Fino all’ultimo respiro

di Lake90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Wendigo: I Capitolo ***
Capitolo 3: *** Wendigo: II Capitolo ***
Capitolo 4: *** Wendigo: III Capitolo ***
Capitolo 5: *** Wendigo: IV Capitolo ***
Capitolo 6: *** Wendigo: V Capitolo ***
Capitolo 7: *** Wendigo: VI Capitolo ***
Capitolo 8: *** Wendigo: VII Capitolo ***
Capitolo 9: *** Wendigo: VIII Capitolo ***
Capitolo 10: *** Wendigo: IX Capitolo ***
Capitolo 11: *** Wendigo: epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Salve a tutti!!! :)
Premetto che è la prima Fanfiction che scrivo.
Da avida lettrice di Fanfiction, dopo anni in cui questa storia mi ronzava in testa, ho deciso di farmi coraggio e finalmente iniziare a scriverla.
Purtroppo non ho un Beta e spero siate tutti clementi con una povera principiante come me xD
Che dire, scusate il papiro e...spero vi piaccia. ;)

La storia è ambientata tra la 3a e la 4a stagione.​



 

Fino all’ultimo respiro


<< E finché il cuore del mondo continuerà a battere, non importa il tempo o lo spazio che ci divideranno, se saremo re o servitori, se nelle nostre vene scorrerà sangue o magia...saremo tutti un'unica cosa, vivremo tutti come ‘uno’ nel suo respiro. Un uno da amare come fratello, un uno da proteggere e salvare; come sangue del nostro sangue, respiro del nostro respiro...fino all'ultimo respiro>>

 

Prologo


I due cavalieri erano seduti tra le rovine di un antico castello attorno ad un fievole fuoco le cui fiammelle danzavano in giochi di luci e ombre sui loro volti. Era notte fonda e solo i sussurri del vento e i lamenti delle civette erano testimoni dei loro discorsi.
La luna era alta, anch’essa presente in quello che sarebbe stato un momento importante per due mondi, o per meglio dire due tempi.

Una battaglia stava per svolgersi all’invenire, ma era una semplice battaglia, di quelle che troppo spesso avevano visto e affrontato.
Due cavalieri, uno calmo, sicuro…l’altro nostalgico di un futuro che non avrebbe mai visto, in un passato che non avrebbe mai vissuto.
“Arthur…”
“Dimmi Gareth. Sei troppo serio stanotte, che fai, pensi a lei?”
“No, cioè…sì.”
L’altro cavaliere, rise.
“Non ridete Arthur, non è come pensate”
“Ah no?” continuò a scherzare lui. Ma alzò lo sguardo sul volto dell’altro e ciò che vi lesse lo fece tornare serio.
“Gareth, cosa c’è?”
“Avete ragione. Penso a lei”
L’altro cavaliere, quello la cui dorata chioma rifletteva la luna, sorrise ancora.
“Lo sapevo, è raro che io mi sbagli”
Gareth rise e diede al suo compagno un leggero pugno sulla spalla. Era la norma tra cavalieri, si scherzava così, ci si consolava così.
“Smettetela di fare il solito sbruffone”
“E tu smettila di divagare…arriva al punto” lo punzecchiò l’altro.

“Ok” tirò un forte sospiro e si preparò a parlare, come in confessione. In un sussurro, ma così deciso da smuovere montagne. Lo inchiodò con lo sguardo.
“Voglio che mi promettiate un cosa.”

Allora il cavaliere, Gareth, si portò la mano al collo e scoprì da sotto la casacca una catenina. Se la sfilò e la porse al compagno. Dalla catenina pendeva un anello.
“Promettetemi che, dovesse succedermi qualcosa stanotte, quando l’avrete trovata, le darete questo e le direte che nonostante tutto, nonostante la distanza, i nostri battibecchi, il nostro breve tempo e soprattutto…” sospirò ancora e alzò lo sguardo che in un momento di incertezza aveva abbassato.
Poi continuò con un sorriso intenerito ma appena accennato “…soprattutto la sua maledetta cocciutaggine, io…io l’avrei sposata. Promettetelo…che glielo direte. Glielo dirai vero Arthur?”
L’altro ricambiò il suo sguardo deciso con uno confuso.

“Ma tu non morirai oggi Gareth…è solo…una semplice battaglia. Ne abbiamo viste e vinte tante così”
Il suo compagno gli prese la mano in cui aveva deposto l’anello e stringendoglielo forte nel pugno disse:
“Promettimelo Arthur!”
Arthur, il principe, alzò gli occhi, quegli occhi che sapevano rifletter il cielo, e sicuro più che mai, sebbene incerto sul perché sussurrò “Lo prometto!”
 
Quella mattina, dopo qualche ora di ricerche, un urlo di donna, un urlo di dolore, squarciò il sussurro del vento, la serenità del cielo. 
Quella stessa mattina seguendo quell’urlo, un cavaliere fu ritrovato disteso, con lo sguardo rivolto a quello stesso cielo, ma nascosto dal sonno eterno.

L’altro cavaliere, il principe, vi si avvicinò, gli pose una mano tremante sul fianco ancora sanguinante e strinse il pugno sul petto del compagno. Poi, mentre una lacrima rigava la sua guancia sussurrò: “te lo prometto!”
 
*****
Ecco a voi l'inizio! :)
Spero di non aver fatto troppo danni xD

Alla prossima e...buona domenica! ;)

Lake90

 

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Capitolo 2
*** Wendigo: I Capitolo ***


Eccomi qui, sono tornata! Buon inizio di settimana!!! :)
Ringrazio chi mi ha recensita e anche chi magari silenziosamente ha letto il prologo di questa mia “follia”, mi fa un grandissimo piacere!!! *_*
Questo è il primo vero capitolo. Devo avvisarvi però che dopo un inizio un po’ triste, questo capitolo è più sul “comico” (o almeno ci provo). In stile inizi di stagione “alla Merlin” diciamo.
Spero questi capitoli di introduzione non vi annoino troppo. ;)
Bene, che altro dire? Spero vi piaccia e, come dico sempre, di non aver combinato grossi danni! xD





 

Wendigo
I capitolo
 

3 anni dopo…
Erano trascorsi circa nove mesi dagli eventi della Tavola Rotonda, e molte cose erano cambiate a Camelot.
"MERLIIIN!"
...O quasi.
Le urla funeste dell'ormai reggente Arthur, raggiunsero le orecchie di un certo mago.
"Mi cercavate Sire?" Una testa corvina fece capolino nelle stanze reali come se nulla fosse.
"Sono tre ore che ti chiamo, sei forse sordo?"
"Ehm, no. Credo che tutto il castello, anzi no, l'intera Camelot abbia udito le vostre urla in effetti"
Il principe guardò il suo servitore con gli occhi ridotti a fessura e il solito broncio.
"Merliiin" ringhiò.
"Cosa c'è? Non avete fatto colazione stamattina?"
Il giovane, che nel frattempo era entrato nella stanza ed aveva iniziato a raccogliere la roba buttata in terra alla rinfusa dall'indisciplinato principe, lo guardò scocciato. E schivò prontamente un libro che lo stesso gli lanciò. "Ohi!"
"Innanzitutto non puoi rivolgerti a me così. E poi, cosa c'è? C'è che ho mandato quella...serva a prendermi da mangiare un'ora fa e ancora non è tornata."
"Lo sapevo, non avete fatto colazione!" Merlin sorrise vittorioso indicandolo con una mano, mentre con l'altra manteneva in bilico una pila di abiti sporchi.
"Merlin!"
"Va bene, ho capito...provvedo subito sire. Vado nelle cucine reali sire!"
"No, cercami quella scansafatiche e portamela qui! Ho a che fare con una banda di idioti!"
"Vi ho sentito!" rispose il mago indispettito.
"Bene!"
"Bene!" lo imitò il ragazzo.
Arthur lo guardò in cagnesco.
"Vado..." uscendo sussurrò "che caratteraccio!"
"Cosa?"
"Ho detto: 'che tempaccio'"
"Bene...Vai!"
"Uff!" riuscì ad evitare in tempo anche il calice che il principe gli aveva tirato dietro.
Richiudendo la porta ripeté: "che caratteraccio"


Si avviò in cerca della ragazza sperando di cogliere in giro nei corridoi del palazzo un segno del passaggio della sua testa riccioluta.
Pensando alla giovane e ad Arthur, sorrise. Aveva capito in realtà che il principe più che semplicemente arrabbiato, era preoccupato. Non si sparisce nel nulla sulla via dalle cucine reali. E' vero, cose del genere sovente erano accadute a Camelot, ma era un po' che fatti strani non si verificavano, e tutti erano un po' in allerta perché si sa, la pace non può durare per sempre. Soprattutto con Morgana in circolazione.
Se quindi, alla serva, fosse accaduto qualcosa? Era meglio controllare.

Mentre continuava le sue ricerche, passò nelle vicinanze della biblioteca reale, e ciò che udì lo incuriosì.
"Geoffrey, per piacere, andate a chiamare qualcuno, non lo reggo più!"
"Ma cara ragazza, non posso lasciare questi libri incustoditi!"
"Questi libri faranno una brutta fine se non mi aiutate. Anzi, è più probabile che io faccia una brutta fine. Lo sapevo che sarei finita schiacciata dal peso della cultura prima o poi."
Il giovane mago allora decise, avendo trovato l'oggetto della sua missione, di entrare in biblioteca e...
"Ma che diavolo...?"
 
*****
 
Arthur nel frattempo aspettò, aspettò e aspettò, finché...
"MERLIIIIN!"
"Sire, avete problemi?"
Leon entrò nelle stanze reali con cautela, abituato agli scatti d'ira del principe verso il suo servitore.
"Se ho problemi? Si ne ho. Ho perso due servitori" disse a denti stretti.
"Sire?"
"Ho mandato quei due...idioti, una a prendermi la colazione e l'altro a cercarla e...puff! -
Aprì entrambi i palmi allargando le mani in un gesto 'magico' – "sono spariti. Entrambi!"
"Volete che li cerchi Sire?"
"Sì ti prego Leon. E digli che li attende una settimana nelle stalle...anzi no, la gogna" rise maleficamente.
Anche il cavaliere sorrise divertito.
"Vado subito Sire!" Si avviò verso la porta. Ma il biondo interruppe i suoi movimenti.
"Ah e Leon ..."
"Si sire?»
"Almeno tu, vedi di non sparire per...- ripeté il gesto di prima con le mani - …magia"
"Certo Sire". Si voltò e uscì.
Arthur guardò la porta poco convinto, per poi tornare almeno con lo sguardo ai documenti sulla scrivania, mentre la sua testa era altrove e il suo stomaco...beh brontolava. Ma era normale, non aveva fatto colazione! E lui era il reggente cavolo!


Nel frattempo Leon si mise a cercare i due 'fuggiaschi'. Che fossero scappati insieme? Rise. Naaah.
Oltrepassò diverse porte, ma fu da quella aperta della biblioteca che sentì provenire voci familiari. Si fermò allora ad ascoltare.
"Merlin, aiutami, non reggo più!"
"Devi mantenerlo. Ne va della nostra vita."
"Ma non ce la faccio, è pesante! Ho male alle braccia. Sono qui da ore!"
"Non lamentatevi voi due. Oh poveri noi! La gioventù di oggi è così gracilina. Ricordo che ai miei tempi riuscivo a sollevare..."
"Eh-ehm, sir Geoffrey perdonatemi, è tutto molto interessante, ma forse dovreste chiamare aiuto" disse il ragazzo con la voce rotta dalla fatica dello sforzo.
"No mio caro ragazzo. Non posso lasciare la libreria incustodita. Il re..."
"...non approverebbe. Lo so." Poi aggiunse ancora la ragazza sottovoce per le orecchie dell'anziano bibliotecario, ma non abbastanza per Leon "Merlin, ci ho già provato non attacca. Aiutooo...rimarremo per sempre bloccati qui"
"Non essere melodrammatica, qualcuno ci aiuterà...vero?"
"Merlin non reggo più, Merlin...aaaah" nell' udire quell'urlo il cavaliere si sentì pronto ad intervenire, entrò di getto e...
"Ma che diavolo...?"
 
*****
 
Nel frattempo il principe nelle sue stanze sbuffava e alzava lo sguardo verso la porta. Lo riportava sulle carte e sbuffava. Finché...
"Ora basta!" fece sbattendo entrambi i pugni sul tavolo.
"Principessa?" Senza bussare Gwaine si 'materializzò’ nella stanza.
"Gwaine, non è giornata"
"Non avete fatto colazione?"
"Gwaine..." ringhiò il biondo a mo' di avvertimento.
"Okay, okay" alzò le mani in gesto di resa.
"Posso esservi utile...sua Maestà?" Disse con un teatrale inchino.
"Va', cerca i miei due servitori, che a breve saranno 'ex servitori', e Leon, e non tornare finché non.li.avrai. TROVATI!" scandì ogni parola in un furioso crescendo.
"Certo ma..."
"ORAAA!" Sbraitò. E Gwaine spalancando gli occhi sorpreso, corse fuori dalla stanza lasciandosi però sfuggire sull'uscio "è quel periodo del mese Sire?"
La porta era ormai chiusa quando nel corridoio tuonò un "GWAINE!"
Inutile descrivere la fine che fece anche questo cavaliere.
 
*****

"La cosa sta diventando ridicola. Sembra che quel corridoio inghiottisca chiunque." Sbuffò il principe. "E' assurdo!"
Arthur ormai stufo e furibondo, si levò di scatto e a grandi falcate, dalla leggerezza di un elefante, decise di risolvere il problema in prima persona.
Nel cammino verso la porta sbatté e fece cadere ogni cosa intralciasse il suo cammino.
Nel corridoi del palazzo tutti i servitori, spaventati dai fulmini e le saette che il principe sembrava lanciare con lo sguardo, si scansavano intimoriti.
Il suo tragitto si interruppe come gli altri davanti alla porta della biblioteca, ma a differenza degli altri non attese. Come un tornado spalancò le porte e...
"Ma che diavolo...?"

La scena che lo accolse gli parve dapprima inverosimile, poi comica poi...snervante.
Merlin, Leon, Gwaine e Clara mantenevano, i primi due dal lato destro e gli altri due dal sinistro, un enorme scaffale della libreria molto instabile, molto in bilico e molto cascante. Sembravano arrampicarsi su di esso, anzi no, ‘spalmati’ su di esso.
Libri cadevano ad intermittenza, come gocce da una fontana che perde, e in tutto ciò l'anziano Geoffrey, restava seduto a vigilare (perché dire 'guardare senza far niente' suonava inappropriato per un uomo del suo rango) questi avvenimenti.
Tutto con un sottofondo di "mantienilo", "ci sto provando" ,"non lo lasciare", "non ce la faccio più", "acqua", "ma non potevamo chiamare Percival?", "Già, l'avrebbe sollevato con una mano sola!"

Il fatto era che lo scaffale era davvero gigantesco e pesante. Se fosse caduto sarebbe stato molto pericoloso per loro, ma non poté farne a meno e...
Scoppiò a ridere. Con la testa rivolta leggermente all'indietro.
Una risata fragorosa, di pancia, che non liberava da mesi.
Perché il tradimento di Morgana, la ricostruzione di Camelot, la malattia di suo padre, l'essere reggente e dover gestire da solo un regno...tutto ciò pesava terribilmente sulle sue spalle, sulla sua vita, sul suo cuore e sulle sue notti, come un macigno. Ecco perché non aveva riso per mesi. Almeno fino ad adesso, grazie a quei quattro idioti.
Battendo le mani esordì "Complimenti, bello spettacolo!"
La ragazza voltò, per quanto possibile, la testa di scatto verso di lui e con gli occhi nocciola stretti sbottò: "spettacolo? Potremmo morire mentre voi ve ne state in panciolle"
"Ben vi sta. Tu - la puntò con l'indice - eri diretta in cucina non qui. E voi – si rivolse invece ai cavalieri e a Merlin - dovevate cercarvi. Come diavolo siete finiti in biblioteca?" Allargò le braccia incredulo.
"Sir Geoffrey vi prego..." Implorò la giovane.
"Sarebbe colpa mia Sire" ammise.
Ah ecco, si era scordato della presenza dell'uomo.
"Geoffrey?"
"Non arrivavo ad un libro posto molto in alto che mi serviva, perciò ho sentito i passi della ragazza e siccome lei è alta le ho chiesto di aiutarmi. Gentilmente l'ha fatto, ma questo scaffale traballa da anni ormai e stava cascando su entrambi. Non so come ma l'ha mantenuto da sola perché la mia povera schiena e le mie povere gambe...sapete non mi permettono..." Si portò allora una mano sui reni.
"Quindi tecnicamente Clara, è sempre colpa tua se lo scaffale si è sbilanciato."
Sentendosi accusata, la serva sussultò e tutta la struttura libraria tremò provocando negli altri attimi di terrore. "Io?" Urlò istericamente al biondo. "Ma se..."
In quel momento i libri cominciarono a cascare uno dopo l'altro violentemente. Lo scaffale iniziò di conseguenza a cadere pesando su tutti. Arthur allarmato, immaginando i suoi compagni già schiacciati, si precipitò a mantenere la parte centrale del tutto, ma non bastava. La fine era imminente.
Nessuno si accorse di passi veloci diretti lì, troppo presi ad urlare com'erano. Un grido collettivo. Era finita finché...
Degli occhi cielo divennero in un flash dorati, ed il tempo rallentò nella stanza, ma non per la persona che da fuori si avvicinava.
Merlin lo vide entrare, lo vide restare scioccato davanti alla loro 'imminente fine', precipitarsi verso di loro e...spinse.
Tutto poi tornò normale. Lo scaffale perfettamente eretto e alla destra di Arthur, con le mani a reggere il tutto...
"Lancelot? Ma come...Da dove...?"
"State zitto babbeo!"
"Merlin!" Lo ammonì Geoffrey.
"Geoffrey, quest'uomo...ci ha appena salvati e sua…maestà si preoccupa di fare domande poco…appropriate" aveva ancora il fiatone per lo sforzo.
"Perché dire 'stupide' suona male vero Merlin?" bisbigliò di rimando la serva.
Il principe la fulminò, gli altri risero, persino l'incorruttibile Leon.
Sir Geoffrey ovviamente…non sentì nulla.
Accertatisi della stabilità dello scaffale si staccarono tutti allora in un sospiro sfinito, liberatorio ma contento.
Missione compiuta. Mondo salvato.
Almeno il mondo delle loro vite. Almeno per il momento.
 
*****
 
Arthur dopo il trambusto, notò con la coda dell'occhio in terra, un libro tra tanti. Quel libro lo attirava. Sembrava chiamarlo come ipnoticamente. E mentre gli altri alle sue spalle blateravano, per lui era solo un brusio di sfondo. Esisteva solo lui ed il libro. Lo raccolse e...senza un perché, lo nascose in un risvolto tra la cinta e i pantaloni.
"Arthur, che fate?"
Saltò dallo spavento. Venne risucchiato nella realtà.
"Arthur? È 'Sire' per te! E voi due... - proseguì indicando lei e Merlin - faremo i conti. Anzi no, subito tre giorni di gogna"
"Ma nooo" cantilenarono all'unisono i due come bimbi a cui avevano appena dato una punizione o vietato di mangiare dolci.
"E non solo..." da bravo 'padre cattivo' continuò la lunga lista di castighi che li attendeva.
Il libro...? Se ne dimenticò ed una volta in camera si scordò persino del perché l'avesse portato con sé. E siccome lui non leggeva libri, decise di abbandonarlo in un baule, piccolo e dorato. Un baule che per un'inspiegabile ragione, sentì l'esigenza di dover chiudere a chiave per poi abbandonare in un angolo remoto e sommerso dell'armadio e gettarlo lì, seppellendolo nell'oblio della mente, subito dopo e per sempre. Come non fosse mai esistito.
Beh 'per sempre'...diciamo almeno per qualche anno.
 
*****
 
Clara, Lancelot e Merlin, lasciatasi la biblioteca alle spalle, percorrevano il corridoio
principale del palazzo che li avrebbe condotti a mete diverse.
"Non avresti potuto usare un po' prima i tuoi..." la ragazza si zittì al passaggio di una guardia, ma agitando le dita di entrambe le mani aggiunse sottovoce "...trucchetti?"
"Sì certo. Possibilmente davanti a tutti per farmi scoprire. Bella idea, perché non ci ho pensato prima? Ma certo...perché è una pazzia!"
Clara infatti sapeva la verità su di lui, la sapeva da un po'…

Conosceva la fanciulla da appena qualche mese quando accadde.
Erano nelle scuderie e stavano dando da mangiare ai cavalli, quando d'un tratto tutto andò storto. Fu un attimo e Aedh, il cavallo dal manto marrone, il preferito di Arthur, si imbizzarrì.
Prese a scalpitare furiosamente scaraventando una terrorizzata Clara per terra.
Aedh le si era avvicinato in preda alla furia e stava per scagliarsi su di lei violentemente con gli zoccoli mentre continuava a nitrire come impazzito.
Al giovane mago gli si mozzò il respiro e il cuore prese a battergli all'impazzata.
Non aveva mai visto una scena del genere nonostante lavorasse a Camelot da qualche tempo ormai.
La ragazza era pietrificata. Per terra con gli occhi sbarrati e pallida, non reagiva forse in preda allo shock.
E quando il cavallo si ergeva su di lei ormai pronto a schiacciarla con peso e violenza, il suo cuore decise per lui non dando spazio alla mente di ripensarci. Agì d'istinto.
Portò la mano avanti, il palmo aperto. I suoi occhi si tinsero di dorato e il cavallo di colpo si immobilizzò. Le gambe anteriori bloccate a mezz'aria a un palmo dal petto della giovane.
Lei in quell'istante rinvenne dallo shock e, scivolando sulle gambe e strisciando sulla schiena, si allontanò dall'animale inferocito che però era in quel momento bloccato, una statua.
Lui si teneva a distanza pregando con tutto se stesso che lei non se ne fosse accorta, cosa ovviamente impossibile perché i segni della magia erano ancora lì davanti ai loro occhi, in quel cavallo pietrificato nel tempo; o che non attribuisse a lui quella magia.
Ma lei era lì, si era messa in ginocchio. Con un palmo per terra si sosteneva, l'altro ce l'aveva sul petto, dalla parte del cuore ancora in preda allo spavento.
Aveva l'affanno ma in un secondo alzò il viso e lo guardò, seria.
"Adesso si spiegano tante cose"
E a quelle parole lui pensò di essere spacciato. Poi però le sue labbra si curvarono all'insù; sorrise.
"Grazie" sussurrò decisa ma con voce ancora rotta dall'affanno.

Aveva capito, ma nei suoi occhi non c'era accusa, solo gratitudine.
Ricambiò il sorriso anche lui colmo di gratitudine per la sua reazione.
Rimasero così per un po', persi l'uno nello sguardo dell'altra, ognuno felicemente incredulo ma per motivi diversi.
Poi lei rise e gli indicò il cavallo.
"Giusto!" Scosse la testa e lo sbloccò. Chissà perché ma non appena fu di nuovo se stesso il cavallo parve essersi tranquillizzato.
Poi con l'approvazione di Gaius le raccontò tutto: dei suoi primi giorni a Camelot, del suo destino, del futuro di Albion, del futuro della magia.
E lei reagì come se fosse la cosa più logica e naturale al mondo. Gli disse che in quei pochi mesi aveva visto il principe uscire illeso da situazioni impossibili e no, non poteva essere solo fortuna.
Lo ringraziò ancora con un abbraccio; per avergli salvato la vita, per la fiducia che aveva riposto in lei confidandole tutto. Con quel gesto lo accettò per ciò che era.
Dopo Gaius e Lancelot, erano in tre con lei a saperlo. Da quel giorno si sentì sempre meno solo.

Il fardello sulle sue spalle sempre presente, ma un po' più leggero.


Fu riportato al presente dalla voce scocciata di Lancelot.
"Finirete per far diventare me pazzo prima o poi con tutte queste bugie. Mi vengono sempre attribuiti meriti che non mi appartengono alla fine. Anche se, se non fossi arrivato, quanto tempo sareste rimasti bloccati lì?" esclamò a denti stretti il leale cavaliere.
"Beh, magari...se fossi arrivato prima o 'grande Sir Lancelot'. La nostra copertura rischiava di saltare. Merlin non avrebbe potuto usare la magia per proteggerci perché in quel momento non c'era nessuno pronto ad interpretare ed addossarsi il ruolo da eroe! "
"Ah, devo sentire pure questo ora? Che ingrata, anzi che ingrati! Forse dovrei smetterla di aiutarvi, mi portate solo guai!" Si fermò incrociando le braccia sul petto arrabbiato. Cosa che raramente accadeva col bel cavaliere.
"Voi due...insieme – li indicò- siete a prova di nervi!" Finì guardandoli in cagnesco.
I due si scambiarono uno sguardo colpevole, per poi rivolgerlo al pavimento.
"Okay, siamo stati ingrati...Ci perdoni Sir Lancelot?" chiese la giovane sbattendo le ciglia e mostrando gli occhioni da cucciolo ferito. Funzionava sempre.
"No cara, non attacca!"….Di solito.
Merlin, il più 'saggio' tra i due, si fece serio e sospirando continuò per lei.
"Va bene amico mio, come possiamo sdebitarci?"
Anche il cavaliere sospirò arreso, abbandonando le braccia lungo i fianchi "smettendola di cacciarvi nei guai, ecco come!"
"Ah, presto detto!" Merlin, che conosceva entrambi e soprattutto se stesso, alzò un sopracciglio guardandola dubbioso.
"Seriamente Lancelot, sarà difficile ma ci proveremo" fece ancora lei "ma, davvero...c'è qualcosa che potremmo fare?"
Il giovane li osservò, quasi considerando l'offerta. Poi scosse il capo ma ci ripensò subito "forse c'è qualcosa che potreste fare per me" sfoderò un sorriso cospiratore e i due, non avendo mai visto Lancelot con quell'espressione 'malefica' in viso, furono percorsi da un brivido.

Ecco il “vero” inizio! :)
Vi ringrazio ancora di cuore ;)
Alla prossima e...buona serata! ;)
 
 

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Capitolo 3
*** Wendigo: II Capitolo ***


Sono tornata! :)

Spero ci sia ancora qualcuno a cui va di leggermi xD
Concludo subito dicendo che sì, so che i ritmi sono un po’ lenti adesso, ma diciamo che è tutta un’introduzione a ciò che accadrà in questo lungo viaggio. Spero di non scoraggiarvi dicendo questo.
Per il resto, buon pomeriggio a tutti e…spero questo capitolo vi piaccia!
A presto! :*

 

Wendigo
II capitolo




Arthur nel frattempo attendeva i due servitori ancora una volta nelle sue stanze, sperando in un esito migliore di quello della mattinata appena trascorsa.
Mentre rifletteva sulla lunga lista di commissioni che avrebbe affidato ulteriormente al duo, gli scappò un sorriso. Se ripensava a quanto accaduto...la situazione era talmente inverosimile che era impossibile soffocarlo.
Fu sopraffatto in quell'istante dai ricordi, di come aveva conosciuto Merlin. Di quanto era stato sfrontato ed indisponente il ragazzo sfidandolo quel giorno. Ma allo stesso tempo, lo aveva apprezzato. Lui gli aveva parlato come ad 'Arthur', e non come al 'principe'. E per quanto gli avesse rinfacciato la sua arroganza...beh, se lo era meritato e nessuno prima di allora lo aveva fatto così apertamente.
Le sue labbra si curvarono all'insù e sopraggiunse un altro ricordo, quello di come aveva conosciuto Clara, la ragazza dai ricci castani che era un po' un 'Merlin al femminile'. Rise allora per il paragone.
La conosceva da qualche anno ormai, non ricordava nemmeno da quanto esattamente. Perché in realtà era come se anche lei, come Merlin, ci fosse sempre stata (a volte anche quando non la voleva).
Era entrata nelle loro vite come un uragano, senza chiedere permesso. E da allora non se ne era più andata.
E quando la incontrò (o meglio dire, ci si scontrò), fu letteralmente come essere travolti da un uragano...


Sbam!

Una massa di capelli castani travolse il principe trascinandolo per terra con sé.
"Ma che diavolo...?" disse cercando di sbrogliare la matassa di gambe in cui era incastrato.
"Lasciami..." si dimenava la ragazza gemendo per lo sforzo di liberarsi.
"Sta ferma!" urlò il biondo e afferrandole il polso si diede l'appoggio giusto per sollevare entrambi.
"Lasciami!" sbraitò la ragazza liberando di scatto il polso dalla sua presa e massaggiandoselo.
"Che maleducato! Prima mi travolgi e dopo mi stringi il polso e mi fai male"
"Cosa?" esclamò Arthur scioccato "sei stata tu a...investirmi prendendomi in pieno" indicandola con l'indice, gli occhi ridotti a due fessure furiose.
"Io?" Rispose lei alzando i toni indignata. "Anche fosse vero, un uomo grande e grosso come te...'travolto'? Da me?" gesticolò per poi incrociare le braccia sul petto allibita.
"'Grande e grosso' a chi? Stai insinuando che sono grasso? Ma con chi credi di parlare?"
Sovrapponendosi alla sua voce lei lo punzecchio stizzita "E’ vero, hai ragione! Colpa mia. Da come ti comporti non sei grande ma un bambino! Vergognati! Gridare contro una signora per strada!"
"Signora?-fingendo di cercarsi attorno- " Dove sarebbe questa signora perché non ne vedo!" incrociò anche lui le braccia.
Tzé, che ragazzina capricciosa.
"Ma sta zitto! Tu..."
"Zitto a me non lo dici ragazzin.."

Un trambusto si udì alle loro spalle. Come un'orda di banditi ma semplicemente...
"Guardie reali! Scappiamo!" Esclamò la ragazza allarmata. Afferrando il braccio del principe come in una morsa, lo trascinò con sé scappando.
Il principe non ebbe il tempo di rendersi conto della cosa, che già correva con lei, seguendola quasi inconsciamente.
Ora saltando un barile abbandonato, ora urtando un passante. Spingendo e sbattendo quasi contro ogni cosa sul loro cammino, imboccarono una strada stretta.
La ragazza rallentò e tirando nuovamente per il braccio il principe, si sedette con lui dietro una bancarella malandata, abbandonata lì probabilmente dal mercato del giorno prima.
"Ma che diav..?"
Prontamente la giovane gli tappò la bocca con la mano. "Shh. Sta zitto o ci farai beccare" sussurrò. "Ma parli sempre tu?" lui alzò gli occhi al cielo.
Udirono in quel momento un ritmo irregolare e pesante di passi. Correvano. Li cercavano.
Solo che, giunti vicino al loro vicolo non si fermarono.
"Da quella parte..." si sentì una guardia ordinare in lontananza.
Così passarono oltre. Entrambi affannati e sollevati, anche se Arthur sapeva di non avere motivo né di esserlo né di continuare a nascondersi (era il principe santo cielo!).

Restarono comunque seduti per terra tra foglie di verdure un po' annerite e scarti di merce invenduta.

"Li abbiamo seminati. Dammi il cinque!" Disse la ragazza sorridendo, piazzandogli davanti alla faccia il palmo della mano, che era aperta come in saluto.
Lui alzò un sopracciglio.
Lei scosse la testa arresa e sbuffò.
"Ho capito, Mr. Zero entusiasmo è tra noi" cantilenò.
Lui la guardò seccato.
All’improvviso però, fu sopraffatto da una sensazione. Vedeva nel suo viso, nei suoi occhi…sentiva nella sua voce qualcosa di familiare.
“Ma ci conosciamo?” domandò corrugando la fronte, curioso.
A quelle parole lei sgranò gli occhi quasi spaventata.
“Ehm…no!” rispose distogliendo lo sguardo, vaga.
“Mi ricorderei se mai avessi incontrato una faccia da pesce lesso come la tua…in passato”
“Senti tu…” ringhiò lui.
Lei gli fece una linguaccia.


Poco dopo fu Arthur ad interrompere il silenzio imbarazzato che seguì quel battibecco.
"Dimmi un po’, mi spieghi perché diavolo scappavi e mi hai costretto a seguirti?"
Scandalizzata rispose: "costretto? Innanzitutto mi sembra di aver chiarito la questione del 'grande e grosso'. In secondo luogo, ti ho salvato dalle prigioni reali ingrato! E poi nomini un po' troppo spesso il diavolo..." poi in tono cospiratorio mormorò "non so tu, ma io credo sia un qualcosa di simile alla magia ed ho sentito che da queste parti è vietata. Perciò non ti conviene. Almeno che tu non voglia fare..."
"Fare...?"
"...Zac!" Urlò e fece il gesto ti tagliarsi la testa con la mano.
Il principe sussultò per il cambio di tono.
"Ah-aah. Fai bene a spaventarti. Ho sentito che il re e quell'arrogante di suo figlio Arthur, il principe Arthur- aggiunse gesticolando con falsa riverenza- non hanno pietà in merito."
"Il principe non è arrogante."
"Ah no? Perché lo conosci?" Lo fulminò lei ad occhi stretti.
"Ehm...no. Ma ho sentito che è un giovane molto...giudizioso e affascinante"
La ragazza aggrottò la fronte.
"Quindi..." gli si avvicinò all'orecchio sussurrando "ti piacciono gli uomini?"
Il principe ci mise un attimo a registrare le sue parole che "Cosa? NO!" finì scandalizzato.
"Ssh. Ci farai scoprire" arricciò il naso.
Rimasero ancora un po' in silenzio. Poi la curiosità ebbe la meglio sul ragazzo.
"Ma seriamente…Perché scappavi?" ripetè.
"Per..." armeggiò con qualcosa che aveva in una sacca che portava con sé. Non l'aveva notata prima e per un attimo temette un'arma o un artefatto magico. "Questo!"
Pane, formaggio...cibo. Li mise in mostra in entrambe le mani.
Nello sguardo fiducia, sulle labbra un sorriso. Si stava fidando di lui, un estraneo. Perché era evidente che non l'aveva riconosciuto.
"Ma..."
"Credi che basti?" Chiese speranzosa. "Le guardie di Camelot sono proprio tonte" nel sentire offese le sue guardi rinsavì dall'attimo di tenerezza che aveva provato per quella buffa ragazza.
"Dovrei farti arrestare per tradimento"
"Tzé perché chi ti credi di essere? E comunque se mi arrestassero consiglierei al re e al viziato principe di assumere del personale più valido e qualificato. Mi sono intrufolata nelle cucine reali e preso questo ben di Dio e loro non se ne sono neanche accorti. Sono brava eh?" sorrise compiaciuta rimettendo tutto a riparo nella sacca.
"Ma perché?" Tutto ciò era ingiusto. Rubare?
"Per quale ragione? Voglio dire, senza offesa ma non mi sembra tu stia morendo di fame. Mi sembri abbastanza...in carne."
"hey!" Tuonò lei offesa. "Sono in salute. E poi non è per me" i suoi lineamenti si ammorbidirono. Divennero più dolci...gentili.
Si levò d'un tratto e gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi.
"Vieni con me" non sapeva perché ma si fidò e la segui.
Mentre camminavano, lei ruppe il silenzio
"Il re, il principe, non si rendono conto di chi sta realmente soffrendo. Si lamentano delle guerre provocate dalle potenze come loro. Guerre che fanno combattere ad altri poveretti. Guerre che il popolo non vuole e per le quali soffre senza un perché. Vittime di qualcosa più grande di loro che alla fine non gli appartiene.
Tutto ciò mentre loro restano rinchiusi al sicuro nelle loro gabbie dorate. In castelli sontuosi e lussuosi. Fanno combattere le loro guerre agli altri capisci? Guerre di cui sono i primi a goderne dei benefici maggiori. In tutto ciò il popolo viene sballottolato da un sovrano all' altro come in preda alla marea. Quando il loro obbiettivo è lavorare e vivere, in modo onesto possibilmente, per poter sopravvivere una nuova giornata e vedere un nuovo giorno"
Quelle dure parole all'inizio lo indispettirono. Lui, suo padre, non erano i reali che lei descriveva. Ma poi lo fecero riflettere arrivandogli dritto al cuore. Davvero per la povera gente del suo popolo era cosi?
Fu riportato alla realtà da un vociare poco distante.
Si schiarì la voce. "Questo lungo monologo ha un punto o...?"
Rise lei "parlo troppo lo so. Volevo solo dirti che sì, ogni tanto rubo ma..."
Il vociare si fece più vicino. Riconobbe anche delle risate. Lei si fermò all'imbocco di un vicolo.

"Lo faccio per loro" gli sorrise. La guardò interrogativo e poi spostò lo sguardo verso il punto che lei stava indicando.
Bambini.
Giocavano, ridevano e si rincorrevano.
"Ragazzi…" li chiamò allora lei.
Nel vederla le andarono tutti incontro come una furia.
La abbracciavano e lei rideva con loro.
Il principe ne fu catturato.
Tanti piccoli "nanetti" cinguettanti che le saltavano attorno quasi fosse lei la loro principessa mentre lui rimaneva in disparte. Era nessuno per loro.
Poi la giovane lo cercò con lo sguardo. Scosse piano la testa e con il mento indicò il loro gruppetto, come a volergli dire "vieni" . Lui fece di no con il capo.
Non poteva, era un principe lui, non si mischiava con loro. Anche se in fondo al cuore sapeva quanto avesse voluto unirsi.
La ragazza si rattristò brevemente, ma poi fu catturata ancora dalle chiassose pesti.
E lui fu presto dimenticato.
La sua solitudine non durò molto però.
Dopo che lei ebbe mostrato loro il suo bottino ed ebbe domato i ragazzini festanti, li salutò, ognuno con un bacio sulla guancia, e tornò nuovamente da lui.
Mentre si allontanava, una donna uscì da una delle case.
Sembrava stanca, provata. Ma quando la vide, i suoi tratti si ammorbidirono. Le sorrise grata e sulle sue labbra si formò un muto "grazie".
Il cuore del principe si rattristò nuovamente. Colto da un'improvvisa e immotivata gelosia.
Chi era questa ragazza? Quasi nessuno aveva riservato a lui, il principe di Camelot, la stessa gratitudine di quella donna e la gioia seppur caotica e giocosa di quei bimbi.
La ragazza annuì umilmente. Un tacito "non ce di che" le si lesse sul viso.
Poi la salutò con la mano e si accostò a lui.
Rompendo il silenzio lo richiamò dal caos dei suoi pensieri. Rispose alla sua prima domanda.

"Hanno fame. Molti di loro hanno famiglie...complicate. Questo per chi ha la fortuna di avercela una famiglia. Molti di loro hanno genitori che non sanno come sfamare loro, tanto meno se stessi. Quindi ogni tanto io e Gaius, il medico di corte, veniamo qui dopo aver fatto carico di cibo dalle cucine reali"
"Gaius?!" Chiese stupito.
Lo conosceva? Questa ragazza conosceva niente meno il medico di corte ed era complice dei suoi crimini.
Neppure a distanza di anni sarebbe riuscito a capire se ci fosse o meno una parentela tra i due o come si fossero conosciuti. In realtà non lo avrebbe mai chiesto.

"Il principe..il re non devono saperlo però."
"Perché?"
"Credo interverrebbero... negativamente"
"Io non credo, perché dovrebbero?" disse confuso.
"Perché rubo dalle cucine reali" alzò le spalle.
Come se fosse ovvio. E lo era.

"Da oggi non ce ne sarà più bisogno…di rubare dico"
"Perché?"
"Diciamo che sono in buoni rapporti con i piani alti...i reali" sogghignò.
"Ma come...perché...? Traditore!" Lo schiaffeggiò sulla spalla.
"Quindi...?" Chiese lui dopo un po'.
La ragazza stava ancora digerendo la cosa. L'aver offeso il re e suo figlio davanti ad un loro amico...ahia!

"Quindi...?" Si ridestò dai pensieri 'impanicati' in cui era immersa.
"Qual è il tuo nome?" E nel frattempo già si pregustava la faccia che avrebbe fatto lei scoprendo chi era invece lui davvero. Sarebbe stata impagabile. E lo fu.
"Ehm...non mi farai impiccare vero?"
"Mmm, ci devo pensare. La decisione spetta ai reali" Disse sfottendola.
Dopo un po'…"Allora? Sto aspettando!"
Lei raddrizzò le spalle e alzò il mento come una vera lady.
Lo guardò negli occhi e porgendogli la mano si presentò
"Piacere, io sono Clara!"

Di lì a poco sarebbe diventata, sempre per merito (o colpa) del canuto medico reale, una dei suoi più fidati servitori.
Il perché ancora se lo chiedeva a volte.


Sbam!

Venne riportato di 'botto' al presente. La suddetta ragazza entrando, era andata a scontrarsi con il suo altrettanto impacciato servitore - Che era entrato anche lui…ma quando?
In un cozzare di piatti sporchi e roba pulita (almeno prima dell'impatto), che osservò volare in aria e poi cadere loro addosso come a rallentatore. Un tonfo assordante.
"Che imbranati" mormorò sotto i baffi scuotendo incredulo il capo.
I due? Beh restavano stesi per terra sepolti da ogni sorta di cosa.
"Che disastro!" Esclamò il moro non appena ne emerse.
Arthur alzò gli occhi al cielo.
"Lo sapete che adesso dovete: 1 pulire e 2..." elencò con le dita.
Due paia di occhi lo fissarono incuriositi da dove erano seduti per terra.
"Due...?"
"Alzarvi e...andare a pulire anche le stalle"
Entrambi sbuffarono. "Di nuovo???" 
"Sì! Deve essere tutto pronto per l'arrivo di mia cugina Anastasia, lo sapete"
"Giusto...vostra cugina." Merlin si alzò in piedi ed offrì alla ragazza la mano per aiutarla a fare lo stesso.
"Cosa sappiamo di lei?" indagò grattandosi il mento.
Arthur corrugò la fronte "che è...mia cugina?" arcuò un sopracciglio di fronte all'ovvietà della cosa.
"Ovviamente ma...non per mettere il dito nella piaga, considerando i vostri trascorsi con i vostri parenti o la nobiltà in generale che viene a farvi visita..." Continuò avvicinatosi alla scrivania e poggiando i palmi sul lucido legno "...ci sarà sicuramente del torbido" disse cospiratore. 
Il biondo sospirò "Merlin, conosco Ana da una vita, non c'è niente di...torbido" concluse gesticolando in modo vago con una mano.
"Come non c'era nei casi precedenti...in teoria" si intromise la riccioluta ragazza intenta a raccogliere con una mano, ora un pantalone, poi un piatto.
Si voltò a guardare i due ragazzi non appena si accorse di essere stata accolta dal silenzio.
"Che c'è? È la verità!" domandò giocherellando come d'abitudine con la catenina cha aveva al collo.
Scuotendo il capo interdetto Arthur tornò all'inizio del suo discorso.
"Comuuunque, voglio che sia tutto perfetto. Ho bisogno di un po' di tranquillità"
I due servitori capirono cosa nascondeva quella frase. Il desiderio di serenità. Di quella pace che non regnava da tempo, non a Camelot, ma nella sua vita.
"Lo sarà Sire" gli sorrise Clara.
"Tranquillo Arthur" ribadì il giovane mago.
Allora il principe annuì ad entrambi. Sulle labbra l'accenno di un sorriso. Grato che avessero realmente compreso.
Si schiarì la voce. "Allora dicevo: le stalle..."
"Nooo" si lagnarono in coro.
 
*****
 
Lady Anastasia giunse a Camelot il giorno seguente.
In groppa ad un cavallo nero come la pece, circondata dai suoi cavalieri.
Uno in particolare restava al suo fianco. Tra le lucenti ma grigie armature, con il suo abito giallo e i suoi mossi e lunghi capelli rossi, spiccava come un fiore tra le rocce.
Ad accoglierla una giornata soleggiata ed una parata composta dalla crème de la crème tra i cavalieri di Camelot.
E davanti a tutti...Arthur.
A testa alta come sempre e altrettanto bello, come il sole che la sua capigliatura dorata rifletteva.
Clara e Gwen spiavano il suo arrivo in pompa magna dalla finestra delle stanze del principe.
Come le ragazze non invitate alla festa dell'anno.
Videro Arthur andare incontro alla giovane principessa per aiutarla a scendere da cavallo.
Scambiarsi un abbraccio.
La giovane dovette aver fatto una battuta perché il principe scoppiò a ridere accompagnato da Merlin.
Affascinante e anche spiritosa?
Grrr, pensava Gwen.
"Tzé" borbottò Clara.
C'era sicuramente qualcosa di torbido e...no, non era la gelosia!

*****
Nel frattempo nel cortile del castello, Arthur parlava con la ritrovata cugina, che tutti ormai guardavano ammirati non solo per la bellezza, ma anche per il riscoperto senso dell'humour.
Il principe si voltò verso il cavaliere che la accompagnava, seguendola come un'ombra.
"Non ho avuto il piacere…"
"Ah sì certo, sono infinitamente desolato sua maestà – accennò un inchino e aggiunse – sono Dagonet, primo cavaliere e soprattutto sempre fedele, al servizio di Lady Ana" disse informalmente, usando per lei il nome riservato agli amici.
"È un piacere sapere che la mia cara cugina è in buone mani" rispose compiaciuto il giovane reggente mentre scambiava con il cavaliere una stretta di mano in un gesto di conoscenza.
Il principe congedò tutti i cavalieri e, seguito solo da Merlin, si incamminò con Lady Ana e Sir Dagonet, verso l'ingresso del castello.
Una volta giunti al suo interno, i quattro percorrendo i corridoi del palazzo, continuarono con le 'chiacchiere' di rito.
"Ana, non sai quanto mi faccia piacere la tua visita. Non mi fraintendere se te lo dico però…mi ha un po' stupito riceverne l'annuncio."
"Inaspettato vero?"
"Puoi dirlo forte, dopo tutti questi anni" le sorrise punzecchiandola poi "ricordo ancora la ragazzina vanitosa che mi prendeva in giro" alle sue spalle Merlin rise sotto i baffi. Arthur lo fissò in cagnesco.
"Certo, eri così pacioccone…era inevitabile farlo. Quelle guanciotte erano da mordere" il giovane mago sghignazzò più forte.
Arthur decise di ignorarlo questa volta "Eravate due rompiscatole tu e…" si rattristò di colpo.
"…Io e Morgana" concluse sommessamente la ragazza.
"Arthur, mi disp…" con un cenno della mano il biondo la interruppe educatamente scuotendo la testa.
Fu Lady Ana la prima a parlare dopo qualche minuto di silenzio. "Comunque mi scuso per il poco preavviso. Le cose si stavano facendo piuttosto pesanti a Bamburgh, ecco perché ho deciso di venire qui. Sai quanto mio padre ti adori, non poteva rifiutare la mia richiesta di venire a farvi visita. A te, a tuo padre. Come sta a proposito?"
"Non bene purtroppo. La situazione l'ha sconvolto" nuovamente scuro in volto, decise di cambiare subito argomento. "Dicevate che le cose a Bamburgh erano alquanto pesanti, tutto bene?"
"Diciamo di sì. Per il paese sì. Per me invece…"
Il principe sollevò un sopracciglio curioso
"Mio padre mi opprime. Pretende che io prenda marito entro l'anno e io non voglio ecco!" sbottò come una bimba capricciosa.
Arthur allora rise. "Ci sono passato, so cosa significa"
"E come ne sei uscito visto che non sei ancora sposato?"
"Ehm…diciamo che è una lunga storia" sorrise di sbieco.

Dagonet e Merlin rimasero di sfondo a questo scambio di parole, ma vigili.
Il cavaliere si rivolse allora al servitore "Com'è lavorare per il principe? Lady Ana mi diceva che non sono in molti a resistere così a lungo alle sue dipendenze"
Il moro sorridendo divertito rispose "Diciamo che ci vuole un po' ad abituarsi e bisogna armarsi di buona pazienza, ma alla fine si riesce a 'sopportarlo'…ehm a…" Cercò di correggere la gaffe, non aveva ancora quel tipo di confidenza con lui ed era comunque un cavaliere al servizio della cugina del principe, non avrebbe dovuto.
Ma in mancanza di un termine più appropriato, non sapendo appunto che tipo di cavaliere il nuovo arrivato fosse, preferì zittirsi.
C'erano infatti, due tipi di cavalieri di solito: i 'lacchè', pronti ad adorare la nobiltà e difenderla, anche ipocritamente, da traditori o presunti tali pur di ottenere un qualsiasi tipo di riconoscimento; e quelli tipo Gwaine & co., leali e pronti a morire per il principe, ma abbastanza sinceri nei giudizi…spesso anche abbastanza ironici.
"Hai detto bene. 'Sopportarlo' è il termine adatto" sorrise. "Non riferire a nessuno che te l'ho detto, ma Lady Ana anche è difficile da 'sopportare'…a volte" gli sussurrò con aria complice.
Cavaliere 'alla Gwaine' quindi. Già gli piaceva.
Si soffermò ad analizzarlo meglio nel caso in cui ci fosse un particolare che urlasse 'stregone'.
Alto, con i capelli neri e corti anche se con qualche ciocca ribelle. Gli occhi altrettanto neri. Sembravano buoni però. Nessun campanello d'allarme suonò per lui. Niente magia, almeno in superficie.
"Merlin, tutto bene? Ti ho zittito?" si fece serio.
"No no. E' solo che non sono molti i cavalieri così…schietti"
"Sono dell'idea che finché il cuore è al posto giusto, qualche battibecco o giudizio bonario non guasta. Vanno raddrizzati un po' questi nobili o finiscono per montarsi troppo la testa e restare viziati"
Merlin non poté fare a meno di scoppiare a ridere. Il cavaliere però aveva alzato volutamente il tono, e pronta arrivò la risposta isterica della Lady: "DAGONET!"
"Eh sì, sono proprio parenti…" gli fece eco il mago.
"MERLIN!" a quanto pareva, pure il babbeo reale l'aveva sentito.
 
 
*****
 
Dopo essersi congedato con Lady Anastasia e il suo cavaliere, mostrando loro stanze che avrebbero rispettivamente occupato, Arthur ritornò nella sua.
Era solo perché aveva deciso di cedere per qualche ora il suo servitore alla coppia appena arrivata, nel caso in cui avessero avuto bisogno di qualcosa. La ragazza infatti sembrava molto stanca, ma non aveva disdegnato l'offerta di una cena nel privato delle sue stanze.
Aperta la porta trovò Guinevere e Clara che parlottavano.
"Salve" le salutò corrugando la fronte. Raramente infatti le vedeva insieme. Non aveva mai capito perché, sebbene entrambe della servitù; entrambe sempre presenti…sì, diciamo al suo fianco; ed entrambe, in modo diverso a lui molto legate, non lo erano tra loro. Perciò la scena lo stupì.
"Come mai tutte e due qui? Non che nel tuo caso non mi faccia piacere Guinevere" le sorrise teneramente. Lei si portò timidamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Ma Clara interruppe il momento "E nel mio caso no?" incrociò le braccia sul petto indispettita.
Il principe levando gli occhi al cielo seccato si diresse verso la scrivania deciso ad ignorarla. "Sì, ignoratemi pure" sbuffò. "Ho capito, me ne vado visto che la mia presenza non è gradita. Dov'è Merlin?"
"Con Lady Ana"
"Con Lady Ana…" ripeté quasi scocciata, scuotendo la testa castana.
Nuovamente il principe fece l'indifferente. A volte era insopportabile. Che le prendeva adesso?
"Messaggio ricevuto: vi lascio soli. Ciaooo piccioncini"
Arthur, che prima era di spalle, si girò di scatto pronto ad incenerirla con lo sguardo per l'imbarazzo, ma la ragazza era già scappata via.
Sospirando il giovane ritornò alle sue carte finché non avvertì sulla sua spalla, il dolce tocco della sua amata.
"Dovete capirla, è gelosa"
"Gelosa? Clara? E di chi?" indagò scioccato.
"Di Lady Anastasia...di voi" abbassò gli occhi così come il tono della voce. Che lo fosse invece lei?
Le prese le mani nelle sue, teneramente.
"In quel caso non avrebbe nulla da temere. Innanzitutto perché Ana è mia cugina e poi…è solo una la donna ad avere le chiavi del mio cuore"
Il viso della giovane fu attraversato da un lampo di dolore "Cla…Clara?"
Scoppiando a ridere improvvisamente, non si accorse subito di averla offesa reagendo in quel modo. Quando la ragazza fece per staccarsi da lui, allora il principe le afferrò delicatamente i polsi e disse "Parlavo di te"
Si bloccò allora lei e timida sussurrò "Ah" sorrise.
"Anche perché lei è fidanzata" la punzecchiò.
"Ah ah, spiritoso"
"Già, lo so. E' uno dei miei mille pregi"
"Sì, come la modestia" gli fece eco la fanciulla ridendo.
"Lo sono…modesto. E sono anche un ottimo baciatore"
"Ah sì? Dimostratemelo!"
E così, senza preavviso, le sue labbra furono catturate da quelle di lui, in un dolce bacio.
 
*****
 
L'uomo dalle spalle larghe, camminava lento. Stanco dopo una giornata di lavoro in bottega, tornava a casa dove il piccolo James lo aspettava. Era stato bravo anche oggi il ragazzino in falegnameria.
Sorrise attraversato da questo tenero pensiero.
In quel momento voleva solo un pasto caldo, preparato dalle sapienti manine della sua adorata Thea, e poi accoccolarsi con lei davanti al fuoco nel loro umile letto.
Non c'erano stelle quella sera in cielo. Notò portando il suo nasone insù, che persino la luna era adombrata dalle nuvole. Se ne intravedeva solo parte dello spicchio.
D'un tratto un rumore alle sue spalle. Un urto poco distante, poi uno scricchiolio.
Si voltò, intravide un'ombra. Poi qualcosa gli passò davanti sfrecciando.
Veloce come un fulmine che squarcia il cielo.
Cercò l'ombra alla sua sinistra ed ebbe solo il tempo di essere colpito da due occhi. Avevano la luce delle stelle che erano assenti quella sera nel cielo. Ma erano meno luminosi e meno belli. Erano solo gialli.
Li vide avvicinarsi di scatto, in un lampo. Li vide insanguinarsi e poi…più nulla.

Era vicino casa.
La sua Thea stava cucinando, canticchiava. Quando ne udì le grida dilaniate dal dolore, rimase lì raggelata. Le riconobbe immediatamente e fu come essere trafitta.
Poi, un piatto le cadde in terra. Si ruppe.
Il piccolo James iniziò a piangere, a tremare.
E quella famiglia quella notte non fu più cullata dal tepore del fuoco, ma dal ghiaccio che il dolore porta con sé. Il canto fu sostituito da un lamento di una donna innamorata, una donna che in quel momento perdeva l'amore della sua vita.
In lontananza, due stelle insanguinate ridevano alla luce sporca di denti aguzzi, e nel castello di Camelot nello stesso istante attraverso uno specchio, qualcuno era spettatore divertito da quel quadro straziante.

Anche il secondo capitolo è completo! :)
Spero di non aver combinato grossi guai. :P
Ancora buon pomeriggio a tutti! ;)
 

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Capitolo 4
*** Wendigo: III Capitolo ***


Okay okay, sono imperdonabile lo so.
E’ passato un bel po’ dall’ultima volta in cui ho pubblicato, ma nei mesi estivi la mia vita diventa ancora più frenetica ed io sempre più fusa.
Insomma, tra lavoro e studio mi manca anche il tempo di respirare.
Spero ci sia ancora (o in generale xD ) qualcuno che mi segue.
Ci tenevo a scusarmi inoltre anche con chi ha commentato l’ultimo capitolo a cui ho risposto solo oggi.
Ma basta chiacchiere.
Per questo capitolo così come per il precedente, ci tengo però a ringraziare un’amica che mi ha ispirato nella descrizione delle “vittime”
Grazie mille Anto, tvtb <3

Bene, ho detto tutto. Spero questo capitolo vi piaccia e…buona lettura! ;)

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WENDIGO
III capitolo


Il vento soffiava forte. Lo avvertiva sul viso come uno schiaffo.
Sentiva la mano destra bruciare mentre tutto intorno a sé infuriava.
Ombre scure sembravano avvolgerlo.
Era sospeso. Anzi no, era in alto, molto in alto.
E il vento soffiava, il vento lo strattonava ma lui era lì…in alto, immobile.
E la mano continuava a bruciargli ma oltre quello, non sentiva nulla. Era…vuoto.
Un involucro senz’anima, un giocattolo rotto.
E la mano…beh la mano bruciava.
Tra le ombre, il vento, il dolore, solo il cielo col suo manto oscuro era lì. Lo guardava. Ma non era confortante. Era nudo, come lui vuoto. Senza stelle. E lo guardava. Lo guardava mentre veniva spinto dai venti.
Non riusciva a fissare in basso. Sapeva che c’era una qualcosa che gorgogliava, che si lamentava, che avrebbe voluto ingoiarlo, inghiottirlo senza pietà. Perciò non distoglieva lo sguardo.
Davanti a sé erano le ombre, ma meglio le ombre che l’abisso. Meglio l’oscurità cattiva ma viva, tempestosa, che il muto e morto oblio che lo attendeva laggiù.
Il cielo continuava a fissarlo.
Il vento ululava e le ombre con lui. E la mano…la mano continuava a bruciargli, ma almeno lo manteneva vivo.
E poi…

“Arthur…” venne afferrato dal sogno, dall’incubo, e scagliato nella realtà dalla voce flebile del suo servitore.
Sentiva un’angoscia dentro indescrivibile. Come spesso capita alla luce di una nottata infestata da cattivi sogni. Rimase un po’ ad occhi aperti a fissare il drappeggio del suo letto a baldacchino prima di rivolgersi a Merlin.
Si voltò verso di lui e “Niente ‘mattina radiosa’ oggi?”
Sì perché all’improvviso aveva notato che le tende erano state aperte, ma che il moro non aveva usato il suo consueto saluto mattutino.
Il mago allora gli sorrise, ma il sorriso non raggiungeva gli occhi. Fece cenno di no.
Allora si portò a sedere, svelando il suo petto nudo, e corrugò la fronte...beh sì, era preoccupato.
“Che succede? Guai con Gaius?”
“No…oggi no.” Gli occhi lucidi.
Il principe allora si impensierì. “Mer…”
Sbam. La porta si spalancò violentemente e Clara entrò scura in viso e con l’affanno.
“Arthur…devi…dovete venire. Vi prego!” implorava.
Anche lei aveva gli occhi lucidi ed un po’ arrossati, ma poi scandalizzata…
“Oh mamma, vestitevi vi prego!” Esclamò coprendosi gli occhi.
Solo in quel momento si accorse di essere seminudo. Guardò Merlin a bocca aperta, come a volerlo incolpare e poi si rivolse a lei
“Ma se tu imparassi a bussare!” La rimproverò. Notando però il triste sorriso che velò il volto della ragazza, si sentì in colpa e si affrettò a vestirsi dietro il paravento.
Voleva capire il perché di un’aria così malinconica in entrambi.
Quando ebbe finito, si sedette alla scrivania, e invitò i due con un gesto della mano, a porsi di fronte a lui. Come in una piccola udienza.
“Che succede?”
Clara aprì la bocca ma non riuscì a parlare. Così scosse la testa e Merlin lo percepì come un invito a prendere lui la parola.
“Isaac…”
Allora il principe sorrise “che ha combinato James? Ha dato fuoco alla falegnameria? Quel ragazzo è un terremoto.”
“No Arthur. Isaac è…”
Il sorriso svanì. “Merlin? …Clara?”
“…Non c’è più!” alcune lacrime iniziarono a segnare le guance della ragazza timidamente. Giocava con la collanina come faceva sempre, nervosa.
Avvertì un tuffo al cuore
“Ma come…?”
Merlin, che ingoiava a fatica le lacrime trattenute, continuò.
“Non si sa. Abbiamo bisogno che indaghi. Lo devi…lo dobbiamo a Thea e al bambino”
“Indagare?”
“Arthur, è stato ritrovato da sua moglie..” deglutì nuovamente “riverso nel sangue. La testa…le braccia. – parlava a singhiozzi il ragazzo. Davanti agli occhi ancora la scena che lo aveva accolto quando Gaius lo aveva chiamato lì. - Arthur…aveva un buco nel petto, sulla parte sinistra. Arthur…gli hanno portato via il cuore”
Il giovane mago asciugò velocemente qualche lacrima traditrice e Arthur impallidì.
L’incubo dimenticato. Ce n’era uno più ‘vivo’ in quel momento, ed era lì ‘presente’ a tormentarlo.
************


Isaac, 36 anni, falegname. Una vita trascorsa per la maggior parte nella sua bottega. Una vita onesta.
Presentava alle mani dei tagli causati dal tipo di professione che svolgeva. Capelli castani, ricci e piccoli occhi verdi. Carnagione scura e corpo possente. Carattere schivo ed enigmatico, amava aiutare gli altri dando spesso ai bisognosi parte dei suoi guadagni. Aveva da poco accolto nella sua piccola famiglia, un ragazzino orfano, come aiutante. Erano in tre in casa.
Era stato colpito violentemente alla testa. Evidenti dei segni sul cranio. Il cranio era stato perforato e poi gli era stato strappato il cuore dal petto.
Un uomo onesto ridotto così, ad uno sterile identikit. Disteso su un lettino nelle stanze di Gaius. Muto, morto.
Gwaine lo guardava in attesa che Arthur e gli altri arrivassero.
Come si poteva compiere un gesto del genere, così brutale?
Come si poteva segnare la fine di una vita buona, di una persona semplice, in un modo così violento, crudele e così poco…umano?
Perché non poteva essere umano. Uccidere così, morire così. Ma chi poteva essere stato?
Sapeva che Gaius, Merlin, Clara…persino Arthur, tutti lo conoscevano nella città bassa e non solo.
Lavoratore generoso, dal cuore d’oro. Un cuore adesso assente come unico pezzo mancante di un puzzle. Ironia della sorte, un così buon cuore, ‘cuore d’oro’, rubato.
La porta si aprì e il trio entro sommessamente. Il capo chino in segno di rispetto. Ma dovevano alzarlo, soprattutto il principe, dovevano indagare. Far finta di niente, non sarebbe servito a niente.
Allora il principe assunse un tono freddo, distaccato. Volse lo sguardo prima sulla vittima, poi verso Gaius ed infine lo riportò sul corpo e chiese:
“Gaius… - si schiarì la voce rotta dal dispiacere - Gaius, da quanto tempo è in questo stato?”
“Sire, Thea, sua moglie…” chiarì
“Sì lo so chi è Gaius, lui era noto a tutti. Anche sua moglie”
“Bene, scusatemi Sire. Dicevo, Thea ha sentito le sue urla verso mezzanotte più o meno. E’ subito uscita e l’ha trovato così”
“Poteva avere qualche nemico?” domandò incerto Gwaine, che era rimasto in disparte con Clara e Merlin.
“Ovviamente no” intervenne la ragazza indignata.
“Lo so, ma è meglio non dare mai nulla per scontato. Siamo a Camelot dopotutto”
Silenzio. Poi Gaius aggiunse. “No, nessun nemico. Vorrei esserne più sicuro, ma non vanno escluse cause…”
“Sovrannaturali?” Clara e contemporaneamente Merlin “magiche?”
“Sì.” abbassò la testa.
“Lo sapevo. Doveva essere per forza la magia!” si infuriò il biondo colpendo il tavolo da lavoro del medico. Lo fece con pugno violento che mandò diverse fiale in frantumi sul pavimento.
I tre sussultarono spaventati. “E’ sempre colpa della magia!” accusò a denti stretti.
Arrabbiato abbandonò la stanza come una furia, sbattendo la porta. Lasciò tutti lì, inermi a guardare Isaac il falegname, che dormiva di un sonno assassino.

************


“Si tratta davvero di magia Gaius?” chiese il bruno cavaliere dopo qualche minuto, interrompendo il silenzio che il principe aveva lasciato dietro di sé.
Poi ancora “Tu che ne pensi Merlin?”
“Perché chiedi a me?”
Lui alzò le spalle “Perché sei tu che di solito hai la soluzione in questi casi”
“Sì, beh…è solo grazie a Gaius”
“Merlin, non essere modesto…”
“Eh-ehm, ragazzi…Merlin, rispondi alla domanda: cosa ne pensi? Il parere di Gaius, senza offesa – guardò un attimo il medico – ma già lo conosciamo…”
Merlin capì perché la giovane insisteva, a cosa voleva alludere.
Lui era ‘magico’, lui solo poteva rispondere in modo più ‘concreto’.
“Che posso dirvi…non sono né convinto né sicuro si tratti di magia.
Ma…il modo in cui il cuore è stato strappato...ci vuole una forza per così dire
'sovrumana'. Diciamo la verità, forse neanche un uomo come Percival potrebbe in quel modo”
Si era così spostati per coprire il corpo.
“Va bene, anzi non va bene, ma per il momento continueremo ad indagare.
Gaius, so che non sono Arthur, che non sono tenuto a sapere, che il mio parere non conta molto, ma vi prego…se scoprite qualcosa in più, aggiornateci…aggiornatemi” Era strano vedere il cavaliere solitamente giocherellone, così cupo e serio.
“Certo Sir Gwaine.” Annuì.
“Bene. Grazie Gaius” poi aggiunse accingendosi alla porta:
“Merlin…Clara…” e con un cenno del capo li salutò ed uscì.
Rimasero solo loro tre nella stanza in veglia ad un corpo muto. Lo guardarono sebbene fosse coperto da un lenzuolo bianco.
“Credi che potrebbe succedere ancora Gaius?” domandò sottovoce il giovane mago, portando alla luce quello che era il timore più grande di tutti.
L’uomo allora scosse il capo. “Non posso dirlo con certezza ragazzo mio”
Intervenne allora la serva “Non può succedere ancora Gaius…non deve!”
E nessuno seppe come rispondere a quella che suonava tanto come una preghiera.

************
Trascorse circa una mezz’ora, mezz’ora in cui il principe era rimasto rinchiuso nelle sue stanze a sbollire la rabbia.
Stranamente qualcuno bussò alla sua porta. ‘Stranamente’ perché era una cortesia che era abituato a non ricevere più ormai. Ecco perché sollevò il capo d’istinto, temendo qualche altra brutta notizia.
Chi bussava di solito erano infatti le guardie, un tempo suo padre, altri nobili, o Gaius. Comunque persone quasi mai messaggere di buone notizie.
Ma la persona dall’altro lato della porta non attese il permesso.
La porta si aprì lentamente e una testa riccioluta fece capolino nella camera.
Lui sospirò. Un po’ per rassegnazione, un po’ per sollievo.
“Toc toc” esordì la giovane, colpendo delicatamente con le nocche la porta. Bussando.
“E’ permesso?” ma non aspettò la risposta ed entrò.
Il biondo scosse il capo. “A che serve chiederlo, ormai sei entrata. E’ una brutta abitudine questa che avete preso”
“Quale? Chi?”
“Tu…Merlin…un po’ tutti.”
“E cos’è che facciamo?” chiese nuovamente accomodandosi sulla sedia dall’altro lato della scrivania dove era seduto il principe.
“Cosa non fate vorrai dire”
“Sì vabbè…quindi?”
“Bussare!”
Lei allora sgranò gli occhi sentendosi ingiustamente accusata.
“Ma se ho bussato!”
“Sì, questa volta…e comunque non hai aspettato il permesso.”
“Ma perché vi appigliate a certi stupidi cavilli?” sbuffò.
“Stupidi? Ma sentitela… E a proposito di permesso, chi ti ha invitata a sederti?”
“Ma dai, seriamente? Sono una ragazza, voi, in teoria, sareste un cavaliere. Dov’è finita la cavalleria?”
“Te lo ripeto per l’ennesima volta, chi sarebbe la ragazza?”
“Come chi? Io?” rispose lei scandalizzata.
“Tzè, sì certo!”
“Ma…che… aaargh! Ha proprio ragione Merlin!” sbottò stizzita agitando le braccia.
“La frase in sé è ridicola, ma volendo approfondire…in cosa avrebbe ragione?”
“Siete una testa di fagiolo!” Detto ciò incrociò le stesse braccia sul petto indignata.
Il principe levò gli occhi al cielo.
Finirà mai tutta questa sfrontatezza?
Dopo un po’ la interrogò, gli occhi stretti. “Quindi…?”
Quindi che?”
“Perché sei qui? Cosa vuoi?”
Lei si fece seria di colpo. I tratti del viso le si ingentilirono.
“Probabilmente non lo meritereste ma...sono venuta a vedere come stavate. E poi, io mi preoccupo e questo è il ringraziamento!” tornò sarcastica e gli fece una linguaccia.
Dopo un po’ il biondo rispose: “Come dovrei stare? Bene…”
“Arthur, non fingete con me. Lo so che quanto è accaduto ad Isaac vi ha scosso”
Lui portò gli occhi azzurro cielo su di lei, per poi distogliere lo sguardo quasi imbarazzato. Un principe non deve mostrare debolezza.
Lei ignara, o forse fingeva di esserlo, dei suoi rimproveri interiori, continuò.
“Quello che non capisco bene è il perché. Negherò fino alla morte di averlo detto, ma…siete un uomo nobile dentro, un principe eccezionale, e perciò…capisco il dolore per un brav'uomo, per l’ingiustizia subita proprio qui, nel vostro regno, ma...così tanta rabbia perché? È per la magia?”
“Si, no...cioè non solo”
La guardò e sospirò arreso, deciso a confessare un lontano ricordo.
“Da bambino un giorno scappai di casa o meglio dire dal castello”
Risero entrambi.
“Ero arrabbiato con mio padre” continuò “...non ricordo il perché. Arrivai nella città bassa ma poi si fece buio e...”
“Avevate paura del buio o grande, potente, sprezzante e valoroso principe?”
“Ma certo che no. Tzé. Però...” sorrise “Sì. Dopotutto non avevo la solita scorta con me. Dopo ore di cammino senza meta, avevo freddo, fame...”
“Eravate disperato”
“La smetti di interrompere!”
“Va bene...scusate” Borbottò alzando le mani in un gesto di resa.
“Comunque, arrivai vicino ad una bottega. Non sapevo appartenesse ad Isaac. In verità non lo conoscevo. Vidi dalle finestre la fiamma delle candele illuminare l'ambiente. Il calore che la stanza sembrava emanare ricordo che…mi attirò.
Perciò ero deciso ad entrare, ero figlio del re dopotutto. Tutto mi apparteneva.
Ma una voce tuonò alle mie spalle. ‘Ragazzino lo sai che non si spia nei negozi altrui?’”
Ne imitò la voce grossa e rise con lo sguardo perso in lontananza...nel passato.
“E voi...?”
“Beh da futuro re nonché guerriero, potevo fare solo una cosa”
La ragazza lo osservò curiosa notando un ghigno malamente nascosto dal principe.
"Scoppiai a piangere"
Risero di gusto entrambi per poi tornare seri.
"Per farla breve mi accolse in casa sua, mi fece preparare un pasto caldo da sua moglie Thea e ricordo che fu tutto così dolce. Un calore che non avevo mai sperimentato da reale. E si comportarono bene con me pur non sapendo chi fossi. Chi l'avrebbe fatto per uno sconosciuto bimbetto. Mi stupì così tanto"
"E poi?"
"Poi le guardie reali mi trovarono e naturalmente mio padre mi sgridò ma...sono stato sempre riconoscente a quell'uomo, non ho mai dimenticato quel gesto. Sono sempre andato a trovare Isaac negli anni di tanto in tanto. Lui mi ha sempre sostenuto, come Gaius, nei momenti di incertezza. La fine che ha fatto...non la meritava"
Abbassò gli occhi sulle carte sparse davanti a sé.
Sospirò.
"Sono stanco Clara. Di questi eventi inspiegabili, del male e del dolore che la magia porta con sé. E’ come una piaga, come una maledizione.
Isaac..mi ricorda di come abbiamo trovato Gareth e spero di trovare il colpevole questa volta. Finirà mai tutto questo?”
Clara gli strinse la mano che giaceva su un documento dimenticato. Per rassicurare lui, o forse entrambi.
“Lo troveremo Arthur. Troveremo il colpevole vedrete. Genny diceva, dice, che non si può scappare per sempre”
Lo disse con una fermezza tale da convincerlo, almeno in quel momento.
“Dici che noi, o che in generale… dal passato non si scappa?”
“No, mi riferivo ai colpevoli...” Sorrise amaramente.
“Dovrò conoscerla un giorno questa saggia Genny”.
“Già, dovreste”. I sui occhi nocciola erano lucidi, coperti da un velo di tristezza che il principe non comprendeva.
Perciò per sdrammatizzare scherzò:
"A patto che non sia un'altra te. Basta una sola Clara al mondo"
"Fidatevi, forse è più simile a voi di quanto possiate immaginare" e rise leggermente. Quel velo però non sparì e questa volta fu Arthur a stringere inconsciamente la mano di lei. Quella mano che era rimasta gentilmente intrecciata alla sua per tutto il loro dialogo, come un'ancora nei giorni di burrasca.
Mentre abbassava lo sguardo, la notò giocherellare come spesso faceva, con la catenina che portava al collo. Questa volta però, fu catturato dal medaglione che ne pendeva e solo allora si rese conto di non averci mai fatto caso.
Fu un attimo, poi fu distratto dallo scricchiolio di una sedia che veniva spostata. Alzò gli occhi, era Clara.
“Mi sa che mi tocca andare.” Si alzò sciogliendo l'unione tra le loro mani.
“Si, immagino avrai da fare”
“Già. Ho un certo principe che si lagna di continuo da accontentare”
“Fa bene questo principe a caricarvi di lavoro e sono sicuro che non si ‘lagna’, ma piuttosto ‘lamenta le vostre incapacità’”
“Mie e di Merlin?”
“Esattamente” Le sue labbra si incurvarono all’insù scherzose.
“Ah, poveri noi!”. Esclamò lei levando gli occhi al cielo.
Sull'uscio il principe la bloccò con la voce.
“Clara?”
“Sì?”
“Non dire a nessuno che te l'ho detto ma...grazie!”
E lei non poté far a meno di sorridergli intenerita.


************

Nel frattempo nelle stanze del re, Gwen faceva pulizie canticchiando.
E’ vero, non era dell’umore adatto. Isaac era un suo amico, gli voleva bene.
Ma il gigante dal cuore buono, come soleva chiamarlo scherzando con sua moglie, era sempre stato un uomo solare nella sua timidezza, nel suo essere taciturno.
Non avrebbe voluto lacrime. Perciò cantava.
Cantava per lui, per se stessa, e anche un po’ per Uther.
Lo faceva sempre. Anche se sapeva che lui non poteva sentirla nel mondo in cui era intrappolato. Rinchiuso in un mondo di felici ricordi o di dolore, questo non lo sapeva. Ma dagli eventi legati al tradimento di Morgana, il sovrano non si era più ripreso. I suoi occhi restavano fissi fuori dalla finestra vicino alla quale se ne stava seduto, in un muto addio al mondo reale. Sembrava aver chiuso a tutti la porta della sua mente e aver gettato la chiave.
Lui non aveva mai mostrato affetto o simpatia per lei, e lei l’aveva odiato per il male assurdo che le aveva inflitto.
La morte ingiusta di suo padre, le varie accuse di stregoneria, il suo averla sempre guardata dall’alto in basso.
Ma l’odio non bisogna riservarlo a nessuno. E poi in questo stato gli faceva pena.
E siccome non donargli pietà l’avrebbe in qualche modo portata al suo livello, ed avendo lei un cuore buono, aveva deciso - soprattutto per amore di suo figlio Arthur doveva ammetterlo - di occuparsene.
Perciò cantava. La musica fa bene all’anima. E che potesse ascoltarla o meno…almeno lei voleva trasmettere a lui, l’amore che provava per la vita, per suo figlio che senza di lui non sarebbe mai esistito. Anche il tiranno Uther aveva fatto del bene dopotutto, offrendo un grande dono al mondo.
Gli aveva regalato quello che sarebbe stato il più grande re di tutti i tempi.
Ma forse lei era un po’ di parte, pensò sorridendo.
In quel momento qualcuno bussò alla porta.
Strano, rifletté. Nessuno infatti soleva entrare a far visita al sovrano, a parte il principe e Gaius naturalmente. E sapeva che entrambi erano occupati dalle “indagini” sulla morte di Isaac.
Ah Isaac, sospirò malinconicamente.
Poi bussarono ancora, e fu distratta dai suoi pensieri cupi.
“Avanti”
Nella camera entrò con passo reverenziale e sontuoso Lady Anastasia. Si fermò sull’uscio, quasi ad attendere il suo permesso.
Allora la ragazza spostò una ciocca castana sfuggente dietro l’orecchio.
“Potete entrare. Queste stanze non sono mie e sono sicura che a vostro zio farà piacere la vostra presenza. Anzi, vi lascio soli”
Mentre si avviava verso la porta, la nobile rossa, che nel frattempo le si era avvicinata, le afferrò lievemente il polso per bloccarla.
“No Gwen rimanete. Perché siete Gwen vero? E’ un piacere potervi finalmente incontrare. Arthur parla continuamente di voi nella nostra corrispondenza, ma nemmeno al mio arrivo ho avuto il piacere di fare la vostra conoscenza. Sono Lady Ana, piacere” le sorrise.
Gwen timidamente accennò un inchino, ma Lady Ana scosse il capo come divertita.
“Non è necessario”
“Scusate se mi permetto, ma non dovete darmi del ‘voi’. Non sono nessuno”
“Vi sbagliate. Nessuno è…nessuno. E poi a quanto pare per mio cugino voi siete il mondo” rise soprattutto vedendo la ragazza imbarazzata.
“Io…non…” Aveva abbassato lo sguardo Gwen.
Allora la nobile, le sollevò il mento delicatamente con l’indice, per poterla guardare negli occhi e le disse: “non dovete essere imbarazzata. Voglio bene a mio cugino, e vederlo felice mi rallegra il cuore. Ciò che sarà sarà tra voi, non dovete temere nulla per il momento. Vivetevi l’attimo e la gioia di essere trattata come la Lady che meritate di essere. Almeno da chi sa di voi. Oh ma scusatemi, parlo troppo”
“Ah no no, tranquilla. Io parlo tanto quando sono nervosa e se avete conosciuto Merlin o Clara, avrete notato che nessuno può batterli”
“Merlin sì, ho avuto il piacere, ma non abbiamo scambiato che qualche parolina di cortesia. Clara…chi è? Ah sì, l’altra ragazza di cui mio cugino parla spesso. Parla entrambi in modo affettuoso, chiamandoli idioti. Ma l’amore che traspare nei vostri confronti dalle sue parole…ah, è immenso! Che darei per essere amata così. Non so se chi amo, ricambia così”
Curiosa la serva la guardò “c’è qualcuno, se posso permettermi?”
“Ehm..” i loro discorsi da ragazze furono interrotti dal re che si schiariva la voce. Lady Ana si voltò speranzosa, sapeva infatti che suo zio non dava segni di comprendere il mondo. Ma notò il sorriso spento di Gwen. “E’ solo un riflesso, niente di più purtroppo” le sue parole furono seguite da un deluso silenzio.
Poi “Ma dove eravamo? Ah sì, tutto è iniziato dicendovi di restare. Restate, sono più tranquilla con voi vicina.” Si scambiarono un sorriso amichevole.
Incominciò nuovamente le sue faccende allora, lasciandoli parlare. O meglio lasciando Lady Ana raccontare di tutto di più a suo zio. Doveva ammettere divertita che dubitava che, fosse stato Uther comunque "cosciente", gli sarebbe interessato tutto quello che la ragazza gli stava dicendo nel suo fiume di parole.
Ma aveva capito che era una difesa. Un modo per abbattere l'imbarazzo e rompere il ghiaccio, o semplicemente per non pensare al dolore di vedere il suo possente e amato zio e re, ridotto solo ad un involucro dell'uomo che era.
Passò un bel po' di tempo finché la ragazza decise di congedarsi.
"Zio, scusatemi ma devo andare. Sapete, cenerò con mio cugino. Chissà che non finiremo di nuovo per lanciarci del cibo come...quanti anni fa?" Sorrise malinconicamente attendendo speranzosa un qualsiasi tipo di risposta, di cenno. Ma non arrivò.
Stringendogli la fredda mano, si levò. Sorrise tristemente a Gwen ma sull'uscio cambiò atteggiamento.
I suoi tratti si indurirono e tuonò "provvedete a ravvivare il fuoco. Mio zio è freddo come il marmo" con tono sdegnato, quasi acido. Le ricordò in quell’attimo Lady Viviana o peggio Lady Morgana nei suoi ultimi giorni a Camelot.
La porta fu chiusa non proprio delicatamente lasciando una spiazzata Gwen a fissarla.
Quelle parole infatti, le erano sembrate più che una gentile richiesta, un duro ordine.
Non da amica, ma padrona.


************
Quella sera Arthur cenò con sua cugina e il suo primo cavaliere. Nonostante la brutta giornata ridevano, scherzavano e si aggiornavano sulle loro rispettive vite.
Forse anche per non pensare a quanto accaduto.
Ma la luce del giorno fuori dalla finestra della sala dei banchetti, lasciava spazio alla notte, e nella notte qualcosa di terribile stava per accadere ancora…

************
Mesina rientrava lenta a casa. Aveva freddo perché per lavoro doveva indossare abiti abbastanza succinti. Non aveva portato nulla con sé per coprirsi dopo l'incontro col cliente.
La gamba le faceva male e come sempre zoppicava.
Era la sua unica pecca. Lei dall'aspetto così perfetto.
La sua carnagione olivastra, i suoi occhi nocciola. E il viso esotico incorniciato da onde di capelli corvini. Bellissima. Ma quella caduta da bambina, poco dopo la sua nascita a causa delle botte di suo padre a sua madre, l'avevano resa così: una bellezza traballante, un po' come la sua vita.
Non vedeva l'ora di riabbracciare i bambini.
I loro sorrisi al mattino, dopo una nottata di incubi causati dal suo mestiere, erano l'unica gioia della sua triste vita. Tre bambini.
Viveva per quei sorrisi. Per le loro coccole e per la sveglia che le riservavano la mattina. Saltellando sul suo letto urlando "zia!" .
Le sue labbra carnose si aprirono in un tenero sorriso.
"Hai tempo per un altro cliente?" quella voce la fece rabbrividire.
Tetra. Non del solito ubriaco.
Ebbe paura. Trasalì.
Proveniva dalle sue spalle. Non si girò.
"Parlo con te!" Decise comunque di non arrestare il suo cammino.
"Non ti servirà scappare. So dove abiti"
Panico l'assalì allora. I bambini, mamma e Clelia, pensò allarmata. Nella sua mente i loro volti.
Col cuore in gola fece una scelta impulsiva, dettata dallo stesso cuore che al momento le impediva di respirare.
Faceva quel lavoro per la sua famiglia dopotutto. Cosa le costava un sacrificio in più per quella notte?
Si fermò. Si voltò.
Guardò il cavaliere davanti a sé. Non era un cavaliere nell'animo però a quanto pareva.
Lui le si avvicinò e i suoi occhi le parvero dapprima gialli. Poi il sangue le si raggelò nelle vene.
Divennero rossi inchiodandola.
Sentì dei passi avvicinarsi. Aprì la bocca per urlare aiuto ma non fece in tempo.
Fu un flash, poi il nulla.
Nemmeno un grido strozzato.
L'unico segno che lasciò al mondo quella notte fu un paio di occhi nocciola spalancati al cielo mentre giaceva sul manto scarlatto del suo stesso sangue.
Così trovò il suo corpo qualche minuto dopo un altro cavaliere. Un cavaliere vero.
Una bellezza rubata per sempre al mondo insieme al suo cuore.


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Ecco a voi qui il terzo capitolo!
Non so perchè ma mi sballa gli asterischi di interruzione paragrafo...uffy! :(
Se ci sono altri errori…perdono! :/
Che dire, chiedo ancora umilmente scusa a tutti voi per il ritardo e…alla prossima! ;)

P.S.
Buon mare a chi di voi è riuscito a goderselo in questi giorni :P



 

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Capitolo 5
*** Wendigo: IV Capitolo ***


Visto? Dite la verità, non ve l'aspettavate vero?
E invece sì, ce l'ho fatta e questa settimana sono stata più veloce e sono riuscita a pubblicare prima.
E proprio perchè sono stata più veloce, spero mi perdoniate se ci sono troppi errori o se il capitolo non è granchè, ma sto davvero rubando il tempo per pubblicare perchè la mia vita è un casino ultimamente, perciò non ho avuto  tempo per rileggere quanto ho scritto.
Comunque, ringrazio Tonia che gentilmente commenta ogni mio capitolo rendendomi felicissima, ed invito chiunque ne abbia voglia di farlo perchè sono davvero insicura, e sapere cosa ne pensate potrebbe darmi una carica di autostima (sperando i commenti siano positivi. In caso contrario mi renderebbero felice lo stesso perchè servirebbero a migliorarmi)
Okay, parlo troppo e lo so, perciò non mi dilungo ulteriormente. 
Buona settimana e buona lettura.
Kiss...ciauuuuuuu


WENDIGO
IV capitolo

                                                               
"Balenottera..." chiamò Gwaine la ragazza non appena la avvistò nel corridoio.
Poi fischiò per attirarne l’attenzione.
"Si...?" si voltò. Solo dopo registrò il soprannome, arricciò il naso offesa e…
Si udì lo stridere di suole sul pavimento e lei si ritrovò a guardare il mondo da un’altra prospettiva. Capovolto.
Era scivolata e caduta come un sacco di patate ed era stesa sull’umido pavimento.
"Ahia" la schernì il cavaliere tra le risa.
Sir Elyan, che si trovava anch'egli a passare di lì aggiunse "Direi che imbranata le si addice di più Sir Gwaine" con aria complice.
"Mmm, avete ragione Sir Elyan" si accostò al cavaliere concludendo
"Da oggi in poi sarai per me, non solo 'Balenottera' ma 'Balenottera Imbranata'!" Accompagnò il tutto mimando con le mani un'insegna, aiutato naturalmente dal complice cavaliere.
Entrambi risero.
Lei si alzò massaggiandosi il fondoschiena ed irritata li fulminò con lo sguardo avvicinandosi di scatto.
"Ancora con questa ‘balenottera’? Vuoi dire che sono grassa?" Sbraitò puntellando i pugni sui fianchi. "E comunque cosa volevate Sir Gwaine?" chiese usando il titolo a mo’ di offesa.
"No, sei solo un po’…’rotondetta’!” sogghignò. Poi aggiunse: “E comunque niente. Volevo solo dirti di stare attenta perché è bagnato...balenottera imbranata" e incrociò le braccia sul petto in modo arrogante.
Elyan era troppo impegnato a sganasciarsi dalle risate nel frattempo.
"Tzé" disse la ragazza offesa. Fece la linguaccia al duo (soprattutto a Gwaine) e girò sui tacchi come una furia, andando via a grandi falcate. I pugni chiusi sui fianchi.
E mentre borbottando di “stupidi cavalieri medievali” si allontanava, uno dei due pensava sognante "Aaah quanto mi piace quella donna" e l'altro, guardando sornione l’amico e ridendone sotto i baffi, meditava "aaah che sciocco innamorato"
 
                                                                           ******
 
Nel frattempo però, non tutti erano così gioviali nel castello.
"Gaius, Percival mi ha detto tutto"
Disse il principe entrando trafelato nelle stanze del medico senza bussare.
"Può essere un caso simile a quello di Isaac?"
"Sire, è ancora presto per parlare ma..."
"Ma...?"
"Credo la mano dell'assassino sia la stessa"
"La mano o...la magia?" domandò a denti serrati Arthur. Un'altra vittima. Ancora? Perché?
"Percival mi ha detto che anche a lei mancava il cuore"
"Si sire. Non l'abbiamo portata qui perché i suoi cari hanno preferito non esporla alla corte"
Fece il medico tenendosi occupato cercando ora un libro ora una boccetta.
Evitava di guardarlo di proposito. Perché?
"Perché mai? Cosa mi nascondete? Chi era di così importante da non poter essere esposta ai pettegolezzi di corte?"
Gaius si schiarì la voce ma non fiatò.
"Gaius...devo sapere e non per morbosità. Vi potete fidare di me. Devo trovare il colpevole per lei...per Isaac. E non posso farlo senza i dettagli" i suoi toni si addolcirono.
Allora il medico scosse il capo e sospirò arreso.
"Si chiamava Mesina. Aveva 31 anni, popolana e..."
"E...?" arcuò un sopracciglio curioso. Invitando l'uomo a proseguire.
"E...era una prostituta sire"
Silenzio. Il principe assunse un'aria distaccata. Non era la prima volta che sentiva parlare di prostitute. Non era ingenuo e sapeva che anche a Camelot come in qualsiasi altro regno, c'erano le donne del piacere. Ciò che aveva fatto nella sua vita al momento non gli importava. Era pur sempre una donna. Una donna a cui quella stessa vita era stata strappata, insieme a qualcos'altro.
"Anche lei aveva il cranio danneggiato?"
"No sire."
"Quindi a parte il cuore, non ha tratti simili con Isaac?"
"No. Tranne apparentemente la qualità del suo cuore…ma questo non ci dice nulla"

In che senso? Pensò lui.
E davanti al volto interrogativo del principe, il medico preferì rispondere prima al suo iniziale interrogativo.
"È stata ritrovata con dei segni sul collo. Azzarderei dita ma...troppo spessi i segni e marcati come da artigliate."
"Quindi è stata strangolata... ma che altro Gaius? Non può essere un rapporto finito male?"
"Questo non so dirvelo ma..."
"Ma...?"
"Sire, questa ragazza vive, viveva con la madre e con la sorella e tre nipoti. È stata licenziata tempo fa da una donna, nobile, perché gelosa della sua bellezza. Era sua serva ed era anche molto gentile. Ma la donna non ha gradito le attenzioni che il marito e tutti le riservavano.
La sorella più grande é stata abbandonata dal marito qualche anno fa lasciandola sola con i suoi tre bambini.
Quindi, licenziata, con sua sorella, tre bambini e una madre vedova e malata di cui prendersi cura, ha visto solo una soluzione: si è trovata costretta ad affrontare la vita della strada per poter sfamare la sua famiglia, da sola. Era una persona buona.”
“Anche lei un animo gentile e un cuore puro. O come direbbe Gwaine ‘un cuore d’oro’” comprese.
Il medico annuì.
Non sapevano che in realtà la mente del giovane in quel momento aveva imboccato la strada giusta, quella della verità.
Ma era troppo presto e rimase tutto lì, a livello inconscio.
Solo metafore, solo teorie.


 
                                                                       ******
Qualche ora dopo nell'armeria Sir Dagonet affannosamente cercava uno dei suoi.
"Elyan, avete visto Sir Edric? Capelli rossi, occhi neri..." descrisse aiutandosi con frettolosi gesti delle mani.
Il cavaliere si guardò intorno, cercando negli occhi degli altri conferma. Scosse il capo in cenno di diniego.
"No. È importante?" Corrugò la fronte accigliato.
"Ehm no. Solo che lo cerco da stamattina"
"Mi dispiace Sir Dagonet" si intromise Gwaine armeggiando col guanto di ferro e parte dell'armatura sul suo avambraccio "non è passato di qui. Dovesse farlo - concluse dandogli una forte pacca sulla spalla - vi avviseremo" si avvicinò così a Percival il quale come lui, stava terminando di togliersi il l'armatura. Era stato un giorno duro d'addestramento. Arthur era nervoso per l'accaduto e come sempre scaricava con la spada. Erano quindi tutti sudati ed indolenziti. Un Arthur così irascibile e intrattabile era difficile da gestire.
Povero Merlin e povera Clara pensò.
Dagonet allora ricambiò con un sorriso distratto e poco convinto e uscì.
"Guai in vista per Sir Edric...che dite, notte brava con qualche donnina?" Rise dando una gomitata al cavaliere accanto a sé.
Il quale, solitamente taciturno, non perse tempo a rispondere questa volta.
"Non ho voglia di scherzare su questo"
"Percy, rilassati...era per sdrammatizzare e ridere un po'"
Il massiccio cavaliere lo guardò torvo. Un atteggiamento strano per lui.
"È morta una donna che a quanto ho capito esercitava la professione a cui alludi. Perciò no, scusami se non ho voglia di ridere"
Detto questo lasciò l'armeria con ancora la cotta di maglia indosso.
Scuro in viso.
"Gwaine, anche tu però...tatto zero" lo ammonì un interdetto Leon uscendo e lasciandolo solo con Elyan e Lancelot.
"Che ho detto? Che ho fatto?"
Si rivolse soprattutto al saggio Lancelot.
Quest'ultimo scuotendo il capo, gli passò davanti zittendolo con un "non ho parole" prima di seguire Leon fuori.
Il rude cavaliere guardò allora l'amico. "Cos'è oggi il ‘tutti contro Gwaine day’ ?"
"No..." gli si avvicinò e colpendolo con il guanto sulla spalla aggiunse.
"è come al solito un ‘Gwaine è un indelicato che apre la bocca senza riflettere day’.
Amico mio..." Si congedò da lui.
Attraversò l'uscio lasciandolo solo coi suoi inaspettati sensi di colpa.
Perché solo in quel momento ebbe la rivelazione. Si schiaffeggiò la fronte col palmo della mano.
"È vero...l'ha trovata lui. Sono proprio insensibile"
Confessando alla stanza vuota la sua stupidità.
                                                                       ******
Il giovane principe entrò nelle sue stanze ed in preda all’ira scagliò per terra la sua spada violentemente.
Non si accorse che nella stanza c’era qualcuno. Qualcuno che per lo spavento sobbalzò.
“Arthur! Che è successo?” gli chiese la giovane scossa da un atteggiamento così aggressivo da parte del ragazzo.
Il biondo si voltò di scatto anch’egli colto di sorpresa dall’inaspettata presenza.
Subito nel vederla, sentì la tensione abbandonare in parte il suo corpo.
Le si avvicinò, e prendendole dolcemente le mani sussurrò “Guinevere…perdonami. Non intendevo spaventarti. Che ci fai qui? E’ accaduto qualcosa?”
“Eeehm…no no. In verità…beh ecco…ero venuta qui solo per vedervi” arrossì lievemente.
Il principe le sorrise affettuosamente.
Poi lei sembrò ricordarsi di colpo di quanto accaduto poco prima. I suoi occhi carichi di apprensione.
“Voi piuttosto, cosa è accaduto?”
Arthur sospirò. Non voleva ricordare, ma doveva in qualche modo metterla in guardia e per farlo doveva informarla.
Dopo che le ebbe raccontato tutto, calò il silenzio nelle camere del principe.
Fu la giovane a spezzarlo.
“Arthur…” gli mise la mano destra sulla spalla. Sapeva quanto era teso, quanto si sentisse responsabile nei confronti delle vittime. Ma doveva placare le ansie del suo amato.
Sentiva di doverglielo anche perché non lo meritava.
“Lo sapete che non è colpa vostra vero?”
Lui portò i suoi occhi cielo, che in un attimo di incertezza aveva abbassato, su di lei. Si perse nei suoi.
“Ma Guinevere, non capisci? Ci sono troppe vittime. Questa cosa non può andare avanti!”
“Ma Arthur…”
“NO!” urlò lui, staccandosi di colpo da lei. In un attimo di rabbia diede un pugno all’armadio. La giovane si coprì la bocca con la mano impreparata di fronte ad una reazione così violenta.
Leggendo paura sul viso dell’amata, il principe si vergognò.
“Perdonami Guinevere, davvero…io…io…”
Scuoteva la testa incredulo per come si era comportato. Quasi in preda al panico.
Gwen nel vedere il giovane di solito così sicuro di sé, così…vulnerabile, sentì il suo cuore sciogliersi.
Gli si avvicinò lentamente, come ad un animale ferito, e gli portò la mano sul viso, accarezzandogli la guancia teneramente.
“Arthur…guardami!”
Lui obbedì. “Dimmi cosa ti tormenta!”
“Guinevere io…” sospirò. “Anche questa donna aveva un vuoto scarlatto al posto del cuore. Dovrebbe essere un regno sicuro Gwen, non uno dove si ha il terrore persino ad uscire di casa per il rischio di ritrovarsi… senza il cuore chissà dove. Le voci circolano e sai meglio di me che il panico si sta diffondendo non solo nella città bassa. Due persone hanno perso la vita, e sono già troppe. Potrebbe capitare a chiunque."
Sospirò di nuovo. “Cosa farei…che….” Scuoteva la testa tormentato “Se accadesse a te? Non lo sopporterei. Cosa farei senza di te eh? Io…io ne morirei”
“Sssh” la serva gli prese il viso tra le mani e dolcemente continuava ad accarezzarlo “Non succederà Arthur. State tranquillo. Sto bene e starò bene. Non mi accadrà nulla. Io…voi prenderete l’assassino. E poi io ho il miglior cavaliere del regno, anzi no, dei cinque regni qui a proteggermi no?” gli sorrise.
Lui alzò lo sguardo e ricambiò il sorriso.
“E chi sarebbe? Io?”
“No!” rispose lei quasi scandalizzata. “Mio fratello ovviamente” lo punzecchiò.
Lui rise, sollevando un po’ la tensione “Ovviamente…”
“Comunque…sì. Sono certa che non mi succederà niente. Io ho te, io ho voi e finché sarà così so che sono al sicuro. Con voi io sono al sicuro!” Lo inchiodò con i suoi occhi nocciola come se niente potesse scalfirla e farle pensare altrimenti.
Quanto voleva essere rassicurato da quelle parole, quanto voleva fosse vero.
Ma in cuor suo temeva, non ne era sicuro.
Finché quel mostro era lì fuori, non avrebbe dormito sonno tranquilli temendo per chi amava. Ma in quel momento voleva crederle terribilmente, così annuì.
La abbracciò forte, e poi avvicinando il suo viso a quello della fanciulla, si perse in un suo dolce bacio.
 
                                                                                        ******
 
Giunse l’alba di un nuovo giorno ma come sempre, non fece in tempo a spuntare il sole, che Camelot era già in fermento.
Nonostante tutto, gli uccellini canticchiavano, qualche fortunato ancora sonnecchiava, la servitù si affannava e dal cortile del Castello si udiva…

Clang clang clang

Provenivano dall’esterno ma tuonavano tra le mura del castello:
rumori metallici, parole di incitamento, ogni tanto qualche rantolo strozzato per lo sforzo.
Nel campo di addestramento Sir Dagonet stava affrontando Sir Edric.
Sotto l’occhio di una Lady, lontano e nascosto da una finestra, e di un buon numero di cavalieri.
Dagonet roteò la spada ed era pronto ad infliggere un altro montante.
Edric fece altrettanto preparandosi a deviare il colpo, aprendosi un varco per rispondere con un nuovo attacco. Il moro indietreggiò con i riflessi pronti, Edric era un abile avversario ma non al suo livello.
Incalzò il rosso cavaliere con una serie di fendenti che lo costrinsero a fare qualche passo indietro.
Dagonet vorticò agile su se stesso e…

"Bravo quel Sir Dagonet…”  notò Gwaine rivolgendosi a Percival e Leon.
A braccia conserte afferrava con lo sguardo ogni singolo colpo e sapeva che i suoi compagni facevano lo stesso.
“Mmm” annuì freddamente Percival
“E anche quel Sir Edric non è niente male…”
“Mmm” ripetè Percival.
Gwaine si accorse dell’atteggiamento dell’amico così storse il naso e sbuffò.
“Che c'è, non mi parli più? Non dirmi che l'hai ancora con me?” si voltò a guardarlo.
Ma Percival manteneva lo sguardo fisso sul combattimento. Lo ignorava.

Clang Clang Clang

Allora sporgendo il labbro inferiore e guardandolo con occhioni feriti lo implorò
“Amico mio, facciamo paaace? Ti prego Sir Percival” congiunse le mani sbattendo le palpebre.
Il muscoloso cavaliere era deciso a fare l’indifferente ma sentendone il tono piagnucoloso decise di girarsi a guardarlo solo un attimino e…iniziò stringere le labbra più che poteva.
“E questa sceneggiata cosa dovrebbe significare Sir Gwaine?” serio. Ci provava almeno.
“Che ti voglio tanto bene e voglio che ci riappacifichiamo. Non posso vivere senza te o mio prode cavaliere” aggiunse portandosi il dorso della mano alla fronte in un gesto melodrammatico.
Poteva farcela, doveva trattenersi, poteva resistere. Serrò le labbra ma l’altro continuava a sbattere le ciglia come una damigella innamorata e…la maschera crollò. Scoppiò a ridere.
“Gwaine sei un bambino”
“Una femminuccia direi Sir Leon” lo corresse Percival.
Gwaine fece l’offeso riassumendo la postura da cavaliere in un attimo.
“Certo che tu parli poco, ma quando lo fai non sei tenero” tornò a far finta di osservare lo scontro.

Clang clang clang.

“Perché di tenero tra noi c’è n’è solo uno. E sei tu…Sir Gwaine” rispose Leon divertito.
Non appena questi si girò, il moro gli fece una linguaccia e anche Percival rise.
“Credo tu passi un po’ troppo tempo con Clara mio prode cavaliere” gli fece il verso ancora Leon.
Corrugando la fronte Gwaine chiese “Perché dici questo?”
“No così. Sei sempre stato immaturo, ma ora hai proprio i suoi modi”  continuò.
Allora Gwaine con un ghigno lo punzecchiò “lo sai che potrei riferirle che hai detto indirettamente che lei è immatura? E allora per te sarebbero guai…Sir Leon”
Leon si zittì e Percival sorrise.
Li raggiunsero allora Lancelot e Elyan.
Il primo sfottendoli li ammonì “non potreste prestare attenzioni ai cavalieri invece di bisticciare come delle femminucce”
“Già, se vi vedesse Arthur” aggiunse l’altro complice.
Da lontano giunse la voce del suddetto principe “mi rivolgo ai miei cavalieri lì in fondo. Vi sarei immensamente grato se prestaste attenzione al duello. Siamo qui per esercitarci non per bisticciare come femminucce. Grazie” gridò. Tutti si girarono a guardarli. Che figuraccia.
“Visto? Che vi dicevo. Quasi le parole esatte” mormorò Lancelot fingendo un sorriso a denti stretti.
“Grazie Sir Precisino!”
“ADESSO, SIR GWAINE!” tuonò un furioso principe.
Alla fine tutti ridacchiarono, non come cavalieri, ma come un gruppo di….femminucce.



Nel frattempo…
lo scontro continuava tra colpi inferti, ridoppi evitati e montanti bloccati.
Sir Dagonet era in vantaggio ma Sir Edric se la cavava bene.
Qualche ciuffo color pece, gli ricadeva sulla fronte imperlata di sudore, mentre fissava con i suoi occhi corvini l’avversario. Decideva come sferrare il colpo decisivo.
Indietreggiò con una finta e l’altro impreparato rimase spiazzato qualche secondo, fermo.
Quel secondo bastò per Sir Dagonet che si lanciò su di lui con il braccio che impugnava la spada, ma non per ferirlo. Gli bastò girarsi leggermente, colpirlo sulla spalla con l’impugnatura.
L’altro si sbilanciò e cadde per terra. Prontamente una spada gli fu puntata la spada alla gola.
Sir Dagonet aveva vinto.

“Wooo!” applaudì Sir Gwaine seguito dai suoi compagni.
“Ottimo gioco di gambe Sir Dagonet!” si congratulò il principe con una pacca sulla spalla del cavaliere.
L’altro sorrise vittorioso e offrì la mano all’avversario per aiutarlo ad alzarsi.
In realtà era uno dei suoi, ed era stato all’altezza dello scontro.
Li stava addestrando bene se potevano reggere fino a questo punto.
“Merito del mio degno avversario” rispose allora indicando Sir Edric.
“Sire, vi presento Sir Edric. Uno dei migliori.”
L’altro fece un passo in avanti e piegò il capo in segno di rispetto.
“Sire, è un onore battermi davanti a voi. Anzi, se voleste farmi anche l’onore di uno scontro…”
“Mi piacerebbe molto Sir Edric, ma per oggi credo spetti ad uno dei miei il piacere. Vero SIR GWAINE!?”
Alzò la voce nominando l’indisciplinato cavaliere.
Quello allora alzò gli occhi al cielo.
“Vado a combattere per salvare l’onore della nostra principessa ragazzi” scherzò.
Tutti risero.
Una volta davanti al principe abbassò il capo come in un inchino.
“Ho sentito che ti divertivi Sir Gwaine. Non farmi fare brutta figura” diede anche a lui una pacca sulla spalla, ma per un motivo diverso, e sorridendo si allontanò per gustarsi il duello.
Il suo cavaliere roteò gli occhi e rivolgendosi all’altro combattente esordì
“Sir Edric…siete pronto?”
“Ovviamente Sir Gwaine…” rispose arrogante.
“Potete iniziare!” ordinò il principe.
Entrambi rotearono le loro spade spavaldi e…il duello ebbe inizio.
 
                                                             ************
In quel momento in una radura poco lontana…
Clara e Merlin erano intenti a raccogliere delle erbe per Gaius.

“…E così mi ha detto di lavargli tutti i calzini. Ancora! Li ha sporcati tutti di proposito lo so! E poi proprio i calzini…Dio solo sa perché puzzano così tanto” si sfogava la serva dai ricci color nocciola.
Il giovane mago, che era chino a distinguere un’erba dall’altra, rispose.
“E fai bene a pensarlo…credo sia proprio così! L’altro giorno mi ha fatto pulire le scuderie…due volte.
E’ qualcosa di disumano”
Sbuffarono all’unisono.
Qualche uccellino cinguettò in lontananza mentre il fiumiciattolo gorgogliava vicino.
 “Senti un po’…ma a te quella Lady Ana piace?” poi aggiunse in fretta “non rispondermi da uomo ma da….Merlin. Il Merlin sospettoso che alla fine ha sempre ragione” lo intimò con l’indice.
“Io? Sospettoso?” l’altra lo guardò come a dire seriamente?
“Va bene, forse lo sono un pochino… di solito. Ma in questo caso perché non dovrebbe piacermi? E anche tu, non l’hai neanche mai incontrata. Come fai a dirlo!”
La ragazza fece spallucce “mmm non so, una sensazione. Anche quel Dagonet non mi convince tanto. Ma forse mi hai solo contagiato con il tuo proverbiale scetticismo” scosse il capo nascondendo un sorriso.
“Cosa? Ancora? “ Arricciò il naso indispettito “io non sono così sospetto…” si bloccò di colpo.
Il suo volto, normalmente pallido, sbiancò ulteriormente. Guardava alle sue spalle, verso quel fiumiciattolo.
La ragazza vedendolo raggelare si preoccupò e ne cercò la causa voltandosi.
Ciò che vi trovò fece pietrificare anche lei.
Entrambi, una maschera di orrore.
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Bene, un altro capitolo è andato.
Spero come al solito di non aver combinato grossi guai e...che altro?
Ringrazio con tutto il cuore chi mi segue, magari anche in silenzio, e spero di non deludervi e che la storia vi stia interessando e non annoiando.
Un bacione, alla prossima e...buona serata!!! ;)

 

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Capitolo 6
*** Wendigo: V Capitolo ***


Ciao a tuttiiiiiiii...sono tornata! :D
Scusate il ritardo come al solito vita incasinata, aggiungeteci pure il caldo e, non so voi, ma io sono un qualcosa di irrecuperabile. 
Spero l'ultimo capitolo vi sia piaciuto e sì, prometto che dopo questo si riuscirà a capire qualcosina in più su cosa sta accadendo a Camelot....spero! :P
Spero inoltre di non avervi annoiati ma ci tenevo a dirvi che questa parte della storia è solo una "macro-introduzione" (o "macro-capitolo") di una storia più lunga (purtroppo per voi xD ) in cui tantissime cose accadranno.
Ci tengo davvero a sapere cosa ne pensate, perciò se vi va, lasciate anche una piccola recensione altrimenti sono molto ma mooolto triste :'(

Che altro dire?
Buon V capitolo a tuttiiiiiiii...

 

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WENDIGO

 V capitolo


“Un'altra vittima Gaius...ma com'è possibile? Sto facendo pattugliare le strade di Camelot e non riusciamo a fermare questo assassino? Che sia magico o meno, avremmo dovuto beccarlo” il principe non riusciva a darsi pace.
“Ma non sappiamo ancora se c'è dietro la stessa mano”

Erano di nuovo nelle stanze di Gaius e tutti quanti si interrogavano su quanto accaduto.
“Purtroppo lo sappiamo Sir Lancelot” lo corresse il canuto medico.
“Come...?” chiese ancora.
Il cerusico allora si avvicinò al tavolo e togliendo il lenzuolo bianco, scoprì il corpo svelando la vittima.
Una giovane biondina ed esile, con i capelli lisci. Gli occhi grandi e azzurri spalancati ad un mondo vivo in cui lei non lo era più.
“Tilde...” sussurrò sconvolto Leon riconoscendola.
“La conoscevate Leon?”
“Sì Gaius, la conoscevo anche io...” mormorò ad occhi sgranati il biondo.
“Sire?”
“È la figlia di Lady Kala e Sir Gorath”
“Oh no...quella cara ragazza. Non la vedevo da molto” 
“Questo perché raramente le permettevano di uscire” aggiunse il principe abbassando il capo.
“Infatti...non usciva mai” svelò una nuova voce.
“Ana?”
Era entrata silenziosamente tanto che nessuno se n’era accorto.
“Io la...” si interruppe tirando su col naso “La conoscevo. Scambiavamo un'assidua corrispondenza.
Difatti l'ho vista proprio ieri. Lei era così...così...buona. Nobile anche dentro. Aveva un animo gentile” Singhiozzò. “Non lo meritava”
Portò un’ultima volta gli occhi ormai arrossati sulla sua amica.
Poi scosse la testa agitata e uscì all’improvviso. Sembrava piangesse.

Clara e Merlin erano rimasti in un angolo a riprendersi dallo shock.
Dopo l’uscita della nobile, Merlin si rivolse all’amica e sussurrò:
“Vedi? Ti sembra sia cattiva Clara? Questa é la ragazza di cui sospetti” le era sembrata talmente fragile  e indifesa in quel momento. Cosa c’era da dubitare?
“E a te non sembra strano che sia stata l'ultima a vederla prima di morire?” 
Aveva le braccia conserte. Le labbra arricciate in un tenue broncio.
“Sei assurda! Sempre pronta a mettere zizzania” Lei sgranò gli occhi ferita e per un attimo lui si sentì anche in colpa. Poi scosse il capo e lasciò la stanza di colpo, indignato. 
Clara lo guardò uscire rattristata e delusa. Da lui o da se stessa…non lo sapeva.

Nel frattempo i cavalieri e Gaius discutevano della povera fanciulla la cui vita era stata spezzata.

“Cosa sappiamo?” chiese Gwaine a coloro che parevano conoscerla. 
“Tilde è...era giovane. Aveva 23 anni. Come dicevamo era figlia di nobili. In quanto tale però non faceva una vita mondana” rise Leon malinconicamente. Gli occhi bassi, perso chissà in quali ricordi. 
“La sua unica passione ‘sfrenata’ erano la poesia e la scrittura.”
Arthur lo interruppe. 
“Come diceva Lady Ana, non usciva molto. Viveva in un mondo tutto suo, fatto di silenzi. Con la testa un po’ tra le nuvole, si chiudeva tra i suoi personaggi immaginari, suoi unici amici…quelli di cui spesso narrava nei suoi scritti.” 
“Sì, l’ho sempre sfottuta per questo, sin da bambini. Ma sapeva che lo facevo bonariamente” il suo sorriso poi svanì.
“Sire, sapevate che i suoi genitori ultimamente la avevano emarginata? Non ne andavano fieri, quasi avesse fatto qualcosa di male. L’avevano messa da parte, esclusa come la pecora nera della famiglia, ecco perché si isolava.”
Gwen, entrata anche lei in silenzio, si intromise timidamente. Gli occhi lucidi.
“Non è del tutto vero. Nell’ultimo periodo ha, aveva stretto amicizia con un poeta. Lo so perché conosco il ragazzo. Si vedevano di nascosto, di notte.” il suo volto si intenerì al romantico pensiero.
“So che scappava di casa per stare con lui. Anche solo qualche ora le bastava…si bastavano” cercò con lo sguardo innamorato quello del suo principe allora. Sapeva cosa si provava. Lui ricambiò altrettanto dolcemente.
Dopo le sue parole, nessuno fiatò.

Poi si intromise Elyan fino a quel momento rimasto muto ad ascoltare, un po’ come continuava a fare Clara, restando a distanza.
“Quindi dovremmo dedurre che stanotte non è tornata a casa..”.
“Esatto Elyan. Forse i suoi genitori hanno scoperto la tresca e non sopportando l’onta sulla famiglia per una relazione con un poeta squattrinato…l’hanno uccisa” insinuò Gwaine.
“Oppure….potrebbe essere stato accidentale. Clara, hai detto che l’avete trovata vicino al fiume? Parliamo di annegamento giusto?” 
“Cosa?” La ragazza sentendosi chiamare, si ridestò dai suoi pensieri. Gli occhi nocciola rivolti al forzuto cavaliere. “Ehm, sì sì…l’abbiamo trovata con parte del corpo in acqua. La parte superiore.” Al ricordo un brivido la percorse.
“Quindi, sarà caduta? Quindi…accidentale!” ripetè Percival. Il cavaliere era meno incline a pensieri malevoli di Gwaine, suo compagno in armi, ma così diverso da sé. Voleva con tutto il cuore poterlo smentire. 
Dei genitori che arrivano a tanto era impensabile per lui. Lui che la sua famiglia l’aveva persa tutta.
“Così parrebbe Sir Percival, se non fosse…?”
“Se non fosse…?” domandò il principe corrugando la fronte.
“Sire, anche lei…non aveva il cuore” Arthur deglutì. Questa cosa iniziava a spaventare persino lui.
La camera piombò nuovamente in un assordante mutismo. 
Trascorse un minuto o poco meno quando il principe, schiarendosi la voce, disse:
“Quindi non sappiamo se è morta prima a causa dell’annegamento o del…cuore?” era quasi inorridito nel dover porsi certi interrogativi.

“Come negli altri casi non ne sono certo ma…credo sia prima annegata. O l’abbiano fatta annegare…è più probabile.” 
Avvicinandosi alla testa dorata della giovane, ne indicò una tempia. Una ferita. “Vedete qui? Probabilmente qualcuno l’ha colpita prima, facendole perdere i sensi”
“Quindi non si è accorta di nulla?”
“Vorrei poterlo dire ma…non è così Sire”
“Che intendete dire Gaius?”
Il medico sospirò. Prese delicatamente una mano della giovane. Facendo cenno al gruppo di avvicinarsi, mostrò loro un polpastrello.
“Gaius….?” 
“Sire…guardate sotto le unghie”
“Cosa…? Sono…?” 
“…sangue…peli” confermò.
Rimase a bocca aperta Arthur mentre gli altri reagivano altrettanto scossi.
“Abbiamo finalmente la certezza che non si tratta di un assassino ‘umano’ Sire. Ho analizzato questa peluria, ed oltre ad essere folta, non sembra appartenere ad un uomo o una donna”
“Quindi ancora una volta il male deriva da una creatura…magica!” sembrava calmo, impassibile. Finché non si voltò di scatto e sbatté un pugno sul tavolo.
Poi alzò la testa deciso. Un leader. 
E stringendo ancora il pugno, con lo sguardo furente disse: “che la caccia abbia inizio!” 

                             
                                                                     ******************
Mentre il gruppo restava a discutere sul da farsi, Clara decise di andare a cercare Merlin.
Non aveva intenzione di scusarsi, dopotutto non aveva fatto nulla di male. E poi quante volte era stata lei destinataria delle sue sfuriate contro Arthur perché “Quell’asino non mi sta mai a sentire. Non si fida mai di me. Ma devi credermi Clara, sento che qualcosa non va!”
E lei, di fronte ai suoi dubbi gli aveva sempre creduto, e a ragione.
Naturalmente doveva aspettarselo che quando fosse stato il suo turno, non avrebbe ricevuto la stessa cortesia.
Ebbene sì, era un po’ scocciata dalla cosa. Ma c’erano problemi più urgenti di cui andava informato (Gaius l’aveva sollecitata a cercarlo), e poi, infondo, lui era suo amico e l’aveva visto troppo turbato. Le dispiaceva.
Mentre cercava ogni dove del palazzo, sentì un brusio di voci. 
Proveniva sicuramente dalla nicchia ben nascosta tra le mura del corridoio; celata da un sontuoso tendaggio scarlatto.
La servitù conosceva bene il ‘nascondiglio’. Era infatti rifugio di amanti che tra una pausa e l’altra si concedevano attimi d’amore o servi che semplicemente andavano lì per sparlare di questo o quell’altro padrone.
Quindi riusciva a trovarlo solo chi sapeva dove cercare. E lei lo sapeva.
Non voleva fare l’impicciona, ma i toni sembravano piuttosto seri. Scostò delicatamente il drappeggio e si mise in ascolto. Beh sì, stava origliando, e allora? Lì tutti lo facevano...perché lei non avrebbe dovuto? Era un tempo di guai e lei era preoccupata….questo la giustificava no? Se qualcuno stesse tramando letteralmente nell’ombra?

“Tu non capisci…c’è qualcosa che non va!” 

Lady Anastasia? Strano… Pensò Clara

“Ana, lo so. Sto cercando di capire ma…”
“Non capisci…? Sei proprio un genio Dagonet!” disse lei quasi avesse invece a che fare con un idiota.

Dagonet? Quel ‘Sir Dagonet’? Doppiamente strano…

“Comunque continuate così Milady. Fatevi forza. In qualche modo tutto si risolverà” usava toni dolci e che al contempo parevano cospiratori.

Mmm. Il mistero si infittisce. O forse ha ragione Merlin ed è vero che vedo cose che non ci sono.
Forse la sta solo consolando.


Sentì allora dei rumori dall’interno della nicchia. Dei passi. Si stavano avvicinando all’ ‘uscita’.
Così, col cuore in gola per paura di essere scoperta, si apprestò ad allontanarsi. Di fretta ma il più di soppiatto possibile. Solo che non appena arrivò ad un buon punto…

“Cosa ci fai tu qui? Cosa vuoi?!” sbraitò il cavaliere.
Lei, che era di spalle, sobbalzò. Era stata colta quasi in fragrante. Non si era messa al riparo in tempo a quanto pareva.

Inscenando il sorriso più innocente possibile, quello da “chi io? Non ho fatto niente!” si voltò verso la coppia.
“Ehm…veramente cercavo voi…Lady Anastasia” e facendo un inchino, fu invece fulminata dalla lady in questione. I suoi occhi due saette verdi.

“E tu chi diavolo sei?”

Non sembra per niente addolorata devo dire! Notò.

Fingendo la timidezza tipica della servitù, aggiunse con riverenza.
“Io…io sono Clara Milady. Sua maestà mi ha mandata per chiedervi se avevate bisogno di qualcosa perché sembravate sconvolta prima”
Al sentire nominare il principe, i suoi tratti gelidi si sciolsero. Ma lei si ingentilì solo in apparenza. Continuava infatti a lanciarle saette con lo sguardo. 

Si ricompose e scuotendo la chioma ramata disse:
"Finalmente ti conosco. Arthur parla così tanto di te. È un piacere” 
“Lo è anche per me. Avrei solo preferito fare la vostra conoscenza in circostanze migliori Milady” 
Lei si incupì. “Sì scusami, sono in condizioni pessime" fece il gesto di asciugarsi velocemente gli occhi e sorrise anche. Ma di un sorriso amaro. 

Che fosse veramente triste per le sorti dell’amica?
Oppure era tutto finto?

"Non preoccupatevi...guardatemi. Io sono sempre in condizioni pessime.” 
Fece una giravolta su se stessa, mostrando il suo vestito arancione le cui balze svolazzavano tra sfumature solari ed altre nere, sporche di cenere.
L'altra rise. Ma ancora, la risata non raggiungeva gli occhi.
Dagonet, che seguiva lo scambio di parole, restava muto.
Distaccato la guardava dall'alto in basso, come la più infida delle creature.

Cavolo, lo so che non sono né attraente né bella, ma che esagerazione! Non faccio così schifo…credo?

Poi però, sentendosi osservato, sorrise. Il suo ghigno a pelle le diede di viscido 

Triplamente strano. Parlano tutti così bene di questo Sir Dagonet. Io però non ne vedo il motivo

"Scusatemi, credo sia meglio se accompagno la mia signora a risposare, ne ha bisogno" 
Le cinse le spalle con un braccio, stringendole una mano nella sua. 
Era conforto o costrizione? 
"Si si certo...andate pure e anzi scusate me. Come dicevo, volevo solo assicurarmi per conto del principe, che fosse tutto ok e non vi servisse nulla...mia signora" si inchinò ancora.
“No no…niente” Il moro la tirò delicatamente per un braccio.
Lei annuì distratta mentre veniva trascinata via. Che il cavaliere volesse allontanarla da una situazione scomoda?
Ma infondo non aveva fatto nulla…no?
E mentre i due andavano via, nella sua testa rimasero impressi gli occhi corvini di lui misti allo smeraldo di quelli lei.
Occhi freddi… occhi che non la convincevano per niente. 


                                                         **********************


Nel frattempo, ancora nelle stanze del medico…

“Allora calmiamoci un attimo e ragioniamo” disse Merlin che era rientrato, ignaro del fatto che Clara fosse in giro a cercarlo.
“Merlin, tu che ‘ragioni’ mi sembra una parola grossa” sdrammatizzò il principe.
“Infatti, figuratevi se iniziaste voi a farlo cosa otterremmo. Guai, solo guai!”
Merlin..” disse il principe a mo’ di avvertimento.
“Chiudi il becco?”
“Bravo” sorrise forzatamente compiaciuto.
“Ma così non potrei parlare ed esporvi la mia teoria”
“Ancora paroloni Merlin”
“Se mi lasciaste finire…”
“Cosa? Non hai concluso niente…come al solito”
“Ma sei voi…”
“ORA BASTA!” li ammonì Gaius. 
Arthur sgranò gli occhi scioccato. 
E infatti di colpo il medico, ricordandosi che aveva a che fare anche con un permaloso principe si ricompose.
“Scusatemi sire, ma ritengo dovremmo concentrarci. E se Merlin, per quanto impensabile, ha delle idee…”
“Grazie Gaius…” poi registrò quanto detto e aggiunge “hey!”
Il medico con un gesto della mano lo incitò a proseguire. 

“Allora, dicevo…ragioniamo” si voltò verso Arthur sfidandolo ad interromperlo ancora.
Il principe roteò gli occhi e sbuffò scocciato “Continua” 
“Abbiamo tre vittime ritrovate in luoghi diversi” Iniziò ad elencare 
“Sesso diverso, appartenenti a classi sociali diverse e che vivevano logicamente in zone diverse.
Isaac lavoratore della città bassa, Mesina costretta a vendere il suo corpo nei sobborghi e quindi la parte più degradata del paese e Tilde, nobile con una casa lussuosa nella zona alta di Camelot.
Apparentemente non si conoscevano…?” si rivolse agli altri per riceverne conferma. Quando nessuno parlò per smentirlo continuò
“Quindi non avevano neanche persone ‘in comune’ credo, perché abbiamo detto non frequentavano gli stessi ambienti.
Anche il modo in cui sono stati uccisi è diverso.
Non so che pensare. Apparentemente ciò che li accomuna è solo il fatto di essergli stato strappato il cuore. A meno che c’è qualcuno che conosceva tutti e tre e di cui ci sfugge l’identità”
Di nuovo, nessuno intervenne. Tutti persi nelle proprie elucubrazioni.
“No Merlin, non dovrebbe stupirmi la cosa ma…ti sbagli.
C’è qualcos’altro che li accomuna.” Disse il principe.
“Cosa?” chiesero tutti quasi all’unisono.
“Gwaine, ti ricordi cosa mi hai detto l’altro giorno mentre parlavamo di Isaac?”
“Principessa, mi fa piacere che voi le ricordiate, ma in realtà io dico tante cose…”
Arthur sospirò. Gwaine il solito idiota.
“A proposito della sua anima? Del suo cuore?”
“Ricordo di aver pensato che era a detta di tutti un uomo generoso, dal cuore d’oro. Ma che…?” era confuso. Dove voleva andare a parare?
Il principe con un cenno della mano lo zittì, impedendogli di proseguire con la domanda. 
Poi, con lo sguardo distratto, perso nel ricordo della loro discussione, si rivolse a Gaius.
“E voi Gaius?  Ricordate a proposito di Mesina? Cosa dicevamo del suo cuore seppur in termini metaforici?”
Gaius sentiva le rotelle girare nella testa del principe. E lui iniziava a capire qual era la direzione che stavano prendendo i suoi pensieri, quale conclusione stava raggiungendo. 
La ‘soluzione’ era vicina.
“Parlavamo della ‘qualità del suo cuore’ se non ricordo male. Di quanto fosse…buono, puro....”
“E Tilde? Come rientra in questo schema?” 
“Merlin, solo una persona dal cuore nobile è in grado di scrivere cose così belle, storie e poesie come le sue”
“Giusto Gaius. Inoltre so che sovente si recava, di nascosto dalla famiglia, nei quartieri poveri per portare dei viveri. Lo faceva con Sam…il poeta!” aggiunse Gwen.
“Quindi anche lei…un ‘cuore d’oro’!” concluse Merlin quando ormai la teoria del principe aveva preso corpo nelle menti di tutti.
“Esattamente” esclamò il principe compiaciuto, incrociando le braccia sul petto.
E quando vide Gaius dare il suo assenso convinto, ne fu ulteriormente soddisfatto.
Ma l’atmosfera, tornò ancora una volta ad essere carica di tensione e si fece grave.
A questo punto continuò “ C’è solo un unico elemento comune a tutti. L'unico elemento che guarda caso, è sottratto a tutti: il loro cuore"
“Quindi dovremmo cercare cosa? Una creatura ladra di cuori? Gaius ne sapete nulla?”
“Sir Gwaine, al momento non mi sovviene niente. Inizierò subito a cercare nei miei volumi sulla mitologia o qualcosa sulle creature estinte. Anche se Sire, dopo la Grande Epurazione sapete che non mi è rimasto granchè”
“Per colpa di mio padre…si immaginavo” sospirò arreso.
“Grazie mille Re Uther!” fece Gwaine sarcastico.
Arthur, punto sul vivo disse “idiota, parliamo di mio padre, il Re. Parlare così è tradimento!” gli occhi ridotti a due fessure infuocate.
“Tradimento o no, non abbiamo molto per ‘merito’ suo”
Merliiin, anche tu…” ringhiò lui.
“Sire, se posso permettermi…” si intromise interrompendo i loro infantili battibecchi.
“Nelle biblioteche reali c’è una sezione dedicata a simili creature. So che Geoffrey le custodisce gelosamente. Non dovrei dirlo ma so che di voi mi posso fidare. Geoffrey non ha avuto il cuore di distruggerle tutte all’epoca”
“Grande Geoffrey! Sapevo che quell’uomo non era solo un noioso bibliotecario. Doveva esserci in lui un lato trasgressivo” sorrise Merlin scambiando con Gwaine un sorriso sornione d’intesa.
“Merlin…”

“Va bene, sto zitto…” finse di chiudersi la bocca con una chiave immaginaria e buttarsela alle spalle.
“Aaah, chissà quanto durerà questa benedizione.” Sospirò il principe. “Ad ogni modo come faremo a cercare. La biblioteca è immensa”
“Su questo non saprei aiutarvi. Per ora sappiamo solo che priva le vittime del cuore e che ha….”
“I peli” intervenne una nuova voce.
“Precisamente…Sir Lancelot? Quando siete arrivato? Non eravate di pattuglia”
“Ehm, qualche minuto fa ma in tempo per ascoltare la teoria del principe. “
“Perfetto, più siamo meglio è. Ci aspetta un duro lavoro. A proposito di lavoro, Merlin? Dov’è la quella scansafatiche della tua ‘collega’ di guai?”
Merlin fece spallucce come a dire e io cosa ne so? 
“Parla!” gli ordinò. Ma lui si indicò la bocca ricordandogli che era ‘chiusa’, che aveva le labbra sigillate.
Il principe infastidito urlò “MERLIN!”
“E va bene, la vado a cercare…mamma mia che caratteraccio!”
Arthur alzò un sopracciglio affrontato. Le labbra imbronciate. Non prometteva bene.
“Se non vai immediatamente…” lo minacciò con il dito indice.
“Ho capito. Solo, un’ultima cosa. Gaius, pensavo: se Tilde ha dei peli sotto le unghie e del sangue, vuol dire che ha reagito contro il suo aggressore…”
“Hai ragione Merlin” 
Arthur fu preso alla sprovvista dall’illuminazione del suo servitore. Lo guardò sorpreso.
“Vi chiederei troppo se elaboraste…”
“Gwaine, vuol dire che si è ribellata”
“Giusto Lancelot. Il che significa che il suo assassino porta con sé i segni della lotta con la ragazza. Che è riuscita a ferirlo!” concluse il giovane mago.
Allora Leon sorrise. Non aveva detto nulla fino a quel momento ma gli scappò di dire ai suoi compagni “chi l’avrebbe detto che Tilde, così esile e timida, è stata l’unica in grado di reagire ed addirittura ferire chissà quale sconosciuta creatura”. Questa osservazione ed il modo in cui fu detta, così malinconicamente tenera ma vera, lasciò tutti in silenzio per un po’.
Era evidente che la conosceva bene e che le sarebbe mancata. Non poterono non sentirsi tutti vicini al riccioluto cavaliere, loro compagno di avventure e amico.
“Quindi vi affido questi compiti: 
Voi cavalieri, continuate la pattuglia. Cercate ovunque segni di atteggiamenti sospetti e uomini con ferite.
Merlin, tu cerca la ‘balenottera’…” Gwaine rise nel sentire usare il soprannome che lui le aveva dato e Merlin alzò un sopracciglio perplesso. Da quando lo usava anche lui?
“Ehm, ‘Clara’ e poi raggiungete me e Gwen nella biblioteca.
Gaius, voi cercate nei vostri appunti e volumi qualcosa che possa aiutarci.”
Detto questo, tutti furono congedati e il gruppo si disperse. Ognuno con i propri differenti compiti uniti però da un’unica missione.
La caccia aveva davvero avuto inizio.

***********************

Clara li raggiunse in biblioteca tutta trafelata con un affannato Merlin alle calcagna.
“Sempre in ritardo voi due eh?” li accolse un corrucciato Arthur con le braccia incrociate sul petto.
Gwen, al suo fianco ridacchiava.
“Non la trovavo da nessuna parte” si scusò Merlin.
In realtà non solo erano in ritardo perché era una caratteristica insita nel loro DNA e questo si era capito, ma anche per un altro motivo.

Una volta infatti che un ancora arrabbiato Merlin ebbe raggiunto l’offesa ragazza, avevano capito che di chiedersi scusa non se ne parlava. Ma per il quieto vivere, e soprattutto perché si volevano bene (anche se non lo avrebbero mai ammesso), si erano chiariti e sebbene non la pensavano allo stesso modo avevano raggiunto un compromesso e si erano riappacificati.
Mantenevano ancora fronti opposti sulla questione Anastasia/Dagonet, ma avevano deciso di non parlarne e per lo meno erano ‘amici come prima’.

Il principe che non era informato dei fatti, continuava naturalmente a fargli una lunga ramanzina mentre entrambi pensavano a quanto era accaduto poco prima tra loro.
Quando ebbe finito, si schiarì la voce.
I due deglutirono…non avevano capito una parola.
Gwen vedendoli in evidente difficoltà decise di accorrere in loro aiuto.
“Quindi dobbiamo dividerci e cercare nei vari scomparti.
E tu Clara…Merlin ti ha informato vero?” Fece loro l’occhiolino.
“Sì sì” confermò entusiasta la ragazza. Grande Gwen! pensarono esultando ed entrambi sospirarono sollevati. Arthur la guardò come a dire non dirmi che stanno trasformando Guinvere in una di loro. Perché ripete tutto? L’ho appena detto io!
Scosse il capo, non aveva tempo per queste cose.
“Giusto Guinevere…allora iniziamo!”

*********************

Arthur sbuffava mentre girava l’ennesima insensata pagina.
Inutile dire che dopo ore di ricerche erano giunti a risultati zero e noia diecimila.
Sollevò con il suo soffio una nuvola di polvere che gli provocò un fastidio alla gola, come un pizzico. Iniziò a tossire. Dapprima leggermente e poi violentemente.
Evidentemente insieme alla polvere si stava strozzando anche con la saliva
Gwen accorse subito preoccupata e lui, occhi rossi e lacrimuccia gesticolava tentando inutilmente di dirle che era tutto ok.
La fanciulla si precipitò a prendergli un po’ d’acqua e in men che non si dica era di nuovo al suo fianco offrendogliene un bicchiere e massaggiandogli la schiena in cerchio mentre beveva, per calmargli la tosse.
Nel frattempo gli altri due servitori si erano affacciati e facevano da spettatori alla scena con un ghigno sul viso.
“Che esagerazione, per un po’ di polvere!”
Il principe alzò lo sguardo pronto ad incenerirlo.
“Hai ragione Merlin, non ci sono più i principi forti e valorosi di una volta. Ora basta un po’ di polvere e qualche acaro a stenderli. Guarda lì com’è ridotto” lo indicò.
Il giovane inizio a diventare rosso dalla rabbia.
Si scambiarono allora uno sguardo d’intesa e lei continuò:
“In compenso però... - i due si avvicinarono e a mani giunte sotto il mento - “Che teeeneriii, che dooolci” dissero in coro. Sbattendo le palpebre come ad imitare due innamorati.
“Merlin, lo vedi anche tu?”
“Mmm sì Clara. E’ del fumo quello che gli esce dalle orecchie. Sarà perché sta pensando troppo o è per la rabbia?”
“Mmm essendo la prima poco probabile, mi sa che ci tocca iniziare a scappare collega”
Il principe prese ringhiare minaccioso e mentre Gwen se ne stava lì divertita, Merlin non potè far a meno di urlare:
“Filaaa!” ed entrambi scapparono.
Inutile dire che prontamente Geoffrey li redarguì con una infinita ramanzina su come si dovesse mantenere un silenzio sepolcrale in biblioteca

*****************

Quando le acque si furono nuovamente calmate, era trascorsa già un’altra ora e il principe continuava a sbadigliare.
Aveva un’enorme volume davanti a sé, di cui non ricordava nemmeno il titolo. 
Quando lo aveva visto sullo scaffale aveva subito catturato la sua attenzione tra tanti.
Non sapeva il perché, ma tenendolo tra le mani aveva sentito che era quello giusto.
Adesso però si era pentito della sua scelta. Si era rivelato l’ennesima delusione della giornata.
Finché….

Sfogliando le pagine, si soffermò per disperazione nella sezione dedicata alla lettera W. 
Da questa sezione una pagina si staccò, scivolò via e svolazzando finì per terra.
Si piegò per recuperarla e senza pensarci la raccolse, la ripiegò e la infilò come sempre faceva, nel risvolto tra la cintura e i pantaloni.
Fu un gesto talmente istintivo e in qualche modo meccanico, che non ci fece caso e prontamente se ne dimenticò.
Tornò allora alla W e alle sue ricerche.
Qualche minuto dopo era alla WE.
Stava leggendo distrattamente una riga a caso quando notò una parola. Ne fu attratto d’impulso.
D’un tratto fu sveglio e concentrato.
La parola era “cuore”.
Rilesse allora il paragrafo dal principio...

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Bene ragazzi, anche il V capitolo è andato!
Vi prego, commentateeeeeeeee...mi serve molto un vostro parere su questa storia per poter continuare questa idea pazzoide e contorta che mi ronza in testa da anni.
Ringrazio ancora comunque tutti coloro, spero ci sia davvero qualcuno :( , che mi seguono silenziosamente, e la grande Tonia che non manca mai di farmi sapere cosa ne pensa di ogni capitolo.
Un bacio a tutti e...buona serata! 
Alla prossimaaaaaaaaaaa... :)





                                             

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Capitolo 7
*** Wendigo: VI Capitolo ***



Ciao a tuuuuuuttiiiiii!!! :D
 
Eh-Ehm, *corre a nascondersi per evitare i pomodori*, è passato un bel po’ di tempo lo so, sono imperdonabile e me ne vergogno da morire.
Purtroppo mi dispiace annoiarvi per l’ennesima volta con le solite giustificazioni, sempre se c’è ancora qualcuno che ha voglia di leggermi (non lo merito lo so), ma causa studio, lavoro e finalmente un viaggio, non sono riuscita prima a pubblicare prima questo capitolo. Capitolo pronto da una vita, ma da revisionare.
Non ne sono soddisfatta comunque, ma ero bloccata e se non mi sbloccavo ora non l’avrei fatto più e sarebbe rimasto tutto incompleto e non voglio.
Quindi, mi scuso immensamente e vi saluto tutti sperando mi perdoniate.
Vi prego, vi supplico…commentaaaate, pleaaase
:(
Anche se non lo merito, ma mi farebbe taaanto piacere *occhioni da cucciolo*     *_*

Scusate ancora e… buona lettura!
 
p.s. Vi consiglio di darvi un’occhiata all’ultimo capitolo se vi va. Per colpa mia e del tempo infinito che ci ho impiegato a pubblicare, questo capitolo potrebbe risultare infatti troppo confusionario e questa storia lo è parecchio lo so.
Se non vi va non fa niente...anzi scusate ;)
__________________________________________________________________________________________________________________
 

WENDIGO

 VI capitolo

Dove eravamo rimasti:


Sfogliando le pagine, si soffermò per disperazione nella sezione dedicata alla lettera W.
Da questa sezione una pagina si staccò, scivolò via e svolazzando finì per terra.
Si piegò per recuperarla e senza pensarci la raccolse, la ripiegò e la infilò come sempre faceva, nel risvolto tra la cintura e i pantaloni.
Fu un gesto talmente istintivo e in qualche modo meccanico, che non ci fece caso e prontamente se ne dimenticò.
Tornò allora alla W e alle sue ricerche.
Qualche minuto dopo era alla WE.
Stava leggendo distrattamente una riga a caso quando notò una parola. Ne fu attratto d’impulso.

D’un tratto fu sveglio e concentrato.
La parola era “cuore”.
Rilesse allora il paragrafo dal principio...


 
                                                          WENDIGO
 
Il Wendigo (o Windigo) è una figura demoniaca mitologica.
Lo spirito può assumere sia caratteristiche prettamente umane che quelle di un mostro umanoide, trasformatosi da quella che una volta era una persona normale che aveva praticato il cannibalismo.
 
Caratteristiche
Le caratteristiche di questo essere non possono essere descritte con precisione, poiché variano a seconda della tribù, ma si tratta comunque di una creatura maligna divoratrice di uomini. Si dice sia figlio dell' Inverno e della Fame.
Ha grandi artigli, corpo scheletrico ed emaciato e labbra assenti o almeno non sufficientemente grandi da coprire gli enormi denti. Ha gli occhi gialli che diventano rossi quando punta la sua preda.
È di grandi dimensioni ed è ricoperto da peli. Il Wendigo si muove molto velocemente, tanto da consumare i propri piedi per l'attrito con il terreno.
È capace di imitare la voce umana e i versi degli animali.
Il Wendigo è un ottimo cacciatore di giorno, insuperabile di notte.
Rincorre le sue prede umane per lunghi tratti, poi le aggredisce, ne strappa via il cuore e lo divora.
Le sue vittime devono avere necessariamente un cuore puro!
Solo nutrendosi di cinque cuori puri può infatti mantenere la sua forma umana per altri cinque anni, altrimenti è condannato ad una vita da bestia demoniaca ed all’inferno eterno.
Si dice inoltre che la creatura abbia il cuore di ghiaccio  e che l'unico modo per liberarsene sia proprio di sciogliere il suo cuore con il fuoco.
 
 
Nascita di un Wendigo
Secondo la tradizione, un uomo (di solito un guerriero) si trasforma in Wendigo se viene morso da un altro Wendigo, se è stato posseduto durante un sogno, oppure se si è nutrito di carne umana. La trasformazione in Wendigo può anche essere causata da uno sciamano. Secondo altre fonti ogni Wendigo un tempo era una persona, un cacciatore o un guerriero, che durante un inverno rigido è stato esiliato senza cibo e approvvigionamenti e per sopravvivere è dovuto diventare cannibale. Secondo alcune credenze mangiare carne umana dà qualità come velocità, forza e immortalità. È così che dopo anni e anni si diventa un cacciatore intelligentissimo e imbattibile ma soprattutto perennemente affamato.
 
Prestate Attenzione!
Bla bla bla…




Perfetto! - Pensò - Per una volta non poteva trattarsi solo di una gattino arrabbiato!
 
*****
Merlin e Clara erano impegnati a sbuffare per l’ennesimo buco nell’acqua quando la voce trionfante del principe li raggiunse.
“Venite! Forse ho trovato qualcosa!” urlò.
I due si precipitarono da lui vittoriosi e quasi andarono a sbattere contro un altrettanto eccitata Gwen nella foga del momento.
“Arthur?” chiesero in coro.
                                                         
 *****

Arthur rilesse il passaggio al trio appena sopraggiunto, saltandone come aveva già fatto prima, una parte che solo dopo si sarebbe rivelata molto importante.
Rimasero tutti turbati delle informazioni che conteneva:
Una creatura demoniaca, umanoide, con un cuore di ghiaccio e divoratrice di ‘cuori d'oro'.
Anche questa volta non sarebbe stato facile e la creatura era più feroce che mai.
"Va bene. Sappiamo com'è fatta...di notte. Ma di giorno? Se ha sembianze umane, come lo o la riconosciamo"
"Clara, la tua perspicacia a volte è paragonabile solo a quella di Merlin!"
"Hey!" Esclamarono entrambi indignati.
"Ma scusami, se fosse ovvio ti pare starei ancora qui a perder tempo?"
"Quindi in pratica...fatemi capire bene. – ragionò Clara - Dopo ore di noiose ricerche voi ci date false speranze per poi dirci che siamo di nuovo al punto di partenza! Tutto questo lavoro buttato nel letame!"
Scioccato dal suo linguaggio il principe fece una smorfia. Poi si rese conto di quanto aveva detto.
"Non siamo al punto di partenza! Intanto sappiamo come eliminarlo"
"Ceeerto. Ed è utilissimo soprattutto se pensiamo che non abbiamo idea di chi sia!" Intervenne il giovane mago che nel frattempo pensava:

a) a che incantesimo usare e b) se chiamare il Grande Drago o meno. 

"Già, ben detto Merlin" e così dicendo si puntellò i pugni sui fianchi.
"Sentite, ma tutta questa indisponenza da dove arriva? Al momento è tutto ciò che abbiamo e fosse stato per voi due scansafatiche" li indicò "a quest'ora non avremmo nulla in mano" entrambi sbuffarono davanti a tanta sbruffoneria.
"Veramente nemmeno io ho trovato niente Arthur."

Il biondo, non sapendo come uscirne senza imbarazzare la sua amata Gwen, si giustificò in fretta "Che c'entra, ma io so che ti sei impegnata. Lo stesso non si può dire di loro due"
"Cosa? Ma...non è giusto!" Protestò la giovane. "Senza offesa Gwen, ma..."
Gwen mostrò i palmi agitandoli come a dire "nessun offesa"
"Adesso basta! Altro non c'è. Andiamo da Gaius con le informazioni raccolte. Poi di lì si vedrà"
"Agli ordini capitano!" esclamò la fanciulla sbattendo i tacchi e portando rapidamente e rigidamente alla fronte la mano destra.
Arthur la guardò interrogativo.
Lei sgranò gli occhi.
"Va bene, andiamo!" si riprese.
Si incamminarono. Poi Arthur si bloccò, la guardò come una furia e puntandola col dito disse "E gli ordini li dò io"
Questa volta furono in tre a sbuffare.
*****
 
"Certo, il Wendigo...perché non ci ho pensato prima" esclamò composto il medico.
Una luce di speranza si accese nei tre.
"Purtroppo non so darvi altre informazioni oltre quelle che avete già riscontrato"
…Per poi spegnersi di colpo.
I tre svuotarono i loro polmoni sospirando delusi.
"Possiamo solo stare attenti o..."
"Andare a caccia di notte?"
"È un'idea, ma vi consiglierei di aspettare ancora Sire"
A quelle parole il principe scattò.
"Aspettare cosa? Un'altra vittima?"
Il cerusico fu spiazzato dalla sua reazione ma non poteva dargli torto.
 
"No. Ma cacciarlo adesso sarebbe buttarsi alla cieca in una missione suicida se mi permettete"
"Gaius che novità! È quello che facciamo sempre!" disse Merlin. Se ne stava lì arreso, seduto con i gomiti sul tavolo e la testa poggiata sui palmi.
"Già..." effettivamente non sapeva che altro dire. In realtà aveva bisogno di prendere tempo. Per parlare, da solo, con Merlin. Per farlo parlare a sua volta con Kilgarrah.
"Arthur forse Gaius ha ragione. Aspettiamo un'altra notte per fare altre indagini. Per essere più sicuri...andare preparati."
Sentendo parlare Gwen, con la sua voce melodiosa, la sua postura rigida si rilassò. Forse avevano ragione.
Crollò. "Va bene, ma solo un'altra notte, poi si caccia!" Disse avvertendoli con un indice teso.
"Nel frattempo parlerò con i cavalieri per vedere se hanno trovato qualcosa. Gaius..." lo salutò con un cenno del capo.
A Gwen rivolse un sorriso, agli altri due una smorfia autoritaria.
Detto questo uscì.
"Aah poveri noi!" si sfogò Clara.

 *****
Il vento soffiava forte e lui aveva freddo.
Tutto intorno a sé continuava ad infuriare, ma questa volta era diverso.
In qualche modo si sentiva più al sicuro. Protetto.

Ombre scure sembravano lo avvolgessero ancora, ma non si sentiva più solo.
Non era più in alto, ma era sempre sospeso.
E il vento soffiava, il vento lo strattonava ma lui era lì.
La mano gli bruciava ma meno.
Quel ‘qualcosa’ gorgogliava ancora e incessantemente, ai suoi piedi, alle sue spalle.
Ma non era più solo.

 
“Arthur” sussurrò qualcuno nel vento.
Questo vento però era caldo.
Le ombre si tinsero di dorato. Non era solo.
Due stelle grigie lo guardava sorridenti ma tristi.
“Arthur…” ripeteva.
Il vento freddo invece ululava e le ombre con lui.
Ma lui non aveva più paura. Provava solo tristezza.
Voleva consolarla, voleva urlare...ma non aveva voce.
Le due stelle grigie si avvicinarono a lui. Lo supplicavano.
Allora gli prese la mano dolorante.
La strinse dolcemente.
“Arthur..” cosa vuoi? Cosa posso fare per te? Voleva parlare con lei, gridare ma…nulla. La sua voce era strozzata. Era impotente.
Le due stelle si sciolsero in una lacrima
Poi, rapidamente, il nero attorno a sé si perse nel dorato, il grigio si spense, il buio si macchiò di rosso.
Lei svanì, il vento la portò via con sé.
Il vento che ululava e le ombre con lui.
E fu ancora oscurità.
Fu avvolto da un dolce tepore e poi…il nulla.
Nel vento solo l’eco della sua voce in un sussurro.
Implorava “aiutami”, pregava “proteggila”, supplicava “promettimelo!”

E poi…

“Arthur” una voce dolce ma diversa. Un tepore diverso sulla spalla.
Si svegliò di soprassalto, con il cuore che gli batteva all’impazzata; quasi volesse schizzargli fuori dal petto. Respirava affannato.
“Arhur” ripeté la voce preoccupata.
Quel tepore rimase lì. Lo tranquillizzava in qualche modo.
Unica ancora di salvezza nel caos del suo risveglio agitato. Frutto di sogni inspiegabili.
Poi guardò la sorgente della voce. Era seduta lì, sul suo letto.

“Arhur che c’è? Era solo un incubo” Clara. I suoi occhi erano attenti, in ansia…per lui.
Forse fu uno scherzo della luce, un riflesso, ma gli parvero blu.
Fu un attimo, poi tornarono nocciola.
Decisamente un gioco di luce.
Poi la sua voce lo richiamò ancora.
“Arhur…parlami” era passata al tu, doveva essere davvero in pensiero.
“Sì…sì scusami” riuscì a dire con la voce rotta dal sonno, dall’agitazione.
“Fiuuu, allora il gatto non ti ha mangiato la lingua” tentò di sdrammatizzare. Non ci riuscì. Il suo volto si incupì nuovamente.
“Mi stavate spaventando” 
“Non sapevo ti importasse di me!” la punzecchiò.
Lei fece l’offesa e tolse di scatto la mano che aveva ancora sulla sua spalla.
Ecco l’origine di quel calmante tepore.
Ne sentì subito la mancanza.
“Allora…?” incrociò le braccia. Poi i suoi tratti si ammorbidirono curiosa ma non serena.
“Cosa vuoi che ti dica Clara, era solo un incubo.”
Si sistemò a sedere e la ragazza lo aiutò sistemandogli il cuscino dietro la schiena. Così era più comodo.
“In verità non so neanche perché ho reagito così, forse perché è un po’ che è sempre lo stesso”
Lei arcuò un sopracciglio interrogativa.
“Sì, c’è del vento, delle ombre…un qualcosa attorno a me. Ogni tanto cambia qualche particolare tipo oggi ma, niente di che. A volte sono urla, a volte degli occhi…in realtà non so neanche perché ti sto dicendo tutto questo…è stupido” distolse lo sguardo imbarazzato. Rise tra sé e sé. Però il suo battito era ancora leggermente accelerato. “So solo che al risveglio sento sempre un senso di angoscia e di mancanza. Come se dovessi fare qualcosa. Ma…è solo un sogno” scosse il capo per minimizzare la cosa.
Solo allora si accorse che la ragazza non parlava. Tornò a guardarla e notò che si era irrigidita.
Corrugò la fronte. “Clara, va tutto bene…? E’ solo un sogno, anzi un incubo. Il mio incubo.”
Sentendosi chiamare fu scossa da chissà quali pensieri l’avevano assorbita. Si schiarì la gola.
“Sì sì…avete ragione. Sono la solita egocentrica, prendo tutto sul personale.” La sua voce sembrava graffiata. Poi tornò se stessa e si alzò di scatto dal letto “Anzi no, di cosa mi cosa mi sto scusando?! Scusatemi se mi preoccupo per un amico, sua maestà. Un amico che sono venuta a svegliare ed ho trovato che si girava e rigirava nel sonno e si dimenava quasi fosse inseguito da chissà quale creatura!”
Indignata batté i piedi per terra. Come una bambina.
“Tranquillo, la prossima volta vi lascerò solo a soffrire…sire!”
Lui scoppiò in una fragorosa risata, la tensione abbandonò il suo corpo e i pensieri negativi la sua mente.
“Eri preoccupata, per me? E a quanto pare, e cito, sarei tuo amico, ah!”
“Chi l’ha detta questa assurdità? E smettetela di fare lo sbruffone!”
“Tu cara…e poi, sbruffone io? Senti chi parla o mia salvatrice da assurdi sogni”
“Sì perché come dice Gwaine, voi siete una principessa ed è nostro compito salvare le damigelle in pericolo!”
“E da quando saresti un cavaliere?”
“Aaah, basta, smettetela! Quando fate così non vi sopporto…cercavo solo di essere carina, ma evidentemente ho fatto male” batté nuovamente i piedi e strinse i pugni davanti a sé.
I toni sempre più accesi.
“Ah, tu non sopporti me? E poi chi sarebbe carina? Tu? Ma per piacere…ma se tu…”
“Ma sei io? Su continuate!”
“Ah, suscettibile oggi eh?”
“Cosa? Come vi permettete, ma se voi…”
“Io cosa?!

Fu da questa scena che fu accolto Merlin quando raggiunse le stanze del principe e aprì la porta con in mano la colazione.
Purtroppo aveva già intuito cosa l’avrebbe atteso una volta lì.
I loro ormai ‘tradizionali’ battibecchi, si udivano infatti dall’inizio del corridoio e forse ancora prima.
Ma ci era abituato. Come lei diceva di essere abituata alle loro di liti.
Poi si fece largo nella camera e disse:
“Mattina radiosa Arthur e buongiorno Clara!”
I loro bisticci si interruppero di colpo e due paia di occhi si focalizzarono di scatto su di lui, fulminandolo.
“Sta zitto!” urlarono all’unisono.

Fantastico, se il buongiorno si vede dal mattino…
********

Mentre i due servitori sistemavano le sue stanze, il principe era chino sulla scrivania a redigere dei documenti.
Almeno ci provava, ma la sua mente era altrove.
Gli incubi, le vittime, suo padre, Morgana, e adesso questo Wendigo…era troppo.
La sua vita negli ultimi anni era diventata un tornado. Ah quanto avrebbe pagato per ritornare il bambino di un tempo, quando gli bastava schioccare le dita per ottenere tutto.
Fu distratto dai suoi pensieri da…beh, dalla mancanza di voci. Da quell’inusuale silenzio.
Se quei due non parlavano, poteva solo significare una cosa:
la quiete prima della tempesta. Nulla di buono insomma.

Mmm, che Clara se la sia davvero presa? E Merlin cosa c’entra?

Anche Merlin era perso nei suoi tormenti interiori. Che erano più o meno gli stessi, tranne per un dubbio che lo assaliva: andare o non andare a chiedere consiglio a Kilgarrah, il Grande Drago degli enigmi?

Già si immaginava la scena:
“Ho bisogno di te! Un Wendigo minaccia la quiete di Camelot (come se mai ce ne fosse). Qual è la sua identità? Come posso sconfiggerlo?”
“Aaah, giovane mago, non ho la risposta che tu cerchi, il destino bla bla bla”
Conclusione: avrebbe finito per sbrigarsela da solo. Di nuovo.

Forse doveva chiedere un parere a Gaius in merito. A Clara non poteva. Sapeva della sua magia, ma non del drago. Sarebbe stato troppo. Neanche Lancelot lo sapeva, e lui era stato uno dei primi con cui si era confidato.
A proposito di Clara, era troppo silenziosa.
Alzò la testa. Aveva il viso corrucciato mentre rifaceva il letto. Lo sguardo vuoto.
Che se la fosse davvero presa per l’atteggiamento dell’asino reale?
Ma erano gli occhi a preoccuparlo maggiormente. Parevano tormentati.
Poi notò che a far da culla a quei due splendidi occhi castani, c’erano delle ombre scure: delle occhiaie.
Analizzando i suoi movimenti, li trovò lenti.
Doveva essere stanca.
“Clara…tutto bene? Sembra tu non abbia dormito questa notte. Oppure hai visto un fantasma, sono indeciso” sdrammatizzò.
Vide con la coda dell’occhio, il viso del principe volgersi verso Clara.
Come se la sua voce l’avesse risvegliato da una sorta di trance che l’aveva accompagnato tutta la mattina.
La ragazza alzò la testa e guardò il giovane mago, distratta.
“Mmm?”
Merlin cominciò a provare ansia.
“Ti ho chiesto se va tutto bene…ti vedo stanca” scandì le parole quasi stesse parlando ad una straniera.
Solo allora il suo sguardo sembrò davvero mettere a fuoco il ragazzo.
Sorrise. Fingeva.
“Sì sì certo..” lasciò il lenzuolo un attimo per giocare con la collanina, nervosa.
“Cioè sì, sono stanca ma…sì va tutto bene”
“Sicuro? Sai che puoi parlarne vero?”
“Certo! E lo farei…se avessi problemi e se…” si stava arrampicando sugli specchi, lo percepiva.
“Se le orecchie di un certo asino non fossero in ascolto” rise. Fingeva ancora.
Ma gli scappò da ridere, immaginava infatti quale sarebbe stata la reazione del principe.
Che tardò ad arrivare perché era poco ricettivo come al solito.
“Hey! Ti ho sentita!”
E intravide un tenue bagliore, solo l’ombra del suo usuale solare sorriso, mentre diceva:
“Cosa c’è? Perché siete risentito? Avete la coda di paglia?”
“Beh, un asino con la coda di paglia…calza a pennello” rispose complice il servitore.
“Hey…se continuate così vi aspettano due giorni alla gogna, sappiatelo. E tu balenottera…”
Lei arricciò il naso offesa.

Maledetto Gwaine e quel nomignolo. Sono in carne, è vero, ma non eccessivamente…non sono una balena! Pensò lei.
 
“Sei anche cieca? Il copriletto è storto, aggiustalo!” sbraitò.
Non appena il permaloso biondo riportò l’attenzione sulle sue carte, lei gli fece una linguaccia.
Poi fece l’occhiolino al moro.
Qualsiasi cosa la turbasse, erano riusciti a distrarla per il momento.
Era una vittoria no?
E proprio mentre con un sorriso, stava per tornare a pulire i pavimenti, qualcosa catturò la sua attenzione come un magnete.
Clara stava analizzando il copriletto, sicuramente decidendo come procedere.
E mentre come d’abitudine quando era sovrappensiero, si portava una ciocca di capelli dietro l’orecchio, la manica scese leggermente dal polso destro scoprendolo.
Ma non del tutto. A celarlo qualcosa.
Il cuore gli si strinse di colpo in una tenaglia.
Una fasciatura bianca.

Che nascondesse una ferita? Che fosse…il WENDIGO?

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Che dite? Faceva troppo schifo?
Spero di no L
Appuntamento al prossimo capitolo se vi va, capitolo che cercherò di pubblicare la settimana prossima e non più tardi.
Vi prego commentate se avete voglia e provate ad indovinare ciò che sta succedendo…mi rallegrerebbe tantissimo *_*
Un bacione e…buona seraaataaaa!!! :*

p.s. Scusate il formato o i caratteri un po’ ‘sballati’

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Capitolo 8
*** Wendigo: VII Capitolo ***


 
Buonasera a tutti! :D
Come va? Come promesso sono tornata questa settimana con un nuovo capitolo…oleeeeé! :P

Sono contentissima di avere nuove persone che mi seguono e che lasciano dei carinissimi commenti, e lo sono anche per chi semplicemente ha iniziato ora a leggere, o continua a farlo dall'inizio, questa pazza storia nonostante le mie “pecche”.
Mi fa davvero tanto piacere e spero di non deludervi oggi e in futuro.
Bando alle ciance, oggi ci sarà un colpo di scena, che credo…spero, vi stupirà e forse cominceremo finalmente a capirci qualcosa di questo “Wendigo”!
Come sempre chiedo perdono per strafalcioni varie…buona letturaaa!


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WENDIGO

 VII capitolo

Dove eravamo rimasti:

...E proprio mentre con un sorriso, stava per tornare a pulire i pavimenti, qualcosa catturò la sua attenzione come un magnete.
Clara stava analizzando il copriletto, sicuramente decidendo come procedere.
E mentre come d’abitudine quando era sovrappensiero, si portava una ciocca di capelli dietro l’orecchio, la manica scese leggermente dal polso destro scoprendolo.
Ma non del tutto. A celarlo qualcosa.
Il cuore gli si strinse di colpo in una tenaglia.
Una fasciatura bianca.

Che nascondesse una ferita? Che fosse…il
 WENDIGO?

 ****

“Gaius, vi dico che l’ho vista. Era una fasciatura. Il che indica una ferita!”
“Appunto, una ferita. Tu non ti ferisci mai Merlin?” rispose l’uomo affaccendato con il pestello. Creava un rimedio curativo.
“Sì, mi capita. Ma a Clara raramente anche se è imbranata. E guarda caso le capita proprio adesso Gaius? Quando c’è lì fuori una creatura che è stata ferita mentre uccideva una povera donna? E poi ha detto che è stanca, e si vedeva quanto lo fosse. Può essere a causa delle notti passate a caccia di vitti..”
Il medico alzò violentemente la testa. Il sopracciglio della condanna alzato.
Gli occhi sgranati, lo interruppe. “Ragazzo, ti rendi conto che stai accusando quella che fino a poco fa credevo fosse una tua cara amica. E lo è fino a prova contraria!”
“Sì lo so, però…”
“Però un corno!”
Il ragazzo rimase scioccato da quel tono e quelle parole, tanto estranei alla sua bocca quanto severi.
“Mi sembra di rivivere una vecchia situazione ma al contrario” superando il tavolo da lavoro gli si parò di fronte, indice accusatore.
“Quante volte sei venuto da me disperato perché Arthur o Uther stavano condannando un tuo amico o amica, tipo Gwen, o un innocente con solo un assurdo sospetto; supplicandomi di aiutarti a trovare le prove della loro innocenza? E adesso proprio tu vieni qui, con un assurdo sospetto ad accusare una ragazza innocente? Non ti riconosco più! Con tutti questi…sospetti ti si sta indurendo il cuore!”
E quelle parole glielo trafissero il cuore. Lo avevano ferito. Così per difesa reagì…attaccando.

“Ah voi non mi riconoscete? Sono io a non riconoscere voi! Mi avete riempito la testa di dubbi e diffidenza fin dal primo giorno. Su questo, su quello, sulla magia…voi e Kilgarrah. E dall’altro lato c’è Uther e poi c’è Arthur, più il ‘cattivo’ di turno, e alla fine va tutto come avevo previsto. Sempre! E adesso pretendete che io non segua i miei presentimenti, il mio istinto? Perché? Perché è un’amica? Anche Morgana lo era e guardate come siamo finiti. Tutti come delle molle pronte a saltare. Un fascio di nervi. Dite tutti ‘la fine è vicina, la grande era di Albion è vicina…’ Ma chissà perché quest’ultima non arriva MAI!!!”
Aveva l’affanno.
Gaius lo guardò impassibile. Il sopracciglio però era a livello dei capelli…quasi.
“Hai finito?” disse tranquillamente.
“Sì” rifiatò.
“Ti capisco. E capisco anche che avresti bisogno di una camomilla.
Lo so che porti un grande peso sulle spalle. In questo momento però credo che esageri. Il tuo lungo monologo ha un senso ma…tornando a Clara, glielo hai chiesto?”
“Cosa? Se trama contro Camelot?”
“No! Perché portava quella benda?”
Merlin ci pensò un attimo per ricordare. La mente era troppo annebbiata al momento dopo il suo lungo sfogo.
“Sì. Ha detto che si è bruciata preparandosi da mangiare”
“E questo ti stupisce? Non per niente, e l’hai detto tu, è un’imbranata cronica, e lo sappiamo…un po’ come te!”
“Grazie!” rispose ironico.
“E poi Tilde ha ferito il mostro non questa notte, ma quella precedente. Non credi ce ne saremmo già accorti ieri se portava una fasciatura simile?”

E’ vero, a questo non avevo pensato.

“Avete ragione” rispose.
Ma in cuor suo pensò: e se invece non ci avessero semplicemente fatto caso? Dopotutto portava maniche abbastanza lunghe da coprirla. E anche oggi era stato un caso che l’avesse notato.

“Quindi…perché questa insicurezza?”
“Perché non abbiamo nulla in mano, e la gente sta morendo Gaius!” sconfitto, si rattristò.
Allora il medico gli si avvicinò, e poggiandogli la mano destra sulla spalla disse:

“Lo troveremo e tutto questo sarà finito prima di quanto immaginiamo”
“Lo spero Gaius…lo spero!”
“Adesso va’ e calmati un po’. E cerca di non pensare più a cose così assurde”
“Avete ragione Gaius, chissà cosa avevo in mente” rise, ma la sua risata era forzata.
“Bravo. A proposito, visto che sei di strada, mi servirebbe…” l’anziano parlava ma lui non ascoltava. Annuiva solamente.
Aveva acconsentito a lasciar perdere, aveva ammesso di aver detto una stupidaggine.
Ma allora perché sentiva qualcosa divorargli lo stomaco.
Perché l’ansia e il dubbio non sparivano?
La sua unica certezza era che aveva un presentimento. E quando aveva un presentimento di solito, non sbagliava mai!
 
***

Poco dopo mezzodì, il principe Arthur e Lady Ana erano seduti nella sala da pranzo di corte per pranzare insieme.

“Scusami cugina se questi giorni non ti sto dedicando il tempo che meriti. Ma con la storia del wendigo...” disse il principe non appena ebbe gustato un sorso di vino.
La ragazza gli prese la mano che era poggiata sul tavolo e stringendogliela dolcemente rispose: “non dirlo neanche per scherzo. Ti capisco. La tua gente è in pericolo non puoi di certo perdere tempo dietro ai miei capricci” Sorrise.
“Tu capricci? Ma scherzi?” fece allora lui ironico.
“No. Farò solo diventare pazzo Sir Dagonet. L'hai sentito l'altro giorno con Merlin? Ci vuole pazienza con noi stirpe Pendragon!”
“Già...quell'idiota del mio servitore ha pure confermato” Concluse con una smorfia.
La giovane dai capelli rossi rise.

“Non essere severo con lui. Ti vuole bene...qui tutti te ne vogliono”
E al ragazzo andò di traverso il vino mentre beveva dal suo calice. Quasi non si strozzò infatti nell’udire le parole di sua cugina.
Lui che parlava di sentimenti? E poi di sentimenti collegati a Merlin?
Non era accettabile. Non per un Pendragon almeno.
“Merlin? Volermi bene? Tzé. Donna, noi siamo uomini non femminucce!” alzò il mento fiero.
“Ceeerto. Gli stessi uomini che ridevano, bisticciavano e sparlavano come ragazzine l'altro giorno sul campo d'addestramento?”
“Hai visto vero? Che idioti...” roteò gli occhi ripensandoci.
“Sì forse. Ma anche tu...”
“Vuoi dire che sono idiota anche io?” corrugò la fronte.
“Si...cioè no. Non mi permetterei mai”
Lui alzò un sopracciglio scettico.
“Ma intendevo dire...anche tu gli vuoi bene. Il tuo continuo bisticciarci è solo un modo di nascondere, come hai sempre fatto, il tuo affetto”
“Io...?”  Domandò con una faccia scandalizzata e imbarazzata.
“Sì, per esempio…” ma non fece in tempo a completare la frase che la porta si spalancò di colpo, ed una testa riccia entrò nella stanza come al solito senza bussare.

“Arthur! Ops scusate...interrompo qualcosa?”
“A proposito di idioti...” disse sottovoce il biondo alla cugina levando poi gli occhi al cielo.
Lady Ana sorrise intenerita.
Clara invece lo aveva sentito benissimo ed arricciò il naso offesa.
“A proposito di persone a cui tieni…” gli fece eco la ragazza dagli occhi verdi, sempre sussurrando, punzecchiandolo.
Lui scosse il capo ancora imbarazzato.
Meno male che Clara sembrava non aver udito questa volta.
“Dimmi Clara...”
“Avete detto che vi serviva qualcosa o sbaglio?”
“Eehm sì, cioè non proprio. Ho un compito per te!”

Uff ti pareva. Ancora ordini pensò la serva sbuffando.
“Cosa c'è, hai qualcosa in contrario? Devo ricordarti che io sono il reggente?”
“No no” Rispose la giovane fingendo un sorriso innocente. “Anche perché non perdete occasione per ribadirlo ogni giorno…” borbottò.
“Cosa hai detto?” chiese il principe di rimando.
“Io?” rispose la ragazza alzando le mani, in una perfetta imitazione di un angioletto.
“Sì tu!” Arthur strinse gli occhi minaccioso.
“Niente, semplicemente…” cercò vaga di dare una risposta. E lui sbuffò.
“Non c’è bisogno che sbuffiate” fece la ragazza scocciata. Poi continuò. “Semplicemente…dicevo…Ditemi pure. Sono al vostro servizio!” al nobile non sfuggì l’ironia, ma preferì far finta di niente. Non voleva dare spettacolo di fronte a sua cugina. Non perché non conoscesse le sue reazioni ed i suoi modi, ma più per evitare di confermare quanto si erano appena detti.
“Vai nell'armeria e affilami la spada buona. Ci servirà per la ‘caccia’” ordinò il biondo spazientito.
“Ok, nessun problema”
Il giovane arcuò un sopracciglio poco convinto.
“Va’. Dev'essere pronto per stasera”
“Come desiderate Sire” rispose la serva sarcastica.
“Va’ via!” scandendo le parole, Arthur la congedò scocciato. La ragazza uscì ma il principe era sicuro di aver ricevuto una linguaccia non appena varcata la soglia.
Poi rivolgendosi alla cugina, “Che ti dicevo? Neanche mi rispettano!”
“A volte il rispetto sta più nel punzecchiarsi che in celate forme di lecchinaggio”
“Cugina…linguaggio!” la ammonì scherzando.
Lei lo colpì con uno schiaffo affettuoso sulla spalla.
“Mangiamo dai...ho fame” concluse poco dopo il ragazzo.
“Aaah” sospirò allora la giovane “Non è proprio cambiato nulla allora...come ai vecchi tempi, pensi sempre e solo alla tua pancia!” scoppiò a ridere mentre lui distolse lo sguardo imbarazzato.
 
Forse ha ragione Merlin...devo stare più attento quando si tratta di cibo rifletté.

 
***************
 
Non appena ebbe superato la soglia della stanza, prestando attenzione che non vi fosse nessuna guardia nei paraggi, Clara rivolse una linguaccia verso la porta chiusa.

Che arrogante! Pensò. Sarà il principe ma io non sono la sua schiava!
Ok, sono la sua serva, ma non è proprio la stessa cosa…

“Vabbè” concluse non più mentalmente. Poi al corridoio vuoto mormorò:
“Meglio che vada, o  il babbeo reale mi farà una ramanzina infinita!”
Dopo aver percorso i lunghi corridoi del castello, giunse nei pressi dell’armeria.
Proprio mentre apriva la porta, vide passare di lì il servitore dalla chioma corvina.
“Merlin!” lo chiamò agitando le mani. Il ragazzo però non parve averla udita.
Peccato, le sarebbe piaciuta un po’ di compagnia!
Allora lei sospirò, spostando con il suo respiro un boccolo castano che le ricadeva davanti agli occhi. Era tutto il giorno che la tormentava.

Forse avrei dovuto legare i capelli

Poi tornò col pensiero al servitore. Si allontanava dirigendosi verso il bosco.

Chissà dove sta andando si interrogò giocando con la catenina che aveva al collo.
“Ahi!” esclamò non appena il suo polso bendato a causa della ferita, ne sfiorò il piccolo medaglione, stringendo gli occhi per il dolore.

La ferita mi fa proprio male. Forse dovrei lasciarla controllare a Gaius.

Poi scuotendo la testa sussurrò alle mute armature.
“Magari ci vado dopo, adesso ho del lavoro da fare”
Così localizzò la spada, si sedette per terra, ed iniziò il suo lavoro.
 
*****

Merlin aveva deciso. Doveva andare a parlare con Kilgarrah per chiedergli consiglio.
Così si era subito avviato verso quella che era ormai la ‘loro radura’.

Il drago si presentò subito all’ ‘appuntamento’ appena ricevuta la chiamata del suo Signore dei Draghi.
E il suddetto Signore dei Draghi non perse tempo in convenevoli.

“Devo fermare questo massacro. Non abbiamo tempo da perdere e io non posso andare in giro a cercare tutti i puri di cuore e avvertirli o…proteggerli”
“Giovane mago, non si usa più salutare?”
“Kilgarrah ti è chiaro il concetto di ‘non abbiamo tempo da perdere’?”
“Sì, e c’è solo una cosa che posso dirti: la creatura è più vicina di quanto tu creda”

Nel sentire quelle parole, avvertì come un pugno allo stomaco. Che gli svuotò i polmoni, impedendogli di respirare.

Allora avevo ragione. È Clara! Sorrise amaramente.

Quanto avrebbe voluto non avere ragione questa volta. Quanto avrebbe voluto sbagliarsi.
Fu il Grande Drago a richiamarlo dai suoi pensieri.
“Non tutto è come sembra. Avresti dovuto averlo imparato in questi anni”
Merlin allora si schiarì la voce.
“Questo non mi aiuta”
“Non ora, ma ricorda queste mie parole quando la ruota del destino inizierà a girare. Forse lo sta già facendo”
“Ma cosa diavolo significa? Lo capisci che c'è gente in pericolo?” gridò.
“Sì giovane mago, come sempre. Ma posso solo aiutarti svelandoti un incantesimo. Ti servirà quando sarà il momento giusto”
Il giovane annuì. Finalmente qualcosa di utile pensò.
“Cosa vuoi che faccia?”
“Voglio che mi ascolti”
“Lo sto già facendo” rispose con un sopracciglio alzato.
“Non con le orecchie, ma con la mente. Vieni qui, di fronte a me!”
Lui obbedì. Quando gli fu davanti, letteralmente a due palmi dal naso, il drago continuò.
“Adesso chiudi gli occhi” nuovamente il mago obbedì.
Poi si sentì avvolgere da un potente tepore. Piano piano, come inghiottito da un dolce uragano.
Nella mente dapprima oscurità. Poi la nebbia. Era tutto opaco e offuscato. Poi la nebbia si diradò fino a diventare sempre più sottile. Poi piano piano la luce e poi …la risposta gli si marchiò a fuoco in testa. Indelebile. Poteva leggerla chiaramente…era lì:   Bregdan anweald sweord Ic bebíede Forbærna!

Alla fine, il tepore svanì. Aprì lentamente gli occhi.
“Grazie” gli sorrise determinato.
“Usalo solo quando sarà il momento giusto”
“Lo farò!”
“Ho fatto quanto potevo. C’è un’ultima cosa che devo dirti: quello che ti ho appena trasmesso ti servirà, ma siccome tutto è inganno serve un vecchio incantesimo che risvegli la creatura e sveli l’umano che è nel mostro...”
“Cosa?” Merlin era leggermente confuso.
“Ricorda: Can che abbaia non morde!” e ridendo fragorosamente spiegò le ali e si alzò in volo all’improvviso.
“Cosa? Ma che diavolo…? Che vuol dire ‘l’umano che è nel mostro’…cosa c’entra il cane?”
“Ricordalo” echeggiò ancora nell’aria.
“Sì certo lo ricorderò” urlò sarcastico “Grazie come al solito!” arrabbiato diede un calcio ad un sassolino per terra.
Nessuno dei due si accorse di due occhi che li osservavano e di due orecchie che avevano sentito tutto, nascosti nell’ombra di un albero che gli faceva da scudo.
Nessuno dei due se ne accorse…o forse sì?

Nella radura rimbombava solo il suono di grandi ali che sbattevano. Come delle vele al vento, ma più forti.
E mentre il mago continuava ad urlare proprio nel vento, lo stesso vento gli restituiva una risata. Roca, profonda.
Una risata e una frase che aleggiavano nell’aria. Quest’ultima aveva il sapore di profezia.
“La verità è più vicina di quanto tu creda giovane mago”
Poi la profezia sfumò ancora, in una risata roca e profonda accompagnata da uno sbattere di ali lontano, sempre più lontano…
 
*****
 
“Gwaine, non devi più bere in pieno giorno!”
“Elyan, non ho bevuto nulla!”
“Ma se ti sei scolato tre boccali di sidro di mele…ti sembra niente?!” ribatté Lancelot.
“Per me sì, e poi…” non ebbe tempo di terminare la frase che un trafelato Sir Edric sfrecciò accanto a lui. Correndo sbatté contro la sua spalla allontanandosi come una furia.
Gwaine lo richiamò:
“Edric? Tutto a posto?” ma il moro cavaliere non arrestò la sua corsa.
“Edric?” ripeté questa volta Elyan con un tono più alto.
Solo allora si bloccò. Si voltò lentamente. Era pallido, sudato.
“Tutto a posto amico?” disse nuovamente Gwaine. Poi per sdrammatizzare aggiunse “Che c’è Sir Dagonet vi sta dando del filo da torcere durante il vostro addestramento?” sorrise, ma il suo sorriso era tirato. Sapeva che qualcosa non andava. Il cavaliere aveva il fiatone, ed era evidente che non era per la corsa.
Il suo sguardo confuso solo allora sembrò mettere a fuoco i suoi interlocutori. Rispose distrattamente: “sì sì certo Sir Gwaine…grazie” fece un rapido cenno del capo in segno di saluto e andò via di corsa.
“Mah, a me questa cosa puzza!” esclamò Lancelot.
“Non sono io lo giuro!” esclamò prontamente un allarmato Gwaine. Le mani alzate in segno di resa.
Pronto arrivò lo schiaffo di Elyan sulla sua nuca. Il suo ‘suono’ rimbombò tra le mura del corridoio vuoto.
Lancelot  scuotendo il capo aggiunse  “sei sempre il solito Gwaine. E tu non eri ubriaco eh?” I tre si allontanarono silenziosamente però. Un po’ perplessi e sovrappensiero.
Erano ignari che due occhi stavano spiando anche loro nell’ombra di una certa ‘nicchia segreta’.
Due occhi che erano due pozze oscure.
**********
Negli stessi corridoi un ragazzo parlava da solo. Forse stava impazzendo o forse era solo… nero!

Che disastro! Che incontro inconcludente! Un cane…cosa diavolo avrà voluto dire?
Forse sono i sintomi della vecchiaia. La senilità porta alla pazzia, e Kilgarrah è abbastanza…antico!
 
La mente di Merlin in quel momento era un tribunale. Si dibatteva con se stesso per la sua stupidità.
Perché non gli aveva chiesto di più? Perché non aveva insistito sull’identità del Wendigo. Su chi era, se era lei, Clara…aveva sbagliato tutto. E ovviamente quel vecchio testone (poteva dirlo di un drago? Aaah che importa!) l’aveva sviato come sempre con i suoi enigmi.
Aveva un incantesimo sì, ma risposte zero. Non sapeva quando avrebbe dovuto usarlo né contro chi.
Come poteva risolvere tutto da solo ancora una volta? Come poteva….”

Sbam!
Fu interrotto e scaraventato a terra da una macchia di grigio che sfrecciò via in un lampo.
Non ebbe il tempo di rialzarsi che la ‘macchia’ era già sparita.
Chi era stato a travolgerlo?
Il suo umore non migliorò.
“Mamma che giornata…” mormorò. Poi “No ma scusa eh!” urlò sarcastico al corridoio vuoto.
“Ma l’ho sognato?” poi massaggiandosi il fondoschiena indolenzito per la caduta, si rispose “No, era abbastanza reale!” Si guardò attorno quasi il colpevole potesse sbucare all’improvviso da qualche quadro appeso alle pareti.
Poi agitò la testa. “Di questo passo io impazzirò, non solo il drago…me lo sento: impazzirò!”
Poi, borbottando e scuotendo ancora il capo, il giovane mago si allontanò. Ricominciò nella sua testa il processo. In una diatriba di interrogativi senza fine.
****
Il cavaliere dai capelli ramati interruppe la sua corsa nell’armeria.
“Edric! Perché ci hai impiegato così tanto?” una voce tuonò furiosa.
“Scusatemi ma prima i cavalieri, poi quell’idiota di un servitore…hanno interrotto il mio cammino!”
“Non importa. Cosa volevi?” sbraitò ancora la voce.
“Dovete aiutarmi, sto perdendo il controllo, prima o poi ci scopriranno…non possiamo andare avanti così!” era agitato, in preda al panico.
“Perché dici ‘noi’? ‘Ti’ scopriranno…nessuno sospetta di me. Nemmeno quello stupido di un servo con la fama dell’investigatore” in quella voce profonda si poteva percepire un ghigno.
“Ma…cosa? E’ anche opera vostra se tutto ciò sta accadendo…non potete!”
“SILENZIO! Farai ciò che ti ho ordinato e non mi metterai in mezzo....CHIARO?!”
Edric non riusciva più a respirare, era stato incastrato. Doveva scappare o avrebbe pagato solo lui per un crimine che non aveva commesso da solo.
“E’ inutile che pensi di scappare…sei vincolato a me. Non puoi andare da nessuna parte!”
“Se sono vincolato a voi, vi trascinerò nel baratro con me!” ringhiò allora il cavaliere, di colpo in preda all’ira. Non poteva permettere tutto ciò.
“Provaci e dopo la tua morte non resterà di te neppure l’anima. Non puoi ribellarti a me, io sono il tuo burattinaio, io muovo i tuoi fili. Senza di me saresti NULLA!” la voce era così potente da rimbombare nella vuota armeria.
“Allora aiutatemi!” concluse il cavaliere quasi implorando. I suoi occhi neri avevano perso la propria fiamma. La furia si era spenta. Era impotente e vulnerabile. Era stato creato dalla stessa persona che minacciava di distruggerlo e poteva farlo con uno schiocco di dita.
“Vedremo Edric…vedremo. Hai ancora questa notte per soddisfare la tua fame, ma i suoi segni sono troppo evidenti su di te. Cerca di non farti scoprire, non tradirmi e forse potrò fare qualcosa.”
Era costretto a sottomettersi, perciò inchinandosi mormorò con la voce spezzata “Come desiderate.”
“Adesso va’, e agisci in modo meno sospetto…guardati, così sudato e tremante, sei patetico!” la voce era indignata, quasi schifata dall’atteggiamento dell’uomo.
“D’accordo…” fece un altro inchino e uscì.

Leon, che aveva seguito quello scambio di parole nascosto dietro una colonna, uscì allo scoperto aspettandosi di trovarsi di fronte e scoprire a chi appartenesse l’altra voce. Aveva sentito allontanarsi solo Edric.
Ma una volta fuori del suo nascondiglio, si accorse che era solo.
Lì dentro non c’era nessuno se non la sua stessa immagine riflessa in uno specchio!
 
********
“Leon, quindi mi stai dicendo che hai sentito Sir Edric parlare con qualcuno ma non hai scoperto chi fosse perché non hai trovato nessuno?”
Il principe era poggiato con un braccio allo schienale della grande sedia nella sala della tavola rotonda.
Con l’altra mano si grattava il mento.
“Ti rendi conto che non ha senso ciò che dici vero?”
“No, cioè, sì. Ma Sire, sono sicuro di ciò che ho sentito!”
“Appunto, hai detto che hai sentito due voci, l’altra persona sarà semplicemente uscita senza che tu te ne accorgessi!”
“No Sire, ho udito solo Edric allontanarsi, ne sono sicuro!”
“Ammettendo che sia vero, che l’altra persona non si è allontanata…come hai fatto a non vedere chi fosse durante il loro dialogo. Eri dietro la colonna, non potevi non vederlo. Edric l’ha osservato chiaramente…l’hai riconosciuto!”
“Sire, è questa l’altra cosa strana. Pur sporgendomi, non ho notato nessuno. Neanche l’ombra dell’altra persona.”
“E la sua voce? Era maschile…femminile…?”
“Non lo so Sire?”
Allora il principe si innervosì. Sgranando gli occhi esclamò: “com’è possibile che tu non lo sappia?!”
“La voce era…era….come metallica. Profonda ma distorta. Era inquietante se devo dirla tutta e sapete che io difficilmente mi inquieto. Per una voce poi….era irriconoscibile!”
Elyan, che aveva intercettato un agitato Leon nel corridoio, si era unito a loro in quella sala ed aveva seguito il discorso con il reggente in silenzio. Ma decise in quel momento di parlare per esprimere i suoi dubbi.
“Sire, se mi permettete…”
Arthur rivolse lo sguardo a lui e fece un cenno di assenso.
“C’è solo una persona con cui abbiamo visto Edric parlare in questi giorni…pensateci. E poi tutto è iniziato con l’arrivo di vostra cugina…”
Il biondo si scurì di colpo in volto e si avvicinò al bruno cavaliere come una furia.
“Ti rendi conto di quello che stai insinuando? Stai calunniando mia cugina, una nobile…ingiustamente!”
Il cavaliere di fronte a quella reazione indietreggiò di qualche passo quasi spaventato. Poi alzò le mani in un gesto di resa.
“Non mi riferivo a vostra cugina!”

Il principe a quelle parole sincere, si bloccò un attimo risvegliandosi, la sua furia momentaneamente in stallo. Indietreggiò anche lui. Si rese conto di essersi quasi scagliato contro uno dei suoi uomini.
“E chi…?”
Leon capì. Si intromise. “No Elyan, non può essere stato Dagonet. L’avrei riconosciuto…”
“Come? Hai detto che la voce era indistinguibile…”
“Non lo so ma…no! E’ un cavaliere, con i nostri valori…”
“E poi non sappiamo di cosa stessero parlando…può essere anche di altro. Tipo non so…”
“Appunto. Non ho sentito parlare di creature Sire. Solo di anima. Ma forse si riferivano ad altro….e poi non aveva nessuna ferita”
“Non lo so, ma credo sia giusto indagare…” sussurrò Elyan agitato, quasi avesse paura di esprimersi dopo la reazione del principe.
Il principe percependolo, quasi se ne vergognò.
“Va bene…continuiamo come abbiamo fatto questi giorni. Occhi aperti!”
Detto questo li congedò sedendosi alla tavola rotonda.
Bloccò però entrambi con la sua voce mentre lasciavano la stanza. “Leon…grazie.” Il cavaliere riccioluto sorrise.
Poi continuò: “E, Elyan….” Non riusciva a scusarsi, ma l’altro capì ugualmente.
Sorrise anche lui come il suo compagno in armi e aggiunse “Non vi preoccupate!”
Anche il principe sorrise grato. Poi annuì in cenno di saluto.
Entrambi uscirono lasciando il ragazzo solo ma in compagnia di un turbine di pensieri.
 
********

La giornata trascorse più o meno freneticamente per tutti anche quel giorno a Camelot.
Il tramonto si avvicinò e una ragazza dai capelli mossi e la pelle bruna si aggirava per le strade della città bassa. Aveva una cesta piena di lavoro che si era portata a casa.
C’era ancora la luce del giorno, ma era tenue…andava pian piano spegnendosi.
Aveva un po’ freddo. Si strinse nelle spalle, avvolte da uno scialle.
Mentre camminava verso casa, avvertì alle sue spalle uno scricchiolio.
Dapprima non ci fece caso. Le strade erano ancora vive a quell’ora della giornata.
Poi ne udì un altro, più vicino.
Si guardò attorno, era sola. Non si voltò però.
Il suo cuore iniziò ad accelerare il battito. Il respiro aumentò in un crescendo.
Un altro scricchiolio. Come di suola contro la pietra.
Non doveva voltarsi. Accelerò il suo passo al ritmo del suo cuore. Il suo fiato sempre più affannato. Aveva paura.
Vedeva la porta della sua casa, era poco distante, c’era quasi.
Non stava correndo, le gambe erano pesanti, inchiodate dal terrore, l’adrenalina non la stava aiutando.
Era vicina, sempre più vicina…non doveva girarsi.
Poi udì un tonfo. Qualcuno si era fermato, anche lui più vicino.
Troppo.  Chiunque fosse, era veloce e lei sapeva che non ce l’avrebbe fatta ad arrivare in tempo a casa.
Prese coraggio…si girò e sobbalzò!”

“Sir Edric!” esclamò col poco fiato che le era rimasto. Si portò una mano al petto.
“Mi avete spaventata a morte! Che ci fate qui?”
Il cavaliere assunse un’espressione desolata.
“Oh, mi dispiace tanto, non volevo causarvi disagio Gwen. E’ solo che si sta facendo buio…” indicò il sole che era quasi del tutto calato
“Il principe Arthur ha dato l’ordine di pattugliare le strade…sapete a causa della creatura”
La ragazza annuì. Lo immaginava. Il suo cuore però continuava a battere all’impazzata. Ancora non si era calmata. Ma perché? Era solo un cavaliere no?
“Sì sì, certo. Bene allora vado a casa”
“Sì sì, anzi scusate, sono stato maleducato.” Sorrise “Per sdebitarmi per lo spavento causatovi vi accompagno io, tanto è vicino no?”
“Sì sì, ma non vi scomodate Sir Edric, non c’è bisogno…” si sentiva agitata…non sapeva bene il perché.
C’era solo uno spicchio di sole mentre il rosso cavaliere disse, con voce roca e scura “insisto…”
Un brivido le attraversò la schiena. I capelli le si rizzarono sulla nuca.
Sentì che doveva obbedire…non perché volesse ma per la paura. Era tornata.
“Va…va bene. Da questa parte…” si voltò di scatto. Era pronta a correre, non sapeva il motivo ma sentiva che doveva farlo se voleva essere al sicuro.
Il suo cuore sembrava impazzito.
Il sole era sparito. Alle sue spalle una voce cupa e tremenda cantilenò “Gweeen, dove andate? Giratevi” poteva avvertirne un ghigno.
Le sue gambe si inchiodarono di colpo. Si girò…
Fu catturata immediatamente da due occhi gialli. “Si…Sir… Ed…Edric…?” non era più lui. Tremava.


La notte era ormai calata quando un grido di terrore strappò la calma dell’oscurità.

Quell’urlo ghiacciò i cuori di altre due persone che erano vicine.
Queste due persone si misero immediatamente a correre.
Provenendo da direzioni opposte si scontrarono.
“Merlin?”
“Clara? Hai sentito?” era pallido e scosso come lei.
“Sì, ne sono sicura…era Gwen. Proveniva da casa sua…corriamo!”
E afferrandogli la mano lo trascinò con sé.
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Ta daaaaaam! Ve l’aspettavate? Cosa sarà accaduto alla nostra Gwen?
Aspetto con ansia di leggere le vostre teorie. Vi prego commentateeeeeeee…per me è sempre un piacere ed un modo per migliorare/darmi una botta di autostima che ho sempre sotto i piedi xD
Scusate come sempre, oltre a errori e frasi confuse, anche il formato e il carattere un po’ “stravolti”. Sinceramente non so ancora gestire bene la questione “html” o come si chiama hihihXD
Grazie ancora, buona notte e…kiiiiiisssss!!! :*

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Capitolo 9
*** Wendigo: VIII Capitolo ***


Ciao a tuttiiiiii! :D
Come va? Pronti alle vacanze natalizie?
Io in vacanza ci andrò per modo di dire, ma il Natale è sempre bello, incasinato o “rilassante” che sia! *_*

Anche questa volta mi scuso per il ritardo. Ho avuto diversi problemi tra cui anche quelli tecnologici, che non mi hanno permesso di pubblicare la scorsa settimana e mi è dispiaciuto un sacco. Spero in cuor mio però, che abbiate sentito la mia mancanza…anche solo un pochino! :D
Bene, ringraziando chiunque continua a seguirmi o ha appena iniziato a farlo, in questa folle avventura, magari anche con recensioni *_*, vi lascio al nuovo capitolo, che forse è un po’ più breve ma spero vi piaccia comunque.
Buona lettura…ciauuuu! :*


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WENDIGO

 VIII capitolo

Dove eravamo rimasti:
Il sole era sparito. Alle sue spalle una voce cupa e tremenda cantilenò “Gweeen, dove andate? Giratevi” poteva avvertirne un ghigno.
Le sue gambe si inchiodarono di colpo. Si girò…
Fu catturata immediatamente da due occhi gialli. “Si…Sir… Ed…Edric…?” non era più lui. Tremava.

La notte era ormai calata quando un grido di terrore strappò la calma dell’oscurità.

Quell’urlo ghiacciò i cuori di altre due persone che erano vicine.
Queste due persone si misero immediatamente a correre.
Provenendo da direzioni opposte si scontrarono.
“Merlin?”
“Clara? Hai sentito?” era pallido e agitato come lei.
“Sì, ne sono sicura…era Gwen. Proveniva da casa sua…corriamo!”

E afferrandogli la mano lo trascinò con sé.
*****
 
Nel frattempo Gwaine e Lancelot, che erano di pattuglia in un’altra zona della cittadella, udirono alcuni ‘colleghi’ della guardia di Lady Ana, passare di lì parlottando.
"Oggi Edric era scoordinato, sembrava distratto…'
“Già…è dall'altra notte che lo è ora che ci penso"
“Sarà per colpa della ferita…”
Al sentire la parola ‘ferita’ i due cavalieri di Camelot scattarono come molle.
“Ferita?” chiese Gwaine interrompendoli quando furono abbastanza vicini.
“Sì, alla spalla. Ha detto che se l'è fatta combattendo contro Dagonet, sapete l'altro giorno... Ma perché vi interessa?”
“No così...è un cavaliere come noi, ero preoccupato…” arrancò come scusa.
“Già...” rispose l’altro facendo finta di aver capito la motivazione del moro cavaliere dalla lunga chioma.
Sir Lancelot annuì congedandoli e i due si allontanarono.
 “Allora Paul dicevo...” così sfumarono le loro chiacchiere.

Gwaine si voltò verso il suo compagno di armi e sottovoce disse:
“Lance, hai capito vero? E’ l'imbrunire. Dobbiamo cercare quel bastardo ora!”
“Gwaine, forse ti sbagli. Forse dovremmo parlarne prima con Arthur. Dopotutto è abbastanza plausibile che Sir Edric si sia ferito l’altro giorno allenandosi con Dagonet”
“Lance, pensaci: tutto è iniziato con l'arrivo di lady Anastasia…”
“Va bene ma, questo non esclude che…”
“Lancelot non c'è tempo lo capisci?” esclamò a denti stretti sempre più in ansia “Io ero lì il giorno del duello, e lo ero da prima del tuo arrivo. Dagonet non l'ha neanche toccato con la punta della spada. Non può averlo ferito. Quindi perché mentire?”
“Quindi...perché mentire…?” ripeté Lancelot sovrappensiero. Lo sguardo perso nelle congetture.
Poi spalancò gli occhi, aveva ragione!
“Gwaine non c'è tempo! Dobbiamo trovarlo!”
“Andiamo!” gli fece eco l’altro.
I due scapparono via. Cercavano Sir Edric…o la bestia!
*****
 
Clara e Merlin arrivarono giusto in tempo per vedere Gwen priva di sensi. Stesa per terra con la fronte sanguinante all’altezza della tempia destra.
Su di lei incombeva una figura: la bestia!
Non si accorse subito di loro.
Era enorme e imponente, ma il suo corpo emaciato non lo rendeva meno mostruoso.
I suoi artigli catturarono immediatamente l’attenzione di entrambi. Minacciosi e assassini. Da dov’erano riuscivano a vedere solo quelli e il pelo rosso scuro, quasi nero, che lo rendeva ancora più bestia, ancora più mostro. Quasi si fosse intriso nel tempo del sangue delle sue innumerevoli vittime, macchiandosi del peccato più grande: strappare la vita.

“Merlin…” sussurrò Clara prepotentemente. “Intervieni!”
“Come? Non so cosa fare?” la imitò nei toni.
La ragazza alzò un sopracciglio come a dire ‘seriamente?’
“Usa la magia no, testone!” lo spronò ancora sottovoce.
E pensando al discorso di Kilgarrah si chiese: Sarà il ‘momento giusto’?
Deciso che una qualsiasi cosa era meglio che restare lì impalato, portò una mano davanti a sé. Aprendo il palmo mormorò deciso mirando alla creatura:

Bregdan anweald sweord Ic bebíede Forbærna

Ma l’incantesimo non sembrò neanche scalfirlo dato che non accadde nulla.
Il mostro continuava a grugnire, mentre si chinava sulla ragazza, ignaro di tutto.

“Merlin! Che stai aspettando? Scaraventalo come fai di solito con quel…” imitò il gesto della mano che usava fare il giovane mago, prima di un incantesimo.
“Sì sì giusto!” erano entrambi in preda al panico.
Deglutendo sospirò: Oferswinge!
I suoi occhi cambiarono colore e la creatura fu lanciata contro un muro vicino brutalmente.
Ma era più forte del previsto perché era già pronta ad alzarsi. I denti aguzzi in mostra. Lo sguardo insanguinato furioso.
Ringhiava in affanno.

Sembra un cavallo imbizzarrito, anzi no, un cane - pensò Merlin. Poi fu folgorato da un’epifania.
Nella sua mente lo stupido proverbio ripetuto dal drago:

‘Ricorda: can che abbaia non morde!’

Così come sempre accadeva nei momenti di difficoltà, l’incantesimo sorse da solo, ridestato da antichi ricordi. Gli si posò sulle labbra di istinto.

Bebay odothay arisan cwuicum

E la creatura, che era piegata sulle ginocchia intento ad alzarsi li fulminò con lo sguardo.
Si alzò, e si avvicinò a loro con grandi falcate.
Il giovane mago ripetè: Bebay odothay arisan cwuicum, bebay odothay arisan cwuicum, bebay odothay….
come una litania, ininterrottamente finché i suoi occhi divennero nuovamente dorati, e anche quelli di sangue della creatura mutarono.
Divennero dapprima gialli, poi sfumarono nel nero.
Nel frattempo anche il suo corpo cominciò a trasformarsi.
Proprio nel momento in cui i due udirono dei passi avvicinarsi sempre più veloci.
“Merlin! Clara!” urlò Gwaine.
“Gwen!” gridò invece Lancelot vedendo la ragazza per terra immobile. Nel suo cuore il terrore. Era pietrificato.
Si fiondò subito su di lei, per sentirne il battito. Avvicinò dolcemente le dita tremanti al suo collo. Percepiva il battito, anche forte. Poi le sue dita trovarono anche la ferita sanguinante sulla tempia. La sfiorò e lei si lamentò debolmente.
“Ssh Gwen, è tutto a posto, sono qui!” sussurrò. Rimase lì a farle da guardia. Poi si ricordò degli altri e del motivo per cui erano lì. Spostò lo sguardo sulla scena davanti a sé.

“Ragazzi, è quello il…?” domandò con voce tremante Gwaine.
“We…wen…ndigo sì!” rispose la ragazza balbettando mentre tutti e tre indietreggiavano impauriti. La creatura avanzava su passi incerti. Le sue braccia di pelo piano piano si assottigliarono coprendosi di pelle. Il corpo recuperò struttura, carne, colore.
I canini si ritrassero e piano piano, assomigliava sempre più a chi era, recuperando le sue vere sembianze. Fino a quando i suoi tratti divennero più nitidi. Era lui.

“Edric! Sei un bastardo assassino!” ruggì il cavaliere, e stava per saltargli addosso approfittando della sua espressione confusa e spaesata.
Non fece in tempo però, i tratti Wendigo non erano ancora svaniti del tutto. Così il cavaliere riuscì solo a graffiarlo con la spada, che lui era già corso via, svanito quasi alla velocità della luce.
“NO!” urlò. "Come diavolo ha fatto?". Si sfogò lanciando la spada per terra violentemente. Sapeva che era inutile inseguirlo, era già sparito.
 
*****
Giunsero sul posto poco dopo anche Arthur e Sir Leon, a cui era giunta voce del trambusto.
Il principe ebbe un sobbalzo al cuore nel riconoscere la sua Gwen, lì per terra ferita.
Si avvicinò subito alla ragazza, che proprio in quel momento si era svegliata e si stava levando a sedere con l’aiuto di Lancelot.
Si accovacciò accanto a lei. “Amore mio…tutto bene?”
“Sì…credo di sì. Solo…tanta paura. Arthur, era un mostro ed era…era…Sir Edric!”
Il principe si paralizzò. Aveva ragione Elyan.
Ridestandosi dalla sua realizzazione, si rivolse a Lancelot.
“Lancelot, accompagneresti Guinevere da Gaius? Così che possa medicarle la ferita e controllare che stia realmente bene”. Lei fece una smorfia, odiava essere trattata da bambina. Era lì dopotutto, perché parlare come se non ci fosse?
Lui notando la sua espressione, sorrise. Aah quanto la amava, anche quando faceva la bambina. Le baciò la fronte e facendo un cenno con il capo al cavaliere, lo invitò ad eseguire gli ordini.
Lui rispose annuendo. Tutti e tre si alzarono in piedi
Il cavaliere si allontanò con la ragazza, cingendole le spalle con un braccio.

Va bene, ti ho autorizzato io – pensò il biondo - ma quel braccio lì? E’ davvero necessario?

Lasciando emergere il suo animo geloso. Poi scosse la testa. Non era il momento di pensarci.
“Gwaine e voi due…mi spiegate cos’è successo? C’entra davvero Edric?”
Gli raccontarono tutto, ovviamente i due servitori omettendo il discorso magia.
Anche Percival arrivò giusto in tempo per sentire il racconto.
Elyan era andato in infermeria dalla sorella.
Il principe era furioso. Per l’ennesima volta erano stati traditi dal di dentro, da chi stava ospitando a corte.
“Basta così! Questa storia sta andando fin troppo avanti. Parlerò immediatamente con Dagonet. Voi – aggiunse rivolgendosi ai tre cavalieri - pattugliate tutta la città bassa...adesso! Non possiamo farcela sfuggire. Radunate gli altri cavalieri. Non perdiamo tempo!”

Gwaine e Percival annuirono e si allontanarono immediatamente.
Il primo cavaliere invece, si avvicinò al principe. Vedendolo teso e preoccupato, gli posò una mano sulla spalla. “Arthur, Sire tranquillo...lo troveremo!”
Arthur annuì distrattamente ma grato.
Anche Leon seguì gli altri due.

Guardando Merlin e Clara che erano rimasti in disparte, sbraitò: “cosa ci fate lì impalati? Andate a fare il vostro dovere. Lavorate!”
In quel momento sapeva di essere ingiusto sfogando la sua rabbia su di loro, ma francamente non gli importava. C’era troppo da fare e loro due se ne stavano così, con le mani in mano.
Merlin scuotendo la testa si allontanò seccato, Clara si fermò qualche secondo a fissarlo.
Si era offesa, lui l’aveva ferita reagendo così. Solo allora gli sfiorò il pensiero che anche lei come Merlin stavano per essere vittime del mostro. Anche loro come Gwen dovevano essere spaventati. E lui li aveva prima ignorati poi trattati in quel modo.
Si sentì in colpa. Aprì la bocca per blaterare qualche solita indiretta scusa, ma lei non gli diede il tempo. Imitando l’amico, scosse la testa .
Sembrava dirgli ‘sei una causa persa’, e lui in cuor suo lo sapeva. Poi con gli occhi lucidi si voltò e si diresse verso il castello.
E lui da codardo qual era quando si trattava di sentimenti, non la seguì.
 
********************

“Gaius avevate ragione. Non può essere Clara il Wendigo. Lei era con me quando l’abbiamo trovato che attaccava Gwen. E quell’…animale ha attaccato pure noi!”
“Cosa ti dicevo Merlin, non tutto è ciò che sembra”
“Già, mi ricordate qualcuno” la sua mente tornò a Kilgarrah. Conosceva i suoi sospetti ed aveva sempre saputo che non era lei.
“E adesso mi sento in colpa perché ho dubitato di un’amica”
Gaius sospirò. Un ‘te l’avevo detto’ aleggiava nell’aria inespresso.
Il mago si mise a sedere pesantemente. “Sì sì, me l’avevate detto, lo so. Però lo sapete, quando Arthur è in pericolo non capisco più niente…e lui ha un ‘cuore puro’” poi registrando le sue stesse parole, sgranò gli occhi scandalizzato “Oh mamma sembro Gwen!”
Il medico rise. Poi aggiunse “E anche questa volta hai imparato la lezione!”
“Già, lo spero. Solo che…” si fece di nuovo serio.
“Non è finita Gaius. Clara o non Clara, lui è ancora lì fuori e la notte è ancora lunga”
********************
 
Clara in quel momento stava rientrando dopo essere andata a far visita a Gwen a casa sua dove vi erano ancora Lancelot ed Elyan. Quest’ultimo sarebbe rimasto con lei per la notte.
Anche questa volta fu bloccata nel suo cammino verso le stanze del medico di corte, da delle voci concitate.
Provenivano dalla ‘nicchia’. Erano Dagonet e Anastasia. Ormai aveva imparato a riconoscerle.
Scostò delicatamente la tenda e questa volta non si limitò ad ascoltare.

Vide Dagonet e Lady Ana, stavano litigando.

“No ora basta! Mi stai riempendo di bugie. Dietro ogni parola che esce dalla tua bocca c’è nascosto un mondo di bugie! Sono stanca…STANCA!” urlò la ragazza, aveva le lacrime agli occhi.
Fece per allontanarsi bruscamente da lui, ma il cavaliere la afferrò per il polso.
“Ana aspetta…” lei continuava a dimenarsi per liberarsi “Lasciami!” disse a denti stretti guardandolo negli occhi.
Una lacrima le si posò sulle labbra. 
All’improvviso smise di opporre resistenza. Lui la guardò teneramente.
“Ana io…non capisci che ti amo?!” sussurrò, ma con forza.
Lei spalancò i suoi grandi occhi verdi.
E Clara si portò una mano alla bocca incredula, coprendosela.
Ma il giovane cavaliere non diede tempo a nessuna delle due di realizzare la cosa.
Tirò dolcemente la fanciulla per il polso che ancora stringeva, e la baciò. Con tanta passione e tanto amore che la serva si sentì morire dentro e qualche lacrima minacciava di scendere anche a lei.
Vide le loro dita intrecciarsi come siamesi, congiunte da due anelli intarsiati identici, uniti come le loro labbra. Sigillo di un’unione più grande. Celata a tutti e probabilmente proibita.
Era troppo per lei. Decise di andare via. Di lasciare a entrambi un po’ di privacy e si incamminò verso le stanze di Gaius e Merlin.
A qualcuno doveva rivelare quel gossip.
*****

Mentre i due erano inspiegabilmente tornati sull’argomento Clara, la ragazza stessa spalancò la porta della stanza entrando come una furia, interrompendoli.

“Ragazzi ho uno scoop succosissimo per vo…ma cosa succede?”
I due avevano infatti l’espressione di due cervi abbagliati dai fari.
Alzò un sopracciglio scettica, quasi a rivaleggiare Gaius.
“Non è che per caso parlavate…di me?” chiese arrotolandosi la catenina intorno alle dita inconsciamente.
“No!” esclamarono all’unisono.
“Mmm…non ne sono tanto convinta. Genny dice che chi fa il pappagallo in realtà nasconde qualcosa”
“No no” ripeterono in coro scuotendo entrambi la testa.
Allora lei, incrociando le braccia sul petto continuò “Mah…allora? Di chi parlavate se non di me?”
“Di…” iniziò il mago.
“…Sir Edric” completò il medico di corte.
Lei arcuò nuovamente il sopracciglio.
“Questa cosa non mi piace, ma nella mia infinita bontà vi lascerò stare e non vi farò più domande. Anzi no, una ce l’ho…”
I due ebbero un attimo di panico.
“Merlin…”
“Sììì…?”
“Prima, con il Wendigo…come sapevi che incantesimo usare?”
“Aaah, l’incantesimo!” sospirò sollevato.
“Perché cosa credevi?”
“No no, nulla…comuuunque, l’incantesimo me l’ha ricordato Ki…”

Oh no, non l’ho scampata. Adesso chi le dico?
“Ki…?”
“Killian…” accorse Gaius in suo aiuto.
“E chi è?” domandò la ragazza. Anche Merlin stava per fare la stessa domanda ma Gaius lo incenerì con lo sguardo, ammonendolo.
“E’ un antico e potente mago, autore di uno dei libri che gli ho dato”
Lei arricciò il naso poco convinta.
“Sì Killian.” Confermò il giovane. Poi preferì sviare tornando al quesito che lei gli aveva posto.
“Devi sapere che uno dei primi giorni qui a Camelot, c’era questo cavaliere, Valiant si chiamava, che…”
E finì per raccontarle tutta la storia.

Quando ebbe concluso, il trio si era seduto. La giovane aveva il mento poggiato sulle braccia tenute conserte sul tavolo.
“Sì ma, ritornando a quella domanda, perché proprio quell’incantesimo?”
“Perchè letteralmente significa…” si preparò ad assumere la sua ‘posa incantesimo’ con il braccio teso e la mano aperta. “Ti comando di sorgere alla vita” e considerando che il suo ‘lato umano’ in quel momento era…diciamo spento o morto…. Lo so sembra forzata come cosa, ma è l’unica idea che mi è venuta in mente su due piedi. E poi alla fine ha funzionato, perciò non mi lamento!”
“E bravo il mio Merlin!” disse lei esultante, alzandosi e stropicciandogli i capelli.
Lui fece una smorfia poco contenta.
Gaius levò gli occhi al cielo. Erano dei bambini.
“Ah Clara!” si ricordò l’uomo all’improvviso. “Sbaglio o prima ci parlavi di una…scopa?”
La serva si voltò di scatto a guardarlo scioccata. “Di una che?”
“Tu, prima…entrando parlavi di una scopa…”
“Aaah…” capì e scoppiò a ridere “Non di una ‘scopa’, di uno ‘scoop’…un pettegolezzo diciamo.” Poi trascinando entrambi per le mani ed avvicinandoli a sé per formare un semicerchio sussurrò con tono cospiratorio “lo volete sapere?” ammiccando sorniona.
“Sì, ma perché sussurriamo e siamo piegati?” mormorò il mago. “Ah giusto!” si rimise dritta. Poi con toni normali riprese. “Non potrete mai credere a quello che sto per dirvi. Ho visto…”
Hai spiato in pratica…” la corresse Merlin.
“Sì vabbè, dettagli. Comunque ho visto Dagonet e Lady Ana che…”

E mentre lei raccontava, i due uomini pendendo dalle sue labbra, si persero nelle sue chiacchiere. Accantonarono per un po’ i loro problemi ed i loro dubbi.
Servivano le distrazioni in momenti di crisi no?
******


Quella notte sembrava non finire mai a Camelot.
Stormi di cavalieri erano riversi nelle strade in cerca della creatura.

Nel frattempo i cavalieri della tavola rotonda erano riuniti nell’omonima sala.
Parlavano di strategie, di ricerche. Finché al reggente non venne un’idea geniale.
Va premesso che erano con loro anche i due servitori ‘preferiti’ dal principe, escludendo Gwen che invece era a casa a riposare dopo gli eventi della serata.

“Allora ragioniamo. Ci serve qualcuno dal cuore ‘puro’. Qualcuno che nella sua idiozia non ci ha pensato due volte in più occasioni a offrirsi volontario per sacrificarsi per qualcun'altro”
Gwaine finse un colpo di tosse, alludendo a quel  ‘qualcun'altro' come al principe stesso.
Il principe finse di non cogliere il sottinteso riferimento.
Continuò: “Qualcuno che si getterebbe nel fuoco per i più deboli, che si è autoaccusato di stregoneria per difendere un’amica, che al sol pensiero durante, la caccia, di dover uccidere un piccolo animale indifeso piange…qualcuno che…per farla breve è un completo, ridicolo…idiota!”
Di colpo otto paia di occhi si concentrarono su una persona. Una persona che in quel momento era intenta a riempire il calice di vino proprio del biondo ed era leggermente distratta.
Sentendosi avvolgere dal silenzio, alzò lo sguardo curioso. Ebbe un colpo. Perché lo guardavano tutti? Che aveva fatto. La maggior parte nascondeva, malissimo, un ghigno.
“Che c’è? Che ho fatto questa volta?”
“Niente…” rispose Gwaine andandogli vicino. Poi cingendogli le spalle con un braccio continuò “Tu, amico mio, sarai ancora una volta…ta ta ta daaam” canticchiò “Squillino le trombe…un eroe!” il ragazzo strabuzzò gli occhi.
“Perché?” poi preoccupato guardò Arthur “Perché?”
“Perché sei un idiota dal cuore d’oro e la creatura ne va ghiotta!”
“Di che…?” voleva tanto aver capito male. Ah, il babbeo e le sue pazze idee!
“Che vi dicevo? Un idiota! Va ghiotta di cuori, cuori puri Merlin.” Rispose.
“E quindi…?”
“Non fare il finto tonto!” lo accusò il principe roteando gli occhi “Stanotte attirerai il mostro per noi.”
Il moro fece una smorfia e impallidì. “Che cosa…ma…non ho il cuore così puro. Nascondo…dei segreti!”
Allora Arthur imbronciò le labbra e, gli occhi curiosi ridotti a fessura, domandò: “E sarebbero….?”
Clara guardò il mago come a dire ‘tu davvero sei un idiota!
“Per esempio, che ieri…ha fatto un altro buco alla vostra cintura Sire!” intervenne lei.
Le labbra del mago formarono un muto grazie. Lei sospirò.
“MERLIN!”
“Non conta Merlin. In fondo lo fai per il suo bene quindi…cuore d’oro!” ribadì Gwaine.
Allora il servo sospirò arreso. Poi lasciò cadere le braccia lungo i fianchi pesantemente.
“Va bene, cosa devo fare?”
Il principe sorrise maliziosamente, incrociò le braccia spavaldo, quasi dovesse fare tutto lui, e soprattutto la parte più difficile e pericolosa. Poi disse: “Tu mio caro Merlin, come ti dicevo…sarai la nostra esca!”
A quelle parole il mago deglutì sonoramente e un brivido lo attraversò.

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Ta ta ta daaaaam…cosa succederà? Lo scopriremo nel prossimo capitolo che probabilmente sarà l’ultimo di questa macro-introduzione ad una storia più grande che ho in testa da un bel po’.
Gli incantesimi, il primo dei quali è un po’ modificato, provengono dal sito
http://merlin.wikia.com/wiki/Spells

Mentre per la descrizione del Wendigo mi sono fatta aiutare da Wikipedia e varie serie televisive.

Bene, anche questo capitolo è andato…ringrazio come sempre tutti voi che folli come me :P mi seguite e di cui apprezzo tantissimo i commenti.
Mi scuso anche nuovamente per eventuali errori e per il ritardo.
Vi auguro una buona giornata…un bacione,
Lake90

P.S. Vi prego, lasciate un commentino….pleeeeeeaseeee! :’(
 

 

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Capitolo 10
*** Wendigo: IX Capitolo ***


 
Toc toc…c’è nessuuuuuuuuuuuno?
*Corre a nascondersi sotto il letto*
Lo so, lo so, sono passati forse due mesi o poco più e non merito di avere ancora qualcuno che mi segua. :(
Vi chiedo perdono dal profondo del mio cuore per la lunga attesa e per aver risposto solo oggi alle gentilissime e simpatiche recensioni che mi avete lasciato.
Purtroppo come dicevo ad alcuni di voi, sono un po’ indietro con l’università ed ho ricevuto un “aut aut” dai miei a mo’ di ultimatum. Perciò il PC era per me intoccabile. Ora però ho dato un esame ed ho una settimana di “vacanza” prima di immergermi nuovamente nello studio matto e disperato.
Voi direte “ma quanto parla questa? Perché ci racconta la storia della sua vita?”
Avete perfettamente ragione. E’ solo che pensavo meritaste una giustificazione plausibile per avervi lasciati così.
Comuuuuuuunque mi scuso e spero davvero vorrete ancora seguirmi in questa follia.
Rettifico quanto detto nello scorso capitolo: questo non sarà l’ultimo di questa mia' macro – introduzione', probabilmente il prossimo lo sarà.
Un’altra cosa: io sono una fan accanita del telefilm "Buffy - ammazzavampiri" ed in questa mia storia farò spessissimo riferimenti alla serie, addirittura citazioni e probabili crossover o "furti di scene" (adattate). Perciò, mi rivolgo a chi seguiva la serie, vi sfido a cogliere il riferimento presente in questo capitolo…non vedo l’ora di leggere la risposta nei vostri commenti.
Mi raccomando se vi va…commentata!!! *_*
Bene, vi lascio al nuovo capitolo.
Buona lettura e…. ci “vediamo” nelle note finaliiiii!!! :P


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WENDIGO
IX capitolo

Dove eravamo rimasti:
…“Perché sei un idiota dal cuore d’oro e la creatura ne va ghiotta!”
“Di che…?” voleva tanto aver capito male. Ah, il babbeo e le sue pazze idee!
“Che vi dicevo? Un idiota! Va ghiotta di cuori, cuori puri Merlin.” Rispose.
“E quindi…?”
“Non fare il finto tonto!” lo accusò il principe roteando gli occhi “Stanotte attirerai il mostro per noi.”
Il moro fece una smorfia e impallidì. “Che cosa…ma…non ho il cuore così puro. Nascondo…dei segreti!”
Allora Arthur imbronciò le labbra e, gli occhi curiosi ridotti a fessura, domandò: “E sarebbero….?”
Clara guardò il mago come a dire ‘
tu davvero sei un idiota!
“Per esempio, che ieri…ha fatto un altro buco alla vostra cintura Sire!” intervenne lei.
Le labbra del mago formarono un muto 
grazie. Lei sospirò.
“MERLIN!”
“Non conta Merlin. In fondo lo fai per il suo bene quindi…
cuore d’oro!” ribadì Gwaine.
Allora il servo sospirò arreso. Poi lasciò cadere le braccia lungo i fianchi pesantemente.
“Va bene, cosa devo fare?”
Il principe sorrise maliziosamente, incrociò le braccia spavaldo, quasi dovesse fare tutto lui, e soprattutto la parte più difficile e pericolosa. Poi disse: “Tu mio caro Merlin, come ti dicevo…sarai la nostra esca!”
A quelle parole il mago deglutì sonoramente e un brivido lo attraversò.

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Merlin passeggiava per le strade silenziose della cittadella.
Il suo passo era sicuro, il suo cuore un po’ meno.
Di tanto in tanto si guardava intorno. Poi prontamente gli rimbalzavano in testa gli ordini del principe:

“Qualsiasi cosa accada non guardarti intorno. Fai l’indifferente…devi fare finta di niente!”

Sì, facile per voi che siete ben nascosto e protetto, pensava.

Ma in fin dei conti, ciò che stava facendo, non era tanto diverso da quello che faceva tutti I giorni da più di tre anni ormai.
Immolarsi per Camelot, per Albion…per Arthur.
E tornasse indietro lo rifarebbe ancora. Lo stava facendo anche adesso dopotutto.
Senza ripensamenti…be’, forse solo uno piccolo piccolo.

La luna era appena uno spicchio nel cielo.
Era freschetto ed ogni tanto un soffio di vento lo faceva sobbalzare.
Ottimo lavoro Merlin, sei grande nel ruolo dell’ ’indifferente’sei così indifferente da saltare per un misero sbuffo d’aria!?  si rimproverò mentalmente. E stranamente quel tono sarcastico aveva la voce di un certo principe.

Camminava ormai da un’ora, quando scorse con la coda dell’occhio un movimento alla sua destra.
Ma dopo un’ora in cui non era accaduto niente, non gli diede molto peso.
Sapeva infatti che erano nascosti nell’ombra i cavalieri, che sarebbero saltati fuori al momento di un eventuale attacco.
Perciò tranquillo proseguì, tra le strade mute e le porte chiuse ora di una taverna, ora di qualche locale o anche di qualche casa.
Poi ancora un movimento. Una scheggia indistinta di oscurità.
Il suo cuore saltò qualche battito.

Calmo…hai sempre la tua magia con te.  Meditò
Ma poi si rispose da solo “Certo, che posso usare benissimo circondato dal principe e la sua piccola armata. Sono un genio!” Si rimproverò borbottando sottovoce, ancora una volta incanalando i toni di Arthur.
Proseguì.
Qualche spiffero, un gufo in lontananza, qualche gatto…non era solo dopotutto.
Poi un rumore, un tonfo.
Qualcuno mugugnò e il gatto scappò miagolando terrorizzato. Un gemito di dolore.
Poi il silenzio lo inghiottì.
Dove prima c’erano dei lamenti adesso nell’oscurità c’erano solo due occhi gialli…tendenti al rosso.

Deglutì con forza. Un rumore ancora più forte seguì il primo. Poi come un ruggito demoniaco.
“Indifferente un cavolo” mormorò. Subito scattò e si mise a correre per le viuzze della città dormiente saltando ostacoli a destra e a manca.
Vedeva una macchia oscura avvicinarsi sempre più, sempre più veloce.
Schizzava alle sue spalle mentre lui sapeva che a breve avrebbe rallentato in affanno.

Dove diavolo sono tutti? Pensò. Poi ricordò il tonfo.
Il più vicino a lui quando avevano iniziato la ‘commedia’ era Gwaine. Gli altri erano un po’ sparsi. Forse correndo li aveva seminati tutti.
Capì: il tonfo, il lamento …la creatura aveva attaccato Gwaine. E in cuor suo pregò con tutto se stesso che stesse bene.
Continuava a correre come una furia, dietro di lui rumori, scricchiolii, e un vento fortissimo. La creatura avanzava. La credeva più veloce però, o forse stava semplicemente giocando con lui, la sua preda.
La tentazione di inchiodare e voltarsi era forte, ma doveva resistere.

Corri Merlin, scappa! Questa volte la voce nella sua testa somigliava tanto a quella di Clara. Sorrise.

Ma non aveva il tempo per riflettere, i passi, anzi i tonfi erano sempre più vicini, sempre più forti. E un respiro ansimante, talmente pesante e grave da percepirlo addosso, sul collo.
Poteva seminarlo però, lo sapeva. Se solo avesse imparato un incantesimo adatto.
Poi ricordò le parole del drago…che fosse questo il momento giusto?

Be’, sono nel letame fino al collo, quale miglior momento!

Ma nella sua corsa per la vita non aveva calcolato una cosa: la sua imbranataggine.
E mentre si voltava leggermente per rendersi conto di dove fosse il mostro, non vide una stupida mela marcia abbandonata per terra …inciampò e cadde rovinosamente. Fine della corsa!
Una cosa era sicura in quel momento. Non c’era più bisogno di guardarsi indietro per vedere quanto la creatura fosse affamata e vicina.
Adesso ce l’aveva di fronte e dalla prospettiva in cui era, steso per terra, lo vedeva benissimo.
Nella sua mente riaffiorarono quasi marchiate le parole del libro. Quella descrizione un’eco al suo orecchio. Un ricordo ora non più così lontano.


“Ha grandi artigli, corpo scheletrico ed emaciato … enormi denti...veloce. È capace di imitare la voce umana e i versi degli animali. Ha gli occhi gialli che diventano rossi quando punta la sua preda”


E la sua ‘preda’ in quel momento era lui.

Due occhi rosso sangue lo guardavano assassini.
La bocca aperta mostrava i denti enormi e affilati mentre il suo fiato affannoso era l’unico suono in quel muto istante.
Sentiva solo quello, insieme al battito potente e frenetico del suo cuore. Non riusciva a respirare.
 

‘Ti proteggerò io Merlin’, aveva detto Arthur, ma lui non c’era…non c’era nessuno.
Non c’è mai nessuno quando ne ho bisogno.
Quindi, avrebbe potuto usare i suoi poteri.
La creatura era ormai quasi su di lui quando la puntò col palmo aperto e il braccio teso.
“Cosa credi di fare pezzente…non sei nessuno, non sei niente!” la sua voce era grave ma umana.
Allora il giovane sorrise di sbieco. “Ti sbagli, io sono un…”
Non ebbe il tempo di ‘pavoneggiarsi’ e finire la frase, che una figura sbucò da un vicolo chiamandolo terrorizzata: “Merlin!” era Clara. Non era più solo.
“Clara no! Sta lontana…ci penso io!” si stava alzando per andarle incontro, per allontanarla. Per il panico però si era dimenticato paradossalmente della creatura che aveva dinnanzi.
Così con un gesto il mostro lo afferrò per il collo e lo scaraventò violentemente contro un muro vicino.

Merlin NO!” urlò la ragazza ancora in preda al terrore, preoccupata per lui.
Ma quella fu l’ultima cosa che udì.

Sentì però quando la sua schiena colpì il muro; sentì la testa batterci contro con una forza tale che la sua vista si annebbiò. Vedeva solo punti di colore a intermittenza.
Avvertì subito il dolore quando cadde pesantemente per terra; la sua caviglia protestò per la posizione e l’impatto.
Giaceva lì, steso con la schiena in parte poggiata al muro, le gambe un peso morto sulla pietra. Intontito, nelle sue orecchie solo un fischio perenne; il cuore in gola.

Adesso cosa le farà?  Temeva per lei.
Devo…devo… cercava di rialzarsi, ma non riusciva a muoversi.
Abbandonò dalle sue labbra un gemito.


**************************************************************


“Merlin, Merlin…” qualcuno gli stava scuotendo le spalle agitatamente.
Aprì gli occhi che non ricordava di aver chiuso. La vista gli si era rischiarata un po’: Clara. Era di fronte a lui, pallida e impaurita. Forse non per la creatura ma per lui.
Provò a parlare ma emise solo un rantolo.
Allora lei gli accarezzò la fronte maternamente e ritirò poi le dita; erano macchiate di sangue.

Il mio?
Voleva urlarle di scappare, di lasciarlo lì, che se la sarebbe cavata…ma nei suoi occhi nocciola lesse la determinazione e la testardaggine che sapeva riconoscere in lei da tre anni ormai.
Pregava solo che il Wendigo non si accorgesse della serva, per quanto impossibile, o che i cavalieri ed Arthur arrivassero in tempo.
Scosse il capo per risvegliarsi. Si guardò attorno per quanto possibile.

Come mai Edric è sparito all’improvviso quando invece era così vicino a…a…? La creatura dov’è? Si chiese in un attimo di lucidità.

Poi gli si mozzò di colpo il respiro.

“Cla…cla…” indicò tremante alle sue spalle.  
Il Wendigo…era dietro di lei.
Lei spalancò gli occhi d'un tratto: aveva capito, non si voltò.
Lo guardò un’ultima volta teneramente mentre sentiva, lo sentiva avvicinarsi col suo passo pesante e possente.
Lui ricambiò lo sguardo sentendosi inutile. Non aveva le forze neanche per usare la magia.
Il mostro si ergeva di fronte a lui, incombeva su di lei. Grugniva coi suoi occhi scarlatti e il fiato affannoso.

Lo vide a rallentatore alzare il suo braccio peloso, la mano sguainare gli artigli lucenti. Vide il suo palmo sempre più vicino alla testa di Clara.
Con la voce rotta urlò “No!” mentre si perdeva nel suo viso e poi…
Dal nulla vide sbucare l’estremità di una lama dal petto dell’essere; udì sfregare metallo contro carne; lo penetrò, lo trafisse.

La creatura sgranò gli occhi sorpresa.

Sir Dagonet, l’autore di quell’atto eroico, si ergeva su di loro. Li aveva salvati. Ma la creatura gridò, in un ululato più profondo, assassino. Non era finita, non era morto.
Si girò furiosa verso il cavaliere che ancora sorrideva vittorioso.
Non ebbe il tempo di accorgersi in quegli istanti di cosa stava per accadere che anche Sir Dagonet fu scaraventato brutalmente contro un muro.
Il mostro si sfilò la spada dal petto; la lanciò per terra e con grandi falcate pari a macigni gli si avvicinò in preda alla collera animale.
“Come hai potuto farmi questo!?” la sua voce non era più umana, era demoniaca.
Il cavaliere allora raccolse le forze e mettendosi quasi a sedere inveì:
“Come hai potuto tu farci questo Edric, tradirmi così, tradirci così! Eri il più fidato tra i miei cavalieri…eri uno di noi!”
Il mostro, Edric, lo guardò quasi tradito, ferito.
Come se le parole del suo ‘maestro’ l’avessero trafitto più della lama, più della spada.
“Tu…sei stato tu…” poi riacquistò la sua ferocia, e sempre più minaccioso gli si avvicinò.
“Hey Wendy!”qualcuno fischiò richiamando la sua attenzione.
La bestia si voltò. Lo sguardo di fuoco.
“Dobbiamo smetterla di incontrarci così” Gwaine! Ed era tutto intero! Il sorriso da sbruffone, le braccia incrociate giocosamente. Il mostro grugnì. Il furfante cavaliere inscenò la sua migliore espressione innocente.
“Che c’è Edric? Cosa ti turba? Tanti cuori puri e non sai quale scegliere? Scegli me…ho il cuore più gustoso di tutti” spalancò poi le braccia a mo’ di invito.
Edric, che era ridotto ormai ad un animale imbizzarrito, preda dell’istinto, abboccò.
Gli corse incontro, ma non ebbe il tempo di fare molti passi, che da un altro vicolo Sir Percival gli si lanciò addosso atterrandolo.

Nel frattempo arrivarono gli altri, Arthur in testa come leader. La scena che accolse il principe fu la seguente:

Merlin per terra con la testa sanguinante accudito da una timorosa ma vigile Clara sulla sinistra; sulla destra Sir Dagonet che tentava di alzarsi.
Nel centro Sir Percival che tratteneva al suolo il Wendigo, aiutato in quel momento da Sir Gwaine e un sopraggiunto Sir Elyan.
Ebbe poco tempo per restare a bocca aperta però, che il mostro scagliò lontano con la sua forza Sir Percival che con l’urto trascinò gli altri due cavalieri con sé.
 
Allora si rialzò, lanciò un urlo mostruoso e gutturale e lo puntò con i suoi occhi; due saette iniettate di sangue.
Gli si rizzarono i capelli sulla nuca ma non si intimorì completamente. Era rimasto solo lui, toccava a lui salvare tutti. Come? Non lo sapeva…si sarebbe inventato qualcosa come sempre, o come sempre la fortuna sarebbe accorsa in suo aiuto (ignaro del fatto che in realtà la sua ‘fortuna personale’ iniziasse con la M e fosse in quel momento tramortito).
Così alzò il mento fiero, a mo’ di sfida.
“Prendimi Edric se hai coraggio…volevi avere l’onore di un duello con me no? Eccomi, sono pronto!” sguainò la spada.
Edric sorrise mostrando i canini affilati.
“Con piacere Sire” rispose, questa volta la sua voce era quasi umana.
Gli si lanciò addosso come una furia e a niente servirono le ferite che il principe gli infieriva ripetutamente con la spada, nonostante già Dagonet l’avesse trafitto.
Niente poteva batterlo tranne il fuoco. Ed in quel momento vedeva solo un fuoco, ed era quello che ardeva negli occhi della bestia.
Tentò di difendersi, ma non poté nulla contro la sua violenta collera, ed anche lui finì per essere lanciato per terra con forza.
In piedi era rimasto solo Edric, fiero nonostante le inutili ferite di battaglia.
Rise fragorosamente con voce rauca e profonda.
“I grandi cavalieri di Camelot non possono nulla contro di me!” e continuò a ridere arrogante.
Solo allora Edric si accorse che c’era una persona rimasta illesa dallo scontro: la ragazza.
Tutti colsero quell’epifania nel suo sguardo e seguirono i suoi occhi che di scatto iniziarono a puntarla assetati.

“No!” strillò Arthur e gli altri lo imitarono, ma fu invano; erano tutti fuorigioco, nessuno poteva aiutarla.
Lei però non mostrava alcuna paura. Lo guardò sprezzante come solo lei sapeva essere. E lui fu ancora più divertito, quasi stuzzicato.  Decise di giocare un po’.
Le si accostò sempre più, raccolse una spada caduta nell’attacco dei cavalieri e gliela puntò al viso.
“Guardati ragazzina, sei sola, nessuno può aiutarti!”
Merlin nel frattempo si sentiva morire perché era inerme, non poteva fare nulla se non guardarla perdere la vita.

“No!” urlò allora Gwaine pronto ad alzarsi e salvarla; non ci riscì. Era come se una forza invisibile li tenesse tutti inchiodati per terra, li spingesse, li incatenasse.
Anche Merlin se ne sentiva vittima. Sentiva una energia che lo strozzava, la avvertiva prepotentemente stringergli la gola, pesargli sul petto. Poteva essere magia ma sapeva che oltre lui e la creatura, lì nessuno la possedeva. E il mostro non aveva simili poteri tra le sue caratteristiche.

“Quindi dicevo, prima che queste femminucce ci interrompessero…? Ah sì, sei sola! I cavalieri sono fuorigioco, i tuoi amici lo sono…chi ti è rimasto?” rise e in un lampo fece per colpirla con un affondo “No!” gridò il mago pietrificato dalla tragedia che stava per svolgersi davanti ai suoi occhi.
Ma l’affondo non arrivò a destinazione, perché la giovane bloccò la lama verticalmente tra le mani e rispose determinata “Me stessa!” e tirando leggermente la lama verso di sé per darsi la forza, la spinse con mani tremanti e ferite, subito verso la testa china del mostro, colpendola violentemente con l’impugnatura.
Edric non si aspettava questa mossa e si sbilanciò perdendo l’equilibrio e cadendo al suolo.
Si levò un coro di “sì” trionfante tra i cavalieri; lo aveva steso. Ma non era finita.
Proprio mentre tutti stavano per tirare un sospiro di sollievo, la forza che li tratteneva si fece ancora più pesante, inchiodandoli come una calamita, dando il tempo al mostro di rialzarsi.
La giovane, che era ancora accovacciata vicino a Merlin, decise di mettersi in piedi e fare da scudo al mago perché aveva capito che oltre al colpo da lui ricevuto, c’era qualcos’altro che non andava.

Ma non servì a nulla la sua tenacia, il suo coraggio. La bestia era ormai infuriata per l’affronto subito le si avventò contro con tutte le sue forze, sbattendola a terra con violenza, tanto da lasciarla intontita per qualche secondo.
I giochi erano finiti, si preparava a squartarla con i suoi artigli e divorarne il cuore, si leccò le inesistenti labbra pregustando la vittoria, ma nel momento dell’attacco, quando la ragazza aveva ormai gli occhi sbarrati e le sue dita affilate erano pronte…si bloccò.
Dagonet le era arrivato alle spalle, forse per difenderla, forse per attaccarlo, ma non servì. Quell’attimo di indecisione costò caro alla bestia…

Merlin stava guardando la scena con il respiro mozzato. Clara era lì per terra, indifesa, stava per essere uccisa, poi era arrivato Dagonet ed in un attimo di nera ironia pensò: almeno non sarà da sola a fare quella fine, ma poi il mostro si era pietrificato. Non ebbe il tempo di soffermarsi su quanto fosse strano ciò, che qualcosa catturò la sua attenzione alla sua sinistra. O per meglio dire, qualcuno.
Due figure: un cavaliere riccioluto e l’altro dalla chioma bruna…Leon e Lancelot.
E mentre Leon corse in soccorso del principe, Lancelot scambiò con Merlin uno sguardo d’intesa. Uno sguardo che racchiudeva una domanda “c’è qualcosa che posso fare per aiutarti?”
Il suo cuore avvertì una scossa. Nella testa l’eco delle parole del Drago “quando sarà il momento giusto”…lo era!
Così annuì e con le poche forze rimaste gli indicò la spada.
Lancelot lo guardò interrogativo; lui annuì di nuovo. Un “fidati” sottinteso.
L’altro fece un cenno di assenso col capo e corse incontro al mostro che gli dava le spalle.
E mentre lo sguardo di tutti era focalizzato su Clara, Dagonet ed Edric, gli occhi del mago si tinsero d’oro e mormorò con voce gracchiante per lo sforzo:

Bregdan anweald sweord Ic bebíede Forbærna!

Lancelot vide la sua lama incendiarsi di fiamme vive, quasi come in passato accadde alla sua lancia contro il Grifone. Correva con furore puntando alla schiena del Wendigo, e quando gli fu vicino, con tutta la forza che aveva in corpo infilzò la lama sul lato sinistro del dorso della bestia.
Edric cominciò a gridare come indemoniato, a prendere fuoco mentre le sue sembianze demoniache si mescolavano a quelle umane.
 
Cadde a terra dimenandosi per il dolore e tenendosi la testa.
Ora era bestia, ora era uomo, ora bruciava.
Tutti osservarono l’agghiacciante spettacolo inorriditi. Videro la creatura mostruosa farsi uomo tra le fiamme. La videro a bocca aperta in un urlo di pena.
“ME LA PAGHERAI!” maledì con il suo ultimo fiato.
Poi l’uomo si fece scheletro e lo scheletro si fece cenere. Il fuoco si estinse come risucchiato dalla terra.
L’energia che tratteneva tutti si allentò sciogliendoli da quelle catene invisibili e lasciando che il gruppo di corpi si accasciasse al suolo. Erano doloranti ma vivi e sollevati.

Piano piano si alzarono tutti, ad uno ad uno. Lancelot si avvicinò a Merlin per aiutarlo a mettersi in piedi.
Ognuno di loro passò in rassegna con lo sguardo tutti, come a fargli una radiografia. In ogni paio di occhi insita la domanda “Stai bene?”

Assicuratisi che era tutto a posto, ferita più ferita meno, arrivarono incerti vicino al mucchio di polvere d’ossa.
Tutti emisero un sospiro di stupore: al centro della sabbia grigia troneggiava un cuore luccicante…un cuore di ghiaccio.

Il principe distolse però di colpo lo sguardo, posandolo su Lancelot, come colto da un’improvvisa illuminazione. La fronte corrugata, un’espressione inquisitrice. Non prometteva niente di buono. Un ingombrante interrogativo aleggiava infatti nelle menti di tutti.
“Lancelot, quella spada…quella che ci ha salvati tutti…sembrava infuocata. Come…?”
Merlin spalancò gli occhi terrorizzato, sentì la sua anima sciogliersi e morire in quell’istante. Non aveva pensato ad una spiegazione da dare. Non lo faceva quasi mai in realtà. Sperava sempre nella solita scarsa attenzione del principe nelle loro disavventure, dimostratasi utilissima in passato.
Ma Lancelot era Lancelot, ed era ormai allenato a situazioni imbarazzanti del genere. La scusa giustificatrice sempre pronta e a portata di mano.
“Ah la spada?” si grattò la fronte quasi imbarazzato. “In effetti devo ammettere che non è stato del tutto merito mio”
 
Arthur strinse gli occhi confuso. “Di cosa stai parlando. Spiegati. Non si tratterà per caso di…magia!” lo accusò a denti stretti. L’indice puntato.
Merlin deglutì con forza. Clara accanto a lui lo imitò.

Lancelot si sentì quasi mancare. Ma lui era un attore, era abituato a fingere. Dopotutto si straziava ogni giorno fingendo di non amare con tutto se stesso la donna che gli aveva rapito il cuore. Recitava ogni giorno il ruolo dell’amico che aveva sepolto i suoi sentimenti per Gwen, di averli dimenticati. Ma erano in pochi a sapere la verità. E tra questi pochi c’era il ragazzo a cui come al solito stava cercando di salvare la pelle.
Perciò all’accusa di Arthur rispose sgranando gli occhi e agitando le mani davanti a sé quasi in un gesto di resa.
“Nooo! Cosa?! Magia…noooo!” ripetè.
“E allora…?” si intromise sospettoso Sir Dagonet che non conosceva Lancelot abbastanza da concedergli il beneficio del dubbio.
“E’ stato Gaius!” ammise falsamente.
“Ma se il medico non era nemmeno qui!” esclamò sconcertato il primo cavaliere di Lady Anastasia.
“No, non era qui. Ma poco prima di venire mi aveva consegnato una spada, questa – la indicò mentre giaceva ai suoi piedi – imbevuta di una sostanza infiammabile. La spada era destinata a voi Sire – continuò rivolgendosi al principe – ma essendo arrivato tardi non ho fatto in tempo. E mi è bastato sfregare sulla lama una pietra perché si infiammasse.”
Leggendo incredulità sul volto soprattutto di Sir Dagonet, si apprestò ad aggiungere “non chiedetemi come sia possibile, lo scienziato è Gaius, io e credo noi – indicò tutti loro – non credo saremmo in grado di capire”. Trattenne il respiro aspettando con ansia il verdetto. Il suo cuore batteva disperato all’unisono con quello dei due servitori alle sue spalle.
Fu Arthur che dopo aver scosso il capo, ruppe il silenzio e decretò. “Gaius ne sa una più del diavolo e questa cosa a volte mi spaventa.”
I tre tirarono un sospiro di sollievo. Se l’erano bevuta. Anche se ad un occhio attento Sir Dagonet pareva ancora molto scettico.
“Comunque – continuò il reggente – ti ringrazio a nome di tutti per il tempismo e per averci salvati. Sir Lancelot, sono sempre più felice di averti nominato cavaliere”

Sir Lancelot abbassò il volto onorato e quasi imbarazzato. Sentendosi anche un pizzico in colpa per quella bugia seppur detta a fin di bene.
“Vi ringrazio Sire. E’ un onore. Spero di non deludervi né tradirvi mai” lo guardò deciso e fiero, dritto negli occhi.
“Lo so che non lo farai” il biondo ricambiò lo sguardo e abbozzò un sorriso.
Poi si schiarì la voce, riportò gli occhi al cuore che giaceva tra le ceneri. Tutti lo imitarono.
“Cosa ne facciamo?” chiese Sir Leon. “Sire?” si rivolse al sovrano.
“Il libro dice di bruciarlo!”
“Così sia!” sentenziò Sir Dagonet.
Allora Sir Percival lo raccolse e lo porse al suo sovrano “A voi l’onore!”
Elyan aiutato da un’ancora scossa Clara, si apprestò ad accendere un piccolo falò. Quando fu tutto pronto, tutti si voltarono verso il reggente in impaziente attesa di un ordine.
Il principe annuì, afferrò il cuore con rabbia e ne assaporò la sensazione ghiacciata che avvertiva nella mano.
Formarono tutti un cerchio attorno al fuoco e ammirarono la brutalità con cui il principe ce lo scagliò dentro.
Il cuore di ghiaccio colpì le fiamme e nell’aria si udì un lamento acuto, come quello di una mandragola.
Pian piano iniziò a spaccarsi in piccole crepe, lo udirono scricchiolare tra le piccole lingue di fuoco danzanti mentre altrettanto lentamente si scioglieva.

Nessuno si accorse di due occhi che cambiavano colore; né del tempo fermarsi.
Nessuno colse una figura avvicinarsi al fuoco, chinarsi su di esso e calmarlo con un gesto della mano. Nessuno si accorse della stessa mano che raccoglieva di quel cuore ghiacciato dato in pasto alle fiamme, un frammento solitario nella cenere; né della stessa mano che nascondeva quella scheggia in una tasca.
Ma due occhi tornarono a mutare ed il tempo tornò al suo naturale corso.
Quegli occhi si unirono a quelli degli altri che osservavano la scena. Tutti sospirarono di sollievo, quasi all’unisono.
Il Wendigo era morto…era davvero finita!
_______________________________________________________

Il Wendigo è morto…oleeeeeeeeeeè!
Ma, sinceramente…non vi dispiace un po’ per Sir Edric? A me sì.
:(
Non sono soddisfatta di questo capitolo perché ritengo di non saper scrivere per niente le scene “d’azione” ma…ci ho provato dai! ;)
Come sempre perdonate eventuali errori ma alcune frasi le ho aggiunte adesso alle…*controlla l’orologio* 00:49 del 12/02/2016 e non connetto più. Ho gli occhi che mi si chiudono. Perché non l’ho scritto prima? Non avevo il coraggio di ‘farmi risentire’ da voi dopo così tanto tempo! :'(

Comuuuuuunque cosa ne pensate di questo capitolo? Aspetto con ansia le vostre recensioni! *_*

Grazie mille per essere ancora con me e…buonanooootteeee!!! :*




 

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Capitolo 11
*** Wendigo: epilogo ***


                                                                                         
Ciao a tuttiiiii!!! :)
Come vedete questa settimana sono stata quasi puntuale, nemmeno io credevo di farcela sinceramente xD
Bene, eccoci giunti all’ultima parte di questa “puntata” della mia storia. Dico “puntata” perché se l’ispirazione - e voi - non mi abbandonate, c’è ancora molto altro in programma per questa FF.
Ringrazio come sempre chi continua a seguirmi nonostante tutte le mie mancanze, e chi non manca mai di lasciare delle recensioni sempre gentili e simpatiche, che mi hanno incoraggiata tantissimo spingendomi a continuare nonostante i vari momenti di sconforto. :*
Ora, tornando alla storia, vi avevo promesso che avrei svelato il riferimento a “Buffy”. Il riferimento era presente…. nella scena in cui Clara blocca la spada. Complimenti a chi l’ha trovato! *_*
Ricordavo nella serie questa scena stupenda, in cui Buffy blocca la spada di un “cattivo” Angel mentre cerca di attaccarla e…be’ adoro Buffy , la sua grinta (ed i suoi ‘attributi’) perché in quel momento è stata grande. Chi seguiva la serie se che, caspita lui era l’uomo che amava e in quel momento ha tentato di ucciderla! :O
Quindi non vedevo l’ora di usare questa scena! *_*
Ok basta, potrei parlare di Buffy - come di Merlin - per ore, perciò…stoooop!
Sto parlando troppo.
Vi lascio al capitolo scusandomi come sempre per i vari ‘orrori’, ma mi ostino a scrivere a quest’ora e purtroppo questo è il risultato, pardon! :(
Eh sì, lo so che Lancelot qui è un po’ OC ma…dai ci sta, concedetemelo se potete e perdonatemi anche per questo!
Bene, buona lettura e…ci vediamo nelle note finaliiii!!! ;)
 

WENDIGO

EPILOGO

 
 
 

Dove eravamo rimasti:

Il principe annuì, afferrò il cuore con rabbia e ne assaporò la sensazione ghiacciata che avvertiva nella mano.
Formarono tutti un cerchio attorno al fuoco e ammirarono la brutalità con cui il principe ce lo scagliò dentro.
Il cuore di ghiaccio colpì le fiamme e nell’aria si udì un lamento acuto, come quello di una mandragola.
Pian piano iniziò a spaccarsi in piccole crepe, lo udirono scricchiolare tra le piccole lingue di fuoco danzanti mentre altrettanto lentamente si scioglieva.

Nessuno si accorse di due occhi che cambiavano colore; né del tempo fermarsi.
Nessuno colse una figura avvicinarsi al fuoco, chinarsi su di esso e calmarlo con un gesto della mano. Nessuno si accorse della stessa mano che raccoglieva di quel cuore ghiacciato dato in pasto alle fiamme, un frammento solitario nella cenere; né della stessa mano che nascondeva quella scheggia in una tasca.
Ma due occhi tornarono a mutare ed il tempo tornò al suo naturale corso.
Quegli occhi si unirono a quelli degli altri che osservavano la scena. Tutti sospirarono di sollievo, quasi all’unisono.
Il Wendigo era morto…era davvero finita!

________________________________________________________


Trascorse un giorno a Camelot ed erano tutti un po’ meno ammaccati.
Anche Merlin che era quello che più aveva avuto la peggio dallo scontro.
Ma gli uomini sono uomini e quasi tutti hanno un solo modo per sfogare la rabbia in eccesso o per assurdo la stanchezza: usando la forza bruta.
Ed i cavalieri non erano da meno, quindi quale miglior modo di sfogarsi se non impugnando una spada e agitandola a destra e a manca così, per passare il tempo?

Stava facendo notare proprio questo Clara a Merlin, quando gli si avvicinò Lancelot con un ghigno malefico in volto; e i due gliel’avevano visto sfoderare solo una volta in vita loro, giustappunto qualche giorno prima.
Ah no, non prometteva bene…ancora aria di guai.

“Vi ricordate di quel debito vero?”
“Quale debito?” chiese il giovane mago. Il cavaliere gli cinse le spalle con un braccio ed incanalando i modi di Gwaine disse “Oh su amico mio, non fare finta di niente. Mi dovete un doppio favore dato che anche questa volta ti ho coperto Merlin” sussurrò l’ultima parte riferendosi all’uso della magia fatto da Merlin sulla sua spada. Decisivo per annientare il Wendigo e di cui nessuno fortunatamente se n’era accorto fino in fondo…come al solito.
“Appunto hai coperto lui, io che c’entro?” rispose stizzita la riccioluta ragazza, sentendosi chiamare in causa.
“No signorina, c’entri anche tu perché anche tu sei complice dei suoi…trucchetti!” anche questa volta concluse la frase in diminuendo.
“Uff!” sbuffò lei. Anche il servitore sospirò arreso.
“Va bene…dicci tutto Sir Eroe!” lui mostrò nuovamente il ghigno e i due si pentirono immediatamente di aver accettato il patto.


***************


“Allora Sir Lancelot, siete pronto?” domandò il principe roteando la spada spavaldo.
“Sono nato pronto Sire!” anche lui lo imitò.

Erano nel campo di addestramento pronti al duello. Un gruppo composto dai soliti noti cavalieri di Camelot, più Sir Dagonet con i suoi, erano pronti a godersi lo spettacolo.
Seduti ‘in panchina’ i due servitori, pronti anche loro ad entrare in azione.

“Potete iniziare!” ordinò Leon, il primo cavaliere, facendo in questo caso le veci del principe.
Arthur si preparò ad un affondo ma fu distratto da una voce femminile…alta e civettuola.
“Aaah Merlin, lo senti anche tu tutto questo testosterone nell’aria?”
Testo che?” domandò sempre a voce alta il servitore.
“Niente niente…è l’ego maschile in tutta la sua virilità!”
Il principe scosse il capo pronto a non lasciarsi più distrarre e bloccò in tempo un fendente del suo avversario.
Fece un passo indietro di assestamento e lo scontro continuò.
Tra suoni metallici, spada contro spada e tifo dei cavalieri, neanche le chiacchiere dei due servitori si spensero.

“Lo sai Clara, credo che i cavalieri non siano più quello di una volta, soprattutto una certa testa di fagiolo!”
La ragazza scoppiò in una risata fragorosa. Il commento lasciò Arthur un po’ interdetto e dopo un attimo di incertezza, che gli era quasi costato la sconfitta, decise di ignorarlo ed andare avanti. Sfoderò un nuovo affondo e...clang, bloccato.
Il principe sbuffò.

“Già, lo penso anche io. Forse è l’amore!” giunse la voce della ragazza al suo orecchio.
Il biondo cavaliere si guardò intorno imbarazzato. Fortunatamente pochi conoscevano quel soprannome, quindi solo i ‘suoi’ si lasciarono andare a risolini divertiti cogliendo il riferimento.

Guardò Lancelot deciso a concentrarsi e fece in tempo a compiere mezzo giro ed evitare il suo affondo.

Aaah quei due idioti! grugnì mentalmente.

Il duello andò avanti così: affondo, battuta sarcastica su di lui, distrazione, contrattacco, commento ironico, distrazione e squilibrio.

Finché il principe ne ebbe abbastanza e mentre sfoderava il nuovo attacco a spada sguainata urlò “Se fate un altro commento vi licenzio!” senza guardarli li fulminò comunque col tono della sua voce.

Ma la forza inflitta a causa del nervosismo fu tale che Lancelot, pur bloccando il colpo, perse l’equilibrio e finì col sedere per terra.
Il principe gli portò la spada sul petto, senza naturalmente toccarlo.
Il leale cavaliere fece una smorfia dispiaciuta ma poi sorrise.
Il biondo vittorioso si voltò a guardare la causa della propria deconcentrazione durante il duello: i due idioti! Li guardò borioso e spavaldo, incrociando le braccia sul petto.
“Voi due…” li minacciò poi con l’indice.
I due sorrisero malandrini, come pesti pronte a combinare guai.
Lui corrugò la fronte, cosa nascondevano?
“Sire…” iniziò la serva indicando alle sue spalle.
“…sarebbe meglio se…” continuò il mago. Arthur non capì.
Avvertì solo una repentina pressione sulle gambe e si ritrovò di colpo il mondo capovolto. Uno sgambetto l’aveva steso facendolo cadere per terra. Alzò il capo e su di lui troneggiava un sorridente Lancelot con in mano la spada la cui estremità lo teneva bloccato a terra pur senza sfiorarlo.

“...Faceste attenzione alle vostre spalle!” conclusero i due servitori in coro.
“Vi arrendete Sire?” mormorò il cavaliere con un sorriso di sbieco, con parole che facevano da eco al loro primo incontro e vero ‘duello’ la cui conclusione era stata la stessa. Un ghigno sul suo volto. Un broncio indispettito su quello del principe.

“Aaargh!” ringhiò il reggente non appena si fu rialzato, lanciando la spada per terra di getto. Poi si voltò di scatto verso i suoi due servitori che sgranarono gli occhi prevedendone l’ira.
“Oh-oooh” balbettò Clara.
“Già…” rispose Merlin deglutendo sonoramente.
“Clara e Merlin…” cantilenò allora Arthur a mo’ di avvertimento.
La rabbia gli ribolliva dentro.
“Sii?” ripeterono ancora all’unisono sornioni fingendo però innocenza.
“Forse sarebbe meglio per voi invece se…INIZIASTE A CORRERE!” sbraitò.
Poi schizzò in piedi e li puntò con lo sguardo: gli occhi ridotti a due fessure minacciose che lanciavano saette.
“ADESSO!” urlò.
“Merlin…” disse la ragazza a denti stretti e indietreggiando.
“Sì…?” chiese il moro imitandola.
“FILA!” gli afferrò la mano ed i due iniziarono a correre come due forsennati. Il principe gli scattò subito alle calcagna.
Tutto tra le risate generali ed un Gwaine che giunto alle spalle del vittorioso cavaliere, gli diede una pacca sulla spalla congratulandosi.
“Ben fatto amico! Hai incaricato quei due di distrarlo eh? Non pensavo di poter vivere abbastanza da vedere il ‘leale Lancelot’ imbrogliare”
“Non è imbrogliare, è rendere pan per focaccia al principe…sapessi la prima volta che mi ha incontrato che trucchetto ha usato. E poi quei due avevano un debito con me!” finì incrociando le braccia sul petto, un sorriso malefico sulle labbra, così inusuale per lui.
Dopo qualche secondo di silenzio, entrambi scoppiarono a ridere mentre il principe sbraitando, continuava a inseguire i suoi servitori che scappavano a gambe levate verso il castello.
 

**********


Giunto il pomeriggio il principe aveva ormai l’anima in pace.
Se la rideva tra sé e sé mentre si cambiava dietro al paravento nelle sue stanze. Ripensava alla lunga lista di punizioni che aveva assegnato a quei due idioti.
Naturalmente chi se non proprio uno quei due poteva infiltrarsi nel suoi momentanei pensieri di gloria per gongolare?

“E così… avevo ragione io Sire . Del torbido c'era...dopotutto”
"..."
"Si si, fate finta di non ricordare quello che non vi conviene" continuò il servitore mentre rifaceva il letto del biondo.
"Merlin, non ho idea di cosa tu stia parlando" venne la voce del principe ovattata dal 'muro' creato dal paravento.
"Si si...certo. Perché dare ragione al povero servitore, che per voi ha fatto pure da esca, rimettendoci quasi le penne sottolineerei, quando è palese che era nel giusto?"
"Che esagerato…addirittura ‘rimetterci le penne’! E poi Merlin, 'palese', quanto volte ti ho detto di non usare certi paroloni, non ti si addice" iniziò a sfotterlo.
"Ma..." Non concluse la frase però, perché un paio di pantaloni ‘in volo’, lo colpì in testa.

Chissà chi è stato? pensò ironicamente il mago e roteò gli occhi non visto.
"Grazie Sire, è un onore essere trattato così da voi. Avete proprio le caratteristiche di un futuro re" si scoprì la testa dai pantaloni di scatto, seccato. Così si voltò verso il grande specchio al di sotto del quale vi era una panca, per deporli nella cesta della roba sporca che giaceva su di essa. Ma nel movimento la urtò facendola cadere per terra. Sgranò gli occhi.

No, un'altra ramanzina su quanto io sia imbranato no!
Era infatti pronto a riceverla dal principe. Ma la cesta era leggera per fortuna e gli indumenti pure, perciò in realtà non avevano prodotto alcun rumore. O per lo meno non abbastanza forte da raggiungere le orecchie del principe. Così ne approfittò e si chinò zitto zitto per raccogliere velocemente il contenuto riverso sul pavimento.
 
Quando ebbe finito, era pronto a mascherare il silenzio riprendendo il discorso che avevano interrotto, ma con la coda dell'occhio catturò qualcosa ai piedi della panca.
Un bigliettino.
Si accovacciò e lo raccolse. Una scossa attraversò il suo corpo. Per un attimo gli si spezzò il respiro.
Era ripiegato, lo aprì rivelando quello che in realtà era un foglio più grande. Ancora la stessa sensazione ma più intensa lo assalì.
"E questo cos'è?" Chiese al biondo quando ebbe recuperato la parola, un po'in affanno.
Mentre continuava a vestirsi, la sua chioma dorata non tardò a fare capolino dal paravento.
"Cosa?" Poi lo vide e in un flash se ne ricordò.
"Ah sì, l'avevo rimosso. Era tra le pagine del libro sul Wendigo. Era caduto, forse si è strappato, l'ho preso e...e in realtà non so neanche io perché l’ho fatto" aggrottò la fronte, grattandosi la testa perplesso.
Il moro iniziò a leggerne il contenuto e di colpo gli si gelò il sangue nelle vene.
Arthur non sentendolo parlare, e ormai vestito, uscì dal separé e guardandolo impallidire si preoccupò.
"Cosa c'è?" Non ricevendo alcuna risposta domandò ancora "Che c'è scritto?"
Il ragazzo allora tremante, gli porse la pagina stropicciata.
"È per voi..."
E in quel momento il principe si chiese cosa diavolo potesse essere.
 

******

 
Poco dopo erano entrambi seduti alla scrivania del principe. Uno di fronte all'altro con la stessa scrivania a dividerli.
Fu Arthur a rompere il silenzio.
"Cosa diavolo ci faceva questo foglio - lo mostrò ancora a Merlin- in quel libro, e come faceva ad essere destinato proprio a me? I libri nella biblioteca reale sono a milioni...quante possibilità ci sono che io avrei scelto proprio quello tra tanti?"
Il servitore scosse il capo anch'egli incredulo. Gli occhi alla pagina.
"Non lo so Arthur...però è strano. Forse dovreste continuare a leggerlo per sapere di che si tratta. Anzi se volete vado via e vi lascio solo..." Fece per alzarsi ma l'altro lo bloccò. "Merlin tu che non ficchi il naso? Non è da te!" Si accigliò scherzoso. Il mago sorrise. "Comunque...resta. Non si sa mai, grazie a Gaius potresti sapere qualcosa che mi sfugge e capirci qualcosa di più di ciò che questa pagina contiene"
"Come desiderate Sire" scherzò. "Non avrei mai immaginato che sarebbe giunto quel giorno in cui avreste riconosciuto il mio valore"
Il biondo, che aveva lo sguardo sulla pagina, si limitò a rispondere "sta zitto e siediti Merlin!"
"Va bene..." serrò le labbra.
L'altro lo guardò ancora un po' incerto sul da farsi. Il servitore annuì, in quel gesto un "Andrà tutto bene, cosa mai potrà esserci scritto?".
Allora lui posò di nuovo gli occhi cielo su quella misteriosa pagina ed iniziò a leggere a voce alta...


 
Caro principe Arthur,
Spero che questa lettera giunga nelle vostre mani un giorno. Solo le vostre, di nessun altro.


– si interruppe e guardò Merlin che invece l’aveva raccolta da terra. Continuò –
 
Perché sono profeta di verità, veggente di un presagio.
Ho fatto un sogno. Ho sognato un futuro così distante per me, eppure tanto vicino; due epoche che si stringono la mano.
Verrà infatti un giorno di grande pericolo per Camelot. Questo pericolo potrà segnare la fine per due mondi. La fine di due tempi.
La minaccia arriverà da molto lontano, da un essere dal cuore di ghiaccio. Avrà un grande potere che risiederà in elementi che non gli appartengono e sarà con gli elementi che minaccerà. Con essi ucciderà e provocherà dolore.
Il male ne tingerà gli occhi di uno strano colore. Dei quattro vorrà l'estinzione nel segno dell'uno. Come un albero: un unico tronco da quattro radici...

Perciò ragazzo mio, diffidate dell'amico e fidatevi del nemico apparente, egli veglierà su di voi; anche contro la morte. Perché la verità sta in ciò che non ti aspetti.
Quando il tempo giungerà, chi porterà rovina e distruzione a Camelot e al mondo nel tempo, si vestirà di un velo che coprirà il regno con la sua oscurità; con ciò che era nato per essere luce.
Perciò caro erede, quando i traditori sorgeranno state attento! Il nemico dal cuore di ghiaccio porterà una condanna celata in un simbolo di vita intrecciato alla morte; intrecciata ad essa come le spine in un roveto. Come le lune che esso rappresenta.
Il traditore porterà un marchio di morte: tre anelli intrecciati tra loro, incisi a fuoco nella carne.

                                        

                         


 
Il principe mostrò confuso quel simbolo raffigurato sul foglio al suo servitore, il quale scosse il capo. Non aveva idea di cosa rappresentasse. Allora il biondo riprese a leggere le ultime parole di quello strano messaggio:
 
Nelle lacrime risiede la vita mio piccolo Arthur e con le mie lacrime affido nelle vostre mani Albion e il suo destino.
Che la triplice Dea vi protegga e sia al vostro fianco come avrei voluto essere io.

Con tutto il mio cuore,
Niniane.

 
Rimasero in silenzio a contemplare quella lettera in cui erano iscritti quelli che parevano versi di una misteriosa profezia.
E pensarono che se la pagina era proprio lì, proprio in quella sezione dedicata al Wendigo, un motivo dopotutto c’era. Un motivo racchiuso in tre parole chiave: cuore di ghiaccio.
 

********************

 

Era sera e Clara e Merlin erano in infermeria.
Gaius non c’era ed i due approfittarono dell’assenza dell’anziano per parlare ed analizzare un po’ quanto era accaduto col Wendigo.

“Ti rendi conto? Edric…ci ho parlato poco, ma non l’avrei mai immaginato”

Erano entrambi seduti al tavolo. La ragazza con i gomiti poggiati su di esso e la testa incorniciata dalle mani, il giovane mago invece con il mento sulle braccia conserte anch’esse sul tavolo.

“Sì Clara, anche io non posso crederci” sospirò. Se ripensava agli eventi di quella notte ancora rabbrividiva, c’era davvero mancato poco.

“Certo che, c’è davvero mancato poco” continuò lei dando inconsapevolmente voce ai suoi pensieri.
“Già…”
“Ed è anche merito del grande Killian se ci siamo salvati”
“Già…” ripeté. Poi registrando il nome esclamò “Chi?”
“Come chi?” domandò la giovane scandalizzata “Il potente mago di cui parlava Gaius l’altro giorno…quello del libro con l' incantesimo …”
“Ah sì, è vero!” che stupido che sono, anche questa volta ci è mancato poco!
“Mi sa che quella botta in testa ti ha fatto davvero male!” scherzò lei. Poi i suoi tratti si ammorbidirono ed i suoi occhi si fecero tristi.

Guardavano la cicatrice sul lato destro della sua fronte. ‘Ricordo’ oscuro del Wendigo; ferita inflittagli a causa dell’impatto con il muro contro cui il mostro l’aveva scagliato.
 
“Clara, non ti preoccupare” la consolò “E’ passato. Sta guarendo. La magia mi aiuta a guarire velocemente. Proprio come è successo alla caviglia, e credimi, mi sono fatto male più a quella” rise cercando di sdrammatizzare.
Ma quel velo di tristezza non abbandonò lo sguardo castano di lei.
“C’è davvero mancato poco Merlin, ed io? Cosa ho fatto io? Ero impalata lì come uno stoccafisso. Un essere inutile e inerme. Mi sentivo così…così…”
Lui si raddrizzò a sedere colpito. Aveva provato la stessa sensazione in quei momenti drammatici, ma al contrario, rivolti a lei, rivolti a tutti loro.

Vederli scaraventati per terra, sul muro, quasi trafitti dagli artigli di quell’essere schifoso….sussultò al pensiero.
Si mise in piedi e poggiandole una mano sulla spalla le disse dolcemente
“Clara, io ho provato la stessa cosa. La differenza era che io ero inutile davvero!”
“Ma se tu..” lo interruppe indignata “Sssh, fammi parlare, ascoltami!” le prese entrambe le spalle allora, girandola leggermente sulla sedia verso di sé. La guardò intensamente. I suoi occhi oceano persi nei suoi occhi terra “Tu hai lottato mi capisci? Tu ti sei ribellata! Mi hai fatto da scudo, e sono io tra i due quello con la magia! Eravamo spacciati credimi, lo eravamo davvero, ma tu hai sfoderato un coraggio che…in quel momento sono stato così fiero di te, tutti lo siamo stati…anche quel testone di Arthur!” sorrise “Glielo si leggeva in faccia!”
Lei ricambiò il sorriso, gli occhi lucidi.
“Solo in quel momento?”
“Cosa?”
Lei rise “non siete fieri di me tutti i giorni?”
Lui fece finta di rifletterci su “Mmm, hai anche tu i tuoi momenti!” risero ancora.
Allora lei gli buttò le braccia al collo e lo abbracciò stretto stretto. Poi sussurrò al suo orecchio “Grazie! E non solo per quello che hai detto, ma per quello che fai per noi, per Camelot, tutti i giorni”
Il suo cuore si colmò di una gioia indescrivibile a quelle parole. Nessuno mai glielo aveva detto così apertamente, neanche quelli che sapevano della sua magia da tempo, come Lancelot e Gaius.

E sebbene in un primo momento era rimasto teso nell’abbraccio, non essendoci abituato, poi lo ricambiò, altrettanto fortemente.
“Grazie a te….di esserci, per me!” anche lui aveva gli occhi lucidi.
Quando si staccarono teneramente, al mago sfuggì un lamento.
Era ancora un po’ indolenzito dopotutto.
La giovane si accigliò preoccupata.
Poi annuì convinta, quasi avesse preso mentalmente chissà quale decisione, e si diresse alla dispensa dalla quale estrasse un barattolino con una sostanza gelatinosa e giallognola.
Gli si avvicinò, liberò il barattolo del tappo e l’aria si permeò di un odore stupendo di menta e limone. Rilassante.
La giovane gli tolse la sciarpa blu che indossava attorno al collo e la lanciò sulla sedia vicina.
Poi prese un po’ della sostanza e prese a lavorarla tra le mani.

Senza che se lui ne rendesse conto, gli portò le mani sulla nuca ed iniziò a massaggiargli  dapprima il collo e poi scese verso le spalle, portando le mani sotto la maglietta senza toglierla. 
Sentì i suoi nervi tesi sciogliersi come neve al sole, e piano piano si rilassò.
Non si accorse neanche di essersi poggiato con la testa sul tavolo, le braccia nuovamente conserte a fargli da cuscino.
Probabilmente si era anche appisolato quando sentì la porta aprirsi ed il medico domandare “Clara, cosa diavolo….?”
“Ssh Gaius, era ancora a pezzi dopo l’altro giorno. Ho deciso di usare questa pomata come mi avete consigliato per distendere i nervi e alleviare il dolore” sussurrò.
“Ah, allora c’è qualcuno che mi ascolta. Grazie ragazza mia!” la imitò.
“Non c’è bisogno che parlate sottovoce, sono sveglio” farfugliò il ragazzo, le sue parole impastate dal sonno.
Il cerusico e la serva scambiarono uno sguardo d’intesa divertito.
“Và a dormire Merlin. Domani sarà una lunga giornata!”
Il giovane sbuffò e aprì gli occhi “Come ogni giorno qui a Camelot!”
Si alzò pigramente, diretto alla sua camera.
Poi si ricordò di Clara che proprio in quel momento disse “Vado anche io, la giornata è lunga anche per me!” sbadigliò e si stiracchiò.

“Bravi bambini, a nanna!”
Entrambi lo guardarono sconvolti “Gaiuuus!” cantilenarono all’unisono come bambini.
Il medico rise.
“Gaius, Merlin…buonanotte!” si congedò quindi la serva.
“Buonanotte Clara e…grazie!” rispose Merlin ed entrambi si scambiarono un tenero sorriso.
Poi la ragazza salutò con un gesto della mano ed uscì.
Solo allora Merlin si accorse che aveva dimenticato, da sbadata qual era, le chiavi di casa sua sul tavolo.
Con le poche forze che aveva, la raggiunse. Era nel corridoio che per fortuna era ancora ben illuminato da qualche torcia, perciò riuscì facilmente ad individuarla.
“Clara!” la chiamò.
Lei lo udì subito e si voltò. “Le chiavi!” esclamò agitandole in aria.
Lei si schiaffeggiò la fronte ed avvicinandosi a lui sospirò.
“Aaah, chissà dove ho la testa!”
Quando gli fu di fronte, le porse le chiave, ma nell’attimo in cui le loro mani si toccarono, notò che la benda che copriva il suo polso ferito era strappata. Probabilmente a causa del massaggio.

Ma solo quando ritirò la mano in un gesto che le scoprì completamente il polso, ne ebbe una chiara visione.
E in quell’attimo una spada trafisse il suo cuore.
Lì su quel polso, non più celato da una fasciatura, giaceva un simbolo: tre cerchi intrecciati; simbolo di tradimento, simbolo di morte.
Si sentì soffocare e il tempo per lui si fermò.

Clara…il marchio di morte…il traditore!
 

*******

“Hai fallito!” tuonò una voce nell’ombra.
“Non ho parole per esprimere la mia desolazione mio signore” un’altra voce rispose tremante e sottomessa.
“La tua desolazione non mi serve a nulla!” urlò. Le pareti della caverna vibrarono anch’esse come impaurite dalla sua imponente voce profonda.
“Cosa volete che faccia?” inchinò il capo con timorosa riverenza.
“Dovrai fare in modo che il principe ne perda la fiducia”
“In che modo?”
“Ho qualche idea...vedi di non tradirmi questa volta!” ordinò furente.
“Non lo farò mio signore…non lo farò!” e i suoi occhi cambiarono colore fieri.

 

 

******

 
Se il principe fosse stato più avveduto quel giorno, lo avrebbe letto tutto quel paragrafo del libro dedicato al Wendigo. Perché se non lo avesse saltato, avrebbe scoperto qualcosa che si sarebbe rivelato molto importante.
La sezione sul Wendigo che lui aveva ignorato infatti, recitava così:
 
Prestate Attenzione!
*“Egli viene e porta con sé il freddo… Egli è uno ma porta con sé lo Spirito di molti. Egli teme il fuoco, simbolo della Luce e dono del Sole. Solo chi serve il benigno Sole non teme la sua ira…*
Ma tu servitore del Sole sta attento! Una scheggia del suo cuore di ghiaccio può risvegliare i morti dal loro sonno. Non è finita! Il Wendigo regnerà ancora nelle lacrime di chi si è spento. Il Wendigo non dormirà mai!


_______________________________________________

Ecco, parte della mia storia incentrata sul Wendigo è finita. Come vedete dal finale aperto, tanto altro potrebbe accadere a Camelot, sempre che a voi vada ancora di seguire questa mia follia.
Ve l’aspettavate il finale? Cosa ne pensate? Ho fatto troppi casini? Fa troppo schifo?
Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate, vi pregoooooooo :'(
Vi ringrazio ancora all’infinito per il supporto che mi date, anche quello ‘silenzioso’, per me significa il mondo.
Ora vi saluto  dandovi appuntamento alla seconda “puntata” di questa mia “serie nella serie”. Non la definisco così per presunzione, ma perché non so come altro definirla, perdonatemi :(
Spero vi sia piaciuta e che non ci siano troppi errori.
Grazie di tuttoooooooooo, buona notte e….a prestoooooooo!
Lake90
 
P.S. L’ultimo pezzettino, quello tra gli asterischi, è tratto dalle parole trovate online di un libro intitolato  “Windigo - mito e leggenda” di Claudio Foti, che spero mi perdoni questa citazione.
Passando invece al simbolo, lo so che non è un marchio di morte, ma credetemi, c'è un motivo se gli ho dato quel significato. Motivo che se l'ispirazione non mi abbandona, si capirà più in là. Scusate se non è un'opera d'arte, ma ho cercato di renderlo 'caruccio' io con un programma online e...be' diciamo che non sono mai stata un'artista, soprattutto con le immagini. Ci ho provato dai xD
Bacioni…ciauuuuuuuuu!!! ;)


 

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