Three Little Birds

di emptyhanded_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Primo Capitolo

 

Manca solo mezz'ora.

Batto le dita sul bancone, a ritmo della canzone riprodotta dal giradischi, mentre aspetto. Ho lo sguardo fisso sull'orologio dei Kiss e osservo le lancette muoversi pigre. Sono talmente tanto lente, da sembrare ferme. Oggi è una giornata fiacca, si sono visti solo tre clienti, di cui uno stava cercando un bagno. Non che io mi diverta a servire le persone che entrano nel negozio, ma almeno mi tengo impegnata a fare qualcosa. Il tempo non passa da quando è cominciato il mio turno. Ho fatto di tutto per non stare ferma: ho sistemato i vinili, la vetrina, ho controllato che tutti i cd fossero al loro posto, ma non è servito. La noia mi assale da ore, ormai. Come se non bastasse, Alex ha deciso di non volermi parlare. Si è impossessato del giradischi, non permettendomi di scegliere che cosa ascoltare, e sfoglia distratto un catalogo di chitarre. Vorrei capire che ho fatto, ma Alex è strano da quando è nato ed ho rinunciato a comprenderlo. L'unico lato positivo è che non devo fingermi interessata a quello che mi racconta, dato che ha fatto il voto del silenzio.

In questi momenti capisco che la fortuna di lavorare in un negozio di dischi è quella di poter ascoltare la musica in ogni singolo momento. Io e Alex avevamo deciso di scegliere un disco a testa alla volta, in modo da ascoltare prima la musica che piace ad uno e poi la musica che piace all'altra, senza litigare. Peccato che oggi non sia così.

Le note dei Backstreet Boys mi stanno accompagnando almeno da un'ora e la voglia di scappare dal negozio aumenta sempre di più. Almeno le loro canzoni stanno riempiendo il vuoto creato dal silenzio che c'è tra me e Alex e dall'assenza di clienti.

Mancano venti minuti.

Nel preciso istante in cui sospiro, la porta del negozio si apre. Sia io che Alex ci sistemiamo dritti dietro il bancone, come se stessimo aspettando questo momento con impazienza, ma quando lui vede che la ragazza che è entrata è Carrie, sbuffa e torna a fare quello che stava facendo.

<< Leanne. >>

La ragazza avanza con passo spedito verso di me, il rumore dei suoi tacchi che sovrasta la musica. E' buffo vederla all'interno del negozio, con i suoi vestiti firmati e colorati. Qui dentro, non c'è niente che non sia di colore scuro e di marca scadente ed è strano avere clienti che fanno parte della categoria di persone in cui catalogo Carrie: ricchi viziati che non sanno distinguere il reggae dallo ska.

Io rimango dove sono, incerta. Carrie non viene quasi mai a trovarmi al lavoro e se lo fa, significa che è successo qualcosa. Mi sto già immaginando tutte le catastrofi che possono essere successe, quando si tratta di lei, ogni cosa è possibile, ma ha un'espressione sul volto indecifrabile e non riesco a capire di cosa si tratti.

<< Quanto sei stupida da uno a dieci? >>

Rimane in piedi, davanti al bancone. Ha le braccia conserte e i suoi occhi azzurri, privi di qualsiasi emozione, sono fissi sui miei. Rimango interdetta, non riesco a capire il perchè della sua domanda.

<< E non fare finta di non sapere di cosa io stia parlando >>

Sta alzando il tono della voce, ma non mi importa. Mi limito ad aggrottare la fronte, appoggiando i gomiti sul tavolo e sbattendo le ciglia.

<< Illuminami >>

Se c'è una persona al mondo che non capirò mai, quella è Carol Reeds. Non ho mai conosciuto nessuno più incoerente, voglioso di stare al centro dell'attenzione, indiscreto di lei. So per certo, che urlerà qualcosa di imbarazzante su di me, richiamando l'attenzione di Alex, e non si farà problemi a continuare la sua sceneggiata per un'altra dozzina di minuti. L'unica cosa che posso fare, è mostrarmi impassibile, nonostante non abbia la più pallida idea di quale sia il problema.

Carrie sospira guardandosi intorno con fare teatrale. Non credo abbia notato il tono ironico delle mie parole.

<< Perchè hai rifiutato un invito da parte di Eric Harris? >>

Strabuzzo gli occhi. Apro la bocca per poter dire qualcosa, ma non ci riesco. Le parole mi muoiono in gola, non sono abbastanza forti per poter uscire. Le mie guance stanno formicolando e questo indica che sto arrossendo. Quella ragazza è riuscita a toccare l'unico tasto dolente che mi impedisce di rimanere indifferente. Sento Alex sollevare il viso dal giornale, rivolgendo l'attenzione su noi due . Un turbine di domande si sta impossessando della mia mente, domande senza risposta logica, che mi fanno arrossire sempre di più.

<< Non mi ha invitato da nessuna parte... >> Sussurro, abbassando lo sguardo sul bancone bianco. Vorrei evitare di aprire la triste parentesi su questa storia. Odio parlarne apertamente, tanto si sa come finirà: la ragazza innamorata dell'artista misterioso rimarrà con il cuore a pezzi. E' già successo e non stento a credere che capiterà un'altra volta.

<< Eh no, Bianca mi ha detto che ti ha chiesto di andare a lezione con lui mercoledì >>

Alex, ormai, sta ascoltando senza avere il benché minimo interesse a non mostrarsi un ficca naso, mentre Carrie insiste su questa storia. Se Eric Harris mi avesse davvero chiesto un appuntamento, non gli avrei detto di no. Sono innamorata di lui da almeno due anni, non mi farei mai perdere un'occasione del genere, dato che sto passando la mia vita a sperare che questo accada.

Mi schiarisco la voce, portandomi indietro i capelli.

<< Haley mi ha cancellato la lezione di giovedì per motivi personali, ero con Eric quando me lo ha detto e lui ha pensato, gentilmente, di farmi questo favore. Carrie, io mercoledì devo fare da baby sitter alle figlie di Catherine , a differenza tua, io ho bisogno dei soldi che guadagno >> Celio, seccata.

Sento Alex sbuffare. Carrie, invece, scuote la testa e si allontana dal bancone.

<< E non ti è venuto in mente niente? >>

<< Cosa mi doveva venire in mente? Le lezioni di chitarra costano più di una casa, è snervante doverne perdere una. Anche io avrei fatto lo stesso >>

Alza gli occhi al cielo e si avvia verso la porta, con la stessa aria di sufficienza di quando è entrata. In momenti come questi, mi chiedo perchè la consideri una delle mie migliori amiche. E poi saranno affari miei quello che mi succede con Eric!

<< Sei senza speranze, Leanne Morgan >>

Con queste ultime parole, fa la sua uscita trionfante, lasciandomi più arrabbiata di prima. Se Carrie fosse fidanzata con il ragazzo che ama, ascolterei quello che ha da dirmi.

Mi giro verso Alex. Mi sta guardando con la fronte corrugata e scuote la testa. Ci mancava solo il dissenso di mio fratello a peggiorare la situazione. Roteo gli occhi e mi tolgo il gilet nero del negozio.

<< Non provare a parlare >>

E così dicendo mi dirigo verso il retro dove vi sono gli armadietti dei dipendenti.

 

Sono talmente furiosa che non mi rendo conto dove cammino. Ho le cuffie, che sparano musica nelle orecchie a tutto volume, i pugni serrati nelle tasche del mio giubbotto di pelle e tanta rabbia addosso. Sono arrabbiata perchè le mie amiche si passano informazioni sul mio conto senza il mio permesso. Sono arrabbiata perchè vengono a giudicarmi persino sul posto di lavoro. Sono arrabbiata perchè Eric non mi chiederà mai un appuntamento. Sono arrabbiata perchè Carrie ha ragione, sono senza speranze. Il vero problema di tutta questa faccenda è che non ho le palle per passare un'ora e mezza con lui. Ho troppa paura di mettermi in ridicolo. Potevo benissimo dire a zia Cat che non sarei andata, avrebbe chiamato mia sorella senza problemi, ma non ci sono riuscita.

Leanne Morgan, sei proprio una stupida.

Le strade di Londra sono grigie e trafficate. Nuvoloni neri minacciano un temporale e i passanti si affrettano a raggiungere le loro mete per evitare la pioggia. Proseguo lungo i marciapiedi di Notting Hill, lasciandomi Portobello Road alle spalle. Dovrei scendere in metropolitana per raggiungere Camden Town, ma non ne ho la minima voglia. Preferisco stare all'aria aperta anche se è inquinata e troppo umida.

Perchè sono innamorata di un ragazzo che non mi considererà mai? Forse la risposta la so, sono piena di difetti, ma Eric è il primo ragazzo di cui sono stata veramente innamorata e non sono mai stata così male per qualcuno.

Sospiro, quando, improvvisamente, mi ritrovo a terra. Sono caduta in ginocchio, con i palmi delle mani appoggiati sul marciapiede. Il mio cellulare è scivolato dalla tasca del giubbotto, togliendomi le cuffie dalle orecchie.

<< RAZZA DI IDIOTA! >> Sbraito con tutta la voce che ho nel corpo.

Raccolgo il cellulare da terra, mentre sento le ginocchia e le mani cominciare a bruciare. Peggio di così non può andare.

<< Effettivamente sono davvero un'idiota >>

<< Esatto >>

Due mani forti mi prendono per la vita e mi alzano da terra. Spero che l'idiota abbia voglia di litigare, perchè con tutta la tensione che ho addosso, ho davvero bisogno di sfogarmi. Mi rimetto in piedi, sistemandomi i vestiti e i capelli.

<< Dopo la storia di Eric ci mancava questa >> Sbuffo sconsolata, quando mi accorgo di cosa sta succedendo. Eric, in carne ed ossa, è davanti a me e mi guarda preoccupato. Ha i capelli spettinati e i suoi occhi neri mi scrutano curiosi.

Non ho mai conosciuto qualcuno più sfortunato di me.

Il ragazzo sta sorridendo divertito, con la lingua tra i denti. Sorrido di rimando e mi maledico, perchè il mio cuore sta battendo talmente forte che sono sicura uscirà dal petto, uccidendomi.

<< Che storia? >>

La sua domanda mi fa smettere di sorridere. Ha sentito quello che ho detto. Ho caldo e mi sento avvampare, non ho la minima idea di cosa rispondergli. Ora gli dirò tutto in preda al panico e riderà di me, lo so. Vorrei guardarmi in giro per trovare qualcosa da dirgli, ma non riesco a smettere di fissarlo. Indossa anche lui un giubbotto di pelle, aperto, che lascia intravedere la maglietta bianca che ha sotto. E' tremendamente bello.

<< Ehm... mi dispiace di non aver potuto accettare la tua proposta e di saltare una lezione di chitarra >> Bisbiglio.

Eric annuisce e poi accenna una risata. Ho la sensazione di star per svenire a causa dell'imbarazzo.

<< Chiederò ad Haley di fartela recuperare. Tu stai bene? Ti sei fatta male prima? >>

Scuoto la testa, mentre tengo lo sguardo fisso sulle sue mani che prendono le mie, girano i miei palmi all'insù e li accarezzano lentamente. Sento le guance formicolarmi e il punto che mi sta toccando brucia di sicuro. Sto trattenendo il respiro perchè è davvero troppo vicino a me.

Mi lascia andare le mani e torno a respirare, contenta che quel contatto sia terminato.

<< Stavo andando al Old Vinyl per cercare gli spartiti di 'Is This Love' di Bob Marley, sai se ci sono? >>

Avete presente quando pensate che qualcuno non può essere più perfetto di quanto non sia già, però poi dice qualcosa che vi fa ricredere? Ecco, mi è appena successo con Eric. Possibile che tra tutte le canzoni al mondo, stia cercando la mia preferita?

<< Certo che c'è, ho ordinato tutti gli spartiti di Bob Marley esistenti al mondo, perchè il negozio non ne aveva neanche uno >>

<< Is This Love è la mia preferita, anche se amo tutte le sue canzoni >>

Mi mordo il labbro per non urlare, ma sorrido. Sorrido perchè lui è la cosa più bella al mondo ed è perfetto e mi fa diventare diabetica. Spero che non riesca a leggere anche nel pensiero, perchè la situazione diventerebbe più imbarazzante di quanto non sia già.

Rimaniamo a chiacchierare per altri venti minuti, con la schiena contro il muro dello Starbucks e i nostri visi che si guardano. Parliamo della musica, dell'università, di Londra e del futuro. Lui vorrebbe diventare un artista ed esporre le proprie opere a New York. Mi racconta di quanto ama Salvador Dalì, di come vorrebbe diventare grande come lui, nonostante non sia così bravo, mentre io sorrido, persa nelle sue parole. Quando ci rendiamo conto che è troppo tardi, impreco sotto voce. Il tempo che un'ora prima si era bloccato, ora ha deciso di scorrere velocemente.

<< E' stato bello parlare con te, Anne >> Dice Eric.

Anne. Nessuno mi aveva mai chiamata Anne, ed hanno fatto tutti bene. Credo sia il soprannome peggiore della storia dei soprannomi, ma è così bello che lui abbia pensato a questo nomignolo per me e poi, anche se mi chiamasse Mabel, che ritengo il nome più brutto al mondo, mi andrebbe bene. Gli lascerei fare di tutto, mi vestirei persino di rosa per lui... credo... .

<< Possiamo rifarlo quando vuoi >> Rispondo.

 

Rimango stupita da me stessa, non ho mai avuto coraggio per chiedere queste cose. In realtà credo che io lo abbia fatto più per mostrare a Carrie che non sono senza speranze, perchè sono ancora terrorizzata dal passare del tempo insieme a lui.

Non aspetto nemmeno la sua risposta, che mi volto per attraversare la strada, quando finisco per scontrarmi contro un palo della luce. Sento la terra crollarmi sotto i piedi. Vorrei correre, urlare, ridere in faccia ai primi sconosciuti che mi passano davanti agli occhi. Non è affatto possibile che queste cose succedano sempre a me.

Eric scoppia a ridere e mi saluta, sparendo verso Portobello Road e lasciandomi davanti a Starbucks con il naso dolorante. Non mi ha nemmeno risposto e, come se non bastasse, comincia a piovere.

 

*

 

Casa mia si trova a Camden Town, lungo la via di villette a schiera colorate. La mia amica Ellie, circa tre anni fa, aveva deciso di andare a vivere in quella blu, posta esattamente in mezzo a tutte le altre villette. Essendo case molto costose, io ed altre due mie amiche ci siamo offerte per diventare le sue coinquiline. Proprio per questo motivo passo le mie giornate a lavorare, oltre che andare all'università.

Quando raggiungo casa, sono ormai completamente fradicia. Mi spoglio sulla soglia della porta, prima di fiondarmi nel bagno al piano di sopra. Rimango sotto l'acqua calda per almeno un quarto d'ora, cercando di metabolizzare tutto quello che mi è successo durante il pomeriggio. Rimango con la testa bassa, osservando le gocce d'acqua scorrere lentamente sulla mia pelle. Mi costringo a concentrarmi su di esse, ma sembra che l'unica cosa che vedo sia quel sorriso con la lingua tra i denti.

Esco dalla doccia infastidita. Quel ragazzo sta diventando una vera e propria ossessione.

Mi asciugo i capelli velocemente, noncurante del fatto che siano diventati una massa di ricci informe, e poi mi vesto con i primi pantaloni neri che trovo ed una camicia di jeans pulita. Come ogni venerdì sera, devo andare a cena da Sarah e Carrie, che abitano nella villetta gialla accanto alla nostra. Anche se siamo sei migliori amiche ed abitiamo in due case differenti, siamo sempre insieme, è come se vivessi in due casi anziché in una. Scendo in soggiorno e recupero la mia chitarra acustica, quando vedo Claire seduta sul divano che mi guarda seria.

No, non ancora.

<< Ti voglio bene e lo sai, però sei davvero stupida. >>

Alzo gli occhi al cielo e mi lascio cadere sull'altro divano. Promemoria per me: non raccontare mai più a Bianca quello che mi succede. Emetto un rantolo e mi giro, sdraiata, verso Claire.

<< Grazie >> Biascico sperando con tutto il cuore che si alzi ed esca di casa.

Claire rimane seduta, immobile, con le gambe accavallate e le braccia conserte. Se ha intenzione di farmi la predica anche lei, non esiterò un momento a scappare via.

<< Sei stupida perchè non devi dire a Bianca queste cose, che poi crea situazioni distorte nella sua mente e le va a dire in giro >>

Mi alzo di scatto in modo da sedermi. Claire sta sorridendo e anche io non riesco a stare seria. Meno male che è dalla mia parte. Non avrei mai retto un'altra amica che mi rimproverasse per come mi ero comportata con Eric.

<< Credo di aver capito, ora >>

<< Bene, se provano a parlare di questo a cena, la prossima volta gli avveleno il cibo >>

Scoppio a ridere alle parole di Claire e mi alzo per andare ad abbracciarla. La ragazza, che ha capito il mio intento, si allontana e mi incenerisce con lo sguardo. Se c'è una cosa che Claire odia, sono le manifestazioni d'affetto in pubblico. In otto anni che ci conosciamo, mi ha abbracciato solo quando i miei genitori hanno divorziato perchè mio padre ha capito di essere gay.

<< Ti ho mai detto che ti amo? >>

Claire ride e poi le racconto quello che è successo al lavoro e dopo, quando ho incontrato Eric. Adoro il modo in cui ascolta senza giudicare e adoro il fatto che continui a prendere le mie difese. Solo dopo mezz'ora decidiamo di andare da Carrie e Sarah, dove ci stanno aspettando anche Bianca e Ellie. Ceniamo quasi subito, abbiamo tutte molta fame. Una cosa che ci distingue dalle altre ragazze, è che mangiamo come una mandria di bufali. E' incredibile come il cibo sia la cosa che ci metta d'accordo tutte e che ci riesce anche a rendere felici. Nessuno intavola una conversazione su me e Eric e mi sento davvero sollevata. Se non l'hanno fatto ora, non lo faranno per il resto della serata. La cena prosegue tranquilla, con Sarah e Carrie che litigano a causa del disordine di quest'ultima e Ellie che ci spiega il progetto che le è stato dato per il corso di costume all'università.

Io mi calmo, lasciandomi trasportare dalle conversazioni delle mie amiche e smettendo di pensare ai miei problemi. Aiuto Sarah a sparecchiare e in quel momento, decido di suonare qualcosa. Prendo la mia chitarra e mi siedo sul divano, cominciando ad accordare lo strumento, quando il rumore del campanello della porta richiama la nostra attenzione.

<< Lea, doveva venire anche Alex stasera? >> Chiede Carrie perplessa.

Mi limito a scuotere la testa. Mio fratello ha la brutta abitudine di intromettersi in tutto quello che faccio, infatti la maggior parte delle volte, si auto invita a cena da me. Questa sera, però, so che doveva uscire con dei suoi amici. Sarah va a controllare chi sia stato, apre la porta sorridendo, ma non c'è nessuno.

<< Si saranno sbagliati >> Commenta Ellie.

Riprendiamo a fare quello che stavamo facendo. Decido di suonare qualche sinfonia improvvisata, mentre le ragazze si sistemano sui divani ascoltandomi distrattamente.

Un altro colpo alla porta.

<< Siete sicure di non star aspettando qualcuno? >>

<< No, Sarah >> Rispondo. Mi alzo dal divano seccata. Se questo è uno scherzo, non mi sto affatto divertendo. Spalanco la porta d'ingresso e do un'occhiata fuori. La pioggia di oggi pomeriggio si è trasformata in un acquazzone. L'acqua scende talmente fitta da rendere impossibile la visuale di ciò che si trova a qualche metro di distanza dalla propria postazione.

<< Ma state calme, non succede niente >>

Esattamente dopo le parole di Claire, la luce della casa salta, lasciandoci nel buio totale.

Bianca e Sarah urlano, prendendomi alla sprovvista. Lascio che la porta d'ingresso sbatta, chiudendosi a chiave.

<< La prossima che urla in quel modo si beccherà un pugno in faccia, d'accordo? >> Sibila Ellie << Sarah, Carrie avete delle candele? >>

<< Si, sono in cantina. Chi mi accompagna? >>

Alla domanda di Carrie rimaniamo tutte zitte. Personalmente, non ho voglia di andare in un posto ancora più freddo e umido di quanto non sia già il soggiorno a causa dell'aria uggiosa che è entrata dopo che ho aperto la porta.

<< Vengo io >> Mormora Claire.

Le due ragazze spariscono, lasciandoci sole. Sarah e Bianca si stanno abbracciando, rannicchiate sul divano, mentre Ellie è in piedi davanti alla porta d'ingresso, in allerta. Sentiamo un altro colpo alla porta. Comincio a preoccuparmi. Non è mai successo niente del genere, mai è capitato che saltasse la luce, nonostante ci sia un temporale quasi ogni settimana. Stringo le braccia al petto, i miei occhi che si muovono in tutte le direzioni per riuscire a mettere a fuoco la sala avvolta dall'oscurità.

<< Perchè non sono tornate? >> Mormora con un filo di voce Bianca.

In quel momento preciso, un lampo rischiara la stanza e la porta vetrata che da sul giardino del retro si apre di colpo. Le mie gambe si paralizzano e mi lascio sfuggire un gridolino. Ellie non dice niente, avrà paura anche lei di sicuro. Chiudo gli occhi e mi faccio forza. Sta entrando troppa aria fredda, così mi muovo piano verso la porta finestra.

Un altro lampo.

Sarah, Ellie e Bianca urlano.

Claire e Carrie non sono ancora tornate.

Intravedo delle ombre nere in giardino. Dapprima penso si tratti della pioggia, poi noto che quelle ombre scure, dalla forma umanoide, si stanno muovendo lentamente verso la mia direzione.

<< C'E' QUALCOSA FUORI E NON E' SEMPLICE PIOGGIA >>

Grido con tutto il fiato che ho in gola. Mi allontano all'indietro, senza staccare lo sguardo dalle ombre.

<< Sicura che non sia pioggia? >> Deglutisce Bianca.

Mi volto di scatto verso di lei, dimenticandomi per un secondo ciò che sta accadendo.

<< Bianca, so distinguere qualcosa di strano dalla pioggia, non sono così stupida! >>

<< Superstar, ma tu sei così stupida >>

La luce torna, mentre io sono immobile. Non riesco a smettere di sorridere.

Solo una persona al mondo mi chiama Superstar. Le mie amiche sono in silenzio e sento i passi di Carrie e Claire in lontananza. Sono sollevata e felice, tutta la tensione di prima è svanita nel nulla.

<< Indovinate chi sono tornati a casa? >>

Solo a quelle parole mi giro, sorridendo come non mai. Sono passati tre mesi, ma eccoli.

Ci sono tutti e quattro, con un'espressione bonaria sul volto e i vestiti bagnati. Si trovano sulla soglia della porta vetrata e aspettano che noi facciamo qualcosa, ma le altre sono troppo sconvolte per reagire. Mi avvicino lentamente ai ragazzi, incrociando le braccia al petto. Li guardo dall'alto in basso, con aria di sfida. Sto cercando di auto controllarmi. Ho i loro occhi puntati addosso e tutto quello che riesco a fare è dire: << Siete proprio degli idioti >>
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Eccomi qui, di nuovo.
Lo so, sto riscrivendo superstar per la milionesima volta, ma ho deciso di cambiarla radicalmente.
La trama rimane uguale, ma sono stufa di scrivere sugli one direction. Spero che senza di loro e rimodernata non sarà un fiasco totale, perchè ci tengo davvero a questa storia.
Che dire, io Leanne la amo, sarà per sempre un personaggio a cui non riuscirò a staccarmi.
Spero vi piaccia e vi ringrazio per le visualizzazioni e in caso qualcuno volesse recensire.
Sarei molto lieta di sapere che ne pensate, specialmente perchè voglio migliorare il modo in cui scrivo.
Sparisco a fare la tesina,
Prosit
Becka 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


 

Secondo Capitolo

 

<< Ragazze, davvero, Verona è una delle città più belle che io abbia mai visto >>

Cameron finisce di raccontare la loro esperienza in Italia, avvolto da una coperta di pile rossa e con in mano una tazza fumante di the.

Ci siamo sistemati tutti e dieci sui due divani della sala. Solo Ellie si è seduta per terra, sopra lo spesso tappetto bordeaux. I ragazzi sono ancora bagnati, nonostante Carrie e Claire gli abbiano portato una dozzina di coperte e degli indumenti caldi e puliti.

Scruto i loro visi. Sembrano tutti e quattro felici, ma hanno l'aria stanca. Non rimango stupita, da quello che ci hanno raccontato sono stati tre mesi in giro senza fermarsi nemmeno un momento. Sotto questo aspetto li invidio. Vorrei anche io poter lasciare tutto ed avere i soldi necessari per passare tre mesi all'estero, ho sempre voluto viaggiare. Peccato che mi ritrovi povera e intrappolata tra università e lavoro.

Mi sento in colpa ad essermi dimenticata che sarebbero arrivati in questi giorni, dopo tutto sono i miei migliori amici, solo che ultimamente sono presa da tante cose. Carrie e Claire, invece, sono state avvisate da Cameron, che è il fratello di quest'ultima, e insieme a loro quattro, hanno deciso di farci uno scherzo. I ragazzi hanno sempre avuto la fissazione di fare delle entrate trionfali, anche se queste entrate possono causare infarti.

<< Allora, ti è piaciuto lo scherzo Superstar? >> Domanda Luke facendo un mezzo sorriso. Allunga il braccio lungo la spalliera del divano, in modo da cingermi le spalle, ma riesco ad allontanarmi, finendo quasi seduta sopra Dan. Lui ride, prendendomi per i fianchi e mettendomi seduta sulle sue gambe. Guardo Luke socchiudendo gli occhi, mentre mi tengo a Dan.

<< Sto ancora progettando il modo migliore per vendicarmi >> Sussurro.

I ragazzi scoppiano a ridere e si guardano fieri di quello che hanno fatto.

<< Lea ti dovevi vedere, mi hai fatto morire. “ c'è qualcosa e non è pioggia!” >>

Le risate aumentano e anche io non riesco a trattenermi, sebbene stia cercando di fulminare con lo sguardo Cameron che ha cercato di imitarmi.

<< Ma facevi ridere, tutta rannicchiata sul divano abbracciata a Sarah! >> Commenta Bianca con le lacrime agli occhi dal ridere. Ci fermiamo per qualche secondo. Penso che tutti gli altri, come me, stiano cercando di capire cosa passa le per la testa , ma sorrido lanciandole piano un cuscino addosso.

<< Scema, quella eri tu >> Le rispondo affettuosamente.

Bianca si ammutolisce e Claire le posa una mano sulla spalla in modo da poterle dare un qualsiasi tipo di sostegno. Dan, dopo aver riso per altri quaranta secondi, si alza dal divano, facendomi spostare con delicatezza. Prende un polso di Bianca e la trascina in cucina, con l'intenzione farle assaggiare la torta che i ragazzi hanno portato dall'Italia. Noi altri, invece, rimaniamo ancora seduti sul divano per mezz'ora, lasciandoci raccontare tutto quello che Luke, Cameron e Liam non ci avevano detto sul loro viaggio. Mi perdo tra le loro parole, immaginandomi in quei posti bellissimi. Liam è così bravo a descrivere i luoghi in cui sono stati, che mi sembra di essere lì, a vedere tutti i monumenti e i musei che hanno visitato. Un giorno sarò io al loro posto, li farò pendere dalle mie labbra come stanno facendo con me.

Quando Ellie torna a parlare di tutti i progetti che ha fatto per l'università, Luke mi fa cenno di andare nella cucina ormai vuota. Lo seguo incuriosita, anche se è il mio migliore amico, da quando siamo diventanti una grande compagnia, non passiamo molto tempo soli. Se succede, significa che vuole dirmi qualche cosa di importante.

Quando ci chiudiamo in cucina, mi getto tra le sue braccia. Mi stringo forte a lui, in punta di piedi. Luke mi avvolge il bacino con le braccia e gli do un bacio sulla sua guancia, facendo sfregare le mie labbra contro la sua barba ispida.

<< Mi sei mancato, Lukey >> Sussurro.

Sciogliamo l'abbraccio, ma rimaniamo a guardarci. Ha i capelli castani un po' più lunghi rispetto a come li tiene di solito e sono spettinati. E' dimagrito e anche lui indossa una camicia di jeans, con le maniche arrotolate fino ai gomiti.

<< Ovvio che ti sono mancato, come faresti senza di me, Superstar? >>

Alzo gli occhi al cielo e mi siedo sopra il tavolo, lasciando le gambe a penzoloni.

<< Ti piacerebbe, Jackson >>

<< Lasciami sognare, noiosa! >>

Si avvicina a me, battendo le mani sulle mie cosce. Faccio una smorfia, prima di prendergli le mani e allontanarle da me. Nonostante io lo conosca da ventun anni, ho sempre trovato strano il contatto fisico con lui. Forse perchè quando eravamo piccoli, le uniche volte che mi toccava era perchè mi stava picchiando.

Luke sbuffa e poi si schiarisce la voce.

<< Tralasciando i convenevoli, ho promesso a mia mamma di passare questo week end da lei, che ne direbbe la mia migliore amica di seguirmi e passare due giorni insieme a me nella nostra città natale? >> Ha usato il tono più incalzante che riuscisse a fare, mi guarda speranzoso, senza smettere di sorridere.

Nella mia mente sto valutando la sua proposta. Due giorni con lui valgono la pena di tornare a Doncaster, nel nulla più totale, da mia mamma che è una pazza psicopatica e da mia sorella, che è ancora più pazza di lei?

<< La tua migliore amica ti ringrazia ma rifiuta l'offerta e va avanti! >>

Gli do una pacca sulla spalla, ma il ragazzo mi guarda male, serrando le labbra.

<< Stronza. >>

Non lo biasimo. Dopo così tanto tempo che non ci vediamo, è da persone egoiste non voler stare con il proprio migliore amico solo per evitare di stare in famiglia. Solo che io non ce la faccio. Non sono mai andata d'accordo con mia madre e, dopo il divorzio, la situazione tra noi due è diventata ancora più ingestibile.

<< Me lo dicono in tanti >>

<< E dai, sono solo due giorni, non muori mica. Partiamo domani mattina e torniamo domenica pomeriggio. >> Insiste lui.

Io rimango zitta, continuando a pensare a cosa fare. Mi dispiace anche andare da mia mamma perchè volevo passare del tempo insieme a tutti i miei amici, ora che i ragazzi sono tornati. Luke, però, sembra tenerci tanto e non voglio comportarmi come se non mi interessasse di lui, non in questo momento, non dopo tre mesi in cui siamo stati in due parti diverse del mondo.

<< Dormiremo sulla nostra casa sull'albero se non vuoi stare a casa tua. Farò tutto quello che vuoi >>

Scendo dal tavolo, avvicinandomi piano a lui, in modo da avere i nostri copri a pochi centimetri di distanza. Lo guardo negli occhi, facendo un mezzo sorriso che dovrebbe incutere timore. Lui sostiene il mio sguardo, serio. Apre la bocca per parlare ma lo zittisco con un cenno della mano.

<< Hai detto 'tutto quello che voglio'? >>

<< Superstar, ho paura >>

Trattengo una risata, ma gli do un lieve pizzicotto su un fianco, facendolo indietreggiare.

Sorride anche lui, ha capito che ormai la mia risposta è un si.

<< Devi, d'altronde hai due possibilità >>

Ritorno seria, lui alza un sopracciglio, confuso.

<< Due possibilità? >>

<< Esattamente. Devi decidere se fare tutto quello che voglio o morire a causa della terribile vendetta che escogiterò per punirti dello stupido scherzo che ci avete fatto >> Spiego tenendo il conto delle due eventualità con la mano, assumendo l'aria di una trattatrice.

Lui si gratta il mento, fingendo di scegliere l'opzione che gli piace di più.

<< Scelgo la prima opzione, Miss Morgan. Affare fatto? >>

Mi porge la mano, io gliela stringo accennando una risata.

<< Affare fatto! >>

<< Allora ci vediamo domani mattina alla stazione di King's Cross per le otto >>

 

*

 

Il sabato mattina l'ho sempre trovato tranquillo. I ragazzi non vanno a scuola e la maggior parte della gente rimane a casa. Le strade diventano quasi vuote, si possono incontrare solo persone assonnate che raggiungono lenti le loro mete. La metropolitana, infatti, è agibile. Al suo interno riesco ad avere spazio vitale a sufficienza per respirare aria che non sia impregnata dell'odore del sudore di qualche passeggero.

Mi stupisco ancora del fatto che, dopo quattro anni, sono ancora innamorata di Londra come se fosse il primo giorno. Per una ragazza di provincia, Londra è il centro del mondo, dove puoi trovare di tutto. La cosa che amo di più di questa città, è il fatto che si possono incontrare persone diversissime tra loro, provenienti da paesi diversi. E' come se tutto il mondo si fosse incentrato a Londra per incontrarsi.

Mi sono trasferita dopo il liceo. Ho approfittato del fatto che mio fratello si fosse già spostato da Doncaster per andare a studiare a Londra, per convincere mia mamma a fare lo stesso. Alex vive da mia nonna Angela e dal suo compagno Ben e, nonostante abbia lasciato l'università, continua a farsi mantenere da loro. Io ho avuto fortuna, anche i miei migliori amici erano a Londra e ,sin da subito, ho avuto la possibilità di andare a vivere per conto mio.

Adoro mia nonna, ma non riuscirei mai a stare da lei come fa Alex.

 

King’s Cross è una delle stazioni più affollate di Londra. La causa principale sono i fan di Harry Potter che, ogni singolo giorno, si accalcano davanti al triste muro spacciato per il binario nove e tre quarti, solo per farsi scattare una misera foto e spendere capitali all’interno del negozio ufficiale della saga. Un tempo ero anche io come loro, ma, anziché seguire la folla che portava a quel muro, mi ero messa a cercare il binario magico tra i veri binari della stazione. Riuscii a scoprire la delusione del muro falso, solo grazie all’aiuto di un poliziotto che mi avrà scambiato per una malata mentale.

Luke è proprio lì davanti, che guarda sogghignando i turisti impazienti di immedesimarsi nel mago. Indossa una maglietta bianca sopra a dei jeans neri, con le mani nascoste dentro le tasche della sua giacca di jeans. Quando lo vedo non riesco a fare a meno di sorridere. La sua assenza mi ha fatto dimenticare quanto lui mi renda felice.

<< Jackson! >> Esclamo raggiungendolo. Lui si volta a guardarmi e solleva lo zaino da terra infilandoselo solo da un lato, venendomi incontro.

<< Superstar, temevo ti fossi dimenticata >>

<< Sono tanto in ritardo? >>

Non mi ero resa conto di averci impiegato un’ora a prepararmi. Faccio così ogni volta che torno a casa, passo le ore a controllarmi e sistemarmi in modo da non avere niente fuori posto. Peccato che quell’arpia di mia madre riesca a trovarmi ogni singolo difetto. Purtroppo io sono il disordine vivente. I miei capelli sono talmente tanto ricci da sparare sempre in tutte le direzioni, e di viso sono troppo brutta per trovare qualche rimedio.

Luke scuote la testa accennando una risata, mentre andiamo verso il binario che porta a Thorne North.

<< Sei arrivata giusto in tempo per prendere il treno, anche se avevo intenzione di fare colazione con te >> Mi passa il biglietto che si è offerto di pagarmi e saliamo sul treno. Come due bambini, corriamo fino al vagone dove sono i nostri posti, facendo a gara per prendere il posto a lato del finestrino. Luke mi fa più volte inciampare, ma solo dopo la gomitata che gli do sulle costole mi aggiudico il sedile tanto ambito. Una volta seduti scoppiamo a ridere, sotto lo sguardo di due passeggeri anziani che ci osservano allibiti. Non mi sento nemmeno per un secondo in imbarazzo, dopotutto ho anche vinto.

<< Sei una schiappa, Jackson >>

<< In realtà ti ho lasciata vincere, sai quante volte sono stato vicino al finestrino in tre mesi? >>

Scuoto la testa accennando una risata, sta mentendo. Ogni volta che dice una bugia, muove la testa come se stesse annuendo e corruga la fronte. Gli do un altro pizzicotto.

<< Bugiardo >>

Lui sbuffa senza riuscire ad essere serio, prima di posare la testa sulla mia spalla. Rimaniamo in silenzio per qualche minuto, ascoltando il rumore del treno in partenza. Poso lo sguardo fuori dal finestrino, osservando la città sfrecciare lontana. Luke non si muove, credo si sia addormentato. Mi volto a guardarlo, cingendogli le spalle con il mio braccio.

<< Ti voglio bene >> Sussurro.

Rimango con lo sguardo fisso sul panorama fuori dal finestrino, con la mano destra che tiene il viso. Gli occhi seguono il paesaggio, cercano di definire i contorni della città che scompare veloce alle mie spalle. Un giorno anche io partirò allo sbaraglio in giro per l'Europa come hanno fatto i ragazzi. Tre mesi prima, quando ci avevano detto che erano intenzionati a prendersi una pausa da tutto e andare lontano, gli avevamo riso in faccia. Quei quattro, non sono mai stati bravi ad organizzarsi in vita loro, l'idea che potessero aver progettato una vacanza del genere era impossibile anche solo da pensare. Invece, sono partiti due giorni dopo, lasciandoci stupefatte. E' stata la prima volta in cui ci siamo separati dopo tre anni che ci conosciamo. Mai nella mia vita ho avuto un gruppo così unito di amici. In realtà, mai nella mia vita ho avuto così tanti amici. Fino al liceo, i miei unici amici erano Luke e i miei fratelli.

Conosco Luke Jackson da quando sono nata. Le nostre madri, migliori amiche sin dai tempi del liceo, una volta sposate, avevano deciso di andare ad abitare vicine e, quando dico vicine, significa che una siepe separa una casa dall'altra. In questo modo, sono cresciuta come se la famiglia di Luke appartenesse alla mia. Passavamo tutti i pomeriggi insieme, giocando con i miei fratelli maggiori. Ammetto che all'inizio, io e Luke ci odiavamo. Quando eravamo piccoli, non perdeva l'occasione di farmi dispetti e picchiarmi. Io non lo sopportavo. Lo odiavo talmente tanto, che quando soffiavo le candeline di compleanno, desideravo sempre che sparisse dalla faccia della terra. La nostra relazione cambiò quando andai alle medie, in quel periodo i nostri tre anni di differenza non erano così netti, e Luke diventò il mio migliore amico.

Sorrido, mentre osservo Luke dormire. Ha ancora la testa sulla mia spalla e ha le labbra socchiuse. Starà sbavando come al solito. Appoggio il capo contro la parete del treno e chiudo gli occhi. Non gli dirò mai che è la cosa più bella che mi sia successa.

 

*

 

Dopo due ore e mezza, arriviamo a Thorne North. Cambiamo treno per prendere la linea che arriva diretta a Doncaster e, fortunatamente, in venti minuti siamo lì. Assopiti, ci dirigiamo lenti fuori dalla stazione, mentre Luke continua a ripetermi venti mila volte come è stato bello vedere una partita di calcio a San Siro. Distolgo l'attenzione da lui, quando vedo che mio fratello Robert è venuto a prenderci. Robbie è il fratello più grande dei quattro. Ha la stessa età di Luke e, a differenza di me e Alex, ha preferito rimanere con la mamma a Doncaster. Sono sempre stata più legata a lui, così, quando lo vedo, ignoro Luke e corro verso mio fratello.

<< Ragazzina! >> Esclama stringendomi forte tra le sue braccia.

Robert è anche più alto e muscoloso di Alex. Porta i capelli riccissimi in una pettinatura afro, leggermente rasata sui lati e, a differenza di Alex che è sbarbato, Robbie si è sempre fatto crescere una folta barba. Per me, è uno dei ragazzi più belli che abbia mai visto. Non lo penso solo io, infatti Carrie ha un debole per lui da quando ci conosciamo. Le è bastato vederlo una volta per prendersi una cotta.

<< Come stai? >> Domando mentre lascio che mi prenda lo zaino e lo metta dentro il baule della macchina.

Robert comincia a parlarmi di come è emozionato ad insegnare storia e filosofia al liceo, sotto lo sguardo scioccato di Luke . Non capisco ancora come Robert sia riuscito a laurearsi in cinque anni e trovare lavoro come professore subito dopo. Se penso a me, che sono al mio terzo anno e sono senza uno scopo, o a Luke, che dopo due anni ha rinunciato, mi viene ancora più difficile mettermi nei suoi panni. Il mio amico interrompe Robbie per raccontargli il viaggio da cui è appena tornato e quando passa alle partite di calcio che ha visto, mi chiudo in me stessa fino a quando non arriviamo a casa.

Casa Jackson e Casa Morgan sono due villette bianche identiche, con lo stesso giardino pieno di fiori e la stessa siepe potata male. Quando Robbie parcheggia l'auto dall'altra parte della strada, scendo riluttante dall'auto. Non voglio incontrare mia madre.

<< Sono entrambe a casa nostra per prendere un the >> Ci informa Robbie. Scarica il bagagliaio, mentre io do un'occhiata sconsolata a Luke . Lui, per tutta risposta, mi prende la mano, stringendola.

<< Dai che andrà bene >> Sussurra.

Sorride e mi guarda negli occhi, lasciando che io mi convinca delle sue parole. Spero che abbia ragione, perchè l'ultima volta che ho visto mia madre, sono finita in lacrime.

Robbie ci fa cenno di seguirlo dentro casa, aspettando che facciamo come ci dice. Io aumento la stretta sulla mano di Luke , non sono mai stata così impaurita.

Quando entriamo in casa, l'odore famigliare di incenso alla cannella mi inebria le narici. Accenno un piccolo sorriso, ricordandomi quando papà lo accendeva prima di suonare la chitarra. Mi sedevo a gambe incrociate ai suoi piedi, incantata dalla sua musica. Avevo quattro anni e in quel periodo, il mio papà era il mio eroe. E' a lui che devo la mia passione per la musica.

<< Mamma siamo a casa! >> Esclama mio fratello.

La casa non è cambiata di una virgola dall'ultima volta che ci sono andata. Le pareti della sala sono dello stesso rosso sbiadito di sempre e i mobili di legno hanno ancora la stessa posizione orribile che mia mamma aveva deciso quando aveva comprato casa. L'unica cosa che non è uguale a prima è lei. E' seduta sul divano verde oliva con le gambe accavallate, mentre tiene la tazzina bianca tra le mani. I suoi capelli castani sono diventati rosso fuoco e le arrivano fin sopra spalle. E' vestita come un'adolescente, con una canottiera bianca ed un gilet sdrucito di jeans sopra, che richiama gli skinny bucati che indossa. Lei non è la donna che conosco. Cat, invece, è sistemata sull'altro divano, con un look molto simile a quello di mia madre.

Sono terrorizzata.

<< Lea tesoro! >> Trilla mia mamma alzandosi. Mi viene incontro e mi avvolge in un abbraccio prima di fare la stessa cosa con Luke.

Sia io che lui rimaniamo allibiti, cosa è successo alle nostre madri?

Dopo essere stata strapazzata anche da zia Cat, le due donne tornano a sedersi ridacchiando.

<< Luke ma tu sai qualcosa di questo? >> Mormoro.

Lui scuote la testa, sposto lo sguardo in direzione di Robbie che sta osservando divertito la scena. Gli faccio cenno di parlare, ma si limita ad alzare le spalle ridendo.

<< Catherine ma li stai guardando?! >>

<< Oddio Susan, si. Non sono bellissimi? >>

<< Le loro mani!>>

Abbasso gli occhi sulla mia mano ancora intrecciata a quella di Luke , prima di avvampare e staccarla. La passo sulla mia gamba, incrociando poi le braccia al petto. Anche Luke è arrossito, tiene lo sguardo basso mentre porta le braccia dietro la schiena. Io non capisco quelle due che hanno intenzione di fare. Mia mamma dice a Cat qualcosa nell'orecchio che la fa ridacchiare. Mi stanno mettendo a disagio.

<< Cat, tuo figlio è diventato davvero un bel ragazzo >>

Sia io che Luke ci guardiamo. Voglio uscire di casa, mia mamma non si è mai comportata in questo modo infantile.

<< Ma tesoro, è tua figlia che è una splendida donna, ha preso sicuramente da te >>

Alzo gli occhi al cielo. Che cosa patetica, non hanno mai decantato i propri figli in questo modo, perchè farlo ora? Intanto Robert si è seduto su un gradino della scala che porta al secondo piano, mentre si gusta la scena.

<< Non è vero, Luke caro? >> Continua Cat. Incita Luke a parlare con un gesto del capo, ma lui sbuffa seccato.

<< Io so che Superstar è bellissima, anche senza che me lo dici tu >>

<< CAT LO HAI SENTITO? >>

<< Susan. Sto. Per. Piangere. >>

<< Noi eravamo qui per... >>

Luke viene interrotto da mia madre, che si alza di nuovo per prendergli il viso tra le mani e stampargli un bacio sulla fronte.

<< So che un giorno diventerò tua suocera >>

<< MAMMA >> Urlo con tutto il fiato che ho in gola. Ho le guance in fiamme, sto sudando freddo per l'imbarazzo. Mai avrei pensato di dire che preferisco quando mia madre non si droga e mi insulta come suo solito. Luke si lascia sfuggire una risata che blocco innestandogli una gomitata tra le costole. La storia del matrimonio mio e di Luke è nuova, stanno dando il meglio di loro.

<< Ma pensi ai nostri nipotini? Io me li vedo con i capelli meravigliosi di Lea e gli occhi azzurri di mio figlio >>

<< Sembreranno usciti da una pubblicità, Cat ! >>

<< Io so che se potesse Luke salterebbe addosso a Leanne, capisci? >>

<< MAMMA >>

Non ho mai sentito Luke urlare così tanto in vita mia e lui è uno che urla spesso. So che Cat ha mentito, ma il ragazzo ha gli occhi spalancati e per la prima volta in tutta la sua vita, non sa che dire. Oggi è la giornata dove qualsiasi cosa può accadere a quanto pare. Mi siedo sconvolta su una sedia del tavolo, mentre le due donne continuano a confabulare tra di loro.

Luke si siede accanto a me e, mentre le osserviamo prese dalla loro conversazione, mi domanda:

<< Superstar, ma che è successo in questi tre mesi? >>

<< Non ne ho idea! Io non le vedo da Natale! >>

Sembrano sotto l'effetto di qualche stupefacente e, a giudicare dal loro abbigliamento, possono essere appena uscite da un rave party. Mia mamma torna a guardarci, porgendoci la sua attenzione.

<< E' un vero spreco che tu sia innamorata di un certo Eric >>

Mia mamma pronuncia il nome di Eric come se fosse l'essere più ripugnate della terra e, in quel momento, mi accascio sulla sedia turbata. Io non le ho mai parlato di Eric, come può saperlo? Luke mi fulmina con lo sguardo.

<< Eric? >> Sibila.

Se i suoi occhi potessero incenerirmi, credo che in questo momento lo farebbero. Apro la bocca per spiegargli la situazione, ma, ancora una volta, vengo interrotta.

<< Si, caro. Eric. Che poi non so nemmeno chi sia ad essere sincera. Me lo ha detto Alex qualche settimana fa e a giudicare dalle sue parole, Lea è innamorata persa. Che schifo, vero? >>

Mi alzo di scatto dalla sedia, adirata. Se ieri ero arrabbiata perchè le mie amiche parlavano di questo tra di loro, oggi sono furiosa. Non possono farlo anche i membri della mia famiglia. Stringo i pungi e mi mordo il labbro per non urlare troppo, ma quando Luke dice che mia mamma ha ragione, esplodo.

<< Ah perchè sarebbe meglio che fossi innamorata di Luke come vuoi tu? Non è successo in ventun anni e non succederà mai, allora. E prova a dire che Eric fa schifo quando non lo conosci nemmeno e …. sinceramente non lo so. So solo che se seguissi i tuoi consigli, finirei sposata con un uomo confuso che dopo quasi trent'anni di matrimonio, riesce ad avere le palle di dirmi che è gay! >>

Un silenzio innaturale cala nella stanza. Ho gli occhi di tutti e quattro puntati addosso, le mie parole riecheggiano tra i muri e mi sento in colpa. Ho esagerato, ma non mi importa. Serro la mascella, sostenendo lo sguardo di mia mamma che posa la tazzina sul tavolino in mezzo ai divani.

<< Hai ragione, sono una fallita. Solo che tu non hai il diritto di giudicare la mia vita, quando tu sei ancora troppo immatura per averne una. Scusami se mi preoccupo per te, sarai felice di sapere che non lo farò mai più. >>

Mia mamma si alza dal divano e sparisce al piano superiore, seguita da Cat che ha l'aria di una che non sa cosa fare. Nemmeno io so che fare. Mi mordo l'interno della guancia per impedire alle lacrime di uscire. Sospiro cercando di ricompormi. Luke ha lo sguardo impassibile e sta fissando un punto indefinito a terra.

<< E' stato un errore madornale seguirti qui. >>

Con queste parole, esco di casa sola. Non ho idea di dove devo andare, ma cammino lungo il marciapiede lasciando che le lacrime siano libere di scorrere sulle mie guance.

Mia mamma ha colpito di nuovo il segno. Odio il fatto che non riesca ad essere fiera o, per lo meno, contenta di quello che io stia facendo. Mi deve considerare immatura o deve dirmi che ciò che provo fa schifo, piuttosto. Mi ha ferito anche il comportamento di Luke. So che lui odia Eric, ma appoggiare mia madre dopo quello che ha detto, è stato troppo. Anche per lui.

Entro nel parco di Doncaster per andare a sedermi su una panchina, quando i miei pensieri vengono interrotti dall'avviso di un messaggio. Tiro fuori il cellulare dalla tasca del giubbotto e noto la notifica di Sarah. Lo apro e quando lo leggo, tutti i miei problemi svaniscono.

 

Torna a Londra, abbiamo un problema urgente”

 

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 Ciao a tutti! In questo capitolo è apparso il mio Luke, che amo alla follia. Inoltre credo di aver descritto Robbie come il ragazzo dei miei sogni e la mamma di Lea è solo una proiezione di me nel futuro, una donna in crisi di mezza età che ama fangirlare per le sue otp.
Grazie per le visualizzazioni e i voti, ci sentiamo al prossimo capitolo e fatemi sapere che ne pensate!
Becka

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Terzo Capitolo

 

Io e Luke torniamo a casa verso l'una di notte. Avrei preferito partire subito, ma mi sentivo in colpa a non passare del tempo con Robert e mia sorella Beth. Gli voglio bene e solo durante il pomeriggio mi sono resa conto di quanto mi mancassero. Poi, non avevo nemmeno voglia di passare altre tre ore sola con Luke. Ero ancora arrabbiata e mi scocciava il fatto che avesse insistito ad accompagnarmi a Londra. Abbiamo passato tutto il viaggio in silenzio, con lui che cercava di scusarsi e io che, per ammutolirlo, ho ascoltato la musica a tutto volume per tutto il tempo.

Una volta a Londra, lo saluto a malapena, prendendo la prima metro diretta a Camden. Voglio solo dormire e dimenticare tutto.

Appena rimango sola, Luke comincia a tempestarmi di messaggi, costringendomi a spegnere il telefono. Se dobbiamo fare a gara per verificare chi è il più testardo tra i due, mi reputo già vincitrice. La metropolitana è vuota. Ci sono solo un paio di ragazzi e qualche barbone che sta cercando un posto dove dormire la notte. Mi fermo a dare una manciata di monete a quello che vedo tutti i giorni per andare al lavoro, è sdraiato su una panchina ed ha le mani premute sulle orecchie, per attutire il suono dei treni. Nascondo i soldi nella tasca del suo giubbotto dimesso, per evitare che qualcuno passi e glieli rubi, per poi uscire e andare a casa.

Ellie, Claire e Bianca stanno già dormendo, per mia fortuna. Non ho le forze per parlare. Vado nella mia stanza e, senza nemmeno cambiarmi, mi addormento.

 

*

 

<< Questo silenzio mi sta uccidendo >>

Mi volto verso Ellie, che ha appena parlato. Siamo tutti e dieci all'Old Vinyl e aspettiamo che Paul, il mio capo, riceva una telefonata. Durante l'attesa, Paul pulisce il bancone, senza proferire parola. La mia scuola di musica, che è anche quella dei miei amici, è stata distrutta da un incendio causato dallo scoppio di un cavo elettrico avvenuto durante il temporale di venerdì. Quando Bianca me lo ha detto, non ci potevo credere. Quella scuola era la mia seconda casa, era il luogo che amavo di più al mondo, senza contare che lì avevo lasciato il mio progetto per l'università che mi avrebbe dovuto fruttare più della metà dei crediti che mi servivano per conseguire la laurea.

Sono sconvolta, continuo a sperare che si tratti solo di uno scherzo, anche se so che non è affatto così.

La scuola di musica era affiliata all'università. La maggior parte di studenti universitari lavorava lì, in modo da guadagnare soldi e crediti. Per esempio, Sarah insegnava danza alle bambine delle elementari e Bianca dava ripetizioni di pianoforte ai bambini. Ora le mie amiche, come altri ragazzi, si trovavano disoccupate, senza più uno stipendio.

L'Old Vinyl è anche collegato alla scuola, infatti Paul è il fratello di Haley, che è la preside e la mia insegnante di chitarra. Siamo nel negozio per questo, per aspettare che Haley dia qualche informazione in più a Paul.

Nessuno risponde ad Ellie. Siamo tutti sovrappensiero, con gli sguardi vacui e mille cose per la testa. Io sto pensando ad Haley, a suo marito Fred e a loro figlia Holly. Come faranno ora che non c'è più il luogo dove lavorano entrambi? Penso anche a me e al mio progetto. Il compito era quello di prendere un romanzo e trasformarlo in un musical, scrivendo sceneggiatura e musiche. Avevo impiegato un anno e tre mesi per farlo, avevo scelto di riadattare 1984 di Orwell ed ero fiera del mio lavoro. Non vedevo l'ora di mostrarlo ai miei professori, ma, invece, sono stata talmente tanto stupida da lasciare il mio PC con tutto il lavoro a scuola. Ho perso tutto.

Sospiro sconsolata, quando mi rendo conto di avere lo sguardo di Luke addosso. Lo fulmino con gli occhi, sono ancora arrabbiata con lui. Posso sembrare stronza continuando ad ignorarlo, ma quello che ha detto mi ha deluso più di qualsiasi altra cosa abbia mai fatto in passato.

In quel momento, il telefono squilla e Paul sparisce nel retro del negozio per rispondere.

<< Spero che Haley abbia trovato una soluzione >> Sospira Sarah.

Lei ha l'aria più abbattuta di tutti. Sarah passava ogni giorno a scuola, in quel posto era concentrata tutta la sua vita, anche il suo fidanzato Rick lavorava lì.

<< Sarà sicuramente così >> Risponde Liam abbracciando la ragazza.

Mi lascio sfuggire un sorriso vedendo quei due. Liam è innamorato di Sarah più o meno da quando si conoscono e noi vogliamo che Sarah capisca quanto il suo ragazzo sia idiota e quanto Liam sia perfetto per lei. Solo che è da tre anni che non lo capisce, non si è nemmeno accorta che lui è innamorato di lei.

<< E se non è così, ci penseremo noi >>

Dan cerca di ribattere alle parole di Ellie, quando Paul torna dal retro sconsolato, gli occhi spenti e le labbra serrate. Lo fissiamo impazienti di sapere che cosa ha da dirci, ma lui si limita a passarsi una mano tra i capelli biondi prima di appoggiare i gomiti al bancone.

<< Allora? >> Chiede Cameron.

<< L'università non ha abbastanza fondi per ricostruire la scuola. Hanno intenzione di cancellare il progetto di aiuto studenti che la scuola offriva e, per pagare tutti i disagi creati, vogliono vendere anche L'Old Vinyl >>

<< Non possono farlo. >> Commento.

Non possono togliermi anche L'Old. Ho bisogno dei soldi che guadagno, sono l'unica cosa che mi permette di rimanere a Londra e di continuare a studiare.

<< Si che possono, stanno già cercando acquirenti. >>

<< Non possiamo permettere che più di cento persone perdano il loro posto di lavoro! >> Esclama Luke.

Gli altri rimangono in silenzio, incapaci di dire qualcosa di sensato e ragionevole. Luke ha ragione, ma, d'altronde, che possiamo fare? Non abbiamo nessun potere decisionale sulle questioni riguardanti l'università, siamo solo studenti del terzo e quarto anno che devono cercare di laurearsi.

<< Che ne dite di una manifestazione o una petizione? >>

<< Bianca, non credi che se bastasse avremmo già cominciato a farlo? Haley è da sabato mattina che si sta informando, ma non c'è niente che possa aiutarci >>

Non ho mai visto Paul così abbattuto. E' strano quando non mi da ordini o non si comporta da maniaco del controllo come fa sempre. Paul si mette il giubbotto e ci invita a prendere del Frozen Yogurt nella yogurteria accanto alla libreria di Notting Hill. Accettiamo senza entusiasmo, ancora persi nei nostri pensieri. Non è giusto che le cose debbano andare così. Nessuno se lo merita. Andiamo nel bar in silenzio e solo una volta seduti nei tavolini esterni, i ragazzi cominciano a fare diverse ipotesi per salvare il negozio e la scuola. Hanno aspettato che Paul andasse dentro il locale per prendere gli yogurt, prima di parlare di ciò che possiamo fare. Nessuno di loro ha il coraggio di darsi per vinto, anche se so che è inutile qualsiasi cosa propongano. Odio il fatto di essere così negativa.

Fisso a braccia conserte i tavoli bianchi che richiamano la scritta posta sopra la yogurteria. Venivo sempre qui a fare merenda dopo le lezioni di chitarra, un paio di volte mi ero fermata qui con Eric. Eravamo rimasti seduti per ben due ore, imitando tutti i professori che avevamo in comune all'università. Lo avevo fatto ridere talmente tanto che aveva rischiato di soffocare con il Frozen yogurt.

<< Ci deve essere un modo per salvare la scuola. >> Dice Dan richiamando la mia attenzione.

Ellie è l'unica che annuisce. Una luce paurosa le attraversa gli occhi. Ha la mascella serrata e la fronte aggrottata. Se non mi sbaglio, ha in mente qualcosa. Ha sempre quell'espressione quando sta architettando un piano malvagio.

Mi alzo dalla sedia per andare in bagno, sono troppo scombussolata per stare ad ascoltare i loro discorsi. Mentre mi alzo, colpisco qualcuno, che fa cadere il proprio yogurt su di me, sporcandomi il giubbotto di pelle. Come mio solito, impreco pesantemente, facendo scoppiare a ridere tutti i miei amici. Solo quando alzo lo sguardo verso il colpevole, mi rendo conto di aver di fronte Eric. Sta ridendo anche lui, mentre io mi sento crollare il mondo da sotto i piedi. Il destino vuole che ogni volta che io sia in presenza di Eric, mi capiti qualcosa di imbarazzante.

<< Ehy >> Sussurro guardandolo.

<< Ehy, Anne. Mi dici perchè ogni volta che ci vediamo ti causo sempre qualche danno? >> Domanda divertito, continuando a ridacchiare.

Vorrei ribattere che non è un problema, che per stare con lui cadrei e mi sporcherei migliaia di volte, ma mi mordo l'interno della guancia per stare zitta e limitarmi a ridere come una stupida. Non mi sono mai vergognata così tanto come in questi ultimi tre giorni.

<< No, Eric, non preoccuparti. Grazie a te la nostra Lea ci ha fatto ridere >>

Mi volto a guardare male Carrie. So che sta per arrivare a dire qualcosa di più che faccia intuire la mia cotta, ma lei mi guarda sorridendo e facendo l'occhiolino.

<< Già, ci hai migliorato il pomeriggio >> Continua Bianca.

<< E' successo qualcosa, ragazzi? >>

Alla domanda di Eric, Sarah inizia a raccontare tutta la storia. Lui prende una sedia da un altro tavolo e si unisce al nostro gruppo. Cameron, Liam, Dan e Luke non sembrano per niente contenti di questo, ma rimangono zitti. Quanto vorrei che quei cinque facessero pace.

Una volta, molto tempo fa, i ragazzi erano migliori amici. Quando si sono conosciuti, io ero ancora a Doncaster insieme ad Ellie, Bianca e Claire, mentre frequentavo l'ultimo anno di liceo. I cinque erano inseparabili, vivevano insieme, andavano nella stessa università e facevano tutti quanti le stesse stupidate. Eric era il migliore amico di Luke e non ho mai visto Luke voler così bene ad una persona,che non fosse un suo famigliare o me, come ne voleva a lui. Poi, due anni fa, è successo qualcosa, hanno litigato e Eric se ne è andato dalle loro vite. Proprio quando lui li ha lasciati, ho cominciato a conoscerlo meglio e me ne sono innamorata. Per questo motivo Luke non sapeva della mia cotta. Non volevo dirgli di essere innamorata del suo ex migliore amico. Conosco fin troppo bene Luke e so per certo, che se anche glielo avessi detto prima, si sarebbe arrabbiato lo stesso.

Io sparisco in bagno, non voglio ascoltare ancora una volta quello che è successo.

La toilette della yogurteria è verde acido come le pareti del locale. E' stretta e una debole luce al neon illumina lo specchio. Prendo un pezzo di carta igienica e cerco di pulire il giubbotto. Non rimango stupita dal fatto che così facendo espando solo la macchia, così la smetto e mi prendo il viso tra le mani chiudendo gli occhi. Mi sta andando tutto male e non riesco a smettere di essere triste. Mia mamma mi disprezza, ho perso tutto il lavoro che ho fatto per l'università, mi sono innamorata della persona peggiore di cui potessi innamorarmi e non riesco a smettere di essere arrabbiata con il mio migliore amico.

Leanne Morgan hai qualcosa che ti porta davvero tanta sfortuna.

<< Superstar? >>

Luke bussa alla porta del bagno. Vorrei far finta di non esserci e rimanere in silenzio, ma non riesco. Mi passo una mano sugli occhi per trattenere le lacrime ed apro la porta. Lui fa un debole sorriso ed entra, sedendosi sul bordo del lavandino. Per fargli spazio, abbasso l'asse del water e mi siedo sopra di essa a gambe incrociate.

<< Ehm... perchè sei qui? >>

<< Perchè solo in questo modo mi ascolterai >>

Sbuffo facendogli segno di parlare con una mano. Lui annuisce e si passa la lingua sulle labbra prima di dire qualsiasi cosa.

<< Hai ragione, sono stato stupido. Ho dato ragione a tua madre dopo che ti ha detto una cosa orribile solo perchè ero arrabbiato. Mi sono arrabbiato solo perchè non me lo avevi detto e perchè tra tutte le persone di questo mondo ti sei innamorata di Eric e non ci potevo credere. Mi sono sentito ferito, solo che hai ragione tu, sono stato egoista e permaloso e ti giuro che non riesco a non parlarti e ...>>

Mi alzo dal water e lo zittisco abbracciandolo. Lui mi stringe di rimando, senza più dire niente. Rimaniamo abbracciati in silenzio per qualche minuto, prima di staccarci. Lo guardo negli occhi e gli prendo le mani, facendo intrecciare le nostre dita.

<< Sono stata una stupida anche io. Dovevo dirtelo, sei il mio migliore amico e ne avremmo dovuto parlare assieme. Scusami se ti ho ignorato per quasi due giorni >>

Lui scuote la testa e mi prende il viso tra le mani, dandomi un bacio sulla fronte.

Sentendomi a disagio, torno a sedermi sul water, cingendomi le ginocchia con le braccia.

<< Vuoi andare dagli altri? >> Mi chiede.

Scuoto la testa, abbassando lo sguardo. Gli dico che non ho la forza emotiva per parlare della scuola di musica e gli spiego il perchè, lui mi ascolta e si toglie la giacca di jeans.

<< Togliti il giubbotto e mettiti la giacca. Ora andiamo di là perchè troveremo davvero una soluzione, terrai il tuo posto di lavoro e farai un nuovo progetto, migliore del primo. >>

Prendo scettica la sua giacca. Apprezzo quello che mi sta dicendo, ma non sono convinta che le cose si sistemeranno davvero in questo modo.

<< Don't worry about a thing, cause every little thing's gonna be alright >>

Luke canticchia aprendo la porta. Sorrido e mi infilo la giacca uscendo dal bagno.

<< Non usare mai più Bob Marley contro di me! >>

Torniamo al tavolo ridendo. Sono rimasti solo i ragazzi, Eric ed Ellie, che è ancora più corrucciata di prima. Prendo posto tenendo d'occhio la mia amica, mentre gli altri ci stanno osservando.

Eric sorride, deve aver notato che non indosso il mio giubbotto di pelle.

<< Deduco che ho rovinato il tuo giubbotto, mi dispiace Anne >>

Sento i suoi occhi scuri addosso. Il mio cuore sta tornando a battere incessantemente, insieme al solito formicolio sulle guance a cui è accompagnato. Credo di essere diventata rossa rossa in viso, così abbasso lo sguardo sul tavolo bianco. In questo momento vorrei tornare a casa, ci sono troppi occhi curiosi che mi osservano e non voglio rendere palesi i miei sententi per Eric a tutti.

<< Anne? Chi diavolo è Anne? >>

Fulmino Luke con lo sguardo, mentre Eric non bada a ciò che ha appena detto. Sento gli altri ridacchiare, mi limito a chiudere gli occhi e contare mentalmente fino a tre, in modo da non urlargli contro.

<< Allora, Eric. Come vanno le cose con la tua nuova band? >> Domanda Dan enfatizzando la parola nuova. Tra tutti, quello che non maschera di provare rancore per quello che ha fatto Eric, è proprio lui, però, è anche l'unico che cerca di tornare suo amico. Vorrei che anche gli altri lo facessero.

Eric sembra essere colto alla sprovvista, infatti non riesce a fare a meno di sorridere imbarazzato, comincia anche a giocare con il bracciale di cuoio che indossa sul polso sinistro.

<< Direi bene, mercoledì sera ci esibiamo al The Rouge come tribute band di Bob Marley >>

<< Che figata assurda! >> Esclamo senza accorgermi di aver appena fatto una faccia da pazza furiosa. Eric non smetterà mai di stupirmi, è così meraviglioso.

<< Un tempo ti scrivevi da solo la tua musica, non imitavi nessuno >> Commenta acido Luke.

Eric alza le spalle, non curandosi delle sue parole.

<< Un tempo sembravo un membro di una boyband scadente da quattro soldi >>

Luke serra la mascella stringendo un pugno sul tavolo. Gli altri rimangono in silenzio, l'unica perplessa è Ellie che sembra abbia voglia dire qualcosa ma non sa come intervenire.

<< Perchè ora sembri più fico? Per favore, Piccolo Eric, da come sei messo sembri solo aver problemi di droga >>

Mi passo una mano sul viso. Sapevo che sarebbe successo questo. Luke non riesce a non litigare, è più forte di lui e scommetto che stava aspettando questo momento da tanto. Ora, come suo solito, sputerà in faccia a Eric tutto quello che non gli ha mai detto.

<< Taci e smettila di chiamarmi così che non sei mia madre. Sai che ho sempre pensato? Che nonostante tutto, la cosa peggiore che mi potesse accadere sarebbe stato nascere te >>

Luke scoppia a ridere dopo l'intervento di Eric. Scuote la testa, senza smettere di sbellicarsi. Si alza dalla sedia e guarda minaccioso Eric.

<< La persona più schifosa seduta a questo tavolo non sono io, Piccolo Eric. Sei tu e lo sai il perchè. Per quanto mi riguarda, potresti anche spararti due colpi in bocca >>

Io, come gli altri del resto, ho la netta sensazione che è successo qualcosa tra loro due che non ci hanno mai detto e vorrei sapere il perchè.

<< Ma vai a farti fottere, Luke >>

<< BASTA. MA CHE COSA SIETE? BAMBINI DI TRE ANNI? >> Sbraita Ellie ammutolendoli.

Sobbalzo, non mi aspettavo che urlasse in questo modo. Di solito Ellie è rinchiusa nel suo mondo e poche volta presta attenzione a quello che sta succedendo intorno a lei.

Eric si alza dalla sedia e mi saluta mettendomi una mano sulla spalla. Accenno un sorriso e lo osservo sparire dalla mia visuale. Ha un'aria rassegnata, come se avesse capito che tutti gli sforzi che sta facendo non bastassero. Vorrei sapere di più su tutta questa storia, ma notando come i ragazzi siano silenziosi e tristi, è meglio che io non chieda niente.

<< Attenta che potresti bruciarti talmente vai a fuoco >> Ride Cameron spezzando il silenzio.

Non mi ero accorta di avere le guance bollenti a causa della vergogna. Faccio una smorfia ed incrocio le braccia al petto, sperando che qualcuno cambi discorso.

Per mia fortuna, Ellie batte una mano sul tavolo richiamando l'attenzione su di lei. Ci voltiamo tutti a guardarla, mentre lei si schiarisce la voce. Prima di parlare ci osserva uno ad uno, con un'espressione accigliata in volto. Ho l'impressione che voglia entrare nelle nostre menti, per imporci quello che ci vuole dire. Io mi sto preoccupando, la conosco davvero troppo bene per capire che quando fa così, non abbiamo più via di fuga da quello che vuole obbligarci a fare.

<< Domani chi ha lezione all'università? >>

 

*

 

La London Academy of Dramatic and Visual Arts è un piccolo complesso di edifici somiglianti a piccoli castelli medievali grigi. Si trova sulla strada per arrivare a Greenwich ed è nascosta da un piccolo boschetto, è talmente isolata da avere solo un unico pullman che porta gli studenti dal centro città fino a qualche metro dall'università. Non è l'accademia migliore di spettacolo di Londra, è stata inaugurata solo da pochi anni e per aumentare la sua notorietà tra i ragazzi che vogliono intraprendere questi studi, accetta chiunque faccia domanda per seguire i suoi corsi. Se non fosse stato così, e se non fosse stato che l'università stessa offre lavori per aiutare i ragazzi a pagarsi gli studi, molto probabilmente sarei ancora a Doncaster a studiare Lettere.

Lunedì io, Cameron e Dan ci ritroviamo davanti all'ufficio del rettore, mentre aspettiamo che Ellie ci raggiunga. Tutti e tre non abbiamo la minima idea di quello che la ragazza voglia fare. Il giorno precedente si era solo limitata a chiederci se oggi avessimo avuto lezione, senza darci ulteriori dettagli. A differenza dei due ragazzi, io avevo risposto riluttante, sapendo bene che non potevo mentirle. Ellie ha l'inquietante abitudine di memorizzarsi l'orario di qualsiasi persona conosca, mi avrebbe ammazzata se le avessi detto una bugia.

<< Secondo voi Ellie ha prenotato un colloquio con il rettore? >> Domanda Dan pensieroso.

Io scuoto la testa. Non ho davvero la minima idea di quello che la mia amica voglia fare. Cameron alza le spalle, per poi appoggiare la testa al muro.

<< Forse. Secondo me vuole attuare una sorta di protesta per obbligare il rettore a ricostruire la scuola >>

Effettivamente non ha tutti i torti. Questo spiegherebbe anche il perchè ci abbia chiesto di venire con lei. Si sa che più voci si fanno sentire più di una sola. Nonostante ciò, qualcosa non quadra. Ho l'impressione che ci stia sfuggendo di mente un particolare che non riesco a ricordarmi.

In questo preciso momento, Ellie appare furtiva dal corridoio. Prima di salutarci getta un'occhiata alle sue spalle.

<< Grazie per essere qui >> Dice facendoci alzare dalla panca posta davanti alla porta dell'ufficio. Ci spinge contro una parete, in modo da finire dietro il pezzo di muro sporgente che delinea il perimetro della sala d'attesa. Si sta comportando come se non dovessimo essere visti e tutto ciò mi preoccupa.

<< El, che hai intenzione di fare? >>

Ellie ignora Dan e tira fuori dalla tasca dei suoi pantaloni neri un mazzo di chiavi.

Io e i ragazzi ci guardiamo confusi. Perchè io non ho amici normali?

<< Il piano è questo: uno di voi farà da guardia fuori dalla sala, mentre gli altri due mi aiuteranno a cercare nell'ufficio i documenti sulla scuola di musica >>

In questo preciso istante mi rendo conto di quale fosse il dettaglio importante che ci eravamo dimenticati. Il rettore non è all'università di lunedì.

<< Ellie, io non voglio aiutarti ad essere una criminale >> Esclamo.

Lo devo aver detto a voce fin troppo alta, perchè mi schiaccia un piede per zittirmi e mi mette una mano sulla bocca.

<< Stai, muta! >>

<< Ellie, Lea ha ragione. Se ci scoprono, verremmo sospesi e perderemmo almeno venti crediti >> Continua Cameron.

Lei ci fulmina con lo sguardo. Sembra che si stia arrabbiando davvero tanto, ma io non me la sento di andare contro le leggi dell'università. Non mi piace violare le regole.

<< Non ci scoprirà nessuno, fidatevi di me. Se la smettete di lamentarvi magari ci sbrighiamo anche >>

Sbuffiamo all'unisono, ma poi accettiamo di fare quello che ci ha detto. Dan si offre di essere il palo, si mette fuori dalla sala, sedendosi a gambe incrociate a terra, la schiena contro il muro e un libro a caso sul grembo per fingere di studiare.

Ellie infila una chiave nella serratura per aprire l'ufficio. Mi chiedo dove abbia preso le chiavi del rettore, ma poi decido che non ho la minima intenzione di sapere quale sia la risposta.

Entriamo in silenzio nella stanza. L'ufficio è il luogo più disordinato che io abbia mai visto. Una moltitudine di fogli sborda da qualsiasi cassetto presente nella stanza; i libri posti nella grande libreria sono più di quanti il mobile riesca a contenere, infatti alcuni volumi sono sparsi a terra. La scrivania è sormontata da fascicoli, volantini, altri fogli, penne e da un grosso computer che emette un ronzio fastidioso. Vi sono delle carte anche sopra e sotto il divano rosso posto in un angolo della stanza.

Se Ellie ha intenzione di trovare qualcosa in questo caos, penso che la nostra missione sia già conclusa qui.

<< Cameron chiudi la porta, tu i occuperai degli archivi. Lea, i fogli sono tutti tuoi. Io mi occuperò dei file sul computer >> Bisbiglia lei mettendosi all'opera.

Io e Cameron ci guardiamo sconsolati, prima di eseguire gli ordini. Non ho altra scelta, ormai. Anche se sono perplessa nei confronti di ciò che stiamo facendo, nella mia testa balena l'idea che troveremo davvero qualcosa in questo studio e sistemeremo la situazione. Se non troviamo qua un indizio in che altro posto potremmo cercare? Da nessun'altra parte. Sorrido convincendomi che Ellie ha ragione, questa è la cosa giusta da fare. Comincio con il controllare i fogli sparsi sulla scrivania, ma con mio rammarico, mi rendo conto che sono solo circolari dell'università. Passo in rassegna anche i fogli vicino al divano, ma sono solo le parcelle che l'accademia deve pagare. Sono bollette della luce, dell'elettricità e gli stipendi dei professori.

Ellie continua ad imprecare sottovoce e da questo deduco che non abbia trovato niente.

Sono passati, ormai, dieci minuti e le speranze cominciano ad affievolirsi.

Prima, avevo avuto la sensazione che avremmo trovato davvero qualcosa per salvare la scuola e Haley,ma è stato solo un inutile desiderio. Mi siedo affranta a terra, giocando con i braccialetti colorati che porto al polso. Mi sento così inutile. Vorrei davvero fare qualcosa per aiutare, Haley è stata come una seconda mamma per me. Mi ha aiutato più volte, credendo in me, nelle mie capacità e mi ha dato ottimi consigli ogni volta che ne avevo bisogno. Pensavo che per una volta avrei potuto ricambiare il favore.

<< BINGO ELLIE! >> Esclama Cameron.

Lei gli getta un'occhiataccia per farlo stare zitto. Mi alzo e lo raggiungo, seguita da Ellie. La ragazza strappa dalle mani di Cameron il fascicolo riguardante la scuola e comincia a leggerlo. Sono impaziente, forse abbiamo trovato la risposta. La speranza comincia a prendersi possesso di me, sorrido. Aiuterò Haley.

<< C'è una soluzione >>

Io e Cameron ci battiamo il cinque lasciandoci sfuggire una risata, ma veniamo zittiti ancora una volta da Ellie che non sembra per niente felice.

<< Che c'è? >> Domando.

Mi sporgo verso di lei per cercare di leggere qualche foglio del fascicolo, ma lei lo chiude di scatto, guardandoci.

Non sembra per niente soddisfatta di quello che abbiamo trovato.

<< A quanto pare non c'è alcun modo per ristrutturare la scuola, possiamo solo costruire da zero. >>

<< Perchè? >> Chiede Cameron.

Ellie alza le spalle ed estrae una foto raffigurante un cumulo di macerie bruciate.

<< Non credo che si possa ristrutturare questa cosa >>

<< Allora costruiamo la scuola! Che sarà mai? >>
<< Se avete un milione di sterline da spendere, cominciamo >> Celia Ellie.

Spalanco la bocca, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.

Possa la speranza andare a farsi fottere.

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Ciao a tutti! Sto aggiornando veloccissimamente - non credo esista come avverbio, ma esprime perfettamente il concetto - perchè continuo ad avere idee per scrivere e so che da dopo domani, non potrò nè aggiornare, nè scrivere per almeno due settimane. Spero che il capitolo vi piaccia, anche se è davvero lungo. Ellie è troppo stupenda a parer mio, mentre il mio cuore si divide tra Eric e Luke.
Al prossimo capitolo e ditemi che ne pensate!
Prosit
Becka

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


Capitolo Quattro

 

I corsi procedono lenti e monotoni. Il professore parla, prendo appunti e cerco di rimanere concentrata sulla lezione, evitando di pensare al milione di sterline che dobbiamo procurarci. Nessuno si accorge che ho la testa altrove e, dopo quattro ore, sono sollevata di dover tornare a casa. Cameron mi accompagna a Camden in macchina, lasciandomi di fronte alla villetta. Durante il tragitto in auto, nessuno dei due ha proferito parola. Non mi sento ancora pronta a parlare di ciò a cui stiamo per andare in contro. Vorrei davvero sapere come mai mi comporto così. Lo so che non parlare del problema non lo fa scomparire, ma non riesco fare a meno di ignorare tutta la situazione. Pensarci mi rende solo più triste.

In casa c'è solo Bianca che sta studiando per l'esame di storia teatrale, così la saluto velocemente e mi vado a distendere sul mio letto.

Rimango sdraiata per qualche minuto, con le mani sul ventre e gli occhi fissi su un punto della camera. Mi sento davvero senza speranze. Non voglio continuare a deprimermi, non è da me. Mi da fastidio che negli ultimi tempi io sia così infelice, di solito la persona più solare e positiva tra i miei amici sono io. Sbuffo chiudendo gli occhi. Sarà solo un brutto periodo, uno di quelli in cui sembra che tutto vada male. Devo solo trovare il modo di uscire da questo stato.

 

*

<< Un milione >>

Annuisco alle parole di Carrie e mi stringo le ginocchia al petto, appoggiando la schiena contro il bracciolo del divano. Ellie ha deciso di raccontare quello che abbiamo scoperto alle altre ragazze, così da unire più teste insieme per trovare soluzioni che possano funzionare.

Claire e Bianca hanno la faccia sconvolta dopo aver sentito a quanto ammonta la somma di denaro che serve per la costruzione di una nuova scuola, mentre Sarah non si è scomposta, continuando a guardare Ellie pensosa.

<< Posso darvi io la metà dei soldi, sapete che non è un problema >> Propone Carrie alzandosi da terra. Nessuna di noi sembra entusiasta all'idea. Non voglio costringerla a darci tutto quel denaro e, anche se così fosse , avremmo lo stesso cinquecentomila sterline da procurarci. Ellie rifiuta l'offerta.

<< Non posso chiederti così tanti soldi. Dobbiamo pensare ad altro >>
<< Non per smontare le tue fantasie, Ellie, ma il preside va avvisato >> Commenta Claire.

Ellie annuisce. Credo che abbia pensato al fatto che dobbiamo coinvolgere il rettore in questa storia, sarà pazza, ma rimane dotata di buon senso. Il vero problema sorge se il capo d'istituto non vuole darci il consenso per salvare la scuola. Espongo la mia ipotesi alle ragazze. Come risposta, Ellie scoppia a ridere guardandomi, poi, divertita.

<< Il rettore accetterà per forza. E' mio nonno >>

Dal tono infido che ha usato, sembra che farà di tutto pur di ottenere la sua approvazione. Tutto questo risulta inquietante, ma almeno capisco perchè avesse il mazzo di chiavi questa mattina. Detto questo, rimango sorpresa da ciò che ci ha appena detto.

<< Davvero sei sua nipote? >> Chiede Bianca.

<< Si, è da lui che ho saputo che la scuola è stata distrutta dall'incendio >>

Il silenzio cade di nuovo tra noi. Stiamo tutte rimuginando sul da farsi, esattamente come il giorno prima nel negozio. Io non ho alcuna idea, se sapessi come fare a guadagnare tutti quei soldi, lo avrei già fatto per me stessa anni fa.

<< Possiamo mettere da parte soldi, organizzare aste, mercatini, concerti... non limitiamoci a fare una cosa sola. >> Propone Claire.

<< Beh, la scuola non è solo nostra, sarà usufruibile da tutti i ragazzi dell'università. Io cercherei di coinvolgere un po' tutti >> Aggiunge Sarah.

Come piano iniziale non è male, però i mercatini e le aste non fruttano mai così tanto denaro. Specialmente, perchè nessuno di noi ha cose di valore da vendere.

La pausa che ci eravamo prese dalle nostre faccende termina, così io torno nella mia camera per prepararmi ad andare al lavoro. Indosso una camicia scozzese rossa e nera e dei jeans strappati scuri. Lascio che la mia massa informe di ricci sia libera ed esco di casa, infilandomi il giubbotto di pelle.

La musica, che viene dal mio i-pod, mi martella nelle orecchie. Cammino sulle note degli Smiths, mentre percorro le vie dei mercatini di Camden Town. Mi perdo ad osservare i turisti che spendono capitali nelle bancarelle. Sono presi dalla foga di avere disperatamente un ricordo di ogni singolo quartiere della città, che non si rendono conto che la merce che stanno acquistando posso anche farla io a casa mia e venderla ad un prezzo più basso.

Mi fermo un secondo. Perchè ho sottovalutato l'idea del mercatino? Realisticamente parlando, non abbiamo abbastanza oggetti particolari da vendere, ma si può sempre rimediare.

Sorrido ottimista e nel frattempo raggiungo la metropolitana.

 

*

Fuori dall'Old Vinyl, un grande cartello nero con su scritto “IN VENDITA” sovrasta la vetrina del negozio. Non posso accettare che Paul lo venda. Entro dentro chiedendo ad Alex quando è stato messo il cartello, ma, anziché rispondermi, sparisce nel retro per tornare a casa.

Non lo sopporto più.

Mi chiedo perchè io abbia accettato di lavorare insieme a lui. A malapena lo sopportavo quando vivevamo insieme, figuriamoci qui, che è ancora più lunatico e fastidioso. Sbuffo mettendomi dietro al bancone. Oggi Paul non c'è, così rimango sola ad ascoltare tutti i vinili dei Queen aspettando che entri qualche cliente.

Passano almeno due ore e, con mia fortuna, riesco a vendere due paia di cd e una maglietta. Dopo l'illuminazione di prima e queste vendite, comincio davvero ad essere serena. Non tutto può andare nel verso sbagliato, no?

Servo un ragazzino di quindici anni, prima di vedere Luke entrare nel negozio.

<< Quel cartello deve sparire >> Esclama togliendosi la giacca. La butta sullo sgabello dietro il banco, e si mette al mio fianco, sorridendo. Mi volto a guardarlo a braccia conserte, trattenendo una risata.

<< Che ci fai qui? >>

Lui alza le spalle mentre si scompiglia i capelli castani già spettinati.

<< Tra mezz'ora devi chiudere il negozio e volevo portarti a casa io >>

Sorrido dolcemente. A volte mi spaventa il modo in cui lo adoro. E' la persona a cui voglio più bene al mondo e farei di tutto per lui, anche se mi fa arrabbiare troppo spesso.

<< Allora sei in anticipo, Jackson >> Dico dandogli una leggera spinta.

Lui ride, prendendomi poi per i fianchi. Cerca di farmi il solletico, riesco a sentire le sue dita muoversi veloci sul mio ventre. Non devo dargliela vinta. Trattengo il respiro per non ridere, ma non resisto a lungo. Lui fa un verso compiaciuto, prima di darmi un bacio sulla fronte.

Si offre di aiutarmi in negozio fino a quando non si fanno le sette. Entrano altri due clienti, che vengono serviti da Luke. Se non avesse insistito così tanto, non glielo avrei lasciato fare. E' divertente, però, vederlo mentre convince i due signori a comprare i cd. Fa finta di essere un ragazzo americano, imitando l'accento e raccontando storie strappalacrime per obbligarli a prendere i dischi.

Prima di chiudere il negozio, ci mettiamo a sistemare gli scaffali in disordine e a dare una ripulita al mio amato Old.

<< Grazie, Luke >> Dico.

Ci avviamo entrambi verso la sua macchina, parcheggiata sull'altro lato della strada. Nel momento in cui attraversiamo, lui mi cinge le spalle con un braccio.

<< L'ho fatto per puro divertimento, Superstar >>

Gli do una gomitata e saliamo in macchina. Non ho ancora voglia di dirgli della scuola, ma suppongo che Cameron glielo abbia già detto.

Appena accende il motore, io faccio partire la radio, lasciando che la musica inondi tutto l'abitacolo. Il ragazzo fa finta di essere infastidito dal mio gesto, così abbassa il volume.

Sbuffo. Alcune volte mi sembra mia madre, quando rovina tutte le cose che mi piacciono, si comporta esattamente come lei.

<< Superstar, volevo parlarti di una cosa >>

Il tono serio che usa, mi preoccupa. Mi sistemo sul sedile, voltandomi a guardarlo. Ha lo sguardo fisso sulla strada, ma gli è comparsa una leggera fossetta sulla fronte, come ogni volta che sta pensando intensamente a qualcosa.

<< Hai già pensato a come recuperare il progetto che hai perso? >> Domanda.

Il mio cuore smette di battere come una mitragliatrice a causa dell'ansia e tiro un sospiro di sollievo. Tutti i pensieri negativi che mi stavano vorticando nella mente, svaniscono così come sono nati.

Alzo le spalle, posando lo sguardo fuori dal finestrino.

<< Non ancora, ma un modo lo troverò >> Rispondo.

In realtà non sono per niente convinta che le cose andranno così, ho la sensazione che porterò questo lavoro fino al prossimo anno di studi, posticipando la data della mia laurea. Luke pensa la stessa cosa, perchè fa una smorfia.

<< Superstar, se aspetti l'intervento divino, rimarrai per tutta la tua vita senza laurea >>

E' seccato e non riesco a capire perchè faccia così. Lui non è la persona più indicata a insistere su questo argomento.

<< Non sto parlando di aspettare “l'intervento divino”. Ora come ora ho altre cose a cui pensare e non giudicarmi grazie, non sono io quella che ha abbandonato l'università >>

Le mie parole devono uscire più acide del previsto, perchè Luke si rabbuia e serra la mascella. Abbasso lo sguardo. Ora mi sento in colpa. So perchè ha preferito lasciare l'università. Luke è sempre stato in difficoltà con lo studio e, rendendosi conto di essere interessato ad altro rispetto all'indirizzo che aveva scelto, aveva preferito trovare un lavoro stabile piuttosto che perdere tempo dietro a qualcosa in cui non avrebbe mai fatto strada.

<< Non volevo essere cattiva >> Sussurro.

Lui alza le spalle, continuando a guidare.

<< No, scusami tu. Solo che non voglio che tu abbandoni gli studi come ho fatto io. Da quando sono tornato ti vedo... accondiscendente >>

Fa una pausa, mentre io abbasso lo sguardo. Ha completamente ragione. Questo mio comportamento fa parte del periodo di depressione che sto vivendo. Non voglio smettere di studiare, ma Luke ha centrato il punto: sono svogliata e mi arrendo davanti a tutte le avversità che incontro.

<< Sai perchè ti chiamo Superstar, vero? >>

Rimango in silenzio. Sono passati talmente tanti anni da quando mi chiama così, che mi sono dimenticata. So che si riferisce al fatto che io voglio diventare una musicista, ma da come ha posto la domanda, non credo si riferisca solo a questo.

<< Perchè se c'è una persona in cui credo più che in me stesso e in tutti gli altri, quella persona sei tu. Sei la ragazza più talentuosa, divertente che io conosca. Non abbatterti di fronte ai primi ostacoli che incontri. Sono sicuro che riusciresti a vincerli senza problemi >> Risponde.

Guardo Luke sorridendo. Nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere. Sono in imbarazzo, non so nemmeno che cosa dire, ma il ragazzo non si aspetta una risposta.

<< E' da quando hai dieci anni che mi dici che un giorno canterai davanti a milioni di persone e io l'ho sempre trovata una cosa inevitabile. Tu sei Leanne Morgan, tu sei la ragazza che ha riscritto tutto il testo teatrale del musical in terza liceo perchè i registi avevano perso i copioni... >>

La voce di Luke si affievolisce. Si volta a guardarmi sorridendo, con gli occhi azzurri che luccicano e le fossette sulle guance. Io rimango interdetta, non realizzando quello che voglia fare.

<< Luke, mi hai detto delle cose bellissime ma.. >>

Il ragazzo mi mette un dito sulla bocca per zittirmi.

<< Sarà ancora più bello quello che ho in mente >>

 

*

 

Luke aspetta dopo cena per dirmi ciò che a pensato. Sarah e Carrie ci ospitano da loro per cenare tutti insieme e discutere sul da farsi. Neanche i ragazzi hanno qualche idea brillante, le uniche proposte che vengono fatte sono tutte da scartare a causa della loro banalità.

<< io ci sto a fare uno strip- tease in mezzo a Picadilly Circus >> Annuncia Cameron.

Gli altri cominciano a lamentarsi, eccetto Dan, Carrie e Luke. Ovvio che gli va bene, Cameron è il più bel ragazzo che abbia mai visto. E' riccio quasi quanto me, con i capelli lunghi biondi che tiene raccolti sempre in una coda ed ha un fisico da mozzare il fiato. Tutte le ragazze all'università hanno una cotta per lui e, la maggior parte di loro, ha avuto anche il piacere di farselo.

<< Non voglio vederti nudo, grazie >> Dice Claire dandogli una pacca sulla nuca.

Cameron fa una smorfia, posando le mani sulle spalle della sorella per allontanarla.

<< La gente, invece, vuole >>

<< Restringi il cerchio alle ragazze oche che non sanno su che uccello atterrare >>

<< Parli così perchè nessun ragazzo alzerebbe la sua pista d'atterraggio per te >>

Prima che Claire potesse buttarsi contro Cameron , Bianca prende un braccio della ragazza per tenerla ferma. Mi mancavano questi momenti tra loro due, almeno mi rendo conto che io e Alex non siamo gli unici a comportarci così.

<< Okay, che qualcuno proponga altro prima che questi due si uccidano >>

Sarah ha ragione, infatti, Bianca si alza dalla sua postazione per poterci guardare tutti quanti in faccia. Si schiarisce la voce.

<< Possiamo organizzare un concerto di beneficenza dove raccogliamo i soldi destinati alla scuola. Facciamo esibire tutti gli studenti, così anche il pubblico sa la scuola che cosa può offrire ed è più incentivato ad offrire denaro >>

Sorrido. Bianca non è poi così stupida come vuole sembrare. Le applaudiamo tutti quanti, facendola diventare rossa in viso. Ellie segna la proposta su un quaderno mentre annuisce soddisfatta.

<< Penso che ad Haley andrà benissimo. Non credo ci siano problemi nemmeno per i ragazzi, sarà come fare un saggio di fine anno >>

Ora è il turno di Luke, che tutto impaziente si alza dal divano e ci guarda negli occhi uno ad uno, sorridendo come un pazzo maniaco. Prima di parlare, si sfrega le mani compiaciuto per quello che vuole dirci.

<< Tutti noi sappiamo cantare, suonare e recitare, giusto?>>

Annuiamo. Non so dove voglia andare a parare, ma è tutto orgoglioso, così decido di non intervenire ed aspettare che finisca il discorso.

<< E come noi, tutti i ragazzi dell'università >>

Luke fa un'altra pausa, facendomi venire il nervoso. Anche Ellie è impaziente, lo guarda come se volesse incenerirlo, con la penna che picchia insistentemente contro la copertina nera del quaderno. Lei mi somiglia sotto questo aspetto, entrambe vogliamo tutto subito.

<< Io direi di formare un grande gruppo teatrale ed organizzare un musical. Possiamo considerarci semi professionisti e il direttore dell'Apollo Victoria Theatre mi deve un favore, non credo ci siano problemi se ci esibiremo lì >>

Se l'idea di Bianca era geniale, la sua è qualcosa di indescrivibile. L'Apollo Victoria Theatre ospita, davvero, un grande numero di posti a sedere ed è uno dei miei teatri preferiti. Non avrei mai detto che Luke Jackson sarebbe stato in grado di pensare ad una cosa del genere.

Ellie si congratula con lui, seguita poi da tutti gli altri. Io mi limito a guardare Luke venire elogiato, non riesco a smettere di sorridere. Luke è convinto che io sia fantastica, ma non si è mai accorto di quanto lui sia speciale. Non lo è solo per me. Tutti noi lo consideriamo una sorta di guida. I ragazzi, in particolare, si rivolgono sempre a lui quando hanno bisogno di un consiglio.

<< Oh, aspettate. So che Ellie si occuperà dei costumi, quindi, che ne dite di venderli poi a Camden Market? >> Domando.

<< Vedi che tu mi completi? >>

Luke ride, avvicinandosi a me e dandomi un bacio sulla guancia. Penso di diventare rossa, perchè Bianca mi sta osservando da lontano con uno sguardo compiaciuto. Se zia Cat e mia madre sembrano delle ragazzine innamorate di una coppia di un telefilm quando parlano di me e Luke, Bianca è anche peggio.

Mi sposto dal ragazzo, andando a sedermi vicino a Sarah.

Ellie segna anche questo sul suo quaderno, prima di fare il punto della situazione.

Dobbiamo organizzare un concerto, un musical, un mercatino e dobbiamo chiedere una colletta ai ragazzi della scuola. Osservando i miei amici, che sono tutti felici ed emozionati per quello che dovremo fare, capisco che questa volta le cose andranno davvero per il meglio.

<< Dobbiamo solo trovare, altri attori, un regista, un musical, una band e un posto dove provare >>

L'entusiasmo generale scema dopo l'osservazione di Liam. L'unico a non essersi perso d'animo è Luke che, ancora una volta, sorride serafico.

<< Al musical ci penso io >>

<< E io so chi contattare, fidatevi di me >> Dico.

Ho un piano e so che sto andando incontro ai guai, ma se questo è un gioco è ora che i duri comincino a giocare.

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Eccomi qui, reduce dalle prove scritte della maturità.

Avendo scoperto che ho l'orale il tre - giorno in cui morirò - ho deciso di postare questo capitolo. Finalmente le cose si stanno movimentando per i ragazzi e, anche se è corto, qui succede un fatto importante: hanno deciso di fare il musical. Io li invidio, ho già provato la gioia di esibirmi in un musical e non so che darei per riprovarla.

Mi sto dilungando come mio solito, al prossimo capitolo e ditemi che ne pensate!

Prosit,

Becka

 

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


Capitolo Cinque

 

<< No. >>

La risposta secca di Alex mi lascia pietrificata. Alzo un dito, pensando a qualcosa da aggiungere, ma lui si limita a sbuffare e uscire dalla camera.

Lo seguo con lo sguardo, rimanendo impotente, la bocca semi aperta in cerca di parole da usare.

A volte vorrei entrare nella mente di mio fratello per riuscire a capirlo. Mi piacerebbe sapere che cosa gli sia successo per essere diventato così odioso e insopportabile, perchè più passo del tempo insieme a lui, più mi risulta difficile comprenderlo ed è un peccato considerando che, per quanto non voglia, lui rimarrà sempre mio fratello.

Alzo gli occhi al cielo e trattengo il respiro. Se mi riuscissi a calmare, forse potrei trovare qualche motivo che lo spinga ad accettare.

 

Haley e Fred, dopo aver saputo ed approvato l'idea di organizzare un musical, mi hanno costretta ad anticipare il mio piano. A causa della loro insistenza, ho già fatto un bel buco nell'acqua. Ho sempre saputo che per convincere Alex avrei dovuto avere il bisogno dell'appoggio di mia nonna, infatti, avevo organizzato tutto in modo tale che sabato, una volta che la nonna fosse tornata da Doncaster, sarei andata a cena da loro e avrei fatto la mia proposta ad Alex. Le cose, ovviamente, non sono andate così. Martedì pomeriggio Haley mi ha chiamata esortandomi a contattare tutte le persone che mi erano venute in mente prima di venerdì, perchè, citandola, “più tempo abbiamo, più l'arte penetrerà nelle nostre menti”, ossia cominciando subito, avremo più tempo per gestire il musical.

Come avevo immaginato, senza la nonna dalla mia parte, Alex si è rifiutato di aiutarci.

 

Mi passo una mano tra i capelli e lo raggiungo nella piccola cucina bianca. Se non avessi davvero bisogno di lui, non lo inseguirei implorante in questo modo.

<< Alex, tu vuoi diventare un regista e noi abbiamo bisogno proprio di un regista! Questo musical potrebbe essere un trampolino di lancio per la tua carriera! >>

Alex, comodamente seduto al tavolo, mi guarda attraverso il vetro del bicchiere con cui sta bevendo. Lo poggia con tutta calma sopra la tovaglia macchiata di plastica e poi si schiarisce la voce.

<< No >>

Mi lascio sfuggire un gemito di frustrazione, battendo le mani sul tavolo.

<< Che cosa ti costa? Che problema hai? Ti sto chiedendo di fare ciò che ami di più al mondo!>>

Devo essere davvero esasperata, perchè la mia voce esce roca, graffiandomi la gola. Mi sto costringendo a non urlare, non voglio dare a mio fratello anche la soddisfazione di vedermi furiosa. Lui alza le spalle, continuando a bere.

<< In realtà, uno spettacolo da quattro soldi non sarà mai un trampolino di lancio e poi, vuoi che io sia sincero? >>
Socchiudo le palpebre, serrando entrambe le mani in un pugno. So per certo che dirà qualcosa di talmente cattivo da farmi arrabbiare, ma si sta sforzando di parlare, perciò gli faccio cenno di continuare, mordendomi l'interno della guancia per evitare di interromperlo con qualche commento.

<< Nessuno pagherebbe così tanto per vedere un gruppo di illusi che recita, non siete né famosi, né abbastanza interessanti per attirare l'attenzione del pubblico >>

Sento la rabbia ribollirmi nello stomaco, alcuni insulti stanno lottando dentro il mio esofago, vogliono essere liberati, ma deglutisco. Non ha tutti i torti. In effetti, ha fatto luce su una questione che ho dato per scontata. Chi comprerebbe mai un biglietto dell' Apollo Victoria Theatre per vedere il musical di un gruppo di ventenni sconosciuti? Gli unici che potrebbero farlo sono altri, come noi, che amano il teatro e farebbero di tutto per incentivare i programmi artistici per i ragazzi, ma non sono molti coloro che la pensano in questo modo. Per esempio, persone come mia madre appiccherebbero anche un incendio all'università per obbligarci a scegliere un'altra facoltà più realista e concreta.

Faccio una smorfia, lasciandomi cadere sulla sedia di fronte a mio fratello. Riusciremo davvero a guadagnare tutti quei soldi con questa idea? Stando all'entusiasmo di Haley e Fred, la risposta è un sì, però non ne sono convinta del tutto.

<< Lea, senti. Io voglio che tu continui a studiare ciò che ami, ma non credo che farsi in due per questo spettacolo possa servirti a qualcosa. Ci sono tante altre scuole di musica a Londra ed ho sentito da Paul che L'Old Vinyl è al sicuro >>

Il tono della sua voce si è ammorbidito. Mi prende alla sprovvista, infatti, ero pronta a maledire tutti i miei proponimenti di rimanere calma e sfuriargli contro.

<< Alex, non si tratta solo di me >> Sospiro tranquilla << Si tratta di Haley e Fred, a cui voglio davvero tanto bene, che vivono in funzione della loro scuola; si tratta di Sarah e Bianca, che lavoravano lì, e si tratta di tutti i miei amici che hanno bisogno di quel posto >>

Alex mi guarda pensoso, versandosi altro succo alla pesca nel bicchiere.

In quel momento capisco di essermi illusa. Lui non capirà mai che cosa significhi tenere ad altre persone, mio fratello è sempre stato egoista. Il ricordo di un'estate di una decina di anni fa, mi riaffiora nella mente.

Io, Alex e Robbie eravamo seduti sulla riva di un fiume. Le acque verdi erano calme, non vi era neanche un filo di vento. I miei due fratelli stavano giocando con i ciottoli bianchi che si erano depositati sul lembo di terra, trasportati dalle acque del fiume. Si divertivano a farli saltare sulla superficie dell'acqua, facendo a gara a chi mandava più lontano il sasso. Io li guardavo annoiata, sperando che di lì a poco sarebbe arrivato mio papà e mi avrebbe portata a fare il bagno nel punto del fiume in cui ci toccavo. Robbie stava vincendo di gran lunga, giocava a baseball e gli allenamenti lo avevano reso un bravo lanciatore. Inutile dire che Alex fosse furente, più volte aveva provato a tirargli i sassi addosso, per fargli male e poter vincere, ma Robbie era sempre stato pronto a schivare ogni suo lancio. Ad un certo punto, non mi ricordo come, Alex mi interpellò, chiedendomi chi avesse lanciato il sasso più lontano quella volta. Rimasi di stucco, non sapendo che dire. Infatti, avevo perso la voglia di guardarli e mi ero immersa nei miei pensieri. Non avendo pronta alcuna risposta, diedi per scontato che fosse Robbie il vincitore, così dissi ad Alex che aveva perso. Accadde tutto in pochi secondi, il tempo di sbattere le ciglia, che mi ritrovai in acqua, agitando le braccia e le gambe spaventata per riuscire a stare a galla – non sono mai stata brava a nuotare -

Solo una volta che mio padre era venuto in mio soccorso capii quello che era successo. Per salvarmi dall'enorme masso che Alex aveva raccolto con l'intenzione di scagliarmelo contro, Robbie mi aveva buttata in acqua e si era beccato il sasso su un piede. Nè Robbie né Alex raccontarono ciò che era davvero successo a mio padre, Robbie si limitò a prendersi la colpa e come punizione, non uscì di casa per tutto il resto dell'estate. Alex non lo ringraziò mai, l'unica cosa che gli importava era essere salvo da qualsiasi tipo di punizione.

Io non avevo mai perdonato Alex per quello che aveva fatto, a causa del suo stupido egoismo aveva rovinato l'estate a nostro fratello e io non ero più stata in grado di immergermi nell'acqua.

<< Sai già chi altro contattare? >>

Mi chiede Alex facendomi tornare al presente.

<< Come regista? >> Domando.

<< No, come musicista. Sai, quelli che suonano gli strumenti >>

Mi guarda come se fossi una stupida. Alzo gli occhi al cielo ed incrocio le braccia al petto. Mi tratta sempre così quando non capisco al volo quello che vuole dirmi. E' un altro aspetto del suo carattere che trovo irritante.

<< Diciamo che mi piacerebbe chiedere ad un gruppo di unirsi, ma non so se accetteranno mai>>

Alex fa un sorriso e torna a bere il suo succo.

<< Fammi sapere, sorellina >>

 

*

 

Il The Rouge è un piccolo pub situato nel quartiere di King's Cross, vicino ad un Hotel perennemente chiuso e un negozio di tatuaggi. E' il bar più piccolo e sporco che abbia mai visto, ma è l'unico posto che offre la possibilità alle giovani rock band di esibirsi gratuitamente.

Io e Bianca entriamo a disagio, lasciandoci avvolgere dal fumo. L'odore pungente delle sigarette mi entra subito nelle narici, facendomi tossire. Il locale è troppo rumoroso, persone si urlano da una parte all'altra della stanza; uomini ubriachi e fatti cantano a squarciagola canzoni sconce e la musica che proviene dalle casse è talmente tanto alta da dare l'impressione di far sanguinare le orecchie. Mi guardo intorno. Oltre la cortina di fumo, riesco a distinguere i poster di alcune rock band attaccati alle pareti del locale, delle lampade rosse illuminano debolmente il posto, rendendo tutto ancora più caotico.

Bianca mi prende per mano, trascinandomi verso l'angolo bar. Il bancone bianco è sudicio e pieno di bicchieri vuoti. Mi siedo su uno sgabello, continuando a guardarmi in torno.

<< Sai, per essere qui solo per motivi di “lavoro”, sei una bomba >> Mi urla Bianca dopo aver ordinato due birre.

Inarco un sopracciglio, voltandomi verso di lei.

<< Sei già ubriaca? >>

Lei accenna una risata, si muove a tempo di musica, lasciandosi trasportare dal clima del locale.

Non sono per niente una bomba. Dopo essere scappata dalla casa della nonna, sono corsa a prepararmi per uscire. Ho messo il primo vestito nero che ho trovato e mi sono fatta una coda spettinata solo per contenere il cespuglio di ricci che mi ritrovo al posto dei capelli, sembro una donna delle pulizie che ha lavorato per ventiquattro ore di fila.

Torno a scrutare ogni singola persona nel locale, quando il barista mi da un colpetto sulla spalla, porgendomi le due birre.

<< A lei, Miss >>
Le prendo sorridendo, evitando di far scivolare i bicchieri.

<< Grazie >>

<< Allora, è la prima volta in questo posto? >>

Evito di roteare gli occhi, intrattenere una conversazione con il barista è l'ultimo dei miei desideri, ma scuoto la testa, mantenendo un'aria allegra.

<< No, sono già venuta un paio di volte qui, si era esibito il gruppo del mio migliore amico >>

Il barista fa un sorriso scoprendo i denti. Ne ha almeno tre oro, ma l'incisivo nero cattura la mia attenzione. Bevo un sorso di birra per distogliere lo sguardo e placare il mio disgusto.

<< E chi erano? Spero non gli “Achilles” >>

Il barista emette una risata, simile al grugnito di un maiale. Stizzita, poso il bicchiere sul tavolo, fulminandolo con gli occhi.

<< Che problema hanno, scusi? >>
Povero uomo, dal tono della mia voce capisce che il gruppo di Luke sono proprio loro. Ha un'espressione mortificata in viso, ma non riesco a fingere di essere felice. Ho troppa rabbia depressa addosso e nessuno si deve permettere di parlar male dei miei ragazzi.

<< No, no niente... solo che sono dei damerini, sembrano più una boy band che un gruppo rock >>

Sbuffo. Sto per ribattere, quando il barista fa un gesto con la mano, come per cancellare ciò che ha appena detto.

<< Lascia stare, Miss. E invece tu? Canti, suoni o ti piace solo la musica? >>

Non faccio in tempo a rispondere, grata che avesse cambiata argomento, che Bianca si intromette nella conversazione.

<< Mi dispiace Jim, ma lei è occupata >>

Bianca mi afferra un braccio, senza smettere di muoversi a tempo di musica, e bevendo metà bicchiere di birra. Sia io che Jim ci guardiamo perplessi, di certo io non so a chi si stia riferendo la mia amica. Dovevo, comunque, aspettarmelo: sembra che la mia vita privata sia stata programmata da genitori e amici fino alla vecchiaia.

<< E con chi starebbe la Miss? >>
Sorrido a Jim, sforzandomi di non essere irritata a causa di quello stupido soprannome. Alzo le spalle e allargo le braccia, facendogli intendere che nemmeno io so che cosa sta farneticando Bianca.

Lei accenna una risata, appoggiando i gomiti sul bancone per indietreggiare il capo verso Jim.

<< Con lui >>

Bianca allunga un braccio e indica il ragazzo appena salito sullo stretto palco di legno, posto sul fondo della sala.

Sembra fuori luogo rispetto alle altre persone nel locale, con la sua felpa rossa e la sua chitarra elettrica nera tra le mani. Si scompiglia i capelli con un gesto veloce della mano. Le maniche della felpa sono corte e lasciando intravedere il suo polsino di cuoio. E' serio, gli occhi che guizzano da un angolo all'altro del locale.

Si schiarisce la voce e si gira per parlare con gli altri due membri della sua band, dopodichè torna verso il pubblico, che ha smesso di schiamazzare e si è fermato, in attesa che il ragazzo parli.

<< Buona sera a tutti, noi siamo i Clanck e questo è il nostro tributo al fantastico Bob Marley >>

Così dicendo, la base attacca e Eric comincia a cantare No Woman, No Cry.

 

*

 

Il piccolo concerto finisce troppo presto. Sarei stata altre ore a sentire Eric suonare e cantare, con la sua voce roca e profonda. Devo ammettere che Bob Marley non è proprio il loro genere, ma se la sono cavata bene. Dopo dieci canzoni, i Clanck salutano il pubblico, sparendo nel retro del locale.

Mi volto verso Bianca e Jim, ancora sorridente e persa nei miei pensieri. Penso di essere stata per tutto il tempo con un sorriso da ebete stampato in faccia, applaudendo come se Eric stesse cantando solo per me.

<< Miss, hai gli occhi a forma di cuore >>

Mi volto ancora stordita verso Jim, accennando una risatina. Bevo un sorso di birra, pensando ai suoi meravigliosi occhi scuri.

<< La piccola Lea è andata, credo >> Dice Bianca.

Mi posa una mano sulla fronte, scrutandomi con i suoi occhi verdi. Sospiro e mi sistemo il vestito. Anche se mi piacerebbe passare altro tempo a fantasticare su Eric, devo entrare in azione e fare ciò per cui sono venuta in questo locale.

Pago Jim.

<< Dove sono andati i ragazzi che si sono esibiti? >> Chiedo.

Lui mi guarda malizioso, ridandomi i soldi.

<< Stasera offre la casa. Sono sul retro, ma dovrebbero rimanere qui perchè hanno un buono per un drink gratis >>

Lo ringrazio, prendo Bianca per una mano e la trascino tra la folla, camminando a tentoni tra le persone che si sforzano a ballare in quello spazio limitato davanti al palco.

Imbocchiamo lo stretto corridoio verde acido che porta sul retro, stringendoci di più una contro l'altra. La musica si affievolisce, fino a sparire alle nostre spalle.

Il corridoio ci porta fuori dal locale, in un piccolo vicolo odorante di naftalina, le pareti coperte da manifesti sbiaditi e consunti. Sulla destra si intravedono le finestre del negozio dei tatuaggi, mentre sulla sinistra, un divano logoro marrone ed uno specchio illuminato fungono da camerino per i cantanti del The Rouge.

Eric sta chiacchierando con Rick, seduto sul divano, mentre Drew, il batterista, si sta sistemando i corti capelli biondi allo specchio. La luce fioca delle lampade al neon, posizionate a ridosso del muro, illumina i loro visi.

<< Ehi ragazzi! Siete stati bravissimi! >>

L'esclamazione di Bianca cattura l'attenzione dei ragazzi che alzano il viso verso di lei. Rick corruga la fronte e poi si volta verso Eric, aspettando la sua reazione.

Sorrido, sforzandomi di non insultare il ragazzo. Non ho mai trovato nessuno antipatico come Enrique, anche Alex messo a confronto con lui risulta piacevole.

Enrique, o più comunemente chiamato Rick, è uno dei migliori amici di Eric ed è il ragazzo di Sarah. Che cosa lei ci trovi in lui ancora è un mistero. Passando oltre l'aspetto fisico, che non è niente di speciale, caratterialmente Rick è insopportabile: snob, presuntuoso, egocentrico ed egoista; esattamente tutto il contrario della mia amica. Purtroppo i due stanno insieme da quando la conosco e sembra che niente possa dividerli.

Eric, al contrario, si alza dal divano, venendoci incontro. Sorride radioso, la lingua tra i denti.

<< Anne, non avrei mai pensato che sareste venute qui! >> Esclama dandomi un veloce abbraccio. Ricambio il gesto impacciata, usando tutta la mia forza di volontà per non arrossire.

<< Avete fatto un tributo al mio cantante preferito, non me lo sarei perso per nulla al mondo>>

Eric continua a sorridere. I suoi occhi, fissi nei miei, non si staccano. In quel momento la mia testa si azzera, mi sono dimenticata il perchè io sia lì. L'unica cosa che desidero è rimanere ferma, a due metri di distanza da Eric, i nostri sguardi incrociati.

<< Ciao ragazze! >>

Drew mi porta alla realtà. Ci abbraccia anche lui, chiedendoci poi come stiamo. Drew è un altro allievo della scuola, cugino di Fred. L'ho sempre trovato a posto, anche se non ci siamo mai parlati davvero e non ho ancora ben inquadrato che tipo sia.

Rimaniamo a parlare per qualche minuto del loro spettacolo, elogiandoli più del dovuto.

Rick ci chiede come mai Sarah non ci sia, ma non sembra davvero interessato alla risposta. Scommetto che ha fatto quella domanda solo per risultare come il fidanzato interessato alla vita della sua ragazza. Infatti, quando gli diciamo che lei e Liam sono insieme a guardarsi uno dei film di Harry Potter, rimane indifferente, come se non avessimo aperto bocca.

<< A proposito, vogliamo chiedervi una cosa >>

Alle mie parole Rick fa un verso stridulo, come se si aspettasse che la nostra visita avesse un secondo fine.

Eric mi fa segno di sedermi accanto a lui sul divano, porta un braccio attorno alle mie spalle e sento, di nuovo, i suoi occhi penetranti addosso.

<< Dicci tutto, Anne >>

Prima di parlare do un'occhiata a Bianca che annuisce per esortarmi a vuotare il sacco. Inspiro decisa e poi parlo.

<< Sapete tutti che è successo alla nostra scuola di musica e sapete anche che ci stiamo attivando per raccogliere i fondi necessari in modo da ricostruirla. So bene che, come noi, a voi sta a cuore quel posto e stanno a cuore Fred e Haley.

<< L'altro ieri ci sono venute in mente un paio di idee per trovare i soldi. Vogliamo organizzare un concerto con tutti gli allievi della scuola, in modo da far vedere direttamente al pubblico in che cosa sta investendo i suoi soldi; e poi vogliamo organizzare un musical. Luke ha i contatti per farci esibire all' Apollo Victoria Theatre ed abbiamo bisogno di qualcuno che suoni >>

Eric, che è stato pensoso tutto il tempo, guarda i suoi compagni. Rimango in silenzio, trattenendo il respiro. Dopo il dissenso mio fratello, sono pronta a tutto. Dovrò mascherare la delusione, mi piacerebbe molto passare tutte le prove insieme ad Eric, ma riuscirò ad uscirne illesa.

<< Sapete già dove e quando provare? >> Chiede Drew, serio.

Annuisco.

<< Fred ha chiesto al rettore dell'università di lasciarci l'auditorium in prestito e lui ha accettato. >>

<< Poi, quando faremo le prove, lo decideremo venerdì, che ci sarà il primo incontro e dobbiamo vedere chi parteciperà >> Conclude Bianca.

<< Io ci sono, devo aiutare Fred e poi adoro l'idea >> Dice Drew.

Sorrido, mentre Bianca lo abbraccia ancora una volta.

<< Arruolate anche me! Sul serio Anne, chi ha avuto l'idea del musical? E' assolutamente geniale >>

Senza pensarci due volte, imito Bianca e getto le braccia al collo di Eric, il quale si lascia sfuggire una risata divertita. Mi sento avvampare, ma non mi importa.

<< E' stato Luke >> Rispondo contenta.

Eric inarca un sopracciglio.

<< Luke? >> Chiede.

<< Si, strano vero? >>
<< Davvero strano >> Ripete << A proposito, il tuo ragazzo non darà di matto perchè dovrà lavorare con me, vero? >>

Strabuzzo gli occhi, incredula. Spero che Eric mi stia prendendo in giro. Sento il sangue raggelarsi nelle vene, le mie dita formicolano e penso che il cuore abbia smesso di battere. Eric non può credere che io e Luke siamo fidanzati... non deve, non può pensarlo il ragazzo di cui sono innamorata.

<< Ti prego, non mi metterei con Luke nemmeno se fosse l'ultimo uomo sulla terra >> Rispondo seccata, evitando di fargli notare come mi abbia spiazzata.

Drew e Rick ridono cominciando poi ad avviarsi verso l'interno del locale.

<< Eric, che facciamo? Offriamo a Lea e Bianca da bere? >> Chiede Drew.

Eric, ancora più felice del solito, annuisce.

Lascia che i suoi amici e Bianca spariscano dentro il The Rouge, tenendomi con il braccio stretta a sé, per impedirmi di seguirli. Io rimango immobile senza sapere che cosa fare. Non ho la minima idea del perchè Eric si stia comportando da persona instabile, ma appena siamo soli, torna il ragazzo dolce di sempre.

Si volta verso di me, i nostri visi a qualche centimetro di distanza. Sento il suo respiro caldo sul collo, la sua mano si è spostata sul mio volto, mi sistema una ciocca di capelli che è saltata fuori dalla coda, dietro l'orecchio. Torno a sentire il battito del mio cuore. Respiro lentamente, incantata dai suoi occhi.

<< Perfetto, Anne >> Sussurra.

Neanche un secondo dopo, le sue labbra sono sulle mie e vengo travolta dal bacio che stavo aspettando da due anni. 

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Eccomi qui, tornata dal regno dei morti! In realtà, sono stata troppo presa con gli esami - da cui sono uscita con un mediocre 75 ( dannata fraulein Else!) - 
e ha fatto troppo caldo per stare davanti al computer, così ho scritto molto meno di quanto mi aspettassi.
Un'altro motivo che mi ha tenuta occupata è stato Harry Potter: ebbene, a diciannove anni ho letto la saga e me ne sono innamorata. Ho intenzione di prendere un gira tempo, salvare Fred e sposarlo, perchè si, lo amo e sono ancora in lutto per la sua morte. 
Tornando a Superstar, ho deciso di cambiare nome alla protagonista e BUM è fatto il misfatto! Mi sto riferendo al bacio e , povera Lea, se l'è meritato dopo la stronzaggine di suo fratello. 

Mi sto dilungando ancora una volta, al prossimo capitolo e ditemi che ne pensate!

Prosit,

Becka

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