La Canzone dell'Inquisitore

di Black Friday
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Canzone dell'Inquisitore ***
Capitolo 2: *** Tracce nella neve ***
Capitolo 3: *** Gli imprevedibili inconvenienti dell'esercitarsi ***
Capitolo 4: *** Devozione ***
Capitolo 5: *** Buon Compleanno, Inquisitore ***
Capitolo 6: *** Vir Banal'ras ***
Capitolo 7: *** La Grande Caccia ***



Capitolo 1
*** La Canzone dell'Inquisitore ***


La Canzone dell'Inquisitore


Lavellan incrociò Cullen all'uscita del salone principale, l'Umano aveva un'aria a dir poco crucciata mentre si passava fra le mani alcuni rapporti e constatato fin da Haven quanto il poveretto stazionasse stabilmente tra il teso, l'irritabile ed il serioso, la donna elfo non poté fare a meno, tra sé, di compatirlo non senza simpatia.
«Comandante!»
Nel salutarlo gli strizzò l'occhio e mimò il pugno sul cuore che le riservavano i soldati, i suoi soldati, gli uomini e le donne del benedetto Araldo di Andraste, di Sua Eminenza l'Inquisitore Kathara Lavellan. Scandita tutta assieme a quel modo la manciata di titoli altisonanti pareva ancor più assurda, terrificante a volte era l'aggettivo migliore.
Cullen fece un cenno col capo e abbozzò un sorriso in risposta all'enfatico buongiorno.
«Inquisitore, capiti a proposito! Avrei alcune quest...»
«Ti prego» Kathara troncò la richiesta sul nascere assicurandosi di sfoderare la sua migliore espressione implorante. «Josephine mi ha sequestrata per tutta la giornata, non mi trovi deperita? Ho bisogno di prendere un po' d'aria.»
Poi lo scrutò meglio: viso accigliato, occhi lividi, persino qualche capello fuori posto.
«Anche tu dovresti prenderti una pausa. Su, non guardarmi come se avessi bestemmiato.» ridacchiò vedendo la maschera di disapprovazione che era diventato il Comandante in reazione al suo riguardoso suggerimento.
Infatti egli non tardò ad obiettare «C'è ancora troppo lavoro da fare. Le ristrutturazioni di Skyhold sono solo all'inizio e questo rallenta l'addestramento delle truppe e non possiamo permettercelo, senza contare le strategie da pianificare... dobbiamo rafforzare l'Inquisizione il più in fretta possibile in vista di un possibile nuovo attacco.»
«Capisco. Ammiro il tuo attaccamento al dovere Cullen ma con “prenderti una pausa” non intendo “vai ad ubriacarti in taverna come se non ci fosse un domani”, basterebbe una dormita. Hai delle occhiaie impressionanti, non vogliamo sciupare l'idolo delle donne di Skyhold, vero?» Lavellan lo disse con noncuranza come fosse uno scherzo, ma il tono ammetteva poche repliche, sembrava un ordine non tanto un'esortazione.
Cullen bofonchiò qualcosa di incomprensibile grattandosi il collo a disagio.
«Sul serio, riguardati. Abbiamo tutti bisogno di te. Io per prima.» E lo pensava davvero. Fra i due calò un silenzioso imbarazzo, Lavellan quasi annaspò affrettandosi a correggere il tiro della frase «Non andrei da nessuna parte senza i miei Consiglieri.»
Da quando in qua era diventata così sentimentale?
Il Comandante scosse la testa e sospirò, forse troppo stanco per ribattere.
«E sia, ma più tardi ci occupiamo di questa roba» e le sventolò minacciosamente sotto il naso il pacco di scartoffie.
«Non vedo l'ora!» Kathara sgattaiolò via da lui per poi scomparire senza farsi troppo notare in giro, in fondo quella era una delle sue specialità e voleva tenersela stretta.
Cullen, con un mezzo sorriso, si imbambolò sulla porta riempiendosi lo sguardo di quella graziosa silhouette elfica in allontanamento. A che accidenti stava pensando ora? Si diede una pacca sulla fronte per tornare in sé, poi si chiese cosa ci facesse Lavellan con un liuto a tracolla dopodiché ripiombò con la mente nelle proprie preoccupazioni.

~ * ~

I capelli sfuggiti al riparo del cappuccio brillavano di mille riflessi rossicci al sole delle Montagne Gelide, Kathara li teneva legati in una treccia disordinata che le ricadeva su una spalla, erano cresciuti dagli eventi al Tempio delle Sacre Ceneri. Da allora l'Inquisitore era stata quasi costantemente... beh di recente a vendere cara la pelle senz'altro, poi in marcia, in battaglia, a studiare il possibile sul Thedas e l'etichetta oppure, a scelta, occupata in questioni politiche. Insomma, era poco il tempo libero da dedicare alla capigliatura. Fosse dipeso da lei, per pura comodità, li avrebbe accorciati con un taglio drastico, ma Josephine! Josephine era riuscita a trovarlo il tempo, non smetteva di protestare. Ora lady Lavellan non era più una qualunque cacciatrice Dalish, nella sua posizione di Inquisitore doveva assolutamente mantenere un aspetto quantomeno decorso. L'elfo sbuffò tra il contrariato ed il divertito. Quella donna sapeva come sfinirla, sempre con garbo, ovvio.
Si concesse un respiro profondo: l'aria era fresca, frizzante e pregna di tutti i profumi e gli odori della corte esterna. Socchiuse le palpebre, svuotò la mente e si concentrò sul micro mondo in fermento che era Skyhold. Scese lo scalone verso il ponte mobile. Tutt'attorno alle torri ed alle mura c'erano ponteggi e su di essi uomini e nani indaffarati nelle riparazioni, nell'aria risuonavano voci, grugniti e risate. Lamenti sommessi in un campo riparato lì accanto dove il chirurgo ed altre volontarie si prendevano cura dei feriti. Immaginò Cole bazzicare da quelle parti, il giorno dopo si ripromise di fermarsi per una visita ufficiale. Tornò al cortile principale e si godette la vista interna della fortezza. Per una abituata al nomadismo era già un concetto strano quello di abitare una casa, figuriamoci avere un intero castello a disposizione. Seppure in rovina Skyhold era magnifico e imponente, come la catena montuosa che lo proteggeva, Kathara non era nemmeno riuscita a visitarlo per intero.
L'attenzione si posò sui rampicanti che adornavano la pietra della struttura e poi sugli alberi nel cortile, le foglie mosse nella brezza creavano un piacevole accompagnamento. Fece una breve apparizione alla taverna per sondare gli umori: due parole in sordina con l'oste ed un goccio offerto dalla casa per bagnarsi la gola. Uscì e dal lato opposto il clangore del ferro testimoniava la presenza degli armaioli al lavoro nella fucina. Intanto dalle cucine iniziavano ad arrivare più definiti alle narici gli aromi dei cibi: zuppe e carni, la fragranza del pane sfornato. Fervevano già i preparativi per la cena. Dopotutto il numero delle bocche da sfamare con l'arrivo dei profughi aumentava pian piano ogni giorno: gente di ogni tipo, razza e provenienza con chissà quali storie alle spalle, la sua gente ora, Una sua responsabilità. Deglutì a disagio.
“Un problema alla volta Inquisitore” le aveva suggerito Leliana.
Così sia, pensiamo alla passeggiata, allora.
Ci mise diverso tempo a scoprire dove si fosse cacciato colui che fin dall'inizio era uscita a cercare, lo trovò interrogando le sentinelle e vagando sui bastioni. Stava chino su un tavolaccio a scrivere, fogli, penna, inchiostro ed un paio di boccali accanto.
«Ohi Varric! Era ora di trovare il nano che stavo braccando!»
«Kath.» disse asciutto, assente, degnandola appena di uno sguardo.
«Che fai?» domandò curiosa «Qualcosa di interessante?». Dannatamente insistente.
«Come vedi, prima che qualcuno venisse a scocciare, stavo cercando di scrivere qualche pagina per il mio nuovo maledetto libro» rispose sardonico «ma forse una pausa ed un po' di compagnia non guasterebbero.»
Il volto del nano divenne caloroso.
Lavellan gli sorrise «Mi hai letto nel pensiero»
Le fece cenno di prendere uno dei boccali e brindarono.
«Salute Inquisitore
«Cavolo! Almeno tu non chiamarmi così!» Varric sghignazzò divertito alla smorfia di Kathara.
«Dovrai abituartici ragazza. Dai siediti. A proposito che ci fai con quel liuto appresso?»
«Un parere. Volevo un parere da un esperto. Di parole.»
«Spiegati.»
«Ti ho mai detto che so strimpellare? Niente di serio. Ho imparato quando ero ragazzina, mi ha insegnato mio nonno. Era davvero un bastardo disgraziato di un Dalish. Di quelli simpatici però. Lo adoravo. Diceva che con qualche canzone sconcia ci saremmo tirati su il morale nei momenti morti fra le cacce e le escursioni. Così ho imparato e ci ho preso gusto. Mi rilassa.»
Varric annuì «E immagino ti sia stato d'aiuto di questi tempi.»
«Già. La cosa assurda è che in mezzo al macello che è successo, per mettere un po' di ordine nella mia testa per la prima volta sono uscite delle parole mie.»
«Che stai aspettando allora? Sentiamo, forza menestrello suona!» Varric la prendeva in giro con gesti iperbolici d'incoraggiamento.
Lavellan roteò gli occhi «Me ne pentirò, lo so».
«Facciamo notte? Sono qui e sono tutto orecchi!» la schernì di nuovo.
«E va bene!» sbottò infine l'elfo.
Gli mostrò la lingua, imbracciò lo strumento, pizzicò le corde e attaccò.

Dove sono l'arco e le frecce?
Affiliamo di nuovo le lame...
Ho un presagio:
ne avremo bisogno
prima che sia passata la notte.

Una volta al mondo c'era speranza:
questo mondo non è più come prima.
L'unica fiamma che ancora avvampa
è quella che arde fra voi e me.

Lasciati a noi stessi
In un mondo di pietra
Non siamo davvero soli

A stento credo che le divinità
siano ovunque io vada,
solo una mano marchiata mi guida
a dare più di quanto io prenda.

Sono morta migliaia di volte
vedendo i nostri soldati cadere,
Occhi spezzati mi ossessionano
li vendicheremo uno a uno.

Lasciati a noi stessi
In un mondo di pietra
Non siamo davvero soli

Portate l'idromele e portate la birra
per affrontare la prossima battaglia,
la fortuna sarà dalla nostra
insieme avremo la vittoria.

Non piegheranno il nostro spirito
non arretreremo per scappare
Saremo sempre più forti
se combatteremo uniti

Lasciati a noi stessi
In un mondo di pietra
Non siamo davvero soli

Così portatemi arco e frecce
e affiliamo di nuovo le lame,
ho un presagio:
ne avremo bisogno
prima che arretrino le tenebre.


In un primo momento Varric rimase in silenzio a contemplare il panorama oltre le mura: le maestose montagne innevate, accerchiate da greggi di nuvole sparpagliate nel blu terso del cielo; poi esternò il proprio responso «Sì, mi piace questa tua canzone. Ci sono rabbia, coraggio, forza... speranza».
Una pausa e poco dopo anche Lavellan parlò, fissandosi con amarezza la mano segnata dal marchio.
«Sono le uniche risorse che ho, Varric, per evitare di farmela nei pantaloni davanti a questo... casino! Sono sempre stata un'egoista miscredente e guarda adesso, la sopravvivenza del nostro mondo dipende da una come me! No, è tutto sbagliato o forse me lo merito.»
«O forse sei qui per imparare qualcosa da questa prova» Chi non lo era? Varric le sorrise con comprensione e solidarietà.
Questo tanto discusso Araldo, dopotutto, aveva già conquistato la sua amicizia e il suo rispetto.
«Comunque, per quanto riguarda il testo c'è margine di miglioramento, ma niente male per una mezza selvaggia taglia gole Dalish!»

~ * ~

Note:
[Revisionato in data 11/01/2016]

Erano davvero anni che non scrivevo fanfiction. Avevo bisogno di creare qualcosa e giocare ogni tanto a Inquisition mi ha dato lo spunto. Nulla di trascendentale, qualche riga solo per evadere un po'. Ora c'è questo, magari un domani si aggiungerà qualche altro episodio con protagonista la mia Lavellan.
La canzone utilizzata è un adattamento di “World of Stone” dei Blackmore's Night (di R. Blackmore/C. Night).
Buona lettura e grazie di essere passate/i!
B.F.

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Capitolo 2
*** Tracce nella neve ***


Tracce nella neve


Kathara aprì gli occhi, tutt'intorno era ghiaccio e biancore, sotto di lei gelida roccia, sopra la sua testa pendevano stalattiti come denti di enormi fauci. In un attimo le riportarono alla mente il drago, l'arcidemone. Rabbrividì più per il disgusto che per la paura o il sollievo di averla scampata. Poteva davvero una creatura puzzare a quel modo? Non sapeva scegliere se i cadaveri dei non morti fossero meglio o peggio. Si maledì interiormente, possibile non riuscisse ad essere seria nemmeno in una circostanza del genere?

Si sollevò da terra con un gemito, il corpo le doleva ovunque ma ancora una volta la fortuna o forse davvero Andraste l'avevano assistita: le fitte dovevano essere il risultato di contusioni e piccole ferite, infatti riusciva a reggersi in piedi e camminare senza grosse difficoltà. Si tastò per assicurarsi di essere tutta intera. Era viva. Viva. Non sapeva se piangere, ridere o addirittura cantare. Si riempì d'aria i polmoni causandosi ulteriori stilettate di dolore, ma gustandosi appieno la consapevolezza della vita scorrere dentro di lei. Vita e morte. Era stata la giornata più dura e pericolosa delle sua esistenza. La trafisse come una freccia il pensiero del sangue versato a Haven, a causa sua.
Corypheus...
Non c'erano parole per quello adesso. Non era il momento, ci sarebbe stato dopo il tempo.

Le fu impossibile, tuttavia, ignorare la mano sinistra ed il suo pulsare incontrollato di energia; per la prima volta non c'era nulla di estraneo, sgradevole o alieno in quella sensazione. Osservò trasognata le spire che si agitavano sul suo palmo. Era come se Corypheus, nell'atto di riprendersela, avesse invece saldato ulteriormente l'Ancora a Kathara, integrando le due entità, armonizzando l'Araldo a quel fluire di luce verde. Lavellan si ripromise di parlarne a Solas, di certo lui ci avrebbe capito qualcosa, sempre se lo avesse ritrovato, sempre se avesse ritrovato tutti loro. Ma era viva e non c'era nulla che la trattenesse dal cercare le loro tracce, ovunque fossero, non poteva fare altro.

"Sono o no un'esploratrice coi fiocchi?"

Esaminò l'area. In seguito alla valanga era stata trascinata in una caverna localizzata probabilmente sotto Haven. Sperava davvero si trattasse della via suggerita dal Cancelliere Roderick. Decise di proseguire su quella strada guidata un po' dal sesto senso, un po' dall'incoscienza. Se aveva ragione una volta trovata la via d'uscita dalle grotte, avrebbe dovuto camminare verso nord-est. Le sembrava di ricordare che le frecce di segnalazione lanciate mentre teneva occupato Corypheus venissero da quella direzione. Tanto valeva provare.

Si addentrò nei cunicoli e a pochi metri l'attendeva già una combriccola di demoni. Le dita scivolarono rapide verso i pugnali, il fatto di non averli persi nella neve era un ulteriore omaggio da aggiungere alla lista dei favori offerti dalla buona sorte, ma prima di poter anche solo formulare un'idea di attacco fu la mano del marchio a muoversi calamitata verso il nemico, creando uno squarcio capace di risucchiare in un attimo il gruppo di wraith.

Su di giri per la nuova scoperta Kathara procedette sicura fino a trovare l'uscita verso la valle. Tuttavia, alla vista di cosa la aspettava imprecò tra i denti, l'eccitazione si trasformò ben presto in frustrazione e rabbia.

"Le rogne non finiscono mai, vero?"

Sbuffò contrariata, si liberò di un urlo nel nulla e si coprì come meglio poté con gli abiti che aveva addosso. Fuori stava infuriando una bufera.

"Una. Dannatissima. Bufera."

Chiamò a sé tutte le forze a lei rimaste ed un piede dopo l'altro, adagio suo malgrado, iniziò ad avanzare a tentoni nella neve. Procedeva a stento con la resistenza opposta dalle raffiche gelide e dalla coltre a terra. Il freddo era tagliente, l'aria le offuscava la vista e il corpo si intirizzì quasi subito.

L'ininterrotto sibilare del vento le teneva una sgradita compagnia, sembrava raccontasse storie di morte e sconfitta. Imprecò di nuovo. Col cavolo si sarebbe arresa dopo quello che aveva passato, alla faccia di Corypheus, degli dei, di Andraste e del Creatore in persona ce l'avrebbe fatta.

- Io non sono il burattino di nessuno! – ringhiò.

Le pareva di camminare da un'eternità ma si rese conto che la distanza percorsa aumentava con penosa lentezza. La scarica di adrenalina dovuta agli scontri stava scemando ed il panorama davanti scoraggiava le aspettative più rosee. Volse la testa in tutte le direzioni e verso il cielo in cerca di indizi per orientarsi. Il ronzio del vento e gli echi degli ululati erano un sottofondo ormai ipnotico; naso, bocca e tutto il viso le dolevano per il freddo, i piedi perdevano sensibilità. Il corpo era scosso da tremori, non si generava abbastanza calore dal movimento.

"Assideramento in solitudine, un bel finale da tragedia..." pensò caustica.

Era stanca, dolorante, intorpidita oltre ogni misura ma sapeva di non poter mollare.

Mentre proseguiva la sua marcia la mente cominciò a vagare forse per difendersi dal fardello della realtà. Immagini confuse della sua infanzia, vagabondaggi, guai combinati con suo fratello soprattutto, ragazzate che le strapparono un sorriso. Poi un singolo episodio, da bambina: Kathara si rivide tutta sola in un bosco a seguire con eccezionale naturalezza per la sua età le tracce di una lupa. Enath l'aveva chiamata. Disobbedendo alle raccomandazioni del padre aveva osservato ripetutamente l'animale e si era intestardita nel voler vedere i suoi cuccioli nella tana. E davanti ai suoi occhi Enath venne attaccata e si difese feroce, spietata... disperata ma vittoriosa alla fine per salvare i piccoli e se stessa. La crudeltà della lotta per la sopravvivenza. Per un attimo quel giorno i loro sguardi si incrociarono in una muta conversazione. Non vide mai più Enath, ma l'incontro ravvicinato con la lupa le lasciò una delle emozioni più vivide mai provate. Un insegnamento prezioso regalato dal caso. E lì, persa nella tormenta, la sua resistenza al limite, si aggrappò ferina a quel sapere innato, quell'istinto: avrebbe salvato se stessa e protetto la sua gente di nuovo. Ad ogni costo.
Ci fu anche gratitudine a pervaderla, non sapeva dire per cosa. La mente era davvero una strana creatura, la maggior parte del tempo a confonderti e quando meno te lo aspetti una buona dritta...

La mente... un enigma da risolvere prima di riuscire a possederla almeno in parte”. L'aveva detto Deshanna*, forse? Le parole non erano precise, ma il senso esatto.

Infine la potenza della bufera scemò. Appena riuscì a focalizzare notò le tracce di un bivacco a breve distanza. Si mosse a grandi falcate per esaminare i resti dell'accampamento, qualcuno era stato lì e di recente.

"Ci siamo Thara. Muovi le chiappe e stringi i denti!"

Crollò sulle ginocchia non appena udì dei passi e le voci di Cassandra e Cullen avvicinarsi.

- Guardate là, è lei! -

- Grazie al Creatore, è viva! -

Soltanto allora realizzò quanto esausta e svuotata fosse. E immensamente sollevata.

"Ce l'ho fatta..."

Cullen la raggiunse e si chinò, tastandole con una mano la fronte e le guance, in un secondo l'aveva caricata di peso fra le braccia.

- All'accampamento, subito! - disse al gruppo formato da Cassandra ed alcuni soldati dell'Inquisizione - ...è un pezzo di ghiaccio. -

Ormai semi cosciente Kathara si lasciò trasportare verso una tenda dal Comandante, senza rimostranze.


~*~


Solas terminò con un gesto delicato l'incantesimo di guarigione e fissò l'Araldo con aspettativa, la sua stessa ansia la leggeva nelle espressioni di Leliana e Cassandra. Era chiaro ormai come il peso del ruolo della Dalish fosse aumentato fino a divenire di vitale importanza per la loro causa, Lavellan era diventata un emblema, un simbolo, rappresentava senza alcun dubbio il vero motore dell'Inquisizione e perderla, come avevano temuto nelle ore precedenti, avrebbe significato paura, smarrimento ed in ultimo la resa al caos.

Mentre rifletteva sulla questione Solas preparò con perizia una mistura di erbe e la mise in infusione in una tazza di acqua calda. Il viso di Kathara nel frattempo aveva ripreso colore e poco dopo i suoi occhi si aprirono. Sbatté le palpebre e fece scorrere le iridi color giada su di lui e sulle due donne al suo capezzale. Sorrise.

- Grazie – disse indirizzata a Solas, mentre si metteva a sedere sul giaciglio - non potevo chiedere di meglio: coperte calde, vestiti asciutti, le cure di un mago provetto e... - bevve un goccio del decotto, la bocca si torse in una smorfia di disgusto - ...e un orrendo intruglio caldo da bere... bleah! -

- Ancora lethallin, è per il tuo bene - Solas sogghignò impercettibilmente e le fece cenno di prenderne ancora qualche sorsata e poi le sfilò dalle mani la ciotola.

- Vedo che ti sta divertendo darmi questa schifezza, Solas! -

Assistendo alla sceneggiata Cassandra e Leliana parvero rilassarsi.

Soltanto quando le vide meno tese Lavellan partì con un resoconto concitato che riassunse lo scontro con il loro nemico – Corypheus – la sua presunta identità, i suoi intenti e i dettagli sull'Ancora.

Ascoltarono in religioso silenzio il monologo, interrompendo solo per avere chiarimenti nei momenti di maggior confusione.

- La situazione è peggiore di quanto immaginassimo - la valutazione di Leliana fu elementare e lucida - abbiamo perso il nostro quartier generale, ma se non altro ora abbiamo un quadro della situazione. -

- Già, pagando tutto a caro prezzo – concluse amara Cassandra.

 

Quando uscì dalla tenda seguito dalla mano destra e sinistra della Divina, Solas percepì l'attenzione di tutti calamitata addosso. Fuori li attendevano Cullen e Josephine; il Comandante lanciò un'occhiata inquieta, sembrava meditabondo e oltremodo turbato. L'ambasciatrice diede voce al loro interrogativo.

- Come sta l'Araldo? -

- Si è ripresa – rispose calmo – è in vena di battute e ha chiesto del cibo, se possibile. Per il momento consiglio comunque cautela. Lasciamola riposare qualche ora, ha speso un'enorme quantità di energie fisiche e mentali in una sola giornata, inoltre il marchio sta di nuovo cambiando, stabilizzandosi ad un grado di potenza maggiore. -

- Ci ha già dato diverse informazioni di grande importanza – tagliò corto Leliana.

- Dobbiamo discuterne. Subito. – aggiunse Cassandra.

 

Solas si congedò dai quattro e prese a passeggiare per il campo. Osservava la gente. L'umore rasentava terra, ma era meno tetro di quanto si aspettasse. Il ritorno dell'Araldo sembrava avesse scosso positivamente tutti loro. Non aveva scommesso molto su quella ragazza all'inizio, ma si stava ricredendo. Le mancava ancora l'autorità carismatica del leader, ma il buon carattere e la vicinanza alle persone l'avevano subito resa amabile agli abitanti di Haven. Ovviava poi le mancanze con un pragmatismo spiccio e l'attitudine spiccata (quasi incosciente a onor del vero) per l'azione. I consiglieri l'aiutavano a correggere il tiro, ma Lavellan era risoluta e non si ritraeva davanti a nulla: il sacrificio compiuto per Haven ne era la prova.

Il filo dei suoi pensieri si spezzò quando incrociò Varric nell'accampamento. Il nano chiese con autentica preoccupazione notizie su Kathara. Probabilmente era l'unico che la vedeva come una persona vera e non uno strumento santificato nelle mani dell'Inquisizione. In virtù delle loro similitudini il figlio della pietra e l'elfa avevano legato fin da subito, un duo singolare ma affiatato.

Al contrario, per quanto fossero gli unici due elfi uniti a quella variopinta compagnia aggregatasi attorno ai vertici dell'Inquisizione, il rapporto tra Solas e Lavellan si era tinto dal principio di una vena conflittuale dovuta anzitutto alle divergenze d'opinione sullo stato della comunità elfica. Il loro nel complesso era di certo un incontro tra nature opposte, Solas ad ogni modo capiva quanto Kathara stimasse le sue conoscenze e apprezzasse i suoi consigli.

 

Poche ore dopo Solas stava tornando verso il cuore dell'accampamento quando venne rapito dal levarsi di un coro. Disperazione, fede e speranza s'innalzavano dall'armonia di quelle voci, una manciata di anime all'unisono... paesani di Haven, soldati dell'Inquisizione, persino Cullen e Leliana che inginocchiandosi ai suoi piedi stavano riponendo la loro fiducia, il loro futuro, la loro vita nell'esile figura dell'Araldo di Andraste.

Lasciò sfumare il pathos del momento e poi senza mezzi termini prese da parte l'oggetto di quella venerazione. C'erano cose improrogabili di cui parlare.

 

- Era da tempo immemore che gli umani non riservavano un tale onore a qualcuno della nostra razza -

- Impressionante vero? Mi stavo commuovendo – ammise l'elfa.

- La fede non si conquista così facilmente, lethallin, è cosa degna d'orgoglio. C'è tuttavia un dettaglio da non trascurare. Il potere che Corypheus brandisce, la Sfera che portava con sé... è un artefatto elfico - Le spiegò le sue ipotesi su come l'Antico poteva avere utilizzato la sfera per aprire il Varco, causando di conseguenza l'esplosione al Conclave. - Dobbiamo scoprire come sia riuscito a sopravvivere... e dobbiamo prepararci alla loro reazione quando sapranno che la Sfera è stata creata dagli elfi -

Kathara annuì, curiosa di saperne ancora - Benissimo. Come sempre la sai lunga. Di cosa si tratta e come ne sei venuto a conoscenza. -

- Questi oggetti si chiamavano focus, pare servissero ad incanalare il potere dei nostri dei. Alcuni erano riservati a specifiche divinità. Di essi restano solo vaghi riferimenti tra le rovine e flebili visioni nell'oblio, echi di un impero perduto. Non so come Corypheus l'abbia trovata ma quella sfera è elfica e con essa sta minacciando il cuore delle fede umana. -

- Ma non hai visto prima? Si fidano ciecamente di me! -

- I campioni della fede si trasformano in fretta in martiri, amica mia. In ogni caso questa fiducia non può essere coltivata qui in mezzo al nulla. Hai bisogno di ogni risorsa possibile. -

- E presumo tu abbia già qualche idea... -

- Inevitabilmente attaccando l'Inquisizione Corypheus l'ha cambiata ed ha cambiato te, il peso del tuo ruolo. Dirigiti a nord, spronali a seguirti, sii la loro guida. C'è un luogo che attende di essere occupato da una forza alla sua altezza. Un luogo in cui l'Inquisizione potrà costruirsi... crescere... è Skyhold -

- Skyhold... - mormorò tra sé Lavellan, come per impadronirsi del suono - Non ci resta che persuadere i nostri umani a seguire la tua idea -

- Se permetti, la spaccerei come tua -

- E invece no, almeno nostra – s'intestardì l'elfa.

Solas non si oppose e fece un cenno affermativo in risposta.

- Andiamo, elfi alla riscossa! -

Solas la guardò sconcertato - Questa potevi risparmiarmela -

- Il solito umorista... - commentò lei asciutta, poi proseguì - Dunque, prima di comunicarlo agli altri, dammi tutte le informazioni che hai su questo posto. -

 

I consiglieri stavano di nuovo litigando, macinando i medesimi argomenti per l'ennesima volta, quando Lavellan e Solas conversando fitto tra loro in elfico li interruppero bruscamente.

- Silenzio! - li apostrofò Kathara, prima d'allora non era mai stata così autoritaria – Tocca a me parlare. Abbiamo un piano e si chiama Skyhold. -

Aveva la loro completa attenzione adesso.

 


~*~


Note:

Deshanna*= guardiano del clan Lavellan.

Ho ancora qualche idea che appena pronta raccoglierò sotto questo titolo, anche se temo non ci sarà mai un vero e proprio ordine cronologico nella pubblicazione.

La one-shot è ambientata durante “Nel tuo cuore arderà”. Il taglio è introspettivo, i punti di vista sono quelli di Lavellan e Solas soprattutto, ci sono alcuni dialoghi tratti dal videogioco ma leggermente personalizzati.
Buona lettura!

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Capitolo 3
*** Gli imprevedibili inconvenienti dell'esercitarsi ***


Gli imprevedibili inconvenienti dell'esercitarsi



L'Inquisitore osservava l'esterno da una feritoia, sporse un braccio per rendersene meglio conto, ma non poteva chiedere un clima migliore: una leggera bava di brezza, cielo sereno, temperatura gradevole ed un sole battente a scaldare quanto bastava la pelle. Sospirò sconsolata, evitando di darlo a vedere. Era un peccato sprecare del tempo prezioso chiusi lì dentro.

Tornò verso la scrivania e con gli ultimi residui d'attenzione cercò di seguire, intervenendo quando credeva opportuno, i resoconti dei vari tenenti: raccolta di risorse da organizzare di qua, truppe di rinforzo da inviare di là, materiali e personale da radunare per ricostruire il tal ponte. Come cavolo erano riusciti a incastrarla? Una volta, per puro caso, si era trovata coinvolta in una riunione per definire i piani delle truppe e poi lui l'aveva fregata. Il Comandante da allora non le aveva dato tregua fino a ottenere un sì esasperato alla richiesta di avere la presenza dell'Araldo a questi incontri, di tanto in tanto. I suoi sottoposti erano straordinariamente lusingati e motivati dalla presenza dell'Inquisitore mentre svolgevano il loro dovere. Parole sue, di Cullen. Era stato fin troppo abile nel raggirarla. Se non altro ora Lavellan capiva come mai l'uomo fosse spesso così intrattabile: continui grattacapi ad ogni ora. Non lo invidiava, a conti fatti lei preferiva di gran lunga rischiare la pelle in giro per il Thedas. Pericoloso, ma almeno eccitante.

Grazie al Creatore, ad Andraste e a tutte le divinità l'ordine del giorno venne esaminato e discusso dal primo all'ultimo punto con una velocità senza precedenti. Cullen congedò i presenti e si sedette allo scrittoio del suo ufficio pronto a ricapitolare nero su bianco le decisioni prese. Calò il silenzio. Kathara lo osservò con sguardo vacuo mentre concentrato procedeva nella sua mansione. L'idea la stava solleticando fin dal risveglio, sì, ne aveva bisogno, un desiderio insensato, aveva davvero una voglia folle di farlo come non le accadeva da tempo.

- Beh Cullen... – il diretto interessato si riscosse nel sentire il suo nome e il peso d'un braccio poggiato sulla spalla.

Volse la testa verso di lei, alla sua destra - Perdona la mia scortesia, ero talmente assorto da questo - disse garbato, con aria di scuse.

- Non ti scusare, stai facendo il tuo lavoro. Mi chiedevo, credi di averne per molto? -

- In realtà n... -

Lavellan non gli permise di terminare. - O meglio... ti servo ancora? -

In apparenza distante e cerimonioso le disse - Non ti trattengo oltre, Inquisitore. Avrai altre faccende di cui occuparti. -

- Per la centesima volta, per favore evita di essere così formale quando non c'è nessuno in giro. Capisci o sei sordo? - lo rimbrottò l'elfo.

Il solito gesto d'imbarazzo ed una goffa risposta da parte dell'uomo – Ehm... d'accordo... -

- Patti chiari, amicizia lunga! - annuì lei soddisfatta. Piantò i piedi a terra e si mise le mani sui fianchi – Sai, ti chiedevo se mi concedi la libertà perché da stamattina c'è una cosa che mi tormenta e devo assolutamente togliermela dalla testa. -

Cullen levò un sopracciglio con fare interrogativo.

- Tiro con l'arco. E' una vita che non mi alleno. -

Il Comandante sembrò quasi sollevato dalla notizia, aveva l'impressione che si creasse sempre una strana tensione quando loro due rimanevano soli. A lungo. E una parte di lui doveva ammettere che quell'atmosfera non gli dispiaceva. Affatto. Ma lei se ne stava andando e, fortunatamente, Cullen poteva ancora una volta ignorare certi pensieri... sentimenti? Inaspettata la nuova parola strisciò fuori dal suo inconscio, davvero troppo rumorosa da gestire per i suoi poveri mezzi. Incapace d'altro provò a soffocarla, per il momento poteva ritenersi salvo da ogni implicazione.

Infine salutò Kathara augurandole buona pratica.

 

~°~


Distanziarono i paglioni di ancora diversi metri. Adesso sì che avrebbero misurato la stoffa di un vero arciere.

Una zona del campo d'addestramento di Skyhold era totalmente riservata ai loro sporchi comodi: infatti non appena l'Inquisitore e Leliana erano state avvistate armate di arco e frecce con alcuni compagni, un'area era stata sgomberata per loro con celerità e discrezione. Ormai Lavellan sapeva quanto inutile sarebbe stato obiettare, ci si stava abituando.

Il Toro di Ferro, seduto all'ombra su un masso, osservava la gara. Non si sarebbe mai perso le sue rosse preferite dare spettacolo. Con Varric armato di Bianca la sfida era impari, il nano si era aggiunto di buon grado solo per il gusto di fare due tiri e stare in compagnia. Per questo genere di cose, si sapeva, era sempre disponibile.

Ora era il turno di Sera che con noncuranza infilò un centro quasi perfetto.

L'Araldo aveva tristemente constatato di essere arrugginita, e parecchio. Quella gran voglia di arceria le era passata in fretta. Mettendoci tutto l'impegno possibile incoccò, mirò e lasciò partire la freccia invocando un po' di fortuna.

- Ahahaha, non prenderesti il culo di un orso a un centimetro! - Sera rideva a crepapelle da almeno un'ora per i tiri mediocri dell'Inquisitore.

Kathara anche stavolta si sforzò di ignorarla, benché il sangue cominciasse a salirle alla testa.

Ripartì il giro. Leliana impeccabile, Varric continuava imperterrito a disintegrare il suo paglione, Sera insopportabilmente abile e di nuovo risultato fiacco dell'Inquisitore.

- Sul serio, cacciatrice! I tuoi Dalish potevano crepare di fame se eri tu a procurargli da mangiare! -

Altra giostra. Buona prova per Leliana, Varric uno scontato successo, centro netto per Sera e discreto miglioramento per Lavellan.

- Resti sempre una schiappa! -

Ormai l'elfa la prendeva per i fondelli con gran gusto e ormai Kathara, dalla sua, aveva esaurito la pazienza: sferzò Sera con una freccia sulla natica, Sera rispose con una gomitata nel fianco, gesto che inevitabilmente esigette una ripicca adeguata finché, prese entrambe da un raptus insano, cominciarono a rincorrersi in tondo come due galline inferocite.

- Woo woo woo, qui la cosa si fa interessante! – tuonò il Toro vizioso, gustandosi il quadro della squinternata e del capo in rissa.

Varric ridacchiava divertito all'inverosimile, Leliana di sasso seguiva con orrore il siparietto.

Tutto quel chiasso inevitabilmente cominciò ad attirare un crocchio curioso di gente.

Sorella Usignolo decise di dare una taglio alla situazione prima che diventasse davvero pietosa, mettendosi di mezzo fra le due.

- Basta così! Tutto questo non è dignitoso per l'Inquisitore, vi state rendendo ridicole! -

L'intromissione di Leliana le fu fatale. Venne trascinata, nemmeno lei capì come, nella zuffa e si trovò a scontrarsi con una Lavellan furiosa in un duello di pugnali. Attorno, un nugolo esaltato di spettatori scommetteva e tifava sgolandosi per l'una o per l'altra combattente.

- Una scena a dir poco memorabile! - Varric non pensava davvero di potersi sollazzare tanto.

~°~


Cullen, liberatosi in fretta dall'incombenza dei documenti, stava già iniziando il solito giro di ispezione quando degli schiamazzi intollerabili lo attirarono al campo degli arcieri.

- Che diavolo sta succedendo qui? - chiese stizzito al primo passante che gli capitò a tiro.

Non ebbe bisogno di risposte. Vide l'Inquisitore – paonazza e mezza scoperta – duellare con una Leliana che contemporaneamente cercava di difendersi e placare le acque, mentre Sera faceva da agente di disturbo, provocando le contendenti e la massa.

Gli ci volle un nanosecondo per sfoderare lo sguardo intimidatorio “da comandante” e disperdere, sbraitando col suo tono autoritario, il capannello di persone.

Lavellan intanto aveva ripreso il controllo, mentre Sera se l'era svignata passando inosservata.

Cullen bloccò le due donne e squadrò dall'alto in basso Kathara e Leliana, esprimendo così la sua massima disapprovazione.

- Tutto questo è vergognoso! - le rimproverò disgustato - Volete degnarvi di spiegare? -
 

Non fu mai chiaro, anche se i sospetti caddero su Varric ed il Toro, come quella banale esercitazione finì per sfociare in una bisca di scommesse.


~°~



Note:

Ciao a tutti!
Lo so, questa è un po' scema e OOC forse, ma si è scritta praticamente da sola. Spero vi abbia strappato qualche risata. ;)

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Capitolo 4
*** Devozione ***


Devozione



La osserva nella guizzante penombra creata dalla luce delle candele rimaste accese; assorto, rapito, in contemplazione della figura distesa al suo fianco.
La schiena di lei, segnata da alcune vecchie cicatrici, si espande e contrae col respiro del sonno. Cullen resta in ascolto, per un poco, nella consapevole illusione di voler carpire qualche segreto dalla cadenza di quel lieve movimento spontaneo, d'istinto finisce persino per adeguarsi a quel ritmo. Abbandona l'appoggio del gomito e le si accoccola accanto, sprofonda il viso nell'incavo del suo collo. Lei dorme spesso così, rannicchiata su un fianco, col suo carattere esuberante l'aveva immaginata il tipo da occupazione molesta dell'intero letto. Cullen si scopre sorridere, sorprendersi di certe piccolezze poteva essere stranamente piacevole.
Le sfiora una spalla con le labbra, inspira l'odore della sua pelle e una scarica di benessere lo investe. Non è ancora abituato all'intensità della sensazione, non sa definirla meglio di viscerale: perdita di controllo, desiderio, un fuoco che lo consuma fino all'osso e nel contempo lo espande fino a sfiorare l'infinità dello spirito.
Vorrebbe svegliarla, condividere di nuovo questa sete, la passione, ormai sa bene che lei non lo biasimerebbe, ma si convince di lasciarla riposare tranquilla.
Invidia come lei riesca a dormire di sasso, non si direbbe il riposo di qualcuno che combatte per salvare le sorti del mondo. Lei era così: incredibile, irrecuperabile, allo stato brado, quella definizione l'aveva sentita ripetere diverse volte dal mago del Tevinter; Cullen ride tra sé, in quell'affermazione c'è del vero eppure lui sa di esserle ormai sconsideratamente assuefatto. Ha risvegliato qualcosa in lui, qualcosa lasciato sopito nel suo nucleo profondo, qualcosa che ritrovato lo rende completo. Gli sembra di aver dimenticato a lungo l'appagamento, ora, riassaporandolo, teme che tutto si frantumi come un prezioso e delicato cristallo.
Negli ultimi tempi si chiede spesso se questo stato di grazia sia un segno, la prova di una parziale assoluzione dai suoi passati errori, dai suoi peccati; sono ombre amare che lo accompagnano fedeli e indelebili: il disastro sul lago Calenhad, la caduta di Kirkwall, la tortura, la follia, lo sterminio, l'impotenza, la perdita.

Andò in pezzi il suo mondo al Circolo.
Finì distrutto ciò che aveva conosciuto, tutto ciò in cui aveva riposto il suo credo; a malapena la sua mente resse all'assalto degli Abomini e dei demoni, al lutto per i commilitoni, non poté fare a meno di schermare il suo animo con lo scudo più duro.
Tutti in pezzi, di nuovo, anche a Kirkwall.
Come avrebbe potuto fare ammenda? Come avrebbe potuto restituire all'Ordine un minimo di dignità? La rabbia, il dolore, il senso di colpa e assieme ad essi il dubbio s'insinuarono fino a corroderlo. Toccava a lui la scelta, la responsabilità, l'onere del comando. Rimise insieme i cocci della città per l'unica cosa che valeva la pena essere fatta: la sicurezza della gente comune, la salvezza degli innocenti, preservare l'ordine, il valore della giustizia.

Passarono faticosamente veloci due anni, notti insonni in cui credette di non poter andare avanti, incrinature nella sua fede, ma fu la tentazione di gettare la spugna a renderlo più forte. Poi i piani insondabili del Creatore sembrarono quadrare, a Cullen parve che i frammenti sparsi della sua vita iniziasser a tornare a posto, almeno in parte. Una proposta: un ingaggio di prestigio e valore. Aveva senso, no, per quanto crudele? Avere affrontato quella penosa prova solo in preparazione dell'Inquisizione.
La sua fede non tentennò al richiamo, prese la via che Lui gli spianava davanti.
Comunicando la decisione di accettare l'incarico qualcuno l'aveva chiamato pazzo, qualcuno lo aveva accusato di essere un ingenuo idealista, uno sciocco ma l'affacciarsi di quell'opportunità fu un'epifania: capì come Kirkwall si fosse stretta attorno a lui trasformandosi in una prigione dove le sue energie divenivano grigie e logore, realizzò che dentro di sé aveva cessato di essere un Templare.
Si gettò nelle mani dell'incerto, senza desiderio di capire né di risposte, colse solo l'opportunità di perseguire qualcosa di superiore, di rincorrere un cambiamento di cui il Thedas aveva assoluto bisogno.
Impegnarsi a placare la faida fra Maghi e Templari era il mimino che potesse fare per redimersi, per espiare.


Senza l'influenza del Lyrium lo spazio della sua mente acquisisce chiarezza, tuttavia è sfibrante privarsi di quella subdola sostanza, sta riacquistando se stesso duramente. Nel contempo, studiando di nuovo la donna al suo fianco, si sente egoista al pensiero.
La ammira per come sta gestendo un compito eccezionale per chiunque, a maggior ragione per una cacciatrice elfa, Dalish per giunta.
Ritrovarsi tra le mani un potere prodigioso, il solo capace di annientare gli squarci, talmente eccezionale da essere fuori dalla portata di qualsiasi mago vivente; finire a guidare schiere di Umani e un'istituzione eretica; trasformarsi nello strumento destinato a combattere fino all'ultimo la minaccia di un antico magister intenzionato con tutti i mezzi a diventare un dio.
La ammira per come riesce a trasmettere coraggio e leggerezza nonostante il dramma che l'aspetta.
Dopotutto, si dice, i suoi problemi sono tollerabili, sono niente rispetto le sfide dell'Araldo di Andraste.
La circonda piano con un braccio, un gesto protettivo. Suo malgrado ne è conscio: salvaguardarla dalla sua missione, dal destino di eroina gli sarà impossibile, ma lo giura su ciò che di più caro ha al mondo, farà di tutto per agevolarla e assisterla, lo avrà sempre al suo fianco.
Sarà il suo compagno, il suo amante, il suo sostegno, il suo comandante.

Avverte Lavellan girarsi e si scansa quel tanto da consentirle lo spostamento, sul viso stropicciato dal sonno vede una sola palpebra levarsi indolente.
«Non riesci a dormire?»
«No, stavo solo pensando.»
Lei si solleva abbastanza da poterlo guardare in faccia.
«Quindi non ti ho sfiancato nemmeno un pochino stanotte?» gli chiede con un sopracciglio alzato e una punta di malizia.
«Cosa? Certo! No...on intendevo... Aaah, basta!»
L'elfa ridacchia alla solita risposta maldestra «E' più forte di me Cullen, sei troppo divertente quando arrossisci e se cerchi di metterci rimedio ancora meglio!»
Cullen cerca di darsi un aria di contegno mentre le risponde «Pfff, con te riesco benissimo da solo a rendermi ridicolo, senza incoraggiamento!»
Ogni volta si dà dell'idiota, ma ne vale la pena, passare per sciocco ogni tanto è accettabile se così può vederla ridere.


~°~




Note:
Pensieri di Cullen, sulla sua vita, sulle sue scelte, sull'Inquisizione, sull'amore. Spero non risultino troppo "donneschi".
Come mood mi ha ispirato un sacco il disco “Le Onde” di Ludovico Einaudi, in particolare: Passaggio.
Buona lettura!
B.F.

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Capitolo 5
*** Buon Compleanno, Inquisitore ***


Buon Compleanno, Inquisitore

 

«Ehi Frùfrù, per il sacrissimo posteriore di Andraste! Dà un po' di tregua a questi poveracci!»

L'oste, le cameriere, il cuoco ed i suoi assistenti, tutti in fila sull'attenti come uno squadrone di soldati, trassero un sospiro di sollievo all'arrivo di Mastro Tethras e dell'Inquisitore, in special modo guardarono il nano con immensa gratitudine, in quanto stava cercando di salvarli dalle grinfie esigenti dell'Ambasciatrice Montyliet.

«Josephine, calmati!» Kathara le si piantò davanti cingendole le braccia «É tutto più che perfetto! Siamo in una taverna in mezzo ai monti, non a un ballo di corte in Orlais!» le sfilò dalle mani penna e pergamene mentre Varric, di nascosto, faceva segno ai lavoratori di dileguarsi approfittando della distrazione della loro aguzzina.

«Hai fatto un buon lavoro qui dentro, non ti pare?» la rincuorò Lavellan. In realtà osservava allibita alcuni festoni forse un po' sopra le righe per il genere di locale, ma decise di non esternare le proprie perplessità.

«Ho fatto quanto ho potuto» disse sconsolata la donna «L'eleganza qui non è di casa, purtroppo.».

Il Riposo dell'Araldo era stato riorganizzato dall'alacre Josephine per ospitare la festa di compleanno dell'Inquisitore. Le tavolate al piano inferiore erano state posizionate in modo da liberare più spazio al centro per chi avesse voluto ballare, mentre ai piani superiori tutto era stato accomodato per lasciare posto al maggior numero possibile di commensali. L'idea iniziale di Kathara, in realtà, prevedeva una festicciola intima e informale fra i collaboratori con la possibilità di dimenarsi a suon di musica, quando poi l'antivana aveva deciso di impegnarsi nell'organizzazione della serata la cosa era sfuggita un po' di mano. Se non altro si erano salvati dal pericolo di un ricevimento ufficiale.

«A proposito di eleganza, vedo che finalmente hai trovato l'occasione per provare gli abiti che ti ho fatto confezionare!» Josephine squadrò l'elfa a qualche passo di distanza, le fece cenno di girare su stessa e, seppur poco convinta, la Dalish la assecondò. Indossava un completo a dire il vero piuttosto comodo ma impreziosito da finiture delicate: i pantaloni erano aderenti e avevano delle cuciture laterali dorate, in coordinato dello stesso colore verde bosco portava un corsetto munito di cappuccio, sul tessuto in una sfumatura dorata si intravedevano le stampe di motivi vegetali arzigogolati; sotto aveva una camicetta di tonalità panna, lungo le maniche, posizionate poco sotto l'ascella, stavano due bordature che richiamavano le decorazioni del corsetto e poi degli elastici prima della piega dei gomiti. Ai polsi aveva due bracciali lavorati con inciso l'emblema dell'Inquisizione, ai piedi dei caldi e comodissimi stivaletti di cuoio a metà polpaccio che si chiudevano ai lati con lacci e bottoni, anche questi erano impreziositi da decorazioni che ricordavano rami e foglie stilizzate. L'Ambasciatrice soddisfatta della visuale batté i palmi «Ti stanno a pennello, ho sempre avuto occhio per le taglie!»

«Già» ammise Kathara «Non mi dispiace questa tenuta da...da... cacciatrice modaiola?» disse interrogativa, dubbiosa sull'aggettivo adatto da usare.

L'attenzione della diplomatica venne presto attirata da Cassandra, arrivata nel frattempo in compagnia di Dorian. Lavellan non riuscì subito a salutarli perchè Maryden, il bardo, la prese da parte lamentandosi profusamente degli altri musicisti ingaggiati per vivacizzare la serata. Un angolo accanto al grande focolare, infatti, era stato riservato al gruppo che avrebbe animato la festa: oltre a Maryden, l'ensamble contava alcuni altri strumentisti messi insieme dall'Inquisitore dopo ardue ricerche: un nano dall'aria truce che suonava un piccolo flauto traverso con la grazia di una fata, un'elfa di solito impiegata nelle cucine che se la cavava bene col fiddle* e due giovani reclute che stavano ai tamburi di battaglia nell'esercito dell'Inquisizione. Kathara li aveva sequestrati ogni sera per almeno due settimane nei suoi alloggi, per assicurarsi che eseguissero tutte le sue richieste. Lavellan rincuorò l'affranta musicista, ma fu il nano, chiamato Farin, a tagliare corto con una frecciatina: «Eminenza, mi domando che intrattenimento possa dare un bardo così schifosamente lagnoso!» e poi sputò in terra con disprezzo. I due non si sopportavano dal loro primo incontro, Kathara sudò freddo e pregò che la questione non finisse con degli strumenti fracassati in testa, o se doveva finire così almeno accadesse al termine di tutto!

 

Lentamente, ma inesorabilmente la taverna prese a riempirsi, così anche l'Araldo e la sua compagnia presero posto al loro tavolo. Varric era di ottimo umore e decise di intrattenere gli amici raccontando qualche aneddoto accaduto durante le missioni in giro per il Thedas.

«Ci trovavamo nelle Terre Centrali, prima dei fatti di Redcliffe se non ricordo male. Era dalle prime ore del mattino che toglievamo di mezzo demoni, eretici e templari. Tutti simpaticoni, insomma. Stanchi morti, affamati e irritati, al tramonto invece di rientrare verso uno dei campi dell'Inquisizione decidemmo di improvvisare un accampamento per la notte lì esattamente dove eravamo. Mentre io e Solas montavamo le tende, Cassandra e Kath cercavano della legna e ci procuravano un boccone per la cena. Fin qui nulla di strano.»

«Per il Creatore, Varric!» esclamò Cassandra «Non rivanghiamo questa storia ridicola!»

«Senti, senti!» Dorian sghignazzò estasiato «Continua nano, dev'essere un aneddoto succoso se la Cercatrice si scompone» sorseggiò del vino da una coppa e lanciò un'occhiata provocatoria a Cassandra, la quale in risposta lo incenerì con lo sguardo, incrociò le braccia e prese a borbottare contrariata.

«Bene, qualcuno che apprezza le storie di spessore! Dicevo... finito di sistemare la roba per la notte, aspettavamo che le nostre due eroine da campeggio tornassero con qualcosa di decente da mettere sotto i denti. Il mio stomaco per inciso sembrava un orso in calore dai rumori che ne uscivano. Io e lo Spiritosone» indicò Solas «stavamo appena tirando il fiato quando ad un certo punto dalla boscaglia sentimmo avvicinarsi delle voci, maschili per lo più e dal tono rissoso. In un attimo eravamo in guardia ma quando questi uscirono allo scoperto, non ci credereste... un gruppetto di banditi si stavano prendendo a pugni per decidere chi dovesse portare in braccio la Cercatrice fino all'accampamento per evitarle la fatica! E lei!» mentre descriveva lo scrittore cercava di soffocare delle risatine «...appena si avvicinavano a un palmo di troppo li prendeva a calci dove non batte il sole per toglierseli di torno, ma non c'era verso di farli demordere!»

Il racconto di Varric scatenò l'ilarità dei presenti.

«Poi del seguito ricordo poco perché finché Solas non ha tolto l'incantesimo, il filtro d'amore ha avuto effetto anche su di me, temo... -

«Un filtro d'amore!?» chiese Josephine con aspettativa «E cosa c'entra, di grazia?»

«Il resto posso spiegartelo io» proseguì l'Inquisitore «La premessa è questa: qualche giorno prima, da un mercante al crocevia, avevo comprato il tipo di paccottiglia che può incuriosire solo me, incluso un filtro d'amore.»

«Ciarpame senza scopo» commentò Solas disgustato.

«Spazzatura per superstiziosi, per un volta sono d'accordo, ma è stato efficace. Infatti, mentre io e Cass stavamo cacciando ci trovammo fra i piedi questo gruppetto di banditi. Onestamente io non ne potevo più di combattimenti per la giornata, così mi tornò alla mente il filtro. Subito ebbi chiaro in testa un piano coi fiocchi: presi il filtro, versai il contenuto addosso all'ignara Cassandra e attesi che accadesse qualcosa.»

«Lavellan, sei un genio del male »

«Grazie Dorian, so quanto mi ami!» scherzò l'elfa facendogli l'occhiolino «Comunque, per farla breve, mentre da una parte gli idioti blateravano le loro minacce e dall'altra lei mi mandava al diavolo per averla schizzata, accadde il miracolo. I banditi caddero letteralmente ai piedi di Cassandra e si offrirono di seguirla fino alla morte.»

«Tutto qui?» domandò deluso il Tev.

«Beh dopo avresti solo dovuto esserci: abbiamo guadagnato una serata serviti e riveriti da questi babbei, per non parlare di quando si sono tutti spogliati, sfilando per valutare chi avesse le doti maggiori per meritare le attenzioni della nostra Cassandra. Ancora non riesco a dire se la tua faccia fosse più rossa per l'imbarazzo o per la collera... » disse rivolgendosi alla Cercatrice.

La donna scosse la testa quasi ringhiando, trattenendosi dal rispondere a tono «...solo perché sei l'Araldo...» si alzò dalla panca e cambiò aria.

«Si sarà offesa?» chiese Kathara ai presenti, colta alla sprovvista dalla reazione esagerata della nevarriana.

«Niente di irreparabile, immagino» concluse Dorian sarcastico e addentò un pezzo della carne che occupava il suo piatto.

 

~°~

 

Una brillante luna piena rischiarava il cielo sopra Skyhold tanto che forse pur senza le torce accese nel cortile la visibilità sarebbe stata accettabile; era una limpida serata montana, ma il sopraggiungere della notte stava rendendo la temperatura più rigida. Leliana rabbrividì e allungò il passo mentre discorreva col Comandante sull'evento in corso.

«E' il suo compleanno ed è tornata dall'Oblio per la seconda volta... Cullen, io credo voglia semplicemente celebrare il fatto di essere viva.»

«Forse hai ragione... »

«Trovo che gli ultimi accadimenti la stiano cambiando... la perdita del suo Clan, le vittorie contro Corypheus, le scoperte dopo l'Oblio. Sta crescendo, sta diventando davvero l'Inquisitore. -

«Cosa intendi dire?»

«É più seria, più dedita...» la frase di Sorella Usignolo rimase in sospeso, interrotta dall'incontro con un allegro Varric a pochi passi dall'ingresso del Riposo dell'Araldo.

«Forza mancate solo voi due, fra poco si aprono le danze! Ricciolino sei vergognoso, sempre in ritardo nelle occasioni non ufficiali!» il nano li esortò a sbrigarsi indicando con un pollice l'entrata, poi si allontanò per fare tappa alla latrina.

Leliana e Cullen furono davvero gli ultimi ad unirsi ai compagni già accomodati nella taverna della Fortezza. Il confuso vociare degli avventori era udibile fin dall'esterno, i due Consiglieri varcarono la porta e furono investiti da un'ondata di calore e dal puzzo di alcol e sudore frammisto al profumo della carne arrosto e di altre vivande. Si guardarono attorno ed individuarono senza difficoltà il loro posto con gli alleati più vicini all'Araldo. Il guerriero stava morendo di fame, dopo essersi procurato del sidro fresco ed un piatto ricolmo di cibarie si sedette ad uno degli estremi del tavolo; accanto a lui c'era Sera già mezza ubriaca con le gambe allungate sopra una sedia, in una mano un boccale e nell'altra del pane speziato, canticchiava un motivetto assurdo tra sé. Il Comandante le lanciò un'occhiataccia (gesto che l'elfa nemmeno notò o finse di non vedere) e si consolò del fatto che per lo meno lì vicino avevano preso posto anche l'Ambasciatrice, Cassandra e la Capo Spia, se non altro una conversazione sensata avrebbe potuto averla con loro tre.

 

Nel frattempo, un drappello di persone stava aggregandosi verso l'improvvisata pista da ballo e alle prime note di un reel** si scatenò in moine e saltelli; Dorian e l'Inquisitore facevano coppia al ritmo della veloce canzone popolare che raccontava di un malizioso corteggiamento nato proprio durante una festa. I due si muovevano bene, sensuali e spiritosi sembrava non avessero fatto altro nella vita, era chiaro quanto si sentissero a loro agio l'uno in compagnia dell'altra. Mentre li osservava in lontananza masticando i bocconi della cena, Cullen provò una sgradevole sensazione che identificò, ahi lui, con gelosia.

«Comandante, mi chiedo se tu stia apprezzando maggiormente le grazie del nostro Inquisitore, i nuovi abiti che le ha fatto confezionare Josie oppure le sue abilità di ballerina... o magari stai solo bruciando d'invidia perché vorresti essere al posto di Dorian?» lo interloquì pungente Leliana.

Sera si intromise con un commento sguaiato «Beh quei pantaloni le fanno proprio un gran bel culo, niente da dire»

Cullen la ignorò (pur lanciando un'occhiata furtiva all'oggetto dell'apprezzamento) e rispose a Leliana ostentando goffa indifferenza «Di che stai parlando?»

«Di certo non hai perso un passo da quando quei due hanno iniziato a danzare» constatò Josephine allusiva.

«Per lo Spirito del Creatore, non è più consentito avere un paio d'occhi adesso!?» tergiversò, alzò i tacchi e camminando con un'andatura rigida prese posto al lato opposto cercando di ignorare le risatine di scherno delle tre colleghe e dell'arciera. Si unì a Varric e Blackwall, al momento intenti ad insegnare le regole di Grazia Malevola a Cole, o almeno ci stavano provando.

 

Intorno la festa andava animandosi: nelle gole bruciavano vini, liquori e birra, carburanti di numerosi brindisi, chiacchiere accalorate si levavano assieme a fischi e risate, voci intonavano i pezzi suonati, la gente si alternava per quattro salti sulla pista da ballo o teneva il ritmo battendo i piedi e le mani.

Cullen dopo mesi si stava finalmente rilassando, i gomiti poggiati sulla superficie del tavolo e le caviglie incrociate verso la stanza si stava godendo la musica, il beveraggio e la vista degli abitanti di Skyhold in apparenza appagati e felici. Anche lui poteva ritenersi soddisfatto, contro ogni previsione avevano ottenuto molti successi e l'inaspettato motore di quei trionfi, l'Araldo di Andraste, piombò lì subito dopo come evocata dai suoi pensieri. Il viso arrossato e i capelli raccolti in una treccia ormai scarmigliata, la Dalish bevve avidamente un bicchiere d'acqua.

«Sta cominciando a fare troppo caldo qui dentro» sentenziò sventolandosi la faccia con una mano.

«Ci credo Testamatta! Non ti sei presa ancora una pausa da quelle maledette piroette! E non ti permetto di bere acqua in una serata come questa!» Varric le allungò della birra e brindarono con Blackwall, Cullen, Cole e perfino Solas al compleanno di Lavellan.

«Quanti anni Inquisitore? Per quanto sia indelicato chiederlo ad una signora... »

«Tu vedi per caso qualche signora qui, Blackwall?»

Il Custode rise «Sei troppo crudele con te stessa, mia lady»

«28 comunque»

«Voi elfi siete impressionanti, ti credevo molto più giovane!» esclamò Cullen.

«E così mi sono fregata, non potrò mai più giustificare la mia idiozia con la giovane età» disse stringendosi nelle spalle con aria tragicomica.

 

Si susseguirono un paio di ballate durante le quali gli uomini giocarono una pigra partita a carte. Kathara, distratta, si mise a canticchiare tra sé i pezzi suonati sorseggiando con gusto un pregiato Porto di Antiva, stava diventando una discreta estimatrice di vini rari e liquori. Le note e le parole delle canzoni la catapultarono in un un limbo di malinconia: storie di esiliati in bilico fra la vita e la morte che agognavano inutilmente la patria perduta e i volti cari che non avrebbero più potuto rivedere... sembrava un po' la sua di storia. Immancabilmente il suo cuore corse verso il ricordo di suo fratello Ruadhan, immaginò come in un'occasione del genere avrebbe fatto il galletto con qualsiasi femmina in età fertile... certe fantasie sciocche la consolavano, in parte, dal suo cordoglio. Forse aveva già raggiunto il suo limite di canzoni tristi per la giornata.

Attese l'ennesimo pezzo veloce e decise di trascinare per mano Cole a godersi, parole sue, un vero divertimento da vero essere umano: piantò il cappellone del ragazzo sulla testa di Varric e lo coinvolse in un frenetico e disordinato ballo di gruppo che scombussolò il giovane dalla testa ai piedi.

 

~°~

Più tardi il Comandante prese a girovagare per la sala con l'intento di sgranchirsi le gambe; alcuni dei presenti reclamarono la sua attenzione con saluti rispettosi, strette di mano o scambi di battute. Poi udì distintamente schiamazzare il Toro di Ferro, dato che non lo aveva ancora visto seguì il baccano e finì per trovarlo in un tavolo appartato a fare bisboccia con i suoi uomini. E lì c'era anche lei, Lavellan, con la schiena poggiata ad una colonna a parlare assieme alla Dalish delle Furie nella loro lingua natia. Notò anche Dorian, con la testa riversa sul tavolo evidentemente sbronzo. Cullen arricciò il naso, non aveva affatto voglia di stare attorno a quei due per rovinarsi la serata, ma il Toro insistette così tanto perché si sedesse con loro che non riuscì a rifiutare.

«Furie!» esclamò di punto in bianco il Qunari «Un brindisi al capo!»

Il rumore sordo dei boccali che cozzavano si unì ai vari:

«Salute!»

«Cin!»

«Auguri!»

«All'Inquisitore!»

Persino Dorian riuscì a blaterare qualcosa dal suo stato di semi incoscienza alcolica.

«Ci stavamo chiedendo, capo, se una prescelta da Andraste abbia anche dei bisogni fisici. Ti abbiamo vista ballare stasera senza capire quale compagnia potresti preferire...»

Lavellan mimò grottescamente un'espressione meditabonda «Mah... » si passò la lingua sul labbro superiore «...finora nella mia vita sono sempre stata del partito degli uccelli» rispose stando al gioco.

Il Toro e il resto delle Furie risero sonoramente «Bene, perché se dovessi sentirti sola, quale tua guardia del corpo mi sentirei in dovere di consolarti, non hai idea di cosa potrei fare per un mucchietto di peli rossi, capo!»

Cullen cominciò a tossire, si stava strozzando con dell'idromele di traverso nei polmoni.

«Toro! Sei senza pudore! Stai facendo secco il Comandante con le tue uscite!» Kathara rise sotto i baffi mentre il Qunari dava delle pacche sulla schiena al povero Cullen per aiutarlo a riprendersi.

Lui si schiarì diverse volte la gola, respirò e appena si riebbe del tutto commentò «Vedo che qui si ama disquisire di filosofia... »

«Dopo questo momento indimenticabile purtroppo devo salutarvi perché mi aspettano un po' di convenevoli inquisitoriali» Lavellan così si dileguò per il resto della serata a porgere i suoi omaggi alla gente di Skyhold intervenuta.

 

~°~

 

Scese a passi lenti dal piano superiore del locale stiracchiandosi e sbadigliando, era tardi, molto tardi e l'indomani avrebbe dovuto incontrare dei nobili orlesiani. Al pensiero Kathara ebbe un moto di ribrezzo. Si era intrattenuta troppo a lungo per le dovute pubbliche relazioni con un gruppo di nani tanto logorroici quanto resistenti all'alcol. L'avevano frastornata di chiacchiere, ma anche insegnato un paio di canzonette piene di doppi sensi davvero apprezzabili. Un'espressione ebete le si piantò in viso mentre cercava di ricordarne le parole.

Giunta al piano terra trovò Cullen, unico dei compagni rimasti, a conversare con Cabot, per quanto si potesse conversare col burbero oste della taverna.

«Sono già andati via tutti?» chiese delusa, raggiungendolo.

«Già?! Non credo manchino molte ore all'alba Inquisitore!»

«Che ti prende Cullen, sei ubriaco per caso?» in effetti era brillo, quel poco da guadagnare mezzo punto in disinvoltura «Mi stai rimproverando neanche fossi mia madre...» lo canzonò «Tu piuttosto, così ligio al dovere, che ci fai ancora qui? »

«Non sarei riuscito a dormire comunque, così ho fatto quattro chiacchiere e bevuto qualche bicchiere... di troppo... forse. Tu sei sparita, pensavamo ti fossi appartata con Dorian. Non sapevo foste diventati intimi» un'illazione che doveva sembrare casuale ma finì per suonare come l'interrogatorio che voleva in effetti essere.

«Io e Dorian?» Lavellan sembrava divertita «Geloso, Comandante?»

Colpito e affondato.

«Chi io? Ehm, semplice curiosità, sai... la gente mormora» Kathara sollevò un sopracciglio, quella manfrina era davvero spassosa, imbranato di uno shemlen!.***

«Ah sì? E da quando saresti diventato così indiscreto?» chiese lei incrociando le braccia davanti al petto con un sogghigno «Quindi non lo sai?» si accostò all'orecchio di Cullen, sussurrandogli la verità sulle preferenze sessuali del mago Tevinter. In parte la vicinanza e il calore del bisbiglio, in parte lo sfioramento accidentale delle labbra di lei sul suo orecchio provocarono un brivido lungo la schiena del Comandante, un piccolo piacere segreto e un supplizio.

«Ah!» lui restò per un attimo di stucco «Non ne ero al corrente...»

«Non essere troppo scandalizzato, mi assicurerò che non ti violenti se è di questo che hai paura» era irresistibile l'impulso di prenderlo per i fondelli. «Beh, il tempo di ritrovare il mio mantello e me ne vado a letto. Tu che fai, mi accompagni? E no, non è un invito di quel genere anche se lo speri.»

«Ma... io non ho mai detto nulla del genere, Inquisitore!» obiettò sostenuto.

«Di sicuro lo hai pensato e non negarlo, non sai mentire Cullen!» Oh sì, le piaceva burlarsi di lui.

Passeggiarono insieme nel cortile fino a raggiungere il salone della fortezza.

Fu Cullen ad attaccare di nuovo discorso «Non sapevo fossi così appassionata di musica e di balli, credevo che i Dalish disprezzassero tutto della cultura Umana»

«I Lavellan non erano fra i clan più integralisti poi, se non si era capito, mi piace tutto quello che può permettermi del divertimento gratis» Sorrise scanzonata e proseguì «Diciamo che essere uno dei pochi cacciatori autorizzati a lasciare di tanto in tanto il clan per commerciare nelle città aveva i suoi vantaggi, soprattuto se eri interessato a conoscere il folclore altrui... Tu invece!» Kathara si grattò il mento dopodiché gli puntò contro un dito accusatore «Non hai ballato affatto!»

«Temo che il saper danzare non rientri per fra le mie abilità. Onestamente non ho mai avuto modo di imparare decentemente, sono partito con i Templari che ero solo un ragazzino e le occasioni di svago non sono mai state molte...»

«Si può imparare qualsiasi cosa, a qualsiasi età, te lo assicurò!» gli disse, pensando alle montagne di tomi che giorno dopo giorno, da mesi, le passavano fra le mani. Poi picchiettò le nocche delle dita un paio di volte sul metallo della corazza del Comandante «Potevi toglierla almeno stasera! Comunque sarebbe stato divertente vederti dimenare come un pazzo con pelliccia armatura e tutto il resto!»

«Un pessimo spettacolo, quasi quanto te e Harding insieme sulla pista da ballo!»

«Cosa?! Harding e io ce la caviamo benissimo!»

«Dico solo che eravate molto comiche»

Risero di gusto, stavolta insieme.

Kathara pareva rigenerata «E' stata una bella festa, non mi scatenavo così da parecchio!»

Il Comandante si fermò un istante e puntò lo sguardo verso il cielo stellato «Credo abbia sollevato il morale di tutti» un'esitazione poi proseguì cercando di guardare Lavellan negli occhi «Se posso chiederlo, come ti senti? Ad Adamant io... mi è sembrato di rivivere Haven, sei sparita nel nulla e non sapevamo cosa pensare, dove fossi finita... credevamo tu fossi morta ed io ero lì stavolta e non potevo farci nulla... di nuovo... » la sua voce aveva assunto un tono amaro.

«Cullen sei troppo premuroso, sembri una chioccia, la guardiana del mio clan al tuo posto mi avrebbe preso a bastonate per il gusto di punirmi!» scherzò per alleviare il dispiacere dell'uomo, poi divenne seria «E' stato difficile» si rabbuiò mentre alcuni ricordi frammentari della discesa nell'Oblio si ridestarono nella sua mente «Ma mi sento meglio, credimi e ce l'abbiamo fatta. Questo è quello che conta. Sai, avevo bisogno di sfogarmi un po', godermi cose... normali e terrene » disse con una risata sommessa «La festicciola mi ha aiutato...»

Lui annuì accennando un sorriso «Credo di capire.»

L'elfa prese a osservalo di sottecchi mentre salivano lo scalone principale. Era piuttosto brava a dissimulare ma quell'uomo le faceva davvero uno strano effetto. Lo trovava... attraente, che male c'era? Robusto, atletico, bei lineamenti... non era cieca. Per non parlare poi della sua voce e dei modi impacciati col genere femminile. Irresitibili! Lavellan si sentiva una perfetta idiota nel partorire giudizi di questo genere. La cosa peggiore è che Cullen continuava a piacerle nonostante il suo essere perfettino, fin troppo quadrato, serio e privo di umorismo per i suoi gusti. La maggior parte del tempo riusciva a ignorare questo fatto, lo teneva per sé, mentiva anche a se stessa forse inconsciamente frenata da qualche pregiudizio rimastole incollato addosso. Lui, un Umano e lei, una Dalish. Stronzate. Non si era mai lasciata condizionare da certi tabù inutili. Ma se si soffermava a pensare a lui troppo a lungo ogni volta uno scompiglio, un desiderio e una tenerezza mai provati la illanguidivano e spaventavano fino a farla infuriare. Aveva avuto qualche esperienza, era sempre stata una con le idee chiare in materia: preferiva sentirsi libera da legami troppo soffocanti quindi delle sporadiche avventure le erano bastate; se fino ad allora questo stato di cose si era rivelato perfetto, perché proprio adesso doveva farsi coinvolgere tanto da sentirsi completamente rimbecillita? Quella situazione era un vero tormento. No, doveva darsi un contegno, rimanere impassibile, non era davvero il caso affezionarsi a qualcuno nella posizione in cui si trovava, sarebbe stato doloroso per entrambi. Sospirò sconsolata mentre queste considerazioni le passavano per la testa.

 

Giunsero davanti allo porta dello studio di Solas, erano sul punto di congedarsi.

«Inquis... ehm, Kathara... »

«Sì?»

Lei si ritrovò a seguire affascinata la gamma di espressioni che balenavano sul viso di lui.

«Ero indeciso se... non so se sia appropriato» si portò una mano dietro il collo, come faceva quando era nervoso «...ma per caso l'altro giorno dalla mercante Sims ho visto questo e... ecco, ho pensato che ti si addicesse.» Le pose tra le mani un sacchettino di velluto rosso.

«Per me?» Sbatté le palpebre stupefatta «Sul serio?» Accettò di buon grado il dono e curiosa aprì frettolosamente il nodo che teneva chiuso l'involucro. Ne uscì un laccio di cuoio e appeso ad esso un ciondolo di bella fattura con cesellata all'interno la figura argentea di un halla. Kathara lo lasciò penzolare davanti ai suoi occhi per un attimo. Tutto ciò era quantomeno inaspettato, da secoli non riceveva un regalo da qualcuno e mai avrebbe immaginato di riceverne uno ora e proprio da parte di Cullen. Certo, le era chiaro che lui aveva un interesse, ma era sicura che mai avrebbe osato manifestarlo apertamente.

«Cosa posso dire? Ti ringrazio molto... non dovevi...»

Lo indossò subito sentendosi un po' sciocca: lo doveva ammettere era felice, beata come avrebbe potuto esserlo una bambina a cui era stata regalata una bambola desiderata da tempo. Dei! L'impassibilità era già andata a farsi benedire, stava diventando davvero una scimunita.

«Beh, mi hai dato tutta quella corteccia per i miei mal di testa, dovevo ricambiare in qualche modo... Ti piace?» le chiese incerto. Kathara non rispose, sorrise, si alzò sulle punte dei piedi e gli schioccò un bacio sulla guancia. Il suo odore, la consistenza della sua pelle, la sensazione ruvida della barba incolta; Kathara non ricordava di essergli stata così vicina e quel contatto sembrava troppo piacevole per durare così poco. D'istinto finì per abbracciarlo, un gesto innocente e quasi fraterno, una richiesta di vicinanza e conforto. Lui ricambiò con dolcezza, delle braccia ferme e una mano a posarle una carezza fuggevole sulla testa.

Si staccarono, stavolta non c'era imbarazzo.

«Cullen...»

«Sì?»

Un ennesimo ripensamento e Lavellan si frenò «Non importa, un'altra volta. Buona notte...»

«Buon compleanno, Inquisitore»

 

~*~

Note:

*fiddle = violino suonato per musica folk

**reel = danza popolare e musica di origine celtica caratterizzata dalla vivacità del ballo molto frenetico (reel significa infatti mulinello)

***shemlen = umano in elfico

 

Rieccomi! Lavoro e impegni vari non mi permettono di essere costante quanto vorrei e mi dispiace :( Comunque, avevo letto in un'altra fan fiction di cui ora non ricordo il titolo (forse “Before di Dawn”?) di una scena con una festa e mi era piaciuta, così ho voluto farne una a modo mio. All'inizio voleva essere un capitolo demenziale di puro cameratismo grezzo per divertirmi a fare interagire un po' i personaggi, poi nel finale - senza previsione - è deragliato sul fluff. Amen!

Dedica speciale e miriade di ringraziamenti a Lunete, fedele lettrice di questa misera raccolta che stavolta ha dato una lettura preliminare utilissima alla resa del capitolo!
A presto, spero!

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Capitolo 6
*** Vir Banal'ras ***


Vir Banal'ras

 

L'Inquisitore fece ritorno dalle Tombe di Smeraldo a pomeriggio inoltrato. Le nuvole sopra Skyhold erano spesse, lasciavano filtrare solo deboli fasci di luce e le minacciose chiazze grigio carbone che coloravano l'etere preannunciavano ore di pioggia scrosciante. A Lavellan pareva già di percepire la sensazione di umidità nelle ossa mentre conduceva per le briglie il suo maestoso halla in direzione delle stalle.

«Un tempo magnifico per tornare!» commentò acido Dorian, lanciando un'occhiata irritata al cielo plumbeo sopra le loro teste.

Il Toro di Ferro non perse l'occasione di schernirlo: «Il nostro principino Tev teme di rovinare la sua pelle delicata con un po' d'acqua piovana?».

«Se accadesse dispiacerebbe più a te che a me, bestione di un Qunari!» sibilò il mago in risposta.

Blackwall ruotò gli occhi fra il divertito e l'imbarazzato, poi si congedò «Lascio la coppietta ai litigi coniugali e vado a sistemare i miei bagagli»

Kathara si divertiva sempre assistendo a questi scambi di battute. Nel frattempo stava sgravando la sua cavalcatura dall'equipaggiamento e dalle sacche, per una volta nessun servitore era arrivato in tempo per farlo al suo posto e la cosa le diede gran soddisfazione. Terminata l'operazione e affidata la bestia a Mastro Dennet, salutò con il gesto di una mano gli altri due compagni che ancora battibeccavano e si allontanò dalle scuderie passeggiando accanto a Blackwall.

«Ah, vedo che il grifone procede bene!» gli disse, indicando la scultura lignea del Custode all'interno del fienile che l'uomo usava come rifugio.

«Abbastanza» rispose lui, osservando l'opera con le mani poggiate ai fianchi «Abbastanza... Immagino avrai diverse faccende di cui occuparti ora che sei tornata. A presto, mia signora.»

Kathara fece spallucce «Immagino di sì» rispose asciutta «Ci vediamo, Blackwall e basta con questa “signora”... mh?» congiunse la mani davanti alla bocca abbozzando una smorfia, dopodiché si voltò e s'incammino verso il cortile superiore.

Durante il breve tragitto che la condusse all'ala principale della roccaforte, affaticata dal viaggio di ritorno, Lavellan maledì varie volte in elfico e nella lingua del re l'interminabile numero di scalini di cui il castello era munito. Ripensò poi con simpatia ai tre loschi figuri con cui aveva condiviso la missione provando un pizzico d'invidia, li conosceva abbastanza bene da sapere che Dorian, il Toro di Ferro - e probabilmente anche Blackwall - nelle ore seguenti avrebbero trovato modo di fare baldoria per festeggiare la buona riuscita della spedizione. Ogni scusa era buona per mettersi a gozzovigliare e per la verità, di solito, non sentivano nemmeno il bisogno di inventarsi delle motivazioni plausibili. Chi li biasimava? Avendone la possibilità si sarebbe unita volentieri al trio non fosse che l'aspettava – era la prassi – una serata di tavola rotonda con i Consiglieri. Non che disprezzasse la loro compagnia, affatto; aveva imparato e ancora stava imparando molto da Josephine, Cullen e Leliana e apprendere tutte queste conoscenze, per quanta fatica le costasse, la stava rendendo sempre più sicura e consapevole dei propri mezzi e della propria posizione. Solo a volte agognava gli spazi di assoluta libertà a cui si era abituata durante la vita col Clan, a maggior ragione dopo periodi di immersione nei doveri dell'Inquisizione... forse sarebbe riuscita a ritagliarsi del tempo per sé il giorno seguente o almeno lo sperava. Di una cosa era certa: da quando era diventata l'Araldo di Andraste le scocciature non mancavano mai! Era una considerazione fatta con la massima ironia, naturalmente.

 

Affrettò il passo temendo lo scatenarsi di un acquazzone e trovò ad accoglierla alle porte della fortezza il volto ed i modi cordiali di Josephine. Con la solita verve l'Inquisitore porse i suoi omaggi all'ambasciatrice e cercò di scambiare con lei qualche parola per informarsi sull'andamento delle cose a Skyhold, senza mezzi termini tuttavia venne scacciata in fretta e furia verso le sue stanze private. La donna di Antiva informò di averle fatto preparare un bagno caldo e profumatissimo in attesa del programma della serata, ovvero una cena nei suoi alloggi in compagnia di Leliana e Cullen per gli ultimi aggiornamenti strategici e militari. Beh, non smentiva mai la sua efficienza.

«E tu? Non ci sarai?» le domandò Kathara.

L'ambasciatrice spiegò che suo malgrado sarebbe mancata all'incontro perché doveva intrattenere alcuni dignitari giunti in visita all'ultimo momento.

Meglio lei che me” pensò l'elfa, dispiaciuta da un lato ma sollevata dal potersi esonerare dal tedioso compito.

 

Rispose, senza badarci troppo, agli ossequi dei vari nobili sparpagliati attorno ai tavoli ed ai bracieri della sala del trono ed infine, quando si serrò alle spalle la pesante porta di legno dei suoi alloggi, esalò un sospiro liberatorio. Con le palpebre chiuse ruotò il capo da un lato e dall'altro permettendo al collo teso di scrocchiare, poi all'improvviso le venne un dubbio.

La reazione di Josephine sarà mica...”, si annusò per sincerarsi di non stare puzzando vergognosamente e assicuratasi di rasentare la decenza archiviò l'ipotesi del fetore inquisitoriale.

Adagio prese a salire la scalinata verso il piano superiore, non si era resa conto di avere accumulato tanta spossatezza! Un sospetto si affacciò alla sua coscienza: e se, oltre al comprensibile affaticamento causato dalle esplorazioni e dai combattimenti, il marchio stesse logorando da dentro la sua vitalità? Scosse la testa indispettita dalla preoccupazione, lei odiava i se e i ma... era una domanda che avrebbe avuto risposta solo col passare del tempo.

Dannati scalini!” Il mantra si ripeté nella sua testa finché le suole degli stivali non toccarono il pavimento della camera da letto. Notò con enorme piacere che il focolare era acceso, a giudicare dal calore e dall'odore di legna bruciata dovevano averlo ravvivato più volte. Tutto sembrava come lo aveva lasciato alla sua partenza ad eccezione di una grande vasca di rame posizionata poco lontano dal camino: proprio come Josephine aveva promesso, la stava attendendo profumata e fumante. Accanto ad essa erano stati posizionati una cesta in vimini per la biancheria sporca, uno sgabello con il necessario per la toeletta e alcuni teli puliti piegati sopra una sedia. Appese le armi a dei supporti collocati nello sgabuzzino, dopodiché poggiò un paio di scarselle sulla scrivania, lì notò un plico di lettere ordinate con cura che attendevano una replica da parte sua, le sfogliò e le ripose. Sciolse i capelli, tolse uno ad uno gli abiti sciupati dal viaggio e li gettò alla rinfusa nella cesta. Si osservò nuda tastando con le dite le costole, era più asciutta del solito: come d'abitudine la trasferta e gli scontri le avevano fatto perdere una manciata di chili che avrebbe presto recuperato con la vita più sedentaria e i pasti regolari a Skyhold.

 

A contatto col benefico calore dell'acqua le sue membra gradualmente si distesero, le tensioni muscolari ed emotive, assieme al peso morale che avvertiva gravare su di sé, parvero alleggerirsi. Si immerse del tutto nella vasca per bagnare anche la chioma castano-ramata e si lavò con energia insaponandosi e sfregando la pelle con una pezza. Rimase ammollo a lungo, godendosi appieno l'effetto rigenerante del profumo di lavanda e dell'ormai tiepida tinozza.

Si permise il lusso di distrarsi fantasticando su quanto sarebbe stato piacevole avere della compagnia maschile, lì con lei, durante quel gradevole bagno rilassante: prima prese corpo nella sua immaginazione la figura del Comandante dell'Inquisizione; la visione, per quanto allettante, la turbò all'istante e cercò di sostituirla con quella di Aillil, un affabile elfo artigiano del Clan, fra di loro era nato un reciproco vago interesse poco prima della partenza per il Conclave. Sembravano passati secoli. Si dilettò perdendosi in qualche sogno erotico ad occhi aperti sbattendo alla fine la faccia contro la brusca realtà dei fatti: si sentiva terribilmente sola, a volte.

La questione fisica era solo un accessorio di un più vasto ed inespresso senso di isolamento. Da un lato c'era la persona dell'Araldo/Inquisitore, un'ingombrante parte di lei al momento, con un compito che nessun altro al mondo avrebbe potuto svolgere, e quel peso, seppure condiviso con molti alleati, talvolta era schiacciante e le faceva paura, dopotutto era lei e lei soltanto la portatrice del marchio. Dall'altra parte c'erano persone uniche e nuovi amici che altrimenti mai avrebbe incontrato, eppure per quanto le venisse piuttosto naturale amalgamarsi con loro, non poteva ancora esistere la stessa vicinanza provata per la gente con cui era cresciuta.

 

Un fiotto di acqua gelida interruppe bruscamente il beato ronfare di Ruadhan. Sconvolto dal risveglio traumatico, rabbrividì, si mise a sputacchiare del liquido girandosi su un fianco e si sedette asciugando con una passata della mano il viso fradicio. Scosse la testa costellata da lunghe treccine color ruggine e cercò di focalizzare il mondo attorno. Quella disgraziata di sua sorella Kathara e un paio di graziose ma pur sempre stolte cacciatrici ridevano di lui a pochi passi di distanza. Si alzò con un movimento fluido e le raggiunse, ostentando un'espressione neutrale sul volto punteggiato di lentiggini. Agguantò la sorella prima che riuscisse a scappare – lei era molto agile, ma lui di gran lunga più veloce e forte – se la caricò di peso su una spalla e la gettò in un punto del sottobosco zeppo di ortiche. Lei saltò come una molla, lamentandosi e grattando la pelle irritata.

«Ruad, maledetto idiota!» Kathara inveì contro il fratello tirandogli un manrovescio contro il braccio ed ebbe in risposta un ghigno compiaciuto «Te la sei cercata, Thara!».

«I nostri gemellini hanno finito di azzuffarsi?» chiese una voce snervata alle loro spalle «Quando crescerete voi due? Vi comportate ancora come dei ragazzini!»

«Perdona mia sorella, hahren*, è una stupida»

«Non per niente avete lo stesso sangue, Ruad!» commentò sarcastico il cacciatore anziano Galdor.

L'elfo fece una smorfia e cercò di ribattere ma con un unico gesto imperioso l'hahren gli intimò di lasciar perdere. Kathara nascose il suo divertimento portandosi una mano alla bocca mentre Ruad si girava a guardarla storto.

Per la piccola compagnia Dalish, il viaggio da nord dei Liberi Confini a Kirkwall era stato tranquillo e, merito dello svelto trotto degli halla, non era durato troppo a lungo. La città ormai era vicina, il gruppo si divise prima di varcarne la periferia.

Kathara salutò i compagni, abbracciò Anarra e Tyrael, due care amiche fra la cerchia delle cacciatrici; insieme a Galdor, due guerrieri e a Ruadhan formavano il piccolo gruppo che la stava accompagnando alla partenza.

Suo fratello iniziò a snocciolare un'interminabile lista di raccomandazioni «...e non fraternizzare troppo con quei pervertiti di Umani, ah e non dimenticarti di affilare e pulire i pugnali! E soprattutto non provare a perdere o farti sgraffignare il mio arco migliore!» Kathara lo ascoltò, annoiata da tutta quella petulanza poi gli diede un buffetto sulla guancia «D'accordo Ru, tranquillo...». Lui sorrise e con un braccio si portò per un secondo la sorella al petto, sussurrando «Dareth shiral**, Thara. Non metterti nei guai...». Quell'idiota, lo sapeva, le sarebbe mancato, non ricordava di essersi mai allontanata tanto dal suo gemello.

Prima che la lasciassero sola, l'anziano la prese da parte un'ultima volta «Lethallin, sei un'abile cacciatrice, sei sveglia e sai trattare con gli Shemlen e i Figli della Pietra, ma ammetto di non avere compreso del tutto la decisione di Deshanna. Eppure, se ha scelto te per spiare questo Conclave, avrà dei validi motivi. Solo tu sai cosa la Guardiana ti ha rivelato. Sii cauta e che Mythal ti protegga.» Kathara annuì e ringraziò Galdor, l'aveva chiamata lethallin***, non più dal'en****.

Salutò per un'ultima volta gli amici mentre si addentrava nelle viscere di Kirkwall, sentendo le sue di budella in uno stato di agitazione e aspettativa. Eccitazione ed una leggera ansia si alternavano nel suo animo, non aveva mai affrontato una traversata in nave e nemmeno un viaggio così lungo in luoghi ignoti da sola. Con in mente tutti i consigli da pirata di suo nonno Illitran, una mappa nelle sue sacche ed in dote poco denaro e le sue abilità si imbarcò poche ore più tardi dal porto per la traversata del Mare del Risveglio: l'inizio della sua missione verso il Ferelden, verso Haven, verso una nuova, inimmaginabile esistenza.

 

Guardando la sua vita attuale Lavellan non sapeva dire cosa apparisse più irreale, i suoi anni da Dalish o i mesi vissuti con l'Inquisizione. Di una cosa era certa però, tutto questo fermento interiore era partito dalle splendide foreste delle Tombe di Smeraldo. Aveva sentito dire che ogni albero nella regione rappresentava una vita persa durante la seconda Sacra Marcia, la cosa le aveva provocato un brivido involontario carico d'un senso di ingiustizia e tristezza per la tragedia degli elfi antichi. Quei luoghi l'avevano resa nostalgica... gli alberi maestosi, i boschi sconfinati, le foreste lussureggianti di flora e fauna, le rovine elfiche... era stata catapultata nel suo vero elemento, verso il cuore ancestrale delle sue origini.

Scivolò fuori dalla vasca con l'accortezza di non schizzare troppo i tappeti stesi a terra. Sovrappensiero prese uno dei teli, si tamponò e se lo avvolse attorno fermandolo all'altezza del petto. Attizzò il fuoco con un paio di ceppi, si sedette a terra a gambe incrociate di fronte alle fiamme e prese a pettinarsi i capelli umidi con aria assente. Aspettò di essere completamente asciutta poi si spostò sul letto, coricandosi nuda e protetta da una calda coperta.

Per quanto si stesse sforzando di non rammentare, ogni volta che chiudeva gli occhi la mente continuava a riportarla al giorno in cui aveva scoperto il massacro della sua gente, la fine dei Lavellan.

 

I visi di Josephine, Leliana e Cullen erano addolorati mentre le riportavano la notizia, lei strinse tra le mani tremanti i rapporti rileggendoli mille volte, incredula. Tutto era annebbiato dalla rabbia, dall'impotenza e da un dolore intraducibile. Non era riuscita nemmeno a piangere. Solo di notte, sulla cima della struttura che sarebbe diventata la Torre dei Maghi, era giunto un briciolo di conforto: «Qualcosa è stato mozzato via da lei, non c'è più stabilità sulla terra che calpesta. Come un albero senza radice. Ma non è davvero sola.». Le parole criptiche ma a loro modo consolanti di Cole diedero voce al suo cordoglio, le carezzarono le orecchie ed il cuore. Kathara doveva immaginare che lo strano ragazzo sarebbe comparso, no? Non era forse lì per aiutare? Lo ripeteva di continuo. «Grazie, Cole» gli aveva detto semplicemente, invitandolo a sedere accanto a lei, facendosi animo attraverso la sua presenza.

 

Le fu impossibile riposare.

Decise di cambiarsi, scegliendo da un baule della biancheria intima pulita, delle brache aderenti nere e una tunica rosso slavato di due taglie più grandi che strinse alla vita con una cintura di cuoio, lasciò i capelli slegati fermandoli con un laccetto attorno alla fronte.

Aveva bisogno di occupare la mente così, sbocconcellando dell'uva, visionò con attenzione la corrispondenza arretrata mentre si avvicendarono alcuni servitori a spostare la vasca per sostituirla con un tavolo imbandito per la cena.

 

~o~

 

 

Cullen giunse all'appuntamento per primo. Lavellan era stata via tre settimane e l'idea di rivederla lo riempiva di una gioia calda e silenziosa tanto che aveva trascorso l'intera giornata aspettando con assurda impazienza la riunione. Di recente si era reso conto di agognare sempre più spesso i momenti formali e informali passati con lei: i consigli di guerra, una partita a scacchi, le ispezioni nelle caserme, due passi insieme nei giardini, una bevuta occasionale in taverna, una chiacchierata futile e ridere alle sue battute, vedere le deliziose fossette che le si formavano sulle guance mentre sorrideva, sbirciare divertito certe sue piccole smorfie o semplicemente osservare la sua figura flessuosa camminare per Skyhold. Salendo gli ultimi scalini degli alloggi di Kathara si impose di apparire controllato e nello sforzo di calmare l'euforia che si agitava dentro di lui, per la prima volta, si rese davvero conto di come l'elfa gli fosse entrata dentro quasi di soppiatto e di quanto ne avesse sentito la mancanza in quel lasso di tempo. Si ritrovò a domandarsi amareggiato perché dovesse sempre invaghirsi di donne che non avrebbe mai potuto avere senza soffrire.

Ed eccola, la vide di spalle sul terrazzo a piedi nudi, come facesse a non averli già congelati era un mistero, poi ricordò che i Dalish spesso non indossavano calzature; la sentì emettere un fischio acuto e poco dopo sullo spesso guanto che stava a protezione del suo avambraccio planò un falchetto.

L'arrivo del Comandante non passò inosservato, Lavellan lo salutò infatti senza riuscire a sopprimere un'esclamazione di stupore «Per la miseria! Allora non sei fatto di latta!».

Era la prima volta che lo vedeva in abiti civili, in luogo della solita armatura Cullen indossava dei semplici pantaloni scuri ed una camicia bordeaux a collo alto che valorizzava il suo fisico, al posto dell'immancabile pelliccia con sé portava un mantello. Lui sorrise imbarazzato all'implicito complimento dell'Inquisitore e farfugliò una risposta insensata, toccandosi il collo.

Lei lo guardò compiaciuta con la coda dell'occhio, poi riportò l'attenzione al falco, prese a nutrirlo amorevolmente con alcuni bocconi e ne carezzò affettuosa il piumaggio con il dorso delle dita.

«Vai, Shartan» poco dopo lasciò ripartire il rapace e osservandolo in volo mormorò, più rivolta a se stessa che all'uomo «Non è bellissimo? Così libero... »

Con i capelli sciolti, gli occhi verdi liberi dal trucco nero e quell'espressione trasognata Cullen non l'aveva mai vista e ne rimase in cuor suo affascinato.

«Shartan... » ripeté Leliana con le mani conserte dietro la schiena, mentre si univa a loro a passi leggeri verso i finestroni aperti del terrazzo «Vedo che hai chiamato il falco come l'eroe elfico alleato di Andraste.» Questo capriccio di Lavellan per la falconeria era nato con la complicità della Capo Spia, curiosando gli addestramenti dei suoi corvi messaggeri.

«Già, molto banale da parte mia, non trovi?» constatò l'Inquisitore ironica «Conosci la storia, quindi?... Ah certo, che domanda idiota, a volte dimentico che sei stata un bardo»

«Un secolo fa! Era una delle mie leggende preferite... »

«Non rimpiangi mai quella vita Leliana?» chiese Cullen incuriosito.

«No, non più. Non da quando il Creatore mi ha mostrato la Via, e soprattutto non da quando ho conosciuto Justinia»

Kathara scosse la testa incredula e sospirò «A volte invidio la tua fede, mi renderebbe le cose più facili»

«Non esserne così sicura...» Cullen rispose per entrambi i Consiglieri e Leliana annuì in segno di assenso.

«Scusate, non intendevo mancarvi di rispetto»

«Nessun problema» la rassicurò Leliana.

«Meglio così.» Lavellan mimò un enfatico gesto di sollievo e proseguì «Ora vi va di mangiare? Mi vergogno a dirlo ma non ho fatto che sognare questi dolcetti orlesiani mentre ero via!»

 

La cena trascorse veloce fra i resoconti di Lavellan sulle Tombe di Smeraldo e gli aggiornamenti dei due Consiglieri. Rispose piuttosto ironica a diverse critiche che le vennero riportate «Vorrei vedere loro nei miei panni! Essere l'Inquisitore è come passeggiare col didietro scoperto e avere due bei bersagli rossi marchiati sulle chiappe!»

Insieme valutarono le ipotesi sulle prossime mosse. Josephine era venuta a sapere di un ballo che a distanza di un paio di mesi si sarebbe tenuto al Palazzo d'Inverno, poteva essere un appuntamento cruciale per sventare il destino dell'Imperatrice Celene intravisto a Redcliffe. Dall'altra parte c'erano le dritte di Hawke che conducevano a Crestwood e ai Custodi Grigi. Visto che l'evento in Orlais era relativamente distante e la presenza dell'Inquisitore al momento non serviva altrove decisero all'unanimità di seguire intanto la seconda pista.

 

«Signore...» disse il Comandante sollevandosi dal divano «se abbiamo finito mi ritirerei, questo mal di testa comincia a diventare insopportabile» e prese a massaggiarsi vigorosamente le tempie. Ed era vero, le emicranie erano delle abituali compagne da quando aveva smesso i dosaggi di lyrium.

In realtà una parte di lui aveva sperato che Leliana se ne andasse e lo lasciasse solo con Kathara, ma a che scopo poi? Tanto si conosceva troppo bene da sapere che non avrebbe avuto il coraggio di dire o fare nulla.

«Di nuovo?» gli chiese Leliana «Non ti sei ancora procurato una cura decente?» e l'Araldo rincarò la dose «Potevi dirlo prima, avremmo abbreviato la seduta o rimandato a domani!»

«É solo un mal di testa, non esagerate»

Era sul punto di andarsene quando Lavellan lo fermò, all'improvviso illuminata.

«Cullen aspetta! Forse ho qualcosa per te... » l'Inquisitore si mise a frugare in un paio di scarselle appese alla sedia della sua scrivania e da una estrasse un involucro fatto di grosse foglie «Tieni, ne ho trovata parecchia nell'ultima esplorazione, è un rimedio che usiamo noi Dalish: masticando questa corteccia dovrebbe passarti il dolore. L'ho già trattata. Prendine un po', il sapore non è pessimo e l'effetto sicuro, non te ne pentirai.»

Cullen prima fissò scettico l'involucro e poi interrogativo Lavellan «Sicura?»

«Su, fidati!» pigolò persuasiva, dandogli una pacca su un braccio. «Non ti avvelenerei mai»

«Ma non vorrei privartene, davvero» replicò lui di nuovo, titubante. Era lusingato dalla preoccupazione di Kathara, anche se da un lato temeva qualche simpatico effetto collaterale del tutto premeditato, a volte era imprevedibile quell'elfa, non ai livelli di Sera, ma nemmeno Lavellan disdegnava gli scherzi di tanto in tanto.

«Non preoccuparti, ne ho altra» tagliò corto.

Cullen si rassegnò e smise di obiettare «Beh, allora grazie, la proverò...»

«Per così poco... Se tu ti convincessi ad usarla, domani saresti prostrato ai miei piedi dalla gratitudine! »

«Vi prego, vorrei davvero assistere alla scena quando accadrà» era Leliana con un sorrisetto irritante stampato in viso «Buona notte, Comandante»

«Leliana...» le rispose secco, « ...Inquisitore» a Lavellan aveva riservato un'espressione decisamente più amabile. Poi si allontanò, scendendo in direzione del salone.

«Hai tempo di scambiare ancora due parole, Leliana?»

«Naturalmente, mia signora. Spero tu non voglia parlarmi del debole che ha per te il Comandante.» le disse ammiccante.

Lavellan rise «Divertente, ma no. Qualcosa di meno frivolo» e arrivò dritta al punto «Hai notizie sui sopravvissuti del mio Clan?»

«Purtroppo niente di rilevante, i miei agenti non sono riusciti a contattarli di persona prima che si aggregassero al Clan Ralaferin. Sappiamo solo che si sono spostati con loro, senza nemmeno prendersi il tempo di leccarsi le ferite.»

«Quindi non hai nomi? Niente del genere?»

Sorella Usignolo scosse la testa in segno negativo. Lavellan era delusa, sapere che qualcuno era ancora vivo naturalmente l'aveva resa felice e continuava a nutrire la speranza di ricevere un giorno notizie da suo nonno, suo fratello, qualcuno dei suoi migliori amici o almeno dalla Guardiana, ma finora tutto taceva. Sospirò.

Leliana, scrutandola coi suoi occhi chiari, comprese lo stato d'animo dell'Inquisitore. In quella guerra contro Corypheus, anche lei con la morte di Justinia aveva perso la più cara amica e la sua guida, quindi non attese oltre e svelò a Lavellan di avere scoperto come il duca Wycome - che con tempismo pessimo aveva inviato gli aiuti al Clan – solo in apparenza si dichiarasse alleato dell'Inquisizione, il nobile infatti si era rivelato una spia in combutta con i seguaci del magister.

«Corypheus... tutto si riconduce sempre a quel bastardo!» Kathara strinse i pugni e serrò le mascelle. «Leliana io devo prepararmi a quando dovrò affrontare di nuovo quel mostro. Per fargliela pagare come merita devo essere davvero spietata. Josephine mi ha raccontato che durante il Quinto Flagello hai viaggiato con l'eroe del Ferelden e che con voi c'era un Corvo di Antiva. Pensi che potrebbe farmi da istruttore?»

Leliana non nascose il suo stupore di fronte alla richiesta «Zevran? Lascia perdere, come maestro non lo raccomanderei a nessuno!»

Lavellan la guardò senza insistere oltre e poi si girò verso il camino. «Vir Banal'ras...» mormorò tra sé fissando le fiamme che si avviluppavano sinuose nel focolare.

«Cosa?»

«Vir Banal'ras, la Via dell'Ombra» tradusse Kathara. «La maggior parte dei Dalish vive secondo il codice della dea Andruil. Ci insegna la Via del Cacciatore ed il rispetto per la foresta e le creature che la popolano, ovvero i nostri unici mezzi di sussistenza. Vir Banal'ras è la quarta regola di questo codice, molti evitano anche solo di nominarla. E' la via che un cacciatore segue quando sceglie di dedicare se stesso alla vendetta, diventando un assassino...»

Leliana comprese al volo, leggendo la ferrea determinazione nelle parole dell'Inquisitore «Non devi aggiungere altro. Non appena avrò reclutato una persona adatta, inizierai il tuo addestramento.»

 

Heir, un'assassina Dalish, la sua nuova istruttrice, fece il suo arrivo a Skyhold poche settimane dopo.

 

 

~°~

 

 

Note:

*hahren= anziano, usato come titolo di rispetto - **Dareth Shiral= saluto di commiato, che sta a significare qualcosa come "sii cauta, prudente, che il tuo viaggio sia sicuro." - ***lethallin=una sorta di vezzeggiativo usato con persone amiche o della stessa famiglia o dello stesso sangue in senso lato - ****dal'en=bambino, giovane.

Questa volta vi ho presentato uno scorcio più introspettivo sull'Inquisitore, spero non sia stato troppo noioso. Il tutto sempre senza grandi pretese, eh.

Quando, giocando a DA:I, nella sala di guerra erano comparse due missioni minori di aiuto ai Lavellan, le prime idee per le one-shot hanno preso corpo nella mia testa. Ora non ricordo bene come la questione andasse a finire, ma mi aveva solleticato il pensiero di rendere la mia protagonista “orfana” del suo clan e così poi ho fatto. Visto che non è un evento rilevante nel gioco ho sfruttato l'accadimento per arricchire il mio personaggio e motivare la scelta della specializzazione nella via dell'assassino.

Ehm, tra l'altro intanto che scrivevo la scena con i miei Lavellan immaginari, sembrava che questi sgomitassero per reclamare più spazio, in particolare Ruad! o_O

Cronologicamente questo capitolo dovrebbe collocarsi prima dello scorso capitolo “Buon Compleanno, Inquisitore”. In effetti è nato anche prima, ma non riuscendo a scriverlo per bene, l'ho lasciato maturare un pochino. Prometto che una volta conclusa la raccolta faccio un'operazione di riordino... si sa mai, per i posteri. ;p

Un grazie di nuovo ai passanti silenziosi e a chi, finora, ha voluto anche lasciare un commento!

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Capitolo 7
*** La Grande Caccia ***


La Grande Caccia


Giunse la notte ed il buio parve persino oscurare il ricordo dell'eccezionale doppio arcobaleno che nel pomeriggio sotto lo sguardo meravigliato della gente di Skyhold aveva solcato il cielo; quel cielo ferito che presto avrebbe conosciuto la sua sorte: per mano sua, dell'Araldo di Andraste o per mano di Corypheus, il nemico del Thedas.
C'era una diceria sull'arcobaleno, si pensava fosse di buon auspicio, un segno di favore da parte delle divinità... Kathara nel corso della guerra che stavano combattendo aveva conosciuto la reincarnazione della dea Mythal in persona e ancora stentava a crederci, dunque non sapeva valutare con chiarezza, al presente, se fosse saggio o meno affidarsi ad una vecchia credenza; eppure in quel momento era consolante aggrapparsi anche ad una superstizione pur di trovare non tanto la forza, quanto la fiducia in se stessa. Dove dimorava la fonte della fede che i seguaci dell'Inquisizione con tanto fervore nutrivano in lei? Scandagliando dentro se stessa in quel momento non ne trovava traccia, non riusciva a sentirla, l'ombra della paura cresceva dentro fino a soffocare le verità sussurrate dalla sua anima. E nemmeno l'amplesso tinto di una passione disperata, consumato poche ore prima con l'unico uomo che avesse mai amato, era riuscito a pacificarla.
Fissava immobile come una statua la versione notturna dei picchi montani, ormai familiari, che i suoi occhi sensibili da elfo le permettevano di scorgere, sembrava stesse addirittura scavando oltre il nero, in cerca d'una primordiale scintilla di luce.


Il pastore è smarrito,
e la sua casa lontana,
segui le stelle
e il sole sorgerà.


Snuda la tua lama
e alzala al cielo,
lotta con coraggio
e il sole sorgerà.


Lunga è la notte
e buia la via.


Alza gli occhi al cielo
perché presto
il sole sorgerà.


Con voce flebile, involontariamente quasi, si ritrovò a mormorare i versi del canto che simbolicamente l'aveva condotta a braccetto verso il cambiamento più significativo di quei convulsi mesi, e intonandone le parole, le sembrò di rivivere i passi che da Haven l'avevano condotta fino a quella notte. Una prigioniera frastornata e condannata dagli eventi, innalzata in un lampo al rango di campionessa benedetta dalla Sposa del Creatore. L'Araldo di Andraste, un'elfa Dalish, l'improbabile emblema della neonata e discussa Inquisizione. Poi, pagare il prezzo e le conseguenze della fama e delle sue azioni: Haven in fiamme, panico, terrore e morte. In seguito, il viaggio epico che li aveva condotti fino a Skyhold, l'inaspettata investitura al ruolo di Inquisitore e l'incalzare degli eventi... missioni, luoghi, volti, gloria, amicizie, esperienze alla costante ombra del Varco.
Guardò la mano capace di rammendare il Velo, tastò il polso dove Coryphues l'aveva stretta durante il loro primo faccia a faccia, sembrava ancora bruciare di quel tocco corrotto ed erano un ricordo vivido i folli occhi di brace del suo nemico.
Le sue nocche divennero bianche stringendo con ferocia il corrimano della balconata. Cercò di riacquistare il controllo, ricacciando le lacrime e tornando ad attingere la fermezza necessaria dalla determinazione e dalla rabbia.


Cullen si svegliò all'improvviso, a destarlo da un sonno leggero non fu uno degli incubi ricorrenti bensì la consapevolezza dello spazio vuoto al suo fianco. Il camino seppur debolmente ancora fiammeggiava irraggiando un lieve tepore nella stanza, tuttavia egli avvertiva chiaramente l'intrusione del freddo della notte a pizzicargli la pelle scoperta. Non appena i suoi occhi d'ambra si adattarono alla semi oscurità, notò come uno dei finestroni fosse stato aperto e oltre la soglia scorse la sottile sagoma di Lavellan in piedi sulla terrazza; cantava sommessamente, la voce incerta, come rotta da un pianto soffocato. Cullen scivolò fuori dalle coperte, indossò in fretta i suoi pantaloni, buttò sulle spalle la pelliccia e la raggiunse. La strinse a sé da dietro, incurante della temperatura esterna Kathara aveva addosso soltanto una sottile veste da camera. Al tocco del Comandante lei parve asciugarsi frettolosa gli occhi per poi girarsi verso di lui, sprofondando nella salda sicurezza del suo abbraccio. Forse rappresentava questo per lei quell'uomo, un porto sicuro, Kathara non ci aveva mai davvero pensato godendosi solo il momento.
Lui si distanziò di qualche centimetro, le prese la mano sinistra, se la portò alla bocca e baciò con tenerezza il palmo segnato dal marchio, «Te l'ho già detto, tornerai, non può essere altrimenti... guarda dove sei arrivata, non dubitare di te stessa. Non te lo permetto.» Non permetteva di dubitare nemmeno a se stesso, da sopportare sarebbe stato troppo.
La abbracciò di nuovo come a volersi imprimere addosso la densità della sua presenza, poi la sollevò con facilità neanche fosse una bambina, lei gli circondò il bacino con le gambe e dopo qualche passo toccarono insieme la superficie del materasso. Si guardarono in faccia, lei ancora avvinghiata, lui in ginocchio sul bordo del letto.
«Chi intenzioni hai?» gli chiese Kathara con un sorriso accattivante. Intanto le sue dita giocavano a spettinare i riccioli biondi del Comandante, le piaceva l'idea di seminare scompiglio in quell'ordine insopportabile.
«Indovina...» le rispose vago, inarcando appena un sopracciglio.
«Ahhh, pensi di farcela ancora, quindi?» tanto per cambiare, lo provocava.
La baciò con trasporto «Che ne dici, Thara?» di tanto in tanto la straniva il fatto che, senza saperlo, Cullen usasse il diminutivo con cui la chiamavano nel Clan, era una curiosa impressione e la faceva sentire a casa.
Lavellan gli prese il viso fra le mani e lo avvicinò di nuovo al suo, si strofinò contro il suo naso, contro la sua barba ispida, mordicchiò la cicatrice sulla bocca e con la lingua passò a sfiorargli le labbra. Lui le carezzò la schiena, esplorò più volte le sue cosce fino a soffermarsi sulle rotondità delle natiche, le afferrò il sedere e la spinse più forte contro di sé causando in entrambi un lieve sussulto al contatto. Premuta contro il suo petto poteva sentire il battito accelerato di Cullen come fosse il proprio e dal ritmo fondamentale dei loro cuori ebbe una rivelazione: per la prima volta riuscì davvero a comprendere la ragione per cui doveva combattere. Sopravvivenza certo, l'ordine da riportare in quel mondo nel caos e la vendetta che aveva giurato di prendersi... ma per cosa, alla fine? Era stata sempre davanti a lei la chiave: preservare la possibilità della vita stessa e, nel bene e nel male, la facoltà a chiunque di esperirla finché ce ne fosse la potenzialità. Durò un istante l'epifania, quel moto dell'animo, un barlume di comunione con l'intero universo, ma impresse a fuoco una fermezza tutta nuova nel suo spirito.


Dopo aver fatto l'amore Lavellan rimase con Cullen e lo guardò lentamente assopirsi, incapace di descrivere a parole il sentimento che la legava all'uomo. Le tornarono alla mente le parole dell'Inquisitore Ameridan: «Ruba momenti di felicità ovunque tu riesca a trovarli, il mondo si prenderà tutto il resto», non immaginava sarebbe stato possibile affezionarsi a qualcuno nel bel mezzo di quell'inferno, ma dopotutto era stato un bene imbarcarsi in un quella relazione, forse la scelta migliore che avesse mai fatto. Le parole uscirono in un sussurro mentre gli carezzava un braccio, quasi non se ne rese conto «Emma lath...»*.
Già, lo aveva detto, finalmente si era sbottonata almeno con se stessa, lo aveva ammesso: lo amava. Glielo avrebbe rivelato, ma solo al suo ritorno; una motivazione in più per annientare Corypheus, un'altra ragione per tornare viva e intera.


Sapeva che il resto della notte si sarebbe trasformato in una veglia involontaria e ciò che più bramava in quel momento era trovare rifugio nella solitudine così, silenziosa ed invisibile, si vestì e lasciò i suoi alloggi ripromettendosi di tornare prima del sorgere del sole.




«Kath! Che ci fa la nostra eroina in giro a quest'ora? Cullen come minimo dovrebbe farti urlare di piacere tutta la notte! Tsk, come pensavo questa fantomatica resistenza dei Templari è la solita favola della Chiesa.»
Lavellan incontrò Varric nei Giardini, mentre passeggiava per raggiungere la Torre dei Maghi. «Beh, diciamo che ho già avuto la mia doppia razione di intrattenimento» disse sedendosi accanto a lui su una panchina e cingendogli con un braccio le spalle in un gesto amichevole.
Varric ebbe un'espressione d'apprezzamento «Beh, chi l'avrebbe mai detto che in questa baraonda tu e Ricciolino... come sei riuscita a fargli abbassare la guardia?»
Kathara si lisciò la camicia continuando con la commedia «Chi lo sa, e si è lasciato andare parecchio, non immaginavo si sarebbe rivelato così intraprendente alla fine... »
Un ghigno malandrino solcò il volto del nano «Uno dei tanti miracoli dell'Inquisizione.»
«Dell'Inquisitore, prego!»
Stavano ridendo quando una voce dall'accento inconfondibile emerse dall'oscurità alle loro spalle «Se state ancora parlando della tua vita sessuale risparmiatemi i dettagli!»
«E perché Cercatrice? Gelosa per caso?» la punzecchiò lo scrittore.
«Oh, chiudi il becco Varric!»
«Non temere, con “Spade e Scudi” cercherò di placare i tuoi bollenti spiriti!»
«Inquisitore, è colpa tua! Non avresti dovuto dirglielo, non avrò più pace adesso!»
«Era una scena che non avrei mai potuto perdere!» Lavellan proclamò la sua falsa innocenza con un gesto irrisorio e Cassandra si sedette borbottando accanto a Varric. Per un poco rimasero tutti e tre in silenzio con i nasi all'insù, a braccia conserte, rimirando le cicatrici verdastre del cielo.
«E così eccoci qua, pronti per il grande botto!» fu Varric a rompere il mutismo.
«Già, e sembrava solo ieri di essere in manette, con Cassandra che minacciava di picchiarmi a sangue!» Kathara lanciò un'occhiata complice alla nevarriana.
Cassandra sorrise lievemente senza staccare gli occhi dalla volta celeste «Ne abbiamo fatta di strada, amici miei...»
«Comunque vada» rispose Kathara, forse contagiata dalla solennità della guerriera «è stato un onore combattere al vostro fianco», per quanto non lo desse a vedere Cassandra aveva un certo ascendente su di lei . Diede un'affettuosa pacca sulla spalla a Varric, poi si alzò, strinse le mani della Cercatrice e lasciò non senza commozione i due compagni, esponendo il suo desiderio di solitudine.

Raggiunse la cima della Torre dei Maghi, in quei mesi era divenuta un rifugio, il suo santuario di solitaria contemplazione lì a Skyhold.
A quell'altezza la fredda aria di montagna la corroborava ed iniziò a placare, almeno in parte la sua agitazione. Chiuse gli occhi, inspirò ed espirò profondamente, ripeté questo esercizio di consapevolezza più volte come a voler ritrovare calma e lucidità mentale. Lentamente, entrò dentro se stessa creando un posto sicuro per il suo spirito. Con l'occhio della mente vide una splendida valle incontaminata, circondata da bassi e verdeggianti monti, sottili rigagnoli d'acqua scendevano dalle rocce a baciare morbidi prati in fiore; smossi dalla brezza, petali candidi e gialli si muovevano al suo passaggio. Un placido, immobile lago rifletteva i toni cremisi del crepuscolo davanti al suo sguardo, replicando il tramonto. Lavellan si perse immaginando di cogliere i dettagli di quel luogo fantastico, ogni sfumatura di colore, d'inspirarne i profumi e l'odore, forzandosi al silenzio cercò di coglierne persino rumore. Le parve di udire una leggera musica, un lieve pizzicare come fresca rugiada, e man mano il suono crebbe in volume e passione fino a esplodere nelle sue orecchie. Poi, lo vide: un gigantesco volto, femminile e maschile al contempo, incombeva nel cielo, sui fianchi dei monti, nel lago e poi come un'onda si infranse, frantumandosi in miriadi di astri, incarnandosi nelle sue stesse fattezze di elfa.***
E allora Kathara ricordò.


É facile sentirla se solo sei abbastanza paziente da fare il vuoto.

Piedi nudi nella rugiada, disadorno e inerme il corpo esposto alla notte, al luccichio stoico delle stelle. Nel delirio la foresta ha un cuore, parla in mille linguaggi e con una sola voce. Ogni senso s'amplifica, l'identità d'ogni creatura vacilla, cade l'ultima barriera, il confine tra cielo e terra. Insieme vicino e lontano, ogni rumore risuona dentro, un motivo eterno intonato dai tamburi del Tempo. É una lepre che striscia fuori dalla tana, fiuto di lupo ed il bombire del gufo. É l'erba che solletica i piedi e il terreno che la sostiene. É un fuoco che crepita, lo scorrere di un ruscello udito a distanza, l'alito di vento che s'insinua di foglia in foglia. É la radice dell'albero, lo schiudersi del fiore, la spina dell'arbusto capace di ferire. Linfa celata che scorre alacre nella pianta...


Lei pian piano trasfigurava, diventando la natura selvaggia.
In sogni inquieti ed enigmatici, in visioni indotte dagli allucinogeni nei giorni dell'Iniziazione, era allora che l'aveva riconosciuto... il volto della Vita: un eco arcana, genitrice e antenata, divinità, lo specchio della sua anima.
Non al Creatore, non ad Andraste né ad antichi dei stanotte lei rivolgeva la sua preghiera bensì alla sacralità stessa dell'Esistenza.


É facile ascoltarla se solo sei abbastanza paziente da accogliere il silenzio.


L'aveva sentita abbandonandosi con Cullen all'amore, scaturiva dal furore del Toro di Ferro in battaglia e si contorceva nell'inespresso tormento di Blackwall. L'aveva letta emergere dalle battute e dai libri di Varric. Travolgente come la determinazione in Cassandra, inestimabile come la dedizione di Josephine, cristallina come la fede di Leliana, inflessibile ed orgogliosa come la personalità di Vivienne. Profonda come i sogni nell'Oblio raccontati dalle dotte parole di Solas, benevola e insieme contorta nel cieco desiderio di porre rimedio in Cole e l'aveva apprezzata andando oltre la superficie con Dorian.


Una storia ed una motivazione per ciascuno, alleato o nemico.


La puoi vedere ovunque se solo liberi lo sguardo da ogni pregiudizio.


L'aveva scorta nei suoi viaggi nelle terre: nell'enorme luna d'argento delle Distese, nelle sabbie del deserto, nelle piogge scroscianti, nelle mortifere paludi, nell'abbacinante bianco dei paesaggi innevati, nelle foreste lussureggianti e nelle rovine dolenti del Tevinter e del popolo elfico.


Imparziale, a volte crudele, l'aveva udita nelle grida di vittoria e l'aveva assaggiata nel sapore amaro delle lacrime versate sulle spoglie di coloro che avevano perso.
Indomita, come la potenza dei draghi, cruda come il sangue che macchiava le sue mani, oscura come la magia del marchio, terribile come la minaccia del Varco.


Domani sarebbe stato il giorno, l'inizio della fine, la partenza.
La Grande Caccia che quello strano destino le aveva tenuto in serbo stava giungendo al suo epilogo. La Via dell'Ombra: nella Vir Tanadhal** era la vendetta la strada che aveva scelto.


Prego di avere la forza di essere implacabile e risoluta, spietata oltre ogni limite quando sarà necessario al momento dell'ultimo scontro.


La sua preda d'eccezione più vicina ad ogni passo.


E rendo grazie al mio nemico – Corypheus – per avermi insegnato e spronato a rendere me stessa migliore di ciò che mai avrei immaginato.


Sono una Dalish, una cacciatrice, una sopravvissuta dei Lavellan, sono l'Araldo di Andraste, sono l'Inquisitore. Io sono Kathara.








~.~


Note:
*Emma lath = Amore mio
**Vir Tanadhal = "La Via dei Tre Alberi" o "la Via del Cacciatore", il codice della dea Andruil.
***= la parte finale di questo paragrafo è ispirata alle ultime pagine del libro “La via del Wyrd” di Brian Bates


Facciamo un bel salto avanti negli eventi con questo capitolo, ma non temete impavide lettrici, non sarà l'ultimo! ;p Metà era scritto da almeno un mese, l'altra metà ha preso forma giochicchiando (e spoilerandomi) il DLC “Jaws of Hakkon”. Si tratta di una breve one-shot con una sorta di preghiera di Lavellan prima delll'ultima battaglia contro Corypheus. Non so se sia molto chiaro, comunque la parte in corsivo riguarda i ricordi di Kathara relativi ai suoi riti di iniziazione come cacciatrice, non avendo trovato notizie chiare o esaustive in merito mi sono inventata qualcosa che potrebbe ricordare un rito sciamanico.
Colonna sonora consigliata:
https://www.youtube.com/watch?v=6d6quGtsXcI


Alla prossima e un grazie in particolare a Risa Lily, Lunete e StregattaLunatica per la costanza. <3
B.F.

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