In questa vita // Michael Clifford

di xAcacia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'inizio di tutto ***
Capitolo 3: *** Una strana giornata ***
Capitolo 4: *** 24h ***
Capitolo 5: *** Litigi familiari ***
Capitolo 6: *** Sorpresa! ***
Capitolo 7: *** Chiarimenti ***
Capitolo 8: *** Leggera ***
Capitolo 9: *** Serata in tenda ***
Capitolo 10: *** Un patto ***
Capitolo 11: *** Complicazioni ***
Capitolo 12: *** Sfoghi di una vita ***
Capitolo 13: *** Scuse non accettate ***
Capitolo 14: *** La lettera ***
Capitolo 15: *** Un appuntamento imbarazzante ***
Capitolo 16: *** Conseguenze ***
Capitolo 17: *** Un gran bel guaio ***
Capitolo 18: *** Riflessioni ***
Capitolo 19: *** Bugie ***
Capitolo 20: *** Scheletri nell'armadio ***
Capitolo 21: *** Una nuova famiglia ***
Capitolo 22: *** Fiducia ***
Capitolo 23: *** L'ultimo giorno ***
Capitolo 24: *** Il matrimonio ***
Capitolo 25: *** Parliamo allora! ***
Capitolo 26: *** Problemi nascosti ***
Capitolo 27: *** Mentire ***
Capitolo 28: *** Vederli ***
Capitolo 29: *** Lavorare o quasi ***
Capitolo 30: *** Visite ***
Capitolo 31: *** Propositi ***
Capitolo 32: *** Incoerenza ***
Capitolo 33: *** Consumarsi ***
Capitolo 34: *** Cosa stiamo facendo? ***
Capitolo 35: *** Can't forget you ***
Capitolo 36: *** Equilibrio ***
Capitolo 37: *** Incastonato dentro ***
Capitolo 38: *** Una coppia ***
Capitolo 39: *** L'orgoglio di papà ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




 
Prologo
 
- Ashton! – urla Luke, riuscendo a farsi sentire dall’amico, che si ferma. Tutti lo imitano e così nascondo dietro Michael, visto che le cose stanno iniziando ad andare un po’ troppo oltre una normale discussione e vorrei solo andarmene, ma purtroppo sono incastrata qua. – Stiamo parlando! Non puoi andartene così!
– Volete parlare? – tuona Ashton. – Mi state aggredendo! E tutto questo perché ho voluto passare un po’ di tempo con la mia ragazza senza che le nostre fans c’infastidissero!
– Ash, ma non capisci? – chiede così Michael, tranquillamente. – Stai sbagliando proprio in questo preciso momento. Le nostre fans non dovrebbero infastidirci! Perché fai così adesso? Capisco che tu voglia passare del tempo con lei, ma addirittura trattarle male? Dovremmo essergli grati di questo!
Ashton rimane in silenzio per un po’ guardandolo dritto negli occhi e questo mi fa capire che non è ancora arrabbiato del tutto, ma ci sta arrivando in questi secondi di silenzio. – Stai veramente facendo la predica a me? – chiede avvicinandosi un po’ a noi. – Guardati, Michael! – urla indicandolo, sussulto. – Ti porti dietro quella povera ragazza come un cagnolino. La stai usando solo per cercare di farti alzare l’autostima, e poi mi vieni a dire a me di essere grato a loro?!
Sussulto ancora una volta e faccio un passo indietro, ferita. Michael mi ferma subito afferrando la mia mano e, per tutto il tempo in cui parla, io continuo a provare a sfilare la mia mano dalla sua. – Tu non sai niente di lei, Ashton. Non metterla in mezzo solo perché non sai come controbattere.
– Guardala! – esclama indicandomi. – Infondo lo sa anche lei che la stai solo usando. Vuole..
– Ashton! – tuona Michael con un tono di voce così alto e spaventoso che riesce a spaventare anche me. È così strano sentirlo alzare la voce. Lui, che sorride sempre con lo sguardo abbassato, mentre gioca con le sue stesse mani. Lui, che ogni tanto urla cose senza senso e ride, facendo ridere subito anche gli altri.
– Lo sai anche tu – mormora Ashton guardandomi dritto negli occhi. – Sto solo cercando di farti capire che non è solo una cosa che ti sei immaginata. Ti sto dando la conferma che ti serve.
Rabbrividisco per poi annuire, lasciando una volta per tutte la mano di Michael, che però non si gira e continua a guardare male Ashton. – Stai oltrepassando il limite. La relazione che ho con lei e quella che tu hai con la tua ragazza sono due cose ben distinte. Lei non c’entra niente adesso.
Mi sento un’altra male, perché dopotutto io non c’entro mai niente. Ashton mi lancia un’ultima occhiata e poi se ne va una volta per tutte. Le spalle di Luke si abbassano e lo vedo quasi rilassarsi del tutto, si siede sul divano e si porta una mano davanti gli occhi, strizzandoli. Calum non sa bene che cosa fare, guarda prima l’uscita da dove è appena uscito Ashton, poi guarda Michael e poi guarda me, e il suo sguardo si addolcisce ogni singola volta. Michael è ancora fermo a guardare la porta, rigido come non mai e con i capelli più spettinati del solito.
Guardo per un po’ i suoi capelli neri e cerco di ricordare come siano al contatto con le mie mani, abbasso lo sguardo verso le sue spalle, e poi sempre più giù fino alle scarpe, ricordandomi il gioco che faceva con i piedi per prendermi in giro. È a questo punto che decido di sorpassarlo per uscire dalla stessa uscita. Ho già le lacrime agli occhi, ma so di star facendo la cosa giusta.
– No, no, no – esclama Michael afferrandomi il braccio. Mi gira contro la mia volontà e mi strattona un po’ per fare in modo che lo guardi dritto negli occhi. – Dove vai?
– Lasciami, Michael Gordon – ringhio io spingendolo con l’altra mano.
Mi lascia giusto per pochi secondi, ma poi mi riprende. – Non puoi credere veramente a quello che ha detto Ashton. Sta facendo il coglione e lo sai pure tu. Non puoi veramente credere a lui e non credere a me.
– Mike, lasciala… – inizia Luke, stanco.
– No! Lasciateci stare voi! Non mettetevi in mezzo! – tuona Michael facendomi sussultare. – Non te ne puoi andare così, Amelia. Tu ora mi fai spiegare. Parliamo. Poi potrai andartene.
– Io me ne vado quando voglio – ringhio avvicinandomi a lui con fare minaccioso. – E se non mi lasci il braccio te lo faccio capire staccandoti le palle con le mie stesse mani, sono stata chiara? – Lo fulmino con lo sguardo e lui capisce che sto facendo sul serio, così mi lascia andare. Luke e Calum abbassano lo sguardo, rossi in viso.
– Non puoi essere così stupida da pensare che io ti stia solo usando per qualche ragione a me sconosciuta – mormora guardandomi dritta negli occhi, il tono ormai è pacifico, ma preoccupato. Mi guarda con quei suoi occhi verdi senza staccarli un secondo da me.
– Non puoi essere così stupido da pensare che, dopo tutto quello che mi hai fatto, io venga a credere proprio a te e non ad Ashton – sussurro, guardandolo dritto negli occhi.
– No – ringhia lui scuotendo la testa ripetutamente. – No – ripete continuando a scuotere la testa, i suoi occhi stanno iniziando a diventare lucidi.
Gli accarezzo i capelli e poi passo alla tempia destra, poi alla guancia e infine al mento, fissando le sue labbra. – Non mi hai mai amata – mormoro senza far inclinare la mia voce con un sorriso malinconico. – Non l’hai mai fatto, e io lo sapevo, ma non volevo ammetterlo a me stessa, perché faceva meno male averti accanto anche se non ero ricambiata, che non averti accanto. Ma ora basta, Mike. – La mia voce s’incrina proprio a quest’ultima frase. – Ora devi lasciarmi andare.
– Non posso…
– Sì che puoi – sussurro abbassando la mano. – Certo che puoi. Quello che volevi, non sono mai stata io, e lo sai anche tu.
– No, non è vero – continua lui  con lo sguardo abbassato. – Mi sbagliavo. Ho sbagliato molte volte con te.
– L’hai fatto perché sapevi che in fin dei conti ero esattamente quello che intendeva Ashton: un cagnolino. Il tuo cagnolino – ribatto. Mi allontano indietreggiando, mentre Michael continua a scuotere la testa con decisione ma con lo sguardo abbassato. Luke alza lo sguardo proprio quando io lo poso su di lui, non mi sorride, non fa altro che guardarmi. So che lui forse è l’unico che si è veramente affezionato a me, dopotutto è il mio migliore amico. Calum invece non alza lo sguardo, è troppo sopraffatto da tutto quello che è successo oggi.
Così mi giro ed esco dalla porta.
 
Rimango seduta sul divano di casa mia per un’eternità a sentire musica deprimente e a piangere. Ogni tanto prendo qualche cioccolatino o mangio direttamente la nutella, ma non faccio altro e continuo a piangere, manco fossi una fontana.
Quando aprono la porta sbuffo. – Lo sapevo io che dovevo cambiare serratura! – tuono girandomi, pronta a trovarmi tutti i ragazzi davanti, ma trovo solo un Luke con lo sguardo perso. – Luke – mormoro posando il barattolo di nutella.
- Volevo vedere come stavi – mormora avvicinandosi a me, mentre continua a torturarsi quel piercing. Si siede vicino a me e mi guarda. – Vedo che ti sei data alla cioccolata. Stai per caso cercando di diventare un po’ più felice? Perché a questo punto allora dovresti metterti al sole. – Vuole essere divertente, ma il suo tono è così triste che peggiora solo le cose.
– È tornato Ashton? – chiedo girando la testa verso di lui, che scuote la testa. – Non dovevate aggredirlo in quel modo – sussurro abbassando lo sguardo con le lacrime agli occhi. – Non credo sia mai stato veramente con una ragazza da quando siete diventati famosi. Non sa come comportarsi. Può succedere a tutti.
– Non difenderlo, Amy – ribatte lui guardandomi seriamente. – È stato cattivo anche con te, che non c’entravi niente.
– Non è stato cattivo. Ha solo espresso la sua opinione, che era giusta – borbotto prendendo una barretta di cioccolato. – Domani ho un esame e non mi ricordo niente. Dovrei mettermi a studiare e invece sono qua che mangio cioccolata e piango. – Lo guardo dritto negli occhi. – Non posso essere bocciata, Luke – aggiungo scoppiando a piangere.
– Non verrai bocciata – esclama Luke, anche se ha una voce molto bassa. – Vieni qua – mormora stringendomi a lui, alzo le gambe e le metto sopra le sue per abbracciarlo meglio. Più mi stringe e più singhiozzo. – Non sarebbe dovuto succedere – continua. – Mi dispiace così tanto, Amy.
– Doveva invece – dico io, tra un singhiozzo e l’altro. – Dovevo lasciarlo. Era solo questione di tempo. Ashton mi ha solo dato l’ennesima conferma che mi serviva. L’ultima conferma.
– No – risponde Luke. – Ashton si è comportato da egoista, Amelia. – Scuote la testa. – Quello che succede tra te e Mikey non sono affari suoi, né nostri.
– Quindi sareste stati zitti fino alla fine? Tu, Luke, avresti lasciato continuare Michael, nonostante la nostra amicizia? – chiedo io singhiozzando. – L’avresti fatto?
– Amy, Michael ci tiene a te. Lo so che non sembra, lo so che a volte si è comportato come un vero e proprio stronzo con te, ma ci tiene a te. E non so da quanto, non so se all’inizio fossi semplicemente uno stupido passatempo per lui, non so quando abbia iniziato a tenere a te in questo modo. – Rimane in silenzio per un po’, guardando la televisione spenta. – Ma quando te ne sei andata… lui si è… come spezzato. – Scuote la testa, abbassando lo sguardo su di me. – Era distrutto. Lo è tutt’ora, ne sono sicuro, perché è per questo che me ne sono andato: non ce la facevo più a vederlo in quello stato. Calum è voluto rimanere là, accanto a lui. Ma sai com’è fatto Michael: non vuole sembrare una femminuccia, quindi fa lo stronzo con tutti, pur di non far vedere che in realtà è più femminuccia di tutti noi tre messi insieme.
Faccio una risata fiacca. – Dio, se è femminuccia! – esclamo asciugandomi le lacrime. – Fa tanto il duro, poi ti dedica canzoni come quella del Titanic.
Luke scoppia a ridere. – Io mi sarei rifiutato di sentire una canzone del genere, Amy! – esclama. – Insomma, ti stava praticamente paragonando al Titanic! – Ridiamo per altri pochi secondi, poi smettiamo e rimaniamo a guardare la televisione, un’altra volta.
– Non mi ha mai dedicato quella di canzone – ribatto, dopo non so quanto tempo.
– Lo so, me l’ha detto – risponde Luke, continuando a fissare la televisione. – E forse è stato proprio in quel momento che ho capito che non ti stava usando, che non stava giocando con te. Non più almeno.
– Come ha fatto?
Fa spallucce risucchiando il piercing. – Si è messo seduto e si è tolto una catenella che non gli avevo mai visto addosso. – Il mio cuore fa un balzo, perché invece io glie l’ho vista… glie l’avevo regalata io. – L’ha posata sul tavolino delicatamente e poi si è incasinato i capelli. Sembrava stressato, così mi sono messo accanto a lui e gli ho chiesto spiegazioni. Lui mi ha detto che era appena tornato, che eravate andati a fare una passeggiata, ma che poi era diventato altro, molto di più. Mi ha raccontato che ti aveva portato ad una festicciola in piazza e che ti aveva dedicato una canzone.
Scuoto la testa. – Non sarei mai dovuta uscire con lui – ringhio. – Sapevo benissimo che mi stava prendendo in giro. Lo sapevo. Lo vedevo. Era semplicemente il modo in cui mi sorrideva, la luce che splendeva nei suoi occhi… Lo sapevo, ma non volevo ammetterlo.
– Per quanto posso saperne io, gli sta bene – borbotta Luke. – Io gli voglio bene, lo sai. È il mio migliore amico, è un ottimo amico. Ma si è comportato come un cretino con te, e se adesso sta male è solo colpa sua. E gli sta bene.
– Vorrei tanto che questa sofferenza fosse solo sua – mormoro io ricominciando a piangere. – Mi ha preso tutto, Luke. Come ha fatto?
Luke rimane in silenzio per un po’, con lo sguardo assente. – Purtroppo è questo che fa Michael. È questo il suo potere: ti avvolge con la sua aria da brutto - ma bello - impossibile e poi proprio quando stai iniziando ad odiarlo… ti ritrovi a volergli più bene di prima.
– Ed è proprio a quel punto che ti ritrovi fregata – mormoro io.

Angolo Autrice:
Benvenuti! Questa è la prima fanfiction che pubblico su Michael Clifford e non l'ho iniziata da molto quindi non so come andrà a finire. Spero vi sia piaciuto questo prologo, lo so che non è proprio iniziata bene, ma nel primo capitolo inizierò a raccontarvi la loro storia, dall'inizio alla fine proprio.
Domande: cos'è successo secondo voi al padre? Cosa ne pensate di Amelia? Vi è piaciuto il prologo?
Vi prego di farmi sapere cosa ne pensate con una recensione, è molto importante per me.
Mi scuso per eventuali errori e vi ringrazio per aver letto l'inizio di questa storia.


 

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Capitolo 2
*** L'inizio di tutto ***


Capitolo 1
L'inizio di tutto
 
Tutto iniziò una sera, ma non una sera normale. La mia migliore amica mi aveva chiamata per dirmi che i 5 Seconds Of Summer erano stati avvistati in un pub, mentre bevevano birra. Ovviamente questo pub era abbastanza lontano da dove vivevamo noi, ma dopotutto non m’interessava poi così tanto. La mia serata stava per trasformarsi in una vera serata e non una di quelle mie solite serate che per quanto sei annoiato decidi di dormire anche se sono le dieci di sera.
E così mi vestii con una gonna sfasata e una canottiera e corsi fuori quando sentii le gomme della macchina della mia amica, Jennifer. Urlai a mia madre e Jason che dovevo andare. Li avevo già avvertiti, quindi non mi fecero problemi, poi non ero proprio il tipo di ragazza che usciva per ubriacarsi e divertirsi e questo forse li faceva addirittura preoccupare.
Entrai in macchina e guardai Jennifer, elettrizzata. Lei aveva lo stesso, identico sguardo. – Sei pronta? Dovrò andare un po’ veloce. Non ti spaventare, ok? – Eppure ero spaventata, dopotutto erano passate poche settimane da quando aveva preso la patente, ma annuii lo stesso e così partimmo quasi sgommando.
 
Arrivammo in quel pub in pochissimo tempo, nonostante fossimo lontane da quel posto. Appena arrivammo delle persone ci fermarono e quando ci dissero che non poteva più entrare nessuno, visto che il locale era così pieno che a malapena si riusciva a camminare, mi sentii il mondo crollare: un’altra serata sprecata. Ma poi Jennifer se ne uscì dicendo: -- Emh… veramente noi abbiamo delle persone dentro che ci stanno aspettando. Dovrebbero proprio avervelo detto. – La sua faccia era una maschera di indegnità, mentre cercava di far sentire in imbarazzo i due ragazzi, che si guardavano per cercare di capire come fare. Poco dopo chiesero il cognome e il nome delle persone che stavano già dentro e così mi sentii un’altra volta crollare, ma Jennifer aveva una risposta anche a quello. – Ma certo. Dovrebbero esserci due ragazze, ma mi hanno detto che di aver prenotato il tavolo a nome di Cher Taylor.
Rimasi a bocca aperta mentre loro annuivano e ci facevano entrare. Mi girai verso Jennifer rendendomi conto che in realtà era già tutto programmato da un po’ e che non eravamo le uniche ad essere là: aveva già chiamato rinforzi.
Mettiamo le cose in chiaro: non seguivo i 5 Seconds Of Summer. Ogni tanto sentivo alcune loro canzoni, ma non ero mai stata una loro fan. Sapevo a malapena i nomi dei quattro ragazzi, ma sapevo molto bene quello di un componente: Michael Gordon Clifford. Perché? La sua voce mi era sembrata una cosa così paradisiaca che non potevo non andare quella sera in quel pub a imbarazzarmi e mettermi in ridicolo. Oh, mi raccomando però, anche gli altri avevano delle bellissime voci, particolari, ma quella che mi aveva colpita di più era quella di Michael. Ancora dovevo capire però se mi stava simpatico o meno.
C’era parecchio caos, sicuramente a causa della presenza di quella band, che però ancora non riuscivo a vedere. In molti avevano lasciato le loro cose per stare in piedi, intenti a ballare delle canzoni un po’ troppo caotiche per i miei gusti. Incontrammo subito però le altre due ragazze: Cher e Grace. Entrambe abbracciarono Jennifer, poi mi salutarono dandomi un bacio sulla guancia. Non ci rimasi male, sapevo benissimo che mi reputavano una ragazza un po’ strana, come tutti d’altronde. Jennifer era mia amica dalle elementari, eravamo cambiate, lei era diventata più divertente e io più strana. Ma ci eravamo abituate entrambe al cambiamento pur di stare ancora insieme.
– Dai, dai! – esclamò Jennifer prendendomi per mano mentre le altre s’infiltravano per passare e andare da qualche parte. Prima di andare mi bevvi tutto d’un sorso la birra di una delle due ragazze e poi lasciai che Jennifer mi trascinasse dove voleva.
– Ciao, ragazzi! – urlò Grace e il mio cuore fece un balzo, soprattutto quando vidi due ragazzi dai capelli biondi, uno riccio e l’altro con i capelli sparati in su. – Possiamo farci una foto? – chiese Grace. Risposero sicuramente di sì, perché batté le mani e trascinò verso di lei sia Cher che Jennifer. – Tieni, tesoro – disse dandomi la sua macchina fotografica professionale. La guardai, allibita. – Non ti dispiace farci una foto, vero? – Rimasi in silenzio e, imbarazzata, scossi la testa. – Fantastico.
Con le mani tremanti quindi feci una foto, poi due, poi tre, senza nemmeno guardare i soggetti. Sapevo di star facendo delle foto quantomeno decenti, e questo era l’importante. Ma non potevo e non volevo guardarli. Non in questo modo. Accennai un sorriso verso Grace e poi le restituii la macchina fotografica, che prese senza nemmeno guardarmi in faccia.
– Allora, vi state divertendo? – chiese Grace girandosi verso di loro.
– Direi proprio di sì! – esclamò uno di loro.
Mi sentii così umiliata, così stupida, che quasi me ne andai. Ma poi pensai che non ero andata là solo per stare in un pub, ma per incontrare loro, così alzai lo sguardo una volta per tutte e sussultai. Erano tutti e quattro là, che guardavano Grace, Jennifer e Cher, mentre parlavano tranquillamente. Ogni tanto passavano in rassegna il resto del pub per sorridere a delle fans e accettavano di fare qualche foto. Jennifer mi prese di scatto la mano e mi tirò a lei, ma persi l’equilibrio e così andai addosso a uno dei quattro ragazzi.
– Ehi! – esclamò uno di loro afferrandomi i fianchi, il mio cuore fece un altro balzo quando capii che si trattava di Luke. – Tutto bene? – chiese guardandomi dritto negli occhi; annuii, confusa. – Hai bevuto un po’ troppo? – chiese, abbozzando un sorriso malizioso.
– Cosa? No, no, affatto – esclamai, già rossa come un pomodoro. – Ho solo perso l’equilibrio. Mi dispiace. Ti ho fatto male?
– No, no, tranquilla – rispose lui accennando una risata. – Tu ti sei fatta male? – chiese, in imbarazzo. – Non ti volevo afferrare in quel modo.
– Oh, no! – ribattei i posando una mano sul mio cuore. – Non mi hai fatto per niente male. Tranquillo. – Non potevo credere di star parlando con Luke Hemmings come se fosse un semplice ragazzo. Sembrava un po’ imbarazzato, sembrava non sapere molto bene come interagire con noi tre e questo lo rendeva ancora più umano.
Guardò il suo amico, proprio accanto lui, che stava ridendo ad una battuta di Cher; così feci come Luke e sussultai nel vero senso della parola quando vidi davanti a me dei capelli molto spettinati neri come la pece e un sorriso molto dolce e frizzante allo stesso tempo. Rimasi con la bocca aperta a fissarlo, non m’importava se mi beccava, dovevo guardarlo un altro po’. Poi si accorse della mia esistenza e così mi feci piccola piccola accanto a Luke. – E tu chi sei? – chiese con ancora il suo sorriso.
Feci per parlare, ancora più rossa, quando Cher mi precedette. – Oh, lei è Amelia! In pratica è venuta qua solo per te. Senza offesa, ragazzi.
– Cher! – esclamai lanciandole un’occhiataccia, mentre sentivo lo sguardo di Michael addosso. – Non… Non è vero – ribattei guardando Michael, che mi stava proprio guardando con un sorriso compiaciuto. – Voglio dire, non vi seguo molto. Non sono… una vostra fan. Ma mi piacciono le vostre voci!
– Perché, le nostre canzoni non ti piacciono? – chiese quindi Michael facendo una smorfia e continuando a guardarmi.
Rimasi un po’ in silenzio a guardare quei suoi occhi verdi e sospirai, ma poi mi ripresi e ridiventai rossa. – No, non è questo! Voglio dire, alcune forse non mi piacciono, però altre mi piacciono! E…
– Ti sto prendendo per il culo, Lina – mi fermò Michael ridendo. Mi stava prendendo in giro! E stava ridendo di me! Non mi stava nemmeno più guardando, stava ascoltando Grace e ogni tanto abbassava lo sguardo verso la sua scollatura un po’ troppo accentuata.
– Non mi chiamo Lina! – sbottai, indignata. Si girò verso di me con il sopracciglio con il piercing alzato. – Mi chiamo Amelia! Per caso hai qualche problema di comprendonio?
Ci fu un silenzio generale, Cher e le altre mi guardavano con gli occhi spalancati, così come gli altri, mentre io diventavo ancora più rossa in viso. Non avevo mai alzato la voce, ero una ragazza che quando la prendevi in giro scoppiava a ridere e gli dava ragione, che le scivolava tutto addosso, che se ne fregava di tutto e di tutti (era anche per questo che non avevo molti amici). Eppure quella sera scoppiai, nel momento e davanti le persone meno opportune. Ovvio. Poi Luke scoppiò a ridere e Calum lo raggiunse poco dopo, fino a quando anche Ashton non ce la fece più e si mise a ridere insieme a loro. Accennai un sorriso compiaciuto mentre Michael continuava a guardarmi, senza dirmi niente, anche se dal modo in cui mi guardava non sembravo stargli molto simpatica. Ma se era per questo la cosa era più che ricambiata.
– Non volevo offenderti, principessa. Scusami – se ne uscì quindi facendomi quel sorrisino che interpretai subito molto bene: aveva ricominciato a prendermi in giro.
– Ma io volevo offendere te, quindi non ti devi scusare di niente, principe – risposi io sorridendo tanto quanto lui. Gli altri componenti del gruppo scoppiarono un’altra volta a ridere prendendo in giro Michael e strattonandolo un po’.
Ricominciai a parlare, ma si avvicinò così tanto a me che sentii il suo respiro battere sul mio orecchio. – Balla con me. – Sembrava un avvertimento, di certo non una richiesta, visto che poco dopo mi prese la mano e mi trascinò nella pista improvvisata. Mi girai verso Jennifer e le altre, che erano con la bocca spalancata; solo Jennifer si svegliò, mi guardò e mi sorrise maliziosamente alzando più volte e velocemente le sopracciglia.
Mi strinse così tanto a lui che quasi non riuscii a respirare per i primi secondi, ma poi mi resi conto che era più un fatto di shock che altro. Però continuava a stringermi un po’ troppo, così lo spinsi un po’ via mentre lui iniziava a muovere velocemente i fianchi. Avvampai quando sentii i suoi fianchi battere sui miei e abbassai lo sguardo, più imbarazzata che mai. – Non sei proprio un ragazzo delicato tu, eh? – borbottai.
Mi sorrise. – Questo dovresti già saperlo, principessa. Dopotutto sei venuta qua solo per me, no? Dovresti sapere quindi che non sono proprio la delicatezza in persona.
– Non…! – iniziai, ma ero così imbarazzata che non riuscivo nemmeno a parlare. – Ti ho già detto che non ti seguo… Che non vi seguo. Mi piace solo la tua voce, tutto qua. – Rimasi in silenzio per alcuni secondi e, proprio quando iniziò a parlare, mi venne in mente una cosa. – E non chiamarmi “principessa”! Ho un nome e se vuoi te lo ripeto per la terza volta.
– Questa volta l’ho capito, Amelia, ma questo non significa che io non ti possa chiamare in un altro modo – ammiccò lui sorridendo ancora di più. – Rispondi in modo molto secco per essere cotta di me, sai? Sarò franco con te: mi metti un po’ in confusione.
Sbuffai. – Senti, mi dispiace essere stata un po’ troppo scorbutica, ma non mi piace quando la gente non mi rispetta ed è esattamente quello che hai fatto tu nel momento esatto che hai puntato gli occhi su di me. Quindi perché non la smetti di strusciarti in questo modo su di me?
– Perché? Ti da fastidio? – chiese avvicinandosi ancora di più a me, afferrandomi i fianchi.
Rimasi senza fiato per un po’ a guardarlo con gli occhi spalancati. Non ero mica scema, ovvio che non m dava fastidio! Insomma, stavo ballando con Michael Gordon Clifford, come poteva darmi fastidio? Eppure una voce dentro di me mi diceva che un po’ mi dava fastidio. Ed era perché si stava prendendo gioco di me, ancora, e lo stava facendo solo perché sapeva che in fin dei conti non sarei mai riuscita a dirgli di no. – Sì, mi da fastidio – esclamai quindi distaccandomi da lui. – Hai il minimo rispetto per le ragazze? – chiesi, schifata.
– Ma per chi mi hai preso? – chiese lui ridendo e aggrottando le sopracciglia, facendo quel suo sguardo che adoro. – Magari sì, non sono proprio un ragazzo delicato, ma addirittura irrispettoso nei confronti delle ragazze?
– Provamelo allora – lo misi alla prova io alzando le sopracciglia. – Provami che hai rispetto per tutte noi e smettila di fare il cretino con me.
– Non sto facendo il cretino con te, principessa, sto solo cercando di flirtare con te – dichiarò lui alzando gli occhi al cielo con un sorrisino compiaciuto. Diventai subito rossa, un’altra volta, e abbassai lo sguardo, più imbarazzata che mai. Il problema era che non me l’ero immaginato così! Insomma, avevo visto alcuni video dove interagiva con le fans e non mi era mai sembrato così! Eppure sta sera aveva deciso di essere così… così!
– Bé, allora sei terribile a flirtare – borbottai con ancora il viso abbassato e lo sguardo a terra, sui suoi scarponi che sembravano vissuti quando in realtà magari se l’era comprati il giorno prima. In effetti, quella sera non era vestito diversamente da come me l’ero immaginato, con i suoi jeans neri così attillati che mettevano caldo solo a vedersi, la sua canottiera  senza maniche che gli lasciava scoperto dalle ascelle fino alle ultime costole.
– Oppure sei tu che non sai flirtare per niente – aggiunse lui facendomi un sorrisone, che mi fece arrossire ancora di più, se solo possibile.
Feci una risata fiacca e alzai gli occhi al cielo, mi allontanai una volta per tutte da lui, feci spallucce e me ne andai sussurrando uno: – Scusa. – Prima di uscire presi la mia borsa e mi fiondai fuori dal locale. I due ragazzi mi fecero un po’ di pressione, dicendomi che non erano sicuri di riuscirmi a farmi entrare dopo, ma in quel momento volevo solo uscire, quindi gli dissi che non m’interessava e uscii a forza.
Mi misi più lontana possibile da alcune ragazze che non facevano altro che urlare, pregando di farle entrare o urlando i nomi dei quattro ragazzi. Presi un po’ d’aria, frugai dentro la borsa e guardai il pacchetto di sigarette, combattuta. Erano mesi che non fumavo più, ci stavo riuscendo, ma mi portavo sempre appresso questo pacchetto senza motivo. Ero pronta a buttare questi due mesi per fumare una sola sigaretta? Mmh… sì.
Avevo quasi finito la mia prima sigaretta quando un ragazzo mi si avvicinò, un po’ troppo brillo per i miei gusti, e mi sorrise. Feci un passo indietro e accennai un sorriso solo per cortesia, ma me ne pentii quando si avvicinò un po’ troppo per sussurrami all’orecchio: – Ti sto osservando da un po’.
Dovetti reprimere un vero e proprio brivido di disgusto misto a paura. – Bé, se proprio devi, continua a farlo. Basta che lo fai da lontano. – Alzai le sopracciglia e mi sentii un po’ troppo cattiva quando il suo sorriso sparì e rimase a guardarmi, triste. – Emh… Non entri? – chiesi indicando il pub. – Sai, è divertente. – Abbassai lo sguardo verso la seconda birra che teneva in mano e mi sentii ancora più stronza. – Quella è per me? – Il ragazzo annuì. – Oh, grazie – mormorai prendendo la birra. – Emh… come ti chiami?
– Tua madre! – urlò lui prima di entrare dentro il pub.
Rimasi in silenzio con la bocca spalancata. Non l’aveva detto veramente. Abbassai lo sguardo verso la birra e mi ci attaccai senza pensarci troppo. Bevvi avidamente, visto che avevo più o meno capito l’andamento di quella serata. Capii che era meglio quando rimanevo a casa. Una volta finita la birra feci per entrare dentro, ma delle ragazze mi spingevano via. – Scusate, devo entrare – urlai io per farmi sentire.
– Già, tutte dobbiamo entrare – ringhiò una lanciandomi un’occhiataccia.
– Già, bé, io ho un tavolo là e sono uscita solo per prendere una boccata d’aria, quindi… – borbottai spingendo un altro po’, ma la mia pazienza stava veramente scadendo. – Scusate…! – Ma tutte iniziarono ad urlare e così alzai lo sguardo e vidi Ashton uscire con un sorrisone per salutarle tutte. Iniziarono a spingermi ancora di più. – No, ehi, io voglio solo entrare! Dai, qualcuno… – Ma qualcuno per sbaglio mi diede una gomitata in pieno viso, prendendo il naso e così indietreggiai urlando. – Oh, Dio! – esclamai portandomi istintivamente una mano davanti il naso, quando poi sentii la mano calda l’allontanai e vidi il sangue.
Fu in quel momento che iniziai a dare di matto.
Spinsi tutte, diedi gomitate, fino a quando non arrivai in un modo o nell’altro davanti ad Ashton, che strizzò gli occhi e non fece in tempo a dirmi qualcosa che entrai lanciando occhiatacce ai due ragazzi, che mi guardavano come per dirmi che me l’avevano detto. Raggiunsi il tavolo di Jennifer e le altre, che stavano ridendo insieme ai ragazzi, proprio là accanto.
Jennifer alzò lo sguardo su di me e sussultò. – Oh, mio Dio. Amelia! Che è successo?
– Lascia stare – borbottai avanzando verso il bagno. Delle ragazze che si stavano osservando allo specchio urlarono. – Cosa c’è? È sangue, non sono mica un fantasma! – tuonai, furiosa, e così se ne andarono guardandomi male. Sapevo che appena uscite da quella porta mi avrebbero presa in giro, ma sinceramente in quel momento volevo solo vedere quanto il mio naso fosse grave. Dal dolore sembrava veramente grave. In effetti quando mi guardai allo specchio dovetti deglutire per non vomitare. La mia faccia era ricoperta di sangue ed esso continuava ad uscire!
– Tieni, tieni! – esclamò Jennifer portandomi del ghiaccio, che mi mise sul naso. – Ma com’è successo?
– Stavo cercando di entrare, poi però Ashton ha avuto la bellissima idea di uscire e così tutte hanno iniziato a spingere e dare gomitate per andare da lui. Una gomitata è arrivata in pieno viso alla sottoscritta – ringhiai, ancora arrabbiata. – Questa serata non sta andando proprio bene. Credo proprio che me ne andrò.
– Come?! Non ti lascio andare in questo stato! E poi che fai, prendi i mezzi? Conciata così?! Scordatelo! – urlò Jennifer. – E poi si può sapere perché sei uscita? Stavi ballando con Michael!
– Lascia stare – ringhiai, stufa. – Non si è proprio reputato il ragazzo dei miei sogni. Non che pensassi il contrario, dal momento che non è proprio il mio tipo.
– Oh sì, giusto, il tuo tipo è più un ragazzo di casa e chiesa, giusto? – chiese lei, prendendomi in giro e alzando gli occhi al cielo.  – Stava solo scherzando prima, Amelia. Può capitare a tutti di non sentire bene il nome di qualcuno.
– Sono così stufa – ringhiai a bassa voce con le lacrime agli occhi. – Sono così stufa di essere così  invisibile alla gente! Lo sai, lo sapete tutti voi che in realtà… Per non parlare della sfacciataggine di Grace! Mi ha fatto fare una foto! Ti rendi conto? – Buttai dentro il lavandino del bagno il ghiaccio, guadagnandomi un’occhiata sorpresa di Jennifer. – Lascia stare. Me ne vado – ringhiai prendendo la borsa e uscendo dal bagno.
– Amelia, parliamone – mi urlò dietro Jennifer.
– Non c’è niente da dire, Jen! Ci vediamo domani al college – tuonai. Spinsi la gente che non voleva staccarsi, diedi gomitate alle persone che mi guardavano male, fino a quando non andai completamente a sbattere contro una roccia.
Ah no, era solo un ragazzo alto. Ah no, era solo Michael. Che teneva un braccio sulle spalle di Grace, la quale spalancò gli occhi vedendomi. Michael abbassò lo sguardo verso di me e sorrise. – Ehi, principessa, che succede? Come mai così arrabbiata? Devi andare a casa? I tuoi genitori ti stanno venendo a prendere?
– Andate a farvi fottere – mormorai così a bassa voce che non mi sentì nemmeno, per fortuna.  Spinsi via Grace, che si distaccò da Michael, e andai verso l’uscita. – Permesso – mormorai spingendo delicatamente Luke, che si girò verso di me con ancora il sorriso stampato.
– Ehi, tu sei la ragazza che prima ha fatto il culo a Mike! – esclamò. – Aspetta, che ti è successo alla faccia?
– Mi hanno dato una gomitata – borbottai abbassando lo sguardo. – Scusami, devo proprio andare. – Spinsi via tutte le ragazze e me ne andai a grandi falcate. Non sapevo bene dove fosse una fermata dell’autobus. Non ero mai stata brava con i mezzi pubblici per un semplice motivo: me ne stavo sempre a casa. Così il mio intento era quello di prendere qualsiasi autobus che portasse alla metro, per poter prendere quella e poi prendere il mio autobus dal mio quartiere… più o meno.
Per quanto mi fossi vestita bene quella sera, stavo iniziano a pentirmene: c’erano troppe persone, troppi ragazzi, non proprio sobri, che mi guardavano e fischiavano. Potevo continuare ad andare avanti, oppure darmela a gambe e tornare al pub. Non avevo fatto molta strada, riuscivo ancora a vedere l’insegna del pub e le ragazze che stavano davanti a esso. Mi girai verso il pub e poi guardai i ragazzi che mi sorridevano maliziosamente, scambiandosi battutine su di me.
Mmh.. già, bé, forse è meglio tornarsene al pub, pensai. Iniziai a indietreggiare, guardandoli attentamente, poi mi girai una volta per tutte e iniziai a camminare ancora più veloce verso l’insegna luminosa.
– Ehi, ragazzina! – urlò un ragazzo, ormai accanto a me, facendomi sussultare. – Dove vai? Ti posso dare un passaggio? – Rimasi in silenzio con lo sguardo abbassato, abbracciando la borsa. – Sei muta, per caso? – chiese, ridendo. – Stai andando al pub? – chiese, così annuii senza però guardarlo negli occhi. – E subito dopo il pub dove vai? – Rimasi un’altra volta in silenzio lanciandogli un’occhiataccia, che però lui fece finta di non vedere. – Noi dopo andiamo a una festa. Se vuoi, puoi venire con noi. – Scossi la testa e avanzai più veloce, così il ragazzo alzò le mani al cielo e urlò ai suoi amici: – Niente, ragazzi, è solo una bambina spaventata.
Oh, eccome se lo ero! Il cellulare iniziò a suonare e così risposi senza nemmeno pensarci due volte. – Pronto? Chi è?
– Amelia! Sono io! – urlò Jennifer. – Dove sei? Per l’amor del cielo, non mi dire che te ne sei andata veramente, perché sennò giuro che vengo là solo per menarti!
– Oh, emh… – bofonchiai guardandomi intorno. – Dove sei tu?
– Sto uscendo adesso dal pub. I ragazzi se ne stanno andando! – rispose lei, elettrizzata. – Michael ha chiesto a Grace di andare con lui, quindi gli altri ragazzi vogliono che andiamo pure noi. Se vuoi passiamo prima a casa tua… Se proprio non vuoi venire anche tu.
Oh, ma certo! Grace che andava a letto con Michael era veramente una cosa che non potevo perdere. Non potevo crederci. Grace non aveva mai avuto scrupoli, forse era pure per questo che non mi ero mai interessata a quello che pensava di me. Ad essere sincera, non sapevo se io avrei mai avuto il coraggio di andare a letto con un ragazzo che avevo conosciuto quella sera stessa, famoso o no. Ma io e Grace eravamo come l’acqua e il fuoco, come il sole e la luna, quindi di certo non potevo che non condividere la sua decisione. Ma dopotutto cosa ne potevo sapere io? Cosa ne potevo capire? Dopotutto, ero la solita ragazza che stava sempre per i fatti suoi e che non riusciva nemmeno a parlare con il ragazzo che le piaceva senza arrossire più volte in un solo minuto. Mi era successo solo quella sera di perdere il controllo, con Michael. Non che non fossi diventata un semaforo anche quella sera, eh.
– Vorrei tornare a casa, grazie – borbottai tornando una volta per tutte davanti al pub, dove c’erano Jennifer e le altre. Attaccai e  le guardai.
– Ma che fine hai fatto? – chiese Cher, seria. – Pensavo ti avessero preso! Non farlo mai più, Amelia. – Si girò verso Jennifer. – Verso che ora avevano detto che sarebbero arrivati?
E proprio in quel momento i ragazzi uscirono, fecero molte foto con delle ragazze che erano rimaste là (ed erano tante), parlarono un po’ con loro e poi si avvicinarono a noi come se fossimo altre fans, ma in realtà Michael sussurrò: – Questo è il nome dell’hotel e la via. Ci vediamo nella hall. – Ce l’aveva con tutte noi, ma in realtà guardava solo Grace, che gli sorrideva maliziosamente. Alzai gli occhi al cielo e c’incamminammo verso la macchina di Jennifer.

Angolo Autrice:
Ed ecco il primo capitolo! Ora... so che Michael non si è comportato prorpio bene con Amelia, ma è solo l'inizio e posso giurarvi che non lo fa con cattiveria, è solo un ragazzo che scherza un po' troppo. In tutto questo vorrei cercare di ricavare una "morale" e cioè che per quanto una persona possa seguire un cantante o un attore o una band in generale, quella persona non potrà mai veramente sapere cosa passa per la mente di quell'idolo. Purtroppo non li conosceremo mai veramente - botte di culo a parte, ovviamente.
Comunque,vi prego di farmi sapere cosa pensate del capitolo e dei vari personaggi con una recensione e mi scuso per eventuali errori.
Un bacio e alla prossima.

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Capitolo 3
*** Una strana giornata ***


Capitolo 2
Una strana giornata

Il giorno dopo mi svegliai solo perché il mio cellulare stava squillando. Risposi, assonnata. – Chi è che mi rompe le palle a quest’ora?
– Amelia, oh grazie a Dio hai risposto! – esclamò Jennifer. – Mi devi fare un favore enorme. Sono nei casini, devi assolutamente aiutarmi.
– Jen, che succede? Va tutto bene? – chiesi, alzandomi dal letto. Andai subito verso l’armadio e mi tolsi i pantaloncini del pigiama per mettermi dei jeans. Il tono di Jennifer era fin troppo preoccupato per i miei gusti, dovevo assolutamente andare da lei.
– Sì, cioè no. Ieri sera dopo che siamo andate all’albergo dove i ragazzi alloggiano, abbiamo bevuto un po’ troppo, quindi non ce la siamo sentita di guidare e siamo rimaste qua con loro. È stato bellissimo, ci siamo divertiti un sacco e io ho dormito (solo dormito) con Calum, che è la dolcezza fatta in persona..
– Jen, stai divagando! – esclamai, stufa. – Dimmi di cosa hai bisogno e basta.
– Oh, giusto. Ecco… i miei pensano che io sia venuta a dormire da te, ma non posso tornare a casa con i vestiti del giorno prima… anche perché puzzano di alcol, visto che Grace mi ci ha praticamente vomitato sopra – borbotta Jennifer.
Feci un sorriso compiaciuto, l’immagine di Grace che vomitava davanti a tutti mi faceva sentire molto meglio. Chi vorrebbe mai andare a letto con una ragazza che ha appena vomitato addosso ad una sua amica? Io no di certo. – Va bene – sbuffai, capendo già tutto. – Prendo le cose più grosse che ho e vengo da voi. Fatti trovare pronta e, per piacere, fatti una doccia.
– Sei un angelo! – esclamò. – Grazie, grazie, grazie. Vado, a dopo. – Attaccò e così presi una maglietta corta nera che mi lasciava un po’ di pancia scoperta, una camicia a scacchi rossa e nera e le converse nere. È inutile mentire: lo stavo facendo per rendermi presentabile per Michael. Potevo dire tutto quello che volevo, ma ero ancora attratta da lui per qualche motivo a me sconosciuto. Scesi giù, presi le chiavi della macchina e avvisai mia madre e Jason che dovevo per forza andare, che era una cosa importante, e così loro mi lasciarono andare, scioccati da questa mia improvvisa uscita. Due uscite di seguito? Per loro era più o meno un sogno.
Buttai la borsa con dentro il cambio, uno spazzolino, profumo, trucchi e altro al lato dei passeggero e partii tranquillamente, senza fretta. Ero in ansia, stavo iniziando a pensare a quanto sarebbe stato imbarazzante vederli tutti là. Non mi ero comportata proprio bene con loro la sera precedente, e mi dispiaceva, perché Luke mi sembrava così dolce, umano; Ashton era stato dolcissimo, era stato per più di un’ora fuori con quelle ragazze; Calum invece era molto simpatico, rideva sempre e quando lo faceva era in grado d’illuminare tutto il mondo.
Una volta arrivata all’hotel, entrai e andai dal receptionist. – Salve, sono qua per portare delle cose a una mia amica, che sta nella camera dei 5 Seconds of Summer. – Il receptionist mi guardò con le sopracciglia alzate, facendomi capire che non ci credeva nemmeno morto. – Sono seria. Ieri sera sono venute tre ragazze. Una di loro è mia amica e…
– Eccoti! – esclamò Jennifer prendendomi la mano e facendomi sussultare. – Sta con me. E, tanto per la cronaca, stiamo veramente con i 5 Seconds of Summer. – Gli fece un sorrisone e mi trascinò verso l’ascensore. Appena le porte si chiusero iniziò a dare di matto. – Oh, Amelia! Perché non sei voluta venire ieri sera? Ci siamo divertiti così tanto! Sono tutti simpaticissimi, più li guardo e più mi rendo conto che sono solo dei ragazzi, e questo è dolcissimo.
– È dolcissimo che siano solo dei ragazzi? – chiesi, infastidita.
– Perché… Perché non puoi solo essere felice per me? – chiese, seria. – Ieri sera è stata una delle sere più belle della mia vita. Ho incontrato la mia band preferita, ho interagito con loro, c’ho scherzato, c’ho riso… Ho dormito con Calum! – Rimase in silenzio per un po’. – Ricordati che è stata una tua idea quella di andartene. Io ti ho chiesto di venire con me e…
L’ascensore per fortuna si aprì e così uscimmo. Se prima ero di cattivo umore ora ero veramente spacciata. Non guardai Jennifer per un po’, perché una parte di me ce l’aveva con lei. Era lei quella che non riusciva a capirmi. Io potevo essere felice per lei, ma doveva capire che Grace la sera precedente mi aveva usata, derisa e poi aveva fatto quello che voleva – e cioè andare a letto con Michael – senza nemmeno pensare al fatto che io ci sarei rimasta male. Sapevo che non eravamo amiche, quindi perché avrebbe dovuto fare questa cosa per me? Ma Jennifer avrebbe dovuto capire che di certo quello non mi avrebbe fatto altro che male! Non mi aveva chiesto se stavo bene, non mi aveva chiesto se volevo che parlasse con Grace, non mi aveva chiesto un bel niente! Mi sentii usata.
Entrai dentro la camera e vidi subito Grace sdraiata su una poltrona, mentre guardava Calum e rideva alle sue battute. – Oh, ciao! – esclamò vedendomi. – Come stai? – chiese, io annuii e basta.
Sorrisi invece a Calum, che mi stava guardando, un po’ rosso in viso. – Ciao, Amelia – mi salutò alzandosi. – Vuoi qualcosa da bere? Mi… Mi dispiace farmi vedere in questo stato, ma…
– Tranquillo, Calum – lo fermai subito. – Stai in pigiama, è normale. – Gli sorrisi ancora di più e lui fece la stessa cosa, ancora in imbarazzo. – Dove sono gli altri? – chiesi per smorzare un po’ l’imbarazzo.
– Luke è sotto la doccia – rispose Grace. – Ashton invece si doveva vedere con una ragazza… Non ho ben capito, ma dopotutto non sono affari miei. – Rimasi a guardarla, perché sapeva benissimo che avevo notato il fatto che non aveva nominato Michael. Sorrisi e annuii per non darle nessuna soddisfazione. Grace non era la classica stronza, era semplicemente uno spirito libero, e quando capiva che ti piaceva il ragazzo con cui “stava” allora cercava di non parlarne. In fin dei conti credo che lo facesse pure per non farmi soffrire.
– Allora, la colazione sta arrivando… – Michael si fermò subito, vedendomi. Arrossì un po’ quando mi accorsi che era solo in boxer, invece io rimasi in silenzio e riuscii a non imbarazzarmi. – Principessa, ciao! Come mai ci hai degnato di questa visita?
– Sono qua per Jennifer. Mi ha chiamato lei – borbottai senza nemmeno guardarlo. Guardai la porta del bagno, pregando Jennifer di sbrigarsi, visto che aveva la mia borsa con dentro anche il cellulare. Spostai il peso da un piede all’altro, ansiosa.
Qualcuno bussò alla porta. – Questa deve essere la colazione – mormorò Calum alzandosi per andare ad aprire la porta. Infatti un cameriere entrò con un carrello pieno di cose da mangiare, ci sorrise a tutti e poi se ne andò. – Bene! – esclamò Calum. – Chi vuole mangiare?
– Io non sto molto bene – borbottò Grace guardando Michael. – Ieri sera non dovevo bere così tanto – mormorò poi e dovetti veramente reprimere uno dei miei sorrisi più belli.
– Amelia? – chiese Calum guardandomi con un sorriso dolce.
– Oh, emh… – iniziai guardandolo, rossa in faccia. Quel carrello era una cosa spettacolare, con i cornetti appena sfornati, latte, caffè, ciambelle, bombe. – Magari solo un cornetto – continuai andando a prendere il cornetto semplice.
Ovviamente però non poteva essere così semplice. Infatti nello stesso momento si mosse anche Michael, che era rimasto fermo alla porta che collegava la sua camera a quella di Calum, e mi venne praticamente addosso, facendolo apposta. – Oh,scusami, principessa – esclamò lui prendendomi per i fianchi quando iniziai a indietreggiare, pronta a cadere.
Lo uccisi con lo sguardo. – Amelia – ringhiai. – Mi chiamo A-M-E-L-I-A! Credimi, non è così difficile da pronunciare.
Michael rise e fece per ribattere, quando Calum lo interruppe. – Tieni, Amelia – mi disse porgendomi il cornetto che stavo per prendere. – E lasciala in pace, Mike – aggiunse poi guardandolo. Gli sorrideva, ma il suo sguardo era serio.
– Ora che ci penso potrei prendere qualcosa – esclamò Grace andando vicino a Michael, gli sfiorò distrattamente il fianco e poi prese un biscotto. – Ma è buonissimo! – disse spalancando gli occhi. – Assaggiali, Mike.
– Forse più tardi – borbottò Michael prendendosi una ciambella. – Un cornetto semplice, principessa? È proprio da te!
Ridussi i miei occhi in fessure. – Che vorresti dire con questo?
Sorrise, soddisfatto. – Che sei così semplice, così ordinaria, così brava! – esclamò alzando le mani al cielo.
– Bé, sbaglio o le brave ragazze sono cattive ragazze che non sono mai state beccate? – chiesi io incrociando le braccia e facendogli un sorriso compiaciuto. – E di certo non ho intenzione di farmi beccare da te, Michael.
Michael rimase per un po’ a guardarmi, compiaciuto e anche un po’ scioccato. – Bene, bene! Sai, potresti quasi piacermi, Amelia.
Il mio cuore fece un balzo e tutta la mia determinazione se ne andò via, scappando con la coda in mezzo alle gambe. Il mio sorriso la raggiunse poco dopo e sussurrai: – Non c’è pericolo. Tu magari potresti piacermi solo nella prossima vita – nel momento esatto in cui la porta del bagno si spalancava e Jennifer faceva la sua entrata con i miei jeans strappati che a me stavano larghi, ma a lei stavano abbastanza bene e una semplice canottiera che le stava un po’ corta. – Bene – ringhiai andando a prendere la mia borsa, che stava tenendo ancora in mano. La presi senza dirle niente e avanzai verso la porta della camera, pronta ad andarmene.
– Non posso credere che Cher stia ancora… – iniziò Luke con dei pantaloncini da basket e una maglietta bianca addosso, mentre si passava un asciugamano tra i capelli. Potevo morire in quel preciso istante e ne sarei stata felice. – Amelia – mi chiamò sorridendomi. – Come va il naso? – chiese indicando il suo.
– Oh, emh… va meglio, grazie – risposi io, di nuovo rossa in faccia. – Stavo proprio andando via…
– Scherzi? – chiese alzando un po’ il tono di voce. – Ci è dispiaciuto non averti ieri sera. Sai, ci serviva proprio qualcuno pronto a prendere in giro il caro Michael – disse mettendo un braccio sulle spalle di Michael. – Di certo non ti lascerò andare proprio ora che sei qua. – Rise. – Dai, hai fatto tutta questa strada per cosa? Dare dei vestiti a Jennifer e poi andartene? Cher non si è nemmeno svegliata!
– Veramente è tardi e dovrei proprio andare al college se voglio riuscire a fare almeno le prime lezioni – borbottai spostando il peso del corpo da un piede all’altro,  indecisa. – Non posso assolutamente mancare.
È appena iniziata e…
– E tu dovresti essere la cattiva ragazza? – chiese Michael sorridendomi maliziosamente.
Grace scoppiò a ridere. – Amelia una cattiva ragazza? – chiese continuando a ridere. – Ma se a malapena è stata con… come si chiamava quel ragazzo? Finn? – Annuii, rossa in viso. – Ecco, Finn! L’amore della tua vita. Dopo di lui non sei stata con nessuno o sbaglio?
Feci per rispondere quando Jennifer si mise in mezzo. – Grace, fatti i cazzi tuoi – ringhiò lei facendomi spalancare gli occhi. – Non conosci Amelia. Solo io la conosco bene. – Guardò per pochi secondi Michael e poi me accennando un sorriso malizioso. – Insomma, chi penserebbe che un angelo del genere si ascolti i Linkin Park, o i 30 Seconds to Mars, o i Green Day, o i Bring… Horizon? – si fermò, non sapendo il nome dell’ultimo gruppo.
– Bring Me the Horizon – borbottai alzando gli occhi al cielo.
– Eh, quelli! Insomma, io nemmeno li conosco! – esclamò Jennifer.
– Davvero? – chiese Calum, un po’ scioccato.
– Bé… bé…
– No, non è vero, Calum – la salvai io. – Lo sta solo dicendo per farmi fare un figurone, inutilmente. – Sorrisi a Jennifer, tanto per farle capire che però lo apprezzavo. – C’è stato un periodo che non faceva altro che ascoltarsi “Can you feel my heart”. In continuazione! – esclamai ridendo, fece lo stesso anche Jennifer guardandomi con occhi adoranti. Ero sicura di avere gli stessi, identici occhi.
– Dovete assolutamente rimanere – disse Luke.
Scossi la testa. – Io non posso proprio. Ho appena iniziato il college, non posso già mancare, per di più oggi ci sta il professore Collins, che ce l’ha con me.
– Brava ragazza – mi sussurrò Michael passandomi accanto per prendere un biscotto. Mi toccò la mano con la sua e così mi irrigidii subito, ovviamente lui mi sorrise, ancora più compiaciuto. Grace ci guardò per un po’ con una smorfia disgustata, poi si alzò e si chiuse in bagno, ma Michael nemmeno se ne accorse. Jennifer invece guardava prima me e poi la porta del bagno, non sapendo se andare da Grace o rimanere qua con me. Sapeva che molto probabilmente non sarei mai riuscita a stare con tutti e tre da sola, ma sapeva anche che Grace ce l’aveva con lei in quel momento per averla trattata male (ma solo perché lei stava trattando male la sua migliore amica), così annuii per farle capire che ce la potevo fare… anche se non era proprio così.
– Che college fai? – chiese Luke sedendosi sulla poltrona dove stava poco prima Grace.
– Economia – risposi io.
– Davvero? In molti mi hanno detto che è difficile. Un mio amico ce l’ha avuta per un paio d’anni durante il liceo e aveva sempre le mani nei capelli – esclamò Calum ridendo. Feci spallucce sorridendo. – Jennifer mi ha parlato un po’ di te. Ti piace molto leggere, giusto?
Annuii. – Sì, anche se in quest’ultimo periodo ho dovuto mettere da parte i libri e prendere quelli del college – borbottai alzando gli occhi al cielo. – Tra un po’ dovrei avere il mio primo esame e devo ancora studiare un intero libro!
– College – bofonchiò Luke alzando gli occhi al cielo ridendo. – Bel modo per impazzire!
– E come mai non ti sei presa un appartamento là vicino? – chiese poi Calum. – Sbaglio o ci stanno anche i dormitori là?
Stavano iniziando un argomento che proprio… non mi piaceva. – Oh, sì, ma ho preferito rimanere a casa con mia madre per un altro po’. Forse me ne andrò il prossimo anno, ma non ne sono sicura.
Michael rise. – Non conosco un diciannovenne che non se ne voglia andare di casa – borbottò guardandomi. – E poi ci sei tu.
Scossi la testa. – Non… È complicato – bofonchiai abbassando lo sguardo. Tirai su con il naso e sorrisi. – Credo sia proprio ora di andare – borbottai alzando lo sguardo. Calum e Luke mi stavano guardando, preoccupati, mentre Michael sembrava più curioso che altro.
– Hai detto tua madre – aggiunse quindi Michael. – E tuo padre?
Sussultai e lo guardai dritto negli occhi, pregandolo di lasciarmi stare silenziosamente. – Mia madre è sposata con un altro uomo, che non è mio padre, ma è molto simpatico e dolce. È come un padre per me.
Michael mi guardò dritta negli occhi e sembrò quasi tradurre ogni singolo movimento delle mie ciglia; sembrava veramente pronto a leggermi nella mente. – E… – iniziò, ma nell’esatto momento in cui iniziò Luke esclamò: – Michael, basta.
Rimanemmo in silenzio per un po’, Luke e Calum guardavano a terra, imbarazzati, mentre Michael continuava a guardarmi, ma non era più un gioco, ora era serio e c’era ancora quel qualcosa che mi faceva capire che era curioso. Per fortuna Grace e Jennifer uscirono dal bagno, così andai da loro. – Devo proprio andare, scusatemi – mormorai.
– Che è successo? – chiese Jennifer guardando prima me e poi Calum.
– Niente, niente – risposi subito sorridendole. – Ciao a tutti – li salutai con la mano mentre me ne andavo. Aprii la porta e me ne andai praticamente correndo.
 
Continuai a pensare a Michael per il resto delle ore al college. Pensava veramente di potermi incantare con quei suoi giochetti e le frasi da stronzo-ma-carino? No, perché ci stava riuscendo alla perfezione allora! E mi odiavo per questo. Presi il cellulare, attenta a non farmi vedere, e aggrottai la fronte vedendo che mi aveva chiamata un numero sconosciuto.
Appena l’ultima lezione fu finita tornai a casa e mi sedetti sul divano, dove c’era il marito di mia madre, Jason, che ancora non chiamavo padre però. Sapevo che questo in realtà lo faceva stare male, ma dopotutto ero cresciuta con mio padre e solo un anno e mezzo prima me l’avevano portato via. Era ancora difficile per me averlo a casa e vedere lui al posto di mio padre. Mia madre e mio padre si stavano per separare prima che succedesse tutto quello che non doveva accadere, quindi non fui molto scioccata quando scoprii che in realtà mia madre amava un altro uomo. Ricordo ancora che, il giorno dopo che mi avevano detto di quest’altro uomo, chiesi a mia madre: – Mamma, ti prego, dimmi la verità: hai mai tradito papà? – E lei mi rispose di no, che teneva ancora troppo a mio padre per fargli una cosa del genere, e le credei, perché era esattamente quello che m’immaginavo, perché mia madre era ed è semplicemente fatta così.
– Non mi hai raccontato niente. Com’è andata ieri sera? – chiese quindi Jason.
– Oh, emh… Piuttosto male, veramente – risposi mordicchiandomi il labbro inferiore, soprapensiero, poi feci spallucce. – Michael non si è poi rivelato il ragazzo che pensavo che fosse.
– Lo immaginavo – borbottò Jason. – Purtroppo è questo il brutto di conoscere un cantante famoso: pensi di conoscerlo già, ma la realtà è molto differente dalla fantasia; e quando te ne accorgi ti senti anche un po’ cambiato, ma forse sei solo un po’ cresciuto. – Jason e le sue perle di saggezza. Era proprio questo il bello di Jason: non ti prendeva in giro, prendeva sul serio qualsiasi cosa ti affliggesse, anche le cose che magari per gli adulti non erano poi così importanti.
– Amore – urlò mia madre dallo stanzino sotto le scale. Andai da lei senza dire niente a Jason e quando la trovai  tutta sorridente seduta su una sedia mezza-rotta, mentre teneva in mano alcune lettere mi si scaldò il cuore. – Mi devi dire qualcosa?
Quando faceva quella domanda significava che effettivamente dovevo dirle qualcosa, ma in quel caso non sapevo bene cosa. – Emh… forse. Illuminami.
Alzò la mano dove teneva una busta. – Poco fa è arrivata questa busta. Qualcuno ha citofonato alla porta e poi è scappato lasciando solo questa busta per te. Ovviamente l’ho dovuta aprire, non potevo certo darti la busta di uno sconosciuto senza conoscerne il contenuto! – esclamò. Ovviamente, pensai. – E quando ho aperto ho trovato questo.
Mi avvicinai, curiosa. Era un biglietto. C’era scritto che i 5 Seconds of Summer avrebbero tenuto un mini-concerto in una libreria, che era addirittura vicino casa mia, e che dovevo andare. Guardai la firma e il mio cuore fece un balzo: c’era scritto Michael Clifford. – È uno scherzo, vero? – chiesi ridendo.
– Ti sembro una che scherza? – chiese mia madre, e dovetti darle ragione. Mia madre scherzava molto raramente e io purtroppo avevo ripreso da lei. Non ero una persona che faceva ridere, non volutamente almeno, a volte le persone ridevano a delle mie esclamazioni e mi dicevano che “facevo ridere”; quello che non sapevano però era che in quel momento io non volevo esattamente far ridere. – Chi è questo Michael Clifford?
– Emh… uno dei componenti della band – risposi io.
– Ehi, non è uno dei componenti della band, è il componente della band! – esclamò Jason immischiandosi nella conversazione. – È la band che ha incontrato ieri sera, tesoro. – Mi sorrise dolcemente. – A quanto pare non è poi andata così tanto male, no?
Rimasi in silenzio a guardare il biglietto, poi mi ricordai la chiamata sconosciuta, così mi alzai e corsi verso il mio cellulare mentre mia madre continuava ad urlarmi dietro. – Ma che significa? Sono confusa! Uno dei compenti della band ti ha appena invitata a un loro concerto? Come… Che hai combinato ieri sera, signorina?
– Ci sono andata a letto, mamma – scherzai alzando gli occhi al cielo. – Non so che dirti, veramente. In realtà io e lui non andiamo molto d’accordo, quindi molto probabilmente lo sta facendo solo perché si è reso conto di essere stato un vero cretino con me.
– O magari perché gli piaci – aggiunse Jason sorridendo maliziosamente. Gli adulti possono sorridere maliziosamente? A quanto pare sì. Ma il problema era che a volte Jason mi ricordava mio padre. C’erano alcune cose che faceva anche mio padre, alcuni suoi comportamenti erano identici a quelli di mio padre, e ogni volta che faceva così non potevo sorridere.
Lo lasciai stare e chiamai il numero sconosciuto. – Pronto, principessa!
Alzai gli occhi al cielo sentendo il mio cuore fare un balzo. Eppure ero scocciata, stanca e arrabbiata con lui. – Mi potresti spiegare che significa?
– Il numero me l’ha dato Cher, per quanto riguarda il biglietto invece è un regalo per te, pensavo ti facesse piacere sentire dal vivo la mia voce, che ti piace tanto – rispose Michael senza troppi giri di parole, non sembrava affatto infastidito da me o altro.
– Sono appena tornata, Michael, non so se riesco a…
– Non ti ascolto nemmeno! – esclamò lui ridendo. – Non puoi veramente darmi buca, principessa. Stiamo per fare un mini-concerto e non vieni? Che fan sei? E non dirmi che non lo sei, perché lo sei, mia cara Amelia. Quindi se vuoi darmi buca fallo, ma ricordati che hai tolto un posto a una fan che voleva venire molto più di te.
Rimasi in silenzio per un po’ a pensare. Mi stava facendo sentire in colpa. Volevo andare a quel concerto, lo volevo davvero, ma il fatto che mi avesse invitato lui… Cosa c’era di sbagliato in me? Volevo prendere le distanze da Michael Gordon Clifford. Eppure come darmi torto? Mi stava prendendo in giro, voleva solo vedere fino a quanto mi sarei spinta pur di stare con lui, mi stava dando una chance di stare insieme a lui, giusto per un po’ tempo, fino a quando non si sarebbe stufato di perdersi beffa di me. – E va bene. Grazie, accetto il tuo invito – sbottai. – Ma solo perché non posso perdermi il mini-concerto!
– Farò finta di crederti, principessa – ribatté lui ridendo. – Ci vediamo tra un po’ allora. Ti ho conservato il posto nella prima fila. Dovresti amarmi.
– Nella prossima vita, Michael. Nella prossima vita – esclamai io. – E solo se avrai un carattere diverso! – Si stava prendendo beffa di me, eppure stavo sorridendo come se mi avessero messo davanti agli occhi una libreria piena dei libri che ancora non avevo avuto modo di comprare (ed erano tanti ormai).
– Credo proprio che finirai per rimanere fregata amandomi in questa, di vita – disse lui ed ero sicura che stesse facendo quel suo sorriso. – A dopo. – E attaccò. 

Angolo Autrice:
Ed eccomi qua con il secondo capitolo! Sta mattina mi sono svegliata e ho saputo che il nostro povero Michael si è "ustionato" la faccia. A quanto pare però sta bene. Solo a me viene la pelle d'oca appena leggo "ustionato"? Le prime immagini che mi vengono in mente quando leggo "ustioni" sono quelle di terzo grado, non quelle di primo. Succede solo a me? Vi prego, ditemi di no.
Tornando al capitolo... vi è piaciuto? Che ne pensate di Michael? E di Amelia? Mi scuso come sempre per eventuali errori e vi chiedo di recensire per farmi sapere i vostri pareri.
Al prossimo capitolo, un bacio.

 

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Capitolo 4
*** 24h ***


Capitolo 3
24h
 
Quando arrivai là c’era una folla assurda, ebbi quasi paura a entrare là, ero sicura che mi avrebbero dato un’altra gomitata e il mio naso non poteva avere altri traumi. Per fortuna feci vedere il biglietto che avevo ricevuto del mini-concerto con su scritto la fila e il posto e mi fecero andare avanti, senza però non lanciarmi occhiatacce. Quando mi misi davanti, Jennifer mi abbracciò, agitata, mentre ogni tanto faceva qualche saltello, e le altre mi salutarono con la mano. Grace non sembrava molto felice di vedermi, ma in realtà la cosa non mi dava per niente fastidio. Era una cosa così brutta? Essere indifferente davanti a lei?
I ragazzi si stavano preparando, sistemavano i microfoni, parlavano un po’ per poi ridere, accordavano le chitarre e il basso, Ashton ogni tanto parlava al microfono per rendere partecipi anche le fans, che ridevano ogni volta. Oggi erano molto più calme; erano elettrizzate, ma più calme di ieri sera. Alcune le riconobbi, altre invece non le avevo mai viste.
- Buonasera! – esclamò poi Luke, tutte urlarono, Jennifer compresa. – Allora, ragazze, oggi inizieremo con… Good Girls. – Sorrise ancora di più sentendo tutte le ragazze urlare il suo nome. Era stata soltanto la mia immaginazione o era un po’ arrossito? Sono ancora convinta che fosse arrossito almeno un po’.
Iniziò Michael come sempre, troppo assorto nel creare musica per accorgersi che io lo stavo fissando e non riuscivo più a respirare. Dal vivo… la sua voce era ancora più bella. Non riuscivo a staccare gli occhi da lui, in quel momento mi sentii esattamente come una ragazzina in preda ai propri ormoni e fui veramente tentata di scavalcare la transenna per andare là e investirlo per riempirlo di baci. Era così bello mentre chiudeva gli occhi e cantava.
E Luke! Oh, Luke… aveva quella voce così serena, così bella, così… Non si poteva spiegare una voce del genere. Ma era bello sentirlo cantare, creava quella specie di serenità che serviva a tutti. In quel preciso momento tutte le mie sofferenze svanirono.
E Calum! Lui aveva quella voce che ti faceva sorridere, aveva quel suo modo di sorridere mentre cantava e di muovere quelle labbra in modo quasi insicuro.  Faceva quelle facce buffe, come quando chiedeva “Cause if you ask her she’ll say”. Aveva un tono di voce così particolare quando cantava.
Quello che mi sorprese di più forse fu Ashton, che raramente cantava, ma aveva qualche pezzo qua e là e quando li faceva alcune ragazze iniziavano a urlare facendolo ridere. E quei pezzi che faceva li faceva molto, molto bene. Poi ogni tanto alternava dicendo cose tipo “all right” o altri commenti con quella sua vocetta che mi faceva ridere.
Quando finirono con Good Girls iniziarono subito a parlare, scherzando un po’ per farci ridere, facendo commenti su come avevano cantato, sui loro sbagli o altre cose così. E fu in quel momento che incrociai lo sguardo di Michael, che sorrise ancora di più per non ridere. Alzai gli occhi al cielo ridendo, ma poi mi feci seria, alzai le mani e feci finta di applaudire. Michael rise allontanandosi un po’ dal microfono e scosse la testa abbassando lo sguardo verso la chitarra per fare una nota che non riconobbi.
A quel punto iniziarono con Voodoo Doll e abbozzai una risata guardando Jennifer, che mi prese per mano e rise insieme a me. Perché stavamo ridendo? Perché la prima volta che l’ascoltai le dissi che era esattamente quello il modo in cui io vedevo l’amore: una costrizione a provare un qualcosa per qualcuno. Ashton mi faceva un sacco ridere, tutto concentrato su quello strumento sul quale era seduto. Luke invece non faceva altro che scherzare con Calum mentre cantavano, facendo ridere anche Michael, che ogni tanto scherzava iniziando a cantare male.
Finita quella canzone iniziarono subito con Out Of My Limits, lasciandoci cantare alcune parti delle canzone che io mi ritrovai a cantare insieme a tutte le altre. Sapevo le parole! Questo fatto scandalizzò anche Jennifer, che scoppiò a ridere a mi abbracciò mormorandomi all’orecchio: – Mi dispiace per essere stata così cattiva sta mattina. – Io le sorrisi e le feci capire che ne avremmo parlato più in là, anche perché sapevo benissimo com’era fatta: quando ti guardava in quel modo significava che non ti avrebbe lasciata in pace fino a quando non le avessi parlato di tutto quello che ti passava per la testa.
Poi fecero la cover di What I Like About You e quella fu la mia morte. Ci alzammo tutte in piedi e iniziammo a cantare la canzone con loro, mentre io e Jennifer ci lanciammo a un ballo tutto fianchi e braccia che fece ridere Grace e Cher. Eravamo sicuramente e indiscutibilmente ridicole, ma non c’interessava più di tanto, perché quella canzone ci faceva impazzire ogni-singola-volta. Era una cosa spettacolare! Per non parlare poi di come riuscissero a suonare quegli strumenti. Dio, mi facevano morire e resuscitare in pochi secondi!
– That’s what I like about you! – canticchiai io improvvisando un balletto rivolto a Jennifer, che iniziò a ridere ancora di più. – You really know how to dance – continuai indicandola mentre iniziava a ballare a colpi di fianchi, rendendo il mio stupido balletto un ballo sexy. Scoppiammo entrambe a ridere e finimmo l’ultimo “that’s what I like about youuu” urlando un po’ troppo l’ultima parola e facendola durare più di Luke. Tutte le ragazze scoppiarono a ridere sentendoci e io diventai subito rossa per la vergogna.
Lanciai un’occhiata ai ragazzi che stavano ridendo, solo Michael però mi stava guardando con quel suo ghigno divertito, che mi fece arrossire ancora di più.
Sentii il mio cellulare vibrare, così lo presi, ancora ridendo, e vidi la chiamata. Risucchiai subito il respiro e mi sedetti, mentre il resto del mondo iniziava a girarmi intorno. Jennifer mi prese subito, preoccupata, mi chiamò per un po’, ma io non avevo le forze per risponderle né per alzare lo sguardo. Poi ebbi paura, paura di perdere la chiamata, così la scansai e mi rifugia in bagno. – Pronto? – chiesi, ansimando. – Pronto!
– Salve, chiamiamo dal… – Iniziò la voce registrata e premetti subito il numero che accettasse la chiamata. Ci fu un silenzio orribile e poi lo sentii. – Amore della mia vita.
Scoppiai a piangere. – Oh – esclamai tra i singhiozzi, – papà…
 
Rimasi dentro il bagno per le ultime due canzoni, che nemmeno ascoltai, poi il mini-concerto finì ma io non ebbi la forza e il coraggio di uscire da quel bagno. Ero seduta sul water e continuavo a singhiozzare, ancora sotto shock per quello che era successo. Mio padre mi chiamava raramente da quando me l’avevano portato via, ma quando lo faceva mi ricadeva tutto addosso, riportandomi a quella giornata: la giornata più brutta della mia vita. E quando succedeva venivo sopraffatta dalle emozioni, e mi veniva quasi spontaneo odiare mia madre e Jason, anche se loro c’entravano poco e niente.
– Amy – mormorò Jennifer bussando alla porta del bagno. – Mi dispiace così tanto – aggiunse e la sua voce s’incrinò. Io ancora singhiozzavo. – Non… non ti chiamava da un bel po’ ormai. Deve essere stato un bello shock.
– Pensavo gli fosse successo qualcosa – risposi io, tra un singhiozzo e l’altro. – Là dentro… Come può sopravvivere un uomo? Come può sopravvivere mio padre?!
– Oh, amore… – singhiozzò Jennifer. – Per favore, apri la porta. – Appena feci come mi aveva chiesto mi abbracciò fino a soffocarmi. – Mi dispiace così tanto. Mi dispiace. Mi dispiace. Mi dispiace.
– Oh, Dio – mormorai allontanandomi da lei per asciugarmi le lacrime. – Che imbarazzo. Le altre dove sono? – chiesi quindi, ma notai subito il suo sguardo imbarazzato quindi capii che erano proprio là fuori. – Fantastico – borbottai aggiustandomi il trucco. – Andiamo. – Per fortuna quando sapevo che era ora di mettere da parte i drammi familiari e uscire a testa alta riuscivo a farlo benissimo… più o meno.
– Ragazze, ragazze! – esclamò Cher, saltellando. – Oh, mio Dio! Siete pronte per una megafesta in piscina?
– Cosa? – chiese Jennifer.
– A quanto pare i ragazzi hanno una piscina in albergo e vogliono andarci – rispose Cher. – Noi ci siamo praticamente autoinvitate.
Mi girai verso Jennifer e scrollai le spalle. – Andiamo a questa megafesta in piscina allora – esclamai accennando un sorriso, piuttosto finto. La verità era che non volevo tornare a casa, molto probabilmente avrei vagabondato tutta la notte pur di non entrare in quella casa. La chiamata di solito riusciva a turbarmi per ventiquattro ore e io in quelle ore stavo fuori, bevevo un po’ troppo, fumavo un po’ più del solito e incontravo ragazzi che volevano qualcosa che io non gli avrei mai dato.
Quella serata non sarebbe stata diversa.
Arrivammo nell’hotel e andammo subito in piscina, dove proveniva la musica, e notammo che non eravamo le uniche fans a essere state invitate. Erano tutti in costume e i loro fisici erano veramente invidiabili. Non che avessi un brutto corpo, ero più o meno alta come il resto delle ragazze della mia età, non ero né troppo magra né troppo grassa, ma non avevo molto le forme pronunciate. Soprattutto per quanto riguardava il didietro. Inoltre non andavo in palestra e questo m’imbarazzava un sacco.
Le ragazze si tolsero subito i vestiti per poi sfoggiare i loro costumi, Grace aveva messo uno veramente particolare nero mentre Jennifer e Cher avevano optato per dei bikini molto più semplici ma colorati. Io mi ero semplicemente messa il primo costume che avevo visto, nero e semplice. Di certo non volevo attirare l’attenzione, ancora avevo impressa l’immagine di me con gli occhi gonfi. Avevo pianto per poco ma a quanto pare aveva influito molto sulla mia faccia.
Così mi limitai a prendere dei cocktail e a stare sdraiata al sole, godendomi il suo calore. Cercai di rilassarmi, ma la musica non si sentiva praticamente più visto che tutti sembravano essere così eccitati da urlare per ogni singola cosa.
Quattro cocktail e una birra dopo mi si avvicinarono Luke e Michael. Io già stavo sorridendo come una cretina. – Amelia, tutto bene? – chiese Luke sedendosi sulla sdraio accanto alla mia. Io continuai a sorridere in quel modo stupido e poi annuii. – Hai bevuto un po’ o sbaglio?
– Forse – risposi ridendo. – Voi che fate, ragazzi? Nessuno vi ha ancora buttato in piscina? – Strizzai gli occhi guardando Michael, che mi stava sorridendo. – Sbaglio o quella che vedo è pancia? – chiesi io sedendomi. Scoppiai a ridere. – Michael Gordon Clifford ha la pancetta?! – esclamai ridendo.
– Sì, odio fare attività fisica, ok? – sbottò Michael ridendo. – Smettila di fissare la mia pancia! – esclamò coprendosi con un asciugamano bianco. – Ho detto smettila – ripeté ridendo.
– Oh, oh! Qualcuno è insicuro! – esclamai continuando a ridere. Guardai Luke, che ci stava guardando con un sorrisino divertito. – Ed ecco qualcuno con un gran bel fisico, invece! – mi sfuggii. Mi tappai subito la bocca mentre Luke iniziava a ridere, imbarazzato. – Oddio, scusami. Non farci caso. Ho bevuto un po’ troppo.
– Qualcuno deve darsi una svegliata – borbottò Michael lanciando un’occhiata d’intesa a Luke, che all’inizio non capii, ma quando si alzarono entrambi e mi sorrisero capii e la mia risata cessò immediatamente. Non potevano…
E invece sì, perché mi presero in braccio. Fu più forte di me e urlai come una femminuccia, mentre loro adesso ridevano al mio posto. Poco dopo si fermarono e così girai il viso verso destra e vidi una bella vasca gelata, pronta ad accogliermi. – No, no! – urlai ridendo. – Ragazzi, per piacere, non voglio bagnarmi. Dai, non posso…
Ma mi buttarono lo stesso.
E l’acqua era gelata.
Quando presi fiato si tuffarono accanto a me inondandomi e facendomi bere tanta acqua. A causa dell’alcol non riuscivo molto bene a capire cosa stesse succedendo e non mi andava affatto di nuotare, così mi girai verso Michael e mi ci aggrappai. Lui all’iniziò andò a fondo, ma poi in qualche modo riuscì a non affondare e così allacciai le mie cosce alla sua vita e posai le mani sulle sue spalle.
– Ehi, principessa – disse Michael sorridendomi maliziosamente. – A cosa devo quest’onore?
– Mi hai appena buttato in acqua, non riesco a capire praticamente niente e non ho la forza per nuotare, quindi stai zitto e renditi utile – gli risposi ridendo.
– Prima, al concerto, te ne sei andata – se ne uscì lui e per la quarta volta in una giornata il mio sorriso scomparse improvvisamente. – Mi è dispiaciuto. Perché te ne sei andata in quel modo?
– Non sono affari tuoi – borbottai slacciando le gambe da lui, mi allontanai faticando un po’. – Non farmi domande che sai non voglio sentire, Michael. E non è carino da parte tua chiedermi cose personali quando non sono proprio in grado di ragionare.
– Non tenermi il muso ora però – esclamò lui quando stavo uscendo dalla piscina. Gli lanciai un’occhiataccia ma lui fece finta di niente. – Mi piacevi più dieci secondi fa, sai? – chiese ridendo, ma lo lasciai parlare da solo e andai a prendere un bellissimo shot di rum.
Poco dopo mi ritrovai seduta a flirtare con un ragazzo di cui non mi ricordavo nemmeno il nome. Sentivo lo sguardo di Jennifer addosso, sapevo che mi odiava quando iniziavo con le mie Giornate No ma sapeva anche che per ora era il mio unico modo di sfuggire da mio padre. E sapeva anche che forse era meglio che ridessi con un tipo che mi voleva solo portare a letto invece che piangere, disperata, per il resto della giornata. Quindi anche quella volta mi lasciò perdere, ma sapevo che in realtà non mi perdeva di vista nemmeno per pochi secondi.
Grace intanto si era impossessata di Michael, ridevano insieme e per pochi secondi pensai che potevano formare addirittura una bella coppia, poi però scossi la testa e mi ricordai che quello era Michael e che quella era Grace. Ma forse era proprio per quello che stavano bene insieme.
Poco dopo mi ricordai il nome del ragazzo (Alex) e questo m’incitò a chiedergli un altro drink. Ovviamente lui me lo andò a prendere e così ebbi il tempo per guardare Luke, che stava in piscina a schizzare e giocare con Calum e altre ragazze. Ashton sembrava come scomparso, ma poco dopo lo ritrovai seduto su una sdraio a parlare con una ragazza bionda molto bella. Sembravano conoscersi già da tempo. Michael era scomparso davvero invece, insieme a Grace, e feci finta di non sentire quella brutta sensazione che ti prende allo stomaco e non ti lascia più. E non era vomito.
Alex tornò con un cocktail che non avevo mai provato, ma che mi piacque un sacco e così me lo finii in pochissimo tempo. Quel cocktail fu la mia fine. Mentre Alex non sembrava smettere di parlare, mi avvicinai a lui e catturai le mie labbra con le sue. Non ci pensai più di tanto, lo volevo fare da un po’ e così lo feci e basta. Quella non era l’Amelia Pefettina di un anno e mezzo prima. Ovviamente il ragazzo non ne fu per niente dispiaciuto, anzi mise da parte addirittura il suo cocktail per me e iniziò a ricambiare il bacio in un modo non del tutto innocente.
–  No, no, no e no – borbottò Jennifer staccandomi dal ragazzo. – Caro, lei non si tocca – esclamò lanciando un’occhiata ad Alex. – Andiamo, Amy – bofonchiò prendendomi  per mano a trascinandomi via.
Continuavo a inciampare nei miei stessi piedi ridendo mentre continuavo a guardarmi intorno. – Hai visto Michael e Grace?
– Sì, e non lo vuoi sapere veramente – rispose seccamente Jennifer facendomi sedere su un qualcosa, non feci caso dove. – Calum, puoi prendermi un po’ d’acqua? – chiese guardandolo facendogli gli occhi dolci. Ovviamente Calum non poté dire di no e poco dopo tornò con un bicchiere d’acqua. – Prendi. Bevi tutto – borbottò Jennifer porgendomi il bicchiere. La guardai senza prenderlo. – Amelia, non ti posso riportare a casa in questo stato.
– Sai benissimo che non ho intenzione di tornare a casa – ringhiai lanciandole un’occhiataccia. – Devo stare lontano da quella prigione per un altro po’.
– Fa cagare, Amelia – bofonchiò Jennifer, mentre Calum ci guardava sempre più confuso. – Allora vieni, ti faccio mettere a dormire.
Risi e mi alzai, per poi sottrarmi alla sua presa. – Jennifer, lascia stare, ok? – sbottai. – Lasciami sbagliare. Sai che deve accadere.
– Non deve accadere – ringhiò a bassa voce Jennifer avvicinandosi minacciosamente a me. – Sta a te, Amelia. Nessun’altro. Vuoi veramente fargli questo? Non credi stia già male? Vuoi anche fargli sentire il peso degli errori che commetti a causa sua?
Fu come ricevere uno schiaffo. Feci un passo indietro, scioccata. – Non ti avvicinare, Jennifer. Dico sul serio – ringhiai, con le lacrime agli occhi, allontanandomi da lei. La sentii sbuffare e borbottare qualcosa a Calum, ma feci finta di niente. Tornai da Alex e gli sorrisi. – Dov’eravamo? – gli chiesi.
Ovviamente non si accontentò solo di baciarmi, infatti non so dopo quanto tempo mi ritrovai a guardarlo mentre era intento ad aprire la porta della camera che aveva appena preso. Stava messo più o meno come me, quindi non fece caso al fatto che ero diventata ansiosa.
– Ehi! – urlò qualcuno, ci girammo e sussultai vedendo Michael. – Amico, mi dispiace informarti del fatto che lei adesso viene con me.
– No, aspetta, cosa…? – Ma non feci in tempo a finire la domanda che mi prese a sacco di patate e se ne andò via… come se non ci fosse nessuno sulla sua spalla destra che imprecava.  – Oh, Dio, Michael! – ringhiai dandogli uno schiaffo. – Aspetta di mettermi giù, rompi palle che non sei altro, e vedi come ti vomito addosso!
– Principessa! – esclamò, facendo il finto indignato. – Una come te non dovrebbe dire o fare certe cose – continuò posandomi a terra. Barcollai per un po’, ma mi fermò subito e mi tolse i capelli bagnati da davanti il viso. Rise. – Per caso stavi veramente per fare sesso con quel tipo?
Alzai gli occhi al cielo. – Fammi indovinare: Jennifer ti ha detto di venirmi a prendere.
Rise un’altra volta. – Non proprio. Jennifer mi ha detto che stavi per fare sesso con un ragazzo che nemmeno conoscevi, ma la decisione l’ho presa io.
– Wow – esclamai abbassando lo sguardo. – Che principe azzurro! – Aggrottai la fronte abbassando ancora di più lo sguardo. – Che brutti piedi che hai!
– Hai finito di fare commenti sul mio corpo?! – esclamò lui ridendo. – Se vuoi ti chiamo Luke, visto che ti piace tanto – borbottò facendomi sdraiare su qualcosa di comodo. Oh, forse era un letto. Sì, doveva essere per forza un letto.
– Qualcuno è geloso – dissi io sorridendogli maliziosamente. Il mio cuore continuava a battere veloce e avevo veramente paura che fosse lui la causa. Mi aveva portato via come un sacco di patate da un ragazzo carino e adesso mi stava mettendo a dormire? Che era successo al vecchio Michael?
– Non sono geloso! – affermò facendo una smorfia indignata.
Risi un po’, poi mi misi giù e chiusi gli occhi, ma sentivo lo sguardo di Michael su di me e così li aprii un’altra volta. Lui era là, che mi guardava con un ghigno divertito. – Sei geloso – ribattei sorridendogli. – E non riesci nemmeno a staccare gli occhi da me. – Risi. – Oh, Dio, domani me ne pentirò veramente tanto.
– Stai cercando di flirtare con me, principessa? – chiese lui avvicinandosi un po’, seduto vicino a me, così vicino che riuscii a sentire una sua gamba premere sul mio fianco. – Pensavo che non andassimo d’accordo su come flirtare.
– Oh, sta zitto, Michael Gordon! – sbottai ridendo. – Sei stavo cattivo prima. Quel ragazzo era stato veramente carino con me e aveva pure preso una camera! Potevo dormirci tutta la notte e mi sarei sicuramente sentita a mio agio. Quel ragazzo ha la mania di parlare così tanto che sono sicura avrebbe parlato pure me.
– Fai sesso con i ragazzi solo perché sono carini con te? – chiese Michael, serio. I suoi occhi verdi mi scrutarono un’altra volta, pronti a percepire ogni singola mossa e a tradurla. – E comunque puoi dormire qua, per me non c’è problema.
– E come farà Grace a dormire qua? – chiesi io. – Perché non condividerò un letto con altre due persone, sia chiara la cosa. Allora preferisco vagabondare per le strade come ogni singola volta.
Michael fece per dire qualcosa di divertente quando si fermò. Non dovevo dirgli quella cosa. – Che significa “come ogni singola volta”? Non dormi a casa di tua madre? – Aggrottò la fronte. – Amelia, ora però mi stai facendo preoccupare.
– Certo che dormo da mia madre – esclamai io sorridendogli, avvicinai la mia mano alla sua coscia e la toccai. Un brivido mi percorse tutta la schiena facendomi sorridere ancora di più, lasciai la mia mano là e iniziai a fare avanti e indietro. Sentivo ogni singola cosa, ero cosciente e sveglia come non mai, sentivo ogni singola cellula di quella coscia, ogni singolo pelo, ogni singolo brivido… Era pelle d’oca quella che avevo? – Ma quando mi chiama lui non voglio tornare a casa.
– Lui? – chiese aggrottando ancora di più le sopracciglia. – Chi, il tuo ragazzo? Quel Finn? Perché non vai da lui allora?
Scoppiai a ridere. – Sai, mi chiama ancora “amore della mia vita” – mormorai guardandolo dritto negli occhi. – Nonostante tutto, sono ancora la sua piccola. Vorrei… vorrei tanto stare con lui adesso. Non lo vedo da così tanto tempo! Ma non posso, non posso andare là e parlargli, non ne ho la forza.
– Perché? – chiese lui abbassandosi ancora di più su di me. – Avete litigato di brutto?
Scossi la testa facendo un sorriso triste. – No, cioè sì. L’ultima volta, o meglio la penultima volta, che mi ha chiamata… gli ho detto che non mi doveva più chiamare, che era tutta colpa sua. – Iniziai a piangere. – Perché lo è! È colpa sua! Se solo… Mi doveva dire tutto! Me lo doveva! – tuonai. – Come si fa? Come puoi passarmi davanti, sorridermi, parlarmi tutti i giorni e tenere per te una cosa così importante? Come puoi… farmi una cosa del genere?
– Ehi, principessa – sussurrò lui prendendomi in braccio e mettendomi su di lui solo per abbracciarmi. – Che ti ha fatto? Cosa ti doveva dire?
Scossi la testa continuando a singhiozzare. – Me l’hanno portato via – continuai, piangendo. – Me l’hanno portato via e non posso vederlo. Non posso andare da lui sapendo che è tutta colpa sua. Mi ha rovinata, mi ha mentito…
– Che significa? – chiese Michael prendendomi il mento per guardarmi negli occhi. – Non parlare in codice, Amelia. Come ti ha rovinata? Ti ha… toccata?
– Oh, Dio, no! – esclamai allontanandomi da lui per guardarlo da più lontano. – No, cosa vai a pensare?! Non mi farebbe mai una cosa del genere! – Mi fermai e guardarlo. Quelle sue labbra che avevano una forma quasi rotonda, quel suo naso così carino, quei suoi occhi verdi, così verdi che ogni volta che li guardavo avevo un tuffo al cuore. – Sei veramente stronzo, Michael – sussurrai abbassando lo sguardo verso le sue labbra. – Davvero, davvero stronzo – aggiunsi avvicinandomi un po’ a lui, che s’irrigidì. – Continui a farmi domande inopportune quando sono in questo stato, sapendo che non ho il potere di fermarmi. – Chiusi gli occhi e appoggiai la mia fronte alla sua, non mi mossi e nemmeno lui. Rimasi ferma là a respirare il suo profumo misto al cloro della piscina e al deodorante. Doveva essere per forza un sogno, come potevo essere così vicina a Michael Clifford? Presi un respiro profondo e alzai una mia mano per accarezzagli il collo e poi la guancia. – Immagino che nella vita successiva, quando arriveremo a questo punto, ci baceremo.
– Potrei veramente baciarti in questa, di vita – mormorò lui, così a bassa voce che quasi non lo sentii.
Sorrisi e aprii gli occhi, mi resi quindi conto che lui mi stava già guardando da tempo. – Nella prossima vita, forse – sussurrai facendo toccare il mio naso con il suo. Presi un’altra boccata d’aria di Michael e poi mi andai a sdraiare sul letto un’altra volta. – Non potrei mai veramente perdonarti per aver fatto sesso con Grace.
– Sappiamo tutti e tre che l’unica cosa che potremo mai fare io e Grace è il sesso – bofonchiò Michael continuando a stare fermo dov’era prima. – Non potremo mai avere una relazione seria, io e lei.
Risi con gli occhi chiusi per la stanchezza. – Tu non potresti mai avere una relazione in generale, Mike – gli dissi sorridendo un po’ malinconicamente.
– Con te sì – rispose lui e quando aprii gli occhi lo vidi sorridere maliziosamente, quindi mi stava prendendo in girò un’altra volta. O forse non aveva mai smesso.
– Sono innamorata di un altro – mentii quindi richiudendo gli occhi. – Non c’è posto per te, Mike. – Ci fu un silenzio assurdo per troppo tempo, all’inizio m’imbarazzò ma più il tempo passava e più mi rilassavo. Lentamente il sonno prendeva il sopravvento sul mio corpo, fino a quando rimasi in mezzo, tra la realtà e la fantasia. Sentii una mano accarezzarmi la fronte, per poi togliere alcune ciocche di capelli che mi stavano davanti gli occhi, ma non seppi mai se quel gesto facesse parte della realtà o della fantasia.

Angolo Autrice:
Buonasera! Come vi va la vita? Quella di Amelia sembra andare prima bene e poi male, poi però un'altra volta bene, fino a quando non entra in depressione e si addormenta (a chi non è successo d'iniziare a piangere peggio di una fontana a causa dell'alcol? A me prutroppo sì). Secondo voi cos'è successo al padre? Comunque lo saprete tra pochissimo! E che ne pensate di questo nuovo lato di Michael?
Mi scuso per eventuali errori e vi chiedo di recensire per farmi sapere i vostri pareri.
Al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 5
*** Litigi familiari ***


Capitolo 4
Litigi familiari 

Quando mi svegliai sentii subito un mal di testa assurdo, mi mossi un po’ lamentandomi, ma andai a sbattere contro qualcosa. Qualcosa di caldo. Qualcosa che respirava. Entrai subito nel panico, aprii di scatto gli occhi e indietreggiai fino a quando non caddi dal letto e mi portai appresso la coperta. – Ahi! – borbottai massaggiandomi il coccige.
– Tu hai seri problemi, Amelia – bofonchiò Michael girandosi dall’altra parte dandomi le spalle, poco dopo il suo respiro era di nuovo profondo, segno che si fosse già rimesso a dormire. Riusciva a dormire anche senza lenzuola e coperte a quanto pare, visto che io me l’ero portate appresso durante la caduta e ora non riuscivo nemmeno ad alzarmi per quanto fossero aggrovigliate con il mio corpo. Mi alzai ma poco dopo persi l’equilibrio, sempre a causa delle coperte, e così caddi un’altra volta a terra, lamentandomi per il dolore. – Eh che cazzo! – esclamò sedendosi, abbassò il suo sguardo su di me e sembrò così arrabbiato che dovetti abbassare il viso per quant’ero diventata rossa.
Riuscii ad alzarmi e buttai da una parte le maledette coperte. Abbassai lo sguardo verso il mio costume nero e arrossii ancora di più, me l’aggiustai un po’ mentre Michael iniziava a ridere. – Cosa ci faccio in camera tua? – chiesi, confusa.
– Oh, ma come, non ti ricordi! – esclamò lui. – E io che pensavo fosse stata una serata memorabile per te.
Sussultai e feci un passo indietro. – C… cosa?
Michael mi guardò per un po’ e poi scoppiò a ridere. – Tranquilla, principessa – esclamò continuando a ridere. – Non è successo niente. Anche se stavi per fare sesso con un tizio con dei capelli a caschetto biondi ossigenati. Per fortuna sono riuscito a fermarti.
Puntai un oggetto dietro Michael e mi concentrai per ricordarmi tutto, per fortuna (o per sfortuna) mi venne tutto in mente e dovetti veramente fare uno sforzo enorme per non indietreggiare e scappare a gambe levate. – Oh, no – bofonchiai mettendomi indietro i capelli, secchi a causa del cloro, e mi ricordai anche del quasi-bacio. – Oh, no! – esclamai girandomi per dargli le spalle. – Che figura di merda – bofonchiai posando una mano sulla testa, che continuava a pulsarmi dal dolore.
– No, la figura di merda te l’ho risparmiata – rispose Michael, lo sentivo mentre cercava di non ridere di me. – Sarebbe stato veramente imbarazzante andare a letto con quel tipo. Dai, non poteva che essere una frana a letto. Insomma, con dei capelli del genere!
– Oh, lascia stare i capelli di Alex! – sbottai io girandomi verso di lui, che continuava a sorridere, pronto a scoppiare a ridere. – Sicuramente sarebbe stato meno imbarazzante di questo! – esclamai indicando prima me e poi lui. Per fortuna quel giorno non c’era lezione, quindi non mi preoccupai anche dell’ora, anche se… – Mia madre! – urlai correndo giù per prendere il mio cellulare. Sempre che non me l’avessero fregato durante la notte.
– Ferma, tigre! – mi fermò subito Michael afferrandomi non del tutto delicatamente per poi trascinarmi in camera di nuovo. – La tua borsa sta là, insieme ai tuoi vestiti – aggiunse indicando un angolo della camera, dove c’era veramente la mia borsa e il resto delle mie cose.
Mi avventai sulla borsa, presi il cellulare e imprecai vedendo tutte quelle chiamate perse da parte di mia madre e Jason! Se mi chiamava pure Jason allora era una cosa seria. Cercai di chiamarli ma non mi risposero e quindi capii che una volta tornata a casa mi avrebbero uccisa. Lasciai il cellulare a terra e mi presi la testa tra le mani, scioccata.
– Sembra che tu stia per avere un attacco di panico – se ne uscì Michael iniziando a ridere il più piano possibile. – Insomma, hai diciannove anni, in teoria potresti fare quello che vuoi!
– Diciotto – borbottai, perché avrei fatto diciannove anni tra un po’. Avevo iniziato il college subito dopo aver finito il liceo, ma ero nata a dicembre, quindi avevo ancora diciott’anni. – E mia madre dice sempre che, essendo ancora sotto il tetto di casa sua, non ho ancora il diritto di fare come mi pare. Quindi sì, mi uccideranno appena tornerò a casa.
– Uccideranno? Pensavo vivessi solo insieme a tua madre – borbottò lui aggrottando la fronte, confuso. Lo lasciai immerso nella sua confusione e mi alzai da terra, per poi entrare dentro il bagno e chiudermi dentro.
Mi guardai allo specchio e quasi mi venne un colpo. Avevo gli occhi rossi e un po’ gonfi, i capelli erano un groviglio di paglia e tutta la mia pelle tirava e sembrava essere ancora più pallida del giorno precedente. Scossi la testa e mi andai a fare la doccia, nonostante fossi abbastanza imbarazzata, visto che stavo nella doccia della camera di Michael e non avevo nemmeno chiesto il permesso a lui per farmela. Appena finii mi misi addosso un asciugamano un po’ troppo corto e aprii di poco la porta. – Michael? – lo chiamai.
– Dimmi – bofonchiò, sicuramente ancora a letto.
– Ecco… Mi potresti passare le mie cose? Tipo… emh… i vestiti – risposi, rossa fino alla punta delle orecchie. Lo sentii alzare dal letto, andare tranquillamente dall’altra parte della camera e poi mi passò la borsa. La guardai facendo spuntare solo la testa e mi resi conto che mi aveva solo passato la borsa, senza i vestiti e quelli che vedevo dentro erano… peli? Urlai e buttai a terra la borsa, quella non era la mia borsa! Lo sentii ridere come un matto. – Michael! – urlai. – Cos’era? Passami le mie cose!
– Cazzo, credo di amarti – esclamò lui continuando a ridere.
Rimasi in silenzio trattenendo il respiro. Chiusi la porta del bagno, mi misi bene l’asciugamano che mi copriva a malapena fino a metà coscia, e poi uscii dal bagno. Michael si stava tenendo la pancia per quanto stava ridendo, gli lanciai un’occhiataccia e abbassai lo sguardo verso quella che non era affatto una borsa, ma di certo non un animale morto… per fortuna. Andai a prendere le mie cose e rientrai dentro il bagno, mentre lui continuava a ridere. Mi misi la biancheria intima, i jenas e la maglietta corta senza mettermi sopra la camicia. Aprii la porta e per fortuna lui aveva smesso di ridere. Scossi la testa ridendo. – Cos’era quella cosa?
– Qualcuno l’ha lasciato ieri sera. Sembra tipo una sciarpa di pelliccia finta – rispose Michael ricominciando a ridere. – Se mi aspetti andiamo a fare colazione insieme agli altri – aggiunse prendendo dei jeans neri e una maglietta.
– Non ho tempo per fare colazione, mi dispiace – borbottai mettendomi le scarpe senza slacciarle. – E comunque molto probabilmente ci metteresti troppo a prepararti.
– Non sono mica una femmina! – esclamò lui girandosi verso di me con un espressione buffa.
– Ne sei sicuro? – chiesi io ridendo. Mi avvicinai di corsa a lui per prenderlo in giro. – Con questa pancetta poi sei così sexy! – esclamai ridendo e toccandogli la pancia. Ero così divertita che nemmeno facevo caso al fatto che stessi toccando di mia spontanea volontà Michael Clifford.
Mi fermò subito e mi afferrò i polsi ridendo insieme a me. – Lascia stare la mia pancia – mormorò con ancora un ghigno divertito in faccia.
Continuai a ridere per un po’, fino a quando non abbassò lo sguardo verso le mie labbra. A quel punto il mio cuore iniziò a martellarmi nel petto e le mani a sudare. Abbassai anch’io lo sguardo verso le sue, di labbra, e mi sentii quasi mancare. Eravamo così vicini… Lo sentii sospirare e il suo respiro batté sulle mie labbra, socchiusi gli occhi, troppo presa dal momento. – Emh – bofonchiai allontanandomi di scatto da lui, rossa in viso. – Devo proprio andare. – Mi allontanai da lui guardandolo per un po’, poi presi le mie cose e mi avventai fuori dalla camera, in preda al panico.
 
Appena entrai a casa ricevetti uno schiaffo. Fece veramente molto male. Chiusi gli occhi cercando di mantenere la calma, perché non erano ancora passate ventiquattro ore e potevo benissimo rinfacciarle tutto.
– Come ti è venuto in mente di non avvertirci? – tuonò mia madre. – Cos’hai in quella testa, eh? E dove sei stata?! Dove hai dormito? Perché di certo non da Jennifer, né qua. Dimmi quindi dove diavolo hai dormito!
– Mi sono scordata di avvertirvi – borbottai lanciandole un’occhiataccia. – Mi dispiace. Sono rimasta a dormire in hotel.
– E come hai pagato? – urlò ancora mia madre.
– Tesoro – iniziò Jason, capendomi dal modo in cui guardavo entrambi. – Tesoro, non credo abbia dormito in una stanza sua. Ma non fa niente, sono sicuro che uno dei ragazzi abbia dormito da qualche altra parte…
– Hai dormito in camera dei ragazzi? – urlò mia madre, scandalizzata. – Stavi da sola, mentre loro erano in quattro? Oh, mio Dio! Ma cos’hai in quella testa bacata, Amelia?!
– Dio, mamma, sono dei semplici ragazzi e non stavano tutti insieme, ho dormito solo insieme a Michael! – tuonai io. – Ho diciotto anni, per l’amor del cielo, lasciami in pace!
– Come ti permetti? – tuonò mia madre, dando uno schiaffo al braccio di Jason, che stava cercando di calmarla, inutilmente. Ogni tanto la chiamava per nome e sussurrava qualcosa, ma lei sembrava come sorda e stavo iniziando a diventarlo pur’io, visto che la voce di mia madre sembrava più una tromba che una voce normale.
Purtroppo non erano passate ventiquattro ore. – Io mi permetto! E sai perché? Perché tu, cara mamma, ti sei innamorata di un altro uomo mentre eri ancora sposata con papà! Io mi permetto, perché tu non l’hai sostenuto, l’hai visto crollare e non hai fatto niente! Mi permetto, perché io non sapevo un cazzo di quello che stava succedendo e l’ho dovuto scoprire nel peggiore dei modi! Mi permetto, perché non sono più una ragazzina, esattamente come non lo ero allora, e voi continuate a dimenticarlo! Mi permetto, perché in questo momento mi viene la nausea solo a guardavi! – tuonai.
Mia madre fece un passo indietro, bianca in faccia, e rimase in silenzio. Jason la prese, preoccupato, ma anche lui non aveva una bella c’era. Il problema era che tutto quello che avevo detto lo pensavo veramente, quindi sì, mi sentivo in colpa, ma finalmente avevo detto quello che pensavo. E una parte di me mi ringraziò di questo. Sapevo che mia madre stava ancora male per quello che era successo a papà, dopotutto era il suo ex marito, padre di sua figlia, ma non potevo trattenermi ancora, dovevo dirle quello che pensavo.
– Quando lui mi chiama – ringhiai – io non posso guardarvi per un giorno intero. Il solo pensiero di tornare in questa casa mi fa venire voglia di buttarmi da un ponte. Il solo pensiero di trovarvi qua dentro, mentre fate i piccioncini, mentre lui è là fuori che soffre… mi fa venire voglia di prendere le mie cose e non tornare mai più. Quindi sì, mamma, non ti ho chiamata, non ti ho mandato un messaggio, e sono qua. E, ti giuro che è veramente difficile per me esserci, quindi ti prego di stare zitta e lasciarmi passare.
Mia madre non si fece da parte, ma mi lasciò comunque andare in camera senza aggiungere niente. Prima di entrare mi girai per controllarla, ma lei continuava a guardare la porta, mentre Jason le accarezzava il braccio, pronto a consolarla. Capii che stava piangendo quando le sue spalle iniziarono a sussultare, e io mi sentii malissimo. Mi chiusi in camera per ore, con la musica sparata per non sentirli parlare o per non sentirla piangere. Jennifer cercò di chiamarmi un po’ di volte, ma io decisi semplicemente di non rispondere, sperando che capisse che non erano ancora passate ventiquattro ore. Poi mi chiamò un numero sconosciuto, che però riconobbi subito come il numero di Michael, ma non risposi nemmeno quella volta. Volevo solo rimanere in camera a piangermi addosso per tutte le disgrazie che aveva subito questa famiglia.
Mi misi a vedere puntate dopo puntate della serie televisiva “the 100” nonostante le avessi già viste tutte e presi la scorta di barrette al cioccolato sopra la mia scrivania.
Poco dopo sentii qualcuno citofonare alla porta, ma non gli diedi molta importanza, soprattutto perché Jason urlò alla porta che stava arrivando, quindi mi dissi che doveva essere per forza un suo amico. Mi rimisi quindi a guardare la mia nuova serie televisiva preferita, sognando un bel Bellamy pronto a salvarmi, ma fui catapultata nella realtà quando bussarono alla porta. – Amy, è per te – mormorò Jason aprendo un po’ la porta, non aveva smesso di guardarmi con amore e questo mi fece sentire un po’ meglio, ma non c’era traccia di mia madre. – Credo… credo sia uno di quella band.
– Come fai a dirlo? – chiesi mettendo da parte le barrette e alzandomi.
– Perché è strano – borbottò. – Ha questo piercing sul sopracciglio e dei capelli così neri che devono essere per forza tinti. – Spalancai gli occhi. – Ci scommettevo! È lui, vero? – chiese sorridendomi un’altra volta maliziosamente, annuii, e così si fece da parte per farmi passare.
Quando scesi il mio cuore si fermò per un po’, giusto il tempo per ricominciare a battere più veloce di prima. Michael mi stava sorridendo innocentemente, ma sapevo benissimo che non c’era niente d’innocente in quello sguardo, né in lui in generale. – Che ci fai qua? – chiesi a bassa voce avvicinandomi a lui. – Non dovevi venire.
– Bé, tu fai finta di non sentire il cellulare! – esclamò. – Cosa ti aspettavi? Non sono proprio il tipo che lascia perdere, anzi sono abbastanza arrabbiato con te per non avermi risposto, un’altra volta.
– Usciamo – mormorai indicandogli la porta. – Jason…
– Tesoro, chi è? – chiese mia madre entrando in salone.
 Abbassai subito lo sguardo e m’irrigidii spostando il più possibile Michael dietro la porta, che però non ne volle sapere. – Buonasera, io sono Michael Clifford – esclamò lui avvicinandosi a mia madre, che guardò prima me e poi lui. A quel punto strinse la sua mano, un po’ confusa. – Sua figlia mi ha parlato molto bene di lei. – Sicuramente stava trattenendo il commento sarcastico su Jason.
– Tu devi essere il ragazzo che ha ospitato mia figlia ieri sera – disse mia madre stringendogli la mano. – È un piacere conoscerti, Michael, e grazie per averla aiutata ieri sera. – Mi guardò per un po’ e si avvicinò a Jason, così io mi avvicinai a Michael, cercando di indirizzarlo verso la porta.
– Non c’è problema, anzi mi ha fatto piacere conoscere più affondo vostra figlia – esclamò lui sorridendo a mia madre. Però io abbassai lo sguardo. Conoscere più affondo? Oh Dio, mi avrebbero uccisa. – È molto chiacchierona quando vuole. Abbiamo parlato fino a sera. – Si girò e mi sorrise, il mio cuore fece un altro balzo e capii che non aveva intenzione di andarsene. – Poi si è addormentata, è semplicemente crollata e mi dispiaceva svegliarla, così l’ho lasciata dormire. Quindi è anche colpa mia se adesso è in punizione e mi dispiace.
– Non è in punizione – aggiunse mia madre aggrottando la fronte.
– Già, bé, Michael, immagino ci sia una ragione per questa tua improvvisa visita – m’intromisi io, già stufa della situazione. Ero imbarazzata, dopo tutto quello che avevo combinato ieri e quella mattina di certo non volevo vederlo proprio in quel momento. Doveva far passare un altro po’ di tempo o io sarei impazzita. Invece no, lui si era presentato direttamente a casa mia.
– Volevo solo dire ai tuoi genitori che in parte è stata anche colpa mia – rispose quindi Michael sorridendomi. – Stavo iniziando a sentirmi in colpa, in quella stanza.
– Vuoi cenare qua da noi, Michael? – chiese Jason, facendomi venire un colpo.
– Cosa? – chiesi io. Michael si girò verso di me e mi sorrise maliziosamente. Era questo il suo scopo. Voleva vedere cos’avesse la mia famiglia di anormale, era per questo che era venuto! Lui e la sua maledetta curiosità! Sentii la rabbia prendere il sopravvento. – Veramente forse non è meglio se andiamo a mangiare fuori? Sto iniziando a pensare che forse dovrei proprio raccontarti una cosa.
– Mi farebbe molto piacere, signore – rispose Michael a Jason facendo un sorrisone che tutti avrebbero scambiato per dolce… in realtà era quello peggiore. – Di cosa vuoi parlarmi, Amelia? – mi chiese poi, girandosi un po’ verso di me.
Cercai di ucciderlo solo con lo sguardo. – Vieni con me – ringhiai io prendendolo per mano e trascinandolo di sopra. – Lascio la porta aperta – dissi a mia madre, che però non mi guardò nemmeno e se ne andò in cucina. Jason mi guardò e cercò di sorridermi per tranquillizzarmi, ma infondo sapeva anche lui che era impossibile. – Che ci fai qua? – ringhiai accostando la porta.
– Ti ho detto. Odio quando fanno finta di non sentire il cellulare, così sono venuto qua – esclamò Michael sorridendomi maliziosamente. – Hai una bella famiglia. Tua madre è molto dolce e Jason sembra un tipo apposto.
– Non puoi presentarti a casa degli altri senza avvisare – esclamai alzando un po’ il tono di voce. – Magari non ti ho risposto perché avevo da fare. Magari non ti ho risposto perché non volevo sentirti! Non puoi fare come ti pare, Michael, perché questa casa è la mia ed è di me che stiamo parlando! – Feci un respiro profondo, perché stavano iniziando ad arrivare anche le lacrime. – Cosa volevi, eh? Volevi vedere la mia famiglia? Bé, l’hai vista, sei contento adesso?
– Cosa…?
– No! – urlai. – No, Michael, sta zitto! Non voglio nemmeno sentire la tua voce – ringhiai girandomi. Andai a spegnere il computer e mi sedetti sulla sedia, prendendomi la testa con le mani per cercare di calmarmi. Non poteva fare così. Non poteva fare come gli pareva a lui. Perché mi stava prendendo in giro in questo modo? – Tu non hai nessun diritto di presentarti qua quando ti fa più piacere e fare il carino con mia madre e Jason.
– Sai una cosa, Amelia? – chiese lui girando la sedia. – Non riesci proprio ad apprezzare niente, tu – sbottò lui. – Ti da fastidio quando faccio sesso con la tua amica, ma poi ti da fastidio anche quando provo ad avvicinarmi a te! Però poi se mi avvicino un’altra volta a Grace mi tieni il muso per un giorno intero, poi però fai finta di baciarmi! – Si avvicinò ancora di più a me posando le sue mani sui braccioli della sedia. – Mi dici che cazzo di problemi hai?
– Stai fuori dalle mie faccende di famiglia – ringhiai io avvicinandomi ancora di più a lui. – E sai qual è il mio problema? Sei tu. Perché si vede lontano un chilometro che mi stai prendendo per il culo. Scherzi con me, mi prendi un po’ in giro, poi vai da Grace perché tanto lo sai che io non sono quel tipo di persona, poi torni da me e ricominci a prendermi per il culo. Quanto durerà questa cosa? Fino a quando non te ne andrai? Perché non mi fai un favore e vai direttamente da Grace e ci rimani anche?
Scoppiò a ridere e si allontanò da me scompigliandosi un po’ i capelli. – Non sono qua per farti favori – disse guardandomi da lontano. – Ma non sono nemmeno qua per farmi trattare in questo modo.
Mi strinsi un po’ e abbassai lo sguardo, imbarazzata. – Voglio parlare con Luke – mormorai a bassa voce, perché fino a quel momento era l’unico che mi aveva dato l’idea di umano. Un qualcuno di cui mi potessi fidare, e volevo sentirlo mentre mi diceva quello che pensava su di me e Michael. E mi pentii di averlo detto ad alta voce, perché molto probabilmente Luke mi avrebbe presa per matta, ma non pensai minimamente al fatto che questo avrebbe ferito Michael, perché per me lui stava giocando e basta.
Rimase in silenzio e io credei veramente che non mi avesse sentito. – Perché non ci fai pure sesso con Luke, visto che ci stai? Puoi stare tranquilla, non mi presenterò più a casa tua, né farò altro, anzi cercherò di stare il più lontano possibile da te. Non me ne vado solo perché sono educato e rispetto i tuoi genitori. – Aprì la porta e se ne andò di sotto.
Scesi poco dopo di lui e per fortuna ci chiamarono per la cena. Ci fecero sedere accanto, ma lui ormai nemmeno mi guardava più negli occhi e cercava di non toccarmi nemmeno con il braccio. Mia madre e Jason cercavano di parlare del più e del meno, di quello che avevano visto telegiornale. – Allora, Michael – iniziò Jason, – per quanto rimarrete qua? Ci farebbe piacere invitarti almeno un’ultima volta a casa.
– Dovremmo stare qua un’altra settimana, tutto dipende da quello che vogliono fare gli altri – rispose Michael educatamente. – La vacanza dovrebbe durare più o meno un mese, ma la maggior parte di noi passeremo le ultime settimane a casa nostra, con i nostri genitori.
– Amelia era così felice d’incontrarvi – esclamò mia madre con un sorriso tirato. – Non è proprio da lei stare via tutto il giorno, eppure voi siete riusciti a farla smuovere. Questo è molto bello. Non è mai stata una ragazza iperattiva, sai? Era più tipa da libri e casa, ma da quando è successo quello che è successo è peggiorata.
– Siamo stati in pensiero per un bel po’ di tempo – ammise Jason. – Ma sapere che adesso siete riusciti a farla un po’ più felice ci rincuora molto. È sempre bello quando una ragazza speciale come lei trova un ragazzo che riesce a capirla senza giudicarla per gli sbagli dei genitori.
– Jason – ringhiai lanciandogli un’occhiata, Michael sembrava sempre più confuso. – Michael… non è il mio ragazzo e non… sa veramente tutto.
– Oh – mormorò mia madre abbassando lo sguardo. – Ti vergogni di quello che è successo? – mi chiese.
– Mamma – la ammonii io. – Non adesso.
– Va bene – mormorò sorridendomi. – Va bene, scusami. – Prese un respiro profondo e sorrise ancora di più a Michael. – Sei un ragazzo così particolare! – esclamò. – Deve essere molto difficile essere famosi e viaggiare per il mondo alla vostra età!
– Sì, lo è – rispose lui tra un boccone e l’altro. – La parte più difficile ovviamente è stare lontano dalla mia famiglia, ma ci sono anche cose positive in tutto questo. Viaggiare per il mondo è una cosa spettacolare, sapere che ci sono così tante persone in tutto il mondo che ci seguono mi fa sentire molto meglio. Ormai io e i ragazzi siamo molto attaccati, quindi la loro presenza aiuta molto, ma anche quella delle fans aiuta altrettanto.
– È così bello sentire queste parole – commentò mia madre sorridendogli. – Credo che tu non possa far altro che bene a mia figlia.
Mi schiarii la voce. – Mamma, ti ho già detto che Michael non è il mio ragazzo – borbottai. – Lui… lui veramente si sta sentendo con Grace, sai? Sono molto carini insieme. Grace sembra veramente cotta di lui, non gli stacca gli occhi di dosso.
– Che strano – esclamò Michael ridendo. – Non sapevo che mi stessi sentendo con Grace – finì guardandomi dritta negli occhi. – Ma grazie per avermelo detto. Adesso saprò sicuramente come comportarmi con entrambe.
– Michael – mormorai abbassando lo sguardo, imbarazzata.
– Posso chiedervi che lavoro fate? – chiese Michael facendo finta di niente. Continuava a sorridere in quel modo falso che mi faceva rivoltare lo stomaco dall’ansia. Poteva essere così freddo e cattivo allo stesso tempo che faceva quasi paura. Una parte di me odiava essere trattata in questo modo, ma l’altra lo stava ringraziando, perché almeno in quel modo riuscivo a capire che mi stava prendendo in giro, mentre quando mi sorrideva e faceva battutine come “credo di amarti” non riuscivo mai a capire se facesse sul serio o meno.
– Lavoriamo entrambi in banca, è là che ci siamo incontrati – rispose subito Jason. Mi guardò, un po’ rosso in faccia, e poi sorrise a Michael. Il mio stomaco invece sembrava non farcela più, così semplicemente spostai il piatto. – Non finisci, Amelia? – chiese poi, preoccupato. Scossi la testa, soprattutto perché avevo ancora lo stomaco in subbuglio per quello che avevo bevuto il giorno precedente. Ero sempre stata molto delicata di stomaco, quindi ogni volta che bevevo ne pagavo sempre le conseguenze.
– Sai, ho chiamato tuo padre poco prima dell’arrivo di Michael – mi avvisò mia madre, del tutto fredda.
Mi strozzai con la mia stessa saliva, iniziai a tossire senza fermarmi per un attimo, a quel punto presi il bicchiere d’acqua e iniziai a bere avidamente. Sentivo lo sguardo minaccioso di mia madre addosso, mentre Jason si ritrovò in una battaglia all’ultimo sangue tra mia madre e me. Il povero Michael aveva addirittura smesso di mangiare per cercare di capire la faccenda. – Mamma…
– Gli ho detto che non sei ancora pronta a parlare con lui, che non lo vuoi sentire visto che t’innervosisce, ma che quando sarai pronta lo chiamerai tu – finì lei.
Rimasi in silenzio a guardarla, ci furono delle battute non del tutto dette tra noi che però ci dicemmo in quei secondi di silenzio. – Tu sei semplicemente – ringhiai io – gelosa che possa volere più bene a lui che a te.
– Dimostraglielo allora – mormorò mia madre, più dura che mai.
Mi alzai completamente dalla sedia, Jason aveva le guance tutte rosse mentre mi guardava, Michael aveva la fronte aggrottata dalla palese confusione, mia madre invece rimase a guardarmi con la sua stessa espressione. – Michael, ti accompagno alla porta – mormorai io, il mio tono era un misto tra un ringhio e un avvertimento.
– No, Amy, per piacere… – iniziò Jason.
– Andiamo – ribattei prendendo di scatto la mano di Michael per farlo andare via. Stranamente fece quello che gli dissi e andammo. Chiusi la porta dietro di noi e feci un sospiro piuttosto tremante. – Mi dispiace cacciarti in questo modo, ma quando mia madre inizia a fare così… Preferisco che tu non assista a questa nostra discussione.
– Certo, lo capisco – borbottò lui prima di girarsi e andarsene.
– Mike – lo chiamai, quando ormai stava per entrare in macchina. Si fermò e così andai da lui camminando il più velocemente possibile. Lo abbracciai senza pensare alle conseguenze e lui, dopo alcuni attimi di shock, ricambiò l’abbraccio. – Mi dispiace averti trattato male prima – mormorai con il viso contro la sua maglietta, sperai che capisse quello che stavo dicendo. – Ma come puoi ben capire io e mia madre abbiamo litigato per… per quel ragazzo. E non mi guarda nemmeno più in faccia, quindi l’unica cosa che mi serviva sta sera era di ritrovarti in soggiorno. – Rimase in silenzio e mi allontanò un po’ troppo bruscamente. – Io…
– Amy – urlò Jason, in imbarazzo. – Tua madre ti vuole dentro.
Sussultai e annuii impercettibilmente. – Devo andare – sussurrai con la voce un po’ incrinata. Gli sorrisi dolcemente. – Solo… Credo che Grace tenga molto a te. Io non sono la ragazza giusta per questo gioco, Mike, ma lei forse lo è. Però non farla soffrire, ok? È pur sempre una tua fan.
– Non sono un animale, principessa – ringhiò lui. – Non la farò  soffrire.
Annuii, un po’ gelosa, e sorrisi ancora di più. – È stato bello incontrarti, Michael – gli dissi, sincera. – Non sei come mi aspettavo, ma non sei nemmeno peggiore di quello che mi ero immaginata. Bé, non tanto almeno – scherzai e vidi la sua mascella farsi un po’ più calcata. – Magari potrei comprare i biglietti del concerto che farete qua. Mi farebbe piacere ascoltare un’altra volta le vostre voci. – Sospirai. – Mi farebbe stare molto meglio sentirvi cantare.
– Devo andare – borbottò lui entrando in macchina. Lo salutai con la mano e poi partì, senza nemmeno guardarmi.
Quando entrai in casa trovai mia madre là davanti. – Tuo padre non era a conoscenza del fatto che una sua chiamata potesse influenzarti così tanto – iniziò lei. – Così per ora non ti chiamerà più. Quando sarai pronta, sarai tu a farlo. – Ci fu un momento di silenzio, sicuramente perché pensava che sarei scoppiata un’altra volta, ma non feci niente. – Amelia, non è colpa di nessuno se tuo padre è crollato. Né mia, né di Jason. E non voglio mai più sentire una frase del genere provenire da te, sono stata chiara?
Scossi la testa con le lacrime agli occhi. – Credo proprio che me ne andrò.
Mia madre sussultò, ma poi ritornò alla sua fredda maschera. – Vuoi andartene da qua? E come pensi di farcela? Continuerai a stare in camera di quel ragazzo e poi quando se ne andrà come farai?
– Veramente pensavo più ai dormitori del college – le risposi io.
Mia madre rimase in silenzio per un po’, annuendo. – Tu.. – iniziò, fremendo dalla rabbia. – Tu non hai capito un cazzo! – tuonò facendomi sussultare. – Tuo padre ha preso la sua decisione, ci ha lasciate qua da sole e ora lo stai veramente proteggendo?! Stavi veramente facendo tutto questo per andarmi contro?! Sai, stupida che non sei altro, non sapevo niente nemmeno io! – Fece un passo verso di me, ma Jason la fermò con tale brutalità che la fece sussultare. – Non sei in una posizione favorevole, non puoi semplicemente dare la colpa a me perché così è più facile andare avanti, Amelia – ringhiò lei.
– Tu eri sua moglie! – tuonai piangendo a dirotto. – Avresti dovuto aiutarlo! Avresti dovuto farlo parlare!
– Ha escluso anche me, Amelia! – gridò lei. – Non sei stata l’unica a essere stata cacciata! Non parlava più nemmeno con me! Non parlare, se non sai le cose. Pensi davvero che io non ci sia stata male? Era mio marito, porca di quella puttana! C’ho fatto una figlia insieme, c’ho vissuto per anni e anni, abbiamo avuto una magnifica storia d’amore… e secondo te è semplicemente colpa mia?! Quando una persona si chiude in sé stessa e non ha intenzione di parlarti, allora come fai? Come puoi fare? Lo preghi di parlarti, lo preghi più e più volte… E poi?
– Di certo non saresti dovuta andare dal tuo amante – gridai rabbiosamente io.
Ricevetti prima uno schiaffo e poi mi spinse con così tanta foga che indietreggiai e, inciampando sui miei stessi piedi, cadetti a terra prendendo in pieno con la schiena il mobile dietro di me. Jason spalancò gli occhi e mia madre sussultò. Entrambe stavamo piangendo, ma non m’interessava, avevo ancora il mio orgoglio. Mi alzai, presi le chiavi della mia macchina e me ne andai.

Angolo Autrice:
Buonasera a tutti! Questo capitolo è veramente amaro... mi dispiace far litigare la madre di Amelia con lei, ma sono cose che purtroppo in un contesto del genere devono accadere. Purtroppo, quando si hanno problemi in famiglia è inevitabile litigare e Amelia si era trattenuta troppo... non poteva far altro che scoppiare.
Vi chiedo come sempre di recensire per farmi sapere cosa ne pensate, mi scuro per eventuali errori e vi ringrazio per aver letto anche questo capitolo.
Un bacio e al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 6
*** Sorpresa! ***


Capitolo 5
Sorpresa!
 
Bussai più volte alla porta della casa di Jennifer, che condivideva con Cher e Grace, sentii delle risate ma non me ne andai. Mi aprì Jennifer e il suo sorriso scomparve. – Amy, che succede? – chiese a bassa voce. Io non risposi, l’abbracciai e basta. Continuavo a piangere da ore, mi facevano male gli occhi e la fronte e avevo un mal di testa cronico. – Vieni, entra – mormorò prendendomi per mano. Ci avviammo verso il piccolo salone e tutte le risate cessarono. Diventai rossa come la parete del loro soggiorno quando vidi tutti i ragazzi là, insieme a Cher e Grace. – Ragazzi…
– Amelia – mi chiamò Luke alzandosi. – Non pensavamo che venissi.
– Devo solo andare a dormire – mormorai senza guardarlo. Non guardavo nessuno. Sapevo già di dover andare a dormire in camera di Jennifer, così m’incamminai. – Per favore, continuate – aggiunsi prima di chiudermi dentro la camera. Mi sedetti sul letto e mi tolsi i vestiti per andarmi a fare una doccia, che durò più o meno un’ora. Quando mi misi il pigiama che Jennifer mi aveva preparato sul letto mi sdraiai a letto, distrutta, ed ero pronta a dormire, quando qualcuno bussò alla porta.
Quando si aprì e vidi Luke il mio cuore pensò veramente di non farcela. Ero così destabilizzata che avrei potuto urlare al mondo intero i problemi che aveva quella famiglia dove mi ero ritrovata. – Ehi, posso stare un po’ qua con te? – mi chiese ed io non potei non annuire. Si sedette sul letto, proprio accanto a me. – Mike mi ha detto che avete discusso. È per questo che stai così?
– No – risposi io asciugandomi le lacrime. – No, mi dispiace per la lite con Michael, ma non è per questo che sono qua. Ho… ho litigato con mia madre e così ho preferito andarmene. – Chiusi gli occhi per cercare di riprendermi. Erano successe così tante cose in poche ore che ancora non riuscivo a ricordarmene tutte. – Tu sai perché abbiamo litigato, io e lui, vero? – chiesi alzando lo sguardo su di lui, che annuì. – Sta solo giocando con me, vero? – chiesi ancora, e questa volta abbassò lo sguardo, ferendomi ancora di più. – Lo so, tranquillo. Lo so già. È per questo che abbiamo litigato. Forse lui pensa che io non l’abbia capito, non veramente, ma non sono così stupida.
– Perché stai così allora? – chiese Luke, palesemente a disagio, dopotutto stavamo parlando del suo migliore amico.
– Te l’ho detto…
– Sì, ma perché hai litigato con tua madre? – chiese Luke insistentemente. – Non voglio farmi gli affari tuoi, Amelia, ma a me sembra proprio che tu abbia bisogno di qualcuno con cui sfogarti, qualcun altro oltre a Jennifer. Stavi in prima fila al nostro concerto – mi guardò intensamente, – pensi veramente che non abbiamo fatto caso al modo in cui te ne sei andata? – Abbassai lo sguardo, imbarazzata. – Quindi… chi è che ti ha chiamato? Tuo padre? Cosa gli è successo?
Mi sedetti e mi misi proprio davanti a lui. – Non mi va molto di parlane.
– Dovresti farlo invece – ribatté lui, sicuro si sé stesso. – Ti farebbe sentire meglio, credimi. Anche se non ti va di parlarne non significa che non ti farebbe bene lo stesso. Io so che ti fidi di me, lo vedo da come mi guardi, riesco a vedere la differenza. E posso dirti che non direi mai a nessuno quello che ti è successo, nemmeno ai miei migliori amici, perché so che qualunque cosa sia è fin troppo importante per te. Immagino lo sappia solo Jennifer.
Feci un respiro profondo. – Me l’hanno portato via – mormorai.
– Sì, Michael mi ha detto che ieri sera continuavi a ripetere questa cosa, ma non ha un minimo di senso – rispose Luke continuando a fissarmi. – Iniziamo con un qualcosa di più facile, ok? Perché tu e tua madre avete litigato?
– Perché ha detto a mio padre che non mi può più chiamare – risposi io con le lacrime agli occhi. – Quando lui mi chiama… tutto quello che posso fare è rovinarmi. – Risi amaramente. – Ho la mia regola: ventiquattro ore per rovinarmi, poi ricomincio ad essere quella di sempre. Ma in quelle ore non posso tornare a casa, non posso sentire la sua voce, non posso vederli, non posso… pensare, perché se lo facessi allora significherebbe che tutto questo sta succedendo davvero.
– Cosa sta succedendo? – mormorò lui prendendomi la mano e stringendola un po’.
– Mio padre… – Feci un respiro profondo. – Mio padre è stato arrestato, un anno e mezzo fa. – Tutto il corpo di Luke s’irrigidì, mentre io iniziavo a piangere. – L’hanno arrestato davanti ai miei occhi. Stavamo solo io e lui a casa e hanno citofonato, mi hanno detto che stavano cercando mio padre… e quando lui è venuto si sono fiondati su di lui e me l’hanno portato via.
– Oh, Amy…
– E ora sta in prigione – mormorai piangendo. – E non posso andare da lui. Non posso guardarlo negli occhi, non posso farlo sapendo che è stata tutta colpa sua. La mia adolescenza è scomparsa dal momento in cui mi sono messa ad urlare che non riuscivo a capire niente, mentre lui continuava a dirmi di chiamare la mamma. E io non ho avuto un momento disponibile per piangermi addosso, sono dovuta entrare in casa e ho dovuto chiamare mia madre. E subito dopo ho dovuto prendere la macchina e correre dalla polizia, mentre mia madre mi raggiungeva…
– Vieni qua – bisbigliò lui facendomi avvicinare a lui, mi abbracciò e rimanemmo così per molto tempo. – Lo so che è difficile, ma si sistemerà tutto. Tuo padre uscirà di prigione, chiarirai con tua madre e troverai un ragazzo che riuscirà ad apprezzarti veramente per quello che sei. Magari non subito, ma prima o poi si aggiusterà tutto, e quando succederà tu mi dovrai chiamare solo per farmelo sapere.
– È passato un anno e mezzo… Come può aggiustarsi tutto? – chiesi io.
– Non lo so, ma c’è quella cosa che rende la vita di una persona vivibile ed è l’equilibrio degli avvenimenti. Se ci sono cose brutte, puoi scommettere che ci saranno anche cose belle; se invece ci sono solo cose neutre non potrai mai aspettarti più di quello. Ma devi riuscire a trovare la forza per trovarle, quelle cose belle, Amelia.
Mi addormentai poco dopo, tra le sue braccia, e mi sentii così protetta e in pace con me stessa che non mi sentii molto in imbarazzo quando mi svegliai con la testa sul suo petto, mentre lui dormiva con una mano sul suo petto e l’altra sulla mia spalla per stringermi ancora a lui.
 Mi svegliai solo quando sentii delle risate, a quel punto aprii gli occhi e vidi Ashton, Calum, Cher, Jennifer, Michael e Grace davanti la porta mentre sghignazzavano. A quel punto si svegliò anche Luke, che borbottò ai ragazzi di lasciarci stare, mentre io mi mettevo seduta e mi sfregavo gli occhi con le mani come una bambina di cinque anni.
– Ma quanto siete carini – ci prese in giro Ashton sorridendoci maliziosamente.
– Piccioncini, mi servirebbe il letto – ci avvisò Jennifer ridendo un po’.
Luke sbadigliò e si alzò dal letto con gli occhi socchiusi a causa della stanchezza. Poi si ricordò di me, si girò e mi diede un bacio sulla fronte. – Vuoi venire con me o preferisci rimanere qua? – mi chiese guardandomi dritta negli occhi.
– No, preferisco rimanere qua – risposi io. – Non vorrei mai mettermi alla prova stando a letto con te – aggiunsi io scherzando per alleggerire un po’ la situazione. Si mise a ridere e si girò verso i ragazzi, per poi tornare in salone. Tutti gli altri lo raggiunsero e solo in quel momento mi ricordai che tra i ragazzi c’era anche Michael. Spalancai gli occhi e rimasi ferma per un bel po’.  Poi mi alzai e andai in salone, dove le ragazze li stavano salutando.
– Aspettate! – esclamò Cher, si girò verso di me e mi sorrise dolcemente. – Stavo pensando di staccare un po’ la spina – iniziò lei guardandoli. – Quindi ho pensato: perché non andare alla casa al lago dei miei genitori? Glie l’ho chiesto e loro mi hanno risposto di sì. E c’ho pensato un altro po’ e sono arrivata alla conclusione che potreste venire anche voi!
Rimasi in silenzio mentre i ragazzi annuivano, sorridendo, poi alzai lo sguardo su Michael, che stava sorridendo a Grace. Sentii uno strano movimento dentro il mio stomaco, che sperai di riuscire a ignorare. Michael stava giocando con lei e lei stava giocando con lui. O forse no? Era strano vedere Grace sorridere al ragazzo con cui era già andata a letto, forse per lei stava diventando un qualcosa di più di un semplice gioco e nonostante avessi detto a Michael di lasciarmi stare, mi ritrovai a pensare a come avremmo fatto se ci fossimo messi insieme, più in là. Solo a quel punto spostò lo sguardo su di me e il suo sorriso vacillò un po’, sussultai e smisi di fissarlo, rossa in faccia.
– Certo, va bene – esclamò Ashton, sorridendo.
Merda, ero spacciata.
 
Il giorno dopo tornai a casa, imbarazzata, e appena chiusi la porta qualcuno corse da me. Mia madre si fermò posando una mano sul petto. – Oh, grazie a Dio! – esclamò.
– Veramente grazie a Cher – borbottai lasciando le chiavi di casa sul mobile vicino la porta principale di casa. – Sono qua…
– Mi dispiace così tanto! – m’interruppe mia madre. – Ho cercato di chiamarti tante volte, ma non mi hai mai risposto. Mi dispiace davvero molto, Amelia, non avrei dovuto alzare le mani in quel modo e quando sei caduta a terra… Stai bene?
– Sono qua solo per prendere alcune cose, parto per un paio di giorni – borbottai io, ancora più in imbarazzo. Avevo evitato di mia spontanea volontà tutte le chiamate da parte di mia madre o Jason. Mia madre non era mai stata una donna che puniva fisicamente, a lei era sempre bastato uno sguardo, e vederla in quello stato, la sera precedente, mi aveva quasi spaventata. Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere da lei, soprattutto la spinta. Avevo ancora la schiena dolorante per la botta che avevo preso e molto probabilmente avevo anche un grande livido.
Mia madre sbiancò. – Cosa? Perché? Dove vai?
– Vado alla casa al lago dei genitori di Cher, ho bisogno di staccare un po’ – mormorai passandole accanto. Salii di sopra e presi più vestiti di quelli che in realtà mi sarebbero serviti per pochi giorni, agguantai altre cose come quelle per il bagno e me ne andai mormorando un – ciao – a cui non ricevetti nessuna risposta. Mia madre era delusa, scioccata e arrabbiata, ma non riuscì a fare niente se non restare ferma a guardarmi mentre me ne andavo.
Entrai nella jeep di Cher e tutti rimanemmo zitti per un po’, sapevo che i ragazzi volevano veramente capirci qualcosa, ma sapevo anche che riuscivano a non chiedermi niente, nonostante fosse difficile. L’unico che sapeva tutto era Luke, che ogni tanto si girava verso di me e mi sorrideva. Quello che non mi rivolgeva più la parola invece era Michael, ma non sembrava arrabbiato, solo completamente indifferente, il ché forse era peggio. Non mi guardava più in faccia e quando lo faceva mi sorrideva falsamente.
Rimasi in silenzio per tutto il viaggio, erano tutti eccitati e devo dire che lo ero anch’io, ma mi sentivo anche in colpa per quello che era successo con mia madre. La sua espressione quando me n’ero andata senza nemmeno farle spiegare mi era rimasta impressa coma mai prima d’ora.
Appena arrivammo scendemmo e prendemmo le nostre cose dal bagagliaio, le ragazze corsero dentro la casa ridendo mentre io rimasi ancora un po’ per prendere le varie borse che avevo. Afferrai l’ultimo bagaglio e presi in pieno la persona che stava dietro di me, che sussultò; mi girai, già rossa in viso. – Oh, mio Dio, scusa! – esclamai quando mi resi conto che si trattava di Michael. – Ti ho fatto male?
– No, è stata come una carezza – mi prese in giro Michael.
Alzai gli occhi al cielo ed entrai in casa. I genitori di Cher erano benestanti, più o meno come noi, ma invece di spendere soldi in cose come vestiti, avevano deciso di comprare case, così da essere sempre liberi di partire. Era una bellissima idea, ma quando glie l’avevo proposta a mia madre mi aveva risposto che io non sarei mai riuscita a non comprare vestiti per un intero anno o non andare dal parrucchiere almeno una volta al mese. Purtroppo avevo dovuto darle ragione. La casa inoltre era bella grande, molto di più della casa dove abitavano durante l’inverno.
– Allora, ci sono quattro camere – iniziò Cher indicando le scale di legno scuro. Tutta la casa sembrava fatta di legno, ovviamente non era così ma l’idea che volevano dare era quella. Era bellissima. A parte quel cervo attaccato sul muro, sopra il camino. – Potete dormire come volete, basta che non fate sesso da qualche parte… Vorrei non avere pensieri assolutamente negativi per me quando tornerò qua. Se proprio non riuscite a contenervi allora mettete i vostri asciugamani sotto di voi. – Fece un finto colpo di tosse e disse contemporaneamente: – Grace e Michael.
Tutti scoppiarono a ridere, io mi limitai a sorridere; guardai Grace e sentii uno strana emozione, ero forse invidiosa? Sì. Lei non dava peso a niente, non si faceva problemi, quello che voleva lo prendeva senza tante scenate, e se voleva poteva veramente fare sul serio con Michael. Lo vedevo dalla sua espressione quando lo guardava, stava pensando di fare sul serio con lui.
– E ho una piccola sorpresa per te, Amelia – aggiunse poi Cher sorridendomi ancora di più. La guardai e scoppiai a ridere, imbarazzata ed eccitata. – Ora! – urlò quindi, e una porta si spalancò dal piano di sopra, poi dei passi si fecero sempre più vicini, fino a quando non alzai lo sguardo e…
– Oh, cazzo – mormorai guardandolo con gli occhi spalancati.

Angolo Autrice:
Ed ecco scoperto il segreto di Amelia! Purtroppo sono cose che succedono e non la sto affatto minimizzando. Ogni persona ha un proprio modo di affrontare queste cose e questa è la reazione di Amelia. Non credo sia sbagliata e non la trovo esagerata, ma se avete qualcosa da dire a riguardo vi prego di farmelo sapere: ne discuteremo insieme e arriveremo a una conclusione.
Soltanto io amo Luke? Devo dire che me lo immagino esattamente così! E voi, come ve lo immaginate? Che mi dite invece dell'idea di Cher? E chi è la persona che ha fatto la sorpresa ad Amelia?
Mi scuso per eventuali errori e vi chiedo come sempre di lasciarmi una piccola recensione per farmi sapere i vostri pareri.
Un bacio e al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 7
*** Chiarimenti ***


Capitolo 6
Chiarimenti
 
Rimasi ferma a guardarlo, Cher continuava a saltellare pensando di avermi fatto un regalo magnifico, Jennifer era così pallida che sarebbe potuta svenire da un momento all’altro, Grace aveva un sorriso malefico, lui invece… lui era bellissimo come sempre, con quel suo sorriso malizioso e quegli occhi che brillavano.
– Ciao, piccola – mormorò Finn sorridendomi.
Guardai prima Jennifer, poi Cher, infine scoppiai a ridere. – Finn! – esclamai andando da lui per poi abbracciarlo. Io e Finn c’eravamo lasciati in un modo abbastanza brutale e sapevo benissimo che c’era stato molto male. L’avevo lasciato una settimana dopo che avevano preso mio padre, senza spiegargli niente, gli avevo semplicemente detto che non provavo più niente per lui, che volevo stare da sola e che lui era troppo opprimente. Ovviamente c’eravamo rivisti, perché dopotutto era stato il mio primo ragazzo serio, con il quale avevo passato quattro mesi stupendi, senza non vederlo per più di un giorno. Ero molto imbarazzata quindi, perché il modo in cui mi guardava e mi sorrideva mi fece capire che era là per ricominciare con me.  E io non volevo.
– Andiamo a fare un bagno? – chiese Calum guardandoci, tutti urlarono e così si tolsero i vestiti e corsero fuori. A quanto pareva si erano già preparati prima di partire, visto che avevano già il costume sotto.
Rimasi con Finn, lo guardai un po’ rendendomi conto che era cambiato, era un po’ cresciuto. Non si era fatto particolarmente bello, ma nemmeno brutto, era un ragazzo d’oro e aveva un carattere fantastico. Ma la prima cosa che mi aveva colpita in lui erano stati i suoi occhi color nocciola. Sorrisi e lo abbracciai un’altra volta, perché dopotutto era Finn ed io ero ancora Amelia… bé, forse non proprio, ma volevo crederci.
Quando mi sorrise maliziosamente e alzò e abbassò velocemente le sopracciglia, capii che mi avrebbe buttata in acqua con tutti i vestiti, così iniziai a correre verso il lago e intanto mi toglievo prima la maglietta e poi i jeans, cadendo a terra. Mi girai e lo vidi correre e ridere, così mi alzai e corsi ancora, fino a quando non mi tuffai nel lago gelato.
Tutti risero e applaudirono, mentre io iniziavo a tremare, poco dopo Finn mi posò una mano sulla testa e mi forzò ad andare sott’acqua. Quando riemersi lo spinsi ridendo. – Coglione – borbottai continuando a ridere. Uscii dal lago quasi subito, anche perché Grace e Michael stavano appiccicati e non volevo finire a fare qualche orgia. Sorrisi a Luke, che era impegnato a schizzare Cher e Jennifer, e poi mi sdraiai su una sdraio. Mi misi a pancia in giù e mi slacciai il pezzo di sopra del costume per non avere il segno. Ero un po’ imbarazzata a farlo davanti ai ragazzi, ma decisi di smetterla di farmi tutti questi problemi.
Mi addormentai per un po’, completamente rilassata, sentendo le risate dei ragazzi, di Jennifer, di Grace, di Cher e di Finn. Ogni tanto mi svegliavo e li sentivo, mi facevano rilassare ancora di più, mi facevano sentire bene e questo mi portava a riaddormentarmi.
Mi svegliai a causa delle urla, che in quel momento non erano proprio di mio godimento. Feci per riallacciarmi il costume quando sentii le dita gelide di qualcuno farlo al posto mio, sussultai e mi girai tenendo il costume per non farlo cadere. Spalancai gli occhi quando incontrai quelli verdi di Michael. – Buongiorno, principessa – esclamò sorridendomi. – Hai dormito abbastanza?
– Io.. Io ho dormito male ieri sera – borbottai, rossa in viso.
– Troppo impegnata a pensare al tuo piccolo? – chiese lui indicando con il mento Finn, che stava ridendo mentre guardava Cher. – Pensavo aveste litigato. Cosa mi sono perso? – Sembrava semplicemente curioso, non geloso, e questa cosa mi deluse un po’.
– Non ho litigato con lui, Michael – borbottai guardando Finn, che se ne accorse e mi sorrise. Alzai una mano per salutarlo e accennai un sorriso. – No, lui è… il mio ex ragazzo. In realtà è stato il primo ragazzo con cui ho fatto sul serio.
– Quindi perché stavi così male ieri sera? – chiese Michael continuando a guardarmi, così spostai lo sguardo su di lui. – Quando stavi con Luke. Singhiozzavi un sacco. Una normale litigata con una madre non avrebbe mai fatto piangere nessuno in quel modo.
Scrollai le spalle. – Non puoi saperlo questo – borbottai abbassando lo sguardo.
– Sì, invece – ribatté Michael con decisione. – E tu devi darmi una spiegazione su quel livido dietro la schiena. Ti giuro, Amelia, che se non lo fai vado a cercare informazioni dappertutto.
Sussultai e spalancai gli occhi. – Che livido? – chiesi.
– Quello sulla schiena, non fare finta di niente – esclamò lui.
Sussultai un’altra volta. A quanto pareva avevo veramente un livido. Chiusi gli occhi e ispirai forte. – Senti, non è come credi, ok? Non… non mi hanno fatto male.
– Oh, ma non mi dire! – esclamò Michael ironicamente. – E io che pensavo che i lividi fossero sinonimi di carezze!
– Michael, non t’immischiare, ok? – ringhiai io guardandolo dritto negli occhi. – Mia madre o Jason non mi farebbero mai del male. Quel livido è stato… un errore. Mia madre non mi metterebbe mai le mani addosso – dissi io. – Non t’immischiare. Ne abbiamo già parlato.
– Luke continua a ripetermi che devi dirmelo tu – borbottò Michael abbassando lo sguardo, arrabbiato. – Che lui non me lo può dire. – Alzò lo sguardo su di me e mi sentii morire, era veramente arrabbiato adesso. – Perché con lui ti sei aperta e con me non l’hai fatto? – chiese lui a voce così bassa che quasi non lo sentii. – Per caso è lui quello che ami? Perché posso capirlo, posso accettarlo, dopotutto io e Grace…
– Michael, ma che stai dicendo?! – sbottai io. – No, non amo Luke! È solo che mi fido di lui, mi sembra un bravissimo ragazzo e così… non lo so, è successo e basta. Mi ha spinto a parlare con lui, ma non perché era una cosa che voleva sapere lui, ma perché pensava che mi avrebbe fatta stare meglio. – Scossi la testa. – E non è lo stesso con te. Tu vuoi sapere la mia storia perché sei curioso, perché in qualche modo io t’incuriosisco.
– E non ti sei mai chiesta perché? – chiese lui alzandosi, mi lanciò un’occhiataccia e poi tornò in acqua dagli altri.
Rimasi a guardarlo mentre sorrideva a Grace, si abbassava e faceva le bollicine sott’acqua; mentre faceva il morto a galla, chiudeva gli occhi e rimaneva così per molto tempo e sembrava giusto darmi il tempo di osservarlo meglio. Era così bello. Ma non di quella bellezza perfetta. Era bello di quella bellezza che lo guardavi e pensavi che magari poteva avere qualche difetto qua e là, ma che quei suoi pregi erano così belli che eclissavano completamente i suoi difetti. E più andavi avanti e più i difetti sembravano trasformarsi in pregi, in qualche strano modo.
– Amelia – mi chiamò Cher facendomi sussultare. Era quasi dentro casa. – Mi vieni ad aiutare un attimo, per favore? – mi chiese, e così mi alzai e andai da lei senza pensarci troppo. Andammo in cucina e lei mi passò del pane e degli affettati, quindi capii che voleva fare dei panini per tutti. – Sai, pensavo di averti fatto un favore invitando Finn – iniziò lei. – Non sono cieca, vedo come guardi Michael e mi dispiace vederti in questo stato.
– Oh, non è vero… – iniziai io, arrossendo.
– Sì, invece – mi fermò lei sorridendomi. – Non te ne faccio una colpa, Amelia. Dopotutto tu sei venuta con noi, quella sera, solo per lui, no? – chiese guardandomi, mentre io facevo finta di essere concentrata a fare panini. – So che è così, come so che ti piace davvero tanto. E mi dispiace che Grace sia stata così irrispettosa nei tuoi confronti, ma voglio che tu sappia che non l’ha fatto con cattiveria. È solo un po’… bambina, e a volte non si rende conto di quello che le succede accanto.
– Cher, non c’è bisogno, sul serio – borbottai io continuando a fare panini. – Non ce l’ho con Grace, né ho intenzione di fregarle il ragazzo, quindi…
– Grace non lo vuole veramente, Amelia – esclamò lei fermandosi un’altra volta. – Per quello che la riguarda potresti veramente averlo, solo che in questo momento non lo vuole ammettere, perché dopotutto lui è Michael Clifford e pensa di essere in una favoletta. Ma a lei non piace come piace a te e questo mi rattrista molto.
– Non devi – continuai io facendo spallucce – Nemmeno lui prova qualcosa per me, quindi non ti devi preoccupare.
– Il fatto è che per me non è così! – esclamò lei mettendo una volta per tutte da parte i panini. – Non sei l’unica a guardarlo, lo fa anche lui. E sì, sembra scherzarci a volte, ma lo fa proprio quando lo beccano a fissarti. Che mi dici di tutte quelle altre volte che nessuno sembra accorgersene? – chiese lei guardandomi dritta negli occhi. – Magari non prova le stesse cose che tu provi per lui, ma una persona non guarda un’altra persona nel modo in cui fa lui con te.
–  Mi stai veramente dicendo che gli piaccio? – chiesi io ridendo. – Ne ho parlato anche con Luke e lui lo conosce molto meglio di noi. Anche secondo lui mi sta solo prendendo in giro.
– Forse mi sto sbagliando, non lo so – continuò lei. – Ed è per questo che ho invitato Finn. Pensavo veramente che ti avrebbe fatto bene, di certo sarebbe stato meglio di un qualche sconosciuto, no? – Mi sorrise dolcemente e prese i panini che avevo preparato. – Cerca di divertirti e basta, Amelia. E se Finn può aiutarti a dimenticare almeno parzialmente Michael allora lascialo fare. – A quel punto se ne andò, lasciandomi ancora più confusa.
Tornai fuori a passo lento, non guardai nessuno e mi sedetti sulla sedia accanto a quella di Finn, ma quando posai un po’ troppo bruscamente la schiena sullo schienale sentii il livido. Sussultai e sbattei le gambe sotto il tavolo. – Ahi –  borbottai toccandomi prima il livido e poi le ginocchia. – Merda – gracchiai, di nuovo rossa, perché sapevo che avevo attirato l’attenzione.
– Tutto ok? – chiese Luke aggrottando la fronte.
– Sì, sì, scusate – risposi io sorridendogli. Guardai Cher, che mi guardava e mi sorrideva, poi guardai Luke, che sembrava confuso e infine guardai Michael, che stava togliendo un qualcosa dai capelli scuri di Grace. Non riuscivo a capirlo. Cosa voleva dire con quel “e non ti sei mai chiesta il perché?”? Certo che me l’ero chiesta ed ero arrivata alla conclusione che la mia famiglia lo incuriosiva, voleva scoprire cosa fosse successo a mio padre. Eppure sembrava essersi veramente arrabbiato prima. – Michael – lo chiamai. Si girò verso di me e mi guardò con indifferenza. – Hai veramente intenzione di tenere questo colore di capelli per molto?
Posò le braccia sul tavolo e mi guardò, divertito. – In realtà sì, perché? Non ti piace?
– Non esattamente – risposi sorridendogli. – Non prendertela, ok? Però mi sembra che ti sbatti un po’, è troppo scuro per la tua carnagione.
– E da quando ti reputi una parrucchiera professionista? – mi attaccò lui guardandomi male.
Rimasi in silenzio e abbassai lo sguardo, in imbarazzo, ma quando sentii la mano di Finn sulla mia coscia cercai di non sussultare un’altra volta, così spalancai gli occhi e basta. Abbassai lo sguardo sulla sua mano e arrossii ancora di più. Cher se n’era accorta e stava sorridendo ancora di più. – Amico, calmati, ok? Stava solo scherzando – s’intromise Finn sorridendo a Michael, che rimase in silenzio a guardarlo non proprio bene.
– A me piacevi un sacco con i capelli rossi – esclamò Grace sorridendogli per cercare di alleggerire un po’ la situazione. – Stai bene anche così eh, però con quei capelli rossi eri veramente, veramente perfetto.
Alzai gli occhi al cielo, misi le gambe davanti al petto e così Finn levò la sua mano, ma non prima di avermi guardato per cercare di capire cos’avessi. Ovviamente avevo un qualcosa, ma lui non poteva saperlo.
 
Scesi e andai verso la cucina per prendermi un bicchiere d’acqua. Era assurdo come facesse caldo, in più continuavo a grattarmi a causa di tutte quelle zanzare che mi stavano prosciugando ed ero così nervosa che non riuscivo a dormire nemmeno alle tre di notte.
– Sai, le principesse dovrebbero dormire la notte – disse Michael facendomi sussultare. Mi girai verso di lui e posai una mano sul cuore, che aveva preso a battere all’impazzata. – Non si possono vedere le principesse con le occhiaie.
– Sta zitto, Michael – ringhiai io continuando ad andare in cucina per prendere un bicchiere d’acqua gelata. Ne bevvi tre, poi però, non ancora soddisfatta, mi presi un cucchiaio di nutella, a quel punto mi sentii meglio e così ritornai in salone, dove Michael mi stava ancora guardando. – Cosa vuoi? – sbottai alzando le mani al cielo. – Non mi guardare.
– Sto cercando di capire se c’è qualcosa di diverso in te – ribatté lui continuando a fissarmi, mentre io non sapevo se andarmene o sedermi là davanti a lui per farmi fissare un altro po’.
– Cosa ci dovrebbe essere di diverso in me? – ringhiai girandomi verso di lui, ma non mi sedetti sul divano, mi ci appoggiai solo. – E perché?
– Sai, dicono che quando le ragazze perdono la propria innocenza cambino in qualche modo – rispose lui sorridendomi, sapendo che mi avrebbe fatto imbarazzare.
Sapevo perché stava dicendo una cosa del genere: Finn ed io eravamo nella stessa stanza, per ora ero riuscita a starci abbastanza lontana, ma dopotutto c’era un letto matrimoniale e l’unica cosa che potevamo fare era quella di condividerlo. Se fosse stato per me lui avrebbe dovuto dormire da qualche altra parte (divano, per terra, cose così insomma) ma a quanto pareva lui non aveva capito niente. Ecco un altro motivo per cui mi ero ritrovata a girovagare per la casa di Cher. – Non ero vergine nemmeno sta mattina, Michael – mentii..
Feci per andarmene quando aggiunse: –  Aspetta, Amelia. Vieni qua. – E così andai da lui, mi posizionai proprio davanti a lui. – Siediti – mi ordinò, lo ascoltai e mi sedetti proprio accanto a lui. Mi sorrise facendo fare un balzo al mio cuore, poi avvicinò la sua mano e mi venne d’avvicinarmi a lui, ma non lo feci; a quel punto mi toccò l’angolo della bocca con il suo pollice e mi pulì da qualcosa… oh, la nutella! – Non vorrai mica tornare nella camera con il tuo piccolo in questo stato.
Arrossii violentemente. – Non è il mio piccolo e sta dormendo – risposi io. – A te invece è andata proprio male, eh? Tu e Grace state nella stessa camera, ma c’è Luke con voi – sogghignai io. – A quanto pare avete bisogno di un baby-sitter.
– A quanto pare la regola del non fare sesso in casa di Cher  non riguarda solo te e Finn.
– O magari perché sa che io e lui non faremmo niente – borbottai io, soprappensiero, ma stavo mentendo, visto che quella mattina stessa era stata proprio lei a dirmi che l’aveva portato apposta. In qualche modo quindi era venuta a sapere della mia quasi scappatella con Alex.
Michael scoppiò a ridere. – Sì, e Finn è venuto qua solo per parlare e giocare a sasso carta e forbici con te – ribatté lui alzando gli occhi al cielo. – Le sue intenzioni sono ovvie, principessa. Le tue non altrettanto. Perché non gli dici semplicemente che tu non provi la stessa cosa per lui?
Sbuffai. – È complicato, Michael – borbottai abbassando lo sguardo. – Non voglio che soffra ancora a causa mia.
– E quindi lo lasci in quella camera ad aspettarti? – chiese lui aggrottando le sopracciglia e facendo quella smorfia che io adoravo. – Credi veramente che in questo modo non lo farai soffrire? È peggio, fidati, perché non se ne andrà mai in questo modo. Devi… devi lasciarlo andare.
Scossi la testa. – Non posso farlo soffrire un’altra volta – mormorai. – Tu non capisci…
– No, è vero, non ti capisco affatto – confermò lui continuando a fissarmi. – C’ho provato. Giuro che c’ho provato, ma proprio non ci riesco. – Sorrisi, quasi soddisfatta. – Ma c’è un’altra cosa che non capisco. Tu mi hai detto che il ragazzo con cui hai litigato non è Finn. Chi è questo ragazzo? Non credi che Finn dovrebbe sapere della sua esistenza? Dopotutto, state praticamente insieme, tu e questo misterioso ragazzo.
Alzai gli occhi al cielo. – No, non ci sto insieme, quindi non c’è niente da dire a Finn – risposi io. M’imbarazzava trasformare mio padre in un ragazzo qualunque, eppure ormai la cosa era fatta e di certo non potevo dirgli la verità. – Io e quel ragazzo… Ho deciso che lo chiamerò quando sarò pronta, per ora lo lascio stare.
– E lo farai? – chiese lui. – Lo chiamerai?
Feci spallucce. – No, non credo… Non adesso, almeno – borbottai io sospirando. – Il fatto è che dal momento in cui mi fa quell’effetto così negativo allora forse è meglio lasciarlo stare per un po’. So che così facendo gli farò del male, ma glielo farei ancora di più se lo chiamassi e subito dopo mi ritrovassi a letto con un tipo che nemmeno conosco. Lo conosco, e lui si sentirebbe fin troppo responsabile.
– Perché non ti viene a trovare? – chiese lui facendo spallucce. – Tutto questo non ha senso. Perché non viene da te e non fa il bravo ragazzo?
– Perché non può, ok? – sbottai io alzandomi dal divano. – Non dargli la colpa. Non farlo, intesi? Non è colpa sua se non può. Me l’hanno portato via e non può più muoversi, quindi non può venirmi a trovare. Non può! E mi chiama pochissime volte perché in realtà sa quanto mi destabilizza.
– Ma allora perché non andare avanti? – chiese Michael, più confuso.
– Perché non è così facile! – quasi urlai. – Non è facile, non lo è e lo sapresti se solo sapessi tutta la storia. Ma non la sai e di certo non la saprai questa sera.
– Perché mi aggredisci ogni volta che cerco di capire qualcosa di te? – esplose lui alzandosi e posizionandosi esattamente davanti a me.
– E tu perché mi hai praticamente menato sta mattina quando ti ho detto che stai male con i capelli neri? – chiesi io alzando le sopracciglia e incrociando le braccia, ora ero pronta a sapere la verità e di certo non l’avrei lasciato andare così facilmente.
Fece una mezza risata. – Hai iniziato un discorso sui miei capelli! – esclamò lui. – Che significato aveva? E soprattutto con accanto Finn!
– Finn non c’entrava niente! – ribattei io alzando le mani al cielo. – Volevo solo cercare di capire fino a quando ti saresti tenuto questo colore! Non c’era un doppio fine, Michael, perché pensi sempre male?
– Perché tu sembri essere il doppio fine in persona! – urlò lui. Rimanemmo zitti per un po’, aspettando che gli altri iniziassero ad urlarci contro di tornare a dormire, ma non si mosse nessuno e non ci dissero proprio niente. – Vieni al pub, fai la sbadata e poi, quando sto ballando con te, te ne vai; mi tratti male e poi flirti con me; mi cacci via di casa e poi rimani appiccicata a Luke… Quel ragazzo può pure destabilizzarti, ma non ho mai conosciuto una ragazza che mi destabilizza più di te! Dio santo, Amelia! Che cazzo c’entrava il mio colore dei capelli?
– Te l’ho detto, era solo una mia curiosità! – esclamai io. – E non ti ho mai fatto intendere di volere un qualcosa di più, hai fatto tutto da solo – borbottai io abbassando lo sguardo. Era ovvio che volessi qualcosa di più da lui, dopotutto il mio cuore che sembrava volermi uscire dalla bocca ogni volta che era nei paragi era la prova che provavo qualcosa di troppo per lui, ma avevo sempre cercato di fargli pensare il contrario.
– Bé, non sono affari tuoi! – ringhiò lui. – Potrei benissimo tenere i capelli neri a vita e questo non dovrebbe interessarti.
– Va bene, scusa allora – borbottai io, ormai stanca della discussione. Feci per andarmene quando mi fermò un’altra volta, ed ero così dispiaciuta e arrabbiata che sarei potuta scoppiargli a piangere in faccia da un momento all’altro.
– No! Ora non puoi fare quella faccia! – disse lui, sembrava come esasperato. – Non puoi fare quella faccia dispiaciuta, con quella smorfia che ti fa sembrare un cuccioletto in cerca d’aiuto, ok?
– Oh, Dio, Michael – borbottai io mettendomi indietro i capelli, esasperata quanto lui. – Si può sapere cosa ti ho fatto per meritarmi una cosa del genere?
– Oh, intendi che cosa hai fatto per meritarti questa maledetta attrazione che provo verso di te? – esclamò lui, sembrava molto offeso e soprattutto triste.
Rimasi di stucco a guardarlo, con la bocca spalancata e gli occhi che mi pregavano di chiudersi. Non poteva averlo detto veramente. Non poteva aver detto… attrazione? Cos’era l’attrazione? Voglio dire, uno è attratto di una persona quando… Oh, ma perché ero così carente nelle conoscenze maschili?! – Tu… – Mi fermai perché sentii le lacrime arrivare. Scoppiai a ridere e gli diedi le spalle, perché stavo provando così tante emozioni che non riuscivo nasconderle. – Quindi cosa vuoi? Fare sesso con me fino a quando non ti sarai stancato anche di me? Non ti è bastata Grace?
– Cosa? – chiese lui aggrottando la fronte. – Grace e te siete due cose completamente diverse!
– Sì, certo! – ribattei io. – Scommetto che le hai detto la stessa identica cosa. – Mi avvicinai a lui fino a quando non fummo abbastanza vicini da poter sentire i respiri sbattere sul viso dell’altro. – Ti rendi conto che ci stai mettendo l’una con l’altra?
– Grace sta solo giocando con me – ringhiò lui avvicinandosi un altro po’. – Io non voglio giocare, non con te.
– Ne abbiamo già parlato, Michael, io non ci casco – dissi io alzando gli occhi al cielo.
Provai ad andarmene per la terza volta ma questa volta mi prese il braccio e mi tirò a lui. L’aria mi uscii dai polmoni in un modo non del tutto naturale, mentre lui posava la sua fronte sulla mia e passava le sue mani prima su tutte le braccia fino ad arrivare ai fianchi. Ero completamente immobile, non riuscivo a muovere un muscolo, lo fissavo mentre era con gli occhi chiusi e con un’espressione fin troppo seria. Avevo la pelle d’oca, ma non volevo assolutamente allontanarmi da lui. Fece un respiro profondo e mi strinse a lui, chiusi gli occhi mentre il suo naso toccava il mio, e sapevo che le labbra sarebbero state le prossime. Infatti poco dopo sentii le sue labbra sfiorare le mie, posai le mie mani nei suoi capelli e sentii subito la loro secchezza dovuta alle continue decolorazioni e tinte. Sentii il soffice tocco delle sue labbra che sfioravano per pochi secondi le mie ed ero pronta a portare quella cosa a un vero bacio, ma non me lo permise.
 Si distaccò da me e così fui costretta ad aprire gli occhi, quando lo vidi il mio cuore fu molto, ma molto più pesante. Stava sorridendo maliziosamente.  Aveva di nuovo quello sguardo divertito, come se mi stesse prendendo in giro un’altra volta.
Capii quindi che dovevo giocare anch’io. – Come pensavo, i tuoi capelli sono molto rovinati – aggiunsi quindi. Andai verso il divano e mi ci sedetti, lo guardai mentre mi guardava un po’ confuso. – Bé, che fai? Non vieni?
Mi sorrise e venne da me, si sedette e iniziammo a parlare del più e del meno, fino ad arrivare a conversazioni più serie come la sua famiglia, la scuola e le vecchie cotte. Mi ci trovai fin troppo bene a parlare, ogni tanto mi faceva ridere e questo rendeva la situazione ancora più perfetta. Era intelligente, veramente intelligente. Lo guardai senza mai smettere, anche quando chiuse gli occhi dicendo che gli bruciavano e si addormentò così. Gli tolsi alcune ciocche di capelli neri che cadevano proprio davanti gli occhi e mi avvicinai un po’ a lui, lo guardai da più vicino e mi resi conto che mi piaceva fin troppo.
Mi addormentai anch’io, così lentamente che nemmeno me ne accorsi.

Angolo Autrice:
Ciao a tutti! Questa è la prima serata a casa di Cher e a quanto pare i nostri cari Michael e Amelia la stanno utilizzando per conoscersi un pò di più. Che ne pensate di Finn? E di Cher?
Non smetterò mai di chiedervi di farmi sapere cosa pensate di questo capitolo con una recensione e mi dispiace assillarvi in questo modo ahahah. Mi scuso per eventuali errori.
Un bacio e al prossimo capitolo.

   

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Capitolo 8
*** Leggera ***


Capitolo 7
Leggera
 
Sentii subito che qualcosa non andava, ma non riuscivo bene a comprendere la situazione. Più aprivo gli occhi e più capivo che non ero tornata in camera e che la mia testa era posata sulle gambe di Michael. Mi misi subito seduta e guardai Michael, che stava guardando davanti a lui, così feci lo stesso e sussultai trovando tutti là, Finn compreso.
- Credo sia ora di andare in bagno – borbottò Michael alzandosi e andando a passo svelto di sopra. Sicuramente per non parlare con Grace, che sembrava abbastanza arrabbiata.
Ma mai come Finn. Mi continuava a fulminare con lo sguardo con una smorfia disgustata, scosse la testa e andò verso la porta d’ingresso. – No, Finn! – esclamai io raggiungendolo appena fuori la porta, che chiusi per non farmi sentire. – Mi dispiace, Finn – mormorai stringendo la sua mano per non farlo andare via.
– E per cosa? – chiese lui ridendo. – Per aver preferito dormire in un divano con quel punk che con me o per avermi ignorato da quando sono arrivato? – chiese ed era evidente il tono di scherno. Feci per rispondere quando lui mi precedette. – E non so nemmeno perché pensavo di cambiare qualcosa venendo qua! Dopotutto tu non mi hai più detto niente, sei sparita e non mi hai nemmeno più mandato un messaggio per chiedermi notizie. Te ne sei fregata, non mi hai mai mandato un messaggio per chiedermi uno schifoso “come stai?”!
– Finn…
– E tutto questo perché? – tuonò lui alzando le mani al cielo. – Non credi che meritassi almeno una schifosa spiegazione?! Invece no, ho dovuto saperlo da persone che a malapena conoscevo!
– Che… che stai dicendo? – chiesi io abbassando il tono di voce, perché non c’era stato un vero e proprio motivo. Semplicemente volevo stare da sola e pensare solo a mio padre. La prima cosa che mi venne in mente fu che gli avevano detto che l’avevo tradito con un altro, o che mi ero messa con un altro.
– Tu mi hai lasciato per colpa di tuo padre – ringhiò lui, era così arrabbiato che quasi mi spaventava. – Ti rendi conto?! Per tuo padre! Che cazzo c’entravo io? Potevo aiutarti! E invece no, hai preferito stare tutti i giorni chiusa dentro casa e aspettare che uscisse di galera, ma indovina? Non lo farà, perché è colpevole.
Spalancai gli occhi, ero così accecata dalla rabbia che non riuscivo nemmeno a parlare. – Tu… tu non sai un cazzo! – tuonai io spingendolo. – Non osare parlare in questo modo di lui! – continuai ad urlare, lo spinsi più volte fino a quando non riuscii più a contenermi e gli detti uno schiaffo.
Fece un passo verso di me, nero dalla rabbia, e io ne feci uno indietro. – Sai che non riesco a vederci più quando meni come una ragazza, Amelia – ringhiò lui.
– E allora tu fatti gli affari tuoi, Finn – urlai io avvicinandomi a lui. – Quello che è successo a mio padre non sono affari tuoi e ti giuro che se vengo a sapere che hai chiesto di lui…
– Sai che cazzo me ne frega di quel perdente! – rise lui.
Sentii il sangue ruggire dentro di me, non riuscivo più a vedere bene a causa della rabbia, vedevo a puntini e questo non andava bene. Alzai il pugno e lo presi in pieno, fece alcuni passi indietro, scioccato, e poi mi fissò. – Adesso non meno più come una ragazza, vero? – ringhiai io. – Tu prova a nominarlo un’altra volta e io…
Finn venne da me, furioso, e si fermò a pochi millimetri dal mio viso. Fece per parlare quando Luke lo fece al suo posto. – Ehi! – esclamò Luke avvicinandosi. – Che sta succedendo qua?
– Finn? – lo chiamò Cher con la voce un po’ tremante.
– Amico, allontanati – lo intimò Luke spingendolo un po’. Finn si allontanò continuando a guardarmi dritta negli occhi e poi se ne andò entrando nella macchina e partendo a razzo. Rimasi ferma a guardare la macchina per un bel po’, non riuscivo a muovermi, avevo i muscoli così rigidi che mi sembrava di essere una roccia. – Amelia, stai bene? – chiese Luke posando una mano sulla mia spalla.
– Sì, sì, sto bene – ringhiai io asciugandomi il sudore delle mani sui jeans cercando di non farmi vedere. – Scusate, non volevo urlare in quel modo – mormorai guardando i ragazzi. Non potevo credere di aver appena fatto una figura del genere, esattamente come non potevo credere di aver tirato uno schiaffo e un pugno a Finn.
– Cosa diavolo è successo? – esclamò Jennifer avvicinandosi a me.
– Sapeva di lui – mormorai guardandola. – Ha iniziato a dire che sarebbe rimasto per sempre là, che era colpevole, che… che è un perdente.
– Figlio di puttana – ringhiò Jennifer guardando la strada. – Non posso crederci. Non è da Finn!
– Già – sussurrai prima di tornare dentro per andare a bere un po’ d’acqua, continuavo a tremare ma sapevo che era solo l’adrenalina e che tra un po’ avrei smesso. La mia mano invece continuava a pulsare, era abbastanza rossa a causa dello schiaffo e aveva una piccola spaccatura su una nocca, ma a parte tutto quello stavo bene. Posai il bicchiere e feci un respiro profondo.
– Mi dispiace – iniziò Michael entrando in cucina facendomi sussultare. – Non pensavo si sarebbe arrabbiato in questo modo – borbottò girandosi verso la finestra. – Un tantino esagerato, quel ragazzo. Dovrebbe andare a fare l’attore, il dramma lo potrebbe fare veramente molto bene.
Sospirai. – Non era veramente arrabbiato per questo – bofonchiai. – Era già arrabbiato con me, questa è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. – Feci spallucce cercando di non fargli capire che in realtà ci stavo male.
– E per cosa? – chiese Michael. – Per cosa era così arrabbiato?
– Per come l’ho lasciato – risposi io scrollando le spalle. – Non sono stata molto matura. Anzi in realtà sono stata una vera e propria stronza con lui, è per questo non immaginavo di trovarlo qua. Era più di un anno che non lo sentivo.
Rimase in silenzio a guardarmi per un po’ e capii che aveva sentito fin troppo della conversazione che avevo avuto là fuori, stava solo aspettando che gli dicessi la verità, anche se in realtà magari già la sapeva. – Sai, ho pensato un po’ a quello che mi hai detto ieri sera – iniziò e io m’irrigidii subito. – Mi hai detto che non può più muoversi – borbottò avvicinandosi un po’. – Non può muoversi anche se vorrebbe farlo, giusto? – chiese, ma non aspettò una risposta. – Quindi le cose sono due: o è costretto a rimanere a casa a causa di una malattia o un incidente, o è dentro per qualche reato.
Sussultai e abbassai subito lo sguardo. – Devo chiamare Finn – mormorai andando verso la porta per scappare da lui. Come poteva aver già capito? Cosa potevo dirgli? “Oh, guarda in realtà non ho un ragazzo ma hai ragione quando dici che è stato arrestato per aver commesso un reato. Però è mio padre, dettaglio irrilevante, ovviamente.” Già, no.
Ovviamente però non poteva lasciarmi andare, doveva capire la storia per bene. Così me lo ritrovai davanti e ci andai a sbattere. – Dimmi cos’è che ti ha fatto stare così male quella sera, Amelia. Dimmi cos’è questa cosa che ti spinge a rovinarti.
Chiusi gli occhi per non guardare quel suo viso che trovavo perfetto. E sì, anche perché non volevo ammettere a me stessa che stesse succedendo veramente. Avevo intenzione di dirglielo, ma solo se ci fosse stato qualcosa di più tra di noi. Non doveva accadere così presto. – Ti ho già detto che non ti devi immischiare, Michael. Perché devi fare così? Perché non puoi semplicemente lasciar perdere? Tutti abbiamo dei segreti che non vogliamo dire, perché devi per forza scoprire i miei?
– Perché il tuo è un cazzo di segreto di stato – esclamò lui. – Sta in galera, vero? Ti ha rovinata, è tutta colpa sua perché è colpevole, vero? Ti ha rovinata perché ora sei la ragazza innamorata di un tizio che sta in galera e che forse ci rimarrà per anni e anni.
Rimasi in silenzio con le mani che ricominciavano a sudare, lo guardai male, perché semplicemente in quel momento volevo ucciderlo. – Devo chiamare Finn – ringhiai io uscendo dalla cucina. Corsi di sopra e mi chiusi a chiave in camera. In realtà non sapevo se chiamare Finn o no,  non se lo meritava più di tanto, ma nemmeno io mi meritavo una seconda chance, eppure lui ieri me l’aveva concessa. Così lo chiamai, più e più volte, fino a quando non si decise a rispondermi.
– Quando una persona ti attacca la prima, la seconda e anche la terza volta in teoria uno dovrebbe capire che è meglio lasciar stare, perché tu invece non sembri così intelligente da cogliere il messaggio? – sbottò subito Finn ringhiando.
– Oh, l’ho captato, semplicemente non l’ho colto in pieno – esclamai io. – Senti, Finn, mi dispiace averti tirato quel cazzotto, ok? Però tu… non avevi nessun diritto di screditarlo in questo modo.
Ci fu silenzio per un po’ fino a quando non sentii un sospiro. – Hai ragione, Amy, non avrei dovuto parlare in quel modo di tuo padre. L’ho conosciuto, è stato molto gentile con me e non si merita questo, ero solo molto arrabbiato e mi dispiace. Mi scuso per questo. – Il suo tono mi fece capire che era veramente dispiaciuto per aver parlato male di mio padre, ma non di aver trattato male me.
– La gente fa finta di non saperlo – mormorai io. – Ma tutti i vostri genitori leggono i giornali e i due giorni dopo i notiziari non facevano altro che parlarne, quindi me lo sarei dovuta aspettare. – Aspettai una risposta, che però non arrivò. – Mi dispiace anche a me, Finn. Non avrei dovuto trattarti in quel modo, ma stavo passando un periodo orribile e non volevo sentire nessuno, né stare con qualcuno. Avrei dovuto darti una spiegazione, hai ragione, ma il solo pensiero di ammettere che… Non ce la potevo fare. Il mio  mondo si era appena sgretolato, Finn.
Rimase in silenzio per un altro po’, poi però ribatté: – Non avresti dovuto escludermi in quel modo. Sono stato male anch’io, sai? Ma no, certo che non lo sai, perché per te ormai non esistevo più. Un anno buttato al cesso.
– Sarai sempre il mio primo ragazzo, Finn – mormorai io con la voce rauca a causa dello sforzo di non piangere. – Lo sarai sempre. Mi ricorderò sempre di te. Solo… non credo che ci potrà mai essere qualcos’altro tra di noi oltre l’amicizia.
Finn rise. – Amicizia? Non prendiamoci per il culo, Amelia. Tra noi è finita e non rimarremo amici.
Mi morsi il labbro, imbarazzata. In effetti quella che avevo detto era veramente una balla.  Io e Finn non ce l’avremo mai fatta a essere solo amici, non dopo tutto quello che era successo tra noi. In realtà volevo solo addolcire la pillola: mi dispiace, non ti amo più e dovresti andare avanti, dopotutto è passato un anno e mezzo. Detta così però era veramente cattiva.
– Senti – iniziò Finn, stanco. – Mi dispiace per come mi sono comportato con te prima, sai che non sono un tipo manesco, mi conosci, ma adesso è meglio ritornare a non parlarci, ok? Hai ragione, devo andare avanti, e tu vuoi stare con il punk. Ok, va bene, lo accetto, ma adesso io attaccherò e non ci sentiremo più, va bene?
Se mi andava bene? Che razza di domanda era? Eppure dovevamo essere realisti. – Va bene, però non voglio stare con il punk, che oltretutto si chiama Michael – borbottai.
Finn rise. – Sì, certo, e io sono Madonna – mi prese in giro lui. – Si vede lontano un chilometro che ti piace, Amelia. Amare? Forse ancora no, ma ci stai arrivando e fossi in te starei attenta – aggiunse prima di attaccare. Ovviamente voleva chiudere in bellezza, facendo il figo della situazione, però facendo in questo modo mi lasciò con un grande vuoto nello stomaco. Stare attenta? L’aveva capito persino lui che in realtà Michael non stava facendo sul serio con me.
 
– Ok! – esclamò Cher sedendosi per ultima per terra, completando il cerchio che abbiamo formato per iniziare a fare una serie di giochi stupidi. – Niente gioco della bottiglia, troppo scontato – iniziò prendendo una bottiglia di vino e posandola al centro del cerchio. – Io direi d’iniziare con quel gioco dove una persona disegna una cosa che ha in mente e gli altri devono capire di cosa si tratta.
Erano veramente in pochi a voler giocare, io non facevo parte di quei pochi. Alla mia sinistra c’era Jennifer, che sorrideva a Cher, ma alla mia destra c’era Michael, che si era messo accanto a me solo per darmi un po’ fastidio. Sapeva benissimo che la sua presenza mi faceva un certo effetto, che era tra il negativo e il positivo. Ancora dovevo decidere.
Iniziò prima Luke, che continuava a ridere mentre disegnava un qualcosa che non aveva senso. Tutti guardammo il disegno, senza capirlo, non si capiva proprio niente! Così dovette andare avanti, ma non lo finì nemmeno quella volta e lo girò verso di noi per farci vedere.
– Umh... un pene? – provò Cher, facendo ridere tutti quanti.
– No! – esclamò Luke ridendo più di tutti. – Dai, non è così difficile!
– Lo è, se sei un pessimo artista – ribatté Ashton ridendo. Guardò il disegno per un po’ con la fronte aggrottata, ogni tanto si tratteneva dal ridere e gli spuntavano le fossette. – Però ha ragione Cher: sembra un po’ un pene.
– Ma come fate a vedere un pene?! – chiese Luke, esasperato. – Michael? Aiutami, per favore! Non sembra un pene! Sei intelligente, no? Bé, forse è ora di dimostrarlo una volta per tutte!
Risi. – Oh, la vedo dura – borbottai lanciando un’occhiata d’intesa a Luke, che m’indicò ridendo e annuendo, facendomi capire che avevo fatto centro. – Comunque non so… una bottiglia?
– Mi deludi, Amelia! – disse Luke facendo una smorfia disgustata. – Dove la vedi la bottiglia?! Dai, non è ancora finito. Fatemi continuare…
– Oh, oh! – esclamò Calum alzandosi da terra indicando il disegno, dove Luke aveva aggiunto poche linee che non mi fecero capire niente. – Un cane!
– Esatto! – urlò Luke applaudendo a Calum. Buttò l’album da disegno da una parte e gli diede il cinque. – Per fortuna non sono l’unico intelligente dentro questa casa. – Indicò il corpo piuttosto lungo del cane. – Vedete? È un bassotto! Lungo, con il muso un po’ allungato…
– Luke, quello non è affatto un muso! – lo fermò Michael indicando il disegno. – Che razza di muso è quello?! Quel povero cane deve aver sofferto molto nella vita!
Gli diedi una spallata. – Dai, non è così brutto!
– Hai ragione, non è brutto… è orribile! – ribatté Michael ridendo. – Che hai al posto degli occhi, principessa? Quello non è un cane! Ha barato, voleva solo vincere. Secondo me Calum e lui si sono messi d’accordo.
– Oh, ma per piacere! – enfatizzò Calum facendo una smorfia. Prese l’album da disegno dalle mani di Luke e iniziò a disegnare anche lui. Nemmeno lui era molto bravo a disegnare, ma Jennifer riuscì a capire che quella cosa strana era un ananas e ovviamente ricominciammo a lamentarci dicendo che quella non poteva essere un ananas, ovviamente però era un discorso a vuoto, perché ormai la cosa era fatta e Jennifer aveva capito l’incomprensibile. Così toccò a Jennifer disegnare e questa volta fui io a capire e urlai – Nicki Minaj – appena fece il suo didietro. Jennifer era fissata con Nicki Minaj, quindi non mi stupì molto come cosa. A quel punto presi io la matita e il foglio e rimasi a pensare un po’ a cosa disegnare. Anch’io come tutti gli altri facevo schifo a disegnare, inoltre non mi veniva proprio niente, così decisi d’iniziare a disegnare un gatto. Iniziai dalla coda solo per non farglielo capire.
– Un serpente? – la buttò lì Grace facendo spallucce e toccando distrattamente la gamba di Michael, che continuava a guardare il disegno con le sopracciglia aggrottate.
Scossi la testa e ricominciai a disegnare, fino a fare tutto il busto del gatto, continuai poi con le zampe e Michael lo indicò. – Aspetta, è un animale! – esclamò appena iniziai la prima zampetta. Si avvicinò al disegno e poi mi lanciò un’occhiata divertita, che molto probabilmente era identica alla mia, visto che mi divertiva un sacco vederlo tutto concentrato.
– Un gatto – indovinò Luke poco prima che Michael aprisse la bocca. Annuii e così lui lanciò un urlo ridendo. – Sì! – esclamò dandomi il cinque. Risi e gli detti il blocco con la matita. – No, io ho già fatto. Ora tocca a… Grace! – disse dando il blocco a Grace, che disegnò un cammello  e fu Ashton a indovinarlo, così prese lui l’album da disegno e fece una specie di porcospino e lo intuì Michael. Così Ashton diede il blocco a Michael, che sorrise, soddisfatto, e iniziò a disegnare.
Aggrottai la fronte e mi avvicinai di pochi millimetri per guardare il disegno, ogni tanto ero costretta dai miei occhi a guardare Michael, che era una cosa stupenda quando cercava di concentrarsi per fare un disegno che non gli stava venendo per niente bene. Quando però vidi gli occhi della maschera esclamai: – Spiderman!
Michael smise di disegnare per guardarmi male. – Non ho nemmeno iniziato! – borbottò scuotendo la testa. In realtà era vero, aveva solo fatto gli occhi, ma ero riuscita subito a ricordarmi che gli piaceva Spiderman, quindi appena avevo visto quello strano triangolo avevo subito fatto il collegamento. – Non si può giocare con te, principessa – aggiunse poi passandomi il blocco, che presi per darlo a Cher, che era l’unica che non aveva ancora disegnato.
Non riuscii a concentrarmi quando Cher iniziò a disegnare, a causa di Michael, che continuava a guardarmi in silenzio. Quando ogni tanto mi concedevo di girare la testa per guardarlo e chiedergli silenziosamente spiegazioni, lui mi sorrideva e alzava le sopracciglia. Così ad un certo punto capii che non potevo fare niente, se non rimanere in silenzio a godermi il suo sguardo fisso sulla mia faccia. Anche Grace se ne accorse, ma non fece niente, nemmeno quando la guardai.
Poco dopo qualcuno riuscì a capire il disegno di Cher e così si decisero a mettere da parte quel gioco e iniziarono a proporre cose su cose. Ovviamente la maggior parte di loro voleva uscire, ma io non me la sentivo e meno stavo con Michael e meglio era. Sapevo benissimo che per lui l’argomento non era finito là. – Voi andate, io vi aspetto qua – dissi quindi.
– Già, non mi va tanto nemmeno a me – aggiunse poi Michael. – Credo proprio che rimarrò qua anch’io.
Appunto, pensai. Lo guardai male, sapevo benissimo che voleva riprendere il discorso di prima e non potevo permetterlo. Grace inoltre stava iniziando a perdere la pazienza, così prese Michael e lo portò un po’ lontano, ma non abbastanza da non farsi sentire da me. Gli disse che la loro era un amicizia un po’ diversa, un po’ speciale, ma che se proprio doveva essere così sfacciato con me allora lei non ci sarebbe più stata. Michael rimase in silenzio per un po’poi  le chiese se ci stesse male e lei gli rispose di no. A quel punto uno se ne andò da una parte e una dall’altra. Mi sentii molto più leggera e allo stesso tempo più pesante, perché ora che Grace l’aveva lasciato andare c’ero solo io.
Sentii lo sguardo di Michael addosso mentre veniva verso di me, tutti gli altri se n’erano andati ed eravamo rimasti solo noi due. C’era una strana aria, sapevo che aveva intenzione di fare qualcosa, ma non sapevo bene cosa. Ero tutta rigida, così provai ad alzarmi ma persi l’equilibrio e cadetti a terra. Michael fece una mezza risata e quando gli lanciai un’occhiataccia cercò di smetterla, ma era più forte di lui. – Già, esattamente, Michael Clifford! – esclamai. – Ho un equilibrio e una goffaggine che rende la mia vita un inferno e tu ridi di questo. – Sbuffai alzando gli occhi al cielo, sorridendo un po’. – Che brutta persona che sei. – A quel punto mi alzai e lo guardai, mentre continuava a ridacchiare guardandomi. Capii che se fossi rimasta un altro po’ là sarei caduta ai suoi piedi e quel briciolo di sentimento che mancava sarebbe andato al suo posto e io mi sarei trovata del tutto spacciata; così me ne andai in camera mia, ormai senza Finn.
Rimasi là per un po’, continuando a mangiucchiarmi le unghie, ogni tanto guardavo la borsa, dove c’era ancora quel mio vecchio pacchetto di sigarette. Mi alzai di scatto, presi il pacchetto e andai giù, in salone, pronta a buttare una volta per tutte quel maledetto pacchetto che stava diventando la mia maledizione, ma mi fermai sentendo una chitarra. Scesi l’ultimo gradino e notai Michael, intento a suonare la chitarra sul divano, con gli occhi chiusi, mentre canticchiava una canzone che non conoscevo.
– Oh, guarda un po’ chi c’è! – esclamò Michael mettendo da parte la chitarra, mi sorrise e m’indicò con il mento. – Ed io che pensavo che saresti rimasta chiusa là dentro per sempre. Cosa c’è, ti faccio paura? – chiese e sembrò quasi triste.
– No, certo che no – risposi andando verso di lui, mi sedetti sul divano, lasciando un po’ di spazio tra di noi. – Ma non volevo…
– Non volevi stare da sola con me – finì Michael al posto mio facendo spallucce. – Molto probabilmente pensavi che fossi rimasto qua solo per cercare d’ingannarti un altro po’, vero? – chiese ridendo.
Mi sentii in imbarazzo per un po’, quindi rimasi in silenzio. – Cosa stavi suonando? – chiesi poi, per cercare di alleggerire l’atmosfera, che stava iniziando a diventare insopportabile.
– Cosa vorresti che suonassi? – chiese lui sorridendomi, i suoi occhi sembravano così luminosi da poter quasi illuminare me. Lo guardai e mi sentii più leggera, un’altra volta, così leggera che potevo sorridergli e squagliarmi sotto il suo sguardo. – Oh, in realtà ho già un’idea! – esclamò prendendo la chitarra. – Ovviamente non è proprio identica a quella originale, ma dopotutto io ho solo una chitarra classica – aggiunse prima d’iniziare a suonare. All’inizio non riuscii a identificarla, ma appena iniziò a cantare il mio cuore fece un balzo. – What doesn't kill you, makes you wish you were dead – cantò lui socchiudendo gli occhi. La canzone essendo acustica non sembrava quasi lei, ma la voce era così perfetta per quella canzone che mi faceva venire la pelle d’oca. Ovviamente era molto diversa da quella del cantante dei Bring me the Horizon, ma era bellissima lo stesso.
Quando finì io ero ancora incantata a fissarlo. – Bravo – sussurrai sorridendogli. Abbassai lo sguardo sulla chitarra per cercare di riprendermi, ma era così difficile quando ci stava lui che continuava a fissarmi! – Da qua – esclamai allungando le braccia per prendere la chitarra, che mi porse. Me la misi vicino e iniziai a suonare a casaccio, visto che non sapevo suonarla.
Michael scoppiò a ridere e mi fermò. – Dio, ferma! L’ammazzi così! – disse lui mettendo una mano sulle corde in modo tale da non potermi più far suonare. Gli feci la linguaccia facendolo ridere e poi gli porsi la chitarra. – Allora – borbottò facendo una nota. – Questo è il do – mi fece vedere. Mi guardò per un po’ e poi andò con il re, mi, fa, sol, fino a quando non ci capii più niente.
– No, aspetta! – esclamai io ridendo. – Questo – iniziai facendogli vedere un punto della chitarra – è il sol!
– No! – rispose lui. – No, non è affatto il sol.
– Come no?! – chiesi ridendo. – Dai, l’hai detto prima!
– Ma no! – ribatté lui ridendo. – Il sol è la terza corda dal basso! Tu stai facendo il la! – Mi dette la chitarra e così iniziai a fare la scala. Lui annuiva ad ogni mio passo e questo mi faceva sorridere sempre di più, contenta e soddisfatta. – Va bene, vuoi imparare qualche accordo adesso? – chiese lui guardandomi negli occhi appena finii con la scala.
– No, la chitarra non è proprio il mio strumento – borbottai facendo una smorfia. Gli detti la chitarra e sorrisi. – Mi puoi suonare qualcos’altro? Tipo Close as Strangers
Michael sorrise ancora di più e iniziò a cantare.
 Six weeks since I’ve been away
And now you’re saying everything is changed
And I’m afraid that I might be losing you
Now every night that I spend alone
Kills me thinking of you on your own
and I wish I was back home next to you – cantava lui senza abbassare un attimo lo sguardo dal mio, nonostante stesse anche suonando la chitarra. Sembrava fare ogni singola cosa senza pensarci tanto, come se fosse una cosa che ormai gli veniva spontanea. E ci credevo, lo vedevo e ci credevo. – Canta insieme a me! – esclamò lui prima di ricominciare a cantare.
Scossi la testa e continuai a sentirlo e guardarlo, troppo assorta, così tanto che quando smise di scatto fu quasi doloroso. – Perché hai smesso?! Continua!
– Io continuo solo se tu canti insieme a me – disse lui con un sorriso malefico che mi fece capire che stava facendo sul serio: non sarebbe andato veramente avanti senza di me. Ricominciò quindi a suonare, capendo che avevo accettato silenziosamente.
Late night calls and another text
Is this as good as we’re gonna get?
Another timezone taking me away from you
Livin’ dreams and fluorescent lights
While you and I are running out of time
But you know that I’ll always wait for you – cantammo insieme, tranne quel “I’ll always wait for you” che fece cantare solo a me. Continuava a fare quel sorrisino dolce e malefico allo stesso tempo, che riusciva quasi a farmi smettere di cantare e addirittura pensare. Facemmo il ritornello insieme, ma a volte lo lasciavo cantare da solo, soprattutto quando c’erano dei pezzi che mi piacevano così tanto dove non potevo non lasciarlo cantare da solo, come quel “Every day gets harder to stay away from you”.
I won’t give up
Even thug it hurts so much
Every night, I’m losing you in a thousand faces
Now it feels we’re close as strangers – cantammo insieme, fino a quando non gli feci fare l’ultimo pezzo da solo. Assaporando ogni singola parola, ogni singola nota, fino a quel “But Tomorrow I’ll be coming back to you”.
Scoppiammo a ridere appena finimmo di cantare, Michael iniziò a suonare a casaccio e a sparare parole senza senso facendomi ridere ancora di più. A quel punto iniziai a cantare a bassa voce una canzone che volevo cantare da tanto tempo.
– Oh, non farai sul serio! – esclamò lui ridendo ancora di più.
Mi alzai e lo puntai con un dito. – And all that I wanna say is that you really suck – canticchiai io ridendo. – Suck, suck, suck – mi feci l’eco da sola ballando un po’ come una cretina.
– Basta! – urlò lui ridendo. Si alzò e mi fece stare zitta mettendo una mano davanti la mia bocca, o almeno ci provò, visto che io continuavo a cantare nonostante tutto. – Questa canzone mi perseguiterà per il resto della mia vita!
Finii e così mi lasciò andare, ma era pronto a riprendermi se solo avessi continuato, ma non lo feci e andai in cucina. Ero felice come non mai, lui mi stava facendo sorridere come non facevo da un anno, il mio cuore sembrava così leggero che avevo paura mi volasse via.
Lo sentii arrivare, silenzioso e un po’ rigido, chiusi gli occhi e aspettai che si fermasse. Quando lo fece, mi girai verso di lui: era sulla soglia della porta della cucina e mi guardava, in silenzio. Stringendo le maniglie di due sportelli dei banconi iniziai a guardarlo senza dire niente. Lo guardai da capo a piedi, lentamente, esattamente come stava facendo lui. Sospirammo entrambi e ci guardammo negli occhi. 

Angolo Autrice:
Solo a me piace immaginarmi questi due che si guardano per un bel po' di tempo senza dirsi niente? A me sembra una cosa così carina! Comunque... devo avvertirvi che 1) questo è l'ultimo capitolo che ho finito di scrivere e che quindi forse ci metterò un po' di più pubblicarne uno e 2) domani starò tutto il giorno fuori perché vado a fare un corso per fare volontariato e quindi non potrò né continuare a scrivere il capitolo successivo né quindi pubblicarlo (ma dai?!).
E... niente, che ne pensate del capitolo? Personaggio preferito del capitolo? 
Mi scuso per eventuali errori e vi ringrazio per aver continuato a leggere questa storia.
Un bacio.


 

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Capitolo 9
*** Serata in tenda ***


Capitolo 8
Serata in tenda 

Guardai tutti mentre cercavano di montare un’enorme tenda da campeggio. A qualcuno era venuta la bellissima idea di stare minimo una serata fuori, insieme a tutti gli altri campeggiatori, in mezzo al nulla e praticamente dentro un bosco. Rabbrividii sentendo una folata di vento, questo stava per diventare il mio incubo: morire di freddo in una foresta. – Siamo sicuri di volerlo fare? Molto probabilmente non c’entreremo mai tutti! – borbottai io stringendo ancora di più il mio giacchetto.
– C’entreremo eccome! – rispose Cher continuando a montare la tenda. – Ci possono entrare due famiglie, qua dentro. Sicuramente ce la faremo!
– A me non piace tanto quest’idea – bofonchiai io girandomi verso il lago, che faceva delle ondine piccole. Ero stata solo una volta in campeggio, in un campo estivo, e da quel momento avevo deciso che non sarei più stata in campeggio. Eppure quel giorno mi ritrovai là. Sperai di non prendermi i pidocchi, com’era successo quand’ero piccola. Sospirai continuando a guardare il lago, riuscivo a vedere la casa di Cher, dall’altra parte di esso. Eravamo andati così lontani… Sicuramente era stata un’idea di Cher. Per forza.
Mi misi seduta per terra e presi il cellulare. Volevo sentire la voce di mio padre. Volevo sentirmi dire che sarebbe tornato a casa, che a quel punto io avrei potuto raccontargli di quello che stava succedendo tra me e Michael. Volevo sentirmi dire che quella sarebbe stata l’ultima udienza. Volevo sentirmi dire che sarebbe stato scarcerato molto presto. Eppure una parte di me lo odiava. Era colpevole, come poteva farla franca? Era mio padre ed era colpevole.
Posai la testa sulle gambe, che erano vicine al mio petto, e chiusi gli occhi. Mio padre era sempre stato un buon padre, amorevole e disponibile. La sua prima preoccupazione era la sua famiglia, sua figlia veniva prima di tutto. Non era un uomo manesco, mi aveva dato sì e no qualche sculacciata da piccola, era sempre stato un brav’uomo. Si vestiva sempre con giacca e cravatta, anche quando non andava a lavoro, si metteva i capelli per bene e la figlia aveva ripreso i suoi stessi luminosi occhi. Sorrideva quasi sempre, anche quando aveva dei problemi… Fino a quell’ultimo problema. L’ultima settimana a casa era strano, non sorrideva mai e a malapena mi salutava quando tornavo a casa.
La prima volta che l’avevo visto dopo l’accaduto, alla sua prima udienza, non avevo ancora diciotto anni e così non mi avevano fatto entrare. Ma mi ricordavo benissimo il momento in cui  era entrato in quella stanza – dove potevano entrare gli sconosciuti ma non poteva entrare sua figlia – ed ero scoppiata a piangere. Perché quello non sembrava più mio padre. I suoi capelli non sembravano i suoi, tutti spettinati e un po’ più bianchi; il suo corpo era molto più rigido e soprattutto più secco; i suoi occhi erano più spenti, anche se sorrideva. Quello non è più mio padre, avevo pensato.
E la guardia continuava a dirmi che mi dovevo allontanare, che non potevo entrare, che ero troppo piccola per stare là. Da quel momento io avevo completamente perso la stima nei confronti delle guardie.
– Amore – mi chiamò Jennifer sedendosi accanto a me. Posò la sua testa sulla mia spalla e fece un sospiro, stringendomi a lei. – Anche Grace è un po’ giù, che ne dici se sta sera andiamo a bere un po’?
Risi, perché lei aveva sempre quel rimedio: bere fino a quando non ti sfoghi e il giorno dopo non puoi nemmeno più guardare in faccia la gente per l’imbarazzo. Così annuii, perché era esattamente quello che mi serviva: un'altra sbronza di cui vergognarmi. Tanto ormai… la mia vita sembrava essere andata del tutto in pezzi quando me n’ero andata di casa.
– Andiamo a mangiare! – urlò Cher per farci alzare. – Dai, su! La sottoscritta ha fame e voi dovreste veramente smetterla di deprimervi in questo modo. – Cher sorrise dolcemente, sapeva benissimo che qualcosa mi stava facendo male. Sapeva benissimo che mi era successo qualcosa, ma non sapeva cosa. Jennifer e Cher si conoscevano da due anni, quindi aveva assistito al mio cambiamento, ma non sapeva a cos’era dovuto.
Andammo in un posto dove c’erano dei tavoli e delle sedie, ci sedemmo e cercammo di capire cosa mangiare. Essendo quello un campeggio, c’erano molte persone che stavano facendo la brace, che sicuramente era del posto, così Luke e Cher presero delle cose che avevano comprato e ci mettemmo a mangiare quelle, subito dopo averle cotte.
– Quindi ve ne andate tra una settimana? – chiese Cher guardando Luke.
Luke annuì. – Sì, andiamo dalla nostra famiglia – rispose. – Non possiamo non passare un po’ di tempo con loro e di solito passiamo l’intero mese, ma questa volta è stato diverso.
Fu più forte di me e guardai Michael, ero sicura di avere un’espressione piuttosto malinconica. Come potevano stare qua solo un’altra settimana? Erano passati solo pochi giorni da quand’erano arrivati e tra una settimana sarebbero già andati via. Michael poco dopo si accorse che lo stavo quasi fissando e così iniziò a fare la stessa cosa, con un mezzo sorriso.
– Potreste venire con noi a fare un paio di tappe, se volete – propose Calum guardando Jennifer, che sembrava avere più o meno il mio stesso sguardo disperato.
–  Davvero? Quando? – chiese Cher, già elettrizzata.
– Verso dicembre – rispose Calum sorridendole. – Dall’otto al diciotto. Dieci giorni… Potrebbe andare bene?
– Bé, spenderemmo un sacco di soldi – borbottò Jennifer guardandolo. – Sapete, continuare a stare in hotel a quattro stelle o comunque prendere un aereo al giorno costa una fortuna, per noi comuni mortali.
– Dovremmo parlarne con più calma, ovviamente – disse Luke facendo spallucce. – Amelia, tu hai intenzione di venire?
Sussultai. – Non posso. Non ho i soldi e poi… ho da fare il quindici – borbottai abbassando lo sguardo. Non era una bugia, non potevo mancare il quindici, dovevo rimanere a casa e per di più non potevo di certo mancare a così tante lezioni! Il quindici ci sarebbe stato il matrimonio di Jason e mia madre. Era da un bel po’ ormai che lo stavano organizzando e non potevo di certo mancare al matrimonio di mia madre… nonostante fosse passato così poco tempo dal divorzio dei miei.
Una volta finito di mangiare tornammo al nostro accampamento, ma ci fermammo quando sentimmo che qualcuno continuava a ridere e ad ascoltare la musica ad alto volume. C’erano veramente molti ragazzi, tutti attorno a un fuoco acceso, mentre ridevano, cantavano e parlavano. Sorrisi solo guardandoli, erano un po’ ubriachi ma sembravano veramente felici.
– Ehi! – esclamò uno dei ragazzi. – Volete aggiungervi? – chiese facendoci segno di andare da loro. Ci guardammo e facemmo spallucce, per poi sederci nello spazio che ci lasciarono disponibile. Lo stesso ragazzo ci porse una bottiglia di birra a testa. – Che ci fate qua? – chiese sedendosi accanto a Grace.
– Abbassate quella cazzo di musica! – tuonò un uomo.
– Tappati quella fogna! – urlò il ragazzo ridendo facendoci sussultare. Guardai Jennifer, non tanto convinta di quel ragazzo, ma lei fece spallucce e così mi tranquillizzai un po’. – Allora, quanto vi fermerete qua?
–  Ce ne andiamo domani mattina – rispose subito Cher sorridendogli dolcemente. – Volevamo solo provare a dormire da quest’altra parte del lago. Sai, io vado spesso nell’altro campo con la mia famiglia e questa volta volevo provare in questo.
– Oh, quello dalla parte opposta al lago, vero? – chiese il ragazzo, Cher annuì. – Sì, ne ho sentito parlare molto bene, ma qua si possono fare molte più cose, come fumare, ascoltare musica, ubriacarsi… Quell’altro invece è pieno di gente per bene.
– Pure qua mi sembra – risposi io ridendo. – O almeno a sentire quel tipo che ti ha urlato contro di spegnere la musica.
–  Oh, quello! – esclamò ridendo. – Sì, già… quello può andare in quell’altro campo.
Una ragazza dai capelli rossi spense la radio e prese una bellissima chitarra classica e iniziò a cantare una canzone che non conoscevo. Tutti i ragazzi che non conoscevamo gli andarono dietro, un po’ troppo ubriachi per essere intonati e iniziarono a dondolarsi da una parte all’altra. Il ragazzo che era venuto da noi l’imitò e così poco dopo ci ritrovammo anche noi a fare quella strana cosa.
– Fate fare a loro! – esclamò Grace indicando Michael, Luke, Calum e Ashton. – Sapete, sono molto famosi! Hanno fatto un concerto pochi giorni fa, adesso sono in vacanza.
– Ah si? – chiese il ragazzo che avevamo conosciuto. – Che fortuna! Ho chiesto a dei ragazzi famosi di stare con noi senza nemmeno accorgermene! Ma quanto sono forte, ragazzi? – disse ridendo guardando i suoi amici, che risero insieme a lui. – Bé, come vi chiamate?
– 5 Seconds of Summer – rispose Calum. – Ma non ci conoscono tutti. Grace ha solo esagerato – aggiunse poi, un po’ rosso in viso.
– Io ho sentito parlare di voi, invece – ribatté la ragazza con i capelli rossi tinti. – Sì, ma non vi ho mai sentito cantare. Bé, credo sia ora di sentire! Fatemi sentire, sono una ragazza molto schietta, quindi se fate schifo ve lo dirò subito. – Sorrise come se niente fosse e porse la chitarra a Calum.
– Ok – mormorò Calum prendendo la chitarra. Guardò i ragazzi e poi porse la chitarra a Luke, che la prese senza pensarci più di tanto. – Che cantiamo, ragazzi? – chiese poi Calum sorridendo un po’ imbarazzato.
– English Love Affair – buttai là io. Tutti mi guardarono e così feci spallucce. – Cosa c’è? È una balla canzone. Sennò potete fare le solite: She looks so perfect, Good girls, Don’t stop
– No, ha ragione Amelia – mi fermò Luke annuendo. – Sì, proviamo a fare English Love Affair. Non abbiamo gli strumenti adatti, ma si può fare, no? – chiese poi guardando i suoi amici, che annuirono. – Bene! Allora… English Love Affair.
Ashton prese una specie di contenitore e sorrise a Luke, facendogli capire che era pronto. Dovetti veramente fare uno sforzo enorme per non scoppiare a ridere, Luke iniziò a suonare la chitarra tenendo il tempo sia con il piede che con la testa. Michael iniziò a cantare e sentii ancora una volta il mio cuore stringersi. Calum lo raggiunse poco dopo, facendo del suo meglio e riuscendoci anche. Quando iniziò Luke sembrava un po’ in imbarazzo, cosa molto strana se pensiamo al fatto che era abituato a cantare davanti un vero pubblico. Un pubblico che già l’amava però, pensai  subito. Ashton continuava a dire qualcosa a bassa voce fino a quando non fu il suo turno e con la sua voce riuscì a far smettere di ridere addirittura quei ragazzi che sembravano fatti. Io ormai ero completamente presa da quella canzone, arrossivo sempre di più quando Michael mi guardava mentre cantava o mentre non era il suo turno. Sentii l’impulso di scappare quando Michael cantò: – Princess getting naked – al posto di Luke, mettendolo un po’ in confusione.
Quando finirono tutti i ragazzi iniziarono ad applaudire e fischiare, urlarono per un bel po’ cose che non capii, visto che si parlavano sopra l’uno con l’altro. – Bé, direi che ho fatto male a non sentirvi fino a oggi – se ne uscì la ragazza dai capelli rossi tinti sorridendo a ogni singolo componente della band. – Siete forti, veramente!
I ragazzi continuavano a ringraziare abbassando ogni tanto lo sguardo per l’imbarazzo, mentre noi ragazze li guardavamo, con i cuori pieni d’orgoglio.
– Bé, direi che è proprio ora di un bel regalino per i ragazzi! – annunciò il ragazzo che avevamo conosciuto per prima. Fece un sorriso malizioso e guardò la band, per poi alzare una canna.
Sentii Jennifer accanto a me irrigidirsi e vidi Cher e Grace sorridere al ragazzo. Successivamente guardai i ragazzi, che però avevano lo stesso sorriso di quest’ultimo. Il ragazzo, spinto dai sorrisi dei ragazzi, accese la canna e, dopo aver preso un tiro, la passò prima ad Ash, che scosse la testa ridendo e poi fece un tiro; poi a Calum, che prima la guardò un po’ strana, ma dopo poco fece lo stesso; poi a Michael, che fece un lungo tiro senza pensarci affatto e infine Luke, che si massacrò per un po’ il piercing e poi fece un piccolo tiro. Quando Luke me la passò io scossi la testa e iniziai a bere la birra, quindi la passò a Jennifer, che non riuscì a non fare un tiro e così via… Il giro era interminabile e ben presto finirono anche le altre canne che si erano portati.
Io mi finii la birra e presi quella di Luke, per poi finire anche quella. Nessuno parlò per un bel po’ di tempo, tutti non riuscivano nemmeno a muoversi per quant’erano fatti e questo mi dava così fastidio che finii per rubare anche la birra di Jennifer.
– Luke? – lo chiamai io. Era sdraiato e stava con gli occhi chiusi, forse dormiva, forse no. – Luke! – lo chiamai ancora e questa volta aprì gli occhi. – Ti accompagno in tenda, ok? – mormoro io scostandogli i capelli che erano sfuggiti alla piega. Annuì leggermente e si mise seduto. Alcuni cantavano a bassa voce, altri parlavano a vanvera, ma non m’importava di loro: volevo solo che i miei stessero bene. Aiutai Luke ad alzarsi una volta per tutte e in quel momento Michael girò la testa verso di noi, gli lanciai un’occhiataccia e poi trascinai Luke via.
– Grazie, qua è molto più comodo – bofonchiò Luke. – Quelle canne erano veramente forti. Non mi sento più le labbra, è normale? – chiese.
– Non lo so – borbottai io. Gli andai a prendere una bottiglia d’acqua e glie la feci bere tutta. – Hai fame, per caso?
– In realtà sì, sto morendo di fame – disse lui ridendo. – Oddio, ci stanno le patatine fritte?
Risi di gusto, Luke fatto faceva veramente ridere. – No, non credo proprio – risposi io accarezzandogli il viso rilassato. – Però credo ci siano delle patatine confezionate – borbottai girandomi verso la scorta di cibo che c’eravamo portati. – Ecco qua! – esclamai io porgendogli il pacchetto di patatine. – Ti serve altro? – chiesi e lui scosse la testa guardando un punto dietro di me, mentre mangiava in silenzio le sue patatine. – L’acqua è qua, accanto a te. Io ora vado a prendere gli altri.
Feci lo stesso con chi non si reggeva in piedi, quindi Grace, Cher… Jennifer mi aiutò con Calum e così li lasciai stare e andai a controllare Ash, che iniziò a parlarmi. – Sai, sei una brava ragazza, Amelia – iniziò lui facendomi ridere. – Michael sembra volerti veramente tanto, sai? E Luke sembra tenere a te. Vorrei tanto far conoscere meglio questa ragazza con cui esco ai miei amici, ma non abbiamo mai tempo e lei è un po’ strana. Quando incontriamo le mie fans si allontana da me e quando ho finito di fare le foto… lei diventa strana. Non mi tiene il muso, è una ragazza veramente intelligente, ma… sembra come un po’ offesa, o comunque triste.
– Perché non provi a chiarire la situazione? – chiesi io aprendo la tenda.
– Perché ho un po’ paura di quello che mi potrebbe dire – rispose lui sedendosi accanto a Calum e Jennifer, che stavano dormendo. – Voglio dire, è difficile stare con un cantante. Viaggiamo in continuazione, raramente ci fermiamo e quando lo facciamo cerchiamo di stare con i nostri familiari. E, come se non bastasse, quando usciamo insieme e cerchiamo di essere il più normali possibile, vengono i paparazzi o le nostre fans… Io voglio molto bene a loro, gli devo tutto e non le ringrazierò mai abbastanza per questo. – Si fermò abbassando lo sguardo sulle sue mani. – Ma questa ragazza è diversa. Non so come comportarmi.
– Comportati come pensi che sia giusto – risposi io sedendomi accanto a lui. – Devi assolutamente chiarire le cose con lei. Il fatto è questo: tu sei Ashton Irwin, componente della band 5 Seconds of Summer, hai delle fans che ti voglio molto bene e sono pronte a tutto pur di parlare con te, o fare una foto con te. E lei lo deve accettare… Se non lo fa, allora significa che non ti ama veramente.
– Amare… è una parola un po’ troppo grande per noi – rispose lui chiudendo gli occhi. – Credo proprio che mi metterò un po’ a dormire – mi avvisò lui. – Grazie, capisco Luke adesso – aggiunse prima di addormentarsi una volta per tutte.
Accennai un sorriso e uscii dalla tenda. Ovviamente quel discorso mi aveva fatto bene, ero felice che Ashton mi avesse detto quelle cose, anche se molto probabilmente il giorno se ne sarebbe pentito. Ma quel “capisco Luke adesso” mi fu di grande aiuto. Volevo bene a Luke, glie ne volevo davvero e mi fidavo di quegli occhioni celesti.
– Ce la faccio da solo, grazie – bofonchiò Michael, ormai in piedi, proprio quando stavo per andarlo a prendere. – Mi fa piacere sapere che sono l’ultima della lista – borbottò lui guardandomi, fermo. – Ma sta tranquilla – iniziò lui. – Sono abituato a essere l’ultimo della lista – finì sedendosi a terra, proprio davanti il lago.
Alzai gli occhi al cielo e mi sedetti accanto a lui. – Non se l’ultimo della lista, Michael – borbottai io guardandolo, ma lui fece di tutto per non guardarmi. – Eri solo quello più lucido – aggiunsi poi guardando il lago. Feci un sospiro profondo, perché sembrava veramente offeso per così poco. – Perché sei così fissato con la storia che gli altri sembrano essere più interessati a Luke, o Calum, o Ashton e meno a te? – chiesi poi, guardandolo.
– Perché è sempre stato così – rispose lui facendo spallucce. – Sin dai tempi del liceo. Tutti amavano Luke! Non c’era una singola persona che non amasse Luke. – Rise amaramente. – Luke era ed è il classico bravo ragazzo, quello un po’ timido che non riesce a capire che se solo iniziasse ad avere un po’ più di fiducia in sé stesso, tutte le ragazze le andrebbero dietro peggio di adesso.
Scossi la testa. – E questo ti da fastidio? – chiesi.
– Fastidio? Forse – rispose lui scuotendo la testa, confuso. – Noi ci odiavamo all’inizio, lo sai? – chiese guardandomi per pochi secondi. – Sì, ci odiavamo. Non riuscivamo a stare nella stessa stanza per più di cinque minuti, poi però è successo un qualcosa… Ad un certo punto averlo accanto non mi sembrava più impossibile. Poi gli piaceva il mio stesso tipo di musica, gli piaceva cantare… e Calum non faceva altro che cercare di convincerci a essere amici.
– Ma c’è ancora qualcosa in lui che non ti piace – borbottai io.
– No, lui in verità non fa un cazzo – esclamò lui ridendo. – E questo è ancora peggio! – Rimase in silenzio per un po’, a guardare il lago e le stelle. – Al liceo, quando mi piaceva una ragazza e sembrava essere interessata a me tanto quanto lo ero io… a quel punto mi chiedeva di fargli conoscere Luke. – Rise ancora una volta. – È sempre successo così! Io mi sforzavo, cercavo di far capire alla ragazza che m’interessava, iniziavamo a parlare tutti i giorni e poi… mi chiedevano di Luke.
M’immaginai tutto. Luke che, con la sua aura da bravo ragazzo, andava in giro senza accorgersi di quello che faceva provare alle ragazze, e Michael dietro di lui, che era conscio di ogni singola ragazza che posava gli occhi su Luke e non su di lui. – Mi dispiace, Mike. Non deve essere stata una cosa facile – borbottai quindi. Era successo anche a me, ovviamente. Jennifer era una bellissima ragazza e io ero fin troppo normale per essere alla sua altezza. Quand’ero più giovane ci rimanevo male, come ogni singolo adolescente di questo mondo, ma più in là avevo capito che purtroppo queste cose non si potevano di certo fermare, e che non era colpa di Jennifer.
– Sono così stufo di non essere la scelta di nessuno – mormorò lui, e lo disse così a bassa voce che non fui sicura di aver sentito bene, ma la sua faccia triste ne era la conferma e questo mi faceva stare veramente male. Come poteva essere così cieco?
–  Michael, non è vero – ribattei io mettendomi proprio davanti a lui, in modo tale da essere guardata negli occhi. – Ci sono un sacco di ragazze che farebbero qualsiasi cosa pur di sfiorarti soltanto – continuai io guardandolo. Gli accarezzai la guancia, un po’ ispida a causa della barbetta che gli stava crescendo. – Non sei più quel ragazzino che nessuno vedeva, Michael. Ora le ragazze ti vedono, ok? E la faccenda dell’essere invisibile non dovrebbe infastidirti più di tanto, perché non sei invisibile alle persone che tengono veramente a te. Degli altri non ti deve interessare niente, capito?
– Ora capisco perché quel Finn non sia riuscito a dimenticarti dopo così tanto tempo – mormorò lui abbassando lo sguardo sulle mie labbra. – Sei veramente perfetta, Amelia. Sei così bella da sembrare un angelo e in più… sei anche intelligente – disse sfiorando a malapena la mia fronte. – In the moonlight you look just like an angel in disguise – canticchiò lui sorridendomi.
Arrossii subito e mi allontanai un po’ da lui, ridendo un po’. – Non sono perfetta, sei solo un po’ troppo fatto per capirlo – borbottai io sorridendogli. – Dai, credo sia ora di andare a dormire – aggiunsi alzandomi da terra. Era assurdo quanto fossi lucida quella sera. E pensare che era iniziata con l’idea opposta!
Michael si alzò, un po’ traballante, e così iniziai ad incamminarmi. – Aspetta, Amelia – esclamò lui. Mi fermai e mi girai verso di lui, che mi prese la mano e me la strinse un po’. – Non m’interessa di non essere stato la scelta di quelle ragazze, al liceo. Non m’interessa. Ora… vorrei solo essere la tua scelta.
Rimasi in silenzio per un po’, con il cuore che sembrava andare a mille. Cosa potevo dirgli? Lui era già la mia scelta. Lo era stato per così tanto tempo… Lo era già. Aveva cominciato ed esserlo nel momento in cui avevo sentito quella sua voce perfetta, era iniziata ad essere una vera scelta quando avevo iniziato a pensare a lui più volte al giorno e lo era diventato ufficialmente quando lo avevo incontrato e gli avevo sorriso la prima volta. – Dovremmo veramente andare, Mike – mormorai io andando verso la tenda. Di certo non potevo dirglielo, non quella sera, non quand’era in quello stato.
Mi sdraiai accanto a Luke, che alla sua destra aveva Ashton, il quale russava come pochi, e poco dopo mi raggiunse anche Michael. Eravamo tutti un po’ stretti, Cher aveva mentito alla grande perché di certo non ci sarebbero entrate due famiglie in quella tenda, ma ci dovemmo adattare.
Non potevo addormentarmi prima di Michael, ero fin troppo conscia del fatto che fosse con gli occhi chiusi, a pancia in su, mentre anche lui cercava di non pensare. Ma come potevo mantenere la calma? Michael mi aveva appena confidato una cosa di cui non andava affatto fiero, mi aveva detto che sembravo un angelo, che ero perfetta e soprattutto intelligente, e infine mi aveva chiesto di essere la mia scelta. Come potevo non guardarlo?
Non sapevo se si trattasse ancora una volta di uno dei suoi giochi, ma non mi sembrava. Per la prima volta, da quando ci conoscevamo, mi sembrava veramente serio e intenzionato a stare con me. E non sapevo se volesse starci per una notte soltanto, per una settimana o per di più; ma tutte quelle sensazioni che stavo provando, mi fecero capire che stavo andando ben oltre la cotta… e questo non andava affatto bene. Ma, dopotutto, si trattava di Michael Gordon Clifford.
Feci un respiro profondo e chiusi gli occhi, anzi li strizzai più volte per fare in modo che non si aprissero da soli, solo per guardare quel ragazzo che stava alla mia sinistra. Ma poi sentii delle dita sfiorare le mie, m’irrigidii ma lo lasciai fare. Le sue dita toccarono le mie, fino a quando non le intrecciò e strinse per alcuni secondi la presa, per poi rilassarsi una volta per tutte. Lo sentii fare un respiro profondo e fui quasi conscia di ogni suo singolo muscolo che si rilassava, mentre si addormentava con ancora la mia mano nella sua.

Angolo Autrice:
Ciao a tutti. Questo capitolo è stato veramente difficile... non mi veniva niente da scrivere! Infatti non è uno dei migliori e mi scuso per questo. Cercherò di fare del mio meglio d'ora in poi. Non l'ho nemmeno ricontrollato, quindi forse ci saranno più errori del solito, ma appena avrò il coraggio lo rileggerò e lo correggerò.
Che ne pensate di Michael? Vi aspettavate una cosa del genere? Comunque se avete qualche consigli vi prego di dirmeli, perché ora come ora non so proprio come andare avanti ahahah. Ci metterò un po' per pubblicare il prossimo capitolo, anche perché ho anche l'altra storia da mandare avanti e le mancano tipo tre capitoli alla fine, quindi forse mi concentrerò un po' di più su di lei in questa settimana.
Vi chiedo come sempre di farmi sapere cosa ne pensate del capitolo e mi scuso per gli errori.
Un bacio e al prossimo capitolo.
 

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Capitolo 10
*** Un patto ***


Capitolo 9
Un patto 

Mi svegliai molto lentamente, così tanto che ci misi un po’ per ricordami dove mi trovavo e soprattutto per capire che quel petto era di Luke. Mi alzai e uscii dalla tenda, facendo finta di non sentire Luke che borbottava un qualcosa e cambiava posizione, però non potei fare a meno di sorridere.
Tutti quelli che si erano svegliati – e cioè Cher, Jennifer, Calum e Michael – sembravano star contemplando il lago, mentre sorseggiavano del caffè che, dalle loro facce, capii che faceva abbastanza schifo. Doveva essere molto presto, perché il sole aveva appena fatto capolino. Mi sedetti vicino a Michael facendo finta di non notare l’occhiataccia che mi lanciò Jennifer, ma lui non si mosse e non disse niente; rimase semplicemente a guardare davanti a lui e non mi salutò nemmeno.
– Buongiorno – dissi quindi sorridendogli, però fece finta di non sentire e sorseggiò un altro po’ di caffè, facendo un grande sforzo per non fare una smorfia disgustata. – Tutto bene? – chiesi poi toccando il mio ginocchio con il suo braccio con fare scherzoso, ma questa volta si allontanò un po’ e basta. Aggrottai la fronte con le guance così arrossate che potevano veramente cuocere qualcosa. Non capii quel suo comportamento, stava facendo veramente finta di niente. Era come se non esistessi. – Michael – lo chiamai io con una voce un po’ tremante.
Fece un respiro profondo e girò la testa verso di me. Non c’era un minimo di felicità, non c’era quella solita luce che illuminava i suoi occhi… semplicemente non mi voleva parlare. – Cosa c’è? – chiese con un tono così freddo che mi fece venire la pelle d’oca.
Lo guardai per un po’, in silenzio, poi non ce la feci più e mi alzai per andarmene di nuovo in tenda. Ero frustrata, arrabbiata e confusa. Presi bruscamente una tazza per metterci il caffè e uscii fuori, svegliando una volta per tutte Luke, che però mi lasciò stare. Fu in quel momento che, proprio mentre assaggiavo quel caffè, che faceva veramente schifo, mi suonò il cellulare. Era mia madre. – Pronto? Cosa c’è, mamma? Ti avevo avvertito che sarei stata via per un po’.
– A… amore – balbettò mia madre. Mi fermai di scatto e il caffè quasi si rovesciò, sentii qualcuno dietro di me che imprecava e mi guardava male, ma non m’interessava. – Mi ha chiamato tuo padre – aggiunse. – Ecco.. c’è stato un piccolo incidente.
– Che incidente? – chiesi freddamente.
– C’è… C’è stata una piccola rissa. Tuo padre è stato menato e adesso… adesso sta meglio, ma ha qualche contusione e un uomo aveva un coltello…
A quel punto iniziai a sudare freddo. – No, no – ripetei io all’infinito. – No, ti prego, no – bofonchiai andando verso Cher a passo veloce. – Ok, va bene… Io sto… Devo venire a casa. Arrivo, ok?
– No, tesoro, sta tranquilla. Sta bene, per fortuna non l’hanno ferito, ma è un po’… un po’ acciaccato. Tutto qua – ribatté mia madre. – Ti volevo solo avvertire. Avevi tutto il diritto di saperlo. Io vado a trovarlo domani mattina, se vuoi puoi venire anche tu.
Mi fermai, ormai davanti la tenda e guardai Cher, che si era girata verso di me. Andare da lui? Era da un anno e mezzo che non ci parlavo dal vivo. Sentii un brivido passarmi tutta la schiena, mi stavo veramente sentendo male. La notizia di mio padre mi aveva veramente fatta preoccupare e continuavo a sudare freddo. Attaccai senza dire niente e chiusi gli occhi. Sapevo che alcune persone mi stavano guardando come se fossi una matta, ma loro non erano a conoscenza di niente… non erano a conoscenza della guerra che stava iniziando dentro di me. – Cher – la chiamai io, ormai accanto a lei. – Scusami, davvero, ma devo sapere quando ce ne andremo da qua.
– Emh… in realtà non lo so – rispose lei. – Perché? Che succede?
– Io devo andare a casa – dissi io e la mia voce s’incrinò un po’. – C’è stato… C’è un problema a casa e devo assolutamente tornare a casa.
– Amelia? – mi chiamò Jennifer, alzandosi, sapevo benissimo che in realtà quella era una domanda: c’entra tuo padre? Mi stava chiedendo. Annuii e mi misi indietro i capelli. – Va bene – disse, andò verso la tenda e iniziò a urlare a tutti di svegliarsi.
– Mi dispiace così tanto – mormorai guardando Cher, che sembrava esserci rimasta un po’ male. – Quando arriveremo alla casa sul lago prenderò un taxi. Non c’è bisogno che tornate insieme a me, ma io devo andare per forza.
– Va bene, non fa niente – rispose Calum alzandosi. Mi guardò con un espressione addolorata che per un po’ mi fece sentire a disagio e anche un po’ arrabbiata. – Tua madre sta bene? – chiese ed io annuii. – Che è successo allora?
– Devo solo tornare a casa – risposi io, perché non ero in grado d’inventare una bugia, in quel momento. Ero entrata nel pallone, i pensieri sembravano andare ad una velocità impressionante e in poco tempo mi ritrovai catapultata in quel giorno.
 
Sentii il rumore del cancelletto che si apriva e rabbrividii, mi girai verso di esso e sussultai vedendo mio padre con un occhio nero e dei lividi sulle braccia. Più passava il tempo e più quell’uomo non sembrava mio padre. Aveva la barba, i capelli erano veramente corti - come tutti gli altri detenuti dopotutto – e sembrava ancora più magro. Si fermò per pochi secondi quando mi vide e la sua mascella si accentuò ancora di più. Io avevo già le lacrime agli occhi, ma non potevo piangere davanti a lui, così le cacciai subito indietro.
Si sedette davanti a noi e mi guardò per pochi secondi, per poi abbassare lo sguardo sulle sue mani. – Non saresti dovuta venire – bofonchiò lui e stava parlando con me. Sapeva che mia madre sarebbe andata, ma non sapeva di me. Scosse la testa, rosso in viso. – Ti avevo detto di non portarla – ringhiò a mia madre lanciandole un’occhiata di fuoco.
– Ha tutto il diritto di vedere suo padre, Julian – rispose a tono mia madre avvicinandosi al tavolo. – Voleva venire, chi sono io per dirle di no?
– Sua madre! – rispose mio padre alzando il tono di voce. Sussultai e abbassai lo sguardo, rossa dall’imbarazzo. – Sei sua madre – ringhiò poi, quando si accorse che una guardia lo stava guardando male. – Potevi benissimo dirle di no.
– Ho diciotto anni – m’intromisi io con un tono non molto amichevole. – Faccio come mi pare. Ormai in realtà non ha nessun diritto di darmi dargli ordini, e così anche tu, papà. – Lo guardai ed ero sicura di stargli facendo capire benissimo cosa stavo provando. – Sono venuta qua perché volevo vederti. Sono tua figlia e mi dispiace averti fatto soffrire, non era mia intenzione…
– Pensavo che non fossi in grado di sopportare questo – mi fermò lui. – E allora perché sei qua?
Aggrottai la fronte. – Perché sei mio padre! – esclamai. – Che cazzo di domande fai? Non mi volevi vedere? Bene! Allora dillo! Tira fuori le palle e dimmi quello che pensi, così almeno ci risparmiamo tutte queste discussioni inutili.
– Amore, perché non mi aspetti fuori? – chiese mia madre posandomi una mano sulla spalla.
– Papà? – lo chiamai io scuotendo la spalla, e così mia madre tolse la mano. Le cose tra me e mia madre non erano ancora tornate alla normalità. Non l’avevo ancora perdonata, non del tutto almeno, e lei lo sapeva, ma a volte sembrava sperare che ogni secondo in più che passavamo insieme potesse veramente cambiare le cose. Purtroppo però non era ancora così. Non ero ancora pronta a farmi trattare un’altra volta come prima. Mio padre invece rimase in silenzio. – Papà – ringhiai, ma lui scosse la testa, fece segno alla guardia, che lo prese e se ne andarono insieme. Non potei fare niente, non avevo la forza nemmeno di urlargli contro tutto quello che mi stava passando per la testa.
Corsi da lui, che ormai stava dall’altra parte del muro di grata. – Ti prego – mormorai guardandolo dritto negli occhi. – Ti prego, dimmi che non sei stato tu. – Però lui rimase in silenzio a guardarmi, con le lacrime agli occhi, e poi la guardia lo portò via una volta per tutte. Un’altra invece mi prese e mi fece uscire insieme a mia madre.
Uscimmo senza dire una parola, mia madre faceva finta di non vedere le mie lacrime, che venivano asciugate subito da me, arrabbiata come non mai. Mi fermai di scatto quando vidi Jennifer, Luke e Michael accanto alla macchina di mia madre. Mia madre fece un sorriso forzato ed entro in macchina salutando i ragazzi, poi se ne andò per lasciarci un po’ da soli.
Jennifer fu la prima a venire da me, mi stringe la mano e accennò un sorriso. – Mi dispiace, sono voluti venire insieme a me – sussurrò a voce così bassa che per poco non la sentii. – Come sta? – chiese poi, io scossi la testa e la girai verso quel palazzo che ormai odiavo con tutta me stessa. Iniziai a singhiozzare forte, il mio dolore era quasi fisico e la domanda era solo una: come poteva non volermi vedere?
Sentii le braccia di Jennifer che mi stringevano e gli occhi dei due ragazzi che mi stavano guardando, ma non potevo non piangere. Non potevo. La verità era che non ero pronta a vederlo, come non ero pronta a sentirlo. Ma non sarei mai stata pronta. Nessuno è pronto a una cosa del genere. Nessuno. Puoi essere chiunque, puoi essere la persona più forte di questo mondo, ma la bastonata la ricevi ugualmente. E quel tipo di bastonate non possono essere dimenticate.
Molto lentamente tornammo alla casa sul lago di Cher, perché io ancora non volevo tornare a casa mia. Erano ancora tutti là e mi guardavano come se fossi un fantasma. Il mio umore faceva schifo e così capirono tutti che era meglio lasciarmi stare, anche quando mi misi il costume e andai a farmi un bagno. C’era un silenzio che quasi mi fece calmare del tutto, l’acqua mi bagnava ogni tanto la pancia mentre facevo il morto a galla e quando mi bagnava il viso mi ricordava quello che era successo quella stessa mattina e il mio umore cambiava ancora una volta.
I primi giorni dopo l’arresto di mio padre andavo a dormire piangendo e mi addormentavo pensando a lui, poi quando mi svegliavo stavo bene per i primi secondi, mi sentivo leggera e quasi felice, poi però mi ricordavo quello che era successo e sentivo un peso che prendeva il cuore e lo stomaco. Mi sembrò di essere tornata a quei giorni: mi sentivo esattamente in quel modo.
Chiusi gli occhi sentendo una persona che entrava nel lago, si avvicinò fino a quando non mise le braccia sotto di me e mi fece girare un po’ intorno a lui. Rimasi con gli occhi chiusi e feci un sorrisino compiaciuto sentendo tutto il mondo girare. Quando si fermò però aprii gli occhi per ritrovarmi catapultata in quelli di Luke. – Ti va di parlare? – chiese lui spostandomi una ciocca di capelli dal viso. – È andata così male? – mi chiese poi, quando mi misi in piedi.
– Sì – risposi io guardandolo. – Non mi voleva là – mormorai abbassando lo sguardo. – Non mi voleva parlare. Non mi voleva là.
– Forse è vero – disse accarezzandomi il braccio. – Forse non ti voleva, ma solo perché non voleva che lo vedessi in quello stato, Amelia. – Scossi la testa per fargli capire che si stava sbagliando. – No, ascoltami – esclamò lui prendendomi il viso in modo tale che lo guardassi negli occhi. – Io sono sicuro di quello che sto dicendo. Lo sono. Perché tuo padre ha vissuto diciassette anni insieme a te, ti ha voluto bene, ti ha cresciuta, ti ha dato consigli… Un amore del genere non può semplicemente scomparire, Amelia.
E gli credei. Come potevo non farlo? Aveva ragione. Mio padre mi aveva cresciuta, non poteva semplicemente non volermi più bene. Si vergognava. Si vergognava di essere visto in quello stato dalla sua bambina, che una volta lo guardava come se fosse il suo eroe. Non lo guardavo più in quel modo. E lui se n’era accorto. Non era più il mio eroe, era diventato il cattivo della storia. Ma per qualche motivo era ancora il buono, perché era ancora mio padre, perché mi voleva ancora bene e non voleva che lo vedessi in quello stato perché sapeva quanto mi facesse male farlo.
Lo abbracciai e lui mi strinse a sé con fare quasi protettivo. Sapevo che gli altri stavano dentro e mi sentivo un po’ in colpa per Michael, che solo due sere prima mi aveva confessato di essere quasi invidioso di Luke e che aveva paura che io fossi come una delle ragazze del liceo che provavano qualcosa per Luke e non per Mike.
Non mi aveva più parlato da quella mattina. Si era presentato insieme a Luke e Jennifer, ma non aveva detto una sola parola. Forse si vergognava di quello che era successo, forse c'è l'aveva con me per non avergli detto che sì, era lui la mia scelta. Ma non mi parlava più e basta.
Restammo dentro l'acqua per un altro po’ di tempo, parlammo un po' ma non di mio padre. Il sorriso di Luke riusciva a contagiarmi e quando mi avvicinai per affondare il dito nella sua fossetta, scoppiò a ridere in un modo così bello che poco dopo mi ritrovai a ridere tanto quanto lui.
Poi però si fece più serio e mi guardò dritto negli occhi. La sua espressione era così seria che quasi mi fece paura. – Ho parlato con Mike – mormorò lui sedendosi sulla sabbia. L’acqua lo immerse fino al mento, ma non si mosse, continuò a guardarmi con quella sua espressione seria. – Gli hai detto che quello che sta in galera è il tuo ragazzo. Perché?
– In realtà gli ho solo detto che il mio ragazzo non poteva venire da me – borbottai io. – Poi, in qualche modo, lui è riuscito a capire che non poteva perché stava in galera. Non ho mai confermato la sua teoria, ha fatto tutto da solo.
– Ma non l’hai nemmeno smentita, quella teoria – ribatté lui, infastidito. – Non voglio avere segreti con il mio migliore amico, Amelia.
– Non mi fido di lui – dissi io lanciandogli un’occhiataccia. – Cosa dovrei fare? Andare là e dirgli tutta la mia vita? Sai benissimo che mi sta solo prendendo in giro. E allora perché dovrei dirgli la verità? – Rimane in silenzio per un po’. – Vuoi dirmi che non mi sta prendendo in giro?
– Non lo so – mormorò lui e sembrò stanco. – Ma non ce la faccio a prenderlo per il culo in questo modo. Dovresti capirmi. Si tratta del mio migliore amico e io ci sto in mezzo a questa mezza relazione che avete.
Questa volta rimasi io in silenzio, cercando di pensare a cosa fare e cosa non fare. – Ti capisco e mi dispiace averti messo in questa posizione, ma dovresti capirmi anche tu. Cosa faresti tu, al posto mio? Voglio dire, se una ragazza non facesse altro che prenderti per il culo e tu avessi questo segreto troppo importante, glie lo diresti?
– Il fatto è che lui sembra confuso – bofonchiò lui prima di fare delle bollicine. – Non sono più tanto sicuro che stia solo giocando, con te. Ha lasciato stare Grace per te, nonostante Grace sia una bellissima ragazza e la loro non fosse una vera e proprio relazione. – Scosse la testa e guardò la casa, dove c’erano ancora tutti. – Se è in grado di fare una cosa del genere solo per arrivare a te e continuare a giocare? In realtà non lo so. Non l’ha mai fatto prima d’ora e non capisco perché iniziare proprio adesso con te. – Mi guardò. – Ma non posso  sapere questa cosa e lasciargli credere che quello dentro quella cella è il tuo ragazzo e non tuo padre.
Annuii, anche se questo discorso mi aveva fatto un po’ innervosire, potevo capirlo e dovevo fare qualcosa a riguardo. – Va bene, dammi un altro paio di giorni per capirlo, ok? – chiesi io guardandolo dritto negli occhi per cercare di tradurre ogni singola mossa. Lui annuì, un po’ indeciso. – Grazie – mormorai sorridendogli, poi uscii ed entrammo in casa, dove tutti stavano sorseggiando un po’ d’acqua e parlavano.
Mi sedetti davanti a Michael e lo fissai fino a quando lui non ce la fece più e mi guardò con un espressione infastidita. Alzò le sopracciglia come per chiedermi “che vuoi?” e così io gli feci segno di uscire. Fui la prima a uscire e sentii i passi dietro di Michael, che mi stava raggiungendo.  Mi sedetti sulla sdraio e lui fece la stessa su quella accanto alla mia. – Che succede? – chiese lui con ancora il broncio.
– Perché ce l’hai con me? – chiesi io facendogli un sorrisino innocente.
– Non ce l’ho con te – rispose lui guardandomi. – Sto solo cercando di prendere le distanze da te, è diversa la cosa – aggiunse poi con un tono che mi fece capire che sì, era arrabbiato con me, ma non voleva farmelo capire.
Feci spallucce facendo finta di non esserci rimasta male. – E perché?
– Perché non credo che sia molto consigliato provarci con una ragazza che in realtà prova già qualcosa per qualcun altro, che non sono io – borbottò lui guardandomi male. Era quel tipo di sguardo che ti faceva capire che ce l’aveva con te e che tu molto probabilmente non avresti potuto fare niente per toglierglielo, come non avresti potuto fare niente per fargli cambiare idea.
Sbuffai. – Michael, ne abbiamo già parlato, non provo niente per Luke. È solo un mio amico e…
– No, no – esclamò lui ridendo. – Non sto parlando di Luke, sto parlando di quel tuo ragazzo che sta in galera – disse quindi e sussultai sentendo quella frase. Quella bugia mi si stava rivoltando contro. – Vederti in quello stato… stamattina, mi ha dato la conferma che non sei pronta a lasciarlo andare – mormorò abbassando lo sguardo. – Non lo sei – ripeté guardandomi negli occhi. – E se anche non fosse per lui, allora ci sarebbe Luke. – Feci per parlare quando mi fermò. – Non ci provare! Tu continui a respingermi, Amelia. Mi respingi, ma non fai altrettanto con Luke. Secondo te cosa dovrei pensare a riguardo?
Scossi la testa. – Che mi fido del tuo migliore amico – risposi io guardandolo dritto negli occhi per fargli capire che stavo dicendo la verità. – Che stiamo legando come amici, che mi piace parlare con lui e basta. – Scosse la testa facendomi capire che non mi credeva. – Perché dovrei dirti una bugia? Dopotutto, se fossi stata come tutte le altre ragazze che ti hanno ferito, a quest’ora avrei raggiunto il mio scopo, no? – Rimasi in silenzio a guardarlo, mentre pensava al fatto che avessi ragione, in fin dei conti. – Non puoi chiedermi di scegliere tra te e Luke, Michael, perché è un rapporto del tutto diverso. È il tuo migliore amico, e se provi qualcosa per me allora deve averlo capito anche lui. E tu ti fidi del tuo migliore amico, vero?
– Certo che mi fido del mio migliore amico – ringhiò lui fulminandomi. – Ma l’amore fa fare cose molto stupide.
Scoppiai a ridere. – Non è innamorato di me, Michael – risposi continuando a ridere. – E nemmeno io. Non permettere ad una ragazza di rovinare il tuo rapporto con il tuo migliore amico, ok? – borbottai io. – Mai – ripetei guardandolo dritto negli occhi, anche se durò poco, visto che abbassò quasi subito lo sguardo. Sbuffai e mi convinsi a fare una cosa che la vecchia me non avrebbe mai avuto il coraggio di fare. Mi sedetti sulle sue gambe e posai i piedi sulla sdraio, per poi appoggiare la testa sull’incavo del suo collo. Era molto rigido, non ci voleva tanto a capire che forse avevo appena fatto una cavolata. – Sei tu la mia scelta – mormorai poi.
Sussultò e trattenne il respiro. Sembrò non respirare per un bel po’ di tempo, anche quando alzai il viso, che ormai era alla stessa altezza del suo e ci guardammo dritti negli occhi. Sospirai abbassando lo sguardo verso le sue labbra, che si schiusero subito; accennai un sorriso e poi appoggiai un’altra volta la testa sull’incavo del suo collo. Chiusi gli occhi e presi un bel respiro profondo, sentendo il mio cuore andare ad una velocità pazzesca.
E io sarei quella innamorata di un altro? Mi ero appena scavata la fossa da sola. Ancora non l’amavo, ma ci stavo arrivando così vicino che quasi potevo vedere che alla fine di quella settimana sarei caduta ai suoi piedi senza pensarci più di tanto. Tra una settimana, anzi nemmeno una settimana se ne sarebbe andato e io sarei rimasta qua, con solo i miei ricordi di lui. Ci conveniva iniziare questa specie di relazione? Non era ancora una relazione e molto probabilmente non lo sarebbe mai stata. Come potevamo avere una relazione quando lui abitava così lontano e non si poteva fermare per più di un mese? Non ce la potevamo fare. No, dovevamo andare avanti.
– E… – iniziò, ma dovette schiarirsi la voce. – E con quel ragazzo?
Feci spallucce – Lascia fare a me – risposi io guardandolo un’altra volta. – Oggi è stato molto… freddo e voleva che me andassi, quindi immagino che sia semplicemente finita – borbottai guardando il lago. Era così brutto trasformare mio padre in un ragazzo. Mi faceva quasi sentire in colpa, ma che avrei dovuto fare? Dirgli subito la verità? Secondo Luke sì, ma era normale, dopotutto era il suo migliore amico, quello a cui stavo mentendo. Prima o poi glie l’avrei detto, ma sapevo che a quel punto lui si sarebbe arrabbiato molto con me, forse fino a chiudere questa strana relazione. Quindi, pensai, glie lo dirò quando se ne andrà.
– Freddo o no, tu provi ancora qualcosa per lui, Amelia – ribatté lui irrigidendosi. Mi fece allontanare un po’ e mi prese il viso tra le sue mani. – Preferisco aspettare che il tuo amore per lui sfumi, che sbrigarmi a stare con te quando pensi ancora a lui.
Cosa potevo fare? Cosa potevo dire? Come potevo fargli capire che era lui, quel ragazzo per cui stavo iniziando a provare un qualcosa. Un qualcosa che, in quel momento, poteva solo accrescere e non diminuire. In quel momento ero convinta che questo sentimento che provavo per lui non si sarebbe mai affievolito, nemmeno una volta che se ne fosse andato, non da quando l’avevo conosciuto. – Michael, non inizierei mai una specie di relazione sapendo che provo ancora qualcosa per un mio ex – me ne uscii quindi.
– E allora perché sta mattina ti sei massa a piangere in quel modo? – chiese lui. – Perché quando ti chiama tu stai così male? – chiese ancora. Scosse la testa con la fronte aggrottata, confuso. – Cosa mi stai nascondendo, Amelia?
Sussultai e lui se ne accorse subito, la sua espressione si fece sempre più seria e amareggiata e forse anche più arrabbiata. – Niente, non ti sto nascondendo niente – bofonchiai cercando di non abbassare lo sguardo, perché, si sa, quando una persona abbassa lo sguardo e abbassa il tono di voce significa che sta mentendo.
– Sì, c’è qualcos’altro – ringhiò lui, stufo. – Dimmi cos’è – aggiunse poi. – Se vogliamo cercare di avere una relazione dobbiamo assolutamente essere sinceri l’uno con l’altra.
– E lo sono! – esclamai io, ma ancora non ce la facevo ad alzare lo sguardo su di lui.
– No, non lo sei! – ribatté lui, mi fece alzare e poco dopo mi raggiunse. Mi guardò duramente, mentre io non riuscivo a guardarlo per più di cinque minuti. – Luke sa cos’è questa cosa?
Oddio, stava mettendo in mezzo Luke! Il mio incubo – e anche quello di Luke – si stava avverando e non potevo fare niente per non farlo accadere. – Michael, Luke non sa niente perché non c’è niente da sapere – borbottai io guardandolo. Riuscii a farlo perché una parte di me era sicura al cento per cento di quello che stava dicendo, perché Luke non sapeva niente di più… se non che quel ragazzo non fosse un ragazzo ma un uomo. E l’altra parte? L’altra parte aveva messo da parte tutto per cercare di rimanere in vita.
– Quindi se io adesso andassi da lui e gli chiedessi di dirmi tutto quello che gli hai detto, lui mi direbbe le stesse, identiche cose che so io? – chiese lui seriamente ed io dovetti rimanere in silenzio. Abbassai lo sguardo e stavo iniziando a sudare. – Esattamente – ringhiò lui, si girò e se ne andò dentro.
Rimasi in silenzio, mi misi le mani nei capelli e dovetti reprimere un urlo. Arrabbiata, andai da lui e prima che riuscisse ad entrare nella casa, lo presi per il braccio e così si girò verso di me. – Per favore – mormorai io guardandolo dritto negli occhi. – Devi fidarti di me. Devi fidarti e mi devi credere quando ti dico che devi solo far passare un po’ di tempo. – Rimasi un po’ in silenzio a guardarlo. – Devi darmi un po’ di tempo, Michael. Ne ho bisogno. Se tieni veramente a me, allora devi aspettarmi e non trovare le risposte da qualcun altro. Come credi che si sentirebbe Luke se tu lo mettessi in mezzo? Male! – Feci un respiro profondo. – Devi solo… avere un po’ di pazienza.
Non disse niente per un po’, non mi guardava più ormai, guardava solo il lago con la mascella rigida. – E va bene! – esclamò lui. – Ma prima o poi anche tu dovrai fidarti di me, Amelia. Non c’è relazione senza fiducia e io non ho intenzione d’iniziare niente con te fino a quando tu non mi dirai cosa c’è che ti fa tanto male.
Annuii. – Va bene – risposi io accennandogli un sorriso.
Stavamo iniziando a comunicare. Stavamo iniziando ad avvicinarci. Avevamo appena stretto un patto, ma senza carte in mezzo. Tutto quello che stava succedendo… stava diventando la mia condanna a morte. Ma io ancora non lo sapevo.

Angolo Autrice:
Buonasera! In qualche modo riesco sempre ad andare avanti, spero che anche questo capitolo non faccia tanto schifo, ma anche se da una parte non mi vengono delle idee decenti... l'altra parte di me mi chiede in ginocchio di continuare questa storia ed io non riesco a dirle di no!
Spero di non aver fatto molti errori, domani lo rileggerò e lo correggerò ma adesso purtroppo devo proprio andare. Vi chiedo come sempre di recensire per farmi sapere cosa ne pensate del capitolo e dei personaggi.
Un bacio e al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 11
*** Complicazioni ***


Capitolo 10
Complicazioni
 
Restammo al lago per altri due giorni, partecipammo ad una festa molto divertente e ridemmo molto. Le cose tra me e Michael alla fine non cambiarono quasi per niente, ogni tanto lui continuava a prendermi in giro e soprattutto si avvicinava a Grace e iniziavano a parlare e a toccarsi un po’ troppo per i miei gusti. Ma non volevo dargli la soddisfazione, quindi ogni volta rimanevo in silenzio e facevo di tutto per non guardarli, anche se ogni tanto non potevo farne a meno. Luke li guardava ogni singola volta e non sembrava mai molto felice del comportamento dell’amico, ma alla fine non diceva niente ed era meglio così.
In fin dei conti non c’eravamo avvicinati poi così tanto, a volte ci guardavamo e sorridevamo un po’ più del solito, ma ogni tanto aveva ancora quello sguardo e quel sorriso che mi faceva pensare che forse mi stava ancora prendendo in giro, che per lui fosse ancora tutto un gioco. La notte, quando tutti dormivano, c’incontravamo in salone e iniziavamo a parlare, a scherzare e ogni tanto ci guardavamo dei film, fino a quando non eravamo troppo stanchi addirittura per non chiudere gli occhi. A quel punto ci salutavamo e andavamo a dormire nelle nostre rispettive camere.
Il giorno in cui tornammo a casa era il giorno prima dell’udienza di mio padre. Ero ormai maggiorenne, quindi sarei potuta andare e per la prima volta non mi avrebbero potuto fare storie, ma ero molto indecisa. Soprattutto perché, dal silenzio di mio padre quando gli avevo chiesto se era stato lui, mi sembrava pure abbastanza inutile. Però rimaneva mio padre.
Mi svegliai già agitata, scesi giù e feci colazione in silenzio, con la gamba che sembrava non voler stare ferma nemmeno quando Ash e Calum vennero in cucina e si prepararono la propria colazione. – Tutto bene, Amelia? – chiese Ash con le sopracciglia aggrottate. – Ti vedo un po’… agitata.
Annuii. – Sono solo un po’ nervosa – borbottai io prima di mangiarmi un biscotto. – Appena arriverò a casa dovrò parlare una volta per tutte con mia madre e non so bene come andrà a finire. – Ed era vero: ero nervosa anche perché sicuramente mia madre avrebbe fatto di tutto, pure rinchiudermi dentro casa, pur di parlare di noi e forse ero pronta, ma non lo ero altrettanto quando si trattava di far tornare tutto alla normalità.
Ash si sedette accanto a me e mi sorrise dolcemente. – Sai vero che per qualsiasi cosa puoi comunque dormire con uno di noi, in albergo, vero? – chiese lui  stringendomi un po’ la mano che stavo tenendo sul tavolo.
– Grazie – mormorai sorridendogli. – Ma spero non ci sia bisogno. Io e mia madre dobbiamo solo parlare. Sta cercando di farsi perdonare e sono sicura che ci riuscirà. C’è solo bisogno un po’ di tempo e… infondo mi manca vederla e mi manca vedere anche Jason.  – Sarebbe stato complicato, lo sapevo, ma dopotutto era mia madre e non mi ero resa conto quanto stesse male per mia madre fino a quando non aveva perso il controllo. E per lei perdere il controllo era una cosa inconcepibile.
– Comunque lo sai – intervenne Calum sorridendomi, mentre si versava un po’ di caffè. – Non ti devi fare problemi. – Annuii e sorrisi anche a lui, che arrossì un po’.
Poco dopo entrò Michael, non del tutto sveglio, che andò a sbattere contro lo spigolo del tavolo. Sussultò e chiuse gli occhi per cercare di non imprecare, a quel punto socchiuse gli occhi e ricominciò ad essere lo stesso zombie di pochi secondi prima. Cercò praticamente a tentoni il caffè, che riuscì a prendere solo grazie a Calum, che gli passò il tutto. A quel punto si scottò facendo cadere sul bancone da lavoro un po’ di caffè e imprecò sul serio.
Ashton rise. – Buongiorno anche a te, Michael – esclamò sorseggiando il suo caffè. – Ti conviene aprire bene gli occhi, perché ti manca solo il passo sbagliato per cadere a terra. – Ridacchiai guardando Ash, che mi sorrise, soddisfatto, mentre Calum continuava a godersi la scena da pochi centimetri di distanza.
Michael rispose alzando il dito medio contro Ash, che accennò ad una risata un po’ sommessa, e a quel punto si sedette proprio davanti a me, con gli occhi a malapena aperti. – Mi fa piacere che le mie disgrazie vi divertano così tanto – bofonchiò poi, prima di bere un sorso del caffè, con il quale si scottò. – Fanculo! – sbottò lasciando andare il caffè, se ne andò dalla cucina e salì le scale.
– Qualcuno oggi è di cattivo umore – borbottò Ashton guardando Calum con le sopracciglia aggrottate.
– Sì, in realtà già ieri sera era strano – aggiunsi io guardando le scale, pronta a vederlo comparire un’altra volta. Ma non successe, non in quel momento almeno. Nessuno sapeva che gli fosse preso, o almeno così mi avevano fatto capire, ma lo sguardo preoccupato di Calum mi fece capire che lui sapeva qualcosa che noi non sapevamo. Anche Ashton lo capì e per questo iniziò a fissare Calum, per fargli sputare l’osso, ma lui scosse la testa e Ashton finì. Non glie lo voleva dire perché c’ero io. – Mmm… vado a portare le mie cose in macchina – dissi quindi alzandomi dalla sedia.
Salii di sopra per prendere la mia valigia, la porta di una camera si aprii e così mi voltai subito, sperando si trattasse di Michael, ma uscì Grace, che si fermò vedendomi e mi sorrise un po’. Ricambiai il sorriso e a quel punto abbassò lo sguardo, sembrava un po’ triste, e a quel punto scese con la sua enorme borsa. Il mio sorriso scomparse del tutto quando poco dopo uscì dalla stessa stanza anche Michael. Sapevo che condividevano ancora la stessa camera, Luke invece era venuto da me, ma c’era qualcosa nello sguardo di Michael che mi fece capire che c’era qualcosa che non andava.
Entrai in camera mia lasciandomeli alle spalle, Luke stava mettendo apposto le sue ultime cose quando si girò verso di me. – Allora, ti serve una mano a portare giù tutte queste borse? – chiese Luke alzandosi da terra sorridendomi, poco dopo però smise subito. – Che succede?
Scossi la testa con la fronte aggrottata. – È solo che… oggi sono tutti un po’ strani – borbottai io guardandolo. Arrossì subito. – E anche tu – aggiunsi poi avvicinandomi. – È successo qualcosa? – chiesi io guardandolo, mentre lui faceva di tutto per non farlo. – Perché tutti sembrano sapere di cosa si tratta tranne la sottoscritta?! Addirittura Grace sembra sapere di più di me!
– Non è una cosa che spetta a me dire – bofonchiò lui abbassando lo sguardo. – Non riguarda me e…
– Riguarda Michael – esclamai io e non potei crederci. Io e Michael stavamo cercando di vederci al dì là dell’amicizia, ma forse non aveva capito che questo non implicava il fatto che non poteva più dirmi le sue cose. Non che l’avesse mai fatto, ma forse era ora d’iniziare, no? – Riguarda Michael e lo sa Grace, ma non lo so io!
– Credo che tu e Michael dovreste veramente chiarire tutta la faccenda – aggiunse poi, un po’ in imbarazzo. – Ci sono cose che lui non capisce e cose che tu non capisci. Dovete veramente cercare di aprirvi l’uno con l’altra, perché sono veramente stufo di essere messo in mezzo – ringhiò lui prima di andarsene con la sua valigia. Lo guardai scendere giù, arrabbiato come non l’avevo mai visto e mi sentii male, perché in realtà pensavo che avessimo trovato l’equilibrio necessario per non mettere in mezzo Luke, ma a quanto pare mi ero sbagliata.
Poco dopo scesi anch’io con le mie borse giganti e pesanti, Ashton e Calum le presero e le misero dentro la macchina senza pensarci due volte. Entrammo tutti in macchina e pregammo anche questa volta che nessuno ci fermasse, perché eravamo veramente in troppi, anche se quella macchina era veramente enorme. Il viaggio fu più imbarazzante di quello precedente. Michael sembrava veramente nervoso, Grace guardava fuori dal finestrino e a volte tirava su con il naso, Luke era arrabbiato e tutti gli altri non sapevano come affrontare il tutto.
Quando Cher si fermò davanti l’albergo, dove c’erano ancora delle fan, guardai prima Luke, che però non mi degnò di uno sguardo e poi Michael, che invece di guardare me guardò Grace, con una faccia altrettanto greve. – Grace, puoi venire su con noi, per favore? – chiese Michael e sentii tutto il mio mondo cadermi addosso con un dolore allucinante. Guardai Michael e lui sembrò notarmi solo a quel punto, sussultò e poi abbasso lo sguardo, per poi uscire insieme a Grace e gli altri.
– Amelia… – iniziò Jennifer, ma non le detti il tempo d’iniziare che esclamai: – Sta scherzando, spero! – E sperai per lui che fosse così, perché mi stava veramente facendo infuriare. Non poteva semplicemente cambiare idea e non dirmelo, non poteva cambiare prima me con Grace e poi Grace con me. Non poteva. Non poteva avere tutto questo potere.
 Entrai in casa con ancora la faccia rossa a causa della rabbia. Non potevo fare a meno di pensarci, Michael non poteva averlo fatto ed io non potevo averlo permesso. La sera precedente doveva essere successo qualcosa, ma cosa?
– Jason, sei tu? – chiese mia madre, ma si fermò di scatto vedendomi. – Ciao, amore – mormorò lei sorridendomi dolcemente. – Sei tornata a casa?
– Per ora credo di sì – risposi io andando di sopra per posare le borse, la sentii dietro di me, mentre mi seguiva, pronta a parlare; così mi sedetti sul letto e aspettai che iniziasse, ma non lo fece. – Cosa c’è, mamma?
– Mi dispiace davvero – ribatté lei con un tono fermo, il suo orgoglio era di nuovo all’opera. – Voglio che tu lo sappia. Voglio che tu sappia che sono stata male per tuo padre, come purtroppo lo sono tutt’ora. Saperlo là dentro non mi dà tregua, così tanto che ogni tanto Jason non sa se sono ancora innamorata di tuo padre o di lui. – Fece un sospiro. – Ma amo Jason, Amelia, e mi dispiace che questo ti faccia soffrire così tanto. Ma Jason non ha fatto niente, si è sempre comportato molto bene con te, non ha mai cercato di entrare a forza nella tua vita e soprattutto non ha mai cercato di essere un padre per te. Sa benissimo che non potrà esserlo, non quando tuo padre non può essere altrettanto contro il suo volere.
– Lo so che mi vuole bene, mamma – dissi io. – Non sono stupida. È un brav’uomo, ma resta il fatto che è ancora difficile per me vederlo in giro per casa, soprattutto quando mi chiama papà. E tu non avevi nessun diritto di chiamarlo e dirgli di non chiamarmi più, mamma.
– Ce l’avevo eccome! – esclamò lei, ma con ancora un tono fermo e abbastanza calmo. – Ce l’ho, se mia figlia cambia completamente solo a causa di una sua chiamata. Ce l’ho, se mia figlia ogni volta che riceve quella chiamata torna a casa con ancora i segni della sbornia addosso. Ce l’ho eccome, signorina, perché sono tua madre e una madre non può far finta a lungo di una cosa così seria.
– Avresti dovuto lasciarmi fare e basta – borbottai io abbassando lo sguardo, perché in realtà non mi ero mai accorta di far vedere così tanto i miei post-sbornia.  
– Vogliamo litigare un’altra volta? – chiese mia madre. – No, dimmelo, perché così mi preparo – aggiunse lei quando la guardai male.
Sentii la porta principale sbattere, poco dopo Jason spuntò e smise di sorridere come un cretino quando mi vide. – Amelia, ciao – esclamò poi entrando del tutto nella mia stanza. – Com’è andata la mini-vacanza? Ti sei divertita?
Annuii. – Sì, è stata diversa dal solito. I genitori di Cher hanno veramente una bellissima casa là e devo dire che è pure abbastanza vicina al paesino, quindi è anche comoda.
– E con Michael come va? – chiese poi annuendo. Rimasi in silenzio e abbassai lo sguardo, così capì. – Capisco. Bé, non preoccuparti, si vede che non ti merita.
Ero così stufa di sentire frase del genere. Tanto valeva che ti scrivevano un cartellone con su scritto “SEMBRO UNA PSICOPATICA E QUINDI TUTTI MI STANNO ALLA LARGA, VI CONVIENE FARE LA STESSA COSA” per poi appenderlo con un laccio sul collo. – Già, bé, lasciamo stare – borbottai quindi, perché solo il pensiero che in quel momento Michael e Grace fossero nella stessa stanza mi faceva venire il mal di stomaco.
– Che strano, sembrava un bravo ragazzo – mormorò mia madre soprappensiero.
Mi trattenni dallo scoppiare a ridere. Michael era bravo solo quando sapeva di non poter fare altrimenti. Era uno di quei ragazzi che sembravano sfigati, ma che infondo se la passavano meglio di tutta la mia famiglia messa insieme e poi faceva casini su casini, solo perché poteva farlo. Eppure era intelligente, quando voleva. Doveva essere successo qualcosa il giorno precedente, perché da quel momento era diventato ancora più freddo, ma non riuscivo bene a capire cosa. C’entrava Grace, perché sennò non l’avrebbe chiamata e non sarebbe salita con loro. Chissà perché, aveva chiamato solo lei e non Cher e Jennifer.
– Anche preso da te, veramente – s’intromise Jason nella conversazione a senso unico di mia madre. – Insomma, un ragazzo non va a casa di una ragazza solo perché non ha niente da fare. Deve esserci qualcos’altro sotto.
Scoppiai a ridere. – Sì, il suo scopo era quello di rendere la mia vita un inferno – bofonchiai mettendomi indietro i capelli. Eppure quello che mi stava facendo passare era un bell’inferno. Eppure no, forse il suo scopo era quello di farmi innamorare di lui una volta per tutte e poi scaricarmi per Grace, tanto per avere la conferma di avere il potere su persone come me.
Rimasi un altro po’ a parlare con mia madre, decidemmo di andare a comprare una camicia per l’udienza del giorno successivo, perché – avevamo deciso – ci sarei andata anch’io e mio padre infondo ne sarebbe stato felice. Luke aveva ragione, mia madre mi aveva raccontato di aver parlato con mio padre. – Tuo padre ti vuole davvero tanto bene e sapere che tu stai in questo stato per colpa sua lo uccide. Non vuole che tu vada là, è un brutto posto e sei ancora troppo piccola per vivere una cosa del genere – mi disse, mentre controllavamo dei jeans scuri e lunghi per il giorno dopo.
– Mamma, piccola o no, questa cosa non è successa solo a papà o solo a voi due, è successa anche a me ed è inutile tapparmi le orecchie e gli occhi – ribattei io scuotendo la testa e facendo ammutolire mia madre. Sapeva che avevo ragione, era inutile fare finta di niente: mio padre era stato arrestato e niente e nessuno avrebbe più cancellato quel giorno. Nessuno poteva fare finta di niente, nessuno poteva cercare di non farmelo ricordare, perché era e sarebbe sempre stato un pensiero fisso nella mia testa. Cose del genere non si possono dimenticare, nemmeno dopo anni, e mio padre ne avrebbe sofferto per sempre. Non si va mai veramente avanti dopo una cosa del genere. La vita ti sembra completamente diversa, come rivoltata, e soprattutto a chi è stato dentro. Alla fine i familiari sono solo angosciati e tristi, ma chi sta là dentro? Potrebbe impazzire.
Mio padre inoltre non era mai stato nemmeno un uomo forte, era mia madre quella forte.
 
Dopo cena controllai per la cinquantesima volta il cellulare, ma Michael non mi aveva chiamato nemmeno nell’ultimo minuto, così sbuffai e buttai sul letto il cellulare sperando che non cadesse a terra, cosa che non fece. Mi buttai sul letto,  proprio accanto al cellulare e rimasi a pensare un po’, fino a quando non guardai il numero di Luke. Dovevo almeno cercare di parlare e chiarire la situazione con lui, ma non potevo farlo senza parlare prima con Michael, visto che era lui il problema.
Così mi decisi a chiamare Michael, che rispose proprio quando stava per partire la segreteria. – Amelia, dimmi – sbuffò lui, facendomi incazzare ancora di più.
– Mi puoi spiegare? – chiesi io.
Rimase in silenzio per un po’. – Amelia, credo proprio sia meglio lasciar perdere tutto – se ne uscì a quel punto.
Mi sentii male. – Ah – risposi quindi. Aveva scelto Grace. – Va bene – aggiunsi poi, prima di attaccare. Non potevo  stare un secondo di più, al telefono con quel cretino. Guardai il cellulare per un po’, per alcuni secondi non provai niente, vuoto totale, poi tutte le emozioni mi sommersero facendomi scoppiare a piangere.
Uscii di casa una volta calmata, non sembrava che avessi pianto quindi non mi feci problemi ad entrare in albergo. Sorrisi al receptionist, che alzò gli occhi al cielo vedendomi, e me ne andai di sopra senza aggiungere niente. Bussai alla porta di Luke, che mi aprì pochi secondi dopo. – Amelia, che ci fai qua? – chiese, ed era ancora arrabbiato.
– Mi dispiace – risposi io. – Mi dispiace averti messo in mezzo, non era mia intenzione. In realtà non me ne sono nemmeno accorta e mi dispiace. Ti voglio bene, Luke, mi sono affezionata a te come non mai e mi dispiace chiudere tutto qua solo perché non riesco a parlare con Michael. Tra me e lui non c’è niente, è finita e non è nemmeno iniziata, ma so di potermi fidare di te e se solo…
– Amelia, calmati – esclamò lui ridendo. – Vieni, entra – aggiunse facendosi da parte, entrai senza dire niente e mi sedetti sulla poltrona. – Hai parlato con Michael?
– Non più di tanto – risposi io facendo spallucce. – Lui mi ha detto che era meglio lasciar perdere tutto e così gli ho detto che andava bene e la conversazione è finita. Ma non parliamo più di lui, non voglio più parlare di lui con te.
– Sai che domani ceneremo tutti in un ristorante italiano per conoscere meglio questa ragazza con cui sta uscendo Ashton? – chiese quindi sedendosi sul letto. – Ce l’ha fatta conoscere solo di sfuggita, la tiene sempre abbastanza lontana da noi e non sappiamo perché. È uscito con altre ragazze, ma non si era mai comportato così con loro.
Feci spallucce. – Ho parlato un po’ con lui e a quanto pare lei ha qualche problemi con la sua… popolarità, diciamo – dissi io. – Forse la fa sentire a disagio e lui l’ha capito, quindi cerca di tenerla lontano da tutto questo giro.
– Il fatto è che è una modella! – esclamò scuotendo la testa. – Alle modelle non dovrebbe piacere la popolarità? – chiese aggrottando le sopracciglia. – Io non lo capisco! Voglio dire, magari non sono proprio bravo con le ragazze… ma non è un po’ troppo ossessivo?
– È solo nervoso – risposi ridendo. Andai da lui e gli strinsi la mano continuando a ridere. – Vedrai che con il tempo si calmerà un po’. Dopotutto, domani uscite insieme, no? Non è un gran bel passo anche questo? Dagli un po’ di tempo, vedrai che si scioglierà. A quanto pare questa ragazza gli piace davvero tanto.
– Forse troppo – ringhiò Luke a bassa voce. – Non fa altro che stare al telefono con lei. Quando non si chiamano, si mandano messaggi, e quando non fanno una delle due cose è perché stanno insieme, nascosti da qualche parte. – Scosse la testa. – Non lo sta cambiando, o almeno spero di no, però è più strano… A volte sembra quasi che si vergogni di avere delle fan che lo adorano così tanto, ma so che non è così!
– Dagli un po’ di tempo e basta, Luke – ripetei io. – Vedrai che tra un po’ si abituerà a tutto e smetterà di nascondersi. Deve solo trovare il suo equilibrio, ed è una cosa difficile da trovare per me, figurati per lui che è un componente di una band famosa!
Annuì. – Sì, forse è così. Spero solo che non gli venga in mente di lasciarci solo perché a lei non sta bene la vita che fa.
Mi trattenni dallo scoppiare a ridere e lui ci fece caso. – Stai scherzando, vero? – chiesi. – Lui non lascerebbe mai e poi mai la band solo per una ragazza. Oh, e dai! Ci dovrebbe essere tipo un regolamento delle band e questa dovrebbe essere una delle prime regole! Mai lasciare la band per una ragazza. E lui lo sa benissimo.
– Molto probabilmente hai ragione, ma ho comunque paura – borbottò lui abbassando lo sguardo, un po’ in imbarazzo per aver ammesso una cosa del genere. Forse Luke era anche un po’ invidioso di Ashton, dopotutto lui non aveva mai provato una cosa abbastanza forte per una ragazza.
– Luke, hai mai amato? – chiesi quindi.
– No – rispose lui facendo spallucce. Non era imbarazzato, non era successo e basta e non era una cosa di cui vergognarsi. E mi piaceva anche per questo. – No, è una cosa un po’ difficile per noi. Soprattutto per me, che sono il più piccolo della band e tutti mi guardano come un cucciolo smarrito. – Rise abbassando lo sguardo. – Sono un po’ un inguaribile romantico. A volte, durante i concerti, incontro una bella ragazza e ci penso per tutta la notte, ma è una cosa un po’ impossibile e mi succede praticamente a tutti i concerti. – Ridemmo insieme per un po’. – Non ho fretta, so benissimo che prima o poi succederà e sinceramente più tardi è meglio è. Dopotutto è difficile per quelli come noi avere delle relazioni.
Annuii, non potevo che dargli ragione. – Immagino.
– Tu invece? – chiese guardandomi. – Sei mai stata innamorata?
Bella domanda. Anche se non volevo ammetterlo, anch’io ero un’inguaribile romantica, e più volte mi ero infatuata delle persone sbagliate. Ma non credevo di essermi mai veramente innamorata. C’era stato Finn, sì, ma la nostra era stata una storia un po’ strana e ci tenevo molto a lui… ma addirittura amarlo? Non ne ero mai stata sicura e questo Finn lo sapeva. Forse era pure per questo che aveva continuato a stare insieme a me: voleva riuscirci e quelli come lui di solito ci riuscivano, ma non con me. – No, non credo – risposi allora. – Non sono stata con molti ragazzi, più o meno due o tre, se vogliamo aggiungere un ragazzo con cui sono stata più o meno due settimane. – Accennammo una risata. – Però non credo di essermi mai innamorata veramente. Voglio dire, non ho mai provato quell’amore che ti fa stare incollata al cellulare ventiquattro ore su ventiquattro, o che se non lo vedi tipo dopo un po’ di ore ti senti male.
Rise. – Ho sempre odiato quelle relazioni. Troppo appiccicose.
– Già, anch’io – esclamai ridendo. – Insomma, posso capire che vi amate, ma stare tutti i giorni a tutte le ore insieme non vi sembra eccessivo? Sarà che io sono una tipa abbastanza solitaria.
– Si vede – disse Luke abbozzando un sorriso. – Forse è anche per questo che Michael aveva messo gli occhi su di te. Lui ha uno strano potere sulle ragazze solitarie. Dopotutto anche lui lo è.
Michael solitario? Un po’ ce lo vedevo, anche se tutte le volte che l’avevo visto era in compagnia di almeno uno dei suoi migliori amici. Ma non volevo parlare di Michael, non potevo farcela, non ancora almeno. Guardai il cellulare per controllare l’ora. – Dovrei proprio andare – mormorai io guardandolo. – Domani mattina ho l’udienza di mio padre ed è uno dei primi, quindi mi devo svegliare presto, anche perché il tribunale è pure lontano.
– Dopo ti vengo a prendere a casa? – propose Luke facendo spallucce. – Andiamo a bere qualcosa con tutti e cerco di distrarti un po’.
Sorrisi dolcemente. – Mi servirebbe una distrazione chiamata vodka e un’altra chiamata ragazzo.
Rise. – Vedremo come fare, non credo siano cose difficili da trovare.
Lo avvertii che mi andavo a fumare una sigaretta e uscii al balcone. L’accesi e chiusi gli occhi sentendo tutto il mio corpo rilassarsi. Era una cosa che in realtà non stava succedendo, era ormai risaputo che fosse tutta una cosa di testa. In realtà ero solo un’altra drogata di nicotina. Girai la testa verso destra, perché in cuor mio sapevo di voler vedere Michael, e sussultai quando lo vidi. Aveva tutti i capelli spettinati, ancora di più del solito, e continuava a passarsi una mano davanti al viso, sembrava molto stressato. Sussultai un’altra volta quando si accorse di me, ma non mi aveva ancora riconosciuto, perché nonostante la luce della camera era comunque tardi. Ma quando spalancò gli occhi capii che mi aveva riconosciuta, così spensi la sigaretta e mi gettai praticamente in camera.
– Che succede? – chiese Luke, confuso.
– Michael mi ha vista – mormorai io cercando un nascondino perfetto, guardai l’armadio e tentai di entrare là dentro, ma ero un po’ troppo grande per entrarci. Guardai sotto il letto e feci per andare là sotto, quando la porta si spalancò. Per qualche secondo cercai comunque di nascondermi dal letto, ma capii dallo sguardo preoccupato di Luke che ormai la cosa era fatta. Quindi sbuffai e mi alzai da terra, tolsi della finta sporcizia dai miei jeans e poi alzai lo sguardo su Michael. Le mie labbra diventarono una fessura e alzai una mano a mo’ di saluto.
Michael e Luke rimasero in silenzio per un po’, Luke doveva aver capito che in realtà Michael era tipo geloso di lui, perché il suo sguardo sembrava come colpevole, ma Michael era la stanchezza in persona e metteva pure un po’ in soggezione. – Stavamo parlando di Ashton e la ragazza – disse Luke e la sua sembrava tanto una giustifica a qualcosa irrilevante.
– Ah sì? – chiese Michael guardando prima me e poi Luke. Mi correggo, non metteva un po’ a disagio, metteva proprio a disagio.
– Si è fatto tardi! – esclamai facendo finta di vedere un orologio che in realtà non avevo. – Devo proprio andare – aggiunsi quindi sorridendo. – Ci vediamo!
Uscii dalla camera quasi correndo, ma ovviamente a Michael non gli andava bene. – Amelia, aspetta – disse con un tono piatto. Mi girai con un sorriso falsissimo e lo guardai. – Mi dispiace per prima – mormorò abbassando lo sguardo.
– Tranquillo, non fa niente – esclamai, ma sapevamo entrambi che era una bugia. – Però ora devo veramente andare.
– Da quant’è che fumi? – se ne uscì lui.
Rimasi zitta per un po’ e poi non ce la feci più e scoppiai a ridere. – Davvero mi stai chiedendo da quant’è che fumo? – chiesi io facendolo arrossire un po’. Sbuffai sentendomi in colpa. – Avevo già provato  in primo liceo, come tutti gli adolescenti dopotutto, ma ho iniziato un anno fa… poi ho cercato di smettere, ma a quanto pare è un po’ impossibile.
– Oh – disse lui continuando a tenere lo sguardo a terra. – Mi dispiace veramente però.
– Non devi – ribattei io. – Però devo veramente andare.
– Potresti smettere di ripeterlo? – sbottò lui alzando la voce. – Sto cercando di parlarti sul serio dopo quella che mi sembra un’eternità e tu non fai altro che ripetere che te ne devi andare!
– Cosa mi devi dire?! – alzai la voce. – Non c’è niente da dire. Non vuoi stare con me. Perché cazzo devi continuare a mettere il dito nella piaga, Michael?! Perché invece non mi lasci andare avanti e lasciarti alle spalle? Perché vuoi farmi del male a tutti i costi? Eh? – scoppiai io. – Non vuoi stare con me. Va bene! Ma perché dopo devi tornare ogni singola volta?! Cos’hai in quella mente malata? Cos’ho di così brutto che ti spinge a continuare…
– Grace pensa di essere incinta.

Angolo Autrice:
Bum! Bella notizia, eh? 
Mi dispiace aver pubblicato un capitolo dopo così tanto tempo, ma purtroppo ho la testa un po' incasinata ahahah.
Vi chiedo come sempre di recensire per farmi sapere cosa pensate del capitolo e dei personaggi, e mi scuso per eventuali errori. Non so tra quanto pubblicherò un altro capitolo, ma credo di riuscire a farlo entro una settimana.
Vi ringrazio per aver letto anche questo capitolo e niente... un bacio e al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 12
*** Sfoghi di una vita ***


Capitolo 11
Sfoghi di una vita
 
Credo ci siano varie fasi che una persona deve affrontare per credere ad una notizia schifosa e quasi impossibile. Ormai l’ho capito. La prima è l’incredulità, tu continui a pensare “no, non è possibile”, la seconda nel mio caso è la risata isterica, la terza è la rabbia e la quarta è la disperazione. Queste due ultime fasi a volte però si possono invertire, questo dipende da persona a persona.
A me capitò esattamente in quel modo. La prima fase si sviluppò mentre lo guardavo dritto negli occhi, nella mia testa continuavo a ripetere “no, non è vero, non è possibile”; la seconda fase fu molto lunga, Michael continuò a guardarmi come una pazza durante l’intera risata, indeciso se darsela a gambe o scoppiare a ridere insieme a me; le ultime due però durarono mille volte di più. Sapevo benissimo come reagivo, ormai mi conoscevo fin troppo bene, così mi girai, pronta ad andarmene, ma Michael mi girò e in quel momento si sentì lo schiocco dello schiaffo che prendeva in pieno la sua guancia. Ormai davanti a lui, iniziai a spingerlo con tanta forza, così tanta che iniziò ad indietreggiare. – Fai schifo – continuai a ripetere per veramente troppo tempo. Cercò di afferrarmi le mani, ma non ci riuscì, e proprio quando credette di esserci riuscito gli detti un altro schiaffo. – Fai schifo! – urlai io allontanandomi da lui, perché iniziò l’ultima fase: la disperazione.
Ormai lui era appoggiato alla parete, troppo spaventato da me per muoversi. Iniziai a singhiozzare, ma singhiozzare veramente forte. Mi misi le mani davanti la bocca per cercare di fare meno rumore, ma era inutile. Tutti dovevano sapere che quel ragazzo mi aveva appena spalancato il cuore, messo una bomba dentro, ricucito e poi aspettato che esplodesse. Tutti dovevano saperlo, anche lui. – Oh, mio Dio – esclamai continuando a singhiozzare come una disperata.
– Amelia, mi dispiace – mormorò lui, ma dalla sua espressione capì che era più dispiaciuto per lui che per me.
Quando poi provò a toccarmi la spalla persi completamente il controllo del mio corpo. Iniziai a tirargli pugni contro il petto, lo stomaco, dovunque; a volte, se mi sentivo particolarmente ispirata, aggiungevo anche degli schiaffi. – Non mi devi toccare – ringhiai più volte io. – Schifoso marmocchio che non sei altro!
Tutti i ragazzi dovettero uscire, perché non davo segni di demordere e Michael non cercava più nemmeno di fermarmi, sembrava come in uno stato di trance e io me ne approfittai per dargliene ancora di più. Le ultime due fasi si erano come coalizzate, formandone forse una tutta nuova.
– Amelia, smettila subito! – urlò Luke staccandomi a forza. – Smettila, porca puttana! – Mi strinse in un abbraccio così forte che non riuscii a respirare, ma era una bella sensazione, perché in quel modo non pensai a nient’altro, se non al mio respiro affaticato e quasi inesistente. – Ti sei impazzita, per caso? – chiese guardandomi dritta negli occhi.
– Levatemelo dalla vista – mormorai continuando a piangere. – Levatemelo di mezzo. – Spinsi via Luke, che ci rimase male, e me ne andai. Rimasi in macchina senza nemmeno partire per  veramente molto tempo. Sapevo di non poter guidare in quelle condizioni, quindi dovetti aspettare l’eternità per tranquillizzarmi.
Quando tornai a casa mia madre e Jason erano intenti a guardare un film, che lasciarono completamente da parte appena mi videro. Mia madre corse da me e mi guardò dalla testa ai piedi per cercare di capire qualcosa che purtroppo non si poteva capire, perché il dolore era interno. Jason continuò a chiedermi sempre le stesse cose per veramente molto tempo, fino a quando non scoppiai un’altra volta a piangere.
Forse fu in quel momento che capii che la mia vita era stata completamente devastata dall’Uragano Michael.
Ancora non l’amavo, erano passati pochi giorni dal nostro incontro, forse una settimana… ma quell’infatuazione era stata una cosa che non si poteva controllare nemmeno un po’. Non potevo cambiare un piccolo pezzo di quel sentimento. Non potevo cambiare niente. Non avevo più nessun controllo sui miei sentimenti, sulle mie emozioni e dovetti ammettere e congratularmi mentalmente con Michael, perché era stato veramente bravo nel suo intento.
Dal primo momento in cui aveva messo gli occhi su di me, io non ero stata altro che un gioco molto, ma molto divertente, che non vedeva l’ora di distruggere, una volta arrivato alla fine. Un po’ come un gioco della playstation. Ma io ero una persona, non ero un gioco, e lui forse questo ancora non l’aveva capito.
 
Feci un respiro profondo, l’immagine che vedevo davanti era veramente strana. Una ragazza dagli occhi di mio padre, i capelli tirati indietro e con una camicia rosa chiaro e dei jeans mi stava fissando, esattamente come stavo facendo anch’io. Era identica a me, eppure quei suoi occhi erano ancora più grandi, molto probabilmente dovuto al fatto che se la stava facendo addosso. Guardai la donna accanto a lei, identica a mia madre, con un vestito elegante che cercava continuamente di mettere apposto, quando in realtà non c’era niente da mettere apposto… se non la situazione in generale.
Aspettammo per minimo un’ora, prima dell’udienza di mio padre c’era quella di un altro uomo. Rimasi ferma immobile, mi sentii come fuori dal mio corpo, a guardare una ragazza che non ero io, figlia di una donna che non era mia madre, in una situazione che non era la mia. La mia calma fece innervosire ancora di più mia madre, che continuò a chiedermi se stavo bene per tutta l’ora, rispondendosi da sola e dicendosi che invece lei non stava bene.
Quando entrammo ci mettemmo proprio davanti, essendo la famiglia avevamo tutto il diritto di farlo. Avete presente quei bei tribunali dove ci fanno Law and Order? Tutti di lusso e bellissimi… Bé, scordateveli. Il nostro tribunale, la nostra stanza se così vogliamo chiamarla, faceva veramente pena. La gente entrava, nonostante a malapena sapesse la storia dell’imputato, e a malapena si respirava. Poco dopo entrò mio padre, accompagnato da dei poliziotti, come se lui, in quello stato, potesse quasi fare del male alla gente. Si mise seduto davanti a noi, ma non si girò per guardarci; più in là mi dissero perché: l’imputato non può parlare con nessuno, a malapena può guardare le persone davanti a lui, figuriamoci quelle dietro di lui.
Dissero varie cazzate, i testimoni dell’accusa dissero un sacco di cose che non potei screditare, perché d’altra parte non sapevo un bel niente. Parlarono e parlarono, così tanto che ad un certo punto le parole si accumularono nel mio cervello, non facendomi capire niente.
Mio padre e il suo avvocato guardarono davanti a loro, mio padre era fin troppo rigido e l’avvocato infondo sapeva che, per quanto fosse stato bravo, mio padre sarebbe rimasto là dentro per un bel po’ di tempo. C’erano veramente troppi testimoni a testimoniare contro mio padre e troppo pochi per testimoniare a favore di mio padre. C’erano prove su prove.
Mia madre mi prese per mano quando tutti entrarono per dirci cos’avessero deciso di fare con mio padre. Dalla sua stretta capii che anche lei non aveva per niente fiducia. Quando un uomo disse: - Colpevole – io mi sentii un’altra volta estraniata dal mio corpo, da quella situazione. Mia madre scoppiò a piangere, mio padre si girò finalmente verso di noi e mormorò qualcosa che all’inizio non riuscii a capire. Fece per prendere la mia mano, ma un poliziotto lo fermò e lo trascinò via. Mio padre ormai stava piangendo, insieme a mia madre. E poi ci stavo io: silenziosa, calma.
Uscimmo dal tribunale praticamente correndo, non che ci fossero giornalisti o cose del genere. Guidai io, perché mia madre capii di non essere in grado di farlo, tra un singhiozzo e l’altro. Rimanemmo in silenzio per tutto il tragitto; in silenzio per modo di dire, visto che mia madre non smise di singhiozzare. Jason non c’era a casa e questo fu un bene, perché mia madre andò in camera sua e si chiuse là dentro. Classico segnale del: LASCIATEMI IN PACE, VOGLIO STARE DA SOLA. Io invece rimasi davanti la porta di casa, a guardare il salone, per un tempo indeterminato.
Solo quando le gambe iniziarono a farmi male decisi di salire le scale. I singhiozzi di mia madre si sentivano anche dalla mia camera, ma poco dopo smisi di sentirli e cadetti in un sonno così pesante che non mi sembrò nemmeno di sognare.
Mi svegliai di pomeriggio, non pranzai e nessuno mi venne a dire che il pranzo era pronto, perché in realtà non lo era. Mia madre non singhiozzava più, molto probabilmente si era addormentata anche lei e in casa c’era un silenzio veramente rassicurante. Fu in quel momento che capii che di rassicurante, nella nostra vita, non c’era un bel niente.
– Papà non tornerà così presto – mormorai guardando la porta. Purtroppo avevo capito che la mia non era stata forza, era incapacità di comprendere il tutto. – Papà è colpevole, non tornerà più a casa – ripetei quindi, e lo dissi almeno venti volte, fino a quando le lacrime non iniziarono a scendere e iniziai a capire il vero significato di quella mattinata.
Rimasi a letto per tutto il pomeriggio, non cenai, nonostante Jason mi chiamò, entrò in camera e mi disse che la cena era pronta. Feci finta di dormire, ma infondo sapevo che non c’era cascato. La maggior parte delle ore le trascorsi con gli occhi chiusi, ogni tanto mi addormentavo, avevo mal di testa e mi faceva male la fronte.
Quando sentii di nuovo la porta della camera che si apriva, chiusi gli occhi e feci finta un’altra volta di dormire. Il materasso si abbassò un po’, grazie al peso di quella persona che era entrata senza nemmeno chiedere permesso, e poi la sua mano mi tolse i capelli da davanti il viso. – So che non stai dormendo, Amy – mormorò Jennifer continuando ad accarezzarmi i capelli, ma feci finta di niente. – Sarebbe scortese da parte tua far aspettare tutti i ragazzi che stanno qua sotto solo perché non vuoi ammettere che non stai dormendo, non credi?
– Lasciami in pace, Jennifer – ringhiai io mettendomi a pancia in giù.
– No, non credo proprio – ribatté lei rimanendo là dov’era. – Guarda che se non ti alzi chiedo a Luke di aiutarmi a portarti giù in braccio e a metterti dentro la macchina contro il tuo volere. E sai benissimo che siamo in grado di farlo.
E sì, lo sapevo benissimo. Mi sedetti rimanendo con gli occhi chiusi, le davo le spalle e così lei mi abbracciò da dietro, lasciandomi alcuni baci sulla guancia. Rimanemmo così per un po’, ogni tanto dovevo cacciare indietro le lacrime e lei se ne accorgeva ogni singola volta. Ci alzammo e io mi andai a struccare, perché il trucco mi era calato tutto, poi truccai un’altra volta e poi uscimmo di casa. Jason sorrise a Jennifer, facendomi capire che era stata anche opera sua. Di mia madre non c’era nemmeno l’ombra.
In macchina c’erano solo Cher e Luke, andammo in  un locale poco conosciuto dove ci stavano aspettando gli altri, la ragazza di Ashton compresa. Appena arrivammo Ashton e Calum ci salutarono, entrambi mi strinsero un po’ più del solito, facendomi capire che sapevano quasi tutto. Grace mi sorrise e fece per parlarmi, ma poi cambiò idea e abbassò lo sguardo.
– Ciao, piacere, io sono Bryana – si presentò la ragazza di Ashton sorridendomi calorosamente. Era vestita in un modo un po’ strano, con una gonna di pelle che le arrivava quasi fino al ginocchio e un top a scacchi nero e rosso. I suoi capelli biondi erano tirati su alla perfezione e aveva un trucco altrettanto perfetto. Era così bella che quasi mi venne da scappare.
Michael a malapena alzò lo sguardo, continuò a stare seduto sul divanetto a bere un drink, poi un altro. Sembrava stesse bevendo l’acqua per quanto continuasse a ingerire tutti quei cosi così facilmente. Non mi guardò fino a quando non mi sedetti proprio davanti a lui. Ovviamente era stata un’idea di Jennifer. Presi un drink, poi ne presi un altro e così fino a quando non mi sentii abbastanza ubriaca.
Mi alzai e barcollai. – Ehi! – esclamò Luke prendendomi il braccio per farmi stabilizzare un po’. – Dove credi di andare?
– A fumare – risposi io facendo spallucce. Sorrisi a Luke e gli tolsi una ciocca di capelli non laccata per bene dal viso. – Sta tranquillo, ok? Se non ritorno tra dieci minuti allora significa che sono riuscita a conoscere un ragazzo – scherzai io. Lui alzò gli occhi al cielo accennando un sorriso e mi lasciò andare.
Uscii dando spintoni alle persone che continuavano a ballare, senza notarmi. Accesi la sigaretta con un po’ di difficoltà e poi mi sedetti per terra. Guardai per un po’ le stelle, respirando e fumando molto lentamente. Ripensai a tutto quello che era successo in questi giorni e sentii il mio stomaco quasi rivoltarsi. Ripensai a Michael e a Grace e m’immaginai il loro futuro. Non sarebbero mai stati felici, non lo erano quella sera, come avrebbero fatto? Chiusi gli occhi e sospirai.
– Stai bene?
Sussultai e aprii gli occhi. Lo guardai per un po’ senza dire niente, presi un tiro di sigaretta continuando a guardarlo e poi guardai un’altra volta davanti. Rimanemmo così per un po’, lui che non sapeva se avvicinarsi o andarsene ed io che volevo solo scoppiare a piangere e urlargli contro tutte le cattiverie che mi stavano passando per la testa. Ed erano molte.
Si sedette accanto a me e fece un respiro profondo. – Amelia, mi dispiace davvero – mormorò lui guardandomi, io invece continuai a guardare davanti a me. – Pensi veramente che tutto questo mi faccia felice?! – sbottò lui. – Guardami, cazzo! – urlò lui, ma non l’ascoltai. Si alzò, più arrabbiato che mai, e se ne andò, ma prima di entrare disse: – Il mio programma era del tutto diverso.
E questo mi fece scoppiare. – Perché tu hai un programma a tutto, non è vero? – chiesi alzandomi. Barcollai un po’, ma feci finta di niente e così anche lui. – Ma sì! Andiamo prima a letto con Grace e poi facciamo in modo di avvicinarsi ad Amelia! E una volta fatto questo, usiamola un po’ e poi buttiamola via – ringhiai io avvicinandomi a lui. – Ops! Grace è incinta! – esclamai io facendo una faccia scioccata. – Sai una cosa? Sono contenta che sia successo tutto questo. Ti sta proprio bene.
– Mi sta bene? – mi fece l’eco lui, sbigottito. – Sai una cosa? Vaffanculo, Amelia! – scoppiò lui alzando le mani al cielo. – Ho diciannove anni e la ragazza di cui non sono innamorato dice di aver paura di aspettare un bambino da me e tu mi dici che mi sta bene?
– È esattamente quello che ti sto dicendo! – risposi io. – Cosa pretendevi, eh? Avete fatto sesso come conigli!
– Non c’è stata una singola volta in cui non abbiamo usato protezioni! – urlò lui e la sua voce s’incrinò un po’. – Non c’è stata una singola volta.
E allora il preservativo si era rotto, pensai. Scossi la testa e feci alcuni passi indietro, prima di inciampare e fare per cadere. Per fortuna però non successe e non grazie a Michael, che rimase a guardarmi senza muovere un muscolo. – Vattene via – mormorai. – Non ti voglio vedere. Non ti voglio sentire.
– Cosa dovrei fare secondo te? – chiese lui, spazientito. – Dovrei lasciare Grace da sola ad affrontare questo casino?! È anche colpa mia se stiamo in questo modo! Non posso semplicemente lasciarla per stare insieme a te.
– Non ti sto chiedendo questo – ringhiai io. – Ti sto chiedendo di lasciarmi stare.
Fece alcuni passi indietro guardandomi, forse sperando che cambiassi idea, cosa che non feci, e poi se ne andò dentro spettinandosi ancora una volta i capelli neri come la pece. Sbuffai e buttai la sigaretta a terra, ormai spenta. Mi venne da urlare, ma non lo feci. Quel ragazzo era così stupido! Pensai veramente di odiarlo, ma dopotutto si trattava di Michael… e, per quanto continuassi a dire il contrario, non potevo far a meno di continuare a provare questo strano sentimento per lui.
– Là dentro è veramente impossibile respirare! – esclamò una ragazza. Quando mi girai quasi mi venne un colpo: era Bryana. – Veramente, quel posto è così piccolo che non si respira più! Fanno entrare troppa gente. – Rimase a guardarmi per un po’ prima di ricominciare a parlare. – I ragazzi parlano molto bene di te, sai? – chiese e così ottenne la mia attenzione. – Soprattutto Luke. Dice che sei una bravissima ragazza, con la testa apposto e una volta ha pure aggiunto che sembri fatta apposta per Mike.
Sbuffai. – Grace è l’anima gemella di Michael – borbottai io.
Mi sorrise. – Mi dispiace – mormorò lei. Aggrottai la fronte non capendo. – Nessuno dovrebbe sentirsi come ti stai sentendo tu. Credi di conoscere bene una persona, la reputi tua amica e poi quest’ultima si mette con il ragazzo che ti piace. – Fece spallucce con ancora una smorfia dispiaciuta. – Purtroppo alcune persone non capiscono che facendo così si possono ferire molte persone.
– Io e Grace siamo più conoscenti che amiche – ribattei io. – Non ce l’ho con lei.
– Certo che ce l’hai con lei! – esclamò lei. – Ed è così che deve essere! Dopotutto ce l’avresti anche con una persona che non conosci, se quest’ultima si mettesse con il ragazzo che ti piace. Per quanto possa essere una cosa stupida,  non credo possa accadere il contrario.
Rimasi in silenzio per un po’ a pensare e lei mi diede tutto il tempo necessario. – Ti piace veramente Ashton? – chiesi quindi guardandola.
Rimase in silenzio per un po’ di secondi, non si aspettava una domanda del genere, ma poi mi sorrise dolcemente. – Certo che mi piace. In realtà credo di amarlo – rispose lei facendo un sospiro. – Ma questo non glie lo devi dire – mormorò poi avvicinandosi a me come se fosse un segreto. – Non voglio spaventarlo. Il fatto è che è tipo il ragazzo perfetto, capisci? Un carattere fantastico e bello esteticamente… Non avevo molte chance di non innamorarmi, non credi?
Dovetti darle ragione, Ashton era veramente perfetto. – Sai che è molto insicuro per quanto riguarda la storia delle fan, vero? – chiesi guardandola, abbassò lo sguardo arrossendo un po’. – Crede ti diano fastidio e questo lo fa stare male. E fa stare male anche le fan.
– Lo so e mi dispiace – disse lei. – Non mi danno fastidio. Sono felice per lui e per loro… è solo che mi sento un po’ a disagio, capisci? Posso anche essere una modella, ma sono comunque una ragazza riservata e sapere che tutto il mondo sa di noi due… mi mette un po’ a disagio. – Fece un altro sospiro, facendomi capire quanto fosse in imbarazzo. – Ogni volta che viene una sua fan e inizia a parlare con lui io non so come comportarmi. Non so se guardarli e sorridere o se non guardarli e andarmene per lasciargli un po’ di tempo. Poi mi ricordo che il nostro dovrebbe essere una specie di appuntamento e un po’ ci rimango male.
– Comportati come se fossero delle amiche di Ashton – ribattei io, perché fu l’inca cosa che mi venne in mente. In realtà non potevo capirla più di tanto. – Anche se sono un po’ impazienti di parlare con lui e abbracciarlo… Fai quello che ti viene naturale, se vuoi sorridere fallo e se vuoi guardarli fallo.
– Dovremmo entrare – propose lei girandosi per guardare l’entrata del locale. Annuii e mi girai insieme a lei, per poi avanzare verso il locale. – Grazie comunque – mormorò comunque e a malapena riuscii a sentirla. Ma quando la guardai capii di aver sentito bene, il suo sguardo era dolce ed era rivolto verso di me. – Lo reggi fin troppo bene l’alcol comunque, eh?
Scoppiai a ridere. – A quanto pare sì.
 
Continuai a fissare Grace e Michael, che stavano seduti proprio davanti a me, mentre parlavano. Non si guardavano negli occhi, entrambi guardavano il tavolo che ci separava, colpevoli. Sapevo benissimo di non essere proprio la definizione di educazione, ma in quel momento non m’importava poi così tanto. Dopotutto chi era stato così educato con me, tra i due? Nessuno dei due. Michael ogni tanto alzava lo sguardo su di me, per controllare se li stessi ancora fissando, e quando si accorgeva che sì, lo stavo ancora facendo, riabbassava subito lo sguardo. Quello che stavo provando sfiorava veramente l’odio. Volevo solo urlargli contro:  Potevate almeno comprare dei preservati decenti!
Abbassai lo sguardo sul cellulare quando lo sentii vibrare nella mia mano. Era mia madre, ma decisi di non rispondere e feci un respiro profondo. Mi venne in mente tutto, mi ricordai tutto quello che era successo sta mattina e il mio stomaco fece male per un po’. Non avevo nemmeno sentito quanto tempo sarebbe rimasto là dentro, appena avevano detto “colpevole” le mie orecchie si erano come chiuse.
– Vieni a ballare con noi – mi ordinò Jennifer prendendomi per mano e trascinandomi in pista, dove ci stavano aspettando Calum, Luke e Cher. Ballai insieme a loro scherzando, non ero ubriaca ma avevo bevuto abbastanza da riuscire a muovermi almeno decentemente. Avevo sempre fatto schifo a ballare. Diciamo che il mio habitat naturale era sempre stata la mia camera con i miei libri.
Fu più forte di me: alzai lo sguardo su Michael. E quello che vidi mi fece fermare di ballare e di ridere. Rimasi del tutto ferma, a fissare un’altra volta quei due, mentre si baciavano. Un ragazzo venne accanto a me e mi porse un drink, che accettai e che bevvi senza aspettare più di tanto. Gli sorrisi, ma lui capì che c’era qualcosa di sbagliato in me e così se ne andò, prendendo quello che era rimasto del mio drink. Ci provò con Jennifer, che però lo spinse via gentilmente, beccandosi un’occhiataccia da parte di Calum.
Uscii per la seconda volta, mentre Grace e Michael continuavano a baciarsi. Respirai il più lentamente possibile, cercai di calmarmi, anche se le lacrime stavano iniziando ad accumularsi e a quel punto scoppiai a piangere. Mi sedetti per terra, presi il viso con tutte e due le mani e iniziai a singhiozzare. Alzai lo sguardo sulla luna e a quel punto lanciai un urlo, che a malapena si sentì, a causa della musica del locale. Inoltre non c’era nessuno e nessuna casa vicina ad esso, e così nessuno mi sentì.
Continuai a piangere per un po’ e non solo per Michael, ma per la mia vita in generale.
Piansi per mio padre, perché era colpevole, perché non l’avrei più guardato nello stesso modo, perché non sarebbe mai più stato lo stesso, perché non mi avrebbe vista uscire dall’adolescenza, perché non mi avrebbe mai più dato consigli sui ragazzi, perché forse non avrebbe mai potuto vedermi con un abito da sposa.
Piansi per mia madre, che infondo stava soffrendo più di me. E piansi per Jason, che purtroppo si era ritrovato in una famiglia completamente distrutta, completamente bloccata nel passato.
Piansi per Grace, che molto probabilmente se la stava facendo addosso dalla paura.
Piansi per Finn, perché infondo il suo amore mi aveva sempre fatta sentire migliore. Piansi per lui perché non avevo fatto tesoro di ogni singolo ricordo; perché l’avevo fatto soffrire solo poiché ero troppo accecata dal mio, di dolore, per pensare a proteggere lui; perché l’avevo trattato come se non fosse stato importante per me, quando non era stato così.
E sì, piansi per Michael, perché mi aveva veramente frantumato il cuore. 

Angolo Autrice:
Buonasera a tutti! Che capitolo triste... purtroppo però era una cosa che dovevo scrivere. Mi dispiace averlo pubblicato così tardi, ma non ho avuto molto tempo.
Vi chiedo come sempre di recensire per farmi sapere cosa ne pensate. Nuovo personaggio! Avete finalmente conosciuto la famosa ragazza di Ash, che ne pensate?
Mi scuso per eventuali errori.
Un bacio e al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 13
*** Scuse non accettate ***


Capitolo 12
Scuse non accettate
 
Il giorno dopo faticai ad alzarmi dal letto. Il giorno precedente ero tornata subito dopo essere uscita la seconda volta, prendendo i mezzi. Jennifer si era spaventata un po’, ma alla fine l’avevo chiamata e le avevo spiegato che me n’ero andata da sola. Ovviamente c’era rimasta male, ma infondo se l’aspettava.
Andai all’albergo dove alloggiavano i ragazzi solo perché mi aveva chiamata Luke, dicendomi che aveva bisogno di me e che era molto agitato, ma non mi aveva voluto dire per cosa. Salii con l’ascensore, lo specchio davanti a me mi fece vedere una faccia molto triste, che era la mia. Avevo pianto così tanto il giorno precedente che avevo delle fosse al posto delle occhiaie.
Quando entrai nella camera di Luke mi fermai di colpo. Erano tutti là: Cher, Jennifer, Calum, Ashton, Bryana e Luke. Mancavano solo Grace e Michael. Feci una smorfia disgustata all’idea di trovarli nel letto di Michael. Ovviamente non perdevano tempo, non gli bastava solo un figlio. Iniziai a pensare che forse, dopo tutto quello che era successo, stavo iniziando ad odiarli tutti e due.
Cher sussultò vedendomi in uno stato più che pietoso, ma era niente in confronto agli sguardi che mi lanciarono tutti gli altri. Preferii cinquecento volte il sussulto di Cher, che la vista di quegli sguardi pieni di compassione. – Bé? Che avete tutti da guardare? – sbottai io. – Smettetela subito. I vostri visi non sono altrettanto belli da vedere, miei cari. – E avevo ragione: tutti sembravano un po’ più vecchi, perché tutti erano così preoccupati per quei due che nessuno riusciva più a dormire… eccetto Bryana.
– Che fine hai fatto ieri sera? – mormorò Luke prendendomi e trascinandomi in un’altra stanza. – Mi hai fatto preoccupare veramente troppo, Amelia.
– Sì, lo so, mi dispiace – borbottai io guardandolo chiedere la porta. – Non mi andava di stare là e fare finta di ballare come se niente fosse.
– Già, molto egoista da parte tua non dirci niente! – esclamò lui, arrabbiato. – Non puoi semplicemente decidere di andartene! Non puoi semplicemente andartene senza avvertire nessuno! Ci hai fatto preoccupare un sacco.
– Calmati, Luke – bofonchiai io sedendomi sul letto di non so chi. – Non ho le forze per litigare, quindi o la smetti oppure me ne vado.
Luke fece un respiro profondo e si sedette vicino a me. – Hai ragione, scusami. Sei venuta qua per me e ti tratto come una bambina di cinque anni – disse quindi abbassando lo sguardo. – Sono solo molto nervoso. Quello che sta succedendo a Grace e Michael… non sarebbe dovuto succedere e se lei è veramente incinta… ci saranno delle conseguenze.
Già, ci avevo pensato anch’io. Che avrebbe fatto Michael? Avrebbe lasciato Grace qua e avrebbe continuato a seguire la band? Oppure avrebbe rinunciato a tutto pur di stare con suo figlio? Forse avrebbe trovato una soluzione di mezzo, diciamo. Sarebbe riuscito a fare il padre e la star in contemporanea? Forse sì, infondo era un ragazzo intelligente e se voleva qualcosa riusciva benissimo ad ottenerla. E io questo lo sapevo benissimo.
– Ne abbiamo parlato – continuò Luke giocando un po’ con il piercing al labbro. – Non ha ancora preso una decisione, ma ha detto che non permetterà a Grace di abortire, quindi… terranno il bambino. E se lui decidesse di lasciarci per stare con la sua nuova famiglia? Sai che catastrofe?! Come faremo a continuare senza di lui?! Fa prima a tagliarci un braccio a testa, per l’amor di Dio!
– Sono sicura che troveranno una soluzione – mentii io. Non ne ero affatto sicura e ormai quest’argomento mi faceva venire la nausea dal nervoso. Grace me l’aveva preso e, proprio quando avevo pensato che tra loro due fosse finita, lei aveva fatto in modo ch lui ritornasse da lei. Non pensavo che l’avesse fatto apposta, ma ero arrivata ad un punto di non ritorno: l’odio. La odiavo con tutta me stessa e mi vergognavo per questo. Ma lei non aveva avuto un minimo di rispetto nei miei confronti, quindi non c’era motivo di sentirsi in colpa.
– E cosa? – chiese lui, in preda al panico. – Lei verrà con noi nei tour, con un bambino che piange tutte le notti, facendoci svegliare a tutti? Oppure lui tornerà qua dopo ogni concerto per stare con loro, fino a quando non sarà così sfinito da non riuscire nemmeno più a rimanere in piedi? Sai benissimo che c’è solo una soluzione, e cioè quella che lui smetta di fare quello che ama per prendersi cura di Grace e del loro bambino.
Rimasi in silenzio. Non potei negare.
 
Pranzammo in un ristorante, davanti c’erano alcune fans che misero in imbarazzo perfino me. Capii immediatamente Bryana, che mi sorrise arrossendo un po’. Abbassò lo sguardo sulla mano di Ashton, che si era appena posata sulla sua gamba, come per darle un po’ conforto, e sorrise guardandola. Loro sì, che sono una bella coppia, pensai.
Calum attaccò, visto che stava facendo una telefonata, e sorrise a Luke. – Grace e Michael stanno arrivando – annunciò guardandolo. Luke era quello più ansioso, quello che non aveva paura a mostrare le sue emozioni, ma in realtà Calum era solo bravo a nascondere tutto e cercare di essere forte per gli altri. Lo capii dal suo sorriso un po’ titubante. – Non mi ha  detto niente. Immagino che sapremo il tutto tra poco.
– Cosa avrebbe dovuto dirti? – chiesi io, confusa. Tutti abbassarono lo sguardo, Jennifer compresa, e così capii che mi avevano un’altra volta esclusa. Mi sentii messa da parte, anche da Luke, che faceva tanto quello che teneva a me, ma che poi non ci pensava più di tanto a tenermi nascoste le cose.
– Sta mattina Grace e Michael sono andati dalla ginecologa di fiducia di Grace – rispose Jennifer guardandomi con uno sguardo colpevole, cercò di farsi perdonare, ma ormai ero stufa.
– Oh, e questa notizia da dove spunta? – chiesi io guardando prima lei e poi Luke, che abbassò lo sguardo, colpevole. Risi e spostai il piatto, arrabbiata. – Scusate, ma devo proprio andare – ringhiai io quindi alzandomi dalla sedia.
– Ne parliamo dopo, Amelia? – chiese Luke guardandomi speranzoso.
– Parlane da solo – ringhiai io mettendo apposto la sedia e lanciandogli un’occhiataccia, che lo fece arrossire un po’. Presi un po’ di soldi dal mio portafogli e li misi sul tavolo.
– No, ti prego, Amelia. Facciamo noi – esclamò Ashton porgendomi i soldi che avevo appena posato sul tavolo. Li presi, titubante, senza nemmeno guardarlo negli occhi. – La faccenda è un po’ complicata e lo sai anche tu – mormorò poi continuando a tenere il suo sguardo fisso su di me, mettendomi in imbarazzo. – Questa faccenda ti fa stare fin troppo male e così abbiamo pensato che meno sapevi e meglio era.
– Non aspettava a voi decidere – ribattei io alzando lo sguardo su di lui, che s’irrigidii un po’. Presi la borsa, guardai Jennifer, che fece altrettanto con uno sguardo che mi pregava di perdonarla, e poi uscii dal ristorante. Non la perdonai affatto.
Entrai in macchina e andai più veloce possibile a casa. La mia vita si stava sgretolando e io non sapevo come fare per cercare di riprendere il controllo su di essa. Non ero più la cara Amelia di una volta, quella che si fregava di tutti, che preferiva rimanere a casa con un bel libro e rimanere single. No, questa nuova Amelia non voleva essere messa da parte, voleva bene a Luke e ne voleva ancora di più a Michael, ragazzo per il quale molto probabilmente avrebbe fatto di tutto. Stavo iniziando a diventare una di quelle ragazze che diventavano ossessive verso il ragazzo che le piaceva? Speravo di no, ma la realtà era che sì, lo stavo diventando.
Entrai a casa, dove non c’era nessuno e mi misi a guardare un po’ di televisione. Ogni ora ricevevo una chiamata da parte di Jennifer, mi mandava messaggi su messaggi, ma non risposi a nessuno di essi, chiamate comprese. Rimasi ferma, senza guardare veramente la televisione fino a sera, quando tornarono Jason e mia madre ridendo.
– Ciao, tesoro – mormorò mia madre baciandomi la guancia. – Come stai oggi?
– Bene – risposi freddamente continuando a fare finta di guardare la televisione. Sapeva che non era vero. In realtà in quel periodo non c’era una cosa che andasse bene. Avevo perfino smesso di andare a lezione, quindi figuriamoci studiare. E lei lo sapeva.
 
Venni svegliata dalla porta che si apriva. Erano solo le undici di sera, ma stavo già dormendo nella mia camera. Un po’ di luce entrò dentro la camera e così mi lamentai, dando di spalle alla porta. Sarebbe dovuto essere un chiaro avvertimento: non mi rompete le palle, sto dormendo. Ma Luke fece finta di niente ed entrò una volta per tutte. Lo riconobbi solo dal ciuffo di capelli sparato all’insù.
– Quando ti deciderai a rispondere a una delle mille chiamate di Jennifer? – chiese lui, ma io non risposi e continuai a tenere gli occhi chiusi. – Alzati, Amelia – aggiunse poi con una voce fin troppo autoritaria per i miei gusti. Non mi mossi e non dissi niente e questo lo fece sbuffare. – Quando capirai che la tua vita sta andando avanti senza di te? – sbottò alzando un po’ il tono di voce. – Hai veramente intenzione di rimanere qua a dormire fino a quando non ti dovrai alzare per andare a lezione?! È questo che vuoi, Amelia? Vuoi veramente che la tua vita si limiti a questo?
– Non sono affari tuoi – bofonchiai io continuando a tenere gli occhi chiusi. – E ora vattene, sto iniziando a svegliarmi sul serio.
– Bene! – esclamò lui. – Vediamo se riesco a farti svegliare un altro po’ – ringhiò prendendo le mie coperte e togliendomele, poi si allontanò un po’, ma solo per accendere la musica e alzare il volume al massimo. – Così va bene? – urlò lui per sovrastare la musica.
Mi alzai, andai a spegnere la musica e mi misi proprio davanti a lui. – Te ne devi andare.
Scoppiò a ridere. – Io non me ne vado – rispose. – E sai perché? Perché sono stufo di vederti in questo stato. Vuoi che succeda qualcosa di bello nella tua vita? Bé, fai in modo che accada! Perché la vita è bella! Dalle una possibilità.
– Sono stufa delle tue schifose perle di saggezza! – sbottai io urlando. – Non le voglio! Quello che voglio è starmene da sola e tu mi devi lasciare stare, Luke! Devi farlo!
– Non devo fare proprio un cazzo, io – ribatté lui. – Tua madre ancora non mi ha cacciato di casa e per ora se c’è qualcuno che mi può dire di andarmene è lei. E sai perché? Perché lei ci sta provando ad andare avanti, mentre tu rimani qua, bloccata nel passato. Pensi veramente che questo potrebbe far stare meglio tuo padre?
– Vattene – ringhiai io e iniziai a perdere la pazienza. – Vattene da Michael! Vai da lui e non rompere le palle a me. È lui che ha veramente bisogno di te, Luke, non io. È lui quello che si è praticamente rovinato la vita perché stava facendo esattamente quello che tu chiami vivere.
– Grace non è incinta! – urlò lui avvicinandosi a me. Mi sentii quasi male. – Non è incinta, Amelia – sussurrò lui sorridendomi dolcemente.
– Cosa? – chiesi io. Mi sentii più leggera, come se quella incinta fossi io. Cercai di non sorridere, ma non ci riuscii e sorrisi come forse non avevo mai fatto. – Grace non è incinta? – chiesi io continuando a sorridere, Luke annuì ridendo e poi mi abbracciò. Ricambiai l’abbraccio dopo un po’, lo strinsi a me ridendo insieme a lui e poi mi distaccai. – Mi vado a preparare e andiamo – mormorai io prima di chiudermi dentro il bagno.
Mi misi dei pantaloncini a vita alta e un top abbastanza corto e poi uscii, mi truccai e mi aggiustai un po’ i capelli. Uscimmo, Luke sorrise a mia madre e lei fece altrettanto salutandoci con la mano.
Arrivammo in un locale completamente diverso dall’ultimo, molto più spazioso e conosciuto. La musica era molto più bella, o forse ero io ad essere semplicemente più felice. Abbracciai Calum e Ashton, che si scusarono  per quello che era successo la mattina, diedi un bacio a Bryana, salutai con la mano Cher e Jennifer e poi trascinai Bryana in pista. Ignorai completamente l’occhiataccia che mi lanciò Jennifer, esattamente come ignorai Grace e Michael.
Appena arrivammo al centro della pista tutti i ragazzi si girarono per guardare Bryana, che quella sera sembrava ancora più bella con un tubino argentato e dei tacchi che mi facevano venire le vertigini solo a guardarli. Iniziò a ballare e così la imitai, ogni tanto facemmo alcuni commenti ridendo, rendendo il ballo più uno scherzo che altro.
Quando due ragazzi si avvicinarono a noi, Ashton venne subito da noi, guardandoli male, ma incenerì soprattutto il ragazzo che stava accanto a Bryana ovviamente, che se ne andò dopo aver conversato un po’ con Ash. Bryana gli sorrise e lo abbracciò, per poi dargli un bacio sulla guancia. Sorrisi falsamente e guardai il ragazzo che non se n’era andato. Ashton fece per cacciare anche lui, quando io gli dissi che andava tutto bene. E così il ragazzo si presentò (Gerard) e mi offrì qualcosa da bare. Accettai e andammo a bere i nostri drink. Sentivo lo sguardo di qualcuno addosso, che non era quello di Gerard, ma lasciai correre.
Rimanemmo un po’ a parlare, scherzare e mi resi conto che era un ragazzo veramente simpatico, che poteva veramente piacermi. –  Sono troppo affrettato se ti chiedo il numero di telefono? – chiese lui sorridendomi dolcemente.
Imbarazzata e indecisa risi abbassando lo sguardo verso il drink. Mi posò un dito sotto il mento e mi fece alzare il viso, in modo tale da guardarlo negli occhi. Risi un’altra volta, presi la mano con cui continuava a tenermi il viso e ci posai sopra il mio cellulare. – Facciamo che per ora mi scrivi il tuo numero e poi vediamo – dissi sorridendogli.
Sorrise ancora di più e annuì. – Come vuoi, principessa – rispose lui e il mio sorriso vacillò per un po’, ma non se ne accorse visto che stava scrivendo il suo numero.
Mi guardai in giro, giusto perché quel nomignolo mi aveva appena fatto ricordare Michael e lo vidi seduto al nostro tavolo, mentre sorseggiava un drink… e stava guardando proprio me. Accennai un sorriso e alzai la mano per salutarlo.
– Ecco qua – esclamò il ragazzo riportandomi alla realtà. – Andiamo a ballare? – chiese quindi prendendomi per mano. – Ho intenzione di convincerti a darmi il tuo numero, quindi sono disposto a stare con te anche tutta la notte.
Sorrisi ancora di più e mi alzai per andare in pista. Quando mi girai lo trovai a fissami il didietro, alzai gli occhi al cielo e lo trascinai davanti a me facendolo ridere. Passammo proprio accanto al nostro tavolo, lanciai un’occhiata a Michael, che continuò a guardarci, come se non si fidasse del ragazzo. Scossi la testa guardandolo e mimai con le labbra “smettila” ma lui fece finta di non avermi vista e continuò con la sua messinscena.
Ballammo per un bel po’ di tempo, fino a quando non ce la feci più. Mi girai verso di lui, mi avvicinai al suo orecchio e gli dissi che dovevo andare un po’ fuori. Alla fine uscimmo entrambi, mi offrì una sigaretta e accettai. Rimanemmo per un po’ a guardare le stelle, c’era un’aria fresca che mi fece sentire un po’ freddo, ma era quel freddo che quasi ti fa piacere.
– Amelia – mi chiamò Michael facendomi sussultare. Mi girai verso di lui e il ragazzo mi seguì. – Possiamo parlare un attimo? – Lanciò un’occhiataccia al ragazzo, che aggrottò la fronte, confuso. – Da soli, possibilmente.
– Va bene – esclamò Gerard sorridendomi. – Bé, allora aspetto una tua chiamata – aggiunse guardandomi maliziosamente.
– Aspetta! – lo fermai io prendendolo per il braccio. Si girò verso di me con uno sguardo interrogativo, ma anche soddisfatto. Presi il cellulare e gli feci uno squillo. Sorrise ancora di più e mi diede un bacio sulla guancia, per poi guardare indifferentemente Michael ed entrare.
– Non puoi fare sul serio – iniziò Michael alzando le mani al cielo. – Nemmeno lo conosci, quel tipo!
– Chi sei, mio padre? – chiesi io ridendo. Feci un ultimo tiro della sigaretta e poi la buttai a terra. – So badare a me stessa, ma grazie per l’interessamento – ringhiai poi pestando la sigaretta. – Oh, ho saputo della notizia! Scampata per un soffio, eh?
Rimase in silenzio per un po’. – Sì, Grace non è incinta – disse poi. – A quanto pare anche i test di gravidanza possono sbagliare. – Fece un respiro profondo. – Senti, tra pochi giorni dovremo partire e non mi va di lasciarci in questo modo. Tu che nemmeno mi parli…
– Stiamo parlando, no? – chiesi io incrociando le braccia. – Quindi direi che non hai più niente di cui preoccuparti.
– Oh, quindi adesso credi di essere simpatica! – esclamò lui, infastidito. – Amelia, mi dispiace davvero – aggiunse avvicinandosi. – Non so più come fartelo capire.
Scossi la testa. – Non c’è niente da farmi capire – risposi. – Tu e Grace avete avuto… una specie di relazione, poi quando stavo iniziando a pensare che magari tra noi due non fosse solo un gioco con cui volevi divertirti, è spuntata questa storia del bambino ed io sono venuta a saperlo per ultima. – Risi, ma la mia risata non era affatto felice. – C’è veramente poco da capire, Michael.
– Hai ragione, ho sbaglio, avrei dovuto dirtelo per prima, ma ho avuto paura e…
– E sbagli troppe volte con me! – sbottai io. – Vuoi che tutto torni come prima? Già stiamo come prima,  Michael! Quindi perché non mi lasci stare? Torniamo a tormentarci come prima, tu che mi dai fastidio e io che cerco di non dare di matto. Lo stiamo già facendo, non vedi?
– Non è questo che voglio! – esclamò lui alzando le mani al cielo, esasperato. – Quello che voglio è riprovare a stare con te.
Il mio cuore fece un balzo e sperai di non averlo fatto proprio nel vero senso della parola proprio io, con il mio corpo in generale. – Michael, io e quel ragazzo ci siamo appena scambiati i numeri di telefono… – iniziai io a bassa voce con lo sguardo a terra. Non potevo credere di star facendo una cosa del genere, non potevo veramente scegliere quel tipo a Michael. – Non puoi chiedermi una cosa del genere – mormorai guardandolo negli occhi. E lui lo sapeva, sapeva di starmi chiedendo troppo. – Non dopo tutto quello che è successo.
Michael fece per parlare, quando sentii la voce di Grace. – Michael – lo chiamò. Lui si girò e lei gli sorrise. Sentii il mio stomaco farsi più piccolo di secondo in secondo. – Scusami, ma vorrei parlare in privato con Amelia. – Michael mi guardò per qualche secondo e poi se ne andò facendo un sospiro. Grace lo guardò entrare e poi prese un profondo respiro. – Possiamo parlare?
Feci spallucce. – Vogliamo parlare del meteo? – proposi io.
Fece una risata fiacca e si sedette per terra, proprio davanti a me. Mi fece segno di fare la stessa cosa e dopo un po’ la imitai. – Hai tutto il diritto di avercela con me – iniziò. – Non ti biasimo per questo e posso capire la tua rabbia. È vero che siamo stati in due a creare questo casino, ma quella che c’ha rimesso di più sei stata tu. – Rimase un po’ a guardarmi e io feci la stessa cosa, perché non avevo intenzione di farmi intimorire da lei. – Credo di aver sempre saputo che in realtà quella che voleva eri tu, anche se tutt’ora non riesco a capire fino a che punto. Un giorno sembra prendersi solo gioco di te e quello dopo sembra amarti. Ma io sono egoista, Amelia. Infondo tutti noi umani lo siamo, ma io sono un caso a parte. Non mi conosci e forse non mi conoscerai mai, perché non siamo esattamente compatibili, ma io di solito ottengo quello che voglio e io volevo Michael. Ti sembrerò una bambina che fa i capricci, una stupida, ma sono fatta così. Questo però non significa che non abbia un cuore. Tengo a Michael, sono stata male per lui quando ho dovuto rivelargli il fatto che avevo paura di essere incinta di lui. Tengo a Jennifer, e Jennifer tiene fin troppo a te, quindi mi dispiacerebbe avere come nemica la sua migliore amica.
– Grace…
– Fammi finire – m’interruppe lei alzando una mano. – Mi dispiace non averti calcolata, quella sera. Ad essere sincera non ho proprio pensato a te, non ho pensato al fatto che tu fossi venuta con noi solo per incontrare Michael… anche se in fondo anche gli altri t’interessavano, solo che ancora non eri disposta ad ammetterlo.
– Grace, basta – dissi io. – Quello che è fatto è fatto e non ho intenzione di pensarci. La mia vita è un po’ un casino e l’ultima cosa che mi serve, ora come ora, è rimanere bloccata in questo triangolo. So quello che prova Michael per me e so anche n realtà non c’è niente di concreto. So anche come sei fatta, so che sei egoista e sì, sei anche bambina, Grace. E ti do ragione anche sul fatto che non potremmo mai essere amiche, perché semplicemente non siamo compatibili. Ma per quanto mi riguarda, non siamo compatibili perché tu non mi rispetti.
Grace sussultò. – Amelia, ti ho detto..
– Sì, ti ho sentita, ma vedi… sono così stufa di perdonare la gente – esclamai io ridendo. – Tu mi hai chiesto di farvi una foto. Tu non mi hai mai rispettata, Grace, e forse stai iniziando a farlo adesso perché sai di aver veramente esagerato. Ma non voglio essere la tua scusa per sentirti meno in colpa. – Rimase a guardarmi, stupita. – Forse con il passare del tempo ti perdonerò, ma non può succedere tutto in una sera, non dopo quello che hai combinato. – Mi alzai e le sorrisi. – Sai, ho sempre pensato che tu e Michael potreste fare veramente una coppia perfetta: entrambi amate giocare. – Scossi la testa. – Ma io non sono così e sono veramente stufa di farmi usare come un giocattolino. Se vuoi scusarmi… – aggiunsi prima di entrare dentro il locale.
Individuai poco dopo il ragazzo, Gerard, e andai dritta da lui. – Che fai, non ci provi con nessuna per paura che ti possa beccare? – scherzai io sedendomi accanto a lui.
Mi guardò per un po’ e poi scoppiò a ridere. – E io che pensavo di averti persa, lasciandoti con quel tipo tutto strano dai capelli tinti – esclamò lui posandomi una mano sulla coscia.
– Oh, no, lui… – iniziai, ma mi fermai per guardarlo. Continuava a fissarci con quel suo sguardo da maniaco, mi fece un po’ paura. – Lui è solo un mio amico – finii quindi guardando Gerard. Gli sorrisi e continuammo a parlare per un po’, di tutto e di niente, scherzammo e basta. Però ad un certo punto gli dissi che dovevo andare in bagno e così me ne andai.
Poi però Michael mi prese di scatto la mano e mi trascinò fuori dal locale. – Michael, lasciami subito il braccio! – esclamai. – Guarda che se non la smetti ti do un calcio nelle palle e ti giuro che sono forte nel tirare i calci proprio in quei punti delicati…
– Sta’ zitta – disse lui tappandomi la bocca. – Devi stare zitta per qualche minuto, credi di riuscirci o dovrò stare tutto il minuto con le mani davanti la tua bocca per non farti parlare? – chiese lui, alzai gli occhi al cielo e annuii, così mi lasciò andare. – Bene. Senti, io so di non essere stato proprio un bravo ragazzo con te. So di essere stato un completo coglione e so che ancora adesso non mi credi quando ti dico che vorrei veramente provare a uscire con te. E non ti do torto, perché sono stato veramente uno stronzo con te e me lo merito. Però vorrei fare finta di niente e vorrei cercare di mettere da parte tutto questo casino per cercare di convincerti del fatto che.. anche se non me lo merito, forse me lo merito.
Aggrottai la fronte. – Quello che stai dicendo è un po’ un controsenso, Michael.
– Cosa ti costa stare zitta per un minuto?! – sbottò lui alzando le braccia al cielo. – Un minuto, Amelia!
– Va bene, va bene! – esclamai alzando le mani, a mo’ di resa.
– Il fatto è che… se non vuoi stare con me, allora penso di aver bisogno di sentirmelo dire da te! – esclamò lui. – Non t’interesso più? Vuoi stare con quel tipo? Va bene! Ma ho bisogno di sentirlo e.. e se non mi vuoi più, allora ti devo chiedere di non farti vedere con un altro davanti a me.
– Scusami?! – chiesi io, scioccata. – E tu che diritto hai di chiedermi una cosa del genere?! Io quindi non potrei andare in alcuni posti per paura d’incontrarti?! – Risi, isterica. – Sai, hai proprio una faccia tosta! Quella che dovrebbe chiederti favori dovrei essere io! Però tu non ti sei mai fatto problemi, sei sempre stato con Grace anche davanti a me, quindi io ora perché non dovrei stare con quel ragazzo anche davanti a te? Sai, tu e Grace siete proprio uguali. Entrambi siete così stupidi, egoisti e bambini, che solo l’idea di vedervi genitori mi fa venire l’ansia! Sei proprio…
Ma non finii mai quella frase.
Semplicemente perché lui mi prese il viso di scatto e mi baciò.
All’inizio fu un semplice contatto di labbra. In fondo, non fui l’unica a rimanere stupita da quel gesto. Però non mi lasciò andare, anzi premette le sue labbra sulle mie ancora più forte, quasi fino a farmi male. Poi fece in modo che aprissi le labbra e a quel punto mi sentii sciogliere. Sentii le sue mani indugiare sulla mia schiena nuda, mi strinse ancora di più a lui, fino a quando i nostri corpi quasi non ne formarono uno solo.
Quello che provai non può essere descritto. Era come se dentro di me ci fosse un fuoco bollente che mi scottava, ma sentivo anche dei getti d’acqua gelata. Era insopportabile ma allo stesso tempo non volevo che finisse. E così rimanemmo per molto tempo là fuori, a baciarci, senza pensare a nessun altro se non a noi.

Angolo Autrice:
Buonasera miei cari! Sono veramente stanca e sono solo le 23:46! Dio, sono proprio vecchia dentro... Domani mi devo svegliare abbastanza presto per andare alla mia prima lezione di scuola guida e ho già l'ansia! Ahahah
Non v'interessa, lo so, ma dovevo dirlo.
Tornando al capitolo... Grace non è incinta e  MICHAEL E AMELIA SI SONO BACIATI! Queste sono le notizie più importanti, diciamo. Voi che ne pensate? E che ne pensate di Luke e di Jennifer?
Mi scuso per gli errori, spero non siano tanti, e vi chiedo come sempre di recensire per farmi sapere cosa ne pensate del capitolo e per eventuali consigli.
Vado a dormire.
Un bacio e al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 14
*** La lettera ***


Capitolo 13
La lettera
 
Il giorno dopo ricevetti una lettera.
– Amelia! – mi chiamò mia madre dal piano di sotto. Sbuffando scesi di sotto e la trovai davanti la porta d’ingresso con una busta in mano. –  È per te – aggiunse venendomi incontro. – Deve essere da parte di tuo padre, perché viene da quel quartiere.
Aggrottai la fronte e abbassai lo sguardo sulla lettera. C’era scritto il mio nome, quindi mio padre l’aveva scritta solo a me; mia madre non c’entrava niente. Salii in camera mia e rimasi a guardarla, senza aprirla. Poi mi chiamò Michael, così la lasciai sul letto e risposi a lui. – Michael, dimmi – borbottai, continuando a guardare la busta sul mio letto.
– Buongiorno anche a te, principessa – esclamò lui ed ero sicura che stesse sorridendo. – Oggi ci vediamo, spero, perché ti vorrei ricordare che tra pochi giorni io me ne dovrò andare.
– E a quel punto io cosa farò? – scherzai io. –  Oh, bé, dovrò richiamare il ragazzo di ieri sera allora – aggiunsi, soprappensiero. Da stronza patentata qual’ero, molto probabilmente l’avrei fatto. Io e Michael non avevamo una relazione seria, a malapena ci stavamo sentendo, e così quando se ne sarebbe andato le nostre vite molto probabilmente sarebbero tornate come prima. Il ragazzo era stato molto carino con me, molto dolce ed era anche il mio tipo. Quella mattina presto mi aveva addirittura scritto, dicendomi che mi sarei dovuta preparare per un caffè.
Michael rise. – Il ragazzo di cui non ricordi nemmeno il nome? – chiese.
–  Non è vero! – esclamai ma era vero, in quel momento non mi ricordavo il nome del ragazzo, ma se era per questo non ricordavo nemmeno il mio. Lui aveva un gran potere su di me, forse lo sapeva o forse no.
–  Sì, che è vero, ma questo farebbe di te una cattiva ragazza e non sei proprio quel tipo di ragazza – ribatté lui accennando una risata.
– Non mettermi alla prova, Michael – lo punzecchiai io. Sussultai quando mi resi conto che mi ero dimenticata della lettera e così ricominciai a guardarla. Michael aveva il potere anche di farmi dimenticare di mio padre e questo non mi andava bene. – Senti, io ora devo andare – borbottai. Ormai non stavo più sorridendo come una cretina.
– Aspetta, che succede? – chiese Michael.
– Niente, sono solo un po’ indaffarata – risposi io allontanando il cellulare dall’orecchio, pronta ad attaccare. – Ci vediamo oggi pomeriggio. A dopo – aggiunsi prima di attaccare. Mi inginocchiai per terra e posai i gomiti sul letto, guardando da un’altra angolazione la lettera. Non sapevo se leggerla o no, non volevo leggerla ma la volevo leggere. Mi ricordai l’ultima volta che l’avevo visto, mentre piangeva e veniva praticamente trascinato fuori dalla sala del tribunale. E quel ricordo fu dolorosa quanto uno sparo. Mi alzai e presi un respiro profondo.
– Ti capisco – disse mia madre facendomi prendere un colpo. Indicò la lettera. – Se non te la senti, non la leggere subito. Sono sicura che quando sarà il momento giusto lo capirai.  – Si sedette sul letto, proprio accanto alla lettera e la prese. Dovetti reprimere l’istinto di strappargliela dalle mani e nasconderla da qualche parte. – Tesoro… gli errori di un padre non dovrebbero fermare la vita della figlia. Hai una vita davanti e non la stai vivendo. Quel ragazzo strano… Da quello che ho capito c’è qualcosa tra voi – aggiunse poi prendendomi le mani e stringendole tra le sue. – Non essere troppo dura con lui. È un ragazzo e come tutti i ragazzi ad un certo punto si stuferà delle tue continue menzogne e negazioni. La relazione può durare solo se entrambi fanno in modo di andare d’accordo.
– Cosa ti fa pensare che io continui ad allontanarlo? – chiesi io aggrottando la fronte. Entrambi ci allontanavamo. Non ero stata sempre io ad allontanarmi, l’aveva fatto anche lui a volte e non per colpa mia. O almeno credo.
Mia madre sorrise. – Perché ti conosco e so che da più di un anno stai facendo di tutto pur di non andare avanti con la tua vita – rispose lei stringendomi un po’ la mano. – Ma non è così che si affronta la situazione che abbiamo, tesoro. Tu non sei tuo padre, sei ancora molto giovane e devi ancora fare molte esperienze. E se quel ragazzo fa sul serio con te, allora perché non provi ad andare avanti insieme a lui?
– Ci sto provando – borbottai abbassando lo sguardo. – Ma a volte è difficile. Lui e Grace sono stati insieme per un po’ e adesso è strano vederlo come più di uno stronzo che mi prendeva solo in giro, capisci? Lui mi ha sempre presa in giro, quindi cosa mi fa pensare che non lo stia facendo anche adesso ma in un modo diverso?
– Questo spetta a te capirlo – disse lei sorridendo un po’ di meno. Ero la sua piccola bambina e nessuno poteva prendersi gioco di me. – Sono sicura che non ti farai mettere i piedi in testa nemmeno da un cantante. – Poi però rimase in silenzio per un po’, come se ci stesse ripensando e mi diede la conferma dicendomi: – Mi raccomando, Amelia.
Feci un sospiro e annuii abbassando lo sguardo. Il fatto era che quand’ero con lui tutto sembrava andarmi male e bene nello stesso momento. Provavo qualcosa per Michael, qualcosa di strano e per ora mai provato, nemmeno con Finn. Non ero innamorata di lui, ma provavo una fortissima attrazione, sia mentale che fisica, e questo mi spingeva a fare tutto quello che mi chiedeva di fare. E non era perché era Michael Gordon Clifford, non era perché era un membro di una band famosissima, non era perché tra tutte le fans che poteva avere lui aveva scelto me… Era perché era Michael, era perché aveva quel suo modo di abbassare lo sguardo e sorridere quando parlava davanti a tante persone, era perché infondo era un ragazzo un po’ insicuro e sì, anche un po’ timido. Era perché aveva quei capelli sempre colorati, era perché mi faceva ridere, era perché aveva cantato per me, era perché quando l’avevo baciato avevo provato cose che non avevo mai provato. Era perché era semplicemente Michael, un diciannovenne per il quale provavo qualcosa di complicato e semplice allo stesso momento.
 
La prima cosa che feci, una volta arrivata all’albergo, fu andare da Luke. Lo abbracciai e rimasi un po’ con lui a parlare del più e del meno. Mi raccontò di aver conosciuto altre fans molto simpatiche, tra cui una che era molto dolce e carina, ma non le aveva chiesto il numero né nient’altro, quindi la cosa finì là. Lo rimproverai per un po’ per questo, perché nonostante fosse un ragazzo con un aspetto veramente spettacolare e un carattere a dir poco fantastico lui era ancora molto insicuro. Molto probabilmente perché in fin dei conti aveva passato gli ultimi anni a creare il suo futuro e la musica, senza badare più di tanto alle ragazze. Ovviamente aveva avuto delle relazioni, anche abbastanza importanti, ma anch’io avevo avuto Finn.. eppure ero ancora molto, molto insicura.
Guardammo un programma stupido per venti minuti e poi iniziai a guardarlo, a fissarlo. Guardai la sua faccia perfetta e capii una cosa. Scoppiai a ridere e mi avvicinai un po’ a lui, che s’irrigidì un po’, confuso. – Che c’è? – chiese guardandomi con la fronte aggrottata. – Perché mi stai fissando le sopracciglia in quel modo inquietante?
– Perché sto seriamente pensando di rifarti le sopracciglia – risposi io accennando un sorriso malizioso.
Luke mi guardò per un po’ e poi non ce la fece più e scoppiò a ridere. – Scordatelo, cara! Non ho intenzione di diventare uno di quei ragazzi con le sopracciglia più fine di quelle delle ragazze. Le mie sopracciglia vanno benissimo così.
– Oh, ma aspetta! – esclamo io fermandolo, visto che si stava per alzare. – Non ho intenzione di toccarti la forma. Voglio solo toglierti questi odiosi peletti che sono tra le due sopracciglia, capisci? – chiesi io guardandolo negli occhi con un’espressione implorante. – Giuro – aggiunsi poi facendogli gli occhi dolci.
Alzò gli occhi al cielo e accettò con un: – E va bene! – che mi fece prendere le pinzette che stavano dentro la borsa. Fece alcuni commenti sul fatto che avessi delle pinzette dentro la borsa per un po’, fino a quando non gli feci posare la testa sulle mie gambe e iniziai a togliergli pelo per pelo. A quel punto iniziò a imprecare a causa del dolore. Ogni tanto alzava la gamba, gli partiva letteralmente la gambe, facendomi ridere e quindi fermare, ed ogni volta per lui era un miracolo e riprendere un incubo.
Sentii il cellulare squillare ma lo lasciai stare per continuare a fare le sopracciglia a Luke  e anche perché sapevo già chi fosse. Poco dopo però me ne pentii amaramente, perché Michael aprì la porta e mi trovò là. Annuì, come per darsi la conferma da solo di quello che in realtà già aveva preveduto, e poi fece un falso sorriso. Luke si alzò subito e sorrise a Michael.
– Ciao – lo salutai io sorridendo falsamente.
– Ciao – mi salutò freddamente Michael. Guardò per dei secondi interminabili Luke, che arrossì un po’, e poi ricominciò a fissare me. – Non sapevo fossi già arrivata – aggiunse poi, ma era evidente che stesse mentendo. Mi aveva sentita in qualche modo, forse a causa delle risate che facevo appena partiva una gamba di Luke, ma ci aveva sentiti ed era venuto qua proprio per questo.
– Sono voluta prima passare a salutare Luke – dissi io facendo spallucce per fargli capire che non mi sentivo in colpa, semplicemente perché io e Luke eravamo solo buoni amici. Non c’era attrazione fisica tra noi due. Certo, era un bellissimo ragazzo e la sua bellezza ancora adesso mi affascina e mi fa abbassare l’autostima, ma non c’era attrazione fisica come tra me e Michael.
– Quello in realtà non mi sembrava un saluto – ribatté Michael sforzandosi di fare un sorriso malizioso. – O forse saluti tutti i tuoi amici mettendo la loro faccia sotto le tue tette.
Arrossii subito e abbassai lo sguardo. Stavo solo facendo le sopracciglia al mio amico, volevo dirgli, ma mi aveva veramente messa in imbarazzo e non riuscivo più a parlare. Luke per fortuna lo fece al posto mio. – Mike, non stavamo facendo niente di ché, mi stava solo massacrando le sopracciglia. Le sue… I suoi seni non erano poi così vicini e io non c’ho fatto caso.
Michael rise. – Cosa se, gay per caso?! – sbottò Michael alzando le mani al cielo. – Non te ne faccio una colpa, Luke. Davvero.
–  Smettila, Michael – mormorai chiudendo gli occhi. Non potevo credere che stesse facendo tutto questo casino per niente. – Ci sentiamo dopo, Luke – aggiunsi alzandomi. Gli sorrisi e mi trattenni dal togliere alcuni peletti sulla sua guancia, poi però pensai che Michael in realtà non poteva di certo fare queste scenate, quand’era evidente che tra me e Luke ci fosse ormai una bell’amicizia. Coìs mi avvicinai a Luke e gli pulii il viso facendo una risata fiacca. Mi girai verso Michael, lo guardai male e poi uscii fuori dalla camera di Luke per entrare in quella di Michael. Ci aspettava una bella litigata.
Entrò anche lui e a quel punto mi sedetti sul suo letto, stringendo le mie mani per non iniziare ad urlargli contro. Sapevo che aspettava a lui la prima parola e lo sapeva anche lui. – Io.. non so veramente che dire – borbottò lui iniziando a fare quel suo gioco con le dita che faceva ogni volta che era nervoso. – Sai tutto fin troppo bene. Non c’è bisogno nemmeno che ti spieghi come mi sento, perché sei troppo intelligente per non capirlo e l’avevi capito anche senza nessuna spiegazione, quindi è inutile stare qua a spiegarti come mi sento.
– Non ne ho bisogno, hai ragione – ringhiai io. – E sai perché non ne ho bisogno? Perché qualsiasi emozione tu stia provando, è alquanto stupida e insensata. Non puoi veramente pensare di poter fare una scenata appena mi vedi con Luke. Non ne hai veramente il diritto.
– Io non ho nessun diritto e nemmeno tu – sbottò lui lanciandomi occhiatacce.
– Esattamente – confermai io annuendo.
– Bene, allora la prossima volta che vedrò una delle tue amiche, o ancora meglio Grace, mi butterò tra le loro tette oppure loro si butteranno sul mio…
– Fai un po’ come ti pare – ringhiai io alzandomi dal letto. Non potevo di certo ascoltarlo mentre mi diceva quelle cose. Sarei veramente potuta scoppiare e non sarebbe stato per niente carino. Proprio in quel momento il mio cellulare mi segnalò l’arrivo di un messaggio e così presi la borsa, ma mi fermai quando vidi la lettera. Rimasi ferma a guardarla per un po’. Mi ero dimenticata di essermela portata appresso. Chiusi gli occhi e mi misi indietro i capelli, per fortuna stavo dando le spalle a Michael, che però mi stava guardando. Guardai un’ultima volta la scrittura di mio padre e poi presi il cellulare. Era il ragazzo e mi chiedeva cosa stessi facendo. Feci un respiro profondo e mi girai verso Michael, che continuò a guardarmi senza farsi problemi. La sua domanda era fin troppo ovvia: chi è al cellulare?
– La nostra è una cos seria o no? – chiesi io. – Non voglio fare giochi, Michael, sai che non sono il tipo. Devo capire cosa vuoi da me o tutto questo non avrà senso.
– Seria in che senso? – rispose lui con una domanda. Odiavo quest’atteggiamento.
Feci un sospiro. – Nel senso che non ci vediamo con nessun altro. Nel senso che non ci baciamo con nessun altro. Vuoi che continui a spiegartelo o credi di poterlo capire? Si chiamano relazioni e…
– Whoa! – esclamò lui facendo un passo indietro. Sentii il mio stomaco fare una capriola e stringersi sempre di più per la paura. Poi fece una risata strana, forse perché era nervoso. – Non abbiamo una relazione, noi due – si affrettò a dire. – Non è questo che voglio.
Rimasi in silenzio per un po’ per cercare di capirlo, ma non ci riuscii e questo mi diede fastidio, perché ero sempre stata brava ad interpretare le persone. Scossi la testa e feci una mezza risata. – Mi dispiace, ma non posso veramente fare questa cosa. Non posso veramente continuare a stare al tuo gioco. Io non sono una tipa da una cosa senza senso, ok? Sono una tipa da relazione duratura e importante e di certo non posso averla da te, quindi è veramente meglio se lasciamo stare le cose e ricominciamo a ignorarci a vicenda.
Aggrottò la fronte ma non disse una parola per un bel po’ di tempo. Sapevo che stava cercando di scegliere la frase giusta da dire, riuscivo a capirlo dalla sua espressione. – Davvero per te è così semplice lasciarmi andare? – chiese poi alzando lo sguardo su di me.
– Oh, no! – esclamai ridacchiando, nervosa. – No, non provare a psicanalizzarmi, caro, perché non è proprio il caso! Io sono forte, ok? Io decido cos’è meglio per me e di certo tu non fai parte della categoria “meglio”. Tu fai parte della categoria “peggio” e io sono abbastanza forte da capirlo e da lasciarti stare. – La voce s’incrinò un po’, ma entrambi facemmo finta di niente.
– Vuoi veramente una relazione con me? – chiese lui avvicinandosi, arrabbiato e forse sì, un po’ confuso. – Vuoi davvero una relazione con un membro di una band che non c’è quasi mai e le poche volte che è libero torna a casa sua, visto che non vive nella tua stessa città? Non ci potremo vedere per mesi, tanti mesi, Amelia, e tu mi stai chiedendo veramente di avere una relazione con te?
– Io… io non lo so, ma so che non voglio essere presa in giro ed è evidente che tu lo stai facendo – ringhiai io scuotendo la testa ripetutamente. – So che quando mi vedo con un ragazzo non voglio che lui ci provi con nessun’altra e la cosa sarebbe reciproca, ovviamente. Ma da quello che vedo tu non sei esattamente il tipo di ragazzo ideale per me, il ché è ovvio! – esclamai ridendo. – Insomma, guarda me e poi guardati! – aggiunsi continuando a ridere e per un po’ mi sembrò come offeso. – Io sono una ragazza semplice, l’hai detto anche tu, e per quanto possa voler essere un qualcuno di diverso, sarò sempre me stessa. Ed io non mi metto le gonne, succede veramente raramente, e non vado a letto con il primo che capita, non voglio uscire e ho problemi seri che nessuno deve sapere. Tu invece sembri essere un libro aperto, non sei affatto un ragazzo semplice, ti tingi i capelli e non sono ordinati ma sempre spettinati, cosa che io odio, ti vesti in un modo che odio e…
– Allora perché sei ancora qua? – chiese lui andando ad aprire la porta. – È ovvio che non ti piaccio poi così tanto, dopotutto ti fa schifo praticamente tutto di me, quindi che cazzo ci fai ancora qua? – ringhiò indicando con il mento l’uscita. – Vai, su! Vai dal tuo ex ragazzo che sta in prigione. Immagino quanto possa essere perfetto anche lui.
Trattenni il fiato e feci un passo indietro, veramente ma veramente ferita. – Non osare parlare di lui in questo modo – ringhiai io a bassa voce. – Lui era un uomo elegante, sempre apposto, i suoi capelli erano sempre ordinati, portava sempre…
– Sì, e adesso dov’è, Amelia? – chiese lui alzando le mani al cielo. Feci un passo verso di lui, furiosa, e questa volta alzò lei mani in segno di resa. – Non lo sto giudicando, ok? Quello che ha fatto molto probabilmente è stato un errore e tutti noi commettiamo errori, alcuni però sono veramente molto gravi e le conseguenze sono altrettanto gravi. Quello che sto cercando di fare è di farti capire che.. anche se le persone sembrano belle e brave, sempre apposto con l’aspetto, questo non significa che siano delle brave persone. Guarda i politici! Fanno tutti schifo! – continuò lui. – Mi sembri molto superficiale, ora come ora, e so che in realtà non lo sei.
– Non sono superficiale! – sbottai io alzando il tono di voce.
– Mi stai ascoltando?! – chiese lui avvicinandosi a me. – Ho detto che sembri molto superficiale, non che lo sei! – Feci per dire che era la stessa cosa ma mi precedette. – Non parlare. Non ancora almeno. Non lo sei, quindi perché devi essere così ottusa?
– Mi stai dicendo un’altra volta che sono superficiale – borbottai incrociando le braccia.
Sbuffò e si scompigliò un altro po’ i capelli. – No, non ti sto dando della… Sì, ti sto dando della superficiale! E sai perché? Perché, fanculo, tu non sei migliore di me! Ok, magari il mio carattere non è proprio perfetto, ma nemmeno il tuo lo è! E va bene, sei una bella ragazza, me sei ossessionata dalla normalità e del senso del dovere e questo ti rende terribilmente prevedibile e noiosa!
– Oh, quindi adesso oltre a superficiale sarei pure noiosa! – esclamai io e risi, perché ormai la situazione stava iniziando a diventare veramente esilarante.
– Esattamente! – confermò lui – Sei superficiale, noiosa, maledettamente prevedibile, ossessiva, cervellona e…
– E allora perché sei geloso? – chiesi io e quando chiuse la bocca alzai le sopracciglia, come per dire “sto aspettando una risposta”. Sentii un’altra volta il cellulare, ma questa volta stava vibrando e quando lo presi lessi che si trattava di mia madre. Attaccai e così rimase una chiamata persa e un messaggio da parte di Gerard. Lanciai un’altra occhiata alla borsa e poi rimisi dentro il cellulare. Feci un respiro profondo e guardai Michael, che continuava a guardare la borsa. – Oggi non è giornata. Ho da fare, devo fare una cosa importante e poi credo proprio di dover andare in carcere per vedere…
– Per vedere il tuo ex ragazzo – finì lui annuendo. – Se vogliamo, possiamo pure aggiungere il fatto che è ovvio che tu sei ancora innamorata di lui. Si vede lontano un chilometro e appena qualcuno cerca di dire qualcosa a riguardo tu l’attacchi. Basta pensare a quel povero Finn, che alla fine le ha prese più lui che te, e perché? Perché aveva appena detto qualcosa contro quel ragazzo. È ovvio che tu non voglia sentire cose contro di lui, dal momento in cui non vuoi sentire nessuno perché sei ancora schifosamente innamorata di lui!
– Lascialo stare! – tuonai io spingendolo. – Non lo devi nemmeno nominare, sono stata chiara? – ringhiai mettendomi a pochi centimetri dal suo viso, solo per cercare di spaventarlo che per altro.
– Come ho appena detto, appena qualcuno lo nomina tu scatti come una molla – mormorò lui guardandomi dritto negli occhi e per un po’ rimasi intrappolata a guardare quel verde bellissimo, che, guarda caso, s’intonava benissimo alla sua pelle chiara. – Tu ti stai inventando queste cose solo per riuscire ad andare avanti, o meglio tornare indietro da lui. Guardati, Amelia, stai con le lacrime agli occhi solo perché sto cercando di chiarire la faccenda del tuo ex ragazzo! Questo è l’effetto che ti fa. Ti fa soffrire e nessuno dovrebbe far stare così male una persona.
– Tu mi fai stare male – ringhiai io, ma invece di allontanarmi da lui, mi avvicinai ancora di più, perché per un piccolo secondo pensai di abbracciarlo e non lasciarlo andare.
– Ti faccio stare male perché quello che voglio è diverso da quello che vuoi tu – rispose lui continuando a tenere lo sguardo fisso su di me. – Perché credi di vivere in una favola, dove il cantante che ami viene da te e ti fa perdere la verginità, vi sposate e avete tanti piccoli bambini; ma non è così.
– Non vivo in una favola – sputai io. Lui non sapeva un bel niente, sapeva solo quello che io avevo voluto fargli sapere e nient’altro. Non sapeva per quanto tempo io avessi smesso di uscire di casa solo per quello che era successo a mio padre, la vergogna che avevo provato nel vederlo sui giornali e tutto il resto. Lui non lo sapeva, perché avevo deciso di non farglielo sapere. La mia vita e quello da dire riguardo ad essa la sapevo solo io e decidevo io a chi raccontarla, e a lui non l’avevo fatto. – Tu sai poco e niente di me, ricordatelo.
– So che tratti male la tua famiglia, che non ti fidi di loro, nonostante mi sembrino persone molto brave – rispose lui. – E molto probabilmente perché ti hanno chiesto di non uscire più con il tuo amato ragazzo, che adesso non può proprio più uscire. So che devi avere il controllo su tutto, anche su quello che succede tra me e te ed è per questo che non ti piace quello che sta succedendo adesso: perché tu volevi che andasse in un modo, chiaro e perfetto, e invece sta andando a modo mio.
Scoppiai a ridere. – Non sta andando nemmeno a modo tuo, mio caro principino – ringhiai io lanciandogli un’occhiataccia. – Non sta andando né nel mio modo, né nel tuo.
Fece spallucce e indicò la porta. – Ti devo accompagnare, per caso? – chiese lui guardandomi. – Fuori, intendo.
Presi la borsa, ma non potevo non notare il dolore che stavo provando al petto. Ed era veramente forte, quel maledetto dolore. – No, puoi star tranquillo – mormorai io passandogli davanti e andando alla mia destra. Sentivo il suo sguardo addosso, sapevo che aveva capito ma non m’interessava, perché non poteva veramente pensare di avere il controllo anche sull’amicizia tra me e Luke.
Lo sentii sospirare, poco dopo mi prese il braccio e mi riportò dentro camera sua. – Non puoi fare avanti e indietro in questo modo – ringhiò lui guardandomi negli occhi. – Non puoi andare prima da Luke, poi da me e poi di nuovo da Luke! Ce l’hai un minimo di rispetto verso di noi?
– Sì, ce n’ho fin troppo! – esclamai io, scioccata. – Io e Luke stiamo molto bene insieme, non puoi seriamente pensare che chiudendo con me, Luke possa fare la stessa identica cosa. Questo significherebbe che non gli è mai interessato niente di me, a lui, e non ci credo.
– Sto dicendo che ci stai mettendo contro – m’interruppe lui facendomi smettere di respirare. Scossi la testa e feci un passo indietro. – Sì, hai sentito fin troppo bene. Io sono geloso e solo vedervi seduti a ridere mi fa venire il voltastomaco. E non riesco nemmeno a capire il vero motivo! Dopotutto a malapena ci conosciamo, tu sei una ragazza noiosa e io vorrei solo divertirmi… quindi ci deve essere qualcos’altro sotto. Tipo, magari mi sono affezionato all’idea che tu possa volere me e solo me. E quindi appena ti vedo con Luke..
– Ti stai psicoanalizzando da solo e davanti a me – borbottai io.
– Lo dici come se mi stessi masturbando da solo davanti a te – disse lui e così scoppiai a ridere. Michael rimase a guardarmi per un po’, confuso come non mai, poi però lentamente la sua espressione si fece sempre più dolce fino a quando non si mise a ridere anche lui. Rimanemmo così, a ridere, per un bel po’ di tempo, fino a quando non ce la facemmo più e rimanemmo senza fiato.
Sentii di nuovo il mio cellulare squillare e così lo presi alzando gli occhi al cielo. – Mamma, dimmi – borbottai.
– Tesoro, ti volevo solo dire che io e Jason non ci saremo sta sera per cena perché abbiamo deciso di prenderci una paura da questa vita monotona e andare a cena fuori – mi avvisò mia madre.
Feci una smorfia disgustata, perché già sapevo che la loro serata non prevedeva solo la cena. – Va bene, fate con calma, io credo proprio che farò una festa – scherzai e mia madre fece una risatina e poi attaccò poco prima di avermi salutata. Annuii e alzai lo sguardo su Michael, che stava sorridendo. – Cosa c’è?
– Niente – rispose lui facendo spallucce, così rimisi il cellulare dentro la borsa e guardai di sfuggita la lettera. – Posso sapere cosa c’è in quella borsa di così allettante? – chiese poi.
– Niente – mi affrettai a dire mentre chiudevo la borsa. Accennai un sorriso. – Niente, è solo che… niente. Lascia stare.
Fece un respiro profondo. – Non dovevi andare a trovare il tuo ex ragazzo? – chiese poi.
Sussultai e tenni più stretta la borsa. – Sì, è vero, ma prima devo fare una cosa – mormorai io. Mi guardai intorno per cercare un posto adatto per leggere la lettera. Il fatto è che una parte molto grande di me voleva veramente dirgli tutti, dirgli che avevo una lettera dentro la mia borsa, che ero pronta a leggere ma che non sapevo dove farlo. Sentivo la necessità di dirgli tutto quello che mi passava per la mente, ma non potevo farlo, sarebbe stato abbastanza egoista da parte mia. – Ho solo bisogno del bagno – mormorai e lui mi fece segno di accomodarmi, così mi chiusi là dentro e presi la lettera.
L’aprii e la guardai sneza leggerla. Iniziai a leggere la prima riga:
Ciao, amore mio. Ho deciso di scriverti una lettera perché qualcosa mi dice che non verrai più a trovarmi, e a quanto pare ci resterò ancora un bel po’ di tempo qua dentro, quindi non potevo aspettare. Non mi fanno più chiamare così tanto, ora che hanno detto il verdetto, e purtroppo ti potrò chiamare solo una volta a settimana. È difficile per me parlarti tramite una lettera e non poterti guardare negli occhi. Quei tuoi occhioni che ricordano tanto i miei… Quand’eri piccola non potevo fare a meno di guardarli. Erano enormi su quel tuo faccino piccolo. Sembravi una bambola e tutt’ora sei di una bellezza rara. Sei la mia piccolina, lo rimarrai per tutta la vita, anche quando avrai tre bambini e un marito.
Ti ho scritto perché mi sono reso conto di essere stato uno stronzo con te l’ultima volta che abbiamo parlato. In realtà lo sono stato anche i giorni prima che mi arrestassero e mi voglio scusare anche per quei giorni. Non ti meritavi niente di quello che ho procurato, tra conseguenze legali e familiari, e non mi sentirò mai abbastanza in colpa per questo, perché quello che ti ho fatto è veramente troppo grande.
Devo scusarmi con te e darti una spiegazione. Quel giorno ero nervoso, come praticamente tutti i giorni che sono qua e mi mette tristezza vederti in questo posto. Speravo veramente che sarei uscito prima, così da non farti mai più venire qua, ma purtroppo non è stato così, quindi se vuoi venire io sono qua, a braccia aperte. Ma non devi sentirti in colpa se non vorrai farlo.
E devi fare una piccola cosa per me: devi andare avanti, amore della mia vita. Non puoi continuare così. Hai solo diciotto anni e tutta una vita davanti. Quello che devo pagare io per aver fatto quello che ho fatto lo devo pagare solo io, non anche tu. Non c’entri niente, tu. Fai esperienze, innamorati, fai amicizie divertenti, fai tutto quello che un adolescente della tua età farebbe, ma non rimanere bloccata nel passato.
Non voglio parlarti di questo posto, non voglio angosciarti ancora di più, non voglio fare niente se non sperare in un futuro dove tu mi perdoni e io torno a casa, da te.
                                                                                                                                Con tutto l’amore del mondo,
                                                                                                                                                                                            Papà.”
Ero completamente distrutta. Quella lettera fu la mia distruzione e la mia rinascita, ma ancora non lo sapevo. Uscii dal bagno solo perché Michael iniziò a chiamarmi e a battere la mano sulla porta, gli sorrisi e misi la lettera dentro la borsa, lui abbassò lo sguardo su di essa e poi mi guardò, come per chiedermi cosa fosse.
– Tutto bene? – chiese lui.
– Sì, ho solo bisogno di una sigaretta – mormorai io prendendo il pacco di sigarette. – Posso? – chiesi io indicando il balcone. Michael rimase zitto e fermo per un po’, poi annuì, ma era ovvio che odiasse vedermi fumare. – Grazie – mormorai uscendo, ma non senza aver preso il cellulare e le cuffiette per ascoltare un po’ di canzoni. Avevo bisogno di riprendermi e, per quanto non volessi ammetterlo, volevo farlo con Michael nella mia stessa stanza. Non doveva fare niente, doveva semplicemente esserci.
– Posso chiederti una cosa? – chiese Michael uscendo, con la mia borsa nella sua mano. Annuii ma non lo guardai e feci un altro tiro di sigaretta. – Che c’era scritto nella lettera? – chiese ed io sussultai. – Ti ho vista mentre la mettevi dentro la borsa. E ho visto i tuoi occhi lucidi.
– Era solo una lettera – mormorai io prendendo la mia borsa bruscamente. Michael la lasciò subito e mi guardò, mi studiò per quello che sembrò un anno. – Cosa c’è? – sbottai.
– Quella lettera era del tuo ex ragazzo.
– No, non era del mio ex ragazzo – ringhiai io stringendo la mia borsa. – Fatti gli affari tuoi! – urlai e buttai la sigaretta per entrare dentro. Me ne dovevo andare, a quanto pare Michael non poteva semplicemente esserci, doveva capire tutto.
Entrò dentro anche lui. – Non dire cazzate, Amelia, solo lui riesce a farti ridurre in questo modo! – tuonò lui e quando capì che non mi sarei fermata mi prese il braccio bruscamente e mi girò. – Non puoi continuare così e lo sai anche tu. Per quanto possa amare quel ragazzo è come un veleno per te! Non puoi veramente pensare di poter continuare a fare questa vita solo perché lui ha fatto una cazzata! Non devi rimetterci anche tu!
– Sì  invece! – sbottai io. – Io devo rimetterci perché fa parte di me!
– Non fa parte di te! È solo un ragazzo che ami – sputò lui alzando le mani al cielo. – Dio santo, Amelia! Ma non lo vedi? Ti sta praticamente uccidendo.
– Non posso farne a meno! – dissi abbassando la voce, perché la mia voce stava iniziando ad inclinarsi e non potevo permettere che tutte quelle emozioni che stavo provano scoppiassero fuori da me, per poi andare a sbattere contro Michael.
– Perché no?! Devi semplicemente andare avanti – esclamò lui, visto che avevo abbassato il tono di voce lo fece anche lui.
– No, non posso – ringhiai io e cercai di fargli allentare la presa dal mio braccio, ma non ci riuscii. – Lasciami il braccio, Michael.
– Perché non puoi? – chiese lui con un tono di voce così basso e sicuro che mi fece venire le lacrime agli occhi.
– Perché è mio padre – mormorai io guardandolo negli occhi e notai ogni singola cosa. Notai il suo piccolo sussulto, notai la sua presa allentarsi lentamente, notai i suoi occhi spalancarsi, notai le sue labbra aprirsi, notai la sua espressione cambiare da arrabbiata ad addolorata.
– Cosa? – chiese lui, quasi scioccato.

Angolo Autrice:
Buonasera a tutti! Questo capitolo è stato un po' difficile da scrivere, perché volevo far passare una bella giornata a Michael e Amelia, ma poi ho pensato che tutti i problemi dovessero essere messi sul tavolo e non solo quelli del padre, ma anche quelli di Michael, della loro relazione e della sua gelosia. Ovviamente la discussione non è finita qua e anzi credo proprio che andrà avanti per un bel po', ma per ora questo è tutto.
Forse è stato un po' noioso, forse vi siete già stancati delle litigate ma vi avverto che ce ne saranno tante d'ora in poi. Ok, magari non proprio tante, però avrete già capito che non sono esattamente la coppia perfetta.
Oh e vi ricordate che all'epilogo Luke ha menzionato una canzone che Michael ha dedicato ad Amelia? Bé, sono riuscita a trovarla, finalmente! In realtà sono due, quindi devo decidere quale sarà delle due, ma ci riuscirò.
Detto questo vi chiedo di recensire per farmi sapere cosa ne pensate e mi scuso per gli errori, prima o poi troverò il coraggio di correggere tutti i capitoli ahahah.
Un bacio e al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 15
*** Un appuntamento imbarazzante ***


Capitolo 14
Un appuntamento imbarazzante
 
Rimasi in silenzio per un po’, più il tempo passava e più Michael diventava pallido… e lui era già pallido di suo. – Il mio ex ragazzo… è mio padre – dissi e aggrottai la fronte, perché sembrava veramente una cosa orribile da dire. – Cioè, non esiste nessun ex ragazzo, esiste solo mio padre – borbottai e continuai a tenere la fronte aggrottata, perché era comunque una cosa strana da dire.
Michael non disse niente, indietreggiò e poi si sedette sul letto. Mi continuò a guardare per un bel po’ di tempo, con il viso ancora più bianco. Sembrava veramente un lenzuolo. Scosse la testa e la prese tra le mani, iniziando a borbottare cose senza senso. Rimasi in silenzio, in imbarazzo e un po’ spaventata dalla sua reazione, mentre lui continuava a tenere la faccia nascosta tra le sue mani. Scoppiò a ridere poco dopo, ma era ovvio che la sua risata fosse più dovuta al nervoso che ad altro. – Vuoi dirmi che per tutto questo tempo io sono stato geloso di tuo padre? – chiese e quando annuii, cautamente, lui rise ancora di più. – Cazzo, questa situazione è davvero ridicola.
– Ridicola in modo positivo o negativo? – mi azzardai a chiedere, ma non rispose, continuò a tenersi la testa tra le mani e basta. – Io… Credo sia meglio che io vada – mormorai.
– Luke lo sapeva, vero? – chiese lui e io rimasi in silenzio. Volevo rispondere di no, ma feci passare troppo tempo e così lui capì. – Certo che lo sapeva – rispose lui ridendo.
Mi sedetti vicino a lui e lo guardai, anche se lui non aveva proprio intenzione di fare la stessa cosa. – Non c’entra niente Luke. Gli ho chiesto io di non dirtelo e lui si è arrabbiato, perché non voleva che restassi all’oscuro di questa mia situazione. Mi ha addirittura dato un ultimatum, dicendomi che se non te l’avessi detto io allora l’avrebbe fatto lui. Voleva veramente dirtelo, ma io… non me la sentivo. – Rimasi in silenzio a guardarlo per un po’, pregandolo mentalmente di dire qualcosa, ma non fece niente. – Volevo dirtelo una volta che avessimo iniziato a vederci sul serio, però sarebbe dovuta essere una cosa programmata e ben sistemata e…
– E me l’hai detta adesso – disse lui alzando lo sguardo su di me. Era arrabbiato, sperai che fosse arrabbiato solo con me e non anche con il povero Luke, che in fin dei conti non c’entrava niente, ma qualcosa mi disse che era arrabbiato con entrambi. – E non era affatto programmata la cosa. Non puoi capire quanto mi possa fare stare meglio questa cosa – aggiunse lui accennando una risata, ma era priva di felicità.
– Mi dispiace tanto, Michael – mormorai io e feci per posargli una mano sulla spalla ma mi guardò in un modo così brutto che rimasi con la mano a mezz’aria, senza spostarla di pochi millimetri. – Sei arrabbiato con me, lo capisco. Capisco il perché.
Rise amaramente. – No, io non credo – rispose lui scuotendo la testa ripetutamente. – Andavi in giro e facevi finta di essere la vittima – sbottò lui alzandosi dal letto per mettersi davanti a me. – Con la tua odiosa vocetta andavi in giro e dicevi “eh no perché Michael è cattivo, mi sta solo prendendo in giro” – continuò imitando la mia voce, che però non era così fastidiosa… sperai. – Quando in realtà quella che stava prendendo per il culo eri tu, principessa. – Disse quel “principessa” sputando praticamente acido. – E non hai preso per il culo solo me, hai preso per il culo tutti noi, Luke compreso! Facevi la vittima, davi di matto, quando in realtà quelli che sono rimasti fregati siamo stati noi.
Feci un respiro profondo per calmarmi. Non ero arrabbiata, ero solo triste. – Non vi ho presi in giro, davvero. Volevo solo tenere per me questa cosa. Non siete gli unici a non sapere niente, non sanno niente nemmeno Grace e Cher – borbottai io abbassando lo sguardo sui suoi piedi.
– Secondo me tu non sai cosa significhi veramente avere un amico – ringhiò lui.
Alzai di scatto lo sguardo e rimasi a fissarlo per un po’. Questo aveva fatto male. Mi stava dicendo che non avevo dei veri amici e che non mi sapevo comportare da amica. – Non è vero – mormorai io aggrottando la fronte, ma il suo sguardo rimase fiero e serio. Lui pensava che fosse vero. – No, non è vero. Ho Jennifer e lei sa tutto.
– E quante volte è dovuta venire da te per pregarti di non tenerla fuori? – chiese Michael.
Trattenni un respiro e mi alzai. – Tu non sai niente – mormorai io e sentii le lacrime fare capolino. – Tu non sai come mi sento, come mi possa sentire! Credi sia facile per me andare avanti e fidarmi delle persone?! La maggior parte degli adulti appena accenno al fatto di non poter vedere mio padre mi guardano come se fossi un cucciolo di cane ferito! – iniziai ad alzare il tono di voce. – Io so cosa fanno le persone e le persone vanno in giro e parlano. E io non voglio che si parli di me e di mio padre, ci sono problemi? Oh, certo che ci sono, perché tu sei un libro aperto e invece io no! Bé, vorrei vederti nella mia posizione, sai? Se io andassi in giro a dire a tutti che mio padre è colpevole, che è in galera, che non uscirà da là molto facilmente allora diventerò la ragazza con il padre colpevole e tutte le persone inizierebbero a parlare male di lui, perché non lo conoscevano e siccome una persona che va in galera di solito è una persona che se lo merita, allora mio padre passa dritto per quella categoria e ci rimane per tutta la vita. – Rimasi a guardarlo per un po’, fumante a causa della rabbia. – Tu non hai idea di come mi possa sentire io. Un anno e mezzo. Uno schifoso anno e mezzo sono stata dentro quella casa, mentre mia madre andava avanti con il suo nuovo fidanzato e io lasciavo Finn. Tu non hai la più pallida idea di quello che ho dovuto affrontare in quest’anno e mezzo, quindi taci.
– Noi stavamo iniziando ad avere un qualcosa! – esclamò Michael. – Un qualcosa che tu volevi trasformare in relazione, quando non sapevo che tuo padre fosse in galera!
– E allora? Che cambia? – tuonai io. – Una volta che l’avessi scoperto sarebbe cambiato qualcosa? Cosa c’è, ti fa paura? Mi avresti lasciato prima, sapendo che mio padre era un delinquente? Perché è esattamente quello che pensa la gente, Michael. E tu non sei diverso da loro – ringhiai io scuotendo la testa. – Sei tu il superficiale qua e ti sei appena scoperto da solo.
– Io… non ti avrei mai lasciato per una cosa del genere! – urlò lui alzando le mani al cielo. – Non hai capito un cazzo di me. Esattamente come te, principessa, anch’io faccio vedere solo quello che voglio far vedere alle persone.
– Bé, rimane comunque il fatto che non sarebbe cambiato niente – borbottai io, perché non sapevo cos’altro dire questa volta. – Spettava a me decidere quando dirvelo e non mi sentivo pronta per dirvi una cosa del genere. È una cosa riservata, che mi ha procurato molto dolore e che ha avuto molte conseguenze su di me e sulla mia vita privata.
Scosse la testa e si scompigliò un’altra volta i capelli. – Credo che dovresti veramente andartene – mormorò lui.
– Cosa? – chiesi io e la mia voce s’incrinò.
– Dovresti veramente andartene e non solo da me, ma da tutti noi – rispose lui alzando lo sguardo su di me. Era dispiaciuto, ma era dispiaciuto per me, perché sapeva che ci sarei rimasta male, eppure non gli importava niente. Non sarebbe stato lui quello che ci sarebbe stato male, ma io. – Ci hai presi in giro, me per primo. Stai mettendo Luke e me in una posizione scomoda… Sei negativa per noi, Amelia.
Rimasi ferma e in silenzio per un bel po’ di tempo a pensare. Mi stava cacciando. Io stavo cercando di fargli capire come mi sentivo, mi stavo aprendo con lui nonostante fosse molto difficile per me, avevo cercato di rimanere calma e di raccontargli tutto… e lui mi stava cacciando. Non voleva che mi avvicinassi più a nessuno della band e tutto questo perché? Perché mio padre era in galera o perché non glie l’avevo detto? Forse tutti e due.
Qualcuno bussò alla porta di Michael e aprì poco dopo. – Mike… Oh, ecco con chi stava litigando Michael. Ciao, Amelia – esclamò Calum sorridendo. Aggrottò la fronte guardandoci ed entrò. – Tutto bene? Che sta succedendo?
Sorrisi a Calum quando Michael abbassò lo sguardo. – Niente – mormorai cacciando indietro le lacrime. – Jennifer è da un po’ che cerca di parlarti comunque – aggiunsi sorridendogli, ormai davanti a lui. – Ci vediamo – conclusi prima di uscire dalla porta. La chiusi molto lentamente ma non mi girai, lo feci solo quando sentii il rumore di essa che si chiudeva. Sentii la risata di Luke e poco dopo quella di Ashton e della ragazza e me ne andai senza dire niente.
Entrai dentro la macchina e feci un respiro profondo, non riuscivo a smettere di piangere e molto probabilmente non avrei smesso nemmeno con tutta la volontà del mondo. Mi sentivo tradita. Ero riuscita a dire tutto a Michael, eppure  non era stato abbastanza e anzi, sembrava quasi che avesse peggiorato la situazione.
 
Feci un sorriso alla mia immagine riflessa, nonostante fossi infelice e stanca. Ero diversa. Mi ero messa un vestito particolare che ricordava vagamente quello delle bambole e mi ero truccata di più, ma solo perché avevo degli occhi rossissimi e delle fosse sotto di essi. Sembravo sciupata, ma dopotutto non avevo mangiato a pranzo, dopo essere tornata dall’albergo.
Sentii il mio cellulare vibrare e così scesi giù, presi le chiavi e chiusi casa mia una volta fuori. Mi girai facendo un respiro profondo e sorrisi a Gerard, che m’imitò. Andai da lui e gli baciai la guancia, arrossì un po’ e abbassò lo sguardo sorridendo ancora di più. Gli accarezzai la guancia e poi entrai dentro la sua macchina.
Andammo in un ristorante che conoscevo fin troppo bene, io e Jennifer c’andavamo molto spesso quando non c’era nessuno a casa e non ci andava di cucinare, perché si mangiava bene e si pagava poco. Il ristorante perfetto insomma. Mi sedetti davanti a lui e non guardai nemmeno il menù, sapevo già di volere una tagliata e tante tante patatine fritte. Ero pronta a sfogare tutta la mia tristezza nel cibo e non ne ero mai stata tanto fiera.
Parlammo del più e del meno, Gerard non andava al college ma aveva un lavoro che gli faceva guadagnare abbastanza soldi per avere un piccolo appartamentino. – È più o meno una topaia – scherzò lui e risi. – Però è bello avere uno spazio personale dove vivi solo tu, capisci? In più io e mio padre non andiamo molto d’accordo, quindi all’età di diciannove anni me ne sono andato di casa. È stato difficile, perché all’inizio non avevo molti soldi, anzi ero al verde, ma alla fine sono riuscito a trovarmi un lavoro, poi un altro e a quel punto è stato tutto più facile, ovviamente.
Annuii, era veramente un ragazzo coraggioso. Nonostante avessi diciotto anni, l’idea di lasciare mia madre ancora mi lasciava un po’ perplessa, ma sapevo che prima o poi mi sarei dovuta trasferire più vicina al college, perché non potevo veramente andare tutti i giorni là facendo più di un’ora di viaggio.
Più andavamo avanti e più mi piaceva. Era un ragazzo d’oro. Aveva un cane meticcio e mi promise di farmelo conoscere, visto che io gli dissi subito di essere un’appassionata di cani, nonostante non ne avessi uno. Ne avevo avuto uno, ma era morto pochi mesi prima dell’arresto di mio padre e né mia madre né io eravamo state pronte a prendercene un altro. Eppure durante quella conversazione mi resi conto che forse, dopo quasi due anni, ero finalmente pronta.
– E tu invece? Cosa fai? – chiese lui sorridendomi tra un boccone e l’altro.
Feci un sospiro. Odiavo parlare di me e questo era il nostro primo appuntamento. Oddio, era un appuntamento? Lo era per me ed ero anche molto imbarazzata e agitata per questo. – Mmmh… allora, per prima cosa odio parlare di me – dissi ridendo. – Vado al college, vorrei laurearmi in economia, ma in questa settimana non ho fatto molto… non ho studiato e non sono andata a lezione, quindi non so se è veramente questo quello che voglio fare – borbottai io e fu difficile ammetterlo a me stessa. Il college era veramente difficile e non stavo passando un bel periodo… bé, non stavo passando un bel periodo da un anno e mezzo. – Vivo con mia madre e il suo fidanzato. Tra un po’ si sposeranno e a quel punto credo proprio che me ne andrò via di casa. Credo che sceglierò uno dei dormitori più economici, sperando in una coinquilina decente. – Ridemmo entrambi, ma io più per il nervoso che per altro.
– E tuo padre? – chiese poi con quegli enormi occhi scuri. Era proprio un bel ragazzo con quei suoi occhi scuri e i capelli biondi. Aveva un bel fisico, non aveva troppi muscoli, era asciutto ma non troppo. Le labbra erano un po’ fine, ma d’altronde anch’io non avevo proprio delle labbra piene e in più il suo sorriso poteva veramente eclissare tutti i suoi difetti, che per ora sembravano essere veramente pochi.
Smisi subito di sorridere. – Mio padre… è complicato – borbottai io prima di prendere un boccone.
– Capisco – rispose lui ricominciando a mangiare. – Non sono l’unico ad avere problemi familiari, eh?
Scoppiai a ridere. – No, direi di no – risposi io. – Non vorrei iniziare la gara di chi sta peggio, ma sono sicura che potrei vincere con una sola frase – mi ritrovai a scherzare. Non sapevo se fosse una cosa positiva o negativa, sapevo solo che mi vergognai di me stessa e ci misi un po’ per riprendermi. Pensai alla lettera e a mio padre e mi sentii in colpa. Chiusi gli occhi per pochi secondi e mi costrinsi a riprendermi.
– Attenzione, la faccenda si sta facendo interessante – accettò la sfida Gerard e smise di mangiare per guardarmi dritta negli occhi. – Sei sicura di poter vincere? Cosa te lo fa pensare? Magari non ti ho detto proprio tutto.
Smisi di mangiare anch’io e sorrisi maliziosamente. – Sì, sono sicura. – Per quanto fosse difficile ammetterlo, mi stavo divertendo a giocare con lui e qualcosa mi diceva che tra noi sarebbe potuto andare molto bene.
– Anche se ti dicessi che mio padre è un alcolizzato? – chiese lui e il mio sorriso svanì. Rimanemmo in silenzio a guardarci, senza fare nient’altro. Studiai quegli occhi scuri e trovai un po’ di dolore, ma trovai anche un po’ di felicità e fierezza. – Ti ho spaventata? – chiese lui a bassa voce, scherzando.
Mi sforzai a ridere. – No, no, certo che no – mentii io, anche se non ero spaventata, ero dispiaciuta e… non sapevo nemmeno io cosa stessi provando. – Mio padre è stato arrestato – aggiunsi quindi, perché quello che mi aveva detto lui non poteva non essere ricambiato con una bugia o altro.
– Mi dispiace – mi disse ed io annuii prima di ricominciare a mangiare. Era diventato sempre più facile dirlo, ora che mi ero resa conto di quanto fosse reale quella situazione, molto probabilmente a causa del verdetto negativo. A volte il dolore tornava, ma era un dolore di sfondo ormai. E qualcosa mi disse che fosse lo stesso per Gerard.  – Sai cosa mi è piaciuto del tuo comportamento? – chiese poi e alzai lo sguardo verso di lui, curiosa. – Non ti sei scusata, non mi hai detto “mi dispiace”, non mi hai preso per mano o dato una pacca sulla spalla. – Rimase in silenzio a guardarmi per un po’ e il mio cuore cominciò a battere forte. – Te ne sono grato, davvero. Potremmo veramente andare d’accordo. – Mi sorrise ancora di più e ricominciò a mangiare.
Ricominciammo a parlare del più e del meno per un bel po’, fino a quando non mi squillò il cellulare, ed io ancora non lo sapevo, ma stava per accadere un qualcosa di veramente imbarazzante ed esilarante.  – Amy, ciao! – mi salutò Jennifer. – Senti, sto qua con i ragazzi e stiamo morendo di fame, ma come al solito non ci va di cucinare, quindi che ne dici se ci raggiungi e andiamo a mangiare una pizza insieme?
– Oh, emh… Jen, io sono a cena fuori, sto nel ristorante dove andiamo di solito noi, ma…
– Perfetto! Stiamo arrivando! – esclamò lei e attaccò. La richiamai subito, in preda al panico, sotto lo sguardo confuso di Gerard. – Dimmi – disse poi Jennifer.
– Sto a cena con Gerard, il ragazzo che ho conosciuto ieri sera, quindi non è proprio una bell’idea – borbottai io alzando gli occhi al cielo per far capire a Gerard che stavo per perdere la pazienza. Quest’ultimo fece una risata e scosse la testa.
– Ancora più perfetto! Voglio incontrarlo – rispose lei prima di attaccare.
– Jen! – esclamai. Misi via il cellulare e sbuffai. – Mi dispiace davvero tanto, Gerard – borbottai alzando gli occhi al cielo. – Stanno arrivando i miei amici, quelli di ieri sera, quindi abbiamo due possibilità: finire di mangiare e scappare o finire di mangiare con calma e farci uccidere da loro.
Gerard fece spallucce. – Per me possiamo pure rimanere, sembravano dei tipi simpatici.
E ti pareva, pensai. Aspettammo “impazientemente” il momento in cui varcarono la porta del ristorante e ci videro. Non ero pronta a vedere né Luke né Michael, ma non  potevo spiegarlo a Gerard o a Jennifer, così rimasi in silenzio e alzai una mano per salutarli. Sperai che si mettessero in un tavolo lontano dal nostro dopo averci salutati, ma ovviamente fecero avvicinare un tavolo e si misero tutti là a chiacchierare, mentre io guardavo Gerard, rossa in viso, e mi scusavo continuamente.
Luke si avvicinò a me e fece per darmi un bacio sulla guancia, ma io mi allontanai e così mi lanciò un’occhiata perplessa e imbarazzata. Sorrisi al tavolo, perché non ce la facevo a guardarlo mentre cercava di capire cosa stesse succedendo. – Tutto bene? – chiese Luke avvicinandosi al mio orecchio. Io annuii e basta, sorridendo a Gerard, che sembrava confuso tanto quanto Luke. – Non sembra. Perché non mi guardi nemmeno negli occhi? – chiese.
Guardai Michael, che stava facendo la stessa cosa e la sua espressione si fece più dura. Non ce la feci più e mi alzai dal tavolo. – Credo proprio sia ora di andare, Gerard – borbottai guardando solo lui. – Ti vorrei far assaggiare un gelato fantastico…
– Ma siamo appena arrivati – esclamò Jennifer venendo verso di noi. Le lanciai un’occhiataccia e così capì. – Ma voi potete andare, al massimo ti raggiungiamo poi a casa tua, se vuoi – aggiunse con le guance un po’ rosse. – Oppure no – borbottò guardando la mia espressione, non molto positiva. – Bé, è stato un piacere conoscerti, Gerard.
– Ma dai, rimanete! – s’intromise Ashton. Lo guardai con occhi imploranti ma lui sembrava troppo eccitato per notarlo. – Sta per arrivare anche Bryana e non vede l’ora di vederti!
Feci per parlare quando Gerard mi prese per mano e mi sorrise. – Possiamo restare, veramente – disse sorridendomi ancora di più. – Abbiamo tutta la notte, no? – chiese e quando mi vide fare gli occhi dolci allora rise e mi baciò la fronte. Gli occhi dolci però non significavano “davvero?! Che dolce!” ma più “ ti prego, non mettitrici anche tu!”. Ovviamente non aveva colto il messaggio.
Luke tornò a sedersi, confuso e imbarazzato, mentre io facevo di tutto pur di non guardarlo negli occhi. Quello che invece non si faceva scrupoli a guardarmi era Michael, che era una maschera d’indifferenza, e che ogni volta che alzavo lo sguardo mi faceva sentire piccola piccola. Gerard parlava tranquillamente con Jennifer e Calum, che sembravano più uniti di prima. In realtà facevano proprio una bella coppia quei due, ma non sapevo quanto sarebbero durati, calcolando il fatto che tra pochi giorni i ragazzi se ne sarebbero andati.
Quando arrivò Bryana mi sentii un po’ meglio, perché mi diede l’occasione di alzarmi per fare finta di andarla a salutare, ma invece di dirle “ciao” mi avvicinai a lei e le mormorai all’orecchio: – Ti prego, fai in modo che io e Gerard riusciamo ad andarcene. – Lei mi guardò, confusa, e così le dissi che non mi sentivo a mio agio con tutta questa gente, soprattutto se calcolavamo il fatto che fosse il nostro primo appuntamento. I primi appuntamenti non potevano essere così e secondo me Jennifer lo sapeva. Aveva un qualcosa di diverso nello sguardo e qualcosa mi disse che avesse a che fare con Michael e me.
Bryana si sedette vicino ad Ashton che non le tolse gli occhi di dosso per minuti interi, mentre lei cercava di concentrarsi per trovare un modo di scollarmi di dosso gli occhi di Michael e le parole di Jennifer e Calum. Si accese come una lampadina quando trovò la situazione. – Ash, vorrei tanto tornare in albergo – borbottò quando finì di cenare. – Sono molto stanca e oggi non mi sono fermata un secondo.
– Oh – borbottò Ashton pensando al da farsi. – Ok, emh… ragazzi – ci chiamò e così tutti lo guardarono. – Io e Bryana siamo molto stanchi e vorremmo tornare in albergo. Qualcuno per caso vorrebbe andare via, così ci date anche uno strappo all’albergo?
Guardai Gerard che fece lo stesso, ma non capì, così gli tirai un calcio da sotto il tavolo e lui capì ma sussultò anche. – Oh, ah! Ok! – esclamò lui annuendo. – Potremmo riportarvi voi – aggiunse quindi guardando Ashton e Bryana.
– Fantastico! – esclamò Bryana e dovetti fare un grande sforzo per non urlare di felicità. – Andiamo allora? – chiese sorridendomi. Sorrisi anch’io guardandola e mi alzai. – Ci vediamo più tardi, ragazzi? – propose guardando Luke, Calum e Michael, che annuirono.
– Andiamo allora – dissi e non potei fare a meno di rendere il mio tono un po’ annoiato o addirittura triste. Sorrisi a Gerard e lui sembrò ancora più confuso, ma sorrise lo stesso. Salutai tutti con la mano, trascinando Gerard via e accennando un sorriso falso. Non riuscii a guardare Luke, mi faceva troppo male guardarlo.
Accompagnammo Ashton e Bryana e poi andammo a prendere quel famoso gelato buonissimo, ma invece presi un cornetto al cioccolato e questo fece ridere fin troppo Gerard, soprattutto quando mi ritrovai la faccia piena di nutella. Feci alcune figuracce, soprattutto perché ero veramente una frana a mangiare il cornetto con dentro tutta quella nutella, ma questo non sembrò dare fastidio a Gerard, anzi lo fece solo divertire ancora di più. Lui sembrava invece essere un ragazzo affatto goffo, faceva un passo più perfetto dell’altro e non faceva nessuna figuraccia, il ché me lo fece invidiare un po’, visto che io sembravo essere la goffaggine in persona.
Dopo più o meno due ore mi riaccompagnò a casa, ma appena vidi una figura accovacciata davanti casa mia sentii il mio cuore farsi sempre più pensate. All’inizio non riuscii a individuare chi fosse, perché era toppo tardi e perché in fin dei conti mi mancavano due gradi per occhio, ma Gerard accostò lo stesso e uscimmo dalla macchina. Sembrava non essersene accorto, ma io più mi avvicinavo e più capivo che sarebbe stato imbarazzante.
– Chi è quel tipo? – chiese Gerard aggrottando le sopracciglia per cercare di riconoscerlo. – I ragazzi ti si mettono davanti la porta ogni sera? – scherzò.
Risi e guardai il maledetto. – No, è una novità anche per me – dissi io continuando a ridere, ma ero veramente molto nervosa. – È un mio amico comunque, quindi non ti preoccupare. Molto probabilmente mi vorrà raccontare qualcosa – mentii io cercando di guardare solo Gerard.
– Va bene – borbottò lui, poco convinto. – Sono stato bene sta sera – aggiunse poi guardandomi e facendomi capire che avevo tutta la sua attenzione.
Gli sorrisi dolcemente. – Anch’io e mi dispiace per i miei amici – risposi accennando una risata. – A volte non sanno proprio quando fermarsi. Di solito non fanno così, di solito mi lasciano in pace, ma oggi sono stati particolarmente fastidiosi e mi…
– Tranquilla, sono simpatici – esclamò lui ridendo. – Ci sentiamo allora – disse poi, annuii e così sorrise. – A presto – mormorò prima di darmi un bacio sulla guancia. Per fortuna sapeva anche lui che la prima regola degli appuntamenti e cioè “non baciare al primo appuntamento”. In realtà era una cosa nuova per me, non la sapevo, ma me l’aveva detto una volta Cher per scherzare e così l’avevo come appuntato nel mio cervello.
– A presto, Gerard – dissi io prima di sorridergli. M’incamminai verso quella che sembrava la strada del non ritorno, mentre lui si alzava con fatica dal gradino di casa mia. Capii da come barcollò che era ubriaco e questo mi fece sentire male. Mi girai verso Gerard, che aveva acceso la macchina e lo salutai con la mano. Continuai a camminare solo quando fui sicura che se n’era andato. Mi fermai proprio davanti a lui e sbuffai. – Fai sul serio?
– Ce l’hai fatta! – esclamò Michael ridendo. Sì, era veramente molto ubriaco. – Pensavo non se ne sarebbe più andato. Però poi ho pensato:  ti pare che la principessa lo fa entrare dentro casa al primo appuntamento?! Devo dire che quando sembrava non andarsene pensavo glie l’avessi proposto, ma poi per fortuna se n’è andato.
– Che razza di gioco è questo?! – sbottai io alzando le mani al cielo. – Sbaglio o sta mattina mi hai detto che dovevo starvi lontana?! Bé, sto cercando di farlo, ma tu non stai facendo altrettanto, visto che hai lasciato che i tuoi migliori amici venissero al mio primo appuntamento con un ragazzo che sembra volere veramente una relazione con me… e adesso ti presenti qua. – Sentii le lacrime fare capolino, ma mi rifiutai di piangere davanti a lui.
– La verità è che in questo momento mi sembra impossibile starti lontano.

Angolo Autrice: Attenzione!
Buongiorno, cari! Bé, io sto morendo di fame, quindi credo proprio che andrò subito a pranzare. Mi sbrigo quindi a dirvi ho fatto un cambiamento: Finn e Amelia sono stati insieme quattro mesi e non più di un anno, perché in realtà non volevo che perdesse la verginità con un ragazzo che alla fine non si è comportato molto bene con lei e suo padre e siccome è una ragazza molto chiusa e problematica non mi sembrava molto coerente... non so, ho voluto cambiare, anche se a voi sembrerà un cliché.
Vi chiedo di dirmi cosa ne pensate di quest'idea e visto che ci siete di farmi anche sapere se vi è piaciuto il capitolo o meno. Mi scuso per eventuali errori.
Un bacio e al prossimo capitolo.


 

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Capitolo 16
*** Conseguenze ***


 
Capitolo 15
Conseguenze

Fu come ricevere uno schiaffo. Sentii un dolore crescere dentro di me e mi ritrovai a immaginare di baciarlo come mai prima d’ora. Abbassai lo sguardo sulle mie chiavi, le mie mani stavano tremando, poi aprii la porta e feci entrare anche quel coglione che si faceva chiamare Michael Gordon Clifford. Feci un respiro profondo e mi abbassai un po’ il vestito, anche se c’era poco da abbassare; ma lo feci solo perché continuava a guardarmi dalla testa ai piedi e questo mi faceva imbarazzare ancora di più. Andai in cucina senza dire niente e tornai indietro con un bicchiere d’acqua. – Bevi tutto – ringhiai io.
 Lui bevve tutta l’acqua avidamente e poi posò il bicchiere sul tavolo accanto a noi. – Non pensavo che avessi le palle per uscire con quel tipo il giorno stesso che noi due abbiamo chiuso – bofonchiò lui guardandomi male, ma poi abbassò di nuovo lo sguardo sul mio vestito e smise di avere quella sua smorfia arrabbiata.
– Non abbiamo chiuso, non c’è stato mai niente tra noi – dissi io prendendo il bicchiere e andando in cucina. Rimasi un po’ là per cercare di trovare la forza per cacciarlo di casa.
– Cazzate! – sbottò Michael dal salone. Andai da lui e lo guardai con le sopracciglia alzate, come per dirgli “sul serio?”. – Non puoi veramente pensare una cosa del genere. So che stai solo cercando di ferirmi, perché non puoi dire che tra noi non c’è mai stato niente. C’è stato qualcosa nel momento esatto in cui ho abbassato lo sguardo su di te, principessa.
– Oh, sì, è vero! – esclamai. – Lina, giusto? – chiesi io e lui alzò gli occhi al cielo. – C’è stato qualcosa tra di noi chiamato presa per il culo e ora dimmi come sei arrivato fino a qua.
– A piedi – rispose lui e quando vide la mia espressione scioccata continuò a parlare. – Cosa c’è? Non è poi così lontano, anzi è vicinissimo.
– E i ragazzi ti hanno lasciato andare e basta? – chiesi io, ancora un po’ scioccata. Il ristorante era abbastanza vicino,ma lui doveva essere andato da qualche altra parte per bere. E poi perché venire da me se la mattina stessa mi aveva ordinato di stare lontano da lui e dai suoi amici? Michael fece spallucce facendomi capire che sì, l’avevano lasciato andare e basta, molto probabilmente perché sapevano che sarebbe venuto da me e sapevano anche quanto fossi paranoica. – Dai, ti do’ uno strappo fino all’albergo – borbottai prendendo le chiavi della macchina.
– Ma io voglio stare qua, solo con te – borbottò lui mettendo il broncio.
Il mio cuore fece un balzo e mi girai per guardarlo. – Tu non puoi fare così – mormorai andando da lui. – Non puoi credere di avere tutto questo potere e di usarlo contro di me. Sta sera mi sono dovuta allontanare da Luke per non permettergli di baciarmi sulla guancia e sono dovuta stare zitta mentre lui cercava di chiarire la situazione! – sbottai io e iniziai a piangere. – Hai idea del dolore che stia provando adesso? Mi hai costretta ad allontanarmi da un amico fantastico e ora vieni qua e mi dici che non puoi stare senza di me e che vuoi stare da solo con me. – Mi misi indietro i capelli e smisi di piangere, mentre lui mi guardava con uno sguardo colpevole. – Ti ho detto che quando esco con un ragazzo non voglio sentirmi con un altro e adesso mi sto sentendo con Gerard e lui sembra tenere a me…
– Non tiene a te! – mi fermò lui. – Ti ha conosciuto ieri sera! L’unica cosa che vuole veramente da te è fare sesso con te – ringhiò lui. – E sta sera con questo vestito gli hai fatto capire che può benissimo farlo.
Rimasi a bocca aperta. – È solo un vestito! – esclamai con le guance rosse. Non poteva veramente pensare che Gerard fosse un tale pervertito. Ok, magari tutti i maschi erano così, ma Gerard mi era sembrato un ragazzo veramente bravo e responsabile.
Michael rise. – Esistono i vestiti ed esiste questo vestito – borbottò lui alzando gli occhi al cielo. Poco dopo il suo cellulare squillò. – Che vuoi?! – sbottò lui facendomi sussultare. – No, sono occupato. No, non posso. Dipende da quello che dice lei – borbottò e poi mi guardò. – Vuoi andare a ballare con i ragazzi? – mi chiese.
– Non lo so… sono appena tornata da un appuntamento – dissi io, indecisa.
– Oh, per l’amor del cielo, era un appuntamento! – sbottò lui alzando gli occhi al cielo. – Mica vi state per sposare! Puoi ancora avere una vita sociale, sai?
– Vai tu no? – chiesi io facendo spallucce, ma era solo una scusa per togliermelo di dosso. Metteva in imbarazzo da ubriaco… bé, diciamo che metteva in imbarazzo in qualsiasi situazione, ma quand’era ubriaco non aveva propri filtri.
– No, o ci andiamo insieme o non ci vado e rimango qua – ribatté lui. – Pensavo di essere stato chiaro.
– E io pensavo di essere stata chiara sul fatto che sto uscendo con un altro ragazzo che non sei tu – ringhiai io. Era ovvio che provassi qualcosa per Michael, ma ero molto ferma sulle mie idee nonostante i sentimenti che provavo per lui. Questo almeno era quello che pensavo, ma più in là mi resi conto che non era così facile come pensavo.
– Infatti non ti sto chiedendo di uscire, ti sto solo chiedendo di andare insieme ad altre persone in una discoteca – borbottò lui guardandomi male. Alzai gli occhi al cielo ma annuii e così attaccò dicendo che stavamo arrivando e andammo. – Tranquilla, principessa, il tuo amore non verrà a sapere che sei uscita con il ragazzo che hai baciato proprio ieri sera.
Arrossii violentemente ma non glie la diedi vinta e non risposi. Presi le chiavi della macchina e andammo all’albergo, per poi seguirli con la mia macchina fino al locale. Michael scese barcollando un po’, il ché mi fece alzare gli occhi al cielo, ma andai comunque da lui per cercare di aiutarlo. Mi sorrise, riconoscente, ma non disse niente. Entrammo tutti insieme, Luke cercò di parlarmi ma io feci finta di non ascoltarlo e questo mi uccise. Stavo con le lacrime agli occhi, ma nessuno lo notò e questo mi fece sentire un po’ meglio.
Andai fuori dal locale poco dopo per fumarmi una sigaretta e ci rimasi fino a quando non fui completamente sicura che non sarei scoppiata a piangere là dentro. A quel punto rientrai e bevvi un drink, poi ne bevvi un altro, proprio mentre guardavo Michael ballare con una ragazza minuta che continuava a strusciarsi su di lui. Feci una smorfia disgustata e finii anche il secondo drink, capii che era stata una cattiva idea andare là quando arrivai a finire il terzo drink.
Quando fui abbastanza felice andai in pista e inizia a ballare insieme a Jennifer, che mi abbracciò e mi diede un bacio sulla guancia. Sembrava più felice del solito e qualcosa mi diceva che c’entrava Calum, che continuava a tenerla d’occhio dal tavolo. Feci a Calum il segno di venire, ma lui si rifiutò e così Jennifer fece spallucce. Iniziammo a ballare insieme e poco dopo ci ritrovammo con dei ragazzi attorno, ma tutti guardavano Jennifer e a me ormai non dava nemmeno più fastidio. Era bellissima, soprattutto quand’era così felice; ma durò tutto molto poco, visto che poco dopo Calum la prese per mano e la trascinò via. Sentii qualcuno che mi prendeva per mano e quando mi girai, pronta a urlare contro Michael, incontrai gli occhi di Luke.
Feci un passo indietro e sfilai la mia mano dalla sua. Il suo sguardo da arrabbiato cambiò in triste e questo mi fece male un’altra volta. Scossi la testa e me ne andai un’altra volta al bar. Presi un altro drink e mi sedetti al nostro tavolo, dove Calum era di nuovo da solo.
– Tutto bene? – mi chiese ed io annuii. – Non mi sembra. Luke sembra triste e tu continui ad evitarlo. Cos’è successo? – chiese ma io rimasi in silenzio e così lui fece un sospiro e si avvicinò a me. – Michael non vuole parlare, tu non vuoi parlare e qualcosa mi dice che avete litigato di nuovo. Solo… non escludere Luke solo perché sei arrabbiata con Michael, ok? Luke è più emotivo di Michael e ci rimane veramente male.
– Non gli farei mai una cosa del genere – ringhiai io guardandolo. Era assurdo come fosse cambiato il nostro rapporto. Prima ero così eccitata all’idea da conoscerli che a malapena riuscivo a parlarci e ora mi ritrovavo a ringhiare addosso a Calum, litigare continuamente con Michael e cercare di allontanarmi da Luke. Era una cosa assurda, impossibile, eppure era successa ed era veramente difficile accettarlo. Avevo conosciuto una band che seguivo e ci uscivo tutti i giorni. Era una cosa strana e impossibile.
– Bé, scusami ma non mi sembra – borbottò Calum. – Cos’è successo? Dimmelo, potrei veramente aiutarti.
Scossi la testa. – Non voglio essere un’influenza negativa, tutto qua – risposi io facendo spallucce. – Non voglio essere un’influenza negativa e così mi sono allontana da lui.
Fece un respiro profondo. – Te l’ha detto Michael, vero? – chiese e io rimasi zitta, dandogli la conferma. Annuì e abbassò lo sguardo. – Lui è solo spaventato dal potere che hai su Luke.
Ci rimasi male, perché non disse niente sul fatto che potesse essere spaventato dal potere che avevo su Michael; ma feci finta di niente e annuii. Abbassai lo sguardo sul cellulare, che mi stava vibrando e mi resi conto che mi era appena arrivato un messaggio da Gerard, che mi ringraziava per la bella serata. Sorrisi e lo misi via, ma dentro la borsa c’era ancora la lettera e questo mi fece di nuovo stare male. Guardai Michael, che stava ancora ballando con la ragazza, che ormai sembrava essere un tutt’uno con il collo di lui. Feci una smorfia e mi alzai. – Me ne vado – annunciai.
– In questo stato? – chiese Calum alzandosi. – Non credo sia una buona idea.
– Se rimango qua potrei veramente scoppiare – gli dissi io guardandolo dritto negli occhi. Cercai di trasmettergli tutta l’ansia, la tristezza, la rabbia che stavo provando in quel momento e lui abbassò lo sguardo. – Cos’è successo tra te e Jennifer?
Alzò lo sguardo e la guardò mentre ballava con Cher ridendo. – Noi… non lo so, in realtà. Dopo che te ne sei andata dall’albergo, l’ho chiamata e siamo stati tutto il pomeriggio insieme ed è stato divertente – rispose lui continuando a guardarla. C’era qualcosa nel suo sguardo che mi fece preoccupare, semplicemente perché sembrava preoccupato anche lui. Mi sorrise. – È un miracolo, non è così? – chiese e la luce nei suoi occhi mi fece capire che tra loro era successo qualcosa. – Non ho mai incontrato una ragazza più dolce di lei, veramente.
Sorrisi e gli posai una mano sulla spalla. – Non ne troverai un’altra così – gli promisi e lui annuì, dandomi ragione. Rimanemmo un po’ insieme, poi cercai Luke con lo sguardo e lo trovai in pista, mentre cercava di parlare con Michael, che però sembrava non ascoltarlo, ma conoscevo bene quello sguardo che aveva: in realtà lo stava ascoltando eccome, ma non era preparato ad avere quella conversazione e quindi faceva finta di non star sentendo. Quando Luke mi beccò a guardarlo venne subito da me e dai suoi passi frettolosi capii che era veramente infuriato; mi prese di scatto il braccio facendomi sobbalzare e mi trascinò fuori senza ascoltare i miei urli.
– Tu adesso mi dici che cazzo sta succedendo – ringhiò Luke a pochi centimetri dal mio viso e quasi mi spaventò. – Cos’è successo? Perché non mi saluti nemmeno più? Che vi siete detti voi coglioni quando siete andati in camera sua?
Abbassai lo sguardo e non risposi, ma quando mi urlò di vuotare il sacco non ce la feci più e sbottai. – Io non voglio essere una presenza negativa! Tu e Michael vi siete distaccati da quando sono arrivata io e non voglio che succeda di peggio. Sono solo una ragazza che hai incontrato in vacanza, Luke, è veramente meglio lasciar perdere tutto quanto e tornare alle nostre vite!
– Tu non sei solo una ragazza che ho incontrato in vacanza, Amelia! – tuonò lui. – Tu sei mia amica. Ti voglio bene e sto bene con te. Da dove ti è uscita questa cazzata dell’influenza negativa?! – continuò ad urlare lui, ma si fermò per pochi secondi e capii che c’era arrivato. – Non è possibile – borbottò lui guardandomi dritta negli occhi. – Non può essere stato quel coglione di Michael, vero? – chiese ed io scossi ripetutamente la testa per non fare in modo che iniziassero a litigare, dando la conferma che fossi un’influenza veramente negativa per la band, ma lui non ci cascò. – Non ci posso credere! – urlò lui prima di entrare, infuriato.
Cercai di trattenerlo, ma stavamo parlando di un ragazzo di un metro e novanta ed io ero tipo la metà di lui, quindi era più lui che mi trascinava dentro che altro. La folla ci guardò male mentre Luke spingeva e io venivo trascinata in pista, fino a quando non si fermò, staccò la ragazza da Michael e lo spinse con così tanta forza che Michael barcollò indietro e non cadette solo perché un ragazzo lo rimise dritto lanciandogli un’occhiata; ma quando Luke gli diede un altro spintone allora Michael cadette a terra una volta per tutte e la folla si allontanò un po’ da loro, lanciando occhiate preoccupate e arrabbiate.
Michael si alzò e diede una spinta a Luke e poco dopo li ritrovai attaccati, mentre cercavano di darsele di santa ragione. Mi intromisi subito, afferrai Luke per la maglietta e un ragazzo mi aiutò a tirarlo via quel poco per mettermi tra di loro e afferrarli per le maglie per non farli avvicinare ancora di più. – Smettetela subito! – tuonai io e loro mi guardarono arrabbiati. Scossi la testa e sentii le lacrime arrivare. – Fuori. Entrambi! – urlai e loro mi ascoltarono. Uscì prima Michael, continuando a guardare Luke, che però misi dietro di me e non feci andare prima di me.
Uscimmo tutti e tre e a quel punto iniziarono ad urlarsi contro. – Non avevi nessun diritto di farmi allontanare da Amelia! – iniziò Luke cercando di avvicinarsi a Michael, minaccioso, ma mi misi di nuovo in mezzo e così mi venne addosso, ma almeno questo lo fece tranquillizzare un po’. – Se ti sta così antipatica allora non ci uscire, ma io ho tutto il diritto di farmi amici diversi dai tuoi e non puoi semplicemente incasinare il cervello dei miei solo perché non ti vanno a genio!
– Luke, ho fatto una cazzata, va bene?! – tuonò Michael e si avvicinò a Luke, ma mi misi un’altra volta in mezzo e così mi venne addosso anche lui. – Togliti di mezzo, principessa – ringhiò lui abbassando lo sguardo su di me.
– Manco se mi uccidi, caro – ringhiai io.
– Mi dispiace, va bene?! – scattò Michael. – Pensavo veramente di star facendo una buona cosa, ma mi sono subito pentito e infatti sono andato a casa sua. Mi volevo scusare, ma stava ancora con il tipo e così abbiamo iniziato a parlare di lui e a litigare…
– Non me ne frega un cazzo! – urlò Luke. – Non m’importa se la tua mente è così incasinata che non riesci nemmeno a capire se questa povera ragazza ti sta antipatica o ti piace, questi sono affari tuoi e suoi, purtroppo per lei, ma non mettermi in mezzo! Lei non è affatto un’influenza negativa, anzi mi ha aiutato e io ho aiutato lei e le voglio veramente molto bene, quindi fatti una vita e lascia stare la mia!
– Sto solo cercando di non incasinare l’equilibrio che abbiamo trovato, razza di deficiente! – tuonò Michael e fece un passo verso Luke, e quindi anche verso di me, ma dopo una breve occhiataccia da parte mia indietreggiò un po’.
– No, stai solo cercando di fare quello che ti viene meglio e cioè fare quello che ti fa stare meglio! – strillò Luke. – Vuoi allontanarla solo perché sei geloso e hai paura che io possa rubartela, ma non è una cosa e non io non sono interessato a lei in quel senso! Sei solo un coglione che non riesce a capire che questa povera ragazza ha occhi solo per te! E lei è ancora più cogliona perché sta dietro a uno stronzo come te!
Michael rimase in silenzio questa volta e fece un passo indietro, bianco in viso. – Grazie eh – borbottai io, essere chiamata cogliona non era proprio una cosa che mi faceva piacere, ma quando Luke mi lanciò un’occhiataccia capii che non era il momento per discutere di questo. – Sentite, ragazzi, mi dispiace molto, davvero, ma credo sia ora di finirla. Luke, ti voglio bene e lo sai, ma hai un futuro davanti e il tuo futuro è con loro e chi sono io per ostacolartelo?
– Tu non stai ostacolando un bel niente! È lui che sta ostacolando la nostra amicizia e anche quella tra me e lui! – esclamò Luke indicandolo, ancora arrabbiato. – Sei solo un egoista. Un egoista insicuro con i prosciutti sugli occhi e sono così felice che Amelia stia uscendo con quel Gerard.
Arrossii e anche Michael, ma lui a causa della rabbia. – Sei uno stronzo – ringhiò Michael.
– No, sono realista – ringhiò a sua volta Luke socchiudendo gli occhi. – Amelia starebbe molto bene con quel ragazzo. Non hai visto come la guarda? La rispetta veramente, cosa che tu non fai e questo la fa stare male e la fa sentire una nullità. Sei un egoista e basta. Solo perché hai paura pensi di avere il diritto di farla stare male, ma non è così che funziona e ora ne stai pagando le conseguenze.
– Quel ragazzo non ci tiene poi così tanto – borbottò Michael abbassando lo sguardo su di me. – La guarda più come se fosse un bocconcino che una ragazza.
– E tu la guardi come se fosse il nulla – ringhiò Luke facendo impallidire sia me che Michael. – Quindi direi che farebbe veramente molto bene a scegliere lui che te.
– Infatti mi sembra lo stia facendo, no? – chiese Michael, ormai calmo. – Ha scelto lui e me l’ha fatto capire veramente bene.
– Potreste smetterla di parlare di me come se non ci fossi?! – sbottai io. – La realtà è che voi avevate già problemi prima che arrivassi io e dei quali non avete mai parlato chiaramente, quindi io direi di sederci per terra e di fare una bella chiacchierata basata sulla sincerità. Che ne dite? – proposi io. I ragazzi si guardarono male per un po’ ma poi si sedettero e mi guardarono. Ero un po’ imbarazzata. – Allora… direi di cominciare dall’inizio.
 
Rimanemmo là fuori un’ora intera, la gente che entrava o usciva dal locale ci guardava come se fossimo dei pazzi, ma non c’interessava più di tanto. Iniziò Michael, iniziando a dirgli che era invidioso di lui, che era stato uno stupido a non capire che tutte quelle ragazze con cui Michael era amico in realtà volevano solo uscire con lui, che era stato egoista quando si era messo con una ragazza dal nome difficile e impronunciabile, che sembrava farglielo apposta quando si avvicinava alle ragazze che gli interessavano per fare l’amicone, quando poi finivano per essere innamorate di Luke e non di Michael. Luke gli disse che non se n’era mai accorto, che non gli avrebbe mai fatto una cosa simile e che non sapeva che avesse provato qualcosa per la ragazza dal nome difficile. All’inizio si presero un po’ a parolacce, ma alla fine finì tutto per il meglio e si diedero un abbraccio quando si alzarono da terra.
Sorrisi quando entrammo tutti dentro e rabbrividii quando sentii la mano di Michael sfiorare appositamente la mia schiena. Lo sentii fare dei cerchi sulla parte bassa della mia schiena e quando lo beccai a guardarmi mi sorrise e capii che stava cercando di ringraziarmi e scusarsi allo stesso momento. Però volevo più di quello, lo volevo sentire mentre si scusava con me, così non gli sorrisi ed entrai dentro facendo finta di non averlo sentito o visto.
Non mi sentivo più sbronza, molto probabilmente era dovuto alla discussione che avevano avuto Luke e Michael. Mi avevano spaventato veramente, entrambi non sembravano volersi fermare e non sapevo se scappare o litigare con entrambi.  Ma me ne andai solo quando fui sicura al cento per cento che sarei stata in grado di guidare e cioè quando tutti furono pronti ad andarsene: alle tre di notte.
Entrai in macchina, ma poco dopo entrò anche Michael, senza dire niente. Lo guardai per un po’, pronta a sentire cos’avesse da dire, ma rimase in silenzio fino a quando gli chiesi: – Cosa stai facendo? – con un sopracciglio alzato, confusa. Ormai “confusa” sembrava essere il mio secondo nome.
– Vengo con te – rispose lui come se fosse una cosa ovvia. In effetti lo era, visto che era entrato nella mia macchina e non in quella di Cher o di Jennifer.
Feci un respiro profondo e accesi la macchina. Ero veramente troppo stanca per combattere con lui e non volevo discutere, l’avevo fatto fin troppe volte quel giorno. Arrivai a casa mia e non lo aspettai, semplicemente entrai a casa senza chiudere la porta. Mia madre e Jason non erano ancora tornati e molto probabilmente non sarebbero tornati molto presto. A volte lo facevano e tornavano dal lavoro il giorno dopo come se niente fosse. Non mi dava fastidio, anzi mi faceva stare bene, perché mi lasciavano da sola senza preoccuparsi e la casa era tutta per me.
Sentii la porta chiudersi e così mi girai verso Michael, che rimase a guardarmi con le guance un po’ arrossate. Era veramente uno spettacolo. I capelli neri gli andavano un po’ davanti gli occhi, ma riuscivo a vedere quel verde particolare anche da dov’ero, le guance arrossate, gli angoli delle labbra un po’ abbassati a causa della… tristezza? Pensai che fosse quella la causa. – Perché sei qua? – chiesi io togliendomi le scarpe. – Non pensi di aver  litigato abbastanza per oggi?
– Rilassati – borbottò lui sedendosi sul divano senza il mio permesso. Lo guardai male per un po’, ma quando girò la testa verso di me e mi guardò in modo diverso, più dolce, sentii tutta la rabbia sciogliersi, esattamente quello che stava succedendo al mio corpo. – Voglio solo scusarmi con te – aggiunse poi alzandosi per venire davanti a me. – Mi dispiace davvero tanto. Mi sono comportato da stronzo… di nuovo. È come se riuscissi a portare in vita la parte più cattiva di me e non riesco a capire il perché – iniziò lui e io pensai di non essere preparata ad un'altra psicanalisi ad alta voce di Michael Clifford. – Sono spaventato da te. Sono spaventato da quello che potresti portare nella nostra band, perché ormai vivo nella mia bolla, dove tutto è uguale e niente cambia. E poi arrivi tu e mi sconvolgi tutto. Non siamo abituati ad avere delle fans come amiche, è strano e pensavo veramente che non avrebbe portato niente di buono – continuò ma si fermò per guardarmi dritta negli occhi. Fece un sorriso dolce e si avvicinò a me. M’irrigidii ma non mi scansai, nemmeno quando avvicinò la sua mano alla mi guancia e iniziò ad accarezzarla. – Ma come può portare qualcosa di negativo un angelo come te? – chiese a bassa voce e dalle sue guance arrossate capii che non voleva veramente dirlo ad alta voce. – La verità è che io sono un cacasotto e tu hai aiutato Luke e sì, anche me. – Rise. – E molto probabilmente non te ne sei nemmeno accorta!
Feci un passo indietro e la sua mano scivolò via lungo la mia guancia. Mi aveva detto cose belle e cose brutte e ne ero contenta, ma il solo fatto che riuscissi a portare in vita la sua parte più cattiva mi dava quella spinta ad allontanarmi da lui, nonostante la mia guancia sembrò farmi male senza la sua mano su di essa. – Grazie – mormorai io abbassando lo sguardo, rossa in viso. – Ma non credo sia una buona idea farti dormire qua. Se vuoi ti riaccompagno in albergo.
– Mi dispiace per tuo padre – ricominciò lui e non sapevo se esserne felice o meno. Si sedette sul divano e mi fece segno di raggiungerlo, cosa che feci senza nemmeno pensarci. – Raccontami tutto quello che vuoi. Non le userò contro di te, lo giuro.
Feci un respiro profondo e lo guardai negli occhi. Aveva ancora quello sguardo diverso, sembrava più dolce e più aperto. – L’hanno arrestato un anno e mezzo fa per aver derubato delle persone – mormorai io abbassando lo sguardo. Mi vergognavo di dirlo ad alta voce. Quello non era un comportamento che ricordava mio padre, eppure era colpevole, l’aveva veramente fatto. – In quel periodo avevamo dei problemi economici abbastanza seri – aggiunsi guardandolo negli occhi. – E immagino che mio padre non fosse semplicemente abituato a vivere in quel modo, con la paura che tutto potesse scivolarci dalle dita, e credo che questo l’abbia semplicemente… distrutto – mormorai io. Non sapevo se abbassare lo sguardo o guardarlo, alternavo le due cose, ma era veramente difficile guardarlo ed estremamente difficile non farlo. – Poco dopo tutto sembrava essere tornato alla normalità, avevamo di nuovo i soldi, ma mio padre non c’era più. Vagava per casa, a malapena parlava, la notte lo sentivo camminare per casa e parlare da solo… Avevo paura, ma preferivo fare finta di niente, capisci? – chiesi e lui annuì, comprensivo. – Mio padre e mia madre litigavano sempre di più in quel periodo, ma dopo il cambiamento di mio padre sentivo urlare solo mia madre… mio padre stava là, fermo, e nemmeno la guardava mentre lei cercava di parlargli. Urlava, piangeva, e lui stava fermo e zitto, con le lacrime agli occhi. – Chiusi gli occhi sentendo le lacrime arrivare. La mano di Michael trovò la mia e la strinse forte. – Pensavo fosse entrato in depressione, capisci? Ma… pochi giorni dopo l’hanno preso a casa e c’eravamo solo io e lui a casa e… me l’hanno portato via. Non mi hanno nemmeno guardata, sono corsi da lui e l’hanno preso urlando le stesse cose che dicono nei film quando prendono un uomo che ha ucciso una donna o cose del genere.
– Poi che è successo? – mormorò Michael continuando a guardarmi attentamente e a stringermi la mano.
– Non potevamo fare molto – risposi io facendo spallucce e asciugando le poche lacrime che bagnavano il mio viso. – Avevano delle prove contro mio padre e quindi abbiamo solo potuto aspettare la prima udienza, dove non mi hanno fatto entrare. Non è uscito nemmeno dopo la terza udienza. Non è più uscito. – Scossi la testa e mi sfregai gli occhi. – Intanto io avevo lasciato Finn e iniziato a fare più assenze a settimana a scuola. Sono entrata in depressione. Per tipo un mese non sono riuscita nemmeno ad alzarmi dal letto e quando lo facevo era per andare a scuola, dove piangevo. Non facevo in tempo ad entrare nel bagno per prepararmi che tutto il dolore che provavo il giorno prima ritornava e ricominciavo a piangere… È stato un inferno.
– Come hai fatto ad uscirne? – chiese lui aggrottando la fronte. Si avvicinò un altro po’ a me e mi asciugò il viso con le sue dita.
– Per un po’ sono andata da una psicologa, perché più il tempo andava avanti e più peggioravo. Ho iniziato ad avere attacchi di panico, incubi… Jennifer è stata l’unica a starmi accanto durante quel periodo. Veniva a casa mia, dormiva con me, mi svegliava quando iniziavo a dare di matto…
– Mi dispiace così tanto – mormorò lui e la sua voce s’incrinò un po’. Mi strinse a lui in uno strano abbraccio. Sembrava essere più lui a sentire la necessità di abbracciarmi. Poco dopo mi ritrovai con le gambe sopra le sue cosce, mentre cercavamo di abbracciarci in un modo molto goffo. Sentii la necessità di stringerlo, di essere così attaccata a lui da non riuscire più a respirare. – Non meritavi quello che hai dovuto passare – mi sussurrò lui al mio orecchio. Mi diede un bacio sulla guancia e mi accarezzò i capelli. – La mia principessa – disse a voce così bassa che quasi non lo capii.

Angolo Autrice:
Buonasera :) oggi ho veramente poco da dire. Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo, forse non ha molto senso ma ho sentito la necessità di scriverlo in questo modo. Forse Amelia ha fatto male a dire subito tutto a Michael, o forse no.
Mi scuso per eventuali errori e vi chiedo come sempre di recensire ahahah.
Un bacio e al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 17
*** Un gran bel guaio ***


Capitolo 16
Un gran bel guiaio
 
Mi svegliai solo grazie al cellulare. Borbottai qualcosa d’incomprensibile e poi risposi. – Pronto? – bofonchiai, non sapevo nemmeno chi fosse, avevo risposto e basta. Intanto cercai di ricordarmi più o meno quello che era successo la serata prima. Luke e Michael avevano litigato ma per fortuna era andato tutto bene, Michael era venuto a casa mia, gli avevo raccontato tutto, poi eravamo rimasti a guardare un film e quando, proprio durante la fine del film si era addormentato ero tornata di sopra per fare lo stesso. Non era successo niente di ché, non c’eravamo baciati, non avevamo fatto niente se non starcene sdraiati tutta la sera su quel divano.
– Buongiorno! – esclamò Gerard, facendomi venire un colpo. Tutto d’un tratto mi sentivo in colpa per quello che era successo la sera precedente, e cioè niente, ma sentivo lo stesso un peso allo stomaco. – Ti ho svegliata per caso? – chiese poi accennando una risata.
– Veramente sì – risposi io ridendo insieme a lui. – Che succede? Come mai mi hai già chiamata? Pensavo ci fosse una specie di codice per voi ragazzi. Non dovresti aspettare tipo quattro giorni? – lo presi in giro io.
– Sì, più o meno – ribatté lui ridendo. – Però oggi ho la giornata libera e io e i miei amici pensavamo di andare al lago, così ho pensato: perché non invitare anche Amelia e i suoi amici?
– Oh – borbottai io. Uscii dalla camera e scesi giù, Michael stava ancora dormendo sul divano senza le scarpe e aveva un faccino dolcissimo, aveva quasi l’aria imbronciata, ma sembrava più fare finta di essere imbronciato o altro. Era dolcissimo e teneva una mano sotto la sua testa, rendendo il tutto ancora più dolce. Non so se l’avete capito, ma era dolce. – Devo sentire i miei amici – aggiunsi continuando a guardarlo. – Ti faccio sapere al più presto.
– Va bene, al massimo ci vediamo là – esclamò lui, mi disse dove mi avrebbe aspettata e attaccò.
Svegliai Michael scrollandogli un po’ le spalle… ok, non ero molto brava a svegliare la gente e così mi ritrovai ad urlargli contro di svegliarsi e a scrollargli non troppo delicatamente le spalle. – E va bene, cazzo! – tuonò ad un certo punto Michael alzandosi di scatto. La sua fronte sbatté contro il mio naso e così indietreggiai, mentre tutto il mondo sembrava girare. – Ecco cosa succede quando svegli Michael Clifford in questo modo, principessa – scherzò lui guardandomi con un sorrisino soddisfatto. Pensai seriamente di soffocarlo con il cuscino, ma mi faceva veramente troppo male il naso per fare altro che lamentarmi. – E va bene! – esclamò alzandosi, alzò gli occhi al cielo e mi tolse le mani dal naso per vedere in che condizioni fosse. Quando vidi del sangue sulle mie mani quasi mi sentii male. – Per caso il sangue ti fa svenire o altro? No perché ti vedo un po’ pallida – chiese lui. Scossi la testa, mi faceva solo molto male. – Come pensavo, quando ci siamo incontrati e ti avevano praticamente rotto il naso mi sembravi solo incazzata.
Rimasi in silenzio a guardarlo, perché non pensavo che si fosse accorto del mio povero piccolo naso quella sera. Sembrava avere occhi solo per Grace, di certo non per me e quindi nemmeno per il mio naso. Per un po’ non pensai al dolore, ma quando Michael tornò con il ghiaccio e me lo posizionò tra le sopracciglia e mi fece alzare un po’ il viso risentii il dolore, più quello dovuto al freddo del ghiaccio. – Da quando ti ho incontrato il mio naso non sembra più essere al sicuro – borbottai io con gli occhi chiusi e quando lo sentii ridere li aprii solo per godermi la scena del suo viso rilassato. I suoi occhi s’illuminavano ancora di più quando rideva e questo mi faceva stare come in paradiso. Tutto il dolore andò in secondo piano e i suoi occhi in primo. – Oh! – esclamai io. – Avete da fare oggi?
– No, non credo, perché? – chiese Michael continuando a sorridere. Mi tirò un’altra volta su il viso per fare in modo che il flusso del sangue diminuisse, ma anche lui non era molto delicato, così cercai di lanciargli un’occhiataccia, ma è veramente difficile quando hai del ghiaccio praticamente tra i due occhi.
– Perché mi ha appena chiamata Gerard – risposi io e il suo sorriso vacillò per un po’. Pensai veramente che fosse geloso o preoccupato, ma continuò a sorridere e quando prese il ghiaccio e mi alzò ancora di più il viso per vedere se mi uscisse ancora il sangue, non potei guardarlo negli occhi. – E ci ha invitati tutti ad andare con lui e i suoi amici al lago.
Se ne andò in cucina, sicuramente per buttare il ghiaccio. – Molto carino da parte sua – rispose lui proprio mentre stava tornando da me, in salone. Stava sorridendo, quindi doveva essere stata solo una mia impressione. – Chiamo i ragazzi, ma sicuramente diranno di sì. A Luke sembra piacere tanto il tuo ragazzo – aggiunse poi andando a prendere il cellulare. Non mi degnò di uno sguardo per molto tempo. Parlò al telefono per un po’, ma ci mise veramente poco a “convincere” i ragazzi a venire con me, quindi lo fece solo apposta per perdere un po’ di tempo, mentre io ero imbarazzata e non sapevo se andare in camera mia o continuare a fissarlo come una maniaca sessuale pronta a saltargli addosso.
Appena mi disse che i ragazzi avevano accettato andai di sopra a cambiarmi. Mi misi un costume semplice nero con il sopra a fascia e poi scesi giù mettendomi una canottiera a casaccio. Ero un po’ in imbarazzo, perché il secondo appuntamento sarebbe stato alla luce del sole e in costume. Mi vergognavo un po’ del mio corpo. Non ero grassa, ero magra, ma non avevo molte forme. Mi reputavo veramente troppo magra, ma ero così di costituzione e non potevo farci niente. Per non parlare di quella cicatrice che avevo appena sotto l’ombelico! La odiavo.
Presi la mia macchina e andammo davanti all’albergo solo per fare in modo che andassimo tutti insieme al lago, nello stesso momento. Il viaggio fu molto imbarazzante, Michael continuò a guardare il cellulare per tutto il tempo senza parlarmi una volta e quando cercavo di farlo rispondeva solo con un “si” o un “no” anche se la mia domanda richiedeva una risposta più lunga.
Appena trovammo un parcheggio scesi dalla macchina con una velocità assurda. Non ce la facevo più a stare là dentro con lui. Mi venne una voglia di dargli uno schiaffo, prendere la sua testa con la mia mano e baciarlo fino allo sfinimento che mi stava veramente facendo impazzire. Andai subito da Jennifer, che salutai con un abbraccio, e capì subito che era successo qualcosa, così mi mormorò un po’ di parole dolci all’orecchio e poi mi diede un bacio sulla guancia. Salutai con la mano Cher e Grace, che sembravano più elettrizzate di me e Michael messi insieme.
Trovammo Gerard e i suoi amici quasi subito. Appena mi vide si alzò dal lettino per venire verso di me. Gli sorrisi dolcemente, ma smisi subito quando mi salutò baciandomi sulle labbra. Mi allontanai, un po’ sotto shock, e gli sorrisi di nuovo facendolo ridere. Mi prese per mano e mi trascinò verso i suoi amici. Mi girai verso Jennifer, che era rimasta a bocca aperta come tutti gli altri, mentre io non sapevo se scoppiare a ridere o scappare a gambe levate.
Mi presentò ai suoi amici praticamente come la sua ragazza. Era diverso, sembrava più felice e più rilassato, e da una parte mi faceva stare bene, ma dall’altra mi sentivo veramente in imbarazzo. Andai verso i miei amici con un sorriso falso e guardai Jennifer, che non sembrava molto felice di vedere Gerard. Calum le sussurrò qualcosa all’orecchio e lei annuì, così li lasciai stare e guardai Michael. Non mi guardava nemmeno, stava sdraiato per terra con il suo costume, che sicuramente gli avevano portato i suoi amici, e ascoltava la musica. Gli occhi chiusi e il viso rivolto verso il sole, mentre mi venne in mente di andare da lui e spruzzargli la crema solare 50 pure dove il sole non aveva intenzione di battere.
Poco dopo mi sdraiai anch’io, accanto a Luke, che mi passò una sua cuffietta. Lo ringraziai e iniziai ad ascoltare insieme a lui una canzone che in realtà non conoscevo, ma lui questo non lo sapeva. Cercai di rilassarmi, ma sentivo lo sguardo di Gerard addosso e non sapevo veramente cosa fare. – Ti sembra normale una cosa del genere? – mormorai a Luke.
– Che? – chiese lui e quando indicai Gerard con un vago cenno della testa capì. – Oh, bé… a te piace? – chiese ed io rimasi in silenzio. – Ti sta mettendo in imbarazzo? – chiese lui ed io annuii. – Dovresti dirglielo allora – aggiunse lui e quando non feci niente alzò gli occhi al cielo. – Non glie lo dirai mai, vero? Non so che dire, Amelia, ieri sera sembrava una persona completamente diversa. Non è male, sembra voglia fare sul serio con te, ma quel bacio mi ha dato tanto l’idea di un ragazzo che volesse far capire a qualcuno che fossi sua – borbottò lui lanciando un’occhiata a Gerard, che stava ridendo insieme ai suoi amici. – E quel qualcuno secondo me è Michael – finì guardando Michael, che sembrava lanciare palle di fuoco a Gerard con solo il potere degli occhi.
Piagnucolai buttando la testa sul mio telo da mare. Ero così confusa! Non sapevo cosa fare, non sapevo cosa stavo provando, ma sapevo solo cosa avrei dovuto provare. Presi il cellulare e lasciai un messaggio a mia madre dicendole dove stavo e con chi stavo solo per cercare di non pensare al casino in cui mi stavo cacciando.
Mi rilassai un po’ e quasi mi addormentai. Dico “quasi” perché ad un certo punto sentii qualcuno prendermi da dietro e trascinarmi in acqua. E sapevo benissimo che si trattava di Gerard, che stava ridendo a crepapelle mentre scalciavo e gli chiedevo di lasciarmi andare. Si tuffò nel lago con me ancora in braccio e finimmo a tossire tutti e due, ma poco dopo sbottai a ridere e mi seguì subito. Rimanemmo un po’ dentro l’acqua, parlammo serenamente di cose non troppo importanti. Mi accorgevo di ogni sua mossa, mentre si avvicinava a me con un sorriso dolce. Mi afferrò i fianchi e mi baciò il naso facendomi ridacchiare, imbarazzata. Lo abbracciai, cosa che facevo ogni volta che ero imbarazzata, e guardai Michael, che appena si accorse che lo stavo guardando anch’io abbassò un’altra volta lo sguardo sul suo cellulare e ricominciò a far ballare il piede a ritmo di musica.
Chiusi gli occhi e mi rilassai contro Gerard. Mi sentii in pace con me stessa tra quelle sue braccia e sospirai sentendo un’emozione contrastante. Ero in ansia, non sapevo cosa provare e non sapevo cosa stessi realmente provando e questo mi dava veramente ai nervi. Nascosi il viso nell’incavo del collo di Gerard e rimasi così, mentre le sue mani vagavano sulla mia schiena.
Uscimmo dal lago e mi andai a sdraiare sul telo da mare, mentre guardavo in silenzio Luke. Nessuno molto probabilmente riusciva a capirlo, ma in quel momento io e lui stavamo avendo una conversazione silenziosa. Scossi la testa facendogli capire che non ce l’avrei fatta e nascosi la mia testa sotto le braccia, fino a quando non mi addormentai una volta per tutte.
 
Mi svegliai sentendo qualcuno punzecchiarmi il gluteo destro. Sussultai capendo che qualcuno me lo stava mordendo e mi girai di scatto, per poi trovare un Gerard molto divertito. Rimasi in silenzio a guardarlo, imbarazzata e arrabbiata, mentre Luke si girava per capire cosa stesse accadendo. Presi per mano Gerard e lo portai via dal nostro gruppo di persone per parlargli. – Non farlo mai più, ok? – chiesi io, arrabbiata. Vidi una figura alta guardarci e quando girai un po’ il viso incontrai gli occhi di Michael.
– Scusa, non pensavo ti desse così fastidio – rispose Gerard, imbarazzato.
– Ci conosciamo da poco tempo – borbottai io guardandolo negli occhi. – E devi sapere che odio essere toccata.
Fece una smorfia scioccata. – Davvero? E come mai? – chiese lui. – Voglio dire, è un po’ strano. Molto probabilmente è perché non ti sei fatta toccare dal ragazzo giusto.
Aggrottai la fronte, imbarazzata e ancora più arrabbiata, ma poi capii tutto. – Hai bevuto? – chiesi io e lui annuì sorridendomi maliziosamente. Chiusi gli occhi e mi misi indietro i capelli, frustrata. – Senti, facciamo così – aggiunsi poi guardandolo. – Io adesso me ne vado e tu mi chiami quando sei sobrio, ok? A quel punto potremo parlare come delle persone normali. – Detto questo me ne andai verso i miei amici e li avvertii che me ne stavo andando e così poco dopo tutti si decisero ad andarsene insieme a me.
Michael mi chiese di guidare e io accettai mettendomi al lato del passeggero, perché ero così arrabbiata a frustrata da non riuscire nemmeno a concentrarmi per guidare. Alzai la musica per fargli capire che non volevo parlare, non che ci fossero tanti problemi visto che quel giorno sembrava stare bene in silenzio. Per qualche minuto mi addormentai, ma mi svegliai quasi subito. Ero veramente troppo agitata.
Michael aveva abbassato il volume della musica, forse per farmi dormire meglio, forse perché gli dava fastidio. – Gerard è un coglione – se ne uscì continuando a guardare la strada. – Tanto per dire, eh.
– Era solo un po’ brillo – borbottai io mettendomi indietro i capelli. – Mi chiamerà quando sarà tornato il Gerard di sempre.
– Sei sicura di conoscerlo così tanto bene? – chiese lui guardandomi per pochi secondi. – Dopotutto lo conosci da pochi giorni. E se fosse semplicemente un coglione?
Rimasi in silenzio a guardare la strada che stavamo percorrendo. Non mi andava di pensare a lui, non mi andava di pensare e basta. Era stata una brutta giornata e volevo solo dimenticarmela, o almeno lasciarmela alle spalle. Se non altro Michael mi aveva fatto questo enorme favore di ricominciare a parlare. Nemmeno lui sembrava molto contento, quindi potevamo quasi farci compagnia a vicenda.
Sbuffò, evidentemente nervoso. – Ti preferivo quando dormivi.
– Cos’ho fatto? – sbottai io.
– Sei così arrabbiata che mi stai mettendo in imbarazzo! – rispose lui lanciandomi un’occhiata. – E ce ne vuole a far sentire in imbarazzo me, principessa! – esclamò lui abbozzando un sorriso, che fece sorridere anche me. Era una bugia, in realtà l’avevo beccato più volte in imbarazzo, ma pensava veramente di essere bravo a mascherare la cosa. Anche nelle interviste in realtà era nervoso, bastava vedere il linguaggio del suo corpo. Il modo in cui non riuscisse a stare fermo con le mani o anche con le gambe faceva capire che ancora non si sentiva pienamente a suo agio. – Cosa fai di solito quando sei arrabbiata? – chiese poi.
– Niente, aspetto che se ne vada – risposi io aggrottando la fronte.
– Dai, non è possibile! – esclamò lui. – Non puoi veramente pensare di poter aspettare che la rabbia se ne vada sola. Ecco perché sei sempre così! Devi cercare di trovare una valvola di sfogo, sai? Sennò prima o poi ti troverai al telegiornale per aver ucciso un uomo senza motivo.
Alzai gli occhi al cielo. – Cosa sei diventato, uno psicologo?
– Era tanto per dire – borbottò lui facendo spallucce. – Cosa vorresti fare quando sei arrabbiata? – chiese ma quando capì che non gli avrei risposto disse: – Io meno qualsiasi cosa. Non persone, ovviamente. Di solito i cuscini.
Trattenni una risata immaginandomi Michael intento a tirare pugni a dei poveri cuscini, ma diventai subito seria quando mi resi conto di una cosa. – A volte vorrei semplicemente urlare fino a non avere più voce.
 
Entrammo in casa mia, di nuovo da soli e lo lasciai in salone per andarmi a fare una doccia, visto che lui non sembrava volerla fare prima di me. Lasciai i capelli bagnati e mi misi dei pantaloncini corti e una maglietta a casaccio. Scesi giù e lo trovai in cucina. – Che stai facendo? – gli chiesi io vedendolo curiosare tra i cassetti, un po’ infastidita.
– Sto morendo di fame – rispose lui continuando la sua ricerca. – Non ho pranzato e per me questa è una novità. Non sono abituato a non mangiare, come te invece che sei magra come uno stecchino – borbottò lui prendendo degli affettati in frigorifero. – E siccome è colpa tua, allora mangerò qualsiasi cosa trovi allettante in questa cucina.
– Oh, va bene – dissi io facendo spallucce. – Emh… se vuoi ti faccio qualcosa da mangiare, tipo carne, pasta... Dimmi tu – aggiunsi poi, in imbarazzo, ma lui rimase in silenzio a guardare la televisione e mangiare affettati. – Capisco, stai bene così – mi risposi da sola andando a prendere il cellulare, che stava squillando. Appena vidi il  nome di Gerard alzai lo sguardo su Michael, che continuava a guardare la televisione, e poi risposi. – Ehi, dimmi – mormorai io andando di sopra.
– Ehi, sei a casa? – chiese lui e mi sembrava di nuovo sobrio, ma non potevo esserne veramente sicura.
– Io… sì, sono a casa – risposi io guardando fuori dalla finestra. Una parte di me aveva paura che fosse venuto a casa mia per parlare con me, ma c’era solo la mia macchina davanti casa mia. – Con Michael – aggiunsi dopo un po’. Una parte di me voleva che sapesse che Michael era qua, sia per rispetto nei suoi confronti sia per… non so, fargli capire che io e Michael eravamo in una strana situazione?
– Oh – ribatté Gerard, dal tono di voce sembrava abbastanza confuso. – Il ragazzo di ieri sera? – chiese poi, mettendo insieme i pezzi, molto lentamente, e questo mi fece capire che no, non era ancora del tutto sobrio. Quanto aveva bevuto? Non ero una di quelle ragazze che stava con il fiato sul collo ai loro ragazzi, però era mattina quando eravamo andati là e chi beveva alle tre di pomeriggio? Mi sembrò strano.
Chiusi gli occhi per cercare di rimanere calma. – Sì, il ragazzo di ieri sera – bofonchiai io. – Senti, devo andare. Ci sentiamo sta sera? – chiesi io e sperai di fargli capire che la vera domanda era: ci sentiamo sta sera o non sarai sobrio?
– Certo, tranquilla, a sta sera – rispose lui prima di attaccare.
Tornai giù e mi misi a guardare la televisione insieme a Michael, che stava ancora mangiando. Lo guardai per pochi secondi e poi ricominciai a guardare la televisione. – Non c’è bisogno che vai dove non ti posso sentire solo perché parli con il tuo ragazzo – se ne uscì ad un certo punto e il mio cuore fece un balzo. Girò la testa verso di me e così mi costrinsi a guardarlo negli occhi.
– Non è il mio ragazzo – misi in chiaro ma mi pentii subito. Chiusi gli occhi, semplicemente perché mi resi conto che quando lo guardavo negli occhi non riuscivo bene a connettere il cervello, e guardavi la televisione. – Non ancora almeno – aggiunsi poi. – So che non ti da fastidio. Solo… da fastidio a me. Soprattutto dopo quello che è successo. Ho bisogno di pensare e stare da sola quando parlo al telefono con lui, soprattutto adesso.
Fece una mezza risata. – Mi da fastidio – ammise lui guardandomi. – Mi da fastidio ma rimango in silenzio, perché so che non sono affari miei – continuò, mentre la mia bocca si spalancava sempre di più. – Almeno per potevi scegliertelo meno deficiente. Avrebbe sicuramente diminuito il mio odio verso di lui.
– Non… non giudicarlo per aver fatto un solo errore – borbottai io dandogli un pugno sulla spalle. Accennai una risata e poi lo guardai. – Sai di non poterlo guardare sempre male, vero? Credo stia iniziando a pensare di dover competere con te.
– Quando non è così, giusto? – chiese lui guardandomi.
Trattenni il respiro e lo guardai negli occhi. Quegli occhi verdi che ogni volta mi mandavano in confusione. Non avevo mai visto occhi più belli. Inconsciamente abbassai lo sguardo sulle sue labbra. C’era una leggera traccia di barba non ancora tolta che lo rendeva ancora più sexy. Non avrei mai pensato di ritrovarmi a pensare a un Michael con la barbetta, eppure ci stava bene. – Giusto – mormorai io alzando lo sguardo sui suoi occhi. – Non sono una di quelle ragazze, Michael. Non sarò mai un premio e non dirò mai a nessuno di competere con qualcun altro per me. Non è così che sono fatta.
Annuì. – Ma certo – confermò lui. – Lo so.
Abbassai per pochi secondi lo sguardo sulle sue labbra che erano socchiuse e poi mi alzai dal divano, perché sapevo che saremmo finiti male sennò. Presi un respiro profondo e guardai l’orologio. Le sei di sera, Jason e mamma sarebbero tornati tra poco e molto probabilmente avrebbero chiesto a Michael di restare per cena. Non potevo permetterlo però. Ora avevo un’altra priorità ed era quella di far capire a Gerard che non si doveva preoccupare… ma dovevo farlo capire anche a me stessa. Era così vero? Gerard non aveva niente da preoccuparsi, giusto? Qualcosa mi disse che no, doveva essere molto preoccupato.
Soprattutto quando mi raggiunse in camera mia. – Vorrei solo vederti con qualcuno alla tua altezza, lo sai, vero? – chiese lui guardandomi, mentre io cercavo di mettere apposto una camera che in realtà era già in ordine. – Non mi piace il modo in cui ti guarda, non mi piace il modo in cui ti tocca, non mi piace il modo in cui ti ha morso il culo prima.
– Lascia stare, Michael – esclamai io girandomi verso di lui. – È un bravo ragazzo, aveva solo bevuto un po’ troppo – mormorai io mettendo il mio pigiama usato dentro l’armadio. Voglio dire, chi è che mette il pigiama usato dentro l’armadio, tra le cose pulite? Io mi ritrovai a farlo solo perché potevo farlo. Dovevo continuare a fare qualsiasi cosa ma non guardarlo. Non potevo guardarlo.
– Questo non gli da il diritto di morderti il culo! – urlò lui. Lo sentii venire verso di me e così mi affrettai a continuare a mettere apposto l’armadio, anche se non ce n’era bisogno. Mi prese di scatto il braccio e mi girò, trattenni il respiro quando lo vidi a pochi centimetri da me. – Anch’io ho bevuto in tua presenza, principessa, questo però non mi ha mai spinto a toccarti – ringhiò lui. I suoi occhi erano semplicemente una luce verde mentre mi faceva capire che era arrabbiato. – Ho visto il modo in cui ti sei tolta, ho visto il modo in cui l’hai guardato subito dopo… Non ti stava piacendo affatto.
– Si è scusato – dissi io a bassa voce, ma la mia vice s’incrinò lo stesso.
– Questo non lo rende più carino – ribatté lui. Fece un altro passo in avanti e così io ne feci uno indietro, ma andai a sbattere contro l’armadio, quindi mi fermai. Lui no. Lui continuò ad avvicinarsi fino a quando le sue scarpe non scontrarono i miei piccoli piedi. Mi tolse una ciocca bagnata di capelli da davanti il viso e se l’avvolse tra le dita.
– Michael, ti ho detto che non posso… – mormorai io ma mi fermai quando posò il suo corpo sul mio. M’irrigidii e appoggiai la testa all’armadio per allontanarmi almeno un po’ da lui. Dovevo solo avere un po’ di spazio per concentrarmi. – Michael, ho detto a Gerard di non preoccuparsi.
– Hai detto una cosa sbagliata – sussurrò lui avvicinando il suo viso a me.
Sentii il mio corpo irrigidirsi ancora di più, chiusi gli occhi per cercare di non vedere quello che stavo permettendo che succedesse. Si avvicinò al mio orecchio, pressando ancora di più il suo corpo sul mio, e fece per dire qualcosa, ma poi ci ripensò e si abbassò un po’ per baciarmi appena sotto l’orecchio. Il mio corpo si rilassò all’istante e afferrai le sue spalle quando iniziò a lasciarmi una scia di baci lungo la mascella, per poi arrivare verso le mie labbra. Si allontanò un po’ per guardarmi negli occhi, il mio cuore fece delle capriole mentre mi perdevo in quelle pozze verdi. Scossi la testa per fargli capire che non doveva avvicinarsi ancora a me e sembrò ascoltarmi.
– Dimmelo – disse con una voce più rauca del solito. – Se vuoi che mi allontani da te, se non vuoi essere baciata, se non vuoi più avermi a casa tua, me lo devi dire. Devo sentirtelo dire.
Aprii la bocca, pronta a parlare, pronta a dirgli di andarsene, che Gerard mi aveva già presentata come la sua ragazza, che non potevo affrontare un’altra cena con lui, che non potevo semplicemente affrontare un altro minuto insieme a lui. Ma non dissi niente. Sentii la sua mano posarsi sul mio fianco per poi salire su e fu come entrare in contatto con il fuoco, ma un fuoco che non faceva male. A quel punto fui io ad avvicinarmi a lui per catturare le sue labbra con le mie.
Risucchiò un respiro, sorpreso tanto quanto me, ma non ci pensò più di tanto a chiedere di portare il nostro casto bacio a qualcosa di più. Acconsentii subito aprendo le labbra e mi sentii squagliare come la cioccolata al sole. Posai tutte e due le mani sulle sue guance, sentivo benissimo l’accenno di barba che gli stava crescendo e quanto cazzo mi piaceva toccarlo! Mi spinse ancora di più contro l’armadio facendomi trattenere un’altra volta il respiro, ma non lo fermai, nemmeno quando alzò un po’ la maglietta per toccarmi il fianco. Anzi, abbassai le mie mani e feci la stessa cosa. Toccai ogni centimetro della sua schiena, ogni millimetro, senza perdermi niente. Quando sentii i suoi denti mordicchiare il labbro inferiore non potei fare a meno di abbassare le mie mani fino alla fine della sua schiena e stringerlo a me.
Lo sentii gemere e questo non fece altro che complicare le cose. Una parte di me era terrorizzata, perché tra me e Finn non era mai successa una cosa del genere. Io e lui eravamo sempre stati molto calmi, delicati e programmavamo praticamente tutto. Ma con Michael tutta la mia calma sembrava buttarsi dal decimo piano, suicidandosi.
Non feci niente quando mi fece distaccare dall’armadio e indietreggiare fino al mio letto. Non feci niente, a parte acconsentire il tutto. Praticamente ci buttammo sul letto, ma Michael non mi venne addosso e si tenne in equilibrio con le sue braccia. Una mano percorse tutto il mio braccio, facendomi venire la pelle d’oca, indugiò un po’ sul mio fianco scoperto e poi scese giù fino alla mia coscia, che afferrò e fece avvicinare al suo fianco. A quel punto si avvicinò a me e non ci fu altro che i nostri vestiti a dividerci. Afferrai le sue braccia e inarcai la schiena, così ne approfittò per baciarmi il collo.
 – Mike – lo chiamai per cercare di fargli capire che non potevamo, che io uscivo con un altro ragazzo, ma lui non capì o fece finta di non capirlo e mi mordicchiò il collo, facendomi perdere una volta per tutte il controllo sul mio stesso corpo. Allacciai le gambe intorno ai suoi fianchi e così lo avvicinai di più a me, lo baciai ancora e ancora, mentre i nostri respiri sembravano mescolarsi tra di loro. Tolse le sue mani dai miei fianchi e salì fino a quando non intrecciò le sue mani con le mie e a quel punto mi sembrò tutto perfetto.
– Amelia? – mi chiamò mia madre facendoci irrigidire subito. – Siamo a casa! – esclamò lei e la sua voce si stava facendo sempre più vicina, i suoi passi sempre più vicini…
Si tolse subito da dosso, si aggiustò la maglietta e i pantaloni. Mi guardò con gli occhi spalancati, così verdi da sembrare irreali, le guance arrossate e non potei fare a meno di sorridere. Ma per lui non c’era tempo per sorridere, mi afferrò e mi buttò praticamente dall’altra parte della stanza, facendomi ricordare del casino che sta per accadere. Mi misi apposto la maglietta, aggiustai i capelli e proprio quando stavo per prendere un respiro profondo la porta si spalancò.
– Tesoro… – iniziò mia madre ma si fermò quando vide Michael seduto sul letto, che le sorrideva tranquillamente. – Oh, ciao Michael – lo salutò lei accennando un sorriso. – Come stai?
– Bene, grazie, lei come sta? – chiese Michael sorridendole ancora di più.
– Sto bene, grazie – rispose lei prima di guardarmi, un po’ confusa. – Bé, Michael, ceni da noi?
Chiusi gli occhi. Ma in che guaio mi ero cacciata? 

Angolo Autrice:
Dio, se è imbarazzante scrivere cose del genere! Ahahahah
Metterò via per pochi secondi il mio imbarazzo per chiedervi: che ne pensate di Gerard? Ha esagerato o è stata Amelia a esagerare? E invece del casino in cui si è appena infilata con Michael? Spero di aver descritto almeno decentemente quest'ultima parte, ma è un po' una cosa nuova per me, quindi non so... Mi scuso comunque. 
Vi chiedo come sempre di recensire per farmi sapere cosa ne pensate del capitolo e le vostre risposte alle mie domande. Mi scuso per eventuali errori... e descrizioni ahahah.
Un bacio e al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 18
*** Riflessioni ***


Capitolo 17
Riflessioni
 
Deglutii guardando il mio piatto pieno di spaghetti. Mia madre e Jason continuavano a parlare senza sosta, Michael ridacchiava ogni tanto ma l’imbarazzo si poteva veramente toccare con un dito. Per ore ero rimasta zitta, cercando di capire cosa mi avesse spinto a baciarmi con Michael, ma la verità era che non volevo sapere la risposta.
– E così abbiamo scoperto questo Bed&Breakfast molto carino e a poco prezzo – continuò mia madre sorridendo a Jason, che sembrava essere arrossito un po’. – Siamo rimasti la notte là, dando anche un’occasione ad Amelia di rimanere da sola in casa, visto che le piace tanto, e poi il giorno dopo siamo andati a lavoro e ora eccoci qua!
– Ho sentito che vi sposate – esclamò Michael annuendo. Mi fermai con la forchetta a mezz’aria e guardai Michael con aria interrogativa. Come faceva a sapere del matrimonio di Jason e mia madre? Lui mi sorrise maliziosamente e poi ricominciò a guardare mia madre, che sembrava pronta per iniziare il suo discorso sul matrimonio.
– Oh, davvero?! Amelia, glie l’hai detto! – esclamò lei sorridendomi. Pensava veramente che fosse una cosa dolce, come se fosse importante per me tanto quanto per loro due. – Ci farebbe molto piacere averti al nostro matrimonio – aggiunse poi prendendo la mano di Jason, posai la forchetta sul piatto. La situazione stava veramente degenerando. – Anche se purtroppo avrai da fare con le tappe…
– In realtà credo di poterci essere – la interruppe Michael sorridendole prima di prendere un boccone. Lo guardai con la bocca spalancata mentre lui cercava di non ridere di me. Gli tirai un calcio da sotto il tavolo e sussultò, strozzandosi un po’.
Sorrisi a mia madre che mi stava lanciando occhiate d’avvertimento. Ovviamente non era stupida, aveva capito che lo stavo trattando male, ma non era colpa mia se lui faceva di tutto per darmi fastidio! – Mamma, in realtà credo proprio che cominceranno presto con il nuovo tour, quindi non credo che potrà esserci – dissi io.
– Non mi vorrai mica dire che vuoi farti accompagnare da Mister Ubriacone – scherzò Michael e sentii il sangue defluirmi dal viso.
– Come? – chiese mia madre smettendo subito di mangiare. – Di chi stai parlando, Michael? – chiese poi, già praticamente in preda al panico. Guardava prima me e poi Michael, in attesa di una risposta che per quanto mi riguardava poteva anche non arrivare.
– Niente, è solo che a Michael non piace il ragazzo con cui mi sto sentendo – borbottai io lanciando un’occhiataccia a Michael, che continuò a sorridere. Lo stronzo lo stava facendo apposta. – E per questo lo deve criticare per ogni singola cosa che fa.
– Oh, ti stai sentendo con un ragazzo? – chiese Jason accendendosi. Era un brav’uomo, ma non sapeva mentire. Era chiara la sua felicità per me, ma era altrettanto chiara la sua confusione nel vedermi con un ragazzo che non era quello con cui stavo uscendo. – E chi è? Dove vi siete conosciuti?
– Emh… ci siamo conosciuti in una discoteca – risposi io guardando il piatto. – Devo dire che è stato molto carino e dolce. Mi ha chiesto il numero di telefono e dopo un po’ glie l’ho dato. Il giorno dopo siamo andati a cena fuori e siamo stati molto bene, nonostante qualcuno continuasse a darci fastidio. Così siamo usciti anche oggi, siamo andati al lago, ma credo abbia frainteso un po’, perché praticamente mi ha presentata ai suoi amici come la sua ragazza.
– Molto dolce – borbottò Michael tra un boccone e l’altro. – Oggi è stato molto dolce e carino. Anche coccolone, giusto? – chiese sorridendomi freddamente.
Rimasi in silenzio per un po’ per fargli capire che non poteva continuare così, ma fece finta di non capire… come sempre d’altronde. – Sì, è stato carino, ma sapete come sono fatta e ho bisogno dei miei spazi – risposi io sorridendo a mia madre, che annuì, poco convinta.
Michael fece una risata molto strana. – È adorabile! – esclamò guardandomi, ma il suo sguardo era così freddo che mi gelò. – Cerca di essere una di quelle ragazze fredde e menefreghiste, ma in fin dei conti non ha veramente bisogno di questi “spazi” – continuò lui guardando mia madre e Jason con un sorriso di plastica, che però interpretarono come un sorriso dolce. – Diciamo che ha bisogno dei suoi spazi solo con certe persone, e Gerard è una di quelle persone – aggiunse poi fulminandomi con lo sguardo. – Per quanto riguarda me? Non mi è sembrato di rientrare in quella categoria – mormorò poi con un tono tagliente.
– Michael, smettila – ringhiai io a bassa voce.
Fece una mezza risata ma rimase in silenzio, dandomi un po’ di pace. Mia madre e Jason sembravano un po’ imbarazzati, ma mia madre prese in mano la situazione, come sempre. – Bé, da amico o da fidanzato di mia figlia, vorrei comunque avervi tutti al nostro matrimonio. Siete stati tutti molto importanti per lei e ci piacerebbe vedervi e condividere quel grande giorno insieme a voi.
– Avete già preparato tutto? – chiese Michael sorridendole. Aveva una strana luce negli occhi mentre la guardava, sembrava felice per loro, ma c’era qualcos’altro. Girò la testa verso di me e il suo sorriso vacillò un po’, ma non la luce nei suoi occhi, che li rendeva ancora più belli. Mi sentii mancare guardando quegli occhi, era come se tutto il mondo fosse scomparso. Tutto il mondo tranne quei bellissimi occhi verdi.
– Più o meno – rispose mia madre e Michael riportò la sua attenzione a lei. – Mancano alcuni ritocchi al vestito, i mazzi di fiori, le decorazioni per la chiesa e la casa e altre cose, ma manca ancora un bel po’. Siamo fin troppo avanti con le cose e tutto questo è solo perché Amelia ha bisogno di essere in anticipo di almeno due mesi – esclamò lei ridacchiando. – Non so cosa farà quando toccherà a lei essere la sposa. Molto probabilmente preparerà tutto da sola, solo per essere certa che sia tutto perfetto, e tutto un anno prima.
Jason rise insieme a lei, Michael fece una finta risata ma io nemmeno ci provai. – Io non ho intenzione di sposarmi – annunciai. Mia madre già lo sapeva, infatti annuì, ricordandoselo. Forse non era proprio quello che voleva sentire, ma non mi andava di fare finta di niente. – Mi piace il fatto del matrimonio, ma non tanto il significato. Voglio dire, ormai ci si sposa solo per i diritti e per i soldi. Il matrimonio in sé dovrebbe servire per unire le anime davanti a Dio, o qualcosa del genere – borbottai io. – Il fatto è che non credo di potermi sposare, perché il mio sarebbe più un fatto materiale, capite? Il vestito, la festa, la torta, la frase “lo voglio”… sono tutte cose bellissime e una bella dimostrazione d’amore. Ma credo che lo farei nel modo sbagliato, dopotutto non vado in chiesa da molto tempo e non mi ricordo nemmeno le preghiere basilari.. Sarebbe abbastanza incoerente come cosa, quindi non credo che lo farò mai.
– La nostra ragazza cinica – mi prese in giro mia madre ridendo. – Sono sicura che quando t’innamorerai sul serio e troverai il ragazzo con cui vorrai stare per tutta la vita deciderai la cosa giusta da fare. E non sto dicendo che sarà quella di sposarvi.
Alzai gli occhi al cielo ridendo, ma smisi subito quando sentii Michael. – Io mi voglio sposare – annunciò e finii anche di sorridere. – Lo trovo importante. Non è solo un fatto materiale, è… unire i corpi delle due persone che si amano, è giurarsi amore eterno, è giurare di amare una persona nonostante tutti i suoi difetti, è dichiarare l’amore eterno davanti a Dio. – Scosse la testa e notai un’altra volta quella strana luce nei suoi occhi. – Non c’è giuramento più reale, più fedele.
Mia madre mi sembrò quasi essere con le lacrime agli occhi mentre gli sorrideva in quel modo: l’aveva appena conquistata una volta per tutte. E mia madre non era facile da conquistare. Jason continuava a sorridere a Michael, che sembrava incantato a immaginare il suo futuro matrimonio perfetto, mentre il mio cuore sembrava diventare sempre più pesante e non sapevo nemmeno io il motivo. Da quando era entrato nella mia vita delle strane emozioni avevano fatto irruzione nel mio petto, e non riuscivo proprio a decifrarle.
– Amelia, perché non fai vedere a Michael il vestito che ti metterai al matrimonio? – chiese mia madre sorridendomi. – Devi assolutamente vederlo, è fantastico! Il verde è assolutamente il colore di Amelia!
– Sì, casomai dopo glie lo faccio vedere – borbottai io. Ormai la pasta era praticamente fredda e avevo a malapena iniziato. Le cene con Michael non finivano mai a casa mia, o almeno io non finivo mai la mia cena quando c’era lui.
– Chi ha organizzato il tutto quindi? – chiese Michael, che invece aveva finito tutto.
– La maggior parte delle cose le ha organizzate Amelia – rispose mia madre sorridendomi ancora di più. – Le piace tanto organizzare le cose. Sin da quand’era piccola. Quando c’erano delle feste lei era sempre la prima a iniziare ad organizzare il tutto. Le venivano idee su idee e voleva metterle tutte in atto, ma era piccola e non aveva i soldi per farlo. – Accennò una risata. – E adesso c’è riuscita. Devo dire che è stata molto brava, potrebbe veramente farlo come lavoro. È andata a cercare su internet tutto, si è fatta una lista con la scaletta delle cose più importanti da fare, ha trovato i vari negozi… È stata veramente incredibile. Pensa che sta organizzando anche i vari tavoli! – Scosse la testa ridendo. – Mi fa così piacere che sia lei ad organizzare tutto.
Le sorrisi e ricominciai a mangiare, con lo sguardo di Michael addosso. La cena continuò ad essere così imbarazzante, se non di più, visto che dopo Jason e mia madre dovettero parlare tutto il tempo per cercare di colmare i buchi di silenzio che provocavamo io e Michael. Entrambi avevano sicuramente capito che fosse successo qualcosa tra noi, ma la loro confusione era evidente e questo mi faceva stare meglio, perché non volevo che sapessero tutto.
Quando fu il momento per Michael di andarsene lo accompagnai davanti l’albergo, dove stranamente non c’erano paparazzi in vista. Era strano, nessuno li aveva ancora beccati. Non avevo mai visto paparazzi in giro e questo mi faceva stare molto meglio.
– Ecco qua – mormorai una volta arrivata proprio davanti l’entrata dell’albergo.
– Credi di poter parlare di quello che è successo qualche ora fa in camera tua? – chiese aspramente Michael. Era ovvio che ci fosse rimasto male, ma glie l’avevo detto fin dall’inizio, lui non mi aveva creduto e forse aveva avuto anche ragione… ma Gerard… Come potevo lasciarlo stare e provarci con Michael? In fin dei conti non voleva nemmeno fare sul serio con me! Non sapeva nemmeno lui cosa provava per me e non voleva nemmeno una relazione seria!
– No, non credo di potercela fare – sussurrai io abbassando lo sguardo sulle mie mani che stringevano il manubrio. – Non c’è niente da dire – aggiunsi poi guardandolo e vidi ogni singola emozione tramite quei suoi occhi bellissimi. – Abbiamo sbagliato e lo sai anche tu. Ci siamo fatti trasportare dal momento, non succederà più. – Chiusi gli occhi, perché guardarlo in quel momento sembrava fare troppo male. Ricominciai a guardare le mie mani, le nocche erano diventate bianche. – Mi pento di quello che è successo. È colpa mia, avrei dovuto dirti che non volevo che accadesse ma ti ho lasciato fare e… adesso mi sento in colpa. – La mia voce s’incrinò molto e le lacrime iniziarono a minacciare di uscire. – Mi sento così in colpa – singhiozzai io prendendo il viso tra le mani. – È tutta colpa mia. Mi dispiace, non dovevo permettere che accadesse, ma è accaduto e adesso non so che fare! – sospirai io smettendo subito di piangere.
– Wow – esclamò Michael, ma non c’era entusiasmo nella sua voce, sembrava così lontana e fredda. – Veramente wow. Quindi fammi capire come funziona. Ci baciamo e quasi andiamo oltre, poi appena finiamo mi guardi come se fossi il tuo amore assoluto e poi mi dici che ti senti in colpa? – sputò quelle parole come se avessero un sapore schifoso. – E perché ti senti in colpa? Perché ti stai sentendo con un ragazzo che dopo due giorni che vi conoscete già ti morde il culo? Per quel tipo ti senti in colpa? Molto probabilmente sarà già andato a scoparsi qualche altra ragazza, solo perché ha capito che tu non ci stai!
– Non parlare così di lui – mormorai io asciugandomi le poche lacrime che avevo versato. – Si è scusato e voleva venire da me per cercare di farsi perdonare, ma c’eri tu e così non è potuto venire – continuai io facendo di tutto per non guardarlo negli occhi. – Anch’io ho fatto molte cavolate quand’ero ubriaca. Stavo per andare a letto con quel tipo che nemmeno conoscevo! Eppure questo non ti ha fatto cambiare opinione su di me, mi sembra.
– Sappiamo entrambi che non saresti mai andata a letto con quel tipo – ringhiò lui scuotendo la testa. – Anche una volta entrata dentro quella camera, non saresti mai stata in grado di farlo. Non sei il tipo! Tu non vai a letto con il primo che incontri, a malapena sei andata con Finn! – Arrossii subito sentendo quella menzogna, ma Michael interpretò quel mio gesto come un gesto d’imbarazzo e nient’altro. – Volevo solo fare in modo che non succedesse niente. Anche quel tipo era abbastanza ubriaco e non volevo che succedesse qualcosa di brutto. Così ti ho semplicemente presa e portata via.
– E ti ringrazio per questo – risposi io cercando di guardarlo, ma i suoi occhi sembravano perforarmi la carne e arrivare fino alla mia anima solo per ucciderla, così ben presto mi ritrovai con lo sguardo puntato sulla sua maglietta. – Quel giorno sei stato molto carino con me e ti ringrazio – mormorai io. Feci un respiro e fui pronta a sbottare. – Ma non puoi seriamente pensare che potrei portare te al matrimonio. Cosa dirò ai parenti? Che sei il mio ragazzo, anche se non lo sarai mai, visto che non vuoi una relazione a distanza?! Non puoi essere così egoista da pensare che potrei veramente non sentirmi più con Gerard solo per baciarti e andare a letto con te. – Scossi la testa e lui abbassò lo sguardo, colpevole. – Gerard vuole un qualcosa di più concreto, un qualcosa di più! E, anche se ha sbagliato, preferisco dare un’opportunità a lui che darne una a te, inutilmente.
– Quindi, cosa succederà adesso? Faremo finta di niente, tu uscirai con quel deficiente e io dovrò stare là a guardarti mentre bacerai lui esattamente come avevi fatto con me pochi giorni prima? – chiese lui con voce tagliente.
– Direi di limitare a vederci in compagnia degli altri – borbottai io guardando fuori dal finestrino. – Non puoi più venire da solo a casa mia, non è giusto nei confronti di Gerard.
– Già, il povero Gerard – bofonchiò Michael alzando gli occhi al cielo. – Io scommetto sul fatto che secondo me è già andato con un’altra.
– Non è così, ne sono sicura – ringhiai io, ma non ne ero poi così sicura. Dopotutto che conoscevo di Gerard? Poco e niente, e quello che era successo ne era stata la conferma. Però non potevo penalizzarlo per aver commesso un solo errore, dopotutto Michael l’avevo perdonato ogni volta… Dovevo veramente smetterla di metterli a paragone.
– Devo andarmene – disse lui prima di aprire lo sportello della macchina e andarsene senza aggiungere altro o aspettare che dicessi qualcosa.
Rimasi in silenzio a guardare l’entrata dell’hotel, dove c’erano alcune fans che lo guardavano mentre si faceva le foto con lui. Alcune mi guardarono, insospettite o felici, ma la maggior parte di loro non avevano occhi per nessun’altro se non per lui. Alcune piangeva, altre ridevano e altre ancora lo guardavano e basta, come sottoshock. Michael non mi guardò più e lo ringraziai in silenzio per questo. Anche lui non aveva occhi se non per le sue fans; aveva un sorriso gigante e gli occhi avevano di nuovo quella luce.
Feci un respiro profondo e silenziosamente gli detti il mio addio da fidanzata. A quel punto accesi la macchina e me ne andai, guardando ogni tanto lo specchietto retrovisore per guardarlo sorridere e mettersi in posa per fare le foto.
Quando entrai in casa mi sentii come schiacciata dal peso della realtà. Mia madre e Jason mi guardarono per un po’, confusi, ma li lasciai in salone per andare in camera mia, dove sentii ancora di più quel peso orribile che prendeva tutto il petto. Non prendeva solo un semplice organo, non prendeva solo il cuore, non prendeva solo lo stomaco… prendeva ogni singolo organo e sentivo quasi un dolore fisico, oltre che psicologico.
Mi sedetti sul letto e chiusi gli occhi facendo alcuni respiri profondi. Era ora di capire tutto. Non potevo più aspettare, non potevo più rimandare, dovevo mettere le mie emozioni e i miei sentimenti in tavola e decifrarli. Uno ad uno.
Era ovvio che provassi qualcosa per Michael. Quello che era successo quel giorno ne era stata una conferma: non ero riuscita a dirgli di no, perché non riuscivo a dire a me stessa di no! Non avevo più il controllo sul mio copro, addirittura sulla mia mente, quando c’era di mezzo Michael. Lo perdonavo sempre, nonostante sembrava continuare a prendermi in giro. Non aveva molto rispetto nei miei confronti, perché sennò mi avrebbe lasciata andare, giusto? Invece lui no, aveva preferito provocarmi fino a quando non mi ero ritrovata su un letto a sorridergli come una rincoglionita. Questo significava che era egoista, che aveva pensato al suo ego o al suo coso-là-sotto prima della mia felicità, fregandosene altamente del fatto che stessi cercando di uscire con un solo ragazzo. Ma non era solo colpa sua, lo sapevo fin troppo bene. Era anche colpa mia, era soprattutto colpa mia; perché avevo permesso che accadesse tutto ciò, nonostante fossi a conoscenza di tutte le conseguenze. Sapevo benissimo che mi sarei sentita in colpa, sapevo che non sarei più riuscita a guardare Gerard come prima, sapevo un sacco di cose sulle conseguenze, ma nel momento in cui le nostre labbra si erano toccate non mi erano sembrate poi così importanti.
C’erano un sacco di aspetti negativi e aspetti positivi con Michael. Quelli negativi erano che non riuscivo mai a capire quando faceva sul serio e quando no, quando mentiva e quando diceva la verità, quando mi baciava perché provava qualcosa per me o quando mi baciava solo per fare un piacere al suo ego. Ormai ero così abituata ad averlo accanto, prese in giro o meno, che sembrava quasi non importarmene più. Lo volevo. Lo volevo come conoscente, come migliore amico, come ragazzo, come fidanzato, come… No, ok, stavo esagerando.
Non l’amavo, non ancora almeno, ma ci stavo così vicino che quasi mi spaventai. No, senza quasi, mi spaventai e basta. Sapevo che non provava nemmeno la metà di quello che provavo io, ma una piccola parte di me continuava a sperare che prima o poi l’avrebbe fatto. Sapevo anche che se avessi continuato a vederlo tutti i giorni mi sarei innamorata di lui in pochi giorni, o settimane.
Con Finn non mi ero mai sentita così, era una cosa nuova, che mi spaventava ed elettrizzava allo stesso momento. Mi faceva quasi sempre male lo stomaco ormai e le mie non si potevano chiamare affatto farfalle. Era come se mi stessero uccidendo dall’interno, però era un omicidio quasi delicato e bello. C’erano due parti: quelle negative e quelle positive, ed entrambe si neutralizzavano tra di loro, rendendo il tutto ancora più elettrizzante. Appena pensavo a lui mi sentivo bene e male, il mal di stomaco si faceva sempre più doloroso, eppure esso sembrava alternare con un dolore quasi piacevole, come pizzichi.
Ero in ansia, ero felice, ero indecisa, ero romantica, ero arrabbiata, ero speranzosa, ero triste, ero elettrizzata… Ero un sacco di cose con Michael.
E Gerard? Era iniziato tutto da poco tempo, ma sapevo che avrei potuto veramente provare qualcosa per lui. Era il mio tipo, sembrava essere il mio tipo. Aveva sbagliato, era vero, ma anch’io avevo sbagliato una volta da ubriaca e nessuno mi aveva mai detto niente se non “hai sbagliato”. Mi avevano perdonato, anche se lo sbaglio che stavo per commettere non poteva che riversarsi solo ed esclusivamente su di me. Quel giorno non avevo rispettato me stessa, gli altri non c’entravano niente. Eppure sapevo di poter perdonare Gerard. Potevo farlo, sarebbe stato pure facile farlo, forse.
M’imbarazzava, ma non nel senso negativo. Non m’imbarazzava perché in realtà non volevo che si avvicinasse a me o perché non volevo che mi abbracciasse. M’imbarazzava perché era un ragazzo aperto, che esprimeva tutto quello che voleva e non si faceva problemi. Io non ero mai stata una ragazza aperta, nemmeno con Finn. In realtà odiavo baciarlo davanti a tutti, mi metteva in imbarazzo. Quindi molto probabilmente questo fatto ci avrebbe fatto litigare un po’, ma se saremmo potuti arrivare ad un compromesso allora le cose sarebbero potute andare bene con lui.
Non mi dava fastidio quando mi abbracciava, anzi quasi sentivo uno strano senso di calma quando lo faceva. I minuti dentro il lago ne erano stati un esempio. Ero stata io ad abbracciarlo, anche se l’avevo fatto per l’imbarazzo, ed ero stata bene tra le sue braccia. Ero stata bene ferma e abbracciata a lui, ridacchiando un po’ quando l’imbarazzo si faceva più pesante. Ma era stato bravo, aveva parlato del più e del meno senza allontanarmi da lui. Era un ragazzo che aveva paura del silenzio e anche con questa cosa non saremo andati d’accordo, ma erano tutti problemi non troppo complicati e importanti.
Mi alzai e andai in bagno per prepararmi per la notte, visto che ero stanca morta. Mi misi sotto le coperte e sbuffai. Ero più o meno arrivata ad una conclusione: Michael mi piaceva più di quanto mi sarebbe dovuto piacere e Gerard sarebbe potuto essere un bravo ragazzo per me.
Eppure mi addormentai pensando ai suoi occhi verdi, mentre mi guardavano, mi studiavano e mi dicevano cose che non riuscivo a decifrare.

Angolo Autrice:
Sì, lo so, questo capitolo fa abbastanza schifo, ma non sapevo bene come andare avanti dopo che Amelia aveva riportato Michael... non volevo passare subito ad un altro giorno e così ho pensato "perché non scrivere più di una pagina su cosa prova e pensa Amelia?". In realtà non è venuto molto bene, spero almeno di aver azzeccato tutti i verbi ahahah.
Mi scuso per il contenuto di questo capitolo, giuro che la prossima volta farò di meglio... forse però ci vorrà un po' più di tempo perché ora come ora non ho molte idee.
Vi chiedo di recensire. Ditemi quanto vi fa schifo questo capitolo da 1 a 10 ahahah. I pensieri e le emozioni di Amelia sono giusti e azzeccati secondo voi? O sono un po' troppo prematuri?
Mi scuso per eventuali errori.
Un bacio e al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 19
*** Bugie ***


Capitolo 18
Bugie
 
Chiusi gli occhi per la cinquantesima volta e dopo pochi li riaprii per la cinquantunesima volta. Sbuffai e guardai l’orologio. Finalmente erano le otto di mattina! Mi alzai dal letto con poca delicatezza, buttai a terra le lenzuola e mi chiusi in bagno per fare una doccia rilassante. Sentii tutti i miei muscoli rilassarsi sotto il getto caldo dell’acqua. Feci un respiro profondo, ma non mi sentii meglio, non dentro almeno. Sentivo ancora quel peso, rivivevo il momento in cui Michael aveva esclamato quel “wow” che mi aveva uccisa lentamente. Sembrava come schifato dalla mia reazione e non potevo dargli torto. Ero stata incoerente e avevo tradito tutti i miei principi. E per questo non mi sentivo più la stessa persona. Mi sentivo diversa, più sporca eppure più felice. Il mio sbaglio quindi era stato quello di essere felice?
Non mi asciugai i capelli e scesi giù. Jason e mia madre non c’erano, così presi soltanto le chiavi della mia macchina e uscii. Vagabondai per un po’ di tempo, poi decisi la mia meta e andai a casa di Jennifer. Rimanemmo un po’ là, le parlai di quello che era successo tra me e Michael, senza ovviamente essere troppo dettagliata e lei rimase in silenzio ad ascoltarmi, nonostante il fatto che ogni tanto iniziassi a balbettare un po’ a causa delle lacrime che ogni tanto mi tradivano.
– Wow – esclamò Jennifer, scioccata, ma quando si accorse di quello che aveva detto ritirò tutto. – Voglio dire: che cosa strana! – disse lei scuotendo la testa. – Non riesco ad immaginarmi un’Amelia così spontanea e impulsiva. È così strano! Mi piacerebbe vedere questa parte di te. Io la vedo solo quando sei ubriaca e la maggior parte delle volte non va a finire bene perché poco dopo diventi sempre più triste fino a piangere! Vorrei davvero vedere questa parte di te… Non vorrei vedere tu e Michael che vi strusciate, non è proprio una scena che vorrei vedere, ma… hai capito!
– Io e Michael non ci strusciamo! – urlai, rossa in viso come non mai. Era così imbarazzante parlare di queste cose! E non solo con lei, ma con tutti. Sarebbe stato ancora più imbarazzante parlarne con Michael, nonostante fossimo stati entrambi a fare quello che avevamo fatto.
– Oh, no, è vero. Perché tu sei troppo santarellina e moderata per questo, vero? – mi prese in giro lei ridendo. – Sei così asessuata da non riuscire ad eccitarti nemmeno con Michael Clifford che ti si struscia contro.
– Oh, Dio mio, basta! – esclamai io ridendo per l’imbarazzo. Le tirai il cuscino sul divano dov’eravamo sedute e poi mi nascosi il viso con le mani per non farle vedere il mio viso rosso com’erano stati i capelli di Michael. – E non sono asessuata! Sono solo… molto contenuta – borbottai poi.
– Va bene, va bene! – disse lei alzando le mani in segno di resa. Prese il cuscino e se l’abbracciò, per poi sussurrare: – Asessuata – prima di farmi la linguaccia. E continuò a ripeterlo fino a quando non mi disse: – Continuerò a chiamarti “asessuata” fino a quando non ammetterai di essere stata fin troppo bene ieri sera con Michael in quel letto. Non puoi seriamente essere stata ferma mentre lui faceva il tutto! Dopotutto ti piace, quando vi guardate sembrate così attratti l’uno dall’altra… Non puoi veramente essere stata là ferma mentre lui ti si…
– Smettila! – urlai io e lei per fortuna si fermò. – Non sono stata ferma, ok? Vorrei ricordarti che sono stata io a baciarlo e non il contrario.
– Quindi sei stata bene ieri sera con Michael su quel bellissimo letto? – chiese lei facendo un sorriso malizioso.
Alzai gli occhi al cielo. – Sì, sono stata bene – risposi io, ma quando la sentii ripetere il mio nuovo soprannome sbottai: – E va bene! Sono stata più che bene! Non mi è mai successo di essere così aperta con una persona, nemmeno con Finn, e questo un po’ mi spaventa. Sono stata veramente bene, mi è piaciuto ogni singolo secondo e vorrei rifarlo, ma Michael non vuole una relazione e io non faccio queste cose, nemmeno con Michael Clifford.
– Peccato – bofonchiò lei facendo una smorfia dispiaciuta. – Mi piacete così tanto insieme. Io l’ho sempre detto che tra voi potrebbe esserci veramente la magia! Dal primo momento in cui tu gli hai urlato contro e lui ti ha sorriso, ho capito che avreste potuto fare scintille a letto.
– Jennifer! – la richiamai io, ancora rossa in viso. Ormai era diventato il mio colore naturale quel rosso fuoco. – Adesso non esagerare, ok? Queste cose m’imbarazzano ancora molto – mormorai io e lei annuì, capendo una volta per tutte. – Allora… che sta succedendo tra te e Calum? – chiesi sorridendole e per la prima volta vidi Jennifer arrossire. – Non ci posso credere! Sei appena arrossita o cosa?!
– Mettiti gli occhiali, amica mia – bofonchiò lei ridendo. – Io e Calum stiamo provando ad andare tranquillamente, capisci? Ma è così difficile mettere le mani apposto con quel ragazzo! Ha quel sorriso e quel fisico… Non credo di aver mai visto fisico più bello. Ha un culo che sembra fatto con la bacchetta!
Scoppiai a ridere. – Il suo culo l’abbiamo visto tutti, Jennifer – ribattei io.
– Sì, lo so, ma dal vivo è ancora più perfetto. Te lo garantisco. Hai presente Jennifer Lopez? Si è assicurata il didietro, lo sai? Bé, lui dovrebbe fare la stessa identica cosa. Sto così bene con lui! Ridiamo tutto il tempo, anche quando non facciamo niente e… non so, forse stiamo cercando di mandare questa cosa avanti, ad un livello superiore…
– Tipo con il sesso o con una relazione? – chiesi io con la fronte aggrottata.
– Tipo con entrambi – rispose lei ridendo. – Sarebbe un bel cambiamento, non credi? Dopo quello che è successo con Jim, intendo. Sono stata solo con lui ed è un brutto ricordo – mormorò lei abbassando lo sguardo.
Le strinsi la mano e le sorrisi, nonostante lei continuasse a guardare da un’altra parte. Jim era stato il suo ultimo ragazzo, erano stati insieme due anni e lei aveva fatto tutte le esperienze possibili immaginabili con lui, a parte il bacio ovviamente. Io che di solito non sbagliavo mai, non ero riuscita a inquadrarlo come invece di solito riuscivo a fare. Aveva lasciato Jennifer con un messaggio, dicendole che in questi due anni lui “era stato bene e che si era divertito”. In pratica, tutti i suoi “ti amo” erano stati una bugia e tutte le prime volte di Jennifer erano state con un coglione a cui in realtà non interessava più di tanto di lei. In seguito eravamo anche venute a sapere che, ovviamente, lui le aveva messo le corna per tutti e due gli anni. – È un bellissimo cambiamento – mormorai io e Jennifer accennò un sorriso felice. Se è felice a causa di Calum, pensai, allora potrei benissimo andare da lui, abbracciarlo e ringraziarlo con tutto il mio cuore.
 
– Siamo sicuri di volerlo fare? – chiese Calum trattenendo una risata. Guardò Jennifer, che per un po’ sembrò arrossire un’altra volta, e le sorrise. Era eccitato tanto quanto noi, forse pure di più, grazie a Jennifer.
– Ok, facciamolo e basta – risposi io facendo un respiro profondo. Mi sentivo scomoda dentro quella tuta enorme militare, le scarpe che indossavo erano così rovinate che potevano rimanere tra l’erba da un momento all’altro e la coda era un po’ troppo bassa. Per non parlare poi di quel coso che mi ritrovai davanti il viso, per proteggerlo dalla vernice.
– Uno… due… tre! – urlò Michael prima di buttarsi fuori dalle balle di fieno. Scoppiai a ridere e gli sparai per prima, prendendolo in pieno petto. Mi guardò e poco dopo sentii un qualcosa di forte prendermi sul collo.
Urlai e persi l’equilibrio cadendo a terra. Scoppiai a ridere vedendo la vernice arancione sul mio collo scendere fino al petto. Jennifer mi prese e mi tirò su, per poi trascinarmi dietro la balla di fieno, visto che sia Calum che Michael sembravano averci prese di mira. Scoppiammo a ridere e poi le feci segno di andare dalla parte opposta alla mia. Annuì e così sbucai dall’altra parte e mi beccai una verniciata in pieno petto. Sentii Jennifer urlare, molto probabilmente perché le stava succedendo più o meno quello che stava succedendo a me. Sparai un altro colpo e gli sporcai i capelli, facendo scomparire il sorrisino soddisfatto dalla sua faccia. Scoppiai a ridere ed esclamai: – Ti dona questo colore!
Rimase fermo per un po’ a guardarmi male e poi iniziò a correre verso di me, così iniziai a correre più veloce di lui. Mi nascosi dietro altre balle di fieno, alzandomi in punta di piedi per vedere dove fosse. Chiamò Luke e così venne da lui per aiutarlo a cercarmi. Indietreggiai e andai a sbattere contro qualcuno. Urlammo entrambe e quando mi girai scoppiai un’altra volta a ridere vedendo Bryana con quel coso addosso. Era così strano vederla struccata e vestita con una tuta enorme!
Facemmo coppia e scavalcammo alcune balle di fieno. Ci videro subito e iniziarono a sparare, ma era difficile prenderci tra tutte quelle balle rotonde. Con il fiatone scendemmo dopo un paio di file e ci guardammo con i fucili pieni di vernici stretti al petto. Annuii e così uscimmo iniziando a sparare senza nemmeno vedere dove. Sentii Ashton urlare e ridere contemporaneamente, segno che il nostro piano stesse funzionando. Michael invece stette zitto mentre cercava di non prendere tutti i colpi che gli stavo tirando. Quando arrivammo uno davanti all’altro rimanemmo fermi, a guardarci con un sorriso divertito.
Poi però capii che era solo un trucco, perché qualcuno mi prese da dietro e Michael iniziò subito a spararmi contro, mentre io urlavo che erano ingiusti. Diedi una gomitata a Luke e così mi lasciò, ridendo e gemendo per il dolore allo stesso momento, presi il fucile da terra e iniziai di nuovo a sparare all’infinito prendendo Michael in faccia. Scoppiai a ridere, ma mi girai e iniziai a sparare anche a Luke, che mi stava dando la schiena mentre se ne andava a gambe levate. Quando poi vidi Michael afferrare bene il fucile allora iniziai a correre, esattamente come stava facendo Luke, e riuscì a prendermi solo una volta sulla schiena.
Feci un errore colossale e andai proprio dov’erano tutti. Iniziarono a sparare anche a me e mi ritrovai completamente spaesata, urlando un po’ troppo mentre cercavo di capire come fare per cercare di alzare almeno un po’ il fucile e mirare a qualcuno.  Jennifer mi buttò dietro di lei e iniziò a sparare contro a tutti, urlando come una matta. Scoppiai a ridere e l’affiancai ricominciando a sparare. Presi per primo Calum, che cercò subito di ricambiare lo sparo, non riuscendoci però, visto che ne prese uno in pieno da parte di Jennifer. Ci demmo un colpo di fianco e colpimmo Luke, poi Ashton e infine Grace. Sentii un’ondata di gioia quando la sentii urlare, ma cercai di non essere così cattiva. Poco dopo Cher venne accanto a noi e iniziò a sparare ad Ashton, che sembrava averla presa di mira, così poco dopo anche io e Jennifer gli sparammo contro fino a quando non fu costretto a scappare insieme a Bryana.
Ben presto tutti i ragazzi dovettero abbassare le armi e alzare le mani in segno di resa. – Vi arrendete? – urlammo io e Jennifer e tutti i ragazzi, Michael compreso, annuirono sbuffando. Io e Jennifer ci guardammo e ci demmo il cinque, felici di aver vinto insieme. Ma poco dopo ci arrivarono tutti i tipi di vernici addosso, facendoci urlare ancora di più di prima. Questa volta fui io a prendere in mano la situazione e la misi dietro per poi sparare il più possibile contro qualsiasi macchiolina trovassi davanti a me.
Ci riprendemmo quasi subito la nostra rivincita. “Quasi” perché questa volta i ragazzi furono un po’ più spietati. Vidi addirittura Calum buttare a terra il fucile per poi prendere Jennifer di scatto e praticamente lanciarla su una balla di fieno. Però qualcosa mi diceva che quel gesto avesse a che fare con i loro ormoni. Mi ritrovai in mezzo a una sparatoria all’ultimo sangue con me come vittima. Ashton e Luke mi spararono contemporaneamente, rendendo il tutto impossibile. Indietreggiai cercando una balla di fieno dove potermi proteggere, ma proprio non la trovavo.
Qualcuno mi afferrò da dietro e mi trascinò via, dietro una bellissima balla. Rimasi senza fiato quando incontrai degli occhi verdi. Non potei muovermi. Stetti là, tra le sue braccia, quasi come un peso morto, mentre lo guardavo con la bocca socchiusa. Vidi quei suoi occhi verdi abbassare lo sguardo verso le mie labbra e sentii il mio cuore mancare un battito. Come poteva un semplice ragazzo farmi sentire certe cose?
Per fortuna – o per sfortuna – Ashton e Luke ci beccarono e ricominciarono a spararci contro. Così afferrai il mio fucile e mi spostai, in modo tale da far sparare anche Michael. Ci mettemmo uno accanto all’altra e demmo inizio a quella che sembrò l’ultima battaglia interminabile. Finimmo con un trattato di pace, troppo stanchi per continuare ma troppo testardi per arrenderci.
Calum e Jennifer sembravano essersi comprati una balla, sulla quale si coccolavano e si baciavano, facendomi venire il diabete. Alzai gli occhi al cielo e andai da Cher, mentre Grace sembrava intenta a parlare con Michael, cosa che m’infastidii veramente tanto. Parlai molto con Cher, che mi disse di voler lasciare il college per iniziare a lavorare, visto che aveva capito di non potercela fare. Rimasi in silenzio a pensare al mio, di college. Forse nemmeno io ero fatta per il college, dopotutto era da un po’ che non c’andavo e non stavo nemmeno studiando. Era tutto molto difficile con i 5 Seconds of Summer come amici. Era difficile concentrarsi e studiare. Così mi promisi di provare a recuperare il tutto tra pochi giorni, quando se ne sarebbero dovuti andare.
Cercai di capire di cosa stessero parlando Michael e Grace, ma sentivo soltanto le risatine di Jennifer, visto che sembravano parlare entrambi a bassa voce. Sentii uno strano nodo allo stomaco farsi ancora più stretto e fu più forte di me: girai la testa verso di loro. Grace teneva un gomito appoggiato sulla spalla di Michael e lui un braccio attorno i fianchi di lei. Il nodo si trasformò in gastrite. Stavo fumando dalla rabbia ed ero consapevole del fatto che li stessi fulminando con lo sguardo.
In quel momento mi ricordai di Gerard, così mi girai di scatto e presi il cellulare dalla borsa che avevo messo da parte. Non mi aveva più richiamata. La sera precedente l’aveva fatto, ma io mi ero completamente dimenticata di lui e dopo aver riaccompagnato Michael in albergo e riflettuto, ero caduta in un sonno più pesante di un sasso. Gli mandai un messaggio scusandomi e giustificandomi dicendogli di essermi addormentata molto presto; ma non mi rispose subito e così misi via il cellulare. Poco dopo però iniziò a squillare e così risposi senza pensarci due volte. – Ehi – lo salutai accennando un sorriso. Mi allontanai senza nemmeno accorgermene, andando nello spogliatoio per rimanere da sola.
– Buonasera, Amy – mi salutò lui ed ero sicura al cento per cento che stesse sorridendo. – Come stai oggi? Mi hai perdonato?
– Sì, ti ho perdonato – risposi io alzando gli occhi al cielo. – Solo… non farmi più una cosa del genere, ok? Non mi è piaciuto il tuo comportamento. Anche per l’ultima frase… L’ho trovata sessista e cattiva nei confronti del ragazzo con cui sono stata.
– Va bene, scusami – ripeté lui. – Domani mi concedi un appuntamento o dovrò ancora sudare per un po’?
Sorrisi e alzai un’altra volta gli occhi al cielo. – Mmmh, non so, ci devo pensare. Credo proprio che ti farò sudare un altro po’. Che dici, credi di essere in grado di aspettare e sudare? – scherzai io. Lo sentii ridere e così lo imitai. – A che ora vogliamo fare?
– Tra un anno intendi? – chiese lui e risi con lui. – Ti vengo a prendere a mezzogiorno, ok?
– Va bene – mormorai io uscendo dallo spogliatoio. – Dove mi porti? Come mi devo vestire?
Rise. – Sta’ tranquilla, non ti porto in un ristorante di lusso. Vestiti come meglio credi, io sarò un barbone in confronto a te.
Ne dubitavo. Aveva quell’abbigliamento che mi piaceva tanto, il classico abbigliamento da bravo ragazzo con i jeans beige e le camicie di vari colori. – A domani allora – risposi io. Lo sentii ridacchiare e attaccò, così tornai dai miei amici con un sorrisino stampato sul viso, anche se purtroppo era più per infastidire Michael che per altro. Ero in ansia per il giorno dopo e mancava ancora un bel po’ di tempo. Molto probabilmente non sarei riuscita a dormire a causa dell’appuntamento.
– Mister Sesso Fantastico si è fatto perdonare? – chiese Jennifer facendomi un sorrisino malizioso, tra le braccia di Calum, che la guardò con la fronte aggrottata, confuso, per poi passare a me.
– Jen! – esclamai io avvampando. Sapevo il motivo di quell’uscita, era perché Michael era là, mentre ridacchiava con Grace, ma per quanto potesse darmi fastidio non potevo certo accettare un nomignolo del genere. Anche perché voleva dire solo una cosa: che c’ero andata a letto.
Luke si strozzò con la sua stessa saliva mettendosi seduto e Jennifer rise ancora di più. – Già ci sei andata a letto, Amelia? – chiese Cher con una smorfia contrariata. – Da quanto lo conosci? – chiese ed io dovetti cercare di non urlarle contro “e Grace da quanto conosceva Michael?!”.
– Amy? – mi chiamò Luke, perplesso e anche un po’ in preda al panico. Lo guardai con gli occhi spalancati. –È vero? – chiese a bassa voce Luke, come per fare in modo che fosse solo una conversazione nostra. Adoravo quel ragazzo, non gli interessava sapere se avessi fatto sesso con qualcuno, ma se fosse andata bene a me.
– No – risposi io abbassando lo sguardo, rossa in viso come non mai. Quel giorno stavo arrossendo veramente troppo.
– Ha abbassato lo sguardo! – esclamò Grace sorridendomi maliziosamente. – Mister Sesso Fantastico, eh? Deve essere stato proprio bravo allora!
Entrai nel panico. – Ma no…
– Oh, sì! – mi fermò Jennifer sorridendo a Grace, per poi guardare Michael, che continuava a guardare i capelli biondi di Grace e a giocarci. – Proprio ieri sera – aggiunse poi guardando Michael, che però non diede segno d’irritazione. – Mister Sesso Fantastico ha fatto la sua entrata in casa, scusandosi, per poi salire in camera e boom! – continuò la sua messa inscena. – E così ho deciso di chiamarlo Mister Sesso Fantastico.
– Jen… – la richiamai io e scossi la testa ripetutamente, facendole capire che doveva smettere all’istante o sarei scoppiata. Abbassò lo sguardo, rossa in viso, mentre Calum non sapeva se guardare lei o me. – Non… – iniziai io ma la mia voce s’incrinò un po’. Quando entravo nel panico iniziavo sempre a balbettare e a perdere la voce. Abbassai lo sguardo su Michael, che però non sembrava veramente essere interessato alla conversazione e questo mi fece sentire veramente male. Ero riuscita a mettere da parte tutti i miei principi per un ragazzo del genere, a cui non sembrava interessare niente di me. Lui era là, con lo sguardo fisso su Grace, mentre Jennifer aveva appena detto che un ragazzo - il ragazzo che lui diceva di odiare - era venuto a casa mia subito dopo che avevo riaccompagnato a casa proprio lui, e che avevo deciso di fare sesso con il ragazzo, fregandomene di quello che era successo solo poche ore prima con lui. – Io… – ritentai ma la mia voce svanì un’altra volta, mentre guardavo insistentemente Michael.
– Amelia, sta tranquilla – cercò di tranquillizzarmi Bryana. – Credo sia successo a tutte di fare un errore del genere! L’ho visto e non è per niente un tipo a cui riuscirei a dire di no.
– Ehi! – esclamò Ashton e sembrò veramente arrabbiato.
Bryana arrossì un po’. – È solo un modo di dire, Ash – mormorò lei sorridendogli dolcemente. – Sai benissimo che non potrei assolutamente tradirti. Sto solo cercando di far capire ad Amelia che non ha per forza sbagliato, capisci? Lui è venuto a casa tua, si è scusato, a te piace,  a lui piaci… Non possiamo di certo fartene una colpa.
– No, non capite, io non…
– Bryana ha ragione – m’interruppe un’altra volta Jennifer, ma non guardava né me né Bryana, aveva lo sguardo fisso su Michael e non sembrava piacergli molto il suo comportamento. – Tieni molto a lui, Amy. Anche se non state ancora insieme… tieni così tanto a lui che hai deciso di mettere da parte tutti i tuoi principi da principessa per lui. Io la trovo una cosa molto dolce. Non è da te e questo mi fa capire molte cose. Non l’avresti mai fatto se non tenessi così tanto a lui.
– Lo conosce da pochi giorni! – esclamò indignato Calum guardando in un modo strano Jennifer.
Guardai Luke, che continuava a guardarmi in cerca di una risposta, e scossi la testa il più possibile per fargli capire che no, non era successo niente. Mi slegai i capelli, nervosa, mentre Luke si metteva le mani davanti il viso, esasperato. – È complicato – mormorai io guardando Calum.
– No, non credo – s’intromise Michael, ma continuò a sorridere dolcemente a Grace. – Semplicemente vi volevate scopare a vicenda – aggiunse guardandomi. Il mio cuore fece un balzo, si fermò per un po’ e le mie guance diventarono ancora più rosse, o forse viola. – Non ci vedo niente di male, in realtà. Se fosse stato il contrario sarei stato abbastanza incoerente, non credi? Ma non ci trovo niente di male.
Deglutii e annuii sorridendogli un po’, sentivo il cuore farsi un po’ più pesante di prima. Alzai lo sguardo su Jennifer, che continuava a lanciare occhiatacce a Michael. Sbuffò e alzò gli occhi al cielo, Calum abbassò lo sguardo su di lei, ancora più confuso, e si allontanò un po’. Stava succedendo veramente una catastrofe e non sapevo se ero una delle vittime o l’artefice di tutto questo.
 
Entrai in camera mia e sbattei la porta. – “Non ci trovo niente di male” – imitai la voce di Michael. – Ma vaffanculo! – tuonai io, presi il portapenne e lo buttai a terra. – Ho sprecato giorni, minuti per cercare di avvicinarmi a te, pezzo di merda, per arrivare alla conclusione che non t’interesso minimamente – ringhiai io. Presi il calendario e lo buttai a terra. – “Semplicemente vi volevate scopare a vicenda” – imitai un’altra volta la voce di Michael prendendo un libro, feci per buttarlo a terra ma mi fermai per guardare la copertina. Feci spallucce leggendo il titolo del libro, che non mi era piaciuto per niente, e buttai a terra anche quello. – Non mi chiamo Michael Gordon Clifford, caro. Io non vado a letto con il primo che capita e non lascio che i miei ormoni mi ordino di fare qualcosa.
– Tesoro, va tutto bene? – chiese mia madre aprendo la porta, proprio mentre io stavo per buttare a terra un bicchiere di plastica, cosa che feci. Mia madre sussultò. – Ehi, che succede?!
– Lo odio – ringhiai io, presi una cornice senza foto dentro e buttai a terra anche quella. – Odio quel deficiente. Non credo di aver mai odiato così tanto una persona in vita mia e… Oddio, quanto lo odio! – urlai io quasi tirandomi i capelli.
– Stai parlando di Michael? – chiese mia madre entrando in camera. – Cos’ha fatto sta volta?
– Non gli interessa niente di me! – risposi io alzando le mani al cielo. – Non glie è mai interessato niente di me. Sai, mamma, è proprio uno stronzo! Prima ti fa pensare che gli sei completamente indifferente, poi però inizia a infastidirti continuamente, poco dopo ti dice di provare qualcosa per te, poi però ricomincia a essere indifferente nei tuoi confronti, poi si scusa, dopo però ti bacia e infine ti dice che “non ci trova niente di male” nell’andare a letto con una persona che dice di odiare.
– Aspetta, sei andata a letto con qualcuno?! – entrò subito nel panico mia madre. – Con chi? E quando?
– No, non sono andata a letto con nessuno. Era solo un’idea di Jennifer per cercare di far ingelosire Michael, visto che è stato a casa nostra solo ieri sera – borbottai io sedendomi sul letto. Tutto quello che mi aveva detto poche ore prima e tutto quello che avevamo condiviso continuava ad assillarmi, rendendomi iperattiva e triste allo stesso momento.
– Oh, e dovresti essere andata a letto con questo ragazzo prima o dopo la cena? – chiese mia madre, confusa.
– Dopo – risposi io abbassando lo sguardo. Era stata veramente un’idea stupida quella d’inventare quella storia. Mi aveva fatta stare solo più male. Mi sentivo presa in giro da Michael, per la millesima volta.
– Che scemenza – esclamò mia madre. – E tu dovresti aver fatto sesso con un ragazzo che nemmeno conosciamo, in casa nostra con noi dentro di essa?! È una scemenza.
Già, pensai, tanto quanto aver baciato ed essere andata fin troppo oltre con Michael mentre voi stavate per entrare in camera mia. Mi morsi la lingua per fare in modo di non dirglielo. – La vera scemenza è stata l’idea in generale, solo per cercare di far ingelosire un ragazzo che - sorpresa! - non può ingelosirsi. – Abbassai lo sguardo, ferita. Però non mi andava bene. Non poteva trattarmi in questo modo. Ero stata ingenua ma non lo sarei più stata. Gerard sarebbe stato un bravo ragazzo e Michael se ne sarebbe andato tra pochi giorni. Eppure decisi un’altra cosa: se mai Michael avesse ricominciato a giocare con me, allora avrei giocato con delle regole tutte nuove e avrei vinto.
Ovviamente mi sbagliavo. Non potevo vincere, non con lui.

Angolo Autrice:
Buonasera! So di essere veramente in ritardo, ma è stato difficile trovare qualcosa da scrivere e poi ho avuto una specie d'illuminazione. Non proprio bella eh, ma almeno è qualcosa. 
Come sempre vi chiedo di recensire per farmi sapere cosa ne pensate del capitolo e mi scuso per eventuali errori.
Un bacio. 

 

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Capitolo 20
*** Scheletri nell'armadio ***


Capitolo 19
Scheletri nell’armadio 
 
Sorrisi a Gerard, che mi stava tenendo per mano, mentre passeggiavamo lungo il lago. Non avevamo parlato tanto da quand’eravamo arrivati là, ma dopotutto avevamo passato praticamente tutta la giornata insieme a volte era semplicemente meglio stare zitti. Io preferivo il silenzio, per qualche strano motivo non mi metteva quasi mai a disagio.
Passammo tutto il pomeriggio là, chiacchierammo e mi dimenticai di ogni singola cosa. Non mentirò: stavo benissimo con lui, mi faceva sentire a mio agio e avevamo molte cose in comune. Quando pensai al fatto che forse lo stessi usando per dimenticarmi di Michael mi venne quasi il voltastomaco. Non lo stavo usando, mi piaceva e sapevo che saremmo potuti stare insieme, se solo lo avessimo voluto entrambi. Michael mi piaceva veramente tanto, ma era stato chiaro: non gli interessava niente di me. Ed io ero pronta ad andare avanti con Gerard.
Sorrisi ancora di più quando, seduti davanti al lago, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. I suoi capelli andavano a tutte le direzioni possibili, tranne che in quella giusta, e la cosa mi fece quasi ridere. Il perfetto Gerard che non aveva i capelli apposto e non sembrava nemmeno essersene accorto.
Iniziò a parlare di cose non troppo importanti, non m’interessava parlare, non in quel momento, così a un certo punto mi limitai ad annuire e accennare una risata quando diceva qualcosa di divertente. Questa era una cosa in cui non andavamo d’accordo: lui non sapeva cosa fare quando calava il silenzio, io lasciavo semplicemente che accadesse. Ma non ci facevo molto caso, la sua voce era bella e mi piaceva sentirlo parlare. Mi lasciai abbracciare e mi avvicinai un po’ a lui, posando la testa sulla sua spalla per un po’ di tempo, fino a quando il collo non mi fece male.
Sentii il cane di Gerard, Lucky, avvicinarsi a noi molto velocemente, fino a salire in braccio ad entrambi per leccare il viso al suo padrone. Scoppiammo a ridere, mentre Gerard iniziò a parlare un po’ con Lucky, che continuò a scodinzolare e abbaiare per un bel po’ di tempo. Lo accarezzai dolcemente. Il suo pelo era nero, molto lucido e soffice. Lucky era stato veramente fortunato, di solito le persone non prendevano i cani a pelo nero, pensavano che portasse sfortuna. Odiavo le persone, erano così stupide e superficiali! I cani non portano sfortuna, anzi rendono i tuoi giorni migliori. Ma le persone non volevano accettarlo, si attaccavano a queste stupide superstizioni da quattro soldi, rendendo la vita dei cani a pelo nero una vita miserabile.
Decisi una cosa: avrei preso un cane entro una settimana. Io, mia madre e Jason ne avevamo parlato proprio il giorno precedente. Mia madre all’inizio era rimasta in silenzio, un po’ insicura, ma quando Jason aveva iniziato a parlare a vanvera allora… Due contro uno, io e Jason avevamo vinto alla grande, riuscendo a convincere anche mia madre. Ovviamente c’erano delle condizioni, ma le avevo accettate tutte senza farmelo ripetere due volte, sotto il consiglio di Jason.
– Ho una proposta da farti – annunciò Gerard. Lo guardai, confusa, smettendo immediatamente di pensare. – Sta sera i miei amici vogliono andare a ballare e c’è una serata in un locale qua vicino. Potresti portare i tuoi amici e venire insieme a noi – iniziò quindi, ma quando mi vide un po’ titubante aggiunse:  – Non ho intenzione di bere, sta’ tranquilla.
– Non so, devo chiedere – risposi io facendo spallucce e guardai il lago, soprappensiero. Non me la sentivo di vedere Michael, ce l’avevo ancora con lui e sicuramente non avrei fatto altro che lanciargli occhiatacce per tutta la serata. Anche se c’era Gerard, poteva benissimo distrarmi. Poteva, vero? Aveva un certo potere calmante su di me, questo ragazzo, ed era anche per questo che mi piaceva tanto. M’infondeva molta sicurezza.
– Ceniamo insieme? – chiese poi Gerard, facendomi venire un po’ d’ansia. Avevamo passato praticamene tutta la giornata insieme e ancora non gli bastava? Ero una persona molto ansiosa e quello che era successo oggi mi aveva fatto venire ancora più ansia. Stare insieme a un ragazzo tutto il giorno mi faceva venire l’ansia. – Qualcosa mi dice che non verrai sta sera, quindi potremmo cenare insieme – aggiunse poi, sicuramente aveva capito tutto.
– No, vengo sta sera – risposi io sorridendo. Sapevo di essere un po’ cattiva, ma non ce la facevo a passare anche la cena con lui. Dovevo staccare per un po’ o mi sarei innervosita troppo. – Devo tornare a casa per prepararmi e tutto, quindi mangerò un panino e andrò subito a prepararmi – dissi vedendo che c’era rimasto un  po’ male.
– Capisco – disse lui accennando una risata. – Allora ci conviene andare, o farai tardi – continuò alzandosi. Chiamò il suo cane, che corse verso di noi, e gli mise il guinzaglio. Mi alzai anch’io e ci incamminammo verso la sua macchina.
 
Mia madre e Jason erano fuori per cena, così mi ritrovai a casa con Cher, Grace, Jennifer, Luke, Calum, Michael, Ashton e Bryana. Eravamo tutti molto occupati. I ragazzi erano occupati a mangiare tutto quello che c’era di commestibile, mentre le ragazze erano occupate a prepararsi. Mi feci una doccia veloce, ma non abbastanza a quanto pare, perché sentii la porta aprirsi. – Ho quasi fatto, ragazze! – esclamai io continuando a sciacquarmi.
– Non sono una ragazza – rispose Michael.
Sussultai e urlai. – Michael, che cazzo ci fai qua?! – tuonai io e feci un passo indietro, perdendo l’equilibrio e quasi cadetti a terra. – Esci subito da qua! – urlai. – Ragazze, fatelo uscire! – tuonai ancora. – Non è divertente, Michael. Vattene via! Sono nuda, porca puttana!
– Calma, principessa, non vedo niente! – esclamò lui ridendo. – Devo solo pisciare, ok? Non si vede niente e saresti pregata di non guardare. L’altro bagno è occupato da Bryana, che si sta facendo la doccia, e Grace, che si sta vestendo. Hai idea del casino che potrebbe succedere se entrassi nel bagno dove la ragazza del mio migliore amico è nuda?
– Bé, devi aspettare! – urlai io, indignata. – Michael, per piacere… Che cosa pensi che potrebbe succedere se Gerard venisse a sapere una cosa del genere?
– Non glie lo andresti mai a dire, esattamente come non gli hai detto quello che è successo tra noi poche ore prima di trovartelo sul letto – rispose Michael con nonchalance. – Ho quasi finito, giuro.
– Dio, Michael – mormorai io e chiusi gli occhi, rossa in viso. – Gerard non sa niente perché non è una cosa importante da dire – borbottai io ferma continuando a coprirmi, nonostante fossi sicura al cento per cento di essere già coperta.
– Ah sì? – chiese Michael e sentii il rumore della zip dei suoi jeans tirarsi su, facendomi diventare ancora più rossa. – Non è importante dire al tuo ragazzo che ti sei baciata su un letto con un altro ragazzo?
Mi appoggiai al muro freddo e feci un respiro profondo, il mio cuore sembrava voler uscire fuori dal mio petto e non mi sentivo affatto bene. – Non stavamo ancora insieme e… non è stata una cosa importante perché tu non sei importante – mi azzardai a dire, ma mi sentii ancora peggio.
– Bene, è bello sentirselo dire – rispose lui con lo stesso tono da menefreghista. – Almeno adesso siamo sulla stessa lunghezza d’onda – aggiunse prima di uscire dal bagno accostando la porta. Lo stronzo l’aveva fatto apposta.
Feci un respiro profondo per cercare di riprendermi, ma fu veramente difficile. Era così maledettamente difficile essere cattiva con lui, ma se lo meritava e con il tempo sarebbe stato più facile. Rimasi dentro la doccia per un bel po’, decidendo sul da farsi. Quella porta semichiusa non mi piaceva per niente, ma mi affrettai a uscire, presi l’accappatoio e me lo misi in un secondo. Chiusi gli occhi e sospirai per cercare di rilassarmi un po’.
Chiusi a chiave la porta della mia camera e mi vestii. Optai per una semplice tutina bianca e delle zeppe nere. Aprii la porta e sussultai vedendomi davanti Jennifer pronta a bussare, mi sorrise maliziosamente guardandomi dalla testa ai piedi. – Ricordami perché sono nata femmina – scherzò lei ammiccando. Alzai gli occhi al cielo e risi. – Quindi… non abbiamo avuto tempo per parlare. Com’è andata la giornata con Gerard?
– È esattamente quello che ci stavamo chiedendo anche noi – esclamò Bryana con accanto Cher. Erano tutte pronte e mi guardavano, pronte a sapere tutto.
– È andata molto bene – risposi io sorridendole. – Ha portato il cane con sé e subito dopo aver mangiato in un ristorante molto semplice, siamo andati al lago e siamo rimasti là tutto il pomeriggio.
– Jennifer ci ha detto la verità – annunciò Cher sorridendomi.
– Oh, bene – risposi io, sollevata. Odiavo dover fingere anche con loro. – Ancora non stiamo insieme, ci stiamo ancora vedendo per capire bene il tutto. Mi piace andare piano, ho già abbastanza ansia, affrettare le cose mi farebbe venire i capelli bianchi – aggiunsi facendo ridere le ragazze.
Non dissi a nessuna quello che era successo nel bagno con Michael, feci finta di niente e mi truccai, per poi scendere insieme a loro e convincere i ragazzi ad andare. Il viaggio da casa mia al locale fu abbastanza divertente, erano tutti abbastanza eccitati e continuavano ad alzare il volume della musica.
 Arrivammo al locale e ci fecero entrare subito. A quanto pare, Gerard e i suoi amici erano molto conosciuti là e questo mi fece sorridere, soddisfatta. Appena entrai la musica esplose nelle mie orecchie, facendomi quasi diventare sorda.
 Jennifer  si affiancò a me e guardò il locale a bocca aperta. Era un bel locale, enorme e veramente di classe. – A quanto pare la nostra Amelia ha fatto proprio un bell’affare, eh? – scherzò Jennifer ridendo. Diventai rossa in un nanosecondo e risi insieme a lei. – Oh, guarda, sta arrivando! – esclamò poi puntandolo.
Alzai lo sguardo su di lui, che aveva il suo puntato su di me e non potei fare a meno di sorridere. Aveva dei jeans semplicissimi e una camicia nera a maniche corte. Si avvicinò a me, posò le sue mani sui miei fianchi e mi diede un bacio. Quando si allontanò da me quasi persi l’equilibrio. Quel ragazzo sapeva baciare veramente bene! – Ciao ragazzi, mi fa piacere vedervi un’altra volta – esclamò salutando tutti i miei amici. Quando salutò Michael mi sentii veramente a disagio, ma la cosa non valeva per Michael, che sembrava sul punto di scoppiare a ridere. – Sei bellissima – mi disse all’orecchio facendomi diventare viola. Rise subito e mi diede un bacio sulla guancia. Mi prese per mano e si girò verso i miei amici. – Venite, abbiamo un tavolo abbastanza grande – aggiunse poi sorridendo a ognuno di loro.
Salutai tutti i suoi amici e feci finta di ricordarmi ogni nome, ma la realtà era che non me ne ricordavo nemmeno uno. Stetti gran parte del tempo con loro e con Gerard, che non mi lasciò andare per un bel po’ di tempo. Non mi diede fastidio, non proprio almeno, andavo a momenti. Quando gli dissi di voler andare dai miei amici, che stavano in pista, lui annuì e mi diede un bacio a stampo.
Andai da loro con un bel sorriso stampato, nonostante a volte mi sforzassi di mantenerlo. Grace e Michael parlavano e ballavano allo stesso tempo. Jennifer venne subito verso di me e iniziò a ballare insieme a me, lasciando il povero Calum un po’ imbarazzato e confuso. Risi e lo feci avvicinare. Non mi andava molto di ballare, quindi perché lasciare il povero Calum là, da solo? Feci per andarmene quando qualcuno mi prese il braccio, quando mi girai il mio cuore si fermò. Mi fece segno di uscire e lo feci, troppo scioccata per non farlo.
– Grazie per essere uscita – disse Grace mettendosi davanti a me. – Credo di doverti una spiegazione.
– A cosa? – chiesi facendo la finta tonta. Ormai ero arrivata al punto di non volerla nemmeno più vedere, figuriamoci parlarle, e non mi feci problemi a nasconderlo.
– Avrai sicuramente visto che io e Michael ci siamo riavvicinati – rispose lei, tranquillamente. Sapeva di essere dalla parte del torto, quindi non aveva nessun diritto di arrabbiarsi, e lo sapeva benissimo.
– Per caso pensi di essere di nuovo incinta? – chiesi io incrociando le braccia. Sapevo di essere stata veramente troppo cattiva, ma era stato più forte di me ed ero così stufa di essere la ragazzina invisibile che tutti potevano ignorare e mettere i loro schifosi piedi sopra.
– Oh, emh… no, non sono incinta – rispose lei e quasi la vidi arrossire un po’. Però abbassò lo sguardo. – Mi sono già scusata con te e tu non sei stata molto carina, ma posso capirlo. Non starò qua a farti la paternale, né ti tratterrò molto, quindi lasciami spiegare e basta, ok? – chiese e così annuii alzando gli occhi al cielo. – Non mi sono avvicinata un’altra volta a lui per il sesso. Voglio dire, è bravissimo e mi diverto molto con lui…
– Grace, non voglio sapere com’è a letto! – sbottai io, perché sentile dire quelle parole davanti a me semplicemente mi aveva fatto male. Sapevo che fossero andati a letto insieme, ma sentirlo dire da Grace era un’altra cosa e faceva male.
– Hai ragione, scusami – bofonchiò lei e questa volta arrossì veramente. – Non sto con lui solo per il sesso. Il fatto è che… provo qualcosa per lui e non è semplice attrazione. Non lo è più. Mi piace davvero tanto e tu stai uscendo con Gerard, quindi perché non avvicinarmi un’altra volta a lui? Tra voi due non c’è niente e forse non ci sarà niente. Sembra piacerti Gerard e lui sembra molto interessato a te. Non ti da fastidio, vero?
– Cambierebbe qualcosa? – chiesi io duramente. – Hai sempre fatto come ti pareva, Grace. Se ti dicessi che mi da fastidio cosa cambierebbe?
– Lo lascerei stare – rispose lei, ma non mi sembrò molto convinta.
– E perché mai? – chiesi io alzando le mani al cielo. Ero arrabbiata, ma non con lei, mi stava facendo sentire in colpa e non ce l’avevo più con lei. Il mio odio verso di lei era semplicemente scomparso! Ero arrabbiata con Michael, perché era riuscito a far innamorare Grace, che non s’innamorava mai di nessuno. Ero arrabbiata con lui, perché non riusciva a capire e a gestire il suo potere verso di noi. Perché non poteva essere così cattivo da accorgersi di quello che stava facendo e fare semplicemente finta di niente.
– Perché ti ho già mancato di rispetto, non voglio farlo un’altra volta – sussurrò lei guardandomi dritta negli occhi. Per la prima volta guardai quei suoi occhi blu e non provai rabbia, non più di tanto almeno. – Sono seria, Amelia. Mi dispiace davvero averti mancato di rispetto più e più volte.
Scossi la testa. – L’hai fatto così tante volte che ormai non mi bastano le tue scuse – ringhiai io a bassa voce, ma avevo le lacrime agli occhi. Era così facile per me dire “ti perdono” e non farlo veramente, solo per fare in modo che portassi solo io quel peso che la gente sembrava non riuscire a portare; ma non potevo farlo, non questa volta. – Fai quello che vuoi. Se vuoi stare con Michael, allora fallo, ma devi capire che lui non vuole una relazione. È un ragazzino che fa i capricci e ci ha fregate entrambe.
– Lo so – rispose lei ridendo, ma non sembrava affatto contenta. – Lo so benissimo. So che non vuole una cosa seria, ma sono così cotta che sono disposta a mettere da parte questa cosa solo per stare con lui questi pochi giorni che ci rimangono.
Sentii il cuore rompersi ancora di più e abbassai il viso per non farle vedere le lacrime che stavano uscendo. – Bé, spero che lui te lo lasci fare allora. Non preoccuparti per me, Michael è acqua passata e Gerard mi piace davvero – dissi io e non sapevo nemmeno se stessi mentendo o meno. Sapevo che Michael non era acqua passata, ma sapevo anche di provare qualcosa per Gerard; quindi doveva essere una mezza bugia.
– Va bene – mormorò lei prima di entrare dentro il locale.
Rimasi fuori per un po’, a fumarmi due sigarette di seguito e imprecare. Pensai di andare da Michael e menarlo, perché in quel momento non stavo odiando Grace, stavo odiando lui. Era tutta colpa sua e dei suoi schifosi occhi, del suo schifoso sorriso, del suo modo di farti sentire bene, del suo modo di farti sentire desiderata e subito dopo il nulla.
– Amy – mi chiamò Gerard facendomi sussultare. – Che succede? – chiese ed io scossi la testa. – Va bene – mormorò lui prendendomi la mano. – Vieni, entriamo dentro. Ci penso io a farti passare il cattivo umore – disse sorridendomi maliziosamente.
Alzai gli occhi al cielo ma accettai ed entrammo dentro. Mi fece bere un drink molto buono, mai provato prima d’ora, e poi mi portò in pista. Iniziammo a ballare, ogni tanto alzavo il bicchiere e sorseggiavo, facendo ridere Gerard, che mi giurò di non aver toccato un bicchiere. Sentendomi in colpa gli feci bere un sorso del mio drink e poi mi avvicinai un’altra volta per ballare come facevano tutti dentro le discoteche. Gerard mi accarezzava dolcemente la schiena, non facendomi alcuna pressione per avvicinarmi ancora di più a lui. Odiavo ballare in quel modo, mi metteva in imbarazzo e lo trovavo quasi squallido, eppure per qualche motivo lo facevo lo stesso. Dopotutto non ero diversa dal resto delle pecore che stavano qua attorno a me. Però fui contenta di comprendere che con lui mi sembrava tutto meno squallido.
Forse capì dal modo in cui mi muovevo che ero vergine, forse no. Ma non m’interessava poi così tanto. Ero una ragazza diversa e lui lo sapeva. Avevo avuto dei problemi e non solo famigliari. Ero una ragazza timida e riservata e questo mi aveva portato a stare solo con un ragazzo in tutta la mia vita. Non me ne vergognavo, non più almeno. Ero così e sapevo di essere strana, ma preferivo essere me stessa che obbligarmi a essere qualcuno che non ero, sentendomi ancora più a disagio.
Si allontanò da me quel poco che bastò per fare in modo che le nostre labbra si scontrassero. Ci baciammo lentamente, come per esplorarci a vicenda. Mi fece strano essere là, con Gerard, e baciarlo davanti a tutti. Ero sempre stata una di quelle ragazze che non voleva essere baciata davanti a tutti, eppure sapevo che nessuno ci stesse guardando e questo mi rincuorò un po’. Appena staccò le sue labbra dalle mie sorrise e posò la sua testa sulla mia, ricordandomi quanto fossi bassa.
Girai la testa solo per vedere Michael ballare insieme a Grace. Feci un respiro profondo e chiusi per un po’ gli occhi, sentendo le braccia di Gerard stringermi un po’ di più, e quando li riaprii inciampai dentro quelli di Michael. Mi stava guardando seriamente, non c’era traccia di divertimento nella sua espressione. Mi strinsi un po’ di più a Gerard ma continuai a guardare Michael e lui continuò a guardare me. Sentii come un contatto tra noi due, mi sentii di nuovo attratta a lui e questo non andava per niente bene, così abbassai lo sguardo e baciai la clavicola di Gerard facendolo ridacchiare.
Mi allontanai da lui, stufa di ballare e sembrò rimanerci un po’ male, ma feci finta di niente e andai a sedermi al nostro tavolo. Mi facevano un po’ male i piedi ed ero veramente stanca. Avevo dormito molto poco, troppo in ansia per l’appuntamento con Gerard per dormire in santa pace. Grace e Michael vennero a sedersi al tavolo e si misero proprio accanto a me, ricevendo un’occhiataccia dalla sottoscritta. Grace andò via dando un bacio sulla guancia a Michael e così rimanemmo soli e rigidi.
– Principessa – mi salutò Michael con un sorrisino.
– Sta’ zitto – ringhiai io continuando a fare finta di guardare davanti a me. Gerard non sembrava aver intenzione ad arrivare e mi chiesi perché. Mi alzai e guardai attentamente la pista, poi guardai il ragazzo dietro al bancone, intento a fare un drink a Grace… Di Gerard non c’era traccia. Guardai un’altra volta in pista e lo vidi, finalmente. Stava parlando con un ragazzo che sembrava conoscere, ma non riuscii a capire bene la situazione.
– Tranquilla, non ti lascia qua – mi prese in giro Michael alzando gli occhi al cielo e per qualche secondo mi sembrò quasi infastidito. Quasi.
– Sono venuta qua per lui – ringhiai io continuando a guardarlo. – Non capisco… Sta parlando con quel tipo ma sembra un po’ nervoso, non ti sembra?
– Non lo so, non lo vedo e non ho intenzione di alzarmi per farlo – borbottò lui poco interessato. Questa volta fui io ad alzare gli occhi al cielo, ma lo lasciai stare e mi sedetti, un po’ nervosa. Cosa ci saremmo dovuti dire? L’odiavo e forse avrebbe dovuto saperlo. – Siete molto carini insieme, lo sai?
– Smettila, non fai ridere – risposi io lanciandogli un’occhiataccia.
– No, sono serio – ribatté lui e così lo guardai negli occhi. – Mi sbagliavo su di lui. Sembra veramente preso da te e se avesse solo voluto fare sesso con te a quest’ora ti avrebbe già scaricata.
Rimasi in silenzi a guardarlo. Era serio, per la seconda volta in una sera non c’era traccia di divertimento nella sua espressione. – Lo so, anche a me piace – dissi io e per quanto sapessi di dover smetterla di guardarlo in quel modo, non lo feci. – Mi trovo molto bene con lui.
– L’ho notato – rispose lui continuando a rimanere serio. – Sei serena con lui, con me non lo sei mai stata. C’era sempre qualcosa in me che t’innervosiva o ti dava fastidio. Con lui è diverso, sembri in pace con te stessa con lui.
Sentii il mio cuore spaccarsi un’altra volta e mi fece così male che dovetti abbassare lo sguardo. Era vero, purtroppo era vero, ma questo non mi fermava dal provare qualcosa per lui. Non risposi, semplicemente non ce la feci a continuare quella messinscena. Avevo già smesso di odiare anche lui, ma vidi un’occasione e la colsi. – Sai, per me la cosa è finita e so che lo sai – iniziai quindi. Mi guardò, confuso. – Ma devi seriamente smetterla di fare così. Non andrai da nessuna parte e ti farai solo odiare dalle ragazze. Sai che Grace prova qualcosa per te e sapevi benissimo che io provavo qualcosa per te, e questo ti da’ al cervello. Ma non andrai mai da nessuna parte in questo modo e ti farai solo odiare ancora di più.
– Tu mi odi? – chiese Michael e questa volta accennò un sorrisino.
– No, ma semplicemente perché m’interessa Gerard – mentii io e il suo sorrisino scomparve facendomi sentire meglio. – Smettila di usare le ragazze in questo modo, Michael. Te ne pentirai e lo sai anche tu. Hai diciannove anni, perché non provare ad avere una relazione seria?
– Non mi sento pronto e basta, principessa – ringhiò lui.
Scossi la testa ridendo. – Dovresti seriamente mettere apposto la testa, Michael – dissi prima di andare verso la pista. Aggrottai la fronte quando vidi tutte le persone raggruppate da una parte. Mi avvicinai, agitata, spinsi la gente e quando vidi Luke mi sentii meglio. Durò veramente poco però, perché spalancò gli occhi vedendomi e spintonò le persone per arrivare a me. Aggrottai la fronte e cercai di andare verso il centro, confusa. E quando lo feci… mi sentii male.
Gerard si stava menando dei ragazzi, tra cui il ragazzo con cui stava parlando poco prima. – Gerard! – urlai io ma ovviamente non mi sentì. Le stava prendendo davvero, erano in troppi e sembravano essere veramente arrabbiati con lui. – Gerard! – urlai un’altra volta e vidi Calum e Ashton buttarsi verso i ragazzi per cercare di allontanarli da lui, ma erano veramente forti e non ci riuscirono. Rimasero là, tirando cazzotti fino a quando non ricevettero l’attenzione che desideravano da alcuni ragazzi che stavano picchiando Gerard.
Mi ritrovai accanto a Gerard in meno di cinque secondi. Diedi cazzotti su cazzotti al primo ragazzo che vidi, ma lui mi spinse a terra con molta facilità. Sentii Jennifer urlare il mio nome, ma Luke la tenne ferma e mi fece segno di andare da loro. Non potevo lasciarli così però. Mi avvinghiai al ragazzo che teneva fermo Gerard e gli morsi il braccio. Lo sentii urlare e si allontanò subito da Gerard, per poi girarsi verso di me e prendermi per le braccia, stringendo veramente tanto. Prese un pugno da Ashton in pieno viso e così mi lasciò andare. Ashton mi afferrò e mi spinse via, facendomi capire che me ne dovevo andare, ma Gerard era a terra e non potevo veramente lasciarlo là.
Ashton prese un ragazzo e Calum ne prese un altro. Si aggregò anche Luke che diede un pugno anche all’ultimo ragazzo, dandomi la possibilità di prendere Gerard e trascinarlo via, visto che c’erano altri ragazzi che Ashton e Calum erano riusciti ad allontanare per poco tempo.
– Alzati – urlai a Gerard. Sapevo che stesse male, ma non doveva pensarci, non poteva pensarci, non avevamo tempo. Si alzò un po’ traballante e si appoggiò a me, facendomi quasi cadere. Mi sentii meglio vedendolo in piedi, ma anche questa volta durò veramente poco. Mi sentii strattonare da dietro e mi ritrovai a terra. Sbattei il viso sul pavimento, facendo trasalire alcune persone davanti a me.
Qualcuno si sedette davanti a me e quando alzai lo sguardo, confusa dalla botta, incontrai gli occhi preoccupati di Michael. Mi aiutò ad alzarmi e fece per lasciarmi andare, ma quando capì che stavo per tornare da Gerard mi afferrò un’altra volta. – No – urlò lui afferrando il mio viso. – No, non puoi andare là. Sono dei cani quelli!
– Gerard è là! – tuonai io e mi accorsi di star piangendo. Sentii delle braccia spostarmi e andai addosso a Michael, che mi stringe a sé. Mi disse all’orecchio che i buttafuori erano arrivati, che stavano togliendo i ragazzi da Gerard e che lui si stava alzando. Mi allontanai subito da lui e lo sentii trattenere il respiro, ma non m’interessava più di tanto. Mi girai verso Gerard, che poco dopo riuscì a trovarmi e posò lo sguardo su di me. Scoppiai a piangere e andai da lui. Lo abbracciai forte e lui sussultò, ma mi strinse a lui.
Uscimmo tutti dal locale, Gerard era appoggiato ad Ashton e Luke, mentre Jennifer teneva un braccio sulle mie spalle tremolanti. Ogni tanto mi giravo verso Gerard, ma lui teneva gli occhi chiusi e aveva quasi sempre una smorfia sofferente.
– Allora – iniziò Ashton sospirando sonoramente. – Io porto Gerard a casa, voi tornate in albergo, ok?
– No – risposi subito io.
– Amelia…
– No – ribattei. – Io vado con Gerard, voi potete andare. Dormirò da lui, non voglio lasciarlo da solo – dissi io e mi sentii in imbarazzo. Da quando ero protettiva nei confronti di Gerard? E da quando decidevo di andare a dormire a casa di un ragazzo?  Tutti rimasero perplessi tanto quanto me, ma feci finta di niente. – State tranquilli, ci penso io.
– Sì, come prima – ringhiò Michael. – Che cazzo ti è saltato in mente, principessa?! Quei tipi erano dei cani! Sono riusciti a fare male a Gerard che è il doppio di te, e tu decidi di fare l’eroina e andarlo a salvare!
– Non sono affari tuoi questi – sbottai io. – Non c’ho pensato e un po’ ho aiutato – mentii io, rossa in viso. – Tu avresti fatto la stessa cosa se si fosse trattato di Grace. Tutti voi avreste fatto la stessa cosa! – urlai io guardando tutti quanti e tutti abbassarono lo sguardo, colpevoli, tranne Michael. – Lo porto io a casa. Fine della storia – mormorai andando verso di lui, che accennò un sorriso.
– Amelia – mi fermò Ashton prendendomi il polso. Mi guardò negli occhi e mi sembrò veramente preoccupato. – Se qualcosa non ti quadra, se hai paura, se le condizioni di Gerard peggiorarno… chiami, ok? Non ci pensare più di due secondi, sono stato chiaro?
Annuii e gli sorrisi. – Grazie, Ash.
Mi aiutarono a mettere Gerard dentro la macchina e partii. Lo guardai più volte, mentre iniziava a lamentarsi sempre di più. – Chi erano quei tipi, Gerard? Perché ti hanno menato?
– Amelia – sussurrò lui con gli occhi chiusi. – Lascia perdere, ok?
– No, non è ok! – sbottai io guardando la strada. – Non puoi chiedermi di lasciar perdere. Quei tipi ti hanno menato a sangue e non puoi pretendere che io lasci stare tutto! Voglio sapere cos’è successo!
– E io voglio sapere cosa ti ha detto la ragazza del ragazzo punk per farti incazzare così tanto, ma tu non mi hai voluto dire niente e io ho accettato la cosa! – esclamò lui alzando un po’ il tono di voce. – So benissimo che tra te e quel ragazzo c’è stato qualcosa. Non sono stupido, Amelia, ma mi faccio gli affari miei perché non siamo ancora a quel punto della relazione! Non sono ancora obbligato a dirti tutte le cose che mi passano per la testa e nemmeno tu, quindi smettila di parlare.
Rimasi in silenzio per un po’ con le lacrime agli occhi e scossi la testa. – Non mi sta bene – mormorai io. – Non ho intenzione di continuare questa storia in questo modo. Se questo è l’inizio come sarà il tutto, Gerard?
– Ho i miei problemi, esattamente come ce l’hai tu, e ho i miei scheletri nell’armadio, esattamente come ce l’hai tu, Amelia. Io ho accettato i tuoi, se tu non vuoi accettare i miei non ci sarà mai qualcosa di duraturo – rispose lui.
– È per questo che ho bisogno di sapere – sussurrai io e la mia voce s’incrinò un po’, ma lui non rispose. Si limitò a guardare fuori e aspettare che la macchina si fermasse davanti casa sua, che riuscii a trovare grazie al navigatore che aveva la sua macchina. Quando parcheggiai scese dalla macchina e aprì la porta, non la chiuse e così entrai. Prese delle coperte, un cuscino e si sdraiò sul divano. Annuii senza dire niente e andai in camera sua per mettermi a dormire.

Angolo Autrice:
Ed eccomi che all'una di notte posto un altro capitolo ahahah. Gran parte del capitolo l'ho scritto sta sera, quindi forse ci saranno più errori del solito, ma adesso non ce la faccio a correggere, quindi lo farò domani. 
Bé, Gerard è carino, ma il suo passato non sembra altrettanto carino. Secondo voi chi erano quei tipi e perché l'hanno picchiato in quel modo? E che ne pensate di Michael, di Grace e di loro due insieme?
Mi scuso per eventuali errori e vi chiedo, come sempre, di recensire per farmi sapere cosa ne pensate.
Un bacio e al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 21
*** Una nuova famiglia ***


Capitolo 20
Una nuova famiglia

Guardai le mie mani unite. Ero seduta sul letto di Gerard, ormai era mattina e non avevo dormito per niente. Gerard aveva continuato a lamentarsi, l’avevo sentito alzarsi più volte, sicuramente per medicarsi le ferite e prendere qualche antidolorifico, ma io ero rimasta qua dentro. Non me l’ero sentita di uscire e aiutarlo come se niente fosse. Mi ero spaventata davvero tanto. Mi era successo di ritrovarmi in mezzo a delle risse in discoteca, ma non erano mai state causate da ragazzi con cui uscivo, amici o addirittura conoscenti. Mi ero ritrovata più volte a chiedermi: “Ma con chi sono uscita ieri? Con chi mi sto sentendo?” e non avevo potuto trovare una risposta a nessuna delle due domande, perché Gerard semplicemente mi aveva espressamente detto di farmi gli affari miei.
Mi alzai dal letto, aprii la porta della camera e andai in salone. Gerard stava dormendo, finalmente. Lo guardai per pochi secondi, pensando. Come potevo andare avanti in quel modo? Dovevo sapere e se lui non avesse voluto rispondere alle mie domande allora avrei fatto meglio ad andarmene. Ma non ero ancora pronta per il verdetto, così presi solo la mia borsa e uscii dalla sua casa. Chiamai Jennifer, che mi venne a prendere e poi mi portò davanti casa mia.
Rimanemmo in silnezio e ferme per un po’ di tempo. Sapevo che volesse parlarmi di Gerard, quindi l’aspettai fino a quando non iniziò a parlare. – Ti ha spiegato il motivo? – chiese semplicemente. Sapevamo entrambe di cosa stava parlando ed era impossibile fare finta di niente.
– No – risposi io guardando la mia casa. Mia madre e Jason si erano presi un giorno libero e mi stavano aspettando. – Mi ha detto che non siamo ancora a quel punto di una relazione, che non è quindi obbligato a dirmi ogni singola cosa. Ha detto di aver accettato tutto di me senza veramente sapere qualcosa e che se non avessi fatto la stessa cosa allora non saremmo potuti andare avanti con la relazione.
– Bé, non ti ha mai trovata in mezzo a una rissa, completamente accasciata a terra – borbottò lei, infastidita, e aveva ragione, ma…
– Sa di me e Michael – mormorai io. Sbuffai e la guardai, era a bocca aperta e mi guardava con gli occhi spalancati. – Dice che si vede, ma che non mi ha mai chiesto di fare niente… Non so cosa fare! Non posso semplicemente lasciar passare, ho bisogno di sapere con chi mi sto sentendo. Voglio dire, guardami! Quanto potrà mai essere pazza una ragazza che è sempre stata una reclusa?! Lui invece è stato menato da quei tipi e se non fossero arrivati i buttafuori a quest’ora starebbe in ospedale, mentre io…
– Non voglio rovinare il tuo momento di riflessione, ma quelli reclusi sono i più malati – scherzò lei.
Risi fiaccamente e poi mi nascosi il viso con le mani facendo un verso di frustrazione. – Sono stanca morta. Non ho dormito per niente, nemmeno un minuto. Gerard non ha fatto altro che lamentarsi tutta la notte e purtroppo lo posso capire, ma sono veramente stanca. Quando sono uscita dalla sua camera stava dormendo… Almeno uno di noi c’è riuscito.
– Non può veramente pensare che tu possa lasciar passare l’intera faccenda, dopotutto quei tipi ti hanno buttata a terra due o tre volte, mentre stavi solo cercando di salvarlo! – esclamò lei e poi sbuffò. – Senti, mi sembra veramente un bravo ragazzo, ma quello che è successo ieri sera non sarebbe successo a un bravo ragazzo. Quei tipi ce l’avevano con lui per qualche ragione, quindi o te la fai dire o lo lasci stare. Non puoi rischiare di trovarti in prigione anche il tuo ragazzo, direi che tuo padre possa bastare.
Sentii il mio cuore un po’ più pesante, ma feci finta di niente. – Ci parlerò, ma non oggi – ribattei io e aprii lo sportello della macchina. – Devo entrare, il mio letto mi aspetta a braccia aperte e non posso farlo aspettare più di tanto – borbottai. – Grazie per il passaggio, ci sentiamo – la salutai e quando mi salutò anche lei chiusi lo sportello ed entrai in casa.
Andai in salone e trovai mia madre e Jason seduti sul divano, intenti a parlare, ma si fermarono subito quando mi videro. – Oh, ciao Amy – mi salutò mia madre e si alzò. – Finalmente sei arrivata! Allora, sei pronta? Andiamo?
Aggrottai la fronte e dovetti reprimere uno sbadiglio. – Pronta per cosa? Andare a letto? Non aspetto altro – risposi quindi e lo sbadiglio fu più forte di me.
Mia madre fece una risatina. – No, sei pronta per andare in canile? Jason e io ci siamo presi un giorno di riposo proprio per questo – rispose subito lei e i suoi occhi s’illuminarono. – Andiamo tutti insieme, così lo scegliamo insieme.
Cercai di non sorridere ma fu più forte di me e non lo fermai più di tanto. Tutto d’un tratto ero diventata euforica. – Se sono pronta? Assolutamente sì! – esclamai io e andai subito verso la porta. – Dai, su, andiamo! Siete troppo lenti. Mamma, prendiamo la tua macchina? È più grande e sicuramente ci prenderemo un bel cane grande, non è così?
– Grande? Oh, non lo so – rispose mia madre prendendo le chiavi della sua macchina. – Non è un po’ troppo impegnativo? E Jason ha paura dei cani grandi, in realtà.
– Jason, non fare la femminuccia – borbottai io e Jason mi sorrise, divertito.
– Senti, andiamo là e decidiamo una volta arrivati – ribatté mia madre. – Non iniziare, stai tranquilla e non mettermi l’ansia. Mi basta la mia, di ansia. Andiamo, su!
Il viaggio fu estremamente lungo. Non riuscivo a stare ferma per più di un minuto e i minuti mi sembravano ore. Ero tornata a essere quella bambina a cui piacevano tanto i cani, quella che quand’era bambina era corsa dalla madre per prendere quella cucciola che aveva tra le braccia e non faceva altro che urlare. Ero tornata quella bambina, che si fermava a guardare quella cagnolina mentre dormiva, troppo eccitata per dormire come stava facendo quel cane. E mi piacque tornare a essere quella bambina eccitata all’idea di ogni singola cosa che riguardasse il proprio cane.
Quando arrivammo al canile la mia euforia si calmò un po’. Sentivo tutti i cani abbaiare, pronti a una vita al di fuori di quei recinti, e non ero nemmeno entrata nel reparto che li ospitava. Entrammo nell’edificio e chiedemmo informazioni; dopo pochi minuti di attesa venne un operatore e ci fece alcune domande sulla nostra vita e sul tipo di cane che eravamo disposti a prendere. A quel punto uscimmo dall’edificio e andammo vero le gabbie. Mia madre prese subito la mano di Jason quando entrammo e i suoi occhi diventarono un po’ lucidi. Vedere tutti quei cani là dentro faceva effetto, non mentirò. Sapere che non tutti avrebbero vissuto una vita al di fuori di quelle mura era veramente triste e quasi scoppiai a piangere.
C’erano vari tipi di cani, ma la maggior parte di essi facevano parte della categoria dei cani che non riuscivano a stare fermi un secondo, abbaiavano, quasi pregandoti di farli uscire. Erano eccitati di vederti, forse perché pensavano che li avresti portati almeno a fare una passeggiata nei cinodromi del canile o forse perché speravano di non vedere mai più quei cinodromi, ma solo un giardino e una casa accogliente. C’erano altri che stavano infondo alla gabbia e abbaiavano, ma non provavano ad avvicinarsi; o altri ancora che stavano fermi davanti all’entrata della gabbia, ti guardavano con quegli occhi imploranti ma non abbaiavano, come troppo tristi per farlo.
Mia madre si fermò e si asciugò le lacrime che le erano uscite e anche Jason non sembrava molto felice di essere là. Mi sentii un po’ in colpa, perché dopotutto era stata una mia idea quella di prendere un cane proprio dal canile e di sceglierlo direttamente là, ma era una cosa che doveva essere fatta. Quel giorno avremmo fatto felice almeno un cane.
– Tranquilli, è normale – ci rassicurò l’operatore accennando un sorrisino. – È dura per tutti, anche per noi. L’unica differenza è che noi ormai ci viviamo qua dentro. Prendetevi un po’ di tempo, se volete.
Mia madre scosse la testa. – No, no, niente tempo – rispose lei. – Grazie, ma ce la possiamo fare – aggiunse sorridendo fiaccamente. – Andiamo, Jason – mormorò poi al suo futuro marito.
L’operatore mi guardò, come per chiedermi quanto sarei durata, ma annuii e così ricominciammo a camminare lungo quel corridoio che sembrava non finire mai. C’erano più cani in una gabbia, il massimo era di tre cani e alcuni sembravano veramente attaccati al proprio compagno di gabbia.
Mi fermai di scatto vedendo un cane. – E lui? – chiesi puntandolo.
L’operatore si girò verso di me e poi guardò il cane enorme che stava dentro la gabbia che avevo appena puntato. Per un po’ di tempo sembrò scioccato, poi però mi sorrise, amareggiato. – Lui si chiama Cassian – iniziò l’operatore. – È un derivato maremmano, ha nove anni circa e ha vissuto la sua intera vita dentro questo canile. Purtroppo nessuno l’ha mai preso, perché troppo grande o troppo vecchio e così…
– Mamma – la chiamai io e il suo viso era così teso che mi sembrò più vecchia di qualche anno. Fece per dire qualcosa di negativo, ma quando guardò il cane il suo sguardo si addolcì subito. Vidi la sua mano stringere più forte quella di Jason e le lacrime ricominciare a uscire. Perché? Forse perché Cassian faceva parte del gruppo che rimaneva in silenzio, davanti all’entrata della gabbia con occhi imploranti.
– Se volete continuiamo il giro – disse l’operatore vedendo la faccia dubbiosa di mia madre. – Se non ve la sentite, intendo. Quello che posso dirvi è che Cassian è un cane buonissimo, è dolce e pacato. Non so darvi una vera e propria risposta per quanto riguarda il suo rapporto con i cani, visto che anche lui sembra andare molto a simpatia. Questo è un altro motivo per il quale tutti sembrano non volerlo. È veramente grande, quindi pensare a lui che non va d’accordo con un cane può spaventare.  Ma posso anche dirvi che ogni singolo volontario che entra dentro questa gabbia ne esce innamorato di lui. Cassian è un cane veramente dolce.
Guardai prima Cassian, che ci guardava con occhi incuriositi, e poi guardai mia madre, che lo fissò per un bel po’. – Jason, tu che ne dici? – mormorò mia madre guardandolo e sorrisi, perché mia madre aveva preso la sua decisione e voleva avere la conferma da Jason.
– Lo trovo un cane fantastico – rispose Jason sorridendo a Cassian.
Guardai l’operatore, che sorrise a Jason. – Bene, allora lo prendo – esclamò l’operatore e mi sembrò veramente felice. Doveva essere una cosa veramente rara vedere un cane così grande, che aveva vissuto con loro per nove lunghi anni, trovare finalmente una famiglia. Tornammo dentro l’edificio e tutti iniziarono a coccolare Cassian, a salutarlo e a stringerlo tra le loro braccia, mentre il cane rimaneva fermo e in silenzio. Andammo dal veterinario del canile, che gli fece una visita e poi andammo a firmare dei documenti. Cassian sembrava curioso e spaventato allo stesso momento. Annusava tutto quello che vedeva, noi compresi, e scodinzolava all’operatore, che ogni volta lo accarezzava delicatamente.
Quando finalmente uscimmo dall’edificio e andammo verso la macchina con un cane enorme bianco, il nasino rosa e gli occhi color nocciola, la mia vita sembrò riprendere un po’ di colore. Con un po’ di fatica facemmo entrare dentro la macchina Cassian, che sembrava abbastanza spaventato da essa, ma quando ci riuscimmo entrai dentro con il cane e chiusi lo sportello, pronta a tornare a casa. Erano passate alcune ore, ero di nuovo stanca, ma ero felice.
Accarezzai Cassian per tutto il tragitto e lui si lasciò coccolare ma rimase seduto a guardare fuori dalla macchina, un po’ preoccupato. Fu un po’ difficile anche portarlo dentro casa, ma quando entrò e lo liberai dal guinzaglio iniziò ad annusare e curiosare per tutta casa. Fece la sua prima pipì proprio sull’angolo del divano, ma non lo sgridammo, perché era ancora troppo spaventato. Mia madre mi lanciò un’occhiataccia, infastidita dalla pipì del cane,  ma sembrava felice anche lei e feci finta di non notare il suo sorrisino mentre andava in cucina per andare a prendere lo straccio e qualcos’altro per pulire il tutto. Ovviamente toccò a me farlo, ma non mi lamentai.
Rimanemmo a casa tutto il pomeriggio, osservando Cassian, mentre si avvicinava a noi e ci chiedeva di fargli le coccole con quei suoi occhi imploranti. Lo feci salire sul divano e, quando si sdraiò accanto a me, iniziai a fargli i grattini. Poco dopo si addormentò, ma continuai ad accarezzarlo. Aveva un’aria rilassata e sembrava in pace con sé stesso, finalmente. Così ne approfittai e feci alcune foto per mandarle a Luke e Jennifer, che risposero subito.
Mia madre e Jason se ne andarono da degli amici di Jason, non li avevo mai sentiti ma feci finta di niente, tanto quello che m’interessava veramente era avere casa tutta libera. M’innervosii un po’, perché Cassian era appena arrivato e non sapevo bene come comportarmi, ma quando mia madre iniziò a guardarmi male capii di dover mettere da parte tutta la mia ansia – che era tanta – e stare da sola con Cassian. Così le dissi di non preoccuparsi, di andare e di tornare il più tardi possibile, giusto per farle credere di non essere per niente agitata, cosa non assolutamente vera.
Per fortuna poco dopo arrivarono i ragazzi, aprii senza nemmeno pensarci più di tanto, mentre Cassian se ne andò da qualche parte, molto probabilmente per nascondersi. Quando aprii però non mi ritrovai tutti i ragazzi, sicuramente perché avevo chiesto di venire in pochi, ma non così pochi! Entrarono Ashton con Bryana e Michael, chiusero la porta e Bryana e Ash mi abbracciarono.
– Quindi, dov’è il cane? – chiese Ash cercando in giro Cassian.
– Molto probabilmente si è andato a nascondere da qualche parte, è ancora un po’ spaventato e non è abituato a questi rumori – risposi io, mi abbassai per guardare sotto il tavolo e lo trovai là, mentre mi guardava con uno sguardo implorante. Mi misi seduta e lo guardai, gli sorrisi  e iniziai a chiamarlo con una voce più dolce possibile. Ash mi guardò da lontano senza avvicinarsi, mentre Cassian iniziava ad avvicinarsi a me, un po’ timoroso. Poco dopo si sedette proprio accanto a me e chiuse gli occhi, rilassandosi del tutto sotto il mio tocco dolce. Lentamente quindi si avvicinò anche Ash e accarezzò Cassian, che iniziò a guardarlo, quasi per studiarlo.
Rimanemmo un po’ là, fino a quando non arrivò anche Michael e fu il suo turno per coccolare Cassian, che sembrava essersi calmato. Ash continuava a ripetere di non aver mai visto un simil maremmano così bello e aveva ragione, nonostante la sua età, Cassian era un bel bestione, pieno di amore da dare. Tornammo sui divani e riuscii a convincere Cassian a salire su quello dove stavo io. Bryana non sembrava amare i cani, così rimase in disparte per un bel po’. Quel cane mi aveva rubato il cuore. Faceva questa cosa dolcissima: quando lo accarezzavi lui cercava un contatto visivo con te, desiderava guardarti negli occhi e mi faceva sorridere ogni volta.
A quanto pareva Bryana e Ash avevano litigato poco prima, infatti li trovai seduti su un divano a discutere a bassa voce. Poco dopo alzarono la voce e così decisi di lasciargli un po’ di tempo per fargli chiarire la situazione. – Michael, mi accompagni di sopra? Vorrei far conoscere a Cassian anche il piano di sopra, visto che spero possa dormire in camera mia – m’inventai io e lui non se lo fece ripetere due volte. Non ero l’unica a sentirsi in imbarazzo quindi.
Salimmo insieme a Cassian, che sembrò diventare la mia ombra, e andammo in camera mia. Rimanemmo in silenzio per un po’, in imbarazzo, poi guardai Cassian e lui guardò me. – È davvero un bel cane. Avete fatto una cosa veramente bellissima, lo sai, vero? Prendere un cane di quest’età e così grande… Non è una cosa da tutti.
– È per questo che abbiamo scelto lui – mormorai io ricominciando ad accarezzarlo. – È veramente un cane d’oro. Lo so che è vecchiotto, so che non vivrà per altri dieci anni come farebbe invece un cucciolo, ma anche lui aveva diritto di essere scelto.
Michael annuì guardandomi e continuò a farlo per un bel po’ di tempo, mentre io non sapevo se guardare lui o Cassian. – Come sta Gerard invece? Ieri sembrava stare veramente male. Ti ha raccontato qualcosa? – chiese lui di punto in bianco.
– Non lo so – mormorai io abbassando lo sguardo. – Ieri sera abbiamo litigato e non abbiamo più parlato. Si rifiuta di dirmi qualcosa, dice che non stiamo a quel punto della relazione e che lui ha accettato già tutto di me. Non so come ma sa che è successo qualcosa tra me e te e…
– E cosa? – chiese lui, particolarmente incuriosito. – Che ti ha detto?
Feci spallucce. – Che lo sa ma che non mi fa problemi – risposi io e Michael si sgonfiò come un palloncino. – Cos’avrebbe dovuto dire? Anche lui avrà avuto un flirt o una relazione prima di me, no? Perché non ce la posso avere anch’io?
– Perché tu non hai avuto un “flirt” prima di lui, tu ce l’hai avuto mentre stavi con lui – ringhiò lui guardandomi e attirando l’attenzione di Cassian, che s’irrigidì un po’.
– Come va con Grace? – chiesi io per cambiare argomento. Sapevo di aver fatto una cosa sbagliata e mi sentivo in colpa, non avevo bisogno anche del promemoria.
– Va normale, perché? Ti ha detto qualcosa? – chiese Michael aggrottando la fronte. – Non stiamo insieme – precisò subito dopo.
– Mi ha detto che prova qualcosa per te – risposi io guardandolo dritto negli occhi. – Non puoi essere così apatico da provare niente nemmeno per Grace dopo tutto quello che avete condiviso. Forse dovresti provare a stare insieme a lei, dopotutto avete molte cose in comune e a letto andate molto d’accordo.
– Le relazioni non si basano sul sesso, principessa – borbottò lui. – Si basa sulle piccole cose e io sono un tipo pigro, Grace invece sembra non voler stare ferma nemmeno un secondo. Io sono più tipo da stare a casa e vedere un film, Grace è la classica ragazza che vuole uscire a tutte le ore del giorno e della notte, e io non posso vivere così. Devo trovare una ragazza con cui riesca a stare insieme a casa senza annoiarmi.
Risi. – Potreste trovare un accordo – proposi io e ricominciai ad accarezzare Cassian, che stava ai piedi del letto, proprio accanto a me. Michael si sedette sul letto insieme a me, ma mantenne la distanza. – Dico sul serio, Michael. Potreste essere veramente una bella coppia. Tu hai bisogno di qualcuno che ti faccia muovere un po’, mentre Grace ha bisogno di qualcuno che la faccia calmare un po’.
Scosse la testa. – No, non credo sia una buona idea – borbottò lui abbassando lo sguardo sul mio letto. – Non credo sia lei la persona giusta. Se proprio devo stare con qualcuno, voglio che sia una persona che m’interessa veramente.
Annuii, contenta di avergli fatto cambiare idea almeno un po’. – Va bene, lo capisco – sussurrai io e guardai Cassian, troppo innamorata per non dargli attenzioni ogni cinque secondi. Sentii il materasso muoversi un po’ e quando alzai lo sguardo vidi Michael mettere i piedi sul mio letto, proprio a pochi centimetri dalle mie gambe e fu più forte di me: feci una smorfia disgustata. – Potresti… spostare almeno un po’ i tuoi piedi?
– Perché? – chiese Michael aggrottando la fronte, confuso.
– Emh… perché non mi piacciono i piedi – borbottai io continuando a guardargli i piedi, che non si erano ancora mossi di un centimetro. – Sul serio, spostali almeno un po’. Puzzano pure.
Michael scoppiò a ridere.  – Va bene, principessa, ma dimmi un po’: li devo spostare così – iniziò lui avvicinando ancora di più i suoi piedi alle mie gambe e io mi allontanai subito. – O li devo proprio allontanare? Perché non ho capito molto bene.
– Michael, faccio sul serio – dissi io allontanandomi ancora di più, mentre lui sembrava avvicinarsi ancora di più. – Mike, mi fanno schifo, davvero! – esclamai io quando li posò sulle mie gambe e iniziò a strusciarli su di esse. – Toglili, per favore! – cercai di non urlare io, mentre Cassian se ne andava via, spaventato. Diedi un pizzicotto al suo polpaccio sinistro e così Michael si allontanò subito sussultando. – Ti sta bene – borbottai io guardandolo male. – Mi fanno veramente schifo, soprattutto i tuoi.
– Che hanno i miei piedi di così schifoso? – chiese lui, non l’avevo mai visto così divertito.
– Sono brutti come tutti i piedi, se non di più, e puzzano! – esclamai io spingendolo via. – Smettila di avvicinarli a me! Non vedi quanto sono brutti?!
– Sono piedi – rispose Michael continuando a ridere.
– Esattamente, sono piedi! – dissi io annuendo. Incrociai le braccia con una smorfia disgustata quando ricominciò a muovere i piedi, spostandoli sempre più su, fino alle braccia. La mia smorfia si fece ancora più disgustata, ma cercai di reprimere la voglia di buttarlo giù dal letto. Purtroppo non ce la feci e così pochi secondi dopo lo ritrovai per terra.
– Non l’hai fatto veramente – disse Michael, ma era divertito e anche un po’ sorpreso.
– Ti avevo avvertito – bofonchiai io prima di scoppiare a ridere insieme a lui. Ci ritrovammo fuori, sul bancone in camera di mia madre e Jason a guardare le persone e inventare storie su di loro. -             Quello – dissi io indicando un uomo con un giacchetto senza maniche – sta cercando di schiarirsi le idee. Ha appena tradito la moglie e non so se lasciarla o lasciare l’amante. Non sa quello che prova e non riesce a trovare il coraggio di tornare a casa.
– Quello, invece – continuò Michael indicando una donna con un impermeabile rosso, il ché era molto strano, visto che stavamo in estate, – è una ragazza che sta andando a dare il regalino al suo ragazzo, forse perché oggi fanno due mesi e quindi ha finalmente deciso di dargliela.
Scoppiai a ridere. – Finalmente?! – ripetei io. – Guarda che il sesso è veramente importante per noi ragazze. Bé, quasi tutte. Io avrei aspettato pure di più di due mesi.
– Povero Finn, quanto l’hai fatto aspettare? – chiese lui scuotendo la testa.
Arrossii subito e guardai davanti a me. – Quel ragazzo invece sta litigando con la sua ragazza, perché lui vuole uscire con i suoi amici e invece la ragazza ha il ciclo e ha bisogno di Nutella, che ha appena finito. Il ragazzo però non vuole starsene tutta la sera con lei sul divano a mangiare Nutella – cambiai discorso io guardando il ragazzo che stava al telefono.
Fece una mezza risata. – Voi ragazze siete assurde. Un povero ragazzo potrebbe diventare pazzo per voi e voi sareste capaci di sgridarlo. Perché un povero ragazzo dovrebbe scegliere di stare a casa con una ragazza che non fa altro che lamentarsi, invece di una bella serata con i suoi amici?
– Perché la ama – risposi io guardandolo e lui rimase zitta. – Sarebbe una cosa davvero carina da fare. Un ragazzo che va a stare dalla sua ragazza per coccolarla mentre lei è tutta dolorante a causa del ciclo è… romantico.
– Il ciclo non è romantico – sdrammatizzò Michael.
– Non ci capisci proprio niente di relazioni tu – risposi io alzando gli occhi al cielo. – Oh, e quello! – esclamai io indicando un uomo che fissava una ragazza e un ragazzo baciarsi. – Quell’uomo è il padre della ragazza e tra poco la ragazza ritornerà single – raccontai io accennando una risata.
– O forse è semplicemente un guardone – aggiunse Michael facendo spallucce. Lo guardai, scioccata e schifata. Aveva appena rovinato la mia storiella! – Cosa c’è? È possibile! Guardalo! È un tipo strano – esclamò lui ridendo e non sapeva se posare lo sguardo su di me o sull’uomo.
– No, è ridicolo! Cosa ne ricaverebbe?! – affermai io, ancora schifata e scioccata.
– Emh… cosa ne ricaverebbe? I tipi come lui si eccitano a guardare e basta – rispose lui ridendo della mia innocenza. Lo guardai senza dire niente. – Ehi, non sto dicendo di essere uno di quei tipi! No, grazie. Preferisco i semplici e vecchi porno allora.
Le mie guance si dipinsero di viola. – I porno? Ok, basta. Cambiamo discorso.
Michael scoppiò a ridere. – Mi stai dicendo di non aver mai visto un porno? – mi chiese e quando non risposi fece un’altra risata. Si stava divertendo un po’ troppo a mie spese. – Sei proprio una principessa per bene, Amelia – aggiunse alzando gli occhi al cielo. – Mai? Nemmeno uno per sbaglio? – chiese e io rimasi un’altra volta in silenzio. – Non sei umana.
– Mi mettono a disagio, ok? – sbottai io ma una risata stava minacciando di uscire. – Non riesco a capirne il significato. Li trovo inutili ed è solo… sesso. Non ci trovo niente di bello nel guardarli.
Scosse la testa ridendo, ma poco dopo si fermò e fece un respiro guardando davanti a lui. – Questo è quello che intendevo – mormorò, così a bassa voce che all’inizio non capii.
– Cosa? – chiesi io, confusa.
– Niente – rispose lui facendo spallucce. Rimanemmo così per un po’, continuammo il gioco di poco prima ma poi Ashton entrò in camera dicendo di voler tornare in albergo e così scendemmo giù. Salutai Bryana e Ashton con un abbraccio e capii che non avevano affatto chiarito la situazione, e salutai Michael con la mano.
Mi misi a letto, ma non mi addormentai subito. Per un po’ guardai Cassian dormire accanto a me, anzi per un bel po’, esattamente come facevo da piccola, e solo dopo minimo un’ora riuscii ad addormentarmi.

Angolo Autrice: Importante... o almeno per me.
Allora, io lo so che non c'entra niente con i nostri amati ragazzi, ma mi sento comunque quasi obbligata a scrivere almeno due righe riguardo quest'argomento, che mi sta particolarmente a cuore e che trovo veramente importante.
Voglio parlarvi dei canili. Ho già accennato al fatto che faccio volontariato, ma non credo di avervi mai detto per cosa. Bé, faccio volontariato in un canile. Ragazzi, non vi mentirò, è un po' difficile, perché là ci sono veramente molti cani che nessuno sembra notare tranne noi volontari e gli operatori. Ma per quanto possa essere difficile una volta fuori da quel canile... Mentirei se vi dicessi che non penso di tornare là tutti i giorni. Ormai quei cani sono un pensiero fisso nella mia testa e quello che ho descritto in questo capitolo è vero. Esistono vari tipi di cani e mi sono innamorata di tutti. Non c'è un cane che non tenga ben stretto un pezzo del mio cuore, nonostante non li conosca da tanto tempo. E mi fa veramente male vedere cani di dieci e passa anni dentro quelle gabbie, dove ci sono cresciuti e ci hanno vissuto tutti e dieci i loro anni. Non c'è un cane che non adori, perché semplicemente sono tutti perfetti a modo loro.
Ci sono quei cani come Cassian, che in fin dei conti ti danno fiducia sin dall'inizio, guardandoti negli occhi e chiedendo carezze in continuazione. Ci sono quei cani un po' timidi, che all'inizio non chiedono niente ma che alla fine vengono da te e ti leccano, facendoti capire che sei riuscito finalmente a conquistare la loro fiducia. Ci sono quei cani che sono così spaventati dalla vita che per loro è difficile fare qualsiasi cosa.... Ci sono tanti tipi di cani, ma nessun cane dovrebbe vivere là dentro per così tanto tempo. Nessuno. Tutti hanno diritto ad una vita, anche gli animali. E i cani hanno bisogno di noi umani. Hanno bisogno di noi e noi che facciamo? Li lasciamo là. Li ABBANDONIAMO. Ragazzi, io conosco più di un cane che è stato abbandonato a 10 ANNI! Com cazzo si fa a vivere per dieci anni insieme a un cane e poi abbandonarlo?! 
Avrei così tante cose da dire... ma so di star esagerando, quindi la smetto. Finisco dicendo che per fortuna esistono persone come gli operatori che lavorano nei canili, che danno anima e corpo per far sentire quei poveri cani più a casa possibile. Esistono persone veramente devote ai cani e io non sono mai stata tanto grata di qualcosa. Vi prego, se amate i cani, venite in canile e cambiate radicalmente la vita a un cane. Tutti hanno diritto a una vita felice. Se possiamo rendere un cane felice, allora perché non farlo?
Mi scuso per tutto questo, ma avevo bisogno di dirverlo. Ringrazio chi ha sprecato questi due minuti a leggere questo messaggio.
Mi scuso per eventuali errori, sia del capitolo che del testo qua sopra, e vi chiedo come sempre di recensire.
Grazie e scusatemi ancora.
Un bacio e al prossimo capitolo.


 

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Capitolo 22
*** Fiducia ***


Capitolo 21
Fiducia
 
Mi svegliai stanca, avevo dormito poco a causa di Cassian, che sembrava essere ancora molto in ansia, forse perché in fondo lo ero anch’io. Avevo pensato più volte alla conversazione tra me e Michael e mi ero accorta solo dopo tanto tempo del significato di quel suo “questo è quello che intendevo”. In realtà ero molto confusa, ma la mia speranza mi urlava che voleva farmi capire che sì, Michael aveva trovato la ragazza giusta per lui, con la quale si divertiva anche in casa e non grazie al sesso, ed ero io. Ma ero altrettanto scettica e non volevo montarmi la testa per poi rimanerci malissimo. Per non parlare poi del fatto che c’era Gerard, che il giorno precedente non si era fatto proprio sentire.
Appena mi alzai dal letto Cassian fece la stessa cosa da per terra e mi guardò. Lo accarezzai un po’ e poi andammo giù, gli feci da mangiare e poi feci colazione. Ricevetti ben presto una telefonata da Luke, voleva uscire insieme a tutti gli altri ma gli dissi di non voler lasciare solo Cassian e così decidemmo di far venire tutti qua, sperando di non spaventare troppo il cane.  Per fortuna Cassian non si spaventò, ma accolse tutti muovendo la coda a scatti, era un po’ nervoso però sembrava essere anche felice di avere tutte quelle persone pronte a coccolarlo.
 Ben presto mi trovai seduta sul divano a guardare Michael bendato, mentre cercava di capire chi avesse davanti solo toccando il suo viso. Si trattava di Grace, che cercava di non ridacchiare, inutilmente. Poco dopo infatti Michael la riconobbe ed esclamò il suo nome dandole una giocosa pacca sul didietro, che mi fece rivoltare lo stomaco. Grace scoppiò a ridere mentre Michael si toglieva la benda, e io dovetti veramente distogliere lo sguardo. Quel giorno si stavano comportando come una coppia e una parte di me ne era veramente felice, ma l’altra stava morendo dal dolore.
Jennifer si sedette al posto di Michael e si mise la benda ridacchiando un po’. Guardai Calum, sicura che fosse il suo turno, ma si alzò Luke e andò davanti a Jen, che iniziò a toccare il suo collo, fino ad arrivare agli occhi. Quest’ultima aveva un sorrisino divertito e Luke sembrò altrettanto divertito, quello che invece non sembrò molto contento era Calum, che stava attento ad ogni singola mossa dei due. Quando poi Jennifer sfiorò il piercing al labbro di Luke e lui lo risucchiò mordicchiandosi un po’ il labbro inferiore, la mascella di Calum si pronunciò ancora di più. Mi alzai e andai da lui, sotto lo sguardo confuso di Michael, mi sedetti accanto e gli strinsi la spalla sorridendogli timidamente. Lui mi sorrise calorosamente e mi strinse la mano con la sua. Jennifer urlò il nome di Luke, che scoppiò a ridere e si mise seduto dov’era prima, e cioè vicino al mio posto. Rimase un po’ confuso non vedendomi al posto di prima e quando posò lo sguardo su Calum le sue guance diventarono un po’ rosse, ma Calum sorrise anche a lui facendogli capire che non era arrabbiato e così mi alzai e tornai al mio posto, proprio quando Jennifer si sedette accanto al suo nuovo-quasi-ragazzo.
A quel punto fu il momento di Luke e andai io con un sorrisino malizioso. Mi misi proprio davanti a lui, che aveva lo stesso sorrisino di prima, e mi toccò lo pancia facendomi sussultare. Dovetti mettermi una mano davanti la bocca per non scoppiare a ridere, mentre Luke sembrava confuso dal mio comportamento ma anche divertito.
– Dovresti aver già capito di chi si tratta – esclamò Michael con un sorriso malizioso. Alzai gli occhi al cielo e lo mandai a quel paese con il mio caro dito medio. – Oh, carina!
– Sta zitto! Così scopre di chi si tratta! – lo fermò Grace dandogli una gomitata.
– Forse è quello che spera – mormorò Ashton sorridendo a Michael, che gli lanciò un’occhiataccia.
Chiusi gli occhi e cercai di calmarmi, mentre Luke continuava a toccarmi la pancia, divertito. Mi stava assolutamente prendendo in giro e la cosa m’imbarazzava e mi divertiva allo stesso momento.
– Non capirai di chi si tratta toccando la sua pancia, amico – s’intromise un’altra volta Michael. Lo guardai, pronta a rivedere il suo sorrisino, che trovai subito, e quasi ci rimasi male.
– Sto solo giocando con lei, Mike – rispose Luke sorridendomi. – In realtà ho già capito di chi si tratta, ma voglio una conferma – aggiunse poi posando le sue mani sulle mie guance. – Chi avrà mai queste guance così dolci? – chiese sorridendomi dolcemente e non potei fare a meno di fare la stessa cosa. Toccò le mie sopracciglia ed esclamò: – Bé, almeno non è Michael. Le tette erano un primo indizio, ma dopotutto Mike ha un po’ di tettine, no?
– Oh, sta’ zitto e sbrigati! – ribatté Michael alzando gli occhi al cielo. – Non ho le tette comunque, sta tranquillo.
– Confermo – s’intromise Grace stringendosi un po’ a Michael, che le sorrise. La mia gelosia fece un’altra volta capolino, così tanto che li guardai e non potei fare a meno di fulminarli.
Luke accarezzò i miei capelli, passò le sue mani sopra i miei occhi chiusi, sul mio naso, sulle mie labbra, sul mio collo e a quel punto disse: – Ok, ho la conferma: è assolutamente la nostra cara Amelia. – Si tolse la benda e mi sorrise, feci la stessa cosa e mi alzai da terra.
Tornai a sedermi, o almeno ci provai, visto che Luke mi prese per mano e mi fece segno di sedermi su quella sedia. – Oh, no – esclamai io, ma poco dopo ero sulla sedia, con la mano di Luke sulla mia spalla per non farmi muovere. – Questa me la paghi, Hemmings – borbottai io mentre mi metteva la benda. Speravo di vedere almeno un briciolo di luce, ma era tutto nero e così sbuffai e incrociai le braccia. Sentii qualcuno alzarsi e venire proprio davanti a me, per poi mettersi proprio in mezzo alle mie gambe e in ginocchio. – Posso andare, immagino – mormorai io, contrariata. Avevo già al guance rosse e nemmeno avevo iniziato.
Feci un respiro profondo e toccai un collo, era caldo e sentii la persona davanti a me irrigidirsi un po’. Abbassai un po’ le mani e mi resi conto che si trattava di un ragazzo. Annuii e mi feci coraggio per toccare il viso del ragazzo, aveva un po’ di barba ma tutti i ragazzi tranne Calum avevano un accenno di barba, quindi non dissi niente anche se conoscevo bene quel profumo. Toccai leggermente il naso, lo studiai e sorrisi avendo la conferma del ragazzo che avevo davanti. Gli toccai la fronte, poi le sopracciglia dove trovai un piercing e a quel punto sorrisi ancora di più e il mio tocco si fece ancora più delicato, più dolce. Decisi di fare un’ultima cosa e gli accarezzai il mento, per poi studiare anche le labbra, sfiorandole con le mie dita. – Michael – dissi io sorridendo e tutti esultarono, così mi tolsi la benda e me lo ritrovai davanti con un sorrisino malizioso.
Mi guardò e capii che sapeva tutto. Sapeva che avevo capito chi fosse sin dall’inizio, sapeva che l’avevo toccato solo perché volevo e non perché dovevo, sapeva così tante cose che arrossii ancora di più, facendolo solo sorridere ancora di più. Ma io sapevo che lui era venuto di sua spontanea volontà, perché si voleva far toccare da me, e questo mi diede un po’ di coraggio, abbastanza da sorridere. Mi alzai e mi rimisi seduta per terra, accanto a Luke.
Il gioco continuò fino a quando non ci stancammo, cioè dopo minimo un’ora, ma io avevo smesso di giocare da tempo, più o meno da quando avevo ricevuto una chiamata da parte di Gerard. Salii le scale e andai in camera mia, dove ci trovai Cassian, che scodinzolò fino a quando io non mi sedetti vicino a lui per fargli le coccole. Lo guardai e pensai a Gerard e a quella chiamata che avevo deviato. Forse avrei dovuto richiamarlo, ma se l’avessi fatto allora gli avrei chiesto spiegazioni e non avrei accettato un suo “no”. Le cose o si facevano a modo mio o non si facevano e avevo paura che lui mi avrebbe detto: “ok, allora non si farà un bel niente”. Ed era per questo che avevo paura a rispondere: non ero ancora pronta a dirgli come stavano le cose.
Qualcuno entrò in camera mia senza nemmeno bussare alla porta. Quel qualcuno non aveva nemmeno bisogno di farsi vedere, visto che era ovvio: tutti bussavano, tutti tranne Michael Gordon Clifford. – Che ci fai qua? – chiese Michael aggrottando la fronte. Cassian andò da lui, tradendomi, per ricevere coccole da un Michael molto dolce pieno di amore da dare.
– Potrei chiederti la stessa cosa – risposi io alzandomi da terra. – Dopotutto sei tu che sei entrato in camera mia senza bussare – borbottai io sedendomi sul letto.
– Sì, è vero, ti devo dare ragione, ma te l’ho chiesto prima io – ribatté lui sorridendomi. – Tutto d’un tratto sei diventata triste. Perché?
Sbuffai, sapevo che non se ne sarebbe andato senza una risposta sincera e in realtà avevo bisogno di qualcuno con cui sfogarmi, così vuotai il sacco e basta. – Gerard mi ha appena chiamata – borbottai io alzando il cellulare per farglielo vedere. – E io non ho risposto, anzi ho proprio attaccato. Sto cercando di evitarlo il più possibile, ma solo perché ho paura di quello che mi potrebbe dire.
Michael fece un sospiro profondo. – Quindi lui ti piace veramente – mormorò lui sedendosi sul letto, ma mantenendo sempre una certa distanza. Annuii abbassando lo sguardo. – Lo sai che domani pomeriggio abbiamo il volo, vero? – chiese e alzai di scatto lo sguardo, in preda al panico. – Esattamente – mormorò lui accennando un sorriso. – Io… non so che dirti, principessa. Non mi fido di quel tipo e odio vederlo così attaccato a te. Odio ancora di più vedere te attaccata a lui, ma dopotutto chi sono io? Non evitare il problema, sii la ragazza coraggiosa che sei già e richiamalo. Succederà quello che succederà e tu lo dovrai affrontare a testa alta. Non ti far trattare di merda, non ti far prendere in giro e usate protezioni – disse lui facendomi alzare gli occhi al cielo. – Non farti trattare come ti sei sempre fatta trattare da tutti, me compreso.
Lo guardai attentamente con la pelle d’oca sulle braccia. Lo stavo odiando, ma lo stavo anche ringraziando in silenzio. Si stava forse scusando indirettamente per essere stato così cattivo con me? Sembrava proprio di sì. – E così domani partite, eh?
– Eh già – rispose lui facendo spallucce.
– Cosa farete tu e Grace? – chiesi io continuando ad osservarlo. In quel momento riuscii a capire ogni singolo gesto e fui così felice di averlo finalmente capito e tradotto! Era un po’ in imbarazzo e lo era perché aveva finalmente ammesso la sua stronzaggine, ma anche perché avevo evidentemente cambiato discorso di proposito.
Scosse la testa accennando una risata. – Ti sei proprio fissata con questa storia, eh? – chiese lui ridendo. Fece di nuovo di no con la testa e poi alzò lo sguardo su di me. – Io e Grace non faremo niente. Forse ci rivedremo quando torneremo qua, che sarà il giorno del matrimonio di tua madre tra parentesi, o forse no. Spero che sarà già andata avanti quando la rivedrò perché, nonostante possa sembrare uno stronzo menefreghista, mi dispiace immaginarla ad aspettarmi.
– Non ci posso credere! – esclamai io. – Allora c’è ancora qualcosa che posso salvare! – scherzai io e fece una mezza risata abbassando lo sguardo. – Stiamo facendo progressi. Tu che pensi di poter avere una relazione e sei dispiaciuto per Grace… È qualcosa, no?
– Principessa, sono umano anch’io. Sono sempre stato dispiaciuto per Grace. Per quanto riguarda la storia della relazione invece… – Si fermò guardandomi, aveva quel suo solito sorrisino. – Per ora non posso avere una relazione vera. Dopotutto, la ragazza che m’interessa non abita nella mia città e soprattutto è fidanzata con un ragazzo che sembra interessarle veramente.
Risucchiai l’ossigeno e spalancai la bocca, le mie guance si colorarono di rosso e i miei occhi uscirono dalle orbite. Eccolo qua, Michael Gordon Clifford che mi dava la conferma: la sera precedente allora mi stava veramente dicendo indirettamente di volere una relazione con me. Mi vennero i brividi solo a guardarlo nel modo in cui stavo facendo. Sapeva benissimo quello che stava facendo e sapeva il potere che aveva su di me. – Non sei serio – mormorai io e quasi dovetti reprimere le lacrime.
– Mai stato più serio – sussurrò lui, non si avvicinò ma continuò a guardarmi come se fosse pronto a prendermi da un momento all’altro, al mio primo tentativo di darmela a gambe levate.
Scossi la testa e chiusi gli occhi, perché non potevo guardarlo in quel momento o non avrei più pensato e gli sarei direttamente saltata addosso. – Mike – bofonchiai io coprendomi il viso con le mani. Non sapevo se credergli o no, era ovvio che cambiasse idea tutti i giorni e che quel giorno avesse deciso di essere carino, ma quanto sarebbe durato? Per non parlare di Gerard! Il mio primo pensiero fu: “Oh, fanculo Gerard! Posso avere questo tipo dai capelli neri tinti!” ma non era l’Amelia che mi piaceva a parlare, e Gerard era stato così carino con me! Mi piaceva, ma Michael era… arrivato a un livello intermedio tra l’amore e il piacere. Questa cosa mi spaventava veramente tanto, ma non tanto quanto l’idea di perderlo. Come avrei fatto? Domani sarebbero partiti e la mia vita sarebbe tornata quella di prima. Sarei ridiventata la ragazza invisibile con problemi famigliari che veniva eclissata da persone come Grace e che si metteva in imbarazzo per tutto. Michael mi rendeva forte, perché aveva il potere di farmi sentire come una ragazza bella e non invisibile; ma mi rendeva altrettanto vulnerabile, visto che, come poteva farmi sentire bella, poteva anche farmi sentire l’amica schifosa che tutti guardano per due secondi e poi la cancellano dalla faccia della terra.
Gerard invece era quasi sempre un pensiero positivo, non quando faceva a botte con le persone, ma mi faceva sentire sempre protetta e desiderata. Era quello che mi serviva, non era più solo un fatto di ragazzi. Non avevo bisogno di un ragazzo che un giorno ti fa sentire la principessa del mondo e il giorno dopo invece ti dice che sei una racchia e che non vali niente per lui; avevo bisogno di qualcuno pronto e vedere quei pochi pregi che avevo per poi metterli in risalto, così tanto da vedere a malapena tutta la valanga dei difetti che mi accompagnavano da quand’ero piccola.
– Principessa – scherzò lui continuando a sorridere, come se niente riuscisse a ferirlo. – Senti, non ti sto dando in mano l’anello di fidanzamento della mia famiglia, ti sto solo dicendo che m’interessi. Non ti sto chiedendo di essere la mia ragazza, volevo solo che sapessi che non m’interessa Grace. Perché sto bene con te, mi diverto con te e mi piace passare del tempo insieme a te; ma so che in questo momento non puoi pensare a me in quel modo. Non ne dobbiamo parlare adesso, né domani. Possiamo parlarne al matrimonio di tua madre, con le candele accese, io con lo smoking e tu con un bellissimo vestito, un’atmosfera molto romantica… – iniziò di nuovo a scherzare e così gli detti un pugno sul braccio. – Va bene, va bene! – esclamò ridendo. – Solo… conservami un momento d’intimità al matrimonio, ok? Ne parleremo là, vedremo se i nostri sentimenti sono stati completamente cancellati dal tempo o no.
– Va bene – mormorai io con lo sguardo sul mio letto. – Aspetta, e se le cose tra me e Gerard andranno bene fino al matrimonio?
– Bé, allora il giorno prima del matrimonio dovrai lasciarlo – scherzò lui facendomi alzare gli occhi al cielo. – Fai quello che ti senti, principessa. Se sarai innamorata di Gerard allora mi farò da parte, ma non può veramente pensare di poterci dividere per tutta la serata. Arriverà un momento in cui saremo solo io e te, che lui lo voglia o no, e a quel punto parleremo.
– Ok, va bene – risposi io annuendo.
 
Rimanemmo per un bel po’ a parlare di quello che ci aspettava, dei concerti, delle cene di famiglia, Michael mi parlò un po’ del suo rapporto con i suoi genitori, del suo compleanno, del fatto di aver sempre voluto una sorellina più piccola da proteggere… parlammo di molto e per molto tempo, fino a quando Luke bussò alla porta. – Amy, scusami, ma sotto c’è Gerard – annunciò lui e per un secondo mi ricordò un maggiordomo. Guardai Michael, che rimase in silenzio, e poi scendemmo tutti e tre.
Cassian stava in mezzo a tutte quelle persone, non sapeva bene cosa fare, se avvicinarsi a Gerard o ringhiargli contro. Non parlava nessuno, ma tutti guardavano solo Gerard, che era in imbarazzo e guardava a terra. Quando si accorse della mia presenza fece un respiro profondo e mi sorrise. – Possiamo parlare? – chiese lui indicando le scale. Annuii e andammo di sopra, non ci sedemmo, eravamo entrambi molto nervosi e avevo veramente paura di dire qualcosa di brutto. – Non hai risposto alla mia chiamata, dovrei forse pensare che sia già finita? – chiese.
– Non lo so, dipende – risposi io incrociando le braccia. – Hai intenzione di dirmi qualcosa? E per “qualcosa” non intendo quello che hai fatto in questi giorni, ma il perché mi sia ritrovata in mezzo a una rissa.
Fece un sospiro e si toccò i capelli, nervoso. – Perché non puoi semplicemente aspettare? Non mi sento pronto a dirti tutte queste cose e pensavo ne avessimo già discusso!
– No, non ne abbiamo discusso, perché tu semplicemente hai deciso di non rispondermi più! – esclamai io alzando un po’ il tono di voce. – Ho bisogno di risposte, non sono il tipo di ragazza che si butta in una relazione senza conoscere il ragazzo e mi sembra ci siano molte cose da conoscere su di te, Gerard. Se questo non ti sta bene, bé, mi dispiace, ma non me la sento di andare avanti.
– Ci conosciamo a malapena! – urlò lui facendomi sussultare. – Solo perché abbiamo tutti e due un passato disastroso non significa che io mi debba per forza aprire con te! Tu non sarai quel tipo di ragazza, ma io non sono quel tipo di ragazzo che si apre con tutti. È difficile per me parlare delle mie cose, quindi perché non trovare un compromesso? Non possiamo fare come vuoi tu e non possiamo fare nemmeno come voglio io, quindi troviamo una via di mezzo.
– E come? Ci diamo una scadenza? Magari tra un mese? – chiesi io. – E non urlare in casa mia! – urlai io. – Perché sennò te ne vai via a calci nelle palle, Gerard.
– Va bene, calmiamoci tutti e due allora – rispose lui.
– Io mi calmerò solo quando mi darai una spiegazione – ringhiai io facendo un passo avanti. – Non posso avere vie di mezzo, ora come ora, quindi o mi dici cosa sta succedendo o sono costretta a farti andare via. Sai che mi piaci, Gerard, sennò non ti avrei nemmeno dato un’occasione per parlare, ma non posso veramente aspettare per potermi fidare di una persona.
– Ora come ora? – chiese lui con la fronte aggrottata. – Sai una cosa, Amelia? Ho una domanda: perché tu e il punk siete scesi insieme?
Alzai gli occhi al cielo. – Oh, quindi è così che te la vuoi giocare. Davvero?! – sbottai io, ma solo perché me la stavo facendo addosso. Non era successo niente tra me e Michael, non c’eravamo baciati o altro, ma era successa una cosa altrettanto importante.
– Sì, davvero! Perché, come tu non hai intenzione di avere una relazione con una persona di cui non ti fidi, io non voglio avere una relazione con una persona che continua a tornare da un ragazzo che non sono io! Non mi faccio prendere per il culo, Amelia, non sono come quel tipo là sotto.
– Quel tipo ha un nome e si chiama Michael! – esclamai io alzando un’altra volta il tono di voce. – E non osare pensare…  – continuai ma mi fermai, mi girai e mi misi indietro i capelli, arrabbiata. – Sai una cosa, Gerard? Se sei venuto per parlare di lui allora non credo che dovremmo continuare a vederci – mormorai io, perché non avevo proprio il coraggio di dirlo ad alta voce e guardandolo negli occhi.
Rimase in silenzio per un po’ poi fece un respiro profondo e lo sentii avvicinarsi a me. Chiusi gli occhi, perché per qualche motivo m’immaginai Michael al posto di Gerard mentre mi si avvicinava da dietro. – Dimmi che non provi niente per quel tipo – mormorò Gerard e sentii il suo respiro sbattere sui miei capelli.
Rabbrividii. – Non posso – sussurrai io ma la mia voce s’incrinò. Sospirò, sconfitto, così mi girai verso di lui quasi con le lacrime agli occhi. – Ma provo qualcosa anche per te! – esclamai io. Fanculo, non ero per niente abituata ad avere tutte queste attenzioni da un ragazzo, figuriamoci due!
– Senti – iniziò lui spostandomi una ciocca di capelli e mettendomela dietro l’orecchio. – Io sarò onesto con te, perché tu lo sei appena stata con me. Vedo come lo guardi, ma vedo anche come guardi me, e so di poter fartelo dimenticare una volta per tutte, ma lo devi volere anche tu. Non ti chiederò se lo vuoi, perché per quello ci vuole tempo e voi mi sembrate abbastanza attaccati… O almeno tu sembri abbastanza attaccata, lui a volte mi sembra più divertito che altro.
Sentii il mio stomaco fare delle cose strane, come iniziare a bruciare; dovetti mordermi la lingua per non iniziare a urlare scendendo contemporaneamente le scale per andare a menare Michael. Addirittura Gerard aveva capito che forse Michael non faceva veramente sul serio con me, ma io continuavo a girargli attorno, pronta a mettere da parte tutto, anche Gerard, per stare con lui. Dovevo veramente smetterla di essere così debole.
– Quei ragazzi… – iniziò lui, mi guardò per un po’, insicuro, ma annuii e così continuò. – Quei ragazzi erano miei amici, una volta. Ti ho detto che mio padre era un alcolizzato, quello che non ti ho detto è che fino a poco meno di un anno fa lo ero anch’io. O almeno lo stavo diventando – disse lui e una volta finito scosse la testa, sicuramente stava pensando di star facendo una cavolata. – Ero solo un ragazzo, lo sono tutt’ora, ma prima non m’importava cosa fosse giusto e cosa no, volevo solo cercare di avvicinarmi a mio padre e l’unico modo sembrava fosse diventare esattamente come lui. Mia madre lo capì subito, ma non capì il motivo, pensava che fosse solo una coincidenza. Sai, era iniziato tutto per scherzo. Del tipo “sta sera mi bevo anche l’acqua del cesso, fino a sentirmi male e vomitare tutto” poi però una sera mi sembrò identica alla sera precedente e a quella prima ancora… Più il tempo passava e più mi facevo amicizie sbagliate, con cui però mi trovavo fin troppo bene, perché? Perché il loro scopo era uguale al mio: sballarmi. Non avevo più uno scopo se non quello di essere praticamente un vegetale a tutte le ore del giorno e non mi bastava più l’alcool: i miei amici avevano altre conoscenze e così… Come ho detto, avevo solo uno scopo e non avevo fine, lo sballo non aveva fine, non doveva. Mio padre non notò niente di diverso in me, ma ormai non m’importava più. Quando un giorno mi ritrovai in un ospedale senza saperne il motivo, iniziai a capire che forse era ora di smettere. Inutile dire che il mio fegato… – Scosse la testa e chiuse gli occhi. – Trovai un lavoro, mi trovai una casa subito dopo aver praticamente fatto a botte con mio padre e tutt’ora non lo sento, né sento mia madre. Sembra facile, ma non lo è stato, è stato un inferno, ma non posso tornare indietro. Ovviamente mi sono dovuto allontanare da quei ragazzi, che però a quanto pare non l’hanno presa molto bene, ma allontanarmi da loro è stato veramente difficile ed è stata l’ultima cosa che ho fatto.
Rimasi zitta, non riuscii a immaginarmi un Gerard diverso da quello che avevo davanti, ma sapere una cosa del genere mi scioccò veramente tanto. Avere problemi famigliari andava quasi bene, dopotutto ce l’avevo anch’io, ma avere a che fare con un ragazzo quasi-ex-alcolizzato? Era una cosa davvero importante e spaventosa. Sì, un po’ mi spaventava. Mi spaventava ma quelli come lui erano come la nutella per quelle come me. Perché, per quanto non volessi ammetterlo, facevo parte di quelle ragazze romantiche che volevano e dovevano salvare i ragazzi come lui.
– So di averti dato molto su cui pensare – mormorò lui, si avvicinò a me e mi baciò la fronte delicatamente. – Chiamami quando te la senti, va bene? – chiese e così annuii. Scendemmo giù e, appena Michael si girò verso di noi, pochi secondi dopo gli altri, Gerard mi prese per mano. Arrossii subito, Michael invece guardò Gerard con un’aria divertita e superiore per poi alzare gli occhi al cielo. – Per favore – iniziò Gerard quando lo accompagnai alla porta. – Se non vuoi chiamarmi domani va bene, ma almeno mandami un messaggio, ok?
– Va bene – sussurrai io accennando un sorriso. Mi lasciò un veloce bacio sulle labbra e se ne andò. Chiusi la porta e il silenzio iniziò a diventare quasi assordante. – Cosa c’è?
– Vi siete lasciati? – chiese Jennifer.
– No! – esclamai io. – No, mi… mi ha spiegato tutto – borbottai io abbassando lo sguardo.
– Oh! E…? – chiese Luke.
– E sono nella merda – risposi io sbuffando. Guardai per pochi secondi Michael, che stava facendo la stessa cosa da un po’, ma non potei fare a meno di guardarlo male. Non potevo credere che nemmeno Gerard fosse sicuro dei sentimenti che Michael provava per me. Aveva detto che a volte sembrava divertito! Michael aggrottò la fronte, capendo il mio cambio d’umore, ma non disse niente.
– Ah, capisco – disse Jennifer. – Missione Salvataggio, giusto? – chiese poi guardandomi, preoccupata. Sapeva com’ero fatta e aveva capito tutto anche questa volta.
– Già – mormorai io prima di andare in cucina.

Angolo Autrice:
Scusatemi, ho fatto passare un sacco di tempo, ma ho avuto un po' di problemi e quindi non riuscivo a concentrarmi... infatti il capitolo non è il massimo e mi dispiace, ma mi rifarò con il prossimo! Cosa succederà nel prossimo capitolo, quando tutti si dovranno salutare? 
Il capitolo 23 è un po' un mistero, perché sono indecisa se tornare al presente e vedere come se la passa Amelia senza Michael (ritornando quindi ai tempi del prologo) o continuare con i ricordi.... Devo vedere, voi che ne dite?
Vi chiedo come sempre di recensire e mi scuso per eventuali errori.
Un bacio e al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 23
*** L'ultimo giorno ***


Capitolo 22
L'ultimo giorno
 
Il giorno seguente mi svegliai a mezzogiorno. Le occhiaie erano quasi scomparse e non mi sentivo più una vecchia decrepita che non riusciva a stare in piedi per più di cinque minuti senza scoppiare praticamente a piangere per la stanchezza. Mi svegliai ancora un po’ stanca, ma sentii la differenza e quando mi alzai non mi vennero le lacrime agli occhi. Scesi giù serenamente, senza mal di schiena o gambe pesanti, e mi preparai la colazione sotto lo sguardo di Cassian, che poco dopo portai a fare una passeggiata di mezz’ora. Quando arrivarono altri cani me la feci un po’ sotto, ma per la maggior parte delle volte lui li guardò a malapena, facendomi quindi capire che forse alcuni di essi potevano pure andargli abbastanza a genio, l’importante era che non si avvicinassero troppo a lui. Ovviamente non era così con tutti, ma era solo la seconda volta che lo portavo fuori e dovevo scoprire ancora delle sue sfaccettature prima di fidarmi completamente di lui.
Quando tornammo a casa Cassian si sdraiò, sfinito, e io ne approfittai per prendere il cellulare e chiamare Luke. Mi dissero che avevano il volo molto tardi, verso le undici di sera, e aggiunse anche di aver organizzato una specie di festicciola insieme agli altri ragazzi nella piscina dell’albergo, aperta solo per loro. Ovviamente non potei rifiutare, ma Cassian non poteva rimanere da solo per così tanto tempo, così me ne andai solo quando la festa era già iniziata: alle sette, nel momento esatto in cui la porta di casa si apriva per far entrare mia madre e Jason. Dissi velocemente dove stavo andando e me ne andai, con un sorrisino stampato in faccia nonostante la consapevolezza di quello che sarebbe accaduto alle undici di sera.
Mandai velocemente un messaggio a Gerard, dove gli dicevo di dover ancora pensare alla nostra presunta relazione, ma era solo perché dover dire “ciao” e non vedere per molto tempo Michael mi straziava più del dovuto, e sarebbe stato un po’ come usare Gerard per cercare di diminuire quel dolore. Molto probabilmente sarebbe stato anche inutile, semplicemente perché non si può usare qualcun’altro per dimenticarsi Michael Gordon Clifford. Semplicemente non si può.
Arrivai davanti l’hotel, dove due uomini neri mi presero e mi portarono dentro di esso, cercando di scappare da tutti i paparazzi che eravamo riusciti a evitare fin ora grazie a un miracolo. Anche se Jennifer mi aveva detto una volta di aver chiamato qualche giornale per dare informazioni non del tutto vere, per non dire false. Sua madre era una giornalista, che era stata addirittura tentata di scrivere il pezzo su mio padre, e la figlia era cresciuta con lei e la sua carriera. Sapeva cosa fare e chi chiamare.
Salii di sopra, avevo il fiatone e non a causa delle scale, che avevo usato per cercare di calmarmi, ma a causa di tutto quello che era e sarebbe accaduto. Entrai in camera di Luke e lui non fece in tempo a girarsi che io l’abbracciai. Chiusi gli occhi e lo strinsi a me, il mio cuore iniziò ad andare a pezzi, la realtà mi mozzò il fiato. Sentii le braccia di Luke stringermi come non aveva mai fatto, lo sentii prima trattenere il respiro e poi fare un sospiro. – Mancherai tanto anche a me – sussurrò, per poi posare il mento sulla mia testa. Era molto più alto di me, ma mi sentii veramente protetta tra le sue braccia, sembrava essere quasi la mia corazza preferita.
– Ci chiameremo, ci manderemo e-mail, ci scriveremo messaggi… possiamo fare molte cose, cerchiamo di rimanere in contatto almeno un po’, va bene? – chiesi io a bassa voce. Ero sempre stata una ragazza molto orgogliosa, quella che non aveva bisogno di nessuno se non della sua famiglia, ma con lui mi sembrava impossibile esserlo.
– Certo che va bene – rispose lui accennando una risata. – E ora vai a metterti il costume, la festa è già iniziata, manchiamo solo noi due – aggiunse poi lasciandomi andare in bagno, dove mi cambiai. Scendemmo giù insieme, ci nascondemmo dai flash che riuscivano ad arrivare addirittura dentro l’hotel, nonostante gli scimmioni che cercavano di allontanare i paparazzi.
C’erano pochissime persone quel giorno, tra cui Bryana, ancora apparentemente arrabbiata, Jennifer, Cher e ovviamente Grace. Inoltre c’erano altre persone che non conoscevo, qualche ragazzo e qualche ragazza. Bryana e Ash non erano vicini, anzi lei era a bordo piscina con il suo bellissimo e costosissimo costume con le gambe immerse nell’acqua e lui era al lato opposto, mentre parlava tranquillamente con un ragazzo. Apparentemente sembrava tranquillo, davvero, ma dopo pochi minuti potevi capire che non lo era affatto. Mi misi accanto a Bryana, cercando di nascondere la mia insicurezza, ma era impossibile essere sicuri di sé davanti a una bella ragazza come lei, che sapeva come valorizzare ogni singola cosa. Mi guardò per un po’ di tempo, era arrabbiata ma non mi squadrò. – Non ho voglia di parlarne, veramente – borbottò.
– Va bene – sospirai. – Tanto sono sicura che andrà tutto bene – aggiunsi guardando Ashton, che mi guardò per pochi secondi, un po’ confuso e ancora più nervoso. – Dopotutto si tratta di Ashton – mormorai io guardandola. – E lui ti ama, tu lo ami… Tutto il resto non conta.
– Questo è quello che ci fanno credere tutti fin da quando siamo piccoline – ringhiò Bryana. – L’amore non è tutto, Amelia.  Ci sono cose più importanti. Ci sono persone che non puoi deludere. Ci sono tante piccole cose importanti che sembrano avere più importanza. – Mi guardò e mi gelò. – Guarda te e Michael. Tu lo ami, si vede lontano un chilometro, ormai sei persa, ma non lo vuoi ammettere. Michael è interessato a te, o forse no. Ashton mi ha raccontato tutto, come vi siete conosciuti e tutto, e non me la sento di dirti che  quello che prova Michael per te è vero. E se anche fosse vero, tu saresti troppo impegnata a capirlo e credergli per stare veramente con lui. Quindi no, l’amore non è tutto, il resto conta.
Mi vennero i brividi. Tutti mi dicevano la stessa cosa. – Che ti ha detto Ashton? – sussurrai io. Potevo farcela, potevo sentirmi dire che Michael non era altro che uno a cui piaceva giocare con le ragazze come me, potevo sentirlo e non scoppiare a piangere. Ero forte quando si trattava di orgoglio, non mi sarei mai messa a piangere davanti a lui o qualcuno vicino a lui a causa sua.
– Tu gli credi? – chiese Bryana guardandomi attentamente. – Rispondi sinceramente. Tu gli credi? Gli credi quando ti dice che gli interessi? Sei intelligente, Amelia, ma anche lui lo è. Non sembra, lo so, ma è veramente intelligente e furbo. Tu gli credi?
La guardai in silenzio per un po’, cercando di capire. – Qualcosa mi dice che non dovrei credergli – mormorai io e la mia voce quasi s’incrinò. – Dimmi se devo credergli o no, Bryana. Cos’hai da perdere? Di certo molto meno di me. Hai già il tuo ragazzo. Hai il ragazzo che ami e lui ti ama, hai una bella vita, un lavoro che sembra piacerti, anche se io non potrei mai e poi mai farlo… Quindi dimmi: devo o non devo credergli?
– Non lo so – rispose lei duramente. – Non lo so. Ti ho detto, è intelligente e furbo, non lo capisce nemmeno Ashton, che è il suo migliore amico! Non lo so, a volte sembra amarti alla follia e a volte sembra così indifferente da farmi venire la pelle d’oca. Non lo so, Amelia. Non ne ho la più pallida idea.
Feci un respiro profondo e chiusi gli occhi. – Ho molto da perdere, Bryana. Potrei perdere un ragazzo che tiene molto a me, potrei perdere la mia dignità, potrei perdere…
– Io non lo so! – esclamò Bryana. – Ti aiuterei se potessi, ma non lo so.
Mi alzai e andai via, delusa dal comportamento di Bryana. Era nervosa, potevo capirlo, ma trattarmi in quel modo mi fece sentire ancora più insicura e arrabbiata. Mi sedetti su un lettino dove c’erano Calum e Jennifer, che parlavano animatamente con Luke. Michael si limitava a guardarli e ascoltarli, ma quando mi sedetti il suo sguardo si posò su di me e non si mosse nemmeno per pochi secondi. Luke mi guardò e capì subito che qualcosa non quadrava, ma non gli detti il tempo di dire qualcosa, perché mi alzai velocemente e me ne andai cercando di nascondere il mio didietro.
Bevvi insieme a Cher uno shot, poi un altro e dopo sentii una mano sfiorare la mia. Sussultai e guardai la mano, che riconobbi subito, così alzai lo sguardo sul viso di Michael. – Tutto bene? È da ieri che sei strana. Che ti ha detto il principe azzurro?
– Niente, ma stiamo ancora insieme – ringhiai io.
Michael mi sorrise, ma non dolcemente, quel sorriso non era affatto caloroso. – Cher, scusaci un attimo – disse con una voce quasi felice, ma in realtà era solo infastidito. Mi prese la mano e mi trascinò via, nel salotto dell’albergo, dove non c’era nessuno. Feci per urlargli contro quando mi prese e mi ritrovai con la schiena contro la parete. – Ora tu mi spieghi tutto – ringhiò Michael. – Perché noi abbiamo un accordo, ricordi?
– Spostati! – esclamai io allontanandolo da me. – L’accordo non ha più senso, sto insieme a Gerard e basta. Noi due continueremo a vederci, ma saremo solo amici – aggiunsi poi. Bryana si sbagliava, non lo amavo. Mi piaceva tanto, ma non sarebbe mai potuta andare tra noi due. Tutti pensavano che mi stesse prendendo in giro, addirittura Ashton, il suo migliore amico, e forse anche Luke. Non potevo rischiare, non volevo distruggere tutto quello che avevo costruito e mi aveva resa la ragazza che ero per lui.
– Non ha più senso? – chiese lui, arrabbiato. – Quello che dici non ha senso! Lo scopo era quello di capire quello che provassimo, non ti ho mai chiesto di lasciare quel cretino. Dimmi cosa ti ha detto.
– Tu non mi dai ordini – ringhiai io, furiosa. – Non hai nessun diritto, non sono una specie di oggetto che possiedi, sono una persona e non puoi ordinarmi di fare qualcosa.
– Va bene, hai ragione, ma dimmi cosa cazzo ti ha detto! – disse lui alzando la voce. Alcuni camerieri fuori dall’entrata del salone si girarono e ci guardarono confusi, ma poco dopo capirono che il ragazzo davanti a me era Michael Clifford, un certo tipo famoso, e così se ne andarono.
– Mi ha raccontato la sua storia, si è aperto con me nonostante tutto e non posso tradirlo in questo modo. Ha bisogno di me, ha bisogno di qualcuno pronto a stargli accanto e so di poterlo aiutare – risposi io abbassando un po’ la voce per cercare di fargli fare la stessa cosa.
– Non sei un’infermiera, principessa – ringhiò lui a bassa voce. – Le persone normali non stanno insieme a qualcuno solo per aiutarlo. Per l’amor di Dio, cos’hai in quella testa? Vuoi aiutarlo? Fallo! Ma non sei costretta a stare con lui solo perché è un ragazzo bisognoso di amore e fiducia. Puoi aiutarlo anche da amica. – Le sue parole erano piene di rabbia e le sputò come se avessero un sapore orribile.
– Lo so… Lo so – mormorai io abbassando lo sguardo. – Mi piace.
– Non mi sembri molto convinta – disse lui aggrottando la fronte, ancora arrabbiato. – Senti, ti ho detto, se vuoi stare con lui per me va bene, ma almeno…
– Ragazzi? – ci interruppe Ashton. Mike si allontanò subito e si girò verso Ash, che sembrava un po’ imbarazzato ma anche arrabbiato con noi. – Dovreste venire di là, delle ragazze ci hanno portato una torta buonissima e non ne rimarrà ancora per molto – aggiunse poi. Michael sbuffò e se ne andò, feci per andare anch’io quando sentii la mano di Ash stringere il mio braccio. Mi fermai di scatto e lui si girò verso di me, avanzando lentamente verso la piscina, mi guardò ma non riuscii a capirlo molto. Non sembrava arrabbiato con me, quindi era un avvertimento, ma perché? Deglutii, mi aveva appena dato la conferma che cercavo o no?
Tornai definitivamente in piscina, dove trovai Luke, stava parlando con una ragazza che non avevo mai visto e lei sembrava completamente catturata dai suoi occhi. Era normale, Luke aveva quel potere, ma non sapeva di averlo. Era un bravissimo ragazzo, intelligente e buono come pochi. Avrebbe avuto bisogno di persone stronze al suo fianco, persone fidate, che gli avrebbero voluto bene per tutta la vita, perché purtroppo essere buoni così in un mondo come questo è una cosa negativa. Nel mondo reale vincono i cattivi, gli stronzi.
Lo lasciai stare nonostante tutto, non potevo andare da lui ogni volta che mi sentivo persa, non potevo affidarmi così tanto a lui. Così, anche se mi sentivo sull’orlo di un precipizio, andai verso Jennifer e Cher e rimanemmo insieme per un bel po’, fino a quando non si fece buio. Non bevvi quasi per niente, ero completamente cosciente ed era una cosa buona, era quello il mio scopo. Michael non si fece praticamente più vedere, lo vidi solo due volte mentre parlava con dei ragazzi e delle ragazze, a pochi metri da me, ma non feci niente. Pensai a Gerard, perché in realtà mi piaceva, ma non quanto Michael e la mia attrazione verso Gerard era spiccata quando mi aveva detto la verità. Ero sempre stata attratta dalle persone complicate e con un passato un po’ strana, sin da piccola. Adoravo aiutare le persone, sapevo di poterlo fare perché Gerard non era stata la prima persona con problemi ad entrare nella mia vita, ma c’era anche una cosa che mi attirava a loro e forse era il dolore che avevano provato o qualcos’altro.
Quando le poche persone che c’erano se ne andarono e rimanemmo solo io, le mie amiche e i ragazzi mi sentii quasi male. No, senza quasi. Sentii il mio cuore battere forte, sentii uno strano dolore. Guardai Jennifer, che buttò le braccia attorno al collo di Calum e lo baciò con passione facendomi quasi venire il diabete. Guardai Luke, che mi stava guardando con un sorrisino dolce e feci la stessa cosa, poi indicai Calum e Jennifer e imitai il gesto di dare di stomaco facendo ridere sia Luke che Ashton. Bryana sentendo la risata del suo ragazzo alzò subito lo sguardo e si rabbuiò vedendolo ridere.  Forse potevo fare qualcosa per loro, ma non era consigliato farsi gli affari di una coppia, dopotutto non li conoscevo da tanto tempo, così decisi di non fare niente.
Fui distratta da due macchie indistinte che poco dopo distinsi, erano Michael e Grace e si stavano abbracciando. Sorrisi nonostante la rabbia e la gelosia, perché infondo volevo trovare una scusa per lasciarlo una volta per tutte, ma Grace aveva le lacrime agli occhi e il loro sembrava più un addio che altro. Andai da Ashton e lo abbracciai, lui ricambiò, un po’ confuso, ma poco dopo mi strinse di più e mi lasciò un bacio sulla fronte. Non mi piaceva essere abbracciata, mi ero sempre sentita a disagio tra le braccia di qualcuno, ma tra le braccia di quei ragazzi mi sembrava come se ne valesse la pena. Valeva la pena sentirsi a disagio. Quando mi staccai da Ashton andai da Calum e abbracciai anche lui, con un po’ più di forza, quando mi allontanai lo guardai per un paio di secondi e cercai di fargli quasi paura, perché quella che aveva appena baciato era la mia migliore amica. Lui capì e annuì sorridendo un po’. Abbracciai Bryana velocemente, perché entrambe eravamo un po’ arrabbiate, e poi passai a Luke. L’abbraccio con Luke fu diverso, mi sentii in imbarazzo ma proprio non m’interessava, perché abbracciarlo era semplicemente più importante. L’abbraccio con Luke fu più intimo, pieno di promesse che sapevo avremo mantenuto. Guardai anche lui e sigillammo una volta per tutte il patto di sentirci il più possibile.
Mi allontanai con le lacrime agli occhi, non salutai Michael e lui si era accorto che non l’avrei fatto. Non ci saremo salutati, era quello il mio scopo. Non ci saremo più parlati, non ci saremo più visti, non ci saremo più guardati. Eppure dentro di me sapevo che non era la cosa giusta da fare, lo sapevo io come lo sapevano i miei amici.
– Amy! – esclamò Luke. Mi girai verso di lui, confusa, e a quel punto alzò la mano e dentro di essa trovai una chiave, una di quelle schede elettroniche per far aprire una camera dell’albergo. Spalancai gli occhi e lo guardai. – Attrazione o amore, non credo tu voglia chiudere la faccenda in questo modo – sussurrò lui. Mi prese la mano e ci appoggiò sopra la chiave elettronica. – Dovete chiarire, non potrete farlo al matrimonio e lo sai anche tu. Lui è arrabbiato e tu non ti fidi, non ci sarà niente al matrimonio da controllare se sta sera non vi saluterete almeno come amici e lo sai bene.
Chiusi la mano con dentro la chiave e lui annuì per poi andarsene. Feci un respiro profondo e guardai i ragazzi in lontananza, presi coraggio e salii le scale per cercare di eliminare almeno un po’ d’ansia. Entrai in camera di Michael senza fare il minimo rumore, porta che si apre a parte. Mi guardai intorno e feci un sospiro: per fortuna non era ancora in camera. Quindi potevo scegliere di andarmene quando volevo. Potevo farlo, potevo andarmene o potevo affrontarlo. Non accesi nemmeno la luce, mi misi davanti la finestra che portava al balcone e guardai i paparazzi e le fans. Mi sentii in colpa, loro erano là mentre io ero dentro la camera di Michael.
Sentii la porta aprirsi e m’irrigidii subito. Michael si fermò subito e così mi girai, la sua espressione cambiò subito rilassandosi. Continuò a rimanere nello stesso punto per un bel po’ di tempo, con la mano ancora sulla porta aperta che faceva entrare la luce del corridoio nella camera buia. Deglutii e abbassai lo sguardo, imbarazzata. La verità era che non sapevo che dirgli, ero andata là solo perché in cuor mio sapevo di non poterlo lasciare senza nemmeno salutarlo. E questo forse faceva di me una persona debole, forse mi rendeva coraggiosa… non lo sapevo e non lo so tutt’ora. Forse mi rendeva solo masochista.
– Pensavo te ne fossi andata – disse Michael con un tono freddo come il ghiaccio. – Pensavo te ne fossi andata senza salutarmi. Ne saresti capace, non ero rimasto tanto scandalizzato, dopotutto si parla di te. Saresti veramente capace di non salutare una persona solo perché pensi di sapere tutto su di lei e quel “tutto” non ti piace. – Chiuse la porta ma non accese la luce. Rimasi in silenzio, perché se mi fossi messa a parlare sarei scoppiata a piangere. Fece un respiro profondo e venne lentamente verso di me. – Chi ti ha dato la chiave? Luke? – chiese ed io annuii. – Avresti dovuto chiedere il mio permesso, non credi? Non puoi entrare nelle camere altrui senza nemmeno avvertire.
– Tu lo fai continuamente – borbottai io alzando gli occhi al cielo.
Accennò un sorriso. – Un punto per te, principessa – rispose lui sorridendo ancora di più. – Cosa vuoi? Salutarmi? Potevi benissimo farlo giù, come tutti gli altri.
– Grace sta bene? – chiesi io. – L’ho vista molto giù di morale. Che le hai detto? Credo che mia madre abbia invitato anche lei al matrimonio, quindi vi vedrete sicuramente al matrimonio e se volete posso cercare di mettervi nello stesso tavolo e vicini…
– Grace starà bene e no, non voglio stare vicino a lei, ma va bene per lo stesso tavolo – rispose Michael con un tono secco e deciso. Le luci della città e della luna lo rendevano ancora più bello, con la pelle pallida, i capelli ancora più scuri e gli occhi quasi neri. Eppure lui molto probabilmente nemmeno se ne rendeva conto, mentre stava con le spalle un po’ ricurve. – Ora puoi andartene. Ci vediamo al matrimonio di tua madre.
Trattenni il respiro ma non feci intravedere niente, il mio sguardo era ancora deciso e per niente ferito, la mia bocca non era diventata ancora più fina e il mio corpo era rilassato. Avevo il pieno controllo sul mio corpo, ma non sarebbe durato ancora per molto. – Certo, non c’è problema – esclamai quindi accennando un sorriso falso come la mia borsa. – Allora ci vediamo al matrimonio. Vi manderò gli inviti il prima possibile, tanto dovrei sentire Luke molto spesso, mi dirà lui dove e quando spedirli – aggiunsi. Mi avvicinai a Michael e una volta a pochi centimetri da lui sorrisi un’altra volta, per poi dargli un bacio sulla guancia ispida a causa della poca barba. Presi un’ultima boccata di Michael, sapeva di cloro misto al suo buonissimo profumo, e a quel punto sorrisi veramente. – Ciao Michael – mormorai io e feci per allontanarmi quando mi strinse a lui e mi baciò. All’inizio catturò semplicemente le mie labbra, il bacio era delicato, molto probabilmente perché non era sicuro che avrei accettato, ma quando il mio sangue sembrò trasformarsi in fuoco non ci fu più niente di delicato.
Indietreggiò e mi trascinò insieme a lui, strinsi i suoi capelli rovinati e staccai le mie labbra dalle sue per prendere un po’ d’aria, giusto in tempo per cadere su di lui sul letto. Sentii le mie guance andare a fuoco, ero completamente sdraiata su di lui. Mike capì subito il mio imbarazzo e mi sorrise dolcemente accarezzandomi la guancia destra. Rimanemmo così per un po’, a guardarci negli occhi senza dire niente. Vorrei poter dire di essere riuscita a staccarmi da lui e scegliere di non fare una cosa del genere a Gerard, ma proprio non ci riuscii. Mi diede un lieve bacio sulle labbra, leggero come una piuma, e poi ricominciò a guardarmi, fino a quando non mi decisi a baciarlo.
Rimanemmo per un bel po’ a baciarci, senza pensare a niente se non a noi e a quello che stavamo facendo. Entrambi sapevamo che più saremmo andati avanti e più probabilità ci sarebbero state di fare danni irreparabili. Nel mio caso, il danno irreparabile sarebbe stato il mio cuore completamente distrutto. Perché era quello il suo potere: mi faceva sentire al settimo cielo ma allo stesso tempo mi sentivo così in ansia da stare male.
Non mi fece pressione, nonostante la situazione poco innocente. Non mi toccò troppo, le sue mani salivano e scendevano lungo i fianchi, toccava le braccia e stringeva le mie mani tra le sue. Ma la maggior parte delle volte rimaneva fermo sui fianchi, e poco dopo capii che lo faceva perché aveva capito quanto mi piaceva. Riuscì anche a capire che stare a cavalcioni su di lui non era una cosa che mi metteva proprio a mio agio, così si sedette e io lo dovetti seguire all’unisono. Mi guardò dritta negli occhi, le nostre labbra a pochi millimetri di distanza, i respiri che si mischiavano tra di loro, i suoi occhi nei miei… In quel momento capii che sì, lo amavo. Il mio cuore andava velocissimo, avevo il fiato corto, ma il mio cuore era gonfio di felicità. E non mi ero mai sentita così con nessuno.
Lo accarezzai con una delicatezza che spiazzò anche a me. Chiuse gli occhi e la sua mascella s’indurì sotto il mio dolce tocco. Lo guardai attentamente, guardai le sue palpebre chiuse, il suo naso tanto carino, quel suo accenno di barba che lo rendeva sexy, quelle labbra perfette, quei capelli così secchi da sembrare paglia… Gli baciai la punta del naso facendolo ridere, il suo petto vibrò e il mio petto riuscì benissimo a sentire ogni singola cosa. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, lui si avvicinò a me e posò la sua fronte sulla mia senza aprire gli occhi.
– Dimmi che al matrimonio staremo da soli – sussurrò lui e sembrò quasi una preghiera. – Dimmi che sceglierai me. Dimmi che mi hai già scelto. Dimmi che quello che sta succedendo adesso non è una cosa senza senso. Dimmi che non credi a una parola di quello che ti ha detto quel Gerard. So di essere il tipo sbagliato per te, lui è il tuo tipo, con i vestiti perfetti e i capelli sempre apposto, ma a me non interessa. Io voglio te.
Sospirai e il mio cuore sembrò non farcela. – Il patto vale – mormorai io passando una mano sulla sua mascella. – Non potrei mai metterti in disparte per lui, Mike. Posso provarci, ma sappiamo entrambi che è impossibile. A me piacciono questi capelli – continuai mettendo una mano tra i suoi capelli. Raddrizzò subito la schiena e chiuse gli occhi accentuando la mascella. – Io adoro i tuoi vestiti, anche quei jeans così attillati che sembrano quelli di una ragazza – aggiunsi ridacchiando. – Amo questo corpo – sussurrai abbassando la mia mano e percorrendo tutto il suo petto fino ad arrivare alla pancia. – Amo questa pancetta – dissi ridacchiando, mentre lui tratteneva il respiro. Dovetti reprimere la voglia di dirgli “Io amo te, amo tutto di te”, quindi lo baciai, cercando di trasmettergli tutto tramite quel bacio delicato ma ardente.
– Vorrei sentirti – mormorò lui posando le mani sulla fine della mia schiena per farmi avvicinare ancora di più a lui. Trattenni il respiro sentendo il suo petto completamente attaccato al mio e vedendo il suo viso così da vicini. – In questi mesi, intendo. Esattamente come Luke, vorrei sentirti anch’io.
Accennai un sorriso. – Hai il mio numero – bofonchiai io cercando di non entrare in iperventilazione. – Puoi chiamarmi quando vuoi.
– Anche alle due di notte? – chiese lui.
– Anche alle quattro di notte – risposi io prima di ricominciare a baciarlo.
Smise di baciarmi ma non allontanò le sue labbra dalle mie, sentii il suo sorriso battere sulle mie labbra e quel sorriso fu così contagioso che finii per sorridere anch’io senza un motivo. – Dalle quattro e un minuto però no?
Sorrisi ancora di più e posai le mani sulle sue spalle. – Ci devo pensare, dovrò dormire anch’io, no? – ribattei io trattenendo una risata.
– Dormire è sopravvalutato – rispose lui ridendo. – No, non è vero, dormire è tutto – aggiunse poi scuotendo la testa.
Scoppiai a ridere proprio a pochi centimetri di distanza dalla sua faccia e questo mi fece arrossire ancora di più. Mike però non mi ci fece pensare più di tanto, perché poco dopo mi ritrovai sdraiata a pancia in su con lui sopra. In quel momento tremavo più che ridere. Si abbassò completamente sopra di me, tenendosi però sulle braccia, e mi baciò. Tutt’ora non mi so spiegare quel bacio. Ero completamente rapita da lui e da quel bacio e lui mi sembrò essere nella mia stessa condizione.
Tremavo come una foglia e sicuramente lui se ne accorse ma fece finta di niente; forse perché anche lui ogni tanto sembrava rabbrividire sotto il mio tocco del tutto inesperto. Ad un certo punto si alzò un po’ e questo mi fece entrare un po’ nel panico, perché pensavo di aver fatto qualcosa di male, ma poi si tolse la maglietta e tutto il mio corpo si rilassò almeno un po’. Rimasi a guardarlo per un po’, ero completamente scioccata, e come darmi torto!
Mi guardò negli occhi e alzò un po’ la mia maglietta. Il mio cuore si fermò per un po’ di tempo e m’irrigidii subito, lui fece per lasciar perdere ma non ci pensai più di tanto e mi tolsi la maglietta, rimanendo con il reggiseno del costume e i pantaloncini. Non mi guardò per molto e lo ringraziai mentalmente per questo, ma anzi si avvicinò un’altra volta e ricominciò a baciarmi muovendosi un po’. Quei movimenti mi diedero varie scosse, che percorsero tutta la mia schiena.
– Non… – iniziai io e rimasi del tutto scioccata dalla mia voce, che quasi non riconobbi. – Non posso andare avanti – riuscii a dire dopo un po’ guardandolo negli occhi. – Gerard…
– Va bene – mormorò lui ma si era un po’ irrigidito dopo aver sentito il nome del mio quasi-ragazzo. – Non ho intenzione di fare sesso con te, principessa.
– Oh – sussurrai, completamente in balia delle emozioni e delle sensazioni fantastiche che mi stava facendo provare. Lo ammetto, ci rimasi un po’ male quando mi disse quella cosa. Insomma, pensai veramente di avere qualcosa di meno o di aver fatto qualcosa di male. Infantile e assolutamente ridicolo, da persona schifosamente insicura, ma è così.
– Quanto ti vuoi spingere oltre? – chiese lui con una voce rauca che mi fece rabbrividire. Scossi la testa, non sapendo cosa dire, e così si mise a ridere. – Va bene, principessa, allora lascia fare a me. Quando vorrai smettere me lo dovrai dire, va bene? – chiese lui ed io annuii, viola dalla vergogna. Fece una risata dolcissima. – Quando arrossisci in questo modo mi fai morire.
Arrossii ancora di più. – Ed è una cosa positiva o negativa?
– Dimmelo tu – sussurrò lui avvicinandosi a me il più possibile per far combaciare i nostri corpi perfettamente. M’irrigidii e feci una risata nervosa. – Ora però ti devi rilassare – aggiunse baciando il mio collo, per poi scendere. Sentii una sua mano slacciare il bottone dei miei pantaloncini e il panico prese il sopravvento. – Mi devo fermare? – chiese lui guardandomi dritto negli occhi. Lo guardai con il cuore in gola, cercai di pensare ma era praticamente impossibile con le sue dita che facevano dei piccoli cerchi sulla pancia scendendo sempre di più. Scossi la testa e chiusi gli occhi, mentre lui cercava di trattenere una risata.
 
Quando mi svegliai il mio cuore sembrò crollare. Non controllai nemmeno, già sapevo che mi aveva lasciata da sola, in quella stanza che ormai non era più sua. Mi alzai, il costume ormai era completamente asciutto, ma mi sentii comunque troppo esposta, così presi la mia maglietta e i miei pantaloncini e me li misi. Mi sedetti sul letto, mi strinsi le gambe al petto e ci posai sopra il mento. Guardai quella stanza per davvero tanto tempo, aspettai il suo ritorno, ma era l’una di notte. Scossi la testa, triste come non mai, e tornai a letto. Mi misi nel lato dove si era addormentato poche ore prima e mi misi in posizione fatale. Non piansi più di tanto, ma sentii un dolore fisico per giorni.

Angolo Autrice:
Mi dispiace davvero tanto! Sono da uccidere, lo so, ma è iniziata la scuola e il pomeriggio non faccio in tempo a chiudere gli occhi per dormire un po' che devo già studiare... Maledetto quinto anno! Oggi, per esempio, non ho studiato, perché dovevo assolutamente finire questo capitolo, che è stato un vero e prorpio parto. All'inizio non sapevo come iniziarlo, poi non sapevo come continuarlo... è stato un incubo O.O. Spero di aver scritto qualcosa di decente...
Vi prego fatemi sapere cosa ne pensate, sono veramente indecisa su questo capitolo e ogni volta che inizio a leggerlo finisco per storcere il naso. Quindi ho bisogno di voi ahahah. Mi scuso per eventuali errori, entro sabato spero di riuscire a correggerlo.
Un bacio e al prossimo capitolo. 

 

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Capitolo 24
*** Il matrimonio ***


Capitolo 23
Il matrimonio
 
- Va bene! – esclamai io mettendomi indietro i capelli. – No, no, no! – urlai io correndo da Cher, che si fermò con ancora un paio di sedie tra le braccia. – Quelle vanno al tavolo a sinistra. Hanno gli stessi colori, vedi? – chiesi io e lei annuì e andò a portare le sedia al tavolo con le decorazioni verdi. Feci un respiro profondo e guardai casa mia. Io e una signora, Cheyenne, che mi aveva aiutato molto, eravamo riuscite a trasformarla in una casa bellissima, piena di decorazioni, foto di Jason e mia madre, striscioni romantici e per niente brutti… Ero veramente contenta del lavoro che avevo svolto. Finalmente ero riuscita a fare qualcosa di decente in quattro mesi, oltre a prendere buonissimi voti all’università ovviamente, che ero riuscita a riprendere alla perfezione.
– Amy! – urlò mia madre da dentro casa. Entrai correndo e la vidi intenta a mettersi il vestito da sposa molto semplice e adatto alla sua età. – Aiutami, per favore! – esclamò lei, agitata come non mai. L’aiutai ad allacciarsi il vestito da dietro, allacciando tutti quei piccoli bottoni che riuscirono a far impazzire addirittura me. – Ancora non sei pronta! Sbrigati! – urlò poi spingendomi verso la doccia, che mi feci in un quarto d’ora.
Quando uscii fui pronta per farmi truccare e sistemare i capelli dalla mia nuova amica, Lydia, che avevo conosciuto all’università. Le tremavano un po’ le mani per l’ansia, ma la sua non era dovuta al matrimonio. La fermai e le presi una mano. – Andrà tutto bene – sussurrai io. – Lascia fare tutto a me e vedrai che andrà tutto bene.
Lydia annuì subito, ma non era molto convinta. – Non voglio coinvolgerti, Amy. Hai già fatto molto per me e lui non ti ha mai incontrata. Non so più…
– Bé, m’incontrerà presto allora – risposi io con tono deciso per cercare d’infonderle un po’ di sicurezza. In realtà però era solo una maschera, non ero affatto sicura. – E capirà subito di che pasta sono fatta. Dovrà capire un bel po’ di cose e glie le farò capire con le buone o con le cattive.
– Spero solo che non gli venga in mente di rovinare il matrimonio di tua madre…
– Non ci riuscirà, te lo prometto – ringhiai io. Guardai Gerard andare da una parte all’altra dando ordini e sorrisi, era così sexy quando ordinava agli altri di fare qualcosa, aveva quell’espressione da duro che in realtà non gli si addiceva per niente, non più almeno. Sapevo bene però che mi avrebbe aiutato, esattamente come io stavo facendo con lui e questo mi diede un po’ di forza. Sorrisi a Lydia, che aveva finito di prepararmi e mi andai a mettere il vestito in fretta. Il verde acqua era un colore un po’ troppo appariscente per quelle come me, che non volevano stare al centro dell’attenzione, ma era il matrimonio di mia madre e mi aveva praticamente pregata di mettermi qualcosa di quel colore.
Ero molto agitata, quel giorno sarebbero successe molte cose: non sarei tornata a casa mia, bensì in un appartamento molto piccolo con Lydia ma con un giardino dove avrei portato con me il mio cagnone; mia madre si sarebbe sposata con Jason; io avrei dovuto parlare con l’ex ragazzo di Lydia e avrei rivisto i miei amici, i 5 Seconds of Summer. Trattenni una risata, mi faceva veramente strano pensare quella frase, ma smisi subito quando pensai a Michael. Avevo veramente creduto al suo “vorrei sentirti in questi mesi” e ovviamente avevo fatto male. Non l’avevo sentito, a parte una volta. Era stata una cosa strana, era passato più di un mese e mezzo e ormai non ci speravo nemmeno più, non mi avrebbe chiamata e basta. Grazie a Dio avevo il sonno leggero e grazie a lui mi ero svegliata subito quando avevo sentito il mio cellulare vibrare. – Pronto? – avevo detto io senza nemmeno guardare il numero. Lui era rimasto zitto per un po’ e poi aveva risposto: – Sono le quattro e due. – Il cuore mi aveva iniziato a battere velocissimo e avevo pensato che mi sarebbe venuto un infarto. – Michael? – l’avevo chiamato io e lui aveva ribattuto: – Hai risposto, non pensavo l’avresti fatto. Se l’avessi saputo molto probabilmente non avrei chiamato. – Inutile dire che era ubriaco marcio. – Dove stai? – avevo chiesto io. – In una discoteca piena di persone famose. È tipo una festa, sinceramente non mi ricordo bene. E tu dove stai? – aveva risposto lui. – A casa, stavo dormendo, domani ho lezione – avevo risposto io. Eravamo rimasti in silenzio per un po’, si sentiva la musica in sottofondo e il suo respiro affaticato, poi mi aveva avvertita dicendomi: – Sto per attaccare – e il secondo l’aveva fatto veramente, aveva attaccato. Quella sera non ero riuscita a dormire.
– Amy, vieni o no? – chiese Lydia con una voce stridula. Sussultai e la guardai, stava vicino la porta e appena mi vide così confusa aggrottò la fronte. – Stai bene? – chiese lei e fece per avvicinarsi a me quando mi alzai e andai verso la porta annuendo. – A cosa stavi pensando?
– Oh, emh… niente – sussurrai io rossa in viso. – Andiamo, siamo in ritardo.
Lydia si mise alla guida e partimmo il prima possibile. Quando arrivammo là per fortuna non era ancora arrivato quasi nessuno, dandomi così il tempo di andare a salutare Jason, che se ne stava in una stanzetta della chiesta con il suo amico. Sembrava veramente nervoso. – Ciao – lo salutai io cercando di sorridere il più possibile.
Jason sussultò e si girò verso di me. – Amy, ciao – mi salutò lui sorridendo nervosamente. – Come stai? Cavolo, sei bellissima! – esclamò lui abbracciandomi. – Hai visto tua mamma? Ma che dico, certo che l’hai vista! Come sta? È agitata? Ci sta ripensando?
– Jason, calma! – affermai io ridendo. – Mamma sta bene, è nervosa anche lei ma non ci sta assolutamente ripensando. È bellissima, quindi preparati.
– Tua madre è sempre bellissima – mormorò lui guardando la porta dietro di me, impaziente di uscire. – Ovviamente anch’io non ci sto ripensando, è solo che sono molto nervoso, questo è il mio primo matrimonio e… Oddio, non voglio che tu ci rimanga male.
A volte Jason sembrava proprio un adolescente. – Jason, stai calmo! Non ci sono rimasta male. È il tuo primo matrimonio, in realtà una persona si dovrebbe sposare solo una volta nella vita, no? E tu hai scelto mia madre. Per me va bene – aggiunsi poi accennando un sorriso dolce. – Ora devo andare, ma tu stai calmo che sennò viene l’ansia anche a me – borbottai io prima di andarmene, sorridendo un po’ all’amico di Jason, Kyle.
Mi misi davanti la chiesa e iniziai a salutare le persone che stavano entrare, le abbracciavo e le baciavo nonostante odiassi farlo. Aspettai e aspettai, accanto a me avevo Gerard con uno smoking bellissimo e una cravatte verde acqua. Lo guardai e gli sorrisi stringendolo per pochi secondi a me. Si moriva dal freddo e per fortuna avevo una giacca abbastanza elegante e una sciarpa, che rovinava tutto, ma non m’importava più di tanto.
Quando vidi un’enorme macchina fermarsi proprio davanti la chiesa con tanto di vetri oscurati capii che erano loro. M’irrigidii subito e così anche Gerard. Il primo a scendere fu Luke, si guardò intorno per un po’ con la fronte aggrottata e poi riuscì ad individuarmi. Sorridemmo entrambi, posai una mano sul braccio di Gerard e poi andai verso di lui quasi correndo nonostante i tacchi altissimi. Avevo le lacrime agli occhi e quando mi fiondai su di lui ricominciai a respirare. Luke mi strinse a sé fino a non farmi respirare più, ma non m’importava respirare, non più di tanto almeno. Subito dopo scesero anche Calum e Ashton, senza Bryana, e abbracciai anche loro, ma con meno calore. Luke era Luke e aveva mantenuto la sua promessa: mi aveva chiamata quasi tutti i giorni.
Il mio cuore perse un battito quando vidi una testa bionda in più. Ovviamente aveva cambiato colore di capelli. Sentii Gerard salutare Luke e gli altri, ma quando Michael posò lo sguardo su di me afferrai la mano di Gerard e lui fu costretto a venire accanto a me. – Ciao – bofonchiò Michael con lo sguardo abbassato.
Rimasi in silenzio per un po’, il mio cuore sembrava non farcela e avevo quasi le lacrime agli occhi, ma dovevo comportarmi normalmente. – Ciao – lo salutai io, la voce fredda come non mai. Rabbrividii e mi strinsi a Gerard, che posò un braccio sulle mie spalle. Gerard e Michael si salutarono con una strana stretta di mano.
– Amy! – mi chiamò da lontano Lydia, la voce tremante. M’irrigidii subito e mi scostai da Gerard. Lydia alzò il cellulare facendomi capire che dovevo assolutamente andare da lei.
– Scusatemi un attimo – dissi io. – Potete entrare, dovreste entrare nella fila dopo la nostra. Ger, ci pensi tu? – aggiunsi poi.
– Certo, ma va tutto bene? – chiese lui, preoccupato. – Riguarda il ragazzo…
– Ci penso io – risposi subito io fermandolo. Guardai i ragazzi, nervosa, che sembravano confusi, così sorrisi. – Andate, io arrivo subito – dissi sorridendo ancora di più. Strinsi un attimo la mano di Luke, che mi sorrise, e andai da Lydia quasi correndo. Presi di scatto il cellulare facendola sussultare, vidi il nome sullo schermo e risposi io al posto suo. – Sono Amelia, un’amica di Lydia. Al momento è molto impegnata e credo che lo sarà per un bel po’ di tempo. Per favore, non chiamarla più.
– So che è là, passamela – rispose una voce fredda come il ghiaccio.
– No – ringhiai io prima di attaccare. Rabbrividii e strinsi il cappotto. – Il cellulare lo tengo io, se ti chiama qualcun altro te lo do, ma per il resto ci penso io. Entra dentro, ci vediamo tra poco. – Lydia fece per dire qualcosa ma le ripetei di entrare dentro e così mi diede ascolto. Rimasi per un minuto fuori a respirare, l’adrenalina correva dentro le mie vene, ero furiosa. Era il giorno di mia madre e io ero indaffarata a salvare la mia amica da quello stronzo del suo ex ragazzo. Feci un respiro profondo ed entrai sorridendo falsamente a tutti gli amici di mia madre e Jason. Mi sedetti sulla prima fila a sinistra, proprio davanti a Michael e accanto a Gerard, che mi chiese spiegazioni. Scossi la testa, troppo nervosa per parlare, e lui fece un sospiro.
 
Guardai la macchina che aspettava mia madre e Jason con le lacrime agli occhi. Era confermato: mia madre non sarebbe più tornata da mio padre, ma il suo sorriso e la luce nei suoi occhi mi fecero veramente sentire felice. Mio padre non era felice, ma mia madre sì e non dovevo incolparla per questo. Gerard mi prese per mano e mi baciò la tempia, gli sorrisi, grata e così lui mi abbracciò. Il nostro rapporto non era molto appassionato, era un ragazzo veramente dolce e non mi faceva pressioni, non più di tanto almeno. Era un ragazzo, era ovvio che volesse andare a letto con la sua ragazza, ma io non ero pronta. Non ero pronta perché avevo paura o altro, ma perché non l’amavo, e lui lo sapeva. Nemmeno lui mi amava, la nostra era una relazione “tu salvi me ed io salvo te”. Ero attratta da lui e lui mi aveva dimostrato di essere attratto da me, ci volevamo bene… ma non l’amavo.
Era da quando ero entrata in chiesa che mi sentivo gli occhi di Michael addosso e non ce la facevo più, avrei voluto fare tante cose, tra cui dargli un calcio nelle palle, ma anche saltargli addosso e abbracciarlo, baciarlo e pregarlo di non lasciarmi più. Girai lentamente la testa verso di lui e trattenni il respiro quando intercettai subito i suoi occhi, che puntarono subito i miei. Mi nascosi come una piccola bambina dietro il braccio di Gerard, ma con un occhio potevo ancora vederlo. Arrossii subito quando ripensai a quello che avevamo fatto pochi mesi prima, in quella camera d’albergo, e abbassai lo sguardo verso le sue mani, che erano chiuse a pugno. Quello mi diede la forza di nascondermi del tutto dietro Gerard, i miei occhi non sapevano più dove posizionarsi, continuamente attratti da quelli di Michael, e si fermarono su Jennifer, che mi stava guardando tristemente. Lei sapeva, immaginava tutta la tristezza e la battaglia che ogni giorno mi uccideva lentamente dentro di me.
Andammo tutti a casa, invitati e sposi. La casa era perfetta, guardai un’ultima volta Cheyenne e le sorrisi, soddisfatta. La donna fece altrettanto prendendo sottobraccio suo marito, che era stato altrettanto invitato. Guardai per pochi secondi l’entrata, nervosa, pronta a vedere il ragazzo di Lydia, ma non lo vidi e mi sentii un po’ meglio.
– Ehi – mi salutò Luke facendomi sussultare e tornare sulla terra. – Che succede, Amy? – chiese lui avvicinandosi un po’ a me con un bicchiere di champagne in mano. – Sei agitata e vorrei davvero tanto credere che sia dovuto al fatto che c’è Michael, o che stai per trasferirti da un’altra parte, o che tua madre si è sposata con un altro uomo, ma non è per nessuno di questi motivi. Sei spaventata, Amy? Chi stai aspettando?
Sorrisi a Luke e gli accarezzai la mano. – Non sono spaventata, è solo che… ci sono stati tanti cambiamenti in poco tempo e… – Guardai Lydia, che se ne stava seduta con un sorriso finto a guardarsi intorno. – Non conosco molto bene Lydia e ho paura di trovarmi male in quel miniappartamento con lei.
– Ma tu adori quella ragazza! – esclamò Luke aggrottando la fronte. – C’è qualcosa che non mi stai dicendo, Amelia. Ti prego, dimmi cosa sta succedendo.
– Non è niente, veramente – risposi io sorridendo ancora di più. – Andiamo, ci sono varie cose che ci stiamo perdendo! – aggiunsi poi prendendolo per mano.
Ci furono un sacco di cose che non ci perdemmo, come per esempio il taglio della torta bellissima o del primo ballo di mia madre con Jason che mi fece piangere come una bambina piccola. Quel matrimonio stava andando alla grande, l’amore di Jason e di mia madre era palpabile, lo si vedeva nei loro occhi, nei loro sorrisi, addirittura nella loro pelle. Emanavamo quella felicità che solo una coppia innamorata poteva provare.
Al secondo ballo misero un’altra canzone, altrettanto dolce: Like I’m Gonna Lose You di Meghan Trainor e John Legend. Pensai di ballare con Gerard, ma Jennifer lo prese di scatto e andò a ballare con lui. Aggrottai la fronte, più confusa che mai e poi guardai Calum, che sembrava altrettanto confuso ma anche infastidito. Mi guardò e fece spallucce accennando una risata, scosse la testa e in quel momento capii che non ce l’aveva con lei. Sentii qualcuno prendermi la mano facendomi sussultare, poi quello a sussultare fu il mio cuore, che iniziò anche ad andare a razzo. Rimasi in silenzio a guardare gli occhi verdi di Michael per un po’ di tempo, con tanto di bocca spalancata. Non dovevo essere proprio la persona più sexy di questo pianeta, molto probabilmente a momenti avrei anche sbavato. Mi lasciai guidare verso la pista, mi facevano male i piedi e avevo un po’ freddo visto che qualcuno aveva appena aperto una finestra, ma tutto sembrò passare in secondo piano quando sentii le mani di Michael posarsi sui miei fianchi. Guardai Gerard, che era intento a parlare animatamente con Jennifer, e rabbrividii posando le mie mani sulle sue spalle.
– Non avresti dovuto farlo – sussurrai io guardandomi intorno per cercare di capire se stavamo nel mirino di qualcuno. Nessuno ci stava guardando, forse perché la maggior parte delle persone presenti in quella stanza avevano più di quarant’anni e quindi non sapevano nemmeno chi fosse quel ragazzo con i capelli un po’ troppo biondi.
– Mi avevi promesso un ballo – rispose lui e con la coda dell’occhio riuscii a vedere il suo sorriso un po’ sghembo. – Ti stavi guardando in giro come una ragazza al suo primo ballo di fine anno, in attesa di qualcuno che t’invitasse a ballare, così ho deciso di prendere l’iniziativa.
– Oh, quindi adesso dovrei addirittura ringraziarti! – esclamai io. – L’ultima volta che ho controllato tu eri dall’altra parte del mondo e avevi appena infranto la tua promessa e cioè quella di chiamarmi – ringhiai io continuando a guardare tutti tranne lui. – Quindi scusami se ti pesterò i piedi ogni tanto, potrei quasi dirti che è colpa del pavimento, che mi vuole così bene da volermi continuamente con la faccia accanto alla sua, ma mentirei e basta, in realtà quando ti pesterò il piede sarà solo perché mi andrà di farlo.
– Mi fa piacere sapere che riesci sempre a trovare il modo per divertirti – rispose lui sorridendo ancora di più. Gli lanciai un’occhiataccia che durò sì e no due secondi e poi ricominciai a guardare dietro di lui. – Non credi mi aspetti anche una bella chiacchierata con te? Magari con te che mi guardi in faccia?
Feci una risata nervosa. – No, non ti meriti un bel niente – risposi io. – Anzi una cosa sì, meriteresti un bel calcio nelle palle.
Rise di gusto. – Principessa…
– Non-chiamarmi-così – ringhiai io con quasi le lacrime agli occhi. – Non puoi seriamente pensare di arrivare qua e comportarti come se niente fosse. Sono fidanzata, sei venuto qua e ti sto dando la possibilità di chiarire con me, ma non c’è niente da dire se non che sto con Gerard e che lo amo.
Tutto il suo corpo s’irrigidì. – Tu… Davvero? – chiese lui, quasi scioccato.
Il mio cuore stava andando veramente troppo veloce. – Cosa ti aspettavi, Michael? – chiesi io e trattenni le lacrime il più a lungo possibile. – Non ti sei fatto sentire per mesi. No, hai fatto di peggio. Mi hai baciata, hai fatto in modo che facessimo quelle cose, mi hai fatto addormentare con il pensiero che ti saresti fatto sentire, poi te ne sei andato senza nemmeno salutarmi e non ti sei fatto sentire per mesi.
– Detta così sembra una cattiveria, è vero, ma non sai il mio punto di vista – mormorò lui guardando distrattamente Gerard. – Ti aspetto in camera tua. Fammi chiarire la situazione e vedrai che capirai il mio punto di vista.
– No – risposi io e finalmente la canzone finì. – No, sono stanca dei tuoi giochetti. Mi sono fatta prendere in giro abbastanza da te, ora ne ho abbastanza, anzi ne ho le palle piene! – esclamai io alzando le mani in segno di resa. Michael diventò ancora più bianco in faccia e mi guardò per tanto tempo, anche quando la mia attenzione finì su Lydia, che stava salendo le scale.
M’irrigidii subito e mi girai verso la porta d’ingresso, dove trovai un ragazzo alto che cercava di entrare. Per fortuna Cheyenne aveva avuto la bell’idea di mettere un omone davanti, così da non far entrare chiunque. Feci un respiro profondo e sentii il mio cuore andare veloce, ma non a causa di Michael. Guardai per un momento mia madre, che stava ridendo con Jason, e poi andai a prendere il giacchetto. – Mi scusi – interruppi l’omone, che stava litigando con il ragazzo. L’omone mi guardò. – Ci penso io, grazie – dissi io sorridendogli. La faccia dell’omone si addolcì un po’ vedendo il mio sorriso innocente e si mise a pochi metri di distanza continuando a tenere d’occhio il ragazzo.
– E tu chi sei? – chiese il ragazzo, scorbutico.
– Io sono l’amica di Lydia e anche la proprietaria di questa casa – risposi io e cercai con tutta me stessa di non ringhiare come un cane, ma era veramente difficile. – Sentimi bene perché spero veramente di non dovertelo ripetere più di una volta – dissi io abbassando il tono di voce e avvicinandomi a lui per farmi sentire bene. – Tu adesso te ne andrai e non ti farai più vedere. Cancellerai il numero di Lydia e andrai avanti esattamente come sta facendo lei, e se vengo a sapere che l’hai chiamata anche solo una volta… bé, allora passerò alle maniere forti.
Rise e la sua voce risultò più rauca di prima. – E che vorresti fare, sentiamo – ringhiò lui avvicinando il suo viso al mio.
Dovetti reprimere la voglia di allontanarmi e dargli un calcio in mezzo alle gambe, per poi darmi alla fuga. Con le mani che mi tremavano, mi avvicinai ancora di più a lui arrivando a pochi centimetri di distanza dal suo viso. – Tu, stronzo maniaco, devi stare lontano dalla mia amica o quant’è vero Dio vado dalla polizia e ti faccio arrestare. Sta’ lontano da lei, dico sul serio. Non mi conosci e io non conosco te, ma Lydia mi ha parlato di te e sai cosa penso? Sei solo un fottuto bambino, ti darei l’ergastolo se solo ne avessi il potere.
– Andare dalla polizia? E con quali accuse? – chiese lui con la voce ancora più rauca e minacciosa.
– Oh, vuoi che lo dica ad alta voce? Per me non c’è problema, sul serio! – esclamai io accennando una risata nervosa, che lui interpretò come una presa in giro. – Ho ricevute dell’ospedale dove Lydia è stata, a causa tua – ringhiai io e la rabbia sembrava essere diventata la mia bomba ad orologeria, pronta a farmi esplodere. – So molte cose su di te, ho le prove e ho Lydia, che ha ancora i lividi. Sono così tanti che non le crederebbe nessuno se dicesse di esserseli provocati a causa di un lampione o addirittura a causa di un cavallo. Sei un animale, dovresti morire in prigione da solo e senza mangiare, ma purtroppo a quelli come te è possibile vivere e mangiare.
Mi prese di scatto il braccio e sussultai, per pochi secondi il panico prese il sopravvento, ma riuscii subito a riprendermi e la mia espressione diventò un’altra volta determinata e sicura. Fui costretta a nascondere la mano libera dietro la schiena per non fargli vedere che tremavo come una foglia al vento. – Non mi fai paura. Quelli come te mi fanno solo pena – ringhiai io ma la mia voce tremò un po’.
– Devi starne fuori, sono stato chiaro? – chiese lui.
– E tu non la devi più nemmeno nominare, sono stata chiara? – risposi io. – Tu prova solo un’altra volta a toccarla o a rivolgere la parola e io ti giuro che faccio il putiferio.
– E come? Sei una pulce, ti schiaccerei con un dito – ringhiò lui. – Potrei benissimo spezzarti questo braccetto che ti ritrovi. Basterebbe solo una presa sbagliata e un movimento ancora più sbagliato ed ecco qua che…
– Che te ne vai – s’intromise Michael. Sussultai un’altra volta e lo guardai con gli occhi spalancati, il mio primo impulso fu quello di mandarlo via, urlargli di scappare e non farsi più vedere, il secondo fu di scoppiare a piangere e abbracciarlo. – Lo vedi quel tipo là? – gli chiese indicando un uomo poco fuori la porta d’ingresso, ancora più grosso di quello che stava prima alla porta. Il ragazzo si girò e vide l’uomo enorme. – Ecco, quel tipo là lavora per me. A lui basterebbe solo un piccolo cenno da parte mia per ridurti in cenere… Altro che braccetto. Quel tipo ti fa fuori e ti posso garantire che la passerà liscia, l’ha sempre fatto e un coglione in più non gli fa di certo differenza. – Michael per la prima sembrava minaccioso e ci sapeva veramente fare! Il ragazzo sembrò un po’ indeciso, continuava a guardare prima me, poi Michael e infine l’uomo enorme a pochi metri da lui. – Sa dove abiti, o meglio lo saprà quando gli chiederò d’indagare su di te. Ha altri uomini, degli hacker provetti che ci metterebbero veramente un minuto a scovarti, se non di meno – aggiunse Michael sempre più minaccioso. – Tu devi solo fare una cosa: avvicinarti a lei o addirittura guardarla. Lei non esiste per te, non più. Se questa cosa non ti entrerà in testa nei prossimi due secondi allora dovrò chiedere al mio amico d’indagare, scovarti, farti soffrire veramente tanto e poi… chissà, a volte non sa fermarsi.
Lo guardai scioccata. Quello non poteva essere Michael e quella non poteva essere la mia vita! Quell’uomo mi sembrava Huck e Michael mi sembrava la sua Olivia Pope. Il ragazzo lanciò un’ultima occhiataccia e poi se ne andò, ancora più infuriato. Feci per sorridere, soddisfatta, quando mi chiese: – Che cazzo hai combinato?!
– Come scusa? – chiesi io, confusa.
– Chi era quel tipo? Perché ce l’aveva con te? Perché cazzo ti stava minacciando?! – sbottò lui cercando di tenere un tono di voce basso per non farsi sentire da nessuno. Si guardò in giro, solo alcune persone ci stavano guardando, confuse da quello che stava succedendo, e così Michael mi prese e mi trascinò in camera mia. Non ce la feci a dirgli di no, sia perché non volevo fare una scenata davanti a tutti e sia perché… perché era Michael. Chiuse la porta dietro di sé e si girò verso di  me, sembrava veramente ansioso mentre si scompigliava quei capelli che pochi secondi prima sembravano veramente ordinati. – Ora tu mi spieghi tutto.
– Non ti devo spiegare niente, quello è un mio amico e stavamo litigando – borbottai io facendo spallucce. – Non posso rimanere qua, mia madre si è appena sposata e il mio ragazzo sta qua sotto. Sarebbe veramente scortese da parte mia stare dentro una camera con un altro ragazzo.
– Sì, perché invece quello che abbiamo fatto pochi mesi fa non è per niente scortese, vero? – chiese lui facendomi diventare paonazza. – Quello non è un tuo amico. Gli amici non prendono il braccio dei loro amici e gli minacciano di romperlo.
– Chris è fatto così, quando si arrabbia non ci vede più – buttai là continuando a fare spallucce per cercare di non far pesare la cosa. – Ho tutto sotto controllo. Stanne fuori – aggiunsi poi, andai verso la porta e l’aprii. Forse avrei fatto meglio a mettere da parte il mio orgoglio, quel ragazzo mi aveva veramente fatto paura e Michael poteva veramente spaventarlo e non solo per me, ma anche per Lydia. Sicuramente in quel momento lui stava dando la colpa alla sua ex ragazza, perché io ero la sua amica e Michael era il mio… qualsiasi cosa fosse. Quindi forse avrei fatto bene a girarmi e dirgli che mi doveva aiutare, che me lo doveva, che doveva aiutare anche Lydia o sarebbe finita veramente male.
Ma non mi diede il tempo di farlo, perché chiuse subito la porta e me lo ritrovai dietro di me.  – Quello non era un tuo amico. Quello era il ragazzo della tua amica che si è data alla fuga appena lui ha aperto la porta – ringhiò Michael. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, perché non ero proprio nella posizione ideale di parlare, visto che il mio cervello si era completamente spento. – E tu stai aiutando anche lei, perché ovviamente tu aiuti tutti, anche i topolini con le pulci. Ma lui non è il gatto che vuole uccidere il topolino, principessa, quel tipo mi sembra abbastanza matto – mormorò lui e sentii il suo respiro battere sui miei capelli, rabbrividii. Era rigido e rimase in silenzio per un po’. – Quel tipo poteva veramente farti male al braccio – aggiunse poi e sentii le sue dita sfiorare il braccio che mi aveva stretto il ragazzo poco tempo prima. Sentii un brivido percorrermi tutto il corpo e le gambe diventarono gelatina. – Sei forte di carattere, ma rimani comunque una ragazza piccola di costituzione e quello rimane un coglione ma di uno e ottanta minimo e muscoloso.
Posai la testa sulla porta e sospirai. Mi allontanai da lui e mi girai appoggiandomi alla porta con la schiena per guardarlo negli occhi. – La picchiava – sussurrai io. – Ha bisogno di me, quel tipo non può farmi del male e lei sta con me. Non la lascerò sola un secondo. Qua a casa mia è protetta, fuori c’è troppa gente e a casa ci sono anch’io. Ho tutto sotto controllo.
– Quel tipo… – disse lui e la sua voce vibrò a causa della rabbia, si avvicinò a me e trattenni il respiro. – Se ti tocca solo con un dito… farò in modo di fargli tagliare tutte le dita.
Rabbrividii al solo pensiero. – Non puoi farlo, Michael. La legge è uguale per tutti e tu finiresti veramente nei guai. Andrà tutto bene, non mi toccherà…
– Che ne dici se gli tagliamo le dita di una mano solo per promemoria? – propose lui.
– Michael! – esclamai io, disgustata.
– Va bene, allora uno? – ci riprovò lui. Rimasi in silenzio a guardarlo male e pochi secondi dopo ci ritrovammo a ridere, ma ridere veramente forte. – Possiamo parlare adesso? – chiese lui una volta ritornati seri.
– Non c’è niente da dire, Michael, sul serio – borbottai io abbassando lo sguardo. – Non mi hai chiamata perché non ti sono mancata, non fa niente, davvero. Sto con Gerard, non vedo come potrebbe darmi fastidio. Mi da fastidio solo perché dopo quello che è successo quella sera… Pensavo veramente t’importasse qualcosa di me, ma non fa niente.
Aggrottò la fronte. – M’interessi, Amelia, e lo sai. Se non m’interessassi non sarei qua e avrei fatto sesso con te senza fermarmi ai preliminari – ribatté lui fissandomi, mentre il mio sguardo era rivolto a terra, troppo in imbarazzo per alzarlo. – Credimi, avrei fatto quello che ho fatto con Grace senza importarmene, ma non è successo. Non ti ho chiamata perché mi avrebbe solo confuso ancora di più le idee e non volevo questo. Volevo non sentirti per tutti questi mesi per poi rivederti e capire una volta per tutte quello che provavo.
Scossi la testa, poco convinta. – Potevi dirmelo, io… io devo andare – mormorai io, aprii la porta e scesi giù a passo deciso e veloce. Incontrai subito Gerard, che non mi fece domande, visto che vide subito anche Michael. Passò un’ombra sul suo viso, che diventò subito serio. Non disse niente, continuò a guardare Michael, che nel frattempo non si era nemmeno accorto di lui, finché non andò da Grace. – Stavamo solo parlando, Gerard – gli dissi io a bassa voce.
– Sì, come ti pare – borbottò lui prima di lasciarmi là, da sola.
Ci rimasi male, non avevo fatto niente, ma dopotutto stavamo parlando di Michael e Gerard sapeva benissimo le sue intenzioni. Non gli avevo detto granché su di lui, ma non era stupido e Michael sembrava fregarsene di lui e della mia storia con lui.
Guardai mia madre, che stava parlando con Jason, il quale la stava guardando rapito. Potevo quasi sentire i suoi pensieri, del tipo “guardatela tutti, lei è mia e mi ama, esattamente come io amo lei”. Sembrava più giovane, più felice, più tutto ed era tutto grazie a mia madre. La stessa donna che aveva passato mesi a piangere per il suo ex marito, sentendosi in colpa per amare quell’uomo che ormai era suo marito. La stessa donna che in quel momento stava ridendo come non mai, mentre parlava con una sua amica, proprio accanto al suo nuovo marito. Capii finalmente che per quanto mi riguardava poteva stare con chiunque, doveva solo continuare ad essere così felice e a quel punto lo sarei stata anch’io.
Appena iniziò Love myself di Hailee Stainfeld le mie amiche urlarono facendomi ridere. Jennifer fu la prima a prendermi per mano. – Andiamo, andiamo! – urlò lei, entusiasta. – Correte! – chiamò Cher, Grace e Lydia, che vennero subito. Andammo al centro del salone e tutte le mie amiche si presero per mano e iniziarono a girare, ridendo. Dovetti aggregarmi a loro e ben presto iniziai a ridere come una matta. Jennifer mi prese e mi fece fare un giro su me stessa, poi un altro e infine un casché. La gente ci guardava, ridacchiava e parlava di noi, ma per la prima volta non m’interessò. Lydia si tolse le scarpe e poco dopo tutte noi facemmo la stessa cosa, ricominciando a saltare e girare. Lydia mi prese per mano e mi fece fare un mezzogiro, mi fermò dandole completamente le spalle e guardai davanti a me, dove c’era Michael, che mi guardava e mi sorrideva, felice. Sorrisi ancora di più e arrossii, abbassando lo sguardo. A quel punto Lydia mi riportò davanti a lei e mi sorrise accarezzandomi dolcemente la guancia. Cher ruppe quello strano contatto che era nato tra me e Lydia quando mise le sue mani sulle mie spalle e mi scosse un po’, ridacchiai e mi girai verso di lei, ricominciando a ballare come una cretina che non sapeva ballare.  
 
Gerard non mi parlò per molto tempo, praticamente per tutto il resto della giornata, rimase con noi a mettere apposto casa, poi mi accompagnò all’appartamento di Lydia, che da quella sera sarebbe diventato ufficialmente anche mio. – Vuoi entrare? – chiesi io guardandolo, rossa in viso.
– No, non credo sia una buona idea – borbottò lui guardando fuori.
Sbuffai. – Ger, non ti ho mentito, abbiamo solo parlato, non è successo niente e non succederà niente tra me e Michael. Dovrebbero partire proprio domani, quindi perché continui a tenermi il muso?! Sapevi che sarebbe venuto, non potevamo semplicemente fare finta di non conoscerci.
– Ripetilo – mormorò lui.
Aggrottai la fronte, confusa. – Cosa? Che domani partono o che sapevi che sarebbe venuto e che avremmo parlato?
– No, la prima frase – rispose lui guardandomi negli occhi. Era ancora arrabbiato, anche se non avevamo fatto niente.
– Non ti ho mentito, abbiamo solo parlato. Non succederà niente tra me e Michael – ribattei io, ancora molto confusa. Non si era mai comportato in questo modo, era sempre stato molto tranquillo per quanto riguardava Michael, non mi aveva fatto pesare niente anche se non sapeva la maggior parte delle cose e per questo mi sentivo molto in colpa. Ma convivevo con il senso di colpa e facevo finta di niente. Vederlo in quel modo mi confondeva e mi faceva stare male, perché stavo facendo stare male lui.
– “Non succederà niente” – mi fece eco lui. – Non avrò mai la conferma, perché quando lui arriva... tu ti allontani da me – ringhiò lui fulminandomi con lo sguardo. – Molto probabilmente non te ne accorgi nemmeno, ma lo fai, ti allontani da me. Entri in un altro mondo e pensavo veramente di essere riuscito a fartelo dimenticare, ma mi sbagliavo.
– Ero molto agitata per il matrimonio, Gerard, non era per Michael…
– E il modo in cui pronunci il suo nome! – esplose lui sbattendo le mani sul volante facendomi sussultare. – Non ti accorgi nemmeno di questo, vero? – chiese guardandomi, arrossii subito e feci per rispondere ma non mi diede il tempo di dire niente. – Gli hai raccontato del ragazzo di Lydia, non è vero? – chiese lui e abbassai lo sguardo, ancora più rossa. – Con me ci hai messo un mese! – esclamò lui e sembrò ancora più arrabbiato. – Non ti fidi di me, non ti fidi di nessuno, ma di lui ti fidi – aggiunse poi guardando davanti a lui. – Ti fidi di lui, nonostante tutto quello che ti ha fatto. Stai sbagliando e lo sai benissimo, ma non riesci a non fidarti di lui, e questo fa veramente ridere – continuò trattenendo una risata.
– Stai sbagliando – mormorai io guardandolo. – Non c’è niente tra me e Michael, te lo giuro! Non gli permetterei mai di rovinare quello che abbiamo costruito in questi mesi! Io…
– E cosa abbiamo costruito? – chiese lui guardandomi. – Tu… tu mi tratti come se fossi un tuo paziente! So che sei attratta da me, lo vedo e me l’hai dimostrato, ma questo non è abbastanza, capisci?! Io… ti ringrazio, perché sei stata una boccata d’aria fresca e mi hai aiutato molto con tutti i miei problemi… ma io sono il tuo ragazzo, non il tuo paziente. Io non ti ho aiutato perché tu non ti sei fatta aiutare e molto probabilmente da lui ti faresti aiutare.
– Non farlo – sussurrai io con lo sguardo fisso sulle mie mani. – Non succederà niente, te lo prometto. Tu mi piaci, veramente, e Mich… lui non è niente, non sarà niente, domani partirà e sarà tutto come prima.
Scosse la testa guardandomi con una faccia quasi disgustata. – Anche tu mi piaci, Amy, ma tu… tu lo ami. Lui è qualcuno ed è la persona che ami, e io sono stufo di provare a fartelo dimenticare. Tu non lo vuoi dimenticare, questa è la realtà. Sei stata male in questi mesi senza di lui, non uscivi più come prima e… eri diversa.
Aggrottai la fronte. – Diversa? Diversa in che senso? In senso positivo o in senso negativo? – chiesi io, perché quello che stava dicendo non aveva senso. Non ero diversa, non uscivo perché avevo molto da fare con l’università e non volevo rimanere indietro. Non ero diversa, ero sempre io.
– Quando ci siamo incontrati tu eri una ragazza solare, sorridevi e avevi quella strana luce negli occhi che mi faceva pensare che fossi felice, che fossi andata avanti e avessi lasciato tuo padre alle spalle… ma mi sbagliavo. Eri felice perché c’era lui, non eri andata avanti, non avevi lasciato stare tuo padre. Era lui. Era lui che ti faceva così felice, era lui che ti faceva sorridere in quel modo.
Risi. – Questo è ridicolo.
– È vero, lo è, ma è la verità e tu non la vuoi accettare – rispose lui facendo spallucce. – Mi dispiace per te, lo sai? Mi dispiace perché ti sei innamorata proprio del ragazzo che ti spezzerà il cuore. Lo farà, perché per lui sei solo una ragazza che non riesce proprio ad avere, per un motivo o per un altro. Non gli interessi veramente, non è innamorato di te, sta solo cercando di entrare nelle tue mutande e molto probabilmente ci riuscirà. Si sta approfittando di te e della sua carriera, ma non lo vuoi capire e per me va bene, perché tanto non sarò io quello che avrà il cuore distrutto grazie a un tipo famoso che si è approfittato di me.
– Mi sottovaluti – ringhiai io. – Stai facendo tutto da solo, ma se stai cercando una scusa per lasciarmi allora va bene. Mi dispiace, ma va bene e…
– Non ti sei mai chiesta perché? – chiese lui con un tono veramente brusco. Lo guardai, scioccata e confusa. – Secondo te perché ha scelto di provarci solo con te? Molto probabilmente non sei nemmeno l’unica ragazza con cui si sta sentendo, ma ti sei mai chiesta perché? Cosa c’è, ti ha detto che sei speciale? Ti ha detto che sei diversa? Ti ha detto che sei perfetta per lui, che sei l’unica con cui sta bene?
Il mio cuore fece un balzo e le lacrime iniziarono ad appannarmi la vista. – Non puoi pensare questo. Credi che io sia così stupida da credere a tutto quello che mi dice? Credi che io sia così superficiale da provare qualcosa per qualcuno solo perché è famoso? Per chi mi hai preso, Gerard?
– Eppure sei qua, con le lacrime agli occhi, e questo significa che ti ha detto una di quelle cose che ti ho elencato – rispose lui con una voce fredda come il ghiaccio. – Se vuoi decidere di provare a credergli per me va bene, ma non tornerò mai indietro, non tornerò mai da te.
– Sei tu che mi stai spingendo via – sussurrai io e le lacrime iniziarono a bagnare le mie guance. Il mio cuore sembrava come ferito, mi faceva male e il freddo sembrava fare male anche alle mie ossa. Gerard disse qualcosa, ma io non lo sentii nemmeno, uscii dalla macchina e me ne andai via. Salii le scale piangendo a singhiozzi, il trucco mi faceva bruciare gli occhi e così con la mano mi pulii, sporcandomi solo di più. Presi le chiavi e aprii la porta, entrai dentro e Cassian venne verso di me per farmi le feste. Lo accarezzai un po’, gli diedi un rapido bacio sul quel suo musone bianco con il naso rosa e accesi la luce.
Sussultai e la mia borsa cadde a terra quando vidi una figura seduta sul divano.

Angolo Autrice:
Buonasera! Buon halloween a tutti! Vi è piaciuto il capitolo? Amy ha una nuova amica: Lydia, e insieme a lei sono arrivati altri problemi, cioè il suo ex ragazzo, che rivedremo molto presto. Non voglio dire molto, la storia di Lydia purtroppo non mi è nuova. Le donne non si toccano, anzi nessuno dovrebbe menare nessuno. Siamo uomini, vogliamo comportarci come tali? Un uomo che picchia la sua donna non è un uomo e di certo non la ama. Oh, e non è certo colpa della donna.
Detto questo mi scuso per i vari errori e vi chiedo come sempre di recensire per farmi sapere cosa ne pensante. Che mi dite di Michael? Gli credete o no? Chi è la persona che Amelia trova dentro casa secondo voi?
Un bacio e al prossimo capitolo. 

 

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Capitolo 25
*** Parliamo allora! ***


Capitolo 24
"Parliamo allora!"
 
Cacciai un urlo e sentii Cassian irrigidirsi subito. Il mio cuore iniziò a battere forte, presi la mia borsa e l’appendiabiti, e mi avvicinai alla figura seduta sul divano.  La figura si alzò e… - Oh, vaffanculo! – urlai io buttando un’altra volta a terra la borsa, appoggiai l’appendiabiti a terra e mi misi una mano sul cuore, che batteva ancora veramente troppo veloce. – Fai sul serio?! Ora irrompi anche nelle case altrui? Cosa, le camere non ti bastavano più?
– Stavi veramente per colpirmi con un appendiabiti? – chiese Michael cercando di non ridere. Schifoso, aveva anche il coraggio di ridere di me! Non solo era entrato in casa mia senza il mio permesso o quello di Lydia, aveva anche il coraggio di ridere perché mi ero spaventata e avevo preso la prima cosa che avevo visto per difendermi.
– Era la cosa più vicina a me – borbottai io incrociando le braccia. – Come hai fatto ad entrare? Huck ti fa anche nelle case adesso?
Fece per parlare quando si fermò e aggrottò la fronte. – Huck? Chi è Huck?
Scossi la testa. – Lascia stare. Allora? Come hai fatto ad entrare?
Michael fece spallucce. – Ho parlato un po’ con Lydia, la tua nuova coinquilina, e si è reputata una ragazza veramente dolce. Quando le ho raccontato cosa c’è tra noi due non ha aspettato nemmeno che glie lo chiedessi e mi ha dato le sue chiavi dell’appartamento. A quanto pare andrà a stare nell’hotel dove ho prenotato la mia camera e andrà là. Ma solo per sta sera.
– Tu sei matto! – tuonai io. Presi il cellulare e cercai di chiamare Lydia, ma non mi rispose. – Perché l’hai fatto? Che cazzo! – Stavo andando a fuoco, ero troppo arrabbiata, ma non solo con Michael, ero arrabbiata con Gerard, con me stessa, con Lydia… con tutto il mondo. Ma ce l’avevo più di tutti con me stessa, perché lasciavo che quel ragazzo entrasse in casa mia e si sedesse sul divano come se niente fosse; perché lasciavo che quello stesso ragazzo si permettesse di andare dalla mia coinquilina per raccontare Dio solo sa cosa su di noi. – Perché non mi risponde? – chiesi io ad alzando un po’ di più la voce.
– Tranquilla, non le succederà niente – rispose lui avvicinandosi a me. – Davanti la camera c’è Raphael, il ragazzo che potrebbe fare a pezzi chiunque in cinque secondi…. Piuttosto perché hai tutto il trucco sbavato? È successo qualcosa con Gerard?
– Non mi toccare! – tuonai io quando lui cercò di posare una mano sul mio braccio. – Devi starmi lontano, Michael. Smettila. Cosa vuoi da me, eh? Vuoi fare sesso? Bene! – urlai io prima di fiondarmi sulle sue labbra. Posai entrambe le mani sulle sue guance e lo costrinsi ad aprire le labbra. Lo feci indietreggiare di pochi passi, fino a quando non cadde sul divano dov’era seduto poco prima. Mi alzai il vestito e mi sedetti sopra di lui in un tempo veramente record, e ricominciai a baciarlo. Michael era completamente scioccato, cercava di dire qualcosa ma ogni volta io facevo in modo di fermarlo.
– Amelia… – mormorò lui quando scesi e iniziai a baciargli il collo e slacciare la camicia, bottone dopo bottone. – Am… Oh! – esclamò lui quando scesi con la mano fino all’altezza dei pantaloni. Tutto il suo corpo s’irrigidii e pochi secondi dopo iniziò a rabbrividire. – Smettila… – sussurrò lui ma aveva il fiato corto e gli occhi chiusi. Posai le mie labbra sul suo petto, proprio sopra il cuore e iniziai a scendere. – Amy, per faovre… – sussurrò lui guardandomi negli occhi prima che io mi abbassasi per ricominciare a baciarlo. Abbassai una mano e iniziai a slacciare i pantaloni del suo completo nero. Michael ansimò e alzò un po’ le anche nella mia direzione, buttò indietro la testa, mentre quei movimenti iniziavano a dare alla testa anche a me. – Oddio – disse con una voce roca.
Il secondo dopo mi ritrovai con la schiena sul divano e lui sopra di me. Mi mise le mani sopra la testa, sembrava molto arrabbiato. – Che cazzo stai facendo?! – tuonò lui, tremava un po’ ma la sua stretta sulle mie mani era salda.  – Ti sei impazzita, per caso? Non puoi piombarmi addosso in cinque secondi e spogliarmi in due. Perché ti comporti così adesso?
– Non è questo che vuoi? – chiesi io e la mia voce s’incrinò. – Chiedi a Lydia di non tornare per la notte, continui a farti vedere… Ti sto dando quello che vuoi, perché mi hai fermata?
– Perché non voglio fare sesso con te! – rispose lui con una smorfia disgustata. – Non sono qua per portarti a letto! Cristo… – disse spettinandosi i capelli ricoperti di lacca. – Volevo solo parlarti, con calma. Ma sei entrata in casa con tutto il trucco andato e mi hai fatto preoccupare. E poi che fine hanno fatto i sensi di colpa a causa di Gerard?
– Gerard mi ha lasciata – ringhiai io e mi divincolai per cercare di riavere indietro le mie mani, ma non me le lasciò andare, anzi strinse ancora di più la presa. – E comunque non fare l’innocentino, non mi sembravi molto dispiaciuto cinque secondi fa – aggiunsi poi, ma avvampai subito rendendomi conto di quello che avevo appena detto.  – Non… non volevo dirlo sul serio – mormorai io abbassando lo sguardo, che però andò a finire nel piccolo spazio che separava il mio corpo dal suo. Arrossii ancora di più vedendo la reazione del suo corpo e guardai il tavolino accanto a noi.
– Sì che lo volevi dire sul serio – rispose lui seccamente. – Se ancora non l’hai capitolo però, questo non è esattamente il modo adatto per farmi imbarazzare. Sono un ragazzo e tu sei una bella ragazza, con addosso un vestito che mi fa veramente andare fuori di testa… Per fortuna non sono ancora diventato un prete e l’ultima volta che ho controllato non ero affatto gay.
– Potevi andare da Grace visto che c’eri – borbottai io continuando a guardare il tavolino. Quello che mi aveva appena detto mi faceva infuriare, in poche parole ero una ragazza che lo attraeva e per questo non era riuscito a fermarmi subito. Ma perché mi aveva fermata allora? Stavo facendo una cazzata, è vero, ma ero arrivata in un punto in cui non sapevo più cosa mi facesse felice e cosa invece mi facesse infelice, o cosa fosse giusto e cosa sbagliato. Volevo dargli quello che voleva e non vederlo più, perché mi faceva sempre andare fuori di testa, ma poi ci ripensavo e non volevo mandarlo via.
– Oh, lascia stare Grace! – sbottò lui. – Lei almeno non mi è saltata addosso .
– Perché ti è dispiaciuto, vero? – ringhiai io muovendo un’altra volta le braccia. – Vuoi lasciarmi andare?! Cosa sono diventata, una prigioniera? – urlai io.
Sembrò pensarci per un po’ e quando presi coraggio e lo guardai, lo beccai a fissarmi la scollatura del vestito. Alzò lo sguardo sulle mie labbra quando trattenni il respiro e cancellò quella piccola distanza che ci divideva. Inarcai la schiena e chiusi gli occhi, ma li riaprii subito quando non sentii più niente: si era alzato dal divano. Si fermò una volta superato il tavolino, si riallacciò i pantaloni - facendo una smorfia - e metà della camicia. – Hai intenzione di parlare con me o no? Perché se non vuoi parlare allora me ne vado.
Sbuffai e mi alzai dal divano. – Non capisco – borbottai io. – Non ti capisco. Se non vuoi portarmi a letto allora cosa vuoi? E non dirmi che ci tieni a me, perché mi hai fatto capire più volte il contrario. Detto questo, vado a cambiarmi e a quel punto potremo parlare.
– No, ferma! – esclamò lui e così mi fermai, confusa. – Girati – mormorò lui e sentii i suoi passi sempre più vicini. Mi girai verso di lui con la fronte aggrottata. Si avvicinò ancora di più a me, ma rimase a una discreta distanza. Mi guardò da capo e piedi più volte, fermandosi di più su vari punti. Avvampai e abbassai lo sguardo, in imbarazzo, ma non gli dissi niente, perché in realtà quella stessa mattina, quando mi ero messa quel vestito, avevo pensato proprio a lui e alla sua reazione. – Io… – sussurrò lui alzando lo sguardo sul mio viso. – Mi dispiace – aggiunse poi facendo alcuni passi indietro. – Posso…? – chiese ma si fermò subito. – No, scusami – continuò e per la prima volta vidi le sue guance tingersi di rosso. – Devo andare un attimo in bagno. Tu cambiati, per favore – disse poi velocemente prima di andare in bagno. Si era fatto già un giretto del miniappartamento prima del mio arrivo, a quanto pareva.
Mi andai a cambiare mettendomi dei pantaloni del pigiama pesanti, il reggiseno e un maglione che mi copriva tutto per quant’era grande. Quando tornai in salone però Michael non era ancora arrivato, il rumore dell’acqua proveniva assolutamente dal bagno e aggrottai la fronte, confusa. Quando finalmente si chiuse passò un minuto e poi la porta del bagno si aprì. Sussultai e smisi di guardare il bagno, rossa come un pomodoro. – Non pensare male – borbottò Michael.
– Non stavo pensando male – risposi subito io, diventando ancora più rossa in viso, perché in realtà sì, stavo pensando male.
– Sì invece – ribatté lui. – Non ho fatto niente dentro quel bagno – aggiunse poi cercando d’incontrare il mio sguardo.
– Sinceramente non lo voglio sapere – mormorai io con lo sguardo a terra.
Fece spallucce. – Io te l’ho detto – rispose lui e si mise a sedere sul divano. Ma prego, pensai io, un po’ contrariata. Rimase a guardarmi per un po’ senza dire niente e io rimasi con lo sguardo a terra senza dire niente, perché ero veramente imbarazzata per quello che era accaduto poco prima. Era stata una lunga giornata, questa era la mia scusa, ma la verità era che le parole di Gerard mi avevano veramente scossa ed ero stanca di sentire sempre le stesse cose su Michael, quindi perché non verificare una volta per tutte? – Allora… perché Gerard ti ha lasciata? – chiese Michael.
Arrossii ancora di più. – Non mi va di parlarne – borbottai io sempre con lo sguardo rivolto a terra. L’unica cosa che mi serviva era dirgli che mi aveva lasciato perché, a quanto pareva, nominavo Michael come se fosse un Dio. No, non glie lo avrei detto. – Non sono affari tuoi.
– Bene, allora… – disse Michael andando verso la porta. Sentii le lacrime iniziare subito a inumidire gli occhi e un peso allo stomaco, ma rimasi in silenzio e con gli occhi puntati sulle mie mani.  Non dovevo dirgli niente, io… non sapevo cosa fare, ero nel pallone e non lo capivo, ma non sarei scoppiata a piangere davanti a lui. Qualsiasi cosa, ma niente pianti. Le urla mi andavano bene, ma i pianti… no, quelli non li potevo tollerare. – Amy – mi chiamò Michael e il mio cuore sembrò fare una capriola. – Guardami – sussurrò lui, era lontano ma la sua voce sembrò entrarmi dentro e vibrare.
Non lo guardai, mi alzai, feci un respiro profondo e continuai a guardare per terra. – Buonanotte, Michael – mormorai prima di girarmi e andare nella mia nuova camera. Non ero in grado di sopportare anche una conversazione con Michael, non era un capriccio o altro, il mio cervello non era semplicemente in grado di assorbire qualche altra novità. Quando sentii una sua mano fermarmi mettendomela sulla spalla chiusi gli occhi. – TI prego, lasciami andare a dormire. Sono veramente molto stanca – sussurrai io. – Mi dispiace per quello che è successo, veramente. Non avevo intenzione di fare tutto questo casino, non era nei piani, ma è successo e… mi dispiace, ma ti prego, lasciami andare a dormire.
– Gerard – rispose lui. – Cosa ti ha detto?
Scrollai la spalla e mi chiusi in camera insieme a Cassian. Sapevo che non era finita là, ma dovevo sdraiarmi e mantenere la calma. Diedi un bacio enorme al mio cane, lo coccolai un po’ e poi mi misi sotto le coperte, lasciando una mano sulla testa del cane per coccolarlo un altro po’. La porta si aprì poco dopo e Michael si mise nel letto insieme a me. M’irrigidii subito e feci per dirgli di andarsene, ma alla fine non riuscii a dire niente perché mi abbracciò da dietro e posò il suo viso nell’incavo del mio collo. Chiusi gli occhi e trattenni il respiro.
Mi baciò la spalla e mi venne la pelle d’oca. Gerard aveva ragione, avrei fatto di tutto per lui, anche fare sesso con lui. Una lacrima bagnò la mia guancia ma mi rifiutai di andare avanti. – Vattene, per favore – mormorai io con ancora gli occhi chiusi. – Io non capisco… Cosa vuoi che faccia? Cosa devo fare? Sai benissimo che non ci potrà mai essere niente tra noi due e sai che in questo modo mi ferisci e basta. Perché non te ne vai e basta?
– Perché sono egoista – rispose lui a pochi centimetri dal mio orecchio. – Non voglio lasciarti, non ce la faccio. Non c’è stato un singolo giorno… Quella sera che ti ho chiamato… ero così ubriaco! Erano giorni che guardavo il cellulare, aspettando una tua chiamata o un tuo messaggio, e quella sera non sono riuscito a fermarmi. Era tardissimo anche per me, ma non volevo tornare in albergo, non senza prima aver sentito la tua voce. Quando mi hai risposto… non me l’aspettavo e mi sono comportato da stupido, ma solo perché non riuscivo a pensare a causa di tutto quello che mi ero bevuto.
– Perché stai parlando di questo adesso?
– Perché devi capire – rispose lui posando una mano sul mio fianco. – Quella sera ho capito che per il mio bene avrei fatto meglio ad essere egoista con te. Niente più giochi, solo la verità. E la verità è che non voglio più passare una giornata senza sentire almeno una volta la tua voce. Sono stato troppo male, Amy, non ho intenzione di continuare così. Quindi continuerò a starti con gli occhi incollati e il cellulare in mano, pronto a chiamarti, fino a quando non chiederai un ordine restrittivo nei miei confronti.
Sorrisi per non ridere. Non ci potevo credere, quindi voleva una relazione con me. La vecchia me gli avrebbe dato tutta se stessa pur di sentire la sua voce tutti i giorni, ma dopo tutto quello che era successo non ero sicura di voler essere così debole solo per lui. Le parole di Gerard, di Ashton, di Bryana, di Luke continuavano a rimbombarmi nella testa; non sapevo cosa rispondere, mi sembrava veramente sincero, ma erano troppe le persone che cercavano di dissuadermi dall’idea di stare insieme a lui.  – Andrò domani per chiederlo, allora – sussurrai io continuando a sorridere.
– Oh, ma per piacere! Non lo farai mai e lo sappiamo entrambi – esclamò Michael continuando a nascondere la sua faccia nell’incavo del mio collo. Potevo chiaramente sentire il suo sorriso battere sulla mia pelle d’oca.
– Non ne sarei tanto convinto fossi in te – risposi io e dopo un po’ mi allontanai un po’ da lui. Lo sentii subito irrigidirsi, ma non disse niente. – Quello è il posto di Cassian, comunque – borbottai poi ed era vero, oramai quel cane era diventato praticamente il mio compagno e dormivamo sempre nello stesso letto.
– Può dormire insieme a noi – disse tranquillamente Michael. – Cassian, vieni qua! – esclamò poi e il cane si alzò da per terra e saltò sul letto mettendosi tra di noi. – Geloso, il cagnolino – borbottò poi quando Cassian si sistemò proprio in mezzo, stando però più vicino a me. – Sta per caso cercando di farmi capire che sei solo sua? No, perché avrei qualcosa da ridire! – aggiunse poi e fu più forte di me, ridacchiai.
– Michael, non puoi dormire qua, veramente – dissi io girandomi verso di lui. – Mi sono appena lasciata con Gerard, non posso… Quello che è successo tra noi non può sparire in un’ora, ok? Devo ancora pensare a tutto quello che è successo e arrivare ad una conclusione, ma mi devi dare un po’ di tempo.
– Non ho intenzione di dormire qua, principessa. Ti dirò solo alcune cose e poi me ne andrò, lasciandoti sola con il tuo unico grande amore – rispose lui tranquillamente e devo dire che a quel punto mi tranquillizzai un po’ anch’io. – In realtà non so più che dirti – mormorò dopo un po’. – So solo che mi sei mancata, davvero troppo. Sono stato male e non riesco più a starti lontano. Il solo pensiero che domani sera dovrò riandarmene… mi sento come diviso in due. So benissimo che non dovrei nemmeno dirti queste cose, dopotutto ti sei appena lasciata con Gerard e quando sei rientrata mi hai fatto veramente preoccupare. Non eri tu e, per quanto questa cosa da una parte mi faccia sentire ancora più attratto da te, è stato strano. Non eri più Amelia, la ragazza timida che fa finta di essere cinica e fredda come un pezzo di ghiaccio. Eri una ragazza fiera e bellissima, che sapeva l’effetto che poteva fare su un povero ragazzo come me. Vederti così… mi ha spaventato, perché potresti fare di me tutto quello che vuoi.
– Non sono quella ragazza – sussurrai io, rossa dall’imbarazzo. Una parte di me si sentiva potente e fierissima, ma l’altra si sentiva in un territorio totalmente inesplorato. Non volevo essere una di quelle ragazze che usavano il sesso per arrivare al cuore del ragazzo che amavano; volevo riuscire a prendere il suo cuore con il mio carattere, parlando con lui, usando l’intelligenza. Quello che era successo nemmeno un’ora fa m’imbarazzava da morire, era stato un errore, ma non potevo negare di non essermi sentita bene, potente.
– Lo so, molto probabilmente è per questo che… mi piaci tanto – rispose lui toccandomi delicatamente i capelli. Cassian iniziò a ringhiare e così Michael si allontanò subito. Chiamai il cane e mi girai verso di lui, quindi anche verso Michael. Guardai Cassian negli occhi e lo accarezzai per farlo tranquillizzare, avrei dovuto immaginarmi una reazione del genere, dopotutto non era abituato a dividere il letto con un completo sconosciuto… e nemmeno io veramente, ma Michael non era affatto uno sconosciuto. – Questo cane mi spaventa – bofonchiò Michael allontanandosi un altro po’. – Quindi adesso non posso nemmeno toccarti? E se provassi a toccarlo…?
– Non ti conviene, non adesso almeno – risposi subito io spostandogli subito la mano. Cassian mi proteggeva sempre e comunque, ogni volta che arrivava una nuova persona a casa si metteva a ringhiare quando si avvicinava troppo a me. Però bastava un mio richiamo e la smetteva subito. – Non ti conosce, è normale.
– Sì, lo so, ma non è molto carino da parte sua – borbottò guardando Cassian. – Calum lo deve ancora conoscere. A proposito, domani vorrebbero venire a vedere la casa. Potremmo stare un po’ qua e guardare qualche film.
– Certo, per me va bene, ma deve starci anche Lydia – risposi subito io. – Non mi piace averla così lontana. Dopo tutto quello che le è successo ha bisogno di un’amica accanto. Il ragazzo le ha fatte allontanare tutte, le altre ragazze... è veramente un mostro. Vorrei fargli così tante cose…
– Lo so – mormorò lui posando una mano sulla mia guancia. – Lo so, ma devi stargli il più lontano possibile. Potrei dire a Raphael di continuare a tenerla d’occhio, ma tu devi stargli lontano. Quello che è successo oggi mi è bastato. Non potrò esserci da domani, non voglio preoccuparmi durante il tour, quindi se mi dici che non se ne andrà così facilmente… allora chiederò a Raphael di rimanere qua con voi.
– No, grazie – ribattei io. Non mi andava di essere una di quelle ragazze che avevano paura e per questo avevano una specie di guardia del corpo. Sapevo di poter risolvere la faccenda anche senza Raphael, magari senza arrivare alle mani. Non ero di certo una di quelle ragazze forzute, che potevano benissimo iniziare una rissa e rimanere indenne, ma sapevo difendermi… più o meno. Non volevo essere una di quelle ragazze che avevano bisogno di una guardia del corpo. – Andrà tutto bene. Ne sono sicura – aggiunsi poi, visto che Michael non sembrava affatto convinto. In realtà stavo mentendo, avevo una brutta sensazione, ma ero anche sicura di poterlo affrontare anche solo con Lydia accanto.
– Se durante il tour cambi idea, non ti fare problemi a chiedermelo, ok? – chiese lui, non ancora del tutto convinto. Annuii e gli sorrisi dolcemente. Rimanemmo a guardarci per un po’ di tempo, senza dire niente. Poco dopo Cassian scese dal letto e si sdraiò accanto al letto, così Michael si avvicinò ancora di più. Mi accarezzò la guancia e sentii il calore della sua mano propagarsi per tutto il mio corpo. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, in qualche modo mi sentivo tranquilla e agitata allo stesso momento. – Oggi eri una cosa veramente inguardabile.
– Scusami? – chiesi io trattenendo una risata. – Ma se mi sono dovuta togliere il vestito! Avevi detto…
– Ho detto un sacco di cose, ma me le rimangio tutte – mi fermò lui. – Qualcosa mi dice che tutti i complimenti di oggi ti hanno dato un po’ alla testa, quindi mi rimangio tutto. Con quel vestito eri veramente inguardabile. Non puoi andare in giro con un vestito verde!
– Verde acqua! – esclamai io. – E comunque io volevo mettermi un semplice vestito blu, ma mia madre mi ha costretto a mettere quello verde. Anche secondo me una persona non può andare in giro con un vestito verde, ma era la giornata speciale di mia madre e volevo farla felice.
– Per non parlare poi di quando ti sei messa a ballare con le tue amiche! – esclamò iniziando a ridere, chiuse gli occhi e rise ancora di più. – Sei veramente una pessima ballerina.
Feci finta di esserci rimasta male e misi il broncio. – Stavo solo cercando di divertirmi – borbottai quindi. – E non è stato facile, visto che qualcuno non faceva altro che fissarmi come un maniaco! Potrei veramente chiedere un ordine restrittivo, sai?
Scoppiò a ridere. – Non ti guardo come un maniaco! A malapena mi accorgo della tua presenza!
– Ah sì? – chiesi io sedendomi. – Bé, allora mi devo rimettere quel vestito. Magari così te ne vai una volta per tutte da questa camera e mi fai dormire. Qualcuno sta mattina si è dovuto svegliare molto presto per preparare un matrimonio!
– Rimettitelo, ti prego – scherzò lui sedendosi. – Potrei veramente metterci le tende qua – sussurrò poi posando le mani sulle mie cosce coperte dal pigiama felpato, eppure sentii il suo calore come non mai. – Tu mettiti quel vestito e io… potrei essere veramente capace di trasferirmi qua.
Trattenni il respiro quando sentii le sue mani salire un po’ di più. – Pensavo non ti fosse piaciuto – bofonchiai io, ma la mia mente non sembrava più molto lucida.
– Non mi è piaciuto per niente infatti – mormorò abbassando lo sguardo sulle sue mani. Scosse la testa, fece un sorriso forzato e si alzò dal letto. – Vado a dormire, sono stanco morto – annunciò. Mi lasciò un delicato bacio sulla fronte e se ne andò, con ancora la chiave di Lydia.
 
Il giorno dopo mi svegliai abbastanza bene, con Cassian al mio fianco come sempre. Feci una colazione veloce, in casa non c’era nessuno oltre a me e Cassian e per i primi dieci secondi circa rimasi a fissare la porta, preoccupata per Lydia, ma Michael aveva messo davanti alla porta della sua camera Raphael/Huck così smisi dopo poco tempo.
Passai davanti allo specchio attaccato al muro, feci alcuni passi indietro e mi ferma davanti ad esso. Ripensai a quello che mi aveva detto la sera prima Gerard e socchiusi gli occhi guardandomi. – Michael – dissi ad alta voce e il mio tono non mi sembrò affatto diverso. – Michael – ripetei, ma non ci fu alcun cambiamento di voce. – Mike – provai quindi, ma niente. – Michael. Michael. Michael. Mich…
– Ma che stai facendo? – chiese Lydia e sussultai quando la vidi uscire dalla sua camera, stava cercando di non ridere. – Perché continui a ripetere il nome del tuo amante? Stai provando? Del tipo che vuoi farlo ecci…
– Lydia! – esclamai io, già viola dall’imbarazzo. Scoppio a ridere facendomi diventare ancora più rossa. – Stavo solo cercando di capire… Niente, lascia stare. Fatti gli affari tuoi!
– Ok, ok, acida che non sei altro – borbottò lei alzando le mani in segno di resa. – Ma sembrava veramente che tu ti stessi esercitando a urlare il suo nome per…
– Oh, Lydia, smettila! – urlai a quel punto e feci per andarmene ma mi fermai e la guardai. – Davvero? Voglio dire, a me sembrava un tono normale.
Lydia scoppiò a ridere. – Pronunci il suo nome come se stessi per morire e ti servisse lui per sopravvivere.
Rimasi in silenzio, scioccata. A me non sembrava affatto così, anzi mi sembrava di essere abbastanza normale, ma a quanto pareva mi sbagliavo. Lydia se ne andò in cucina, tranquilla come non mai. Ne approfittai e mi riguardai allo specchio, ero rossa come non mai e sussurrai il suo nome e questa volta sentii la disperazione. Mi misi una mano davanti la bocca e tornai in camera mia, ancora più rossa; mi feci una doccia e aspettai l’arrivo dei ragazzi.
Quando arrivarono abbracciai subito Luke. Parlammo un sacco, mi feci raccontare da lui tutti i particolari del tour, le cose positive e le cose negative. Luke e Michael avevano litigato un po’ troppo durante il tour, ma sembravano stare abbastanza bene in quegli ultimi giorni; mi raccontò di una ragazza che aveva conosciuto ma non mi disse granché, perché me lo voleva raccontare senza tutta quella gente attorno. Poi disse: – Tra le litigate con Michael e lo stress… È stato divertente, ma anche molto stancante ed è bello avere alcuni giorni di paura.
– Ma perché avete litigato così tanto? – chiesi io e mi chiesi mentalmente: “perché Michael non mi ha detto niente ieri sera?”. Abbassai lo sguardo sulle mie mani che iniziarono a sudare un po’, l’unica cosa che mi serviva era sentirmi ancora più insicura. – Insomma… era più nervoso del solito?
– No, assolutamente – rispose lui e tutte le mie convinzioni si ruppero in tanti piccoli pezzettini. – Era il solito Michael, ma dava più fastidio del solito. Lui è stato quello che ha reagito meglio allo stress, era sempre sorridente e stava sempre con le fans.
Era sempre sorridente”. Quella frase mi rimbombò in testa per minimo un minuto. Qualcosa non quadrava, visto che la sera precedente Michael mi aveva detto l’esatto contrario. Alzai lo sguardo verso Michael e lui se ne accorse subito, quindi iniziò a guardarmi anche lui con un sorriso dolce. Non sorrisi, non feci niente, ad un certo punto riportai semplicemente la mia attenzione su Luke.
– Perché fai quella faccia? – chiese Luke aggrottando la fronte. – Per caso ti ha detto qualcosa? Avete chiarito una volta per tutte? Perché ieri sera è uscito ed è tornato veramente tardi, quindi pensavo…
– No – risposi io seccamente. – No, non mi ha detto niente d’importante – borbottai guardandolo un’ultima volta. Lo guardai con tutto l’odio, anzi trasformai tutta la mia confusione, la mia umiliazione, la mia rabbia, la mia delusione in odio e lo guardai. Lui aggrottò la fronte e fece per venire da me, ma mi alzai con le mani chiuse a pugno e così si fermò. Guardò Ashton e Calum, i quali stavano parlando accanto a lui, ma nessuno dei due avevano assistito alla scena; guardò Luke, che stava guardando il suo cellulare e infine guardò me, sempre confuso mentre io ormai ero diventata la diffidenza in persona.

Angolo Autrice:
Buonasera! Notizia: d'ora in poi pubblicherò un capitolo ogni due settimane. Perché? Perché ho iniziato il seguel della mia prima storia, quindi un fine settimana mi dedicherò a una storia e quello successivo mi dedicherò all'altra storia. Mi dispiace farvi aspettare così tanto, ma durante la settimana è impossibile addirittura pensare di scrivere qualcosa.
Vi è piaciuto il capitolo? Michael dice una cosa e Luke ne dice una completamente diversa. Qualcosa non torna, o meglio qualquadra non cosa. Cosa dovrebbe fare Amy ora come ora?
Vi chiedo come sempre di recensire e mi scuso per eventuali errori.
Un bacio e al prossimo capitolo.


 

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Capitolo 26
*** Problemi nascosti ***


Capitolo 25
Problemi nascosti
 
Rimanemmo a casa a guardare un film che durò due ore e in queste due ore tra Calum e Cassian nacque un amore eterno. Cenammo fuori in un ristorante, sotto gli occhi delle fans e dei paparazzi. Michael cercò di mettersi vicino a me ma appena Jennifer lo vide gli disse di spostarsi e ci si mise lei accanto a me; mi strinse leggermente la mano con fare protettivo e quasi mi vennero le lacrime agli occhi. Michael continuò a guardarmi, confuso, mentre io cercavo di mangiare il più possibile. Luke sembrava confuso tanto quanto Michael e quando guardavo da qualche parte mi fissava, ma continuammo a parlare, mi raccontò un sacco di altre cose, avventure e sventure. Mi piaceva quando si sfogava con me, come i suoi occhi si accendevano ogni volta che si ricordava di raccontare qualcosa di bellissimo.
Una volta fuori si scatenò il delirio. Degli omoni – Raphael incluso – vennero verso i ragazzi e li presero. Calum prese subito Jennifer e se la mise accanto, aprì il giacchetto e la nascose con quello. Ashton afferrò al volo Grace e quest’ultima si trascinò Cher accanto, ed io rimasi completamente scoperta. I paparazzi iniziarono a spingermi, alcuni mi tirarono verso di loro facendomi domande su domande che nemmeno capii a causa del chiasso e della confusione. – Non lo so – ripetei in continuazione guardando davanti a me. – Luke! – urlai quando vidi la sua figura slanciata, ma non mi sentii. – Luke! Fatemi passare, per favore – urlai, ma nemmeno i paparazzi mi ascoltarono.
– Che c’è tra te e Luke? – chiese un paparazzo mettendosi proprio davanti a me. Aggrottai la fronte, ancora più confusa. – Cosa c’è tra te e Luke? State insieme? Abbiamo delle foto di voi due in albergo che scendete in piscina. Avete una relazione?
– Cosa? – chiesi io, scioccata. I flash mi accecavano e ogni volta dovevo chiudere gli occhi e abbassare lo sguardo. – No, no, siamo amici – mormorai quindi quando avvicinò qualcosa verso di me. – Luke! – continuai a chiamarlo, ma qualcuno mi diede una gomitata sulla tempia e il mio equilibrio, già precario di suo, cessò di esistere. Andai a sbattere contro la porta, una fan urlò e mi prese il braccio per cercare di aiutarmi, ma caddi comunque a terra. Poco dopo mi ritrovai una busta nelle mani e degli occhioni marroni davanti. La fan mi urlò qualcosa ma non la capii, cercò di alzarmi ma a causa di tutte le persone che ci venivano addosso non ci riuscì.
Ben presto però due mani mi presero le braccia e mi alzarono da terra. Incontrai subito i suoi occhi verdi preoccupati, mi afferrò meglio il braccio e mi trascinò davanti a lui. Accanto a noi c’era Raphael, che spingeva i paparazzi e alcune fans. Michael mi mise una mano davanti agli occhi per proteggermeli dai continui flash e poi mi fece abbassare la testa quando entrai dentro la macchina, poi entrò anche lui e lo guardai negli occhi, erano spalancati e sembrava ancora preoccupato. – Stai bene? – chiese lui girandosi completamente verso di me. No, non stavo bene, ero confusa e frastornata, ma annuii. – Scusami, pensavo che qualcuno ti avesse già presa – borbottò poi lanciando un’occhiataccia agli omoni che stavano ancora fuori. Guardai il foglio che avevo ancora in mano, c’era scritto “Michael” e così glie lo porsi. Abbassò lo sguardo verso il foglio e quando capii lo prese e iniziò a leggerlo.
Rimasi in silenzio per tutto il viaggio e così anche gli altri. Quei pochi minuti là fuori mi avevano sfinita e mi faceva un po’ male la testa, ma non dissi niente e quando la macchina si fermò davanti all’ennesimo locale uscii senza obiettare. Michael mi tenne stretta a lui fino all’entrata, anche se non c’erano paparazzi o fans, e una volta entrata nel locale mi allontanai subito da lui e lo guardai diffidente. Aggrottò la fronte e fece per dire qualcosa, quando io mi girai e andai a prendermi un drink.
– Che ti succede? – chiese Michael cercando di guardarmi negli occhi.
– Niente – risposi io. – Michael, solo perché ieri sera è successo quello che è successo non significa che adesso abbiamo una specie di relazione – spiegai quindi io guardandolo. Riuscii a vedere ogni singola cosa: la sua espressione che da preoccupata diventò un pezzo di ghiaccio, i suoi occhi si abbassarono, la sua mente che si allontanò. – Mi ero appena lasciata con Gerard e tu eri là, pensavo veramente che fossi venuto solo per fare sesso con me.
– Non sto capendo – rispose lui con le sopracciglia aggrottate. – Non ero venuto per fare sesso con te. Ti ho fermato, mi sembra – borbottò poi. – Tu non volevi venire a letto con me. Mi sei saltata addosso solo perché eri distrutta e avevi pensato che fossi venuto da te per portarti a letto e basta, ma non è così, volevo solo chiarire la situazione. Ieri sera quando me ne sono andato non mi sembravi così distaccata, anzi.
– Non so che dirti, Michael – ribattei io facendo spallucce. Presi un sorso del drink e lo guardai negli occhi. – Mi dispiace averti deluso.
– Deluso? – chiese lui prima di scoppiare in una risata amara. – Oh, principessa, non mi hai deluso – ringhiò prima di tornare dai suoi amici. Lo guardai, aveva la schiena rigida e dritta, un passo deciso e affrettato. Quei jeans non gli facevano affatto giustizia, il suo didietro era molto più… Spalancai gli occhi e guardai Jennifer, che mi stava facendo un sorrisino malizioso. Scossi la testa e mi rimisi a bere il drink, cercando di non incrociare lo sguardo della mia migliore amica.
Un quarto d’ora dopo Michael guardava Grace e quest’ultima arrossiva sempre di più. Mi fecero venire il voltastomaco. Feci per andare da Luke quando un ragazzo mi fermò. – Posso offrirti qualcos’altro? – chiese guardandomi intensamente. Aveva più di vent’anni, era quasi un uomo ormai e quei suoi occhi chiari mi fecero quasi cadere ai suoi piedi. Annuii e mi sedetti accanto a lui, quasi ammaliata da lui. Mi prese un drink che al primo sorso quasi mi fece vomitare quello precedente per quant’era forte, ma lo continuai a bere sotto il suo sguardo, troppo presa da quei occhi per fare altro. – Quindi… perché non stai con i tuoi amici?
– Oh – risposi io e diedi un’occhiata a Luke, che mi stava guardando male. – Ho appena finito il mio drink – aggiunsi poco dopo guardandolo. Sembravo una stupida, ma quel ragazzo aveva veramente il potere di ammaliare le ragazze. – E tu?
– Se ne sono già andati – ribatté lui, annuii e così lui mi si avvicinò per dirmi all’orecchio: – Hanno già trovato qualcuna da portarsi a letto.
Arrossii subito e mi allontanai un po’ da lui. – Oh – risposi io abbassando lo sguardo sul drink. – Bé… io… non sarò una di quelle ragazze.
Sorrise maliziosamente. – È un peccato, tesoro – esclamò lui. – E che mi dici di quella ragazza che sta sempre accanto il ragazzo scuro? – chiese.
Girai di scatto la testa per guardare Jennifer, che stava parlando con Calum. – Non… – iniziai, ma mi fermai. Ero indignata, quel ragazzo mi aveva abbordato solo per chiedere di Jennifer! – Il ragazzo ha un nome e si chiama Calum, ed è il suo ragazzo.
– Altro peccato – borbottò lui guardando Jennifer. Mi alzai, umiliata, ma il ragazzo mi fermò un’altra volta. – Io sono Jase comunque – disse porgendomi la mano. Mi sorrise un’altra volta guardandomi negli occhi e vidi spuntare una fossetta. Buttai fuori tutta l’aria che avevo, adoravo le fossette! – Questo dovrebbe essere il punto in cui mi dici il tuo nome e stringi la mia mano – aggiunse ridacchiando.
– Pensavo volessi conoscere la mia amica – ringhiai io. – Non faccio la ruota di scorta, mi dispiace.
Fece una smorfia disgustata. – Tesoro, sono venuto prima da te o sbaglio?
– Già, perché la mia amica stava con il ragazzo – borbottai io. Ma insomma! Avevo scritto in fronte “prendetemi per il culo, tanto ci casco”?! Prima Michael e poi questo ragazzo incredibilmente bello. Mi sentii umiliata ed era colpa di Michael e di Jase. Mi sentii particolarmente brutta ed era colpa loro. Mi sentii uno straccio.
Jase si alzò e mi strinse a lui. Sussultai guardandolo negli occhi e trattenni il fiato. – Non essere insicura – mi disse avvicinando le sue labbra al mio orecchio. – Non ne hai motivo – aggiunse poi.
Chiusi gli occhi, distrutta, perché lo stava facendo solo per avermi. Non lo pensava veramente. Ero solo una ragazza con cui voleva andare a letto, perché l’amica non era disponibile. Lo guardai negli occhi e gli feci vedere tutta la mia debolezza, ma lui non se ne accorse e mi sorrise ancora di più. Buttai fuori tutta l’aria e incurvai le spalle guardando a terra. Avevo bisogno di questo? Avevo bisogno di sentirmi prima umiliata e poi desiderata dallo stesso ragazzo? Mi volevo veramente così male? A quanto pareva, sì. – Amelia – dissi guardandolo negli occhi.
– Amelia – ripeté lui sorridendomi. Abbassò un po’ la sua mano fino ad arrivare alla fine della mia schiena. – Bel nome – commentò poi. Accennai un sorriso e lui lo prese come una specie d’incoraggiamento, perché avvicinò il suo viso al mio e mi baciò. Non sentii niente, tornai la vecchia Amelia che si lasciava baciare da tutti solo perché tanto lei non provava niente. Mi concentrai sui movimenti della sua bocca e iniziai a giocarci, giusto per aver qualcosa da fare. A quanto pareva gli piacque, perché mi strinse ancora di più a lui e si lasciò sfuggire un gemito.
Non aspettai Jennifer, sapeva anche lei che era meglio lasciarmi fare, che forse avevo bisogno di attenzioni per sentirmi un po’ meno uno straccio. Così lo stuzzicai ancora di più con le mie labbra, mordicchiandogli un po’ il labbro inferiore. – Cazzo, Amelia – borbottò Jase smettendo di baciarmi. Posò l’altra mano sul mio collo e abbassò lo sguardo sulle mie labbra. – Balla con me.
– Non ballo – risposi io guardandolo negli occhi. – Non mi piace – aggiunsi. Cercai Michael, ma non lo trovai, così guardai Luke e mi uccise con lo sguardo, scosse la testa e andò in pista insieme ad Ashton e gli altri. Mi sentii un’altra volta uno straccio e riposai la mia attenzione su Jase.
– Allora dovremo trovare un’altra cosa da fare – sogghignò iniziando ad abbassare la sua mano ancora di più.
Feci per allontanarmi e andarmene, quando mi sentii strattonata indietro. Pochi secondi dopo davanti a me c’era un ragazzo dai jeans neri stretti come non mai con dei capelli ossigenati biondi. Michael lo spinse e Jase fece un paio di passi indietro. – Vattene via! – tuonò lui e Jase fece per controbattere quando mi misi in mezzo.
Guardai Jase. – Credo tu debba andare – ringhiai guardandolo. Non aveva un minimo di rispetto nei miei confronti. – Mi sa che oggi non ti divertirai come i tuoi amici – gli dissi avvicinandomi a lui in modo tale da farmi sentire solo da lui. – Non sono una cosa che puoi toccare a tuo piacimento solo perché vuoi fare sesso con qualcuno. Sono una ragazza e mi devi rispettare.
Jase scoppiò a ridere. – Tesoro, tu sei la prima che non si rispetta – esclamò lui guardandomi.
Feci un passo indietro, sentii dolore fisico ma lo lasciai andare. Era vero, aveva ragione, ero la prima a non rispettarmi, solo perché non mi sentivo abbastanza bella o addirittura abbastanza intelligente. Lo guardai andarsene e poi, quando la folla lo inghiottì, mi girai verso Michael. – Tu hai seri problemi mentali – ringhiai prima di uscire sul retro del locale. Lo sentii venirmi dietro e così, una volta chiusa la porta, iniziai ad urlare: – Come ti è venuto in mente di fare una cosa del genere?!
– A me?! – tuonò lui, era tutto rosso. – Un tipo viene da te e venti minuti dopo lo baci e ti fai toccare il culo! Come pensi possa reagire io?! L’hai fatto davanti a me, lo stavi facendo apposta! Perché? Che ti ho fatto? Sono stato sincero con te ed ero pronto ad una relazione, sei stata tu a respingermi, quindi perché me la devi far pagare in questo modo? Non ti è bastato quello che è successo con Gerard?
– Quello che faccio non è affar tuo, Michael! – gridai io. – Potrei benissimo farmi metà discoteca e continuerebbe a non essere affar tuo!
– Che cazzo di problemi hai?! Perché devi fare così? Lo sai che puoi avere la maggior parte dei ragazzi, quindi perché continuare a cercare una rassicurazione in loro? Non l’avrai mai in questo modo! – urlò lui, un po’ più calmo.
– Io…! – iniziai, ma mi fermai, perché non sapevo cosa rispondere. Non potevo avere la maggior parte dei ragazzi, quella era Jennifer, io ero l’amica brutta che si portava appresso. Lo guardai e sentii le lacrime salire, fino ad appannarmi tutti gli occhi. Li chiusi e abbassai lo sguardo.
– Tu… – cominciò lui e fece un passo indietro. Quando alzai lo sguardo aveva gli occhi spalancati e le mani chiuse a pugni. – Tu non lo sai – mormorò lui. – È così, tu non lo sai. Non lo riesci a vedere. Sapevo che avevi l’autostima pari a zero, ma non pensavo… Tu hai bisogno di attenzioni – aggiunse poi guardandomi come una specie di frase in latino che doveva interpretare. – Ma non è nemmeno questo in realtà, perché io te ne ho date abbastanza di attenzioni. Quindi che cos’è? Sei arrabbiata con me, è evidente. Ma era anche evidente che tu stessi per mandare a fanculo quel coglione. Quindi non è quel tipo di attenzione che stai cercando. Cosa vuoi, principessa?
Deglutii e lo guardai dritto negli occhi, sperai di fargli capire tutto con un’occhiataccia: il mio odio nei suoi confronti, la delusione, l’insicurezza, la rabbia, la frustrazione… e lui capì quasi tutto, perché aggrottò ancora di più le sopracciglia e fece un passo verso di me; ne feci uno indietro. – Non voglio te – ringhiai io. – Non voglio un ragazzo incoerente come te. Tu sei esattamente come quel ragazzo, Michael! – dissi ridacchiando amaramente. – Vieni qua, fai finta che t’interessi qualcosa di me e poi mi fai capire che in realtà sono solo un premio, un qualcosa che devi riuscire ad avare. Ieri mi hai fermata solo perché stavo diventando troppo facile.
– Ma cosa…? – chiese lui, ancora più confuso. – Incoerente? Sei tu quella incoerente. Ieri sera eri una persona completamente diversa da quella che sei adesso! Volevi cose completamente diverse. Ieri sera mi hai fatto capire chiaramente di volermi e oggi invece non mi hai nemmeno calcolato!
– Tu mi menti tutti i giorni! – tuonai io con le lacrime agli occhi. – Non hai nessun diritto di prendere e spingere un tipo solo perché lui può avermi e tu no! Tu non mi meriti tanto quanto quel ragazzo! Non sei migliore, Michael, sei solo più astuto e malvagio!
– Ma cos’è questa storia adesso? – chiese lui, sembrava esasperato a causa della confusione che gli stavo causando in testa, e la cosa mi fece stare un po’ meglio. – Malvagio? Amelia, non sono il cattivo! Non sono un personaggio di quei tuoi stupidi libri che deve essere sconfitto. Sono reale e non sono malvagio! E io non ho spinto quel ragazzo perché lui poteva averti ed io no. Ti conosco e so che non faresti mai una cosa del genere, anche con un ragazzo bello come quello! Eri imbarazzata e assolutamente apatica, è per questo che l’ho fatto andare via. Vuoi farmi ingelosire andando da qualche altro ragazzo? Va bene, fai come vuoi, ma almeno fallo bene.
Scoppiai a ridere. – Farti ingelosire? Non ho bisogno di farti ingelosire. Non ho bisogno di te. Non ho bisogno di sentirti mentre mi psicoanalizzi come una specie di psicologo professionista! – urlai io. – Non sei il centro del mio mondo, Michael. Non permetterò mai una cosa del genere, né con te né con nessun altro ragazzo.
– Secondo me non lo sai nemmeno tu quello che vuoi fare – borbottò abbassando la voce quando due ragazzi uscirono dalla piccola porta. Abbassai lo sguardo quando ci passarono accanto e mi girai per cercare di tranquillizzarmi. – Amelia, guardami – sussurrò poi e per una volta lo ascoltai. – Devi dirmi quello che vuoi, perché non ho intenzione di fare come quelle coppiette che litigano ogni giorno. O me lo dici… – si fermò guardandomi. – O mi tiro fuori da questa cosa che abbiamo.
Trattenni il respiro. Era così facile per lui? Ma certo che lo era, dopotutto mi mentiva ogni volta che apriva bocca. Forse avrei fatto meglio ad amare me stessa prima d’iniziare ad amare qualcun altro; ma ormai era troppo tardi. Lo amavo. Dopo mesi lo amavo ancora allo stesso modo, se non di più. Ma come sarebbe andata? Lui sarebbe dovuto partire il giorno dopo. E a quel punto? Già potevo immaginare lui che si portava a letto ragazze su ragazze, ed io ignara di tutto ciò, a letto, ad aspettarlo. Mi aveva mentito, lo faceva sempre. – Tiratene fuori – mormorai io. – Per favore, tiratene fuori.
– Perché non hai il coraggio di tirartene fuori tu? – chiese lui avvicinandosi a me. – Amelia, non sto scherzando. Vuoi mandarmi via? Allora fallo, ma dopo non potrai chiedere il mio ritorno. Devi dirmi cosa vuoi e perché la vuoi. È successo qualcosa ieri sera o sta mattina che ti ha fatto cambiare idea e voglio sapere il motivo.
Scossi la testa. – Ci vediamo domani mattina, ok? – chiesi io e gli diedi un leggero bacio sulle labbra. – Continua così – mormorai guardandolo. – Stai facendo alcuni passi in avanti. La storia della relazione è una cosa nuova. Cerca solo di smettere di mentire.
Mi prese di scatto il polso per non farmi andare via e si avvicinò al mio orecchio. – Non hai nessun diritto di darmi consigli sulle relazioni, se sei la prima a fare schifo con esse – ringhiò lui e sembrò fumare dalla rabbia.
– Almeno io sono sincera – borbottai io. Abbassai il mio sguardo freddo sulla sua mano che stringeva il mio polso e lui lo lasciò subito. Lo guardai un’ultima volta e sentii tante emozioni fare capolino. – Non hai nessun diritto di essere arrabbiato con me. Sei tu quello che hai sbagliato.
– Sbagliato a fare cosa? Come faccio a cambiare se non mi fai vedere gli errori che commetto? – esclamò lui mettendosi indietro i capelli, esasperato. Stava fingendo, per forza.
– Lo sai benissimo – ringhiai io. – Non sono stupida, Michael. Le tue menzogne con me durano veramente poco, pensavo l’avessi capito ma a quanto pare sei più stupido del previsto!
– Tu…! – iniziò ad urlare lui, ma si allontanò subito, smettendo di parlare, si scompigliò un’ultima volta i capelli e poi si mise a ridere. – Sai una cosa, principessa? Fanculo. Non sono il tuo giocattolo. Non mi vuoi? Bene! Vuoi scoparti quel coglione? Ancora meglio! Vuoi distruggerti? Vorrei tanto poterti aiutare. – Si fermò a guardarmi per un po’ e poi aggiunse: – Io me ne tiro fuori. Sì, me ne tiro fuori. Basta giochetti del cazzo, basta frasi criptiche, basta principesse del cazzo che credono di essere più intelligenti di me! Basta! Detto questo, ci vediamo domani mattina all’aeroporto, perché purtroppo dovrò vederti pure là.
Lo guardai entrare di nuovo nel locale sbattendo la porta e causando un rumore assordante, ma in realtà non riuscivo a sentire altro che il rumore del mio cuore che batteva troppo velocemente. Una parte di me si sentì molto meglio, perché Michael se n’era andato e con lui anche la nostra ipotetica relazione; ma l’altra si sentì morire. Mi concentrai solo su quella parte positiva ed entrai dentro. Stetti un po’ con Jennifer, parlai un po’ con lei di Michael e di tutto il resto, e lei mi ascoltò fino alla fine. Una volta salutati tutti i ragazzi me ne andai, accompagnata da Raphael. La macchina enorme si fermò proprio davanti il complesso di appartamenti dove vivevo io, scesi ringraziandolo e poi entrai.
Arrivai davanti la mia porta e aggrottai la fronte: Cassian stava piangendo. Entrai lentamente, ma non mi venne incontro a fare le feste. – Cassian? – chiesi io e lo sentii piangere ancora di più. Capii quindi che era rimasto chiuso in camera mia, ma… io non avevo chiuso la mia camera. Mi fermai di scatto, si sentiva solo il mio respiro irregolare. – L-Lydia? – chiamai la mia coinquilina, ma mi ricordai subito che mi aveva mandato un messaggio con su scritto che sarebbe rimasta a dormire a casa di sua sorella. Rabbrividii e andai verso la lampada, l’accesi e urlai. Ci misi tutta la forza e la paura per farlo. Indietreggiai e mi fermai solo quando sentii la porta principale dietro di me. – Che ci fai qua? Come hai fatto ad entrare?
– Dov’è? – chiese Chris, l’ex ragazzo di Lydia. – Dov’è?! – tuonò avvicinandosi a me. Mi appiattii ancora di più alla porta e cercai qualcosa vicino a me con cui proteggermi, ma non trovai niente. – Dimmi dov’è andata. Si sta sentendo con qualche altro ragazzo, vero? Con chi? – chiese e quando lo guardai senza rispondere urlò: – Dimmelo, stronza!
– Vattene via – ringhiai io. Volevo veramente fare la ragazza con le palle, ma non mi aspettavo una sua visita, non ero preparata a questo. – O giuro su Dio che chiamo la polizia. Ti ho già detto che quello che fa e non fa Lydia non è più affar tuo, quindi adesso devi solo che andartene a fanculo.
– Tu non mi dai ordini! – gridò Chris venendo davanti a me. I suoi occhi erano rossi e rispecchiavano esattamente la sua pazzia. – Dimmi dove cazzo sta o non rispondo alle mie azioni.
– Toccami anche solo con un dito e a quel punto avrai a che fare con persone molto più cattive di te e me messi insieme – mormorai io, non tanto convinta, perché Michael non era più dalla mia parte. Potevo ancora fare affidamento agli altri, soprattutto su Luke però… giusto? Non sapeva niente di Chris, non gli avevo mai detto niente per orgoglio, ma forse era arrivato il momento di vuotare il sacco anche con lui.
– Ah sì? E adesso dove sono? – ringhiò Chris sorridendomi. Trattenni il respiro e pensai a qualcosa d’intelligente da dire, ma lui mi precedette. – Non ci sono, perché sono tutti bravi a parlare, ma i fatti sono veramente importanti. Dimmi dove si trova la mia ragazza.
– Non è più la tua ragazza! – urlai io spingendolo. – Non la devi toccare con un dito. Fai schifo, te ne devi andare e basta. Ha cambiato numero di cellulare, devo farle cambiare anche la serratura? Non mi faccio problemi, amico, ci metto veramente poco ad andare. E lo farò. Oh, eccome se lo farò! Domani mattina mi metterò davanti il negozio e aspetterò il mio turno e sopra la chiave ci farò scrivere “fanculo gli psicopatici” e ogni volta che la guarderò penserò a te e scoppierò a ridere, ripensando a quanto patetico e coglione possa essere stato quel rincoglionito dell’ex della mia coinquilina!
Feci per prendere fiato quando mi sbatté alla porta. Sussultai e sentii subito le lacrime fare capolino, ma non gli diedi altre soddisfazioni. Lo guardai dritto negli occhi e m’imposi di non tremare. – Oppure sarò io quello che si metterà a ridere. Magari sulla tua tomba – disse guardandomi negli occhi. Un brivido percorse tutta la mia schiena, ma rimasi ferma. – Chiamami un’altra volta amico e ti sfondo il cranio.
Mi avvicinai a lui e sussurrai: – Coglione ti piace di più?
Vidi il suo viso deformarsi a causa della rabbia. Alzò un pugno e prese in pegno la porta, non sussultai ma le mie unghie stavano graffiando i palmi delle mie mani. – Puttana! – strillò lui, il viso ancora deformato e tutto rosso. – Dov’è andata? Dimmelo!
– Spero sia andata a conoscere un ragazzo migliore di te, stronzo! – tuonai io. E a quel punto il pugno prese la mia pancia, non la porta. Sussultai e caddi a terra, senza fiato. Una volta a terra mi diede un calcio alla gamba, aprì la porta, che prese in pieno la mia testa, e se ne andò.
Rimasi in silenzio, mentre Cassian continuava ad abbaiare e a ringhiare. Tremavo come una foglia, avevo la nausea e mi faceva male tutto. Poco dopo iniziai a non sentire più l’aria entrare nei mie polmoni, il mio cuore iniziò a battere velocemente, tutti i rumori si attutirono… e scoppiai a piangere.
Aveva vinto.
 
Il giorno dopo non mi presentai all’aeroporto, non risposi alle chiamate di Luke o di Jennifer ma mandai un messaggio ad entrambi dicendogli che mi ero presa l’influenza e che quindi non sarei potuta andare a salutarli all’aeroporto. Invece scesi giù e corsi a richiedere una nuova serratura portandomi dietro anche Cassian, che sembrava essere ancora nervoso per la sera precedente. La mia porta era stata completamente rovinata da lui, che a quanto pareva la sera precedente aveva cercato di aprirla, rovinando soltanto tutto il legno. Ma quello era l’ultimo dei miei problemi. Il mio corpo andava ancora tutto a fuoco, però decisi di non prendere niente, perché volevo usarlo come promemoria. Volevo ricordarmi ogni istante e usare ogni singolo momento di sofferenza contro di lui.
Una volta a casa presi le chiavi della macchina e andai da Luke. Non potevo semplicemente non presentarmi e non salutarli, così li aspettai al parcheggio. Quando uscirono si fermarono per pochi secondi, molto probabilmente perché quella davanti a loro sembrava una brutta copia di Amelia. Non mi ero fatta una doccia, mi ero fatta una coda veloce senza nemmeno spazzolarmi i capelli e mi ero infilata la prima tuta che avevo visto.
Luke fu il primo a venire verso di me. – Attaccami tutti i germi che vuoi, non m’interessa – mormorò prima di abbracciarmi. Sussultai quando sentii il dolore farsi ancora più persistente, Luke si allontanò da me con la fronte aggrottata, ma feci finta di niente e lasciai uscire Cassian dalla macchina. Tirò al guinzaglio e la gamba sulla quale avevo un livido quasi cedette, ma posai subito una mano sulla spalla di Luke e gli sorrisi lasciando andare Cassian da Calum. – Sei molto debole – disse Luke guardandomi. – Quanto hai di febbre? – chiese posandomi una mano sulla fronte. Spalancò gli occhi quando sentii la fronte congelata e fece un passo indietro. – Non hai la febbre.
– Sì, è solo che fa veramente molto freddo – mormorai io guardando Cassian tra le braccia di Calum. – Devo andare. Cassian!
– Non puoi andartene senza averci salutato! – urlò Ashton. – Vieni qua, non mordiamo!
Deglutii e guardai Luke, che mi stava studiando. – Non sono molto in forma, potreste venire voi? – risposi io. La gamba mi faceva male e quindi molto probabilmente avrei ricominciato a zoppicare un po’. – Luke – ringhiai guardandolo. – Smettila di fissarmi.
– Tu non sei malata – sussurrò lui avvicinandosi a me. – Non hai dormito? Hai gli occhi rossi quindi hai pianto. È colpa di Michael? Perché da ieri sera è diventato ancora più coglione. Che ha detto? Lo sai com’è fatto…
– Non è per Michael – risposi io e la mia voce tremò un po’.
Aggrottò la fronte. – Non sono stupido, Amelia. Hai pianto! – esclamò lui. Si girò verso Michael, che ci stava guardando e poi si rigirò verso di me. – Senti, devo dirti una cosa. Ho sbagliato, dobbiamo parlare e…
– Luke, non è per Michael, veramente – ribattei io posandogli una mano sul petto. – Sta’ tranquillo. Io e Michael… non siamo più un problema – aggiunsi, lanciai un’occhiata agli altri, che stavano parlando. – Ti devo chiedere un favore. Raph…
– Allora? – chiese Calum venendo verso di noi. Mi prese e mi abbracciò. Strizzai gli occhi sentendo le lacrime arrivare, mentre mi stringeva a lui con un po’ troppa forza. – Ci mancherai, Amelia – disse sorridendomi. – Era da un bel po’ che non vedevo Michael preso da una ragazza – mi sussurrò poi all’orecchio.
– Ragazzi – li chiamò Luke. – Devo parlare un attimo con…
– Oh, lasciacela un po’, Luke! – esclamò Ashton prima di abbracciarmi un’altra volta. – Ti saluta Bryana – aggiunse poi accarezzandomi dolcemente il viso. Accennai un sorriso, avevo le lacrime agli occhi. – Manchi anche a lei, sai? Hai fatto una buona impressione anche su di lei. Esiste in questo mondo una persona che non riesci a conquistare con la tua dolcezza?
– Oh – mormorai abbassando lo sguardo. – Sì, c’è – risposi guardando Luke, che sembrò ancora più preoccupato. – Ciao – dissi guardando Michael, che mi guardò per pochi secondi prima di entrare dentro la macchina.
– Stavi dicendo? – chiese Luke avvicinandosi un’altra volta a me. – Che favore ti serve?
– Conosci qualcuno che…
– Luke! – urlò un uomo. – Entra, su! Non abbiamo tempo!
Abbassai lo sguardo, sconfitta. – Vai – sussurrai sorridendogli. – Ci penso io. Non è una cosa così importante – aggiunsi guardandolo. – Ci sentiamo, ok?
– Ci sono tante cose che devi sapere – ricominciò Luke. – Devo dirtele…
– Luke! – tuonò l’uomo. Luke alzò gli occhi al cielo e mi fece segno di chiamarlo, annuii con le lacrime agli occhi e lo lasciai andare via. Feci entrare Cassian dentro la macchina e guardai Luke entrare nella sua. Li guardai andare via e a quel punto mi lasciai andare e mi misi a piangere. Entrai dentro la macchina e guardai l’albergo, mandai l’ennesimo messaggio a Lydia intimandola di non tornare a casa e poi me ne andai.

Angolo Autrice: 
Buonasera :) questo capitolo non è proprio il massimo, forse ho esagerato un po' con Chris (l'ex ragazzo di Lydia)... non lo so, ma sto vedendo che seguite molto di meno questa storia e mi sto chiedendo da un po' perché. Accetto volentieri qualche consiglio o anche qualche critica.
Vi chiedo come sempre di recensire il capitolo e mi scuso per eventuali errori.
Un bacio e al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 27
*** Mentire ***


Capitolo 26
​Mentire
 
Finii di pulire i banchi del locale dove lavoravo, Elena mi doveva fare la terza statua visto che era già la terza sera che pulivo al posto suo. Una volta finiti anche i bagni, presi le chiavi e chiusi il locale; andai verso la mia macchina mandando un messaggio a Lydia, mi rispose quasi subito dicendomi che sarebbe rimasta a dormire dal suo ragazzo. Feci un respiro profondo e posai le mani sul finestrino della mia macchina, mi guardai intorno e poi posai la testa su di esso. Entrai dentro la macchina e tornai a casa. Nonostante fosse venerdì sera non andai a dormire a casa di mia madre e Jason, come facevo tutti i fine settimana, perché pochi giorni prima mi avevano detto che sarebbero partiti per lavoro. Odiavo stare a casa da sola, Lydia stava quasi sempre dal ragazzo ormai e non potevo di certo fargliene una colpa.
Erano passati mesi dall’ultima volta che Chris si era fatto vedere, forse due, ma a volte ancora avevo un po’ paura. La maggior parte delle volte trovava solo me a casa, si appostava davanti ad essa e iniziava ad urlare. Per fortuna Justin, il nuovo ragazzo di Lydia, era riuscito a spaventarlo abbastanza e ormai non si faceva più vedere.
Feci le scale e appena arrivai al mio piano vidi una figura appoggiata alla mia porta, strinsi la borsa a tracolla e assottigliai le labbra. – Pensavo veramente di essere riuscita a non averti più tra le palle, ma a quanto pare mi sbagliavo – borbottai io. – Se non te ne vai entro cinque secondi chiamo la polizia.
– Bel modo di salutare i tuoi amici – esclamò Ashton spuntando da dietro la scala. Feci un passo indietro, confusa, e guardai la figura che si stava avvicinando: era Luke, ma non stava sorridendo. – Chi pensavi che fosse? – chiese poi Ashton.
– Oh – mormorai guardando Calum e Michael. – Ciao – squittii guardando quest’ultimo.
– Abbiamo provato ad entrare con questa – ribatté Luke facendomi vedere la vecchia chiave che si era tenuto Michael. – Ma a quanto pare hai cambiato serratura. Come mai?
–Mmmh – iniziai mettendomi meglio la borsa a tracolla. – Abbiamo avuto un po’di problemi con la serratura e… si era rotta.
– Si era rotta? Qualcuno ha provato ed entrare?! – esclamò Calum avvicinandosi un po’ a me, preoccupato. – No! – esclamai io. – Non è successo niente di ché…
– Fai proprio schifo a mentire – mormorò Michael. Lo guardai e il mio cuore fece un balzo, volevo sorridergli ma volevo anche fargli tanto male. – Ci fai entrare o cosa? – chiese poi continuando a guardare tutto tranne me.
– S-sì – risposi io, andai davanti la mia porta e aprii le due serrature. Mi sentivo osservata e sapevo di star facendo preoccupare tutti, ma ormai le serrature erano diventate due e non potevo fare finta di niente. – Prego – sussurrai facendo passare tutti. – Potete posare le vostre cose dove volete, tanto Lydia sta sera non torna. Calum, hai chiamato Jennifer?
– No – rispose subito lui. – Le sto per fare una sorpresa con i fiocchi. Michael mi deve aiutare, quindi tra un po’ dobbiamo andare.
– Oh, certo, non c’è problema – esclamai io lanciando un’occhiata a Michael, che si era seduto sul divano. Arrossii subito e andai a prendere un bicchiere d’acqua. – Da quant’è che stavate aspettando? Perché non mi avete avvertita? Mi sarei presa un giorno di ferie o mi sarei data malata – aggiunsi poi una volta tornata in salone. – Volete? – chiesi posando sul tavolino la bottiglia d’acqua e i bicchieri. – Purtroppo non ho niente da mangiare. Io e Lydia siamo abbastanza negate a cucinare e oggi non è andata a fare la spesa.
– Tranquilla – rispose Ashton. Lo guardai, avevo sentito che si era lasciato con Bryana ma non potevo certo esserne sicura. Non gli avevo mai chiesto niente, anche se ormai la curiosità mi stava divorando. Passai a Michael, che scosse la testa facendomi capire che era meglio non chiedere niente. Quindi era vero: si erano lasciati. – Stavamo aspettando da un po’, ma non ti devi preoccupare. Non pensavo che lavorassi fino a tardi. Dove lavori?
– In un locale – risposi subito io. – Finisco così tardi solo quando devo pulire tutto il locale. Di solito non lo faccio tutti i giorni, ma in quest’ultimo periodo sto facendo alcuni favori a delle mie amiche. Non ho niente da fare e poi alcune volte loro mi hanno aiutato con varie cose. Vado un attimo in camera a togliermi questi vestiti.
Andai in camera mia ma sentii subito i passi di Luke, quindi non provai nemmeno a togliermi il cappotto. Aprì la porta senza bussare e la chiuse dietro di sé. – Cos’è successo?
Feci un respiro profondo. – Ho solo avuto un po’ di problemi, ma adesso è tutto apposto. Stiamo bene e abbiamo fatto due serrature solo perché sono un po’ maniaca del controllo. Va tutto bene, veramente. Non preoccuparti, non ce n’è bisogno.
– Era questo il favore? – chiese Luke continuando a studiarmi. – Questo problema ormai risolto mi sembra abbastanza importante, dopotutto hai rifatto la serratura e ne hai aggiunta un’altra. Le fans hanno trovato la tua casa e hanno fatto qualcosa?
– Oh, no! No, non hanno fatto niente. Non c’entrano loro – esclamai. Sbuffai e mi sedetti sul letto, pronta a raccontargli tutto. – Devi giurarmi che non ti metterai a urlare però – aggiunsi, e quando annuì iniziai a parlare. – L’ex ragazzo di Lydia è un po’… fuori di testa. La menava e quando lei l’ha lasciato non l’ha presa affatto bene. Ha iniziato a venire qua. In qualche modo… è riuscito ad entrare dentro casa. Ha chiuso Cassian in camera mia e… Lydia era andata a dormire a casa di una sua amica, in casa c’ero soltanto io.
– Amelia – mi chiamò Luke e la sua voce tremò un po’. – Non ti ha fatto del male, vero?
Deglutii e scossi la testa. – No, no. Non mi ha fatto niente.
– Amelia! – urlò Luke.
– Luke, sto bene! – esclamai io. – Solo… non ho bisogno di questo! Non ho bisogno di fare la vittima. Vorrei parlare di te, della tua ragazza, non di quel coglione. Lascia stare, ok? È tutto apposto, sto bene e Lydia si è fidanzata con Justin. È un ragazzo fantastico e c’ha pensato lui a Chris.
– Sai alcune cose sulla mia ragazza. Devi dirmi cos’è successo – ringhiò Luke. Si fermò a guardarmi, stava pensando, e poi s’illuminò. – Mi hai chiesto il favore il giorno della partenza, questo significa che è successo durante la notte. È entrato mentre stavi dormendo?
– No, Luke – sbuffai io. – Quando sono entrata stava già dentro. Non voglio sapere come, ma è riuscito ad entrare. Il giorno dopo sono andata a richiedere una nuova serratura e da là non è più riuscito ad entrare. Sono stata per un po’ di giorni a casa dei miei, loro non sanno… Non credono che sia stato Chris ad entrare, per loro è stato un ladro qualunque. Una volta rifatta la serratura siamo tornate entrambe a casa, ma non ci sentivamo lo stesso sicure e così ne abbiamo aggiunta un’altra. Lydia… non sa quello che è successo quella sera, si sentirebbe troppo responsabile.
– E lo è! – tuonò Luke. – Dio, Amelia! È colpa sua! È colpa sua se quel tipo…
Qualcuno bussò alla porta, era Calum, ma dietro di loro c’era anche Ashton. – Non siamo… riusciti a non ascoltare – borbottò Calum, colpevole. – Jennifer non mi ha detto niente. Lei lo sapeva? – chiese e abbassai lo sguardo, perché ero stata io a chiederle di non dire niente a nessuno. – Ma certo… Quindi c’ha pensato questo Justin?
Annuii e feci per parlare ma Ashton mi precedette. – Che ti ha fatto?
Scossi la testa. – Niente, non vi dovete preoccupare…
– Rispondi – ribatté seccamente Ashton.
Rabbrividii, non mi aveva mai parlato in quel modo e sentire quel suo tono distaccato e privo di emozioni mi faceva un po’ paura. – L’ho istigato. È stata colpa mia – borbottai io abbassando lo sguardo sulle mie mani. – Ma non mi ha fatto niente di ché. Mi ha dato un cazzotto, un calcio e poi se n’è andato. So che sembra brutto detto così, ma in fin dei conti…
– Non “sembra”, lo è – ringhiò Calum. – Non ci posso credere. E non hai detto niente a nessuno? Saresti dovuta andare dalla polizia. Perché non ci hai detto niente?! Se ci avessi detto una cosa del genere saremmo potuti rimanere un giorno di più, aiutarti e dare una bella lezione a quel pazzo.
– Dovete stare tranquilli, non mi ha più toccata – mormorai io, rossa in viso. – Non.. Dov’è Michael? Non dovete dirgli niente. L’aveva già incontrato al matrimonio di mia madre e non era andata affatto bene. So com’è fatto, non ci parliamo da un bel po’ di tempo, ma non credo sia capace di lasciar stare la faccenda.
– È un po’ troppo tardi – bofonchiò Ashton. – Ha sentito anche lui. Sta aspettando Calum in macchina, ma non ha detto granché, anzi non ha detto niente. Non mi sembrava affatto toccato, si è alzato e ha avvertito Calum. Fine della storia.
Abbassai lo sguardo, un po’ ferita. Avrei dovuto aspettarmelo, me l’aveva detto chiaro e tondo: una volta chiusa l’ipotetica con me tutto il resto non avrebbe più avuto senso, non con me. Ma era meglio così, non volevo che succedesse niente di brutto e sicuramente Michael sarebbe stato capace di fargliela pagare. – Meglio così – dissi quindi sorridendogli.
 Calum controllò il cellulare e lesse un messaggio. – Devo andare, Michael si è rotto di aspettare – disse guardandomi, mise via il cellulare. – Se mi dici che le cose si sono sistemate ti credo, ma la prossima volta ce lo devi dire. Sono stato chiaro?
Annuii arrossendo un po’. – Non avercela con Jennifer, ok? Stava solo cercando di farmi un favore. Glie l’ho chiesto io di non dirvi niente, non vi volevo far preoccupare per niente. La situazione si è veramente stabilizzata.
Calum mi guardò per un po’, poco convinto. – Non puoi non chiedere aiuto per paura di preoccupare altre persone. La prossima volta dovrai farlo, sono stato chiaro?
Annuii abbassando lo sguardo e così se ne andò. Poco dopo rimasi solo con Luke. – Non posso essere arrabbiato, lo so – mormorò sedendosi sul letto accanto a me. – Non posso, perché io non sono stato altrettanto sincero con te. Non so nemmeno se classificare la mia menzogna come “grave” o no – borbottò guardando davanti a sé. Aggrottai la fronte, confusa, ma non dissi niente, perché sapevo che mi avrebbe detto tutto e che gli dovevo solo dare tempo. – Ti ho mentito – annunciò guardandomi per pochi secondi. – Ti ho mentito su Michael.
Trattenni il respiro e mi allontanai un po’ da lui, ferita. – In che senso? Quando? – chiesi io. Avevo tanti pensieri ma non sapevo bene su cosa mi avesse mentito. Sperai tanto, ma ero troppo arrabbiata con Luke per capirlo.
– Quando ti ho detto che non era stato male in tournée – mormorò lui chiudendo gli occhi. – Mi dispiace veramente tanto. Era lunatico, sul palco e con le fans era la persona più felice del mondo, ma una volta finito il concerto e rientrato dentro il pulmino diventava una persona cupa, che cercava sempre di stare sulle sue. Quando si ubriacava non faceva altro che parlare di te… ma poi la conversazione continuava con Grace, per poi finire con te.
– Non sto capendo – bofonchiai io guardandolo attentamente. – Parlava di me e poi di Grace? Che significa? Cosa diceva? Gli piace Grace?
– Grace gli ha detto che lo ama – rispose Luke.
– C-cosa? – balbettai io. – Gli ha detto che lo ama?! Quando? – chiesi io. Mi misi indietro i capelli, esasperata. Forse non era solo per colpa di quello che ci eravamo detti se era diventato ancora più freddo, forse c’entrava anche Grace. Forse si erano messi insieme, dopotutto glie l’avevo consigliato io tempo fa! Gli avevo detto che era pronto, lui me l’aveva confermato ma io l’avevo respinto. Chiusi gli occhi e mi misi una mano davanti gli occhi per cercare di tranquillizzarmi. Era impossibile, dopo mesi ancora provavo qualcosa per lui.
– All’aeroporto, mesi fa – ribatté Luke. – Da là si chiamano quasi tutte le sere. Lo sento ridere praticamente sempre, ma non mi ha detto granché, forse perché ha paura che possa dire tutto a te. È sempre stato un ragazzo abbastanza chiuso, ma è peggiorato.
– Perché mi hai mentito? – chiesi io a bassa voce. Ero arrabbiata con lui, perché forse se non mi avesse mentito a quest’ora sarei stata con Michael, ma anch’io gli avevo mentito e c’erano troppi “forse” nella mia vita e soprattutto nella mia ipotetica relazione con Michael.
– Vi vedo – rispose lui. – Vi vedo e non vedo niente di positivo in voi. Lui cambia idea tutti i giorni, prima è attratto da te e dopo non lo è più. Tu pendi dalle sue labbra quando ce l’hai intorno, diventi cieca e non vedi la realtà. Io non so se lui ti vuole bene o no, non riesco a capirlo, ma una persona non dovrebbe trattarne un’altra come lui fa con te. Volevo solo farti aprire gli occhi. Finita questa tournée lui non mi è più sembrato triste, parlava tutti i giorni con Grace… Ma qualcosa mi dice che non mi hai detto niente per paura di farlo sapere a Michael. Odio questa cosa, la odio perché devi capire che io e lui siamo persone ben distinte. Esattamente come non andrei mai a dire a te cosa lui mi dice di te e Grace, non andrei mai a dire a Michael quello che tu consideri privato.
– Non te l’ho detto solo per paura di spaventarti – ribattei io. – Nient’altro. Non volevo che ti preoccupassi per niente. Ho risolto la cosa.
– Bé, ma non si fa così! – tuonò lui. – Non dovrei essere incazzato, ma lo sono! Hai idea del pericolo in cui sei andata incontro?! Quel tipo poteva farti veramente male! Te lo sei ritrovata in casa e mi dici che non mi dovrei preoccupare? Il giorno della partenza a malapena ti reggevi in piedi, ed io ho cercato di capire il motivo ma tu continui a chiuderti a riccio! Perché? Io mi sono sempre aperto con te, sempre!
– Non è un fatto di chiudersi – borbottai abbassando lo sguardo. Mi faceva male litigare con Luke. – Cercavo solo di proteggerti.
– Proteggermi?! Ma che dici? – urlò lui. – Proteggermi da cosa? Da quel coglione o dalla verità?
– Da entrambi – mormorai io.
– Secondo me tu ancora non hai capito che cos’è l’amicizia – ringhiò lui e mi sentii strattonare il cuore. Alzai di scatto lo sguardo su di lui, ferita, perché era la seconda volta che sentivo quella frase e forse stavo iniziando a crederci.
– Non credo di essere l’unica – ribattei io guardandolo dritto negli occhi. Rimanemmo così per un po’, a guardarci negli occhi e a sfidarci, poi se ne andò senza aggiungere altro e rimasi da sola. Mi abbracciai da sola e chiusi gli occhi, cercando di rilassarmi, ma era impossibile: avevo litigato con il mio migliore amico e mi ero lasciata scappare il ragazzo che amavo.
 
La prima cosa che mi svegliò fu Cassian, che iniziò ad abbaiare davanti alla porta; la seconda fu il campanello. Mi alzai e cercai di fare zitto Cassian, ma non mi ascoltò. Presi un coltello, anche se molto probabilmente un ladro non avrebbe mai citofonato alla porta per entrare. Guardai nell’occhiello della porta e vidi Michael, quindi posai il coltello e andai ad aprire. Sussultai quando inciampò sui suoi stessi piedi e mi venne addosso, l’odore dell’alcol mi fece venire il voltastomaco ma con una smorfia disgustata lo trascinai dentro e lo feci sedere sul divano.
– Oh, me lo ricordo questo divano – sogghignò Michael guardandomi. Arrossii e abbassai lo sguardo prima di andare a prendergli un bicchiere d’acqua. – Quella sera eri uno spettacolo, con le guance tutte rosse, gli occhi limpidi e quel vestito…  Dio, sembravi una dea. Potresti rimettertelo? Solo per pochi minuti.
– Tieni, bevi tutto – mormorai dandogli il bicchiere. – No, non ho intenzione di rimettermi quel vestito. Che ci fai qua? – risposi poi freddamente. Mi erano un po’ mancate queste sue improvvise visite nel cuore della notte, ma mi dava anche fastidio vederlo ubriaco.
– Potresti anche metterlo, mi devi un favore e potrei quasi usarlo contro di te. Anche se molto probabilmente poi si creerebbe una situazione un po’ imbarazzante – bofonchiò lui chiudendo ogni tanto gli occhi. – Odio venire da te ubriaco, non ho filtri e ho paura di farti scappare.
– Sei a casa mia – borbottai io versandogli un altro bicchiere d’acqua. – Casomai sei tu quello che se ne deve andare, non io.
Scoppiò a ridere e chiuse gli occhi. – Mi è mancata la tua voce da finta ragazza cinica – mormorò lui. – Sai, io lo sapevo – bofonchiò dopo un po’. – Quando sei arrivata nel parcheggio dell’albergo conciata in quel modo… o quando hai dovuto appoggiare una mano sulla spalla di Luke per reggerti, avevo capito che ti era successo qualcosa. Era successo qualcosa alla tua gamba, si vedeva perché non era affatto rilassata e la tenevi un po’ alzata. E poi ogni volta che qualcuno ti abbracciava tu sembravi soffrire fisicamente – aggiunse guardando il bicchiere d’acqua che aveva in mano. – Però non volevo sapere. Poteva esserti successo di tutto, ma ero riuscito a convincermi da solo che si trattasse solo d’influenza. Perché che altro poteva esserti successo? Quel coglione non sembrava voler tornare a tormentarti, sembrava abbastanza spaventato. Sembrava. Mi sbagliavo.
– Non voglio parlarne – ringhiai io prendendogli il bicchiere dalle mani. – Sto bene.
Rise amaramente. – Stai bene. Certo! E allora perché tieni la doppia serratura? Sei così paranoica che tieni i coltelli a portata di mano.
– Sei ubriaco – dissi io e pensai “comportati da ubriaco e non fare caso ad ogni cosa”. – Il coltello è rimasto là da quando ho preparato la cena.
– Sì, la cena che non hai preparato perché eri al lavoro e con il cibo inesistente – borbottò lui lanciandomi un’occhiataccia. Mi maledii mentalmente, mi metteva così in imbarazzo che non riuscivo nemmeno a formulare una risposta decente. – Tu pensi che, solo perché non ti guardo o non ti parlo, non faccia attenzione ad ogni singola parola e mossa che fai, ma ti sbagli. Ogni volta che sei nella mia stessa stanza divento fin troppo consapevole di quello che fai.
Questa volta rimasi in silenzio, perché non potevo nemmeno respirare, figuriamoci parlare. Quello che mi aveva appena detto combaciava perfettamente con quello che mi succedeva: ogni volta che ci stava lui, la mia concentrazione si focalizzava sempre e soltanto su di lui.
– Tu… Non ero più abituato a sentirmi rifiutato, soprattutto da una ragazza che mi piaceva veramente – continuò a parlare come se stesse parlando con sé stesso e non con me, a bassa voce e con gli occhi puntati a terra. – Odiavo sentirmi uno straccio. Lo odiavo! Ed era tutta colpa tua, perché per la milionesima volta una ragazza che m’interessava mi aveva rifiutato e anche con cattiveria. E poi hai baciato un ragazzo qualunque davanti ai miei occhi. Non eri nemmeno tanto interessata, non ti sei comportata nel modo in cui ti comporti quando ti bacio io. Lo stavi facendolo solo perché in quel momento avevi bisogno di attenzioni, e non credo ci sia cosa più inutile. Sono stato rifiutato una seconda volta fuori da quel maledettissimo locale e a quel punto… Ti ho lasciata andare. Ho semplicemente chiesto a Raphael di riaccompagnarti a casa, ma non avevo pensato a cosa sarebbe potuto succedere una volta che fossi entrata dentro casa. In realtà una casa dovrebbe essere protetta, giusto? Si chiamano “case” per una ragione ed è perché è il posto in cui ti dovresti sentire al sicuro e a tuo agio. Non.. non ho pensato a quello che sarebbe potuto accadere una volta che tu fossi uscita da quella macchina.
– Lo dici come se fosse colpa tua – borbottai io. – Ti prendo qualcosa con cui coprirti, sta notte dormi qua ma domani mattina ti voglio fuori, ok?
– Ed eccoti che mi rifiuti un’altra volta – esclamò lui sorridendo amaramente. – Dimmi una cosa: mi ami?
– Che… Cosa? – chiesi io, in preda al panico.
– Mi ami? Perché dal modo in cui mi guardi sembrerebbe proprio di sì, però poi dici cose cattive e lo fai solo perché vuoi che ci rimanga male. Una normale persona innamorata non vorrebbe mai far soffrire l’altra, ma dopotutto tu non sei normale.
– O forse tu non sei la persona che amo – ringhiai io, perché la sua egocentricità a volte mi dava veramente ai nervi e quelle volte dovevo cercare di attutirla un po’ per non farlo diventare un ragazzo insopportabile ventiquattro ore su ventiquattro.  Gli stavo facendo un favore e lo stavo facendo anche a me stessa.
– Oh, giusto! – esclamò lui guardandomi. – Tu ami il perfetto Gerard, non è vero? Me l’avevi detto al matrimonio di tua madre, ma non mi sembravi tanto convinta. L’hai più sentito? Per caso, ha ricominciato a bere? O magari questa volta ha deciso di spacciare un altro po’?
– Come… come fai a sapere queste cose? – sussurrai io, scioccata. Non avevo detto a nessuno le cose che mi aveva detto Gerard, non a Luke e di certo non a lui. Quindi come poteva sapere quelle cose? Lui e Gerard non si erano mai parlati. Non avevo risposte, nemmeno opzioni, non aveva senso.
– Diciamo che… ho chiesto informazioni – rispose lui e arrossì un po’.
– Hai chiesto… – iniziai io ma mi fermai quando capii quello che voleva dire. – Oh, Michael! Hai indagato su di lui?! Quando e con quale diritto?! – urlai io. – Era un bravo ragazzo, il suo passato è solo questo: passato! Era riuscito ad uscire da tutto quel casino, perché hai voluto controllarlo?
– Perché ti sei ritrovata in una rissa a causa sua! – tuonò lui alzandosi di scatto dal divano. Barcollò per i primi secondi ma si ricompose quasi subito e mi guardò. – Un bravo ragazzo non dovrebbe mai e poi mai ritrovarsi in una rissa e soprattutto mettere in pericolo anche la sua ragazza! E lui l’ha fatto. Non è affatto il ragazzo perfetto che credi, principessa. Non lo è mai stato! Sei attratta dall’oscurità? Non è così? Bé, mi dispiace dirti che l’oscurità non fa per te!
Mi sentii ferita e soprattutto inadeguata. Feci un passo indietro e abbassai lo sguardo sui miei piedi nudi. – So prendermi cura di me stessa, Michael – ringhiai io. – Non avresti dovuto indagare su di lui!
– E si è visto! – gridò lui afferrandomi le spalle. – Ti hanno messo le mani addosso, cazzo! – urlò prima di cadere sul divano. Rimasi a guardarlo e mi sentii in colpa, sembrava essere rimasto veramente provato dalla mia… esperienza. Non sapevo cosa dire, non mi potevo di certo scusare. – Sei una ragazza, Amelia. Non sei nemmeno tanto alta e di certo non hai muscoli. Non puoi cavartela da sola con tipi del genere. Sei solo un’ingenua se pensi di essere abbastanza forte da riuscire a non farti mettere i piedi in testa da persona del genere.
– Non so nemmeno perché stiamo continuando a parlare di questa cosa – ribattei io. – È successo solo una volta e come puoi ben vedere sto bene. Stavo dormendo benissimo prima che tu venissi qua con il tuo culo ubriaco.
– Devi smetterla di cercare di salvare tutti – sussurrò lui guardandomi dal basso. – Perché prima o poi dovrai essere tu quella da salvare, e chi credi sarebbe disposto a farlo? Le persone che hai salvato saranno troppo deboli per farlo.
– Io non ho bisogno di essere salvata – ringhiai io. – La faccenda è chiusa. Chris non si è più fatto vedere da quando Justin…
– Chi è Justin? – mi fermò subito Michael aggrottando la fronte. – Un secondo perfettivo? Oh, fantastico! Magari sta venendo qua per portarti a letto! Ma che cazzo ci sono venuta a fare io qua… Sempre a fare il coglione con te – bofonchiò cercando di alzarsi dal divano, inutilmente.
Raddrizzai le spalle, sulla difensiva. – Non che siano affari tuoi, ma Justin è il ragazzo di Lydia – affermai io. Sapere che era così geloso con me non mi faceva particolarmente piacere, perché mi ricordava che lui mi vedeva solo come una sua cosa. – Ma, ripeto, non sono affari tuoi, quindi il discorso finisce qua.
– Perché, potrebbe anche continuare? – chiese Michael socchiudendo gli occhi a fessura.
– Mmmh – bofonchiai io, cercando di pensare al da farsi. – Forse… Potrebbe, ma continuo a dirti che non sono affari tuoi. A proposito, come sta Grace? Molto probabilmente la senti più tu che io, e sono addirittura costretta a vederla quasi tutti i giorni, visto che sta sempre appiccicata a Jennifer! Ed entrambi avete avuto il coraggio di non dirmi niente, quindi, no, non sono affari tuoi.
– Oh! – esclamò ridendo. – Allora è per questo: hai saputo di me e Grace! – si rispose da solo continuando a ridere. Mi venne in mente di buttarlo di casa a calci nel didietro. – Non capisco, non ci sentiamo da mesi. Cosa ti aspettavi? Una chiamata da parte mia che diceva “ehi, ciao! L’ultima volta non ti ho nemmeno salutata, ma ti volevo far sapere che io e Grace ci sentiamo tutti i giorni”?
– Ricordami perché sei dentro casa mia a darmi tremendamente fastidio – gli chiesi io, non rispose, rise solo ancora di più. – Non ti caccio via solo perché gli ubriaconi mi fanno pena – ringhiai io prima di andarmene in camera e chiudermi dentro insieme a Cassian.
– Principessa – urlò Michael, che si era fin troppo ripreso. – Sei tu che mi hai lasciato da solo, ricordi? – chiese e mi sembrò arrabbiato adesso. – Non hai nessun diritto di essere arrabbiata con me o con Grace! Cosa ti aspettavi? Non sono il tipo che aspetta, e tu non mi hai dato nemmeno una ragione per farlo, quindi non provare a tenermi il muso.
– Dormi – replicai io. – Che domani ti voglio fuori da casa mia entro le otto!

Angolo Autrice:
Sorpresa! Un capitolo con una settimana di anticipo, che miracolo! Cosa ne pensate? Amelia alla fine se l'è cavata anche senza l'aiuto dei ragazzi, ma a volte sembra essere ancora un po' scossa a causa di Chris. E la litigata tra Amelia e Luke? Secondo me non ha ragione nessuno dei due, secondo voi? Per non parlare dell'ipotetica relazione tra Grace e Mike! Lei lo ama davvero secondo voi o è solo un modo per tenerlo con lei?
Tra un po' finiranno i capitoli ambientati nel passato e inizieranno quelli ambientati nel presente! Ok, non ho ancora scritto niente, ma per ora questo è il programma.
Mi scuso per eventuali errori e vi chiedo come sempre di recensire.
Un bacio e al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 28
*** Vederli ***


Capitolo 27
Vederli
 
Il giorno dopo mi svegliai alle dieci. Aprii la porta e quando vidi il divano completamente libero e le coperte ripiegate uscii senza problemi dalla camera. Mi guardai intorno, molto più leggera della sera precedente, accesi il mio iPod, che era attaccato alle casse, e feci partire quella che era diventata una delle mie canzoni preferite: Maybe Someday di Griffin Peterson. Ultimamente mi ero data alla lettura romantica e appena avevo preso in mano il libro, che guarda caso s’intitolava proprio “Maybe Someday”, avevo subito capito che mi avrebbe rapito il cuore. Certo, non m’immaginavo fino a che punto. Quel libro mi aveva fatta ridere, mi aveva fatto odiare tutti, mi aveva fatto amare i personaggi principali e quelli secondari, mi aveva fatto amare ancora di più la musica… Ridge era un personaggio fantastico, problematico e assolutamente diverso dagli altri. La playlist che avevo scovato era stata la colonna sonora di ore ed ore passate a leggere quel libro e Maybe Someday di Griffin Petrson mi era entrata particolarmente nel cuore.
Iniziai a canticchiarla mentre cercavo di farmi il caffè, guardai il cellulare distrattamente per cercare un messaggio da parte di Lydia, che non mi era ancora arrivato. – And if I can’t be yours now/ I’ll wait here on this ground/ Til you come, til you take me away/ Maybe someday/ Maybe someday – canticchiai e finito il ritornello ballai sentendo la chitarra e poi le parole fantastiche della canzone. – Nothing good can come this way/ Lines are drawn, but then they fade/ For her I bend, for you I break – canticchiai di nuovo con il mio cuore in mano. In qualche modo quella canzone riusciva a farmi venire il buon umore, ma anche voglia di piangere e abbracciarmi da sola.
– E questa canzone da dove esce?
Sussultai e quasi feci cadere il caffè che mi stavo versando nella tazza, mi girai e spalancai gli occhi, arrossendo sempre di più. – Da dove spunti tu? – squittii io, imbarazzata fino al midollo. Corsi a spegnere la canzone e lo guardai, aspettando una risposta. – Pensavo te ne fossi andato! Ti avevo detto di stare fuori casa mia alle otto del mattino, non di sera!
– Non puoi pretendere che riesca a svegliarmi ed essere fuori da qua per le otto! Insomma, un minimo mi dovresti conoscere, no? Per me è illegale addirittura svegliarsi prima delle undici; figuriamoci alzarsi, vestirsi e uscire di casa per le otto! – esclamò lui. – Quindi? Non ho mai sentito questa canzone e non sapevo che ascoltassi canzoni così sdolcinate.
Arrossii ancora di più e guardai l’iPod. – Viene da un libro – borbottai io. – E ha un significato veramente bello. Ora tu non lo riesci a capire perché non hai letto il libro, ma se lo leggessi ne rimarresti veramente colpito. È una canzone veramente importante.
– Fa’ sentire – ribatté lui andando verso il mio iPod. Il mio primo impulso fu quello che di correre là e strappargli l’iPod dalle mani, soprattutto quando invece di andare indietro, partì Trouble. Corsi da lui, aveva aggrottato la fronte con un sorrisino malizioso e questo mi fece entrare ancora di più nel panico. – Why don’t we keep, keep it simple? – chiese lui. – Oh, questa canzone forse mi piace un po’ di più. Sposta questa mano! – esclamò ridendo, diede uno schiaffetto sulla mia mano, che lasciò andare l’iPod, e mise Play. Ascoltò la canzone sbattendo un po’ il piede con un sorrisino soddisfatto. – And you know that I, that I can see the way that your eyes seems to follow me. And I must confess my interest the way that you move in that dress, It’s making me feel like I want to be the only man that you ever see – canticchiò lui ridacchiando, che a quanto pare era già riuscito a impararsi a memoria alcune parti della canzone. – Bé, non è proprio il mio stile, ma è carina – commentò lui. – Ora fammi ascoltare quella di prima.
Abbassai lo sguardo, troppo in imbarazzo per guardare la sua reazione. La canzone iniziò e la chitarra mi rilassò quasi all’istante, iniziare a sussurrare tutte le parole. Mi girai e iniziai a mettere apposto la cucina, perché Michael mi stava guardando in un modo che non  mi piaceva.
Seeing something from so far away/ Get a little closer every day/ Thinking that I want to make it mine/ I’d run for you if I could stand/ But  what I want I can’t demand/ Cuz what I want is you – iniziò la canzone che mi piaceva tanto. E forse era anche perché alcune frasi mi ricordavano un po’ la nostra relazione, ma in realtà quella canzone non aveva niente a che vedere con la nostra relazione, perché la relazione che avevano Syd e Ridge (i protagonisti del libro) era completamente diversa dalla nostra. Loro non potevano stare insieme a causa della ragazza di Ridge, che sembrava essere un angelo sceso in terra per la sua gentilezza e onestà, perché Ridge amava prima di tutto la su ragazza ma stava iniziando ad amare anche Syd. La nostra di relazione era concentrata sulla testardaggine, sulla paura, sulla sfiducia; la loro relazione era un misto tra fiducia, passione negata, rispetto e amore. Lo guardai distrattamente mentre Griffin Peterson cantava: – Nothing good can come this way/ Lines are drawn, but then they fade/ For her I bend, for you I break. – Ed eccola la frase che mi piaceva tanto: “for her I bend, for you I break”.  Mi piaceva così tanto, forse perché secondo me era stato l’esatto momento in cui  Ridge aveva scelto Syd, perché per lei si poteva anche “spezzare”. Avrei tanto voluto un Ridge nella mia vita, anche se il modo in cui mi guardava Michael in quel momento mi faceva pensare che forse, sì, poteva volermi tanto quanto io ancora volevo lui. Ma con lui era sempre così: il minuto prima non mi voleva e quello dopo sì.
Abbassai di scatto lo sguardo quando sentii “Let it go” di James Bay. – Dovresti veramente andartene – ringhiai io prima di prendere la mia tazza con dentro ancora il caffè e andare in camera mia, da dove sarei uscita solo una volta che se ne fosse andato. – E spegni quell’affare.
– Amy… – mormorò lui prendendomi la mano e facendomi girare verso di lui con decisione. – Mi dispiace di essere venuto completamente ubriaco ieri sera, devo averti messa molto in imbarazzo, soprattutto con i miei discorsi da maniaco del controllo.
Scossi la testa e abbassai lo sguardo verso la sua mani che stringeva la mia. – Abbastanza – borbottai quindi, non era mia intenzione metterlo in imbarazzo ma non volevo nemmeno mentire. – Non cercare mai più informazioni sui ragazzi che frequento, sono stata chiara? È imbarazzante e non hai il diritto di essere così protettivo nei miei confronti. Mi dispiace come siano andate le cose tra di noi, veramente. Ho sbagliato mesi fa a darti la colpa, ma ci sono cose che non sai e che non ti voglio dire. Mi scuso per averti fatto male… per poco tempo, ma a quanto pare ti ho fatto male.
– Vorrei solo saperti al sicuro, con qualcuno che ti merita – mormorò lui abbassando lo sguardo. – Non accetto le tue scuse, perché non sono sincere. Tu non sei sincera. Non lo sei quasi mai e poi ti lamenti con me quando non lo sono. Io non avrò il diritto di essere così protettivo nei tuoi confronti, ma tu non hai il diritto di lamentarti con me solo perché non ti fidi dell’umanità intera – aggiunse poi e il suo tono mi ferì un po’, insieme al significato delle parole.
– Tu non mi hai mai dato un motivo per farlo – ringhiai io.
– Sì, te ne ho dati due volte in una sera, principessa – rispose lui con il mio stesso tono. – Sei stata tu a non accettarlo. Ti ho proposto il vero me, un Michael che se vuole può essere anche dolce e intelligente, ma tu non l’hai voluto. Quindi perché dovrei sempre essere sincero con te se tu sei la prima a non esserlo con me? Perché mi hai dato del bugiardo quella sera?
– Perché lo sei – risposi semplicemente io. Non potevo dirgli di Luke, avevamo litigato ma questo non significava niente, rimaneva il mio migliore amico. Era anche il migliore amico di Michael. Non mi sentivo così importante da poter aver paura di rovinare una volta per tutte un’amicizia come la loro, ma avevo comunque paura e non volevo nemmeno che provassero a discutere a causa mia. Solo l’idea mi faceva stare male fisicamente. Lui mi guardò per un momento che a me sembrò l’eternità, era così arrabbiato da essere diventato tutto rosso. Se ne andò senza dire niente e sbattendo la porta.
 
Due cose erano sicure: che non mi ero ritrovata in albergo solo perché volevo chiarire con Luke e che non volevo chiudere con nessuno dei due. Una cosa però non mi sarei mai aspettata. Mi ero sbagliata. Eccome, se mi ero sbagliata. Avevo fatto male a non pensare a quella piccola cosa che sarebbe potuta accadere, avevo fatto male a innamorarmi di un coglione come Michael Clifford e avevo fatto fottutamente male a non chiedere a Calum quale tra le due camere fosse di Luke. Perché a quanto pare anche Calum poteva essere stronzo. Quando gli avevo chiesto il numero delle loro camere tramite un messaggio, lui aveva risposto: “camera 243 e 245. Una è di Luke e una è di Michael. Non so da chi vuoi andare, in caso ti ho dato tutti e due ;)”. Mi ero sentita così in imbarazzo che non ero riuscita a dirgli altro.
Avevo pensato di andare prima nella camera 243, perché comunque aveva detto prima quella camera, esattamente come aveva detto prima il nome di Luke; ma ovviamente avevo fatto veramente male a pensare una cosa del genere. Ero passata direttamente dalla camera di Calum, che aveva lasciato aperta solo per me – lo stronzo. Aprii la porta comunicante con la camera 243 e dissi: – Luke, credo… – ma mi fermai subito quando vidi un corpo nel letto.
No. Due corpi.
Uno sopra l’altro.
Si fermarono di colpo e la ragazza bionda si tolse da… da Michael. Trattenni subito il respiro mentre il mio cuore sembrava iniziare a sbriciolarsi. Non avevo mai sentito un dolore simile, mai. Sentii Michael chiamare il mio nome, ma la sua voce la sentivo lontana. Avevo la nausea. Sì, dovevo assolutamente vomitare. Chiusi la porta e mi girai verso il letto di Calum: l’avrei ucciso. E dopo avrei ucciso Jennifer. E poi Grace e Michael.
Mi affrettai ad andarmene, ma Michael uscì subito con solo i boxer addosso. – No, no, no. Amelia, mi dispiace. Davvero. Non me l’aspettavo. Se l’avessi saputo…
Si dovette fermare. Per forza. Perché alzai un pugno e presi in pieno il suo zigomo. Fece un passo indietro, scioccato e con gli occhi spalancati. Lo guardai con odio, tremavo a causa della rabbia. – Prova ad avvicinarti solo un’altra volta a me e ti giuro che la prossima volta ti staccherò le palle – ringhiai io. – Mi fai schifo – aggiunsi con le lacrime agli occhi. – Non provare a presentarti mai più a casa mia. Non provare mai più a chiamarmi. Non provare mai più a parlarmi. Non provare mai più nemmeno a guardarmi per due secondi. Non farlo, te lo consiglio. Posso essere veramente cattiva quando voglio e in questo momento vorrei tanto esserlo e farti una faccia nera.
– Amelia – sussurrò lui. – Non era mia intenzione, veramente. Tu lo sai.
Questa volta gli tirai solo uno schiaffo. La sua faccia si girò per l’intensità con cui l’avevo schiaffeggiato. – Devo essere ancora più chiara? – chiesi io.
– Amy? – mi chiamò Luke uscendo dalla camera 246.
– Andatevene tutti e due a fanculo – ringhiai io prima di andarmene una volta per tutte. Ero arrivata là con l’intenzione di non perderli tutti e due e stavo uscendo dopo averli mandi a fanculo tutti e due. Viva i programmi che si sfasciano completamente!
Sentii Luke chiamarmi, sapevo che non sarei mai riuscita ad arrivare alla macchina prima di essere presa da Luke e in più stava pure piovendo a dirotto, così mi girai e gli andai incontro. Appena mi richiamò per cercare di farmi ragionare lo spinsi con tale forza che fece un passo indietro. – È tutta colpa tua! – urlai io spingendolo un’altra volta. – Sei contento adesso? L’ho appena visto scoparsi Grace. Sei felice adesso? Guardami negli occhi, cazzo! – gridai appena abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa. Mi ascoltò e mi guardò negli occhi. – Sei felice? Michael è andato a letto con Grace e io li ho visti e li ho sentiti. Sei contento adesso? Perché, giusto per la cronaca, vederli in quel modo ha sfasciato l’ultima piccola speranza che avevo di provare a stare con lui! Non ti devi più preoccupare di niente. Sei contento? Lo sei?!
– No, non lo sono! – sbottò lui, era ancora più dolce con quei suoi occhioni celesti e completamente bagnato a causa della pioggia. – Non lo sono per niente, cazzo! Non lo sono e mi dispiace davvero tanto, mi devi credere quando ti dico che ho cercato di renderti solo felice. Non volevo che ci stessi male, ma sei stata male e adesso stai pure peggio. Quindi, sì, mi dispiace! Ti va bene? Vuoi che continui? Non ho problemi, veramente. Mi dispiace avere rovinato questa mezza relazione di merda che avete voi due, perché se prima mi sembravi triste a causa sua, adesso mi sembri distrutta, e questo mi fa stare malissimo. Ma che devo fare io? Non è solo colpa mia, Amelia. È colpa di tutti e tre! Perché tu sei troppo stupida, mentre lui è solo un tipo che sembra pensare solo al sesso. Ma io vi conosco! Voi non siete così! Quindi smettetela di esserlo, cazzo! – tuonò e una volta finito il discorso girò i tacchi e se ne andò di nuovo in albergo.
Andai verso il parcheggio completamente zuppa, tremavo sia per il freddo che per la rabbia ma non m’interessava, non più di tanto almeno. Volevo tirare un altro cazzotto, possibile a Grace. Oddio, la faccia di Grace contro il mio pugno sarebbe una bella sensazione! Entrai dentro la macchina e sbattei lo sportello con tutta la forza che avevo in corpo. Presi le chiavi della macchina, l’accesi e me ne andai.
Arrivai a casa, mi tolsi il cappotto e lo lasciai a terra, le lacrime e i singhiozzi non sembravano voler smettere. Lydia arrivò subito con dietro quel ragazzo perfetto che rispondeva al nome di “Justin” e appena li vidi, così belli e dolci, scoppiai ancora di più a piangere. – Oh, Amy! Che succede? – chiese Lydia abbracciandomi. – Che ne dici se andiamo a fare un bel bagno caldo? Intanto parliamo, ok? – propose, annuii subito. Non aspettò un minuto in più, mi mise una mano sulla schiena e mi spinse delicatamente verso il bagno. Io e Justin ci facemmo un cenno, tanto per salutarci, e poi entrai dentro il bagno chiudendo la porta. Mi tolsi tutti i vestiti, tremavo ancora di più di prima, poi andai verso la vasca e inizia a far scorrere l’acqua. Mi guardai allo specchio: gli occhi erano più grandi del solito e completamente rossi, ancora pieni di lacrime; le guance erano rosse; le spalle ricurve verso l’interno e i capelli un disastro. Ero un disastro.
Mi feci uno dei bagni più lunghi della mia vita, non mi sentivo molto in forma e avevo paura di essermi presa come minimo un raffreddore con i fiocchi. Raccontai a Lydia quello che era successo, quello che avevo visto e sentito, lei mi aveva ascoltata tutto il tempo con una smorfia preoccupata e disgustata allo stesso tempo. Mi posò una mano sulla spalla mentre mi spazzolavo i capelli, era una testa più alta di me e ogni tanto questa cosa m’imbarazzava, ma dopotutto erano quasi tutti un po’ più alti di me. Eppure, lo sapevo benissimo, eravamo forti allo stesso modo. Non sarei mai stata in grado di darle la colpa per quello che mi aveva fatto Chris. Mai. E non sarei mai stata in grado di dirle quello che mi aveva fatto, quanto mi avesse spaventato. Non era una cosa che poteva sapere, l’avrebbe fatta stare troppo male e si sarebbe sentita troppo in colpa. E io avevo deciso una cosa: quella ragazza aveva più diritto di tutti di essere felice, dopo tutto quello che era successo, quindi perché cercare di rovinare l’armonia che aveva finalmente ritrovato?
Mi asciugai lentamente i capelli e li raccolsi in una cipolla un po’ troppo disordinata, mi misi dei pantaloni del pigiama e una felpa. Quando mi stavo mettendo i calzini Lydia aprì la porta e mi sorrise, un po’ preoccupata. – Hai visite – mormorò lei. – Ma non credo tu sia in grado di vederla e non tirarle un pugno in faccia, quindi se vuoi le dico che non la vuoi vedere.
– Oh – esclamai io, Grace era venuta da me… per cosa? Per scusarsi? Per parlarmi come due amiche? Mi ricordai come mi ero sentita meglio dopo aver tirato un pugno a Michael, potevo quasi voler riprovare l’esperienza su una faccia diversa. – Arrivo subito – aggiunsi poi. Lydia annuì, poco convinta, e se ne andò lasciando accostata la porta.
Poco dopo entrò Justin, che mi guardò appoggiandosi allo stipite della porta. Era veramente un bel ragazzo, Lydia aveva proprio fatto centro questa volta. Con i suoi capelli castano chiaro, i suoi occhi verdi e le sue labbra piene faceva spiccare ancora di più Lydia. Erano entrambi molto belli, dolci e perfetti. E lui l’amava, non me l’aveva mai detto e non l’aveva mai detto nemmeno a lei, ma si vedeva dal modo in cui la guardava ogni volta che lei si avvicinava a lui. – Quella tipa mi sta sul cazzo. Falle il culo, ok? – chiese molto bruscamente. Sorrisi per non scoppiare a ridere, lo guardai negli occhi e annuii. – Bene. Spero di poter fare il tifo, ma ho la sensazione che Lydia mi trascinerà da qualche altra parte per lasciarvi da sole. Peccato – borbottò lui prima di andarsene. Fece un cenno a qualcuno, molto probabilmente a Grace, e poi andò in cucina.
Feci un respiro profondo e andai in salone - la cucina era proprio accanto al salone, senza nemmeno una porta perché il muro aveva semplicemente un’arcata - e Justin non scherzava: stava veramente guardando. Mi misi davanti a Grace, non le dissi niente, quindi non si accomodò. – Sono venuta solo per scusarmi – mormorò lei, guardò in imbarazzo Justin, che sembrava tutto tranne che imbarazzato. – Mi dispiace per quello che hai visto, non pensavamo… che qualcuno potesse aprire quella porta. Calum se n’era andato. Sono veramente molto imbarazzata e mi dispiace se stai soffrendo, ma voglio che tu sappia che ho detto a Michael che lo amo ed è vero.
– Vattene fuori da casa mia – ringhiai io.
– Non prenderla così, Amelia – piagnucolò Grace. – Sono seria: lo amo! Non posso semplicemente lasciarlo andare via e guardarvi mentre iniziate a creare qualcosa. Non posso farlo. Sono egoista, lo so, ma non posso semplicemente lasciarlo andare da te! Lo so che mi capisci perché tu stai cercando di fare la stessa identica cosa. Non siamo poi così diverse, io e te. Quindi, per favore, cerca di capirmi anche tu.
Mi avvicinai a lei senza nemmeno pensarci, stavo fumando dalla rabbia. – Io e te non siamo uguali. Tu lo sapevi, Grace. L’hai sempre saputo. Nel momento in cui lui ha iniziato a guardare me e non te hai capito che non sarebbe più stato tuo nel modo in cui avresti voluto – dissi io guardandola dritta negli occhi. – Dì che non è così, su.
– Non voglio litigare, sul serio, ma sappiamo entrambe che non è vero – rispose lei con nonchalance. – Dopotutto ci sentiamo da mesi! Non passa una giornata senza avermi chiamato almeno una volta al giorno. Credi veramente che mi avrebbe chiesto di sentirci se non gli fossi interessata davvero? Sai com’è fatto Michael, non fa sul serio se non gli interessi davvero. – La sua voce era diventata fin troppo sicura e mi dava veramente fastidio.
– Grace, non ho intenzione di parlarne con te perché di solito non cerco di far capire qualcosa a qualcuno che secondo me non può capire per… problemi di comprendonio, ma cercherò di fartelo capire ugualmente, perché mi stai a cuore – ribattei io avvicinandomi ancora di più a lei. – Prima di partire, giusto la sera prima, mi ha chiesto di mettermi con lui. Non di sentirci, di mettermi con lui.
– Però poi non ti ha riportata a letto dopo che io vi ho scoperti – ringhiò lei.
Trattenni il respiro e feci un passo indietro, ferita. Era vero? Avevano continuato anche dopo che li avevo scoperti? Quanto mi conveniva credere a una come lei? Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, ma non bastò, perché alzai un’altra volta il pugno e le presi in pieno il labbro inferiore. Lei fece molti passi indietro mentre la mia mano iniziava a pulsare un’altra volta. – Oh, cazzo, scusa! – esclamai io, perché non era veramente mia intenzione questa volta. Non l’avevo calcolato, era semplicemente successo. A quel punto Cassian si alzò e cercò di venire da me, ma Justin lo prese dal collare e se lo mise accanto.
– Che cazzo di problemi hai? – sbottò lei guardandosi la mano appena sporca del sangue che le stava ancora uscendo. – Mi hai veramente dato un cazzotto?!
– No, tesoro, te lo sei sognato – si intromise Justin mettendosi accanto a me. – Ora vattene via e visto che ci sei manda a fanculo quel Michael da parte mia. Ora fai un paio di passi indietro – aggiunse, lei lo ascoltò e indietreggiò ancora di più. – Ecco fatto! – esclamò prima di chiuderle la porta principale in faccia. Si girò verso di me e mi guardò prendendomi il viso con le mani. – Cazzo, Amy, sei proprio forte a tirare pugni! Hai fatto pugilato o cose del genere, per caso?
– No – risposi, confusa. – Le hai appena chiesto di andare indietro per chiuderle la porta in faccia?
Ridacchiò. – Direi proprio di sì. E tu le hai appena dato un pugno! – replicò lui continuando a ridere. – Lydia, hai visto? La tua amica ha appena fatto fuori quella puttana!
– Justin, non essere così maleducato – borbottò Lydia. – Non è una puttana, è semplicemente… A me sembrava sincera, sembra veramente tenere molto a Michael ed è stata carina a venire qua a scusarsi. Magari non ha finito nel migliore dei modi, anzi è stata abbastanza esplicita e cattiva, ma darle un cazzotto?
Il mio sorriso vacillò per un po’. Mi ricordai che avevo davanti una ragazza che di pugni forse ne aveva presi fin troppo da un ragazzo che diceva di amarla. – Sono stata troppo impulsiva, non volevo veramente farlo. Sì, ho colpito Michael di mia spontanea volontà, era un gesto abbastanza premeditato. Ma questo? Non l’avevo calcolato, è successo e basta.
– Tesoro, non fare la guastafeste! – esclamò Justin andando da lei, la baciò e le accarezzò la guancia. – So che sei contro queste cose e so il perché. È normale, ma quella ragazza si meritava una lezione. Le ha detto che dopo il casino che è successo quando li ha scoperti a letto insieme poi sono tornati a fare quello che stavano facendo prima che lei li beccasse! È stata stronza. Quella non si voleva scusare, voleva solo ricordare ad Amy che quel tipo è suo.
Lydia si nascose posando la fronte sul petto di Justin e iniziò a respirare lentamente, come per mantenere la calma, poi allontanò la testa un po’ da lui e mi guardò. – Che razza di persona viene a casa di una ragazza con l’intento di scusarsi e poi le manca di rispetto in questo modo? – chiese lei e mi sembrò un po’ più arrabbiata. – Sbaglio o ha detto “non voglio litigare” per poi spiattellarti in faccia la cazzata di aver ripreso a fare sesso con lui come se niente fosse?
– Capisci adesso? – chiese Justin guardandola dall’alto. L’espressione di Lydia si fece a mano a mano sempre più determinata e arrabbiata, questo fece ridacchiare maliziosamente Justin. – Eccola qua, la mia ragazza!
– Vado a vomitare – borbottai io andando in camera mia. Li sentii ridere a bassa voce ma li lasciai stare. Entrai in camera mia e mi guardai un’altra volta allo specchio, le lacrime stavano ricominciare a scendere ma mi costrinsi a fermarle: non avrei più pianto per quei due, non potevo, non ero una di quelle ragazze. Eppure ero là, avevo appena dato un cazzotto ad una ragazza e al ragazzo che amavo. Questo faceva di me esattamente una di quelle ragazze. Mi vergognai di me stessa, non volevo essere quel tipo di persona, ma forse l’amore era così: tu eri costretto a cambiare in base a chi amavi. No. L’amore non dovrebbe cambiare nessuno. O forse sì? Non in questo modo, immaginai.
Il cellulare iniziò a vibrare sul mio letto, andai a controllare: era Michael. Attaccai e mi resi conto che mi aveva chiamato veramente molte volte. E aveva iniziato da un bel po’. Pochi secondi dopo ricominciò a squillare e attaccai un’altra volta, per poi spegnerlo una volta per tutte. Mi guardai allo specchio e feci un patto con me stessa: mai più lacrime per lui. Andai verso l’armadio, mi misi un paio di jeans, una maglietta e un maglioncino bordeaux, mi feci un’altra volta uno chignon, mi truccai un po’ e uscii dalla camera. Presi le chiavi della macchina e borsa, portai un po’ a spasso Cassian e poi, dopo averlo riportato a casa, andai a lavorare. Come tutti i giorni.
 
Angolo Autrice:
Buongiorno e buona vigilia! In questi giorni ho scritto un po' di capitoli quindi credo proprio che ne pubblicherò almeno un altro durante le vacanze... o due. Tornando a questo capitolo... emh... Amelia ha un po' esagerato, non credete anche voi? Ma sapete com'è fatta... ogni tanto scoppia e quando lo fa non è mai una buona cosa. Che ne pensate di Michael e di Grace? Vi piace Justin? Io lo adoro, lo trovo perfetto per Lydia e anche lei si merita un po' di pace dopo tutto quello che ha dovuto passare. Cosa sucederà nel prossimo capitolo secondo voi? Ah! Mi dispiace aver pubblicizzato un po' il libro della Hoover, ma non potevo non parlarne ahahah. Ve lo consiglio, a me è piaciuto veramente tanto. 
Mi scuso per eventuali errori e vi chiedo come sempre di recensire.
Un bacio e al prossimo capitolo. 

 

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Capitolo 29
*** Lavorare o quasi ***


Capitolo 28
Lavorare o quasi
 
– Il mio ragazzo inizia a baciarmi in un modo un po’ troppo passionale – continuò la sua storia Elena pulendo il banco con una smorfia tra uno schifato e imbarazzato. – Io lo fermo e ridacchio, perché... insomma… come puoi dire al tuo ragazzo che quello che sta ancora seduto sul divano è tuo padre e che vi sta praticamente uccidendo con lo sguardo?! – chiese lei alzando un po’ il tono di voce. Scoppiai a ridere prendendo una birra, le feci segno di fermarsi un attimo e andai a dare una birra ad un uomo; quando tornai continuò con il racconto. – Cerco di fargli capire che non mi può baciare in quel modo davanti a mio padre, ma lui è così preso a baciarmi che non fa caso a mio padre che si sta alzando! A quel punto sente i passi e si ferma, si gira verso mio padre e si scusa dicendogli poi che non l’aveva visto. Ti lascio immaginare il resto.
Risi ancora di più dando una CocaCola al bambino di un nostro cliente abituale, gli sorrisi e poi guardai Elena. – Non voglio immaginarlo. Il tuo ragazzo è ancora tutto intero? – chiesi io trattenendo un’altra volta una risata. Elena ogni volta mi faceva morire dalle risate, non c’era ragazza più simpatica di lei. Non avevo conosciuto ragazza più estroversa di lei, meno timida. Appena avevo iniziato a lavorare in quel locale lei mi aveva preso sotto la sua ala, nonostante avesse solo un paio di anni in più di me. Viveva con il suo ragazzo in una casetta molto carina, insieme ai suoi cinque gatti, e ogni tanto erano obbligati ad andare dai genitori di lei per un intero weekend. Quando andavano succedeva sempre qualcosa d’imbarazzante, che mi faceva sempre ridere come una matta. In più quando ero arrivata, quel pomeriggio, e mi aveva visto in quello stato pietoso aveva iniziato a criticare Michael Clifford ed io l’avevo lasciata fare, perché non era crudele, era semplicemente simpatica.
– Intero? Là sotto intendi? – chiese lei, poi fece spallucce. – Dall’ultima volta che ho controllato, e quindi più o meno due ore fa, direi di sì.
Scoppiai un’altra volta a ridere, rossa in viso, ma fui costretta a smettere subito quando entrò nel locale un ragazzo dai capelli rovinati. Deglutii e guardai Elena, la quale aggrottò la fronte e guardò il ragazzo. “È lui?” mimò con le labbra, annuii e gli feci segno di pensarci lei. Non potevo semplicemente andarmene, così mi misi il cappellino del locale, intonato al grembiule, presi il vassoio e andai a dare le varie bibite e cibi ai tavoli di Elena. Abbassai lo sguardo quando gli passai di dietro e uscii fuori dal locale. – Ecco qua, ragazzi – esclamai facendo un sospiro. I ragazzi mi diedero i soldi con qualche mancia, sorrisi gentilmente mormorando un: – Grazie – e andai da altri tavoli. Una volta finiti i tavoli da servire dovetti tornare dentro. Michael stava parlando con Elena, che sembrava abbastanza seria. Abbassando il viso e nascondendomi ancora di più con il cappellino andai dietro il banco e presi altre birre, misi i soldi dentro la cassa e presi di nuovo il vassoio.
– Ti vedo anche se hai il cappello, Amelia – borbottò Michael. Mi fermai di scatto e guardai Elena, che stava cercando di guardarlo male ma allo stesso tempo sembrava intrigarla molto e non potevo di certo fargliene una colpa.
Sbuffai e mi tolsi il capellino. – Sto lavorando. Vattene – ringhiai prima di tornare ai tavoli. Sentii il suo sgabello andare indietro e lui alzarsi per raggiungermi. Corsi a dare le birre prima di fare l’ennesima figuraccia.
– Ti ho chiamato almeno cinquanta volte e non sto esagerando – bofonchiò lui per non farsi sentire dagli altri. – Potevi almeno rispondermi una volta. Mi ha chiamato Grace e a quanto pare hai tirato un bel cazzotto anche a lei. Posso capire il cazzotto che hai tirato a me, ma a Grace? È una ragazza!
– Vi serve altro ragazzi? – chiesi io sorridendogli.
– Bé, potresti dare il tuo numero a questo mio amico, che ci sta facendo venire qua tutte le sere solo per vedere te – rispose un ragazzo biondo.
Arrossii subito, ma ormai mi ero quasi abituata a questi ragazzi un po’ troppo fieri di sé e brilli per poter capire il mio imbarazzo. – Mi dispiace, ma sto lavorando e non posso dare il mio numero ai clienti – risposi io sorridendo all’amico del ragazzo, che era diventato tutto rosso. – Se vi serve altro, fatemelo sapere – aggiunsi prima di andarmene.
– Oh, wow! – esclamò lui e sicuramente aveva una smorfia disgustata. Mi sentii un po’ più potente, un po’ più felice sentendo quell’esclamazione disgustata. – Sono tutti così ridicoli i clienti qua dentro?
– No, di solito mi toccano anche il culo – mentii io. – Tanto per rendere il lavoro un po’ più interessante, non so se capisci cosa intendo. Tanto cos’ho da perdere? Mi danno pure più mance in questo modo – aggiunsi poi sorridendogli maliziosamente. Michael non rispose, semplicemente fece un verso strano facendomi capire che non era affatto d’accordo con me. – Se ancora non l’hai capito, sto lavorando e non puoi starmi tra i piedi. Il mio capo ci sta guardando male e non voglio perdere il lavoro solo perché tu sei troppo stupido per capire che te ne devi andare e non farti più sentire.
– Tesoro – mi chiamò Elena, mi fece avvicinare e mi mormorò all’orecchio: – Esci. Ti do quindici minuti. Non di più, sennò poi Jerry s’incazza. Isaiah dovrebbe arrivare tra più o meno mezz’ora, quindi da là potresti anche andartene. – Scossi la testa facendole capire che non ce n’era bisogno, ma non sembrò essere della stessa opinione. – Amy, se non ci parli non se ne andrà mai. Mandalo a fanculo se proprio devi e poi rientra… ma sarebbe uno spreco, guarda quanta carne bella fresca… – continuò lei guardandolo con occhi adoranti, si fermò quando vide il mio sguardo omicida. – Giusto, è tuo. Comunque, non so i vostri trascorsi, ma guardarlo! Hai mai pensato di usare la famosa “botta e via”? Magari ti può aiutare.
Ridacchiai. – Sì, c’ho pensato e non me l’ha permesso – borbottai io guardandolo per circa due secondi.
– Oh, questa è una cosa strana – ribatté lei iniziando a fissarlo. Lui ci stava guardando con la fronte aggrottata, un po’ rosso in viso. – Di solito non dicono mai di no. Sei sicura di non interessargli sul serio?
– Bé, calcolando il fatto che l’ho visto farsi una ragazza che conosco e che poi ha continuato dopo avermi vista andare via… direi che sì, ne sono sicura – ringhiai io lanciandogli un’occhiataccia. Elena si allontanò di scatto e scosse la testa ripetutamente verso di lui. – Arrivo subito – borbottai poi, presi di scatto la mano di Michael e lo trascinai fuori. – Che cosa vuoi? – ringhiai girandomi verso di lui.
– Parlarti!
– Non ho niente da dirti, non voglio ascoltarti, fammi vivere la mia vita e vivi la tua con quella puttana! – urlai io, mi girai verso i ragazzi seduti ai tavoli che avevo appena servito e arrossii subito: ci stavano guardando. – Sì, le ho dato un cazzotto, ma solo perché mi ha istigata. Non volevo darglielo, è stato un errore. E no, con te non lo è stato e lo rifarei più o meno cento volte. Sei una merda, Michael, quindi adesso girati e vattene. Sei pregato di non farti più vedere.
Scoppiò a ridere. – No, non mi giro e non me ne vado, e se voglio posso presentarmi qua e a casa tua ogni volta che voglio! – esclamò lui. – Non sono una merda, Amelia, semplicemente sono andato a letto con una ragazza che conosco forse meglio di te. Non hai bussato e mi dispiace per quello che è successo, ma sei stata tu a non bussare.
Scossi la testa. – Non ti voglio più vedere e sono seria – mormorai guardandolo dritto negli occhi. – Smettila di fare scenate. Vai da Grace e stai insieme a lei, perché io non sono mai stata veramente tua e non lo sarò mai. Sai perché? Perché mi rifiuto di stare insieme a una persona come te – ringhiai a bassa voce.
– Non sono un mostro, Amelia – ribatté lui. – Tu mi hai dato del bugiardo sta mattina, che avrei dovuto fare? Aspettarti? Non pensavo che saresti venuta, non so nemmeno perché sei venuta in camera mia e hai chiamato Luke.
– Ringrazia Calum per questo – borbottai io abbassando lo sguardo. – Devo tornare a lavoro. Non ho fatto granché a Grace, le ho solo rotto il labbro inferiore. A te ho fatto di peggio da quello che vedo – sogghignai poi vedendo il livido sullo zigomo di Michael.
– Già, bé, a quanto pare ti ho sempre sottovalutata su questo fatto – disse lui accennando un sorriso, si toccò pian piano il livido e fece una smorfia quando capì che era ancora molto gonfio.
– Tu mi sottovaluti quasi sempre – bofonchiai io. – Devo andare. Vattene da qua – aggiunsi prima di tornare dentro.
Ovviamente non mi ascoltò, entrò subito dopo di me e si sedette sullo sgabello di prima. Un paio di ragazzi si erano seduti poco dopo di lui così andai da loro. – Buonasera, cosa vi posso portare? – chiesi io. I due ragazzi ordinarono due porzioni di patatine fritte, due hamburger e due birre. Andai subito a richiedere le cose da cucinare al cuoco del locale e poi aiutai Elena a lavare.
– Non ha funzionato vedo – borbottò lei lanciando un’occhiata a Michael, che ci stava ancora fissando. Scossi la testa, frustrata. – Quindi fammi indovinare: tu non ascolti lui e lui non ascolta te? – chiese e questa volta annuii. – Tu non l’ascolti perché è andato a letto con quella ragazza e li hai visti insieme. Ti posso capire. Ma perché adesso sta qua e non sta con quella?
– Quando me ne sono andata hanno continuato a fare sesso – ringhiai io continuando a pulire senza guardarla, perché mi stavano venendo un’altra volta le lacrime agli occhi. – Non ce la faccio, Elena, sul serio. Quel ragazzo è veramente furbo, crede di avere tutte e due ma non mi avrà mai, non in questo modo.
– Ok, allora fammi vedere che sai fare – sghignazzò lei facendomi un sorriso malizioso.
Ricambiai il sorriso, raddrizzai la schiena e andai a prendere i piatti dei ragazzi. – Ecco a voi! – esclamai sorridendogli dolcemente. Un ragazzo si sporse un po’ sul banco posando i gomiti su di esso e mi fece segno di fare la stessa cosa; sorrisi ancora di più e mi avvicinai. – Dimmi tutto – sussurrai guardandogli gli occhi scuri.
– Tieni – rispose il ragazzo dandomi i soldi. – Tieni il resto, te lo meriti – aggiunse posando una mano sulla mia. Lo guardai un’altra volta negli occhi e arrossii sorridendo timidamente. Presi i soldi e li misi in tasca, il ragazzo mi fissò per tutto il tempo e si sporse ancora di più. – Hai da fare più tardi?
– Sì, ha da fare! – rispose Isaiah posandomi un braccio sulle spalle, trattenni una risata quando mi fece allontanare dal banco. – Questo è un locale, amico, non una casa di piacere. Non so se mi spiego – ringhiò lui guardandolo per un po’ di tempo. Feci per dirgli di non mettermi in imbarazzo quando mi diede una pacca sul didietro e mi ordinò di tornare a lavorare. Scoppiai a ridere e gli diedi uno schiaffo sul braccio, ma non ero infastidita o altro. Isaiah aveva quasi trent’anni e anche lui si comportava più come un padre che come un qualsiasi ragazzo. Era un bel ragazzo/uomo con gli occhi color nocciola e i capelli abbastanza lunghi castani, ma era così uomo che a volte mi metteva un po’ in imbarazzo e mi faceva sentire la piccolina della situazione. E lo ero, ero la più piccola.
– Non le rovinare la serata, Isaiah! – si intromise Elena ridacchiando, stava facendo un drink. – Era partita bene. Bella la mossa, pupa! Avvicinarsi e sussurrare… i ragazzi lo amano!
– Questa ragazza non va da nessuna parte – borbottò Isaiah. – Ti accompagno io a casa – aggiunse poi facendomi l’occhiolino. Alzai gli occhi al cielo e me ne andai ridacchiando, quando però mi accorsi dello sgabello di nuovo vuoto mi girai verso l’entrata: Michael se ne stava andando e sembrava arrabbiato. – Ehi, amico, attento! – urlò Isaiah quando Michael sbatté la porta. – Chi cazzo era quello? – chiese guardando prima Elena e poi passando a me, visto che quest’ultima mi stava fissando con un sorrisino compiaciuto. – Oggi stai spezzando tanti piccoli cuori, Amy?
– No, mi limito a spezzare la presunzione – risposi io facendo spallucce.
 
Uscii dal locale poco prima della chiusura, salutai Elena e Isaiah e chiusi la porta dietro di me, ma quando mi girai sussultai. Accanto a me c’era Michael, seduto sulla sedia, e mi stava guardando veramente male. – Ma fai sul serio? – esclamai io, scioccata. – Pensavo te ne fossi andato finalmente e invece sei ancora qua!
– Bel modo di lavorare, sul serio – borbottò lui. – Ti fai toccare il culo molto spesso, ho notato. Quel tipo potrebbe essere tuo padre! – esclamò, disgustato, facendomi alzare gli occhi al cielo. – Oh, alzi pure gli occhi al cielo?! Sto cercando di farti capire che non è questo il lavoro che dovresti fare! Dio, ma ti sei vista là dentro? Spalmi le tette sul banco solo per un po’ di mance, non sei una barista, sei una puttana.
Lo guardai attentamente, ero veramente infuriata. Prima di tutto, non spalmavo le tette sul banco, mi ero avvicinata a quel ragazzo solo per far allontanare lui; secondo, di certo non poteva dare della puttana a una come me. Mi girai e me ne andai, perché le persone come lui molto probabilmente andavano solo che ignorate; ma a quanto pare lui non la pensava allo stesso modo, perché mi afferrò il polso e mi girò con forza. – Lasciami stare! – tuonai io indietreggiando e facendo togliere la presa sul mio polso. – Cos’altro devo dirti per farti andare via? – gridai. – Dimmi, cos’altro vuoi? Devi andartene via, non puoi fare sul serio. Ti ho detto almeno tre volte in un giorno che non ti voglio più vedere e sono seria! C’è veramente tanto spazio a Chicago, Michael, quindi tu stai nel tuo spazio ed io sto nel mio. Fai quello che ti pare, sul serio, ma non starmi addosso.
– Bene, allora me ne vado – ringhiò lui. – Ma quando me ne andrò, non avrai più nessun diritto di frignare ogni volta che mi vedrai fare sesso con la tua amica. Sono stato chiaro anch’io?
– Non vi guardo nemmeno – risposi io con nonchalance, e mi dovetti stringere la mano mentalmente, non avevo mai avuto tutto questo controllo sul mio corpo e sulla mia voce. – Se non l’avessi notato, ho un bel barista che mi sta accanto.
Rimase in silenzio per un po’ a guardarmi, mentre io iniziavo a sentirmi in imbarazzo per tutto, il suo sguardo su di me incluso. Eppure non abbassai il mio, di sguardo. Mi rifiutai di farlo, non ero io quella dalla parte del torto, non ero io quella che era andata a letto con un suo amico-conoscente. Non ero stata beccata da lui a letto con un altro. Poteva dirmi quello che voleva, ma ero stata io a vederlo in quel modo, non lui. E la cosa mi aveva fatto veramente male. – Se provi ancora qualcosa per me perché mi hai allontanato mesi fa? – chiese a bassa voce.
– Ho fatto benissimo ad allontanarti, non sei per niente la persona che volevo conoscere – ringhiai io con le lacrime agli occhi.
– Non ti ho chiesto questo, ti ho chiesto “perche?” – ribatté lui. – C’entra Luke. Sta mattina hai mandato a fanculo pure lui, questo significa che c’entra anche lui. Che ha fatto? Ti ha detto qualcosa su di me o ti ha detto che prova qualcosa per te? È per questo che ti sei allontanata, perché ti ha detto di provare qualcosa per te? O perché pensavi che in questo modo non ci saremmo allontanati?
– Luke non prova niente per me – borbottai io alzando gli occhi al cielo. – Abbiamo litigato e per ora non ci parliamo più.
– Perché avete litigato? – chiese Michael ricominciando a fissarmi in quel modo che mi metteva in imbarazzo. – Rispondimi. Perché avete litigato? – chiese di nuovo, sempre più arrabbiato. Scossi la testa ripetutamente, non sarei stata io a dirglielo, non spettava a me e preferivo che non venisse a scoprirlo. – Bene. Allora lo chiamo – ringhiò lui prendendo il cellulare dalla tasca, cercai di prenderlo dalle sue mani ma si allontanò subito. – Luke – lo chiamò. – Sì. Sono qua con Amelia e vorrei sapere perché avete litigato. No, lei non me lo vuole dire. Non lo so perché, non mi vuole dire niente! Sì, ti ho chiamato per questo. No, non ho intenzione di tornare in albergo per parlarne con te, dimmelo qua e basta – disse a Luke continuando a guardarmi, mentre cercavo di non fargli vedere quanto fossi nervosa. Rimase in silenzio per veramente molto tempo, così iniziai a torturarmi le mani e a mangiarmi le unghie. – Vai al sodo, Luke! – esclamò dopo un po’, e riuscii a vedere il momento esatto in cui venne a sapere la menzogna che mi aveva detto Luke per farci allontanare. Le sue nocche diventarono bianche, la mano che teneva il cellulare sembrava volerlo distruggere e l’altra si chiuse a pugno. – Dimmi che stai scherzando, cazzo – ringhiò dopo un po’ continuando a guardarmi, questa volta però era veramente arrabbiato. – Ne riparliamo tra un po’ – aggiunse prima di attaccare.
– Io devo andare – mormorai e mi fiondai verso la mia macchina, ma non riuscii ad arrivarci nemmeno questa volta.
Mi afferrò la mano e con forza mi girò verso di lui, andai a sbattere contro il suo petto e fui costretta a trattenere il respiro. – Non puoi andartene. È per questo che mi hai dato del bugiardo? Perché Luke ti aveva detto che in realtà durante il tour ero sempre sembrato felice? Sul serio?! – chiese lui, nero dalla rabbia. – Perché hai creduto a lui senza nemmeno chiedere qualcosa a me?
– Dammi una cazzo di motivazione per cui io dovrei fidarmi di te e non di lui che è il mio migliore amico! – urlai io con le lacrime agli occhi.
– Eppure ti ha mentito, principessa! – tuonò lui stringendomi ancora di più le braccia per non farmi andare via. – Ti ha mentito e tu gli hai creduto subito. Io ero là per te! Ero tornato per te! La band era tornata perché io e Luke volevamo tornare da te!
Trattenni un’altra volta il respiro e le lacrime iniziarono a scendere. – Non mi dire così – mormorai io abbassando lo sguardo. Odiavo sentirmi così vulnerabile solo perché lui aveva quel potere su di me, quel potere che nessun altro aveva mai avuto. – Non mi dire così – dissi a voce più alta. – Ti ho visto fare sesso con Grace! L’ho vista sopra di te e vi ho sentiti e… e volevo farti esattamente la stessa cosa che tu hai fatto a me. Volevo portare a letto un tipo solo perché tu l’avevi fatto prima di me e… e… questo mi rende solo più patetica. Eppure voglio ancora farlo, ma non posso perché io non sono te. Io non sono una stronza patentata che va a letto con chiunque. – Mi fermai per guardarlo negli occhi e per una volta sembrò triste tanto quanto me. – Vi ho sentiti, ho visto lei sopra di te e pensi ancora che possa esserci qualcosa tra noi due? Non ci potrà mai essere qualcosa tra noi due, non dopo quello che ho visto. Quindi dovresti semplicemente lasciarmi andare e tornare da Grace. Dovresti lasciarmi andare una volta per tutte e non guardarmi con quegli occhi mentre cerco di conoscere un ragazzo che sia in grado di amare solo me, perché me lo merito.
– Amy, mi dispiace così tanto – sussurrò e la sua voce s’incrinò un po’.
– Non fai altro che ripeterlo, ma continui a fare sempre gli stessi errori – ringhiai io e cercai di allontanarmi da lui, perché in quel modo non riuscivo nemmeno a respirare bene, ma non me lo permise nemmeno questa volta.
– Io continuo a commettere gli stessi errori perché tu continui ad allontanarmi – rispose lui cercando i miei occhi con i suoi. – Gli errori sono sempre gli stessi: io che torno da Grace, lei che viene da te e iniziate a litigare a causa mia… Gli errori sono sempre gli stessi perché anche tu commetti sempre gli stessi errori. Io sono convinto che se tu mi permettessi di avvicinarmi a te, a quel punto io non farei più questi errori. Non sono il ragazzo perfetto, non ho un’autostima così alta da sapere che vuoi sempre e solo me; anch’io ho bisogno di conferme, esattamente come ne hai bisogno tu, perché io sono umano tanto quanto te, Amy. Sta mattina pensavo veramente… Ho pensato che non provassi più niente per me da molto tempo ormai, così mi sono lasciato andare con Grace.
Scossi la testa. – Una persona che non prova niente non tira un pugno all’altra persona solo perché l’ha vista portarsi a letto una ragazza che le sta antipatica – borbottai io abbassando la testa.
– È quello che ho pensato anch’io, è per questo che ti ho chiamato così tante volte – rispose lui, sembrava più tranquillo. – Ed è anche per questo che sono venuto qua.
Mi ricordai quello che mi aveva detto Grace e mi allontanai da lui, il suo sguardo si fece subito più duro e s’irrigidii visibilmente. – No – ringhiai io. – No, se tu provassi veramente qualcosa per me allora non saresti tornato in camera con Grace e non avresti continuato a fare sesso con lei come se niente fosse.
– Che cosa? – chiese lui con la fronte aggrottata. – Amelia, quando te ne sei andata mi sono messo i pantaloni e una maglietta e sono uscito per raggiungerti, ma te n’eri già andata. Luke era fradicio e sembrava veramente incazzato, ho provato a parlargli ma si è chiuso in camera.
Lo guardai negli occhi, sembrava serio e non mi stava dando nessuna ragione per pensare che mi stesse mentendo. – Ma Grace mi ha detto che subito dopo…
– Grace ha mentito – ringhiò lui. – Molto probabilmente perché ha capito che tra noi c’è qualcosa di più serio. È spaventata da te anche se non lo fa vedere, ogni volta che provo a parlarle di te va su tutte le furie e se ne va. Non ho mai parlato di te in modo esplicito, sia chiaro, ma non ho mai potuto nemmeno nominare il tuo nome davanti a lei. Per quanto possa sembrare una ragazza fiera e per niente insicura, in realtà non è così, non è di certo perfetta e lo sa anche lei. È per questo che mi ha sempre incuriosito: perché quella che tiene lei è una maschera ben fatta, che nessuno riesce mai a togliere. Eppure con me si è un po’ lasciata andare, sembra una ragazza completamente diversa quando non deve combattere contro sé stessa.
Sentirlo parlare di lei in quel modo mi faceva stare male, si vedeva che teneva a lei, eppure mi aveva detto che le cose tra noi due erano più serie. Potevo credergli? Avevo un po’ paura, soprattutto dopo quello che era successo solo quella mattina. Non avevo un po’ paura, me la stavo facendo sotto dalla paura. – Io non so se riuscirò a stare con te dopo tutto quello che abbiamo passato e quello che ho visto oggi – annunciai quindi. – Non ho intenzione di avere una relazione aperta con te, né di avere una sottospecie di triangolo. Devi dirmi quello che vuoi e lo devi dire anche a lei.
Michael annuì. – Amy, se mi vuoi sono tuo – rispose lui con nonchalance, anche se il suo sguardo sembrava abbastanza serio e, sì, soprattutto preoccupato. Non ero solo io quella che si stava mettendo in gioco, era anche lui e nessuno dei due era abituato. Eravamo entrambi spaventati e forse era una cosa normalissima, forse no, ma ci dovevamo adattare. – Già lo sono, in realtà. Sono tuo e aspetto da mesi solo una tua conferma, un tuo comportamento che mi faccia capire che lo sai e che mi terrai tra le tue mani con cautela.
Trattenni il fiato, quel ragazzo sapeva veramente usare le parole a suo vantaggio. – Quello che è successo oggi… Devi darmi tempo. Non posso prometterti niente, prima devo levarmi dalla testa l’immagine di voi due in quel letto, o almeno accettare l’idea che non se ne andrà più dalla mia testa.
Michael annuì, cupo. – Aspetterò, se è quello che vuoi.
– Sì, per ora sì – sussurrai e quando lo vidi accennare un sorriso non potei fare a meno che sorridere insieme a lui.

Angolo Autrice:
Come vi avevo detto... ecco a voi un nuovo capitolo! E ne ho finiti altri due, quindi avrete alcuni regali di Natale in ritardo ahahah.
Finalmente Michael e Amelia si stanno dando una possibilità. Come andrà a finire? Male, se andiamo a leggere il prologo, ma quell'evento è ancora abbastanza lontano, quindi possiamo ancora respirare normalmente. Mi fa strano dirlo, ma per ora la loro relazione andrà abbastanza bene, con alcuni alti e bassi, ma andrà bene. Non posso dirvi molto, ma posso dirvi una cosa: avremo un Michael un po' diverso dal solito Michael. Questo Michael sarà più divertente e più dolce con Amelia, molto più dolce. 
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi chiedo come sempre di recensire per farmi sapere cosa ne pensate del capitolo e dei vari personaggi. Mi scuso per eventuali errori.
Un bacio e al prossimo capitolo.


 

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Capitolo 30
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Capitolo 29
Visite
 
Il giorno successivo andai a trovare mio padre in carcere, parlammo molto e di cose molto importanti come la mamma, Jason, la casa, Cassian, l’università e stranamente anche di Michael. Mio padre non amava più mia madre, ma teneva ancora molto a lei. Non sembrava avercela con lei per essersi sposata con un altro uomo e averlo praticamente tradito durante il matrimonio, e quando gli parlavo di Jason sembrava più curioso che altro. Mio padre e Jason erano diversi e identici. Lo so, può sembrare strano, ma è così. Entrambi erano uomini molto dolci, che però riuscivano a prendere mia madre e farla calmare – cosa molto difficile, ve lo posso giurare – eppure Jason era molto più forte di mio padre, riusciva ad affrontare le situazioni negative a testa alta. Purtroppo mio padre non lo sapeva fare e lo sapevamo tutti ormai. Mio padre era sempre stato un po’ bambino, un po’ debole; Jason invece era il contrario, era un uomo e si comportava come tale.
Volle sapere la storia di Michael, come ci eravamo conosciuti e come stessero andando le cose tra noi. Ovviamente non gli dissi che l’avevo visto fare sesso con un’amica di Jennifer solo il giorno prima, mi limitai ad annuire e dirgli che ci stavamo provando. Provare però era una cosa molto diversa dal “bene”. Mi stavo fidando di lui e lui si stava fidando di me, non sapevamo cosa fossimo e per ora mi andava abbastanza bene. Mi aveva giurato che avrebbe parlato con Grace e quando Jennifer mi chiamò per dirmi che Grace era a pezzi non potei fare a meno di sorridere. Mi chiese di vederci e accettai subito: sarebbe venuta a casa mia e di Lydia il pomeriggio. Sembrava nervosa e sinceramente anch’io sentivo la necessità di parlarle. Quando i ragazzi arrivavano in città noi ci allontanavamo sempre un po’, non era colpa sua, era anche colpa mia e del modo in cui la presenza di Michael oscurasse il resto del mio mondo. Immaginai che fosse la stessa cosa per  Jennifer e non potei fargliene un problema. Poi dovetti andarmene, un po’ perché il nostro tempo stava per finire e un po’ perché non mi sentivo affatto bene. La pioggia che mi ero beccata il giorno prima non mi aveva fatto per niente bene, avevo mal di testa e un raffreddore con i fiocchi. Me l’ero aspettato e lui era arrivato, ovviamente.
Quando arrivai a casa presi il termometro e scoprii di avere trentotto e mezzo di febbre. Chiamai Jennifer e le dissi di non venire, ma non ne volle sapere e pochi minuti dopo me la ritrovai in casa. Cassian provava un amore incondizionato per tre persone: me, Jennifer e Calum; quindi quando la vide mi tradì mettendosi seduto accanto a lei sull’altro divano. – Quindi? – chiese lei. – Che cos’è successo? Grace mi ha detto che l’hai picchiata!
Alzai gli occhi al cielo e mi misi seduta. – Non l’ho picchiata. Quella tipa deve smetterla di dire bugie, veramente. Le ho solo dato un piccolo pugno e le ho spaccato forse solo un pochino il labbro. Però se l’è meritato, anche Justin è d’accordo con me. Mi ha detto che appena me ne sono andata dopo averli visti fare sesso, Michael è rientrato in camera e hanno ricominciato. A quanto pare la cosa non era nemmeno vera, quindi se l’è meritato ancora di più – borbottai io.
– Quindi tu e Michael adesso siete apposto? – chiese ed io annuii subito, questo la fece alzare dal letto e lanciare un urlo. – Finalmente! Devo chiamare Calum! – esclamò lei e, mentre io ero ancora troppo confusa per dire qualcosa, chiamò il suo ragazzo. – Sì, chi altro potrebbe essere se non la tua amata? Tesoro, mi devi cinquanta dollari – disse e poco dopo scoppiò a ridere per qualcosa che aveva detto il ragazzo. La mia mandibola ormai era caduta a terra. – Cinquanta bigliettoni, caro. Si sono praticamente messi insieme, quindi sarò buona con te e ti chiederò solo cinquanta bigliettoni – aggiunse poi e la mia mascella andò nel piano di sotto. – Hai sentito benissimo. Vai a chiedere a Michael, se vuoi. Oh, lo fai davvero? – alzò il tono di voce. Annuì guardandomi e aspettò Calum picchiettando il piede sul pavimento. – Ah! Hai visto? Solo per non avermi creduto alzo il prezzo a settanta bigliettoni! Eh, caro, questo è il prezzo per non avermi creduto. La fiducia è tutto, dovresti saperlo.
– Avevate veramente scommesso su me e Michael? – urlai io appena Jennifer mise via il cellulare, anche se la mia voce era molto più rauca di poche ore fa. Stavo peggiorando in fretta, fantastico. In poche ore mi sarei ritrovata con una voce da maniaco sessuale.
– Piccola, voi due siete la coppia più ambita! Tutto il mondo parla di voi. Alcune persone sono Team Luke e altre Team Michael, ma non sanno le cose che sappiamo noi. E, dal momento in cui sappiamo che non potrebbe mai esistere un Team Luke, scommettiamo sulle vostre future decisioni. Credo che la prossima scommessa sarà sul sesso bollente che farete, spero per Michael tra pochi giorni – rispose lei sorridendomi maliziosamente, poi ci pensò su per un po’ e aggiunge: – In realtà lo spero per te. Soprattutto per te.
– Oh, Jen! – borbottai io mettendomi una mano davanti il viso, che stava diventando sempre più rosso. Era inutile mentire, avevo pensato a quello che la conversazione della sera precedente avrebbe portato a me e Michael. Di certo lui non era uno che perdeva tempo, anche se con me sembrava più propenso ad andare lento come una lumaca, visto il tempo che avevamo sprecato. Quello poteva significare due cose: o non era attratto da me, o teneva a me e quindi voleva fare piano e sul serio. Optai per la seconda, perché avevo un vago ricordo su lui e me sul divano, o anche sul mio vecchio letto. Quello che era successo in quelle occasioni di certo non sarebbe potuto accadere se lui non mi avesse reputata una ragazza attraente. Arrossii subito e Jennifer fece finta di niente. – A proposito, cara Jen, e tu?
La mia migliore amica divenne subito paonazza, sentii un vago senso di vittoria. – Io sto con Calum e non mi lamento affatto – rispose lei ridacchiando. – Sì, abbiamo fatto finalmente sesso se è quello che ti stai chiedendo ed è stato a dir poco fantastico. Non so se te l’ho già detto, ma ha un didietro degno di tutte le attenzioni possibili. E fidati della tua migliore amica quando ti dice che una volta toccato diventa il centro del tuo universo.
Scoppiai a ridere nonostante mi facesse veramente male la testa. Da una parte parlare di queste cose in modo così schietto mi imbarazzava veramente molto, ma dall’altra mi faceva sempre morire dalle risate. Era divertente, soprattutto se a dirmi cose del genere erano Jen o Elena, che era ancora più divertente quando faceva dei paragoni praticamente impossibili. – Bé, sono contenta per voi, anche se io e il signorino dobbiamo fare una bella chiacchierata – dissi io. Quella mattina mi aveva mandato un messaggio chilometrico dove si scusava per essere stato così sadico, era stato carino da parte sua ma dopotutto mi aveva praticamente costretta a fare a botte con la fortuna, che a volte poteva essere veramente bastarda con me. Ovviamente la fortuna aveva vinto e io avevo perso alla grande. Eppure in quel momento non mi sentii tanto sfortunata, dopotutto Michael ed io ormai stavamo abbastanza bene.
– È veramente dispiaciuto, Amy. Non l’ho mai visto così, davvero. Il fatto è che quei ragazzi si fanno dispetti in continuazione e ormai ti vedono come parte del loro gruppo, quindi gli viene spontaneo fare scherzi anche a te. Anche se quest’ultimo scherzo è stato veramente di cattivo gusto – borbottò lei abbassando lo sguardo. – A proposito, mi devi spiegare perché hai picchiato Grace.
Alzai di nuovo gli occhi al cielo. – Ti ho detto, non l’ho picchiata, le ho semplicemente tirato un cazzotto e mi sono subito scusata con lei. È stata una mossa azzardata, ma mi ha fatta soffrire volutamente ed io non le avrei mai fatto una cosa del genere, anche se Michael avesse scelto lei e non me – replicai io.  – Mi ha detto che era evidente l’interesse che Michael aveva per lei, visto che l’aveva chiamata praticamente tutti i giorni da quand’era partito. E questo già lo sapevo, infatti non mi ha fatto nemmeno tanto male, perché alla fine sapevo che se l’avessi rifiutato un’altra volta lui sarebbe andato da lei… Ma quando mi ha detto che, dopo averli scoperti a letto, lui era tornato e avevano ricominciato a fare sesso non c’ho più visto.
Jennifer fece una smorfia disgustata. – Ed era vero? Michael ha continuato a fare sesso con lei come se niente fosse? Sinceramente ormai non so più a chi credere.
– Michael mi ha detto di no e sembrava veramente arrabbiato quando glie l’ho detto – risposi io facendo spallucce. – Ho scelto di credergli. Quest’ultime volte mi sembra di aver fatto errori su errori. La penultima volta è stato Luke a mentire e non lui. Non voglio ripetere l’errore.
– E non puoi chiedere a Luke, visto che ci hai litigato – borbottò lei, soprapensiero. – Che casino, ragazzi. Luke mi sembra cambiato, non mi sembra più il ragazzo senza esperienza. Ho sentito cose strane sul suo conto, ma non sono così in confidenza con lui per parlargli di queste cose. Non lo so, alcuni dicono che si sia fidanzato, è vero? – chiese ed io annuii subito. – Eppure da quello che si dice in giro, la loro non sembra una relazione molto seria.
Scrollai le spalle. – Non lo so, non mi ha mai raccontato granché di questa ragazza – bofonchiai io. – Non credo sia cambiato poi così tanto, non sono nemmeno tanto arrabbiata con lui. Sono sicura che entro domani mattina si risolverà tutto tra noi due, perché sinceramente non riesco a stargli lontano così tanto tempo. È diventato veramente il mio migliore amico e credo in lui. So che ha fatto quello che ha fatto solo perché pensava di proteggermi e glie ne faccio una colpa fino ad un certo punto. Lo abbiamo sempre messo in mezzo, fin dall’inizio. Dovevamo aspettarci un comportamento simile da parte sua. Dopotutto la mezza-relazione che c’è tra me e Michael non è mai stata poi così normale. Stava solo cercando di proteggerci, in un modo un po’ contorto, ma è questa la verità.
– Dovresti seriamente chiarire con lui, solo tu puoi far calmare una persona così tanto da farla cambiare – aggiunse dopo un po’ scuotendo la testa. Mi sentii un po’ più pesante, sapevo che era vero: ero sempre stata fin troppo brava a tranquillizzare le persone, a frenarle dal fargli fare qualsiasi stupida azione. Sin da piccola facevo amicizia con bambine un po’ troppo problematiche solo per cercare di farle tranquillizzare. Con Jen c’ero riuscita, con un’altra ragazza non c’ero riuscita e adesso non faceva altro che farsi dalla mattina alla sera. Con Jen però era stato tutto più semplice, eravamo cresciute insieme ma lei mi aveva permesso di aiutarla. La bambina invece non me l’aveva permesso e dopo anni mi ero allontanata, perché eravamo diventate semplicemente troppo diverse. Luke mi avrebbe permesso di aiutarlo? Di solito si faceva aiutare da me, mi parlava sempre dei suoi problemi, ma da quando mi aveva detto che mi aveva mentito ci eravamo un po’ allontanati. Cercai subito di chiamare Luke, ma mi attaccò dopo il secondo squillo. – Ha attaccato? – chiese subito Jen quando vide la mia espressione delusa, annuii. – Sei un po’ pallida. Dovresti provarti di nuovo la febbre – borbottò porgendomi il termometro.
Lo presi e quando lo sentii suonare lo presi e feci una smorfia. Trentanove di febbre. – Devo prendermi qualcosa per abbassare la febbre. Ci pensi tu, per favore? – chiesi, Jen non se lo fece ripetere due volte, andò in cucina e tornò con la medicina. La presi e mi sdraiai. – Ti dispiace se smettiamo di parlare? Sono un po’ stanca. Se vuoi rimanere puoi metterti a vedere qualche film. Ho dei nuovi libri di là e devono essere bellissimi. Ho letto alcune recensioni e…
– Hai trentanove di febbre ma sei sempre pronta per parlare di libri, eh? – esclamò lei ridendo. – Sai che i libri non fanno per me. Ne leggo uno all’anno e mi basta. Ti ho mai detto che quando inizi a parlare di libri i tuoi occhi sembrano brillare? – continuò facendomi ridacchiare; annuii, visto che me lo diceva ogni singola volta che iniziavo a parlare di libri. – Rimango un po’ qua, se non ti riprendi vado a farti un brodino e mi prendo cura di te come un’infermiera. – Assottigliò le labbra e mi guardò, soprappensiero. – Credi che potrei trovare un costume da infermiera anche se siamo ancora molto lontani al prossimo carnevale?
– Oh, Jen! – borbottai io e cercai di non ridere. – Non voglio pensare a quello che sto pensando.
– Stai facendo tutto da sola. Per ora purtroppo non ho nessun potere sui tuoi pensieri – borbottò lei con un sorrisino malizioso. Fece una pausa e poi chiese: – Quindi secondo te non ci sono possibilità di trovare un costume del genere, vero?
Scoppiai a ridere. – Non lo so, magari su internet lo puoi trovare – risposi dopo un po’. – Chiudo gli occhi per cinque secondi e poi ti faccio vedere tutti i film che puoi vedere, ok? – proposi io, ma non sentii nemmeno la sua risposta, perché appena chiusi gli occhi mi addormentai.
Quando li riaprii mi sembrò di averli tenuti chiusi per poco più di cinque secondi. Mi sembrava di avere della pasta gommosa dentro la bocca e quando cercai di mettermi seduta sentii tutto il mondo girare. – Merda – borbottai posando la testa sul cuscino. Però… aspetta, io stavo sul divano prima, perché ora mi trovavo sul mio letto? Aprii di nuovo gli occhi e sentii qualcuno ridacchiare, aggrottai la fronte e girai la testa verso destra, dove proveniva la risata. – Oh! – esclamai io sussultando. A pochi centimetri da me c’era Michael, che sembrava fin troppo preso a ridere per notarmi. Stava leggendo un libro? Oh, aspetta. Stava leggendo il mio libro! – Stai veramente ridendo? – chiesi io, stupefatta.
– Questo tipo sarà pure sordo e muto, ma per il resto non gli manca niente. Ha una ragazza bruna e figa nel suo letto mentre pensa a un’altra bella biondina. Di certo non è anche stupido, il signorino – se ne uscì lui ridacchiando. – A quanto pare è anche dotato, visto che è appena andato a letto con la sua ragazza bruna. Oh, ed è anche un genio, visto che riesce a comporre musica decente nonostante tutto.
– Michael, quel ragazzo è perfetto – bofonchiai io. – Me lo sposerei in un batter d’occhio e ci farei tanti figli con quei suoi bellissimi occhi – aggiunsi dopo un po’ chiudendo gli occhi. – Non ti chiederò che ci fai nel mio letto a leggere quel libro, però tu mi devi assolutamente andare a prendere un bicchiere d’acqua.
– Già preparato – esclamò Michael posando il libro da una parte per prendere il bicchiere pieno d’acqua sul comodino. Mi fece sedere per mettere bene il cuscino e poi mi porse il bicchiere. – Ti ho anche messo una pezza sulla fronte come fanno nei film, anche se in realtà l’ho sempre trovata una minchiata – aggiunse dopo un po’. Mi strozzai con l’acqua, era impossibile rimanere seri con quel ragazzo. – Però te l’ho messa lo stesso, perché dopotutto non sono un medico e non ho ancora trovato un modo per smentire questa trovata della pezza sulla fronte.
– Dov’è andata Jennifer? – chiesi io. – E perché tu in questi giorni stai spuntando fuori come i funghi senza farti notare?
– Jennifer è andata via, si era addormentata accanto a te e, tra parentesi, la ragazza russa come un trattore – rispose lui riprendendo tra le mani il libro. – Per quanto riguarda me, te l’ho già detto: ho intenzione di fare sul serio con te. Quando non mi hai risposto alla terza chiamata, ho pensato che mi stessi un’altra volta ignorando e sai cosa penso delle persone che mi ignorano. Così sono venuto qua e vi ho trovate sul divano. – Feci per chiedergli come avesse fatto ad entrare, ma lui mi fermò subito: – Ti ho mai detto che credo di amare Lydia? Mi ha fatto fare una copia di tutte e due le serrature della vostra porta. Quando mi ha messo in mano quelle chiavi ho seriamente pensato di darle un bacio in bocca con la lingua, ma accanto a lei c’era il ragazzo e non mi sembrava molto propenso a fare una cosa a tre.
Oggi quindi era di buonumore e anche un chiacchierone. Nonostante non mi sentissi benissimo, non potei fare a meno di sorridere. – Credo che Justin ti odi, in realtà – ribattei io sorridendogli. – Non prenderla sul personale, ma dopo tutto quello che è successo di certo non gli hai dato una buona scusa per farti amare anche da lui.
– È molto protettivo nei tuoi confronti e qualcosa mi dice che se gli proponessi una cosa a tre con Lydia, lui accetterebbe senza pensarci un secondo di troppo – rispose lui alzando gli occhi al cielo. – A quel punto io rimarrei molto deluso e anche arrabbiato, ma potresti sistemare tutto se mi proponessi la stessa cosa.
– Sei disgustoso – borbottai io girandomi sull’altro fianco per dargli la schiena. Lydia era veramente una bella ragazza, fin troppo bella. Mi mordicchiai il labbro inferiore pensando a come riuscissi a fare amicizia solo con ragazze troppo belle per essere vere. Per non parlare poi della Lydia Innamorata. Era una cosa completamente diversa dalla Lydia che avevo conosciuto all’inizio, ancora troppo spaventata per lasciare Chris.
– Non sono disgustoso, sono solo un ragazzo di vent’anni con gli ormoni a mille, com’è giusto che sia – contestò lui e sicuramente stava anche sorridendo maliziosamente. – Sono sicuro che avrai pensato anche tu ogni tanto a quel Justin.
Trattenni il fiato. Era un bel ragazzo, certo… ma pensare a lui in quel modo? Era una cosa troppo imbarazzante e sicuramente mi avrebbe fatta sentire in colpa. Justin era perfetto per Lydia e Lydia era perfetta per Justin. Erano solo loro due, nessun’altro. – No, non ho mai pensato a me e lui insieme – risposi mettendomi a pancia in su. – Certo, è un bellissimo ragazzo, ma Lydia è mia amica e per me i ragazzi delle mie amiche sono offlimits sin dall’inizio.
– Dio, la tua bontà ogni tanto mi fa sentire a disagio – bofonchiò dopo un po’ facendomi ridere. – Davvero, principessa, dovresti essere meno matura e un po’ più egoista. La gente cercherà sempre di metterti i piedi in testa se continuerai ad essere così altruista e buona. A quel punto dovrai fargli vedere la foto di me con questo bellissimo livido.
– Fai una foto e inviamela allora – borbottai richiudendo gli occhi. Sentii il sonno farsi strada tra l’eccitazione di avere Michael Clifford nel mio letto, poi però lo sentii fare una foto e non potei fare a meno che aprire gli occhi. La fotocamera non prendeva affatto il suo livido, ma me. – Michael Gordon Clifford, che hai fatto?
– Sei carina quando ti rilassi – disse semplicemente lui facendo spallucce. – Qual è il tuo secondo nome? Mi chiami sempre Michael Gordon, ma io in realtà non so nemmeno il tuo secondo nome.
– Oh – mugugnai io, era vero. – Il mio secondo nome è Emory. Amelia Emory Chase.
– Strano – rispose lui soprappensiero. – Amelia Emory Chase, sembra quasi uno scioglilingua.
Gli tirai un pugno sul braccio e lui sussultò toccandoselo delicatamente. – Stupido. È molto meglio “Emory” di “Gordon”! – esclamai io. – Voglio dire, chi si chiama “Emory”? Tu conosci qualcuno con questo nome? Io no, a parte me ovviamente. I miei genitori hanno fatto bene a scegliere questo nome, mi piace molto. In realtà, mi piace più il mio secondo nome del primo.
– Dirò a mia madre esattamente quello che mi hai detto tu – affermò lui sorridendomi come un angelo… sì, della morte però. Spalancai subito gli occhi e diventai paonazza. – Le dirò che il mio secondo nome non ti piace per niente e che lo trovi molto noioso.
– Bel modo di presentare la tua quasi-ragazza a tua madre – piagnucolai io. – Mi odierà subito, invece che più tardi. Bé, ci andrai da solo allora, Michael Gordon. – Il solo pensiero d’incontrare la madre di Michael mi fece venire il batticuore. Dio, incontrare la madre di Michael Gordon Clifford? Sul serio?! Sarei potuta morire là, davanti a lei. Mi sarei accasciata a terra e non mi sarei più rialzata, se non su una barella.
– Non sei la mia quasi-ragazza. Tu sei la mia ragazza, ma sei ancora troppo testarda e spaventata per ammetterlo – mi corresse lui sorridendomi maliziosamente. Era veramente bellissimo quand’era convito di quello che poteva fare ad una ragazza, o meglio alla sua ragazza. – E lo capisco, lo accetto e ti aspetterò. Ma continuerò a chiamarti “la mia ragazza”. Puoi anche iniziare a scappare, tanto lo sappiamo tutti e due che ti prenderei in un nanosecondo.
Mi morsi il labbro per non sorridere come una stupida. – Per ora non ho intenzione di scappare – ribattei io guardandolo negli occhi. – Ma non si sa mai. Tu rimani in agguato.
– Quello sempre, principessa – rispose lui facendomi l’occhiolino. Scoppiai a ridere e lo spinsi un po’ più in là. Era bello stare là con lui e, nonostante avessi la febbre, quello fu uno dei giorni più semplici e leggeri di tutta la mia vita. Mi sentivo un po’ confusa ed euforica, ma forse era dovuto alla febbre. E poi mi facevano morire dalle risate i ragazzi che facevano gli occhiolini. – Ok, ok, non farò più un occhiolino in vita mia. Mi hai un po’ imbarazzato, sappilo.
– Gli occhiolini fanno veramente ridere, Michael. Non puoi seriamente pensare di riuscire ad eccitare una ragazza facendole l’occhiolino – esclamai io continuando a ridere come una matta. Avevo una voce ancora fin troppo rauca, ma lui sembrò fare finta di niente.
– Va bene. Niente occhiolino allora – brontolò lui facendo finta di mettere il muso, mi avvicinai a lui e gli lasciai un bacio sulla guancia. Feci per allontanarmi quando mi afferrò e mi abbracciò. – Non ti muovere – sussurrò lui facendomi posare la testa sul suo petto, a quel punto posò il mento sulla mia testa. – Sai, Amy, potrei seriamente provare qualcosa per te in questa di vita.
Sentii il cuore fare una capriola, presi un respiro profondo e il solo profumo di Michael mi fece sentire come la persona più fortunata del mondo. Chiusi gli occhi e pensai a quello che gli avrei tanto voluto dire: “io invece sono sicura di poterti amare in questa vita”. Gli lasciai un bacio sul petto, proprio sopra il cuore e mormorai: – Sono contenta, Michael. Così ti distruggerò il cuore anche in questa, di vita.
Ridacchiò. – Credo proprio che finiremo per distruggercelo a vicenda, il cuore. In questa e nella prossima vita – disse lui accarezzandomi dolcemente i capelli. Annuii distrattamente e posai una mano sul suo petto, proprio accanto alla mia faccia. Avvicinai il busto e le gambe a lui e chiusi gli occhi.
Mi addormentai un’altra volta e mi svegliai dopo ore. La febbre si era di nuovo alzata e avevo di nuovo trentotto e mezzo; Michael andò a bagnare di nuovo la pezza e me la mise sulla fronte, mi portò una minestrina e mi obbligò a mangiarla. Finita la minestrina mi obbligò a bere tanti bicchieri d’acqua e poi mi accompagnò in bagno a fare pipì; una volta tornata a letto mi diede un’altra medicina per farmi abbassare la febbre e prese un’altra coperta, visto che stavo tremando come una foglia. Diventai un fagotto per come mi mise la coperta e solo a quel punto si tolse i jeans e s’infilò sotto le coperte insieme a me. Si mise di fianco e mi strinse a lui. Nonostante fossi proprio davanti a lui con la febbre e tremante, non potei fare a meno di sentire ogni singola parte del mio corpo che toccava la sua. Alzai lo sguardo su di lui, che invece sembrava completamente rilassato, chiedendomi come riuscisse ad essere così rilassato in un momento come quello.
– Amy, non ti sto spogliando – bofonchiò lui con ancora gli occhi chiusi. – Sto solo cercando di rilassarmi e dormire, visto che sono parecchio stanco. Fidati, non ho intenzione di fare niente con te in questo stato. Magari ne riparleremo quando sarai guarita del tutto.
Arrossii ancora di più e mi allontanai un po’ da lui. Mi sentii subito meglio e peggio allo stesso momento, ma almeno non sentivo più la maggior parte delle parti di Michael con la mia pelle. – Mmmh – cercai di dire qualcosa, ma non riuscivo a pensare proprio a niente. – Ok – risposi quindi.
Fece una risata fiacca e scosse la testa. – Dormi, Amy.
– Ok – ripetei, ancora confusa. Abbassai lo sguardo sulla sua maglietta e poi ancora più giù, ma non riuscii a vedere niente a parte dei boxer neri. Arrossii subito e alzai lo sguardo sul suo viso. – La tua nudità mi mette un po’ a disagio.
Questa volta scoppiò a ridere. – Dormi e basta, Amy – ripeté continuando a ridere. – Vedrai che domani mattina ti sentirai così a disagio da non poter paragonare questo momento a quello di domani.
– Oh – mugugnai, soprappensiero, poi dopo un po’ diventai un peperone. – Ok, credo di aver capito – aggiunsi dopo un po’, facendolo di nuovo ridere. Chiusi gli occhi e rabbrividii, forse perché avevo ancora freddo o forse perché quel discorso mi metteva veramente a disagio. Quando lo sentii avvicinarsi un’altra volta a me mi irrigidii subito, però poi mi baciò la fronte e posò un braccio sul mio fianco, e a quel punto non mi sentii a disagio. Feci un sospiro e mi rilassai fino ad addormentarmi.

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Capitolo 31
*** Propositi ***


Capitolo 30
 
Io e Michael andavamo alla grande, mi mancava molto ma mi chiamava almeno la sera e ogni tanto riuscivamo anche a fare delle videochiamate su Skype. Erano passati tre mesi da quando c’eravamo visti l’ultima volta, ma a parte questo riuscivamo ad affrontare il tutto abbastanza bene, e comunque ci saremmo rivisti tra poco più di una settimana quindi eravamo entrambi molto eccitati. Non era successo molto a livello fisico in quei giorni prima della sua partenza, ma ormai mi ero convinta e mi fidavo di lui così tanto che gli avrei affidato anche Cassian: quando sarebbe tornato qua da me allora avremmo provato a mandare la nostra relazione al livello successivo. Era inutile aspettare ancora di più e non potevo più fare finta di non sentirmi attratta da lui come una calamita, ne avevo parlato con Jennifer – la quale sapeva quanto fosse importante per me la prima volta – e mi aveva dato ragione. Ovviamente non ne avevo parlato con lui, perché comunque mi imbarazzava come argomento, ma non credevo che mi avrebbe fermata anche questa volta.
Io e Michael stavamo andando alla grande, fino a quella sera.
Continuai a ridere con il cellulare tra la spalla e l’orecchio mentre cercavo di aprire la porta a vetri del complesso di appartamenti. – E quindi? Calum è riuscito ad alzarsi? – chiesi io.
– Dopo un po’, il basso non aveva un bell’aspetto e nemmeno lui – rispose Michael e scoppiai di nuovo a ridere. – Inutile dire che abbiamo dovuto smettere di suonare e cantare. Ci abbiamo provato, lo giuro, ma dopo un po’ siamo scoppiati a ridere e abbiamo smesso dopo circa cinque minuti.
– Immagino! – esclamai ridendo, ma la mia risata si spense subito quando vidi un ragazzo davanti la porta dell’appartamento dove vivevamo io e Lydia. Aveva la testa appoggiata alla porta e sembrava star piangendo. Non ci misi tanto a riconoscerlo: era Chris. Il mio primo istinto fu quello di darmela a gambe e urlare a Michael di raggiungermi, ma quello che feci fu molto diverso. – Michael devo richiamarti. A dopo – dissi prima di attaccare, non sentii nemmeno quello che aveva da dire. Quando Chris alzò lo sguardo su di me dovetti trattenere il respiro per non urlare. – Che ci fai qua?
– Ho cercato di chiamare Lydia – rispose lui alzando il cellulare che aveva in mano. – Ma non mi ha risposto. In realtà è scattata la segreteria telefonica, quindi credo che abbia cambiato numero di cellulare. Ha cambiato numero, non è così?
– Non sono affari tuoi, pensavo che Justin te l’avesse fatto capire finalmente – ringhiai io, ma le mie mani stavano tremando. – Spostati, devo entrare e tu dovrai rimanere qua fuori – aggiunsi poi avvicinandomi a lui. Non diede segno di aver capito, non si spostò nemmeno di un centimetro. – Cosa vuoi che ti dica? Sì, ha cambiato numero di cellulare e di certo non ti darò quello nuovo. Ora spostati, cazzo.
– Voglio parlare con lei, non può realmente pensare che mi possa andare bene vederla stare con quel tipo – disse lui e dalla sua voce riuscii a capire che stava per perdere la pazienza. – Quindi tu ora la chiami e me la passi, sono stato chiaro?
Scoppiai a ridere. – Ma fai sul serio? Non le interessa se ti sta bene o meno, lei ci sta e basta. Justin è un bravo ragazzo e tu dovresti davvero andare avanti. Chris, sul serio, io credo che tu abbia bisogno di aiuto e se vuoi posso darti il numero di alcuni buoni psicologi che…
– Non darmi dello psicopatico, puttana! Chiamala, ora! – tuonò lui facendomi sobbalzare. Dovetti deglutire per cercare di mandare il nodo che sentivo alla gola e trovare tutto il coraggio per scuotere la testa. – Non te lo chiederò un’altra volta – aggiunse lui, tremava a causa della rabbia. Rimasi in silenzio stringendo le chiavi di casa mia, l’unica cosa che riuscivo ancora a fare era guardarlo dritto negli occhi. Ringhiò come un animale e con un urlo mi prese e mi sbatté al muro facendomi sbattere violentemente la testa su di esso. Urlai e gli graffiai una guancia con le unghie e con le chiavi. Ero preparata almeno a quello, a difendermi almeno un minimo. Il mondo iniziò a girarmi intorno, ma si fermò quando mi tirò un pugno in piena faccia. Non capii nemmeno dove di preciso, mi faceva semplicemente male tutto il viso. Con un gemito sbattei di nuovo la testa contro il muro per l’intensità del suo pugno. – Cazzo! – esclamò lui. – Guarda cosa mi hai fatto fare! Sei contenta ora? È tutta colpa tua! – urlò lui.
Afferrai meglio il pazzo di chiavi e lo alzai così velocemente che non riuscì a proteggersi la faccia. Questa volta il taglio fu più profondo, si abbassò un po’ tenendosi il viso con le mani. Ne approfittai, gli diedi un calcio in mezzo alle gambe e un pugno sulla nuca, per poi aprire la porta e chiudermi dentro di essa. Presi il cellulare continuando a tremare come una foglia e chiamai Justin. – Amy, che succede? Vuoi che ti passi Lydia? – chiese, confuso.
– No, no, no – risposi io, la mia voce tremava tanto quanto il mio corpo. – Justin, allontanati – mormorai e lui lo fece senza nemmeno farselo ripetere due volte. Sapeva cosa significava, lo sentivo dal suo respiro accelerato che batteva sul microfono del suo cellulare. – È tornato. È tornato, Justin.
– Dove sta? – chiese lui, la sua voce era diventata di ghiaccio.
– Credo se ne sia appena andato. Devi tenere Lydia da te, sono stata chiara? – risposi subito.
– Tu stai bene? – chiese subito lui. Rimasi in silenzio. – Amy, tu stai bene? Rispondimi.
– Sto bene – risposi dopo un po’, ma la mia voce si incrinò ancora di più e iniziai a piangere. Era inutile tenerlo nascosto, lui già sapeva che stavo piangendo quindi aggiunsi: – Per favore, non farla avvicinare a questa casa. Non farlo. Non so dove andrà adesso, non lo sento più e credo che qualcuno si sia lamentato per il baccano che abbiamo fatto… ma non so dove sta andando adesso e prima era parecchio arrabbiato.
– Ti ha picchiata? – chiese Justin in modo così diretto che mi fece di nuovo trattenere il fiato. – Amy, ti ho fatto una domanda. Devi solo dirmi sì o no. Se non riesci a parlare allora dovrai farmi un favore: se fai almeno un verso strano con la gola significa che non ti ha messo le mani addosso, se invece rimani in silenzio allora significa che ti ha fatto del male – aggiunse poi, e quando rimasi in silenzio imprecò. – Dove sei adesso?
– A casa – risposi io. – Non ho intenzione di uscire. Cassian sta abbaiando e non riesco a farlo tranquillizzare…
– È normale, sei agitata – ringhiò lui. – Chiamo qualcuno. Ce la fai a chiamare Michael? Credo lo debba sapere, anche se mi sta veramente sulle palle. Ne ha il diritto, purtroppo sei la sua ragazza, no? Se non ce la fai mi dai il suo numero e lo chiamo io, ma a quel punto vorrà sentire te e…
– No, no – ribattei io. – No, Michael non lo deve sapere.
– Amy…
– No – tagliai corto io. Lo sentii sospirare, segno che si era arreso, dopotutto non gli stava nemmeno simpatico. Poco dopo dovette attaccare perché Lydia lo stava chiamando. Era il nostro piccolo segreto, gli avevo dovuto dire anche della sfuriata precedente di Chris, quindi stavamo a quota due. Erano i nostri due piccoli segreti. Mi promise di non dire niente né a Lydia né a Michael, anche se era ancora molto riluttante. Per quanto riguardava Lydia invece era d’accordo con me: non poteva saperlo o sarebbe impazzita a causa del senso di colpa e non potevamo lasciarglielo fare.
Michael cercò di chiamarmi più volte quella sera, ma gli mandai un messaggio dicendogli che stavo bene e che ero solo molto stanca, quindi andai a letto e ci rimasi per un bel po’ di tempo. Il giorno dopo non andai a lezione, chiamai Jennifer e le raccontai quello che era successo perché dopotutto era la mia migliore amica. Mi fece più o meno le stesse domande di Justin, mi pregò di dirlo a Michael ma la intimai di non chiedermelo più. Le chiesi di non dire niente a Calum e lei dovette accettare, sospirando tanto quanto Justin. Lydia non tornò a casa per tre giorni, segno che quindi Justin era riuscito a convincerla a rimanere a casa con lui con non so quale scusa, ma Lydia mi aveva accennato qualcosa riguardo le sue innegabili doti. Non sentii Michael fino a quando non arrivò a Chicago, gli mandai solo qualche messaggio dicendogli che stavo bene ma che non potevo chiamarlo; non uscii di casa se non per portare a spasso Cassian e non senza due chili di fondotinta. Avevo un livido enorme sulla guancia sinistra e i primi giorni non riuscivo né a sentire niente se non dolore né a vedermi allo specchio, visto che ogni volta mi veniva da piangere solo a guardare il gonfiore della parte sinistra del mio viso. Il giorno dopo dell’accaduto Justin mi mandò un messaggio dicendomi semplicemente: L’ho sistemato. Ora sono sicuro al cento per cento che non darà più fastidio a nessuna delle due. Ovviamente mi preoccupai subito, ma quando lo chiamai mi disse che purtroppo Chris era ancora vivo, ma che insieme ad alcuni suoi amici l’avevano sistemato per le feste. Peggio dell’ultima volta. Il giorno prima dell’arrivo di Michael mi costrinsi ad uscire di casa e andare a lezione, ma ero ancora un po’ spaventata.
 
Aspettai il suo arrivo in aeroporto mangiucchiandomi le unghie. Non c’era nessuna sua fan e questo mi fece sentire meglio, volevo che fosse una cosa abbastanza intima nonostante fossimo in un aeroporto. Ero un po’ nervosa, l’ultima volta che gli avevo mandato un messaggio dicendogli che stavo bene ma che non potevo parlare con lui non mi aveva nemmeno risposto, quindi doveva essere un po’ arrabbiato. Sperai di vederlo lo stesso, non poteva aver cambiato idea solo perché non rispondevo più alle sue chiamate. Giusto? Sapevo di essere stata una stupida, ma sapevo anche che se mi avesse sentito avrebbe subito capito che qualcosa non andava. Era sempre stato bravo a capire quando ero turbata per qualcosa e ormai era diventato un professionista, sembrava avesse la laura in “Amelia”.
Il resto della band non era venuta, Luke compreso che ancora non mi parlava. Avevo cercato di chiamarlo, ma ogni volta scattava la segreteria e quando invece gli mandavo messaggi non mi rispondeva. Non lo capivo. Non ce l’avevo più con lui da tempo ormai, ma lui sembrava avercela con me e questo non parlare mi faceva stare male, dal momento che era il mio migliore amico.
Non faticai a riconoscere il mio ragazzo visto che pochi giorni prima si era tinto i capelli di rosso fuoco. Gli stavano d’incanto e i primi secondi mi fu difficile respirare mentre lo guardavo avvicinarsi a me con quel suo sorriso da angioletto e quei suoi occhi verdi. Spinsi un po’ di gente, superai le sbarre e iniziai a correre verso di lui. Lo vidi sorridere ancora di più, lasciar andare la valigia e aspettarmi a braccia aperte. Gli saltai addosso e allacciai subito le mie gambe attorno ai suoi fianchi. Lo sentii scoppiare a ridere mentre io ero troppo impegnata a nascondere il viso nell’incavo del suo collo. – Mi sei mancata anche tu, principessa – disse semplicemente lui continuando a ridacchiare. Non mi dava nemmeno più fastidio quando mi chiamava “principessa”, dal momento che non mi chiamava più così per infastidirmi ma perché ormai era diventato il mio nomignolo.
Mi allontanai quel poco da lui solo per baciarlo. All’inizio lo sentii irrigidirsi un po’, quando però gli accarezzai quei capelli rossi decise di acconsentire al bacio. C’erano così tante cose che stavo cercando di dirgli che non riuscivo nemmeno a pensare. Gli stavo dicendo che l’amavo, che mi era mancato davvero tanto, che mi dispiaceva per quello che era successo in quegli ultimi giorni, che ero pronta a viverlo sempre e comunque, e che lo amavo, lo amavo, lo amavo. Quando lo sentii gemere piano mi costrinsi ad allontanarmi. – Amy, abbiamo dato fin troppo spettacolo. Che ne dici se ce ne andiamo da qua una volta per tutte? – chiese lui continuando a tenermi ferma. Scoppiai a ridere ed acconsentii, scesi giù e feci finta di non vedere tutte le persone che ci guardavano.
Entrammo nella mia macchina e partimmo. Il mio livido era ancora presente, non mi faceva praticamente più male, ma dovetti metterci veramente tanto fondotinta per coprirlo per bene. Parlammo di molte cose, alcune serie come per esempio Luke e altre molto divertenti. Rimanemmo un bel po’ a casa, a guardarci prima un film e poi a baciarci, poi andammo a portare Cassian a spasso. Quando rientrammo a casa però lo vidi prendere le chiavi della mia macchina, mi sorrise maliziosamente e disse: – Devo farti vedere una cosa.
– Cosa? – chiesi io aggrottando la fronte.
– Vieni con me e lo vedrai – rispose lui baciandomi per pochi secondi, mi prese la mano e mi trascinò verso la porta. Si mise al volante e mi guardò con una strana luce negli occhi che mi fece venire la pelle d’oca. Non mi portò molto lontano, in realtà era praticamente lo stesso quartiere dove abitavo io.
Aggrottai lo fronte guardandolo, mentre era intento a guidare. Quei capelli rossi mi facevano impazzire, avrei voluto rimanere ad accarezzarli tutto il giorno; poco dopo mi ritrovai a fare esattamente quello che avevo pensato alcuni secondi prima, misi una mano sul suo collo e poi salii sempre più su fino a quando non iniziai a giocare con una ciocca di capelli rossa. Chiuse gli occhi per pochi secondi e sospirò. – Dimmi un po’, Michael Gordon, in questi ultimi mesi hai trovato qualche ragazza disponibile? – chiesi.
Ridacchiò. – Trovata? Di sicuro. Usata come macchina del sesso? Neanche per sogno – rispose lui tranquillamente. – Ogni tanto qualcuna mi faceva qualche proposta indecente e io rispondevo semplicemente che non ero disponibile, che avevo una certa ragazza a Chicago che mi aspettava. Una di quelle ragazze ha pure cercato di dissuadermi dicendomi che molto probabilmente mi stavi tradendo anche tu – aggiunse lanciandomi un’occhiataccia alla fine. Sbuffai alzando gli occhi al cielo. – E io le ho risposto che, se solo tu ci avessi provato, a quel punto sarei tornato a Chicago solo per tagliare il coso che gli pendola tra le gambe a lui e cucirla a te – finì poi facendomi scoppiare a ridere.
– Bé, qua sotto sono ancora tutta normale, quindi immagino di aver fatto la brava – risposi io continuando a ridere. Mi guardò per un po’ di tempo facendomi diventare ancora più rossa e poi ricominciò a guardare la strada scuotendo leggermente la testa con un sorrisino. – Che mi dici invece di Grace? – chiesi dopo essermi schiarita la voce. Non l’avevo praticamente più vista da quando avevamo discusso a casa mia, ma Jennifer mi aveva detto che era ancora ridotta uno straccio.
Michael si incupì subito. – Ogni tanto la risento, ma non ci parliamo molto – rispose dopo un po’. – Credo di averla fatta soffrire un bel po’ e mi dispiace molto per questo. Avrei dovuto essere più schietto con lei, ma in realtà non sapevo nemmeno io quello che volevo. Stavo bene con lei, ci parlavo bene ed era divertente; ma con te è del tutto diverso.
Rimasi in silenzio, sperai che con quel “del tutto diverso” lui intendesse qualcosa di più bello. Dopotutto aveva scelto me, quindi doveva esserlo, no? Mi sentii più leggera quando mi ripetei tra me e me “ha scelto me” e il mio cuore sembrò fare una capriola. Non potei nascondere il sorriso, lo guardai e lui guardò me, un po’ confuso, poi mi avvicinai a lui e gli lasciai un bacio sulla guancia. A quel punto sorrise anche lui, ma io ero più felice di lui, perché dopotutto aveva scelto me e aveva continuato a scegliermi anche durante il tour.
Si fermò su una via a me quasi sconosciuta. Eravamo vicini casa dei miei, ma non avevo mai passeggiato per quella via. Lo guardai con la fronte aggrottata, lui sorrise ancora di più e aprì lo sportello, così lo seguii. Mi fermai quando lo vidi estrarre delle chiavi dalle tasche di quei jeans neri così attillati da farmi alzare gli occhi al cielo ogni volta; quella volta però i miei occhi dovettero spalancarsi. – Mike – lo chiamai io con il cuore a mille. Non rispose, mi prese per mano con un sorriso ancora più accentuato e mi trascinò dentro la casa. Il mio cervello non stava elaborando o stava elaborando troppo, insomma… non ci stavo capendo più niente.
Quando entrammo nella piccola villa, lentamente i miei pensieri si fecero un po’ più nitidi. Aveva le chiavi della casa, questo significava che o l’aveva affittata o l’aveva comprata. Oddio… questo sì, che avrebbe messo un bel punto esclamativo dopo la frase “impegnati ufficialmente”. La casa era di due piani, al piano terra c’era un salone abbastanza piccolo con una televisione che era il doppio di quella che stava a casa mia o di mia madre e uno strano e confortante divano nero. I mobili erano strani, alcuni neri e altri grigi, sembravano molto moderni. Le pareti erano tutte bianche tranne una che era di un grigio scuro. M’innamorai segretamente di quella parete, dove c’era appoggiato il divano nero. Era perfetta, era bellissima.
– È nostra, se la vuoi – annunciò lui facendomi venire le lacrime agli occhi. – Voglio dire, se per te è un passo troppo lungo allora posso benissimo dirgli che ho cambiato idea. Ma non lo so, pensavo fosse una buona idea. Ovviamente non è che inizieremmo a vivere qua felici e contenti, io ho la mia casa a Sydney insieme ai miei genitori, ma ho pensato che sarebbe stata una bella cosa se ogni volta che fossi venuto qua avremmo avuto questa casa a nostra disposizione.
– Posso fare un giro? – chiesi io ancora con le lacrime agli occhi.
– Certo che puoi fare un giro! – esclamò lui, un po’ nervoso. – Puoi anche pensarci per un po’, non ho fretta. Voglio dire, non mi hanno dato una data di scadenza imminente, quindi puoi anche pensarci per una o due settimane.. immagino.
La cucina era di un verde petrolio con le pareti bianche, era bellissima ma all’inizio non mi potei immaginare là dentro, dopotutto riuscivo a malapena a cucinare la pasta. Eppure ad un certo punto mi immaginai noi due dentro quella cucina, intenti a cucinare qualcosa di decente, ridendo e scherzando. Salii le scale che mi portarono alla sola camera da letto presente in quella casa, arrossii vedendo la parete rossa dov’era appoggiato il letto matrimoniale con i due comodini. Proprio alla parete opposta c’era un enorme armadio con gli specchi. Il bagno era di varie sfumature del celeste e del blu, con la doccia invece della vasca.
– So quanto non ti piaccia la vasca, così ho pensato che una semplice doccia potesse andare più che bene – disse Michael dietro di me. Mi girai verso di lui con le lacrime che rigavano il viso, era appoggiato allo stipite della porta ma quando mi vide piangere venne subito verso di me. – Perché piangi? Non devi piangere. Se non sei pronta lo capisco, posso benissimo dirgli di venderla a qualche altra persona. Per me non c’è problema, posso benissimo stare anche in albergo.
– No, no, non è per questo – risposi io asciugandomi le lacrime. – È solo che… sei così dolce da quando hai deciso di fare sul serio con me e io non mi sento per niente riconoscente nei tuoi confronti. In questi ultimi giorni non ho nemmeno risposto ad una delle tue mille chiamate e tu però hai fatto finta di niente, sei venuto qua da me e mi hai fatto vedere questa casa.
– Ero e sono un po’ arrabbiato con te per questo, ma non significa che debba mettere da parte tutti gli altri progetti che ho per noi due solo perché sono arrabbiato – rispose tranquillamente lui, anche se nei suoi occhi non vidi altro che angoscia. – Sarai stata sicuramente stressata per l’università e se non è così sarò disponibile a discutere con te di questa cosa, senza problemi.
Scossi la testa. – Non mi sono comportata così per l’università – ribattei io continuando a piangere. – L’università non c’entra niente, anzi in questa settimana ci sono andata pochissime volte. Però sapevo che se mi avessi sentita avresti capito che c’era qualcosa che non andava.
Michael tolse le mani dalle mie spalle e fece un passo indietro, tutto d’un tratto era diventato diffidente. – Qualcosa che non andava? Cosa non andava? Tra noi? Amelia, hai conosciuto un altro ragazzo? – chiese lui con un tono di voce duro.
– Dio, no – risposi subito io. – Sai benissimo che non potrei guardare altro ragazzo all’infuori di te. È sempre stato così.
– Se non è un ragazzo allora cos’è che non va bene? Pensavo stessimo andando bene, che fossimo felici nonostante tutto questo tempo passato a non vederci – replicò lui con la fronte aggrottata. – Quando ti sentivo al cellulare non mi sembravi mai così turbata. È difficile anche per me avere una relazione a distanza, non ci sono abituato ma mi sto adattando.
– Michael, non c’entra la distanza! – sbottai io asciugandomi un’altra volta le lacrime. Scossi la testa, sapevo che dovevo dirglielo, ma a quel punto cosa sarebbe successo? Già la prima volta aveva dato di matto e non stavamo nemmeno insieme. – Ti ricordi quando durante l’ultima telefonata ho dovuto attaccare? – chiesi io e quando lo guardai annuì. – Non ero sola. Stavo tornando a casa quando ho visto un ragazzo appoggiato alla nostra porta di casa. Ho dovuto attaccare, non volevo che ti preoccupassi – iniziai quindi e quando dissi “ragazzo” lo vidi subito irrigidirsi, il suo sguardo si fece ancora più cupo. – Era Chris che voleva sentire Lydia. Ultimamente ha cambiato numero di cellulare e lui se n’è accorto. Mi ha chiesto di chiamarla e io… mi sono rifiutata.
– Quindi se n’è andato, vero? Dimmi che se n’è semplicemente andato, ti prego – mormorò lui e alla fine la sua voce si incrinò un po’.
Abbassai lo sguardo sui nostri piedi e scossi la testa. – Non se n’è andato – sussurrai io con le lacrime agli occhi. – Si è arrabbiato ancora di più e.. mi ha fatto un po’ male, ma adesso sto bene e Justin se n’è occupato un’altra volta.
– Ti ha fatto un po’ male? – ringhiò lui e mi uccise con lo sguardo. – Che intendi dire con “mi ha fatto un po’ male”? Non parlare in codice, Amelia, lo sai che lo odio. Cosa ti ha fatto?
– Devi giurarmi di non dare di m…
– Dimmelo! – urlò lui facendomi sussultare.
– Mi ha tirato un cazzotto – sussurrai abbassando un’altra volta lo sguardo sulle mie scarpe. Chiusi gli occhi quando tutto mi sembrò troppo. Troppo esagerato, troppo cattivo, troppo tutto. Sapevo che la risposta non gli bastava, sapevo che voleva sapere dove, ma non volevo dirgli altro. Non volevo dirglielo, non lo volevo davvero, eppure una volta dentro questa casa mi ero sentita troppo in colpa. Mi ero sentita troppo in gabbia a causa di quell’accaduto che non gli avevo mai raccontato, ma non me ne pentivo, perché l’avrei solo fatto preoccupare e non poteva fare niente. Di certo non poteva lasciare tutto e venire da me solo perché ne avevo bisogno.
– Dove? – chiese lui. Scossi la testa e cercai di dirgli che non c’era bisogno, che stavo bene e che non doveva preoccuparsi, purtroppo però non ci riuscii perché urlò: – Rispondimi, cazzo! Dove ti ha tirato quel fottutissimo cazzotto?
– Mi ha preso in pieno il viso, ok? – tuonai io guardandolo finalmente negli occhi. – Sei contento adesso? Cosa ti cambia saperlo? Ti senti meglio?
Fece un passo indietro e per un secondo sembrò stare per svenire, poi però si riprese e mi fece una specie di ecografia al viso. – Togliti quel mascherone, adesso – mi ordinò con un tono così autoritario che mi ritrovai a guardarlo con gli occhi socchiusi. Non mi volevo di certo far dare ordini. – Fallo, Amelia. È inutile che mi guardi così, per quanto mi riguarda possiamo rimanere tutta la settimana qua a scambiarci occhiatacce.
Sbuffai e andai verso il lavandino per struccarmi, mi levai con l’acqua e il sapone tutto il fondotinta che mi ero dovuta mettere e mi girai verso di lui con fare arrabbiato. Quando abbassai lo sguardo sul suo torace vidi che non stava più respirando e mi sentii in colpa. – Non è così brutto – borbottai guardandolo. Feci spallucce. – È solo un po’ verde e un po’ giallo. Non mi fa nemmeno male – aggiunsi quando continuò a non rispondermi. – Michael, sto bene, veramente.
Mi guardò per pochi secondi e poi se ne andò via. Sentii il panico impossessarsi dei miei organi vitali, scesi le scale poco dopo di lui e lo raggiunsi in salone. Gli presi il polso, riuscì subito a scrollarsi di dosso la mia mano però decise di fermarsi e di girarsi verso di me e di questo gli fui grata. – Io organizzo tutto questo e tu non mi degni nemmeno di dirmi che ti hanno fatto del male? – chiese lui e la sua voce sembrò quasi inesistente. – Io progetto una casa con cui stare insieme a te, progetto addirittura una maledetta cuccia da mettere là – ringhiò indicando una cuccia enorme proprio accanto al divano, – e tu che fai? Non mi avverti nemmeno che ti hanno fatto del male e che ti sei ritrovata da sola in un appartamento con un livido, troppo spaventata per andare all’università?
– Sapevo che ti saresti preoccupato fin troppo, non volevo che succedesse con tutto quello che stava accadendo. Eri troppo occupato con il tour e non volevo darti distrazioni – risposi subito io cercando i suoi occhi con i miei, fu estremamente difficile.
– Distrazioni? – mi fece eco lui. – Amelia, ma ti rendi conto di quello che ti è successo? Vuoi che te lo dica a parole mie? Sai che sono sempre stato molto schietto, forse questa mia caratteristica può esserti utile in questo momento di confusione.
– So cosa mi è successo, ma Justin mi ha promesso che non si sarebbe più fatto vivo e sinceramente gli credo – ribattei io, sicura di me stessa. Sapevo che me l’aveva già promesso la volta precedente, ma lui era uno di quei ragazzi che difficilmente sbagliavano una volta e quando succedeva facevano in modo che non capitasse un’altra volta.
– E tu hai avvertito Justin e non me? – urlò lui. – Come credi che mi faccia sentire questa cosa? E comunque ti aveva già detto che eri al sicuro, eppure eccoci qua! Tu hai un livido sulla faccia e io sono incazzato nero. Come la mettiamo, Amelia? Vuoi vedere come gli faccio cambiare idea a quel Chris? – tuonò ancora e ancora. Prese il cellulare e fece per chiamare qualcuno, ma glie lo sfilai. – Dammi quel dannato cellulare. Quel figlio di puttana si meriterebbe la galera, cazzo!
– Non ho intenzione di lasciarti fare mentre rispondi alla violenza con altra violenza! – strillai io con le lacrime agli occhi. – Non ho bisogno di questo! Non ho bisogno di sentirti dire che lo ammazzerai di botte. Mi fido in quello che ha fatto Justin e ho delle prove, potrei benissimo fargli causa. Preferisco fargli causa che sentirti mentre dici queste cose. Non sei tu, Michael. Non sono io, non siamo noi. Noi non facciamo così, ok? Noi non rispondiamo alla violenza con altra violenza.
Sembrò calmarsi subito. – Non puoi chiedermi di stare tranquillo – mormorò lui scuotendo la testa, stava con le lacrime agli occhi. – Guardati, Amy. Quel tipo ti ha fatto del male, un’altra volta. Io non mi fido di Justin, ti aveva già detto che non sarebbe successo niente ed è successo. Fammi fare le cose a modo mio.
Scossi la testa. – Non ti lascerò fare un bel niente, se questo implica fare del male a quel ragazzo. Lo so che se lo merita, fidati, ma tra quello che gli ho fatto io e quello che gli hanno fatto Justin e i suoi amici credo che possa bastare.
– Dovresti seriamente denunciarlo – ringhiò lui con lo sguardo rivolto verso il divano.
– Va bene – mormorai io avvicinandomi a lui. Mi alzai sulle punte dei piedi per posare la fronte sulla sua, presi un respiro profondo e chiusi gli occhi. – La casa è bellissima, grazie – dissi dopo un po’ posando le mie mani sul suo petto. – Non mi sono mai sentita così fortunata in tutta la mia vita – ammisi accennando un sorriso. – Tu sei qui, con me e comprerai una casa per quando starai qua… Ancora non posso credere che tu sia qui insieme a me, che tu abbia scelto proprio me.
Sospirò e posò le mani sui miei fianchi. – Sarei stato un deficiente a non sceglierti – bofonchiò e lo sentii rabbrividire quando strinsi i suoi capelli nelle mie mani. – Mi sei mancata così tanto in questi mesi che ancora non mi sono abituato a sentirti toccarmi. Non so se mi ci abituerò mai, sinceramente, e per ora mi sta benissimo così.
Ridacchiai e posai le labbra sulle sue senza però baciarlo. – La cosa è reciproca – sussurrai, risucchiò un respiro e strinse la presa sui miei fianchi. – A Cassian piacerà un sacco quella cuccia – aggiunsi dopo un po’ e scoppiammo entrambi a ridere.
– Amy – mi chiamò dopo un po’ a bassa voce. Lo guardai negli occhi e mi sembrò di nuovo abbastanza sereno. – Siamo riusciti a inaugurare la casa con una discussione, che ne dici d’inaugurarla in un modo un po’ più carino?
Ridacchiai. – Mi stai facendo delle proposte indecenti, Michael Gordon? – chiesi io con lo stesso tono di voce che stava usando lui, un po’ come se stessimo parlando di qualcosa di proibito.
– Direi di sì, principessa – rispose lui sorridendo maliziosamente.
Sapevo che avevo detto un sacco di cose a Jennifer sul fatto del perdere la verginità con Michael quella settimana. Ero nervosa da tempo ormai, ma quello che era successo con Chris mi aveva portato via tutta l’agitazione a causa di questa piccola cosa che avremmo fatto io e Michael. Mi ero immaginata tutto in camera mia, invece eravamo a casa nostra. Una casa tutta per noi. Sicuramente capì che c’era qualcosa che non mi andava molto bene perché cercò di ritirare tutto, per fortuna però fui più veloce e mi fiondai sulle sue labbra. Michael toccò leggermente il livido, mi allontanai un po’ da lui, era ancora troppo cupo per i miei gusti. – Mike – lo chiamai io, ma lui aveva lo sguardo fisso sul mio livido. – Smettila – gli ordinai, mi ascoltò e smise di fissarlo, però si allontanò e se ne andò in bagno. Mi sentii sconfitta tanto quanto lui.
Rimase in bagno per minimo un quarto d’ora ed io lo aspettai in salone, seduta sul divano. Quando tornò da me si mise seduto accanto a me e rimase in silenzio per un po’ di tempo. – Mi dispiace che tu ci sia rimasto così male – iniziai a parlare accostando le gambe al mio petto per posarci sopra le braccia. – Stavi in tournée, non volevo che ti preoccupassi e non riuscissi più a concentrarti sulla tua musica. Ho chiamato Justin per dirgli di non far tornare Lydia a casa, poi mi ha fatto delle domande e io gli ho dovuto rispondere. Glie l’ho detto a lui solo perché vive qua a Chicago e perché la storia ha a che fare anche con lui, dato che Lydia è la sua ragazza.
– Questo non mi fa stare meglio – borbottò lui. – Non potrò mai stare qua da te per più di un mese. Questo significa che non mi dirai mai queste cose fino a quando non verrò qua a farti vedere una casa? – chiese lui girando la testa verso di me per guardarmi negli occhi.
– Ho solo bisogno di tempo, questa cosa è nuova anche per me – ribattei io posando il mento sopra le braccia. – L’ho fatto solo perché eri in tournée.
– Ma io sono quasi sempre in tournée, Amy – ringhiò lui. – Non importa dove sono, se ti succede qualcosa me lo devi dire. È come se io non ti venissi a dire che ho fatto a botte con dei ragazzi solo perché ero incazzato – continuò e gli dovetti quasi dare ragione. – Non sono poi così diverso da te. Tu studi eppure io ti racconto tutte le cose belle e le cose brutte che mi sono successe durante la giornata. Fai esattamente quello che faccio io: lavori, e studi anche. Sono due cose pure più stressanti del lavoro che faccio io, e lo so ma non per questo mi limito a dirti solo le cose belle che mi succedono. – Ok, gli dovetti dare pienamente ragione. Ogni tanto mi sentivo meno intelligente di lui e questo mi spaventava molto.
Feci un sospiro e posai la testa sul suo petto, rannicchiandomi vicino a lui. All’inizio rimase fermo, un po’ rigido, poco dopo però prese un respiro profondo e mi posò un braccio sulle spalle per farmi avvicinare ancora di più. A quel punto posai il viso nell’incavo del suo collo e respirai il suo profumo misto a quello dell’aereo.  In quel momento avrei tanto voluto dirgli quello che provavo, ma sapevo che per lui non era la stessa cosa e mi spaventava a morte anche quello. Rimanemmo così per molto tempo, accoccolati senza dire una parola.

Angolo Autrice:
Mi dispiace, come sempre sono in ritardo, ma ho sempre meno tempo e adesso si sta avvicinando anche l'esame di guida O.O. Ovviamente non gli basta guardarmi guidare, vogliono anche farmi delle domande e possono farmele anche sul vano motore, e per questo sto studiando anche questo argomento, che per me è abbastanza difficile.
Spero vi sia piaciuto questo capitolo, vi chiedo come sempre di recensire e mi scuso per eventuali errori (stavo per scrivere motori, tanto per farvi capire come sto messa ahah).
Un bacio e al prossimo capitolo. 


 

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Capitolo 32
*** Incoerenza ***


Capitolo 31
Incoerenza 

 
Pochi giorni dopo decisi che era ora di tornare a casa, giusto per prendere un po’ di vestiti e le cose per il bagno. Michael era rimasto a casa con Cassian. Mi dispiaceva molto farlo andare da una casa all’altra, avevo paura di destabilizzarlo un po’, ma avevo sentito di cani che riuscivano benissimo ad abituarsi a questo tipo di vita. Inoltre Michael sarebbe potuto venire da me solo una volta ogni due mesi, se eravamo fortunati, e sarebbe potuto rimanere per poco, massimo un mese. Stavo andando verso il cancello di casa quando vidi tre figure: due maschi e una femmina.
Uno dei due maschi era veramente alto e non poteva che essere Justin. Andai da loro, Justin stava urlando e Lydia cercava di farlo calmare. La figura davanti a loro era come ingobbita, era inquietante. – Devi lasciarla stare, cazzo! – tuonò Justin spingendo il ragazzo, che fece tanti passi indietro per poi cadere indietro. Lydia urlò il nome del suo ragazzo e lo spinse indietro. – Adesso lo difendi? – urlò Justin. – Sai una cosa, Lydia? Io mi sono rotto le palle! Questo coglione continua a venire da te perché sa che non lo potrai mai cacciare via sul serio, ed io mi sono rotto di fare finta di non vederlo – ringhiò lui, mi lanciò un’occhiataccia e poi se ne andò.
Sussultai quando vidi il viso di Chris. Justin e i suoi amici l’avevano massacrato e spaventato a morte, perché quando mi vide sussultò e indietreggiò, ancora per terra. – Che… che cosa sta succedendo? – chiesi io guardando prima lui e poi Lydia, che stava con le lacrime agli occhi. – Dio, ma cosa ti hanno fatto? – esclamai io puntando la torcia del mio cellulare contro Chris. Era gonfio in faccia e pieno di lividi, il corpo sembrava avere gli stessi problemi se non più gravi. – Justin ha esagerato questa volta – mormorai guardando Lydia.
– No – ringhiò Chris quando cercai di avvicinarmi a lui. Fece una risata amara e aggiunse: – Tu non lo sai, vero? Certo che non lo sai, quel tipo sembra sapere il fatto suo e di certo dirti una cosa del genere non l’avrebbe reso un eroe.
Aggrottai la fronte e scossi la testa, confusa. – Ma cosa stai dicendo?
– Il ragazzo di Lydia e i suoi amici mi hanno fatto nero, è vero – rispose Chris guardandomi negli occhi. Non sembrava più spaventato, sembrava solo molto arrabbiato. – Ma è stato niente, se messo in confronto a quello che mi hanno fatto il tuo ragazzo e i suoi amichetti.
Trattenni il fiato e feci un passo indietro, guardai Lydia, la quale sembrava sul punto di piangere da un momento all’altro, e quando alzò lo sguardo su di me riuscii a vedere rabbia e delusione. Scossi la testa per farle capire che non sapevo niente, ma non mi credé perché se ne andò dentro casa. – Io… non lo sapevo! –esclamai guardando prima le spalle di Lydia che sobbalzavano e poi il viso arrabbiato di Chris. – Tutto questo… Tu non avresti dovuto farmi del male – mormorai guardandolo. – Dovresti andare avanti e basta! Vedere un bravo psicologo e lasciarci vivere le nostre vite! – urlai con le lacrime agli occhi. Feci per andare da lui, così arrabbiata da tremare, però riuscii a fermarmi. – Tu non meriti la compassione di nessuno, nemmeno la mia. Questo è esattamente quello che facevi a Lydia. Quindi ora alzati e vattene – ringhiai io prima di andarmene.
Entrai nell’appartamento di Lydia in silenzio, anche se stavo piangendo, e andai in camera mia. Presi dei vestiti e le cose nel bagno. La porta si aprì di scatto facendomi sussultare. – Avresti dovuto dirmelo! – urlò Lydia venendo da me solo per spingermi. – Avresti dovuto dirmi che ti aveva fatto del male! Tutti quei giorni dentro casa, tutti quei giorni in cui Justin non voleva che me ne andassi da casa sua… mentre tu eri qua, spaventata! Pensavo che le cose tra te e Michael non andassero più tanto bene e per questo avevi iniziato a truccarti così tanto, ma era solo per coprirti i lividi!
– Stavo solo cercando di proteggerti…
– Proteggermi?! – ripeté lei alzando ancora di più il tono di voce. – E da cosa esattamente? Tu e Justin mi avete tenuto nascosta una cosa troppo importante! Questo non è proteggere. Siete solo degli stupidi se pensate questo. E ora vai fuori da casa mia e non farti più vedere!
Rimasi senza fiato e la guardai negli occhi, troppo scioccata per fare qualcosa. Non poteva farlo, non poteva cacciarmi solo perché stavo cercando di farle del bene. Non me lo meritavo, avevo fatto tutto quello solo per proteggerla, e lei adesso mi stava cacciando di casa. – Lydia…
– Fuori! – urlò lei indicando la porta. – Vai fuori da casa mia. Ora!
Iniziai a piangere, ma presi le mie cose e me ne andai, delusa da lei e da Justin. Quando uscii fuori Chris stava seduto sulle scale con la testa tra le mani, continuava a dire cose a bassa voce. Lo ignorai e me ne andai. Guidai fino alla nostra nuova casa e quando aprii la porta Cassian capì subito che non era il momento adatto per fare le feste, così si sdraiò accanto a Michael, il quale stava vedendo la televisione. – Ehi, ce n’hai messo di tempo! – esclamò, quando non risposi si girò verso di me e il suo sorriso scomparve. – Che cos’è successo? – chiese alzandosi dal divano. – Perché hai pianto? Cosa…? Quel maledetto ti ha fatto un’altra volta male?
– No, non aveva le forze nemmeno per alzarsi da terra grazie a te – ringhiai io. Non vidi più il suo petto alzarsi e abbassarsi, segno che aveva smesso di respirare. Scossi la testa guardandolo con le lacrime agli occhi, una parte di me sperava ancora che Chris mi avesse mentito solo per farmi del male. – Lydia mi ha cacciato di casa – continuai a ringhiare come un cane, ma alla fine la mia voce s’incrinò. – Dovrò tornare a casa di mia madre e Jason.
– Puoi rimanere qua, questa casa è anche tua – sussurrò lui, cautamente. Scossi la testa, quella casa non era mai stata di nessuno, e andai di sopra trascinandomi dietro l’enorme borsa con dentro tutte le mie cose. – Lascia che ti aiuti…
– No – esclamai io allontanando la borsa da lui. – Non ho bisogno del tuo aiuto. Non ho bisogno di te – borbottai guardandolo dritto negli occhi, li vidi spalancarsi e il suo viso fare una smorfia sofferente. – Te l’avevo detto – mormorai ricominciando a piangere. – Non era quella la soluzione. Io non rispondo alla violenza con altra violenza. Nessuno dovrebbe farlo.
– Alcune persone non riescono a capire fino a quando non gli fanno male tanto quanto loro fanno male alle altre persone – rispose Michael mantenendo la voce bassa, come per paura di spaventarmi o farmi arrabbiare. – So che ora sei arrabbiata e lo capisco, ma ho solo cercato di aiutarti… Hanno picchiato la mia ragazza due volte, non potevo lasciargliela passare anche questa volta.
Scossi la testa un’altra volta, era strano perché sapevo che stavamo nella stessa barca: io avevo solo cercato di aiutare Lydia, esattamente come Michael aveva solo cercato di aiutare me. Avevamo sbagliato tutti e due. Eppure non riuscivo a non avercela con lui. – Non è cambiato granché, non credi? Sta sera stava di nuovo davanti casa nostra.
La sua mascella si irrigidì. – Ma non ti ha messo le mani addosso – ribatté lui e sembrò quasi fiero di quello che era successo. I suoi occhi mi stavano fulminando, era arrabbiato anche lui. Molto probabilmente mi vide rimettere il muro che avevo deciso di abbattere quando si era presentato al locale dove lavoravo, perché fece un sospiro e si scompigliò i capelli. – Senti, il fatto è che… io cerco sempre di mettermi nei tuoi panni da quando ci siamo messi insieme, ma tu non ti sei mai messa nei miei, di panni. Il solo pensiero… Quando sono venuto a sapere che l’ex della tua amica ti aveva fatto del male mi sono sentito impotente e arrabbiato con il mondo. Ero impotente perché tu non eri mia, quindi io non avevo nessun diritto di proteggerti. Sapevo che ti saresti arrabbiata. Ma quest’ultima volta era diverso, tu eri e sei la mia ragazza e io devo proteggerti.
Chiusi gli occhi e scossi la testa, ancora una volta confusa. Il fatto era che nessuno dei due aveva ragione: potevo capire Michael e il suo senso d’impotenza, ma lui doveva capire anche il mio punto di vista. Eppure mi sentivo in colpa, perché forse era vero: lui cercava sempre di mettersi nei miei panni, mentre io non più di tanto. – Cassian – chiamai il mio cane, che venne subito da me. Gli misi il collare e il guinzaglio e andai verso la porta, avevo bisogno di fare una passeggiata nonostante fosse già buio.
– No, no, no – disse subito Michael mettendosi davanti la porta, aveva gli occhi spalancati. – Dove pensi di andare? Non ho intenzione di lasciarti andare in questo modo. Fai la seria ogni tanto e parla. Le persone mature rimangono e parlano, discutono e arrivano ad una conclusione.
– Le persone mature non fanno quello che hai fatto tu! – tuonai io. Rimanemmo in silenzio per un po’ di tempo a guardarci, eravamo entrambi molto arrabbiati e nessuno sembrava voler fare un passo in più o un masso in meno. – Potrebbe denunciarti. Potrebbe denunciarti e potrebbe vincere la causa. Lo odio, lo sai, ma non dovevi rovinarlo in quel modo. Chi ti credi di essere? Non puoi andare in giro a menare la gente solo perché hai persone che sono in grado di farne a pezzi tante altre.
– Chi mi credo di essere?! – urlò lui. – Tu chi ti credi di essere?! Vai, cazzo! Esci da questa casa e non tornare! Fai quello che vuoi. Abbiamo sempre fatto come volevi tu e per una volta che ho fatto quello che non volevi fai tutta questa scenata. Ma ti rendi conto chi stai proteggendo? Cazzo, ma tu hai problemi mentali! Ed io una ragazza che ha problemi mentali non la voglio!
– Bravo – mormorai io, mi veniva da piangere ma non volevo dargliela vinta. – Allora se non mi vuoi, fatti da parte e vattene a fanculo – ringhiai spingendolo via. Afferrai la maniglia e aprii la porta, uscii di corsa con il mio cane e sbattei la porta.
 
Passeggiai per ore con Cassian, il quale si sfogò come non mai; quando mi stancai andai a casa di mia madre e parlammo un po’, ma non le dissi la verità su Chris. Non poteva saperlo, l’avrebbe uccisa e non potevo farle anche questo. Le raccontai di Michael, dei suoi progetti per noi due e della sua bellissima casa. Mi chiese se ci eravamo lasciati e io le dissi di no, ma la realtà era che non lo sapevo nemmeno io. Mi aveva detto di andarmene e di non tornare, eppure erano parole dette a causa della rabbia. Non ero il tipo di persona che tornava anche se l’altra persona mi aveva espressamente detto di non provarci, e potevo anche amarlo, ma il modo in cui si era comportato mi aveva frenato molto. Le dissi che avevo litigato anche con Lydia a causa del suo ex, cercò di capirne di più ma non le diedi la possibilità di farlo, così mi disse che potevo rimanere quanto volevo. La ringraziai e andai di sopra, lasciando Cassian al piano terra. Mi sdraiai sul mio vecchio letto e guardai la mia scrivania, proprio davanti ad essa c’era la parete con sopra la mia lavagna, dove c’erano ancora le foto con mia madre, mio padre, Jennifer e Finn. Chiusi gli occhi e scoppiai a piangere, mi sembrava passato fin troppo tempo e mi sentivo sola come non mai.
Il giorno dopo mi svegliai un po’ più riposata e un po’ più in pace con me stessa. Cassian era accanto a me e lo stavo abbracciando, mi fermai a pensare che dovevo smetterla di sentirmi in colpa per cose che non erano accadute a causa mia. Per esempio, mi sentivo in colpa per quello che Chris aveva dovuto subire da Michael; perché poteva anche essere un malato mentale, ma essere violato come era stato violato lui poteva portare alla pazzia. Questa era una frase di Lydia, ed era solo grazie a lei se avevo cambiato idea. Lei era stata violata da quel ragazzo, non l’aveva violentata, ma aveva dovuto convivere con la paura di lui, una paura reale. Eppure lei era contro la violenza, era scoppiata a piangere quando aveva scoperto quello che Michael aveva fatto al suo ex. Perché sì, lo odiava con tutto il suo cuore, ma non voleva e non poteva tollerare altra violenza, sia fisica che mentale. Mi sentivo anche in colpa per aver fatto mettere da parte Grace, che stava soffrendo per un ragazzo che si era messo con un’altra ragazza. Mi sentivo in colpa per molte cose che in realtà non erano successe a causa mia; forse erano collegate a me, ma non voleva necessariamente dire che la colpa era mia. Essere collegata ad un fatto è completamente diverso dall’esserne colpevole.
Guardai il cellulare e vidi che mi era arrivato un solo messaggio da Michael con su scritto: “Per quanto sei orgogliosa saresti capace anche di dormire in macchina, invece di chiedere aiuto a tua madre o ai tuoi amici. La porta di casa è aperta”. Sorrisi e posai la testa sul cuscino sospirando, guardai Cassian e gli chiesi in silenzio se era d’accordo con me per tornare a casa con Michael. Feci passare un po’ di tempo, durante il quale mi feci una doccia e mi vestii, poi presi di nuovo il cellulare e chiamai Luke.
- Amelia, dimmi – rispose finalmente Luke.
Rimasi in silenzio per un po’, interdetta. Non solo mi aveva risposto dopo così tanto tempo, ma anche in un modo molto scorbutico. – Luke, ciao – esclamai io. – Perché non sei venuto? Speravo che veniste tutti insieme.
– Oh, e per cosa? Per guardarvi stare insieme mentre ci mettete tutti in un angolo? No, grazie – rispose lui in modo del tutto incurante.
Trattenni il respiro e aggrottai la fronte, nervosa. – Non ti lascio mai in un angolo, Luke – ringhiai io. – E forse saresti dovuto venire qua da me per parlare, visto che sei scomparso. Se poi non vuoi essere più mio amico allora sono affari tuoi.
– Dio, come i bambini di cinque anni – bofonchiò Luke, facendomi sentire veramente una bambina che stava facendo i capricci. – In realtà no, Amelia, non mi interessa più averti come amica, quindi mi dispiace e ciao. – Attaccò il secondo dopo.
Guardai il cellulare, stupefatta, e poi lo richiamai, ma scattò subito la segreteria così gli lasciai un breve messaggio in segreteria. – Sentimi bene, coglione che non sei altro, io non so se sei diventato uno squilibrato tutto d’un tratto o lo sei sempre stato, ma non mi merito di essere trattata in questo modo, quindi vedi di moderare i termini quando parli. Maleducato! Io ti ho sempre sostenuto, sei sempre stato un ragazzo d’oro, ora che cavolo ti è successo?! Pensavo non stessi passando un bel periodo, ma forse sei solo diventato stupido. E io non voglio essere amica di uno stupido maleducato – sbottai, attaccai e dovetti reprimere un urlo. Sentire il mio migliore amico comportarsi in quel modo mi faceva veramente male, però mi faceva anche arrabbiare… e non poco.
Scesi al piano di sotto, dove però non trovai nessuno. Jason era arrivato tardi a casa il giorno precedente, mi aveva abbracciata velocemente e poi era andato a dormire senza nemmeno cenare, il ché era strano: Jason mangiava sempre e comunque, anche alle cinque di notte, quindi doveva essere proprio stanco. Feci una colazione veloce e poi uscii di casa con Cassian, lo portai nel prato vicino casa nostra dove rimanemmo per un po’ e poi andammo a casa di Michael in macchina.
Una volta davanti la porta principale della casa sentii un po’ d’imbarazzo nel stare là davanti, mi chiesi se tra noi non fosse già finita, dopotutto non avrei dovuto sentirmi in quel modo con il ragazzo che amavo. Entrai senza nemmeno bussare e con le chiavi in mano andai verso il salone, dove però non trovai nessuno. Cassian si adagiò subito sul divano e mi lasciò stare, mentre non sapevo se uscire correndo o rimanere e aspettarlo. Feci un respiro tremolante e mi guardai un’altra volta intorno, indugiando un po’ di più sulla cucina. Strinsi le chiavi nelle mie mani e guardai il mio cane, in cerca di una risposta, che ricevetti subito: qualcuno si stava facendo la doccia, al piano di sopra.
Andai di sopra sentendo ancora quel senso di imbarazzo, eppure continuai a fare quello che mi veniva meglio: tornare da lui. Mi sedetti sul letto e aspettai, poi però mi prese il panico quando me lo immaginai praticamente nudo fuori dalla doccia e, da codarda quale sono, scesi giù. Sentii solo la porta aprirsi e i suoi passi andare verso la camera da letto, chiusi gli occhi e cercai di smettere di far muovere la mia gamba; quando poi lo vidi scendere con dei pantaloni della tuta e solo un giacchetto nero allacciato con nessuna maglietta sotto mi sentii male.
Si fermò appena alzò lo sguardo su di me e si accorse della mia presenza. – Non ti ho sentita rientrare – disse semplicemente. Feci spallucce e abbassai lo sguardo, rossa in faccia. – Ok, allora… – borbottò grattandosi la nuca, decisamente in imbarazzo. – Vogliamo uscire?
Pensai di dirgli di no, perché vederlo in quello stato era veramente invitante, ma annuii e mi alzai dal divano. Lo fissai in un modo inquietante quando finì di scendere le scale, lui sorrise e andò in cucina. Abbassai per pochi istanti lo sguardo per vedere quei pantaloni lenti fasciargli le gambe e poi mi girai di scatto, ancora più rossa. Andai verso la finestra e guardai fuori per non farmi distrarre da quello che doveva essere il mio ragazzo. Sorrisi tra me e me continuando a rigirarmi la frase “è il mio ragazzo” nella testa. Il mio sorriso però svanì dopo poco, perché Michael disse qualcosa e non riuscii a seguirlo. – Cosa? – chiesi girandomi verso di lui.
Indicò le scale con una mano. – Non ti vuoi cambiare? – chiese prima di sorseggiare il caffè. Lo guardai per un altro po’, come in tilt, e poi scossi la testa e andai di sopra. Dovetti reprimere l’impulso di correre da lui e dargli un bacio almeno a stampo. Mi misi una tuta e scesi giù a piedi scalzi, Michael sembrava essersi messo una maglietta sotto il giacchetto e questo mi fece stare meglio e peggio allo stesso momento. Mi feci una coda veloce e gli feci segno di essere pronta. – Ok. Guidi tu – borbottò lui lanciandomi le chiavi della mia macchina. Le afferrai subito ed entrai in macchina. – Luke mi ha chiamato. Sta venendo qua.
– Oh – bofonchiai io guardando avanti a me. – Quando ti ha chiamato?
– Ieri sera – rispose lui facendo spallucce. – In realtà gli ho chiesto io di venire qua. Sapevo che ti avrebbe fatto piacere, però da come stai guardando la strada non mi sembra. A meno ché tu non abbia l’ansia di guidare.
– Io ho sempre l’ansia, ma non è questo il punto – ribattei io. – Sta’ mattina mi ha chiamato, ma non mi sembrava molto propenso a chiarire con me. Mi è sembrato un Luke del tutto diverso dal solito Luke. Perché? Fa così solo con me o lo fa con tutti?
Michael rimase un po’ in silenzio e poi fece un sospiro. – Anche a noi sembra un po’ cambiato, ma immagino che con te lui esageri ancora di più. Sto ancora decidendo se è un bene o meno, perché almeno non è più il solito ragazzino insicuro. Mi sembra molto più sicuro di sé, e per questo dobbiamo anche ringraziare Arzaylea, che l’ha aiutato molto comunque. Credo sia solo l’ebbrezza di sentirsi impegnato e una star allo stesso momento, secondo me prima o poi si calmerà.
Storsi la bocca e lo guardai per pochi secondi. – Questa ragazza… mi sembra abbastanza…
– Piena di sé? – chiese Michael per poi scoppiare a ridere. – Sì, è abbastanza consapevole del suo grazioso aspetto esteriore.
Gli lanciai un’occhiataccia, nervosa. – Già – borbottai io stringendo un po’ troppo il volante. – Dove dobbiamo andare?
– Puoi accostare qua – rispose con nonchalance Michael. Lo ascoltai e parcheggiai con un po’ di problemi. – Hai bisogno di una mano? – mi prese in giro lui guardandomi con un sorrisino soddisfatto. – A quanto pare non sei poi così brava a guidare.
– Stai zitto. Di sicuro sono più brava di te – ringhiai dandogli uno schiaffo sulla gamba, come risposta lui ridacchiò e mi guardò fare la manovra. – Visto? Molto probabilmente tu non ci saresti riuscito nemmeno la terza volta. Ora usciamo, sto iniziando ad odiare la macchina – aggiunsi prima di uscire da essa. Lo guardai uscire e poi scossi la testa, odiavo sentirlo parlare delle altre ragazze. Sapevo che non poteva diventare cieco solo perché si era fidanzato con me, ma io le poche volte che vedevo un bel ragazzo non potevo guardarlo per più di due secondi senza sentirmi in colpa. Iniziammo ad avanzare, sembrava esserci una piccola festicciola in pizza e così andammo là. Incrociai le braccia per paura che lui mi prendesse per mano e mi guardai intorno, per farglielo apposta rimasi un po’ più del dovuto a guardare i ragazzi carini.
– Stai cercando il mio sostituto, per caso? – chiese Michael guardandomi con un sorrisino che diceva tutto tranne “ho paura di perderti”. – Se sì, non ci provare nemmeno: è una causa persa. Nessuno potrà essere come me.
Ridacchiai. – Oh, per quello non ce n’è bisogno, l’ho già trovato – borbottai io guardando dei pupazzetti. C’erano molte bancarelle con tanti giochi e pupazzi, doveva per forza essere una festicciola di quartiere.
– Ah sì? E chi sarebbe? – chiese Michael girandosi completamente verso di me, non riuscii a decifrare il suo tono di voce o la sua espressione.
– Tu non ti preoccupare – risposi io sorridendogli maliziosamente. – I tuoi canoni li raggiunge sicuramente, anzi a volte sembra quasi superarli.
Strinse un po’ gli occhi continuando a guardarmi. – Principessa – mi chiamò lui prendendomi delicatamente il polso per farmi avvicinare a lui. – Chiariamo subito una cosa: questi giochi non mi piacciono. Non mi interessa se guardi altri tipi, l’importante è che non esageri. Se scopro che hai addirittura provato a parlare con un tipo che farebbe più bella figura ad avere una busta in testa, inizio ad infastidirmi.
– Chiariamo subito una cosa – ringhiai io avvicinandomi ancora di più a lui, gli afferrai il colletto della camicia e così si abbassò verso di me. – Io non faccio quello che mi dici tu solo perché sei il famoso Michael Clifford e, soprattutto, posso parlare con chi voglio. Potrei benissimo parlare con il ragazzo più bello del mondo e continuerebbero ad essere solo ed esclusivamente affari miei.
La sua mascella diventò tutto d’un tratto più accentuata e questo mi fece sentire un po’ meglio. – Facciamo prima ad avere una relazione aperta allora – ringhiò lui guardandomi dritta negli occhi.
Sentii lo stomaco diventare un piccolo buco nero, pronto ad uccidermi. Una relazione aperta? Esistevano veramente? Per me era come non essere fidanzati con nessuno, il ché forse era il reale concetto di una “relazione aperta”. – Forse sarebbe meglio per entrambi. Oh, sai cosa mi è venuto in mente? Con una relazione aperta tu non avresti nessun diritto di menare a sangue gente al posto mio – ribattei io. – Ah! Un’altra grande idea! Che ne dici se invitiamo quel tipo a fare una cosa a tre? – proposi indicando un ragazzo che stava giocando ad una bancarella con una pistola finta. – Ha dei gran bei muscoli, non credi?
Michael girò la testa verso il ragazzo e i suoi occhi si fecero ancora più piccoli. – Non è carino da parte tua, allora potremmo benissimo chiedere anche ad un’altra ragazza di aggiungersi a noi. Dopotutto io sono Michael Clifford, chi non vorrebbe venire a letto con me?
Feci una smorfia disgustata. – Bene – ringhiai scostandomi da lui, guardai per pochi secondi il ragazzo e poi andai verso di lui. Ero veramente seccata, sapevo di aver iniziato io ma il solo pensiero che per lui fosse così semplice rispondermi a tono mi dava fastidio. Nessun ragazzo riusciva rispondermi a tono come faceva lui.
Mi afferrò di scatto la mano e mi girò verso di lui. – Prova a fare un altro passo verso di lui e giuro su Dio che ti ritrovi single in un secondo – disse lui a bassa voce ma con un tono abbastanza arrabbiato.
– Tu lo sei già – esclamai io spingendolo con l’altra mano.
Lui mi guardò per pochi secondi e poi rise mettendosi indietro i capelli. – Ah sì? E quando l’hai deciso questo? Prima o dopo essertene andata da casa nostra? – chiese lui, ricominciando a guardarmi negli occhi. Scossi la testa, stanca. – Non lo sai? Chissà perché non ne sono per niente sorpreso.
– Io me ne torno a casa – borbottai io.
– Quale casa? – chiese Michael.
Mi girai di scatto e andai verso di lui, furiosa. – Quella è sempre stata solo casa tua, Michael Gordon. Non provare a farmi sentire in colpa perché non ci riuscirai, quindi evita. Io non so se tu ti rendi conto di quello che hai fatto, da come ti stai comportando non mi sembra. Per quanto mi riguarda puoi pure lasciarmi adesso.
– Ma mi ascolti quando ti parlo? – chiese lui alzando la voce. – Quella casa è per noi, perché con te sto cercando di fare sul serio, ma mi stai rendendo il tutto molto difficile! – continuò e feci per rispondergli, però mi fermò. – No, ascoltami per una volta! Io sto cercando di essere un vero fidanzato con te, però tu non puoi seriamente guardare altri ragazzi quando stai con me!
Rimasi in silenzio un po’, gli dovetti dare ragione e mi sentii ancora più piccola. – Tu allora potresti evitare di fare commenti sulla ragazza di Luke – borbottai io.
Lui mi guardò per un po’ di tempo senza dire niente e poi sorrise dolcemente. – Adesso capisco. Sei gelosa – disse sorridendo sempre di più. – Principessa, Arzaylea potrà pure essere una bella ragazza, ma io la casa l’ho comprata per noi due, per stare più vicino a te. Non per stare con lei. E poi, diciamocelo, sei molto più femminile tu che lei.
Lo guardai e poi cercai di nascondere il sorriso coprendolo con la mano, Michael se ne accorse e ridendo mi abbracciò. Mi diede un bacio sulla fronte, mi strinse un po’ di più a lui e così mi lasciai andare ricambiando l’abbraccio. – Odio quando parli delle ragazze in quel modo – bofonchiai io. – Mi fai sentire come una bambina.
– Mi piaci anche perché sei bambina – ribatté lui baciandomi un’altra volta la fronte. – Non mi sono nemmeno accorto che ti eri innervosita per Arzaylea. È la ragazza di Luke, è offlimits per me e per tutti noi, ma non posso fare finta di non accorgermi del suo aspetto estetico. Sarei un falso se ti dicessi che da quando sto con te non vedo più nessuna ragazza, questo però non significa che riuscirei a farci qualcosa. So che non ti fidi molto di me e da una parte lo capisco, con te per molto tempo mi sono comportato come un cretino, ma adesso… non lo so, è diverso. Mi sento diverso. È come se il mondo fosse cambiato un po’ da quando… da quando ho iniziato a provare qualcosa per te.
Sorrisi e lo strinsi ancora di più. – Vieni, andiamo – mormorai io prendendolo per mano e portandolo verso le bancarelle. Gli strinsi la  mano pensando a quello che mi aveva appena detto: il suo mondo era cambiato a causa mia. Lui era cambiato. Mi ero accorta di questo suo cambiamento, era molto meno insensibile e immaturo. Era un ragazzo che credeva nella relazione che aveva con la sua ragazza, e quella ragazza ero proprio io. Sorrisi ancora di più guardandolo mentre si guardava intorno, un po’ impaurito che qualcuno riuscisse a riconoscerlo, e mi resi conto che ce l’avevo fatta: Michael era finalmente mio, esattamente come io ero sua.
Ci fermammo e comprammo dei cappelli per cercare di mascherare almeno i capelli di Michael, che erano veramente troppo rossi per passare inosservati, e per fargli compagnia me ne comprai uno anch’io. Michael mi fece comprare un cappellino nero con la scritta “Princess” ma mi rifiutai di metterlo, così si accontentò di vedermi con un normale cappellino nero, uguale al suo.
– Aspetta, aspetta! – esclamai io fermandolo ad una bancarella dove c’erano molte collanine. Lo guardai e gli sorrisi maliziosamente. – Chiudi gli occhi – dissi e lui prima alzò gli occhi al cielo e poi mi ascoltò. Guardai le varie collane da maschio con delle medagliette e trovai una con su scritto “he’s mine”, feci segno al signore e gli pagai subito quella collana. – Continua a tenerli chiusi – aggiunsi mettendomi proprio davanti a lui, mi alzai un po’ in punta di piedi e gli misi la collanina.
In quel momento aprì gli occhi e abbassò subito lo sguardo sulla medaglietta, la prese tra le mani e lesse la frase. Ridacchiò e mi lanciò un’occhiata. – Sono tuo, eh? – chiese.
– Esattamente come io sono tua – risposi io sorridendogli, imbarazzata.
Lo vidi sciogliersi come non aveva mai fatto, il suo viso si illuminò e il suo sorriso si estese fino a quando non poté sorridere di più. – Lo sei? – chiese ed io annuii, il suo viso diventò ancora più luminoso, mi afferrò la vita e mi baciò. In quel momento, tra le sue braccia, pensai veramente che fosse solo e soltanto mio. Il bacio era diverso da quelli che ci davamo di solito, quelli in cui ci dicevamo che tra noi c’era molta attrazione, questo bacio era diverso e le emozioni erano ancora più amplificate. Ecco, quel giorno pensai che lui si fosse finalmente innamorato di me, non me lo disse, eppure quel bacio è tutt’ora uno dei miei preferiti. Mi trasmise amore, rispetto, desiderio e sicurezza.
Quando mi distaccai un po’ da lui avevo il fiatone e il cuore a mille. – Michael.. – mormorai io, gli volevo dire che ce ne dovevamo andare, perché con la coda dell’occhio potevo benissimo vedere le persone che ci guardavano e che lo riconoscevano nel momento esatto in cui posavano lo sguardo su di lui; purtroppo però fui troppo lenta.
– Michael! – esclamò una delle tante ragazze che si stavano avvicinando. – Oddio, è proprio lui! – aggiunse poi stringendo la mano alla sua amica, dai capelli rossi come Michael. – Ciao – ci salutò con un’espressione che mi fece stringere il cuore: sembrava dolcissima.
– Ciao – disse Michael sorridendole calorosamente, non le salutai e mi limitai a sorriderle dolcemente. – Come state? – chiese e gli lasciai un attimo la mano per lasciarlo un po’ parlare con loro.
– Bene, e tu? – chiese un’altra ragazza sorridendogli con le lacrime agli occhi. – Piacere, io sono Christina – aggiunse porgendomi la mano.
– Amelia, piacere mio – ribattei sorridendo ancora di più, mi sentivo in imbarazzo, alcune ragazze mi guardavano incuriosite e altre invece sembravano pronte ad uccidermi. Presto però Michael riuscì ad attirare l’attenzione di tutte, facendomi sentire un po’ più a mio agio. Li ascoltai e lo guardai interagire con quelle che sembravano essere delle conoscenti, più che delle fan.
Rimanemmo per mezz’ora a parlare, o meglio io rimasi ad ascoltare e sorridere mentre Michael sembrava fare quello che più gli piaceva, oltre ad esibirsi: interagire con le fan. Ad un certo punto una ragazza un po’ più alta di me si mise proprio davanti a me e mi chiese: – Voi due state insieme? Ho visto alcune foto in cui stavate insieme, ma sono di mesi fa. Pensavo fossi stata solo una delle tante con cui è uscito una volta e basta.
– Mmh – bofonchiai guardandolo. – Siamo amici – aggiunsi dopo un po’ guardandola.
– Gli amici non si baciano nel modo in cui stavate facendo voi due – borbottò lei lanciandomi un’occhiataccia, arrossii immediatamente. – Non lo stai prendendo in giro, vero? Perché girano anche foto di te e Luke. Non starai mica creando un triangolo amoroso, vero?
– Cosa? No! – sbottai io, indignata. – Io e Luke siamo solo amici! – continuai dopo, lanciandole un’occhiataccia. Non so per quale motivo non volessi far sapere alla gente che io e Michael stavamo effettivamente insieme, testimone la casa che aveva comprato per noi due; forse volevo solo che fosse lui a dirlo a tutti, dal momento che era lui quello famoso. Odiavo tutto quell’attenzione che, da quando erano spuntate le mie prime foto con i ragazzi, stava diventando sempre più oppressiva.
– Tutto bene qua? – chiese Michael avvicinandosi a noi, sicuramente mi aveva sentita alzare la voce e si era un po’ preoccupato. Guardò prima la ragazza davanti a me e poi me. – Principessa, vorrei andare da qualche altra parte. Andiamo?
Diventai paonazza e guardai con la coda degli occhi la ragazza, la quale stava guardando Michael con gli occhi sgranati. – Oh, emh.. sì – bofonchiai io abbassando lo sguardo e andando da lui.
– Ragazze, è stato un piacere parlare con voi – disse quindi Michael sorridendo alle fan posando un braccio sulle mie spalle. – Ci vediamo presto, ok? – chiese poi prima di sorridere ancora di più e salutarle con la mano. Mi lasciò un bacio sulla tempia e mi chiese a bassa voce: – Tutto bene? Sembravi arrabbiata prima.
– Sì, tutto bene, è solo che… alcune persone pensano che io stia creando un triangolo amoroso tra te e Luke – borbottai io incrociando le braccia. – Tutto questo perché ci sono foto di me insieme a Luke, ma anche foto di noi due.
– Non ti preoccupare – rispose lui continuando a camminare. – Questi sono i giornalisti che, non sapendo cosa scrivere, si inventano cose stupide solo per fare scalpore. Prima o poi diventeremo così noiosi da non poter prendere nemmeno un quarto di una pagina di una rivista sconosciuta – aggiunse poi facendomi ridere, infondo però lo speravo.
Ci fermammo a guardare un ragazzo cantare “Thinking about you” dei Puddle of Mudd. Quest’ultimo era molto intonato, ma la voce non aveva niente a che fare con quella di Wes Scantlin. Diedi una gomitata a Michael per attirare la sua attenzione. – Quando sarò così tanto arrabbiata da non volerti più parlare o addirittura vedere, quando ti dirò che è finità… cantami questa canzone – dissi io sorridendogli maliziosamente.
– Potrei cantartela anche adesso – ribatté lui ridacchiando. Scossi la testa facendolo ridere ancora di più. – Va bene, allora.. ho un’altra canzone in testa. Non è esattamente romantica, ma.. un po’ ci rappresenta – aggiunse poi e, appena il ragazzo finì la canzone, salì sul piccolo palco improvvisato e prese il microfono. – Ciao a tutti, so che è schifosamente sdolcinato e, sì, anche un po’ inappropriato, però volevo cantare questa canzone alla mia ragazza, che è proprio là – annunciò indicandomi con il dito, diventai subito rossa in viso e cercai di diventare invisibile, senza però riuscirci. Tutti applaudirono, alcuni iniziarono a mormorare il nome del mio ragazzo, ma nel momento in cui la canzone iniziò tutti tacquero. Ci misi veramente pochissimo tempo a riconoscere la canzone: A love like war dei All Time Low. Era una canzone un po’ strana da dedicare, però era vero che un po’ ci rappresentava. E poi lui amava gli All Time Low. Durante tutta la canzone non fece altro che guardarmi negli occhi, era serio come non mai e le voci che continuavano a urlare il suo nome scomparvero per quei pochi minuti.
In the chill of your stare/ I am painfully lost / Like a deer in the lights / Of an oncoming bus – canto lui facendomi venire I brividi. Pensai: “sì! Non sono l’unica che quando lo guarda negli occhi non ci capisce più niente!”. – For the thrill of your touch / Iwill shamefully lust / As you tell me we’re nothing but trouble – continuò facendomi sorridere dall’imbarazzo. Iniziò con il ritornello, facendo uscire quella voce che a me faceva sempre venire la pelle d’oca. – We go together or we don’t go down at all – contò lui guardandomi, sorrisi e forse mi stavo commuovendo un po’. Non me la presi con lui per aver scelto quella canzone, noi non eravamo tipi da canzone sdolcinate, perché non eravamo esattamente una coppia sdolcinata, anzi a volte mi sembrava veramente di essere contro di lui e di dover vincere una battaglia. – Heart’s on fire tonight / Feel my bones ignite / Feels like war, war – continuò lui fino a sussurrare: – Is this the end of us / Or just the means to star again.
Tutti iniziarono ad urlare ed applaudire, io invece rimasi in silenzio a guardarlo con un sorriso che non riuscivo più a togliermi dalla faccia. Michael Clifford mi aveva dedicato una canzone, lo stesso Michael Clifford che mesi e mesi fa non faceva altro che prendermi in giro, lo stesso Michael Clifford che aveva scelto me e non Grace, lo stesso Michael Clifford che in quel momento mi stava guardando e sembrava starmi dicendo: sono qua e ti amo.
 
Tornai a casa da sola, dal momento che Michael decise di andare prima in albergo da Luke, il quale era arrivato da un paio d’ore. Mi disse di tornare a casa e che sarebbe tornato in serata, tutto d’un tratto sembrava stanco e diffidente, ma cercò di nasconderlo dandomi un innocente bacio sulla fronte prima di lasciarmi andare a casa. Rimasi in silenzio per gran parte del viaggio, e io di solito mi facevo grandi chiacchierate con la macchina. Quando entrai a casa, coccolai un po’ Cassian e lo portai a fare una piccola passeggiata. Preparai un po’ di pasta solo per me, visto che Michael mi mandò un messaggio dicendomi che sarebbe tornato più tardi, e cenai sul divano guardando una delle tante serie televisive che seguivo. Verso l’una di notte me ne andai in camera e feci salire sul letto Cassian. Di Michael non c’era ancora traccia e non mi aveva più scritto.
Lo sentii rincasare alle sei di mattina, feci finta di dormire e di non prendermela quando rimase a dormire sul divano e non salì su per dormire insieme a me. Non riuscivo a capirlo: il giorno prima avevamo fatto pace, mi aveva dedicato una canzone, mi aveva baciato di fronte a tutti e aveva fatto capire alle sue fan che stavamo insieme, e poi tornava il giorno dopo e nemmeno si metteva a dormire insieme a me. Mi sentii un po’ come quelle coppie dove il marito tornava tardi dopo una serata di sesso sfrenato con la sua amante e la moglie faceva finta di niente perché era troppo debole per lasciarlo una volta per tutte. 

Angolo Autrice:
E ce l'ho fatta! Sono riuscita a pubblicare il capitolo (di ben 9 pagine dove succedono veramente tante cose) e... sono ufficilamente una neopatentata! Ora devo solo recuperare due debiti! Ce la posso fare! Oh... e devo fare l'esame di stato.
Tornando al capitolo, sono successe un bel po' di cose, non credete? Da Chris alla bellissima giornata che hanno passato insieme Michael ed Amelia. Non so se vi ricordate nel prologo, quando Luke racconta di quando Michael era tornato da lui triste e si era tolto una collanina. Bé, questo è quello che è successo quel giorno; mi sembrava giusto raccontare almeno un po' quella giornata dal punto di vista di Amy. Luke quindi aveva ragione? "E forse è stato proprio in quel momento che ho capito che non ti stava usando, che non stava giocando con te. Non più almeno" le ha detto Luke, nel prologo. Voi che ne pensate?
Mi scuso per eventuali errori.
Un bacio e al prossimo capitolo. 




 

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Capitolo 33
*** Consumarsi ***


Capitolo 32
Consumarsi

Cercai di continuare a dormire, non stavo sognando ma qualsiasi cosa stesse succedendo al di fuori della mia mente non mi interessava… Poi pensai all’università. Sgranai gli occhi e mi alzai in un secondo dal letto con un balzo, guardai l’ora e mi sentii meglio quando mi accorsi che, non solo avevo messo la sveglia, ma che ero in anticipo di un’ora. Mi feci una doccia di un’ora, mi legai i capelli, infilai i primi jeans che vidi e feci lo stesso con il maglione. Scesi giù per andare a prendere gli stivaletti, me li misi e presi un muffin al cioccolato e andai verso la porta. Mi fermai di scatto vedendo non solo Michael, ma anche Luke sul divano. Aggrottai la fronte con il cuore a mille e li studiai come se fossero un nuovo argomento riguardante la microeconomia che non riuscivo proprio a capire. Entrambi erano seduti e solo a guardarli mi veniva il torcicollo anche a me, nessuno dei due aveva una faccia rilassata, anzi sembravano entrambi sofferenti e gli occhi continuavano a muoversi sotto le palpebre. Mi chiesi cosa ci facesse qua Luke e purtroppo la prima cosa che mi venne in mente e che sperai fu: si vuole scusare. Eppure non avevo tempo di fare altro, se non di entrare dentro la macchina e andare a lezione.
Le ore di lezioni sembravano non finire più, sembravano piccoli secondi che si trasformavano in ore solo perché lo potevano fare, fino a quando anche l’ultima lezione non finì e corsi fuori dalla classe. Non ci misi molto a riconoscere quella bellissima ragazza che sembrava aspettare proprio davanti la mia macchina. – Buongiorno, oggi sei più bella del solito. Hai fatto qualcosa ai capelli? – chiesi io sorridendole.
– Fanculo i capelli – sbottò lei girandosi verso di me.
– Appunto – bofonchiai trattenendo una risata. Era arrabbiata un po’ con il mondo, me l’aveva accennato sta mattina tramite un messaggio che diceva: “Ieri sera non mi sono lavata i capelli”. E, fidatevi, lei si lava sempre i capelli. – Non sono sporchi, sul serio.
– I tuoi sono particolarmente secchi, ma lasciamo stare – borbottò lei. – Quel coglione di Calum non mi risponde al telefono. Ieri abbiamo litigato a causa del vostro amichetto di nome Chris e ora si rifiuta di rispondermi. Giuro che se continuiamo così vado da lui solo per castrarlo e mi metto con quel tipo – aggiunse poi indicando un ragazzo alle mie spalle e, quando mi girai, lo vidi ammiccare verso la mia migliore amica. Mi rigirai subito con il viso in fiamme: era veramente un bel ragazzo. – Comunque, sta sera vengo da te se non è un problema. Io e le ragazze abbiamo bisogno di drink gratis. – Feci per dirle che non potevo decidere io, quando mi fermò: – Scherzo. Pagheremo i nostri drink e daremo una bella mancia a una barista molto sexy. Hai intenzione di mettere l’ultimo indumento che ti ha prestato quella tua amica? – chiese poi riferendosi a Elena. Cercava di non farlo vedere, ma era gelosa dell’amicizia che c’era tra me e quella ragazza.
– Oh, credo di sì – risposi facendo spallucce. – Bryan mi ha chiesto di vestirmi più spesso così e, dal momento che è il mio datore di lavoro e me l’ha chiesto in modo molto carino, ho deciso di dargli ascolto. – Da sempre avevo avuto paura di un datore di lavoro che ci provava con tutte e che poi ti licenziava pure perché un giorno ti eri presentata in jeans, eppure Bryan era un uomo sulla quarantina molto alla mano, che cercava sempre di mettermi a mio agio. Ero stata molto fortunata. – Che vuoi fare con Calum?
– Se entro questa sera non mi risponderà potrà anche reputarsi single – ringhiò lei prima di baciarmi sulla guancia e andarsene. – Ci vediamo dopo, bellezza – mi salutò alzando la mano senza però girarsi. – Non vedo l’ora di rivederti con quella camicia.
Ridacchiai e la salutai prima di entrare in macchina e andare a mangiarmi un pezzo di pizza.
 
Se c’era una cosa che ero riuscita ad imparare in quei mesi dove ero fidanzata ma mi ritrovavo quasi sempre sola, era riuscire ad andare in giro da sola senza preoccuparmi degli altri. Ero sempre stata bene da sola, eppure quando giravo quasi esigevo una persona accanto a me, e questa mia brutta abitudine da quando avevo iniziato l’università e mi ero trasferita in un’altra casa era praticamente scomparsa. Quindi ormai mi veniva spontaneo girare per le stradine e mangiare qualcosa di buono e dolce, subito dopo aver finito il mio pranzo. Ogni tanto mi portavo anche Cassian, ma era un viaggio un po’ pesante e non c’erano prati dove poterlo lasciarlo libero, ragion per cui lo portavo raramente.
Michael mi aveva mandato un messaggio chiedendomi se avevo intenzione di tornare per pranzo, purtroppo però non riuscì a rispondere: avevo tutte e due le mani occupate a tenere ferma la pizza che mi stava pregando di mangiarla e farla finita. Ovviamente ascoltai la pizza.
Entrai nel locale dove lavoravo con un po’ di fiatone. – Eccomi! – esclamai mettendomi apposto la camicia-vestito che mi ero messa in macchina. – Mi sono persa qualcosa? – chiesi andando ad aiutare Elena ad abbassare le sedia sopra i tavoli.
– Solo Isaiah che flirtava con una ragazza – rispose Elena facendo un respiro profondo. – Cosa devo fare con te, Isasiah?
– Oh, lasciami stare, Elena! – esclamò Isaiah passandomi accanto, ovviamente però mi sorrise e mi fece l’occhiolino prima di andare nello stanzino dove tenevamo alcune bottiglie in più di alcolici. – Quella povera ragazza voleva solo delle informazioni. L’hai fatta scappare con la coda in mezzo alle gambe.
– Che posso dirti.. ho sempre avuto una cotta per te e sono gelosa di vedere quante ragazze ti girano intorno. Soprattutto quando ci provano davanti a me. Voglio dire, non si vede che siamo innamorati l’uno dell’altra? – disse Elena alzando un po’ la voce. – Dimmi, piccola Amelia, non si vede?
– Oh, si vede eccome! – ribattei io ridacchiando.
– E comunque, sono più bella io di quella – continuò Elena dando una pacca sul sedere di Isaiah quando gli passò accanto. – Sembrava pure un po’ piccolina per te.
– Dieci dollari che ha più di venticinque anni – propose Isaiah andando davanti a lei con le gambe divaricate e le mani posate sui fianchi, esattamente come un uomo che sapeva di essere bello ed impossibile. Molte ragazze entravano da noi solo per fissarlo e chiedergli il numero, eppure Isaiah non era il tipo che andava a letto con tutte. Erano state poche le volte che mi aveva parlato di lui, ma quelle poche volte ce l’ho tutt’ora impresse a fuoco nella mente. Aveva avuto solo due relazioni importanti: la prima era durata tutto il liceo e i primi due anni dopo il liceo, poi però la ragazza era dovuta partire per lavoro e la storia, che si era trasformata in una relazione a distanza, era durata poco più di sei mesi; la seconda ed ultima era durata cinque anni ed era stato lui a lasciarla, dal momento che l’aveva trovata a letto con un altro. Doveva essere successo qualcosa di brutto, perché ogni volta che qualcuno dentro il locale dava segno di voler iniziare una rissa gli urlava di uscire e non farsi più vedere, poi borbottava: – Non ho intenzione di rovinarmi un’altra volta per queste stronzate. – Il ché mi faceva pensare che forse aveva fatto veramente tanto male a quell’uomo che si portava a letto la sua ragazza. Inoltre, aveva una frase tatuata sul braccio che diceva: “Stiamo effettivamente distruggendo noi stessi per mezzo di una violenza mascherata da amore”. Ogni tanto, quando mi sentiva parlare di Michael, mi diceva: – Ragazza, ricordati: meno ti innamori e meglio è. – E la maggior parte delle volte Elena gli rispondeva dicendogli: – Isaiah, questa storia del bello e dannato, che è stato ferito e per questo non si vuole più innamorare, non ti si addice per niente. – E ogni volta Isaiah rispondeva con un alzata di spalle, facendoci capire che non gli importava.
– Affare fatto! – esclamò subito Elena stringendogli la mano e facendomi subito tornare alla realtà. – Bella Addormentata, sono andata vedere un po’ questo Michael Clifford – iniziò Elena venendo insieme a me dietro al bancone, mi sorrise maliziosamente mentre Isaiah apriva il locale. – E indovina? Sei spuntata anche tu. Ci sono delle foto di ieri che vi divorate a vicenda.
– Oh, mamma – mormorai io avvampando. – Almeno spero di fare un po’ di pubblicità al locale.
– L’hai fatto. Sono già passate circa venti ragazze per chiederci se lavoravi qua e noi abbiamo risposto di sì a tutte e venti – ammiccò Isaiah guardandomi. – Quel tipo non mi convince, ma un po’ di pubblicità è sempre ben accetta.
Chiacchierammo per gran parte del tempo mentre servivamo tavoli pieni di ragazzi, che chiedevano di Michael e altri che chiedevano semplicemente una doppia porzione di patatine fritte. Molte ragazze mi guardarono come se fossi una specie di pornostar solo perché indossavo una camicia che quasi mi arrivava alle ginocchia.
Quando finalmente si fece sera arrivarono Jennifer, Cher e stranamente si fece vedere anche Grace, anche se non sembrava molto felice di esserci. Poche ore prima ero riuscita a mandare un messaggio a Calum dicendogli che avrebbe fatto bene a rispondere alle chiamate di Jennifer, se non avesse voluto tornare single e con un paio di nuove corna che spuntavano da quella bellissima massa di capelli neri. Lui aveva risposto mandandomi un semplice cuore e così capii che mi aveva creduto. Infatti, Jennifer sembrava essere di nuovo di buon umore e disse di voler offrire a tutte le sue amiche un drink, e anche a Isaiah, perché rimaneva uno dei ragazzi più belli che avesse mai visto. Quest’ultimo ridacchiò, la ringraziò e rifiutò, dal momento che stava lavorando. Con mia sorpresa, poco più di un’ora dopo arrivarono anche Luke e Michael. Entrambi però non sembravano esattamente dell’umore di festeggiare. Mi sentii male per Grace, la quale, appena vide quella testa rossa entrare nel locale, si girò e chiuse gli occhi, distrutta. Chiese un altro drink a Isaiah, che mi guardò per avere una conferma, e poi glie lo diede quando mi vide annuire. Un po’ mi sentivo in colpa per quello che stava provando.
– Posso offrirvi qualcosa? – chiese Elena, in imbarazzo, quando le feci segno di chiedere al mio posto.
Michael mi lanciò un’occhiata che feci finta non cogliere e mi sporsi per prendere la birra finita di un uomo sulla cinquantina, il quale mi squadrò da capo e piedi. Arrossii un po’ e gli lanciai un’occhiataccia, abbassai un po’ l’orlo della camicia e andai verso Isaiah. – Mi scusi – intervenne subito. – Questa ragazza non ha nemmeno ventidue anni, è a conoscenza di questo? – chiese guardando duramente l’uomo.
– Lascia stare, Isaiah – bofonchiai io posandogli una mano sulla spalla.
L’uomo disse qualcosa che non sentii: purtroppo quando mi imbarazzavo non sentivo quello che succedeva intorno a me. Isaiah si irrigidì subito e con la coda dell’occhio vidi Michael stringere i pugni e fare per alzarsi, Luke però riuscì a fermarlo. Guardai il mio collega con aria interrogativa, eppure lui non mi guardò nemmeno e si avvicinò un po’ all’uomo. – Chiariamo una cosa: qua sono io a decidere chi entra e chi esce. E tu stai per uscire. Non farmi arrabbiare, perché a quel punto non so cosa potrei farti.
– Calma, Hulk – esclamò Elena dandogli una pacca sul didietro. Isaiah sussultò e le lanciò un’occhiataccia. – Sono sicura che Mister Cinquantenne qua presente non voleva mettere a disagio la nostra cara collega. E ora, mi dica: vuole uscire e non tornare più qua dentro, o un’altra birra?
– Birra – bofonchiò l’uomo mentre l’amico accanto a lui ridacchiava.
– Perfetto – rispose Elena sorridendogli, mi guardò per pochi secondi e poi scomparve da qualche parte.
L’aria si era fatta tutto d’un tratto un po’ cupa e assolutamente imbarazzante. Isaiah cercava di farmi rilassare, ma mi risultava molto difficile farlo quando c’era un certo Michael Gordon Clifford che mi guardava come se fossi da uccidere. Ben presto però non potei più pensare a Michael, o Luke, o addirittura a Grace, perché avevamo così tanti clienti da non poterci fermare nemmeno per un secondo.
Quando staccai, alle due di notte, tutti erano ancora là e sembravano solo più stanchi e arrabbiati. Le poche volte che mi ero potuta anche solo affacciare per vedere se i miei amici e il mio ragazzo si stavano divertendo, mi sembravano abbastanza felici e spensierati; quindi non riuscivo a capire quella loro aria cupa. Andammo nell’unico bar ancora aperto e tutti si presero qualcosa da bere, io invece mi presi un po’ di patatine fritte.
– Ti succede spesso che un vecchio ci provi con te? – chiese Jennifer con l’aria contrariata. – Giuro che stavo per alzarmi da quella sedia e dargli tante di quelle botte da farlo diventare impotente.
– No, in realtà no. Ho notato che mi succede solo quando c’è in giro Michael – scherzai io guardandolo per pochi secondi, quando però capii che non aveva intenzione di ricambiare allora passai a Jennifer, la quale fece spallucce. Era vero, non mi succedeva spesso, anche perché di solito mi mettevo veramente un paio di jeans, una camicia e mi allacciavo addirittura i capelli. Quindi non ero esattamente la ragazza più sexy del mondo, quella di solito era Elena. Però quest’ultima era completamente diversa da me: aveva un fisico da urlo e sapeva come usarlo a suo vantaggio, era più donna di me e molto più espansiva. In realtà, io non stavo nemmeno tanto bene con tutte quelle persone intorno a me. E allora cosa ci faceva una persona del genere a lavorare in un bar del genere?, vi starete chiedendo voi. Bé, era un mio sogno da quando avevo circa quattordici anni. Mi era andata anche piuttosto bene, direi.
– Scusate, ma io non ce la faccio – annunciò Grace alzandosi. Fece un respiro profondo e mi guardò negli occhi, sentii il mio cuore farsi più pesante quando mi resi conto che aveva la lacrime agli occhi. – Sapete, sono venuta qua perché pensavo veramente che vi meritaste a vicenda. – Ridacchiò, ma non sembrava molto felice. – Insomma.. chi compra una casa per andare a vivere con una persona se poi alla fine non la ama? – chiede lei alzando le mani al cielo. – Eppure, da quando sono qua con voi, non avete fatto altro che fare finta di non conoscervi. Non sembrate innamorati, sembrate semplicemente stupidi e immaturi.
– Grace – la chiamò Michael alzandosi dalla sedia, cercò di prenderle la mano ma non glie lo permise. Il mio cuore invece sembrava pronto a scoppiare per quanto andava veloce. La stava prendendo per mano? Davvero?!
– No! – esclamò lei allontanandosi da lui abbassando lo sguardo. – No, Michael, non provare a prendermi la mano, perché sappiamo entrambi che non è il caso! – Ormai stava piangendo e guardava prima me e poi Michael. – La verità è che è vero, vi meritate a vicenda, perché entrambi alla fine non sapete cosa farne di voi due. Il ché è divertente, non credete? Dopotutto non eri proprio tu, Amelia, a volere una relazione stabile e duratura? Bé, non è esattamente questo il modo giusto per averla – disse guardandomi. Le poche persone che erano presenti nel bar ci guardavano, rapite. – E tu, Michael, mi sembri tanto un leone imprigionato in una prigione.
Trattenni il respiro e guardai Michael con gli occhi sbarrati, ma lui non si accorse nemmeno di me: aveva lo sguardo fisso su Grace. Jennifer si alzò e cercò di tranquillizzare l’amica, però scansò anche lei. – Grace, per favore, so che per te è difficile.. ma non è questo il modo..
– E qual è, Jennifer? – urlò lei. – Guardali, cazzo! – tuonò indicando prima me e poi Michael. – Mi fate arrabbiare! Vi odio, cazzo! State sprecando un’opportunità per cosa? Tu, stupida che non sei altro, vai in un bar e permetti a vecchi di guardarti come se fossi un bocconcino! E tu – ringhiò guardando Michael – glie lo lasci fare, forse perché in fin dei conti non t’importa granché di lei.
– Grace, vieni – sussurrò Michael posandole una mano sulla schiena per farla uscire. Non mi guardò nemmeno, uscì con la sua ex-quello-che-era e parlò con lei a pochi centimetri di distanza. A quel punto non potei far altro che distogliere lo sguardo, mentre la mia gamba non la smetteva di tremare. Cher mi guardava, sapeva che sarei potuta scoppiare da un momento all’altro, ma per rispetto nei confronti di tutte quelle persone – Grace compresa – non feci niente. Non dissi niente, non mi arrabbiai con nessuno, non guardai nessuno. Mi chiusi in me stessa e feci finta di non ascoltare, di non guardarli mentre si abbracciavano e lei sbottava a piangere tra le sue braccia.
Rimasero fuori per quasi un’ora e durante l’intera ora nessuno disse praticamente niente per paura di essere fuori luogo. Quando poi tornarono mi sentii un po’ l’amante della situazione, e questo mi fece arrabbiare come non mai, dal momento che ero io quella con cui condivideva una casa. Eppure cercammo di non guardarci negli occhi per il resto della serata, più passava il tempo e più mi innervosivo. Ad un certo punto ero come una bomba ad orologeria e l’unica che se ne accorse fu Jennifer, la quale disse che era meglio tornare a casa. Luke tornò a casa con noi, ma rimase sempre in silenzio. Sembrava un po’ un fantasma che perseguitava Michael, perché non disse niente tutta la sera ma rimase là, in silenzio e con lo sguardo indagatore.
Entrammo tutti e tre dentro la casa, salii le scale facendo finta di non sentire Michael sbuffare e mi chiusi dentro la camera. Presi alcuni respiri profondi e mi guardai allo specchio: avevo l’aria di una che era stata per tre giorni di fila a lavoro senza mai dormire. Scossi la testa, non sarebbe dovuta andare così. Avere quel tipo di relazione, avere una relazione in generale, non sarebbe dovuta essere così frustrante. Chiusi gli occhi, non sapevo bene cosa fare, non sapevo cosa fosse giusto e cosa sbagliato. Non sapevo più prendere una decisione obiettiva. Scossi la testa e presi un paio di vestiti dall’armadio, li misi nella borsa e andai a prende le cose per il bagno.
In quel preciso momento qualcuno bussò alla porta, quando non aspettò nemmeno il mio consenso capii che si trattava di Michael. – Possiamo parlare? – chiese incrociando le braccia, poi si accorse della borsa e aggrottò la fronte. – Sai, sono state più le volte che ho dormito da solo che con te, in questa casa.
Scossi la testa, voleva essere ironico in un momento dove non si poteva essere ironici. – Mi dispiace – mormorai io con le lacrime agli occhi. – Dovresti vendere la casa.
Il suo sorriso scomparse. – Cosa? – chiese, rimasi in silenzio sapendo che aveva sentito. – Non capisco perché. Ieri abbiamo chiarito, è già spuntato un altro problema?
– Grace ha ragione – risposi io. – Non siamo fatti per stare insieme. Io… tu… Non ce la faccio, scusami – balbettai io prendendo altre cose dal bagno. – Ci siamo fatti prendere dalla storia, ma non abbiamo pensato alle conseguenze. Non possiamo stare insieme, siamo troppo diversi e una relazione non dovrebbe essere così brutta. Litighiamo sempre quando stiamo insieme, una relazione non dovrebbe essere così. Se vuoi ti lascio un po’ di soldi in salone per le varie cose da pagare..
– Io non voglio i tuoi soldi – ringhiò lui. Mi fermai a guardarlo e trattenni lo sguardo quando lo vidi fulminarmi con gli occhi, sembrava odiarmi. – Molla il bar.
– Cosa? – chiesi io, confusa.
– Molla il lavoro – ribatté lui. Scossi la testa, non capendo. – Dai, Amelia! Hai bisogno di soldi? Fantastico, io ne ho a volontà! Non hai bisogno di un lavoro, non ne hai realmente bisogno. I tuoi sono a corto di soldi? Non c’è veramente problema, ci sono i miei. Ma tu devi mollare quel lavoro di merda che ti ritrovi.
– Ma cosa… cosa c’entra con quello che ti sto dicendo? – chiesi io. – Quello che stai dicendo non ha senso. Mi stai facendo confondere apposta?
Roteò gli occhi, spazientito. – Molla il lavoro. Davvero, i soldi non sono un problema – continuò lui.
– Michael Gordon… – iniziai io, arrabbiata.
– Molla! – urlò lui, andò verso l’armadio, aprì un cassetto e prese molti, ma molti soldi e me li porse. – Tieni, questi sono tuoi. Sono tuoi, ma tu devi mollare il lavoro – continuò e per la prima volta pensai che fosse matto. – Prendili! – tuonò facendomi sussultare, quando capì che non li avrei mai presi mi afferrò la mano e me li mise sopra. – Questi sono tuoi. Ora molla quella merda e rimani con me. Non c’è problema, sul serio, quello che è successo fino ad adesso possiamo cancellarlo. Posso fare finta di non ricordarmi quello che è successo con quel vecchio, posso farlo, ma tu devi prendere questi soldi e mollare quella merda.
Fu più forte di me: lasciai i soldi cadere a terra, presi la borsa e feci per andarmene via. Mi sentivo profondamente umiliata. Pensava che dandomi i soldi sarei rimasta insieme a lui? Non stavo capendo, mi sentivo completamente confusa, come sotto effetto dell’alcool. Mi afferrò il polso e mi fece girare con la forza. – Non farlo, Michael Gordon! – tuonai io spingendolo. – Non provare a trattenermi contro la mia volontà, perché a quel punto ti faccio seriamente male.
– Cos’altro vuoi?! – urlò lui alzando le mani al cielo. – Dio, Amelia! Mi stai consumando, non lo vedi? Io ci sto provando ad essere migliore, ci sto provando, ma il tuo continuo giudicare mi sta consumando. Tu mi stai consumando! Ogni giorno mi sveglio con la paura di aver fatto qualcosa di male durante il sonno!  Ho paura di fare qualsiasi cosa, ho paura di parlare, ho paura di respirare, ho paura di muovermi, ho paura di guardare troppo, ho paura di… Ho paura di vivere!
Feci un passo indietro, distrutta.
– Io ci sto provando, ma a te non va bene niente! Continui a scappare da me, eppure io ci sto provando! Ti sto dando tutto me stesso, eppure a te non basta – continuò guardandomi e tutto il dolore che stava descrivendo a parole si presentò sul suo viso.
– Michael – dissi piangendo. Iniziai a singhiozzare, misi una mano davanti la bocca per attutire il suono e lo guardai. Aveva lo sguardo rivolto verso il pavimento e le spalle ricurve. – Mi dispiace – sussurrai guardandolo. – Ti sto facendo del male e non te lo meriti. Mi dispiace – aggiunsi continuando a piangere.
– Ti prego – mormorò lui alzando il viso per guardarmi. – Vattene e non tornare. – Scosse la testa guardandomi. – Non devi tornare, capito? Non puoi. Non te lo permetterò. Non tornare – continuò scuotendo la testa. – Non guardarmi in quel modo! – tuonò prendendo la mia borsa e buttandola a terra. – Non hai il diritto di guardarmi in quel modo! Non hai il diritto di guardarmi come se ti stessi facendo del male!
Chiusi gli occhi e abbassai il viso per non guardarlo. – Michael, lo sai anche tu che non possiamo stare insieme. Me l’hai appena detto. Da quando stai con me hai paura di tutto – mormorai con gli occhi chiusi.
– Non provare ad usarlo contro di me! – tuonò lui.
– Non lo sto facendo – esclamai io. – L’hai detto, Michael! Hai detto che a causa mia, tu hai paura di vivere! – urlai io con le lacrime agli occhi. – Tu lo sai cosa provo. Tu lo sai. Ma guarda me e poi guarda te – dissi guardandolo negli occhi. – Ti sembra un qualcosa che può funzionare? Per quanto, Mike? Per quanto tempo hai intenzione di avere così paura? Un mese? Una settimana? Un’ora? Non hai paura solo te, Michael!
– Cosa provi per me? – chiese lui a bassa voce.
Scossi la testa. – Non farmelo dire, ti prego. Peggioreremmo solo le cose.
– Dimmelo.
Lo guardai per pochi minuti negli occhi, stavo piangendo ormai e non avevo intenzione di smettere. Perché? Perché dovevo dirgli una cosa del genere? Lo sapeva, lo sapevano tutti, eppure voleva che lo dicessi. A quale pro? Non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione. – Io.. – Chiusi gli occhi, feci un respiro profondo e lo guardai. – Io ti amo – dissi guardandolo. – Ma sai qual è la cosa più bella? Che non ho mai amato nessuno come amo te. No, non è vero, non ho amato nessuno oltre a te! E il destino fa schifo. Sì, fa proprio schifo. O forse è il karma, puoi chiamarlo come ti pare. Il fine tanto è sempre lo stesso, no? Io amo te, amo tutte le cose che ti fanno ribrezzo di te stesso, amo persino quando ti lecchi le dita dopo aver mangiato le patatine, il ché dovrebbe fare veramente schifo! Eppure io amo tutto quello che fai, amo il tuo carattere, amo il tuo aspetto fisico, amo tutto di te.. semplicemente perché amo te. Eppure non riesco a stare insieme a te senza odiarti, perché stare insieme a te significa uccidermi lentamente. Mi attacco ad ogni singola cosa, ci rimango male per tutto, e solo perché ti amo così tanto.. che non riesco a fare niente. Non riesco più a fare niente.
Michael mi guardò per un po’ negli occhi con la fronte aggrottata, poi girò la testa e si mise a fissare l’armadio. – Vattene.
– Mike? – chiesi, ma non mi guardò. Avevo bisogno di sentire che non ero l’unica, che anche lui mi amava. Avevo sempre avuto paura di dire delle parole così forti, eppure per lui avevo messo da parte tutto e l’avevo dette. Per lui. Tutto per lui. – Michael – riprovai, inutilmente. Trattenni il respiro e feci un passo indietro, ferita. Chiusi per la milionesima volta gli occhi e feci un respiro profondo. – Avrei dovuto aspettarmelo. È sempre stato così, non è vero? – chiesi guardandolo. – Sono sempre stata io quella che provava qualcosa per te. Mai tu – ringhiai e mi avvicinai solo per spingerlo. – Tu consumi me! – urlai. – Tu uccidi me! Mi hai talmente consumata che non riesco nemmeno a pensare! Non mi hai semplicemente consumato il cuore, non me l’hai semplicemente bruciato e distrutto e calpestato.. No, tu mi hai consumato anche il mio cervello! – Scossi la testa, quasi febbrile. – Non ti bastava il cuore. Non ti basta mai, a te. Io potevo vivere senza il cuore, potevo farlo, sul serio; ma non posso vivere senza un cervello funzionante! Ho bisogno di lui! Ho bisogno di lui per dirti basta, per dirti che mi hai rovinata, per dirti che non hai fatto altro che portare scompiglio nella mia vita. Ma tu mi hai consumato anche quello. E tu nemmeno mi ami, quindi non provare a dire che ti consumo, perché l’unica consumata da questo sentimento sono io. – Lo guardai, schifata. – Tu sei niente.
E lui non fece niente. Rimase semplicemente in silenzio a guardare quel maledetto armadio.
Così me ne andai, scesi giù e ci trovai Luke. – No, no, no. Amelia – disse lui così velocemente che quasi non lo capii. Si mise davanti a me e posò le sue grosse mani sulle mie minuscole spalle. – Non puoi guidare, non in questo stato. È un coglione, lo è sempre stato, ma non è cattivo. Senti.. fatti accompagnare da Lydia, ok? Sono sicuro che le andrà bene.
Non mi ricordo cosa successe dopo, ricordo solo di essermi ritrovata in macchina, senza musica e con Luke alla guida. Ogni tanto mi guardava, preoccupato, ma solo dopo un po’ mi parlò. – Non siamo ancora riusciti a chiarire, noi due. Volevo aspettare il momento ideale, ma a quanto pare con te e Michael non ci possono essere momenti ideali – borbottò lanciandomi ogni tanto un’occhiata. – Mi dispiace per quello che ho fatto, ma non è questo che voglio dirti adesso. So che adesso non ti fidi di me, ma domani verrò a vedere come stai e starò con te, anche se non lo vorrai. Ti devo dare molte spiegazioni, lo so, ma ora non è il momento adatto.
Continuò a parlare per un po’, smise quando capì che non lo stavo più ascoltando. Bussammo più volte alla porta di Lydia e quando aprì la porta la sua maschera da ragazza arrabbiata scomparve. – Che cos’è successo? – chiese.
– Si sono lasciati – rispose Luke. – Non so se definitivamente, ma è stata una brutta lite. Può rimanere qua per sta sera?
Lydia mi guardò per un po’, poi aggiunse: – Può rimanere qua per sempre.

 

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Capitolo 34
*** Cosa stiamo facendo? ***


Capitolo 33
Cosa stiamo facendo?
 
Guardai l’ora e mi resi conto che era ora di andare. Feci segno ad Elena che me ne andavo e lei annuì aggiungendo qualcosa che non capii, le sorrisi e la salutai in fretta. Avevo un paio di jeans  nella borsa ma lasciai stare, dopotutto dovevo solo prendere le ultime cose da casa di Michael. Luke mi aveva confermato tutto: Michael era partito poche ore prima e la casa era ormai in vendita. La maggior parte delle cose me l’aveva portate Luke a casa di Lydia, nella quale ormai ero la benvenuta, avevo capito però che il primo passo per andare avanti era quello di guardare il passato per l’ultima volta.
Mi parcheggiai proprio davanti la casa di Michael, presi le chiavi e aprii la porta. Era tutto buio, il mio cuore fece un balzo e dovetti chiudere gli occhi per un po’. Erano passate circa due settimane da quando ero uscita l’ultima volta da quella casa e il dolore che provavo nel petto ogni giorno non faceva altro che aumentare. Non era una cosa che passava e tornava, era una cosa che non era mai svanita, quel dolore fisico non mi aveva mai lasciata. Entrare dentro quella casa mi fece sentire come se quel dolore fosse stato alleviato solo per dare il benvenuto ad un altro male, che però non riuscivo a decifrare. Entrare là dentro mi faceva venire le scariche di adrenalina, mi faceva sentire viva, ma mi faceva ancora più male. Non ero masochista, ero umana: entrare là dentro era come sapere di dover prendere una delle due parti durante una guerra, ma non sapere bene quale delle due.
Posai le chiavi e la borsa a terra procurando più rumore del previsto, accesi la luce e mi ritrovai davanti uno scenario un po’ strano. La casa non era affatto in ordine, alcune cose sembravano essere rotte, alcuni vasi erano stati distrutti e poi riattaccati con la colla, sul tavolino c’erano vari piatti sporchi, bottiglie di vino e di birra, addirittura fazzoletti usati. Quella non poteva essere una casa in vendita, e quando ci pensai mi accorsi che non c’era nemmeno il cartello con su scritto “CASA IN VENDITA”. Trattenni il respiro e cercai di concentrarmi, mi avvicinai alle scale e vidi una strana luce provenire da sopra. Non ci pensai più di tanto, semplicemente corsi verso la porta e l’aprii, quando stavo per uscire però presi un respiro profondo e la chiusi. Non potevo essere così stupida, Luke mi aveva detto che era partito, forse era proprio il mio migliore amico. O forse avevano lasciato la televisione accesa e basta. Salii le scale senza fare rumore e andai in camera, appena aprii la porta socchiusa feci uno strano verso.
Sul letto c’era un ragazzo dai capelli rossi.
- No – mormorai con le lacrime agli occhi indietreggiando un po’. – No, no, no – esclamai sentendo Michael che si svegliava. – Cazzo! – urlai quando lo vidi posare lo sguardo su di me battendo i piedi a terra come una bambina.
– Emory? – bofonchiò lui girandosi dall’altra parte, per poi ricominciare a dormire. Spalancai la bocca sentendolo chiamarmi con il mio secondo nome, non pensavo si ricordasse ancora quella nostra conversazione.  Lo vidi irrigidirsi e immaginai i suoi occhi spalancarsi. – Amelia – mi chiamò alzandosi di scatto dal letto, tutto d’un tratto aveva iniziato a respirare velocemente. – Che ci fai qua?
– Luke mi aveva detto che eri partito – borbottai stringendo la maniglia della porta.
Michael prese il suo cellulare per vedere l’ora. – Ah – disse. – Ho perso l’aereo tipo due ore fa – aggiunse guardandomi, un po’ smarrito. – Mi devo essere addormentato – continuò guardando il letto. – Ti serviva qualcosa? Voglio dire, perché sei qua? Mi fa piacere verderti.. perché sei più bella del solito. – Scosse la testa, confuso. – No, non volevo dire “più bella del solito”, volevo solo dire che ti trovo bene – concluse facendo un lungo respiro, come se avesse corso per ore.
Avrei dovuto sentirmi bella e lusingata, invece mi sentivo solo ancora più distrutta. – Sono venuta a prendere solo le ultime cose – borbottai andando verso l’armadio. Non le aveva spostate, erano ancora tutte là, come l’ultima volta. Presi i vestiti attaccati alle stampelle e il resto nei vari cassetti e me li misi dentro la bors… Sbuffai ricordandomi di averla lasciata di sotto.
– Qualche problema? – chiese Michael avvicinandosi a me, sentii i suoi passi sempre più vicini. Sentii le mie gambe tremare al solo pensiero di vederlo così vicino, mi girai e lui era là: bello e assolutamente distrutto. Aveva più di un accenno di barbetta, i capelli sembravano sporchi e i vestiti erano tutti stropicciati, eppure era sempre e comunque il ragazzo più bello che io avessi mai visto. E lo amavo. Ma lui non amava me. Avevo bisogno di lui, ma lui non aveva bisogno di me. Avevo bisogno che lui avesse bisogno di me tanto quanto io avevo bisogno di lui.
– Ho dimenticato la mia borsa di sotto – brontolai andando verso la porta di fretta. Avevo bisogno di andarmene, il suo modo di guardarmi mi faceva pensare che forse anche lui aveva bisogno di me. Ma non era solo un fatto di bisogno, era un fatto di orgoglio: io gli avevo detto che lo amavo, gli avevo aperto il mio cuore e gli avevo detto tutto quello che pensavo; lui era rimasto in silenzio e mi aveva fatto andare via.. di nuovo.
Andai di sotto in fretta, presi la borsa con le mani tremanti e ritornai un po’ più lentamente, presi quello che dovevo prendere e mi girai di nuovo verso di lui. Mi stava fissando, continuava a guardarmi dall’alto al basso con adorazione mista a quella che mi sembrava disperazione. – Hai preso tutto? – chiese guardandomi negli occhi, abbassai subito lo sguardo, era troppo addirittura per me. – Ok. Emh.. scusami se hai trovato tutto questo casino, non sapevo che dovessi venire, pensavo che Luke avrebbe preso il resto delle tue cose, come aveva fatto con quelle precedenti.
– Già – mormorai. – Buon viaggio – aggiunsi stringendo la borsa, avanzai verso la porta, ma mi dovetti fermare quando mi si posizionò davanti. – Michael – lo avvertii io. – Devo andare e tu devi rimettere in sesto tutto.
– Sei andata a lavoro? È per questo che sei vestita in questo modo? – chiese lui con una voce flebile, non sembrava nemmeno la sua. Era debole, lo era e lo ero anch’io. Ero debole quando si trattava di lui, lo ero sempre stata e molto probabilmente lo sarei stata ancora per molto tempo. Non per sempre; no, quello no.
– Sì – risposi semplicemente io. – Non mi sono cambiata pensando che non ci fosse nessuno a casa.
I suoi occhi diventarono ancora più tristi. – Perché, se avessi saputo che ero qua ti saresti cambiata? – chiese lui in un sussurro. Abbassai un’altra volta gli occhi, dandogli la conferma che sì, mi sarei cambiata se avessi saputo che c’era; molto probabilmente non sarei andata affatto. – Perché?
– Odi il mio lavoro – replicai facendo spallucce. – Non mi sembrava il caso di venire qua vestita in questo modo, davanti a te. – Lisciai il vestito corto a fantasia e cercai di abbassarlo un po’, dal momento che lo sguardo di Michael era proprio sulle mie piccole gambe.
Fece un sospiro e si scompigliò di nuovo i capelli, si girò dandomi le spalle e sembrò quasi volersi strappare i capelli con le sue stesse mani. – Vai, per favore – disse a voce decisa. Trattenni il respiro, un po’ incredula da quel cambio di voce, ma non me lo feci ripetere due volte. Era straziante stare là davanti a lui e non poterlo abbracciare, tenerlo stretto a me, baciarlo e dirgli che ero ancora sua. – No, no, aspetta! – esclamò lui quando stavo per chiudere la porta della camera dietro di me. La spalancò con tale forza che quasi perdetti l’equilibrio, afferrò la mia mano che poco prima teneva la maniglia della porta e mi fece avvicinare a lui.
Il secondo dopo lo stavo baciando. Non acconsentii subito al bacio, lo sentivo avvicinarsi a me a tal punto che dovetti indietreggiare e andai a finire tra la porta e Michael: impossibile da sfuggire. – Michael – mormorai allontanandolo, appena riuscii a distaccarlo di pochi centimetri il suo sguardo si fece un’altra volta addolorato. – Smettila! È inutile che ci baciamo, il punto rimane sempre quello e non lo possiamo aggirare.
– Io non ce la faccio – rispose lui posando il viso nell’incavo del mio collo, sospirò.. mi sentii male quando gli uscì un piccolo singhiozzo. – Non so cosa fare! – esclamò lui rimanendo là. – So che non sembra, lo so, ma ho bisogno di te! Queste settimane sono state un inferno senza di te. Sto iniziando ad odiare Luke, solo perché viene da te ogni giorno e io continuo ad essere geloso di voi, anche se so che non vi interessate in quel senso. E odio non vederti, odio non sentirti, odio pensare a te lontana da me, odio… pensare che tu possa stare male a causa mia.
– Le parole hanno un peso, Michael – sussurrai io rimanendo ferma e fredda. – E tu mi hai detto cose molto, ma molto pesanti. Il modo in cui tu e Grace state, parlate e vi abbracciate.. Mi fa pensare. Voi due avete molte cose in comune, lei riesce a capirti. Ha capito che ti sentivi in prigione con me e l’ha usato contro di noi. Non riesco nemmeno a fargliene una colpa, perché aveva ragione! Io non capisco perché hai scelto me e non lei. È ovvio che voi due siate più simili! E…
– Non ho scelto lei perché non mi faceva provare le sensazioni e le emozioni che mi facevi provare tu – rispose lui a bassa voce, sembrava veramente stanco, distrutto. – Non ho scelto lei perché non mi faceva venire voglia di stare solo ed esclusivamente con lei. Non ho scelto lei perché non mi faceva arrabbiare per niente, mentre tu mi fai arrabbiare in due secondi e mi fai tranquillizzare in un secondo. Non ho scelto lei perché quando la vedevo con altri ragazzi non provavo niente, mentre il solo pensiero di sapere che un altro ragazzo ti sta posando il suo lurido sguardo sul corpo, o anche sul viso, mi viene da tornare a Chicago solo per cavargli gli occhi. Non ti sento come una cosa, Amelia, non ti sento nemmeno come una persona. Ti sento come un’anima, una specie perfetta che non ho mai visto ma che devo avere accanto a me ed apprezzare.
Abbassai lo sguardo e sbuffai con le lacrime agli occhi. – Voi cantanti e anime distrutte siete terribili… Sapete sempre come usare le parole a favore vostro – borbottai alzando gli occhi al cielo.
Ridacchiò scuotendo la testa. – È vero, ci sappiamo fare, ma non è per forza una cosa negativa – ribatté guardandomi negli occhi, nei quali mi persi per pochi secondi. Mi faceva strano vederli con quella luce, sembravano così scuri, eppure se mi fossi avvicinata un po’ di più mi sarei accorta che erano verdi e chiari e bellissimi. – Significa esprimersi con le parole, non è una cosa facile ma è così. So usare le parole, esattamente come le sai usare anche tu, Amelia Emory. Quando l’altra sera mi hai detto cosa provavi per me.. mi sono sentito morire dentro. Le parole hanno un peso, hai ragione, ma esattamente come le so usare io, le sai usare anche tu. Maledettamente bene. È  vero che sei sempre stata tu quella che provava, io invece sono sempre stato lo stronzo che cercava di allontanarti. Non sono cattivo, credo che tu sappia anche questo. Non lo faccio per ferirti, lo faccio perché ho paura dei miei sentimenti. So che non mi credi, ma sono anni che non provo quello che sto provando in quest’ultimo periodo… e questo mi spaventa molto.
 Scossi la testa. – Non mi basta. Finiamo sempre così: tu che mi dai un po’ di più e poi ritiri tutto. So di non essere facile, ma più facciamo così e più mi sento lontana da te.
– Se succederà un’altra volta… ci lasceremo definitivamente e questa casa andrà o a te, oppure se non la vorrai la venderò – rispose lui stringendomi le mani. – Questo perché sono sicuro che le cose tra noi andranno bene, meglio. Bisogna solo.. tenere duro. Lo so che è difficile, ma tengo davvero tanto a te, forse troppo, e non sono pronto a lasciarti andare.
– Devo tornare a casa – mormorai io cercando di allontanarmi un po’ da lui, purtroppo però non me lo lasciò fare, anzi strinse ancora di più la presa sulle mie mani.
– Questa è anche casa tua, Amelia – disse lui con tono deciso. – Mi piacerebbe veramente tanto che tu restassi qua con me. Potremmo vederci un film, potrai scegliere tu il genere, mangiare una pizza e stare un po’ sul divano a non fare niente.
Sentii il cuore squagliarsi, Michael era diventato veramente dolce con me, questo dovevo ammetterlo. – Ok – borbottai io sorridendogli.
 
Rimanemmo seduti sul divano a guardare un film nemmeno molto interessante, eravamo molto lontani, il più lontani possibili ed io tenevo le mie gambe strette al petto. Mi sentivo a disagio, sapevo che entrambi in realtà ci stavamo guardando a vicenda e non il film.
Quando iniziarono i titoli di coda ci guardammo negli occhi e sospirai. Mi era mancato davvero tanto, lo amavo così tanto che quando non c’era il mio petto sembrava esplodere dal dolore. In quel momento ce l’avevo proprio accanto e il dolore sembrava solo un piccolo ricordo; sempre pronto a spuntare, ma pur sempre un ricordo.
Appena il film finì mi alzai e andai in cucina a prendere un po’ d’acqua, il giorno dopo mi sarei dovuta svegliare presto per pulire la casa di Lydia, dal momento che era il mio turno settimanale, così decisi che era ora di andarmene. Presi la borsa e il cellulare sul divano. – Devo andare – borbottai andando a prendere le chiavi della macchina accanto alla porta principale, dove tenevamo tutte le chiavi. – Cassian mi starà aspettando per mangiare – aggiunsi poi.
– Aspetta – mi fermò lui, ma rimase in piedi accanto al divano. – Non vuoi rimanere qua per cena? Stavo pensando che potevamo fare un po’ di pasta e parlare un po’.
Sospirai e lo guardai negli occhi. Michael non era mai stato una di quelle persone spente, una di quelle persone che guardavi e non capivi perché fossero così apatiche e indifferenti riguardo la vita e le sue bellezze, eppure quel giorno sembrava esattamente una di quelle persone. Era strano vederlo in quello stato, e sapere che la causa potevo essere io mi faceva diventare ancora più triste. Pensai a Lydia, molto probabilmente stava a casa, quindi poteva dare da mangiare a Cassian, ma ero stata fuori tutto il giorno.. Il solo pensiero di non averlo visto per tutto il giorno mi rattristava: era il mio cagnolone, non si meritava di stare da solo tutto questo tempo; anche se c’era Lydia a coccolarlo, io non c’ero ed era questo che contava. Il problema era che contava tanto anche Michael e quel viso così spento. – Va bene, ma dopo devo assolutamente tornare a casa che Cassian deve fare la sua passeggiata notturna.
– Potrei accompagnarti – esclamò Michael accendendosi un po’.
– Meglio di no – risposi io andando verso la cucina. – Non so cucinare nemmeno una pasta, ti avverto – borbottai entrando e girando la testa verso di lui, che accennò un sorriso.
Mi raggiunse poco dopo, prese una pentola e la mise dentro il lavandino per riempirla d’acqua. – È facilissimo – mormorò lui guardandomi, feci finta di non accorgermene e guardai la pentola. Andai a prendere la pasta e aspettai a metterla fino a quando non me lo disse lui tenendo una distanza che faceva male persino a me. Sapevo che si era reso conto dalla distanza che avevo messo di proposito dall’espressione che aveva in viso, ogni tanto faceva qualche smorfia che mi faceva balzare il cuore in gola, ma non mi mossi dalla mia posizione.
Apparecchiai il tavolo mettendo solo il necessario proprio nel momento in cui Michael annunciò che la pasta era pronta. Gli portai i piatti e poi li posai sul tavolo, per un secondo pensai a quanto fossimo belli e brutti in quel momento. Potevamo sembrare quasi una coppia che cenava come tutte le sere insieme, pronti a parlare di com’era andata male la giornata senza l’uno accanto all’altra; eppure eravamo semplicemente noi, con i nostri problemi sempre in agguato e in una relazione che ormai non si poteva nemmeno chiamare tale. Nonostante tutto però, eravamo ancora là, insieme.
Mangiammo in silenzio, Michael cercò di parlare un po’, ma dopo poco tempo capì che non ero dell’umore per fare conversazione come se niente fosse. Mi chiese se avessi lasciato l’università e gli dissi di no, raccontandoli un po’ delle cose che stavo studiando, poi quando la conversazione sembrò cadere cercò di parlarmi un po’ del suo tour, però smise poco dopo e ricominciò a mangiare senza parlare.
– Che stiamo facendo? – chiese dopo un po’ giocando con la pasta.
– Non lo so – mormorai guardandolo.
Prese il piatto e si alzò per andare in cucina. Sentii il piatto cadere nel lavandino così tanto forte che sussultai sentendo il rumore e pensai che si fosse rotto. Presi il mio piatto e lo raggiunsi, buttai quello che rimaneva della pasta nel cestino e notai che il piatto di Michael era veramente rotto, eppure non si era nemmeno scomodato di toglierlo e buttarlo, se ne andò e si chiuse in camera sbattendo la porta. Rimasi per un po’ in cucina, per perdere tempo buttai il piatto rotto e misi nella lavapiatti il mio con tutte le posate. Sapevo che dovevo solo lasciarlo stare, molto probabilmente si stava sfogando e non mi conveniva entrare o mi sarei dovuta sorbire tutte le sue psicoanalisi e le urla, eppure entrai lo stesso nella camera.
– Torna in salone, per favore – ringhiò lui, era girato verso la finestra e mi dava le spalle, però potevo benissimo vedere il suo riflesso sulla finestra e stava facendo una di quelle sue smorfie sofferenti che mi facevano venire le lacrime agli occhi. Eccolo là: non era più una persona spenta, ora la sua maschera era caduta e si stava facendo vedere per quello che era e il suo viso sembrava riflettere le emozioni che stava provando.
– Devo andarmene – dissi semplicemente io. – Cassian mi sta aspettando.
– Già, bé, almeno lui non ha dovuto aspettare dodici giorni per vederti – continuò a ringhiare lui. – Ma sì, è meglio se vai. Hai preso tutto quello che ti serve, giusto? – Si girò verso di me con un’espressione dura che fece gelare il mio cuore. – Perché è per questo che sei venuta, vero? Per prendere tutto quello che ti serve.
Annuii, non riuscivo a rispondere. Il suo atteggiamento era completamente cambiato e potevo capire perché, anzi lo capivo perfettamente. A volte lo facevo anch’io per non essere ferita ancora di più, eppure con lui sembrava inutile e a volte nemmeno ci riuscivo a fingere di provare cose che erano l’opposto di quello che realmente provavo.
– Perfetto – aggiunse. – Allora dovresti veramente andare. Fammi un favore, salutami il tuo caro barista che potrebbe essere tuo padre.
Sbuffai. – E ora che c’entra Isaiah? – esclamai io alzando le mani al cielo.
– Oh, quindi ha pure un nome! – disse sorridendo maliziosamente. – Forse dovresti sapere che il bel barista per cui sembri così infatuata ha quasi ucciso un ragazzo.
Sussultai. Tutto tornava: Isaiah che borbottava che non aveva intenzione di rovinarsi un’altra volta e la sua rabbia mentre mi aveva parlato della sua ultima ragazza che aveva trovato a letto con un altro. – Lo avevo immaginato – mormorai io abbassando lo sguardo. – So che ha sbagliato, ma non stava passando un bel periodo.
– Ah, perfetto! – esclamò scoppiando a ridere. – Quindi lo sapevi?
– Dovresti veramente smetterla di chiedere informazioni su tutti i ragazzi che conosco, Michael – ringhiai io. – Non è né una cosa normale, né giusta nei miei confronti e nei confronti di quei ragazzi. La loro vita non dovrebbe essere così pubblica, c’è un motivo se non ne parlano con tutti e saresti pregato di non impicciarti nei loro affari.
– Chissà perché, ma tutti questi ragazzi hanno un passato terribile. Forse non è poi così sbagliato chiedere informazioni, se quest’ultime sono così negative – ribatté lui.
– Sono informazioni riservate! – urlai io. – Fatti i maledetti affari tuoi, Michael! Non te lo dirò un’altra volta. Non è normale quello che fai!
– Non riesco a fare cose normali se tu non conosci persone normali! – tuonò lui avvicinandosi tutto d’un tratto a me, infuriato. – Mettiti bene in testa che quello che fai tu si riflette su di me. Io agisco in base a quello che fai tu! Non riesco a fare finta di niente, non riesco a fare finta di non essere interessato quando si tratta di te. Se tu ti metti con un tipo, io farò in modo di sapere tutto quello che c’è da sapere su di lui. Se litighi con Lydia, io farò in modo di trovarti una maledetta camera in cui stare o anche una fottuta casa, se è quello che ti serve. Se un ragazzo ti fa del male, io farò in modo di fargli ancora più male. Se una ragazza che conosco ti sta antipatica, farò in modo di allontanarla il più possibile, anche se mi sono affezionato a lei e so che potrei ferirla ancora di più. Quindi sì, sarà strano, anormale e da matti, ma tutto quello che fai mi influenza e si riflette su di me in modo positivo o negativo, in base a quello che combini. E non me ne vergogno.
Non risposi, non sapevo bene cosa stessi provando ma di certo non doveva essere felicità. Il suo modo di parlare quasi mi spaventava, il suo comportamento non era normale e sembrava quasi uno stalker. – Mi stai spaventando – dissi quindi. – Io ora me ne vado. Se scopro che mi fai seguire vado dalla polizia. Puoi anche essere Michael Gordon Clifford, ma la legge è uguale per tutti.
– Non ti faccio seguire, non sono così psicopatico – borbottò lui alzando gli occhi al cielo. – Luke parla più del previsto quando si tratta di te, tutto qua. Credo sia per il fatto che si sente in colpa per quello che è successo e per essersi messo in mezzo, ma di certo non gli dirò di smettere.
– Questo non ti giustifica per niente – ringhiai io. – Sembri veramente uno stalker. E uno psicopatico.
– Prima di incontrare te ero una persona molto più normale e senza problemi mentali – rispose lui con nonchalance.
– Non dare la colpa a me per i tuoi problemi mentali – ringhiai io. Scesi giù, arrabbiata, e andai a prendere la borsa con tutte le cose dentro. Sentivo i passi dietro di me di Michael, e questo mi fece innervosire ancora di più, ma feci finta di niente e mi precipitai verso la porta. Quando l’aprii però mi fermai. Perché? Molto probabilmente perché mi ricordai che se ne sarebbe andato il giorno dopo, o il prima possibile. Era così che lo volevo lasciare? La mia testa diceva che sì, lo volevo e lo dovevo lasciare così. Purtroppo però quando c’entrava lui non riuscivo a seguire la mia testa, così mi girai verso di lui, il quale mi stava guardando con la stessa espressione dura di prima, e andai da lui. Afferrai il suo viso e, nonostante il suo cercare di allontanarsi da me, riuscii a baciarlo. Pochi secondi dopo smise di allontanarmi, mi afferrò i fianchi e mi strinse a lui.
Molto probabilmente non avrei dovuto baciarlo, molto probabilmente non avrei dovuto baciarlo in quel modo, però continuai a farlo. Mi svegliai solo quando lo sentii fare un verso che mi fece pensare che stesse soffrendo, quindi mi allontanai da lui, lo guardai negli occhi con il fiato corto e non mi venne niente di bello da dirgli. – Devi seriamente smetterla di indagare sui ragazzi che conosco – dissi semplicemente, prima di stringere la borsa e uscire da casa sua a passo veloce. Chiusi la porta dietro di me e corsi verso la macchina, quando capii che non sarebbe uscito mi tranquillizzai ed entrai dentro la macchina più lentamente. Me ne andai e guardai lo specchietto almeno dieci volte prima di non vedere più nemmeno la sua casa. 

Angolo Autrice:
Scusatemi per il ritardoo, purtroppo non mi veniva niente di carino da scrivere, infatti il capitolo è molto noioso. Mi dispiace, ma non sapevo bene come andare avanti, visto che il loro ultimo litigio era stato abbastanza pesante ed importante. Non mi andava di farli ricongiungere come se niente fosse, ma si vogliono ancora troppo bene per lasciarli stare una volta per tutte. Il loro momento ancora non è arrivato. Siamo vicini alla fine.
Che cosa succederà secondo voi? Fatemi sapere che ne pensate con una piccola recensione.
Scusatemi per gli eventuali errori.
Un bacio e al prossimo capitolo. 

 

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Capitolo 35
*** Can't forget you ***


Capitolo 34
Can't forget you
 
Sbuffai guardando quella scenetta e pensai di uccidere prima Lydia e poi Nick. Chi è quest’ultimo? Un amico di Lydia che in quel periodo stava dormendo un po’ troppo spesso a casa nostra. Senza Lydia, ovviamente. Il tutto era iniziato circa un mese prima quando, dopo essermi svegliata, mi ero accorta che nel letto di Lydia c’era un ragazzo che non era Justin. Non trovandola al letto allora avevo cercato in bagno, in salone ed infine in cucina, ma non c’era traccia di lei, così l’avevo chiamata. Una volta risposto alla chiamata, le avevo detto che c’era un ragazzo nel suo letto e lei mi aveva risposto con nonchalance dicendomi che era gay e che era un suo amico. Litigava spesso con i genitori, dal momento che sembravano proprio non riuscire ad accettare il fatto che loro figlio fosse gay, e per questo stava quasi sempre a casa nostra. All’inizio vederlo in giro per casa in mutande mi dava ai nervi, anche Cassian sembrava piuttosto contrariato dalla presenza di quello strano ragazzo dai capelli blu, ben presto però riuscimmo entrambi a farci l’abitudine. Ormai era strano non vederlo in giro con solo le sue mutande fantasiose e i capelli blu completamente sparati da tutte le parti, così tanto che quando non c’era mi ritrovavo a chiamarlo ed a chiedergli di venire a trovarci. Era un bravo ragazzo e un altrettanto bravo psicologo.
Eppure quella mattina maledii sia lui che Lydia. Non potevo credere ai miei occhi e di certo non volevo farlo. Come ogni mattina sapevo che Nick molto probabilmente era rimasto a dormire da noi a causa del baccano che faceva ogni sera per prepararsi per la notte, stranamente era un tipo mattiniero e sembrava essere l’unico in grado di cucinare, quindi ogni mattina ormai mi ritrovavo la colazione pronta. Mi ero abituata veramente a tutto; non ero abituata però a vedermi Michael Clifford e Luke Hemmings in salone, immobili con le chiavi di casa in mano a guardare Nick dalla testa ai piedi più volte, scioccati.
Dissi l’unica cosa che mi venne in mente. – Oh, Dio – borbottai chiudendo gli occhi per pochi secondi, li riaprii per vedere se Nick avesse i pantaloni e non mi scioccai più di tanto quando lo vidi con dei boxer verdi fosforescenti e una scritta dietro con su scritto “see you soon” e davanti “you’re welcome”. Li conoscevo bene, quei boxer: erano tra i boxer preferiti di Nick. Forse era per quello che non sembrava a disagio davanti a Michael e Luke, o forse perché aveva davanti due bei ragazzi e non si vergognava del suo corpo.
– Credo di essermi perso qualcosa – borbottò Luke, parecchio confuso. Guardò prima me, poi le mutande di Nick e infine Michael. – Mike? Cosa mi sono perso?
– Bella domanda – ringhiò Michael guardando il ragazzo negli occhi.
– Vi siete persi il mio nome, molto probabilmente – ribatté Nick avvicinandosi ai ragazzi con disinvoltura. – Piacere, io sono Nick – esclamò porgendo la mano a Michael. – Bei capelli! – aggiunse poi sorridendogli.
– Nick – lo richiamai io ridacchiando. Mi avvicinai a loro e sorrisi a Luke. – Che ci fate voi qua? E come fate ad avere le chiavi di casa mia, di nuovo?!
– Puoi ringraziare Lydia – rispose Michael stringendo la mano di Nick ma guardando me. Abbassò lo sguardo sulla mia maglietta e sui miei boxer -  regalo di Nick ovviamente e che io usavo come pantaloncini - neri e con su scritto “TEAM BELLARKE!”. Avvampai subito e cercai di abbassare un po’ la maglietta. – Volevamo farti una sorpresa, ma a quanto pare ce l’hai fatta tu – aggiunse continuando a lanciarmi occhiatacce.
– Oh, bé…
– Vai a cambiarti – ringhiò Mike spingendo via Luke, il quale sussultò rendendosi conto del mio stato e si girò. – Ora – aggiunse uccidendomi con lo sguardo. Non mi arresi, anzi lo guardai male tanto quanto stava già facendo lui, poi però il mio sguardo cadde su una catenella che spariva sotto la maglietta e mi ricordai subito della collana che gli avevo regalato io mesi prima.
– Non è niente che io non abbia visto, tranquillo – rispose subito Nick sorridendo maliziosamente a Michael. – Piccola, che ne dici se mi faccio i capelli uguali a lui? – propose mentre io stavo indietreggiando.
– Nick – lo richiamai io spalancando gli occhi. – Torno subito – mi affrettai a dire prima di correre via. Mi misi subito dei pantaloncini ed il reggiseno, per poi tornare da loro. Nick stava guardando Michael con fare curioso, mentre Luke sembrava sul punto di svenire. – Forse è meglio se vai a metterti qualcosa – bofonchiai, rossa in viso, guardando Nick.
– Ma come?! – esclamò lui sorridendomi. – Sono la parte migliore! – aggiunse indicando i boxer. Scoppiò a ridere e se ne andò dopo avermi scompigliato i capelli. Prese dei vestiti da sopra il divano e si chiuse in bagno.
Mi schiarii la voce e abbassai di nuovo la maglietta. – Non vi aspettavo – dissi con voce squillante.
– Abbiamo notato – rispose Michael continuando a guardarmi male. – Potevi coprirti un po’ di più, non credi?
– Fa caldo, Michael – digrignai i denti io. – Se avessi saputo che stavate arrivando non mi sarei presentata in questo modo, questo è sicuro. Dal momento che non sapevo niente, non puoi farmene una colpa.
– E se l’avessi saputo quel tipo ci sarebbe stato ugualmente? – chiese lui, rosso in viso, molto probabilmente a causa della rabbia. – Con quei boxer poi.. Chi si crede di essere?
– Un bel ragazzo che si può permettere quel tipo di boxer – rispose semplicemente Nick venendo verso di noi. Sentii il viso farsi ancora più caldo e per non far sentire a disagio Nick gli posai una mano sul braccio e lo strinsi un po’. – Ho cambiato idea sui capelli comunque, il blu mi sta molto meglio – borbottò guardando male Michael.
– Oddio… – bofonchiò Luke mettendosi indietro i capelli. – Questa situazione si sta facendo ancora più imbarazzante.
– Non scherzavo quando dicevo che avevo già visto tutto. So chi sei, so che l’hai visto anche tu. So anche chi sei tu, Luke, e so che tu invece non hai visto quasi niente – continuò Nick. Gli strinsi il braccio facendogli capire che stava esagerando e che mi stava mettendo in imbarazzo, ma continuò. – E lei ha tutto il diritto di andare in giro in mutande. Tu invece non hai il diritto di fare scenate di gelosia.
– Tu dovresti semplicemente farti gli affari tuoi e sparire dalla mia vista – sbottò Michael avvicinandosi un po’ a Nick, il quale si irrigidì. Luke fermò subito Mike mettendosi in mezzo. Quest’ultimo sembrava tremare dalla rabbia e continuava ad arrossire sempre di più.
– Michael! – urlai spalancando gli occhi.
– Gli do un nove solo per aver reagito in questo modo e per la battuta – annunciò Nick sorridendo, si allontanò un po’ e mi fece l’occhiolino. Michael strinse ancora di più le mani a pugno e le nocche diventarono bianche. – In totale si può fare ed ha dei bei capelli. Non sono più belli dei miei, questo è sicuro, ma è comunque un bel tipo – aggiunse e Luke aggrottò la fronte, confuso. – Devo proprio andare, ma è stato un piacere conoscervi! – concluse andando verso la porta, Michael si girò verso di lui ma non si avvicinò. – Oh! – esclamò prima di chiudere la porta, sorrise a Michael e disse: – Comunque sono gay.
Quando la porta si chiuse Luke mi guardò con gli occhi spalancati, serrò le labbra ma pochi secondi dopo scoppiò a ridere. Michael si girò verso di me con fare ancora più arrabbiato, aveva ancora le mani chiuse a pugni ma era meno rigido. – Ma chi è? Fa morire dal ridere! – esclamò Luke continuando a ridere.
– Un amico di Lydia a cui piacciono molto le mutande particolari – risposi io ridendo. – Devi assolutamente conoscerlo, è veramente una persona solare e un bravissimo ragazzo. Pensa che quando ho un esame viene a casa mia e mi fa ripetere tutto. Mi ha aiutato un sacco in questo periodo – aggiunsi andando verso la cucina. – Volete qualcosa? Io mi faccio un caffè, anzi credo proprio che Nick.. Oh, eccolo qua! – continuai prendendo il mio caffè ancora caldo. – Ne ha preparato un altro po’, se lo volete.
Luke fece spallucce e si versò un po’ di caffè nella tazzina che doveva essere di Nick, ma che ovviamente non aveva avuto il tempo di utilizzare. Michael invece continuò a guardarmi come se fosse pronto ad uccidermi, con tanto di viso rosso e labbra che formavano una linea finissima. – Un bravo ragazzo? Un bravo ragazzo non va a casa di ragazze che a malapena conosce per rimediare un posto dove dormire – ribatté Michael.
– Non provare a criticarlo, non sai niente di lui – dissi subito indicandolo con fare minaccioso. – Non sai niente su di lui e non potrai mai sapere niente. È un ragazzo spettacolare, non è mai stato in galera, ha una media altissima.. L’unico sbaglio è stato quello di innamorarsi di un ragazzo e non di una ragazza, o almeno questo è quello che pensano i genitori.
– Questo non gli da il diritto di andare in giro coi boxer! – sbottò Michael indicando la porta e diventando ancora più rosso.
– Bé, erano un po’ stretti quei boxer – bofonchiò Luke. – Da quello che ho visto, una ragione per andare in giro con quei boxer ce l’ha.
Trattenni una risata e lanciai un’occhiata di intesa a Luke, ma Michael non mi diede nemmeno il tempo per rispondere alla battuta. – Luke, vattene, per favore. Non sei per niente di aiuto! – ringhiò e Luke se ne andò in camera mia alzando le mani, in segno di resa.
– Michael, non puoi venire qua e pretendere che sia tutto come prima. Se un ragazzo che conosco va in giro in mutande, significa che io gli ho dato il permesso di farlo e non ho nessun motivo di sentirmi in imbarazzo – borbottai io, nera dalla rabbia. – Arrivi qua e fai una scenata di gelosia. Quello che non ha il diritto di fare qualcosa sei tu, non lui.
Rimase in silenzio per un po’ di tempo a guardarmi con così tanto odio che dovetti reprimere un brivido. – Hai ragione. Non abbiamo proprio più niente di cui preoccuparci – disse con una disinvoltura tale che mi spaventò, questa volta rabbrividii e mi dovetti scaldare le braccia con le mie stesse mani. – Luke! – urlò e quest’ultimo uscì subito. – Andiamo.
– Ma…
– Andiamo – ringhiò lanciandogli un’occhiataccia. Si girò dopo avermi guardato per pochi secondi dalla testa ai piedi e poi andò verso la porta, l’aprì e se ne andò senza nemmeno chiuderla.
– Parliamo più tardi – sussurrò Luke passandomi accanto, mi sfiorò la schiena con la mano e corse via da Michael chiamandolo, preoccupato.
 
La jeep di Nick si fermò proprio davanti all’enorme palco, dietro di noi c’era la macchina di Jennifer con dentro lei e le sue amiche. Lydia e Justin guardavano tutte le persone e non sembravano molto convinti di essere venuti con noi, soprattutto Justin che era ancora arrabbiato con Lydia.
Poche ore prima mi aveva chiamato Luke dicendo che Michael aveva chiamato un suo amico e che quest’ultimo l’aveva invitato a questo concerto con un deejay abbastanza bravo da avere tutto quello spazio disponibile. E lo spazio era veramente tanto. Non ero mai stato ad un concerto del genere, mi ricordava un po’ il mio sogno di andare a Coachella e la struttura del palco e l’enorme prato che lo circondava me lo ricordava un po’, esattamente come tutte quelle persone che sembravano stare là dalla mattina vestite come se avessero tutti i soldi del mondo. Non avevo mai visto così tante persone e una struttura così grande e maestosa.
Tra tutta quella gente ci mettemmo circa un’ora a trovare Luke, Michael e due ragazza tra cui la famosa Arzaylea. Quando la vidi mi fermai di scatto e con me anche Nick, il quale mi guardò confuso. La ragazza era ancora più bella, indossava dei pantaloncini a vita alta bianchi che mettevano in risalto le sue gambe scure e una canottiera molto elaborata nera con sopra un giacchetto. Mi sentii ancora più piccola e bruttina, con davanti una ragazza del genere. Luke sembrava molto felice di averla portata e me la presentò subito, purtroppo però risultai molto scettica e lei lo capì subito. Nick, dal canto suo, sembrò invece incantato da lei e questo mi fece sentire ancora più fuoriposto. L’altra ragazza invece non si presentò nemmeno, stava da una parte insieme a Michael e rideva.
Per una volta Grace si avvicinò a me e mi sentii un po’ più a mio agio, si abbassò per sussurrarmi all’orecchio con un tono infastidito: – E quella adesso chi è? – Ed io dovetti fare spallucce scuotendo la testa. – Dimmi che sembra una di quelle puttane da due soldi anche a te, ti prego – bofonchiò lanciando un’occhiata a Mike ed alla ragazza.
– Per la prima volta devo darti assolutamente ragione – ringhiai io guardando Michael, che non sembrava nemmeno averci viste. Guardai Grace negli occhi e vidi lo stesso odio e la stessa sofferenza che stavo provando anch’io, con l’unica differenza che per lei non c’erano più speranze, mentre con me lui era tornato più e più volte, anche la mattina stessa.
Il concerto iniziò e Jennifer si avvicinò a me, come per proteggermi. Tra noi due le cose non stavano andando molto bene; un po’ perché stavo legando molto con Lydia e Nick, e un po’ perché l’università ci stava facendo diventare matte a tal punto che non sembravamo in vena di stare insieme. Eppure aveva ancora quel senso di protezione nei miei confronti, soprattutto quando c’era di mezzo Michael Gordon Clifford. Quest’ultimo invece quando si accorse di me fece semplicemente un cenno con la testa e continuò a scherzare con la ragazza. L’unica cosa che mi venne in mente fu: “lo ammazzo”.
Nick sembrò capire tutto e si avvicinò a me e cominciò a ballare facendomi ridere. Nick era esattamente l’amico che mi mancava, quello simpatico e spensierato, quello che ti faceva provare di tutto anche se non lo volevi, quello che ti faceva uscire di casa alle tre di notte per andare a fare baldoria da qualche parte e tu nonostante fossi stanco ti divertivi lo stesso, perché con persone con lui puoi solo divertirti. Nick era anche quel tipo di amico che ti buttava le sigarette nel cestino per poi non farti più fumare nemmeno mezza sigaretta; era soprattutto grazie a lui se avevo smesso di fumare anche quelle poche sigarette al giorno.
Ben presto Jennifer fu circondata da ragazzi, Calum sembrava infastidito ma da quello che potevo sapere anche loro stavano passando un brutto periodo e per questo non si avvicinò a lei e non tolse tutti i ragazzi che la circondavano, non tutti almeno. Alcuni riuscì a mandarli via con varie spallate e altre con occhiatacce. Anche Ash sembrò innervosirsi vedendo tutti quei ragazzi attorno all’ex ragazza del suo migliore amico, così lo aiutò a scacciarne un po’.
Io invece sembravo protetta da Nick e Justin, che stavano insieme a me e Lydia. Entrambe eravamo fin troppo prese da tutto il trambusto di quella che sembrava più una discoteca all’aria aperta che un concerto, per accorgerci delle persone vicino a noi. Anche Lydia riuscì a sciogliersi e così riuscimmo a scherzare molto di più, urlando le parole delle canzoni e scherzandoci sopra. Tutto però finì quando non vidi più Michael. Fino a quando potevo controllarlo poteva anche stare con quella ragazza bionda, ma quando non potevo vederlo sembrava tutto veramente impossibile. Mi fermai di scatto e mi guardai più volte in giro, quando constatai che non c’erano più tracce di lui sentii tutte emozioni negative impossessarsi del mio corpo, a tal punto che spinsi via tutti mentre uscivo dalla calca di persone. Sentii il petto farmi male così tanto che mi vennero le lacrime agli occhi, vidi Nick seguirmi con lo sguardo ma capì che mi doveva lasciar stare, così si limitò a controllarmi da lontano. Andai verso il parcheggio a passo veloce e stranamente non mi preoccupai quando non vidi più Nick, raggiunsi la sua macchina e, prendendo le chiavi dalla borsa, l’aprii e presi il suo giacchetto. Chiusa la macchina, mi girai e mi appoggiai ad essa. Rimasi là a pensare per un po’ di tempo, non ero l’unica che sembrava essersi un po’ stufata di stare in mezzo a così tanta gente, infatti c’erano vari gruppi di ragazzi che parlavano tra di loro in mezzo alle macchine parcheggiate. Alcuni di loro mi guardavano come se fossi matta, e in effetti non doveva essere molto consigliato stare da sola in posti come quelli, eppure non avevo paura. Ero confusa e un po’ spaventata da Michael. Doveva esserci un motivo se quella mattina si era presentato a casa mia e di certo non poteva essere per fare due chiacchiere, soprattutto dopo la scenata di gelosia, eppure mi sembrava troppo tardi anche per provare a chiarire. Mi sembrava come se l’amore che provavo per lui non fosse abbastanza. Forse erano successe troppe cose ed era veramente troppo tardi.
Ritornai solo quando chiarii con me stessa che forse era un bene vederlo con un’altra ragazza, soprattutto una ragazza che non conoscevo. Mi incamminai verso i miei amici, quando un ragazzo mi fermò prendendomi il braccio. – Ehi, ti è caduto questo! – esclamò porgendomi le chiavi di casa. Spalancai gli occhi e le presi subito, quando poi guardai il ragazzo mi sorrise dolcemente e mi lasciò andare. – C’è mancato poco che rimanessi fuori casa, eh?
– Veramente poco – risposi ridacchiando. – Grazie comunque – aggiunsi poi prima di sorridergli un’ultima volta e andarmene. Affrettai il passo quando lo sentii ridacchiare ed avvampai, fu più forte di me e girai un po’ la testa verso il ragazzo che stava ancora ridendo mentre mi guardava e andai a sbattere contro una ragazza. Trattenni il respiro mentre perdevo l’equilibrio e quasi cadetti, strinsi la mia borsa che stava per cadere e aspettai di atterrare sull’erba. Stranamente però riuscii a non cadere e quando ripresi quel precario equilibrio mi accorsi che la ragazza mi stava guardando male. – Scusami – bofonchiai facendo un passo indietro, per poi andarmene senza guardarmi indietro. Controllai dentro la borsa per vedere se ci fosse tutto e cercai di riconoscere tutte le chiavi nel mazzo, ero abbastanza paranoica in questo.
– Ma dov’eri finita? – urlò Nick vicino il mio orecchio. – Cosa stai facendo? – chiese lui ridendo.
– No, niente è che un ragazzo mi ha dato delle chiavi e volevo controllare – borbottai io mettendo il mazzo di chiavi dentro la borsa, mi guardai intorno e lo vidi guardarmi e ridacchiare con i suoi amici. Avvampai un’altra volta e mi avvicinai a Nick. – Possiamo cambiare posto? – chiesi e così andammo un po’ più avanti. Notai che il sorriso di Calum era definitivamente scomparso ed ormai stava parlando con Luke e la sua ragazza. Jennifer invece sembrava divertirsi con un ragazzo dai capelli scuri, ma non riuscii a vederlo in faccia. Mi dispiaceva un sacco per loro due, sapevo che si volevano bene e la distanza li aveva quasi fatti a pezzi. Nonostante questo però lei lo amava ancora e, da quello che vedevo, anche lui sembrava provare ancora qualcosa per lei. Forse è vero, forse l’amore non è abbastanza.
– Ci sta un ragazzo che ti sta guardando – disse Nick avvicinandosi a me. – E ridendo – aggiunse aggrottando la fronte, guardò dietro di me e poi mi strinse a lui. – Non mi piace per niente quel tipo – borbottò continuando a stringermi. Lo abbracciai e parlammo un po’ del più e del meno, accennando un po’ a Michael. – Non lo vedo da un po’ – disse Nick guardandosi intorno. – Piccola, dimmi un po’: quant’è bello avere un amico gay che non lo sembra? – scherzò lui facendomi ridere.
– Bello, devo dire – risposi io continuando a ridere, mi allontanai un po’ per guardarlo negli occhi e poi ridendo lo abbracciai di nuovo.
– Ok, se n’è andato, ora puoi staccarti – disse lui allontanandomi con una velocità disarmante, lo spinsi e mi allontanai ancora di più.
La musica assordante quasi mi fece venire mal di testa, ma proprio in quel momento il deejay iniziò a parlare dicendo che era riuscito a trovare una canzone un po’ diversa da modificare e che voleva farcela sentire. Quando iniziò feci fatica a riconoscerla e ricordarmi il nome, poi però Nick urlò e mi disse: – Can’t forget you dei My Darkest Day! – E a quel punto mi ricordai. Mi ricordai dei giorni rinchiusa dentro la camera insieme a Cassian ad ascoltare quella canzone che mi ricordava tanto Michael, per poi mettere A love like war. Mi ricordai delle ore a piangere con il cellulare in mano e l’altra ad accarezzare il mio cane, che sembrava capire il mio stato d’animo in pochi secondi. Erano passati mesi da quando io e Michael c’eravamo lasciati e nemmeno una volta ero riuscita a parlare con lui, non che ci avessi provato, eppure ogni tanto quando parlavo con Luke sentivo in sottofondo la risata o la voce assordate di Mike, che puntualmente mi faceva stringere lo stomaco e saltare il cuore. Era passato più di un anno dalla prima volta che l’avevo visto e ogni mese che passava il mio amore per lui sembrava aumentare invece di diminuire.  Non avevo detto niente a Luke di questo, ma ogni volta che riuscivo a sentire Mike tramite la sua telefonata rimaneva in silenzio fino a quando Mike non smetteva di fare quello che stava facendo e poi ricominciava a parlare, come per farmi il favore di lasciarmi ascoltare la sua voce per quei pochi istanti.
Nick mi strinse da dietro e iniziò a canticchiare la canzone, addirittura Jennifer si fermò e venne vicino a me stringendomi timidamente la mano. Justin lanciò un’occhiataccia a Michael, il quale era rispuntato giusto in tempo per la canzone con la ragazza che non sapeva se guardare il deejay o Michael, e poi mi guardò come per chiedermi se doveva farlo a pezzi. Gli sorrisi e scossi la testa guardando il deejay.
La canzone tornò al suo ritmo normale e così tutti iniziarono a guardarsi tra di loro, cercando il loro fidanzato o fidanzata. Girai un po’ la testa anch’io ed incontrai subito gli occhi di Michael, che a quanto pare mi stava già guardando da un po’. Sussultai e lo guardai attentamente, lo vidi lasciare la mano della ragazza e venire verso di me. Sentii Nick lasciarmi andare, allontanarsi da me, però non riuscii a fare niente se non guardarlo avanzare verso di me. La mia attenzione finì per pochi secondi sulla bionda che fino a poco fa stava con lui e lo stava guardando con un’espressione che diceva “lo sapevo”, poco dopo però mi ritrovai un Michael Clifford dai capelli celesti davanti e non potei fare a meno di guardarlo con tutto l’amore che avevo in corpo e nell’anima. Ed era tutto per lui.
Rimanemmo a guardarci per pochi secondi, mi prese la mano e stringendola un po’ si avvicinò a me, posai la fronte sul suo petto e posai le mani sui suoi fianchi. Presi varie boccate di Mike ed arrivarono le lacrime. Le sue dita iniziarono ad intrecciarsi con i miei capelli facendomi venire i brividi e, come se non fosse abbastanza, iniziò a canticchiarmi la canzone:
No matter what they say, can’t drink it all away
‘Cause all that I do, is think about you
When anybody says your name I wanna run away
 I keep remembering I can’t forget you
 it doesn’t matter when I try it happens anyway,
 it’s been forever and I can’t forget you
With every single day it won’t go away
the way I feel about you
And when it’s said and done, you’re the only one
 I can’t regret you, so I can’t forget you.
E continuò così fino alla fine della canzone. Rimasi in silenzio e appoggiata al suo petto fino a quando la canzone finì e per i primi secondi di quella successiva mi fu difficile allontanarmi. Potevo sentire benissimo il suo cuore e il modo in cui andava più veloce del normale, sintomo che forse provava ancora quello che diceva di provare mesi prima. Quando mi distaccai da lui guardarlo negli occhi fu più difficile del solito; sotto tutte quelle luci non sembravano avere un colore definito, eppure ogni tanto riuscivo a distinguere quel verde che non avevo mai visto in nessun altro occhio. Posai la mano sul suo petto e sentii qualcosa sotto la maglietta, qualcosa di metallico. Pensai subito alla mattina, a quella catenella che scompariva sotto la maglietta nera. Presi la catenella e l’alzai per guardarla. Spalancai gli occhi quando lessi la scritta “He’s mine”. Lo guardai di nuovo negli occhi e per pochi secondi lo vidi un po’ spaesato, sembrava non essersi ricordato che aveva ancora la mia collana al collo, e quando lo fece mi sorrise imbarazzato. Da quando aveva posato lo sguardo su di me il mondo intero era scomparso, a volte non sentivo nemmeno la musica, e mi chiesi come potesse essere vero. Quelle cose accadevano solo nei film, eppure stava accadendo proprio a me, proprio con lui.
Scosse la testa e si avvicinò a me per baciarmi le labbra. All’inizio fu un contatto molto semplice, appena però iniziai a sentire quello strano formicolio per tutto il corpo allora allacciai le mani al suo collo e lo baciai veramente. E non c’era veramente più niente che poteva separarci, eravamo solo io e lui, non ero più disposta a mandarlo via o a non esserci più.
Avvicinò le sue labbra al mio orecchio e mi disse: – Andiamocene via da qua.
Lo guardai negli occhi e senza dire altro annuii. Mi prese per mano e, spintonando tutti, andammo verso le macchine. Quando entrammo dentro un suv nero quasi riconobbi Raphael in lontananza, entrò dentro la macchina e guardò Michael, il quale annuì, per poi accendere la macchina e partire.
 
Angolo Autrice:
New entry: Nick! Ci voleva una persona così solare e divertente, inoltre era da un po' di tempo che non introducevo un personaggio gay e mi sembra molto importante come cosa. Nick è comunque un personaggio molto particolare a causa della sua famiglia che non lo accetta per quello che è, ma spero di riuscire a farvelo capire più in là. Per ora che ne pensate di lui? Un po' assomiglia ad Elena, caratterialmente parlando ovviamente, vero? Che ne pensate invece di Michael e di Amy?
Vi chiedo come sempre di recensire e mi scuso per eventuali errori.
Un bacio

 
 

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Capitolo 36
*** Equilibrio ***


Capitolo 35
Equilibrio

La macchina accostò accanto alla nostra casa. Erano mesi che non la vedevo e rivederla dopo così tanto tempo mi fece uno strano effetto, quasi scoppiai a piangere. Anche Michael sembrava sul punto di piangere, mi guardò per pochi secondi e fece un respiro tremolante prendendomi la mano. Raphael rimase in silenzio a guardarci dallo specchietto retrovisore, sembrava incuriosito da noi e non potei dargli torto: eravamo veramente un disastro. 
- Magari nella prossima vita non sarà così - sussurrai all'orecchio di Mike, il quale fece una risata triste. Capì subito il senso di quella frase: magari nella prossima vita non saremo così problematici; magari nella prossima vita non saremo così stupidi; magari nella prossima vita saremo solo due innamorati che non riescono a  separarsi un secondo; magari nella prossima vita riusciremo a stare insieme più di un mese senza litigare.
Finalmente Mike riuscì ad aprire lo sportello ed uscì, lo imitai quando mi tirò un po' con la mano e scesi dalla macchina. Guardai Raphael e la macchina andarsene via, e per la prima volta mi chiesi cosa ci facevo là, insieme al mio ex ragazzo. Fissai Michael, sembrava spaventato tanto quanto me. - Lo stiamo facendo veramente? - chiesi io.
- Dipende tutto da te - rispose Mike stringendo le chiavi della casa fino a far diventare le nocche bianche.
Lo guardai negli occhi, sapevo di avere una smorfia che poteva essere benissimo fraintesa, ma non potevo veramente farne a meno. Insomma, entrare di nuovo in quella casa sarebbe stato un passo importante, che avrebbe definito qualcosa che al momento era imprecisa. Nessuno dei due sapeva bene cosa, però sapevamo entrambi che qualcosa sarebbe cambiata. Potevo decidere, ma in realtà era una decisione un po' inutile: potevo entrare e decidere cosa fare; o andarmene e rimanere in quello stato apatico che sembrava non lasciarmi più da quando ci eravamo lasciati. La vecchia Amelia avrebbe mandato tutto a quel paese e se ne sarebbe andata, perché la vecchia Amelia amava non provare niente; la nuova Amelia - un'Amelia che amava incondizionatamente un ragazzo, lo amava così tanto che a volte l'amore che provava per lui sembrava più grande di lei e più grande di quanto il suo corpo potesse contenere - però voleva di più, voleva l'amore e voleva regalarlo tutto a quel ragazzo. Non voleva niente in cambio, voleva solo regalargli un po di amore, un po egoisticamente dal momento che lo faceva anche perché a volte, proprio quell'amore che sembrava farla sentire viva, non la faceva respirare. Quindi perché non regalarne un po' a lui?
Scossi la testa ed annuii, così lui andò verso la porta e l'aprì, si fece da parte per farmi entrare e ci guardammo un'altra volta. In quel momento avrei voluto dirgli due cose: che nei mesi in cui non ci eravamo sentiti mi ero vista con un altro ragazzo e che ero ancora vergine. Perché lui ancora non lo sapeva. Qualcosa mi diceva che eravamo entrati in quella casa anche per fare altro, non solo per parlare. 
Eppure aspettai, entrai dentro la casa senza nemmeno guardarlo, nonostante sentissi il suo sguardo puntato su di me, e una volta lontana da lui mi girai. Fortunatamente riuscii a non cadere, nonostante avessi degli stivaletti con un tacco troppo alto e fino per i miei gusti. Chiuse la porta e si appoggiò su di essa e ricominciò a fissarmi con un'intensità tale che mi fece arrossire.
- Ti sei visto con altre in questi mesi? - chiesi io, lo vidi sorridere e fece per parlare, così lo fermai. - Perché io sì, mi sono vista con altre persone in questi mesi.
Il sorrisino soddisfatto che aveva poco prima sparì e mi guardò dritto negli occhi, serio. - Cin quanti, di preciso? - chiese lui.
- Rispondi alla mia domanda - ribattei io, secca.
- No. Rispondi tu alla mia domanda - replicò lui con tono duro. - Non ammetto altro se non quello che ti chiedo, Amelia, ti avverto - aggiunse poi. Sgranai gli occhi, scioccata ma allo stesso momento incuriosita. - Quindi rispondimi: con quanti altri ragazzi ti sei sentita in questi mesi?
Rimasi in silenzio, a guardarlo con un sorriso malizioso. Quasi adoravo il tono di voce che stava usando, mi ricordava vagamente la gelosia. - Quanti ne vuoi - risposi quindi io mantenendo il mio sorriso. 
Si allontanò dalla porta per avvicinarsi a me, sembrava diverso, sembrava più convinto di quello che poteva farmi. Una volta davanti a me mi fu difficile continuare a sorridergli in quel modo e non arrossire, soprattutto a causa del modo in cui mi stava guardando. Mi prese il viso con una mano stringendo un po' ai lati delle labbra, in modo tale da stringermele, e mi sentii come una bambina piccola. - Quanti ne voglio, eh? - chiese lui abbassando lo sguardo sulle mie labbra. - Sei sempre stata brava a farmi imbestialire, non è così? - continuò lui e cercai di sorridergli, inutilmente. Abbassò lo sguardo sul mio top e poi sui miei jeans larghi e fece un sospiro. - Vuoi un numero preciso? - chiese tutto d'un tratto ed i suoi occhi iniziarono ad emanare dei strani bagliori. - Perché non le ho contate, sinceramente. Più o meno una diversa in tutte le tappe, quindi di quante persone stiamo parlando?
Mi allontanai da lui come se mi fossi appena scottata e gli scoccai un'occhiataccia. Mi girai, individuai il divano e posai tutto il peso sullo schienale di esso, per poi ricominciare a guardarlo da lontano. - Qualche altra ragazza incinta? - chiesi. 
- Quante ne vuoi - rispose lui sorridendomi. M
Dovetti stringere i bordi del divano per reprimere la voglia di picchiarlo, ma avevo visto molte foto su Instagram che ritraevano lui ed alcune ragazze. Feci un respiro profondo ed ammirai ogni singola cosa di lui: dai capelli che sfumavano dal blu al verde, il piercing che sembrava brillare sotto la luce, la camicia a quadri nera e rossa, i jeans meno attillati del solito, agli scarponi... La barbetta, gli occhi verdi, quella bocca perfetta. Mi tolsi gli stivaletti e li presi, mi diressi in cucina senza dire niente con la schiena dritta, per rovistare tra gli scaffali e cercare una bottiglia di vino rosso. Appena la trovai, presi un cavatappi e stappai il tappo. Presi un bicchiere semplice, versai un po' di vino e mi sedetti sul bancone della cucina. Quando alzai lo sguardo, pronta a bere, mi accorsi che Michael mi stava guardando, appoggiato allo stipite dell'arco che divideva il salone della cucina. - Cosa c'è? Ne vuoi un po'? - chiesi io prima di bere tutto il liquido all'interno del del bicchiere. - Buono! - esclamai posando il bicchiere accanto a me, incrociai le gambe e gli sorrisi. - Sai, potrei veramente portarmelo a casa ed utilizzarlo nelle occasioni più improbabili e fuori luogo.
Finalmente si staccò dallo stipite e venne verso di me, sembrava furioso e quasi scappai come una bambina. Mi afferrò il braccio e mi fece scendere dal bancone, rimasi senza fiato quando me lo ritrovai a pochi centimetri di distanza, ma soprattutto quando mi prese le mani ed appoggiò tutto il suo corpo al mio. Avvicinò di più il viso al mio e abbassò lo sguardo sulle mie labbra, che si schiusero senza il mio consenso. - Smettila subito, sono serio - ringhiò alzandomi il viso alla sua stessa altezza.
- O cosa? - chiesi io mettendomi in punta di piedi per essere quasi alla sua altezza.
Fece una risatina che interpretai come una risatina nervosa, alzò lo sguardo al cielo e, proprio quando pensai che si stava per allontanare, mi posò una mano appena sotto il collo e mi fece abbassare fino a quando non posai la schiena sul bancone e la testa non si appoggiò al muro. Si avvicinò ancora di più e mi baciò la parte più esposta del collo, mentre l'altra mano strinse così tanto la mia che quasi non la sentivo più. Appena sentii la sua lingua toccare impercettibilmente il mio collo trattenni il respiro e dovetti chiudere gli occhi per non guardarlo e scoppiare a piangere. Perché era troppo. 
Non mi ero mai sentita in quel modo, nemmeno con lui. Lo volevo ma gliela volevo far pagare. Gli afferrai i capelli e feci allontanare le labbra dal mio collo, mi raddrizzai e lo guardai negli occhi. - Quindi... Fammi capire, pensi davvero di potermi toccare in questo modo? - chiesi prima di spingerlo via. Presi un'altra volta gli stivaletti e tornai in salone, dove c'era più spazio disponibile per scappare, appoggiandomi un'altra volta allo schienale del divano. 
- Con quanti ragazzi ti sei sentita? - chiese Mike venendo verso di me a passo veloce. - Rispondimi. Mi devi rispondere. Hai voluto farmi sapere che sei uscita con altri e questo potrebbe implicare altre cose, quindi dimmelo e basta. Non puoi fare finta di niente. - Scossi la testa, arrabbiata. Michael aveva il respiro affannato, così come me. - Amelia Emory, con quanti ragazzi sei stata?! - tuonò lui avvicinandosi pericolosamente a me. 
- Più o meno uno diversi tutte le sere, quindi di quante persone stiamo parlando? - lo imitai io. 
Il suo mento tremolò ed i suoi occhi diventarono due pozzanghere nere, il suo viso si fece più rosso di prima e le sue mani si chiusero e riaprirono in continuazione per molto tempo. - Vuoi seriamente giocare con me? - chiese lui facendomi tentennare un po'. - Perfetto! - esclamò prima di prendermi e gare un giro su me stessa, in modo tale da dargli le spalle. Sussultai quando posò le mani sullo spazio della pancia scoperta e sentii dei piccoli brividi percorrere tutto il mio corpo. - Secondi te non lo so? - chiese posando le labbra sul mio orecchio. - Secondo te non lo sento? - chiese abbassando la mano fino alla coscia. - Sento che effetto ti faccio, non sono stupido.
- Michael... - lo avvertii io sentendo una strana morsa farsi spazio tra quei piccoli brividi di piacere che sentivo.
- Cosa c'è? - chiese lui avvicinandosi al bottone dei miei jeans. Trattenni il respiro quando si appoggiò completamente su di me e mi strinse ancora di più. Strinsi i bordi del divano davanti a me e guardai il televisore, ma dovetti chiudere gli occhi quando il suo naso mi toccò il collo. Fu più forte di me: gli strinsi la mano che era posata sulla mia pancia scoperta.
Mi girai di scatto e lo guardai dritti negli occhi, misi da parte tutto l'orgoglio e la diffidenza per fargli vedere quanta paura stavo provando. Quando aggrottò la fronte capii che era riuscito a leggere tutto; approfittai di quel momento per sfuggire dal suo tocco ed allontanarmi un'altra volta. Mi misi indietro i capelli e mi misi gli stivaletti. Pronta ad andarmene, mi girai verso di lui, sicura che avrei visto quel suo sorriso soddisfatto, ma non si era nemmeno girato, era rimasto nella posizione di prima e anzi, stava stringendo così tanto lo schienale del divano che le nocche diventarono bianche. Entrambi avevamo i respiri affannati, riuscivo a vedere le sue spalle alzarsi ed abbassarsi velocemente, ma l'unica cosa che riuscivo a sentire era il mio cuore rimbombarmi nelle orecchie. Avevo voglia di urlare, di piangere, di picchiarlo e di baciarlo. Potevo fare tutte queste cose insieme? Forse avrei dovuto provarci.
Michael fece un respiro profondo, drizzò la schiena e si girò verso di me. Quando posò lo sguardo su di me era di nuovo quel ragazzo pieno di sé che sembrava solo scherzare. Non sorrideva, era la strana luce nei suoi occhi a farmi paura. Fece segno di andarmene e poi aggiunse: - Ti aspetto nella prossima vita.
La potenza di quella frase mi fece lasciare la presa sugli stivali, i quali caddero a terra facendo un rumore che mi sembrò assordante. A tutti molto probabilmente quella frase sarebbe potuta sembrare senza senso, per me però aveva tutti i sensi di questo mondo. Mi stava dicendo che stava accettando il fatto che non fossimo fatti per stare insieme; mi stava dicendo che non mi avrebbe fermata di nuovo; mi stava dicendo che mi avrebbe lasciata andare e che questa volta le cose non sarebbero cambiate; mi stava dicendo che si stava arrendendo e che ci avremmo provato nell'ipotetica prossima vita, se mai ci fosse stata. Lo fissai a bocca aperta, sembrava convinto di quello che aveva detto e questo mi fece ancora più male.
Ero la persona più incoerente di questo mondo.
Avevo assolutamente bisogno di un posto su cui sedermi, o sarei caduta a terra. Mi girava la testa e sentivo le lacrime farsi spazio tra gli occhi, fino ad offuscarmi la vista... e ben presto anche la testa. Stritolai la borsa e mi avvicinai a lui, aggrottò la fronte ma quando alzai la borsa capì quello che stavo per fare e mi afferrò di scatto il polso. Mi obbligò a buttare a terra la borsa strattonandomi il braccio, così con l'altra mano mi accontentai di dargli un semplice schiaffo. Girò la testa a causa dell'intensità di quello schiaffo e rimase con gli occhi chiusi e la mascella che sembrava sul punto di spaccarsi. Sapevo che era infuriato dal modo in cui si obbligò a lasciarmi il polso e fece un passo indietro, continuando a non guardarmi. Ma a me non bastava, doveva infuriarsi, doveva esplodere come me. Perciò posai una mano sul suo petto e lo spintonai più volte, la terza volta però mi prese la mano e mi fermò, avvicinandosi a me.
-Smettila - ringhiò lui. - La devi smettere, perché sono buono e caro fino ad un certo punto. Comportati come la persona matura che non sei.
L'aria mi si bloccò in gola. Come poteva farmi male ogni volta? Come potevo fargli altrettanto male? Mi allontanai da lui strattonando la mia mano e cercai un punto d'appoggio, che purtroppo non trovai. Aveva ragione. Ero una bambina immatura, lo sapevo, lo vedevo e non facevo niente per cambiare le cose. Questo confermava solo il mio essere immatura. Quindi cosa avrei dovuto fare? In quel momento mi venne in mente di andare da mamma un giorno in più per parlare con lei e, già che c'ero, chiedere un parere anche a Jason. Ma non mi venne in mente niente da fare là, con lui. Finalmente trovai appoggio al tavolo e mi guardai le mani scuotendo la testa. - Ti odio - sussurrai io. - Non è amore. È odio. Ormai non è amore, è solo odio. 
- Fa meno male almeno, no? - chiese lui rimanendo davanti al divano, eppure non sembrava credermi.
Annuii, mettendo. Ringraziai il cellulare, che si mise a squillare, così mi alzai e andai a prendere la borsa, proprio davanti a lui. Sorridi d'istinto vedendo il nome sullo schermo del cellulare. - Ehi - mormorai dolcemente allontanandomi. 
- Piccola, dove sei finita? Ti ho vista andare via con Michael e poi non sei più tornata - chiese Nick senza nemmeno salutarmi.
- Oh, emh... Sì, me ne sono andata - risposi io andando in cucina. - Mi sono portata la tua giaccia appresso - aggiunsi poi guardando la giacca che indossavo, ridacchiai. - Scusami. Hai freddo?
- No, fa abbastanza caldo, cerca di non sporcarmela però - scherzò Nick. - Stai bene? Ti sento un po' strana. È successo qualcosa? Avete...?
- Litigato - dissi io a bassa voce per non farmi sentire da Mike.
- Oh - borbottò lui e rimase in silenzio, sicuramente indeciso sul da farsi tanto quanto me. - Se vuoi ti vengo a prendere.
- Cosa? Venirmi a prendere?! - esclama io, in preda al panico. - Non so... Ti faccio sapere, ok? - proposi io prima di salutare ed attaccare. Il mio cuore sempre essere meno pesante, ed era tutto grazie al mio amico, che stava diventando sempre più importante. Luke era ancora il mio migliore amico, però da quando c'era stata quella grossa lite tra noi due lo sentivo più lontano, e sapevo che era solo colpa mia e del fatto che non riuscissi mai  lasciarmi le cose alle spalle. Per tutta la serata Luke non aveva fatto altro che stare con la sua ragazza e lanciare occhiatacce a Nick, che forse ora che vedeva quanto fossimo in sintonia, non gli stava più tanto simpatico.
Appena tornai in salone posai il cellulare sul tavolo e guardai Michael sospirando. - Non so essere matura, questa sono io e purtroppo non riesco... Ad essere più matura. C'ho provato, e ti giuro che per un periodo mi era sembrato di esserci riuscita. Poi però, puntualmente, torni nella mia vita ed io non riesco più ad essere... lucida e matura.
- L'ho notato - rispose lui duramente con le labbra ridotte in fessure. Annuii abbassando lo sguardo sugli stivaletti, li osservai andare avanti, verso di lui, senza nemmeno accorgermene. Alzai lo sguardo solo quando fui a pochi centimetri da lui, che si era irrigidito ancora di più. - Non farlo - sussurrò lui guardandomi con occhi imploranti. - Non è giusto - aggiunse quando scossi la testa e posai tutto il peso del corpo su di lui. Osservai le sue labbra, rosee e rotonde, e posai le dita sopra di esse per tracciarne i contorni. Lo sentii fare un respiro tremolante sotto le mi dita, eppure non mi chiese di fermarmi, anzi chiuse gli occhi. - Amelia - mi chiamò lui con una voce rauca. 
- Sì chiesi io continuando a guardare le mie dita sulle sue labbra. 
- Dovremmo parlare - rispose lui, anche se proprio in quel momento stava posando le mani sui miei fianchi. - Chi era al telefono? Chi ti voleva venire a prendere? E, soprattutto, di chi è questa giacca?
- Chi? - chiesi io, confusa, avvicinandomi ancora di più a lui. So che potrà sembrare strano, ma in quel momento le parole non sembravano assumere un senso, riuscivo solo a pensare al mio amore per lui ed a quanto mi era effettivamente mancato. 
Il suo petto smise di alzarsi ed abbassarsi. - Telefono e giacca - ribatté lui, deglutì e ripeté: - Chi era al telefono e di chi è questa giacca?
- Oh, Nick e di Nick - risposi io abbassando lentamente le dita dalle labbra al collo, dove c'era una vena che sembrava per scoppiare. Chiusi gli occhi e posai la fronte nell'incavo del suo collo, ispirando ed espirando lentamente. - Di cosa vuoi parlare? - chiesi poi. Non volevo per nessun motivo allontanarmi da lui, mi ero ripromessa a malapena un'ora prima che non mi sarei infuriata e che non l'avrei più fatto scappare. Ma sarebbe stata l'ultima volta.
- Del fatto che ti devi allontanare - rispose lui prendendo i polsi che erano posati sulle sue spalle ed allontanandomi. Sentii il cuore mancare un battito e le lacrime appannarmi gli occhi, quindi abbassai subito lo sguardo. - Amelia, io in questo momento non mi ricordo nemmeno perché siamo venuti qua, a casa - bofonchiò andandosene via. 
Presi un respiro profondo e feci uno strano verso, perché per la milionesima volta l'aria mi era rimasta incastrata in gola. Vederlo allontanarsi, non sentirlo più e pensare che non mi volesse quanto io volevo lui mi procurava un dolore per tutto il corpo. Lui continuò a parlare, ma non riuscii a sentire una singola parola, continuai a guardare la televisione davanti a me per cercare di calmarmi. Chiusi gli occhi e delle lacrime scesero lungo le guance, le asciugai subito e sospirai.
- Mi stai ascoltando? - chiese lui a pochi passi da me, lo sentivo dietro di me, sentivo che si era fermato poco distante da me.
Mi schiarii la voce. - No - risposi semplicemente.
Rimase in silenzio per un tempo che mi sembrò infinito e poi ricominciò daccapo. - Stavo dicendo che è importante dire tutta la verità. Direi d'iniziare da quanti ragazzi hai frequentato in questi mesi, ovviamente dopo lo dirò anch'io e poi dovremo continuare per cercare di capire come far funzionare il tutto senza far soffrire nessuno, o comunque non soffrire troppo. E poi...
Mi stava dicendo che non mi voleva più e che per questo non voleva farmi soffrire? Oh, Dio. Il mio cuore mancò un altro battito per poi iniziare a battere troppo, troppo velocemente. Ok, dovevo rimanere calma. Avrei dovuto metterlo in conto, sarebbe potuto accadere. Era troppo tardi, l'avevo già pensato. La visita quella stessa mattina, la scenata di gelosia, la catenella... Oh, oddio. Quasi mi sentii male, anzi mi sentii male.
- Continui a non ascoltarmi! - sbottò Michael, infastidito. 
Non ce la feci più. - Tappati quella bocca.
- Cosa? - chiese lui, scioccato. - Sbaglio o mi hai appena ordinato di "tapparmi quella bocca"? 
- Grazie a Dio non sei anche sordo - ringhiai io allontanandomi da quel maledetto divano. Feci un altro respiro profondo e mi ripresi quasi completamente. - È inutile che stai qua a parlare. Non capisco nemmeno perché siamo venuti in questa casa. Voglio andarmene, quindi o chiami Raphael o chiamo qualcun altro - continuai girandomi finalmente verso di lui.
Sembrava confuso, eppure quando capì che lo stavo guardando fece finta di niente. - Cosa pensavi che avremmo fatto, di preciso? - chiese, tutto d'un tratto arrabbiato. - Rispondimi. Di certo non avrai pensato che ti  avevo portato qua per fare sesso e basta. Cosa c'è? Non esci con uno di quei tuoi ragazzi da così tanto tempo che hai pensato a me? Dovrei forse sentirmi onorato?
- Cosa c'entra questo adesso? - chiesi io, rossa dalla vergogna. Non volevo mica che pensasse una cosa del genere, di certo non ero quel tipo di ragazza che andava a letto con tutti. Capirai, non ero ancora andata a letto con il ragazzo che amavo e conoscevo da un anno, figurati se proprio quella sera andavo a pensare una cosa del genere. Certo, avevo pensato che sarebbe potuto capitare ed ero arrivata alla conclusione che qualsiasi cosa fosse successa non mi sarei tirata indietro; ma il mio primo pensiero era stato quello di stare da sola insieme a lui, per chiarire e per stare semplicemente con lui dopo mesi che non lo vedevo. 
- Cosa c'entra?! - mi fece eco lui. Rimase in silenzio a fissarmi, interdetto, e poi scoppiò a ridere. - Avresti dovuto dirmi "non è come pensi" - borbottò guardandomi. Sembrava deluso e arrabbiato.
Non stavo capendo. Mi stava dicendo anche come comportarmi, ma il fine qual era? Lo guardai, ancora più confusa, mentre lui sembrava solo più arrabbiato, poi capii. Avrei dovuto dirgli che non era come pensava, perché in qualche modo gli avevo dato la conferma di essere andata a letto con altri ragazzi in questi mesi, quando ovviamente non era nemmeno vero. - No, aspetta, se vogliamo essere maturi non è come pensi e...
- Ah no? E com'è? - chiese lui prima di spettinarsi i capelli con varie sfumature di blu e verde. - Secondo me invece è esattamente come la penso io.
Ridacchiai, nervosa. - Si, perché secondo te non vengo a letto con te, che sei stato il mio ragazzo per mesi, e invece vado a letto con ragazzi conosciuti il giorno stesso. Ma che ragionamento è? - esclamai io.
- Magari sei stata con me non perché ti piacevo, ma per notorietà - rispose lui fissandomi dritto negli occhi. Tutto d'un tratto era ridiventato un ragazzo fiero e freddo, che sapeva quello che stava facendo. Quindi questo era Michael Clifford: un ragazzo che alternava tra urla e tono diffidente ma assolutamente calmo.
Sussultai e feci un passo indietro. Una pugnalata mi avrebbe fatto meno male, veramente. Sentirlo parlare in questo modo di me mi fece sentire di nuovo male, non sapevo cosa rispondere, mi sentivo assolutamente una stupida e offesa. - Sai una cosa? - chiesi. - Sì, forse ti ho solo usato. Peccato non essere riuscita a portarti a letto, forse ne valevi la pena, o forse no - ringhiai io. Fumavo dalla rabbia, ero così ferita ed arrabbiata che tremavo. Mi avvicinai a lui, il quale rimase concentrato a guardarmi con diffidenza, presi immediatamente la catenella che gli avevo regalato e, con una forza che non pensavo di avere, la ruppi e rimase tra le mie dita. - Mi dispiace, ma questa non ti appartiene più da tanto tempo.
Quando pensai che non avrebbe fatto nulla mi prese di scatto il polso della mano dove tenevo la catenella e me lo strinse, senza però farmi male. Sembrava essere tornato il Michael arrabbiato. - O magari eri tu a non valerne la pena - disse a bassa voce continuando a guardarmi negli occhi.
La discussione stava iniziando ad essere pesante. Non sapevo come replicare, aveva sempre saputo che mi sentivo sempre meno bella delle altre ragazze, ma non l'aveva mai usato contro di me. Me lo sarei dovuto aspettare, dal momento che l'avevo appena fatto anch'io: l'avevo di nuovo messo in discussione. Sgranai gli occhi ma pochi secondi dopo riuscii a compormi. Sapeva che questi argomenti mi mettevano in imbarazzo, non rispondevo mai a questo tipo di attacchi, eppure quel giorno ne avevo avuto abbastanza. - Poco fa il tuo corpo mi ha mandato un altro messaggio - ribattei quindi.
Ridusse i suoi occhi in fessure e le sue belle labbra fecero la stessa fine, diventando più pallide. Sapevo che non si aspettava questa risposta dal modo in cui i suoi occhi, poco prima di socchiudersi, s'illuminarono. Questa volta però rimase in silenzio a guardarmi e non aggiunse niente, semplicemente continuò a guardarmi.
Gli feci vedere per l'ultima volta la catenella e poi me ne andai, più arrabbiata che mai. Non sapevo come avrei fatto a tornare a casa, ma a pensarci casa di mia madre era abbastanza vicina ed il quartiere non era affatto brutto. Presi il cellulare per mettere il navigatore, quando una mano mi strattonò indietro. Feci per urlare quando mi ritrovai davanti il solito rompipalle. - Ma che cazzo vuoi adesso?! 
- Per l'amor di Dio, sono le due passate, dove credi di andare a quest'ora da sola?! - tuonò lui. - Il tuo passaggio che fine ha fatto? Ti ha lasciato per andare a farsi qualche altra ragazza?
- Ma che...? No, razza d'idiota che non sei altro, il passaggio nemmeno l'ho chiamato e ha un nome. È un bravissimo ragazzo, non provare a sminuirlo - sbottai io. - Quindi entra dentro e, visto che ci sei, chiama la biondina di prima. Molto probabilmente ti darà il ben servito senza problemi.
- Vaffanculo! - tuonò allontanandosi di scatto da me. - Il ben servito? Amelia, è da quando ci siamo messi insieme che non tocco una ragazza!
Woah, aspetta, cosa?! Scoppiai a ridere. - Farò finta di crederci, Michael Gordon - borbottai continuando a ridere.
- Puoi non credermi, non mi interessa e sai perché? Ho la coscienza apposto - rispose lui avvicinandosi di nuovo a me. - Io so che non sono stato con nessun'altra e non ho nemmeno provato a volerla, perché già sapevo chi volevo, e chi volevo non c'era, quindi ho preferito aspettare che cambiasse idea o che questa schifosa cotta finisse, prima di fare qualcosa con un'altra persona. 
Rimasi a bocca aperta. Quella persona ero io. Abbassai lo sguardo sui miei piedi, che ormai mi stavano iniziando a fare male. - Sono uscita solo con un ragazzo - bofonchiai senza guardarlo. - Ci siamo visti una volta, era un amico di Justin, ma non è andata bene e non ci siamo più rivisti - continuai e solo alla fine riuscii ad alzare lo sguardo su di lui. Mi guardava, concentrato, così riuscii ad andare avanti. - Non ci siamo nemmeno baciati, anche se era un bel ragazzo. Lydia e Justin volevano solo che io andassi avanti, e lo volevo anch'io. 
- E ci sei riuscita? - sussurrò lui.
Scossi la testa con le lacrime agli occhi. - Sei peggio di una zanzara che ti ronza dentro l'orecchio tutta la notte, Michael Gordon. Solo che la mia notte è durata mesi e così anche il tuo ronzio. 
Ridacchiò. - È uno strano paragone, non so se prenderlo come un'offesa o sentirmi onorato - rispose lui, sorridendo.
Volevo andare da mamma. - Io devo andare - mormorai guardandolo timidamente negli occhi. - Puoi chiedere a Raphael se mi può riportare a casa? Io... Ho bisogno di prendere Cassian e di andare da mia mamma.
La sua espressione si fece subito più dolce e abbozzò un sorriso altrettanto dolce. - Adesso lo chiamo - mormorò prima di prendere il cellulare da dentro la tasca. Lo guardai cercare il numero di Raphael e mi venne voglia di abbracciarlo. Forse noi eravamo solo così: un attimo prima ci volevamo uccidere e l'attimo dopo ci volevamo con tutta l'anima. C'era poco da dire, il nostro equilibrio poteva essere raggiunto solo una volta trovata la maturità che, se a me mancava il 99% delle volte, a lui mancava una volta sì e una volta no. 
Portò il cellulare all'orecchio e in quel momento posò lo sguardo su di me, capendo quindi che lo stavo fissando. Abbassai subito lo sguardo con le guance viola e feci finta di togliere un po di polvere dai jeans. Lo sentii ridacchiare ma lo lasciai fare, di nuovo. - Raph, scusami se ti disturbo, stai in albergo? - chiese lui. - Sì, Amy vorrebbe tornare a casa, ma se hai da fare... Va bene, sì, ok - borbottò accentuando un po' la mascella, segno che c'era qualcosa che non gli stava andando a genio. - Perfetto, a tra poco.
- Che succede? - chiesi io quando attaccò.
- Raphael ti può dare un passaggio, ma stava già riaccompagnando Ashton in albergo, quindi avrai compagnia in macchina.
- E dov'è il problema? - chiesi io, poi rimasi a pensare un po e mi venne in mente una scena un po troppo imbarazzante. - Per caso, Ashton ha compagnia?
- Cosa? No, no - rispose lui scuotendo la testa. - Non è il tipo da portarsi le ragazze in camera per fare sesso e poi farle andare via. Da quando si è lasciato con Bryana è molto concentrato sulla musica, nient'altro.
- E così loro due ormai sono...
- Sì, non si ritorneranno più insieme, credo - ribatté lui guardandomi. - Sembrava starti simpatica, Bryana intendo - aggiunse ed io annuii, accennò un sorriso che arrivò anche agli occhi, facendomi venire un colpo al cuore. - Anche a lei eri piaciuta molto. Continuava a ripetermi che eri la ragazza giusta, che mi sapevi tenere testa ma quando c'era da fare una cosa importante eri disposta anche a mettere via l'orgoglio.
Non ero più quella ragazza, o forse sì, dopotutto ormai stavamo parlando normalmente ed avevo detto la verità. Erano solo chiacchiere senza fine però, chiacchiere che non avevano un senso. Presto rimanemmo in silenzio senza aggiungere nient'altro, fino a quando lo stesso Suv che mi aveva portato davanti quella casa, accostò. 
Mi avvicinai alla macchina ed ero pronta ad entrare quando parlò. - Domani però torni qua, vero? - chiese e quando mi girai per i primi secondi vidi il suo sguardo luminoso e pieno di speranza, poco dopo però si ricompose e fece la solita faccia indifferente.
- Domani devo andare all'università e poi a lavoro, ma appena finisco posso venire - risposi io e sperai che non mi dicesse niente riguardo il lavoro, cosa che per fortuna non fece.
-Certo, ti aspetto verso le tre allora? - chiese lui ed io annuii prima di salutarlo con la mano ed entrare in macchina.
Una volta dentro sorrisi ad Ash e rimasi in silenzio, tutto il peso di quella sera si fece sentire e le lacrime iniziarono di nuovo ad offuscarmi la vista. Non era andata come speravo, non avevamo chiarito e non ci eravamo rimessi insieme. Non era successo niente, se non il fatto che lui forse non mi voleva più. C'erano varie cose che non mi tornavano: poteva essere legato a me, poteva volermi ancora molto bene, dopotutto ero stata la sua ragazza dopo tanto tempo di apatia. Aveva comprato una casa per noi, dove, evidentemente, non faceva dormire i suoi amici; quindi non potevo essergli indifferente. Ma chi mi diceva che provava ancora qualcosa per me? Forse quel suo "da quando ci siamo messi insieme non ho più toccato nessuna ragazza" ma c'era anche quel "dobbiamo capire come fare funzionare il tutto senza far soffrire nessuno".
- Michael sa essere veramente impossibile a volte, vero? - chiese Ashton, molto probabilmente quando si accorse che stavo per scoppiare a piangere.
- Veramente, veramente impossibile - dissi io prima di fare una risata priva di entusiasmo. Tirai su il naso ed osservai per pochi secondi Ash, prima che se ne rendesse conto.
- È strano però - sussurrò lui guardandomi. - Da quando vi siete lasciati non ha più guardato nemmeno negli occhi una ragazza. Era come se vedesse solo un umano e non una ragazza con un bel fisico. E dire che Mike è sempre stato un ragazzo che sapeva osservare e apprezzare quello che aveva davanti.
Scossi la testa quando sentii un brivido percorrermi tutta la schiena. - Non voglio sapere come apprezza le altre ragazze, Ash.
- Ma infatti non lo devi sapere, perché  non lo fa più - ribatté lui. - Io prima pensavo veramente che ti stesse solo prendendo in giro, ci sono momenti in cui lo penso tutt'ora, poi però lo vedo quando sta insieme a te, o semplicemente quando sei nei paraggi, e cambio idea. Diventa un ragazzo con la testa sulle spalle, un ragazzo pronto a comprare una casa che probabilmente utilizzerà pochissimo solo per stare insieme a te e darti più serenità, un ragazzo che, per quanto cerchi di non guardarti, non riesce a non osservarti per più di cinque minuti. A volte è troppo geloso, questo mi fa pensare che possa vederti come una cosa sua, poi però ti guarda in quel modo. Quel modo che mi fa pensare che forse non gli piaci, forse addirittura ti ama.
Sbarrai gli occhi e mi girai di scatto verso Ashton. Non aveva senso dirmi una bugia, cosa avrebbe ricevuto in cambio? Era troppo maturo per farlo su richiesta di Michael, e se anche fosse Michael non avrebbe motivo di farlo, dal momento che non mi aveva mai detto cose del genere. - Lo credi davvero? - chiesi io, di nuovo con le lacrime agli occhi. 
- Sì, a volte lo trovo ancora incoerente, ma sembra tenere veramente a te. E, inoltre, ogni volta che ha un po di tempo libero viene qua, da te, quando potrebbe benissimo tornarsene a casa dalla sua famiglia, e tu sai quanto senta la mancanza della famiglia - aggiunse accennando un sorriso, poi sussultò. - A proposito, addirittura sua madre se n'è accorta che c'è qualcosa che non torna. Una volta, quando stavamo tutti a casa ed avevamo deciso di fare un pranzo con tutte le nostre famiglie per festeggiare il nostro ritorno a casa, mi ha chiesto di te.
Oddio. - Ha... Ha chiesto di me? - chiesi io, stupefatta.
Annuì ridendo. - Sì, mi ha detto: "tanto lo so che mio figlio si sta innamorando di una ragazza che non vive qua, quindi è inutile che cerca di nascondermelo. Dimmi un po, Ash, è dolce? Si comporta bene? Se mi vieni a dire che ha una cotta per Luke, giuro che vado da lei solo per schiaffeggiarla. La vorrei tanto conoscere, ma quel disgraziato cerca sempre di deviare la conversazione". 
Rimasi a bocca aperta, sicuramente ero anche viola dall'imbarazzo e l'entusiasmo. - E tu?
Fece spallucce. - Io le ho detto che tu non avevi occhi se non per suo figlio, che a volte sbagliavi ma che era anche normale, che suo figlio non si era comportato bene con te ma che eri riuscita ad andare avanti ed accettarlo per quello che è. Pochi giorni fa l'ho vista e lei mi ha chiesto: "si sono lasciati, vero?" Ed io ho dovuto dire di sì. Sai lei che mi ha risposto? - chiese ed io scossi la testa, ammaliata. - Che si vedeva, che suo figlio non scherzava più come prima, che era più spento. E quando ce ne stavamo per andare, ha aggiunto, guardando Mike: "tanto lo so che non la lascerà andare così, ci sta troppo male".
La macchina si fermò davanti casa di Lydia e dovetti ammettere che non volevo uscire. - Grazie Ash - sussurrai prima di abbracciarlo. 
Mi abbracciò con tanta intensità da farmi sentire quasi completamente rinata, ridacchiò e disse: - Però non dire a Mike che te l'ho detto, sarebbe capace di uccidere sia me che sua madre.
Risi di gusto, anche se in realtà non faceva così ridere, ero semplicemente felice. - Tranquillo, non dirò niente. Ciao Ash, grazie ancora - ribattei prima di lasciargli un piccolo bacio sulla guancia. - E ciao Raphael, grazie mille per il passaggio.
- Quando vuoi, Amy - rispose lui sorridendomi. - E non ti preoccupare: Mike è fatto male, ma è fatto per te.
Sorrisi così tanto che quasi sentii dolore alle guance. - Grazie, Raphael - replicai prima di uscire e andare a casa di Lydia, la quale mi aspettò in piedi insieme a Justin.
- Non pensavo saresti tornata sta notte - disse subito alzandosi dal divano, dove c'era anche Justin. 
- Lo sperava però, non ha fatto altro che parlare di te e Michael tutta la sera. Sembrava una piccola fan - aggiunse Justin ridacchiando.
Lydia gli diede un piccolo schiaffo sul braccio. - Non è vero, è solo che eravate tanto dolci quando è iniziata quella canzone. L'ha detto anche Nick, che aveva addirittura le lacrime agli occhi!
- Sì, vabbe, Nick è single da troppo tempo per non mettersi a piangere ad una piccola scena tra una piccola ragazza ed un cantante. Troppo romantico per non piangere, o almeno questo è quello che pensa lui - borbottò Justin lanciandomi un'occhiataccia. - Qualcosa mi dice che non è andata bene. Fammi indovinare, avete litigato?
- Justin...
- Rispondi - mi disse Justin. - Avete litigato sì o no? - chiese lui ed io, arrabbiata, annuii guardandolo negli occhi. - Almeno avete chiarito?
- Qualcosa sì - rispondi io duramente. - Domani vado da lui e continuiamo a parlare, ero troppo stanca per continuare a parlare.
- E non hai voluto dormire nella vostra casa - borbottò Justin lanciandomi un'altra occhiataccia. Non era mai stata una novità che non gli andasse a genio Michael, ma mi sembrava un po' esagerata la sua reazione. 
- Per chi mi hai preso? Abbiamo a malapena parlato civilmente. Non dormirei mai a casa di un mio ex, anche se provo ancora qualcosa per lui - ringhiai io.
- Tu volevi dormire con lui, 'sta notte. Non sono stupido, Amelia, ti ho vista quando hai annuito e ve ne siete andati. Speravi che sarebbe successo, questo mi fa capire che forse lui non l'ha voluto - rispose tranquillamente ma con quel suo solito tono di sufficienza che usava quando era infastidito.
- Justin, lasciala stare, se dice che non lo voleva forse dovremmo solo lasciarla stare. È stanca, si vede - lo interruppe Lydia stringendogli il braccio.
- E forse dovresti farti gli affari tuoi - ringhiai io. - Capisco che non ti sta simpatico, ma prendertela in questo modo mi sembra un po' eccessivo.
- Tu sei stata male per mesi per questo ragazzo ed io sarei quello eccessivo?! - sbottò Justin.
- Ma che ti prende?! - tuonai io avvicinandomi a lui, furiosa. - Nessuno ti ha mai chiesto di stare qua a guardarmi mentre stavo male per il ragazzo che amo. Quindi non provare ad usare la cosa contro di me, Justin.
- Ricordati solo che sono fidanzato con Lydia, non con te. 
- Justin! - esclamò Lydia.
- E tu ricordati che questa casa non è anche tua, quindi se io non voglio averti qua posso benissimo dire alla mia coinquilina che non puoi più tornare - ringhiai io prima di andarmene in camera.
- No, per favore, Amy, non fare così... - borbottò Lydia, ma quando chiusi la porta dietro di me e Cassian si sdraiò subito sul mio letto guardandomi, rimase in silenzio e se ne andò in camera sua.

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Capitolo 37
*** Incastonato dentro ***


Capitolo 36
Incastonato dentro

– Quindi, fammi capire, ti ha fatto riportare a casa? – chiese Elena, un po’ titubante. Annuii e come risposta lei fece una strana smorfia con la bocca. – Isaiah, secondo te è gay?
Sgranai gli occhi e guardai Isaiah, il quale ridacchiò. – No, è solo un ragazzo un po’ indeciso – rispose lui pulendo un tavolino. Alcune ragazze dietro di lui ridacchiarono e non potei fare a meno di lanciargli un’occhiataccia. Odiavo il modo in cui guardavano Isaiah, non si meritava di essere guardato come un dolcetto che poteva solo essere mangiato. Isaiah era molto di più, aveva una testa meravigliosa e nessuna ragazza sembrava volere vedere cosa poteva offrire oltre al sesso. Non era solo un corpo, era un’anima e una mente. Eppure lui sembrava non farci nemmeno caso, così Elena mi diede una piccola spinta e mi rimisi a lavoro. Sapeva come la pensavo, ma continuava a dirmi che Isaiah sapeva come fare e cosa, era grande abbastanza da sapersela sbrigare da solo. Gli volevo troppo bene per essere così razionale.
– Sì, che è indeciso non ci sono dubbi, ma non mi sembra normale che l’abbia rifiutata un’altra volta! – borbottò Elena guardando un punto indistinto davanti a lei.
– Non credo – replicò Isaiah. – Per quel poco che ho visto è un ragazzo strano, ma questo comportamento per la prima volta non mi sembra per niente strano. Vedetela dal punto di vista di un maschio – continuò lui mettendosi lo strofinaccio sulla spalla, suscitando così un respiro da parte delle solite ragazzine. Venne verso di noi con la sua solita espressione corrucciata ed appoggiò i gomiti sul bancone che era davanti a noi. – Lui ci tiene a te, per questo non vuole fare le cose di fretta, e direi che lui se la sta prendendo veramente con calma. Nonostante questo però, si è ritrovato davanti una ragazza che ha fatto di tutto per infastidirlo e, allo stesso tempo, sembrava volerselo portare a letto. Se questo povero ragazzo ha detto la verità, e sono mesi che non tocca e non viene toccato da una ragazza, è normale che a tratti non riesca a trattenersi. Nel momento in cui vede che tu non prendi sul serio la questione e continui a stuzzicarlo, trovo altrettanto normale che lui inizia a fare il tuo stesso gioco. Dopotutto, stiamo continuando a parlare di un ragazzo di vent’anni.
Avvampai e guardai Elena, che stava guardando Isaiah con aria concentrata. – Vedi, Isaiah – iniziò lei mordicchiandosi il labbro inferiore, – questi sono i momenti in cui mi ricordo perché a volte sento di amarti – scherzò lei facendo ridere Isaiah.
– Quando lascerai quel ragazzo ricordati di dirmelo – rispose Isaiah stando al gioco di Elena, prima di andare a dare una birra ad un ragazzo.
Elena sbuffò. – Non capisco perché devo per forza scegliere tra due ragazzi, quando potrei semplicemente avere tutti e due i miei amori – mi disse a bassa voce facendomi ridere. – Comunque, il discorso di Isaiah non fa una piega. Ma ora che siamo noi due, dimmi.. Come ti ha fatto capire che ti voleva portare a letto?
Diventai ancora più rossa. – Elena! – esclamai io a bassa voce prima di dare una porzione di patatine fritte e un hamburger ad un bambini insieme a suo padre.
– Quanto sei pudica, a volte mi chiedo come facciamo ad essere amiche – sbuffò lei alzando gli occhi al cielo. – Dai, tanto un’idea più o meno me la sono fatta.
– Ecco, rimani con quell’idea – risi io. Mi diede una spintarella per incitarmi a parlare. – Davvero, Elena, non è…
– Amelia Chase, sono mesi che ti racconto la mia vita sessuale nei minimi dettagli, ora tocca a te – tagliò corto Elena e, quando mi vide in difficoltà, sbuffò, esasperata, per poi dirmi: – Va bene, proviamo con il gioco del “potrebbe aver fatto”. In pratica, tu mi dico cosa potrebbe aver fatto e cosa non potrebbe aver fatto, ed io dovrò indovinare se dici la verità o no.
Aggrottai la fronte. – Non credo di aver capito molto bene. Esiste veramente questo gioco?
– Non lo so e non m’interessa. Su, tocca a te – borbottò lei.
Sbuffai e sorrisi ad un cliente, per poi portargli una Coca-Cola e un’insalata con il pollo. – Allora.. potrebbe avermi guardato più volte le labbra, potrebbe non avermi… Oh, insomma! Potrebbe avermi fatto praticamente sdraiare sul bancone della cucina, potrebbe non avermi baciato, potrebbe avermi baciato il collo, potrebbe avermi fatto girare di schiena, potrebbe non avermi detto che mi ama, potrebbe avermi detto che sa che mi piace, potrebbe avermi detto che mi dovevo distaccare da lui, potrebbe avermi fatto allontanare da lui per poi spostarsi del tutto.
– Voi ragazze ed i vostri discorsi – bofonchiò Isaiah prendendoci in giro. – Dì semplicemente se là sotto era tutto apposto o no.
Spalancai gli occhi. – Isaiah, non essere così diretto.
Isaiah fece spallucce. – Alla fine è questo quello che conta – borbottò prima di tornare a lavoro.
Elena ridacchiò. – Ripeto, Isaiah, non saresti proprio il tipo che accetta di stare con una ragazza impegnata? – chiese lei ad alta voce. I clienti abituali risero, come sempre; quelli nuovi invece sorrisero, un po’ confusi. Tutti noi sapevamo com’erano fatti Isaiah ed Elena: erano tutto un punzecchiarsi e proteggersi. Si volevano veramente bene, c’era una forte complicità tra loro, ma la cosa finiva là. Nessuno dei due provava veramente qualcosa per l’altro.
– Mi dispiace, Elena, ma sono più un tipo da una relazione seria e a due – rispose Isaiah continuando a ridere. Non era una novità che avesse un timbro di voce perfetto: rauco ma non troppo. Quando rideva faceva un certo effetto addirittura a me! Molto probabilmente era anche perché raramente Isaiah rideva, quel giorno però sembrava di buon umore, ed era una novità sentirlo ridere così tanto.
Elena fece un fino respiro esasperato. – Mannaggia, non mi dirà mai di sì – borbottò lei facendoci ridere un’altra volta. – Per la seconda volta in un giorno, devo dire che Isaiah ha ragione. Quello che conta è come stava messo là sotto. Tanto sappiamo tutti che la risposta è positiva: sei appena diventata viola – canticchiò Elena facendomi l’occhiolino. – Bé, almeno non è gay – commentò prima di uscire dal locale con un vassoio.
Isaiah mi guardò e poi alzò gli occhi al cielo. – Tanto lo sai anche tu quello che vuole – disse avvicinandosi a me. – Potrai anche essere ingenua, ma non sei stupida, e capisci anche tu quando un ragazzo ti vuole o meno; anche perché sarebbe impossibile non rendersi conto di quello che succede là sotto a noi ragazzi. Il fatto che non abbia mandato tutto a quel paese e ti abbia allontanata, secondo me, la dice lunga sul suo fatto e su quello che prova per te. Se non fosse attratto da te non ti avrebbe praticamente spogliata su un bancone della cucina. E, fidati, lo so che i banconi delle cucine sono degli ottimi posti su cui posare una bella ragazza, ma di solito io non mi metto a fare sesso sul bancone della mia cucina con una ragazza che non mi attrae e con la quale non mi sento particolarmente preso; dopotutto stiamo parlando di una cucina. Se per lui fossi stata una qualunque non ti avrebbe spostata, non ti avrebbe fatto una scenata di gelosia con un tuo amico palesemente gay, e soprattutto non avrebbe tenuto una casa che, tra parentesi, aveva comprato per te, per voi.
 
 Bussai alla porta e poco dopo sentii qualcuno correre all’interno della casa. La porta si aprì subito e spuntò un Michael completamente diverso da quello di ieri sera: molto più sere e sorridente. Inoltre, aveva di nuovo quella felpa grigia senza nessuna maglietta sotto e dei pantaloni stranamente larghi. – Vieni, entra – esclamò lui facendosi da parte, gli sorrisi ed entrai senza dire niente. – Hai cenato a lavoro? – chiese guardandomi, annuii. – Ok – mormorò lui, eppure sentii uno strano odorino di pizza.
Lo guardai e lo vidi arrossire un po’, cercai quindi non sorridere. Aveva preso un po’ di pizza anche per me? – Ti è rimasto qualche pezzo di pizza? – chiesi quindi, un po’ perché non volevo che ci rimanesse male e un po’ perché non si poteva dire di no alla pizza.
– Oh… Sì, qualche pezzo dovrebbe essere avanzato – rispose prima di andare in cucina. – Fai come se fosse casa tua! – aggiunse dalla cucina, e lo sentii mormorare: – Anche se in realtà è veramente casa tua.
Avvampai ma decisi di fare finta di niente, perciò mi sedetti sul divano e mandai un messaggio sia a Jennifer che a Nick. Quando Michael finì di riscaldare la pizza tornò in salone e si sedette accanto a me, lasciando lo spazio giusto per il piatto. – Durante il tour non facevamo altro che mangiare a quest’ora. Finivamo i concerti e, puntualmente, andavamo a mangiare o la pizza o da Mc Donalds.
Il campanello suonò facendomi irrigidire immediatamente. – Aspettavi qualcuno? – chiesi io, infastidita. Delle strane immagini mi piombarono subito in mente e sentii uno strano moto di gelosia farsi spazio nel mio stomaco.
– Emh… no – borbottò lui diventando rosso. – Aspetta qua – aggiunse prima di alzarsi e andare verso la porta. Quando aprì la porta non riuscii a vedere a causa dell’altezza di Mike. – No, aspetta. Che ci fai qua?! – chiese lui, nervoso. Eppure una ciocca bionda lo fece scansare ed entrò dentro casa.
– Luke?! – chiesi io. – Che ci fai qua?
– Michael mi ha detto che saresti venuta verso quest’ora e ho pensato di venire anch’io –rispose lui mettendosi al posto di Michael. Guardai quest’ultimo, che scoccava occhiatacce a Luke. – Allora… Parliamo, che ne dici? – mi propose Luke. – Iniziamo da Arzaylea, vuoi? – chiese, ma non mi diede nemmeno il tempo di controbattere. – Bene. Sei stata una stronza.
Sgranai gli occhi. – Come, scusa?
– Luke – lo avvertì invece Micahel, visibilmente irritato.
– Con Bryana sei sempre stata molto carina e dolce, sembravate migliori amiche. Hai mai pensato a come mi sarei sentito se tu avessi guardato la mia ragazza come una poco di buono? – sbottò Luke, era tutto rosso in viso e gli occhi sembravano stranamente spenti.
– Non l’ho mai guardata in questo modo. Mi è semplicemente sembrata… una ragazza molto diversa da te – borbottai io. – Bryana era diversa. Era dolce e… non lo so, mi ha sempre dato l’idea di una ragazza disponibile. Mi ha sempre aiutata.
– Ah, quindi una ragazza ti deve baciare i piedi per avere la tua approvazione – disse Luke annuendo, era sempre più rosso ed annuiva con una certa forza. Non lo riconoscevo più, non mi sembrava nemmeno lui. Avevamo litigato in passato, ma non mi aveva mai trattato in questo modo.
– Luke, cazzo! – tuonò Michael.
– No, lascia stare – dissi io guardando Mike. – No, Luke, non mi devono baciare i piedi. Devono semplicemente cercare di non guardarmi come se fossi troppo poco per stare accanto a loro. E poi, dai.. ha un mascherone in faccia!
– Forse sei solo tu a sentirti così inferiore a lei che ogni volta che ti si avvicina ti senti giudicata – mi fece notare Luke duramente. Sbarrai gli occhi e trattenni il respiro, ferita. – Lei ti voleva veramente conoscere, le ho parlato un sacco di come sei, di come sai essere dolce e comprensiva. Poi si è vista una stronza egocentrica davanti e ha lasciato perdere.
– Ok, basta così – ringhiò Michael facendo alzare Luke con la forza. – Vattene da casa nostra. Adesso.
“Vattene da casa nostra”.
“Nostra”.
– Mi dispiace un sacco, principessa – mormorò lui. – Lo avevo sentito nervoso sta’ mattina, ma non pensavo che c’entrassi tu – borbottò guardando la porta.
Risi amaramente. –È assurdo come riusciate sempre ad attaccarmi usando i miei punti deboli – bofonchiai. Però ci pensai: era colpa mia, dopotutto era vero che mi sentivo inferiore ad Arzaylea, ma non mi sembrava di essere stata così maleducata. Ok, non ci avevo parlato ed ero stata soltanto con i miei amici, ma era perché purtroppo mi era sembrata una ragazza con cui avrei potuto pochi punti in comune. Pregiudizi? Forse. Decisi che avrei provato a chiarire con lei, ma mi aspettavo delle scuse da parte di Luke.
Michael continuò a guardarmi con gli occhi sgranati. – Ieri sera ti ho detto quello che ti ho detto perché mi sono sentito altrettanto messo in discussione. Sai benissimo che sono attratto da te, me l’hai pure fatto notare – borbottò lui ed i suoi occhi verdi sembrarono farsi più luminosi. – Vuoi mangiare un po’?
– Mi è passata la fame – risposi io incrociando le braccia ed allontanandomi un po’. Ripensai alle parole di Isaiah e di Ash. – Cosa vuoi da me, Michael?
Alzò di scatto lo sguardo su di me, sembrava preoccupato e mi sentii squagliare sotto i suoi occhi. – Io… ho tenuto la casa.
Cercai di non ridere. – Sì, ho notato – risposi indicandogli il posto dove ci trovavamo.
Scosse la testa avvampando ed a quel punto non riuscii a non sorridere: lo stavo mettendo in imbarazzo. Finalmente ero riuscita a metterlo in imbarazzo. – Già, bé… – ricominciò, sbuffo e si alzò dal divano. Tutta la serenità lasciò spazio a quella che mi sembrò ansia. – Quando ti ho detto che non ho più toccato una ragazza oltre a te, da quando ho deciso di fare sul serio con te, ero sincero. Non stavo mentendo. Non… Non riesco più a trovarne il senso, capisci? Non ne sento nemmeno più il bisogno e…
– Michael – lo richiamai io. – Ti rendi conto che mi stai parlando dei tuoi “bisogni”?
– Sì – rispose lui tranquillamente. Risi, era bellissimo come non riuscisse a sentirsi in imbarazzo a parlare di una cosa così privata. – Comunque, ieri mi sono messo a pensare e sono arrivato alla conclusione che… credo di amarti.
Posai subito una mano sul cuore, che sembrò quasi scoppiarmi nel petto.
– Tutto è iniziato quando ho cominciato a pensare alle cose che mi piacevano di te. Ho iniziato a pensare al tuo modo d’innervosirti per ogni cosa, al modo in cui mi guardi quando hai paura di dirmi una cosa; al modo in cui ridi e, puntualmente, cerchi di coprirti la bocca; al modo in cui mi guardi quando non sai come comportarti dopo che abbiamo litigato e ci stanno tutti i nostri amici intorno a noi; al modo in cui mi hai guardato ieri sera quando ti ho detto che ero uscito con altre ragazze e sembravi pronta a spaccare il mondo. Amo il modo in cui mi tocchi, perché lo fai come se fossi la cosa più delicata del mondo, ma allo stesso tempo sembri non riuscire a trattenerti. Amo il modo in cui posi il tuo piccolo viso su di me, come a chiedermi di aiutarti. Amo il modo in cui mi parli, guardandomi negli occhi e cercando di capire ogni singolo gesto che faccio. Per non parlare di quando ti concentri e aggrotti la fronte! O quando, come ieri sera, ti comporti come se questa fosse casa tua, ti siedi sul bancone della cucina e bevi un bicchiere di vino, sfidandomi a comportarmi come te. Amo quando ti tocchi i capelli per cercare di lisciarli. Amo quando ti lasci struccata e a malapena te ne accorgi, a volte spero con tutto il mio cuore che tu sia riuscita finalmente a vederti nel modo in cui ti vedo io. Amo quando sei nervosa e cammini per tutta casa. Oppure quando pensi che non ti stia guardando e inizi a mangiucchiarti le unghie, non sapendo cos’altro fare, quando mi sembra evidente che non riesca a staccarti gli occhi di dosso per più di pochi secondi. Ho pensato pure a quanto mi senta maledettamente male quando litigo con te, o a quanto mi possa sentire arrabbiato quando penso a te che stai con un ragazzo che non sono io, anche se si tratta di un mio amico, perché ai miei occhi sei così intrigante che potresti far perdere la testa anche ai miei migliori amici. Ho pensato a quanto vorrei vederti insieme a me, in questa casa. Ho pensato a quando abbiamo dormito insieme per la prima volta in questa casa e al modo in cui mi sono sentito… completo e sereno, e a quante volte vorrei dormire insieme a te. Quindi… sì, credo di amarti, perché per la prima volta accetto e sento la mancanza del passato, ma allo stesso tempo non mi accontento e desidero un futuro. Con te. Solo con te.
Mi vennero le lacrime agli occhi. Era finalmente successo. Mi aveva finalmente detto che quello che provavo io, lo provava anche lui. Mi aveva appena detto che mi amava, mi aveva appena detto che amava tante cose che io invece odiavo, che aveva notato e amava molte mie azioni che facevo senza nemmeno rendermene conto. Mi aveva appena fatto capire che mi osservava sempre, l’aveva sempre fatto. C’era quel “credo” ma lo accettai senza problemi. Era normale, aveva paura e non sapeva ancora bene cosa fosse quel sentimento. Era successo anche a me.
Mi mordicchiai le labbra, indecisa sul da farsi, e lo guardai dritto negli occhi. Sembrava nervoso, non voleva guardarmi eppure continuava ad alzare lo sguardo dopo pochi secondi che lo abbassava. Ripensai a quello che mi aveva detto solo il giorno prima Ashton, sul fatto che non riuscisse a non guardarmi per più di cinque minuti e, in effetti, l’aveva appena ammesso anche lui. Questo fece mancare un battito al mio cuore.
– Dovresti dire qualcosa a questo punto – disse Mike facendo un sorriso imbarazzato.
Mi ricordai quando era rimasto lui in silenzio, appena dopo avergli detto tutto quello che provavo per lui. Mi aveva fatto tanto male, mi ero sentita non corrisposta, ma anche a disagio e derisa. – Sono successe tante cose tra noi – mormorai io. – Così tante cose negative che a volte sembrano offuscare quelle belle.
Gli occhi di Michael si fecero più profondi, più preoccupati, diventarono così grandi da essere l’unica cosa che riuscii a vedere per un po’ di tempo. Deglutì sonoramente e abbassò di nuovo gli occhi sulla pizza, la quale ormai era diventata fredda. – Quindi… cosa? Non mi ami più? – chiese lui, ancora pallido in faccia ma con lo sguardo fiero, così come la sua voce.
Che domanda, pensai. Certo che lo amavo. Avrei dovuto dirglielo? Forse. Anzi, probabilmente. Mi alzai di scatto dal divano, presi il piatto con la pizza e andai in cucina. Stavo scappando dall’inevitabile, lo sapevo, ma avevo bisogno di un attimo di pausa. La sera prima ero andata a dormire con il pensiero che mi voleva lasciare alle spalle una volta per tutte, quel giorno invece mi aveva detto di amarmi. Non mi ero assolutamente preparata a quello, pensavo che il fine di quella serata a casa sarebbe stato completamente diverso. Dopotutto lui era sempre così: poteva succedere di tutto in qualsiasi momento. Sentii i suoi passi raggiungermi, non mi arresi e continuai a mettere la pizza dentro il cartone, dove mi stavano aspettando altre tre fette di pizza, segno che mi aveva veramente comprato la pizza in caso avessi avuto fame.
Mi prese la mano e mi ritrovai davanti a lui in pochi secondi. Sgranai gli occhi, interdetta, e pochi secondi dopo le sue labbra catturarono le mie. Quel bacio era diverso, i nostri baci erano sempre stati un crescendo di passione e desiderio, ma quello era completamente diverso. Quel bacio scoppiò come i fuochi d’artificio, non era dolce, era solo passione, desiderio e forse addirittura un rimarcare quello che era suo. Sembrava volermi e basta, ma non di quel volere fisico, di quel volere mentale e fisico. Sembrava volermi fare sua tanto quanto lui era già mio. E lo era, perché mi aveva appena detto che mi amava. Portai le mani sulle sue spalle e le strinsi, incapace di fare altro, per poi aprire le labbra. Sussultò e afferrò di scatto i bordi del bancone dietro di me, coprendo totalmente il mio corpo con il suo. Mi alzai un po’ per toccare i suoi capelli appena sopra la nuca e lo sentii rabbrividire contro il mio corpo, staccò le sue labbra dalle mie per riprendere fiato, il suo cuore batteva forte contro il mio petto.
– Michael… – iniziai io, per care di parlargli, ma non mi fece dire niente. Anzi, mi alzò da terra ed io, d’istinto, allacciai le gambe attorno ai suoi fianchi e lo abbracciai.
Iniziò ad avanzare fino a  quando non sentii il freddo del muro sulla schiena. Mi distaccai da lui raddrizzando la schiena e risucchiai un respiro quando posò le labbra appena sotto il mio collo. Gli accarezzai i capelli, scompigliandoglieli un po’, e posai la testa sul muro freddo. Ben presto si allontanò dal muro e andammo in salone, cademmo sul divano ma riuscì a non schiacciarmi col suo peso.
Avvampai guardandolo dritto negli occhi, aveva le pupille dilatate e il fiato corto, esattamente come il mio. – Tu mi fai… – iniziò, ma la sua voce s’incrinò. – Non hai idea delle cose che mi fai provare – disse guardandomi negli occhi.
Appoggiai la testa sul cuscino continuando a guardarlo, non gli risposi. Non c’era molto da dire, pensai che riuscisse a capire dal modo in cui lo guardavo che lo amavo, esattamente come lo capii io quando continuò a guardarmi in quel modo. Quel modo che ti fa capire che ai suoi occhi sei veramente una persona speciale, attraente e, perché no, perfetta. Quel modo che ti faceva attorcigliare lo stomaco e battere forte il cuore. Nessuno mi aveva mai guardata in quel modo, nemmeno Finn. Era un miscuglio di emozioni, sembrava provare stima, rispetto e desiderio allo stesso momento. Sembrava provare amore. Quello vero.
– Non dici niente da quando ti ho detto che ti amo. È una cosa positiva? – chiese lui, aggrottando la fronte.
Sorrisi e mi alzai un po’ per baciarlo. All’inizio s’irrigidì, sembrò quasi volersi staccare, quando però infilai timidamente le mani sotto la sua maglietta sobbalzò, il braccio che lo sorreggeva tremolò un po’. A quel punto ricambiò il bacio e iniziò ad abbassarsi su di me.
Cercai di alzargli la maglietta, facendogli capire che volevo se la togliesse, mi capì subito e se la tolse senza troppe storie. Rimasi a guardarlo. Non aveva un fisico muscoloso e asciutto, eppure vederlo in quel modo mi fece scoppiare il cuore di gioia. Non era muscoloso, ma era vero e lo volevo con tutta me stessa. E lui, era il mio Michael Gordon e il mio amore non aveva un fisico perfetto. Ma era il mio amore ed era bellissimo.
– Lo so, non è…
Posai un dito sulle sue labbra. – Sei bellissimo – mormorai e come risposta ricevetti un bacio. Era un altro di quei baci pieni di promesse, di amore e di desiderio. Sentii la sua gamba insinuarsi tra le mie, posai una mano sul suo petto mentre mi prendeva una gamba e se la metteva accanto al fianco; quando poi si abbassò del tutto su di me inarcai la schiena e chiusi gli occhi socchiudendo le labbra.
Decidemmo così di salire in camera da letto, durante il tragitto la mia maglietta raggiunse il pavimento e così anche i pantaloni di Mike. Non eravamo mai arrivati a quel punto, non mi aveva mai vista completamente senza vestiti e nemmeno io. Quando però raggiungemmo il letto, ben presto non ci fu nessun capo a dividerci. Pensai di dirgli che lui sarebbe stato il primo, ma non mi uscivano le parole, quindi decisi di non dire niente. Poteva anche non succedere quella sera, qualcosa però mi diceva che volevo che accadesse proprio in quel momento. Ci fu un momento in cui tutto si fermò lui mi guardò negli occhi e si immobilizzò. Capii quanto sforzo stesse facendo quando lo vidi tremare e i muscoli delle braccia sembravano non farcela più. Mi stava guardando e mi stava chiedendo in silenzio cosa volessi fare, quindi lo abbracciai e allacciai le gambe ai suoi fianchi.
Quando lo vidi prendere un preservativo quasi scappai, tuttavia riuscii a rimanere ferma a guardarlo. Si avvicinò a me e mi baciò il naso facendomi ridacchiare, a quel punto iniziò a lasciarmi piccoli baci su tutta la faccia. Sapevo di avere un’espressione stupida, per la prima volta però non m’interessava: ero felice e volevo che lui lo sapesse. Perché nasconderlo?
In quel momento lo sentii insinuarsi dentro di me, sussultai e strizzai gli occhi. Lo vidi. Lo guardai mentre spalancava gli occhi e si fermava, tremando. Lo vidi rimanere a bocca aperta, intento a far uscire quella domanda che però non uscì. – Amy? – gracchiò e arrossii ancora di più. – Cosa…? – chiese spostando il peso su un solo braccio.
Fece per allontanarsi da me, e una parte di me, quella che stava soffrendo, quasi ne fu felice. – Che stai facendo? – chiesi io, la voce piena di panico, stringendo la presa sui suoi fianchi.
– Non capisco – mormorò lui, continuava a tremare.
Mi alzai un po’ dal cuscino e lo baciai. All’inizio rimase fermo, nemmeno ricambiò il bacio, quando però alzai un po’ bacino sobbalzò e sembrò gemere. Posò la fronte nell’incavo del mio collo, il suo respiro affannato mi fece venire la pelle d’oca. – Mike? – lo chiamai io, in imbarazzo e preoccupata.
– Non me l’hai detto – sussurrò, più passava il tempo e più sembrava tremare. – Io… – aggiunse prima di muoversi impercettibilmente, m’irrigidii subito sento uno strano bruciore. – Non so che fare – finì con una voce rauca.
– Non preoccuparti – dissi io accarezzandogli i capelli. Gli baciai la tempia e passai le mani lungo la sua schiena. Ero stranamente calma, forse perché sapevo di stare facendo la cosa giusta. Questo sembrò convincerlo a lasciarsi andare.
Non credo mi scorderò mai il dolore che provai quella sera, ma quello che sicuramente non mi scorderò – forse nemmeno dopo la morte o, nel nostro caso, nella prossima vita – saranno i suoi sussulti a ogni piccolo gesto che compii, i suoi piccoli baci… Ma, soprattutto, il modo in cui mi sentii: completa. Così tanto che pensai che nessuno dovrebbe permettersi di far entrare in questo modo una persona. Perché una cosa così ti rimane; quella persona ti rimane incastonata dentro e, anche dopo essere uscita, non ti sembrerà mai così.
 

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Capitolo 38
*** Una coppia ***


Capitolo 37
Una coppia

Quando aprii gli occhi ci misi un po’ a rendermi conto che quel ragazzo che dormiva accanto a me era veramente Michael. Eppure doveva essere lui, era lui per forza. Stava dormendo di lato, la testa abbassata e la coperta appena sotto il mento, quasi in posizione fetale. Riuscivo a guardare il suo viso rilassato, le sue labbra rosee socchiuse; non aveva quell’espressione corrucciata che sembrava avere quasi sempre ormai. L’avevo già visto dormire, dal momento che avevo già dormito in quel letto con lui, eppure quella mattina mi sembrò ancora più bello. Volevo accarezzarlo, ma per paura di svegliarlo non lo feci e rimasi a guardarlo per un po’ di tempo. Se si fosse svegliato molto probabilmente mi avrebbe preso per pazza, eppure mi sembrava veramente impossibile smettere di guardarlo. Non volevo farlo, per cui non lo feci. I capelli blu e verdi gli cadevano sulla fronte e ogni tanto sembrava russare, ricordo che in quel momento non potei non sorridere. Non ricordo per quanto tempo stetti là, a guardarlo, ad un certo punto però decisi di scendere in cucina mettendomi una sua maglietta verde militare che trovai dentro l’armadio per cercare di fare una colazione almeno decente. Chiusi la porta, così riuscii a mettere un po’ di musica, canticchiai Colors di Halsey cercando di capire come fare il caffè, per poi apparecchiare la tavola con tutti i dolci che trovai dentro la dispensa. Pensai a quanto fosse strano il fatto che quella casa fosse così fornita, dopotutto erano mesi che nessuno entrava là dentro, qualcosa però mi fece pensare che forse non era poi così vero, dopotutto era anche tutto pulito.
Cercai di cucinare del bacon, lo guardai quasi bruciarsi e a quel punto decisi che era ora di metterlo in tavola. Quando presi due bicchieri con dentro del succo e mi girai per posarli sul tavolo, lo vidi scendere le scale con ancora tutti i capelli arruffati, una maglietta larga e dei pantaloncini da basket. – Buongiorno! – lo salutai sorridendo ancora di più.
Alzò di scatto la testa per guardarmi e mi sorrise. – Buongiorno, principessa – mi salutò, ancora assonnato. – Quella maglietta non mi è nuova – aggiunse poi venendo verso di me. Mi baciò sulla guancia, facendomi rimanere un po’ interdetta, e poi guardò la tavola. Doveva essersi appena lavato i denti, perché riuscivo ancora a sentire il profumo di dentifricio. – È tutto… perfetto – mormorò prima di guardarmi con le guance rosee.
Gli sorrisi e mi andai a sedere sulla sedia. – Tra poco devo uscire – borbottai io iniziando a bere il caffè. – Devo lavorare anche oggi, inoltre sta sera dovrei andare a cena da mia madre e Jason.
– Oh, se vuoi ti accompagno – rispose lui. – A casa dei tuoi, dico. Non a lavoro – aggiunse poi iniziando a bere il suo caffè, sembrava essersi oscurato un po’, ma decisi di fare finta di niente. – Noi.. emh… non abbiamo più parlato.
Posai la tazzina per cercare di nascondere il sorriso che non riuscii a fermare, così mi coprii la bocca con le mani con nonchalance. – Già – borbottai guardandolo, sapevo di avere degli occhi a cuoricino e questo mi diede fastidio, però non potevo farci niente. – Credo ci siano alcune cose da dire, ma infondo non c’è niente da chiarire, se non la nostra… relazione. Il fatto è questo: se vogliamo veramente avere una relazione stabile e duratura, dovremo essere più maturi possibile. Ieri sera, dopo che ti sei addormentato, ho pensato tanto a questa cosa. L’equilibrio di cui noi abbiamo tanto bisogno si può raggiungere solo attraverso la maturità. E, siccome a volte non riesco proprio a rimanere obiettiva, dovresti cercare di farmi presente quando diventerò troppo pesante o immatura; la stessa cosa dovrò fare io nei tuoi confronti.
Mi guardò intensamente con un mezzo sorriso, distendendo così le labbra, che erano più rosee della sera precedente. – Stranamente, sono d’accordo con te – rispose lui continuando a guardarmi. – Assurdo che tu sia riuscita a pensare lucidamente verso… Che ore saranno state, le quattro e mezzo?
Scrollai le spalle. – Non ero poi così stanca.
Rimase in silenzio anche questa volta a guardarmi. – Credo dovremmo parlare… di quello che è successo ieri sera – borbottò poi posando la tazzina. Cercai di chiedergli cosa ci fosse da dire riguardo la sera precedente, fortunatamente però mi precedette. – So che.. forse per te non è stato poi così importante, ma io pensavo veramente che tu e Finn… Sì, insomma, che fosse stato Finn il tuo primo vero ragazzo.
– Lo è stato – risposi io arrossendo. – Ma non fino a quel punto. Finn ha sempre saputo che volevo aspettare almeno quattro mesi prima di portare la nostra relazione al livello successivo, purtroppo però poi c’è stato quel disastro con mio padre e non me la sono più sentita di stare con lui, così l’ho lasciato. Stavamo insieme da circa quattro mesi, ed avevamo fatto praticamente tutto, tranne il sesso.
Assottigliò immediatamente le labbra e socchiuse gli occhi, oscuro in volto. – Praticamente tutto – mi fece eco lui. – Ok – borbottò schiarendosi la voce. Feci spallucce per fargli capire che era stato lui a chiedermi i dettagli. – Non capisco… – continuò lui e si fermò abbassando lo sguardo. Ripensai alla sera precedente, a quando mi aveva detto esattamente quelle parole, preoccupato e confuso, ed arrossii ancora di più. Si schiarì un’altra volta la voce e riprovò: – Perché non dirmelo prima?
– In realtà non lo so, ho pensato di dirtelo così tante volte, eppure non sono mai riuscita a farlo veramente – risposi io togliendo le mani da davanti la bocca, per poi ricominciare a bere il caffè. – È stato un problema per te? – chiesi quindi, preoccupata. – Non volevi farlo con…
– No! – esclamò lui spalancando gli occhi. – No, no, non è per questo. Non sceglierei mai una ragazza in base alle sue esperienze, è solo che per te sarà stato molto importante.
Rimasi con la tazzina a mezz’aria a guardarlo, scioccata, mentre lo stomaco iniziò a farmi strani scherzi. – Perché, per te non lo è stato? – chiesi io facendo finta di ridere.
Sussultò. – Dio, certo che è stato importante! Non mi sto spiegando bene – borbottò abbassando lo sguardo. Si arruffò ancora di più i capelli, nervoso. – Ho solo paura di averti… Non so, delusa forse? Se avessi saputo che sarebbe stata la tua prima volta avrei fatto le cose più in grande. Di certo non ti avrei fatto perdere la verginità in un letto normalissimo, in una casa che, per quanto possa essere nostra, tu non ti ci sei mai sentita a tuo agio, in una situazione non del tutto perfetta. Dopotutto, il giorno prima avevamo litigato, il giorno stesso invece avevi litigato con Luke, e quando ti ho detto che credevo di amarti sei praticamente scappata.
Scossi la testa ridendo. – Michael, se ieri sera è successo quello che è successo significa che per me ne valeva la pena – replicai io sorridendogli. – Non ti preoccupare, davvero.
Fece un respiro profondo, sembrava veramente in imbarazzo. – Quindi non ti ho fatto male?
Mi strozzai con il caffè e finalmente rispuntò il suo sorrisino malizioso. – Michael – gracchiai io continuando a tossire. – Se mi avessi fatto male ti avrei tirato il comodino in testa – risposi io facendolo ridere.
– Sai cosa intendo, so che ti imbarazza parlare di queste cose, ma ho bisogno di sapere se ti ha fatto veramente tanto male o no. Ad  un certo punto stavi con le lacrime agli occhi! – esclamò lui.
– Mike, smettila, davvero – squittii io, viola. – Non mi hai fatto male, sei stato… molto delicato? – cercai di dire io, lui annuì con le labbra ridotte a fessura per non scoppiare a ridere, cosa che invece fece dopo pochi secondi. – Oh, ecco, vedi?! – esclamai io, imbarazzata. – Ecco perché non voglio parlare con te di certi argomenti! Mi prendi sempre in giro!
– Mi dispiace, mi dispiace – rispose lui continuando a ridere. – Ma la tua faccia è bellissima quando cerchi di sembrare a tuo agio mentre parli di sesso con altre persone. Per non parlare del tono di voce! – continuò lui ridendo. – Ti adoro anche per questo, sul serio. La tua ingenuità a volte mi fa sembrare veramente cattivo.
Ci pensai un po’ su e poi me ne uscii dicendo: – Ieri sera non sono stata molto ingenua, però. – Mike prese un cereale e si fermò a guardarmi. – Carina, eh? – scherzai io tirandogli un calcio da sotto il tavolo. – Non è stata male però, sembravo quasi a mio agio.
Scosse la testa facendo una mezza risata. – Oh, principessa, non puoi capire quanto – borbottò poi ricominciando a mangiare. Guardò il bacon, poi mi scoccò un’occhiata e chiese: – Questo l’hai cucinato tu?
– Sì – risposi io trattenendo una risata.
– Ok – bofonchiò prendendo un pezzo di bacon, se lo rigirò tra le dita e con un gesto secco se lo mise in bocca. Iniziò a masticare e poi si fermò di scatto, mi guardò con gli occhi spalancati.
– Buono, eh? – scherzai io, perché si vedeva dall’espressione che faceva schifo.
– Eccezionale – rispose lui con ancora la bocca piena di bacon, masticò un altro po’ e poi faticò ad ingoiare. Nascosi le labbra dietro le mani per non fargli vedere che stavo ridendo. – Prova anche tu, è veramente buono – propose lui.
– Odio il bacon – risposi io scuotendo energicamente la testa. Michael prese un pezzo di bacon e me lo porse. – No, veramente, non mi piace per niente – ripetei quando non diede segni di rassegnazione, anzi ad un certo punto si alzò dalla sedia per farmelo mangiare. – Oh, Mike, non ci provare proprio! – esclamai io alzandomi dalla sedia.
– Dai, un pezzettino – sogghignò lui prima di cercare di prendermi. Ben presto quindi iniziammo a correre per tutta la cucina, ridendo come matti, fino a quando lui si fermò di scatto. – Bella! – esclamò quando iniziò la canzone Classic dei MKTO, lasciò il bacon nel piatto e mi porse la mano. – Mi concede questo ballo? – propose sorridendomi ancora di più. Lo guardai, indecisa se scoppiare a ridere o accettare e ballare insieme a lui. – Oh e dai! – esclamò lui improvvisando un balletto, fece una giro su sé stesso schioccando le dita per poi porgermi entrambe le mani. A quel punto non potei non accettare e ci buttammo in un ballo ridicolo ma non eravamo affatto imbarazzati. Mi fece fare un paio di giri, a quel punto mi lasciò a ricominciò a ballare goffamente. Scoppiai a ridere e lo imitai. – Esattamente, così! – esclamò lui prima di prendermi un’altra volta e farmi fare più giri di fila. – Baby, you’re so classic – canticchiò lui sballottandomi da una parte all’altra della cucina facendomi ridere ancora di più. Infine, quando la canzone finì, mi fece fare un casqué e mi sporsi così indietro che quasi cademmo per terra.
Finito il balletto, ricominciammo a mangiare, e poi decisi di andarmi a fare una doccia. Ovviamente Michael propose di farcela insieme, purtroppo però mi sentivo ancora troppo insicura per far vedere il mio corpo in un bagno e soprattutto con la luce accesa. Così entrai nella doccia ed iniziai a farmi lo shampoo, ero completamente rilassata, perché Michael sembrava aver capito il mio disagio ed accettato, quindi feci le cose con calma. Pensai a tante cose, tra cui a quanto mi sentissi felice e completa, esattamente come aveva descritto lui cosa provava quando stava con me solo il giorno prima. Mi chiesi se si sentisse ancora così e il sorriso che aveva stampato sulle labbra da quella mattina mi faceva sperare che sì, anche lui si sentiva così.
Quando mi stavo mettendo il bagnoschiuma ero così immersa nei miei pensieri che all’inizio quasi non sentii l’acqua che diminuiva, poco dopo però diventò gelata e cacciai un urlo. Mi girai di scatto e riuscii a distinguere Michael davanti il lavandino. – Michael! – urlai io con una voce così squillante che quasi non la riconobbi. Lui ormai era piegato in due dalle risate. – Chiudi subito l’acqua! – gridai chiudendo il soffione della doccia. – Ho freddo, Michael! – continuai, eppure lui continuava a ridere. – Questa me la paghi – borbottai prima di uscire dalla doccia, mettermi l’accappatoio in un batter d’occhio ed usare un asciugamano come frusta, che gli colpì il didietro.
– Ahi! – urlò lui sussultando. – Ah, è così che la metti? – chiese lui prima di mettere in atto una mossa che avevo solo visto nel rugby, prese la rincorsa e, quando pensai che mi stesse per buttare a terra, mi caricò sulla spalla per poi iniziare a correre.
– Mike! – urlai io mentre venivo sballottata da una parte all’altra. – Mettimi giù! – continuai dandogli schiaffi sulla schiena e, a volte, sul didietro. Eppure il tutto sembrava solo alimentare il suo divertimento. Cercai anche di dargli dei calci, ma era difficile in quella posizione. Poi mi venne un mente un’idea, gli morsi prima la schiena e poi gli diedi un pizzicotto sul sedere.
Sussultò più volte e mi buttò sul letto. – Mi mordi? Addirittura? – chiese lui con un sorrisino malizioso, feci spallucce come risposta. – Potrebbe quasi piacermi questa ragazza tutta urli e morsi – mormorò, si mise sopra di me e diventai subito rossa. – Sei tutta una scoperta, Amelia Emory.
– L’hai detto tu, non io – canticchiai io ridendo. – Mettiamo in chiaro una cosa però – dissi afferrando la sua maglietta per avvicinare il suo viso al mio, occhi dentro occhi. – Tu sei mio, tanto quanto io sono tua. Questo significa che sì, sarei veramente in grado di uccidere le ragazze che ti toccano un po’ troppo.
– Almeno su questo fronte siamo d’accordo – disse lui prima di baciarmi.
 
Bussai alla porta, nervosa, e mi guardai intorno. Poco prima avevo mandato un messaggio a Calum per chiederci se c’erano Arzaylea e lui mi aveva risposto dicendomi che Luke era andato a fare una passeggiata con Mike. Il tempismo quindi era perfetto, stranamente.
La porta si aprì quasi immediatamente ed incontrai subito gli occhi annoiati e poi interdetti di Arzaylea. – E tu che ci fai qua? – chiese lei. Bé, bel modo per ricominciare daccapo.
Cercai di non alzare gli occhi al cielo. – Secondo te? Vorrei parlare con te – borbottai io e per i primi cinque secondi la ragazza sembrò lanciarmi occhiatacce, quando però capì che ero completamente immune a lei e a questi giochetti, si fece da parte per farmi entrare. – Perfetto, grazie – dissi entrando nella stanza. Era molto in disordine, nonostante fossero le tre di pomeriggio. – Mi siedo, è un problema per te? – chiesi indicando la poltroncina vicino allo specchio.
– Affatto – rispose lei, sembrava infastidita e scioccata allo stesso tempo. – Allora – iniziò sedendosi sul letto, – cosa posso fare per te?
Cercai di non scoppiare a ridere. – Innanzitutto, potremmo cominciare col dire che nessuno deve fare niente a nessuno – borbottai io alzando gli occhi al cielo. – Sono qua perché Luke mi ha parlato di te e perché, secondo lui e forse anche secondo te, non mi sono comportata da persona educata.
– Diciamo che semplicemente mi aspettavo una persona completamente diversa, o forse solo più disponibile e aperta – rispose lei facendo spallucce.
Sorrisi come un ragazzo sorride ad un bambino. – Luke dovrebbe sapere che sono la persona meno aperta di questo pianeta – replicai io guardandola. – Forse non sono stata esattamente una persona socievole, ma posso assicurarti che non lo sono mai. Questo mi sembra completamente diverso dall’essere una persona maleducata.
– A me sembri semplicemente una persona con molti preconcetti sbagliati – bofonchiò lei abbassando lo sguardo, soprappensiero. Non ero nemmeno sicura che si fosse accorta di averlo appena detto ad alta voce, perché quando mi guardò di nuovo ebbe un piccolo sussulto.
– Forse ho avuto dei piccoli pregiudizi verso di te, questo sì, ma poi ci ho pensato e penso che questo tuo fare da ragazza perfetta sia solo una maschera per proteggersi da quella che è la società e le persone ci credono – risposi io, serena. – Quindi… Piacere, io sono Amelia – dissi alzandomi e porgendole la mano. – Luke mi ha parlato molto di te.
– Arzaylea – affermò lei, un po’ confusa, stringendomi la mano. – Anche a me Luke ha parlato molto di te.
– Un’altra cosa – esclamai io sedendomi un’altra volta sulla poltrona. – Ieri sera non ero nemmeno molto in vena di conversare, quindi ero ancora più chiusa del solito. Mi dispiace se ti sono sembrata maleducata, ma semplicemente non era giornata. Spero vivamente che tu capisca il mio punto di vista e, per favore, non dire niente a Luke di questa visita.
– Va… va bene – rispose lei, sembrava sempre più confusa e non potei fare a meno di sorriderle. Ero una strana persona, lo sapevo, ma forse col tempo mi avrebbe capita ed accettata, esattamente come avrei fatto io con lei.
– Immagino ci vedremo in giro – la salutai io prima di andare verso la porta. – È stato un piacere chiarire questa faccenda – finii prima di salutarla con la mano ed andarmene. Ancora c’era qualcosa in lei che non mi piaceva, forse un po’ mi ricordava Grace, anche se non sapevo bene cosa. Bussai ed entrai nella camera di Calum e di Ashton solo per salutarli. Nella camera di Calum c’era anche Jennifer, che mi sorrise freddamente. Sapevo benissimo perché era là: Calum l’aveva chiamata il giorno stesso per chiederle di vedersi, eppure non sembravano affatto contenti di vedersi, né di parlare, sicuramente stavano litigando. Ashton invece era la persona più tranquilla di questo mondo, sdraiato sul letto con il cellulare in mano.
Quando entrai dentro la macchina lessi il messaggio di Jennifer che diceva: “Dobbiamo parlare. Che è successo ieri sera? Avevi uno strano sorrisino poco fa”.
 
Aprii la porta di quella che chiamavo ancora casa mia ed entrammo. – Mamma e Jason, siamo arrivati! – esclamai andando verso il salone. Lasciai andare Cassian, il quale decise di andare subito in cucina, dove trovò mia madre e Jason, pronti a fargli tutte le coccole che non gli avevano fatto in questi ultimi giorni. Più passava il tempo e più mi mancava vivere in quella casa, con mia madre accanto e Jason, che era sempre pronto a consolarmi. Sì, avevo Michael a casa, ma non era sempre così, anzi erano più i giorni senza di lui che con lui. Mi sentivo sola, avevo ancora bisogno della mia mamma nonostante tutto.
Quando mia madre e Jason vennero in salone ci abbracciarono, mia madre difficilmente era così calorosa con me, figuriamoci con un ragazzo che aveva visto così poche volte, eppure accettai quella stranezza con piacere. Jason ci fece segno di sederci a tavola, ci avevano messo accanto, proprio come l’ultima volta che avevamo cenato insieme, tanti mesi prima. Lo guardai e quando i suoi occhi sembrarono emanare una strana luce, pensai – o sperai – che stava pensando anche lui alla stessa cosa. Gli accarezzai dolcemente il braccio prima di sedermi a guardare mia madre, la quale ci stava osservando con uno strano sorriso. Era sempre stata contraria al mio rimanere a casa tutti i giorni e non conoscere gente, far esperienze, quindi immaginai che fosse semplicemente felice per me.
– Allora… – iniziò Jason sedendosi con ancora in mano la teglia di lasagne appena sfornate. – E così vi siete rimessi insieme.
– Emh… Sì – rispose Michael, mi guardò per chiedermi una conferma, che trovò senza problemi.
– Oh, bene! – esclamò Jason sorridendomi. – Questi mesi sono stati molto duri per Amy, senza di te. È sempre stata bene senza i ragazzi, non l’ho mai vista dipendere da qualcuno, eppure con te è diverso. Da quando ti ha incontrato sembra cambiata. Non dipende da te, questo l’ha dimostrato in questi mesi senza di te, ma è decisamente più… – Sospirò guardandomi e sembrò essere più sereno. – Più brillante.
– Jason – borbottai io, rossa in viso. – Non sono poi così persa senza di te, non farti troppe illusioni – aggiunsi poi guardando Michael, stava sorridendo maliziosamente. – Non lo sono, Mike. Non ci provare – ridacchiai io tirandogli un cazzotto sul braccio.
– Oh, bé… Io lo sono – rispose lui baciandomi dolcemente la tempia, arrossii ancora di più, mentre Michael decise di continuare a parlare. – Sono assolutamente dipendente da lei, signore. E se questo mi fa sembrare una persona debole, non c’è problema: sono una persona debole. E sì, sono perso senza di lei.
Sorrisi guardando il mio piatto. – Già, forse potresti essermi mancato anche tu – bofonchiai io guardandolo di sottecchi. Il mio cuore sembrava essere diventato una bomba ad orologeria, pronto ad esplodere di gioia. Era una bella sensazione, stranamente non era la prima volta quel giorno che la provavo. Gli posai una mano sulla coscia e lo guardai negli occhi. Erano più luminosi, sembravano più verdi del solito.
– Come sta andando la tua carriera, Michael? – chiese Jason.
– Molto bene, in realtà – rispose lui ridacchiando. – Stiamo cercando di trovare un equilibrio, anche nella musica, che ci possa rappresentare e, allo stesso momento, possa aiutare anche le persone che ci ascoltano. Anche se stare lontano da tutte le persone che amo sta diventando sempre più difficile. Amo il mio lavoro, credo di essere veramente fortunato, ma ci sono molti lati negativi. A volte, mi sembra tutto troppo diverso, addirittura io mi sento troppo cambiato.
Lo guardai con la fronte aggrottata, non mi aveva mai parlato di questi problemi, eppure vedendo la sua espressione sofferente potevo capire quanto questo lo facesse stare male. – Ehi – mormoro io posando timidamente una mano sulla sua coscia per attirare la sua attenzione. – Non sei affatto cambiato, non in male almeno.
– Tu non lo puoi sapere, Amelia. Non c’eri prima che diventassi così famoso – ribatté lui allontanando la mia mano. Sentii il sangue defluirmi dal viso e il cuore fare una strana capriola. Era vero, non conoscevo il vecchio Michael, ma non volevo nemmeno farlo, perché quello che era mi faceva felice ed ai miei occhi era perfetto. Poteva sembrare una frase fatta, una scemenza da bambini; però l’amore che provavo per lo rendeva veramente perfetto su qualsiasi aspetto caratteriale e fisico. Nonostante questo, il suo improvviso distacco mi fece un po’ male, soprattutto mi sentii in qualche modo rifiutata.
– Cambiare è naturale, soprattutto quando ci si ritrova in un ambiente del genere ad un’età così giovane. Non ti conosco così bene, so solo le poche cose che mi racconta di volta in volta Amy, quindi sta a te capire se questa è la persona che vuoi essere – rispose Jason guardandolo con occhi sinceri. – C’è sempre un momento nella vita di chiunque, in cui inevitabilmente si pensa di non essere più quello di una volta. È impossibile non cambiare e, a volte, si cambia in peggio. Questo però non t’impedisce di migliorarti. Come ho già detto, sta a te capire chi vuoi essere.
Guardai mia madre, che mi fece capire solo con lo sguardo che me la stavo prendendo troppo, così sorrisi e mi rimisi a mangiare.
Rimanemmo un altro po’ anche dopo aver finito di mangiare. Aiutammo mia madre e Jason a sparecchiare e mettere apposto la cucina. Mentre ce ne stavamo per andare, mia madre mi prese e mi portò più lontana da Jason e Michael, il quale ci guardò, un po’ incuriosito, e mi sussurrò: – Pochi giorni fa sono andata a trovare tuo padre. Gli manchi vorrebbe vederti, potresti andarlo a trovare uno di questi giorni, no?
Annuii. – Certo, adesso mi organizzo e ti faccio sapere – dissi prima di tornare da Jason e Michael. Li salutammo e poi andammo verso la macchina. Decise di guidare Michael, non provai nemmeno a dirgli di no, perché la notizia che mi aveva dato mia madre mi aveva reso molto nervosa e, soprattutto, pensierosa. Rimasi per tutta la durata del viaggio in silenzio, a pensare, e questo fece innervosire anche Michael, che però non disse niente.
Erano passate un po’ di settimane, forse mesi, dall’ultima volta che avevo visto mio padre. Era difficile vederlo in quell’ambiente, dove mi sentivo quasi spiata dalle altre persone, poliziotti e non, quindi tendevo a non andare praticamente più. Non sapevo nemmeno io cosa provare, a volte provavo rancore verso mio padre, altre volte ero così triste da non voler alzarmi dal letto, ma le volte in cui mi sentivo praticamente apatica nei suoi confronti erano le occasioni in cui mi spaventavo di più. Non sapevo nemmeno io perché provavo tutte quest’emozioni completamente diverse, forse l’apatia era una specie di meccanismo di difesa per non stare troppo male. La realtà era che non sapevo nemmeno io cosa provavo e perché. E questo mi spingeva sempre di più a non voler affrontare né mio padre, né la realtà.
– Stai bene? – chiese Michael, parcheggiando davanti casa nostra. Cercò di guardarmi, ma sembrava quasi imbarazzato.
– Sì – risposi freddamente io. Appena spense la macchina, uscii ed entrai in casa con Cassian. Stava cominciando ad avere la dermatite, il ché non era affatto una novità: purtroppo aveva continue ricadute e l’unico metodo per cercare di aiutarlo erano le medicine, prima che rimanesse di nuovo senza pelo. Andai in cucina e attaccai un foglio con su scritto il numero del veterinario in rosso, in modo tale da ricordarmi di chiamarlo il giorno dopo.
– Ti va di parlare un po’? Sei strana. Tua madre ti ha detto qualcosa che ti ha dato fastidio? – chiese Mike entrando in cucina. Rimasi in silenzio a scrivere sul foglio, fino a quando non lo sentii sbuffare. – A volte sei proprio lunatica.
– Ho solo bisogno di un po’ di tempo da sola – risposi io senza nemmeno girarmi verso di lui. – Per favore.
Sbuffò un’altra volta. – È veramente difficile capirti, Amelia – bofonchiò, prima di aggiungere: – Va bene. Vado a letto, se ti serve qualcosa basta che mi chiami. Sennò, ti aspetto a letto.
– Sì, ok – borbottai io prendendo un po’ d’acqua. – Buonanotte – lo salutai quando lo sentii uscire dalla cucina, eppure non mi rispose. Sapevo di non esser esattamente la persona più semplice di questo mondo, non lo ero mai stata, ma dopo tutto quello che era successo con mio padre ero particolarmente peggiorata. Non lo facevo apposta, a volte avevo solo bisogno di stare da sola con i miei pensieri.
Rimasi un’ora sul divano con Cassian accanto, a fargli le coccole, mentre decidevo cosa fare con mio padre. Ero ancora molto indecisa, nonostante questo però sapevo che non potevo non andarlo a trovare, soprattutto se aveva chiesto di me. Doveva essere una vita veramente brutta, quella là dentro. Piena di solitudine. Una parte di me era veramente curiosa di vedere la vita all’interno di quella struttura così triste, l’altra parte però non faceva altro che ringraziare mio padre per non avermela descritta. Non era il tipo che vittimizzava, sapevo che, anche se gliel’avessi chiesto, non mi avrebbe mai raccontato niente di quella “vita”. Perché, nonostante tutto, era ancora mio padre. E mio padre non voleva farmi male.
Proprio quando sentii le palpebre farsi più pesanti, sentii il cellulare avvertirmi che mi era appena arrivato un messaggio da Michael, che diceva: “è tardi, vieni a dormire”. Sorrisi e, insieme a Cassian, andai di sopra. Mi lavai i denti, mi misi il pigiama davanti a Michael provando ancora un po’ d’imbarazzo, e poi andai sotto le coperte insieme a lui.
Appoggiai la testa sul suo petto e mi strinse a sé dandomi un bacio sui capelli. Giocò un po’ con essi, pensieroso. – Ancora ti chiudi con me – mormorò, triste. – Ancora non mi dici cosa ti passa per la testa, quando ti chiudi in questo modo.
– Anche tu non mi dici tutto – borbottai io posando una mano sul basso ventre, sotto le mie dita sentii i suoi muscoli guizzare e mi sentii quasi felice, quindi sorrisi. Anche lui doveva essersi accorto di quello che era successo, perché rimase in silenzio e per alcuni secondi non respirò. Era bello sapere che a volte avevo lo stesso potere che lui aveva su di me.
– Cosa intendi dire con questo? – chiese lui, dopo un po’, abbassando lo sguardo su di me per cercare i miei occhi.
– Cos’è questa storia che vuoi cambiare? – chiesi quindi guardandolo negli occhi.
– Non sono perfetto, Amy – rispose lui. – Non lo sono per niente. Questo mi sta bene. Vorrei soltanto cercare di essere almeno sufficiente.
– Sufficiente? Cosa sei, un voto? – sbottai io mettendomi a sedere. – Non sei perfetto, nessuno lo è! Non sei affatto sufficiente, non provare mai più a darti un voto. Tu sei molto di più, per me come per molte altre persone.
– Stai cercando di fare finta di non capire – bofonchiò lui chiudendo gli occhi, come per cercare di rimanere calmo. – Quello che voglio dire è che prima non ero così. Prima volevo una ragazza e trattavo tutti bene. Sto semplicemente cercando di tornare quello che ero prima. Ero un ragazzo un po’ più… Sì, forse ero un po’ più educato. Poi, tutto d’un tratto, non sapevo nemmeno più quello che volevo e mi spaventava tutto. Addirittura una ragazza che, timidamente, è entrata nelle vite dei miei migliori amici e nella mia.
– Perché non eri più abituato a tutto questo, ma adesso hai una ragazza, non hai più tanta paura e non mi respingi più – replicai io.
– Infatti è perché sto cambiando – rispose lui sedendosi, mi prese la mano e me la baciò. – Non ti devi preoccupare. Non è una cosa così brutta cercare di migliorare, anzi credo sia una cosa molto bella. Forse è addirittura un modo per maturare.
– O forse è un modo per cercare di accettarsi – borbottai io. – Vorrei solo che ti accettassi per quello che sei. Odiavo quello che eri, ma adesso sei diverso, e ti amo così. L’unica cosa che dovresti cambiare è la tua idea su te stesso. Sei troppo duro con te stesso, Mike.
Mi sorrise. – Anche tu lo sei con te stessa.
Mi rabbuiai. – Adesso stiamo parlando di te, non provare a cambiare argomento o soggetto – dissi alzando gli occhi al cielo. – Un modo per maturare è cercare di accettarsi, cosa che tu ancora non hai fatto. E questo mi fa stare male, perché ai miei occhi sei veramente… una bella persona.
– Questo mi fa felice, principessa – sussurrò baciandomi dolcemente. – Ma non mi basta.
– Mike…
– Cosa ti ha fatto così male, prima? – chiese lui posando la sua fronte sulla mia. – Non c’è modo per farmi cambiare idea, se mi vuoi veramente bene dovresti lasciarmi fare. Non mi sto facendo del male, sto solo cercando di essere quella persona che so di poter essere.
Sospirai chiudendo gli occhi. – Domani devo andare a trovare mio padre.
– Oh –mormorò lui allontanandosi da me, gli occhi fissi su di me. – Ti accompagno allora, ma resterò fuori.
Scossi la testa. – Non voglio che i paparazzi scoprano che c’è qualcosa che non va – borbottai io. – Ci andrò da sola, ma grazie lo stesso.
– Come preferisci – replicò lui prima di sdraiarsi, mi fece segno di seguirlo e così lo accontentai rifugiandomi tra le sue braccia. – Non chiuderti in questo modo, non con me – mi sussurrò all’orecchio, mi baciò la tempia. – Mi fa stare male.
– A volte sento solo la necessità di stare da sola – risposi semplicemente io.
– Lo so, anch’io, ma prima devi dirmi cosa ti passa per questa testa complicata e lunatica che ti ritrovi, per favore – ribatté lui e mi accarezzò la fronte. – Perché, per quanto mi possa intrigare, questa testolina a volte mi fa diventare anche matto e mi fa preoccupare.
– Va bene – risposi io ridacchiando. Gli lasciai un piccolo bacio sulle labbra e poi mi rimisi giù, tracciando le linee dei suoi tatuaggi, come ipnotizzata. Guardai quello strano tatuaggio che aveva sul braccio destro, quello che non avevo mai capito, e lo toccai delicatamente. – Cosa significa?
Abbassò lo sguardo sul suo tatuaggio e poi, sorridendo, mi guardò con una dolcezza disarmante. – Significa “casa” – rispose lui sorridendomi. Raramente mi guardava e mi sorrideva in quel modo, quel modo che mi faceva capire che mi amava veramente. – Viene da un gioco.
– Un gioco? – chiesi io ridendo. – E perché “casa”?
Sospirò stringendomi a lui. – Perché è tutto quello che mi serve. È tutto quello di cui ho bisogno. Una casa, una famiglia con cui sentirmi a mio agio, senza filtri, senza bisogno di riempire i silenzi con parole inutili. Una casa è tutto quello che ha a che fare con la pace interiore. Può fare male, ma può fare anche tanto bene. Può farti sentire come mai nessun altro sarà in grado di farti sentire – rispose lui guardando il soffitto.
Lo guardai, sicuramente con aria trasognante. Volevo essere io la sua casa, esattamente come lui era la mia. Non potevo dirglielo, non era una cosa che Michael avrebbe voluto sentirsi dire. Quel tatuaggio era per la sua casa, per la sua famiglia.  Mi sdraiai sopra di lui con nonchalance, mentre sotto di me lui s’irrigidì subito, e seguii la scritta sul suo avambraccio e sussurrai: – I love you to the moon and back – senza nemmeno accorgermene. Arrossii subito e lo guardi di sottecchi: stava sorridendo maliziosamente. – Non è questo il significato della frase?
– Non esattamente, ma mi piace anche questo – rispose lui.
Gli sorrisi timidamente e gli baciai la guancia ispida. Guardarlo era diventato il mio hobby preferito. Più passavano i giorni e più mi sembrava bello, più uomo. Guardarlo mi faceva ancora quello strano effetto che non riuscivo nemmeno a spiegare, tutt’ora non so se saprei farlo. A volte mi convincevo che non poteva essere vero, che lui non poteva essere mio; la maggior parte del tempo però lo vedevo più come Michael Gordon che come Michael Clifford, membro dei 5 Seconds of Summer. Era diventato una persona così familiare che mi sembrava impossibile immaginarlo solo come un membro di una band, anzi quasi non ci pensavo più a quel piccolo particolare.
– Sei al corrente del fatto che mi stai fissando? – chiese lui ridendo, tuttavia anche lui mi stava guardando da tempo.
– Non farti alzare troppo l’autostima, ma devo dire che mi piace proprio fissarti – risposi io sorridendogli maliziosamente.
– Oh, come una stalker! – esclamò lui ridendo ancora di più, iniziò ad accarezzarmi la schiena, andando avanti e indietro, fino a lasciarmi piccoli brividi.
– No, come una persona innamorata! – sbottai io dandogli un cazzotto sul petto. Scoppiò a ridere e posò una mano sul mio pugno ancora fermo sul suo petto. – O almeno spero…
– No, non mi guardi come una persona innamorata – mormorò lui baciandomi dolcemente il naso. – Mi guardi… in un modo che non posso nemmeno spiegare. È bello, mi fa sentire una persona migliore e mi fa sentire amato da te. Lo amo. Amo il modo in cui mi guardi.
Sorrisi posando il mento sul suo petto. – Bé, meglio così, perché ti amo veramente tanto.
– Anch’io, principessa. Davvero tanto – sussurrò lui ricominciando ad accarezzarmi i capelli e pensai che forse lo guardavo nello stesso modo in cui mi stava guardando lui in quel momento. Aveva ragione: non si poteva spiegare, si poteva solo vivere quell’attimo. 

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Capitolo 39
*** L'orgoglio di papà ***


Capitolo 38
L'orgoglio di papà
 
Entrai nella stanza piena di poliziotti, ma soprattutto quella stanza era caratterizzata da tavoli rotondi, dove le persone potevano parlare con il carcerato. Era la prima volta che andavo a trovare mio padre da sola, mi sentivo così a disagio, tutti i poliziotti mi guardavano e sapevo che volevano chiedermi la carta d’identità per ricontrollare che io fossi maggiorenne, per poi guardare da qualche altra parte. Mio padre mi stava aspettando proprio all’ultimo tavolo, mi avvicinai lentamente e quando mi vide i suoi occhi, tanto simili ai miei, s’illuminarono.
- Piccola mia – sussurrò prima di stringermi forte a lui. Era ancora lui, ma non aveva quel profumo che sembrava accompagnarlo nella vita da quando avevo pochi anni. – Vieni, sediamoci – aggiunse guardando i poliziotti vicino a noi. Si sedette e lo imitai, in silenzio. – Allora, piccola mia, come stai? Mi sei mancata così tanto – continuò prendendomi le mani.
– Bene emh… e tu? – chiesi io abbassando lo sguardo sulle nostre mani, le mie così piccole e le sue così grandi. Mi sembrava una stupida domanda, non poteva stare bene, non in quel posto.
– Sto bene. Dimmi un po’, Michael come sta? La mamma mi ha detto che sembrate stare di nuovo insieme. È passato da tanto tempo da quando vi siete visti l’ultima volta, o sbaglio? Sono passati… forse mesi? Avete chiarito? Proprio ieri ho sentito, in cortile, un uomo che si lamentava della cotta che aveva sua figlia di diciassette anni nei confronti di questo Michael Clifford. – Ridacchiò. – Ho riso così tanto!
Sorrisi. – Sì… stiamo insieme. Questa volta è definitiva la cosa. Se va bene, rimaniamo insieme, se va male.. ci lasciamo una volta per tutte – risposi io facendo spallucce. – È un.. tuo amico quello che ha una figlia con la cotta per Mike?
– Oh, no – rispose subito lui scuotendo la testa. – No, non siamo amici. Sai, non stiamo nella stessa cella, quindi ci vediamo ogni tanto di sfuggita. Oggi però ho voluto parlarci un po’. Sua figlia sembra essere un po’ come te, sai? Timida e sempre con la testa per aria.
Risi. – Dobbiamo assolutamente farla conoscere a Mike, allora! – esclamai ridacchiando, ma non volevo ridere, volevo piangere. Perché non potevamo fare niente, nemmeno far conoscere questa ragazza a Mike. Il motivo era semplicissimo: mio padre non poteva uscire da là. La conversazione andò avanti, ma era spinta dalla sola forza di volontà e per niente facile.
– A volte ci penso, al fatto che vorrei tanto conoscere questo Michael – disse lui guardandomi negli occhi. – Purtroppo però non credo sia una buona idea farlo venire qua. Già si sentirebbe a disagio a conoscere il padre della sua ragazza, figuriamoci il padre carcerato della sua ragazza.
– Papà… – mormorai io con le lacrime agli occhi. Abbassammo entrambi lo sguardo e non dicemmo niente per un po’ di tempo. Non sapevo come fare, lo volevo far entrare un po’ di più nella mia nuova vita, ma era impossibile in quel modo. Eppure, potevo cercare di fargli vedere degli spruzzi della mia vita. – Guarda – dissi quindi, presi una foto che tenevo sempre nel mio portafoglio e gliela feci vedere.
Mio padre la prese in mano e sorrise. – Oh – bofonchiò guardando la foto con le lacrime agli occhi. – Questo deve essere Cassian, non è così? – chiese lui puntando il dito sull’enorme cane che dormiva accoccolato accanto a me sul divano. – E questo… questo deve essere Michael – disse a bassa voce guardando il ragazzo che sembrava schiacciato dal cane, e sorrideva alla telecamera in un modo un po’ tirato, guardando un punto indistinto tra me e Cassian. – Avevi proprio ragione: è molto strano come ragazzo – borbottò lanciandomi un’occhiata.
Risi. Mio padre era un uomo elegante, che amava i completi eleganti e i capelli in ordine. Purtroppo non poteva più permettersi quel tipo di abbigliamento, ma quei capelli erano ancora abbastanza in ordine e, nonostante tutto, la postura e il modo di fare rimanevano quelli di un uomo di classe ed elegante, che aveva fatto un solo enorme sbaglio. – È particolare, ma ti piacerebbe – replicai io sorridendo alla foto. Nella foto Michael aveva i capelli rossi fuoco sparati in tutti i versi tranne quello giusto, la maglietta nera e dei pantaloni più stretti del solito. Nella foto non si vedeva, ma mi ricordavo benissimo quei pantaloni, soprattutto quando si girava ed abbassavo lo sguardo. – Ha dei forti principi. Lo sapevi che crede molto nel matrimonio?
– Non sembra il tipo, ma sono l’ultima persona che può avere pregiudizi – rispose lui sorridendo alla foto. – Ha degli occhi buoni – bofonchiò guardando il mio ragazzo con una strana aria. – Ti tratta bene, vero? Prima sembravate odiarvi. Non ti tratta più come prima, vero?
– Assolutamente no – ribattei io sorridendogli tristemente. Ripensai a tutte le cose che aveva fatto per me, comprese quelle brutte che però lui vedeva come cose belle. Sì, mi trattava veramente bene ormai. In realtà, era da tanto tempo che mi trattava bene. Erano tante piccole cose, che poi, messe tutte insieme, mi facevano capire che mi trattava nel modo migliore di tutti. – Mi tratta molto bene, già da un po’. Mi… mi vuole bene, lo percepisco.
– E tu lo ami – disse mio padre sorridendomi con le lacrime agli occhi. – Non avevo mai visto la mia bambina tanto presa da un ragazzo. Nemmeno quel… come si chiamava? Finn, mi sembra. Nemmeno con quel Finn eri così presa, eppure era il tuo primo ragazzo!
– Sì, lo amo – affermai io ridendo. – Anche Michael mi ama – aggiunsi dopo un po’, e lo vidi sorridere. Sperai che fosse vero, c’era ancora una piccola parte di me che gridava di non fidarmi di quel ragazzo, ma ormai non potevo più ascoltarla. Grande sbaglio.
– Sono contento, tesoro mio. Sono tanto felice per te – replicò mio padre. – Mi piacerebbe tanto… Sì, mi piacerebbe tanto almeno sentirlo per telefono. Credi che potrebbe andargli bene? Vorrei sentire almeno la sua voce.
Il mio primo istinto fu quello di dirgli di no, per qualche strana ragione, ma non potei fare a meno di sorridere e annuire. – Certo, è una buona idea, sicuramente accetterà – risposi io. – Sai, Cassian…
– Chase! – urlò un poliziotto avvicinandosi a noi. – È ora di tornare in cella, Chase – borbottò lanciandomi l’ennesima occhiataccia.
– Certo – sussurrò mio padre abbassando lo sguardo. Si alzò dalla sedia e dovetti fare la stessa cosa. – Quindi… aspetto una vostra chiamata – borbottò alzando per pochi secondi gli occhi su di me. – Ciao, bambina mia – mi salutò abbracciandomi. Mi diede un bacio sui capelli e poi, dopo che il poliziotto lo aveva preso per le braccia, se ne andò a testa alta, da uomo elegante qual’era.
 
Michael non era a casa, sicuramente aveva capito dal messaggio acido che gli avevo mandato che volevo rimanere da sola, quindi fu una buona cosa. Rimasi sul divano a guardare la televisione spenta per un tempo indeterminato. Tutto quello che volevo fare era rimediare e fare quello che facevo prima: avevo ancora le mie ventiquattro ore. Ma questo avrebbe dato fastidio a Michael? Non lo sapevo, molto probabilmente sì.
Qualcuno citofonò più volte alla porta e aprii senza nemmeno chiedere chi era. Doveva essere Jennifer, perché solo lei poteva insistere in questo modo davanti a un citofono. Entrò parlando a vanvera, questo significava solo una cosa: era là per un motivo ben preciso. – Quindi, fammi capire, tu torni insieme a Michael Clifford facendomi vincere un’altra volta la scommessa, e lo devo venire a sapere da quel tuo nuovo amico?
Ridacchiai. – Sorpresa! – esclamai alzando le mani al cielo. – Ci siamo viste solo ieri, mi sembra – borbottai io andandomi a sedere sul divano, dove mi raggiunse Cassian, non dando l’occasione a Jennifer di sedersi sul mio stesso divano. Guardò il cane per un po’ di tempo e poi, sbuffando, si andò a sedere sulla poltrona. – Per caso, stava là con Calum e gli altri?
– Sì, non te l’ha detto? – chiese lei aggrottando la fronte. Scossi la testa, soprappensiero. – Oh, non mi dire che avete già litigato un’altra volta?! Dio, siete veramente una cosa impossibile. A volte penso che non potete stare insieme, veramente, basta! Non fate altro che litigare, ma dove la trovate tutta questa forza per strillarvi addosso ogni santo giorno?! Per non parlare della fiducia..
– Jen! Non abbiamo litigato – risi io. – Abbiamo solo deciso di… staccarci un po’. Questa mattina sono andata a trovare mio padre e, quando mi sono svegliata, ancora stava dormendo, così ho deciso di non svegliarlo. Non sapevo dove fosse andato, ma non entro in ansia se non so ogni singolo posto in cui va.
– Dovresti – rispose lei alzando l’indice. – Quel ragazzo ha una strana capacità di far perdere la testa alle ragazze. Ma, a proposito di perdere, ieri ti ho visto proprio bene, mia cara amica. C’è qualcosa di cui vuoi parlare alla tua cara, migliore ed unica amica?
Risi. – Jen, se vuoi sapere le cose basta che me lo chiedi direttamente – replicai io alzando gli occhi al cielo.
– Va bene – mi fermò lei. – Hai fatto sesso con Michael Clifford?
Scoppiai a ridere. – Ci stavo arrivando – borbottai io guardandola. – Sì, Jen, sono andata a letto con Mike.
Fece una smorfia disgustata. – Ha fatto tanto male, vero? Capirai, immagino che gli avrai fatto passare le pene dell’inferno a quel povero ragazzo. Hai una soglia del dolore pari a meno centocinquantamilioni – aggiunse lei posando una mano sulla fronte, esasperata.
Gli lanciai un cuscino. – Sono stata piuttosto in silenzio, non mi sono lamentata! – esclamai io. – E sì, ha fatto malissimo. Non mi avevi detto che mi avrebbe fatto così male! Potevi almeno avvisarmi, mi sarei preparata mentalmente.
– Tesoro, senza offesa, ma hai fatto passare diciannove anni della tua vita senza fare sesso per la semplice paura di donare una cosa tanto bella a una persona. Se solo ti avessi detto che ti avrebbe fatto ancora più male del previsto, ci saremmo ritrovate a fare questo discorso all’età di cinquant’anni.
Sbuffai. – Quanto sei esagerata – bofonchiai stringendo a me Cassian.
– Oh, no. Semplicemente ti conosco – sogghignò lei guardandomi maliziosamente. – Quindi? Voglio i dettagli! È stata una cosa programmata? No, non credo, sennò me l’avresti detto. È stato bravo? Non mi dire che è goffo tanto quanto nella vita reale!
– Jennifer! – gridai io spalancando gli occhi. – Mike non è goffo! E sì, è stato bravo, eravamo solo un po’.. timidi e confusi. Non è stata una cosa programmata, in realtà mi aspettavo un finale completamente diverso quella sera: pensavo che mi avrebbe lasciata una volta per tutte.
– Timidi e confusi? – chiese lei aggrottando la fronte. – Avevate bevuto?
– No! – esclamai ridendo. – No… diciamo che ho usato… l’effetto sorpresa?
Rimase in silenzio per un po’ senza capire, continuò a guardarmi con la fronte aggrottata, poi sussultò e si mise una mano sulla fronte. – Non gli hai detto che eri vergine?! – urlò lei, prima di scoppiare a ridere. – Oh, povero lui! Poverino!
– Smettila! – esclamai dandole uno schiaffo. – Non credo… di essere stata così pietosa – borbottai incrociando le braccia e mettendo il broncio. Il fatto era che non avevo nessuna conferma, ma volevo credere che fosse così, perché non avrei sopportato altro.
Jennifer posò una mano sul mio ginocchio e mi guardò intensamente negli occhi. – Sarà sicuramente stato così, Amy – replicò guardandomi. – Non potrebbe essere altrimenti. Prima di tutto, perché è una cosa naturale, ma soprattutto perché vi amate tanto.
Accennai un sorriso ma ero ancora molto insicura. – Lo spero – bofonchiai abbassando lo sguardo, rossa in viso.
Jennifer prese il suo cellulare e iniziò a digitare qualcosa, stava sicuramente leggendo qualcosa perché il suo sguardo vagava avanti e indietro sulla schermata del cellulare, poi sussultò e alzò lo sguardo su di me. Aggrottai la fronte e feci per chiederle cosa fosse successo, ma mi precedette. – Tesoro, io… da quando mi sono messa definitivamente con Calum, mi sono iscritta a delle pagine di giornali per ricevere notizie sulla band, e… ho… trovato questo – balbettò lei facendomi vedere il cellulare.
Mi avvicinai e presi il cellulare, in ansia. All’inizio sembrava uno di quei soliti articoli sui ragazzi e sulle ragazze che avrebbero voluto incontrare, c’erano un sacco di menzogne come sempre, come per esempio Michael che affermava di essere single, anche se poteva essere un’intervista vecchia. Quello che mi colpì però fu un pezzo in particolare: il finale. Diceva che Michael sembrava essersi riavvicinato alla sua ex, cioè me, e che avevano scoperto cose incredibili sul mio conto e su quello della mia famiglia. Già da quella frase capii che era troppo tardi: avevano scoperto il mio segreto. Infatti, poche righe dopo, trovai proprio quella notizia: “sembrerebbe che il padre di Amelia Chase sia stato arresto più di due anni fa. Non è ancora chiaro il motivo, alcuni dicono che si tratti di una rapina, altri di violenza domestica, e altri ancora addirittura di omicidio”. Mi rifiutai di leggere il seguito, chiusi gli occhi e posai il cellulare accanto a Cassian. L’articolo era stato pubblicato nemmeno un’ora prima, questo significava che molto probabilmente mi avevano seguita fino all’entrata del carcere. Presi coraggio e andai a vedere le foto che avevano allegato. C’erano foto in cui c’eravamo io e Michael in giro, altre dove uscivo dall’albergo dove alloggiavano i ragazzi con un sorriso fin troppo largo, e poi quelle di ore fa, dove andavo in carcere, la faccia pallida e gli occhi lucidi.
Proprio in quel momento il mio cellulare iniziò a squillare, ma nemmeno lo presi in considerazione. Jennifer si stava muovendo nervosamente sulla poltrona, non sapendo cosa fare, e quando alzai gli occhi su di lei spalancò i suoi. – Mi dispiace così tanto – mormorò lei con le lacrime agli occhi. – Amy, davvero, risolveremo tutto. Sono sicura che potresti addirittura denunciarli. Non ti preoccupare, davvero, sono solo degli schifosi paparazzi.
Il cellulare ricominciò a trillare, sul tavolino. – Oh, Dio – mormorai chiudendo gli occhi e nascondendomi il viso con le mani. – Non ci posso credere. Non ci posso credere – continuai, la gola stretta e la voce che mi tremava. Sinceramente, me l’aspettavo. Ero stata per troppo tempo la ragazza di Michael, era solo questione di tempo e avrebbero saputo tutto di me, ma viverlo era tutto un altro conto. – Devo… Devo rimanere da sola. Puoi andare, per favore?
– Sei sicura? – chiese Jennifer avvicinandosi a me. – Posso rimanere. Ci vediamo qualche film, piangiamo un po’ e poi potremmo andare a mangiare qualche cosa piena di calorie.
– No. No – risposi io freddamente. – Ho bisogno di rimanere da sola.
E così Jennifer se ne andò, lasciandomi un bacio sulla guancia e una veloce stretta alla spalla. Aveva le spalle ricurve e la testa bassa, ma le mani strette in pugni mi fece capire che era anche arrabbiata, e non con me. Passai un po’ di tempo a non provare niente, apatia pura. Guardai davanti a me, senza pensare a niente, senza provare niente. Spensi il cellulare alla decima chiamata di fila, senza nemmeno controllare l’emittente. Non sapevo cosa pensare, prima sapevo solo che sarebbe accaduto ma speravo il contrario. La speranza era inutile, mi aveva fatto credere all’impossibile fino all’ultimo, eppure “quell’ultimo” sembrava troppo poco. Era passato troppo poco tempo.
La porta principale si aprì, svegliandomi da quello che mi pareva un sonno a occhi aperti, quindi mi alzai e m’incamminai verso la camera da letto, per chiudermi dentro. Tuttavia, Michael mi abbracciò da dietro, impedendomi di andare avanti. Mi strinse così forte che per alcuni secondi mi sembrò impossibile respirare, dondolava a destra e a sinistra continuando a sussurrarmi: – Mi dispiace. Mi dispiace così tanto.
In quel momento iniziarono a ronzarmi troppe parole, troppe frasi. “Omicidio”, “padre di Amelia Chase in carcere”, “rapina a mano armata”, “violenza domestica” e di nuovo “omicidio”. Scoppiai a piangere, sussultando a ogni respiro, e continuai a piangere con lui che mi stringeva da dietro fino a quando non ce la feci più e cercai di sedermi a terra.
 – No, no, no – sussurrò Michael posando le labbra sul mio orecchio. – Vieni, sediamoci sul divano – aggiunse e, continuando a tenermi da dietro, indietreggiammo fino a quando non ci fu il divano dietro di noi. A quel punto, mi trascinò con sé su di esso e mi mise in braccio a lui. – Andrà tutto bene. Sistemerò tutto io, tu non dovrai pensare a niente. Andrà tutto bene, amore mio – ricominciò a mormorarmi posando il mento sulla mia testa. Mi sentivo una bambina in braccio al suo papà, e questo mi fece piangere ancora di più. – Lo so, sono stati stronzi, ma non la passeranno liscia. Te lo garantisco.
– Hanno scritto cose orribili – dissi io, la mia voce smorzata dalla sua maglietta. – Omicidio. Violenza domestica! Mio padre non mi avrebbe mai fatto del male. Mai. Mio padre non farebbe mai del male a nessuno, figuriamoci alla sua famiglia.
– Lo so, sono sicuro che tuo padre sia un uomo fantastico, è per questo che dobbiamo combattere per lui e per la sua immagine – rispose lui baciandomi i capelli. – Andrà tutto bene, amore mio.
 
Quel giorno non andammo in albergo, non vedemmo altre persone, restammo soli e in silenzio. Fino ad un certo punto. Sì, perché Michael mi fece alzare dal divano, prese le chiavi della mia macchina e ci mettemmo in viaggio. Non sapevo ancora la destinazione, non avevo proprio idea cosa volesse fare. Quasi uscimmo da Chicago, a quel punto mi prese un colpo, perché avevamo Cassian in  macchina e mi venne in mente che non poteva affrontare un viaggio tanto lungo. Pensai all’aereo e ad un ipotetico viaggio insieme, e Cassian. Era un cane che, nonostante la sua età, forse poteva affrontare tranquillamente un viaggio, ma non ero comunque tranquilla. Quando però capii che non stavamo andando all’aeroporto, allora ritornai al punto di partenza. Mike non accennava a dirmi di cosa si trattasse, così ad un certo punto smisi semplicemente di preoccuparmi.
Guardava i cartelli stradali, questo significava che non sapeva la strada, quindi aveva imparato a memoria il percorso. Una cosa era certa: stavamo in autostrada.
Si fermò dopo più di un’ora di viaggio, in un luogo dove non c’era niente e nessuno. Mancavano solo le palle di fieno che passavano davanti a noi per rendere il posto ancora più inquietante. – Se volevi uccidermi bastava l’angolo dietro casa di Lydia – borbottai io guardandomi in giro.
Ridacchiò. – Se è per questo mi bastava anche casa nostra. Avrei potuto ucciderti e poi dare fuoco alla casa. Oppure, dare fuoco alla casa e basta. Ucciderti prima non farebbe altro che alimentare i sospetti dei poliziotti – rispose lui.
Lo guardai storto. – Certo che sai come tranquillizzarmi – ironizzai io. – Se mi vuoi lasciare basta dirlo. Non farò la matta psicopatica, lo giuro.
– Non giurare, sei da manicomio. Ti comporti da psicopatica ventiquattro ore su ventiquattro, non puoi non comportarti come tale se l’amore della tua vita ti lascia – replicò lui sorridendomi.
Sbuffai dal naso. – L’amore della mia vita – gli feci eco io, eppure ebbi un piccolo sussulto al cuore. – Non sei così importante.
– Vedi? Sei psicopatica! Io sono così importante – esclamò lui prima di farmi avvicinare a lui e baciarmi la tempia. – E adesso andiamo. Dobbiamo fare una cosa importante – aggiunse poi, prendendomi per mano e avanzando.
Il mio cuore fece un altro balzo. – Non mi vorrai mica chiedere di sposarti, vero? – chiesi io, titubante. Quel giorno era strano, sembrava più dolce del solito e non era soltanto per la notizia che stava facendo il giro del mondo, sembrava esserci altro. E, come una bambina piccola, l’idea di ricevere una proposta mi elettrizzava. Iniziai subito a pensare ai preparativi.. Poi capii che non poteva essere così stupido. Perché sarebbe stato stupido sposarci a quest’età, soprattutto perché avevamo una relazione così altalenante.
Si fermò di scatto e si girò verso di me con una strana luce negli occhi. – Perché, mi diresti di sì? – chiese lui. Sembrava serio, troppo serio! Sembrava volerlo veramente, iniziarono a venirmi tanti dubbi e il panico quasi prese il sopravvento.
Avvampai e lo guardai per tanto, tanto tempo negli occhi. – Non dovrei – bofonchiai perdendomi in quei occhi straordinari, che ogni volta mi facevano male al cuore.
– “Non dovrei” non è un “no” – mi fece notare lui sorridendo ancora di più. – Mi sposeresti veramente, Amelia Emory Chase? Una ragazza cinica come te, che a malapena crede nell’amore e che odia il significato del matrimonio… Farebbe questo enorme passo con uno come me?
Trattenni il fiato. – Forse lo farei solo con te – sussurrai continuando a guardarlo dritto negli occhi.
S’irrigidii per un tempo che mi sembrò l’eternità, e quasi mi rimangiai tutto, poi però si avvicinò a me in un secondo e mi baciò con una tale passione che mi fece dimenticare anche il luogo inquietante, ma anche assolutamente bellissimo, dove ci trovavamo. Mi strinse a lui baciandomi più affondo, quando sentii che stavamo per andare oltre al bacio, feci per allontanarlo, eppure mi precedette. Mi sorrise, rosso in viso, e abbassò lo sguardo a terra. – Stiamo perdendo tempo. Andiamo – disse semplicemente, prima di ricominciare a camminare, mano nella mano.
Arrivammo in un punto che mi sembrò identico a quello dov’eravamo poco prima. Non era un bosco, era un terreno immenso. Eravamo sicuramente fuori città, in campagna, Cassian continuava a correre da una parte all’altra, con il prato alto che a volte lo nascondeva. Era un bellissimo sogno. Eppure era vero! – Per caso, ti vuoi trasferire qua? Perché se così fosse, Cassian sarebbe sicuramente molto felice di questa idea! – ipotizzai io.
– Ma vuoi assaporare il sapore della sorpresa o vuoi morire di ansia? – chiese lui guardandomi male. Rimasi in silenzio alzando le sopracciglia. – Ecco, allora aspetta altri cinque minuti!
Rimasi in silenzio altri cinque minuti. Ce la feci. Poi si fermò in mezzo all’enorme terreno e si girò verso di me, gli occhi che trasmettevano solo felicità. Mi guardai intorno e ridacchiai. – Non sto capendo, Michael – dissi io guardandolo, incuriosita.
– Urla – rispose semplicemente lui.
– Cosa? – chiesi io ridendo. – Perché dovrei urlare?
Alzò gli occhi al cielo. – Non ti ricordi? – chiese lui, e quando lo continuai a guardare senza dire niente, aggiunse: – Quando stavamo al lago! Stavamo tornando a casa e tu mi dissi che a volte avevi semplicemente bisogno di urlare fino a non avere più voce. Per tutto questo tempo questa frase non ha fatto altro che assillarmi, però pensavo che stessi meglio. Da un po’ di giorni però ha ricominciato ad assillarmi, così ho fatto un po’ di telefonate e sono riuscito a trovare questo posto. Questo terreno non è di nessuno, così ho pensato “perché no”?
Se lo ricordava. Si ricordava tutto. Sorrisi e quasi mi vennero le lacrime agli occhi. – Mi hai veramente portato qua per questo?
– Sì, non è ancora il momento di ucciderti – borbottò lui sbuffando. – Magari se ne riparla tra qualche anno, quando saremo sposati, avrò una bellissima amante con venti anni in meno di te e non ti sopporterò più.
– Ehi! – esclamai io dandogli una botta sul petto. – Quella sciacquetta non sarà niente in confronto a me. Sarà solo sesso. A quel punto, capirai di aver sbagliato e che io sono sempre stata e sempre sarò l’amore della tua vita, quindi tornerai da me, ma sarà troppo tardi: io avrò già trovato un altro bellissimo uomo!
Fece una smorfia disgustata. – Non hai perso tempo, vedo.
– Perché perderlo per un uomo che non mi apprezza? – chiesi io.
– Perché questo uomo ti apprezza e ti apprezzerà fino a quando non morirai in un letto, accanto a sé – rispose lui avvicinandosi a me. – E bé… a quel punto avrò modo di apprezzarti nella prossima vita, dove sarà tutto molto più semplice.
Sorrisi. – Cazzo! Speravo che, sopportandoti in questa vita, non avrei dovuto fare lo stesso anche in quella dopo. A quanto pare mi sbagliavo – scherzai io.
Scoppiò a ridere. – Oh, principessa, mettiti bene in testa una cosa: non ti lascerò mai e poi mai andare via – rispose posandomi le mani sui fianchi. – Questo ormai dovresti averlo capito da tanto tempo. A quanto pare, quella con problemi di comprendonio sei tu, non io.
Feci una mezza risata ricordandomi come gli avevo risposto tanto tempo fa, quando per lui ero ancora “Lina” e lui sembrava essere sempre di più uno stronzo colossale. – Mmh, no. Quello con problemi al cervello sei sempre stato tu, mi dispiace.
– Bé, uno psicopatico come me poteva trovarsi solo una sociopatica come te – replicò lui.
– Ah, sociopatica, eh?! – esclamai io ridendo.
Smise di sorridere immediatamente. – Ti lascerei andare – mormorò lui abbassando lo sguardo. – Ti lascerei andare se tu lo volessi veramente. Potrei tornare da te, non è quello… Lo farei senza problema. Ma tutto sarà scritto qua dentro – continuò indicandomi i miei occhi. – Posso tornare, per te lo farei trecentocinquantamila volte. Ma non potrei mai obbligarti a stare insieme a me. Ogni volta che ci siamo lasciati, non siamo mai stati secchi e decisi. Quindi so che… se e quando mi vorrai lasciare… non solo non mi guarderai in questo modo, ma sarai anche convinta e metterai un punto definitivo. A quel punto sì, ti lascerei andare.
Ci guardammo per tanto tempo. Vederlo così triste e fragile mi faceva male, ma era bello sentire queste cose. Perché sì, mi amava, ma non era quell’amore che non ti lasciava andare. No, lui mi amava abbastanza da lasciarmi andare. – Intanto che ne dici se non ci pensiamo? – proposi io. – Insomma, dobbiamo ancora sposarci, avere dei bambini, poi a quel punto tu mi tradirai con la sciacquetta e a quel punto inizieremo a pensare a questa cosa.
Sorrise. – Sì, è una buona idea – replicò lui. Fece un respiro profondo e guardò il cielo sopra di noi, pensieroso. Forse aveva già capito che in realtà la fine della nostra relazione era alle porte, al contrario di me. Forse aveva un piccolo presentimento, perché con noi le cose erano sempre andate più male che bene. Era pensieroso e cupo, ma quando ritornò a guardarmi mi sorrise e mi convinsi che era sincero. – Quindi… sei pronta?
Mi guardai intorno e gli sorrisi. Cassian ormai si era sdraiato non molto lontano da noi, con la lingua di fuori e il fiatone. – Spaventerò Cassian – dissi quindi.
– No, non lo farai. È un cane intelligente, non scapperà. Penserà soltanto che sei una psicopatica – ribatté lui guardando Cassian. – Al mio tre, ok? Mi raccomando, urla più che puoi, va bene? – chiesi io.
Scoppiai a ridere. – È una pazzia, lo sai, vero?
–  Una pazzia non ha mai fatto male a nessuno – rispose lui, convinto. Mi prese le mani, intrecciò le nostre dita e mi sorrise. – Uno... Due… Tre!
Lo guardai e urlai così forte che mi fece veramente male la gola. Urlai forte e per tanto tempo. Michael iniziò a ridere forte e continuò a incitarmi a continuare, fino a quando non ce la feci più e mi azzittii. Mi sentii immediatamente meglio. Un po’ matta, ma comunque meglio. Mi sentii esattamente come speravo di sentirmi: più leggera. Lo guardai sorridendo, poi lo abbracciai, e rimanemmo così per tanto tempo.
 
Tornammo a casa poco dopo. Facemmo mangiare Cassian e poi preparammo un po’ di pasta. Luke e gli altri ci invitarono ad andare in albergo da loro, ma nonostante il fantastico pomeriggio, non me la sentivo di stare tra la gente. Loro erano miei amici, non erano “la gente”, tuttavia non me la sentivo lo stesso. Quindi rimanemmo a casa tutta la sera.
– Sai – iniziai io mettendo un episodio di The 100, – mio padre vorrebbe parlarti al telefono.
Michael rimase in silenzio per un po’ di tempo, con tanto di occhi spalancati. – Davvero? – chiese.
Annuii. – Sì, mi ha detto che, siccome non se la sente di farti andare là, allora vorrebbe almeno conoscerti per telefono – risposi io sorridendogli dolcemente. – Uno di questi giorni potremmo parlarci insieme, che ne dici? Dopotutto, ha ancora una chiamata questa settimana.
– Ma certo, per me va bene – replicò lui sorridendomi dolcemente.
E così successe. Pochi giorni dopo, mio padre chiamò e iniziai a dirgli: – Ehi, papà! Qua accanto c’è proprio Michael. Se vuoi, te lo passo. – Mio padre ovviamente non se lo fece ripetere due volte.
A quel punto passai il telefono al mio ragazzo, che sembrava molto agitato, e se lo mise vicino all’orecchio. – Buonasera, signore – lo salutò lui, facendomi quasi ridere. – Sì, è un piacere anche per me. Sua figlia è fantastica e mi ha parlato molto bene di lei. Oh, va bene, mi scusi… Emh, volevo dire: scusami. Sì, abbiamo una piccola casa dove stiamo insieme quando ho l’occasione di venirla a trovare. Certo, dirò ad Amelia di fare delle foto da farti vedere. Non è niente di ché, ma è confortevole. No, in questo non è affatto cambiata: è ancora una frana a cucinare!
– Ehi! – esclamai spingendolo. – Non sai cucinare nemmeno tu!
– Le cose basilari le so cucinare! – ribatté lui ridendo. – Sono serio, è riuscita a bruciare il bacon!
Andarono avanti a prendermi in giro per tutti e dieci i minuti che concessero a mio padre. Michael aveva ancora quella bellissima luce negli occhi, e quando risentii mio padre capii che gli era piaciuto molto Michael, molto di più di Finn comunque. Non faceva altro che lodarlo, e così anche Mike! Era assurdo, mancava solo una cena a casa dove mi prendevano in giro fino alla fine della serata! Purtroppo però.. questo non sarebbe mai accaduto. Non così presto, almeno. Speravo ancora in quel futuro insieme: per la prima volta sognavo un matrimonio per legare le nostre anime fino alla morte, e dei bambini con quei suoi occhioni verdi. Non era affatto una cosa da Amelia Chase, non la vecchia Amelia. Più stavo con Mike, però, e più diventavo romantica e… sì, forse anche positiva.

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