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Angela
fece capolino sulla soglia dell’ufficio della sua amica antropologa.
Temperance sollevò il capo
e ricambiò il saluto.
“Andiamo
a pranzo? Il RoyalDiner ci
aspetta.” propose l’artista.
“Pranzo?”
si accigliò l’altra “Non è un po’ presto?”
“Non
so tu in che fuso orario ti trovi, ma nel mio sono quasi le 13-30.”
Bones controllò il
proprio orologio e si meravigliò; si passò una mano sugli occhi, dicendo: “Hai
ragione, non me ne ero assolutamente accorta.”
“Non
è la prima volta che perdi la cognizione del tempo, quando lavori. Allora,
andiamo?”
Temperance gettò
un’occhiata ai fascicoli e alle lastre che stava esaminando: le dispiaceva
interrompersi e lasciare il lavoro a metà, ma ormai la sua concentrazione era
già stata spezzata e lei poteva distrarsi un’oretta, prima di riprendere nel
pomeriggio le osservazioni.
L’antropologa
si alzò in piedi, si tolse il camice, indossò il suo cappotto leggero, prese la
borsetta e raggiunse l’amica, con cui si avviò verso l’uscita.
“Hodgins non viene a pranzo?” chiese la Brennan.
“No;
si accontenterà di un panino. Cam lo ha obbligato a
ripulire il suo laboratorio, dopo che il suo ultimo esperimento ha sparpagliato
materia organica e non su pavimento, pareti, soffitto, macchinari e qualsiasi
altra cosa ti venga in mente. Volevo un marito e, invece, mi sono ritrovata con
due bambini. Beh, in fondo lo sapevo anche prima di sposarmi. Piuttosto, tu e Booth come ve la cavate coi vostri due bambini?”
“Non
capisco. Parker è da sua madre, noi ora abbiamo solo Christine, quindi avresti
dovuto chiedermi come sta la nostra bambina e basta.”
“Mi
riferivo a Sweets.”
“Il
dottor Sweets non è un bambino.” replicò Temperance seriamente, poi capì ed esclamò: “Oh! Ho capito!
Hai ironizzato sul fatto che Sweets è il più giovane
tra noi!”
“Brava,
Brennan, stai diventando più svelta a riconoscere le
battute.”
“Ho
letto alcuni libri sull’umorismo e su quali siano le modalità più comuni per
esprimerlo.”
“Allora,
com’è vivere con anche Sweets.”
“Un
estraneo che entra in un gruppo famigliare è antropologicamente …”
“No,
no. Niente studi generici, voglio sapere della tua diretta esperienza.”
“Oh,
beh, sta funzionando … A Booth è servito un po’ di
tempo per accettare il fatto che Sweets utilizzi la
nostra stessa vasca da bagno, ma a parte questo va tutto bene. Anzi, devo
ammettere che essere in tre è molto comodo; dato che il lavoro che facciamo non
ha orari regolari, essere in tre ci permette di alternarci meglio nelle
faccende domestiche e quindi c’è sempre qualcuno che si occupi di Christine o
che prepari da mangiare. A proposito, Sweets fa dei
muffin squisitissimi!”
“Davvero?
Allora me ne devi portare uno, la prossima volta.”
Temperance prese il
cellulare e iniziò a digitare qualcosa.
“Chiami
qualcuno?” chiese Angela, stupita: solitamente l’amica si limitava a rispondere
al telefono, quando era in compagnia di altri.
“No,
mi faccio un appunto su muffin, così non mi scordo. Sai, la mia memoria è
principalmente fotografica: ricordo esattamente qualsiasi cosa, anche dopo un
solo rapido sguardo … ma non sono altrettanto sicura di memorizzare ciò che
sento, inoltre ho molti pensieri, ultimamente.”
“Ti
capisco! Comunque, sono felice che in casa sia tutto a posto. Sweets si è ripreso dalla rottura con Daysi?
Anche se è stato lui a lasciare lei, so che ha sofferto molto; insomma, non è
stata una questione di smettere di amare o qualcosa del genere, ma solamente di
tempistiche: lui non si sentiva ancora pronto per qualcosa di definitivo … Ad
ogni modo, come sta?”
“Non
lo so, non parliamo di queste cose e non vedo perché dovremmo.”
“Brennan, lasciatelo dire, sei un caso disperato.”
“No,
non mi sembra. Ho un lavoro che mi soddisfa, sto con l’uomo che amo, ho una figlia,
i miei libri hanno successo e ho un conto in banca che straripa. Perché dovrei
essere un caso disperato?”
Angela
levò gli occhi al cielo, scosse il capo e si limitò a chiudere la questione con
un sospiro seguito da un “Lascia perdere!”
Intanto
le due amiche erano arrivate al locale, entrarono e si guardarono attorno per
scegliere dove mettersi a sedere. L’artista, allora, notò la presenza di un
loro collega, quindi diede una gomitata all’altra e le bisbigliò: “Guarda, c’è
Clark!”
“Lo
vedo. Cosa c’è di strano? Pranza qui come molti dipendenti del Jeffersonian.”
“Sì,
ma è in compagnia di una ragazza che, di certo, non è la sua fidanzata! Vieni, Brennan, dobbiamo indagare e scoprire chi sia.”
“Non
credo che dovremmo interessarci della faccenda. Il dottor Edison ha il pregio
di essere un antropologo molto riservato che sa scindere il lavoro dalla vita
personale, non credo che gradirebbe una nostra intrusione.”
Parole
al vento. Angela si stava già dirigendo al tavolo del collega e Bones non poté far altro che seguirla.
“Ciao,
Clark!”
“Angela.
Dottoressa Brennan.” ricambiò il saluto l’uomo.
“Dottor
Edison.”
“Allora,
come stai? So che la mostra sui sapiens e i neandertaliani ha riscosso grande
successo.”
“Enorme!”
confermò Clark, sorridendo con orgoglio.
“Il
merito è soprattutto dell’uomo neandertal che si è
unito con una donna sapiens milioni di anni fa e al signor Sutton
che ha ritrovato i resti.”
L’uomo
rispose ha denti stretti: “Grazie della puntualizzazione, dottoressa Brennan.”
“Prego,
era doverosa.”
“Il
successo, però, è dovuto anche all’allestimento della mostra, gli articoli
pubblicati al riguardo, la didattica preparata per illustrare il tutto ai
visitatori e molto altro …” specificò Clark “La scoperta, da sola, per quanto
straordinaria e, comunque, dovuta anche a me, non sarebbe stata sufficiente a
far guadagnare al Jeffersonia tutte quelle centinaia
di migliaia di dollari che ha ottenuto con la mostra. Sono arrivate anche
numerose donazioni.”
“Wow!
Congratulazioni!” si entusiasmò Angela “I guadagni saranno ripartiti tra i vari
dipartimenti?”
“Non
so esattamente, ma la maggior parte resteranno ad archeologia.”
“Non
è giusto.” replicò Bones “Il laboratorio avrebbe
bisogno di qualche apparecchiatura in più e noi svolgiamo un lavoro socialmente
più utile che quello degli archeologi. Insomma, io rispetto moltissimo la
storia e le memorie del passato tuttavia noi collaboriamo con l’FBI, aiutiamo a
mettere i cattivi in prigione.”
“Capisco,
ma il Jeffersonian è prima di tutto un museo.” le
ricordò l’uomo “Buona parte dei fondi, si è già deciso, finanzieranno
l’apertura di un’ala dedicata all’India.”
“L’India?!”
ripeté Angela, perplessa.
“Esatto.”
intervenne la ragazza seduta al tavolo con Clark, che non si era ancora
presentata “Il Jeffersonian ha nei propri magazzini
una collezione di manufatti indiani davvero notevole, ma fino ad ora non ha
avuto la possibilità di allestire una buona e degna sezione.”
“Bello!”
esclamò ancora Angela “Non vedo l’ora che sia pronta per poterla visitare.”
Temperance, invece, guardò
la sconosciuta e le chiese: “Lei chi sarebbe?”
“Dottoressa
EuniceNorkfol; ho un
dottorato in archeologia, un master in filosofia e uno in religioni. Sarò la
curatrice della nuova sezione indiana.”
“Complimenti,
sembri piuttosto giovane!” osservò Angela.
“Ho
già ventisei anni, a dire il vero.”
“Io
ho conseguito il mio terzo dottorato a venticinque.” disse Temperance
“Poi ho iniziato a lavorare al Jeffersonian. Lei,
dottoressa Norkfol, come ha ottenuto il posto di
curatrice? Era già stata tirocinante qua?”
“No,
ho vinto un concorso.”
Angela,
come al solito, si sentiva in imbarazzo ad essere l’unica a non avere nemmeno
una laurea lì in mezzo, bensì un semplice diploma dell’accademia d’arte, un po’
scherzosa disse: “Anche Hodgins aveva ventisei,
ventisette anni, quando ha ottenuto il terzo dottorato e ha cominciato a
lavorare al Jeffersonian. Mentre Cam
è stata il più giovane capo patologo. È avvilente lavorare con voi.”
L’uomo
replicò: “Hai creato l’angelatron e il tuo talento è
straordinario. Ci sono cose che non si possono imparare, ma sono innate.”
“Oh,
grazie Clark!” Angela si era stupita del complimento, ma la rinfrancava
parecchio.
Temperance stava per
ribattere qualcosa che avrebbe demolito l’affermazione del dottor Edison, ma fu
più rapida a prendere la parola Eunice che chiese: “Prima
ha nominato il dottor Hodgins, si riferiva a Jack Hodigns?”
“Sì,
è mio marito.” spiegò Angela, un poco stupita “Lo conosci?”
“Anni
fa; era un amico di mio fratello, Euthymio. Gli porti
i miei saluti, per favore.”
Quel
nome era noto anche a Bones che chiese conferma dei
suoi sospetti: “Quindi tu saresti la sorella minore di EuthymioNorkfol, il direttore del museo Peabody?”
“Sì.”
“Accidenti!”
esclamò Clark “È il museo archeologico ed antropologico che appartiene all’università
di Hardvar! La materia ce l’avete nel sangue.”
“È
difficile che la competenza in una disciplina di tipo intellettuale sia
geneticamente trasmissibile, dovrebbe saperlo, dottor Edison.” osservò la Brennan “I medesimi interessi possono essere trasmessi ai
propri figli tramite l’educazione e l’ambiente in cui li si fa crescere. Non mi
stupiscono i risultati della Dottoressa Norkfol e i
suoi interessi, se si considerano le sue parentele: sua madre è la dottoressa Irene
Oldenburg.”
Clark
per poco non si strozzò col sorso di vino che stava bevendo, poi incredulo ed
entusiasta domandò: “La leggenda dell’archeologia classica? Quella dottoressa
Irene Oldenburg?”
“Sì.”
confermò la ragazza, distogliendo lo sguardo e piuttosto imbarazzata.
“Perché
non me lo ha detto?”
“Non
era importante … anzi preferisco che non si sappia, vorrei che la gente mi valutasse
per quello che so e che faccio io, non per i miei parenti.”
“Scusate”
intervenne Angela “Potreste spiegare anche a me?”
Temperance l’accontentò
subito: “La dottoressa Oldenburg è una delle massime
autorità in ambito di archeologia greca e romana, ha condotto scavi molto importanti,
le sue scoperte hanno chiarito molti punti oscuri della storia antica e ha
scritto numerosi saggi utilizzati nelle università di tutto il mondo; inoltre è
promotrice dell’archeologia sperimentale. Certo ha ottenuto questo successo
perché aveva finanziamenti adeguati: suo fratello era il re di Grecia e,
quindi, le aveva concesso tutto l’aiuto economico necessario, fino al momento
della sua deposizione nel ’74. La dottoressa, allora, si trasferì in India ed
ebbe occasione di conoscere l’imprenditore Arthur Norkfol,
recatosi da quelle parti per affari, si sposarono presto e lei venne a vivere
qui in America, dove il marito ha continuato a finanziare le sue ricerche. La dottoressa
Oledenburg ha notevoli capacità, ma senza il denaro
non avrebbe potuto fare tutto quello che ha fatto.”
“Il
padre è dunque un ricco imprenditore?” constatò Angela “Ecco perché conosci Hodgins. Tu Clark non sapevi nulla di tutto ciò?”
L’uomo
sospirò e rispose: “La dottoressa Norkfol mi è stata
presentata stamattina e sono stato incaricato di mostrarle la sezione di
archeologia del Jeffersonian e spiegarle il nostro
sistema di lavoro. È quello che ho fatto, come sapete non amo immischiarmi
nelle faccende private altrui.”
Temperance decise di
concludere la conversazione: “È stato un piacer conoscerla, dottoressa Norkfol. Non so se tra i reperti indiani il Jeffersonian abbia anche degli scheletri, nel caso può
chiedere il mio aiuto in qualsiasi momento.”
“Ehi,
sono io l’antropologo della sezione archeologica!” ribadì Clark “È a me che si
deve rivolgere.”
Si
salutarono velocemente, poi Angela e Bones andarono a
sedersi ad un tavolo e consultarono il menù, anche se ormai, dopo tanti anni,
lo conoscevano a memoria. Ordinarono due insalatone
miste e si misero a chiacchierare.
Mentre
le due amiche discorrevano, entrò nel locale l’agente Booth
che a passo veloce le raggiunse e senza preamboli disse: “Bones,
hanno trovato due corpi in un vecchio cinema abbandonato …”
Suonò
il cellulare, l’agente rispose: “Booth … Cosa? D’accordo.
Sono con la dottoressa Brennan, arriviamo.” chiuse la
chiamata e riprese “I corpi sono appena diventati quattro. Andiamo, mi sa che ci
sarà un bel po’ di lavoro per entrambi.”
Temperance si alzò in
piedi, lasciando il piatto non del tutto vuoto e chiese: “Gli altri sono già
sul posto?”
“La
squadra si sta concentrando lì, sì. Un serial killer?”
“Non
ho le prove per affermarlo con certezza, prima devo esaminare i resti.”
Booth ribatté
energicamente: “Diversi corpi in un solo luogo, cos’è? SI è sparsa la voce tra
assassini che era un buon posto per occultare cadaveri?”
“Non
è da escludere per il momento.”
Boothalzò gli occhi al cielo, l’antropologa non ci
fece caso, lo superò e andò verso l’uscita.
Angela,
facendo cenno con la mano li salutò: “Vi aspetto in laboratorio!”
Booth era di ritorno
dalla scena del crimine, aveva lasciato Bones in
laboratorio e lui stava andando nel suo ufficio all’FBI per scrivere il
rapporto sul rinvenimento dei cadaveri e cercare di formulare qualche ipotesi,
basandosi sulle foto scattate. Erano stati ritrovati ben otto cadaveri e,
effettivamente, non pareva l’opera di un serial killer, dal momento che ogni
corpo mostrava una morte differente. I primi accertamenti avevano appurato che
il primo cadavere era in quel cinema abbandonato da circa dieci anni, mentre il
più recente si trovava là da meno di una settimana.
Booth era piuttosto
sconcertato: tanti omicidi diversi l’uno dall’altro, ma avvenuti tutti nello
stesso posto. Sì, a quanto pareva, gli omicidi erano stati commessi proprio in
quel luogo; sperava, dunque, che i suoi amici cervelloni potessero trovare
qualche impronta di piede. Forse l’assassino, o uno degli assassini, era stato
abbastanza incauto da pestare del sangue e, quindi, lasciare qualche orma,
allontanandosi dalla scena del delitto.
Booth arrivò finalmente
nel proprio ufficio e cominciò a compilare il rapporto. Non passò molto e sopraggiunse
Sweets a chiedere se potesse essere utile.
“Non
so.” disse Booth “Non abbiamo ancora ricostruzioni
facciali, nomi o qualche indizio da cui partire … tranne i cadaveri,
ovviamente. Pensi di poter fare i tuoi bula-bula
psicologici, guardando le foto scattate dalla scientifica?”
Sweets ignorò il
solito scetticismo rivolto al suo mestiere e disse: “Mi han detto che è una
scena del crimine piuttosto particolare, vorrei proprio dare un’occhiata.”
“Bene.”
Booth ormai si fidava
abbastanza del modo di indagare di Sweets, anche se
poco lo comprendeva e anche se non lo avrebbe mai ammesso apertamente. L’agente
aprì nel computer i file con le foto degli otto cadaveri e girò lo schermo
verso l’amico, dicendogli: “È tutto tuo, accomodati.”
Il
giovane psicologo guardò le immagini e poté constatare a propria volta che il
killer, se era uno solo, era stato molto fantasioso e vario nell’uccidere le vittime.
“Allora?”
lo incalzò Booth, dopo qualche minuto.
“Beh,
è difficile. Il fatto che i corpi siano stati trovati in un unico luogo fa
pensare ad un serial killer che lascia la sua firma non tramite uno stile
uniforme e ricorrente nel modo di uccidere, ma seguendo un altro filo
conduttore. Dev’esserci qualcosa di ricorrente.”
“Cosa?”
“Non
lo so. Potrebbe essere una sorta di marchio che troveranno al Jeffersonian analizzando i resti; oppure potrebbe esserci un
collegamento tra le vittime. Forse il killer si sente una sorta di giustiziere
e uccide persone che, almeno ai suoi occhi, sono colpevoli di qualcosa e i
diversi metodi di uccisione potrebbero essere relativi alla personalità delle
vittime … come una sorta di contrappasso.”
“Quindi
siamo esattamente al punto di partenza: senza l’identificazione o le cause del
decesso, non abbiamo basi da cui far partire le indagini. Il tuo bula-bula non è servito a molto.”
“La
psicologia è una scienza, non inventiamo nulla. Dal momento che non abbiamo
niente a parte le foto, neanch’io posso fare accurate
deduzioni. Almeno del morto più recente, si conosce la causa della morte?”
“Pare
di sì, a meno che non ci sia qualche colpo di scena in laboratorio. Sembra certa
che prima gli sia stato dato fuoco e poi, prima ancora che potesse morire, è
stato fulminato.”
“Prima
le fiamme e poi una scossa? Dimostra una certa furia, un risentimento personale
da parte dell’assassino verso la vittima. Il desiderio di infliggere un castigo
esemplare. Fuoco e fulmine … mi ricorda qualcosa …”
Sweets si soffermò a
ragionare, a cercare qualcosa nei propri ricordi.
“Allora?”
lo incalzò Booth “Che cosa ti ricorda?”
Il
giovane si sentiva un poco incerto: gli era venuta in mente una teoria, ma non
poteva esserne certo, non ancora almeno, aveva bisogno di qualche provain più per suffragarla. Decise comunque di
esporla: “Molière scrisse varie opere teatrali, una di esse è Il don Giovanni o il convitato di pietra;
alla fine dell’ultimo atto, una statua animata condanna don Giovanni per la sua
condotta e lui, dunque, inizia a bruciare e poi un fulmine lo colpisce. Esattamente
com’è accaduto alla nostra vittima.”
Booth, scettico, lo
guardò storto e borbottò: “Dunque, secondo te, il nostro assassino è una
statua.”
“No.
Non intendevo questo.”
“Ma
è quello che hai detto.”
“No,
ascoltami. Guarda quest’altro cadavere e leggi le osservazioni fatte dopo l’esame
sul campo: è una donna, presumibilmente soffocata, siccome ha lo ioide rotto. Vedi
il fazzoletto attorno al collo? Io scommetto che è stata strangolata con
quello, proprio come avviene a Desdemona nella maggior parte delle rappresentazioni
dell’Otello di Shakespeare. Passa all’immagine
del penultimo morto in ordine cronologico. Ecco, vedi? La causa della morte non
è ancora accertata, ma hanno già potuto affermare con certezza che è un uomo i
cui occhi sono stati schiacciati con forza coi pollici, causando l’accecamento.
Scommetto che l’esame delle ossa accerterà che è stato pugnalato come il conte
di Glouchester nel Re Lear.”
Booth si accigliò e
chiese: “Un serial killer amante del teatro, quindi?”
“Sembrerebbe.
Ecco, mi è venuto in mente un altro collegamento: vedi quest’altro scheletro?”
“Sì,
sembra uno dei più vecchi, per ora hanno potuto solo constatare che era un uomo
sui trent’anni.”
“Sì,
ma guarda i simboli strani tracciati per terra. Sono riconducibili al satanismo
e, quindi, questo mi fa pensare che il morto sia stato ucciso con una lama da
duello, proprio come Valentino è stato ucciso da Faust.”
“Faust
quello che ha venduto l’anima al diavolo? Wow, Sweets,
se hai indovinato, ti faccio un regalo! Riesci a collegare anche gli altri
morti con delle opere teatrali?”
“Beh,
senza sapere le esatte cause del decesso, è difficile stabilirlo. Il tizio
decapitato potrebbe essere ricollegato al Riccardo
III, ma potrebbe anche riferirsi a qualche altra opera.”
“Su
Sweets, sei a cinque su otto: battiamo i cervelloni,
dimostriamogli che anche l’intuito può competere con i loro macchinari.”
“Booth, ti ricordo che anch’io ho un quoziente intellettivo
superiore a 150, a 22 anni avevo già ilmio dottorato; semplicemente applico la mia intelligenza in un settore
diverso.”
“Grazie
di avermi ricordato di essere il più normale del gruppo. Allora riesci a
dedurre qualcos’altro sì o no?”
“Non
mi pare ci siano elementi significativi, visibili anche a noi. Sono piuttosto
sicuro, però, che almeno uno sia stato avvelenato.”
“Cosa
te lo fa pensare?”
“Ci
sono parecchi avvelenati nelle opere teatrali.”
Squillò
il telefono e l’agente rispose: “Booth! Ciao Bones, dimmi tutto. Davvero? Ottimo! … Come? … Sì, credo ci
sia molto utile, mandami i dati sul computer, ho qui Sweets
con una splendida teoria che, forse, tu ci hai appena confermato. … Te ne
parlerò dopo, se è esatta. Grazie, a dopo!”
Booth chiuse la
chiamata, appoggiò il telefono sulla scrivania, guardò l’amico con un sorriso
entusiasta ed esclamò: “Sweets, a quanto pare, il tuo
bula-bula ci ha azzeccato.”
“Non
è che servisse la psicologia per cogliere i riferimenti teatrali.”
“Allora
le psicoballe sono davvero inutili … Comunque, Angela
ha fatto la ricostruzione facciale e ha identificato la nostra vittima più
recente, quella fulminata: si chiamava Donald Fillmore
ed era un attore. È scomparso da tre giorni e l’ultima volta è stato visto al
Round House Theatre. Andiamo a fare qualche domanda?”
“Vuoi
andare sul campo con me, spontaneamente?”
“Bones ha otto cadaveri da analizzare, anche con l’aiuto di
un tirocinante, ha bisogno di tempo per esaminarli tutti e non può lasciare il
laboratorio, al momento, quindi devi venire tu.”
“Comunque,
prima di andare, voglio verificare una cosa. Collegati a internet e cerca il
sito del Round House.”
Booth lo accontentò e
si accigliò, vedendo l’homepage del sito, mentre Sweets
annuì, soddisfatto di aver avuto l’intuizione giusta.
“Don Giovanni o il commensale di pietra di
Molière.” Booth lesse il titolo sulla locandina
digitale “A quanto pare non si sono sforzati molto a cercare l’ispirazione per
l’omicidio.”
“La
nostra vittima era tra gli interpreti, vero?”
“Sì,
a quanto pare era proprio Don Giovanni. Beh, se non altro aveva provato
parecchie volte la propria morte, prima della messa in scena definitiva. Che dici,
uno spettatore che non ha gradito lo spettacolo?”
“No,
ma mi è venuto un dubbio. Possiamo controllare, negli archivi, se ci sono altre
scomparse di attori, connessi con il Round House?”
“Un
teatro un po’ sfortunato, se tutte le vittime venissero da lì, non credi?”
“Beh,
dato che le vittime sono sia maschi che femmine e di differenti età, penso che
il luogo da cui provengono, per così dire, possa essere una costante utile per
il serial killer.”
“Non
sarebbe più cauto se prendesse attori, ammesso e non concesso che siano tutti
attori, da posti diversi?”
“Non
sappiamo ancora quale sia la causa che fa scattare nell’assassino il bisogno di
uccidere. Gli omicidi sono connessi con opere che non hanno molto in comune,
nemmeno l’autore. Proviamo a vedere se possono essere collegate tutte e quante
al teatro, altrimenti formulerò altre ipotesi, non appena conosceremo le loro
identità.”
“D’accordo,
verifico nel database, ma se troviamo qualcosa, occorrerà recuperare i
fascicoli cartacei.”
Booth digitò le
parole chiave: Round House e persone scomparse e attese qualche
momento che il computer individuasse i file al riguardo.
Strabuzzando
gli occhi, l’agente annunciò: “Forse hai fatto bingo, Sweets.
A quanto pare, compreso il signor Fillmore, sono
scomparse otto persone. Fammi controllare qual è la loro connessione col teatro
… Sono stati tutti visti per l’ultima volta all’interno del Round House. Va a
prendere i loro fascicoli, io, intanto, segnalo ad Angela queste persone
scomparse, forse potrà velocizzare i tempi della ricostruzione facciale.”
Lo
psicologo impiegò almeno una mezz’ora per recuperare tutti e sette gli altri
fascicoli, poi tornò da Booth per esaminarli assieme
a lui. L’agente, intanto, aveva avuto la conferma che i crani dei cadaveri
corrispondevano ai volti delle persone scomparse: confrontare un teschio con
una foto era molto più semplice che ricostruire l’intero volto.
“Allora,
dobbiamo cercare un qualche collegamento tra le vittime, oltre al luogo della
scomparsa.” disse Booth “Il fatto che siano tutte
sparite dal teatro ci indica che l’assassino probabilmente lavora all’interno
del Round House o, per lo meno, che abita lì vicino, tuttavia non ci spiega
perché, tra tutti gli attori che sono passati da lì in dieci anni, ne abbia
uccisi solo otto. Dobbiamo capire che cosa avessero in comune queste persone,
quindi voglio sapere tutto sulle loro vite: scuole frequentate, accademie,
premi vinti, competizioni, casting … tutto! Su, al lavoro Sweets.”
“Certamente.
Prima, però, possiamo verificare un’altra cosa, forse un po’ più semplice?”
“Quale?”
“Fillmore è stato ucciso nella stessa maniera in cui è stato
assassinato il personaggio che interpretava in questo periodo, potremmo
controllare se anche per gli altri è avvenuta la stessa cosa. Per esempio,
prova a cercare su google Amy Barriee Desdemona.”
Booth eseguì e trovò
alcuni articoli e recensioni su blog che parlavano del successo che aveva avuto
l’attrice con la sua interpretazione nell’Otello,
proprio appena prima di scomparire. Verificarono, allora, anche gli altri due
attori i cui personaggi erano riusciti ad intuire tramite la morte ed ebbero
conferma che anch’essi erano stati uccisi nel medesimo modo in cui i loro
personaggi venivano assassinati in scena.
“Interessante
…” osservò Sweets “È come se, anziché gli attori, il
killer volesse uccidere i personaggi.”
“Questo
è assurdo.”
“No,
da un punto di vista psicologico potrebbe avere senso, certo in un soggetto
altamente disturbato e che viva momenti di alienazione della realtà … è strano,
però, che un individuo simile in dieci anni sia rimasto libero.”
“Lasciamo
le psicoballe come riserva, prima prova a trovare un
movente e un nemico più credibile e reale. Magari l’omicida è un attore che
aveva fatto l’audizioni per delle parti che hanno poi avuto le vittime.”
“Dubito
che la stessa persona potesse concorrere per il ruolo di un’attrice di ventitré
anni e quello di uno di oltre sessanta.”
“Dev’esserci una connessione e tu devi trovarla. Hai tutti i
fascicoli che ti occorrono, hai internet per approfondire le loro vite e,
sicuramente, Angela e l’Angelatron ti aiuteranno a
saperne di più.”
“Giusto,
erano attori, dunque avevano tendenze narcisistiche, più o meno latenti, o
comunque desiderio di rivalsa, di mostrare il proprio successo, per cui avranno
sicuramente riempito i social network di foto, performance e altre
informazioni.”
“Bravo,
hai un bel po’ di lavoro da fare. Io, intanto, vado a prendere Bones e andiamo in teatro a fare qualche domanda.”
“Ehi,
mi avevi detto che ti avrei accompagnato io!”
“Ho
cambiato idea. Bones ha a disposizione tre o quattro
dei tirocinanti, per cui può prendersi una pausa. Ci vediamo più tardi, tu
fammi trovare qualche pista concreta e basata su fatti e non sulle tue teorie
astratte!”
Booth guidava la sua
automobile, rilassato: per una volta non doveva andare a dire a qualcuno che un
suo caro era morto; certo avrebbe dovuto dare la notizia a persone che
conoscevano e lavoravano con Fillmore, ma almeno non
erano genitori, figli o fidanzate e questo era un fattore che, emotivamente,
alleggeriva molto quell’ingrato compito.
Temperance sedeva accanto
a lui e, mentre percorrevano le strade, disse: “Non mi hai mai portata a
teatro.”
“Ti
ci sto portando adesso.”
“Per
un’indagine.”
“Così
è più divertente e non è d’obbligo l’abito lungo.”
“Ci
sono molte rassegne teatrali importanti in città, dovremmo andarci qualche
volta.”
“Più
avanti, magari.” Booth cercò di tagliare corto
“Adesso non possiamo di certo, con Christine! Non possiamo lasciarla a casa da
sola.”
“Ma
c’è Sweets, potrebbe tenere lui Christine e noi
andiamo a teatro.”
“Idea!
Vai a teatro con Sweets, sono sicuro che a lui
piacciono queste cose e io resto a casa con Christine a guardare il football.”
“Non
è la stessa cosa, Booth. Che cos’hai contro il
teatro? Il teatro esiste fin dagli albori della civiltà, è provato che
esistesse ancor prima dei tragediografi greci, risponde ad un bisogno
antropologico di vedere rappresentati gli archetipi dell’umanità. Non hai
niente contro il cinema.”
“Il
cinema e il teatro sono due cose diversissime! A teatro non posso vedere Vin Disel che fa saltare in aria un palazzo.”
“Le
opere di Shakespear sono piene di omicidi, intrighi e
azione.”
“Sì,
intervallate da monologhi chilometrici in una lingua incomprensibile. L’ultima
volta che sono stato a teatro, dopo due ore erano passati solo venti minuti.”
“Non
c’è solo Shakespear. Oscar Wilde ha scritto commedie
brillanti, molto ironiche. Oppure ci sono i testi contemporanei di Neil Simon o
di Woody Allen.”
“Sì,
ma perché dovrei andare a teatro a vedere un’opera di Woody Allen, quando posso
vedere i dvd?”
“Non
c’è paragone!”
“Ok,
fine primo round, siamo arrivati.” disse Booth,
parcheggiando “La ripresa, dopo aver fatto un po’ di domande.”
I
due scesero dall’auto e si avviarono verso l’ingresso del teatro, varcarono il
portone e si trovarono nell’atrio vuoto, dove avrebbero dovuto aspettare che li
raggiungesse un responsabile che li avrebbe accompagnati all’interno del
labirintico edificio per incontrare i vari dipendenti. Aspettavano, guardandosi
attorno, già in cerca di indizi. Dopo un paio di minuti arrivò un uomo, ma non
era lì per loro, infatti aprì uno sgabuzzino nascosto, tirò fuori una scopa e
iniziò a spazzare.
Temperance, stanca di
aspettare, andò ugualmente verso quell’uomo e disse: “Scusi, sono la dottoressa
TemperanceBrennan e lui è
il mio collega, l’agente speciale SeeleyBooth dell’FBI. Lei chi è?”
“Io
sono colui che mi si crede.” rispose l’uomo, continuando a spazzare e senza
degnare di uno sguardo la donna.
L’antropologa
ribatté: “Questa è una citazione da Pirandello, mi pare.”
“Chi?”
chiese Booth.
“Immagina
Sweets che usa le sue teorie da psicologo per creare
testi teatrali.”
“Non
sono sicuro di avere capito.” l’agente, poi, si rivolse all’altro uomo “Allora,
qual è il tuo nome?”
“Che
cos’è un nome? Non è una mano, o un braccio o un viso, né un’altra parte che
appartiene ad un essere umano. Quello che noi chiamiamo col nome di rosa, anche
chiamato con un nome diverso, conserverebbe ugualmente il suo dolce profumo.”
“Mi
prendi in giro?!” Booth si alterò “Non hai capito, io
sono un agente dell’FBI, per cui se non rispondi alle mie domande, ti arresto
per ostacolo alle indagini e per offesa a pubblico ufficiale.”
“Le
carceri non piegheranno il mio cuore, né il mio spirito, né la mia mente. Le
minacce di voi mortali non possono nulla contro un anima salda nel Signore.”
Booth stava per
perdere le staffe, ma intervenne velocemente Bones:
“Sta citando delle opere teatrali, non ti arrabbiare.”
“Non
fa differenza, deve rispondere alle nostre domande.” Seeley
si era innervosito.
“Agente
Booth?!” lo chiamò una voce alle sue spalle.
I
due si girarono e videro una signora bionda, sulla cinquantina, in tailleur
beige, truccata pesantemente, venire loro incontro.
“Sì,
sono l’agente Boothe lei è la mia collega, la dottoressa Brennan.
Lei chi è?”
“Lucy
Stone, gestisco il teatro. Il direttore mi ha incaricato di accompagnarvi e di
farvi avere tutto ciò che vi è necessario per l’indagine.”
“Ottimo,
finalmente una persona collaborativa!” sospirò Booth
“Potrebbe cominciare col dirmi chi è il lavapavimenti che si ostina a non
rispondermi. È uno di quegli attori che non riescono ad accettare l’idea che
esista anche il mondo reale?”
“Timothy
…!” disse Lucy con un vago rimprovero, ma molta commiserazione “Era uno dei
nostri migliori attori.”
“Era?”
“Sì.
Anni fa ha avuto un incidente stradale e i danni che ha subito lo hanno
invalidato parecchio. Lo abbiamo assunto come tutto fare perché gli vogliamo
bene, era uno della nostra grande famiglia.”
“Eravate
parenti?” domandò Bones.
“No.
Grande famiglia teatrale. Abbiamo una nostra piccola compagnia, oltre a
chiamare quelle esterne. Siamo tutti molto uniti.”
“Infatti
pare che le disgrazie capitino solo agli estranei.” osservò Booth.
“Che
cosa intende dire?” si meravigliò Lucy.
“Donald
Fillmore.”
“Ah,
siete qui per lui? Immagino che non lo abbiate trovato, se siete venuti
dall’FBI ad indagare.”
“L’abbiamo
trovato invece. Morto.”
“Oh!”
si sorprese l’amministratrice “Si tratta di un omicidio, quindi?”
“Sì.
E, indovini, non era solo.”
“Non
capisco. C’era anche l’assassino?”
“No,
altri morti.”
“Oh,
ma è orribile! Comunque, io non conoscevo il signor Fillmore,
non socializzo mai con gli attori di altre compagnie, non ce n’è mai il tempo
e, inoltre, gli attori sono in realtà piuttosto chiusi e non amano mescolarsi
con la concorrenza. Sa, poi, questioni energetiche, le compagnie devono avere
una vita quasi comunitaria tra di loro, ma non farsi inquinare dagli esterni.”
“Non
ha senso quello che dice.” replicò Bones “Ma capisco
che gli attori siano, in linea generale, tendenti all’essere superstiziosi, se
è a questo che si riferiva.”
“Andiamo
avanti.” riprese Booth “Fillmore
non è il primo attore che scompare da questo teatro, giusto?”
“No,
purtroppo no. È capitato altre tre, quattro volte …, mi pare.”
“Sette,
per l’esattezza, otto contando anche Fillmore.”
“Otto?
Così tante? Non credevo. Pessima pubblicità, se continua di questo passo, ci
ribattezzeranno: Teatro Emme A Ci Bi E Ti Acca.”
“Cosa?”
chiese Booth.
“Macbeth.”
spiegò Temperance.
“Non
lo dica!” la sgridò Lucy.
“Come?”
l’agente era ancora confuso.
“Gli
attori pensano che pronunciare il nome Macbeth porti sfortuna.” spiegò Bones.
“Ecco,
quindi non lo dica più!” concluse Lucy.
Booth riprese in mano
la situazione: “Concentriamoci sull’indagine. Signora Stone, lei come ha saputo
della scomparsa di Fillmore?”
“Semplice:
ero in ufficio a fare il mio lavoro, supervisionare i conti gestiti dal nostro
ragioniere, contattare compagnie, leggere email e
così via; a un certo punto sento bussare ed entra una delle attrici che mi
chiede se ho visto Fillmore. Io, lìper lì, non avevo neppure associato il nome
alla faccia, ma comunque le risposi di no, perché non avevo visto nessuno della
compagnia.”
“Nessuno?”
“Nessuno.
Ogni mattina arrivo qui alle nove, quel giorno avevo avuto un colloquio col
regista che voleva la scheda tecnica del palcoscenico e mi aveva dato una lista
di alcuni materiali extra che gli servivano. Ho incaricato Timothy e Steve, il
nostro tecnico, di accontentare il regista, poi sono stata nel mio ufficio fino
all’ora di pranzo, dopo sono andata nel pub dall’altro lato della strada e alle
quindici sono rientrata, i miei orari sono sempre gli stessi. Non ho parlato
con nessuno della compagnia, finché non mi hanno chiesto se avessi visto il
loro amico.”
“In
pausa pranzo non ha notato nulla di strano?”
“No.”
“Non
ha visto nessuno degli attori?”
“Non
so, può essere che abbia incrociato qualcuno mentre uscivo, ma non ci ho fatto
caso.”
“Gli
attori dove mangiano?”
“Non
lo so, non è un mio problema. Alcune compagnie si fanno portare il pranzo nei
camerini, altre eleggono un locale dove andare sempre. Loro non so cosa
facciano.”
“Sono
qui da almeno una settimana.” osservò Temperance
“Possibile che non abbia idea delle loro abitudini?”
“Non
me ne devo occupare io. Potete però chiedere a Kathy,
lei è addetta sia alla pubblicità, sia agli aspetti, per così dire, mondani
delle compagnie. Io mi occupo di ciò che riguarda il teatro, lei del loro soggiorno.”
“Sentiremo
tutti quanti fossero presenti il giorno della scomparsa.” disse Booth “Può farci un elenco, mentre noi poniamo qualche
domanda a questa Kathy?”
“Sì,
certo, ma a parte i membri della compagnia, che io sappia, oltre a me qua
c’erano solamente Kathy, Timothy e Alehandro, che è il tecnico.”
“Nessun’altro?”
“No,
era un giorno di prove e non di spettacolo, quindi il personale è al minimo.”
“Non
c’era neppure il Direttore?”
“No,
perché la settimana scorsa era in viaggio per vedere alcune compagnie in
Alabama e valutare se scritturarle, oppure no.”
“Capisco.
Se le venisse in mente altro, ce lo comunichi.”
“Certamente.
Ah, ecco, ogni tanto Charlie, il regista della nostra compagnia, viene a vedere
come lavorino gli altri. Non so se quel giorno ci fosse o meno.”
“Mi
faccia un favore: gli telefoni e glielo chieda. Prima, però, ci porti da Kathy e avvisi il tecnico che lo sentiremo subito dopo.” Booth diede istruzioni “Poi convochi la compagnia, se non è
già in teatro e, ultima cosa, mi trovi un modo per comunicare con Timothy.”
“Sarà
difficile, non si fida degli estranei. L’incidente lo ha distrutto, poverino.”
“Ha
mai avuto comportamenti aggressivi? Ci sono mai state lamentele circa la sua
condotta?”
“Per
Timothy? No, assolutamente! Forse avrà corteggiato qualche attrice, ma in
maniera giocosa. Non si fida degli estranei, ma ogni tanto riesce ad entrare in
sintonia con alcune compagnie e, allora, quasi lo adottano finché rimangono in
teatro. Ecco, l’unica lamentela che ci è arrivata è stata di un attore noto per
la sua altezzosità, che si era arrabbiato perché Timothy aveva detto alcune
delle sue battute, durante le prove generali.”
“Per
caso, questo attore, è tra quelli scomparsi?”
“No.”
Booth e Bones si prepararono ad ascoltare gli altri, dunque Lucy li
accompagnò all’ufficio di Kathy che si trovava al
primo piano. I due investigatori notarono che nell’edificio c’erano parecchie
scale, corridoi e stanze e stanzini. Lucy spiegò loro che originariamente quello
non era un semplice teatro, ma un luogo di aggregazione e ritrovo in cui
c’erano un bar, un circolo e altre attività; ora era rimasta in uso solamente
l’arte drammatica e quindi molte parti dell’edificio erano vuote.
“Fillmore è stato ucciso?!” si meravigliò Kathy “Com’è possibile? La compagnia viene dall’Oklaoma, non può avere nemici che lo abbiano seguito fin
qui.”
“Non
crediamo sia stato un fatto personale.” specificò Booth.
“Una
rapina?!” la donna cercava di comprendere.
“Nemmeno.
Preferirei darle qualche dettaglio più tardi, prima mi dica quali sono le
abitudini di questa compagnia. Ci è stato detto che gli attori tendono ad
essere molto abitudinari …”
“Sì,
a meno che qualcosa non vada male. Ad esempio, dopo che Fillmore
è scomparso, hanno preteso di cambiare albergo e ristorante.”
“Temevano
che qualcuno dei dipendenti avesse fatto del male al loro compagno?” chiese Bones.
“No,
semplicemente ritenevano che quei posti portassero loro sfortuna.”
Booth proseguì: “Ci
dica quali erano le abitudini della compagnia, prima del fattaccio.”
“Alloggiavano
al Golden Lion,
ogni mattina si svegliavano alle sei e andavano sul tetto a fare non so quali
esercizi. Alle sette e mezza facevano colazione e per le nove arrivavano in teatro.
Facevano le prove o quel che dovevano fino alla mezza, poi cominciava la pausa
pranzo. Io andavo a prendere le ordinazioni dei loro panini, poi le comunicavo
al North Ice
che glieli consegnava. Mangiavano assieme, ma prima e dopo del pranzo, generalmente,
si dividevano e poi riprendevano a lavorare verso le quindici e trenta. Adesso,
però, stanno tutti assieme. Vi occorrono anche le informazioni sulla cena e la
sera, oppure no, visto che Fillmore è scomparso nel
primo pomeriggio?”
“Per
ora può bastare. Mi dica, chi faceva le consegne dei panini? Intendo, come
persona; gli attori avranno voluto sempre lo stesso addetto alle consegne,
suppongo.”
“Sì,
infatti. Veniva sempre Sandy.”
“Dovremo
parlare anche con lei.” osservò Booth “Mi dica, ci
sono state altre compagnie che erano rifornite da questa Sandy, che lei si
ricordi?”
“Non
lo ricordo, ma controllo subito al computer. Prendo nota di tutte le abitudini
delle varie compagnie, per poter garantire sempre il medesimo servizio ogni
volta che tornano. Glielo dico subito.” Kathy fece
una rapida ricerca e disse: “Sì, altre tre compagnie chiedono sempre,
espressamente, di lei.”
“Solo
tre?”
“Beh,
i locali e i camerieri sono numerosi.”
“Ci
dica i nomi delle compagnie, per favore.”
“Sì,
dunque: I Corsari, Calendimaggio, Gli
stantuffi.”
“No,
nessuna di quelle che ci interessano.”
Booth continuò con le
domande e si fece raccontare di tutti i possibili contatti che avevano avuto
gli attori con gente esterna al teatro. Dopo aver ascoltato tutto quello che Kathy aveva da dire, i due interrogarono il tecnico luci,
che non poté dire nulla di particolare, se non riferire qualcosa dei rapporti
tra gli attori, ma nulla di particolare, poiché tutto ciò che aveva visto era
connesso strettamente allo spettacolo.
“Ci
dica in particolare, però, del giorno in cui Fillmore
è scomparso; la signora Stone ci ha detto che quel giorno lei aveva avuto l’incarico
di procurare alcuni materiali tecnici.”
“Sì,
alcune gelatine colorate e dei faretti aggiuntivi, liho montati nella mattinata.”
“Ha
notato nulla di strano?”
“Non
mi pare, erano tutti normali, cioè come al solito.”
Bones domandò, per
avere conferma: “Quindi nessuno di voi ha avuto contatti con gli attori durante
la pausa pranzo?”
“Io
no. Ho lavorato solo al mattino, al pomeriggio avevo una visita medica.”
“Immagino
potrà dimostrarlo.” disse Booth.
“Sì,
il medico e l’infermiera si ricorderanno di certo.” il tecnico era molto
tranquillo e disponibile al dialogo, un po’ come tutti gli altri dipendenti “Adesso
che ci penso, quel giorno, Timothy ha fatto avanti e indietro dal palco a
fuori, perché doveva recuperare alcuni oggetti di scena. Non so a che ora abbia
finito, ma forse può aiutarvi.”
“Aiutarci?!”
reagì Booth, ironico e un poco irritato “Se ci può fare
da interprete, molto volentieri.”
“Oh!
È in uno di quei periodi in cui parla solo per citazioni teatrali.”
“Gli
capita spesso?”
“Ogni
tanto. Si estranea un po’ dal mondo, però fa lo stesso il suo lavoro. Gli
tornano in mente i tempi in cui recitava, immagino.”
“Gli
volete tutti molto bene.” osservò Booth.
“Sì,
ha perso qualche venerdì, ma è uno di noi e gli siamo affezionati.”
“Allora
la domanda che sto per farle non le piacerà, ma capisce bene che è la
procedura. Timothy ha mai avuto atteggiamenti aggressivi?”
“No,
è sempre stato buono, disponibile, nonostante le sue difficoltà. Gli piace
stare in compagnia e, quando si fida di qualcuno, diventa molto amichevole. È buono
e generoso!”
Booth si accontentò
di quella risposta, per il momento, quindi andò con Bones
a parlare con gli attori della compagnia.
Il
regista era piuttosto scocciato del fatto che le prove fossero state
interrotte, ma come vide il distintivo dell’FBI si diede una calmata. Booth diede la notizia della morte di Fillmore
e tutti e venti i membri della compagnia rimasero sorpresi e rattristati.
“Da
quanto tempo conoscevate Fillmore?” chiese l’agente
federale.
“Sei
anni, io, quando ha fatto il provino per entrare nella compagnia.” rispose il
regista, poi fece un elenco degli attori che c’erano già al suo ingresso e chi
si era unito dopo.
“I
vostri rapporti, come erano? C’erano invidie? Dissapori?”
Tutti
quanti i presenti, giurarono e stragiurarono che non
c’erano problemi all’interno della compagnia e che tutti quanti andavano d’amore
e d’accordo.
Sia
Booth che Bones dubitavano
che così tanta gente potesse convivere tanto a lungo senza screzi e cercarono
di porre qualche domanda provocatoria, sperando che qualcuno cedesse, eppure
tutti rimasero uniti.
Temperance, allora, tentò:
“Chi è il sostituto di Fillmore?”
“Nessuno.”
disse il regista.
“Impossibile.”
replicò l’antropologa “Avete continuato ad andare in scena in queste sere,
qualcuno deve averlo sostituito.”
“Giusto!”
incalzò Booth “Forse qualcuno era stufo di stare in
panchina e ha trovato la maniera di diventare titolare.”
“Come
osa?! Si vergogni!” fu l’indignazione che si levò da quasi tutti i presenti.
Il
regista, allora, spiegò: “Per non affaticare eccessivamente gli attori
principali, attribuisco due attori ad ogni personaggio protagonista e, quindi,
vanno in scena a sere alterne. Non c’era ragione di competere per la parte. Anzi,
il povero Peter adesso ha il doppio del lavoro e non può quasi riposarsi.”
“D’accordo,
d’accordo.” li calmò Bones “Chi di voi è stato l’ultimo
a vedere Fillmore?”
“L’abbiamo
vistotutti. Lui era sempre il primo a finire
di mangiare e andava via subito.”
“Per
far cosa?” chiese l’agente federale “Vedeva qualcuno?”
“No.
Provava la parte con una metodologia tutta sua e che voleva tenere segreta. Non
ci diceva nemmeno dove andasse.”
Tutte
quelle risposte erano inconcludenti e non davano informazioni utili.
Booth, allora, decise
di cambiare strategia e domandò: “Qualcuno di voi, per caso, conosceva di
persona, e non solo di fama, qualcuno degli attori che nominerò?” prese un
foglietto in cui si era appuntato i nomi delle altre vittime “Eveline Green. Samuel Wind. ArcibaldFitzz. Amy Barrie. Frida Hank. Ernesto Gonzales. Friedrich Caspar.”
Una
delle attrici alzò la mano e disse: “Io ho fatto l’accademia di arte drammatica
a Denver con Samuel. Perché?”
“Un
momento. Altri?” chiese Booth, guardandosi attorno e
notò che uno dei presenti aveva abbassato lo sguardo.
Il
regista rispose: “Io, otto anni fa, avevo partecipato ad un progetto con Eveline, ma non la conoscevo granché.”
“Ehi,
Mark!” saltò su un’altra delle attrici “Tu non ci avevi parlato, una volta, di Fidra?”
Mark,
che era quello che aveva distorto lo sguardo, replicò: “Sì, ho lavorato con lei
ad uno spettacolo.”
“E
te lo ha dovuto ricordare la tua collega?” Booth
cercò di metterlo in difficoltà, trovando il suo atteggiamento sospetto.
“Beh
è un pensiero difficile!” si arrabbiò Mark “Lo so perché ci ha chiesto se
conosciamo questi attori: sono tutti scomparsi e voi volete incolpare qualcuno
di noi.”
“No,
vogliamo trovare il responsabile. E sì, sono tutti scomparsi e morti.” ribatté
seccamente Booth.
“Come
fa a sapere che sono scomparsi tutti e otto?” chiese Temperance.
“Mi
informo.” si difese Mark “Questo posto è maledetto! Giuro che non ci metterò
mai più piede!”
Booth e Bones continuarono ancora un poco con le domande, infine si
congedarono, raccomandandosi con tutti quanti di non lasciare la città. Si rimisero
in auto e partirono, con la testa piena di interrogativi.
Sweets era ancora in
ufficio a sfogliare i dossier sugli attori scomparsi. Era certo di aver preso
tutte le informazioni che gli servivano da quei fogli e che le risposte che
cercava non erano nella vita delle vittime, bensì in quel teatro. Stava
rimettendo in ordine i fascicoli, quando arrivò Caroline a chiedere
informazioni.
“Allora,
chery, dimmi che hai buone notizie. I giornalisti
hanno già iniziato ad assediarmi, a quanto pare otto cadaveri sono una notizia che
tutti quanti vogliono pubblicare e vengono da me per avere informazioni. Non li
ho mai sopportati! Su, fammi contenta e dimmi che siete a buon punto.”
“Abbiamo
identificato tutte le vittime.”
“È
già qualcosa.”
“Sappiamo
anche che sono sparite tutte quante dallo stesso luogo. Booth
e la dottoressa Brennan sono già sul posto per le
prime domande. Io sto per andare al Jeffersonian per
verificare se sono state scoperte tutte le cause di morte, controllare alcune
informazioni tramite l’angelatron ed eventualmente
confermare una mia teoria, che potrebbe essere fondamentale per
l’identificazione del colpevole.”
“D’accordo,
chery, ma tienimi informata su ogni scoperta
rilevante, siamo intesi?”
“Certamente.”
Lo
psicologo raggiunse in poco tempo il Jeffersonian e per
prima cosa parlò con Cam, chiedendole quale fosse il
punto della situazione. Purtroppo non c’erano state novità rilevanti: i resti
erano lì da poche ore e, quindi, le analisi non avevano ancora dato risultati,
inoltre c’erano quasi solo ossa e dunque scoprire le cause delle morti era
piuttosto difficoltoso. La dottoressa Saroyan aveva
solo due corpi da esaminare: quello più recente e uno femminile di cinque anni
prima, trovato stranamente piuttosto conservato, tramite una sorta di
mummificazione naturale.
Sweets ringraziò per
l’aggiornamento e domandò se fosse possibile per lui formulare delle ipotetiche
cause di morte per ciascuna vittima e, poi, farle verificare dai tirocinanti. Cam era un poco dubbiosa, non capiva come potesse lo
psicologo intuire come fossero stati commessi gli omicidi, ma comunque
acconsentì.
Il
giovane, allora, andò nello studio di Angela e la trovò che parlava con Hodgins.
“Disturbo?”
domandò Sweets.
“No.
Stavamo ingannando il tempo, in attesa di qualche dato su cui lavorare.” rispose
lo scienziato.
“Hai
bisogno di qualcosa?” chiese Angela, premurosamente.
“Sì;
vorrei verificare alcune cose con l’angelatron, se mi
puoi dare una mano.”
“Certamente,
anche se è decisamente insolito che sia tu a chiedermelo. Che cosa ti serve?”
“Innanzitutto,
dovresti usare il programma di riconoscimento facciale e verificare se le
vittime compaiono assieme in qualche foto.”
“Su
tutto internet o in qualche sito in particolare?” chiese la donna, mentre
prendeva il tablet con cui dava ordini al suo computer.
“Tutto.”
“Ci
occorrerà un bel po’ di tempo, temo.”
Angela
iniziòa caricare le foto delle vittime
nel programma di riconoscimento.
Sweets rispose,
pacatamente: “Per sicurezza occorre controllare, ci voglia il tempo che ci
voglia, anche se questa teoria non mi convince. Nel frattempo, possiamo fare
altre ricerche?”
“Nessun
problema. Chiedi e l’angelotron esegue, per fortuna
il Jeffersonian mi ha fornito un’ottima tecnologia e
un’eccellente connessione ad internet, quindi posso fare anche tre o quattro ricerche
per volta, senza che il sistema ne risenta. Allora, cosa dobbiamo guardare?”
“Essendo
piuttosto chiare le cause di morte di almeno cinque delle vittime …”
“Quando
siamo arrivati a questa conclusione?!” chiese Hodgin,
un po’ perplesso, un po’ ironico.
“L’intuito
questa volta è servito ad interpretare alcuni indizi lasciati sulla scena del
crimine.”
“Se
ti sentisse la Brennan!” ridacchiò lo scienziato.
“Fidatevi!”
insisté lo psicologo“Cinque delle
vittime sono morte nella stessa maniera in cui moriva, in scena, l’ultimo
personaggio da loro interpretato: Fillmore è morto
come Don Giovanni, Amy Barrie come Desdemona, Samuel
Wind era il Conte di Glouchester, Friedrich Caspar interpretava Valentino ed Ernesto Gonzales era nel Riccardo III.”
“Davvero?”
si meravigliò Angela.
“Sì.
Il loro modo di morire mi ha ricordato quello dei personaggi e, allora, ho
fatto una ricerca associata del nome e quello dell’opera. Vorrei controllare
che personaggi interpretavano, prima di essere uccisi, Frida Hank, Eveline Green e ArcibaldFitzz.”
“Va
bene, cercherò i loro nomi legati al Round House, visto che hanno avuto lì la
loro ultima esibizione.” Angela si mise a cercare e presto ebbe dei risultati “Arcibald era Giulio Cesare, per cui direi che sì, il suo
personaggio moriva sul palco. Poi, vediamo … Ecco, Frida Hank è stata Cassandra
in una rivisitazione dell’Orestea; infine la signora Green … interpretava Dama Lionora, in un’opera teatrale ispirata al Ciclo Bretone, a
quanto pare il suo personaggio era avvelenato a causa di un equivoco.
Soddisfatto, Sweets?”
“Sì,
ho preso nota. Vado a chiedere … Un momento! Fammi rivedere gli elenchi dei
cast di tutte e tre le commedie, per favore.”
Angela
lo accontentò.
“Ecco,
guardate! Mark Hunter compare in tutti e tre.”
“Hai
ragione!” annuì Hodgins, fissando lo schermo.
Lo
psicologo stava già elaborando qualcosa nella sua mente, comunque disse: “Io
devo chiedere ai tirocinanti e a Cam di verificare se
effettivamente le morti reali corrispondono a quelle sceniche. Angela, per
piacere, controlla se Mark Hunter si trovava a recitare anche con le altre
cinque vittime.”
Il
giovane lasciò lo studio di Angela e raggiunse i tirocinanti che stavano
pazientemente osservando le ossa. A causa dei numerosi scheletri da esaminare,
erano stati chiamati tre degli studenti della Brennan,
ossia Wendell, Fischer e il nuovo arrivato Wells,
arrogante, ma molto abile.
“Ehi,
Sweets, che ci fai in laboratorio?” domandò Fischer,
che aveva legato parecchio con lo psicologo, a causa del proprio perenne stato
depressivo.
Sweets spiegò quale
fosse la situazione a suo parere e chiese loro aiuto per confermarla.
“Una
risposta in poco tempo è impossibile!” fu la secca risposta di Wells “Abbiamo
bisogno di esaminare le ossa a lungo e con attenzione, non possiamo fare le
cose di fretta e perderci dei dettagli.”
“Non
è quello che vi sto chiedendo.” replicò lo psicologo.
“Possiamo
fare in questo modo.” propose Wendell “Adesso diamo
la priorità a controllare se le tue ipotesi sono coerenti con almeno qualcuno
dei segni ritrovati sulle ossa e ti daremo le risposte che cerchi. Dopo, però,
riprendiamo le normali analisi e forse, alla fine, il risultato sarà
differente.”
“D’accordo,
mi sta bene.” accettò Sweets.
“A
me no.” replicò Wells “Siamo scienziati! Partiamo dai fatti per arrivare alle
conclusioni, non dalle conclusioni per cercare dei fatti. Corriamo il rischio
di non accorgerci di dettagli importanti e, inoltre, se le sue ipotesi si
rivelassero verosimili, tutto il nostro giudizio risulterebbe influenzato.”
“Ormai
le sue informazioni ci hanno già influenzati.” osservò Fischer “Sweets, conto su di me, mi metto subito all’opera.”
Fischer
e Wendell andarono ad esaminare le ossa e, infine,
anche Wells accettò quel momentaneo compromesso. Sweets
li ringraziò e, attendendo le loro risposte, si diresse da Cam
per chiederle se fossero noti i risultati dell’esame tossicologico sui resti
mummificati. La dottoressa Saroyan lo informò che la
vittima risultava essere stata avvelenata, tra l’altro con un particolare
veleno che aveva anche causato la parziale mummificazione. Lo psicologo fu
parecchio soddisfatto: la morta avvelenata era Eveline
Green.
Sweets ritornò dai
tirocinanti e gli confermarono che Arcibald era stato
accoltellato ventitre volte da direzioni differenti, come se fosse stato
aggredito da più persone. Frida Hank, invece, presentava i segni di un’arma da
taglio molto pensante.
Questi
dati bastarono a contentare lo psicologo che guardò rapidamente l’orologio:
erano quasi le diciotto e trenta, quindi presto Booth
sarebbe rientrato a casa e avrebbe ripreso le indagini il giorno successivo, se
non c’erano novità. Il giovane pensò che le domande in teatro avessero
richiesto parecchio tempo all’amico, visto che non gli aveva ancora comunicato
gli esiti, come di solito faceva.
Sweets, allora, si
affrettò a tornare nell’ufficio di Angela, sperando di avere qualche
informazione in più da riferire a Booth, prima che
lasciasse il Round House.
Entrato
nello studio, però, oltre all’artista e a suo marito, trovò una terza persona,
una ragazza; quindi perplesso chiese: “Lei chi è? Ha l’autorizzazione per stare
qui?”
“Tutto
in regola,Sweets,
non ti preoccupare!” gli rispose Hodgins “È una nuova
archeologa del Jeffersonian, la conosco da quando era
bambina.”
Angela
aggiunse: “Le avevo proposto di fare un aperitivo assieme a noi, ma abbiamo
tardato e quindi lei ci è venuta a cercare.”
La
giovane fece un passo avanti, tese la mano e, sorridendo, si presentò:
“Piacere, EuniceNorkfol.”
Lo
psicologo rimase bloccato qualche istante, poi le strinse la mano e rispose:
“Lance Sweets.”
Si
fissarono negli occhi qualche secondo.
Lui,
poi, si scosse, guardò Angela e le chiese: “Che risultati hanno dato le
ricerche? Me li annoto e poi vi lascio liberi.”
L’artista
rispose: “Il riconoscimento facciale non ha rilevato nulla di interessante. Per
quanto riguarda Mark Hunter, è emerso che era in tutte e otto le compagnie, al
momento della scomparsa delle vittime.”
“Perfetto,
informo subito Booth, spero sia ancora nel teatro.” Sweets tirò fuori il telefonino dalla tasca e, mentre
cercava il numero, proseguì: “Grazie mille, Angela, e scusa se vi ho fatto fare
tardi.”
“Figurati!”
replicò l’artista.
Lo
psicologo continuò, rivolgendosi all’archeologa: “È un piacere averla
conosciuta, scusii modi bruschi e la fretta,
ma abbiamo un assassino da prendere.”
Sweets finalmente si
decise a premere il tasto verde per far partire la telefonata.
Dopo
qualche squillo, la voce di Booth rispose: “Ciao Sweets, siamo in macchina, arriveremo tra almeno mezz’ora,
puoi mettere a scongelare …”
“Aspetta!”
lo interruppe lo psicologo “Dovete tornare in teatro.”
“Perché?
Ci siamo appena stati!” protestò l’agente.
“Avete
parlato con un uomo di nome Mark Hunter?”
“Sì
e non mi piace quel tizio, perché?”
“Risulta
aver fatto parte di tutte le compagnie teatrali delle vittime. Dobbiamo
interrogarlo più approfonditamente.”
“Oh,
una buona notizia! Perché non l’hai detto subito? Dove sei, adesso?”
“Al
Jeffersonian.”
“Torna
all’FBI e aspettami. Io prelevo il sospetto, porto Bones
a casa e poi ti raggiungo per l’interrogatorio.”
Booth fece una
pericolosa inversione ad U e tornò verso il teatro.
Un’ora
più tardi, Mark Hunter si trovava nella stanza degli interrogatori assieme a Booth e Sweets, mentre Caroline
osservava tutta la scena dall’altra parte del vetro-specchio.
“Allora,
Mark” esordì l’agente “Non solo prima ti hanno dovuto ricordare che conoscevi
Frida, ma ti sei anche dimenticato che conoscevi pure tutte le altre vittime.
Come ce lo spieghi, questo?”
“Volevo
evitare quest’interrogatorio, è ovvio!”
“Sai,
vero, che questa risposta ti fa apparire colpevole?” ribatté Booth.
“Certo
che lo so! È un incubo, tutta questa storia è un incubo! Ogni volta che mi
trovo in quel teatro, qualcuno scompare. Ho provato a convincerli a non
accettare il contratto, ma non mi hanno dato ascolto! Ho usato portafortuna,
riti contro il malocchio, ma è tutto inutile! Lo so che sono il sospetto
ideale, ma vi giuro che io non c’entro nulla con questa faccenda!”
“Lei,
in dieci anni, è stato in otto compagnie differenti, è normale?”
“Certo,
per gli attori caratteristi come me funziona così. Io non sono un bravo attore,
sono capace di fare un solo tipo di ruolo, ma lo faccio perfettamente. Di
conseguenza sono un po’ come un lavoratore stagionale e prendo parte solo agli
spettacoli dove c’è un personaggio della tipologia che so interpretare. Questo
mi porta a non fare parte di una compagnia, ma ad andare dove sono richiesto.”
Booth lo scrutò e
ipotizzò: “Lei stesso dice di non essere un bravo attore, dunque avrà provato
invidia verso i suoi colleghi. Vederli così talentuosi, così vari, apprezzati,
applauditi … mentre lei, invece, è sempre intrappolato nella stessa figura.”
“Non
mi dispiace, invece. Volevo fare l’attore e lo faccio e ricevo anch’io molti
apprezzamenti.”
“Dal
pubblico, ma non dagli esperti.”
Sweets intervenne:
“Forse il problema non è la fama o il denaro. Forse si sentiva semplicemente
escluso. Le compagnie teatrali sono gruppi molto uniti e affiatati, sono micro
comunità, coi loro equilibri, le loro usanze. Lei non apparteneva a nessuna di
queste comunità, lei era sempre un estraneo. Che cos’è? Non si sentiva
accettato? Si è liberato di quelli che le rendevano l’inserimento più
difficoltoso? Quelli che più le ricordavano che lei era un intruso, un male
momentaneo?”
Mark
scosse il capo: “No, io sono sempre stato bene. Inoltre, negli ultimi dieci
anni, sono passato in quindi differenti compagnie. Nessuno delle altre sette
compagnie è scomparso e sapete perché?”
“Diccelo
tu.”
“Perché
non sono mai state in quel teatro! Vi dico che la colpa è di quel posto, è lì
che c’è qualcosa che non va!”
Booth ribatté: “Sono
molte di più le compagnie che sono passate da quel teatro senza perdere
nessuno.”
“Io
non lo so che cosa accade, ma io non c’entro nulla!”
“Ha
un alibi per quando è scomparso Fillmore?”
“Un
alibi? Ma se non si sa nemmeno quando sia esattamente sparito!”
Mark
era molto agitato, ma oltre ad essere preoccupato per le accuse, sembrava
parecchio spaventato dal teatro. Sweets notò quell’inquietudine,
per cui cercò di usare un tono conciliante, quando disse: “Raccontaci semplicemente
che cosa hai fatto dopo pranzo.”
“Beh,
prima sono rimasto a chiacchierare un po’ con gli altri della compagnia che
erano rimasti nel camerino grande …”
“Chi,
esattamente?” domandò Booth.
“È
passata una settimana, ormai, non ricordo con esattezza. Probabilmente c’erano Luz ed Esteban perché loro
rimangono sempre lì tutto il tempo. Mi ricordo che un giorno aveva parlato a Lizzy della mia esperienza teatrale a Toronto, ma non so se
fosse proprio quel giorno, oppure un altro.”
“Strano
che lei abbia così poca memoria” ragionò l’agente “È un attore e dovrebbe
ricordarsi molto meglio le cose.”
“Imparare
un copione è molto diverso!” si difese il sospettato.
“È
vero.” confermò lo psicologo “Il cervello memorizza le cose in maniera diversa;
inoltre imparare un copione è il suo mestiere e quindi si concentra, mentre una
chiacchierata per ingannare il tempo non richiede attenzione.”
Booth guardò il
collega come per rimproverarlo, poi tornò a rivolgersi all’altro: “Vedremo se
qualcuno si ricorda di te in quella stanza, quel giorno. Dopo è stato in altri
posti, prima che vi accorgeste della scomparsa di Fillmore?”
“Sì,
però questo non può essere confermato. Io, tutti i giorni, circa mezz’ora prima
della ripresa delle prove, vado nell’atrio e faccio una partita a carte con Thimoty, solo che quel giorno non l’ho trovato. Probabilmente
stava ancora lavorando per procurarci del materiale che aveva chiesto il
regista … poveretto! Quel giorno lo abbiamo proprio fatto lavorare tanto!”
“Non
trovando Thimoty, cos’ha fatto?”
“Niente,
sono tornato verso i camerini … Ah! Ecco, ora ricordo, Francis aveva perso una
lente a contatto e io l’ho aiutato a cercarla … spero se lo ricordi. Dopo sono
stato con lui fino al momento di ritrovarci sul palco.”
Mark
respirava a bocca aperta, per cercare di calmarsi un poco.
Sweets cercò di
ottenere altre informazioni: “Tu sei stato in quel teatro tante altre volte,
che cos’hai notato di strano?”
“Che
i miei compagni spariscono!”
“A
parte quello. C’è qualcosa di sospetto nell’atteggiamento dei dipendenti del
teatro? Qualcuno di loro ha qualche mania? Qualche ossessione?”
“Non
mi risulta …” Mark era pensieroso ed incerto, cercava di farsi venire in mente
qualcosa, ma era confuso “La signora Stone ci tiene parecchio all’ordine e all’attenzione
per gli spazi e le cose, ma mi sembra normale. Può risultare un po’ petulante
perché sappiamo benissimo di dover essere cauti e non danneggiare nulla, ma
direi che a parte questo lei non abbia nulla di particolare.”
“Così
non ti stai tirando fuori dai guai.” lo ammonì Booth “Devi
darci qualcosa di più concreto, se vuoi che crediamo al fatto che tu sia solo
sfortunato a capitare sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato.”
“Non
punterò il dito contro qualcun altro, senza prove, solo per allontanare i
sospetti da me!” ribatté Mark con decisione “Non avete la minima prova, contro
di me!”
“Arriveranno
presto.” minacciò Booth “Se ci sono, ovviamente. I migliori
antropologi forensi dello stato stanno esaminando i resti delle otto vittime e
se c’è qualcosa che ti può ricollegare a quelle morti, beh, sta pur certo che
lo troveranno.”
“Allora
posso stare tranquillo, perché io non c’entro nulla. Non può tenermi qui, senza
qualcosa di concreto!”
Booth sospirò: era
vero, la sua presenza in tutte e otto le occasioni era, purtroppo, solo una
prova circostanziale e non poteva bastare per un incriminazione.
“Mi
pare ovvio che sia stato lui!” esclamò Booth, rivolto
a Sweets, mentre apriva la porta di casa “Mi dispiace
anche, perché io avrei puntato contro lo svitato, ma il fatto che si trovasse
lì durante tutti gli omicidi, è una prova piuttosto importante.”
“Non
per il giudice, visto che nemmeno Caroline ti ha concesso di arrestarlo.”
ribatté lo psicologo.
I
due uomini entrarono in casa e appesero i soprabiti all’attaccapanni.
“Ciao
Bones!” salutò l’agente.”
“Dottoressa
Brennan!” gli fece eco il giovane.
“Bentornati!”
la voce veniva dal piano di sopra “Sto cambiando Christine, state attenti al
forno, tra poco dovrebbe suonare il timer, quindi spegnete tutto!”
“Certo!”
rispose Sweets e andò verso la cucina.
Booth riprese a
paralare del caso: “Intanto lo possiamo tenere fermo per ventiquattro ore, sono
sicuro che basteranno ai cervelloni per trovare qualche prova che lo colleghi
agli omicidi. Domani perquisirò il suo camerino e la sua stanza all’hotel,
qualcosa dovrà pur esserci!”
“Se
è lui il serial killer, troveremo senza dubbio qualcosa, una sorta di souvenir
delle sue vittime. Vorrei capire, però, quanta importanza ha il fattore Round
House in questi omicidi.”
“Lo
dici sempre anche tu che i serial killer sono ripetitivi e prevedibili, se
consideri anche che Mark è un attore superstizioso, avrà creduto che solo in
quel teatro può commettere omicidi. Pensare che gli sarebbe bastato uccidere in
luoghi diversi e forse non sarebbe mai stato scoperto.”
“Non
so … potrebbe anche essere il teatro stesso che in qualche modo fa scattare
qualcosa nel suo inconscio e lo induce ad uccidere.”
“Adesso
mi dirai che è posseduto da uno spirito malvagio che aleggia nel teatro?” lo
prese in giro Booth “Bello, potresti scriverci la
trama di un film.”
“Non
dico questo.” Sweets replicò pazientemente “Tuttavia
potrebbe aver subito un trauma dentro al teatro ed è il ricordo più o meno
conscio di questo fatto che lo fa agire in questo modo.”
L’altro
continuava a ridacchiare: “Voglio proprio vederlo il suo avvocato, in
tribunale, difenderlo: è stato il teatro
a dirgli di uccidere quelle persone!”
“Smettila!”
“Siamo
in casa mia, non puoi dirmi cosa fare.”
“Comunque,
domattina, mi procuro tutti i fascicoli che riguardano quel teatro. Sono sicuro
che c’è altro che dobbiamo scoprire su quel posto, prima di poter risolvere il
caso.”
“Ehi!”
esclamò Bones, entrando in cucina, con Christine in
braccio “Vi ho già detto che non voglio che si parli di lavoro in casa!”
“Hai
ragione, scusaci.” disse Booth, andando poi vicino
alla moglie per salutare la figlia e divertirla con buffe smorfie.
Il
timer suonò e quindi Sweets pensò a spegnere il forno
e tirare fuori la pirofila con dentro un polpettone di tonno con patate.
Appoggiò tutto sul ripiano da cucina, tagliò a fette la cena e poi la portò
sulla tavola apparecchiata, attorno alla quale si era già seduta la famigliola.
“Allora,
se non possiamo sicutere del caso” chiese Booth “Di cosa vogliamo parlare?”
“Uh!”
esclamò la donna “Ho letto un articolo molto interessante sulle danze delle
tribù rau…”
“No!
Niente antropologia, ti prego.” la interruppe il marito “Non puoi sempre
parlare di queste cose: ascoltando te, Christine penserà ch’io sia stupido.”
“Non
sei stupido, sei solo meno intelligente di me. Come una buona percentuale della
popolazione mondiale, quindi non dovresti fartene un problema.”
“Interessante
questo conflitto.” osservò Sweets “Booth, quindi non è solo la questione economica che ti
frustra, anche quella della differenza intellettuale tra te e la dottoressa ti
turba.”
“No,
non è vero!”
“Temi
che la tua autorità genitoriale venga messa in discussione e che Christine non
vi veda come una coppia unita, ma percepisca la dottoressa Brennan
come il capo e tu un sottoposto.”
Temperance ribatté: “Io e Booth siamo molto uniti.”
“Sì,
infatti!” sottolineò Seeley, un poco alterato “Siamo
molto uniti, io e Bones, siamo una coppia! Sei tu
l’estraneo!” si calmò “Vuoi sempre parlare di noi e non ci parli mai di te,
perché per una volta, invece di analizzare noi, non ci racconti qualcosa che
riguarda te o la tua prossima casa?”
Sweets si incupì e
chinò la testa, rimanendo a fissare il piatto.
Bones disse
sottovoce, ma non troppo, come al suo solito: “Credo che tu abbia toccato
qualche nervo scoperto. In senso metaforico ovviamente, è evidente che Sweets non sia stato spellato e quindi non abbia davvero
dei nervi scoperti.”
Lo
psicologo sospirò, alzò lo sguardo e disse: “A parte il lavoro, non faccio più
molto, da quando ho rotto con Daisy.”
“Ma
saranno passati due mesi, ormai!” replicò Booth
“Inoltre, la fine di una storia non dovrebbe essere un motivo per togliersi
dalla vita sociali, anzi, solitamente i single hanno una vita molto più attiva
rispetto alle coppie: puoi andare al bowling, al minigolf, in giro per locali,
cinema e fare qualsiasi cosa ti venga in mente. Essere sempre in giro a
divertirti! Invece sei qui, quasi a farci da colf, e l’unica distrazione e
suonare qualche volta il pianoforte. Non sarò uno strizzacervelli, ma posso garantirti
che quel di cui hai bisogno è svago, una bella botta di vita, un’avventura.
Esci, conosci persone nuove!” poi aggiunse con tono scherzoso: “Ma non
rientrare dopo la mezzanotte!”
“Forse
non si sente ancora pronto per ritornare nella società.” commentò Bones “Credo che stia attraversando una di quelle fasi in
cui alcune persone sentono il bisogno di dover riordinare le proprie vite,
capire meglio cosa vogliono. È il tipico passaggio dall’età adolescenziale a
quella adulta, esistono tantissimi riti di passaggio, diversi a seconda delle
culture. Nella nostra società non ci sono riti codificati, ma solitamente
questa fase di transizione avviene dopo i vent’anni, quando si va al college o
si inizia a lavorare. Tu, Sweets, essendoti laureato
molto prima del normale, hai saltato questo passaggio.”
“E
lo sto vivendo in ritardo.” sospirò di nuovo il giovane “Effettivamente, la mia
precoce maturità intellettuale, motivata da un desiderio di indipendenza, non è
stata affiancata da un’altrettanto rapida evoluzione emotiva. Anzi,
quest’ultima parte è probabilmente rimasta atrofizzata, sia perché non ho avuto
l’opportunità di coltivarla, in quanto troppo preso da studio e lavoro, sia
perché quello che ho passato da bambino non mi ha permesso di crearmi una
stabilità emotiva.”
“Ehi,
non ho capito nulla di quello che hai detto” intervenne Booth
“Io so solo che due anni fa ci siamo ubriacati e tu hai detto di voler sposare
Daisy. Non hai detto che l’amavi, che era la donna della tua vita, che non
potevi fare a meno di lei. Hai detto che volevi sposarla perché non volevi
rimanere solo come me.”
Temperance rise, nella sua
maniera fredda e rigida; accortasi dello sguardo di biasimo del marito, si
giustificò: “Beh, è buffo! Insomma, lui voleva sposarsi per non essere solo
come te e, invece, adesso, tu stai con me e hai una figlia, mentre lui è quello
solo.”
“Già,
ma è una cosa negativa per lui, Bones, e quindi non
devi ridere.”
“Ah,
ok.”
“Hai
ragione, Booth. Avevo paura e ho agito di fretta,
senza riflettere su cosa volessi davvero … e poi mi sono spaventato di nuovo.
Non volevo rimanere solo, ma vedere quanto Daisy prendesse sul serio la
convivenza … beh, mi ha fatto sentire smarrito, inadeguato … e ho capito che
con lei … beh, non ci voglio passare il resto della mia vita.”
“Non
capisco.” disse la donna “Stavate assieme da quasi cinque anni, avresti dovuto
capirlo prima. Insomma, sei pure uno psicologo, quindi avrebbe dovuto esserti
chiara prima la vostra incompatibilità.”
“A
te e a Booth sono occorsi più di sette anni e una gravidanza
per capire che eravate fatti l’uno per l’altra!”
“Touché.” annuì l’altro uomo.
“Tra
me e Daisy c’era soprattutto attrazione sessuale e praticamente tutto il
rapporto era basato solo su quello, per cui …”
“Ehi,
ehi, Sweets, non voglio che parli di certe cose
davanti a mia figlia di nemmeno due anni!” protestò Booth.
“Perché?”
chiese Bones “È un argomento naturalissimo.”
“Sì,
ma non se ne parla ai bambini.”
“Non
racconteremo a nostra figlia che i bambini li porta una cicogna o che si
trovano sotto a un cavolo! È totalmente assurdo e non scientifico!”
“Sapete
una cosa?” dichiarò Sweets con decisione “Mi avete
convinto. È ora che frequenti gente nuova.”
“Bravo
e non ti scoraggiare se non andasse subito bene” si raccomandò Booth “È tanto che sei fermo e devi riprenderci
l’abitudine. Chiedi a qualcuno dei tirocinanti se conosce qualche bel locale
dove andare.”
“Ci
penserò; anche se, in realtà, c’è qualcuno che mi piacerebbe conoscere.”
“Wow,
hai messo il turbo!” disse Booth, ridendo un poco e
battendogli un colpo sulla spalla “E chi è la fortunata?”
Sweets si sentì un
poco in imbarazzo e poi farfugliò: “Può sembrare una cosa stupida … Oggi ho
visto di sfuggita una nuova archeologa del Jeffersonian,
ci siamo a malapena presentati, però ha qualcosa che mi ha colpito, non so cosa
… mi piacerebbe parlarle, capire che tipo di persona sia.”
“C’è
una nuova cervellona?” chiese Booth.
“No.”
rispose Bones “È della sezione di archeologia, ha
buone referenze e il curriculum sembra buono, si vedrà se confermerà la propria
competenza coi fatti.”
“La
conosci?” chiese Sweets.
“No.
Penso, però, che sia più compatibile lei con te, rispetto a Daisy. Insomma, la
signorina Wick è una scienziata, razionale, oggettiva,
tutte caratteristiche che non si possono conciliare con la tua mentalità da
psicologo, basata su congetture e soggettività. La dottoressa Norkfol, invece, ha avuto un’istruzione di tipo umanista e,
quindi, si accorda meglio col tuo stile.”
“Bones, queste cose c’entrano poco.” la rimproverò Booth “Guarda me e te! Siamo agli opposti, ma ci
completiamo a vicenda e stiamo benissimo assieme.”
“Stavo
solo cercando di incoraggiare Sweets con un’argomentazione
logica. Mi dici sempre che devo appoggiare le decisioni dei nostri amici ed è
quello che stai facendo.”
“Sentite!”
li richiamò lo psicologo “Lasciamo stare questa faccenda, non mi sembra il caso
di parlarne. L’ho sì e no intravista. Vedremo il futuro che cosa disporrà.”
“Non
è una decisione logica.” replicò Bones “Non si può
sperare nella fortuna, che non esiste.”
Il
giorno seguente erano tutti di nuovo all’opera sull’ottuplice omicidio. La
dottoressa Brennan era andata in laboratorio per
approfondire gli esami delle ossa. Booth, invece, era
tornato in teatro, nella speranza che saltasse fuori qualche nuovo elemento; si
era ricordato che il giorno prima non aveva chiesto se ci fossero nastri della
sorveglianza e, comunque, si era riproposto di fare domande anche nei negozi
vicini al teatro.
Sweets era immerso nella
lettura dei numerosi fascicoli che l’FBI gli aveva fornito circa qualsiasi
denuncia sporta contro qualcuno dello staff del teatro, anche quelle poi
ritirate. Non gli sembrava, però, di trovare nulla di interessante: qualche
lite per soldi risolta senza passare dalle vie giudiziarie, una fioraia aveva
querelato Timothy per averla insultata, ma aveva ritirato la denuncia dopo aver
saputo che l’uomo era disturbato; un tale era scivolato dalle scale e aveva
fatto causa al teatro che, però, era risultato non avere colpe; un’altra volta
Timothy era stato scambiato per un truffatore perché sosteneva di chiamarsi
Ernesto. Così via, tutte le denunce legate al teatro erano di questo tipo e a Sweets non sembrava di intravedere nulla che potesse far
sospettare la presenza di un serial killer.
Certo,
diverse lamentele erano state mosse contro Timothy, ma era appurato che aveva
dei disagi mentali. Erano tali da indurlo ad uccidere? Lo psicologo non poteva
stabilirlo, non avendolo ancora visto di persona.
Il
giovane stava ancora passando in rassegna le varie carte processuali, quando
trovò un altro fascicolo riguardante Timothy, questa volta di tipo ben diverso
rispetto agli altri: l’uomo era rimasto coinvolto in un incidente
automobilistico dodici anni prima, mentre tornava a casa dopo la prima di uno
spettacolo in cui interpretava la parte dell’antagonista. C’erano molti
dettagli nel rapporto, poiché Timothy non era solo in auto, ma accanto a lui
c’era la sua fidanzata dell’epoca, la prima attrice della compagnia, che era
rimasta uccisa nell’incidente. La polizia aveva quindi indagato per stabilire
se e quali colpe avesse il guidatore, tuttavia era risultato negativo ai test
dell’alcol e delle droghe, per cui si era trattato semplicemente di un colpo di
sonno che lo aveva colpito al volante, mandandolo fuori strada.
Leggendo
ciò, Sweets iniziò a pensare che i disturbi di
Timothy non fossero legati semplicemente a danni celebrali, ma che l’uomo
avesse subito un trauma molto grande che gli avesse provocato dei blocchi e avesse
interdetto parecchio le sue facoltà. Lo psicologo si affrettò, allora, a
leggere il resto del fascicolo e quindi scoprì che, nell’ultimo spettacolo in
cui aveva recitato, Timothy aveva interpretato un demone geloso dell’amore di
una fata, interpretata dalla sua fidanzata, a tal punto da arrivare ad
ucciderla.
Sweets stava
riflettendo attentamente, iniziava a vedere più chiaramente il disturbo di
Timothy: aveva una teoria e doveva assolutamente verificarla. Decise, dunque,
di andare al Jeffersonian per farsi aiutare da Angela
nel controllare alcune informazioni. In realtà avrebbe potuto controllarle
anche da solo su uno dei computer dell’FBI, ma preferiva poter conversare con
qualcuno, durante le ricerche; inoltre l’angelatron
era un computer davvero meraviglioso e gli ricordava le apparecchiature
tecnologiche che vedeva nei fumetti o nei film.
Si
recò al Jeffersonian e, una volta trovatosi con
l’artista, le chiese aiuto. La donna prese il tablet
con cui comandava il computer e si preparò alla ricerca.
“Dimmi
tutto Sweets, che cosa stiamo cercando?”
“Vorrei
sapere che spettacolo era in scena il 22 febbraio del 2006 al Round House.”
Era
la data in cui la signora aveva sporto denuncia per gli insulti.
“D’accordo
… Il Pigmaglione
di Shaw.” disse Angela.
“Lo
sospettavo …” annuì lo psicologo, meditabondo “Il quindici maggio del 2009?”
“L’importanza di chiamarsi Ernesto a
quanto pare.” rispose l’altra, dopo aver cercato “Ma a cosa ci servono queste
informazioni?”
“Ho
una teoria. Credo che Timothy, il factotum del teatro, sia il nostro serial
killer.”
“Wow!
Ma questo cosa c’entra?”
“Ritengo
che lui viva dei momenti di alienazione della realtà e che confonda la finzione
con la vita vera. Infatti, quando Booth ha provato a
fargli delle domande, lui non ha risposto, ma ha recitato dei pezzi di teatro.
Nel maggio del 2009, Timothy andava in giro affermando di chiamarsi Ernesto:
scommetto che ripeteva esattamente le battute del copione di Wilde. Mentre
quanto ha offeso la fioraia, probabilmente si credeva il professor Higgins e di trovarsi di fronte Eliza.”
“Stai
dicendo che quest’uomo assiste agli spettacoli e si immedesima in ciò che vede
al punto da crederlo reale e portarlo fuori dal teatro?”
“Esattamente!”
“Mi
sembra così … strano!”
“È
follia, infatti; non sono ancora, però, sicuro del tutto, devo capire bene come
è nato questo suo straniamento. L’incidente che ha subito, c’entra sicuramente:
lui si sente in colpa per la morte della sua fidanzata e, per sopportarla
meglio a livello emotivo, associa la morte reale a quella in scena. In questo
modo il suo inconscio lega in maniera indissolubile la realtà e la finzione ed
è per questo che non li riesce a distinguere. Io sono sicuro che lui abbia
commesso gli otto omicidi e che in quei momenti lui stava agendo come i personaggi
assassini sul palco. Forse nemmeno ricorda gli omicidi o, forse, li ricorda
come non fatti da lui, ma dai personaggi. Devo, però, approfondire meglio il
trauma iniziale e capire come mai li ha portati tutti nello stesso luogo:
insomma, commettere gli omicidi in un luogo nascosto, sembrerebbe indicare una
certa lucidità. Devo parlare con questo Timothy e capire.”
“C’è
una cosa che non mi torna.” disse Angela “Se le cose stanno come sostieni tu,
otto omicidi in dieci anni non sono, paradossalmente, pochi? Insomma, il teatro
è pieno di morti!”
“Le
trame, sì; ma spesso le uccisioni avvengono fuori scena, per evitare le
difficoltà nell’inscenare morti sanguinose. Solitamente sul palco si vedono dei
suicidi, solo raramente omicidi.”
“Capisco.”
“Comunque,
controlliamo tutte le opere che sono state rappresentate al Round House e
sinceriamoci che non ce ne siano state altre che avrebbero potuto suscitare i
suoi istinti omicidi.”
Scorrere
tutti e quanti titoli delle opere richiese un po’ di tempo, ma confermò che
quelle a cui avevano preso parte le vittime erano le uniche rappresentazioni in
cui la morte era messa in scena davanti al pubblico.
Sweets era
soddisfatto, era certo di essere sulla pista giusta, per cui telefonò a Booth, informandolo delle sue scoperte e gli domandò che
cosa volesse fare. L’agente, ovviamente, optò per interrogare il sospettato,
nonostante si innervosisse già al pensiero che Timothy non sarebbe stato
affatto collaborativo e che, probabilmente, avrebbe vaneggiato a lungo,
portandolo allo sfinimento. Lo psicologo gli disse di non portare l’uomo in
centrale: riteneva fosse meglio interrogare Timothy nel suo ambiente; la sala
degli interrogatori dell’FBI avrebbe certamente spaventato quell’uomo già fin
troppo disturbato e con ciò si sarebbe rischiato di farlo sragionare
completamente. L’ambiente del teatro, probabilmente, era più idoneo a quella
conversazione e, forse, avrebbe reso più semplice ottenere una confessione. Gli
interrogatori, tuttavia, dovevano avvenire in presenza di un procuratore
federale e, quindi, Sweets convinse la signora Julian a recarsi con lui al Round House, affinché tutto
avvenisse secondo le norme ed evitare che un’eventuale confessione fosse poi
invalidata da un qualsiasi avvocatuncolo.
Caroline
fu contenta di uscire dagli uffici e, per una volta, svolgere il proprio lavoro
in un ambiente differente; per tutto il tempo del tragitto, non fece altro che
notare quanto l’automobile dello psicologo fosse migliore della sua.
I
due federali entrarono nell’atrio del teatro e si guardarono attorno in cerca
di Booth. Si fece loro incontro la signora Stone,
domandando: “Siete quelli dell’FBI che l’agente sta aspettando? Si trova in
platea perché Timothy sta pulendo il palco. Ma davvero sospettate di lui?”
“Sospettiamo
di chiunque.” rispose la procuratrice “Quindi, se vuole confessare lei, per me
va più che bene.”
La
signora Stone non disse altro, ma fece cenno verso il corridoio che li avrebbe
portati alla platea. I due andarono; per fortuna la sala era illuminata, Booth era seduto in prima fila e teneva gli occhi puntati
contro Timothy che, non curante, passava lo straccio sul pavimento, mormorando
tra sé e sé quello che, probabilmente, era il monologo di un qualche servitore
di una commedia. Lo psicologo lo osservò per un poco, cercando di studiarlo:
era la prima volta che lo vedeva dal vivo e, quindi, voleva capire come fosse
meglio comportarsi. Assicuratosi che l’agente avesse letto i suoi diritto al
sospettato, Sweets fece cenno alla signora Julian e a Booth di rimanere in
platea, mentre lui imboccò la scaletta laterale per salire sul palco. Si
avvicinò al sospettato e, con tranquillità, lo salutò: “Ciao Timothy.”
L’interpellato
si rivolse alla platea, dicendo: “Eccolo! Finalmente si è svegliato: non si
alza mai prima di mezzodì! Eh, lui mica deve lavorare, lui nemmeno sa cosa sia
il lavoro. dice sempre di essere occupatissimo ma a far cosa lo sa solo lui!”
poi si voltò verso il giovane e gli rispose “Eccellenza, ben svegliata! Avete
dormito bene? Il sonno vi ha ristorato? La vostra preziosa mente ha potuto
riposare, per rimettersi all’opra oggi?”
Booth ridacchiò tra
sé e sé. Sweets non si lasciò impressionare e iniziò
l’interrogatorio: “Timothy, vuoi raccontarmi che cos’è successo a Susanne, l’attrice che recitava con te, la tua fidanzata?”
“Susanna?!”
si illuminò l’uomo “Oh, presto ci sposeremo. Il Conte che l’ospita ci ha anche
regalato un letto matrimoniale. Stamattina sono andato a prendere le misure del
letto, per vedere se starà nella casa. Susanna mi ha detto che, però, teme che
il Conte voglia sedurla, ma noi troveremo un modo per farlo smettere, anche la
Contessa ci aiuterà.”
Sweets sospirò,
capendo che Timothy stava rispondendo come avrebbe fatto Figaro: effettivamente
in quell’opera c’era un personaggio di nome Susanna. Decise, allora, di parlare
della donna, usando il nome del personaggio che aveva interpretato prima di
morire.
“Cleonice, la bella fata che viveva su questo scoglio, dov’è?
Ha abbandonato il luogo in cui era stata condannata a rimanere a causa della
maledizione di un demone.”
“Sì!”
ringhiò Timothym con ferocia “La maledetta! L’ingrata
che ha rifiutato il suo amore! Lei tutto era per me e io tutto sarei stato, le
avrei dato ogni cosa, sarebbe stata una regina! Io le ho lanciato il
sortilegio: mai avrebbe potuto lasciare quello scoglio, o la morte l’avrebbe
colta! Se non potevo amarla io, nessuno l’avrebbe potuta amare … Anzi! Chi osasse
corteggiarla, finirebbe affogato nel fiume, tentando di raggiungerla … Ma lei,
malvagia, è fuggita; credeva di aver trovato il bacio d’amore che l’avrebbe
salvata, ma l’uomo la rifiutò, dopo aver scoperto i suoi crimini. La mia
maledizione l’ha uccisa. Lei è morta. Io sono il suo assassino!”
Sweets capì che
Timothy era in uno stato confusionale maggiore, rispetto a prima, in cui i
confini tra realtà e finzione erano ancora più labili, a causa del ricordo.
“Come
l’hai uccisa?” chiese lo psicologo: sul fascicolo lo si era classificato come
un tragico incidente, ma lui voleva sentire come lo percepiva il folle.
“Ho
ucciso entrambi … Io l’amavo … anche lei diceva di amarmi, ma mentiva! L’ho
vista con Richard e poi anche con Francois …
bugiarda, ingannatrice! Si prendeva gioco di me e del mio cuore … Doveva essere
punita … ma io non potevo vivere senza di lei … Eravamo in auto e io ho visto
il muro … ho accelerato … lo schianto …! Siamo morti.”
“Come
siete morti?” domandò Sweets, iniziando a intravedere
uno stato dissociativo, oltre che alienato “Lei è morta, tu sei qui.”
“
…no…”
“Non
sei Timothy?”
“No.”
fece cenno col capo “Timothy è morto. Timothy e Susanne
sono assieme … sono felici, insieme.”
“Tu
chi sei?”
“Per
me non esiste altro che quello che non esiste.”
Sweets colse la
citazione dal Macbeth; sospirò e scosse la testa: Timothy era completamente
pazzo.
“Tu
c’eri, vero? Quando la punizione divina ha colpito don Giovanni, quando Otello
ha soffocato Desdemona, Faust ha trafitto Valentino, il conte di Glouchester veniva assassinato, quando Giulio Cesare cadde
sotto i colpi dei congiurati, Cassandra perì per mano di Egisto
e Dama Lionora bevve il fatale veleno. Tu c’eri,
vero?!”
Timothy
aveva lo sguardo perso nel vuoto, la bocca semiaperta, il labbro tremante; sembrava
che davanti agli occhi gli scorressero le immagini di mille fantasmi,
vorticando in rapida sequenza, confondendosi l’una nell’altra.
L’uomo
annuì e con un filo di voce disse: “Sì … c’ero … li ho visti … li ho visti
tutti ...”
“Dov’erano
gli assassini? Dov’erano Otello, Faust, Bruto, Egisto
e tutti gli altri?”
“
… non lo so … Loro … loro non potevano venire, avevano bisogno di un corpo …”
“Di
un corpo?”
“Sì.”
“E
visto che Timothy era morto, hanno usato il suo corpo?”
“Sì,
esatto! Loro mi dicevano di portare quelle persone in un posto segreto, così
potevano compiere ciò che dovevano.”
“Dov’era
quel posto segreto?” Sweets lo chiese per poter avere
un elemento ulteriore per confermare cheTimothy aveva davvero commesso gli omicidi e non era stato indotto alla
confessione tramite una manipolazione.
“Un
cinema … vecchio … non ci va più nessuno.”
“Come
si chiama?”
“Crystall …”
“Perché
hai scelto quel posto? Era importante per Timothy?”
“Sì
… andava sempre lì a vedere i film da bambino e lì gli è venuta voglia di fare
l’attore.”
“Timothy”
Sweets cercò le parole “Tu non sei morto, quegli
omicidi li hai commessi tu. Quelle morti sono reali, non sono periti dei
personaggi, ma persone vere. Nascondi tutto dietro il teatro e porti la
finzione nella realtà, ma in cuor tuo sai perfettamente che cosa hai fatto: hai
ucciso otto persone.”
L’uomo
parve stupito, confuso, tentò di negare, ma poi si portò le mani al capo e urlò
disperatamente e, tra un grido e l’altro, si sentiva: “Schiudi, inferno, la
bocca, ed inghiotti nel tuo grembo l'intero creato: sull'ignoto assassiso esecrato le tue fiamme discendano, o Ciel. O gran
Dio, che ne' cuori penètri, Tu ne assisti, in Te solo fidiamo: da Te lume,
consiglio cerchiamo a squarciar delle tenebre il vel!
L'ira tua formidabile e pronta: colga l'empio, o fatalpunitor; e vi stampa sul volto l'impronta : che
stampasti sul primo uccisor.”
Sweets scese dal
palco, si avvicinò ai suoi due colleghi, scosse il capo e disse: “L’assassino è
sicuramente lui, ma inevitabilmente è un caso mi malattia mentale. Non è in
grado di intendere e di volere, bisogna ricoverarlo in un istituto
psichiatrico.”
“Meno
male.” sospirò Caroline “Di solito preferisco sbattere al fresco gli assassini,
tuttavia vedo anch’io che questo è pazzo come un cavallo e l’avvocato d’ufficio
che gli assegneranno non muoverà certo obiezioni, circa l’internamento. Ben
fatto, chery. Booth procedi
con l’arresto.”
L’agente
si alzò in piedi ed estrasse le manette, lo psicologo decise di seguirlo, per
tranquillizzare Timothy, nel caso di una reazione violenta.
La
dottoressa Brennan era nella stanza delle ossa e,
assieme al suo tirocinante Wendell, stava esaminando
lo scheletro di una delle vittime ritrovate nel cinema abbandonato; altrove,
gli altri assistenti studiavano gli altri resti.
Sopraggiunse
Cam, dicendo: “Non c’è bisogno che analizziate tutte
le ossa: il caso è appena stato chiuso.”
“Impossibile!”
ribatté Temperance, confusa e sorpresa.
“No.
Booth mi ha appena telefonato: il killer ha
confessato.”
“Non
siamo ancora arrivati a delle conclusioni certe sui resti, per cui …”
“Dottoressa
Brennan, il tuo lavoro è fondamentale per la
risoluzione dei casi quando gli assassini non hanno intenzione di costituirsi,
ma per questa volta non è necessario.”
“Non
sono d’accordo.”
“All’FBI
non importa.”
“Dovrebbe,
invece, una miriade di assassini sarebbe ancora in circolazione se non fosse
stato meritodella mia competenza e
della mia capacità di trovare prove oggettive. Chi è che avrebbe confessato?”
“Un
certo Warsly Timothy.”
“L’ho
visto quel tale ed è pazzo! La sua testimonianza non può essere ritenuta
attendibile.”
“Caroline
non la pensa così. Pare che Sweets sia stato molto
convincente.”
“Essere
convincenti non basta. Sweets può individuare alcune
caratteristiche o atteggiamenti, ma non può fornire prove oggettive e
incontrovertibili.”
Cam fece un respiro profondo: ormai
aveva imparato che era assolutamente inutile discutere con Bones,
per cui disse, con tono un poco compiacente: “L’FBI considera il caso chiuso,
ma tu puoi continuare a studiare le ossa, in cerca di controprove o conferme, a
patto che questo non interferisca con future indagini. Dovrai però trovare
qualcosa di molto consistente per riaprire il caso.”
Detto
ciò, il medico legale si voltò e andò via, lasciando i due antropologi da soli,
con parecchia insoddisfazione da parte di Temperance.
Dopo
aver arrestato Timothy, i tre dipendenti dell’FBI erano rientrati alla loro
sede e, mentre lo psicologo e il procuratore si occupavano delle faccende
burocratiche, Booth si era diretto al Jeffersonian per recuperare alcuni rapporti da allegare al
fascicolo del caso.
Passando
vicino all’ufficio di Angela, si sentì chiamare dall’artista che gli chiese:
“Allora, abbiamo già catturato il cattivo?”
“Sì.
Incredibile, di solito i casi coi serial killer, con morti di anni e anni fa,
richiedono molti giorni di indagini e invece, questa volta … Oh, beh, da quando
collaborate con l’FBI, i tempi di risoluzione dei casi si sono nettamente
accorciati, ma questa volta abbiamo concluso tutto in meno di 48 ore ed è
davvero straordinario!” l’agente era decisamente di buon umore.
“Le
ricerche di Sweets sono state utili?” la donna non
sapeva ancora come era stato trovato l’assassino.
“Sì.
Io ho capito fin da subito che quel Timothy non era un folle innocuo e Sweets ha usato i suoi trucchi per collegarlo agli omicidi
e farlo confessare.”
“Si
festeggia, quindi, stasera?”
“Io
e Bones andremo a bere qualcosa come facciamo sempre,
dopo aver risolto un caso.”
“Dovreste
coinvolgere anche Sweets, questa volta.”
“Perché?”
“In
fondo è stato lui a capire come risolvere il caso.”
“Non
porterò Sweets a bere, già ci devo fare colazione
assieme la mattina e fare i turni per l’idromassaggio! Voglio godermi qualche
momento solo con Bones, quando ne ho l’occasione.”
Angela,
allora, propose: “E se festeggiassimo tutti assieme? Andiamo a farci un
aperitivo noi del laboratorio, così potrai anche defilarti un po’ con Brennan, se ne avete il bisogno, ma almeno Sweets si godrà un poco il suo successo.”
Booth sospirò e
acconsentì: “Va bene, va bene, ma avvisi tutti tu; io lo dirò solamente a Bones.”
“Avverti
anche Sweets, gli faremo una sorpresa!”
L’agente
fece un cenno, che la donna decise di interpretare come affermativo, e se ne
andò.
Sul
volto di Angela apparve un sorrisetto soddisfatto e malizioso: aveva un'idea
che le ronzava per la testa e quella era l'occasione perfetta per metterla in
atto.
Si
precipitò subito nel laboratorio di Hodgins.
“La
mia mogliettina che corre da me, sorridente: sono proprio un uomo fortunato.”
disse lo scienziato, aprendo le braccia per stringerla a sé e baciarla.
Angela,
intenerita dalla dolcezza del marito, gli diede un rapido bacetto e poi ruppe
la sua illusione: “Scusa, ma non ero qui per questo.”
“Oh.”
si finse dispiaciuto “Allora, che cosa posso fare per te? Insetti? Fango?
Polimeri?”
“No,
qualcosa di più umano. Pensavo che sarebbe bello se stasera facessimo un
aperitivo tra colleghi per festeggiare la rapida risoluzione del caso. Booth è d'accordo.”
“Direi
che è un'idea splendida, come tutte quelle che hai.”
“Grazie.”
Angela sorrise e diede un altro bacio al marito “Io avviso gli altri, tu
potresti avvisare il locale che saremo circa una decina.”
“Agli
ordini.”
“Potresti
anche invitare la sorella del tuo amico.”
“Chi?
Eunice?” si stupì Hodgins
“Perché? Non è dei nostri.”
La
donna alzò un attimo lo sguardo al cielo e sospirò: “A voi uomini si deve
sempre spiegare tutto! Hai visto come si sono guardati lei e Sweets ieri?”
Lo
sguardo di Hodgins si illuminò come accadeva sempre
quando nell'aria c'erano pettegolezzi, tuttavia negò col capo e disse: “No, no.
La tua fantasia d'artista ti sta facendo fare un volo pindarico: si sono a
malapena presentati.”
“Sì,
ma sono rimasti almeno quindici secondi a fissarsi, mentre si stringevano la
mano.”
“Quindici
secondi? Non mi sembra molto.”
“Sono
eterni, se ci si guarda senza parlare. Facciamo una prova: fissami negli
occhi.”
L'uomo
l’accontentò, si mise di fronte a lei e rimasero ad osservarsi. Trascorso il
tempo, lui annuì e concordò: “D'accordo, è naturale per noi, ma è strano per
due sconosciti. Comunque non vuol dire niente; magari stavano solo aspettando
che l'altro aggiungesse qualcosa. C'era disagio!”
“No,
non disagio: tensione. Inoltre l'hai sentito quanto si è scusato per i modi:
voleva fare bella figura e non bruciarsi possibilità con lei.”
“Ma
no, Sweets è educato, tutto qua.”
Angela
sbuffò per quello scetticismo, però disse: “Al di là dire impressioni, che male
c'è ad invitare l'archeologa? A lei farà bene socializzare, visto che è nuova
e, se scatta qualcosa con Sweets, ben venga!”
“Hai
ragione, quel ragazzo deve riprendersi dalla rottura con Daisy. È ancora del
parere di non volersi mai più impegnare?”
“È
una cosa che si dice, ma non va presa sul serio. Insomma, Brennan
e Booth hanno diritto alla loro privacy e non la
possono certo avete con Sweets per casa. Io sono
certa che se non forziamo un po' il fato, passeranno anni, prima che lui si
schiodi da lì.”
Hodgins, pensieroso,
scrutò la moglie, poi annuì e disse: “Va bene: improvvisiamoci cupidi.”
“Grazie!”
lei lo abbracciò “Poi non deve per forza essere una storia seria, basta
infondere un po' di fiducia e vitalità a Sweets.”
“Forse
è meglio se non invitiamo Fisher.” ragionò l’uomo.
“Perché?”
“Già
tre anni fa era vicino alle cento donne, non vorrei soffiasse l’opportunità a Sweets.”
“Fisher?
Sarebbe andato con cento donne?” Angela era piuttosto scettica e aveva inarcato
un sopracciglio “Impossibile! Voglio dire, uno che ha una vita sessuale così
attiva, non dovrebbe pensare costantemente al suicidio come lui.”
“Forse
fa pena alle donne e per questo vanno con lui.”
“Oppure
ti ha mentito.”
“Già,
non ci avevo pensato.”
“Dai,
non perdiamo altro tempo.”
I
due coniugi si separarono per organizzare la serata.
Sweets guidava l’auto
in direzione del FoundingFather,
interrogandosi su come mai Booth l’avesse invitato a
bere qualcosa in quel locale: insomma, vivevano nella stessa casa, per cui non c’era
bisogno di trovarsi anche fuori. Nonostante considerasse l’invito insolito, ne
era comunque contento, poiché lo vedeva come un gesto d’amicizia, un’altra
conferma che ormai si era guadagnato la fiducia, la stima e il rispetto dei
suoi colleghi. Ricordava come era stato strano e difficile, per lui, iniziare a
lavorare all’FBI. Era stato uno studente eccellente e grazie alla sua
intelligenza e al suo impegno era riuscito a conseguire il dottorato appena
prima dei ventidue anni ed era stato subito assunto. Finché era stato uno
studente, aveva sempre ricevuto stima e approvazione dagli insegnanti e,
quindi, da persone più grandi di lui; difficilmente era in sintonia coi suoi
coetanei, ma con gli adulti e i professoroni era perfettamente a proprio agio.
All’FBI, invece, le cose erano notevolmente cambiata: la sua giovane età non
era stata più motivo di ammirazione, bensì causa di diffidenza, inoltre la
psicologia non era presa molto sulserio. In quegli ambienti, molti preferivano assumere psicofarmaci, piuttosto
che affrontare i problemi, mentre non veniva affatto compresa la sua utilità
nelle indagini. Sweets aveva, dunque, dovuto
impegnarsi parecchio per poter dimostrare non solo la competenza ma anche la
sua utilità e, con circa cinque anni d’impegno, ormai era riuscito a farsi
valere. Certo, l’agente Booth lo trattava ancora
spesso come un ragazzino e la dottoressa Brennan
contestava qualsiasi sua affermazione, ma in fondo loro erano suoi amici; gli
altri, colleghi, invece, lo trattavano col dovuto rispetto.
Arrivò
al locale, parcheggiò l’auto, entrò e si guardò attorno. Individuò subito il
tavolo a cui erano seduti Booth e Bones
e andò verso di loro; erano proprio davanti ad un grande paravento. Quando si
trovò a meno di un paio di metri da loro, ecco che da dietro al separé sbucò
fuori il team del laboratorio, gridando: “Sorpresa!”
Sweets strabuzzò gli
occhi e la sua meraviglia fu tale che, inizialmente, non credeva o capiva quel
che stava accadendo, ma poi tutti gli fecero i complimenti per le sue intuizioni
circa il caso e, quindi, lo stupore cedette il passo alla gioia.
Unirono
alcuni tavoli e si misero tutti seduti a smangiucchiare, bere e soprattutto
chiacchierare, alzandosi solo per andare a riempire bicchieri e piatti al
buffet. Lo psicologo era felice, sedeva vicino ai suoi amici, parlava un po’
con tutti; aveva anche notato la presenza della nuova archeologa e si domandò
che cosa ci facesse lì. Varie ipotesi gli vennero in mente al riguardo, ma alla
fine decise che poco gli importava il perché; a lui, in fondo, bastava fosse
lì, così avrebbe potuto conoscerla.
Aspettò
che fosse trascorso circa un quarto d’ora, poi si alzò dalla sua sedia e
raggiunse Hodgins e Angela col pretesto di parlare
con loro. Vedendolo avvicinarsi, l’artista lanciò un’occhiata al marito come
per dire: avevo ragione!
“Ehi,
splendida idea quella di questa serata.” disse lo psicologo, sorridendo “Mi sto
divertendo molto, voi?”
“Sì,
è bello stare tutti assieme, ogni tanto.” disse Hodgins
“Di solito capita solamente in occasione di matrimoni, nascite … virus letali
che aleggiano nel laboratorio e ci costringono a passare il Natale in
quarantena …”
“Wow!”
Sweets fu sarcastico “Non credevo che consideraste un
mio successo come un evento così raro.” si rese conto che quella non era stata
una frase adatta per far colpo sulla giovane, seduta lì vicino.
Mentre
lo psicologo rifletteva rapidamente su cosa dire per approcciarsi alla ragazza,
intervenne Angela: “Sweets, ti ricordi di Eunice, la nostra amica?”
“Oh,
sì, certo!” esclamò lui, sorridendo; poi guardò l’archeologa e aggiunse: “Non è
certo persona che si possa dimenticare facilmente. Sono contento che sia
venuta, così potrò dimostrarle che non sono sempre secco e freddo come ieri.”
“Non
si preoccupi.” replicò Eunice “Capisco bene che,
quando si è nel cuore del lavoro, ci si concentri solo su quello e non si pensi
troppo al resto. Se le va, potrebbe raccontarmi come ha risolto il caso?”
Gli
occhi di Sweets si illuminarono e, dopo un Molto volentieri, subito si mise a
narrare, spiegando tutte le sue intuizioni e ricerche. Eunice
ascoltava molto attentamente, annuiva di tanto in tanto e commentava.
La
serata trascorse tranquillamente e, alla fine, l’aperitivo si trasformò in una
cena. Rimasero sempre tutti quanti assieme, per cui non ci fu la possibilità di
creare un momento di intimità, tuttavia Sweets si
riteneva soddisfatto della chiacchierata che aveva fatto con l’archeologa e
confidava che sarebbe stata soltanto la prima di molte.