Love, don't let me go.

di Elielihoran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter one. ***
Capitolo 3: *** Chapter two. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***



Capitolo 1
*** Chapter one. ***


Chapter One.





E’ risaputo: a nessuno piace settembre. Settembre segna la fine dell’estate, ma soprattutto l’inizio di un nuovo anno scolastico, che durerà nove lunghissimi mesi. Ci si può preparare un giorno, una settimana, un mese prima, ma non si sarà mai veramente pronti per la scuola. Questo, ad esempio, Calum non lo capiva proprio. A lui non importava di essere pronto per la scuola, che, a proposito, sarebbe iniziata l’indomani. Si sarebbe alzato, avrebbe indossato una t-shirt nera, degli skinny jeans neri e sarebbe uscito con gli occhiali da sole e le chiavi del motore alla mano. Beh, era anche vero che alla Sidney High School più il tuo look era trasandato più avevi successo tra le ragazze. Ormai, al quinto anno di liceo, Calum Hood e i suoi amici lo avevano capito bene.

Calum passò la mano sinistra tra i suoi capelli corvini davanti allo specchio, accertandosi che fossero presentabili, e uscì di casa, diretto a casa del suo migliore amico, Luke, al quale la sera prima aveva promesso un passaggio, visto il recente incidente d’auto subito dall’amico.
 
Luke Hammings era un’incognita. Sembrava essere un alto agglomerato di difetti. Era menefreghista, scorbutico, egoista e stronzo. Camminava con un’aria di mistero intorno e lo sguardo indecifrabile di chi, dopo anni di non curanza, ha capito come sigillare le emozioni. Ovviamente ciò faceva impazzire gli ormoni delle ragazze a scuola, insieme al fatto che, soltanto una ragazza a scuola era mai riuscito a conquistarlo, e poi aveva cambiato città. Luke Hammings era come un gioco, il cui scopo era quello di scoprire il più possibile su di lui. Nessuno ce l’aveva mai fatta, tranne ovviamente i suoi migliori amici: Calum, Ashton e Michael.


Quando Luke sentì finalmente il clacson della moto dell’amico, sbuffò, infastidito dall’attesa. Calum gli sorrise, porgendogli il casco. Luke gli sorrise di rimando, senza però afferrare ciò che l’amico gli stava porgendo. Calum gettò gli occhi al celo.
“Certo Luke, meglio morire che rovinare l’acconciatura” borbottò, girando la chiave e partendo. Luke dal suo canto sorrise divertito, consapevole che l’amico non avrebbe potuto vederlo, si avvicinò al suo orecchio in modo da farsi sentire.
“Beh, un altro splendido anno scolastico sta iniziando, non sei contento Cal?” urlò, fingendosi entusiasta.
“Ah-ah” rispose l’altro, “non vedo l’ora di sprecare i prossimi nove mesi sui libri” concluse.
 
Quando i due arrivarono a scuola, trovarono Michael e Ashton ad aspettarli. Michael aveva di nuovo cambiato colore di capelli, e stavolta si era presentato con i capelli verde acido, mentre Ashton aveva in testa la sua solita bandana, per tenere a freno i capelli che, secondo Calum, erano diventati troppo lunghi. Si salutarono con la solita stretta di mano, tipica dei ragazzi, e cominciarono a chiedersi delle rispettive estati. Michael era stato a lavorare a Melbourne con suo zio, Ashton aveva trascorso le giornate al mare a Los Angeles, a casa dei cugini, mentre Luke e Calum avevano trascorso la loro estate normalmente: insieme, giocando ai videogiochi, andando al mare o facendo piccole gite con la macchina di Luke, prima che quest’ultimo la distruggesse, s’intende.
“Non avete idea di cosa siano le ragazze americane in costume” raccontava Ashton, che aveva un vero e proprio culto per le curve delle ragazze.
“Hai finalmente trovato una ragazza, Ash?” chiese Michael, ridendo.
“Pff” emise Ashton in risposta, sorridendo malizioso “perché donare Ash ad una ragazza sola, se tante ragazze possono beneficiare di Ash?” rispose, provocando le risate divertite dell’intera comitiva. L’attenzione di Calum però fu attirata da qualcos’altro, non dai racconti di Ashton, né dalle battutine di Michael, ma da qualcosa, qualcuno, che stava attraversando il cancello d’ingresso al cortile. Jeans stretti, strappati, celesti. Maglietta nera, dei Guns ‘n’ Roses e lunghi capelli ricci. Riconobbe subito di chi si trattava: Joey Stone. Joey Stone era la ragazza più strana che la Sidney High School avesse mai visto. Apparentemente era Calum al femminile: skinny jeans strappati, magliette con loghi di band rock. In quattro – quasi cinque – anni di liceo, non aveva mai visto Joey in compagnia di qualcuno.
Il suono della campanella lo distolse dai suoi pensieri. Lanciò un sorrisino ai suoi amici prima di fare un cenno con la testa per comunicare che era l’ora di cominciare ufficialmente quell’ultimo anno scolastico. I quattro ragazzi si avviarono, sentendo, come di consuetudine, gli sguardi di tutti puntati addosso. Beh, il gruppo dei quattro ragazzi era riservato, chiuso. Anche se molti avrebbero voluto entrarci, e questo suscitava anche sguardi dalla parte maschile.

Non appena Luke ebbe appurato di avere matematica a prima ora, non volle nient’altro fuorché scappare. Odiava l’insegnante di matematica sin dal primo giorno del primo anno. Era una grassona, indisponente e perfida, che trovava divertente torturare gli alunni in ogni maniera per poi stampargli una bella D come valutazione. Tra l’altro, ogni volta che Luke apriva la bocca, trovava sempre una scusa per mandarlo in presidenza, e quindi successivamente in detenzione.
Entrò in classe con i libri in mano, e li gettò malamente sul terzo banco della fila centrale, suo dall’alba dei tempi, e prese a giocare insistentemente con suo piercing al labbro, guardandosi intorno in cerca di facce nuove. La triste verità era che alla Sidney High School, non si vedevano mai facce nuove, e quindi Luke si ritrovava a guardare sempre le solite orribili e fastidiose facce.
La professoressa fece il suo ingresso in aula, poggiando tutto ciò che teneva in mano sulla cattedra, e cominciò a scrutare gli alunni, finché annunciò un bel compito in classe. Luke imprecò mentalmente, ma si lasciò sfuggire un ‘questa è pazza’, cosa che, chiaramente, arrivò dritta alle orecchie della professoressa.
“Come ha detto, Hammings?” chiese con il solito ghigno cattivo di una persona che sta per rovinare la giornata ad un’altra.
“Niente, professoressa” rispose Luke, con tono piatto, conoscendo già la sua sorte.
“Bel tentativo” rispose lei. “La suola è iniziata soltanto da cinque minuti e lei avrà già il piacere di fare una bella visitina al preside”. Luke si alzò, prese le sue cose e si diresse fuori dall’aula senza dire una parola.
 
A Joey non fregava niente, del lunedì, di settembre, della scuola. Assolutamente niente. Voleva solo concludere quell’anno in fretta, senza complicazioni, e poi scappare via da Sidney. Si era fermata a fumare una sigaretta fuori da scuola, e quando era entrata in aula, il professore di storia l’aveva mandata dal preside, perché ‘eccessivamente fuori orario, signorina Stone. Crede che qui si aspettano i comodi degli alunni?’.  Per fortuna, il resto della giornata filò liscio, e si ritrovò seduta nell’aula delle punizioni, insieme ad altri poveri malcapitati ai quali era stato rovinato il primo giorno. Tirò fuori un quaderno e una matita, e cominciò a disegnare, finché non sentì la sedia accanto alla sua spostarsi. Si distrasse un attimo dalla sua opera, e notò che un ragazzo biondo aveva preso posto accanto a lei, e che adesso guardava il suo disegno. Joey l’ignorò, e continuò a disegnare.
“Mi piace” la interruppe dopo un po’ il ragazzo “però secondo me dovresti aggiungere un po’ di colore” concluse. Joey guardò prima il ragazzo, poi il disegno, poi di nuovo il ragazzo e rispose: “Io non coloro i miei disegni”.
“Beh, non pensi che i colori contribuiscano a rendere il disegno più realistico e, sì, in qualche modo più singolare?” domandò ancora, incuriosito.
“Penso solo che non sono brava a colorare, e finisco sempre per rovinare il mio disegno” rispose, sorridendo lievemente “Joey Stone, comunque”.
“Luke Hammings” rispose lui, sorridendole di rimando.
“Tu sai disegnare?” domandò allora lei, con vivace curiosità.
“Me la cavo meglio con i colori, in realtà” rispose ancora, non distogliendo gli occhi dal disegno della ragazza.
“Vuoi colorarlo tu?” chiese ancora, porgendogli il disegno “domani me lo porti, e vedremo se è meglio a colori oppure in bianco e nero”. In tutta risposta il ragazzo prese il disegno e lo mise nello zaino, sorridendo debolmente alla ragazza.
 
Lungo il tragitto verso casa, Joey non fece altro che pensare alla povera fine che avrebbe fatto il suo disegno, ma Luke le era sembrato abbastanza affidabile.

Il giorno dopo, Joey arrivò a scuola, stavolta dieci minuti prima, e si sedette su un muretto, tirando fuori una sigaretta dal pacchetto delle sue Lucky Strike e cominciò a cercare l’accendino. Ad un tratto, una mano che reggeva un accendino si protese verso la sua sigaretta, accendendola. Joey aspirò, sorridendo a Luke Hemmings, che nel frattempo aveva riposto il suo accendino in tasca. Senza dire niente aprì lo zaino e tirò fuori il disegno colorato che la mora aveva fatto il giorno prima. Joey lo guardò sorridendo, soffiando fuori il fumo e tenendo la sigaretta tra l’indice e il medio.
“Mi piace” borbottò, inclinando la testa, concentrata sul disegno “rende di più a colori, in effetti” disse soddisfatta. Poi allungò la sigaretta, ormai a metà, verso la bocca del biondo. “Vuoi?” chiese. Il biondo avvicinò la bocca e senza dire niente aspirò, e poi buttò fuori. Anche a lui piaceva molto il risultato finale. Se avesse saputo disegnare bene come sapeva colorare, quei disegni avrebbe potuto farli lui, da solo. Ma quel disegno con i suoi colori aveva preso vita, ed aveva decisamente un aspetto bellissimo.
 
I ragazzi guardavano Luke da lontano, perché poco tempo prima si era allontanato da loro per andare a parlare con niente di meno che Joey Stone. L’avevano osservato mentre tirava fuori un foglio dalla borsa e lo mostrava alla ragazza, che sorrideva sorpresa. Poi l’avevano guardato mentre aspirava dalla sua sigaretta, e stavolta l’espressione sorpresa l’avevano loro.
“Ma da quando si conoscono?” domandò Michael.
“Da quando Joey Stone parla con qualcuno?” scherzò Calum.
“Da quando Luke fa amicizia con le persone?” rise ancora Ashton “gli toccherà raccontarci tutto, povero Lukey”.
“Com’è possibile che la scuola è cominciata ieri e già Luke ha fatto conquiste? Qualcosa non va” borbottò Calum, con finto fare da detective, e assaporando già il momento in cui tutti e tre avrebbero portato Luke allo stremo con le loro domande invadenti che l’avrebbero costretto a confessare.


BUONGIORNO. 
Dopo un periodo di assenza totale, sono tornata con una nuova idea per una storia. L'ho buttata giù un po' così, senza avere ben chiaro come continuerà, ma conto di continuarla e aggiornare spesso. Non ho ancora deciso se questo capitolo mi piaccia o meno, perchè forse mi sembra di star facendo accadere le cose un po' troppo infretta, voi che dite? 
Fatemi sapere, magari scrivendo una recensione, se sto andando troppo in fretta o se il capitolo è brutto! Inoltre, vista la mia pigrizia che comporta molto, mooolto tempo libero, se avete pubblicato qualcosa su EFP, ditemelo, che passo a leggerla :D 
Lot of love, Elielihoran. <3

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Capitolo 3
*** Chapter two. ***


Chapter two. 





Non appena arrivò a casa, Joey appese il disegno nella bacheca di sughero, che si trovava sotto lo scaffale dei libri di scuola, sulla destra della porta della sua camera. L’idea che qualcuno potesse mettere le mani sui suoi disegni l’aveva sempre infastidita, e si era subito pentita di aver dato il suo disegno a Luke, il giorno prima. Tuttavia, era innegabile che i colori del ragazzo l’avessero nettamente migliorato. Joey era sempre stata una ragazza solitaria e riservata, e tendeva a prendere in giro le ragazze a scuola che erano circondate da tanti amici, che lei, da osservatrice qual era, riteneva tutti falsi. Ripensando al pomeriggio precedente, si dava della stupida. Si dava della stupida per aver parlato con Luke Hammings, e, soprattutto, per avergli concesso anche solo di guardare il suo disegno. Insomma, Luke non era suo amico, non lo conosceva neanche! Le sembrava di essersi comportata come uno di quegli stupidi film in cui la protagonista diventa subito amica del compagno di laboratorio emarginato. Nella vita reale non funzionava così, non nella vita di Joey Stone almeno. Sfortunatamente, Joey aveva una visione davvero pessimistica della vita. Non credeva nell’amicizia, né nell’amore. Per questo aveva sempre preferito stare da sola. Lei credeva che, nel bene e nel male, l’amicizia fosse destinata a finire, e non sapeva neanche perché aveva dato confidenza a Luke Hammings, il pomeriggio precedente, e neanche perché l’avesse trattato come se fossero amici, come se si conoscessero. Di sicuro il giorno dopo, e tutti gli altri giorni a venire, Luke l’avrebbe salutata, e si sarebbe anche soffermato a parlarle, cosa che Joey voleva assolutamente evitare.
Guardò il disegno, e decise che quella sarebbe stata la sua sistemazione. Dopo di che, scese al piano inferiore, dove si trovava la sua mamma, che, appena tornata dal lavoro, stava mettendo a posto ciò che Matt, il fratello minore di Joey, aveva messo in disordine.
“Allora tesoro? Com’è andata la giornata?” chiese Hanna, sorridendo teneramente alla figlia.
“Nulla di sensazionale” sentenziò la ragazza “un’altra monotona e noiosa giornata scolastica” concluse, aiutando la madre a mettere a posto. “Dov’è Matt?” domandò allora, rendendosi conto che del bambino non c’era traccia.
“E’ corso subito di sopra” rispose la mamma, sorridendo stanca. Joey sorrise di rimando, e salì al piano di sopra, per vedere cosa facesse il suo fratellino. Aprì piano la porta della cameretta. Matt era seduto sul tappeto azzurro e, con minuziosa cura e religioso silenzio, posizionava i mattoncini lego uno sopra l’altro. Joey sorrise tra se e se.
“Si può?” disse piano, aprendo un poco di più la porta. Matt alzò lo sguardo stralunato, di chi si è appena svegliato di soprassalto, e sorrise alla sorella.
“Jo! Entra!” esclamò poi, entusiasta. Joey entrò e prese ad osservare prima il bambino, che nel frattempo aveva ripreso a maneggiare mattoncini, e poi la scultura.
“Cosa è?” domandò, sedendosi accanto a Matt, cercando ancora di capire cosa stesse cercando di fare. Matt sorrise, senza però guardarla in viso, troppo concentrato.
“Sto facendo una nave pirata” rispose, felice. Joey sorrise e guardò intenerita il fratellino. I riccioli castani, un po’ più dolci dei suoi, erano senza una forma, e gli occhioni grigi saettavano da un lato all’altro del pavimento per cercare il mattoncino del colore che aveva scelto. Magari Matt, dopo un pomeriggio al lavoro con la sua mamma, voleva solo giocare e stare un po’ per i fatti suoi, pensò Joey. Perciò in silenzio si alzò e uscì dalla stanza, accostando leggermente la porta. Tornò nella sua, di stanza. Accese il computer e collegò la tavoletta grafica che la sua mamma le aveva regalato per Natale. Si rigirò qualche secondo la penna tra le mani e, dopo averla mordicchiata un po’, cominciò a tracciare linee disordinate. Si sentiva bene, quando disegnava. Era una cosa che amava fare, e le sarebbe davvero piaciuto disegnare fumetti. Si sentiva bene quando teneva una matita tra le mani. Disegnava da così tanto tempo, che la sua unica amica era la matita. Gira e rigira, a Joey capitava spesso di pensare all’amicizia. Non è che lei fosse asociale, a scuola conosceva qualcuno e quando voleva scambiare due chiacchiere c’era sempre una persona con cui farlo. Soltanto non aveva trovato qualcuno per cui valesse la pena rischiare i propri segreti e non sentiva la necessità di farlo.


Joey scese le scale, dopo che sua madre l’ebbe chiamata circa tre volte per la cena. Non ce la faceva proprio a lasciare una linea incompiuta, perciò aveva perso un po’ più di tempo. Allo stesso tempo la sua mamma l’aveva capito, e non si era arrabbiata. Conosceva Joey, e sapeva cosa stava facendo al piano di sopra, ma l’aveva comunque chiamata più volte, per evitare che si scordasse, nella troppa concentrazione, di essere stata chiamata.
Si sedette a tavola, la famiglia Stone, raccontandosi del più e del meno, e di come era trascorsa la giornata.
“Oggi ero l’unico ad aver fatto i compiti” disse Matt, entusiasta “la maestra mi ha fatto i complimenti!” concluse. E le due donne di casa sorrisero, per l’ingenuità di Matt. E Joey si ritrovò a pensare a quanto è bello essere bambini. Non ci si preoccupa di niente, e non c’è bisogno di star molto tempo a pensare, se non a quale sarà il prossimo gioco che implorerai ai tuoi genitori. E trovava l’innocenza e la remissività di Matt davvero adorabili. Lo guardò teneramente prima di domandargli di più. E la cena trascorse così, tra i racconti di Matt, quelli della mamma, che aveva raccontato delle strane persone che popolavano l’ospedale durante i suoi turni lavorativi e di Joey, che, invece, aveva semplicemente raccontato come il liceo e i professori fossero inutili, e di come, il giorno prima fosse finita in punizione per due minuti e cinquantacinque secondi di ritardo. La sera guardarono tutti un film insieme, e di regola, Matt a metà film si addormentò.
“Non preoccuparti mamma” bisbigliò la ragazza, per non svegliare il fratellino “lo porto a letto io, tu va a dormire” continuò dolcemente. La madre sorrise alla figlia.
“D’accordo tesoro” rispose “sogni d’oro” la salutò in fine.
Joey prese in braccio il fratellino, ancora leggero ed esile, per via dei suoi sei anni di età, e, facendo attenzione a non svegliarlo, lo portò su per le scale, adagiandolo sul lettino. Gli scostò dolcemente i capelli dalla fronte e poi, in silenzio, uscì, dirigendosi nella sua stanza.


BUONGIORNO! 

Come state?:D 
Eccomi qui con un nuovo capitolo della storia, assolutamente di passaggio. Ho cercato di rallentare un po' con la storia, nonostante sia contro la mia indole. Questo capitolo è stato un parto, e non ne sono ancora del tutto contenta ma vabbè, lo pubblico lo stesso ahahahah. 
Ci addentriamo un po' nella vita di Joey, la nostra protagonista. La sua vita è normale, una bella famiglia, una bella casa. L'unica cosa strana è l'assenza di amici, parte della storia che tratteremo più avanti. Ho molte idee per questa storia, perciò appena pubblico questo capitolo corro subito a cominciare quello successivo! 

Ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e chi ha recensito! I vostri pareri sono sempre molto bene accetti ahahahah al solito, se state scrivendo qualche storia ditemelo, che passo a leggere!!:D 

Baci, Elielihoran<3

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3.



Prima di uscire di casa, Joey aveva controllato dieci volte di avere l’accendino in tasca, giusto per evitare che un biondino trasgressivo accorresse in suo aiuto. Voleva evitarlo. Non voleva salutarlo né vederlo. Per evitare anche eventuali punizioni, quel giorno era andata a scuola in vespa, cosa che non faceva da quando, al primo anno, i simpatici compagni di scuola avevano rovinato la moto scarabocchiando in nero la vernice rossa lucida.

Joey Stone era la ragazza più misteriosa del mondo. Non si era neanche accorta che, non appena aveva varcato il cancello che dava sul cortile sulla sua moto, aveva attirato su di se gli sguardi di almeno tre quarti del corpo studentesco. Non si accorgeva neanche che aveva una fila di ragazzi che le sbavavano dietro. Semplicemente girava per la scuola, a testa alta, senza degnare nessuno di uno sguardo. Era per questo che Calum Hood sperava ardentemente che Luke riuscisse ad entrare nelle sue grazie. Desiderava ardentemente conoscerla. Sostanzialmente, Joey riusciva a comportarsi nell’esatto modo in cui Calum voleva apparire: distaccato, solitario, difficile. Voleva capire. Capire come una ragazza così bella non andasse in giro a vantarsi e a giocare con tutti i ragazzi che avrebbero voluto conquistarla. Voleva capire come fosse possibile stare bene in una condizione di apparente solitudine. Sostanzialmente, quello che voleva fare era capirla.
 
Michael Clifford osservava. Osservava e studiava. Osservava e studiava chiunque gli capitasse intorno. Osservava le persone, le leggeva. Non parlava molto, ma ascoltava. Poche persone potevano vantarsi di aver sentito la voce di Michael Clifford. Michael aveva concordato con Calum, quella volta in cui aveva parlato della stranezza di Joey Stone. Lui non riusciva a leggerla, Joey. Non riusciva a capirla. Era il suo incubo. Era l’unica persona della scuola che non voleva osservare, troppo infastidito dal non riuscire a scorgere neanche un tratto del suo carattere. Ma che cosa aveva quella ragazza? I suoi occhi magnetici non lasciavano trapelare mai niente che Michael riuscisse a scorgere. Si sentiva come Edward Cullen nel primo film, quando non riusciva a sentire i pensieri di Bella. E si maledisse da solo per quello stupido paragone.

Invece Luke Hammings era contento. Luke Hammings quella mattina aveva sorriso al postino, al fornaio, aveva sorriso davanti lo specchio. C’era qualcosa, nell’aria che respirava Luke quella mattina, che gli trasmetteva felicità ed era quasi contento di andare a scuola, tanto che quel giorno era sceso di casa in largo anticipo, e per la prima volta, fumava una sigaretta all’entrata con tutta la calma del mondo.
Distolse l’attenzione dalle parole di Calum sul suo pomeriggio precedente solo per guardare Joey Stone, che, senza guardare nessuno in viso, si era diretta sulla sua vespa in parcheggio.
“Questa ragazza è strana” borbottò Ashton. Michael semplicemente distolse lo sguardo, quasi infastidito, mentre Calum era rimasto a fissare il punto in cui Joey Stone era sparita. Luke invece aveva sentito una sorta di euforia montargli dentro, e cercava di trattenere un sorriso.
Tutti e quattro puntarono gli occhi su Joey, appena uscita dal parcheggio ancora con le chiavi della moto in mano, che camminava a testa alta, ma non guardava nessuno. Luke salutò in fretta e furia i suoi amici, e affiancò Joey.
“Ciao” le disse con tono neutro, riuscendo a nascondere perfettamente l’euforia.
“Ei” rispose semplicemente Joey “qualcosa non va?” aggiunse.
“Tutto bene, e tu?” ribatté, d’un tratto imbarazzato.
“Meravigliosamente.” Disse la ragazza, allungando il passo e lasciando Luke in preda al suo improvviso – e inspiegato- malumore, che, stizzito tornò dai suoi amici, che si trattennero a malapena dallo scoppiare in una risata fragorosa, che avrebbe fomentato il nervosismo di Luke.
 
Alla fine della quarta ora, Joey sentiva l’ardente bisogno di fumare una sigaretta, un po’ perché in classe si annoiava, un po’ perché, semplicemente, le andava. Purtroppo però, non era cambiata la bidella, quell’anno, che aveva l’irritante abitudine di entrare regolarmente nel bagno delle ragazze, e se, per caso, beccava una di loro mentre fumava, era sospensione assicurata. Perciò Joey si era fatta un po’ più furba: la bidella entrava con molta facilità nel bagno delle ragazze, ma non con altrettanta facilità in quello dei ragazzi, al quale poteva accedere solo alla fine dell’orario scolastico. Quindi chiese all’insegnante il permesso di uscire dall’aula per andare in bagno, e, una volta ottenuto, controllò per bene che la bidella non avesse modo di vederla. Quando si assicurò che non ci fosse nessuno, sgattaiolò all’interno del bagno dei maschi, dove subito tirò fuori il pacchetto di Lucky Strike e l’accendino. Si avviò verso la finestra, in modo da non impuzzare il bagno, e aspirò. Si concentrò soltanto sul paesaggio che vedeva, e si pentì di non avere con se un foglietto e una matita, ma cercò di memorizzare il maggior numero di particolari, in modo da poterlo disegnare in seguito.
Degli strani versi la distolsero dai suoi pensieri, spense subito la sigaretta e si pentì di non aver controllato se i bagni fossero vuoti. Si chinò e passò in rassegna tutti i bagni, finché non vide delle scarpe, la persona all’interno era sicuramente seduta, perché Joey vedeva la suola delle scarpe, ed emetteva dei versi sofferenti.
“Tutto bene lì dentro?” domandò Joey, bussando leggermente. Nessuna risposta. Ancora quei versi. Joey fu pervasa da un senso di panico misto ad angoscia. Non sapeva cosa fare, così agì d’impulso, spinse con forza la porta e guardò sconvolta il ragazzo all’interno del bagno.
“Hood?” domandò, senza ricevere risposta.
Calum Hood stava evidentemente male. Stava seduto per terra, con la testa poggiata al muro. Gli occhi semichiusi, la bava alla bocca. Il panico di Joey aumentò. Poi fissò lo sguardo sul braccio sinistro di Calum. Aveva un laccio emostatico legato saldamente e una siringa ancora infilzata. Con delicatezza sfilò la siringa, accompagnata dai mormorii di Calum, e slacciò il laccio emostatico. Avvolse entrambi in degli abbondanti strati di carta igienica e li buttò nel cestino. Cosa doveva fare? Doveva lasciarlo lì? Oppure portarlo da qualche parte? Pensò in fretta, e scelse la soluzione che gli sembrò più logica.
“Sei maggiorenne?” gli chiese, velocemente. Il moro annuì. In fretta e furia Joey corse in presidenza, a prendere le autorizzazioni per l’uscita anticipata, poi tornò da Calum.
“Okay Hood” disse, più per incoraggiare se stessa “adesso devi firmare” aggiunse. Passò una penna al castano, che la tenne tra le dita, senza accennare a muoversi.
“Devi firmare!” quasi urlò “ce la fai a scrivere il tuo cazzo di nome su un foglietto?” il moro si riscosse, scrisse velocemente il nome sul foglietto, così che Joey potesse consegnarlo in presidenza.
Con non poche difficoltà, la ragazza riuscì a sollevare Calum, e, a piedi, caricandoselo sulla spalla riuscì a portarlo a casa. Joey non sapeva dove abitasse Calum, ma sapeva che di mattina casa Stone era completamente vuota, quindi portò il moro di sopra, e lo fece sdraiare sul suo letto. Non sapeva assolutamente come comportarsi con una persona drogata, lei non si era mai drogata e non era solita a passare del tempo con persone che lo facessero. Perciò in un primo momento rimase seduta sul letto accanto al ragazzo, che stava con gli occhi chiusi. Gli accarezzò leggermente la fronte, per spostare i capelli incollati dal sudore. Calum Hood sudava, ma era congelato. Prese un lenzuolo e glie l’adagiò di sopra, decidendo quindi di alzarsi e cominciare a preparare il pranzo.


Eeeeeei!!
Sono riuscita a scrivere, finalmente. Sono stata sommersa dalla scuola in questi giorni, perciò scusatemi davvero, ma non ho potuto aggiornare prima di adesso!
Beh, nonostante sia il terzo capitolo, abbiamo già un bel colpo di scena, e beh, la storia comincia proprio da qua. Non c'è molto da dire, da parte mia. Perciò il mio spazio autrice sarà davvero davvero cortino ahahahah. 
Ringrazio sempre tutti quelli che leggono la storia, e vi chiedo sempre di farmi sapere che ne pensate e anche se scrivete delle storie. 
Con affetto, Elielihoran<3
 

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