brucialo, fare quello che ti pare. Lo
giuro sul mio onore di agente-.
Tony
sembrò rimuginarci su, poi a sua volta assunse un'espressione
simile a quella di Ebony -Certo sorellina. Ci sto!- sibilò
alzandosi in piedi -Ora, se la signorina gradisce, la accompagno a
visitare la sua abitazione. Dottor Banner, vuole accompagnarmi?-
-Oh...
certo, va bene- disse Bruce risvegliandosi dai suoi pensieri. Tony,
Ebony, Fury e il dottore si diressero alla porta.
-Un'ultima
domanda- disse quest'ultimo prima di uscire -Come sei sopravvissuta
all'esplosione al museo?- chiese.
Ebony
fece spallucce -Non ne ho la più pallida idea, credo dovreste
chiedere a loro- rispose lei indicando Clint e Natasha, dopodiché
uscì seguita da due straniti Tony e Bruce.
La
porta dell'appartamento si chiuse e i tre membri degli Avengers
rimasero soli con i loro pensieri.
-Cosa
ne pensi?- chiese Barton alla compagna dopo qualche minuto.
-Non
lo so, non sono ancora sicura che sia chi dice di essere, ma di
sicuro averla dalla nostra parte ci tornerà utile- rispose.
-Tu
Steve che ne pensi?- chiese ancora l'arciere.
Solo
in quel momento i due agenti si accorsero che il Capitano non aveva
aperto bocca per tutta la durata della conversazione. Ora se ne stava
li imbambolato, fissando come un baccalà la sedia sulla quale
Ebony aveva scordato il soprabito. Nat voleva dire qualcosa ma venne
interrotta da un bip nel comunicatore. L'agente sorrise e poi tirò
un pugno a Steve per risvegliarlo -Riprenditi eroe, era Fury. Sono
arrivati alla torre e sembra che stiano per portarci anche Pepper,
pare si sia ripresa- disse.
Il
capitano sbatté gli occhi e riuscì solo a dire -grazie
al cielo, allora andiamo anche noi- poi si alzò, raccolse il
trench della sua ospite lo ripiegò con particolare
attenzione.
Uscendo
Clint e Nat si guardarono a lungo. Dovevano pensare ad una scusa
convincente per l'accaduto al museo, altrimenti avrebbero dovuto
spiegare molte cose sul loro rapporto “incompleto”.
Un
capitolo pieno di domande e di risposte oggi, vi manca l'azione? Non
preoccupatevi che nel prossimo torneremo ad alzare il ritmo. Speriamo
che questo capitolo vi sia piaciuto e vi invitiamo a farci avere le
vostre opinioni che sono molto importanti per noi. Inoltre se voleste
fare un salto sulla nostra pagina facebook “Avengers Beside”
ci farebbe molto piacere e vi daremo un biscotto. Ci troverete anche
immagini e disegni tratti da questa storia oltre che anticipazioni e
notizie sui capitoli in uscita.
Scusate
se per questo capitolo ci è voluto tanto ma ci sono state in mezzo molte cose,
tra cui perdita totale di ispirazione. In ogni caso siamo tornati carichi e
pronti per sfornare i nuovi capitoli di questa (speriamo) appassionante storia.
Per chi
avesse bisogno di un ripasso, ci
eravamo lasciati con la ritrovata sorella di Tony che lasciava l’appartamento
del nostro Capitano, accompagnata da Tony, Bruce e Fury, seguita poco dopo da
Rogers, Barton e Romanoff.
Spero
che questo nuovo capitolo vi piaccia e sia sufficientemente lungo. Per aggiornamenti
e immagini ricordo che ci trovate su Facebook alla
nostra pagina “Avengers Beside”.
Grazie a
tutti per la pazienza e buona lettura, le recensioni sono sempre gradite.
Chekkumeto&Lawrence_Victory
CAPITOLO
9
In cui Ebony frega
Tony e Rogers ha un “appuntamento”
Nell’ennesimo corridoio della torre, Tony Stark stava
esponendo le motivazioni per cui aveva scelto le mattonelle 5x5 cm per il
pavimento piuttosto delle banali 4,9x4,9. Ebony, d’altro canto, sembrava molto
interessata a qualsiasi baggianata che il fratello le propinasse per annoiarla,
con grande disappunto di quest’ultimo. Banner e Fury li seguivano a poca
distanza, il primo sbadigliando in continuazione dalla noia, l’altro invece
sembrava in allerta, come se aspettasse che da un momento all’altro Ebony
saltasse al collo del fratello.
Il giro della torre andava avanti da un po’ e il
miliardario le aveva mostrato ogni stanza, ogni angolo, ogni buco
dell’edificio, cercando di essere il più noioso e snervante possibile, senza
mai riuscire nel suo intento.
-…e questa è l’uscita di emergenza- disse, indicando
la pista di atterraggio all’ultimo piano della torre.
-Oooh, un’altra? Quindi se lo scarico dei rifiuti e
la tromba dell’ascensore dovessero essere bloccati posso saltare da qui!-
esclamò Ebony con falso entusiasmo.
-Quella ragazza è incredibilmente caparbia- bisbigliò
Banner al direttore.
-Non ne ha idea, dottore- mormorò questi.
Tony ormai era a corto di idee, di energie e di
pazienza.
-E adesso dove mi porti?- domandò lei in falsetto.
-Adesso facciamo un gioco, si chiama “Ebony fa
bungee-jumping estremo dal tetto della torre”- la canzonò Tony.
-E come sarebbe “estremo”?-
-Senza elastico!-
-Adesso mostriamo ad Ebony la sua stanza- si
intromise Bruce –Vero Tony?-
Un lampo attraversò gli occhi di Stark –Sì, ma
certo. Se sua signoria volesse seguirmi- aggiunse con un ampio sorriso,
incamminandosi.
Il povero dottore cercò di pensare a quale idea
malsana fosse venuta all’imprevedibile amico e i suoi timori si concretizzarono
quando Tony si fermò davanti ad uno stanzino minuscolo.
-Ecco qua la cameretta della mia adorata sorella, ti
piace mia cara?- chiese con finta premura.
-Certo Tony, è perfetta. Per una spia non c’è niente
di meglio di una stanza piccola, è più facile controllare se qualcuno è entrato
mentre non c’eri, se manca qualcosa e se ci sono intrusi. E poi sono una
ragazza semplice, mi sentirei così a disagio in una di quelle immense camere da
hotel a 5 stelle- rispose eccitata, iniziando ad appoggiare le sue cose.
-Un momento, questa non è la tua stanza. Devo essermi
sbagliato- la interruppe Tony trascinandola per un braccio lungo il corridoio.
Dopo tre piani in ascensore e due corridoi si fermò
davanti ad un’altra porta.
-Ecco la tua stanza- esclamò sorridendo sornione.
La stanza in questione era grande come un
appartamento, con un letto a baldacchino in cui ci sarebbero state comodamente
sei persone, un minibar, divano e televisore, cabina armadio e bagno privato.
-Ah…non potrei restare nella stanza di prima?-
chiese dispiaciuta.
-Assolutamente no. È occupata. La uso per…uhm…le
scope- ribatté subito lui –Spero che non ti sentirai troppo a disagio qui-
-No, certo che no- sospirò Ebony, lasciandosi cadere
tristemente sul letto.
Con un sorriso trionfante il fratello lasciò la
stanza, seguito da un incredulo Bruce e da un divertito Fury.
-Io vi lascio signori, qui mi sembra tutto apposto- disse
quest’ultimo, avviandosi verso la pista di atterraggio dove l’attendeva lo
stesso velivolo che trasportava Pepper, per portarlo al Triskelion.
Tony continuava a sorridere soddisfatto.
-Ti ha fregato- osservò Bruce, mentre camminavano
verso il soggiorno.
-Fury?- chiese Tony perplesso.
-Davvero non te ne sei accorto??- ridacchiò Bruce.
Stark rimase interdetto per qualche secondo, poi
sgranò gli occhi e realizzò di aver appena lasciato sua sorella nella stanza
più grande e confortevole della Stark Tower.
-Quella piccola…- sbottò facendo per tornare
indietro.
-Lascia perdere, ha vinto lei-
-Una battaglia, Bruce. La guerra è appena iniziata-
rispose il miliardario.
Ripresero a camminare.
-Per essere riuscita a sfiancarti in questo modo
deve proprio essere tua sorella…-
-Oh no, dottore. Lei È mia sorella, l’ho
riconosciuta nel momento in cui ha messo piede a casa del Capitano, ciò non
toglie che non mi fidi di lei- spiegò Stark.
“Il solito Tony” pensò Bruce tra se e se. Nonostante
le apparenze era contento del ritorno della sorella.
-Sei l’ultima persona da cui mi sarei aspettato una “sorella
segreta” in stile soap- disse il dottore sorridendo, mentre varcavano la soglia
del soggiorno.
-Già…eravamo felici allora…- mormorò Tony, con lo
sguardo perso nel fiume dei ricordi.
Per allontanare l’alone di malinconia che aleggiava
nella stanza, Stark puntò verso il bar.
-E la storia del “mostro rosso”?- azzardò Bruce,
vedendo Tony propenso a parlare.
Il miliardario, che intanto si era versato un po’ di
Bourbon, si fermò con il bicchiere a pochi centimetri dalla bocca, lo abbassò e
se lo rigirò tra le mani.
-Quando venne a vivere con noi, Ebony aveva gli
incubi ogni notte. Aveva poco più di quattro anni, era spaventata
dall’improvviso cambiamento nella sua vita e sognava un mostro tutto rosso che
voleva portarla via-
Bruce si appoggiò al bancone, interessato.
-Si svegliava nel cuore della notte urlando e
piangendo, si appallottolava sul pavimento e non c’era verso di farla dormire.
Dopo qualche notte mi accorsi che se restavo vicino a lei si calmava, così la
invitai direttamente a venire a dormire nel mio letto. Dormiva girata su un
fianco ed io la avvolgevo con le braccia…-
-…Come fossi “la sua armatura”!-
lo anticipò il dottore. Tony annuì prima di prendere un sorso dal suo
bicchiere.
-Chi immaginava che l’impavido Tony Stark avesse un
lato tenero- commentò Bruce divertito.
L’altro grugnì qualcosa e si portò nuovamente il
bicchiere alle labbra.
-Vieni, andiamo a vedere se a quei medici
incompetenti dello SHIELD serve una mano a sistemare Pepper nella sua stanza- disse
incamminandosi verso la pista di atterraggio.
Nascosta nel corridoio che dava sul soggiorno, Ebony
sorrise e tornò nella sua stanza.
Appena fuori
dall’appartamento, Clint, Natasha e il Capitano trovarono uno dei fuoristrada
dello SHIELD.
-Fury ha pensato a noi-
sorrise Natasha, sedendosi automaticamente sul sedile del passeggero, accanto a
Clint che guidava.
A Rogers non restò che
accomodarsi sul sedile posteriore, al centro per poter parlare meglio con i
compagni.
Partirono
chiacchierando tranquillamente, ma dopo il terzo semaforo rosso in pochi
minuti, Natasha iniziò a spazientirsi.
-Vuoi darti una mossa?
Di questo passo arriveremo l’anno prossimo- sbottò seccata.
-Mi scusi vostra
maestà, ma non posso certo passare sopra le altre auto- ribatté Clint,
indicando la colonna di macchine davanti a loro.
L’assassina si stava
annoiando e quindi doveva intrattenersi. Tormentando Clint, ovviamente.
-Avremmo dovuto
prendere la moto, io e Steve. Saremmo già arrivati, non trovi?- sorrise
civettuola, voltandosi verso il Capitano.
Sul sedile posteriore,
Rogers teneva in grembo il soprabito che Starlight aveva dimenticato nel suo
appartamento e sembrava perso nei suoi pensieri.
In un battibaleno i due
assassini avevano ripreso a litigare furiosamente ma a Steve non arrivava altro
che un brusio di sottofondo.
Nella sua mente, stava
cercando di immaginare come restituire il cappotto alla giovane Stark e
chiederle di prendere un caffè senza sembrare il solito imbranato. E sei lei
avesse detto di no? E se non gliel’avesse chiesto nel modo giusto? E se fosse
stata già impegnata? Nella sua mente si affollavano le possibilità una dietro
l’altra, scoraggiandolo sempre di più.
-Steve, andiamo a cena!-
gridò improvvisamente Nat con tono furioso, strappandolo dalle sue fantasie.
-Cos…Natasha ma…adesso?
Non stavamo andando alla torre?- balbettò confuso.
-Sì. Adesso. Lasciamo
che ci vada questo cretino alla torre- ringhiò l’assassina, uscendo di volata
dall’auto, che nel frattempo si era fermata ad un incrocio. Steve si voltò
verso l’amico per chiedere cosa si fosse perso, ma quest’ultimo teneva lo
sguardo fisso sulla strada e non sembrava intenzionato a proferire parola. Il
povero capitano si rassegnò, scese dall’auto e seguì Nat, timoroso di cosa l’ex
spia russa avesse in mente.
-Non vuoi andare a
trovare Pepper?- chiese perplesso.
-E’ ancora sotto
sedativi per il viaggio, non si sveglierà prima di un’ora o due. Abbiamo il
tempo per quei consigli in campo sentimentale che mi avevi chiesto. Se c’è
un’emergenza ci chiameranno- sbuffò -c’è un ristorante italiano poco lontano da
qui, andiamoci- continuò lei, avvinghiandosi al braccio dell’impavido e
imbarazzato Captain America.
Il ristorante “Fusilli”
non era il più famoso né il più buono della zona, ma il proprietario conosceva
Nat e soprattutto conosceva i suoi gusti. Si trovava su una piazza e quindi
alcuni tavoli erano all’aperto. Nat non si era staccata dal braccio di Steve
nemmeno per un secondo durante il tragitto e aveva continuato a guardarlo con
occhi languidi mentre gli spiegava ora a come approcciarsi ad una sconosciuta,
ora a come farla cadere ai suoi piedi.
Una volta seduti al
tavolo del ristorante, nella terrazza esterna agghindata con luci soffuse e
decorazioni varie, Natasha si accomodò osservando Steve, in attesa della sua
mossa.
Il Capitano, dal canto
suo, si schiarì la voce cercando qualcosa da dire, o meglio qualcosa che
avrebbe detto se quello fosse stato un vero appuntamento.
-Uhm…sei molto carina-
disse, cercando di non balbettare.
Natasha inarcò un
sopracciglio e lo guardò di traverso.
-Con lei non
funzionerà- sorrise.
-I signori desiderano ordinare?-
chiese una giovane cameriera.
-Sì, io prenderò gli
spaghetti allo scoglio- rispose gentilmente Natasha in italiano.
-Uhm…io prenderò…lo
stesso- mormorò Rogers, chiedendosi cosa avesse ordinato.
-Da bere?-
-Può consigliarci un
buon vino da abbinarci- chiese Nat sempre in italiano.
-Dell’acqua minerale
andrà benissimo- la anticipò Steve, intuendo le sue intenzioni.
Quando la cameriera si
fu allontanata, ripresero la conversazione.
-Con chi non
funzionerà?- riprese lui.
-La Stark. È una spia,
Rogers… una donna forte, indipendente, una che ha dovuto farsi strada in un
mondo dove spadroneggiano gli uomini. Dirle “sei molto carina” non è quello che
vorrebbe sentirsi dire- spiegò l’assassina.
-Co… cosa centra lei
adesso?- ribatté Steve, arrossendo un po’.
-Niente… ti sei tenuto
stretto il suo cappotto come se fosse il tuo animaletto di peluche…-
-Io non ho…non stavo…-
-Rogers, stai calmo,
non andrò a dirglielo. Sarai tu a farlo- ridacchiò.
Il Capitano la guardò
come se fosse impazzita.
-Dovrei andare da E… Ebony
e dirle che ho tenuto stretto il suo cappotto?- chiese.
-Che carino, ti trema
perfino la voce quando dici il suo nome- rise l’assassina –No Capitano, devi
dirle che ti piace, che sei attratto da lei. Però per prima cosa devi invitarla
a cena- precisò Nat.
-Ma a me non…-
-Oh tesoro, sei stato
così dolce ad invitarmi a mangiare qui. Sono così felice di passare un po’ di
tempo sola con te, senza gli altri intorno, capisci- strillò Nat, con la voce
di un’ottava più alta e ammiccando vistosamente.
-Natasha ma…-
-Spero che mi inviterai
spesso a fare queste cenette insieme, insomma, un tipo carino come te…un tale galantuomo…-
continuò lei imperterrita.
Il Capitano era sempre
più confuso.
Preso com’era non si
accorse di un cameriere alquanto irritato che li sorpassava per poi sparire all’interno
del locale.
In quel momento tornò
anche la loro cameriera portando le ordinazioni.
I due Avengers la
ringraziarono e attesero di nuovo che si fosse allontanata.
-Dicevamo?- chiese
allora l’assassina, tornando “normale”.
Il Capitano la squadrò
con un sopracciglio inarcato.
-Che vuoi cenare con me
più spesso?-
-No, prima-
-Che io non ho nessun
interesse sentimentale per la sorella di Stark?-
-Giusto. Ne sei sicuro?
È una ragazza carina, single, lavorerà con noi…se proprio non vuoi impegnarti
seriamente, puoi sempre fare pratica- spiegò Nat.
-Cos…no! Non userò una
ragazza per fare pratica come se fosse un sacco da boxe!- sbottò Steve
indignato.
Natasha alzò gli occhi
divertita e sorrise.
-Ma certo…come ho
potuto pensarci…- ridacchiò, avvicinandosi a Steve.
-Nat…- mormorò lui
imbarazzato, cercando di scostarsi da lei.
-Tranquillo Capitano,
se vuoi uscire con una ragazza devi abituartici-
Dal tetto dell’edificio
difronte, Clint ancora con il grembiule sottratto poco prima al ristorante e
fumante di rabbia stava prendendo seriamente in considerazione l’idea di
conficcare una freccia dritta nel cranio del biondo Capitano. Mentre malediceva
mentalmente la sua partner in tutte le lingue che conosceva alzò per un istante
lo sguardo. Fu abbastanza per intravedere una figura sporgersi dal tetto del
palazzo di fronte, e non una figura qualunque, sembrava la sua vecchia
conoscenza incappucciata dall’arco dorato, la donna che Clint aveva creduto sua
madre. Aveva il cappuccio abbassato e di lato le pendeva la treccia più lunga
che Clint avesse mai visto. Si stava sporgendo per guardare la coppia disotto
come se non avesse mai visto un uomo e una donna in atteggiamento romantico.
Mentre Barton si
chiedeva se fosse il caso di avvertire Natasha, l’altra si accorse che lui la
stava guardando e, dopo avergli sorriso, si rimise il cappuccio e sparì dietro
al tetto senza fare rumore.
Clint rimase a fissare quel
punto per qualche secondo, per poi riportare l’attenzione al Capitano e a
Natasha, giusto in tempo per vedere quest’ultima avvicinarsi al viso del
Capitano.
-Natasha…Nat….Romanoff,
che stai facendo?- balbettò Steve, mentre la ragazza si tendeva sempre di più
verso di lui.
-Se vuoi uscire con una
ragazza ad un certo punto dovrai baciarla- rispose lei con leggerezza,
continuando ad avvicinarsi.
-No…Nat…io non credo
che sia…-
-Shh, tranquillo Steve,
è tutto apposto…-
Proprio quando Natasha
stava per chiudere la distanza tra loro, una delle decorazioni che adornavano
la terrazza cadde precisamente sulla testa del capitano, Steve avrebbe giurato
di aver sentito il sibilo di una freccia pochi istanti prima, proprio sopra di
lui.
-Ma che…- esclamò,
guardandosi attorno.
Natasha si allontanò da
lui, fingendosi sorpresa.
-Qualcosa non va?-
chiese.
-No… quest’affare mi è
caduto in testa- disse sporgendosi a raccogliere l’ornamento incriminato.
-Magari era solo
attaccata male, non preoccuparti. Continuiamo il nostro appuntamento-
-No Natasha, scusami
ma…è il caso di chiudere qui la nostra lezione, grazie comunque. Pago io il
conto. Ci vediamo alla torre- ribatté Steve alzandosi, cercando di non sembrare
maleducato.
Natasha sorrise, per
nulla offesa, prendendo un assaggio di spaghetti, mentre attendeva
pazientemente. Dovette aspettare finché Rogers non se ne fu andato, dopo aver
pagato il conto, per veder spuntare il suo ex migliore amico da un vicolo.
-Non dovresti essere
alla torre?- chiese lei sorridendo.
L’arciere prese un paio
di respiri profondi, non volendo essere troppo aggressivo.
-E così tu e Rogers,
eh?- chiese acido.
-Sì. Geloso?-
-No no, puoi fare la
sgualdrina con chi ti pare, per quel che mi riguarda- rispose Clint, sedendosi
al posto del Capitano e prendendo una forchettata dal piatto.
-Spero tu abbia
raccolto lo stuzzicadenti che hai conficcato nel muro, qualcuno potrebbe
scambiarlo per un brutto attaccapanni- rispose indicando la parete in penombra
dell’esterno del ristorante.
-Lo stavi per baciare!-
esclamò l’arciere.
-“Faccio la sgualdrina
con chi voglio”- rispose lei divertita.
-Per quanto tu sia
un’irritante ragazzina io ci tengo a te-rispose lui alzando la voce.
La poca gente nei
tavoli vicini guardava i due partner, perplessi. Clint, accorgendosene, si alzò
sgarbatamente e uscì dalla veranda. Nat lo seguì e lo spintonò da dietro per
provocarlo.
-Hai un modo strano di
dimostrare che tieni a me brutto idio…- aveva cominciato a dire lei, ma non
riuscì a finire la frase perché Clint in un istante l’aveva afferrata per i
fianchi e aveva appoggiato le sue. Fu un bacio rude, feroce, colmo di
frustrazione e rabbia repressa. Dal canto suo, dopo i primi secondi di shock,
Nat rispose al bacio, ma non appena si furono staccati per riprendere fiato, la
sua mano colpì il viso dell’arciere con tutta la forza di un’assassina
altamente addestrata, dopodiché girò i tacchi e si avvio lungo il marciapiede,
a passo spedito, nascondendo un ampio sorriso.
Clint rimase immobile,
incerto su cosa fare o cosa dire, con una mano sulla guancia arrossata e il
cuore che ancora batteva all’impazzata.
-Quella donna mi farà
diventare matto…- sbuffò, andando a riprendere l’arco, abbandonato in un vicolo
poco lontano.
Speriamo che questo
nuovo capitolo vi sia piaciuto, vi invitiamo come sempre a farci sapere cosa ne
pensate, anche poche parole saranno molto apprezzate.