Semplicemente incanto

di frivolippa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** THE END ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Io e Callie orami non eravamo più nulla, ci avevamo provato in tutti i modi a rimettere in piedi la nostra famiglia, ma purtroppo non ci siamo riuscite, lei ha deciso con mio grande dispiacere che era meglio finirla lì, ognuno per la sua strada e così ormai da un anno era.
Vivo costantemente con il rimorso di quella maledettissima notte in cui l’ho tradita, in cui io non ho avuto rispetto per mia moglie, mi faccio schifo da sola al solo pensiero, è successo ed ho provato a rimediare, ma non è bastato, Callie, la mia Calliope non è riuscita a passarci sopra e se ora siamo così è colpa mia. 
Non posso biasimarla, anzi, lei è stata fin troppo brava perché ci ha provato a perdonarmi, io penso che non ci sarei mai riuscita al suo posto.
È stata la mia ancora di salvezza in mezzo ad un oceano, mi sono aggrappata a lei e non mi ha mai fatto affondare, mentre io anche se porto il nome di una nave, non potrò mai e poi mai fare da ancora a nessuno, non sono stata buona nemmeno a difendere la mia famiglia.
A fanculo Arizona Robbins e il mio carattere di merda, perché è quello che ho, un carattere di merda. 
Solo ora, quando l’ho persa mi rendo conto di come lei sia il mio tutto, di come la mia vita è inutile senza lei, mi manca da morire, mi mancano i suoi occhi, il suo sorriso, le sue labbra, le sue paranoie su tutto, mi manca come l’aria e non posso fare nulla perché devo rispettare la sua decisione.
Rimarrà per sempre il centro dei miei pensieri, sarà sempre la mia priorità, se solo Mark fosse stato qui, lui saprebbe cosa fare e cosa dire, lui era il nostro sole durante le tempeste e ora più che mai mi mancava da morire.

Ero nel mio ufficio a riempire una montagna di cartelle, ero rimasta indietro e dovevo per forza finirle di compilare entro oggi quando sentii bussare e vidi Olivia entrare, conoscevo la sua faccia e sapevo quando doveva darmi delle cattive notizie, così la guardai e alzai la penna dal foglio:
-Dottoressa Robbins io – il suo tono non prometteva nulla di buono, così la guardai;
-Olivia, conosco la tua faccia e so quando devi dirmi qualcosa di brutto quindi per favore fallo in fretta – 
-Sua moglie, mi scusi la sua ex moglie e sua figlia hanno avuto un incidente e stanno arrivando ora in ambulanza – 
La penna mi cadde dalle mani, mi alzai e feci cadere la sedia, uscii fuori dalla porta come una furia, presi le scale per fare prima, quanto cazzo era distante il pronto soccorso, corsi il più veloce che potevo, ma quando entrai mi paralizzai. La mia mente tornò indietro di quattro anni, quando io e Callie facemmo l’incidente, vidi la barella con mia moglie sopra passarmi davanti seguita da quella su cui era mia figlia.
Le mie gambe non si muovevano, si rifiutavano di seguire i miei ordini, sentivo tutto ovattato intorno a me, vedevo tutti correre da una parte all’altra, Karev passando mi urtò, mi guardò e poi tornò nella sala visite dov’era mia figlia. 
Fui riportata alla realtà dal pianto disperato di Sofia che piangendo chiamava mamma, cosi respirai e entrai nella sala, Karev la stava visitando, aveva tutto il volto insanguinato, mi gelai e lui appena vide la mia faccia mi rassicurò:
-Ha solo un brutto taglio sulla fronte, gli facciamo una tac per sicurezza, nel frattempo mi occuperò personalmente di metterle i punti – 
Non capivo nulla in quel momento, avevo la testa vuota, completamente vuota, poi sentii la sua vocina disperata:
-Mammina – 
Guardai mia figlia, i suoi occhioni neri ormai lucidi per le lacrime e senza pensarci altro tempo mi avvicinai, lei allungò le sue braccine  e io la presi fra le mie braccia, si strinse a me come un koala e pianse ancora disperata, così cercai di rassicurarla:
-Amore shhhhssh non piangere, la mamma è qui con te ora, shhhhh – 
-Dottoressa Robbins si sta sporcando tutto il camice con il sangue – mi fece notare Jo;
io la guardai dritta negli occhi:
-Ti sembra che mi possa fregare qualcosa del mio camicie in questo momento? È mia figlia e ha bisogno di me e non mi frega un cazzo del camice – 
Mi resi subito conto che avevo dato una risposta un pò brusca, ma poco mi importava, con Sofia ancora tra le braccia mi sedetti su una sedia e cercai di vedere personalmente il taglio che aveva sulla fronte, quando sentii una voce provenire da fuori che mi gelò il sangue:
-Cazzo fatemi passare, sono Dan il fidanzato della dottoressa Torres dov’è ?!?!?!? – 
Callie ormai frequentava Dan da un pò, lui era stato un suo paziente e poi da lì piano piano erano diventati amici e infine fidanzati. 
Su di lui lei era riuscita a portare avanti la ricerca della gamba robotica con i sensori che aveva incominciato con Derek e che ora continuava con Amelia, lui era stato quello che l’aveva ringraziata per avergli restituito una gamba anche se non era la sua, si era comportato esattamente all’opposto di come aveva fatto lei, esattamente all’opposto. 
-Mamma lui è cattivo – 
Guardai Sofia, ero incredula, alzai gli occhi e incrociai quelli di Alex, poi tornai su mia figlia:
-Che significa che lui è cattivo amore? – 
-Lui questa mattina è venuto a casa e ha litigato con la mamma e la mamma poi era arrabbiata e correva con la macchina e mi gridava di stare zitta anche quando cantavo nella macchina – 
Non sapevo se avevo capito bene così alzai di nuovo lo sguardo per cercare gli occhi di Alex che guardava spaurito verso la mia direzione, così mi alzai e consegnai Sofia tra le sue braccia e uscii fuori dalla stanza come una furia lasciandomi alle spalle Karev che mi gridava di fermarmi e Sofia che piangeva.
Lo vidi fuori dalla porte dove era mia moglie, gli andai incontro come una furia, io ero meno della metà di lui ma mi sentivo Hulk in quel momento, si girò e mi vide, quando ero dritta davanti a lui gli mollai un destro dritto sul naso:
-Pezzo di merda io ti ammazzzoooooo- urlai;
Vidi Owen correre verso di me seguito da Richard, Dan si teneva la mano sul naso che grondava sangue e io continuai:
-Vattene immediatamente da qui e non tornare mai più, ti avviso se le succede qualcosa ti ammazzo con le mie maniiiii – urlai come un cane rabbioso, stavo per scagliarmi di nuovo contro di lui quando sentii due mani afferrarmi da dietro e trattenermi, cercai di divincolarmi ma non ci riuscivo.
-Calmati Arizona, calmatiiii- Owen mi teneva stretta fra le sue braccia mentre Dan si allontanava scortato dalla sicurezza che ci aveva raggiunto.
-È colpa sua se mia moglie e mia figlia hanno avuto l’incidente – gridai nuovamente ma questa volta non potetti trattenere le lacrime però, il dolore che provavo dentro mi stava distruggendo, Owen mi abbracciò e io mi lasciai andare ad un pianto disperato fin quando Amelia non uscì fuori dalla stanza visite dove era Callie e guardandomi mi disse
-La devo operare, ha una brutta emorragia e se non lo faccio subito morirà – 
Quelle parole furono taglienti come una spada che ti trafigge in pieno petto, poi mi guardò e continuò:
-Ho bisogno che tu mi firmi il consenso, sei ancora sua moglie per la legge – 
Già, io ero ancora sua moglie, ma solo per la legge, perché nella realtà per lei ero solo Arizona la stronza traditrice. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Firmai i consensi e li diedi a Owen, nel frattempo Amelia mi passò davanti con la barella con Callie, era tutta intubata e aveva gli occhi chiusi, la guardai, volevo toccarla, accarezzarla ma non ce la feci, ero completamente bloccata, nessun muscolo del mio corpo rispondeva ai miei comandi. 
-Non permetterò che anche lei ci lasci – 
Mi disse Amelia prima che le porte dell’ascensore si chiudessero e sparissero, Owen si avvicinò a me e mi abbracciò passandomi un braccio intorno alle spalle:
-Vedrai che la salverà, Amelia è una tosta e Callie è una guerriera, ce la farà – 
Io mi limitai ad annuire e poi lui continuò:
-Perché non vai in reparto da Sofia e aspetti li? Ti tengo informata io – 
Respirai e inspirai più volte, avevo bisogno di far ossigenare il cervello, in mezz’ora ne erano già successe troppe. Mi incamminai verso il mio reparto, entrai e subito Olivia mi venne incontro, avevo il camice sporco di sangue, mi guardò e prima che potesse dirmi qualcosa:
-È il sangue di mia figlia Olivia, non sono ferita, anzi mi dici in che stanza sta? – 
-Nella stanza due dottoressa, lei vada, le porto la parte di sopra pulita della divisa, mi dia il camice- 
Era la migliore infermiera che avessi mai avuto in reparto, ormai mi conosceva da anni e sapeva benissimo anticipare tutte le mie mosse, così mi tolsi il camice e glielo diedi e andai da Sofia.
Quando entrai in stanza la mia bimba dormiva nel lettino con un bel cerotto sulla fronte, mi avvicinai e la guardai, sorrisi mi sdraiai vicino a lei stringendola tra le mie braccia. 
Non ero stata capace di difendere la mia famiglia, il mio caratteraccio che Callie aveva provato a migliorare milioni di volte era rimasto sempre lo stesso e dopo l’incidente era anche peggiorato. Avevo addossato su di lei tutte le colpe e per quanto mi amava non mi aveva mai detto che non aveva tagliato lei la mia gamba ma Alex, per l’ennesima volta mi aveva protetta in modo che io non odiassi anche lui. 
Sofia aveva già perso il padre e non potevo assolutamente permettere che perdesse anche la madre e se ciò fosse successo non avrei avuto nessuna pietà per quel Dan. 
La mia mente incominciò a divagare, avrei fatto tutto il possibile per ricostruire la mia famiglia, avrei cambiato il mio carattere, l’avrei migliorato per lei, per la mia Calliope che aveva messo sempre me al primo posto al contrario mio che avevo pensato sempre e solo a me stessa. 

-Arizona.. Ari – 
Mi sentii chiamare con un tono di voce molto basso, aprii gli occhi e vidi Owen vicino a me, mi ero addormentata, ma appena lo vidi saltai in piedi, lo guardai negli occhi e con voce supplichevole gli dissi:
-Ti prego Owen – 
Lo vidi sorridere e guardarmi negli occhi:
-È andato tutto bene, è sotto in terapia intensiva, dobbiamo aspettare che si svegli ma Amelia ha assicurato che è andato tutto benissimo –
Lo abbracciai stretto e gli diedi un bacio:
-Grazie – 
Lui sorrise e poi mi disse:
-Va da lei, rimango io con Sofia – 
Da quando io e Callie ci eravamo separate definitivamente ero si andata a vivere da Alex, ma avevo stretto una forte amicizia anche con Owen, per me era diventato una sorte di Mark, avevamo stretto come una sorte di patto dove io aiutavo lui con Amelia e lui aiutava me nei miei mille casini. Era l’unico che riusciva a farmi ragionare, avevo conosciuto pochi uomini come lui, forse mi ero così affezionata e ancorata a Owen perché in un certo senso mi ricordava mio fratello Tim. 

Ero di fronte la stanza di mia moglie, lei era in quel letto con tutte le macchine attorno e io le odiavo, odiavo il suono che emettevano, respirai e entrai, mi sedetti vicino a lei e con un pò di timore afferrai la sua mano. 
Erano mesi che non la toccavo più, che non avevo nessun contatto fisico con lei, ricordo ancora il suo viso quando gli ho chiesto perché non mi aveva detto che era stato Alex ad amputarmi la gamba e non lei, ricordo ancora le sue parole, per l’ennesima volta lei aveva scelto me mettendomi al primo posto e facendosi trattare malissimo, prendendo il peggio che potevo dargli.
-Callie sono qui – dissi con voce tremante e poi continuai: - ti prego svegliati, Sofia ti sta aspettando, io ti aspetto, si, hai sentito bene, io sono qui e aspetto che tu ti svegli. Non ho intenzione di lasciarti andare di nuovo, io mi prenderò cura di te, farò tutto il possibile. Io non mi arrenderò Calliope, io non posso più permettere che tu e io non siamo noi, io ti amo e non ho mai smesso di farlo nemmeno per un secondo, tu sei il mio tutto e io non posso più vivere senza te. Avremmo un bambino, è la prima cosa che faremo appena starai meglio amore mio. Ti amo Callie e tu devi svegliarti per noi -

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Erano due giorni ormai che facevo la spola tra la camera di Callie e quella di Sofia, la nostra piccola aveva recuperato al meglio, mentre Callie ancora non si risvegliava, Amelia diceva che era normale e che anche i controlli post operatori erano buoni, ma dentro me sentivo che qualcosa non andava. 
Lasciai Sofia con Alex e io scesi da mia moglie, quando dentro la sua stanza vidi la sua faccia, Dan era di nuovo qui, così senza pensarci due volte entrai dentro e con una rabbia assai visibile gli urlai contro:
-Cosa non ti è chiaro del NON DEVI FARTI PIÙ VIVO?? – 
Lui mi guardò con aria di sfida:
-Senti biondina, lei è la mia donna e io sto qui quando voglio –
Scoppiai a ridere e poi lo guardai mi avvicinai a due centimetri dal suo volto:
-Ah si, lei è la tua donna?!?! E da quando le persone che si amano le si porta ad essere così incazzate da fare un incedente e mettere in pericolo la propria vita? Da quando Dan? Da quandooo?! – urlai come una pazza.
Lui mi guardò dritto negli occhi:
-Vuoi sapere da quando? Da quando la persona che ami ti dice dall’oggi a domani che vuole chiudere con te perché si è accorta che ama sua moglie, che non ha mai smesso nemmeno un secondo di amarla, ecco quando.. Non si è mai fatta toccare più sotto della pancia, diceva che non era pronta ed invece non era vero, lei non è voluta mai venire a letto con me perché ama te cazzo e io mi sono sentito usato e mi dispiace un casino aver alzato la voce con lei, ma lei stava venendo da te e io ho visto il mondo crollarmi addosso. Tu non la meriti cazzo, tu non la meriti, tu l’hai fatta soffrire da cani eppure lei sempre da te è tornata. Lei mi ha salvato la vita con questa gamba, io l’ho apprezzato e non come te che ne hai fatto una tragedia e l’ha tradita – 
Quelle parole mi colpirono così forte da farmi quasi perdere l’equilibrio, dovetti appoggiarmi al muro perché rischiavo davvero di svenire, lo vidi avvicinarsi ancora di più a me e poi lo sentii urlare:
-Tu non la meritiiii – 
-Cosa succede qui??-
Owen era entrato nella stanza, lo afferrò  da dietro e lo spinse lontano da me:
-Cosa ci fai qui Dan ? Mi sembra che la moglie della dottoressa Torres era stata chiara l’altro giorno, ti invito a lasciare questa stanza e a non entrare mai più, sennò sarò costretto ad avvisare la sicurezza – 
Abbassò lo sguardo e con passo deciso andò via lasciando me e Owen in quella stanza dove gli unici rumori erano le macchine che monitoravano Callie. 
-Stai bene? Ti ha fatto del male? – mi chiese con fare premuroso avvicinandosi a me;
-No – risposi e mi buttai fra le sue braccia, lui mi strinse a se e cominciai a piangere. 
Avrei riconosciuto quel maledetto suono ovunque, i monitor incominciarono a suonare all’impazzata, Owen mi lasciò dall’abbraccio e si diresse verso il letto dov’era mia moglie, Callie era in arresto:
-Portatemi un carrello per la rianimazione subitoooo – 
Ero impietrita nello stesso angolo dove pochi minuti prima Dan mi ringhiava in faccia che lei non meritava me, Amelia entrò correndo e subito con la lucina guardò la reattività di Callie:
-Owen falle ripartire immediatamente il cuore, devo assolutamente operarla sennò rischia di diventare un vegetale – 
A quelle parole penso che anche il mio cuore si fermò, Owen guardò verso la mia direzione e Amelia anche, non si era accorta che io ero lì nella stanza e che avevo ascoltato tutto. 
-Carica a 200 – 
Nulla, il cuore di mia moglie non voleva sentire di ripartire:
-Carica a 300.. Dai cazzo Callie, non puoi mollare ora non puoi – 
-Portatemi una dose di epinefrina – Maggie era arrivata nella stanza: - io continuo con il massaggio manuale, ogni cinque compressioni faremo una scarica da 200 – 
Sentii due mani prendermi e portarmi fuori;
-Lasciamiiii voglio stare li dentro con leiii –
-Arizona calmati, se tu sei lì dentro li metti in soggezione e loro non danno il massimo, per favore ascoltami, vedrai che andrà tutto bene – Alex cercava di convincermi anche se io mi dimenavo fin quando non mi fermai e mi feci stringere nel suo abbraccio.
Non so quanti minuti passarono, la porta si aprì e Owen uscì fuori, non capivo perché non mi guardava negli occhi, le gambe incominciarono a tremarmi, ci separavano dieci passi e penso che furono i più lunghi della mia vita. 
-Ti prego – lo supplicai quando fu di fronte a me. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Conoscevo Owen ormai da anni e sapevo benissimo quando doveva dire qualcosa di brutto e non riusciva a farlo, dopo la morta di Mark e la mia separazione con Callie, lui e Alex erano state le mie due colonne portanti, mai e poi mai avrei immaginato quanto sensibili e premurosi potevano essere nei mie confronti.
Gli afferrai il viso e lo costrinsi a guardarmi dritto negli occhi, non servirono parole, i suoi occhi erano lucidi e le sue guance erano rigate dalle lacrime, il mondo intorno a me si fermò, le luci si spensero, il sipario si abbassò e l'unica cosa che regnava intorno a me era il silenzio. 
Mi mancava l'aria, sentivo un peso opprimermi il petto e non farmi respirare, volevo urlare ma nessuna parola riusciva ad uscire dalla mia bocca, era come se il mio corpo era andato in blackout, non capivo nulla, riuscivo solo a vedere un Owen anche lui ucciso e un Alex a pochi passi da me che guardava il tutto molto incredulo.
-Owen, di che non è ciò che stiamo pensando – furono le parole quasi supplichevoli che uscirono dalla bocca di Alex;
-Mi dispiace, io ci ho provato con tutte le mie forze – mi guardò e mi allungò un braccio verso di lui: - perdonami – mi attirò a se e mi abbracciò.
Non ci potevo credere, mi stava dicendo che mia moglie era morta?! Che la mia Calliope non c'era più?! 
Ero fra le sue braccia inerme, sentivo le sue lacrime scolare sul mio collo e io che non riuscivo a dire nemmeno una parola, il mio cuore aveva smesso di battere proprio come quello di mia moglie. La mia vita era finita, io avevo finito di esistere, non me lo sarei mai perdonato, non avrei mai più potuto guardare negli occhi mia figlia, aveva già perso il padre e ora per colpa mia aveva perso anche la sua mamma, non mi sarei mai perdonata questa cosa. 
La mia mente ripercorse tutta la nostra storia, da quando quella maledettissima sera la raggiunsi in bagno da Joe e la baciai, avevo baciato altre mille volte, ma non era stato mai così, quello era stato il bacio più bello della mia vita. Fu proprio quella sera che capii che lei era la donna della mia vita, che con lei avrei avuto il mondo intero e così è stato.
Ricordai la discussione sui figli, io non ne volevo, preferivo stare sulle spiagge bianche della Spagna con un cocktail in mano e lei voleva starci anche ma con un bambino che ci chiamava in continuazione e quella fu la nostra prima lite, ma subito mi resi conto che non volevo un figlio ma ne volevo dieci da lei. 
Per non parlare dell'Africa, quando tornai a riprendermela oltre a lei trovai un bel regalo: Sofia. 
Fu difficile da accettare in un primo momento, soprattutto perchè era figlia di Mark, di Mark Sloan, la persona che mi stava più antipatica sulla faccia della terra, però la amavo così tanto che decisi che ne valeva la pena, che non avrei rinunciato a loro e così imparai a convivere anche con Mark sempre fra i piedi che poi scoprii essere la persona più buona e brava sulla faccia della terra. Lui era il nostro sole durante le tempesta e dopo tutto ciò che ci era successo io ne ero sicura che se ci fosse stato lui, ora io e Callie eravamo ancora insieme, lui era l'unico in grado di riportarci entrambe sulla dritta via.
Mi staccai da quell'abbraccio e mi guardai intorno, come se non credessi a ciò che stava succedendo, avevo bisogno di vedere con i mie occhi, così mi diressi verso la camera dove era mia moglie, respirai e entrai quando vidi Maggie sopra a Callie con le mani sul petto e Amelia che gridava di chiamare Owen e sul monitor il battito anche se fievole di mia moglie. 
Owen e Alex corsero entrambi, Amelia lo guardò:
-Non so cosa sia, chiamatelo miracolo come volete, ma Maggie non ha mai smesso il massaggio da quando Owen è uscito fuori e poco fa il suo cuore ha ripreso a battere, la dobbiamo assolutamente operare –
Quelle parole furono aria per me, il suono di quel monitor che avevo tanto odiato era diventata musica per le mie orecchie, trattenni un singhiozzo coprendomi la bocca con le mani, Amelia mi guardò:
-Dammi carta bianca e fidati di me, te la riporterò –
Annuii facendo cenno di sì con la testa e guardandola, lei mi sorrise e corsero via lungo il corridoio, mi girai e guardai Alex che mi sorrideva, andai verso di lui e mi lasciai andare ad un pianto disperato. 

Erano ore che la stavano operando e ancora non ricevevo nessuna notizia, andavo avanti e indietro per la sala d’aspetto cercando qualcosa da fare o da dire, quando poi la vidi arrivare da lontano, era April che veniva verso di me, mi prese le mani e mi abbracciò, la mia migliore amica era qui:
-Che ci fai qui? – gli chiesi
-Jackson mi ha avvisata, così sono salita sul primo aereo e sono tornata, ho chiesto un congedo Ari, voglio starti vicina come lo sei stata tu con me e poi anche Jackson ha bisogno di me– mi abbracciò e io la strinsi forte a me.
-Grazie – le sussurrai 
-Shhhshh non devi ringraziarmi – 
Ci sedemmo sui divanetti e gli raccontai tutto ciò che era successo, April era incredula, poi mi guardò e disse:
-Io credo in Dio Ari, Calli crede in Dio, per me è un miracolo – 
Io non so cos’era, ma di certo chiunque ci fosse stato dietro, avanti o sotto lo avrei ringraziato per tutta la vita. 
La porta finalmente si aprì ed Amelia e Owen vennero verso di noi, mi alzai e li guardai, loro mi guardarono e sorrisero:
-Ti ripeto non so cosa sia stato, ma qualcuno deve volergli davvero bene a Callie, non posso dirti che è fuori pericolo perché le prossime ventiquattro ore saranno le più importanti di tutte, non è attaccata a nessun respiratore, che altro dire, ah si è nella solita stanza, puoi andare da lei – 
La guardai e poi sorridendo con le lacrime che mi rigavano il viso l’abbracciai:
-Grazie Ami – 
-Dovere Robbins – sorrise
Abbracciai frettolosamente Owen e gli diedi un bacio per poi scappare da mia moglie, ero troppo felice. Raggiunsi la sua stanza, mi sedetti vicino a lei, le presi la mano e la baciai ripetutamente:
-Amore che spavento che mi hai fatto prendere, ora per favore svegliati e torna da me, Dan mi ha raccontato tutto, la vita ci sta dando l’ennesima possibilità e noi non possiamo più sprecarla, tu sei bella, la vita è bella, la nostra bimba è bellissima e aspetta solo noi - 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Fui svegliata dallo squillo del cellulare, balzai subito in piedi e lo afferrai tra le mani, sul display vidi il nome di Owen, risposi:
-Owen, cosa è successo? – chiesi preoccupata;
-Ari, si è svegliata, vieni subito qui – 
Chiusi il telefono senza nemmeno rispondergli, mi vestii in un baleno, chiamai April e le chiesi di venire da me così non avrei dovuto svegliare la piccola, giravo per la casa impaziente, furono minuti lunghissimi e io non potevo più aspettare, dovevo raggiungere mia moglie, presi le chiavi della macchina e aprii la porta quando vidi April uscire dall’ascensore, non ci furono bisogno di parole, presi a correre lungo le scale, arrivai alla macchina e partii a passo sostenuto verso l’ospedale.
In men che non si dica ero li,, stavo attraversando i corridoi per raggiungere mia moglie, più mi avvicinavo più mi assaliva un senso di ansia che mi stringeva lo stomaco e non mi faceva respirare e non capivo il perché. 
-Ari, Ari aspetta devo parlarti – 
Stavo per aprire la stanza dove era Callie quando sentii la voce di Owen, mi girai togliendo la mano dalla maniglia e lo guardai, lo conoscevo bene, riconoscevo le sue espressioni, i suoi occhi parlavano da soli. 
-Amelia ci aspetta nel suo studio – 
Annuii senza dire nulla, mi prese per mano e penso che mi trascinò fino al suo studio, entrammo e mi sedetti come un’amorfa sulla sedia, Owen rimase in piedi vicino a me mentre Amelia incominciò a parlare:
-Arizona, a volte capita, purtroppo non siamo tutti uguali e i nostri modi di reagire sono diversi da persona a persona, non è andato nulla male, ma lo shock che il cervello subisce può far capitare anche questo – 
La guardavo, la ascoltavo, o meglio cercavo di ascoltare ciò che mi stava dicendo, ma mi era difficile starle dietro, la mia mente aveva già capito tutto, ero un medico anche io e sapevo cosa era successo. 
-Non so quanto tempo ci vorrà, ma ti assicuro che questa è solo una fase momentanea, passerà, tu la devi aiutare, noi la dobbiamo aiutare a ristabilire un contatto con tutto ciò che è stato il suo passato, ha bisogno di te, di Sofia – continuò Amelia.
Io mi sentivo persa, era come se il mondo mi stesse cadendo sopra, io che avevo creduto che ci stesse dando una seconda possibilità, ma evidentemente non era così, questo era il prezzo da pagare per tutto il male che avevo procurato a noi:
-Io non ce la posso fare – furono le parole inconsce che mi uscirono dalla bocca senza che io me ne accorgessi.
-Non dire così Arizona, ce la faremo, non sei da sola – Owen mise le sue mani sulle mie spalle per rassicurarmi, poi continuò: -andiamo a vederla – 

Arrivammo davanti la sua stanza, non mi resi nemmeno conto di come ci ero arrivata, Owen mi guardò, mi prese la mano e me la strinse, come per dirmi “ non sei sola “,  poi aprì la porta, lei era seduta nel letto, si guardava intorno, era bellissima, il mio cuore incominciò a battere all’impazzata, lei ci guardava e sorrideva, Dio come era bella.
-Ciao Callie, come ti senti? – Owen era più spavaldo, più coraggioso;
-Sono un po' frastornata, ma sto bene, la dottoressa Shepherd mi ha raccontato dell’incidente e che sono un chirurgo ortopedico, ma io non ricordo nulla – 
Mi fecero male quelle parole, furono un boomerang anzi no, fu molto peggio, peggio del mio arto amputato, mai e poi mai avrei immaginato che si potesse provare un dolore simile, credevo che la perdita della gamba e l’incidente aereo erano stati il massimo ma mi sbagliavo, perdere l’amore della tua vita era di gran lunga peggio, molto peggio. Era un dolore indescrivibile, faceva male, molto male, era come essere sdraiati sul tavolo operatorio ed essere operati senza anestesia. 
La guardai e lei anche, le sorrisi e lei ricambiò, sperai fino alla fine che mi dicesse: “ tu sei mia moglie “, ma così non fu e Owen guardandomi disse rivolto verso Callie:
-Lei invece è Ar – 
-Sono Arizona Robbins, il chirurgo pediatrico – mi affrettai a continuare.
-Piacere – rispose Callie: -spero di riuscire a ricordarmi di tutti voi al più presto – 
Io le sorrisi e poi mi girai verso Owen che aveva ancora gli occhi sgranati e la bocca aperta verso di me, sapevo che lo avevo sconcertato, ma avevo un piano, mi era balenato nella mente in un nano secondo, la vita mi stava parlando per l’ennesima volta e io dovevo per forza ascoltarla..


SO BENE CHE SONO IMPERDONABILE, MA SONO STATA IMPEGNATISSIMA E STO VIVENDO UN PERIODO UN PÒ STRANO DOVE MI È DIFFICILE ANCHE SCRIVERE, PERÒ STO TORNANDO VE LO ASSICURO!! GRAZIE PER LA PAZIENZA!! 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


DIECI GIORNI DOPO

Tutti si prendevano cura di Callie, tranne io, mi preoccupavo che avesse tutte le cure possibili e che non le mancasse mai nulla, ma io stavo sempre dietro le quinte, avevo preferito così e ne avevo parlato con Owen, Amelia, Meredith e tutti gli altri, non volevo essere io a raccontarle la sua vita, non volevo che lei si sentisse in obbligo di stare con me solo perché ero sua moglie. 
Se il destino voleva che io e lei tornassimo insieme allora saremmo tornate insieme ma solo perché il nostro amore era più forte di tutto.
Avevo portato Sofia dai miei genitori in California, dovevo proteggerla da tutto questo, non sapevo dove ci avrebbe portato questa cosa, ma una cosa era certa, lei non c’entrava nulla e non avrei mai e poi mai permesso che soffrisse, aveva già perso il suo papà ed era stata dura da accettare, poi c’ero stata io, la solita cazzona combina guai che avevo creato abbastanza danni nella nostra famiglia e Sofia ne aveva risentito ancora e ora non potevo permettere più che la serenità che eravamo riuscite a ristabilire crollasse di nuovo e a rimetterci fosse stata la nostra bambina.
Callie sarebbe andata a stare nella sua vecchia casa, io ero stata lì e avevo fatto sparire ogni traccia di quello che eravamo state noi, avevo tolto tutte le nostre foto, quelle con Sofia e avevo lasciato solo le sue foto con Mark e i colleghi di lavoro, avevo fatto uno scatolone e portato tutto nell’appartamento di Mark.
Era da tantissimo che non mettevo piede in quell’appartamento, io e Callie per ricominciare avevamo comprato una nuova casa senza vendere il suo appartamento e quello di Mark, entrai e appena accesa la luce mi bloccai, sulla parete di fronte a me c’era una gigantografia di noi tre con Sofia piccola, dovetti appoggiarmi al muro, le lacrime iniziarono a scorrere lungo il mio viso, avrei pagato oro per portare indietro il tempo, per poter rivivere quei momenti, per essere la famiglia felice che avevamo creato. Mark mi mancava da morire, con lui avevo creato un rapporto speciale, era il fratello che avevo perso, l’amico mai avuto, il marito che non avrei mai potuto avere, la sua morte insieme alla mia amputazione si era ripercossa sulla nostra famiglia come un uragano distruggendo tutto. Chiusi gli occhi e per un momento lo vidi di fronte a me, mi sorrideva, si avvicinò a me e mi disse:
-Robbins, sono fiero di te, non stai scappando come fai sempre e ricorda, dopo la tempesta arriva sempre il sereno.. Io sono vicino a te sempre – 
-Mark non andare via ti prego – sussurrai continuando a tenere gli occhi chiusi, ma già non lo vedevo più, era sparito,ma era come se io sentissi il suo profumo da ogni parte. 
Posai lo scatolone e mi chiusi la porta dietro le spalle e andai via, quello stesso giorno Callie sarebbe stata dimessa.

IN OSPEDALE

-Buongiorno Torres, sei pronta per tornare a casa? – 
Owen era entrato nella camera di Callie dove ormai aveva passato la maggior parte del suo tempo, le aveva raccontato la sua vita, le aveva fatto vedere foto e parlato di Mark, del loro essere trombamici, del suo usarlo per scoprire se era bisex e dell’incidente aereo. Con grande stupore di tutti i suoi colleghi, le sue abilità lavorative erano rimaste intatte, di quello si ricordava tutto. Derek gli aveva portato tutta la documentazione sulla loro sperimentazione, Amelia e Miranda l’avevano aiutata a rimettersi in pari con i suoi pazienti, avevano letto e studiato le sue cartelle e Amelia aveva firmato il certificato di guarigione e di poter tornare in servizio già il lunedì successivo.
-Ciao Owen, sono prontissima, devo chiamare un taxi – 
-Assolutamente no, ti accompagno io a casa, dammi il borsone e andiamo – gli sorrise e prese il borsone uscendo dalla stanza.
Raggiunsero la sua macchina e poco dopo erano davanti al palazzo di Callie, lei frugò nella sua borsa ma non le trovò, Owen la guardò e sorrise porgendogliele.
-Come fai ad averle tu? – 
-Semplice Torres, me le ha riportate il carro attrezzi, le ha trovate nella tua auto – le sorrise, ma quella non era la verità, Arizona gliele aveva portate pochi minuti prima che Callie venisse dimessa.
Lei gli sorrise e salirono fino al suo appartamento, aprì e una volta dentro si guardò intorno, entrò e incominciò a guardare le foto che c’erano in giro, sorrise quando vide la sua foto con Owen nel campo da baseball, poi guardò la loro foto di gruppo sempre nel campo, Owen gli si avvicinò e sorrise anche lui vedendo Cristina che era avvinghiata a lui:
-Due anni fa, partita di beneficenza, il SGH contro il MWH, non ho mai avuto una squadra di schiappe così, ma l’amicizia che ci lega tutti ci ha fatto vivere una giornata fantastica, penso una delle ultime prima dell’incidente aereo, da lì è cambiato tutto – disse con un velo di malinconia e aggiunse:
-Hai bisogno di altro Callie? – 
-No no Owen, grazie mille, è tutto apposto – 
-Allora io vado, se hai bisogno di qualsiasi cosa chiamami e io arrivo – 
-Grazie infinite per tutto – si avvicinò e lo baciò.

Appena uscito da casa di Callie, Owen tirò fuori il cellulare e scrisse un sms ad Arizona:

SMS:

Callie è a casa

INVIO

Ero nel mio ufficio quando sentii il cellulare vibrare, lo presi in mano e lo guardai, era Owen, lessi sms e risposi:

SMS

Grazie mille per tutto quello che stai facendo. Ti voglio bene

INVIO

CASA DI CALLIE

Era da poco tornata a casa, era uscita per fare la spesa, sistemò tutto e si sedette sul divano, chiuse per un attimo gli occhi, poi si alzò e andò a prendere la foto dove erano tutti insieme, la guardò, sorrise nel vedere tutti insieme, non ricordava nulla, ma Miranda le aveva raccontato di tutti, Cristina da Zurigo l’aveva chiamata quasi tutti i giorni, le aveva raccontato di tutte le volte che si erano ubriacate insieme, della loro convivenza da coinquiline e l’aveva minacciata milioni di volte sul fatto che l’avrebbe cancellata dalla faccia della terra se non si sarebbe ricordata tutto al più presto. 
I suoi occhi poi caddero su un particolare, sulla bionda vicino a lei, con gli occhi azzurro cielo che le stava vicino e le cingeva i fianchi con le mani, lei era Arizona Robbins, la dottoressa che si era presentata dieci giorni prima, ma che aveva visto davvero di rado, non era stata come gli altri, lei non era mai andata a raccontare il loro rapporto, ci pensò un attimo su, forse non erano tutto questo amiche, ma una cosa era certa, era proprio bella da togliere il fiato.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Finalmente era giunto il grande giorno, sarei tornata a lavoro quella mattina stessa, ero tutta eccitata come una bambina che va al suo primo giorno di scuola, ma se ci penso in effetti era così, era come se stessi andando al mio primo giorno di lavoro. 
Mi svegliali molto presto in modo da poter fare tutto con calma, mi alzai e andai subito in bagno per farmi una doccia, il getto dell’acqua mi rilassò ed è come se stesse pulendo tutta l’ansia che avevo accumulato durante la notte. 
Avvolta nel telo da bagno tornai in camera dove dopo essermi messa la mia crema per il corpo preferita al cocco, l’avevo trovata sul ripiano del bagno quindi doveva essere per forza mia visto che da quello che mi hanno raccontato dopo Erika non c’era stato più nessuno, presi un completino nero di pizzo e lo infilai, poi aprii l’armadio e li cominciò la mia indecisione, dopo aver provato una montagna di vestiti decisi di optare per un paio di jeans attillati, una camicina nera senza maniche e un paio di scarpe con il tacco anche esse nere, mi truccai e prima di uscire davanti allo specchio mi misi il rossetto rosso, presi la borsa, mi chiusi la porta alle spalle e mi avviai alla macchina.

IN OSPEDALE

Ero appena uscita dalla sala operatoria, ero stata chiamata d’urgenza nel cuore della notte per una complicanza su un piccolo paziente a cui avevo dovuto sostituire uno shunt che aveva richiesto più tempo del previsto, così decisi che me lo meritavo proprio un bel caffè. Mi recai in caffetteria e ordinai un caffè e un muffin, li presi e mi sedetti ad un tavolo iniziando a sorseggiare il caffè bollente quando con la coda degli occhi la vidi entrare. 
Il caffè mi si bloccò in gola ustionandomi e facendomi tossire, maledizione come era bella, il rossetto rosso e i suoi capelli nero corvino che mi avevano fatto sempre impazzire mi mandarono in estasi , poi indossava i jeans che avevamo comprato insieme e la camicina che gli avevo regalato per Natale, era una dea, era mia moglie e io l’avrei presa e baciata così davanti a tutti, ma non potevo, maledizione pensai tra me e me. Ero assorta nei miei pensieri maledicendomi ancora e ancora per aver deciso di prendere quella strada tortuosa quando sentii una voce che non avrei mai potuto dimenticare chiedermi:
-Posso sedermi? –
Callie si era avvicinata a me e mi guardava con quelli occhi che avevo sognato milioni di volte, quegli occhi che ogni volta che chiudevo i miei riuscivo a vederli, quegli occhi che ogni volta che guardavo Sofia vedevo, quegli occhi che mi avevano fatto innamorare già la prima sera da Joe. Quasi balbettando risposi:
-Si certo – 
-Grazie mille – 
Si sedette e mi regalò un sorriso, Dio mi tremavano le gambe, eppure lei era mia moglie, conoscevo tutto di lei, non doveva farmi questo effetto, ma invece il mio cuore incominciò a martellare e avevo quasi paura che lei lo potesse sentire. Tra noi si era creato un silenzio quasi imbarazzante, così decisi di ricompormi e di cominciare con il mio piano, feci un respiro e poi le chiesi:
-Allora come ti senti? Pronta per ricominciare? – 
La vidi sorridere, forse si sentiva anche lei in imbarazzo e il mio rompere quel silenzio fra noi era stato buono:
-Mi sento molto meglio anche se a volte ho ancora dei forti mal di testa, ma Amelia mi ha assicurato che è normale – fece una pausa poi continuò: - a dire la verità sono molto agitata, stanotte ho dormito pochissimo e sembra come se dovessi andare al mio primo giorno di scuola – 
Ridemmo insieme, era bellissima ed era altrettanto bello stare con lei li a parlare, le sorrisi e le dissi:
-Vedrai che andrà benissimo, sei un tipo tosto! Come è stato il ritorno a casa? Ti sei trovata bene?- Oddio forse stavo esagerando con le domande, ma mi vennero così naturali, dopo tutto lei era mia moglie, ok va bene la mia ex moglie. 
Callie mi guardò e sorridendomi mentre sorseggiava il suo caffè:
-Devo dirti la verità, mi sono sentita davvero bene, mi sentivo a casa anche se non ricordo di aver mai vissuto lì, però le foto, Cristina che mi chiama tutti i giorni, Owen e Amelia, Miranda e Mer mi stanno molto aiutando e sai, ho visto anche le foto, la mia preferita è quella di gruppo nel campo da baseball, dovevamo essere tutti davvero uniti – sorrise e mi guardò negli occhi.
I nostri occhi si incrociarono, feci faticare a mantenere la calma, l’avrei baciata e baciata per ore, mi mancavano le sue labbra, penso di non aver mai baciato labbra belle così.
-Buongiorno ragazze – Amelia si avvicinò al nostro tavolo sorridendo, poi continuò: - Callie pronta? Abbiamo il nostro paziente con la gamba robotica da visitare – 
-Oh si si, sono prontissima – si alzò e mi guardò: - Ciao Arizona, spero di rivederti presto – 
Le sorrisi:
-Buona giornata Calliope – 
Callie si girò e mi guardò come se avessi detto una parola magica, ma Amelia la riportò alla realtà:
-Dai Callie vatti a cambiare, Dan ci sta aspettando – 
Lei annuì e andò a cambiarsi continuando a pensare al Calliope che le era appena stato detto dalla bionda con il magico sorriso.

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


Callie andò a cambiarsi in fretta e in furia e raggiunse il laboratorio dove ad aspettarla c'erano Amelia e Dan, entrò e subito si scusò:
-Lo so, lo so scusatemi ma è il mio primo giorno di lavoro e mi sento come una bambina alle prime armi – sorrise e si guardò intorno.
-Dottoressa Torres, che piacere rivederla – Dan si alzò dalla sua sedia e le si avvicinò, la baciò sulle guance,l'abbracciò e inspirò il suo profumo, non era cambiata per nulla pensò tra se e se. Callie rimase di stucco nel vedere il comportamento di quell'uomo, era così come dire intimo, per un attimo aveva sentito come se lui stesse inspirando il suo profumo, si era sentita il suo naso nell'incavo del collo mentre l'abbracciava, ma forse si era solo sbagliata.
Fu riportata dalla realtà da Amelia:
-Voi due avete intenzione di guardarvi così ancora per molto o volgiamo iniziare il nostro controllo? Potete continuare a filtrare dopo, visto che io tra mezz'ora devo essere in sala operatoria-
Callie arrosì, mentre Dan si scusò:
-Mi scusi dottoressa Shepherd, ma non capita tutti i giorni di vedere tali bellezze in giro per posti così brutti e infelici come gli ospedali – sorrise e si sedette.
Callie diventò color rosso vivo, Amelia la guardò e rise:
-Torres hai fatto colpo, dai vieniti a sedere e diamo una controllata a questo fusto -
Incominciarono i soliti esami di routine, Amelia controllò i sensori, Callie gli fece fare delle prove sotto sforzo, Dan si sentiva bene, aveva ripreso appieno la sua vita e anche il lavoro andava benone.
-Dan, i risultati sono ottimi, puoi andare a casa e ci rivediamo qui il mese prossimo per il solito controllo – gli disse Amelia mentre gli sorrideva.
-Grazie grazie e ancora grazie dottoresse, siete state la mia salvezza -
-La dottoressa Torres e mio fratello lo sono stati Dan, io proprio non ho fatto nulla – sorrise, poi continuò: - scusatemi ma ho un intervento e devo proprio andare -
-Dan, per qualsiasi cosa chiamami, non devi sottovalutare nessun segnale, anche il più piccolo accenno che senti che qualcosa non va corri qui oppure chiamami, non possiamo permettere che tutti questi sacrifici vadano in fumo -
-Davvero grazie infinite dottoressa Torres, senza di lei ora non so davvero cosa farei -
Dan era proprio un bel ragazzo costatò Callie, i suoi occhi, il suo corpo, le sue labbra era così stramaledettamente perfetto ed eccitante. Dan si era accorto che la mora lo guardava in modo malizioso e così non perse tempo e le disse:
-Dottoressa Torres, le va se stasera usciamo insieme come ai vecchi tempi? -
Callie rimase spiazzata, lo guardò con fare interrogativo e lui rendendosene conto riprese:
-Ehm si, dottoressa Torres o se posso permettermi Callie, io e lei o meglio ancora io e te uscivamo insieme, eravamo anche abbastanza intimi – gli si avvicinò ad un centimetro dalla sua bocca e posò le sue labbra sulle labbra carnose della latina che non fece obbiezioni e si lasciò baciare.
Un bacio casto che piano piano diventava sempre più intenso.
Mentre lo baciava Callie pensava alle sue colleghe e al fatto che gli avevano tenuto nascosto che lei e Dan si frequentavano, dio come era maledettamente sexy, gli accarezzò i capelli e lui la strinse ancora più a se, quando furono interrotti dalla porta che si apriva e da una voce che entrambi conoscevano:
-Calliope io avrei bisog – le parole gli morirono in gola, il cuore iniziò a batterle nel petto, guardò verso Callie e poi Dan, lui sorrideva beffardo, i nervi gli salirono alle stelle, voleva corrergli incontro e spaccargli la faccia, ma respirò:
-Ops scusatemi, non volevo interrompervi, dovevo bussare ma credevo che fossi sola, io avrei bisogno di un consulto, ma non fa nulla, possiamo farlo dopo – abbassò lo sguardo e uscì dalla stanza senza dare tempo a Callie di rispondere.
-Arizona aspetta – provò invano Callie, ma Arizona aveva già chiuso la porta ed era andata via, Dan che si sentiva vincitore in quel momento, gli si avvicinò di nuovo e l'abbracciò da dietro, Callie si sentiva strana, ogni volta che Arizona e lei entravano in contatto in qualche modo in lei succedeva qualcosa e non riusciva a capire il perchè, eppure nessuno gli aveva parlato della pediatra, nessuna delle sue colleghe aveva detto nulla, forse era solo la sua mente che faceva ancora dei brutti scherzi.
-Dottoressa Torres – le sussurrò Dan vicino il suo orecchio mordicchiando il lobo e provocando un fremito in Callie: - allora stasera viene a cena con me? - e le baciò il collo.
Callie sorrise e girandosi verso di lui annuì stampandogli un bacio a fior di labbra poi aggiunse:
-Allora io e te ci frequentiamo giusto? -
Dan annuì e lei continuò:
-Mi ero accorta che tra noi c'era qualcosa, l'ho notato stamattina quando mi hai abbracciato -
Lui sorrise e aggiunse:
-E' nato tutto dopo il mio secondo incidente, ma ti racconterò tutto questa sera, ti vengo a prendere qui fuori? A che ora finisci? -
-Ok, ti aspetto per le 20 – sorrise e baciandolo nuovamente si staccò da quell'abbraccio e aggiunse:
-Devo andare a trovare la Robbins per quel consulto -
Dan annuì e lui aggiunse prima che uscisse dalla stanza:
-Callie, tu e la Robbins vi odiate -
Callie rimase di stucco alle parole dell'uomo e così lui caricò ancora di più la dose:
-E' una persona odiosa, spesso ti sei trovata a discutere con lei e poi la sera quando tornavi a casa piangevi, ha un caratteraccio, in pochi la sopportano in ospedale.. Mi raccomando piccola, occhi aperti e dalle poca confidenza così da subito delimiti i confini -
Callie ascoltò le parole di Dan e si limitò ad annuire e a chiudere la porta, Dan sorrise, questa volta avrebbe vinto lui, gliela avrebbe portata via per sempre.

Callie si stava dirigendo da Arizona, le parole di Dan gli risuonavano in testa, ma come era possibile una cosa del genere, quel viso così angelico e quegli occhi azzurri come il mare, come potevano celare una persona malvagia?! Forse Dan aveva esagerato, forse lui non si ricordava bene, era impossibile, quella mattina in caffetteria era stata benissimo con lei e poi il suo chiamarla “ Calliope” la mandava ogni volta in confusione, provocava in lei un non so che di strano.
Arizona nel frattempo era nel suo ufficio, era rientrata praticamente correndo e aveva sbattuto la porta dietro di lei, il viso gli stava andando in fiamma, i suoi occhi erano rossi come il sangue, quel fottuto bastardo ci era già riuscito, se l'era già ripresa e lei che stava a programmare anche il millesimo di secondo si trovava con un pugno di mosche in mano. I nervi gli percossero il corpo, sbattè i pugni sulla sua scrivania e come una furia buttò per terra tutte le cartelle, Callie era sua moglie e lei se la stava di nuovo facendo portare via da quel bastardo che stava per far morire lei e Sofia, ripensando a questa Arizona si innervosì ancora di più e decise che doveva andare a cercare Callie, lei doveva farla innamorare di nuovo e ci sarebbe riuscita o almeno ci sperava.
Uscì dal suo ufficio, chiuse la porta quando si sentì chiamare:
-Arizona -
La bionda chiuse gli occhi per un attimo, il modo in cui Callie pronunciava il suo nome le faceva venire le farfalle nello stomaco e il cuore le prese a battere più forte del normale, inspirò e poi si girò e la fissò nei suoi occhi:
-Dimmi Calliope – le sorrise, regalandole uno dei suoi migliori sorrisi.
Callie la guardò e di rimando le sorrise, il sorriso della bionda fu disarmante per la mora che a fatica le rispose:
-Sono qui per quel consulto - 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Era passato un mese, un mese in cui gli unici contatti con mia moglie erano stati in ambito lavorativo.
La nostra bimba era un continuo chiedermi della sua mamma Callie e io ogni volta accampavo scuse su scuse. 
Ormai mi ero arresa alla triste realtà, Callie e Dan erano felicemente fidanzati e io non potevo farci più nulla, non ero stata capace di rimettere in piedi la mia famiglia, avevo fallito di nuovo, la vita mi aveva dato l’ennesima possibilità che io avevo sprecato.
Mi limitavo a guardarla da lontano, a sorridere mentre la vedevo impegnata a scrivere sul tablet, sorridevo ogni volta che le sue labbra facevano quelle strane smorfie che mi facevano ogni volta girare la testa e poi la guardavo anche mentre Dan me la portava via giorno dopo giorno. 
Tante volte li avevo visti uscire insieme dalla stanza del medico di guardia, lei che gli aggiustava il colletto della divisa e lui che sorrideva. Li avevo visti mentre si baciavano, mentre lui la spogliava con gli occhi e una volta li avevo persino sentiti mentre si scambiavano un fugace “ti amo”.
Volevo fare la wonder woman della situazione e invece non ero stata all’altezza nemmeno di essere paragonata ad uno struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia. 
Fui riportata alla realtà dalla suoneria del mio cellulare, lo presi e lessi sul display “ Mamma “, risposi subito:
-Pronto? –
-Mammaaa ciao sono io – 
La voce di Sofia era squillante e questo mi fece sorridere:
-Amore mio, ciao, come stai? Dove sei? –
-Mamma non ci potrai mai credere, ma oggi sono stata al lago con il nonno, sono andata a pescare e abbiamo preso un luccio enorme. Mamma il nonno per tirarlo fuori è caduto in acqua e io ho riso a crepapelle – 
Ascoltai ciò che la mia bambina mi diceva e incominciai a ridere mentre mi raccontava di mio padre che cadeva nel lago per un luccio:
-Amore, ma il nonno ora sta bene? –
-Si sì mamma, sta benissimo anche se mi ha pregato di non raccontarlo a nessuno- disse mentre continuava a ridere;
-Sono felice che ti stai divertendo –
-Mi manchi mamma e mi manca mamma Callie, sei a casa? Posso parlarci? – 
Un velo di tristezza velò i miei occhi:
-Amore mi manchi anche tu da morire e manchi tanto anche a mamma Callie, è ancora fuori per quel congresso e mi ha detto che le hanno rubato il cellulare, infatti a me chiama con quello dello zio Owen –
-Ok – fu la sua risposta molto triste e rassegnata;
-Amore ti voglio bene e non vedo l’ora di potermi prendere due giorni e raggiungerti –
-Ti voglio bene anche io mamma e non vedo l’ora di vedervi, mi mancate tanto – 
-Mi passi la nonna per favore? – 
-Arizona? –
-Mamma ciao – 
-Come stai? Come vanno le cose lì? – 
Mi alzai dalla scrivania e incominciai a camminare per la stanza:
-Male mamma, le cose vanno male, Callie non si ricorda nulla e io sto impazzendo perché non riesco a fare nulla, se non guardare mentre quel Dan la porta ogni giorno più lontano da me – 
-O bambina mia – disse sospirando, poi continuò: - io sono sicura che Callie ricorderà tutto – 
-Lo spero mamma, lo spero più di qualsiasi altra cosa al mondo – feci un attimo di silenzio e poi continuai: - grazie per ciò che state facendo per Sofia – 
-Non devi ringraziarci di nulla, sono io che ringrazio te per avermi fatto questo grande regalo, non ho mai visto tuo padre così, sembra un’altra persona da quando Sofia è qui – 
Sorrisi al pensiero di mio padre dolce e premuroso, il Colonello Robbins in versione nonno doveva essere un bel vedere.
-Ciao mamma,vi auguro una dolce buona notte, ci sentiamo domani, dai un bacio a Sofia e a papà da parte mia –
-Buonanotte bambina mia, noi ti sosterremo sempre ricordatelo – 
Chiusi la chiamata, mi girai e presi in mano la foto sulla scrivania, io Callie e Sofia che ridevamo spensierate, avrei pagato oro per tornare ad essere una famiglia così.     
Posai la cornice al suo posto, presi la borsa, infilai la giacca e uscii dal mio studio. 
-Robbins, ti va di venire a farti una birra? – 
Owen e Amelia erano mano nella mano vicino l’uscita dell’ospedale, li guardai:
-Io non voglio disturbare la vostra uscita –
Owen mi guardò e poi guardò Amelia:
-Vabbè vorrà dire che pagherai il primo giro di bevuta Robbins – 
Risi e accettai, ogni tanto faceva bene anche a me un po' di svago, volevo non pensare per una sera, volevo solo divertirmi. 
Entrammo da Joe e ci sedemmo ad un tavolo in fondo, era pieno di gente, ordinammo due birre e una coca per Amelia e incominciammo a sgranocchiare nachos e noccioline mentre ridevamo dei nuovi specializzandi. 
Owen si alzò per andare a prendere un altro giro di birra quando sentimmo delle urla provenire da un lato del locale, mi sporsi per guardare chi era e la riconobbi subito: Callie.
Dan le stava praticamente urlando in faccia, feci per scendere dallo sgabello e andare lì quando Owen mi fermò:
-Aspetta, stanno solo discutendo, tu non sei nessuno per piombare li –
Fulminai Owen con lo sguardo:
-Sono sua moglie e se lui prova anche solo a torcerle un capello giuro che lo ammazzo questa volta-
-Sarei il primo a buttarmi su di lui se solo si avvicina a lei ancora un po', ma aspetta un attimo Ari, vediamo cosa succede, questa può essere la tua volta buona cazzo –
In fin dei conti non aveva torto, poteva davvero essere la mia tanto attesa opportunità che non mi ero riuscita a ricavare.
Li continuavamo a guardare da lontano, Callie gli teneva testa mentre lui continuava a urlare e a muovere le mani fin quando lei non gli mollò un ceffone in pieno viso e se ne andò lasciandolo li impalato. 
-Robbins, fossi in te io ora la seguirei – suggerì Amelia.
La guardai e sorridendogli andai verso il bagno dove Callie si era rifugiata. Entrai e la vidi piegata sul lavandino che si asciugava gli occhi, non ci potevo credere, finalmente le carte stavano girando nel verso giusto ed io ero pronta a riportarla indietro a fargli rivivere ciò che noi eravamo stati e che potevamo tornare ad essere.
Chiusi la porta dietro di me e con il cuore che mi batteva nel petto gli dissi:
-Ciao – 
Mentre lei si asciugava gli occhi mi rispose:
-Ciao – e si girò verso di me.
Aveva gli occhi rossi e la matita sbavata, mi venne da sorridere e gli domandai:
-Tutto bene? –
-Si, tutto bene, diciamo – abbassò lo sguardo.
La guardai, ripensai al nostro primo incontro e le dissi:
-Sai, le persone parlano sul lavoro,parlano tanto e per amor di onestà credo di doverti dire che so delle cose su di te, perché le persone parlano –
Mi guardò un po' spiazzata, non sapeva dove io volessi andare a parare e con aria interrogativa mi disse:
-Ah che bello! – 
Ero emozionata, ero emozionata di parlare anzi no, di provarci con mia moglie:
-Ma in effetti sono chiacchiere belle, alla gente piaci molto, ti stimano, ti rispettano e si interessano, piaci a tutti praticamente. Però a qualcuno piaci di più – 
Si limitò ad annuire a ciò che avevo appena detto, forse credeva che ero una pazza, probabilmente lo ero, poi guardandola negli occhi le dissi:
-sembri triste, ed ho pensato che dovessi sapere che le chiacchiere sono buone e quando non sarai più triste, quando la tristezza sarà passata ci sarà una fila di persone per te –
Callie scoppiò a ridere di gusto e aggiunse:
-Vuoi farmi qualche nome? – 
La guardai negli occhi e le sorrisi, le regalai uno dei miei più bei sorrisi di sempre, avevo il cuore che mi batteva all’impazzata, feci due passi verso di lei che era appoggiata al lavandino, le misi una mano sul viso e poi avvicinai le mie labbra alle sue. 
Fu il bacio più bello di sempre, a fatica mi staccai dalle sue labbra, avrei continuato a baciarle per ore, però mi staccai e le sorrisi, lei mi sorrise e poi le dissi:
-Ora lo sai – 
E me ne andai, lasciandola lì, con il sedere poggiato sul lavandino.
     

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Mi lasciò li così, poggiata con il sedere contro il lavandino, ero senza parole, accarezzai le mie labbra dove poco prima erano state poggiate quelle di Arizona Robbins, la mia acerrima nemica secondo Dan, non sapevo cosa dire o fare, ma sorrisi, uno di quei sorrisi che ti partono da dentro senza poterlo fermare. 
Uscii dal bagno, mi guardai intorno per cercare i suoi occhi ma non li trovai, così decisi di andare a casa.
Mi sentivo stranamente felice eppure dovrei essere triste e delusa perché con Dan ho praticamente chiuso e una quasi sconosciuta mi ha praticamente baciato lasciandomi in un bagno di un bar. 
Mi addormentai poco dopo, anche se in me c’era una strana sensazione, mi sembrava di aver già vissuto un qualcosa del genere ma non riuscivo a ricordare proprio nulla. 

Arizona Robbins 1 Dan 0, che la partita abbia inizio pensai tra me e me la mattina appena varcata la porta dell’ospedale, mi recai in caffetteria e presi un caffè per me e un caffè doppio e un muffin ai mirtilli da portare via.
Mi sentivo bene, ero felice e raggiante, sorridevo a chiunque incontrassi nei corridoi fin quando non giunsi al laboratorio di Callie, sapevo che ancora non c’era così entrai e posai sulla sua scrivania il caffè e il muffin, presi un pezzo di carta e scrissi:
“ Per ricordarti che ci sono persone che fanno la fila per te che sei speciale. Ari “
Uscii dal laboratorio e presi le scale, scesi le prime due rampe di scale e il mio viso si illuminò e vidi che anche lei incominciò a sorridere, non mi fermai e continuai a scendere le scale fin quando non fummo ad uno scalino di distanza, la guardai, le afferrai il bavero della giacca di pelle e sorridendo la baciai. 
Un bacio a fior di labbra, dolce e sensuale allo stesso tempo, ci staccammo e entrambe ci sorridemmo per poi riprendere ognuna la sua strada. 
Non servirono parole, ma d’altronde non ne avevamo mai avuto bisogno, la guardai per l’ultima volta e poi saltellando me ne tornai nel mio reparto. 

Arizona Robbins erano già due volte che mi prendeva contro piede, che mi baciava e che io mi lasciavo baciare, quella donna aveva una certa influenza su di me, quando mi era vicina non capivo nulla, era capace di mandarmi in completato black out, ma un black out diverso da quello che stavo provando, il mio cervello ricordava poco e niente eppure ogni volta che ero vicino a lei era come se il mio cervello si connettesse in un altro pianeta, un pianeta a cui non sapevo però dare un nome. 
Entrai nel mio laboratorio e mi spogliai, mi avvicinai alla scrivania e trovai il caffè con il muffin, presi il biglietto in mano e dopo averlo letto sorrisi. 
Che cavolo mi stava succedendo?!
Dan e io avevamo rotto da meno di 24h e io già mi facevo fare la corte da un’altra persona, per di più una mia collega donna di cui sapevo poco e nulla, bah, mi sentivo strana e eccitata allo stesso tempo. 

-Kareeeeeev sono felicissima – gli dissi mentre mi sedevo in mensa con il vassoio in mano.
-Lo noto Robbins, lo noto – 
-E non mi chiedi perché sono così felice? – 
Alzò lo sguardo dal suo sandwich per guardarmi e io gli sorrisi di nuovo, ma lui riabbassò lo sguardo continuando a mangiare, così io iniziai:
-Io sono risalita in sella al cavallo mio caro Karev, e ora non mi fermerà più nessuno –
-Robbins io non te l’ho chiesto –
-Dio santo Karev, sei proprio un orso, ma io sono buona e voglio raccontartelo ugualmente –
-No no frena, io amo essere orso – 
-Ieri sera ho baciato Callie da Joe – 
Sgranò gli occhi:
-Come scusa? –
-Ma non eri quello a cui non ti interessava nulla? Che amava essere un orso? –
-Robbins, orai hai cominciato e ora finisci – 
-Ok – gli risposi senza farmelo ripetere due volte e gli raccontai come erano andate le cose.
-Wooow, ma, sai che il tuo piano può essere una lama a doppio taglio vero? –
Lo guardi con fare interrogativo:
-Cosa intendi con lama a doppio taglio? –
-Semplice, sei a conoscenza del fatto che potrebbe odiarti per avergli tenuto nascosto che sei sua moglie e che soprattutto ha una bambina di cinque anni che è quasi un mese che non vede sua madre perché tu hai deciso di mettere su questo teatrino? – 
Non ci avevo minimamente pensato, Karev aveva ragione, anzi poteva avere ragione:
-Cavolo, hai ragione – dissi mentre l’entusiasmo si spegneva in me piano piano. 
-Robbins valuta bene tutte le tue mosse, potresti farti ancora più male – mi disse mentre si alzava e se ne andava lasciandomi lì a pensare e ripensare, forse era meglio dargli un freno e pensare a qualcosa di diverso.

Non avevo combinato nulla quella mattina accidenti, ero sempre stata a pensare ad Arizona, alle sue labbra, al suo sorriso. 
Volevo conoscerla meglio, volevo approfondire di più questa nostra conoscenza, sentivo dentro me che era giusto così e incominciai anche a pensare che probabilmente Dan mi diceva tutte quelle cose su di lei perché evidentemente era geloso, forse anche prima io e lei avevamo avuto un flirt.
No, vabbè ma che andavo a pensare, figurati che una Cristina o una Miranda non venivano a raccontarmi certe cose. 
Uscii dal laboratorio per andare in reparto prima della fine del mio turno quando la vidi, che bella che era, sempre sorridente e raggiante, mi avvicinai e prendendo coraggio:
-Ehi ciao –
Si girò e regalandomi un super sorriso rispose:
-Calliopeee, è tutto il giorno che non ti vedo – 
-Bhe si, ti stavo evitando in teoria – mentii e continuai: - dare un bacio ad una sconosciuta in un bagno di un bar, onestamente è un avventura nuova per me, però sono pronta ad affrontarla e per la seconda volta, insomma senza girarci troppo attorno ti sto chiedendo se, vuoi uscire una sera con me? – 
La sua proposta mi allettava e parecchio, ma ripensando al discorso avuto con Karev nel pomeriggio cercai di divincolarmi:
-Aspetta, mi vuoi dire, insomma che tu ed Erica, è stata la prima per te ? –
-Si – 
-Oh, allora credo che la mia risposta sia no, mi dispiace – e mi girai per andare via quando mi afferrò per un braccio
-No, aspetta aspetta, cioè tu mi hai baciata in un bagno e poi per le scale – le dissi quasi non credendo a ciò che mi aveva risposto.
-È proprio questo che sto cercando di evitare, per te è tutta un’esplorazione, un’esperienza nuova, per te è tutto così eccitante, ma io lavoro in pediatria, passo tutto il giorno in mezzo ai poppanti e cerco di evitarli nella vita privata, ma ti ringrazio per l’invito, sono molto lusingata, super lusingata- 
e con questa ultima parola me ne andai molto a malincuore lasciandola impalata a guardarmi. 
Andò via lasciandomi come un’ebete a guardare il suo super culo che se ne andava, mi aveva detto no, ci rendiamo conto? Dopo avermi baciato per ben due volte mi aveva detto no e in più mi aveva definito una poppante. 
Avevo bisogno di un drink e subito, così tornai in laboratorio, sbrigai le ultime cose, spensi il pc, mi rivestii e dopo aver ripreso borsa e cellulare mi diressi da Joe, avevo bisogno di alcool.

-Torres il solito? – mi chiese Joe appena entrai, risposi con un cenno della testa e mi misi seduta ad uno sgabello, quando la vidi, stava bevendo un drink, indossava un tubino blu da far girare la testa mentre parlava con un’ altra ragazza che non mi importava chi fosse francamente, così afferrai il mio bicchiere e mi avvicinai, non potevo darmi per vinta maledizione, mi aveva baciato due volte e io mi sentivo maledettamente attratta da lei. 
-Ho un esperienza da dare – le dissi mentre ero alle sue spalle.
-Calliope – risposi sorpresa 
-Esperienze di vita cara Arizona, per esempio che mi sono appena lasciata con Dan, che sono stata tra i corpi di pace in Botswana e che per questo ho scelto di fare medicina e ultimamente ho sperimentato le gioie della cucina, faccio un’ottima scaloppina di pollo e altri mille piatti che saresti molto fortunata ad assaggiarli ed il semplice fatto che tu non riesca a vedere questo ti rende leggermente inesperta – 
-Calliope – mi girai leggermente e continuai: - lei è Julie, la ragazza con cui esco – mentii spudoratamente quel tanto per farla rimanere di sasso e senza parole. 







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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Ogni tanto torno anche io... buona lettura a tutti e grazie a tutte le 1500 persone che stanno leggendo questa ff!!! 

Sai quando ti rendi conto di amare davvero qualcuno a tal punto da correre tutti i rischi per lei? 
Quando ti alzi la mattina e il tuo primo pensiero va a lei, quando fai colazione e sbagli a macchiarti il latte, poco caffè e deca, e solo dopo averlo fatto ti rendi conto che quello non è il tuo latte macchiato, ma bensì quello della donna che ami.
E te ne rendi ancora conto durante la giornata, quando a lavoro non riesci a combinare nulla perché il tuo unico pensiero è lei e continui a pensare a cosa lei stia facendo, se stia bene e vai in paranoia quando non la vedi o non la senti, per non parlare di quando le invii uno stupido wathsapp e vedi quella maledetta spunta blu colorarsi e lei non ti risponde e allora cominci a farti mille film su dove sia, su con chi sia, se sta bene, se le è successo qualcosa fino a quando scopri che era semplicemente impegnata e che non aveva nessuna intenzione di lasciarti e così il tuo cuore riprende a battere normalmente, battiti regolari, e non puoi far altro che sorridere e auto definirti una scema mentre magicamente il tuo viso si trasforma in un sorriso radioso. 
E sei innamorato quando continui a cercare continuamente i suoi occhi in tutte le persone che incrociano la tua strada durante la giornata ma non riesci mai a trovare niente di più bello, perché lei è unica e nessuno mai sarà lei. 
Ed è proprio nei piccoli gesti quotidiani che ti accorgi che sei INNAMORATA, innamorata di una donna per cui daresti la tua stessa vita, la donna con cui immagini di passare tutti i tuoi giorni, di tenerle la mano fino all’ultimo respiro che il tuo corpo esalerà. 
Non immagini nessuno al tuo fianco se non lei, e dopo averne passate di tutti i colori, di essere finite entrambe vicino alla morte, di aver toccato il fondo e di aver vinto, di esserci ancora l’una per l’altra, perché in fondo il primo vero amore non si scorda mai. 
Ci sarà sempre un filo invisibile che terrà uniti i due cuori che ormai sono lontani, così tanto lontani che sembra quasi impossibile che si possano riavvicinare, ma i più grandi romanzi della storia, ci ricordano che nessuna storia d’amore è semplice, anzi, più difficoltà ci sono e più si parla di amore vero, quello con tutte le lettere maiuscole.
Perché è inutile girarci tanto attorno, ma l’amore, quello vero, fa male, è così straziante, lacera così tanto e frantuma il nostro corpo in mille pezzi buttandoci dentro un burrone che una volta che trovi la forza per risalire, ti chiedi se effettivamente ne valga la pena riprendere tutti i pezzi, prendere il nastro adesivo e riattaccare tutto alla meglio, cercando di far combaciare ogni singolo pezzo, per poi cosa? Cercare di andare avanti senza di lei, ma alla fine ti rendi conto che è impossibile stare senza e allora cerchi un modo, un perché per riaverla al tuo fianco e non ti importa nulla se vi siete ferite, se avete fatto a brandelli le vostre vite, perché le cose belle sono molte di più di quelle brutte e scopri con il tempo che amore è soffrire vanno a braccetto. 
E non è vero che l’amore è una cosa semplice, l’amore è complicato ed innamorarsi non è mai un errore. 

ARIZONA

Sono in macchina ormai da un po', non so che cosa voglio ben fare, sono sotto casa di Callie, sono giorni che penso e ripenso all’ultima volta che ci siamo visti e alla mia stupidità cercando di riportarla indietro nel tempo con gli stessi dialoghi di anni prima, sbattendole in faccia la mia coglionagine, come sempre e sottolineo il sempre rovino tutte le possibilità, a me le cose semplici non piacciono purtroppo. 
In ospedale mi ha evitato, ha mandato sempre sostituti ogni volta che ho richiesto un consulto, non l’ho beccata mai nemmeno nei corridoi dell’ospedale, sembra sparita, così ho deciso di prendere il “ toro per le corna “ e venire a casa sua.
Ho preso il vino che le piace, la pizza che ormai sarà gomma da masticare e sono ferma in macchina a cerca il coraggio di scendere e andare. 
CALLIE

Finalmente sono rientrata a casa, che giornata estenuante, due interventi d’urgenza, uno dopo l’altro, ora ordinerò una pizza, aprirò una bottiglia di vino e mi metterò sul divano a non fare nulla.
Ho bisogno di riposo, la mia mente pensa troppo ultimamente e quella stronza di Arizona Robbins, che mi ha umiliato così tanto da Joe, mi ha fatto passare dei giorni a dir poco di merda. 
Per non incrociarla sono praticamente stata relegata come un topo nel mio laboratorio, anzi a proposito dovrò comprarmi un divano almeno durante i momenti liberi posso sdraiarmi li.
-Santo divano – dico sedendomi e buttando via le scarpe da un lato: - ora sì che posso rilassarmi in santa pace – mi sdraio quando sento suonare il campanello.

ARIZONA&CALLIE

Finalmente mi sono decisa, prendo la pizza, il vino e scendo dalla macchina, esito un attimo e poi suono il campanello, il cuore mi martella nel petto, però sono felice di aver fatto questo passo e aspetto che mi apra.

-Un attimooooo, arrivo – sbuffo alzandomi dal divano ed apro la porta rimanendo sorpresa;
-Ciao- dico guardando Callie e il suo viso palesemente sorpreso: - ho portato la pizza e il vino, spero tu non abbia già cenato – cerco di sorridere;
-Arizona ciao – non mi proprio aspettavo che potesse essere lei, sono stupita e incredula;
-Hai intenzione di farmi entrare o di lasciarmi qui in mezzo alla porta? – le sorrido;
-No no entra, è solo che non mi aspettavo una tua visita, non dopo quello che – 
Non le do tempo di finire la frase, le mie labbra sono sulle sue, oggi voglio essere l’Arizona di un tempo, quella irrazionale che segue solo il suo cuore. 
Le mordo il labbro inferiore, cerco la sua lingua, il suo alito sa di menta come sempre, mi stacco un attimo da lei e la guardo, lei mi sorride e riprendo a baciarla chiudendo la porta alle mie spalle.
-Arizona ma – le dico mentre chiude la porta alle sue spalle;
-Zitta Calliope – la spingo verso il divano e le bacio il collo mentre le mie mani percorrono le curve del suo corpo.

CALLIE

Mi sento un attimo confusa, Arizona è praticamente piombata a casa mia lasciandomi di stucco e stupendomi ancora più quando ha cominciato a baciarmi.
Le sue labbra sono sulle mie, sento la sua lingua farsi spazio tra le mie labbra, riesco a percepire il sapore della pesca del suo lucidalabbra, le sue mani accarezzano il mio corpo è un brivido percorre tutta la mia schiena.
Sono titubante su ciò che devo fare, non so quali sono le sue intenzioni, ho paura di farmi male perchè so benissimo che potrei innamorarmi della ragazza con gli occhi azzurri.
Sento le sue mani che sfiorano la mia pelle raggiungendo ben presto il mio seno, le sue labbra sono sul mio collo e mi fa impazzire, ma devo fermarmi prima che sia troppo tardi.
-Arizona – sibilo, ma lei non si ferma, i suoi occhi sono chiusi e mentre le sue mani raggiungono la cinta dei miei jeans io la afferro per le spalle e la spingo indietro.
-Ti prego Arizona fermati – la guardo, dio come è bella, le sue labbra sono diventate rosse, i suoi occhi ancora più azzurri: -noi non possiamo fare così – respiro e continuo: - io non sono un giocattolo, dieci giorni fa mi hai baciata in un bagno, poi ti ho chiesto di uscire e mi hai detto che non uscivi con chi è alle prime armi e dopo ancora mi hai umiliato da Joe presentandomi la ragazza con cui esci – praticamente sto urlando. 
Lei mi guarda, con quei suoi occhioni e poi sorride e fa qualche passo verso di me, appoggia una mano sulla mia guancia e appoggia il dito medio sulle mie labbra:
-Shhh Calliope quanto parli dio santo – 
La guardo titubante e lei continua:
-Non ti sto usando e so benissimo che non sei un giocattolo come so anche che non sei alle prime armi, conosco il tuo passato meglio di chiunque altra persona al mondo e se sono qui è perché ti voglio – 
Il mio cervello non sta capendo più nulla, le parole si intrecciano tra loro e lei mi guarda e continua a parlare:
-Calliope, io non ho intenzione di fare l’amore con te e poi rivestirmi dicendoti che ti chiamerò lunedì, io voglio stringerti a me e dopo fatto l’amore voglio ricominciare e ricominciare ancora e ancora, ho già perso troppo tempo andando dietro a stereotipi inesistenti – 
La sto guardando, ma davvero questo angelo biondo mi sta dicendo tutte queste cose? Posso già sentirmi innamorata di lei? Che confusione.
-Arizona chiama Calliope, ripeto Arizona chiama Calliope – la vedo sventolare una mano davanti ai miei occhi, sorrido e lei mi sorride di rimando per poi dire:
-Forse ti ho sconvolto e ti capisco, se vuoi prendo le mie cose e vado via –
Cosa vuole fare? E dove vuole andare? Via, ma è tutta scema questa bionda:
-Non puoi andare via, non dopo quello che mi hai appena detto – dico avvicinandomi e prendendogli il viso tra le mani premendo le mie labbra contro le sue.
Mi spinge sul divano, mi siedo e lei accanto a me, mi sposta con un tocco leggero i capelli dal collo e inizia a baciarmi proprio lì, tra il lobo e l’orecchio e questa cosa mi fa impazzire, sono tutta un brivido, ho la pelle d’oca e lei se ne accorge, fa scivolare una mano sull’orlo dei mie jeans e continua a baciarmi e a succhiare il mio collo.
Mi sfila la maglietta e mi tira giù i jeans con un tocco delicato e io faccio lo stesso, mi sento un po' impacciata, mi guarda e mi sorride come se mi leggesse nel pensiero.
-Sei bellissima – le dico prendendo coraggio mentre le sfilo il reggiseno facendolo cadere a terra, lei mi guarda e senza dire una parola torna a baciarmi, prima le labbra, poi il collo e piano piano scende fino all’incavo dei miei seni, li prende tra le mani e poi li libera. 
Ho i capezzoli che diventano ogni secondo più duri quando lei li prende in bocca e inizia a succhiarli e mordicchiarli, chiudo gli occhi e mi lascio trascinare in questo vortice di emozioni. 
Le sue e le mie mani diventano le nostre mani che si intrecciano, i nostri corpi che aderiscono perfettamente l’uno sull’altro, i miei e i suoi respiri che diventano i nostri respiri che continuano a coesistere per tutta la notte fino ad addormentarci sfinite. 

ARIZONA

Le prime luci del sole iniziano ad entrare nella stanza e come sempre mi svegliano, maledizione non mi ricordavo che a casa di Callie già di prima mattina entrava così tanta luce.
Ho la schiena a pezzi, questo divano è super scomodo, ho un braccio completamente addormentato e un peso sul basso ventre, non riesco bene ad inquadrare il tutto fino a quando non la sento sospirare e allora torno alla realtà ed automaticamente sorrido.
Callie dorme beatamente sul mio ventre, le accarezzo i capelli e continuo a sorridere come un adolescente alla sua prima volta.
-Buongiorno – la sento sussurrare;
-Buongiorno a te – le rispondo sorridendo e accogliendo un suo caldo bacio;
-Allora non è un sogno, Arizona Robbins è davvero venuta qui ieri sera e ha fatto con me l’amore – sorride e io la baciò:
-Scema, ti ho detto che non mi sarei rivestita dopo aver fatto l’amore con te – le rispondo cercando le sue labbra e la sua lingua: - anzi a dire il vero, farei ancora l’amore con te – continuo.
-Mmmm il tuo programma mi piace e molto, peccato però che sono le 8:30 e io tra venti minuti devo andare in ospedale perché ho un intervento –
-Uffa – faccio il broncio;
-Piccola – mi bacia mordendomi il labbro inferiore e alzandosi dal divano continuando: - vado a farmi una doccia – 
La guardo andare nuda verso il bagno e la tentazione di seguirla è troppo forte, faccio per alzarmi e seguirla ma poi ci ripenso e so che lei la mattina non carbura senza il suo caffè, così mi alzo, mi rivesto e vado in cucina a preparare il caffè.
Dopo dieci minuti è di nuovo in cucina, bella come il sole, viene verso di me e mi abbraccia da dietro:
-Robbins pensavo che mi avresti fatto compagnia nella doccia – dice in tono dispiaciuto;
Sorrido e girandomi le porgo la tazza di caffè: 
-So che la mattina non ti metti in moto senza il tuo litro di caffè – le sfioro le labbra con le mie.
-Uuuh grazie mille – sorride prendendo il caffè e il bacio e continua: - ci vediamo in ospedale? – 
-Ovvio, il tempo di tornare a casa e cambiarmi e sono in ospedale – 
-A dopo allora – 
-A dopo Calliope e buona giornata – la bacio e lei ricambia il mio bacio per poi sorridermi e andare via.

CALLIE

Wow, mi sento ancora tutta frastornata, nelle ultime dodici ore sono successe tantissime cose, con Arizona è stato tutto bellissimo, mi è sembrato di conoscerla da una vita e soprattutto lei sembrava che conoscesse me da una vita, sapeva dove mettere le mani e dove toccarmi, cosa dirmi, è stato tutto così perfetto. 
Dan non ha mai imparato quali punti del mio corpo erano sensibili mentre Arizona sapeva muoversi benissimo e poi questa mattina il caffè nella mia tazza preferita, è tutto così semplicemente perfetto e  strano allo stesso tempo. 
Mi sento molto attratta da Arizona, ma la cosa che mi spaventa di più e che mi sento come se fossi già innamorata di lei, penso di essere completamente pazza lo so.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Bri33 che dici sono stata celere nell'aggiornare questa ff?? Buona lettura a tutti e a presto!! 

ARIZONA

Oggi è la prima volta dopo dieci giorni che mi sveglio senza Callie al mio fianco, che strana sensazione che sto provando, non mi ricordavo di come fosse brutto dormire da sola, questo letto è dannatamente troppo vuoto e freddo senza lei. 
Guardo la sveglia, sono le 7:30, chissà cosa sta facendo ora Callie, questa notte è rimasta in ospedale per un post operatorio, volevo rimanere con lei, ma non so come è riuscita a convincermi a tornare a casa così avrei riposato meglio. 
Non so più da quando è che non mi sentivo così bene, è tutto troppo stramaledettamente wow e la cosa mi spaventa da morire perché già so che le cose belle hanno una durata davvero troppo breve. 
È come una scatola di fiammiferi, ora che impari ad accenderli nella maniera adeguata, hai già finito tutta la scatola. 
In questi ultimi giorni ci siamo comportate come due fidanzate, anzi, io mi sono comportata come sua moglie, la sua vecchia e malandata moglie che ha rovinato tutto. 
Sono dieci giorni che non ho più quei bruttissimi incubi che mi hanno accompagnato negli ultimi mesi, tanto da decidere di farmi prescrivere dei sonniferi perché la cosa era diventata insopportabile, ogni santa notte mi si parava davanti il corpo senza vita di mia moglie e di mia figlia e il volto di Dan che mi gridava: “ Brava Robbins, hai ucciso tu loro, ora spero che i sensi di colpa ti divoreranno “. 
Ogni volta il solo pensiero mi faceva rabbrividire, un brivido percosse il mio corpo tanto da dovermi per forza alzare dal letto, mettermi la protesi e raggiungere il comò dove il mio cellulare era in carica, prenderlo e chiamare Callie. 
Uno, due, tre squilli e niente nessuna risposta, vabbè starà facendo, pensai tra me e me, istintivamente incomincia a camminare per tutta la camera, ero agitata, ma non dovevo esserlo, Callie era in ospedale e stava bene sicuramente, dannazione, provai di nuovo. 
Uno, due, tre, quattro squilli, stavo per chiudere quando rispose:
-Buongiornoo – la sua voce era assonnata;
Tirai un sospiro di sollievo nel sentirla:
-Dove eri? Mi ero preoccupata – dissi alzando forse un po' troppo il tono della voce;
-Ehi, stavo dormendo nella stanza del medico di guardia, calma, non c’e bisogno che ti irriti Arizona – 
-Si, scusa hai ragione è solo che mi sono preoccupata- il mio tono era quasi commiserevole, ma continuai: -ho solo troppa paura di perderti – 
Percepì quasi il suo sorriso senza vederla quando mi rispose:
-Piccola, non ho nessuna intenzione di andare via, tu mi fai stare bene, anzi no benissimo e non potrei chiedere di meglio –
-Mi sei mancata stanotte, non provare mai più a convincermi a venire a casa senza di te – le dissi.
-Anche tu mi sei mancata e si, hai regione non ci proverò più a farti andare a casa senza me – 
Mentre noi parlavamo il mio computer prese a suonare, era una chiamata di Skype, dovevo assolutamente rispondere:
-Callie tesoro, mi stanno chiamando i miei genitori su Skype, devo rispondere, ci vediamo tra un’ora al massimo in ospedale – 
-Si sì, non preoccuparti a dopo, un bacio – 

Corsi a prendere il pc e risposi, mentre aspettavo che la web si attivasse mi sedetti alla scrivania:
-Mammmaaaaaaaaa – 
-Amore mio ciao- le sorrisi.
La mia bambina mi mancava da morire e in questi ultimi dieci giorni era stato difficile ritagliarmi un attimo di tempo per stare da sola con lei in viedochat.
-Come stai? – le chiesi.
-Mamma sto benissimo, oggi vado con il nonno a comprarmi i pattini a rotelle, me li compra lui e mi ha detto che poi mi insegna ad andarci proprio come ha fatto con te e zio Tim– 
Il suo sorriso riempì tutto lo schermo del pc, e invece io sentii quasi le lacrime salirmi agli occhi ripensando a me sui pattini a rotelle e a Tim, cercavo di sorriderle, ma facevo molta fatica.
-Mamma, poi domani quando vieni possiamo andare al parco e mi puoi far vedere anche tu come si usano, sai il nonno forse è un pò arrugginito- 
Domani?? Cavolo, è veroooo, ho un aereo per la California domani alle 10 e ho anche preso due giorni di ferie.
-Mammaaaa- lo sguardo di Sofia era serio;
-Dimmi amore mio – 
-Non è che mi stai per dire che te ne eri dimenticata e che non vieni più? – 
Sorrisi nel vederla così corrucciata, era la fotocopia di Callie e quando faceva quella faccia sembrava proprio lei:
-Amore, ma stai scherzando? Certo che verrò e andremo al parco insieme e faremo tutto ciò che vuoi, mi manchi tantissimo e non vedo l’ora di riabbracciarti –
Il suo visino si rilassò e sorrise:
-Mamma, la mamma Callie sta bene? – il suo tono era preoccupato.
-Certo amore mio, che domande fai? Ovvio che sta bene, ma ti ho spiegato che sta portando avanti il progetto dello zio Derek con la Casa Bianca ed è super impegnata anche io la vedo e sento pochissimo- 
Sperai con tutto il cuore di averle dato una risposta esaustiva, ma immaginavo anche come potesse sentirsi, non vedeva e sentiva Callie da mesi. 
-Ok, mamma ora però devo andare, il nonno mi sta aspettando e non posso farlo aspettare perché sai come è- 
-Vai vai amore, saluta i nonni e digli che domani sera sarò lì- le mandai un bacio e chiusi il pc.

Ora cosa cavolo mi inventerò con Callie? Che gli dico dove devo andare? Perché vado dai miei genitori? E se mi chiedesse di poter venire con me? 
Lo sapevo, lo sapevo che le cose si complicavano prima o poi.

CALLIE

-Ehi bionda – dissi mentre l’abbracciavo da dietro.
-Ehi – mi sorrise e mi baciò girandosi verso di me.
Ricambiai il bacio e ci misi un pizzico di passione, mi era mancata non averla con me per così tante ore.
-Mi sei mancata troppo – continuai a dirle mentre la baciavo, ormai non mi importava più nulla degli sguardi degli altri che ogni volta che ci vedevano insieme sogghignavano.
-E come mi mancherai nelle prossime quarantotto ore – rispose.
La guardai con fare interrogativo e mi accigliai:
-Scusa cosa? – 
-Mi ero scordata che ho un volo prenotato da mesi ormai, parto domani mattina alle 10, vado in California dai miei genitori e tornerò domenica sera – 
-Ah vabbè, chissà che mi credevo dove andavi – mi rilassai.
-Mi stai implicitamente dicendo che non sentirai la mia mancanza e che evviva che parto così non mi avrai tra le scatole? – mi guardò tra l’arrabbiata e il divertita.
-Mi mancherai da morire scema, come mi sei mancata stanotte e come mi mancherai nelle prossime notti e nei prossimi giorni- 
Ci baciammo ancora un po', in un angolo del quarto piano del reparto di ortopedia, sembravo un adolescente, anzi due adolescenti alla prima cotta, e questa cosa mi piaceva da morire.

ARIZONA

-Ho preso il passaporto e la carta di imbarco? – ero agitata da morire, volare non aveva su di me un bell’effetto e mi stavo ancora maledicendo tra me e me per non essere andata in macchina.
-Starai via solo due giorni, che vuoi esserti dimenticata? Nulla che tu non possa comprarti in California- cercò di rassicurarmi.
-È vero che farai la brava ora che non ci sono e che mi penserai? – mi avvicinai a lei fermandomi a due centimetri dalle sue labbra.
-Certo che farò la brava e sarai costantemente nei miei pensieri- rispose poggiando le sue labbra sulle mie.
“ I passeggeri del volo 747 sono pregati di superare l’imbarco “, la voce dell’altoparlante interruppe il nostro bacio.
-Devo andare – dissi ancora sulle sue labbra;
-Dai vai, perché se continui così non ti farò andare dai tuoi genitori – mi morse il labbro e poi mi baciò con passione.
“Ultima chiamata per il volo 747 “ 
-Odio queste vocine – sbuffai e la bacia rapidamente un’altra volta.
-Chiamami quando arrivi – mi disse mentre oltrepassavo il gate.
La guardai per l’ultima volta prima che le porte si chiudessero davanti a me e istintivamente le urlai:
-Ti amo – e le porte si chiusero senza darmi il tempo di vedere il suo viso.

Dopo quattro ore ero finalmente in California, dio come fa caldo qui, mica me lo ricordavo, accesi il cellulare nella speranza che Calliope mi avesse scritto un messaggio, cavolo gli avevo da poco detto “ ti amo “, ma forse l’avevo sconvolta, vabbè, le inviai comunque un sms per avvertirla che ero arrivata. 
Le porte dell’aereoporto si aprirono e comincia a guardarmi intorno, ma non vidii nessuno, fin quando da lontano vidi uno scricciolo ormai non più scricciolo corrermi incontro seguita dai miei genitori.
-Mammaaaaaa – Sofia mi corse incontro e io mi abbassai sulle ginocchia e aprii le braccia per abbracciarla.
-Amore mio – la strinsi forte forte a me, è incredibile come nel giro di un mese i bambini cambino, Sofia era bellissima, era la fotocopia di Callie e iniziava ad essere bella come Marx.
-Fatti guardare – la feci girare su se stessa: -sei cresciuta tantissimo amore – 
-Di ben 12cm mamma – disse sorridendo.
-Accidenti topastra, tra poco diventerai più alta di me – le scompigliai i capelli e le baciai la testolina, poi mi alzai e abbracciai prima mia madre e poi mio padre.

Il ritorno verso casa fu assai divertente, mi ero dimenticata di quanto parlava Sofia, era una spara proiettile vivente, ma forse questo l’aveva ripreso da me, anche io ero come lei.
In meno di mezz’ora mi aveva praticamente raccontato tutto ciò che aveva fatto, visto e imparato in un mese.
Cenammo con il fantastico stufato di mia madre e dopo cena andai in veranda a sedermi sul dondolo mentre aspettavo Sofia che era andata a prendere in camera i suoi nuovi pattini che doveva assolutamente farmi vedere.
Tirai fuori il cellulare dalla tasca e nessun messaggio di Callie, forse non dovevo dirgli ti amo, probabilmente si è spaventata ed ora ha paura di me.
Ero immersa nei miei pensieri quando un taxi si fermò sul viale di casa mia, mi alzai per guardare, chi poteva essere alle dieci di sera?! 
Ma poi quando scese dalla macchina la vidi, Callie era qui, in California, era sul viale di casa dei miei genitori.
Ero sbalordita, esterrefatta, la guardai e le andai incontro, lei mi corse incontro:
-Ari, quelle maledette porte non mi hanno dato il tempo di risponderti, e io non potevo aspettare domenica che tornavi, così ho preso il primo aereo e sono venuta da te, so che forse non è una cosa giusta, ho prenotato un albergo mentre ero in taxi, non pretendo di conoscere i tuoi genitori, ma non potevo non venire a dirti di persona che TI AMO – 
La guardai senza riuscire a dire una parola:
-Ari, perché non parli? Sono stata così stupida a correre qui per dirtelo? Cioè io-
Il tonfo di un oggetto e una vocina angelica interruppero il nostro momento, Sofia aveva fatto cadere i suoi pattini e stava correndo verso di noi o meglio verso Callie:
-Mammaaaaaaa finalmente, era da tantissimo che ti aspettavo, la mamma Arizona non mi aveva detto che venivi anche tu, questo sì che è un bellissimo regalo – 
Sofia era a un passo da noi, io guardai prima lei e poi Callie, lei era pietrificata, mi guardò e i suoi occhi mi trafissero come ghiaccio. 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Mamma “ ... la prima parola che di solito un bimbo impara a dire; mamma, il nostro ponte per la nostra vita attuale e futura, mamma colei che non sa cosa significhi questa parola fino a quando non è lei stessa a diventarlo e magicamente una donna che diventa mamma cambia. 
Cambia i suoi modi di fare, cambia le sue priorità, cambia il suo modo di approcciarsi con il mondo, quando una donna diventa mamma entra nel club del “ lo so ; sono una mamma “, è come se lei ricevesse una scienza infusa, che si tramanda fin dall’antichità.
Mamma, l’unica donna che continua a crescere con te e per te a partire dal primo giorno in cui il minuscolo fagiolino si insidia dentro la pancia. 
Mamma, l’unica persona che ci sarà sempre, che sarà lì, pronta a consolarti anche quando avrai toppato alla grande, l’unica persona che potrai chiamare a tutte le ore del giorno e della notte e sai che ti risponderà, l’unica che ti amerà come mai nessuno potrà mai fare. 
Una mamma, non si scorderà mai cosa vuol dire essere mamma perché una mamma è per sempre.

CALLIE

Un ti amo, un aereo, la California,un taxi preso al volo, il vialetto di una bellissima casa, la donna che amo davanti a me, il tonfo sordo dei pattini che cadono a terra, le rotelle che girano e una bambina dai capelli neri e gli occhi verdi che corre verso di me chiamandomi “ mamma “.
Il mio sguardo che attraversa Arizona, i suoi occhi di un azzurro così intenso che fanno quasi male, il suo sguardo spaventato e lo stesso identico sorriso di Arizona sul viso di questa bambina. 
-Mamminaaaaa- le sue braccia stringono i miei fianchi, il mio cuore che batte così forte che penso per un momento che tutti possano sentirlo, le mie braccia che non sanno dove stare.
-Sofia, amore – conosco bene questa voce, Arizona sta cercando di prendere la situazione in mano vedendo la mia faccia: - puoi tornare dalla nonna dentro, devo dire una cosa alla mamma – 
-Ma io voglio stare qui con voi, sono due mesi che non vedo la mamma Callie – fu la risposta incisiva di Sofia.
-Ti prego Sofia, vai dentro, ho bisogno di parlare con la mamma – Arizona stava per perdere la calma, la conoscevo bene.
-No, non voglio entrare, no no e ancora no – Sofia si staccò da me e si mise a braccia conserte guardandoci entrambe.
-Sofia – il tono di Arizona era alto, forse troppo per rivolgersi così ad una bambina: - te lo ripeto per l’ultima volta, vai dentro – 
Gli occhi di Sofia si riempirono di lacrime, il labbro inferiore le tremava, quella bambina era spaventosamente uguale a me e aveva gli stessi identici modi e comportamenti di Arizona. 
-Sofia, vieni dentro con la nonna dai, lascia le mamme parlare un attimo – 
Una signora molto distinta si avvicinò a noi e prese Sofia per la manina:
-Siete due mamme cattive e senza cuore – 
Sofia lasciò la mano della nonna e corse via piangendo.

ARIZONA

Ci fu un attimo che sembrò eterno tra me e Callie di silenzio, lei mi guardava, io non avevo il coraggio di guardarla negli occhi, poi Sofia, il suo correre via piangendo e gridando che non avevamo un cuore e forse aveva ragione, io per metterci troppo cuore ora mi trovo in questa situazione molto difficile dove non penso che Callie capirà, dopo tutto le ho tenuto nascosto l’esistenza di una bambina, della nostra bambina. 
-Arizona, io ho bisogno che tu mi dia delle spiegazioni – 
Le mani di Callie afferrarono il mio viso obbligandomi a guardarla, i miei occhi si riempirono di lacrime:
-Callie mi dispiace – furono le uniche parole che riuscii a dire prima di scoppiare in lacrime.
-No cazzo Arizona, ora tu mi spieghi cosa cazzo sta succedendo, perché quella bambina ci chiama mamma, perché è così stramaledettamente uguale a noi, perché? Cosa cazzo sta succedendo? –
Callie aveva ragione, le dovevo una spiegazione, così mi asciugai il viso e mi sedetti sull’erba e le feci segno di sedersi, ma lei non accolse il mio invito rimanendo in piedi a braccia conserte.
-Tutto è cominciato sette anni fa quando sono arrivata a Seattle, ti ho vista per caso in ospedale e ho cominciato a prendere informazioni su di te scoprendo che eri bisex e che avevi da poco chiuso una storia con la dottoressa Erica Hann, così ho iniziato a provarci con te, ricordo ancora la prima volta che ti ho baciato dentro al bar da Joe – un sorriso illuminò il mio viso ripensando: - e così è iniziata la nostra storia, in un bagno di un bar, da lì ogni giorno abbiamo cercato qualcosa in più dell’altra fino a diventare una coppia stabile. Anche noi abbiamo avuto i nostri mille problemi, primo tra tutti la tua voglia di avere figli e la mia non voglia di averli e questo ci ha portato ad allontanarci, fino a quando non ho capito che non volevo passare nemmeno un secondo di più senza te e i nostri figli. 
Ti chiederai come abbiamo fatto ad avere un bimbo? Anzi no una bimba? Te lo dico subito, ho vinto il Carter Madison, dovevamo partire per l’Africa, ma all’aereoporto ti ho praticamente scaricata perché tu non volevi venire con me davvero, lo facevi solo per la paura di perdermi ed una sera hai bevuto, anzi avete bevuto tu e Mark e da lì è nata la nostra bambina. 
Sono tornata dall’Africa perché ogni giorno senza te era come un giorno perso e così ho rinunciato al premio e sono tornata e per amore ho accettato tutto il pacchetto con Mark compreso. 
Ti ho chiesto di sposarmi e abbiamo avuto un incidente con la macchina, ricordo ancora te, distesa sul lettino della sala operatoria, il tuo cuore che ha smesso di battere e Addison che ha tirato fuori Sofia, ricordo la corsa dalla galleria alla sala e ho vivida nella mente l’immagine di te che non respiravi e di Sofia che non dava segni di vita, non mi era permesso farlo, ma ho preso in mano la situazione e dopo poco il cuoricino di Sofia ha preso a battere e anche il tuo – alzai lo sguardo e la vidi guardare il cielo mentre le lacrime gli rigavano il volto.
-Ti sei svegliata e mi hai detto che mi avresti sposata e dopo qualche mese siamo diventate moglie e moglie – le feci vedere la fede per poi continuare: - ma noi non eravamo una famiglia normale, senza i guai non sappiamo stare, infatti come ben sai, perché questo te lo hanno raccontato, ho avuto insieme a Mark e agli altri un incidente aereo in cui io ho preso una gamba e Mark la vita, tutto ciò ci ha destabilizzato come coppia e quando sembrava che avevamo rimesso su i pezzi io ti ho tradita – 
La vidi sussultare e stringere i pugni, mi alzai dal prato per avvicinarmi, le accarezzai un braccio ma lei si spostò indietro:
-Callie, se ho fatto questo è perché ti amo così tanto che quando hai avuto l’incidente con la macchina e hai perso la memoria io l’ho vista come una ulteriore possibilità che il cielo ci stava dando.  L’ho fatto per te, per Sofia per noi, volevo solo farti rivivere i bei momenti passati e riportarti indietro, farti ricordare che noi due, possiamo anche esserci odiate e comportate da stronze tra di noi, io in primis, ma poi l’amore che ci lega è così forte da portarci sopra qualsiasi incomprensione, perché noi Calliope ci amiamo così tanto che nessuno potrà mai prendere i nostri posti – 
Mi avvicinai ulteriormente per poter avere un contatto con lei, ma la vidi voltarsi e incominciare a correre:
-Calliope dove vai, fermatiiii – le gridai mentre le correvo dietro, ma dovetti fermarmi poco dopo, la gamba mi faceva troppo male e così dopo poco la persi di vista.
Complimenti Robbins, sempre ottimi lavori metti in pratica. 


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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


SEATTLE 24 ORE DOPO

-Sofia ti prego, te l’ho già detto mille volte, non so dove sia la mamma Callie, ti prego, sono esausta, non fare i capricci –
-Mamma ma non è giusto, io voglio sapere dove è la mamma e perchè ieri poi è sparita –

Arizona e Sofia partirono la mattina dopo con il primo aereo, Arizona aveva deciso che era ora che Sofia tornasse alla normalità, anche se non aveva la scuola, era giusto che stesse a Seattle, aveva già sbagliato troppo e di continuare a fare errori su errori era stufa. 
Il litigio con Callie l’aveva messa spalle al muro e invece di riconquistare l’amore della sua vita, lo stava perdendo.
Conosceva Callie e sapeva che non gli avrebbe mai e poi mai perdonato tutto questo, gli aveva nascosto per mesi l’esistenza di una figlia, la loro figlia, aveva combinato un casino ed ora la posta in gioca era alta, molto alta.
Arizona aveva pensato tutto il tempo a come Callie ora poteva stare, aveva provato a scrivergli dei messaggi, ma non aveva avuto il coraggio di inviarli, il suo telefono era pieno di bozze con un unico destinatario: sua moglie.


CALLIE

Mi svegliai di soprassalto quella mattina, non riuscivo a rendermi conto di nulla, non capivo che ora erano e dove fossi, cercai di ricordarmi le ultime ore e di come le avevo passate. Un cerchio fasciava la mia testa e un senso di nausea e pesantezza impossessavano il mio corpo.
A fatica aprii gli occhi, la luce che entrava dalla finestra era alquanto fastidiosa, provai a coprirmi il viso con il cuscino ma nulla, avevo bisogno di mettermi in piedi e di fare mente locale.
I miei movimenti erano alquanto lenti, mi misi seduta sul letto che subito constatai non essere il mio, mi guardai un attimo intorno per capire che mi trovavo in un albergo.
Corsi subito in bagno, feci appena in tempo ad alzare la tavoletta del water e feci sparire la mia testa lì dentro, il ricordo della sera prima mischiato a tutto l’alcool che avevo ingerito mi portarono a vomitare.
Dopo minuti che mi sembrarono interminabili riuscii finalmente a riemergere dal water, presi una tovaglietta e me la passai sul viso dopo aver a fatica aperto l’acqua del lavandino ed essermi sciacquata con dell’acqua gelida.
Decisi che era il caso di rimettermi un altro pò sul letto, dopo essermi stesa allungai la mano sul comodino e presi il cellulare, forse aspettandomi il buongiorno della mia ragazza o ancora meglio di mia moglie.
“ Mia moglie “... Quelle parole mi risuonavano ancora nella testa e al solo pensiero di quello che era successo poche ore prima mi venne di nuovo da vomitare.
Nel giro di 24 ore, avevo ricevuto un ti amo, avevo preso un aereo per venire a dire alla donna della mia vita che ero follemente innamorata di lei, avevo scoperto che avevo una figlia di 6 anni e che la donna di cui ero innamorata fosse già mia moglie.. 
Chiusi gli occhi e respirai profondamente, non sapevo nemmeno io cosa provavo in quel preciso istante, troppi punti interrogativi si facevano strada nella mi testa, volevo risposte, avevo bisogno di risposte e l’unica che poteva darmele era lei: Arizona.



ARIZONA

Sofia si era finalmente addormentata, il viaggio e tutto ciò che era successo l’aveva stremata, non si capacitava di come la sua mamma era sparita di nuovo, non volevo mentirle, ma come facevo a spiegare ciò che avevo combinato ad una bimba di appena sei anni?!
Chiamai mia madre per avvisarle che ero tornata a casa, che Sofia finalmente dormiva e che avevo già chiamato la baby sitter che sarebbe arrivata a casa tra un’ora, io avevo bisogno di lavorare e così avevo contattato Owen e mi ero fatta inserire nell’organico della notte.
Stare ferma lì a casa non mi aiutava affatto, la mia mente era già una locomotiva in corsa che pensava a come fare a riparare a tutta quella situazione, il mio unico pensiero ora era Sofia.
Non meritava tutto questo, non meritava che pagasse le mie colpe e giurai a me stessa che avrei fatto di tutto affinché lei potesse viversi l’amore incondizionato che solo una mamma sa dare alla sua bambina. 

-Janet grazie, so che ti ho avvisato con poco preavviso ma ho bisogno di andare in ospedale e di lavorare, Sofia dorme da già un’ora, era stanchissima, non so a che ora tornerò domani mattina, ma ti prego cerca di farla svagare, casomai puoi portarla in quella piscina vicino casa di Callie, a lei piace molto –
- Si sì dottoressa Robbins, non si preoccupi, mi occuperò io di Sofia e sì, la porterò in piscina, lì ci sono tanti giochi e a lei piace davvero molto. –
-Grazie Janet, per qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi –

48 ORE DOPO CALIFORNIA 

Ricordavo l’indirizzo, ricordavo la strada e mi sentivo pronta ad affrontare tutta questa situazione, Arizona doveva darmi delle spigazioni, ero arrabbiata da morire con lei e sarei andata fino in fondo a questa storia, mi aveva tenuto nascosto troppe cose e per troppo tempo, non penso che riuscirò a perdonarla tanto facilmente.

Ero davanti la porta di casa del colonnello Robbins e della signora Barbara, feci un profondo respiro e suonai il campanello, dopo pochi secondi una signora mi venne ad aprire:
-Ciao Callie, che piacere vederti –
Sorrisi alla signora Barbara:
-Salve signora, sono qui per parlare con Arizona-
-Mi dispiace tesoro, ma Arizona non è in casa- fece un pausa e poi continuò: -è ripartita ieri e ha portato Sofia con lei –
-Ah – furono le uniche parole che uscirono dalla mia bocca.
Ma come cavolo aveva potuto fare una cosa del genere? Non mi aveva nemmeno mandato un sms, non mi aveva cercata, ma a che gioco stava giocando Arizona? 
-Cara – la dolce voce di Barbara mi riportò alla realtà: -perchè non entri a prenderti un caffè?- 
Annuii e la seguii dentro casa.
Tutto aveva un non so che di famigliare, mi sembrava di esserci già stata, sapevo dove sedermi e con gli occhi seguivo Barbara girarsi in cucina dove io sapevo già cosa stesse prendendo mentre apriva gli sportelli per prendere il caffè e le tazzine.
-Sai Callie, io so che sei molto arrabbiata, e sfido io a non esserlo –
Barbara incominciò a parlare sedendosi proprio di fronte a me e catturando la mia attenzione con la sua voce: -ma lascia che io provi a difendere mia figlia e il suo gesto disperato di riconquistare l’amore della sua vita –
-Barbara..Arizona ha sbagliato, non si riconquista così l’amore di nessuno, così lo si perde –
-Lo so cara, lo so, ma io mi ricordo ancora quando mi ha chiamato dopo il tuo incidente, era disperata, la tua vita era appesa ad un filo, Sofia gli aveva appena raccontato che Dan ti aveva trattata male la mattina dell’incidente perché tu gli avevi detto che eri ancora innamorata di tua moglie e poi ti sei messa in macchina per andare da lei, ma non ci sei mai arrivata se non in condizioni critiche –
-Scusa Barbara, ma che stai dicendo? Io non so nulla di tutto questo –
-So che non sai nulla Callie ed è giusto che tu sappia, non dovrei essere nemmeno io a dirtelo, ma quella incosciente di mia figlia che ha tentato il tutto per tutto pur di riprendersi l’unica donna che ha mai amato. Permettimi di dirtelo Callie, non so come mi sarei comportata io al suo posto, ma cercare di riconquistare il tuo amore da zero, è stato un gesto forte, che forse tu ora non riesci ad apprezzare, ma con il tempo spero che capirai che lei ha agito solo per amore. Non voleva coinvolgere Sofia, non voleva che tu tornassi da lei solo perchè c’era la piccolina di mezzo, lei voleva che tu ti innamorassi di lei, per ciò che è e per ciò che lei diventa quando è con te. Sono sua madre Callie e so per certo che mia figlia è totalmente innamorata di te tanto da lasciarti andare tra le braccia di un altro uomo se solo tu gli avessi detto che eri innamorata di lui. –
Le parole di Barbara mi colpirono in pieno petto, avevo gli occhi pieni di lacrime e un nodo alla gola che si andava formando via via sempre più stretto. 
-Tutti e con tutti voglio dire proprio tutti hanno capito che voi due siete destinate ad essere tranne voi due che continuate in un modo o nell’altro a  farvi del male a vicenda senza capire che non potete esistere l’una senza l’altra. Anche i muri hanno capito che voi due siete innamorate perse, che un’amore così lo si incontra una sola volta nella vita eppure continuate a farvi del male, la vita continua a mettervi i bastoni tra le ruote e voi continuate a permettergli ciò. Callie ti considero come una figlia, non so se ti ricordi quando hai preso la decisone che era meglio amputare la gamba di Arizona per salvare la vita, non c’è stato giorno in cui lei non ti abbia maledetto per questa scelta ed io ti abbia benedetto – fece una pausa, i miei occhi erano ricolmi di lacrime, lei mi accarezzò il viso e continuò: -Arizona sbaglia sempre tutto, è come suo padre, crede di fare la cosa giusta, ma invece è completamente il contrario che dovrebbe fare, ma che vuoi farci se ci siamo innamorate di due persone così?!- 
La signora Barbara riuscì a strapparmi un sorriso tra le lacrime, poi continuò: - mi avete fatto il regalo più bello del mondo Callie, Sofia è il regalo più bello che la vita potesse donarmi, ci ha completamente rivoluzionato la vita sia a me ma tanto più al colonnello Robbins, non lo vedevo così felice e affettuoso da dopo la morte di Tim – la sua voce ora era rotta dalle lacrime: - non permettete più che lei soffra per i vostri problemi, lei ha bisogno di voi e per avere sei anni è già una donnina che la vita gli ha già tolto tanto, vi prego Callie, non siate orgogliose, avete sbagliato nella vostra vita, lei in primis, però ora basta, tutti hanno capito che vi amate e che siete fatte l’una per l’altra tranne voi due. Io con questo non voglio dirti di perdonare Arizona subito, ma di pensarci prima di prendere qualsiasi decisione, ti chiedo di considerare tutto l’insieme. –
Le parole di Barbara mi avevano colpito nel profondo, Arizona era tutta la mia vita e io lo sapevo, lo sapevo benissimo, me lo sentivo dentro che un’amore così non l’avrei mai e poi mai trovato da nessuna altra parte, Sofia aveva bisogno di me, Arizona aveva bisogno di me, io avevo bisogno di loro:
-Grazie signora Barbara per le sue parole, grazie davvero – le dissi stringendole le mani.

Il colonnello Robbins fece capo in cucina, la sua faccia era incupita, Barbara lo guardò con fare interrogativo, stringeva la cornetta del telefono in mano:
-Colonnello – lo chiamò Barbara alzandosi dalla sedia e avvicinandosi a lui: - tutto bene? –
Fece segno di no con la testa, poi alzò lo sguardo verso di me:
-Sofia è sparita, mi ha appena chiamato Arizona –

Il silenzio piombò nella stanza, quella notizia aveva avuto lo stesso effetto di una bomba atomica.

SEATTLE 

-Janet ci racconti l’accaduto –

Il capo della polizia, il tenente Barnet incominciò ad interrogare Janet riguardo l’accaduto, mentre la dottoressa Robbins era stata fatta accomodare fuori in quanto aveva aggredito verbalmente l’interrogata. 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


All’improvviso un pensiero si insinua nella tua testa: vorrei un bambino. Lo scacci in fretta, non è il momento giusto, come farei con il lavoro e poi no, non abbiamo ancora sistemato tutta la casa. Però, però... Quanta confusione in testa. 

SEATTLE

-Dottoressa Robbins è Janet al cellulare – 
Ero nel bel mezzo di un intervento, avevo appena riparato una malformazione su un piccolo cuoricino ancora dentro la pancia della sua mamma quando il mio cellulare prese a suonare:
-Corinne risponda e dica a Janet che la richiamerò appena avrò terminato l’intervento – .

-Dottoressa Robbins, Janet dice che è urgente e che non può aspettare – 
Sbuffai, che ci sarà di così urgente pensai tra me e me, Sofia che fa i capricci perchè vuole qualcosa e Janet non sa se poterglielo comprare:
-Dica a Janet di comprare a Sofia qualsiasi cosa voglia –

-Dottoressa Robbins, Janet insiste che vuole parlare ora con lei –
-La metta in viva voce Corinne – aspettai un secondo e continuai: -Janet, sono nel bel mezzo di un operazione,  cosa c’è di così urgente da non poter aspettare? –
Ciò che percepivo nella stanza erano solo i singhiozzi di Janet che non riusciva a parlare, incominciai ad agitarmi tanto da dovermi fermare con le mani nella placenta della mia paziente:
-Janet per favore dimmi cosa è successo –
-So.. So.. Sofia è scomparsa –

La bomba atomica era stata sganciata, nella sala operatoria 2 calò il silenzio, Corinne senza che io dicessi una parola si avvicinò a me e mi mise due mani sulle spalle:
-Dottoressa Robbins, il dottor Karev sta arrivando, la prego di togliere le mani da dentro la paziente e ... –
Non le lasciai il tempo di finire la frase perchè ero già fuori la sala, buttai i guanti ed il camice lungo la strada e correndo raggiunsi la macchina.

Più mi avvicinavo alla piscina dove Janet e Sofia si erano recate quella mattina più sirene della polizia che illuminavano tutto il piazzale vedevo:
-Signora mi dispiace, ma non può entrare nel parcheggio della piscina – un poliziotto mi bloccò mentre stavo entrando nel parcheggio.
-Senta, io sono la madre della bimba per cui voi siete qui –
-Mi fornisca i documenti per cortesia – 
Presi dal cruscotto la patente e il foglio del riconoscimento di maternità che portavo sempre con me, scesi dalla macchina e glieli porsi.
-Ho qui una signora che dice di essere la mamma di Sofia Sloan Torres – ci fu un attimo di silenzio: -il numero di patente è: AR45 –
Mentre il poliziotto procedeva alla mia identificazione io non potetti più resistere e corsi verso l’entrata:
-Signora non può andare, dove correeee – lo sentii gridare dietro di me, ma non mi importava, avevo aspettato fin troppo.

Trovai Janet in un angolo, seduta, un fazzoletto in mano e due uomini accanto a lei, mi avviai a passò molto svelto:
-Janet – 
Appena mi vide la disperazione prese spazio sul suo viso:
-Dottoressa Robbins io.. – le lacrime e i singhiozzi ebbero la meglio;
Dovevo mantenere la calma, avrei potuto fare un macello, mi conoscevo bene, così iniziai a contare fino a dieci prima di parlare:
-Janet, vuoi dirmi cosa è successo? –
-Scusi ma lei chi è? – mi chiese uno dei due poliziotti;
-Sono la dottoressa Arizona Robbins, mamma di Sofia Sloan Torres –
-Ah mi scusi signora, non lo sapevamo, piacere sono il tenete Barnet e ci stiamo occupando dell’accaduto, vedrà che risolveremo tutto –
Assentii al tizio con la testa e poi rivolsi nuovamente lo sguardo verso Janet e con molta calma le chiesi nuovamente:
-Janet, puoi dirmi come sono andate le cose e perchè Sofia non è qui? -
-Mi dispiace signora, ma Janet deve rispondere alle nostre domande e non alle sue per il momento-.
Quella risposta fece scattare quel non so che, come se qualcuno avesse spinto un interruttore:
-Forse qui non è chiaro il fatto che io sono la madre di Sofia, che sono qui e che nessuno mi ha detto come sono andate le cose- il mio tono era un tantino tanto alto, ma non mi importava nulla: -voglio sapere dove è mia figlia Janet, ti pago per starle attenta e non per perderla –
Janet continuava a non guardarmi negli occhi e a non rispondere, così feci un passo avanti, la obbligai ad alzarsi dalla sedia e a guardarmi negli occhi:
-Cazzo Janet, dimmi come sono andate le cose prima che combini qualcosa di cui potrei pentirmi –
I poliziotti si avvicinarono e si frapposero tra me e Janet:
-Mas finiremo l’interrogatorio in commissariato, signorina Janet ci segua e lei signora Robbins venga anche ma non potrà stare con l’interrogata, saremmo noi a venirla ad avvisare di quanto accaduto appena avremmo il quadro completo della situazione –

-Papà, sono Ari – 
Era stato un gesto istintivo, ero seduta su una sedia in un lungo corridoio semi buio, in una stanza a me indefinita c’era Janet sotto interrogatorio:
-Arizona cosa è successo? –
Non c’era uomo che mi conoscesse meglio di lui, del colonnello Robbins, presi fiato, provai a parlare ma le parole mi morirono in gola:
-Arizona respira e parla – il tono di mio padre era perentorio.
-Sofia è scomparsa – dissi tutto d’un fiato.
-Sarò lì nel più breve tempo possibile – 

La conversazione si chiuse lì e fu proprio in quel momento che mi resi conto che ero sola, che non avevo nulla, in quel corridoio nella semi oscurità c’ero io e basta, io che non mi sarei mai e poi mai perdonata se fosse successo qualcosa a mia figlia, a Sofia, la mia unica ragione di vita. 
Il mio pensiero volò verso Callie, dopo questa non mi avrebbe mai perdonato, per mesi gli ho tenuto nascosto l’esistenza di sua figlia ed ora era anche sparita.
Mi rannicchiai sulla sedia stringendo le ginocchia al petto e aspettai minuti interminabili.

CALIFORNIA

Mi alzai così bruscamente da far cadere la sedia a terra, Barbara incominciò a piangere e vidi il viso del colonnello incupirsi sempre di più:
-Io devo tornare a Seattle – le parole mi uscirono di getto senza pensarci due volte, presi il giacchetto di pelle in mano quando la voce del colonnello mi fermò costringendomi a girare:
-Aspetta Callie, fammi fare una telefonata – 

I minuti che passarono da quando il colonnello Robbins lasciò la stanza a quando tornò sembrarono ore.
-Andremo in elicottero – disse rientrando nella stanza vestito in uniforme mentre si aggiustava il cappello in testa.
La signora Barbara annuì prendendo la borsa e io mi limitai a seguirli fuori.
Il viaggio verso la pista di decollo fu molto silenzioso, ognuno era immerso nei suoi pensieri, la pioggia picchiava forte fuori dai finestrini, avevo mille pensieri, mia figlia era scomparsa e provavo dentro un senso di vuoto enorme.

-Colonnello Robbins è un piacere rivederla – 
Un ragazzo alto, biondo con gli stessi occhi azzurri di Arizona e in uniforme ci accolse quando scendemmo dall’auto.
Forse era Tim, ma non poteva esserlo visto che lui era morto anni prima segnando la vita dei Robbins.
-Arthur vieni qui e fatti dare un bacio – 
La signora Barbara si avvicinò al ragazzo e lo abbracciò calorosamente:
-Ciao zia – poi si rivolse a me: -Ciao Callie, ben rivista, mi dispiace che ci rincontriamo in questa circostanza – 
Io annuii senza dire una parola:
-Arthur ragazzo, sei pronto? – 
-Certo, seguitemi – rispose.

-Ecco, prendete queste – ci passò delle cuffie: - il viaggio sarà un pò turbolento visto il tempo, ma tra meno di un’ora saremo a Seattle e una volta lì ci sarà una macchina della Marina militare ad aspettarvi e vi porterà in commissariato. Inoltre zio o meglio colonnello, mi scusi, questo è il fascicolo sul tenente Barnet che sta seguendo il caso sulla scomparsa di Sofia – 

“ la scomparsa di Sofia “ mi gelò il sangue il sentir pronunciare quella frase, non avrei mai e poi mai immaginato di poter stare davvero vivendo quella situazione, in meno di quarantotto ore avevo fatto la scoperta dell’America: una moglie, una storia assurda messa su per farmi rinnamorare e una figlia, sangue del mio sangue, un’amore incondizionato che stava ardendo dentro me, chiusi gli occhi e sentii una lacrima scendermi lungo il viso.


-Miranda sono incinta- 
Ero radiosa, felice come non lo ero mai stata prima, Miranda mi guardò con fare interrogativo:
-Lo so, lo so cosa stai pensando, ma lo voglio, Arizona lo vuole e Mark, bhe Mark è stato il donatore inaspettato, sono felice Bailey, come non lo sono mai stata –
-Ed io lo sono per te, davvero tanto, vi meritate la felicità – 
-So che mi cambierà la vita, ma non fa nulla, sono finalmente pronta per questo passo, era da tanto che volevo farlo ma io e Arizona non trovavamo mai il coraggio di parlarne –
Vidi Miranda sorridere e sedersi poi vicino a me, mi prese le mani tra le sue:
-Callie, voglio dirti delle cose che io ho avuto la fortuna di imparare prima di te, voglio dirti tutte quelle cose che ai corsi preparto non ti insegnano, voglio dirti che le ferite che lasciano la gravidanza guariscono, ma diventare madre lascerà in te una ferita emotiva così profonda che ti renderà per sempre vulnerabile. Tesoro, da oggi la tua vita cambierà, non ci sarà mai una volta in cui non leggerai un giornale senza chiederti: “ E se si fosse trattato di mio figlio? “ , ogni disastro aereo, ogni incendio ti tormenterà. Non sarai più indifferente a tutte quelle foto con i bambini che soffrono la fame, ti chiederai sempre se possa esistere cosa peggiore del veder morire il proprio figlio. Diventare madre Callie, ti renderà un’orsa allo stato primitivo, che protegge il suo cucciolo a tutti i costi. All’urlo “ mamma “ lascerai tutto, anche il bisturi nel bel mezzo della più importante operazione della tua carriera e lo farai senza un momento di esitazione. 
Ti renderai conto ben presto, che tutti gli anni che hai speso per diventare l’ortopedico di fama mondiale quale sei, non saranno serviti a nulla, perché verrai dirottata alla maternità. Potrai lasciare tuo figlio alle cure della migliore tata del paese, ma un giorno capiterà che sei nel bel mezzo di un intervento e penserai all’odore tipico di bimbo, all’odore di pannolino e borotalco e l’unica cosa che vorrai fare è andare a casa da lui per assicurati personalmente che stia bene.
Per quanto tu in sala operatoria sia sicura dei tuoi gesti, a casa con il tuo bimbo tirerai ad indovinare, la tua priorità sarà la sua vita Callie e pregherai ogni giorni affinché ti venga dato del tempo in più per poter vedere realizzati tutti i sogni di tuo figlio, per poterlo accompagnare all’altare, per poterlo sostenere nelle scelte e per rialzarlo ogni volta che cadrà. 
Diventare madre ti cambierà la vita ed è l’unica cosa che riesce a rendermi umano tanto da farmi commuovere ora mentre ti dico queste cose – 
La vidi tirare su con il naso mentre gli occhi gli si riempirono di lacrime come anche le mie che rigavano il mi viso.
-Grazie Miranda – 

Sentii una mano scuotermi un braccio:
-Callie tesoro, siamo arrivati – 
La voce di Barbara mi riportò alla realtà, avevo un gran mal di testa, avevo fatto un sogno che però la mia testa mi diceva che l’avevo già vissuto personalmente. 
Scendemmo dall’elicottero e come ci aveva detto Arthur c’era una macchina ad aspettarci, il giovane autista salutò il colonnello Robbins con il saluto militare mettendosi sull’attenti e poi aprì gentilmente le portiere a me e a Barbara.
Il tragitto fu breve e silenzioso, tutti eravamo immersi nei nostri pensieri.

SEATTLE 

CALLIE

Arrivammo al comando di polizia, una strana sensazione aleggiava dentro di me, il colonnello Robbins scese al volo dall’auto senza dare il tempo di parcheggiare e si diresse dentro a passo svelto. 
Io e la signora Barbara fummo scortate dentro dal tenente misterioso visto che non si era presentato.
I corridoi sembravano non finire mai, avevo un solo desiderio quello di poter abbracciare la mia ragazza anzi no, mia moglie ed affrontare con lei tutta questa situazione. 

Svoltammo l’angolo e ancora nulla, udimmo solo delle urla e la voce del Colonello Robbins che risuonava nei corridoi, accellerammo istintivamente il passo fino a fermarci davanti alla porta da cui provenivano le urla:
-Badi bene a come parla tenete Barnet, forse lei non sa con chi ha a che fare, se voglio la distruggo in un solo momento, mi dica cosa ha scoperto sulla scomparsa di mia nipote prima che le metta le mani addosso - 
-Io non sono tenuto a dirle un bel nulla, questo è il mio lavoro e so io come svolgerlo –
-1987, sparatoria a Little Italy, fu ucciso un ragazzino di dieci anni che portava una pistola giocattolo e lei gli ha sparato senza nessun ritegno, è riuscito ad infangare il tutto, ma io ho qui le prove che è stato lei con la sua negligenza, quindi ora si metta a lavoro per ritrovare mia nipote oppure il prossimo posto dove finirà è a Tent City – fece una pausa: - e mi dica dove è mia figlia e perché soprattutto quando mi ha chiamato non sapeva nulla, nemmeno la dinamica della situazione-
-La dottoressa Robbins è stata allontanata da Janet in quando l’ha aggredita verbalmente ed ho ritenuto opportuno tenerla a distanza in quanto avrebbe solo impedito la mia conversazione con la baby sitter della bambina – 
-Se non le dispiace si faccia da parte e mi faccia parlare con questa Janet –
-Ma lei non può-
-1987 si ricordi questo Barnet – 

ARIZONA

Sto impazzendo, non ce la posso più fare, non posso più rimanere qui, nessuno è venuto ad avvisarmi, sono passate quasi due ore, mi sono distrutta le unghie, ho preso a calci un secchio per i rifiuti ed ora sono di nuovo seduta su queste maledette e scomode sedie. 
Prendo il cellulare, nessuna chiamata, nessun messaggio, devo avvisare Callie, lei è la madre di Sofia ed è giusto che sappia ciò che sta succedendo alla nostra bambina ora. 
“ Sofia ma dove sei finita amore mio “ penso tra me e me mentre guardo il blocca schermo del mio cellulare che ritrae me, Callie e Sofia. 
Sono incanta a guardare quell’immagine quando vengo riportata alla realtà da una voce che conosco fin troppo bene: il Colonello Robbins.
Mi alzo di scatto, infilo il cellulare nella tasca di dietro del pantalone e inizio a correre lungo il corridoio seguendo le urla della sua voce.

Svolto l’angolo e mi blocco, riconoscerei quella figura in qualsiasi parte del mondo e tra mille persone: Calliope.
Callie era lì, mia moglie era lì, mia moglie sapeva di Sofia allora..
-Arizona – 
Mia madre mi chiamò da lontano e incominciò a camminare verso di me, Callie si voltò, i nostri occhi entrarono in contatto, mi sentii morire in quel preciso momento.
Mia madre mi abbracciò e incominciò a piangere, ma io ero inerme, continuai a guardare mia moglie che mi scrutava, avevo rovinato tutto, ora non c’era più possibilità per noi. 
Abbassai lo sguardo, non potevo più guardarla, gli occhi mi si riempirono di lacrime e mi lasciai stringere da mia madre.

-Se siamo una famiglia dobbiamo affrontare tutto questo insieme – 
Mia madre slacciò le sue braccia da me e fece un passo di lato, io alzai lo sguardo e la vidi davanti a me, mi sentivo gli occhi rossi e gonfi, sentii la sua mano posarsi sulla mia guancia e mi attirò a se.
Avvolsi le miei braccia intorno a lei e l’unico rumore che si sentiva erano i nostri singhiozzi che si mescolavano al tirare su con il naso di mia madre. 

-Calliope Torres e Arizona Robbins? – 
Il tenente Barnet era uscito fuori dalla stanza dove stavano interrogando Janet e ci chiamò, ci slegammo dall’abbraccio:
-Ci dica – fu la risposta di Callie;
-Se volete seguirmi – fece con tono cupo.
Mi prese la mano e seguimmo il tenente in una nuova stanza. 


All’improvviso un pensiero si insinua nella tua testa: vorrei un bambino. Lo scacci in fretta, non è il momento giusto, come farei con il lavoro e poi no, non abbiamo ancora sistemato tutta la casa. Però, però... poi una sera, una birra di troppo, la confusione della perdita dell’amore della tua vita, il tuo migliore amico che vuole un sorbetto, tu che vuoi un sorbetto.. Il ritorno dell’amore, lo scoprire che sei incinta, la tua compagna che accetta tutto e decide di formare con te una famiglia, la tua famiglia che proteggerai a costo della tua vita stessa. 


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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Secondo gli scienziati diventare madre è un po ‘come innamorarsi, almeno a livello celebrale. 

SEATTLE 21:45

-Secondo le prime ricostruzioni, Sofia è scomparsa dalla piscina di SunCity intorno alle 9:30, quando la signora Janet dice di aver lasciato la bambina per andare a comprare le cuffie dimenticate a casa. Al suo ritorno la bambina era sparita, subito è stata allertata la sicurezza e tutto lo Staff si è messo alla ricerca, intorno alle 9:53 è stato fatto scattare il codice rosa. 
Purtroppo ad ora non abbiamo ancora nessun esito, ma non ci arrendiamo e vorremmo sapere se qualcuno ce l’ha con voi, se avete qualche nemico, qualsiasi informazione è importante per noi e per le ricerche. –

ARIZONA 

Essere madre mi aveva completamente cambiato la vita, mi aveva reso fragile e insicura, mi aveva sciolto la corazza che mi ero costruita. Il mio cinismo e il mio essere egoista erano spariti prima con Callie e poi con la nascita di Sofia. 
Sofia era stata la luce in mezzo alle tempeste della mia vita, l’ancora che mi teneva ancora in piedi, l’amo che mi ha ripreso quando stavo affogando.
Mia figlia era la ragione del mio benessere e del mio lottare per ricostruire l’unica cosa in cui credo, in cui io Arizona Robbins ho riposto tutta la mia vita: la mia famiglia.

Callie mi aveva rivoluzionato, il suo essere così stramaledettamente perfetta in ogni situazione mi aveva fatto perdere la testa, mi ero innamorata di lei a prima vista, non so se avete presente quando dopo le prime delusioni amorose vi chiedete: “ Ma ci sarà un principe azzurro per me nel mondo? Ci sarà quella persona che mi accetta così per ciò che sono con i miei duemila difetti? “ 
Si, la risposta è assolutamente sì, in qualche parte del mondo c’è ed io l’ho trovata a Seattle, in quella città così schifosamente piovosa e grigia io avevo trovato un raggio di sole e poi come sempre l’avevo fatto scappare, ma non era una novità per me, fin da piccola le cose belle erano precarie e sempre per colpa mia. 

SEATTLE / CALLIE

-No tenente, non abbiamo nemici, siamo due medici sì, e capita nel nostro lavoro di non riuscire sempre, ma nemici non ne abbiamo- 
-Bene signora Torres, allora se non avete nulla da dire vi consiglio di andare a casa e riposarvi, il Colonnello Robbins rimarrà qui anzi diciamo che ha preso in mano la situazione quindi potete stare tranquille, sarete chiamata appena abbiamo delle novità  – 
Il tono di Barnet era adirato ma allo stesso tempo arrendevole, contro il Colonello non si poteva 
nulla, ma questo non è che mi stupiva più di tanto, Arizona era proprio come suo padre e lei lo sapeva benissimo.

-Arizona, Callie allora? – 
La signora Barbara ci venne incontro, Arizona non professò parola, la guardai, era inespressiva:
-Signora, è meglio che andiamo a casa, qui non possiamo fare nulla, suo marito ha preso in mano la situazione, andiamo, vi riporto a casa, ci faranno sapere loro appena ci sono delle novità-
La vidi annuire senza distogliere gli occhi da sua figlia:
-Arizona amore mio, vedrai che andrà tutto bene, tuo padre morirebbe per Sofia, vedrai che la riporterà a casa – 

Ci avviammo verso l’uscita, non smisi un momento di guardare Arizona, il suo stato mi preoccupava, così chiesi a Barbara se poteva darci due minuti.
-Arizona, ehi , guardami – 
Gli afferrai il viso tra le mani e la obbligai a guardarmi, poi continuai:
-Non darti colpe che non hai, ti conosco, più di quanto tu immagini, non è colpa tua, non hai colpe, non questa volta –
-Ed è qui che ti sbagli Callie, anche questa volta ho combinato un guaio enorme –
Una lacrima rigò la sua guancia, i suoi occhi azzurri diventarono rossi, gli avrei afferrato il viso tra le mani e l’avrei baciata, ma non potevo, non era quella la via giusta:
-Vedrai che ritroveremo Sofia, vedrai che si sistemerà tutto – le sorrisi e asciugai le sue lacrime con il dorso della mia mano. Il contatto con la sua pelle mi provocò un fremito, la volevo abbracciare e stringerla forte, ma non lo feci, eravamo una famiglia sì, ma dovevamo mettere tante cose al loro posto. Volevo spiegazioni, le pretendevo, ma non di certo ora, la nostra priorità era Sofia, nostra figlia.
-Andiamo a casa Ari, abbiamo bisogno di riposare, dammi le chiavi della macchina che guido io –

Il tragitto dal commissariato fino a casa di Arizona fu silenzioso, ognuno era immerso nei suoi pensieri, arrivammo e parcheggiai nel vialetto, scendemmo e Barbara aprì la porta e sparì dentro casa, Arizona la seguì a ruota, ma la fermai:
-Io vado a casa mia –
La vidi bloccarsi e girarsi, il suo sguardo mi penetrò, non disse nulla, mi avvicinai e le presi una mano stringendola nella mia:
-È meglio che io vada nel mio appartamento, ho tanti tasselli da rimettere nel loro posto, chiamerò un taxi e mi farò venire a prendere – 
La vidi sospirare e stringere ancora di più la mia mano:
-Prendi la mia auto, non andare in taxi –
Annuii e mi avvicinai per lasciarle un bacio al lato della sua bocca:
-Cerca di riposare – le dissi mentre mi avvicinavo alla macchina:
-Scrivimi quando arrivi a casa – 
Annuii con la testa e dopo aver accesso l’auto partii.

Finalmente ero tornata a casa mia, presi l’ascensore e premetti il tasto del terzo piano, avevo mille pensieri, volevo farmi una doccia, avevo bisogno di fermarmi un attimo e pensare, nelle ultime 48h mi era completamente cambiata la vita. 
-Ma porca miseriaaa- inciampai su qualcosa, per poco non caddi a terra,  abbassai lo sguardo e vidi un coniglietto di peluche, io lo avevo già visto, mi abbassai e lo raccolsi girandomelo tra le mani.

“ -Questo coniglietto va comprato – 
-No, è brutto e poi ha già mille pupazzi – 
-Ma a Sofia piacerà da morire, ne sono sicuro – 
-Mark, Sofia ha milioni di peluche, questo possiamo risparmiarcelo – 
-Avete finito di litigare voi due ? -  
Era impossibile andare a fare shopping con entrambi, non cambiavano mai, era un continuo battibeccarsi: 
-Quale è il problema questa volta? – 
-Mark vuole compare per forza questo coniglietto di peluche a Sofia, ma ha già mille pupazzi e poi questo è no brutto ma di più- 
-Ma smettila, questo è bellissimo –
-Ehi smettetela entrambi, un pupazzo in più o in meno non è che ci cambia la vita, se a Mark piace e vuole prenderlo che lo prendesse, Sofia ci giocherà quando andrà a casa sua –
Mi guardarono entrambi con fare interrogativo, Mark prese il peluche e andò alla cassa mentre io presi fra le braccia Arizona, la strinsi a me e la baciai.
-Quel pupazzo non entrerà mai a casa nostra – 
Risi alle parole di mia moglie e la baciai nuovamente. “

Fui riportata alla realtà da una voce a me molto famigliare, mi guardai intorno, era tutto così strano, gli oggetti che mi mandavano ricordi di fatti vissuti, voci che mi sembravano stessero li, a un passo da me, il peluche di Sofia stretto tra le mie mani.

“ Ricordo una volta di un paziente che mi ha raccontato del suo matrimonio “

Io conoscevo quella voce, da dove proveniva? Mi guardai intorno e notai subito l’appartamento di fronte il mio che aveva la porta aperta, così mi avvicinai e quando misi il piede dentro ebbi un mancamento, mi appoggia allo stipite della porta e mi guardai intorno, foto di me, Sofia, Mark e Arizona da tutte le parti, la TV era accesa:

“ E di come avessero chiesto alla coppie sposate di andare in pista e ballare insieme. Poi hanno chiesto alle coppie sposate da solo un anno di sedersi. E poi a quelle sposate da cinque anni, poi da dieci, venti e così via..
Fino a che erano rimaste solo due coppie, bhe due coppie di nonni. Stavano insieme da sessanta anni. Sessanta anni con l’amore della propria vita. Queste sarete voi al matrimonio di nostra nipote.. Callie, Arizona, congratulazioni, vi voglio bene “ 

Riuscii a soffocare un singhiozzo, le lacrime rigavano il mio viso, le mie mani strette intorno a DuDu quasi mi facevano male:

-Mammaa – 
Il profilo di Sofia si delineò perfettamente da sopra il divano, la guardai avvicinarsi a me:
-Mamma, mi riconosci? – continuai a guardarla senza proferire parole: - sono io, Sofia – 
Fu un momento, un solo istante, mi inginocchiai e la strinsi tra le mie braccia. Di solito erano le madri che consolavano i propri figli, invece in questo caso era la mia piccola donna a consolare me:
-Mamma non piangere –
Le presi il visino tra le mani e la guardai, mi sollevai da terra e la presi in braccio e la portai con me sul divano. 
Si accoccolò tra le mie braccia poggiando la sua testolina nera tra l’incavo del mio collo e il mio seno, la strinsi a me e respirai il suo profumo:
-Mamma così mi fai male – 
Sorrisi e allentai la presa:
-Sofia ci hai fatto spaventare da morire, la mamma Arizona è preoccupatissima, la nonna Barbara anche ed è venuto anche il nonno, queste sono cose che non si fanno, perché sei scappata? –
La sentii alzare la testa di un po':
-Io volevo venire nella casa dei ricordi –
-Nella casa dei ricordi? – le chiesi.
- Si mamma, questa di papà la mamma Arizona la chiama la casa dei ricordi, qui ci sono tutte le foto belle che mamma ha fatto sparire, ci sono tutti i ricordi di papà –
Stavo cercando con tutta me stessa di non ricacciare indietro le lacrime mentre sentivo le parole di mia figlia: 
-Io lo sapevo che tu non eri in viaggio come mi diceva la mamma, io lo so che è colpa mia se tu non ti ricordi più nulla – 
-Sofia ma che dici, tu non hai fatto nulla, che stai dicendo? –
La vidi guardarmi negli occhi come una donnina adulta:
-Sono stata io a farti sbattere contro le altre auto, io che continuavo a cantare forte e tu ti sei arrabbiata tanto e io non smettevo e ti sei girata per urlarmi ancora e poi siamo finite in ospedale-
Ero basita, non ricordavo nulla di tutto questo, però volevo sforzarmi, volevo sapere:
-Sofia, ti ricordi perché ero arrabbiata? –
Lei annuì:
-Tu volevi tornare dalla mamma Arizona e Dan si è arrabbiato, non voleva e ti ha gridato fortissimo-
-Dan? – chiesi stupita, cosa c’entrava ora lui?!
-Si, il tuo nuovo fidanzato, quello che voleva prendere il posto di papà Mark e mamma Arizona –
La sua risposta mi gelò, come poteva una bambina di appena sei anni essere così matura?!
-Ho bisogno che tu mi aiuti Sofia, ho bisogno che tu mi racconti tutto ciò che sai, voglio sapere perché la mamma si è comportata così, tu lo sai? –
-Si – fu la sua risposta secca.
Mi venne da sorridere, aveva gli stessi modi di fare espressivi di Arizona:
-Io l’ho sentita parlare con la nonna quando mi ha portato da lei –
- E puoi dirmi cosa si sono dette? Te lo ricordi? –
Fece segno di sì con la testa:
-Ha detto ai nonni che dovevano prendersi cura di me, perché che la vita le stava dando l’occasione di rimettere in piedi la sua famiglia. Voleva che tu tornassi ad essere la mia mamma, voleva che io fossi felice, voleva non dover più spiarti nel tuo laboratorio – 
-Aspetta Sofi, quando è che mi spiava la mamma? – 
-Ogni volta che mi veniva a riprendere lei all’asilo, passavamo fuori dal tuo laboratorio e lei diceva che eri la sua dea e che io ero il risultato più bello del vostro passato amore – 
Rimasi senza parole, la gola era secca, non avevo più saliva in bocca:
-Io non voglio più andare via da te e dalla mamma Arizona –
Le vidi gli occhi riempirsi di lacrimoni, la strinsi forte a me e inspirai il suo profumo, quell’odore di bambino che ti inebria e ti fa venire la pelle d’oca!! 
-Non ti lascerò più amore mio, puoi starne certa –

Secondo gli scienziati diventare madre è un po ‘come innamorarsi, almeno a livello celebrale, ma vi assicuro che  non si è mai pronti a conoscere l’unica persona al mondo che siamo certi che ameremo per sempre, parola di Calliope Torres.




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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Prendere la decisione di avere un figlio è importante. E’ decidere di avere per sempre il tuo cuore in giro al di fuori del corpo.

ARIZONA

Callie ci ha riportate a casa, mio padre è in commissariato, mi fido di lui, so che farebbe di tutto per Sofia. 
Mi appoggio alla finestra e guardo fuori in giardino, l’altalena di Sofia si muove come se ci fosse qualcuno li sopra. 
Mi sembra di sentire le loro risate, Callie che tenta di impara a Sofia a spingersi da sola sull’altalena, lei che si lamenta che è faticoso, che preferisce essere spinta, ma Callie non molla e continua a dirle che deve muovere le gambe su e giù. 
La vedo mentre la fa scendere dall’altalena e prende lei il suo posto per farle vedere come si fa, e poco dopo un crack riecheggia in tutto il giardino, Sofia che scoppia in una fragorosa risata seguita da quella di mia moglie con le gambe per aria e il seggiolino dell’altalena in terra.

-Arizona tieni – 
Vengo riportata alla realtà da mia madre che mi porge una tazza di tè:
-Grazie mamma – le dico sedendomi su uno sgabello e tornando a guardare fuori alla finestra, in quel giardino colmo di ricordi e speranze. 

-Andrà tutto bene Arizona – 
Mia madre è dietro di me, le sue mani mi accarezzano i capelli:
-Vedrai che tuo padre la ritroverà, sai quanto lui ami Sofia, sai benissimo che per lui è stato ossigeno puro in questi mesi, l’ha cambiato, ho rivisto in lui l’uomo di cui mi ero innamorata. Dopo la morte di tuo fratello tuo padre è cambiato molto, ogni giorno che passava aggiungeva un tassello in più alla sua corazza non permettendo a nessuno di scalfirla tranne a Sofia. 
Sofia riesce a tirare fuori il meglio dalle persone che la circondano, ho visto tuo padre fare cose che non faceva nè con te, nè con Tim, l’ho visto rotolarsi nell’erba, mangiare caramelle e l’ho visto perfino prenderla tra le sue braccia mentre era sul dondolo e stringerla al suo petto. Arizona tuo padre la riporterà a casa, su questo ne sono più che sicura. –

Le lacrime rigavano il mio viso ad ogni parola che mia madre aggiungeva, appoggiai sul palmo della sua mano la mia guancia e mi lascia cullare dalle sue carezze.
-Andiamo a letto Ari – 
-Si mamma andiamo – 

Andai in camera e presi il cellulare dalla mia borsa, nessun messaggio di Callie, odiavo quando si scordava di avvisarmi.
Le scrissi così un sms e andai a farmi una doccia, quando uscii dal bagno la prima cosa che feci fu prendere il cellulare e niente, nessuna risposta. 
Mi misi sul letto con il pensiero fisso oltre che su Sofia anche su Callie, non volevo opprimerla, sapevo che aveva bisogno del suo tempo e del suo spazio, ma poteva mandarmi un sms, glielo avevo anche chiesto.
Spensi la luce e provai a chiudere gli occhi ma non facevo altro che girarmi e rigirami nel letto, così accesi la bajour e presi il cellulare in mano, composi il suo numero e lo feci squillare fino a quando non si attivò la segreteria telefonica. 
Inspirai profondamente e cominciai a pensare a tutte le ipotesi del perchè Callie non rispondeva al telefono. 
Riprovai ancora e poi ancora, fin quando non presi la tuta, la misi e uscii di casa alla ricerca di un taxi.


CALLIE e SOFIA

Avevo tra le mie braccia la mia bambina, la sentivo mia, come sentivo parte di me anche Arizona, l’avevo sempre sentita mia fin da quando anche dopo l’incidente i nostri occhi si erano guardati, avevo sentito da subito un fremito dentro e non mi era stata mai indifferente anche se Dan continuava a dirmi che noi ci odiavamo e ora capisco anche il perchè.
La mia piccola era accollata tra le mie braccia, chissà cosa aveva provato da dopo l’incidente, si era sentita la causa del mio perdere la memoria, del mio non ricordarsi di lei, della separazione mia e di Arizona, dovevo recuperare il tempo perso, lo dovevo soprattutto a lei.

-Mammina – 

Sofia interruppe i miei pensieri, la guardai e le sorrisi:
-Dimmi amore –
-Mi racconti la storia di te e la mamma Arizona? –
Il mio cuore perse un battito, un nodo si formò al mio stomaco e mi venne quasi da vomitare:
-Amore, mi dispiace ma io non la ricordo – le risposi trattenendo le lacrime;
La vidi sorridere e tirarsi su abbandonando il mio abbraccio:
-Te la racconto io allora – disse con così tanto entusiasmo da non poter far a meno di sorridere.
-Affare fatto piccola, sono tutta orecchie –

-Tu e la mamma Arizona vi siete incontrate la prima volta nel bar dello zio Jo, tu eri molto triste e la mamma mi ha detto che era per colpa di una ragazza che ti aveva lasciata, così lei ti ha visto che andavi in bagno e ti è venuta dietro. 
Piangevi e la mamma Arizona voleva farti sorridere, perchè lei dice che tu hai il più bel sorriso del mondo e così si è presentata e avete scoperto che lavoravate entrambe in ospedale e dopo un pò di tempo che parlavate la mamma ti ha baciata –

“ Sofia aveva incominciato il suo racconto, il mio cuore aveva preso a battere, mi sudavano le mani, ad ogni parola ero sempre più emozionata . La mia mente era concentrata, la mia testa sapeva che quella era un qualcosa di già vissuto quando di colpo la mia testa si catapultò in una situazione simile a quella che stava descrivendo Sofia.

-Sono Arizona Robbins, chirurgia pediatrica, tu devi essere Callie Torres, ti ho vista in ospedale. Tutto bene? Sai le persone parlano sul lavoro, parlano tanto così per amor di onestà devo confessarti che so delle cose su di te, appunto perchè le persone parlano, ma sono chiacchiere belle, alla gente piaci molto, piaci a tutti, a qualcuno piaci di piu ad altri di meno. Ti ho vista triste stasera e volevo solo dirti che quando la tristezza sarà passata avrai una fila di persone pronte a corteggiarti.-
Risi fragorosamente alle sue parole:
-Vuoi farmi qualche nome? – 
Si avvicinò e mi baciò, il bacio più bello della mia vita, le sue labbra si poggiarono delicatamente sulle mie:
-Ora lo sai – 
E se ne andò via lasciandomi in quel bagno con il più bel sorriso stampato sul viso. “

-E da li avete cominciato ad uscire insieme facendo coppia fissa. La mamma ha raccontato che spesso avete litigato anche per colpa di papà Mark, alla mamma non piaceva che stava sempre tra i piedi, era gelosa, però tu eri tanto affezionata a lui. –
Scoppiai a ridere ripensando a ciò che la mia mente aveva ricordato prima, la guerra del peluche.
-Amore, ricordo che la mamma e papà non andavano tanto d’accordo –
-Aspetta mamma, non andare subito alle conclusioni, tu non te lo ricordi, fammi raccontare e poi vedrai se mamma e papà non si sopportavano –
La risposta di Sofia mi zittì e mi divertì allo stesso tempo.
-Ok signor capitano, prosegua con la storia –
Mi guardò con sguardo furbetto e poi riprese:

-Tu volevi bimbi, tanti bimbi e mamma Ari no, non era ancora pronta, e così incominciarono i vostri primi problemi. La mamma è andata via di casa, non vi parlavate più nemmeno a lavoro fino a quando un pazzo non è entrato in ospedale e ha cominciato a sparare a tutti perchè voleva vendicarsi di sua moglie che era morta. 
La mamma dice che tu sei stata una grande eroina, che lei era spaventatissima, il signor Clark è venuto nel reparto dei bimbi e anche tu eri li, e che hai convinto l’uomo cattivo ad andarsene senza fare nulla ai piccoli umani e hai rassicurato la mamma che era molto spaventata.
Quando la polizia ha liberato l’ospedale e vi ha portato fuori la mamma ha detto che tu le hai dimostrato per l’ennesima volta quanto l’amavi, dicendo che non faceva nulla, che non volevi avere bambini se non potevi avere lei. 
Ma la mamma aveva capito grazie a te, ai tuoi modi di essere, che era pronta, che voleva dei bambini, forse non subito subito, ma io ero in programma nelle vostre teste. –

La vidi sorridere orgogliosa e io risi e la strinsi a me baciando la sua testolina.

-Su mamma, lasciami finire che ci manca ancora tanto e non mi piace che mi interrompi sempre –
-Oh, mi scusi sua maestà – la strinsi di nuovo e la baciai forte forte.
-Posso continuare ora? –
-Puoi puoi – dissi ridendo.

-Allora, dove mi trovavo? Ah si, la mamma Ari si era convinta ad avere me, solo che in quegli stessi giorni le arrivò una comunicazione davvero importante, aveva vinto il Tarter Madizon –
-Sofi, cosa ha vinto la mamma? – le chiesi divertita;
-Il Tarter Madison –
Risi di cuore, non ricordavo quando era buffo il suo parlare in alcuni casi:
-Il Carter Madison amore ha vinto la mamma –
Mi guardò torvo e mi cacciò la lingua per poi continuare:
-Doveva trasferirsi in Africa, per quattro anni e tu subito le dicesti che saresti andata con lei, avevate pochi giorni di tempo per preparare tutto, salutare i vostri amici e partire. La mamma era contentissima, ma tu più passavano i giorni più ti incupivi e l’idea di partire non ti piaceva più. La mamma se ne era accorta, portandoti con lei significava costringerti a fare qualcosa che tu non volevi realmente fare e cosi, il giorno della partenza ti ha mollato in aereoporto, lei è partita e tu sei rimasta qui. –

“ -Sai di sicuro non ci sarà molto da fare laggiù, ma non c’e problema, avremmo più tempo da dedicare alla medicina

L’immagine degli occhi di Arizona mi attraversò la testa, eravamo in aereoporto, io parlavo e parlavo, quando Arizona mi blocco:

-Oddio hai dimenticato il passaporto – le dissi appena la guardai.
-Ho vinto il premio Carter Madison, io ho vinto il premio Carter Madison, sai quanto sia difficile? Sai quanto sia speciale? E’ la più grande opportunità per me e per la mia carriera, posso andare in Malawi con fondi quasi illimitati e aiutare dei bambini che non vedrebbero mai un chirurgo pediatrico, posso cambiare delle vite, sto vivendo il mio sogno e sono pazzamente felice, anzi mi correggo potrei esserlo, ma tu vuoi rovinarmelo. Prima con le tue lamentele e poi con il tuo falso entusiasmo, stai rovinando il mio sogno cioè l’Africa –
-Non è vero – furono le uniche parole che uscirono dalla mia bocca, come poteva pensare questo.
-Si invece Callie –
Respirai e la guardai, era inutile mentirle:
-E’ vero, non ci voglio andare in Africa va bene? Ma voglio stare con te e sto facendo del mio meglio per abituarmi a questo.  Ora forza andiamo che perdiamo l’aereo.  –
Mi voltai e la vidi ferma, con il suo sguardo da: Ora litighiamo:
-Vuoi litigare Arizona? Perfetto, il volo dura 18 ore, litigheremo sull’aereo –
-Mi stai rovinando il mio sogno e io non voglio che sia così –
Non la stavo capendo più, o meglio avevo intuito ma non volevo crederci che lo stava facendo:
-Non vuoi partire più? –
-Io non voglio andare in Africa con te –
Mi si fermò il cuore, non volevo e potevo crederci, Arizona era impazzita tutta di colpo:
-No Arizona no.. sono tre anni – 
-Mi dispiace.. non voglio perdere il volo – la vidi passarmi avanti e allontanarsi per poi girarsi poco prima dell’imbarco: -abbi cura di te Callie – 

Wow, la mia mente stava ricordando uno dei peggiori momenti della mia vita pensai, cavolo “

-Mamma ci sei? –
La manina di Sofia era in movimento davanti al mio viso, la guardai:
-Si Si amore, vai avanti ti prego –
-Allora, la mamma ha detto che tu non l’hai presa bene, che ti sei chiusa in un hotel e hai pianto per giorni, poi sei andata dalla zia Cristina e ti sei fatta tagliare i capelli perchè volevi dare un taglio al passato – Sofia rideva mentre raccontava ciò.
-Perchè ridi? – le chiesi;
-Mamma, la zia Cristina che ti taglia i capelli – e incominicò a ridere e dopo averci pensato anche io un attimo su cominciai a ridere. 
-E la mamma nel frattempo Sofi dove era? Si faceva sentire? –
-No mamma, ovvio che non ti chiamava, era in Africa.. ma dopo quattro mesi però tornò da te, solo che trovò una piccola sorpresa –
La guardai con fare interrogativo:
-Mamma tu eri incinta di me! – 
-Io incinta di te? – le chiesi;
-Si si, la mamma dice che dopo che tu e papà Mark una sera avete mangiato un sorbetto sono venuta fuori io –
La guardai sbigottita, un sorbetto? Mi domandai fra me e me.  Sofia ricomincio il suo racconto, ma io ero ferma al sorbetto, che sorbetto avevamo bevuto io e Mark?!

“ Ero a casa di Mark, in cucina, lui con addosso solo i pantaloni del pigiama, eravamo rientrati da una serata da Jo, dove l’alcool aveva fatto da padrone, io dovevo dimenticare Arizona, io volevo dimenticare Arizona, e Mark era il mio unico diversivo. 
Lo guardai mentre si versava l’acqua, esplorai con gli occhi ogni centimetro del suo corpo da sballo:
-Vuoi dell’acqua – mi chiese
Ci pensai su un attimo, lo guardai di nuovo e senza vergogna ma con un pizzico di malizia gli dissi:
-In realta vorrei un sorbetto – 
-Hai voglia di dolce? Dovrei avere dei biscotti da qualche parte –
Dio come era ingenuo in alcuni casi, così lo guardai di nuovo:
-Mark – 
-Oh, Ah.. davvero? –
Annuii:
-Sii, davvero –
Si avvicinò prendendomi il viso tra le mani e incominciammo a baciarci e spogliarci fino a trovarci nel letto a fare l’amore – “

-E poi la mamma è tornata – esclamò Sofia-
-E’ tornata? Da dove? – chiesi ancora un pò frastornata da ciò che la mia mente aveva ricordato;
-Come da dove mamma, dall’Africa, era tornata per te, perchè si era accorta che ti amava tantissimo e che non le importava del premio, non riusciva a fare nulla perchè le mancavi troppo e così è tornata da te. Certo tu sei stata un pò cattiva perchè non l’hai rivoluta subito, ma la mamma dice che se lo meritava, che era giusto che tu non la perdonassi subito. –
-Sofia, ma la mamma come l’ha presa quando le ho detto che ero incinta? – 
-Aspetta che ci arrivo.. La mamma, mi ha raccontato che tu glielo hai detto in ascensore, dopo che tu l’avevi ignorata per tutto il giorno, lei ti ha seguito dentro l’ascensore e tu glielo hai detto, gli hai detto: Sono incinta di Mark.
Ma lei non si è buttata giù che tu avevi mangiato il sorbetto con papà invece che non lei, tanto un figlio era in programma e di papà c’era bisogno. 
Così si è trasferita di nuovo a casa con te e lei e papà hanno cominciato a prendersi cura di te. 
Litigavano tanto, alla mamma non gli piaceva che papà stava sempre fra i piedi, però non poteva farci nulla, lui era sempre il mio papà. 
Siamo vive per miracolo mamma –
La guardai:
-Scusa? – 
-Si si, la mamma mi ha detto che io e te siamo vive per miracolo, che siamo state salvate da tutti gli zii in ospedale che hanno lavorato in sintonia per farci vivere, pensa è venuta anche la zia Addiosn per farmi nascere. E quando sono nata, è stata proprio la mamma a farmi respirare, perchè io non ci riuscivo e anche se lei non poteva essere in sale operatoria è venuta lo stesso e mi ha aiutato a respirare, perchè come dice lei, Lucy non era capace a fare nulla – rise.

“ Wow, accidenti pensai ancora una volta, certo che la mia vita era stata abbastanza movimentata, ma una cosa però l’avevo notata, io e Arizona anche se ci eravamo lasciate e riprese mille volte, il nostro amore era qualcosa di così stramaledettamente forte e indissolubile. “

-E quando ti sei svegliata dall’incidente le hai detto che la sposavi, perchè la mamma ti aveva chiesto di sposarla prima dell’incidente e così dopo quattro mesi vi siete sposate. –

“ Ci siamo sposate, io e Arizona ci siamo sposate e abbiamo una bambina, io e Arizona siamo sposate. Dovrò abituarmi a questa idea, anche se fare la fidanzata mi piaceva di più . “

-Il matrimonio è stato celebrato dalla zia Miranda e -  
-E cosa? –
-E avete ballato tantissimo e papà era felicisssimo e tutti erano emozionati – 

Sofia aveva preferito non ricordare a Callie che sua madre non era voluta esserci il giorno più importante della sua vita.

-Il nonno Carlos ti ha fatto ballare fino allo sfinimento e tu e la mamma eravate felici, tanto felici, ma poi purtroppo –


ARIZONA-CALLIE E SOFIA

Presi un taxi al volo e mi feci lasciare sotto casa di Callie, entrai e mi precipitai all’ascensore, arrivata sul pianerottolo a passo svelto mi avviai verso il suo appartamento quando venni fermata da due voci che conoscevo benissimo. 
Quelle due voci che dio solo sa quanto facevano bene alla mia anima, mi voltai e vidi la porta dell’appartamento di Mark semi aperto, così mi avvicinai e le vidi.
Mia moglie e mia figlia sul divano, accoccolate, Callie persa nei racconti di Sofia e Sofia intenta a raccontare tutto alla sua mamma.
Mi fecero una tenerezza disumana, dovetti trattenere diverse volte le lacrime, soprattuto quando Sofia tralasciò il pezzo della madre di Callie. 

-E poi purtroppo la mamma Arizona combina sempre i guai –

Le vidi voltarsi insieme verso di me, io le guardai e sorrisi a entrambe:

-Mammaaaaaaaaa – 
Sofia scese dal divano e si precipitò verso di me, l’abbracciai sollevandola da terra:
-Amore, mi hai fatto spaventare da morire, non farlo mai più –
-Lo so, scusa, ma io volevo venire qui, nella casa dei ricordi e guarda poi mamma, come avevamo detto sempre, questa casa è magica, la mamma Callie è tornata e ha detto che non andrà più via e io la sto aiutando, le sto raccontando la vostra, la nostra storia –
Vidi Callie asciugarsi le lacrime e io strinsi Sofia ancora di più a me, mi guardò:
-Dai mamma, vieni, finiamo di raccontare la storia a mamma Callie –
Mi prese la mano e mi trascinò sul divano facendomi sedere vicino a Callie. 
La guardai:
-Se preferisci mi siedo sullo sgabello –
Fece segno di no con la testa e mi prese la mano nella sua. Sofia si sedette di nuovo sopra Callie e continuò il suo racconto.

-La mamma e papà hanno avuto un brutto incidente con l’aereo, papà purtroppo è morto e la mamma invece si è guadagnata una bella gamba di legno – disse sorridendo.
Io risi e vidi Callie quasi in imbarazzo ma le dissi:
-Puoi ridere benissimo, Sofia mi chiama gamba di legno – 

“ Sofia che chiamava Arizona gamba di legno mi faceva letteralmente impazzire dal ridere.. 
Noi tre qui, sedute sul divano di casa di Mark o meglio nella casa dei ricordi a ricordare tutto ciò che eravamo e che potevamo essere ancora. 
Ricordavo dell’incidente aereo, mi avevano raccontato in tanti, mi ricordavo della morte di Mark e per fortuna non ricordavo il dolore che avevo provato nel vederlo morire e non volevo ricordarlo “

-Ora basta ridere, devo continuare –
Io e Callie ci guardammo e ridemmo:
-Dai Sofi continua pure –
-La mamma non l’ha presa bene che tu gli hai tagliato la gamba – Sofia guardò Callie e la vidi sussultare e poi mi guardò, io non dissi nulla e le strinsi la mano.

“La signora Barbara mi aveva detto che ogni volta che Arizona mi malediva per avergli tagliato la gamba, lei mi benediva per aver preso questa decisione, ma io facevo ancora fatica ad accettare questa cosa, io era la responsabile dell’infelicità di mia moglie e con molta probabilità ero stata io a mandare a rotoli il nostro matrimonio “

-Alla fine mamma ha accettato di essere gamba di legno, però dice che non si sentiva accettata da te, che si vergognava e un giorno ha fatto una cosa molto grave, non mi vuole dire mai cosa, ma dice che è grave tanto e che non si dovrebbe mai fare alla persona che si ama –
Alzai le spalle e guardai Callie che mi guardava in cagnesco, le avevo raccontato di Lauren quando le avevo detto tutto nel giardino dei mie genitori.

“ Lauren Boswel il nome della troia che si è scopata mia moglie, ricordavo il suo nome, ricordavo tutto, ci avevo messo un pò, ma ricordai perfettamente ciò che era successo quella notte e come erano andate le cose. Però avevo deciso di passarci sopra e così sarà ancora oggi, anche se il nome di quella stronza mi fa salire il nervoso dall’alluce del piede fino ad arrivare al cervello. “

Vidi mia moglie digrignare i denti e se la conoscevo un pò sapevo che stava pensando a lei, la guardai e dissi:
-Ora la storia però Sofi la continuo io –
Lei mi fece l’occhiolino e annuii, avevamo una complicità rara, quella complicità che solo tra madre e figlia può instaurarsi:

-Non mi sono comportata bene affatto, dopo che mi hai amputato la gamba i è crollato il mondo addosso, non ho mai accettato il fatto che potessi essere tu l’autore di quel gesto e quando alla fine ho scoperto che non eri nemmeno stata tu ma Alex, bhe ormai era troppo tardi. Avevo già rovinato tutto. Quando quel giorno dalla pscioterapeuta hai deciso che non mi volevi più mi sono resa conto che il dolore per la perdita della gamba non era nulla in confronto al dolore che provo per non parlare di quando sono tornata a casa e non vi ho più trovate, le tue cose e quelle di Sofia non c’erano più e io mi sono sentita realmente morire. 
Ci ho provato a tornare da te, ma tu giustamente eri troppo ferita e avevi bisogno del tuo tempo e dei tuoi spazi. 
Poi è arrivato Dan, il grande, il grandissimo Dan, colui che ti ha reso la sua dea per avergli ridato la sua fottuta gamba. Quel maledetto bastardo –
-Arizona la bambina – 
-Ok, scusatemi, quell’uomo molto molto bravo – dissi ironicamente: - ti ho visto praticamente innamorarti di lui, ti ho visto che andavi via da me giorno dopo giorno e non facevo nulla, rimanevo li a spiarti, a guardare mia moglie da lontano che si innamorava di un altro che non ero io e non facevo nulla. 
Poi è successo l’incidente, sei arrivata in fin di vita, Sofia era ferita, ricordo ancora le sue urla quando ha visto Dan arrivare in ospedale, mi ha raccontato ciò che ti aveva fatto e perchè te l’aveva fatto e quando ho saputo che avevi perso la memoria bhe, ho creduto che la vita ci stesse dando una seconda opportunità, che la stesse dando in teoria più a me che a te e così ho fatto quello che ho fatto. 
L’ho fatto per amore Calliope, l’ho fatto per Sofia, merita una famiglia, merita il nostro amore, merita che io e te ci amiamo come un tempo e lo meritiamo noi, ci siamo fatte tanto male ed ora è giusto che ci godiamo l’amore, quello vero, quello che provo io per e che spero tu provi per me ancora –

“ Ero in lacrime, Arizona aveva aperto il suo cuore, mi aveva raccontato tutto, lei mi ama a tal punto di rinunciare anche a me. Ha sopportato vedermi tra le braccia di un altro ed è stata zitta, anche la signora Barbara mi ha detto che Arizona mi avrebbe lasciata tra le sue braccia se solo io fossi stata realmente felice. Ma non c’era nessun altro posto dove io potessi essere felice, se non qui, con mia moglie e mia figlia. “ 

-Ari – 
Mi girai:
-Ero venuta dai tuoi genitori per dirti una cosa, una cosa molto importante: TI AMO –
Non servirono altre parole, mi avvicinai, le presi il viso tra le mani e la bacii.

-Ehiii vi ricordo che ci sono io qui e che non posso stare a guardare queste cose –

A malincuore mi staccai dalle labbra di mia moglie e insieme prendemmo Sofia tra le braccia e la stritolammo:

-Aiutooo aiutooo, è meglio che vi baciate, così mi soffocate – 


Prendere la decisione di avere un figlio è importante. E’ decidere di avere per sempre il tuo cuore in giro al di fuori del corpo e il nostro cuore viaggiava in Sofia che era stata la nostra salvezza.











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Capitolo 18
*** THE END ***


Si può soffrire della “ sindrome del nido vuoto “ ?

 

Seattle 20 Dicembre 2036 Casa di Callie e Arizona

 

-Mammeeee sono a casaaaa -

 

“ Ecco è finita la pace pensai tra me e me mentre nel frattempo sorridevo dalla camera mentre mi rivestivo “

 

-Amoreeee ben tornata a casa, vieni e fammiti abbracciare -

Callie uscì dalla cucina dove stava preparando da mangiare e andò incontro a Sofia che era tornata per le vacanze di Natale.

 

Sofia ormai era adulta, aveva 25 anni e frequentava l'Hult International Business School a New York, era una studentessa modello, era una mente, ma non una mente asociale come spesso accadeva, era una mente brillante, aveva molti amici e anche un ragazzo, John che ogni tanto tornava con lei nei weekend e noi gli permettevamo di dormire a casa di Mark.

 

La casa dei ricordi non era stata mai venduta, avevamo deciso di lasciarla li, così come era, con le sue mille foto e i suoi mille ricordi. Chi aveva bisogno di un po' di spazio o semplicemente doveva schiarirsi le idee andava li. Era una cosa magica che riusciva a guarire tutto, anche le ferite più brutte e profonde.

 

Arizona quando Sofia decise di andare a New York si chiuse dentro quella casa per tre giorni, fu dura farle accettare che nostra figlia voleva essere un manager piuttosto che un chirurgo e fu ancora più dura farle accettare che si sarebbe trasferita a chilometri e chilometri da noi.

E io mi chiusi li per diverso tempo quando Sofia ci disse che si era fidanzata e che sarebbe tornata a Seattle con il suo ragazzo per farlo conoscere a noi.

Ricordo ancora come Arizona diede di matto, non poteva immaginare che la nostra bambina che ormai tanto bambina non era più oltre che ad essere andata via di casa, si fosse anche fidanzata.

Optamo dopo lunghissime discussioni che era meglio che John andasse a dormire nella casa dei ricordi piuttosto che dormire nella camera vicino a quella della nostra piccola.

 

Ah, noi se ve lo state chiedendo non è che siamo cambiate molto, io ho 52 anni ed Arizona 53, siamo ancora due chirurghi molto rispettabile e possediamo ancora l'ospedale.

Bhe, forse qualcosa di nuovo c'è, ci tingiamo entrambe i capelli, purtroppo la vecchiaia arriva anche per i migliori, ma non vi preoccupate la nostra vita sessuale e sempre super attiva, anzi da quando Sofia è andata via, le cose sono ancora meglio.

 

-Mamma, la mamma Arizona? -

-E' in camera a rivestirsi che si è fatta la doccia, ma dimmi, come stai? La scuola? -

-Mamma sto bene, anzi benissimo ed ho una notizia da darvi -

-Woow amore, che notizia?-

-Mamma è meglio che parli una volta sola e che ci sia anche mamma -

-Cose è che devi dirci che è meglio che ci sia anche io? -

-Mammaaaaaaaa -

Sofia si alzò ed andò incontro ad Arizona che l'aspettava a braccia aperte:

-Amore come mi sei mancata -

-Anche tu mamma e non immagini quanto -

-Grazie se esisto anche io eh -

Callie fece finta di essere offesa, così Sofia ridendo:

-Dai mamma gelosona vieni qui anche tu e stringiamoci fino a stritolarci -

Callie, Arizona e Sofia si abbracciarono e si stritolarono un po' come piaceva a loro.

Sofia era stata il collante nelle loro vite, se forse non fosse scappata quella mattina bhe, penso che ora forse non staremo qui a profusionare amore incondizionato.

 

-Sono a casaaa -

 

Ah si, abbiamo un'altra novità, Tim, lui come lo chiama Sofia è il figlio del dopo guerra o meglio il figlio della rinascita. Io e Arizona abbiamo deciso di riprovare ad avere un bambino e così dopo cinque mesi che siamo tornate insieme io sono rimasta incinta, ma questa volta non di Mark, ma di un donatore scelto su un bel catalogo di uomini. Abbiamo chiamato la zia Addison e siamo state a Los Angeles dove lei ha impiantato l'ovulo di Arizona con il seme del fusto scelto dal catalogo e impiantato poi successivamente nel mio utero e dopo nove mesi è nato questo bellissimo fustacchione.

Alto 1.92, con gli occhi azzurri e i capelli biondi, praticamente e la fotocopia di Arizona.

Lui da buon figlio maschio un po' mammone, invece ha deciso di intraprendere gli studi di medicina, vuole diventare un ortopedico come me, che onore modestamente ed è rimasto a Seattle dove ha incominciato la scuola di specializzazione nel nostro ospedale.

 

-Sofiiii -

-Tiiim -

Si abbracciarono quasi allo sfinimento.

 

Odio et amo, quando stavano sotto lo stesso tetto si odiavano e poi quando erano distanti si amavano.

 

-Ciao mami -

Tim si avvicinò ad Arizona e le baciò la guancia per poi fare il giro del tavolo e abbracciare Callie:

-Mamii – e baciò anche Callie.

 

-Ti ricordo che hai due mamme e che davanti a me non dovresti preferire tua madre a me -

-Mamiii ma ci sono io che preferisco te, quei due lasciamoli perdere, noi siamo le meglio ricordatelo –

Sofia si alzò e andò a sedersi sulle gambe di Arizona, ormai non era più una bambina, ma quel gesto le piaceva molto e Arizona non si tirava mai indietro.

 

-Dai su, andiamo a mangiare -

 

Si alzarono e andarono tutti e quattro in cucina dove come sempre Callie aveva superato se stessa, aveva cucinato per un reggimento di soldati ma non c'era problema, Tim era la fogna umana della famiglia, ingurgitava di tutto e di più.

 

-Vi devo parlare -

 

Furono le parole di Sofia mentre eravamo in salotto sedute sul divano, io accoccolata ad Arizona che leggeva una rivista.

 

-Dicci amore -

Arizona chiuse subito la rivista e io mi misi seduta bene:

-C'è qualcosa che non va all'univeristà? Non fa nulla se hai preso un brutto voto -

-Vuoi tornare a Seattle e finire qui gli studi? - chiese subito Arizona

-Niente di tutto questo – disse Sofia.

La sua faccia era preoccupata, si sfregava le mani proprio come faceva Arizona quando ne aveva combinata una delle sue.

-Sofia che succede? Ci stai facendo preoccupare -

-A noi puoi dirlo, sai che io e mamma ci siamo sempre per te – cercò di rassicurarla Arizona.

-SONO INCINTA -

 

Per un istante andai in blackout, guardai Arizona che guardava Sofia a bocca aperta, non sapevo se avevo capito bene o se era solo la mia immaginazione.

 

-Che cazzo stai dicendo Sofia? Se vuoi prenderci per il culo questo non è un bel modo, sai che odio questo genere di scherzi – sbottai cercando disperatamente di aggrapparmi a qualcosa;

 

Le lacrime gli scendevano copiose lungo le guance, si era presa il viso tra le mani e piangeva, piangeva a singhiozzi.

 

-Io non ho parole – continuai alzandomi e incominciando a camminare per la stanza;

-Sofia, dicci che stai scherzando e che non è vero – aggiunse Arizona

Sofia non rispose, continuava a piangere senza degnarci di uno sguardo.

 

-Ma io dico, santo cielo, nel 2036 come si può rimanere incinte così? Poi con due madri dottori, non ci posso credere Sofia, non ci voglio credere -

 

Le stavo urlando addosso, non potevo credere che mia figlia, la mia bambina aspettasse un bambino, non aveva finito gli studi, non aveva un lavoro e per di più beffa della beffa io e sua madre eravamo entrambe due dottoresse e non ci eravamo raccomandate altro.

 

-Meno male che ti abbiamo sempre detto Sofia sta attenta, usa le precauzioni, aveva ragione tua madre quando non voleva mandarti a New York, dovevo assecondare lei e le sue paure e non te -

 

-Scusate che sta succedendo qui? Perchè urlate? -

Tim era appena uscito dalla sua camera richiamato evidentemente dalle mie urla, si bloccò non appena vide Sofia piangere sulla poltrona al centro della stanza, me in piedi praticamente ad un passo da lei e Arizona in mobile sul divano su cui pochi minuti prima eravamo sdraiate.

 

-Tua sorella è incinta, ecco che succede -

-Wow -

Furono le uniche parole che uscirono dalla bocca di Tim.

Guardai Arizona che era rimasta in mobile e muta per tutto il tempo e continuava a guardare sua figlia a distanza senza proferire una parola.

 

-Mi dispiace mamma -

-Ti dispiace? Ti dispiace Sofia? Cosa vuole dispiacerti? Cosa? -

-Senti chi parla – si alzò di scatto e venne di fronte a me, come se volesse sfidarmi:

-Scusa? - la rimbeccai;

-Parli proprio tu che nemmeno dopo un mese che la mamma ti aveva lasciata ti sei scopata papà e sei rimasta incinta -

 

Fu un momento, un attimo, un gesto incontrollato dettato dall'impulso, alzai la mano e gli diedi uno schiaffo, il primo schiaffo dato a mia figlia in 25 anni.

Arizona si alzò di scatto dal divano, Tim si parò davanti a me frapponendosi tra di noi, guardai la mia mano e poi Sofia, era rimasta impassibile, le lacrime le rigavano il viso, non disse nulla, se ne andò sbattendo la porta.

 

Nel salone della nostra abitazione calò il silenzio, Arizona mi guardava, il suo sguardo era deluso, Tim prese il giubbino di pelle e uscì anche lui, sicuramente in cerca della sorella.

 

-Non ci si comporta così e tu lo sai benissimo -

Arizona mi fissava, io guardavo solo la mia mano e nient'altro:

-Abbiamo imparato ai nostri figli la lealtà, gli abbiamo chiesto di essere sempre sinceri con noi, che ci saremmo state per qualsiasi motivo e tu ora che fai? Gli dai uno schiaffo? Mi dispiace Callie, non sono intervenuta durante questo match perchè abbiamo sempre detto che di fronte ai ragazzi dovevamo rimanere unite e dircelo dopo in privato se qualcosa non ci era piaciuto e bhe Calliope, questa cosa non mi è piaciuta -

Non dissi nulla, non potevo controbattere nulla, Arizona aveva ragione:

-Pensi che questa cosa non abbia sconvolto anche me? Pensi che l'idea di diventare nonna mi alletti? Pensi che mi piaccia il fatto che Sofia ancora non finisce i suoi studi e diventerà mamma? Pensi che mi piaccia? No, assolutamente no. Ma una cosa la so per certo, io non mi tirerò indietro, io le starò vicina, io non la lascerò sola e tu dovresti fare lo stesso visto che tua madre ancora oggi fa fatica ad accettare i nostri figli -

 

Le parole di Arizona furono come un pugnale a doppio taglio, le sue parole mi fecero riflettere, avevo esagerato, mi ero ripromessa di non essere come mia madre, ma invece stavo facendo peggio.

La vidi prendere il giubbotto e aprire la porta di casa:

-Dove stai andando? - le chiesi;

-A vedere dove sono i miei figli – e andò via sbattendo la porta.

 

Rimasi così a casa, in quella casa vuota e maledettamente silenziosa dove fino a qualche ora prima regnava il clima più bello in assoluto.

 

SEATTLE CASA DEI RICORDI

 

Sapevo dove recarmi, conoscevo bene i miei figli e tanto più Sofia, sapevo dove si sarebbe andata a rifuggiare.

 

-Dai Sofi, basta piangere, vedrai che le passerà, è normale che la mamma non la prendeva bene, provati a mettere nei suoi panni -

 

Sofia era stesa sul divano, rannicchiata con le gambe al petto, aveva gli occhi rossi da cui grondavano fiumi di lacrime:

-Tim, non so che fare, io non le voglio deludere, ti prego aiutami -

-Shhh – Tim accarezzò sua sorella: -Vedrai che andrà tutto bene, vedrai che si sistemerà tutto -

-Vorrei tanto che qui ci fosse papà ora -

 

Ero sulla porta e stavo ascoltando i miei figli, avevo il cuore stretto in un pugno, Tim che provava a consolare sua sorella invano e poi quella frase: “ Vorrei tanto che qui ci fosse papà “, mi fece sorridere pensando a Mark e a come avrebbe reagito.

 

-Sai, penso che non ti convenga che tua padre fosse qui ora -

Ero sulla porta, appoggiata allo stipite, Tim e Sofia mi guardarono entrambi, gli sorrisi e continuai:

-Non penso che l'avrebbe presa meglio di come ha reagito tua madre stasera, penso che ora sarebbe già sul primo aereo diretto a New York per andare a dirne quattro a John, anzi probabilmente si sarebbe fracassato una mano a forza di riempirlo di pugni -

Sofia mi guardò e sorrise dicendo:

-Tu pensi? -

-Io non penso Sofi, io ne sono sicura -

-Mamma ho paura -

-Ci credo amore mio – mi avvicinai e lei istintivamente si alzò e si butto tra le mie braccia, la rassicurai:

-andrà tutto bene, io e la mamma ci siamo e ci saremo e anche Tim, vero? -

-Ovviamente, non mi perderei mai la parte dello zio figo -

Ridemmo tutti e tre:

-Amore, ma hai fatto qualche ecografia? A che mese sei? E John come l'ha presa? -

-Si mamma, ho fatto già delle ecografie e tutte le analisi di rito, sono al quinto mese, credevo che fosse un ritardo dovuto allo stress dello studio, invece no. John l'ha presa benissimo, è contentissimo, vuole comprare una casa per noi tre -

 

Quelle parole mi destabilizzarono un po', mia figlia stava davvero diventando grande, e poi cavoli incinta di 5 mesi.. accidenti..

 

-Ho detto a John che prferirei ci trasferissimo a Seattle appena finito il trimestre, così da poter stare qui, vicino a voi, mamma io ho paura, non posso affrontare questo da sola -

-Amore, non dovrai affrontare nulla da sola, noi ci saremo, sempre -

-E mamma Callie? -

-Vedrai che le passerà piccola, dalle il tempo ad abituarsi all'idea di diventare nonna -

 

Oddio, diventerò nonna, diventeremo nonni.. AIUTOOO!!!

 

21 Dicembre 2036 Ospedale Grey's Sloan Memorial Hospital

 

-Signorina Robbin-Slon-Torres, può accomodarsi, la dottoressa Robbins la sta aspettando -

Mi alzai e andai verso l'ufficio di mia madre, voleva controllare lei stessa che fosse tutto apposto e io volevo che lei controllasse e seguisse la mia gravidanza.

 

-Ciao mamma – la salutai appena entrai andandole vicino e stampandole un bacio sulla guancia;

-Ciao amore mio, come stai? Ti senti meglio? -

-Si, diciamo di si -

 

Quella notte non ero tornata a casa con mamma e Tim, avevo preferito rimanere a casa di papà, da sola a pensare e riflettere, avevo chiamato John che mi aveva tranquillizzato un po' , anche sua madre non l'aveva presa bene, soprattutto quando lui gli aveva annunciato che ci saremo trasferiti a Seattle.

 

-Dai, mettiti sul lettino e alza su la maglietta, fammi conoscere il nuovo membro della nostra famiglia-

Feci come mi disse, mi sdraiai sul lettino e alzai la maglietta aspettando che mia madre cominciasse l'ecografia.

Accese l'ecografo quando sentimmo bussare alla porta:

-Sii? - chiese mia madre;

La porta si aprì leggermente e intravidi il viso di mamma Callie:

-Posso? - chiese in tono supplichevole;

Mamma mi guardò come per cercare il mio consenso:

-Solo se hai voglia di fare conoscenza con il mio bambino, se vuoi fare casino non puoi entrare -

Entrò chiudendosi la porta alle spalle e avvicinandosi a me:

-Ho voglia di conoscere mio nipote -

La guardai negli occhi, entrambe stavamo per piangere, le afferrai la mano e la strinsi nella mia mentre mamma Arizona incominciò l'ecografia.

Fu una delle emozioni più forti della mia vita, il cuore del mio bambino rieccheggiava come un tamburo nella stanza, mamma Callie era completamente in lacrime e mamma Arizona le tratteneva a stento.

-Sofi, vuoi sapere il sesso? -

Annuii:

-Fra quattro mesi potremmo stringere tra le nostre braccia un piccolo ometto -

 

E così ero incinta, a 25 anni, io, Sofia Robbin-Sloan-Torres ero incinta di un piccolo ometto e stavo vivendo questa grandissima emozione con la mia famiglia, con la parte migliore di me, con le mie mamme, con i miei unici punti di riferimento, gli unici punti che sapevo non mi avrebbero mai abbandonato anche dopo mille discussioni.

 

Seattle 10 Aprile 2037 Grey's Sloan Memorial Hospital

 

-Ho paura, ho paura -

 

Sofia era entrata in travaglio quella mattina stessa, John ci aveva chiamate alle 5 della mattina dicendo che stava correndo in ospedale perchè a Sofia gli si erano rotte le acque.

 

-Andrà tutto bene amore, vedrai che tra poco sarà tutto finito -

 

Avevamo deciso che per il bene di tutti era giusto che non seguissi io la gravidanza di mia figlia o meglio ancora la seguivo a distanza, non sarei entrata in sala parto per nessun motivo al mondo, quello era un momento delicato e io ero troppo coinvolta emotivamente.

Avevo scelto Alex, avevo affidato tutto a lui, non era un ginecologo, ma ci sapeva fare ed era l'unico di cui mi fidavo ciecamente, l'unico a cui avrei affidato mia figlia e mio nipote.

 

-Ci siamo Arizona, la portiamo in sala parto -

 

Callie stringeva la mano di Sofia, era tutta sudata, le labbra viola:

 

-Sofi sta tranquilla, respira e ispira, ci vediamo tra poco -

-Amore vedrai che in un batter d'occhio finirà tutto -

 

Guardammo il letto con sopra Sofia sparire dietro le porte scorrevoli della sala parto seguite da John bianco come un cencio.

 

-Andrà tutto bene – dissi ad alta voce prendendo la mano di mia moglie;

-Ci pensi amore, tra poco saremo nonne -

Eh già, tra poco saremmo diventate nonne e che nonne.

I minuti sembravano non passare mai, ero agitata, Callie andava su e giù, io guardavo l'orologio, era dilatata, perchè ci sta mettendo tanto?

La porta si spalancò alle nostre spalle:

 

-Ditemi che ancora non nasce e che non mi sono perso nulla -

Tim entrò di corsa nel corridoio dove io e Callie stavamo aspettando:

-Ero con zia Mer in sala operatoria e non ho potuto lasciare prima per venire qui-

-Tranquillo, non ti sei perso nulla, tua sorella ancor -


Le parole mi si spezzarono in gola, John uscì fuori con un fagotto tra le braccia, era visibilmente emozionato:

-Nonne, zio, vi presento Mark Junior -

 

Era il bimbo più bello che io avessi mai visto, John si avvicinò a Callie e glielo porse tra le braccia, Tim, il ragazzo di ghiaccio non riuscì a trattenersi e scoppiò in lacrime.

 

Avevo avuto due figli, avevo assistito ad entrambi i parti, Sofia era viva grazie a me, con Tim ero solo la moglie che stringeva la mano alla partoriente, avevo vissuto emozioni forti, ma mai come quella di oggi.

 

La notizia solitamente giunge ai futuri nonni come una vera e propria doccia fredda e improvvisamente tutto sembra irrisolvibile e iniziano a nascere preoccupazioni di tutti i tipi. Ma presto le ansie iniziano a lasciar spazio alla gioia e al desiderio che il bambino nasca.
E succede che un giorno ci si ritrova nonni e sorprendentemente quel ruolo, che proprio non si addice a dei cinquantenni, calza perfettamente. Al di là di ogni aspettativa si è in grado di essere nonni, ma nonni un po’ diversi, con una marcia in più. A cinquant’anni si è perfettamente in grado di occuparsi del piccolo e il modo di crescerlo non è poi molto diverso da quello usato per i propri figli. Così diventiamo il perno intorno a cui ruota la nuova e giovane famiglia, siamo fondamentali, senza il nostro aiuto probabilmente le scelte dei neogenitori sarebbero state diverse e le difficoltà sicuramente maggiori. Essere nonni giovani è un vantaggio se si pensa che lo stile di vita si discosta poco da quello di questa generazione e si ha ancora la forza, la gioia e l’entusiasmo per prendersi cura del nipotino. Inoltre l’esperienza vissuta come genitori è molto recente e questo rende noi nonni più sicuri nell’accudire il piccolo e nello stargli vicino.

 

I nonni sono un patrimonio inestimabile troppo spesso sottovalutato.

 

E' possibile soffrire della sindrome del nido vuoto?

 

 

Seattle 10 Giugno 2058

 

-Ed ora signore e signore stiamo per giungere alla fine di questo bellissimo matrimonio, su suggerimento della madre dello sposo invito a fare tutti questo gioco, prego venite qui al centro della pista da ballo, ed ora incominciate a ballare questo lento insieme, al mio tre si vadano a sedere tutte le coppie sposate da un anno. Bene, continuiamo, ora si vado a sedere le coppie sposate da cinque anni. Ancora signori, non vi fermate, ballate ballate, ora si vadano a sedere le coppie sposate da dieci anni. Benissimo, abbiamo ancora delle coppie, continuate continuate, ora si vadano a sedere le coppie sposate da venti anni. Bene signori, qui in pista è rimasta solo una coppia, due bellissime signore stanno danzando insieme, ma diteci un po', signore, ma voi chi siete e da quanto tempo siete sposate? -

 

Una signora bionda con gli occhi azzurri e qualche ruga di troppo rispose senza vergona:

-Noi siamo Callie e Arizona, le nonne di Mark Junior e siamo sposate da sessanta anni -

 

Dagli invitati partì un sonoro applauso:

-Wow Signore, complimenti.. cosa vuole dire a suo nipote e a sua moglie ? -

 

La signora con i capelli neri prese ora lei la parola:

 

-Mark Junior, ti auguro di passare i prossimi sessanta anni e oltre con l'amore della tua vita, proprio come abbiamo avuto l'onore di passarlo io e la tua nonna Arizona -

 

THE END

 

 

La mia storia è giunta al termine, ho scritto questo ultimo capitolo davvero con il cuore, vi ho aperto un pezzetto di me, vi ho descritto come vorrei che fosse la mia vita nei prossimi anni. Auguro a tutti voi di trovare l'amore della vostra vita e di passarci i prossimi sessanta anni proprio come nella mia storia hanno fatto le nostre amate Callie e Arizona.

Grazie a tutte le persone che mi hanno seguita e sostenuta, grazie a tutti quelli che mi hanno recensito e a tutte quelle persone che hanno semplicemente letto.

Un GRAZIE di vero cuore va a te, che ormai definisco la mia persona, l'unica in grado di capirmi, di rimettermi sulla dirtta vai e di perdonare qualsiasi mio sbaglio, grazie per esserci stata e per esserci, grazie per avermi resa la persona migliore che sono oggi.

E GRAZIE a te, che anche se continui a dirmi che scrivo le “puttanate “ so che alla fine le vai a leggere, ci auguro sessanta anni di Callie e Arizona.

GRAZIE ancora a tutti e a presto.

 

 

 

 

 

 

 

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