alpha e omega

di Irian
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo II ***
Capitolo 3: *** capitolo III ***
Capitolo 4: *** capitolo IV ***
Capitolo 5: *** capitolo speciale ***
Capitolo 6: *** capitolo V ***



Capitolo 1
*** prologo ***


AVVERTENZE:
 
 Salve a tutti, ho scritto davvero poco in questa sezione, ma oggi vi propongo un viaggio nella mia storia.
La mia storia parla di magia, di combattimento, di amore, di tradimenti, di odio, di follia, di atti spietati, di rispetto e libertà.
In realtà questa è una collaborazione con la mia amica Manuela (su efp _manu_), un capitolo è scritto da me e l’altro da lei, questo l’ho scritto io.
Le sorprese non finiscono qui perché vi dirò che questa storia in realtà non è nemmeno un’idea mia già già.
In realtà questa storia era stata cominciata dal mio amico Vireak (kaeriv su efp), lui aveva deciso di cancellarla, ma dal momento che era una bellissima idea su cui lavorare l’abbiamo “adottata” noi.
I personaggi sono gli stessi della storia originale di vireak (che si chiamava Benvenuti alla S.M.A.), anche se li abbiamo modificati un po’ (giusto un tantino).
In questa storia potrebbero esserci (anzi, ci saranno) accenni e comparse di personaggi, luoghi, nomi ecc. del libro (e serie) Il Trono Di Spade di George R. R. Martin e di altri libri.

Siamo in un mondo futuristico, la società e la tecnologia si sono evolute, ma non solo per svago e per amore del progresso, soprattutto per sopperire ad una mancanza avvenuta dieci anni prima.
Il più grande terremoto della storia ha distrutto l’Asia, l’Oceania, l’Antartide e parte dell’America.
L’Africa, L’Europa e appunto, Le Americhe, si sono separate in modo esponenziale dividendo il planisfero in quattro settori.
A Nord c’è l’America settentrionale, (dove è incentrata la storia) la nazione più sviluppata, dove si vive bene e c’è poca povertà.
A Sud troviamo l’America Meridionale, o quello che rimane di essa, una terra dove ormai vivono solo aborigeni e nativi americani, dove la tecnologia e il progresso sono un lontano ricordo, la lingua ufficiale è una lingua primitiva chiamata Dothraki.
L’America del Sud ha preso il nome di Continente Rosso.
A Ovest abbiamo l’Africa dove infuriano la povertà, ma soprattutto, il popolo.
Una terra affollata dove i campi non bastano per tutti, la gente è simpatica e accogliente
(al contrario che nel continente rosso) ma in ogni caso, la vita non è delle migliori.
L’Europa si trova ad est ed è l’unica ad essere rimasta invariata, fatta eccezione per la Grecia che è rimasta danneggiata, è a buon punto in quanto a progresso tecnologico e le lingue non sono cambiate.
BUONA LETTURA
 
CAPITOLO I
ANDREA
Andrea Dei Martiri era una persona alquanto bizzarra, era una specie di contraddizione vivente.
Era un vero imbranato, del tipo che non riusciva a tenere qualcosa in mano per più di dieci secondi.
Quando però gli veniva data una spada, acquisiva quella sicurezza che, evidentemente, giaceva sommersa sotto cumuli di insicurezza.
Quel mattino si pettinò i capelli nero corvino, mise un paio di jeans semplici ed una maglietta verde scuro, prese la sua borsa, e prima che potesse lasciare casa, sua nonna gli si parò davanti.
Andrea detestava gli addii, aveva deciso di andarsene all’alba per non dover faticosamente dire addio a sua nonna, l’unica coinquilina che aveva mai avuto.
A nonna Mags però non sfuggiva nulla, lo squadrò con i suoi piccoli occhietti e il suo naso aquilino.
Poi si fiondò e gli diede un abbraccio che, se lo avesse stretto un altro po’, lo avrebbe sicuramente stritolato.
“Mi mancherai tanto tesoro! Ma verrò a trovarti ogni domenica!”
Andrea sorrise, la nonna non sarebbe mai cambiata.
La casa di Andrea e Mags era piccola e angusta, con due camere microscopiche, un bagnetto e quello che a malapena si poteva chiamare un piano cottura.
Andrea prese la sua bici e si diresse a scuola.
Era un ragazzo bassino, gracile, e lui stesso si stupiva della sua bravura con la spada.
 
La Scuola delle Multi Arti era a dir poco enorme.
Un palazzo gigantesco, con vetri cristallini e decine di piani, ma soprattutto di un’altezza immensa, sembrava che volesse fare il solletico al cielo.
Attorno ad esso, due giardinetti a cerchio, la cui circonferenza delimitava l’entrata della scuola.
Una folla immensa di ragazzi urlanti, con il testosterone fin sopra i capelli lo travolse e gli fece cadere a terra la borsa.
Raccolse tutto accuratamente, senza dire una parola.
Quando le campane suonarono e il preside cominciò a parlare, la mente di Andrea sembrò annebbiarsi completamente, non poteva credere di essere lì.
Il preside era un omone davvero simpatico, con due occhialini da lettura circolari e un ciuffo bianco di capelli sulla testa calva.
Fece un discorso d’incoraggiamento a tutti, che esortava a sperare che chiunque poteva farcela...chiunque incluso te.
Andrea però sapeva la verità.
Era una scuola troppo rinomata, solo pochi sarebbero potuti entrare, sapeva che molto probabilmente non sarebbe passato, ma la speranza è l’ultima a morire, e poi; doveva farlo per nonna Mags, non poteva più occuparsi di entrambi oramai, con la bassa pensione mensile che le veniva concessa.
Avrebbe dovuto passare una prova per entrare.
Entrò in una saletta quadrangolare poco illuminata, prese la prima spada che vide, non voleva spendere troppo tempo a scegliere la lama.
Assestò qualche colpo ad un manichino che sembrò non colpire troppo i giudici, che continuavano a parlottare tra loro.
Andrea sentì la rabbia salire dentro di sé.
Non era un ragazzo violento, ma cavolo, quelli non lo stavano nemmeno guardando.
Prese la spada a due mani e con un fendente ben assestato, tagliò il manichino in due metà perfette.
Si sentì il rumore della fibra che si sfilacciava, le due parti caddero a terra con un secco tonfo, tutti lo guardavano sorpresi.
Andrea riprese fiato, posò la spada, e poi, senza dire una parola, a passo svelto lasciò la sala, senza nemmeno sapere come aveva fatto.
 
 
Angolo dell’autrice
Salve salve salve.
Che bello riapprodare su questa sezione (ci sono approdata ufficialmente con la mia storia ‘once upon a time’ che attualmente è in pausa, tanto per fare un po’di spam), beh, io e manu riapprodiamo con questa storia che abbiamo ufficialmente soffiato, proveremo a rendergli giustizia.
Arrivederci e baci a tutti,
Irian.
 

 
 
 

 

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Capitolo 2
*** capitolo II ***


Capitolo 2.                                               Beatrice
Vi sono ragazzi ovunque: quelli che hanno già fatto il test sono ai piani superiori a dare un’occhiata a quella che forse sarà la loro nuova scuola,la maggior parte degli studenti sta ancora in quella che sembra una sala riunioni al piano terra. In quest’ultimo gruppo ci sono due ragazze: Beatrice e Arya che stanno parlando allegramente.
"Ah, quindi tu vieni dal famoso Nord, io dall’Europa" disse felicemente Beatrice
"Esatto, sai ho sempre voluto visitare l’ Europa…" ammise Arya osservando il cielo, che oggi era di un azzurro molto chiaro e senza l’ombra di una nuvola
"E pensare che la maggior parte di noi non entrerà neanche nella scuola e avrà fatto un viaggio a vuoto" rispose tristemente Beatrice, ad entrambe venne un brivido di freddo anche solo a pensare a quella frase
"Che fregatura" aggiunse Bea tra sé e sé.
La conversazione fu interrotta dalla voce di una donna che continuava a ripetere a gran voce:
"Beatrice Measteven"
"Eccomi, arrivo" le parole le uscirono da sole dalla bocca
"Buona fortuna" le augurò Arya
Ma lei era già troppo lontana per sentirla; stava seguendo la donna che si allontanava a lunghi passi.
Intanto Beatrice si guardava intorno…le pareti dei corridoi erano azzurre e il pavimento nero, c’erano anche molti mobili di cui Bea non riusciva a riconoscere il materiale.
A lei sembrava di camminare da ore, quando finalmente la donna si fermò di fronte ad una porta:
"Mi raccomando qualunque cosa farai, falla nel miglior modo possibile" la donna era possente e con una voce dura e profonda, ma secondo Beatrice non era così in realtà, sembrava una donna dolce e premurosa.
Però lei non riuscì a rispondere, era come se avesse una palla di cera in gola, non riusciva nemmeno a respirare: era una delle poche volte in cui era veramente impaurita.
La donna aprì la porta e Beatrice avanzò, si trovava in una stanza molto grande, c’erano armi di qualsiasi genere: strane bottiglie e scatole contenenti qualcosa di imprecisato, ma a lei con serviva nulla di tutto questo perché era quella che la maggior parte della gente chiama “maga”.
Nella parete opposta c’era un grande vetro dove dietro c’erano dieci persone che avrebbero deciso se lei era degna o no di far parte di questa scuola; tra queste dieci persone riusciva a riconoscere soltanto la donna che l’aveva accompagnata e il preside.
Beatrice si sedette sul pavimento, si levò lo zaino che aveva sulle spalle, e ne estrasse una pietra che aveva una forma molto regolare, come se fosse stata lavorata a mano e con molta cura: era una sfera di color rosso molto acceso e sulla superficie di essa c’erano quelle che possono sembrare scaglie.
"Io volevo avvertirvi che non ho mai provato la cosa che sto per fare ora, e non sono proprio sicura che funzionerà" avvertì Beatrice
"Prosegui" la incitò la donna
Bea posò la pietra sul pavimento e si sedette sulle ginocchia, appoggiò i polpastrelli sul pavimento, chiuse gli occhi e si concentrò; intanto le persone dietro al vetro si scambiavano occhiate curiose, poi però i loro occhi si spostarono contemporaneamente sul pavimento dove si trovavano le mani di Beatrice, al posto di esse però videro delle fiamme, delle fiamme si formavano dalle mani di Bea.
Dopo qualche secondo si sentì un leggero rumore come se qualcuno avesse bussato alla porta, Beatrice sollevò le mani dal pavimento e contemporaneamente le fiamme si arrestarono. Con le mani andò come a prendere la pietra ma non la tocco, sollevò leggermente le braccia e la pietra con esse, la pietra si stava muovendo e pian piano si formava una crepa sempre più grande, finché non si ruppe.
Non era di certo una pietra, ma un uovo, un uovo di drago; infatti al contrario di come molti pensano i draghi non sono né una leggenda né estinti, sono soltanto molto rari.
Beatrice infatti era molto fortunata e felice ad averne uno; nella sua vita ne aveva visto solo un altro, quello di suo padre, Drogo però era un drago abbastanza anziano e veramente enorme, una volta lo aveva pure cavalcato.
Era da un po’ di tempo che c’era molto silenzio nella sala, il silenzio venne interrotto dalla voce pesante del preside:
"Penso che quello che sto per dire valga per tutti" alcune persone annuirono con il capo "Ci hai sorpresi, non è concesso a tutti di assistere alla nascita di una creatura rara come un drago. Ti ringraziamo"
Beatrice si alzò, prese lo zaino, mise il drago sulla sua spalla e uscì dalla stanza; con non troppa difficoltà riuscì a tornare alla sala della riunioni dove c’erano ancora molti ragazzi che la osservavano, anzi, osservavano Drakarys; riuscì a riconoscere solo alcuni volti: un ragazzo che si chiama Edward, Andrea, uno che probabilmente si chiama Tobias, Wendy e Arya.
 
Angolo dell’autrice
Salve signori…allora io sono l’altra “autrice” se così mi posso definire.
Perché? Beh perché io non sono brava come Irian, sono solo l’assistente (da Irian: una fantastica assistente, fa un ottimo caffè).
 Quindi se vi piace la storia ma non vi piace come è scritta, non fucilatemi pleaseeee…
Spero che la storia vi piaccia…eh…buona lettura.
Manu
Ah ah stavo per dimenticare! Sia da parte mia che da parte di Irian c’è un ringraziamento speciale a dark_ashura che ha messo la nostra storia tra le preferite: grazie di cuore! ^-^
Quando abbiamo pubblicato il primo capitolo non pensavamo che sarebbe potuta piacere a qualcuno…quindi ancora grazie! Ci hai reso molto felici! :)
 

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Capitolo 3
*** capitolo III ***


 
CAPITOLO III
ARYA
 
AVVERTENZE: la prima parte, quella dove racconto del Nord, provate a leggerla come se fosse un sussurro, come se fosse un’antica storia che i primi uomini si tramandano e che viene raccontata con una voce bassa e leggera.
BUONA LETTURA
 
Arya è una ragazza del Nord, il freddo, vecchio Nord; da dove provengono gli inverni più gelidi e le migliori storie di paura.
Precisamente dal Nord Canada, dove la popolazione deve imparare a cavarsela da sè, con il terremoto avvenuto 10 anni prima, il clima è del tutto impazzito, tanto da rendere spiagge immensi lastroni di ghiaccio.
Nel Nord ogni piccolo di ceto alto riceve un lupo bianco come la neve, il lupo di Arya si chiama Snow.
Arya ha i capelli rossi e degli occhi verdi come smeraldi, la carnagione estremamente chiara, la corporatura esile e la statura nella media.
Non è una combattente nè un’alchimista, è una ragazza maldestra che era riuscita dopo tanto tempo ad ambientarsi alle difficoltà che sua terra le metteva sulla strada, giorno dopo giorno.
Amava starsene nella sua piccola casa con il camino acceso a leggere grandi libri polverosi, ma questo era impossibile, Arya, è una guaritrice.
Un’apprendista , una specie di specializzando, che al termine della scuola, forse sarebbe diventato medico, Arya usa ago e filo, non è esattamente un chirurgo, ma un chirurgo è la cosa che più le si avvicina.
 
 
“Ma cosa hai sulla spalla?” chiese Arya a Beatrice, che era uscita dalla camera con passo leggero
“Arya, ti presento Drakarys, credo che la mia prova sia andata più che bene”
“Hai fatto schiudere un uovo?”
“Sì, esatto, con un fuoco enorme, dovevi vederlo, l’aria calda faceva volteggiare l’uovo, il fuoco era di un rosso splendido e si diffondeva come una lingua, con le scintille che andavano di qua e di là”
“Doveva essere meraviglioso”
“Lo era, magari un giorno lo rifarò, chissà” Drakarys emise un suono di approvazione, Arya sorrise e prima che potesse dire qualcosa,
 doveva entrare a fare la sua prova.
“Buona fortuna” disse Beatrice facendole l’occhiolino
 
L’ansia si fece sentire provocandole una dolorosa fitta allo stomaco, per entrare, i guaritori devono superare una prova speciale.
Devono usare tutti i medicinali a disposizione per curare un animale, un cane la maggior parte delle volte.
Solo che sulla boccetta non c’è scritto che quello è antidolorifico, le boccette sono senza un’etichetta,e quindi potresti rischiare di uccidere il cane.
Snow rimase fuori a guardarla con gli occhi di chi spera nel tuo ritorno.
Arya non aveva uno zaino, aveva una cintura con ago e filo, cerotti, antidolorifico e bende, se tutto fosse andato bene avrebbe aggiunto anche il microfono, quello che si usa per chiedere aiuto se sei entrato nella scuola.
Si ripeté il suo giochetto mentale.
Sono Arya Swan, ho 15 anni, vengo dal Nord, sono una guaritrice, il mio lupo si chiama Snow.
 
Le persone dietro al vetro la guardavano come se fosse una mela morsa e buttata per terra, o almeno quella era l’impressione, solo il preside aveva uno sguardo morbido, come un lembo di velluto, che sembra volerti dire “puoi farcela”.
 
Il tempo partì prima che potesse accorgersene, il cagnolino color nocciola guaiva per il dolore che una ferita profonda gli stava provocando.
Doveva solo fermare l’emorragia, fermarla, ripulire e ricucire.
Come prima cosa prese una boccetta di latte di papavero, un anestetico naturale, il cane sembrò opporsi all’inizio ma poi, poi cadde in un profondo sonno.
Prese del tessuto emostatico e lo premette forte, abbastanza forte da fermare il flusso di sangue.
Riconobbe senza troppi sforzi una bottiglia di cristalli per disinfettare, che applicò prima di richiudere la ferita con ago e filo, finì giusto in tempo, Arya aveva fasciato il cagnolino che ora sembrava quasi sorridere nel sonno.
 
I giudici annuirono e lei potè uscire.
 
Beatrice corse euforica verso di lei
“Allora?”
Arya prese fiato per la prima volta dopo la prova
“Bene” un ampio sorriso si fece strada sul suo volto
“Sì! Bene, ho curato il cane!”
“Con un po’ di fortuna saremo entrambe nella stessa fazione! Che bello!” disse Bea, dando per scontato che entrambe sarebbero passate.
Snow corse verso Arya e le diede le zampe, lei lo grattò piano dietro la testa e poi vide Drakarys svolazzare e giocare insieme al suo lupo.
“Sono amici”
“Così sembra” sorrisero entrambe
 
Dopo qualche secondo, i loro cuori persero un battito, perchè il preside era entrato nella sala, pronto a comunicare i risultati delle prove.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
Mammina che ansia!
Come sarà andata la prova? Bene? Male?
Vi piace la mia descrizione iniziale sul Nord? Spero di sì perchè mentre la scrivevo mi immaginavo che mi venisse raccontata come una storia antica, ecco spiegato le mie note a inizio pagina.
Un abbraccio pieno di fiocchi di neve,
Irian
 

 

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Capitolo 4
*** capitolo IV ***


Questo capitolo è per Isabella,
a cui è ispirato il personaggio di Wendy,
detta anche “Wendy la cartolaia”
 
CAPITOLO IV
WENDY

 

-Ed ecco il preside che comincia il suo discorso…che noia!
E pensare che questo vecchietto avrà il “potere” di cambiare la nostra vita. Esaudirà il nostro desiderio più grande o ci salterà sopra mandandolo in frantumi, se solo…-
“Ciao Wendy, ti chiami Wendy vero?” Andrea interruppe il suo pensiero
“Oh ciao…Andrea?”
“Sì esatto, neanche tu ascolti il discorso?”
“Perché dovrei? Dicono tutti le stesse cose: impegnatevi, studiare e avrete grandi risultati e bla bla bla…ho scusa ho saltato il pezzo in cui dice che la maggior parte di noi andranno a casa” disse Wendy un po’ su di giri”
In quel momento però il preside stava iniziando a dare i nomi dei componenti della prima fazione.
-Sono dieci membri per fazione, ma quante fazioni ci sono?
Dovrebbero avere quindici piani, contando quello su cui siamo ora. Ho sentito parlare dei ragazzi che dicevano che la mensa occupa un intero piano, come l’infermeria; quindi forse per ogni fazione c’è un piano. Ai 15 leviamo la mensa, l’infermeria, almeno con un piano con le classi, il piano terra dove siamo ora e sono 10/11. Cento alunni, e noi saremo almeno il doppio. Cavolo!-
Tutti i test erano finiti alle 11.00, ed era già da un po’ che il preside continuava a parlare. Pian piano la stanza si stava svuotando, Wendy non aveva un orologio e quindi non sapeva da quanto tempo stavano là, ascoltando ogni singolo nome proveniente dalla bocca del preside…secondi? Minuti? Ore?
C’erano insulti, grifa di entusiasmo, pianti.
-Siamo alla quinta fazione, metà degli alunni sono stati già chiamati- pensò preoccupata Wendy
Tobias, Will, Alex, Cato, i nomi partivano dalla bocca del preside e si espandevano nell’aria come vapore.
Wendy si guardò le mani, tremavano.
Le unì in una rete di dita, sperando che si fermassero, ma non lo facevano.
Dieci nomi e l’ottava fazione era fatta, altri dieci e anche la nona era completa, mancava solo una fazione.
“E i componenti della decima fazione sono:
Andrea Dei Martiri
Beatrice Measteven
Arya Swan
Wendy Killian”
Sospirò di sollievo, le mani non le tremavano più, prese le sue valigie e seguì gli altri
“Edward Martell
John Everdeen
Erin Storm
Bernard Hill
Riccardo Wisler
E Cindy Rothner”
Voi potete salire al piano.
Gli altri dovranno tornare a casa!” il preside concluse così il suo discorso.
I dieci componenti si dire4ssero verso l’ascensore 5, entrati dentro si scambiarono occhiate curiose.
Wendy cercò di collegare un volto ad un nome, poi si accorse che erano nove.
“Dov’è la ragazza?” chiese “Erin?”
Tutti si girarono
“Sarà andata a piedi” rispose Cindy
Wendy la guardò male, era una di quelle ragazze che si crede Gesù sceso in terra, ridicola; era vestita in modo…inusuale: camicetta rosa, gonna rosa, calze rosa, borsa rosa, e infine valigia rosa.
Troppo rosa per i gusti di Wendy.
Per quanto riguardava gli altri, Wendy si sentiva piuttosto imparziale, ma anche piuttosto curiosa.
Andrea, il ragazzo che aveva conosciuto prima cercava con lo sguardo qualcosa, probabilmente voleva fare conoscenza, ma, gli altri due ragazzi, (John e Edward?) cercavano più che altro di evitare gli sguardi, soprattutto uno dei due, che era rosso come un peperone.
Accanto al ragazzo “imbarazzato” c’erano due ragazze.
Una aveva i capelli biondi (biondissimissimi aggiungerei) e due occhioni azzurri da cerbiatto, l’altra aveva i capelli rossi, con una strana acconciatura dietro la testa, del tipo che i capelli che di solito stanno sulla fronte stavano tutti tirati dietro in un labirinto di trecce…e poi aveva degli occhi verdi -(troppo verdi)- pensò Wendy.
Poi c’era questo qua che era alto e forte…sembrava una montagna.
Finalmente arrivarono, appena entrarono si sentì una voce.
“Siete arrivati finalmente” Erin spuntò dal corridoio
“Io ho già deciso dove dormo: lì” indicando un letto sulla destra, un grande letto matrimoniale
“Speriamo bene” aggiunse sottovoce Wendy
 
 
Angolo delle autrici
IRIAN: muahahaha ho invaso il capitolo di Manu e adesso non la rivedrete mai più muahahah.
No okay, sto scherzando, però è vero, ho invaso questo capitolo perché l’ho ricopiato su Word e pubblicato io e poi…un pezzo l’ho aggiunto io (ovviamente non vi dico quale :P), scusate questo capitolo era un po’ troppo breve…rimedieremo con il prossimo!
Ovviamente però la vostra Manu non si è dimenticata di voi, ha lasciato qualche parolina per voi che riporterò qui sotto:
da questo capitolo inizia la vera e propria scuola.
I ragazzi sono stati scelti per far parte della decima fazione…come andrà a finire?
Lo scopriremo nella prossima puntata! Ok, scherzo.
Un abbraccio e arriverci,
Manu
Ah…vi volevamo dire che: per un problema logistico di trama e sintassi, io e Manu ci scambieremo i prossimi capitoli, ovvero, il prossimo (il quinto) che toccherebbe a me, lo scriverà lei, io scriverò successivamente il sesto e il settimo.
Un bacio da Irian e Manu!:*
 
 

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Capitolo 5
*** capitolo speciale ***


 
CAPITOLO SPECIALE
WENDY
Sentì il sole del mattino pizzicarle le guance, anche se il vento che spirava dalla finestra sembrava urlarle di alzarsi.
Era entrata nella S.M.A., ed era domenica, quello che sarebbe dovuto essere un giorno pieno di riposo prima di partire per la sua prima missione.
Eppure non lo sembrava affatto, si era alzata sentendo tutti i muscoli legati tra loro, si stiracchiò in minuti interminabili e gli occhi sembravano non volere affatto rimanere aperti.
Ma oggi era quel giorno, intendo dire, QUEL GIORNO.
Il 25 gennaio, il giorno del suo compleanno, e anche il giorno migliore della sua vita.
Se fosse stata a casa.
Perché lì nessuno, e intendo dire, nessuno, sapeva che giorno era nata, a malapena sapevano il suo cognome.
Eppure non volle avvertire nessuno, si concesse un giorno di riposo dentro la sua camera, si promise che non sarebbe uscita per nessun motivo.
Prese il computer e girò per i siti internet di streaming, e mentre cliccava sul sito scelto, l’immagine del computer le sembrò deformarsi e poi tornare normale.
Cominciò a guardare un episodio di Once upon a time, notoriamente la sua serie preferita.
Andò perfettamente per 11 minuti e 46 secondi, finchè Erin non entrò nella camera.
“Wendy…ciao, senti lo so che non ci conosciamo ma stanotte giuro che ho sognato un cane che voleva stuprarmi e uccidermi”
Sbattè gli occhi per tre volte prima di realizzare ciò che aveva appena detto Erin, e, senza mentire a se stessa, desiderò che in quei tre secondi Erin sparisse.
Odiava come poche cose al mondo fare la psicologa, negromante, o tizia che interpreta sogni/speranze/aspirazioni altrui.
“Come un cane, in che senso un cane?”
“Un cane, verde, voleva stuprarmi e poi uccidermi, lo so, me lo sento nelle ossa, nel suo sguardo c’erano furia, malizia e crimine, E SANGUE!”
In meno di quindici secondi, Erin aveva snocciolato dalla sua materia grigia questa risposta, e Wendy avrebbe voluto sprofondare, dio santo, lo avrebbe davvero voluto.
“Seeeenti…era un sogno. Fine. Non devi parlarne con me, io che ne so di sogni? Niente, esatto, proprio nulla”
“Oooookay…” disse Erin guardandola di sbieco “Allora torno di sotto”
“Ciao” disse sventolando la mano in segno di saluto, poi sbuffò e tornò a guardare il pc, mentre alcuni problemi riguardo alla sanità mentale di Erin continuavano a perseguitarla.
La puntata finì, ne guardò un’altra, un’altra ancora, poi una del Trono di Spade e metà di un film di Hayao Miazaki, finchè non sentì bussare alla porta.
“Hey Wendy, sono io, Erin! Volevo dirti che mi sono appisolata di sotto e ho sognato un burattino che cantava –complemento d’agente, di causa efficiente! - e ti giuro, ti spergiuro, che avevo paura che volesse uccidermi!”
Wendy fece finta di dormire spegnendo la luce e tirandosi le coperte sulla testa, quando Erin aprì piano la porta la vide e se andò cercando di non fare rumore.
No, non l’avrebbe sopportata ulteriormente.
Il suo intento di ignorarla funzionò a metà, nel senso che nelle morbide coperte finì per addormentarsi di nuovo.
Sognò che era il 5 maggio e stava vagando per la città con uno spirito alle spalle che continuava a sussurrarle nell’orecchio: ”Ei fu siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore, orba di tanto spiro…”.
Cercava di ignorarlo scuotendo i (corti) capelli color biondo cenere nel tentativo di scollarselo di dosso, niente da fare.
Dopo che nel cielo vide delle nuvole rincorrersi e parlare con delle bocche disegnate con lo stilo grassoccio di paint, dubitò lei stessa della sua sanità mentale.
In più le conversazioni erano decisamente strane.
“Qual è il tuo organo preferito?” disse una all’altra con fare civettuolo
“Il mio…beh, lo stomaco!”
Wendy alzò le sopracciglia e proseguì a camminare senza farsi troppe domande.Vide piccoli uomini seduti a piccoli tavoli spalmare del burro sul pane e si chiese come mai.
Vide ragazzi strani proiettati per terra mangiare panini enormi, scrivere, scrivere, scrivere, e infine vide una grande clessidra con un liquido verde segnare i secondi, i minuti.
 Poi vide le sue scarpe arrivarle in faccia.
Si sentì rotolare per tutta la strada senza essersi accorta di aver inciampato da qualche parte, emise un urlo fortissimo e si risvegliò nel letto tutta sudata.
Si guardò allo specchio e vide i capelli disordinati, gli occhi stanchi e due grosse occhiaie, dentro la testa le rimbombava una poesia di Pablo Neruda e non capiva come mai.
Appoggiò la testa sul letto e respirò profondamente, si fece la doccia e si vestì mettendosi un grande cappello in testa.
Scese le scale e urlò a tutti che oggi era il giorno del suo compleanno.
 
 
Se saprai starmi vicino,
e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere "noi" in mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.

Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo
e non il ricordo di come eravamo,
se sapremo darci l'un l'altro
senza sapere chi sarà il primo e chi l'ultimo
se il tuo corpo canterà con il mio perchè insieme è gioia...

Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto.

(tu sai Wendy, tu sai…)
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ora scriverò delle note lunghe come il capitolo.
Prima di tutto, questo capitolo è dedicato a Isabella che oggi compie gli anni e siccome sono stupidina e non sapevo che regalo farle, ecco qua!
Ti volevo dire che ti adoro e che ogni scena del capitolo è collegata ad un evento/conversazione che abbiamo fatto (volevo mettere anche i maiali insaccati ma vabbè…).
Seconda cosa.
Volevamo avvertirvi che dal momento che io e Manu non andiamo più nella stessa scuola (il liceo divide le persone gne) ormai era diventato impossibile scrivere i capitoli alternati dato che ci vediamo molto meno (tutti i capitoli pubblicati fin’ora sono stati scritti durante gli esami).
Quindi da adesso in poi vedrete solo me scrivere (mi spiace per voi eh eh).
Detto ciò, la storia va avanti anche se con le dovute pause (in parte dovute alla mia prof che mi appioppa tantissime bellissime versioni).
Un bacio grande!
IRIAN

 

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Capitolo 6
*** capitolo V ***


Avete presente quello che ho detto nell'ultimo capitolo riguardo al fatto che ora scriverò solo io? Ecco. Scherzavo lol.
Nah dai, tutte le info a fine capitolo.



CAPITOLO V

EDWARD 

 
Già da una decina di minuti si sono formate tutte e dieci le fazioni che studieranno alla S.M.A. la scuola più prestigiosa di tutti i quattro regni; e Edward Martell fa parte dell’ultima fazione.
 -Arrivati in camera c’è una smidollata che salta sul letto, un ragazzo così grande che per poco non riesce ad uscire dall’ascensore, una ragazza rosa (sì penso sia l’aggettivo giusto), una specie di lupo (solo più grande e decisamente con l’aspetto molto più aggressivo), un drago che mi gira intorno alla testa da quando siamo arrivati, un ragazzo che penso sia il padrone dell’unicorno che fortunatamente è rimasto in giardino…e poi lei, Beatrice.
Una ragazza di statura media, bionda con grandi occhi azzurri e le gote leggermente rosse che le conferiscono un aspetto allegro. Penso sia la padrona del drago che ormai si è fatto il nido nei miei capelli. Oh no, si è girata e ha visto che la sto fissando. Ma è più forte di me, non riesco a distogliere lo sguardo.-
“Ciao Edward” disse Bea sorridendogli
“Ciao Beatrice” balbettò Ed, e solo allora si rese conto che stava sorridendo anche lui -probabilmente Beatrice starà pensando che sono un drogato-
“Chiamami Bea, mi chiamano tutti così a casa”
“Va bene Bea” e le sorrido “Se non ti dispiace vado a svuotare la valigia, e vedere dove devo dormire per sette anni della mia vita, ci si vede in giro”.
“Hai ragione, vado anche io; Drakaris vieni dai”
L’ appartamento occupa un piano intero ci sono quattro stanza da letto: una stanza matrimoniale di Bea e Arya, un’altra con Erin e Wendy, una stanza con due letti separati in uno dorme “la ragazza in rosa” (altro che la signora in giallo!) e l’omone gigante, nell’ultima stanza, quella più grande, ci sono due letti a castello dove ci dormono i restanti componenti della decima fazione, tra cui Ed.
Appena entrati nell’appartamento ci si affaccia in un salone grandissimo con un divano rosso veramente gigante, un altro più piccolo e due poltrone; dall’altra parte del salone ci sono tre pouf per terra e una tv a dir poco enorme. C’è anche un piccolissimo piano cottura (tanto per dire che ce l’hanno) con un enorme frigo dove mettere eventuali spuntini;  ci sono due bagni: uno vicino alla stanza di Bea e uno vicino a quella di Ed. Uno “studio” dove ci sono computer, libri e molte altre cose di cui alcune Edward non sapeva neanche a cosa servissero, e un balcone (stranamente) gigante, che circondava tutto l’appartamento.
Suonò la campanella ,Edward guardò l’orologio e si accorse che era l’una precisa.
“Vediamo come si mangia!” disse a gran voce Wendy
“La mensa dovrebbe trovarsi al tredicesimo piano” aggiunse Arya.
Si diressero tutti all’ascensore tranne Erin che appena furono entrati li salutò con un: “Ci si vede a mensa”
“Secondo voi perché va a piedi Erin?” chiese curiosamente Hill (il cognome del ragazzone, decisamente azzeccato!)
“Nessuno ha mai detto che va a piedi. Percaso qualcuno di voi l’ha vista salire le scale?” aggiunse Wendy con un sorrisetto. La frase doveva essere una domanda, però lei sapeva già la risposta.
“Spiegati meglio…” la incitò Beatrice
“Ognuno di noi ha un potere o un’abilità, giusto? Lei potrebbe essere super veloce o si potrebbe teletrasportare”
-Probabilmente quello di Wendy è parlare- pensò Edward – e quello di Bea invece quale potrebbe essere?-
Le porte si aprirono, a mensa non c’era quasi nessuno, sì e no una decina di persone… tra cui Erin che si sbraccia e urla:
“Hey ragazzi! Vi piace questo tavolo?”
“Perfetto, grazie Erin” rispose Edward “ma prima bisogna servirsi il pranzo!”
La mensa era organizzata, beh come più o meno tutte le mense di una scuola, ci si alza e si prende il cibo che più si desidera tra le possibilità che quel giorno offre la scuola; solo che questa scuola offriva tutto. Avete capito bene, TUTTO.
 “Allora signori… parliamo un po’, dovremmo restare insieme per sette anni, per cui è meglio conoscersi. Come avete fatto ad entrare nella scuola? Che poteri/abilità avete?” iniziò a chiedere Andrea.
Fu una conversazione molto lunga ma interessante, Edward come tutti gli altri componenti della sua fazione iniziò a conoscere meglio i ragazzi, soprattutto a studiare le abilità dei compagni.
Erin si confermò avere il potere del teletrasporto, Bea era un’alchimista, Arya una guaritrice, Wendy oltre ad essere intelligente sapeva parlare tutte le lingue dei quattro regni, Cindy (la ragazza in rosa) era il normale esempio di persona raccomandata ma comunque sapeva cucinare bene (non che sia una grande cosa…), Riccardo sapeva controllare gli elementi, Bernard (il ragazzo enorme) era molto, ma molto forte, Jon (il ragazzo con cui Ed aveva fatto più amicizia) aveva una mira formidabile e tirava con l’arco, Andrea aveva un talento nel utilizzare le spade; e Edward era telecinetico.
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Vi farà piacere sapere (almeno speriamo) che questa storia l’ho scritta io (sono Manu) e che quindi anche dopo molte discussioni su come portare avanti questa “serie”, e se portarla avanti, abbiamo deciso che l’abbiamo iniziata insieme e la finiremo insieme.
Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia e i prossimi sono già pronti per essere pubblicati, ma dovrete aspettare…muahah
 
 

 

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